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Rassegna stampa
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2010
Goletta Verde: i fiumi inquinano il Golfo - PRESENTATO
IL RAPPORTO AMBIENTALISTA. SOTTO ACCUSA ANCHE TRIESTE
SAN GIORGIO DI NOGARO Allarme sulle coste della regione:
in tutto il litorale sono nove i punti critici individuati da Legambiente che
non hanno superato il test anti-inquinamento cui l'associazione li ha sottoposti
nelle ultime settimane. Le analisi condotte sui campioni d'acqua prelevati hanno
sforato di gran lunga i limiti consentiti dalla legge. Un paradosso,
considerando l'entrata in vigore della nuova normativa sulla balneabilità, che
proprio quest'anno ha introdotto limiti assai più permissivi del passato. Forte
il grido di allarme che si è alzato ieri dal porto di San Giorgio di Nogaro,
dove ha attraccato la Goletta Verde di Legambiente, la barca che costeggia la
Penisola per monitorare lo stato di salute delle acque italiane. A risultare
fortemente inquinate soprattutto le foci di quattro fiumi: Ausa, Stella, Isonzo
e Tagliamento. Ma preoccupano anche le altre cinque località che sono state
inserite nell'elenco da “codice rosso”: il lido di Marina Julia, a Monfalcone, e
la località Pantanel, vicino al depuratore di Lignano Sabbiadoro. In comune di
Grado sono invece il canale di Fossalon e Punta Sdobba a far alzare i campanelli
d'allarme. Gli ambientalisti individuano nel problema-depurazioni la fonte
principale di inquinamento. Reti fognarie deficitarie, con depurazioni che in
alcuni casi sono completamente assenti. Poi la cattiva manutenzione delle
condutture create per scaricare il liquame in mare aperto. È il caso di Trieste,
con il depuratore di Servola su cui è stata riscontrata un falla proprio in
prossimità dell'area marina protetta di Miramare.
«Parte del liquame fuoriesce da una frattura che si è aperta lungo la condotta
sottomarina dell'impianto – parla Lino Santoro, del comitato scientifico di
Legambiente –. Ma sono le condutture stesse a depurare il liquame, il cui
trattamento biologico risulta completo solo alla bocca del “tubone”. Se le
perdite avvengono prima che il processo di depurazione sia completato, allora
l'inquinamento è assicurato». Le analisi confermano questa teoria, visto che i
campioni d'acqua prelevati in quel punto dimostrano livelli di contaminazione
oltre sei volte superiori ai limiti di legge. «La grave contaminazione
microbiologica – sintetizza Giorgio Zampetti, portavoce di Goletta Verde – si
traduce in un forte pericolo per la salute dell'ecosistema marino e costiero». E
i casi di illegalità? In media 1,6 per chilometro di costa, tra abusi edilizi,
pesca illegale, scarichi abusivi e infrazioni al codice della navigazione.
Piano regolatore, Dipiazza tradito dalla Lega - Una
mozione per la riapertura dei termini dello strumento urbanistico mette ko la
maggioranza
COLPO DI SCENA IN CONSIGLIO COMUNALE - Ferrara,
capogruppo del Carroccio: ma il Pdl non ha fatto proprio nulla per fermarci
Tradito in contumacia senza avvisaglie nel cuore della notte - fra lunedì e
ieri - e persino da alcuni di quegli alleati che gli avevano stretto la mano
solo tre giorni prima, in occasione della resa dei conti di maggioranza finita a
tarallucci e vino. È mezzanotte quando in Consiglio comunale, a sorpresa, si
mette in moto la trappola politica con vittima sottintesa Roberto Dipiazza. Lui
è lontano, per un un buen retiro di dieci giorni voluto per decantare
l’insofferenza verso una maggioranza, appunto, sempre più anarchica. La trappola
è una mozione padana del 22 aprile che «impegna sindaco e giunta comunale a
modificare e quindi riadottare il Piano regolatore» e «a riaprire i termini per
la presentazione delle osservazioni/contestazioni, inviando raccomandata a tutti
i cittadini interessati». Passa con venti sì (centrosinistra, Bandelli boys e
soprattutto Lega), un no (il presidente d’aula Sergio Pacor) e un non voto con
tanto di dichiarazione (l’Udc Roberto Sasco), il resto del centrodestra si
chiama fuori dalla conta e basta. Ne viene vuori una marcia indietro
tecnicamente (e giuridicamente) improponibile, - nel senso che non inficia la
marcia d’approvazione del Prg che Dipiazza spinge per chiudere entro agosto - ma
che custodisce in sé il germe del giudizio politico (negativo) nei confronti del
sindaco. Succede tutto in coda a una seduta già sofferta, per la maggioranza,
con la delibera dell’assessore forzista Paolo Rovis sullaFiera non votata dai
forzisti. I capigruppo discutono se sia il caso di smaltire qualche vecchia
mozione. Fabio Omero per il Pd propone la numero 37. È proprio quella sulla
riapertura dei termini per il Prg. Al padano Maurizio Ferrara sta bene, e ci
mancherebbe, gli altri boss del centrodestra non fanno barricate. Il dado è
tratto.
Si va all’esame del documento e lì si capisce che il centrosinistra farà massa
critica con i due leghisti e i quattro bandelliani del Gruppo Sulli nel
destinare agli annali del Consiglio una sconfessione, formale, dell’operato del
primo cittadino. Piero Camber, Antonio Lippolis e Angelo Pierini organizzano la
non partecipazione al voto di Fi-Pdl, An-Pdl e Lista Dipiazza ma il dato
politico non si può più cancellare. «Il Pdl - sospira Ferrara - avendo la
maggioranza ponderale in conferenza capigruppo, come fatto spesso, poteva
tranquillamente bloccare la discussione di tale atto. Non avendolo fatto,
inaspettatamente, non poteva poi pretendere che ritirassi una mozione così
importante per i cittadini e che era stata condivisa con il gruppo dirigente
della Lega». «Ferrara ha buttato nello stagno un macigno, altro che sassolino, e
a Camber non è riuscito il tentativo di far mancare il numero legale», rileva a
sua volta Bruno Sulli. «È una vittoria politica forte a supporto di quei
proprietari che si sono visti senza ragione penalizzati da questo piano», fa eco
l’altro padano Giuseppe Portale. «Anche noi - polemizza Lippolis - stiamo
denunciando alcune cose di questo Prg, ma sempre nell’ottica di migliorarlo e
votarlo. Altri invece lo vogliono usare per far finire in un certo modo il
cammino di quest’amministrazione». «Non cambia nulla, si va avanti col Prg - si
fa imperturbabile Camber - anche se è ormai chiaro che c’è qualcuno che vuole
tornare al vecchio Prg cementificatore. Noi però continueremo a lavorare
nell’interesse generale e non personale». «Non si può tornare indietro, ho detto
no a un’ipocrisia», taglia corto Pacor. Sasco però ammette: «Mi sono astenuto
perché convidevo le osservazioni della Lega ma non me la sentivo di votarla,
questa d’altronde era ed è una mozione sfiducia per Dipiazza. Mi dispiace, ma ne
esce male». È un assist all’opposizione. «Dipiazza dovrebbe rientrare
immediatamente dalle ferie e prenderne atto», incalza l’illyano Roberto Decarli.
«È l’ovvia conseguenza - la chiosa di Omero - della secretazione sull’iter. Se
racconteranno che così si vuole fare un regalo ai costruttori diranno una balla.
Il Prg è in regime di salvaguardia fino ad agosto 2011, e se fosse riadottato
prevederebbe una nuova salvaguardia fino al 2013».
PIERO RAUBER
SEGNALAZIONI - PRG - Commissione «segreta»
Che brutta cosa, quando i politici usano la forza per
tenere i cittadini pacifici all’oscuro dei segreti del potere. Com’è successo
l’altro giorno a Trieste: la Commissione edilizia del Comune si riuniva per
cominciare a discutere le migliaia di osservazioni presentate dai triestini al
Piano Regolatore e nove abitanti di Banne volevano ascoltare, dato che molte
osservazioni sono loro, sulla caserma dismessa di Banne e sul rischio di scempi
edilizi ai danni del Carso.
Ma sulle scale i nove cittadini vengono fermati dai vigili urbani che (su ordine
dell’assessore o del sindaco) impediscono l’accesso alla sala. Perché? Perché la
riunione della Commissione è secretata e dunque a porte chiuse. Io non conosco i
cavilli dei regolamenti comunali e dico chiaro e tondo che non me ne frega
nulla. Perché io grido una cosa diversa: è orribile e disgustoso che i
rappresentanti pubblici discutano e decidano in segreto di cose che toccano
direttamente i loro elettori. E non posso fare a meno di porre una domanda:
cos’avete da nascondere?
Luciano Comida
SEGNALAZIONI - PRG - Grandi immobiliaristi
Apprendiamo dalle pagine di questo quotidiano le
alterne vicende del piano regolatore, fortemente voluto e sostenuto dal sindaco.
L’estensore degli articoli riporta che ci sono grandi controversie fra le forze
politiche e nella stessa maggioranza, contrarie alla lamentata limitazione
dell’edificabilità imposta ai piccoli proprietari. Nessuno però fa cenno
all’apertura concessa ai grandi immobiliaristi, che guarda caso in tutto questo
bailamme non si fanno sentire, ovviamente. Siamo sicuri che il sindaco non è
addentro a tutte le sfaccettature del piano, che essendo stato redatto in grande
segretezza dagli uffici, non è stato valutato e discusso già nella fase
estensiva. Ciononostante il sindaco lo difende a spada tratta, e sentiamo di
dovergli rivolgere un consiglio: attenzione a non fare il Robin Hood alla
rovescia, togliendo ai piccoli per dare ai grandi!
Sergio Kosic
Protesta del Miani: «Abbiamo vinto» - IL CIRCOLO CONTRO
LA FERRIERA - Finita dopo 24 ore l’occupazione dell’aula municipale
«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso».
È stata questa la frase pronunciata ieri sera da Maurizio Fogar, fondatore e
portavoce del Miani, circolo da tempo in prima fila nella battaglia per
l'immediata chiusura della Ferriera di Servola, all'uscita dal Municipio dopo
una notte e un'intera giornata di occupazione della saletta adiacente l'aula del
consiglio comunale. Assieme a Fogar una dozzina di persone, anch'esse
protagoniste della movimentata azione di protesta. Ad accogliere gli occupanti,
in piazza Unità, c'erano un centinaio di sostenitori del Miani che da tempo
protestano contro le emissioni prodotte dallo stabilimento servolano, muniti di
vuvuzelas e cra-cra, schierati attorno a una decina di striscioni, il più
vistoso dei quali, sistemato proprio sotto le finestre del Consiglio comunale,
recava un'evidente scritta "vergogna".
Fogar ha spiegato così la sua sensazione di vittoria: «È evidente che quando un
Comune è costretto a utilizzare i metodi dei quali siamo stati vittime - ha
detto il portavoce del Miani - sono i cittadini a vincere e la classe politica
che governa a perdere». Fogar ha raccontato ai presenti di «un tenente dei
vigili urbani che dopo la notte da noi trascorsa nella saletta, nella vana
speranza di poter incontrare i capigruppo del Consiglio come ci era stato
promesso dal presidente Sergio Pacor, ci ha annunciato che nessuno sarebbe
potuto uscire né entrare e che non ci sarebbero state deroghe per poter
soddisfare le esigenze personali. Più tardi - ha aggiunto - sono state sigillate
le porte e un gruppo di vigili urbani ha sequestrato i sacchi neri in dotazione
nell'aula del Consiglio, probabilmente per impedirci di utilizzarli come
improvvisati wc».
Ieri, nella tarda mattinata, Fogar ha sostenuto di non avere potuto svolgere
l'annunciata conferenza stampa «perché ai giornalisti è stato vietato di
salire». Questi fatti, «uniti all'impossibilità di poter accedere agli ordini
scritti impartiti ai vigili, come sarebbe nei nostri diritti - ha continuato
Fogar - ci hanno fatto capire di essere al cospetto di un Comune retto come se
fosse una qualsiasi repubblica sudamericana di triste memoria. Per questo - ha
concluso - considero la nostra azione una grande vittoria, ancor più importante
perché ravvicinata rispetto alla prossima scadenza elettorale amministrativa».
«Questo è il peggiore modo di accogliere le pacifiche istanze dei triestini», ha
detto Paolo Menis, del gruppo Beppe Grillo, commentando l’ordinanza che impediva
«agli occupanti di uscire dalla sala anche solo per recarsi ai servizi» - e «per
affrontare uno dei disastri più gravi per la città, l'inquinamento prodotto
dalla Ferriera».
Ugo Salvini
Sgonico e Dolina: mai acqua privata - APPROVATE LE
MOZIONI
SGONICO Il riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. Con una delibera a Sgonico ed una mozione a San Dorligo della Valle firmata dal capogruppo di Rc-Ci Igor Ota i due consigli comunali hanno dato il via libera per la modifica dei rispettivi statuti per riconoscere l’'acqua come bene pubblico. A Sgonico la delibera è passata all'unanimità, mentre a San Dorligo i partiti di opposizione hanno preferito astenersi. «L’affidamento a imprese private o pubblico-private dei servizi idrici - ha commentato Drozina del Pdl-Udc di San Dorligo - non significa che l'acqua può essere privatizzata».
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO ENERGETICO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia. Gli operatori di
Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere
fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi
tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle
agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti n.
5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
LE ORE DELLA CITTA' - FESTA PER L’ACQUA
Saranno presentati oggi alle 16 i dati sulla raccolta
firme della Campagna referendaria Acqua pubblica. Verranno anche illustrate le
ultime due iniziative di festa e di raccolta firme che concluderanno la campagna
referendaria: Festa per l’acqua a San Giovanni venerdì 2 luglio, e Un tuffo per
l’acqua all’Ausonia alle 20 il 4 luglio.
SEGNALAZIONI - Ferrovie, Trieste isolata da Austria e
Slovenia
Apprendiamo dal vostro giornale (del 15.6.2010)
dell’approvazione Ue al progetto «Micotra - Miglioramento dei collegamenti
transfrontalieri di trasporto pubblico» che intende avviare un servizio
ferroviario sperimentale passeggeri diurno tra Udine e Villach. Questa
associazione ha da tempo cercato di porre all’attenzione dell’opinione pubblica
e degli amministratori pubblici, sia attraverso il vostro giornale sia anche in
altre sedi, anche istituzionali, il problema macroscopico dell’isolamento
ferroviario passeggeri verso i paesi contermini (Austria e Slovenia) che da
qualche anno affligge la regione Friuli Venezia Giulia, e non può che esprimere
apprezzamento per l’avvio di un progetto che ripristini i collegamenti
ferroviari passeggeri con l’Austria. Va ricordato che negli ultimi anni la
regione ha visto cancellati quasi tutti i collegamenti internazionali che la
collegavano all’Austria, alla Slovenia, e al resto dell’Europa centrale e
balcanica. Riteniamo quindi che quanto prospettato per il recupero del servizio
Udine-Villach si debba poter estendere anche ai collegamenti da Trieste e da
Gorizia verso la Slovenia, questo per rompere un isolamento, specie della città
di Trieste, che è sicuramente una delle concause della lamentata «poca
raggiungibilità» che ne danneggia non poco l’immagine turistica. Ci sembra
evidente la necessità di passare dalle «Frontiere senza treni» ai «Treni senza
frontiere», cosa che deve essere risolta con l’indispensabile spinta delle
realtà regionali.
Leandro Steffè - presidente Ferstoria - Associazione per la storia
ferroviaria del Fvg
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2010
Ministero senza direttori, stop all’iter delle
bonifiche - Nomine illegittime per la Corte dei conti. In frenata anche Prg
portuale, Ferriera e rigassificatore
Già per definizione, un ministero non è mai sbrigativo. Ci
si figuri, allora, a quali ritmi da bradipo rischia d’arrivare - in barba alle
fregole di cittadini, imprese e, perché no, degli stessi enti locali - se rimane
di botto senza capi, senza i superburocrati con potere di firma. Riunioni
rinviate a data da destinarsi, pratiche messe in ghiaccio, pile di carte che
crescono di giorno in giorno in attesa di un autografo che le renda esecutive.
Stringi stringi, non si muove foglia. Ebbene, tutto ciò sta succedendo da un
mese. Nel dicastero dal quale, più che da altri, dipende di questi tempi il
destino di Trieste - tra bonifiche, riconversione della Ferriera, nuovo Piano
regolatore portuale e rigassificatore - e che, evidentemente non a caso, esprime
dal 2008 l’unico uomo di Governo venuto dalla Venezia Giulia: il finiano doc
nonché vicecoordinatore regionale del Pdl e sottosegretario all’Ambiente,
Roberto Menia.
L’IMPASSE Dalla fine di maggio, infatti, il ministero dell’Ambiente è costretto
a sopravvivere senza tre dei suoi cinque direttori generali, il che lascia in
eredità pesanti frenate (e incertezze sui tempi) anche sulle più importanti
partite triestine tutt’ora aperte: a essere scoperte sono le poltrone di Nicola
Storto, capo degli Affari generali, di Mariano Grillo, responsabile delle
Valutazioni ambientali (le cosiddette Via cui devono essere sottoposti sia il
Prg portuale che disegna il prolongamento del Molo VII e la realizzazione del
Molo VIII, sia il progetto del metanodotto Snam Trieste-Grado senza il quale la
Regione non è autorizzata ad autorizzare Gas Natural a fare il rigassificatoe),
e soprattutto quella di Marco Lupo, il direttore dei direttori dall’alto della
sua delega alla Tutela del territorio. Colui che aveva ereditato il complicato
caso bonifiche da Gianfranco Mascazzini (diventato dopo la pensione consulente
della Sogesid, la Spa in house del ministero stesso) e che il 24 maggio, nelle
ultime ore da numero uno del dicastero, era venuto a Trieste proprio per tentare
di sbloccare il caso bonifiche incontrando Menia, il governatore Renzo Tondo e i
rappresentanti delle categorie.
LA BOCCIATURA Il perché di una simile decapitazione sta tutto in una delibera
con cui la Corte dei Conti, il 27 maggio scorso, ha ritenuto non legittime le
nomine di questi tre direttori, datate 2009, nell’ambito del piano di
riorganizzazione e snellimento del dicastero impresso dal ministro Stefania
Prestigiacomo. Alla quale è stata così eccepita la decisione di far occupare a
personale esterno posizioni apicali - come quelle affidate a Storto, Grillo e
Lupo - a fronte di un buon numero di direttori di prima fascia già disponibili e
stipendiati come tali.
IL SUPERSTITE Gli unici due direttori generali rimasti al loro posto, nella
rivoluzione del 2009, erano stati Corrado Clini allo Sviluppo sostenibile, clima
e energia e Aldo Cosentino alla Protezione della natura. E come tali non sono
stati toccati dalla scure della Corte dei Conti dell’altro mese. Per il secondo,
però, è arrivata nel frattempo l’ora della pensione, il che fa di Clini una
sorta di highlander. Al punto che la Prestigiacomo starebbe pensando - in attesa
che si possa concretizzare una non semplicissima leggina ad hoc per nominare i
nuovi manager del ministero - ad un interim plenipotenziario da affidare allo
stesso Clini.
LA PRECISAZIONE Per intanto, mentre nelle stanze dei bottoni cittadine
cominciano a serpeggiare ulteriori preoccupazioni per i destini delle partite
locali, è Menia in persona a predicare calma e sangue freddo. «Che questa cosa
possa produrre ritardi - precisa il sottosegretario - non c’è dubbio. Si tenga
conto, però, che le partite triestine vanno avanti abbastanza autonomamente
rispetto alle problematiche legate alle nomine dei responsabili del dicastero».
«Comunque - si fa sibillino Menia - sono questioni tecniche. Che risponda chi ha
combinato questo casino». Il ministro Prestigiacomo o la Corte dei Conti? «So -
risponde il fedelissimo di Fini - che ci sono degli atti che potevano essere
fatti meglio. Le nomine non le faccio io, e non mi occupo nemmeno delle relative
procedure. Non ho nessuna voglia, comunque, di polemizzare col ministro, che,
anzi, non può ovviamente essere contenta se certe cose del suo ministero sono
ferme».
PIERO RAUBER
Menia: «Il lavoro dell’ultimo anno non è perso» - Il
vicepresidente dell’Ezit Zuban: «Il governo deve trovare una rapida soluzione»
I TEMPI SI ALLUNGANO PER IL SITO INQUINATO
«È una notizia che, quando l’abbiamo saputa, ci ha fatto trasecolare. Noi
abbiamo bisogno come l’ossigeno di un accordo di programma sul Sito inquinato
d’interesse nazionale». C’era anche il vicepresidente vicario dell’Ezit, Stefano
Zuban, al vertice tra Menia, Tondo, Lupo e le categorie andato in scena lo
scorso 24 maggio nel palazzo della giunta regionale di piazza Unità. Soltanto
alcune ore più tardi la Corte dei Conti avvrebbe tolto di mezzo il regista
tecnico, cioè lo stesso Lupo, della trattativa tra Stato, Regione, enti locali e
imprenditori sulle bonifiche. E proprio mentre si stava profilando la scrittura
della 15.ma bozza d’accordo. Forse quella buona. E ora? Ora Zuban - che da uomo
della Cna indicato dalla Camera di Commercio nel Cda dell’Ezit si fa interprete
delle imprese insediate nel Sin - si professa «molto preoccupato». «Ci auguriamo
- dice - che il Governo possa mettere una pezza sopra questa situazione, in
tempi ragionevolmente brevi». Anche perché - e lo stesso timore fatto intendere
da Zuban arriva anche da altri addetti ai lavori che preferiscono non apparire -
stando a un’interpretazione giuridica che si sta facendo largo nel mondo delle
imprese triestino la dichiarazione di illegittimità di un burocrate renderebbe
illegittimi in maniera retroattiva gli atti amministrativi da lui firmati,
compresi gli impegni di spesa eventualmente sottoscritti.
«Non è che con Lupo erano stati fatti particolari passi avanti - rileva sempre
Zuban - perché gli oneri a carico delle imprese per danno ambientale erano
sempre e comunque di 236 milioni. Quantomeno con lui, però, il ministero
dell’Ambiente aveva validato finalmente le caratterizzazioni fatte dall’Ezit sui
primi 450mila metri quadrati del Sin, in base alle vecchie delegazioni
amministrative (12 milioni, ndr) della giunta regionale allora guidata da Illy.
Eppoi, soprattutto, per la prima volta, in un documento ufficiale, si parlava di
analisi del rischio», ovvero della procedura di verifica al termine della quale,
se un terreno rientra sotto soglia, viene restituito agli usi legittimi e chi lo
occupa non deve pagare alcuna bonifica. Ebbene, tutto questo rischierebbe di
essere carta straccia. Menia, però, qui intende metterci un punto. E
rassicurare: «Gli atti assunti dai direttori in questione - puntualizza il
sottosegretario - restano validi. Sono legittimi, tutelati, in base al diritto
amministrativo, dal principio di salvaguardia degli atti». «Lo stesso iter delle
bonifiche - conclude Menia - non viene inficiato. L’iter lo conlude il direttore
ma le firme, sull’accordo, le mettono materialmente gli organi d’indirizzo
politico, non tecnico, dunque il presidente della Regione, quello della
Provincia, il sindaco e il ministro».
(pi.ra.)
In ballo anche il via libera all’ampliamento dello
scalo - L’Authority attende la Valutazione ambientale al proprio Piano
regolatore
Un mese fa aveva superato quello che veniva ipotizzato
fosse lo scoglio burocratico più grosso, l’ok del Consiglio superiore dei lavori
pubblici. Ora, però, potrebbe trovarsene davanti uno ancora più ingombrante: il
parere di Via del ministero dell’Ambiente. Non è forse destino, insomma, che il
Piano regolatore portuale, firmato dal presidente dell’Authority in scadenza a
fine 2010 Claudio Boniciolli, potesse correre veloce in dirittura d’arrivo fino
al rientro ultimo in Regione. «Il Prg portuale è una delle cose effettivamente
da chiudere, e che come istruttoria può comunque procedere, e su cui stiamo
lavorando», assicura Menia. È forte d’altronde nei centri di potere cittadino la
voglia di veder validato un Prg portuale che vanta un predecessore soltanto, del
1957, e che traccia il percorso tanto del prolungamento del Molo VII quanto
della creazione del Molo VIII. La rampa di lancio di un altro mondo, di fatto, a
prescindere dalle prospettive del superporto targato Unicredit che comunque
insisterebbe prima su un Molo VII raddoppiato e poi su un ruolo baricentrico del
Molo VIII. Un mondo che, a quel punto, graviterebbe attorno alla contestuale
Piattaforma logistica (per la quale sta spingendo il ticket Gavio-Binasco) e a
una costa ridisegnata per il dopo-Ferriera, tra Piattaforma logistica appunto,
rigassificatore stesso e mega-centrale elettrica Lucchini. Un dopo-Ferriera,
guarda caso, all’interno del perimetro del Sin. Tutto dipende insomma dalla
velocità di reazione della burocrazia. Non solo del ministero dell’Ambiente. Ma
anche - maligna qualcuno a palazzo - di altri dicasteri. Su tutti quello dello
Sviluppo economico, il cui interim resta a Berlusconi visto che Scajola non è
mai sostituito, a fronte della fresca nomina di Brancher per deleghe solitamente
bossiane. Roberto Dipiazza in questi giorni è in buen retiro dopo i traballi di
maggioranza. In Comune parla Roberto Sasco, uomo Udc, presidente della Sesta
commissione Urbanistica, competente anche in materia di Ambiente. «Lo stallo dei
dirigenti al ministero - dice Sasco - può comportare il rischio di ulteriori
lungaggini burocratiche. E proprio in una città, Trieste, dov’è molto forte il
vincolo ambientale. Auspico che il sottosegretario Menia se ne faccia carico».
(pi.ra.)
«Prg, la politica ha escluso la gente» - L’INCONTRO
PUBBLICO CON BANDELLI DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
Un secco no al Piano regolatore del Comune «perché non
risponde alle reali esigenze della popolazione e perché è stato definito senza
il coinvolgimento della gente». Franco Bandelli, leader dell'associazione
"Un'altra Trieste", è stato chiaro ieri sera, nel corso dell'incontro pubblico
”Piano regolatore, Trieste ha diritto di sapere”. Parlando a circa 200 persone
che hanno riempito una sala dell'hotel Savoia, l'ex assessore della giunta
Dipiazza ha lanciato strali in tutte le direzioni. Verso la maggioranza che
governa il Comune e «ha deciso tutto senza consultare professionisti del
settore, comitati di quartiere, categorie interessate», verso «quegli assessori
e consiglieri comunali e circoscrizionali pronti a mediare in Commissione e in
aula dopo aver espresso perplessità attraverso i giornali, ma solo per motivi
strumentali». E poi verso «quella politica che ha manifestato il lato peggiore,
proprio in occasione della predisposizione del Piano».
Nei confronti di un attore della vicenda, il presidente della Camera di
commercio, artefice della proposta Parco del Mare, Bandelli ha avuto toni del
tutto diversi: «Saremo al suo fianco fino in fondo - ha dichiarato - se
finalmente prenderà una posizione decisa e precisa. Secondo noi il Parco si deve
fare, perché rappresenta una potenziale risorsa per la città, e lo si deve fare
nell'unica area adeguata e compatibile, quella del Mercato ortofrutticolo
all'ingrosso».
Entrando nel dettaglio del Prg oggi all'esame della Commissione, Bandelli ha
elencato sei punti a suo avviso «sbagliati e criticabili». Ha iniziato da Campo
Marzio, «zona nella quale è prevista una cementificazione che aumenterebbe del
30 per cento la cubatura», poi è passato al quadrivio di Opicina «dove diventerà
edificabile l'intero perimetro del nuovo parcheggio», al Villaggio del
Fanciullo, «destinato a venir circondato da nuove costruzioni», al Rio Martesin
«ultima delle aree urbane di alta valenza ambientale e che sarà pesantemente
cementificata», alla Costiera «dove la cubatura crescerà del 35%», al Parco del
mare «che in principio sembrava tutti volessero e invece adesso sembra diventato
l'oggetto misterioso, fonte di dubbi e imbarazzo». «Non siamo disposti a mediare
- ha concluso Bandelli -: o il Piano viene sostanzialmente modificato, o
lotteremo contro di esso con tutte le nostre forze».
Ugo Salvini
Riccardi: Corridoio 5 progettato entro dicembre
altrimenti addio ai finanziamenti europei
MA SULLA TRATTA TRANSFRONTALIERA IL TRACCIATO E’ ANCORA
TUTTO DA DECIDERE
TRIESTE Entro fine anno la progettazione preliminare del Corridoio 5 deve
essere completata, pena la perdita dei finanziamenti europei. Lo ha ricordato
ieri l’assessore alle infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso del dibattito
tenutosi nella sala Tessitori di piazza Oberdan a Trieste, in occasione della
presentazione del libro ”Corridoio 5 – Storia, problemi e prospettive” curato da
Romano Vecchiet. Nel corso del dibattito, moderato dal direttore de ”Il Piccolo”
Paolo Possamai, Riccardi ha sottolineato come ci siano ancora dei nodi da
sciogliere, primo su tutti l’allacciamento della tratta del Friuli Venezia
Giulia con quella del Veneto.
«Esiste un problema sul punto di intersezione fra i due tracciati – ha affermato
l’assessore – visto che il Veneto porta avanti il tracciato lungo la costa
mentre noi abbiamo preferito l’affiancamento all’autostrada». Riccardi non ha
nascosto le perplessità sulla scelta veneta «ma non posso entrare nelle lo
decisioni. Di sicuro c’è che entro il 31 dicembre di quest’anno Italfer deve
presentare al Governo un progetto preliminare, altrimenti il rischio è di
perdere i finanziamenti comunitari». Tra oggi e domani Riccardi incontrerà i
sindaci della Basa Friulana per definire alcuni dettagli della tratta regionale
del Corridoio ferroviario. «C’è una sostanziale condivisione del territorio» ha
assicurato l’assessore che non ha mancato di riconoscere il lavoro svolto dal
predecessore, Lodovico Sonego.
Situazione diversa per la tratta transfrontaliera dove il forte dissenso creato
dal tracciato che attraversava la Val Rosandra. Da qui la scelta di optare per
il tracciato ”alto” che però ancora deve essere puntualmente definito sul piano
tecnico così come va ancora valutata la connessione con il porto di Trieste. «Un
tracciato definitivo ancora non c’è” ha sottolineato anche l’eurodeputata del
Pd, Debora Serracchiani che a sua volta ha ricordato come anche per il
coordinatore del progetto, l’olandese Brinkhorst, il nodo vero è quello
dell’allacciamento con il Veneto. Secondo Serracchiani «l’Italia rischia di
essere tagliata fuori sul piano infrastrutturale per problemi interni, e la
questione Friuli Venezia Giulia – Veneto ne è un esempio, e per difficoltà a
influire sulle scelte comunitarie».
Oltre ai nodi politici e tecnici, rimane ancora insoluta la questione delle
risorse visto che lo stesso Riccardi ha ammesso che al momento «non si sa chi
pagherà l’investimento la cui strategicità, comunque, è sotto gli occhi di
tutti». Gli ambientalisti, rappresentati nel dibattito da Dario Predonzan (Wwf),
ritengono che non siano necessari grossi interventi ma basterebbe potenziare le
linee esistenti realizzando nuovi binari solo per eliminare i ”colli di
bottiglia” nella Cervignano – Udine e nella S. Polo – Bivio di Aurisina.
Interventi che Riccardi ritiene necessari e che potrebbero essere concretizzati
rispettivamente ”con qualche decina di milioni e con 200 milioni” ma solo per
affrontare il periodo in cui le infrastrutture de Corridoio 5 saranno
realizzate. «Con questi interventi – ha assicurato l’assessore – si potrebbe
aumentare di 5-7 volte la movimentazione di container dal porto di Trieste».
ROBERTO URIZIO
«La giunta vigili sul progetto per il Corridoio 5» -
SGONICO. CONSIGLIO COMUNALE
«Vigilare attentamente sulla progettazione del Corridoio
5». E’ questa la raccomandazione fatta alla giunta Sardoc, durante l’ultima
seduta del consiglio comunale di Sgonico, da parte del capogruppo della
Slovenska skupnost Dimitri Žbogar. L’esponente dell’opposizione ha ricordato le
ultime evoluzioni del progetto della Tav. il cui percorso potrebbe interessare
anche il territorio di Sgonico: «Auspico che la giunta faccia attenzione e
vigili su tutti i progetti con grandi infrastrutture che potrebbero interessare
i siti posti nel nostro comune, in particolare per quanto riguarda la Tav».
Preoccupazione aL riguardo è stata espressa anche dal vicesindaco Rado Milic:
«E’ da anni che si parla di questo progetto ma i comuni interessati come il
nostro continuano a non essere interpellati e informati». Milic ha evidenziato
come «le ultime notizie apprese dalla stampa sul possibile tunnel non
rassicurano di certo, anche perché ci chiediamo come si può pensare di perforare
il Carso in prossimità della Grotta Gigante».
Il vicesindaco di Sgonico ha annunciato che a breve la giunta chiederà un
incontro all’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, per
avere delucidazioni in merito agli ultimi progetti sull’Alta velocità.
Sulla stessa lunghezza d'onda, ma con riserva, il capogruppo del Pdl-Udc, Denis
Zigante: «Sono sicuramente d'accordo con il consigliere Žbogar affinché il
sindaco Sardoc vigili come chiesto pubblicamente in consiglio comunale, perché
ritengo che l'amministrazione debba farsi coinvolgere su un tema così importante
senza che questo arrivi sopra le nostre teste senza un controllo».
Allo stesso tempo però Zigante ha esplicitamente messo in chiaro di «non
auspicare la creazione dei presupposti di una nuova Val di Susa, ossia di
evitare uno scontro frontale senza avere prima spiegazioni e cautele
sull'impatto controllato del progetto della Tav, perché il progresso deve avere
la precedenza e non può essere ostacolato senza un valida ragione».
(r.t.)
La Goletta Verde approdata a San Giorgio di Nogaro - Un
convegno sulla laguna di Grado e Marano e domani rotta verso la costa romagnola
SAN GIORGIO DI NOGARO Fra ieri e oggi ssi svolge a San
Giorgio di Nogaro (Udine) la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la
storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione
sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e
delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque
Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club,
promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione
e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Ieri a San Giorgio si è svolto anche un convegno sul futuro della laguna di
Grado e Marano. Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in
direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
Pista ciclabile, distrutto il punto di ristoro - L’Info
Point di San Giacomo danneggiato da ignoti vandali. Area già degradata -La
Provincia rimetterà a posto
Più che un punto di ristoro per ciclisti, ormai è un punto
di ritrovo per i vandali. L'info point di San Giacomo, inaugurato cinque anni
fa, dovrebbe essere dedicato agli sportivi che percorrono la pista
ciclo-pedonale che collega San Giacomo a Draga Sant'Elia. Un luogo dove trovare
informazioni, dei bagni e magari qualche genere di conforto.
Ben diversa è la situazione attuale. Le due ali dell'info point sono coperte di
scritte, al punto che ormai è a malapena possibile vedere attraverso le vetrate.
E il poco che si riesce a scorgere non è edificante: le luci giacciono rotte a
terra, fra lattine vuote e cartacce. La porta d'ingresso dei bagni è stata
divelta e il loro interno è coperto di "tag", ovvero firme stilizzate.
La pavimentazione esterna è sconnessa, mentre appoggiati ad un muro ci sono i
resti bruciati di un divano. Di fianco ci sono una lamiera ondulata, un sacco
nero pieno di immondizie e un lavabo con tutto il suo ripiano. La galleria che
conduce alla struttura è sporca di deiezioni e alla sua entrata sono state
abbandonate delle impalcature di legno. I muri intorno sono imbrattati di
vernice colorata. Ovunque immondizia e vetri rotti.
L'info point di San Giacomo è stato inaugurato il 25 novembre 2005 da Fabio
Scoccimarro, all'epoca presidente della Provincia. I lavori per la realizzazione
del chiosco informativo e del sottopasso della Sp 11."di Prebenico"sono costati
1.691.155,72 Euro. Sono passati cinque anni: il sottopasso si allaga dopo ogni
acquazzone, mentre l'info point è distrutto. Tant'è che il 4 marzo scorso la
Giunta Provinciale ha approvato all'unanimità lo stanziamento di 218.000 Euro
destinati alla manutenzione straordinaria dei queste opere.
«Penso che entro la fine di quest'estate tutti i lavori necessari per rimettere
a nuovo l'info point verranno terminati», assicura Mauro Tommasini, assessore
provinciale ai lavori pubblici. Il futuro della struttura rimane comunque vago:
«Intanto riporteremo la struttura al suo stato originale -dichiara Tommasini-
poi valuteremo le varie possibilità legate ala sua gestione».
La bellezza del tracciato che segue il percorso della vecchia ferrovia Trieste -
Erpelle è in contrasto con l'abbandono della struttura che dovrebbe promuoverne
l'immagine. Questa è una cattedrale nel deserto» afferma un signore con un cane
al guinzaglio. «Io vengo qui ogni giorno -racconta- e vedo che da anni è tutto
abbandonato. Rubinetti e lavandini così belli ce li sogniamo noi, ed ecco come
sono ridotti», dice guardando amareggiato il bagno.
I prossimi lavori prevedono, oltre al recupero dell'info point, interventi di
pulizia e di manutenzione del tracciato. I problemi, infatti, sono molti e ben
noti: alcuni tratti sono invasi dalla vegetazione, mancano l'acqua, i servizi e
la manutenzione scarseggia.
Ma nei programmi della Provincia non ci sono né le fontanelle né i cestini
richiesti da molti. «L'acqua potrebbe essere utilizzata in maniera impropria, ad
esempio per lavare le automobili - spiega Tommasini - e sulla Trieste-Erpelle
-sottolinea- valgono i principi dell'escursionismo: ognuno deve portare via i
propri rifiuti».
La spesa totale per il recupero dell'Ex Ferrovia supera i 7 milioni di Euro,
finanziati prevalentemente con fondi comunitari Interreg e, in minor parte,
dalla Provincia e dall'accordo di Programma della Regione.
Giovanni Ortolani
SEGNALAZIONI - Ferriera e smog - SERVOLA
Io, come tante altre persone che abitano a Servola,
subisco quasi giornalmente l’attacco delle polveri e dei gas provenienti dalla
Ferriera – spesso l’aria è ammorbata dall’esalazioni di anidride solforosa
proveniente dai processi della cockeria e queste esalazioni creano notevoli
disagi (bruciore agli occhi, difficoltà di respiro), senza contare le polveri di
carbone che si depositano un po’ dappertutto e che adesso rispetto al passato
sono molto più insidiose in quanto molto più sottili.
Le autorità competenti (sic!) dovrebbero fare delle soste da queste parti ma non
toccata e fuga, dovrebbero dotarsi di un bel set da picnic (magari lo posso
fornire io gratuitamente visto che siamo in recessione) e sedersi sotto gli
alberi in via Pitacco verso le 5 del pomeriggio e forse si renderebbero conto di
cosa significa vivere ogni giorno in questa zona. Inoltre dovrebbero
parcheggiare le loro belle auto blu (pagate da tutti noi) ma anche le loro
private a Servola e specificatamente in un park di via del Pane Bianco così
forse si renderebbero finalmente conto, toccando con mano, l’imbrattamento
prodotto dalla Ferriera ottenendo in questo modo un doppio risultato, in primis
avrebbero la certezza che quanto sostengono gli abitanti di Servola sono cose
concrete e non baggianate (come si vorrebbe far credere) in secondo luogo modo
aiuterebbero anche l’economia in quanto dovrebbero far lavare le macchine ogni
giorno in uno dei tanti lavaggi auto che ci sono a Trieste. Questa dell’auto è
chiaramente una provocazione ma neanche tanto stupida visto che uno dei beni ai
quali gli italiani tengono di più è proprio l’automobile.
Detto questo è da tempo che mi sto chiedendo che cosa ci stanno a fare l’Arpa,
il Comune, la Provincia e l’Ass che siano stati incartati dall’«Aia»?
In definitiva gli sforamenti ci sono stati. Esiste una legge che indica quanti e
quali sforamenti ci possono essere nell’arco dell’anno e se gli stessi sono
stati superati si deve intervenire o con la chiusura o obbligando il gestore a
rientrare nei termini di legge. Io capisco il problema di chi lavora all’interno
di quell’ambiente e capisco anche che la proprietà ha il coltello dalla parte
del manico, 500 persone ti fanno pensare non una ma dieci volte prima di
prendere la decisione di chiudere. Come detto il solito ricatto.
Quello che si dovrebbe fare è colpirli dove sono molto sensibili con una bella
class action alla quale dovrebbero partecipare il Comune, gli abitanti di
Servola che sono i più diretti interessati e anche tutti gli altri cittadini
perché, come detto, le polveri e i gas non hanno confini.
Arduino Adamolli
QualEnergia.it - LUNEDI', 28 giugno 2010
Rinnovabili ed efficienza energetica sotto attacco
Il colpo di mano di Tremonti ai certificati verdi potrebbe rientrare grazie anche alle dure critiche di un settore imprenditoriale sempre più coeso. Lo stesso non si può dire per la prosecuzione della detrazione del 55%: i comparti legati all’efficienza energetica sono numerosi, così come i soggetti coinvolti, ma non hanno ancora una propria lobby.
Nel 2008 si era tentato di ridurre drasticamente
l’efficacia delle detrazioni fiscali del 55%, ma la sollevazione dei soggetti
interessati era riuscita a far fare marcia indietro a Tremonti.
In queste settimane il centro-destra in Parlamento ha cercato di azzoppare i
certificati verdi, lo strumento di incentivazione delle rinnovabili di grande
taglia. Anche in questo caso le reazioni sono state molto accese e tutto fa
pensare che verrà trovata una soluzione che consenta di sanare gli effetti di
questa maldestra iniziativa. È interessante sottolineare come in nessuno dei due
colpi di mano il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha la delega
dell’energia, abbia avuto un ruolo.
Se il colpo alle energie rinnovabili verrà bloccato, non pare invece che ci
siano molte possibilità per la prosecuzione delle detrazioni del 55% nel 2011.
Il fatto è che questa forma di incentivazione incide direttamente sulla
fiscalità generale, anche se molti studi hanno evidenziato che tra emersione del
sommerso, aumento delle entrate dell’Iva e delle tasse per le imprese coinvolte
le casse dello Stato avrebbe perdite minime o addirittura un vantaggio
economico. Ma in una fase in cui si tende a tagliare tutto, queste sofisticate
analisi vengono messe da parte.
I certificati verdi, la tariffa unica per gli impianti sotto 1 MW e il conto
energia per il fotovoltaico vanno invece ad incidere sulle tariffe elettriche e
non sulla fiscalità ,e quindi, sono meno sotto tiro.
Visto il grande supporto di cui godono le rinnovabili da parte dell’opinione
pubblica e considerata la massa critica degli interessi coinvolti, è più
difficile che gli attacchi a queste tecnologie vadano in porto.
Invece, in Italia come in Europa, i comparti dell’efficienza energetica sono
frantumati in mille rivoli e non hanno la stessa capacità di pressione che hanno
i settori legati alle rinnovabili.
Se dunque siamo soddisfatti della massa critica raggiunta dalle energie verdi,
dobbiamo però lavorare affinché i settori legati all’efficienza energetica
riescano in futuro a farsi sentire con maggiore forza.
Gianni Silvestrini
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 28 giugno 2010
LEGAMBIENTE: Corridoio V … la farsa continua
Nel lontano febbraio 2007, durante il convegno
dell’Istituto Gramsci sul corridoio V, Legambiente aveva posto pubblicamente 5
domande, sollevando alcune questioni fondamentali sulla validità e
realizzabilità della linea AV/AC Venezia-Trieste-Ljubljana: 1) dove sono i soldi
per realizzare l’opera? 2) Esistono delle alternative per trasportare le merci
su ferrovia? 3) Dove sono la trasparenza, l’informazione e la partecipazione dei
cittadini? 4) Servono veramente nuove infrastrutture o è l’organizzazione dei
trasporti che non funziona? 5) Se la nuova linea Venezia-Trieste-Ljubljana
venisse realizzata, siamo sicuri che le merci viaggerebbero per ferrovia?
Ovviamente a queste domande nessun rappresentante delle pubbliche
amministrazioni coinvolte ha mai risposto, salvo i sindaci e i comuni coinvolti
(tra cui S. Dorligo-Dolina, Doberdò-Doberdob, Villa Vicentina ed altri). Tra
l’altro, questi comuni hanno reso pubblici i documenti (tracciati, studi e
valutazioni) dei progetti che inutilmente cerchereste sul sito della Regione
Friuli-Venezia Giulia o del Comune di Trieste. Ma anche alle altre domande
dobbiamo rispondere noi: 1) la spesa prevista è di oltre 6 miliardi di euro tra
Mestre e Trieste, i fondi disponibili sono circa 100 milioni, quindi si possono
spendere i soldi per i progetti ma non ci sono i soldi per fare l’opera; 2)
basta aggiungere un binario aggiuntivo (o due se veramente necessari) tra il
Bivio San Polo e Monfalcone, e poi tra Monfalcone e il Bivio Aurisina, per
aumentare notevolmente la capacità delle linee attuali; 3) non risulta che la
Regione o la Provincia abbiano preso iniziative per informare i cittadini, né
tanto meno farli partecipare alle discussioni ed alle scelte. Lo hanno fatto i
comuni minori e il comune di Trieste, quest’ultimo però con un solo incontro
pubblico nel luglio 2009; 4) il sottoutilizzo (viene usata neppure per il 25%)
della nuova linea ferroviaria Pontebbana (Udine-Tarvisio) dimostra che la
cattiva gestione delle ferrovie e la spietata concorrenza dell’autotrasporto
(che ottiene anche sussidi dallo Stato) rendono inutili grandi investimenti
ferroviari nell’ambito della attuale politica dei trasporti; 5) se l’Italia e la
Slovenia decidessero di introdurre la tassazione dei camion (“eurovignetta”,
allo studio o applicata in diversi paesi europei) proporzionale al peso
trasportato, all’inquinamento provocato e alla distanza percorsa (come avviene
da tempo in Svizzera), allora sarebbe possibile il trasferimento del traffico
merci dalla strada alla rotaia. La realtà è ben diversa: i cittadini del FVG
danno il loro contributo (un milione e mezzo di euro nel solo 2009) agli
autotrasportatori per fargli trasportare (pochi) camion sui treni, ma se questo
contributo non ci fosse, i camion ritornerebbero sulla strada. Questi contributi
alla “autostrada viaggiante” sono un aiuto che non modifica il sistema
logistico: portare sui treni un camion col suo carico costa il doppio rispetto
al trasporto del solo carico, cioè al trasporto intermodale non accompagnato, il
solo che ha una sua validità economica. Ma è evidente che quella del
trasferimento modale che dovrebbe giustificare la rete dell’Alta Velocità/Alta
Capacità è solo una favola per il popolo, al solo scopo di usare enormi risorse
pubbliche per finanziare le grandi imprese di costruzioni (in altre parti
d’Italia) e di fare progetti non realizzabili (nella nostra regione).
In questa stessa sala, nel giugno 2008 fu presentato il tracciato del
collegamento Trieste-Divača, un’incredibile serpentina sotto la città di Trieste
che, circondando la Val Rosandra, sbucava nella costruenda seconda linea
Koper-Divača, per cui i treni merci dal porto di Trieste sarebbero dovuti salire
a 230 metri per poi scendere nuovamente a livello del mare. Era evidente, anche
dal punto di vista trasportistico oltre che per l’impatto ambientale, che il
progetto non stava in piedi, ma solo dopo le affollate assemblee popolari e la
presa di posizione del comune di Trieste i politici e gli amministratori
pubblici, anche a livello governativo, hanno preso atto che “non c’è il
consenso” alle follie proposte. Bene, ma per quello studio di fattibilità sono
stati spesi ben 1.380.000 euro (di cui un milione della Regione FVG), del cui
spreco qualcuno dovrebbe rispondere ai cittadini che pagano le tasse e a quelli
che avrebbero potuto ricevere beni e servizi, invece di contribuire al benessere
di progettisti e società di consulenza.
Ora, secondo il vice-ministro ai trasporti Roberto Castelli, il precedente
tracciato è stato scartato “perché non era condiviso dalla Regione, dalla
Provincia e tanto meno dalla popolazione”. Ma come può la popolazione
condividere il nuovo tracciato se ha visto solo una cartina sul Piccolo e non è
stata mai informata e coinvolta dagli enti proponenti? Finora è stato coinvolto
solo il comune di Duino-Aurisina, ma il nuovo tracciato coinvolge anche quelli
di Sgonico, Monrupino e Trieste. E resta invece aperto l’unico vero problema,
cioè come collegare meglio il porto di Trieste con Monfalcone-Udine-Venezia e
Ljubljana.
Secondo la stampa, il nuovo tracciato è composto (in Italia) da due gallerie
sotto il Carso di 12 km ciascuna, con un costo totale di quasi 2 miliardi di
euro (circa 79 milioni di euro a km). Quindi rimangono aperti tutti i gravissimi
problemi ambientali di lunghe gallerie in zona carsica. Ma, soprattutto, si
dovrebbe costruire un collegamento di quasi 30 km, di cui oltre 20 in galleria,
tra Aurisina e Divaccia, quando è noto che sulla linea Aurisina-Opicina passano
solo pochissimi treni merci, mentre la Sežana-Divača è utilizzata al 40%
solamente. Quindi una tratta che non serve, costa moltissimo e che probabilmente
la Slovenia non finanzierà mai (come del resto anche l’Italia). Quanto è
credibile e realizzabile il nuovo tracciato proposto? E’ vero che passa “un pelo
sopra Borgo Grotta Gigante”, quindi nei pressi della Grotta?
Anche i tempi previsti per la realizzazione dei diversi tratti sono tali da
rendere impossibile un rilancio del trasporto merci dal porto di Trieste su
ferrovia, perchè – come ha affermato il rappresentante di RFI Comin in un
incontro col consiglio comunale di Duino-Aurisina - la tratta
Monfalcone-Aurisina potrebbe essere completata verso il 2030, quella tra
Aurisina e Trieste verso il 2050 e quella tra Aurisina e Divača verso il 2080 (e
questo, aggiungiamo noi, solo se qualcuno darà i miliardi necessari).
Quindi si è preso atto solo delle più vistose assurdità e incongruenze del
progetto, e della naturale reazione dei cittadini delle aree interessate dal
tracciato, ma manca ancora il coraggio per effettuare una revisione radicale del
concetto di corridoio e una chiarezza delle priorità e degli obiettivi del
progetto, che dovrebbero essere legati alla realtà sopra ricordata. Bisogna
prendere atto, come sosteniamo da tempo, che per un vero rilancio del trasporto
ferroviario e intermodale occorre una nuova politica dei trasporti e una serie
di interventi mirati e veloci per ottimizzare, modernizzare e riutilizzare la
rete esistente, costruendo una quantità limitata di nuove tratte (tra cui
probabilmente il raddoppio della Udine-Cervignano, il rafforzamento del tratto
Bivio San Polo-Monfalcone-Bivio Aurisina e il breve collegamento tra Trieste e
Capodistria-Koper.
E qui si pone una nuova domanda: se è vero che il governo della Slovenia si
oppone ad un collegamento ferroviario diretto tra i due porti perché non
gradisce la possibilità che dei treni merci provenienti dal porto di Trieste
utilizzino la nuova linea Koper-Divača per immettersi nella rete slovena in
direzione di Ljubljana, come vengono giustificati i contributi dell’Unione
Europea alla costruzione della stessa linea Koper-Divača, che non è affatto
“transfrontaliera” e non deve esserlo?
Legambiente Friuli-Venezia Giulia - http://www.legambiente.fvg.it
Legambiente Trieste via Donizetti 5/a -
http://www.legambientetrieste.it
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2010
Il Parco del mare resuscita nel Piano regolatore -
Cassata da Dipiazza, nel documento urbanistico l’attrazione resta nell’area ex
Bianchi
Il sindaco ha optato alla fine per un grande acquario
nell’ex Salone degli Incanti tuttavia resta aperta la porta per la prima
soluzione
«Trieste non può sopportare un Parco del mare». Il sindaco Roberto Dipiazza
era stato chiaro, anzi chiarissimo alla fine dello scorso aprile. Specificando
l’unica strada per lui percorribile: «Un acquario da due, trecentomila
visitatori l’anno», da sistemare nel Salone degli Incanti. L’opzione “parchetto
del mare”, dalle proporzioni e ambizioni ben più contenute rispetto alla
soluzione tanto cara al presidente camerale Antonio Paoletti, strutturata nella
sua ultima ipotesi di location lungo l’asse area ex Bianchi - Magazzino vini -
ex Pescheria. Adesso però, nel periodo che coincide con il rush finale per
l’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore, emerge dagli incartamenti
un fatto: nelle controdeduzioni del Comune alle riserve della Regione sulla
variante 118 al Prg il Parco del mare c’è, è citato e non una volta ma a più
riprese. Lo strumento urbanistico lascia la porta aperta al progetto.
Un passaggio parla infatti di «interconnessione con l’ambito dell’ex piscina
Bianchi (l’area sulle Rive vicino al Magazzino vini, ndr) con reperimento di
parte dei parcheggi a supporto del Parco del mare». Con precisione si fa poi
riferimento nei documenti all’«insediamento del Parco del mare nell’area dell’ex
piscina Bianchi», scelta che «risulta sostenibile sotto il profilo della
mobilità» attraverso l’adozione di «alcune azioni» dedicate: «dotazione di
parcheggi», «incentivazione dei mezzi pubblici» e «possibili interventi di
compatibilizzazione viaria dell’asse delle Rive» per migliorare l’accessibilità
alla zona del Parco stesso. E ancora: «Nel caso dell’area dell’ex piscina
Bianchi le funzioni ammesse escludono interventi residenziali, in quanto
prefigurano per la stessa una trasformazione legata all’attività museale e ad
attività complementari finalizzate allo sviluppo turistico della città, con la
realizzazione del cosiddetto Parco del mare». Niente equivoci, il progetto c’è.
Nonostante la bocciatura di Dipiazza rimane lì, incastonato tra le righe del
documento prodotto dagli uffici comunali. Che specificano nel testo come «in
questa fase di pianificazione generale il Piano non ha voluto caratterizzare in
maniera specifica le diverse destinazioni d’uso che andranno ad insediarsi in
queste aree, ma ha voluto determinare un quadro di riferimento generale».
Un’indicazione è riservata anche ai progettisti visto che «dovrà essere valutato
il rapporto tra le diverse volumetrie, in maniera tale da garantire che i nuovi
interventi non vadano a modificare in maniera sostanziale l’equilibrio tra il
mare e la quinta scenografica rappresentata dall’edificazione del Borgo
Giuseppino». La sostanza, comunque, non muta.
Il Piano regolatore smentisce dunque il primo cittadino? «Le valutazioni degli
uffici sono state effettuate mantenendo ciò che era stato già adottato. Dunque,
si continua a calcolare il Parco del mare... Il che conferma l’assenza di
programmazione da parte dell’amministrazione, una situazione demenziale»,
evidenzia il capogruppo del Pd Fabio Omero. E all’attacco va pure Roberto
Decarli (Cittadini), sempre in seno all’opposizione: «Modificando e togliendo il
riferimento al Parco del mare, inserito evidentemente ben prima delle
dichiarazioni di Dipiazza, si fermerebbe l’iter per l’approvazione del Prg. Ma
avere il Parco nel Piano quando invece il sindaco ha dichiarato che non si farà
è una presa in giro. Per correttezza Dipiazza - incalza Decarli - non avrebbe
dovuto dire niente, prendendo invece tempo o affermando “lo faremo più tardi”».
Per Piero Camber (Fi-Pdl), si tratta solo di «una questione di nome nella
ricerca dell’ampliamento di una zona dedicata al mare e alla scienza. Parliamo
di semplicità di denominazione». Mentre secondo il collega di maggioranza
Antonio Lippolis (An-Pdl), «lasciare una porta aperta non è sbagliato. Così, una
retromarcia della retromarcia da parte del sindaco potrebbe ancora esserci.
Lasciare il Parco del mare nel Prg - sottolinea - concede una possibilità, ma
non vuol dire che bisogna farlo per forza. L’idea del Parco, lo ricordo, era
stata condivisa dal Consiglio comunale».
MATTEO UNTERWEGER
Prg, ”Un’altra Trieste” in assemblea - OGGI ALLE 18 AL
SAVOIA
Questo pomeriggio con inizio alle 18 si terrà all’hotel
Savoia Excelsior (Riva del Mandracchio 4) un'assemblea pubblica organizzata
dall'associazione Un’altra Trisete sul tema del Piano regolatore comunale
Generale. «L'incontro - si legge in una nota del sodalizio fondato dall’ex
assessore comunale Franco Bandelli - rappresenterà per tutti i cittadini
l'occasione di conoscere i contenuti del piano che pochi vogliono, ma che
riguarderà tutti i triestini».
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2010
Goletta verde a San Giorgio di Nogaro - DOMANI E
MARTEDÌ
SAN GIORGIO DI NOGARO Sarà domani e martedì San Giorgio di
Nogaro la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di
Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute
delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e
delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque
Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club,
promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione
e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Per lunedì è previsto inoltre a San Giorgio un convegno sul futuro della laguna
di Grado e Marano.
Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia
Romagna, con destinazione Rimini.
”Miani” in piazza contro la Ferriera - DOMANI E MARTEDÌ
SOTTO IL MUNICIPIO
Il Circolo Miani, che da tempo chiede la chiusura della
Ferriera, raddoppia le proprie iniziative. Domani e martedì sono in programma
due manifestazioni di protesta, entrambe in piazza Unità. A scatenare il
portavoce del Circolo, Maurizio Fogar, in questo frangente, «la consapevolezza
che il danno alla salute della popolazione di Trieste oramai è stato fatto - ha
detto ieri - perché la proprietà dello stabilimento ha ottenuto la certezza di
poter continuare a operare fino al 2015, avendo così a disposizione tutto il
tempo necessario per poter vendere l'impianto a un prezzo conveniente. E tutto
questo con il colpevole avallo delle maggiori istituzioni della Regione e della
città. Per questo - ha annunciato - lunedì e martedì, alle 18.30, saremo sotto
il Municipio per manifestare il nostro sdegno e la nostra volontà di cambiare le
cose».
Fogar intende «alzare il livello della protesta popolare», in conseguenza di
quello che ha definito «il fallimento della politica». Il Miani giudica
prevalente «il tema della salute pubblica rispetto a qualsiasi altro - così
Fogar - anche quello della conservazione dei posti di lavoro. Del resto i nostri
pubblici amministratori avevano tutto il tempo per predisporre i necessari piani
di riconversione a favore dei lavoratori della Ferriera».
Fogar ha ricordato anche che «di recente il Wwf, autorevole associazione
ambientalista, ha confermato che le nostre osservazioni sul fronte
dell'inquinamento atmosferico sono esatte. Il rischio per la popolazione
residente, non solo nei rioni più vicini allo stabilimento di Servola - ha
continuato - è elevatissimo. Abbiamo già contato troppi morti - ha concluso il
portavoce del Miani - e purtroppo la lista non è destinata a fermarsi».
(u. s.)
IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2010
La maggioranza si ricompatta: «Andiamo avanti» -
Schiarita sul Prg, a Lega e Udc garanzie sul ripristino dell’edificabilità per i
piccoli proprietari
RIENTRATA LA CRISI. DIPIAZZA: MANGERÒ IL PANETTONE E
ANCHE LA COLOMBA...
Stilata l’agenda dei prossimi mesi: rispunta la partita del Piano del traffico
Lippolis (An-Pdl): coalizione più forte, adesso il Piano regolatore è meno a
rischio
In sella, più saldo che mai e pronto a chiudere il suo mandato centrando uno
a uno gli obiettivi messi in cantiere. A partire dall’approvazione definitiva
del Piano regolatore, partita da concludere entro la fine di luglio. Roberto
Dipiazza ha avuto ieri la certezza di avere attorno a sé una maggioranza
compatta, una volta concluso il vertice ospitato nei suoi uffici. Un incontro
lungo, durato due ore e che, come ha riferito il capogruppo dell’Udc in
Municipio Roberto Sasco, ha conosciuto anche alcuni «momenti difficilissimi».
Alla fine, dunque, si sono sbriciolate non solo le voci circolate il giorno
prima su possibili clamorose dimissioni del sindaco di fronte a una convergenza
mancante sul Prg, ma sono andati in frantumi anche i dubbi che avevano iniziato
a farsi strada fra qualcuno dei protagonisti dello schieramento di centrodestra
sulla tenuta della coalizione da qui alla primavera del 2011. Sino cioè al
termine del Dipiazza-bis. All’uscita dal vertice, hanno ripetuto tutti la stessa
cosa: «È tutto a posto. La maggioranza va avanti». Volto sorridente e distinguo
dei giorni scorsi dimenticati, archiviati, in nome della ragion comune. O
meglio, di alcune rassicurazioni: in primo luogo quella che tutte le decisioni
importanti, da qui alla conclusione della consiliatura, verranno sempre
condivise fra i capigruppo in Municipio e il sindaco prima di ogni altra azione.
Punto d’accordo fondamentale è stato quello della garanzia data a Lega Nord e
Udc in merito al Prg. «Sarà ripristinata l’edificabilità delle aree dei piccoli
proprietari», hanno confermato i rappresentanti del Carroccio presenti, il
segretario provinciale Massimiliano Fedriga e il capogruppo Maurizio Ferrara.
Che 120 minuti prima erano saliti a palazzo promettendo battaglia: «Non faremo
sconti». «Sì, sì, l’edificabilità verrà restituita, a parte laddove vi sia una
valenza urbanistica riconosciuta», ha specificato Roberto Sasco (Udc), raggiante
al pari dei leghisti e uscito dalla riunione al fianco di un Angelo Pierini
(Lista Dipiazza) visibilmente soddisfatto. «Questo era in ogni caso un obiettivo
comune, di tutti», si è affrettato a chiarire Piero Camber (Fi-Pdl) sul tema
edificabilità e Prg, «nel rispetto delle riserve presentate dalla Regione
naturalmente». «I 21 della maggioranza restano tali, siamo compatti. Tanto che
pure il sindaco (il quale al termine dell’incontro non ha rilasciato
dichiarazioni, ndr) ha sottolineato durante il vertice: “Non solo mangerò il
panettone, ma anche la colomba...”. Ci vediamo la prossima primavera...», ha
concluso il capogruppo forzista. E lì accanto il collega di An-Pdl Antonio
Lippolis: «La maggioranza è più forte, il Piano regolatore meno a rischio».
Il vertice ha generato, di fatto, un cronoprogramma che ha toccato vari punti,
senza approfondirli tutti nel dettaglio. L’agenda del centrodestra in Comune
dice quindi che entro fine luglio la partita sul Piano regolatore andrà chiusa,
intanto verrà risolta anche la questione Fiera (con Piero Camber e Fi-Pdl pronti
a presentare lunedì in Consiglio comunale un emendamento e un ordine del giorno
a completamento della delibera dell’assessore Paolo Rovis, come oggi stesso
proprio Camber annuncerà). A settembre, altra tappa chiave con il Piano del
traffico e poi la volatona verso le nuove elezioni. Non senza garantirsi
appoggio reciproco per le istanze che via via usciranno dalla coalizione.
MATTEO UNTERWEGER
Centrale Lucchini, nuovo studio: «La qualità dell’aria
migliorerà» - CONSEGNATE LE INTEGRAZIONI PER LA ”VIA”
Lucchini Energia ha consegnato alle autorità tra cui
ministero dell'Ambiente e Regione, «tutte le integrazioni richieste in materia
di Valutazione di impatto ambientale (Via) e Autorizzazione integrata ambientale
della centrale termoelettrica a ciclo combinato nel porto industriale» che
l’azienda progetta nell’area ex-Esso.
