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IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2010

 

 

Goletta Verde: i fiumi inquinano il Golfo - PRESENTATO IL RAPPORTO AMBIENTALISTA. SOTTO ACCUSA ANCHE TRIESTE
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Allarme sulle coste della regione: in tutto il litorale sono nove i punti critici individuati da Legambiente che non hanno superato il test anti-inquinamento cui l'associazione li ha sottoposti nelle ultime settimane. Le analisi condotte sui campioni d'acqua prelevati hanno sforato di gran lunga i limiti consentiti dalla legge. Un paradosso, considerando l'entrata in vigore della nuova normativa sulla balneabilità, che proprio quest'anno ha introdotto limiti assai più permissivi del passato. Forte il grido di allarme che si è alzato ieri dal porto di San Giorgio di Nogaro, dove ha attraccato la Goletta Verde di Legambiente, la barca che costeggia la Penisola per monitorare lo stato di salute delle acque italiane. A risultare fortemente inquinate soprattutto le foci di quattro fiumi: Ausa, Stella, Isonzo e Tagliamento. Ma preoccupano anche le altre cinque località che sono state inserite nell'elenco da “codice rosso”: il lido di Marina Julia, a Monfalcone, e la località Pantanel, vicino al depuratore di Lignano Sabbiadoro. In comune di Grado sono invece il canale di Fossalon e Punta Sdobba a far alzare i campanelli d'allarme. Gli ambientalisti individuano nel problema-depurazioni la fonte principale di inquinamento. Reti fognarie deficitarie, con depurazioni che in alcuni casi sono completamente assenti. Poi la cattiva manutenzione delle condutture create per scaricare il liquame in mare aperto. È il caso di Trieste, con il depuratore di Servola su cui è stata riscontrata un falla proprio in prossimità dell'area marina protetta di Miramare.
«Parte del liquame fuoriesce da una frattura che si è aperta lungo la condotta sottomarina dell'impianto – parla Lino Santoro, del comitato scientifico di Legambiente –. Ma sono le condutture stesse a depurare il liquame, il cui trattamento biologico risulta completo solo alla bocca del “tubone”. Se le perdite avvengono prima che il processo di depurazione sia completato, allora l'inquinamento è assicurato». Le analisi confermano questa teoria, visto che i campioni d'acqua prelevati in quel punto dimostrano livelli di contaminazione oltre sei volte superiori ai limiti di legge. «La grave contaminazione microbiologica – sintetizza Giorgio Zampetti, portavoce di Goletta Verde – si traduce in un forte pericolo per la salute dell'ecosistema marino e costiero». E i casi di illegalità? In media 1,6 per chilometro di costa, tra abusi edilizi, pesca illegale, scarichi abusivi e infrazioni al codice della navigazione.
 

 

Piano regolatore, Dipiazza tradito dalla Lega - Una mozione per la riapertura dei termini dello strumento urbanistico mette ko la maggioranza
 

COLPO DI SCENA IN CONSIGLIO COMUNALE - Ferrara, capogruppo del Carroccio: ma il Pdl non ha fatto proprio nulla per fermarci
Tradito in contumacia senza avvisaglie nel cuore della notte - fra lunedì e ieri - e persino da alcuni di quegli alleati che gli avevano stretto la mano solo tre giorni prima, in occasione della resa dei conti di maggioranza finita a tarallucci e vino. È mezzanotte quando in Consiglio comunale, a sorpresa, si mette in moto la trappola politica con vittima sottintesa Roberto Dipiazza. Lui è lontano, per un un buen retiro di dieci giorni voluto per decantare l’insofferenza verso una maggioranza, appunto, sempre più anarchica. La trappola è una mozione padana del 22 aprile che «impegna sindaco e giunta comunale a modificare e quindi riadottare il Piano regolatore» e «a riaprire i termini per la presentazione delle osservazioni/contestazioni, inviando raccomandata a tutti i cittadini interessati». Passa con venti sì (centrosinistra, Bandelli boys e soprattutto Lega), un no (il presidente d’aula Sergio Pacor) e un non voto con tanto di dichiarazione (l’Udc Roberto Sasco), il resto del centrodestra si chiama fuori dalla conta e basta. Ne viene vuori una marcia indietro tecnicamente (e giuridicamente) improponibile, - nel senso che non inficia la marcia d’approvazione del Prg che Dipiazza spinge per chiudere entro agosto - ma che custodisce in sé il germe del giudizio politico (negativo) nei confronti del sindaco. Succede tutto in coda a una seduta già sofferta, per la maggioranza, con la delibera dell’assessore forzista Paolo Rovis sullaFiera non votata dai forzisti. I capigruppo discutono se sia il caso di smaltire qualche vecchia mozione. Fabio Omero per il Pd propone la numero 37. È proprio quella sulla riapertura dei termini per il Prg. Al padano Maurizio Ferrara sta bene, e ci mancherebbe, gli altri boss del centrodestra non fanno barricate. Il dado è tratto.
Si va all’esame del documento e lì si capisce che il centrosinistra farà massa critica con i due leghisti e i quattro bandelliani del Gruppo Sulli nel destinare agli annali del Consiglio una sconfessione, formale, dell’operato del primo cittadino. Piero Camber, Antonio Lippolis e Angelo Pierini organizzano la non partecipazione al voto di Fi-Pdl, An-Pdl e Lista Dipiazza ma il dato politico non si può più cancellare. «Il Pdl - sospira Ferrara - avendo la maggioranza ponderale in conferenza capigruppo, come fatto spesso, poteva tranquillamente bloccare la discussione di tale atto. Non avendolo fatto, inaspettatamente, non poteva poi pretendere che ritirassi una mozione così importante per i cittadini e che era stata condivisa con il gruppo dirigente della Lega». «Ferrara ha buttato nello stagno un macigno, altro che sassolino, e a Camber non è riuscito il tentativo di far mancare il numero legale», rileva a sua volta Bruno Sulli. «È una vittoria politica forte a supporto di quei proprietari che si sono visti senza ragione penalizzati da questo piano», fa eco l’altro padano Giuseppe Portale. «Anche noi - polemizza Lippolis - stiamo denunciando alcune cose di questo Prg, ma sempre nell’ottica di migliorarlo e votarlo. Altri invece lo vogliono usare per far finire in un certo modo il cammino di quest’amministrazione». «Non cambia nulla, si va avanti col Prg - si fa imperturbabile Camber - anche se è ormai chiaro che c’è qualcuno che vuole tornare al vecchio Prg cementificatore. Noi però continueremo a lavorare nell’interesse generale e non personale». «Non si può tornare indietro, ho detto no a un’ipocrisia», taglia corto Pacor. Sasco però ammette: «Mi sono astenuto perché convidevo le osservazioni della Lega ma non me la sentivo di votarla, questa d’altronde era ed è una mozione sfiducia per Dipiazza. Mi dispiace, ma ne esce male». È un assist all’opposizione. «Dipiazza dovrebbe rientrare immediatamente dalle ferie e prenderne atto», incalza l’illyano Roberto Decarli. «È l’ovvia conseguenza - la chiosa di Omero - della secretazione sull’iter. Se racconteranno che così si vuole fare un regalo ai costruttori diranno una balla. Il Prg è in regime di salvaguardia fino ad agosto 2011, e se fosse riadottato prevederebbe una nuova salvaguardia fino al 2013».
PIERO RAUBER
 

 

SEGNALAZIONI - PRG - Commissione «segreta»
 

Che brutta cosa, quando i politici usano la forza per tenere i cittadini pacifici all’oscuro dei segreti del potere. Com’è successo l’altro giorno a Trieste: la Commissione edilizia del Comune si riuniva per cominciare a discutere le migliaia di osservazioni presentate dai triestini al Piano Regolatore e nove abitanti di Banne volevano ascoltare, dato che molte osservazioni sono loro, sulla caserma dismessa di Banne e sul rischio di scempi edilizi ai danni del Carso.
Ma sulle scale i nove cittadini vengono fermati dai vigili urbani che (su ordine dell’assessore o del sindaco) impediscono l’accesso alla sala. Perché? Perché la riunione della Commissione è secretata e dunque a porte chiuse. Io non conosco i cavilli dei regolamenti comunali e dico chiaro e tondo che non me ne frega nulla. Perché io grido una cosa diversa: è orribile e disgustoso che i rappresentanti pubblici discutano e decidano in segreto di cose che toccano direttamente i loro elettori. E non posso fare a meno di porre una domanda: cos’avete da nascondere?
Luciano Comida
 

 

SEGNALAZIONI - PRG - Grandi immobiliaristi
 

Apprendiamo dalle pagine di questo quotidiano le alterne vicende del piano regolatore, fortemente voluto e sostenuto dal sindaco. L’estensore degli articoli riporta che ci sono grandi controversie fra le forze politiche e nella stessa maggioranza, contrarie alla lamentata limitazione dell’edificabilità imposta ai piccoli proprietari. Nessuno però fa cenno all’apertura concessa ai grandi immobiliaristi, che guarda caso in tutto questo bailamme non si fanno sentire, ovviamente. Siamo sicuri che il sindaco non è addentro a tutte le sfaccettature del piano, che essendo stato redatto in grande segretezza dagli uffici, non è stato valutato e discusso già nella fase estensiva. Ciononostante il sindaco lo difende a spada tratta, e sentiamo di dovergli rivolgere un consiglio: attenzione a non fare il Robin Hood alla rovescia, togliendo ai piccoli per dare ai grandi!
Sergio Kosic
 

 

Protesta del Miani: «Abbiamo vinto» - IL CIRCOLO CONTRO LA FERRIERA - Finita dopo 24 ore l’occupazione dell’aula municipale
 

«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso». È stata questa la frase pronunciata ieri sera da Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Miani, circolo da tempo in prima fila nella battaglia per l'immediata chiusura della Ferriera di Servola, all'uscita dal Municipio dopo una notte e un'intera giornata di occupazione della saletta adiacente l'aula del consiglio comunale. Assieme a Fogar una dozzina di persone, anch'esse protagoniste della movimentata azione di protesta. Ad accogliere gli occupanti, in piazza Unità, c'erano un centinaio di sostenitori del Miani che da tempo protestano contro le emissioni prodotte dallo stabilimento servolano, muniti di vuvuzelas e cra-cra, schierati attorno a una decina di striscioni, il più vistoso dei quali, sistemato proprio sotto le finestre del Consiglio comunale, recava un'evidente scritta "vergogna".
Fogar ha spiegato così la sua sensazione di vittoria: «È evidente che quando un Comune è costretto a utilizzare i metodi dei quali siamo stati vittime - ha detto il portavoce del Miani - sono i cittadini a vincere e la classe politica che governa a perdere». Fogar ha raccontato ai presenti di «un tenente dei vigili urbani che dopo la notte da noi trascorsa nella saletta, nella vana speranza di poter incontrare i capigruppo del Consiglio come ci era stato promesso dal presidente Sergio Pacor, ci ha annunciato che nessuno sarebbe potuto uscire né entrare e che non ci sarebbero state deroghe per poter soddisfare le esigenze personali. Più tardi - ha aggiunto - sono state sigillate le porte e un gruppo di vigili urbani ha sequestrato i sacchi neri in dotazione nell'aula del Consiglio, probabilmente per impedirci di utilizzarli come improvvisati wc».
Ieri, nella tarda mattinata, Fogar ha sostenuto di non avere potuto svolgere l'annunciata conferenza stampa «perché ai giornalisti è stato vietato di salire». Questi fatti, «uniti all'impossibilità di poter accedere agli ordini scritti impartiti ai vigili, come sarebbe nei nostri diritti - ha continuato Fogar - ci hanno fatto capire di essere al cospetto di un Comune retto come se fosse una qualsiasi repubblica sudamericana di triste memoria. Per questo - ha concluso - considero la nostra azione una grande vittoria, ancor più importante perché ravvicinata rispetto alla prossima scadenza elettorale amministrativa».
«Questo è il peggiore modo di accogliere le pacifiche istanze dei triestini», ha detto Paolo Menis, del gruppo Beppe Grillo, commentando l’ordinanza che impediva «agli occupanti di uscire dalla sala anche solo per recarsi ai servizi» - e «per affrontare uno dei disastri più gravi per la città, l'inquinamento prodotto dalla Ferriera».
Ugo Salvini
 

 

Sgonico e Dolina: mai acqua privata - APPROVATE LE MOZIONI
 

SGONICO Il riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. Con una delibera a Sgonico ed una mozione a San Dorligo della Valle firmata dal capogruppo di Rc-Ci Igor Ota i due consigli comunali hanno dato il via libera per la modifica dei rispettivi statuti per riconoscere l’'acqua come bene pubblico. A Sgonico la delibera è passata all'unanimità, mentre a San Dorligo i partiti di opposizione hanno preferito astenersi. «L’affidamento a imprese private o pubblico-private dei servizi idrici - ha commentato Drozina del Pdl-Udc di San Dorligo - non significa che l'acqua può essere privatizzata».

 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO ENERGETICO
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - FESTA PER L’ACQUA

 

Saranno presentati oggi alle 16 i dati sulla raccolta firme della Campagna referendaria Acqua pubblica. Verranno anche illustrate le ultime due iniziative di festa e di raccolta firme che concluderanno la campagna referendaria: Festa per l’acqua a San Giovanni venerdì 2 luglio, e Un tuffo per l’acqua all’Ausonia alle 20 il 4 luglio.
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie, Trieste isolata da Austria e Slovenia
 

Apprendiamo dal vostro giornale (del 15.6.2010) dell’approvazione Ue al progetto «Micotra - Miglioramento dei collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico» che intende avviare un servizio ferroviario sperimentale passeggeri diurno tra Udine e Villach. Questa associazione ha da tempo cercato di porre all’attenzione dell’opinione pubblica e degli amministratori pubblici, sia attraverso il vostro giornale sia anche in altre sedi, anche istituzionali, il problema macroscopico dell’isolamento ferroviario passeggeri verso i paesi contermini (Austria e Slovenia) che da qualche anno affligge la regione Friuli Venezia Giulia, e non può che esprimere apprezzamento per l’avvio di un progetto che ripristini i collegamenti ferroviari passeggeri con l’Austria. Va ricordato che negli ultimi anni la regione ha visto cancellati quasi tutti i collegamenti internazionali che la collegavano all’Austria, alla Slovenia, e al resto dell’Europa centrale e balcanica. Riteniamo quindi che quanto prospettato per il recupero del servizio Udine-Villach si debba poter estendere anche ai collegamenti da Trieste e da Gorizia verso la Slovenia, questo per rompere un isolamento, specie della città di Trieste, che è sicuramente una delle concause della lamentata «poca raggiungibilità» che ne danneggia non poco l’immagine turistica. Ci sembra evidente la necessità di passare dalle «Frontiere senza treni» ai «Treni senza frontiere», cosa che deve essere risolta con l’indispensabile spinta delle realtà regionali.
Leandro Steffè - presidente Ferstoria - Associazione per la storia ferroviaria del Fvg
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2010

 

 

Ministero senza direttori, stop all’iter delle bonifiche - Nomine illegittime per la Corte dei conti. In frenata anche Prg portuale, Ferriera e rigassificatore
 

Già per definizione, un ministero non è mai sbrigativo. Ci si figuri, allora, a quali ritmi da bradipo rischia d’arrivare - in barba alle fregole di cittadini, imprese e, perché no, degli stessi enti locali - se rimane di botto senza capi, senza i superburocrati con potere di firma. Riunioni rinviate a data da destinarsi, pratiche messe in ghiaccio, pile di carte che crescono di giorno in giorno in attesa di un autografo che le renda esecutive. Stringi stringi, non si muove foglia. Ebbene, tutto ciò sta succedendo da un mese. Nel dicastero dal quale, più che da altri, dipende di questi tempi il destino di Trieste - tra bonifiche, riconversione della Ferriera, nuovo Piano regolatore portuale e rigassificatore - e che, evidentemente non a caso, esprime dal 2008 l’unico uomo di Governo venuto dalla Venezia Giulia: il finiano doc nonché vicecoordinatore regionale del Pdl e sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia.
L’IMPASSE Dalla fine di maggio, infatti, il ministero dell’Ambiente è costretto a sopravvivere senza tre dei suoi cinque direttori generali, il che lascia in eredità pesanti frenate (e incertezze sui tempi) anche sulle più importanti partite triestine tutt’ora aperte: a essere scoperte sono le poltrone di Nicola Storto, capo degli Affari generali, di Mariano Grillo, responsabile delle Valutazioni ambientali (le cosiddette Via cui devono essere sottoposti sia il Prg portuale che disegna il prolongamento del Molo VII e la realizzazione del Molo VIII, sia il progetto del metanodotto Snam Trieste-Grado senza il quale la Regione non è autorizzata ad autorizzare Gas Natural a fare il rigassificatoe), e soprattutto quella di Marco Lupo, il direttore dei direttori dall’alto della sua delega alla Tutela del territorio. Colui che aveva ereditato il complicato caso bonifiche da Gianfranco Mascazzini (diventato dopo la pensione consulente della Sogesid, la Spa in house del ministero stesso) e che il 24 maggio, nelle ultime ore da numero uno del dicastero, era venuto a Trieste proprio per tentare di sbloccare il caso bonifiche incontrando Menia, il governatore Renzo Tondo e i rappresentanti delle categorie.
LA BOCCIATURA Il perché di una simile decapitazione sta tutto in una delibera con cui la Corte dei Conti, il 27 maggio scorso, ha ritenuto non legittime le nomine di questi tre direttori, datate 2009, nell’ambito del piano di riorganizzazione e snellimento del dicastero impresso dal ministro Stefania Prestigiacomo. Alla quale è stata così eccepita la decisione di far occupare a personale esterno posizioni apicali - come quelle affidate a Storto, Grillo e Lupo - a fronte di un buon numero di direttori di prima fascia già disponibili e stipendiati come tali.
IL SUPERSTITE Gli unici due direttori generali rimasti al loro posto, nella rivoluzione del 2009, erano stati Corrado Clini allo Sviluppo sostenibile, clima e energia e Aldo Cosentino alla Protezione della natura. E come tali non sono stati toccati dalla scure della Corte dei Conti dell’altro mese. Per il secondo, però, è arrivata nel frattempo l’ora della pensione, il che fa di Clini una sorta di highlander. Al punto che la Prestigiacomo starebbe pensando - in attesa che si possa concretizzare una non semplicissima leggina ad hoc per nominare i nuovi manager del ministero - ad un interim plenipotenziario da affidare allo stesso Clini.
LA PRECISAZIONE Per intanto, mentre nelle stanze dei bottoni cittadine cominciano a serpeggiare ulteriori preoccupazioni per i destini delle partite locali, è Menia in persona a predicare calma e sangue freddo. «Che questa cosa possa produrre ritardi - precisa il sottosegretario - non c’è dubbio. Si tenga conto, però, che le partite triestine vanno avanti abbastanza autonomamente rispetto alle problematiche legate alle nomine dei responsabili del dicastero». «Comunque - si fa sibillino Menia - sono questioni tecniche. Che risponda chi ha combinato questo casino». Il ministro Prestigiacomo o la Corte dei Conti? «So - risponde il fedelissimo di Fini - che ci sono degli atti che potevano essere fatti meglio. Le nomine non le faccio io, e non mi occupo nemmeno delle relative procedure. Non ho nessuna voglia, comunque, di polemizzare col ministro, che, anzi, non può ovviamente essere contenta se certe cose del suo ministero sono ferme».
PIERO RAUBER
 

 

Menia: «Il lavoro dell’ultimo anno non è perso» - Il vicepresidente dell’Ezit Zuban: «Il governo deve trovare una rapida soluzione»
 

I TEMPI SI ALLUNGANO PER IL SITO INQUINATO
«È una notizia che, quando l’abbiamo saputa, ci ha fatto trasecolare. Noi abbiamo bisogno come l’ossigeno di un accordo di programma sul Sito inquinato d’interesse nazionale». C’era anche il vicepresidente vicario dell’Ezit, Stefano Zuban, al vertice tra Menia, Tondo, Lupo e le categorie andato in scena lo scorso 24 maggio nel palazzo della giunta regionale di piazza Unità. Soltanto alcune ore più tardi la Corte dei Conti avvrebbe tolto di mezzo il regista tecnico, cioè lo stesso Lupo, della trattativa tra Stato, Regione, enti locali e imprenditori sulle bonifiche. E proprio mentre si stava profilando la scrittura della 15.ma bozza d’accordo. Forse quella buona. E ora? Ora Zuban - che da uomo della Cna indicato dalla Camera di Commercio nel Cda dell’Ezit si fa interprete delle imprese insediate nel Sin - si professa «molto preoccupato». «Ci auguriamo - dice - che il Governo possa mettere una pezza sopra questa situazione, in tempi ragionevolmente brevi». Anche perché - e lo stesso timore fatto intendere da Zuban arriva anche da altri addetti ai lavori che preferiscono non apparire - stando a un’interpretazione giuridica che si sta facendo largo nel mondo delle imprese triestino la dichiarazione di illegittimità di un burocrate renderebbe illegittimi in maniera retroattiva gli atti amministrativi da lui firmati, compresi gli impegni di spesa eventualmente sottoscritti.
«Non è che con Lupo erano stati fatti particolari passi avanti - rileva sempre Zuban - perché gli oneri a carico delle imprese per danno ambientale erano sempre e comunque di 236 milioni. Quantomeno con lui, però, il ministero dell’Ambiente aveva validato finalmente le caratterizzazioni fatte dall’Ezit sui primi 450mila metri quadrati del Sin, in base alle vecchie delegazioni amministrative (12 milioni, ndr) della giunta regionale allora guidata da Illy. Eppoi, soprattutto, per la prima volta, in un documento ufficiale, si parlava di analisi del rischio», ovvero della procedura di verifica al termine della quale, se un terreno rientra sotto soglia, viene restituito agli usi legittimi e chi lo occupa non deve pagare alcuna bonifica. Ebbene, tutto questo rischierebbe di essere carta straccia. Menia, però, qui intende metterci un punto. E rassicurare: «Gli atti assunti dai direttori in questione - puntualizza il sottosegretario - restano validi. Sono legittimi, tutelati, in base al diritto amministrativo, dal principio di salvaguardia degli atti». «Lo stesso iter delle bonifiche - conclude Menia - non viene inficiato. L’iter lo conlude il direttore ma le firme, sull’accordo, le mettono materialmente gli organi d’indirizzo politico, non tecnico, dunque il presidente della Regione, quello della Provincia, il sindaco e il ministro».

(pi.ra.)
 

 

In ballo anche il via libera all’ampliamento dello scalo - L’Authority attende la Valutazione ambientale al proprio Piano regolatore
 

Un mese fa aveva superato quello che veniva ipotizzato fosse lo scoglio burocratico più grosso, l’ok del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ora, però, potrebbe trovarsene davanti uno ancora più ingombrante: il parere di Via del ministero dell’Ambiente. Non è forse destino, insomma, che il Piano regolatore portuale, firmato dal presidente dell’Authority in scadenza a fine 2010 Claudio Boniciolli, potesse correre veloce in dirittura d’arrivo fino al rientro ultimo in Regione. «Il Prg portuale è una delle cose effettivamente da chiudere, e che come istruttoria può comunque procedere, e su cui stiamo lavorando», assicura Menia. È forte d’altronde nei centri di potere cittadino la voglia di veder validato un Prg portuale che vanta un predecessore soltanto, del 1957, e che traccia il percorso tanto del prolungamento del Molo VII quanto della creazione del Molo VIII. La rampa di lancio di un altro mondo, di fatto, a prescindere dalle prospettive del superporto targato Unicredit che comunque insisterebbe prima su un Molo VII raddoppiato e poi su un ruolo baricentrico del Molo VIII. Un mondo che, a quel punto, graviterebbe attorno alla contestuale Piattaforma logistica (per la quale sta spingendo il ticket Gavio-Binasco) e a una costa ridisegnata per il dopo-Ferriera, tra Piattaforma logistica appunto, rigassificatore stesso e mega-centrale elettrica Lucchini. Un dopo-Ferriera, guarda caso, all’interno del perimetro del Sin. Tutto dipende insomma dalla velocità di reazione della burocrazia. Non solo del ministero dell’Ambiente. Ma anche - maligna qualcuno a palazzo - di altri dicasteri. Su tutti quello dello Sviluppo economico, il cui interim resta a Berlusconi visto che Scajola non è mai sostituito, a fronte della fresca nomina di Brancher per deleghe solitamente bossiane. Roberto Dipiazza in questi giorni è in buen retiro dopo i traballi di maggioranza. In Comune parla Roberto Sasco, uomo Udc, presidente della Sesta commissione Urbanistica, competente anche in materia di Ambiente. «Lo stallo dei dirigenti al ministero - dice Sasco - può comportare il rischio di ulteriori lungaggini burocratiche. E proprio in una città, Trieste, dov’è molto forte il vincolo ambientale. Auspico che il sottosegretario Menia se ne faccia carico». (pi.ra.)
 

 

«Prg, la politica ha escluso la gente» - L’INCONTRO PUBBLICO CON BANDELLI DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
 

Un secco no al Piano regolatore del Comune «perché non risponde alle reali esigenze della popolazione e perché è stato definito senza il coinvolgimento della gente». Franco Bandelli, leader dell'associazione "Un'altra Trieste", è stato chiaro ieri sera, nel corso dell'incontro pubblico ”Piano regolatore, Trieste ha diritto di sapere”. Parlando a circa 200 persone che hanno riempito una sala dell'hotel Savoia, l'ex assessore della giunta Dipiazza ha lanciato strali in tutte le direzioni. Verso la maggioranza che governa il Comune e «ha deciso tutto senza consultare professionisti del settore, comitati di quartiere, categorie interessate», verso «quegli assessori e consiglieri comunali e circoscrizionali pronti a mediare in Commissione e in aula dopo aver espresso perplessità attraverso i giornali, ma solo per motivi strumentali». E poi verso «quella politica che ha manifestato il lato peggiore, proprio in occasione della predisposizione del Piano».
Nei confronti di un attore della vicenda, il presidente della Camera di commercio, artefice della proposta Parco del Mare, Bandelli ha avuto toni del tutto diversi: «Saremo al suo fianco fino in fondo - ha dichiarato - se finalmente prenderà una posizione decisa e precisa. Secondo noi il Parco si deve fare, perché rappresenta una potenziale risorsa per la città, e lo si deve fare nell'unica area adeguata e compatibile, quella del Mercato ortofrutticolo all'ingrosso».
Entrando nel dettaglio del Prg oggi all'esame della Commissione, Bandelli ha elencato sei punti a suo avviso «sbagliati e criticabili». Ha iniziato da Campo Marzio, «zona nella quale è prevista una cementificazione che aumenterebbe del 30 per cento la cubatura», poi è passato al quadrivio di Opicina «dove diventerà edificabile l'intero perimetro del nuovo parcheggio», al Villaggio del Fanciullo, «destinato a venir circondato da nuove costruzioni», al Rio Martesin «ultima delle aree urbane di alta valenza ambientale e che sarà pesantemente cementificata», alla Costiera «dove la cubatura crescerà del 35%», al Parco del mare «che in principio sembrava tutti volessero e invece adesso sembra diventato l'oggetto misterioso, fonte di dubbi e imbarazzo». «Non siamo disposti a mediare - ha concluso Bandelli -: o il Piano viene sostanzialmente modificato, o lotteremo contro di esso con tutte le nostre forze».
Ugo Salvini
 

 

Riccardi: Corridoio 5 progettato entro dicembre altrimenti addio ai finanziamenti europei
 

MA SULLA TRATTA TRANSFRONTALIERA IL TRACCIATO E’ ANCORA TUTTO DA DECIDERE
TRIESTE Entro fine anno la progettazione preliminare del Corridoio 5 deve essere completata, pena la perdita dei finanziamenti europei. Lo ha ricordato ieri l’assessore alle infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso del dibattito tenutosi nella sala Tessitori di piazza Oberdan a Trieste, in occasione della presentazione del libro ”Corridoio 5 – Storia, problemi e prospettive” curato da Romano Vecchiet. Nel corso del dibattito, moderato dal direttore de ”Il Piccolo” Paolo Possamai, Riccardi ha sottolineato come ci siano ancora dei nodi da sciogliere, primo su tutti l’allacciamento della tratta del Friuli Venezia Giulia con quella del Veneto.
«Esiste un problema sul punto di intersezione fra i due tracciati – ha affermato l’assessore – visto che il Veneto porta avanti il tracciato lungo la costa mentre noi abbiamo preferito l’affiancamento all’autostrada». Riccardi non ha nascosto le perplessità sulla scelta veneta «ma non posso entrare nelle lo decisioni. Di sicuro c’è che entro il 31 dicembre di quest’anno Italfer deve presentare al Governo un progetto preliminare, altrimenti il rischio è di perdere i finanziamenti comunitari». Tra oggi e domani Riccardi incontrerà i sindaci della Basa Friulana per definire alcuni dettagli della tratta regionale del Corridoio ferroviario. «C’è una sostanziale condivisione del territorio» ha assicurato l’assessore che non ha mancato di riconoscere il lavoro svolto dal predecessore, Lodovico Sonego.
Situazione diversa per la tratta transfrontaliera dove il forte dissenso creato dal tracciato che attraversava la Val Rosandra. Da qui la scelta di optare per il tracciato ”alto” che però ancora deve essere puntualmente definito sul piano tecnico così come va ancora valutata la connessione con il porto di Trieste. «Un tracciato definitivo ancora non c’è” ha sottolineato anche l’eurodeputata del Pd, Debora Serracchiani che a sua volta ha ricordato come anche per il coordinatore del progetto, l’olandese Brinkhorst, il nodo vero è quello dell’allacciamento con il Veneto. Secondo Serracchiani «l’Italia rischia di essere tagliata fuori sul piano infrastrutturale per problemi interni, e la questione Friuli Venezia Giulia – Veneto ne è un esempio, e per difficoltà a influire sulle scelte comunitarie».
Oltre ai nodi politici e tecnici, rimane ancora insoluta la questione delle risorse visto che lo stesso Riccardi ha ammesso che al momento «non si sa chi pagherà l’investimento la cui strategicità, comunque, è sotto gli occhi di tutti». Gli ambientalisti, rappresentati nel dibattito da Dario Predonzan (Wwf), ritengono che non siano necessari grossi interventi ma basterebbe potenziare le linee esistenti realizzando nuovi binari solo per eliminare i ”colli di bottiglia” nella Cervignano – Udine e nella S. Polo – Bivio di Aurisina. Interventi che Riccardi ritiene necessari e che potrebbero essere concretizzati rispettivamente ”con qualche decina di milioni e con 200 milioni” ma solo per affrontare il periodo in cui le infrastrutture de Corridoio 5 saranno realizzate. «Con questi interventi – ha assicurato l’assessore – si potrebbe aumentare di 5-7 volte la movimentazione di container dal porto di Trieste».
ROBERTO URIZIO
 

 

«La giunta vigili sul progetto per il Corridoio 5» - SGONICO. CONSIGLIO COMUNALE
 

«Vigilare attentamente sulla progettazione del Corridoio 5». E’ questa la raccomandazione fatta alla giunta Sardoc, durante l’ultima seduta del consiglio comunale di Sgonico, da parte del capogruppo della Slovenska skupnost Dimitri Žbogar. L’esponente dell’opposizione ha ricordato le ultime evoluzioni del progetto della Tav. il cui percorso potrebbe interessare anche il territorio di Sgonico: «Auspico che la giunta faccia attenzione e vigili su tutti i progetti con grandi infrastrutture che potrebbero interessare i siti posti nel nostro comune, in particolare per quanto riguarda la Tav».
Preoccupazione aL riguardo è stata espressa anche dal vicesindaco Rado Milic: «E’ da anni che si parla di questo progetto ma i comuni interessati come il nostro continuano a non essere interpellati e informati». Milic ha evidenziato come «le ultime notizie apprese dalla stampa sul possibile tunnel non rassicurano di certo, anche perché ci chiediamo come si può pensare di perforare il Carso in prossimità della Grotta Gigante».
Il vicesindaco di Sgonico ha annunciato che a breve la giunta chiederà un incontro all’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, per avere delucidazioni in merito agli ultimi progetti sull’Alta velocità.
Sulla stessa lunghezza d'onda, ma con riserva, il capogruppo del Pdl-Udc, Denis Zigante: «Sono sicuramente d'accordo con il consigliere Žbogar affinché il sindaco Sardoc vigili come chiesto pubblicamente in consiglio comunale, perché ritengo che l'amministrazione debba farsi coinvolgere su un tema così importante senza che questo arrivi sopra le nostre teste senza un controllo».
Allo stesso tempo però Zigante ha esplicitamente messo in chiaro di «non auspicare la creazione dei presupposti di una nuova Val di Susa, ossia di evitare uno scontro frontale senza avere prima spiegazioni e cautele sull'impatto controllato del progetto della Tav, perché il progresso deve avere la precedenza e non può essere ostacolato senza un valida ragione».

(r.t.)
 

 

La Goletta Verde approdata a San Giorgio di Nogaro - Un convegno sulla laguna di Grado e Marano e domani rotta verso la costa romagnola
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Fra ieri e oggi ssi svolge a San Giorgio di Nogaro (Udine) la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club, promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Ieri a San Giorgio si è svolto anche un convegno sul futuro della laguna di Grado e Marano. Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
 

 

Pista ciclabile, distrutto il punto di ristoro - L’Info Point di San Giacomo danneggiato da ignoti vandali. Area già degradata -La Provincia rimetterà a posto
 

Più che un punto di ristoro per ciclisti, ormai è un punto di ritrovo per i vandali. L'info point di San Giacomo, inaugurato cinque anni fa, dovrebbe essere dedicato agli sportivi che percorrono la pista ciclo-pedonale che collega San Giacomo a Draga Sant'Elia. Un luogo dove trovare informazioni, dei bagni e magari qualche genere di conforto.
Ben diversa è la situazione attuale. Le due ali dell'info point sono coperte di scritte, al punto che ormai è a malapena possibile vedere attraverso le vetrate. E il poco che si riesce a scorgere non è edificante: le luci giacciono rotte a terra, fra lattine vuote e cartacce. La porta d'ingresso dei bagni è stata divelta e il loro interno è coperto di "tag", ovvero firme stilizzate.
La pavimentazione esterna è sconnessa, mentre appoggiati ad un muro ci sono i resti bruciati di un divano. Di fianco ci sono una lamiera ondulata, un sacco nero pieno di immondizie e un lavabo con tutto il suo ripiano. La galleria che conduce alla struttura è sporca di deiezioni e alla sua entrata sono state abbandonate delle impalcature di legno. I muri intorno sono imbrattati di vernice colorata. Ovunque immondizia e vetri rotti.
L'info point di San Giacomo è stato inaugurato il 25 novembre 2005 da Fabio Scoccimarro, all'epoca presidente della Provincia. I lavori per la realizzazione del chiosco informativo e del sottopasso della Sp 11."di Prebenico"sono costati 1.691.155,72 Euro. Sono passati cinque anni: il sottopasso si allaga dopo ogni acquazzone, mentre l'info point è distrutto. Tant'è che il 4 marzo scorso la Giunta Provinciale ha approvato all'unanimità lo stanziamento di 218.000 Euro destinati alla manutenzione straordinaria dei queste opere.
«Penso che entro la fine di quest'estate tutti i lavori necessari per rimettere a nuovo l'info point verranno terminati», assicura Mauro Tommasini, assessore provinciale ai lavori pubblici. Il futuro della struttura rimane comunque vago: «Intanto riporteremo la struttura al suo stato originale -dichiara Tommasini- poi valuteremo le varie possibilità legate ala sua gestione».
La bellezza del tracciato che segue il percorso della vecchia ferrovia Trieste - Erpelle è in contrasto con l'abbandono della struttura che dovrebbe promuoverne l'immagine. Questa è una cattedrale nel deserto» afferma un signore con un cane al guinzaglio. «Io vengo qui ogni giorno -racconta- e vedo che da anni è tutto abbandonato. Rubinetti e lavandini così belli ce li sogniamo noi, ed ecco come sono ridotti», dice guardando amareggiato il bagno.
I prossimi lavori prevedono, oltre al recupero dell'info point, interventi di pulizia e di manutenzione del tracciato. I problemi, infatti, sono molti e ben noti: alcuni tratti sono invasi dalla vegetazione, mancano l'acqua, i servizi e la manutenzione scarseggia.
Ma nei programmi della Provincia non ci sono né le fontanelle né i cestini richiesti da molti. «L'acqua potrebbe essere utilizzata in maniera impropria, ad esempio per lavare le automobili - spiega Tommasini - e sulla Trieste-Erpelle -sottolinea- valgono i principi dell'escursionismo: ognuno deve portare via i propri rifiuti».
La spesa totale per il recupero dell'Ex Ferrovia supera i 7 milioni di Euro, finanziati prevalentemente con fondi comunitari Interreg e, in minor parte, dalla Provincia e dall'accordo di Programma della Regione.
Giovanni Ortolani
 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera e smog - SERVOLA
 

Io, come tante altre persone che abitano a Servola, subisco quasi giornalmente l’attacco delle polveri e dei gas provenienti dalla Ferriera – spesso l’aria è ammorbata dall’esalazioni di anidride solforosa proveniente dai processi della cockeria e queste esalazioni creano notevoli disagi (bruciore agli occhi, difficoltà di respiro), senza contare le polveri di carbone che si depositano un po’ dappertutto e che adesso rispetto al passato sono molto più insidiose in quanto molto più sottili.
Le autorità competenti (sic!) dovrebbero fare delle soste da queste parti ma non toccata e fuga, dovrebbero dotarsi di un bel set da picnic (magari lo posso fornire io gratuitamente visto che siamo in recessione) e sedersi sotto gli alberi in via Pitacco verso le 5 del pomeriggio e forse si renderebbero conto di cosa significa vivere ogni giorno in questa zona. Inoltre dovrebbero parcheggiare le loro belle auto blu (pagate da tutti noi) ma anche le loro private a Servola e specificatamente in un park di via del Pane Bianco così forse si renderebbero finalmente conto, toccando con mano, l’imbrattamento prodotto dalla Ferriera ottenendo in questo modo un doppio risultato, in primis avrebbero la certezza che quanto sostengono gli abitanti di Servola sono cose concrete e non baggianate (come si vorrebbe far credere) in secondo luogo modo aiuterebbero anche l’economia in quanto dovrebbero far lavare le macchine ogni giorno in uno dei tanti lavaggi auto che ci sono a Trieste. Questa dell’auto è chiaramente una provocazione ma neanche tanto stupida visto che uno dei beni ai quali gli italiani tengono di più è proprio l’automobile.
Detto questo è da tempo che mi sto chiedendo che cosa ci stanno a fare l’Arpa, il Comune, la Provincia e l’Ass che siano stati incartati dall’«Aia»?
In definitiva gli sforamenti ci sono stati. Esiste una legge che indica quanti e quali sforamenti ci possono essere nell’arco dell’anno e se gli stessi sono stati superati si deve intervenire o con la chiusura o obbligando il gestore a rientrare nei termini di legge. Io capisco il problema di chi lavora all’interno di quell’ambiente e capisco anche che la proprietà ha il coltello dalla parte del manico, 500 persone ti fanno pensare non una ma dieci volte prima di prendere la decisione di chiudere. Come detto il solito ricatto.
Quello che si dovrebbe fare è colpirli dove sono molto sensibili con una bella class action alla quale dovrebbero partecipare il Comune, gli abitanti di Servola che sono i più diretti interessati e anche tutti gli altri cittadini perché, come detto, le polveri e i gas non hanno confini.
Arduino Adamolli
 

 

 

 

QualEnergia.it - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

Rinnovabili ed efficienza energetica sotto attacco
 

Il colpo di mano di Tremonti ai certificati verdi potrebbe rientrare grazie anche alle dure critiche di un settore imprenditoriale sempre più coeso. Lo stesso non si può dire per la prosecuzione della detrazione del 55%: i comparti legati all’efficienza energetica sono numerosi, così come i soggetti coinvolti, ma non hanno ancora una propria lobby.

Nel 2008 si era tentato di ridurre drasticamente l’efficacia delle detrazioni fiscali del 55%, ma la sollevazione dei soggetti interessati era riuscita a far fare marcia indietro a Tremonti.
In queste settimane il centro-destra in Parlamento ha cercato di azzoppare i certificati verdi, lo strumento di incentivazione delle rinnovabili di grande taglia. Anche in questo caso le reazioni sono state molto accese e tutto fa pensare che verrà trovata una soluzione che consenta di sanare gli effetti di questa maldestra iniziativa. È interessante sottolineare come in nessuno dei due colpi di mano il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha la delega dell’energia, abbia avuto un ruolo.
Se il colpo alle energie rinnovabili verrà bloccato, non pare invece che ci siano molte possibilità per la prosecuzione delle detrazioni del 55% nel 2011. Il fatto è che questa forma di incentivazione incide direttamente sulla fiscalità generale, anche se molti studi hanno evidenziato che tra emersione del sommerso, aumento delle entrate dell’Iva e delle tasse per le imprese coinvolte le casse dello Stato avrebbe perdite minime o addirittura un vantaggio economico. Ma in una fase in cui si tende a tagliare tutto, queste sofisticate analisi vengono messe da parte.
I certificati verdi, la tariffa unica per gli impianti sotto 1 MW e il conto energia per il fotovoltaico vanno invece ad incidere sulle tariffe elettriche e non sulla fiscalità ,e quindi, sono meno sotto tiro.
Visto il grande supporto di cui godono le rinnovabili da parte dell’opinione pubblica e considerata la massa critica degli interessi coinvolti, è più difficile che gli attacchi a queste tecnologie vadano in porto.
Invece, in Italia come in Europa, i comparti dell’efficienza energetica sono frantumati in mille rivoli e non hanno la stessa capacità di pressione che hanno i settori legati alle rinnovabili.
Se dunque siamo soddisfatti della massa critica raggiunta dalle energie verdi, dobbiamo però lavorare affinché i settori legati all’efficienza energetica riescano in futuro a farsi sentire con maggiore forza.
Gianni Silvestrini
 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

 

LEGAMBIENTE: Corridoio V … la farsa continua

 

Nel lontano febbraio 2007, durante il convegno dell’Istituto Gramsci sul corridoio V, Legambiente aveva posto pubblicamente 5 domande, sollevando alcune questioni fondamentali sulla validità e realizzabilità della linea AV/AC Venezia-Trieste-Ljubljana: 1) dove sono i soldi per realizzare l’opera? 2) Esistono delle alternative per trasportare le merci su ferrovia? 3) Dove sono la trasparenza, l’informazione e la partecipazione dei cittadini? 4) Servono veramente nuove infrastrutture o è l’organizzazione dei trasporti che non funziona? 5) Se la nuova linea Venezia-Trieste-Ljubljana venisse realizzata, siamo sicuri che le merci viaggerebbero per ferrovia? Ovviamente a queste domande nessun rappresentante delle pubbliche amministrazioni coinvolte ha mai risposto, salvo i sindaci e i comuni coinvolti (tra cui S. Dorligo-Dolina, Doberdò-Doberdob, Villa Vicentina ed altri). Tra l’altro, questi comuni hanno reso pubblici i documenti (tracciati, studi e valutazioni) dei progetti che inutilmente cerchereste sul sito della Regione Friuli-Venezia Giulia o del Comune di Trieste. Ma anche alle altre domande dobbiamo rispondere noi: 1) la spesa prevista è di oltre 6 miliardi di euro tra Mestre e Trieste, i fondi disponibili sono circa 100 milioni, quindi si possono spendere i soldi per i progetti ma non ci sono i soldi per fare l’opera; 2) basta aggiungere un binario aggiuntivo (o due se veramente necessari) tra il Bivio San Polo e Monfalcone, e poi tra Monfalcone e il Bivio Aurisina, per aumentare notevolmente la capacità delle linee attuali; 3) non risulta che la Regione o la Provincia abbiano preso iniziative per informare i cittadini, né tanto meno farli partecipare alle discussioni ed alle scelte. Lo hanno fatto i comuni minori e il comune di Trieste, quest’ultimo però con un solo incontro pubblico nel luglio 2009; 4) il sottoutilizzo (viene usata neppure per il 25%) della nuova linea ferroviaria Pontebbana (Udine-Tarvisio) dimostra che la cattiva gestione delle ferrovie e la spietata concorrenza dell’autotrasporto (che ottiene anche sussidi dallo Stato) rendono inutili grandi investimenti ferroviari nell’ambito della attuale politica dei trasporti; 5) se l’Italia e la Slovenia decidessero di introdurre la tassazione dei camion (“eurovignetta”, allo studio o applicata in diversi paesi europei) proporzionale al peso trasportato, all’inquinamento provocato e alla distanza percorsa (come avviene da tempo in Svizzera), allora sarebbe possibile il trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia. La realtà è ben diversa: i cittadini del FVG danno il loro contributo (un milione e mezzo di euro nel solo 2009) agli autotrasportatori per fargli trasportare (pochi) camion sui treni, ma se questo contributo non ci fosse, i camion ritornerebbero sulla strada. Questi contributi alla “autostrada viaggiante” sono un aiuto che non modifica il sistema logistico: portare sui treni un camion col suo carico costa il doppio rispetto al trasporto del solo carico, cioè al trasporto intermodale non accompagnato, il solo che ha una sua validità economica. Ma è evidente che quella del trasferimento modale che dovrebbe giustificare la rete dell’Alta Velocità/Alta Capacità è solo una favola per il popolo, al solo scopo di usare enormi risorse pubbliche per finanziare le grandi imprese di costruzioni (in altre parti d’Italia) e di fare progetti non realizzabili (nella nostra regione).
In questa stessa sala, nel giugno 2008 fu presentato il tracciato del collegamento Trieste-Divača, un’incredibile serpentina sotto la città di Trieste che, circondando la Val Rosandra, sbucava nella costruenda seconda linea Koper-Divača, per cui i treni merci dal porto di Trieste sarebbero dovuti salire a 230 metri per poi scendere nuovamente a livello del mare. Era evidente, anche dal punto di vista trasportistico oltre che per l’impatto ambientale, che il progetto non stava in piedi, ma solo dopo le affollate assemblee popolari e la presa di posizione del comune di Trieste i politici e gli amministratori pubblici, anche a livello governativo, hanno preso atto che “non c’è il consenso” alle follie proposte. Bene, ma per quello studio di fattibilità sono stati spesi ben 1.380.000 euro (di cui un milione della Regione FVG), del cui spreco qualcuno dovrebbe rispondere ai cittadini che pagano le tasse e a quelli che avrebbero potuto ricevere beni e servizi, invece di contribuire al benessere di progettisti e società di consulenza.
Ora, secondo il vice-ministro ai trasporti Roberto Castelli, il precedente tracciato è stato scartato “perché non era condiviso dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione”. Ma come può la popolazione condividere il nuovo tracciato se ha visto solo una cartina sul Piccolo e non è stata mai informata e coinvolta dagli enti proponenti? Finora è stato coinvolto solo il comune di Duino-Aurisina, ma il nuovo tracciato coinvolge anche quelli di Sgonico, Monrupino e Trieste. E resta invece aperto l’unico vero problema, cioè come collegare meglio il porto di Trieste con Monfalcone-Udine-Venezia e Ljubljana.
Secondo la stampa, il nuovo tracciato è composto (in Italia) da due gallerie sotto il Carso di 12 km ciascuna, con un costo totale di quasi 2 miliardi di euro (circa 79 milioni di euro a km). Quindi rimangono aperti tutti i gravissimi problemi ambientali di lunghe gallerie in zona carsica. Ma, soprattutto, si dovrebbe costruire un collegamento di quasi 30 km, di cui oltre 20 in galleria, tra Aurisina e Divaccia, quando è noto che sulla linea Aurisina-Opicina passano solo pochissimi treni merci, mentre la Sežana-Divača è utilizzata al 40% solamente. Quindi una tratta che non serve, costa moltissimo e che probabilmente la Slovenia non finanzierà mai (come del resto anche l’Italia). Quanto è credibile e realizzabile il nuovo tracciato proposto? E’ vero che passa “un pelo sopra Borgo Grotta Gigante”, quindi nei pressi della Grotta?
Anche i tempi previsti per la realizzazione dei diversi tratti sono tali da rendere impossibile un rilancio del trasporto merci dal porto di Trieste su ferrovia, perchè – come ha affermato il rappresentante di RFI Comin in un incontro col consiglio comunale di Duino-Aurisina - la tratta Monfalcone-Aurisina potrebbe essere completata verso il 2030, quella tra Aurisina e Trieste verso il 2050 e quella tra Aurisina e Divača verso il 2080 (e questo, aggiungiamo noi, solo se qualcuno darà i miliardi necessari).
Quindi si è preso atto solo delle più vistose assurdità e incongruenze del progetto, e della naturale reazione dei cittadini delle aree interessate dal tracciato, ma manca ancora il coraggio per effettuare una revisione radicale del concetto di corridoio e una chiarezza delle priorità e degli obiettivi del progetto, che dovrebbero essere legati alla realtà sopra ricordata. Bisogna prendere atto, come sosteniamo da tempo, che per un vero rilancio del trasporto ferroviario e intermodale occorre una nuova politica dei trasporti e una serie di interventi mirati e veloci per ottimizzare, modernizzare e riutilizzare la rete esistente, costruendo una quantità limitata di nuove tratte (tra cui probabilmente il raddoppio della Udine-Cervignano, il rafforzamento del tratto Bivio San Polo-Monfalcone-Bivio Aurisina e il breve collegamento tra Trieste e Capodistria-Koper.
E qui si pone una nuova domanda: se è vero che il governo della Slovenia si oppone ad un collegamento ferroviario diretto tra i due porti perché non gradisce la possibilità che dei treni merci provenienti dal porto di Trieste utilizzino la nuova linea Koper-Divača per immettersi nella rete slovena in direzione di Ljubljana, come vengono giustificati i contributi dell’Unione Europea alla costruzione della stessa linea Koper-Divača, che non è affatto “transfrontaliera” e non deve esserlo?

Legambiente Friuli-Venezia Giulia - http://www.legambiente.fvg.it

Legambiente Trieste via Donizetti 5/a - http://www.legambientetrieste.it
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2010

 

 

Il Parco del mare resuscita nel Piano regolatore - Cassata da Dipiazza, nel documento urbanistico l’attrazione resta nell’area ex Bianchi
 

Il sindaco ha optato alla fine per un grande acquario nell’ex Salone degli Incanti tuttavia resta aperta la porta per la prima soluzione
«Trieste non può sopportare un Parco del mare». Il sindaco Roberto Dipiazza era stato chiaro, anzi chiarissimo alla fine dello scorso aprile. Specificando l’unica strada per lui percorribile: «Un acquario da due, trecentomila visitatori l’anno», da sistemare nel Salone degli Incanti. L’opzione “parchetto del mare”, dalle proporzioni e ambizioni ben più contenute rispetto alla soluzione tanto cara al presidente camerale Antonio Paoletti, strutturata nella sua ultima ipotesi di location lungo l’asse area ex Bianchi - Magazzino vini - ex Pescheria. Adesso però, nel periodo che coincide con il rush finale per l’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore, emerge dagli incartamenti un fatto: nelle controdeduzioni del Comune alle riserve della Regione sulla variante 118 al Prg il Parco del mare c’è, è citato e non una volta ma a più riprese. Lo strumento urbanistico lascia la porta aperta al progetto.
Un passaggio parla infatti di «interconnessione con l’ambito dell’ex piscina Bianchi (l’area sulle Rive vicino al Magazzino vini, ndr) con reperimento di parte dei parcheggi a supporto del Parco del mare». Con precisione si fa poi riferimento nei documenti all’«insediamento del Parco del mare nell’area dell’ex piscina Bianchi», scelta che «risulta sostenibile sotto il profilo della mobilità» attraverso l’adozione di «alcune azioni» dedicate: «dotazione di parcheggi», «incentivazione dei mezzi pubblici» e «possibili interventi di compatibilizzazione viaria dell’asse delle Rive» per migliorare l’accessibilità alla zona del Parco stesso. E ancora: «Nel caso dell’area dell’ex piscina Bianchi le funzioni ammesse escludono interventi residenziali, in quanto prefigurano per la stessa una trasformazione legata all’attività museale e ad attività complementari finalizzate allo sviluppo turistico della città, con la realizzazione del cosiddetto Parco del mare». Niente equivoci, il progetto c’è. Nonostante la bocciatura di Dipiazza rimane lì, incastonato tra le righe del documento prodotto dagli uffici comunali. Che specificano nel testo come «in questa fase di pianificazione generale il Piano non ha voluto caratterizzare in maniera specifica le diverse destinazioni d’uso che andranno ad insediarsi in queste aree, ma ha voluto determinare un quadro di riferimento generale».
Un’indicazione è riservata anche ai progettisti visto che «dovrà essere valutato il rapporto tra le diverse volumetrie, in maniera tale da garantire che i nuovi interventi non vadano a modificare in maniera sostanziale l’equilibrio tra il mare e la quinta scenografica rappresentata dall’edificazione del Borgo Giuseppino». La sostanza, comunque, non muta.
Il Piano regolatore smentisce dunque il primo cittadino? «Le valutazioni degli uffici sono state effettuate mantenendo ciò che era stato già adottato. Dunque, si continua a calcolare il Parco del mare... Il che conferma l’assenza di programmazione da parte dell’amministrazione, una situazione demenziale», evidenzia il capogruppo del Pd Fabio Omero. E all’attacco va pure Roberto Decarli (Cittadini), sempre in seno all’opposizione: «Modificando e togliendo il riferimento al Parco del mare, inserito evidentemente ben prima delle dichiarazioni di Dipiazza, si fermerebbe l’iter per l’approvazione del Prg. Ma avere il Parco nel Piano quando invece il sindaco ha dichiarato che non si farà è una presa in giro. Per correttezza Dipiazza - incalza Decarli - non avrebbe dovuto dire niente, prendendo invece tempo o affermando “lo faremo più tardi”».
Per Piero Camber (Fi-Pdl), si tratta solo di «una questione di nome nella ricerca dell’ampliamento di una zona dedicata al mare e alla scienza. Parliamo di semplicità di denominazione». Mentre secondo il collega di maggioranza Antonio Lippolis (An-Pdl), «lasciare una porta aperta non è sbagliato. Così, una retromarcia della retromarcia da parte del sindaco potrebbe ancora esserci. Lasciare il Parco del mare nel Prg - sottolinea - concede una possibilità, ma non vuol dire che bisogna farlo per forza. L’idea del Parco, lo ricordo, era stata condivisa dal Consiglio comunale».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Prg, ”Un’altra Trieste” in assemblea - OGGI ALLE 18 AL SAVOIA
 

Questo pomeriggio con inizio alle 18 si terrà all’hotel Savoia Excelsior (Riva del Mandracchio 4) un'assemblea pubblica organizzata dall'associazione Un’altra Trisete sul tema del Piano regolatore comunale Generale. «L'incontro - si legge in una nota del sodalizio fondato dall’ex assessore comunale Franco Bandelli - rappresenterà per tutti i cittadini l'occasione di conoscere i contenuti del piano che pochi vogliono, ma che riguarderà tutti i triestini».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2010

 

 

Goletta verde a San Giorgio di Nogaro - DOMANI E MARTEDÌ
 

SAN GIORGIO DI NOGARO Sarà domani e martedì San Giorgio di Nogaro la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club, promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Per lunedì è previsto inoltre a San Giorgio un convegno sul futuro della laguna di Grado e Marano.
Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
 

 

”Miani” in piazza contro la Ferriera - DOMANI E MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
 

Il Circolo Miani, che da tempo chiede la chiusura della Ferriera, raddoppia le proprie iniziative. Domani e martedì sono in programma due manifestazioni di protesta, entrambe in piazza Unità. A scatenare il portavoce del Circolo, Maurizio Fogar, in questo frangente, «la consapevolezza che il danno alla salute della popolazione di Trieste oramai è stato fatto - ha detto ieri - perché la proprietà dello stabilimento ha ottenuto la certezza di poter continuare a operare fino al 2015, avendo così a disposizione tutto il tempo necessario per poter vendere l'impianto a un prezzo conveniente. E tutto questo con il colpevole avallo delle maggiori istituzioni della Regione e della città. Per questo - ha annunciato - lunedì e martedì, alle 18.30, saremo sotto il Municipio per manifestare il nostro sdegno e la nostra volontà di cambiare le cose».
Fogar intende «alzare il livello della protesta popolare», in conseguenza di quello che ha definito «il fallimento della politica». Il Miani giudica prevalente «il tema della salute pubblica rispetto a qualsiasi altro - così Fogar - anche quello della conservazione dei posti di lavoro. Del resto i nostri pubblici amministratori avevano tutto il tempo per predisporre i necessari piani di riconversione a favore dei lavoratori della Ferriera».
Fogar ha ricordato anche che «di recente il Wwf, autorevole associazione ambientalista, ha confermato che le nostre osservazioni sul fronte dell'inquinamento atmosferico sono esatte. Il rischio per la popolazione residente, non solo nei rioni più vicini allo stabilimento di Servola - ha continuato - è elevatissimo. Abbiamo già contato troppi morti - ha concluso il portavoce del Miani - e purtroppo la lista non è destinata a fermarsi».

(u. s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2010

 

 

La maggioranza si ricompatta: «Andiamo avanti» - Schiarita sul Prg, a Lega e Udc garanzie sul ripristino dell’edificabilità per i piccoli proprietari
 

RIENTRATA LA CRISI. DIPIAZZA: MANGERÒ IL PANETTONE E ANCHE LA COLOMBA...
Stilata l’agenda dei prossimi mesi: rispunta la partita del Piano del traffico
Lippolis (An-Pdl): coalizione più forte, adesso il Piano regolatore è meno a rischio
In sella, più saldo che mai e pronto a chiudere il suo mandato centrando uno a uno gli obiettivi messi in cantiere. A partire dall’approvazione definitiva del Piano regolatore, partita da concludere entro la fine di luglio. Roberto Dipiazza ha avuto ieri la certezza di avere attorno a sé una maggioranza compatta, una volta concluso il vertice ospitato nei suoi uffici. Un incontro lungo, durato due ore e che, come ha riferito il capogruppo dell’Udc in Municipio Roberto Sasco, ha conosciuto anche alcuni «momenti difficilissimi».
Alla fine, dunque, si sono sbriciolate non solo le voci circolate il giorno prima su possibili clamorose dimissioni del sindaco di fronte a una convergenza mancante sul Prg, ma sono andati in frantumi anche i dubbi che avevano iniziato a farsi strada fra qualcuno dei protagonisti dello schieramento di centrodestra sulla tenuta della coalizione da qui alla primavera del 2011. Sino cioè al termine del Dipiazza-bis. All’uscita dal vertice, hanno ripetuto tutti la stessa cosa: «È tutto a posto. La maggioranza va avanti». Volto sorridente e distinguo dei giorni scorsi dimenticati, archiviati, in nome della ragion comune. O meglio, di alcune rassicurazioni: in primo luogo quella che tutte le decisioni importanti, da qui alla conclusione della consiliatura, verranno sempre condivise fra i capigruppo in Municipio e il sindaco prima di ogni altra azione. Punto d’accordo fondamentale è stato quello della garanzia data a Lega Nord e Udc in merito al Prg. «Sarà ripristinata l’edificabilità delle aree dei piccoli proprietari», hanno confermato i rappresentanti del Carroccio presenti, il segretario provinciale Massimiliano Fedriga e il capogruppo Maurizio Ferrara. Che 120 minuti prima erano saliti a palazzo promettendo battaglia: «Non faremo sconti». «Sì, sì, l’edificabilità verrà restituita, a parte laddove vi sia una valenza urbanistica riconosciuta», ha specificato Roberto Sasco (Udc), raggiante al pari dei leghisti e uscito dalla riunione al fianco di un Angelo Pierini (Lista Dipiazza) visibilmente soddisfatto. «Questo era in ogni caso un obiettivo comune, di tutti», si è affrettato a chiarire Piero Camber (Fi-Pdl) sul tema edificabilità e Prg, «nel rispetto delle riserve presentate dalla Regione naturalmente». «I 21 della maggioranza restano tali, siamo compatti. Tanto che pure il sindaco (il quale al termine dell’incontro non ha rilasciato dichiarazioni, ndr) ha sottolineato durante il vertice: “Non solo mangerò il panettone, ma anche la colomba...”. Ci vediamo la prossima primavera...», ha concluso il capogruppo forzista. E lì accanto il collega di An-Pdl Antonio Lippolis: «La maggioranza è più forte, il Piano regolatore meno a rischio».
Il vertice ha generato, di fatto, un cronoprogramma che ha toccato vari punti, senza approfondirli tutti nel dettaglio. L’agenda del centrodestra in Comune dice quindi che entro fine luglio la partita sul Piano regolatore andrà chiusa, intanto verrà risolta anche la questione Fiera (con Piero Camber e Fi-Pdl pronti a presentare lunedì in Consiglio comunale un emendamento e un ordine del giorno a completamento della delibera dell’assessore Paolo Rovis, come oggi stesso proprio Camber annuncerà). A settembre, altra tappa chiave con il Piano del traffico e poi la volatona verso le nuove elezioni. Non senza garantirsi appoggio reciproco per le istanze che via via usciranno dalla coalizione.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Centrale Lucchini, nuovo studio: «La qualità dell’aria migliorerà» - CONSEGNATE LE INTEGRAZIONI PER LA ”VIA”
 

Lucchini Energia ha consegnato alle autorità tra cui ministero dell'Ambiente e Regione, «tutte le integrazioni richieste in materia di Valutazione di impatto ambientale (Via) e Autorizzazione integrata ambientale della centrale termoelettrica a ciclo combinato nel porto industriale» che l’azienda progetta nell’area ex-Esso.
Fra i nuovi documenti - sottolinea Lucchini Energia - «il più significativo è uno studio della dispersione e della ricaduta al suolo delle emissioni in atmosfera prodotte dalla centrale termoelettrica, eseguito dal Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'Università» coordinato da Vincenzo Armenio. Lo studio è stato fatto per valutare l'impatto che l’insediamento può avere sulla qualità dell'aria. Scenari che considerano sia la situazione attuale, con la Ferriera, sia la situazione futura con la riconversione produttiva della Ferriera ovvero con la presenza contemporanea della Centrale della Lucchini Energia e del terminale di rigassificazione.
«Lo studio - scrive Lucchini Energia - ha dimostrato che, anche nello scenario futuro più gravoso per impatto ambientale, si osserva rispetto alla situazione attuale un leggero aumento delle concentrazioni di biossido di zolfo; una diminuzione delle concentrazioni di biossido di azoto e una riduzione dei superamenti annuali; una forte riduzione di Pm10 e di monossido di carbonio»; e «una forte riduzione di emissioni clima-alteranti». Lo studio «conferma quindi» per Lucchini energia «un sicuro miglioramento della qualità dell’aria nelle zone più interessate oggi dalle emissioni di tutto il comparto industriale che seguirebbe dalla riconversione» della Ferriera «e dall’insediamento della centrale Lucchini e del terminale Gnl».
 

 

Nuova vita per i laghetti delle Noghere - CONCLUSI I LAVORI DI SISTEMAZIONE DEL BIOTOPO NATURALE
 

MUGGIA Decine di bambini del ricreatorio e molti cittadini, non solo muggesani, hanno preso parte alla cerimonia che ha sancito la conclusione dei lavori di sistemazione dei laghetti delle Noghere, il biotopo naturale che si trova al confine con il territorio di San Dorligo e che rappresenta un ”unicum” dal punto di vista naturalistico e ambientale per l'intero territorio carsico. All'inaugurazione erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il vicesindaco Franco Crevatin, l'assessore Loredana Rossi e il vicepresidente della Provincia Walter Godina.
Formati dalle esondazioni del Rio Ospo in vecchie cave d'argilla utilizzate fino agli anni '70, gli otto laghetti e l'intero territorio che li circondava erano stati per lungo tempo abbandonati al degrado, tanto che i primi ambientalisti che all'inizio degli anni '80 avevano tentato un primo recupero, si trovarono davanti a una vera e propria discarica a cielo aperto.
Un intervento più organico, dopo una serie di difficoltà burocratiche legate a divergenze sulla competenza territoriale tra Ezit e Comune, fu possibile solo dopo il 2001, quando la Regione assegnò al sito la dignità di ”biotopo naturale”. Un passaggio che poi ha consentito un'accurata progettazione volta alla valorizzazione non solo turistica dei laghetti, ma anche didattica e naturalistica.
L'area è stata attrezzata con sentieri, punti di osservazione, tabelle esplicative. Sul lato che corre lungo la strada bianca che conduce all'ingresso è stata eretta una recinzione metallica per impedire atti vandalici e l'abbandono di rifiuti, mentre sugli altri lati del perimetro del sito è stato volutamente lasciato il libero passaggio per la fauna selvatica.
Dai prossimi mesi ai laghetti delle Noghere sarà possibile arrivare anche attraverso la pista ciclabile inserita, e già finanziata, nel progetto transfrontaliero Carso/Kras che collegherà Muggia al territorio di San Dorligo.

(g.l.)
 

 

Impegnati ”Volentieri” in ecologia e volontariato - Questa sera all’Arci di Sottolongera il gruppo festeggia il primo anno di attività
 

«A Trieste quando qualcuno risponde "volentieri" significa "no". Noi invece ci mettiamo al lavoro volentieri ed è per questo che abbiamo deciso di chiamarci in questo modo». Simone Libralato spiega così il nome del gruppo che oggi festeggia un anno di attività. Lo fa in grande stile, con griglia, concerto e dj set, dalle 19 in poi al Circolo Arci Stella di Sottolongera. E per chi arriva in bicicletta, una bibita gratis.
La serata incomincerà con una grigliata o un menù vegetariano, e a seguire musica dal vivo. Si esibiranno infatti gli Animetion Army, con il loro repertorio di sigle dei cartoni animati, e i Sardoni Barcolani Vivi, gruppo dialettale vincitore del Festival della Canzone Triestina del 2008 e classificatosi secondo nel 2009. Le danze continueranno poi con il dj set di Francesco Noiz-P.
Il gruppo Volentieri è nato in seno all'Arci nel giugno del 2009 per divulgare i temi dell'ecologia e del volontariato. Lo fa organizzando attività culturali e curando la pubblicazione stagionale della rivista Volentieri. «Sabato (oggi, ndr) presenteremo il quarto numero della rivista – racconta Simone – dedicato questa volta all'acqua». Un tema di scottante attualità, viste le controverse discussioni sulla possibile privatizzazione dell' ”acqua del sindaco”. «L'acqua è una risorsa fondamentale per tutti, ma è sempre meno disponibile – spiega Stefano – e per questo dovrebbe essere risparmiata e gestita meglio».
Nel nuovo numero di Volentieri si parlerà anche di mare e del riciclo delle bottiglie, senza tralasciare le rubriche su tematiche locali come il cruciverba in dialetto e i quiz su Trieste.
Il filo conduttore del gruppo Volentieri è la sostenibilità, intesa tanto come stile di vita quanto come modo di produrre. «Utilizziamo anche la convivialità per diffondere questo concetto», sottolinea Matteo
Caratteristica fondamentale del gruppo, infatti, è proprio quella di abbinare ogni evento alla degustazione di prodotti locali. Perché un bicchiere di vino diventa etico se proveniente da un produttore locale. E se solo il miele a km zero rispetta la natura, la scelta di un formaggio del Carso diventa militanza ecologista.
Riutilizzare è uno dei modi fondamentali per ridurre gli sprechi. Per questo il gruppo Volentieri ha organizzato laboratori di riciclo, ma anche mercatini del baratto di oggetti o vestiti, come ”Cca nisciuno è Fashion”.
In dodici mesi il gruppo ha collezionato collaborazioni con più di venti associazioni, da Ingegneria Senza Frontiere alla Banca Popolare Etica. Ha collaborato a manifestazioni come il Festival delle Diversità e la Marcia mondiale per la pace e la non violenza. Dà una mano agli Aperitivi scientifici della Sissa e raccoglie fondi per realtà locali, come il Comitato Primo Marzo, a sostegno degli immigrati.
Ma non mancano le iniziative rivolte a organizzazioni che operano in paesi in via di sviluppo: è il caso de L'oro del Mozambico, per la realizzazione di una rete di ricerca scientifica in quel Paese, o Casa de Todos, che cura un centro polifunzionale e sportivo in Ecuador.
«Sono tutti progetti che conosciamo per esperienza diretta – sottolinea Silvia – ed è per questo che siamo sempre sicuri di dove vanno a finire i soldi raccolti. Per il futuro abbiamo in mente cineforum, incontri con esperti di cooperazione e la promozione di gruppi di acquisto solidale. E tanto altro ancora». Maggiori informazioni su http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2010

 

 

Maggioranza al bivio, Dipiazza potrebbe lasciare - La coalizione prova a ricompattarsi sul Prg. Voci di possibili dimissioni del sindaco
 

Ferrara (Lega): «Se non si trova una sintesi non vedo come si possa andare avanti...»
Ore 13, appuntamento in Municipio. Gran parte del prossimo futuro politico del Comune di Trieste si gioca oggi, all’ora di pranzo, nel vertice di maggioranza convocato per affrontare tutti i temi caldi del momento. A partire da quello che in questo momento scotta più degli altri: il Piano regolatore. E in ballo c’è anche il futuro di Roberto Dipiazza in persona: senza garanzie di una compattezza che superi e dimentichi i distinguo degli ultimi giorni in seno alla coalizione proprio sul Prg, il sindaco potrebbe optare infatti per il gesto più forte, clamoroso, presentando le sue dimissioni. Questo dicono le voci che girano attorno al Municipio.
LA VERIFICA Di certo, le dichiarazioni rese nei giorni scorsi dalle diverse componenti del centrodestra, come pure il voto di lunedì in giunta (con i gli assessori aennini Lippi, Sbriglia, Giacomelli e Lobianco astenuti come il forzista Rovis) passeranno oggi sotto la lente d’ingrandimento del sindaco e dei rappresentanti di tutto il centrodestra. Per capire se lo stesso possa continuare a reggere il timone della città sino a fine mandato o se gli alleati che ne fanno parte stiano ormai viaggiando ognuno per la sua strada, rischiando di far fare allo schieramento la fine della nazionale azzurra di Lippi eliminata dal Mondiale.
L’analisi coinvolgerà non solo i capigruppo in Consiglio comunale, cioè Piero Camber (Fi-Pdl), Antonio Lippolis (An-Pdl), Maurizio Ferrara (Lega Nord), Roberto Sasco (Udc), Angelo Pierini (Lista Dipiazza) e Sergio Pacor (Pri), ma anche i vertici provinciali dei vari partiti: dovrebbero esserci infatti il segretario leghista Massimiliano Fedriga, il coordinatore e il vicecoordinatore del Pdl Sandra Savino e Piero Tononi e il rappresentante dell’Udc Edoardo Sasco. Prg, come detto, nell’agenda di giornata, ma non unicamente quello: anche Piano particolareggiato del centro storico, la questione Fiera, il Piano del traffico. Il percorso da qui alla fine del mandato, insomma, con uno sguardo anche più in là, probabilmente. L’obiettivo più o meno dichiarato di tutti gli attori è quello di ricompattare la maggioranza per arrivare alla primavera del 2011 senza scossoni, veleggiando in un mare sereno. Se le parti però non dovessero pervenire a un accordo, potrebbero aprirsi scenari imprevisti. Già ieri, come accennato, hanno iniziato a farsi largo, negli ambienti politici locali, voci che darebbero pronto Dipiazza alle dimissioni in caso di mancata convergenza. Voci, non confermate, che peraltro hanno fatto innervosire il diretto interessato. Il quale, al termine del vertice, staccherà la spina per dieci giorni. Comunque vada a finire.
VERSO IL 2011 Il centrodestra va a caccia insomma di «garanzie per chiudere come si deve la consiliatura. Altrimenti vivacchiare è inutile...», osserva un sibillino Piero Camber. «Se non si trova una sintesi, con un accordo che arrivi fino al 2011 e interessi poi anche il programma elettorale, non vedo come si possa continuare», aggiunge il padano Maurizio Ferrara che chiarisce anche come «la Lega continuerà a lavorare comunque per riuscire ad andare avanti». «Questo vertice l’abbiamo chiesto io come Udc e Ferrara per la Lega Nord (le due forze della coalizione non hanno portacolori nell’esecutivo, ndr) - afferma Roberto Sasco - dopo l’esito del voto in giunta. Desideriamo verificare la volontà di ricompattare la maggioranza e se vi siano le condizioni per proseguire». Dall’aennino Antonio Lippolis arriva un assist al sindaco: «Da parte nostra non c’è nessuna volontà di non votare il Piano perché siamo nella maggioranza e perché il documento è migliorativo rispetto alla versione precedente. Certe cose, però, si possono modificare».
IN COMMISSIONE Intanto, l’esame delle controdeduzioni del Comune rispetto alle prescrizioni della Regione è iniziato in Commissione urbanistica. Due giornate partite all’insegna dello scontro verbale sul tema della secretazione, con botta e risposta in aula fra il capogruppo del Pd Fabio Omero e il presidente della commissione Roberto Sasco. «Ho ricordato che non esiste delibera che disponga la secretazione degli atti - afferma Omero -. Le sedute in commissione continuano a essere secretate, ho chiesto di votare sulla questione ma niente da fare. Al consigliere di Rifondazione comunista Iztok Furlanic è stato impedito di filmare i lavori, io però l’ho fatto con il telefonino e ho messo il tutto in internet sul mio blog. I consiglieri circoscrizionali Zecchini e Pettirosso sono stati allontanati dall’aula». Sul Prg si è espresso pure il Gruppo Sulli, con il suo leader Bruno Sulli: «Si dice che tutto deve essere secretato ma non è secretato un fico secco... Il sindaco ha fretta, ma solo sulle controdeduzioni abbiamo perso due mattinate. Dopo le commissioni, poi, andremo in aula: lì sarà bagarre».
MATTEO UNTERWEGER
 

 

SEGNALAZIONI - «Scala Santa: un enorme cantiere distrugge il verde e stressa la strada»

 

Sono residente in Scala Santa, abito vicino a quella che fu l’ex trattoria cosiddetta "Alla III fontana" (circa 600 m da Roiano) della quale ora non rimane che qualche calcinaccio; da alcuni mesi quest’area unitamente a un lotto limitrofo è stata interessata da un importante intervento di edilizia residenziale che porterà alla realizzazione di ben sei edifici.
Dopo le discusse variazioni del recente piano regolatore che hanno interdetto in quasi tutta questa zona interventi del tipo, con enorme sorpresa dei residenti, ci si ritrova ora un enorme cantiere nel cuore di una delle aree verdi più tutelate della provincia. Si scrive spesso di altre realizzazioni che hanno meno impatto ambientale, ma questa, non ha mai avuto l’onore della cronaca, chissà perché?
Come noto la via in questione, stretta (anche meno di tre metri), molto ripida e lastricata con il porfido, male si addice al passaggio di mezzi pesanti, tanto che per ovvi motivi è vietata al traffico di veicoli con peso superiore alle 2,5 ton; altresì sussiste giustamente il divieto di circolazione nei due sensi per un lungo tratto.
Con la presente si vuole porre l’attenzione sul fatto che, da mesi, a causa dell’innominabile cantiere, la via viene percorsa nei due sensi di marcia da camion carichi di materiale, del peso anche superiore a 12 ton. (quasi 5 volte quello indicato come max dalla segnaletica!), con cadenze anche di 50 viaggi al giorno.
Non posso dubitare che tali carovane siano state autorevolmente autorizzate dagli uffici preposti, ma è oscuro come nessun tecnico comunale della Sezione strade abbia previsto in anticipo ed ora notato lo scempio della pavimentazione verificatosi a causa di tale abnorme traffico, compresa la Polizia urbana chiamata più volte a verificare.
Nei luoghi di manovra dei suddetti mezzi il costoso e delicato porfido si sgretola e la strada cede visibilmente, cagionando scontati problemi al normale traffico veicolare "leggero" e a quello pedonale, con sicure conseguenze sui numerosi sotto-servizi come tubature e cavi presenti sotto il manto stradale.
Non mi soffermo per lamentarmi dei disagi derivanti dagli ingorghi alla circolazione che durante le ore di cantiere vengono a crearsi quotidianamente, perché tali situazioni sono quasi inevitabili; ma rimango attonito nell’osservare come venga data per scontata a priori la distruzione della strada pubblica (tra l’altro, unica via di collegamento con la città) a favore di un interesse meramente privato.
Un vivo ringraziamento da parte dei residenti alla lungimirante Amministrazione pubblica comunale, dalla quale io e molti altri ci auspichiamo ancora fiduciosi un concreto e pronto intervento.
Guido Damiani
 

 

Gasolio dalla zona artigianale nel Rosandra - Il liquido proviene dal depuratore che «tratta» le acque provenienti da quell’area
 

BARRIERE GALLEGGIANTI MESSE IN OPERA PER FRENARE LA PERDITA - Perdita minima ma che potrebbe incidere a lungo sull’ecosistema della zona
Se ne è accorto l’altra sera verso le 18 un addetto alla sorveglianza che ispezionava il perimetro esterno dell’area dei serbatoi della Siot. Ha prima percepito il forte odore, poi si è avvicinato al corso d’acqua e ha visto che la superficie era diventata iridiscente. Ha dato subito l’allarme e nella zona sono confluiti pompieri, carabinieri, tecnici dell’Arpa, uomini della ditta ”Crismani ecologia”, specializzati nelle bonifiche.
Lungo il corso d’acqua sono state subito poste tre barriere galleggianti per bloccare il deflusso in mare del carburante. Poi sono entrate in azione le pompe aspiratrici. Infine, accanto alle barriere, sono comparse alcune strutture in sughero capaci di assorbire il carburante.
Poi è iniziata la caccia ai responsabili dello spandimento, vistoso ma limitato per quantità. La Siot - va detto subito - non è coinvolta nell’inchiesta perché nei suoi immensi tank finisce solo petrolio greggio e non gasolio.
Secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri e dai tecnici dei pompieri e dell’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente, il carburante è finito nel Rosandra dopo essere passato per il depuratore che «tratta» le acque provenienti dalla zona artigianale di San Dorligo. Lì, in uno dei capannoni è accaduto qualcosa di imprevedibile: potrebbe trattarsi di un piccolo serbatoio in cui si è aperto un foro provocato in un verso dalle correnti galvaniche, nell’altro dall’assenza di «zinchi» adeguati e soggetti a manutenzione. Non si esclude un errore umano.
La prima barriera galleggiante è stata posta sul Rosandra, in località Mattonaia, all’altezza del bivio per Caresana. Una seconda è stata schierata più a valle. La terza era visibile a poche decine di metri dall’abitato di Aquilinia, all’altezza dell’ex locanda Luca» o, se preferite, accanto all’ingresso dell’Autamarocchi.
Poco prima della mezzanotte di ieri si è conclusa la fase «calda» dell’intervento di bonifica. Gran parte del lavoro poteva dirsi completato. Ieri però, fino a sera, le barriere galleggianti e le sostanze assorbenti hanno continuato ad essere schierate lungo il Rosandra. Anche nello specchio di mare antistante la foce ha operato un natante della ditta ”Crismani ecologia”. L’intervento ha voluto scongiurare ogni possibile infiltrazione del gasolio nel vallone di Muggia.
Al momento non si sa quanti litri di carburante siano stati recuperati, nè tantomeno al momento è stato possibile definire l’entità del versamento. E’ sicuramente modesto, ma i suoi effetti deleteri si faranno sentire a lungo sulla vita già effimera del torrente.
Dello spandimento e delle sue conseguenze si è occupata ieri il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che ha sottolineato in un verso la tempestività dell’intervento di bonifica, nell’altro la disponibilità e la velocità dimostrata dai tecnici, tra cui quelli della Siot. Si è avviata anche l’inchiesta penale che dovrà stabilire le eventuali responsabilità dell’inquinamento. Determinante risulterà l’esito delle perizie tecniche già avviate nella zona artigianale.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 24 giugno 2010

 

 

Gruppo d'acquisto 55% e solare - Per Soci Legambiente

 

Legambiente lancia il GRUPPO D'ACQUISTO 55% E SOLARE per promuovere le rinnovabili e l'efficienza energetica nelle nostre case.
L'iniziativa è aperta a tutti i soci Legambiente. Il Gruppo d'Acquisto, che avrà una durata di sei mesi, permetterà di fruire di prezzi agevolati con aziende convenzionate con Legambiente, per i seguenti servizi:
- interventi di progettazione e di ristrutturazione sostenibile parziale e/o integrale;
- fornitura e installazione “chiavi in mano” di impianti a fonti rinnovabili (pannelli solari termici e fotovoltaici) e di tecnologie ad alta efficienza energetica (impianti geotermici, caldaie a condensazione)
- redazione dell'attestato di certificazione energetica
I servizi sono comprensivi delle pratiche utili per accedere alle detrazioni fiscali del 55% e agli incentivi del Conto Energia per il solare fotovoltaico.
Per scoprire come aderire telefona allo 02-45.47.57.77 – 0249635951, visita il sito viviconstile.org oppure vieni alla presentazione lunedi’ 5 luglio alle 18.30 in via Vida 7 – Metro’ Turro.

 

 

Finco chiede la conferma della detrazione fiscale del 55%

 

Nell’ambito dell’Audizione parlamentare che Confindustria ha svolto sul tema della manovra economica in via di approvazione, Finco (Federazione industrie prodotti, impianti e servizi per le costruzioni) ha ribadito le proprie preoccupazioni in merito alla detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, in scadenza a fine 2010, della cui conferma non c’è alcuna certezza. La Federazione spera che tale conferma avvenga nella Finanziaria.
L’agevolazione introdotta con la Finanziaria 2007, e via via rifinanziata, si è rivelata utile per riqualificare dal punto di vista energetico una gran parte del patrimonio immobiliare italiano, caratterizzato da componenti obsoleti e comunque responsabili di dispersione termica. Il suo successo contribuisce, almeno parzialmente, al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico posti all’Italia anche in sede di Unione Europea.
Secondo un recente studio dell’Enea, infatti, tra il 2007 e il 2009 sono stati realizzati quasi 590.000 interventi di riqualificazione energetica degli edifici grazie alla detrazione fiscale del 55%. Nel 2008 si è toccato il punto massimo in termini di spesa associata agli interventi: 3,5 miliardi di euro, a fronte di 1,45 miliardi di euro spesi nel 2007 e di 2,9 miliardi nel 2009. Il risparmio energetico conseguito attraverso gli interventi è stato pari a 787 GWh nel 2007, a 1.961 GWh nel 2008 e, in proiezione, a 1.656 GWh nel 2009.
“La mancata proroga del bonus - spiega Rossella Rodelli Giavarini, Presidente di Finco - danneggerebbe in modo grave una parte dell’industria delle costruzioni, e in particolare quella dei materiali e dei sistemi da costruzione, già duramente provata dalla crisi generale. Tale conferma può invece costituire uno dei traini per la ripresa. Lo smantellamento della detrazione sarebbe inoltre dannosissimo per l’emersione del ‘nero’, oltre che ai fini delle penali da pagare per le emissioni di CO2 e in termini di maggiore quantità di energia da importare.” Per questo motivo Finco auspica che la detrazione venga prorogata almeno fino al 2013.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2010

 

 

SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: un possibile scenario da ”day after tomorrow”»
 

«Il gas metano freddissimo, a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e viaggerebbe sulla superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi, la nube si mescolerebbe con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile».
Non è la scenografia del sequel di «Day after tomorrow», ma la descrizione reale di ciò che accade quando una nave metaniera (una di quelle che attraccheranno due volte la settimana a Zaule) dovesse spezzarsi, magari in seguito a un attentato, descritto da Piero Angela. «Questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investendo una città, una qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in ’’piccole dosi’’, dando luogo a un numero incalcolabile, altissimo, di morti differite nell’arco di 80 anni».
Come mai non vi è nulla di questo scenario nello Studio di impatto ambientale del rigassificatore? È semplice: viene scartato a priori. Piero Angela invece specifica: «Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile».
Una ricerca, commissionata dalla città di Oxnard (California) prevede che la nube di fuoco si spanderebbe in un raggio di 55 km, un «compasso» con centro Zaule includerebbe, in questa scena da inferno dantesco, oltre alle senza scampo Trieste e Muggia, anche tutta la costiera, Monfalcone, Capodistria e, a Nord Ovest, Grado.
Ciò che accadrà sicuramente, invece, sarà la clorazione dell’acqua del Vallone di Muggia: questo trattamento riguarderà qualcosa come 600.000 metri cubi di acqua di mare al giorno, come dire il volume di un edificio di 20 piani con la base grande come piazza Unità. L’intero ammontare dell’acqua della Baia di Muggia, che contiene un volume d’acqua non superiore a 100 milioni di metri cubi, verrà fatto fluire attraverso l’impianto per due volte all’anno, annientando ogni forma di vita
L’ottimista Ciro García Armesto, project manager di Gas Natural, sostiene che la pericolosità attorno ad una nave gasiera «in azione», arriva a non più di 25 metri dalla stessa zona di operatività, come dire che nel sopraccitato caso di fuoriuscita del metano a -161° chiunque potrebbe starsene lì tranquillo ad una trentina di metri. La Gas Natural si è presentata a Trieste, alla Camera di Commercio così sicura di raccogliere consensi unanimi da pretendere un incontro blindato, con i soli imprenditori triestini, alla larga da seccanti domande di qualche giornalista impertinente e, tanto più, tenendo il popolo «outdoor».
Peccato per el señor Ciro García Armesto che il rigassificatore rientri, essendo innegabile la sua pericolosità, nella cosiddetta «legge Seveso», la quale contempla una completa trasparenza sulla valutazione dei rischi e l’integrale trasmissione degli stessi alla popolazione interessata.
Per concludere: constatato che il rigassificatore verrà a completare la trimurti triestina assieme al Termovalorizzatore ed alla Ferriera, considerato che la ricaduta occupazionale per Trieste sarà risibile, si prevedono 70 posti di lavoro, ovvero gli stessi occupati di una cooperativa di medie dimensioni, preso atto che il prezzo del gas «in bolletta», per l’utente non diminuirà di un centesimo, a chi conviene assemblare una tale mostruosità nel catino di Zaule?
Alessandro Giombi - Lista Civica Trieste 5stellebeppegrillo.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2010

 

 

Rio Martesin, parte il ricorso al Consiglio di Stato - PREVISTE TRA I PASTINI DELLA VALLATA SETTE PALAZZINE PER UN TOTALE DI 109 APPARTAMENTI
 

Nuova azione legale del Comitato di residenti e ambientalisti contro il progetto edilizio
I cittadini di Gretta e Roiano scendono in piazza oggi alle 18 nella vallata di Rio Martesin, ultima enclave verde tra le colline di Scala Santa e di Monte Radio. Obiettivo, cercare di fermare tre progetti edilizi di grandi proporzioni che interessano la loro vallata. A guidarli il Comitato spontaneo di Rio Martesin, che riunisce comitati spontanei cittadini (Valmaura, via del Pucino, Monte Radio, Cologna/Scorcola), gli ambientalisti di Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Trieste Europea e Greenaction e i professori Livio Poldini e Livio Crosato. Il Comitato presenterà il recente ricorso al Consiglio di Stato contro il progetto di costruzione di sette palazzine (ovvero 109 appartamenti) tra i pastini della vallata. «Qui si decidono le sorti della nostra valle - afferma per il comitato organizzatore il residente Dario Ferluga - ma i triestini devono sapere che questo tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra area è un problema comune».
Quanto al ricorso, «si è reso necessario – spiega il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli - dopo che il Tar ne ha rigettato uno precedente con motivazioni non condivisibili rispetto a quanto previsto dalle normative vigenti». Quali i contenuti del documento inviato al Consiglio di Stato? Vi si evidenzia innanzitutto come i tre progetti edilizi sarebbero il risultato del frazionamento di un’unica iniziativa. A confermarlo, la previsione di un’unica rete viaria e infrastrutturale (luce, acqua a gas) al servizio delle sette palazzine. Una scelta, secondo Racovelli, che mentre consente al privato di realizzare profitto non tutela la finanza pubblica. La carenza di accessi, viabilità e reti andrebbe a ricadere come costo pubblico su tutta la comunità.
Il ricorso sottolinea come il Comune abbia scelto di dare ai richiedenti la concessione edilizia piuttosto che esigere la redazione di un piano particolareggiato per un’area priva di costruzioni. In questo modo si sarebbe autorizzato un carico insediativo (10mila metri cubi) superiore a quanto previsto da un piano particolareggiato, carico che per le sue proporzioni sarebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) in base alla legge regionale 43/90. Oltre al singolare silenzio/assenso della Soprintendenza ai Beni ambientali – così sostengono i comitati – nei progetti non v’è traccia di riferimenti alla fascia di rispetto necessaria ai corsi d’acqua, nella fattispecie al Rio Martesin.
Maurizio Lozei
 

 

Menia: «Nessuno sgambetto a Dipiazza sul Piano regolatore» - Lega più morbida: medieremo per risolvere i problemi - DOPO LE ASTENSIONI IN GIUNTA
 

Fosse un allenatore di calcio, di Roberto Dipiazza direbbero che rischia di non mangiare il panettone. Nel calcio gli allenatori vengono fatti fuori dai loro presidenti. Se il sindaco dovesse saltare su una delle mine lungo l’iter del Piano regolatore, per lui - che si è sempre fregiato di non avere padroni, e che ieri ha declinato ogni invito a tornare pubblicamente sui 5 sì e sulle altrettante astensioni registrate nella giunta di lunedì - maturerebbe forse una sconfitta talmente cocente da rendergli difficoltosa qualsiasi futura risalita politica.
La spaccatura di giunta, nelle ultime ore, ha scatenato tante retroletture. C’è chi ipotizza che sia lo stesso Dipiazza a voler giocare duro sul Prg per stimolare addirittura l’uscita di scena di se medesimo. Caduto sì, ma da uomo tutto d’un pezzo, che prima ha detto no alla lettera di Gianni Letta e che quindi non si è piegato alle perplessità e alle rivendicazioni, che per alcuni sono e restano di natura personale prima ancora che politica, dei singoli assessori e consiglieri. Ma c’è anche chi - al netto del comportamento unitario di astensione tenuto in giunta dal quartetto ex missino - intravvede nella quinta astensione, quella del forzista Paolo Rovis, abbinata all’assenza dell’altro forzista Massimo Greco, una regia sottotraccia volta ad indebolire e infliggere il colpo di grazia a un primo cittadino che da grande vorrebbe fare il presidente del porto. Un ruolo per il quale non tramonta mai, però, il nome di Marina Monassi. Fantascienza, frena qualcun altro: Rovis altro non avrebbe voluto fare che assaporare la sua vendetta per il fatto di essersi ritrovato sbattuto in prima pagina come possibile candidato sindaco a Muggia per il 2011. O forse, semplicemente, è l’assessore forzista politicamente più giovane. E davanti a un Prg che evoca rischi di ricorsi al Tar e d’incartamenti alla Corte dei conti, gli farebbe piacere non bruciarsi.
Tant’è. Ieri le dichiarazioni dei big del centrodestra regionale - per i quali le incertezze di Trieste incidono sulle trattative per le candidature del 2011 da qui a Pordenone - sono servite a prendere tempo. «L’estate passata - ha rilevato il sottosegretario Roberto Menia, il capo degli ex missini - votammo per l’adozione di un Prg su cui il Consiglio comunale si era espresso per limitare la portata di un paio di interventi da noi ritenuti critici, in Costiera e al Villaggio del Fanciullo. Ebbene, questa espressione è stata disattesa dagli uffici. Per noi è stato inammissibile. Attenzione, però: rinnoviamo lealtà al sindaco». Ha evitato a sua volta di fare commenti il coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, il forzista di cui Menia è vice - «la mia sarebbe un’invasione di campo» - mentre l’unico che si è spinto oltre è stato Angelo Compagnon, il segretario regionale dell’Udc, secondo cui «quando ci sono certe contraddizioni le prospettive non si fanno rosee». Il boss della Lega Pietro Fontanin ha auspicato invece «che Dipiazza mangi il panettone». «Dovete fare riferimento al segretario triestino, Massimiliano Fedriga», ha aggiunto Fontanini. E infatti è arrivata una nota di Fedriga e del capogruppo padano in Consiglio Maurizio Ferrara. Una nota in cui il Carroccio, dopo aver minacciato negli ultimi giorni la fine del Dipiazza-bis, ora tende una mano. «La Lega - rassicura Fedriga - farà da collante per risolvere i problemi e non mandare all’aria quanto di buono finora realizzato dall’amministrazione comunale». «Ricompattare la maggioranza» insomma, ma «riconoscendo i diritti dei piccoli proprietari e ripristinando l’edificabilità dei loro terreni». «La Lega - fa eco Ferrara - vuole correre in soccorso del sindaco e del Pdl, convincendoli dell’importanza delle proprie proposte in favore delle famiglie triestine». L’ex assessore Franco Bandelli, però, gira il dito nella piaga. E aspetta: «Mi hanno preso per visionario - scrive in veste di presidente di ”Un’altra Trieste” - mi hanno imputato di remare contro il Pdl, quando pochi mesi or sono alla vigilia del dibattito sul bilancio avevo rilevato che forse era arrivato il momento di tornare alle urne. Devo constatare che forse non avevo tutti i torti».
Da oggi, in ogni caso, parte la maratona in commissione Urbanistica, presieduta dall’Udc Roberto Sasco. Un altro scettico di maggioranza. Al quale il vicesegretario del Pd Alessandro Carmi tende più di una mano: «Vorrei dire all’amico Sasco, a proposito di condizioni per chiudere la consiliatura, che quelle politiche scarseggiano da tempo, forse rimangono quelle tecniche. Non è arrivato il momento per l’Udc di iniziare un percorso che ne porti ad una collocazione politica diversa?».
PIERO RAUBER
 

 

Acquario, il vertice slitta a metà luglio - Lo spostamento dovuto a un supplemento di risultati forniti dal Cigra
 

NUOVA DATA FISSATA DALLA REGIONE PER LA CONFERENZA DEI SERVIZI
MUGGIA Metà luglio. È questa la nuova data fissata dalla Regione per riunire la conferenza dei servizi che dovrà esaminare la questione del terrapieno Acquario, sul cui recupero la giunta Nesladek si sta giocando quote di credibilità e immagine. Tanto che l'ulteriore rinvio non fa vacillare l'ottimismo del sindaco: «Da cinque anni ho a che fare quasi quotidianamente con i tempi della burocrazia – osserva il primo cittadino –. Quindici, venti giorni in più rappresentano solo un ritardo fisiologico, che non modifica i nostri progetti».
Sembrava fatta a fine maggio, quando l'Arpa aveva ricevuto da un laboratorio del Veneto l'esito delle ultime controanalisi sul terrapieno eseguite dal Cigra (Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell'Università di Trieste), analisi che ancora mancavano, nella fattispecie quelle sull’eventuale presenza di amianto e diossina.
Era l'ultimo tassello del quadro che Regione, Asl, Arpa, Provincia e Comune di Muggia dovevano verificare per stabilire tempi e metodi del recupero ambientale del sito e la sua successiva restituzione alla fruizione pubblica.
Proprio mentre la Regione stava diramando la convocazione della conferenza dei servizi (inizialmente si era ipotizzata la terza settimana di giugno), lo stesso Cigra aveva fatto pervenire all'Arpa un ”addendum” di indagini, eseguite sui medesimi campioni ma con metodologie diverse.
Ne sarebbe emerso un quadro leggermente peggiorativo rispetto alle analisi originarie, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici aromatici.
Fatto sta che questo supplemento di analisi ha comportato una dilatazione dei tempi, che oggi rischia di compromettere le buone intenzioni del sindaco. Al recupero del terrapieno è legato infatti il rilancio turistico dell'intera linea di costa che da Muggia porta a Lazzaretto. La sua attuale interruzione impone solo interventi minimali, contingenti, al di qua e al di là, ma non inseriti in un contesto globale.
Qualora, tuttavia, dalla conferenza dei servizi di metà luglio uscisse un quadro ambientale non particolarmente compromesso, ma tale da consentirne un immediato, ancorché parziale, utilizzo purchè dopo un'adeguata bonifica, ecco che il progetto Nesladek potrebbe partire nel giro di pochi giorni: dalla possibilità di ricavare almeno qualche parcheggio già per questa estate, via via fino al rifacimento degli accessi al mare, alla sistemazione di eventuali piazzole, alla creazione di una pista ciclabile e all'introduzione sperimentale, parziale e solo per determinati periodi, di un senso unico in direzione della Slovenia.
Alcuni residenti nelle abitazioni che si trovano davanti al terrapieno hanno già chiesto di incontrare il sindaco, per ottenere il ripristino dei vecchi approdi e una particolare attenzione alla quiete serale e notturna del luogo che, con nuove aree di balneazione, potrebbe venir compromessa.
Per adesso la parola passa alla conferenza dei servizi di metà luglio, snodo cruciale del futuro assetto di strada per Lazzaretto.
GIOVANNI LONGHI
 

 

Risparmio energetico Sportello camerale
 

Il risparmio energetico è una priorità per tutti i Paesi dell'Ue, chiamati a centrare l'obiettivo del 20% entro il 2020. Le migliorie impiantisiche e tecnologiche sono un dovere sociale ma anche un'opportunità di business e la Camera di commercio ha già da tempo attivato lo Sportello Energia a cura dell'Azienda speciale Trieste benzina agevolata (Piazza della Borsa 14 - tel. 040 6701212). Lo Sportello - ricorda l’ente camerale - è al servizio di cittadini e imprese per informazione e consulenza sulle tematiche dell'energia e del risparmio energetico. Lo Sportello dà informazioni tecniche generali su risparmio energetico, riqualificazione energetica degli edifici, normativa, incentivi sul risparmio energetico nel settore edilizio e certificazione energetica. Con il supporto di tecnici esperti, il cittadino potrà in modo gratuito orientarsi nelle scelte idonee per i risparmi energetici; valutare i benefici ottenibili; pianificare interventi. Lo Sportello energia è in piazza Borsa 14, tel. 040/6701212, email: astba@astba.ts.camcom.it. Info anche sul sito www.ts.camcom.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2010

 

 

Capodistria, primo sì al rigassificatore - Il Tar sloveno invalida la bocciatura ministeriale del ”permesso energetico” alla tedesca Tge
 

TORNA D'ATTUALITÀ IL PROGETTO PER LA STRUTTURA DA EDIFICARE NELL’AREA PORTUALE. CONTRARI I LOCALI
CAPODISTRIA Qualcosa sembra sbloccarsi nella vicenda del terminal rigassificatore nel porto di Capodistria. Il progetto della società tedesca Tge Gas Engineering è tornato d'attualità dopo che il Tribunale amministrativo della Slovenia, su ricorso della stessa Tge, ha invalidato la delibera con la quale il Ministero dell'economia nel maggio del 2009 le aveva negato il ”permesso energetico”. Si tratta del documento senza il quale la società tedesca non poteva più andare avanti con la progettazione di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari all'interno dello scalo capodistriano.
Il Tribunale ha ora predisposto che il Ministero prenda nuovamente in esame la richiesta della Tge respinta – hanno spiegato i giudici - senza un'adeguata motivazione. I dirigenti dell’azienda straniera sono naturalmente soddisfatti.
Per la Slovenia, sostengono, è importante che il progetto del terminal rigassificatore nel porto di Capodistria vada avanti. «È molto probabile che l'Italia costruirà il suo rigassificatore. Lo stesso vale pure per la Croazia. In quel caso, la Slovenia sarebbe l'unica a restare senza un terminal di questo tipo, che già ora può garantire un prezzo del gas dimezzato rispetto a quello russo che arriva tramite il gasdotto» ha dichiarato il responsabile del progetto Tge, Uros Prosen.
Al Ministero dell'economia comunque avvertono: l'eventuale rilascio del ”permesso energetico” sarà, al limite, soltanto il primo passo verso la realizzazione del rigassificatore. È un progetto giustificato dal punto di vista delle necessità energetiche del Paese, ma va comunque considerato il suo forte impatto ambientale della struttura. L'opinione pubblica slovena, per il momento, sembra fortemente contraria all'idea di costruire un rigassificatore nel porto di Capodistria, così come è contraria a tutti i rigassificatori nell'area dell'Alto Adriatico, compresi quelli di Zaule e off-shore nel Golfo di Trieste.
Il progetto della Tge gas Engineering, del valore complessivo di quasi un miliardo di euro, impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del porto. Esso prevede la costruzione di due contenitori in acciaio da 150mila metri cubi, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e dell’annessa centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire cinque miliardi di metri cubi di gas all'anno. La centrale elettrica, dalla potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea slovena. A detta dei proponenti, la tecnologia prevista è particolarmente adatta ai fondali poco profondi della Baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del gas naturale liquido.
In Croazia sembra invece subire una battuta d’arresto il progetto per un terminal sull’isola di Veglia, a Castelmuschio: il mercato sarebbe stato giudicato saturo e la maggiore azienda coinvolta starebbe rallentando l’iter relativo.
FRANCO BABICH
 

 

«Nel Prg del porto non c’è il rigassificatore» - AUTHORITY - Boniciolli: «Legittima la richiesta di Lubiana, nulla da temere» - La Slovenia vuole dire la sua
 

Non preoccupa minimamente l’Autorità portuale la richiesta del Governo sloveno di essere coinvolto nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore del porto di Trieste con la prospettiva di esprimere un parere negativo qualora esso prevedesse l’insediamento del rigassificatore.
«Se da un lato riteniamo lecita la richiesta di coinvolgimento formulata da Lubiana - ha replicato ieri il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli - dall’altro non abbiamo alcun motivo di timore almeno per due motivi: innanzitutto perché il nostro Piano regolatore non prevede la specifica collocazione di alcun rigassificatore, ma semplicemente l’identificazione di un’area potenzialmente adatta a ospitare insediamenti genericamente definiti di ambito energetico. In secondo luogo perché l’eventuale decisione di insediare un rigassificatore a Trieste se mai verrà presa lo sarà ad opera del Governo italiano e non certo su indicazione dell’Autorità portuale di Trieste».
Secondo quanto ha riferito nei giorni scorsi in una conferenza stampa a Lubiana l’associazione ambientalista Alpe Adria Green, il Governo sloveno ha chiesto di potersi pronunciare sul Piano regolatore dello scalo triestino tramite un’istanza avanzata dal ministro sloveno all’Ambiente Roko Zarnic. «Se le sarà data la possibilità di pronuncuiarsi ufficialmente - è stata specificato - la Slovenia avrà la facoltà di respingere il Piamo regolatore del porto triestino e di conseguenza di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule». La risposta di Roma è stata prevista entro venerdì prossimo.
«Lubiana ha comunque diritto di essere interpellata - ha precisato Boniciolli - né più né meno di quanto Roma ha chiesto che venga fatto relativamente al Piano regolatore del porto di Capodistria. Voglio precisare però che la perplessità espressa dal Governo italiano non era nei confronti dei progetti di espansione dello scalo capodistriano bensì riguardava la carenza di documentazione in base a quelle che sono le norme dell’Unione europea».
Lo strumento pianificatorio del porto di Trieste intanto sta incominciando il proprio iter per la Valutazione d’impatto ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente che dovrà precedere l’ultinmo nulla osta che spetta alla Regione. L’ostacolo principale è stato superato il 21 maggio con l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Il Piano prevede ampliamenti di banchine e piazzali per due milioni di metri quadrati, investimenti quantificabili in 1,5 - 2 miliardi di euro in un arco di tempo stimabile in una quindicina di anni. Tra l’altro include l’ampliamento del Molo Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo, il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto, lo spostamento alle Noghere dei Terminal traghetti.