Fra i nuovi documenti - sottolinea Lucchini Energia - «il più significativo è
uno studio della dispersione e della ricaduta al suolo delle emissioni in
atmosfera prodotte dalla centrale termoelettrica, eseguito dal Dipartimento di
ingegneria civile e ambientale dell'Università» coordinato da Vincenzo Armenio.
Lo studio è stato fatto per valutare l'impatto che l’insediamento può avere
sulla qualità dell'aria. Scenari che considerano sia la situazione attuale, con
la Ferriera, sia la situazione futura con la riconversione produttiva della
Ferriera ovvero con la presenza contemporanea della Centrale della Lucchini
Energia e del terminale di rigassificazione.
«Lo studio - scrive Lucchini Energia - ha dimostrato che, anche nello scenario
futuro più gravoso per impatto ambientale, si osserva rispetto alla situazione
attuale un leggero aumento delle concentrazioni di biossido di zolfo; una
diminuzione delle concentrazioni di biossido di azoto e una riduzione dei
superamenti annuali; una forte riduzione di Pm10 e di monossido di carbonio»; e
«una forte riduzione di emissioni clima-alteranti». Lo studio «conferma quindi»
per Lucchini energia «un sicuro miglioramento della qualità dell’aria nelle zone
più interessate oggi dalle emissioni di tutto il comparto industriale che
seguirebbe dalla riconversione» della Ferriera «e dall’insediamento della
centrale Lucchini e del terminale Gnl».
Nuova vita per i laghetti delle Noghere - CONCLUSI I
LAVORI DI SISTEMAZIONE DEL BIOTOPO NATURALE
MUGGIA Decine di bambini del ricreatorio e molti
cittadini, non solo muggesani, hanno preso parte alla cerimonia che ha sancito
la conclusione dei lavori di sistemazione dei laghetti delle Noghere, il biotopo
naturale che si trova al confine con il territorio di San Dorligo e che
rappresenta un ”unicum” dal punto di vista naturalistico e ambientale per
l'intero territorio carsico. All'inaugurazione erano presenti, tra gli altri, il
sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il vicesindaco Franco Crevatin, l'assessore
Loredana Rossi e il vicepresidente della Provincia Walter Godina.
Formati dalle esondazioni del Rio Ospo in vecchie cave d'argilla utilizzate fino
agli anni '70, gli otto laghetti e l'intero territorio che li circondava erano
stati per lungo tempo abbandonati al degrado, tanto che i primi ambientalisti
che all'inizio degli anni '80 avevano tentato un primo recupero, si trovarono
davanti a una vera e propria discarica a cielo aperto.
Un intervento più organico, dopo una serie di difficoltà burocratiche legate a
divergenze sulla competenza territoriale tra Ezit e Comune, fu possibile solo
dopo il 2001, quando la Regione assegnò al sito la dignità di ”biotopo
naturale”. Un passaggio che poi ha consentito un'accurata progettazione volta
alla valorizzazione non solo turistica dei laghetti, ma anche didattica e
naturalistica.
L'area è stata attrezzata con sentieri, punti di osservazione, tabelle
esplicative. Sul lato che corre lungo la strada bianca che conduce all'ingresso
è stata eretta una recinzione metallica per impedire atti vandalici e
l'abbandono di rifiuti, mentre sugli altri lati del perimetro del sito è stato
volutamente lasciato il libero passaggio per la fauna selvatica.
Dai prossimi mesi ai laghetti delle Noghere sarà possibile arrivare anche
attraverso la pista ciclabile inserita, e già finanziata, nel progetto
transfrontaliero Carso/Kras che collegherà Muggia al territorio di San Dorligo.
(g.l.)
Impegnati ”Volentieri” in ecologia e volontariato -
Questa sera all’Arci di Sottolongera il gruppo festeggia il primo anno di
attività
«A Trieste quando qualcuno risponde "volentieri" significa
"no". Noi invece ci mettiamo al lavoro volentieri ed è per questo che abbiamo
deciso di chiamarci in questo modo». Simone Libralato spiega così il nome del
gruppo che oggi festeggia un anno di attività. Lo fa in grande stile, con
griglia, concerto e dj set, dalle 19 in poi al Circolo Arci Stella di
Sottolongera. E per chi arriva in bicicletta, una bibita gratis.
La serata incomincerà con una grigliata o un menù vegetariano, e a seguire
musica dal vivo. Si esibiranno infatti gli Animetion Army, con il loro
repertorio di sigle dei cartoni animati, e i Sardoni Barcolani Vivi, gruppo
dialettale vincitore del Festival della Canzone Triestina del 2008 e
classificatosi secondo nel 2009. Le danze continueranno poi con il dj set di
Francesco Noiz-P.
Il gruppo Volentieri è nato in seno all'Arci nel giugno del 2009 per divulgare i
temi dell'ecologia e del volontariato. Lo fa organizzando attività culturali e
curando la pubblicazione stagionale della rivista Volentieri. «Sabato (oggi,
ndr) presenteremo il quarto numero della rivista – racconta Simone – dedicato
questa volta all'acqua». Un tema di scottante attualità, viste le controverse
discussioni sulla possibile privatizzazione dell' ”acqua del sindaco”. «L'acqua
è una risorsa fondamentale per tutti, ma è sempre meno disponibile – spiega
Stefano – e per questo dovrebbe essere risparmiata e gestita meglio».
Nel nuovo numero di Volentieri si parlerà anche di mare e del riciclo delle
bottiglie, senza tralasciare le rubriche su tematiche locali come il cruciverba
in dialetto e i quiz su Trieste.
Il filo conduttore del gruppo Volentieri è la sostenibilità, intesa tanto come
stile di vita quanto come modo di produrre. «Utilizziamo anche la convivialità
per diffondere questo concetto», sottolinea Matteo
Caratteristica fondamentale del gruppo, infatti, è proprio quella di abbinare
ogni evento alla degustazione di prodotti locali. Perché un bicchiere di vino
diventa etico se proveniente da un produttore locale. E se solo il miele a km
zero rispetta la natura, la scelta di un formaggio del Carso diventa militanza
ecologista.
Riutilizzare è uno dei modi fondamentali per ridurre gli sprechi. Per questo il
gruppo Volentieri ha organizzato laboratori di riciclo, ma anche mercatini del
baratto di oggetti o vestiti, come ”Cca nisciuno è Fashion”.
In dodici mesi il gruppo ha collezionato collaborazioni con più di venti
associazioni, da Ingegneria Senza Frontiere alla Banca Popolare Etica. Ha
collaborato a manifestazioni come il Festival delle Diversità e la Marcia
mondiale per la pace e la non violenza. Dà una mano agli Aperitivi scientifici
della Sissa e raccoglie fondi per realtà locali, come il Comitato Primo Marzo, a
sostegno degli immigrati.
Ma non mancano le iniziative rivolte a organizzazioni che operano in paesi in
via di sviluppo: è il caso de L'oro del Mozambico, per la realizzazione di una
rete di ricerca scientifica in quel Paese, o Casa de Todos, che cura un centro
polifunzionale e sportivo in Ecuador.
«Sono tutti progetti che conosciamo per esperienza diretta – sottolinea Silvia –
ed è per questo che siamo sempre sicuri di dove vanno a finire i soldi raccolti.
Per il futuro abbiamo in mente cineforum, incontri con esperti di cooperazione e
la promozione di gruppi di acquisto solidale. E tanto altro ancora». Maggiori
informazioni su http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2010
Maggioranza al bivio, Dipiazza potrebbe lasciare - La
coalizione prova a ricompattarsi sul Prg. Voci di possibili dimissioni del
sindaco
Ferrara (Lega): «Se non si trova una sintesi non vedo
come si possa andare avanti...»
Ore 13, appuntamento in Municipio. Gran parte del prossimo futuro politico
del Comune di Trieste si gioca oggi, all’ora di pranzo, nel vertice di
maggioranza convocato per affrontare tutti i temi caldi del momento. A partire
da quello che in questo momento scotta più degli altri: il Piano regolatore. E
in ballo c’è anche il futuro di Roberto Dipiazza in persona: senza garanzie di
una compattezza che superi e dimentichi i distinguo degli ultimi giorni in seno
alla coalizione proprio sul Prg, il sindaco potrebbe optare infatti per il gesto
più forte, clamoroso, presentando le sue dimissioni. Questo dicono le voci che
girano attorno al Municipio.
LA VERIFICA Di certo, le dichiarazioni rese nei giorni scorsi dalle diverse
componenti del centrodestra, come pure il voto di lunedì in giunta (con i gli
assessori aennini Lippi, Sbriglia, Giacomelli e Lobianco astenuti come il
forzista Rovis) passeranno oggi sotto la lente d’ingrandimento del sindaco e dei
rappresentanti di tutto il centrodestra. Per capire se lo stesso possa
continuare a reggere il timone della città sino a fine mandato o se gli alleati
che ne fanno parte stiano ormai viaggiando ognuno per la sua strada, rischiando
di far fare allo schieramento la fine della nazionale azzurra di Lippi eliminata
dal Mondiale.
L’analisi coinvolgerà non solo i capigruppo in Consiglio comunale, cioè Piero
Camber (Fi-Pdl), Antonio Lippolis (An-Pdl), Maurizio Ferrara (Lega Nord),
Roberto Sasco (Udc), Angelo Pierini (Lista Dipiazza) e Sergio Pacor (Pri), ma
anche i vertici provinciali dei vari partiti: dovrebbero esserci infatti il
segretario leghista Massimiliano Fedriga, il coordinatore e il vicecoordinatore
del Pdl Sandra Savino e Piero Tononi e il rappresentante dell’Udc Edoardo Sasco.
Prg, come detto, nell’agenda di giornata, ma non unicamente quello: anche Piano
particolareggiato del centro storico, la questione Fiera, il Piano del traffico.
Il percorso da qui alla fine del mandato, insomma, con uno sguardo anche più in
là, probabilmente. L’obiettivo più o meno dichiarato di tutti gli attori è
quello di ricompattare la maggioranza per arrivare alla primavera del 2011 senza
scossoni, veleggiando in un mare sereno. Se le parti però non dovessero
pervenire a un accordo, potrebbero aprirsi scenari imprevisti. Già ieri, come
accennato, hanno iniziato a farsi largo, negli ambienti politici locali, voci
che darebbero pronto Dipiazza alle dimissioni in caso di mancata convergenza.
Voci, non confermate, che peraltro hanno fatto innervosire il diretto
interessato. Il quale, al termine del vertice, staccherà la spina per dieci
giorni. Comunque vada a finire.
VERSO IL 2011 Il centrodestra va a caccia insomma di «garanzie per chiudere come
si deve la consiliatura. Altrimenti vivacchiare è inutile...», osserva un
sibillino Piero Camber. «Se non si trova una sintesi, con un accordo che arrivi
fino al 2011 e interessi poi anche il programma elettorale, non vedo come si
possa continuare», aggiunge il padano Maurizio Ferrara che chiarisce anche come
«la Lega continuerà a lavorare comunque per riuscire ad andare avanti». «Questo
vertice l’abbiamo chiesto io come Udc e Ferrara per la Lega Nord (le due forze
della coalizione non hanno portacolori nell’esecutivo, ndr) - afferma Roberto
Sasco - dopo l’esito del voto in giunta. Desideriamo verificare la volontà di
ricompattare la maggioranza e se vi siano le condizioni per proseguire».
Dall’aennino Antonio Lippolis arriva un assist al sindaco: «Da parte nostra non
c’è nessuna volontà di non votare il Piano perché siamo nella maggioranza e
perché il documento è migliorativo rispetto alla versione precedente. Certe
cose, però, si possono modificare».
IN COMMISSIONE Intanto, l’esame delle controdeduzioni del Comune rispetto alle
prescrizioni della Regione è iniziato in Commissione urbanistica. Due giornate
partite all’insegna dello scontro verbale sul tema della secretazione, con botta
e risposta in aula fra il capogruppo del Pd Fabio Omero e il presidente della
commissione Roberto Sasco. «Ho ricordato che non esiste delibera che disponga la
secretazione degli atti - afferma Omero -. Le sedute in commissione continuano a
essere secretate, ho chiesto di votare sulla questione ma niente da fare. Al
consigliere di Rifondazione comunista Iztok Furlanic è stato impedito di filmare
i lavori, io però l’ho fatto con il telefonino e ho messo il tutto in internet
sul mio blog. I consiglieri circoscrizionali Zecchini e Pettirosso sono stati
allontanati dall’aula». Sul Prg si è espresso pure il Gruppo Sulli, con il suo
leader Bruno Sulli: «Si dice che tutto deve essere secretato ma non è secretato
un fico secco... Il sindaco ha fretta, ma solo sulle controdeduzioni abbiamo
perso due mattinate. Dopo le commissioni, poi, andremo in aula: lì sarà
bagarre».
MATTEO UNTERWEGER
SEGNALAZIONI - «Scala Santa: un enorme cantiere distrugge il verde e stressa la strada»
Sono residente in Scala Santa, abito vicino a quella che
fu l’ex trattoria cosiddetta "Alla III fontana" (circa 600 m da Roiano) della
quale ora non rimane che qualche calcinaccio; da alcuni mesi quest’area
unitamente a un lotto limitrofo è stata interessata da un importante intervento
di edilizia residenziale che porterà alla realizzazione di ben sei edifici.
Dopo le discusse variazioni del recente piano regolatore che hanno interdetto in
quasi tutta questa zona interventi del tipo, con enorme sorpresa dei residenti,
ci si ritrova ora un enorme cantiere nel cuore di una delle aree verdi più
tutelate della provincia. Si scrive spesso di altre realizzazioni che hanno meno
impatto ambientale, ma questa, non ha mai avuto l’onore della cronaca, chissà
perché?
Come noto la via in questione, stretta (anche meno di tre metri), molto ripida e
lastricata con il porfido, male si addice al passaggio di mezzi pesanti, tanto
che per ovvi motivi è vietata al traffico di veicoli con peso superiore alle 2,5
ton; altresì sussiste giustamente il divieto di circolazione nei due sensi per
un lungo tratto.
Con la presente si vuole porre l’attenzione sul fatto che, da mesi, a causa
dell’innominabile cantiere, la via viene percorsa nei due sensi di marcia da
camion carichi di materiale, del peso anche superiore a 12 ton. (quasi 5 volte
quello indicato come max dalla segnaletica!), con cadenze anche di 50 viaggi al
giorno.
Non posso dubitare che tali carovane siano state autorevolmente autorizzate
dagli uffici preposti, ma è oscuro come nessun tecnico comunale della Sezione
strade abbia previsto in anticipo ed ora notato lo scempio della pavimentazione
verificatosi a causa di tale abnorme traffico, compresa la Polizia urbana
chiamata più volte a verificare.
Nei luoghi di manovra dei suddetti mezzi il costoso e delicato porfido si
sgretola e la strada cede visibilmente, cagionando scontati problemi al normale
traffico veicolare "leggero" e a quello pedonale, con sicure conseguenze sui
numerosi sotto-servizi come tubature e cavi presenti sotto il manto stradale.
Non mi soffermo per lamentarmi dei disagi derivanti dagli ingorghi alla
circolazione che durante le ore di cantiere vengono a crearsi quotidianamente,
perché tali situazioni sono quasi inevitabili; ma rimango attonito
nell’osservare come venga data per scontata a priori la distruzione della strada
pubblica (tra l’altro, unica via di collegamento con la città) a favore di un
interesse meramente privato.
Un vivo ringraziamento da parte dei residenti alla lungimirante Amministrazione
pubblica comunale, dalla quale io e molti altri ci auspichiamo ancora fiduciosi
un concreto e pronto intervento.
Guido Damiani
Gasolio dalla zona artigianale nel Rosandra - Il
liquido proviene dal depuratore che «tratta» le acque provenienti da quell’area
BARRIERE GALLEGGIANTI MESSE IN OPERA PER FRENARE LA
PERDITA - Perdita minima ma che potrebbe incidere a lungo sull’ecosistema della
zona
Se ne è accorto l’altra sera verso le 18 un addetto alla sorveglianza che
ispezionava il perimetro esterno dell’area dei serbatoi della Siot. Ha prima
percepito il forte odore, poi si è avvicinato al corso d’acqua e ha visto che la
superficie era diventata iridiscente. Ha dato subito l’allarme e nella zona sono
confluiti pompieri, carabinieri, tecnici dell’Arpa, uomini della ditta ”Crismani
ecologia”, specializzati nelle bonifiche.
Lungo il corso d’acqua sono state subito poste tre barriere galleggianti per
bloccare il deflusso in mare del carburante. Poi sono entrate in azione le pompe
aspiratrici. Infine, accanto alle barriere, sono comparse alcune strutture in
sughero capaci di assorbire il carburante.
Poi è iniziata la caccia ai responsabili dello spandimento, vistoso ma limitato
per quantità. La Siot - va detto subito - non è coinvolta nell’inchiesta perché
nei suoi immensi tank finisce solo petrolio greggio e non gasolio.
Secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri e dai tecnici dei pompieri e
dell’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente, il carburante è finito nel
Rosandra dopo essere passato per il depuratore che «tratta» le acque provenienti
dalla zona artigianale di San Dorligo. Lì, in uno dei capannoni è accaduto
qualcosa di imprevedibile: potrebbe trattarsi di un piccolo serbatoio in cui si
è aperto un foro provocato in un verso dalle correnti galvaniche, nell’altro
dall’assenza di «zinchi» adeguati e soggetti a manutenzione. Non si esclude un
errore umano.
La prima barriera galleggiante è stata posta sul Rosandra, in località
Mattonaia, all’altezza del bivio per Caresana. Una seconda è stata schierata più
a valle. La terza era visibile a poche decine di metri dall’abitato di Aquilinia,
all’altezza dell’ex locanda Luca» o, se preferite, accanto all’ingresso dell’Autamarocchi.
Poco prima della mezzanotte di ieri si è conclusa la fase «calda»
dell’intervento di bonifica. Gran parte del lavoro poteva dirsi completato. Ieri
però, fino a sera, le barriere galleggianti e le sostanze assorbenti hanno
continuato ad essere schierate lungo il Rosandra. Anche nello specchio di mare
antistante la foce ha operato un natante della ditta ”Crismani ecologia”.
L’intervento ha voluto scongiurare ogni possibile infiltrazione del gasolio nel
vallone di Muggia.
Al momento non si sa quanti litri di carburante siano stati recuperati, nè
tantomeno al momento è stato possibile definire l’entità del versamento. E’
sicuramente modesto, ma i suoi effetti deleteri si faranno sentire a lungo sulla
vita già effimera del torrente.
Dello spandimento e delle sue conseguenze si è occupata ieri il sindaco di San
Dorligo, Fulvia Premolin, che ha sottolineato in un verso la tempestività
dell’intervento di bonifica, nell’altro la disponibilità e la velocità
dimostrata dai tecnici, tra cui quelli della Siot. Si è avviata anche
l’inchiesta penale che dovrà stabilire le eventuali responsabilità
dell’inquinamento. Determinante risulterà l’esito delle perizie tecniche già
avviate nella zona artigianale.
CLAUDIO ERNÈ
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 24 giugno 2010
Gruppo d'acquisto 55% e solare - Per Soci Legambiente
Legambiente lancia il GRUPPO D'ACQUISTO 55% E SOLARE per
promuovere le rinnovabili e l'efficienza energetica nelle nostre case.
L'iniziativa è aperta a tutti i soci Legambiente. Il Gruppo d'Acquisto, che avrà
una durata di sei mesi, permetterà di fruire di prezzi agevolati con aziende
convenzionate con Legambiente, per i seguenti servizi:
- interventi di progettazione e di ristrutturazione sostenibile parziale e/o
integrale;
- fornitura e installazione “chiavi in mano” di impianti a fonti rinnovabili
(pannelli solari termici e fotovoltaici) e di tecnologie ad alta efficienza
energetica (impianti geotermici, caldaie a condensazione)
- redazione dell'attestato di certificazione energetica
I servizi sono comprensivi delle pratiche utili per accedere alle detrazioni
fiscali del 55% e agli incentivi del Conto Energia per il solare fotovoltaico.
Per scoprire come aderire telefona allo 02-45.47.57.77 – 0249635951, visita il
sito viviconstile.org oppure vieni alla presentazione lunedi’ 5 luglio alle
18.30 in via Vida 7 – Metro’ Turro.
Finco chiede la conferma della detrazione fiscale del 55%
Nell’ambito dell’Audizione parlamentare che Confindustria
ha svolto sul tema della manovra economica in via di approvazione, Finco
(Federazione industrie prodotti, impianti e servizi per le costruzioni) ha
ribadito le proprie preoccupazioni in merito alla detrazione fiscale del 55% per
la riqualificazione energetica degli edifici, in scadenza a fine 2010, della cui
conferma non c’è alcuna certezza. La Federazione spera che tale conferma avvenga
nella Finanziaria.
L’agevolazione introdotta con la Finanziaria 2007, e via via rifinanziata, si è
rivelata utile per riqualificare dal punto di vista energetico una gran parte
del patrimonio immobiliare italiano, caratterizzato da componenti obsoleti e
comunque responsabili di dispersione termica. Il suo successo contribuisce,
almeno parzialmente, al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico
posti all’Italia anche in sede di Unione Europea.
Secondo un recente studio dell’Enea, infatti, tra il 2007 e il 2009 sono stati
realizzati quasi 590.000 interventi di riqualificazione energetica degli edifici
grazie alla detrazione fiscale del 55%. Nel 2008 si è toccato il punto massimo
in termini di spesa associata agli interventi: 3,5 miliardi di euro, a fronte di
1,45 miliardi di euro spesi nel 2007 e di 2,9 miliardi nel 2009. Il risparmio
energetico conseguito attraverso gli interventi è stato pari a 787 GWh nel 2007,
a 1.961 GWh nel 2008 e, in proiezione, a 1.656 GWh nel 2009.
“La mancata proroga del bonus - spiega Rossella Rodelli Giavarini, Presidente di
Finco - danneggerebbe in modo grave una parte dell’industria delle costruzioni,
e in particolare quella dei materiali e dei sistemi da costruzione, già
duramente provata dalla crisi generale. Tale conferma può invece costituire uno
dei traini per la ripresa. Lo smantellamento della detrazione sarebbe inoltre
dannosissimo per l’emersione del ‘nero’, oltre che ai fini delle penali da
pagare per le emissioni di CO2 e in termini di maggiore quantità di energia da
importare.” Per questo motivo Finco auspica che la detrazione venga prorogata
almeno fino al 2013.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2010
SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: un possibile scenario
da ”day after tomorrow”»
«Il gas metano freddissimo, a contatto con l’acqua di
mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una
pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più
densa dell’aria e viaggerebbe sulla superficie marina, spinta dal vento, verso
la terraferma. Scaldandosi, la nube si mescolerebbe con l’aria. Una miscela fra
il 5 e il 15 percento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente
immaginabile».
Non è la scenografia del sequel di «Day after tomorrow», ma la descrizione reale
di ciò che accade quando una nave metaniera (una di quelle che attraccheranno
due volte la settimana a Zaule) dovesse spezzarsi, magari in seguito a un
attentato, descritto da Piero Angela. «Questa miscela gassosa, invisibile e
inodore, investendo una città, una qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe
esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni
potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo. Le
vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, le sostanze cancerogene
sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree
vastissime, sarebbero inalate in ’’piccole dosi’’, dando luogo a un numero
incalcolabile, altissimo, di morti differite nell’arco di 80 anni».
Come mai non vi è nulla di questo scenario nello Studio di impatto ambientale
del rigassificatore? È semplice: viene scartato a priori. Piero Angela invece
specifica: «Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non
impossibile».
Una ricerca, commissionata dalla città di Oxnard (California) prevede che la
nube di fuoco si spanderebbe in un raggio di 55 km, un «compasso» con centro
Zaule includerebbe, in questa scena da inferno dantesco, oltre alle senza scampo
Trieste e Muggia, anche tutta la costiera, Monfalcone, Capodistria e, a Nord
Ovest, Grado.
Ciò che accadrà sicuramente, invece, sarà la clorazione dell’acqua del Vallone
di Muggia: questo trattamento riguarderà qualcosa come 600.000 metri cubi di
acqua di mare al giorno, come dire il volume di un edificio di 20 piani con la
base grande come piazza Unità. L’intero ammontare dell’acqua della Baia di
Muggia, che contiene un volume d’acqua non superiore a 100 milioni di metri
cubi, verrà fatto fluire attraverso l’impianto per due volte all’anno,
annientando ogni forma di vita
L’ottimista Ciro García Armesto, project manager di Gas Natural, sostiene che la
pericolosità attorno ad una nave gasiera «in azione», arriva a non più di 25
metri dalla stessa zona di operatività, come dire che nel sopraccitato caso di
fuoriuscita del metano a -161° chiunque potrebbe starsene lì tranquillo ad una
trentina di metri. La Gas Natural si è presentata a Trieste, alla Camera di
Commercio così sicura di raccogliere consensi unanimi da pretendere un incontro
blindato, con i soli imprenditori triestini, alla larga da seccanti domande di
qualche giornalista impertinente e, tanto più, tenendo il popolo «outdoor».
Peccato per el señor Ciro García Armesto che il rigassificatore rientri, essendo
innegabile la sua pericolosità, nella cosiddetta «legge Seveso», la quale
contempla una completa trasparenza sulla valutazione dei rischi e l’integrale
trasmissione degli stessi alla popolazione interessata.
Per concludere: constatato che il rigassificatore verrà a completare la trimurti
triestina assieme al Termovalorizzatore ed alla Ferriera, considerato che la
ricaduta occupazionale per Trieste sarà risibile, si prevedono 70 posti di
lavoro, ovvero gli stessi occupati di una cooperativa di medie dimensioni, preso
atto che il prezzo del gas «in bolletta», per l’utente non diminuirà di un
centesimo, a chi conviene assemblare una tale mostruosità nel catino di Zaule?
Alessandro Giombi - Lista Civica Trieste 5stellebeppegrillo.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2010
Rio Martesin, parte il ricorso al Consiglio di Stato -
PREVISTE TRA I PASTINI DELLA VALLATA SETTE PALAZZINE PER UN TOTALE DI 109
APPARTAMENTI
Nuova azione legale del Comitato di residenti e
ambientalisti contro il progetto edilizio
I cittadini di Gretta e Roiano scendono in piazza oggi alle 18 nella vallata
di Rio Martesin, ultima enclave verde tra le colline di Scala Santa e di Monte
Radio. Obiettivo, cercare di fermare tre progetti edilizi di grandi proporzioni
che interessano la loro vallata. A guidarli il Comitato spontaneo di Rio
Martesin, che riunisce comitati spontanei cittadini (Valmaura, via del Pucino,
Monte Radio, Cologna/Scorcola), gli ambientalisti di Legambiente, Wwf, Italia
Nostra, Trieste Europea e Greenaction e i professori Livio Poldini e Livio
Crosato. Il Comitato presenterà il recente ricorso al Consiglio di Stato contro
il progetto di costruzione di sette palazzine (ovvero 109 appartamenti) tra i
pastini della vallata. «Qui si decidono le sorti della nostra valle - afferma
per il comitato organizzatore il residente Dario Ferluga - ma i triestini devono
sapere che questo tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra
area è un problema comune».
Quanto al ricorso, «si è reso necessario – spiega il consigliere comunale dei
Verdi Alfredo Racovelli - dopo che il Tar ne ha rigettato uno precedente con
motivazioni non condivisibili rispetto a quanto previsto dalle normative
vigenti». Quali i contenuti del documento inviato al Consiglio di Stato? Vi si
evidenzia innanzitutto come i tre progetti edilizi sarebbero il risultato del
frazionamento di un’unica iniziativa. A confermarlo, la previsione di un’unica
rete viaria e infrastrutturale (luce, acqua a gas) al servizio delle sette
palazzine. Una scelta, secondo Racovelli, che mentre consente al privato di
realizzare profitto non tutela la finanza pubblica. La carenza di accessi,
viabilità e reti andrebbe a ricadere come costo pubblico su tutta la comunità.
Il ricorso sottolinea come il Comune abbia scelto di dare ai richiedenti la
concessione edilizia piuttosto che esigere la redazione di un piano
particolareggiato per un’area priva di costruzioni. In questo modo si sarebbe
autorizzato un carico insediativo (10mila metri cubi) superiore a quanto
previsto da un piano particolareggiato, carico che per le sue proporzioni
sarebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) in
base alla legge regionale 43/90. Oltre al singolare silenzio/assenso della
Soprintendenza ai Beni ambientali – così sostengono i comitati – nei progetti
non v’è traccia di riferimenti alla fascia di rispetto necessaria ai corsi
d’acqua, nella fattispecie al Rio Martesin.
Maurizio Lozei
Menia: «Nessuno sgambetto a Dipiazza sul Piano
regolatore» - Lega più morbida: medieremo per risolvere i problemi - DOPO LE
ASTENSIONI IN GIUNTA
Fosse un allenatore di calcio, di Roberto Dipiazza
direbbero che rischia di non mangiare il panettone. Nel calcio gli allenatori
vengono fatti fuori dai loro presidenti. Se il sindaco dovesse saltare su una
delle mine lungo l’iter del Piano regolatore, per lui - che si è sempre fregiato
di non avere padroni, e che ieri ha declinato ogni invito a tornare
pubblicamente sui 5 sì e sulle altrettante astensioni registrate nella giunta di
lunedì - maturerebbe forse una sconfitta talmente cocente da rendergli
difficoltosa qualsiasi futura risalita politica.
La spaccatura di giunta, nelle ultime ore, ha scatenato tante retroletture. C’è
chi ipotizza che sia lo stesso Dipiazza a voler giocare duro sul Prg per
stimolare addirittura l’uscita di scena di se medesimo. Caduto sì, ma da uomo
tutto d’un pezzo, che prima ha detto no alla lettera di Gianni Letta e che
quindi non si è piegato alle perplessità e alle rivendicazioni, che per alcuni
sono e restano di natura personale prima ancora che politica, dei singoli
assessori e consiglieri. Ma c’è anche chi - al netto del comportamento unitario
di astensione tenuto in giunta dal quartetto ex missino - intravvede nella
quinta astensione, quella del forzista Paolo Rovis, abbinata all’assenza
dell’altro forzista Massimo Greco, una regia sottotraccia volta ad indebolire e
infliggere il colpo di grazia a un primo cittadino che da grande vorrebbe fare
il presidente del porto. Un ruolo per il quale non tramonta mai, però, il nome
di Marina Monassi. Fantascienza, frena qualcun altro: Rovis altro non avrebbe
voluto fare che assaporare la sua vendetta per il fatto di essersi ritrovato
sbattuto in prima pagina come possibile candidato sindaco a Muggia per il 2011.
O forse, semplicemente, è l’assessore forzista politicamente più giovane. E
davanti a un Prg che evoca rischi di ricorsi al Tar e d’incartamenti alla Corte
dei conti, gli farebbe piacere non bruciarsi.
Tant’è. Ieri le dichiarazioni dei big del centrodestra regionale - per i quali
le incertezze di Trieste incidono sulle trattative per le candidature del 2011
da qui a Pordenone - sono servite a prendere tempo. «L’estate passata - ha
rilevato il sottosegretario Roberto Menia, il capo degli ex missini - votammo
per l’adozione di un Prg su cui il Consiglio comunale si era espresso per
limitare la portata di un paio di interventi da noi ritenuti critici, in
Costiera e al Villaggio del Fanciullo. Ebbene, questa espressione è stata
disattesa dagli uffici. Per noi è stato inammissibile. Attenzione, però:
rinnoviamo lealtà al sindaco». Ha evitato a sua volta di fare commenti il
coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, il forzista di cui Menia è vice
- «la mia sarebbe un’invasione di campo» - mentre l’unico che si è spinto oltre
è stato Angelo Compagnon, il segretario regionale dell’Udc, secondo cui «quando
ci sono certe contraddizioni le prospettive non si fanno rosee». Il boss della
Lega Pietro Fontanin ha auspicato invece «che Dipiazza mangi il panettone».
«Dovete fare riferimento al segretario triestino, Massimiliano Fedriga», ha
aggiunto Fontanini. E infatti è arrivata una nota di Fedriga e del capogruppo
padano in Consiglio Maurizio Ferrara. Una nota in cui il Carroccio, dopo aver
minacciato negli ultimi giorni la fine del Dipiazza-bis, ora tende una mano. «La
Lega - rassicura Fedriga - farà da collante per risolvere i problemi e non
mandare all’aria quanto di buono finora realizzato dall’amministrazione
comunale». «Ricompattare la maggioranza» insomma, ma «riconoscendo i diritti dei
piccoli proprietari e ripristinando l’edificabilità dei loro terreni». «La Lega
- fa eco Ferrara - vuole correre in soccorso del sindaco e del Pdl,
convincendoli dell’importanza delle proprie proposte in favore delle famiglie
triestine». L’ex assessore Franco Bandelli, però, gira il dito nella piaga. E
aspetta: «Mi hanno preso per visionario - scrive in veste di presidente di
”Un’altra Trieste” - mi hanno imputato di remare contro il Pdl, quando pochi
mesi or sono alla vigilia del dibattito sul bilancio avevo rilevato che forse
era arrivato il momento di tornare alle urne. Devo constatare che forse non
avevo tutti i torti».
Da oggi, in ogni caso, parte la maratona in commissione Urbanistica, presieduta
dall’Udc Roberto Sasco. Un altro scettico di maggioranza. Al quale il
vicesegretario del Pd Alessandro Carmi tende più di una mano: «Vorrei dire
all’amico Sasco, a proposito di condizioni per chiudere la consiliatura, che
quelle politiche scarseggiano da tempo, forse rimangono quelle tecniche. Non è
arrivato il momento per l’Udc di iniziare un percorso che ne porti ad una
collocazione politica diversa?».
PIERO RAUBER
Acquario, il vertice slitta a metà luglio - Lo
spostamento dovuto a un supplemento di risultati forniti dal Cigra
NUOVA DATA FISSATA DALLA REGIONE PER LA CONFERENZA DEI
SERVIZI
MUGGIA Metà luglio. È questa la nuova data fissata dalla Regione per riunire
la conferenza dei servizi che dovrà esaminare la questione del terrapieno
Acquario, sul cui recupero la giunta Nesladek si sta giocando quote di
credibilità e immagine. Tanto che l'ulteriore rinvio non fa vacillare
l'ottimismo del sindaco: «Da cinque anni ho a che fare quasi quotidianamente con
i tempi della burocrazia – osserva il primo cittadino –. Quindici, venti giorni
in più rappresentano solo un ritardo fisiologico, che non modifica i nostri
progetti».
Sembrava fatta a fine maggio, quando l'Arpa aveva ricevuto da un laboratorio del
Veneto l'esito delle ultime controanalisi sul terrapieno eseguite dal Cigra
(Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale
dell'Università di Trieste), analisi che ancora mancavano, nella fattispecie
quelle sull’eventuale presenza di amianto e diossina.
Era l'ultimo tassello del quadro che Regione, Asl, Arpa, Provincia e Comune di
Muggia dovevano verificare per stabilire tempi e metodi del recupero ambientale
del sito e la sua successiva restituzione alla fruizione pubblica.
Proprio mentre la Regione stava diramando la convocazione della conferenza dei
servizi (inizialmente si era ipotizzata la terza settimana di giugno), lo stesso
Cigra aveva fatto pervenire all'Arpa un ”addendum” di indagini, eseguite sui
medesimi campioni ma con metodologie diverse.
Ne sarebbe emerso un quadro leggermente peggiorativo rispetto alle analisi
originarie, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi
policiclici aromatici.
Fatto sta che questo supplemento di analisi ha comportato una dilatazione dei
tempi, che oggi rischia di compromettere le buone intenzioni del sindaco. Al
recupero del terrapieno è legato infatti il rilancio turistico dell'intera linea
di costa che da Muggia porta a Lazzaretto. La sua attuale interruzione impone
solo interventi minimali, contingenti, al di qua e al di là, ma non inseriti in
un contesto globale.
Qualora, tuttavia, dalla conferenza dei servizi di metà luglio uscisse un quadro
ambientale non particolarmente compromesso, ma tale da consentirne un immediato,
ancorché parziale, utilizzo purchè dopo un'adeguata bonifica, ecco che il
progetto Nesladek potrebbe partire nel giro di pochi giorni: dalla possibilità
di ricavare almeno qualche parcheggio già per questa estate, via via fino al
rifacimento degli accessi al mare, alla sistemazione di eventuali piazzole, alla
creazione di una pista ciclabile e all'introduzione sperimentale, parziale e
solo per determinati periodi, di un senso unico in direzione della Slovenia.
Alcuni residenti nelle abitazioni che si trovano davanti al terrapieno hanno già
chiesto di incontrare il sindaco, per ottenere il ripristino dei vecchi approdi
e una particolare attenzione alla quiete serale e notturna del luogo che, con
nuove aree di balneazione, potrebbe venir compromessa.
Per adesso la parola passa alla conferenza dei servizi di metà luglio, snodo
cruciale del futuro assetto di strada per Lazzaretto.
GIOVANNI LONGHI
Risparmio energetico Sportello camerale
Il risparmio energetico è una priorità per tutti i Paesi
dell'Ue, chiamati a centrare l'obiettivo del 20% entro il 2020. Le migliorie
impiantisiche e tecnologiche sono un dovere sociale ma anche un'opportunità di
business e la Camera di commercio ha già da tempo attivato lo Sportello Energia
a cura dell'Azienda speciale Trieste benzina agevolata (Piazza della Borsa 14 -
tel. 040 6701212). Lo Sportello - ricorda l’ente camerale - è al servizio di
cittadini e imprese per informazione e consulenza sulle tematiche dell'energia e
del risparmio energetico. Lo Sportello dà informazioni tecniche generali su
risparmio energetico, riqualificazione energetica degli edifici, normativa,
incentivi sul risparmio energetico nel settore edilizio e certificazione
energetica. Con il supporto di tecnici esperti, il cittadino potrà in modo
gratuito orientarsi nelle scelte idonee per i risparmi energetici; valutare i
benefici ottenibili; pianificare interventi. Lo Sportello energia è in piazza
Borsa 14, tel. 040/6701212, email: astba@astba.ts.camcom.it. Info anche sul sito
www.ts.camcom.it.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2010
Capodistria, primo sì al rigassificatore - Il Tar
sloveno invalida la bocciatura ministeriale del ”permesso energetico” alla
tedesca Tge
TORNA D'ATTUALITÀ IL PROGETTO PER LA STRUTTURA DA
EDIFICARE NELL’AREA PORTUALE. CONTRARI I LOCALI
CAPODISTRIA Qualcosa sembra sbloccarsi nella vicenda del terminal
rigassificatore nel porto di Capodistria. Il progetto della società tedesca Tge
Gas Engineering è tornato d'attualità dopo che il Tribunale amministrativo della
Slovenia, su ricorso della stessa Tge, ha invalidato la delibera con la quale il
Ministero dell'economia nel maggio del 2009 le aveva negato il ”permesso
energetico”. Si tratta del documento senza il quale la società tedesca non
poteva più andare avanti con la progettazione di un impianto congiunto di
rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari
all'interno dello scalo capodistriano.
Il Tribunale ha ora predisposto che il Ministero prenda nuovamente in esame la
richiesta della Tge respinta – hanno spiegato i giudici - senza un'adeguata
motivazione. I dirigenti dell’azienda straniera sono naturalmente soddisfatti.
Per la Slovenia, sostengono, è importante che il progetto del terminal
rigassificatore nel porto di Capodistria vada avanti. «È molto probabile che
l'Italia costruirà il suo rigassificatore. Lo stesso vale pure per la Croazia.
In quel caso, la Slovenia sarebbe l'unica a restare senza un terminal di questo
tipo, che già ora può garantire un prezzo del gas dimezzato rispetto a quello
russo che arriva tramite il gasdotto» ha dichiarato il responsabile del progetto
Tge, Uros Prosen.
Al Ministero dell'economia comunque avvertono: l'eventuale rilascio del
”permesso energetico” sarà, al limite, soltanto il primo passo verso la
realizzazione del rigassificatore. È un progetto giustificato dal punto di vista
delle necessità energetiche del Paese, ma va comunque considerato il suo forte
impatto ambientale della struttura. L'opinione pubblica slovena, per il momento,
sembra fortemente contraria all'idea di costruire un rigassificatore nel porto
di Capodistria, così come è contraria a tutti i rigassificatori nell'area
dell'Alto Adriatico, compresi quelli di Zaule e off-shore nel Golfo di Trieste.
Il progetto della Tge gas Engineering, del valore complessivo di quasi un
miliardo di euro, impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica
di Ancarano, all'interno del porto. Esso prevede la costruzione di due
contenitori in acciaio da 150mila metri cubi, dell'impianto di rigassificazione
in senso stretto e dell’annessa centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire cinque miliardi di metri cubi di gas
all'anno. La centrale elettrica, dalla potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a
buona parte del fabbisogno della regione litoranea slovena. A detta dei
proponenti, la tecnologia prevista è particolarmente adatta ai fondali poco
profondi della Baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua
marina per il riscaldamento del gas naturale liquido.
In Croazia sembra invece subire una battuta d’arresto il progetto per un
terminal sull’isola di Veglia, a Castelmuschio: il mercato sarebbe stato
giudicato saturo e la maggiore azienda coinvolta starebbe rallentando l’iter
relativo.
FRANCO BABICH
«Nel Prg del porto non c’è il rigassificatore» -
AUTHORITY - Boniciolli: «Legittima la richiesta di Lubiana, nulla da temere» -
La Slovenia vuole dire la sua
Non preoccupa minimamente l’Autorità portuale la richiesta
del Governo sloveno di essere coinvolto nell’iter di approvazione del nuovo
Piano regolatore del porto di Trieste con la prospettiva di esprimere un parere
negativo qualora esso prevedesse l’insediamento del rigassificatore.
«Se da un lato riteniamo lecita la richiesta di coinvolgimento formulata da
Lubiana - ha replicato ieri il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli -
dall’altro non abbiamo alcun motivo di timore almeno per due motivi:
innanzitutto perché il nostro Piano regolatore non prevede la specifica
collocazione di alcun rigassificatore, ma semplicemente l’identificazione di
un’area potenzialmente adatta a ospitare insediamenti genericamente definiti di
ambito energetico. In secondo luogo perché l’eventuale decisione di insediare un
rigassificatore a Trieste se mai verrà presa lo sarà ad opera del Governo
italiano e non certo su indicazione dell’Autorità portuale di Trieste».
Secondo quanto ha riferito nei giorni scorsi in una conferenza stampa a Lubiana
l’associazione ambientalista Alpe Adria Green, il Governo sloveno ha chiesto di
potersi pronunciare sul Piano regolatore dello scalo triestino tramite
un’istanza avanzata dal ministro sloveno all’Ambiente Roko Zarnic. «Se le sarà
data la possibilità di pronuncuiarsi ufficialmente - è stata specificato - la
Slovenia avrà la facoltà di respingere il Piamo regolatore del porto triestino e
di conseguenza di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule».
La risposta di Roma è stata prevista entro venerdì prossimo.
«Lubiana ha comunque diritto di essere interpellata - ha precisato Boniciolli -
né più né meno di quanto Roma ha chiesto che venga fatto relativamente al Piano
regolatore del porto di Capodistria. Voglio precisare però che la perplessità
espressa dal Governo italiano non era nei confronti dei progetti di espansione
dello scalo capodistriano bensì riguardava la carenza di documentazione in base
a quelle che sono le norme dell’Unione europea».
Lo strumento pianificatorio del porto di Trieste intanto sta incominciando il
proprio iter per la Valutazione d’impatto ambientale da parte del Ministero
dell’Ambiente che dovrà precedere l’ultinmo nulla osta che spetta alla Regione.
L’ostacolo principale è stato superato il 21 maggio con l’approvazione
all’unanimità da parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Il Piano
prevede ampliamenti di banchine e piazzali per due milioni di metri quadrati,
investimenti quantificabili in 1,5 - 2 miliardi di euro in un arco di tempo
stimabile in una quindicina di anni. Tra l’altro include l’ampliamento del Molo
Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo, il tombamento tra i Moli Quinto e
Sesto, lo spostamento alle Noghere dei Terminal traghetti.
(s.m.)
Il Piano regolatore spacca in due la giunta - Cinque
voti favorevoli e altrettante astensioni. Dipiazza: sono amareggiato ma si va
avanti
La giunta comunale si spacca a metà sul Piano regolatore
che comunque continua il suo iter: i voti favorevoli hanno pareggiato le
astensioni a quota 5 soltanto perché anche il sindaco ha espresso il suo sì («di
solito non voto mai», ha affermato ieri lui stesso). Il fatto riempie di
incognite non solo la maratona esaminatoria e oratoria che si aprirà già domani
in Commissione urbanistica per proseguire poi nel Consiglio comunale caricato a
questo punto di ancora più forti responsabilità, ma lo stesso completamento
degli ultimi dieci mesi di mandato da parte della giunta di centrodestra.
«Il sindaco è uscito dalla riunione di giunta becco, bastonato e sfiduciato», ha
tuonato ieri pomeriggio Fabio Omero capogruppo del Pd. «Soltanto amareggiato -
ha sottolineato Dipiazza - ma il Piano è comunque passato e resta in me la
consapevolezza di aver svolto un importantissimo e onestissimo lavoro per il
bene della mia città. Forse questo può non andar bene a tutti. Si è trattato
comunque solo di astensioni, che però mi hanno lasciato una certa amarezza anche
perché sono inusuali, basti pensare che io di solito non voto mai in giunta.
Comunque nella vita conta il risultato, si va avanti».
Le astensioni erano state preannunciate in anticipo. Non ha approvato lo
strumento urbanistico l’intero filone del Pdl proveniente da Alleanza nazionale:
il vicesindaco Gilberto Paris Lippi, gli assessori Enrico Sbriglia, Michele
Lobianco e Claudio Giacomelli. Ancora più sorprendente l’astensione di Paolo
Rovis, assessore alla sviluppo economico, di stretta origine forzista. «Ho preso
la parola in giunta per esprimere piena fiducia al sindaco - ha specificato
Rovis - ma ritengo giusto che relativamente alla miriade di osservazioni
presentate dai cittadini e sulle controdeduzioni fatte dagli uffici e che si
possono anche non condividere, debba invece esprimersi il Consiglio comunale».
Alla domanda: «Non sembra strana l’astensione anche del fido Rovis?», Dipiazza
risponde: «Rovis chi?». Compatti per il sì sono stati soltanto i due assessori
della Lista Dipiazza e cioé Giorgio Rossi e Carlo Grilli, il tecnico Giovanni
Battista Ravidà e Marina Vlach, ex Forza Italia. Assente l’assessore Massimo
Greco.
Ora l’enorme malloppo passa nelle mani di Roberto Sasco (Udc), presidente della
Commissione urbanistica del Comune che ha già diramato la prima convocazione per
domani chiedendo la presenza a questo primo incontro del sindaco e invitando
anche i presidenti delle sette circosccrizioni. «Ci riuniremo poi ogni giorno,
da mezzogiorno alle tre del pomeriggio saltando il pranzo - preannuncia Sasco -
prima esamineremo le 18 prescrizioni vincolanti che sono state emanate dalla
Regione, poi le intese fatte con altri 6 enti territoriali, quindi le 1.146
osservazioni o opposizioni dei cittadini che per effetto di accorpamenti e
sovrapposizioni di sono ridotte a 1.051. Andremo avanti a marce forzate sarebbe
una iattura se il Piano non venisse approvato dal Consiglio entro fine luglio».
«La prima condizione per dare il nostro voto favorevole - fa notare Maurizio
Ferrara capogruppo della Lega - era che ci fosse un voto compatto di giunta e
già questa è stata mancata.» In Consiglio c’è anche l’incognita dei Bandelli
boys. «In Commissione cercherò di ricompattare la maggioranza - afferma Sasco -
se non sarà possibile bisognerà dedurne che non ci sono le condizioni per
concludere la consigliatura».
SILVIO MARANZANA
Noghere, già ripristinato il sito - GIOVEDÌ
L’INAUGURAZIONE
MUGGIA Tutto pronto ai laghetti delle Noghere per
l'inaugurazione prevista giovedì alle 11, del sito recuperato. I lavori di
ripristino, dopo l'incidente dello scorso anno quando l'Enel eseguì una serie di
scavi sul biotopo appena recuperato, sono durati circa tre mesi. Sono stati
segnati i sentieri, rinforzati gli argini e predisposti punti di osservazione
della fauna. Inoltre è stato recintato il lato dell'area che corre lungo la
stradina sterrata, soprattutto per evitare possibili intrusioni vandaliche e
l'abbandono di rifiuti. Gli altri lati del perimetro del biotopo sono invece
stati lasciati liberi, proprio per favorire lo spostamento naturale della fauna.
Il sito verrà collegato inoltre alla pista ciclabile che il Comune sta
realizzando nell'ambito del progetto Carso/Kras finanziato con fondi europei.
All'inaugurazione saranno presenti il sindaco, Nerio Nesladek e l'assessore alle
politiche giovanili, Loredana Rossi.
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2010
Veglia, rigassificatore pronto non prima del 2017 - Il
progetto Adria Lng rallenta per la saturazione dei mercati e il ribasso dei
prezzi. Trieste ha via libera
VEGLIA Rischia seriamente di naufragare il progetto del
rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. Dal consorzio
concessionario del terminal, l’Adria Lng, arriva soltanto la conferma che
l’impianto non entrerà in funzione nel 2014, come appariva ormai scontato, bensì
al più presto nel 2017. Sette anni insomma alla realizzazione del
rigassificatore vegliota, che ha l’incondizionato appoggio del governo croato,
come pure delle municipalità interessate e (a parole) della Contea quarnerino–montana.
Un periodo eccessivamente lungo, che permetterà certamente al rigassificatore
triestino di scavalcare il “rivale” isolano, bloccato a quanto pare da numerosi
problemi. Anche se nessuno all’Adria Lng lo dice apertamente, a smorzare
l’interesse sarebbe stata la situazione venutasi a creare ultimamente sui
mercati internazionali del metano. C’è una diminuzione della domanda, i mercati
si presentano pertanto saturi, con prezzi decisamente bassi: sono punti a
sfavore, ai quali si aggiungono le ben note pastoie burocratiche in Croazia, un
atteggiamento che farebbe perdere la pazienza a chiunque, specie agli
investitori. Giorni fa il ”Wall Street Journal” ha pubblicato la notizia secondo
cui la tedesca E. On Ruhrgas – facente parte del Gruppo concessionario (gli
altri sono l’austriaca Omv, la francese Total e la slovena Geoplin) – ha fatto
presente che il terminal Lng a Veglia sarà ultimato appena nel 2017. Il motivo è
semplice, così nell’articolo, ed è riconducibile alla non convenienza del
megaprogetto. Per gli addetti ai lavori, il consorzio avrebbe ora l’interesse a
fare slittare la realizzazione del rigassificatore e infine a ritirarsi dal
progetto, senza lasciare così ad altri interessati la benchè minima chance di
poter fare qualcosa a Castelmuschio. Prova ne sia, sostengono i bene informati,
che Adria Lng abbia chiesto l’ottenimento del permesso di costruzione, senza
avere in precedenza acquistato il lotto di terreno dover poter edificare
l’impianto. Inoltre sussiste un altro indizio, parecchio importante: il
direttore del consorzio, Michael Mertl, abbandona l’incarico e torna a vivere in
Germania. Alla fine della settimana scorsa, assieme ai suoi collaboratori, è
stato a Castelmuschio, dove si è accomiatato dai dirigenti del locale comune,
ringraziandoli per la collaborazione e il sostegno dato al progetto.
Insomma le utenze croate dovranno attendere come minimo sette anni per vedere
diversificate le fonti di rifornimento del metano, che adesso – almeno per
quanto attiene alla regione istroquarnerina e all’area di Zagabria – fanno
affidamento al gas estratto dai giacimenti sottomarini in Adriatico. Che il
rigassificatore sia a rischio è una cosa che non ha stupito Miljenko Sunic,
presidente dell’Associazione croata per il gas: «È da tanto tempo che ho messo
in guardia le nostre autorità, rilevando che il progetto è in fase calante,
anche se per la Croazia ha un’ importanza strategica. Purtroppo non tutti hanno
remato assieme e dalla stessa parte». Sul banco degli accusati soprattutto l’ex
ministro dell’Economia Damir Polance (in carcere per truffa e corruzione),
responsabile di ritardi nel dare fiducia alle aziende croate per entrare a far
parte di Adria Lng. Non poche pure le colpe addebitate alla Regione
litoraneo–montana, capace in passato di non fare decollare i vari piani, con
tutta una serie d’impedimenti e osservazioni. Adesso i nodi sono venuti al
pettine.
Andrea Marsanich
Cresce il solare ”fai da te” - ENERGIE RINNOVABILI
ROMA L'Italia punta sul nucleare ma, in attesa che si
metta finalmente la prima pietra di un reattore, e sceglie la strada della
generazione distribuita, i piccoli e piccolissimi impianti, spesso alimentati
con le rinnovabili, che contribuiscono sempre più al fabbisogno energetico
nazionale. Un boom dell'energia fai da te che, forse, segue anche le difficoltà
dell'economia e gli alti prezzi dell'energia registrati negli ultimi anni, con
il picco del petrolio nell'estate del 2008. Dall'ultimo monitoraggio
dell'Autorità per l'energia e il gas sulla generazione distribuita (vale a dire
impianti con potenza nominale inferiore a 10 Mva) emerge infatti che nel 2008
risultavano installate 34.848 mini-centrali, con una potenza efficiente lorda
corrispondente di 6.627 MW e una produzione lorda di 21,6 TWh, pari al 6,8% del
totale nazionale. L'aumento rispetto all'anno precedente è esponenziale: nel
2007, infatti, si registravano appena 10.371 impianti, per una potenza
efficiente lorda di 6.072 MW e una produzione totale di 19,3 TWh.
A premere sul pulsante dell'acceleratore è il solare, che tuttavia non assicura
una produzione massiccia: gli impianti fotovoltaici sono passati infatti da poco
più di 4mila nel 2006 a quasi 32mila nel 2008.
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli su finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a tutti i martedì 10-12 e i venerdì 17-19.
SEGNALAZIONI - Piattaforme petrolifere - PERICOLO
Nessuno mai ne parla, ma nel Mediterraneo ci sono ben 199
piattaforme petrolifere, e quello che succede nel Golfo del Messico dovrebbe
farci riflettere (cosa è successo realmente laggiù?), che controlli reali ci
sono sulle piattaforme del Mediterraneo?
C’è un piano di intervento in caso di catastrofe? Che assicurazioni ci sono? Il
Mediterraneo è un mare chiuso, la natura è imprevedibile, immaginate una
piattaforma petrolifera che salti, anche con un atto terroristico! Tutte le
coste, il turismo, la pesca sarebbero compromessi con l’inquinamento dell’aria e
del mare!
Penso che bisognerebbe pensare di prevenire tutto questo e non subire! Ma
nessuno pensa, o parla di ciò! Attenzione, pericolo!
Daniela Spagnul
Piano regolatore all’esame della giunta - PRIMA TAPPA
DELL’ITER RELATIVO A OSSERVAZIONI E OPPOSIZIONI DEI CITTADINI
Piano regolatore, inizia lo sprint finale. O meglio, che
sia una volata il più rapida possibile lo spera in primis proprio Roberto
Dipiazza. Se lo augura per riuscire a inanellare in rapida successione
l’approvazione definitiva del Prg per poi, a settembre, lanciare il nuovo Piano
del traffico. E lasciare la poltrona di sindaco, nella primavera del 2011, a
quadro - per così dire - completato.
La convocazione della giunta comunale di oggi prevede l’esame della nuova
delibera con opposizioni e osservazioni già passate attraverso gli uffici
municipali. Sarà poi il turno delle commissioni, infine del voto in Consiglio
comunale. E sarà quello il momento chiave di tutto l’iter, considerate le
resistenze di Lega Nord e Udc su questioni di possibilità edificatorie. Ma non
solo: ci sono anche i turbamenti del quartetto di An-Pdl sul caso del Villaggio
del fanciullo. La maggioranza, dopo il caso Bandelli e la costituzione del
Gruppo Sulli da parte dei suoi quattro fedelissimi, vanta 21 unità sul totale di
41. Un margine minimo, specie alla luce del quadro descritto. Certo, non si
possono escludere colpi di scena in arrivo dall’opposizione, ma l’esame per
Dipiazza si annuncia stavolta come il più difficile del suo doppio mandato.
Proprio dal centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) sottolinea: «Circa un
anno fa il sindaco dichiarava “il mio Piano regolatore è l’abito giusto per
questa città”. Oggi però buona parte della sua maggioranza non nasconde che
quest’abito alla città proprio non va bene».
(m.u.)
BORA.LA - LUNEDI', 21 giugno 2010
Ancora cemento a Roiano: Rio Martesin a rischio, il 23
assemblea pubblica
Incontro Dario Ferluga nella sua casetta di Vicolo Rio
Martesin, tra Gretta e Roiano. Dal cortiletto di casa posso ammirare l’ambiente
circostante: una grossa lingua di bosco che scende dall’Altipiano Carsico, i
terrazzamenti (che in seguito chiameremo con il termine dialettale, più
familiare, di ‘pastini’) coltivati a vite – anche se la maggior parte di essi
ormai è abbandonata e attaccata dalla vegetazione spontanea – e sul fondo della
valle il torrente che, all’altezza di un antico ponte in pietra, si incanala
sottoterra. Sul crinale della collina, gli edifici che danno su Scala Santa.
«Un tempo i pastini arrivavano fino a tre quarti della collina – racconta
Ferluga –, oggi sono praticamente tutti abbandonati. Il terreno verso il
Sanatorio, un’antica tenuta di caccia, è proprietà, tramite prestanome, di Illy.
Questo è un piccolo paradiso: si possono trovare salamandre pezzate,
cinciallegre, numerose famiglie di ricci, qualche capriolo e, più recentemente,
anche i cinghiali. La sera sale una lieve brezza che si incanala nella valle e
dà un po’ di sollievo ad un rione congestionato come Roiano, dove i limiti di
edificabilità sono stati superati nel lontano 1989».
Strano che questa zona non sia considerata di pregio…
«E qui sta la beffa più grande di tutte: oggi questa zona è considerata
‘agricola di pregio’ dal nuovo Piano Regolatore. Peccato che il progetto di
cementificazione della valle sia stato approvato 20 giorni prima dell’entrata in
vigore del nuovo PRG. Teoricamente qui non si potrebbe costruire niente, a parte
qualche ricovero per gli attrezzi agricoli. Vede quella piccola tettoia là? E’
posticcia, in plastica, avvitata alla parete del garage. Eppure ho dovuto pagare
più di 1000 € di multa perché l’avevo installata senza un progetto. Ma sempre
qui verranno costruiti 109 appartamenti, che certo danneggeranno l’ambiente più
della mia tettoia…»
Ma andiamo con ordine. Tutto inizia con il progetto del cosiddetto ‘tubone’…
«Esatto. Siamo nel 2000 e in Regione c’è la Giunta Tondo. L’ipotesi più
plausibile prevedeva l’uscita della strada più a monte, sopra la cisterna
dell’acquedotto, per poi superare la vallata con un viadotto e infilarsi nella
collina di Scala Santa proprio all’altezza dei pastini, allora proprietà dei
fratelli Perco. Ma questa intenzione fu smentita dalla Commissione presieduta
dal prof. Camus – della quale faceva parte il figlio di uno dei fratelli Perco
–, al fine di mantenere edificabili quegli appezzamenti. Così la galleria
avrebbe dovuto passare a 5 metri di profondità sotto la cisterna – una
previsione assurda, ma avvallata anche dall’ACEGAS (Presidente Romanelli,
cognato di Paris Lippi) – e sotto le case popolari per le quali era prevista la
demolizione, per poi sbucare direttamente a valle e collegarsi alla Via Giusti
con una rotonda. A quel punto, il prolungamento della Via Giusti a monte, che
nel progetto originario serviva per allacciarsi al viadotto, appariva insensato.
Eppure rimase. Fu quello uno dei primi indizi della futura edificazione».
Tutto questo nell’ottica di un Piano Regolatore da 350.000 abitanti…
«All’epoca Illy si impuntò: “O lo approvate così com’è, o mi dimetto”, disse. Si
dimise, venne rieletto con un margine ancora più ampio e ci lasciò in dono
questo mostro».
Il ‘tubone’ fu respinto a causa della forte contrarietà della cittadinanza.
«Già. E assieme ad esso un mega-progetto che riguardava il rione di Roiano».
Di cosa si trattava?
«Di un progetto dell’ATER – con Presidente Assanti (cugino di Piero Camber) e
Consigliere Fortuna Drossi (amico dei Perco) – risalente al 2001, che prevedeva
la costruzione di un grosso caseggiato con annessi 400 posti auto nella zona
dell’ex centrale elettrica di Roiano, l’interramento della linea elettrica, e l’intombamento
del Rio Martesin. Per la zona del Rio Martesin era prevista, nella parte alta
dei pastini, la costruzione di ‘case ecosostenibili’, che però molto
probabilmente non sarebbero state vendute come case popolari, visto l’alto costo
di costruzione, ma ai privati. In pratica si voleva cementificare con dei
contributi regionali per poi vendere tutto ai privati».
Cos’è rimasto di quel progetto?
«Il piano è stato respinto a furor di popolo: l’interramento della linea
elettrica non risultava necessario visto che i valori di elettromagnetismo erano
e sono tuttora nella norma; la zona di Via Giusti avrebbe perso tranquillità e
parcheggi, per l’allargamento della sede stradale e l’aumento vertiginoso di
residenti; ma la vergogna più grossa, come già detto, sarebbe stata far
costruire con i soldi pubblici per interessi meramente privati.
Di quel progetto è rimasto solo l’intombamento del torrente fino al ponte di
Vicolo Rio Martesin, realizzato con i contributi regionali per i fiumi a rischio
esondazione. (ride) Assurdo, il Rio da anni è ormai ridotto a un rivolo
d’acqua…»
Insomma, questo primo tentativo fallisce.
«Ma in agguato c’è un secondo tentativo. Nel frattempo Fortuna Drossi consiglia
ai Perco di vendere i terreni, che vengono acquistati da una società con sede a
Roma, la GIA. Il nuovo progetto, nuovamente a firma Assanti anche se promosso da
privati, prevede sette edifici, per un totale di 109 appartamenti e di
conseguenza più di 200 posti auto. Il tutto collegato alla viabilità da un
prolungamento di Vicolo Rio Martesin, che si inerpicherebbe sulla collina con
una pendenza di almeno il 20%. Visto che il vicolo è largo solo due metri,
verrebbe installato un impianto semaforico, a monte e a valle, per regolare il
traffico. Uno dei sette fabbricati, lungo 60 metri, verrebbe edificato a 5 metri
da casa mia, con una perizia idro-geologica allarmante: la mia casa per esempio,
sarebbe a rischio smottamento.
Tanto per comprendere la difficoltà nel progettare un complesso edilizio del
genere in una zona come questa, la strada dovrà passare sotto uno dei sette
caseggiati, collegando 40 box auto. E se uno di questi box si incendia, come ci
arriva il camion dei pompieri?
Inutile raccontare quanti ostacoli abbiamo incontrato nel tentativo di reperire
le carte del progetto: richieste protocollate che venivano respinte dopo 60
giorni per vizi di procedura minimi, ma anche costi esorbitanti per ottenere
copie dei documenti ufficiali».
Così avete presentato ricorso al TAR…
«Sì, puntavamo su queste tesi: la casa del versante di Gretta è progettata
prendendo le distanze (previste dalla legge) da una strada che ancora non c’è;
si costruisce anche su una zona Z1 non edificabile, attinente al torrente e
prevista quando ancora il Rio Martesin era scoperto: oggi non serve più, ma per
edificare bisognerebbe prima modificare il PRG. Poi, i progettisti sostengono
che i pastini non vengono intaccati dal progetto, mentre invece dei 17 attuali
ne rimangono integri 3 o 4, peraltro intrappolati tra le case e quindi non
coltivabili. Infine, una domanda: chi interrerà i cavi elettrici? Ora come ora è
impossibile edificare perché sono troppo vicini al terreno, e Terna ha già fatto
intendere che non ci sono le condizioni per un interramento: troppo costoso
(1,2-1,5 mln di €) e a rischio guasti».
Ma il TAR ha respinto il ricorso.
«Con una motivazione assurda: bisognava presentare il ricorso all’approvazione
del PRG, non dopo la presentazione del progetto: una falsità colossale, perché
si ricorre quando c’è il danno, non in previsione di esso».
Se fosse vero quello che dice il TAR, ad ogni nuovo PRG bisognerebbe presentare
una valanga di ricorsi ‘preventivi’.
«Esatto, un controsenso. Ma non è finita qui. Abbiamo scoperto che per aggirare
la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, la GIA ha diviso il progetto
in tre progetti più piccoli, dei quali uno affidato ad un’altra società,
Airone85. Questo per noi è un caso di lottizzazione abusiva».
Le prossime mosse?
«Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, e presentato un esposto, fermo da
mesi, alla magistratura ordinaria».
E la Sovraintendenza?
«L’abbiamo contattata, visto che l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico, ma
sul luogo non è mai venuta a controllare. Se per questo, nemmeno Terna ci ha mai
risposto in modo ufficiale, anche se possiamo desumere la sua posizione da
quello che ha detto in merito all’elettrodotto friulano: per sotterrare una
linea aerea c’è bisogno di un percorso agibile (strade larghe almeno 20 metri)
per raggiungere tutta la linea, cosa che ovviamente qui non c’è. Inoltre la rete
elettrica di Trieste è a rischio sovraccarico, se si guasta una linea importante
come questa tutta la città va in black-out».
In questo contesto, come hanno agito le Istituzioni?
«La Circoscrizione rispetto a questi progetti ha parere obbligatorio ma non
vincolante. Quest’arma, che può apparire spuntata, poteva essere invece
fondamentale. I primi due lotti erano stati approvati con il parere contrario
della Circoscrizione. Il terzo lotto era stato invece sottoposto al parere dei
Consiglieri a ridosso dell’approvazione del nuovo PRG, che rendeva la zona
inedificabile. La Circoscrizione aveva 20 giorni di tempo per esprimere il suo
parere, e l’idea era quella di proporre un supplemento d’indagine. Ma la
consigliera Gambino, di Alleanza Nazionale, spinse per votare in maniera
immediata un ‘no’, che alla prova dei fatti ci ha condannati. Quello che mi ha
deluso di più è stato il comportamento dell’opposizione, che non ha nemmeno
messo ai voti il supplemento d’indagine, allineandosi alla maggioranza. In
seguito Sandro Menia, il Presidente della Circoscrizione, ha accusato non ben
definiti ‘poteri forti’, asserendo che aveva operato con il Sindaco Dipiazza per
limitare i danni».
Insomma, non siete stati granché aiutati…
«In questa vicenda ci ha dato un grosso supporto il consigliere comunale
Racovelli, dei Verdi, e ha tentato di darci una mano anche Giorgi (Forza Italia,
ex Presidente della Circoscrizione), ma con le mani legate a causa degli
interessi del suo partito in questa vicenda: ritengo infatti che anche per
questo Giorgi non sia mai stato nominato assessore, sebbene fosse papabile in
due occasioni».
La domanda che sorge spontanea, adesso, è questa: chi se le compra case care
come queste, visti gli elevati costi di costruzione, e considerato anche il calo
demografico della città?
«Abbiamo fatto dei calcoli: se la società di costruzione dovesse occuparsi anche
di tutte le opere ‘secondarie’ (strada, allacciamenti acqua-luce-gas-fognatura,
interramento della linea elettrica), le case verrebbero a costare 6000-8000 € al
mq, circa 2000 € in più rispetto ai prezzi più alti in città. Inoltre solo uno
dei 7 caseggiati ha una vista stupenda, su Piazza Unità, le altre danno
sull’interno della vallata. Quindi è probabile che le opere secondarie vengano
fatte con soldi pubblici: sennò non si capisce che mercato avrebbero queste
abitazioni. I sospetti sono avvallati da prove, visto che la Regione ha
stanziato 1,2 mln di € alla Provincia ufficialmente per la riqualificazione del
torrente, molto probabilmente per il suo ulteriore intombamento, al fine di
interrare assieme anche la linea elettrica: il tutto con i soldi delle nostre
bollette e solo per permettere a questi privati di cementificare la valle».
Mercoledì 23 Giugno, alle 18, il Comitato Spontaneo della Valle del Rio Martesin
organizza un incontro pubblico in Vicolo Rio Martesin, per far conoscere alla
cittadinanza e ai giornalisti l’area che viene interessata dal progetto e le
ragioni del ricorso al Consiglio di Stato.
Riccardo Laterza
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2010
Demanio in regalo, sindaci poco entusiasti - Dipiazza
su Barcola: «Non pagheremo più il canone». Romoli e Honsell perplessi
TRIESTE Non disdegnano ma nemmeno si entusiasmano. Proprio
no. Attendono di vedere la lista, quella ufficiale, dei beni demaniali
trasferibili dallo Stato al Friuli Venezia Giulia: arriverà solo a fine luglio.
Per adesso i sindaci dei comuni capoluogo si limitano a prendere atto che Roma
sta definendo l'elenco dei "tesori" da consegnare eventualmente alla periferia.
Roberto Dipiazza, riferendosi alla pineta di Barcola valutata 1.870.000 euro,
non va oltre una battuta: «Una buona notizia, non pagheremo più il canone».
VIA ROSSETTI. Il sindaco di Trieste, in realtà, ha da tempo un'idea in testa che
lo interessa di più. Riguarda la partita della caserma Vittorio Emanuele III di
via Rossetti, quella che intende acquistare assieme alla Provincia per
trasformarla in un mega-polo scolastico da 120mila metri quadrati. «Sarebbe un
campus innovativo a livello nazionale, qualcosa di straordinario», sottolinea.
Una questione ancora aperta, però, da gestire con il demanio militare.
RISPARMI. Dipiazza ricorda inoltre le intese già raggiunte con il demanio sul
piano regolatore, «che hanno permesso allo Stato di mettere in vendita beni di
un certo valore». Quanto al federalismo demaniale, per adesso, c'è spazio solo
per un un'osservazione che vale la pineta e altro: «Quello che arriverà ci
consentirà di risparmiare dei soldi».
GLI ALTRI. Anche i colleghi devono ancora capire. Il più sbrigativo è Sergio
Bolzonello: «A Pordenone spulceremo la lista e decideremo se accettare o meno».
Ettore Romoli, per Gorizia, parla invece di «lista strana con apparentemente due
argomenti di un certo rilievo». Il primo riguarda l'ampliamento della sede del
comando provinciale dei Vigili del Fuoco che però, osserva il sindaco, «gestita
dallo Stato o dal territorio, non modificherà la sua destinazione d'uso».
«Interessante ma misteriosa», prosegue Romoli è poi la scheda che parla dell'ex
aeroporto, «che ci risulta essere in realtà sempre di proprietà dell'Enac, a
meno che non si faccia riferimento ad aree marginali». Insomma, anche Gorizia
attende di vedere l'elenco ufficiale.
UDINE. E a Udine? Furio Honsell auspica che «i beni vengano conferiti e discussi
sulla base di convenzioni». Per adesso, non c'è molto altro se non una
delusione: «Abbiamo chiesto il Castello, su cui paghiamo al demanio un iniquo
balzello, ma non è stato inserito nella bozza. Così come altri beni che
l'amministrazione ha chiesto per lo sviluppo della città». Honsell, dunque, non
approva, non almeno in questa fase: «Il federalismo demaniale non può servire
solo a "sbolognare" agli enti locali aree non gestite al meglio e che hanno
dunque accumulato varie problematiche, abusivismo in testa. Se si va allo
scaricabarile, ci troveremo davanti all'ennesima improvvisazione di un governo
che non risolve i problemi, li aggrava».
MARCO BALLICO
IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2010
La Trieste-Divaccia raddoppia - Due tunnel di 12
chilometri correranno sotto il Carso
Il primo scenderà da Aurisina sino in città e il
secondo sfiorerà Rupinpiccolo e Borgo Grotta
TRIESTE Non più solo una tratta ferroviaria. Dopo l’accordo tra Italia e
Slovenia sulla linea ad alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia, le
tratte diventano due in territorio italiano, e molto impegnative. Hanno più di
12 chilometri ciascuna e sono quasi interamente in galleria sotto il Carso. La
prima corre da Aurisina a Trieste, dentro il costone carsico, la seconda
sull’Altipiano. Un’opera imponente che richiederà anni per l’approvazione e la
realizzazione, ma soprattutto assai delicata per tutti gli aspetti ambientali.
È stata scelta la via «alta», evitando come ha ricordato l’assessore regionale
ai Trasporti, Riccardo Riccardi, ma anche il vice-ministro ai Trasporti Roberto
Castelli, un’altra val di Susa (l’ipotesi era il passaggio sotto la Val Rosandra).
Ma questo cambiamento imporrà delle nuove valutazioni: per l’allungamento del
percorso, per l’utilizzo dei fondi Ue e per i tempi di realizzazione.
Quello che è certo è che è un’infrastruttura non più rinviabile: l’attuale
tratta Ronchi-Trieste infatti è quasi alla saturazione con 160 treni al giorno
(merci e passeggeri) quando il limite massimo è di 190-200. I margini di manovra
sono pochissimi, si possono allungare i convogli, fare delle migliorie tecniche,
usare locomotori migliori. Ma non si possono spostare i treni regionali alla
notte e prima o poi ci sarà un limite invalicabile. Ciò significa che se il
Porto di Trieste dovesse aumentare i traffici non potrà essere sfruttata la
ferrovia. Lo sa bene anche Unicredit che, illustrando il progetto logistico, ha
fatto capire che punterà su Monfalcone (la Ronchi-Monfalcone sarà pronta prima)
e solo in un secondo momento su Trieste.
Ci sarebbe una via d’uscita, ma per ora è impossibile: il collegamento tra i
porti di Trieste e Capodistria. Soltanto 6 km di ferrovia che però, a detta di
Castelli ma anche del segretario di stato ai trasporti sloveno, Igor Jakomin,
appaiono insuperabili. Gli sloveni non vogliono questo collegamento perchè
diventerebbe una linea internazionale e sarebbero obbligati a far passare tutti
per congiungersi alla linea con Divaccia.Lubiana sta correndo per realizzare la
Capodistria-Divaccia, 39 km, 25-30 in galleria. Grazie a questo nuovo tracciato
la potenzialità di trasporto dallo scalo sarà quadruplicata. La Slovenia ha
coscienza della strategicità della linea e per evitare contestazioni ha
addirittura varato una legge in Parlamento per realizzare l’infrastruttura.
Cosa farà l’Italia? Dalla cartina si comprende la delicatezza del problema. La
prima linea da Aurisina dovrebbe scendere a Trieste quasi tutta in galleria (12
km su 13). Il treno dovrebbe entrare in galleria ad Aurisina, farà una curva
ampia a nord dell’autostrada passandoci sotto e superando al largo Santa Croce.
La linea allora si dirigerà verso il costone per scendere (pendenza massima
12,5%) verso Trieste. Tutta dentro la roccia. La galleria proseguirà sopra
Barcola e poi scenderà più o meno all’altezza (in linea d’aria) della stazione
ferroviaria di Trieste biforcandosi per collegarsi con la galleria di cintura.
Tempi e costi? Dipenderà quanto si potrà giocare con i fondi Ue: prima c’era
solo un tratto (Ronchi-Trieste-Divaccia) che ora si sdoppia. Per i tratti
internazionali transfrontalieri la Ue finanzia il 30%, quello italiano avrà il
20%. Ma se il tratto è solo nazionale i contributi si fermano al 10%. Per
l’intera Ronchi-Trieste sono ipotizzati 1.930 milioni di euro. Per la
Aurisina-Trieste bisogna fare la metà: 900 milioni.
La progettazione preliminare è in corso e dovrebbe terminare a fine anno.
Passiamo alla linea Aurisina-Confine: 12 km e mezzo tutti in galleria. Un
percorso delicatissimo dal punto di vista ambientale, tutto sotto il Carso. Si
passa a Sud di Sgonico, poco sotto Rupinpiccolo, a poca distanza da Rupingrande
e un pelo sopra Borgo Grotta Gigante. Territori naturali di rara bellezza anche
nelle cavità. Non sono ancora ipotizzabili costi, ma è certo è che il governo
deve mettere in preventivo una spesa di oltre 300 milioni l’anno fino
all’ultimazione dell’opera. E i tempi non sono brevi: se tutto andasse liscio
servirebbero almeno 3 anni per il progetto e l’approvazione. Solo dopo possono
essere aperti i cantieri: con le frese moderne si avanza circa 50 metri al
giorno, per realizzare la galleria serviranno almeno 3 anni e mezzo. Ultimata la
galleria bisognerà mettere binari e attrezzature: un altro anno e mezzo. Totale
8 anni, ma solo se non ci sono intoppi.
GIULIO GARAU
SEGNALAZIONI - Dal Carso rocce e terra per allargare la
costa - LA PROPOSTA SUL MATERIALE FRUTTO DEGLI SCAVI PER L’ALTA VELOCITÀ
L’articolista Giovanni Longhi su «Il Piccolo» del 10
giugno ci informa che «L’alta velocità» ferroviaria attraverserà Duino Aurisina
con 10 km in galleria e 2 km in superficie, il tutto però evitando di
danneggiare eventuali grotte e possibili invasioni di cantine delle case
carsiche sopra il percorso ferroviario. Il tutto però a due condizioni: primo, i
lavori non inizieranno prima del 2030, ma il «progetto» deve essere presentato
subito per non perdere i 7 milioni di euro stanziati dall’Ue (stanziati vuol
dire che su un pezzo di carta sarà scritto «Ue ti manderà 7 milioni di euro);
secondo, dove saranno smaltiti i 2 milioni di metri cubi di rocce e terra?
Ma, semplicissimo direi. Alcuni giorni fa è apparsa sul quotidiano triestino la
notizia che già dieci anni fa il Comune locale ha approvato la modifica della
riviera barcolana allargandola, come già allargata con la pineta, dall’ex bagno
Cedas fino al bivio di Miramare.
Il tutto però è stato gelosamente custodito in uno dei tanti cassetti del
palazzo già dall’anno 2000, anche perché non si sapeva dove trovare il materiale
per riempire l’allargata riviera e poi mancavano sempre i soldini.
Oggi ci sono i due milioni di metri cubi di rocce e terra e «lo smaltimento
resta un mistero», dice l’articolo di giovedì.
Suggerirei modestamente: mettetevi d’accordo. Ci sarà certamente un vantaggio
delle due parti. Ma, cosa dice la politica? Resta quindi l’unico vero problema:
quando si potrà iniziare oppure sono problemi virtuali e cartacei?
Ricordi di tempi trascorsi: c’era il teatro Armonia e l’attore Cecchelin: con
due battute risolveva ogni storiella triestina.
Silvio Cargnelli
La Ferriera elegge i sindacalisti dell’ultima battaglia
LE NUOVE RSU - Il 28, 29 e 30 giugno i 490 dipendenti
alle urne. Sono cinque le liste che si fronteggeranno
In campagna elettorale c’è piena concordia sul principale obiettivo: «Non si
chiude finché non c’è un’alternativa occupazionale per tutti»
Rischiano di passare alla storia come i più famosi sindacalisti di Trieste,
più di quelli che negli Anni Sessanta si batterono contro la chiusura del
Cantiere San Marco. Con l’elezione dei rappresentanti di fabbrica in programma
lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 giugno, i lavoratori della Ferriera di
Servola cercano i leader in grado di guidarli come fece Sylvester Stallone in
Fist con i camionisti. Non sarà certo come nel 1994 allorché a guidare il corteo
di protesta contro la paventata chiusura furono il vescovo Lorenzo Bellomi, il
vicepresidente della Regione Roberto Antonione e il vicesindaco Roberto Damiani.
Stavolta i lavoratori si sentono soli perché è dal 2001 che gran parte delle
forze politiche ripetono che lo stabilimento va chiuso, ma le cinque liste che
si combattono alle elezioni, e che pubblichiamo nel dettaglio, hanno una parola
d’ordine comune: «La Ferriera deve restare aperta e funzionante finché non
esisterà un’alternativa occupazionale concreta per tutti i lavoratori». Che
sarebbero un migliaio perché ai 490 dipendenti di Servola ne vanno aggiunti
altrettanti tra la Sertubi e le altre piccole aziende dell’indotto.
Obiettivo improbo data la crisi generale della siderurgia e il fatto che i russi
della Severstal, dopo acver acquisito il 100 per cento di proprietà del Gruppo
Lucchini, hanno da mesi avviato trattative per la sua vendita. A questo
proposito gli stessi sindacalisti sono stati convocati a Roma, al Ministero del
Lavoro per comunicazioni proprio il 30 giugno.
«Che la politica si interessi dell’occupazione delle poltrone, più che del
futuro occupazionale dei cittadini - commenta Franco Palman, rsu della Uilm - lo
dimostra la sostituzione con Angela Brandi dell’ex assessore regionale Alessia
Rosolen che pure aveva con una certa efficacia aperto il tavolo sulla
riconversione della Ferriera, ma che è stata interrotta nel proprio lavoro». Ma
la stessa Regione, con l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, ha aperto anche la
procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, il che apre
un’ulteriore incognita sul futuro dello stabilimento. Attorno alla Ferriera
comunque si gioca l’intero futuro industriale e non solo della provincia di
Trieste. Ecco perché i nuovi rappresentanti sindacali della Ferriera saranno
attesi ad un compito che va ben oltre il loro stabilimento.
Palman è uno dei rappresentanti di fabbrica uscenti assieme a Luigi Mafione
sempre della Uilm, a Fabio Fuccaro e a Tiziano Scozzi di Fiom-Cgil, a Umberto
Salvaneschi di Fim-Cisl e a Luigi Pastore di Failms-Cisal. Palman, Scozzi,
Salvaneschi e Pastore aprono in questa tornata le rispettive liste. Il capolista
dell’Ugl che ora non ha alcun rappresentante è invece Marco Sabadin. Le elezioni
saranno valide se si presenterà alle urne almeno il 51 per cento dei 490 aventi
diritto. Gli eletti saranno sei e rimarranno in carica per tre anni.
SILVIO MARANZANA
FERRIERA - Il Wwf chiede la revoca dell’Aia: «Un fallimento» - «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo»
«Il controllo e il rilevamento delle emissioni della
Ferriera di Servola da parte degli enti preposti sono completamente falliti.
Meglio revocare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla
Regione alla proprietà della Lucchini e ripensare a come effettuare controlli
puntuali e attendibili sulle emissioni convogliate e diffuse».
Lo sostiene il Wwf che ha annunciato di aver inviato alla Regione, all’Agenzia
regionale per l’ambiente e agli enti locali una serie di osservazioni sul
processo di attuazione dell’Aia e sui piani di monitoraggio e controllo delle
fonti di emissione dello stabilimento servolano. L’Aia - secondo il Wwf - era
già stata concessa in aperta violazione rispetto alle indicazioni delle
normative vigenti, ne era stata chiesta la revoca, ma la Regione, pur avendo già
avviato una procedura di revisione dell’autorizzazione, non ha proceduto in
questa direzione e ha sospeso il processo. Per l’associazione ambientalista è
soprattutto grave la mancanza delle misure di controllo e monitoraggio sulle
emissioni prodotte da parte dell’Arpa e dell’ente provinciale preposto a tale
compito. «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché
discontinuo – ha rincarato Fabio Gemiti. - È preoccupante - è stato aggiunto -
che la Provincia da noi interpellata comunichi di non avere competenze
specifiche nell’esecuzione del piano di monitoraggio di non avere mai ricevuto
dalla Lucchini segnali di inquinamento o di malfunzionamenti dello
stabilimento».
Maurizio Lozei
Razeto: «Intervenire subito per porre un freno alla
crisi» - La Confindustria vuole accelerare per le bonifiche, il rigassificatore
e la Piastra logistica del porto
«Non c’è più tempo, non dobbiamo perdere le poche
opportunità che abbiamo per agganciare la ripresa». Lo afferma Sergio Razeto,
presidente di Confindustria Trieste, ritornando sulle parole di Gianfranco Di
Bert, vicepresidente di Confindustria Fvg, che durante la recente conferenza
sull’economia reale del Friuli Venezia Giulia ha richiamato istituzioni, imprese
e parti sociali a sedersi attorno ad un tavolo per «porre in discussione una
sola grande questione, con una sola grande e comune missione: la ripresa
economica».
Sergio Razeto sottolinea la necessità di interventi urgenti, in grado di porre
un freno ad una crisi che a Trieste sta appena delineandosi, come dimostrano i
principali indicatori dell’industria provinciale nei primi tre mesi del 2010: la
produzione è tornata ad essere negativa (-10,5%) e molto al di sotto della media
regionale (-0,5%).
«Per Trieste – afferma Sergio Razeto – l’elenco delle priorità è noto: risolvere
il problema delle bonifiche del sito inquinato per poter disporre di aree da
destinare ad attività produttive, procedere al perfezionamento dell’iter di
approvazione del nuovo Piano regolatore del porto per avviare alcune opere
fondamentali per l’ammodernamento dello scalo (in primis la piattaforma
logistica) e frenare così la significativa caduta dei traffici, come evidenziato
dall’analisi della Banca d’Italia (-8% nel 2009 nelle merci movimentate, -17,6%
nei container). Una caduta che ha portato lo scalo giuliano al decimo posto in
Italia fra i 12 principali porti container nazionali.
Bisogna poi perseguire, secondo Razeto, la realizzazione dell’impianto di
rigassificazione proposto dal gruppo Gas Natural-Fenosa e della centrale
termoelettrica promossa dalla Lucchini Energia e individuare nuove strategie di
sviluppo che portino a una maggiore presenza sul territorio dell’attività
manifatturiera, per favorire una tenuta della situazione occupazionale (+ 0,1%
nel primo trimestre dell’anno) che, a Trieste, non ha ancora risentito della
crisi della produzione.
E ancora, delineare un sistema efficiente di collegamenti viari, ferroviari e
aerei, sia passeggeri che merci (questi ultimi hanno segnato nel 2009
un’attività ridotta del 20,5%), anche nell’ottica di un futuro ampliamento del
bacino servito ai Paesi dell’Europa centrale e orientale.
Giunta in bilico per 45 villette al Villaggio del
fanciullo - S’INASPRISCE LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA SUL PIANO REGOLATORE
Lippolis (An): «Avevamo chiesto di abbassare
l’edificabilità, gli uffici l’hanno aumentata»
Piero Camber: «Opposizioni e osservazioni sono 1141. Accolte il 90% delle
richieste»
Un problema di «casette». È lì che cammina il ruvido confronto politico sul
piano regolatore. Certo ci sono i sostanziali dissensi dell’opposizione, ma sono
ampi pezzi di maggioranza (Udc e Lega) che tirano il sindaco per la giacca e
anche per le braghe, in nome dei piccoli proprietari di villetta scippati del
diritto di costruire. E c’è soprattutto An che intende far muro, e votare «no»,
sull’edificabilità concessa all’ex campo di calcio del Villaggio del fanciullo a
Opicina.
An ha digerito a fatica quel che sembrava un favore all’ente religioso in
difficoltà economiche, valorizzare come edificabile, dunque ben vendibile, una
zona di servizi. Ma è dopo che la costola Pdl si è inalberata. Quando ha
scoperto che il suo emendamento per abbassare la quantità di edificato è stato
prima accolto in aula, e poi cancellato d’ufficio, sulla scorta delle richieste
correttive presentate dal Villaggio. E quando ha fatto i conti dei metri,
quadrati e cubi.
«All’inizio pareva che questo favore del sindaco portasse al Villaggio del
fanciullo due-tre villette - dice il capogruppo Antonio Lippolis -, e va bene,
l’ambiente era salvo. Quando abbiamo avuto in mano le carte, ecco però altri
numeri: 6000 metri cubi, 15 mila metri quadrati. Ma allora si trattava di almeno
30 appartamentini?». An ha chiesto il dimezzamento degli indici. «Il sindaco ha
mediato, e siamo arrivati - dice Lippolis - a 10 mila metri quadrati, 20
casette. Ora vedo che è stata accolta l’opposizione di don Piergiorgio
Regazzoni. Ha chiesto non solo che i metri tolti siano ristabiliti, ma anche
l’innalzamento dell’indice di edificabilità da 0,4 a 0,6. Di appartamentini -
esclama Lippolis - se ne faranno dunque non due-tre, e neanche 30, o 20, ma ben
45». Insomma le casette lievitano e An si ribella: «In Carso si è tolto agli
altri per fare il favore a uno, mancando di giustizia sociale, e inoltre
politicamente questo è uno smacco per il nostro gruppo politico e per il
consiglio comunale, si è mai visto che i tecnici stravolgano una direttiva
dell’aula? Noi voteremo no».
Piero Camber, il capogruppo di Fi, mette già in conto voti «trasversali» e non
bulgari su ogni singola opposizione e osservazione. Ma soprattutto rintuzza le
anime inquiete della maggioranza in fatto di varie casette, portando per la
prima volta in luce quel che arriverà in consiglio comunale: «Opposizioni e
osservazioni sono 1141, di queste 330 sono osservazioni, 66
osservazioni/opposizioni, e 745 opposizioni di cittadini direttamente
interessati all’edificabilità. Tra questi ultimi, 440 hanno chiesto il
ripristino a zona B: circa 40 le richieste non accolte (il 10%), 300
parzialmente accolte, 100 accolte». Dunque le casette dei privati, che si son
sentiti lesi, sono - salvo voto diverso dell’aula - accontentate «al 90%».
E il Villaggio? «Protesta lì qualcuno in nome di qualcun altro che ha interesse
- esordisce Camber -, per il resto non si è data edificabilità a un privato, non
stiamo arricchendo nessuno, questo è un ente benemerito. Secondo, non abbiamo
trasformato in costruibile una zona prima ”verde”. Terzo, l’indice di
edificabilità a Opicina è stato da questo Prg abbassato, era di di 0,8 e ora è
di 0,6. Per ultimo, nell’area interessata gli edifici vanno tutti da un minimo
di 0,6 a un massimo, addirittura, di 1,5. Quindi don Regazzoni ha chiesto il
minimo ora presente nella zona. Io spero - aggiunge Camber -, in un voto
ragionato, e penso per esempio che sul Villaggio la ex Margherita (ora Pd, ndr)
voterà con noi. Se An voterà contrario, pazienza, l’1% di distinzione nella
maggioranza è già nel conto, l’importante è che si accolga il piano. Salva la
Costiera, lascia intonse ampie zone verdi e riduce tutte le cubature».
GABRIELLA ZIANI
PRG - «Né favori né speculazioni edilizie» - Don
Regazzoni: «Non ho chiesto io di costruire sul campo di calcio»
«Io volevo solo essere trattato come gli altri, volevo
dunque l’indice di edificabilità 0,6 che qui hanno tutti». Parla vivacemente da
imprenditore don Piergiorgio Regazzoni, presidente dell’Opera Villaggio del
fanciullo di Opicina. Anche quando cita i debiti, i problemi economici di
un’impresa sociale i cui corsi di formazione per giovani in difficoltà vengono
pagati dagli enti pubblici con tanto ritardo («mesi per avere l’80%, anni per il
restante 20%») da costringere il sacerdote a fare mutui con le banche per pagare
gli stipendi: «E una banca mi ha chiesto un interesse di 5 punti percentuali più
alto rispetto all’Euribor, roba da pazzi».
Nel merito, sul caso-casette, don Regazzoni è molto drastico: «Qui non c’è
speculazione edilizia, io non ho chiesto favori a nessuno - corregge -, anzi io
non volevo proprio che l’ex campo di calcio diventasse edificabile, mi
interessava liberarmi piuttosto di quei 4000 metri quadrati dove inizialmente il
Comune (parliamo dai tempi di Richetti sindaco, poi di Illy, quindi di molti
anni fa) voleva fare una piscina accanto al complesso del nuovo centro civico,
cosa che nessuno farà mai, noi no di certo. Su quel terreno, che prima il Comune
voleva espropriare e su cui poi si è trovato un accordo, abbiamo perfino dovuto
pagare (noi!) anni di Ici arretrata perché l’avevano reso edificabile senza
trasferirsi la proprietà per tempo. Questa richiesta io ho fatto al sindaco, e
ho parlato davanti a testimoni. Altro che vantaggi - esclama don Regazzoni - noi
siamo delle vittime del sistema».
Il Comune non ha accontentato la richiesta («perché c’è la lobby delle case
vicine che non vuole, perché quello spazio fa comodo» dice il combattivo
Regazzoni), e piuttosto ha reso edificabile l’ex campo di calcio, «10-15 mila
metri quadrati non più utilizzabili, un terreno che anzi ora inquina, mentre i
soldi al contrario ci potrebbero servire». Terreno da vendere come, a chi? «Non
lo so ancora - dice il presidente del Villaggio - daremo a un notaio, faremo una
gara, chissà. È un’area vicina alla strada, quindi di pregio. Ovviamente ci
teniamo gli spazi per il campo di calcio a sette, abbiamo appena chiesto alla
Regione il contributo per gli spogliatoi».
Don Regazzoni s’infiamma però anche per un’altra questione. «Lì sull’ex campo di
calcio noi volevamo fare anni fa un centro per l’Alzheimer, il progetto era
pronto, cantierabile, e ce l’hanno bocciato. L’Azienda sanitaria non l’ha
voluto. E dunque che cosa ce ne dobbiamo fare? Non voglio più entrare in questa
diatriba» (g. z.)
PRG - IL PD DETTA LE SUE CONDIZIONI - «Il sindaco non è sicuro, ha sondato l’opposizione»
Omero: «Non faremo ostruzionismo ma così non va»
Lunedì il piano regolatore va in Giunta. Poi cominceranno
le commissioni. Poi il consiglio comunale. Verrà in campo il problema se esiste
un principio giuridico che guidi l’azione di chi vuole o non vuole concordare la
«trasformabilità» dell’uso di un terreno in sede di scrittura del piano
regolatore? La questione si pone per il Villaggio del fanciullo ma nessuno lo sa
per certo. Fabio Omero, capogruppo Pd: «O si fa per tutti, ed è il caso del
sindaco di Udine che ha interpellato enti e cittadini, o per nessuno. Per
aiutare un ente si dovevano scegliere altri modi, non certo la speculazione
edilizia».
Ma Omero guarda alle frizioni nella maggioranza, e a Dipiazza che «ha sondato
l’opposizione», segno che il sindaco «sente incerti i suoi voti e vorrebbe
trovar supporto nel campo avverso, ho chiarito che non abbiamo nessuna
intenzione di fare ostruzionismo, andando avanti per mesi, ma che da qui a dire
che votiamo il piano regolatore ce ne corre». Infatti per il Pd «proprio non
va». Le richieste sono tre, più una: «Zone strategiche (caserma di Banne, Fiera
e mercato ortofrutticolo) con pianificazione pubblica e non privata, stralcio
dell’area turistico-ricettiva della vergogna oltre che del golf a Padriciano,
stralcio delle zone C1 ad alta densità edilizia, Villaggio del fanciullo
compreso». L’ultima proposta è radicale: fermare tutto per approvare a luglio
«il piano strutturale comunale in base alle nuove norme regionali, ridefinendo
conservazione e valorizzazione del territorio, sviluppo sostenibile,
contenimento del consumo energetico. Nel frattempo, nuova salvaguardia per due
anni». E a Opicina? Su Villaggio del fanciullo, «Banne che quadruplica gli
abitanti», e Padriciano, è ostile il presidente della circoscrizione Marco
Milcovich: «Opposizioni firmate da 1600 cittadini. Noi circoscrizioni siamo
state convocate in commissione a fine maggio, ma già poche ore dopo l’invito è
stato revocato. Mai saputo più niente, e si parla di nuove secretazioni».
(g. z.)
IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2010
Piano regolatore del porto, in arrivo il no della
Slovenia - Ha chiesto di esprimere il proprio parere per stoppare il
rigassificatore di Zaule
La Slovenia ha chiesto ufficialmente all'Italia di essere
coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste.
La richiesta e' stata sottoscritta gia' la settimana scorsa dal ministro
dell'ambiente sloveno Roko Zarnic e nei prossimi giorni sara' recapitata
all'Italia tramite i consueti canali diplomatici. La risposta di Roma e'
prevista entro il 25 giugno.
Secondo l'associazione ambientalista Alpe Adria Green, che ha dato la notizia,
nel corso di una conferenza stampa ieri a Lubiana, se le sara' data la
possibilita' di pronunciarsi ufficialmente, la Slovenia avra' la facolta' di
respingere il Piano regolatore del Porto triestino e, di conseguenza, di
bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule. »Se l'Italia si e'
dimostrata tanto interessata allo sviluppo del Porto di Capodistria – ha
commentato il presidente della Greenaction Transnational, il triestino Roberto
Giurastante, riferendosi al coinvolgimento di Roma nell'approvazione del Piano
regolatore del Porto di Capodistria – la Slovenia a maggior ragione deve
interessarsi a come si sviluppera' in futuro il Porto di Trieste». Lubiana,
sostengono gli ambientalisti, ha il diritto di chiedere quale sara' l'impatto
ambientale transfrontaliero dei progetti relativi allo sviluppo del Porto di
Trieste. Se si tratta soltanto di schermaglie diplomatiche o se dietro alla
richiesta slovena ci sia davvero la volonta' di mettere in discussione il futuro
del Porto di Trieste e di bloccare in questo modo la costruzione del terminal
rigassificatore – legato ovviamente all'attivita' portuale - lo si vedra'
soltanto nei prossimi giorni e settimane. Certo e' che e' in corso un’ intensa
attivita' ai massimi livelli – ne hanno parlato anche i premier Silvio
Berlusconi e Boris Pahor recentemente a Tripoli e ieri al vertice europeo di
Bruxelles – per scongiurare il ricorso a veti incrociati e magari alla giustizia
europea, che potrebbero portare al blocco dei progetti che i rispettivi Paesi
ritengono di importanza strategica.
Dipiazza forza i tempi, Prg in giunta al buio - Lunedì
la maggioranza voterà la variante ma potrebbero esserci defezioni
Le rigide scadenze temporali imposte dal sindaco sul
cammino del Piano regolatore restano, i mal di pancia all’interno del
centrodestra pure. Chi sperava che la riunione di maggioranza convocata ieri
riuscisse ad appianare le differenza di vedute sul contestato strumento
urbanistico, è rimasto sonoramente deluso. Perchè l’imperativo, almeno in questa
fase, non è smussare gli angoli, ma fare presto. Molto presto.
Ecco perchè Dipiazza, nonostante le pressioni neanche tanto velate arrivate da
più parti, si è dimostrato irremovibile nella difesa della linea dell’urgenza
già annunciata nei giorni scorsi: la variante al piano, ha sentenziato ieri
davanti agli alleati, approderà lunedì sul tavolo della giunta. Fine della
discussione.
E pazienza se i bookmakers del Comune iniziano a scommettere su possibili prese
di distanza dal Piano regolatore anche da parte di assessori molto vicini al
primo cittadino. Lui, Dipiazza, all’onda lunga del dissenso interno - quella che
in aula potrebbe riservare anche qualche sorpresa -, non ci pensa o almeno non
dà l’impressione di farlo. «Io - ha riferito ai presenti ieri - non ho padroni e
vado avanti».
Alla maggioranza, quindi, non è rimasto che prenderne atto. «È deciso, la
variante arriverà in giunta lunedì - commenta il leghista Ferrara -. Ma quel
giorno pretendiamo che l’esecutivo sia presente al completo e produca una
posizione unanime. Quanto a noi, difenderemo in aula la posizione già espressa
da tempo. Voteremo cioè tutte le opposizioni presentate dai cittadini che si
sono visti sottrarre aree edificabili. Su questo - conclude Ferrara -, nessun
passo indietro».
Valutazioni di merito che, per il momento, l’Udc Sasco sospende, concentrandosi
essenzialmente sulla tempistica. «Visto che la giunta si esprimerà sul Piano
lunedì, convocherò la Commissione urbanistica già per il mercoledì successivo -
spiega Sasco -. E convocherò tutti i sette presidenti di Circoscrizione, per una
questione di trasparenza. La stessa in base alla quale spero di convincere il
segretario generale ad autorizzare la consegna dei 40 dischetti con opposizioni
e controdeduzioni ai consiglieri».
Nel menu dell’incontro di ieri però, oltre alla tabella di marcia, c’era anche
l’esposizione dei criteri che hanno guidato gli uffici comunali nell’analisi
delle 1.051 opposizioni. «Criteri che, in qualche caso, non ci sono piaciuti
affatto e rispetto ai quali prenderemo con decisione le distanze in aula -
chiarisce subito il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis - . La nostra ferma
difesa del diritto di tanti piccoli proprietari a non veder ridotta
l’edificabilità dei loro terreni non è in discussione. Voteremo quindi questo
piano perchè lo riteniamo migliore del precedente e perchè facciamo parte
dell’attuale maggioranza ma - conclude Lippolis - non accetteremo che vengano
fatti scherzi alle spalle del nostro partito».
Parole che sembrano annunciano insomma un dibattito acceso, subito
ridimensionato però dal capogruppo Fi-Pdl. «Il clima è assolutamente sereno e si
procede per chiudere l’iter entro luglio - taglia corto Piero Camber -. Mal di
pancia nella maggioranza non ce sono. Posso assicurarlo, siamo tutti in perfetta
salute».
(m.r.)
No del Wwf al maxi-villaggio di Lignano Sabbiadoro -
Gli ambientalisti criticano il progetto dell’Ente friulano di assistenza. L’area
è della curia
LIGNANO Un ”villaggio albergo” a Lignano Sabbiadoro su un
terreno della curia di Udine. E il Wwf del Friuli Venezia Giulia prende
posizione. «Il nuovo Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa
privata sulla proprietà dell’Ente friulano di assistenza, di recente adozione,
implica ulteriore consumo di suolo con la distruzione di nuove aree naturali. Il
Piano prevede la realizzazione di un “villaggio albergo” per 30mila metri cubi
di cemento (500 posti letto), che andrebbe a cancellare altri 4.500 metri
quadrati di aree di elevato valore naturalistico. Il villaggio albergo dovrà
essere servito di parcheggi per gli utenti: dal piano si evince che ci sarà un
posto auto per ogni stanza realizzata, da ricavare nell’intorno della struttura
e lungo la viabilità esistente, con un’ulteriore distruzione dell’ambiente
naturale». Il Wwf continua: le caratteristiche della pineta Efa di Lignano che
andrebbero perdute sono il sistema geomorfologico tipico, la componente arborea
a pino, ma soprattutto il sottobosco costituito da specie tipiche della macchia
mediterranea.
La pineta Efa di Lignano presenta caratteristiche naturali uniche in regione,
sostiene il Wwf, che un po’ alla volta il consumo autorizzato di suolo sta
facendo scomparire. Il villaggio albergo verrebbe a collocarsi, secondo il Prpc,
in area soggetta a 3 vincoli: «In base al decreto legislativo 42/2004 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio) sono tutelati la fascia di 300 metri dalla
linea di battigia e le superfici a bosco; inoltre la Regione ha inserito tra i
beni da tutelare con vincolo paesaggistico proprio la pineta Efa; infine su
tutta l’area oggetto di Prpc grava il vincolo idrogeologico (R.D. 3267/1923),
perché il territorio presenta caratteristiche tali per cui risulta pericoloso
realizzarvi edifici».
I grifoni di Cherso minacciati dalle orde di turisti -
Spaventati dal rumore della gente e delle barche i piccoli cadono in mare:
campagna di prevenzione
CHERSO Siamo sempre alle solite con i grifoni, gli
avvoltoi dalla testa bianca, simbolo dell’isola di Cherso e che soprattutto nei
mesi estivi vengono importunati – talvolta con esiti tragici – da frotte di
turisti. A bordo di imbarcazioni, i villeggianti vengono portati ai piedi delle
pareti a strapiombo sul mare, dove questi maestosi volatili nidificano, per
poterli ammirare. Ma non sempre i vacanzieri si comportano nella maniera
appropriata ed anzi il più delle volte urlano di gioia nel vedere i grifoni a
pochi metri di distanza, applaudono, scattano foto, creando un trambusto che
spaventa gli avvoltoi, specie i loro piccoli, non ancora capaci di volare.
Succede che i piccoli grifoni, disorientati e spaventati dal rumore, si affidino
all’ istinto, cercando di librarsi in aria per scappare. Cadono in mare e
sovente affogano.
Soltanto l’ anno scorso, si sono registrati 16 casi del genere e per 5 giovani
esemplari è stata la fine. Gli altri 11 grifoni baby sono ancora sistemati nella
voliera di Caisole (Beli), sull’isola di Cherso, dove si stanno riprendendo
grazie alle amorevoli cure degli attivisti dell’associazione ambientalista Eco
centro Caput Insulae, guidata dal noto ornitologo Goran Susic. L’invadenza dei
turisti ha fatto sì che, ad esempio, gli avvoltoi abbandonassero la parete Munt,
a Cherso. Sulla parete Kruna, a poca distanza da Caisole, vi sono ora soltanto
tre volatili, mentre prima si registrava una media di otto. La situazione più
critica riguarda l’ isoletta di Plavnik, posta quale «cuscino» tra Cherso e
Veglia. Qui, fino a cinque anni fa, erano registrati 12 nidi attivi, mentre
attualmente ne sono presenti solo tre. Un quadro allarmante, tanto che Sonja
Sisic, direttrice dell’ istituto pubblico regionale Priroda (Natura), ha
annunciato che alla fine di questo mese si darà il via ad un programma educativo
riguardante i titolari delle imbarcazioni per gitanti, quelle che si spingono
fino a pochi metri dai nidi. Ai proprietari saranno illustrate le norme
comportamentali nelle vicinanze di questi specifici ambienti.
Nel corso dell’alta stagione dovrebbe essere stampato, in 20 mila esemplari, un
opuscolo riservato ai diportisti e in cui l’accento sarà posto sulle specie
tutelate in Adriatico, dalla foca monaca ai grifoni, dai delfini ai datteri di
mare, alla pinna nobilis. Da rilevare infine una buona notizia: nonostante i
problemi che i grifoni incontrano nell’ area del Quarnero, quest’ anno sono
stati inanellati 49 uccelli, cifra record da quando alla Caput Insulae si
dedicano all’ importante operazione, cominciata 21 anni fa, nel 1989. Nei due
decenni, l’inanellamento ha riguardato ben 709 esemplari, permettendo così agli
esperti di capire i percorsi compiuti dai grifoni chersini e quarnerini. Uno di
essi, in soli due mesi, è stato in grado di raggiungere il Ciad, in Africa,
volando da Cherso per complessivi 4 mila chilometri.
(a.m.)
SEGNALAZIONI - «Le Ferrovie operano come se fossero in
regime di monopolio»
Nel maggio scorso, per raggiungere Merano da Trieste, ho
utilizzato l'Eurocity Bologna-Monaco di Baviera delle Ferrovie Tedesche, tra
Verona e Bolzano, che mi ha consentito di raggiungere la meta con mezz’ora di
anticipo rispetto alla coincidenza offerta da Trenitalia. Biglietto a bordo
senza supplemento, buon servizio nella carrozza ristorante e consegna
dell’orario con tutte le coincidenze, come in uso da tempo nella rete DB. Nella
stazione di Verona enorme pannello della ferrovie tedesche per rimediare alla
carente informazione e al mancato inserimento della relazione nell’offerta
commerciale delle FS. Per il rientro a Trieste, invece, Trenitalia mi ha offerto
sulla stessa tratta, da Bolzano a Verona, un regionale di sola seconda classe,
nel quale erano funzionanti appena due gabinetti, e la consueta mezz’ora in più
di percorrenza. Ma, a proposito di mercato, avevo dovuto leggere nel marzo
scorso la franca precisazione di Federico Fabretti a nome delle FS: «…cercare
biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe
come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia». (la Repubblica del
28.3.2010). Il portavoce del gruppo evidentemente non aveva ben presente che lo
Stato provvede al completo finanziamento delle FS per assicurare al paese la
competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, che può essere
perseguita solamente con la garanzia delle pari opportunità per tutte le imprese
di trasporto. Ma trascurava anche che compito primario di un’impresa di
trasporto è quello di offrire alla clientela un servizio completo. E qui mercato
e monopolio c'entrano poco: la vecchia Azienda Autonoma già negli anni venti del
secolo scorso avvertì l’esigenza di dotarsi del Servizio Commerciale proprio per
organizzare tutti i servizi complementari in tale ottica: il servizio cumulativo
ferroviario marittimo, quello interno ed internazionale, la creazione della Cit
(Compagnia Italiana Turismo, fondata nel 1926) per i viaggiatori e dell’Int
(Istituto Nazionale Trasporti, fondato nel 1928) per le merci erano gli
strumenti per rispondere concretamente all’esigenza dell’utenza di vedersi
presentare un’offerta globale. Non avvertire che in tale quadro informazione e
offerta globale sono elementi essenziali significa in definitiva che, evocando
il mercato, si opera in realtà in una logica di monopolio. La confusione nella
missione delle società del gruppo ferroviario italiano è emblematica di quella
che Luciano Gallino rappresenta come degenerazione della gestione aziendale:
privilegiando il rendimento finanziario delle singole articolazioni
dell’impresa, e ricorrendo all’esasperata esternalizzazione della produzione, si
finisce per creare un conflitto tra i vari attori della catena produttiva.
L’analisi di Luciano Gallino sembra la fotografia dell’approdo raggiunto dalle
FS nel passaggio da un’unica azienda autonoma a una molteplicità di società
difficilmente gestibili ai fini del perseguimento della missione fondamentale:
la competitività della modalità ferroviaria nell’intera rete, sia per i
passeggeri sia per le merci. Il tema ha particolare rilievo anche per Trieste e
per il Friuli Venezia Giulia, come ha fatto rilevare più volte il presidente
dell’Autorità portuale di Trieste, il quale, non unico, ha dovuto subire le
conseguenze delle contraddittorie scelte fatte dalle società del gruppo FS
rispetto alla logistica portuale.
Luigi Bianchi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2010
Rigassificatore, colloquio Berlusconi-Pahor - LUBIANA
SEMPRE PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
Si cerca una soluzione diplomatica. Il problema della
condotta sottomarina
TRIESTE Il governo sloveno rinvia la questione rigassificatore a settembre,
mentre il premier Pahor parla con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
per dirimere diplomaticamente l’oramai annosa questione. Nel colloquio con
Berlsusconi Pahor ha chiaramente espresso il ”no” sloveno al rigassificatore in
mezzo al golfo di Trieste, cosa che perlatro è già stata ribadita anche dal
governatore del Friouli Venezia Giulia, Renzo Tondo che ha oramai concentrato
tutti gli sforzi sull’”opzione Zaule”. Resta aperta per la Slovenia, riguardo a
Zaule, tutta una serie di interrogativi relativi all’impatto ambientale
dell’opera. A Trieste, poche settimane fa il ministro dell’Ambiente Sefania
Prestigiacomo ha affermato che, per quanto riguarda Zaule, da parte italiana il
discorso ambientale è chiuso con la consegna di tutti gli incartamenti richiesti
alla Slovenia. Resta in piedi però la questione legata al gasdotto che partirà
da Zaule per raggiungere le foci dell’Isonzo. Lì manca del tutto la valutazione
d’impatto ambientale (Via) che la Slovenia, invece, sta chiedendo
insistentemente per via tecnica.
Berlusconi e Pahor si sono impegnati comunque a una soluzione bilaterale della
questione, mentre il premier sloveno ha ammesso che senza il ”sì” italiano la
Slovenia non potrà effettura la costruzione del molo terzo del Porto di
Capodistria, né il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. In altre parole
entrambe le parti hanno ancora buone ”carte” in mano da giocarsi sul ”tavolo
verde” della diplomazia. Via che entrambi gli Stati, a questo punto, sembrano
voler percorrere cercando di evitare l’”extrema ratio” del ricorso della
Slovenia alla Corte europea di giustizia, ricorso peraltro a cui Lubiana sta
comunque lavorando per non trovarsi del tutto impreparata se le cose dovessero
andare a carte e quarantotto.
Per quanto riguarda, invece, il ”rinvio a settembre” della questione
rigassificatore da parte del governo sloveno c’è da rilevare che l’esecutivo di
Lubiana ha dato mandato al proprio ministero per l’Ambiente di definire, a
livello tecnico, tutti gli interrogativi relativi alla questione ambientale
ancora aperti sul rigassificatore e sul gasdotto sottomarino con la controparte
tecnica italiana per cercare di trovare una soluzione valida per entrambe le
parti in causa proprio entro il 30 settembre.
Nel frattempo, ieri pomeriggio, si è svolta, su espressa richiesta del Partito
democratico (Sds) dell’ex premier Janez Jansa, principale partito di
opposizione, una seduta straordinaria del Parlamento sloveno proprio per
discutere sulla linea fin qui tenuta dal governo di Lubiana sulla questione
rigassificatori. La Sds ha bocciato l’atteggiamento definito «unilaterale»
dell’Italia che per bocca del proprio ministro dell’Ambiente, Stefania
Prestigiacomo, ha definito chiuso l’iter informativo bilaterale sull’impatto
ambientale del rigassificatore di Zaule. Come si vede però la riunione
parlamentare sembra leggermente già superata dal working progress degli
avvenimenti e dall’ultimo colloquio avuto dal premier Borut Pahor con il
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
La Sds ha protestato soprattuto per il ”no” fin qui espresso dall’Italia
sull’ampliamento del Porto di Capodistria mentre nessuna carta è giunta a
Lubiana sul raddoppio del Molo VII di Trieste (leggi piattaforma logistica).
MAURO MANZIN
Piano regolatore, il sindaco dice no anche a Gianni
Letta - BATTAGLIA POLITICA ANCHE TRA LA MAGGIORANZA
Cassata da Dipiazza anche una garbata lettera del
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
L’orgoglio del sindaco sul Piano regolatore da una parte, le mille variabili
della politica dall’altra, compresa una lettera di Gianni Letta con oggetto il
problema creato a un cittadino proprio dal Piano regolatore. In mezzo, un muro
sempre più alto. Contro cui qualcuno - di certo Roberto Dipiazza, ma altri nel
centrodestra forse più di lui, che uscirà di scena a prescindere, non essendo
ripresentabile nel 2011 - rischia di sbattere malamente. E proprio alla vigilia
della campagna elettorale. Le trattative interne alla maggioranza per risolvere
il rebus del Piano regolatore - raccontano infatti le indiscrezioni di
palazzo,avallate in parte anche dalle dichiarazioni di facciata - si stanno
rivelando con ogni probabilità la più difficile prova di tenuta della coalizione
che sostiene Dipiazza dacché, era il 2001, fa il primo cittadino.
PRG E TRAFFICO La corsa contro il tempo impressa dal sindaco per superare le
remore di alcuni dei propri consiglieri, ma anche assessori, non è più un
mistero che sia motivata dal suo desiderio di poter chiudere la partita, con
l’approvazione del Piano adottato un anno fa, entro fine estate. Riuscirebbe
così a mettere in coda prima del rompete le righe pre-elettorale pure il varo
del Piano del traffico. Per Dipiazza - che conta di portare il Prg in giunta col
placet di tutti gi lunedì - sarebbe il trionfo, personale più che di
schieramento, alla vigilia dell’addio.
LA LETTERA Eppure, per farcela, raccontano i dietro le quinte, il sindaco non
sembra disposto ad accontentare incondizionatamente gli alleati in cambio,
appunto, di un voto in aula. Che sia pronto a gonfiare il petto davanti a
chiunque l’ha dimostrato - mormorano a palazzo, anche se nessuno osa esporsi per
confermarlo tra virgolette, ma al tempo stesso nessuno si affanna neppure a
smentirlo - alcuni giorni fa. In occasione di una delle prime riunioni di
maggioranza sul Piano regolatore ha mostrato un pezzo di carta arrivato sulla
sua scrivania da Roma, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
Gianni Letta. La missiva caldeggiava l’accoglimento, sostenendone la
legittimità, di una delle 1.051 opposizioni, al Piano regolatore adottato nel
2009, presentata da un triestino. Sono centinaia, per inciso, le opposizioni
presentate da singoli cittadini, generalmente preoccupati per la retrocessione
ad area verde di un proprio pezzo di terra, magari adiacente alla casa,
precedentemente edificabile. Ed è proprio questa generale marcia indietro sulle
cubature ad essere contestata in particolare dalla Lega, ma anche da An e Udc.
Ebbene, Dipiazza ha fatto passare il concetto, dopo le verifiche tecniche
sull’area in questione, di aver dato mandato agli uffici di scrivere una
risposta in cui si ribadisce di non poter accogliere l’opposizione. Se non mi
piego davanti al braccio destro di Berlusconi, perché dovrei davanti ai miei
consiglieri, è il messaggio.
LA MINACCIA I numeri però dicono che il rischio di andare sotto c’è. La
maggioranza - dopo il caso Bandelli - conta su 21 teste su 41. Potrebbero
scendere già a 19 - e quindi sotto il regime di sopravvivenza della maggioranza
- qualora la Lega, come giura di essere pronta a fare per voce del capogruppo
Maurizio Ferrara, non voterà il Piano regolatore «se non saranno restituite
tutte le possibilità edificatorie ai piccoli proprietari». «Lega e Udc non sono
rappresentate in giunta, pertanto analizzeranno i contenuti del documento dopo
che questo sarà passato in giunta», fa eco un sibillino Roberto Sasco. Eppoi, a
ballare, potrebbero essere addirittura i quattro scranni di An-Pdl, dove
serpeggerebbe una certa crisi di coscienza nel dover avallare l’edificabilità di
una parte del Villaggio del Fanciullo, uno dei nervi scoperti dello stesso Piano
regolatore. Ma Dipiazza che dice? Ieri nulla. È il segno che, per lui, vale
ancora la dichiarazione di martedì: «Io preoccupato? No, non lo sono».
PIERO RAUBER
Il Pd: «Si scordino un nostro aiuto» - SUL PRG CRITICI
ANCHE I BANDELLIANI
Come si comporteranno i Bandelli boys, ora che il Prg mette in dubbio la tenuta di una maggioranza da cui si son chiamati fuori? «Il nostro voto - mettono le mani avanti in una nota Bruno Sulli, Claudio Frömmel, Andrea Pellarini e Salvatore Porro - sarà condizionato dal superamento delle pesanti criticità che ancora incombono, al di là delle 18 osservazioni giuridicamente vincolanti espresse dalla Regione, e che passano anzitutto dal recepimento delle istanze dei triestini». Ma «ciò che diventa davvero preoccupante è che ancora una volta snodi così importanti per la crescita della città siano esclusivamente terreno di scontri e veti fra i partiti di centrodestra, Lega compresa, che periodicamente agita lo spettro di far mancare i voti alla maggioranza, salvo puntualmente appiattirsi sulle richieste del sindaco». E ancora: «Un Prg non può accontentare tutti, ma questo lascia scontenti tutti, cittadini compresi, se è vero che rispetto al tanto vituperato piano Illy c’è il 20% in più di osservazioni». A proposito del vecchio Piano, dal Pd arriva un segnale di netta chiusura. «Certamente - scrive il capogruppo dei democratici, Fabio Omero, in un comunicato - la scoppola della Corte dei Conti sul Piano del traffico ha messo in guardia gli assessori, che non hanno più intenzione di votare a scatola chiusa con il rischio di dover poi mettere mano al portafogli. Si scordi Dipiazza che il centrosinistra venga in suo soccorso, perché è vero che tornare indietro al piano di Illy sarebbe una iattura, che riaprirebbe la definitiva cementificazione della costiera e delle poche aree verdi rimaste tali, ma il piano, così come lo ha adottato la destra l’anno scorso, proprio non va». Anche Emiliano Edera della Lista Rovis, il border-line dell’opposizione, gira la testa: «Non restituire l’edificabilità ai privati è un suicidio politico».
(pi.ra.)
Laghetti delle Noghere, tutto è pronto Dopo un anno
di lavori fissata la data dell’inaugurazione: giovedì 24 giugno
L’AREA CHE DAL 2001 È “BIOTOPO NATURALE”
MUGGIA «Sperando che nelle prossime notti l’Enel non faccia un altro scavo,
questa dovrebbe essere la volta buona per inaugurare il ripristino dei laghetti
delle Noghere». Ci scherza sopra il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ricordando
che anche un anno fa era tutto pronto per il taglio del nastro del recuperato
biotopo, se non che l’Enel, all’oscuro di tutto, eseguì un intervento sul
terreno che buttò all’aria sentieri, argini, boscaglia e il Comune dovette
ricominciare da zero. Un anno di lavori e finalmente la nuova inaugurazione è
stata fissata il 24 giugno alle 11. L’operazione, curata dal Comune, è
consistita in diversi interventi di valorizzazione dell’ambiente: prima di tutto
si è intervenuti sulla fitta rete di sentieri che percorre e collega le sponde
dei laghetti e l’area boschiva adiacente.
Complessivamente si tratta di circa un chilometro di percorso il cui accesso è
stato sensibilmente migliorato con un’integrazione del sentiero ex novo. È stato
poi reso più visibile l’accesso all’area con la posa di un ingresso in legno sul
quale è stata fissata la cartografia del sito. Ripulite le sponde, gli specchi
d’acqua e le fitte zone boschive che circondano i laghetti, sono stati
installati parapetti in legno e punti di osservazione attrezzati. Uno di essi è
costituito da un pannello in legno con apposite fessure che consentono di
osservare lo specchio d’acqua senza disturbare gli animali. Sul lato strada è
stata fissata una rete di recinzione sia per prevenire possibili atti vandalici,
sia per evitare l’abbandono di immondizie.
All’interno invece nessuna rete è stata alzata, proprio per favorire la naturale
percorribilità alla fauna presente. Cartelli segnaletici e didattici sono stati
fissati lungo l’intero percorso, mentre a disposizione degli uccelli sono
sistemate apposite mangiatoie e casette nido. L’intera operazione di ripristino
e sistemazione si è protratta per tre mesi. Classificata come "biotopo naturale"
con decreto del presidente della Regione già nel 2001, l’area dei laghetti delle
Noghere si presta ora a una duplice fruizione da parte della popolazione, sia
per il tempo libero (il Comune ha già in fase progettuale il collegamento con la
pista ciclabile nell’ambito del progetto Carso/Kras), che per un uso più
specificamente volto alla formazione didattica e culturale. I laghetti si sono
formati su cave di argilla dimesse, sono otto e la profondità massima è di 7
metri.
Anatre, aironi e cormorani minori vi fanno tappa durante le migrazioni. Anfibi e
rettili si riproducono negli spazi acquei poco profondi presenti nel sottobosco
che circonda i laghetti. «Il problema grosso dal punto di vista faunistico -
spiega l’ornitologo Enrico Benussi che ha avuto in gestione il sito - è legato
alla presenza di circa 300 tartarughe della Florida abbandonate qui da chi le
aveva comprate piccole nei negozi di animali: questa specie, particolarmente
prolifera, sta allontanando quella locale, la tartaruga europea». Il progetto è
di catturare il maggior numero possibile di questi "invasori" e di portarli in
appositi centri di raccolta. Si vocifera poi di un luccio di due metri che si
aggirerebbe nelle acque del laghetto più grande: «Abbiamo provato a portarlo a
galla immettendo in acqua una leggera scarica elettrica per stordirlo senza
ferirlo - conferma Benussi -, ma non è emerso nulla...».
(g.l.)
SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO - Ferriera e sindaco
Il giorno 18 maggio ho fatto richiesta al Servizio
Sanitario Regionale Azienda per i Servizi Sanitari n.1-Triestina. SO
Dipartimento di Prevenzione per il ritiro di una copia del documento sulla
qualità dell’aria nell’abitato di Servola.
Leggendo il documento ho riscontrato che: l’Azienda per i Servizi Sanitari ha
inviato ben 11 comunicazioni al sindaco ed enti vari relative a frequenti
segnalazioni da parte di cittadini lamentanti «odori forti e acri provenienti
dallo stabilimento Lucchini con successive ricadute di materiale particellare».
In effetti l’Arpa, in coincidenza con le lamentele, ha rilevato importanti
superamenti dei valori limite per PM10 e/o SO2 e/o benzene.
Il DM 60/2002 prevede che dal 1.o gennaio 2010 i superamenti di PM10 non possano
essere più di 7 all’anno. Tali limiti sono ulteriormente ridotti a partire
dall’11 giugno 2010.
Dall’analisi dell’Arpa risulta, invece, che al 30 aprile 2010 i superamenti di
PM10 siano stati ben più numerosi (via Carpineto 12 superamenti, via Pitacco 4
superamenti, via Svevo 14 superamenti, mezzo mobile 17 superamenti).
Inoltre risulta che la concentrazione del benzoapirene rilevata nel periodo
novembre 2009/febbraio 2010 nell’abitato di Servola sia addirittura più elevata
rispetto alle rilevazioni registrate nel 2008 e 2009 (alla faccia
dell’Autorizzazione ambientale rilasciata in modo del tutto gratuito).
L’Ass ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per
l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e idrocarburi
policiclici aromatici, mostrando la propria preoccupazione e ribadendo la
necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute
pubblica.
Chiedo al signor sindaco quali provvedimenti sono stati presi visto che ai sensi
degli art. 216 e 217 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265 il sindaco è titolare di un
generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose, che può
anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento
dell’attività, volti a prevenire e tutelare l’igiene e la salute pubblica?
Nevio Tul
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2010
TAV - Trieste-Divaccia, trovata l’intesa sul tracciato -
Decisivo il sopralluogo tecnico italo-sloveno sulla tratta del Corridoio 5. Irrisolto il raccordo con lo scalo giuliano
Castelli incontra Jakomin: accordo prima delle ferie.
Su 30 chilometri più di 20 in galleria
DIVACCIA C’è l’intesa tra Italia e Slovenia sulla tratta ferroviaria di alta
velocità/alta capacità tra Trieste e Divaccia, i tecnici si sono messi d’accordo
sul congiungimento dei binari sul confine e Roma e Lubiana sono pronte a firmare
il protocollo di intesa. Anzi, ora entrambe hanno fretta: non si può rischiare
di perdere i benefici della Ue. «C’è la possibilità di sottoscriverlo già prima
delle ferie estive» dichiara ai giornalisti il viceministro ai trasporti
italiano, Roberto Castelli imitato a pochi metri di distanza dal segretario di
Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. «Lo facciamo prima dell’estate – ripete
davanti ai microfoni – manca solo l’ultima riunione tecnica per chiudere tutti i
punti in maniera definitiva». Trenta i chilometri totali di ferrovia tra
Aurisina e Divaccia, oltre 20 dei quali interamente in galleria.
Rapporti tornati ottimali ora tra Italia e Slovenia. La cruciale giornata si
chiude alle 14 passate con un pranzo tutti assieme alla Gostilna Risnik di
Divaccia (famosa per la carne della vicina macelleria) compresa la delegazione
delle Ferrovie guidata dal responsabile della direzione investimenti di Rfi
(rete ferroviaria italiana), Matteo Triglia. Resta ancora un problema irrisolto,
non c’entra con il tratto prioritario, ma è rilevante per il trasporto
logistico: il collegamento tra il porto di Trieste e quello di Capodistria. Sei
chilometri soltanto, ma tra Roma e Lubiana le posizioni sono ancora distanti: la
Slovenia è concentrata a correre sul collegamento tra il suo porto e Divaccia.