(s.m.)
 

 

Il Piano regolatore spacca in due la giunta - Cinque voti favorevoli e altrettante astensioni. Dipiazza: sono amareggiato ma si va avanti
 

La giunta comunale si spacca a metà sul Piano regolatore che comunque continua il suo iter: i voti favorevoli hanno pareggiato le astensioni a quota 5 soltanto perché anche il sindaco ha espresso il suo sì («di solito non voto mai», ha affermato ieri lui stesso). Il fatto riempie di incognite non solo la maratona esaminatoria e oratoria che si aprirà già domani in Commissione urbanistica per proseguire poi nel Consiglio comunale caricato a questo punto di ancora più forti responsabilità, ma lo stesso completamento degli ultimi dieci mesi di mandato da parte della giunta di centrodestra.
«Il sindaco è uscito dalla riunione di giunta becco, bastonato e sfiduciato», ha tuonato ieri pomeriggio Fabio Omero capogruppo del Pd. «Soltanto amareggiato - ha sottolineato Dipiazza - ma il Piano è comunque passato e resta in me la consapevolezza di aver svolto un importantissimo e onestissimo lavoro per il bene della mia città. Forse questo può non andar bene a tutti. Si è trattato comunque solo di astensioni, che però mi hanno lasciato una certa amarezza anche perché sono inusuali, basti pensare che io di solito non voto mai in giunta. Comunque nella vita conta il risultato, si va avanti».
Le astensioni erano state preannunciate in anticipo. Non ha approvato lo strumento urbanistico l’intero filone del Pdl proveniente da Alleanza nazionale: il vicesindaco Gilberto Paris Lippi, gli assessori Enrico Sbriglia, Michele Lobianco e Claudio Giacomelli. Ancora più sorprendente l’astensione di Paolo Rovis, assessore alla sviluppo economico, di stretta origine forzista. «Ho preso la parola in giunta per esprimere piena fiducia al sindaco - ha specificato Rovis - ma ritengo giusto che relativamente alla miriade di osservazioni presentate dai cittadini e sulle controdeduzioni fatte dagli uffici e che si possono anche non condividere, debba invece esprimersi il Consiglio comunale».
Alla domanda: «Non sembra strana l’astensione anche del fido Rovis?», Dipiazza risponde: «Rovis chi?». Compatti per il sì sono stati soltanto i due assessori della Lista Dipiazza e cioé Giorgio Rossi e Carlo Grilli, il tecnico Giovanni Battista Ravidà e Marina Vlach, ex Forza Italia. Assente l’assessore Massimo Greco.
Ora l’enorme malloppo passa nelle mani di Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica del Comune che ha già diramato la prima convocazione per domani chiedendo la presenza a questo primo incontro del sindaco e invitando anche i presidenti delle sette circosccrizioni. «Ci riuniremo poi ogni giorno, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio saltando il pranzo - preannuncia Sasco - prima esamineremo le 18 prescrizioni vincolanti che sono state emanate dalla Regione, poi le intese fatte con altri 6 enti territoriali, quindi le 1.146 osservazioni o opposizioni dei cittadini che per effetto di accorpamenti e sovrapposizioni di sono ridotte a 1.051. Andremo avanti a marce forzate sarebbe una iattura se il Piano non venisse approvato dal Consiglio entro fine luglio».
«La prima condizione per dare il nostro voto favorevole - fa notare Maurizio Ferrara capogruppo della Lega - era che ci fosse un voto compatto di giunta e già questa è stata mancata.» In Consiglio c’è anche l’incognita dei Bandelli boys. «In Commissione cercherò di ricompattare la maggioranza - afferma Sasco - se non sarà possibile bisognerà dedurne che non ci sono le condizioni per concludere la consigliatura».
SILVIO MARANZANA
 

 

Noghere, già ripristinato il sito - GIOVEDÌ L’INAUGURAZIONE
 

MUGGIA Tutto pronto ai laghetti delle Noghere per l'inaugurazione prevista giovedì alle 11, del sito recuperato. I lavori di ripristino, dopo l'incidente dello scorso anno quando l'Enel eseguì una serie di scavi sul biotopo appena recuperato, sono durati circa tre mesi. Sono stati segnati i sentieri, rinforzati gli argini e predisposti punti di osservazione della fauna. Inoltre è stato recintato il lato dell'area che corre lungo la stradina sterrata, soprattutto per evitare possibili intrusioni vandaliche e l'abbandono di rifiuti. Gli altri lati del perimetro del biotopo sono invece stati lasciati liberi, proprio per favorire lo spostamento naturale della fauna. Il sito verrà collegato inoltre alla pista ciclabile che il Comune sta realizzando nell'ambito del progetto Carso/Kras finanziato con fondi europei. All'inaugurazione saranno presenti il sindaco, Nerio Nesladek e l'assessore alle politiche giovanili, Loredana Rossi.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2010

 

 

Veglia, rigassificatore pronto non prima del 2017 - Il progetto Adria Lng rallenta per la saturazione dei mercati e il ribasso dei prezzi. Trieste ha via libera
 

VEGLIA Rischia seriamente di naufragare il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. Dal consorzio concessionario del terminal, l’Adria Lng, arriva soltanto la conferma che l’impianto non entrerà in funzione nel 2014, come appariva ormai scontato, bensì al più presto nel 2017. Sette anni insomma alla realizzazione del rigassificatore vegliota, che ha l’incondizionato appoggio del governo croato, come pure delle municipalità interessate e (a parole) della Contea quarnerino–montana.
Un periodo eccessivamente lungo, che permetterà certamente al rigassificatore triestino di scavalcare il “rivale” isolano, bloccato a quanto pare da numerosi problemi. Anche se nessuno all’Adria Lng lo dice apertamente, a smorzare l’interesse sarebbe stata la situazione venutasi a creare ultimamente sui mercati internazionali del metano. C’è una diminuzione della domanda, i mercati si presentano pertanto saturi, con prezzi decisamente bassi: sono punti a sfavore, ai quali si aggiungono le ben note pastoie burocratiche in Croazia, un atteggiamento che farebbe perdere la pazienza a chiunque, specie agli investitori. Giorni fa il ”Wall Street Journal” ha pubblicato la notizia secondo cui la tedesca E. On Ruhrgas – facente parte del Gruppo concessionario (gli altri sono l’austriaca Omv, la francese Total e la slovena Geoplin) – ha fatto presente che il terminal Lng a Veglia sarà ultimato appena nel 2017. Il motivo è semplice, così nell’articolo, ed è riconducibile alla non convenienza del megaprogetto. Per gli addetti ai lavori, il consorzio avrebbe ora l’interesse a fare slittare la realizzazione del rigassificatore e infine a ritirarsi dal progetto, senza lasciare così ad altri interessati la benchè minima chance di poter fare qualcosa a Castelmuschio. Prova ne sia, sostengono i bene informati, che Adria Lng abbia chiesto l’ottenimento del permesso di costruzione, senza avere in precedenza acquistato il lotto di terreno dover poter edificare l’impianto. Inoltre sussiste un altro indizio, parecchio importante: il direttore del consorzio, Michael Mertl, abbandona l’incarico e torna a vivere in Germania. Alla fine della settimana scorsa, assieme ai suoi collaboratori, è stato a Castelmuschio, dove si è accomiatato dai dirigenti del locale comune, ringraziandoli per la collaborazione e il sostegno dato al progetto.
Insomma le utenze croate dovranno attendere come minimo sette anni per vedere diversificate le fonti di rifornimento del metano, che adesso – almeno per quanto attiene alla regione istroquarnerina e all’area di Zagabria – fanno affidamento al gas estratto dai giacimenti sottomarini in Adriatico. Che il rigassificatore sia a rischio è una cosa che non ha stupito Miljenko Sunic, presidente dell’Associazione croata per il gas: «È da tanto tempo che ho messo in guardia le nostre autorità, rilevando che il progetto è in fase calante, anche se per la Croazia ha un’ importanza strategica. Purtroppo non tutti hanno remato assieme e dalla stessa parte». Sul banco degli accusati soprattutto l’ex ministro dell’Economia Damir Polance (in carcere per truffa e corruzione), responsabile di ritardi nel dare fiducia alle aziende croate per entrare a far parte di Adria Lng. Non poche pure le colpe addebitate alla Regione litoraneo–montana, capace in passato di non fare decollare i vari piani, con tutta una serie d’impedimenti e osservazioni. Adesso i nodi sono venuti al pettine.
Andrea Marsanich
 

 

Cresce il solare ”fai da te” - ENERGIE RINNOVABILI
 

ROMA L'Italia punta sul nucleare ma, in attesa che si metta finalmente la prima pietra di un reattore, e sceglie la strada della generazione distribuita, i piccoli e piccolissimi impianti, spesso alimentati con le rinnovabili, che contribuiscono sempre più al fabbisogno energetico nazionale. Un boom dell'energia fai da te che, forse, segue anche le difficoltà dell'economia e gli alti prezzi dell'energia registrati negli ultimi anni, con il picco del petrolio nell'estate del 2008. Dall'ultimo monitoraggio dell'Autorità per l'energia e il gas sulla generazione distribuita (vale a dire impianti con potenza nominale inferiore a 10 Mva) emerge infatti che nel 2008 risultavano installate 34.848 mini-centrali, con una potenza efficiente lorda corrispondente di 6.627 MW e una produzione lorda di 21,6 TWh, pari al 6,8% del totale nazionale. L'aumento rispetto all'anno precedente è esponenziale: nel 2007, infatti, si registravano appena 10.371 impianti, per una potenza efficiente lorda di 6.072 MW e una produzione totale di 19,3 TWh.
A premere sul pulsante dell'acceleratore è il solare, che tuttavia non assicura una produzione massiccia: gli impianti fotovoltaici sono passati infatti da poco più di 4mila nel 2006 a quasi 32mila nel 2008.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
 

Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli su finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a tutti i martedì 10-12 e i venerdì 17-19.

 

 

SEGNALAZIONI - Piattaforme petrolifere  - PERICOLO
 

Nessuno mai ne parla, ma nel Mediterraneo ci sono ben 199 piattaforme petrolifere, e quello che succede nel Golfo del Messico dovrebbe farci riflettere (cosa è successo realmente laggiù?), che controlli reali ci sono sulle piattaforme del Mediterraneo?
C’è un piano di intervento in caso di catastrofe? Che assicurazioni ci sono? Il Mediterraneo è un mare chiuso, la natura è imprevedibile, immaginate una piattaforma petrolifera che salti, anche con un atto terroristico! Tutte le coste, il turismo, la pesca sarebbero compromessi con l’inquinamento dell’aria e del mare!
Penso che bisognerebbe pensare di prevenire tutto questo e non subire! Ma nessuno pensa, o parla di ciò! Attenzione, pericolo!
Daniela Spagnul

 

 

Piano regolatore all’esame della giunta - PRIMA TAPPA DELL’ITER RELATIVO A OSSERVAZIONI E OPPOSIZIONI DEI CITTADINI
 

Piano regolatore, inizia lo sprint finale. O meglio, che sia una volata il più rapida possibile lo spera in primis proprio Roberto Dipiazza. Se lo augura per riuscire a inanellare in rapida successione l’approvazione definitiva del Prg per poi, a settembre, lanciare il nuovo Piano del traffico. E lasciare la poltrona di sindaco, nella primavera del 2011, a quadro - per così dire - completato.
La convocazione della giunta comunale di oggi prevede l’esame della nuova delibera con opposizioni e osservazioni già passate attraverso gli uffici municipali. Sarà poi il turno delle commissioni, infine del voto in Consiglio comunale. E sarà quello il momento chiave di tutto l’iter, considerate le resistenze di Lega Nord e Udc su questioni di possibilità edificatorie. Ma non solo: ci sono anche i turbamenti del quartetto di An-Pdl sul caso del Villaggio del fanciullo. La maggioranza, dopo il caso Bandelli e la costituzione del Gruppo Sulli da parte dei suoi quattro fedelissimi, vanta 21 unità sul totale di 41. Un margine minimo, specie alla luce del quadro descritto. Certo, non si possono escludere colpi di scena in arrivo dall’opposizione, ma l’esame per Dipiazza si annuncia stavolta come il più difficile del suo doppio mandato.
Proprio dal centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) sottolinea: «Circa un anno fa il sindaco dichiarava “il mio Piano regolatore è l’abito giusto per questa città”. Oggi però buona parte della sua maggioranza non nasconde che quest’abito alla città proprio non va bene».

(m.u.)

 

 

BORA.LA - LUNEDI', 21 giugno 2010

 

 

Ancora cemento a Roiano: Rio Martesin a rischio, il 23 assemblea pubblica
 

Incontro Dario Ferluga nella sua casetta di Vicolo Rio Martesin, tra Gretta e Roiano. Dal cortiletto di casa posso ammirare l’ambiente circostante: una grossa lingua di bosco che scende dall’Altipiano Carsico, i terrazzamenti (che in seguito chiameremo con il termine dialettale, più familiare, di ‘pastini’) coltivati a vite – anche se la maggior parte di essi ormai è abbandonata e attaccata dalla vegetazione spontanea – e sul fondo della valle il torrente che, all’altezza di un antico ponte in pietra, si incanala sottoterra. Sul crinale della collina, gli edifici che danno su Scala Santa.
«Un tempo i pastini arrivavano fino a tre quarti della collina – racconta Ferluga –, oggi sono praticamente tutti abbandonati. Il terreno verso il Sanatorio, un’antica tenuta di caccia, è proprietà, tramite prestanome, di Illy. Questo è un piccolo paradiso: si possono trovare salamandre pezzate, cinciallegre, numerose famiglie di ricci, qualche capriolo e, più recentemente, anche i cinghiali. La sera sale una lieve brezza che si incanala nella valle e dà un po’ di sollievo ad un rione congestionato come Roiano, dove i limiti di edificabilità sono stati superati nel lontano 1989».
Strano che questa zona non sia considerata di pregio…
«E qui sta la beffa più grande di tutte: oggi questa zona è considerata ‘agricola di pregio’ dal nuovo Piano Regolatore. Peccato che il progetto di cementificazione della valle sia stato approvato 20 giorni prima dell’entrata in vigore del nuovo PRG. Teoricamente qui non si potrebbe costruire niente, a parte qualche ricovero per gli attrezzi agricoli. Vede quella piccola tettoia là? E’ posticcia, in plastica, avvitata alla parete del garage. Eppure ho dovuto pagare più di 1000 € di multa perché l’avevo installata senza un progetto. Ma sempre qui verranno costruiti 109 appartamenti, che certo danneggeranno l’ambiente più della mia tettoia…»
Ma andiamo con ordine. Tutto inizia con il progetto del cosiddetto ‘tubone’…
«Esatto. Siamo nel 2000 e in Regione c’è la Giunta Tondo. L’ipotesi più plausibile prevedeva l’uscita della strada più a monte, sopra la cisterna dell’acquedotto, per poi superare la vallata con un viadotto e infilarsi nella collina di Scala Santa proprio all’altezza dei pastini, allora proprietà dei fratelli Perco. Ma questa intenzione fu smentita dalla Commissione presieduta dal prof. Camus – della quale faceva parte il figlio di uno dei fratelli Perco –, al fine di mantenere edificabili quegli appezzamenti. Così la galleria avrebbe dovuto passare a 5 metri di profondità sotto la cisterna – una previsione assurda, ma avvallata anche dall’ACEGAS (Presidente Romanelli, cognato di Paris Lippi) – e sotto le case popolari per le quali era prevista la demolizione, per poi sbucare direttamente a valle e collegarsi alla Via Giusti con una rotonda. A quel punto, il prolungamento della Via Giusti a monte, che nel progetto originario serviva per allacciarsi al viadotto, appariva insensato. Eppure rimase. Fu quello uno dei primi indizi della futura edificazione».
Tutto questo nell’ottica di un Piano Regolatore da 350.000 abitanti…
«All’epoca Illy si impuntò: “O lo approvate così com’è, o mi dimetto”, disse. Si dimise, venne rieletto con un margine ancora più ampio e ci lasciò in dono questo mostro».
Il ‘tubone’ fu respinto a causa della forte contrarietà della cittadinanza.
«Già. E assieme ad esso un mega-progetto che riguardava il rione di Roiano».
Di cosa si trattava?
«Di un progetto dell’ATER – con Presidente Assanti (cugino di Piero Camber) e Consigliere Fortuna Drossi (amico dei Perco) – risalente al 2001, che prevedeva la costruzione di un grosso caseggiato con annessi 400 posti auto nella zona dell’ex centrale elettrica di Roiano, l’interramento della linea elettrica, e l’intombamento del Rio Martesin. Per la zona del Rio Martesin era prevista, nella parte alta dei pastini, la costruzione di ‘case ecosostenibili’, che però molto probabilmente non sarebbero state vendute come case popolari, visto l’alto costo di costruzione, ma ai privati. In pratica si voleva cementificare con dei contributi regionali per poi vendere tutto ai privati».
Cos’è rimasto di quel progetto?
«Il piano è stato respinto a furor di popolo: l’interramento della linea elettrica non risultava necessario visto che i valori di elettromagnetismo erano e sono tuttora nella norma; la zona di Via Giusti avrebbe perso tranquillità e parcheggi, per l’allargamento della sede stradale e l’aumento vertiginoso di residenti; ma la vergogna più grossa, come già detto, sarebbe stata far costruire con i soldi pubblici per interessi meramente privati.
Di quel progetto è rimasto solo l’intombamento del torrente fino al ponte di Vicolo Rio Martesin, realizzato con i contributi regionali per i fiumi a rischio esondazione. (ride) Assurdo, il Rio da anni è ormai ridotto a un rivolo d’acqua…»
Insomma, questo primo tentativo fallisce.
«Ma in agguato c’è un secondo tentativo. Nel frattempo Fortuna Drossi consiglia ai Perco di vendere i terreni, che vengono acquistati da una società con sede a Roma, la GIA. Il nuovo progetto, nuovamente a firma Assanti anche se promosso da privati, prevede sette edifici, per un totale di 109 appartamenti e di conseguenza più di 200 posti auto. Il tutto collegato alla viabilità da un prolungamento di Vicolo Rio Martesin, che si inerpicherebbe sulla collina con una pendenza di almeno il 20%. Visto che il vicolo è largo solo due metri, verrebbe installato un impianto semaforico, a monte e a valle, per regolare il traffico. Uno dei sette fabbricati, lungo 60 metri, verrebbe edificato a 5 metri da casa mia, con una perizia idro-geologica allarmante: la mia casa per esempio, sarebbe a rischio smottamento.
Tanto per comprendere la difficoltà nel progettare un complesso edilizio del genere in una zona come questa, la strada dovrà passare sotto uno dei sette caseggiati, collegando 40 box auto. E se uno di questi box si incendia, come ci arriva il camion dei pompieri?
Inutile raccontare quanti ostacoli abbiamo incontrato nel tentativo di reperire le carte del progetto: richieste protocollate che venivano respinte dopo 60 giorni per vizi di procedura minimi, ma anche costi esorbitanti per ottenere copie dei documenti ufficiali».
Così avete presentato ricorso al TAR…
«Sì, puntavamo su queste tesi: la casa del versante di Gretta è progettata prendendo le distanze (previste dalla legge) da una strada che ancora non c’è; si costruisce anche su una zona Z1 non edificabile, attinente al torrente e prevista quando ancora il Rio Martesin era scoperto: oggi non serve più, ma per edificare bisognerebbe prima modificare il PRG. Poi, i progettisti sostengono che i pastini non vengono intaccati dal progetto, mentre invece dei 17 attuali ne rimangono integri 3 o 4, peraltro intrappolati tra le case e quindi non coltivabili. Infine, una domanda: chi interrerà i cavi elettrici? Ora come ora è impossibile edificare perché sono troppo vicini al terreno, e Terna ha già fatto intendere che non ci sono le condizioni per un interramento: troppo costoso (1,2-1,5 mln di €) e a rischio guasti».
Ma il TAR ha respinto il ricorso.
«Con una motivazione assurda: bisognava presentare il ricorso all’approvazione del PRG, non dopo la presentazione del progetto: una falsità colossale, perché si ricorre quando c’è il danno, non in previsione di esso».
Se fosse vero quello che dice il TAR, ad ogni nuovo PRG bisognerebbe presentare una valanga di ricorsi ‘preventivi’.
«Esatto, un controsenso. Ma non è finita qui. Abbiamo scoperto che per aggirare la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, la GIA ha diviso il progetto in tre progetti più piccoli, dei quali uno affidato ad un’altra società, Airone85. Questo per noi è un caso di lottizzazione abusiva».
Le prossime mosse?
«Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, e presentato un esposto, fermo da mesi, alla magistratura ordinaria».
E la Sovraintendenza?
«L’abbiamo contattata, visto che l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico, ma sul luogo non è mai venuta a controllare. Se per questo, nemmeno Terna ci ha mai risposto in modo ufficiale, anche se possiamo desumere la sua posizione da quello che ha detto in merito all’elettrodotto friulano: per sotterrare una linea aerea c’è bisogno di un percorso agibile (strade larghe almeno 20 metri) per raggiungere tutta la linea, cosa che ovviamente qui non c’è. Inoltre la rete elettrica di Trieste è a rischio sovraccarico, se si guasta una linea importante come questa tutta la città va in black-out».
In questo contesto, come hanno agito le Istituzioni?
«La Circoscrizione rispetto a questi progetti ha parere obbligatorio ma non vincolante. Quest’arma, che può apparire spuntata, poteva essere invece fondamentale. I primi due lotti erano stati approvati con il parere contrario della Circoscrizione. Il terzo lotto era stato invece sottoposto al parere dei Consiglieri a ridosso dell’approvazione del nuovo PRG, che rendeva la zona inedificabile. La Circoscrizione aveva 20 giorni di tempo per esprimere il suo parere, e l’idea era quella di proporre un supplemento d’indagine. Ma la consigliera Gambino, di Alleanza Nazionale, spinse per votare in maniera immediata un ‘no’, che alla prova dei fatti ci ha condannati. Quello che mi ha deluso di più è stato il comportamento dell’opposizione, che non ha nemmeno messo ai voti il supplemento d’indagine, allineandosi alla maggioranza. In seguito Sandro Menia, il Presidente della Circoscrizione, ha accusato non ben definiti ‘poteri forti’, asserendo che aveva operato con il Sindaco Dipiazza per limitare i danni».
Insomma, non siete stati granché aiutati…
«In questa vicenda ci ha dato un grosso supporto il consigliere comunale Racovelli, dei Verdi, e ha tentato di darci una mano anche Giorgi (Forza Italia, ex Presidente della Circoscrizione), ma con le mani legate a causa degli interessi del suo partito in questa vicenda: ritengo infatti che anche per questo Giorgi non sia mai stato nominato assessore, sebbene fosse papabile in due occasioni».
La domanda che sorge spontanea, adesso, è questa: chi se le compra case care come queste, visti gli elevati costi di costruzione, e considerato anche il calo demografico della città?
«Abbiamo fatto dei calcoli: se la società di costruzione dovesse occuparsi anche di tutte le opere ‘secondarie’ (strada, allacciamenti acqua-luce-gas-fognatura, interramento della linea elettrica), le case verrebbero a costare 6000-8000 € al mq, circa 2000 € in più rispetto ai prezzi più alti in città. Inoltre solo uno dei 7 caseggiati ha una vista stupenda, su Piazza Unità, le altre danno sull’interno della vallata. Quindi è probabile che le opere secondarie vengano fatte con soldi pubblici: sennò non si capisce che mercato avrebbero queste abitazioni. I sospetti sono avvallati da prove, visto che la Regione ha stanziato 1,2 mln di € alla Provincia ufficialmente per la riqualificazione del torrente, molto probabilmente per il suo ulteriore intombamento, al fine di interrare assieme anche la linea elettrica: il tutto con i soldi delle nostre bollette e solo per permettere a questi privati di cementificare la valle».
Mercoledì 23 Giugno, alle 18, il Comitato Spontaneo della Valle del Rio Martesin organizza un incontro pubblico in Vicolo Rio Martesin, per far conoscere alla cittadinanza e ai giornalisti l’area che viene interessata dal progetto e le ragioni del ricorso al Consiglio di Stato.
Riccardo Laterza

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2010

 

 

Demanio in regalo, sindaci poco entusiasti - Dipiazza su Barcola: «Non pagheremo più il canone». Romoli e Honsell perplessi
 

 

TRIESTE Non disdegnano ma nemmeno si entusiasmano. Proprio no. Attendono di vedere la lista, quella ufficiale, dei beni demaniali trasferibili dallo Stato al Friuli Venezia Giulia: arriverà solo a fine luglio. Per adesso i sindaci dei comuni capoluogo si limitano a prendere atto che Roma sta definendo l'elenco dei "tesori" da consegnare eventualmente alla periferia. Roberto Dipiazza, riferendosi alla pineta di Barcola valutata 1.870.000 euro, non va oltre una battuta: «Una buona notizia, non pagheremo più il canone».
VIA ROSSETTI. Il sindaco di Trieste, in realtà, ha da tempo un'idea in testa che lo interessa di più. Riguarda la partita della caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, quella che intende acquistare assieme alla Provincia per trasformarla in un mega-polo scolastico da 120mila metri quadrati. «Sarebbe un campus innovativo a livello nazionale, qualcosa di straordinario», sottolinea. Una questione ancora aperta, però, da gestire con il demanio militare.
RISPARMI. Dipiazza ricorda inoltre le intese già raggiunte con il demanio sul piano regolatore, «che hanno permesso allo Stato di mettere in vendita beni di un certo valore». Quanto al federalismo demaniale, per adesso, c'è spazio solo per un un'osservazione che vale la pineta e altro: «Quello che arriverà ci consentirà di risparmiare dei soldi».
GLI ALTRI. Anche i colleghi devono ancora capire. Il più sbrigativo è Sergio Bolzonello: «A Pordenone spulceremo la lista e decideremo se accettare o meno». Ettore Romoli, per Gorizia, parla invece di «lista strana con apparentemente due argomenti di un certo rilievo». Il primo riguarda l'ampliamento della sede del comando provinciale dei Vigili del Fuoco che però, osserva il sindaco, «gestita dallo Stato o dal territorio, non modificherà la sua destinazione d'uso». «Interessante ma misteriosa», prosegue Romoli è poi la scheda che parla dell'ex aeroporto, «che ci risulta essere in realtà sempre di proprietà dell'Enac, a meno che non si faccia riferimento ad aree marginali». Insomma, anche Gorizia attende di vedere l'elenco ufficiale.
UDINE. E a Udine? Furio Honsell auspica che «i beni vengano conferiti e discussi sulla base di convenzioni». Per adesso, non c'è molto altro se non una delusione: «Abbiamo chiesto il Castello, su cui paghiamo al demanio un iniquo balzello, ma non è stato inserito nella bozza. Così come altri beni che l'amministrazione ha chiesto per lo sviluppo della città». Honsell, dunque, non approva, non almeno in questa fase: «Il federalismo demaniale non può servire solo a "sbolognare" agli enti locali aree non gestite al meglio e che hanno dunque accumulato varie problematiche, abusivismo in testa. Se si va allo scaricabarile, ci troveremo davanti all'ennesima improvvisazione di un governo che non risolve i problemi, li aggrava».
MARCO BALLICO

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2010

 

 

La Trieste-Divaccia raddoppia - Due tunnel di 12 chilometri correranno sotto il Carso
 

Il primo scenderà da Aurisina sino in città e il secondo sfiorerà Rupinpiccolo e Borgo Grotta
TRIESTE Non più solo una tratta ferroviaria. Dopo l’accordo tra Italia e Slovenia sulla linea ad alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia, le tratte diventano due in territorio italiano, e molto impegnative. Hanno più di 12 chilometri ciascuna e sono quasi interamente in galleria sotto il Carso. La prima corre da Aurisina a Trieste, dentro il costone carsico, la seconda sull’Altipiano. Un’opera imponente che richiederà anni per l’approvazione e la realizzazione, ma soprattutto assai delicata per tutti gli aspetti ambientali.
È stata scelta la via «alta», evitando come ha ricordato l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, ma anche il vice-ministro ai Trasporti Roberto Castelli, un’altra val di Susa (l’ipotesi era il passaggio sotto la Val Rosandra). Ma questo cambiamento imporrà delle nuove valutazioni: per l’allungamento del percorso, per l’utilizzo dei fondi Ue e per i tempi di realizzazione.
Quello che è certo è che è un’infrastruttura non più rinviabile: l’attuale tratta Ronchi-Trieste infatti è quasi alla saturazione con 160 treni al giorno (merci e passeggeri) quando il limite massimo è di 190-200. I margini di manovra sono pochissimi, si possono allungare i convogli, fare delle migliorie tecniche, usare locomotori migliori. Ma non si possono spostare i treni regionali alla notte e prima o poi ci sarà un limite invalicabile. Ciò significa che se il Porto di Trieste dovesse aumentare i traffici non potrà essere sfruttata la ferrovia. Lo sa bene anche Unicredit che, illustrando il progetto logistico, ha fatto capire che punterà su Monfalcone (la Ronchi-Monfalcone sarà pronta prima) e solo in un secondo momento su Trieste.
Ci sarebbe una via d’uscita, ma per ora è impossibile: il collegamento tra i porti di Trieste e Capodistria. Soltanto 6 km di ferrovia che però, a detta di Castelli ma anche del segretario di stato ai trasporti sloveno, Igor Jakomin, appaiono insuperabili. Gli sloveni non vogliono questo collegamento perchè diventerebbe una linea internazionale e sarebbero obbligati a far passare tutti per congiungersi alla linea con Divaccia.Lubiana sta correndo per realizzare la Capodistria-Divaccia, 39 km, 25-30 in galleria. Grazie a questo nuovo tracciato la potenzialità di trasporto dallo scalo sarà quadruplicata. La Slovenia ha coscienza della strategicità della linea e per evitare contestazioni ha addirittura varato una legge in Parlamento per realizzare l’infrastruttura.
Cosa farà l’Italia? Dalla cartina si comprende la delicatezza del problema. La prima linea da Aurisina dovrebbe scendere a Trieste quasi tutta in galleria (12 km su 13). Il treno dovrebbe entrare in galleria ad Aurisina, farà una curva ampia a nord dell’autostrada passandoci sotto e superando al largo Santa Croce. La linea allora si dirigerà verso il costone per scendere (pendenza massima 12,5%) verso Trieste. Tutta dentro la roccia. La galleria proseguirà sopra Barcola e poi scenderà più o meno all’altezza (in linea d’aria) della stazione ferroviaria di Trieste biforcandosi per collegarsi con la galleria di cintura. Tempi e costi? Dipenderà quanto si potrà giocare con i fondi Ue: prima c’era solo un tratto (Ronchi-Trieste-Divaccia) che ora si sdoppia. Per i tratti internazionali transfrontalieri la Ue finanzia il 30%, quello italiano avrà il 20%. Ma se il tratto è solo nazionale i contributi si fermano al 10%. Per l’intera Ronchi-Trieste sono ipotizzati 1.930 milioni di euro. Per la Aurisina-Trieste bisogna fare la metà: 900 milioni.
La progettazione preliminare è in corso e dovrebbe terminare a fine anno. Passiamo alla linea Aurisina-Confine: 12 km e mezzo tutti in galleria. Un percorso delicatissimo dal punto di vista ambientale, tutto sotto il Carso. Si passa a Sud di Sgonico, poco sotto Rupinpiccolo, a poca distanza da Rupingrande e un pelo sopra Borgo Grotta Gigante. Territori naturali di rara bellezza anche nelle cavità. Non sono ancora ipotizzabili costi, ma è certo è che il governo deve mettere in preventivo una spesa di oltre 300 milioni l’anno fino all’ultimazione dell’opera. E i tempi non sono brevi: se tutto andasse liscio servirebbero almeno 3 anni per il progetto e l’approvazione. Solo dopo possono essere aperti i cantieri: con le frese moderne si avanza circa 50 metri al giorno, per realizzare la galleria serviranno almeno 3 anni e mezzo. Ultimata la galleria bisognerà mettere binari e attrezzature: un altro anno e mezzo. Totale 8 anni, ma solo se non ci sono intoppi.
GIULIO GARAU
 

 

SEGNALAZIONI - Dal Carso rocce e terra per allargare la costa - LA PROPOSTA SUL MATERIALE FRUTTO DEGLI SCAVI PER L’ALTA VELOCITÀ
 

L’articolista Giovanni Longhi su «Il Piccolo» del 10 giugno ci informa che «L’alta velocità» ferroviaria attraverserà Duino Aurisina con 10 km in galleria e 2 km in superficie, il tutto però evitando di danneggiare eventuali grotte e possibili invasioni di cantine delle case carsiche sopra il percorso ferroviario. Il tutto però a due condizioni: primo, i lavori non inizieranno prima del 2030, ma il «progetto» deve essere presentato subito per non perdere i 7 milioni di euro stanziati dall’Ue (stanziati vuol dire che su un pezzo di carta sarà scritto «Ue ti manderà 7 milioni di euro); secondo, dove saranno smaltiti i 2 milioni di metri cubi di rocce e terra?
Ma, semplicissimo direi. Alcuni giorni fa è apparsa sul quotidiano triestino la notizia che già dieci anni fa il Comune locale ha approvato la modifica della riviera barcolana allargandola, come già allargata con la pineta, dall’ex bagno Cedas fino al bivio di Miramare.
Il tutto però è stato gelosamente custodito in uno dei tanti cassetti del palazzo già dall’anno 2000, anche perché non si sapeva dove trovare il materiale per riempire l’allargata riviera e poi mancavano sempre i soldini.
Oggi ci sono i due milioni di metri cubi di rocce e terra e «lo smaltimento resta un mistero», dice l’articolo di giovedì.
Suggerirei modestamente: mettetevi d’accordo. Ci sarà certamente un vantaggio delle due parti. Ma, cosa dice la politica? Resta quindi l’unico vero problema: quando si potrà iniziare oppure sono problemi virtuali e cartacei?
Ricordi di tempi trascorsi: c’era il teatro Armonia e l’attore Cecchelin: con due battute risolveva ogni storiella triestina.
Silvio Cargnelli
 

 

La Ferriera elegge i sindacalisti dell’ultima battaglia
 

LE NUOVE RSU - Il 28, 29 e 30 giugno i 490 dipendenti alle urne. Sono cinque le liste che si fronteggeranno
In campagna elettorale c’è piena concordia sul principale obiettivo: «Non si chiude finché non c’è un’alternativa occupazionale per tutti»
Rischiano di passare alla storia come i più famosi sindacalisti di Trieste, più di quelli che negli Anni Sessanta si batterono contro la chiusura del Cantiere San Marco. Con l’elezione dei rappresentanti di fabbrica in programma lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 giugno, i lavoratori della Ferriera di Servola cercano i leader in grado di guidarli come fece Sylvester Stallone in Fist con i camionisti. Non sarà certo come nel 1994 allorché a guidare il corteo di protesta contro la paventata chiusura furono il vescovo Lorenzo Bellomi, il vicepresidente della Regione Roberto Antonione e il vicesindaco Roberto Damiani. Stavolta i lavoratori si sentono soli perché è dal 2001 che gran parte delle forze politiche ripetono che lo stabilimento va chiuso, ma le cinque liste che si combattono alle elezioni, e che pubblichiamo nel dettaglio, hanno una parola d’ordine comune: «La Ferriera deve restare aperta e funzionante finché non esisterà un’alternativa occupazionale concreta per tutti i lavoratori». Che sarebbero un migliaio perché ai 490 dipendenti di Servola ne vanno aggiunti altrettanti tra la Sertubi e le altre piccole aziende dell’indotto.
Obiettivo improbo data la crisi generale della siderurgia e il fatto che i russi della Severstal, dopo acver acquisito il 100 per cento di proprietà del Gruppo Lucchini, hanno da mesi avviato trattative per la sua vendita. A questo proposito gli stessi sindacalisti sono stati convocati a Roma, al Ministero del Lavoro per comunicazioni proprio il 30 giugno.
«Che la politica si interessi dell’occupazione delle poltrone, più che del futuro occupazionale dei cittadini - commenta Franco Palman, rsu della Uilm - lo dimostra la sostituzione con Angela Brandi dell’ex assessore regionale Alessia Rosolen che pure aveva con una certa efficacia aperto il tavolo sulla riconversione della Ferriera, ma che è stata interrotta nel proprio lavoro». Ma la stessa Regione, con l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, ha aperto anche la procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, il che apre un’ulteriore incognita sul futuro dello stabilimento. Attorno alla Ferriera comunque si gioca l’intero futuro industriale e non solo della provincia di Trieste. Ecco perché i nuovi rappresentanti sindacali della Ferriera saranno attesi ad un compito che va ben oltre il loro stabilimento.
Palman è uno dei rappresentanti di fabbrica uscenti assieme a Luigi Mafione sempre della Uilm, a Fabio Fuccaro e a Tiziano Scozzi di Fiom-Cgil, a Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl e a Luigi Pastore di Failms-Cisal. Palman, Scozzi, Salvaneschi e Pastore aprono in questa tornata le rispettive liste. Il capolista dell’Ugl che ora non ha alcun rappresentante è invece Marco Sabadin. Le elezioni saranno valide se si presenterà alle urne almeno il 51 per cento dei 490 aventi diritto. Gli eletti saranno sei e rimarranno in carica per tre anni.
SILVIO MARANZANA

 

 

FERRIERA - Il Wwf chiede la revoca dell’Aia: «Un fallimento» - «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo»

 

«Il controllo e il rilevamento delle emissioni della Ferriera di Servola da parte degli enti preposti sono completamente falliti. Meglio revocare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla Regione alla proprietà della Lucchini e ripensare a come effettuare controlli puntuali e attendibili sulle emissioni convogliate e diffuse».
Lo sostiene il Wwf che ha annunciato di aver inviato alla Regione, all’Agenzia regionale per l’ambiente e agli enti locali una serie di osservazioni sul processo di attuazione dell’Aia e sui piani di monitoraggio e controllo delle fonti di emissione dello stabilimento servolano. L’Aia - secondo il Wwf - era già stata concessa in aperta violazione rispetto alle indicazioni delle normative vigenti, ne era stata chiesta la revoca, ma la Regione, pur avendo già avviato una procedura di revisione dell’autorizzazione, non ha proceduto in questa direzione e ha sospeso il processo. Per l’associazione ambientalista è soprattutto grave la mancanza delle misure di controllo e monitoraggio sulle emissioni prodotte da parte dell’Arpa e dell’ente provinciale preposto a tale compito. «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo – ha rincarato Fabio Gemiti. - È preoccupante - è stato aggiunto - che la Provincia da noi interpellata comunichi di non avere competenze specifiche nell’esecuzione del piano di monitoraggio di non avere mai ricevuto dalla Lucchini segnali di inquinamento o di malfunzionamenti dello stabilimento».
Maurizio Lozei

 

 

Razeto: «Intervenire subito per porre un freno alla crisi» - La Confindustria vuole accelerare per le bonifiche, il rigassificatore e la Piastra logistica del porto
 

«Non c’è più tempo, non dobbiamo perdere le poche opportunità che abbiamo per agganciare la ripresa». Lo afferma Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste, ritornando sulle parole di Gianfranco Di Bert, vicepresidente di Confindustria Fvg, che durante la recente conferenza sull’economia reale del Friuli Venezia Giulia ha richiamato istituzioni, imprese e parti sociali a sedersi attorno ad un tavolo per «porre in discussione una sola grande questione, con una sola grande e comune missione: la ripresa economica».
Sergio Razeto sottolinea la necessità di interventi urgenti, in grado di porre un freno ad una crisi che a Trieste sta appena delineandosi, come dimostrano i principali indicatori dell’industria provinciale nei primi tre mesi del 2010: la produzione è tornata ad essere negativa (-10,5%) e molto al di sotto della media regionale (-0,5%).
«Per Trieste – afferma Sergio Razeto – l’elenco delle priorità è noto: risolvere il problema delle bonifiche del sito inquinato per poter disporre di aree da destinare ad attività produttive, procedere al perfezionamento dell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore del porto per avviare alcune opere fondamentali per l’ammodernamento dello scalo (in primis la piattaforma logistica) e frenare così la significativa caduta dei traffici, come evidenziato dall’analisi della Banca d’Italia (-8% nel 2009 nelle merci movimentate, -17,6% nei container). Una caduta che ha portato lo scalo giuliano al decimo posto in Italia fra i 12 principali porti container nazionali.
Bisogna poi perseguire, secondo Razeto, la realizzazione dell’impianto di rigassificazione proposto dal gruppo Gas Natural-Fenosa e della centrale termoelettrica promossa dalla Lucchini Energia e individuare nuove strategie di sviluppo che portino a una maggiore presenza sul territorio dell’attività manifatturiera, per favorire una tenuta della situazione occupazionale (+ 0,1% nel primo trimestre dell’anno) che, a Trieste, non ha ancora risentito della crisi della produzione.
E ancora, delineare un sistema efficiente di collegamenti viari, ferroviari e aerei, sia passeggeri che merci (questi ultimi hanno segnato nel 2009 un’attività ridotta del 20,5%), anche nell’ottica di un futuro ampliamento del bacino servito ai Paesi dell’Europa centrale e orientale.

 

 

Giunta in bilico per 45 villette al Villaggio del fanciullo - S’INASPRISCE LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA SUL PIANO REGOLATORE
 

Lippolis (An): «Avevamo chiesto di abbassare l’edificabilità, gli uffici l’hanno aumentata»
Piero Camber: «Opposizioni e osservazioni sono 1141. Accolte il 90% delle richieste»
Un problema di «casette». È lì che cammina il ruvido confronto politico sul piano regolatore. Certo ci sono i sostanziali dissensi dell’opposizione, ma sono ampi pezzi di maggioranza (Udc e Lega) che tirano il sindaco per la giacca e anche per le braghe, in nome dei piccoli proprietari di villetta scippati del diritto di costruire. E c’è soprattutto An che intende far muro, e votare «no», sull’edificabilità concessa all’ex campo di calcio del Villaggio del fanciullo a Opicina.
An ha digerito a fatica quel che sembrava un favore all’ente religioso in difficoltà economiche, valorizzare come edificabile, dunque ben vendibile, una zona di servizi. Ma è dopo che la costola Pdl si è inalberata. Quando ha scoperto che il suo emendamento per abbassare la quantità di edificato è stato prima accolto in aula, e poi cancellato d’ufficio, sulla scorta delle richieste correttive presentate dal Villaggio. E quando ha fatto i conti dei metri, quadrati e cubi.
«All’inizio pareva che questo favore del sindaco portasse al Villaggio del fanciullo due-tre villette - dice il capogruppo Antonio Lippolis -, e va bene, l’ambiente era salvo. Quando abbiamo avuto in mano le carte, ecco però altri numeri: 6000 metri cubi, 15 mila metri quadrati. Ma allora si trattava di almeno 30 appartamentini?». An ha chiesto il dimezzamento degli indici. «Il sindaco ha mediato, e siamo arrivati - dice Lippolis - a 10 mila metri quadrati, 20 casette. Ora vedo che è stata accolta l’opposizione di don Piergiorgio Regazzoni. Ha chiesto non solo che i metri tolti siano ristabiliti, ma anche l’innalzamento dell’indice di edificabilità da 0,4 a 0,6. Di appartamentini - esclama Lippolis - se ne faranno dunque non due-tre, e neanche 30, o 20, ma ben 45». Insomma le casette lievitano e An si ribella: «In Carso si è tolto agli altri per fare il favore a uno, mancando di giustizia sociale, e inoltre politicamente questo è uno smacco per il nostro gruppo politico e per il consiglio comunale, si è mai visto che i tecnici stravolgano una direttiva dell’aula? Noi voteremo no».
Piero Camber, il capogruppo di Fi, mette già in conto voti «trasversali» e non bulgari su ogni singola opposizione e osservazione. Ma soprattutto rintuzza le anime inquiete della maggioranza in fatto di varie casette, portando per la prima volta in luce quel che arriverà in consiglio comunale: «Opposizioni e osservazioni sono 1141, di queste 330 sono osservazioni, 66 osservazioni/opposizioni, e 745 opposizioni di cittadini direttamente interessati all’edificabilità. Tra questi ultimi, 440 hanno chiesto il ripristino a zona B: circa 40 le richieste non accolte (il 10%), 300 parzialmente accolte, 100 accolte». Dunque le casette dei privati, che si son sentiti lesi, sono - salvo voto diverso dell’aula - accontentate «al 90%».
E il Villaggio? «Protesta lì qualcuno in nome di qualcun altro che ha interesse - esordisce Camber -, per il resto non si è data edificabilità a un privato, non stiamo arricchendo nessuno, questo è un ente benemerito. Secondo, non abbiamo trasformato in costruibile una zona prima ”verde”. Terzo, l’indice di edificabilità a Opicina è stato da questo Prg abbassato, era di di 0,8 e ora è di 0,6. Per ultimo, nell’area interessata gli edifici vanno tutti da un minimo di 0,6 a un massimo, addirittura, di 1,5. Quindi don Regazzoni ha chiesto il minimo ora presente nella zona. Io spero - aggiunge Camber -, in un voto ragionato, e penso per esempio che sul Villaggio la ex Margherita (ora Pd, ndr) voterà con noi. Se An voterà contrario, pazienza, l’1% di distinzione nella maggioranza è già nel conto, l’importante è che si accolga il piano. Salva la Costiera, lascia intonse ampie zone verdi e riduce tutte le cubature».
GABRIELLA ZIANI
 

 

PRG - «Né favori né speculazioni edilizie» - Don Regazzoni: «Non ho chiesto io di costruire sul campo di calcio»
 

«Io volevo solo essere trattato come gli altri, volevo dunque l’indice di edificabilità 0,6 che qui hanno tutti». Parla vivacemente da imprenditore don Piergiorgio Regazzoni, presidente dell’Opera Villaggio del fanciullo di Opicina. Anche quando cita i debiti, i problemi economici di un’impresa sociale i cui corsi di formazione per giovani in difficoltà vengono pagati dagli enti pubblici con tanto ritardo («mesi per avere l’80%, anni per il restante 20%») da costringere il sacerdote a fare mutui con le banche per pagare gli stipendi: «E una banca mi ha chiesto un interesse di 5 punti percentuali più alto rispetto all’Euribor, roba da pazzi».
Nel merito, sul caso-casette, don Regazzoni è molto drastico: «Qui non c’è speculazione edilizia, io non ho chiesto favori a nessuno - corregge -, anzi io non volevo proprio che l’ex campo di calcio diventasse edificabile, mi interessava liberarmi piuttosto di quei 4000 metri quadrati dove inizialmente il Comune (parliamo dai tempi di Richetti sindaco, poi di Illy, quindi di molti anni fa) voleva fare una piscina accanto al complesso del nuovo centro civico, cosa che nessuno farà mai, noi no di certo. Su quel terreno, che prima il Comune voleva espropriare e su cui poi si è trovato un accordo, abbiamo perfino dovuto pagare (noi!) anni di Ici arretrata perché l’avevano reso edificabile senza trasferirsi la proprietà per tempo. Questa richiesta io ho fatto al sindaco, e ho parlato davanti a testimoni. Altro che vantaggi - esclama don Regazzoni - noi siamo delle vittime del sistema».
Il Comune non ha accontentato la richiesta («perché c’è la lobby delle case vicine che non vuole, perché quello spazio fa comodo» dice il combattivo Regazzoni), e piuttosto ha reso edificabile l’ex campo di calcio, «10-15 mila metri quadrati non più utilizzabili, un terreno che anzi ora inquina, mentre i soldi al contrario ci potrebbero servire». Terreno da vendere come, a chi? «Non lo so ancora - dice il presidente del Villaggio - daremo a un notaio, faremo una gara, chissà. È un’area vicina alla strada, quindi di pregio. Ovviamente ci teniamo gli spazi per il campo di calcio a sette, abbiamo appena chiesto alla Regione il contributo per gli spogliatoi».
Don Regazzoni s’infiamma però anche per un’altra questione. «Lì sull’ex campo di calcio noi volevamo fare anni fa un centro per l’Alzheimer, il progetto era pronto, cantierabile, e ce l’hanno bocciato. L’Azienda sanitaria non l’ha voluto. E dunque che cosa ce ne dobbiamo fare? Non voglio più entrare in questa diatriba» (g. z.)
 

 

PRG - IL PD DETTA LE SUE CONDIZIONI - «Il sindaco non è sicuro, ha sondato l’opposizione»

 

Omero: «Non faremo ostruzionismo ma così non va»

Lunedì il piano regolatore va in Giunta. Poi cominceranno le commissioni. Poi il consiglio comunale. Verrà in campo il problema se esiste un principio giuridico che guidi l’azione di chi vuole o non vuole concordare la «trasformabilità» dell’uso di un terreno in sede di scrittura del piano regolatore? La questione si pone per il Villaggio del fanciullo ma nessuno lo sa per certo. Fabio Omero, capogruppo Pd: «O si fa per tutti, ed è il caso del sindaco di Udine che ha interpellato enti e cittadini, o per nessuno. Per aiutare un ente si dovevano scegliere altri modi, non certo la speculazione edilizia».
Ma Omero guarda alle frizioni nella maggioranza, e a Dipiazza che «ha sondato l’opposizione», segno che il sindaco «sente incerti i suoi voti e vorrebbe trovar supporto nel campo avverso, ho chiarito che non abbiamo nessuna intenzione di fare ostruzionismo, andando avanti per mesi, ma che da qui a dire che votiamo il piano regolatore ce ne corre». Infatti per il Pd «proprio non va». Le richieste sono tre, più una: «Zone strategiche (caserma di Banne, Fiera e mercato ortofrutticolo) con pianificazione pubblica e non privata, stralcio dell’area turistico-ricettiva della vergogna oltre che del golf a Padriciano, stralcio delle zone C1 ad alta densità edilizia, Villaggio del fanciullo compreso». L’ultima proposta è radicale: fermare tutto per approvare a luglio «il piano strutturale comunale in base alle nuove norme regionali, ridefinendo conservazione e valorizzazione del territorio, sviluppo sostenibile, contenimento del consumo energetico. Nel frattempo, nuova salvaguardia per due anni». E a Opicina? Su Villaggio del fanciullo, «Banne che quadruplica gli abitanti», e Padriciano, è ostile il presidente della circoscrizione Marco Milcovich: «Opposizioni firmate da 1600 cittadini. Noi circoscrizioni siamo state convocate in commissione a fine maggio, ma già poche ore dopo l’invito è stato revocato. Mai saputo più niente, e si parla di nuove secretazioni».

(g. z.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2010

 

 

Piano regolatore del porto, in arrivo il no della Slovenia - Ha chiesto di esprimere il proprio parere per stoppare il rigassificatore di Zaule
 

La Slovenia ha chiesto ufficialmente all'Italia di essere coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste. La richiesta e' stata sottoscritta gia' la settimana scorsa dal ministro dell'ambiente sloveno Roko Zarnic e nei prossimi giorni sara' recapitata all'Italia tramite i consueti canali diplomatici. La risposta di Roma e' prevista entro il 25 giugno.
Secondo l'associazione ambientalista Alpe Adria Green, che ha dato la notizia, nel corso di una conferenza stampa ieri a Lubiana, se le sara' data la possibilita' di pronunciarsi ufficialmente, la Slovenia avra' la facolta' di respingere il Piano regolatore del Porto triestino e, di conseguenza, di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule. »Se l'Italia si e' dimostrata tanto interessata allo sviluppo del Porto di Capodistria – ha commentato il presidente della Greenaction Transnational, il triestino Roberto Giurastante, riferendosi al coinvolgimento di Roma nell'approvazione del Piano regolatore del Porto di Capodistria – la Slovenia a maggior ragione deve interessarsi a come si sviluppera' in futuro il Porto di Trieste». Lubiana, sostengono gli ambientalisti, ha il diritto di chiedere quale sara' l'impatto ambientale transfrontaliero dei progetti relativi allo sviluppo del Porto di Trieste. Se si tratta soltanto di schermaglie diplomatiche o se dietro alla richiesta slovena ci sia davvero la volonta' di mettere in discussione il futuro del Porto di Trieste e di bloccare in questo modo la costruzione del terminal rigassificatore – legato ovviamente all'attivita' portuale - lo si vedra' soltanto nei prossimi giorni e settimane. Certo e' che e' in corso un’ intensa attivita' ai massimi livelli – ne hanno parlato anche i premier Silvio Berlusconi e Boris Pahor recentemente a Tripoli e ieri al vertice europeo di Bruxelles – per scongiurare il ricorso a veti incrociati e magari alla giustizia europea, che potrebbero portare al blocco dei progetti che i rispettivi Paesi ritengono di importanza strategica.
 

 

Dipiazza forza i tempi, Prg in giunta al buio - Lunedì la maggioranza voterà la variante ma potrebbero esserci defezioni
 

 

Le rigide scadenze temporali imposte dal sindaco sul cammino del Piano regolatore restano, i mal di pancia all’interno del centrodestra pure. Chi sperava che la riunione di maggioranza convocata ieri riuscisse ad appianare le differenza di vedute sul contestato strumento urbanistico, è rimasto sonoramente deluso. Perchè l’imperativo, almeno in questa fase, non è smussare gli angoli, ma fare presto. Molto presto.
Ecco perchè Dipiazza, nonostante le pressioni neanche tanto velate arrivate da più parti, si è dimostrato irremovibile nella difesa della linea dell’urgenza già annunciata nei giorni scorsi: la variante al piano, ha sentenziato ieri davanti agli alleati, approderà lunedì sul tavolo della giunta. Fine della discussione.
E pazienza se i bookmakers del Comune iniziano a scommettere su possibili prese di distanza dal Piano regolatore anche da parte di assessori molto vicini al primo cittadino. Lui, Dipiazza, all’onda lunga del dissenso interno - quella che in aula potrebbe riservare anche qualche sorpresa -, non ci pensa o almeno non dà l’impressione di farlo. «Io - ha riferito ai presenti ieri - non ho padroni e vado avanti».
Alla maggioranza, quindi, non è rimasto che prenderne atto. «È deciso, la variante arriverà in giunta lunedì - commenta il leghista Ferrara -. Ma quel giorno pretendiamo che l’esecutivo sia presente al completo e produca una posizione unanime. Quanto a noi, difenderemo in aula la posizione già espressa da tempo. Voteremo cioè tutte le opposizioni presentate dai cittadini che si sono visti sottrarre aree edificabili. Su questo - conclude Ferrara -, nessun passo indietro».
Valutazioni di merito che, per il momento, l’Udc Sasco sospende, concentrandosi essenzialmente sulla tempistica. «Visto che la giunta si esprimerà sul Piano lunedì, convocherò la Commissione urbanistica già per il mercoledì successivo - spiega Sasco -. E convocherò tutti i sette presidenti di Circoscrizione, per una questione di trasparenza. La stessa in base alla quale spero di convincere il segretario generale ad autorizzare la consegna dei 40 dischetti con opposizioni e controdeduzioni ai consiglieri».
Nel menu dell’incontro di ieri però, oltre alla tabella di marcia, c’era anche l’esposizione dei criteri che hanno guidato gli uffici comunali nell’analisi delle 1.051 opposizioni. «Criteri che, in qualche caso, non ci sono piaciuti affatto e rispetto ai quali prenderemo con decisione le distanze in aula - chiarisce subito il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis - . La nostra ferma difesa del diritto di tanti piccoli proprietari a non veder ridotta l’edificabilità dei loro terreni non è in discussione. Voteremo quindi questo piano perchè lo riteniamo migliore del precedente e perchè facciamo parte dell’attuale maggioranza ma - conclude Lippolis - non accetteremo che vengano fatti scherzi alle spalle del nostro partito».
Parole che sembrano annunciano insomma un dibattito acceso, subito ridimensionato però dal capogruppo Fi-Pdl. «Il clima è assolutamente sereno e si procede per chiudere l’iter entro luglio - taglia corto Piero Camber -. Mal di pancia nella maggioranza non ce sono. Posso assicurarlo, siamo tutti in perfetta salute».

(m.r.)
 

 

No del Wwf al maxi-villaggio di Lignano Sabbiadoro - Gli ambientalisti criticano il progetto dell’Ente friulano di assistenza. L’area è della curia
 

 

LIGNANO Un ”villaggio albergo” a Lignano Sabbiadoro su un terreno della curia di Udine. E il Wwf del Friuli Venezia Giulia prende posizione. «Il nuovo Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa privata sulla proprietà dell’Ente friulano di assistenza, di recente adozione, implica ulteriore consumo di suolo con la distruzione di nuove aree naturali. Il Piano prevede la realizzazione di un “villaggio albergo” per 30mila metri cubi di cemento (500 posti letto), che andrebbe a cancellare altri 4.500 metri quadrati di aree di elevato valore naturalistico. Il villaggio albergo dovrà essere servito di parcheggi per gli utenti: dal piano si evince che ci sarà un posto auto per ogni stanza realizzata, da ricavare nell’intorno della struttura e lungo la viabilità esistente, con un’ulteriore distruzione dell’ambiente naturale». Il Wwf continua: le caratteristiche della pineta Efa di Lignano che andrebbero perdute sono il sistema geomorfologico tipico, la componente arborea a pino, ma soprattutto il sottobosco costituito da specie tipiche della macchia mediterranea.
La pineta Efa di Lignano presenta caratteristiche naturali uniche in regione, sostiene il Wwf, che un po’ alla volta il consumo autorizzato di suolo sta facendo scomparire. Il villaggio albergo verrebbe a collocarsi, secondo il Prpc, in area soggetta a 3 vincoli: «In base al decreto legislativo 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) sono tutelati la fascia di 300 metri dalla linea di battigia e le superfici a bosco; inoltre la Regione ha inserito tra i beni da tutelare con vincolo paesaggistico proprio la pineta Efa; infine su tutta l’area oggetto di Prpc grava il vincolo idrogeologico (R.D. 3267/1923), perché il territorio presenta caratteristiche tali per cui risulta pericoloso realizzarvi edifici».

 

 

I grifoni di Cherso minacciati dalle orde di turisti - Spaventati dal rumore della gente e delle barche i piccoli cadono in mare: campagna di prevenzione
 

CHERSO Siamo sempre alle solite con i grifoni, gli avvoltoi dalla testa bianca, simbolo dell’isola di Cherso e che soprattutto nei mesi estivi vengono importunati – talvolta con esiti tragici – da frotte di turisti. A bordo di imbarcazioni, i villeggianti vengono portati ai piedi delle pareti a strapiombo sul mare, dove questi maestosi volatili nidificano, per poterli ammirare. Ma non sempre i vacanzieri si comportano nella maniera appropriata ed anzi il più delle volte urlano di gioia nel vedere i grifoni a pochi metri di distanza, applaudono, scattano foto, creando un trambusto che spaventa gli avvoltoi, specie i loro piccoli, non ancora capaci di volare. Succede che i piccoli grifoni, disorientati e spaventati dal rumore, si affidino all’ istinto, cercando di librarsi in aria per scappare. Cadono in mare e sovente affogano.
Soltanto l’ anno scorso, si sono registrati 16 casi del genere e per 5 giovani esemplari è stata la fine. Gli altri 11 grifoni baby sono ancora sistemati nella voliera di Caisole (Beli), sull’isola di Cherso, dove si stanno riprendendo grazie alle amorevoli cure degli attivisti dell’associazione ambientalista Eco centro Caput Insulae, guidata dal noto ornitologo Goran Susic. L’invadenza dei turisti ha fatto sì che, ad esempio, gli avvoltoi abbandonassero la parete Munt, a Cherso. Sulla parete Kruna, a poca distanza da Caisole, vi sono ora soltanto tre volatili, mentre prima si registrava una media di otto. La situazione più critica riguarda l’ isoletta di Plavnik, posta quale «cuscino» tra Cherso e Veglia. Qui, fino a cinque anni fa, erano registrati 12 nidi attivi, mentre attualmente ne sono presenti solo tre. Un quadro allarmante, tanto che Sonja Sisic, direttrice dell’ istituto pubblico regionale Priroda (Natura), ha annunciato che alla fine di questo mese si darà il via ad un programma educativo riguardante i titolari delle imbarcazioni per gitanti, quelle che si spingono fino a pochi metri dai nidi. Ai proprietari saranno illustrate le norme comportamentali nelle vicinanze di questi specifici ambienti.
Nel corso dell’alta stagione dovrebbe essere stampato, in 20 mila esemplari, un opuscolo riservato ai diportisti e in cui l’accento sarà posto sulle specie tutelate in Adriatico, dalla foca monaca ai grifoni, dai delfini ai datteri di mare, alla pinna nobilis. Da rilevare infine una buona notizia: nonostante i problemi che i grifoni incontrano nell’ area del Quarnero, quest’ anno sono stati inanellati 49 uccelli, cifra record da quando alla Caput Insulae si dedicano all’ importante operazione, cominciata 21 anni fa, nel 1989. Nei due decenni, l’inanellamento ha riguardato ben 709 esemplari, permettendo così agli esperti di capire i percorsi compiuti dai grifoni chersini e quarnerini. Uno di essi, in soli due mesi, è stato in grado di raggiungere il Ciad, in Africa, volando da Cherso per complessivi 4 mila chilometri.

(a.m.)
 

 

SEGNALAZIONI - «Le Ferrovie operano come se fossero in regime di monopolio»
 

Nel maggio scorso, per raggiungere Merano da Trieste, ho utilizzato l'Eurocity Bologna-Monaco di Baviera delle Ferrovie Tedesche, tra Verona e Bolzano, che mi ha consentito di raggiungere la meta con mezz’ora di anticipo rispetto alla coincidenza offerta da Trenitalia. Biglietto a bordo senza supplemento, buon servizio nella carrozza ristorante e consegna dell’orario con tutte le coincidenze, come in uso da tempo nella rete DB. Nella stazione di Verona enorme pannello della ferrovie tedesche per rimediare alla carente informazione e al mancato inserimento della relazione nell’offerta commerciale delle FS. Per il rientro a Trieste, invece, Trenitalia mi ha offerto sulla stessa tratta, da Bolzano a Verona, un regionale di sola seconda classe, nel quale erano funzionanti appena due gabinetti, e la consueta mezz’ora in più di percorrenza. Ma, a proposito di mercato, avevo dovuto leggere nel marzo scorso la franca precisazione di Federico Fabretti a nome delle FS: «…cercare biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia». (la Repubblica del 28.3.2010). Il portavoce del gruppo evidentemente non aveva ben presente che lo Stato provvede al completo finanziamento delle FS per assicurare al paese la competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, che può essere perseguita solamente con la garanzia delle pari opportunità per tutte le imprese di trasporto. Ma trascurava anche che compito primario di un’impresa di trasporto è quello di offrire alla clientela un servizio completo. E qui mercato e monopolio c'entrano poco: la vecchia Azienda Autonoma già negli anni venti del secolo scorso avvertì l’esigenza di dotarsi del Servizio Commerciale proprio per organizzare tutti i servizi complementari in tale ottica: il servizio cumulativo ferroviario marittimo, quello interno ed internazionale, la creazione della Cit (Compagnia Italiana Turismo, fondata nel 1926) per i viaggiatori e dell’Int (Istituto Nazionale Trasporti, fondato nel 1928) per le merci erano gli strumenti per rispondere concretamente all’esigenza dell’utenza di vedersi presentare un’offerta globale. Non avvertire che in tale quadro informazione e offerta globale sono elementi essenziali significa in definitiva che, evocando il mercato, si opera in realtà in una logica di monopolio. La confusione nella missione delle società del gruppo ferroviario italiano è emblematica di quella che Luciano Gallino rappresenta come degenerazione della gestione aziendale: privilegiando il rendimento finanziario delle singole articolazioni dell’impresa, e ricorrendo all’esasperata esternalizzazione della produzione, si finisce per creare un conflitto tra i vari attori della catena produttiva. L’analisi di Luciano Gallino sembra la fotografia dell’approdo raggiunto dalle FS nel passaggio da un’unica azienda autonoma a una molteplicità di società difficilmente gestibili ai fini del perseguimento della missione fondamentale: la competitività della modalità ferroviaria nell’intera rete, sia per i passeggeri sia per le merci. Il tema ha particolare rilievo anche per Trieste e per il Friuli Venezia Giulia, come ha fatto rilevare più volte il presidente dell’Autorità portuale di Trieste, il quale, non unico, ha dovuto subire le conseguenze delle contraddittorie scelte fatte dalle società del gruppo FS rispetto alla logistica portuale.
Luigi Bianchi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2010

 

 

Rigassificatore, colloquio Berlusconi-Pahor - LUBIANA SEMPRE PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
 

Si cerca una soluzione diplomatica. Il problema della condotta sottomarina
TRIESTE Il governo sloveno rinvia la questione rigassificatore a settembre, mentre il premier Pahor parla con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per dirimere diplomaticamente l’oramai annosa questione. Nel colloquio con Berlsusconi Pahor ha chiaramente espresso il ”no” sloveno al rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste, cosa che perlatro è già stata ribadita anche dal governatore del Friouli Venezia Giulia, Renzo Tondo che ha oramai concentrato tutti gli sforzi sull’”opzione Zaule”. Resta aperta per la Slovenia, riguardo a Zaule, tutta una serie di interrogativi relativi all’impatto ambientale dell’opera. A Trieste, poche settimane fa il ministro dell’Ambiente Sefania Prestigiacomo ha affermato che, per quanto riguarda Zaule, da parte italiana il discorso ambientale è chiuso con la consegna di tutti gli incartamenti richiesti alla Slovenia. Resta in piedi però la questione legata al gasdotto che partirà da Zaule per raggiungere le foci dell’Isonzo. Lì manca del tutto la valutazione d’impatto ambientale (Via) che la Slovenia, invece, sta chiedendo insistentemente per via tecnica.
Berlusconi e Pahor si sono impegnati comunque a una soluzione bilaterale della questione, mentre il premier sloveno ha ammesso che senza il ”sì” italiano la Slovenia non potrà effettura la costruzione del molo terzo del Porto di Capodistria, né il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. In altre parole entrambe le parti hanno ancora buone ”carte” in mano da giocarsi sul ”tavolo verde” della diplomazia. Via che entrambi gli Stati, a questo punto, sembrano voler percorrere cercando di evitare l’”extrema ratio” del ricorso della Slovenia alla Corte europea di giustizia, ricorso peraltro a cui Lubiana sta comunque lavorando per non trovarsi del tutto impreparata se le cose dovessero andare a carte e quarantotto.
Per quanto riguarda, invece, il ”rinvio a settembre” della questione rigassificatore da parte del governo sloveno c’è da rilevare che l’esecutivo di Lubiana ha dato mandato al proprio ministero per l’Ambiente di definire, a livello tecnico, tutti gli interrogativi relativi alla questione ambientale ancora aperti sul rigassificatore e sul gasdotto sottomarino con la controparte tecnica italiana per cercare di trovare una soluzione valida per entrambe le parti in causa proprio entro il 30 settembre.
Nel frattempo, ieri pomeriggio, si è svolta, su espressa richiesta del Partito democratico (Sds) dell’ex premier Janez Jansa, principale partito di opposizione, una seduta straordinaria del Parlamento sloveno proprio per discutere sulla linea fin qui tenuta dal governo di Lubiana sulla questione rigassificatori. La Sds ha bocciato l’atteggiamento definito «unilaterale» dell’Italia che per bocca del proprio ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha definito chiuso l’iter informativo bilaterale sull’impatto ambientale del rigassificatore di Zaule. Come si vede però la riunione parlamentare sembra leggermente già superata dal working progress degli avvenimenti e dall’ultimo colloquio avuto dal premier Borut Pahor con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
La Sds ha protestato soprattuto per il ”no” fin qui espresso dall’Italia sull’ampliamento del Porto di Capodistria mentre nessuna carta è giunta a Lubiana sul raddoppio del Molo VII di Trieste (leggi piattaforma logistica).
MAURO MANZIN
 

 

Piano regolatore, il sindaco dice no anche a Gianni Letta - BATTAGLIA POLITICA ANCHE TRA LA MAGGIORANZA
 

Cassata da Dipiazza anche una garbata lettera del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
L’orgoglio del sindaco sul Piano regolatore da una parte, le mille variabili della politica dall’altra, compresa una lettera di Gianni Letta con oggetto il problema creato a un cittadino proprio dal Piano regolatore. In mezzo, un muro sempre più alto. Contro cui qualcuno - di certo Roberto Dipiazza, ma altri nel centrodestra forse più di lui, che uscirà di scena a prescindere, non essendo ripresentabile nel 2011 - rischia di sbattere malamente. E proprio alla vigilia della campagna elettorale. Le trattative interne alla maggioranza per risolvere il rebus del Piano regolatore - raccontano infatti le indiscrezioni di palazzo,avallate in parte anche dalle dichiarazioni di facciata - si stanno rivelando con ogni probabilità la più difficile prova di tenuta della coalizione che sostiene Dipiazza dacché, era il 2001, fa il primo cittadino.
PRG E TRAFFICO La corsa contro il tempo impressa dal sindaco per superare le remore di alcuni dei propri consiglieri, ma anche assessori, non è più un mistero che sia motivata dal suo desiderio di poter chiudere la partita, con l’approvazione del Piano adottato un anno fa, entro fine estate. Riuscirebbe così a mettere in coda prima del rompete le righe pre-elettorale pure il varo del Piano del traffico. Per Dipiazza - che conta di portare il Prg in giunta col placet di tutti gi lunedì - sarebbe il trionfo, personale più che di schieramento, alla vigilia dell’addio.
LA LETTERA Eppure, per farcela, raccontano i dietro le quinte, il sindaco non sembra disposto ad accontentare incondizionatamente gli alleati in cambio, appunto, di un voto in aula. Che sia pronto a gonfiare il petto davanti a chiunque l’ha dimostrato - mormorano a palazzo, anche se nessuno osa esporsi per confermarlo tra virgolette, ma al tempo stesso nessuno si affanna neppure a smentirlo - alcuni giorni fa. In occasione di una delle prime riunioni di maggioranza sul Piano regolatore ha mostrato un pezzo di carta arrivato sulla sua scrivania da Roma, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. La missiva caldeggiava l’accoglimento, sostenendone la legittimità, di una delle 1.051 opposizioni, al Piano regolatore adottato nel 2009, presentata da un triestino. Sono centinaia, per inciso, le opposizioni presentate da singoli cittadini, generalmente preoccupati per la retrocessione ad area verde di un proprio pezzo di terra, magari adiacente alla casa, precedentemente edificabile. Ed è proprio questa generale marcia indietro sulle cubature ad essere contestata in particolare dalla Lega, ma anche da An e Udc. Ebbene, Dipiazza ha fatto passare il concetto, dopo le verifiche tecniche sull’area in questione, di aver dato mandato agli uffici di scrivere una risposta in cui si ribadisce di non poter accogliere l’opposizione. Se non mi piego davanti al braccio destro di Berlusconi, perché dovrei davanti ai miei consiglieri, è il messaggio.
LA MINACCIA I numeri però dicono che il rischio di andare sotto c’è. La maggioranza - dopo il caso Bandelli - conta su 21 teste su 41. Potrebbero scendere già a 19 - e quindi sotto il regime di sopravvivenza della maggioranza - qualora la Lega, come giura di essere pronta a fare per voce del capogruppo Maurizio Ferrara, non voterà il Piano regolatore «se non saranno restituite tutte le possibilità edificatorie ai piccoli proprietari». «Lega e Udc non sono rappresentate in giunta, pertanto analizzeranno i contenuti del documento dopo che questo sarà passato in giunta», fa eco un sibillino Roberto Sasco. Eppoi, a ballare, potrebbero essere addirittura i quattro scranni di An-Pdl, dove serpeggerebbe una certa crisi di coscienza nel dover avallare l’edificabilità di una parte del Villaggio del Fanciullo, uno dei nervi scoperti dello stesso Piano regolatore. Ma Dipiazza che dice? Ieri nulla. È il segno che, per lui, vale ancora la dichiarazione di martedì: «Io preoccupato? No, non lo sono».
PIERO RAUBER

 

 

Il Pd: «Si scordino un nostro aiuto» - SUL PRG CRITICI ANCHE I BANDELLIANI
 

Come si comporteranno i Bandelli boys, ora che il Prg mette in dubbio la tenuta di una maggioranza da cui si son chiamati fuori? «Il nostro voto - mettono le mani avanti in una nota Bruno Sulli, Claudio Frömmel, Andrea Pellarini e Salvatore Porro - sarà condizionato dal superamento delle pesanti criticità che ancora incombono, al di là delle 18 osservazioni giuridicamente vincolanti espresse dalla Regione, e che passano anzitutto dal recepimento delle istanze dei triestini». Ma «ciò che diventa davvero preoccupante è che ancora una volta snodi così importanti per la crescita della città siano esclusivamente terreno di scontri e veti fra i partiti di centrodestra, Lega compresa, che periodicamente agita lo spettro di far mancare i voti alla maggioranza, salvo puntualmente appiattirsi sulle richieste del sindaco». E ancora: «Un Prg non può accontentare tutti, ma questo lascia scontenti tutti, cittadini compresi, se è vero che rispetto al tanto vituperato piano Illy c’è il 20% in più di osservazioni». A proposito del vecchio Piano, dal Pd arriva un segnale di netta chiusura. «Certamente - scrive il capogruppo dei democratici, Fabio Omero, in un comunicato - la scoppola della Corte dei Conti sul Piano del traffico ha messo in guardia gli assessori, che non hanno più intenzione di votare a scatola chiusa con il rischio di dover poi mettere mano al portafogli. Si scordi Dipiazza che il centrosinistra venga in suo soccorso, perché è vero che tornare indietro al piano di Illy sarebbe una iattura, che riaprirebbe la definitiva cementificazione della costiera e delle poche aree verdi rimaste tali, ma il piano, così come lo ha adottato la destra l’anno scorso, proprio non va». Anche Emiliano Edera della Lista Rovis, il border-line dell’opposizione, gira la testa: «Non restituire l’edificabilità ai privati è un suicidio politico».

(pi.ra.)
 

 

Laghetti delle Noghere, tutto è pronto Dopo un anno di lavori fissata la data dell’inaugurazione: giovedì 24 giugno
 

L’AREA CHE DAL 2001 È “BIOTOPO NATURALE”
MUGGIA «Sperando che nelle prossime notti l’Enel non faccia un altro scavo, questa dovrebbe essere la volta buona per inaugurare il ripristino dei laghetti delle Noghere». Ci scherza sopra il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ricordando che anche un anno fa era tutto pronto per il taglio del nastro del recuperato biotopo, se non che l’Enel, all’oscuro di tutto, eseguì un intervento sul terreno che buttò all’aria sentieri, argini, boscaglia e il Comune dovette ricominciare da zero. Un anno di lavori e finalmente la nuova inaugurazione è stata fissata il 24 giugno alle 11. L’operazione, curata dal Comune, è consistita in diversi interventi di valorizzazione dell’ambiente: prima di tutto si è intervenuti sulla fitta rete di sentieri che percorre e collega le sponde dei laghetti e l’area boschiva adiacente.
Complessivamente si tratta di circa un chilometro di percorso il cui accesso è stato sensibilmente migliorato con un’integrazione del sentiero ex novo. È stato poi reso più visibile l’accesso all’area con la posa di un ingresso in legno sul quale è stata fissata la cartografia del sito. Ripulite le sponde, gli specchi d’acqua e le fitte zone boschive che circondano i laghetti, sono stati installati parapetti in legno e punti di osservazione attrezzati. Uno di essi è costituito da un pannello in legno con apposite fessure che consentono di osservare lo specchio d’acqua senza disturbare gli animali. Sul lato strada è stata fissata una rete di recinzione sia per prevenire possibili atti vandalici, sia per evitare l’abbandono di immondizie.
All’interno invece nessuna rete è stata alzata, proprio per favorire la naturale percorribilità alla fauna presente. Cartelli segnaletici e didattici sono stati fissati lungo l’intero percorso, mentre a disposizione degli uccelli sono sistemate apposite mangiatoie e casette nido. L’intera operazione di ripristino e sistemazione si è protratta per tre mesi. Classificata come "biotopo naturale" con decreto del presidente della Regione già nel 2001, l’area dei laghetti delle Noghere si presta ora a una duplice fruizione da parte della popolazione, sia per il tempo libero (il Comune ha già in fase progettuale il collegamento con la pista ciclabile nell’ambito del progetto Carso/Kras), che per un uso più specificamente volto alla formazione didattica e culturale. I laghetti si sono formati su cave di argilla dimesse, sono otto e la profondità massima è di 7 metri.
Anatre, aironi e cormorani minori vi fanno tappa durante le migrazioni. Anfibi e rettili si riproducono negli spazi acquei poco profondi presenti nel sottobosco che circonda i laghetti. «Il problema grosso dal punto di vista faunistico - spiega l’ornitologo Enrico Benussi che ha avuto in gestione il sito - è legato alla presenza di circa 300 tartarughe della Florida abbandonate qui da chi le aveva comprate piccole nei negozi di animali: questa specie, particolarmente prolifera, sta allontanando quella locale, la tartaruga europea». Il progetto è di catturare il maggior numero possibile di questi "invasori" e di portarli in appositi centri di raccolta. Si vocifera poi di un luccio di due metri che si aggirerebbe nelle acque del laghetto più grande: «Abbiamo provato a portarlo a galla immettendo in acqua una leggera scarica elettrica per stordirlo senza ferirlo - conferma Benussi -, ma non è emerso nulla...».

(g.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO - Ferriera e sindaco
 

Il giorno 18 maggio ho fatto richiesta al Servizio Sanitario Regionale Azienda per i Servizi Sanitari n.1-Triestina. SO Dipartimento di Prevenzione per il ritiro di una copia del documento sulla qualità dell’aria nell’abitato di Servola.
Leggendo il documento ho riscontrato che: l’Azienda per i Servizi Sanitari ha inviato ben 11 comunicazioni al sindaco ed enti vari relative a frequenti segnalazioni da parte di cittadini lamentanti «odori forti e acri provenienti dallo stabilimento Lucchini con successive ricadute di materiale particellare». In effetti l’Arpa, in coincidenza con le lamentele, ha rilevato importanti superamenti dei valori limite per PM10 e/o SO2 e/o benzene.
Il DM 60/2002 prevede che dal 1.o gennaio 2010 i superamenti di PM10 non possano essere più di 7 all’anno. Tali limiti sono ulteriormente ridotti a partire dall’11 giugno 2010.
Dall’analisi dell’Arpa risulta, invece, che al 30 aprile 2010 i superamenti di PM10 siano stati ben più numerosi (via Carpineto 12 superamenti, via Pitacco 4 superamenti, via Svevo 14 superamenti, mezzo mobile 17 superamenti).
Inoltre risulta che la concentrazione del benzoapirene rilevata nel periodo novembre 2009/febbraio 2010 nell’abitato di Servola sia addirittura più elevata rispetto alle rilevazioni registrate nel 2008 e 2009 (alla faccia dell’Autorizzazione ambientale rilasciata in modo del tutto gratuito).
L’Ass ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e idrocarburi policiclici aromatici, mostrando la propria preoccupazione e ribadendo la necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica.
Chiedo al signor sindaco quali provvedimenti sono stati presi visto che ai sensi degli art. 216 e 217 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265 il sindaco è titolare di un generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose, che può anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento dell’attività, volti a prevenire e tutelare l’igiene e la salute pubblica?
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2010

 

 

TAV - Trieste-Divaccia, trovata l’intesa sul tracciato -

 

Decisivo il sopralluogo tecnico italo-sloveno sulla tratta del Corridoio 5. Irrisolto il raccordo con lo scalo giuliano

Castelli incontra Jakomin: accordo prima delle ferie. Su 30 chilometri più di 20 in galleria
DIVACCIA C’è l’intesa tra Italia e Slovenia sulla tratta ferroviaria di alta velocità/alta capacità tra Trieste e Divaccia, i tecnici si sono messi d’accordo sul congiungimento dei binari sul confine e Roma e Lubiana sono pronte a firmare il protocollo di intesa. Anzi, ora entrambe hanno fretta: non si può rischiare di perdere i benefici della Ue. «C’è la possibilità di sottoscriverlo già prima delle ferie estive» dichiara ai giornalisti il viceministro ai trasporti italiano, Roberto Castelli imitato a pochi metri di distanza dal segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. «Lo facciamo prima dell’estate – ripete davanti ai microfoni – manca solo l’ultima riunione tecnica per chiudere tutti i punti in maniera definitiva». Trenta i chilometri totali di ferrovia tra Aurisina e Divaccia, oltre 20 dei quali interamente in galleria.
Rapporti tornati ottimali ora tra Italia e Slovenia. La cruciale giornata si chiude alle 14 passate con un pranzo tutti assieme alla Gostilna Risnik di Divaccia (famosa per la carne della vicina macelleria) compresa la delegazione delle Ferrovie guidata dal responsabile della direzione investimenti di Rfi (rete ferroviaria italiana), Matteo Triglia. Resta ancora un problema irrisolto, non c’entra con il tratto prioritario, ma è rilevante per il trasporto logistico: il collegamento tra il porto di Trieste e quello di Capodistria. Sei chilometri soltanto, ma tra Roma e Lubiana le posizioni sono ancora distanti: la Slovenia è concentrata a correre sul collegamento tra il suo porto e Divaccia. «Non ne abbiamo parlato – spiega Jakomin – oggi abbiamo trovato l’accordo sulla Trieste-Divaccia. Per il futuro del collegamento tra i due porti non mi pronuncio, non ho la sfera magica di cristallo».
Sollevato e soddisfatto l’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi che in questi mesi ha cercato di cucire quello che appariva incucibile.
«C’era il rischio di trovarsi di fronte a un’altra Val di Susa – commenta – e alla fine è stato trovato il percorso migliore anche se si tratta di una soluzione delicata soprattutto per il Carso visto che il percorso sarà sostanzialmente tutto in galleria. Grazie al ministro Castelli è stata valutata questa proposta di tracciato alta che ha trovato il consenso di tutti». Sereno in volto anche Jakomin: «L’ultima proposta di tracciato è quella migliore per trovare una soluzione, è quella che ci trova più favorevoli – ribadisce il sottosegretario – è il percorso più veloce dove i treni potranno andare a 250 km orari, la migliore tecnicamente, quella più corta e soprattutto quella meno costosa. Mancano solo gli ultimi dettagli con una riunione tra i tecnici, prima dell’estate siamo pronti a firmare l’accordo».
Quelli prossimi saranno giorni caldissimi, il 24 a Roma, annuncia lo stesso Riccardi, è in programma un vertice con il Coordinatore europeo del progetto prioritario 6 Laurens Jan Brinkhorst. La progettazione della tratta, nelle tre fasi (preliminare, definitiva ed esecutiva) deve essere conclusa entro il 2012 e i cantieri dovranno essere aperti entro il 2013.
Ne hanno parlato a lungo Castelli, Jakomin assieme a Riccardi e Triglia nel sopralluogo fatto ieri sulla tratta. Prima l’incontro ad Aurisina dove c’erano anche il sindaco Giorgio Ret e l’assessore regionale alle relazioni internazionali Federica Seganti. Poi il viaggio su uno speciale treno, un Minuetto, fino a Opicina. Da lì, tutti assieme in macchina sino a Divaccia. «Siamo al punto finale, abbiamo trovato la soluzione – conclude Castelli – dopo tanto lavoro e tre percorsi c’è quello giusto. C’è grande condivisione tra italiani e sloveni e Lubiana è molto contenta. In tempi brevi firmeremo l’accordo, se siamo bravi prima delle ferie estive».
GIULIO GARAU
 

 

Corridoio Baltico-Adriatico Strasburgo include Trieste
 

STRASBURGO «Oggi a Strasburgo è stato conquistato un voto decisivo per lo sviluppo di un sistema europeo dei trasporti efficiente e sostenibile, fondamentale per l’Italia e in particolare per il Nordest». A dichiararlo l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, componente della commissione Trasporti e Turismo, dopo che il regolamento relativo alla «Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo» è stato approvato a larga maggioranza in assemblea plenaria. Serracchiani ha precisato che «il regolamento contiene il tracciato del corridoio Baltico-Adriatico e comprende l’importantissima diramazione Vienna-Klagenfurt-Udine-Venezia/Trieste/Bologna/Ravenna, il cui rilievo strategico è stato sottolineato da tutti gli operatori della logistica e dagli attori istituzionali. Assieme alle altre grandi infrastrutture aperte sull’Adriatico questo corridoio offre la possibilità di intercettare grandi flussi di traffico provenienti dalle regioni russe e dall'area asiatica, che oggi si indirizzano soprattutto verso i porti tedeschi del Mar del Nord e della Finlandia, e di incanalarli verso gli scali baltici e adriatici». «Ci sono stati momenti – ha concluso la Serracchiani – in cui la diramazione è sembrata sparire dal territorio italiano per riapparire solo in Slovenia ma alla fine siamo riusciti a evitare brutte sorprese».
 

Piano regolatore, la maggioranza rischia di sbandare - SI SUSSEGUONO I VERTICI, LE PERPLESSITÀ DI LEGA E AN
 

C’è la perplessità (per usare un eufemismo) che cova soprattutto negli ex missini sulla nuova area edificabile al Villaggio del Fanciullo. Eppoi ci sono le barricate, in primo luogo leghiste ma per nulla disprezzate da Udc e (ancora) ex An, contro l’inedificabilità di centinaia di piccole proprietà sancita dall’adozione della variante generale del 2009. Confermarla a pochi mesi dal voto, per molti, sarebbe un suicidio. Si tratta a oltranza nel centrodestra per trovare un compromesso in vista dell’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore. È l’ultima grande partita che Roberto Dipiazza intende chiudere prima della fine del suo mandato. Saltasse proprio ora - se cioè venisse a mancare una maggioranza consiliare ormai ridotta comunque ai minimi termini in seguito al caso Bandelli - sarebbe uno smacco incalcolabile sia a livello personale (per il sindaco) che politico (per il centrodestra) visto che le pretese dei singoli gruppi s’intrecciano alle grandi trattative in chiave candidature 2011. Il minivertice di ieri - tra il sindaco nonché assessore all’Urbanistica e i capigruppo di Fi-Pdl Piero Camber, di An-Pdl Antonio Lippolis, del Carroccio Maurizio Ferrara e dell’Udc Roberto Sasco - non è stato risolutore. Si è concluso con un arrivederci a domani. Dipiazza punta a portare in giunta la delibera, con la promessa di un voto unanime degli assessori, già venerdì, o al massimo lunedì. La fregola, d’altronde, è dettata dal fatto che l’iter tra circoscrizioni, commissioni e sedute del Consiglio comunale porterebbe a fine luglio, cioè alla vigilia della pausa estiva, anche se si partisse adesso. Riprendere in mano la patata bollente a inizio autunno, all’alba della campagna elettorale, sarebbe rischioso. Tant’è. La Lega assicura che non cederà: «Siano restituite ai cittadini tutte le possibilità edificatorie sottratte con la variante 2009, solo in questo caso voteremo con la maggioranza», ammonisce Ferrara. «Quelle possibilità edificatorie - specifica Sasco - sono generalmente legittime aspettative di cittadini che hanno pagato per anni le imposte su terreni considerati edificabili, da lasciare magari in eredità, e che ora si troverebbero con un pugno di mosche in mano». «Non si può dire sì a scatola chiusa a un documento nel quale è in gioco la vita delle persone», aggiunge Lippolis. «Sul voto siamo tranquilli, la maggioranza è più ampia di quanto si possa pensare», dice sibillino Camber. Al quale fa eco Dipiazza: «Conosco la politica, ogni forza cerca di difendere i suoi interessi, è normale. Eppoi il Piano regolatore è la vita della città. Non potevo pretendere di presentarmi e dire ”buon giorno, votate”. Alla fine però il nuovo Piano passerà. Non sono preoccupato».

(pi.ra.)
 

«La Ferriera risponda in 20 giorni sugli “sbuffi”» - APERTA CON UN PRIMO MONITO LA CONFERENZA DEI SERVIZI SULLA REVISIONE DELL’AIA
 

Settanta manifestanti contestano assediando la Regione, ma nessun politico si presenta

Si sono mobilitati carabinieri, poliziotti e agenti della Digos per permettere ieri l’avvio in tranquillità della procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla Ferriera di Servola. È stato creato quasi un cordone a protezione della sede decentrata della Regione di via Giulia per evitare il contatto di una settantina di manifestanti del Circolo Miani, di Servola respira, del Gruppo Beppe Grillo non si sa però con chi. Volevano cantarle a Tondo e Dipiazza, ma all’assessorato all’Ambiente per partecipare alla Conferenza dei servizi deputata a decidere non si è presentato alcun politico. «L’Aia è una questione tecnica e per il momento lasciamo che se la sbrighino i tecnici - ha ribadito più tardi l’assessore regionale all’Ambiente Elio de Anna - alla Lucchini sono stati dati però venti giorni di tempo - ha rivelato - per fornire spiegazioni accettabili in merito ai cosiddetti sbuffi che continuano a verificarsi dalla Ferriera».
Fuori un grande striscione ”Vergognatevi”, il cartello ”Ogni mattina ti svegli con la diossina”, bandiere viola, elmetti e vessilli con la foto di Grillo, trombe e fischietti fastidiosi come ”vuvuzelas”. Dentro l’ingegner Pierpaolo Gubertini del servizio tutela da inquinamento della Regione, l’ingegner Caputi per il Comune, il dirigente Cella della Provincia, i funzionari dell’Arpa e dell’Ass. «Ma davanti a tutti Francesco Semino, responsabile relazione pubbliche della Lucchini con i dirigenti della Ferriera, quasi fossero i padroni di casa», ha accusato Maurizio Fogar del Circolo Miani che al megafono per oltre un’ora ha arringato i manifestanti.
«Siamo rimasti dentro la stanza solo nella fase in cui ci sono state chieste notizie sull’ottemperamento alle prescrizioni dell’autorizzazione in corso che in effetti scade nel 2013 - ha replicato Semino - Questa riapertura dell’Aia rappresenta un fatto anomalo, unico in Italia sul quale avremmo molto da dire. Nella discussione però non facciamo pesare il nostro ricorso al Tar che considertamo un aspetto diverso della questione». «Il fatto nuovo è proprio questo - ha ribadito ancora De Anna - che mentre gli uffici regionali erano propensi ad attendere la sentenza, io ho voluto rompere gli indugi e riaprire la procedura di autorizzazione perché c’erano tutte le condizioni per poterlo fare».
«In questa prima seduta - riferisce l’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia, in base al resconto fattogli dai tecnici - all’Arpa è stata chiesta una relazione complessiva sulla qualità dell’aria e all’Azienda sanitaria un’analisi tipologica del rischio». Secondo voci non confermate, l’Azienda sanitaria territoriale si sarebbe espressa in modo fortemente critico, mentre i dati forniti dall’Arpa avrebbero messo in luce una media complessiva degli sforamenti che non va oltre i limiti di legge. E lo stesso De Anna ieri ha sostenuto che gli ultimi dati, forniti dall’Arpa all’incirca un mese fa, sembrano migliorativi rispetto ai periodi precedenti.
«La politica entrerà in scena al momento opportuno - rileva l’assessore regionale - questo di revisione non può essere un procedimento fulmineo, porterà via quattro o cinque incontri». E anche se ancora ieri Semino ha ribadito che per Servola la data di dismissione rimane fissata al 2015, in fondo a questa serie di sedute della Conferenza dei servizi c’è un bivio: o verranno emanamate nuove prescrizioni, presumibilmente più stringenti, connesse a una proroga dell’Aia e lo stabilimento potrà continuare a funzionare, oppure l’Aia verrà ritirata. «In quest’ultimo caso - chiude De Anna - non ci saranno scappatoie e sebbene non spetti alla Regione emanare l’atto formale di obbligo di chiusura, la Ferriera sarà costretta a chiudere in breve tempo».
SILVIO MARANZANA
 

 

Fiume, rivolta contro la nuova cokeria - RESIDENTI E ECOLOGISTI TEMONO CHE LA STRUTTURA DIVENTI UN MEGACENTRO INDUSTRIALE
 

Via libera della Commissione ambiente all’impianto dell’Ina vicino alla raffineria di Urinj
FIUME Passo avanti verso la realizzazione di una cokeria da far sorgere nella raffineria dell’Ina a Urinj, situata in riva al mare e ad un paio di chilometri a est di Fiume. La commissione incaricata di valutare l’impatto ambientale del paventato stabilimento coking ha dato luce verde all’impianto, con sei voti a favore e quattro contrari. L’appoggio permette così alla società petrolifera croato–ungherese di avviare il procedimento per la richiesta delle licenze di costruzione ed edile. I responsabili del ministero dell’Ambiente e dell’Edilizia non hanno saputo fornire indicazioni precise sui tempi di rilascio dei permessi, aggiungendo che ciò dipenderà dalla raccolta della vasta documentazione necessaria, mentre i termini di apprestamento della nuova struttura saranno definiti dalle disponibilità finanziarie dell’investitore e cioè dall’Ina. Contro il progetto coking (trasformerà il pesante coke di petrolio in prodotti preziosi come gasolio da autotrazione, gas di petrolio liquefatto e benzina) si sono schierati quattro membri della commissione, tutti residenti nella Regione quarnerino – montana. Sono Zeljko Linsak, dell’Istituto conteale alla Salute pubblica, Koraljka Vahtar Jurkovic, assessore regionale all’Edilizia, Milan Ticak, assessore comunale di Kostrena all’Economia e Martin Pavletic, a nome della giunta comunale di Buccari. Lo stabilimento ha avuto il sì di quattro esponenti del ministero dell’Ambiente, del docente della facoltà zagabrese di Ingegneria chimica, Zvonimir Janovic e di Vesna Sipus, del Demanio idrico nazionale. Interessante rilevare come nella prima votazione, avvenuta un paio di settimane fa, Iris Haraminski Bilopavlovic, del dicastero dell’Ambiente, si fosse espressa contro l’impianto, per poi cambiare completamente opinione, dando una grossa mano ai promotori del contestato progetto. E’ cosa risaputa che gli abitanti di questa porzione di Quarnero (Buccari, Portoré, Kostrena, i quartieri orientali di Fiume) temono che possa ripetersi lo scenario legato alla defunta cokeria di Buccari, capace di provocare disastri ambientali dal 1976 al 1994, anno di chiusura di questo monumento alla stupidità e avidità umana. «Sappiamo che le condizioni di sicurezza sono assolutamente migliori rispetto a 30 o 35 anni fa – a parlare è il sindaco di Buccari, Tomislav Klaric – ma noi non vogliamo sentir parlare di struttura coking, né ora né in futuro. Faremo di tutto per impedire la costruzione nella baia di Buccari di uno scalo e di nastri di trasporto. Abbiamo in questo senso l’appoggio dei cittadini». Duro anche il sindaco della vicina Kostrena, Miroslav Uljan: «Nella nostra zona respiriamo aria classificata come terza categoria e cioè inquinata. Vogliamo che l’aria sia riportata nella prima categoria e soltanto dopo potremo eventualmente discutere di nuove produzioni».
Ricordiamo che il nuovo impianto coking fa parte del processo di ammodernamento della raffineria a Urinj, che prevede spese per un miliardo e mezzo di euro. A rendere particolarmente tesi gli abitanti a est del capoluogo quarnerino è che a Urinj entrerà probabilmente in funzione un impianto coking poco costoso e non adatto da un punto di vista dell’ecologia. Inoltre il rischio è che in riva al Quarnero arrivini ingenti quantitativi di coke provenienti dalle raffinerie dei Paesi vicini. E’ scontato che l’edificazione della struttura darà luogo a manifestazioni di protesta, come già annunciato dagli ambientalisti altoadriatici.
ANDREA MARSANICH
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2010

 

 

Castelli: «Tav, accordo pieno con gli sloveni» - IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE ALLA VIGILIA DELLA VISITA A DIVACCIA
 

«Rapporti ottimi da quando c’è il tracciato alto. Oggi verifica sul campo»
UDINE Il ritardo italiano sull’alta velocità? «Nulla di diverso dagli altri corridoi europei». Nel caso specifico del progetto prioritario 6, quello che da Lione punta al confine ucraino passando per Trieste, le lentezze «dipendono dalla vicenda della Tav sul Frejus». Il viceministro Roberto Castelli chiarisce in fretta le osservazioni della conferenza di Saragozza e, a poche ore dalla visita odierna sulla tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, garantisce che i rapporti con la Slovenia «sono ottimali».
Ottimali da quando, «coniglio dal cappello», Italia e Slovenia hanno trovato l’accordo sul tracciato «alto», «quello che - conferma il viceministro - evita il rischio di impantanarci in un Frejus-due». Una soluzione, prosegue, «che risolve i problemi precedenti, vero e proprio passaggio chiave per superare la precedente proposta, che ci aveva creato non pochi rallentamenti visto che non era condivisa dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione». Castelli precisa di essere oggi in visita «per verificare sul campo l’opportunità di questa scelta». E ancora: «Ci siamo messi d’accordo su quel tracciato ma voglio vedere in prima persona l’orografia del terreno per avere ulteriori certezze che tutto procederà nel senso di farci guadagnare tempo prezioso nella realizzazione dell’opera». A evitare, appunto, «un altro incredibile intoppo come quello del Frejus».
Quanto al memorandum di Saragozza, quello che nell’allegato riassume le lentezze italiane rispetto alle accelerazioni slovene, il viceministro non si preoccupa. Parla di lentezze «che valgono per tutti i corridoi europei». E sottolinea «la valenza del lavoro fatto sulla parte Est del tracciato». Ribadendo l'importanza della visita odierna «determinante per capire se, come credo, servirà a riguadagnare il tempo perso».
Castelli, accompagnato dall’assessore alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi, incontrerà a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l’ambasciatore d’Italia a Lubiana, Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del ministero, Domenico Crocco, i responsabili di RFI-Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini. «Una visita che giunge a pochi giorni dalla sottoscrizione a Saragozza di uno specifico memorandum d’intesa mentre - sottolinea Riccardi - gli esperti ministeriali e ferroviari di Italia e Slovenia sono al lavoro per presentare le nuove linee progettuali della Trieste-Divaccia». «Il ministero italiano delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa Regione - ricorda ancora Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l’esigenza di verificare un’ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta, nell’ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l’attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
 

 

Treni per l’Austria più vicini
 

TRIESTE Il servizio ferroviario sperimentale, rivolto ai passeggeri, tra Udine e Villaco si fa più vicino. il Comitato di pilotaggio, l’organismo previsto da Bruxelles a cui partecipano tutti partner progettuali), ha infatti approvato l’iniziativa Ue denominata ”Micotra-Miglioramento dei collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”. Lo conferma l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi ricordando che ”Micotra” prevede, «allo scopo di trasferire quote di mobilità dal mezzo privato a quello pubblico», lo studio per l’attivazione di un servizio ferroviario diurno tra il capoluogo friulano e la città carinziana. Ad oggi non ci sono treni diurni tra Udine e Klagefurt. Il costo complessivo del progetto è di 1,3 milioni di euro.
 

 

Emergenza-cinghiali, soldi finiti - Godina: «Troppe richieste di risarcimento, fondi insufficienti» - Nuove incursioni a Conconello
 

Fondi esauriti per l'emergenza cinghiali. La Provincia è impossibilitata a risarcire i danni causati all'agricoltura. «I soldi che la Provincia ha a disposizione sono solo 20.000 euro e sono già stati spesi tutti», dichiara Walter Godina , assessore provinciale con delega all'agricoltura, caccia e pesca.
Ma le incursioni dei cinghiali in zone abitate non sono più solamente episodi isolati, si stanno estendendo a macchia d'olio. L'ultimo avvistamento di un'intera famigliola, con cuccioli al seguito, è registrato a Conconello. Il titolare dell'Antica Trattoria Ferluga spiega:“ qui i cinghiali non danno fastidio, ogni tanto compaiono nel piazzale, ma sono molto tranquilli, il problema semmai è degli agricoltori che vedono le loro colture rovinate dalle incursioni di questi animali».
La Regione fino all'altro anno aveva la competenza per quanto riguarda l'abbattimento dei cinghiali. Ora questa competenza è stata delegata alla Provincia, ma i fondi a disposizione non sono aumentati.
L'assessore vorrebbe attuare non solo delle politiche di indennizzo ma anche di prevenzione : «Con un fondo più consistente potrei dare agli agricoltori del denaro per recintare i loro terreni, piazzare dei detrattori olfattivi lungo le strade e i boschi e collocare dei catarifrangenti speciali lungo le strade provinciali. Questi catarifrangenti , illuminati dai fari delle macchine, riflettono la luce non solamente lungo i bordi della strada, ma anche all'interno della boscaglia, in modo che i cinghiali si spaventino e non attraversino la strada».
In questo modo si potrebbero evitare incidenti pericolosi, non solo per gli automobilisti ma anche per i cinghiali.
L'abbattimento programmato per quest'anno è di 50 capi e viene autorizzato dall' Ispra , l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. L'intento , è bene sottolinearlo, è quello di contenere il numero dei cinghiali nelle aree urbane. Infatti questi animali si riproducono più volte all'anno e ogni cucciolata conta dai 3 agli 8 piccoli.
L'assessore sottolinea che l'abbattimento dei capi viene deciso solo nelle zone in cui i cinghiali provocano danni agli agricoltori e ai residenti, fino a 150 metri di distanza dalle zone abitate, non nelle zone boschive che costituiscono l'habitat naturale di questi animali.
Le riserve di caccia invece sono zone di competenza dei cacciatori. L'assessore spera che il piano di abbattimento venga completato in modo che i cinghiali non sconfinino nelle zone abitate. Il nutrimento di questi animali è un altro tasto dolente. Molti abitanti dell'altopiano carsico danno da mangiare a questi animali selvatici, attirandoli quindi verso i centri abitati.
Purtroppo questo gesto di compassione nei confronti dei simpatici mammiferi si può trasformare in un pericolo : «Il cibo umano non è adatto ai cinghiali e può provocare loro delle malattie trasmissibili non solamente agli altri compagni della stessa specie, ma estendersi anche ad altre specie selvatiche, provocando una potenziale pandemia», sottolinea l'assessore.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei capi abbattuti la legge regionale prevede che le carcasse vengano smaltite in macelli siti nelle province di abbattimento, e non nelle stesse giornate in cui viene macellata la carne di allevamento.
Claudia Poropat
 

 

 

 

ECOSPORTELLO NEWS - LUNEDI', 14 giugno 2010

 

 

Bell'idea: una guida sulla certificazione energetica degli edifici

 

Il Consiglio Nazionale del Notariato e alcune associazioni dei consumatori hanno presentato la sesta “Guida per il Cittadino” che presenta le nuove norme sugli edifici, sotto il profilo della sicurezza e del risparmio energetico. Il documento - varato con la collaborazione di Adiconsum, Adoc, Altroconsumo, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori - spiega all'acquirente come riconoscere la qualità di un immobile da acquistare e la spesa da sostenere per la sua gestione.
La guida prosegue la consolidata collaborazione tra il Consiglio Nazionale del Notariato e le associazioni dei consumatori che ha portato alla stesura di diverse pubblicazioni ispirate a una comunicazione trasparente ed efficace per la tutela del cittadino. “Acquisto Certificato. Agibilità, sicurezza ed efficienza energetica degli immobili”, spiega come l'acquisto di edifici certificati sotto il profilo igienico-sanitario, della sicurezza e del risparmio energetico, sia sempre più importante dal punto di vista economico e ambientale. La certificazione, infatti, consente di conoscere in anticipo la qualità di un immobile da acquistare e la spesa che si dovrà sostenere per la sua gestione. Per questo, già alla stipula del preliminare, un aspetto che merita attenzione e che viene spesso ignorato è quello relativo alla documentazione rilasciata dal venditore: dovrà indicare alcuni dati specifici sull'agibilità, la sicurezza degli impianti e la certificazione energetica, al fine di una più completa valutazione dell'immobile e, quindi, di un'adeguata tutela per l'acquirente. Per capire quanto sia importante la certificazione degli edifici, basta pensare che per un appartamento di 120 mq la differenza tra la classe energetica G (bassa qualità) e B (buona qualità) può comportare una differenza nella spesa per il riscaldamento di quasi duemila euro l'anno.
La Guida fornisce alcune spiegazione su come sia possibile usufruire degli incentivi 2010 previsti per l'acquisto di abitazioni ad alta efficienza energetica, il cui decreto legge istitutivo (n. 40/2010) prevede un fondo di 60 milioni di euro.
E’ possibile scaricare gratuitamente la guida “Acquisto Certificato” dal sito del Consiglio Nazionale del Notariato (www.notariato.it) e dai siti delle associazioni che hanno aderito all'iniziativa.
 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2010

 

 

Capodistria-Divaccia, la Slovenia sta correndo - CORRIDOIO 5: DOMANI IL VICEMINISTRO CASTELLI NEL FVG
 

In autunno i lavori del raddoppio ferroviario. Sarà operativo nel 2017. In ritardo il troncone Venezia-Trieste
TRIESTE Il viceministro Roberto Castelli arriva domani in missione sulla tratta ferroviaria transfrontaliera Trieste-Divaccia, quella su cui, la scorsa settimana alla conferenza di Saragozza, Italia e Slovenia hanno stretto un "patto a due" per garantirne il decollo, con tanto di impegno per un organo esecutivo comune da attivare entro il prossimo ottobre.
Ma, in attesa di sviluppi concreti, il memorandum d'intesa siglato dai ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria, con la benedizione di Laurens Jan Brinkhorst coordinatore europeo del progetto prioritario 6, e del vicepresidente della commissione Sim Kallas, contiene anche un inequivocabile riassunto: mentre la sezione Venezia-Trieste "is lagging significantly behind" (è in forte ritardo), la Slovenia corre, eccome corre.
Debora Serracchiani, membro della commissione Trasporti dell'Europarlamento, rincara la dose: «La Slovenia corre a prescindere dall'Italia». E conferma che il memorandum, nella pagina in cui fa il punto della situazione sull'avanzamento dei progetti, "certifica i ritardi del nostro Paese".
Il testo denuncia in particolare il ritardo della Venezia-Trieste, a fronte di tutta una serie di operazioni slovene. La costruzione della nuova linea ferroviaria Divaccia-Capodistria, si legge, inizierà entro novembre 2010 e si concluderà nel 2017. Per questo scopo, il Parlamento sloveno ha adottato lo scorso aprile una legge che sblocca le operazioni di finanziamento. I lavori, si spiega ancora nel memorandum di Saragozza, sono già iniziati con la realizzazione di un nuovo sistema di segnalazione e il riammodernamento della stazione merci di Capodistra (probabile conclusione nel 2011). E ancora si stanno progettando le sezioni tra Divaccia e Lubiana e da Lubiana al nodo ferroviario di Zidani Most.
La Serracchiani punta in particolare il dito sul solito problema Veneto, il vero e proprio "buco" italiano del Corridoio 5, riconfermato in ogni caso nella città spagnola tra le priorità europee. Quindi, da finanziare.
«Il ministro Altero Matteoli - afferma l'europarlamentare del Pd - ha certamente fugato i dubbi che i precedenti incontri bilaterali con il viceministro Castelli avevano aperto ma, siglando il memorandum e quel punto della situazione, ha certificato che l'Italia sta segnando il passo. In particolare in Veneto dove, in assenza di un progetto, si è bloccata ogni decisione essendo sempre vive le tentazioni di un percorso lungo la costa. Una scelta che determinerebbe conseguenze non irrilevanti pure in Friuli- Venezia Giulia, posto che la nostra Regione si era accordata sul tracciato adiacente al percorso autostradale».
Questioni che ritorneranno sul tappeto domani in occasione della visita di Castelli. Il viceministro e l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi incontreranno a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l'ambasciatore d'Italia a Lubiana Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del ministero Domenico Crocco, i responsabili di Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini.
«Il ministero delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa Regione - ricorda Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l'esigenza di verificare un'ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta, nell'ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l'attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».

MARCO BALLICO

 

 

Rigassificatore, il governo di Lubiana ha deciso: «Ricorreremo alla Corte di giustizia dell’Ue»
 

SCARSI GLI SPIRAGLI DIPLOMATICI. NUOVI PROBLEMI SUL GASDOTTO
TRIESTE Per il ministro dell’Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo il discorso sul rigassificatore di Zaule è chiuso, come ha avuto modo di ribadirlo di recente proprio a Trieste nell’incontro con il suo omologo sloveno. Ma per Lubiana no. Il governo sloveno ribadisce la sua contrarietà al progetto del terminal di Zaule, ma prima di denunciare l’Italia alla Corte di giustizia europea vuole studiare la vicenda ancora un po’. «Quando presenteremo la denuncia - afferma il primo ministro Borut Pahor - vogliamo essere sicuri di farcela. Non vogliamo rischiare di perdere la causa». C’è ancora qualche piccolo spiraglio per risolvere la questione per vie diplomatiche, ha aggiunto il primo ministro, che comunque ha ammesso di considerare minime le possibilità di riuscita.
Nessuna buona nuova neppure dall’incontro a livello tecnico svoltosi proprio a Trieste pochi giorni dopo la visita della Prestigiacomo. Il vicedirettore della commissione per l’ambiente slovena, Peter Gaspersic ha spiegato che la riunione è stata dedicata soprattutto allo scambio di informazioni tecniche e nel corso della quale la Slovenia ha fatto valere le proprie ritrosie su notevoli punti dei progetti in corso di elaborazione. «Per la Slovenia - sostiene Gaspersic - il progetto per il termiale di Zaule non è assolutamente completato». «Abbiamo preteso - prosegue Gaspersic - di voler prendere in considerazione complessivamente tutti e tre i progetti in ballo, quello del rigassificatore di Zaule, quello del rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste e il metanodotto che collegherà Zaule alle foci dell’Isonzo».
E proprio su queto punto è emersa una nuova volontà slovena. Lubiana chiede infatti che, per evitare l’impatto ambientale sulle acque del golfo, lo stesso metanodotto venga effettuato via terra partendo come base dal tracciato dell’oleodotto che già collega Trieste a Ingolstadt in Germania. «Dalla parte italiana - precisa il tecnico sloveno - abbiamo ricevuto solo alcune deboli argomentazioni contrarie».
Insomma l’affare invece di andare verso una soluzione - forse anche perché, a pensare male si fa peccato ma il 99% delle volte ci si azzecca, Lubiana non ha digerito il no della Regione Friuli Venezia Giulia al nuovo piano regolatore del Porto di Capodistria - sembra vieppiù ingarbugliarsi con la Slovenia, che tra l’altro, per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule, inizia ora a protestare anche per il fatto che non esiste alcun piano contro i grandi rischi che interesserebbero senza ombra di dubbio anche la popolazione slovena lungo il confine.
Sirio Corezzi, che guidava la delegazione italiana, al termine dei lavori si è limitato a ripetere le parole del ministro Stefania Prestigiacomo e cioè che lo studio di impatto ambientale riguardante il rigassificatore di Zaule è oramai un iter concluso, per quanto riguarda il gasdotto sottomarino e il terminale in mezzo al golfo di Trieste sono stati scambiati solo alcuni punti di vista tecnici come ha del resto chiesto la stessa Commissione europea nell’ultima riunione del gennaio scorso a Bruxelles. Se tutto ciò non bastasse, ora ci mette la pezza anche l’opposizione al Parlamento sloveno che giudica l’atteggiamento del governo di Lubiana troppo debole su questo argomento e chiede una riunione dedicata esclusivamente al tema rigassificatori. Insomma la Corte di giustizia sembra essere ogni giorno più vicina.
MAURO MANZIN
 

 

Ferriera, parte l’iter di revisione dell’Aia - DOMANI IN REGIONE - In via Giulia manifestazione del Circolo Miani sotto la sede dell’assessorato all’Ambiente
 

Parte l’iter di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) della Ferriera di Servola. Per domani infatti è stata convocata la conferenza dei servizi nella sede dell’assessorato regionale all’Ambiente di via Giulia 75/1. Vi parteciperanno i rappresentanti di Regione, Comune e Provincia chiamati, di fatto, a ridiscutere l’Aia rilasciata dall’amministrazione regionale alla proprietà della Ferriera. L’appuntamento, già anticipato nei giorni scorsi dall’assessore regionale Vladimir Kosic, viene ricordato in una nota dal Circolo Miani, che indice una nuova iniziativa. In concomitanza con i lavori negli uffici della Regione, infatti, Circolo Miani, Servola respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di Quartiere si sono dati appuntamento domani stesso, a partire dalle 9, nello slargo all’ingresso del centro commerciale Il Giulia. Un invito rivolto anche alla cittadinanza a cui hanno aderito il gruppo Beppe Grillo Trieste e la lista civica ”Trieste 5 stelle”.
«Sarà l’occasione per vedere in faccia chi decide della vita e della salute dei cittadini e dei lavoratori. Ma, soprattutto, loro potranno vedere noi», dice Paolo Menis del gruppo Beppe Grillo. Eloquente lo slogan dei volantini ”Guardiamoli in faccia” che vuole «significare dieci anni di promesse non mantenute - si legge una nota di Maurizio Fogar del Circolo Miani - da Tondo, Dipiazza, Bassa Poropat e da una classe politica che nel fallimento sull’emergenza Ferriera-Sertubi ha sacrificato gli interessi di tutta la nostra comunità agli affari di pochi».
Accanto alla denuncia dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico, il Circolo Miani contesta il fatto che proprio la presenza della Ferriera rappresenti «una pesante ipoteca non solo sulla salute dei triestini, ma al contempo blocca ogni possibilità concreta di sviluppo del Porto».
 

 

Eurobike, ultima tappa con pedalata per tutti - Domenica 20 giugno i ciclisti triestini si uniranno alla pattuglia del tour senza frontiere
 

Ritorna a Trieste un grande appuntamento per i cicloturisti: la pedalata non competitiva Eurobike, aperta a tutti previa iscrizione, che si terrà domenica 20 giugno in abbinamento alla tappa triestina che concluderà l’Eurobike Tour 2010, iniziativa ideata dall’associazione Eureka e co-organizzata con il Comitato Trieste in Palio.
Nella tappa triestina, organizzata in collaborazione con l’Associazione Ulisse-Fiab Cicloturisti e Ciclisti Urbani di Trieste, la numerosa pattuglia giuliana si unirà al gruppo di partecipanti alla manifestazione a tappe “senza frontiere” che in tre giorni vedrà i cicloturisti toccare tre nazioni (Italia, Slovenia e Austria) tra pedalate su strade pulite e deliziose degustazioni enogastronomiche e gode del sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e alla quale è ancora possibile iscriversi. Sono infatti ancora disponibili gli ultimi posti.
La partenza della pedalata di domenica è fissata per le 10.30 dalla stazione di Aurisina che si potrà raggiungere anche in treno grazie a uno speciale convoglio che partirà dalla stazione centrale di Trieste (con ritrovo fissato alle ore 9.15) per giungere a destinazione alle 10.11. Si consiglia di prenotare per tempo in quanto i posti in treno sono limitati. È qui che si congiungeranno il gruppo dell’Eurobike Tour proveniente da Cormons e quello dei cicloturisti triestini per compiere assieme gli ultimi 45 km. fino a Trieste. Da Aurisina si percorrerà la dorsale carsica verso Padriciano. Una prima tappa con ristoro attenderà i ciclisti a Prosecco. A Padriciano si consumerà il pranzo, dopodiché i più fortunati saranno premiati grazie all’estrazione della lotteria. Nel primo pomeriggio la carovana muoverà verso Draga Sant’Elia. Dopo una bicchierata, i partecipanti al Tour residenti fuori provincia riprenderanno la strada di casa scendendo per la storica pista ciclabile che da Erpelle conduce fino a Trieste.
I partecipanti alla pedalata triestina riceveranno un kit-ricordo comprendente: bandana, gadget, un biglietto della lotteria, bibite energetiche e generi di ristoro. Le iscrizioni potranno essere effettuate tutti i giorni dalle 18 alle 20 nella sede dell’associazione Eureka in via Torrebianca, 43 (primo piano), il giovedì dalle 19 alle 20.30 presso la sede dell’Associazione Ulisse-Fiab di via del Sale, 4/B e sul posto un’ora prima della partenza. Il costo per la partecipazione è fissato in 10 euro, comprendenti il prezzo del biglietto treno+bici.
«Questa pedalata cicloturistica - ha detto alla presentazione il presidente dell'associazione Eureka Marco Torcello - rinnova una tradizione di successo con una giornata dedicata al cicloturismo sul Carso di Trieste aperta a tutti e che si abbina all’Eurobike Tour, manifestazione a tappe che già in questa prima edizione abbraccia ben tre nazioni, ripromettendosi di allargarsi anche ad altre come la Croazia nelle prossime. L’intenzione è renderla un appuntamento fisso transfrontaliero dell’estate».
«Eurobike Tour - ha aggiunto Torcello - sarà la prima manifestazione ad attraversare le nuovissima pista ciclabile Alpe Adria e introduce la formula treno-bici-pullmann che prevede che non ci si porti dietro nulla: si lascia la macchina alla partenza e si sale in sella. È l’organizzazione - che assicura un servizio di assistenza lungo tutto il percorso - a far trovare le valigie ad attendere i partecipanti in camera a ogni singola tappa».
L’Eurobike Tour dal 18 al 20 giugno toccherà Tarvisio e Kranjska Gora, Villacco, il Collio, l’ambiente carsico e infine Trieste.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO PROVINCIA
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2010

 

 

Edilizia sociale ad Aquilinia, ok al protocollo - Interesse della Regione per il progetto. Fra qualche mese l’acquisto dell’area di 75mila metri quadri
 

MUGGIA IL DOCUMENTO MESSO A PUNTO IN UNA RIUNIONE FRA COMUNE, TESECO E ACLI NAZIONALI
Terza tappa del lungo cammino che porterà alla riqualificazione urbanistica di Monte San Giovanni, la collina nel comprensorio ex Aquila destinata all'edilizia residenziale a progettazione partecipata, il cosiddetto ”social housing” proposto dalle Acli.
Dopo l'incontro divulgativo servito all'illustrazione del progetto e dopo il sopralluogo effettuato nelle scorse settimane all’area su cui sorgeranno le case, l’altra mattina in municipio il sindaco Nerio Nesladek, il direttore dell’area Nordest di Teseco (proprietaria del sito) Stefano Vendrame, e il presidente nazionale delle Acli Andrea Oliviero, hanno concordato i contenuti del protocollo, che sarà firmato nella settimana entrante, necessario a definire le rispettive competenze e regolare tempi e modi dell’intervento.
Nei prossimi mesi, poi, verrà definito un ulteriore tassello: la vendita dell’area individuata, destinata ad accogliere tra l’altro 200 appartamenti, da Teseco al Comune. Si tratta di 75mila metri quadri, sul già citato monte San Giovanni, dove fino al 2000 sorgevano quindici serbatoi per idrocarburi poi smantellati dalla stessa Teseco.
Al progetto si sta interessando intanto anche la Regione. Nei prossimi giorni il protocollo verrà presentato all’assessore ai Lavori pubblici, De Anna. Un incontro utile per capire le intenzioni della Regione, che, si vocifera, potrebbe anche entrare fra gli attori del progetto.
Tornando al protocollo, con esso Comune di Muggia e Teseco mettono nero su bianco la volontà di sviluppare la progettazione di una variante urbanistica che permetta appunto la realizzazione di abitazioni per fasce sociali deboli, abitazioni che saranno assegnate in base a un’apposita convenzione con l’amministrazione che fisserà agevolazioni per l’aquisto o la locazione.
Il protocollo indicherà anche una sorta di tracciato operativo per i soggetti coinvolti alla realizzazione del progetto, il primo di questo genere nella nostra regione.
«Per noi si tratta di una scommessa molto importante – ha spiegato il presidente Oliviero – perché ci consente di coinvolgere direttamente le persone nella progettazione della loro casa. A differenza della tradizionale edilizia popolare, che in passato ha creato solo ghetti e degrado, il nostro obiettivo è di coniugare l'aspetto della qualità residenziale al recupero del territorio, avviando un inedito rapporto tra famiglie, imprese e istituzioni».
Sui risvolti sociali dell'intero progetto non ha comunque dubbi il sindaco, Nerio Nesladek: «L'eticità dell'intervento, che annulla qualsiasi ipotesi speculativa è evidente – commenta il primo cittadino – ma per Muggia in particolare esso assume connotazioni ancora più forti se si considera che quella zona sarebbe stata destinata alla cementificazione totale».
GIOVANNI LONGHI
 

 

SEGNALAZIONI - «Treni, Trieste tagliata fuori dall’unità d’Italia» - COLLEGAMENTI DIFFICILI
 

Il fatto che «l’orario estivo in vigore dal 13 giugno non riserva le temute sorprese» (essendo una «fotocopia» di quello precedente, Il Piccolo, 7 giugno 2010, pag. 7) non toglie che i collegamenti con la capitale restino gravemente penalizzanti per Trieste.
Non c’è alcun treno diretto e il tempo di percorrenza «normale» (5 ore e 30 minuti circa) è sistematicamente allungato da 1 ora di «coincidenza» (!) per il cambio a Mestre.
Trieste è una stazione di testa importante: perché non mettere almeno un treno diretto e non far partire gli altri treni in modo da non farci fare la figura dell’oca, che arrivata a Mestre resta «ferma per un giro»?
La (voluta) «complicata accessibilità» di Trieste, porta d’ingresso d’interesse europeo, che ambisce ad essere «città dei congressi» (Il Piccolo, 8 giugno 2010, pag. 1), suscita amare riflessioni sul particolare significato triestino delle imminenti celebrazioni per l’Unità d’Italia. Ma anche sul silenzio di cittadini e istituzioni che nulla o poco possono dire sui servizi pubblici privatizzati (nel caso in questione la Regione ha ottenuto risultati solo per Udine). Riflessioni che lasciano poco spazio all’ottimismo sulla volontà e la capacità di Trieste di far valere le sue particolarissime ragioni nel frastagliato e competitivo quadro di un prossimo federalismo.
Marco Guadagni - guadagni.marco@libero.it
 

 

SEGNALAZIONI - FERRIERA - Dignità del respiro
 

Presa da giovanili entusiasmi e da illusioni sul «fare» delle istituzioni cittadine speravo... Ora, in età più matura, e dunque in grado di capire i vari giochi di potere, denuncio una mia realtà: appartamento al pianoterra con giardino curato e male a seconda dell’aria e dei vari miasmi di natura diversa con conseguente fuga in casa, lacrimazione agli occhi e compressione toracica. Primavera, estate, canto uccellini, suono campane, sensazioni acustiche che in questo rione si sentono ancora, diventano pura utopia se sei chiuso tra quattro mura. Il nero luccicante che si deposita sui davanzali e volendo, anche nei miei polmoni, è un dato di fatto. I forti botti, gli scoppi sull’altoforno in pressione, mi provocano spavento e una conseguente forte tachicardia. Oramai la mia salute è minata, il mio appartamento economicamente dequalificato, le mie speranze nulle. Solo un consiglio a chi si accinge a comprar casa in rione: puro e sano masochismo.
Per chi non lo avesse capito, ho parlato di Ferriera e di Servola. La freddezza e la sinteticità dello scritto sono solo apparenti, in realtà questo è il pianto, lo sdegno, lo strazio, la delusione di un’anima, la mia, che si ritrova calpestata nel suo più profondo diritto: la dignità del respiro.
Luciana Turco

 

 

 

 

IL TUONO - SABATO, 12 giugno 2010

 

 

Corruzioni politiche e rigassificatori

Per imporli si innescano perfino ricatti incrociati fra Trieste e Capodistria che rischiano di bloccarci sviluppo del porto, ferrovie e retroterra.

Rigassificatore a Trieste - Chiesto ampliamento del mandato del gruppo di lavoro della Provincia.

WWF, Legambiente, Greenaction International e No Smog chiedono un'audizione sull'argomento.

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2010

 

 

Sito inquinato, a rischio la spiaggia di Fido Lido - Il presidente di ”Crescere insieme” si autodenuncia dopo aver movimentato il terreno
 

Nella primavera scorsa l’Arpa aveva chiesto spiegazioni al Comune sugli interventi effettuati nell’area data in concessione
MUGGIA Il terreno della spiaggia per cani ”Fido Lido”, inaugurata qualche mese fa nei pressi del Rio Ospo, va analizzato per vedere se contiene sostanze inquinanti, ed eventualmente pericolose, per le persone e gli animali che la frequentano. L’area attrezzata, data in concessione dal Comune di Muggia all’associazione ”Crescere insieme”, rientra infatti nel Sito inquinato di interesse nazionale, nel quale qualsiasi intervento è possibile solo dopo l’analisi (e l’eventuale bonifica) dei terreni.
A far scattare la necessità della cosiddetta caratterizzazione (prelievi di campioni del terreno e successivi esami) è stato l’intervento che il presidente dell’associazione, Carlalberto Dovigo, ha effettuato una decina di giorni fa sul fronte mare dell’area.
«Per consentire ai cani l’accesso al mare in sicurezza – spiega il presidente – abbiamo dovuto spostare diversi massi posti lungo la battigia. Abbiamo affittato una macchina per la movimentazione, e in un giorno di lavoro abbiamo creato una serie di piccole baie, alternate appunto dai massi. Quando avevamo finito – prosegue – un consigliere comunale è venuto a dirmi che quel lavoro non si poteva fare per il fatto che l’area fa parte del Sito inquinato. Ho inviato quindi un’autodenuncia dei lavori ai vari enti».
La ”comunicazione di potenziale contaminazione” prevista dalla legge è stata spedita il 3 giugno scorso al Comune di Muggia, alla Provincia, all’Arpa, alla Regione e al prefetto. «La presente notifica – si legge nel documento – è effettuata sulla base di un potenziale inquinamento derivante da una lieve movimentazione di terreno superficiale effettuata nel sito in oggetto, limitatamente a un’area di circa 500 metri quadri. Secondo quanto previsto dalla normativa, sarà nostra cura effettuare tutti gli adempimenti secondo le scadenze prestabilite».
«A spese dell’associazione – assicura Dovigo – verrà commissionata un’analisi del terreno movimentato, per rassicurare tutti gli interessati e i fruitori del sito».
A parte il lato economico (i carotaggi e le analisi hanno costi abbastanza elevati), i tempi per arrivare alla soluzione non saranno brevi. Una società specializzata dovrà prima predisporre un piano di caratterizzazione, soggetto all’approvazione degli enti e del ministero dell’Ambiente, e solo dopo il via libera potrà iniziare i carotaggi. Una volta effettuate le analisi dei campioni, queste dovranno poi essere validate dall’Arpa. E solo alla fine di questi passaggi si saprà se la spiaggia è inquinata o meno. Se lo fosse, poi, andrà bonificata.
L’area ”Fido Lido” nel frattempo continua ad essere utilizzata, come precisa il sindaco Neskladek: «I tecnici comunali non mi hanno prospettato l’eventualità di una chiusura». Lo stesso primo cittadino spiega poi la procedura che l’associazione ”Crescere insieme” deve seguire: «Devono fare a loro spese le caratterizzazioni, per vedere se l’area in cui sono intervenuti è inquinata. I risultati delle analisi andranno poi inviati all’Arpa, al Comune e alla Provincia. In base a quei risultati – aggiunge – si deciderà cosa fare».
Qualche dubbio sulla possibilità di destinare a usi pubblici l’area su cui è stato realizzato ”Fido Lido” era peraltro emerso già la scorsa primavera. A chiedere delucidazioni al Comune di Muggia sull’intervento previsto era stata l’Arpa, che alla fine di marzo aveva domandato informazioni sulle procedure adottate.
Non soddisfatta della risposta, a fine aprile la stessa Arpa aveva scritto nuovamente al Comune (e per conoscenza al ministero dell’Ambiente, agli enti locali e all’associazione ”Crescere insieme”) richiedendo dettagli sugli interventi per la sistemazione dell’area (gestione del materiale superficiale, del materiale inerte usato per il livellamento, modalità per la rivelazione di inquinanti e/o rilascio di polveri). Con la stessa lettera, poi, l’Arpa aveva invitato l’Azienda sanitaria ”a valutare, alla luce di quanto segnalato dal Comune di Muggia, se possa sussistere un concreto e immediato rischio sanitario per i fruitori dell’area”.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Acquario, il rebus degli esami - Il sindaco Nesladek: aspetto ancora la conferenza dei servizi
 

UFFICIALIZZATI I RISULTATI DELLE NUOVE ANALISI DEL CIGRA
MUGGIA Non c'è pace per il terrapieno Acquario: quando sembra che manchi poco all'avvio della fase realizzativa, dopo anni di sequestri, blocchi, analisi e controlli, ecco che nuovamente un ostacolo imprevisto frena gli entusiasmi.
Questa volta a gelare tutti ha provveduto un "addendum" di indagini che Cigra, il Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale dell'università di Trieste autore nel 2009 delle caratterizzazioni del sito inquinato per conto del Comune di Muggia, ha fatto pervenire all'Arpa a completamento delle analisi precedentemente eseguite.
L'"addendum" è un supplemento di esami eseguito sui medesimi campioni prelevati durante la prima caratterizzazione, ma con metodologie diverse. Ebbene, questo ulteriore approfondimento avrebbe rilevato risultati leggermente peggiori, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici aromatici.
La novità è stata trasmessa all'Arpa, che a sua volta la allegherà al voluminoso malloppo della documentazione tecnica del sito e la presenterà alla prossima conferenza dei servizi. «L''addendum' del Cigra non sposta di una virgola la tempistica già impostata, né i nostri progetti - taglia corto il sindaco, Nerio Nesladek - e anzi stiamo aspettando a giorni la convocazione della conferenza dei servizi che ci darà le indicazioni necessarie per procedere, se, quando e in che misura potremo recuperare il sito: solo dopo questo passaggio sapremo se i progetti di sviluppo maturati in questi anni potranno partire».
Uno di questi, confermato anche ieri dal sindaco, è la creazione di un percorso ciclopedonale lungo strada di Lazzaretto e la contestuale istituzione del senso unico in direzione Slovenia: «Tutto dipende dall'esito della conferenza dei servizi che la Regione dovrebbe convocare a breve», ha concluso Nesladek.
Convinti che il recupero del terrapieno sia ormai imminente sono alcune decine di residenti delle case che sorgono di fronte al sito, che nei prossimi giorni chiederanno al sindaco di ripristinare i vecchi pontili con i rispettivi approdi in funzione prima del lungo sequestro, e soprattutto di evitare che ipotetici stabilimenti o piazzole riservati alla balneazione possano recare disturbo agli abitanti. «Ascolterò tutti - assicura il sindaco - ma francamente queste mi sembrano questioni ancora premature».
Da registrare infine una nota del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon, che proprio sul previsto senso unico voluto da Nesladek, conferma che nessuna domanda in tal senso è mai stata avanzata alla Provincia: «A una mia precisa interrogazione rivolta all'assessore provinciale alla Viabilità, Mauro Tommasini, mi è stato risposto che tale richiesta non esiste. Tranquillizzo pertanto i cittadini, dei quali nelle scorse settimane avevo raccolto le preoccupazioni - conclude Grizon - che si è trattato della solita ”boutade”del sindaco. Nessun senso unico verrà istituito lungo strada per Lazzaretto».
GIOVANNI LONGHI
 

 

Detriti fuori dalla discarica: bloccati in due - TELECAMERE IN AZIONE A VIGNANO
 

MUGGIA È un muggesano l'uomo che alcune sere fa, trovando chiuso il cancello della discarica autorizzata di Vignano, ha pensato di procedere ugualmente allo scarico del furgone abbandonando un vecchio divano sul marciapiedi. Poi ha richiuso il portellone, è salito a bordo, ha messo in moto ed è ripartito come niente fosse. Peccato che il mattino dopo, gli addetti della discarica comunale, trovandosi davanti al divano abbandonato, siano immediatamente corsi a visionare il contenuto della videocamera di sorveglianza. Le immagini hanno riprodotto fedelmente l'arrivo del mezzo, lo scaricamento del divano, e la partenza, non le targhe. Poco male, perché sulle fiancate del mezzo spiccava nettamente la scritta "Italnolo". Un paio di telefonate per incrociare orario delle immagini e nominativo di chi in quelle stesse ore avesse un mezzo in noleggio e Italspurghi, che gestisce la discarica, è risalita all'autore del deposito abusivo che dopo essere stato convocato, ha provveduto, non solo a scusarsi, ma anche a "completare" l'opera portando il divano dove doveva essere portato.
E' il primo caso di abbandono abusivo di rifiuti con identificazione dell'autore che si è verificato da quando, due settimane fa, sono in funzione le telecamere di sorveglianza previste dall'appalto per l'asporto e il trattamento dei rifiuti che Italspurghi si è aggiudicata nel Comune di Muggia. Da quando sono in funzione le telecamere puntate sull'intera area dell'ingresso alla piazzola, non ci sono più stati casi di abbandono di ondulati d'amianto che, sebbene la discarica di Vignano non fosse autorizzata a smaltire, comunque qualche sconsiderato, lasciava nelle sue vicinanze sperando, come in effetti accadeva, che qualcuno provvedesse.
Decisamente sfortunato oltre che dotato di scarsa sensibilità ambientale, infine, un signore di Padova che, sempre a Vignano, ma nell'isola ecologica poco distante dalla stessa discarica, stava infilando nei cassonetti adibiti alla raccolta dei rifiuti domestici, decine di sacchi neri con scarti di lavorazioni edilizie come se fosse la cosa più normale del mondo. E' stato sorpreso con le mani... nel cassonetto proprio dall'amministratore di Italspurghi, Gianfranco Cergol, che in quel momento stava passando di là e che dopo essersi qualificato, ha convinto il muratore veneto a riprendersi i suoi sacchi.

(g.l.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2010

 

 

«Ho spiegato al prefetto il no al rigassificatore» - SAN DORLIGO. IL SINDACO COMMENTA LA VISITA DI GIACCHETTI

 

SAN DORLIGO Rigassificatore, poligono di Opicina e Grande viabilità. Sono questi alcuni degli argomenti analizzati durante l’incontro tra il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e il prefetto Alessandro Giacchetti. Per la prima volta in visita al Comune, Giacchetti ha effettuato un giro completo del territorio di San Dorligo visitando la Val Rosandra e soffermandosi poi sulle aree produttive quali la zona industriale e la zona artigianale.
Il primo argomento trattato con il sindaco è stata la raccolta firme avviata, assieme al territorio di Muggia, contro il rigassificatore: «Ho espresso al prefetto i motivi per i quali gran parte della popolazione ha dato la propria adesione contro questo progetto, mettendo in risalto i motivi ambientali e quelli di sicurezza per la nostra cittadinanza», spiega la Premolin.
Atro tema scottante è stata l’analisi dei problemi dell’area attraversata dalla Grande viabilità: «La mancanza delle barriere antirumore e la carenza della segnaletica sono le lacune più evidenti – ha evidenziato la Premolin –. Lacune che da tempo abbiamo segnalato agli enti preposti, ma ancora senza risultati apprezzabili».
Il primo cittadino ha poi esposto la questione delle strade nella zona industriale e la loro mancata manutenzione, «un problema che si spera possa essere risolto a breve attraverso una conferenza dei servizi con tutti gli enti interessati». Ultima, ma non per importanza, la querelle sul Poligono di Opicina, da anni al centro di un contenzioso che ha coinvolto Comunella di Opicina, amministrazione separata dei Beni civici di Opicina, Comune di Trieste, Comunella di Sant’Antonio in Bosco e Comune di San Dorligo della Valle.
«Trovare una soluzione per rendere decoroso questo luogo della memoria credo sia un compito doveroso di tutti, e quindi confido che anche il prefetto possa contribuire alla riuscita di questo obbiettivo».
Al termine della visita il sindaco Premolin ha consegnato a Giacchetti, il quale ha dichiarato di mettersi a disposizione per i problemi elencati dal sindaco, l'ultima pubblicazione sulla Val Rosandra nonché alcuni prodotti enogastronomici tipici della zona.
Riccardo Tosques

 

 

«Nessun’altra antenna a Chiampore decisioni in accordo con i residenti» - INCONTRO FRA IL PRIMO CITTADINO E GLI ABITANTI
 

MUGGIA «Nessun progetto di nuove installazioni di antenne è ancora stato approvato, e qualsiasi decisione in merito sarà presa in accordo con i residenti». Non hanno lasciato dubbi le parole con cui il sindaco, Nerio Nesladek, è intervenuto mercoledì pomeriggio all’incontro convocato, a Chiampore, sull’inquinamento elettromagnetico legato alla presenza di numerosi ripetitori sulla collina.
Un banale equivoco sulla diramazione degli inviti da parte del Comune, che in un primo tempo sembravano riservati ai firmatari della petizione inviata nei mesi scorsi da alcuni abitanti, ha impedito che i presenti fossero più numerosi, ma il sindaco ha garantito che per prossimi appuntamenti l'inconveniente sarà eliminato.
Dal punto di vista tecnico Nesladek ha confermato che qualsiasi futura installazione che dovesse essere decisa, sarà comunque subordinata alla tutela assoluta della salute degli abitanti e del rispetto paesaggistico.
Solo dopo che questi due punti fondamentali saranno rispettati, si potranno prevedere altri siti in cui poter collocare nuove antenne.
Da parte dei residenti è stata poi avanzata l'ipotesi di distribuire le future installazioni anche in altri punti del territorio comunale, evitando una concentrazione in un unico punto, rischiosa per la salute e dannosa per il paesaggio,
L'ipotesi ha trovato l'appoggio da parte dello stesso sindaco, che ha garantito le opportune verifiche per poter eventualmente procedere «sempre e comunque – ha ribadito – in piena sintonia e condivisione con gli abitanti».
In tema di prevenzione e controllo lo stesso Nesladek ha poi auspicato che il ricorso all'apparecchiatura mobile, acquistata nei mesi scorsi dal Comune per la rilevazione del livello di inquinamento elettromagnetico, possa essere usata a rotazione neei terreni privati, per mantenere costante il monitoraggio delle emissioni in vari punti del territorio.
Proprio nello scorso aprile, con questa apparecchiatura, che non fornisce dati con valore scientifico ma di carattere indicativo, aveva rilevato alcuni sforamenti della soglia di attenzione fissata dalla legge.
Va tuttavia precisato che la normativa vigente nel nostro paese recepisce sì quella europea, abbassandone però di molto i limiti. Nel caso di Chiampore, quelle stesse rilevazioni eseguite pochi metri più in là, in territorio sloveno, sarebbero rientrate perfettamente nella norma.
(g.l.)

 

 

Test, pulito il mare di quasi tutte le spiagge istriane - ”BOCCIATI” SOLO TRE LIDI SU 202
 

POLA Per la stagione balneare 2010 le spiagge istriane garantiscono mare pulito e bagni tranquilli. L'ottimismo deriva dalla prima campionatura dell'anno delle 202 spiagge tra Salvore e Brestova, sulla costa orientale della penisola. Ebbene le analisi di laboratorio dicono che il 97% delle spiagge presenta un mare di ottima qualità, qualità sufficiente invece per sole due spiagge mentre i voti negativi sono andati a quelle di Bagnole, Centinera e Stupice vicino a Promontore. La temperatura è oscillata tra 16 e 20 gradi, valori alquanto bassi. Però va detto che l'analisi è stata fatta tra il 28 maggio e il 1.o giugno scorso, quando in generale la colonnina di mercurio era a livelli piuttosto bassi. Nel rispetto delle direttive dell'Ue che la Croazia già sta rispettando, i controlli vanno fatti almeno ogni quattro settimane durante l'alta stagione. Vengono definiti due parametri di analisi specifici, vale a dire la percentuale di enterocchi intestinali e escherischia coli che sono i due maggiori indicatori di contaminazione fecale del mare.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2010

 

 

Industriali, resta il no all’accordo sulle bonifiche - Pedicchio: da Roma nessuna significativa novità. Primo trimestre, negativi i dati di produzione
 

Produzione in calo, vendite sotto lo zero, esportazioni in netta frenata. Risultati a dir poco sconfortanti, maturati all’interno di un quadro dominato da ”incertezza e debolezza”. È la fotografia del comparto industriale triestino scattata ieri durante l’assemblea di Assindustria dal presidente Sergio Razeto. Un’istantanea impietosa che tuttavia, oltre a mettere in luce le criticità, ha delineato anche le strategie da perseguire per uscire dalle secche: dalla soluzione del problema bonifiche al rilancio del Porto; dalla riconversione della Ferriera alla valorizzazione della ricerca.
I DATI Che ci sia bisogno di imprimere un deciso cambio di rotta, lo si capisce dai dati dell’analisi congiunturale. «Alla fine del primo trimestre 2010 - ha spiegato Razeto - i valori dei principali indicatori del comparto industriale (che rappresenta quasi l’11% del Pil provinciale, contro una media regionale del 21.1%), evidenziavano una situazione di incertezza e debolezza. La produzione ha subito un significativo ridimensionamento, tornando ad essere negativa (-10,5% rispetto allo stesso periodo del 2009) e molto al di sotto della media regionale, ferma a - 0,5%. Anche le vendite totali, dal precedente valore positivo (+25,8%), sono scese sotto lo zero e hanno segnato un - 11.4%, risultato ben peggiore al dato regionale (- 1,8%). Il rallentamento delle vendite, tra l’altro, ha riguardato sia il mercato interno (-16,4%) sia le esportazioni (-7%)». Unica, magrissima consolazione, la lieve ripresa dell’occupazione, che ha fatto registrare una crescita dello 0,1%, in linea con l’andamento regionale.
RIEQUILIBRIO Di qui la necessità di correre ai ripari, anche attraverso la promozione di un diverso e più equilibrato modello economico. «Nel nostro territorio - ha proseguito Razeto - esistono poche, grandi imprese: 14 aziende leader che rappresentano il 26,8% del totale degli occupati della provincia, dei quali 44,8% nel manifatturiero e 24,3% nel terziario. Emerge quindi la necessità da parte degli attori locali di individuare nuove strategie di sviluppo, che portino ad una maggiore presenza dell’attività produttiva legata al settore manifatturiero».
BONIFICHE Per centrare un simile risultato, tuttavia, è indispensabile liberare spazi per le realtà produttive. Come? Sciogliendo una volta per tutte il nodo delle bonifiche e arrivando ad un Accordo di programma condiviso, ben diverso da quello prefigurato nell’ultima bozza proposta da Roma ma bocciata da Trieste. «Purtroppo - ha osservato il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, gli elementi presentati dal ministero dell’Ambiente durante l’ultima riunione, non hanno prodotto alcuna significativa novità e non vanno certo nella direzione auspicata. Rimangono le perplessità sui criteri di attribuzione delle responsabilità, sulla quantificazione del danno ambientale e sulla sostenibilità del quadro economico a carico delle aziende. Come Industriali, chiediamo che il problema venga affrontato in modo pragmatico, ultimando quanto prima le caratterizzazioni».
FERRIERA E GNL Altrettanto fondamentali per rimettere in moto il comparto, secondo Assindustria, sono la realizzazione del rigassificatore («confermiamo il nostro sostegno al progetto Gas Natural-Fenosa, pur ritenendo sicurezza e rispetto per l’ambiente condizioni imprescindibili») e la riconversione della Ferriera. «Il percorso che prevede la dismissione dell’impianto siderurgico entro il 2015 - ha concluso Razeto - può rappresentare un’importante occasione per avviare una programmazione seria con istituzioni e parti sociali sul rilancio della nostra economia e sull’incremento della presenza industriale. La dismissione infatti non riguarda solo lo stabilimento di Servola, ma anche la Sertubi e tante altre realtà dell’indotto: un progetto che potrebbe coinvolgere un migliaio di posti di lavoro».
MADDALENA REBECCA
 

 

L’Alta velocità attraverso Duino Aurisina: dieci chilometri in galleria e due in superficie Rfi ha illustrato il tracciato predisposto con il Comune e l’apporto di geologi e speleologi
 

CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO A VISOGLIANO - Approvato un ordine del giorno sulla necessità di un progetto partecipato
VISOGLIANO Spostare il tracciato quanto più possibile da grotte e doline, oltre che dal ”paleo alveo” del Timavo, portandolo lungo i fianchi del monte Ermada. Non passare sotto a borgate carsiche o frazioni. Evitare assolutamente gli avvallamenti e le cavità ipogee. Sono stati questi i tre punti fermi che hanno ispirato la parte relativa al comune di Duino Aurisina della bozza del tracciato dell'Alta velocità, inserito nel Corridoio 5 che collegherà il Nord Italia all'Est europeo passando per la nostra provincia.
Ieri pomeriggio la bozza, frutto di alcuni anni di studi eseguiti da Rete ferroviaria italiana in collaborazione con il Comune carsico, geologi e speleologi, è stata presentata al Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria nella sala del campo sportivo di Visogliano.
Il tracciato che interesserà il territorio di Duino Aurisina per una decina di chilometri, proveniente dal comune di Monfalcone e diretto in parte verso Divaccia e in parte verso Trieste, correrà per l'80 per cento sotto terra, a una profondità massima di 120 metri. Per i due chilometri previsti in superficie, dopo la la stazione di Aurisina, sarà realizzata una trincea profonda 15 metri.
Le gallerie saranno due, parallele, ognuna a binario semplice, con bracci di collegamento imposti dalle normative di sicurezza ogni 500 metri.
Dopo la stazione di Aurisina, verso est, il tracciato si dividerà: un ramo scenderà verso la linea di cintura di Trieste, l'altro salirà impercettibilmente in direzione di Divaccia, in territorio sloveno.
Garantito dal responsabile del progetto, l’ingegner Carlo Comin di Rfi, e ”sancito” dalla presenza del Comune nell'elenco degli enti che hanno contribuito alla stesura, il totale rispetto delle criticità che un contesto geologico e ambientale come quello carsico presenta. Sulla planimetria illustrata, la traccia nera che si insinua nel territorio del comune segna una sorta di slalom tra le linee di livello delle doline e le cavità ipogee. Un po’ come infilare un filo di ferro nel gruviera cercando di evitare i buchi.
L’operazione è stata resa possibile grazie a una diversa previsione rispetto agli studi originari, che calibravano il percorso su convogli da 250 chilometri all'ora e privilegiavano il trasporto di persone.
Quell'impostazione è tramontata e l'Alta velocità che si sta predisponendo servirà quasi esclusivamente il traffico merci, che può viaggiare a velocità inferiori. La riduzione della velocità da 250 a 150 chilometri all'ora ha consentito così di accentuare i raggi di curvatura e rispettare quanto più possibile le caratteristiche geologiche.
Restano da verificare le conseguenze che il passaggio di treni a 150 all'ora, a una profondità di 100 metri, comporteranno per le case sparse che dovessero trovarsi sulla perpendicolare della galleria, oltre che per la tenuta statica del bacino carsico in cui il traforo si inserisce.
«L’opera non decollerà prima del 2030 – si è affrettato a precisare Carlo Comin – ma il progetto va presentato, altrimenti perdiamo i fondi (7 milioni di euro, ndr) che l'Ue ci ha anticipato per l'intero progetto».
L'argomento ha convinto anche i capigruppo presenti in Consiglio, che hanno sottoscritto un ordine del giorno, poi approvato all'unanimità, che ”recepisce la necessità di realizzare la linea ferroviaria di Alta velocità attraverso un progetto partecipato che preveda da parte delle Ferrovie una compensazione in opere pubbliche da investire sul territorio”.
La bozza sarà ora presentata alla popolazione per le opportune osservazioni, e contemporaneamente inviata dalle Ferrovie al ministero dei Trasporti e a quello dell'Ambiente.
GIOVANNI LONGHI
 

 

TAV - Due milioni di metri cubi di rocce e terra ma lo smaltimento resta un mistero
 

VISOGLIANO Perforare sette, otto chilometri di Carso da Medeazza ad Aurisina, scavando a una profondità di un centinaio di metri per realizzare due gallerie da un binario ciascuna, produrrà 2 milioni di metri cubi di materiale. La previsione è contenuta nel Sia, lo studio di impatto ambientale allegato alla bozza di progetto presentata ieri.
Un’indicazione specifica sul luogo in cui depositare questa montagna di detriti, terrosi e rocciosi, non è però ancora definita. Le ipotesi avanzate ieri sono fantasiose: una suggeriva di trasportare queste rocce davanti alla laguna di Venezia per dare un contributo al Mose, il sistema di dighe che dovrebbe salvaguardare il capoluogo veneto dalle periodiche maree che lo sommergono.
Rimanendo in ambito marino, un'altra possibilità sarebbe quella di utilizzare i detriti per costruire un molo (ma non si sa dove).
In realtà il problema verrà affrontato in un futuro abbastanza lontano, tra qualche decina di anni, quando ruspe e trivelle entreranno in funzione.

(g.l.)
 

 

”Acqua, vita, energia, guerra” convegno sulle risorse idriche - OGGI ALLE 16.30 ALLA SCUOLA INTERPRETI
 

”Acqua, vita, energia, guerra” è il titolo del convegno che si terrà oggi alle 16.30 nell’aula magna della Scuola Interpreti in via Filzi 14. All’iniziativa promossa dal ”Progetto per un comitato lavoratori utenti” interverranno Lorenzo Barbera, fondatore del Centro ricerche e studi Meridionali, Renato Di Nicola del Forum acqua Abruzzo, Mattia Donadel del Comitato veneto ambiente e territorio Riviera del Brenta Miranese e Lorenzo Signori del presidio di San Pietro in Rosà contro l’inquinamento industriale. Sarà presente inoltre un rappresentante del presidio permanente ”Nodalmolin” di Vicenza, del Cordicom (coordinamento Comitati Friuli Venezia Giulia) e il Comune di Doberdò del Lago.
Il convegno intende denunciare lo «sfruttamento delle risorse idriche da parte dei privati, che stanno portando i territori al dissesto idrogeologico». Un aspetto sottolineato da Dario Visintini: «A Trieste l’interramento del Rio Marchesin è un esempio lampante di come si intende preferire la cementificazione dei terreni a discapito della sicurezza e del rispetto dell’ambiente». Ma il Comitato è anche schierato contro il rigassificatore di Zaule. «Non ci convincono le valutazioni sull’impatto ambientale», dice Sergio Facchini. E aggiunge: «L’eccessiva vicinanza ai centri abitati potrebbe essere un fattore di rischio in caso di esplosioni».
Nel corso del convegno sarà proiettato il film ”Darfur: una guerra per l’acqua” di Tomo Kriznar, che denuncia la situazione drammatica dei profughi sudanesi. «La volontà del possesso scatena guerre - dice Federico Della Valle - sia per la conquista dei bacini che delle vie di comunicazione. Pensiamo solo a quello che sta accadendo in Palestina». (c.p.)
 

 

SEGNALAZIONI - Inceneritore: «Siamo meglio dell’Algeria». Una magra consolazione
 

Ricicliamo, ma per chi? Ecco la nuova proposta del Comune, diamo un po’ di lavoro alle famiglie triestine, dividiamo i materiali, laviamoli, consegniamoli nei giorni corretti. Bellissimo, giusto e soprattutto un gradino evolutivo sopra il termovalorizzatore, esempio a Vedelago dove Carla Poli con la sua organizzazione mette in moto con il riciclaggio un indotto di 9400 persone.
Sì, ma c’è un ma! Siamo andati a visitare il termovalorizzatore, e come ci è stato spiegato in maniera esaustiva dall’ingegnere responsabile, questa macchina enorme oltre a toglierci il problema delle discariche produce soldi e guadagni, molti triestini non sanno neppure dov’è, ebbene la ciminiera svetta sul canale navigabile, vicino al mare dove si potrebbe sfruttare l’acqua per il raffreddamento, ma non si può per non alterare la temperatura dello stesso, quindi si usa l’acqua potabile, vicino alla ferrovia di via Caboto per poter non inquinare ulteriormente con i camion, e far arrivare le immondizie ad esempio da Belluno in treno, ma in Italia non conviene.
Fuori un bel disegno mostra fiorellini e gabbiani appollaiati in cima al camino, ma l’ingegnere ci dice che non è lì per raccontarci storie, la centrale inquina, ma a norma di legge 365 giorni all’anno si bruciano immondizie, tutto è controllato da un efficiente sistema di sicurezza e l’organizzazione è impeccabile.
La sensazione in effetti è questa. Dando un occhiata al forno si vede spuntare lo scheletro di una bici, “ma cosa butta la gente nei cassonetti?”
“Ah purtroppo di tutto – dice l’ingegnere – i cassonetti sono grandi”. E l’amianto mi scusi? “Beh quello per fortuna hanno l’abitudine di buttarlo in Carso. Comunque rispetto all’Algeria siamo avanti”.
Non mi consola, senza nulla togliere all’Algeria preferirei valutare città come Stoccolma (ecocapitale 2010), e qui salta fuori il riciclo, perché visto che non si riesce a far diminuire le immondizie che compriamo e paghiamo tre volte (es. acquistiamo dell’acqua: la paghiamo, ma paghiamo anche la bottiglia, la tassa sui rifiuti, e riacquistando l’energia elettrica prodotta dall’inceneritore), almeno sfruttiamole.
Come cittadino sono disposto a fare qualche sacrificio per vivere in un posto meno inquinato, visto anche i dati dell’incidenza tumorale a Trieste, un aiuto forse lo diamo, però chiedo cosa succederà del termovalorizzatore?
“Guardi Trieste può fare anche il 100% di riciclata che noi immondizie da bruciare le troviamo, adesso arrivano anche da Belluno, poi chissà risolti i problemi di confine anche quelle slovene”. E allora perché a noi conviene riciclare se il termovalorizzatore continua ad inquinare ed anzi si paventa un aumento delle sue capacità con la quarta linea?
Credo sia giusto e doveroso intraprendere la via del riciclo, come sarebbe giusto che le industrie in primis si impegnassero a produrre meno immondizia, ma il Comune dovrebbe garantire una riduzione delle immondizie bruciate a Trieste pari alla percentuale di riciclo fatta dai cittadini, se no saremmo comunque inquinati da chi magari non ha “nemmeno” il Carso dove buttare l’amianto!
Gianluca Pischianz
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2010

 

 

Tav italo-slovena blindata a Saragozza - VERTICE SPAGNOLO SULLE RETI TEN. SERRACCHIANI: PASSO AVANTI. RESTA IL NODO VENETO
 

Task force bilaterale e progetto definitivo entro l’autunno. L’Austria difende Trieste
TRIESTE Laurens Jan Brinkhorst, a colloquio con Debora Serracchiani, (ri)mette il dito nella piaga: un buco nero esiste e resiste, il buco tutto italiano che inghiotte la Tav nel tratto veneto, dove manca un progetto ma non mancano le tentazioni litoranee. Subito dopo, però, il coordinatore europeo del progetto prioritario 6, ribattezzato un po’ impropriamente Corridoio V, sorride: il passo avanti c’è, ed è importante. E con lui, pur non abbassando la guardia, sorride l’eurodeputata del Friuli Venezia Giulia. La conferenza di Saragozza, quella che riunisce il ghota comunitario dei trasporti allo scopo di ridefinire le reti di trasporto transeuropeo, ”blinda” il Corridoio più atteso a Nordest: il sofferto Corridoio V che deve ”avvicinare” Lione e il confine ucraino con i treni ad alta velocità, toccando Trieste, è e resta una priorità europea. E, dunque, va finanziato.
Nessuno ha dubbi: i ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria firmano, con la benedizione dello stesso Brinkhorst e del vicepresidente della commissione Sim Kallas, un memorandum d’intesa inequivocabile. Definiscono il Corridoio «una pietra angolare» della rete transeuropea. S’impegnano a inserirlo nelle politiche nazionali, a costruirlo nel segno del minor impatto ambientale, ma anche in sinergia con tutti gli altri Corridoi al fine di evitare sovrapposizioni. Non è un impegno irrilevante, e Serracchiani ricorda il perché: «Il ministro Altero Matteoli ha fugato tutti i dubbi che incontri bilaterali con il viceministro Roberto Castelli avevano innescato».
C’è di più. Il memorandum contiene un ”patto a due” che riguarda la tratta tra Trieste e Divaccia: Italia e Slovenia, mettendo da parte le reciproche diffidenze, ne garantiscono il decollo. Come? Creando «prima di ottobre 2010» un organo esecutivo comune per le attività legate alla realizzazione. E sostituendolo «entro metà 2011» con un gruppo di interesse economico europeo. Non solo: Italia e Slovenia si impegnano a confermare il nuovo tracciato prima di ottobre. Quale tracciato? Quello alto che bypassa la Val Rosandra, frutto del recente accordo, sembra ormai sicuro. Tira le fila, a fine lavori, Serracchiani: «Il memorandum è un impegno importante. Ora, certo, dobbiamo vigilare affinché non resti sulla carta ma si traduca in atti».
Non è il solo frutto positivo raccolto in terra spagnola: l’Austria, impegnata in prima linea a favore del Corridoio Baltico-Adriatico che deve collegare l’Europa del Nord a quella del Sud, difende il Friuli Venezia Giulia. E, in un documento ufficiale, fa approdare i treni futuri tanto a Trieste quanto a Udine, ignorando completamente la Slovenia che ha peraltro tentato di ”scippare” l’Italia. Matteoli, a sua volta, conferma che il Corridoio deve toccare Trieste. E l’europarlamento, come annuncia ancora Serracchiani, vota la prossima settimana: la battaglia continua.

(r.g.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 giugno 2010

 

Proseguira' fino al 16 luglio l'attivita' di ECOSPORTELLO presso il centro informativo di via Donizetti n. 5/a. Tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 due operatori sono a disposizione del pubblico per informare sui vantaggi del risparmio energetico e per fornire consulenze specifiche per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e sui finanziamenti previsti da Banca Etica. Venerdi' 3 settembre il punto informativo riprendera' l'attivita' dopo la pausa estiva.
Il progetto di Ecosportello nasce grazie al finanziamento della Provincia di Trieste per fornire gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, di tipo normativo e relative ai costi in modo da presentare un quadro sufficientemente consistente per la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento termico dell'abitazione, di installazione di impianti a basso consumo energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi a elevata tecnologia e con elevate prestazioni che possano permettere ai cittadini di raggiungere obiettivi di risparmio energetico e di riduzione dei costi tariffari.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2010

 

 

Riccardi in visita alla Ferriera Nuovo treno Trieste-Piombino - ANNUNCIATO IL RADDOPPIO DEL SERVIZIO SU ROTAIA
 

Visita dell’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi, ieri, alla Ferriera di Servola, stabilimento dal quale parte, da un mese a questa parte, un servizio ferroviario che collega i siti produttivi del Gruppo, a Trieste e Piombino. Il servizio si caratterizza per una trazione ferroviaria che ha continuità dall'interno degli stabilimenti, permette il carico e scarico diretto delle merci (carbone coke in andata e minerale di ferro di ritorno) nei punti di produzione e utilizzo, e riesce - si legge in una nota della Lucchini - «a evitare non solo la parziale frantumazione del prodotto ma soprattutto le emissioni polverose».
Il volume di traffico, a "'impatto ambientale" tendente allo zero, interessa circa 150mila tonnellate di merci all’anno, pari a un minimo di 90 treni all’anno comparabili a circa 5-6.000 autotreni sulle strade del nord.
Realizzato grazie al know-how sviluppato dalle società Inter-Rail, dall'Impresa ferroviaria InRail-Fuc e InnoFreight, il servizio è stato pianificato e concretizzato in collaborazione con la dirigenza della Lucchini con la partecipazione di Trenitalia Cargo.
Accolto nello stabilimento di Servola dal direttore ingegner Luigi Venir, Riccardi ha sottolineato la volontà da parte della Regione di dare maggiore impulso al trasporto su rotaia annotando come questo tipo di soluzioni riducano il traffico pesante sulla A4. Un obiettivo, sostiene il Gruppo siderurgico, «al cui raggiungimento la Lucchini e i suoi partner contribuiranno, anche con un concreto raddoppio delle movimentazioni tra Trieste e Piombino, previsto nel prossimo futuro».
 

 

Visogliano, consiglio comunale sul tracciato dell’Alta velocità
 

DUINO AURISINA Consiglio comunale in seduta straordinaria, domani alle 15, per presentare pubblicamente i progetti relativi al tracciato dell’Alta velocità che attraverserà il Carso. Lo annuncia il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret: «Per consentire la più ampia partecipazione di cittadini, l’assemblea avrà luogo nella sala congressi del complesso sportivo di Visogliano».
L’incontro, stabilito per illustrare gli esiti di due anni di lavoro, vedrà la presenza dei responsabili di Rfi, in particolare dell’ingegner Cumin, che relazionerà sui progetti per il Corridoio 5. Già a fine aprile il consigliere di Insieme Massimo Veronese aveva chiesto a Ret un’assemblea per trattare la questione del tracciato Ronchi-Trieste.
«Si stava lavorando per presentare una bozza – conclude Ret – realizzata non solo da tecnici ma anche da speleologi e naturalisti. Una proposta che riguarda un progetto che andrà realizzato entro il 2030, cui hanno collaborato anche i capigruppo di entrambi gli schieramenti».
 

 

Zecche, in pochi si vaccinano - Copertura parziale dopo l’assunzione di due delle tre dosi previste
 

In partenza per le vacanze in Carnia, nella vicina Slovenia, in Austria o in campeggio? Attenti alle zecche, allora. Questi parassiti dotati di otto zampette che vivono nei prati, tra l'erba alta, che amano i luoghi ricchi di vegetazione e un microclima fresco e umido sono presenti anche sul nostro Carso e possono trasmettere alcune infezioni tra cui la meningoencefalite. Per ridurre il rischio di questa malattia, che può lasciare sequele neurologiche e causare danni permanenti, esiste un unico rimedio: il vaccino.
In pochi però nella nostra provincia utilizzano a oggi questa forma di prevenzione. In via De Ralli, nel comprensorio di San Giovanni, al Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria si presentano in pochi: «Usa vaccinarsi chi ha esigenze lavorative, come le guardie forestali - osserva Fulvio Zorzut, responsabile della Struttura semplice di Tutela della salute - chi ha casa in Carnia oppure gli scout, da sempre sensibili al problema».
La "Ixodes Ricinus", la zecca dei boschi, è la più pericolosa per l'uomo. In molti casi non è infetta, ma una percentuale di questi parassiti contrae un batterio che è responsabile del morbo di Lyme - per il quale non esiste vaccino - oppure viene infettata e trasmette la meningoencefalite conosciuta anche come Tbe, dall'inglese "Tick Borne Encephalitis".
«Nella provincia di Trieste a oggi non sono stati mai riscontrati casi di Tbe - precisa Zorzut, - mentre registriamo dai 20 ai 25 casi all'anno per quanto riguarda il morbo di Lyme».
Quello delle zecche affette da Tbe è un fenomeno che segue il flusso degli animali selvatici e che colpisce l'Europa centrale: in media in Friuli Venezia Giulia ogni anno otto pazienti contraggono questo virus. «Nel 90% dei casi la cosa si risolve facilmente - riferisce ancora il medico - nel 9% si evidenzia una sorta di influenza, ma nell'1% dei casi si sviluppa la meningoencefalite e i danni possono essere seri».
Ma come si assume il vaccino? Quanto tempo prima di un'eventuale vacanza è bene provvedere? «La vaccinazione prevede la somministrazione di tre dosi - spiega Zorzut - tra la prima e la seconda deve trascorrere un mese, la terza va assunta dopo sei mesi dalla prima. Per avere un minimo di copertura è bene prendere almeno le prime due, per una sicurezza tra il 90 e il 95% è consigliabile sottoporsi al ciclo completo». Dunque solo chi pensa di partire almeno dopo la metà di luglio è ancora in tempo per garantirsi un minimo di protezione: chi vuole premunirsi per la prossima estate deve provvedere già dall'autunno.
Intanto la Commissione regionale per gli indirizzi sulle strategie vaccinali e la prevenzione delle patologie infettive ha espresso un primo parere favorevole alla gratuità della vaccinazione. «È segnale di equità sociale - evidenzia Zorzut in qualità di membro della Commissione - per ora l'assessore Vladimir Kosic ha disposto un aggiornamento della mappatura delle zone a rischio effettuata nel 2006-2007». I risultati saranno resi noti a luglio.
Ma per prevenire le punture da zecche oltre al vaccino è consigliato adottare degli accorgimenti. Anche andando in Carso, dove le zecche si moltiplicano specialmente nei fondi delle doline, è bene coprirsi gambe e testa, stare lontani dalle zone con erba alta ed evitare di sedersi a terra. Rincasando è poi corretto ispezionare il proprio corpo in un ambiente ben illuminato.
«Chi dovesse venir punto, chi nota una zecca sul proprio corpo e dopo una ventina di giorni si accorge di un arrossamento - suggerisce Zorzut - fa bene a rivolgersi al proprio medico di base». A chi vive sull'Altipiano si consiglia invece di non accatastare la legna vicino a porte o finestre e di raccogliere spesso le foglie cadute.
Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2010

 

 

«Bonifiche, avanti con le caratterizzazioni senza attendere l’accordo di programma»

 

LUPIERI (PD): BISOGNA EVITARE CHE LE AZIENDE SE NE VADANO IN SLOVENIA
L'evoluzione della zona industriale di Trieste, buona parte della quale ricade all’interno del Sito inquinato, «è in stallo, giacché manca ancora la firma di un accordo di programma che necessariamente deve vedere coinvolti tutti i soggetti in vario modo interessati». Lo ricorda in una nota il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri, che nell’aula di piazza Oberdan ha invitato l’assessore regionale De Anna «ad andare avanti, nell’attesa dell’accordo, con le caratterizzazioni dei terreni residui, con le risorse messe a disposizione dalla Camera di commercio, integrandole nel caso non siano sufficienti».
Lupieri ha parlato dopo che De Anna era intervenuto rispondendo a una interrogazione dell’esponente del Pd sul nodo bonifiche. «Su alcuni punti di rilievo, specie in rapporto al principio comunitario del "chi inquina paga", le posizioni della Regione (e dei soggetti locali interessati) e quelle del ministero dell'Ambiente non sono convergenti», scrive Lupieri in una nota riferendo quanto riportato da De Anna: «Quindi, malgrado le entusiastiche affermazioni del sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, siamo ancora ben lontani dalla possibilità di pervenire a un testo dell'accordo di programma condiviso e soddisfacente». Da qui, scrive Lupieri, la necessità di proseguire con le caratterizzazioni. «È fondamentale - chiude l’esponente Pd - velocizzare al massimo la liberazione di terreni utili, in modo da evitare l'insediamento di aziende e imprese nella vicina Bertocchi (Capodistria), come già ventilato dall'Associazione degli Industriali di Trieste».
 

 

Polo museale del Porto Il progetto in un libro
 

Italia Nostra presenta domani alle 17 al Circolo della Stampa (corso Italia 13), il terzo volume della collana di Italia Nostra "Il progetto e la storia del Polo museale di Trieste" dell’architetto Antonella Caroli. Il libro si prefigge di spiegare l'iter di studi e ricerche attraverso il quale si è arrivati alla costituzione del Polo museale del Porto. Interverranno il sindaco Roberto Dipiazza, il direttore dell'assessorato regionale all’istruzione e cultura Giuliano Abate, il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, gli architetti Roberto Pirzio Biroli e Roberto Di Paola, il soprintendente archivistico della Regione Paolo Dorsi, il direttore dell'Archivio di Stato Grazia Tatò, l'architetto Marianna Acerboni e il critico Fabio Amodeo. Introdurrà Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra sezione di Trieste.
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - CONSULENZA ECOSPORTELLO
 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2010

 

 

IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico: così le agevolazioni
 

Fino al 31 dicembre 2010 si può usufruire di un’agevolazione fiscale per le spese sostenute in relazione ad interventi finalizzati al risparmio di energia. Negli ultimi anni la normativa è stata variamente modificata e determinata: dal D.M. del 19/2/2007, dalla Legge n. 244/2007, dal D.L. 185/2008, dalla Legge n. 2 /2009 e da ultimo dal Decreto Interministeriale del 6/8/2009. Le modifiche si riferiscono in particolare alle procedure da seguire per usufruire correttamente delle agevolazioni: è stata introdotta una apposita comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate (quando i lavori proseguono oltre un periodo d’imposta), è stata fissata una ripartizione unica, del totale della spesa sostenuta, in cinque rate annuali di pari importo ed infine è stata sostituita, con effetto retroattivo, la tabella dei valori limite della trasmittanza termica.
La Circolare n. 21 del 23 aprile 2010 ha previsto la possibilità per il contribuente di correggere e/o integrare, esclusivamente con modalità telematiche, il contenuto della scheda informativa da trasmettere all’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), anche oltre il termine di novanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori ma non oltre quello di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale la spesa può essere portata in detrazione.
L’Agenzia delle Entrate ha inteso poi venire incontro ai contribuenti che utilizzano il Modello di dichiarazione 730/2010 e che, a causa di problemi tecnici dell’Enea, si sono trovati impossibilitati a trasmettere telematicamente le schede informative di correzione e/o di rettifica necessarie per poter usufruire della detrazione del 55% per gli interventi di risparmio energetico. Con la risoluzione n. 44/E del 27 maggio u.s., infatti, l’Agenzia delle entrate ha fatto fronte alle difficoltà operative riscontrate dall’ENEA, dando la possibilità ai contribuenti di beneficiare della detrazione anche per le spese che non risultano dalla scheda originaria, presentando ai soggetti che prestano l’assistenza fiscale - Caf o professionisti abilitati - una dichiarazione sostitutiva di notorietà, nella quale sono evidenziati i dati della scheda informativa precedentemente trasmessa all’Enea, opportunamente modificati in modo che sia così possibile il riconoscimento della detrazione d’imposta.
All’attivazione della procedura informatica da parte dell’Enea - che allo stato attuale non è ancora stata implementata - i contribuenti saranno tenuti a provvedere, entro i 90 giorni successivi, all’invio telematico della scheda rettificativa; in caso contrario, la parte di detrazione riferita alle spese in questione deve ritenersi indebita, senza che siano applicabili sanzioni nei confronti dei soggetti che in sede di assistenza fiscale abbiano acquisito la predetta dichiarazione sostitutiva. Alla pagina
http://www.agenziaentrate.it/wps/wcm/connect/Nsilib/Nsi/Documentazione/Guide+Fiscali/ è inoltre possibile scaricare la guida sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, ove reperire maggiori informazioni.
 

 

E Italia Nostra invoca il ”Demanio culturale” - L’associazione chiede che la parte antica e vincolata dello scalo passi al ministero guidato da Bondi
 

Porto vecchio, terzo capitolo. Non solo le concessioni in corso, non solo il decreto del governo che prevede la possibilità che le aree ex portuali soggette a processi di urbanizzazione possano essere date ai Comuni, ma anche un documento consegnato a mano al nuovo presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Francesco Karrer, che chiede, per l’area, uno statuto di «demanio culturale». Ovvero il passaggio della tutela dei beni vincolati al Ministero dei beni culturali.
Autore della proposta, ufficializzata in questi giorni, è l’associazione Italia nostra. La «Proposta di ridelimitazione dell’ambito portuale del Porto di Trieste e la trasformazione delle aree del Porto vecchio in demanio culturale» (questo il titolo) è a firma della presidente Giulia Giacomich ed è stato personalmente recapitato da Antonella Caroli, da anni attivissima studiosa e promotrice della rinascita dell’enorme area dell’ex porto, nonché ”madrina” dell’operazione di salvaguardia della centrale idrodinamica con la creazione di un museo, e con un curriculum che l’ha vista anche segretario del Porto stesso.
Il documento propone innanzitutto lo spostamento del Punto franco in zona idonea alle attività portuali e si richiama non solo a leggi che lo consentono ma alle 22 città che già hanno esperito questa soluzione. Chiede poi che i beni nel 2001 vincolati dal ministero restino sotto la tutela dei Beni culturali in vista di una appropriata riqualificazione. «La proposta va in parallelo con quel comma del decreto sulla cessione dei beni demaniali che prevede il passaggio ai Comuni di aree portuali dismesse e da valorizzare urbanisticamente - dice la Caroli -, il Porto vecchio uscirebbe così dalle competenze del ministero delle Infrastrutture e passerebbe ai Beni culturali perché d’interesse storico e artistico, Italia nostra potrebbe fare da tramite tra Comune e ministero anche per la ricerca di fondi: soldi per riqualificare tutti i magazzini non ce ne sono, ma noi saremmo in grado di trovarli, come abbiamo fatto per il museo». Non si sa se il documento verrà accolto o no, se entrerà nel Prg appena approvato come ulteriore prescrizione o no.
«Il Piano regolatore del porto è nato con la piena condivisione del Comune - commenta la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, mi preoccupa questa novità di cessioni di aree, non basta l’accordo sull’uso delle aree, così strategiche per lo sviluppo della città? Certo il clima di buon rapporto tra Dipiazza e Boniciolli potrebbe finire con loro, sono entrambi in scadenza. E comunque s’intuisce il suggeritore della manovra. Nulla nasce mai dal nulla».

(g. z.)
 

 

Bioest, tra natura e solidarietà - Di nuovo a Trieste dopo cinque edizioni - Ultima giornata della mostra-mercato nel Parco di San Giovanni
 

Abiti, oggetti d’arredo, artigianato, alimentari. Tutto in mostra ancora oggi nella seconda e ultima giornata di apertura, nel parco di San Giovanni, di Bioest, la fiera del biologico e del naturale promossa dall’omonima associazione che torna a Trieste, in questa sua diciassettesima edizione, dopo cinque anni di assenza (le ultime edizioni si sono svolte a Monfalcone).
L’iniziativa, che rappresenta anche un momento di incontro per le associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, ospita anche quest'anno piccoli produttori nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato biocompatibile provenienti da realtà italiane ed estere. L'intento è di promuovere la conoscenza e l'informazione sul mondo del biologico e sul consumo consapevole. In vetrina a San Giovanni ci sono oltre sessanta tra produttori e artigiani e più di cinquanta associazioni.
Obiettivo dichiarato di Bioest è quello di promuovere la scelta del biologico in quanto legata alla salute della singola persona ma anche sostenibile dal punto di vista sociale: dalla tutela della biodiversità al sostegno ai consumi locali e alla cosiddetta filiera corta. Tra le associazioni presenti alla manifestazione quelle che promuovono un modello di «sviluppo equo e sostenibile praticabile in tutto il mondo,un modello che afferma la sovranità alimentare di ogni popolazione».
Oltre al tradizionale mercatino sono previsti - anche nella giornata di oggi - momenti dedicati a conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti musicali e di spettacolo. Non mancano poi, come nelle edizioni passate, realtà associative locali e gruppi ambientalisti, botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di volontariato e di solidarietà che portano il loro contributo con campagne informative o momenti di svago e intrattenimento , progetti o sottoscrizioni.
Uno spazio inoltre viene dedicato al riuso e al riciclo, al naturale e a prodotti di filiera corta .
Ma il tema portante di questa edizione di Bioest è ”Energie”: alternative, non tradizionali, rinnovabili e l’energia solare. Conferenze , momenti di musica e gioco ripropongono il tema nelle sue varie dimensioni, non solo ecologica o tecnologica ma anche filosofica e spirituale
Per l'occasione, Trieste Trasporti ancora oggi intensificherà le corse dell’autobus 12 predisponendone una ogni 15 minuti sul percorso piazzale Gioberti - ex Opp. La fiera si raggiunge anche dal capolinea della linea 17, che si trova a brevissima distanza dall'ingresso del Parco di San Giovanni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2010

 

 

La Regione boccia il nuovo porto di Capodistria - Altolà al piano sloveno di sviluppo: «Documenti carenti sull’impatto transfrontaliero»
 

La giunta Tondo, dopo aver sentito gli enti locali, non dà parere favorevole Dubbi su fanghi, inquinamento, traffici. Riccardi: «La decisione è solo tecnica»
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia, al termine di un’istruttoria tecnica, boccia il ”nuovo” porto di Capodistria: le carte arrivate da Lubiana sono carenti, non rispettano le regole europee. E i punti oscuri sono tanti, troppi.
Renzo Tondo e la sua giunta, riunendosi all’ora di pranzo, ne prendono atto. E, all’unanimità, si mettono di traverso: ne va della sicurezza del Golfo e dei suoi abitanti. Riccardo Riccardi, il titolare del delicato dossier, conferma: «Allo stato degli atti il parere non è favorevole». Subito dopo, l’assessore regionale ai Trasporti mette le mani avanti: «Il parere è puramente tecnico. E con riserva di riesame in caso di acquisizione di nuovi documenti».
Ma come sottovalutare le ricadute politiche dello ”schiaffo”? L’ira prevedibile di Lubiana? E i non meno prevedibili sospetti di una ”ripicca” italiana dopo l’altolà sloveno al rigassificatore di Trieste e le baruffe su Corridoio V e dintorni? «Comprendo l’impatto politico ma la conclusione a cui la giunta è arrivata, lo ribadisco, è tecnica: si basa su un’istruttoria che ha recepito i pareri dei Comuni di Trieste e Muggia, quelli della Provincia e dell’Autorità portuale di Trieste» insiste Riccardi.
L’antefatto. Il ”nuovo” porto di Capodistria - quello che dovrebbe occupare 406 ettari di superficie al posto dei 286 attuali, allungando i due moli esistenti e costruendone ex novo un terzo da un chilometro nell’area di Ancarano - rientra nel piano regolatore nazionale promosso nel 2006 dal ministero sloveno dei Trasporti. Ma l’Italia, come confermato il 29 gennaio 2010 dal ministero dell’Ambiente, non è disinteressata. Chiede (e ottiene) di partecipare alla procedura di consultazione transfrontaliera sulla valutazione ambientale strategica, come previsto dalle normative comunitarie, coinvolgendo a cascata il Friuli Venezia Giulia.
La Regione, non appena riceve le carte slovene, attiva le procedure. Chiede i pareri degli enti interessati. Stila la relazione istruttoria che approda - e siamo a ieri - sui banchi della giunta per la decisione finale. Ampiamente negativa. I motivi dello ”stop” sono molteplici. Il porto destinato a far crescere Luka Koper ancor di più, nonostante le obiezioni del Comune di Capodistria, non supera l’esame innanzitutto perché il documento fornito all’Italia «non è conforme» alla direttiva comunitaria. La Regione, pertanto, deve basarsi su atti ”non tecnici” che, ad esempio, ignorano i progetti di sviluppo del porto di Trieste, rendendo impossibile valutare le ricadute complessive a livello ambientale, territoriale e infrastrutturale. La Regione, auspicando l’attivazione di un tavolo ad hoc, scende quindi nel dettaglio. E mette nero su bianco nove osservazioni puntuali. Il documento sloveno esclude impatti trasfrontalieri «ma tale conclusione - ribatte il Friuli Venezia Giulia - non appare credibile in quanto non supportata da alcun dato». Quel documento non consente nemmeno di «stimare l’eventuale incremento del traffico viario pesante ai confini italo-sloveni e lungo gli assi autostradali del Friuli Venezia Giulia». Non specifica la quantità prevista di merci pericolose e non chiarisce, a fronte dell’aumento di emissioni in atmosfera, l’esistenza o meno di misure di riduzione. E come dimenticare i fanghi? Il ”nuovo” porto di Capodistria, con l’abbassamento dei fondali, richiede dragaggi pesanti ma il documento sotto esame nulla dice su fanghi e smaltimento. Non fornisce nemmeno indicazioni chiare su impianti di depurazione e scarichi fognari: anzi, «non risulta agli atti nessuna documentazione che individui la sussistenza di una rete fognaria e di un impianto di depurazione nell’attuale porto». Basta? Non ancora: la Regione non trova valutazioni su sicurezza della navigazione, modificazioni del moto ondoso, interferenze possibili con il porto di Trieste né trova dati sull’inquinamento, sui suoi effetti sull’ecosistema e su eventuali misure di mitigazione. Senza dimenticare che, nell’area del nuovo piano regolatore, sono previsti sedici piani aggiuntivi «che potrebbero avere impatti cumulativi».
ROBERTA GIANI
 

 

Porto San Rocco, cento casi di abuso edilizio - Multe di 516 euro per ogni famiglia: hanno la residenza in case a uso turistico
 

RAFFICA DI SANZIONI PARTITE DAL COMUNE DI MUGGIA
Una sanzione di 516 euro per abuso edilizio. È questa la somma che il Comune di Muggia sta chiedendo a un centinaio di famiglie residenti nel complesso di Porto San Rocco, aprendo la strada a una serie di conseguenze al momento poco prevedibili.
L’ITER La richiesta arriva al termine di un iter durato un anno ed è stata inviata ad un primo gruppo di 25 proprietari di appartamenti situati nel marina turistico a ridosso dei posti barca. L’avvio del procedimento, notificato nei mesi scorsi agli interessati, contesta il cambio di “destinazione d’uso attuata senza opere, in assenza dell’autorizzazione prevista dalla normativa vigente”. La legge citata è la numero 52 del 1991 ed è una legge regionale.
L’ACCUSA Ma di cosa vengono accusati i residenti a Porto San Rocco? In pratica di avere messo la residenza in un appartamento che era stato realizzato con destinazione d’uso “ricettivo-turistica”. La concessione edilizia era stata data per costruire strutture destinate a ricevere turisti o come seconda casa, se diventa l’abitazione di residenza si incorre in un abuso: questa la tesi che ha spinto il Comune alla contestazione.
L’ABUSO I funzionari dell’amministrazione comunale aggiungono, inoltre, che il pagamento della somma richiesta non andrà a sanare la posizione di abusivismo edilizio, aprendo la strada a una serie di conseguenze per il momento tutte da chiarire, come spiega in questa pagina un legale che si sta occupando della questione per conto di alcune delle famiglie coinvolte.
IL PROGETTO All’epoca dell’approvazione del progetto per il marina turistico, i timori per una possibile speculazione edilizia avevano acceso la discussione in Consiglio comunale, dove in tanti si erano battuti per avere garanzie che ciò che si stava per realizzare fosse veramente destinato a rilanciare la cittadina costiera e non un semplice insediamento residenziale vista mare.
LA SCELTA L’attuale amministrazione comunale si ritiene danneggiata dall’abuso anche perché gli appartamenti costruiti su terreni destinati al turismo non rientrano negli standard di misurazione per i servizi, che quindi il Comune non può calcolare: dai posti per gli asili alle strade, fino alla raccolta dei rifiuti.
IL FISCO Fin qui la parte urbanistica della questione. Se la tesi dovesse essere confermata, però, si aprirebbero una serie di conseguenze fiscali di non poco conto. A iniziare dall’Ici che si sarebbe dovuta versare come seconda casa, per finire con altre agevolazioni eventualmente utilizzate per l’acquisto degli appartamenti.
LE INDAGINI La questione fa parte di una lunga serie di indagini – tuttora in corso – che la Procura della repubblica di Trieste aveva avviato sull’insediamento turistico, e che per ben quattro anni (dal 2004 al 2008) avevano visto porre sotto sequestro tutti gli incartamenti relativi a Porto San Rocco rinvenuti negli uffici del Comune di Muggia. Solo dopo il dissequestro era partita un’indagine promossa dal Comune – e in particolare dall’allora direttore generale, Antonio Cerini - che aveva poi rilevato gli abusi ora contestati.
LA SOCIETÀ Nella vicenda non entrerebbe in modo diretto la Porto San Rocco spa (i cui vertici preferiscono non commentare ciò che sta accadendo) ma eventualmente le società che si sono succedute nella gestione della parte immobiliare del complesso turistico.
LA CORTE DEI CONTI Alla Porto Sa Rocco spa, invece, è la Corte dei Conti a contestare, com’è noto, un danno erariale di circa 958mila euro. Secondo il Procuratore regionale Maurizio Zappatori, infatti, nell’ambito di un intervento finanziato per incrementare l’attività turistica con fondi comunitari e regionali, la società avrebbe in realtà realizzato – sotto alcuni aspetti – un intervento immobiliare.
LA STRUTTURA Il tutto, prosegue la Corte de Conti ”...alienando, senza rispettare il vincolo di destinazione turistico ricettiva gravante sui beni assistiti da contributo, posti auto e posti barca sotto la forma di “pacchetto”, unitamente anche a strutture abitative”. In via sussidiaria è stata citata anche la banca che, in base a una convenzione, doveva esercitare la vigilanza.
RICCARDO CORETTI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2010

 

 

Rischi del rigassificatore, numero speciale di Konrad - GLI AMBIENTALISTI “AVVISANO”
 

Gli ambientalisti triestini stringono i tempi del loro “no” al rigassificatore e scelgono il numero di questo mese di “Konrad”, periodico a distribuzione gratuita, per ribadire le loro ragioni. Con un inserto speciale di 14 pagine, a cui hanno contribuito i biologi Carlo Franzosini e Diego Manna, il geologo Livio Sirovich, il presidente di Wwf, nonché direttore di Konrad, Dario Predonzan (nella foto), il chimico Lino Santoro, presidente di Legambiente, l’ingegner Oscar Garcia Murga e l’architetto Lucia Sirocco, anch’essi di Legambiente, gli ambientalisti triestini illustrano “i gravissimi rischi ai quali andrebbe incontro la popolazione – ha detto Predonzan – se il rigassificatore fosse realizzato”. Per questa eccezionale occasione, la normale tiratura di 15mila copie è stata portata a 20mila: “E’ stato uno sforzo – ha sottolineato Predonzan - ma volevamo spiegare al maggior numero di persone possibile le modalità, molto discutibili, con le quali le istituzioni locali stanno gestendo l’intera operazione. Pare si stia avvicinando il momento nel quale la Regione convocherà la conferenza dei servizi, alla quale spetterà il compito di rilasciare l’autorizzazione per la costruzione dell’impianto – ha aggiunto Predonzan – perciò, dopo l’uscita di Konrad, nessuno potrà più dire di non sapere o di non poter capire”. Santoro ha posto l’accento in particolare su due articoli: “Nel primo, intitolato ‘Il peggior caso possibile’ – ha evidenziato – presentiamo la situazione, purtroppo possibile, che si originerebbe in conseguenza di un attentato, che potrebbe anche essere di natura informatica al sistema di controllo dell’impianto, o di un errore di gestione. Nel secondo – ha proseguito il presidente di Legambiente – illustriamo le soluzioni alternative al rigassificatore, superato dai tempi perché oramai esistono navi a bordo delle quali si possono completare le stesse operazioni dell’impianto della Gas natural, ma a debita distanza dalle coste”. Konrad è in distribuzione gratuita nei principali centri commerciali, nei negozi di prodotti naturali e nelle sedi delle associazioni ambientaliste.
Ugo Salvini
 

 

Ecologisti sloveni all’attacco del rigassificatore di Zaule - I partiti ”Zares” e Democratico sollecitano Lubiana a denunciare l’Italia alla Corte europea
 

PER GLI AMBIENTALISTI LA SOCIETÀ GAS NATURAL HA FALSIFICATO DATI SULL’IMPATTO AMBIENTALE
CAPODISTRIA Sul rigassificatore di Zaule la politica slovena torna all'attacco. Alla vigilia del tavolo tecnico tra Italia e Slovenia, nel corso del quale oggi a Trieste saranno approfonditi alcuni aspetti legati al progetto per il terminal off-shore, il gasdotto, nonché l'impatto ambientale cumulativo di entrambi i rigassificatori, due partiti parlamentari si sono rivolti al governo invitandolo a un'azione pù incisiva contro Roma.
Se il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo ha recentemente dichiarato chiusi i colloqui con Lubiana per quanto riguarda il progetto di ”Gas Natural” di Zaule - questa in sintesi la tesi dei due partiti – il governo deve trovare altri strumenti per fermare la costruzione dell'impianto, ossia denunciare l'Italia alla Corte di giustizia europea.
Come hanno ribadito nel loro comunicato Franco Juri e Franci Kek, deputati del Partito Zares, il loro partito è da sempre contrario ai terminal nel Golfo di Trieste, che per le sue caratteristiche (poca profondità e poca ampiezza) è poco adatto a ospitare impianti di questo tipo. Il Partito democratico ritiene che sia necessaria anche la convocazione di una seduta straordinaria della Camera di Stato per sollecitare il governo a reagire. Il deputato Danijel Krivec, che ha presentato l'iniziativa a nome del suo partito, ha ricordato che circolano prove sulla contraffazione dei dati sulla base dei quali il governo italiano ha detto ”sì” al rigassificatore.
«Ogni Paese ha diritto di portare avanti i propri progetti - ha aggiunto - ma la nazione vicina ha altrettanto diritto a esprimere le proprie riserve se considera che sono minacciati il suo ambiente e la sua economia». Il parlamentare ha avanzato anche l'ipotesi per cui il governo sloveno finora non è stato particolarmente attivo nella reazione in quanto avrebbe accettato uno ”scambio”: Lubiana non pone ostacoli al rigassificatore, ma Roma non ostacolerà i progetti di sviluppo del Porto di Capodistria. Contro il terminal rigassificatore sono nuovamente insorti anche gli ambientalisti sloveni. L'Associazione Alpe Adria Green ha invitato il governo sloveno a denunciare l'Italia di fronte alla Corte europea di giustizia ed ha chiesto a Lubiana di avviare le procedure necessarie per verificare l'impatto ambientale transfrontaliero dei progetti di sviluppo del Porto di Trieste. Come si legge in un comunicato firmato dal presidente di Aag, Vojko Bernard, le associazioni ambientaliste, ma anche la stragrande maggioranza dei cittadini sloveni – secondo un sondaggio dell'Università del Litorale – sono contrari alla costruzione di rigassificatori nell'area del Golfo di Trieste. Secondo Bernard, non lo vogliono nemmeno gli stessi triestini.
Nel comunicato stampa, Bernard ricorda anche i recentissimi studi sul rigassificatore condotti da un gruppo di scienziati ed esperti che opera nell'ambito del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) promosso dalla Uil Vigili del fuoco Friuli Venezia Giulia e i cui risultati sono stati pubblicati anche sul ”Piccolo”. Il parametro principale riguarda i dati sulla temperatura dell'acqua nel Golfo di Trieste, che si raffredderà molto di più di quanto sostengono i tecnici della società spagnola ”Gas Natural”. Anzi, continua Bernard, questa è l'ennesima prova – e altre si stanno raccogliendo – su come i responsabili della società spagnola abbiano fornito di proposito dati falsati pur di ottenere le autorizzazioni necessarie.
 

 

Barcola, raddoppio in letargo da 10 anni - L’architetto Vrabec: «Avevamo vinto un concorso di idee» - La prima delibera della giunta Dipiazza
 

Copacabana a Barcola? Il progetto esiste da quasi dieci anni, ha persino vinto un concorso per idee bandito dall’allora giunta Illy e, coincidenza singolare, è stato il primo atto oggetto di delibera dalla neoinsediata giunta Dipiazza nel 2001. Solo che, circostanza tutt’altro che inedita, subito dopo è finito nel Grande Cassetto dei progetti mai realizzati, per i quali Trieste è giustamente famosa.
A rinfrescare la memoria contribuisce il team che aveva realizzato lo studio, composto dall’ arch. Paolo Vrabec (capogruppo), dall’ing, Ermanno Simonati, dall’ing. Stefano Patuanelli, dall’ing. Alessio Venturini, dalla dott.sa geol. Annelore Bezzi e dalla dott.ssa Francesca Giaquinto.
«La proposta progettuale – ricorda Vrabec – prevedeva, come da richiesta del bando, l’intervento, per un’estensione di 40 metri, comprensivo di un ampliamento di circa 25 metri dall’attuale linea di battigia verso mare, del tratto di litorale che, partendo dall’attuale pineta di Barcola, si estende fino al bivio per Miramare, per una lunghezza di circa 2400 metri, determinando così un ampliamento complessivo a mare di circa 60.000 mq».
«Le motivazioni che allora hanno portato alla promozione dell’iniziativa concorsuale – continua l’architetto – sembrano essere ritornate di attualità, sia per le effettive economie di scala connesse alla possibile utilizzazione, per l’interramento, del materiale inerte proveniente dai concomitanti lavori di scavo del Park San Giusto, che per la riconosciuta necessità di infrastrutturazione di questo affollato tratto di lungomare».
«Constato con soddisfazione – aggiunge Vrabec – che la serietà dell’iniziativa allora promossa venga valutata oggi, da più parti, come importante occasione di trasformazione urbana e di integrazione dei servizi al cittadino e dell’offerta turistica complessiva, garantendo nel contempo la sostenibilità economica di un’operazione così ambiziosa attraverso lo strumento del “project financing”».
«In effetti – aggiunge l’ingegner Patuanelli, altro componente del team – l’elaborato già all’epoca aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, ed era stato pubblicato su più di qualche rivista. Qualche mese dopo la vittoria eravamo stati convocati dal sindaco Dipiazza, che ci aveva parlato delle sue strategie per la città, ma poi il progetto era morto lì. Forse non era il momento. Magari è arrivato adesso, con la variante 118 al piano regolatore ma francamente non so se ci siano speranze di vederlo realizzato... Era un’idea interessante, ma il Comune non è vincolato a farla propria».
Ha un’ultima perplessità, Patuanelli, e non ne fa mistero. «Sento parlare di progetto da più di 100 milioni di euro ma all’epoca, quando fu bandita la gara, bisognava restare sotto i 32 miliardi di lire, 16 milioni di euro di oggi. Va bene l’inflazione, ma insomma...».
FURIO BALDASSI
 

 

Intesa in vista per elettrodotto italo-sloveno - PROVE DI ACCORDO SUL PROGETTO CHE UNISCE LE RETI TRA REDIPUGLIA E NOVA GORICA
 

Adria Link (Enel e AcegasAps) pronte a unirsi con la cordata Kb1909, Sdag e Iris
TRIESTE C’è all’orizzonte un accordo tra le due cordate imprenditoriali interessate alla realizzazione di un elettrodotto che colleghi la rete slovena a quella italiana, connettendo il nodo di Redipuglia con il confine, nella zona di Nova Gorica.
Enel Produzione, Acegas-Aps e Tei Energy, riunite in Adria Link, e KB1909, Sdag e Iris, che sostengono l’altro progetto (assieme ai partner sloveni di Lux Energy, Istrabenz e Hse) potrebbero riunirsi sotto una sola sigla e impegnarsi insieme per rendere operativo un unico impianto, anziché i due fin qui previsti.
Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché, se da un lato, la prima cordata pare essere convinta che si riesca ad arrivare in tempi brevi a una collaborazione, la seconda, invece, è più prudente. E, attraverso Boris Peric, presidente del consiglio di amministrazione di KB1909, non esita a sottolineare che «o i contatti portati avanti sino ad ora verranno finalizzati rapidamente, oppure non è da escludere da parte nostra una possibile richiesta per danni nei confronti di quanti hanno rallentato la realizzazione del progetto che avevamo sviluppato».
Non è un caso che, sempre stando alle indiscrezioni che stanno filtrando in questi giorni, il negoziato in corso preveda proprio un’integrazione del programma di cui KB1909 è capofila. Programma che, alla voce tempistica, prevedeva il via ai lavori proprio all’inizio di quest’anno, con la conclusione dell’iter amministrativo a fine 2009.
Una tabella di marcia che è stato impossibile rispettare, evidenzia Peric, «per via del fatto che la Regione (che nel frattempo ha stimolato il dialogo tra le due cordate, ndr) non si è ancora espressa definitivamente sul progetto». Se l’accordo andrà effettivamente in porto, l’Isontino, lungo l’asse che da Vertojba, piccolo comune sloveno al confine con Gorizia, porta a Redipuglia (attraverso, oltre che la stessa Gorizia, Gradisca, Sagrado, Farra, Fogliano-Redipuglia e San Pier d’Isonzo), sarà attraversato da un’unica linea di scambio costituita da tre cavi da 10 centimetri di diametro interrati a 1,5 metri di profondità.
Un’opera del valore di oltre 20 milioni che prevede anche tutta una serie di interventi mirati a schermare le emissioni elettromagnetiche. Attraverso questa connessione migliorerà l’efficienza delle due reti elettriche, quella italiana e quella slovena: più nel dettaglio, l’Italia con ogni probabilità beneficierà dell’interscambio nelle ore diurne, quando la richiesta di energia è maggiore nel nostro paese, alla luce del maggior numero di insediamenti industriali e produttivi. Nelle ore notturne, invece, la corrente si muoverà in senso inverso, dal momento che proprio di notte la Slovenia ha bisogno di ripompare acqua nei bacini idroelettrici della fascia alpina e prealpina (che da soli forniscono quasi il 40% del fabbisogno d’oltreconfine, ndr) che di giorno vengono svuotati proprio per produrre energia.
NICOLA COMELLI
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2010

 

 

Piano traffico, la Corte dei conti convoca la giunta - La Procura chiama anche gli assessori a giustificare i 120mila euro spesi per il progetto
 

COINVOLTA TUTTA LA ”SQUADRA” DEL SINDACO
Il sindaco Roberto Dipiazza e sette assessori sono stati chiamati ufficialmente dal procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori per spiegare perché sono stati spesi quasi 120mila euro per il piano del traffico mai realizzato. Tecnicamente quello che è stato inviato a Dipiazza e agli assessori Massimo Greco, Carlo Grilli, Paolo Rovis, Claudio Giacomelli e Marina Vlach, Giorgio Rossi e all’ex Franco Bandelli è un invito a dedurre. Praticamente l’equivalente di un avviso di garanzia. Hanno tempo un mese dalla notifica, avvenuta qualche giorno fa, per depositare atti e documenti in cui appunto si indica non tanto il perché con la delibera di giunta numero 572 del 9 dicembre del 2008 era stato rescisso il contratto con il professor Roberto Camus, il consulente incaricato nel 2003 di realizzare il piano, quanto il motivo per cui il progetto costato 118mila 434 euro sia finito inutilizzato in un cassetto del municipio. L’invito a dedurre che riguarda solo chi era presente a quella riunione di giunta (mancavano gli assessori Giovanni Battista Ravidà e Paris Lippi), è bene chiarirlo, non presuppone una colpevolezza, ma è chiaro che il passo successivo nei confronti di Dipiazza e della giunta in carica nel dicembre del 2009, potrebbe essere quello della citazione. Vale a dire, l’atto formale di accusa di danno erariale.
Nell’«invito» del procuratore Zappatori si evidenzia che «nonostante la presentazione della bozza del piano, avvenuta il 15 febbraio 2005, l’Amministrazione comunale non ha ancora provveduto, a distanza di cinque anni, alla redazione definitiva del piano stesso, mentre ha risolto il contratto di consulenza non consentendo la conclusione dell’incarico nei termini inizialmente pattuiti». Ma non solo. Il procuratore rileva che «la risoluzione del contratto ha comportato la vanificazione dei risultati già conseguiti fin dal 2005». Per dirla con parole semplici la costosa medicina acquistata con denaro pubblico per sistemare la viabilità di Trieste è stata gettata nell’immondizia. Col risultato che sono anche stati spesi i soldi in modo ritenuto ingiustificato. «Sono 14 anni che faccio le cose per bene», ha commentato secco il sindaco Dipiazza.
La vicenda era cominciata il 4 dicembre 2003. Quel giorno la giunta presieduta da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor Roberto Camus, preside della facoltà di ingegneria a realizzare il piano del traffico. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva una serie di adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le associazioni di commercianti e artigiani per delineare un documento che rappresentasse le esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole la viabilità in città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti tranquillamente e il Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di 110mila euro.
Ma il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. E in quattro e quattr’otto la sua testa era rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco nell’occasione aveva dato il benservito al consulente interrompendo ogni rapporto professionale. La giunta aveva acquisito il documento incompleto di Camus ripromettendosi di «far completare l’iter tecnico amministrativo del piano a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il relativo pagamento di circa 7mila euro al professionista. La delibera del «licenziamento» di Camus porta la data del 9 dicembre 2008. Erano passati cinque anni dal momento dell’incarico (17 dicembre 2003). Ma la bozza da allora è praticamente rimasta inutilizzata. E adesso la procura contabile chiede il perché.