«Non ne abbiamo parlato – spiega Jakomin – oggi abbiamo trovato l’accordo sulla
Trieste-Divaccia. Per il futuro del collegamento tra i due porti non mi
pronuncio, non ho la sfera magica di cristallo».
Sollevato e soddisfatto l’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi che
in questi mesi ha cercato di cucire quello che appariva incucibile.
«C’era il rischio di trovarsi di fronte a un’altra Val di Susa – commenta – e
alla fine è stato trovato il percorso migliore anche se si tratta di una
soluzione delicata soprattutto per il Carso visto che il percorso sarà
sostanzialmente tutto in galleria. Grazie al ministro Castelli è stata valutata
questa proposta di tracciato alta che ha trovato il consenso di tutti». Sereno
in volto anche Jakomin: «L’ultima proposta di tracciato è quella migliore per
trovare una soluzione, è quella che ci trova più favorevoli – ribadisce il
sottosegretario – è il percorso più veloce dove i treni potranno andare a 250 km
orari, la migliore tecnicamente, quella più corta e soprattutto quella meno
costosa. Mancano solo gli ultimi dettagli con una riunione tra i tecnici, prima
dell’estate siamo pronti a firmare l’accordo».
Quelli prossimi saranno giorni caldissimi, il 24 a Roma, annuncia lo stesso
Riccardi, è in programma un vertice con il Coordinatore europeo del progetto
prioritario 6 Laurens Jan Brinkhorst. La progettazione della tratta, nelle tre
fasi (preliminare, definitiva ed esecutiva) deve essere conclusa entro il 2012 e
i cantieri dovranno essere aperti entro il 2013.
Ne hanno parlato a lungo Castelli, Jakomin assieme a Riccardi e Triglia nel
sopralluogo fatto ieri sulla tratta. Prima l’incontro ad Aurisina dove c’erano
anche il sindaco Giorgio Ret e l’assessore regionale alle relazioni
internazionali Federica Seganti. Poi il viaggio su uno speciale treno, un
Minuetto, fino a Opicina. Da lì, tutti assieme in macchina sino a Divaccia.
«Siamo al punto finale, abbiamo trovato la soluzione – conclude Castelli – dopo
tanto lavoro e tre percorsi c’è quello giusto. C’è grande condivisione tra
italiani e sloveni e Lubiana è molto contenta. In tempi brevi firmeremo
l’accordo, se siamo bravi prima delle ferie estive».
GIULIO GARAU
Corridoio Baltico-Adriatico Strasburgo include Trieste
STRASBURGO «Oggi a Strasburgo è stato conquistato un voto
decisivo per lo sviluppo di un sistema europeo dei trasporti efficiente e
sostenibile, fondamentale per l’Italia e in particolare per il Nordest». A
dichiararlo l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, componente della
commissione Trasporti e Turismo, dopo che il regolamento relativo alla «Rete
ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo» è stato approvato a
larga maggioranza in assemblea plenaria. Serracchiani ha precisato che «il
regolamento contiene il tracciato del corridoio Baltico-Adriatico e comprende
l’importantissima diramazione Vienna-Klagenfurt-Udine-Venezia/Trieste/Bologna/Ravenna,
il cui rilievo strategico è stato sottolineato da tutti gli operatori della
logistica e dagli attori istituzionali. Assieme alle altre grandi infrastrutture
aperte sull’Adriatico questo corridoio offre la possibilità di intercettare
grandi flussi di traffico provenienti dalle regioni russe e dall'area asiatica,
che oggi si indirizzano soprattutto verso i porti tedeschi del Mar del Nord e
della Finlandia, e di incanalarli verso gli scali baltici e adriatici». «Ci sono
stati momenti – ha concluso la Serracchiani – in cui la diramazione è sembrata
sparire dal territorio italiano per riapparire solo in Slovenia ma alla fine
siamo riusciti a evitare brutte sorprese».
Piano regolatore, la maggioranza rischia di sbandare -
SI SUSSEGUONO I VERTICI, LE PERPLESSITÀ DI LEGA E AN
C’è la perplessità (per usare un eufemismo) che cova soprattutto negli ex missini sulla nuova area edificabile al Villaggio del Fanciullo. Eppoi ci sono le barricate, in primo luogo leghiste ma per nulla disprezzate da Udc e (ancora) ex An, contro l’inedificabilità di centinaia di piccole proprietà sancita dall’adozione della variante generale del 2009. Confermarla a pochi mesi dal voto, per molti, sarebbe un suicidio. Si tratta a oltranza nel centrodestra per trovare un compromesso in vista dell’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore. È l’ultima grande partita che Roberto Dipiazza intende chiudere prima della fine del suo mandato. Saltasse proprio ora - se cioè venisse a mancare una maggioranza consiliare ormai ridotta comunque ai minimi termini in seguito al caso Bandelli - sarebbe uno smacco incalcolabile sia a livello personale (per il sindaco) che politico (per il centrodestra) visto che le pretese dei singoli gruppi s’intrecciano alle grandi trattative in chiave candidature 2011. Il minivertice di ieri - tra il sindaco nonché assessore all’Urbanistica e i capigruppo di Fi-Pdl Piero Camber, di An-Pdl Antonio Lippolis, del Carroccio Maurizio Ferrara e dell’Udc Roberto Sasco - non è stato risolutore. Si è concluso con un arrivederci a domani. Dipiazza punta a portare in giunta la delibera, con la promessa di un voto unanime degli assessori, già venerdì, o al massimo lunedì. La fregola, d’altronde, è dettata dal fatto che l’iter tra circoscrizioni, commissioni e sedute del Consiglio comunale porterebbe a fine luglio, cioè alla vigilia della pausa estiva, anche se si partisse adesso. Riprendere in mano la patata bollente a inizio autunno, all’alba della campagna elettorale, sarebbe rischioso. Tant’è. La Lega assicura che non cederà: «Siano restituite ai cittadini tutte le possibilità edificatorie sottratte con la variante 2009, solo in questo caso voteremo con la maggioranza», ammonisce Ferrara. «Quelle possibilità edificatorie - specifica Sasco - sono generalmente legittime aspettative di cittadini che hanno pagato per anni le imposte su terreni considerati edificabili, da lasciare magari in eredità, e che ora si troverebbero con un pugno di mosche in mano». «Non si può dire sì a scatola chiusa a un documento nel quale è in gioco la vita delle persone», aggiunge Lippolis. «Sul voto siamo tranquilli, la maggioranza è più ampia di quanto si possa pensare», dice sibillino Camber. Al quale fa eco Dipiazza: «Conosco la politica, ogni forza cerca di difendere i suoi interessi, è normale. Eppoi il Piano regolatore è la vita della città. Non potevo pretendere di presentarmi e dire ”buon giorno, votate”. Alla fine però il nuovo Piano passerà. Non sono preoccupato».
(pi.ra.)
«La Ferriera risponda in 20 giorni sugli “sbuffi”» -
APERTA CON UN PRIMO MONITO LA CONFERENZA DEI SERVIZI SULLA REVISIONE DELL’AIA
Settanta manifestanti contestano assediando la Regione, ma nessun politico si presenta
Si sono mobilitati carabinieri, poliziotti e agenti della
Digos per permettere ieri l’avvio in tranquillità della procedura di revisione
dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla Ferriera di Servola. È stato
creato quasi un cordone a protezione della sede decentrata della Regione di via
Giulia per evitare il contatto di una settantina di manifestanti del Circolo
Miani, di Servola respira, del Gruppo Beppe Grillo non si sa però con chi.
Volevano cantarle a Tondo e Dipiazza, ma all’assessorato all’Ambiente per
partecipare alla Conferenza dei servizi deputata a decidere non si è presentato
alcun politico. «L’Aia è una questione tecnica e per il momento lasciamo che se
la sbrighino i tecnici - ha ribadito più tardi l’assessore regionale
all’Ambiente Elio de Anna - alla Lucchini sono stati dati però venti giorni di
tempo - ha rivelato - per fornire spiegazioni accettabili in merito ai
cosiddetti sbuffi che continuano a verificarsi dalla Ferriera».
Fuori un grande striscione ”Vergognatevi”, il cartello ”Ogni mattina ti svegli
con la diossina”, bandiere viola, elmetti e vessilli con la foto di Grillo,
trombe e fischietti fastidiosi come ”vuvuzelas”. Dentro l’ingegner Pierpaolo
Gubertini del servizio tutela da inquinamento della Regione, l’ingegner Caputi
per il Comune, il dirigente Cella della Provincia, i funzionari dell’Arpa e
dell’Ass. «Ma davanti a tutti Francesco Semino, responsabile relazione pubbliche
della Lucchini con i dirigenti della Ferriera, quasi fossero i padroni di casa»,
ha accusato Maurizio Fogar del Circolo Miani che al megafono per oltre un’ora ha
arringato i manifestanti.
«Siamo rimasti dentro la stanza solo nella fase in cui ci sono state chieste
notizie sull’ottemperamento alle prescrizioni dell’autorizzazione in corso che
in effetti scade nel 2013 - ha replicato Semino - Questa riapertura dell’Aia
rappresenta un fatto anomalo, unico in Italia sul quale avremmo molto da dire.
Nella discussione però non facciamo pesare il nostro ricorso al Tar che
considertamo un aspetto diverso della questione». «Il fatto nuovo è proprio
questo - ha ribadito ancora De Anna - che mentre gli uffici regionali erano
propensi ad attendere la sentenza, io ho voluto rompere gli indugi e riaprire la
procedura di autorizzazione perché c’erano tutte le condizioni per poterlo
fare».
«In questa prima seduta - riferisce l’assessore provinciale all’Ambiente
Vittorio Zollia, in base al resconto fattogli dai tecnici - all’Arpa è stata
chiesta una relazione complessiva sulla qualità dell’aria e all’Azienda
sanitaria un’analisi tipologica del rischio». Secondo voci non confermate,
l’Azienda sanitaria territoriale si sarebbe espressa in modo fortemente critico,
mentre i dati forniti dall’Arpa avrebbero messo in luce una media complessiva
degli sforamenti che non va oltre i limiti di legge. E lo stesso De Anna ieri ha
sostenuto che gli ultimi dati, forniti dall’Arpa all’incirca un mese fa,
sembrano migliorativi rispetto ai periodi precedenti.
«La politica entrerà in scena al momento opportuno - rileva l’assessore
regionale - questo di revisione non può essere un procedimento fulmineo, porterà
via quattro o cinque incontri». E anche se ancora ieri Semino ha ribadito che
per Servola la data di dismissione rimane fissata al 2015, in fondo a questa
serie di sedute della Conferenza dei servizi c’è un bivio: o verranno emanamate
nuove prescrizioni, presumibilmente più stringenti, connesse a una proroga
dell’Aia e lo stabilimento potrà continuare a funzionare, oppure l’Aia verrà
ritirata. «In quest’ultimo caso - chiude De Anna - non ci saranno scappatoie e
sebbene non spetti alla Regione emanare l’atto formale di obbligo di chiusura,
la Ferriera sarà costretta a chiudere in breve tempo».
SILVIO MARANZANA
Fiume, rivolta contro la nuova cokeria - RESIDENTI E
ECOLOGISTI TEMONO CHE LA STRUTTURA DIVENTI UN MEGACENTRO INDUSTRIALE
Via libera della Commissione ambiente all’impianto
dell’Ina vicino alla raffineria di Urinj
FIUME Passo avanti verso la realizzazione di una cokeria da far sorgere
nella raffineria dell’Ina a Urinj, situata in riva al mare e ad un paio di
chilometri a est di Fiume. La commissione incaricata di valutare l’impatto
ambientale del paventato stabilimento coking ha dato luce verde all’impianto,
con sei voti a favore e quattro contrari. L’appoggio permette così alla società
petrolifera croato–ungherese di avviare il procedimento per la richiesta delle
licenze di costruzione ed edile. I responsabili del ministero dell’Ambiente e
dell’Edilizia non hanno saputo fornire indicazioni precise sui tempi di rilascio
dei permessi, aggiungendo che ciò dipenderà dalla raccolta della vasta
documentazione necessaria, mentre i termini di apprestamento della nuova
struttura saranno definiti dalle disponibilità finanziarie dell’investitore e
cioè dall’Ina. Contro il progetto coking (trasformerà il pesante coke di
petrolio in prodotti preziosi come gasolio da autotrazione, gas di petrolio
liquefatto e benzina) si sono schierati quattro membri della commissione, tutti
residenti nella Regione quarnerino – montana. Sono Zeljko Linsak, dell’Istituto
conteale alla Salute pubblica, Koraljka Vahtar Jurkovic, assessore regionale
all’Edilizia, Milan Ticak, assessore comunale di Kostrena all’Economia e Martin
Pavletic, a nome della giunta comunale di Buccari. Lo stabilimento ha avuto il
sì di quattro esponenti del ministero dell’Ambiente, del docente della facoltà
zagabrese di Ingegneria chimica, Zvonimir Janovic e di Vesna Sipus, del Demanio
idrico nazionale. Interessante rilevare come nella prima votazione, avvenuta un
paio di settimane fa, Iris Haraminski Bilopavlovic, del dicastero dell’Ambiente,
si fosse espressa contro l’impianto, per poi cambiare completamente opinione,
dando una grossa mano ai promotori del contestato progetto. E’ cosa risaputa che
gli abitanti di questa porzione di Quarnero (Buccari, Portoré, Kostrena, i
quartieri orientali di Fiume) temono che possa ripetersi lo scenario legato alla
defunta cokeria di Buccari, capace di provocare disastri ambientali dal 1976 al
1994, anno di chiusura di questo monumento alla stupidità e avidità umana.
«Sappiamo che le condizioni di sicurezza sono assolutamente migliori rispetto a
30 o 35 anni fa – a parlare è il sindaco di Buccari, Tomislav Klaric – ma noi
non vogliamo sentir parlare di struttura coking, né ora né in futuro. Faremo di
tutto per impedire la costruzione nella baia di Buccari di uno scalo e di nastri
di trasporto. Abbiamo in questo senso l’appoggio dei cittadini». Duro anche il
sindaco della vicina Kostrena, Miroslav Uljan: «Nella nostra zona respiriamo
aria classificata come terza categoria e cioè inquinata. Vogliamo che l’aria sia
riportata nella prima categoria e soltanto dopo potremo eventualmente discutere
di nuove produzioni».
Ricordiamo che il nuovo impianto coking fa parte del processo di ammodernamento
della raffineria a Urinj, che prevede spese per un miliardo e mezzo di euro. A
rendere particolarmente tesi gli abitanti a est del capoluogo quarnerino è che a
Urinj entrerà probabilmente in funzione un impianto coking poco costoso e non
adatto da un punto di vista dell’ecologia. Inoltre il rischio è che in riva al
Quarnero arrivini ingenti quantitativi di coke provenienti dalle raffinerie dei
Paesi vicini. E’ scontato che l’edificazione della struttura darà luogo a
manifestazioni di protesta, come già annunciato dagli ambientalisti
altoadriatici.
ANDREA MARSANICH
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2010
Castelli: «Tav, accordo pieno con gli sloveni» - IL
VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE ALLA VIGILIA DELLA VISITA A DIVACCIA
«Rapporti ottimi da quando c’è il tracciato alto. Oggi
verifica sul campo»
UDINE Il ritardo italiano sull’alta velocità? «Nulla di diverso dagli altri
corridoi europei». Nel caso specifico del progetto prioritario 6, quello che da
Lione punta al confine ucraino passando per Trieste, le lentezze «dipendono
dalla vicenda della Tav sul Frejus». Il viceministro Roberto Castelli chiarisce
in fretta le osservazioni della conferenza di Saragozza e, a poche ore dalla
visita odierna sulla tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, garantisce che i
rapporti con la Slovenia «sono ottimali».
Ottimali da quando, «coniglio dal cappello», Italia e Slovenia hanno trovato
l’accordo sul tracciato «alto», «quello che - conferma il viceministro - evita
il rischio di impantanarci in un Frejus-due». Una soluzione, prosegue, «che
risolve i problemi precedenti, vero e proprio passaggio chiave per superare la
precedente proposta, che ci aveva creato non pochi rallentamenti visto che non
era condivisa dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione».
Castelli precisa di essere oggi in visita «per verificare sul campo
l’opportunità di questa scelta». E ancora: «Ci siamo messi d’accordo su quel
tracciato ma voglio vedere in prima persona l’orografia del terreno per avere
ulteriori certezze che tutto procederà nel senso di farci guadagnare tempo
prezioso nella realizzazione dell’opera». A evitare, appunto, «un altro
incredibile intoppo come quello del Frejus».
Quanto al memorandum di Saragozza, quello che nell’allegato riassume le lentezze
italiane rispetto alle accelerazioni slovene, il viceministro non si preoccupa.
Parla di lentezze «che valgono per tutti i corridoi europei». E sottolinea «la
valenza del lavoro fatto sulla parte Est del tracciato». Ribadendo l'importanza
della visita odierna «determinante per capire se, come credo, servirà a
riguadagnare il tempo perso».
Castelli, accompagnato dall’assessore alla Viabilità e Trasporti Riccardo
Riccardi, incontrerà a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor
Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l’ambasciatore d’Italia
a Lubiana, Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del
ministero, Domenico Crocco, i responsabili di RFI-Rete ferroviaria italiana
Matteo Triglia e Luca Bernardini. «Una visita che giunge a pochi giorni dalla
sottoscrizione a Saragozza di uno specifico memorandum d’intesa mentre -
sottolinea Riccardi - gli esperti ministeriali e ferroviari di Italia e Slovenia
sono al lavoro per presentare le nuove linee progettuali della Trieste-Divaccia».
«Il ministero italiano delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la
stessa Regione - ricorda ancora Riccardi - avevano concordato già negli scorsi
mesi l’esigenza di verificare un’ipotesi progettuale lungo la cosiddetta
direttrice alta, nell’ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa
Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l’attraversamento in sotterraneo
di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e
funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
Treni per l’Austria più vicini
TRIESTE Il servizio ferroviario sperimentale, rivolto ai
passeggeri, tra Udine e Villaco si fa più vicino. il Comitato di pilotaggio,
l’organismo previsto da Bruxelles a cui partecipano tutti partner progettuali),
ha infatti approvato l’iniziativa Ue denominata ”Micotra-Miglioramento dei
collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”. Lo conferma l’assessore
regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi ricordando che ”Micotra” prevede,
«allo scopo di trasferire quote di mobilità dal mezzo privato a quello
pubblico», lo studio per l’attivazione di un servizio ferroviario diurno tra il
capoluogo friulano e la città carinziana. Ad oggi non ci sono treni diurni tra
Udine e Klagefurt. Il costo complessivo del progetto è di 1,3 milioni di euro.
Emergenza-cinghiali, soldi finiti - Godina: «Troppe
richieste di risarcimento, fondi insufficienti» - Nuove incursioni a Conconello
Fondi esauriti per l'emergenza cinghiali. La Provincia è
impossibilitata a risarcire i danni causati all'agricoltura. «I soldi che la
Provincia ha a disposizione sono solo 20.000 euro e sono già stati spesi tutti»,
dichiara Walter Godina , assessore provinciale con delega all'agricoltura,
caccia e pesca.
Ma le incursioni dei cinghiali in zone abitate non sono più solamente episodi
isolati, si stanno estendendo a macchia d'olio. L'ultimo avvistamento di
un'intera famigliola, con cuccioli al seguito, è registrato a Conconello. Il
titolare dell'Antica Trattoria Ferluga spiega:“ qui i cinghiali non danno
fastidio, ogni tanto compaiono nel piazzale, ma sono molto tranquilli, il
problema semmai è degli agricoltori che vedono le loro colture rovinate dalle
incursioni di questi animali».
La Regione fino all'altro anno aveva la competenza per quanto riguarda
l'abbattimento dei cinghiali. Ora questa competenza è stata delegata alla
Provincia, ma i fondi a disposizione non sono aumentati.
L'assessore vorrebbe attuare non solo delle politiche di indennizzo ma anche di
prevenzione : «Con un fondo più consistente potrei dare agli agricoltori del
denaro per recintare i loro terreni, piazzare dei detrattori olfattivi lungo le
strade e i boschi e collocare dei catarifrangenti speciali lungo le strade
provinciali. Questi catarifrangenti , illuminati dai fari delle macchine,
riflettono la luce non solamente lungo i bordi della strada, ma anche
all'interno della boscaglia, in modo che i cinghiali si spaventino e non
attraversino la strada».
In questo modo si potrebbero evitare incidenti pericolosi, non solo per gli
automobilisti ma anche per i cinghiali.
L'abbattimento programmato per quest'anno è di 50 capi e viene autorizzato dall'
Ispra , l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
L'intento , è bene sottolinearlo, è quello di contenere il numero dei cinghiali
nelle aree urbane. Infatti questi animali si riproducono più volte all'anno e
ogni cucciolata conta dai 3 agli 8 piccoli.
L'assessore sottolinea che l'abbattimento dei capi viene deciso solo nelle zone
in cui i cinghiali provocano danni agli agricoltori e ai residenti, fino a 150
metri di distanza dalle zone abitate, non nelle zone boschive che costituiscono
l'habitat naturale di questi animali.
Le riserve di caccia invece sono zone di competenza dei cacciatori. L'assessore
spera che il piano di abbattimento venga completato in modo che i cinghiali non
sconfinino nelle zone abitate. Il nutrimento di questi animali è un altro tasto
dolente. Molti abitanti dell'altopiano carsico danno da mangiare a questi
animali selvatici, attirandoli quindi verso i centri abitati.
Purtroppo questo gesto di compassione nei confronti dei simpatici mammiferi si
può trasformare in un pericolo : «Il cibo umano non è adatto ai cinghiali e può
provocare loro delle malattie trasmissibili non solamente agli altri compagni
della stessa specie, ma estendersi anche ad altre specie selvatiche, provocando
una potenziale pandemia», sottolinea l'assessore.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei capi abbattuti la legge regionale prevede
che le carcasse vengano smaltite in macelli siti nelle province di abbattimento,
e non nelle stesse giornate in cui viene macellata la carne di allevamento.
Claudia Poropat
ECOSPORTELLO NEWS - LUNEDI', 14 giugno 2010
Bell'idea: una guida sulla certificazione energetica degli edifici
Il Consiglio Nazionale del Notariato e alcune associazioni
dei consumatori hanno presentato la sesta “Guida per il Cittadino” che presenta
le nuove norme sugli edifici, sotto il profilo della sicurezza e del risparmio
energetico. Il documento - varato con la collaborazione di Adiconsum, Adoc,
Altroconsumo, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva,
Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori,
Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori - spiega
all'acquirente come riconoscere la qualità di un immobile da acquistare e la
spesa da sostenere per la sua gestione.
La guida prosegue la consolidata collaborazione tra il Consiglio Nazionale del
Notariato e le associazioni dei consumatori che ha portato alla stesura di
diverse pubblicazioni ispirate a una comunicazione trasparente ed efficace per
la tutela del cittadino. “Acquisto Certificato. Agibilità, sicurezza ed
efficienza energetica degli immobili”, spiega come l'acquisto di edifici
certificati sotto il profilo igienico-sanitario, della sicurezza e del risparmio
energetico, sia sempre più importante dal punto di vista economico e ambientale.
La certificazione, infatti, consente di conoscere in anticipo la qualità di un
immobile da acquistare e la spesa che si dovrà sostenere per la sua gestione.
Per questo, già alla stipula del preliminare, un aspetto che merita attenzione e
che viene spesso ignorato è quello relativo alla documentazione rilasciata dal
venditore: dovrà indicare alcuni dati specifici sull'agibilità, la sicurezza
degli impianti e la certificazione energetica, al fine di una più completa
valutazione dell'immobile e, quindi, di un'adeguata tutela per l'acquirente. Per
capire quanto sia importante la certificazione degli edifici, basta pensare che
per un appartamento di 120 mq la differenza tra la classe energetica G (bassa
qualità) e B (buona qualità) può comportare una differenza nella spesa per il
riscaldamento di quasi duemila euro l'anno.
La Guida fornisce alcune spiegazione su come sia possibile usufruire degli
incentivi 2010 previsti per l'acquisto di abitazioni ad alta efficienza
energetica, il cui decreto legge istitutivo (n. 40/2010) prevede un fondo di 60
milioni di euro.
E’ possibile scaricare gratuitamente la guida “Acquisto Certificato” dal sito
del Consiglio Nazionale del Notariato (www.notariato.it) e dai siti delle
associazioni che hanno aderito all'iniziativa.
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2010
Capodistria-Divaccia, la Slovenia sta correndo -
CORRIDOIO 5: DOMANI IL VICEMINISTRO CASTELLI NEL FVG
In autunno i lavori del raddoppio ferroviario. Sarà
operativo nel 2017. In ritardo il troncone Venezia-Trieste
TRIESTE Il viceministro Roberto Castelli arriva domani in missione sulla
tratta ferroviaria transfrontaliera Trieste-Divaccia, quella su cui, la scorsa
settimana alla conferenza di Saragozza, Italia e Slovenia hanno stretto un
"patto a due" per garantirne il decollo, con tanto di impegno per un organo
esecutivo comune da attivare entro il prossimo ottobre.
Ma, in attesa di sviluppi concreti, il memorandum d'intesa siglato dai ministri
dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria, con la benedizione di
Laurens Jan Brinkhorst coordinatore europeo del progetto prioritario 6, e del
vicepresidente della commissione Sim Kallas, contiene anche un inequivocabile
riassunto: mentre la sezione Venezia-Trieste "is lagging significantly behind"
(è in forte ritardo), la Slovenia corre, eccome corre.
Debora Serracchiani, membro della commissione Trasporti dell'Europarlamento,
rincara la dose: «La Slovenia corre a prescindere dall'Italia». E conferma che
il memorandum, nella pagina in cui fa il punto della situazione sull'avanzamento
dei progetti, "certifica i ritardi del nostro Paese".
Il testo denuncia in particolare il ritardo della Venezia-Trieste, a fronte di
tutta una serie di operazioni slovene. La costruzione della nuova linea
ferroviaria Divaccia-Capodistria, si legge, inizierà entro novembre 2010 e si
concluderà nel 2017. Per questo scopo, il Parlamento sloveno ha adottato lo
scorso aprile una legge che sblocca le operazioni di finanziamento. I lavori, si
spiega ancora nel memorandum di Saragozza, sono già iniziati con la
realizzazione di un nuovo sistema di segnalazione e il riammodernamento della
stazione merci di Capodistra (probabile conclusione nel 2011). E ancora si
stanno progettando le sezioni tra Divaccia e Lubiana e da Lubiana al nodo
ferroviario di Zidani Most.
La Serracchiani punta in particolare il dito sul solito problema Veneto, il vero
e proprio "buco" italiano del Corridoio 5, riconfermato in ogni caso nella città
spagnola tra le priorità europee. Quindi, da finanziare.
«Il ministro Altero Matteoli - afferma l'europarlamentare del Pd - ha certamente
fugato i dubbi che i precedenti incontri bilaterali con il viceministro Castelli
avevano aperto ma, siglando il memorandum e quel punto della situazione, ha
certificato che l'Italia sta segnando il passo. In particolare in Veneto dove,
in assenza di un progetto, si è bloccata ogni decisione essendo sempre vive le
tentazioni di un percorso lungo la costa. Una scelta che determinerebbe
conseguenze non irrilevanti pure in Friuli- Venezia Giulia, posto che la nostra
Regione si era accordata sul tracciato adiacente al percorso autostradale».
Questioni che ritorneranno sul tappeto domani in occasione della visita di
Castelli. Il viceministro e l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti
Riccardo Riccardi incontreranno a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai
Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte
l'ambasciatore d'Italia a Lubiana Alessandro Pietromarchi, il capo del
dipartimento Infrastrutture del ministero Domenico Crocco, i responsabili di
Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini.
«Il ministero delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa
Regione - ricorda Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l'esigenza
di verificare un'ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta,
nell'ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia,
evitando in tal modo l'attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente
comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
Rigassificatore, il governo di Lubiana ha deciso:
«Ricorreremo alla Corte di giustizia dell’Ue»
SCARSI GLI SPIRAGLI DIPLOMATICI. NUOVI PROBLEMI SUL
GASDOTTO
TRIESTE Per il ministro dell’Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo il
discorso sul rigassificatore di Zaule è chiuso, come ha avuto modo di ribadirlo
di recente proprio a Trieste nell’incontro con il suo omologo sloveno. Ma per
Lubiana no. Il governo sloveno ribadisce la sua contrarietà al progetto del
terminal di Zaule, ma prima di denunciare l’Italia alla Corte di giustizia
europea vuole studiare la vicenda ancora un po’. «Quando presenteremo la
denuncia - afferma il primo ministro Borut Pahor - vogliamo essere sicuri di
farcela. Non vogliamo rischiare di perdere la causa». C’è ancora qualche piccolo
spiraglio per risolvere la questione per vie diplomatiche, ha aggiunto il primo
ministro, che comunque ha ammesso di considerare minime le possibilità di
riuscita.
Nessuna buona nuova neppure dall’incontro a livello tecnico svoltosi proprio a
Trieste pochi giorni dopo la visita della Prestigiacomo. Il vicedirettore della
commissione per l’ambiente slovena, Peter Gaspersic ha spiegato che la riunione
è stata dedicata soprattutto allo scambio di informazioni tecniche e nel corso
della quale la Slovenia ha fatto valere le proprie ritrosie su notevoli punti
dei progetti in corso di elaborazione. «Per la Slovenia - sostiene Gaspersic -
il progetto per il termiale di Zaule non è assolutamente completato». «Abbiamo
preteso - prosegue Gaspersic - di voler prendere in considerazione
complessivamente tutti e tre i progetti in ballo, quello del rigassificatore di
Zaule, quello del rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste e il metanodotto
che collegherà Zaule alle foci dell’Isonzo».
E proprio su queto punto è emersa una nuova volontà slovena. Lubiana chiede
infatti che, per evitare l’impatto ambientale sulle acque del golfo, lo stesso
metanodotto venga effettuato via terra partendo come base dal tracciato
dell’oleodotto che già collega Trieste a Ingolstadt in Germania. «Dalla parte
italiana - precisa il tecnico sloveno - abbiamo ricevuto solo alcune deboli
argomentazioni contrarie».
Insomma l’affare invece di andare verso una soluzione - forse anche perché, a
pensare male si fa peccato ma il 99% delle volte ci si azzecca, Lubiana non ha
digerito il no della Regione Friuli Venezia Giulia al nuovo piano regolatore del
Porto di Capodistria - sembra vieppiù ingarbugliarsi con la Slovenia, che tra
l’altro, per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule, inizia ora a
protestare anche per il fatto che non esiste alcun piano contro i grandi rischi
che interesserebbero senza ombra di dubbio anche la popolazione slovena lungo il
confine.
Sirio Corezzi, che guidava la delegazione italiana, al termine dei lavori si è
limitato a ripetere le parole del ministro Stefania Prestigiacomo e cioè che lo
studio di impatto ambientale riguardante il rigassificatore di Zaule è oramai un
iter concluso, per quanto riguarda il gasdotto sottomarino e il terminale in
mezzo al golfo di Trieste sono stati scambiati solo alcuni punti di vista
tecnici come ha del resto chiesto la stessa Commissione europea nell’ultima
riunione del gennaio scorso a Bruxelles. Se tutto ciò non bastasse, ora ci mette
la pezza anche l’opposizione al Parlamento sloveno che giudica l’atteggiamento
del governo di Lubiana troppo debole su questo argomento e chiede una riunione
dedicata esclusivamente al tema rigassificatori. Insomma la Corte di giustizia
sembra essere ogni giorno più vicina.
MAURO MANZIN
Ferriera, parte l’iter di revisione dell’Aia - DOMANI
IN REGIONE - In via Giulia manifestazione del Circolo Miani sotto la sede
dell’assessorato all’Ambiente
Parte l’iter di revisione dell’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) della Ferriera di Servola. Per domani infatti è stata convocata
la conferenza dei servizi nella sede dell’assessorato regionale all’Ambiente di
via Giulia 75/1. Vi parteciperanno i rappresentanti di Regione, Comune e
Provincia chiamati, di fatto, a ridiscutere l’Aia rilasciata
dall’amministrazione regionale alla proprietà della Ferriera. L’appuntamento,
già anticipato nei giorni scorsi dall’assessore regionale Vladimir Kosic, viene
ricordato in una nota dal Circolo Miani, che indice una nuova iniziativa. In
concomitanza con i lavori negli uffici della Regione, infatti, Circolo Miani,
Servola respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di Quartiere si
sono dati appuntamento domani stesso, a partire dalle 9, nello slargo
all’ingresso del centro commerciale Il Giulia. Un invito rivolto anche alla
cittadinanza a cui hanno aderito il gruppo Beppe Grillo Trieste e la lista
civica ”Trieste 5 stelle”.
«Sarà l’occasione per vedere in faccia chi decide della vita e della salute dei
cittadini e dei lavoratori. Ma, soprattutto, loro potranno vedere noi», dice
Paolo Menis del gruppo Beppe Grillo. Eloquente lo slogan dei volantini
”Guardiamoli in faccia” che vuole «significare dieci anni di promesse non
mantenute - si legge una nota di Maurizio Fogar del Circolo Miani - da Tondo,
Dipiazza, Bassa Poropat e da una classe politica che nel fallimento
sull’emergenza Ferriera-Sertubi ha sacrificato gli interessi di tutta la nostra
comunità agli affari di pochi».
Accanto alla denuncia dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico,
il Circolo Miani contesta il fatto che proprio la presenza della Ferriera
rappresenti «una pesante ipoteca non solo sulla salute dei triestini, ma al
contempo blocca ogni possibilità concreta di sviluppo del Porto».
Eurobike, ultima tappa con pedalata per tutti -
Domenica 20 giugno i ciclisti triestini si uniranno alla pattuglia del tour
senza frontiere
Ritorna a Trieste un grande appuntamento per i
cicloturisti: la pedalata non competitiva Eurobike, aperta a tutti previa
iscrizione, che si terrà domenica 20 giugno in abbinamento alla tappa triestina
che concluderà l’Eurobike Tour 2010, iniziativa ideata dall’associazione Eureka
e co-organizzata con il Comitato Trieste in Palio.
Nella tappa triestina, organizzata in collaborazione con l’Associazione
Ulisse-Fiab Cicloturisti e Ciclisti Urbani di Trieste, la numerosa pattuglia
giuliana si unirà al gruppo di partecipanti alla manifestazione a tappe “senza
frontiere” che in tre giorni vedrà i cicloturisti toccare tre nazioni (Italia,
Slovenia e Austria) tra pedalate su strade pulite e deliziose degustazioni
enogastronomiche e gode del sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e alla
quale è ancora possibile iscriversi. Sono infatti ancora disponibili gli ultimi
posti.
La partenza della pedalata di domenica è fissata per le 10.30 dalla stazione di
Aurisina che si potrà raggiungere anche in treno grazie a uno speciale convoglio
che partirà dalla stazione centrale di Trieste (con ritrovo fissato alle ore
9.15) per giungere a destinazione alle 10.11. Si consiglia di prenotare per
tempo in quanto i posti in treno sono limitati. È qui che si congiungeranno il
gruppo dell’Eurobike Tour proveniente da Cormons e quello dei cicloturisti
triestini per compiere assieme gli ultimi 45 km. fino a Trieste. Da Aurisina si
percorrerà la dorsale carsica verso Padriciano. Una prima tappa con ristoro
attenderà i ciclisti a Prosecco. A Padriciano si consumerà il pranzo, dopodiché
i più fortunati saranno premiati grazie all’estrazione della lotteria. Nel primo
pomeriggio la carovana muoverà verso Draga Sant’Elia. Dopo una bicchierata, i
partecipanti al Tour residenti fuori provincia riprenderanno la strada di casa
scendendo per la storica pista ciclabile che da Erpelle conduce fino a Trieste.
I partecipanti alla pedalata triestina riceveranno un kit-ricordo comprendente:
bandana, gadget, un biglietto della lotteria, bibite energetiche e generi di
ristoro. Le iscrizioni potranno essere effettuate tutti i giorni dalle 18 alle
20 nella sede dell’associazione Eureka in via Torrebianca, 43 (primo piano), il
giovedì dalle 19 alle 20.30 presso la sede dell’Associazione Ulisse-Fiab di via
del Sale, 4/B e sul posto un’ora prima della partenza. Il costo per la
partecipazione è fissato in 10 euro, comprendenti il prezzo del biglietto
treno+bici.
«Questa pedalata cicloturistica - ha detto alla presentazione il presidente
dell'associazione Eureka Marco Torcello - rinnova una tradizione di successo con
una giornata dedicata al cicloturismo sul Carso di Trieste aperta a tutti e che
si abbina all’Eurobike Tour, manifestazione a tappe che già in questa prima
edizione abbraccia ben tre nazioni, ripromettendosi di allargarsi anche ad altre
come la Croazia nelle prossime. L’intenzione è renderla un appuntamento fisso
transfrontaliero dell’estate».
«Eurobike Tour - ha aggiunto Torcello - sarà la prima manifestazione ad
attraversare le nuovissima pista ciclabile Alpe Adria e introduce la formula
treno-bici-pullmann che prevede che non ci si porti dietro nulla: si lascia la
macchina alla partenza e si sale in sella. È l’organizzazione - che assicura un
servizio di assistenza lungo tutto il percorso - a far trovare le valigie ad
attendere i partecipanti in camera a ogni singola tappa».
L’Eurobike Tour dal 18 al 20 giugno toccherà Tarvisio e Kranjska Gora, Villacco,
il Collio, l’ambiente carsico e infine Trieste.
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO PROVINCIA
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento. Ecosportello è in
via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17
alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2010
Edilizia sociale ad Aquilinia, ok al protocollo -
Interesse della Regione per il progetto. Fra qualche mese l’acquisto dell’area
di 75mila metri quadri
MUGGIA IL DOCUMENTO MESSO A PUNTO IN UNA RIUNIONE FRA
COMUNE, TESECO E ACLI NAZIONALI
Terza tappa del lungo cammino che porterà alla riqualificazione urbanistica
di Monte San Giovanni, la collina nel comprensorio ex Aquila destinata
all'edilizia residenziale a progettazione partecipata, il cosiddetto ”social
housing” proposto dalle Acli.
Dopo l'incontro divulgativo servito all'illustrazione del progetto e dopo il
sopralluogo effettuato nelle scorse settimane all’area su cui sorgeranno le
case, l’altra mattina in municipio il sindaco Nerio Nesladek, il direttore
dell’area Nordest di Teseco (proprietaria del sito) Stefano Vendrame, e il
presidente nazionale delle Acli Andrea Oliviero, hanno concordato i contenuti
del protocollo, che sarà firmato nella settimana entrante, necessario a definire
le rispettive competenze e regolare tempi e modi dell’intervento.
Nei prossimi mesi, poi, verrà definito un ulteriore tassello: la vendita
dell’area individuata, destinata ad accogliere tra l’altro 200 appartamenti, da
Teseco al Comune. Si tratta di 75mila metri quadri, sul già citato monte San
Giovanni, dove fino al 2000 sorgevano quindici serbatoi per idrocarburi poi
smantellati dalla stessa Teseco.
Al progetto si sta interessando intanto anche la Regione. Nei prossimi giorni il
protocollo verrà presentato all’assessore ai Lavori pubblici, De Anna. Un
incontro utile per capire le intenzioni della Regione, che, si vocifera,
potrebbe anche entrare fra gli attori del progetto.
Tornando al protocollo, con esso Comune di Muggia e Teseco mettono nero su
bianco la volontà di sviluppare la progettazione di una variante urbanistica che
permetta appunto la realizzazione di abitazioni per fasce sociali deboli,
abitazioni che saranno assegnate in base a un’apposita convenzione con
l’amministrazione che fisserà agevolazioni per l’aquisto o la locazione.
Il protocollo indicherà anche una sorta di tracciato operativo per i soggetti
coinvolti alla realizzazione del progetto, il primo di questo genere nella
nostra regione.
«Per noi si tratta di una scommessa molto importante – ha spiegato il presidente
Oliviero – perché ci consente di coinvolgere direttamente le persone nella
progettazione della loro casa. A differenza della tradizionale edilizia
popolare, che in passato ha creato solo ghetti e degrado, il nostro obiettivo è
di coniugare l'aspetto della qualità residenziale al recupero del territorio,
avviando un inedito rapporto tra famiglie, imprese e istituzioni».
Sui risvolti sociali dell'intero progetto non ha comunque dubbi il sindaco,
Nerio Nesladek: «L'eticità dell'intervento, che annulla qualsiasi ipotesi
speculativa è evidente – commenta il primo cittadino – ma per Muggia in
particolare esso assume connotazioni ancora più forti se si considera che quella
zona sarebbe stata destinata alla cementificazione totale».
GIOVANNI LONGHI
SEGNALAZIONI - «Treni, Trieste tagliata fuori
dall’unità d’Italia» - COLLEGAMENTI DIFFICILI
Il fatto che «l’orario estivo in vigore dal 13 giugno non
riserva le temute sorprese» (essendo una «fotocopia» di quello precedente, Il
Piccolo, 7 giugno 2010, pag. 7) non toglie che i collegamenti con la capitale
restino gravemente penalizzanti per Trieste.
Non c’è alcun treno diretto e il tempo di percorrenza «normale» (5 ore e 30
minuti circa) è sistematicamente allungato da 1 ora di «coincidenza» (!) per il
cambio a Mestre.
Trieste è una stazione di testa importante: perché non mettere almeno un treno
diretto e non far partire gli altri treni in modo da non farci fare la figura
dell’oca, che arrivata a Mestre resta «ferma per un giro»?
La (voluta) «complicata accessibilità» di Trieste, porta d’ingresso d’interesse
europeo, che ambisce ad essere «città dei congressi» (Il Piccolo, 8 giugno 2010,
pag. 1), suscita amare riflessioni sul particolare significato triestino delle
imminenti celebrazioni per l’Unità d’Italia. Ma anche sul silenzio di cittadini
e istituzioni che nulla o poco possono dire sui servizi pubblici privatizzati
(nel caso in questione la Regione ha ottenuto risultati solo per Udine).
Riflessioni che lasciano poco spazio all’ottimismo sulla volontà e la capacità
di Trieste di far valere le sue particolarissime ragioni nel frastagliato e
competitivo quadro di un prossimo federalismo.
Marco Guadagni -
guadagni.marco@libero.it
SEGNALAZIONI - FERRIERA - Dignità del respiro
Presa da giovanili entusiasmi e da illusioni sul «fare»
delle istituzioni cittadine speravo... Ora, in età più matura, e dunque in grado
di capire i vari giochi di potere, denuncio una mia realtà: appartamento al
pianoterra con giardino curato e male a seconda dell’aria e dei vari miasmi di
natura diversa con conseguente fuga in casa, lacrimazione agli occhi e
compressione toracica. Primavera, estate, canto uccellini, suono campane,
sensazioni acustiche che in questo rione si sentono ancora, diventano pura
utopia se sei chiuso tra quattro mura. Il nero luccicante che si deposita sui
davanzali e volendo, anche nei miei polmoni, è un dato di fatto. I forti botti,
gli scoppi sull’altoforno in pressione, mi provocano spavento e una conseguente
forte tachicardia. Oramai la mia salute è minata, il mio appartamento
economicamente dequalificato, le mie speranze nulle. Solo un consiglio a chi si
accinge a comprar casa in rione: puro e sano masochismo.
Per chi non lo avesse capito, ho parlato di Ferriera e di Servola. La freddezza
e la sinteticità dello scritto sono solo apparenti, in realtà questo è il
pianto, lo sdegno, lo strazio, la delusione di un’anima, la mia, che si ritrova
calpestata nel suo più profondo diritto: la dignità del respiro.
Luciana Turco
IL TUONO - SABATO, 12 giugno 2010
Corruzioni politiche e rigassificatori
Per imporli si innescano perfino ricatti incrociati fra Trieste e Capodistria che rischiano di bloccarci sviluppo del porto, ferrovie e retroterra.
Rigassificatore a Trieste - Chiesto ampliamento del mandato del gruppo di lavoro della Provincia.
WWF, Legambiente, Greenaction International e No Smog chiedono un'audizione sull'argomento.
IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2010
Sito inquinato, a rischio la spiaggia di Fido Lido - Il
presidente di ”Crescere insieme” si autodenuncia dopo aver movimentato il
terreno
Nella primavera scorsa l’Arpa aveva chiesto spiegazioni
al Comune sugli interventi effettuati nell’area data in concessione
MUGGIA Il terreno della spiaggia per cani ”Fido Lido”, inaugurata qualche
mese fa nei pressi del Rio Ospo, va analizzato per vedere se contiene sostanze
inquinanti, ed eventualmente pericolose, per le persone e gli animali che la
frequentano. L’area attrezzata, data in concessione dal Comune di Muggia
all’associazione ”Crescere insieme”, rientra infatti nel Sito inquinato di
interesse nazionale, nel quale qualsiasi intervento è possibile solo dopo
l’analisi (e l’eventuale bonifica) dei terreni.
A far scattare la necessità della cosiddetta caratterizzazione (prelievi di
campioni del terreno e successivi esami) è stato l’intervento che il presidente
dell’associazione, Carlalberto Dovigo, ha effettuato una decina di giorni fa sul
fronte mare dell’area.
«Per consentire ai cani l’accesso al mare in sicurezza – spiega il presidente –
abbiamo dovuto spostare diversi massi posti lungo la battigia. Abbiamo affittato
una macchina per la movimentazione, e in un giorno di lavoro abbiamo creato una
serie di piccole baie, alternate appunto dai massi. Quando avevamo finito –
prosegue – un consigliere comunale è venuto a dirmi che quel lavoro non si
poteva fare per il fatto che l’area fa parte del Sito inquinato. Ho inviato
quindi un’autodenuncia dei lavori ai vari enti».
La ”comunicazione di potenziale contaminazione” prevista dalla legge è stata
spedita il 3 giugno scorso al Comune di Muggia, alla Provincia, all’Arpa, alla
Regione e al prefetto. «La presente notifica – si legge nel documento – è
effettuata sulla base di un potenziale inquinamento derivante da una lieve
movimentazione di terreno superficiale effettuata nel sito in oggetto,
limitatamente a un’area di circa 500 metri quadri. Secondo quanto previsto dalla
normativa, sarà nostra cura effettuare tutti gli adempimenti secondo le scadenze
prestabilite».
«A spese dell’associazione – assicura Dovigo – verrà commissionata un’analisi
del terreno movimentato, per rassicurare tutti gli interessati e i fruitori del
sito».
A parte il lato economico (i carotaggi e le analisi hanno costi abbastanza
elevati), i tempi per arrivare alla soluzione non saranno brevi. Una società
specializzata dovrà prima predisporre un piano di caratterizzazione, soggetto
all’approvazione degli enti e del ministero dell’Ambiente, e solo dopo il via
libera potrà iniziare i carotaggi. Una volta effettuate le analisi dei campioni,
queste dovranno poi essere validate dall’Arpa. E solo alla fine di questi
passaggi si saprà se la spiaggia è inquinata o meno. Se lo fosse, poi, andrà
bonificata.
L’area ”Fido Lido” nel frattempo continua ad essere utilizzata, come precisa il
sindaco Neskladek: «I tecnici comunali non mi hanno prospettato l’eventualità di
una chiusura». Lo stesso primo cittadino spiega poi la procedura che
l’associazione ”Crescere insieme” deve seguire: «Devono fare a loro spese le
caratterizzazioni, per vedere se l’area in cui sono intervenuti è inquinata. I
risultati delle analisi andranno poi inviati all’Arpa, al Comune e alla
Provincia. In base a quei risultati – aggiunge – si deciderà cosa fare».
Qualche dubbio sulla possibilità di destinare a usi pubblici l’area su cui è
stato realizzato ”Fido Lido” era peraltro emerso già la scorsa primavera. A
chiedere delucidazioni al Comune di Muggia sull’intervento previsto era stata
l’Arpa, che alla fine di marzo aveva domandato informazioni sulle procedure
adottate.
Non soddisfatta della risposta, a fine aprile la stessa Arpa aveva scritto
nuovamente al Comune (e per conoscenza al ministero dell’Ambiente, agli enti
locali e all’associazione ”Crescere insieme”) richiedendo dettagli sugli
interventi per la sistemazione dell’area (gestione del materiale superficiale,
del materiale inerte usato per il livellamento, modalità per la rivelazione di
inquinanti e/o rilascio di polveri). Con la stessa lettera, poi, l’Arpa aveva
invitato l’Azienda sanitaria ”a valutare, alla luce di quanto segnalato dal
Comune di Muggia, se possa sussistere un concreto e immediato rischio sanitario
per i fruitori dell’area”.
GIUSEPPE PALLADINI
Acquario, il rebus degli esami - Il sindaco Nesladek:
aspetto ancora la conferenza dei servizi
UFFICIALIZZATI I RISULTATI DELLE NUOVE ANALISI DEL
CIGRA
MUGGIA Non c'è pace per il terrapieno Acquario: quando sembra che manchi
poco all'avvio della fase realizzativa, dopo anni di sequestri, blocchi, analisi
e controlli, ecco che nuovamente un ostacolo imprevisto frena gli entusiasmi.
Questa volta a gelare tutti ha provveduto un "addendum" di indagini che Cigra,
il Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale
dell'università di Trieste autore nel 2009 delle caratterizzazioni del sito
inquinato per conto del Comune di Muggia, ha fatto pervenire all'Arpa a
completamento delle analisi precedentemente eseguite.
L'"addendum" è un supplemento di esami eseguito sui medesimi campioni prelevati
durante la prima caratterizzazione, ma con metodologie diverse. Ebbene, questo
ulteriore approfondimento avrebbe rilevato risultati leggermente peggiori,
soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici
aromatici.
La novità è stata trasmessa all'Arpa, che a sua volta la allegherà al voluminoso
malloppo della documentazione tecnica del sito e la presenterà alla prossima
conferenza dei servizi. «L''addendum' del Cigra non sposta di una virgola la
tempistica già impostata, né i nostri progetti - taglia corto il sindaco, Nerio
Nesladek - e anzi stiamo aspettando a giorni la convocazione della conferenza
dei servizi che ci darà le indicazioni necessarie per procedere, se, quando e in
che misura potremo recuperare il sito: solo dopo questo passaggio sapremo se i
progetti di sviluppo maturati in questi anni potranno partire».
Uno di questi, confermato anche ieri dal sindaco, è la creazione di un percorso
ciclopedonale lungo strada di Lazzaretto e la contestuale istituzione del senso
unico in direzione Slovenia: «Tutto dipende dall'esito della conferenza dei
servizi che la Regione dovrebbe convocare a breve», ha concluso Nesladek.
Convinti che il recupero del terrapieno sia ormai imminente sono alcune decine
di residenti delle case che sorgono di fronte al sito, che nei prossimi giorni
chiederanno al sindaco di ripristinare i vecchi pontili con i rispettivi approdi
in funzione prima del lungo sequestro, e soprattutto di evitare che ipotetici
stabilimenti o piazzole riservati alla balneazione possano recare disturbo agli
abitanti. «Ascolterò tutti - assicura il sindaco - ma francamente queste mi
sembrano questioni ancora premature».
Da registrare infine una nota del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon,
che proprio sul previsto senso unico voluto da Nesladek, conferma che nessuna
domanda in tal senso è mai stata avanzata alla Provincia: «A una mia precisa
interrogazione rivolta all'assessore provinciale alla Viabilità, Mauro Tommasini,
mi è stato risposto che tale richiesta non esiste. Tranquillizzo pertanto i
cittadini, dei quali nelle scorse settimane avevo raccolto le preoccupazioni -
conclude Grizon - che si è trattato della solita ”boutade”del sindaco. Nessun
senso unico verrà istituito lungo strada per Lazzaretto».
GIOVANNI LONGHI
Detriti fuori dalla discarica: bloccati in due -
TELECAMERE IN AZIONE A VIGNANO
MUGGIA È un muggesano l'uomo che alcune sere fa, trovando
chiuso il cancello della discarica autorizzata di Vignano, ha pensato di
procedere ugualmente allo scarico del furgone abbandonando un vecchio divano sul
marciapiedi. Poi ha richiuso il portellone, è salito a bordo, ha messo in moto
ed è ripartito come niente fosse. Peccato che il mattino dopo, gli addetti della
discarica comunale, trovandosi davanti al divano abbandonato, siano
immediatamente corsi a visionare il contenuto della videocamera di sorveglianza.
Le immagini hanno riprodotto fedelmente l'arrivo del mezzo, lo scaricamento del
divano, e la partenza, non le targhe. Poco male, perché sulle fiancate del mezzo
spiccava nettamente la scritta "Italnolo". Un paio di telefonate per incrociare
orario delle immagini e nominativo di chi in quelle stesse ore avesse un mezzo
in noleggio e Italspurghi, che gestisce la discarica, è risalita all'autore del
deposito abusivo che dopo essere stato convocato, ha provveduto, non solo a
scusarsi, ma anche a "completare" l'opera portando il divano dove doveva essere
portato.
E' il primo caso di abbandono abusivo di rifiuti con identificazione dell'autore
che si è verificato da quando, due settimane fa, sono in funzione le telecamere
di sorveglianza previste dall'appalto per l'asporto e il trattamento dei rifiuti
che Italspurghi si è aggiudicata nel Comune di Muggia. Da quando sono in
funzione le telecamere puntate sull'intera area dell'ingresso alla piazzola, non
ci sono più stati casi di abbandono di ondulati d'amianto che, sebbene la
discarica di Vignano non fosse autorizzata a smaltire, comunque qualche
sconsiderato, lasciava nelle sue vicinanze sperando, come in effetti accadeva,
che qualcuno provvedesse.
Decisamente sfortunato oltre che dotato di scarsa sensibilità ambientale,
infine, un signore di Padova che, sempre a Vignano, ma nell'isola ecologica poco
distante dalla stessa discarica, stava infilando nei cassonetti adibiti alla
raccolta dei rifiuti domestici, decine di sacchi neri con scarti di lavorazioni
edilizie come se fosse la cosa più normale del mondo. E' stato sorpreso con le
mani... nel cassonetto proprio dall'amministratore di Italspurghi, Gianfranco
Cergol, che in quel momento stava passando di là e che dopo essersi qualificato,
ha convinto il muratore veneto a riprendersi i suoi sacchi.
(g.l.)
IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2010
«Ho spiegato al prefetto il no al rigassificatore» - SAN DORLIGO. IL SINDACO COMMENTA LA VISITA DI GIACCHETTI
SAN DORLIGO Rigassificatore, poligono di Opicina e Grande
viabilità. Sono questi alcuni degli argomenti analizzati durante l’incontro tra
il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e il prefetto Alessandro
Giacchetti. Per la prima volta in visita al Comune, Giacchetti ha effettuato un
giro completo del territorio di San Dorligo visitando la Val Rosandra e
soffermandosi poi sulle aree produttive quali la zona industriale e la zona
artigianale.
Il primo argomento trattato con il sindaco è stata la raccolta firme avviata,
assieme al territorio di Muggia, contro il rigassificatore: «Ho espresso al
prefetto i motivi per i quali gran parte della popolazione ha dato la propria
adesione contro questo progetto, mettendo in risalto i motivi ambientali e
quelli di sicurezza per la nostra cittadinanza», spiega la Premolin.
Atro tema scottante è stata l’analisi dei problemi dell’area attraversata dalla
Grande viabilità: «La mancanza delle barriere antirumore e la carenza della
segnaletica sono le lacune più evidenti – ha evidenziato la Premolin –. Lacune
che da tempo abbiamo segnalato agli enti preposti, ma ancora senza risultati
apprezzabili».
Il primo cittadino ha poi esposto la questione delle strade nella zona
industriale e la loro mancata manutenzione, «un problema che si spera possa
essere risolto a breve attraverso una conferenza dei servizi con tutti gli enti
interessati». Ultima, ma non per importanza, la querelle sul Poligono di Opicina,
da anni al centro di un contenzioso che ha coinvolto Comunella di Opicina,
amministrazione separata dei Beni civici di Opicina, Comune di Trieste,
Comunella di Sant’Antonio in Bosco e Comune di San Dorligo della Valle.
«Trovare una soluzione per rendere decoroso questo luogo della memoria credo sia
un compito doveroso di tutti, e quindi confido che anche il prefetto possa
contribuire alla riuscita di questo obbiettivo».
Al termine della visita il sindaco Premolin ha consegnato a Giacchetti, il quale
ha dichiarato di mettersi a disposizione per i problemi elencati dal sindaco,
l'ultima pubblicazione sulla Val Rosandra nonché alcuni prodotti enogastronomici
tipici della zona.
Riccardo Tosques
«Nessun’altra antenna a Chiampore decisioni in accordo
con i residenti» - INCONTRO FRA IL PRIMO CITTADINO E GLI ABITANTI
MUGGIA «Nessun progetto di nuove installazioni di antenne
è ancora stato approvato, e qualsiasi decisione in merito sarà presa in accordo
con i residenti». Non hanno lasciato dubbi le parole con cui il sindaco, Nerio
Nesladek, è intervenuto mercoledì pomeriggio all’incontro convocato, a Chiampore,
sull’inquinamento elettromagnetico legato alla presenza di numerosi ripetitori
sulla collina.
Un banale equivoco sulla diramazione degli inviti da parte del Comune, che in un
primo tempo sembravano riservati ai firmatari della petizione inviata nei mesi
scorsi da alcuni abitanti, ha impedito che i presenti fossero più numerosi, ma
il sindaco ha garantito che per prossimi appuntamenti l'inconveniente sarà
eliminato.
Dal punto di vista tecnico Nesladek ha confermato che qualsiasi futura
installazione che dovesse essere decisa, sarà comunque subordinata alla tutela
assoluta della salute degli abitanti e del rispetto paesaggistico.
Solo dopo che questi due punti fondamentali saranno rispettati, si potranno
prevedere altri siti in cui poter collocare nuove antenne.
Da parte dei residenti è stata poi avanzata l'ipotesi di distribuire le future
installazioni anche in altri punti del territorio comunale, evitando una
concentrazione in un unico punto, rischiosa per la salute e dannosa per il
paesaggio,
L'ipotesi ha trovato l'appoggio da parte dello stesso sindaco, che ha garantito
le opportune verifiche per poter eventualmente procedere «sempre e comunque – ha
ribadito – in piena sintonia e condivisione con gli abitanti».
In tema di prevenzione e controllo lo stesso Nesladek ha poi auspicato che il
ricorso all'apparecchiatura mobile, acquistata nei mesi scorsi dal Comune per la
rilevazione del livello di inquinamento elettromagnetico, possa essere usata a
rotazione neei terreni privati, per mantenere costante il monitoraggio delle
emissioni in vari punti del territorio.
Proprio nello scorso aprile, con questa apparecchiatura, che non fornisce dati
con valore scientifico ma di carattere indicativo, aveva rilevato alcuni
sforamenti della soglia di attenzione fissata dalla legge.
Va tuttavia precisato che la normativa vigente nel nostro paese recepisce sì
quella europea, abbassandone però di molto i limiti. Nel caso di Chiampore,
quelle stesse rilevazioni eseguite pochi metri più in là, in territorio sloveno,
sarebbero rientrate perfettamente nella norma.
(g.l.)
Test, pulito il mare di quasi tutte le spiagge istriane
- ”BOCCIATI” SOLO TRE LIDI SU 202
POLA Per la stagione balneare 2010 le spiagge istriane garantiscono mare pulito e bagni tranquilli. L'ottimismo deriva dalla prima campionatura dell'anno delle 202 spiagge tra Salvore e Brestova, sulla costa orientale della penisola. Ebbene le analisi di laboratorio dicono che il 97% delle spiagge presenta un mare di ottima qualità, qualità sufficiente invece per sole due spiagge mentre i voti negativi sono andati a quelle di Bagnole, Centinera e Stupice vicino a Promontore. La temperatura è oscillata tra 16 e 20 gradi, valori alquanto bassi. Però va detto che l'analisi è stata fatta tra il 28 maggio e il 1.o giugno scorso, quando in generale la colonnina di mercurio era a livelli piuttosto bassi. Nel rispetto delle direttive dell'Ue che la Croazia già sta rispettando, i controlli vanno fatti almeno ogni quattro settimane durante l'alta stagione. Vengono definiti due parametri di analisi specifici, vale a dire la percentuale di enterocchi intestinali e escherischia coli che sono i due maggiori indicatori di contaminazione fecale del mare.
(p.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2010
Industriali, resta il no all’accordo sulle bonifiche -
Pedicchio: da Roma nessuna significativa novità. Primo trimestre, negativi i
dati di produzione
Produzione in calo, vendite sotto lo zero, esportazioni in
netta frenata. Risultati a dir poco sconfortanti, maturati all’interno di un
quadro dominato da ”incertezza e debolezza”. È la fotografia del comparto
industriale triestino scattata ieri durante l’assemblea di Assindustria dal
presidente Sergio Razeto. Un’istantanea impietosa che tuttavia, oltre a mettere
in luce le criticità, ha delineato anche le strategie da perseguire per uscire
dalle secche: dalla soluzione del problema bonifiche al rilancio del Porto;
dalla riconversione della Ferriera alla valorizzazione della ricerca.
I DATI Che ci sia bisogno di imprimere un deciso cambio di rotta, lo si capisce
dai dati dell’analisi congiunturale. «Alla fine del primo trimestre 2010 - ha
spiegato Razeto - i valori dei principali indicatori del comparto industriale
(che rappresenta quasi l’11% del Pil provinciale, contro una media regionale del
21.1%), evidenziavano una situazione di incertezza e debolezza. La produzione ha
subito un significativo ridimensionamento, tornando ad essere negativa (-10,5%
rispetto allo stesso periodo del 2009) e molto al di sotto della media
regionale, ferma a - 0,5%. Anche le vendite totali, dal precedente valore
positivo (+25,8%), sono scese sotto lo zero e hanno segnato un - 11.4%,
risultato ben peggiore al dato regionale (- 1,8%). Il rallentamento delle
vendite, tra l’altro, ha riguardato sia il mercato interno (-16,4%) sia le
esportazioni (-7%)». Unica, magrissima consolazione, la lieve ripresa
dell’occupazione, che ha fatto registrare una crescita dello 0,1%, in linea con
l’andamento regionale.
RIEQUILIBRIO Di qui la necessità di correre ai ripari, anche attraverso la
promozione di un diverso e più equilibrato modello economico. «Nel nostro
territorio - ha proseguito Razeto - esistono poche, grandi imprese: 14 aziende
leader che rappresentano il 26,8% del totale degli occupati della provincia, dei
quali 44,8% nel manifatturiero e 24,3% nel terziario. Emerge quindi la necessità
da parte degli attori locali di individuare nuove strategie di sviluppo, che
portino ad una maggiore presenza dell’attività produttiva legata al settore
manifatturiero».
BONIFICHE Per centrare un simile risultato, tuttavia, è indispensabile liberare
spazi per le realtà produttive. Come? Sciogliendo una volta per tutte il nodo
delle bonifiche e arrivando ad un Accordo di programma condiviso, ben diverso da
quello prefigurato nell’ultima bozza proposta da Roma ma bocciata da Trieste.
«Purtroppo - ha osservato il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, gli elementi
presentati dal ministero dell’Ambiente durante l’ultima riunione, non hanno
prodotto alcuna significativa novità e non vanno certo nella direzione
auspicata. Rimangono le perplessità sui criteri di attribuzione delle
responsabilità, sulla quantificazione del danno ambientale e sulla sostenibilità
del quadro economico a carico delle aziende. Come Industriali, chiediamo che il
problema venga affrontato in modo pragmatico, ultimando quanto prima le
caratterizzazioni».