(c.b.)

 

 

Park Sant’Antonio, il Comune accelera - A disposizione 361 posti auto, la metà sarà riservata ai residenti
 

L’OBIETTIVO È DI CHIUDERE L’ISTRUTTORIA IN AUTUNNO
Dopo San Giusto, Sant’Antonio. Messa nei giorni scorsi la parola fine al lungo iter legato all’avvio del parcheggio vicino al Teatro Romano, il Comune si appresta a premere l’acceleratore sulla realizzazione di un secondo, grande park multipiano: quello, appunto, davanti alla chiesa di Sant’Antonio nuovo. L’auspicio dell’amministrazione, infatti, è di chiudere l’istruttoria nei prossimi mesi, per poi arrivare alla scelta del progetto e al parere definitivo della giunta entro la fine dell’anno.
L’operazione, inserita nel Pup (il piano urbano parcheggi approvato nel 2007), prevede la costruzione di un park interrato da 361 posti auto, distribuiti su tre livelli. «Il 50% degli spazi complessivi verrà messo in vendita per soddisfare le richieste dei residenti, mentre l’altra metà sarà utilizzabile a rotazione - spiega l’assessore con delega al Project financing Paolo Rovis -. Si tratta di un intervento essenziale per far fronte alla ”fame” di posti auto in città, al quale quindi è stata data massima priorità. Se dopo aver dato il la al parcheggio di San Giusto (i cui lavori entreranno nel vivo a fine 2010) riusciremo ad avviare anche quello in Borgo Teresiano, potremmo dire di aver già dato un’importante risposta alle esigenze degli automobilisti triestini. Senza dimenticare poi che avviare cantieri come questi significa dare lavoro a decine di persone. Risvolto importantissimo, specie in periodi di crisi»,
Attualmente l’operazione Sant’Antonio è allo studio degli uffici comunali. I tecnici stanno vagliando la corrispondenza tra i criteri indicati nel bando del project financing e i due progetti presentati dai costruttori interessati a realizzare il parcheggio: un’associazione temporanea d’impresa che fa capo alla Carena, e una seconda ati capitanata da Riccesi. «Gli uffici hanno riscontrato e segnalato l’esigenza di qualche adeguamento - continua Rovis -. Del resto parliamo di un intervento da diversi milioni di euro, che richiede valutazioni accurate. Per la fine del 2010, comunque, contiamo di riuscire a chiudere tutte le procedure amministrative».
Si annunciano più lunghi invece i tempi per l’avvio di altri parcheggi ipotizzati già da tempo. Al momento in Comune, riferisce ancora Rovis, dai costruttori sono arrivate manifestazioni di interesse soltanto per due contenitori: il park previsto in piazza Foraggi (tre piani interrati per un totale di 130 posti) e quello immaginato in piazzale Rosmini, davanti alla chiesa della Madonna del mare. «In quest’ultimo caso esistono però alcune difficoltà tecniche - aggiunge l’assessore municipale al Project financing -. Nel bando originario infatti era stata posta una condizione imprescindibile: il divieto di ridimensionare o anche solo toccare il giardino in superficie per ricavare il posteggio interrato. Bisogna capire se il maggior onere imposto da questo paletto, sarà compatibile con il conto economico dell’operazione».
Altro grande interrogativo da risolvere, il destino del piazzale dell’ex Piscina Bianchi. «Tecnicamente lì è ancora in piedi l’idea di ricavare un posteggio - prosegue Rovis -. Il progetto però è condizionato all’esito dell’ipotesi Parco del mare. Fino a che non sarà chiuso definitivamente il dibattito su quest’ipotesi, sarà difficile definire il futuro del piazzale per il quale, nel tempo, sono state avanzate diverse idee. In passato, per esempio, si era prospettata l’ipotesi della ”nuvola”, con una nuova piscina al posto dell’ex Bianchi in superficie e un park interrato al di sotto. Poi, più di recente, proprio nell’ottica del Parco del mare, con la Fondazione CrTrieste si era pensato ad un collegamento tra il posteggio dell’ex Bianchi e quello previsto sotto il Magazzino Vini. Tra l’altro era già arrivata qualche manifestazione di interesse da parte di costruttori intenzionati a realizzare l’impianto. La possibilità però che, oltre ai posti auto, sotto il piazzale dovessero trovare posto anche altri impianti legati al funzionamento del Parco del mare, ha fatto rivedere l’orientamento iniziale. In attesa di mettere definitivamente a fuoco il destino di quella zona comunque - conclude Paolo Rovis - conviene concentrarsi sulle operazioni certe, concrete e già delineate. Ecco perchè agli uffici è stato dato mandato di considerare prioritari proprio gli impianti di San Giusto e Sant’Antonio. I circa 1000 posti garantiti da quelle due strutture, sommati a quelli già a disposizione in contenitori come Foro Ulpiano e quelli futuri previsti al Silos, consentiranno nel giro di qualche anno di dare già un fondamentale aiuto allo storico problema della carenza dei posteggi in città». (m.r.)
 

 

Pronta la casa che produce energia - Comfort totale e zero emissioni: parte il test di vivibilità
 

Progetto realizzato dalla “Settimo” in collaborazione con l’Università. Investiti 600mila euro
Vivere in una casa lussuosa producendo al contempo energia? Adesso si può. Il progetto della Settimo Costruzioni Generali, realizzato in collaborazione con l'Università cittadina, è ultimato e la ”Casa a zero emissioni” fra qualche settimana comincerà a essere abitata.
Si tratta di un edificio in via del Pucino - in fase di ultimazione negli arredi - che non è collegato alla rete del gas né per riscaldare né per cucinare e utilizza pochissima acqua in quanto servizi e irrigazione sono alimentati da acqua piovana di recupero.
L' abitazione ha 160 metri quadrati in cui manca nulla: ascensore interno, piscina idromassaggio, bagno turco, sistemi di domotica innovativi, telesorveglianza e giardino. Tutte cose che tradizionalmente consumano un sacco di energia.
«Questa casa, se costruita con sistemi tradizionali, consumerebbe energia per un valore di 12 mila euro all’anno: i sistemi che abbiamo installato» afferma l'ingegnere Alessandro Settimo «le tecniche costruttive e le tecnologie innovative permettono di consumare nell'anno tutta l'energia prodotta senza costi». Oltre al risparmio, continua Settimo, «questo sistema costruttivo permette di non utilizzare le tradizionali risorse energetiche inquinanti favorendo così l’ambiente».
Per i prossimi due anni la casa verrà abitata e al tempo stessa controllata attraverso dei sensori che permetteranno di valutare l'esatto consumo e produzione di energia in modo da consentire all'azienda che l'ha progettata e realizzata di validare, in collaborazione con l'Università, tutti i dati di progetto per migliorare e la conoscenza e le tecniche.
«Quando metteremo in commercio questi sistemi, entro pochi mesi» dice Settimo «garantiremo agli acquirenti un consumo massimo, e se l'abitazione eccederà i limiti previsti saremo noi a pagare la differenza sulle bollette, per testimoniare quanto siamo certi dei risultati».
«La collaborazione tra l'Università e la Settimo Costruzioni Generali è iniziata un anno fa» spiega Marco Manzan, docente di fisica tecnica industriale all'Ateneo: «Abbiamo iniziato con una prima fase numerica di studio e simulazione per vedere le condizioni dell'impianto, ora parte la seconda fase, quella della raccolta dei dati. Una terza fase - continua Manzan - sarà quella di messa a punto dei sistemi per una previsione dei consumi».
Per la ricerca e lo sviluppo sono stati investiti oltre 600 mila euro. Sul mercato, una casa con queste caratteristiche costerà il 18% in più di un’abitazione: una cifra che si ammortizza in soli sette anni - fanno notare i costruttori - risparmiando in energia, oltre al beneficio in termini ambientali.
Federica Cauzer
 

 

Balene e delfini - CONFERENZA CON PROIEZIONI
 

Oggi il Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone l’ultimo incontro primaverile sul tema della biodiversità marina: ”Visti da sotto: balene e delfini del nostro mare”, questo il titolo dell’incontro in programma alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali (piazza Duca degli Abruzzi,1). La scaletta degli interventi con relativi filmati prevede per iniziare un video sui cetacei del mediterraneo, girato da Mauro Francesconi nel Santuario Pelagos del Mar Ligure, in cui si vedono le principali specie di mammiferi marini presenti nel nostro mare e se ne sentono i suoni. Il secondo video sarà dedicato ai cetacei nel Golfo di Trieste. L’autore, Gianni Mangiagli, lo ha girato in occasione della visita del tursiope in Sacchetta a Trieste: sarà lo spunto per parlare della presenza, seppur sporadica, di questi animali sotto costa e per introdurre i programmi di monitoraggio transfrontaliero condotti assieme a Morigenos, associazione onlus slovena attiva dal 2001 nell’ambito della loro salvaguardia.
Il terzo intervento ”Incontri particolari in Golfo di Trieste” è il video sulla megattera girato lo scorso anno dai biologi della Stazione di Biologia Marina di Pirano, parte dell’Istituto Nazionale di Biologia di Lubiana e commentato dal professor Lovrenc Lipej.
Infine l’ultimo intervento parlerà di cetacei e comunicazione: porterà la propria esperienza l’associazione croata Blue World, attiva nello studio della popolazione stanziale di tursiopi a Lussino.
 

 

Un terzo dell’Italia è a rischio deserto - Legambiente: in 20 anni fenomeno triplicato - Sud e Isole le zone più colpite. Trentino e Campania nell’incubo frane e alluvioni
 

 

FIRENZE Negli ultimi 20 anni in Italia si è triplicato l'inaridimento del suolo e si stima che il 27 per cento del territorio nazionale sia a rischio di desertificazione. Lo afferma Legambiente nel suo rapporto annuale sugli ”ecoprofughi” presentato a Terra Futura, a Firenze. Secondo Legambiente, che cita dati Enea, le regioni considerate più a rischio sono Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Particolarmente grave il caso della Sardegna dove risulta già colpito l'11 per cento del territorio regionale. A forte rischio anche la Sicilia, nelle zone interne della provincia di Caltanissetta, Enna e Catania e lungo la costa agrigentina e la Puglia «dove - si legge nel dossier - solo il 7 per cento del territorio regionale non è affetto dal rischio deserto mentre il 93 per cento è mediamente e molto sensibile».
Trentino Alto Adige e Campania sono invece le regioni italiane più esposti ai rischi di frane e alluvioni. Lo rivela il catalogo storico di eventi di frane e inondazioni realizzato dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (Irpi) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presentato al convegno ”La ricerca del Cnr per il Sistema Nazionale di Protezione Civile”, tenutosi a Roma presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Basato sul rapporto tra eventi naturali e vittime provocate, l'indagine rivela che dal dal 1950 al 2008 le vittime di eventi franosi in tutto il territorio nazionale sono state oltre 6380 e quelle delle alluvioni oltre 269. Secondo i dati le regioni più esposte sono il Trentino Alto Adige, con 675 vittime dovute a 198 eventi franosi, e la Campania, con 431 vittime provocate da 231 frane.
Seguono Sicilia con 33 eventi e 374 vittime, e il Piemonte con 88 episodi franosi e 252 vittime. Un discorso a parte per il Veneto dove, nel 1963, un solo evento (quello del Vajont) causò più di 1700 vittime. Se si passa a considerare le inondazioni, invece, le Regioni più interessate sono Piemonte (73 eventi alluvionali e 235 vittime); Campania (59 eventi e 211 vittime); Toscana (51 eventi e 456 vittime: un numero caratterizzato dalla inondazione dell'Arno del 1966) e Calabria (37 eventi e 517 vittime).
 

 

«Tante specie. Un Pianeta. Un futuro» - LO SLOGAN DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
 

L’evento sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità della vita sulla Terra
ROMA "Tante specie. Un Pianeta. Un futuro": questo lo slogan della Giornata mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno. L’evento, lanciato dall’Onu nel 1972, sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità della vita sul pianeta essendo il 2010 l’anno internazionale della biodiversità. Un patrimionio messo sempre più a rischio da deforestazione, cementificazione, inquinamento, riscaldamento globale.
L’emergenza riguarda tutto il pianeta ma "l’Italia è particolarmente esposta" sostiene Jacqueline McGlade, direttore dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea). Insomma siamo il Paese più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali (8,6 per cento endemiche), 12mila specie floristiche (13,5 per cento endemiche), ma molto di questo patrimonio si sta perdendo.
Nel rapporto "Biodiversità a rischio", Legambiente ad esempio segnala che negli ultimi 10 anni è stata persa una superficie forestale di oltre 50mila chilometri quadrati, un polmone verde pari a due volte la Sicilia. Una specie vegetale, la "Radula visiniaca", è già estinta e altre 15 sono ad altissimo rischio come l’Abete dei Nebrodi e il Ribes di Sardegna.
Passando alla fauna, un mammifero, il "Prolago sardo", è già estinto e il Wwf stima che siano in pericolo il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci di acqua dolce. L’associazione del panda ha stilato una lista degli animali che "richiedono interventi urgenti di tutela": 23 specie a partire dall’orso bruno di cui si contano meno di 90 esemplari tra Alpi e Appennini. Seguono la lontra che raggiunge a stento i 220-260 esemplari; l’aquila del Bonelli che arriva alle 15 coppie; l’avvoltoio Capovaccaio con 10 coppie; il lanario, con poche centinaia di coppie. La pernice è ridotta a 5.000-9.000 coppie e per la gallina prataiola si contano 1.500-2.000 esemplari. Le anatre mediterranee sono entro le 60-70 e ci sono meno di 10 esemplari di pelobate fosco. A rischio anche la testuggine comune, 48 specie di pesci delle acque interne, le tartarughe marine, il delfino comune, il tonno rosso, la foca monaca e i pipistrelli.
Vi sono poi quelle specie che "stanno recuperando ma sui cui non si deve abbassare la guardia": il camoscio appenninico (700-800 esemplari), lo stambecco alpino (30mila capi), il lupo (500-800), il capriolo italico (meno di 10mila), l’airone bianco maggiore (40 coppie nidificanti), il falco pellegrino (oltre 1.300 coppie) e il cervo sardo.
Tra le cause principali della riduzione di biodiversità nel nostro Paese, c’è il consumo del suolo. Ogni anno "a causa dell’urbanizzazione e dell’assenza di una corretta pianificazione territoriale - si legge l’ultimo rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) - le città mangiano un spicchio di natura grande 15.000.000 di metri quadrati". La conseguenza? Frane e alluvioni. Non solo. Secondo Legambiente in "Italia si è triplicato l’inaridimento del suolo e il 27 per cento del territorio rischia di trasformarsi in deserto". La Puglia è la più esposta con il 60 per cento della sua superficie, seguita da Basilicata (54), Sicilia (47) e Sardegna (31). A rischio anche le piccole isole. E l’Enea inserisce tra le regioni in pericolo pure Calabria, Campania e Molise.
Che fare? Il ministro Stefania Prestigiacomo ha annunciato una "Strategia nazionale per la biodiversità". Basterà? C’è da sperarlo perché, avvertono gli esperti, il tempo stringe e se dovesse sparire il nostro patrimonio di biodiversità ci ritroveremmo senza un’area grande quanto Lazio e Campania messe insieme.
MONICA VIVIANI
 

 

Pochi consigli utili per ridurre i consumi di acqua e energia
 

ROMA Non è mai troppo tardi per cominciare a riciclare i rifiuti e a ridurre i consumi d'acqua.
A rilanciare tante piccole eco-azioni quotidiane è il sito web della giornata mondiale dell'Ambiente, che si festeggia il prossimo 5 giugno. L'invito per tutti è quello di piantare un albero, ma non mancano una serie di suggerimenti, dalla casa al lavoro.
CASA Tanti dimenticano che il risparmio dell'acqua comincia dal rubinetto. Meglio non lasciar scorrere l'acqua mentre ci si fa la barba o si lavano i denti. Invece dei rasoi usa e getta, si può optare per un rasoio elettrico o a mano, con lamette di ricambio.
Quando invece si prepara un panino, evitare plastica e alluminio per impacchettarlo, meglio scegliere contenitori riutilizzabili. Volendo mangiare al ristorante, una volta a settimana si può cambiare dieta e diventare «vegani». Una buona fetta di gas serra infatti arriva dall'allevamento di bestiame.
Uscendo di casa, ricordarsi di spegnere tutte le apparecchiature elettroniche e gli interruttori della luce: si risparmiano corrente ed emissioni di anidride carbonica (CO2). Indossare i jeans più di una volta e preferire prodotti ecologici per fare il bucato.
ANDANDO AL LAVORO Invece di prendere l'automobile, provare ad andare in bici, condividendo l'auto con altre persone, oppure con i mezzi pubblici.
Se non si può fare a meno dell'auto, al prossimo acquisto scegliere un modello efficiente dal punto di vista dei consumi di carburante e ricordarsi di gonfiare le gomme alla pressione corretta. Se si rimane bloccati nel traffico, meglio spegnere il motore.
IN UFFICIO Se si è abituati a consumare caffè o bevande, usare una tazza lavabile invece dei bicchieri e bottigliette di plastica. L'80 per cento delle bottiglie di plastica infatti sono riciclabili, ma in realtà oggi se ne ricicla solo il 20 per cento.
Quando si usa la stampante del computer, scegliere l'opzione fronte-retro, per risparmiare carta. Stesso copione per il blocchetto per messaggi e appunti: usare tutti i fogli, da entrambi i lati. In generale, riciclare quanto è possibile. Spegnere le luci non necessarie e comprare una pianta per personalizzare la scrivania: rimuove gli inquinanti presenti nell'aria.
 

 

Sparare ai cinghiali si può ma solo se c’è il permesso
 

ROMA La cattura e l’abbattimento di animali selvaggi possono rappresentare una soluzione per ridurre popolazioni caratterizzate da una eccessiva prolificazione. Ma non possono diventare una prassi soprattutto se si verifica in un territorio comunale collocato in un Parco nazionale individuato come Sito di importanza comunitaria (Sic). Inoltre questa pratica deve essere sostenuta da una adeguata motivazione oppure che sia stato accertato un pericolo per l'incolumità pubblica.
La decisione è del Tar siciliano che annulla l'ordinanza del sindaco del Comune di Collessano, che autorizzava i cittadini in possesso del porto d'armi a abbattere i maiali inselvatichiti presenti sul territorio comunale. Si trattava di animali che causavano all’agricoltura. Da qui la sollecitazione a Comuni, Province e Regioni, e anche Enti parco a identificare un metodo per contenere il fenomeno anche in modo cruento.
Ma secondo il Tar, l'ordinanza è illogica quando autorizza i cittadini in possesso del porto d'armi all'abbattimento generalizzato dei suidi, in evidente contrasto con il superiore interesse alla difesa dell'incolumità pubblica. Il Tribunale ricorda che secondo la legge l'uccisione attraverso armi da fuoco è plausibile, ma solo come soluzione finale o meglio quando i metodi ecologici siano stati accertati come inefficaci. Solo qualora l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) verifichi la non efficacia di metodi di contenimento numerico alternativo, le Province - fra l'altro e non i Comuni - possono autorizzare piani di abbattimento.
 

 

Cherso, inseguito da un cinghiale finisce all’ospedale - Un esemplare già ferito mette in fuga un agricoltore prima di essere ucciso da due isolani accorsi
 

Serie contusioni al volto nella precipitosa caduta da un muro a secco
Poteva accadere ed è accaduto. L’altro ieri a poche centinaia di metri dalle prime case di Cherso città, in località Volnik, un agricoltore locale è stato attaccato da un cinghiale, riportando ferite al volto causate da una brutta caduta avutasi mentre stava scappando, inseguito dall’animale.
Il chersino Claudio Ferlora era andato nella sua campagna, a vedere le colture, quando si è visto a tu per tu con un cinghiale, un esemplare giovane ma non per questo poco pericoloso. L’animale ha subito mostrato le sue intenzioni nei confronti dell’isolano, lanciandosi contro Ferlora, al quale non è rimasto altro che mettersi in fuga. Nello scavalcare un muretto a secco, il chersino è ruzzolato a terra, ferendosi al viso. Per fortuna che in quel momento fossero nei paraggi altri due chersini, Alfred Negovetic e Marko Diaci, lesti nell’opporsi all’inferocito animale. La lotta è durata una quindicina di minuti, quanto è bastato ai due a uccidere il cinghiale. Si è scoperto che aveva una seria ferita alla mascella inferiore, il che avrà aumentato l’istinto di autodifesa e quindi la sua aggressività verso Ferlora e i due concittadini accorsi a soccorrerlo. Quello di Volnik è il primo attacco a Cherso di un cinghiale all’uomo. Come da noi più volte rilevato, l’Arcipelago di Cherso e Lussino brulica di cinghiali, specie alloctona e introdotta dissenatamente quasi 30 anni fa per incrementare il turismo venatorio. Da allora questi grufolatori stanno combinando un guaio dietro l’altro, danneggiando colture, facendo andare giù i tipici muretti a secco dell’isola e cibandosi di agnelli. Agricoltori e allevatori di ovini si sono lamentati parecchie volte per quanto accaduto, rilevando – assieme all’opinione pubblica e alla stampa – che prima o poi ci sarebbe stato un attacco all’uomo. L’episodio di martedì mattina non ha avuto per fortuna serie conseguenze, anche perché l’animale non ha potuto colpire con le proprie zanne, ferito proprio alla bocca, e poi è stato ucciso. Ma a Cherso, come pure a Lussino, ci sono bestioni che superano i 100 chilogrammi, le cui eventuali cariche potrebbero avere conseguenze molto pericolose. Settimane fa, alcuni turisti avevano notato che un gruppo di cinghiali si muovevano – neppure troppo furtivi – nella pineta di Cigale (Cikat), a Lussino, a poche decine di metri dal mare. Avvistamenti si sono avuti un po’ in tutto l’arcipelago, a conferma che la specie – introdotta nella parte settentrionale di Cherso – si è spinta fino nella parte meridionale di Lussino. È dal 1985 che allevatori e agricoltori stanno protestando contro la presenza dei cinghiali a Cherso. La prima petizione contro questi animali si ebbe 25 anni fa, con i chersini che già allora erano dell’opinione che i cacciatori facessero poco per liberare l’isola dai cinghiali. È trascorso un quarto di secolo, si sono avute altre raccolte di firme, manifestazioni di protesta, lettere aperte, interpellanze parlamentari, ma la situazione è parecchio peggiorata. Nelle due isole vivono centinaia e centinaia di cinghiali e finora a nulla sono valsi i tentativi di sterminarli, al contrario di quanto verificatosi a Veglia, dove questa specie alloctona sembra essere praticamente scomparsa dopo anni e anni di caccia serrata.
Andrea Marsanich
 

 

Petrini: «Non facciamoci mangiare dal cibo» - INTERVISTA AL FONDATORE DEL MOVIMENTO CULTURALE ”SLOW FOOD”
 

«Dobbiamo creare un’alleanza fra chi produce e chi compera, andando direttamente dai contadini»
ROMA La tutela della biodiversità, cui quest’anno viene dedicata la Giornata mondiale dell’ambiente che si celebra il 5 giugno, passa anche attraverso le scelte alimentari di tutti noi, attraverso il saper produrre e consumare cibo in modo sostenibile. Ne è convinto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che nel suo libro "Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo" suggerisce una via d’uscita per riprendere le redini del nostro rapporto vitale con la Terra: un’alleanza tra chi produce il cibo e chi lo mangia.
Petrini, come si realizza questa "alleanza"?
Avendo cura di scegliere il cibo con comportamenti virtuosi. Ad esempio comprando direttamente dai contadini, organizzando gruppi di acquisto solidale, e riducendo lo spreco come l’eccesso. In questo modo i consumatori diventano co-produttori e come tali un baluardo di difesa della biodiversità. Con queste pratiche e tornando a un’agricoltura e a un’economia locale potremo cambiare davvero le cose.
Come le economie locali possono tutelare la biodiversità?
La difesa della biodiversità esige che molte specie più deboli, sia animali che vegetali, vengano consumate localmente. Molte specie si sono perse perchè non sopportavano lunghi trasporti.
E gli Ogm?
Sono l’ultima logica perversa. Negli Stati Uniti si stanno però accorgendo che tutta questa convenienza non c’è perchè comportano un consumo d’acqua spropositato e non hanno una rendita corposa.
Ma davvero rischiamo di essere "mangiati dal cibo"?
Il cibo si è trasformato da elemento vitale in un prodotto come gli altri: viene prodotto soprattutto per essere venduto e non per essere mangiato. La mercificazione ci ha portati a non distinguere più il valore dal prezzo. Ciò sta generando in campo agricolo una situazione disperata, non c’è settore agricolo in Italia che non sia in sofferenza e questo nel totale disinteresse della politica perchè i contadini sono ormai talmente pochi che non hanno più peso elettorale. Mi chiedo fino a quando potrà andare avanti un sistema che disprezza cosë il settore primario. Perchè tra un po’ non ci saranno più contadini.
A proposito di spreco, lei sostiene che dobbiamo "re-imparare a fare la spesa". In che modo?
È assurdo cercare prezzi bassi e poi buttare via metà del cibo che acquistiamo. Lo spreco ha un costo enorme. Dobbiamo re-imparare a fare la spesa nel senso che bastano piccole pratiche quotidiane per cambiare le cose: non comprare più del necessario, cercare solo prodotti stagionali, prediligere quelli sfusi riducendo così i rifiuti. Oggi le amministrazioni sono attanagliate dal problema di come eliminare i rifiuti ma il ragionamento più importante da fare dovrebbe essere quello di capire come ridurne la produzione.
In sostanza il suo invito è a mangiare e consumare meno e meglio anche per aiutare l’ambiente?
Sì, anche perchè mangiare bene non costa caro. Basta cercare la qualità al di fuori del sistena consumistico e recuperare le buone pratiche gastronomiche. La conoscenza del cibo deve portarci a un consumo più razionale: il fatto che come Slow Food abbiamo aperto 300 orti scolastici in Italia significa che si sta cercando di riconciliare i giovani con la terra e allo stesso modo bisogna tentare di recuperare le pratiche una volta tramandate da madre a figlia, su come conservare i cibi o recuperare gli avanzi.
La marea nera ci sta però mostrando l’impotenza dell’uomo a far fronte alle conseguenze del "progresso".
È un disastro così imponente che rischia di mettere in crisi una presidenza nata come innovativa. Questa crisi deve portare ad avere più rispetto per l’ambiente.
MONICA VIVIANI
 

 

SEGNALAZIONI - «Alta velocità: quel ”nodo” strano della stazione sotto viale Miramare» - LA REPLICA
 

Il secondo «intervento» del prof. Torbianelli (14 maggio) dà informazioni inedite e preziose - di cui possiamo essergli grati - sul come venne scelto il lunghissimo percorso ferroviario in galleria del Corridoio 5. Scrive infatti Torbianelli che «la valutazione costi benefici di varie alternative di tracciato (venne svolta) nei lontani 1999-2000 dall'Istiee che a sua volta aveva l'incarico da Italfer». (L'Istiee è l'Istituto per lo Studio dei Trasporti nell'Integrazione Economica Europea, emanazione della nostra Università). Dopo quei «lontani 1999-2000», nulla.
Una signora notizia, perché sulle circostanze di quella scelta si era esercitata la curiosità di molti. Chi, perché, e come aveva scelto fra la Valle del Vipacco, il Carso a varie profondità, e i 60 km di gallerie (più stazione 10 metri sotto Viale Miramare), con la famosa curva che avrebbe semi-sventrato Bagnoli? Mistero, purtroppo non svelato nemmeno dall'aggiornatissimo libro curato da Romano Vecchiet, in uscita fra pochi giorni (Corridoio Cinque; storia, problemi e prospettive. Atti dell'Istituto Gramsci, in collaborazione con il Centro Studi Dialoghi Europei). Il lettore vi troverà infatti scritto solo ciò che si sapeva fino all'intervento Torbianelli e cioè che «Italferr ed Rfi non hanno mai fornito al pubblico le analisi tecniche e costi/benefici sulle molte varianti prese in considerazione nel 1999-2000, né hanno spiegato pregi e difetti dell'opzione più meridionale, che poi fu ulteriormente sviluppata (la curva M sotto la Val Rosandra; ndr). La suddivisione delle Ferrovie dello Stato in una serie di SpA» - continua il libro - «ne ha profondamente mutato le procedure decisionali strategiche, sicché tutta l'istruttoria tecnica, contatti con le ferrovie slovene compresi, è rimasta segreta».
Aggiungo un'altra informazione, che valorizza ulteriormente quella fornita dal prof. Torbianelli: a suo tempo, il prescritto parere del Servizio Valutazione ambientale della Regione sulle varie alternative di tracciato, non poté nemmeno servirsi di una cartina di questi percorsi. I funzionari regionali poterono vederli solo dal Piccolo, che ne pubblicò una sintesi grafica il 12/1/2006, grazie ad una indiscrezione galeotta uscita dagli uffici ferroviari.
Commento: stupisce, direi quasi addolora, che la collaborazione fra un ente dell'università e quelle che ancora continuano a fregiarsi del nome di «Ferrovie dello Stato» (ora intrico di SpA) abbia dato come risultato un processo decisionale, che ha escluso completamente l'opinione pubblica e la benedetta società in cui viviamo.
Scrive ancora il prof. Torbianelli: «Mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del Corridoio V, benché abbia affermato l'utilità di qualche miglioramento delle infrastrutture». Sbaglierò, ma quel «benché» sembra suggerire una scrittura che arranca in galleria. In fondo al tunnel però intravedo una luce. Dal curriculum che il suo autore ha depositato all'università leggo infatti che, non nei «lontani 1999-2000», ma all'epoca della sua difesa del tracciato (2005) egli aveva appena terminato questa attività: «2004 - Direzione dello studio ’’I progetti per il nodo di alta velocità ferroviaria di Trieste’’» (e il "nodo", non era la stazione 10 metri sotto Viale Miramare, lungo i 60 e passa chilometri di gallerie?).
Del resto, pochi giorni fa, mi è capitato di sentire un dirigente ex-Ds affermare testualmente, davanti a 12 astanti perplessi: «Abbiamo l'orgoglio di poter affermare di avere scongiurato lo scempio che sarebbe stato causato dalle gallerie del Corridoio V». Se fino all'altroieri a criticare quel progetto faraonico (ed il rigassificatore) ci si tirava addosso la scomunica dei Ds che contano?
Livio Sirovich
 

 

SEGNALAZIONI - «Popovic ha ragione sulle brutture di Trieste» - LE PAROLE DEL SINDACO DI CAPODISTRIA
 

Riferendomi agli articoli apparsi il 28 e 29 maggio, desidero esprimere il mio totale accordo con quanto dichiarato dal sindaco di Capodistria sulle brutture che si presentano alla vista sia di chi proviene dalla superstrada a Est della città, sia di chi arriva dalla Costiera e cioè Ferriera e Porto vecchio. Tra l’altro condivido pure il suo parere sulle Rive che anche a me sembrano cimiteriali.
Nel caso della Ferriera, non si tratta purtroppo solo di un problema estetico, ma anche di un problema ambientale che investe tutta la città. Se tanti concittadini uscissero dal torpore del «viva là po’ bon», che li caratterizza, dovrebbero prendere coscienza del fatto che la Ferriera non è mai stata, e meno che mai lo è ora, solo un problema dei servolani.
Questo il sindaco Popovic lo sa perfettamente, tant’è vero che, preoccupato per l’elevata percentuale di tumori in alcune aree della Slovenia (Crevatini ed altre), ha fatto effettuare dall’autorità sanitaria un’indagine epidemiologica che ha indicato come responsabili di tale situazione l’inquinamento dovuto all’Inceneritore e alla Ferriera di Trieste.
A quanto pare però, tra i sindaci dei territori colpiti da tale inquinamento l’unico a essere consapevole del problema, e coerente con i fatti, è il sindaco di Capodistria.
Quanto all’articolo che riporta l’unanime indignazione dei politici locali di destra e di sinistra di fronte alle affermazioni del signor Popovic sulle «brutture», evidentemente nella nostra pseudo-democrazia conta solo l’opinione della casta, mentre la mia, e verosimilmente anche quella di altri cittadini, contano meno di nulla.
Aurora Marconi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2010

 

Barcola raddoppia, torna la Copacabana - Possibile ampliare la riviera con i residui di scavo del Park S. Giusto. Costruttori: pronti a partire
 

OPPORTUNITÀ PREVISTA DAL NUOVO PIANO REGOLATORE
Si riaffaccia l'idea di realizzare una sorta di Copacabana sulla riviera di Barcola. La possibilità di interrare il tratto di costa tra la fine della Pineta e l'area di fronte al ristorante La Marinella viene data dal nuovo Piano regolatore che il Comune si appresta ad approvare approssimativamente entro il mese di luglio.
L'opportunità è quella di creare un’ulteriore area a mare per una distanza massima di 25 metri dal ciglio stradale, realizzando una zona destinata a servizi di supporto alla balneazione, nuovi punti di accesso al mare facilitati destinati ai più piccoli e agli anziani, piscine e giochi d'acqua, punti di ristoro, spazi ricreativi e aree verdi attrezzate.
«L'idea - precisa Piero Camber, capogruppo Pdl in consiglio comunale e componente della Commissione urbanistica del Comune - è quella di permettere a un soggetto privato, ad esempio i costruttori di Trieste, di usare quell'area come discarica di tipo A, ovvero di materiali inerti. Con un project financing potrebbero utilizzare il materiale ricavato dagli scavi necessari a realizzare il Park San Giusto per riempire l'area davanti a Barcola». Dell’utilizzo del materiale di scavo peraltro aveva parlato in una recente mozione in consiglio comunale anche il consigliere comunale pidiellino Lorenzo Giorgi, che a suo tempo - da presidente di Circoscrizione - si spese abbondantemente per la Copacabana di Barcola.
Il vincolo imposto ora dall'amministrazione è quello che la battigia resti pubblica: nessuno deve pagare per prendere il sole o per fare il bagno. A pagamento sarebbero invece alcuni dei servizi realizzati dai privati che intendano avviare un’iniziativa di questo tipo.
«Noi del Collegio costruttori di Trieste siamo pronti. Anzi - ammette l'architetto Donato Riccesi, presidente regionale dell'Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili, - ci siamo persino stancati di avanzare progetti. La proposta di ampliare la riviera di Barcola noi l'avevamo già presentata 12 anni fa, ma allora l'accoglimento del progetto a livello politico non fu generale».
Il via libera alla Copacabana triestina da parte del Comune dunque c'è, la disponibilità a scendere in campo dal punto di vista finanziario da parte dei costruttori anche. Spetta poi alla Provincia, l'ente incaricato al rilascio delle autorizzazioni in materia di discariche, dare i premessi. Un nodo da sciogliere è però quello della tempistica. Infatti «mi fa piacere che ora anche da parte dei politici questa prospettiva venga condivisa - spiega Riccesi - ma i tempi stringono. Il progetto per Park San Giusto è già in fase avanzata e se si vuole sfruttare questa occasione è obbligatorio dare il via quanto prima alla valutazione dei progetti e all'iter per ottenere le autorizzazioni».
Il costruttore riferisce che i volumi di scavo per la realizzazione del nuovo parcheggio sotto il colle di San Giusto consteranno di oltre 100 mila metri cubi di materiali da sfruttare per l'interramento. «Se non si accelera - sottolinea Riccesi - temo che gli iter per i due progetti non andranno a coincidere dal punto di vista dei tempi. Per realizzare quel tipo di interramento a Barcola servono valutazioni e approvazioni che richiedono un certo arco di tempo. Ciò ci costringerà a portare il materiale che recuperiamo dal Park San Giusto alla cava Faccanoni, dando il via al recupero ambientale di una ferita creata su quel monte ad opera dell'uomo».
Il nuovo piano regolatore del Comune trasforma il lungomare di Barcola da zona tecnicamente definita "G4" a zona "S5", da zona balneare e dell'arenile cioè a zona di balneazione turistica. Una modifica sostanziale che oltre a prevedere la possibilità di un interramento consente di realizzare parcheggi anche interrati nella misura corrispondente a quelli presenti sulla strada. Il piano conferma inoltre le attuali funzioni del porticciolo di Cedas (nautica da diporto, pesca artigianale) prevedendone un ampliamento oltre la nuova linea di battigia.
Sul lato mare è prevista poi la creazione di nuove strutture destinate al ristoro, ai servizi o all'intrattenimento: potrà essere coperto da fabbricati non più del 5 per cento del totale dell’area. Gli edifici dovranno avere un'altezza massima di quattro metri .
«Ampliando la parte prospiciente al mare - spiega Roberto Sasco (Udc), presidente della Commissione urbanistica del Consiglio comunale - sarà possibile realizzare una serie di servizi e di punti di intrattenimento necessari allo sviluppo anche turistico di quell'area. È evidente che in prospettiva andrebbe ampliato il servizio di trasporto pubblico e risolta la questione dei parcheggi».
E rispunta così il progetto di collegamento tra Barcola e Montegrisa, un’altra prospettiva della quale si parla ciclicamente da decenni: «Sotto il santuario mariano c'è un ampio spazio per i parcheggi - constata Sasco - e senza stravolgere l'ambiente andrebbe progettata un'ovovia che colleghi i due siti. I turisti, ma anche i residenti, potrebbero lasciare lì la loro automobile per poi scendere sul lungomare».
Sasco si spinge oltre suggerendo uno sviluppo dell'intera zona di Barcola. «Nella zona a monte - osserva - vanno individuate delle aree dove costruire nuove strutture ricettive. La riviera barcolana è un'area di grande valore turistico, è il nostro biglietto da visita ma oggi è pressoché priva di ristoranti, bar e alberghi. Il progetto dell'interramento del lungomare - conclude - va supportato dalla realizzazione di nuove strutture, rispettando l'ambiente e anche i diritti di chi abita quella fetta della città».
LAURA TONERO
 

 

NUOVA RIVIERA BARCOLA - Nel 1998 il primo studio di fattibilità - Concorso di idee, dieci i progetti. Ma nessuno fu giudicato idoneo
 

Era il novembre del 1998 quando il Collegio costruttori di Trieste presentò uno studio di fattibilità per allargare il tratto di costa fra la pineta e il ristorante La Marinella di Barcola. L'idea era quella di creare un sorta di "barriera trasparente" tra la strada e il mare. Uno spazio largo una cinquantina di metri e lungo un chilometro e mezzo.
Nei mesi successivi venne indetto anche un concorso di idee in collaborazione con la facoltà di Architettura dell’Ateneo cittadino, il Comune, la Capitaneria di porto e con il finanziamento della Fondazione CRTrieste. Furono dieci i progetti presentati per la cosiddetta "Barcola Futura". A guidare la giunta comunale c'era allora Riccardo Illy, assessore ai lavori pubblici era Uberto Fortuna Drossi. A supporto dell'iniziativa la Terza Circoscrizione allora organizzò anche una sorta di referendum: 5 mila i pareri raccolti, la metà dei quali favorevoli.
Nessuna delle dieci idee presentate risultò però allora idonea, nessuno si aggiudicò la possibilità di redigere il progetto esecutivo valutabile allora in circa 150 milioni di euro. Così le intenzioni dei costruttori rimasero sulla carta e il futuro di Barcola venne rinviato a nuovi progetti.
Fu il neoeletto sindaco Dipiazza a riproporre nel 2001 l'idea di riqualificare quell'area. E qualcosa in effetti da allora è stato fatto con un completo restyling dei Topolini. Ma di interramento nemmeno l'ombra, malgrado le reiterate proposte del commendatore Primo Rovis che per la sua Trieste ha sempre desiderato un lungomare alla Copacabana. Anni fa, lo stesso Rovis, realizzò anche un progetto con tanto di plastico: vasche per i delfini, giochi acqua e strutture turistiche. Ma rimase un sogno.
Oggi è il nuovo piano regolatore a riportare in primo piano questa opportunità con la possibilità avanzata dal consigliere comunale Roberto Sasco di rispolverare un suo progetto di oltre due anni fa per realizzare un'ovovia che colleghi Barcola a Montegrisa.

(l.t.)
 

 

«Rigassificatore, De Anna faccia il punto sull’iter» - LO CHIEDE LUPIERI (PD)
 

Ascoltare l’assessore regionale all’ambiente Elio De Anna «per conoscere la situazione procedurale» del rigassificatore di Zaule. A chiedere l’audizione in Quarta commissione consiliare regionale è Sergio Lupieri (Pd) coi colleghi Moretton, Brandolin e Travanut. Dopo il sì del ministero dell'Ambiente, con prescrizioni, la proprietà ha chiesto l’ok alla Regione. «Manca - scrive una nota - il Via ministeriale sul metanodotto» tra Zaule a Villesse, «è importante un aggiornamento» su «quali sono le prescrizioni del Ministero, quale il loro percorso e se l'autorizzazione richiesta alla Regione dipende anche dalla verifica di queste prescrizioni».
 

 

SEGNALAZIONI - «Meglio impiegare i fondi pubblici per fonti di energia rinnovabile»
 

Non erano da subito credibili le scelte del sindaco di Muggia Nerio Nesladek, e non lo sono ora quelle del segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini, di proporsi come i leader nella lotta contro la realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule. Tale plausibile comportamento non è, almeno per i più informati sulla vicenda, sufficiente per cancellare il ricordo di chi da assessore nella giunta Illy approvò il progetto o di chi, nonostante il ruolo di sindaco di Muggia scelse di tenere nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore portuale una posizione defilata e debole, invece di bloccare con il suo veto la destinazione d’uso ad area energetica portuale lo spazio ex-Esso di Zaule e quindi bloccare concretamente il progetto dell’impianto di rigassificazione. Ma questo frenetico attivismo, soprattutto del sindaco di Muggia, non serve neanche a far dimenticare a chi era presente venerdì 17 ottobre 2008 alla sala Millo a Muggia, al dibattito pubblico sul rigassificatore, per ascoltare gli interventi del sindaco di Capodistria, Boris Popovic e del sottosegretario all’Ambiente del governo sloveno Marko Starman. In particolare quest’ultimo aveva riferito sugli incontri difficili avuti dalla delegazione slovena con la commissione della Ue dovuti alla constatazione che alla commissione erano arrivate solo due proteste contro il progetto del rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in Italia, in Friuli Venezia Giulia, tutti risultavano essere d’accordo. Purtroppo non risultava che neanche i sindaci di Muggia e Dolina avessero inoltrato le mozioni, votate all’unanimità nei loro consigli comunali, contrarie al progetto, cioè nessun disturbo: a queste due amministrazioni era bastato inviare le mozioni al Piccolo (figurone) e non alla commissione europea. C’è qualcosa che non va, anche perché se si analizza l’intervista al sindaco di Muggia, pubblicata domenica 27 dicembre 2009, emerge chiaramente una sua non totale contrarietà alla realizzazione di impianti di rigassificazione nel golfo. Se all’inizio ribadisce la sua contrarietà alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule, nel seguito della dichiarazione ammette una possibile apertura ad altre forme di rigassificazione. Progetto che è giusto ricordare è già stato, anche questo, approvato dalla giunta Illy, e quindi è ben visto dagli amici del Pd, partito che si è sempre dimostrato sensibile, sia a livello regionale sia nazionale, più ai desideri e alla tutela degli interessi delle multinazionali che alle reali problematiche del territorio. Si ritiene pertanto che attraverso l’assenso certo al progetto in mezzo al golfo dato dai loro affiliati ambientalisti (soprattutto Lega Ambiente) ci sarebbero pure le condizioni per non avere grandi contestazioni in quanto il rimanente fronte ambientalista contrario, apparirebbe all’opinione pubblica come uno sparuto movimento integralista contrario al progresso.
Ma la costruzione di un impianto di rigassificazione nel golfo è un buon investimento per la collettività o forse il buon investimento è dovuto solamente alla facilità di accedere ai contributi pubblici che i governi nazionali hanno deciso di elargire? Forse sarebbe auspicabile che i politici si attivassero affinché questa quantità enorme di soldi pubblici fosse invece spesa per impianti che sfruttino le fonti di energie rinnovabili, garantendo così alle generazioni future un mondo indipendente dalle multinazionali e una qualità della vita migliore.
Marco Russo
 

 

Altipiano Est chiede più contenitori per la differenziata - PARERE FAVOREVOLE SUL NUOVO REGOLAMENTO COMUNALE PER LE IMMONDIZIE
 

TRIESTE «Il regolamento comunale per i rifiuti ci trova d’accordo, a patto che si tengano bene in evidenza quelle piccole ma importanti differenze che sussistono tra altopiano e città». Così commenta il Consiglio circoscrizionale Altipiano Est nel documento con cui è stato trasmesso al Comune il parere favorevole sul nuovo regolamento, strumento giudicato positivamente ma che, a parere del parlamentino, dovrebbe essere ritoccato per risultare funzionale alle esigenze della popolazione di Opicina e dintorni.
La Seconda circoscrizione ha perciò inviato al Servizio controllo attività esternalizzate alcuni suggerimenti che si vorrebbe fossero assunti nella stesura definitiva del regolamento per lo smaltimento rifiuti definitivo.
Tra le prime indicazioni, il posizionamento nelle diverse frazioni di un maggior numero di contenitori per la raccolta differenziata, in vista dell’obiettivo comunale di raggiungere entro il 2012 almeno il 65 percento rispetto alla raccolta totale.
Secondo la Circoscrizione Altipiano Est, i contenitori dovrebbero essere inoltre di dimensioni più piccole rispetto a quelli cittadini, in maniera da poter essere posizionati anche negli angusti spazi e nelle strette vie delle borgate, e tali da facilitarne pure lo svuotamento con gli automezzi, comunque troppo grandi per circolare nei reticoli viari delle frazioni.
Accanto alla raccolta differenziata, Altipiano Est rileva anche la necessità di predisporre nei paesi dei contenitori specifici per lo smaltimento di sfalci e ramaglie, un tempo utilizzati per l’allevamento ma che oggi vengono dispersi in modo incongruo nei normali cassonetti.
Tra le ipotesi prospettate anche la fornitura alle famiglie di contenitori per la creazione di ”compost”, da riutilizzare in proprio o dare a terzi.
Il nuovo regolamento, sempre secondo la Circoscrizione, dovrebbe anche precisare che le pulizie successive a grandi manifestazioni pubbliche (come sagre e Carnevali dovrebbe risultare a carico del Comune.
Da rivedere in chiave carsolina pure quella norma che impone ai privati, in caso di nevicate, la pulizia del marciapiede, vista la presenza di proprietà con fronti molto lunghi sulla strada, non frequentati da pedoni. Sarebbe necessario ancora tenere conto della notevole quantità di neve che ne risulterebbe, con le relative difficoltà di movimentazione e stoccaggio, senza contare che i mezzi spazzaneve tendono a ammassare la neve proprio contro i muri e i confini delle proprietà.
Maurizio Lozei
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI E NUOVE REGOLE - «Largo Mioni, la differenziata non esiste»
 

In questi giorni abbiamo appreso che l'amministrazione comunale aumenterà (finalmente!) i punti per la raccolta differenziata, emettendo contemporaneamente punizioni draconiane nei confronti di chi non si atterrà alle regole. Nel frattempo, c’è già chi ha un concetto del tutto personale sui modi del vivere civile. Esemplare la situazione dei tre cassonetti per i rifiuti di Largo Mioni. Un vicino supermercato, per esempio, non sa che per la plastica esiste un raccoglitore apposito in piazza Perugino e riempie i tre cassonetti summenzionati di sacchi pieni di residui di imballaggi, appunto, di plastica, senza però approfittare di liberarsi di residui alimentari scaduti o in decomposione.
Ma ci sono, e frequentemente, i benefattori dell’umanità che offrono a una coppia con figlioletto la possibilità di mettere su casa. A disposizione dei bisognosi, sono stati depositati un letto matrimoniale completo di ottomane, una cucina economica, mobiletti vari e persino un computer, mancante, ahimè, della tastiera... E ciò a conferma che Trieste, città notoriamente di tradizione asburgica e rispettosa delle regole, si trova in coda nella regione quanto a raccolta differenziata dei rifiuti. Si prepari quindi il nostro sindaco, a sguinzagliare squadre di vigili urbani, ovviamente dotati della regolamentare pistola, per controllare che i nostri concittadini siano osservanti dei relativi regolamenti comunali.
Livio Damini
 

 

Offensiva referendaria dell’Idv contro nucleare e acqua ”privata” - Al via i gazebo del «D-day» anche per eliminare lo scudo legale di premier e ministri
 

TRIESTE Italia dei Valori festeggerà la festa della Repubblica raccogliendo le firme per i tre referendum promossi dai dipietristi contro il legittimo impedimento, il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Il D-day (dove D sta per democrazia), come lo hanno ribattezzato gli esponenti di Idv, vedrà anche in Friuli Venezia Giulia la presenza di numerosi banchetti (17 per la precisione) in tutte e quattro le province della Regione, senza contare, sottolineano i promotori, che si può firmare per i referendum anche in ogni municipio.
A Trieste i gazebo saranno in via delle Torri e in piazza Cavana, a Gorizia in corso Italia e a Gradisca in piazza Unità ma i rappresentanti dell’Italia dei Valori saranno anche a Udine Cividale, Codroipo, San Daniele, Feletto Umberto, Venzone, Tolmezzo, Pordenone, Erto e Casso, Sacile, Fontanafredda e San Vito al Tagliamento.
L’iniziativa rientra nell’ambito del D-day organizzato a livello nazionale che vedrà mille banchetti in tutta Italia per la raccolta delle firme. «Sono state raccolte finora 500 mila firme» ha spiegato nella conferenza stampa di presentazione il coordinatore regionale di Idv, Paolo Bassi, affiancato dal vice Giorgio Ellero, dal capogruppo in Consiglio regionale Alessandro Corazza e dal consiglieri regionale Enio Agnola. «Di queste firme 10 mila sono state raccolte in Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è arrivare a un milione a livello nazionale e 30 mila in regione». Lo scopo del partito dipietrista è quello di dire no al legittimo impedimento (“un’altra legge ad personam che va contro il dettato costituzionale secondo cui tutti sono uguali di fronte alla legge” hanno detto i rappresentanti di Idv), alla privatizzazione dell’acqua e al nucleare. «Non è solo un no ideologico. – ha spiegato Corazza – L’Italia non ha sviluppato know how in questo campo e sarebbe quindi più giusto sviluppare le fonti rinnovabili come peraltro ci raccomanda l’Europa».

(r.u.)
 

 

Parco di S. Giovanni Weekend con Bioest - DI NUOVO A TRIESTE - Sabato e domenica tra prodotti naturali, animazione e solidarietà
 

Torna a Trieste Bioest, fiera del biologico che si terrà nel Parco di San Giovani sabato e domenica prossimi. La manifestazione è stata presentata ieri dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e dal vice Walter Godina. Organizzata dall'omonima associazione, Bioest rappresenta anche un appuntamento-incontro delle associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato, e raccoglie quest'anno 61 tra produttori e artigiani e ben 51 associazioni, tutti attivi nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato biocompatibile, dall'Italia e dall'estero.
Giunta alla sua 17.a edizione, ma per cinque anni assente da Trieste (le ultime edizioni si tennero a Monfalcone), Bioest ripropone la sua formula che fa del mercato un luogo di incontro. Tema portante di questa edizione saranno le "Energie": alternative, non tradizionali, rinnovabili, e quella solare. «Siamo fieri di essere riusciti a riportare a Trieste Bioest», ha detto Bassa Poropat, «ogni giorno di più vedo che l'aver risistemato il Parco di San Giovanni è stato un grande contributo della Provincia alla vita culturale e associativa della città. Sono certa che Bioest troverà qui la sua collocazione migliore anche in futuro».
«Questa manifestazione - ha aggiunto Godina - ci conferma la bontà del nostro sforzo di valorizzazione dei prodotti locali e dell'importanza, per un territorio, di poter contare su un proprio settore agricolo, sul chilometro zero, sulla filiera corta. Vi è un principio culturale in tutto questo, che comunica la necessità di un uso attento e rispettoso delle risorse naturali. Ma c'è pure un ritorno economico». Godina ha ribadito il ruolo dell'agricoltura biologica nella conservazione del paesaggio, ricordando l'azione della Provincia per la riqualificazione del ciglione carsico, riconvertito alla coltivazione di vite e ulivo.
Oltre alla fiera sono previste conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti di spettacolo. A Bioest saranno presenti i gruppi ambientalisti, le Botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di volontariato e solidarietà.
 

 

 

 

BORA.LA - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Konrad: l’alternativa al rigassificatore di Gas Natural c’è e…non si vede. La rigassificazione On Board
 

E’ uscito ieri il nuovo numero della rivista Konrad, contenente al suo interno un nuovo inserto speciale dedicato al rigassificatore di Trieste, dopo quello già pubblicato in settembre. La conferenza stampa di presentazione dell’inserto si svolgerà giovedì 3 giugno alle ore 11.30 presso la sede del WWF, in via Rittmeyer 6.
L’inserto sarà inoltre presentato con uno spettacolo domenica 6 giugno all’interno di BioEst, nel Parco di San Giovanni, alle 18, con ospite Massimo Sangermano del Pupkin Kabarett.
Su gentile concessione della redazione di Konrad, pubblichiamo uno degli articoli contenuti nell’inserto, che riguarda una soluzione alternativa innovativa e più sicura agli impianti di rigassificazione: navi capaci di rigassificare direttamente a bordo.
UNA SOLUZIONE INNOVATIVA E PIU’ SICURA
Compare all’orizzonte una nave da 150 mila metri cubi di GNL.
Ormeggia a 10-15 km dalla costa, sicollega a una boa sommersa a forma di torretta (still buoy) collocata sui fondali, che viene issata a bordo e inserita in un apposito incastro a prua o a poppa della nave per procedere alla rigassificazione. Un sistema di vaporizzazione del gas naturale liquido entra in funzione e il combustibile rigassificato, attraverso la boa viene introdotto nelle tubazioni della pipeline collegata alla rete di gasdotti a terra.
Nel giugno di quest’anno verrà consegnata alla Excelerate Energy la nona nave, della serie che rigassifica direttamente a bordo. Non è necessaria alcuna piattaforma al largo (vedi terminale al largo di Rovigo), tanto meno serve un impianto a terra con serbatoi di stoccaggio (come proposto a Zaule). Il tutto avviene lontano dalla costa. Gli unici impianti fissi sono le boe collocate sul fondo e la pipeline che porta il gas a riva. Il circuito di vaporizzazione della nave gasiera utilizza come vettore termico l’acqua marina, oppure può usare
un circuito chiuso con scambiatore di calore, che permette la trasformazione da GNL (liquido) a gas. Il funzionamento può anche essere misto: circuito chiuso e acqua di mare. La scelta dipende dalle condizioni ambientali (temperatura del mare, profondità dei fondali, etc.), in modo da limitare l’apporto di frigorie nell’ecosistema marino. Il circuito chiuso riceve il calore da una caldaia a gas naturale. Un sistema tecnologicamente avanzato di controllo e di abbattimento degli inquinanti (polveri e ossidi di azoto),
prodotte dalla combustione del gas naturale, minimizza l’impatto sull’aria.
Excelerate Energy è una società texana, in parternship con la belga Exmar, che opera ormai da anni in questo settore, soprattutto negli USA, dove esistono attualmente due siti di ancoraggio delle navi gasiere, uno al largo della Florida nel Golfo del Messico e l’altro, entrato in funzione all’inizio del 2010, al largo del New England. Sono in progetto soluzioni analoghe in sostituzione di progetti tradizionali on-shore e off-shore sulle coste USA, come i progetti Nettuno nella Baia di Massachusetts e Calypso al largo della Florida.
In Europa sono attualmente operativi un impianto in Inghilterra, a Teesport sul fiume Tees in prossimità di Middlesborough, e uno in Germania al largo di Wilhelmshaven, a nord di Essen.
Altre società, come Suez Energy e British Gas, si stanno attrezzando per la rigassificazione on board. Le navi sono costruite in Corea dalla Samsung Heavy Industries e dalla Daewoo Shipbuilding&Marine Engineering. La tecnologia delle still buoy è olandese. Questa tecnologia EBRV (Energy Bridge Regassification Vessel) permette di utilizzare navi di grandi dimensioni per fornire enormi volumi di GNL. Il tempo necessario per lo scarico è più lungo, rispetto a quello di una normale nave gasiera – varia da quattro a sei giorni – ma è possibile la dislocazione di più boe, per cui più navi contemporaneamente possono distribuire il gas a riva. E’ allo studio un affinamento della tecnologia di rigassificazione per rendere più rapido il processo, che dipende anche dalla capacità di assorbimento della rete a terra.
La tecnologia EBRV potrebbe essere l’unica risposta sensata, non solo rispetto al rigassificatore proposto da GasNatural a Zaule, ma anche a quello off-shore proposto da E.On: andrebbe ovviamente concordata con il governo sloveno la collocazione nel golfo del sistema di ricezione.
Una soluzione anche economicamente più vantaggiosa: un rigassificatore fisso costa da mezzo a un miliardo di euro, mentre per una nave della flotta EBRV l’investimento è, grosso modo, di 180 milioni di euro, più 40 milioni di euro per il sistema boe/gasdotto di collegamento.
Dopo aver scaricato, la nave che rigassifica a bordo si allontana e alla fine resta solo l’orizzonte.
 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Lo sgambetto alle rinnovabili

 

Nella manovra economica è spuntato un taglio che non aggiunge nulla al bilancio dello Stato e toglie ossigeno alla spinta verso le rinnovabili e verso la green economy. Via i certificati verdi. Via lo strumento nato per garantire una quota fissa di energia pulita nel pacchetto delle aziende che vendono energia. Via un puntello per arrivare al traguardo del 20 20 20, cioè al rispetto degli obiettivi fissati dall’Unione europea per ridurre le emissioni serra, aumentare l’efficienza, far crescere la competitività del vecchio continente. Tutto senza nemmeno un piatto di lenticchie in cambio: lo Stato non assume oneri diretti nella vicenda dei certificati verdi.
Lo spiega bene Francesco Ferrante, che dal Senato ha lanciato l’allarme: «L’articolo 45, questo il passaggio trappola contenuto nella manovra finanziaria, destabilizza tutto il settore delle fonti rinnovabili, e inconcepibilmente, senza che ci sia alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che il meccanismo dei certificati verdi prevede che siano le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici. Uno sgambetto che colpisce le rinnovabili proprio nel momento in cui avevano raggiunto un quarto del totale dell’elettricità prodotta in Italia».
Niente risparmi (a parte un alleggerimento delle bollette pagato però con una perdita pesante in termini occupazionali e con l’abbandono di un settore strategico) e un futuro più difficile visto che con questo provvedimento la strada per raggiungere gli obiettivi energetici al 2020 è più che mai in salita. Anev, Anab, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Legambiente e Kyoto club hanno protestato parlando di decine di migliaia di posti di lavoro in pericolo nel settore delle rinnovabili.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2010

 

 

Progetto Carso-Kras, più di tre milioni per l’integrazione a cavallo del confine - COINVOLTI DICIASSETTE SOGGETTI FRA COMUNI ED ENTI
 

TRIESTE Un’occasione di sviluppo per tutti e con tutti: così è stato presentato ieri, nella sede della giunta regionale, il progetto strategico Carso-Kras, approvato nell’ambito del programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e destinato a promuovere l'integrazione territoriale sostenibile dell'area del Carso, intesa come una delle più importanti zone a cavallo del confine italo-sloveno.
TRE MILIONI Una disponibilità finanziaria di poco superiore ai 3 milioni di euro, da utilizzare nell'arco di quaranta mesi e diciassette partner coinvolti: dal Comune di Sesana, identificato come capofila, alle Province di Trieste (coordinatore per la parte italiana) e Gorizia, ai Comuni di Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Merna-Kostanjevica, Muggia, San Dorligo della Valle, Monrupino, Sgonico, Trieste e Duino Aurisina e, infine, all’Istituto per le foreste della Slovenia, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia, al Gruppo di azione locale del Carso e all’Agenzia per lo sviluppo territoriale del Carso.
TURISMO E RETE«Attraverso una serie di azioni progettuali e strutturali – ha spiegato l'assessore alle Relazioni internazionali e comunitarie e alle autonomie locali, Federica Seganti – perseguiremo due obiettivi, lo sviluppo turistico-naturalistico e la messa in rete di tutte le amministrazioni, a beneficio delle imprese e dell'intera comunità».
ESIGENZE DIVERSE «Andranno quindi coniugate – ha assicurato la Seganti – la conservazione della natura e del patrimonio ambientale con le esigenze di crescita socioeconomica e di qualità della vita delle popolazioni interessate.
GECT IN VISTA Prevista, tra l'altro, l'istituzione di una struttura permanente, un vero e proprio Gect (Gruppo europeo di collaborazione territoriale), che gestisca la collaborazione transfrontaliera tra soggetti locali per ottimizzare lo sviluppo congiunto.
INTERVENTI Tra i 14 interventi strategici già condivisi (tutti di entità inferiore ai 500mila euro), hanno inoltre precisato il sindaco di Sesana, Davorin Tercon, e il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, sono stati citati ad esempio il museo vivente nell'area di Gropada, il centro di informazione a Sesana e quello della storia e tradizione locale a Rupinpiccolo, la sistemazione di sentieri e itinerari per escursionisti e bikers, la mappa del rischio di incendio boschivo e il sistema integrato Gps su tutta la viabilità carsica secondaria.
DISCARICHE ABUSIVE «Ci impegneremo per bloccare lo scempio di quelle cavità carsiche (si parla di 300 su tremila, ndr) troppo spesso utilizzate come discariche abusive», ha inoltre promesso la Seganti, assicurando che «sarà il più possibile elevato il livello di controllo, in attesa che giungano ulteriori fondi per attivare un'accurata bonifica».
 

 

”Foto trappole” per censire i cinghiali - Apparecchi posizionati nei boschi - Scattate 300 immagini in un anno nelle aree suburbane
 

C’è una nuova conferma sull’insediamento ormai stanziale dei cinghiali nell’immediata periferia triestina, a ridosso dei rioni di San Giovanni, Roiano, Cologna, Gretta, San Luigi, lungo le colline che sovrastano il centro.
Grazie al sistema di rilevamento discreto e silenzioso delle “foto trappole” sistemate nel folto dei boschi e nei corridoi faunistici individuati nelle aree suburbane, è stato possibile verificare come questi ungulati siano di casa a ridosso delle aree urbanizzate e si avvicinano sempre più al centro per cercare cibo.
Del sistema di foto trappolaggio si è parlato in un convegno tenutosi alla Casa di pietra di Duino organizzato dalla Federcaccia triestina in collaborazione con il Comune di Duino Aurisina, il Civico museo di storia naturale e l’Università di Udine. Rispetto ai tempi in cui il censimento dei selvatici veniva effettuato con metodi invasivi, le foto trappole risultano del tutto inoffensive per gli animali. Lo scatto, silenzioso, non viene percepito dall’animale di passaggio, e in chiave notturna il flash funziona in modo blando, quasi inavvertito. Le batterie che consentono il funzionamento hanno una durata di circa 6 mesi, e il passaggio del selvatico attiva una fotocellula che innesca la foto.
Lungo il territorio provinciale, hanno spiegato Nicola Bressi e Andrea Dell’Asta, zoologi del Museo di Storia Naturale di Trieste, sono stati piazzati una quindicina di apparecchi. I cacciatori hanno posizionato le foto trappole in diverse sedi dove solitamente pongono del cibo. Gli zoologi invece nelle aree più selvagge e intricate delle boscaglie, in maniera da poter ottenere delle immagini più obiettive possibile sullo stato di naturalità degli animali. In un anno di censimento le foto trappole hanno scattato oltre 300 immagini, un patrimonio di informazioni che appare quanto mai significativo per inquadrare in particolare la presenza e i movimenti degli animali di taglia rilevante. I cinghiali confermano dunque il loro insediamenti nelle aree collinari più prossime agli abitati e agli orti e coltivazioni.
Animali intelligenti, sono purtroppo incentivati a muoversi pericolosamente verso il centro da chi, in modo improprio, continua dar loro da mangiare. Le immagini scattate hanno poi confermato come il cervo e il camoscio siano ormai di casa in diverse parti del Carso, popolazioni selvatiche che appaiono in crescita e che evitano accuratamente il contatto con l’uomo e con le zone antropizzate.
Sottolineando l’importanza della collaborazione tra zoologi, tecnici e cacciatori, uno scambio che, secondo Nicola Bressi, deve portare alla massima condivisione dei risultati ottenuti, i relatori hanno concordato sulla necessità di estendere quanto prima il monitoraggio con il foto trappolaggio anche per gli animali di taglia minuta, serpenti, roditori e altri piccoli mammiferi.
Maurizio Lozei
 

 

Giornata a difesa della Costituzione - OGGI LA MANIFESTAZIONE DI SINDACATI E PACIFISTI
 

Prenderà il via questa mattina la manifestazione dedicata alla Festa della Repubblica promossa da Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie Chaplin, Comitato pace, convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace e Nientescuse Trieste.
Il primo appuntamento è fissato alle 11 al liceo Dante con la proiezione del film sulla Costituzione ”Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, a cui seguirà il dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta nel pomeriggio alle 17 al teatro Miela, e sarà seguita da un nuovo dibattito, introdotto questa volta dal preside di Giurisprudenza Paolo Giangaspero.
La chiusura della manifestazione, infine, sarà nel segno della musica. In serata, infatti, andrà in scena un concerto a cui parteciperanno alcuni gruppi locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di chitarre e voce. Prima di ogni esibizione musicale verranno letti degli articoli della Costituzione.
La scelta di puntare sulla musica come parte integrante della manifestazione dedicata alla Festa della Repubblica è stata fatta in particolar modo per avvicinare i più giovani. Lo scopo della giornata promossa dai sindacati e dalle diverse anime dell’associazionismo, infatti, è proprio quello di riuscire a coinvolgere le nuove generazioni nella discussione sui principi fondanti della nostra Carta costituzionale.
 

 

Bicicletta rotta? Interviene ”La Poderosa” - L’ARCI APRE UN’OFFICINA E INAUGURA UN SERVIZIO DI ”SCAMBIO” DELLE DUE RUOTE
 

Sarà il Giro d'Italia appena concluso, saranno le belle giornate (che speriamo comincino a susseguirsi con regolarità...), ma a primavera la voglia di muoversi in bicicletta si fa sentire. E se la bici ha bisogno di una sistemata, ora ci si può rivolgere anche a La Poderosa, la neonata ciclofficina dell'Arci, che offre gratuitamente attrezzi e aiuto a chi non ha dimestichezza con brugole e chiavi inglesi.
Ogni mercoledì, dalle 16.30 alle 19, al circolo Arci Officina di via Manzoni 9 c'è sempre qualcuno disposto a dare una mano per sistemare un freno, sostituire un copertone o cambiare una camera d'aria. Non un'officina gratuita, quindi, ma un luogo dove imparare a effettuare da soli le più comuni riparazioni.
Racconta Alberto Pecorari, uno dei fondatori de La Poderosa: «La bicicletta è un mezzo di trasporto economico ed ecologico. E inoltre rappresenta un modo di muoversi democratico, in quanto è accessibile a tutti. Noi promuoviamo il suo utilizzo, proprio perché oltre a ridurre le distanze fra i luoghi, riduce le distanze fra le persone».
L'attività de La Poderosa, infatti, non si limita alla meccanica. «Abbiamo sistemato tre mountain bike e una bicicletta da mezza corsa - continua Alberto - che ora sono a disposizione di tutti con la formula del bike sharing». Ovvero può usarle chiunque, basta conoscere la combinazione del lucchetto e a patto che dopo l'utilizzo vengano rimesse a disposizione degli altri.
Il bike sharing è nato ad Amsterdam negli anni sessanta e dall'Olanda si è diffuso in tutto il mondo. Una pratica che però in Italia fatica ancora a prendere piede. A Parigi ci sono 20000 biciclette, assicurate a 1500 postazioni elettroniche che permettono agli abbonati di usufruire del servizio. A Milano, la città italiana dove questa formula è più diffusa, le bici sono 1200 e le postazioni 85. Ad oggi il servizio in Italia è attivo in oltre 60 Comuni, per un totale di poco più di 3500 biciclette. A Genova, dove come a Trieste ci sono molte salite, le biciclette sono elettriche.
La Poderosa è un progetto ancora in fase di definizione, ma che gli organizzatori vorrebbero veder crescere. «Per riuscirci abbiamo bisogno di altri spazi - sottolinea Alberto - e per questo siamo aperti all'aiuto di altre persone e associazioni». Eventuali donazioni di biciclette saranno benvenute. «Chiediamo a chiunque abbia in cantina un ferro vecchio e malandato di regalarcelo. Noi lo risistemeremo, e lo metteremo a disposizione di tutti».
Per restituire nuova vita ai cavalli a due ruote basta mandare una mail all'indirizzo arci@arcitrieste.org .
Giovanni Ortolani
 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Raccolta differenziata
 

La scorsa settimana ho sentito il sindaco Dipiazza affermare al Tg regionale che entro il 2012 bisogna portare la «raccolta differenziata» ad almeno il 65% del totale, non solo per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge ma soprattutto al fine di creare nuovo spazio nel nostro «termovalorizzatore» (leggi: inceneritore) per poter bruciare decine di migliaia di tonnellate di ulteriori rifiuti provenienti dai comuni limitrofi. Il tutto per rimpinguare le magre casse comunali.
Scioccamente credevo che la ”raccolta differenziata” avesse lo scopo di diminuire l’inquinamento atmosferico, oggi scopro invece che essa, se utilizzata con finalità improprie, determina effetti diametralmente opposti. In pratica il nostro ”termovalorizzatore”, realizzato con soldi pubblici, persegue finalità privatistiche e, per ”fare cassa”, svolge attività contrarie alla salute pubblica. Con la Ferriera, l’Italcementi ed il ”termovalorizzatore” che lavorano a pieno regime chissà, tra qualche anno, come saranno le statistiche del reparto di oncologia del nostro ospedale.
Liliana Grion
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 31 maggio 2010

 

 

AAG e Greenaction: richiesta ufficialmente la Valutazione di Impatto Ambientale transfrontaliera per il Piano regolatore del porto di Trieste.

 

In discussione il progetto del terminale di rigassificazione di Zaule. (vedi il documento)
Il 25 maggio 2010 Alpe Adria Green ha chiesto ufficialmente alle autorità italiane di avviare entro 30 giorni la procedura di V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) e di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) transfrontaliera per la variante al Piano regolatore del porto di Trieste in base alla Direttiva 2001/42/CE. In base alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera la Repubblica di Slovenia (Governo), le amministrazioni pubbliche (Comuni), e i cittadini sloveni dovranno essere consultati e potranno esprimere osservazioni sul Piano di sviluppo del porto di Trieste nel quale è stato inserito il progetto del rigassificatore di Zaule.
La bocciatura del Piano regolatore del porto di Trieste porterebbe come conseguenza al blocco del progetto del rigassificatore Gas Natural a Zaule e farebbe decadere le autorizzazioni già date dal Ministero dell’Ambiente italiano.
Si tiene ad evidenziare che AAG e Greenaction hanno presentato fin dal 21 febbraio del 2010 (Documento allegato: VIA-VAS-IT-SLO) la richiesta di essere fatti partecipi alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera relativa al Piano regolatore del porto di Trieste visto che questo strumento urbanistico conteneva numerosi progetti ad elevato impatto ambientale (gasdotto SNAM, terminale di rigassificazione Gas Natural, centrale elettrica turbo-gas della Lucchini spa, raddoppio del molo VII, molo VIII, terminal RO-RO). Considerando che questi progetti avevano tutti ripercussioni transfrontaliere, veniva richiesto di fare partecipare al procedimento di V.I.A.-V.A.S., oltre alla autorità pubbliche slovene, tutti i cittadini residenti nella zona costiera (litorale) della Slovenia. Della richiesta venivano direttamente interessate le Istituzioni della Repubblica di Slovenia.
Dopo tre mesi nessuna risposta è ancora pervenuta ed anzi l’Italia ha avviato il procedimento di valutazione transfrontaliera per una limitata variante urbanistica del porto di Koper-Capodistria. Il Governo Sloveno, pur informato da AAG dell’obbligo di reciprocità, non ha invece ancora richiesto all’Italia di sottoporre lo strumento urbanistico del porto di Trieste alla valutazione transfontaliera. Questo comportamento ambiguo delle autorità slovene si è tradotto in un vantaggio considerevole per il progetto del terminale Gas Natural a Zaule visto che una procedura di V.I.A. transfrontaliera sul piano regolatore del porto di Trieste richiederebbe almeno due anni di tempo per arrivare a conclusione (e in questo periodo la Gas Natural non potrebbe avviare nessun lavoro).
Il Governo Sloveno non ha quindi esercitato il suo diritto/dovere di controllo su progetti ad elevato impatto ambientale che danneggerebbero l’intero Golfo di Trieste, e così facendo non ha tutelato gli interessi dei propri cittadini.
In caso di mancato avvio della procedura di V.I.A.-V.A.S. (entro il 25 giugno) AAG e Greenaction presenteranno denuncia ai competenti Organi comunitari (Commissione Europea-Parlamento Europeo).
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2010

 

 

«I dati sulla temperatura dell’acqua sono sbagliati» - L’attacco al rigassificatore: «La quantità di cloro annienta gli organismi marini della baia»
 

IL TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO
Mentre Gas Natural sta seminando più di un indizio sul fatto che avrebbe sciolto gli ultimi dubbi sulla scelta di Trieste (in ballo era anche Taranto), gli ”antirigassificatori” tornano nuovamente all’attacco con nuovi studi.
Il gruppo di scienziati ed esperti che presta la propria opera nel Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste (TTRT), promosso dalla Uil Vigili del Fuoco FVG, ha pubblicato un’analisi collegiale. Nel documento viene spiegata - secondo il tavolo tecnico - una sconcertante serie di improprietà, errori e falsificazioni contenuti nella documentazione ambientale presentata da Medea e da GasNatural per il progetto del rigassificazione di Zaule . Frutto di alcuni mesi di lavoro di una ventina di docenti e ricercatori, la nuova analisi si rivela di stringente attualità, poiché sviscera, tra gli altri, i contenuti della relazione del febbraio 2008 curata dalla società spagnola DHI.
Proprio quest'ultima, nonostante abbia da tempo sollevato molteplici obiezioni di sostanza è stata infatti utilizzata dal rappresentante di Gas Natural Ciro Garcìa Armesto per illustrare la propria attività agli operatori economici convenuti lo scorso 17 maggio all'incontro a porte chiuse promosso dalla Camera di Commercio di Trieste.
Oltre a chiarire l’inquietante questione delle temperature, la nuova analisi spiega una serie di artifici di calcolo impiegati, che finiscono per produrre risultati in tutto favorevoli all’impianto, ma completamente inattendibili, sempre stando al documento della Uil Vigili del fuoco.
L'asserzione riguardo il presunto insignificante raffreddamento della baia, che, invece, come dimostrato, si raffredderà in maniera significativa (come avevano giustamente affermato anche i primi consulenti di GasNatural, in seguito sostituiti).
Riguardo il cloro, gli esperti del Tavolo Uil ribadiscono con forza che il problema più rilevante non è tanto quello della sua concentrazione residua presente allo scarico - seppur importante -quanto quello dell’enorme volume d’acqua che l’impianto sterilizzerebbe. Dal punto di vista chimico e biochimico, il principale impatto ambientale del rigassificatore sarà infatti provocato dall'annientamento di quasi tutte le forme di vita veicolate dall'acqua, eccezion fatta per quei pochi batteri capaci di resistere al trattamento.
 

 

Racovelli: Comune privo di una politica ambientale - ALLA LUCE DEL RAPPORTO ISPRA
 

Crollo verticale (- 37% dal 2000 al 2008) dell'estensione delle zone a traffico limitato in centro città. Scarsità di piste ciclabili. Valori complessivi molto elevati delle emissioni inquinanti nell'aria. Inefficienza della raccolta differenziata. Sono alcuni degli indicatori su cui si basa l'accusa che il capogruppo dei Verdi in consiglio comunale, Alfredo Racovelli, ha pubblicamente rivolto al sindaco Dipiazza, in quanto detentore della delega sull'ambiente. «Tanto per cominciare - ha detto Racovelli - è dal 2008 che Dipiazza non si preoccupa di individuare un assessore che si occupi specificamente dell'argomento, ma i dati resi noti in questi giorni sono molto preoccupanti». Il capogruppo dei Verdi ha analizzato il sesto rapporto redatto dall'Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra), derivandone un risultato che ha definito «particolarmente grave». Sottolineata da Racovelli anche la disponibilità dei triestini a usare i mezzi pubblici, scesa dell’11,1% dal 2000 al 2008. «La giunta dovrà rispondere alla popolazione di questa inefficienza nell'approccio a una seria politica ambientale - ha concluso Racovelli - a partire dalla totale assenza di un piano complessivo in materia, che preveda l'intermodalità in centro, con provvedimenti che dissuadano dall'uso indiscriminato delle auto private».

(u. s.)
 

 

ECOSPORTELLO PROVINCIALE

 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2010

 

 

Dal rigassificatore al Silos, i 18 progetti inclusi nel Piano strategico di qui al 2020 - Quattro miliardi per far decollare la città
 

SVILUPPO ECONOMICO: LE PREVISIONI DI DIPIAZZA
Quattro miliardi di investimenti, in parte già acquisiti, per far decollare Trieste. Li prevedono i diciotto progetti catalogati e messi in un dossier dal sindaco Roberto Dipiazza quasi a costituire il suo testamento economico da lasciare alla città. Sono le infrastrutture e gli insediamenti che dovranno andare a compimento entro il 2020, «ma per il 50 per cento potrebbero essere pronti nei prossimi due o tre anni». È indefinito il computo di quanti posti di lavoro riusciranno a creare, ma sono tesi a creare una città con livelli di disoccupazione ai minimi storici. Tra i diciotto filoni d’oro ai quali dovrà attaccarsi la Trieste del futuro vi sono i grandi progetti già noti, a partire dalla Piattaforma logistica e dal rigassificatore, ma anche chance inedite quali un Impianto lavaggio scorie e terre e Serre idroponiche, queste ultime da realizzare sfruttando l’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore allorché avrà la quarta linea.
«Nell’ambito della riconversione della Ferriera di Servola - riferisce Dipiazza - mi ha chiamato il presidente della Regione Tondo invitandomi ad aprire il tavolo sullo sviluppo economico del territorio che è stato deciso spetti appunto al sindaco. Avrei potuto limitarmi a enumerare tre o quattro alternative valide, ho preferito redarre un vero e proprio Piano strategico del futuro economico della città in cui credo fermamente». «Andasse a compimento il 10 per cento di quanto lì previsto - ha commentato Franco Palman dell Uilm, uno dei sindacalisti della Ferriera che ha visto in anteprima il Piano - noi saremmo già contenti». Per l’amministrazione comunale è tutt’altro che un libro dei sogni, ma se sognare non costa niente, non è costato nulla nemmeno il libro. «Dieci anni fa Illy aveva speso milioni di lire per un volume patinato sul suo Piano strategico decennale - la stoccatina di Dipiazza - io con questa semplice brochure fatta dagli uffici comunali non ho speso praticamente nulla».
Ecco nel dettaglio i diciotto nuovi pilastri della Trieste del futuro, con la specificazione dei tempi entro cui è prevista la loro realizzazione, ben sapendo però che la collocazione temporale slitta inevitabilmente quasi sempre.
DEPURATORE DI SERVOLA. Verrà realizzato dall’Acegas per un costo preventivato di 50 milioni di euro. Il lasso di tempo in cui verrà costruito è indicato nel quinquennio 2010-2015. Nel programma attuativo regionale (Par) per il periodo 2007-2013 l’assessore alle Finanze Sandra Savino ha assegnato 39 milioni per l’adeguamento e il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue urbane che saranno impiegati per il nuovo depuratore. Per permetterne la realizzazione la Sertubi ha recentemente trasferito il proprio deposito in un’area dell’autoporto di Fernetti.
QUARTA LINEA TERMOVALORIZZATORE. L’investimento in questo caso sarà di 100 milioni e la prospettiva temporale è collocata nel periodo 2012-2015. La capacità del trattamento dei rifiuti passerà dalle attuali 100 mila tonnellate all’anno a 250 mila e Trieste potrà così trattare anche i rifiuti provenienti dal Friuli che oggi utilizza ancora le discariche.
IMPIANTO LAVAGGIO SCORIE E TERRE. Con un investimento di 6 milioni e 500 mila euro sorgerà, tra il 2012 e il 2013, su un’area di 6 mila metri quadrati e potrà trattare 60 mila tonnellate all’anno di questo tipo di rifiuti che oggi vengono portati fino in provincia di Brescia.
SERRE IDROPONICHE. L’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore a 4 linee sarà sfruttata dall’Acegas per costruire con 30 milioni di investimento, 15 mila metri quadrati di serre tra il 2012 e il 2013.
SILOS. In questo caso vi sono già stati alcuni rinvii dell’inizio dei lavori che dovrebbero comunque partire a breve. Il grande centro commerciale e del tempo libero con all’interno anche un’ampia sala congressi dovrebbe essere completato entro il 2013 con un investimento di 120 milioni da parte di Coop Nordest.
RIGASSIFICATORE. La battaglia tra i pro e i contro sta infuriando. Il Governo ha già dato il via libera, si attende quello della Regione. Gas Natural ha previsto un investimento di 600 milioni. La prospettiva per il completamento dei lavori è stimata in 50 mesi, oltre quattro anni. Il traffico di navi previsto è di 110 gasiere all’anno.
METANODOTTO. Al suo interno sarà pompato il gas del rigassificatore. Si attende la Via del ministero dell’Ambiente, per la pipeline che dovrà correre per 27 chilometri tra Trieste e Grado sotto il mare e per altri 19, tra Grado e Villesse, fuori terra. La Snam ha previsto una spesa di 130 milioni, anche in questo caso 50 mesi di lavori.
CENTRALE 400 MW. È quella prevista dalla Lucchini nell’area ex Esso con un investimento di 300 milioni per 30 mesi di lavori. È necessariamente prevista la sinergia con il rigassificatore. Anche in questo caso si attende la Via del ministero dell’Ambiente.
CENTRO INGROSSO. L’ha previsto la Camera di commercio su 24 mila metri quadrati in territorio del comune di San Dorligo della Valle. L’ammontare dell’investimento è di 14 milioni con un cofinanziamenro della Regione per 5 milioni. La prospettiva temporale indicata è 2011-2012.
NUOVO ACQUARIO. È stato recentemente previsto dallo stesso sindaco Dipiazza nell’ex Pescheria. Importo previsto 20 milioni con disponibilità al confinanziamento da parte della Fondazione CrTrieste, prospettiva temporale prevista 2011-2013, ma il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti intende ancora battagliare per un Parco del mare alternativo.
MAGAZZINO VINI. Il sindaco aveva annunciato che lo avrebbe buttato giù nel giro di qualche mese dopo la sua prima elezione. È ancora lì, ma la Fondazione CrTrieste si appresta finalmente a trasformarlo in una moderna struttura polifunzionale. L’ammontare dell’investimento è di 15 milioni. In una delle ultime ipotesi doveva completare il Parco del mare sulle Rive, ma così non sarà. Anche in questo caso la conclusione dei lavori prevista per il 2012 sembra ottimistica.
SILVIO MARANZANA
 

 

Il dossier in Regione Tutte le alternative per il dopo-Ferriera - A BREVE LA PRESENTAZIONE
 

Il Piano strategico per il futuro economico di Trieste redatto dal sindaco Roberto Dipiazza che prevede 18 progetti con quasi 4 miliardi di investimenti sarà presentato prossimamente in via ufficiale alla presenza del presidente Renzo Tondo in Regione nel momento in cui saranno unificati i tre tavoli aperti per la riconversione della Ferriera di Servola che verrà chiusa nel giro di qualche anno. Un’eventualità che potrebbe anche subire un’accelerazione dal momento che. come annunciato nei giorni scorsi dall’assessore Vladimir Kosic, la Regione ha deciso di riaprire il 15 giugno il dossier per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Servola spa. Saranno verosimilmente emanate prescrizioni molto più stringenti alle quali l’azienda potrebbe avere molte difficoltà ad adeguarsi.
Intenzione della Regione è di giungere alla redazione di una legge ad hoc sulla riconversione che sarà costruita da un comitato ristretto sulla base delle indicazioni che proverranno dai tre tavoli aperti. Riguardano rispettivamente il programma di riconversione professionale e occupazionale che fa capo alla Regione stessa, le bonifiche e l’aspetto ambientale che sono stati demandati alla Provincia e lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi che è stato appunto analizzato dal Comune.

(s.m.)
 

 

DUE GIUGNO - Film sulla Costituzione e concerto rock - Sindacati e pacifisti coinvolgono le giovani leve per la Festa della Repubblica
 

Manifestazioni al ”Dante”
Coinvolgere le giovani generazioni in una discussione sui principi fondanti della Costituzione «perché sono sempre attuali, oggi più che mai, in un momento di smarrimento della Repubblica». È questo l’obiettivo della “Festa della Repubblica”, manifestazione organizzata per martedì e promossa da Tavola della pace e della democrazia, Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie Chaplin, Comitato Pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace, studenti Nientescuse Ts.
Il programma prevede al mattino, alle 11, al liceo classico Dante, la proiezione del film sulla Costituzione “Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, al quale farà seguito un dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta alle 17, al teatro Miela. Il dibattito che seguirà sarà introdotto dal costituzionalista Paolo Giangaspero, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università cittadina.
A chiusura della manifestazione è previsto un concerto con alcuni gruppi locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di chitarre e voce. Prima di ciascuna delle esibizioni musicali saranno letti articoli della Costituzione.
«Stiamo vivendo un momento molto particolare della vita repubblicana – ha detto Luciano Ferluga del Tavolo della pace e democrazia – per questo abbiamo ritenuto opportuno organizzare questa manifestazione». Anna Maria Mozzi, vice presidente della Commissione regionale per le Pari opportunità, ha rimarcato la «necessità di far conoscere ai giovani di oggi diritti e doveri per i cittadini». Adriano Sincovich, segretario della Cgil, ha parlato di «iniziativa a largo raggio, dedicata ai temi della salvaguarda della Costituzione repubblicana. È in atto un duro scontro all’interno del Paese - ha proseguito - ed è importante parlare ai giovani dei principi costituzionali».
Luca Visintini, segretario della Uil, ha detto che «non bastano le parate militari per celebrare il 2 giugno, serve invece un approfondimento sulla Costituzione e sui suoi valori». Luciano Bordin, segretario della Cisl, ha indicato nell’insegnamento ai giovani della «grande valenza della conservazione dei valori contenuti nella Costituzione» uno degli scopi della manifestazione del 2 giugno.
Italia Nostra proporrà riflessioni sull’articolo 9 della Carta, nel quale si parla della tutela del paesaggio.

(u. s.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 29 maggio 2010

 

 

Tavolo  Tecnico Rigassificatori Trieste

presentato L'ESAME GENERALE DELLA DOCUMENTAZIONE AMBIENTALE E DEGLI ATTI RELATIVI AL FUTURO RIGASSIFICATORE DI ZAULE (TS)

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2010

 

 

«Risposte urgenti sul rigassificatore» - LA TRASPARENZA CONVOCA SINDACI E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
 

I sindaci Dipiazza, Nesladek, Premolin (Trieste, Muggia e San Dorligo) e la presidente della Provincia Bassa Poropat sono gli invitati alla prossima riunione della Commissione Trasparenza del Comune di Trieste. Un’audizione «in relazione – annuncia il presidente dell’organismo consiliare di vigilanza, Alfredo Racovelli, capogruppo dei Verdi – all’ipotesi di realizzazione del rigassificatore».
L’esponente dei Verdi è convinto che, in sede di analisi dei rischi connessi all’opera, «qualcuno abbia lavorato per ridimensionarli agli occhi della pubblica opinione. Per questo motivo – dice Racovelli – intendiamo sentire i sindaci delle aree coinvolte e la Bassa Poropat, in modo che i cittadini possano farsi un’idea più precisa dell’estrema pericolosità del rigassificatore». Ancor più critico Roberto Giurastante, ambientalista esponente di Green action: «Tutte le denunce che abbiamo fatto alle competenti autorità in Italia non hanno avuto alcun esito – sostiene – mentre quelle inoltrate all’Unione europea hanno sortito l’apertura di procedimenti di verifica». Giurastante evidenzia che «non esiste una sufficiente preparazione nella popolazione, intendendo per tale anche i cittadini di Capodistria, per i casi di incidente grave che, con la presenza di un impianto come il rigassificatore, sono elevatissimi».
L’esponente di Green action parla di «inesistenza di piani di evacuazione rapida», ricordando come l’Ue «abbia messo in mora l’Italia il 24 aprile dello scorso anno, per il mancato rispetto della normativa Seveso, che obbliga gli enti locali alla comunicazione, alle popolazioni interessate, dei rischi e delle procedure d’urgenza».
Secondo Adriano Bevilacqua, della Uil del Corpo dei Vigili del fuoco, punta il dito sul «progressivo depotenziamento del Corpo dei pompieri, determinato dal taglio delle risorse destinate alla prevenzione». Ricordando come a Trieste «operino già industrie ad alto rischio».
Ugo Salvini
 

 

SEGNALAZIONI - «Il ministro Prestigiacomo disinformato sul rigassificatore di Zaule»
 

Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell'incontro con il collega sloveno Žarnic. I resoconti riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse sarebbe "oggettivamente scollegato" dal progetto del rigassificatore di Zaule. Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il Gnl rigassificato agli utenti finali?), così come sono noti - e dovrebbero esserlo anche al ministro - i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull'intero ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere, sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati, come il Wwf e altri hanno ripetutamente segnalato. Ce n'è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro che progetti "oggettivamente scollegati"!). Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde dell'impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le conclusioni di una procedura Via - quella sulla centrale proposta da Lucchini Energia - ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat politici? Un film già visto, d'altronde, proprio con la Via sul progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell'acqua di scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale delle polveri fini PM10 emesse nell'intera Provincia di Trieste. Dare per scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un ministro dell'ambiente. Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante "do ut des": la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l'Italia in cambio non creerà ostacoli all'ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura Vas (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po' di ricatto, in verità, e verrebbe semmai da chiedersi come mai sull'ampliamento di quel porto sia in corso una Vas transfrontaliera, mentre nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto di Trieste (che pure prevede un grande "polo energetico" al suo interno, in un sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai muggesani prima ancora che al Governo sloveno.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

”Miani”, al via un volantinaggio - NUOVA ASSEMBLEA DEL CIRCOLO SULLA FERRIERA
 

Un volantinaggio che inizierà fra pochi giorni e che «coinvolgerà i 74mila triestini e muggesani investiti dall'inquinamento atmosferico originato dalla Ferriera di Servola, in modo da far conoscere loro i pericoli ai quali vanno incontro e l'inerzia dei pubblici amministratori che dovrebbero tutelarli». E un pubblico confronto «che metta finalmente di fronte la popolazione e coloro che dovrebbero intervenire per porre fine a questo drammatico problema».
Sono queste le conclusioni alle quali si è arrivati ieri sera, al termine dell'affollata assemblea che ha visto riunirsi nella sede del circolo Miani una novantina di persone. Il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, aveva invitato all'appuntamento tutti i politici che rivestono incarichi pubblici «per un dibattito sulla Ferriera». Hanno risposto in due: il consigliere regionale di Rifondazione comunista, Igor Kocjiancic e l'esponente del gruppo Beppe Grillo, Paolo Menis. Il primo ha detto che «nonostante le continue denunce presso la Procura degli sforamenti, l'attività dello stabilimento prosegue senza interruzioni di sorta. L'uscita di Alessia Rosolen dalla giunta Tondo - ha sottolineato - provocherà nuovi rallentamenti nel lavoro dei tavoli aperti sull'inquinamento atmosferico, ma insisteremo con il monitoraggio».
Menis, che ha annunciato la presentazione di una lista del gruppo Beppe Grillo alle prossime comunali, ha dichiarato che «il diritto alla salute prevale su quello al lavoro». Fogar in chiusura ha criticato i sindacati «che mai si sono preoccupati delle condizioni di salute dei lavoratori della Ferriera».

(u. s.)
 

Casa e risparmio energetico Aperta la rassegna Abitare - FINO A DOMANI SULLE RIVE
 

La casa è un luogo fondamentale nella vita, ma oltre a possederla bisogna anche saperla arredare, magari sfruttando le soluzioni più innovative e convenienti. Le ultime novità riguardano il risparmio energetico e le fonti rinnovabili.
Proprio in quest'ottica nasce la prima edizione di ”Abitare, soluzioni per la casa ed il risparmio energetico», ideata e realizzata dall’agenzia di eventi Flash con la collaborazione di Trieste Terminal Passeggeri e con il patrocinio del Comune di Trieste.
La rassegna Abitare - allestita in una tensostruttura allestita in riva Nazario Sauro e aperta fino a domani - non vuole essere soltanto un’esposizione specializzata di quello che offre il settore, ma si propone anche come occasione di apprendimento e divulgazione con appositi incontri e conferenze. «Questa manifestazione - dice Vincenzo Rovinelli, amministratore dell’agenzia Flash - riguarda la casa sia dal punto di vista dell’arredo sia dei servizi, compresa la domotica, delle nuove tecnologie e del risparmio energetico». Un modo per avvicinare i cittadini a questo mondo, spesso conosciuto in modo superficiale.
Diversi i temi che verranno affrontati nelle conferenze in programma per la tre giorni espositiva, a cominciare dal convegno internazionale ”Trieste e le fonti rinnovabili”, organizzato dall’Associazione Italiana Biocostruire Mediterraneo.
«Questo primo convegno - spiega Elvio Ermacora, presidente di Aibim - vuole essere una fonte di informazione e di formazione concreta e reale: la fonte energetica rinnovabile è il risparmio». Inoltre altro spazio sarà dedicato al sistema fotovoltaico, alla Biomassa, alle energie rinnovabili nella casa del futuro, alla progettazione sostenibile e alla certificazione energetica degli edifici, al verde pensile e ai nuovi serramenti a risparmio energetico.
Andrea Di Matteo
 

 

Muggia, entro il mese di giugno le ruspe dentro l’area Acquario - Sbloccata l’impasse burocratica, manca solo una concessione
 

Sono soddisfatto ma l’esperienza ci insegna che la battaglia non è ancora vinta
MUGGIA Ruspe in azione sul terrapieno Acquario nell'ultima settimana di giugno: si sblocca l'impasse che per anni aveva congelato qualsiasi progetto di recupero del sito interrompendo di fatto la linea di costa muggesana verso Lazzaretto. A dare un decisivo colpo d'ala al suo rilancio, il rientro nei giorni scorsi all'Arpa da un laboratorio specializzato che si trova in Veneto, dei risultati delle controanalisi eseguite dal Cipra dell'Università proprio sulle acque antistanti il sito oltre che sul suolo stesso per la rilevazione di amianto e diossina, elementi che con la strumentazione in dotazione all'Arpa non è possibile rilevare.
Da indiscrezioni trapelate sino a questo momento, parrebbe che il livello di inquinamento presente sul sito, specialmente nei punti estremi del terrapieno, quelli a contatto con il resto del lungomare, non presentino parametri allarmanti. Il completamento delle controanalisi era l'ultimo passaggio tecnico prima dell'avvio della conferenza dei servizi che in questi giorni la Regione sta convocando, per legge, non prima di 15 giorni dalla conclusione delle indagini chimiche. «Andiamo alla terza settimana di giugno - conferma Paolo Cartagine del servizio ambiente della Regione - in queste ore stiamo inviando le lettere agli enti interessati, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa, Provincia, oltre, naturalmente alla Regione».
L'incontro servirà ad illustrare l'esito delle rilevazioni e sulla base di questo risultato si deciderà il futuro del sito: qualora venissero confermate le ipotesi emerse sino ad ora, ovvero di un basso livello di inquinamento, la Regione emanerà un decreto immediato che di fatto potrebbe spalancare le porte, anzi il cancello dell'attuale recinzione, all'intervento di risanamento, possibile già il giorno successivo a cura del Comune di Muggia.
Resta un ulteriore passaggio formale, quello della concessione dell'area dalla Regione allo stesso Comune, ma la richiesta era già stata avanzata con largo anticipo e non dovrebbero esserci ostacoli al suo rilascio. «Accolgo quest'ultimo passo avanti con estrema soddisfazione anche se la cautela mi suggerisce di aspettare ancora qualche passaggio prima di dichiarare vinta questa lunga battaglia», commenta il sindaco, Nerio Nesladek che sul recupero del sito Acquario ha da sempre puntato quale elemento fondamentale per il rilancio dell'intero tratto di costa.
La prima cosa da fare, se tutte le caselle andranno al loro posto, sarà il ripristino della linea di scogliera che in alcuni punti è crollata e la bonifica del terrapieno dai materiali ferrosi e di riporto che oggi costituiscono un rischio per l'incolumità. Ultimato questo primo necessario intervento preliminare, il progetto del Comune per la risistemazione del terrapieno e del resto di strada per Lazzaretto prevedono la realizzazione di un'area di balneazione attrezzata, un parcheggio, una pista ciclopedonale con la possibilità di introdurre in via sperimentale e per periodi limitati anche il senso unico in direzione Slovenia.
GIOVANNI LONGHI

 

 

Pasta in piazza, contro le mafie
 

Oggi e domani torna nelle principali piazze italiane, l'ottava edizione de "la pasta dell'Auser" l'appuntamento con la solidarietà a sostegno del Filo d'Argento Auser, il servizio di telefonia sociale che aiuta gli anziani soli. I volontari dell'associazione Auser saranno in centinaia di piazze italiane con gli spaghetti biologici frutto del Progetto Libera Terra che, grazie alla legge 109 del '96, restituisce alla collettività beni confiscati alle mafie con l'obiettivo di sviluppare un circuito economico legale e virtuoso. La pasta dell'Auser è buona due volte perché unisce il sapore della solidarietà a quello dell'impegno per la legalità e la giustizia. Una pasta "antimafia" che aiuta gli anziani. Madrina dell'appuntamento è anche per quest'anno la conduttrice televisiva Rita Dalla Chiesa che ha deciso di impegnarsi personalmente diventando testimonial di Auser. Da sempre attenta alle tematiche di giustizia e legalità, Rita Dalla Chiesa ha deciso con entusiasmo di stare a fianco dell'Auser nella sua giornata più importante. La Dalla Chiesa ha gentilmente prestato la sua voce per uno spot radiofonico che trasmesso sulle principali radio e la sua immagine per la realizzazione di una apposita locandina. Abbinato all'evento "La Pasta dell'Auser" ci sarà un concorso: una cartolina da compilare in distribuzione nelle piazze italiane. Chi parteciperà al concorso potrà scoprire di essere vincitore di un Super Premio, un soggiorno per due persone (5 giorni e 4 notti) in Sicilia alla scoperta dei sapori della giustizia e della legalità e dei prodotti buoni della terra e di uno dei 15 cesti con vino, olio e pasta prodotti da Libera Terra. Per info: www.auser.it ufficio stampa: 348.2819301. Va ricordato che recentemente l’Auser ha siglato un protocollo d’intesa con Legambiente per sviluppare iniziative congiunte su temi come la qualità della vita, vivere e consumare solidale e sostenibile, il valore della conoscenza, il turismo sostenibile, tutela e promozione dei beni pubblici.

 

 

SEGNALAZIONI - «Differenziata obbligatoria, ma manca la rete» - RACCOLTA RIFIUTI
 

Il regolamento sulla gestione dei rifiuti - pubblicizzato di recente - risulta carente proprio sulla raccolta differenziata che da optional diventa obbligatoria e per la quale più impellenti e cogenti sono le normative europee e nazionali.
Mancano i presupposti pratici-organizzativi perché tutti siano messi in condizione di assolvere a tale obbligo; si dice che raddoppieranno le isole ecologiche ma si finge di ignorare che la conformazione del territorio e l’elevato numero di auto in sosta lasceranno sguarnite di tale servizio numerose zone della città ed i rispettivi residenti, né sono previste alternative: non si ipotizza un impegno per il gestore a un adeguato investimento in dotazioni più confacenti al territorio (contenitori e autocarri per asporto più piccoli con frequenza maggiore). Né si intravede la possibilità di raccolta porta a porta anche per le utenze domestiche.
Il regolamento tace anche sulle modalità di controllo della filiera del riciclo/recupero che incide, positivamente o negativamente, sui costi del servizio. A tutt’oggi le dichiarazioni del sindaco su una riduzione della Tarsu «grazie al termovalorizzatore» restano smentite dai fatti. Non si è voluto scegliere un modello premiante al pari di altri Comuni, quelli che utilizzano sistemi efficaci e capillari per cui viene tassata la produzione effettiva di rifiuti: premio per i cittadini virtuosi, incentivo per i riottosi. Infine, molte delle sanzioni appaiono inapplicabili per insufficienza numerica dei «controllori» a fronte di un maggior impegno e per la casualità e saltuarietà dei controlli, poco consone ad un regime di obbligatorietà. Per non parlare dell’ennesima vigliaccata nei riguardi di soggetti estremamente indigenti o patologici che «rovistano tra i rifiuti».
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere Pd IV circoscrizione
 

 

SEGNALAZIONI - Antenne in attesa
 

In questi giorni è ritornato prepotentemente alla ribalta il problema delle antenne per la telefonia mobile, ben duecento sono state già collocate, mentre una cinquantina «attendono silenziose» di avere un sito. Fermo restando che è giusto parlarne, che vanno informati i cittadini, specialmente i più giovani, ad un uso corretto che deve essere fatto del telefonino e in attesa che il «Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti di radiobase per la telefonia mobile», venga finalmente approvato, è necessario trovare una soluzione che dia risposta a questo prolificare selvaggio delle antenne sul territorio di Trieste.
Ecco quindi che, nel rispetto della normativa regionale di settore, va istituito un tavolo operativo con gestori, tecnici comunali, l’Arpa e un componente della Commissione consultiva, in rappresentanza dei cittadini, prevista nella normativa relativa al piano della telefonia mobile, allo scopo di concertare la collocazione sul territorio comunale di nuovi impianti, tenendo conto del rispetto dei siti sensibili, di far collocare le antenne in modo che il «centro elettrico» sia posto ad altezza superiore delle case circostanti, di raggruppare più antenne sulla stessa localizzazione, di preferire la collocazione delle antenne su aree o edifici di proprietà comunali e d’impegnare formalmente i gestori a trovare, ove possibile, e nel rispetto dei criteri esposti, nuove sistemazioni a quelle antenne già collocate ma che risultano essere vistosamente penalizzanti per i caseggiati vicini. Questi sono i contenuti di una mozione da me presentata, in consiglio comunale, che se verrà approvata, sarà un importante passo avanti, in attesa dell'approvazione del «Piano antenne», verso la soluzione di un problema che da troppi anni vede contrapposti i cittadini ai gestori, con l’Amministrazione che il più delle volte risulta praticamente, tranne che per l’aspetto paesaggistico, priva di ogni potere di veto, per mancanza di specifiche leggi.
Alessandro Minisini - Gruppo misto Partito della Nazione

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2010

 

«Trieste è splendida ma vedi prima le brutture» - L’INTERVISTA AL SINDACO DI CAPODISTRIA

 

Tondo ? In campagna elettorale mi disse che del rigassificatore non voleva saperne, adesso lo appoggia in pieno

Popovic: dalla Ferriera al Porto Vecchio, i turisti fuggono. Se il Parco del mare si fa qui noi ci tiriamo indietro
È innamorato di piazza Unità e buon cliente del Tea Room - Ma detesta le quattro corsie sulle Rive con quelle piante in mezzo: «Un cimitero»
Imprenditore, sindaco di Capodistria dal 2002, estroverso e senza peli sulla lingua, finito nel 2003 in prigione per un mese con l’accusa di frode fiscale, in buoni rapporti col sindaco Dipiazza che spesso lo cita come «il mio amico Popovic», un fluente italiano, eletto con una sua lista, «Capodistria è nostra», con la quale si ricandida a ottobre, Boris Popovic viene spesso descritto come «un fiume in piena» quando parla di qualcosa che gli sta a cuore.
E così è quando racconta della risalita della sua città, dei progetti in corso, del turismo che cresce e più ancora crescerà, di come ha preso al volo l’idea di incastonare un Parco del mare sul mare suo, diventando nei fatti la cartina al tornasole delle indecisioni triestine. Parla ancora di come ha ingaggiato un architetto celebre come Tobia Scarpa per progettare una spiaggia, e un’isola artificiale «in stile Dubai», di come ha agganciato Royal Caribbean e perfino Carnival, la numero uno al mondo, per fare di Capodistria una tappa di crociere al top.
Ma non è tutto. Perché Popovic anche viaggia molto in Italia, a Trieste viene da sempre e di continuo, anche solo a bere un caffè in piazza Unità, all’amato ”Tea Room”, per fare un giro, con ammirazione ma anche con altri sentimenti. E ci torna adesso, sempre volentieri, per replicare a quanti, da Dipiazza a Paoletti passando per la lettera aperta di Roberto Sasco, lo hanno tirato in ballo sulla spinosa vicenda del Parco del mare ”scippato”.
Sindaco Popovic, lei dice che Capodistria è al centro dell’Europa, che è facile attrarre turisti. Ma non lo è Trieste ancora di più?
Non l’ho detto io che Capodistria è al centro dell’Europa ma, ben prima di noi, una certa Maria Teresa... E oggi gli austriaci dicono che la Slovenia è una perla e ha un diamante: Capodistria. Certo, quando Trieste voleva concorrere all’Expo io mi sono offerto di aiutare, perché siamo su una linea unica, per Trieste andrei dappertutto. Però...
Pero?
Credo si sia perso quell’occasione perché il governo italiano ci credeva poco e politicamente era debole. Certo avrebbe dovuto dare qualcosa di alternativo a Trieste e invece niente, neanche un progetto... C’è quel Porto Vecchio! Si sarebbe potuti partire da lì per unire le intenzioni delle nostre due città. Invece...
Invece niente Expo?
A parte quello, quando io spesso prendo la macchina e dico ”vado a Trieste un attimo”, passo per un territorio terribile, orribile, bruttissimo. Quella superstrada con le curve sbagliate e l’asfalto scivoloso, e poi la zona ex Aquila, ma possibile che non si riesca a buttar via tutto? Lì bisogna pulire, mettere erba, fare una foresta di alberi, un parco naturale per i triestini.
Sembra facile, ma pare che non lo sia. Bonifiche...
Ma non è solo quello, adesso vogliono mettere impianti di gas proprio davanti a quell’area. Ma io gliel’ho detto: ma sono scemi, a Trieste? Sono amico del sindaco Dipiazza, glielo ho ripetuto più volte: tu vendi l’anima di Trieste, e per sempre, se accetti un impianto di rigassificazione nel golfo. Quella dev’essere un’area per il mare, per la gente. Ma i cittadini niente, non reagiscono, tacciono, è incredibile. Ma io dico una cosa...
Quale?
Non è che finirà il mondo se non si farà il rigassificatore, magari non finirà qualcosa in qualche tasca... Quell’impianto lo paragonerei alla nostra Krsko. Una centrale nucleare, con annessi e connessi, certo. Ma è stata fatta in una zona in cui, a parte i campi di patate, non c’è altro. Nessuno, per dire, si sarebbe sognato di farla sul mare. Qua pare invece che quasi tutti i vostri politici non vedano l’ora di rovinare ulteriormente la costa. E non parliamo di Tondo...
Che cosa le ha fatto il presidente della Regione?
In campagna elettorale era venuto anche da me, giurando che del rigassificatore non voleva saperne. Poi l’hanno eletto ed è diventato il suo primo sostenitore. Mi ha deluso moltissimo. Anche perché, col governo nazionale pienamente omogeneo, poteva fare grandi cose e invece... No, meglio se ne torni lassù, a cucinare...
Lei non le manda a dire, in effetti.
Quando vedo poi il Porto Vecchio, e penso che anche lì poteva essere tutta una spiaggia. Sa che cosa bisognava fare in quell’enorme, incredibile Porto Vecchio? Una specie di mini-Venezia. Canali, così che ci si sarebbe entrati solo con le barche. E attorno appartamenti, non solo quei vecchi enormi magazzini. E magari un’Aqualandia che sarebbe stata apprezzatissima dai triestini. Sarebbe stata una cosa magnifica per il turismo. Invece... Mi chiedo che turista possa rimanere in città vedendo la Ferriera in quegli stati e il Porto Vecchio abbandonato... Gira la macchina e se ne va. Bisogna fare le cose che nessun altro ha. Bisogna inventare qualcosa di nuovo.
C’era il Parco del Mare...
Può esserci ancora. L’ho detto proprio oggi (ieri ndr) al presidente della Camera di commercio Paoletti: se Trieste si muove e fa presto, noi ci facciamo da parte. Diversamente lo realizzeremo a Capodistria. Anche noi abbiamo fatto i nostri calcoli, e le stime sulla possibile affluenza reggono. Altro che Dipiazza...!
Cosa le ha fatto il sindaco?
Fa discorsi assurdi. Si agita, si muove, sembra voler far tutto lui ma poi non so quanto faccia. Non contano le dimensioni della città su cui grava il progetto, ma la bontà del progetto stesso. Peschiera ha più o meno le dimensioni di Capodistria, un decimo di Trieste e regge tutta una ”Gardaland”, con milioni di visitatori. E non parliamo di Postumia e delle sue grotte. Il problema è che i progetti vanno realizzati...
Invece le cose stanno molto ferme?
Tutto, tutto fermo. E perché? Si temono contraccolpi occupazionali dalla chiusura della Ferriera? Sono 400 persone, lo so bene, ma con un lavoro duro e sottopagato. Possibile non si riesca a riciclarle? A Capodistria, solo col recente centro commerciale ”Tus” sono state assunte 582 persone. Ripeto: 582. Certo a Trieste avete altri problemi. Anche quello che è stato fatto...
Anche quello non le piace?
L’autostrada davanti a piazza Unità.
Quale autostrada?
Ma non avete un’autostrada a quattro corsie sulle rive, davanti a piazza Unità? Invece di mettere le automobili in parcheggi sotterranei, e lasciare la piazza libera di affacciarsi sul mare, con una sorta di ”trampolino” verso il golfo. Adesso il trampolino sul mare lo faremo noi. E poi lì c’è quel cimitero.
Cimitero? Quale?
Quelle piante che stanno in mezzo alle quattro corsie. Sembra di essere in un cimitero. Non hanno messo olivi, palme, no, quelle piante da cimitero. Mancano solo le lapidi. A lei non pare? Tutta una bellezza buttata via. Solo semafori.
Sindaco, anche i semafori?
Ma è vero o no che ogni cento metri c’è un semaforo, sulle rive? E anche in città, come ti giri un semaforo. A Trieste è tutto ancora come cento anni fa. E pensare che è una città così grande, così veramente splendida.
Lei piuttosto perché non si oppone al fatto che la ”vignetta” sia obbligatoria per i triestini anche per venire a Capodistria?
Non si può levare, non si può. Ci sono tanti turisti, devono pagare. E le autostrade italiane, quanto costano? Io viaggio parecchio in Italia, è pazzesco quanto costano. Invece con la ”vignetta” paghi una volta sola per tutto l’anno e con gli stessi soldi giri dove vuoi, e quanto vuoi, si spende molto, molto meno. Poi magari uno che ha pagato, dopo essere arrivato a Capodistria, un’altra volta tornerà, andrà a Lubiana, o da qualche altra parte.
Un incentivo?
Ma direi un giusto sistema, europeo. Anche la Svizzera fa così, e anche l’Austria. Il fatto di pagare le autostrade per ogni tratta poi è sconveniente soprattutto per i triestini, chi abita a Milano o a Roma ha già tutto quel che gli serve, da Trieste invece bisogna viaggiare, e pagare. I camion è giusto che paghino, perché inquinano, ma non la gente.
A proposito di triestini, secondo lei hanno superato una certa logica di confine?
La gente sì, i politici probabilmente no. Penso sia solo una questione di voti, legata al fatto che da voi il periodo elettorale dura cinque anni, tutto un mandato... Questo modo di fare si ripercuote fatalmente anche sulle relazioni. Ne parlavo col presidente Paoletti: troppo pochi privati, dall’una e dall’altra parte, hanno investito in iniziative transfrontaliere. Bisogna allestire dei tavoli, confontarsi, conoscersi.
Ha dei suggerimenti per la candidatura del futuro sindaco di Trieste?
Intanto credo sia sbagliato l’attuale sistema che vieta di ricandidarsi dopo il terzo mandato. Se uno ha fatto bene e ha il consenso perché deve farsi da parte? Non sarebbe un sistema assolutamente democratico? Detto questo, auguro a Trieste intanto che il candidato non sia un politico ma un imprenditore, meglio ancora se totalmente svincolato dai partiti.
E ai triestini cosa augura?
Di trovare presto degli sbocchi per il futuro. È vero, Trieste è una città molto anziana, ma ai giovani cosa è in grado di offrire? Chiaro che prima o poi sono costretti ad emigrare verso aree più dinamiche, il business abita lì... A meno che qualcuno non pensi di mostrare ai suoi figli la Ferriera o il rigassificatore e dir loro: ecco, quello sarà il tuo destino...
Ci sarà qualcosa che invidia a Trieste..
Piazza Unità. Grandiosa, bellissima. Luoghi del genere non si trovano tanto facilmente, con quei palazzi che danno al tutto un valore aggiunto.
GABRIELLA ZIANI - FURIO BALDASSI
 

 

POPOVIC - L’INCONTRO SULLA REALIZZAZIONE DEL MAXI ACQUARIO - Paoletti: «Gli ho chiesto di aspettare»
 

Se Capodistria cresce col ritmo tipico di chi, tra un sistema politico e l’altro, si è perso qualche decennio di sviluppo, c’è chi guarda più in là. E crede che le attrazioni, di qualsiasi tipo siano, portino indotto a tutto il territorio. Di qua e di là dall’ex confine. «Ne ho parlato col sindaco di Capodistria Popovic – conferma Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio – trovando conferma alle nostre stime e disponibilità. Che dire? Le cifre, le proiezioni, le possibilità le ha studiate anche lui, e combaciano». «L’acquario – ha commentato Popovic – porterebbe ad almeno 900 mila visitatori l’anno», aggiungendo di aver atteso in questi anni prima di deciderne la realizzazione, perché non voleva mettersi in competizione con Trieste, ma semmai «trovare una collaborazione per movimentare i flussi turistici sui due territori». Paoletti gli ha chiesto di attendere prima di avviare l’iter per la realizzazione dell’opera simile a Capodistria e di non contattare ancora i privati investitori che intendevano finanziare la struttura, per consentire alla Camera di Commercio di chiedere ufficialmente all’amministrazione municipale triestina, di esprimersi definitivamente se realizzare o meno il Parco del Mare di Trieste».

(f.b.)
 

 

Veglia, rigassificatore a rilento Sarà pronto non prima del 2016  Il mercato internazionale è saturo Zaule potrebbe trarne vantaggio
 

Le aziende croate hanno tardato l’ingresso nel consorzio
VEGLIA Brusca frenata per il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj) a Veglia. L’entrata ”da moviola” delle aziende croate nel consorzio concessionario Adria Lng e la saturazione dei mercati internazionali del gas ha fatto slittare la data d’inizio dei lavori di costruzione, che fino a ieri pareva essere fissata al 2011.
È stato il direttore generale del consorzio, Michael Mertl, a dichiarare che – una volta ottenuta la licenza di costruzione (quella edile dovrà essere chiesta prima della fine del 2012) – Adria Lng dovrà rivedere i termini di edificazione. Una dichiarazione pesante, che sta a significare solo una cosa: il primo rombo di ruspa nell’isola nordadriatica, così il parere degli addetti ai lavori, non si udirà prima del 2013. Se dovesse andare effettivamente così, il terminal entrerebbe in funzione nel 2016, fra sei anni, un lasso di tempo parecchio lungo e che potrebbe costare caro al maxi impianto isolano.
Castelmuschio, che pareva in netto vantaggio sul rigassificatore di Zaule nel Golfo di Trieste, potrebbe essere facilmente scavalcata dal terminal italiano, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. A pesare sul ridimensionamento del progetto è stato, come già riferito, l’atteggiamento passivo delle aziende croate designate a fare parte di Adria Lng, con una quota del 25%. Per circa un anno e mezzo il progetto è risultato così bloccato, pausa controproducente e provocata da Ina (impresa petrolifera), Hep (Azienda elettrica statale) e Plinacro (principale distributore di gas in Croazia). Già lo scorso novembre il direttore Mertl aveva messo in guardia le tre imprese croate, invitandole a sbrigarsi nell’entrare nel consorzio. Avvertimenti rivelatisi fondati, in quanto solo pochi giorni fa Ina, Hep e Plinacro si sono ”svegliate dal letargo”, inviando una missiva al Gruppo, chiedendo di poter aderire ad Adria Lng. Un ritardo ingiustificato e che di fatto rallenterà la messa in pratica del progetto del rigassificatore, che avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2014. Alla lentezza della parte croata, si è aggiunto un mercato pieno zeppo di gas, in cui l’offerta supera la domanda, costringendo i grandi investitori – tra cui Adria Lng – a tirare il freno a causa del basso costo del gas.
Quella che arriva da Castelmuschio non è una buona notizia per la Croazia, che dipende dalle forniture russe in quanto quelle provenienti dai giacimenti metaniferi sottomarini in Adriatico non sono sufficienti. Il Paese ha perso l’opportunità di diversificare in tempi alquanto brevi l’arrivo di metano da Oltreconfine e inoltre diventa un punto interrogativo il rifornimento di gas per le necessità dell’Ente elettroenergetico croato. L’Hep ha in piano infatti di costruire una serie di centrali elettriche alimentate a gas ed è per questo che il rigassificatore di Veglia sarebbe giunto a pennello. In questo momento, il Paese riesce a coprire il 60% del fabbisogno di gas grazie alla produzione interna mentre – secondo gli esperti – l’aumento dei consumi costringerà la giovane repubblica postjugoslava a importare nel 2020 il 60% del quantitativo necessario. Attualmente, il consumo annuale in Croazia è di 3 miliardi e 200 milioni di metri cubi di gas: nel 2015 potrebbe essere portato a 5,7 miliardi, toccando invece i 6,1 miliardi nel 2019.
ANDREA MARSANICH
 

 

Piano regolatore, nuova secretazione - L’ESAME AL VIA IL 3 GIUGNO. OMERO (PD): NON VOGLIONO CHE I CITTADINI VENGANO A VEDERE?
 

A porte chiuse i lavori della commissione sulle oltre mille opposizioni e osservazioni - Corsa contro il tempo, in aula entro luglio
Sarà una vera corsa contro il tempo. E, ancora una volta, si svolgerà all’insegna della segretezza totale, con una scelta che sta già suscitando notevoli polemiche. I lavori della VI commissione, che deve discutere le 18 prescrizioni vincolanti della Regione e le 1051 opposizioni/osservazioni sul piano regolatore, partiranno presumibilmente il prossimo 3 giugno e, come anticipa il presidente Roberto Sasco, si tradurranno in una maratona che ogni giorno dalle 12 alle 15, indicativamente, dovrebbe consentire di smaltire tutte le istruttorie. «Abbiamo calcolato – racconta Sasco – di dedicare almeno tre sedute alle prescrizioni regionali e non meno di altre 20 alle osservazioni residue, con un ritmo di circa 50-60 pratiche al giorno. Una tabella di marcia che dovrebbe consentirci di finire l’istruttoria di commisione entro fine giugno-inizio luglio e poter approdare entro quel mese nelle aule del consiglio comunale».
Il cronoprogramma sarebbe già dovuto partire in questi giorni ma, come ha precisato Sasco, l’architetto Ave Furlan, direttore dell’Area pianificazione del Comune, ha chiesto una settimana di tempo in più per finire le controdeduzioni alle richieste regionali.
E qui si arriva alla secretazione, secondo Sasco richiesta dal vicesegretario Lorenzut, «che ha fornito una sua interpretazione». Una mossa che ha fatto saltare la mosca al naso all’opposizione, e segnatamente a Fabio Omero del Pd, che non ha mancato di farne l’oggetto di vibrate proteste nella riunione dei capigruppo di ieri mattina. «Perché secretano? Non vogliono che i cittadini vengano a vedere? Automaticamente verrebbe da pensare che abbiano qualcosa da nascondere...» Il riferimento, poi esplicitato, riguarda casi recenti che hanno fatto discutere (quello della cosiddetta ”pulcinaia d’oro” di Padriciano e del tennis Club di Muggia, terreni entrambi comprati da Michele Genna e Claudio Ciofi e miracolosamente cambiati come destinazione d’uso dopo l’acquisto).
«La maggioranza – spiega ancora Omero – si appella alla norma di regolamento che prevede il segreto d'ufficio sugli atti in fase istruttoria. A luglio dell'anno scorso il segretario generale aveva chiarito però che la decisione di secretare le sedute è della Commissione capigruppo e non sua. Il suo ruolo è infatti solo quello di esprimere pareri. Nel caso in questione il suo parere era che la fase di esame delle delibere in Commissione è ancora “istruttoria” e quindi ogni divulgazione è un reato di violazione del segreto d'ufficio. Altra cosa è invece la riunione del Consiglio nella quale si passa alla fase “deliberativa”, riunione che è quindi pubblica. Di opinione opposta era stato il difensore civico».
Intanto Sasco, come prima apertura, ha invitato i presidenti delle sette circoscrizioni a partecipare alla seduta sulle controdeduzioni regionali.
FURIO BALDASSI
 

 

E dal golfo torna la ”grande puzza” - È causata dalle esalazioni degli idrocarburi delle petroliere in rada
 

CENTINAIA DI SEGNALAZIONI AL CENTRALINO DEI VIGILI DEL FUOCO
La grande puzza, come ormai molti triestini sono abituati a chiamare questo fenomeno, è ritornata in città. Ieri l’allarme è scattato attorno alle 16.30. E sono state un centinaio le telefonate giunte al centralino dei vigili del fuoco. I quali hanno effettuato in molti casi gli opportuni controlli, perché il timore era quello di una fuga di gas. Prima nella zona di via D’Alviano, poi in via Locchi e infine ad Altura. A chiamare è stata gente spaventata ma soprattutto preoccupata.
Il mistero, che ormai non è più tale da qualche tempo, è stato svelato in breve. Tutta colpa delle esalazioni di idrocarburi provenienti dalle cisterne di qualche petroliera. «Quando il vento è diretto verso la costa, l’odore è inevitabile. Se poi la gente ha le finestre aperte è chiaro che l’effetto sia assicurato», spiegano i pompieri.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e dell’AcegasAps (questi ultimi hanno verificato l’assenza di perdite nella rete del gas). Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha fatta franca.
I primi contatti ravvicinati con questo fenomeno tipicamente estivo, risalgono all’estate del 2003.
Poi si sono ripetuti con una certa frequenza. Per giungere a una precisa definizione era stato necessario attendere il 2004, l’Arpa aveva collegato le esalazioni alla presenza di petroliere in golfo. Un gas inerte viene mantenuto sullo superficie del greggio per ragioni di sicurezza. Quando la temperatura esterna cresce di qualche grado, la pressione del gas aumenta e le valvole dei serbatoi delle navi si aprono, facendo uscire la nuvola nell’atmosfera. Spinta dal vento si espande poi sulla città.

(c.b.)
 

 

Timavo, 102 mila euro per ultimare la bonifica - Ret: Ora possiamo procedere con la riqualificazione del sito e inserirlo nel circuito turistico
 

FINANZIAMENTO DELLA REGIONE
DUINO AURISINA Si attendeva l’ultima tranche di finanziamento per dare seguito all’intervento di bonifica della terza risorgiva del Timavo, e finalmente il contributo della Regione è arrivato. Lo annuncia il sindaco di Duino, Aurisina Giorgio Ret: «Sono stati assegnati i 102mila euro che mancavano alla messa in sicurezza del corso d’acqua di San Giovanni in Tuba, e dunque ora potremo procedere celermente con la riqualificazione del sito, che comprende, oltre all’eliminazione degli ordigini bellici risalenti alla Seconda guerra mondiale, anche la sistemazione degli argini danneggiati dall’operato dei mezzi militari, la piantumazione delle specie vegetali rimosse e l’implemento dell’arredo urbano, nonchè il recupero del sentiero di collegamento all’area. Ciò – osserva – nell’ottica di favorire l’inserimento della zona, di significativo pregio naturalistico, nel circuito turistico del territorio».
L’amministrazione comunale, intanto, per interessamento di Alessandro Fattori, responsabile della Protezione civile, ha già inviato una lettera allo Sdai di Ancona (Servizio disattivazione antimezzi insidiosi) con la richiesta di intervento. Da rimuovere ancora centinaia di ordigni. Che con ogni probabilità verranno fatti nuovamente brillare in una zona poco distante, nel Monfalconese, vale a dire nell’area industriale del Lisert. «Putroppo – spiega Fattori – solo i militari di Ancona possono operare per l’eliminazione di ordigni presenti in corsi d’acqua. Lo Sdai interviene su tutto il territorio nazionale, e dunque dovremo attendere ancora un po’ prima di concludere l’intera operazione». Il sindaco Ret, comunque, è convinto che si risolverà tutto entro l’estate: «Ho fatto un’espressa richiesta in questo senso. Se si attende il periodo autunnale, con il matempo non si fa più nulla».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - FIRME PER L’ACQUA

 

Firme per l’acqua pubblica, superato il mezzo milione di firme. A Trieste sarà possibile firmare, domani e domenica, al Festival delle diversità all’Ausonia, in largo Bonifacio (inizio Viale) dalle 17 alle 19. Domani, in via Dante, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Alla Bottega del Mondo in via Torrebianca 19 oggi dalle 15.30 alle 17.30. Inoltre tutta la settimana al mattino nei Comuni della provincia di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2010

 

 

Ferriera, la Regione riapre l’iter sull’Aia - Via alla procedura il 15 giugno. Ass: «preoccupazione» per gli sforamenti nelle emissioni
 

RIUNIONE DELLA TERZA E QUARTA COMMISSIONE
Il 15 giugno la Regione riaprirà la procedura sul rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola. Lo ha annunciato ieri l’assessore alla Salute, Vladimir Kosic, alla riunione congiunta della Terza e quarta commissione del Consiglio regionale presiedute da Giorgio Venier Romano (Udc) e Alessandro Colautti (Pdl). Come aveva già preannunciato nell’incontro precedente l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, per procedere l’amministrazione regionale non intende aspettare la pronuncia del Tar.
L’accelerazione decisa troverebbe avvallo anche nella lettera che il direttore generale dell’Ass, Fabio Samani, ha inviato il 13 maggio al sindaco Roberto Dipiazza e in cui si rileva come nel periodo 1 gennaio - 30 aprile per quato riguarda le Pm10 si siano registrati 12 superamenti dei limiti normativi alla centralina di via Caprineto, 4 a quella di via Pitacco, 14 a quella di via Svevo e 17 al mezzo mobile. Si fa anche presente che il Dm 60/2002 prevede che dal primo gennaio 2010 i superamenti non possano essere più di 7 all’anno. «Questa azienda in più occasioni, in sede di tavoli tecnici e conferenze di servizi, nonché nella precedente corrispondenza - si legge nella lettera - ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa, rappresentando la propria preoccupazioni in tal senso. Si ribadisce pertanto la necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica».
Ieri, interrogato dal consigliere del Pd, Sergio Lupieri, su quali dovrebbero essere i provvedimenti, Samani ha risposto che «questi sono i dati e sta ora ai politici decidere». Ma il secondo elemento di novità emerso dall’incontro è che un immediato intervento che verrà avviato per verificare la situazione ambientale all’interno dello stabilimento vedrà il coinvolgimento di un professionista dell’Azienda sanitaria. Secondo Maurizio Bucci, consigliere del Pdl, proprio un più deciso atteggiamento da parte dell’Ass impresso dal recente cambio del direttore generale potrebbe essere la chiave di volta per giungere alla chiusura, da lui auspicata, dello stabilimento. Secondo la stessa nota ufficiale emessa dalla Regione, «il tavolo interdisciplinare e interassessorato è un chiaro segnale che l’amministrazione regionale ha avviato un percorso di dismissione dell’impianto. Il problema della salute - si afferma - dovrebbe imprimere una forte accelerazione in tal senso». Lo stesso Lupieri ha ieri ha affermato che «non è più sostenibile la sospensione del procedimento di riesame dell’Aia in attesa del pronunciamento del Tar perché la salute non è mai negoziabile».
Nel corso del riesame dell’Aia dunque, se si verificherà, come auspica Bucci, che i tecnici aiuteranno i politici a mettere in campo azioni utili per la tutela dei cittadini, la Servola spa verrà sostanzialmente stretta all’angolo dalle prescrizioni molto più stringenti che verranno emanate.
È comunque anche vero, come ha ammesso l’assessore Kosic, che non esiste alcuno studio che attesti negli abitanti di Servola un’importante esposizione a inquinanti ambientali. Il campione selezionato, 79 cittadini su base volontaria e i risultati che sono emersi non sono tali da avere un’evidenza scientifica, bisognava raggiungerne almeno 150-200. «Sostanziamente comunque - ha concluso Kosic - non si sono rilevate indicazioni di particolare gravità. E lo stesso vale per i dipendenti dell’azienda».
SILVIO MARANZANA
 

 

FERRIERA - Dall’altoforno sibilo e fiammata Paura a Servola
 

Un sibilo che poteva sembrare uno scoppio, una fiammata e il terreno che ha tremato per 40 secondi. L’episodio, alle 8.20 di ieri mattina in Ferriera, ha messo in fuga operai impauriti e innescato telefonate preoccupate di servolani.
«L’altiforno è andato in sovrappressione - ha spiegato il responsabile della comunicazione Francesco Semino - e allora è entrato in azione il sistema di emergenza: si sono aperti i ”blider”, cioé le valvole che permettono lo sfiatamento. Comunque nessun danno».
 

 

«Diossina dall’inceneritore, chiediamo l’oblazione» - La magistratura bloccò due linee di smaltimento: potenzialmente pericolose
 

MOSSA A SORPRESA DEI LEGALI CHE DIFENDONO MARINA MONASSI E ALTRI DIRIGENTI DELL’EX MUNICIPALIZZATA
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione. Lo prevede la legge, se viene applicata correttamente».
Questa semplice istanza, avanzata dall’avvocato Giovanni Borgna e accompagnata da una ponderosa memoria scritta e da una dettagliata illustrazione in aula, ha causato un mezzo terremoto nell’udienza di apertura del processo nato dalle ripetute fuoriuscite di diossina con valori superiori ai limiti di legge misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’inceneritore di via Errera. All’epoca due delle tre linee di smaltimento erano state fermate dalla magistratura perché ritenute potenzialmente pericolose per la salute pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da Trieste e dall’Isontino i rifiuti raccolti nei due centri urbani. Il blocco delle due linee era stato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps, al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini, cinque milioni di euro.
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione» ha affermato in apertura d’udienza l’avvocato Giovanni Borgna. Accanto a lui erano schierati gli altri legali - Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Sergio Mameli - che assistono i vertici della ex municipalizzata trascinati in aula come imputati. Il problema che ha di fatto bloccato il procedere del processo è rappresentato dalla difficile applicazione delle leggi in campo ambientale. In sintesi tre sono le vie percorribili in astratto per sanzionare sul piano penale le fuoriuscite di diossina. C’è la legge 152/06 conosciuta come Codice dell’ambiente ed è la più generica e ammette l’oblazione. C’è la 133/05, una norma speciale sugli inceneritori che è stata applicata in questa indagine dal pm Maddalena Chergia e che non ammette oblazioni. E c’è la norma specialissima della 59/05 invocata dall’avvocato Giovanni Borgna, che regola le emissioni degli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale, come l’inceneritore di via Errera. Questa norma ammette l’oblazione anche se tutti i difensori degli imputati - Marina Monassi, direttore generale dell’Acegas, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin, già amministratore della società - ieri in aula hanno affermato di essere pronti, dati e perizie alla mano, a difendersi egregiamente anche nel merito. La richiesta di oblazione risponde unicamente all’economia processuale.
Il mezzo terremoto - come abbiamo detto in apertura dell’articolo - nasce dal fatto che secondo la difesa a questo caso è stata applicata una normativa troppo generica e non quella specifica degli impianti soggetti a dichiarazione integrata ambientale. Il pm d’udienza si è trovata di fronte a questa nuova situazione e ha informato del nuovo scenario il pm Maddalena Chergia che ha gestito l’indagine. La rappresentante dell’accusa è entrata in aula, ha esaminato la memoria presentata dall’avvocato Borgna e ha chiesto tempo al giudice Paolo Vascotto per rispondere adeguatamente all’istanza di oblazione.
Il processo riprenderà dunque il 29 settembre, data in cui dovranno essere sciolti questi nodi. Va aggiunto che le emissioni fuorilegge di diossina erano emerse all’improvviso in base alle misure effettuate dai tecnici dell’Arpa. L’episodio più inquietante risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nonogrammi per metro cubo d’aria alla bocca del camino. Dieci volte più del valore limite. Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l’11 e il 12 genanio 2007 con rispettivamente 0,189, 0,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.
CLAUDIO ERNÈ
 

 

Il Comitato No Tav: «Progetto antieconomico, potenziare il trasporto locale su rotaia»
 

OGGI UN VOLANTINAGGIO ALLA STAZIONE CENTRALE PER CONTESTARE LA TRIESTE-DIVACCIA
Volantinaggio “No Tav” oggi davanti alla Stazione ferroviaria di piazza della Libertà. A organizzare la protesta il Comitato “No Tav di Trieste e del Carso”, che ieri ha illustrato le motivazioni che hanno portato a questa manifestazione, estesa a tutte le principali stazioni ferroviarie del Friuli Venezia Giulia. «Il sistema dei treni ad alta velocità – dice Peter Behrens, esponente di Rifondazione, parlando per conto del Comitato – è perdente sia sotto il profilo economico, sia sul fronte dei servizi ai cittadini, perché sarà pagato coi soldi di tutti, ma destinato a pochi. Noi vogliamo invece un treno che serva a tutti, soprattutto ai pendolari e alle merci. Per questo motivo si deve cambiare modo di pensare al trasporto, renderlo più locale e meno centralizzato in poche stazioni».
Le ragioni esposte sul volantino riguardano la «necessità di accelerare i treni esistenti, implementare la rete di linee transfrontaliere e quelle interne, non isolare le città minori». I rappresentanti del Comitato non si dichiarano contrari solo alla tratta “Trieste-Divaccia”, ma in generale al sistema Tav. Nel volantino, si fa riferimento anche alla preoccupazione espressa dalla deputata europea Debora Serracchiani, la quale ha affermato che «l’Italia, non avendo ancora iniziato i lavori, rischia si perdere i finanziamenti europei, dato che, da giugno, per valutare la finanziabilità, l’Ue non si baserà più sul fatto che le tratte siano transfrontaliere, ma solo sull’analisi del rapporto fra costi e benefici e per questa valutazione tutte le tratte italiane potrebbero essere stralciate».

(u. s.)
 

 

VOLONTARIATO - Svolta al Csv, eletto Pierpaolo Gregori - Battuto Andino Castellano: «Ho presentato proposte concrete»
 

Membro del direttivo per la provincia

È Pierpaolo Gregori, direttore della rivista Help e presidente dell'associazione di volontariato Tutela Onlus, il consigliere eletto per Trieste nel direttivo del Centro servizi volontariato. Il Csv offre ai suoi soci servizi che vanno dalla consulenza all'assistenza logistica alla promozione di eventi, con l'intento, come indicato dalla Legge quadro sul volontariato, di qualificare e sostenere le organizzazioni di volontariato presenti sul territorio. Cinque in tutto le sedi sul territorio regionale distribuite nelle quattro province, più una che fa riferimento a Tolmezzo per il territorio carnico; a queste poi si aggiungono altre 12 sedi secondarie di collegamento con le quattro provinciali. Cinque i consiglieri eletti per le diverse zone che compongono il direttivo del Csv, più altri quattro rappresentanti per rispettivamente il Comune di Pordenone e le Province di Pordenone e Udine – che si alternano con quelle di Trieste e Gorizia - oltre al Comitato di Gestione (l'ente erogatore dei fondi a favore del volontariato). A Trieste sono 162 le associazioni iscritte, per un totale di oltre 15 mila soci.
Gregori, che siederà al Csv per i prossimi tre anni, prende il posto di Andino Castellano, figura storica dell'associazionismo, vicepresidente della federazione di Trieste del Movimento per il volontariato nazionale e da sempre volontario di “Linea Azzurra - in difesa dei minori”. Una vittoria schiacciante per Gregori, che ha portato a casa 69 voti su un totale di 92 associazioni di Trieste, presenti venerdì scorso all'assemblea organizzata a Palmanova. «Hanno capito che c'è una reale volontà di cambiare, soprattutto in termini pragmatici», racconta Gregori, che ha organizzato un pullman di 50 persone per portare a votare i triestini. Tra gli altri candidati per Trieste anche Andino Castellano, sostenuto dalla sezione regionale del Movimento per il volontariato nazionale. «Per la prima volta sono stati presentati dei programmi per le attività da fare nei prossimi tre anni – racconta Gregori – il mio ha prevalso su quello di Castellano, un programma più filosofico, mentre io ho cercato di presentare qualcosa di concreto con numeri e cifre. Nei prossimi anni i fondi per il volontariato saranno in misura sempre minore e così dobbiamo cercare di risparmiare. Intanto in sede di assemblea è stata approvata la mia proposta di ridurre i compensi dei revisori dei conti da 35 mila euro a 11 mila».
Fitto il programma che Gregori intende portare avanti nei prossimi anni per cercare di razionalizzare i costi della struttura. «La mia proposta è di informatizzare il Csv, ad esempio fornendo una tessera con un microchip per l'accesso ai servizi, potenziare il sito, contenere i costi di funzionamento degli organi direttivi, valutare la permanenza dei dodici sportelli di secondo livello, valorizzare il personale».
Secondo Castellano però le scelte di Gregori ricordano il mondo aziendale. «Il Csv deve restare una vera associazione e vanno valorizzati i progetti del mondo del volontariato. Le proposte di Gregori ricordano un volontariato autoreferenziale, la nostra non è un'occupazione né un trampolino di lancio per chissà quali ambizioni».
Ivana Gherbaz
 

 

Canovella, progetto per canalizzare le acque piovane - AURISINA. IL TAVOLO IN MUNICIPIO
 

DUINO AURISINA La proposta di affidare nelle mani del geologo Bruno Grego la risoluzione della spinosa vertenza che gravita sull’ambito A32 di Marina di Aurisina è stata accolta con favore da coloro che hanno preso parte all’assemblea di ieri pomeriggio in municipio. Un incontro a cui non tutti, però, hanno potuto partecipare a causa di un ”qui pro quo” sulla comunicazione della data fissata per la riunione. Circostanza, questa, che non ha mancato di sollevare qualche mugugno.
Il tavolo (presenti Fvg Strade, proprietari di ville, agricoltori e il sindaco Giorgio Ret) è stato tuttavia fondamentale per buttare giù i capisaldi del complessivo intervento per contrastare il dissesto idrologico esistente nell’area tra Canovella de’ Zoppoli e le Ginestre.
Entro il 9 giugno il geologo Grego sarà chiamato a presentare un primo progetto per la canalizzazione delle acque piovane, opera che spetta a a Fvg Strade. «Si tratta di un intervento prioritario – ha spiegato il sindaco Ret – da cui si deve prioritariamente partire. L’elemento che incide di più sull’erosione dei terreni è proprio l’acqua piovana. Successivamente verrà presentato un altro piano per la messa in sicurezza del tratto più critico della strada. Il Comune – ha concluso – andrà a verificare a che punto sono gli espropri della strada, avviati dal Commissario di governo decenni fa, per il perfezionamento delle operazioni».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

ATER - E si parte con l’edilizia sostenibile - Pannelli solari e fotovoltaico per 48 abitazioni in via Dell’Acqua
 

Entro la fine dell’anno si chiuderà la fase di definizione delle soluzioni tecnologiche e dei materiali da utilizzare. Lo stesso avverrà per la progettazione vera e propria. Così, «entro il giugno del 2011 potrà essere affidato l’appalto», conferma il direttore dell’Ater di Trieste Antonio Ius. Seguirà l’avvio dei lavori. Questo l’iter che, tappa dopo tappa, porterà alla costruzione in via Cesare dell’Acqua di 48 alloggi per i quali saranno adottate in via sperimentale tecniche rispondenti ai principi dell’edilizia sostenibile nel rispetto del protocollo regionale Vea. In programma, anche il ricorso a «pannelli solari, al fotovoltaico e al sistema di recupero e riutilizzo, per quanto possibile, delle acque piovane», aggiunge Ius.
L’intervento di edilizia residenziale sovvenzionata, previsto appunto su un’area disponibile di proprietà dell’Ater, comporterà una spesa complessiva di circa 10 milioni di euro. «Di sette milioni è l’anticipo che la Regione ci darà attraverso il canale dell’edilizia sovvenzionata, cifra che l’Ater restituirà all’ente regionale nel giro di trent’anni - spiega Ius -. Sempre dalla Regione arriveranno rispettivamente altri 250mila e 40mila euro annui, in entrambi i casi per dieci anni, tramite differenti capitoli di finanziamento».
Proprio a inizio settimana la giunta comunale, intanto, ha licenziato la delibera con cui si approva lo schema di Accordo di programma da stipulare con la Regione, l’Ater della provincia di Trieste, il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università triestina e il Consorzio per l’Area di ricerca. Quest’ultimo, come recita la delibera, potrà «contribuire alla definizione dei contenuti sperimentali e delle analisi di convenienza tecnica, economica e gestionale affiancando l’Ater e la Regione nella valutazione dei risultati». Mentre il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’ateneo triestino andrà a «supportare la sperimentazione necessaria con azioni di ricerca ed alta formazione».
Gli alloggi saranno costituiti probabilmente da cucina, soggiorno, bagno e due stanze da letto. Una volta assegnati, gli appartamenti verranno sottoposti a un monitoraggio biennale per verificare il funzionamento e le risposte in termini di economicità delle soluzioni ecosostenibili. Il caso di via dell’Acqua, infatti, potrebbe essere utilizzato come esempio da seguire per la futura costruzione di altri nuovi edifici residenziali.

(m.u.)
 

 

Parte l’operazione pannelli solari a Gorizia, saranno a costo zero
 

IL PROGETTO PRESENTATO DALLA PROVINCIA CONSENTIRÀ L’INSTALLAZIONE DI 330 IMPIANTI FOTOVOLTAICI
La Popolare di Cividale copre tutti i costi in cambio del credito garantito dal Conto energia. Il bando fra una decina di giorni
GORIZIA Cedere il credito garantito dal Conto energia fino a quando l’impianto non sarà ripagato. In cambio, occorre aprire un conto corrente alla Banca di Cividale, che finanzia l’intera operazione. Il tutto, a fronte di un contributo di 300 euro a fondo perduto che verrà assicurato dalla Provincia di Gorizia. Sono questi gli ingredienti di ”Go Elios Family”, il progetto presentato ieri congiuntamente dal gruppo Banca di Cividale e dalla Provincia di Gorizia: uno dei primi di questo genere ad essere formalizzati in Italia. “L’obiettivo – ha spiegato il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta – è permettere ai cittadini di disporre di un impianto solare a costo zero e di beneficiarne una volta che, attraverso il Conto energia, la banca avrà recuperato i soldi per l’acquisto e l’installazione dell’impianto”. L’ente provinciale, in vista del bando che si aprirà tra una decina di giorni (e al quale potranno rispondere solo coloro i quali sono residenti in provincia di Gorizia), ha stanziato complessivamente 100mila euro, sufficienti per circa 330 impianti.
L’istituto di credito, che gestisce l’operazione attraverso la controllata NordEst Banca, la quale a sua volta si appoggerà operativamente agli sportelli goriziani ed isontini della Banca di Cividale, ha preventivato una spesa globale compresa tra i 6 e i 7 milioni di euro per sostenere il progetto. ”Al di là del ricavato del conto energia (0,46 euro per ogni kilowattora prodotto; cifra destinata con ogni probabilità a calare del 20% circa dall’anno prossimo, ndr) – ha spiegato Lorenzo Pelizzo, presidente della Banca di Cividale – per noi il vero vantaggio è rappresentato dall’apertura del conto corrente da parte di coloro che risponderanno al bando. Questo ci consentirà di fidelizzare nuova clientela e di veicolare i nostri prodotti”. Un ”ritorno” di natura commerciale, dunque, in cambio della possibilità di andare a coprire i propri consumi energetici e di guadagnarci, una volta che l’impianto si sarà ripagato (e ciò normalmente avviene in un tempo di circa 10 – 15 anni). Da segnalare il fatto che le installazioni saranno curate da imprese del territorio. Verrà stilato un elenco di ditte al quale gli interessati potranno fare riferimento. L’unica condizione per le aziende è che dovranno rispettare una nota tecnica. Questo documento, va specificato, prevede delle caratteristiche standard per quanto concerne l’ubicazione dell’impianto.
Nicola Comelli
 

 

Tre giorni all’Ausonia nel segno delle ”diversità”: incontri, musica, assaggi - IL FESTIVAL DA DOMANI A DOMENICA
 

Tema dalla kermesse è la ”non-violenza”: si parte con omeopatia per animali, nucleare, ecologia
La sede è lo stabilimento balneare Ausonia in Riva Traiana, il periodo da domani a domenica, i contenuti sono molteplici, anzi letteralmente ”diversi”. Parte nel prossimo fine settimana l'ottava edizione del ”Festival delle Diversità”, evento organizzato dal trittico di realtà triestine formato da ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, ”I Cammini Aperti” e ”Centro delle Culture”, con il contributo della Provincia di Trieste e del Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia. La tre - giorni promossa all'Ausonia si basa quest'anno sul tema della non-violenza, ma conferma nel complesso il consolidato copione delle passate edizioni del Festival, articolando i toni sull'impegno antico del dialogo e del confronto, dando vita a una giostra di tappe quotidiane colorate da convegni, animazione per bambini, teatro, concerti, mostre, cibo multietnico, workshop e altre forme, tutte nel segno della ”diversità”.
Alla edizione 2010 del festival saranno circa 50 le associazioni locali che hanno aderito alla manifestazione, coinvolgendo tra l'altro qualcosa come 250 tra operatori e artisti: «Associazioni che partecipano fattivamente all'intero allestimento, non solo per la pura presenza», ha precisato Elena Giuffrida, portavoce dello staff organizzativo, nel corso della conferenza di presentazione, nella sede della Provincia, a cura di Dennis Visioli, assessore alle Politiche di Pace. «Un dato che conferma il reale impegno sociale e la solidarietà quali punti fissi dell'evento».
Evento che si affida a una sequela di variegati appuntamenti.
Domani la kermesse si apre attorno alle 16, con la conferenza curata dal medico veterinario Andrea Sergianpietri, sul tema ”Omeopatia per gli animali - scelta consapevole per sostenere e non violentare la Natura”; nella stessa giornata il cartellone si espande con iniziative musicali (danza del ventre, danza indiana e moderna, percussioni africane), tavole rotonde sui temi della identità, della ecologia e soprattutto sul nucleare.
Su quest'ultimo argomento convergono aspettative particolari da parte degli organizzatori del Festival delle Diversità. Obiettivi ribadito a chiare lettere anche nel corso della conferenza di ieri, dalle parole di Diego Mancarella, vertice di ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, convinto assertore della necessità per il nostro territorio della divulgazione di alcuni dati e ricerche legati al nucleare, di ambito civile e militare. Materia che verrà affidata a Angelo Baracca, docente di Fisica all'Università di Firenze, atteso a Trieste nelle conferenze di domani (alle 19) e sabato (alle 17). Le restanti due giornate del festival sembrano reggere il ritmo della variopinta intensità annunciata dagli ideatori, oscillando dalle tematiche ecologiche a quelle della libertà sessuale, stemperate ancora da musica, animazione e adattamenti teatrali ((www.cultures.it).
Francesco Cardella
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Le detrazioni del 55% convengono all'economia italiana

 

L’Enea ha presentato un bilancio sulle detrazioni fiscali del 55% per l’efficienza energetica nel triennio 2007-2009. Con il sistema, introdotto attraverso la legge finanziaria 2007, in tre anni sono stati varati interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici per un valore complessivo di oltre 7,8 miliardi di €. Nello stesso periodo, si è registrato un incremento degli interventi di risparmio energetico con investimenti pari a circa: 1,4 miliardi di euro nel 2007; 3,5 miliardi di euro nel 2008; 2,9 miliardi di euro nel 2009 (dato non ancora definitivo). I dati sono stati presentati dall’Unità tecnica per l’efficienza energetica dell’Enea, durante il workshop "Detrazioni fiscali per l’efficienza energetica: analisi, risultati e prospettive" tenutosi presso la sede Enea. L’incontro è stato l’occasione per stilare un bilancio dei risultati ottenuti grazie al meccanismo del 55% e per un confronto fra le parti interessate sulle prospettive del programma e le implicazioni della scadenza del programma stesso, fissata al 31 dicembre 2010.
Il futuro della detrazione del 55% per l'efficienza energetica negli edifici è infatti a rischio. Giampaolo Valentini, responsabile del settore efficienza energetica per l’Enea, ha spiegato che la probabilità di una proroga dell’incentivo oltre il 31 dicembre 2010 è bassa: “il Ministero dello Sviluppo Economico, come confermato pubblicamente dal sottosegretario Stefano Saglia, è favorevole a rinnovare la misura, ma quello dell’Economia è più propenso a far morire l’incentivo, considerato troppo oneroso”.
Durante l’incontro sono stati presentati alcuni dati del centro di ricerca Cresme che smentiscono le preoccupazioni sui costi del sistema di incentivi. Per quanto riguarda il bilancio dello Stato, lo sgravio fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica risulterebbe a costo zero. Se da un lato, infatti, con le detrazioni del 55% si sono registrate delle mancate entrate per le casse dell’erario statale, dall’altro si possono considerare delle entrate immediate che derivano dall’imposta sul valore aggiunto con la vendita e installazione derivanti dagli interventi per il risparmio energetico. Oltre a queste entrate vanno ad aggiungersi anche quelle derivanti dall’emersione dal lavoro nero e dalla creazione di nuove imprese orientate all’efficienza energetica.
Valentini durante un suo intervento in occasione di Solarexpo, ha sostenuto che “in realtà i costi dell’incentivazione sono ben minori dei benefici monetari e ambientali che la detrazione fiscale del 55% comporta”. Secondo lo studio Cresme infatti se la stima del costo della manovra per lo Stato dal 2007 al 2010 è di 6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200 mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 mln €), ammontano a 10.310 milioni di euro, questo senza contare i benefici, più difficilmente quantificabili, come le emissioni evitate e lo stimolo a favore dell’occupazione, dell’innovazione e di un tessuto produttivo maggiormente attivo.
Anche gli imprenditori difendono gli incentivi: “la mancata conferma del bonus del 55% - avverte ad esempio Angelo Artale, direttore generale di Finco - vibrerebbe un durissimo colpo ad una parte dell’industria delle costruzioni già pesantemente provata dalla crisi generale, la sua riconferma potrebbe invece costituire uno dei traini per la ripresa”.
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Rigassificatore, Corazza (Idv) avverte: "No a un baratto il cui costo graverà su ambiente, sicurezza e salute dei cittadini di entrambi i Paesi"
 

In seguito all’incontro bilaterale Italia-Slovenia al quale hanno partecipato i Ministri dell’ambiente dei rispettivi paesi, avente a tema il Rigassificatore di Trieste, l’ampliamento del porto di Capodistria e le procedure di sicurezza sulle centrali nucleari, interviene Alessandro Corazza: «Attenzione – avverte – perché i Governi stanno facendo un baratto che antepone gli interessi economici al diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini».
«Da una parte l’Italia permetterà alla Slovenia l’ampliamento dell’aerea portuale di Capodistria, tanto caro al governo Sloveno; dall’altra si assicura così il placet dei vicini sul progetto del Rigassificatore, tanto caro a Governo e Gas natural. Inoltre le rassicurazioni sull’impianto di rigassificazione fornite dall’Italia alla Slovenia appaiono decisamente risibili rispetto alla dimensione delle problematicità che invece investono il diritto alla salute dei cittadini e la preoccupante insicurezza dell’impianto proposto da Gas Natural, come già fatto notare in più occasioni dalla comunità scientifica triestina».

«La Gas Natural –continua il dipietrista - deve ancora presentare delle modifiche al progetto in linea con le prescrizioni contenute nel decreto di Via che risale al luglio 2009. Sul progetto pendono numerosi ricorsi al Tar da parte di varie amministrazioni locali (Muggia, San Dorligo della Valle e Capodistria) e di numerose associazioni per la tutela del territorio (Wwf, Legambiente, Greenaction Transational). Questo accordo – conclude Corazza – non serve a tutelare i diritti più importanti dei cittadini, ma soltanto gli interessi, per lo più economici, di grandi gruppi industriali e dei Governi interessati ai benefici finanziari che ne derivano».
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

Rigassificatore di Trieste. Il WWF: “Prestigiacomo disinformata, superficiale o arrogante?”
 

Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell’incontro con il collega sloveno Žarnić, lunedì 24 maggio a Trieste.
I resoconti di stampa riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse sarebbe “oggettivamente scollegato” dal progetto del rigassificatore di Zaule.
Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il GNL rigassificato agli utenti finali?), così come sono noti – e dovrebbero esserlo anche al ministro – i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull’intero ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere (che si aggiungerebbe a quello già prodotto dalle petroliere dirette al terminale SIOT), sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati tanto negli studi di GasNatural e SNAM, quanto nelle valutazioni del ministero dell’ambiente, come il WWF ed altri hanno ripetutamente segnalato.
Ce n’è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro che progetti “oggettivamente scollegati”!), per non dire delle innumerevoli gravi scorrettezze, contraddizioni e falsità negli studi di GasNatural, del fatto che le osservazioni ed i pareri dei Comuni in cui tali scorrettezze, contraddizioni e falsità venivano documentate, non sono stati presi in considerazione dal ministero dell’ambiente, ecc.
Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde dell’impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le conclusioni di una procedura VIA – quella sulla centrale proposta di Lucchini Energia – ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat politici? Un film già visto, d’altronde, proprio con la VIA sul progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell’acqua di scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale delle polveri fini PM10 emesse nell’intera Provincia di Trieste. Dare per scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un ministro dell’ambiente. Così come del tutto irrazionale è il “protocollo d’intesa” firmato un anno fa da Regione, Provincia e Comune di Trieste con Lucchini, nel quale gli enti suddetti si impegnano a fare di tutto per favorire la costruzione della centrale in quanto “importante intervento di miglioramento ambientale” (sic!).
Il ministro Prestigiacomo, massimo garante (in teoria) di una rigorosa valutazione tecnica degli impatti che i progetti di opere private comportano per gli equilibri ambientali e la salute pubblica, pare quindi incline ad assecondare piuttosto le pressioni della politica (e degli interessi economici che con questa si intrecciano).
Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante “do ut des”: la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l’Italia in cambio non creerà ostacoli all’ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura VAS (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po’ di ricatto, in verità, e verrebbesemmai da chiedersi come mai sull’ampliamento di quel porto sia in corso una VAS transfrontaliera, mentre nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto di Trieste (che pure prevede un grande “polo energetico” al suo interno, in un sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai muggesani prima ancora che al Governo sloveno. Almeno questo è quello che si augura il WWF.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2010

 

 

Calamaretti, moli, ”girai” e seppioline spariscono dalle nostre tavole - Dal primo giugno i pescatori non potranno più usare reti con maglie inferiori a 5 centimetri
 

La direttiva europea si ripercuote in particolare sul golfo di Trieste Guido Doz: «Bisognerà pensare a tenere in piedi il settore ma anche a smantellare buona parte della flotta»
Un sacco di prelibatezze del nostro mare spariranno dalle pescherie e dai tavoli dei ristoranti in meno di una settimana. Calamaretti, seppioline, polipetti, moscardini, ”girai”, moli e ”barboni”: queste le principali specie che i pescatori non potranno più catturare dal primo giugno, quando scatterà la direttiva europea che impone l’aumento delle dimensioni minime delle maglie delle reti a strascico, da due a cinque centimetri.
A sparire dal mercato saranno anche i caperozzoli, perchè le ”turbosoffianti”, con il nuovo limite di 600 metri dalla costa, non potranno più pescare proprio dove si concentrano i prelibati bivalve. «Saremo costretti a lavorare nell’illegalità – commenta Guido Doz, responsabile regionale dell’Agci Agrital – perché al largo non si pesca nulla. La direttiva comunitaria si applica a tutti gli Stati dell’Ue, ma il danno lo sopporterà soprattutto l’Italia e in particolare l’Alto Adriatico».
Per il golfo di Trieste si prospetta una grossa riduzione dell’attività di pesca. Le specie citate più sopra costituiscono infatti il 50% della produzione annua dei 200 pescatori triestini, per un valore vicino al 40% del loro reddito complessivo.
Qualche giorno fa Doz ha fatto il punto della situazione con il direttore generale della Pesca del ministero delle Politiche agricole, Saverio Abbate. «Per tenere in piedi il settore – spiega il responsabile dell’Agci Agrital – bisognerà pensare e forme di compensazione, fermi tecnici, e anche a soluzioni radicali come lo smantellamento di metà della flotta peschereccia di Trieste».
Deroghe alla normativa comunitaria non sono previste. La Capitaneria di porto ha già inviato alle cooperative di pescatori una circolare in cui annuncia ”tolleranza zero” nei controlli alle barche impegnate nella pesca. Le sanzioni per chi verrà sorpreso a usare reti proibite sono molto pesanti. «In base al Codice della navigazione – spiega Doz – le multe vanno da 2mila a 6mila euro. Si rischia inoltre di vedersi ritirare la licenza di pesca».
La situazione si fa dunque critica per i pescatori di Trieste e della regione. «Piuttosto che la gente lavori nell’illegalità – sottolinea il responsabile dell’Agci Agrital – dovremo utilizzare tutte le forme di protesta, compreso lo sciopero».
Il previsto crollo delle quantità pescate si ripercuoterà chiaramente sulle rivendite. «Già adesso è difficile trovare al mercato diverse specie – commenta Livio Amato, rappresentantee delle pescherie nella Confcommercio – ma il problema sarà più sentito dopo metà settembre, quando le specie più piccole tornavano sul mercato». Amato lascia comunque aperta qualche possibilità: «Confido in una deroga. Le direttive vanno adeguate alle realtà locali».
Chi vede invece non si mostra ottimista, e vede anzi chiudersi un lungo capitolo della cucina locale è Bruno Vesnaver, titolare dell’”Antica ghiacceretta”. «Sarà l’ennesima eliminazione – commenta – di prodotti storicamente forniti ai nostri clienti. Non so dove si vuole arrivare con queste direttive. Va bene la tutela del mare, il fermo pesca, ma l’eliminazione totale di certe specie non la capisco. Alla fine – conclude – serviremo ai clienti solo pesce di allevamento».
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Alberi, aiuole e fioriere si mettono ”a parlare” - DA IERI MATTINA IN CENTRO - Iniziativa a sorpresa per la promozione dell’ecosostenibilità
 

Fumetti sparsi. Fra piazza San’Antonio, viale XX Settembre e ancora piazza San Giovanni. Ieri mattina, Trieste si è svegliata così, con alcuni dei suoi punti verdi del centro (aiuole, alberi e fioriere), che improvvisamente hanno incominciato “a parlare”. Sono apparsi infatti oltre duecento vistose scritte legate a tronchi e rami. Il contenuto del loro messaggio? Un esplicito sostegno nei confronti dell’edilizia sostenibile. Si tratta del primo esempio a Trieste di “guerrilla marketing”, un sistema di comunicazione moderno che punta a informare e far riflettere le persone sull’importanza della sostenibilità, in particolare nel settore ambientale.
Le case “consumano” energia, e con una casa sostenibile – dice la campagna di marketing apparsa nella notte fra lunedì e martedì in città - si risparmia energia, si inquina meno e si vive tutti meglio. Alberi compresi. A realizzare il tutto, per un committente locale, è stata la Leonardo servizi comunicazione. La formula del “guerrilla marketing” è basata sull’utilizzo creativo di mezzi e strumenti a basso budget. «Il fatto che la campagna non sia associata ad alcun marchio fa parte del progetto di comunicazione: nei prossimi giorni si svolgerà a Trieste un evento che permetterà di chiudere il cerchio», spiegano dall’agenzia di comunicazione triestina, senza svelare ulteriori dettagli.
Così, ecco la comparsa delle scritte “Sosteniamo la casa sostenibile”, “Anch’io sono per la casa sostenibile, perché ci tengo alle mie radici”, “L’erba del vicino è sempre più verde, soprattutto se ha una casa sostenibile”, ed altre ancora. In piazza Sant’Antonio, scatta addirittura un surreale scambio di battute tra le palme: “Mi piacerebbe abitare in una casa sostenibile...” dice una, “Chi ti credi di essere, la palma d’oro di Cannes?” risponde l’altra.
 

 

Dissesto geologico a Marina di Aurisina: un superperito medierà fra le parti in lite - È BRUNO GREGO, IL GEOLOGO CHE HA STUDIATO IL LITORALE
 

DUINO AURISINA Sarà ancora una volta Bruno Grego l’uomo decisivo per la partita dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina. Lo stesso professionista che lo scorso anno ha elaborato la relazione geologica, geotecnica e geostatica del lembo di litorale che, per 1.200 metri, si estende dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli, è stato infatti proposto ai privati proprietari di ville e terreni quale ”superperito”.
Sarà lui a porsi come mediatore delle diverse istanze emerse tra le parti per suggerire, attraverso la sua competenza maturata sul campo, la migliore soluzione al contenzioso.
La questione si trascina da mesi. La relazione a suo tempo redatta dal geologo Grego ha evidenziato i diversi gradi di pericolosità insiti nell’area, estremamente bisognosa di un’urgente messa in sicurezza nonché di una regolare manutenzione.
Lo stato di estrema precarietà del sito ha obbligato il Comune a radunare i proprietari di case e terreni dell’ambito A32 per chiedere loro di mettere mano al portafoglio e procedere con le operazioni di sistemazione.
L’indagine geologica, commissionata lo scorso luglio dall’ente locale, ha definito il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione territoriale espressa dalla variante 24 e 25. L’analisi ha rilevato una situazione di diffusa instabilità geostatica, dettata dall’accertata mobilità del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resa evidente anche dalla frana nel cantiere dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti sulla costa.
Una volta riunite le parti, tuttavia, sono sorti i primi problemi. La strada che dovrebbe essere interessata dalla messa in sicurezza è stata per gran parte espropriata attorno agli anni ’60-’70. Di qui la ritrosia degli attuali residenti e degli agricoltori a pagare per la sistemazione.
Oggi alle 16.30, nella sala comunale di Aurisina, ci sarà una riunione alla presenza del geologo Grego tra i proprietari e Fvg Strade, chiamata invece a intervenire sulla strada Costiera per inserire i mancanti impianti di scolo della acque piovane.
«L’unica soluzione è che ognuno faccia la sua parte – dichiara il sindaco Giorgio Ret –. Fvg Strade opererà sull’ex statale, gli agricoltori sistemeranno i pastini e i proprietari di ville la strada. Non c’è altra soluzione. Il Comune, per parte sua terminerà la fase di esproprio avviata anni or sono».
Ma il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza ribatte: «Perchè mai dovrebbe pagare chi è stato espropriato negli anni ’70? A che titolo? Se Ret ribadisce la necessità di portare a termine gli espropri vuol dire che riconosce l’uso pubblico della strada: dev’essere dunque il Comune a farsi carico della messa in sicurezza».
TIZIANA CARPINELLI
 

 

Poldini: 119 specie vegetali sparite in due secoli - Fra le cause l’utilizzo del Carso, il riscaldamento globale e piante ”aliene” -

Il fenomeno ha interessato aree umide, tratti costieri, prati e pascoli - STASERA A SALES LA PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO LIBRO DELLO STUDIOSO
SGONICO Esattamente 119 specie diverse di vegetali. E’ questo il numero di piante che dalla fine dell’800 ai giorni nostri si sono estinte sul Carso giuliano. Lo sostiene un super-esperto, il prof. Livio Poldini, che oggi alle 20.30, alla Biblioteca comunale di Sales, presenta il suo libro ”La diversità vegetale del Carso fra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”.
Professore emerito alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Trieste, Poldini questa sera farà il punto su oltre 40 anni di attività di ricerca in merito alle specie vegetali del Carso, evidenziando la totale estinzione di ben 119 specie vegetali tra il Carso triestino e goriziano, fenomeno riscontrato in particolare negli ambienti umidi e nelle aree dove sono presenti coltivazioni cerealicole, ma registrato anche nelle zone costiere, in prati e aree riservate al pascolo.
In base ai dati evidenziati nel suo ultimo libro, in realtà le specie vegetali scomparse in particolar modo durante il XX secolo sono complessivamente 130. Alcune sono scomparse dal Carso ”italiano” ma sono invece presenti nella vicina Slovenia.
Quali dunque le cause di quello che si può definire un ”declino biologico” di notevoli proporzioni? Sostanzialmente Poldini ha individuato tre fattori primari.
Innanzitutto il modo in cui è cambiato l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo, con la conseguente distruzione degli habitat naturali. In secondo luogo il riscaldamento globale, che di fatto ha creato la morte di diverse piante. Infine, ma non ultimo per importanza, l’ingresso di specie aliene.
Quest'ultimo particolare fenomeno è legato sia all’antropizzazione che all’espansione dei cespugli e dei boschi, ma anche alla flora esotica – suddivisa in specie ”archeofite” e ”neofite” – proveniente da altre aree geografiche e spesso, ma non sempre, introdotta volontariamente dall’uomo.
Restando in tema di specie vegetali, di recente l’associazione Triestebella ha organizzato una giornata in Val Rosandra per estirpare le piante infestanti originarie di altri continenti, con particolare riguardo al Senecio.
Nel Carso giuliano sono però altre due le specie di piante ritenute pericolose: l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che altera il paesaggio vegetale espandendosi in competizione con le specie autoctone, e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta sudamericana che produce una grande quantità di polline fortemente allergenico.
Riccardo Tosques
 

 

Con finestre ”selettive” e schermi oscuranti si risparmia energia
 

Uno studio dell’Università di Trieste con la Esteco potrebbe rivoluzionare l’economia domestica
È più facile a dirsi che a farsi. Il risparmio energetico tra le mura di casa è un obiettivo condiviso da tutti per lo meno a parole. Chi non vorrebbe consumare meno gasolio d’inverno, e rinunciare al sistema di condizionamento in estate? Eppure le strategie che permettono di ottimizzare la climatizzazione interna degli edifici sono tutt’altro che immediate o semplici. A volte i tentativi home-made innescano un meccanismo perverso che, paradossalmente, fa consumare di più perché non considera le complesse relazioni che legano riscaldamento, raffreddamento e illuminazione di una casa.
Qualche esempio? Quando abbassiamo le tapparelle per schermare il sole estivo, in teoria riduciamo il calore. In realtà aumentiamo l’oscurità interna, e dunque l’illuminazione, che si traduce in un maggior consumo energetico diretto. Le luci, poi, riscaldano l’abitazione, così decidiamo di accendere un ventilatore o, peggio, il sistema di condizionamento. Se poi teniamo computer e stampante accesi, o magari qualche elettrodomestico peggioriamo ancora la situazione. Non c’è via d’uscita?
«Le soluzioni a questo circolo vizioso ci sono», rassicura Marco Manzan, professore di Fisica Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste e autore, assieme a Francesco Pinto, di uno studio sull’ottimizzazione della climatizzazione domestica ai fini del risparmio energetico. «E si possono individuare mediante simulazioni che combinano tra loro diverse strategie fino a ottenere l’assetto energeticamente più vantaggioso. Interventi isolati – come una tapparella più ampia o un vetro schermante – non sempre danno risultati ottimali».
In Italia, la legislazione attuale in fatto di risparmio energetico esige che gli edifici installino dispositivi schermanti esterni senza però stabilirne la tipologia o le caratteristiche precise. «E siccome non esistono linee guida ministeriali, la scelta viene lasciata spesso all’arredatore o al venditore, e i risultati possono essere inferiori all’atteso», sottolinea Manzan.
Di qui, l’idea di realizzare uno studio sistematico per confrontare diverse soluzioni e combinazioni. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori dell’Università di Trieste in collaborazione con la Esteco, un’azienda insediata in Area Science Park che si occupa di ottimizzazione progettuale, e si è valso di un software dedicato chiamato ModeFrontier che sovrintende il calcolo energetico ed illuminotecnico.
«Per individuare una configurazione ideale di sistemi oscuranti abbiamo preso in considerazione schermi oscuranti fissi – pannelli da sovrapporre alle finestre con un angolo particolare - e vetri selettivi, vetri sulla cui superficie è stato deposto uno strato di materiale metallico che ne altera le proprietà di riflessione, riducendo l’ingresso delle onde termiche senza alterare molto quello delle onde luminose», spiega il docente.
Mediante un algoritmo matematico che confronta tutte le possibili combinazioni fra loro, i ricercatori hanno lanciato oltre 1000 simulazioni prendendo in esame una serie di possibilità –pannello, vetro non trattato, vetro trattato + pannello e così via - al fine di ottimizzare le condizioni climatiche di un ufficio con un tetto di 20 m2, e un’ampia finestra di 4x1,5 m esposta a sud, tanto nella stagione estiva che in quella invernale.
I risultati hanno confermato che con particolari accorgimenti si riesce a risparmiare quasi il 20% del consumo in Kw/ora. Dice Manzan: «Abbiamo osservato che i risultati migliori si ottengono con pannelli quasi orizzontali posti ad un'altezza di circa tre metri accoppiati a vetri con elevata trasparenza. Mentre il vetro selettivo può non essere sempre conveniente perché se da un lato aiuta a ridurre l’uso del condizionatore, dall’altro richiede una maggior illuminazione interna, e quindi maggior dispendio energetico».
Ora i ricercatori stanno lavorando con un costruttore edile di Trieste per combinare i dati ottenuti nelle simulazioni con quelli derivanti dall’esperienza sul campo, in previsione di un’applicazione delle metodologie di calcolo e dei risultati agli edifici del futuro. Il tema dell’ottimizzazione sarà trattato nel corso del convegno «modeFRONTIER International Users’ Meeting 2010», promosso da Esteco e previsto a Trieste il 27-28 maggio presso il Savoia Excelsior Palace.
CRISTINA SERRA
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2010

 

 

Rigassificatore, per l’Italia il dossier è chiuso - La Prestigiacomo: «Forniti tutti i chiarimenti». Lo sloveno Zarnic: «È un’ex questione spinosa»
 

PROGETTI E TUTELA AMBIENTALE / IERI INCONTRI A TRIESTE
TRIESTE Per l’Italia il discorso rigassificatore di Zaule è chiuso. Ieri il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, affiancata dal sottosegretario, Roberto Menia, ha fornito in un incontro a Trieste, al suo omologo sloveno, Roko Zarnic anche le ultime puntualizzazioni chieste da Lubiana. Quindi per Roma non sono necessari ulteriori incontri a livello tecnico da tenersi addirittura in sede comunitaria come affermato neanche un mese fa dallo stesso commissario europeo all’Ambiente Peter Potocnik. Insomma, il dossier è esaurito.
«Noi abbiamo risposto a tutte le domande e le richieste fatte dal governo sloveno - spiega il ministro Prestigiacomo - in questo lunghissimo confronto. D’altro canto le preoccupazioni sull’impatto ambientale e sui cittadini di questi impianti sono state e sono innanzitutto quelle italiane perché l’impianto sarà realizzato in Italia e i principali impatti saranno sul territorio italiano. In qualche modo - specifica riferendosi all’”ostruzionismo” sloveno - c’è stata una volontà di rallentare l’intero iter, ma io credo che al collega sloveno appena insediatosi al dicastero dell’Ambiente io oggi abbia posto le condizioni di uno scambio molto leale. Tanti progetti di sviluppo ha l’Italia, altrettanti ne ha la Slovenia, credo che in una leale collaborazione si debba giustamente rivendicare il diritto di conoscere, di approfondire, di avere tutte le garanzie, ma non si possa pensare di blocarsi a vicenda lo sviluppo del Paese. Questo vale sia per il rigassificatore di Zaule sia per quanto dovrà essere fatto con il metanodotto», che unirà l’impianto di Gas Natural a Grado.
A questo riguardo è previsto un ulteriore incontro tecnico tra le parti il prossimo 4 giugno perché il discorso del metanodotto, che sarà realizzato da un altro investitore, è oggettivamente scollegato da quello di Zaule, per quanto concerne gli aspetti ambientali, non per quelli economici ovviamente.
Il ministro Prestigiacomo non lo dice apertamente ma si capisce chiaramente dalle sue dichiarazioni che sul piatto della bilancia diplomatica ieri ha Trieste ha pesato anche il progetto di ampliamento del Porto di Capodistria riguardo al quale, come prevede peraltro la normativa europea vigente, un dossier è stato inviato all’Italia chiedendo una risposta entro il 20 giugno. Ieri la Prestigiacomo ha preso tempo, visto che tutte le carte giunte da Lubiana sono in sloveno quindi serve un preciso lavorio di traduzione e poi di analisi. Un ritardo di poche settimane. Ma è quasi certo che se Lubiana non dovesse più creare ostacoli al rigassificatore di Zaule, l’Italia non ne creerà di nuovi per l’ampliamento dello scalo capodistriano. Dunque una sorta ”do ut des” implicito.
Sempre per quanto concerne Lubiana il ministro dell’Ambiente, Roko Zarnic ha potuto ricevere anche una rassicurazione che per la Slovenia era di fondamentale importanza: ossia il raffreddamento delle acque del mare a causa del processo di rigassificazione. Ebbene, ha annunciato ieri la Prestigiacomo, accanto al rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 megawatt che utilizzerà proprio le ”frigorie” (ossia i derivati freddi della rigassificazione che così non saranno scaricati in mare) per produrre elettricità.
Zarnic ha preso atto della buona volontà italiana, ha definito il tutto «un’ex questione spinosa», ma ha rimandato che qualsiasi decisione spetta al governo cui riferirà nella riunione che si terrà giovedì prossimo.
MAURO MANZIN
 

 

 

Nucleare, allerta rapida in caso di incidenti - Il raddoppio della centrale di Krsko per Lubiana è un’ipotesi ancora remota
 

Importante ruolo affidato dal governo al Friuli Venezia Giulia nei confronti dei Paesi dell’Est
TRIESTE Italia e Slovenia hanno sottoscritto ieri a Trieste - con i ministri dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic - un «accordo sulla sicurezza» e «sull'informazione reciproca» in tema di energia nucleare.
Prestigiacomo ha detto che «si tratta di un accordo analogo a quello già sottoscritto con la Francia» mentre «altri ne seguiranno con Austria e Stati Uniti. Vogliamo tornare in maniera attiva nel nucleare - ha spiegato - e quindi avere informazioni certe e precise in caso di emergenza appare importante».
In base all'accordo - alla firma sono intervenuti anche i vertici delle agenzie nazionali sulla sicurezza nucleare - i due Paesi potranno scambiarsi 24 ore su 24 tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un eventuale incidente nucleare.
In base all'accordo «il Paese in cui si verifica un incidente si impegna a notificare immediatamente all'altro la natura, il momento, la localizzazione di quell'incidente».
Italia e Slovenia al tempo stesso si impegnano a cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme «radioattivo».
«Questo del nucleare - ha precisato la Prestigiacomo - è un progetto che l’Italia porta avanti con tutti i Paesi transfrontalieri». Certo la Slovenia ha sempre fornito tutti i dati tramite l’Unione europea anche nel caso del piccolo incidente che si è verificato circa un anno fa alla centrale di Krsko, ma «formalizzare il fatto che si debbano scambiare le informazioni - precisa il ministro - in termini di prevenzione, ma sorpattutto in caso di incidenti è essenziale perché i Paesi possano regolarsi di conseguenza. E questo vale - precisa la Prestigiacomo - non soltanto perché abbiamo un impianto a cento chilometri dal nostro confine, vale soprattutto perché l’Italia rientrando nel nucleare deve interagire con tutti quei Paesi che sono vicini all’Italia che hanno il nucleare o che non hanno il nucleare per assicurare, sia in entrata che in uscita, questo tipo di informazioni e questo è solo uno degli accordi che stiamo portando avanti non soltanto con la Francia o la Slovenia, ma, ad esempio, anche con l’Austria che è un Paese che non ha il nucleare ma al quale noi dobbiamo garantire delle informazioni proprio perché vogliamo rientrare nel nucleare». «Una centrale a Monfalcone? «Nessuno sa i siti - risponde il ministro - e le indiscrezioni di cui si parla «sono state fatte ad arte».
Da parte slovena si registrano invece le parole del ministro Zarnic secondo il quale «è ancora molto presto per parlare del raddoppio della centrale nucleare di Krsko». In questo momento, la priorità energetica di Lubiana è lo sviluppo della centrale a carbone di Sostanje, per il quale il Parlamento sloveno ha approvato i progetti nel mese di marzo. «È chiaro - ha aggiunto Zarnic, sottolineando il clima positivo dell'incontro - che certamente includeremo in un'eventuale riflessione gli italiani, tenendoli sempre aggiornati».
«Il dialogo è fondamentale per lo sviluppo dei progetti energetici al di qua e al di là del confine italo-sloveno, a favore delle nostre comunità, perché le sfide poste dal mondo globale si possono vincere solo con la collaborazione». Lo ha sottolineato, infine, il presidente della Regione Renzo Tondo, grande anfitrione di una collaborazione italo-slovena per il raddoppio di Krsko, che, ieri in Prefettura a Trieste, ha partecipato alla cerimonia della firma dell’accordo tra le Agenzie competenti in materia di energia nucleare di Italia e Slovenia.
Il presidente della Regione ha altresì ribadito che «si sostanzia così il ruolo che il governo nazionale ha assegnato al Friuli Venezia Giulia e in particolare a Trieste, dove ha sede l'Iniziativa centro europea (Ince), quello cioè di ”sostenere e coadiuvare" le iniziative politiche dell'Italia non solo nei confronti dei Paesi dell'Est ma anche del mondo dei Balcani». (m.manz.)
 

 

Menia: «Chiusa la partita sulle bonifiche» - TAVOLO IN REGIONE, ” SBLOCCATO” IL SITO INQUINATO
 

Le aziende pagheranno il danno ambientale in base a vari criteri, ma possono non aderire all’accordo

«Qui la vicenda si chiude e quello che è oggi un grande cimitero sta per diventare la più importante area per lo sviluppo economico di Trieste». Così il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia dopo il lungo incontro svoltosi ieri pomeriggio nel palazzo della Giunta regionale alla presenza dei tecnici del Ministero e dei rappresentanti delle categorie, sull’annosa vicenda delle bonifiche dei terreni all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale. Parole che non si sono specchiate nella facce scure, all’uscita, del vicepresidente di Assindustria Vittorio Pedicchio e del presidente della Confartigianato Dario Bruni che rappresentano la maggior parte delle imprese che in assenza di un accordo non possono insediarsi o ampliarsi. Bruni e Pedicchio, come riferiamo a parte, hanno espresso ancora forti perplessità.
Il Ministero dell’Ambiente si impegna - è stato reso noto ieri al termine dell’incontro dallo stesso Menia e dal direttore generale del Ministero, Marco Lupo, che vi ha partecipato - a quantificare la cifra che va addebitata ad ogni singola azienda che poi è libera di aderire all’accordo generale oppure di procedere autonomamente alla bonifica in base alle regole del codice ambientale. Tutte le aziende, anche quelle che non hanno inquinato, sono chiamate a pagare il danno ambientale in rapporto però alla loro ampiezza, agli anni di insistenza sul sito, al grado di inquinamento che è stato riscontrato e al tipo di produzione che fanno. Lo Stato contribuisce per il 50 per cento agli oneri per la messa in sicurezza e, per chi aderisce all’accordo, agli oneri di bonifica. Chi investe in particolare accorgimenti di salvaguardia ambientale quali il riscaldamento fotovoltaico ottiene sconti sulla spesa da sostenere.
«Abbiamo registrato un accordo totale su questo schema d’accordo costruito tra gli enti pubblici e al quale i privati possono aderire o meno. Abbiamo chiarito il quadro giuridico e indietro non si torna», ha commentato ancora Menia. «Si chiude il quarto e ultimo fronte indispensabile allo sviluppo di Trieste - ha sottolineato all’uscita il sindaco Roberto Dipiazza - dopo la variante per il Porto Vecchio, il Piano regolatore del porto, quello del Comune che sarà approvato a luglio, ora l’accordo sulle bonifiche. Industriali e artigiani devono rendersi conto che non può essere sempre mamma Roma a pagare tutto».
«Non credo che a un accordo si arriverà mai proseguendo su questa falsariga - ha tuonato in serata il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini - perché sono stati spacciati per grandi novità elementi che tali non sono, mentre l’unica novità possibile e cioé quella della messa a disposizione da parte della Regione dei soldi per le caratterizzazioni non è stata annunciata perché la giunta Tondo non ha sbloccato il finanziamento».
«Non è stato distribuito un altro schema d’accordo - ha spiegato Stefano Zuban, vicepresidente dell’Ezit al cui interno si trova gran parte dell’area a terra del Sito inquinato - ma si sono discusse le linee generali di quella che sarà la quindicesima bozza e dopo quattordici tentativi andati male potrebbe essere quella buona». Il direttore generale Lupo, secondo quanto riportato da Zuban, ha annunciato che sono state finalmente validate le caratterizzazioni fatte dalla stessa Ezit su 450 mila metri quadrati, all’incirca il 30 per cento del Sin, con una spesa di 600 mila euro stanziati dalla Regione. «Se adesso l’amministrazione regionale mette a disposizione il resto della cifra - ha specificato Zuban - l’Ezit è in grado di bandire subito un’altra gara europea e tra un anno potrebbe essere noti i dati dell’inquinamento dell’intero sito».
«Abbiamo rassicurato le categorie attraverso i loro rappresentanti - ha riferito Menia - le spese saranno rapportate alle particolari condizioni in cui si trova ogni singola azienda. Il Ministero farà le singole stime sulla cui base ogni azienda potrà arrivare alla transazione. Saranno identificate le condizioni migliori per poter riutilizzare i terreni. Certo obbligatoriamente bisogna contribuire al danno ambientale, ma la spesa sarà rapportata al numero di anni in cui l’impresa in questione ha avuto la cosiddetta custodia dell’area. E ci sono anche casi in cui gli imprenditori non pagheranno nulla, per esempio quelli insediati di recente, oppure chi ha già provveduto a migliorie basilari».
«È improprio chiamarlo danno ambiantale - ha precisato Lupo - potremmo meglio definirlo costo di rispristino di un’area. Ma l’accordo di programma è proprio una possibilità concessa a tutti di accedere alla spesa in modo agevolato, con la compartecipazione dello Stato al 50 per cento dei costi per la messa in sicurezza e di non pagare nulla degli oneri di bonifica. È a vantaggio di tutti dunque finalmente giungere nel minor tempo possibile alla firma dell’accordo».
SILVIO MARANZANA
 

 

Fogar alla sbarra per i contributi ricevuti dalla Regione - IL PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI È ACCUSATO DI TRUFFA E FALSO
 

Clima molto teso e schermaglie tra pm e difesa sulla costituzione della parte civile
Ha ascoltato le parole pesanti dei suoi accusatori Maurizio Fogar, il presidente del Circolo Ercole Miani accusato di truffa e falso. Secondo l’inchiesta promossa dal pm Giuseppe Lombardi, tra il 2005 e il 2006 ha incassato centomila euro di contributi regionali attraverso attestazioni che l’accusa ritiene false. Bilanci poco chiari e cariche sociali attribuite ad ignare persone che si erano avvicinate al circolo, partecipando alla sua attività.
Ha ascoltato le pesanti accuse per più di tre ore senza batter ciglio, parlando a tratti a bassa voce col proprio difensore, l’avvocato Guido Fabbretti. Verso le 13 Maurizio Fogar ha avuto un lieve malore. Il presidente Giorgio Nicoli gli ha chiesto se poteva risultare utile una breve pausa dell’udienza. Ma l’imputato ha risposto «no, prima si fa, meglio è». Un attimo dopo è uscito dall’aula per rientravi cinque minuti più tardi. Ha preso posto nuovamente accanto al difensore e ha ascoltato le schermaglie tra accusa e difesa, spiegando a tratti al difensore questo o quel dettaglio.
L’udienza a tratti è stata spinosa, combattuta con accanimento e determinazione. «Chiedo sia estromessa la parte civile che rappresenta in aula Giorgio De Cola a cui era stato indebitamente attribuito il ruolo di componente del consiglio direttivo del Circolo Miani. «È stata un’attestazione falsa, fatta a mia totale insaputa» ha sempre sostenuto Giorgio De Cola che dopo aver scoperto l’uso indebito del proprio buon nome ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si è aperto ieri con l’audizione dei primi testimoni. La difesa di Maurizio Fogar ha cercato di estromettere il denunciante che si è costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mariarosa Platania. «Il denunciante non ha subito danni diretti e immediati. Revocate la costituzione di parte civile» ha affermato l’avvocato Guido Fabbretti cercando di disattivare in Tribunale quanto il gip Enzo Truncellito aveva autorizzato nell’udienza preliminare.
Ma l’istanza del difensore non ha fatto breccia. L’avvocato Platania continuerà a esercitare il proprio ruolo, affiancandosi al pm Federico Frezza e all’avvocato Mauro Cossina che rappresenta l’amministrazione regionale, parte offesa dal reato contestato a Maurizio Fogar.
Va aggiunto che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare - il presidente del Circolo Ercole Miani a presentare la richiesta di contributi pubblici, in quanto «ente di interesse culturale». Erano infatti disponibili i finanziamenti delle leggi 68/81 e 4/99. Il circolo aveva predisposto la documentazione richiesta e secondo la Procura, «aveva attestato falsamente a un pubblico ufficiale, individuato nel responsabile regionale del procedimento relativo alla concessione del contributo, che il consiglio direttivo era formato da Giorgio De Cola, Luciana Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Montecarlo».
Secondo l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi consuntivi, anche il direttore del Servizio delle attività culturali della Regione che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i centomila euro. Va aggiunto che da quanto la Procura della Repubblica ha avviato l’inchiesta il Circolo Ercole Miani è stato estromesso dai contributi e le vibrate proteste pubbliche del suo vertice, non hanno fatto cambiare idea chi aveva assunto la decisione.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

FOGAR - L’ACCUSATORE «Consigliere a mia insaputa»  - De Cola: «L’associazione non ha uno statuto, decide tutto lui...»  Un incarico fasullo
 

«Il Circolo Miani non ha tesserati, è una semplice espressione verbale, non ha nemmeno organi statutari, le riunioni sono informali, senza ordine del giorno e senza convocazioni. In sintesi Maurizio Fogar decide tutto. I soldi spesso li raccoglievano in uno scatolone fatto girare nelle assemblee».
Questo ha affermato ieri Giorgio De Cola il primo testimone d’accusa chiamato a deporre in aula. «Ho frequentato il circolo Miani dall’autunno del 2005 all’estate del 2006. Mi ero avvicinato perché come segretario dell’Associazione Porto Nuovo, presieduta dal professor Francesco Alessandro Querci, volevo proporre a Fogar una attività su temi comuni. Non se ne è fatto nulla. Ma in quei mesi ho capito come funzionava il circolo. Più tardi ho scoperto che il mio nome era stato inserito senza che ne sapessi nulla nei documenti inviati alla Regione. Ero diventato consigliere e avevo partecipato, sempre secondo quel documento fasullo, all’assemblea del direttivo in cui era stato approvato il bilancio».
«Se il presidente diceva, si fa, si faceva» ha continuato Giorgio De Cola che nel corso della deposizione ha cercato di mettere a fuoco altri dettagli sull’attività del Miani. La discussione a questo punto è diventata rovente perché quanto snocciolato dal testimone, secondo il difensore di Maurizio Fogar, non aveva nulla a che fare col capo di imputazione. Anzi, l’indagine a tutto campo della Procura non ha ravvisato nei conti del circolo nè malversazioni, nè un uso di fondi regionali a fini elettorali.
È emerso in aula anche l’acquisto di un fuoristrada «Rover» immatricolato a nome del circolo Miani e usato da Maurizio Fogar. La fattura era stata poi girata alla Fondazione Cassa di Risparmio, ma secondo Giorgio De Cola, sarebbe finita anche nel rendiconto presentato alla Regione. Il giudice Giorgio Nicoli ha faticato parecchio per riportare l’istruttoria dibattimentale nell’ambito previsto dal capo di imputazione in cui non una parola è dedicata nè alla «Rover», nè a quelle fatture, nè alle malversazioni peraltro smentite dalle indagini così come l’uso dei contributi regionali a fini elettorali. Secondo l’avvocato Guido Fabbretti, Fogar non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha solo degli aspetti formali. Inoltre le assemblee del circolo si sono svolte regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è stato redatto alcun verbale. A sorpresa il difensore ha depositato ieri nelle mani del giudice sei richieste controfirmate di iscrizione al circolo. Dunque esisteva una struttura, non tutto era era deciso «sulla spada del presidente». Prossima udienza a fine giugno.
 

 

Alla Kemiplas negato il certificato ambientale - La fabbrica chimica di Capodistria ora rischia di dover sospendere la produzione
 

L’Agenzia slovena ha rilevato diverse irregolarità nello smaltimento delle scorie
CAPODISTRIA «Kemiplas», potrebbe essere la svolta. La fabbrica di prodotti chimici di Villa Decani, da anni contestata dagli ambientalisti e dagli abitanti della zona, nei giorni scorsi si è vista negare il Certificato ambientale europeo (IPPC), documento senza il quale non può continuare la produzione. La direzione della società ha già annunciato ricorso. La «Kemiplas» aveva chiesto il certificato ambientale già nel 2007, ma finora non aveva ottenuto alcuna risposta.
Ora la certificazione le è stata negata, ma non per aver superato i limiti consentiti delle emissioni nocive – cosa che del resto non è mai stata provata - ma per il mancato smaltimento delle scorie derivanti dalla produzione di anidride ftalica. Si tratta di circa 150 tonnellate di materiale di scarto, risalente a diversi anni fa e prodotto in buona parte quando l'impianto chimico era gestito ancora dalla disciolta «Iplas». La società di Villa Decani (a pochi chilometri da Capodistria), secondo l'Agenzia slovena per l'ambente – l'istituzione incaricata di valutare l'idoneità ambientale e di rilasciare o negare i certificati Ippc – non ha rimosso nei tempi prestabiliti i rifiuti tossici che erano depositati temporaneamente all'interno dell'area della fabbrica. Per questo motivo, e' stata respinta la sua richiesta di ottenere il certificato ambientale europeo IPPC. Alla «Kemiplas» non sono d'accordo e hanno annunciato ricorso.
Tutti i rifiuti, sostengono, sono stati rimossi, e gli ultimi due camion con il materiale di scarto hanno lasciato la fabbrica esattamente nel giorno in cui l'Agenzia per l'ambiente ha rilasciato la delibera con la quale si è rifiutata di concedere il certificato Ippc. Il ricorso sarà presentato prima al Ministero dell'ambiente e poi, se sarà necessario, anche al Tribunale amministrativo. Nel frattempo, la produzione continua. Il principale prodotto della «Kemiplas» è l'andiride ftalica, componente a sua volta di diversi altri prodotti chimici, tra cui la vernice per automobili. L'impianto, di cui gli ambientalisti ormai da anni chiedono lo smantellamento, nel 2009 era rimasto inattivo per un lungo periodo, ma in quell'occasione la sospensione era dovuta a motivi economici e non ambientali.
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

 

Richiesta di incontro del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste al Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti.

 

In data 24.05.2010, gli esperti del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste (http://www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html) hanno espresso al Presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, la loro disponibilità ad esporre il frutto delle analisi collegialmente condotte relativamente alla documentazione a l progetto del "Terminale di Ricezione e Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural".
La proposta è nata a seguito della presentazione del progetto al settore imprenditoriale che, a cura della proponente stessa, si è svolta presso la Camera di Commercio di Ts in data 17 maggio 2010 e con replica il 24 maggio c.a..
Dando quindi seguito alle molte richieste di un contributo di chiarificazione complementare sull’argomento, il TTRT si è reso disponibile a fornire INFORMAZIONI OGGETTIVE CHE, aggiungendosi a quelle ricevute da Gas Natural, permettano agli interessati di elaborare un adeguato quadro il più possibile articolato ed equilibrato della complessa situazione attuale.

Nella speranza che il favorire la maggior trasparenza possibile in merito ai grandi progetti per la città sia obiettivo condiviso, come dal TTRT, anche dalla Camera di Commercio di Trieste, si auspica fortemente, dunque, una risposta affermativa.