FERRIERA E GNL Altrettanto fondamentali per rimettere in moto il comparto,
secondo Assindustria, sono la realizzazione del rigassificatore («confermiamo il
nostro sostegno al progetto Gas Natural-Fenosa, pur ritenendo sicurezza e
rispetto per l’ambiente condizioni imprescindibili») e la riconversione della
Ferriera. «Il percorso che prevede la dismissione dell’impianto siderurgico
entro il 2015 - ha concluso Razeto - può rappresentare un’importante occasione
per avviare una programmazione seria con istituzioni e parti sociali sul
rilancio della nostra economia e sull’incremento della presenza industriale. La
dismissione infatti non riguarda solo lo stabilimento di Servola, ma anche la
Sertubi e tante altre realtà dell’indotto: un progetto che potrebbe coinvolgere
un migliaio di posti di lavoro».
MADDALENA REBECCA
L’Alta velocità attraverso Duino Aurisina:
dieci
chilometri in galleria e due in superficie Rfi ha illustrato il
tracciato predisposto con il Comune e l’apporto di geologi e speleologi
CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO A VISOGLIANO -
Approvato un ordine del giorno sulla necessità di un progetto partecipato
VISOGLIANO Spostare il tracciato quanto più possibile da grotte e doline,
oltre che dal ”paleo alveo” del Timavo, portandolo lungo i fianchi del monte
Ermada. Non passare sotto a borgate carsiche o frazioni. Evitare assolutamente
gli avvallamenti e le cavità ipogee. Sono stati questi i tre punti fermi che
hanno ispirato la parte relativa al comune di Duino Aurisina della bozza del
tracciato dell'Alta velocità, inserito nel Corridoio 5 che collegherà il Nord
Italia all'Est europeo passando per la nostra provincia.
Ieri pomeriggio la bozza, frutto di alcuni anni di studi eseguiti da Rete
ferroviaria italiana in collaborazione con il Comune carsico, geologi e
speleologi, è stata presentata al Consiglio comunale riunito in seduta
straordinaria nella sala del campo sportivo di Visogliano.
Il tracciato che interesserà il territorio di Duino Aurisina per una decina di
chilometri, proveniente dal comune di Monfalcone e diretto in parte verso
Divaccia e in parte verso Trieste, correrà per l'80 per cento sotto terra, a una
profondità massima di 120 metri. Per i due chilometri previsti in superficie,
dopo la la stazione di Aurisina, sarà realizzata una trincea profonda 15 metri.
Le gallerie saranno due, parallele, ognuna a binario semplice, con bracci di
collegamento imposti dalle normative di sicurezza ogni 500 metri.
Dopo la stazione di Aurisina, verso est, il tracciato si dividerà: un ramo
scenderà verso la linea di cintura di Trieste, l'altro salirà impercettibilmente
in direzione di Divaccia, in territorio sloveno.
Garantito dal responsabile del progetto, l’ingegner Carlo Comin di Rfi, e
”sancito” dalla presenza del Comune nell'elenco degli enti che hanno contribuito
alla stesura, il totale rispetto delle criticità che un contesto geologico e
ambientale come quello carsico presenta. Sulla planimetria illustrata, la
traccia nera che si insinua nel territorio del comune segna una sorta di slalom
tra le linee di livello delle doline e le cavità ipogee. Un po’ come infilare un
filo di ferro nel gruviera cercando di evitare i buchi.
L’operazione è stata resa possibile grazie a una diversa previsione rispetto
agli studi originari, che calibravano il percorso su convogli da 250 chilometri
all'ora e privilegiavano il trasporto di persone.
Quell'impostazione è tramontata e l'Alta velocità che si sta predisponendo
servirà quasi esclusivamente il traffico merci, che può viaggiare a velocità
inferiori. La riduzione della velocità da 250 a 150 chilometri all'ora ha
consentito così di accentuare i raggi di curvatura e rispettare quanto più
possibile le caratteristiche geologiche.
Restano da verificare le conseguenze che il passaggio di treni a 150 all'ora, a
una profondità di 100 metri, comporteranno per le case sparse che dovessero
trovarsi sulla perpendicolare della galleria, oltre che per la tenuta statica
del bacino carsico in cui il traforo si inserisce.
«L’opera non decollerà prima del 2030 – si è affrettato a precisare Carlo Comin –
ma il progetto va presentato, altrimenti perdiamo i fondi (7 milioni di euro,
ndr) che l'Ue ci ha anticipato per l'intero progetto».
L'argomento ha convinto anche i capigruppo presenti in Consiglio, che hanno
sottoscritto un ordine del giorno, poi approvato all'unanimità, che ”recepisce
la necessità di realizzare la linea ferroviaria di Alta velocità attraverso un
progetto partecipato che preveda da parte delle Ferrovie una compensazione in
opere pubbliche da investire sul territorio”.
La bozza sarà ora presentata alla popolazione per le opportune osservazioni, e
contemporaneamente inviata dalle Ferrovie al ministero dei Trasporti e a quello
dell'Ambiente.
GIOVANNI LONGHI
TAV - Due milioni di metri cubi di rocce e terra ma lo
smaltimento resta un mistero
VISOGLIANO Perforare sette, otto chilometri di Carso da
Medeazza ad Aurisina, scavando a una profondità di un centinaio di metri per
realizzare due gallerie da un binario ciascuna, produrrà 2 milioni di metri cubi
di materiale. La previsione è contenuta nel Sia, lo studio di impatto ambientale
allegato alla bozza di progetto presentata ieri.
Un’indicazione specifica sul luogo in cui depositare questa montagna di detriti,
terrosi e rocciosi, non è però ancora definita. Le ipotesi avanzate ieri sono
fantasiose: una suggeriva di trasportare queste rocce davanti alla laguna di
Venezia per dare un contributo al Mose, il sistema di dighe che dovrebbe
salvaguardare il capoluogo veneto dalle periodiche maree che lo sommergono.
Rimanendo in ambito marino, un'altra possibilità sarebbe quella di utilizzare i
detriti per costruire un molo (ma non si sa dove).
In realtà il problema verrà affrontato in un futuro abbastanza lontano, tra
qualche decina di anni, quando ruspe e trivelle entreranno in funzione.
(g.l.)
”Acqua, vita, energia, guerra” convegno sulle risorse
idriche - OGGI ALLE 16.30 ALLA SCUOLA INTERPRETI
”Acqua, vita, energia, guerra” è il titolo del convegno
che si terrà oggi alle 16.30 nell’aula magna della Scuola Interpreti in via
Filzi 14. All’iniziativa promossa dal ”Progetto per un comitato lavoratori
utenti” interverranno Lorenzo Barbera, fondatore del Centro ricerche e studi
Meridionali, Renato Di Nicola del Forum acqua Abruzzo, Mattia Donadel del
Comitato veneto ambiente e territorio Riviera del Brenta Miranese e Lorenzo
Signori del presidio di San Pietro in Rosà contro l’inquinamento industriale.
Sarà presente inoltre un rappresentante del presidio permanente ”Nodalmolin” di
Vicenza, del Cordicom (coordinamento Comitati Friuli Venezia Giulia) e il Comune
di Doberdò del Lago.
Il convegno intende denunciare lo «sfruttamento delle risorse idriche da parte
dei privati, che stanno portando i territori al dissesto idrogeologico». Un
aspetto sottolineato da Dario Visintini: «A Trieste l’interramento del Rio
Marchesin è un esempio lampante di come si intende preferire la cementificazione
dei terreni a discapito della sicurezza e del rispetto dell’ambiente». Ma il
Comitato è anche schierato contro il rigassificatore di Zaule. «Non ci
convincono le valutazioni sull’impatto ambientale», dice Sergio Facchini. E
aggiunge: «L’eccessiva vicinanza ai centri abitati potrebbe essere un fattore di
rischio in caso di esplosioni».
Nel corso del convegno sarà proiettato il film ”Darfur: una guerra per l’acqua”
di Tomo Kriznar, che denuncia la situazione drammatica dei profughi sudanesi.
«La volontà del possesso scatena guerre - dice Federico Della Valle - sia per la
conquista dei bacini che delle vie di comunicazione. Pensiamo solo a quello che
sta accadendo in Palestina». (c.p.)
SEGNALAZIONI - Inceneritore: «Siamo meglio
dell’Algeria». Una magra consolazione
Ricicliamo, ma per chi? Ecco la nuova proposta del Comune,
diamo un po’ di lavoro alle famiglie triestine, dividiamo i materiali,
laviamoli, consegniamoli nei giorni corretti. Bellissimo, giusto e soprattutto
un gradino evolutivo sopra il termovalorizzatore, esempio a Vedelago dove Carla
Poli con la sua organizzazione mette in moto con il riciclaggio un indotto di
9400 persone.
Sì, ma c’è un ma! Siamo andati a visitare il termovalorizzatore, e come ci è
stato spiegato in maniera esaustiva dall’ingegnere responsabile, questa macchina
enorme oltre a toglierci il problema delle discariche produce soldi e guadagni,
molti triestini non sanno neppure dov’è, ebbene la ciminiera svetta sul canale
navigabile, vicino al mare dove si potrebbe sfruttare l’acqua per il
raffreddamento, ma non si può per non alterare la temperatura dello stesso,
quindi si usa l’acqua potabile, vicino alla ferrovia di via Caboto per poter non
inquinare ulteriormente con i camion, e far arrivare le immondizie ad esempio da
Belluno in treno, ma in Italia non conviene.
Fuori un bel disegno mostra fiorellini e gabbiani appollaiati in cima al camino,
ma l’ingegnere ci dice che non è lì per raccontarci storie, la centrale inquina,
ma a norma di legge 365 giorni all’anno si bruciano immondizie, tutto è
controllato da un efficiente sistema di sicurezza e l’organizzazione è
impeccabile.
La sensazione in effetti è questa. Dando un occhiata al forno si vede spuntare
lo scheletro di una bici, “ma cosa butta la gente nei cassonetti?”
“Ah purtroppo di tutto – dice l’ingegnere – i cassonetti sono grandi”. E
l’amianto mi scusi? “Beh quello per fortuna hanno l’abitudine di buttarlo in
Carso. Comunque rispetto all’Algeria siamo avanti”.
Non mi consola, senza nulla togliere all’Algeria preferirei valutare città come
Stoccolma (ecocapitale 2010), e qui salta fuori il riciclo, perché visto che non
si riesce a far diminuire le immondizie che compriamo e paghiamo tre volte (es.
acquistiamo dell’acqua: la paghiamo, ma paghiamo anche la bottiglia, la tassa
sui rifiuti, e riacquistando l’energia elettrica prodotta dall’inceneritore),
almeno sfruttiamole.
Come cittadino sono disposto a fare qualche sacrificio per vivere in un posto
meno inquinato, visto anche i dati dell’incidenza tumorale a Trieste, un aiuto
forse lo diamo, però chiedo cosa succederà del termovalorizzatore?
“Guardi Trieste può fare anche il 100% di riciclata che noi immondizie da
bruciare le troviamo, adesso arrivano anche da Belluno, poi chissà risolti i
problemi di confine anche quelle slovene”. E allora perché a noi conviene
riciclare se il termovalorizzatore continua ad inquinare ed anzi si paventa un
aumento delle sue capacità con la quarta linea?
Credo sia giusto e doveroso intraprendere la via del riciclo, come sarebbe
giusto che le industrie in primis si impegnassero a produrre meno immondizia, ma
il Comune dovrebbe garantire una riduzione delle immondizie bruciate a Trieste
pari alla percentuale di riciclo fatta dai cittadini, se no saremmo comunque
inquinati da chi magari non ha “nemmeno” il Carso dove buttare l’amianto!
Gianluca Pischianz
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2010
Tav italo-slovena blindata a Saragozza - VERTICE
SPAGNOLO SULLE RETI TEN. SERRACCHIANI: PASSO AVANTI. RESTA IL NODO VENETO
Task force bilaterale e progetto definitivo entro
l’autunno. L’Austria difende Trieste
TRIESTE Laurens Jan Brinkhorst, a colloquio con Debora Serracchiani, (ri)mette
il dito nella piaga: un buco nero esiste e resiste, il buco tutto italiano che
inghiotte la Tav nel tratto veneto, dove manca un progetto ma non mancano le
tentazioni litoranee. Subito dopo, però, il coordinatore europeo del progetto
prioritario 6, ribattezzato un po’ impropriamente Corridoio V, sorride: il passo
avanti c’è, ed è importante. E con lui, pur non abbassando la guardia, sorride
l’eurodeputata del Friuli Venezia Giulia. La conferenza di Saragozza, quella che
riunisce il ghota comunitario dei trasporti allo scopo di ridefinire le reti di
trasporto transeuropeo, ”blinda” il Corridoio più atteso a Nordest: il sofferto
Corridoio V che deve ”avvicinare” Lione e il confine ucraino con i treni ad alta
velocità, toccando Trieste, è e resta una priorità europea. E, dunque, va
finanziato.
Nessuno ha dubbi: i ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e
Ungheria firmano, con la benedizione dello stesso Brinkhorst e del
vicepresidente della commissione Sim Kallas, un memorandum d’intesa
inequivocabile. Definiscono il Corridoio «una pietra angolare» della rete
transeuropea. S’impegnano a inserirlo nelle politiche nazionali, a costruirlo
nel segno del minor impatto ambientale, ma anche in sinergia con tutti gli altri
Corridoi al fine di evitare sovrapposizioni. Non è un impegno irrilevante, e
Serracchiani ricorda il perché: «Il ministro Altero Matteoli ha fugato tutti i
dubbi che incontri bilaterali con il viceministro Roberto Castelli avevano
innescato».
C’è di più. Il memorandum contiene un ”patto a due” che riguarda la tratta tra
Trieste e Divaccia: Italia e Slovenia, mettendo da parte le reciproche
diffidenze, ne garantiscono il decollo. Come? Creando «prima di ottobre 2010» un
organo esecutivo comune per le attività legate alla realizzazione. E
sostituendolo «entro metà 2011» con un gruppo di interesse economico europeo.
Non solo: Italia e Slovenia si impegnano a confermare il nuovo tracciato prima
di ottobre. Quale tracciato? Quello alto che bypassa la Val Rosandra, frutto del
recente accordo, sembra ormai sicuro. Tira le fila, a fine lavori, Serracchiani:
«Il memorandum è un impegno importante. Ora, certo, dobbiamo vigilare affinché
non resti sulla carta ma si traduca in atti».
Non è il solo frutto positivo raccolto in terra spagnola: l’Austria, impegnata
in prima linea a favore del Corridoio Baltico-Adriatico che deve collegare
l’Europa del Nord a quella del Sud, difende il Friuli Venezia Giulia. E, in un
documento ufficiale, fa approdare i treni futuri tanto a Trieste quanto a Udine,
ignorando completamente la Slovenia che ha peraltro tentato di ”scippare”
l’Italia. Matteoli, a sua volta, conferma che il Corridoio deve toccare Trieste.
E l’europarlamento, come annuncia ancora Serracchiani, vota la prossima
settimana: la battaglia continua.
(r.g.)
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 giugno 2010
Proseguira' fino al 16 luglio l'attivita' di ECOSPORTELLO
presso il centro informativo di via Donizetti n. 5/a. Tutti i martedì dalle 10
alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 due operatori sono a disposizione del
pubblico per informare sui vantaggi del risparmio energetico e per fornire
consulenze specifiche per la realizzazione di interventi tecnici nelle
abitazioni e sui finanziamenti previsti da Banca Etica. Venerdi' 3 settembre il
punto informativo riprendera' l'attivita' dopo la pausa estiva.
Il progetto di Ecosportello nasce grazie al finanziamento della Provincia di
Trieste per fornire gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, di tipo
normativo e relative ai costi in modo da presentare un quadro sufficientemente
consistente per la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento
termico dell'abitazione, di installazione di impianti a basso consumo
energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi a
elevata tecnologia e con elevate prestazioni che possano permettere ai cittadini
di raggiungere obiettivi di risparmio energetico e di riduzione dei costi
tariffari.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2010
Riccardi in visita alla Ferriera Nuovo treno
Trieste-Piombino - ANNUNCIATO IL RADDOPPIO DEL SERVIZIO SU ROTAIA
Visita dell’assessore regionale ai trasporti Riccardo
Riccardi, ieri, alla Ferriera di Servola, stabilimento dal quale parte, da un
mese a questa parte, un servizio ferroviario che collega i siti produttivi del
Gruppo, a Trieste e Piombino. Il servizio si caratterizza per una trazione
ferroviaria che ha continuità dall'interno degli stabilimenti, permette il
carico e scarico diretto delle merci (carbone coke in andata e minerale di ferro
di ritorno) nei punti di produzione e utilizzo, e riesce - si legge in una nota
della Lucchini - «a evitare non solo la parziale frantumazione del prodotto ma
soprattutto le emissioni polverose».
Il volume di traffico, a "'impatto ambientale" tendente allo zero, interessa
circa 150mila tonnellate di merci all’anno, pari a un minimo di 90 treni
all’anno comparabili a circa 5-6.000 autotreni sulle strade del nord.
Realizzato grazie al know-how sviluppato dalle società Inter-Rail, dall'Impresa
ferroviaria InRail-Fuc e InnoFreight, il servizio è stato pianificato e
concretizzato in collaborazione con la dirigenza della Lucchini con la
partecipazione di Trenitalia Cargo.
Accolto nello stabilimento di Servola dal direttore ingegner Luigi Venir,
Riccardi ha sottolineato la volontà da parte della Regione di dare maggiore
impulso al trasporto su rotaia annotando come questo tipo di soluzioni riducano
il traffico pesante sulla A4. Un obiettivo, sostiene il Gruppo siderurgico, «al
cui raggiungimento la Lucchini e i suoi partner contribuiranno, anche con un
concreto raddoppio delle movimentazioni tra Trieste e Piombino, previsto nel
prossimo futuro».
Visogliano, consiglio comunale sul tracciato dell’Alta
velocità
DUINO AURISINA Consiglio comunale in seduta straordinaria,
domani alle 15, per presentare pubblicamente i progetti relativi al tracciato
dell’Alta velocità che attraverserà il Carso. Lo annuncia il sindaco di Duino
Aurisina Giorgio Ret: «Per consentire la più ampia partecipazione di cittadini,
l’assemblea avrà luogo nella sala congressi del complesso sportivo di Visogliano».
L’incontro, stabilito per illustrare gli esiti di due anni di lavoro, vedrà la
presenza dei responsabili di Rfi, in particolare dell’ingegner Cumin, che
relazionerà sui progetti per il Corridoio 5. Già a fine aprile il consigliere di
Insieme Massimo Veronese aveva chiesto a Ret un’assemblea per trattare la
questione del tracciato Ronchi-Trieste.
«Si stava lavorando per presentare una bozza – conclude Ret – realizzata non
solo da tecnici ma anche da speleologi e naturalisti. Una proposta che riguarda
un progetto che andrà realizzato entro il 2030, cui hanno collaborato anche i
capigruppo di entrambi gli schieramenti».
Zecche, in pochi si vaccinano - Copertura parziale dopo
l’assunzione di due delle tre dosi previste
In partenza per le vacanze in Carnia, nella vicina
Slovenia, in Austria o in campeggio? Attenti alle zecche, allora. Questi
parassiti dotati di otto zampette che vivono nei prati, tra l'erba alta, che
amano i luoghi ricchi di vegetazione e un microclima fresco e umido sono
presenti anche sul nostro Carso e possono trasmettere alcune infezioni tra cui
la meningoencefalite. Per ridurre il rischio di questa malattia, che può
lasciare sequele neurologiche e causare danni permanenti, esiste un unico
rimedio: il vaccino.
In pochi però nella nostra provincia utilizzano a oggi questa forma di
prevenzione. In via De Ralli, nel comprensorio di San Giovanni, al Dipartimento
di prevenzione dell'Azienda sanitaria si presentano in pochi: «Usa vaccinarsi
chi ha esigenze lavorative, come le guardie forestali - osserva Fulvio Zorzut,
responsabile della Struttura semplice di Tutela della salute - chi ha casa in
Carnia oppure gli scout, da sempre sensibili al problema».
La "Ixodes Ricinus", la zecca dei boschi, è la più pericolosa per l'uomo. In
molti casi non è infetta, ma una percentuale di questi parassiti contrae un
batterio che è responsabile del morbo di Lyme - per il quale non esiste vaccino
- oppure viene infettata e trasmette la meningoencefalite conosciuta anche come
Tbe, dall'inglese "Tick Borne Encephalitis".
«Nella provincia di Trieste a oggi non sono stati mai riscontrati casi di Tbe -
precisa Zorzut, - mentre registriamo dai 20 ai 25 casi all'anno per quanto
riguarda il morbo di Lyme».
Quello delle zecche affette da Tbe è un fenomeno che segue il flusso degli
animali selvatici e che colpisce l'Europa centrale: in media in Friuli Venezia
Giulia ogni anno otto pazienti contraggono questo virus. «Nel 90% dei casi la
cosa si risolve facilmente - riferisce ancora il medico - nel 9% si evidenzia
una sorta di influenza, ma nell'1% dei casi si sviluppa la meningoencefalite e i
danni possono essere seri».
Ma come si assume il vaccino? Quanto tempo prima di un'eventuale vacanza è bene
provvedere? «La vaccinazione prevede la somministrazione di tre dosi - spiega
Zorzut - tra la prima e la seconda deve trascorrere un mese, la terza va assunta
dopo sei mesi dalla prima. Per avere un minimo di copertura è bene prendere
almeno le prime due, per una sicurezza tra il 90 e il 95% è consigliabile
sottoporsi al ciclo completo». Dunque solo chi pensa di partire almeno dopo la
metà di luglio è ancora in tempo per garantirsi un minimo di protezione: chi
vuole premunirsi per la prossima estate deve provvedere già dall'autunno.
Intanto la Commissione regionale per gli indirizzi sulle strategie vaccinali e
la prevenzione delle patologie infettive ha espresso un primo parere favorevole
alla gratuità della vaccinazione. «È segnale di equità sociale - evidenzia
Zorzut in qualità di membro della Commissione - per ora l'assessore Vladimir
Kosic ha disposto un aggiornamento della mappatura delle zone a rischio
effettuata nel 2006-2007». I risultati saranno resi noti a luglio.
Ma per prevenire le punture da zecche oltre al vaccino è consigliato adottare
degli accorgimenti. Anche andando in Carso, dove le zecche si moltiplicano
specialmente nei fondi delle doline, è bene coprirsi gambe e testa, stare
lontani dalle zone con erba alta ed evitare di sedersi a terra. Rincasando è poi
corretto ispezionare il proprio corpo in un ambiente ben illuminato.
«Chi dovesse venir punto, chi nota una zecca sul proprio corpo e dopo una
ventina di giorni si accorge di un arrossamento - suggerisce Zorzut - fa bene a
rivolgersi al proprio medico di base». A chi vive sull'Altipiano si consiglia
invece di non accatastare la legna vicino a porte o finestre e di raccogliere
spesso le foglie cadute.
Laura Tonero
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2010
«Bonifiche, avanti con le caratterizzazioni senza attendere l’accordo di programma»
LUPIERI (PD): BISOGNA EVITARE CHE LE AZIENDE SE NE
VADANO IN SLOVENIA
L'evoluzione della zona industriale di Trieste, buona parte della quale
ricade all’interno del Sito inquinato, «è in stallo, giacché manca ancora la
firma di un accordo di programma che necessariamente deve vedere coinvolti tutti
i soggetti in vario modo interessati». Lo ricorda in una nota il consigliere
regionale del Pd Sergio Lupieri, che nell’aula di piazza Oberdan ha invitato
l’assessore regionale De Anna «ad andare avanti, nell’attesa dell’accordo, con
le caratterizzazioni dei terreni residui, con le risorse messe a disposizione
dalla Camera di commercio, integrandole nel caso non siano sufficienti».
Lupieri ha parlato dopo che De Anna era intervenuto rispondendo a una
interrogazione dell’esponente del Pd sul nodo bonifiche. «Su alcuni punti di
rilievo, specie in rapporto al principio comunitario del "chi inquina paga", le
posizioni della Regione (e dei soggetti locali interessati) e quelle del
ministero dell'Ambiente non sono convergenti», scrive Lupieri in una nota
riferendo quanto riportato da De Anna: «Quindi, malgrado le entusiastiche
affermazioni del sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, siamo ancora ben
lontani dalla possibilità di pervenire a un testo dell'accordo di programma
condiviso e soddisfacente». Da qui, scrive Lupieri, la necessità di proseguire
con le caratterizzazioni. «È fondamentale - chiude l’esponente Pd - velocizzare
al massimo la liberazione di terreni utili, in modo da evitare l'insediamento di
aziende e imprese nella vicina Bertocchi (Capodistria), come già ventilato
dall'Associazione degli Industriali di Trieste».
Polo museale del Porto Il progetto in un libro
Italia Nostra presenta domani alle 17 al Circolo della
Stampa (corso Italia 13), il terzo volume della collana di Italia Nostra "Il
progetto e la storia del Polo museale di Trieste" dell’architetto Antonella
Caroli. Il libro si prefigge di spiegare l'iter di studi e ricerche attraverso
il quale si è arrivati alla costituzione del Polo museale del Porto.
Interverranno il sindaco Roberto Dipiazza, il direttore dell'assessorato
regionale all’istruzione e cultura Giuliano Abate, il presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti, gli architetti Roberto Pirzio Biroli e Roberto Di
Paola, il soprintendente archivistico della Regione Paolo Dorsi, il direttore
dell'Archivio di Stato Grazia Tatò, l'architetto Marianna Acerboni e il critico
Fabio Amodeo. Introdurrà Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra sezione
di Trieste.
LE ORE DELLA CITTA' - CONSULENZA ECOSPORTELLO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la
realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni. Ecosportello è in via
Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17
alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2010
IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico: così le
agevolazioni
Fino al 31 dicembre 2010 si può usufruire di
un’agevolazione fiscale per le spese sostenute in relazione ad interventi
finalizzati al risparmio di energia. Negli ultimi anni la normativa è stata
variamente modificata e determinata: dal D.M. del 19/2/2007, dalla Legge n.
244/2007, dal D.L. 185/2008, dalla Legge n. 2 /2009 e da ultimo dal Decreto
Interministeriale del 6/8/2009. Le modifiche si riferiscono in particolare alle
procedure da seguire per usufruire correttamente delle agevolazioni: è stata
introdotta una apposita comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate
(quando i lavori proseguono oltre un periodo d’imposta), è stata fissata una
ripartizione unica, del totale della spesa sostenuta, in cinque rate annuali di
pari importo ed infine è stata sostituita, con effetto retroattivo, la tabella
dei valori limite della trasmittanza termica.
La Circolare n. 21 del 23 aprile 2010 ha previsto la possibilità per il
contribuente di correggere e/o integrare, esclusivamente con modalità
telematiche, il contenuto della scheda informativa da trasmettere all’Enea
(Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile), anche oltre il termine di novanta giorni dalla data di ultimazione
dei lavori ma non oltre quello di presentazione della dichiarazione dei redditi
nella quale la spesa può essere portata in detrazione.
L’Agenzia delle Entrate ha inteso poi venire incontro ai contribuenti che
utilizzano il Modello di dichiarazione 730/2010 e che, a causa di problemi
tecnici dell’Enea, si sono trovati impossibilitati a trasmettere telematicamente
le schede informative di correzione e/o di rettifica necessarie per poter
usufruire della detrazione del 55% per gli interventi di risparmio energetico.
Con la risoluzione n. 44/E del 27 maggio u.s., infatti, l’Agenzia delle entrate
ha fatto fronte alle difficoltà operative riscontrate dall’ENEA, dando la
possibilità ai contribuenti di beneficiare della detrazione anche per le spese
che non risultano dalla scheda originaria, presentando ai soggetti che prestano
l’assistenza fiscale - Caf o professionisti abilitati - una dichiarazione
sostitutiva di notorietà, nella quale sono evidenziati i dati della scheda
informativa precedentemente trasmessa all’Enea, opportunamente modificati in
modo che sia così possibile il riconoscimento della detrazione d’imposta.
All’attivazione della procedura informatica da parte dell’Enea - che allo stato
attuale non è ancora stata implementata - i contribuenti saranno tenuti a
provvedere, entro i 90 giorni successivi, all’invio telematico della scheda
rettificativa; in caso contrario, la parte di detrazione riferita alle spese in
questione deve ritenersi indebita, senza che siano applicabili sanzioni nei
confronti dei soggetti che in sede di assistenza fiscale abbiano acquisito la
predetta dichiarazione sostitutiva. Alla pagina
http://www.agenziaentrate.it/wps/wcm/connect/Nsilib/Nsi/Documentazione/Guide+Fiscali/
è inoltre possibile scaricare la guida sulle agevolazioni fiscali per il
risparmio energetico, ove reperire maggiori informazioni.
E Italia Nostra invoca il ”Demanio culturale” -
L’associazione chiede che la parte antica e vincolata dello scalo passi al
ministero guidato da Bondi
Porto vecchio, terzo capitolo. Non solo le concessioni in
corso, non solo il decreto del governo che prevede la possibilità che le aree ex
portuali soggette a processi di urbanizzazione possano essere date ai Comuni, ma
anche un documento consegnato a mano al nuovo presidente del Consiglio superiore
dei lavori pubblici, Francesco Karrer, che chiede, per l’area, uno statuto di
«demanio culturale». Ovvero il passaggio della tutela dei beni vincolati al
Ministero dei beni culturali.
Autore della proposta, ufficializzata in questi giorni, è l’associazione Italia
nostra. La «Proposta di ridelimitazione dell’ambito portuale del Porto di
Trieste e la trasformazione delle aree del Porto vecchio in demanio culturale»
(questo il titolo) è a firma della presidente Giulia Giacomich ed è stato
personalmente recapitato da Antonella Caroli, da anni attivissima studiosa e
promotrice della rinascita dell’enorme area dell’ex porto, nonché ”madrina”
dell’operazione di salvaguardia della centrale idrodinamica con la creazione di
un museo, e con un curriculum che l’ha vista anche segretario del Porto stesso.
Il documento propone innanzitutto lo spostamento del Punto franco in zona idonea
alle attività portuali e si richiama non solo a leggi che lo consentono ma alle
22 città che già hanno esperito questa soluzione. Chiede poi che i beni nel 2001
vincolati dal ministero restino sotto la tutela dei Beni culturali in vista di
una appropriata riqualificazione. «La proposta va in parallelo con quel comma
del decreto sulla cessione dei beni demaniali che prevede il passaggio ai Comuni
di aree portuali dismesse e da valorizzare urbanisticamente - dice la Caroli -,
il Porto vecchio uscirebbe così dalle competenze del ministero delle
Infrastrutture e passerebbe ai Beni culturali perché d’interesse storico e
artistico, Italia nostra potrebbe fare da tramite tra Comune e ministero anche
per la ricerca di fondi: soldi per riqualificare tutti i magazzini non ce ne
sono, ma noi saremmo in grado di trovarli, come abbiamo fatto per il museo». Non
si sa se il documento verrà accolto o no, se entrerà nel Prg appena approvato
come ulteriore prescrizione o no.
«Il Piano regolatore del porto è nato con la piena condivisione del Comune -
commenta la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, mi
preoccupa questa novità di cessioni di aree, non basta l’accordo sull’uso delle
aree, così strategiche per lo sviluppo della città? Certo il clima di buon
rapporto tra Dipiazza e Boniciolli potrebbe finire con loro, sono entrambi in
scadenza. E comunque s’intuisce il suggeritore della manovra. Nulla nasce mai
dal nulla».
(g. z.)
Bioest, tra natura e solidarietà - Di nuovo a Trieste
dopo cinque edizioni - Ultima giornata della mostra-mercato nel Parco di San
Giovanni
Abiti, oggetti d’arredo, artigianato, alimentari. Tutto in
mostra ancora oggi nella seconda e ultima giornata di apertura, nel parco di San
Giovanni, di Bioest, la fiera del biologico e del naturale promossa dall’omonima
associazione che torna a Trieste, in questa sua diciassettesima edizione, dopo
cinque anni di assenza (le ultime edizioni si sono svolte a Monfalcone).
L’iniziativa, che rappresenta anche un momento di incontro per le associazioni
ambientaliste, culturali e del volontariato, ospita anche quest'anno piccoli
produttori nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato
biocompatibile provenienti da realtà italiane ed estere. L'intento è di
promuovere la conoscenza e l'informazione sul mondo del biologico e sul consumo
consapevole. In vetrina a San Giovanni ci sono oltre sessanta tra produttori e
artigiani e più di cinquanta associazioni.
Obiettivo dichiarato di Bioest è quello di promuovere la scelta del biologico in
quanto legata alla salute della singola persona ma anche sostenibile dal punto
di vista sociale: dalla tutela della biodiversità al sostegno ai consumi locali
e alla cosiddetta filiera corta. Tra le associazioni presenti alla
manifestazione quelle che promuovono un modello di «sviluppo equo e sostenibile
praticabile in tutto il mondo,un modello che afferma la sovranità alimentare di
ogni popolazione».
Oltre al tradizionale mercatino sono previsti - anche nella giornata di oggi -
momenti dedicati a conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini,
presentazioni di progetti di solidarietà e momenti musicali e di spettacolo. Non
mancano poi, come nelle edizioni passate, realtà associative locali e gruppi
ambientalisti, botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di
volontariato e di solidarietà che portano il loro contributo con campagne
informative o momenti di svago e intrattenimento , progetti o sottoscrizioni.
Uno spazio inoltre viene dedicato al riuso e al riciclo, al naturale e a
prodotti di filiera corta .
Ma il tema portante di questa edizione di Bioest è ”Energie”: alternative, non
tradizionali, rinnovabili e l’energia solare. Conferenze , momenti di musica e
gioco ripropongono il tema nelle sue varie dimensioni, non solo ecologica o
tecnologica ma anche filosofica e spirituale
Per l'occasione, Trieste Trasporti ancora oggi intensificherà le corse
dell’autobus 12 predisponendone una ogni 15 minuti sul percorso piazzale
Gioberti - ex Opp. La fiera si raggiunge anche dal capolinea della linea 17, che
si trova a brevissima distanza dall'ingresso del Parco di San Giovanni.
IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2010
La Regione boccia il nuovo porto di Capodistria -
Altolà al piano sloveno di sviluppo: «Documenti carenti sull’impatto
transfrontaliero»
La giunta Tondo, dopo aver sentito gli enti locali, non
dà parere favorevole Dubbi su fanghi, inquinamento, traffici. Riccardi: «La
decisione è solo tecnica»
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia, al termine di un’istruttoria tecnica,
boccia il ”nuovo” porto di Capodistria: le carte arrivate da Lubiana sono
carenti, non rispettano le regole europee. E i punti oscuri sono tanti, troppi.
Renzo Tondo e la sua giunta, riunendosi all’ora di pranzo, ne prendono atto. E,
all’unanimità, si mettono di traverso: ne va della sicurezza del Golfo e dei
suoi abitanti. Riccardo Riccardi, il titolare del delicato dossier, conferma:
«Allo stato degli atti il parere non è favorevole». Subito dopo, l’assessore
regionale ai Trasporti mette le mani avanti: «Il parere è puramente tecnico. E
con riserva di riesame in caso di acquisizione di nuovi documenti».
Ma come sottovalutare le ricadute politiche dello ”schiaffo”? L’ira prevedibile
di Lubiana? E i non meno prevedibili sospetti di una ”ripicca” italiana dopo
l’altolà sloveno al rigassificatore di Trieste e le baruffe su Corridoio V e
dintorni? «Comprendo l’impatto politico ma la conclusione a cui la giunta è
arrivata, lo ribadisco, è tecnica: si basa su un’istruttoria che ha recepito i
pareri dei Comuni di Trieste e Muggia, quelli della Provincia e dell’Autorità
portuale di Trieste» insiste Riccardi.
L’antefatto. Il ”nuovo” porto di Capodistria - quello che dovrebbe occupare 406
ettari di superficie al posto dei 286 attuali, allungando i due moli esistenti e
costruendone ex novo un terzo da un chilometro nell’area di Ancarano - rientra
nel piano regolatore nazionale promosso nel 2006 dal ministero sloveno dei
Trasporti. Ma l’Italia, come confermato il 29 gennaio 2010 dal ministero
dell’Ambiente, non è disinteressata. Chiede (e ottiene) di partecipare alla
procedura di consultazione transfrontaliera sulla valutazione ambientale
strategica, come previsto dalle normative comunitarie, coinvolgendo a cascata il
Friuli Venezia Giulia.
La Regione, non appena riceve le carte slovene, attiva le procedure. Chiede i
pareri degli enti interessati. Stila la relazione istruttoria che approda - e
siamo a ieri - sui banchi della giunta per la decisione finale. Ampiamente
negativa. I motivi dello ”stop” sono molteplici. Il porto destinato a far
crescere Luka Koper ancor di più, nonostante le obiezioni del Comune di
Capodistria, non supera l’esame innanzitutto perché il documento fornito
all’Italia «non è conforme» alla direttiva comunitaria. La Regione, pertanto,
deve basarsi su atti ”non tecnici” che, ad esempio, ignorano i progetti di
sviluppo del porto di Trieste, rendendo impossibile valutare le ricadute
complessive a livello ambientale, territoriale e infrastrutturale. La Regione,
auspicando l’attivazione di un tavolo ad hoc, scende quindi nel dettaglio. E
mette nero su bianco nove osservazioni puntuali. Il documento sloveno esclude
impatti trasfrontalieri «ma tale conclusione - ribatte il Friuli Venezia Giulia
- non appare credibile in quanto non supportata da alcun dato». Quel documento
non consente nemmeno di «stimare l’eventuale incremento del traffico viario
pesante ai confini italo-sloveni e lungo gli assi autostradali del Friuli
Venezia Giulia». Non specifica la quantità prevista di merci pericolose e non
chiarisce, a fronte dell’aumento di emissioni in atmosfera, l’esistenza o meno
di misure di riduzione. E come dimenticare i fanghi? Il ”nuovo” porto di
Capodistria, con l’abbassamento dei fondali, richiede dragaggi pesanti ma il
documento sotto esame nulla dice su fanghi e smaltimento. Non fornisce nemmeno
indicazioni chiare su impianti di depurazione e scarichi fognari: anzi, «non
risulta agli atti nessuna documentazione che individui la sussistenza di una
rete fognaria e di un impianto di depurazione nell’attuale porto». Basta? Non
ancora: la Regione non trova valutazioni su sicurezza della navigazione,
modificazioni del moto ondoso, interferenze possibili con il porto di Trieste né
trova dati sull’inquinamento, sui suoi effetti sull’ecosistema e su eventuali
misure di mitigazione. Senza dimenticare che, nell’area del nuovo piano
regolatore, sono previsti sedici piani aggiuntivi «che potrebbero avere impatti
cumulativi».
ROBERTA GIANI
Porto San Rocco, cento casi di abuso edilizio - Multe
di 516 euro per ogni famiglia: hanno la residenza in case a uso turistico
RAFFICA DI SANZIONI PARTITE DAL COMUNE DI MUGGIA
Una sanzione di 516 euro per abuso edilizio. È questa la somma che il Comune
di Muggia sta chiedendo a un centinaio di famiglie residenti nel complesso di
Porto San Rocco, aprendo la strada a una serie di conseguenze al momento poco
prevedibili.
L’ITER La richiesta arriva al termine di un iter durato un anno ed è stata
inviata ad un primo gruppo di 25 proprietari di appartamenti situati nel marina
turistico a ridosso dei posti barca. L’avvio del procedimento, notificato nei
mesi scorsi agli interessati, contesta il cambio di “destinazione d’uso attuata
senza opere, in assenza dell’autorizzazione prevista dalla normativa vigente”.
La legge citata è la numero 52 del 1991 ed è una legge regionale.
L’ACCUSA Ma di cosa vengono accusati i residenti a Porto San Rocco? In pratica
di avere messo la residenza in un appartamento che era stato realizzato con
destinazione d’uso “ricettivo-turistica”. La concessione edilizia era stata data
per costruire strutture destinate a ricevere turisti o come seconda casa, se
diventa l’abitazione di residenza si incorre in un abuso: questa la tesi che ha
spinto il Comune alla contestazione.
L’ABUSO I funzionari dell’amministrazione comunale aggiungono, inoltre, che il
pagamento della somma richiesta non andrà a sanare la posizione di abusivismo
edilizio, aprendo la strada a una serie di conseguenze per il momento tutte da
chiarire, come spiega in questa pagina un legale che si sta occupando della
questione per conto di alcune delle famiglie coinvolte.
IL PROGETTO All’epoca dell’approvazione del progetto per il marina turistico, i
timori per una possibile speculazione edilizia avevano acceso la discussione in
Consiglio comunale, dove in tanti si erano battuti per avere garanzie che ciò
che si stava per realizzare fosse veramente destinato a rilanciare la cittadina
costiera e non un semplice insediamento residenziale vista mare.
LA SCELTA L’attuale amministrazione comunale si ritiene danneggiata dall’abuso
anche perché gli appartamenti costruiti su terreni destinati al turismo non
rientrano negli standard di misurazione per i servizi, che quindi il Comune non
può calcolare: dai posti per gli asili alle strade, fino alla raccolta dei
rifiuti.
IL FISCO Fin qui la parte urbanistica della questione. Se la tesi dovesse essere
confermata, però, si aprirebbero una serie di conseguenze fiscali di non poco
conto. A iniziare dall’Ici che si sarebbe dovuta versare come seconda casa, per
finire con altre agevolazioni eventualmente utilizzate per l’acquisto degli
appartamenti.
LE INDAGINI La questione fa parte di una lunga serie di indagini – tuttora in
corso – che la Procura della repubblica di Trieste aveva avviato
sull’insediamento turistico, e che per ben quattro anni (dal 2004 al 2008)
avevano visto porre sotto sequestro tutti gli incartamenti relativi a Porto San
Rocco rinvenuti negli uffici del Comune di Muggia. Solo dopo il dissequestro era
partita un’indagine promossa dal Comune – e in particolare dall’allora direttore
generale, Antonio Cerini - che aveva poi rilevato gli abusi ora contestati.
LA SOCIETÀ Nella vicenda non entrerebbe in modo diretto la Porto San Rocco spa
(i cui vertici preferiscono non commentare ciò che sta accadendo) ma
eventualmente le società che si sono succedute nella gestione della parte
immobiliare del complesso turistico.
LA CORTE DEI CONTI Alla Porto Sa Rocco spa, invece, è la Corte dei Conti a
contestare, com’è noto, un danno erariale di circa 958mila euro. Secondo il
Procuratore regionale Maurizio Zappatori, infatti, nell’ambito di un intervento
finanziato per incrementare l’attività turistica con fondi comunitari e
regionali, la società avrebbe in realtà realizzato – sotto alcuni aspetti – un
intervento immobiliare.
LA STRUTTURA Il tutto, prosegue la Corte de Conti ”...alienando, senza
rispettare il vincolo di destinazione turistico ricettiva gravante sui beni
assistiti da contributo, posti auto e posti barca sotto la forma di “pacchetto”,
unitamente anche a strutture abitative”. In via sussidiaria è stata citata anche
la banca che, in base a una convenzione, doveva esercitare la vigilanza.
RICCARDO CORETTI
IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2010
Rischi del rigassificatore, numero speciale di Konrad -
GLI AMBIENTALISTI “AVVISANO”
Gli ambientalisti triestini stringono i tempi del loro
“no” al rigassificatore e scelgono il numero di questo mese di “Konrad”,
periodico a distribuzione gratuita, per ribadire le loro ragioni. Con un inserto
speciale di 14 pagine, a cui hanno contribuito i biologi Carlo Franzosini e
Diego Manna, il geologo Livio Sirovich, il presidente di Wwf, nonché direttore
di Konrad, Dario Predonzan (nella foto), il chimico Lino Santoro, presidente di
Legambiente, l’ingegner Oscar Garcia Murga e l’architetto Lucia Sirocco,
anch’essi di Legambiente, gli ambientalisti triestini illustrano “i gravissimi
rischi ai quali andrebbe incontro la popolazione – ha detto Predonzan – se il
rigassificatore fosse realizzato”. Per questa eccezionale occasione, la normale
tiratura di 15mila copie è stata portata a 20mila: “E’ stato uno sforzo – ha
sottolineato Predonzan - ma volevamo spiegare al maggior numero di persone
possibile le modalità, molto discutibili, con le quali le istituzioni locali
stanno gestendo l’intera operazione. Pare si stia avvicinando il momento nel
quale la Regione convocherà la conferenza dei servizi, alla quale spetterà il
compito di rilasciare l’autorizzazione per la costruzione dell’impianto – ha
aggiunto Predonzan – perciò, dopo l’uscita di Konrad, nessuno potrà più dire di
non sapere o di non poter capire”. Santoro ha posto l’accento in particolare su
due articoli: “Nel primo, intitolato ‘Il peggior caso possibile’ – ha
evidenziato – presentiamo la situazione, purtroppo possibile, che si
originerebbe in conseguenza di un attentato, che potrebbe anche essere di natura
informatica al sistema di controllo dell’impianto, o di un errore di gestione.
Nel secondo – ha proseguito il presidente di Legambiente – illustriamo le
soluzioni alternative al rigassificatore, superato dai tempi perché oramai
esistono navi a bordo delle quali si possono completare le stesse operazioni
dell’impianto della Gas natural, ma a debita distanza dalle coste”. Konrad è in
distribuzione gratuita nei principali centri commerciali, nei negozi di prodotti
naturali e nelle sedi delle associazioni ambientaliste.
Ugo Salvini
Ecologisti sloveni all’attacco del rigassificatore di
Zaule - I partiti ”Zares” e Democratico sollecitano Lubiana a denunciare
l’Italia alla Corte europea
PER GLI AMBIENTALISTI LA SOCIETÀ GAS NATURAL HA
FALSIFICATO DATI SULL’IMPATTO AMBIENTALE
CAPODISTRIA Sul rigassificatore di Zaule la politica slovena torna
all'attacco. Alla vigilia del tavolo tecnico tra Italia e Slovenia, nel corso
del quale oggi a Trieste saranno approfonditi alcuni aspetti legati al progetto
per il terminal off-shore, il gasdotto, nonché l'impatto ambientale cumulativo
di entrambi i rigassificatori, due partiti parlamentari si sono rivolti al
governo invitandolo a un'azione pù incisiva contro Roma.
Se il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo ha recentemente
dichiarato chiusi i colloqui con Lubiana per quanto riguarda il progetto di ”Gas
Natural” di Zaule - questa in sintesi la tesi dei due partiti – il governo deve
trovare altri strumenti per fermare la costruzione dell'impianto, ossia
denunciare l'Italia alla Corte di giustizia europea.
Come hanno ribadito nel loro comunicato Franco Juri e Franci Kek, deputati del
Partito Zares, il loro partito è da sempre contrario ai terminal nel Golfo di
Trieste, che per le sue caratteristiche (poca profondità e poca ampiezza) è poco
adatto a ospitare impianti di questo tipo. Il Partito democratico ritiene che
sia necessaria anche la convocazione di una seduta straordinaria della Camera di
Stato per sollecitare il governo a reagire. Il deputato Danijel Krivec, che ha
presentato l'iniziativa a nome del suo partito, ha ricordato che circolano prove
sulla contraffazione dei dati sulla base dei quali il governo italiano ha detto
”sì” al rigassificatore.
«Ogni Paese ha diritto di portare avanti i propri progetti - ha aggiunto - ma la
nazione vicina ha altrettanto diritto a esprimere le proprie riserve se
considera che sono minacciati il suo ambiente e la sua economia». Il
parlamentare ha avanzato anche l'ipotesi per cui il governo sloveno finora non è
stato particolarmente attivo nella reazione in quanto avrebbe accettato uno
”scambio”: Lubiana non pone ostacoli al rigassificatore, ma Roma non ostacolerà
i progetti di sviluppo del Porto di Capodistria. Contro il terminal
rigassificatore sono nuovamente insorti anche gli ambientalisti sloveni.
L'Associazione Alpe Adria Green ha invitato il governo sloveno a denunciare
l'Italia di fronte alla Corte europea di giustizia ed ha chiesto a Lubiana di
avviare le procedure necessarie per verificare l'impatto ambientale
transfrontaliero dei progetti di sviluppo del Porto di Trieste. Come si legge in
un comunicato firmato dal presidente di Aag, Vojko Bernard, le associazioni
ambientaliste, ma anche la stragrande maggioranza dei cittadini sloveni –
secondo un sondaggio dell'Università del Litorale – sono contrari alla
costruzione di rigassificatori nell'area del Golfo di Trieste. Secondo Bernard,
non lo vogliono nemmeno gli stessi triestini.
Nel comunicato stampa, Bernard ricorda anche i recentissimi studi sul
rigassificatore condotti da un gruppo di scienziati ed esperti che opera
nell'ambito del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) promosso dalla Uil
Vigili del fuoco Friuli Venezia Giulia e i cui risultati sono stati pubblicati
anche sul ”Piccolo”. Il parametro principale riguarda i dati sulla temperatura
dell'acqua nel Golfo di Trieste, che si raffredderà molto di più di quanto
sostengono i tecnici della società spagnola ”Gas Natural”. Anzi, continua
Bernard, questa è l'ennesima prova – e altre si stanno raccogliendo – su come i
responsabili della società spagnola abbiano fornito di proposito dati falsati
pur di ottenere le autorizzazioni necessarie.
Barcola, raddoppio in letargo da 10 anni - L’architetto
Vrabec: «Avevamo vinto un concorso di idee» - La prima delibera della giunta
Dipiazza
Copacabana a Barcola? Il progetto esiste da quasi dieci
anni, ha persino vinto un concorso per idee bandito dall’allora giunta Illy e,
coincidenza singolare, è stato il primo atto oggetto di delibera dalla
neoinsediata giunta Dipiazza nel 2001. Solo che, circostanza tutt’altro che
inedita, subito dopo è finito nel Grande Cassetto dei progetti mai realizzati,
per i quali Trieste è giustamente famosa.
A rinfrescare la memoria contribuisce il team che aveva realizzato lo studio,
composto dall’ arch. Paolo Vrabec (capogruppo), dall’ing, Ermanno Simonati,
dall’ing. Stefano Patuanelli, dall’ing. Alessio Venturini, dalla dott.sa geol.
Annelore Bezzi e dalla dott.ssa Francesca Giaquinto.
«La proposta progettuale – ricorda Vrabec – prevedeva, come da richiesta del
bando, l’intervento, per un’estensione di 40 metri, comprensivo di un
ampliamento di circa 25 metri dall’attuale linea di battigia verso mare, del
tratto di litorale che, partendo dall’attuale pineta di Barcola, si estende fino
al bivio per Miramare, per una lunghezza di circa 2400 metri, determinando così
un ampliamento complessivo a mare di circa 60.000 mq».
«Le motivazioni che allora hanno portato alla promozione dell’iniziativa
concorsuale – continua l’architetto – sembrano essere ritornate di attualità,
sia per le effettive economie di scala connesse alla possibile utilizzazione,
per l’interramento, del materiale inerte proveniente dai concomitanti lavori di
scavo del Park San Giusto, che per la riconosciuta necessità di
infrastrutturazione di questo affollato tratto di lungomare».
«Constato con soddisfazione – aggiunge Vrabec – che la serietà dell’iniziativa
allora promossa venga valutata oggi, da più parti, come importante occasione di
trasformazione urbana e di integrazione dei servizi al cittadino e dell’offerta
turistica complessiva, garantendo nel contempo la sostenibilità economica di
un’operazione così ambiziosa attraverso lo strumento del “project financing”».
«In effetti – aggiunge l’ingegner Patuanelli, altro componente del team –
l’elaborato già all’epoca aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, ed era stato
pubblicato su più di qualche rivista. Qualche mese dopo la vittoria eravamo
stati convocati dal sindaco Dipiazza, che ci aveva parlato delle sue strategie
per la città, ma poi il progetto era morto lì. Forse non era il momento. Magari
è arrivato adesso, con la variante 118 al piano regolatore ma francamente non so
se ci siano speranze di vederlo realizzato... Era un’idea interessante, ma il
Comune non è vincolato a farla propria».
Ha un’ultima perplessità, Patuanelli, e non ne fa mistero. «Sento parlare di
progetto da più di 100 milioni di euro ma all’epoca, quando fu bandita la gara,
bisognava restare sotto i 32 miliardi di lire, 16 milioni di euro di oggi. Va
bene l’inflazione, ma insomma...».
FURIO BALDASSI
Intesa in vista per elettrodotto italo-sloveno - PROVE
DI ACCORDO SUL PROGETTO CHE UNISCE LE RETI TRA REDIPUGLIA E NOVA GORICA
Adria Link (Enel e AcegasAps) pronte a unirsi con la
cordata Kb1909, Sdag e Iris
TRIESTE C’è all’orizzonte un accordo tra le due cordate imprenditoriali
interessate alla realizzazione di un elettrodotto che colleghi la rete slovena a
quella italiana, connettendo il nodo di Redipuglia con il confine, nella zona di
Nova Gorica.
Enel Produzione, Acegas-Aps e Tei Energy, riunite in Adria Link, e KB1909, Sdag
e Iris, che sostengono l’altro progetto (assieme ai partner sloveni di Lux
Energy, Istrabenz e Hse) potrebbero riunirsi sotto una sola sigla e impegnarsi
insieme per rendere operativo un unico impianto, anziché i due fin qui previsti.
Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché, se da un lato, la prima cordata pare
essere convinta che si riesca ad arrivare in tempi brevi a una collaborazione,
la seconda, invece, è più prudente. E, attraverso Boris Peric, presidente del
consiglio di amministrazione di KB1909, non esita a sottolineare che «o i
contatti portati avanti sino ad ora verranno finalizzati rapidamente, oppure non
è da escludere da parte nostra una possibile richiesta per danni nei confronti
di quanti hanno rallentato la realizzazione del progetto che avevamo
sviluppato».
Non è un caso che, sempre stando alle indiscrezioni che stanno filtrando in
questi giorni, il negoziato in corso preveda proprio un’integrazione del
programma di cui KB1909 è capofila. Programma che, alla voce tempistica,
prevedeva il via ai lavori proprio all’inizio di quest’anno, con la conclusione
dell’iter amministrativo a fine 2009.
Una tabella di marcia che è stato impossibile rispettare, evidenzia Peric, «per
via del fatto che la Regione (che nel frattempo ha stimolato il dialogo tra le
due cordate, ndr) non si è ancora espressa definitivamente sul progetto». Se
l’accordo andrà effettivamente in porto, l’Isontino, lungo l’asse che da
Vertojba, piccolo comune sloveno al confine con Gorizia, porta a Redipuglia
(attraverso, oltre che la stessa Gorizia, Gradisca, Sagrado, Farra,
Fogliano-Redipuglia e San Pier d’Isonzo), sarà attraversato da un’unica linea di
scambio costituita da tre cavi da 10 centimetri di diametro interrati a 1,5
metri di profondità.
Un’opera del valore di oltre 20 milioni che prevede anche tutta una serie di
interventi mirati a schermare le emissioni elettromagnetiche. Attraverso questa
connessione migliorerà l’efficienza delle due reti elettriche, quella italiana e
quella slovena: più nel dettaglio, l’Italia con ogni probabilità beneficierà
dell’interscambio nelle ore diurne, quando la richiesta di energia è maggiore
nel nostro paese, alla luce del maggior numero di insediamenti industriali e
produttivi. Nelle ore notturne, invece, la corrente si muoverà in senso inverso,
dal momento che proprio di notte la Slovenia ha bisogno di ripompare acqua nei
bacini idroelettrici della fascia alpina e prealpina (che da soli forniscono
quasi il 40% del fabbisogno d’oltreconfine, ndr) che di giorno vengono svuotati
proprio per produrre energia.
NICOLA COMELLI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2010
Piano traffico, la Corte dei conti convoca la giunta -
La Procura chiama anche gli assessori a giustificare i 120mila euro spesi per il
progetto
COINVOLTA TUTTA LA ”SQUADRA” DEL SINDACO
Il sindaco Roberto Dipiazza e sette assessori sono stati chiamati
ufficialmente dal procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori per
spiegare perché sono stati spesi quasi 120mila euro per il piano del traffico
mai realizzato. Tecnicamente quello che è stato inviato a Dipiazza e agli
assessori Massimo Greco, Carlo Grilli, Paolo Rovis, Claudio Giacomelli e Marina
Vlach, Giorgio Rossi e all’ex Franco Bandelli è un invito a dedurre.
Praticamente l’equivalente di un avviso di garanzia. Hanno tempo un mese dalla
notifica, avvenuta qualche giorno fa, per depositare atti e documenti in cui
appunto si indica non tanto il perché con la delibera di giunta numero 572 del 9
dicembre del 2008 era stato rescisso il contratto con il professor Roberto Camus,
il consulente incaricato nel 2003 di realizzare il piano, quanto il motivo per
cui il progetto costato 118mila 434 euro sia finito inutilizzato in un cassetto
del municipio. L’invito a dedurre che riguarda solo chi era presente a quella
riunione di giunta (mancavano gli assessori Giovanni Battista Ravidà e Paris
Lippi), è bene chiarirlo, non presuppone una colpevolezza, ma è chiaro che il
passo successivo nei confronti di Dipiazza e della giunta in carica nel dicembre
del 2009, potrebbe essere quello della citazione. Vale a dire, l’atto formale di
accusa di danno erariale.
Nell’«invito» del procuratore Zappatori si evidenzia che «nonostante la
presentazione della bozza del piano, avvenuta il 15 febbraio 2005,
l’Amministrazione comunale non ha ancora provveduto, a distanza di cinque anni,
alla redazione definitiva del piano stesso, mentre ha risolto il contratto di
consulenza non consentendo la conclusione dell’incarico nei termini inizialmente
pattuiti». Ma non solo. Il procuratore rileva che «la risoluzione del contratto
ha comportato la vanificazione dei risultati già conseguiti fin dal 2005». Per
dirla con parole semplici la costosa medicina acquistata con denaro pubblico per
sistemare la viabilità di Trieste è stata gettata nell’immondizia. Col risultato
che sono anche stati spesi i soldi in modo ritenuto ingiustificato. «Sono 14
anni che faccio le cose per bene», ha commentato secco il sindaco Dipiazza.
La vicenda era cominciata il 4 dicembre 2003. Quel giorno la giunta presieduta
da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor
Roberto Camus, preside della facoltà di ingegneria a realizzare il piano del
traffico. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva una serie di
adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le associazioni di
commercianti e artigiani per delineare un documento che rappresentasse le
esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole la viabilità in
città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti tranquillamente e il
Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di
110mila euro.
Ma il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la
bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. E in quattro e
quattr’otto la sua testa era rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco
nell’occasione aveva dato il benservito al consulente interrompendo ogni
rapporto professionale. La giunta aveva acquisito il documento incompleto di
Camus ripromettendosi di «far completare l’iter tecnico amministrativo del piano
a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il relativo pagamento
di circa 7mila euro al professionista. La delibera del «licenziamento» di Camus
porta la data del 9 dicembre 2008. Erano passati cinque anni dal momento
dell’incarico (17 dicembre 2003). Ma la bozza da allora è praticamente rimasta
inutilizzata. E adesso la procura contabile chiede il perché.
(c.b.)
Park Sant’Antonio, il Comune accelera - A disposizione
361 posti auto, la metà sarà riservata ai residenti
L’OBIETTIVO È DI CHIUDERE L’ISTRUTTORIA IN AUTUNNO
Dopo San Giusto, Sant’Antonio. Messa nei giorni scorsi la parola fine al
lungo iter legato all’avvio del parcheggio vicino al Teatro Romano, il Comune si
appresta a premere l’acceleratore sulla realizzazione di un secondo, grande park
multipiano: quello, appunto, davanti alla chiesa di Sant’Antonio nuovo.
L’auspicio dell’amministrazione, infatti, è di chiudere l’istruttoria nei
prossimi mesi, per poi arrivare alla scelta del progetto e al parere definitivo
della giunta entro la fine dell’anno.
L’operazione, inserita nel Pup (il piano urbano parcheggi approvato nel 2007),
prevede la costruzione di un park interrato da 361 posti auto, distribuiti su
tre livelli. «Il 50% degli spazi complessivi verrà messo in vendita per
soddisfare le richieste dei residenti, mentre l’altra metà sarà utilizzabile a
rotazione - spiega l’assessore con delega al Project financing Paolo Rovis -. Si
tratta di un intervento essenziale per far fronte alla ”fame” di posti auto in
città, al quale quindi è stata data massima priorità. Se dopo aver dato il la al
parcheggio di San Giusto (i cui lavori entreranno nel vivo a fine 2010)
riusciremo ad avviare anche quello in Borgo Teresiano, potremmo dire di aver già
dato un’importante risposta alle esigenze degli automobilisti triestini. Senza
dimenticare poi che avviare cantieri come questi significa dare lavoro a decine
di persone. Risvolto importantissimo, specie in periodi di crisi»,
Attualmente l’operazione Sant’Antonio è allo studio degli uffici comunali. I
tecnici stanno vagliando la corrispondenza tra i criteri indicati nel bando del
project financing e i due progetti presentati dai costruttori interessati a
realizzare il parcheggio: un’associazione temporanea d’impresa che fa capo alla
Carena, e una seconda ati capitanata da Riccesi. «Gli uffici hanno riscontrato e
segnalato l’esigenza di qualche adeguamento - continua Rovis -. Del resto
parliamo di un intervento da diversi milioni di euro, che richiede valutazioni
accurate. Per la fine del 2010, comunque, contiamo di riuscire a chiudere tutte
le procedure amministrative».
Si annunciano più lunghi invece i tempi per l’avvio di altri parcheggi
ipotizzati già da tempo. Al momento in Comune, riferisce ancora Rovis, dai
costruttori sono arrivate manifestazioni di interesse soltanto per due
contenitori: il park previsto in piazza Foraggi (tre piani interrati per un
totale di 130 posti) e quello immaginato in piazzale Rosmini, davanti alla
chiesa della Madonna del mare. «In quest’ultimo caso esistono però alcune
difficoltà tecniche - aggiunge l’assessore municipale al Project financing -.
Nel bando originario infatti era stata posta una condizione imprescindibile: il
divieto di ridimensionare o anche solo toccare il giardino in superficie per
ricavare il posteggio interrato. Bisogna capire se il maggior onere imposto da
questo paletto, sarà compatibile con il conto economico dell’operazione».
Altro grande interrogativo da risolvere, il destino del piazzale dell’ex Piscina
Bianchi. «Tecnicamente lì è ancora in piedi l’idea di ricavare un posteggio -
prosegue Rovis -. Il progetto però è condizionato all’esito dell’ipotesi Parco
del mare. Fino a che non sarà chiuso definitivamente il dibattito su
quest’ipotesi, sarà difficile definire il futuro del piazzale per il quale, nel
tempo, sono state avanzate diverse idee. In passato, per esempio, si era
prospettata l’ipotesi della ”nuvola”, con una nuova piscina al posto dell’ex
Bianchi in superficie e un park interrato al di sotto. Poi, più di recente,
proprio nell’ottica del Parco del mare, con la Fondazione CrTrieste si era
pensato ad un collegamento tra il posteggio dell’ex Bianchi e quello previsto
sotto il Magazzino Vini. Tra l’altro era già arrivata qualche manifestazione di
interesse da parte di costruttori intenzionati a realizzare l’impianto. La
possibilità però che, oltre ai posti auto, sotto il piazzale dovessero trovare
posto anche altri impianti legati al funzionamento del Parco del mare, ha fatto
rivedere l’orientamento iniziale. In attesa di mettere definitivamente a fuoco
il destino di quella zona comunque - conclude Paolo Rovis - conviene
concentrarsi sulle operazioni certe, concrete e già delineate. Ecco perchè agli
uffici è stato dato mandato di considerare prioritari proprio gli impianti di
San Giusto e Sant’Antonio. I circa 1000 posti garantiti da quelle due strutture,
sommati a quelli già a disposizione in contenitori come Foro Ulpiano e quelli
futuri previsti al Silos, consentiranno nel giro di qualche anno di dare già un
fondamentale aiuto allo storico problema della carenza dei posteggi in città». (m.r.)