Il coordinatore Regionale - UIL PA Vigili del Fuoco FVG

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

Dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy

 

Lunedì 24 maggio 2010, alle ore 11.00, presso la Sala azzurra del Consiglio Regionale (Piazza Oberdan 6 – 1° piano), ha avuto luogo la conferenza stampa sul tema "Un'altra soluzione innovativa e più sicura: dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy". Alla quale sono intervenuti il consi-gliere regionale Igor Kocijančič, Lino Santoro ed Oscar Garcia Murga (Legambiente), Adria-no Bevilacqua ( Coor. UIL PA Vigili del Fuoco FVG).
Alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi in merito alle tematiche inerenti i rischi antro-pici trattati dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste e alla complessiva situazione del terri-torio del Friuli Venezia Giulia, il personale VV.F. preposto a garantire gli interventi di soc-corso delle popolazioni interessate dai diversi eventuali eventi incidentali non è, allo stato attuale, in nessun modo in grado di far fronte con sufficiente efficacia alle emergenze, ipo-tizzate e ipotizzabili, ed assicurare così la necessaria sicurezza agli operatori ed alla popolazione.
A causa infatti dell'inadeguatezza dei criteri procedurali di prevenzione, della scarsità dei mezzi e risorse in dotazione, dell'esiguità del personale e dell'inidoneità delle norme rego-lamentari del CNVVF, non è possibile, a tutt'oggi, riscontrare le condizioni minime necessa-rie per permettere al personale di soccorso V.V.F. di operare con le prescritte garanzie di sicurezza.
Convinta che la mancanza di un'etica della sicurezza, unita alla scarsa diffusione di una cul-tura della prevenzione, favorisca il proliferare di comportamenti lesivi degli interessi della collettività e sollecitata dalle recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per impianti di approvvigionamento GNL, la UIL PA VV.F del FVG si è pronunciata per promuovere non tanto una mera pratica episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la gestione dei ri-schi antropici e che possa essere a salvaguardia dell'ambiente e dell'uomo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2010

 

 

Rigassificatore di Veglia chiesta la licenza edilizia al governo di Zagabria
 

L’opera sarà portata a termine nell’arco di 4 anni e movimenterà 10 miliardi di metri cubi di gas
FIUME Un’altra tessera del composito mosaico rispondente al nome di rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola altoadriatica di Veglia. Ieri l’altro Adria Lng, il consorzio internazionale a cui sono stati affidati approntamento e gestione del terminal metanifero vegliota, si è rivolto al ministero croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia, chiedendo l’ottenimento del permesso di costruzione. Un passo importante, hanno dichiarato i responsabili di Adria Lng, che consentirà al progetto di uscire dal binario morto in cui si è trovato per un anno e mezzo.
«Abbiamo fondate speranze – ha affermato la portavoce del consorzio, Andreja Pavlovic – che il rilascio della licenza avvenga entro la fine dell’anno in corso». Recentemente si è data una mossa anche la parte croata, a cui spetta il 25 per cento della quota di proprietà del consorzio, formato ancora dalla tedesca E.ON Ruhrgas, dalla francese Total, dall’austriaca OMV e dalla slovena Geoplin. Le croate Hep (Azienda elettrica statale), Plinacro (distributore principale del gas nel Paese) e Ina (azienda petrolifera) hanno inviato ad Adria Lng la missiva in cui si chiedeva di poter aderire al progetto. La richiesta è stata accettata, con il governo di centrodestra della premier Jadranka Kosor che ha già deciso le quote. Alla società petrolifera spetterà il 14 per cento, mentre Hep e Plinacro daranno vita al consorzio Lng Croazia, contando sul rimanente 11%. Ciascuna delle due parti avrà il 5,5%. Le percentuali determineranno la partecipazione ai costi del progetto, che dovrebbe ammontare a circa 800 milioni di euro, più altri 200 milioni che serviranno per la costruzione del gasdotto. I citati 800 milioni si configurano come una stima, mentre invece l’importo esatto sarà fissato dopo l’ottenimento della licenza di costruzione.
Prima di ciò, e parliamo dei prossimi sette mesi, sarà parecchio il lavoro da portare a termine. Oltre alle trattative con i partner croati, si dovrà elaborare il piano progettuale e successivamente bandire il concorso internazionale, dal quale verrà fuori l’appaltatore principale. Tra i compiti, anche la fissazione degli investimenti a Castelmuschio. Non sarà tutto, poiché si dovrà anche richiedere la ricusazione di terzi interessati ad entrare nel progetto, fase che dovrebbe durare circa un anno e mezzo. Nel frattempo andranno stipulati i contratti commerciali. Ci vorrà un bel pò di tempo, insomma, per avere tutte le carte in regola per il terminal metanifero e dunque non deve stupire che alla Adria Lng non vogliano sbilanciarsi sull’inizio dei lavori di edificazione. L’opera dovrebbe essere portata comunque a compimento nell’arco di quattro anni. Ancora un paio di cifre relative al progetto: nella prima fase di lavoro, il rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente sui 10 miliardi di metri cubi di metano, capacità che in un secondo tempo potrebbero essere elevate a 15 miliardi di metri cubi all’anno. Il terminal, assieme all’indotto, contribuirà a dare una spinta all’occupazione nell’area, grazie all’apertura di posti di lavoro, la cui cifra esatta è però impossibile da stabilire in questo momento. Quello che è certo è che il rigassificatore vegliota porterà benefici alla Croazia in materia energetica, permettendole una strategica autonomia che attualmente appare molto lontana.
ANDREA MARSANICH
 

 

SEGNALAZIONI - GAS NATURAL - Sul rigassificatore
 

Ero presente all’incontro con Gas Natural in Camera di Commercio lo scorso lunedì 17, regolarmente iscritto ed ammesso in sala previa firma del foglio-presenze. Intanto, di fronte al portone d’ingresso, un gruppo di persone più numeroso e motivato protestava anche per l’atteggiamento da «carbonari» adottato dal proponente e suffragato dall’ente camerale. È mai possibile che in tempi di approccio partecipativo e di Agenda 21 ormai fatti propri da (quasi) ogni Pubblica amministrazione, la Cciaa avalli il modus operandi borbonico degli spagnoli interessati al proprio portafoglio e basta?
Entrando nel merito di quanto è stato presentato dal responsabile del progetto, ci sono due cose da dire.
La prima è che la campana che abbiamo ascoltato suona sempre la stessa nota: nessuna replica circostanziata alle posizioni contrarie al rigassificatore, nessun contraddittorio.
La seconda, che le informazioni che davvero avrebbero potuto interessare le industrie locali non sono arrivate. Per quanto riguarda la funzionalità del porto in presenza di gasiere si è fermi ad un parere favorevole della Capitaneria di Porto del 2006. Dopo 4 anni non sono ancora stati resi noti i divieti e le restrizioni che verrebbero adottati per un progetto di cui si conosce ormai qualcosa di più che semplici indiscrezioni. Da non crederci!
E poi, il lavoro: 1500 posti di lavoro, per 4 anni, per un valore delle opere di 550 milioni di euro, di cui 400 Gas Natural promette che saranno riservati per la realizzazione delle opere in loco. Ma questo lavoro lascerà lo stesso ritorno di altri grandi opere, come quelle per la Grande Viabilità: lavoro destinato a grosse ditte esterne, che si accamperanno qui coi loro lavoratori in un cantiere-dormitorio isolato dal resto della città, che a fine lavori smobiliteranno e non lasceranno traccia. Non una parola, invece, per il lavoro stabile, a impianto avviato: l’indotto? I lavoratori qualificati? Qualche esempio di applicazione industriale del «freddo»?
Ma quand’è che arriveremo a un vero dibattito pubblico in contraddittorio, con un moderatore professionale, di fronte a un pubblico paritetico di «decisori» e di elettori? Signor sindacooo?!?!
Carlo Franzosini
 

 

Italia-Slovenia, accordo sui rischi del nucleare - PROTOCOLLO DI SICUREZZA SULLE CENTRALI ATOMICHE
 

Oggi a Trieste la firma bilaterale. Obiettivo: far fronte comune in caso di incidenti
TRIESTE Si impegnano a scambiarsi, 24 ore su 24, tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un incidente nucleare. E, al contempo, si impegnano a collaborare in nome della sicurezza. Italia e Slovenia, ormai, sono pronte: il paese che insegue l’atomo e quello che l’atomo ce l’ha già firmano oggi l’annunciato accordo sulla sicurezza nucleare. E lo firmano, non casualmente, a Trieste: la città più vicina all’ex confine e alla centrale di Krsko che solo due anni fa, a causa di una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento, scatenò una ”grande paura”.
A ”benedire” l’accordo - formalmente sottoscritto dalle due agenzie nazionali competenti in materia di sicurezza nucleare, l’italiano Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e la slovena Nuclear Safety Administration, arrivano già in mattinata i due ministri all’Ambiente: Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic. A fare gli ”onori di casa”, in piazza Unità, il sottosegretario triestino Roberto Menia: «L’Italia sta spingendo molto in direzione di accordi di collaborazione con i paesi vicini già nuclearizzati. Un mese fa è stato sottoscritto un accordo analogo con la Francia, adesso tocca a quello con la Slovenia».
Un passo importante nel segno della sicurezza nucleare, ma non solo: «L’accordo fa indubbiamente crescere i rapporti di collaborazione tra i due paesi. Non a caso, a margine della firma, si terrà sempre in Prefettura un incontro bilaterale sulle molte questioni aperte tra i due Paesi» sottolinea Menia. L’elenco è lungo, i dossier scottanti non mancano: «Si va dai rigassificatori al raccordo per il gas, dal nuovo piano di sviluppo del porto di Capodistria alla questione dell’Isonzo e del caso Livarna».
L’accordo sulla sicurezza nucleare resta, però, il piatto forte della giornata: bandisce le diffidenze e prevede uno scambio tempestivo ed esaustivo di informazioni e ”know how”. E ne disciplina le modalità nella convinzione che quello scambio contribuisca ad accrescere la sicurezza dei cittadini da una parte e dall’altra. Il paese in cui si verifica un’incidente, pertanto, si impegna a notificare immediatamente all’altro la natura, il momento, la localizzazione di quell’incidente. Di più: si impegna a fornire tutti i dati utili a limitare i danni. Italia e Slovenia, al tempo stesso, si impegnano a cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme ”radioattivo”.
Non solo emergenza, però. I due paesi, in nome della sicurezza nucleare, si garantiscono una più generica collaborazione a 360 gradi, promettendosi la diffusione dei dati sulle centrali nucleari, sulla gestione dei rifiuti radioattivi, sull’impatto ambientale, piuttosto che sui progetti di ricerca e sviluppo.
L’accordo, simile a quello italo-francese sottoscritto a Parigi poche settimane fa, prevede inoltre l’istituzione di un gruppo congiunto di esperti. E la nomina di due coordinatori ad hoc. L’obiettivo? Far sì che lo scambio di informazioni, con la definizione di una piattaforma operativa e la previsione di un metodo di trasmissione, diventi realtà. Il più rapidamente possibile. Non a caso, l’accordo bilaterale prevede anche che l’Italia e la Slovenia individuino i responsabili della ”fornitura” di informazione: responsabili che dovranno essere in servizio ”H24”.
ROBERTA GIANI
 

 

In 400 a pedalare fino in Val Rosandra - Unite ”Bicincittà” e ”Bimbinbici” - Durante il percorso sono stati anche ripuliti alcuni tratti della pista ciclabile
 

Per i bambini una festa in bici. Per i più grandi l’opportunità di vivere per una volta strade quotidianamente invase dalle automobili. Per tutti l’impegno morale di pulire la pista ciclabile che porta alla Val Rosandra.
L’edizione 2010 di “Bicincittà + Bimbinbici” ha visto quasi 400 partecipanti radunarsi, ieri mattina, in piazza dell’Unità d’Italia, per raggiungere, pedalando lungo le Rive, il punto di partenza della ciclabile della Val Rosandra. Organizzato congiuntamente da “Ulisse – Fiab” e “Uisp” Trieste, l’appuntamento ha riscosso un notevole successo, anche per la splendida cornice di sole con la quale si è aperta la domenica e che ha poi accompagnato i partecipanti per l’intera durata della pedalata.
Le manifestazioni in passato erano separate: Bimbinbici” è la tradizionale pedalata nazionale promossa dalla Fiab, “Bicincittà” è l’appuntamento con la biciclettata della Uisp, passeggiata non competitiva. Lo scopo era quello vivere una domenica mattina interamente dedicata a chi in città vuole potere usare la bici, come un gesto naturale e quotidiano, per andare a scuola, al lavoro, a far la spesa, al cinema o al mare. Un appuntamento tradizionalmente dedicato alle famiglie, agli amatori e a tutti cittadini interessati a uno stile di vita attivo.
Molto significativa anche la componente ecologica della manifestazione. La banca del tempo internazionale "Aiuto Dal Cielo?" ha allestito nel contesto di “Bicincittà + Bimbinbici” un’iniziativa parallela e in collaborazione con la manifestazione organizzata da Ulisse-Fiab e Uisp "Bicincittà+Bimbinbici", consistita in una nuova pulizia di alcuni tratti sporchi della pista ciclabile.
Per dare un piccolo riconoscimento ai volontari che hanno aderito alla proposta di “Aiuto dal Cielo?”, sono state donate un po' di “fritole” a coloro che hanno dato un aiuto riempiendo un sacchetto di immondizia raccolta lungo la ciclabile. Finita la manifestazione in bici, soci e simpatizzanti delle associazioni organizzatrici si sono recate a Draga Sant'Elia per ripulire un altro tratto della pista ciclabile che è diventato purtroppo, nel corso degli anni, una discarica abusiva.
A Draga Sant’Elia è stato offerto un piatto di pasta a tutti i partecipanti. A fianco del positivo bilancio della pedalata ecologica, va registrato il grave stato di degrado nel quale alcuni vandali hanno ridotto il punto di partenza della pista ciclabile della Val Rosandra. Scritte e imbrattamenti di varia natura hanno trasformato quello che dovrebbe essere il luogo di ritrovo per famiglie e appassionati prima di salire in bici alla volta della Val Rosandra, in un’esposizione di scritte e rifiuti.
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2010

 

 

Antenne a Chiampore, superati i limiti - In un paio di occasioni oltrepassata la soglia di attenzione fissata a 6 volt/metro
 

UN MESE E MEZZO DI RILEVAMENTI DELLA CENTRALINA MOBILE DEL COMUNE
MUGGIA Tra la fine di marzo e la prima settimana di maggio la centralina mobile per il rilevamento delle emissioni elettromagnetiche, acquistata a suo tempo dal Comune, è stata dislocata per brevi periodi in alcune proprietà private della zona di Chiampore, dove si trova una decina di antenne e ripetitori. Risultato: in un paio di occasioni la soglia di attenzione fissata dalla normativa è stata superata.
«Nessun rischio per la salute – assicura il fisico Franco Calligaris, del Dipartimento di matematica e informatica dell'Università di Trieste – ma il fenomeno deve essere comunque monitorato».
La norma prevede tre fasce di controllo: la prima da 0 a 6 volt/metro in cui non esiste alcun tipo di rischio, quella in cui rientrano le normali emissioni del suolo e nella quale si potrebbe tranquillamente lasciare un neonato per 24 ore al giorno.
La seconda, da 6 a 20 volt/metro, considerata dalla legge del 2003 soglia di attenzione. La terza, dai 20 volt/metro in su, è considerata invece a rischio per la salute.
A Chiampore, nel periodo ricordato, ci sono stati alcuni sforamenti che hanno fatto salire il rilevatore fino a 7-8 volt/metro.
«In realtà la nostra normativa – precisa Calligaris – recepisce in modo restrittivo la regolamentazione europea in materia di inquinamento elettromagnetico, che fissa la soglia di attenzione a 20, esattamente il limite che invece noi consideriamo a rischio».
Il limite europeo è stato appunto ripreso dalla maggioranza dei paesi dell’Ue, Slovenia compresa. Ciò significa che lo stesso livello di inquinamento elettromagnetico rilevato a Chiampore, a poche decine di metri dalle misurazioni fatte dal Comune, in territorio sloveno verrebbe considerato perfettamente entro i limiti di tolleranza.
Corre comunque ai ripari il sindaco Nerio Nesladek, che, premettendo la limitata attendibilità scientifica del rilevatore mobile, e anche sollecitato da una recente petizione di una settantina di residenti della zona preoccupati per il proliferare di antenne e ripetitori a pochi metri dalle loro case, si muoverà in due direzioni.
«Da una parte – annuncia il primo cittadino – ripeteremo le nostre rilevazioni, che hanno valore puramente statistico e non legale, per accertarci che non si sia trattato di un fenomeno contingente e passeggero, legato magari alla presenza di fattori esterni, ed eventualmente chiederemo in un secondo tempo l'intervento dell'Arpa, sulla cui strumentazione calibreremo comunque subito il nostro rilevatore. Dall'altra – aggiunge – proseguiremo con il piano di decentramento delle prossime installazioni sul monte San Michele e in zona San Floriano, fino al dimezzamento delle attuali venti già in funzione a Chiampore».
In questo contesto si inserisce la prossima riunione della conferenza dei servizi, convocata il primo giugno, nel corso della quale i soggetti proprietari delle antenne ripetitrici presenteranno le integrazioni ai progetti richieste dal Comune.
Qualora tutte le osservazioni venissero accolte e non si presentassero ulteriori intoppi procedurali, le operazioni di rimozione e spostamento delle antenne potrebbero essere avviate già entro l'anno.
«Credo – conclude Nesladek – che, tra un’eventuale campagna di monitoraggio ufficiale dell'Arpa e la realizzazione del nostro programma di alleggerimento delle installazioni da Chiampore, arriveremo prima noi, rendendo quindi non necessario l’intervento dell’Agenzia regionale per l’ambiente».
GIOVANNI LONGHI
 

 

BICINCITTÀ - Domenica su due ruote
 

Oggi è la domenica di Bicincittà e di Bimbinbici, manifestazioni promosse in tandem da Ulisse-Fiab e Uisp. Ritrovo alle 9 in piazza Unità da dove, attraverso Rive, Campi Elisi, vie D’Alviano e Orlandini i ciclisti raggiungeranno l’inizio della pista ciclabile, scortati dai vigili urbani. Per chi lascerà la macchina al parcheggio di Chiarbola l’appuntamento è alle 9.30.
Nell’occasione, l’associazione ”Aiuto dal cielo” continuerà nella sua opera di pulizia della pista ciclabile sul tratto di Draga Sant’Elia, offrendo frittelle e altre pietanze a quanti parteciperanno alla raccolta dell’immondizia.
 

 

Biografie ”biodiverse” - PARLANO GLI ESPERTI DI MARE E RISERVE
 

”Bio-grafie bio-diverse nel golfo di Trieste: storie e passioni.. delle aree protette regionali marine e costiere”: è il titolo dell’incontro aperto al pubblico a cura di Wwf-Area Marina protetta di Miramare che si terrà martedì, alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali, Piazza Duca degli Abruzzi, 1.
È da anni che l'Area Marina Protetta di Miramare, gestita dal Wwf Italia, dialoga con le altre riserve adriatiche, regionali e slovene, per la promozione e creazione di una rete di aree protette di conservazione nel Nord-Adriatico.
Nel 2010, anno proclamato dall'Onu, Anno Internazionale della Biodiversità, e nella Giornata europea dedicata ai Parchi, la Riserva propone un confronto tra alcuni personaggi in grado di raccontare pagine di storia locale, storie poco note, scritte nel segno della protezione della biodiversità marina e costiera, sopra e sotto l'acqua. Storia scritte non solamente con specie e habitat protetti ma anche con e da persone che si sono impegnate con passione alla tutela di parti di territorio oggi divenuti aree protette gestite con successo, a livello europeo e mediterraneo.
”Biografie biodiverse” vedrà protagonisti Robert Turk: naturalista, biologo lavora da una vita all'Istituto per la Tutela della Natura di Pirano; Fabio Perco: naturalista, zoologo e ornitologo, svolge le funzioni di direttore scientifico della Stazione Biologica Isola Cona alla Riserva Naturale Regionale Foce dell'Isonzo; Glauco Vicario: ornitologo, naturalista, fotografo, guida naturalistica; Andrea Rocco: maestro in arti plastiche e ceramista, guida naturalistica, nella seconda metà degli anni ’80 partecipa all'avvio di alcune aree protette tra cui Miramare, l'Isola della Cona, Doberdò e Pietrarossa; Roberto Odorico: biologo marino, subacqueo.
 

 

 

 

 

IL TUONO - SABATO, 22 maggio 2010

 

 

Rigassificatori: la manovra dell'asino
 

Interrogativi sempre piu' inquietanti sui retroscena da indagare - ancora propagande diversive al posto dell'informazione

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2010

 

 

Metrò leggera, fondi Ue per il progetto - L’ammontare totale è di dieci milioni - Il Geoparco del Carso tra le iniziative transfrontaliere in cui è partner la Provincia
 

L’Unione europea ha deciso di investire sull’asse Trieste-Slovenia. Il risultato è l’approvazione e il finanziamento di tre progetti transfrontalieri, per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro, nei quali è presente la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Adria-A è il progetto più complesso e ha come obiettivo generale quello di contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei trasporti dell’intera area transfrontaliera, per formare un’area metropolitana integrata di trasporto italo-slovena.
In questo contesto verranno progettati i collegamenti mancanti fra la rete infrastrutturale italiana e quella slovena, ora frammentate e sottoutilizzate, per realizzare così un unico modello di trasporto su tutto il territorio. A conti fatti si potrà disporre di un unico collegamento su rotaia tra l'aereoporto di Ronchi e Capodistria.
«Se il progetto e lo studio di fattibilità verranno approvati dall’Unione europea, potremo finalmente realizzare la metropolitana leggera», afferma Nicola Manfren. responsabile dell’ufficio Affari comunitari e internazionali della Provincia.
«L’ex assessore ai Trasporti Ondina Barduzzi aveva investito molte energie su questo progetto – precisa Manfren –. La sua realizzazione sarà un modo per onorarne la memoria».
I tempi di realizzazione non saranno comunque brevi. «Questo è un progetto ambizioso, che verrà dato in eredità alle successive amministrazioni – commenta Erik Svab, presidente di Euroservis, società di consulenza incaricata del progetto – poiché vedremo la fine dei lavori nel 2020».
Gli altri due progetti finanziati nell’ambito della cooperazione transfrontaliera sono il Carso/Kras e il Sigma2.
All’interno del progetto Carso/Kras, nel quale la Provincia svolge il ruolo di coordinatore per la parte italiana, verranno atttuati uno studio di fattibilità per la realizzazione del Geoparco del Carso e il progetto esecutivo del Museo vivente del Carso. Quest’ultimo comprenderà anche un censimento dei principali elementi di interesse dal punto di vista paesaggistico, ambientale e della cultura tradizionale.
Verrà poi verificata la possibilità di istituire un Gect (Gruppo europeo di cooperazione territoriale), struttura permanente alla quale parteciperanno le amministrazioni pubbliche locali con competenza sul territorio carsico.
Il progetto comprende anche la predisposizione di una mappa dei rischi di incendio e un’azione di sensibilizzazione della cittadinanza su tali pericoli.
Si pensa inoltre di sfruttare la tecnologia Gps, attraverso l’utilizzo di palmari che permettano ai turisti di disporre di mappe tematiche del territorio.
Il progetto Sigma2, infine, ideale continuazione del progetto Sigma, vede la collaborazione di partner italiani e sloveni impegnati nella tutela della biodiversità, e in particolar modo nella creazione del Centro per le colture mediterranee. Anche in questo caso la Provincia ha un ruolo di raccordo fra i partner italiani e il ”capogruppo” dei partner sloveni, che in questo caso è l’Università del litorale di Capodistria.

(c.p.)

 

 

Ferriera, primo incontro tra Dipiazza e i sindacati - Godina: ma al tavolo ci devono essere tutti, non pensi di fare da solo
 

«È stato un incontro molto franco oltre che strategico, il primo approccio con il sindacato su quelle che sono le linee di sviluppo futuro della città, e all'interno delle quali va declinata la gestione della riconversione della Ferriera». Così ha detto ieri il sindaco Roberto Dipiazza dopo il primo colloquio tenuto con i rappresentanti dei lavoratori nell’ambito dei lavori collegati al tavolo regionale sullo stabilimento siderurgico triestino. Tavolo che in Regione si è deciso di suddividere in tre tronconi la cui regia è stata affidata a tre enti distinti: la Regione per il lavoro, la Provincia per l’ambiente, il Comune per lo sviluppo economico.
Ma mentre «Regione e Provincia hanno già fatto quello che dovevano fare, correttamente convocando ogni volta i rappresentanti istituzionali, quelli dei lavoratori e la proprietà, il Comune evidentemente pensa di potere fare tutto da solo». Questa la reazione furiosa del vicepresidente della Provincia Walter Godina, che aggiunge: «Non vorrei che il sindaco, che su questa partita ha fatto varie campagne elettorali sempre inconcludenti sul tema della chiusura della Ferriera, possa pensare ora di risolvere questo nodo senza coinvolgere tutte le parti interessate».
In una nota lo stesso Dipiazza spiega che al Comune «era stato chiesto di approfondire il tema dello sviluppo e delle conseguenti opportunità derivanti da nuove iniziative imprenditoriali sul nostro territorio, il cui investimento totale ammonta a oltre 3 miliardi e mezzo di euro. Abbiamo compiuto - prosegue il sindaco - uno studio che potremmo definire un vero e proprio piano strategico della città, dopo aver sentito le realtà pubbliche e private che da qui ai prossimi anni investiranno nell'area triestina». Dipiazza parla di «clima costruttivo da parte del sindacato, con cui abbiamo definito le tappe di un percorso che porterà all'approfondimento di questo piano attraverso altri incontri allargati alle realtà imprenditoriali».
Sostiene però Enzo Timeo, della Uilm: «Quello in Comune non era certo il tavolo che noi aspettavamo, e abbiamo sottolineato al sindaco di non considerarlo tale, giacché non erano presenti tutti gli attori interessati. Dipiazza ci ha detto di avere voluto intanto avere una nostra valutazione su un documento che noi non siamo in grado di valutare, e che comunque il sindaco prima di consegnarci ha detto di volere consegnare alla Regione. Le idee del sindaco sul futuro di sviluppo della città vanno approfondite, e lui ha detto di condividere l’impostazione che al tavolo noi vogliamo dare», continua Timeo: «Un tavolo ufficiale con tutti gli attori presenti».
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO DI LEGAMBIENTE

 

Informazioni sul risparmio energetico? Rivolgersi all’ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5 tutti i martedì, dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.

 

 

 

 

IL MANIFESTO - VENERDI', 21 maggio 2010

 

 

A spese dei beni comuni il primo passo del federalismo all’italiana
 

Lo spezzatino del Belpaese (di Valentino Parlato)
Mai la discussione sul federalismo (fiscale, demaniale e quant'altro) è stata così intensa e animata come in questa fase di celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia. Viene da dire che gli opposti si tengono. Ma il tema è centrale e ha largo spazio sulla stampa.
A porre la questione sul tavolo (senza il minimo riferimento a Cattaneo, Dorso e altri ancora) è stata la Lega, che con «Roma ladrona» metteva in causa lo stato centrale e puntava esplicitamente alla Padania, a separare e autonomizzare le ricche regioni del Nord dalla miseria e dal malaffare del Sud. Avendo mente fredda e occhi aperti è difficile contestare che lo stato centrale sia un disastro dal punto di vista amministrativo, economico e anche morale.
Adesso, con la crisi, il ministro Tremonti deve fare tagli che già si annunciano sul fronte del sociale: pensioni, pubblico impiego, salari (licenziamento «a voce» e aumento dell'orario di lavoro). Viene da dire che se Tremonti sottoponesse a una seria inchiesta le spese e gli abusi della amministrazione centrale e avviasse un serio piano contro l'evasione fiscale potrebbe risolvere molti problemi di bilancio, non castigando i più deboli, ma rimettendo a regime la macchina dello stato. Insomma siamo al punto che Il Tempo (che non è certo un foglio di sinistra) ha messo in testa alla sua prima pagina il seguente titolo e sommario: «Menù a prezzo politico. Nuova buvette. Ristorante su una terrazza per il personale di Palazzo Chigi. Vista sui tetti di Roma e prezzi stracciati. Ecco dove non ci danno un taglio».
Ma domandiamoci: le Regioni che dovrebbero essere i soggetti del federalismo funzionano meglio, quanto a sprechi e corruzione? Insomma il federalismo - visto come è oggi l'Italia - sarebbe la frantumazione dell'Italia in bande, gruppi di potere, tra loro concorrenti e di tutto preoccupati salvo che del benessere dei cittadini della loro federazione e dell'unità d'Italia. Con il rischio che, come abbiamo la delocalizzazione delle industrie, avremmo la delocalizzazione dei poteri regionali nei territori degli antichi occupanti del nostro paese: franchi, alemanni, normanni, arabi ...
A questo punto Giorgio Ruffolo, già nel suo libro «Un paese troppo lungo» e pochi giorni fa con un articolo su Repubblica del 12 maggio ha avanzato la proposta delle macroregioni: l'Italia divisa in due stati federali tra Nord e Sud. Insomma contro il regionalismo a spiccioli il federalismo all'ingrosso, che secondo Ruffolo sarebbe più razionale e produttivo e sulla base di un patto unitario tra le due macroregioni porrebbe concretamente al centro la famosa questione meridionale, sempre reale e presente, ma largamente dimenticata dai politici e dagli uomini di cultura.
A questa proposta di Ruffolo ha prontamente replicato Eugenio Scalfari sulla Repubblica del 16 maggio. Per Scalfari (e per Napolitano, aggiunge) questo sarebbe l'obiettivo della Lega e sarebbe la fine dell'Italia, con un nord europeo e un sud magrebino. O quasi. Il Nord con l'euro e il Sud «con qualche fiorino di antica e non commendevole memoria». Fortunatamente Scalfari non condivide neppure il federalismo regionale e anch'io penso che la strada federalista sia un disastro. Ma se proprio è inevitabile mi sembrano più ragionevoli le macroregioni, con le quali il problema dell'unità si porrebbe più realisticamente evitando lo spezzatino.

La «cricca demaniale» Coste e laghi alle regioni - Primo sì. Di Pietro vota con la Lega e attacca il Pd (di Matteo Bartocci)
Il federalismo è salvo. Sul filo di lana la Lega porta a casa il primo mattoncino della riforma fiscale che chiede dagli anni '90. La delega al governo scadeva domani ma la «bicameralina» ha approvato a maggioranza il parere sul primo decreto che trasferisce i beni demaniali dello stato agli enti locali: 17 sì (Pdl, Lega, Svp e Idv), 3 contrari (Udc/Api) e 10 astenuti del Pd. Oggi pomeriggio il cosiddetto «federalismo demaniale» sarà approvato anche dal consiglio dei ministri e si avvierà un gigantesco processo di trasferimento politico ed economico dal quale tornare indietro sarà molto difficile.
La proprietà e la gestione dei grandi laghi del Nord sarà trasferita alle regioni. Così tutte le coste e tutto il demanio idrico (sorgenti, fiumi e laghi regionali, etc.). Beni che le regioni dovranno comunque gestire - così impone la delega con un termine sinistro - pompando al massimo la loro «valorizzazione funzionale». Tra i beni alienabili dunque foreste, aree agricole, immobili, zone portuali dismesse, le strade non statali e gli aeroporti non «di interesse nazionale».
Sono esclusi i beni culturali e, soprattutto, buona parte del demanio militare (caserme dismesse, vecchi alloggi o poligoni in disuso, etc.): una torta da 2 a 4 miliardi di euro che rimane appannaggio della «Difesa spa». Secondo una stima ufficiale dell'agenzia del Demanio a conti fatti si tratta di 18.959 beni (tra immobili e terreni) per un valore di libro di 3,2 miliardi. Una cifra che opportunamente rivalutata è ragionevole almeno raddoppiare. La maggior parte di questi sono nel Lazio: ben 860 milioni di euro. Piemonte, Lombardia e Veneto insieme ne raccolgono per 880 milioni. In Basilicata, Calabria, Molise e Puglia restano le briciole: sul loro territorio hanno beni demaniali per appena 312 milioni.
Bossi può esultare: «Iniziamo a portare a casa quello che si può». E per l'occasione il Carroccio trova un alleato inedito come Antonio Di Pietro. Il leader dell'Idv organizza addirittura una conferenza stampa col ministro Calderoli per rivendicare il sì del suo partito al federalismo e per criticare apertamente l'astensione del Pd: un atteggiamento secondo lui «preconcetto», con cui «il Pd non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità». «L'Idv - attacca Di Pietro - non si astiene mai, perché non è politica la politica che non decide, non sono buoni pastori quelli che non sanno indicare la strada. Chi non è né carne né pesce è bene che se ne stia alla finestra. La Lega e l'Idv - conclude - hanno il coraggio di confrontarsi sui temi veri».
In concreto, il partito di Di Pietro ha ottenuto che nel testo siano richiamati gli articoli 5 e 114 della Costituzione. Un contributo su cui perfino lo stesso Calderoli maramaldeggia un po': «Anche se si tratta di una cosa scontata a volte è utile ricordare che l'acqua calda è calda». Mentre Francesco Boccia del Pd, membro della «bicameralina», è furioso con l'ex ministro delle Infrastrutture: «Ha perso un'altra occasione per dimostrare la sua affidabilità ma le bugie hanno le gambe corte, faccio fatica a ricordare i contributi politici dell'Idv. L'80% del testo approvato dalla commissione - conclude Boccia - è stato modificato grazie al Pd».
Tra le altre novità importanti c'è un fondo di perequazione che prevede che il ricavato della vendita dei beni vada per il 75% a riduzione del debito degli enti locali, il restante 25% andrà all'ammortamento del debito nazionale. I beni potranno essere ceduti a fondi immobiliari pubblici ma aperti a privati e soggetti istituzionali. Il relatore di maggioranza sul decreto, Massimo Corsaro del Pdl (un ex An milanese vicino a La Russa) tira un sospiro di sollievo: «Siamo riusciti a fare il primo dei decreti nei tempi previsti, dando legittimità all'intero percorso e con una cospicua partecipazione alla redazione del testo da parte di tutti i gruppi».
Il Pd è stato a lungo incerto sul provvedimento. Da un lato ha lavorato al massimo per riempire di contenuti (e qualche paletto) una decreto iniziale pericolosamente vago. Dall'altro si è diviso su chi voleva votare sì (gran parte dell'area ex Ds e lo «zoccolo duro» degli amministratori locali) e chi invece voleva votare no come gli ex popolari. Dario Franceschini l'astensione finale la spiega così: «Il testo è stato molto migliorato ma non in modo soddisfacente». Linda Lanzillotta, rutelliana dell'Api. indica che il re è nudo: «Il federalismo demaniale fa partire una massiccia operazione di vendita del patrimonio di tutti che andrà a vantaggio di pochi, per di più con il rischio di alimentare la speculazione immobiliare». E sul piano politico invece «si consente alla Lega di dire che il federalismo è partito mentre è chiaro che il governo non è in grado di dire quali saranno i costi e che la crisi impone di rinviare tutto a data da destinarsi».
In effetti questo primo passo federalista potrebbe anche essere l'unico. Giulio Tremonti è come al solito sibillino quando parla di numeri: «Il trasferimento di immobili tra soggetti pubblici di fatto ha un valore economico nullo o irrilevante». Una gigantesca partita di giro essenzialmente a vantaggio di Roma e del Nord. «La vera difficoltà risiede nella vendita del patrimonio immobiliare», ammette Tremonti, facendo capire che potrebbero essere anche altri interventi, in futuro, a «semplificare» la materia. «La riforma che si sta compiendo assume di fatto una valenza di carattere costituzionale e quindi ha un elevato valore simbolico», conclude il ministro. Eclissati e completamente innocui i «finiani». Immortale un titolo del Secolo che parlava di questo provvedimento come una puntata di «Scherzi a parte». Evidentemente ridere piace a tutti.
VERDI IN RIVOLTA  - Bonelli: «Così il decreto consegna l'Italia agli affaristi»  (di Iaia Vantaggiato )
«La più grande speculazione immobiliare ed edilizia nella storia della Repubblica italiana». Così il presidente dei Verdi Angelo Bonelli definisce l'approvazione del decreto sul federalismo fiscale. «Molti sono soddisfatti - dice - noi invece siamo disgustati anche per il modo bipartisan con cui si è deciso di vendere l'Italia».
Lei protesta ma intanto il decreto è passato grazie al voto di Di Pietro e all'astensione del Pd.
Se non ci fosse Berlusconi, Di Pietro potrebbe stare benissimo dentro un governo di destra. Del resto fu proprio Di Pietro, quand'era ministro per le infrastrutture, a impedire la chiusura della società per il ponte sullo stretto ed è sempre grazie a lui che prima o poi, con la realizzazione del corridoio tirrenico-maremmano, ci ritroveremo con la Maremma tagliata in due da un'autostrada.
Almeno Di Pietro ha votato.
Se allude all'astensione del Pd, molti se ne sono già pentiti nel senso che avrebbero volentieri votato a favore. All'interno di questo governo non esiste nessuna opposizione di centrosinistra. A questo punto la distanza tra noi e loro prima ancora che politica è culturale.
Ma di questo decreto non salviamo proprio nulla?
Con questo provvedimento lo stato trasferisce, con qualche eccezione, tutti i beni demaniali agli enti pubblici e sin qui niente di male.
Quand'è allora che nascono i problemi?
Quando con l'alienazione dei beni, cioè con la loro vendita, se ne consente anche una contestuale variante urbanistica. Con questo meccanismo tutte le superficie agricole e non sinora appartenute allo stato potranno diventare terreno edificabile.
Il Parlamento non può intervenire, magari con qualche paletto?
I decreti legislativi non sono emendabili dal Parlamento che può solo esprimere «pareri» non vincolanti. E tra l'altro nel parere già espresso non c'è nessun paletto.
Ma una parte dell'articolo 58 era stata dichiarata incostituzionale.
Sì, ma solo sino a dove si dice che l'inserimento degli immobili nel piano di alienazione ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone la destinazione urbanistica.
Vale a dire?
Che una volta che hai comprato un pacchetto di immobili dallo stato ne puoi fare quello che vuoi. Del resto se ci fossero i paletti verrebbe meno la possibilità di valorizzare il bene e dunque il fine dell'intera operazione.
Lei parla di valorizzazione economica ma se l'ente locale decidesse, chessò, di trasformare una caserma militare in una scuola sarebbe una cosa buona, no?
Il problema non sono le caserme ma, per esempio, i terreni agricoli. Non crederà mica che a comprarli saranno i coltivatori? Su quei terreni si tufferà solo chi è intenzionato a realizzare operazioni edilizie con ricadute urbanistiche e ambientali enormi.
L'Italia nelle mani di costruttori e immobiliaristi, come lei dice.
E di speculatori. Pensi al demanio idrico di cui è stata mantenuta l'indisponibilità a eccezione delle sorgenti minerali e termali.
Che c'entarno le sorgenti con gli speculatori?
Le sorgenti si chiamano «Fiuggi», «Rocchetta» e qualsiasi altra marca le venga in mente. Allo stato rendono pochissimo ma dietro c'è un giro d'affari miliardario. A chi andranno?
Le spiagge almeno ce le hanno lasciate.
Sì, ma con la possibilità di realizzare canoni di concessione di 99 anni. Il che equivale a venderle.
Postilla
Pauroso il segnale politico e culturale che emerge da questa vicenda. Dagli articoli che riportiamo registriamo tre punti: (1) il larghissimo consenso all’obiettivo della priorità della “valorizzazione economica” su qualunque altro obiettivo; (2) l’accettazione comune della liceità, per raggiungere questo obiettivo, di alienare beni pubblici, di spezzettare beni strutturalmente unitari e addirittura di modificare le destinazioni urbanistiche derogando alla pianificazione; (3) la reiterata ammissione che il “federalismo all’italiana” di per sé è un buon obiettivo politico, del quale è importante solo concordare i modi.
Sui primi due punti convergono – sia pure con sfumature diverse – sia Di Pietro (il quale non sembra avere altri meriti politici se non la sua giusta intransigenza nei confronti di Berlusconi e del conflitto d’interessi) sia i Democratici. Sul terzo il consenso sembra ancora più vasto. Al punto che perfino Valentino Parlato, nell’articolo che pubblichiamo più sopra, aaccetta come ultima spiaggia – per evitare lo “spezzatino” – la rottura dell’Italia nelle macroregioni che Giorgio Ruffolo aveva proposto.
A nessuno (o a troppi pochi) viene in mente che il “federalismo”, predicato e praticato per dividere ciò che è unito, è una contraddizione in termini, e che la rottura dello stato unitario è una negazione della storia, dal Risorgimento alla resistenza e alla Costituzione, giustificata solo in alcuni dal rapace egoismo dei più ricchi e dei più ciechi rispetto al futuro, in altri dalla rassegnazione all’impossibilità di migliorare lo stato quale oggi doroteismo, craxismo e berlusconismo lo hanno ridotto.
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2010

 

 

Comune, Provincia e Acegas alleati per la ”differenziata” - FIRMATO UN PROTOCOLLO - Messo a punto un piano per raggiungere il tetto del 50% dei rifiuti riciclati
 

Trieste e raccolta differenziata: un binomio che diventa realtà. Ora si tratta di organizzare in maniera efficiente la raccolta nella nostra provincia. È questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa siglato ieri da Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, e l’assessore provinciale Vittorio Zollia assieme al sindaco, Roberto Dipiazza, e Marina Monassi, direttore generale di AcegasAps spa.
Con questo Protocollo verrà costituito un tavolo tecnico con il compito di sviluppare uno specifico programma per individuare forme e modalità organizzative di un’efficace raccolta differenziata.
Il totale di rifiuti riciclati dovrebbe costituire, per legge, il 50 per cento del totale dei rifiuti mentre attualmente è solo del 21,5 per cento. I punti fondamentali su cui si concentrerà l’attività del tavolo sono: aumento di contenitori dedicati alla raccolta differenziata monomateriale; raccolta porta a porta dei cartoni e del vetro dagli esercizi commerciali; raccolta differenziata all’interno del Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso; raccolta porta a porta a Rozzol-Melara, Altura e altri complessi edilizi; raccolta differenziata dell’umido delle grandi utenze; raccolta differenziata domiciliare del verde; contenitori specifici negli uffici pubblici e consegna di compostiere per gli abitanti delle borgate carsiche o periferiche.
Alla fine dei lavori il tavolo tecnico dovrà fornire una relazione finale condivisa sulla valutazione costi- benefici delle soluzioni trovate e le modalità di raccolta in modo da semplificare le attività in capo all’utenza.
«Il programma contenente i dettagli tecnici dovrebbe essere pronto entro sei mesi dalla costituzione del tavolo ma, assicura l’assessore Vittorio Zollia, «cercheremo di accelerare al massimo i tempi. Il nostro obiettivo» continua Zollia, «è quello di portare il totale di rifiuti differenziati al 65 per cento entro dicembre 2012. In molti altri comuni, come ad esempio quello di Padova, la raccolta differenziata funziona molto bene e non vedo perché Trieste debba essere da meno».

(f. c.)
 

 

Ferriera, via ai tavoli per chiuderla - Incontro in Provincia sulle tematiche ambientali legate all’impianto
 

È partito il primo giro di consultazioni tra le istituzioni. Una serie di tavoli propedeutici all’annunciata dismissione dello stabilimento di Servola, nati apparentemente, col duplice scopo di limitare i danni ambientali negli anni rimanenti e trovare un atterraggio morbido, inteso come riconversione, per le centinaia di operai ancora operativi.
Il primo tavolo si è tenuto a Palazzo Galatti, sede dalla provincia, coordinato dall’assessore Zollia. Erano presenti per la Regione gli assessori De Anna e Savino, esponenti dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria, dei sindacati, della Lucchini, e l’ing. Caputi in rappresentanza del Comune e Assindustria. «È stato fondamentalmente un primo giro d’orizzonte – commenta l’assessore Zollia – per prendere atto dell’obiettivo generale. Che, nel caso dell’amministrazione provinciale è quello di seguire gli aspetti ambientali relativi alla Ferriera. Ci arriveremo dopo aver acquisito tutta una serie di dati che matureranno nel corso di incontri da coordinare con Arpa, Asl e Regione».
Zollia ricorda al riguardo che la Regione ha già avviato la procedura per la modifica dell’autorizzazione ambientale concessa a suo tempo alla Ferriera. «A questo punto, nell’attesa di quella variante – anticipa Zollia – abbiamo deciso un percorso comune per fare in modo che i controlli rispettino gli obblighi di legge. L’obiettivo è quello di arrivare a un programma che, da oggi alla chiusura, permetta di migliorare le condizioni dell’aria».
Esistono anche delle obiettive preoccupazioni, e l’assessore non ne fa mistero. «Non vorremmo – racconta – che in previsione della riconversione l’azienda prestasse meno attenzione rispetto a quelli che erano i dettami della vecchia autorizzazione ambientale e a quelli della nuova. È una preoccupazione comune sulla quale siamo intenzionati a vigilare».
Qualche perplessita', intanto, emerge dall’ambiente sindacale. «Tutti d’accordo su una maggior precauzione, su un più attento controllo delle emissioni – commenta Franco Palman della Uil, pure presente all’incontro di ieri – ma al momento ho la sensazione che si sia ancora lontani dal realizzare qualcosa di concreto per la Ferriera. Sto sentendo ovunque gli stessi discorsi ma ancora non ho sentito una singola parola che vada realmente al cuore del problema. Sono tutti film già visti. Si parla di bonifiche, di impegno a fare valutazioni ma siamo lontanissimi da qualsiasi progetto. Certo – continua Palman – il processo per migliorare le condizioni dei lavoratori e le emissioni dello stabilimento è importante, ma il buio totale sulla riconversione fa presagire un futuro buio per la città».
Oggi tocca al Comune, che ospiterà il secondo tavolo, quello sulle strutture, ma anche qui il sindacato va con i piedi di piombo. «Mi sembra già abbastanza strano – conclude Palman – che il sindaco abbia invitato solo le parti sociali... Mancano le basi del dialogo e c’è tanta paura di impantanarsi. Non vorrei fosse il prologo dell’ennesima presa in giro».

(f.b.)
 

 

Cicloturismo, in bici da Muggia fino a Isola - Entro gennaio sarà ultimato il collegamento con il tracciato dell’ex Parenzana
 

Ammonta a 300mila euro il finanziamento disponibile per i 10 chilometri di percorso

MUGGIA Dovranno essere ultimati entro gennaio, pena la perdita del finanziamento, i lavori di collegamento ciclopedonale tra il tracciato dell'ex Parenzana, che corre in territorio sloveno e che attualmente collega Isola all’ex valico di Rabuiese, e il circuito dei percorsi ciclabili nel comune di Muggia.
Nei giorni scorsi il sindaco Nerio Nesladek e i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo lungo i tracciati per verificarne i punti cruciali. Innestandosi sull'ex Parenzana nel punto in cui corre la linea di confine con la Slovenia, la pista scenderà dopo un breve tratto in costa, verso la valle dell'Ospo.
A quel punto supererà il rio passando sul ponte già esistente poco oltre l'incrocio di strada per Farnei, svolterà lungo l'argine e scenderà fino alla foce.
Sempre dal ponte nei pressi di strada per Farnei, un altro tratto della ciclabile proseguirà invece dritto lungo via San Clemente dal lato del marciapiedi, raggiungerà l'incrocio sulla sua sommità del Monte d'oro, scenderà nuovamente verso il mare percorrendo prima via Flavia di Stramare e poi la strada che costeggia l'ex Aquila, e dopo il breve pezzo pianeggiante che corre lungo il mare si riallaccerà alla stessa ciclabile nei pressi della foce dell'Ospo.
Il finanziamento regionale per la realizzazione di questa decina di chilometri di circuito ciclabile è di 300mila euro. In questi giorni sta per essere affidato l'incarico per la progettazione dell'opera.
Il fondo sarà in parte di terra battuta, in parte di asfalto e in parte di una sorta di ”tartan” già applicato in altre piste ciclabili.
A questo anello che il Comune di Muggia sta per mettere in cantiere si collegheranno successivamente altri due tratti ciclabili: il primo a sud della foce dell'Ospo, destinato a penetrare fino al centro di Muggia e poi a proseguire fino a Lazzaretto.
Il secondo partirà invece dalle Noghere, raggiungerà la località di Vignano, lambirà i laghetti e porterà nel territorio del comune di San Dorligo per poi proseguire fino a Caresana, e a San Servolo in territorio sloveno.
Anche quest'ultimo collegamento è già stato finanziato nell'ambito del progetto transfrontaliero Kras/Carso da quasi 4 milioni di euro di cui Muggia è partner.

(g.l.)
 

 

Zero-Energy: nasce la casa autosufficiente biologica, intelligente e non inquinante - REALIZZATA DAL GRUPPO ”POLO LE VILLE PLUS” DI CASSACCO
 

UDINE L'acqua piovana, filtrata, viene utilizzata per gli scarichi dei bagni, la lavatrice e l'irrigazione di orto e giardino. Mentre l'automobile elettrica, sotto il portico, si ricarica. Niente allacciamento al metano, nessun costo energetico. Perché la Casa Zero Energy realizzata dal Gruppo Polo Le Ville Plus di Cassacco auto-produce energia da fonti alternative e non inquinanti e quindi usa pannelli solari, fotovoltaici, pompe di calore.
Una casa passiva e intelligente, al punto che riscaldamento e climatizzatore si accendono da soli quando serve, costruita in legno e altri materiali naturali, quella che verrà presentata questo pomeriggio a Felettano di Tricesimo. La più grande mai realizzata con le caratteristiche dell'autosufficienza e del rispetto dell'ambiente: 470 metri quadrati. Un progetto, quello di Polo Le Ville Plus (con la collaborazione del dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'Università di Trento e con il supporto della Regione Fvg), "che riunisce il meglio delle competenze acquisite dall'azienda in 25 anni di lavoro, la ricerca e l'applicazione di tecnologie innovative - spiega il presidente Loris Clocchiatti -. È la casa del futuro in linea con i parametri di Kyoto 2030".
A far da collettore di tutte le informazioni per ottimizzare l'uso delle energie rinnovabili e minimizzare i consumi di quelle tradizionali è il sistema domotico prodotto dalla BPT di Sesto al Reghena. "Il sistema Home Sapiens, integrato e personalizzato su quello costruttivo - precisa l'ad Sandro Marcorin -, sarà in grado di ottimizzare la gestione del comfort termo igrometrico e visivo della casa, nonché la sicurezza personale interna e come sistema di antintrusione dall'esterno".
Polo Le Ville Plus è in grado di costruire quel tipo di casa anche in altra forma e dimensioni. È il "concetto" a restare sempre lo stesso. A partire dallo studio bioclimatico del territorio per determinare sia la posizione che l'orientamento: l'edificio è posizionato verso il lato Nord in modo da lasciare il maggior spazio possibile a Sud per il giardino e per gli spazi interni più vissuti. La facciata Sud ha un'ampia vetrata che fa entrare luce e calore d'inverno e che viene schermata d'estate per evitare il surriscaldamento. Quella Nord presenta invece una serie di finestrature di piccole dimensioni che d'estate garantiscono la ventilazione notturna.
Non mancano, sul fronte estetico, l'orto biologico, la piscina-laghetto che si autodepura e la cantina in stile medievale, contrasto cercato con la modernità del resto della casa. (m.b.)
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA - Nucleare in regione
 

Una nota astrofisica favorevole al nucleare, e garante scientifica del Comitato italiano per il Controllo delle affermazioni sul paranormale e su molte altre cose, ha fatto recentemente alcune affermazioni da lasciarmi assai perplesso, tanto che suggerirei al suddetto comitato di farne un immediato controllo. Nella prima, essa afferma che «nella nostra regione è necessaria una centrale nucleare perché la nostra industria ha un crescente bisogno di energia», e sembra essere l’unica abitante della regione dei capannoni in disuso a non essersi accorta che soprattutto a Trieste l’industria è ormai praticamente scomparsa. Nella seconda, la studiosa dice che «noi importiamo dall’estero energia prodotta con il nucleare», ed è vero, ma evidentemente solo per fare un grosso favore a quelle nazioni. Infatti l’Italia è tecnicamente in grado di produrre quasi il doppio di elettricità rispetto alla sua massima richiesta storica ma, mentre i nostri impianti termo ed idroelettrici possono ridurre la produzione, il nucleare non può farlo, e siccome di notte la produzione francese o slovena supera il loro fabbisogno e non ne ricaverebbero nulla, graziosamente gliela acquistiamo noi, ad un prezzo che forse è meglio non sapere. E quando avremo il nucleare chi ci acquisterà l’energia eccedente? Ovviamente nessuno, anche perché si sa che economicamente non conviene trasportare l’energia elettrica troppo lontano. Poi, l’astrofisica afferma che «la nostra elettricità costa molto di più che negli altri paesi» ed infatti in Italia, a parità di calore prodotto, una stufa elettrica costa circa il doppio di una stufa a metano. Ma allora perché nell’Austria priva del nucleare, o nella Germania che ha qualche centrale ma ha anche un consumo industriale 10 volte superiore al nostro, e in molti altri stati, la gente cucina e si riscalda con l’elettricità, al punto che nei condomini austriaci non esiste la figura dell’amministratore? Forse perché da loro il metano serve soltanto per produrre l’energia elettrica, e non viene convogliato in costosissime reti di migliaia di km di tubi soggetti a continue micro e macro perdite, a strade perennemente sventrate, e ad impianti sottoposti a redditizie revisioni e a periodici obbligatori controlli che complessivamente generano degli inimmaginabili costi assai ben spalmati nelle nostre bollette. Infine, l’ultima sua affermazione, o suggerimento, quella cioè di stoccare le scorie in vecchie miniere abbandonate. Poiché ogni regione dovrebbe essere autosufficiente, non vorrei che si riferisse ad una delle poche vecchie miniere presenti sul nostro territorio, ossia quella di Pierabech: per carità, si minaccia di rendere radioattiva la sottostante fonte della famosa acqua minerale friulana!
Lucio Schiulaz
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2010

 

 

Altoforno della Ferriera, caricatrice in fiamme
 

Un incendio ha fatto scattare l’allarme ieri sera all’interno della Ferriera di Servola. A prendere fuoco - come riferito dalla centrale operativa dei vigili del fuoco, intervenuti sul posto - è stata la parte inferiore di una caricatrice, a causa dell’improvviso salto di un tombino dell’altoforno. Grazie alla tempestività dell’azione dei pompieri, i danni per quanto ancora non quantificati sono stati comunque limitati e nessuno è rimasto ferito. L’episodio è avvenuto poco prima delle 19. I vigili del fuoco, allertati immediatamente, sono arrivati allo stabilimento siderurgico servolano con un’autobotte, un’autoscala e un’autopompa. Guidati dal caposquadra Marino Gellici, sono riusciti a spegnere in tempi molto rapidi l’incendio, procedendo poi alle operazioni di raffreddamento e di verifica della messa in sicurezza del tutto. L’intervento si è chiuso in meno di due ore. La produzione non è stata interrotta.

(m.u.)
 

 

LE ORE DELLA CITTA' - RISPARMIO ENERGETICO - ECOSPORTELLO

 

Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.

 

 

SEGNALAZIONI - «Black-out e illuminazione fioca nella galleria della pista ciclabile» - IL PROBLEMA
 

È con rammarico che mi trovo a dover segnalare che nel pomeriggio di domenica 16 maggio l’unica galleria della pista ciclabile che parte dal rione di San Giacomo verso Draga S. Elia che dovrebbe essere illuminata non lo era affatto. Giova precisare che anche a mezzogiorno di una giornata di sole all’interno di quella galleria vi è buio totale, tanto che sarebbe possibile togliere la pellicola da una macchina fotografica senza impressionarla.
A parte il fatto che per il disservizio di domenica potrebbe essersi trattato di un comune problema all’impianto elettrico che magari verrà risolto a breve, vorrei esprimere comunque il disappunto per il tipo di illuminazione progettata e messa in opera che non funziona affatto e che sicuramente sarà costata un patrimonio. Per illuminare la galleria sono stati infatti posizionati a terra dei faretti, in presenza di pavimentazione in ghiaino che regolarmente copre gran parte degli stessi, rendendo l’illuminazione pressoché inesistente. Quattro luci a soffitto come in tutte le gallerie del mondo costavano forse troppo poco? C’è da dire comunque che non tutto è stato progettato male. L’idea di comandare l’accensione a tratti dei faretti, man mano che si avanza, mediante sensori di movimento, non sarebbe stata una cattiva idea per risparmiare energia se non fosse che da un intelligente risparmio si è passati a voler risparmiare troppo. Dopo una certa ora del pomeriggio infatti coloro che vi transitano trovano regolarmente la galleria al buio. Credo vi sia un timer che dopo una certa ora stacca l’energia elettrica. Ora voglio dire, visto che le luci si accendono al solo passaggio di qualcuno per spegnersi poi dopo pochi secondi, anche se dovessero farlo qualche volta in più anche al passaggio di un animale, non potendo ipotizzare un continuo via vai di caprioli, cinghiali o altre bestie in quella galleria, forse non sarebbe male che noi tanti frequentatori di quella bella realtà che è la tanto attesa pista ciclabile potessimo percorrere una galleria illuminata, almeno finché all’esterno vi è luce solare sufficiente per camminare o pedalare! A proposito, anche se più corta e meno buia, vi è almeno un’altra galleria nei pressi di Botazzo che andrebbe illuminata magari con poche e semplici luci alimentate da pannelli fotovoltaici. Il sabato e la domenica la pista ciclabile è molto frequentata da escursionisti, famiglie con bambini e da ciclisti che all’interno della galleria faticano a vedersi con grave rischio per l’incolumità di tutti.
Mario Smaila
 

 

 

 

UIL Vigili del Fuoco - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

RESOCONTO DELL'INCONTRO GAS NATURAL - IMPRENDITORI

 

L'autore è Carlo Franzosini, biologo marino e componente del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste PROMOSSO DALLA UIL Vigili del Fuoco FVG
Ho preparato un breve resoconto dell'incontro di ieri sera in CCIAA, al quale ho partecipato in qualità di "industriale", essendo il legale rappresentante di una società regolarmente iscritta alla confindustria e registrata presso la locale CCIAA. I giorni scorsi mi ero prenotato per telefono (come da istruzioni) e all'arrivo ho trovato il mio nominativo associato a quello della ditta sull'elenco dei partecipanti, controfirmandolo al momento di entrare nella "Sala Verde".
Andrea LUCCHETTA

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

 

REFERENDUM ACQUA PUBBLICA - Superato il mezzo milione di firme, la raccolta va avanti - 516.615 firme raccolte in 25 giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia.
 

Un risultato incredibile anche per noi, raggiunto in poco più di tre settimane grazie all'impegno e all'entusiasmo di migliaia di cittadine e cittadini dell'acqua pubblica.
Dall'estremo Nord alle isole, la raccolta di firme racconta un'Italia della partecipazione, di migliaia di territori attenti e attivi sui beni comuni (vedere la mappa dei banchetti di raccolta firme su www.acquabenecomune.org).
E la raccolta firme non si ferma, ma rilancia. L'obiettivo che il Comitato Promotore si era posto (700mila firme) è ormai in vista e può essere superato. Da qui a luglio lanceremo eventi, feste, spettacoli per coinvolgere sempre più italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli speculatori dall'acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni. Per questo fine settimana il Comitato Promotore lancia il “Giro d'Italia delle firme per l'acqua”; quale località, Comune, comitato cittadino sarà la maglia rosa della raccolta di firme di questa settimana?
Il Comitato Promotore ringrazia tutti quelli che si stanno impegnando per la riuscita dell'iniziativa referendaria, i media locali, le radio e i siti internet che stanno dando un esempio di attenzione e partecipazione che fa ben sperare anche per la libertà d'informazione nel paese.
Più firme raccoglieremo, più forte sarà la spinta verso il Referendum e il risveglio civile dei territori. Perché si scrive acqua, si legge democrazia.
Roma, martedì 18 maggio 2010 -

Luca Faenzi - Ufficio Stampa Comitato Referendum Acqua Pubblica - ufficiostampa@acquabenecomune.org - +39 338 83 64 299 - Skype: lucafaenzi

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2010

 

 

”Miani” in piazza contro la Ferriera - NUOVA MANIFESTAZIONE DEL CIRCOLO
 

Tamburi e fischietti per richiamare l'attenzione dei passanti. Il marciapiede davanti al Municipio tappezzato di striscioni. Una settantina di persone pronte a esprimere di nuovo la propria protesta contro l'inquinamento atmosferico. Il Circolo Miani è stato protagonista ieri sera dell'ennesima manifestazione contro la Ferriera. Sede deputata stavolta piazza dell'Unità d'Italia, per poter raggiungere in pochi minuti, dopo il palazzo del Comune, quello che ospita la giunta regionale e infine la Prefettura.
Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Circolo, parlando ai presenti ha sottolineato "le bugie dei politici, il silenzio dell'Arpa e dell'Azienda sanitaria, la pericolosità dell'inquinamento prodotto dallo stabilimento servolano». Ovvia la conclusione: «Di questo passo la salute di tutta la popolazione continuerà a essere a rischio - ha evidenziato - finché non si adotteranno provvedimenti efficaci». Fogar ha indicato in circa 76mila le persone che vivono nei rioni più vicini alla Ferriera «e perciò più a rischio degli altri». Annunciata infine per venerdì 28 maggio nella sede del Circolo, a Valmaura, «una pubblica assemblea cui inviteremo i politici affinché spieghino le loro ragioni del loro atteggiamento».

(u.s.)
 

 

Piano antenne, la Trasparenza chiede un osservatorio medico
 

Trasparenza, mettendo a disposizione l’elenco dei progetti e lo stato del loro iter. Approfondimenti continui, anche attraverso studi specifici effettuati dai tecnici comunali e dai loro consulenti. Infine, monitoraggio degli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici grazie a un apposito Osservatorio medico. Queste le linee guida contenute nella mozione condivisa partorita dalla Commissione trasparenza, riunitasi per affrontare la questione del Piano antenne e delle installazioni previste dai gestori della telefonia mobile sul territorio comunale. Accanto a questo atto, ne predisporrà uno specifico anche il consigliere Roberto Decarli (Cittadini), proprio sulla pubblicazione dell’elenco dei progetti.
Intanto, la Quarta commissione ha effettuato il previsto sopralluogo in via Budrio. «Si tratta di una laterale di via Campanelle, quasi tutta privata, ma guarda caso la base dove piazzare la nuova antenna è stata sistemata nel tratto pubblico - spiega Lorenzo Giorgi (Fi-Pdl). I cittadini avevano fermato altre soluzioni lungo la via per mesi. I residenti non sono stati avvisati di questo intervento, rimanendo bloccati. Se l’antenna deve stare là, l’amministrazione avrebbe dovuto spiegarglielo. Ora bisogna intervenire per mettere a posto l’asfaltatura».
 

 

Contovello, scout e residenti puliscono l’area dello stagno - UN GRUPPO DI VOLONTARI
 

PROSECCO Mentre in Consiglio comunale ci si appresta alla discussione sul nuovo Regolamento per lo smaltimento dei rifiuti urbani, a Contovello un gruppo di giovanissimi si è reso protagonista di un’importante azione di tutela del territorio, a conferma di come l’educazione ambientale debba essere guidata dall’esempio e utilmente indirizzata a interventi sul terreno. Una decina di “Taborniki” (scout laici sloveni) ha organizzato assieme a alcune famiglie e altri adulti la pulizia dei dintorni del vecchio stagno di Contovello, uno degli ambienti più amati e frequentati della pittoresca frazione del costone carsico.
Nel giro di un paio d’ore, la trentina di volontari è riuscita a effettuare una raccolta differenziata, stipando in una dozzina di grandi sacchi di plastica i numerosi rifiuti individuati attorno allo stagno, nella vicina scarpata inferiore all’abitato di Santo Stefano e in altre aree verdi. Oltre alla comune spazzatura, tante le lattine, il vetro e la carta raccolti e successivamente predisposti in modo da facilitare l’asporto che l’Acegas Aps effettuerà a breve recando tutti i sacchi nella depositeria comunale di Opicina. Scout e residenti hanno convenuto di organizzarsi prossimamente per dar vita a altri interventi di pulizia nella vicina Prosecco e nell’area parcheggio del Santuario di Monte Grisa.
«Di fronte ai tanti rifiuti raccolti – spiega per i “Taborniki” la diciassettenne Karin Turco – ci si rende conto di come molta gente non si renda conto di quanto male faccia alla natura. Eppure - conclude - basterebbero solo un po’ d’attenzione e di informazione per rendersi conto di come un comportamento scorretto possa danneggiare gravemente l’ambiente di tutti».

(ma.lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2010

 

 

«Rigassificatore, nessun intralcio al traffico portuale» - Gas Natural: minimo il raffreddamento dell’acqua. Confartigianato: restano i dubbi
 

IL PROGETTO PRESENTATO DAGLI SPAGNOLI ALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
«Si tratta di un impianto all’avanguardia dal punto di vista tecnologico che garantisce la piena compatibilità con il traffico portuale esistente». Lo ha affermato ieri Ciro Garcia Amesto, project manager del rigassificatore progettato per il sito di Zaule da Gas Natural Fenosa a una platea composta da una trentina di rappresentanti di imprese triestine e di associazioni di categoria. «Il raffreddamento dell’acqua della baia di Zaule - ha precisato - sarà minimo e le immissioni di cloro saranno dieci volte sotto il limite di legge».
L’incontro si è svolto a porte sprangate nella Sala maggiore della Camera di commercio interdetta anche ai fotografi già prima dell’inizio della riunione, il che un’altra volta non ha favorito la comunicazione con la città, già considerata da molti versanti carente. Tutto ciò mentre davanti al portone di piazza della Borsa il gruppo dei contestatori, di cui riferiamo a parte, aveva un vivace scambio di battute con il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia casualmente di passaggio. Con gli incontri divulgativi ristretti si replicherà lunedì prossimo sempre in Camera di commercio, mentre una terza riunione si terrà poi in Assindustria.
Un’esposizione che ha comunque soddisfatto Vittorio Pedicchio, vicepresidente di Assindustria: «Per Trieste il rigassificatore è un’opportunità da non perdere - ha affermato - nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio anche se il progetto, ancora alla fase iniziale, va ora portato avanti nella massima chiarezza per quanto riguarda la sicurezza dell’impianto, i rischi per la popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Anche sotto questi aspetti secondo Pedicchio, Gas Natural Fenosa è partita in modo corretto. «E poi - spiega - mi hanno impressionato alcuni numeri che sono stati ribaditi da Garcia Amesto. Il rigassificatore infatti costerà 550 milioni di euro di cui 400 milioni andranno a vantaggio delle imprese di costruzione e di servizi locali. Durante i tre-quattro anni in cui si protrarranno i lavori è stato detto che opereranno 1.500 persone e inoltre Gas Natural impegnerà 30-40 milioni di euro per la bonifica del sito».
Quasi diametralmente opposto invece il parere di Sergio Burlin del direttivo della Confartigianato: «Un’esposizione molto lacunosa che non ha chiarito i dubbi né dal punto di vista della sicurezza, né da quello delle ricadute economiche. Oltretutto è stato riferito che il primo rigassificatore costruito in Italia, quello in provincia di La Spezia, chiuderà nel 2013 dopo che la popolazione si è opposta al suo raddoppio». Gli ultimi dubbi fatti affiorare inoltre riguardano la possibilità di convivenza con un traffico portuale rinforzato dal progetto Unicredit e con l’incognita della cosiddetta overcapacity, cioé un surplus di produzione che sarebbe indotto dal compimento dei vari progetti in fase di realizzazione.
Garcia Amesto non ha inteso fare dichiarazioni affidandosi a un comunicato stilato congiuntamente con la Camera di commercio che ha reso noto di aver accolto la richiesta della multinazionale spagnola per la realizzazione di alcuni incontri nei quali far emergere e spiegare all’economia del territorio i contenuti del progetto con un approfondimento sulle sue caratteristiche tecniche e del suo inserimento nel contesto produttivo del territorio. «Una richiesta - ha commentato il presidente camerale Antonio Paoletti - che l’ente quale casa dell’economia non poteva che accogliere ben volentieri per consentire alle imprese di conoscere meglio i contenuti di un progetto che nella sua completezza non è mai stato presentato fin nei particolari».
Gas Natural, gruppo multinazionale nel settore del gas che ha recentemente acquisito Union Fenosa, altro colosso spagnolo dell’energia, è il secondo operatore mondiale di gas naturale liquefatto con oltre 30 miliardi di metri cubi di gnl movimentati ogni anno da 13 navi metaniere. Propone a Zaule un impianto della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno con un investimento pari a 550 milioni di euro che prevede anche l’intervento di bonifica di un’area attualmente contaminata. Ciro Garcia Amesto ha sottolineato che «la priorità del rigassificatore è la sicurezza».
SILVIO MARANZANA
 

 

«Soltanto elementi negativi per il territorio e i cittadini» - SIT-IN DI PROTESTA IN PIAZZA UNITÀ - (vedi il video)
 

Nesladek: «Oggi qui in pochi perché ci hanno avvisati tardi, la prossima volta saremo almeno in duemila a dire no»
«Stavolta non siamo tanti perché ci hanno avvisato all'ultimo momento. La prossima, prometto che saremo almeno duemila a dire di no al rigassificatore a Trieste». Ha avuto il tono di un proclama questa frase pronunciata ieri sera dal sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, sotto le volte del palazzo della Camera di commercio, mentre all'interno si stava svolgendo il primo incontro, a porte rigorosamente chiuse, di Gas Natural Fenosa con le imprese della Provincia.
Nell'ambito della manifestazione di protesta - organizzata da Associazione nazionale assistenza pensionati, Lista Cittadini, Comitato salvaguardia del golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle-Dolina, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, Uil Vigili del Fuoco, Wwf - Nesladek ha parlato di «mandato della gente ai rappresentanti istituzionali, a cominciare da noi sindaci di Muggia e Dolina, a combattere con tutte le nostre forze contro un progetto che presenta solo elementi negativi per il nostro territorio e la popolazione che ci vive». Accanto a lui Fulvia Premolin, sindaco di Dolina. «Assieme - ha proseguito Nesladek - portiamo il no al progetto di decine di migliaia di persone».
Si sono alternati in tanti a parlare, con la gente stretta attorno ai rapidi relatori, sotto le bandiere del Wwf, mentre una leggera pioggia ha avvolto il gruppo. Alfredo Racovelli, capogruppo in consiglio comunale a Trieste dei Verdi per la pace, ha severamente criticato «la scelta del presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti, di far svolgere l'incontro con i rappresentanti di Gas Natural a porte chiuse, lasciando così fuori i cittadini che sono i primi interessati dall'evolversi della situazione».
A dare maggiore evidenza alla volontà di opporsi al progetto, davanti alla piccola folla di persone, si sono schierati alcuni esponenti dei vari movimenti presenti, creando un cordone umano a formare la scritta "No gas". Continuando a denunciare «l'assoluta inadeguatezza» delle valutazioni sui grandi rischi ambientali che l'impianto potrebbe avere, Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco, ha ricordato che «gli enti preposti alla sicurezza non sono attrezzati per i necessari controlli. In questa occasione - ha proseguito - abbiamo voluto dare spazio alle forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non sembra emergere alcuna prospettiva vantaggiosa per la comunità».
Per Paolo Bassi, coordinatore regionale dell'Italia dei Valori, «con questo progetto si vuole privilegiare l'interesse di pochi a scapito della sicurezza di tutti». «Non assisteremo da esclusi - si è letto su un comunicato diffuso nel corso della manifestazione dai Verdi - alle speculazioni che hanno già prodotto decenni di disastri ambientali, perché qui ci va di mezzo la salute dell'intera collettività».
Ugo Salvini
 

 

Racovelli: «Rio Martesin, ricorso al Consiglio di Stato» - DOPO LA SENTENZA DEL TAR CHE HA RESPINTO L’AZIONE LEGALE DEL COMITATO DI ABITANTI
 

Lo scontro su Rio Martesin continua. Il Comitato di abitanti della zona che da tempo si batte contro la cementificazione dell’area e, nello specifico, per tentare di fermare i tre progetti che complessivamente vi prevedono la realizzazione di 109 appartamenti, non molla. Il Tar ha respinto il ricorso presentato dal Comitato, attraverso l’avvocato Gianfranco Carbone, contro il Comune di Trieste per i permessi di costruire rilasciati alla Società Airone 85 srl e alla Gestione Italiana Appartamenti srl, controinteressate dal procedimento. Nonostante ciò, gli abitanti - supportati nella loro azione dai Verdi - non intendono fermarsi: «Dopo aver letto i contenuti della sentenza, abbiamo deciso di ricorrere al Consiglio di Stato - fa il punto il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli -. Le ragioni sono sostanzialmente due: la prima riguarda l’inammissibilità così come viene intesa dal Tar, che ritiene che si sarebbe dovuto impugnare il Piano regolatore generale, la variante 66, da subito e non solo ora con il progetto che prevede la cementificazione della valle. In questo caso - continua Racovelli -, però, si dovrebbero impugnare tutti i Piani regolatori, mentre si è deciso di intervenire quando le previsioni del Piano si sono dimostrate immediatamente “lesive”». Quanto al secondo punto, Racovelli osserva: «Sul tema della lottizzazione abusiva il Tar non ha voluto pronunciarsi perché ritiene che in termini di legge l’iter sia corretto. In merito allo stravolgimento dei pastini, i documenti inviati dal Comune affermano che su 31 pastini originari, 13 sono interessati da “lievi” modifiche... Si tratta di 13mila metri cubi totali, senza contare i volumi interrati, sottotetti e vani scale! Senza contare cosa significa per la valle sostenere un carico di traffico determinato dall’insediamento di 109 appartamenti, distribuiti su sette edifici». L’esponente dei Verdi ricorda poi come «il Comune, in sede di nuova variante, per “controbilanciare” la concessione delle licenze edilizie, pochi giorni prima dell’adozione del Prg nell’agosto 2009, ha pensato bene di prevedere per l’area interessata la classificazione di “zona agricola” e quindi inedificabile. Una beffa...».

(m.u.)
 

 

Il futuro urbanistico della città visto dalla facoltà di Architettura - Pubblicato da Eut un volume sulle idee e le proposte lanciate durante workshop internazionali
 

DOMANI LA PRESENTAZIONE AL SAN MARCO
Si intitola 97+104= dieci. Idee, immagini, progetti per Trieste ed è dedicato agli workshop di Architettura. È il nuovo volume, edito da Eut e curato da Giovanni Corbellini e Alessandra Marin, che riassume riflessioni, spunti e proposte elaborati da studenti e docenti della facoltà, emersi nel corso dei due appuntamenti internazionali di progettazione - Riabitare e coabitare, e Ge/Ts low co(a)st - organizzati a dieci anni dalla fondazione.
Il libro, nel quale sono stati messi a fuoco i temi progettuali più rilevanti per il futuro di Trieste e proposte discussioni di urbanistica, architettura e paesaggio, verrà presentato domani alle ore 17,30 al Caffè San Marco di via Battisti, Ad illustrarlo saranno Carlo Magnani dell’Università IUAV di Venezia e i curatori. Interverranno all’appuntamento Giovanni Fraziano e Giacomo Borruso, preside e vice preside della facoltà di Architettura, Paola Di Biagi, direttore del Dipartimento di progettazione architettonica e urbana e coordinatore della Commissione scientifica EUT e Vittorio A. Torbianelli, docente della facoltà.
Il volume, come detto, è curato da Giovanni Corbellini - architetto e dottore di ricerca, critico dell’architettura contemporanea, già docente negli atenei di Ferrara, Milano e Venezia e attualmente ricercatore all’Università di Trieste -, e da Alessandra Marin, architetto e dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e sviluppo locale, ora ricercatrice in Urbanistica nella nostra facoltà di Architettura, dove insegna Progettazione urbanistica e Progettazione del territorio.
 

 

SEGNALAZIONI - Cemento sull’ambiente - PRG
 

Il nuovo Piano regolatore di Trieste è senz’altro pieno di magagne, come gli ambientalisti e altri hanno ripetutamente denunciato. Nessuna meraviglia, quindi, che ci sia chi ha pensato anche di ricorrere alla giustizia amministrativa contro le scelte più discutibili, come nel caso - per esempio - del mega-intervento residenzial/commercial/direzionale all’ex caserma «Monte Cimone» di Banne (v. Il Piccolo del 10 maggio). Il piano ha però apportato anche dei miglioramenti, rispetto a certe scelte scellerate di quello precedente. È il caso della zona commerciale prevista presso Basovizza, circa 20 mila metri quadrati di notevole pregio ambientale vicino al Sincrotrone e affacciati sulla statale 14, che sono giustamente tornati ad essere zona agricola e forestale.
Eppure proprio contro questa decisione è insorta, rivolgendosi al Tar, la società Tecnofactoring, che fa capo al responsabile dell’Unione Borgate Carsiche, Carlo Grgic. Ciascuno difende i propri interessi come meglio crede, naturalmente, ed è purtroppo prassi consolidata - in Italia - battersi affinché un piano regolatore sia soprattutto l’occasione e lo strumento per far soldi, poco importa se a spese dell’ambiente e della natura. Resta la speranza che quella di Tecnofactoring rimanga un’iniziativa isolata e che l’attenzione degli abitanti del Carso si concentri non contro le cose buone del piano regolatore, ma contro le nefandezze: per esempio la zona «C» residenziale prevista a Padriciano (in un’area che contiene una splendida dolina e risulta proprietà del locale Consorzio Boschivo!), oppure la zona «turistica» sempre a Padriciano, collegata con il campo di golf, o ancora la decina di zone «C» residenziali intorno Opicina, tutte in aree verdi di pregio, e così via.
Per non parlare della nuova sede della Scuola Internazionale a Basovizza, in un’altra area di pregio ambientale e paesaggistico accanto al Sincrotrone, individuata con l’ennesimo accordo di programma (strumento pernicioso quanto nessun altro) e recepita pedissequamente nel piano regolatore.
Un’adeguata pressione dei cittadini contro queste previsioni potrà essere decisiva, nell’indurre il Consiglio comunale (cui spetta l’ultima parola sugli strumenti urbanistici) a correggere gli «errori» del piano e modificarne le previsioni in senso rispettoso dell’ambiente.
Dario Predonzan - resp. urbanistica Wwf Trieste

 

 

«L’area della Ferriera? Ottima da trasformare in nuovo polmone verde» - Progetti e funzione dei parchi pubblici secondo Stefano Marinaz, da anni al lavoro a Londra
 

L’agronomo e architetto paesaggista ha già collaborato con nomi del calibro di Rogers e Foster.

Una sua creazione è in questi giorni in mostra in Francia a un Festival internazionale dei giardini
Il labirinto di metallo della ferriera di Servola ha le carte in regola per diventare il nuovo polmone verde di Trieste. Non è una provocazione: l’agronomo e architetto paesaggista triestino Stefano Marinaz lavora da anni in studi londinesi dove si elabora una nuova concezione urbanistica degli spazi verdi, e per lui una Ferriera tramutata in parco non è un’ipotesi fantascientifica: «Si può fare eccome - assicura -. A Duisburg, in Germania, un'area di oltre 200 ettari usata in passato come sede di un impianto metallurgico è stata riqualificata creando attività sportive, nuovi habitat naturali, zone gioco, il tutto preservando la gran parte delle strutture industriali esistenti». Una soluzione di questo tipo, secondo Marinaz, porterebbe diversi vantaggi: «Duisburg Nord è un parco moderno che ogni anno accoglie migliaia di visitatori, potrebbe essere un modello per il recupero della Ferriera di Trieste e potrebbe dare spunti per la creazione di nuove attività ricreative attorno agli impianti esistenti».
Secondo Marinaz l’importanza dello spazio verde va al di là dello svago e del relax, ed è strettamente connessa al cambiamento del concetto di città che è venuto sviluppandosi dalla Rivoluzione industriale in poi: «In un’epoca in cui possedere un giardino privato è diventato un bene di lusso, il parco pubblico si è trasformato sempre di più in rifugio e spazio in cui rigenerarsi», dice: «A questo fenomeno si è affiancata una maggiore sensibilità per un approccio ecologico e sostenibile nella progettazione del paesaggio. I benefici che i parchi possono dare non riguardano solo i cittadini che possono godere di un polmone verde in cui esercitare attività di svago e sportive ma anche l'ambiente».
La nascita di un parco, spiega Marinaz, comporta la creazione di habitat naturali che aumentano la biodiversità di flora e fauna. In questi giorni un progetto elaborato da Marinaz assieme a Francesca Vacirca (architetto paesaggista) e Daniela Tonegatti (geologa e paesaggista) è esposto al festival internazionale dei Giardini di Chaumont sur Loire: «Quest’anno hanno cercato di partecipare al concorso circa 300 progettisti internazionali e solo 20 sono stati selezionati per la fase esecutiva», spiega l’agronomo: «Di questi ben quattro gruppi, incluso il mio, sono italiani».
Il giardino progettato dal team di Marinaz, 'Hortitherapie sensorielle', si articola in quattro spazi distinti, ognuno ispirato a una particolare qualità curativa delle piante: «Ogni stanza è progettata per fornire un’esperienza dei sensi inebriante. Le piante aromatiche del giardino-sauna rilasciano le proprie fragranze quando il passaggio dei visitatori attiva il nebulizzatore. Nell’orto giardino i visitatori vedono quante piante vengono usate a scopo culinario e come sia possibile creare un orto biodinamico. Nel giardino dei massaggi i visitatori camminano tra filari di piante profuma che massaggiano le gambe e stimolano la vista, il tatto e l’olfatto. Infine, nel giardino dei profumi si nota che oli ed elisir sono stati estratti per secoli dalle piante medicinali».
Stefano Marinaz si è laureato in Scienze e tecnologie agrarie a Udine, ma dal 2006 vive e lavora a Londra. Ha collaborato a progetti di architetti del calibro di Richard Rogers e Norman Foster.
GIOVANNI TOMASIN
 

 

SAN DORLIGO - «Gestione della Val Rosandra a rischio» - Sormani: «La Regione taglia i fondi, siamo pronti a chiamarci fuori»

L’amministrazione lancia l’allarme - Un riduzione pari a oltre il 30%. È questo il dato saliente sui tagli apportati dalla Regione per la gestione della Riserva naturale della Val Rosandra.

La cifra è stata ufficializzata durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle per voce del sindaco Fulvia Premolin. Il Comune di San Dorligo, organo gestore della Val Rosandra a partire dal 2 ottobre 2006 in seguito all'accordo di programma quinquennale stipulato con l'amministrazione regionale, dopo aver ricevuto 490mila euro per i primi tre anni di gestione (130mila il primo anno e 180mila sia per il secondo che per il terzo) aveva chiesto per il quarto e quinto anno complessivamente 360mila euro. La Regione però per il 2010 ha stanziato al Comune di San Dorligo esattamente 124mila euro per la gestione effettuando dunque una riduzione pari circa al 31%. Il problema maggiore però riguarda il quinto ed ultimo anno (il 2011) prima della scadenza dell'accordo di programma come spiega il sindaco Premolin: «In Finanziaria, in un primo tempo, erano previsti 150mila euro per tutte e nove le Riserve presenti in regione per le spese correnti, poi successivamente sono stati stanziati altri 350mila euro ma solo in conto capitale e non dunque per l’effettiva gestione della Val Rosandra, e quindi penso ad esempio al personale». Il primo cittadino ha poi evidenziato che «al momento questi soldi non sono ancora stati ripartiti tra le diverse Riserve e si sa solamente che non a tutti verrà data la stessa cifra».
Molto preoccupata anche l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta Sormani: «Siamo in attesa di appurare se la Regione ha capito che senza i finanziamenti promessi la tutela della Val Rosandra è a rischio, fermo restando che ragionare puramente in termini economici applicando dei tagli all'ambiente credo sia una cosa estremamente sbagliata e controproducente». La Sormani poi ha confermato che «nel caso in cui i fondi non dovessero arrivare, il prossimo anno, alla scadenza dell'accordo di programma consegnerò le chiavi della Val Rosandra alla Regione togliendo dunque il Comune di San Dorligo della Valle quale ente gestore dell'area». Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Devo dire che una volta tanto sono concorde con l'assessore Sormani, poiché la sua dichiarazione è senza dubbio calibrata ed adeguatamente motivata».
Critico invece il capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac: «Se la Regione ha deciso di effettuare dei tagli significa che prima venivano erogati dei fondi troppo sostanziosi oppure che il Comune non ha fatto un buon lavoro. A questo punto quindi - ha chiosato Gombac - credo che sia meglio che l'assessore Sormani consegni pure le chiavi alla Regione e che subentri dunque un altro che potrà gestire più proficuamente la Val Rosandra».

(r.t.)
 

 

Enerman, il videogame contro l’inquinamento - Lo scopo è abbattere le emissioni di C02 nella propria scuola - STUDENTI DELLE MEDIE
 

”Enerman” è il nuovo compagno di avventure delle scuole triestine. È un videogioco realizzato dall’associazione Onlus RuotePerAria Ambiente e Territorio destinato ai ragazzi di terza media.
Attraverso un colpo di mouse lo studente–giocatore vestirà i panni di un manager che deve rendere eco- sostenibile il suo istituto. Uno strumento interattivo che intende offrire ai docenti un supporto didattico «in tema di educazione ambientale e al tempo stesso accrescere nei giovani il senso civico nei confronti dell’ambiente» è la spiegazione del ministro Stefania Prestigiacomo, con delega dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo.
Il gioco si compone di tre livelli dove ogni studente ha il compito di abbattere le emissioni di CO2 della scuola mettendo in atto una serie di provvedimenti mirati a un più corretto utilizzo delle risorse energetiche. I temi trattati dal videogame saranno l’isolamento termico, la raccolta differenziata, il risparmio idrico, le moderne tecnologie per produrre energia rinnovabile come i pannelli solari, gli impianti eolici e quelli geotermici.
A Trieste hanno aderito al progetto i seguenti istituti comprensivi: F.lli Fonda Savio Manzoni, Tiziana Weiss, Guido Corsi, Dante Alighieri, San Giovanni e Roiano Gretta.
Il videogioco si propone come mezzo in grado di veicolare informazioni in un linguaggio familiare stimolando la loro creatività. Gli studenti saranno infatti immersi in una realtà virtuale e potranno giocare e imparare in modo intelligente comportamenti quotidiani utili a ridurre gli sprechi e l’inquinamento. L'obiettivo è quello di abbattere i livelli di CO2 valutando sia il budget che il tempo a disposizione. E al termine del percorso didattico il giocatore riceverà un ecodiploma con il punteggio ottenuto.
«L’iniziativa comincerà a breve e coinvolgerà due classi della terza media che hanno già partecipato precedentemente a un concorso sull’inquinamento e dunque conoscono già l’argomento», spiega Concetta Bombone, professoressa di Tecnologia e responsabile del progetto all’istituto comprensivo Dante Alighieri. E aggiunge: «Grazie alle numerose postazioni computer – dice la professoressa - i ragazzi potranno cimentarsi singolarmente con il videogioco in modo da prendere le decisioni autonomamente».
Federica Cauzer - Claudia Poropat
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 maggio 2010

 

 

NO AL RIGASSIFICATORE DI ZAULE - SIT-IN - (UIL-VVF)

 

In data 17 maggio 2010, in occasione dell'incontro tra Gas Natural ed il mondo imprenditoriale triestino, ha avuto luogo un sit-in davanti alla Camera di Commercio di Trieste organizzato da: Associazione Nazionale Assistenza Pensionati, Cittadini, Comitato Salvaguardia del Golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, UIL Vigili del Fuoco, WWF.
Nel pieno rispetto dei criteri democratici, esso è stato significativo momento di discus-sione e protesta che ha visto unite tutte le parti ambientali, politiche e sindacali che ormai da tempo si battono per la promozione di un dibattito competente, trasparente, onesto e pubblico in merito alla questione dei possibili futuri impianti di rigassificazione a Trieste.
Continuando a denunciare l'assoluta inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l'impianto Gas Natural potrebbe avere – e per i quali, è doveroso ricordare, gli enti preposti alla sicurezza non sarebbero sufficientemente attrezzati-, si è voluto dare spazio, in quest'occasione, alle forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non sembra emergere nessun genere di prospettiva lungimirante e vantaggiosa per la comunità triestina.
Non risultano accettabili, a questo proposito, sia la lacunosità e la superficialità che caratterizzano la strategia di comunicazione della Gas Natural, sia il costante tentativo della holding spagnola di sottrarsi alle perplessità espresse dalla popolazione, deprecabile atteggiamento che l'incontro oggi, di cui la Camera di Commercio di Trieste si è resa complice non involontaria, evidenzia ulteriormente.
Nell'aprirsi infatti esclusivamente alla parte imprenditoriale, ovvero a chi, in qualche modo, dovrebbe ottenere da tale impianto un beneficio puramente economico, e nell'ignorare invece tutti coloro che esprimono perplessità non solo per le ripercussioni economiche, ma anche per la sicurezza antropico ambientale, il progetto proposto da Gas Natural dimostra di rispondere unicamente a bieche logiche di profitto immediato, trascurando gli interessi complessivi della comunità.
Il Comitato organizzatore del sit-in torna ancora una volta a richiedere, dunque, che Gas Natural si renda quanto prima disponibile ad un incontro pubblico con le parti interessate e la cittadinanza, aprendosi ad un confronto aperto, responsabile e democratico.
Infatti, se davvero, come da mesi ormai ripetono in continuazione sia l'azienda propo-nente che le istituzioni italiane, il terminal di rigassificazione a Zaule sarebbe così vantaggioso su tutti i fronti, come mai le sollecitazioni delle parti coinvolte non trovano risposte chiare, trasparenti ed argomentate?
Chi tace di fronte ad una domanda o non sa, o sa che è meglio non dire.

Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2010

 

 

Stazione di Campo Marzio, un piano per il rilancio - Riccesi muove le acque: «Facciamo un accordo tra Comune, Ferrovie e privato»
 

IL COSTRUTTORE HA IL 25% DELLE QUOTE DELLA SOCIETÀ CHE HA VINTO LA GARA
RECUPERO ARCHITETTONICO MA ANCHE BUSINESS
Rientra idealmente in quello che è il patrimonio storico-turistico della città. E come tale, visto che lì dentro ci sta pure il Museo ferroviario, è un affare del ministero dei Beni culturali, che attraverso la Soprintendenza ci mette i suoi vincoli. Formalmente fa parte invece delle proprietà immobiliari del gruppo Ferrovie dello Stato. E, nel contempo, risulta promesso a una Srl di Conegliano, la Sviluppo 70, composta con quote paritarie (che potrebbero però essere ridefinite a breve) da quattro soci: due triestini (Riccesi e Palazzo Ralli), un terzo veneto (Finanziaria Internazionale, vicina alla Save, la società di gestione dell’aeroporto di Venezia, e alla galassia Benetton) e un quarto emiliano. Solo promesso, tuttavia, giacché quattro anni dopo aver vinto la gara per comprarselo, la Sviluppo 70 non l’ha ancora riscattato. Ergo: il grande comprensorio dell’ex Stazione di Campo Marzio, ad oggi, pur avendo molti occhi addosso, rimane sostanzialmente terra di nessuno, come abbandonato a un (facilmente pronosticabile) destino di degrado che già traspare abbondantemente. Terra di nessuno lo sarebbe per davvero, non fosse per il Museo ferroviario, ora inserito nel circuito dei Civici musei, il fiore all’occhiello del Dopolavoro ferroviario e dei suoi volontari. E non fosse per il noto pub all’angolo, nonché per quella dozzina di ex ferrovieri che ancora vivono nelle vecchie abitazioni del complesso. Tutti in affitto.
«Quella è una zona pregiata che, per Trieste, rischia di essere l’ennesima occasione perduta. Auspichiamo un accordo di programma, tra Ferrovie, Comune e privato, che consenta il recupero architettonico della parte monumentale a fronte del riconoscimento, allo stesso privato, di uno spazio interno al comprensorio in cui poter sviluppare un domani attività remunerative per il recupero dell’investimento promosso invece su tutto il comprensorio, come ad esempio la realizzazione di strutture destinate a residenza, ricettività o uffici». A provare a dare un taglio all’impasse è Donato Riccesi, proprietario di un quarto della Sviluppo 70, la misteriosa (all’epoca) società di gestione di beni strumentali e immobiliari con sede legale nel Trevigiano che, nel 2006, si era aggiudicata appunto la gara indetta da Ferservizi per conto di Fs Real Estate. Per l’acquisizione dei 18mila metri quadrati del perimetro di Campo Marzio - tra fabbricati e pertinenze scoperte che racchiudono a ferro di cavallo il sedime ferroviario tra via Giulio Cesare, via Ottaviano Augusto e Riva Traiana, intervallati dall’ex Centro meccanografico destinato a sede di Era che è del Comune - la Sviluppo 70 aveva formalizzato un’offerta da otto milioni e 61mila euro, a fronte di una base d’asta di cinque milioni e 735mila euro. A quel tempo il Piano regolatore consentiva sei metri cubi per metro quadro in concessione diretta sul lato mare di Riva Traiana, che ricadeva in zona B1. La variante adottata nel 2009 fa invece rientrare tutta l’area in categoria O1, quella delle cosiddette ”zone miste strategiche”, imponendo per nuove cubature le forche caudine del Piano particolareggiato. Dopo l’offerta, peraltro, la Sviluppo 70 era venuta a conoscenza che i vincoli della Soprintendenza, dentro e attorno al Museo ferroviario, erano più di quelli elencati nel bando di gara. Come se non bastasse il mercato immobiliare aveva allora iniziato la sua fase discendente. Motivi per cui, se sommati, avevano messo in ghiaccio il rogito di compravendita definitivo. Ora, però, il soggetto aggiudicatario rilancia. E con voce triestina. Quella di Riccesi: «Va riprogettata tutta l’area, il Museo è fatiscente e ha bisogno di un restauro, ma più vincoli insisteranno sul comprensorio in generale più un privato si guarderà bene dal muovere un chiodo. Ci è stato offerto qualcosa che non rispondeva alla realtà dei fatti. Dobbiamo ridiscutere la transazione, insomma. Sono convinto che Ferservizi, se ora rimettesse l’area in vendita, non ricaverebbe una cifra simile alla volta scorsa».
PIERO RAUBER
 

 

Dipiazza: «Trovata in Austria una copertura per il museo» - Il sindaco: «Per la riqualificazione si può trovare un’intesa, l’amministrazione non può fare di più»
 

È diretto responsabile solo di un piccolo pezzo che insiste su quel grande perimetro oggi a metà strada tra la proprietà del gruppo Ferrovie dello Stato e le prospettive di acquisizione della Sviluppo 70, e quel piccolo pezzo è l’ex Centro meccanografico dove sarà ospitata la sede permanente di Era. Eppure il Comune - assicura Roberto Dipiazza - si sta muovendo, per quanto gli può competere, per ridare una dignità architettonica e turistica all’ex Stazione di Campo Marzio. Come? Con una trattativa che ha del clamoroso, al punto che lo stesso sindaco omette qualsiasi particolare. «Mi sto interessando personalmente - è l’unica cosa che si lascia sfuggire - acché la Stazione abbia una copertura coerentemente asburgica. Ho trovato in Austria quella di una vecchia stazione che dovrebbe coincidere con la nostra». Una copertura da smontare nel luogo d’origine, traslocare a pezzi e rimontare a Campo Marzio, lascia intendere il primo cittadino. Che però, a questo punto si blocca. L’operazione sarebbe a metà strada, mormorano a palazzo, ma di più non trapela.
Dipiazza si esprime eccome, invece, sull’impasse tra Ferrovie e Sviluppo 70 «che non riguarda l’amministrazione cittadina». «Lì l’errore di base - sentenzia - è che il gruppo Fs ha messo in vendita un immobile che ragionevolmente non si poteva vendere, visti i vincoli imposti dalle Belle Arti. Detto questo, siamo disponibili a ragionare per un accordo di programma che consenta lo sblocco della situazione, anche perché considerati quelli che sono i soggetti coinvolti solo un privato può avere la forza d’intervenire. E che sia chiaro che in questo momento il Comune non può permettersi di aprire nessun altro fronte a livello di investimenti per opere. Ce ne sono già tanti».
Di diverso avviso è Piero Camber, perno dei berluscones giuliani impegnati tra Comune e Regione, il quale insiste per poter quanto meno tentare di battere un suo vecchio chiodo: il subentro nell’affare, in vece della Sviluppo 70, dell’amministrazione municipale in qualità però di socio di Fiera Spa. Obiettivo dichiarato: trasformare l’ex Stazione di Campo Marzio in «una struttura fieristica polivalente, abbinata a Era, Alinari e Museo ferroviario, vicina peraltro alla rampa della Grande viabilità e raggiungibile anche con i treni storici oggi già funzionanti su iniziativa del Museo ferroviario».
«Il comprensorio di Montebello - incalza infatti Camber - come sappiamo vale circa venti milioni. Vendendo quello ci sarebbero le disponibilità richieste per acquistare l’area di Campo Marzio dalle Ferrovie dello Stato e per riqualificarla e adattarla a location fieristica, realizzando ad esempio parcheggi nel sito oggi occupato dal Mercato ortofrutticolo». (pi.ra.)
 

 

«Evitiamo speculazioni lanciamo nuove idee» - COSOLINI GUARDA AVANTI
 

L’impasse di Campo Marzio rappresenta il sintomo della debolezza con la quale l’amministrazione Dipiazza ha fatto da regista al piano di sviluppo della zona. Va giù pesante, Roberto Cosolini, oggi numero uno del Pd proiettato verso il voto 2011, ieri assessore regionale e come tale tra gli attori protagonisti di un dibattito che all’epoca evocava, proprio per Campo Marzio, un polo scientifico e turistico con tanto di Parco del mare. «L’area dal Mercato a Riva Traiana - ribadisce Cosolini - è il sito ideale per un’operazione ambiziosa. Per farla però bisogna evitare di cadere in operazioni speculative e lanciare un grande concorso di idee. A suo tempo avevamo pensato alla realizzazione di un Science Centre, vetrina e spazio culturale della realtà scientifica di Trieste, ma il progetto è stato lasciato cadere da Regione e Comune, ritornando al loro originario disegno di privilegiare la sola associazione Globo, e quindi un insediamento di rilievo minore». «Campo Marzio è una zona strategica per ridisegnare la città - chiude il segretario Pd - ma serve un’operazione di alta qualità e un’intesa tra i vari soggetti competenti. Non credo che l’idea di urbanistica dimostrata da quest’amministrazione sia in grado d’ispirare quest’operazione. Ma se il prossimo anno le cose dovessero cambiare...».
 

 

Cherso chiede aiuto ai cacciatori: cinghiali in branco stanno facendo strage di agnelli - ALLARME FRA GLI ALLEVATORI E ANCHE FRA I RISTORATORI
 

Problemi anche a Veglia. Dal 2005 al 2009 abbattuti quasi 4500 animali (compresi 1502 daini)
FIUME Le “doppiette” promettono maggiore impegno a Veglia e Cherso, isole infestate da selvaggina alloctona, in grado di alterare l’equilibrio ambientale e di mettere a rischio la biodiversità presente nell’area insulare quarnerina. L’altro giorno si è svolta l’assemblea elettorale dell’Unione caccia della Contea litoraneo-montana (capoluogo Fiume), nella quale si è fatto il punto sul drammatico problema della presenza di cinghiali e daini a Cherso e degli stessi cinghiali a Veglia, animali che negli ultimi 20 anni hanno causato gravissimi danni agli allevatori di ovini e agli agricoltori.
Le attività dei cacciatori hanno avuto maggiore successo nell’isola di Veglia, dove i cinghiali sono stati decimati e dove non vi sono più grossi problemi nemmeno con gli orsi, le cui scorribande avevano caratterizzato il periodo a cavallo tra gli anni 90 e l’inizio del secolo.
Situazione ben diversa, e anche molto difficile, a Cherso, dove i cinghiali e i daini continuano a fare il bello e brutto tempo e dove non si vedono soluzioni a breve termine. Nel corso dell’assemblea elettorale sono comunque emerse cifre molto interessanti: solo dal 2005 al 2009, nelle due isole sono stati abbattuti 2915 cinghiali e 1502 daini, con un trend positivo che sta andando avanti anche quest’anno.
Se, come già detto, a Veglia il quadro si presenta migliore, o migliorato, a Cherso i cinghiali continuano a dominare imperterriti, coadiuvati dai daini. Anche in questo periodo primaverile, i cinghiali hanno sbranato centinaia di agnelli, per la disperazione di chi nell’isola vive di ovinicoltura e dei ristoratori. Quest’ultimi temono di non poter offrire quantità bastevoli del famoso e apprezzatissimo agnello chersino, rimpiazzandolo con esemplari delle regioni continentali della Croazia o provenienti da Macedonia e Bulgaria. Sono agnelli che sicuramente non possono competere, in fatto di sapore, con il loro consimile chersino, che vive in un’isola particolare, dove la salvia e altre erbe aromatiche (mangiate dagli ovini) sono presenti ovunque. Il proprietario di un noto ristorante dei dintorni di Cherso città (di cui per ovvie ragioni non possiamo citare il nome) si è lamentato di recente con alcuni amici, sostenendo che – a causa dei cinghiali – probabilmente non potrà offrire piatti a base di agnello autoctono prima che finisca l’alta stagione turistica. Pare quasi scontato il suo ricorso ad agnelli provenienti da Paesi dell’Europa sudorientale.
Qualche settimana fa si è riunito in via straordinaria il Consiglio comunale di Lussinpiccolo, chiedendo alle autorità regionali e statali di risolvere una volta per tutte il problema degli animali alloctoni, riprodottisi in via eccezionale negli ultimi decenni e al di fuori delle zone venatorie, da cui erano scappati alla fine degli anni 80.
Introdotti nella parte settentrionale di Cherso, denominata Tramontana, i cinghiali sono stati avvistati nelle scorse settimane fin nel profondo meridione dell’isola di Lussino, con gruppi di turisti e di lussignani che li hanno visti nella baia di Cigale, nel locale cimitero e anche nei pressi della strada che collega Lussinpiccolo e Lussingrande.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2010

 

 

Mappa della telefonia, entrano 50 nuove antenne - Comune incalzato dalle richieste dei gestori che chiedono altri spazi
 

la mappa delle stazioni radio presenti sul territorio comunale

Duecento sono già disseminate tra Valmaura, Barriera, Rozzol, San Vito e Opicina - Le rilevazioni dell’Arpa: per ora nessuna pericolosità da elettrosmog
Nel 2006, anno della mappatura ufficiale confluita nel Piano comunale di settore degli impianti radio base, erano 189. Oggi invece le antenne di telefonia mobile sparse in tutto il territorio di Trieste sono salite a quota 200. E, nel giro di qualche mese, potrebbero diventare addirittura 250. La ”fame” di spazi dei gestori telefonici infatti non solo non si è esaurita, ma pare al contrario in progressiva crescita.
La prova arriva dalle richieste che continuano ad arrivare negli uffici municipali. Attualmente sono allo studio 15 nuove domande di autorizzazione. Ma le compagnie telefoniche, informalmente, hanno comunicato l’interesse a posizionare altre 35 stazioni radio base, per le quali è iniziata la ricerca del sito ideale. Una vera e propria corsa ad accaparrarsi il sito più adatto, con buona pace dei tanti cittadini stanchi di assistere al proliferare dell’”antenna selvaggia”.
I POSIZIONAMENTI Proprio per prevenire reazioni agguerrite da parte dei residenti, i gestori tendono a mantenere fino all’ultimo il silenzio sulle location prescelte. Ecco perché, al momento, poco o nulla si sa sulle zone in cui dovrebbero sorgere di qui alla fine del 2011 gli ulteriori 50 nuovi impianti. In compenso è possibile prendere atto delle 200 stazioni radio base esistenti. Una selva di antenne comparse un po’ in tutti i rioni del comune e le frazioni dell’altipiano. Si va dalla quindicina di ripetitori presenti a Cologna e Valmaura, ai nove impianti in centro storico, per esempio in via San Nicolò e via dell’Orologio. Dalla dozzina di tralicci di San Vito - l’ultimo, in ordine di tempo, è apparso sul palazzo in via Giustinelli 3, proprio a ridosso della chiesa degli Armeni - , ai circa venti disseminati tra Barcola, Gretta e Grignano. E l’elenco potrebbe continuare con le oltre 15 antenne di Campi Elisi, le 20 sparse sull’altipiano tra Opicina, Padriciano, Basovizza e Banne, le oltre 30 piazzate sui fabbricati di Barriera vecchia, Rozzol e Melara. Gettonati inoltre anche angoli più remoti come testimoniano le due antenne in Strada per Monrupino o quella collocata sopra la piccola stazione di via del Pucino.
PIANO DI SETTORE In questo ”far-west dell’antenna”, il Comune tarda a fare ordine. Intendiamoci, il nuovo Piano di settore per la telefonia mobile, lo strumento pensato per fissare paletti più rigorosi ed escludere dal raggio d’azione dei gestori i siti indicati come ”sensibili”, esiste ed è stato adottato a fine 2007. Il punto è che all’adozione non ha ancora fatto seguito l’approvazione vera e propria. E il via libera, anche a voler essere ottimisti, non potrà arrivare prima della fine dell’anno. L’iter previsto per questo piano di settore, infatti, è lungo e tortuoso e, tra i vari adempimenti, richiede anche l’ottenimento della Vas, la valutazione ambientale strategica. Il compito di eseguire i rilievi funzionali al rilascio di tale certificazione è stato affidato il 29 aprile scorso a due studi professionali - la ”Veneto progetto” e lo studio associato ”Cordara, Merson e Bernardi” -, che entro fine maggio dovranno presentare la documentazione preliminare. Poi sarà la volta delle attività tecnico-istruttorie, delle consultazioni e delle valutazioni di tutti gli enti coinvolti - Arpa, Azienda sanitaria, Soprintendenza e Regione -. Tempo stimato per completare l’iter, quindi, almeno sei mesi.
SENZA REGOLE Nell’attesa, il Comune si trova di fatto a fronteggiare senza armi le richieste insistenti dei gestori. Non essendo ancora entrate in vigore le restrizioni indicate nel nuovo Piano di settore - a partire dal divieto di installare impianti nelle aree classificate come ”incompatibili”, cioè asili, scuole, case di riposo, in quelle ”di interesse ambientale e paesaggistico”, come cimiteri, sagrati delle chiese, cigli panoramici -, le compagnie trovano sulla loro strada solo due piccoli ostacoli. Il primo è il monitoraggio dell’intensità delle onde elettromagnetiche affidato all’Arpa, chiamata a verificare che non venga superato il limite massimo dei 6 volt per metro stabilito per legge. Il secondo è il parere del Comune che, però, può dare esclusivamente una valutazione di tipo paesaggistico. E, a meno che il gestore non proponga l’installazione dell’impianto in mezzo a piazza Unità, l’esame si risolve il più delle volte in un giudizio favorevole.
COMMISSIONE Di antenne si è occupata venerdì scorso anche la Commissione trasparenza, chiamata ad ascoltare gli interventi di Mauro Primossi dell’Azienda sanitaria, e di Stelio Vatta e Marzio Viola dell’Arpa. «Interventi che però non hanno evidenziato la pericolosità dell’elettrosmog - spiega il presidente Alfredo Racovelli dei Verdi -. Invece esistono studi che provano l’esistenza di sintomatologie specifiche. Ecco perchè il Comune, finora del tutto inadempiente su questi temi, deve attivare subito campagne di sensibilizzazione». Un’altra proposta arriva poi dalla mozione firmata dal consigliere del Gruppo misto Alessandro Minisini: «Il Comune deve dare risposte ai cittadini istituendo a breve un tavolo operativo per concertare la collocazione di nuovi impianti. Concertazione - precisa Minisini - che dovrà tener conto delel linee guida del futuro piano, come il rispetto dei siti sensibili».
MADDALENA REBECCA
 

 

ANTENNE - Abitanti di via Budrio in rivolta per un traliccio che blocca la via - UN COMITATO A CAMPANELLE
 

Disagi per i lavori senza preavviso Lettera di protesta a Dipiazza: «Restituiremo i certificati elettorali»
Una delle ultime antenne posizionate in città è comparsa appena pochi giorni fa in via Budrio, una piccola traversa di via Campanelle, lunga appena 500 metri. E la novità ha finito per spiazzare letteralmente i residenti che non erano stati avvisati dell’arrivo della scavatrice inviata dal Comune per effettuare i lavori. Essendo via Budrio una stradina a fondo cieco, infatti, a causa degli scavi alcuni abitanti sono rimasti bloccati in casa. Altri, come i quattro cittadini diversamente abili bisognosi di ricevere cure domiciliari, per parecchie ore a casa non sono proprio riusciti a tornare.
Una situazione che ha spinto i diretti interessati a scendere sul piede di guerra e a dare vita ad un comitato spontaneo. Il primo atto è stata una lettera indignata inviata a Roberto Dipiazza nella sua doppia veste di sindaco e responsabile ai Lavori pubblici. Lettera nella quale viene evidenziato come, una volta ripresisi dallo stupore iniziale, gli abitanti avessero interpellati Polizia Municipale, Carabinieri e Polizia per ottenere almeno il ripristino temporaneo della viabilità: nessuno dei tre organi citati ha però risposto all'appello dei residenti.
Ma ad irritare ancor di più la popolazione di via Budrio, chiarisce la missiva, è stata la consapevolezza di aver subito, oltre al danno, anche la beffa: l’intervento apportato nella via, costituito dalla posa di un largo pilone per la telefonia, ha di fatto ristretto ulteriormente la stradina già di non facilissimo accesso da par suo.
«Siamo offesi ed amareggiati - spiegano i cittadini -. Al punto che molti di noi si riservano anche di restituire i certificati elettorali. I disagi legati all’installazione dell’antenna non sono gli unici patiti dalle nostre famiglie in questi anni. Va ricordata infatti - prosseguono i componenti del comitato - che via Budrio non ha l’allacciamento al gas, è priva di illuminazione pubblica e l’asfaltatura, che ora versa in pessime condizioni, è stata pagata dai residenti».
E proprio dalle pessime condizioni della loro via il comitato prende le mosse per lanciare una proposta al Comune. «Almeno in quest’occasione - spiega uno dei componenti del comitato - vogliamo essere ascoltati e tenuti in considerazione. Se proprio l’antenna non può essere rimossa, chiediamo che perlomeno, in cambio, il Comune si impegni a mettere in sicurezza la via. Siamo disposti a rinunciare alle barricate - conclude il cittadino -, a patto che questo ennesimo sacrificio produca qualche ricaduta positiva sul nostro territorio. Non è più possibile sopportare i disagi e le prese in giro a cui siamo stati sottoposti in tutto questo tempo».

(r.t.)
 

 

ANTENNE - IL SEGNALE CROATO  - Con potenti ripetitori arriva in piazza Unità
 

Il segnale sloveno e croato sconfina. Spesso arriva sul Carso, sulla costiera triestina, a Barcola ma anche in punti come piazza Unità. E la cosa non è di poco conto dal momento che basta semplicemente rispondere al telefono, senza accorgersi del segnale internazionale, per avere una sgradita sorpresa: sia per chi chiama che per chi riceve scatta il pagamento di una tariffa superiore. Utilizzando il segnale sloveno la telefonata diventa internazionale.
«Il fenomeno - spiega Daniele Sancin, esperto di telefonia mobile impiegato in uno dei centri commerciali della città - è dovuto esclusivamente alla potenza dei ripetitori che hanno un livello più alto. Anche per questioni geografiche, per la presenza del mare, il segnale arriva molto forte anche da noi, a volte sovrastando quello italiano».
Le reti d’oltre confine sono agevolate anche da una diversa normativa. La legge italiana, infatti, impone dei limiti ben precisi per le emissioni delle antenne di telefonia mobile. Limiti meno rigorosi che dunque a poco valgono gli sforzi fatti dalle compagnie telefoniche nazionali per risolvere il problema.
«Il telefonino in un batter d’occhio perde l’aggancio con la cella della compagnia italiana e si aggancia a quella slovena o croata - osserva Sancin - Quello che va ricordato è che a quel punto cambiano le tariffe e le persone anziane, magari meno esperte, si ritrovano con la scheda azzerata. Bisogna stare attenti e cercare di non usare il telefonino fino a che non ritorna il segnale del proprio operatore».
Unico modo per riuscire ad arginare il problema è quello di sostituire il modo di ricezione del telefono da automatico a manuale. «In questo modo - dice il tecnico - il cellulare non passa automaticamente alla rete slovena o croata, ma deve essere reimpostato.

(l.t.)
 

 

SEGNALAZIONI - Acqua privatizzata - REFERENDUM
 

Mi guardo in giro e vivendo la realtà quotidiana dell’informazione faccio notare la poca pubblicità che viene data alla raccolta firme per il referendum nazionale, che ha come obiettivo il ritorno dell’acqua a bene pubblico, abrogando la legge che l’ha privatizzata e consegnandone la gestione alle multinazionali. Sinceramente ritengo che questa privatizzazione rappresenti un problema per tutte le persone comuni che non abbiano interessi in queste multinazionali. Non vorrei mai che un giorno neppure lontano il litro d’acqua diventi più caro di un barile di petrolio!
Graziella Rosini
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 15 maggio 2010

 

 

NO AL RIGASSIFICATORE - SIT-IN lunedì 17 maggio  davanti alla Camera di Commercio di Trieste, Piazza della Borsa 14, dalle 17.30 alle 20.
 

Il SIT-IN, organizzato dalle parti ambientali, politiche e sindacali interessate, prevede la discussione e la protesta, nel pieno rispetto dei criteri democratici, per l'inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l’impianto di rigassificazione Gas Natural previsto a Zaule potrebbe avere per la popolazione triestina e per lo stesso sviluppo economico locale.

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2010

 

 

L’incognita del mercato frena il rigassificatore - Di fronte all’attuale domanda, troppi sei progetti nazionali. E c’è anche l’impianto di Veglia

 

CAMBIANO LE STRATEGIE A CAUSA DELLA CRISI NEL SETTORE ENERGETICO
Tra l’incudine di una domanda atrofizzata dalla crisi globale (al -7% di consumi energetici del 2009 ha risposto, nel primo trimestre 2010, una ripresa inferiore all’1,5%) e il martello di un’offerta che, alla luce dei progetti di gasdotti e terminali Gnl appena realizzati o in arrivo, potrebbe un domani inondare il mercato di gas naturale ben oltre le necessità. Sia a livello italiano (dove potrebbero essere disponibili 170 miliardi di metri cubi all’anno a fronte dei 95 presumibilmente richiesti, ma già oggi la proporzione è di circa 110 su 80) sia in chiave euroregionale. Sul destino del rigassificatore triestino - secondo un’analisi post-crisi diffusa tra gli addetti ai lavori, che esula dal dibattito politico e da ogni valutazione ambientale - piomba insomma una doppia incognita. Nazionale e internazionale.
LA SOVRABBONDANZA Se tutti i progetti prioritari vedessero la luce, grosso modo nei prossimi 5 anni, un impianto in funzione da queste parti - non importa se quello di Zaule targato Gas Natural, il più probabile, o quello off-shore ex Endesa oggi E.on, il più trascurato - rischierebbe di contribuire a una generale overcapacity del mercato di gas naturale. Un tempio senza un adeguato numero di adepti.
I GASDOTTI Il rigassificatore di Zaule rientra in una schiera di sei progetti nazionali in stato avanzato dal punto di vista burocratico e strategico. Tre di questi riguardano gasdotti. Il primo è il Galsi, il futuro collegamento sottomarino da 12 miliardi di cubi per il trasporto di metano dall’Algeria alla Sardegna, e dall’isola a Piombino, che annovera Edison ed Enia tra gli investitori. Il secondo è l’Igi, la pipeline italo-greca da otto miliardi di cubi sviluppata al 50% da Edison e destinata a far arrivare in Puglia il gas estratto in Azerbaigian e Turkmenistan che già attraversa la Turchia. La decisione definitiva sugli investimenti, per entrambe le opere, è attesa entro il 2010. Un terzo progetto - il meno sconosciuto a casa nostra visto che il suo approdo in Italia è previsto all’altezza di Monfalcone - potrebbe bruciare sul tempo l’Igi, poiché sostenuto da tre colossi quali la russa Gazprom, l’italiana Eni e la francese Edf. È il South Stream, che dicono porterà in Europa 63 miliardi di cubi (di cui dieci per l’Italia) dal Mar Nero via Balcani, aggirando le arterie tradizionali dalla Siberia verso Russia e Ucraina.
I RIGASSIFICATORI Gli altri tre progetti avanzati si riferiscono a rigassificatori, con capacità medie da 8-10 miliardi di cubi. Due sono già contemplati al Sud, da scegliere fra tre opzioni: Gioia Tauro (partnership Iride-Sorgenia), Porto Empedocle e Augusta Priolo (entrambe gruppo Enel), mentre l’ipotesi Brindisi di British Gas pare tramontata. Il terzo è proprio il terminale triestino di Gas Natural, che però - a sentire le perplessità che circolano in alcuni ambienti vicini alle compagnie energetiche tricolori - oltre a fare i conti con il fuoco incrociato degli altri progetti avanzati della penisola, potrebbe scontare anche la necessità di doversi costruire ancora un’adeguata rete di relazioni in chiave mercato italiano.
L’ESISTENTE Oggi i rigassificatori esistenti su territorio italiano sono un paio: uno è quello storico di Panigaglia, nel golfo di La Spezia, di proprietà Eni, l’altro è quello di Rovigo, al largo di Porto Levante, inaugurato a ottobre da ExxonMobil e Qatar Petroleum su progetto dell’Edison, che ne detiene il 10%. Quest’ultimo appartiene alla fascia di progetti varati in epoca pre-crisi (per sostituire gradualmente il ricorso a carbone e olii combustibili), che hanno potenziato l’offerta di gas naturale quando il mercato tirava. A tale fascia appartengono il gasdotto Tag proveniente dalla Russia attraverso Tarvisio, l’entrata in funzione della pipeline sottomarina Libia-Italia Green Stream, nonché il rigassificatore da 4 miliardi di cubi di Livorno, che dovrebbe essere attivato entro il 2012 su iniziativa di Enia, Iride e E.on.
L’ALTO ADRIATICO Lo stesso colosso tedesco - che ha provato a vendere la propria rete gas in Italia per puntare sulle rinnovabili, ma per alcuni è stato un segnale di disimpegno nel nostro Paese - partecipa all’affare Adria Lng, cioè alla costruzione del terminale croato di Castelmuschio. Trieste, stringi stringi, oltre che dalla morsa dei progetti nazionali, deve guardarsi da quella dei movimenti altoadriatici. Rovigo a Ovest, Veglia a Est, il South Stream a Nord. La stessa ipotesi che Trieste diventi base di forniture euroregionali, verso l’Europa centro-orientale, costituisce una sfida fascinosa ma piena d’interrogativi. Nei dintorni di Vienna c’è il Baumgarten, il nodo austro-slovacco del metano di origine siberiana destinato già a riempire i capillari dell’Europa centro-meridionale. E come se non bastasse, dalle nostre parti tira aria di South Stream transbalcanico. Ci sarà spazio per le ambizioni triestine?
PIERO RAUBER

 

 

RIGASSIFICATORI - «Prevedo un rallentamento delle opere» - L’ex top-manager di Eni Nicolazzi: «Non si possono fare tutte assieme»
 

LE VALUTAZIONI DELL’ESPERTO CHE PARLA DI UN ORDINE DI REALIZZAZIONE
Tre gasdotti e altrettanti rigassificatori risultano, in Italia, sulla rampa di lancio? La legge della domanda e dell’offerta, alla fine, creerà naturalmente un ordine temporale perché, «come conseguenza della crisi siamo già in overcapacity, non si potranno mica fare tutti assieme, questi progetti». Lo mette in preventivo, ora che i tempi non sono sospetti, Massimo Nicolazzi, superesperto di energia di rango internazionale. Laureato in legge ed ex top-manager di Eni impegnato sul fronte dei giacimenti caucasici, Nicolazzi è oggi amministratore delegato di Centrex Europe Energy & Gas, la controllata di Gazprom attiva nella produzione e nella commercializzazione di gas in Europa. Non chiedetegli, però, se a tirare il freno dovrà essere - o più semplicemente sarà - il progetto di Trieste anziché un altro. «La decisione finale - taglia corto l’esperto - spetta all’impresa, nel caso di Trieste Gas Natural, sulla base delle sue valutazioni a proposito della sostenibilità di un investimento che è comunque ingentissimo».
Come inquadrare Trieste nel contesto dei progetti pronti per essere sviluppati, alla luce della crisi che ha arrestato la domanda di fabbisogno energetico?
«Non so in quale ordine di realizzazione andrà a collocarsi il rigassificatore di Trieste. Credo, questo sì, che ci sarà un rallentamento, ma da un punto di vista generale. Le opere previste non si faranno tutte assieme».
Il rigassificatore di Rovigo è entrato in funzione a fine 2009, di quello croato è invece annunciato l’avvio del cantiere per il 2011. Eppoi c’è il metanodotto South Stream che entrerà dalle parti di Monfalcone fra qualche anno. È chiusa la prospettiva di un terminale triestino al servizio di un’area euroregionale?
«Non è a un simile scenario che si può ridurre la valutazione di un nodo geografico, Anzi. Se si individua un adeguato sbocco di mercato, i punti di ingresso sono indifferenti perché è a fare la differenza è la rete, che dev’essere capiente. Pensiamo ad esempio agli stessi rigassificatori previsti al Sud: se non c’è la sicurezza che li collegano alla rete Snam, i proponenti non ci mettono neanche la prima pietra».
Può rappresentare un freno il fatto che Gas Natural debba costruirsi, più di altre compagnie, i suoi rapporti commerciali in Italia?
«Credo proprio ci abbiano pensato. L’idea che uno metta in piedi un giocattolino che può costare un miliardo di euro senza aver pianificato un aspetto come questo mi fa ridere. Normalmente, oltretutto, esiste un abbinamento logico tra un sito e il progetto di una società».
E qual è nel caso di Zaule?
«Quando una compagnia va a cercare una location, per un rigassificatore on-shore, punta anzitutto sulla presenza di fondali adeguati per l’arrivo delle gasiere. Roba che a Ravenna, tanto per dirne una, sarebbe a dir poco complicata. D’altronde un territorio può offrire proprio questo. Infrastrutture, logistica, permessi. Poi la scelta finale su investimento e realizzazione spetta alla compagine privata».
Di recente, l’ad di Eni Paolo Scaroni ha lasciato intendere quanto sia determinante, a livello europeo, nel lungo periodo, smarcarsi dalla dipendenza russa, diversificare i percorsi di transito del gas, che oggi passano per l’80% su suolo ucraino. Si riferiva solo al South Stream o evocava un ruolo importante anche per i terminali Gnl con cui dotare i porti del Mediterraneo, e quindi l’Italia e Trieste?
«Detesto la parola dipendenza. Di South Stream sappiamo ad oggi solo che arriverà in Austria. E non dobbiamo dimenticarci che, in sostanza, rappresenterà un aumento del gas russo destinato all’Europa. Ho la sensazione, a tal proposito, che il temporaneo idillio ucraino renda questa cosa meno urgente. Rigassificatori, invece, uguale Nord Africa. È un dato di fatto».
Come leggere il tentativo di vendita della rete di E.on? Un disimpegno su suolo italiano?
«Nient’affatto. Uno può aver voglia di uscire dalla distribuzione per potenziare l’attività commerciale a monte. E.on, poi, già partecipa al rigassificatore di Livorno».
Il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, oggi spinge per investire nelle infrastrutture per il gas.
«Sono investimenti legittimi, ma che, ripeto, non potranno essere fatti tutti assieme. Siamo già in overcapacity. La crisi ha spostato indietro di tre anni l’orologio della crescita. E uno non fa un tubo per tenerlo vuoto e andarci a spasso».

(pi.ra.)
 

 

Ma Gas Natural va avanti dritta per la sua strada - Fissati due nuovi incontri in Camera di commercio e uno in Assindustria
 

Il project manager Garcia Armesto sta già lavorando nei nuovi uffici di piazza Tommaseo
Le incognite appese alle conseguenze della grande crisi - intese come fabbisogno industriale di energia rispetto al quadro generale delle disponibilità - non muovono foglia negli uffici dei bottoni di Gas Natural, oggi Gas Natural Fenosa dopo la recente acquisizione di Union Fenosa, l’altro colosso spagnolo dell’energia.
La multinazionale iberica dopo tutto, in attesa del via libera definitivo della Regione a coronamento della Valutazione d’impatto ambientale del Governo, sta tenendo un low profile davanti ai ricorsi amministrativi e alle perplessità di una fetta di città che hanno portato, di recente, anche a un pronunciamento secco - di contrarietà - da parte del Pd provinciale.
Una presa di posizione pesante, in vista del voto dell’anno prossimo.
L’uscita definitiva dal silenzio - con la mission di una nuova strategia di comunicazione che faccia passare prima di tutto il messaggio che il progetto è sicuro, ecocompatibile e decisivo per la riconversione della Ferriera, e che non andrà a incidere negativamente sui traffici portuali tradizionali - dovrebbe maturare a breve, allorché Gas Natural inaugurerà l’annunciato quartier generale triestino, individuato peraltro in un punto storico, simbolico e prestigioso della Trieste economica e pensante: piazza Tommaseo, vicino alla Camera di Commercio.
E a riprova che, da quelle parti, qualcosa nella pentola già si sta muovendo, proprio nella sede camerale di piazza della Borsa gli emissari dell’azienda spagnola terranno per i due prossimi lunedì, il 17 e il 24 maggio, due incontri tecnico-informativi a porte chiuse con i delegati delle categorie economiche del territorio sul progetto dell’impianto di Zaule.
Un terzo appuntamento, non ancora calendarizzato ufficialmente, avrà come cornice Assindustria. A parlare sarà Ciro Garcia Armesto, il project manager del rigassificatore triestino, che per la verità sta già lavorando nell’ufficio di piazza Tommaseo. È, infatti, il più alto in grado di tutti quelli che stanno lavorando in queste settimane, per conto di Gas Natural, alla partita di Trieste, dividendosi tra la nostra città e Barcellona.

(pi.ra.)
 

 

«Ferriera, troppi sforamenti» Il “Miani” di nuovo in piazza - MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
 

«In 40 giornate di campionamento nel sito di via Pitacco, dove è sistemata una centralina Cigra, per il benzoapirene sono stati registrati 26 superamenti del valore limite di un nanogrammo per metro cubo, mentre 20 sforamenti su 40 giornate in via dei Giardini. Lo scrive nella sua relazione il consulente della Procura». In una nota, Maurizio Fogar del Circolo Miani riprende i contenuti del documento per poi annunciare che «martedì 18 maggio con ritrovo alle 18 davanti al Municipio in piazza Unità» si terrà la manifestazione «promossa da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei comitati di quartiere» nella quale le associazioni in questione inviteranno «i cittadini a protestare nei confronti di Comune, presidenza della Regione e prefettura per la vergognosa latitanza, per la palese inosservanza delle leggi e per le conseguenti gravi responsabilità che queste portano per aver in tutti questi anni sostanzialmente difeso solo gli interessi della Lucchini-Severstal, oggi solo Severstal anzi Mordashov, proprietaria della Ferriera. Ritardando - attacca Fogar - e affossando peraltro le prospettive di sviluppo della città».
L’esponente del Circolo Miani, nel testo, cita anche un altro passo della relazione del consulente della Procura: «La media annua per il benzoapirene nel 2009 presso la stazione di rilevamento di via San Lorenzo in Selva ha raggiunto 8.84 nanogrammi (contro il limite di legge di 1, ndr). Il quadro analitico riportato per l’inverno 2009-2010 mostra quindi dati mediamente più elevati di quanto evidenziato nelle stesse stazioni nei periodi precedenti».
 

 

Paesaggistica, centrosinistra contro gli sloveni - Ukmar: «Non è un no alla minoranza, ma alle manovre del centrodestra»
 

Brandi commemora Ludovisi senza ”bandelliani” e Furlanic
Con 21 sì (Fi-Pdl, An-Pdl, Lista Dipiazza, Udc, Gruppo misto, Partito Repubblicano e il capogruppo della Lega Ferrara), 18 no (tutto il centrosinistra più il Gruppo Sulli), l’astensione del leghista Portale e la non partecipazione al voto di Edera (Lista Rovis), l’aula ha dato il via libera l’altra sera alla delibera che spalanca le porte della Commissione paesaggistica ad un componente della minoranza slovena. Un via libera, però, segnato dalle polemiche. «L’atteggiamento dell’opposizione ci ha lasciati stupefatti - hanno commentato in conferenza stampa i capigruppo di Fi-Pdl e della Lista Dipiazza Piero Camber e Angelo Pierini -. Il centrosinistra si è espresso contro la minoranza slovena. Una linea tenuta anche dai consiglieri che di quella minoranza sono espressione». Stupore condiviso da Sergio Pacor del Partito Repubblicano («è stato un vulnus alla storia dei partiti di centrosinistra»), dall’Udc Sasco («all’opposizione è mancato il senso di responsabilità»), e dal centrista Minisini («la delibera andava votava perché positiva nel merito»). Stupore, ma con toni diversi, anche in casa An-Pdl. «Non avremmo voluto votare la delibera, di cui non abbiamo condiviso l’iter e la scelte di bypassare il consiglio - ha spiegato Antonio Lippolis -. Ma vista la posta in gioco, il futuro del piano regolatore, ci siamo espressi in sintonia con la maggioranza».
Dure le repliche del centrosinistra alle accuse di ”abiura” mosse dagli avversari. «Il nostro non è stato ovviamente un voto contro la minoranza in Commissione paesaggistica - precisa Iztok Furlanic di Rifondazione -, ma contro i giochetti fatti dal centrodestra che, per ricomporre le frizioni interne, ha proposto un emendamento che snatura la delibera. Emendamento che, prevedendo l’appartenenza obbligatoria agli ordini e collegi professionali (architetti, ingegneri, geologi, geometri, periti, agronomi e dottori forestali ndr), premia il solito corporativismo dei costruttori».
«Quelle di Camber sono accuse puramente strumentali - aggiunge Igor Svab del Pd -. Il centrosinistra avrebbe votato la delibera se non si fossero modificati, come invece è avvenuto, i criteri della nomina dell’esponente sloveno». Ancora più duro Stefano Ukmar. «Siamo decisamente contrari alla ”folklorizzazione” della comunità slovena voluta dal centrodestra - precisa l’esponente del Pd-. Il nostro è stato un voto contro le manovre da finto protettore della minoranza fatte da Camber». «Con il voto dell’altra sera la maggioranza italiana ha imposto alla minoranza slovena, tutelata da precise norme, i criteri con cui scegliersi i propri rappresentanti - osserva Peter Mocnik segretario della Slovenska skupnost -. Nessuno stato civile fissa simili regole, contrarie ai diritti umani e delle minoranze».
Fin qui la polemica sul voto. Ma ad accendere gli animi è stata anche l’assenza dall’aula durante la commemorazione dell’ultimo sopravissuto alle foibe Graziano Ludovisi, ricordato da Angela Brandi, dei consiglieri Furlanic, Porro, Frommel e Pellarini. «Fatto grave - ha chiosato Lippolis - specie perché commesso da persone (i bandelliani ndr) sempre in prima fila alle manifestazioni degli esuli».
 

 

Muggia sarà la prima in Italia con l’illuminazione a ”led” - Sono economici e rispettano l’ambiente. Avvio a settembre

 

«La scelta consentirà l’abbattimento dei costi di gestione»
 

MUGGIA La Muggia notturna cambia aspetto: vanno in pensione le vecchie luci gialle che saranno rimpiazzate, a partire dalla fine di settembre, da quelle di ultima generazione a led, con costi di gestione più economici, dal fascio luminoso bianco e dai contorni più nitidi, non sfumati e diffusi come le precedenti. I dettagli dell'operazione, prima nel suo genere nella nostra Regione, sono contenuti nella convezione della durata di 8 anni, stipulata nei giorni scorsi tra il Comune di Muggia e Enel Sole che gestisce 860 dei 2500 punti luce disseminati sul territorio comunale. La sostituzione delle vecchie lampade ad emissioni di sodio costerà 750 mila euro che verranno spalmati nelle bollette di pagamento dell'energia. A regime, il risparmio, rispetto al sistema di illuminazione tradizionale, si aggira intorno al 40 per cento di energia in meno, pari, nel caso di Muggia a circa 50 mila euro all'anno.
Cala il costo a carico del Comune, ma si abbatte del tutto il livello di inquinamento legato alle emissioni di anidride carbonica che in un anno si aggirava attorno alle 127 tonnellate. Risparmio energetico, risparmio economico, rispetto dell'ambiente, ma non solo: le lampade a led consentono la programmazione dell'intensità luminosa e nelle ore centrali della notte la loro intensità può essere diminuita garantendo un ulteriore risparmio alle casse comunali. Anche la manutenzione consente intervalli di tempo maggiore tra un intervento e l'altro rispetto al sistema precedente: le lampadine a sodio dovevano essere sostituite ogni tre, quattro anni, la durata media di un led è di 12 anni; per ogni singola lampadina verranno installati 30 led e se anche la metà di essi dovesse bruciarsi, la luce garantita dai led rimanenti rientra comunque nei minimi previsti. Cambierà anche l'immagine della città di notte: la luce bianca consentirà di distinguere i colori, le ombre saranno molto più nitide e non ci sarà dispersione della luminosità verso l'alto.
Per quanto concerne i tempi, Enel Sole, procederà ora ad una verifica specifica per tarare l'intensità necessaria su ogni singola zona in cui verrà eseguita la sostituzione; verso la fine dell'estate si passera gradualmente all'intervento vero e proprio che potrebbe concludersi entro l'anno. L'avvento dei led non è tuttavia novità assoluta per Muggia che già dallo scorso anno in via sperimentale aveva introdotto questo sistema in Salita delle mura e in via Bembo riscuotendo il favore degli abitanti. L'obiettivo è ora quello di estendere il nuovo sistema anche al resto della rete luminosa gestita da Acegas nel centro storico. Soddisfazione per la firma della convenzione e per l'avvio dell'operazione ha espresso il sindaco, Nerio Nesladek che ha ribadito la triplice valenza dell'operazione «eseguita senza gravare sulle casse pubbliche, nel pieno rispetto dell'ambiente e con considerevole abbattimento dei costi di gestione».
GIOVANNI LONGHI
 

 

Prima ambulanza fotovoltaica in dotazione alla Sogit - DONATA DALLA FONDAZIONE CRTRIESTE
 

Ieri mattina la prima ambulanza fotovoltaica in servizio nella provincia di Trieste è entrata ufficialmente a far parte del parco vetture della Sogit – Croce di San Giovanni. L’innovativo automezzo di soccorso - ad oggi peraltro anche l’unico in regione - che ricarica le batterie delle apparecchiature di bordo grazie alla piu’ pulita e grande fonte d’energia in natura, ovvero il sole, é stato presentato nel corso di un breve cerimonia nell’isola pedonale davanti alla sede della CRT, dal presidente della Sogit cittadina Giorgio Cappel. A consegnare le chiavi, Renzo Piccini, vicepresidente del consiglio di amministrazione della Fondazione CRTrieste, che ha contribuito assieme agli oltre 6mila soci sostenitori della sezione triestina all’acquisto dell’eco-ambulanza e di tre altri mezzi di soccorso. «Siamo da sempre molto sensibili alle tematiche sulla sostenibilità ambientale, e abbiamo dunque accolto decisamente con favore l’ingresso della tecnologia fotovoltaica a sostegno di un servizio di rilevanza sociale superiore, come quello del soccorso», ha commentato Piccini al debutto in società del mezzo, le cui apparecchiature e l’allestimento tecnologico interno hanno solleticato la curiosità dei passanti. E, a prescindere dall’indiscutibile valenza eco-friendly dell’energia pulita, il grande pregio del sistema a ricarica solare, è che grazie ai pannelli solari, le apparecchiature di bordo elettromedicali e di trasmissione non rischiano di andare in deficit di carica, come puo’, invece, accadere con le batterie tradizionali. Infatti, ha precisato Cappel, durante la normale routine di servizio, l’uso costante della radio ricetrasmittente, delle luci esterne, della sirena, del frigo e dei presidi medici elettrici, possono mettere a rischio lo stato di carica della batteria ausiliaria. Come si presenta dunque la nuova ambulanza che sfrutta l’energia dei raggi solari? A prima vista sembra assolutamente uguale alle sue consorelle meno evolute, ma in verità, la sua peculiarità è racchiusa nel tetto, dove sono montati i due pannelli fotovoltaici ad accumulo d’energia. I moduli sono composti ognuno da 36 celle in silicio policristallino, protette verso l’esterno da vetro temperato ad altissima resistenza agli agenti atmosferici, La scelta del silicio policristallino, non è casuale: dovendo dipendere dai capricci atmosferici e tenuto conto che l’ambulanza non presta servizio ai tropici, i pannelli fotovoltaici con tecnologia policristallina hanno una resa migliore sia in caso di esposizione non ottimale rispetto ai raggi sia in presenza di cielo nuvoloso. In questo modo l’eco-ambulanza è in grado di fornire una potenza media di pressappoco 240 watt all’ora. E per non lasciare nulla al caso, il personale tiene sotto controllo lo stato di funzionamento e carica dei presidi sanitari di bordo per mezzo di un display digitale.
Patrizia Piccione

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2010

 

 

Differenziata obbligatoria con il raddoppio delle “isole” - RACCOLTA DEI RIFIUTI, IL NUOVO REGOLAMENTO DEL COMUNE

 

Dal primo gennaio 2011 saranno oltre mille. I contenitori specifici supereranno quota tremila - la raccolta rifiuti a Trieste

Entro il 1° gennaio del 2011 il numero delle isole ecologiche per la raccolta differenziata distribuite sul territorio comunale sarà più che raddoppiato rispetto all’attuale totale di 500. Nei programmi dell’amministrazione comunale, infatti, si passerà a più di mille postazioni formate dai tre contenitori diversi per il conferimento di carta e cartone, vetro e lattine e infine plastica. La distanza massima fra punto di raccolta e abitazioni non potrà superare i 300 metri. In tutto di tratterà di oltre 3.000 contenitori, quando invece oggi ce ne sono complessivamente 1.802 disseminati (1.500 quelli appartenenti alle isole ecologiche, gli altri sono stati sistemati singolarmente) fra i vari rioni. A questi se ne sommano, al momento, altri 100 per la raccolta degli abiti e 111 per quella delle pile esauste. Complessivamente, 2.013 unità dedicate alla differenziata.
L’OPERAZIONE Il valore di questa operazione di ampliamento messa in cantiere dal Comune è pari a 500mila euro. Tuttavia per l’amministrazione il costo reale sarà pari a zero, come spiega nell’articolo a fianco l’assessore Paolo Rovis. L’investimento, infatti, sarà pareggiato dal risparmio innescato dal conseguente minore smaltimento dei rifiuti indifferenziati al termovalorizzatore. È chiaro che, affinché il costo in questione possa risultare in futuro davvero pari a zero, sarà fondamentale l’apporto dei cittadini verso un sempre maggiore ricorso alla differenziazione del rifiuto. Contestualmente all’incremento del numero di isole ecologiche, il Comune provvederà a una riduzione della volumetria disponibile per il conferimento dell’immondizia indifferenziata: il “taglio” sarà pari al 10% dell’attuale capacità dei classici cassonetti grigi, denominati “monooperatore”. Sono quelli che vengono svuotati attraverso il sistema automatico dei camion dopo l’affiancamento lungo la strada. Il Municipio stabilirà successivamente se ridurre il numero dei 1.133 cassonetti da 2.400 litri oppure dei 790 da 3.200.
L’OBBLIGO Tutta l’operazione andrà ultimata, definendo la nuova collocazione delle isole e poi procedendo concretamente all’allestimento, per la fine del 2010. E comunque non oltre il 1° gennaio del 2011: da quel giorno, infatti, la raccolta differenziata diventerà obbligatoria. Prima, dunque, verranno messi a disposizione dei cittadini gli strumenti. Solo dopo, scatteranno le possibili sanzioni. Questo prevede il nuovo Regolamento di igiene urbana che le circoscrizioni stanno analizzando in questi giorni e che in luglio dovrebbe ottenere il via libera del Consiglio comunale.
L’OBIETTIVO Attraverso l’aumento del numero di contenitori per la differenziata e l’introduzione dell’obbligatorietà del corretto conferimento dei diversi tipi di immondizia, il Comune mira nel 2011 ad aumentare ancora la percentuale di differenziata, nel 2009 attestatasi al 21,30%. Nel mirino c’è un passo avanti che nelle intenzioni dovrà portare il totale a un valore compreso fra il 27 e il 31%. Nel 2008 il dato era stato pari al 20,33%, nel 2007 invece al 18,21%.
MATTEO UNTERWEGER
 

 

Rovis: «Per il Municipio incremento a costo zero» - «Operazione compensata dal minor conferimento al termovalorizzatore»
 

«Il costo determinato dal previsto aumento del numero delle isole ecologiche sarà per il Comune pari a zero. L’esborso infatti verrà compensato dalla diminuzione del rifiuto indifferenziato da far confluire al termovalorizzatore. Così libereremo ulteriore spazio per l’arrivo all’impianto di immondizie da altre parti della regione». L’assessore comunale Paolo Rovis traccia così il panorama che, nelle intenzioni del Comune, andrà a delinearsi nel 2011, ovvero il prossimo anno quando dal 1° gennaio la raccolta differenziata diventerà obbligatoria a Trieste. «Già oggi il nostro termovalorizzatore brucia 30mila tonnellate all’anno provenienti dalla provincia di Gorizia - prosegue Rovis - su un totale annuo di 150mila. L’impianto non solo assicura costi inferiori rispetto al conferimento in discarica, ma ovviamente in più produce energia elettrica. Attualmente, garantisce il 13% di quella consumata a Trieste».
Rovis riepiloga poi i passaggi che interesseranno ancora il nuovo Regolamento di igiene urbana in questi mesi, per arrivare infine alla sua adozione: «Entro la fine del mese, riceveremo i pareri consultivi delle circoscrizioni, recependo eventualmente i loro suggerimenti. La delibera tornerà quindi in giunta ad inizio giugno, nell’arco di una settimana-dieci giorni sarà portata all’esame della Terza commissione e, auspichiamo, a fine giugno in Consiglio comunale per il voto. Dopo di che, l’entrata in vigore sarà immediata per tutte le disposizioni, ad eccezione dell’obbligo della raccolta differenziata che scatterà dal 1° gennaio del prossimo anno». Cioè del 2011, per la cui fine il Comune vuole arrivare almeno al 27% di differenziata. «Prima sistemeremo le isole ecologiche e organizzeremo un’importante campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta alla cittadinanza», aggiunge Rovis. Il quale mette in evidenza infine un ultimo dettaglio: «Per tutti i piani particolareggiati futuri e gli interventi di privati in ambito urbanistico - dice - e in particolare per la realizzazione di nuove costruzioni, andrà previsto sempre già nei progetti lo spazio per l’isola ecologica».

(m.u.)
 

 

Chi rovista nella spazzatura verrà multato - Contravvenzione da 25 a 150 euro. Fino a 900 per quanti imbratteranno le “campane”
 

LE SANZIONI PREVISTE DAL TESTO PREDISPOSTO DAGLI UFFICI COMUNALI
Una sanzione dai 25 ai 150 euro a chi viene sorpreso a rovistare nei cassonetti delle immondizie, magari aprendo qualche sacchetto e asportando dei rifiuti. E ancora dai 150 ai 900 euro a chi traccerà scritte o graffiti sui cestini e sui contenitori e dai 50 ai 300 a chi getterà qualche cosa nelle caditoie.
Regole precise anche per il volantinaggio: abbandonare, depositare o affiggere volantini e materiale pubblicitario senza autorizzazione costerà dai 500 ai tremila euro. Nelle strade pubbliche il volantinaggio sarà consentito esclusivamente con consegna a mano. Basta agli adesivi, ai manifesti appiccicati sugli arredi urbani, ai semafori, su ogni muro della città.
Un giro di vite, tolleranza zero dunque nei confronti di chiunque sporchi Trieste. Chi getta a terra cartacce, mozziconi di sigaretta, lattine o bottiglie non la passerà più liscia: una multa da 25 a 155 euro gli ricorderà che la città è di tutti.
Controlli e sanzioni non mancheranno. Agenti della polizia municipale e guardie ambientali, ma anche organi della polizia stradale, funzionari demandati dal sindaco e personale dell'Azienda sanitaria non chiuderanno un occhio. Una vera e propria guerra aperta contro chi sporca e imbratta.
Le sanzioni contenute dal nuovo Regolamento di igiene urbana del Comune non lasciano dubbi. Chi non rispetta il testo redatto dopo oltre un anno di minuzioso lavoro dall'amministrazione comunale, paga.
A chi verrà colto a gettare rifiuti indifferenziati nei contenitori destinati invece a quelli differenziati come la campana per il vetro o il cassonetto per la carta o la plastica, sarà comminata una sanzione che va dai 75 ai 450 euro. Non separare opportunamente i diversi rifiuti potrà costare invece dai 50 ai 300 euro, mentre non ripiegare imballaggi voluminosi, magari spezzandoli tentando di ridurre l'ingombro, costerà dai 25 ai 150 euro di multa.
Multe da 25 a 150 euro in vista anche per chi non chiuderà il coperchio del cassonetto. Un'abitudine purtroppo diffusa specialmente tra ristoratori, gestori di supermercati e mense che, per velocizzare il lavoro di smaltimento dei rifiuti, usano bloccare con una cassetta della frutta l'apertura del contenitore.
Spostare i cassonetti e i raccoglitori dei rifiuti, magari per posteggiare più facilmente, sarà punito con una ammenda di 100 euro.
Pene previste anche per i fumatori maleducati: chi abbandonerà nei posacenere associati ai cestini stradali un mozzicone di sigaretta o sigaro non spento, ma anche altri materiali non consoni, rischia una contravvenzione dai 25 ai 150 euro.
Non sono sfuggiti alle maglie comunali nemmeno i "furbetti" che, residenti in altri comuni dove è già obbligatorio un sistema della raccolta differenziata, arrivano con il sacchetto della spazzatura a Trieste pur di liberarsi con facilità dei loro rifiuti. Non è così raro come sembra, ma chi verrà colto sul fatto sarà punito con una sanzione che va dai 100 ai 600 euro.
LAURA TONERO
 

 

Cassonetti diversificati anche per gli eventi - Gli organizzatori di manifestazioni dovranno provvedere al momentaneo allestimento
 

Una maggior sensibilità verso la pulizia della città verrà richiesta non solo ai singoli cittadini, ma anche agli esercenti pubblici e a chi organizza feste e manifestazioni.
Enti, associazioni, partiti o gruppi di cittadini che intendono organizzare manifestazioni dovranno a loro volta provvedere alla raccolta differenziata dei rifiuti, alla pulizia dell'area data in concessione e, novità, anche della zona circostante.
Fino ad oggi chi, ad esempio, realizzava uno spettacolo o una gara sportiva in piazza Unità, a fine programma aveva l'obbligo di occuparsi, tramite un accordo con Acegas Aps, della pulizia della piazza o quantomeno della zona utilizzata. Ma si sa, i postumi di una festa lasciano tracce anche nelle stradine limitrofe. Il Comune pare orientato a stabilire un apposito tariffario.
E a chi non provvederà a proteggere il suolo pubblico nel corso di una manifestazione, evitando imbrattamenti, verrà comminata una multa da 250 a 1.500 euro; dai 150 ai 900 euro invece agli organizzatori di eventi che non raccoglieranno i rifiuti in maniera differenziata.
Nuove norme anche per i gestori degli esercizi pubblici. Obbligo per loro di sistemare un posacenere in corrispondenza di ogni ingresso del locale, uno su ogni tavolino, poggia-bicchieri o appoggia gomiti. Chi non provvederà rischierà una sanzione di 200 euro.
A loro verrà imposto anche il dovere di mantenere pulito il tratto antistante i vani del bar o del ristorante. Indipendentemente dal servizio effettuato dalle ditte incaricate da Acegas Aps, saranno gli stessi gestori a dover garantire la pulizia del marciapiede o, in assenza, del metro e mezzo di suolo pubblico davanti al loro locale. Pena, in mancanza di pulizia, una multa di 300 euro.
E a chi farà il furbo, spazzando i rifiuti fuori dal suolo di sua competenza, spingendoli qualche metro più in là, magari nel pezzettino di marciapiede di un altro gestore, spetterà una contravvenzione di 200 euro.
Nel regolamento viene ribadito il divieto di fare la pipì sul suolo pubblico. Un divieto più volte sottolineato dalla stessa amministrazione comunale e che per i trasgressori prevede una sanzione di 500 euro. Il Municipio, a proposito, sta lavorando con Acegas Aps per riposizionare in alcune zone della città i vespasiani.

(l.t.)
 

 

Emissioni, la Ferriera paga 100mila euro - Limite superato per 240 volte tra 2007 e 2009: oblazione in tribunale
 

Il denaro finirà nelle casse dello Stato

Un assegno circolare di centomila euro è passato l’altro ieri dalle mani dell’avvocato Giovanni Borgna a quelle del giudice Paolo Vascotto. Lo scambio è avvenuto nell’aula 271 del Tribunale penale di fronte a un buon numero di avvocati, testimoni e personale amministrativo.
L’ingente somma rappresentava quanto la società che gestisce la Ferriera di Servola ha dovuto pagare per essere ammessa all’oblazione e per uscire con un «non luogo a procedere» dall’inchiesta in cui erano coinvolti il direttore dello stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat. Dovevano rendere conto alla legge di 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 24 novembre 2009 dagli impianti dello stabilimento e puntualmente contestati dalla Procura. L’altro ieri al passaggio di mano dell’assegno che finirà nelle casse dello Stato, ha assistito il pm Federico Frezza, il titolare dell’inchiesta.
Per poter essere ammessa all’oblazione che estingue il reato, la società di gestione della Ferriera ha dovuto dare prova concreta alla magistratura di aver riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge. Il professor Marco Boscolo, consulente del pm, ha verificato che gli interventi migliorativi fossero stati eseguiti. Nell’ambito di questo programma - sono stati adeguati a quanto prescrive la legge il sistema di aspirazione del piano di colata, della macchina a colare nonché quello di irrorazione del parco minerali. La spesa sostenuta dalla «Ferriera spa» è stata valutata in svariati milioni di euro. Le emissioni ovviamente non sono state azzerate perché la Ferriera, rispettando i parametri stabiliti dal Parlamento, può nell’ambito dalla sua attività industriale legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri e di fumi.
Nel processo si erano costituiti parte civile due gruppi di abitanti di Servola che avevano chiesto attraverso il loro legale, l’avvocato Guido Fabbretti di essere risarciti per i disagi sopportati per anni. La proprietà aveva messo mano al libretto degli assegni e ne aveva staccati due per importi inferiori ai cinquemila euro. Una ”spesa” infinitesimale di fronte a quella affrontata per rientrare nei parametri per essere poi ammessi all’oblazione.

(c.e.)
 

 

Governo italiano in ritardo slitta di un mese il Prg del porto di Capodistria
 

Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo chiede a Lubiana una proroga per esprimere il parere
LUBIANA Il governo sloveno – nonostante l'annuncio fatto alcune settimane fa dallo stesso premier Borut Pahor – ieri non ha né discusso né approvato il nuovo Piano regolatore per il Porto di Capodistria, documento fondamentale per la crescita e lo sviluppo dello scalo.
Il motivo? Lubiana è in attesa che l'Italia presenti le sue osservazioni legate all'impatto ambientale dovuto all'ampliamento dell'area portuale. Roma, ricordiamo, aveva chiesto di essere coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore dello scalo capodistriano alcuni mesi fa e la cosa ha provocato non poco malumore a Lubiana. La richiesta del ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, era considerata più una risposta alle ripetute osservazioni slovene sui progetti dei terminal rigassificatori nel golfo di Trieste che non l'espressione di un autentico interesse per l'ambiente «minacciato» dall'ampliamento del Porto di Capodistria.
Comunque, Lubiana ha accettato il coinvolgimento dell'Italia ed ora, venendo incontro a una seconda richiesta della Prestigiacomo, ha concesso anche la proroga di un mese per presentare eventuali osservazioni. Roma ha tempo fino al 15 giugno per presentarle, dopo di che il Piano regolatore, nel quale sono state già inserite alcune modifiche minori rispetto alla prima versione del documento, sarà sottoposto all'approvazione del governo. Come spiegato nei giorni scorsi dal ministero dell'Ambiente sloveno, non è stata presa in considerazione la posizione espressa dagli abitanti di Ancarano, che chiedevano che dal Piano si cancellasse la costruzione del terzo molo.
Il Piano regolatore portuale, ricordiamo, prevede la costruzione ex novo di un «molo 3», della lunghezza di un chilometro, il prolungamento del «molo 1» di cento metri (entrambi destinati alla manipolazione di container, nda), nonchè il prolungamento, per oltre 350 metri, dell'attuale «molo 2», destinato alla manipolazione di rinfuse e carichi liquidi. E' prevista inoltre la costruzione di nuovi serbatoi per combustibili liquidi all'altezza dell'area di Sermino e saranno costruiti due nuovi depositi per automobili, di cinque piani ciascuno, dalla capienza di diverse migliaia di vetture. In quanto all'accesso alle strutture portuali, la principale novità riguarda una futura nuova entrata nell'area portuale, direttamente dall'autostrada, ai piedi del colle di Sermino, dove sarà allestito un terminal camion per 500 automezzi. Si tratta comunque di progetti che difficilmente potranno essere realizzati in tempi brevi. Oltre al nuovo Piano regolatore, che permetterà alla Luka Koper di crescere ed allargarsi nei prossimi decenni, resta comunque fondamentale, per il futuro del Porto di Capodistria, il raddoppio della tratta ferroviaria Capodistria–Divaccia, per collegare nel migliore dei modi lo scalo con la grande viabilità europea.
FRANCO BABICH
 

 

Biogas: 5 milioni di kWh - PRODOTTI A TRIVIGNANO
 

PORDENONE Circa 5 milioni di kWh, ovvero una quantità in grado di coprire il fabbisogno annuo di 2 mila famiglie, è stata prodotta in un anno (marzo 2009-marzo 2010) dal nuovo impianto biogas dell'azienda Fratelli Brugnera di Rivignano (Udine). L'impianto, autorizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia nel 2007 ed entrato in funzione nei primi mesi del 2009, è stato realizzato grazie ad una linea di finanziamento ad hoc di Banca Popolare Friuladria finalizzata a sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili e l'abbattimento del livello di CO2 nell'atmosfera.
Il ciclo di produzione dell'energia è assolutamente virtuoso. «Viene scelto il mais perchè è la coltura più adatta al nostro territorio - ha detto Renato Brugnera, 55 anni, originario di San Michele al Tagliamento, titolare insieme ai figli Riccardo e Giulio dell'azienda agricola di famiglia nata negli anni '60 -. Non abbiamo inventato nulla: si è preso un procedimento naturale di produzione di biogas come la fermentazione vegetale e lo si è pilotato rendendolo produttivo. Oltretutto, la materia esausta, ovvero il prodotto di scarto, è un ottimo fertilizzante. E questo chiude il cerchio».
 

 

Ballaman prepara la visita alla centrale atomica di Krsko - Incontro con la console generale Pelikan dopo le dichiarazioni favorevoli al ritorno del nucleare in regione
 

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GUIDERÀ LA DELEGAZIONE IN SLOVENIA
TRIESTE Primi passi di Edouard Ballaman e del Consiglio regionale verso Krsko. Il presidente dell’assemblea di piazza Oberdan lo aveva detto già nel corso dell’ormai famosa conferenza stampa in cui disse la sua sul nucleare suscitando reazioni e polemiche: il suo obiettivo è quello di recarsi a visitare la centrale slovena con una delegazione di consiglieri tra cui sicuramente il presidente della Commissione infrastrutture ed energia, Alessandro Colautti, e anche quello della Commissione attività produttive, Maurizio Franz. E ieri il presidente del Consiglio regionale ha espresso questa sua volontà alla console generale della Repubblica di Slovenia a Trieste, Vlasta Valencic Pelikan, che ha reso visita a Ballaman in piazza Oberdan.
E la disponibilità da parte della diplomatica slovena per attivarsi affinchè la visita a Krsko possa realizzarsi c’è stata e la console Valencic Pelikan ha assicurato che contatterà il governo sloveno per renderla possibile. Come noto, la Regione, attraverso il presidente Renzo Tondo, ha più volte ribadito l’interesse ad intervenire nell’opera di raddoppio della centrale nucleare slovena, sollecitando il governo ad attivarsi in questo senso. Krsko, tuttavia, non è stato l’unico tema dell’incontro di ieri tra Ballaman e la console slovena. «Un incontro - ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale - sulla scia di quelli svolti tra l'esecutivo regionale e esponenti del governo sloveno e che persegue la linea del rafforzamento dei rapporti tra la nostra regione e il vostro Paese, nostro vicino». La stessa console si è detta d’accordo sulla necessità di intensificare la collaborazione tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia individuando nella Commissione bilaterale tra le due aree confinanti lo strumento per arrivare a questo scopo. «In questa opera di intensa collaborazione – ha concluso Ballaman - vedo l'importante ruolo che potrà svolgere la Commissione bilaterale tra Regione Friuli Venezia Giulia e Repubblica di Slovenia con i suoi diversi tavoli tecnici, che ci permetteranno anche di cogliere nuove occasioni di approfondimento tematico».

(r.u.)
 

 

Lussinpiccolo, Comune favorevole alle centrali solari - MODIFICHE AI PIANI REGOLATORI
 

A parole tutti si dichiarano a favore delle fonti energetiche rinnovabili ma poi all'atto pratico non mancano ostacoli al loro uso. È il caso della municipalità di Lussinpiccolo, dove l'assenza di un Piano regolatore appropriato ha contribuito a bocciare il progetto dell'azienda zagabrese ”Ivicom Consulting” di costruzione di due centrali fotovoltaiche, in località Ustrine e nell'Isola di Unie. Ustrine, va precisato, è situata nell'Isola di Cherso ma fa parte del comune lussignano. È stato il direttore dell'impresa zagabrese, Dinko Condic, a spiegare per quale motivo sia fallito, almeno temporaneamente, il piano teso a far sorgere i due impianti, i primi del genere a Lussino.
«Purtroppo i documenti regolatori rilevano la possibilità di approntare centrali solari sull’isola – puntualizza il dirigente – ma non citano i potenziali siti, né fissano i criteri minimi da rispettare per la costruzione. È per tale ragione che è stata respinta la nostra richiesta di licenza di costruzione. Non ci siamo arresi e abbiamo già inoltrato ricorso al Ministero dell’ambiente. Vedremo quale sarà il verdetto e poi ci rivolgeremo alla Città di Lussinpiccolo, con la richiesta di emendare il Piano regolatore». «È sicuro - continua - che non rinunceremo al progetto, per il quale abbiamo già investito non poco denaro. Inoltre è in via di conclusione lo studio di allacciamento delle due centrali alla rete elettrica». La prima fase del piano (investimento di 5,5 milioni di euro) prevede l’installazione di moduli fotovoltaici di potenza 0,96 megawatt, attuale limite massimo. La seconda fase vedrebbe l’installazione d’impianti a Ustrine e Unie di 5 e 2 Mw, per un costo sui 21 milioni di euro. Il sindaco di Lussinpiccolo Gari Cappelli ammette che i piani regolatori non rispondono alle esigenze del progetto fotovoltaico ma aggiunge subito che la municipalità appoggia i progetti di strutture capaci di produrre energia rinnovabile. «Sosteniamo – sottolinea il primo cittadino – l’azienda di Zagabria. Emenderemo i piani regolatori, per favorire la costruzione delle due centrali. Il nostro Comune ha inviato la sua domanda al concorso per i mezzi del Fondo nazionale per la tutela dell’ambiente, che ci servirebbero per l’entrata in funzione dell’illuminazione pubblica ecologica. Ci stiamo pure preparando per concorrere ai fondi dell’Unione europea da investire per progetti nel settore dell’ecologia». L’interesse della ”Ivicom Consulting” non stupisce, poiché l’Isola di Lussino registra annualmente circa 2mila e 500 ore di sole.
Nella vicina Veglia sono in fase avanzata i preparativi per la costruzione di una centrale fotovoltaica a Dunato, vicino al capoluogo, di 5 megawatt di potenza, del valore di 20 milioni di euro. Si estenderebbe su 10 ettari.
Andrea Marsanich
 

 

Premio Kugy: gli studenti inventano giochi e video per difendere l’aria pulita - FESTA AL GIARDINO PUBBLICO
 

Vincono la Miskolin, l’European school, la Caprin e l’istituto Galvani. Tra i privati, Linda Simeone
La cerimonia di consegna dei premi del concorso intitolato a Julius Kugy, dedicato quest'anno al tema “Inquinamento? Aria pulita…. aria per la vita”, che ha coinvolto scuole, privati e associazioni della provincia, sarebbe piaciuta al padre dell'alpinismo moderno: gioiosa, coloratissima e multiculturale. Numerosi i partecipanti, soprattutto tra le scuole dell'infanzia e primarie, che non si sono fatti scoraggiare dalla pioggia torrenziale e sono giunti al giardino pubblico per assistere alla premiazione che conclude l'edizione 2010 del concorso, nella speranza di salire sul palco come vincitori.
A riscaldare l'atmosfera e far saltellare i tanti bambini presenti ci hanno pensato le percussioni dei Berimbau, mentre un manipolo di clown dotati di trombette e bolle di sapone dispensavano scherzi a volontà. Il ricordo della figura di Julius Kugy è stato affidato all'assessore Denis Visioli, che ha sottolineato due caratteristiche peculiari del grande alpinista austro-ungarico: la sua profonda passione per la natura e il suo multilinguismo. Tra i vari lavori pervenuti, esposti al pubblico per l'occasione, ne sono stati premiati tre per categoria.
Per la scuola dell'infanzia si sono aggiudicati il primo premio di 1.300 euro alunni e insegnanti della scuola Miskolin di Dolina, che hanno realizzato un espositore tridimensionale dedicato al tema dell'aria nelle sue molteplici declinazioni. Seconda classificata, con un premio di 600 euro, la scuola Fulvio Tomizza, che ha raccontato in un libro in 3D la storia di una città, mentre sul terzo gradino del podio (300 euro), a pari merito, sono saliti gli istituti di Malchina e di San Giacomo, che hanno presentato rispettivamente un dvd e una serie di disegni dedicati alla storia di due palloncini colorati e un libro che ha per protagonista un piccolo straccio. Una menzione speciale (200 euro) è andata infine alla scuola dell’infanzia di Servola, che ha realizzato un gioco d’aria da appendere. Per le scuole primarie invece sul podio (1.300 euro di premio) sono saliti alunni e docenti dell'European School of Trieste, che hanno inventato una serie di giochi sull’inquinamento atmosferico. Seconda classificata, con un riconoscimento di 600 euro, la scuola F.S. Finzgar, terza la scuola Cernigoj, che si è aggiudicata 300 euro. Nella categoria delle scuole medie hanno vinto il primo premio di 1.300 euro le classi I a e II G dell'istituto Caprin, con la realizzazione di un video sulla rilevazione del traffico e metereologica. Secondo gradino del podio e 600 euro per la II C della Caprin, mentre terzi sono arrivati alunni e insegnanti della III A della scuola Simon Gregorcic. Tra le scuole superiori due primi posti a pari merito, per l'istituto Luigi Galvani, che ha prodotto un video sulla rilevazione e sulle conseguenze dell’inquinamento e per le classi I e IV dell'istituto professionale Jozef Stefan, che ha creato un libretto con disegni, foto, approfondimenti sugli agenti inquinanti. Per la categoria, privati e associazioni, primo premio (1300 euro) a per l’ideazione di un insieme di giochi a tema.
Giulia Basso
 

 

SEGNALAZIONI - «Mai difeso, neanche privatamente, il tracciato carsico del Corridoio 5» - LA REPLICA

 

Sono costretto a chiarire la mia posizione relativamente alla nota del dott. Sirovich comparsa su Segnalazioni (Corridoio 5, domenica 9 maggio) se non altro per tutelare a livello pubblico il profilo dei docenti universitari, visto che sono stato chiamato in causa esplicitamente con la mia qualifica professionale.
Il dott. Sirovich afferma alcune cose non corrispondenti al vero, altre imprecise, altre alquanto incomprensibili.
Le dichiarazioni non corrispondenti al vero: né nell’ambito dei Democratici di sinistra (oggi confluiti nel Pd), né in altre occasioni pubbliche (e neppure private per chi mi conosce) ho mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del corridoio V, benché abbia affermato l’utilità di un qualche miglioramento delle infrastrutture del corridoio 5. All’incontro citato – se ho ben capito di quale si trattava – avevo ripercorso tutti i passi delle procedure di valutazione effettuate affermando che non esisteva ancora un progetto preciso di tracciato sotterraneo sul quale poter fare le ulteriori necessarie valutazioni, e che quindi prima di prendere posizioni definitive (negative o positive) andavano chiarite diverse cose lasciando avanzare le procedure in corso. A quell’incontro ero stato chiamato proprio – senza dunque nascondere nulla – come esperto che aveva contribuito nel passato (lontani 1999-2000) allo studio di analisi della linea Ronchi-Lubiana. Le dichiarazioni imprecise si riferiscono proprio a quel mio contributo, pomposamente chiamato consulenza. Il lavoro di «consulenza» era un’attività svolta per Istiee (Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea di Trieste) che a sua volta aveva l’incarico da Italferr. Si trattava della valutazione costi benefici di varie alternative di tracciato e l’oggetto della valutazione era primariamente riferito al traffico passeggeri, visto che in quegli anni il Corridoio 5 veniva immaginato soprattutto come linea utile ai collegamenti passeggeri. Quella volta il mio alquanto modesto compito da «giovane ricercatore precario» era stato quello di definire i parametri di valutazione socioeconomica per l’analisi, mentre le previsioni di traffico a cui applicarli – fattore molto più rilevante per il risultato – erano state realizzate dal dipartimento di Ingegneria civile. Non ho percepito per quel lavoro alcuno specifico compenso e non sono neppure divenuto professore di economia dei trasporti per quella piccola fatica.
Vengo infine alle dichiarazioni incomprensibili. Nella mia nota su Il Piccolo (senza alcuna ambiguità dedicata proprio ai temi del progetto Unicredit) ho sostenuto – in generale e nello specifico della Venezia Giulia – la positività dell’intervento privato nel mondo portuale in un’epoca come l’attuale, nella quale il danaro pubblico ormai scarsissimo dovrebbe essere diretto a opere socialmente più rilevanti. Ma cosa c’entra il sostegno da me dato all’idea di investire capitali privati a Monfalcone e Trieste, con la questione del tracciato carsico del Corridoio V? Sono due temi completamente differenti e fondamentalmente separati (anche se poi a livello tecnico, per il progetto Unicredit, si possono fare considerazioni sul trasporto ferroviario, come è stato già fatto da un’analisi Istiee di cui – e non me ne vergogno – ho curato, senza alcun compenso, il quadro generale). Accostare i due temi rivangando in modo strumentale vecchi eventi per indurre l’idea di contraddittorietà è palese prova o di mancata comprensione delle tematiche o di malafede mirata solo a insinuare l’idea screditante e dozzinale che sarebbero solo le «speranze» di pagamenti a guidare il pensiero di un docente.
C’è tuttavia un elemento sul quale concordo con il dott. Sirovich: abbiamo veramente bisogno di «punti di riferimento» affidabili per l’opinione pubblica.
Vittorio Torbianelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2010

 

 

Centrale nucleare, gli esperti escludono Trieste - Un geologo: ma in linea teorica il Carso è adeguato per la stabilità sismica
 

Una centrale nucleare nel Friuli Venezia Giulia? A due passi da Trieste? L’ipotesi, balenata dopo l’inversione di tendenza del governo Berlusconi, rimane sempre d’attualità anche se sulla sua eventuale collocazione si viaggia tuttora a vista. O, quantomeno, partendo dalle tracce di quel piano elaborato nei primi anni ’70 dall’allora Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare poi trasformato in Enea negli anni ’80). Un piano che, per essere chiari, non prendeva neanche in considerazione né l’area triestina né tantomeno quella del Monfalconese, a dispetto di certe liste in circolazione. Partendo da alcune variabili fondamentali (sicurezza sismica e geologica, scarsità di zone abitate e lontananza dalla costa) era stata individuata, in linea di massima, «tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a Spilimbergo» in quanto ricche di acque necessarie al raffreddamento della centrale. Una scelta che, rivista anni dopo dall’Enea, è stata a sua volta bocciata o quasi in quanto il territorio è stato considerato «ad alto rischio di allagamento». E allora?
«Premetto – commenta il geologo Livio Sirovich – che sul nucleare non ho una mia posizione, sono comunque un esperto di siti possibili. In tale contesto risulta fondamentale recuperare la loro mappatura, sì, proprio quella fatta dal Cnen. Erano studi molto accurati, che prendevano in esame tutti i pro e i contro. Certo, le normative di sicurezza sono cambiate nel frattempo, ma le caratteristiche del territorio no. Ne deriva che non è cambiata di molto la possibilità di scelta».
«Andando per paradossi – commenta un altro professionista che non vuole essere citato – le zone che, sotto un profilo strettamente teorico, meglio si presterebbero, per stabilità sismica e altre caratteristiche a ospitare una centrale sono il Carso e le aree di pianura della Bassa. Quasi tutto il resto della regione è infatti collinare, con fiumi ovunque e, come sappiamo, alquanto instabile sismicamente».
Si tratta di situazioni che lo studio del Cnen conosceva bene, e non a caso, per usare un esempio, non è stata presa in considerazione la gran parte della fascia costiera. I successivi approfondimenti dell’Enea, in effetti, hanno preso in esame la vulnerabilità delle aree costiere ai cambiamenti climatici, escludendo in pratica tutta la costa fino quasi a Sistiana.
Se, insomma, individuare un eventuale sito risulta alquanto complicato, di sicuro non esiste in regione e a Trieste un rischio scorie radioattive. Le zone destinate allo stoccaggio, sempre su un piano teorico, si concentrano infatti tra l’Alto Lazio e buona parte della Toscana, Le Murge pugliesi, la Basilicata e parte della Calabria. «In termini tecnici zone ideali – osserva Sirovich – perché presentano in profondità grosse formazioni argillose impermeabili dove, per usare un esempio, una molecola d’acqua impiega centinaia d’anni per attraversare un solo metro di quella materia. Il problema però – continua il geologo – è un altro. La gente non ha fiducia nella capacità dello Stato di organizzare in maniera efficiente lo stoccaggio, per rischi di intrusioni malavitose, pressioni lobbistiche, condizionamenti vari. C’è un’opinione pubblica non preparata e sfiduciata dalla scarsa credibilità dello Stato. Chi proponesse un’area di stoccaggio vicino a qualche paese credo rischierebbe il linciaggio. E allora poi va a finire che i rifiuti radioattivi si tengono provvisoriamente in posti impensabili e inadatti, proprio per l’incapacità di organizzarsi. E si rischia grosso».
FURIO BALDASSI
 

 

Commissione per il paesaggio Si esprimono i consiglieri - MODIFICA AL REGOLAMENTO
 

Entro le 12 di oggi i consiglieri comunali dovranno presentare le loro proposte di emendamento alla delibera che va a modificare il Regolamento per la composizione della Commissione locale per il paesaggio, da integrare con la nomina del sesto membro, il rappresentante della comunità slovena. La nuova riunione della Sesta commissione, ieri, non ha risolto la questione. «Il testo propostoci dagli uffici non è ancora stato ritenuto soddisfacente - spiega il presidente della Sesta commissione, Roberto Sasco (Udc) -. Bisogna chiarire che il Comitato paritetico, sulla terna di nomi fra cui poi è il sindaco a decidere il nominato, è chiamato a trovare un’intesa con il Comune e non viene invitato dalla stessa amministrazione a indicare le modalità di designazione». Alle 11, questa mattina, a un’ora dall’orario limite stabilito per la consegna degli emendamenti, è in programma un’ulteriore riunione informale sul tema fra i rappresentanti delle forze politiche del Municipio. Poi, in serata, toccherà al Consiglio comunale esprimersi. «È importante fare in fretta - conclude Sasco - perché la Commissione per il paesaggio deve fornire il suo parere, obbligatorio anche se non vincolante, sulla variante 118 al Piano regolatore, che dovrà poi a sua volta essere approvata».

(m.u.)
 

 

SEGNALAZIONI - COMUNE  - Piano regolatore
 

Gli uffici comunali hanno di fatto escluso la possibilità di riaprire i termini per le osservazioni del Prgc, come richiesto dalla Lega Nord. Abbiamo più volte visto, però, come il Tar si sia espresso sulle scelte dell’Amministrazione comunale. Ultimo esempio, l’annullamento della delibera su Trieste Città d’Arte, con le stesse motivazioni ufficializzate in Consiglio dalla Lega. Comunque, il Consiglio comunale potrebbe decidere diversamente anche in merito alla riadozione della stessa variante. In commissione sesta è emersa, invece, una volontà incredibilmente trasversale. Ad eccezione della Lega Nord, tutti gli altri partiti hanno condiviso la necessità di adottare al più presto questo piano regolatore in quanto ritenuto migliore di quello precedente. Pur rispettando tutte le opinioni, confermo la nostra contrarietà ad un Prgc che sottrae a molti cittadini la possibilità di costruire case per i loro figli. Scelte queste, palesemente contrastanti con gli obiettivi del governo nazionale e di quello regionale. A Trieste ci si preoccupa solo dei lavoratori della Ferriera. Se il settore dell’edilizia in Regione perde 2000 lavoratori in un anno, per qualcuno le conseguenze sono del tutto irrilevanti.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord

 

 

Sentieri e piste ciclabili, rete transfrontaliera - Decolla il progetto Carso/Kras. Disponibili finanziamenti europei per quasi 4 milioni
 

INIZIERÀ A MUGGIA E PROSEGUIRÀ FINO AL LIMITE OVEST DELLA PROVINCIA
Il 25 maggio a Sesana la prima riunione del tavolo permanente con tutti i Comuni coinvolti nel piano
Decolla il primo grande progetto transfrontaliero. Carso/Kras, con quasi 4 milioni di euro di finanziamenti europei, entro tre anni trasformerà la zona carsica a cavallo del confine, da Muggia fin quasi a Gorizia, in un territorio omogeneo e percorso da una fitta rete di sentieri e collegamenti ciclopedonali che si innesteranno su un lungo asse principale.
Il tratto iniziale partirà proprio da Muggia, si inoltrerà nella zona delle Noghere fino a via di Vignano, lambirà gli omonimi laghetti, dei quali in questi giorni il Comune sta affidando la gestione, entrerà nel territorio del comune di San Dorligo, sboccherà a Prebenico, si inerpicherà fino a San Servolo lasciando sulla sinistra il colle di Caresana, per entrare nel comune di Erpelle-Cosina, in Slovenia, e da lì proseguire a ridosso della vecchia linea di confine fino ai limiti della provincia di Gorizia.
La fase strategica dell'intero progetto, sviluppato sulla falsariga del ”Distretto del Carso” concluso due anni fa, e che non si limita alla realizzazione di percorsi ciclabili, è affidata a un tavolo permanente composto dai soggetti di Carso/Kras (tutti i comuni della provincia di Trieste compreso il capoluogo, le Province di Trieste e Gorizia, i comuni sloveni di Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Costanjevica) guidati dal Comune di Sesana, capofila.
Il tavolo, il cui primo incontro è già stato fissato a Sesana il 25 maggio, avrà il compito di stilare le linee guida per la pianificazione territoriale, compresa l’omogeneizzazione del regolamento edilizio.
Sempre in tema di collegamenti, è prevista la realizzazione di un percorso che unisca i vari centri didattici naturalisti dell'area.
Ancora per quanto concerne il comune di San Dorligo, nell’ambito del progetto dovrà emergere un modello di gestione della riserva naturale della Val Rosandra che assimili, unificandoli, gli aspetti migliori dei piani di gestione attualmente in fase di sviluppo, quello comunale e quello regionale.
Verranno realizzati anche un museo del Carso all'aperto e un geoparco transfrontaliero, per valorizzare e preservare l’unicità del patrimonio ambientale.
Sul tema delle piste ciclabili, in particolare, il Comune di Muggia si sta già muovendo da tempo, sia per quanto riguarda il collegamento con il percorso dell’ex Parenzana, sia con il progetto per un nuovo percorso lungo Strada per Lazzaretto.
Fin qui la parte tecnica. Sul versante politico, si toglie qualche sassolino dalla scarpa il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L’accoglimento del progetto conferma la validità della collaborazione già avviata da tempo con Sesana e le scelte della nostra amministrazione in tema di sviluppo ambientale, ma fa emergere anche i colpevoli ritardi con cui, a livelli superiori, queste tematiche transfrontaliere sono state affrontate. Noi eravamo pronti molto prima».
Soddisfatto anche la sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che nelle potenzialità di Carso/Kras intravede un importante volano di sviluppo ecosostenibile per l'intera area, ma soprattutto un reale strumento di conservazione, riscoperta e tutela ambientale internazionale a disposizione di tutti.
GIOVANNI LONGHI
 

 

Nuova legge sulla caccia, Regioni meno libere - Ambientalisti soddisfatti. Accorciato il calendario venatorio: da ottobre al 10 febbraio
 

Galan: «Troppo poco per i cacciatori»
ROMA Con voto definitivo, il Senato ha approvato in quarta lettura il calendario della caccia, che va da ottobre al 10 febbraio. Voti favorevoli 130, astenuti 108, tutti dell’opposizione. I 10 giorni di febbraio sono facoltativi. Le Regioni possono chiedere la deroga, ma dovrà esserci il parere preventivo e vincolante dell’Ispra, ricerca ambientale.
Si può parlare di consenso unanime, anche alla luce dei commenti dei partiti non governativi. Nei giorni di febbraio (otto, perché il martedì e il venerdì c’è il silenzio venatorio) le specie cacciabili sono ridotte di numero. Il percorso della legge non è stato facile. Non soltanto perché il capitolo caccia è parte di una legge più complessa, ma perché ci sono volute quattro votazioni parlamentari per il varo delle norme. Pdl e Lega hanno votato a favore. Pd, Italia dei valori, Udc, Svp e Autonomie si sono astenuti. Dissenziente dal Pdl, Maria Ida Germontani, che non ha votato.
Il senatore Pd Roberto Della Seta ha detto che sono stati sconfitti quei settori Pdl e Lega che avrebbero preferito una deregulation, non vincolante come la legge approvata. È stato "scongiurato" il rischio di anticipare ad agosto la caccia e posticiparne la chiusura alla fine di febbraio. C’è stato anche il tentativo, non passato, di affidare a ogni regione un "calendario fai da te".
La Legambiente si è espressa con le parole di Antonio Morabito: ora le Regioni dovranno autorizzare solo una caccia "strettamente conservativa". Il ministero dell’Ambiente dovrà vigilare per il rispetto della legge. La Lipu (protezione degli uccelli) parla di un articolo di legge «in gran parte ottimo». Le Regioni sono costrette a cancellare varie specie di animali da cacciare.
Rivendicazione futura: "caccia corta", tra gli inizi di ottobre e la fine di dicembre. Positivo il giudizio del WWF, con parole misurate. Il risultato è buono, grazie alla mobilitazione e al senso di responsabilità di buona parte del parlamento. Un percorso difficile, se si pensa che la prima lettura della legge prevedeva che si potesse cacciare per tutto l’anno. Sulle Regioni- dice il WWF - «vigileremo attentamente». Progresso legislativo: la prima lettura della legge prevedeva che si potesse cacciare tutto l’anno. Il testo approvato è un importante, anche se tardivo, passo avanti.
Stella Bianchi, del Pd, parla di "buona notizia", perché è stato sventato il tentativo di eliminare le regole per l’attività venatoria. C’è stato buonsenso, che ha consentito un equilibrio tra le diverse esigenze. Fuori tempo una dichiarazione del ministro Maria Vittoria Brambilla, che vuole abolire la caccia. Protesta la Federazione dei cacciatori.
Una via di mezzo sceglie il ministro forzista Giancarlo Galan, che voleva maggiore tutela per una certa fauna selvatica «e più soddisfazione ai cacciatori». Dice anche che si è fatto troppo rumore per una legge modesta. Galan ha simpatia per i cacciatori, «anche se - dice - io resto un pescatore».

(r.v.)
 

 

Marcia pace: dal Fvg in 200 a Perugia-Assisi - QUATTRO PULLMAN DOMENICA 16
 

TRIESTE Partiranno in 200 dal Friuli Venezia Giulia alla volta dell’Umbria dove si terrà la Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Quattro pullman, uno per Provincia, sono stati organizzati in vista della manifestazione che si terrà domenica 16 maggio. Ieri si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della delegazione regionale all’evento, alla presenza dei consiglieri regionali Franco Codega e Sergio Lupieri (Pd), Roberto Antonaz e Igor Kocijancic (Rc) e Stefano Pustetto (Sel) insieme ai rappresentanti della Tavola della Pace del Friuli Venezia Giulia. Serve un’altra cultura, hanno sottolineato, per rimettere al centro della società i valori fondanti della carta costituzionale e del diritto internazionale: diritti umani, accoglienza, solidarietà, non violenza sono le basi su cui fondare il mondo di domani.
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 12 maggio 2010

 

 

Il governo annuncia l'arrivo delle linee guida e del nuovo conto energia

 

“È intenzione del governo far approvare entro la prossima riunione della Conferenza Stato-Regioni le linee guida per la realizzazione degli impianti alimentati a fonti rinnovabili e il nuovo conto energia fotovoltaico in modo da dare certezza a tutto il settore”, ha annunciato Stefano Saglia, sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico con delega all’energia, durante l’Italian Pv Summit di Verona.
Stando alle parole del sottosegretario, questi due importanti e attesi provvedimenti, ormai definitivamente predisposti, dovrebbero essere approvati per fine maggio o al più tardi entro la metà di giugno.
Il sottosegretario ha aggiunto che “il governo intende confermare il suo impegno per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia nella speranza che anche da noi si possano creare occasioni di investimento, occupazione e di sviluppo di una filiera nazionale, anche se - ha chiarito - gli investimenti stranieri sono certamente benvenuti”.
Per quanto riguarda il nuovo conto energia, Saglia ha spiegato che il nuovo decreto, operativo dal 1° gennaio 2011, prevede una riduzione delle tariffe in linea con il calo del costo dei moduli che si è registrato nell’ultimo anno, cioè intorno al 20%. Tuttavia la decurtazione degli incentivi, rispetto alle tariffe 2010, sarà più ridotta per gli impianti residenziali di piccola taglia. “Nel complesso – ha detto Saglia – il nostro sistema incentivante resterà tra i più generosi al mondo”.
Il nuovo conto energia punterà ad un obiettivo di installazioni per una potenza pari a 3.000 MW nei prossimi 3 anni, ma con la possibilità di usufruire delle tariffe per ulteriori 14 mesi al raggiungimento del target.
Il sottosegretario ha evidenziato che i nuovi incentivi saranno più semplici: verranno infatti divisi quelli per gli impianti su edifici e quelli per gli impianti a terra. Tra gli impianti incentivabili anche quelli fotovoltaici a concentrazione e saranno previsti anche specifici premi per le realizzazione che contemplino la completa sostituzione di elementi architettonici. Particolari possibilità di accumulo degli incentivi saranno dati alle proprietà pubbliche, come le strutture scolastiche, in un’ottica di ristrutturazione di questa tipologia edilizia, spesso fatiscente, con l’obiettivo in più di renderla autosufficiente energeticamente. Un progetto che lo stesso sottosegretario ha definito “molto ambizioso”.
“Semplificare, ma anche dare certezza delle regole” ha detto Saglia. È il caso della Regione Puglia, che ha visto un impressionante boom di impianti fotovoltaici e di domande, ma che richiede ora una attenta gestione della situazione, garantendo ad alcuni il diritto di autorizzazione alla realizzazione degli impianti e il diniego per coloro che invece dietro a quelle richieste non hanno previsto effettivi investimenti, ma solo una documentazione da rivendere sul mercato.
“L’impegno economico totale del Governo per le rinnovabili nei prossimi anni – ha concluso il sottosegretario – è di circa 13 miliardi di euro. Il solare è parte di questo programma, così come lo sviluppo delle reti, in particolare nel Mezzogiorno, che è uno dei punti deboli per la più massiccia diffusione del fotovoltaico e delle energie rinnovabili in generale”.
 

 

Il fotovoltaico italiano cresce e resta fra i piu' convenienti d'Europa

 

Alla fine del 2009 il fotovoltaico in Italia ha raggiunto una capacità di circa 1.142 MW (circa 724 MW installati nell’ultimo anno), con oltre 71.000 impianti realizzati (39.500 nel solo 2009). E’ quanto ha sostenuto Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse (Gestore Servizi Elettrici), l'ente che cura tutta la macchina del conto energia in Italia durante l'Italian PV Summit 2010 di Verona.
Il fotovoltaico italiano resta fra i più convenienti d’Europa. Montanino ha spiegato che le nostre tariffe in conto energia si mantengono su livelli molto elevati se considerate per l'intero periodo incentivante e in base al buon livello di insolazione del nostro paese. "Si è provato a compararle con quelle di paesi europei - ha detto - e si è potuto valutare che per i piccoli impianti residenziali (fino a 3 kW), fatto 100 il reddito guadagnato in Italia, quello ottenibile con le tariffe tedesche è pari alla metà, in Spagna è di 76 e in Francia è di 58,6". Se si portano a confronto gli impianti commerciali sopra i 20 kW di potenza, questo rapporto non differisce di molto, ad eccezione per la Spagna che è poco sotto al nostro paese, mentre in Germania il valore si attesta intorno a 43,3 e in Francia a 65,4.
La prossima riduzione degli incentivi prevista a partire dal gennaio 2010, darà una accelerazione alle installazioni nel 2010, soprattutto nella seconda parte dell'anno. "Crediamo che a fine 2010 arriveremo in Italia a 2.500 MW, con un totale di almeno 130mila impianti fotovoltaici e una produzione annuale che si attesterà intorno ai 2 miliardi di chilowattora", ha detto Montanino.
Una crescita che si avvertirà anche nelle risorse dedicate agli incentivi in conto energia: "mentre nel 2009 la quota annuale è stata pari a 292 milioni di euro, nel 2010 dovrebbe toccare gli 800 milioni di euro", ha aggiunto il responsabile del GSE.
I dati statistici forniti dal GSE hanno fornito degli interessanti spunti di riflessione. La Puglia gioca un ruolo da protagonista nel settore: il 12% della potenza fotovoltaica totale installata in Italia si è registrato in questa regione. Il 93% degli impianti è parzialmente o totalmente integrato in strutture edilizie con una potenza che rappresenta il 65% del totale.
Il direttore del Gse ha poi sottolineato che la quasi totalità degli impianti utilizzano la tecnologia cristallina (mono o policristallina), mentre negli impianti sopra al megawatt di potenza la quota dei film sottili cresce fino al 12%.
Gerardo Montanino ha concluso il suo intervento all'Italian PV Summit 2010 auspicando che venga disciplinato al più presto e filtrato l'impressionante numero di richieste di autorizzazioni di impianti a fonti rinnovabili che, secondo Terna, è arrivato a toccare quasi una potenza di 100.000 MW, "una situazione insostenibile che va ad intasare gli uffici che devono validarle, è che sono diventate, nei fatti, una sorta di prelazione che i soggetti fanno valere e vendono sul mercato".
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2010

 

 

Sbarca l’”Ecosportello” e Muggia diventa area ecologica Studenti della facoltà di ingegneria daranno informazioni

 

IL PDL GIÀ PREVEDE UN FALLIMENTO

MUGGIA Sbarca a Muggia l'"Ecosportello" di Legambiente, sarà a disposizione dei cittadini che intendono avere informazioni sull'istallazione di pannelli solari e più in generale sugli accorgimenti da adottare nella conduzione domestica quotidiana per limitare gli sprechi. Da definire il giorno di inizio dell'attività e la sede dello sportello, ma è molto probabile che gli venga assegnato un ufficio all'interno della sede dei Vigili urbani che resterà aperto al pubblico dalle 17 alle 19 di tutti i giovedì. Il contatto con i cittadini è affidato a studenti universitari delle facoltà di ingegneria o scienze ambientali che, dopo un opportuno corso di formazione della durata di 24 ore, vengono selezionati per illustrare agli interessati modalità e vantaggi degli impianti ecosostenibili. Già aperto a Trieste nel corso del 2009, ad esclusione del periodo estivo ed ora nuovamente in funzione nella sede di via Donizetti 5/a al martedì dalle 10 alle 12 e al venerdì dalle 17 alle 19, l'ecosportello aveva fatto registrare nella sua fase iniziale un centinaio di contatti. «Considerato il limitato numero di ore di apertura al pubblico -commenta il presidente di Legambiente, Lino Santoro- si tratta di una cifra ragguardevole, tanto che in molti casi non si riusciva a smaltire le richieste entro gli orari».
Sulla previsione che il presunto flop dell'iniziativa avviata a Trieste possa ripetersi anche a Muggia, si innesta invece una nota del consigliere comunale di Muggia, del Pdl Claudio Grizon insieme a Marco Vascotto, capogruppo di An- Pdl, Paolo De Gavardo, capogruppo della Lista Dipiazza e Fabio Scoccimarro capo gruppo della Casa delle Libertà-Pdl: «Nonostante i dati in nostro possesso, 50 contatti in 21 giornate di apertura, l'amministrazione ha scritto nella sua delibera che l'iniziativa ha riscosso notevole successo tanto che il sindaco Nesladek ha pensato di stanziare 7.780 euro per chiedere alla Provincia l'apertura di analogo sportello anche a Muggia».

(g.l.)

 

 

«Salvare le piante d’alto fusto» - RICHIESTA DELLA CIRCOSCRIZIONE
 

PROSECCO Un piano specifico per la cura e la messa in sicurezza delle alberature pubbliche a alto fusto presenti nel territorio di Altipiano Ovest. Lo chiede il vicepresidente della prima circoscrizione Roberto Cattaruzza con una interrogazione rivolta ai competenti uffici comunali alla luce delle diverse problematiche insorte al patrimonio di verde pubblico durante l’inverno appena trascorso. La Bora che in diverse giornate degli scorsi mesi ha imperversato con particolare violenza anche nelle borgate di Contovello, Prosecco e Santa Croce, ha messo a dura prova diverse piante presenti nelle strade pubbliche e nelle proprietà private, abbattendo al suolo quelle più deboli e malate con grave pericolo per cose e persone. I potenti refoli, secondo il vicepresidente, avrebbero sradicato alberi di notevoli dimensioni e buttato all’aria grossi rami. Un’opera di selezione naturale che la Bora compie ogni stagione e che deve pertanto essere tenuta in debito conto dalle autorità cittadine. «Più volte nelle ultime consigliature abbiamo richiesto degli interventi di potatura e cura per gli alberi del nostro comprensorio – afferma Cattaruzza – ottenendo solo degli interventi localizzati e sporadici. Alla luce dei disagi provocati dalla caduta di rami e tronchi durante l’ultimo inverno, sarebbe opportuno che il Comune provvedesse a un piano di cura e manutenzione del patrimonio di verde pubblico che sussiste nelle nostre borgate, a prevenire nel prossimo futuro le cadute di ramaglie alti fusti sulle strade pubbliche». Su questo tema c’è anche una presa di posizione di una serie di associazioni ambientaliste guidate da “Triestebella”, Wwf, Italia Nostra e Legaambiente per la tutela del verde urbano. Nell’appello rivolto agli amministratori degli enti locali della provincia, gli ambientalisti chiedono potature e manutenzioni ridotte nel rispetto della naturalità degli alberi, la lotta alle piante dannose per l’ambiente e la salute umana , un regolamento per il verde pubblico all’insegna di regole corrette e puntuali.
Maurizio Lozei
 

 

Commissione paesaggio, corsa contro il tempo - INTEGRATA CON UN ESPONENTE DELLA COMUNITÀ SLOVENA, SI ESPRIMERÀ SUL PRG
 

È corsa contro il tempo per arrivare all’approvazione del Regolamento per la composizione della Commissione paesaggistica del Comune, con il recepimento della modifica attraverso la quale la stessa verrà completata dal rappresentante della comunità slovena. La Commissione paesaggistica dovrà esprimersi sul nuovo Piano regolatore, un passaggio obbligato per arrivare in estate dall’adozione finalmente all’approvazione del documento urbanistico.
Ieri la Sesta commissione si è confrontata con il presidente del Comitato paritetico Bojan Brezigar e il sindaco Roberto Dipiazza, chiedendo chiarimenti sull’iter che ha portato alla composizione della terna di tre nomi fra cui scegliere il sesto membro della Commissione paesaggistica, in anticipo rispetto all’entrata in vigore del regolamento. Altro punto chiave della discussione è stato quello sulla definizione dei requisiti che dovrebbero avere i candidati a rappresentare la comunità slovena. Oggi la Sesta commissione si ritroverà nuovamente, sempre per continuare la discussione sul regolamento e arrivare a una convergenza «attraverso alcuni emendamenti», come puntualizza Roberto Decarli (Cittadini). «Riteniamo che vada inserita fra i requisiti minimi l’appartenza agli albi professionali della Provincia di Trieste», chiarisce Piero Camber, capogruppo di Fi-Pdl in Consiglio comunale. «L’obiettivo penso possa essere quello di fare in modo che la Commissione paesaggistica (al completo, con tutti e sei i suoi membri, ndr) possa riunirsi già lunedì o martedì della prossima settimana», aggiunge Camber.
«La presenza di un esponente della comunità slovena è fuori discussione, è giusto ci sia. Il problema è il come sceglierlo - è il pensiero di Raffaella Del Punta (Fi-Pdl) -. A nostro avviso deve essere una persona qualificata e che conosca il territorio triestino. Essendo il Comitato paritetico un organismo regionale, per ipotesi potrebbe altrimenti indicare un rappresentante proveniente dalle Valli del Natisone».
In merito agli attuali componenti della Commissione paesaggistica, intanto, Alfredo Racovelli (Verdi) contesta a gran voce la decisione con cui la giunta ha stabilito la nomina nel gennaio scorso anche degli architetti Lorenzo Gasperini, ex sindaco di Muggia, e Fabio Assanti, in passato presidente della società che gestì la candidatura di Trieste all’Expo 2008. «Non è chiaro - osserva Racovelli -, vista la stringata e sintetica delibera, il criterio con il quale sia stata decisa l’integrazione dei due discussi architetti».

(m.u.)
 

 

Domani Antonio Di Pietro al gazebo in via delle Torri
 

L’Italia dei Valori scende in piazza anche a Trieste per dire no a leggi «vergogna» come quella sul nucleare, sull’acqua privata e sul legittimo impedimento. E lo fa portando il leader Antonio Dipietro.
Domani pomeriggio, infatti, è in programma una visita in città di Di Pietro proprio a sostegno dei tre quesiti referendari.
Dopo una conferenza stampa in programma alle 15.30 al Caffè Tommaseo il leader dell’Italia dei Valori sarà presente dalle 16.15 al gazebo del partito in via delle Torri. Nei banchetti allestiti dai dipietristi sarà possibile firmare a sostegno dei tre referendum.

 

 

A San Giusto la centralina di monitoraggio - Captatore attivo dal 2005, serve anche a sviluppare modelli previsionali - Progetto europeo, cofinanzia il ministero
 

IL MACCHINARIO È GESTITO DALL’ARPA
Nella nostra città il monitoraggio aerobiologico di pollini e spore viene effettuato attraverso la centralina di rilevazione installata sul Castello di San Giusto a 60 metri di altezza. Il captatore gestito dal Dipartimento provinciale dell’Arpa è stato attivato nell'aprile del 2005.
Lo strumento serve per redigere i calendari pollinici e anche per sviluppare modelli previsionali di emissione di pollini e spore fungine. Le particelle biologiche vengono campionate e riconosciute al microscopio, così da calcolarne poi la concentrazione in atmosfera espressa in granuli.
Il campionamento è di tipo attivo e si avvale di un captatore volumetrico di particelle aerodisperse provvisto di pompa di aspirazione continua. I pollini si appiccicano su un nastro trasparente dalla superficie adesiva. La porzione corrispondente a una giornata viene sistemata su un vetrino portaoggetti, colorata e analizzata al microscopio ottico a 250 o 400 ingrandimenti. Ogni settimana poi l'Arpa stila un bollettino.
Il monitoraggio pollinico così condotto permette di valutare la prevalenza delle diverse specie dei pollini in aree con differenti caratteristiche bioclimatiche.
Un dato estremamente interessante, emerso già nei primi anni di rilevamento, è la notevole differenza, sia in termini di concentrazione che di specie polliniche prevalenti, in zone anche relativamente vicine.

(l.t.)
 

 

Grado e Lignano, Bandiere blu al vento - Tra gli approdi, riconferme per Lega Navale a Trieste e Hannibal e Porto S. Vito nell’Isontino
 

CERTIFICATO A ROMA DALLA FEE L’ALTO LIVELLO QUALITATIVO DELLE SPIAGGE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
ROMA Grado, unitamente alla ligure Moneglia, sono le località storiche che detengono il titolo italiano del maggior numero di Bandiere blu conquistate dall’istituzione di questo ambito riconoscimento. E sono ben 21. Lignano ne ha solamente una in meno ed è ovviamente considerata anche questa località balneare fra le più importanti d’Italia.
Ieri mattina nella Sala Tirreno della Regione Lazio c’è stata grande festa per l’annuncio da parte del professor Claudio Mazza segretario generale della Fee Italia, delle nuove assegnazioni che complessivamente, per quanto riguarda le località, sono 117, cinque in più del 2009. Tra queste, come detto Grado rappresentata a Roma dal dirigente comunale Andrea De Walderstein (sindaco e assessori erano impegnati in giunta per problematiche molto importanti come i parcheggi e la variante alberghi) e Lignano con il sindaco Silvano Del Zotto e il dirigente Monaldo Bradaschia.
“I parametri per ottenere il vessillo – ha precisato De Walderstein – sono sempre più restrittivi anche a seguito del Decreto attuativo firmato dai ministri Ferruccio Fazio e Stefania Prestigiacomo seguente alle disposizioni comunitarie”. L’esempio è che ai fini della candidatura per la Bandiera Blu solo le località le cui acque saranno valutate come “eccellenti”, prendendo in considerazione per la valutazione i risultati degli ultimi 4 anni di campionamento, potranno accedere alle fasi successive di valutazione.
Proprio per questo motivo sono state istituite una commissione nazionale che valuterà tutti i punteggi e una commissione internazionale che effettuerà delle visite ispettive alle varie località.
Ed è già stato annunciato che questa ultima commissione internazionale visiterà nel corso del 2010 l’Isola del Sole.
Parlando del futuro, De Walderstein ricorda che Grado sta per ottenere una certificazione ambientale internazionale molto importante e che anche la trasformazione e l’ampliamento completo del depuratore contribuiranno certamente a incrementare le positività gradesi.
“Grado e Lignano – ha dichiarato il responsabile della Fee Italia – hanno dimostrato di aver consolidato la coscienza e la cultura ambientale e un impegno crescente in questa direzione. E’ chiaro, però, anche a seguito delle nuove disposizioni, che ci dive essere un miglioramento continuo per 365 giorni all’anno, seppur a piccoli passi”.
Contattato telefonicamente l’assessore comunale gradese Giorgio Marin ricorda che questa ennesima conferma “è la certificazione del cammino che il nostro centro turistico sta compiendo a favore del turismo eco sostenibile”.
“Quest’anno ci presentiamo tra l’altro con il completamento dell’anello del centro storico e con il ripascimento della spiaggia della costa Azuurra; continua contestualmente il progresso sulla raccolta differenziata e l’attenzione verso il verde pubblico”.
Soddisfazione è ovviamente espressa anche dal sindaco di Lignano, Del Zotto: “siamo una delle località storiche della Bandiera Blu e l’obiettivo è di ottenere la certificazione internazionale per la quale tutti stanno lavorando, dagli operatori, ai dipendenti, agli enti pubblici. E bisogna fare sempre di più”.
Contestualmente all’assegnazione della Bandiere Blu per le località, è stata data notizia di quelle per gli approdi che nella nostra regione sono tutti riconfermati con una sola Bandiera Blu a Trieste (la Lega Navale), due in provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 9 in provincia di Udine tra Lignano, Latisana, San Giorgio di Nogaro e Aquileia.
ANTONIO BOEMO
 

 

E la Hack avverte: da Krsko solo svantaggi, costruiamo piuttosto una centrale nel Friuli Venezia Giulia - Gli scienziati al Pd: «Sbagliato dire ”no” al nucleare»
 

L’APPELLO DI 72 PERSONAGGI FRA I QUALI VERONESI E BONCINELLI. MA BERSANI REPLICA : «È UN PIANO VELLEITARIO»
TRIESTE Dal Pd non arrivi una «chiusura preventiva» al ritorno del nucleare in Italia: questo l'appello rivolto al segretario Pierluigi Bersani da 72 scienziati, intellettuali, manager, ai quali si sono aggiunti sei parlamentari Democrat. Ma il segretario del Pd risponde di no, ribadendo il suo giudizio negativo sul Piano del governo; un piano «velleitario» perché non affronta alcuni nodi decisivi. I 72 firmatari, fra i quali Umberto Veronesi, Margherita Hack, Edoardo Boncinelli, affermano che «non è in alcun modo giustificabile» l'avversione del Pd al nucleare. È poi «incomprensibile la sbrigatività e il pressapochismo» con cui spesso nel partito «vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata». La lettera sottolinea anche «il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell'innovazione». Anche perché «molti leader dei governi di sinistra e progressisti puntano sul nucleare» da Lula a Obama..
A creare disagio nel Pd è anche la presenza di sei parlamentari del partito tra i firmatari (Erminio Quartani, Francesco Tempestini, Enrico Morando, Tiziano Treu, Pietro Ichino, Andrea Margheri), appartenenti a tutte e tre le componenti interne (area Bersani, Franceschini e Marino).
Il primo a respingere l'appello è stato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, per il quale esso «è figlio di ideologie del passato». Realacci ha chiesto che l'Assemblea nazionale del partito, il 22 maggio, dica una parola chiara «evitando il rischio di apparire confusi e deboli».
Bersani ha risposto a chi temeva una virata pro-nucelare del Pd ribadendo le ragioni di un «no» che, ha detto, non è «assolutamente ideologico», ma è uno stop a un «piano velleitario». Il segretario dei Democratici ha rielencato le ragioni delle perplessità del suo partito verso il nucleare proposto da Berlusconi: il governo non ha pensato all'Agenzia nazionale, non ha identificato il sito unico nazionale; per non parlare «della gestione del vecchio nucleare che non è affrontata, a partire dal 'decommissioning' delle vecchie centrali, che potrebbe rappresentare una chance per le nostre aziende, fino al ritorno delle vecchie scorie dalla Francia». E poi le procedure di localizzazione delle centrali «sono state messe su un binario incerto». Stesso discorso per i costi. Insomma, conclude Bersani, «nella situazione italiana, e senza riserve ideologiche, il Piano del governo ci distrae da tutto quello che potremmo e dovremmo fare», cioè un massiccio investimento nella green economy.
«La centrale di Krsko rappresenta per la nostra regione tutta una serie di potenziali svantaggi senza alcun vantaggio». E allora, per Margherita Hack non ci sono dubbi, «tanto vale costruire un impianto in Friuli Venezia Giulia». Il nodo chiave, insiste l'astrofisica, è quello dei rischi: «La nostra regione ha la centrale slovena a un passo, il nostro Paese è circondato dalla centrali francesi e svizzere. Accadesse qualcosa, subiremmo le stesse conseguenze dei confinanti. E allora perché continuare a pagare l'energia più che gli altri Paesi europei? Con la premessa che bisognerebbe sfruttare meglio le energie rinnovabili - prosegue la Hack -, la soluzione dei problemi energetici italiani non può prescindere dalla costruzione delle centrali nucleari».
Ritornando ai rischi, assicura infine la scienziata, «le centrali di ultima generazione sono altamente sicure. Va senz'altro risolto con attenzione il problema delle scorie, ma demonizzare a prescindere il nucleare non ha alcun senso».
Marco Ballico
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2010

 

 

«Sito inquinato, bloccati in Regione i soldi per le caratterizzazioni» - IL SEGRETARIO DEL PD COSOLINI
 

«Perché la Regione blocca le caratterizzazioni sul sito inquinato? Le imprese triestine guardano alla Slovenia, calano gli occupati nelle Pmi e intanto passa il tempo, cala periodicamente il silenzio sul sito inquinato e si perpetua una situazione di immobilismo vergognoso». Lo scrive in una nota il segretario del Pd Roberto Cosolini. «Se è vero che un accordo di programma per le bonifiche non si riesce a fare per la distanza tra le posizioni delle imprese e quelle del Ministero e se ne parla da anni, è peraltro vero - dice Cosolini - che già da tempo si sarebbero potute completare le caratterizzazioni da parte dell'Ezit, che tra le altre cose potrebbero portare a rilevare anche situazioni di non inquinamento. L'Ente le ha già fatte su una parte del territorio ed è pronto in qualsiasi momento a continuare. Mancano i soldi? No: giace ancora in Regione la maggior parte dei 23 miliardi di lire stanziati nel 2001. Cosa si aspetta allora a stanziare con un accordo sulle caratterizzazioni da fare subito i soldi per quest’operazione, propedeutica a qualsiasi altro intervento?»
 

 

Burgo rinuncia al ”suo” elettrodotto - Terna: «La linea interrata costerebbe 520 milioni anziché i 35 previsti»
 

Prende quota il progetto di Alpe Adria Energia. Tondo: «È strategico»
UDINE Burgo Group fa dietrofront. E comunica ufficialmente al presidente del Regione, Renzo Tondo, la rinuncia al suo progetto di un elettrodotto in Carnia. La comunicazione arriva a Tolmezzo, nella mattinata di ieri, nel corso di un incontro convocato dallo stesso Tondo cui partecipano anche i soci della spa Alpe Adria Energia (Pittini e Fantoni) per verificare il percorso dell’elettrodotto Wuermlach-Somplago.
Burgo, annunciando la sua rinuncia, si riserva di valutare la possibilità di aderire al progetto di Alpe Adria Energia formalizzato ieri. «La Regione - sottolinea Tondo - considera strategico e di rilevante interesse regionale e pubblico il progetto di Alpe Adria Energia». Inizieranno ora una serie di incontri di confronto promossi dalla Regione che coinvolgeranno sindaci, comunità montane, sindacati. Il primo appuntamento ci sarà già oggi a Udine con gli assessori regionali all’Energia, Sandra Savino, all’Ambiente, Elio De Anna e alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi.
Nel frattempo, con una nota, scende in campo anche Terna: la società interessata alla realizzazione dell’elettrodotto Udine ovest-Redipuglia afferma che, se l’opera venisse realizzata con una linea interrata, costerebbe 520 milioni di euro, 14 volte di più dei 35 previsti per la linea aerea. La differenza di costi realizzativi si deve in particolare alle esigenze di trasporto della potenza, per cui una linea aerea a 380 kilovolt corrisponde a quattro interrate, un chilometro di ciascuna delle quali costa circa 3,25 milioni di euro. Terna aggiunge di non produrre «nè tralicci nè cavi interrati» e quindi di non avere «alcuna preferenza aprioristica sulle modalità costruttive dei collegamenti elettrici. La sicurezza del sistema elettrico italiano e l’alimentazione di tutti i cittadini è il solo interesse di Terna».
 