Pronta la casa che produce energia - Comfort totale e
zero emissioni: parte il test di vivibilità
Progetto realizzato dalla “Settimo” in collaborazione
con l’Università. Investiti 600mila euro
Vivere in una casa lussuosa producendo al contempo energia? Adesso si può.
Il progetto della Settimo Costruzioni Generali, realizzato in collaborazione con
l'Università cittadina, è ultimato e la ”Casa a zero emissioni” fra qualche
settimana comincerà a essere abitata.
Si tratta di un edificio in via del Pucino - in fase di ultimazione negli arredi
- che non è collegato alla rete del gas né per riscaldare né per cucinare e
utilizza pochissima acqua in quanto servizi e irrigazione sono alimentati da
acqua piovana di recupero.
L' abitazione ha 160 metri quadrati in cui manca nulla: ascensore interno,
piscina idromassaggio, bagno turco, sistemi di domotica innovativi,
telesorveglianza e giardino. Tutte cose che tradizionalmente consumano un sacco
di energia.
«Questa casa, se costruita con sistemi tradizionali, consumerebbe energia per un
valore di 12 mila euro all’anno: i sistemi che abbiamo installato» afferma
l'ingegnere Alessandro Settimo «le tecniche costruttive e le tecnologie
innovative permettono di consumare nell'anno tutta l'energia prodotta senza
costi». Oltre al risparmio, continua Settimo, «questo sistema costruttivo
permette di non utilizzare le tradizionali risorse energetiche inquinanti
favorendo così l’ambiente».
Per i prossimi due anni la casa verrà abitata e al tempo stessa controllata
attraverso dei sensori che permetteranno di valutare l'esatto consumo e
produzione di energia in modo da consentire all'azienda che l'ha progettata e
realizzata di validare, in collaborazione con l'Università, tutti i dati di
progetto per migliorare e la conoscenza e le tecniche.
«Quando metteremo in commercio questi sistemi, entro pochi mesi» dice Settimo
«garantiremo agli acquirenti un consumo massimo, e se l'abitazione eccederà i
limiti previsti saremo noi a pagare la differenza sulle bollette, per
testimoniare quanto siamo certi dei risultati».
«La collaborazione tra l'Università e la Settimo Costruzioni Generali è iniziata
un anno fa» spiega Marco Manzan, docente di fisica tecnica industriale
all'Ateneo: «Abbiamo iniziato con una prima fase numerica di studio e
simulazione per vedere le condizioni dell'impianto, ora parte la seconda fase,
quella della raccolta dei dati. Una terza fase - continua Manzan - sarà quella
di messa a punto dei sistemi per una previsione dei consumi».
Per la ricerca e lo sviluppo sono stati investiti oltre 600 mila euro. Sul
mercato, una casa con queste caratteristiche costerà il 18% in più di
un’abitazione: una cifra che si ammortizza in soli sette anni - fanno notare i
costruttori - risparmiando in energia, oltre al beneficio in termini ambientali.
Federica Cauzer
Balene e delfini - CONFERENZA CON PROIEZIONI
Oggi il Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone
l’ultimo incontro primaverile sul tema della biodiversità marina: ”Visti da
sotto: balene e delfini del nostro mare”, questo il titolo dell’incontro in
programma alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali (piazza Duca degli
Abruzzi,1). La scaletta degli interventi con relativi filmati prevede per
iniziare un video sui cetacei del mediterraneo, girato da Mauro Francesconi nel
Santuario Pelagos del Mar Ligure, in cui si vedono le principali specie di
mammiferi marini presenti nel nostro mare e se ne sentono i suoni. Il secondo
video sarà dedicato ai cetacei nel Golfo di Trieste. L’autore, Gianni Mangiagli,
lo ha girato in occasione della visita del tursiope in Sacchetta a Trieste: sarà
lo spunto per parlare della presenza, seppur sporadica, di questi animali sotto
costa e per introdurre i programmi di monitoraggio transfrontaliero condotti
assieme a Morigenos, associazione onlus slovena attiva dal 2001 nell’ambito
della loro salvaguardia.
Il terzo intervento ”Incontri particolari in Golfo di Trieste” è il video sulla
megattera girato lo scorso anno dai biologi della Stazione di Biologia Marina di
Pirano, parte dell’Istituto Nazionale di Biologia di Lubiana e commentato dal
professor Lovrenc Lipej.
Infine l’ultimo intervento parlerà di cetacei e comunicazione: porterà la
propria esperienza l’associazione croata Blue World, attiva nello studio della
popolazione stanziale di tursiopi a Lussino.
Un terzo dell’Italia è a rischio deserto - Legambiente:
in 20 anni fenomeno triplicato - Sud e Isole le zone più colpite.
Trentino e Campania nell’incubo frane e alluvioni
FIRENZE Negli ultimi 20 anni in Italia si è triplicato
l'inaridimento del suolo e si stima che il 27 per cento del territorio nazionale
sia a rischio di desertificazione. Lo afferma Legambiente nel suo rapporto
annuale sugli ”ecoprofughi” presentato a Terra Futura, a Firenze. Secondo
Legambiente, che cita dati Enea, le regioni considerate più a rischio sono
Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Particolarmente grave il caso della Sardegna dove risulta già colpito l'11 per
cento del territorio regionale. A forte rischio anche la Sicilia, nelle zone
interne della provincia di Caltanissetta, Enna e Catania e lungo la costa
agrigentina e la Puglia «dove - si legge nel dossier - solo il 7 per cento del
territorio regionale non è affetto dal rischio deserto mentre il 93 per cento è
mediamente e molto sensibile».
Trentino Alto Adige e Campania sono invece le regioni italiane più esposti ai
rischi di frane e alluvioni. Lo rivela il catalogo storico di eventi di frane e
inondazioni realizzato dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica
(Irpi) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presentato al convegno ”La
ricerca del Cnr per il Sistema Nazionale di Protezione Civile”, tenutosi a Roma
presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Basato sul rapporto tra
eventi naturali e vittime provocate, l'indagine rivela che dal dal 1950 al 2008
le vittime di eventi franosi in tutto il territorio nazionale sono state oltre
6380 e quelle delle alluvioni oltre 269. Secondo i dati le regioni più esposte
sono il Trentino Alto Adige, con 675 vittime dovute a 198 eventi franosi, e la
Campania, con 431 vittime provocate da 231 frane.
Seguono Sicilia con 33 eventi e 374 vittime, e il Piemonte con 88 episodi
franosi e 252 vittime. Un discorso a parte per il Veneto dove, nel 1963, un solo
evento (quello del Vajont) causò più di 1700 vittime. Se si passa a considerare
le inondazioni, invece, le Regioni più interessate sono Piemonte (73 eventi
alluvionali e 235 vittime); Campania (59 eventi e 211 vittime); Toscana (51
eventi e 456 vittime: un numero caratterizzato dalla inondazione dell'Arno del
1966) e Calabria (37 eventi e 517 vittime).
«Tante specie. Un Pianeta. Un futuro» - LO SLOGAN DELLA
GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
L’evento sarà accompagnato da un appello urgente per
conservare la diversità della vita sulla Terra
ROMA "Tante specie. Un Pianeta. Un futuro": questo lo slogan della Giornata
mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno. L’evento, lanciato dall’Onu
nel 1972, sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità
della vita sul pianeta essendo il 2010 l’anno internazionale della biodiversità.
Un patrimionio messo sempre più a rischio da deforestazione, cementificazione,
inquinamento, riscaldamento globale.
L’emergenza riguarda tutto il pianeta ma "l’Italia è particolarmente esposta"
sostiene Jacqueline McGlade, direttore dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea).
Insomma siamo il Paese più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali (8,6
per cento endemiche), 12mila specie floristiche (13,5 per cento endemiche), ma
molto di questo patrimonio si sta perdendo.
Nel rapporto "Biodiversità a rischio", Legambiente ad esempio segnala che negli
ultimi 10 anni è stata persa una superficie forestale di oltre 50mila chilometri
quadrati, un polmone verde pari a due volte la Sicilia. Una specie vegetale, la
"Radula visiniaca", è già estinta e altre 15 sono ad altissimo rischio come
l’Abete dei Nebrodi e il Ribes di Sardegna.
Passando alla fauna, un mammifero, il "Prolago sardo", è già estinto e il Wwf
stima che siano in pericolo il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli
uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e
addirittura l’88% dei pesci di acqua dolce. L’associazione del panda ha stilato
una lista degli animali che "richiedono interventi urgenti di tutela": 23 specie
a partire dall’orso bruno di cui si contano meno di 90 esemplari tra Alpi e
Appennini. Seguono la lontra che raggiunge a stento i 220-260 esemplari;
l’aquila del Bonelli che arriva alle 15 coppie; l’avvoltoio Capovaccaio con 10
coppie; il lanario, con poche centinaia di coppie. La pernice è ridotta a
5.000-9.000 coppie e per la gallina prataiola si contano 1.500-2.000 esemplari.
Le anatre mediterranee sono entro le 60-70 e ci sono meno di 10 esemplari di
pelobate fosco. A rischio anche la testuggine comune, 48 specie di pesci delle
acque interne, le tartarughe marine, il delfino comune, il tonno rosso, la foca
monaca e i pipistrelli.
Vi sono poi quelle specie che "stanno recuperando ma sui cui non si deve
abbassare la guardia": il camoscio appenninico (700-800 esemplari), lo stambecco
alpino (30mila capi), il lupo (500-800), il capriolo italico (meno di 10mila),
l’airone bianco maggiore (40 coppie nidificanti), il falco pellegrino (oltre
1.300 coppie) e il cervo sardo.
Tra le cause principali della riduzione di biodiversità nel nostro Paese, c’è il
consumo del suolo. Ogni anno "a causa dell’urbanizzazione e dell’assenza di una
corretta pianificazione territoriale - si legge l’ultimo rapporto sulla qualità
dell’ambiente urbano dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale) - le città mangiano un spicchio di natura grande 15.000.000
di metri quadrati". La conseguenza? Frane e alluvioni. Non solo. Secondo
Legambiente in "Italia si è triplicato l’inaridimento del suolo e il 27 per
cento del territorio rischia di trasformarsi in deserto". La Puglia è la più
esposta con il 60 per cento della sua superficie, seguita da Basilicata (54),
Sicilia (47) e Sardegna (31). A rischio anche le piccole isole. E l’Enea
inserisce tra le regioni in pericolo pure Calabria, Campania e Molise.
Che fare? Il ministro Stefania Prestigiacomo ha annunciato una "Strategia
nazionale per la biodiversità". Basterà? C’è da sperarlo perché, avvertono gli
esperti, il tempo stringe e se dovesse sparire il nostro patrimonio di
biodiversità ci ritroveremmo senza un’area grande quanto Lazio e Campania messe
insieme.
MONICA VIVIANI
Pochi consigli utili per ridurre i consumi di acqua e
energia
ROMA Non è mai troppo tardi per cominciare a riciclare i
rifiuti e a ridurre i consumi d'acqua.
A rilanciare tante piccole eco-azioni quotidiane è il sito web della giornata
mondiale dell'Ambiente, che si festeggia il prossimo 5 giugno. L'invito per
tutti è quello di piantare un albero, ma non mancano una serie di suggerimenti,
dalla casa al lavoro.
CASA Tanti dimenticano che il risparmio dell'acqua comincia dal rubinetto.
Meglio non lasciar scorrere l'acqua mentre ci si fa la barba o si lavano i
denti. Invece dei rasoi usa e getta, si può optare per un rasoio elettrico o a
mano, con lamette di ricambio.
Quando invece si prepara un panino, evitare plastica e alluminio per
impacchettarlo, meglio scegliere contenitori riutilizzabili. Volendo mangiare al
ristorante, una volta a settimana si può cambiare dieta e diventare «vegani».
Una buona fetta di gas serra infatti arriva dall'allevamento di bestiame.
Uscendo di casa, ricordarsi di spegnere tutte le apparecchiature elettroniche e
gli interruttori della luce: si risparmiano corrente ed emissioni di anidride
carbonica (CO2). Indossare i jeans più di una volta e preferire prodotti
ecologici per fare il bucato.
ANDANDO AL LAVORO Invece di prendere l'automobile, provare ad andare in bici,
condividendo l'auto con altre persone, oppure con i mezzi pubblici.
Se non si può fare a meno dell'auto, al prossimo acquisto scegliere un modello
efficiente dal punto di vista dei consumi di carburante e ricordarsi di gonfiare
le gomme alla pressione corretta. Se si rimane bloccati nel traffico, meglio
spegnere il motore.
IN UFFICIO Se si è abituati a consumare caffè o bevande, usare una tazza
lavabile invece dei bicchieri e bottigliette di plastica. L'80 per cento delle
bottiglie di plastica infatti sono riciclabili, ma in realtà oggi se ne ricicla
solo il 20 per cento.
Quando si usa la stampante del computer, scegliere l'opzione fronte-retro, per
risparmiare carta. Stesso copione per il blocchetto per messaggi e appunti:
usare tutti i fogli, da entrambi i lati. In generale, riciclare quanto è
possibile. Spegnere le luci non necessarie e comprare una pianta per
personalizzare la scrivania: rimuove gli inquinanti presenti nell'aria.
Sparare ai cinghiali si può ma solo se c’è il permesso
ROMA La cattura e l’abbattimento di animali selvaggi
possono rappresentare una soluzione per ridurre popolazioni caratterizzate da
una eccessiva prolificazione. Ma non possono diventare una prassi soprattutto se
si verifica in un territorio comunale collocato in un Parco nazionale
individuato come Sito di importanza comunitaria (Sic). Inoltre questa pratica
deve essere sostenuta da una adeguata motivazione oppure che sia stato accertato
un pericolo per l'incolumità pubblica.
La decisione è del Tar siciliano che annulla l'ordinanza del sindaco del Comune
di Collessano, che autorizzava i cittadini in possesso del porto d'armi a
abbattere i maiali inselvatichiti presenti sul territorio comunale. Si trattava
di animali che causavano all’agricoltura. Da qui la sollecitazione a Comuni,
Province e Regioni, e anche Enti parco a identificare un metodo per contenere il
fenomeno anche in modo cruento.
Ma secondo il Tar, l'ordinanza è illogica quando autorizza i cittadini in
possesso del porto d'armi all'abbattimento generalizzato dei suidi, in evidente
contrasto con il superiore interesse alla difesa dell'incolumità pubblica. Il
Tribunale ricorda che secondo la legge l'uccisione attraverso armi da fuoco è
plausibile, ma solo come soluzione finale o meglio quando i metodi ecologici
siano stati accertati come inefficaci. Solo qualora l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica (Infs) verifichi la non efficacia di metodi di contenimento
numerico alternativo, le Province - fra l'altro e non i Comuni - possono
autorizzare piani di abbattimento.
Cherso, inseguito da un cinghiale finisce all’ospedale
- Un esemplare già ferito mette in fuga un agricoltore prima di essere ucciso da
due isolani accorsi
Serie contusioni al volto nella precipitosa caduta da
un muro a secco
Poteva accadere ed è accaduto. L’altro ieri a poche centinaia di metri dalle
prime case di Cherso città, in località Volnik, un agricoltore locale è stato
attaccato da un cinghiale, riportando ferite al volto causate da una brutta
caduta avutasi mentre stava scappando, inseguito dall’animale.
Il chersino Claudio Ferlora era andato nella sua campagna, a vedere le colture,
quando si è visto a tu per tu con un cinghiale, un esemplare giovane ma non per
questo poco pericoloso. L’animale ha subito mostrato le sue intenzioni nei
confronti dell’isolano, lanciandosi contro Ferlora, al quale non è rimasto altro
che mettersi in fuga. Nello scavalcare un muretto a secco, il chersino è
ruzzolato a terra, ferendosi al viso. Per fortuna che in quel momento fossero
nei paraggi altri due chersini, Alfred Negovetic e Marko Diaci, lesti
nell’opporsi all’inferocito animale. La lotta è durata una quindicina di minuti,
quanto è bastato ai due a uccidere il cinghiale. Si è scoperto che aveva una
seria ferita alla mascella inferiore, il che avrà aumentato l’istinto di
autodifesa e quindi la sua aggressività verso Ferlora e i due concittadini
accorsi a soccorrerlo. Quello di Volnik è il primo attacco a Cherso di un
cinghiale all’uomo. Come da noi più volte rilevato, l’Arcipelago di Cherso e
Lussino brulica di cinghiali, specie alloctona e introdotta dissenatamente quasi
30 anni fa per incrementare il turismo venatorio. Da allora questi grufolatori
stanno combinando un guaio dietro l’altro, danneggiando colture, facendo andare
giù i tipici muretti a secco dell’isola e cibandosi di agnelli. Agricoltori e
allevatori di ovini si sono lamentati parecchie volte per quanto accaduto,
rilevando – assieme all’opinione pubblica e alla stampa – che prima o poi ci
sarebbe stato un attacco all’uomo. L’episodio di martedì mattina non ha avuto
per fortuna serie conseguenze, anche perché l’animale non ha potuto colpire con
le proprie zanne, ferito proprio alla bocca, e poi è stato ucciso. Ma a Cherso,
come pure a Lussino, ci sono bestioni che superano i 100 chilogrammi, le cui
eventuali cariche potrebbero avere conseguenze molto pericolose. Settimane fa,
alcuni turisti avevano notato che un gruppo di cinghiali si muovevano – neppure
troppo furtivi – nella pineta di Cigale (Cikat), a Lussino, a poche decine di
metri dal mare. Avvistamenti si sono avuti un po’ in tutto l’arcipelago, a
conferma che la specie – introdotta nella parte settentrionale di Cherso – si è
spinta fino nella parte meridionale di Lussino. È dal 1985 che allevatori e
agricoltori stanno protestando contro la presenza dei cinghiali a Cherso. La
prima petizione contro questi animali si ebbe 25 anni fa, con i chersini che già
allora erano dell’opinione che i cacciatori facessero poco per liberare l’isola
dai cinghiali. È trascorso un quarto di secolo, si sono avute altre raccolte di
firme, manifestazioni di protesta, lettere aperte, interpellanze parlamentari,
ma la situazione è parecchio peggiorata. Nelle due isole vivono centinaia e
centinaia di cinghiali e finora a nulla sono valsi i tentativi di sterminarli,
al contrario di quanto verificatosi a Veglia, dove questa specie alloctona
sembra essere praticamente scomparsa dopo anni e anni di caccia serrata.
Andrea Marsanich
Petrini: «Non facciamoci mangiare dal cibo» -
INTERVISTA AL FONDATORE DEL MOVIMENTO CULTURALE ”SLOW FOOD”
«Dobbiamo creare un’alleanza fra chi produce e chi
compera, andando direttamente dai contadini»
ROMA La tutela della biodiversità, cui quest’anno viene dedicata la Giornata
mondiale dell’ambiente che si celebra il 5 giugno, passa anche attraverso le
scelte alimentari di tutti noi, attraverso il saper produrre e consumare cibo in
modo sostenibile. Ne è convinto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che nel
suo libro "Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo" suggerisce una via
d’uscita per riprendere le redini del nostro rapporto vitale con la Terra:
un’alleanza tra chi produce il cibo e chi lo mangia.
Petrini, come si realizza questa "alleanza"?
Avendo cura di scegliere il cibo con comportamenti virtuosi. Ad esempio
comprando direttamente dai contadini, organizzando gruppi di acquisto solidale,
e riducendo lo spreco come l’eccesso. In questo modo i consumatori diventano
co-produttori e come tali un baluardo di difesa della biodiversità. Con queste
pratiche e tornando a un’agricoltura e a un’economia locale potremo cambiare
davvero le cose.
Come le economie locali possono tutelare la biodiversità?
La difesa della biodiversità esige che molte specie più deboli, sia animali che
vegetali, vengano consumate localmente. Molte specie si sono perse perchè non
sopportavano lunghi trasporti.
E gli Ogm?
Sono l’ultima logica perversa. Negli Stati Uniti si stanno però accorgendo che
tutta questa convenienza non c’è perchè comportano un consumo d’acqua
spropositato e non hanno una rendita corposa.
Ma davvero rischiamo di essere "mangiati dal cibo"?
Il cibo si è trasformato da elemento vitale in un prodotto come gli altri: viene
prodotto soprattutto per essere venduto e non per essere mangiato. La
mercificazione ci ha portati a non distinguere più il valore dal prezzo. Ciò sta
generando in campo agricolo una situazione disperata, non c’è settore agricolo
in Italia che non sia in sofferenza e questo nel totale disinteresse della
politica perchè i contadini sono ormai talmente pochi che non hanno più peso
elettorale. Mi chiedo fino a quando potrà andare avanti un sistema che disprezza
cosë il settore primario. Perchè tra un po’ non ci saranno più contadini.
A proposito di spreco, lei sostiene che dobbiamo "re-imparare a fare la spesa".
In che modo?
È assurdo cercare prezzi bassi e poi buttare via metà del cibo che acquistiamo.
Lo spreco ha un costo enorme. Dobbiamo re-imparare a fare la spesa nel senso che
bastano piccole pratiche quotidiane per cambiare le cose: non comprare più del
necessario, cercare solo prodotti stagionali, prediligere quelli sfusi riducendo
così i rifiuti. Oggi le amministrazioni sono attanagliate dal problema di come
eliminare i rifiuti ma il ragionamento più importante da fare dovrebbe essere
quello di capire come ridurne la produzione.
In sostanza il suo invito è a mangiare e consumare meno e meglio anche per
aiutare l’ambiente?
Sì, anche perchè mangiare bene non costa caro. Basta cercare la qualità al di
fuori del sistena consumistico e recuperare le buone pratiche gastronomiche. La
conoscenza del cibo deve portarci a un consumo più razionale: il fatto che come
Slow Food abbiamo aperto 300 orti scolastici in Italia significa che si sta
cercando di riconciliare i giovani con la terra e allo stesso modo bisogna
tentare di recuperare le pratiche una volta tramandate da madre a figlia, su
come conservare i cibi o recuperare gli avanzi.
La marea nera ci sta però mostrando l’impotenza dell’uomo a far fronte alle
conseguenze del "progresso".
È un disastro così imponente che rischia di mettere in crisi una presidenza nata
come innovativa. Questa crisi deve portare ad avere più rispetto per l’ambiente.
MONICA VIVIANI
SEGNALAZIONI - «Alta velocità: quel ”nodo” strano della
stazione sotto viale Miramare» - LA REPLICA
Il secondo «intervento» del prof. Torbianelli (14 maggio)
dà informazioni inedite e preziose - di cui possiamo essergli grati - sul come
venne scelto il lunghissimo percorso ferroviario in galleria del Corridoio 5.
Scrive infatti Torbianelli che «la valutazione costi benefici di varie
alternative di tracciato (venne svolta) nei lontani 1999-2000 dall'Istiee che a
sua volta aveva l'incarico da Italfer». (L'Istiee è l'Istituto per lo Studio dei
Trasporti nell'Integrazione Economica Europea, emanazione della nostra
Università). Dopo quei «lontani 1999-2000», nulla.
Una signora notizia, perché sulle circostanze di quella scelta si era esercitata
la curiosità di molti. Chi, perché, e come aveva scelto fra la Valle del Vipacco,
il Carso a varie profondità, e i 60 km di gallerie (più stazione 10 metri sotto
Viale Miramare), con la famosa curva che avrebbe semi-sventrato Bagnoli?
Mistero, purtroppo non svelato nemmeno dall'aggiornatissimo libro curato da
Romano Vecchiet, in uscita fra pochi giorni (Corridoio Cinque; storia, problemi
e prospettive. Atti dell'Istituto Gramsci, in collaborazione con il Centro Studi
Dialoghi Europei). Il lettore vi troverà infatti scritto solo ciò che si sapeva
fino all'intervento Torbianelli e cioè che «Italferr ed Rfi non hanno mai
fornito al pubblico le analisi tecniche e costi/benefici sulle molte varianti
prese in considerazione nel 1999-2000, né hanno spiegato pregi e difetti
dell'opzione più meridionale, che poi fu ulteriormente sviluppata (la curva M
sotto la Val Rosandra; ndr). La suddivisione delle Ferrovie dello Stato in una
serie di SpA» - continua il libro - «ne ha profondamente mutato le procedure
decisionali strategiche, sicché tutta l'istruttoria tecnica, contatti con le
ferrovie slovene compresi, è rimasta segreta».
Aggiungo un'altra informazione, che valorizza ulteriormente quella fornita dal
prof. Torbianelli: a suo tempo, il prescritto parere del Servizio Valutazione
ambientale della Regione sulle varie alternative di tracciato, non poté nemmeno
servirsi di una cartina di questi percorsi. I funzionari regionali poterono
vederli solo dal Piccolo, che ne pubblicò una sintesi grafica il 12/1/2006,
grazie ad una indiscrezione galeotta uscita dagli uffici ferroviari.
Commento: stupisce, direi quasi addolora, che la collaborazione fra un ente
dell'università e quelle che ancora continuano a fregiarsi del nome di «Ferrovie
dello Stato» (ora intrico di SpA) abbia dato come risultato un processo
decisionale, che ha escluso completamente l'opinione pubblica e la benedetta
società in cui viviamo.
Scrive ancora il prof. Torbianelli: «Mai difeso il tracciato sotterraneo carsico
del Corridoio V, benché abbia affermato l'utilità di qualche miglioramento delle
infrastrutture». Sbaglierò, ma quel «benché» sembra suggerire una scrittura che
arranca in galleria. In fondo al tunnel però intravedo una luce. Dal curriculum
che il suo autore ha depositato all'università leggo infatti che, non nei
«lontani 1999-2000», ma all'epoca della sua difesa del tracciato (2005) egli
aveva appena terminato questa attività: «2004 - Direzione dello studio ’’I
progetti per il nodo di alta velocità ferroviaria di Trieste’’» (e il "nodo",
non era la stazione 10 metri sotto Viale Miramare, lungo i 60 e passa chilometri
di gallerie?).
Del resto, pochi giorni fa, mi è capitato di sentire un dirigente ex-Ds
affermare testualmente, davanti a 12 astanti perplessi: «Abbiamo l'orgoglio di
poter affermare di avere scongiurato lo scempio che sarebbe stato causato dalle
gallerie del Corridoio V». Se fino all'altroieri a criticare quel progetto
faraonico (ed il rigassificatore) ci si tirava addosso la scomunica dei Ds che
contano?
Livio Sirovich
SEGNALAZIONI - «Popovic ha ragione sulle brutture di
Trieste» - LE PAROLE DEL SINDACO DI CAPODISTRIA
Riferendomi agli articoli apparsi il 28 e 29 maggio,
desidero esprimere il mio totale accordo con quanto dichiarato dal sindaco di
Capodistria sulle brutture che si presentano alla vista sia di chi proviene
dalla superstrada a Est della città, sia di chi arriva dalla Costiera e cioè
Ferriera e Porto vecchio. Tra l’altro condivido pure il suo parere sulle Rive
che anche a me sembrano cimiteriali.
Nel caso della Ferriera, non si tratta purtroppo solo di un problema estetico,
ma anche di un problema ambientale che investe tutta la città. Se tanti
concittadini uscissero dal torpore del «viva là po’ bon», che li caratterizza,
dovrebbero prendere coscienza del fatto che la Ferriera non è mai stata, e meno
che mai lo è ora, solo un problema dei servolani.
Questo il sindaco Popovic lo sa perfettamente, tant’è vero che, preoccupato per
l’elevata percentuale di tumori in alcune aree della Slovenia (Crevatini ed
altre), ha fatto effettuare dall’autorità sanitaria un’indagine epidemiologica
che ha indicato come responsabili di tale situazione l’inquinamento dovuto
all’Inceneritore e alla Ferriera di Trieste.
A quanto pare però, tra i sindaci dei territori colpiti da tale inquinamento
l’unico a essere consapevole del problema, e coerente con i fatti, è il sindaco
di Capodistria.
Quanto all’articolo che riporta l’unanime indignazione dei politici locali di
destra e di sinistra di fronte alle affermazioni del signor Popovic sulle
«brutture», evidentemente nella nostra pseudo-democrazia conta solo l’opinione
della casta, mentre la mia, e verosimilmente anche quella di altri cittadini,
contano meno di nulla.
Aurora Marconi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2010
Barcola raddoppia, torna la Copacabana - Possibile
ampliare la riviera con i residui di scavo del Park S. Giusto. Costruttori:
pronti a partire
OPPORTUNITÀ PREVISTA DAL NUOVO PIANO REGOLATORE
Si riaffaccia l'idea di realizzare una sorta di Copacabana sulla riviera di
Barcola. La possibilità di interrare il tratto di costa tra la fine della Pineta
e l'area di fronte al ristorante La Marinella viene data dal nuovo Piano
regolatore che il Comune si appresta ad approvare approssimativamente entro il
mese di luglio.
L'opportunità è quella di creare un’ulteriore area a mare per una distanza
massima di 25 metri dal ciglio stradale, realizzando una zona destinata a
servizi di supporto alla balneazione, nuovi punti di accesso al mare facilitati
destinati ai più piccoli e agli anziani, piscine e giochi d'acqua, punti di
ristoro, spazi ricreativi e aree verdi attrezzate.
«L'idea - precisa Piero Camber, capogruppo Pdl in consiglio comunale e
componente della Commissione urbanistica del Comune - è quella di permettere a
un soggetto privato, ad esempio i costruttori di Trieste, di usare quell'area
come discarica di tipo A, ovvero di materiali inerti. Con un project financing
potrebbero utilizzare il materiale ricavato dagli scavi necessari a realizzare
il Park San Giusto per riempire l'area davanti a Barcola». Dell’utilizzo del
materiale di scavo peraltro aveva parlato in una recente mozione in consiglio
comunale anche il consigliere comunale pidiellino Lorenzo Giorgi, che a suo
tempo - da presidente di Circoscrizione - si spese abbondantemente per la
Copacabana di Barcola.
Il vincolo imposto ora dall'amministrazione è quello che la battigia resti
pubblica: nessuno deve pagare per prendere il sole o per fare il bagno. A
pagamento sarebbero invece alcuni dei servizi realizzati dai privati che
intendano avviare un’iniziativa di questo tipo.
«Noi del Collegio costruttori di Trieste siamo pronti. Anzi - ammette
l'architetto Donato Riccesi, presidente regionale dell'Ance, l'associazione
nazionale dei costruttori edili, - ci siamo persino stancati di avanzare
progetti. La proposta di ampliare la riviera di Barcola noi l'avevamo già
presentata 12 anni fa, ma allora l'accoglimento del progetto a livello politico
non fu generale».
Il via libera alla Copacabana triestina da parte del Comune dunque c'è, la
disponibilità a scendere in campo dal punto di vista finanziario da parte dei
costruttori anche. Spetta poi alla Provincia, l'ente incaricato al rilascio
delle autorizzazioni in materia di discariche, dare i premessi. Un nodo da
sciogliere è però quello della tempistica. Infatti «mi fa piacere che ora anche
da parte dei politici questa prospettiva venga condivisa - spiega Riccesi - ma i
tempi stringono. Il progetto per Park San Giusto è già in fase avanzata e se si
vuole sfruttare questa occasione è obbligatorio dare il via quanto prima alla
valutazione dei progetti e all'iter per ottenere le autorizzazioni».
Il costruttore riferisce che i volumi di scavo per la realizzazione del nuovo
parcheggio sotto il colle di San Giusto consteranno di oltre 100 mila metri cubi
di materiali da sfruttare per l'interramento. «Se non si accelera - sottolinea
Riccesi - temo che gli iter per i due progetti non andranno a coincidere dal
punto di vista dei tempi. Per realizzare quel tipo di interramento a Barcola
servono valutazioni e approvazioni che richiedono un certo arco di tempo. Ciò ci
costringerà a portare il materiale che recuperiamo dal Park San Giusto alla cava
Faccanoni, dando il via al recupero ambientale di una ferita creata su quel
monte ad opera dell'uomo».
Il nuovo piano regolatore del Comune trasforma il lungomare di Barcola da zona
tecnicamente definita "G4" a zona "S5", da zona balneare e dell'arenile cioè a
zona di balneazione turistica. Una modifica sostanziale che oltre a prevedere la
possibilità di un interramento consente di realizzare parcheggi anche interrati
nella misura corrispondente a quelli presenti sulla strada. Il piano conferma
inoltre le attuali funzioni del porticciolo di Cedas (nautica da diporto, pesca
artigianale) prevedendone un ampliamento oltre la nuova linea di battigia.
Sul lato mare è prevista poi la creazione di nuove strutture destinate al
ristoro, ai servizi o all'intrattenimento: potrà essere coperto da fabbricati
non più del 5 per cento del totale dell’area. Gli edifici dovranno avere
un'altezza massima di quattro metri .
«Ampliando la parte prospiciente al mare - spiega Roberto Sasco (Udc),
presidente della Commissione urbanistica del Consiglio comunale - sarà possibile
realizzare una serie di servizi e di punti di intrattenimento necessari allo
sviluppo anche turistico di quell'area. È evidente che in prospettiva andrebbe
ampliato il servizio di trasporto pubblico e risolta la questione dei
parcheggi».
E rispunta così il progetto di collegamento tra Barcola e Montegrisa, un’altra
prospettiva della quale si parla ciclicamente da decenni: «Sotto il santuario
mariano c'è un ampio spazio per i parcheggi - constata Sasco - e senza
stravolgere l'ambiente andrebbe progettata un'ovovia che colleghi i due siti. I
turisti, ma anche i residenti, potrebbero lasciare lì la loro automobile per poi
scendere sul lungomare».
Sasco si spinge oltre suggerendo uno sviluppo dell'intera zona di Barcola.
«Nella zona a monte - osserva - vanno individuate delle aree dove costruire
nuove strutture ricettive. La riviera barcolana è un'area di grande valore
turistico, è il nostro biglietto da visita ma oggi è pressoché priva di
ristoranti, bar e alberghi. Il progetto dell'interramento del lungomare -
conclude - va supportato dalla realizzazione di nuove strutture, rispettando
l'ambiente e anche i diritti di chi abita quella fetta della città».
LAURA TONERO
NUOVA RIVIERA BARCOLA - Nel 1998 il primo studio di
fattibilità - Concorso di idee, dieci i progetti. Ma nessuno fu giudicato idoneo
Era il novembre del 1998 quando il Collegio costruttori di
Trieste presentò uno studio di fattibilità per allargare il tratto di costa fra
la pineta e il ristorante La Marinella di Barcola. L'idea era quella di creare
un sorta di "barriera trasparente" tra la strada e il mare. Uno spazio largo una
cinquantina di metri e lungo un chilometro e mezzo.
Nei mesi successivi venne indetto anche un concorso di idee in collaborazione
con la facoltà di Architettura dell’Ateneo cittadino, il Comune, la Capitaneria
di porto e con il finanziamento della Fondazione CRTrieste. Furono dieci i
progetti presentati per la cosiddetta "Barcola Futura". A guidare la giunta
comunale c'era allora Riccardo Illy, assessore ai lavori pubblici era Uberto
Fortuna Drossi. A supporto dell'iniziativa la Terza Circoscrizione allora
organizzò anche una sorta di referendum: 5 mila i pareri raccolti, la metà dei
quali favorevoli.
Nessuna delle dieci idee presentate risultò però allora idonea, nessuno si
aggiudicò la possibilità di redigere il progetto esecutivo valutabile allora in
circa 150 milioni di euro. Così le intenzioni dei costruttori rimasero sulla
carta e il futuro di Barcola venne rinviato a nuovi progetti.
Fu il neoeletto sindaco Dipiazza a riproporre nel 2001 l'idea di riqualificare
quell'area. E qualcosa in effetti da allora è stato fatto con un completo
restyling dei Topolini. Ma di interramento nemmeno l'ombra, malgrado le
reiterate proposte del commendatore Primo Rovis che per la sua Trieste ha sempre
desiderato un lungomare alla Copacabana. Anni fa, lo stesso Rovis, realizzò
anche un progetto con tanto di plastico: vasche per i delfini, giochi acqua e
strutture turistiche. Ma rimase un sogno.
Oggi è il nuovo piano regolatore a riportare in primo piano questa opportunità
con la possibilità avanzata dal consigliere comunale Roberto Sasco di
rispolverare un suo progetto di oltre due anni fa per realizzare un'ovovia che
colleghi Barcola a Montegrisa.
(l.t.)
«Rigassificatore, De Anna faccia il punto sull’iter» -
LO CHIEDE LUPIERI (PD)
Ascoltare l’assessore regionale all’ambiente Elio De Anna
«per conoscere la situazione procedurale» del rigassificatore di Zaule. A
chiedere l’audizione in Quarta commissione consiliare regionale è Sergio Lupieri
(Pd) coi colleghi Moretton, Brandolin e Travanut. Dopo il sì del ministero
dell'Ambiente, con prescrizioni, la proprietà ha chiesto l’ok alla Regione.
«Manca - scrive una nota - il Via ministeriale sul metanodotto» tra Zaule a
Villesse, «è importante un aggiornamento» su «quali sono le prescrizioni del
Ministero, quale il loro percorso e se l'autorizzazione richiesta alla Regione
dipende anche dalla verifica di queste prescrizioni».
SEGNALAZIONI - «Meglio impiegare i fondi pubblici per
fonti di energia rinnovabile»
Non erano da subito credibili le scelte del sindaco di
Muggia Nerio Nesladek, e non lo sono ora quelle del segretario provinciale del
Pd Roberto Cosolini, di proporsi come i leader nella lotta contro la
realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule. Tale
plausibile comportamento non è, almeno per i più informati sulla vicenda,
sufficiente per cancellare il ricordo di chi da assessore nella giunta Illy
approvò il progetto o di chi, nonostante il ruolo di sindaco di Muggia scelse di
tenere nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore portuale una
posizione defilata e debole, invece di bloccare con il suo veto la destinazione
d’uso ad area energetica portuale lo spazio ex-Esso di Zaule e quindi bloccare
concretamente il progetto dell’impianto di rigassificazione. Ma questo frenetico
attivismo, soprattutto del sindaco di Muggia, non serve neanche a far
dimenticare a chi era presente venerdì 17 ottobre 2008 alla sala Millo a Muggia,
al dibattito pubblico sul rigassificatore, per ascoltare gli interventi del
sindaco di Capodistria, Boris Popovic e del sottosegretario all’Ambiente del
governo sloveno Marko Starman. In particolare quest’ultimo aveva riferito sugli
incontri difficili avuti dalla delegazione slovena con la commissione della Ue
dovuti alla constatazione che alla commissione erano arrivate solo due proteste
contro il progetto del rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in
Italia, in Friuli Venezia Giulia, tutti risultavano essere d’accordo. Purtroppo
non risultava che neanche i sindaci di Muggia e Dolina avessero inoltrato le
mozioni, votate all’unanimità nei loro consigli comunali, contrarie al progetto,
cioè nessun disturbo: a queste due amministrazioni era bastato inviare le
mozioni al Piccolo (figurone) e non alla commissione europea. C’è qualcosa che
non va, anche perché se si analizza l’intervista al sindaco di Muggia,
pubblicata domenica 27 dicembre 2009, emerge chiaramente una sua non totale
contrarietà alla realizzazione di impianti di rigassificazione nel golfo. Se
all’inizio ribadisce la sua contrarietà alla realizzazione dell’impianto di
rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule, nel seguito della dichiarazione
ammette una possibile apertura ad altre forme di rigassificazione. Progetto che
è giusto ricordare è già stato, anche questo, approvato dalla giunta Illy, e
quindi è ben visto dagli amici del Pd, partito che si è sempre dimostrato
sensibile, sia a livello regionale sia nazionale, più ai desideri e alla tutela
degli interessi delle multinazionali che alle reali problematiche del
territorio. Si ritiene pertanto che attraverso l’assenso certo al progetto in
mezzo al golfo dato dai loro affiliati ambientalisti (soprattutto Lega Ambiente)
ci sarebbero pure le condizioni per non avere grandi contestazioni in quanto il
rimanente fronte ambientalista contrario, apparirebbe all’opinione pubblica come
uno sparuto movimento integralista contrario al progresso.
Ma la costruzione di un impianto di rigassificazione nel golfo è un buon
investimento per la collettività o forse il buon investimento è dovuto solamente
alla facilità di accedere ai contributi pubblici che i governi nazionali hanno
deciso di elargire? Forse sarebbe auspicabile che i politici si attivassero
affinché questa quantità enorme di soldi pubblici fosse invece spesa per
impianti che sfruttino le fonti di energie rinnovabili, garantendo così alle
generazioni future un mondo indipendente dalle multinazionali e una qualità
della vita migliore.
Marco Russo
Altipiano Est chiede più contenitori per la
differenziata - PARERE FAVOREVOLE SUL NUOVO REGOLAMENTO COMUNALE PER LE
IMMONDIZIE
TRIESTE «Il regolamento comunale per i rifiuti ci trova
d’accordo, a patto che si tengano bene in evidenza quelle piccole ma importanti
differenze che sussistono tra altopiano e città». Così commenta il Consiglio
circoscrizionale Altipiano Est nel documento con cui è stato trasmesso al Comune
il parere favorevole sul nuovo regolamento, strumento giudicato positivamente ma
che, a parere del parlamentino, dovrebbe essere ritoccato per risultare
funzionale alle esigenze della popolazione di Opicina e dintorni.
La Seconda circoscrizione ha perciò inviato al Servizio controllo attività
esternalizzate alcuni suggerimenti che si vorrebbe fossero assunti nella stesura
definitiva del regolamento per lo smaltimento rifiuti definitivo.
Tra le prime indicazioni, il posizionamento nelle diverse frazioni di un maggior
numero di contenitori per la raccolta differenziata, in vista dell’obiettivo
comunale di raggiungere entro il 2012 almeno il 65 percento rispetto alla
raccolta totale.
Secondo la Circoscrizione Altipiano Est, i contenitori dovrebbero essere inoltre
di dimensioni più piccole rispetto a quelli cittadini, in maniera da poter
essere posizionati anche negli angusti spazi e nelle strette vie delle borgate,
e tali da facilitarne pure lo svuotamento con gli automezzi, comunque troppo
grandi per circolare nei reticoli viari delle frazioni.
Accanto alla raccolta differenziata, Altipiano Est rileva anche la necessità di
predisporre nei paesi dei contenitori specifici per lo smaltimento di sfalci e
ramaglie, un tempo utilizzati per l’allevamento ma che oggi vengono dispersi in
modo incongruo nei normali cassonetti.
Tra le ipotesi prospettate anche la fornitura alle famiglie di contenitori per
la creazione di ”compost”, da riutilizzare in proprio o dare a terzi.
Il nuovo regolamento, sempre secondo la Circoscrizione, dovrebbe anche precisare
che le pulizie successive a grandi manifestazioni pubbliche (come sagre e
Carnevali dovrebbe risultare a carico del Comune.
Da rivedere in chiave carsolina pure quella norma che impone ai privati, in caso
di nevicate, la pulizia del marciapiede, vista la presenza di proprietà con
fronti molto lunghi sulla strada, non frequentati da pedoni. Sarebbe necessario
ancora tenere conto della notevole quantità di neve che ne risulterebbe, con le
relative difficoltà di movimentazione e stoccaggio, senza contare che i mezzi
spazzaneve tendono a ammassare la neve proprio contro i muri e i confini delle
proprietà.
Maurizio Lozei
SEGNALAZIONI - RIFIUTI E NUOVE REGOLE - «Largo Mioni,
la differenziata non esiste»
In questi giorni abbiamo appreso che l'amministrazione
comunale aumenterà (finalmente!) i punti per la raccolta differenziata,
emettendo contemporaneamente punizioni draconiane nei confronti di chi non si
atterrà alle regole. Nel frattempo, c’è già chi ha un concetto del tutto
personale sui modi del vivere civile. Esemplare la situazione dei tre cassonetti
per i rifiuti di Largo Mioni. Un vicino supermercato, per esempio, non sa che
per la plastica esiste un raccoglitore apposito in piazza Perugino e riempie i
tre cassonetti summenzionati di sacchi pieni di residui di imballaggi, appunto,
di plastica, senza però approfittare di liberarsi di residui alimentari scaduti
o in decomposione.
Ma ci sono, e frequentemente, i benefattori dell’umanità che offrono a una
coppia con figlioletto la possibilità di mettere su casa. A disposizione dei
bisognosi, sono stati depositati un letto matrimoniale completo di ottomane, una
cucina economica, mobiletti vari e persino un computer, mancante, ahimè, della
tastiera... E ciò a conferma che Trieste, città notoriamente di tradizione
asburgica e rispettosa delle regole, si trova in coda nella regione quanto a
raccolta differenziata dei rifiuti. Si prepari quindi il nostro sindaco, a
sguinzagliare squadre di vigili urbani, ovviamente dotati della regolamentare
pistola, per controllare che i nostri concittadini siano osservanti dei relativi
regolamenti comunali.
Livio Damini
Offensiva referendaria dell’Idv contro nucleare e acqua
”privata” - Al via i gazebo del «D-day» anche per eliminare lo scudo legale di
premier e ministri
TRIESTE Italia dei Valori festeggerà la festa della
Repubblica raccogliendo le firme per i tre referendum promossi dai dipietristi
contro il legittimo impedimento, il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Il
D-day (dove D sta per democrazia), come lo hanno ribattezzato gli esponenti di
Idv, vedrà anche in Friuli Venezia Giulia la presenza di numerosi banchetti (17
per la precisione) in tutte e quattro le province della Regione, senza contare,
sottolineano i promotori, che si può firmare per i referendum anche in ogni
municipio.
A Trieste i gazebo saranno in via delle Torri e in piazza Cavana, a Gorizia in
corso Italia e a Gradisca in piazza Unità ma i rappresentanti dell’Italia dei
Valori saranno anche a Udine Cividale, Codroipo, San Daniele, Feletto Umberto,
Venzone, Tolmezzo, Pordenone, Erto e Casso, Sacile, Fontanafredda e San Vito al
Tagliamento.
L’iniziativa rientra nell’ambito del D-day organizzato a livello nazionale che
vedrà mille banchetti in tutta Italia per la raccolta delle firme. «Sono state
raccolte finora 500 mila firme» ha spiegato nella conferenza stampa di
presentazione il coordinatore regionale di Idv, Paolo Bassi, affiancato dal vice
Giorgio Ellero, dal capogruppo in Consiglio regionale Alessandro Corazza e dal
consiglieri regionale Enio Agnola. «Di queste firme 10 mila sono state raccolte
in Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è arrivare a un milione a livello
nazionale e 30 mila in regione». Lo scopo del partito dipietrista è quello di
dire no al legittimo impedimento (“un’altra legge ad personam che va contro il
dettato costituzionale secondo cui tutti sono uguali di fronte alla legge” hanno
detto i rappresentanti di Idv), alla privatizzazione dell’acqua e al nucleare.
«Non è solo un no ideologico. – ha spiegato Corazza – L’Italia non ha sviluppato
know how in questo campo e sarebbe quindi più giusto sviluppare le fonti
rinnovabili come peraltro ci raccomanda l’Europa».
(r.u.)
Parco di S. Giovanni Weekend con Bioest - DI NUOVO A
TRIESTE - Sabato e domenica tra prodotti naturali, animazione e solidarietà
Torna a Trieste Bioest, fiera del biologico che si terrà
nel Parco di San Giovani sabato e domenica prossimi. La manifestazione è stata
presentata ieri dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e
dal vice Walter Godina. Organizzata dall'omonima associazione, Bioest
rappresenta anche un appuntamento-incontro delle associazioni ambientaliste,
culturali e del volontariato, e raccoglie quest'anno 61 tra produttori e
artigiani e ben 51 associazioni, tutti attivi nel campo dell'agricoltura
biologica e dell'artigianato biocompatibile, dall'Italia e dall'estero.
Giunta alla sua 17.a edizione, ma per cinque anni assente da Trieste (le ultime
edizioni si tennero a Monfalcone), Bioest ripropone la sua formula che fa del
mercato un luogo di incontro. Tema portante di questa edizione saranno le
"Energie": alternative, non tradizionali, rinnovabili, e quella solare. «Siamo
fieri di essere riusciti a riportare a Trieste Bioest», ha detto Bassa Poropat,
«ogni giorno di più vedo che l'aver risistemato il Parco di San Giovanni è stato
un grande contributo della Provincia alla vita culturale e associativa della
città. Sono certa che Bioest troverà qui la sua collocazione migliore anche in
futuro».
«Questa manifestazione - ha aggiunto Godina - ci conferma la bontà del nostro
sforzo di valorizzazione dei prodotti locali e dell'importanza, per un
territorio, di poter contare su un proprio settore agricolo, sul chilometro
zero, sulla filiera corta. Vi è un principio culturale in tutto questo, che
comunica la necessità di un uso attento e rispettoso delle risorse naturali. Ma
c'è pure un ritorno economico». Godina ha ribadito il ruolo dell'agricoltura
biologica nella conservazione del paesaggio, ricordando l'azione della Provincia
per la riqualificazione del ciglione carsico, riconvertito alla coltivazione di
vite e ulivo.
Oltre alla fiera sono previste conferenze e dibattiti, musica e animazione per
bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti di spettacolo. A
Bioest saranno presenti i gruppi ambientalisti, le Botteghe del commercio equo e
solidale, associazioni di volontariato e solidarietà.
BORA.LA - MARTEDI', 1 giugno 2010
Konrad: l’alternativa al rigassificatore di Gas Natural
c’è e…non si vede. La rigassificazione On Board
E’ uscito ieri il nuovo numero della rivista Konrad,
contenente al suo interno un nuovo inserto speciale dedicato al rigassificatore
di Trieste, dopo quello già pubblicato in settembre. La conferenza stampa di
presentazione dell’inserto si svolgerà giovedì 3 giugno alle ore 11.30 presso la
sede del WWF, in via Rittmeyer 6.
L’inserto sarà inoltre presentato con uno spettacolo domenica 6 giugno
all’interno di BioEst, nel Parco di San Giovanni, alle 18, con ospite Massimo
Sangermano del Pupkin Kabarett.
Su gentile concessione della redazione di Konrad, pubblichiamo uno degli
articoli contenuti nell’inserto, che riguarda una soluzione alternativa
innovativa e più sicura agli impianti di rigassificazione: navi capaci di
rigassificare direttamente a bordo.
UNA SOLUZIONE INNOVATIVA E PIU’ SICURA
Compare all’orizzonte una nave da 150 mila metri cubi di GNL.
Ormeggia a 10-15 km dalla costa, sicollega a una boa sommersa a forma di
torretta (still buoy) collocata sui fondali, che viene issata a bordo e inserita
in un apposito incastro a prua o a poppa della nave per procedere alla
rigassificazione. Un sistema di vaporizzazione del gas naturale liquido entra in
funzione e il combustibile rigassificato, attraverso la boa viene introdotto
nelle tubazioni della pipeline collegata alla rete di gasdotti a terra.
Nel giugno di quest’anno verrà consegnata alla Excelerate Energy la nona nave,
della serie che rigassifica direttamente a bordo. Non è necessaria alcuna
piattaforma al largo (vedi terminale al largo di Rovigo), tanto meno serve un
impianto a terra con serbatoi di stoccaggio (come proposto a Zaule). Il tutto
avviene lontano dalla costa. Gli unici impianti fissi sono le boe collocate sul
fondo e la pipeline che porta il gas a riva. Il circuito di vaporizzazione della
nave gasiera utilizza come vettore termico l’acqua marina, oppure può usare
un circuito chiuso con scambiatore di calore, che permette la trasformazione da
GNL (liquido) a gas. Il funzionamento può anche essere misto: circuito chiuso e
acqua di mare. La scelta dipende dalle condizioni ambientali (temperatura del
mare, profondità dei fondali, etc.), in modo da limitare l’apporto di frigorie
nell’ecosistema marino. Il circuito chiuso riceve il calore da una caldaia a gas
naturale. Un sistema tecnologicamente avanzato di controllo e di abbattimento
degli inquinanti (polveri e ossidi di azoto),
prodotte dalla combustione del gas naturale, minimizza l’impatto sull’aria.
Excelerate Energy è una società texana, in parternship con la belga Exmar, che
opera ormai da anni in questo settore, soprattutto negli USA, dove esistono
attualmente due siti di ancoraggio delle navi gasiere, uno al largo della
Florida nel Golfo del Messico e l’altro, entrato in funzione all’inizio del
2010, al largo del New England. Sono in progetto soluzioni analoghe in
sostituzione di progetti tradizionali on-shore e off-shore sulle coste USA, come
i progetti Nettuno nella Baia di Massachusetts e Calypso al largo della Florida.
In Europa sono attualmente operativi un impianto in Inghilterra, a Teesport sul
fiume Tees in prossimità di Middlesborough, e uno in Germania al largo di
Wilhelmshaven, a nord di Essen.
Altre società, come Suez Energy e British Gas, si stanno attrezzando per la
rigassificazione on board. Le navi sono costruite in Corea dalla Samsung Heavy
Industries e dalla Daewoo Shipbuilding&Marine Engineering. La tecnologia delle
still buoy è olandese. Questa tecnologia EBRV (Energy Bridge Regassification
Vessel) permette di utilizzare navi di grandi dimensioni per fornire enormi
volumi di GNL. Il tempo necessario per lo scarico è più lungo, rispetto a quello
di una normale nave gasiera – varia da quattro a sei giorni – ma è possibile la
dislocazione di più boe, per cui più navi contemporaneamente possono distribuire
il gas a riva. E’ allo studio un affinamento della tecnologia di
rigassificazione per rendere più rapido il processo, che dipende anche dalla
capacità di assorbimento della rete a terra.
La tecnologia EBRV potrebbe essere l’unica risposta sensata, non solo rispetto
al rigassificatore proposto da GasNatural a Zaule, ma anche a quello off-shore
proposto da E.On: andrebbe ovviamente concordata con il governo sloveno la
collocazione nel golfo del sistema di ricezione.
Una soluzione anche economicamente più vantaggiosa: un rigassificatore fisso
costa da mezzo a un miliardo di euro, mentre per una nave della flotta EBRV
l’investimento è, grosso modo, di 180 milioni di euro, più 40 milioni di euro
per il sistema boe/gasdotto di collegamento.
Dopo aver scaricato, la nave che rigassifica a bordo si allontana e alla fine
resta solo l’orizzonte.
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 1 giugno 2010
Lo sgambetto alle rinnovabili
Nella manovra economica è spuntato un taglio che non
aggiunge nulla al bilancio dello Stato e toglie ossigeno alla spinta verso le
rinnovabili e verso la green economy. Via i certificati verdi. Via lo strumento
nato per garantire una quota fissa di energia pulita nel pacchetto delle aziende
che vendono energia. Via un puntello per arrivare al traguardo del 20 20 20,
cioè al rispetto degli obiettivi fissati dall’Unione europea per ridurre le
emissioni serra, aumentare l’efficienza, far crescere la competitività del
vecchio continente. Tutto senza nemmeno un piatto di lenticchie in cambio: lo
Stato non assume oneri diretti nella vicenda dei certificati verdi.
Lo spiega bene Francesco Ferrante, che dal Senato ha lanciato l’allarme:
«L’articolo 45, questo il passaggio trappola contenuto nella manovra
finanziaria, destabilizza tutto il settore delle fonti rinnovabili, e
inconcepibilmente, senza che ci sia alcun effetto per le entrate dello Stato,
visto che il meccanismo dei certificati verdi prevede che siano le aziende del
settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere
così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici. Uno
sgambetto che colpisce le rinnovabili proprio nel momento in cui avevano
raggiunto un quarto del totale dell’elettricità prodotta in Italia».
Niente risparmi (a parte un alleggerimento delle bollette pagato però con una
perdita pesante in termini occupazionali e con l’abbandono di un settore
strategico) e un futuro più difficile visto che con questo provvedimento la
strada per raggiungere gli obiettivi energetici al 2020 è più che mai in salita.
Anev, Anab, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Legambiente e Kyoto club
hanno protestato parlando di decine di migliaia di posti di lavoro in pericolo
nel settore delle rinnovabili.
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2010
Progetto Carso-Kras, più di tre milioni per
l’integrazione a cavallo del confine - COINVOLTI DICIASSETTE SOGGETTI FRA COMUNI
ED ENTI
TRIESTE Un’occasione di sviluppo per tutti e con tutti:
così è stato presentato ieri, nella sede della giunta regionale, il progetto
strategico Carso-Kras, approvato nell’ambito del programma per la cooperazione
transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e destinato a promuovere
l'integrazione territoriale sostenibile dell'area del Carso, intesa come una
delle più importanti zone a cavallo del confine italo-sloveno.
TRE MILIONI Una disponibilità finanziaria di poco superiore ai 3 milioni di
euro, da utilizzare nell'arco di quaranta mesi e diciassette partner coinvolti:
dal Comune di Sesana, identificato come capofila, alle Province di Trieste
(coordinatore per la parte italiana) e Gorizia, ai Comuni di Erpelle-Cosina,
Divaccia, Comeno, Merna-Kostanjevica, Muggia, San Dorligo della Valle, Monrupino,
Sgonico, Trieste e Duino Aurisina e, infine, all’Istituto per le foreste della
Slovenia, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia, al Gruppo
di azione locale del Carso e all’Agenzia per lo sviluppo territoriale del Carso.
TURISMO E RETE«Attraverso una serie di azioni progettuali e strutturali – ha
spiegato l'assessore alle Relazioni internazionali e comunitarie e alle
autonomie locali, Federica Seganti – perseguiremo due obiettivi, lo sviluppo
turistico-naturalistico e la messa in rete di tutte le amministrazioni, a
beneficio delle imprese e dell'intera comunità».
ESIGENZE DIVERSE «Andranno quindi coniugate – ha assicurato la Seganti – la
conservazione della natura e del patrimonio ambientale con le esigenze di
crescita socioeconomica e di qualità della vita delle popolazioni interessate.
GECT IN VISTA Prevista, tra l'altro, l'istituzione di una struttura permanente,
un vero e proprio Gect (Gruppo europeo di collaborazione territoriale), che
gestisca la collaborazione transfrontaliera tra soggetti locali per ottimizzare
lo sviluppo congiunto.
INTERVENTI Tra i 14 interventi strategici già condivisi (tutti di entità
inferiore ai 500mila euro), hanno inoltre precisato il sindaco di Sesana,
Davorin Tercon, e il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa
Poropat, sono stati citati ad esempio il museo vivente nell'area di Gropada, il
centro di informazione a Sesana e quello della storia e tradizione locale a
Rupinpiccolo, la sistemazione di sentieri e itinerari per escursionisti e bikers,
la mappa del rischio di incendio boschivo e il sistema integrato Gps su tutta la
viabilità carsica secondaria.
DISCARICHE ABUSIVE «Ci impegneremo per bloccare lo scempio di quelle cavità
carsiche (si parla di 300 su tremila, ndr) troppo spesso utilizzate come
discariche abusive», ha inoltre promesso la Seganti, assicurando che «sarà il
più possibile elevato il livello di controllo, in attesa che giungano ulteriori
fondi per attivare un'accurata bonifica».
”Foto trappole” per censire i cinghiali - Apparecchi
posizionati nei boschi - Scattate 300 immagini in un anno nelle aree suburbane
C’è una nuova conferma sull’insediamento ormai stanziale
dei cinghiali nell’immediata periferia triestina, a ridosso dei rioni di San
Giovanni, Roiano, Cologna, Gretta, San Luigi, lungo le colline che sovrastano il
centro.
Grazie al sistema di rilevamento discreto e silenzioso delle “foto trappole”
sistemate nel folto dei boschi e nei corridoi faunistici individuati nelle aree
suburbane, è stato possibile verificare come questi ungulati siano di casa a
ridosso delle aree urbanizzate e si avvicinano sempre più al centro per cercare
cibo.
Del sistema di foto trappolaggio si è parlato in un convegno tenutosi alla Casa
di pietra di Duino organizzato dalla Federcaccia triestina in collaborazione con
il Comune di Duino Aurisina, il Civico museo di storia naturale e l’Università
di Udine. Rispetto ai tempi in cui il censimento dei selvatici veniva effettuato
con metodi invasivi, le foto trappole risultano del tutto inoffensive per gli
animali. Lo scatto, silenzioso, non viene percepito dall’animale di passaggio, e
in chiave notturna il flash funziona in modo blando, quasi inavvertito. Le
batterie che consentono il funzionamento hanno una durata di circa 6 mesi, e il
passaggio del selvatico attiva una fotocellula che innesca la foto.
Lungo il territorio provinciale, hanno spiegato Nicola Bressi e Andrea
Dell’Asta, zoologi del Museo di Storia Naturale di Trieste, sono stati piazzati
una quindicina di apparecchi. I cacciatori hanno posizionato le foto trappole in
diverse sedi dove solitamente pongono del cibo. Gli zoologi invece nelle aree
più selvagge e intricate delle boscaglie, in maniera da poter ottenere delle
immagini più obiettive possibile sullo stato di naturalità degli animali. In un
anno di censimento le foto trappole hanno scattato oltre 300 immagini, un
patrimonio di informazioni che appare quanto mai significativo per inquadrare in
particolare la presenza e i movimenti degli animali di taglia rilevante. I
cinghiali confermano dunque il loro insediamenti nelle aree collinari più
prossime agli abitati e agli orti e coltivazioni.
Animali intelligenti, sono purtroppo incentivati a muoversi pericolosamente
verso il centro da chi, in modo improprio, continua dar loro da mangiare. Le
immagini scattate hanno poi confermato come il cervo e il camoscio siano ormai
di casa in diverse parti del Carso, popolazioni selvatiche che appaiono in
crescita e che evitano accuratamente il contatto con l’uomo e con le zone
antropizzate.
Sottolineando l’importanza della collaborazione tra zoologi, tecnici e
cacciatori, uno scambio che, secondo Nicola Bressi, deve portare alla massima
condivisione dei risultati ottenuti, i relatori hanno concordato sulla necessità
di estendere quanto prima il monitoraggio con il foto trappolaggio anche per gli
animali di taglia minuta, serpenti, roditori e altri piccoli mammiferi.
Maurizio Lozei
Giornata a difesa della Costituzione - OGGI LA
MANIFESTAZIONE DI SINDACATI E PACIFISTI
Prenderà il via questa mattina la manifestazione dedicata
alla Festa della Repubblica promossa da Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi,
Circolo Charlie Chaplin, Comitato pace, convivenza e solidarietà Danilo Dolci,
Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace e Nientescuse Trieste.
Il primo appuntamento è fissato alle 11 al liceo Dante con la proiezione del
film sulla Costituzione ”Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, a cui seguirà il
dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta nel pomeriggio alle 17
al teatro Miela, e sarà seguita da un nuovo dibattito, introdotto questa volta
dal preside di Giurisprudenza Paolo Giangaspero.
La chiusura della manifestazione, infine, sarà nel segno della musica. In
serata, infatti, andrà in scena un concerto a cui parteciperanno alcuni gruppi
locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani
rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore,
duo di chitarre e voce. Prima di ogni esibizione musicale verranno letti degli
articoli della Costituzione.
La scelta di puntare sulla musica come parte integrante della manifestazione
dedicata alla Festa della Repubblica è stata fatta in particolar modo per
avvicinare i più giovani. Lo scopo della giornata promossa dai sindacati e dalle
diverse anime dell’associazionismo, infatti, è proprio quello di riuscire a
coinvolgere le nuove generazioni nella discussione sui principi fondanti della
nostra Carta costituzionale.