 

Amianto, discarica-killer a Jelsane - Aumento di tumori mortali nella popolazione vicina alla località slovena
 

FIUME È una discarica comunale molto pericolosa e sta alimentando polemiche e proteste da una e dall’altra parte del confine. È l’immondezzaio di Zalesicina, a Jelsane in Slovenia, a poca distanza dal comune croato di Mattuglie e a una ventina di chilometri da Fiume.
Contiene rifiuti industriali, cenere industriale e, dal 2008, una montagna di materiale edile, ritenuto gravissimo rischio per la salute. Due anni fa, infatti, a Zalesicina fu scaricato addirittura un migliaio di tonnellate di detriti edili, contenenti pericolosissime fibre d’amianto. Nell’estate 2008 i temporali estivi provocarono forti danni in tutta l’area di Ilirska Bistrica (Villa del Nevoso), con parecchi tetti scoperchiati e non più utilizzabili. Erano tetti costruiti soprattutto con materiale ad alto contenuto di amianto e la loro distruzione comportò dunque non pochi problemi. L’impianto di Jelsane fu visto come l’ancora di salvezza, anche perché in base a una decisione di Lubiana si potevano deporre nelle discariche comunali fino a 250 tonnellate di detriti di questo genere, fermo restando il rispetto di ben precise condizioni. Ma non andò così, con l’enorme quantità di materiale (quattro volte più del consentito) piazzata lì in un batter d’occhio e quindi dimenticata dalle autorità.
In Slovenia ci sono gli stessi problemi con le discariche comunali di quelli nella Regione del Quarnero e Gorski Kotar. Sono strutture che dovrebbero essere chiuse e risanate, non prima di avere costruito una discarica regionale per assorbire i rifiuti di tanti centri minori. In attesa delle discariche regionali, la situazione peggiora di giorno in giorno e l’esempio di Jelsane indica che si dovrebbe agire in tempi rapidi, per evitare vicende anche tragiche. Davor Mrvcic presiede il Comitato rionale di Rupa, località croata a un paio di chilometri da Jelsane. «La discarica di Zalesicina sta avendo un impatto assolutamente negativo sulle nostre condizioni di vita – ha detto –: negli ultimi due anni, da quando nell’immondezzaio sono state gettate centinaia di tonnellate di materiale edile contenente amianto, a Rupa sono morti di tumore ben sette giovani. Purtroppo la lista non si ferma qui, perché nella nostra località ci sono anche molti malati tumorali, fenomeno che prima non esisteva. Zalesicina andrebbe chiusa quanto prima, siamo terrorizzati». Della mortale malattia chiamata asbestosi si parla anche e specie in Dalmazia, a Vranjic e Ploce, dove per decenni erano in funzione stabilimenti che producevano materiale di amianto. A Ploce, principale porto dalmata, l’asbestosi ha falciato 300 vite, a Vranjic (vicino Spalato) 200 negli ultimi 10 anni, mentre il numero di malati ammonta a circa 400.

(a.m.)
 

 

Marcia Perugia-Assisi per la pace Al via domenica la manifestazione - APERTE LE ISCRIZIONI
 

Partirà domenica prossima anche da Trieste la Marcia Perugia-Assisi per la pace e la giustizia, «contro la violenza, la paura, l'egoismo, le mafie, la censura, il razzismo, la guerra». Le prenotazioni per il viaggio in pullman (il cui costo è di 10 euro) si raccolgono in settimana presso il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" in via Valdirivo 30 (orario di apertura dalle 17 alle 19, tel. 040366557, e-mail comitatodanilodolci@libero.it, cell.3382118453).
La Marcia per la pace è stata presentata pubblicamente nei giorni scorsi su iniziativa della Rete corpi civili di pace e del Comitato Dolci nella scuola Mauro, nel corso di un incontro al quale è intervenuto da Napoli Gianmarco Pisa, che ha illustrato il progetto informativo / educativo "Interventi civili di Pace", realizzato per le scuole e il volontariato anche della nostra Regione col supporto del ministero degli Affari Esteri. Anche don Mario Vatta della Comunità di S.Martino al Campo, giá obiettore fiscale alle spese militari é intervenuto, assieme ad alcuni studenti delle superiori e dell’università che hanno partecipato a progetti di pace. La Marcia si svolgerà con il patrocinio della Regione e della Provincia.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2010

 

 

Piano regolatore, scattano altri due ricorsi - Nel mirino l’ex caserma di Banne e un’area non più edificabile a Basovizza
 

Con una mano ha tolto cubature là dove - a Basovizza - qualcuno aveva l’interesse che nulla fosse tolto. E con l’altra ha aggiunto cemento là dove - a Banne - molti volevano che nulla fosse aggiunto. Il Comune s’insinua ormai, come un Giano bifronte foriero di malanni, negli incubi di alcun carsolini. Sulla graticola finisce ancora una volta il nuovo Piano regolatore adottato la scorsa estate, contro il quale due realtà dell’altopiano orientale - l’una pubblica e l’altra privata - hanno deciso di tentare il colpo grosso, promuovendo altrettanti ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica sulla scia evidentemente del clamoroso caso Tarsu.
RICORSI Il fatto è che stavolta l’amministrazione municipale non si è fatta sorprendere e, non appena i due ricorsi sono stati notificati, la giunta Dipiazza ha votato altrettante delibere con cui ha fatto valere il diritto di opposizione consentito dalla legge, riconducendo quei due contenziosi, per così dire, tra le mura di casa, ovvero davanti al Tribunale amministrativo regionale di piazza Unità, senza scomodare Giorgio Napolitano. Resta il fatto che il Prg colleziona altre due cause dopo che dal Carso ne erano partite già altre, compresa ad esempio quella dell’Unione Slovena.
BASOVIZZA La prima delle due cause, in ordine squisitamente cronologico, porta la firma di una Srl, la Tecnofactoring di cui - come si legge nella delibera di giunta - risulta essere legale rappresentante Carlo Grgic, il quale è pure responsabile dell’Unione delle borgate carsiche. La Tecnofactoring - spiega carte alla mano il presidente della Seconda circoscrizione Marco Milkovic, non essendo stato possibile raggiungere telefonicamente Grgic - si oppone al cambio di destinazione urbanistica da commerciale a naturale, con relativo regime di salvaguardia, prodotto dall’adozione del nuovo Prg su alcune particelle catastali di area verde nei pressi di Basovizza. Su queste, infatti, insisteva il progetto di un centro commerciale da parte della stessa Tecnofactoring, con tanto di proposta di Piano particolareggiato di iniziativa privata. Si tratta di circa 20mila metri quadrati, tra il comprensorio del Sincrotrone da una parte e i campi da golf di Padriciano dall’altra, che il vecchio Prg ancora in vigore, ma neutralizzato dal regime di salvaguardia, classificava come H2 ”zone commerciali di interesse comunale comprensoriale”. Ebbene: questi diventano, col Prg adottato nel 2009, E3 ”zone agricole e forestal ricadenti negli ambiti silvo-zootecnici”. In parole povere: intoccabili.
BANNE L’altro ricorso, riferito a una questione già oggetto di dibattito e polemiche, si batte contro i timori di una cementificazione selvaggia a Banne, o meglio alle spalle del centro abitato, là dove vegeta da 16 anni l’ex caserma Monte Cimone. A presentarlo è stata la Comunella di Banne presieduta da Guglielmo Hussu, che ha impugnato così la trasformazione dell’area da U1 ”zone per servizi e attrezzature pubbliche” a 01 ”zone miste strategiche”, il che evoca anche la possibile realizzazione di un complesso turistico e/o residenziale. È il problema opposto, insomma, a quello della Tecnofactoring. «Fino a ieri - ironizza Hussu - non potevamo costruire neanche un gabinetto perché bisognava rispettare il verde carsico, adesso ci prospettano una città. Non un’altra Banne, ma due. Il sindaco avrebbe dovuto venire su, spiegarci le cose, confrontarsi...».
MALCONTENTO Si professa deluso da Roberto Dipiazza, avvalendosi di un eufemismo, anche lo stesso Milkovic, a nome della comunità che rappresenta, da Opicina a Basovizza appunto. «Il sindaco continua a ignorare un diffuso malcontento tra la gente della Seconda circoscrizione - fa spallucce Milkovic - per questioni che vanno dalla zona turistica di Padriciano all’ex Campo profughi, tanto per citare gli esempi più conosciuti. Ci sono procedure di partecipazione, quali l’Agenda 21 e la stessa Valutazione strategica Vas, legate a normative europee, che a nostro avviso sono disattese: la legge non è fatta per il sindaco, ma per la sua popolazione». Per questo, come atto di ultima spiaggia, ricorda sempre Marko Milcovic, i consiglieri della Seconda circoscrizione tanto di maggioranza (di centrosinistra) quanto di opposizione (di centrodestra, lo stesso schieramento di Dipiazza che comanda in piazza Unità) hanno recentemente sottoscritto tutti assieme un documento nel quale chiedono «al sindaco nonché assessore all’urbanistica di valutare la possibilità di interpellare e consultare il Consiglio della Seconda circoscrizione per la definizione delle modifiche da apportare alla variante 118, riguardanti il territorio della stessa». Un appello cortese, ma nel contempo perentorio, «appreso che - si legge nello stesso documento - ha approvato un parere a carattere vincolante in cui vengono formulate 18 osservazioni, alcune delle quali riguardanti in modo specifico aree situate sul territorio della Seconda circoscrizione».
PIERO RAUBER
 

 

Carmi e Toncelli: Pd coerente sul rigassificatore di Zaule
 

Il sindaco Roberto Dipiazza bacchetta Roberto Cosolini in merito al «dietro front» sul rigassificatore e il Pd fa quadrato. «Esistono ampi margini per sancire se questa sia un’opera da perseguire o meno», dice il consigliere comunale Marco Toncelli. Ma aggiunge: «La reazione del sindaco nei confronti di Cosolini - dice - è la dimostrazione del nervosismo di chi manifesta solo fastidio quando si ricordano le cose promesse ma non fatte». Il vicesegretario provinciale del Pd Alessandro Carmi difende invece la «coerenza» del partito. «Il dibattito all’interno del Pd sul rigassificatore è stato non facile - ricorda - ma è uscita una posizione di responsabilità. Non siamo noi quelli che non sono coerenti».
 

 

Grado conquista la sua ventunesima «Bandiera blu» - RICONOSCIMENTO TURISTICO
 

GORIZIA Anche nel 2010 sui pennoni della città e delle spiagge di Grado (provincia di Gorizia), tornerà a sventolare la Bandiera blu. Infatti l’Isola del Sole si appresta a ricevere la ventunesima Bandiera mantenendo così il suo primato di località balneare italiana che ne ha ottenute più di tutte. Fino all’anno scorso il record era detenuto assieme alla ligure Moneglia, per adesso non si sa ancora se quest’ultima località sarà nuovamente contrassegnata da questo ambito riconoscimento tenuto in alta considerazione in particolar modo dai turisti stranieri.
La comunicazione ufficiale delle località su cui far sventolare la Bandiera blu sarà data domani alle 11 a Roma. Ma il fatto che il comune di Grado sia stato invitato a partecipare all’incontro romano è evidente segno che anche quest’anno l’Isola – si tratta di tutta la città, dalle spiagge, all’ambiente, alla laguna, al centro storico, alle strutture ricettive – sarà fra le prescelte. È certo che a Roma ci sarà pertanto un rappresentante del Comune. Nel frattempo, dopo l’invito, c’è naturalmente molta soddisfazione per l’ennesimo riconoscimento. L’amministrazione comunale preferisce aspettare fino a domani prima dei commenti ufficiali ma la cosa, alla pari del resto di alcune altre località italiane che ne hanno già dato notizia attraverso gli organi di stampa, è certa: Grado riceverà per la ventunesima volta consecutiva la Bandiera blu assegnata annualmente dalla Fee, la Foundation for Enviromental Educational che in Italia ha come segretario generale il professor Claudio Mazza.
I parametri sui quali si basa la Fee per scegliere le località sono molteplici e vanno dalla purezza delle acque, alle spiagge con le rispettive attrezzature balneari, a tutto il resto con particolare riferimento al turismo sostenibile e al rispetto dell’ambiente e dell’arredo urbano. In questo contesto vanno inseriti – come segnala l’assessore Maurizio Delbello - anche i recenti interventi in viale Dante e viale Europa Unita dove sono stati sistemati porfido e avallamenti causati dalla radici degli alberi. Sono intervenuti operai di una squadra che lavora a cottimo. E ci sono operai comunali, ma anche esterni, per intervenire a sistemare altre situazioni come in via Caprin dove è stato messo a posto il porfido o aggiunto dove mancava. «Un’altra squadra – spiega Delbello – si occuperà della sistemazione del centro storico e di piazza XXVI Maggio».
L’assessore evidenzia inoltre che anche all’entrata di Grado si è provveduto alla potatura degli alberi e alla sistemazione del terreno sottostante con deposito di ghiaino. Messi a posto pure marciapiedi e vie laterali e inoltre pulizia sotto gli alberi e pulizia dei lampioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2010

 

 

Acqua privatizzata, raccolte 6mila firme in sole due settimane - SUCCESSO DELLA CAMPAGNA
 

UDINE Il traguardo di tappa in regione, in sole due settimane di banchetti, è di 6mila firme contro l'acqua privatizzata. Più di un terzo rispetto all'obiettivo finale, quota 15mila, da raggiungere entro il limite massimo del 6 luglio, e un buon contributo, già adesso, a un totale italiano che tocca le 200mila sottoscrizioni.
Prosegue anche in Friuli Venezia Giulia la raccolta di adesioni a sostegno del referendum che chiede l'abrogazione delle norme che hanno introdotto la privatizzazione dell'acqua in Italia. Alle 2.500 firme raccolte nei primi due giorni dell'iniziativa sono seguite le 3.500 del ponte dell'1 maggio. Ogni fine settimana, sul territorio regionale, il comitato promotore distribuisce i banchetti. Spazio alle firme anche tra sabato e domenica: a Trieste in via Dante e piazza Trento, a Gorizia in corso Italia nei giardini pubblici.
Il successo crescente della campagna, fanno sapere i referendari, è confermato anche dal boom di contatti registrato su Facebook dal neo costituito gruppo «Acqua bene comune Fvg», che in pochi giorni ha registrato oltre 1.600 iscrizioni. Sul gruppo e sull'apposito blog perlacqua.wordpress.it vengono tra l'altro aggiornati i programmi di incontri e serate sul tema della privatizzazione promossi in diverse località della regione da associazioni, gruppi di cittadini e liste civiche.
Molto attivo pure il CeVi, Centro di volontariato internazionale, che ha presentato recentemente a convegno a Udine un inedito studio europeo del ricercatore Emanuele Lobina sulle conseguenze e i rischi della privatizzazione, oltre a dare spazio a Paolo Lanari, direttore generale di Irisacqua, la società pubblica di Gorizia. L'esperienza virtuosa della società isontina - nata nel dicembre del 2005 e detenuta al cento per cento dagli enti locali (i 25 Comuni della provincia), responsabile della gestione del servizio idrico integrato della Provincia di Gorizia per un periodo di trent'anni a partire dal primo gennaio 2006 - rischia di essere smantellato dai recenti provvedimenti normativi sulla privatizzazione. Questo nonostante la gestione di Irisacqua, ricorda Lanari, risponda a principi di managerialità ed efficienza, dal momento che i ricavi vengono reinvestiti in infrastrutture e progetti a favore di tutti gli utenti, e nonostante il piano di sviluppo pluriennale già approvato preveda 235 milioni di euro di investimenti in manutenzioni ordinarie e straordinarie e progettazione di nuove opere.

(m.b.)
 

 

Ballaman bocciato dai suoi predecessori - Martini: «Per l’uscita sul nucleare doveva avvisare l’ufficio di presidenza»
 

Tesini: «La sua carica lo esclude dalla dialettica politica quotidiana». Compagnon: «Sbagliati posto e contenuti»
TRIESTE Dal Pd all’Udc: è un coro di bocciature quello che si alza nei confronti dell’esternazione del presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman sulla questione nucleare. Bocciatura che parte, senza alcuna posibilità di riparazione, dai due suoi predecessori e si conclude con una netta stronactura politica da parte dell’Udc Angelo Compagnon segretario regionale dell’Udc, parlamentare e componente della maggioranza regionale del Popolo della libertà.
Antonio Martini (Pd) è molto pragmatico. «È chiaro che ognuno - esordisce - fa il presidente del Consiglio come vuole, a livello nazionale, ad esempio c’è Fini che fa il capo di una corrente ed è il presidente della Camera». Poi ribalta la situazione e pensa a come si sarebbe comportato lui nella posizione di Ballaman. «Io prima di esprimermi ne avrei parlato con l’ufficio di presidenza prendendo una decisione comune». «Certo c’è un altro aspetto che io reputo ancora più grave del nucleare e se potessi glielo direi di persona a Ballaman ed è l’uscita che ha fatto sulle bandiere da comperare per i 150 anni della Repubblica quando ha affermato che qui se c’è un vessillo che dovrebbe sventolare è quello austro-ungarico». «Ma siamo diventati matti - accentua un risentito Martini - il Consiglio regionale fa parte dello Stato italiano, tutti abbiamo fatto un giuramento».
Alessandro Tesini scende sul piano istituzionale dei regolamenti. «Nella scorsa legislatura - spiega - con un voto pressochè plebiscitario abbiamo rivisto i rapporti interni alla forma di governo tra consiglio e giunta e abbiamo approvato un nuovo regolamento, legittimato dalla legge statutaria sulla forma di governo, che prevede che il consiglio regionale rappresenta la comunità del Friuli Venezia Giulia e il presidente del consiglio rappresenta il consiglio regionale. Questo - spiega - ha notevolmente rafforzato il ruolo e la funzione del consiglio e di conseguenza di colui che lo presiede». «Quindi - conclude Tesini - bisogna stare dentro i confini tracciati da questo schema che attribuisce al presidente un ruolo e una autorevolezza molto elevati nella rappresentanza istituzionale, che non lo priva del diritto di avere un’opinione personale e di esprimerla in modo acconcio quando è il caso, ma certo lo sottrae alla dialettica politica quotidiana». «Se ci finisce dentro - conclude - inevitabilmente indebolisce se stesso e l’istituzione che rappresenta». Quindi piena insufficienza per Ballaman.
È su Ballaman è tagliente come un rasoio l’Udc Angelo Compagnon. «Un’uscita inopportuna la sua - esordisce - fatta dal posto sbagliato e al momento sbagliato, al di là dei contenuti su cui ognuno di noi ha le sue opinioni, ma essendo presidente di un consiglio di una maggioranza che si sta coordinando e gestendo su tutte le iniziative credo che se non avesse fatto la sua esternazione sarebbe stato molto meglio». Una voce fuori del coro? «Mah, non tanto fuori del coro, ma inopportuna, ripeto, fatta nel posto sbagliato, perché parlava da presidente figura istituzionale, frutto di un accordo politico di questa maggioranza».
MAURO MANZIN
 

 

MUGGIA - Laghetti delle Noghere pronti - Al via l’affidamento dell’area
 

Concluse le operazioni di recupero Oggi biciclettata da piazza Marconi con tappa finale al sito naturalistico
La tormentata vicenda del recupero dei laghetti delle Noghere potrebbe essere giunta al termine: a giorni, infatti, dovrebbe essere perfezionato l’affidamento in gestione dell’area. Questa mattina, intanto, in occasione della prima Giornata nazionale della bicicletta promossa dal ministero dell'Ambiente cui il Comune di Muggia ha aderito, la carovana dei ciclisti amatoriali in partenza da piazza Marconi (ritrovo alle 10) guidata dal sindaco, Nerio Nesladek, pedalerà fino al sito naturalistico.
In questa parte della valle delle Noghere, c’erano in passato cave di estrazione dell’argilla che, una volta abbandonate, vennero ricoperte sia dall’acqua piovana, sia dalle tracimazioni del vicino Ospo, che rinaturalizzarono l’ambiente. La spontanea rinascita ambientale è tuttavia andata di pari passo con lo scarsissimo senso ecologico e con la maleducazione di molti che ne fecero una discarica a cielo aperto. I primi interventi di pulizia e la prima ipotesi di farne un'oasi naturalistica risalgono agli anni '80, ma solo nel 2003 la Regione stanzia 50mila euro per la risistemazione dell’area. L’iter si arena subito perché il Comune di Muggia non ha titolo a procedere visto che il sito ricade nella competenza territoriale dell'Ezit. Altri mesi, poi si arriva all'accordo: in cambio di 37mila euro dilazionati in 12 anni, il Comune ottiene i quasi 100mila metri quadrati in cui sono inseriti i laghetti. Sono una decina, il più profondo ha 7 metri, il più largo 165. Il Comune di Muggia brucia le tappe e un anno fa, dopo aver ripulito, sistemato e attrezzato l'area prepara l'inaugurazione. Arriva invece la doccia fredda: un inatteso intervento dell'Enel sconvolge il territorio appena sistemato con scavi e lavori e costringe a una nuova operazione di ripristino. Che si è conclusa alcune settimane fa e che oggi verrà presentata ai cittadini. Con finanziamenti del progetto Kras Sesana, i laghetti verranno lambiti dal percorso della pista ciclopedonale che dalla Parenzana in Comune di Muggia porterà al territorio di San Dorligo.

(g.l.)
 

 

Poligono di Sgonico, scontro Comune-Regione - L’aula: «Inammissibile l’uso militare in un’area naturalistica». Seganti: «Critiche tardive»
 

DOPO LA FIRMA DEL DISCIPLINARE D’USO CHE PREVEDE FINO A 42 GIORNATE DI ATTIVITÀ
SGONICO Un’area addestrativa militare in una zona naturalistica protetta? No, grazie. Si è espresso così il Consiglio comunale di Sgonico che, nella sua ultima riunione, ha manifestato aperta contrarietà al disciplinare d’uso relativo al poligono posizionato tra Sgonico e Monrupino, appena sottoscritto da Esercito e regione. Regione che, attraverso l’assessore Federica Seganti, replica alle critiche del territorio ricordando come «i disciplinari siano stati redatti dopo un capillare coinvolgimento di sindaci e Comuni. Eventuali obiezioni, quindi, avrebbe dovuto essere manifestate prima».
Al centro della disputa, come detto, il futuro del poligono inserito nel sito Natura 2000 “Carso triestino e Goriziano” e nella “Riserva naturale di Monte Lanaro”, aree Sic e Zps posizionate nei comuni di Monrupino e Sgonico. Il disciplinare d’uso, ratificato dal comandante militare regionale, il generale Sebastiano Giangravè, e dall’assessore alla Pianificazione e Sicurezza Seganti, prevede 42 giorni all’anno di attività di tiro (esclusi i mesi di luglio e agosto), quattro giorni al mese per i settori appiedati (plotone o squadra), con utilizzo riservato a pistole calibro 9, 5.56, 7.62 e per un massimo di 200 grammi di esplosivo giornalieri. Indicazioni ritenute irricevibili dall’amministrazione di Sgonico. «L’area è situata nella zona Zps, normata dai rigidi vincoli europei e regionali previsti per le aree di interesse comunitario, che impediscono persino ai residenti e ai proprietari dei terreni di usufruirne liberamente - hanno spiegato in un comunicato congiunto gli assessori Nadia Debenjak e Monica Hrovatin -. L’uso militare della zona di interesse naturalistico è quindi in netto contrasto con tale normativa».
La presa di distanza dal disciplinare è passata in aula senza i voti del Pdl-Udc. «Noi non siamo stati convinti dalle tesi “ambientaliste” tout court del sindaco Sardoc - commenta il capogruppo Denis Zigante -, anche perché nel disciplinare è chiaramente detto che se l’area dovesse essere interessata a programmi di valorizzazione della zona tali da compromettere la possibilità di esecuzione delle attività di fuoco, il comando si attiverebbe per il trasferimento del poligono».
Fin qui l’amministrazione di Sgonico. Ma anche il Consiglio comunale di Monrupino dovrà a breve pronunciarsi sul disciplinare del poligono, visto che la maggior parte dell'area rientra entro i confini del proprio territorio. E al pari di quanto accaduto nel vicino Comune, la probabilità che la valutazione sia positiva è praticamente nulla. «Il poligono è assolutamente incompatibile con le funzioni del territorio e con le direttive Cee tese alla tutela della fauna e della flora nonché alla fruizione ecocompatibile dello stesso - si legge in una delibera di giunta che approderà presto in aula -. Inoltre, essendo inaccessibile a persone estranee durante l’attività addestrativa, penalizza l’attività agricola svolta dalla cittadinanza». Il Comune, a meno di clamorosi dietrofront, chiederà dunque alla regionale di «adoperarsi presso il ministero della Difesa e le altre autorità militari affinché il poligono in totale contrasto con le funzioni del territorio ove è ubicato venga definitivamente soppresso».
«Perchè queste obiezioni non sono state esposte prima? - ribatte Federica Seganti -. I disciplinari sono stati redatti dopo aver raccolto le osservazioni dei territori di tutta la regione, ma in relazione al poligono del Carso finora non erano state mosse critiche. Terremo naturalmente conto delle opinioni di Sgonico e Monrupino, ma non potremo accoglierle se non nel prossimo futuro, cioè in sede di nuova programmazione. Quanto al merito delle contestazioni - conclude Seganti -, credo si tratti di preoccupazioni eccessive. Il disciplinare parla di un massimo di 42 giornate di utilizzo, ma nella pratica l’attività di ridurrà a meno di un mese».

(r.t.)
 

 

Fiume, bomba ecologica nel pozzo nero - Filtrati nel sottosuolo 150 mila metri cubi di liquidi tossici. Possibile presenza di diossina
 

LA DENUNCIA DEGLI AMBIENTALISTI A SOVJAK. SERVONO 30 MILIONI DI EURO PER LA BONIFICA
Gli attivisti di una delle più battagliere associazioni ambientaliste del Fiumano, la Lista degli Smokvari, sono stati chiari: «Il pozzo nero di Sovjak, ad un paio di chilometri da Fiume – hanno detto in conferenza stampa – rappresenta una bomba ecologica che potrebbe deflagrare tra qualche anno. Secondo i nostri calcoli, circa 150 mila metri cubi di liquidi tossici sono già filtrati nel sottosuolo e fra cinque, dieci o vent’anni, finiranno nelle acque di mare antistanti la fascia che va dal rione fiumano di Cantrida ad Abbazia».
«Forse siamo già arrivati al punto di non ritorno. Le autorità del comune di Viskovo (la discarica si trova in questa municipalità dei dintorni di Fiume, n.d.r.) e il ministero dell’ Ambiente dovrebbero darsi da fare, risanando la fossa, dove per decenni sono stati scaricati rifiuti liquidi e solidi, provenienti dalla raffineria fiumana, dal cantiere Tre Maggio, dall’ex cokeria di Buccari, da privati».
Il pozzo di Sovjak, che ha “inghiottito” materiale di ogni tipo dal 1956 al 1989, anno della sua chiusura, è indicato dal dicastero tra i nove punti neri in Croazia. Per il suo risanamento si parlava anni fa di una cifra intorno ai 30 milioni di euro, ma tutto lascia supporre che ci vorranno diversi milioni in più. Ne è convinto anche il ministero dell’ Ambiente, fattosi immediatamente vivo dopo l’ incontro stampa degli ecologisti quarnerini.
«Sarà un risanamento molto costoso – si legge nel comunicato del dicastero – che potrà essere portato a termine solo con i fondi comunitari, a disposizione non appena la Croazia entrerà a far parte dell’Unione europea. In pratica, gli interventi non potranno cominciare prima del 2012 o del 2013. Fino a quel momento, dovrà essere pronta la documentazione progettuale per il risanamento di Sovjak.
Non è mancata una smentita a quanto affermato dagli ambientalisti, giunta dalla municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), che fino a cinque anni fa gestiva la discarica, ora sotto le competenze del ministero dell’ Ambiente.
«In base ai nostri rilevamenti, non c’è mai stato l’inquinamento delle sottostanti falde imbrifere. Il fondale del pozzo nero è costituito da residui solidi della raffineria fiumana, che non sono porosi e non permettono pertanto ai liquidi di terminare nel sottosuolo. La Cistoca aveva preparato tutti i documenti per dare avvio al risanamento della fossa, ma non se ne fece nulla perché la gestione della discarica passò al ministero».
Secondo l’attivista della Lista degli Smokvari, Stanko Kacic, il pericolo non è rappresentato unicamente dal terreno di natura carsica, che avrebbe favorito l’infiltrazione.
«C’ è un muro di omertà attorno a Sovjak – ha detto ai giornalisti – ma lo sanno tutti che in quasi ogni seconda famiglia che abita nelle vicinanze del pozzo nero, vi è qualcuno malato di tumore. Andrebbe fatto uno studio approfondito sulla questione, ma purtroppo la verità scotta e le competenti autorità evitano di dire che nella discarica sono presenti anche quantitativi di diossina, sostanza tossica pericolosissima».
ANDREA MARSANICH
 

 

Rigassificatore, i croati entrano nella società - Zagabria convince Ina, Plinacro ed Hep a trattare. Nel 2011 l’inizio dei lavori a Veglia
 

FIUME Scrollone al progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia, dopo che finalmente si sono mosse le tre aziende croate destinate a far parte di Adria Lng, il consorzio internazionale preposto a costruzione e gestione del megaimpianto.
Era da un anno e mezzo che la società petrolifera Ina, il distributore di gas nazionale Plinacro e l’Azienda elettrica statale (Hep), stavano tentennando in relazione all’entrata nel gruppo Adria Lng, atteggiamento che di fatto bloccava la realizzazione del progetto. Un’indecisione (non ci sono conferme ufficiali in merito) causata probabilmente dal dovere spendere una grossa cifra – si parla di circa 250 milioni di euro – per l’apprestamento del terminal.
Messe però alle strette dal ministero dell’Economia croato, le tre imprese hanno inviato altrettante lettere d’intenti ad Adria Lng, dicendosi pronte a intavolare trattative per l’entrata nel gruppo internazionale.
Le missive costituiscono una vera accelerata al progetto, mossosi dal punto morto di questi ultimi tempi. Prossimamente saranno avviate le pratiche per l’ottenimento del permesso di costruzione, che dovrebbe diventare realtà entro la fine dell’ anno.
I lavori potrebbero cominciare insomma nel 2011 e concludersi quattro anni dopo, nel 2015. Lo “scadenziario” dell’opera prevede, a licenza di costruzione rilasciata, i primi passi della documentazione progettuale e più in là l’iter per arrivare all’appaltatore principale, che sarà scelto tramite gara internazionale. L’Ina, l’Hep e la Plinacro avranno il 25 per cento della quota di proprietà del consorzio Adria Lng.
Per il momento i rapporti di forza sono i seguenti: dopo che nell’ottobre dell’ anno scorso si era ritirata la tedesca Rwe, le altre componenti avevano assorbito la sua quota ed ora la tedesca E.On Ruhrgas detiene il 39,17 per cento, l’ austriaca Omv il 32,47, la francese Total il 27,36, mentre a recitare la parte di Cenerentola è la slovena Geoplin, con l’1 per cento.
In riferimento al pacchetto croato, il governo della premier Jadranka Kosor ha dato disposizione alla Plinacro e all’Hep di formare il mini consorzio Lng Croazia, con la quota dell’ 11 per cento, mentre all’Ina spetterà il rimanente 14 pc.
Il maxistabilimento isolano costerà circa 800 milioni di euro, ai quali si dovranno aggiungerne altri 200 per l’approntamento del gasdotto. Secondo gli esperti, il rigassificatore avrà una movimentazione annua da 10 a 15 miliardi di metri cubi di metano, ricoprendo così un’importanza fondamentale per le sorti energetiche della Croazia. L’obiettivo, e non lo si scopre oggi, è di affrancarsi parzialmente dal gas russo che – attraverso il territorio ucraino – arriva in Croazia. Zagabria non intende infatti rinunciare del tutto al metano russo, ma vuole darsi un ampio spazio di manovra, per non vedersi soffocata da eventuali crisi, bisticci e blocchi vari.
Come da noi più volte scritto, il terminal Lng a Castelmuschio non trova più ostacoli presso le autonomie locali e a Palazzo regionale, convinti dall’apertura di posti di lavoro e da un futuro energetico migliore. Contrari o almeno scettici gli ambientalisti quarnerini e istriani, che vedono nel rigassificatore una minaccia ecologica.
Andrea Marsanich
 

 

Linea ferroviaria diretta fra Budapest e il porto di Fiume - TRASPORTO CONTAINER
 

FIUME Confermato in via definitiva che ai primi di giugno cominceranno i viaggi sulla linea diretta per Budapest del primo block-train, o treno-blocco, in partenza dallo scalo portuale fiumano alla volta della capitale ungherese. La prima partenza di questa “navetta ferrovaria” avverrà fra poco meno di un mese dallo scalo contenitori di Brajdica, riattivando in pratica un servizio tuttomerci sulla tratta Fiume-Budapest interrotto più di due decenni fa, quando sull’ex Jugoslavia si addensava la tempesta del conflitto e della dissoluzione.
Stando a quanto confermato da Goran Manfreda, a capo della “Jadranska vrata”, la concessionaria del terminal container di Brajdica per conto dell’Azienda portuale fiumana, la partenza alla volta della capitale magiara del treno-navetta (ora solo container) è stata fissata per le 20,30 di lunedì 7 giugno. Il giorno successivo, più o meno alla stessa ora, il carico di contenitori partito dallo scalo sulla riva sinistra della foce della Fiumara verrà preso in consegna dai terminalisti della BILK, l’area di deposito e smistamento alla periferia di Budapest. A detta del direttore di “Jadranska vrata”, tutto il possibile è stato predisposto affinchè la durata del percorso sia contenuta nell’arco delle 24 ore, ossia 4 in meno rispetto al collegamento sospeso nel 1988. Per adesso far scendere ulteriormente la durata del viaggio è un traguardo praticamente irraggiungibile. E non soltanto per le condizioni della verticale ferroviaria tra Fiume e l’hinterland danubiano, specie nel tratto impervio che dal Quarnero s’inerpica sull’altopiano retrostante del Gorski kotar.
A condizionare il tempo di percorrenza sono infatti anche le formalità imposte dalle norme che delimitano l’area di Schengen, ossia i controlli obbligatori e gli avvicendamenti (motrici, vagoni) previsti per varcare i confini Ue. Nonostante gli accordi intercorsi fra autorità croate e magiare, con la massima buona volontà di entrambe le parti, meglio di così non è stato possibile fare.
«Anche così, tuttavia – come sottolinea il presidente di Luka Rijeka, l’Azienda portuale fiumana, Denis Vukorepa – mantenere entro le 24 ore la durata del collegamento fra il terminal container fiumano e l’area di stoccaggio alla periferia di Budapest è già un risultato notevole. E assolutamente concorrenziale, dal momento che per coprire il tragitto da Capodistria alla capitale magiara si impiegano attualmente sulle otto ore in più».
Da aggiungere, infine, che lo “shuttle” ferroviario Fiume-Budapest partirà con il suo assortimento di Teu dallo scalo marittimo quarnerino una volta alla settimana (ogni lunedì). Il viaggio in senso inverso avverrà invece il giovedì.

(f.r.)
 

 

Adriatico e Ionio si ”parlano” e invertono la circolazione delle acque
 

IL FENOMENO SI RIPETE OGNI 7-10 ANNI: È STATO SCOPERTO DAI RICERCATORI DELL’OGS
Adriatico e Ionio non sono solo due entità adiacenti sulla carta geografica. Attraverso gli scambi allo Stretto di Otranto, i due mari interagiscono e formano il motore della circolazione termoalina del Mediterraneo Orientale. Ma c'è una particolarità, rilevata dai ricercatori del Dipartimento di oceanografia (Oga) dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs: le acque di questi due mari si mescolano e invertono ciclicamente - ogni 7-10 anni - la circolazione di questa parte del Mediterraneo. Adriatico e Ionio, in altri termini, si ”parlano” e con la loro interazione influenzano probabilmente tutto il Mediterraneo orientale.
A proporre questa teoria sono Miro Gacic, Giuseppe Civitarese, Vanessa Cardin e Sadegh Yari- di Ogs, assieme a Gian Luca Eusebi Borzelli di Telespazio Spa. Lo schema della circolazione del Mediterraneo proposto dai ricercatori Ogs e battezzato col nome di Bios (Sistema oscillatorio bimodale adriatico-ionico) si basa su ricerche e osservazioni effettuate dal 1985 al 2008. Nel 1997 fu documentata per la prima volta un'inversione della circolazione superficiale del Mar Ionio, causata dal flusso cospicuo di acque dense provenienti dal Mar Egeo. Un evento anomalo che sconvolse la circolazione dell'intero Mediterraneo orientale.
Da lì l'ipotesi formulata oggi dai ricercatori Ogs che una simile inversione fosse il risultato di una oscillazione periodica, possibile anche senza l'apporto di acque egee. L'ipotesi è stata confermata e pubblicata sulla rivista internazionale ”Geophysical Research Letters”.
La salinità e la densità dell'acqua dell'Adriatico meridionale, che influenza le acque profonde dello Ionio e del Mediterraneo orientale, mostrano una variabilità su base decennale. Tale variabilità induce dei cambiamenti nel livello del Mar Ionio, e quindi ne modifica la circolazione.
Spiega Miro Gacic: «Fino al 1996 la circolazione dello Ionio procedeva in senso orario: l'acqua di origine atlantica penetrava nello Ionio entrando in Adriatico. Dal 1997 al 2006 c'è stata un'inversione completa in senso antiorario: l'Adriatico è stato "alimentato" con acqua proveniente dal Mediterraneo orientale. In questi ultimi anni, però, la circolazione del Mar Ionio è tornata ad essere in senso orario». «Dipende soprattutto dalla concentrazione salina - sottolinea Gacic -. Le acque provenienti da Est, cioè dal Mar Levantino ed Egeo, sono più salate di quelle provenienti dal Mediterraneo Occidentale e dall'Atlantico. Quando lo Ionio inverte la circolazione induce importanti cambiamenti a catena. La mescolanza ciclica delle acque comporta anche una redistribuzione delle sostanze nutritive e degli organismi planctonici e superiori in Adriatico».
Aggiunge Giuseppe Civitarese: «Quando la circolazione dello Ionio è anti-oraria organismi marini tipici del Mar Egeo e Levantino entrano in Adriatico. Viceversa, con la circolazione oraria dello Ionio, in Adriatico arrivano organismi tipici del Mediterraneo Occidentale e dell'Atlantico. Un esempio è dato dalla Muggiaea atlantica, un invertebrato gelatinoso rinvenuto per la prima volta in Adriatico al largo di Dubrovnik (Croazia) nel 1995».
 

 

SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - TRASPORTI
 

Legittimo ed interessante che un docente difenda sul giornale la bontà di una propria eventuale consulenza per una grande opera. Purché informi il pubblico che egli ne è l’autore. Ricordo il prof. Torbianelli difendere appassionatamente nel 2005-2006 (all’interno di un forum dei Ds di cui ero ospite) il lunghissimo percorso in galleria del Corridoio5. E mi sembra che in quella occasione egli non avesse precisato di avervi contribuito con il proprio lavoro. Ora, 5 maggio, leggo che egli polemizza garbatamente con Assoporti, spezzando la sua lancia a favore del «capitale privato che investe in infrastrutture»; leggi: il progetto Unicredit, che privilegia il traffico container a Monfalcone mettendo da parte le gallerie del famoso Corridoio5. Mi domando se non sarebbe giusto che gli intellettuali - che ”si spendono” pubblicamente - ci informassero a proposito della loro eventuale posizione di consulenti, magari di progetti antitetici a pochi anni di distanza. Stiamo parlando di scelte significative per la nostra città. L’opinione pubblica cerca punti di riferimento indipendenti e spassionati. Non dobbiamo deluderla.
Livio Sirovich
 

 

SEGNALAZIONI - Rive senza progetti - URBANISTICA
 

Museo del mare? Acquario? Sfilate di moda? Galleria d’arte? Cos’altro ancora? È una decina d’anni che queste proposte si rincorrono a suon di milioni senza trovare una soluzione definitiva per l’ex pescheria dopo che è stata svuotata come un’ostrica. Ma non si poteva progettare, decidere e finanziare «prima di usare il piccone»? Ah già! Siamo nella città del: se pol! E già che ci siamo, visto che l’ipotesi dell’acquario era già stata avanzata all’epoca di Pippo il pinguino (che era la più ovvia), perché non completare anche l’annoso piano del traffico e soprattutto dei parcheggi, prima di pensare a un museo che dovrebbe richiamare 700 mila visitatori l’anno almeno per potersi mantenere? E dove li metteremmo a dormire e mangiare e soprattutto a parcheggiare i loro pullman e automobili per visitare questo doppione del Museo del mare di Genova? In via Diaz, Madonna del Mare, Mercato Vecchio? Ricordate le code asfissianti di veicoli sulle Rive in attesa di imbarcarsi sui traghetti per la Grecia? E non c’erano ancora tutte quelle belle aiuole e dissuasori di adesso. E che dire dei tre stadi di calcio (3!) per una squadra che fatica a restare in serie B? Cattedrali nel deserto le ha definite qualche cinico antisportivo. Vogliamo un’altra cattedrale sulle Rive?
Bruno Benevol
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2010

 

 

«Rigassificatore, Cosolini incoerente» - Il sindaco: qualcuno pensa di guadagnare consenso cambiando idea
 

DIPIAZZA INTERVIENE DOPO IL NO DEL SEGRETARIO PD ALL’IMPIANTO DI ZAULE
«Per aspirare a governare una città importante come Trieste bisogna dimostrarsi persone serie e coerenti, e non dei politicanti pronti a cambiare idea da un giorno all’altro», Queste le parole di Roberto Dipiazza a commento di quanto dichiarato giovedì dal segretario del Pd Roberto Cosolini rispetto alla contrarietà del Partito democratico stesso sul rigassificatore di Zaule. «Il voltafaccia fatto dal segretario del Pd sul rigassificatore - attacca il sindaco - è un segno di mancanza di serietà in primo luogo nei confronti dei cittadini, i quali vorrebbero trovarsi di fronte a forze politiche che presentano programmi chiari e non suscettibili di modifiche dal giorno alla sera». «Non possiamo dimenticare - continua Dipiazza - che proprio la giunta regionale precedente, di cui Cosolini ha fatto parte, è stata la prima sostenitrice del rigassificatire. Oggi, ad un anno delle elezioni, qualcuno pensa di guadagnare un po’ di consenso cambiando radicalmente idea rispetto al passato. Sappiamo comunque come funziona, conosciamo il trucco: all’indomani delle elezioni, nel caso di vittoria, il Pd cambierà ancora una volta idea in base all’ultima pensata del suo simpatico segretario e ci diranno che è giusto fare il rigassificatore per lo sviluppo della città. Peraltro ci sono dei precedenti: come quello di Vicenza, dove il centrosinistra ha costruito la propria vittoria, alle ultime comunali, dichiarandosi contrario alla costruzione della base americana per poi invece continuare nel progetto, dopo aver indetto un referendum farsa il cui esito non è servito a nulla. Ma se pensano di far così anche a Trieste con il rigassificatore credo che non percorreranno molta strada». «Macché incoerenza - è la controreplica dello stesso Cosolini - la realtà è che, ai dubbi e alle preoccupazioni della città, andavano date risposte. L’azienda (Gas Natural, ndr) non è stata in grado di darle, queste risposte. E il sindaco non ha fatto nulla per incalzarla, continuando solo a parlare di improbabili royalties. Un atteggiamento inconcludente, a quanto ci risulta, come sul Parco del mare, sul Centro congressi e su altro ancora». La freschissima presa di posizione del capo del Pd, intanto, scatena l’applauso di Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi: «Apprezziamo la chiarezza di Cosolini. La dichiarazione di contrarietà, infatti, prevede finalmente un’iniziativa politica che si distingue e si qualifica da quella del Pdl, elemento importante e non marginale, perché troppo spesso le posizioni delle due coalizioni sui temi strategici quali le grandi opere e le politiche energetiche coincidono, o per meglio dire si appiattiscono a prescindere».
 

 

«L’acqua è diritto fondamentale» - DELIBERA A MONRUPINO
 

MONRUPINO «Riconoscere nel proprio Statuto comunale il Diritto umano all'acqua». E' uno dei passaggi fondamentali della delibera approvata all'unanimità durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di Monrupino. «Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì un bene condiviso equamente da tutti, così come l'accesso all'acqua deve essere garantito a tutti», recita il testo. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Pisani con l'appoggio dell'opposizione si è formalmente impegnata a promuovere nel proprio territorio una cultura di salvaguardia della risorsa idrica e a opporre un forte contrasto al crescente uso delle acque minerali ed incentivare la promozione dell'uso dell'acqua per usi idropotabili, a cominciare dagli uffici, dalle strutture pubbliche e dalle mense scolastiche. Impegnandosi a dare un'informazione puntuale alla cittadinanza sulla qualità dell'acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche il Consiglio comunale ha infine chiesto alla giunta Regionale di «attivarsi nei confronti del Governo perché nell'emanazione dei regolamenti attuativi sull'acqua si tenga conto delle condizioni di efficienza nella gestione del servizio e di prevedere gli strumenti per l'attivazione e il rafforzamento del controllo della vigilanza sulla qualità».

(r.t.)
 

 

Nucleare, la Lega sconfessa Ballaman - Fontanini: «Impensabile una centrale in regione». Il Pdl: «Se fa politica, si dimetta»
 

«Svolga un ruolo super partes oppure se ne vada Non se ne può più di queste figure...» - «Ha la smania di apparire Ma ora basta: una mozione farà chiarezza»
Il diretto interessato organizza una missione a Krsko Tondo: «Nessun conflitto». Ma tutti gli altri attaccano
TRIESTE Edouard Ballaman, ”reo” di aver aperto le porte ad una centrale nucleare nel ”giardino di casa” seppur in cambio di bollette superscontate, si ritrova accerchiato: piove il fuoco nemico del centrosinistra, quello amico di Pdl e Udc, ma piove soprattutto il fuoco ”domestico”. La Lega, sul ritorno all’atomo, non perdona nemmeno il suo presidente: «Idee sue, solo sue, personalissime. Il partito e il gruppo consiliare non hanno mai affrontato la questione. E comunque una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia, anche per il rischio sismico, è impensabile» scandisce Pietro Fontanini. Il segretario regionale, subito dopo, infila la battuta: «Speriamo che non si stia andando verso una ”sindrome Fini” a livello regionale».
L’accostamento con il grande ribelle di Montecitorio fa breccia: Ballaman, ex questore della Camera e quasi ex tutore dei minori con pochette verde, pistola e stuzzicadenti anti-ritardatari ma niente più auto blu, ama spiazzare. Da sempre. Stavolta, però, non fa arrabbiare solo l’opposizione. Isidoro Gottardo, coordinatore regionale del Pdl, sbotta a muso duro: «Non se ne può di presidenti con ruoli istituzionali super partes che esternano e fanno politica». Peggio: complicano la vita a chi, come Renzo Tondo, si ritrova non solo a dover governare, ma anche «a rimediare a poco ponderate esternazioni». Morale? «Ballaman smetta di fare politica o si dimetta». Nemmeno Edoardo Sasco, capogruppo dell’Udc, risparmia le critiche: «Non convido né nella forma né nella sostanza. Ballaman, intervenendo come presidente del Consiglio, non può sconfessare ”a titolo personale” quello che l’aula ha votato». Nel mirino, ancor più che la centrale nucleare, le celebrazioni sull’unità d’Italia oggetto di una mozione targata Udc: «Come si permette di dire che sono uno spreco e che, semmai, dovremmo innalzare il vessillo austro-ungarico? Lo innalzi a casa sua, se ci tiene...».
Ma, mentre il ”rifondatore” Igor Kocjancic ironizza sulla «schizofrenia della maggioranza» e su un Gottardo che si improvvisa «Berlusconi locale» e il ”vendoliano” Fulvio Vallon accusa il centrodestra di essere «vassallo del Cavaliere», l’arbitro di piazza Oberdan finito ”sotto processo” non arretra: «Non sono favorevole a priori, ma voglio che i cittadini valutino, si esprimano direttamente, magari con un un referendum». Il centrodestra, con Tondo in prima fila e Fontanini assolutamente in sintonia, boccia una centrale in Friuli Venezia Giulia e sposa una partecipazione regionale al raddoppio di Krsko? Pazienza. Lui, il ”ribelle” di piazza Oberdan, difende le sue pur personali opinioni: «Non voglio delegittimare nessuno, men che meno il presidente Tondo che sta facendo un ottimo lavoro, e non voglio scontri. Certo, però, mi pare una contraddizione dire che non si può fare una centrale da noi per il rischio sismico quando a pochi chilometri, a Krsko, una centrale già c’è».
E quindi, nonostante gli anatemi, Ballaman va avanti. Contatta il console sloveno di Trieste Ingrid Sergas, la vedrà a meno di sorprese giovedì, e preannuncia una spedizione a Krsko Per verificare sul campo quel che succede in terra slovena. In terra triestina e friulana, di sicuro, si scatena un putiferio politico. «Le stravaganze di Ballaman, dettate dalla sua mania di protagonismo, mettono in evidenza una mancanza di equilibrio e imparzialità» denuncia, con Gianfranco Moretton, il Pd. Non solo parole, però: «Presenteremo una mozione per definire innanzitutto se il presidente del Consiglio può prevaricare competenze esclusive del governatore, della giunta e del Consiglio stesso». Italia dei valori, con Alessandro Corazza, dà man forte: «Siamo letteralmente sbalorditi. Ma Ballaman, spiazzando lo stesso Tondo, ha rivelato le reali intenzioni della maggioranza e, con le sue dichiarazioni, ha iniziato a preparare i cittadini all’idea di doversi accollare una centrale nucleare». I Cittadini, con Piero Colussi e Stefano Alunni Barbarossa, infieriscono: «Che Ballaman entri a gamba tesa nel dibattito politico, non è storia di oggi. Ma l’esplicita apertura all’ipotesi di una centrale nucleare si configura come l’attacco più destabilizzante per Tondo e il centrodestra dell’intera legislatura». Il presidente della Regione, in verità, è il più soft. Incontra Ballaman e, al termine di «un colloquio cordiale», minimizza: «Non c’è contrapposizione tra di noi sulla collaborazione con Krsko che, lo ribadisco, è l’unica ipotesi che la giunta regionale prende in considerazione». Chissà se la trasferta slovena, almeno quella, convincerà davvero l’inquilino di piazza Oberdan...
ROBERTA GIANI
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2010

 

Cosolini: sì al superporto, no al rigassificatore - Il segretario Pd: contro il declassamento della città ecco le proposte da discutere con la coalizione in vista del 2011
 

Sì al progetto Unicredit per il superporto e no al rigassificatore. Città universitaria, green economy e riqualificazione del sito inquinato per rilanciare l’occupazione. Questi, a grandi linee, sono i punti salienti della ricetta di Roberto Cosolini per il futuro di Trieste. Il segretario provinciale del Pd, infatti, ha presentato ieri le sue proposte di programma in un incontro pubblico molto partecipato: «Come segretario di un partito aperto è mio dovere esporre le mie proposte non solo agli iscritti - dice - ma a tutta la città. Così che queste idee vengano discusse assieme alla coalizione in vista delle elezioni del prossimo anno».
E che l’incontro fosse una prova tecnica per il 2011 l’ha dimostrato il pubblico in sala: oltre ai compagni di partito, erano presenti gli alleati dell’Italia dei Valori, il rettore Francesco Peroni, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli, l’ex direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. Cosolini propone un programma a tutto campo contro quello che ha definito il «declassamento in corso» di Trieste: «Dobbiamo rilanciare i collegamenti per merci e persone – spiega – e in tale ottica dire sì all’idea di Unicredit, pur entrando nel merito del progetto: i tempi della piattaforma logistica hanno dimostrato che le infrastrutture non si fanno con il solo finanziamento pubblico».
Secondo Cosolini il progetto va accompagnato da un’adeguata riforma istituzionale: «Penso a un’Autorità portuale regionale o, perché no, alla Provincia unica assieme a Gorizia». Cosolini si è pronunciato per un no deciso al rigassificatore di Zaule: «L’azienda è palesemente poco propensa a trattare con il territorio su un argomento tanto importante per la nostra sicurezza – afferma – se mai si dovesse fare un rigassificatore, non sarà in quel luogo». Sottolineata l’importanza della ricerca e dell’università: «Bisogna far quadrare le risorse che abbiamo a disposizione, ovvero le grandi imprese, la ricerca e il sistema formativo – dice - Penso ad esempio a un patto formativo per realizzare una scuola delle assicurazioni che mantenga Allianz e Generali in città. Trieste deve essere città universitaria e post universitaria». Da qui il rilancio sull’occupazione: «Non esiste un’idea precisa per il dopo Ferriera – prosegue – ma l’impresa che vale di più oggi è la green economy: bisogna creare una filiera produttiva per la ricerca triestina».
Non mancano le direttive per il rinnovamento della qualità urbana: «Ci sono alcune aree strategiche da trasformare – dice – Campo Marzio deve essere un punto di rilancio urbanistico, così come le Rive e Porto Vecchio, ma dobbiamo pensare anche a ciò che manca nelle periferie. Per la rinascita turistica e culturale vanno valorizzati luoghi storici come il parco di san Giovanni e i cimiteri delle confessioni». Appello anche per un grande evento che segni l’auspicata rinascita della città («Serve un’idea: mettiamo dieci grandi menti dell’impresa e della cultura attorno a un tavolo») e per la tutela dei diritti delle persone e delle imprese. Infine Cosolini non ha lesinato critiche alla giunta Dipiazza: «Il caso del Parco del mare è paradigmatico ma non è l’unico – sottolinea – non mi capacito di quei 10 milioni di euro fermi in Regione per la caratterizzazione del sito inquinato. Così come non capisco la stasi della piattaforma logistica. Inoltre mi preoccupa l’allergia che il centrodestra regionale, a egemonia Lega-Friuli, dimostra verso Trieste. La città è ormai isolata dal Paese e dall’Europa».
Giovanni Tomasin
 

 

Molo VII da ampliare, i fondali sono inquinati - Si rischiano tempi prolungati e costi più alti per il potenziamento delle strutture
 

L’AREA AL CENTRO DEI PROGETTI DI UNICREDIT E TMT
Zerbini: non siamo responsabili per quella zona Maresca: ipotizzabile una concessione di maggiore durata se vi fossero ulteriori oneri da sostenere
Li avevano grattati, scopo analisi, dal 2009. Ma ne hanno conosciuto lo stato di salute solo in questi giorni. E il responso - non ufficializzabile essendo ancora in mano all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di Roma, dopo la prima validazione dell’Arpa - è tale da sfocare, più di quanto già non lo siano, le prospettive di rilancio portuale, tra tempi che rischiano di allungarsi e circuiti burocratici che rischiano di saltare per sovvraccarico d’incertezza. Il responso è che i fanghi dei fondali davanti al Molo VII sono - per dirla alla Claudio Boniciolli, il numero uno dell’Authority, che ha commisssionato carotaggi e caratterizzazioni - «in qualche posto di più, in qualche posto di meno, particolarmente contaminati da sostanze nocive citate nel decreto Ronchi». Una tegola, se è vero che l’allungamento del Molo VII, oggetto di due proposte griffate Maneschi e Unicredit, rappresenta proprio la chiave di quest’auspicato rilancio portuale. Gli indiziati - altro non fosse per il fatto che lo specchio analizzato è ai confini Nord della zona industriale - sono idrocarburi e metalli pesanti. Mercurio soprattutto, chiarisce per deduzione il geologo Antonio Brambati, il luminare dei fondali inserito nel team del professor Giacomo Borruso, titolare dello studio di fattibilità del superporto Monfalcone-Trieste per conto di Unicredit. Brambati aveva approfondito le potenziali conseguenze di dragaggi per il futuro terminal di Monfalcone, considerate a tavolino le più critiche. Ma, anche sotto il Molo VII, si può parlare di «quantità di mercurio superiori alla norma». E non solo endemico, sceso dalle miniere di Idria, ma frutto pure di un inquinamento locale. «Nella zona portuale - spiega Brambati - c’è particolare arricchimento di mercurio, proveniente sia da Idria che da una componente antropica».
«Era prevedibile - fa eco Martino Conticelli, il braccio destro di Boniciolli da segretario generale dell’Authority - che i risultati non fossero buoni. Dopotutto siamo dentro il Sin». Il Sito inquinato di interesse nazionale, in effetti, nella sua parte a mare va dallo spigolo meridionale del Molo V a Punta Ronco. «Che l’inquinamento sia grande o piccolo non cambia, bisogna comunque lavorarci», mette in chiaro Stefano Zuban, vicario dell’Ezit, di fatto la casa del Sin.
E ora, quindi? Che succede? «È probabile che faremo altri carotaggi», taglia corto Boniciolli. «Aspettiamo indicazioni dall’Ispra», aggiunge Conticelli, secondo cui «non possono esserci slittamenti nel potenziamento delle infrastrutture, perché non esistono progetti ma solo indicazioni progettuali». Il riferimento è anzitutto al primo piano di prolungamento del Molo VII di 400 metri - da 110 milioni d’investimento per tre anni e mezzo d’intervento - targato Tmt, l’attuale gestore di proprietà della To Delta, che fa capo al presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. «Il progetto esecutivo - ribatte Fabrizio Zerbini, amministratore delegato di Tmt - predisposto lo è già. Non è ancora presentato perché la sua presentazione è legata all’approvazione a Roma del Piano regolatore portuale (che già contempla l’ampliamento del Molo VII, ndr). Non siamo ancora al corrente dei risultati di tali analisi, non ne siamo stati informati, mi limito a ribadire che il nostro progetto è minimamente invasivo come movimentazione dei fondali poiché verrebbero usate delle palafitte, che richiedono semplici perforazioni». Ma chi pagherebbe gli oneri di una bonifica o di una movimentazione di fanghi inquinati? Il pubblico o il privato? Quello specchio sta dentro il Sin, in fondo. «Ci confronteremo e ci adegueremo, stiamo parlando comunque di un tratto di mare aperto che non abbiamo utilizzato noi», puntualizza Zerbini. Lì insiste anche il progetto da 288 milioni per il raddoppio del terminal lanciato da Unicredit Logistic, che prefigura un altro approccio. Per Maurizio Maresca - oggi vicepresidente della stessa società di corridoio di Unicredit - «se vi fossero oneri maggiori, si potrebbe adoperare lo stesso principio della terza corsia. Il privato cioè potrebbe accollarseli in cambio di una concessione più lunga. È una soluzione che, peraltro, non configura aiuti di Stato».
PIERO RAUBER
 

 

MOLO VII - «Non si parla di bonifiche a mare» - ZUBAN (EZIT): MAI CITATE NELL’ACCORDO DI PROGRAMMA
 

I fondali inquinati davanti al Molo VII possono portare in dote «complicazioni burocratiche di natura contrattualistica», come le chiama il vicario dell’Ezit Stefano Zuban. Parole difficili per un concetto semplice: «L’accordo di programma sul Sin non parla delle bonifiche a mare. Il timore è che a pagare siano le imprese con i 136 milioni previsti per le transazioni da danno ambientale a terra. Dal canto nostro, giacché oggi (ieri, ndr) il ministero dell’Ambiente ha approvato il Piano di caratterizzazione sul 10% del Sin, aspettiamo le delegazioni amministrative della Regione per andare avanti. sarebbero sufficienti dai 2 milioni e mezzo ai 5 per chiudere in 6-7 mesi».

(pi.ra.)
 

 

Rifiuti, appello delle circoscrizioni: «Degrado intollerabile sul Carso» - CRESCE IL MALCOSTUME DI ABBANDONARE LE IMMONDIZIE PIÙ INGOMBRANTI
 

TRIESTE Cresce il fenomeno dell’abbandono di rifiuti ingombranti negli spazi boschivi e nelle adiacenze dei normali cassonetti destinati alla raccolta del pattume. Per combatterlo le circoscrizioni di Altipiano Ovest e Altipiano Est lanciano un appello a tutte le famiglie residenti in questa parte del Carso affinché utilizzino servizi e strutture di smaltimento in modo consono e rispettoso delle leggi.
L’iniziativa parte da Bruno Rupel e Marco Milkovich, presidenti dei due parlamentini che sovrintendono a quella parte del Carso amministrata dal Comune di Trieste, e consiste nell’invio a domicilio di tutte le famiglie del proprio comprensorio di una comunicazione che conterrà le modalità per disfarsi dei rifiuti ingombranti utilizzando le depositerie attive e il servizio a domicilio garantito dall’Acegas/Aps.
«Ci troviamo di fronte a una situazione di forte degrado – affermano i due presidenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni dell’abbandono di rifiuti ingombranti e di inerti compiute da ignoti nei posti più disparati e pure nei pressi dei cassonetti per la raccolta delle immondizie. Lasciare vecchi televisori, pneumatici e altre porcherie a fianco dei bottini sta diventando ormai una colpevole consuetudine. Secondo noi – continuano Rupel e Milkovich – non si tratta solo di atti vandalici, ma di ignoranza da parte di coloro che devono smaltire dei materiali e non si rendono conto che esistono strutture e servizi ai quali possono affidare i propri rifiuti in modo del tutto gratuito».
Le evidenze confermano in gran parte il ragionamento dei presidenti. Accanto alla dispersione dei soliti elettrodomestici e utensili arrugginiti nei pressi dei cassonetti, cresce sempre di più l’abbandono di mobilio usato e di sacchi di grandi dimensioni contenenti inerti, frutto di probabili ristrutturazioni edilizie. Clamoroso ma tristemente istruttivo, in questo senso, il recente abbandono di decine di frigoriferi e sacchi di plastica pieni di rifiuti nei pressi dei campi di golf di Padriciano. Un degrado che è stato appena bonificato, e che dimostra in modo evidente come il disfarsi dei rifiuti ingombranti sia spesso prerogativa di chi effettua demolizioni e ristrutturazioni di case e appartamenti. «Sono sicuro che molte persone, anche straniere, non conoscano l’esistenza delle depositerie – insiste Milkovich – e che si debba procedere allo smaltimento secondo regole precise. Nella nostra informativa – continua – specificheremo con chiarezza che nelle depositerie comunali è possibile recare non solo vecchi elettrodomestici, ma anche infissi, mobilio, legno in genere, vetri e plastiche di tutti i tipi, sanitari e piastrelle, ruderi di demolizione, anche piccole quantità del micidiale Eternit ben sigillate. E che esiste anche il numero telefonico 040/7793780 (funziona dalle 8 alle 17) con il quale concordare con l’Acegas/Aps il ritiro di rifiuti ingombranti a domicilio».
Secondo il presidente di Altipiano Est, è possibile che diversi materiali abbandonati nelle boscaglie e nelle doline carsiche provengano anche dal centro. Per questa ragione la comunicazione rivolta alle famiglie evidenzierà anche gli orari e l’ubicazione di tutte le depositerie cittadine, site in via Valmartinaga, via Giulio Cesare e via Carbonara, e dunque non solo di quelle operative sul Carso. A Opicina ci si può riferire alla depositeria di Strada per Vienna n. 84/A, aperta dal lunedì al sabato con orario continuato 7- 19, e un ulteriore struttura funziona nel comune di Duino Aurisina.
MAURIZIO LOZEI
 

Altipiano est: sul Prg vogliamo intervenire - «Certe osservazioni della Regione riguardano il nostro territorio»

 

IN VISTA DELLA DISCUSSIONE
TRIESTE «Vogliamo poter dire la nostra in merito alla nuova variante al Piano regolatore comunale. Ce lo chiedono i nostri residenti, che vogliono il diritto di parola in merito a un piano urbanistico che li lascia assolutamente insoddisfatti». Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est torna alla carica sulla variante 118 al Piano Regolatore di Trieste, rappresentando al Sindaco con una comunicazione ufficiale tutte le perplessità sul nuovo strumento urbanistico di una buona fetta delle comunità locali.
«Visto che l’amministrazione comunale dovrà portare delle modifiche alla variante secondo quanto stabilito dalla Regione – si legge nel documento sottoscritto da tutti i consiglieri del parlamentino – e che alcune osservazioni riguardano proprio alcune aree del nostro comprensorio, chiediamo al Comune di interpellarci».
Sono diverse le preoccupazioni esternate dai residenti di Altipiano Est sulla nuova variante, come evidenziato da diverse persone in occasione di una recente e affollata assemblea pubblica imperniata su temi della tutela dell’ambiente carsolino organizzata dall’Associazione per la Difesa di Opicina.
Una delle principali riguarda la destinazione d’uso del comprensorio dell’ex caserma Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la variante prevedeva cospicui insediamenti considerati del tutto inadatti per le caratteristiche di quel territorio. Le altre riserve riguardano alcune aree di Padriciano, di cui una in particolare destinata a un grosso insediamento a carattere turistico a scapito delle realtà locali.

(ma.lo.)
 

 

SEGNALAZIONI - Opicina devastata - CEMENTO
 

Sindaco Dipiazza fra i suoi doveri c’è anche quello di controllare il rispetto dell’ambiente? Allora venga a rendersi conto di persona come le nuove costruzioni stanno devastando Opicina.
In via Carsia, via dei Salici e prossimamente anche in via del Sabotino sono stati distrutti con furia devastante interi parchi di belle ville. Parchi dove vivevano scoiattoli, ghiandaie, gazze eccetera. Per tutto questo ringraziamo il suo predecessore Illy, con il suo permesso di nuove volumetrie, permesso che Lei non ha voluto cambiare. Tutto ciò per dare spazio a decine e decine di costruzioni per la maggior parte di brutta fattura. Moltissime restano invendute perché potrebbero andare bene per il terzo mondo.
Maria Rossini

 

 

Il leghista Ballaman apre al nucleare in Friuli Venezia Giulia - «Ma ci devono dare il 20% di sconto sull’energia» Tondo ribatte: «Io vado avanti con Krsko»
 

TRIESTE «Krsko? Io qualche dubbio me lo pongo. Una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia? Se ci danno uno sconto almeno del 20% sull’energia, potremmo almeno chiedere un parere ai cittadini». Edouard Ballaman, presidente del Consiglio regionale, apre al nucleare. E non è un’apertura generica ma una dichiarazione possibilista sull’ipotesi di un impianto in Friuli Venezia Giulia. Il numero uno di piazza Oberdan convoca una conferenza stampa per i due anni di legislatura, elogia il clima positivo tra i due schieramenti in aula, rilancia l’ipotesi di ridurre «di 10/12 unità i consiglieri regionali», mostra una lettera di una bambina («la tengo insieme ad altre lettere e pallottole» scherza) nella cui scuola si era recato come Tutore dei minori, ruolo che gli sarà quasi sicuramente tolto. Quindi parla di un rapporto tra Stato e Regione che va monitorato: «C’è qualche difetto di comunicazione, gli assessori devono essere più attenti nei confronti degli omologhi romani». Le richieste del Friuli Venezia Giulia, secondo Ballaman «non ci hanno messo in buona luce» nei confronti del governo nonostante la Regione «abbia sempre assunto atti di responsabilità». Serve un cambio di mentalità, secondo il presidente del Consiglio regionale, passare dalla logica del «non più nel mio giardino» a un’ottica premiale che renda partecipi i cittadini. Cita gli inceneritori («si potrebbero eliminare le tasse sui rifiuti nei Comuni dove vengono costruiti») poi arriva al nucleare: «Voglio ragionare sulle cose» esordisce. E poi boccia la partecipazione regionale al raddoppio di Krsko: «Perché spendere in una realtà dove avremmo un controllo limitato? E se il Friuli Venezia Giulia è zona sismica, Krsko che è pochi chilometri più in là non lo è?». Da qui il ”perché no?” a una centrale in regione: «Se da subito ci fosse la possibilità di una taglio almeno del 20% sul costo dell’energia per 20 o 30 anni potremmo chiederlo ai cittadini. Senza contare che sarebbe un fatto di attrazione per le imprese». Renzo Tondo, a stretto giro di posto, replica: «L’idea su Krsko nasce da fatti concreti. Non so se Ballaman ha altre informazioni ma io vado avanti su quella strada e non valuto ipotesi di centrali nucleari nella nostra regione». Ma le rassicurazioni di Tondo non bastano all’opposizione. Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, prende le dichiarazioni di Ballaman come la certezza che in regione si realizzerà una centrale: «È ormai pressochè sicuro che il Friuli Venezia Giulia diventerà sito nucleare. Proprio nell’anniversario del terremoto, Ballaman propone di scambiare la nostra sovranità e la sicurezza dei cittadini per uno sconto sulla bolletta. A nulla serviranno altre dichiarazioni della giunta per convincerci del contrario, ma chiamiamo alla vigilanza cittadini e amministratori locali perchè da oggi sappiamo che il rischio è altissimo».
ROBERTO URIZIO
 

 

Elettrodotto, Terna: no al cavo interrato - TRA UDINE E REDIPUGLIA
 

UDINE Terna rimane sulle sue posizioni: l'elettrodotto da 380 kV di collegamento tra Udine Ovest e Redipuglia deve essere aereo. «Una linea in cavo interrato - ha infatti spiegato Terna - non potrebbe assicurare sicurezza e stabilità ai fabbisogni elettrici. La soluzione in cavo interrato non è realizzabile sotto il profilo della sicurezza e della stabilità elettrica». Terna ha poi precisato che la rete elettrica ad alta tensione del Fvg non è più sufficiente a garantire con adeguati margini di sicurezza la continuità di alimentazione di una vasta area del territorio, vale a dire che, nel caso di un guasto, i restanti elettrodotti non sarebbero in grado di assicurare l'alimentazione di tutti gli utenti.
 

 

Capodistria-Divaccia, appalto-spezzatino - I lavori del secondo binario divisi in 10 lotti darebbero una chance alle imprese slovene
 

FINORA L’ESPERIENZA NON È STATA ECONOMICAMENTE POSITIVA MA PERMETTE DI ACCELERARE I TEMPI
Perplessità dopo lo scandalo dei costi ”gonfiati” per la costruzione delle autostrade
CAPODISTRIA Il tracciato del secondo binario della strada tra Capodistria e Divaccia sarà diviso in una serie di lotti, forse addirittura 10, e probabilmente altrettanti saranno i bandi di concorso per la costruzione dei singoli segmenti della nuova tratta. È questa – secondo il quotidiano lubianese ”Dnevnik” - la soluzione ideata dal ministro dei Trasporti Patrick Vlacic per realizzare l'importante collegamento ferroviario.
Ufficialmente è una scelta per incentivare la concorrenza e coinvolgere anche le imprese più piccole ma secondo il ”Dnevnik” è più probabile che si tratti di un modo per favorire i costruttori sloveni, che così potranno presentarsi ai concorsi nonostante le scarse referenze nella costruzione di questo tipo d’infrastruttura. La divisione in lotti dovrebbe inoltre permettere di aprire i singoli cantieri non appena sarà pronta la documentazione per i vari segmenti, senza dovere aspettare più del necessario. Se non ci saranno intoppi, i primi lavori inizieranno entro fine 2010 e la ferrovia dovrebbe essere completata nel 2017, forse addirittura nella seconda metà del 2016. L'esperienza – per alcuni versi analoga – di costruzione della rete autostradale slovena ha dimostrato in questi ultimi anni che la lottizzazione delle grandi opere infrastrutturali non è la soluzione più economica ed efficace ma al Ministero dei trasporti sembrano decisi a riprovare con questo metodo. I bandi pertanto potrebbero essere addirittura 10, quante sono le gallerie e i viadotti sui 27 chilometri dell’arteria tra Capodistria e Divaccia, per una media di 2,7 chilometri di tratta per ogni singolo bando. Certo è che il Ministero dei trasporti ma anche l'opinione pubblica slovena faranno molta attenzione su questi appalti. È infatti ancora fresco lo scandalo del cartello costituito dalle principali imprese costruttrici slovene per controllare il mercato delle opere infrastrutturali. Come denunciato recentemente dal quotidiano economico ”Finance”, i direttori di una decina di società edili avevano firmato nel 1998 un accordo segreto in virtù del quale ”coordinavano” le proprie offerte nelle gare d'appalto per la costruzione dei vari tratti della rete autostradale slovena. Grazie a questo meccanismo, in un business da cinque miliardi di euro avrebbero ”gonfiato” i prezzi dei lavori fino al 30%, penalizzando in questo modo tutti i contribuenti sloveni. Il raddoppio della Capodistria–Divaccia è uno dei progetti edili più complicati e costosi della recente storia slovena: su una tratta di soli 27 chilometri, più di 20 attraverseranno le otto gallerie e i due viadotti per salire dal mare all'Altipiano carsico. Il costo del progetto ammonta a 800 milioni di euro. La ferrovia permetterà di collegare in modo adeguato il porto di Capodistria al Corridoio europeo numero 5 da Barcellona a Kiev.
 

 

Fianona, orate e branzini con l’acqua delle centrali - Il mare ha una temperatura costante di 20 gradi Accordo per gli allevamenti
 

ALBONA In barba alle contestazioni degli ambientalisti che continuano a parlare d’impatto devastante sull'ambiente delle centrali termoelettriche a carbone, nel Golfo di Fianona ben presto sorgerà un impianto di acquicoltura che farà tesoro dell'acqua di mare riscaldata dal vapore espulso dalle turbine. Per la precisione in questo punto la temperatura del mare è sempre di 20 gradi, ritenuta molto favorevole per lo sviluppo e la crescita degli avannotti.
Tale metodo non è una novità: da tanto tempo viene adottato con successo nei Paesi dell'Unione europea. Nel Golfo sorgerà il pianificato centro di acquacoltura dell'azienda ”Cromaris”, nata dalla fusione di quattro società operanti nel settore dell'allevamento di pesce pregiato: ”Cenmar”, ”Marimirna”, ”Marikultura Istra” e ”Bisage-Nit”. Finora queste producevano annualmente 1.500 tonnellate di orate e branzini. Ora però i piani parlano di 6mila tonnellate, il che collocherebbe la ”Cromaris” tra le maggiore imprese del settore in Europa per l’allevamento di orate e branzini. Per il salto di quantità ”Cromaris”, che opera all'interno del Gruppo Adris di Rovigno il cui nucleo è rappresentato dalla Fabbrica tabacchi ultimamente trasferita nella zona industriale di Canfanaro, è disposta a investire sugli 11 milioni di euro. E si annuncia l'apertura di una quarantina di posti di lavoro. L'idea della costruzione di un impianto del genere risale al 1997 e già l'anno dopo fu elaborato lo studio di fattibilità. Nel 2000 l'Ente elettroenergetico di Stato proprietario dell'immobile e la ditta ”Marimirna” firmarono un pre-contratto d’investimenti e subito dopo si passò a definire il progetto preliminare. Ora il lungo percorso burocratico sta per arrivare al traguardo. Manca solo il rilascio della licenza di ubicazione che dovrebbe giungere a giorni per cui l'avvio dei lavori è annunciato per la prossima estate.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2010

 

 

I tecnici: il nuovo piano regolatore non può aggiungere altre osservazioni - SASCO ANTICIPA LA MARATONA ESTIVA PER APPROVARLO
 

È praticamente da escludere la possibilità di riaprire i termini per la presentazione di osservazioni / contestazioni al nuovo piano regolatore. Lo hanno detto a chiare lettere ieri mattina in VI commissione a nome degli uffici comunali competenti, il dottor Prodan e l’architetto Furlan. «In pratica – commenta Roberto Decarli dei cittadini – bisognerebbe riadottarlo ex novo e di sicuro non ci riusciremmo entro questo mandato. La richiesta, presentata dal consigliere leghista Ferrara sembra peraltro nascere su basi più politiche che tecniche. Lo annota anche Roberto Sasco, presidente della VI. «Quella richiesta è possibile ma solo dal punto di vista teorico. Dobbiamo stare molto attenti, poichè la Regione ha imposto 18 prescrizioni vincolanti, e il piano va rielaborato in relazione a questi punti. Se questo dovesse comportare un approfondimento del piano e una migliore motivazione delle scelte, va bene, ma al contempo va tenuto conto che in nessun modo l’amministrazione comunale può modificare o incidere sugli elementi, intervenendo strutturalmente sul piano e su ambiti che esulino dalle direttive inizialmente impartite».
Sasco, quindi, si prepara mentalmente alla maratona dell’approvazione finale. «Verso la metà di maggio sarà finito l’adeguamento del prg da parte degli uffici e a quel punto convocherò quotidianamente la commissione per esaurire con apposita istruttoria una per una le 1051 osservazioni presentate per poi chiedere sedute quotidiane di aula. La vera maratona è questa ed è meglio non pensare neanche alle ferie estive...».

(f.b.)
 

 

Raccolta rifiuti: Muggia avvia la ”differenziata” - COL SISTEMA PORTA A PORTA
 

MUGGIA Graduale riduzione di cassonetti e campane stradali e progressivo avvio della raccolta differenziata con il sistema "porta a porta" con utilizzo di contenitori adeguati al nuovo tipo di servizio e per zone omogenee di territorio: dopo l'esperimento partito l'anno scorso nella frazione di Zindis, adesso il Comune punta a diffondere il nuovo sistema di raccolta e di asporto dei rifiuti anche nel resto del territorio. Per farlo ha avviato da un paio di settimane una campagna informativa per sensibilizzare la cittadinanza sull'esigenza, che recepisce tra l'altro precise normative europee, di ridurre la quantità dei rifiuti prodotti.
Uno dei mezzi è quello della raccolta differenziata, già da tempo eseguita a Muggia, ma che entrerà nella seconda fase con il sistema "porta a porta" illustrato nell'opuscolo informativo. Il pieghevole stampato, in qualche migliaio di copie, è stato diffuso alle famiglie sia con la consegna agli alunni delle scuole maggesane, sia con la distribuzione in locali pubblici ed edifici comunali. L'opuscolo è inoltre consultabile sul sito del Comune di Muggia. Che la strada intrapresa sia quella buona, si evince dai dati riportati nel testo del volantino: nel 2007 la produzione di rifiuti pro capite fu di 540 chili scesi a 534 l'anno successivo.
Contestuale l'aumento della differenziata, passata dal 15.69 per cento del 2007 al 17.47 dell'anno successivo. Scendendo nei particolari tecnici, l'opuscolo spiega poi la classificazione dei rifiuti urbani: quelli organici sono di natura alimentare prodotti da nuclei domestici; rientra in tale categoria anche il verde derivante da sfalcio, ramaglie e manutenzione di giardini. I rifiuti recuperabili sono prodotti che opportunamente trattati possono svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere a una determinata funzione.
I riciclabili sono quelli che opportunamente separati e trattati possono produrre nuovi materiali da utilizzare per la loro funzione originale. I rifiuti urbani pericolosi sono quelli che inquinano: parti di elettrodomestici, apparecchiature elettroniche, medicinali, pile che necessitano di specifici processi di smaltimento.

(g.l.)
 

 

Birdwatching costiero - DOMENICA CON IL WWF
 

Domenica, in occasione del weekend dedicato alle migrazioni, Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone una passeggiata guidata gratuita dal titolo ”Birdwatching costiero”, sempre guidata dal naturalista e ornitologo Paolo Utmar. Il ritrovo è previsto alle 9 al Castelletto di Miramare, la passeggiata durerà circa due ore e sarà introdotta da una breve proiezione di immagini e da qualche elemento di bird gardening per allietare i nostri balconi e i nostri giardini con l’allegra presenza di amici canori. L'escursione partirà dalla sede dell’Area Marina, per proseguire lungo la costa adiacente l’area marina. La partecipazione è gratuita grazie a un contribuito della Provincia, ma è consigliabile iscriversi telefonicamente (040-224147, interno 3), per essere avvisati di eventuali variazioni di programma dovute al meteo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2010

 

 

Lega e Udc fanno ballare il Piano regolatore - Omero: la proposta non sta in piedi, ma si può rifare tutto. Carroccio e centristi ne avranno il coraggio?
 

APPOGGIO DI SASCO ALLA MOZIONE DI FERRARA SULLA RIAPERTURA DEI TERMINI PER LE OSSERVAZIONI
Piano regolatore, qualcuno butta il sasso in acqua e cerca di bloccarne il cammino verso l’approvazione. Che cosa è successo? «Ci sono dei cittadini, dei vecchiettini, che non s’informano, che dunque non sanno ancora nulla del Piano regolatore, e di che cosa è successo alla loro proprietà. E che ora reclamano informazione tardiva. È giusto riaprire il periodo delle osservazioni. Riaprire cioé i termini per un altro mese». È la richiesta, con queste motivazioni, della Lega, che oggi presenta in sesta commissione la specifica mozione.
Ma, sorpresa, a questa mozione si associa anche l’Udc, e cioé il suo unico rappresentante, vale a dire Roberto Sasco, che della commissione è il presidente e che il Piano regolatore ha accompagnato per mano. Che cosa c’è dietro, poiché sono tutte forze di maggioranza, mentre il Pd si limita a dire, col capogruppo Fabio Omero, «vedremo se ne avranno il coraggio, questo Prg va approvato»? Ma dall’opposizione Massimiliano Edera (Lista Dipiazza) sostiene la richiesta: «Molta gente - dice - ha avuto scarsa informazione, ha scritto le osservazioni in fretta, facendo per questo motivo errori che potrebbero mettere a rischio il loro accoglimento».
«È chiaramente una provocazione - dice invece il capogruppo della Lega, Maurizio Ferrara -, notoriamente noi eravano contrari e non abbiamo votato questa variante, vorremmo che si andasse a una ri-adozione per accogliere le correzioni inviate in Comune dalla Regione, o quanto meno che ai cittadini sia data notifica delle variazioni sulla loro proprietà. Poi - aggiunge Ferrara - vogliamo dare un segnale al sindaco: anziché cancellare il Parco del mare perché non cancella questo Piano regolatore?».
L’obbligo di notifica personale in materia urbanistica è entrato in vigore con la legge regionale 19 del 2009, questa sarebbe un’applicazione retroattiva, perché il Prg è stato adottato prima. «Legge successiva all’adozione, ma non all’intero iter burocratico che è ancora in corso» segnala Ferrara, aprendosi uno spiraglio verso il resto della maggioranza.
Ma è dalle parti dell’Udc, e cioé in Sasco, che si trova la risposta meno tecnica. «Ho appoggiato la mozione della Lega perché ha un carattere eminentemente politico, tattico, è una proposta di pura provocazione, e allora: provocazione per provocazione, va bene anche a me, tanto per vedere come va a finire. Dò una mano alla Lega. Fa parte o no della maggioranza? Voglio vedere se fa un ”bluff” oppure no. Vogliono giocare? Giochiamo pure. Vogliono scuotere il palazzo? Ci sto anch’io. Non mi va che ogni volta che qualcuno nella maggioranza provoca, gli altri facciano i pompieri». Le frange piccole, dunque, tirano la giacca, e anche Sasco ha più volte mandato a dire che «senza l’Udc non c’è maggioranza, e che non si può essere sempre fedeli e mai ascoltati».
Nel merito, Sasco alcune riserve sul Piano regolatore le ha (terreni in Carso, zone Fiera e Burlo, aree turistiche), ma non è questo il punto. Tanto che aggiunge: «La Lega vuol ballare? Balliamo». Le conseguenze, al politico anche tecnico della materia, sono note: «È logico che se si riaprono i 30 giorni per le osservazioni, se si ri-adotta il piano, si finisce poi in bocca al periodo elettorale. È logico che cadrebbero i vincoli, che siccome sempre un Prg è a rischio d’impugnazione più si complicano le cose e peggio è. Chiaro che è una pazzia». Eppure.
«Riaprire i termini per le osservazioni non sta giuridicamente in piedi - obietta Omero -, le prescrizioni regionali possono essere assunte come tali e basta, altrimenti si fa una rielaborazione della variante, e si deve tornare punto e a capo. Lega e Udc avranno il coraggio di andare fino in fondo? O saranno state solo parole e ricatti elettorali al vento?».

(g. z.)
 

 

Ferriera, protesta in piazza Oberdan: «Dai politici dieci anni di chiacchiere» - UNA NOVANTINA DI PERSONE RADUNATE DAL CIRCOLO MIANI
 

«Chiudere la Ferriera per aprire Trieste al futuro». È uno degli slogan scelti da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei comitati di quartiere per animare la protesta organizzata ieri pomeriggio davanti al Consiglio regionale. Un appuntamento che ha richiamato in piazza Oberdan una novantina di persone, ”armate” di fischietti, trombette da stadio e tamburi artigianali costruiti con i fustini del detersivo.
Obiettivo della manifestazione, andata in scena sotto lo sguardo attento di polizia, carabinieri e qualche consigliere, denunciare nuovamente le promesse non mantenute dai politici. «Primo tra tutti l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - ha esordito al microfono Maurizio Fogar durante il comizio che ha preceduto il breve corteo -. L’assessore ”desaparecido”, potremo chiamarlo, visto che all’invito ad ascoltare le nostre ragioni, ha risposto scrollando le spalle e allontanandosi nella macchina guidata dall’autista».
Ma non sono mancate anche critiche al presidente Tondo, all’Arpa, al Comune e alla Provincia. «In dieci anni l’intera classe politica che regge queste istituzioni ha raccontato solo chiacchiere - hanno ribadito i manifestanti -. Un’assenza di responsabilità che ha esposto, e continua a esporre, migliaia di persone a rischi gravissimi per la salute. Perchè le emissioni prodotte dalla Ferriera non rendono irrespirabile soltanto l’aria di Servola. I fumi dello stabilimento siderurgico infestano due terzi della provincia, fino al Comune di Muggia».
Di qui la necessità, secondo gli organizzatori, di urlare ancora una volta la rabbia di tanti cittadini e contribuenti delusi e stanchi dei proclami. «Come quelli che annunciavano sanzioni più rigide per la Lucchini in caso di sforamenti - hanno spiegato i manifestanti -. Sanzioni, ovviamente, mai arrivate».
 

 

In bici da piazza Marconi ai laghetti delle Noghere
 

MUGGIA Il Comune di Muggia aderisce alla Giornata nazionale della bicicletta in programma domenica 9 maggio e promossa dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
L'iniziativa rientra nella politica nazionale legata alla riduzione dell’inquinamento nelle città e ha l'obiettivo di condividere con i Comuni la necessità di incentivare misure alternative alla mobilità sostenibile con una specifica attenzione alla salute pubblica.
In questo contesto, il Comune di Muggia partecipa alla manifestazione organizzando un giro in bicicletta per tutti i cittadini
Il ritrovo è stato fissato domenica alle 10 in piazza Marconi, il cuore di Muggia, Seguirà la partenza in direzione dei laghetti delle Noghere con un percorso che si snocciolerà lungo via Dante, Via Battisti, prima di imboccare la strada per Farnei e quella per il ritorno.

 

 

Identikit delle alghe killer ecco come vivono lungo la costa triestina - Conclusa la prima fase del progetto Ostreopsis coordinato a livello nazionale da Ogs e Ispra
 

Nell’immaginario collettivo è nota come l’alga killer, ma per i biologi che la studiano è semplicemente Ostreopsis, una microalga biologicamente interessante sia per le caratteristiche fisiologiche che per la capacità di colonizzare mari e ambienti che non le sono propri. A studiare alcune specie di Ostreopsis nei mari italiani che bagnano la penisola sono stati ben 11 Istituti di ricerca e alcune Arpa regionali, che in un anno e mezzo hanno dispiegato più di 50 ricercatori, coordinati da Michele Giani dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs di Trieste e da Erika Magaletti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) di Roma. Obiettivo del progetto, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: colmare le lacune conoscitive sull’ecologia, la fisiologia e la genetica di questi organismi che, negli ultimi anni, hanno fatto parlare di sé per le improvvise fioriture e per alcuni episodi di intossicazione (per fortuna senza gravi conseguenze) a Genova, Bari, Massa e Carrara e Ancona.
«Si è trattato di uno studio importante – sottolinea Michele Giani, ricercatore all’Ogs di Trieste - perché abbiamo coperto tutto il territorio con una rete capillare di ricercatori a Trieste, Ancona, Messina, Napoli e La Spezia. I ripetuti campionamenti hanno permesso di confrontare le quantità di due tossine, palitossina e ovatossina, prodotte da Ostreopsis sia in cellule algali, che in acqua e nei mitili. Il progetto si è appena concluso, e sono emersi dati che ci permettono di pianificare meglio le attività di identificazione e quantificazione in acqua, sedimenti, organismi e aerosol, e di definire i processi che potrebbero determinare situazioni di emergenza». Tra i ricercatori triestini che hanno partecipato al progetto figurano anche Ranieri Urbani, Serena Fonda Umani e i collaboratori del Dipartimento di Scienze della Vita.
Le microalghe come Ostreopsis, che vivono adese ai fondali, sono minuscoli organismi marini fotosintetici, che convertono energia solare in energia chimica. Di norma colonizzano rocce e macroalghe e la loro presenza nel mare è benefica, perché aiuta a rimuovere la CO2 favorendo il rilascio di ossigeno in atmosfera. Quantità eccessive di queste microalghe – come accade nelle fioriture o bloom - possono danneggiare l’ambiente (causando morie di mitili e ricci) o nuocere all’uomo (se trasportate dall’aerosol e inalate), causando febbri, congiuntiviti, irritazioni delle vie aeree.
«Lo studio ecologico che abbiamo effettuato a Trieste – dice Marina Cabrini, ricercatrice del dipartimento BiO-Ogs - ha coperto due punti di osservazione, situati sotto costa e di fronte al dipartimento (ai Filtri). Ogni 15 giorni per la durata del progetto abbiamo prelevato e analizzato campioni al microscopio. Ostreopsis è comparsa alla fine dell’estate scorsa sulle macroalghe raccolte sul fondo. È emerso però anche un elemento nuovo: in corrispondenza di una fioritura dello scorso settembre a Canovella, abbiamo constatato che le cellule di Ostreopsis crescevano bene anche senza la presenza di macroalghe, su substrato roccioso, avvolte nel biofilm da loro creato. Questo evento è stato segnalato anche nella riviera del Conero».
Un altro aspetto di Ostreopsis è stato studiato da Marina Monti, ricercatrice del BiO di Ogs: “Trattandosi di alghe, il fattore illuminazione è essenziale per il loro sviluppo. Così abbiamo esaminato gli effetti dell’intensità luminosa sul ciclo vitale, constatando che Ostreopsis predilige condizioni di luce medio-basse. L’alga inoltre è in grado di influenzare la crescita di altre microalghe mediante produzione di sostanze chimiche secondarie».
CRISTINA SERRA
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 4 maggio 2010

 

 

Finiti gli incentivi del Governo per moto e lavatrici, ancora "sconti" per le case ecologiche: ma sono solo briciole.

 

Già terminati in pochi giorni gli incentivi messi a disposizione dal Governo, ancora a disposizione quelli per acquistare case ecologiche. Ma saranno al massimo 10mila le abitazioni di classe energetica A e B cui potrebbero avere accesso le famiglie con i 60 milioni di incentivi messi a disposizione dal decreto legge approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Briciole, a fronte della spesa complessiva per l’acquisto di un’abitazione, che non solo non consentono alcuno sviluppo del mercato, ma neppure incidono sulle necessità di ottenere risultati concreti in termini di risparmio energetico. Molto meglio sarebbe stato prorogare le detrazioni fiscali (55%) sulle ristrutturazioni energetiche delle abitazioni, che scadranno a fine 2010. Il Governo è come un supermercato, siamo ormai agli sconti della settimana – dichiara Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente –. Peccato che sia solo una settimana all’anno e che questo ddl non c’entri nulla con la green economy: perché, infatti, lo sconto agli ‘amici’ della nautica e non, ad esempio, ai produttori di latte? Perché le nuove gru per i cantieri e non i musei?”
I primi dati che emergono da un'analisi che il Governo ha portato a conoscenza della commissione Attività produttive e Finanze alla Camera indicano che, per gli immobili ad alta efficienza energetica, è stato erogato solo il 13% circa sul totale di 60 milioni a disposizione. Risultato nettamente inferiore rispetto ad altri settori: i fondi per la nautica sono finiti e quelli per i motocicli sono stati spesi ormai al 93,767%, mentre per le cucine componibili la percentuale erogata è il 40,898% e per gli elettrodomestici il 16,782%.
60 sono i milioni destinati dal ddl agli incentivi edilizi e l'importo massimo dell'agevolazione all'acquisto è rispettivamente 116 Euro al metro quadro per un massimo di 7.000 Euro per le case in classe A e e 83 Euro al metro quadro per un massimo di 5.000 euro a quelle in classe B. Prendendo ad esempio un appartamento di 100 Mq a Milano con un costo medio delle abitazioni di 4000 Euro al metro quadro ne deriva che se l'appartamento è di classe A l’incentivo copre soltanto circa l’1,75% (7000 euro sul costo totale di 400.000). Se l'appartamento è di classe B la percentuale è ancora minore 1,25% (5000 euro sul costo totale di 400.000). Inoltre, ai 60 milioni di incentivi avranno accesso non più di 10mila abitazioni rispetto alle 40-50 mila abitazioni con un'elevata efficienza energetica costruite nel 2009 (dati ANCE). È necessario considerare anche che le imprese in Italia in grado di costruire edifici di classe A e B sono all'incirca 250, dislocate principalmente al Nord, e che quindi le regioni centro meridionali saranno nel complesso escluse dagli aiuti statali. Sarebbe stato più efficace dare una risposta concreta a detrazioni fiscali del 55% ancora in forse. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, insieme al risparmio energetico, sono una risposta immediata ed efficace al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della Co2 indicati dall’Unione Europea, spendendo meno che col nucleare. Per un Paese, investire nelle energie rinnovabili, contribuisce alla costruzione di un sistema imprenditoriale innovativo e diffuso, che, ad esempio, in Germania, occupa ormai 250.000 lavoratori, in grado di competere sul mercato globale. L'unico settore su cui gli incentivi avranno davvero incidenza è quello della banda larga che garantisce l'accesso a Internet veloce a tutti i giovani tra i 18 e i 30 anni. “Navigate giovani – conclude Poggio – così scoprirete politiche ben più serie da parte degli altri paesi d’Europa”

 

 

WWW.LAVOCE.INFO - MARTEDI', 4 maggio 2010

 

 

CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI

 

Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica, vantaggiosa anche per l'ambiente.
Negli scorsi giorni l’Osservatorio “Audimob” dell’Isfort ha pubblicato il “Rapporto su stili e comportamenti di mobilità degli italiani”. La ricerca sintetizza i risultati di dieci anni di indagini ed evidenzia una crescita complessiva della domanda di trasporto, espressa in termini di passeggeri-km, tra il 2000 e il 2009 pari al 17,8 per cento. Rimane pressoché invariato il numero di spostamenti per persona (tre al giorno) mentre cresce la distanza media di spostamento, da 9,6 a 11,4 km, con un più 18,8 per cento. Aumenta, ma in misura più contenuta, il tempo medio di spostamento, che passa da 19 a 21 minuti. Ci si sposta dunque più rapidamente oggi rispetto a dieci anni fa: la velocità media passa da 30 a 32 km/h. In parallelo, si registra un’ulteriore riduzione della quota degli spostamenti effettuati a piedi e con i mezzi collettivi e prosegue la crescita della domanda soddisfatta dall’auto che, nel 2009, è risultata di poco inferiore al 75 per cento, cinque punti in più rispetto a inizio secolo. Sembrano quindi non aver raggiunto l’obiettivo auspicato le politiche di riequilibrio modale che trovano un generale consenso in entrambi gli schieramenti politici. Ma quali sono le ragioni del fallimento? È perché agli innumerevoli proclami sulla mobilità sostenibile non ha fatto seguito un impegno corrispondente in termini di potenziamento dell’offerta di infrastrutture e di servizi di trasporto collettivo?
VINCE SEMPRE L’AUTO
Per rispondere all’interrogativo può essere utile confrontare i dati relativi alla ripartizione modale in Italia con quelli di Germania e Francia, paesi che presentano un livello di offerta di trasporti pubblici superiore a quello dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi. Ebbene, stando ai dati forniti dalla Commissione Europea che si riferiscono ai soli spostamenti motorizzati, nel 2007 la quota di domanda soddisfatta dall’auto è stata pari all’81,8 per cento in Italia, all’83,9 per cento in Francia e all’84,4 per cento in Germania.
In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman: probabilmente, la differenza è dovuta a una maggiore concorrenza tra i servizi automobilistici e ferroviari a lunga percorrenza, considerato che la legislazione francese vieta l’istituzione di linee automobilistiche parallele alle ferrovie. In Francia e Germania la domanda soddisfatta dagli impianti fissi in ambito urbano risulta doppia rispetto a quella italiana: 1,5 contro 0,7 per cento.
Tabella 1 - Ripartizione modale del trasporto passeggeri terrestre in Germania, Francia e Italia - anno 2007

Fonte: elaborazione su dati European Commission, EU Energy and Transport in Figures 2009, p. 119
D’altra parte, nella stessa Svizzera, paese europeo con il miglior sistema di trasporto pubblico di breve e lunga percorrenza, la quota modale dell’auto è di soli tre punti inferiore a quella italiana.
L’ILLUSIONE DEL RIEQUILIBRIO MODALE
I dati sembrano evidenziare come i risultati che possono essere conseguiti con il miglioramento dell’offerta di trasporti collettivi siano molto modesti e tali da non mutare significativamente l’evoluzione di lungo periodo dell’impatto ambientale della mobilità.
Di questa realtà erano consapevoli gli estensori del Piano generale dei trasporti e della logistica del 2001 che prevedeva come “massimo riequilibrio modale possibile”, in presenza di “notevoli interventi infrastrutturali e organizzativi”, una riduzione della quota del trasporto passeggeri su strada dal 1998 al 2010 pari all’1,6 per cento. Nello stesso documento si precisava prudentemente che tali “previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come uno strumento per l’individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale e non necessariamente come dei futuri possibili”.
L’illusione del riequilibrio modale è resa evidente anche dalle ricadute di due tra i maggiori investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo realizzate in Italia negli ultimi anni. Si tratta della metropolitana di Torino e della linea alta velocità da Roma a Napoli. A Torino, la mobilità individuale nell’area metropolitana è stata ridotta di circa l’1,5 per cento. Nel caso della nuova linea ferroviaria, si è registrata una contrazione del numero di spostamenti in auto tra le due città pari all’1 per cento: 2,76 milioni nel 2005 e 2,74 milioni nel 2007. L’Av ha prodotto un aumento rilevante della domanda soddisfatta dal treno (da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri) con conseguente crescita complessiva di emissioni e consumi energetici. (1)
Pur migliorandone le prestazioni, il trasporto collettivo può risultare competitivo rispetto a quello individuale solo per un segmento della mobilità: gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Per gli altri viaggi, che rappresentano una quota crescente della domanda complessiva, il divario in termini di prestazioni con il trasporto individuale non appare colmabile, quale che sia il livello di spesa pubblica per il settore.
Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai più velocemente in metropolitana invece che su bus. Certo, in ambito urbano vi sono benefici anche in termini di riduzione della congestione. Ma è la politica più efficace per il miglioramento della mobilità individuale? Investire ingenti risorse pubbliche per “convincere” un piccolo numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Non sarebbe preferibile adottare una soluzione più diretta con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio? La seconda opzione avrebbe il vantaggio di essere più sostenibile in termini di finanza pubblica. In primo luogo perché non verrebbero a mancare gli introiti fiscali correlati all’uso dell’auto. Inoltre, la realizzazione di impianti fissi è generalmente a carico della collettività e, nelle condizioni attuali di basse tariffe ed elevati costi di costruzione e gestione, genera un incremento della spesa pubblica. Nel caso della realizzazione di tunnel stradali, invece, i pedaggi potrebbero consentire, con elevati flussi di traffico e basse velocità di spostamento in superficie, di coprire i costi di gestione e di ripagare quantomeno parzialmente l’investimento. A Oslo, un tunnel che attraversa la città è stato ripagato con i pedaggi riscossi per accedere all’area urbana nell’arco di poco più di un decennio. A Parigi è stata da poco aperta al traffico una “metrostrada” interamente finanziata con capitali privati. È attualmente in fase di progettazione un tunnel stradale che attraversa la città di Milano da nord-ovest a sud-est.
Con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee si avrebbero anche benefici ancillari in termini ambientali: un aumento della velocità media di spostamento determina infatti una riduzione dei consumi unitari e delle emissioni. Più velocità, meno inquinamento e meno tasse. Un’alternativa win-win-win (per gli automobilisti, l’amb