Bicicletta rotta? Interviene ”La Poderosa” - L’ARCI
APRE UN’OFFICINA E INAUGURA UN SERVIZIO DI ”SCAMBIO” DELLE DUE RUOTE
Sarà il Giro d'Italia appena concluso, saranno le belle
giornate (che speriamo comincino a susseguirsi con regolarità...), ma a
primavera la voglia di muoversi in bicicletta si fa sentire. E se la bici ha
bisogno di una sistemata, ora ci si può rivolgere anche a La Poderosa, la
neonata ciclofficina dell'Arci, che offre gratuitamente attrezzi e aiuto a chi
non ha dimestichezza con brugole e chiavi inglesi.
Ogni mercoledì, dalle 16.30 alle 19, al circolo Arci Officina di via Manzoni 9
c'è sempre qualcuno disposto a dare una mano per sistemare un freno, sostituire
un copertone o cambiare una camera d'aria. Non un'officina gratuita, quindi, ma
un luogo dove imparare a effettuare da soli le più comuni riparazioni.
Racconta Alberto Pecorari, uno dei fondatori de La Poderosa: «La bicicletta è un
mezzo di trasporto economico ed ecologico. E inoltre rappresenta un modo di
muoversi democratico, in quanto è accessibile a tutti. Noi promuoviamo il suo
utilizzo, proprio perché oltre a ridurre le distanze fra i luoghi, riduce le
distanze fra le persone».
L'attività de La Poderosa, infatti, non si limita alla meccanica. «Abbiamo
sistemato tre mountain bike e una bicicletta da mezza corsa - continua Alberto -
che ora sono a disposizione di tutti con la formula del bike sharing». Ovvero
può usarle chiunque, basta conoscere la combinazione del lucchetto e a patto che
dopo l'utilizzo vengano rimesse a disposizione degli altri.
Il bike sharing è nato ad Amsterdam negli anni sessanta e dall'Olanda si è
diffuso in tutto il mondo. Una pratica che però in Italia fatica ancora a
prendere piede. A Parigi ci sono 20000 biciclette, assicurate a 1500 postazioni
elettroniche che permettono agli abbonati di usufruire del servizio. A Milano,
la città italiana dove questa formula è più diffusa, le bici sono 1200 e le
postazioni 85. Ad oggi il servizio in Italia è attivo in oltre 60 Comuni, per un
totale di poco più di 3500 biciclette. A Genova, dove come a Trieste ci sono
molte salite, le biciclette sono elettriche.
La Poderosa è un progetto ancora in fase di definizione, ma che gli
organizzatori vorrebbero veder crescere. «Per riuscirci abbiamo bisogno di altri
spazi - sottolinea Alberto - e per questo siamo aperti all'aiuto di altre
persone e associazioni». Eventuali donazioni di biciclette saranno benvenute.
«Chiediamo a chiunque abbia in cantina un ferro vecchio e malandato di
regalarcelo. Noi lo risistemeremo, e lo metteremo a disposizione di tutti».
Per restituire nuova vita ai cavalli a due ruote basta mandare una mail
all'indirizzo arci@arcitrieste.org .
Giovanni Ortolani
SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Raccolta differenziata
La scorsa settimana ho sentito il sindaco Dipiazza
affermare al Tg regionale che entro il 2012 bisogna portare la «raccolta
differenziata» ad almeno il 65% del totale, non solo per non incorrere nelle
sanzioni previste dalla legge ma soprattutto al fine di creare nuovo spazio nel
nostro «termovalorizzatore» (leggi: inceneritore) per poter bruciare decine di
migliaia di tonnellate di ulteriori rifiuti provenienti dai comuni limitrofi. Il
tutto per rimpinguare le magre casse comunali.
Scioccamente credevo che la ”raccolta differenziata” avesse lo scopo di
diminuire l’inquinamento atmosferico, oggi scopro invece che essa, se utilizzata
con finalità improprie, determina effetti diametralmente opposti. In pratica il
nostro ”termovalorizzatore”, realizzato con soldi pubblici, persegue finalità
privatistiche e, per ”fare cassa”, svolge attività contrarie alla salute
pubblica. Con la Ferriera, l’Italcementi ed il ”termovalorizzatore” che lavorano
a pieno regime chissà, tra qualche anno, come saranno le statistiche del reparto
di oncologia del nostro ospedale.
Liliana Grion
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 31 maggio 2010
AAG e Greenaction: richiesta ufficialmente la Valutazione di Impatto Ambientale transfrontaliera per il Piano regolatore del porto di Trieste.
In discussione il progetto del terminale di
rigassificazione di Zaule. (vedi
il documento)
Il 25 maggio 2010 Alpe Adria Green ha chiesto ufficialmente alle autorità
italiane di avviare entro 30 giorni la procedura di V.A.S. (Valutazione
Ambientale Strategica) e di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale)
transfrontaliera per la variante al Piano regolatore del porto di Trieste in
base alla Direttiva 2001/42/CE. In base alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera la
Repubblica di Slovenia (Governo), le amministrazioni pubbliche (Comuni), e i
cittadini sloveni dovranno essere consultati e potranno esprimere osservazioni
sul Piano di sviluppo del porto di Trieste nel quale è stato inserito il
progetto del rigassificatore di Zaule.
La bocciatura del Piano regolatore del porto di Trieste porterebbe come
conseguenza al blocco del progetto del rigassificatore Gas Natural a Zaule e
farebbe decadere le autorizzazioni già date dal Ministero dell’Ambiente
italiano.
Si tiene ad evidenziare che AAG e Greenaction hanno presentato fin dal 21
febbraio del 2010 (Documento allegato: VIA-VAS-IT-SLO) la richiesta di essere
fatti partecipi alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera relativa al Piano regolatore
del porto di Trieste visto che questo strumento urbanistico conteneva numerosi
progetti ad elevato impatto ambientale (gasdotto SNAM, terminale di
rigassificazione Gas Natural, centrale elettrica turbo-gas della Lucchini spa,
raddoppio del molo VII, molo VIII, terminal RO-RO). Considerando che questi
progetti avevano tutti ripercussioni transfrontaliere, veniva richiesto di fare
partecipare al procedimento di V.I.A.-V.A.S., oltre alla autorità pubbliche
slovene, tutti i cittadini residenti nella zona costiera (litorale) della
Slovenia. Della richiesta venivano direttamente interessate le Istituzioni della
Repubblica di Slovenia.
Dopo tre mesi nessuna risposta è ancora pervenuta ed anzi l’Italia ha avviato il
procedimento di valutazione transfrontaliera per una limitata variante
urbanistica del porto di Koper-Capodistria. Il Governo Sloveno, pur informato da
AAG dell’obbligo di reciprocità, non ha invece ancora richiesto all’Italia di
sottoporre lo strumento urbanistico del porto di Trieste alla valutazione
transfontaliera. Questo comportamento ambiguo delle autorità slovene si è
tradotto in un vantaggio considerevole per il progetto del terminale Gas Natural
a Zaule visto che una procedura di V.I.A. transfrontaliera sul piano regolatore
del porto di Trieste richiederebbe almeno due anni di tempo per arrivare a
conclusione (e in questo periodo la Gas Natural non potrebbe avviare nessun
lavoro).
Il Governo Sloveno non ha quindi esercitato il suo diritto/dovere di controllo
su progetti ad elevato impatto ambientale che danneggerebbero l’intero Golfo di
Trieste, e così facendo non ha tutelato gli interessi dei propri cittadini.
In caso di mancato avvio della procedura di V.I.A.-V.A.S. (entro il 25 giugno)
AAG e Greenaction presenteranno denuncia ai competenti Organi comunitari
(Commissione Europea-Parlamento Europeo).
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2010
«I dati sulla temperatura dell’acqua sono sbagliati» -
L’attacco al rigassificatore: «La quantità di cloro annienta gli organismi
marini della baia»
IL TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO
Mentre Gas Natural sta seminando più di un indizio sul fatto che avrebbe
sciolto gli ultimi dubbi sulla scelta di Trieste (in ballo era anche Taranto),
gli ”antirigassificatori” tornano nuovamente all’attacco con nuovi studi.
Il gruppo di scienziati ed esperti che presta la propria opera nel Tavolo
Tecnico Rigassificatori Trieste (TTRT), promosso dalla Uil Vigili del Fuoco FVG,
ha pubblicato un’analisi collegiale. Nel documento viene spiegata - secondo il
tavolo tecnico - una sconcertante serie di improprietà, errori e falsificazioni
contenuti nella documentazione ambientale presentata da Medea e da GasNatural
per il progetto del rigassificazione di Zaule . Frutto di alcuni mesi di lavoro
di una ventina di docenti e ricercatori, la nuova analisi si rivela di
stringente attualità, poiché sviscera, tra gli altri, i contenuti della
relazione del febbraio 2008 curata dalla società spagnola DHI.
Proprio quest'ultima, nonostante abbia da tempo sollevato molteplici obiezioni
di sostanza è stata infatti utilizzata dal rappresentante di Gas Natural Ciro
Garcìa Armesto per illustrare la propria attività agli operatori economici
convenuti lo scorso 17 maggio all'incontro a porte chiuse promosso dalla Camera
di Commercio di Trieste.
Oltre a chiarire l’inquietante questione delle temperature, la nuova analisi
spiega una serie di artifici di calcolo impiegati, che finiscono per produrre
risultati in tutto favorevoli all’impianto, ma completamente inattendibili,
sempre stando al documento della Uil Vigili del fuoco.
L'asserzione riguardo il presunto insignificante raffreddamento della baia, che,
invece, come dimostrato, si raffredderà in maniera significativa (come avevano
giustamente affermato anche i primi consulenti di GasNatural, in seguito
sostituiti).
Riguardo il cloro, gli esperti del Tavolo Uil ribadiscono con forza che il
problema più rilevante non è tanto quello della sua concentrazione residua
presente allo scarico - seppur importante -quanto quello dell’enorme volume
d’acqua che l’impianto sterilizzerebbe. Dal punto di vista chimico e biochimico,
il principale impatto ambientale del rigassificatore sarà infatti provocato
dall'annientamento di quasi tutte le forme di vita veicolate dall'acqua,
eccezion fatta per quei pochi batteri capaci di resistere al trattamento.
Racovelli: Comune privo di una politica ambientale -
ALLA LUCE DEL RAPPORTO ISPRA
Crollo verticale (- 37% dal 2000 al 2008) dell'estensione delle zone a traffico limitato in centro città. Scarsità di piste ciclabili. Valori complessivi molto elevati delle emissioni inquinanti nell'aria. Inefficienza della raccolta differenziata. Sono alcuni degli indicatori su cui si basa l'accusa che il capogruppo dei Verdi in consiglio comunale, Alfredo Racovelli, ha pubblicamente rivolto al sindaco Dipiazza, in quanto detentore della delega sull'ambiente. «Tanto per cominciare - ha detto Racovelli - è dal 2008 che Dipiazza non si preoccupa di individuare un assessore che si occupi specificamente dell'argomento, ma i dati resi noti in questi giorni sono molto preoccupanti». Il capogruppo dei Verdi ha analizzato il sesto rapporto redatto dall'Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra), derivandone un risultato che ha definito «particolarmente grave». Sottolineata da Racovelli anche la disponibilità dei triestini a usare i mezzi pubblici, scesa dell’11,1% dal 2000 al 2008. «La giunta dovrà rispondere alla popolazione di questa inefficienza nell'approccio a una seria politica ambientale - ha concluso Racovelli - a partire dalla totale assenza di un piano complessivo in materia, che preveda l'intermodalità in centro, con provvedimenti che dissuadano dall'uso indiscriminato delle auto private».
(u. s.)
ECOSPORTELLO PROVINCIALE
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la
realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori
dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
Ecosportello è in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i
venerdì dalle 17 alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2010
Dal rigassificatore al Silos, i 18 progetti inclusi nel
Piano strategico di qui al 2020 - Quattro miliardi per far decollare la città
SVILUPPO ECONOMICO: LE PREVISIONI DI DIPIAZZA
Quattro miliardi di investimenti, in parte già acquisiti, per far decollare
Trieste. Li prevedono i diciotto progetti catalogati e messi in un dossier dal
sindaco Roberto Dipiazza quasi a costituire il suo testamento economico da
lasciare alla città. Sono le infrastrutture e gli insediamenti che dovranno
andare a compimento entro il 2020, «ma per il 50 per cento potrebbero essere
pronti nei prossimi due o tre anni». È indefinito il computo di quanti posti di
lavoro riusciranno a creare, ma sono tesi a creare una città con livelli di
disoccupazione ai minimi storici. Tra i diciotto filoni d’oro ai quali dovrà
attaccarsi la Trieste del futuro vi sono i grandi progetti già noti, a partire
dalla Piattaforma logistica e dal rigassificatore, ma anche chance inedite quali
un Impianto lavaggio scorie e terre e Serre idroponiche, queste ultime da
realizzare sfruttando l’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore
allorché avrà la quarta linea.
«Nell’ambito della riconversione della Ferriera di Servola - riferisce Dipiazza
- mi ha chiamato il presidente della Regione Tondo invitandomi ad aprire il
tavolo sullo sviluppo economico del territorio che è stato deciso spetti appunto
al sindaco. Avrei potuto limitarmi a enumerare tre o quattro alternative valide,
ho preferito redarre un vero e proprio Piano strategico del futuro economico
della città in cui credo fermamente». «Andasse a compimento il 10 per cento di
quanto lì previsto - ha commentato Franco Palman dell Uilm, uno dei sindacalisti
della Ferriera che ha visto in anteprima il Piano - noi saremmo già contenti».
Per l’amministrazione comunale è tutt’altro che un libro dei sogni, ma se
sognare non costa niente, non è costato nulla nemmeno il libro. «Dieci anni fa
Illy aveva speso milioni di lire per un volume patinato sul suo Piano strategico
decennale - la stoccatina di Dipiazza - io con questa semplice brochure fatta
dagli uffici comunali non ho speso praticamente nulla».
Ecco nel dettaglio i diciotto nuovi pilastri della Trieste del futuro, con la
specificazione dei tempi entro cui è prevista la loro realizzazione, ben sapendo
però che la collocazione temporale slitta inevitabilmente quasi sempre.
DEPURATORE DI SERVOLA. Verrà realizzato dall’Acegas per un costo preventivato di
50 milioni di euro. Il lasso di tempo in cui verrà costruito è indicato nel
quinquennio 2010-2015. Nel programma attuativo regionale (Par) per il periodo
2007-2013 l’assessore alle Finanze Sandra Savino ha assegnato 39 milioni per
l’adeguamento e il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue
urbane che saranno impiegati per il nuovo depuratore. Per permetterne la
realizzazione la Sertubi ha recentemente trasferito il proprio deposito in
un’area dell’autoporto di Fernetti.
QUARTA LINEA TERMOVALORIZZATORE. L’investimento in questo caso sarà di 100
milioni e la prospettiva temporale è collocata nel periodo 2012-2015. La
capacità del trattamento dei rifiuti passerà dalle attuali 100 mila tonnellate
all’anno a 250 mila e Trieste potrà così trattare anche i rifiuti provenienti
dal Friuli che oggi utilizza ancora le discariche.
IMPIANTO LAVAGGIO SCORIE E TERRE. Con un investimento di 6 milioni e 500 mila
euro sorgerà, tra il 2012 e il 2013, su un’area di 6 mila metri quadrati e potrà
trattare 60 mila tonnellate all’anno di questo tipo di rifiuti che oggi vengono
portati fino in provincia di Brescia.
SERRE IDROPONICHE. L’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore a 4
linee sarà sfruttata dall’Acegas per costruire con 30 milioni di investimento,
15 mila metri quadrati di serre tra il 2012 e il 2013.
SILOS. In questo caso vi sono già stati alcuni rinvii dell’inizio dei lavori che
dovrebbero comunque partire a breve. Il grande centro commerciale e del tempo
libero con all’interno anche un’ampia sala congressi dovrebbe essere completato
entro il 2013 con un investimento di 120 milioni da parte di Coop Nordest.
RIGASSIFICATORE. La battaglia tra i pro e i contro sta infuriando. Il Governo ha
già dato il via libera, si attende quello della Regione. Gas Natural ha previsto
un investimento di 600 milioni. La prospettiva per il completamento dei lavori è
stimata in 50 mesi, oltre quattro anni. Il traffico di navi previsto è di 110
gasiere all’anno.
METANODOTTO. Al suo interno sarà pompato il gas del rigassificatore. Si attende
la Via del ministero dell’Ambiente, per la pipeline che dovrà correre per 27
chilometri tra Trieste e Grado sotto il mare e per altri 19, tra Grado e
Villesse, fuori terra. La Snam ha previsto una spesa di 130 milioni, anche in
questo caso 50 mesi di lavori.
CENTRALE 400 MW. È quella prevista dalla Lucchini nell’area ex Esso con un
investimento di 300 milioni per 30 mesi di lavori. È necessariamente prevista la
sinergia con il rigassificatore. Anche in questo caso si attende la Via del
ministero dell’Ambiente.
CENTRO INGROSSO. L’ha previsto la Camera di commercio su 24 mila metri quadrati
in territorio del comune di San Dorligo della Valle. L’ammontare
dell’investimento è di 14 milioni con un cofinanziamenro della Regione per 5
milioni. La prospettiva temporale indicata è 2011-2012.
NUOVO ACQUARIO. È stato recentemente previsto dallo stesso sindaco Dipiazza
nell’ex Pescheria. Importo previsto 20 milioni con disponibilità al
confinanziamento da parte della Fondazione CrTrieste, prospettiva temporale
prevista 2011-2013, ma il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti
intende ancora battagliare per un Parco del mare alternativo.
MAGAZZINO VINI. Il sindaco aveva annunciato che lo avrebbe buttato giù nel giro
di qualche mese dopo la sua prima elezione. È ancora lì, ma la Fondazione
CrTrieste si appresta finalmente a trasformarlo in una moderna struttura
polifunzionale. L’ammontare dell’investimento è di 15 milioni. In una delle
ultime ipotesi doveva completare il Parco del mare sulle Rive, ma così non sarà.
Anche in questo caso la conclusione dei lavori prevista per il 2012 sembra
ottimistica.
SILVIO MARANZANA
Il dossier in Regione Tutte le alternative per il
dopo-Ferriera - A BREVE LA PRESENTAZIONE
Il Piano strategico per il futuro economico di Trieste
redatto dal sindaco Roberto Dipiazza che prevede 18 progetti con quasi 4
miliardi di investimenti sarà presentato prossimamente in via ufficiale alla
presenza del presidente Renzo Tondo in Regione nel momento in cui saranno
unificati i tre tavoli aperti per la riconversione della Ferriera di Servola che
verrà chiusa nel giro di qualche anno. Un’eventualità che potrebbe anche subire
un’accelerazione dal momento che. come annunciato nei giorni scorsi
dall’assessore Vladimir Kosic, la Regione ha deciso di riaprire il 15 giugno il
dossier per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata
alla Servola spa. Saranno verosimilmente emanate prescrizioni molto più
stringenti alle quali l’azienda potrebbe avere molte difficoltà ad adeguarsi.
Intenzione della Regione è di giungere alla redazione di una legge ad hoc sulla
riconversione che sarà costruita da un comitato ristretto sulla base delle
indicazioni che proverranno dai tre tavoli aperti. Riguardano rispettivamente il
programma di riconversione professionale e occupazionale che fa capo alla
Regione stessa, le bonifiche e l’aspetto ambientale che sono stati demandati
alla Provincia e lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi che è stato
appunto analizzato dal Comune.
(s.m.)
DUE GIUGNO - Film sulla Costituzione e concerto rock -
Sindacati e pacifisti coinvolgono le giovani leve per la Festa della Repubblica
Manifestazioni al ”Dante”
Coinvolgere le giovani generazioni in una discussione sui principi fondanti
della Costituzione «perché sono sempre attuali, oggi più che mai, in un momento
di smarrimento della Repubblica». È questo l’obiettivo della “Festa della
Repubblica”, manifestazione organizzata per martedì e promossa da Tavola della
pace e della democrazia, Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie
Chaplin, Comitato Pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra,
Legambiente, Rete artisti per la pace, studenti Nientescuse Ts.
Il programma prevede al mattino, alle 11, al liceo classico Dante, la proiezione
del film sulla Costituzione “Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, al quale
farà seguito un dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta alle 17,
al teatro Miela. Il dibattito che seguirà sarà introdotto dal costituzionalista
Paolo Giangaspero, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
cittadina.
A chiusura della manifestazione è previsto un concerto con alcuni gruppi locali:
Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il
duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di
chitarre e voce. Prima di ciascuna delle esibizioni musicali saranno letti
articoli della Costituzione.
«Stiamo vivendo un momento molto particolare della vita repubblicana – ha detto
Luciano Ferluga del Tavolo della pace e democrazia – per questo abbiamo ritenuto
opportuno organizzare questa manifestazione». Anna Maria Mozzi, vice presidente
della Commissione regionale per le Pari opportunità, ha rimarcato la «necessità
di far conoscere ai giovani di oggi diritti e doveri per i cittadini». Adriano
Sincovich, segretario della Cgil, ha parlato di «iniziativa a largo raggio,
dedicata ai temi della salvaguarda della Costituzione repubblicana. È in atto un
duro scontro all’interno del Paese - ha proseguito - ed è importante parlare ai
giovani dei principi costituzionali».
Luca Visintini, segretario della Uil, ha detto che «non bastano le parate
militari per celebrare il 2 giugno, serve invece un approfondimento sulla
Costituzione e sui suoi valori». Luciano Bordin, segretario della Cisl, ha
indicato nell’insegnamento ai giovani della «grande valenza della conservazione
dei valori contenuti nella Costituzione» uno degli scopi della manifestazione
del 2 giugno.
Italia Nostra proporrà riflessioni sull’articolo 9 della Carta, nel quale si
parla della tutela del paesaggio.
(u. s.)
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 29 maggio 2010
Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste
IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2010
«Risposte urgenti sul rigassificatore» - LA TRASPARENZA
CONVOCA SINDACI E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
I sindaci Dipiazza, Nesladek, Premolin (Trieste, Muggia e
San Dorligo) e la presidente della Provincia Bassa Poropat sono gli invitati
alla prossima riunione della Commissione Trasparenza del Comune di Trieste.
Un’audizione «in relazione – annuncia il presidente dell’organismo consiliare di
vigilanza, Alfredo Racovelli, capogruppo dei Verdi – all’ipotesi di
realizzazione del rigassificatore».
L’esponente dei Verdi è convinto che, in sede di analisi dei rischi connessi
all’opera, «qualcuno abbia lavorato per ridimensionarli agli occhi della
pubblica opinione. Per questo motivo – dice Racovelli – intendiamo sentire i
sindaci delle aree coinvolte e la Bassa Poropat, in modo che i cittadini possano
farsi un’idea più precisa dell’estrema pericolosità del rigassificatore». Ancor
più critico Roberto Giurastante, ambientalista esponente di Green action: «Tutte
le denunce che abbiamo fatto alle competenti autorità in Italia non hanno avuto
alcun esito – sostiene – mentre quelle inoltrate all’Unione europea hanno
sortito l’apertura di procedimenti di verifica». Giurastante evidenzia che «non
esiste una sufficiente preparazione nella popolazione, intendendo per tale anche
i cittadini di Capodistria, per i casi di incidente grave che, con la presenza
di un impianto come il rigassificatore, sono elevatissimi».
L’esponente di Green action parla di «inesistenza di piani di evacuazione
rapida», ricordando come l’Ue «abbia messo in mora l’Italia il 24 aprile dello
scorso anno, per il mancato rispetto della normativa Seveso, che obbliga gli
enti locali alla comunicazione, alle popolazioni interessate, dei rischi e delle
procedure d’urgenza».
Secondo Adriano Bevilacqua, della Uil del Corpo dei Vigili del fuoco, punta il
dito sul «progressivo depotenziamento del Corpo dei pompieri, determinato dal
taglio delle risorse destinate alla prevenzione». Ricordando come a Trieste
«operino già industrie ad alto rischio».
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - «Il ministro Prestigiacomo disinformato
sul rigassificatore di Zaule»
Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro
dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell'incontro con il collega
sloveno Žarnic. I resoconti riferiscono infatti che, per la valutazione degli
aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto
Trieste-Grado-Villesse sarebbe "oggettivamente scollegato" dal progetto del
rigassificatore di Zaule. Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il
rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il Gnl rigassificato
agli utenti finali?), così come sono noti - e dovrebbero esserlo anche al
ministro - i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull'intero
ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai
fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle
gasiere, sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti
prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati, come il Wwf e altri hanno ripetutamente
segnalato. Ce n'è abbastanza per concludere che la valutazione su
rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata
congiuntamente (altro che progetti "oggettivamente scollegati"!). Il ministro ha
poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa
del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore
sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde
dell'impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le
conclusioni di una procedura Via - quella sulla centrale proposta da Lucchini
Energia - ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si
sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat
politici? Un film già visto, d'altronde, proprio con la Via sul progetto degli
spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell'acqua di
scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni
inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale
delle polveri fini PM10 emesse nell'intera Provincia di Trieste. Dare per
scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un
ministro dell'ambiente. Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una
sorta di arrogante "do ut des": la Slovenia rinuncia ad ostacolare il
rigassificatore di Zaule e l'Italia in cambio non creerà ostacoli
all'ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura Vas
(valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po' di ricatto, in verità, e verrebbe semmai da chiedersi come
mai sull'ampliamento di quel porto sia in corso una Vas transfrontaliera, mentre
nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto
di Trieste (che pure prevede un grande "polo energetico" al suo interno, in un
sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da
GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri
chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai
muggesani prima ancora che al Governo sloveno.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
”Miani”, al via un volantinaggio - NUOVA ASSEMBLEA DEL
CIRCOLO SULLA FERRIERA
Un volantinaggio che inizierà fra pochi giorni e che
«coinvolgerà i 74mila triestini e muggesani investiti dall'inquinamento
atmosferico originato dalla Ferriera di Servola, in modo da far conoscere loro i
pericoli ai quali vanno incontro e l'inerzia dei pubblici amministratori che
dovrebbero tutelarli». E un pubblico confronto «che metta finalmente di fronte
la popolazione e coloro che dovrebbero intervenire per porre fine a questo
drammatico problema».
Sono queste le conclusioni alle quali si è arrivati ieri sera, al termine
dell'affollata assemblea che ha visto riunirsi nella sede del circolo Miani una
novantina di persone. Il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, aveva invitato
all'appuntamento tutti i politici che rivestono incarichi pubblici «per un
dibattito sulla Ferriera». Hanno risposto in due: il consigliere regionale di
Rifondazione comunista, Igor Kocjiancic e l'esponente del gruppo Beppe Grillo,
Paolo Menis. Il primo ha detto che «nonostante le continue denunce presso la
Procura degli sforamenti, l'attività dello stabilimento prosegue senza
interruzioni di sorta. L'uscita di Alessia Rosolen dalla giunta Tondo - ha
sottolineato - provocherà nuovi rallentamenti nel lavoro dei tavoli aperti
sull'inquinamento atmosferico, ma insisteremo con il monitoraggio».
Menis, che ha annunciato la presentazione di una lista del gruppo Beppe Grillo
alle prossime comunali, ha dichiarato che «il diritto alla salute prevale su
quello al lavoro». Fogar in chiusura ha criticato i sindacati «che mai si sono
preoccupati delle condizioni di salute dei lavoratori della Ferriera».
(u. s.)
Casa e risparmio energetico Aperta la rassegna Abitare
- FINO A DOMANI SULLE RIVE
La casa è un luogo fondamentale nella vita, ma oltre a
possederla bisogna anche saperla arredare, magari sfruttando le soluzioni più
innovative e convenienti. Le ultime novità riguardano il risparmio energetico e
le fonti rinnovabili.
Proprio in quest'ottica nasce la prima edizione di ”Abitare, soluzioni per la
casa ed il risparmio energetico», ideata e realizzata dall’agenzia di eventi
Flash con la collaborazione di Trieste Terminal Passeggeri e con il patrocinio
del Comune di Trieste.
La rassegna Abitare - allestita in una tensostruttura allestita in riva Nazario
Sauro e aperta fino a domani - non vuole essere soltanto un’esposizione
specializzata di quello che offre il settore, ma si propone anche come occasione
di apprendimento e divulgazione con appositi incontri e conferenze. «Questa
manifestazione - dice Vincenzo Rovinelli, amministratore dell’agenzia Flash -
riguarda la casa sia dal punto di vista dell’arredo sia dei servizi, compresa la
domotica, delle nuove tecnologie e del risparmio energetico». Un modo per
avvicinare i cittadini a questo mondo, spesso conosciuto in modo superficiale.
Diversi i temi che verranno affrontati nelle conferenze in programma per la tre
giorni espositiva, a cominciare dal convegno internazionale ”Trieste e le fonti
rinnovabili”, organizzato dall’Associazione Italiana Biocostruire Mediterraneo.
«Questo primo convegno - spiega Elvio Ermacora, presidente di Aibim - vuole
essere una fonte di informazione e di formazione concreta e reale: la fonte
energetica rinnovabile è il risparmio». Inoltre altro spazio sarà dedicato al
sistema fotovoltaico, alla Biomassa, alle energie rinnovabili nella casa del
futuro, alla progettazione sostenibile e alla certificazione energetica degli
edifici, al verde pensile e ai nuovi serramenti a risparmio energetico.
Andrea Di Matteo
Muggia, entro il mese di giugno le ruspe dentro l’area
Acquario - Sbloccata l’impasse burocratica, manca solo una concessione
Sono soddisfatto ma l’esperienza ci insegna che la
battaglia non è ancora vinta
MUGGIA Ruspe in azione sul terrapieno Acquario nell'ultima settimana di
giugno: si sblocca l'impasse che per anni aveva congelato qualsiasi progetto di
recupero del sito interrompendo di fatto la linea di costa muggesana verso
Lazzaretto. A dare un decisivo colpo d'ala al suo rilancio, il rientro nei
giorni scorsi all'Arpa da un laboratorio specializzato che si trova in Veneto,
dei risultati delle controanalisi eseguite dal Cipra dell'Università proprio
sulle acque antistanti il sito oltre che sul suolo stesso per la rilevazione di
amianto e diossina, elementi che con la strumentazione in dotazione all'Arpa non
è possibile rilevare.
Da indiscrezioni trapelate sino a questo momento, parrebbe che il livello di
inquinamento presente sul sito, specialmente nei punti estremi del terrapieno,
quelli a contatto con il resto del lungomare, non presentino parametri
allarmanti. Il completamento delle controanalisi era l'ultimo passaggio tecnico
prima dell'avvio della conferenza dei servizi che in questi giorni la Regione
sta convocando, per legge, non prima di 15 giorni dalla conclusione delle
indagini chimiche. «Andiamo alla terza settimana di giugno - conferma Paolo
Cartagine del servizio ambiente della Regione - in queste ore stiamo inviando le
lettere agli enti interessati, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa,
Provincia, oltre, naturalmente alla Regione».
L'incontro servirà ad illustrare l'esito delle rilevazioni e sulla base di
questo risultato si deciderà il futuro del sito: qualora venissero confermate le
ipotesi emerse sino ad ora, ovvero di un basso livello di inquinamento, la
Regione emanerà un decreto immediato che di fatto potrebbe spalancare le porte,
anzi il cancello dell'attuale recinzione, all'intervento di risanamento,
possibile già il giorno successivo a cura del Comune di Muggia.
Resta un ulteriore passaggio formale, quello della concessione dell'area dalla
Regione allo stesso Comune, ma la richiesta era già stata avanzata con largo
anticipo e non dovrebbero esserci ostacoli al suo rilascio. «Accolgo
quest'ultimo passo avanti con estrema soddisfazione anche se la cautela mi
suggerisce di aspettare ancora qualche passaggio prima di dichiarare vinta
questa lunga battaglia», commenta il sindaco, Nerio Nesladek che sul recupero
del sito Acquario ha da sempre puntato quale elemento fondamentale per il
rilancio dell'intero tratto di costa.
La prima cosa da fare, se tutte le caselle andranno al loro posto, sarà il
ripristino della linea di scogliera che in alcuni punti è crollata e la bonifica
del terrapieno dai materiali ferrosi e di riporto che oggi costituiscono un
rischio per l'incolumità. Ultimato questo primo necessario intervento
preliminare, il progetto del Comune per la risistemazione del terrapieno e del
resto di strada per Lazzaretto prevedono la realizzazione di un'area di
balneazione attrezzata, un parcheggio, una pista ciclopedonale con la
possibilità di introdurre in via sperimentale e per periodi limitati anche il
senso unico in direzione Slovenia.
GIOVANNI LONGHI
Pasta in piazza, contro le mafie
Oggi e domani torna nelle principali piazze italiane, l'ottava edizione de "la pasta dell'Auser" l'appuntamento con la solidarietà a sostegno del Filo d'Argento Auser, il servizio di telefonia sociale che aiuta gli anziani soli. I volontari dell'associazione Auser saranno in centinaia di piazze italiane con gli spaghetti biologici frutto del Progetto Libera Terra che, grazie alla legge 109 del '96, restituisce alla collettività beni confiscati alle mafie con l'obiettivo di sviluppare un circuito economico legale e virtuoso. La pasta dell'Auser è buona due volte perché unisce il sapore della solidarietà a quello dell'impegno per la legalità e la giustizia. Una pasta "antimafia" che aiuta gli anziani. Madrina dell'appuntamento è anche per quest'anno la conduttrice televisiva Rita Dalla Chiesa che ha deciso di impegnarsi personalmente diventando testimonial di Auser. Da sempre attenta alle tematiche di giustizia e legalità, Rita Dalla Chiesa ha deciso con entusiasmo di stare a fianco dell'Auser nella sua giornata più importante. La Dalla Chiesa ha gentilmente prestato la sua voce per uno spot radiofonico che trasmesso sulle principali radio e la sua immagine per la realizzazione di una apposita locandina. Abbinato all'evento "La Pasta dell'Auser" ci sarà un concorso: una cartolina da compilare in distribuzione nelle piazze italiane. Chi parteciperà al concorso potrà scoprire di essere vincitore di un Super Premio, un soggiorno per due persone (5 giorni e 4 notti) in Sicilia alla scoperta dei sapori della giustizia e della legalità e dei prodotti buoni della terra e di uno dei 15 cesti con vino, olio e pasta prodotti da Libera Terra. Per info: www.auser.it ufficio stampa: 348.2819301. Va ricordato che recentemente l’Auser ha siglato un protocollo d’intesa con Legambiente per sviluppare iniziative congiunte su temi come la qualità della vita, vivere e consumare solidale e sostenibile, il valore della conoscenza, il turismo sostenibile, tutela e promozione dei beni pubblici.
SEGNALAZIONI - «Differenziata obbligatoria, ma manca la
rete» - RACCOLTA RIFIUTI
Il regolamento sulla gestione dei rifiuti - pubblicizzato
di recente - risulta carente proprio sulla raccolta differenziata che da
optional diventa obbligatoria e per la quale più impellenti e cogenti sono le
normative europee e nazionali.
Mancano i presupposti pratici-organizzativi perché tutti siano messi in
condizione di assolvere a tale obbligo; si dice che raddoppieranno le isole
ecologiche ma si finge di ignorare che la conformazione del territorio e
l’elevato numero di auto in sosta lasceranno sguarnite di tale servizio numerose
zone della città ed i rispettivi residenti, né sono previste alternative: non si
ipotizza un impegno per il gestore a un adeguato investimento in dotazioni più
confacenti al territorio (contenitori e autocarri per asporto più piccoli con
frequenza maggiore). Né si intravede la possibilità di raccolta porta a porta
anche per le utenze domestiche.
Il regolamento tace anche sulle modalità di controllo della filiera del
riciclo/recupero che incide, positivamente o negativamente, sui costi del
servizio. A tutt’oggi le dichiarazioni del sindaco su una riduzione della Tarsu
«grazie al termovalorizzatore» restano smentite dai fatti. Non si è voluto
scegliere un modello premiante al pari di altri Comuni, quelli che utilizzano
sistemi efficaci e capillari per cui viene tassata la produzione effettiva di
rifiuti: premio per i cittadini virtuosi, incentivo per i riottosi. Infine,
molte delle sanzioni appaiono inapplicabili per insufficienza numerica dei
«controllori» a fronte di un maggior impegno e per la casualità e saltuarietà
dei controlli, poco consone ad un regime di obbligatorietà. Per non parlare
dell’ennesima vigliaccata nei riguardi di soggetti estremamente indigenti o
patologici che «rovistano tra i rifiuti».
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere Pd IV circoscrizione
SEGNALAZIONI - Antenne in attesa
In questi giorni è ritornato prepotentemente alla ribalta
il problema delle antenne per la telefonia mobile, ben duecento sono state già
collocate, mentre una cinquantina «attendono silenziose» di avere un sito. Fermo
restando che è giusto parlarne, che vanno informati i cittadini, specialmente i
più giovani, ad un uso corretto che deve essere fatto del telefonino e in attesa
che il «Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti di
radiobase per la telefonia mobile», venga finalmente approvato, è necessario
trovare una soluzione che dia risposta a questo prolificare selvaggio delle
antenne sul territorio di Trieste.
Ecco quindi che, nel rispetto della normativa regionale di settore, va istituito
un tavolo operativo con gestori, tecnici comunali, l’Arpa e un componente della
Commissione consultiva, in rappresentanza dei cittadini, prevista nella
normativa relativa al piano della telefonia mobile, allo scopo di concertare la
collocazione sul territorio comunale di nuovi impianti, tenendo conto del
rispetto dei siti sensibili, di far collocare le antenne in modo che il «centro
elettrico» sia posto ad altezza superiore delle case circostanti, di raggruppare
più antenne sulla stessa localizzazione, di preferire la collocazione delle
antenne su aree o edifici di proprietà comunali e d’impegnare formalmente i
gestori a trovare, ove possibile, e nel rispetto dei criteri esposti, nuove
sistemazioni a quelle antenne già collocate ma che risultano essere vistosamente
penalizzanti per i caseggiati vicini. Questi sono i contenuti di una mozione da
me presentata, in consiglio comunale, che se verrà approvata, sarà un importante
passo avanti, in attesa dell'approvazione del «Piano antenne», verso la
soluzione di un problema che da troppi anni vede contrapposti i cittadini ai
gestori, con l’Amministrazione che il più delle volte risulta praticamente,
tranne che per l’aspetto paesaggistico, priva di ogni potere di veto, per
mancanza di specifiche leggi.
Alessandro Minisini - Gruppo misto Partito della Nazione
IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2010
«Trieste è splendida ma vedi prima le brutture» - L’INTERVISTA AL SINDACO DI CAPODISTRIA
Tondo ? In campagna elettorale mi disse che del rigassificatore non voleva saperne, adesso lo appoggia in pieno
Popovic: dalla Ferriera al Porto Vecchio, i turisti
fuggono. Se il Parco del mare si fa qui noi ci tiriamo indietro
È innamorato di piazza Unità e buon cliente del Tea Room - Ma detesta le quattro
corsie sulle Rive con quelle piante in mezzo: «Un cimitero»
Imprenditore, sindaco di Capodistria dal 2002, estroverso e senza peli sulla
lingua, finito nel 2003 in prigione per un mese con l’accusa di frode fiscale,
in buoni rapporti col sindaco Dipiazza che spesso lo cita come «il mio amico
Popovic», un fluente italiano, eletto con una sua lista, «Capodistria è nostra»,
con la quale si ricandida a ottobre, Boris Popovic viene spesso descritto come
«un fiume in piena» quando parla di qualcosa che gli sta a cuore.
E così è quando racconta della risalita della sua città, dei progetti in corso,
del turismo che cresce e più ancora crescerà, di come ha preso al volo l’idea di
incastonare un Parco del mare sul mare suo, diventando nei fatti la cartina al
tornasole delle indecisioni triestine. Parla ancora di come ha ingaggiato un
architetto celebre come Tobia Scarpa per progettare una spiaggia, e un’isola
artificiale «in stile Dubai», di come ha agganciato Royal Caribbean e perfino
Carnival, la numero uno al mondo, per fare di Capodistria una tappa di crociere
al top.
Ma non è tutto. Perché Popovic anche viaggia molto in Italia, a Trieste viene da
sempre e di continuo, anche solo a bere un caffè in piazza Unità, all’amato ”Tea
Room”, per fare un giro, con ammirazione ma anche con altri sentimenti. E ci
torna adesso, sempre volentieri, per replicare a quanti, da Dipiazza a Paoletti
passando per la lettera aperta di Roberto Sasco, lo hanno tirato in ballo sulla
spinosa vicenda del Parco del mare ”scippato”.
Sindaco Popovic, lei dice che Capodistria è al centro dell’Europa, che è facile
attrarre turisti. Ma non lo è Trieste ancora di più?
Non l’ho detto io che Capodistria è al centro dell’Europa ma, ben prima di noi,
una certa Maria Teresa... E oggi gli austriaci dicono che la Slovenia è una
perla e ha un diamante: Capodistria. Certo, quando Trieste voleva concorrere
all’Expo io mi sono offerto di aiutare, perché siamo su una linea unica, per
Trieste andrei dappertutto. Però...
Pero?
Credo si sia perso quell’occasione perché il governo italiano ci credeva poco e
politicamente era debole. Certo avrebbe dovuto dare qualcosa di alternativo a
Trieste e invece niente, neanche un progetto... C’è quel Porto Vecchio! Si
sarebbe potuti partire da lì per unire le intenzioni delle nostre due città.
Invece...
Invece niente Expo?
A parte quello, quando io spesso prendo la macchina e dico ”vado a Trieste un
attimo”, passo per un territorio terribile, orribile, bruttissimo. Quella
superstrada con le curve sbagliate e l’asfalto scivoloso, e poi la zona ex
Aquila, ma possibile che non si riesca a buttar via tutto? Lì bisogna pulire,
mettere erba, fare una foresta di alberi, un parco naturale per i triestini.
Sembra facile, ma pare che non lo sia. Bonifiche...
Ma non è solo quello, adesso vogliono mettere impianti di gas proprio davanti a
quell’area. Ma io gliel’ho detto: ma sono scemi, a Trieste? Sono amico del
sindaco Dipiazza, glielo ho ripetuto più volte: tu vendi l’anima di Trieste, e
per sempre, se accetti un impianto di rigassificazione nel golfo. Quella dev’essere
un’area per il mare, per la gente. Ma i cittadini niente, non reagiscono,
tacciono, è incredibile. Ma io dico una cosa...
Quale?
Non è che finirà il mondo se non si farà il rigassificatore, magari non finirà
qualcosa in qualche tasca... Quell’impianto lo paragonerei alla nostra Krsko.
Una centrale nucleare, con annessi e connessi, certo. Ma è stata fatta in una
zona in cui, a parte i campi di patate, non c’è altro. Nessuno, per dire, si
sarebbe sognato di farla sul mare. Qua pare invece che quasi tutti i vostri
politici non vedano l’ora di rovinare ulteriormente la costa. E non parliamo di
Tondo...
Che cosa le ha fatto il presidente della Regione?
In campagna elettorale era venuto anche da me, giurando che del rigassificatore
non voleva saperne. Poi l’hanno eletto ed è diventato il suo primo sostenitore.
Mi ha deluso moltissimo. Anche perché, col governo nazionale pienamente
omogeneo, poteva fare grandi cose e invece... No, meglio se ne torni lassù, a
cucinare...
Lei non le manda a dire, in effetti.
Quando vedo poi il Porto Vecchio, e penso che anche lì poteva essere tutta una
spiaggia. Sa che cosa bisognava fare in quell’enorme, incredibile Porto Vecchio?
Una specie di mini-Venezia. Canali, così che ci si sarebbe entrati solo con le
barche. E attorno appartamenti, non solo quei vecchi enormi magazzini. E magari
un’Aqualandia che sarebbe stata apprezzatissima dai triestini. Sarebbe stata una
cosa magnifica per il turismo. Invece... Mi chiedo che turista possa rimanere in
città vedendo la Ferriera in quegli stati e il Porto Vecchio abbandonato... Gira
la macchina e se ne va. Bisogna fare le cose che nessun altro ha. Bisogna
inventare qualcosa di nuovo.
C’era il Parco del Mare...
Può esserci ancora. L’ho detto proprio oggi (ieri ndr) al presidente della
Camera di commercio Paoletti: se Trieste si muove e fa presto, noi ci facciamo
da parte. Diversamente lo realizzeremo a Capodistria. Anche noi abbiamo fatto i
nostri calcoli, e le stime sulla possibile affluenza reggono. Altro che Dipiazza...!
Cosa le ha fatto il sindaco?
Fa discorsi assurdi. Si agita, si muove, sembra voler far tutto lui ma poi non
so quanto faccia. Non contano le dimensioni della città su cui grava il
progetto, ma la bontà del progetto stesso. Peschiera ha più o meno le dimensioni
di Capodistria, un decimo di Trieste e regge tutta una ”Gardaland”, con milioni
di visitatori. E non parliamo di Postumia e delle sue grotte. Il problema è che
i progetti vanno realizzati...
Invece le cose stanno molto ferme?
Tutto, tutto fermo. E perché? Si temono contraccolpi occupazionali dalla
chiusura della Ferriera? Sono 400 persone, lo so bene, ma con un lavoro duro e
sottopagato. Possibile non si riesca a riciclarle? A Capodistria, solo col
recente centro commerciale ”Tus” sono state assunte 582 persone. Ripeto: 582.
Certo a Trieste avete altri problemi. Anche quello che è stato fatto...
Anche quello non le piace?
L’autostrada davanti a piazza Unità.
Quale autostrada?
Ma non avete un’autostrada a quattro corsie sulle rive, davanti a piazza Unità?
Invece di mettere le automobili in parcheggi sotterranei, e lasciare la piazza
libera di affacciarsi sul mare, con una sorta di ”trampolino” verso il golfo.
Adesso il trampolino sul mare lo faremo noi. E poi lì c’è quel cimitero.
Cimitero? Quale?
Quelle piante che stanno in mezzo alle quattro corsie. Sembra di essere in un
cimitero. Non hanno messo olivi, palme, no, quelle piante da cimitero. Mancano
solo le lapidi. A lei non pare? Tutta una bellezza buttata via. Solo semafori.
Sindaco, anche i semafori?
Ma è vero o no che ogni cento metri c’è un semaforo, sulle rive? E anche in
città, come ti giri un semaforo. A Trieste è tutto ancora come cento anni fa. E
pensare che è una città così grande, così veramente splendida.
Lei piuttosto perché non si oppone al fatto che la ”vignetta” sia obbligatoria
per i triestini anche per venire a Capodistria?
Non si può levare, non si può. Ci sono tanti turisti, devono pagare. E le
autostrade italiane, quanto costano? Io viaggio parecchio in Italia, è pazzesco
quanto costano. Invece con la ”vignetta” paghi una volta sola per tutto l’anno e
con gli stessi soldi giri dove vuoi, e quanto vuoi, si spende molto, molto meno.
Poi magari uno che ha pagato, dopo essere arrivato a Capodistria, un’altra volta
tornerà, andrà a Lubiana, o da qualche altra parte.
Un incentivo?
Ma direi un giusto sistema, europeo. Anche la Svizzera fa così, e anche
l’Austria. Il fatto di pagare le autostrade per ogni tratta poi è sconveniente
soprattutto per i triestini, chi abita a Milano o a Roma ha già tutto quel che
gli serve, da Trieste invece bisogna viaggiare, e pagare. I camion è giusto che
paghino, perché inquinano, ma non la gente.
A proposito di triestini, secondo lei hanno superato una certa logica di
confine?
La gente sì, i politici probabilmente no. Penso sia solo una questione di voti,
legata al fatto che da voi il periodo elettorale dura cinque anni, tutto un
mandato... Questo modo di fare si ripercuote fatalmente anche sulle relazioni.
Ne parlavo col presidente Paoletti: troppo pochi privati, dall’una e dall’altra
parte, hanno investito in iniziative transfrontaliere. Bisogna allestire dei
tavoli, confontarsi, conoscersi.
Ha dei suggerimenti per la candidatura del futuro sindaco di Trieste?
Intanto credo sia sbagliato l’attuale sistema che vieta di ricandidarsi dopo il
terzo mandato. Se uno ha fatto bene e ha il consenso perché deve farsi da parte?
Non sarebbe un sistema assolutamente democratico? Detto questo, auguro a Trieste
intanto che il candidato non sia un politico ma un imprenditore, meglio ancora
se totalmente svincolato dai partiti.
E ai triestini cosa augura?
Di trovare presto degli sbocchi per il futuro. È vero, Trieste è una città molto
anziana, ma ai giovani cosa è in grado di offrire? Chiaro che prima o poi sono
costretti ad emigrare verso aree più dinamiche, il business abita lì... A meno
che qualcuno non pensi di mostrare ai suoi figli la Ferriera o il
rigassificatore e dir loro: ecco, quello sarà il tuo destino...
Ci sarà qualcosa che invidia a Trieste..
Piazza Unità. Grandiosa, bellissima. Luoghi del genere non si trovano tanto
facilmente, con quei palazzi che danno al tutto un valore aggiunto.
GABRIELLA ZIANI - FURIO BALDASSI
POPOVIC - L’INCONTRO SULLA REALIZZAZIONE DEL MAXI
ACQUARIO - Paoletti: «Gli ho chiesto di aspettare»
Se Capodistria cresce col ritmo tipico di chi, tra un sistema politico e l’altro, si è perso qualche decennio di sviluppo, c’è chi guarda più in là. E crede che le attrazioni, di qualsiasi tipo siano, portino indotto a tutto il territorio. Di qua e di là dall’ex confine. «Ne ho parlato col sindaco di Capodistria Popovic – conferma Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio – trovando conferma alle nostre stime e disponibilità. Che dire? Le cifre, le proiezioni, le possibilità le ha studiate anche lui, e combaciano». «L’acquario – ha commentato Popovic – porterebbe ad almeno 900 mila visitatori l’anno», aggiungendo di aver atteso in questi anni prima di deciderne la realizzazione, perché non voleva mettersi in competizione con Trieste, ma semmai «trovare una collaborazione per movimentare i flussi turistici sui due territori». Paoletti gli ha chiesto di attendere prima di avviare l’iter per la realizzazione dell’opera simile a Capodistria e di non contattare ancora i privati investitori che intendevano finanziare la struttura, per consentire alla Camera di Commercio di chiedere ufficialmente all’amministrazione municipale triestina, di esprimersi definitivamente se realizzare o meno il Parco del Mare di Trieste».
(f.b.)
Veglia, rigassificatore a rilento Sarà pronto non prima
del 2016 Il mercato internazionale è saturo Zaule potrebbe trarne
vantaggio
Le aziende croate hanno tardato l’ingresso nel
consorzio
VEGLIA Brusca frenata per il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj)
a Veglia. L’entrata ”da moviola” delle aziende croate nel consorzio
concessionario Adria Lng e la saturazione dei mercati internazionali del gas ha
fatto slittare la data d’inizio dei lavori di costruzione, che fino a ieri
pareva essere fissata al 2011.
È stato il direttore generale del consorzio, Michael Mertl, a dichiarare che –
una volta ottenuta la licenza di costruzione (quella edile dovrà essere chiesta
prima della fine del 2012) – Adria Lng dovrà rivedere i termini di edificazione.
Una dichiarazione pesante, che sta a significare solo una cosa: il primo rombo
di ruspa nell’isola nordadriatica, così il parere degli addetti ai lavori, non
si udirà prima del 2013. Se dovesse andare effettivamente così, il terminal
entrerebbe in funzione nel 2016, fra sei anni, un lasso di tempo parecchio lungo
e che potrebbe costare caro al maxi impianto isolano.
Castelmuschio, che pareva in netto vantaggio sul rigassificatore di Zaule nel
Golfo di Trieste, potrebbe essere facilmente scavalcata dal terminal italiano,
con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. A pesare sul ridimensionamento
del progetto è stato, come già riferito, l’atteggiamento passivo delle aziende
croate designate a fare parte di Adria Lng, con una quota del 25%. Per circa un
anno e mezzo il progetto è risultato così bloccato, pausa controproducente e
provocata da Ina (impresa petrolifera), Hep (Azienda elettrica statale) e
Plinacro (principale distributore di gas in Croazia). Già lo scorso novembre il
direttore Mertl aveva messo in guardia le tre imprese croate, invitandole a
sbrigarsi nell’entrare nel consorzio. Avvertimenti rivelatisi fondati, in quanto
solo pochi giorni fa Ina, Hep e Plinacro si sono ”svegliate dal letargo”,
inviando una missiva al Gruppo, chiedendo di poter aderire ad Adria Lng. Un
ritardo ingiustificato e che di fatto rallenterà la messa in pratica del
progetto del rigassificatore, che avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2014.
Alla lentezza della parte croata, si è aggiunto un mercato pieno zeppo di gas,
in cui l’offerta supera la domanda, costringendo i grandi investitori – tra cui
Adria Lng – a tirare il freno a causa del basso costo del gas.
Quella che arriva da Castelmuschio non è una buona notizia per la Croazia, che
dipende dalle forniture russe in quanto quelle provenienti dai giacimenti
metaniferi sottomarini in Adriatico non sono sufficienti. Il Paese ha perso
l’opportunità di diversificare in tempi alquanto brevi l’arrivo di metano da
Oltreconfine e inoltre diventa un punto interrogativo il rifornimento di gas per
le necessità dell’Ente elettroenergetico croato. L’Hep ha in piano infatti di
costruire una serie di centrali elettriche alimentate a gas ed è per questo che
il rigassificatore di Veglia sarebbe giunto a pennello. In questo momento, il
Paese riesce a coprire il 60% del fabbisogno di gas grazie alla produzione
interna mentre – secondo gli esperti – l’aumento dei consumi costringerà la
giovane repubblica postjugoslava a importare nel 2020 il 60% del quantitativo
necessario. Attualmente, il consumo annuale in Croazia è di 3 miliardi e 200
milioni di metri cubi di gas: nel 2015 potrebbe essere portato a 5,7 miliardi,
toccando invece i 6,1 miliardi nel 2019.
ANDREA MARSANICH
Piano regolatore, nuova secretazione - L’ESAME AL VIA
IL 3 GIUGNO. OMERO (PD): NON VOGLIONO CHE I CITTADINI VENGANO A VEDERE?
A porte chiuse i lavori della commissione sulle oltre
mille opposizioni e osservazioni - Corsa contro il tempo, in aula entro luglio
Sarà una vera corsa contro il tempo. E, ancora una volta, si svolgerà
all’insegna della segretezza totale, con una scelta che sta già suscitando
notevoli polemiche. I lavori della VI commissione, che deve discutere le 18
prescrizioni vincolanti della Regione e le 1051 opposizioni/osservazioni sul
piano regolatore, partiranno presumibilmente il prossimo 3 giugno e, come
anticipa il presidente Roberto Sasco, si tradurranno in una maratona che ogni
giorno dalle 12 alle 15, indicativamente, dovrebbe consentire di smaltire tutte
le istruttorie. «Abbiamo calcolato – racconta Sasco – di dedicare almeno tre
sedute alle prescrizioni regionali e non meno di altre 20 alle osservazioni
residue, con un ritmo di circa 50-60 pratiche al giorno. Una tabella di marcia
che dovrebbe consentirci di finire l’istruttoria di commisione entro fine
giugno-inizio luglio e poter approdare entro quel mese nelle aule del consiglio
comunale».
Il cronoprogramma sarebbe già dovuto partire in questi giorni ma, come ha
precisato Sasco, l’architetto Ave Furlan, direttore dell’Area pianificazione del
Comune, ha chiesto una settimana di tempo in più per finire le controdeduzioni
alle richieste regionali.
E qui si arriva alla secretazione, secondo Sasco richiesta dal vicesegretario
Lorenzut, «che ha fornito una sua interpretazione». Una mossa che ha fatto
saltare la mosca al naso all’opposizione, e segnatamente a Fabio Omero del Pd,
che non ha mancato di farne l’oggetto di vibrate proteste nella riunione dei
capigruppo di ieri mattina. «Perché secretano? Non vogliono che i cittadini
vengano a vedere? Automaticamente verrebbe da pensare che abbiano qualcosa da
nascondere...» Il riferimento, poi esplicitato, riguarda casi recenti che hanno
fatto discutere (quello della cosiddetta ”pulcinaia d’oro” di Padriciano e del
tennis Club di Muggia, terreni entrambi comprati da Michele Genna e Claudio
Ciofi e miracolosamente cambiati come destinazione d’uso dopo l’acquisto).
«La maggioranza – spiega ancora Omero – si appella alla norma di regolamento che
prevede il segreto d'ufficio sugli atti in fase istruttoria. A luglio dell'anno
scorso il segretario generale aveva chiarito però che la decisione di secretare
le sedute è della Commissione capigruppo e non sua. Il suo ruolo è infatti solo
quello di esprimere pareri. Nel caso in questione il suo parere era che la fase
di esame delle delibere in Commissione è ancora “istruttoria” e quindi ogni
divulgazione è un reato di violazione del segreto d'ufficio. Altra cosa è invece
la riunione del Consiglio nella quale si passa alla fase “deliberativa”,
riunione che è quindi pubblica. Di opinione opposta era stato il difensore
civico».
Intanto Sasco, come prima apertura, ha invitato i presidenti delle sette
circoscrizioni a partecipare alla seduta sulle controdeduzioni regionali.
FURIO BALDASSI
E dal golfo torna la ”grande puzza” - È causata dalle
esalazioni degli idrocarburi delle petroliere in rada
CENTINAIA DI SEGNALAZIONI AL CENTRALINO DEI VIGILI DEL
FUOCO
La grande puzza, come ormai molti triestini sono abituati a chiamare questo
fenomeno, è ritornata in città. Ieri l’allarme è scattato attorno alle 16.30. E
sono state un centinaio le telefonate giunte al centralino dei vigili del fuoco.
I quali hanno effettuato in molti casi gli opportuni controlli, perché il timore
era quello di una fuga di gas. Prima nella zona di via D’Alviano, poi in via
Locchi e infine ad Altura. A chiamare è stata gente spaventata ma soprattutto
preoccupata.
Il mistero, che ormai non è più tale da qualche tempo, è stato svelato in breve.
Tutta colpa delle esalazioni di idrocarburi provenienti dalle cisterne di
qualche petroliera. «Quando il vento è diretto verso la costa, l’odore è
inevitabile. Se poi la gente ha le finestre aperte è chiaro che l’effetto sia
assicurato», spiegano i pompieri.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e
dell’AcegasAps (questi ultimi hanno verificato l’assenza di perdite nella rete
del gas). Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente
torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha
fatta franca.
I primi contatti ravvicinati con questo fenomeno tipicamente estivo, risalgono
all’estate del 2003.
Poi si sono ripetuti con una certa frequenza. Per giungere a una precisa
definizione era stato necessario attendere il 2004, l’Arpa aveva collegato le
esalazioni alla presenza di petroliere in golfo. Un gas inerte viene mantenuto
sullo superficie del greggio per ragioni di sicurezza. Quando la temperatura
esterna cresce di qualche grado, la pressione del gas aumenta e le valvole dei
serbatoi delle navi si aprono, facendo uscire la nuvola nell’atmosfera. Spinta
dal vento si espande poi sulla città.
(c.b.)
Timavo, 102 mila euro per ultimare la bonifica - Ret:
Ora possiamo procedere con la riqualificazione del sito e inserirlo nel circuito
turistico
FINANZIAMENTO DELLA REGIONE
DUINO AURISINA Si attendeva l’ultima tranche di finanziamento per dare
seguito all’intervento di bonifica della terza risorgiva del Timavo, e
finalmente il contributo della Regione è arrivato. Lo annuncia il sindaco di
Duino, Aurisina Giorgio Ret: «Sono stati assegnati i 102mila euro che mancavano
alla messa in sicurezza del corso d’acqua di San Giovanni in Tuba, e dunque ora
potremo procedere celermente con la riqualificazione del sito, che comprende,
oltre all’eliminazione degli ordigini bellici risalenti alla Seconda guerra
mondiale, anche la sistemazione degli argini danneggiati dall’operato dei mezzi
militari, la piantumazione delle specie vegetali rimosse e l’implemento
dell’arredo urbano, nonchè il recupero del sentiero di collegamento all’area.
Ciò – osserva – nell’ottica di favorire l’inserimento della zona, di
significativo pregio naturalistico, nel circuito turistico del territorio».
L’amministrazione comunale, intanto, per interessamento di Alessandro Fattori,
responsabile della Protezione civile, ha già inviato una lettera allo Sdai di
Ancona (Servizio disattivazione antimezzi insidiosi) con la richiesta di
intervento. Da rimuovere ancora centinaia di ordigni. Che con ogni probabilità
verranno fatti nuovamente brillare in una zona poco distante, nel Monfalconese,
vale a dire nell’area industriale del Lisert. «Putroppo – spiega Fattori – solo
i militari di Ancona possono operare per l’eliminazione di ordigni presenti in
corsi d’acqua. Lo Sdai interviene su tutto il territorio nazionale, e dunque
dovremo attendere ancora un po’ prima di concludere l’intera operazione». Il
sindaco Ret, comunque, è convinto che si risolverà tutto entro l’estate: «Ho
fatto un’espressa richiesta in questo senso. Se si attende il periodo autunnale,
con il matempo non si fa più nulla».
TIZIANA CARPINELLI
LE ORE DELLA CITTA' - FIRME PER L’ACQUA
Firme per l’acqua pubblica, superato il mezzo milione di firme. A Trieste sarà possibile firmare, domani e domenica, al Festival delle diversità all’Ausonia, in largo Bonifacio (inizio Viale) dalle 17 alle 19. Domani, in via Dante, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Alla Bottega del Mondo in via Torrebianca 19 oggi dalle 15.30 alle 17.30. Inoltre tutta la settimana al mattino nei Comuni della provincia di Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2010
Ferriera, la Regione riapre l’iter sull’Aia - Via alla
procedura il 15 giugno. Ass: «preoccupazione» per gli sforamenti nelle emissioni
RIUNIONE DELLA TERZA E QUARTA COMMISSIONE
Il 15 giugno la Regione riaprirà la procedura sul rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola. Lo ha
annunciato ieri l’assessore alla Salute, Vladimir Kosic, alla riunione congiunta
della Terza e quarta commissione del Consiglio regionale presiedute da Giorgio
Venier Romano (Udc) e Alessandro Colautti (Pdl). Come aveva già preannunciato
nell’incontro precedente l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, per procedere
l’amministrazione regionale non intende aspettare la pronuncia del Tar.
L’accelerazione decisa troverebbe avvallo anche nella lettera che il direttore
generale dell’Ass, Fabio Samani, ha inviato il 13 maggio al sindaco Roberto
Dipiazza e in cui si rileva come nel periodo 1 gennaio - 30 aprile per quato
riguarda le Pm10 si siano registrati 12 superamenti dei limiti normativi alla
centralina di via Caprineto, 4 a quella di via Pitacco, 14 a quella di via Svevo
e 17 al mezzo mobile. Si fa anche presente che il Dm 60/2002 prevede che dal
primo gennaio 2010 i superamenti non possano essere più di 7 all’anno. «Questa
azienda in più occasioni, in sede di tavoli tecnici e conferenze di servizi,
nonché nella precedente corrispondenza - si legge nella lettera - ha espresso
precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti
all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa, rappresentando la propria
preoccupazioni in tal senso. Si ribadisce pertanto la necessità di adottare gli
idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica».
Ieri, interrogato dal consigliere del Pd, Sergio Lupieri, su quali dovrebbero
essere i provvedimenti, Samani ha risposto che «questi sono i dati e sta ora ai
politici decidere». Ma il secondo elemento di novità emerso dall’incontro è che
un immediato intervento che verrà avviato per verificare la situazione
ambientale all’interno dello stabilimento vedrà il coinvolgimento di un
professionista dell’Azienda sanitaria. Secondo Maurizio Bucci, consigliere del
Pdl, proprio un più deciso atteggiamento da parte dell’Ass impresso dal recente
cambio del direttore generale potrebbe essere la chiave di volta per giungere
alla chiusura, da lui auspicata, dello stabilimento. Secondo la stessa nota
ufficiale emessa dalla Regione, «il tavolo interdisciplinare e interassessorato
è un chiaro segnale che l’amministrazione regionale ha avviato un percorso di
dismissione dell’impianto. Il problema della salute - si afferma - dovrebbe
imprimere una forte accelerazione in tal senso». Lo stesso Lupieri ha ieri ha
affermato che «non è più sostenibile la sospensione del procedimento di riesame
dell’Aia in attesa del pronunciamento del Tar perché la salute non è mai
negoziabile».
Nel corso del riesame dell’Aia dunque, se si verificherà, come auspica Bucci,
che i tecnici aiuteranno i politici a mettere in campo azioni utili per la
tutela dei cittadini, la Servola spa verrà sostanzialmente stretta all’angolo
dalle prescrizioni molto più stringenti che verranno emanate.
È comunque anche vero, come ha ammesso l’assessore Kosic, che non esiste alcuno
studio che attesti negli abitanti di Servola un’importante esposizione a
inquinanti ambientali. Il campione selezionato, 79 cittadini su base volontaria
e i risultati che sono emersi non sono tali da avere un’evidenza scientifica,
bisognava raggiungerne almeno 150-200. «Sostanziamente comunque - ha concluso
Kosic - non si sono rilevate indicazioni di particolare gravità. E lo stesso
vale per i dipendenti dell’azienda».
SILVIO MARANZANA
FERRIERA - Dall’altoforno sibilo e fiammata Paura a
Servola
Un sibilo che poteva sembrare uno scoppio, una fiammata e
il terreno che ha tremato per 40 secondi. L’episodio, alle 8.20 di ieri mattina
in Ferriera, ha messo in fuga operai impauriti e innescato telefonate
preoccupate di servolani.
«L’altiforno è andato in sovrappressione - ha spiegato il responsabile della
comunicazione Francesco Semino - e allora è entrato in azione il sistema di
emergenza: si sono aperti i ”blider”, cioé le valvole che permettono lo
sfiatamento. Comunque nessun danno».
«Diossina dall’inceneritore, chiediamo l’oblazione» -
La magistratura bloccò due linee di smaltimento: potenzialmente pericolose
MOSSA A SORPRESA DEI LEGALI CHE DIFENDONO MARINA
MONASSI E ALTRI DIRIGENTI DELL’EX MUNICIPALIZZATA
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione. Lo prevede la legge, se viene
applicata correttamente».
Questa semplice istanza, avanzata dall’avvocato Giovanni Borgna e accompagnata
da una ponderosa memoria scritta e da una dettagliata illustrazione in aula, ha
causato un mezzo terremoto nell’udienza di apertura del processo nato dalle
ripetute fuoriuscite di diossina con valori superiori ai limiti di legge
misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’inceneritore
di via Errera. All’epoca due delle tre linee di smaltimento erano state fermate
dalla magistratura perché ritenute potenzialmente pericolose per la salute
pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da
Trieste e dall’Isontino i rifiuti raccolti nei due centri urbani. Il blocco
delle due linee era stato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps,
al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini, cinque milioni di euro.
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione» ha affermato in apertura d’udienza
l’avvocato Giovanni Borgna. Accanto a lui erano schierati gli altri legali -
Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Sergio Mameli - che assistono i vertici della
ex municipalizzata trascinati in aula come imputati. Il problema che ha di fatto
bloccato il procedere del processo è rappresentato dalla difficile applicazione
delle leggi in campo ambientale. In sintesi tre sono le vie percorribili in
astratto per sanzionare sul piano penale le fuoriuscite di diossina. C’è la
legge 152/06 conosciuta come Codice dell’ambiente ed è la più generica e ammette
l’oblazione. C’è la 133/05, una norma speciale sugli inceneritori che è stata
applicata in questa indagine dal pm Maddalena Chergia e che non ammette
oblazioni. E c’è la norma specialissima della 59/05 invocata dall’avvocato
Giovanni Borgna, che regola le emissioni degli impianti soggetti a dichiarazione
integrata ambientale, come l’inceneritore di via Errera. Questa norma ammette
l’oblazione anche se tutti i difensori degli imputati - Marina Monassi,
direttore generale dell’Acegas, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione
ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin,
già amministratore della società - ieri in aula hanno affermato di essere
pronti, dati e perizie alla mano, a difendersi egregiamente anche nel merito. La
richiesta di oblazione risponde unicamente all’economia processuale.
Il mezzo terremoto - come abbiamo detto in apertura dell’articolo - nasce dal
fatto che secondo la difesa a questo caso è stata applicata una normativa troppo
generica e non quella specifica degli impianti soggetti a dichiarazione
integrata ambientale. Il pm d’udienza si è trovata di fronte a questa nuova
situazione e ha informato del nuovo scenario il pm Maddalena Chergia che ha
gestito l’indagine. La rappresentante dell’accusa è entrata in aula, ha
esaminato la memoria presentata dall’avvocato Borgna e ha chiesto tempo al
giudice Paolo Vascotto per rispondere adeguatamente all’istanza di oblazione.
Il processo riprenderà dunque il 29 settembre, data in cui dovranno essere
sciolti questi nodi. Va aggiunto che le emissioni fuorilegge di diossina erano
emerse all’improvviso in base alle misure effettuate dai tecnici dell’Arpa.
L’episodio più inquietante risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nonogrammi per
metro cubo d’aria alla bocca del camino. Dieci volte più del valore limite.
Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l’11 e il 12 genanio
2007 con rispettivamente 0,189, 0,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.
CLAUDIO ERNÈ
Il Comitato No Tav: «Progetto antieconomico, potenziare
il trasporto locale su rotaia»
OGGI UN VOLANTINAGGIO ALLA STAZIONE CENTRALE PER
CONTESTARE LA TRIESTE-DIVACCIA
Volantinaggio “No Tav” oggi davanti alla Stazione ferroviaria di piazza
della Libertà. A organizzare la protesta il Comitato “No Tav di Trieste e del
Carso”, che ieri ha illustrato le motivazioni che hanno portato a questa
manifestazione, estesa a tutte le principali stazioni ferroviarie del Friuli
Venezia Giulia. «Il sistema dei treni ad alta velocità – dice Peter Behrens,
esponente di Rifondazione, parlando per conto del Comitato – è perdente sia
sotto il profilo economico, sia sul fronte dei servizi ai cittadini, perché sarà
pagato coi soldi di tutti, ma destinato a pochi. Noi vogliamo invece un treno
che serva a tutti, soprattutto ai pendolari e alle merci. Per questo motivo si
deve cambiare modo di pensare al trasporto, renderlo più locale e meno
centralizzato in poche stazioni».
Le ragioni esposte sul volantino riguardano la «necessità di accelerare i treni
esistenti, implementare la rete di linee transfrontaliere e quelle interne, non
isolare le città minori». I rappresentanti del Comitato non si dichiarano
contrari solo alla tratta “Trieste-Divaccia”, ma in generale al sistema Tav. Nel
volantino, si fa riferimento anche alla preoccupazione espressa dalla deputata
europea Debora Serracchiani, la quale ha affermato che «l’Italia, non avendo
ancora iniziato i lavori, rischia si perdere i finanziamenti europei, dato che,
da giugno, per valutare la finanziabilità, l’Ue non si baserà più sul fatto che
le tratte siano transfrontaliere, ma solo sull’analisi del rapporto fra costi e
benefici e per questa valutazione tutte le tratte italiane potrebbero essere
stralciate».
(u. s.)
VOLONTARIATO - Svolta al Csv, eletto Pierpaolo Gregori
- Battuto Andino Castellano: «Ho presentato proposte concrete»
Membro del direttivo per la provincia
È Pierpaolo Gregori, direttore della rivista Help e
presidente dell'associazione di volontariato Tutela Onlus, il consigliere eletto
per Trieste nel direttivo del Centro servizi volontariato. Il Csv offre ai suoi
soci servizi che vanno dalla consulenza all'assistenza logistica alla promozione
di eventi, con l'intento, come indicato dalla Legge quadro sul volontariato, di
qualificare e sostenere le organizzazioni di volontariato presenti sul
territorio. Cinque in tutto le sedi sul territorio regionale distribuite nelle
quattro province, più una che fa riferimento a Tolmezzo per il territorio
carnico; a queste poi si aggiungono altre 12 sedi secondarie di collegamento con
le quattro provinciali. Cinque i consiglieri eletti per le diverse zone che
compongono il direttivo del Csv, più altri quattro rappresentanti per
rispettivamente il Comune di Pordenone e le Province di Pordenone e Udine – che
si alternano con quelle di Trieste e Gorizia - oltre al Comitato di Gestione
(l'ente erogatore dei fondi a favore del volontariato). A Trieste sono 162 le
associazioni iscritte, per un totale di oltre 15 mila soci.
Gregori, che siederà al Csv per i prossimi tre anni, prende il posto di Andino
Castellano, figura storica dell'associazionismo, vicepresidente della
federazione di Trieste del Movimento per il volontariato nazionale e da sempre
volontario di “Linea Azzurra - in difesa dei minori”. Una vittoria schiacciante
per Gregori, che ha portato a casa 69 voti su un totale di 92 associazioni di
Trieste, presenti venerdì scorso all'assemblea organizzata a Palmanova. «Hanno
capito che c'è una reale volontà di cambiare, soprattutto in termini
pragmatici», racconta Gregori, che ha organizzato un pullman di 50 persone per
portare a votare i triestini. Tra gli altri candidati per Trieste anche Andino
Castellano, sostenuto dalla sezione regionale del Movimento per il volontariato
nazionale. «Per la prima volta sono stati presentati dei programmi per le
attività da fare nei prossimi tre anni – racconta Gregori – il mio ha prevalso
su quello di Castellano, un programma più filosofico, mentre io ho cercato di
presentare qualcosa di concreto con numeri e cifre. Nei prossimi anni i fondi
per il volontariato saranno in misura sempre minore e così dobbiamo cercare di
risparmiare. Intanto in sede di assemblea è stata approvata la mia proposta di
ridurre i compensi dei revisori dei conti da 35 mila euro a 11 mila».
Fitto il programma che Gregori intende portare avanti nei prossimi anni per
cercare di razionalizzare i costi della struttura. «La mia proposta è di
informatizzare il Csv, ad esempio fornendo una tessera con un microchip per
l'accesso ai servizi, potenziare il sito, contenere i costi di funzionamento
degli organi direttivi, valutare la permanenza dei dodici sportelli di secondo
livello, valorizzare il personale».
Secondo Castellano però le scelte di Gregori ricordano il mondo aziendale. «Il
Csv deve restare una vera associazione e vanno valorizzati i progetti del mondo
del volontariato. Le proposte di Gregori ricordano un volontariato
autoreferenziale, la nostra non è un'occupazione né un trampolino di lancio per
chissà quali ambizioni».
Ivana Gherbaz
Canovella, progetto per canalizzare le acque piovane -
AURISINA. IL TAVOLO IN MUNICIPIO
DUINO AURISINA La proposta di affidare nelle mani del
geologo Bruno Grego la risoluzione della spinosa vertenza che gravita
sull’ambito A32 di Marina di Aurisina è stata accolta con favore da coloro che
hanno preso parte all’assemblea di ieri pomeriggio in municipio. Un incontro a
cui non tutti, però, hanno potuto partecipare a causa di un ”qui pro quo” sulla
comunicazione della data fissata per la riunione. Circostanza, questa, che non
ha mancato di sollevare qualche mugugno.
Il tavolo (presenti Fvg Strade, proprietari di ville, agricoltori e il sindaco
Giorgio Ret) è stato tuttavia fondamentale per buttare giù i capisaldi del
complessivo intervento per contrastare il dissesto idrologico esistente
nell’area tra Canovella de’ Zoppoli e le Ginestre.
Entro il 9 giugno il geologo Grego sarà chiamato a presentare un primo progetto
per la canalizzazione delle acque piovane, opera che spetta a a Fvg Strade. «Si
tratta di un intervento prioritario – ha spiegato il sindaco Ret – da cui si
deve prioritariamente partire. L’elemento che incide di più sull’erosione dei
terreni è proprio l’acqua piovana. Successivamente verrà presentato un altro
piano per la messa in sicurezza del tratto più critico della strada. Il Comune –
ha concluso – andrà a verificare a che punto sono gli espropri della strada,
avviati dal Commissario di governo decenni fa, per il perfezionamento delle
operazioni».
TIZIANA CARPINELLI
ATER - E si parte con l’edilizia sostenibile - Pannelli
solari e fotovoltaico per 48 abitazioni in via Dell’Acqua
Entro la fine dell’anno si chiuderà la fase di definizione
delle soluzioni tecnologiche e dei materiali da utilizzare. Lo stesso avverrà
per la progettazione vera e propria. Così, «entro il giugno del 2011 potrà
essere affidato l’appalto», conferma il direttore dell’Ater di Trieste Antonio
Ius. Seguirà l’avvio dei lavori. Questo l’iter che, tappa dopo tappa, porterà
alla costruzione in via Cesare dell’Acqua di 48 alloggi per i quali saranno
adottate in via sperimentale tecniche rispondenti ai principi dell’edilizia
sostenibile nel rispetto del protocollo regionale Vea. In programma, anche il
ricorso a «pannelli solari, al fotovoltaico e al sistema di recupero e
riutilizzo, per quanto possibile, delle acque piovane», aggiunge Ius.
L’intervento di edilizia residenziale sovvenzionata, previsto appunto su un’area
disponibile di proprietà dell’Ater, comporterà una spesa complessiva di circa 10
milioni di euro. «Di sette milioni è l’anticipo che la Regione ci darà
attraverso il canale dell’edilizia sovvenzionata, cifra che l’Ater restituirà
all’ente regionale nel giro di trent’anni - spiega Ius -. Sempre dalla Regione
arriveranno rispettivamente altri 250mila e 40mila euro annui, in entrambi i
casi per dieci anni, tramite differenti capitoli di finanziamento».
Proprio a inizio settimana la giunta comunale, intanto, ha licenziato la
delibera con cui si approva lo schema di Accordo di programma da stipulare con
la Regione, l’Ater della provincia di Trieste, il dipartimento di Ingegneria
civile e ambientale dell’Università triestina e il Consorzio per l’Area di
ricerca. Quest’ultimo, come recita la delibera, potrà «contribuire alla
definizione dei contenuti sperimentali e delle analisi di convenienza tecnica,
economica e gestionale affiancando l’Ater e la Regione nella valutazione dei
risultati». Mentre il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’ateneo
triestino andrà a «supportare la sperimentazione necessaria con azioni di
ricerca ed alta formazione».
Gli alloggi saranno costituiti probabilmente da cucina, soggiorno, bagno e due
stanze da letto. Una volta assegnati, gli appartamenti verranno sottoposti a un
monitoraggio biennale per verificare il funzionamento e le risposte in termini
di economicità delle soluzioni ecosostenibili. Il caso di via dell’Acqua,
infatti, potrebbe essere utilizzato come esempio da seguire per la futura
costruzione di altri nuovi edifici residenziali.
(m.u.)
Parte l’operazione pannelli solari a Gorizia, saranno a
costo zero
IL PROGETTO PRESENTATO DALLA PROVINCIA CONSENTIRÀ
L’INSTALLAZIONE DI 330 IMPIANTI FOTOVOLTAICI
La Popolare di Cividale copre tutti i costi in cambio del credito garantito dal
Conto energia. Il bando fra una decina di giorni
GORIZIA Cedere il credito garantito dal Conto energia fino a quando
l’impianto non sarà ripagato. In cambio, occorre aprire un conto corrente alla
Banca di Cividale, che finanzia l’intera operazione. Il tutto, a fronte di un
contributo di 300 euro a fondo perduto che verrà assicurato dalla Provincia di
Gorizia. Sono questi gli ingredienti di ”Go Elios Family”, il progetto
presentato ieri congiuntamente dal gruppo Banca di Cividale e dalla Provincia di
Gorizia: uno dei primi di questo genere ad essere formalizzati in Italia.
“L’obiettivo – ha spiegato il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta – è
permettere ai cittadini di disporre di un impianto solare a costo zero e di
beneficiarne una volta che, attraverso il Conto energia, la banca avrà
recuperato i soldi per l’acquisto e l’installazione dell’impianto”. L’ente
provinciale, in vista del bando che si aprirà tra una decina di giorni (e al
quale potranno rispondere solo coloro i quali sono residenti in provincia di
Gorizia), ha stanziato complessivamente 100mila euro, sufficienti per circa 330
impianti.
L’istituto di credito, che gestisce l’operazione attraverso la controllata
NordEst Banca, la quale a sua volta si appoggerà operativamente agli sportelli
goriziani ed isontini della Banca di Cividale, ha preventivato una spesa globale
compresa tra i 6 e i 7 milioni di euro per sostenere il progetto. ”Al di là del
ricavato del conto energia (0,46 euro per ogni kilowattora prodotto; cifra
destinata con ogni probabilità a calare del 20% circa dall’anno prossimo, ndr) –
ha spiegato Lorenzo Pelizzo, presidente della Banca di Cividale – per noi il
vero vantaggio è rappresentato dall’apertura del conto corrente da parte di
coloro che risponderanno al bando. Questo ci consentirà di fidelizzare nuova
clientela e di veicolare i nostri prodotti”. Un ”ritorno” di natura commerciale,
dunque, in cambio della possibilità di andare a coprire i propri consumi
energetici e di guadagnarci, una volta che l’impianto si sarà ripagato (e ciò
normalmente avviene in un tempo di circa 10 – 15 anni). Da segnalare il fatto
che le installazioni saranno curate da imprese del territorio. Verrà stilato un
elenco di ditte al quale gli interessati potranno fare riferimento. L’unica
condizione per le aziende è che dovranno rispettare una nota tecnica. Questo
documento, va specificato, prevede delle caratteristiche standard per quanto
concerne l’ubicazione dell’impianto.
Nicola Comelli
Tre giorni all’Ausonia nel segno delle ”diversità”:
incontri, musica, assaggi - IL FESTIVAL DA DOMANI A DOMENICA
Tema dalla kermesse è la ”non-violenza”: si parte con
omeopatia per animali, nucleare, ecologia
La sede è lo stabilimento balneare Ausonia in Riva Traiana, il periodo da
domani a domenica, i contenuti sono molteplici, anzi letteralmente ”diversi”.
Parte nel prossimo fine settimana l'ottava edizione del ”Festival delle
Diversità”, evento organizzato dal trittico di realtà triestine formato da
”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, ”I Cammini Aperti” e ”Centro delle
Culture”, con il contributo della Provincia di Trieste e del Centro Servizi
Volontariato del Friuli Venezia Giulia. La tre - giorni promossa all'Ausonia si
basa quest'anno sul tema della non-violenza, ma conferma nel complesso il
consolidato copione delle passate edizioni del Festival, articolando i toni
sull'impegno antico del dialogo e del confronto, dando vita a una giostra di
tappe quotidiane colorate da convegni, animazione per bambini, teatro, concerti,
mostre, cibo multietnico, workshop e altre forme, tutte nel segno della
”diversità”.
Alla edizione 2010 del festival saranno circa 50 le associazioni locali che
hanno aderito alla manifestazione, coinvolgendo tra l'altro qualcosa come 250
tra operatori e artisti: «Associazioni che partecipano fattivamente all'intero
allestimento, non solo per la pura presenza», ha precisato Elena Giuffrida,
portavoce dello staff organizzativo, nel corso della conferenza di
presentazione, nella sede della Provincia, a cura di Dennis Visioli, assessore
alle Politiche di Pace. «Un dato che conferma il reale impegno sociale e la
solidarietà quali punti fissi dell'evento».
Evento che si affida a una sequela di variegati appuntamenti.
Domani la kermesse si apre attorno alle 16, con la conferenza curata dal medico
veterinario Andrea Sergianpietri, sul tema ”Omeopatia per gli animali - scelta
consapevole per sostenere e non violentare la Natura”; nella stessa giornata il
cartellone si espande con iniziative musicali (danza del ventre, danza indiana e
moderna, percussioni africane), tavole rotonde sui temi della identità, della
ecologia e soprattutto sul nucleare.
Su quest'ultimo argomento convergono aspettative particolari da parte degli
organizzatori del Festival delle Diversità. Obiettivi ribadito a chiare lettere
anche nel corso della conferenza di ieri, dalle parole di Diego Mancarella,
vertice di ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, convinto assertore della
necessità per il nostro territorio della divulgazione di alcuni dati e ricerche
legati al nucleare, di ambito civile e militare. Materia che verrà affidata a
Angelo Baracca, docente di Fisica all'Università di Firenze, atteso a Trieste
nelle conferenze di domani (alle 19) e sabato (alle 17). Le restanti due
giornate del festival sembrano reggere il ritmo della variopinta intensità
annunciata dagli ideatori, oscillando dalle tematiche ecologiche a quelle della
libertà sessuale, stemperate ancora da musica, animazione e adattamenti teatrali
((www.cultures.it).
Francesco Cardella
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Le detrazioni del 55% convengono all'economia italiana
L’Enea ha presentato un bilancio sulle detrazioni fiscali
del 55% per l’efficienza energetica nel triennio 2007-2009. Con il sistema,
introdotto attraverso la legge finanziaria 2007, in tre anni sono stati varati
interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici per un
valore complessivo di oltre 7,8 miliardi di €. Nello stesso periodo, si è
registrato un incremento degli interventi di risparmio energetico con
investimenti pari a circa: 1,4 miliardi di euro nel 2007; 3,5 miliardi di euro
nel 2008; 2,9 miliardi di euro nel 2009 (dato non ancora definitivo). I dati
sono stati presentati dall’Unità tecnica per l’efficienza energetica dell’Enea,
durante il workshop "Detrazioni fiscali per l’efficienza energetica: analisi,
risultati e prospettive" tenutosi presso la sede Enea. L’incontro è stato
l’occasione per stilare un bilancio dei risultati ottenuti grazie al meccanismo
del 55% e per un confronto fra le parti interessate sulle prospettive del
programma e le implicazioni della scadenza del programma stesso, fissata al 31
dicembre 2010.
Il futuro della detrazione del 55% per l'efficienza energetica negli edifici è
infatti a rischio. Giampaolo Valentini, responsabile del settore efficienza
energetica per l’Enea, ha spiegato che la probabilità di una proroga
dell’incentivo oltre il 31 dicembre 2010 è bassa: “il Ministero dello Sviluppo
Economico, come confermato pubblicamente dal sottosegretario Stefano Saglia, è
favorevole a rinnovare la misura, ma quello dell’Economia è più propenso a far
morire l’incentivo, considerato troppo oneroso”.
Durante l’incontro sono stati presentati alcuni dati del centro di ricerca
Cresme che smentiscono le preoccupazioni sui costi del sistema di incentivi. Per
quanto riguarda il bilancio dello Stato, lo sgravio fiscale per gli interventi
di riqualificazione energetica risulterebbe a costo zero. Se da un lato,
infatti, con le detrazioni del 55% si sono registrate delle mancate entrate per
le casse dell’erario statale, dall’altro si possono considerare delle entrate
immediate che derivano dall’imposta sul valore aggiunto con la vendita e
installazione derivanti dagli interventi per il risparmio energetico. Oltre a
queste entrate vanno ad aggiungersi anche quelle derivanti dall’emersione dal
lavoro nero e dalla creazione di nuove imprese orientate all’efficienza
energetica.
Valentini durante un suo intervento in occasione di Solarexpo, ha sostenuto che
“in realtà i costi dell’incentivazione sono ben minori dei benefici monetari e
ambientali che la detrazione fiscale del 55% comporta”. Secondo lo studio Cresme
infatti se la stima del costo della manovra per lo Stato dal 2007 al 2010 è di
6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200
mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito
derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 mln €), ammontano a 10.310 milioni
di euro, questo senza contare i benefici, più difficilmente quantificabili, come
le emissioni evitate e lo stimolo a favore dell’occupazione, dell’innovazione e
di un tessuto produttivo maggiormente attivo.
Anche gli imprenditori difendono gli incentivi: “la mancata conferma del bonus
del 55% - avverte ad esempio Angelo Artale, direttore generale di Finco -
vibrerebbe un durissimo colpo ad una parte dell’industria delle costruzioni già
pesantemente provata dalla crisi generale, la sua riconferma potrebbe invece
costituire uno dei traini per la ripresa”.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Rigassificatore, Corazza (Idv) avverte: "No a un
baratto il cui costo graverà su ambiente, sicurezza e salute dei cittadini di
entrambi i Paesi"
In seguito all’incontro bilaterale Italia-Slovenia al
quale hanno partecipato i Ministri dell’ambiente dei rispettivi paesi, avente a
tema il Rigassificatore di Trieste, l’ampliamento del porto di Capodistria e le
procedure di sicurezza sulle centrali nucleari, interviene Alessandro Corazza:
«Attenzione – avverte – perché i Governi stanno facendo un baratto che antepone
gli interessi economici al diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini».
«Da una parte l’Italia permetterà alla Slovenia l’ampliamento dell’aerea
portuale di Capodistria, tanto caro al governo Sloveno; dall’altra si assicura
così il placet dei vicini sul progetto del Rigassificatore, tanto caro a Governo
e Gas natural. Inoltre le rassicurazioni sull’impianto di rigassificazione
fornite dall’Italia alla Slovenia appaiono decisamente risibili rispetto alla
dimensione delle problematicità che invece investono il diritto alla salute dei
cittadini e la preoccupante insicurezza dell’impianto proposto da Gas Natural,
come già fatto notare in più occasioni dalla comunità scientifica triestina».
«La Gas Natural –continua il dipietrista - deve ancora
presentare delle modifiche al progetto in linea con le prescrizioni contenute
nel decreto di Via che risale al luglio 2009. Sul progetto pendono numerosi
ricorsi al Tar da parte di varie amministrazioni locali (Muggia, San Dorligo
della Valle e Capodistria) e di numerose associazioni per la tutela del
territorio (Wwf, Legambiente, Greenaction Transational). Questo accordo –
conclude Corazza – non serve a tutelare i diritti più importanti dei cittadini,
ma soltanto gli interessi, per lo più economici, di grandi gruppi industriali e
dei Governi interessati ai benefici finanziari che ne derivano».
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Rigassificatore di Trieste. Il WWF: “Prestigiacomo
disinformata, superficiale o arrogante?”
Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro
dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell’incontro con il collega
sloveno Žarnić, lunedì 24 maggio a Trieste.
I resoconti di stampa riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti
ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse
sarebbe “oggettivamente scollegato” dal progetto del rigassificatore di Zaule.
Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe
alcun senso (come si porterebbe il GNL rigassificato agli utenti finali?), così
come sono noti – e dovrebbero esserlo anche al ministro – i rilevanti impatti
ambientali, sugli organismi marini e sull’intero ecosistema marino, dovuti ad
esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia.
Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere (che si aggiungerebbe a
quello già prodotto dalle petroliere dirette al terminale SIOT), sia ai lavori
di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati tanto negli studi di GasNatural e SNAM,
quanto nelle valutazioni del ministero dell’ambiente, come il WWF ed altri hanno
ripetutamente segnalato.
Ce n’è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e
metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro
che progetti “oggettivamente scollegati”!), per non dire delle innumerevoli
gravi scorrettezze, contraddizioni e falsità negli studi di GasNatural, del
fatto che le osservazioni ed i pareri dei Comuni in cui tali scorrettezze,
contraddizioni e falsità venivano documentate, non sono stati presi in
considerazione dal ministero dell’ambiente, ecc.
Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento
del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al
rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le
acque fredde dell’impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di
anticipare le conclusioni di una procedura VIA – quella sulla centrale proposta
di Lucchini Energia – ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal
concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso
ai diktat politici? Un film già visto, d’altronde, proprio con la VIA sul
progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell’acqua di
scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni
inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale
delle polveri fini PM10 emesse nell’intera Provincia di Trieste. Dare per
scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un
ministro dell’ambiente. Così come del tutto irrazionale è il “protocollo
d’intesa” firmato un anno fa da Regione, Provincia e Comune di Trieste con
Lucchini, nel quale gli enti suddetti si impegnano a fare di tutto per favorire
la costruzione della centrale in quanto “importante intervento di miglioramento
ambientale” (sic!).
Il ministro Prestigiacomo, massimo garante (in teoria) di una rigorosa
valutazione tecnica degli impatti che i progetti di opere private comportano per
gli equilibri ambientali e la salute pubblica, pare quindi incline ad
assecondare piuttosto le pressioni della politica (e degli interessi economici
che con questa si intrecciano).
Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante “do ut
des”: la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l’Italia
in cambio non creerà ostacoli all’ampliamento del porto di Capodistria, sul
quale è in corso la procedura VAS (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po’ di ricatto, in verità, e verrebbesemmai da chiedersi come mai
sull’ampliamento di quel porto sia in corso una VAS transfrontaliera, mentre
nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto
di Trieste (che pure prevede un grande “polo energetico” al suo interno, in un
sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da
GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri
chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai
muggesani prima ancora che al Governo sloveno. Almeno questo è quello che si
augura il WWF.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Calamaretti, moli, ”girai” e seppioline spariscono
dalle nostre tavole - Dal primo giugno i pescatori non potranno più usare reti
con maglie inferiori a 5 centimetri
La direttiva europea si ripercuote in particolare sul
golfo di Trieste Guido Doz: «Bisognerà pensare a tenere in piedi il settore ma
anche a smantellare buona parte della flotta»
Un sacco di prelibatezze del nostro mare spariranno dalle pescherie e dai
tavoli dei ristoranti in meno di una settimana. Calamaretti, seppioline,
polipetti, moscardini, ”girai”, moli e ”barboni”: queste le principali specie
che i pescatori non potranno più catturare dal primo giugno, quando scatterà la
direttiva europea che impone l’aumento delle dimensioni minime delle maglie
delle reti a strascico, da due a cinque centimetri.
A sparire dal mercato saranno anche i caperozzoli, perchè le ”turbosoffianti”,
con il nuovo limite di 600 metri dalla costa, non potranno più pescare proprio
dove si concentrano i prelibati bivalve. «Saremo costretti a lavorare
nell’illegalità – commenta Guido Doz, responsabile regionale dell’Agci Agrital –
perché al largo non si pesca nulla. La direttiva comunitaria si applica a tutti
gli Stati dell’Ue, ma il danno lo sopporterà soprattutto l’Italia e in
particolare l’Alto Adriatico».
Per il golfo di Trieste si prospetta una grossa riduzione dell’attività di
pesca. Le specie citate più sopra costituiscono infatti il 50% della produzione
annua dei 200 pescatori triestini, per un valore vicino al 40% del loro reddito
complessivo.
Qualche giorno fa Doz ha fatto il punto della situazione con il direttore
generale della Pesca del ministero delle Politiche agricole, Saverio Abbate.
«Per tenere in piedi il settore – spiega il responsabile dell’Agci Agrital –
bisognerà pensare e forme di compensazione, fermi tecnici, e anche a soluzioni
radicali come lo smantellamento di metà della flotta peschereccia di Trieste».
Deroghe alla normativa comunitaria non sono previste. La Capitaneria di porto ha
già inviato alle cooperative di pescatori una circolare in cui annuncia
”tolleranza zero” nei controlli alle barche impegnate nella pesca. Le sanzioni
per chi verrà sorpreso a usare reti proibite sono molto pesanti. «In base al
Codice della navigazione – spiega Doz – le multe vanno da 2mila a 6mila euro. Si
rischia inoltre di vedersi ritirare la licenza di pesca».
La situazione si fa dunque critica per i pescatori di Trieste e della regione.
«Piuttosto che la gente lavori nell’illegalità – sottolinea il responsabile
dell’Agci Agrital – dovremo utilizzare tutte le forme di protesta, compreso lo
sciopero».
Il previsto crollo delle quantità pescate si ripercuoterà chiaramente sulle
rivendite. «Già adesso è difficile trovare al mercato diverse specie – commenta
Livio Amato, rappresentantee delle pescherie nella Confcommercio – ma il
problema sarà più sentito dopo metà settembre, quando le specie più piccole
tornavano sul mercato». Amato lascia comunque aperta qualche possibilità:
«Confido in una deroga. Le direttive vanno adeguate alle realtà locali».
Chi vede invece non si mostra ottimista, e vede anzi chiudersi un lungo capitolo
della cucina locale è Bruno Vesnaver, titolare dell’”Antica ghiacceretta”. «Sarà
l’ennesima eliminazione – commenta – di prodotti storicamente forniti ai nostri
clienti. Non so dove si vuole arrivare con queste direttive. Va bene la tutela
del mare, il fermo pesca, ma l’eliminazione totale di certe specie non la
capisco. Alla fine – conclude – serviremo ai clienti solo pesce di allevamento».
GIUSEPPE PALLADINI
Alberi, aiuole e fioriere si mettono ”a parlare” - DA
IERI MATTINA IN CENTRO - Iniziativa a sorpresa per la promozione dell’ecosostenibilità
Fumetti sparsi. Fra piazza San’Antonio, viale XX Settembre
e ancora piazza San Giovanni. Ieri mattina, Trieste si è svegliata così, con
alcuni dei suoi punti verdi del centro (aiuole, alberi e fioriere), che
improvvisamente hanno incominciato “a parlare”. Sono apparsi infatti oltre
duecento vistose scritte legate a tronchi e rami. Il contenuto del loro
messaggio? Un esplicito sostegno nei confronti dell’edilizia sostenibile. Si
tratta del primo esempio a Trieste di “guerrilla marketing”, un sistema di
comunicazione moderno che punta a informare e far riflettere le persone
sull’importanza della sostenibilità, in particolare nel settore ambientale.
Le case “consumano” energia, e con una casa sostenibile – dice la campagna di
marketing apparsa nella notte fra lunedì e martedì in città - si risparmia
energia, si inquina meno e si vive tutti meglio. Alberi compresi. A realizzare
il tutto, per un committente locale, è stata la Leonardo servizi comunicazione.
La formula del “guerrilla marketing” è basata sull’utilizzo creativo di mezzi e
strumenti a basso budget. «Il fatto che la campagna non sia associata ad alcun
marchio fa parte del progetto di comunicazione: nei prossimi giorni si svolgerà
a Trieste un evento che permetterà di chiudere il cerchio», spiegano
dall’agenzia di comunicazione triestina, senza svelare ulteriori dettagli.
Così, ecco la comparsa delle scritte “Sosteniamo la casa sostenibile”, “Anch’io
sono per la casa sostenibile, perché ci tengo alle mie radici”, “L’erba del
vicino è sempre più verde, soprattutto se ha una casa sostenibile”, ed altre
ancora. In piazza Sant’Antonio, scatta addirittura un surreale scambio di
battute tra le palme: “Mi piacerebbe abitare in una casa sostenibile...” dice
una, “Chi ti credi di essere, la palma d’oro di Cannes?” risponde l’altra.
Dissesto geologico a Marina di Aurisina: un superperito
medierà fra le parti in lite - È BRUNO GREGO, IL GEOLOGO CHE HA STUDIATO IL
LITORALE
DUINO AURISINA Sarà ancora una volta Bruno Grego l’uomo
decisivo per la partita dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina. Lo stesso
professionista che lo scorso anno ha elaborato la relazione geologica,
geotecnica e geostatica del lembo di litorale che, per 1.200 metri, si estende
dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli, è stato infatti proposto ai privati
proprietari di ville e terreni quale ”superperito”.
Sarà lui a porsi come mediatore delle diverse istanze emerse tra le parti per
suggerire, attraverso la sua competenza maturata sul campo, la migliore
soluzione al contenzioso.
La questione si trascina da mesi. La relazione a suo tempo redatta dal geologo
Grego ha evidenziato i diversi gradi di pericolosità insiti nell’area,
estremamente bisognosa di un’urgente messa in sicurezza nonché di una regolare
manutenzione.
Lo stato di estrema precarietà del sito ha obbligato il Comune a radunare i
proprietari di case e terreni dell’ambito A32 per chiedere loro di mettere mano
al portafoglio e procedere con le operazioni di sistemazione.
L’indagine geologica, commissionata lo scorso luglio dall’ente locale, ha
definito il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione
territoriale espressa dalla variante 24 e 25. L’analisi ha rilevato una
situazione di diffusa instabilità geostatica, dettata dall’accertata mobilità
del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di
manutenzione delle opere di terrazzamento e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resa evidente anche dalla frana nel cantiere
dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti sulla costa.
Una volta riunite le parti, tuttavia, sono sorti i primi problemi. La strada che
dovrebbe essere interessata dalla messa in sicurezza è stata per gran parte
espropriata attorno agli anni ’60-’70. Di qui la ritrosia degli attuali
residenti e degli agricoltori a pagare per la sistemazione.
Oggi alle 16.30, nella sala comunale di Aurisina, ci sarà una riunione alla
presenza del geologo Grego tra i proprietari e Fvg Strade, chiamata invece a
intervenire sulla strada Costiera per inserire i mancanti impianti di scolo
della acque piovane.
«L’unica soluzione è che ognuno faccia la sua parte – dichiara il sindaco
Giorgio Ret –. Fvg Strade opererà sull’ex statale, gli agricoltori sistemeranno
i pastini e i proprietari di ville la strada. Non c’è altra soluzione. Il
Comune, per parte sua terminerà la fase di esproprio avviata anni or sono».
Ma il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza ribatte: «Perchè mai dovrebbe pagare
chi è stato espropriato negli anni ’70? A che titolo? Se Ret ribadisce la
necessità di portare a termine gli espropri vuol dire che riconosce l’uso
pubblico della strada: dev’essere dunque il Comune a farsi carico della messa in
sicurezza».
TIZIANA CARPINELLI
Poldini: 119 specie vegetali sparite in due secoli - Fra le cause l’utilizzo del Carso, il riscaldamento globale e piante ”aliene” -
Il fenomeno ha interessato aree umide, tratti costieri,
prati e pascoli - STASERA A SALES LA PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO LIBRO DELLO
STUDIOSO
SGONICO Esattamente 119 specie diverse di vegetali. E’ questo il numero di
piante che dalla fine dell’800 ai giorni nostri si sono estinte sul Carso
giuliano. Lo sostiene un super-esperto, il prof. Livio Poldini, che oggi alle
20.30, alla Biblioteca comunale di Sales, presenta il suo libro ”La diversità
vegetale del Carso fra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”.
Professore emerito alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali
dell’Università di Trieste, Poldini questa sera farà il punto su oltre 40 anni
di attività di ricerca in merito alle specie vegetali del Carso, evidenziando la
totale estinzione di ben 119 specie vegetali tra il Carso triestino e goriziano,
fenomeno riscontrato in particolare negli ambienti umidi e nelle aree dove sono
presenti coltivazioni cerealicole, ma registrato anche nelle zone costiere, in
prati e aree riservate al pascolo.
In base ai dati evidenziati nel suo ultimo libro, in realtà le specie vegetali
scomparse in particolar modo durante il XX secolo sono complessivamente 130.
Alcune sono scomparse dal Carso ”italiano” ma sono invece presenti nella vicina
Slovenia.
Quali dunque le cause di quello che si può definire un ”declino biologico” di
notevoli proporzioni? Sostanzialmente Poldini ha individuato tre fattori
primari.
Innanzitutto il modo in cui è cambiato l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo,
con la conseguente distruzione degli habitat naturali. In secondo luogo il
riscaldamento globale, che di fatto ha creato la morte di diverse piante.
Infine, ma non ultimo per importanza, l’ingresso di specie aliene.
Quest'ultimo particolare fenomeno è legato sia all’antropizzazione che
all’espansione dei cespugli e dei boschi, ma anche alla flora esotica –
suddivisa in specie ”archeofite” e ”neofite” – proveniente da altre aree
geografiche e spesso, ma non sempre, introdotta volontariamente dall’uomo.
Restando in tema di specie vegetali, di recente l’associazione Triestebella ha
organizzato una giornata in Val Rosandra per estirpare le piante infestanti
originarie di altri continenti, con particolare riguardo al Senecio.
Nel Carso giuliano sono però altre due le specie di piante ritenute pericolose:
l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che altera il paesaggio vegetale espandendosi
in competizione con le specie autoctone, e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta
sudamericana che produce una grande quantità di polline fortemente allergenico.
Riccardo Tosques
Con finestre ”selettive” e schermi oscuranti si
risparmia energia
Uno studio dell’Università di Trieste con la Esteco
potrebbe rivoluzionare l’economia domestica
È più facile a dirsi che a farsi. Il risparmio energetico tra le mura di
casa è un obiettivo condiviso da tutti per lo meno a parole. Chi non vorrebbe
consumare meno gasolio d’inverno, e rinunciare al sistema di condizionamento in
estate? Eppure le strategie che permettono di ottimizzare la climatizzazione
interna degli edifici sono tutt’altro che immediate o semplici. A volte i
tentativi home-made innescano un meccanismo perverso che, paradossalmente, fa
consumare di più perché non considera le complesse relazioni che legano
riscaldamento, raffreddamento e illuminazione di una casa.
Qualche esempio? Quando abbassiamo le tapparelle per schermare il sole estivo,
in teoria riduciamo il calore. In realtà aumentiamo l’oscurità interna, e dunque
l’illuminazione, che si traduce in un maggior consumo energetico diretto. Le
luci, poi, riscaldano l’abitazione, così decidiamo di accendere un ventilatore
o, peggio, il sistema di condizionamento. Se poi teniamo computer e stampante
accesi, o magari qualche elettrodomestico peggioriamo ancora la situazione. Non
c’è via d’uscita?
«Le soluzioni a questo circolo vizioso ci sono», rassicura Marco Manzan,
professore di Fisica Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di
Trieste e autore, assieme a Francesco Pinto, di uno studio sull’ottimizzazione
della climatizzazione domestica ai fini del risparmio energetico. «E si possono
individuare mediante simulazioni che combinano tra loro diverse strategie fino a
ottenere l’assetto energeticamente più vantaggioso. Interventi isolati – come
una tapparella più ampia o un vetro schermante – non sempre danno risultati
ottimali».
In Italia, la legislazione attuale in fatto di risparmio energetico esige che
gli edifici installino dispositivi schermanti esterni senza però stabilirne la
tipologia o le caratteristiche precise. «E siccome non esistono linee guida
ministeriali, la scelta viene lasciata spesso all’arredatore o al venditore, e i
risultati possono essere inferiori all’atteso», sottolinea Manzan.
Di qui, l’idea di realizzare uno studio sistematico per confrontare diverse
soluzioni e combinazioni. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori
dell’Università di Trieste in collaborazione con la Esteco, un’azienda insediata
in Area Science Park che si occupa di ottimizzazione progettuale, e si è valso
di un software dedicato chiamato ModeFrontier che sovrintende il calcolo
energetico ed illuminotecnico.
«Per individuare una configurazione ideale di sistemi oscuranti abbiamo preso in
considerazione schermi oscuranti fissi – pannelli da sovrapporre alle finestre
con un angolo particolare - e vetri selettivi, vetri sulla cui superficie è
stato deposto uno strato di materiale metallico che ne altera le proprietà di
riflessione, riducendo l’ingresso delle onde termiche senza alterare molto
quello delle onde luminose», spiega il docente.
Mediante un algoritmo matematico che confronta tutte le possibili combinazioni
fra loro, i ricercatori hanno lanciato oltre 1000 simulazioni prendendo in esame
una serie di possibilità –pannello, vetro non trattato, vetro trattato +
pannello e così via - al fine di ottimizzare le condizioni climatiche di un
ufficio con un tetto di 20 m2, e un’ampia finestra di 4x1,5 m esposta a sud,
tanto nella stagione estiva che in quella invernale.
I risultati hanno confermato che con particolari accorgimenti si riesce a
risparmiare quasi il 20% del consumo in Kw/ora. Dice Manzan: «Abbiamo osservato
che i risultati migliori si ottengono con pannelli quasi orizzontali posti ad
un'altezza di circa tre metri accoppiati a vetri con elevata trasparenza. Mentre
il vetro selettivo può non essere sempre conveniente perché se da un lato aiuta
a ridurre l’uso del condizionatore, dall’altro richiede una maggior
illuminazione interna, e quindi maggior dispendio energetico».
Ora i ricercatori stanno lavorando con un costruttore edile di Trieste per
combinare i dati ottenuti nelle simulazioni con quelli derivanti dall’esperienza
sul campo, in previsione di un’applicazione delle metodologie di calcolo e dei
risultati agli edifici del futuro. Il tema dell’ottimizzazione sarà trattato nel
corso del convegno «modeFRONTIER International Users’ Meeting 2010», promosso da
Esteco e previsto a Trieste il 27-28 maggio presso il Savoia Excelsior Palace.
CRISTINA SERRA
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2010
Rigassificatore, per l’Italia il dossier è chiuso - La
Prestigiacomo: «Forniti tutti i chiarimenti». Lo sloveno Zarnic: «È un’ex
questione spinosa»
PROGETTI E TUTELA AMBIENTALE / IERI INCONTRI A TRIESTE
TRIESTE Per l’Italia il discorso rigassificatore di Zaule è chiuso. Ieri il
ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, affiancata dal sottosegretario,
Roberto Menia, ha fornito in un incontro a Trieste, al suo omologo sloveno, Roko
Zarnic anche le ultime puntualizzazioni chieste da Lubiana. Quindi per Roma non
sono necessari ulteriori incontri a livello tecnico da tenersi addirittura in
sede comunitaria come affermato neanche un mese fa dallo stesso commissario
europeo all’Ambiente Peter Potocnik. Insomma, il dossier è esaurito.
«Noi abbiamo risposto a tutte le domande e le richieste fatte dal governo
sloveno - spiega il ministro Prestigiacomo - in questo lunghissimo confronto.
D’altro canto le preoccupazioni sull’impatto ambientale e sui cittadini di
questi impianti sono state e sono innanzitutto quelle italiane perché l’impianto
sarà realizzato in Italia e i principali impatti saranno sul territorio
italiano. In qualche modo - specifica riferendosi all’”ostruzionismo” sloveno -
c’è stata una volontà di rallentare l’intero iter, ma io credo che al collega
sloveno appena insediatosi al dicastero dell’Ambiente io oggi abbia posto le
condizioni di uno scambio molto leale. Tanti progetti di sviluppo ha l’Italia,
altrettanti ne ha la Slovenia, credo che in una leale collaborazione si debba
giustamente rivendicare il diritto di conoscere, di approfondire, di avere tutte
le garanzie, ma non si possa pensare di blocarsi a vicenda lo sviluppo del
Paese. Questo vale sia per il rigassificatore di Zaule sia per quanto dovrà
essere fatto con il metanodotto», che unirà l’impianto di Gas Natural a Grado.
A questo riguardo è previsto un ulteriore incontro tecnico tra le parti il
prossimo 4 giugno perché il discorso del metanodotto, che sarà realizzato da un
altro investitore, è oggettivamente scollegato da quello di Zaule, per quanto
concerne gli aspetti ambientali, non per quelli economici ovviamente.
Il ministro Prestigiacomo non lo dice apertamente ma si capisce chiaramente
dalle sue dichiarazioni che sul piatto della bilancia diplomatica ieri ha
Trieste ha pesato anche il progetto di ampliamento del Porto di Capodistria
riguardo al quale, come prevede peraltro la normativa europea vigente, un
dossier è stato inviato all’Italia chiedendo una risposta entro il 20 giugno.
Ieri la Prestigiacomo ha preso tempo, visto che tutte le carte giunte da Lubiana
sono in sloveno quindi serve un preciso lavorio di traduzione e poi di analisi.
Un ritardo di poche settimane. Ma è quasi certo che se Lubiana non dovesse più
creare ostacoli al rigassificatore di Zaule, l’Italia non ne creerà di nuovi per
l’ampliamento dello scalo capodistriano. Dunque una sorta ”do ut des” implicito.
Sempre per quanto concerne Lubiana il ministro dell’Ambiente, Roko Zarnic ha
potuto ricevere anche una rassicurazione che per la Slovenia era di fondamentale
importanza: ossia il raffreddamento delle acque del mare a causa del processo di
rigassificazione. Ebbene, ha annunciato ieri la Prestigiacomo, accanto al
rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 megawatt che utilizzerà
proprio le ”frigorie” (ossia i derivati freddi della rigassificazione che così
non saranno scaricati in mare) per produrre elettricità.
Zarnic ha preso atto della buona volontà italiana, ha definito il tutto «un’ex
questione spinosa», ma ha rimandato che qualsiasi decisione spetta al governo
cui riferirà nella riunione che si terrà giovedì prossimo.
MAURO MANZIN
Nucleare, allerta rapida in caso di incidenti - Il
raddoppio della centrale di Krsko per Lubiana è un’ipotesi ancora remota
Importante ruolo affidato dal governo al Friuli Venezia
Giulia nei confronti dei Paesi dell’Est
TRIESTE Italia e Slovenia hanno sottoscritto ieri a Trieste - con i ministri
dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic - un «accordo sulla
sicurezza» e «sull'informazione reciproca» in tema di energia nucleare.
Prestigiacomo ha detto che «si tratta di un accordo analogo a quello già
sottoscritto con la Francia» mentre «altri ne seguiranno con Austria e Stati
Uniti. Vogliamo tornare in maniera attiva nel nucleare - ha spiegato - e quindi
avere informazioni certe e precise in caso di emergenza appare importante».
In base all'accordo - alla firma sono intervenuti anche i vertici delle agenzie
nazionali sulla sicurezza nucleare - i due Paesi potranno scambiarsi 24 ore su
24 tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un eventuale
incidente nucleare.
In base all'accordo «il Paese in cui si verifica un incidente si impegna a
notificare immediatamente all'altro la natura, il momento, la localizzazione di
quell'incidente».
Italia e Slovenia al tempo stesso si impegnano a cooperare alla definizione
delle contromisure più efficaci in caso di un allarme «radioattivo».
«Questo del nucleare - ha precisato la Prestigiacomo - è un progetto che
l’Italia porta avanti con tutti i Paesi transfrontalieri». Certo la Slovenia ha
sempre fornito tutti i dati tramite l’Unione europea anche nel caso del piccolo
incidente che si è verificato circa un anno fa alla centrale di Krsko, ma
«formalizzare il fatto che si debbano scambiare le informazioni - precisa il
ministro - in termini di prevenzione, ma sorpattutto in caso di incidenti è
essenziale perché i Paesi possano regolarsi di conseguenza. E questo vale -
precisa la Prestigiacomo - non soltanto perché abbiamo un impianto a cento
chilometri dal nostro confine, vale soprattutto perché l’Italia rientrando nel
nucleare deve interagire con tutti quei Paesi che sono vicini all’Italia che
hanno il nucleare o che non hanno il nucleare per assicurare, sia in entrata che
in uscita, questo tipo di informazioni e questo è solo uno degli accordi che
stiamo portando avanti non soltanto con la Francia o la Slovenia, ma, ad
esempio, anche con l’Austria che è un Paese che non ha il nucleare ma al quale
noi dobbiamo garantire delle informazioni proprio perché vogliamo rientrare nel
nucleare». «Una centrale a Monfalcone? «Nessuno sa i siti - risponde il ministro
- e le indiscrezioni di cui si parla «sono state fatte ad arte».
Da parte slovena si registrano invece le parole del ministro Zarnic secondo il
quale «è ancora molto presto per parlare del raddoppio della centrale nucleare
di Krsko». In questo momento, la priorità energetica di Lubiana è lo sviluppo
della centrale a carbone di Sostanje, per il quale il Parlamento sloveno ha
approvato i progetti nel mese di marzo. «È chiaro - ha aggiunto Zarnic,
sottolineando il clima positivo dell'incontro - che certamente includeremo in
un'eventuale riflessione gli italiani, tenendoli sempre aggiornati».
«Il dialogo è fondamentale per lo sviluppo dei progetti energetici al di qua e
al di là del confine italo-sloveno, a favore delle nostre comunità, perché le
sfide poste dal mondo globale si possono vincere solo con la collaborazione». Lo
ha sottolineato, infine, il presidente della Regione Renzo Tondo, grande
anfitrione di una collaborazione italo-slovena per il raddoppio di Krsko, che,
ieri in Prefettura a Trieste, ha partecipato alla cerimonia della firma
dell’accordo tra le Agenzie competenti in materia di energia nucleare di Italia
e Slovenia.
Il presidente della Regione ha altresì ribadito che «si sostanzia così il ruolo
che il governo nazionale ha assegnato al Friuli Venezia Giulia e in particolare
a Trieste, dove ha sede l'Iniziativa centro europea (Ince), quello cioè di
”sostenere e coadiuvare" le iniziative politiche dell'Italia non solo nei
confronti dei Paesi dell'Est ma anche del mondo dei Balcani». (m.manz.)
Menia: «Chiusa la partita sulle bonifiche» - TAVOLO IN
REGIONE, ” SBLOCCATO” IL SITO INQUINATO
Le aziende pagheranno il danno ambientale in base a vari criteri, ma possono non aderire all’accordo
«Qui la vicenda si chiude e quello che è oggi un grande
cimitero sta per diventare la più importante area per lo sviluppo economico di
Trieste». Così il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia dopo il lungo
incontro svoltosi ieri pomeriggio nel palazzo della Giunta regionale alla
presenza dei tecnici del Ministero e dei rappresentanti delle categorie,
sull’annosa vicenda delle bonifiche dei terreni all’interno del Sito inquinato
di interesse nazionale. Parole che non si sono specchiate nella facce scure,
all’uscita, del vicepresidente di Assindustria Vittorio Pedicchio e del
presidente della Confartigianato Dario Bruni che rappresentano la maggior parte
delle imprese che in assenza di un accordo non possono insediarsi o ampliarsi.
Bruni e Pedicchio, come riferiamo a parte, hanno espresso ancora forti
perplessità.
Il Ministero dell’Ambiente si impegna - è stato reso noto ieri al termine
dell’incontro dallo stesso Menia e dal direttore generale del Ministero, Marco
Lupo, che vi ha partecipato - a quantificare la cifra che va addebitata ad ogni
singola azienda che poi è libera di aderire all’accordo generale oppure di
procedere autonomamente alla bonifica in base alle regole del codice ambientale.
Tutte le aziende, anche quelle che non hanno inquinato, sono chiamate a pagare
il danno ambientale in rapporto però alla loro ampiezza, agli anni di insistenza
sul sito, al grado di inquinamento che è stato riscontrato e al tipo di
produzione che fanno. Lo Stato contribuisce per il 50 per cento agli oneri per
la messa in sicurezza e, per chi aderisce all’accordo, agli oneri di bonifica.
Chi investe in particolare accorgimenti di salvaguardia ambientale quali il
riscaldamento fotovoltaico ottiene sconti sulla spesa da sostenere.
«Abbiamo registrato un accordo totale su questo schema d’accordo costruito tra
gli enti pubblici e al quale i privati possono aderire o meno. Abbiamo chiarito
il quadro giuridico e indietro non si torna», ha commentato ancora Menia. «Si
chiude il quarto e ultimo fronte indispensabile allo sviluppo di Trieste - ha
sottolineato all’uscita il sindaco Roberto Dipiazza - dopo la variante per il
Porto Vecchio, il Piano regolatore del porto, quello del Comune che sarà
approvato a luglio, ora l’accordo sulle bonifiche. Industriali e artigiani
devono rendersi conto che non può essere sempre mamma Roma a pagare tutto».
«Non credo che a un accordo si arriverà mai proseguendo su questa falsariga - ha
tuonato in serata il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini - perché
sono stati spacciati per grandi novità elementi che tali non sono, mentre
l’unica novità possibile e cioé quella della messa a disposizione da parte della
Regione dei soldi per le caratterizzazioni non è stata annunciata perché la
giunta Tondo non ha sbloccato il finanziamento».
«Non è stato distribuito un altro schema d’accordo - ha spiegato Stefano Zuban,
vicepresidente dell’Ezit al cui interno si trova gran parte dell’area a terra
del Sito inquinato - ma si sono discusse le linee generali di quella che sarà la
quindicesima bozza e dopo quattordici tentativi andati male potrebbe essere
quella buona». Il direttore generale Lupo, secondo quanto riportato da Zuban, ha
annunciato che sono state finalmente validate le caratterizzazioni fatte dalla
stessa Ezit su 450 mila metri quadrati, all’incirca il 30 per cento del Sin, con
una spesa di 600 mila euro stanziati dalla Regione. «Se adesso l’amministrazione
regionale mette a disposizione il resto della cifra - ha specificato Zuban - l’Ezit
è in grado di bandire subito un’altra gara europea e tra un anno potrebbe essere
noti i dati dell’inquinamento dell’intero sito».
«Abbiamo rassicurato le categorie attraverso i loro rappresentanti - ha riferito
Menia - le spese saranno rapportate alle particolari condizioni in cui si trova
ogni singola azienda. Il Ministero farà le singole stime sulla cui base ogni
azienda potrà arrivare alla transazione. Saranno identificate le condizioni
migliori per poter riutilizzare i terreni. Certo obbligatoriamente bisogna
contribuire al danno ambientale, ma la spesa sarà rapportata al numero di anni
in cui l’impresa in questione ha avuto la cosiddetta custodia dell’area. E ci
sono anche casi in cui gli imprenditori non pagheranno nulla, per esempio quelli
insediati di recente, oppure chi ha già provveduto a migliorie basilari».
«È improprio chiamarlo danno ambiantale - ha precisato Lupo - potremmo meglio
definirlo costo di rispristino di un’area. Ma l’accordo di programma è proprio
una possibilità concessa a tutti di accedere alla spesa in modo agevolato, con
la compartecipazione dello Stato al 50 per cento dei costi per la messa in
sicurezza e di non pagare nulla degli oneri di bonifica. È a vantaggio di tutti
dunque finalmente giungere nel minor tempo possibile alla firma dell’accordo».
SILVIO MARANZANA
Fogar alla sbarra per i contributi ricevuti dalla
Regione - IL PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI È ACCUSATO DI TRUFFA E FALSO
Clima molto teso e schermaglie tra pm e difesa sulla
costituzione della parte civile
Ha ascoltato le parole pesanti dei suoi accusatori Maurizio Fogar, il
presidente del Circolo Ercole Miani accusato di truffa e falso. Secondo
l’inchiesta promossa dal pm Giuseppe Lombardi, tra il 2005 e il 2006 ha
incassato centomila euro di contributi regionali attraverso attestazioni che
l’accusa ritiene false. Bilanci poco chiari e cariche sociali attribuite ad
ignare persone che si erano avvicinate al circolo, partecipando alla sua
attività.
Ha ascoltato le pesanti accuse per più di tre ore senza batter ciglio, parlando
a tratti a bassa voce col proprio difensore, l’avvocato Guido Fabbretti. Verso
le 13 Maurizio Fogar ha avuto un lieve malore. Il presidente Giorgio Nicoli gli
ha chiesto se poteva risultare utile una breve pausa dell’udienza. Ma l’imputato
ha risposto «no, prima si fa, meglio è». Un attimo dopo è uscito dall’aula per
rientravi cinque minuti più tardi. Ha preso posto nuovamente accanto al
difensore e ha ascoltato le schermaglie tra accusa e difesa, spiegando a tratti
al difensore questo o quel dettaglio.
L’udienza a tratti è stata spinosa, combattuta con accanimento e determinazione.
«Chiedo sia estromessa la parte civile che rappresenta in aula Giorgio De Cola a
cui era stato indebitamente attribuito il ruolo di componente del consiglio
direttivo del Circolo Miani. «È stata un’attestazione falsa, fatta a mia totale
insaputa» ha sempre sostenuto Giorgio De Cola che dopo aver scoperto l’uso
indebito del proprio buon nome ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si è
aperto ieri con l’audizione dei primi testimoni. La difesa di Maurizio Fogar ha
cercato di estromettere il denunciante che si è costituito parte civile con
l’assistenza dell’avvocato Mariarosa Platania. «Il denunciante non ha subito
danni diretti e immediati. Revocate la costituzione di parte civile» ha
affermato l’avvocato Guido Fabbretti cercando di disattivare in Tribunale quanto
il gip Enzo Truncellito aveva autorizzato nell’udienza preliminare.
Ma l’istanza del difensore non ha fatto breccia. L’avvocato Platania continuerà
a esercitare il proprio ruolo, affiancandosi al pm Federico Frezza e
all’avvocato Mauro Cossina che rappresenta l’amministrazione regionale, parte
offesa dal reato contestato a Maurizio Fogar.
Va aggiunto che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare -
il presidente del Circolo Ercole Miani a presentare la richiesta di contributi
pubblici, in quanto «ente di interesse culturale». Erano infatti disponibili i
finanziamenti delle leggi 68/81 e 4/99. Il circolo aveva predisposto la
documentazione richiesta e secondo la Procura, «aveva attestato falsamente a un
pubblico ufficiale, individuato nel responsabile regionale del procedimento
relativo alla concessione del contributo, che il consiglio direttivo era formato
da Giorgio De Cola, Luciana Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio
Montecarlo».
Secondo l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi
consuntivi, anche il direttore del Servizio delle attività culturali della
Regione che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i
centomila euro. Va aggiunto che da quanto la Procura della Repubblica ha avviato
l’inchiesta il Circolo Ercole Miani è stato estromesso dai contributi e le
vibrate proteste pubbliche del suo vertice, non hanno fatto cambiare idea chi
aveva assunto la decisione.
CLAUDIO ERNÈ
FOGAR - L’ACCUSATORE «Consigliere a mia insaputa»
- De Cola: «L’associazione non ha uno statuto, decide tutto lui...» Un
incarico fasullo
«Il Circolo Miani non ha tesserati, è una semplice
espressione verbale, non ha nemmeno organi statutari, le riunioni sono
informali, senza ordine del giorno e senza convocazioni. In sintesi Maurizio
Fogar decide tutto. I soldi spesso li raccoglievano in uno scatolone fatto
girare nelle assemblee».
Questo ha affermato ieri Giorgio De Cola il primo testimone d’accusa chiamato a
deporre in aula. «Ho frequentato il circolo Miani dall’autunno del 2005
all’estate del 2006. Mi ero avvicinato perché come segretario dell’Associazione
Porto Nuovo, presieduta dal professor Francesco Alessandro Querci, volevo
proporre a Fogar una attività su temi comuni. Non se ne è fatto nulla. Ma in
quei mesi ho capito come funzionava il circolo. Più tardi ho scoperto che il mio
nome era stato inserito senza che ne sapessi nulla nei documenti inviati alla
Regione. Ero diventato consigliere e avevo partecipato, sempre secondo quel
documento fasullo, all’assemblea del direttivo in cui era stato approvato il
bilancio».
«Se il presidente diceva, si fa, si faceva» ha continuato Giorgio De Cola che
nel corso della deposizione ha cercato di mettere a fuoco altri dettagli
sull’attività del Miani. La discussione a questo punto è diventata rovente
perché quanto snocciolato dal testimone, secondo il difensore di Maurizio Fogar,
non aveva nulla a che fare col capo di imputazione. Anzi, l’indagine a tutto
campo della Procura non ha ravvisato nei conti del circolo nè malversazioni, nè
un uso di fondi regionali a fini elettorali.
È emerso in aula anche l’acquisto di un fuoristrada «Rover» immatricolato a nome
del circolo Miani e usato da Maurizio Fogar. La fattura era stata poi girata
alla Fondazione Cassa di Risparmio, ma secondo Giorgio De Cola, sarebbe finita
anche nel rendiconto presentato alla Regione. Il giudice Giorgio Nicoli ha
faticato parecchio per riportare l’istruttoria dibattimentale nell’ambito
previsto dal capo di imputazione in cui non una parola è dedicata nè alla
«Rover», nè a quelle fatture, nè alle malversazioni peraltro smentite dalle
indagini così come l’uso dei contributi regionali a fini elettorali. Secondo
l’avvocato Guido Fabbretti, Fogar non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha
solo degli aspetti formali. Inoltre le assemblee del circolo si sono svolte
regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è stato redatto
alcun verbale. A sorpresa il difensore ha depositato ieri nelle mani del giudice
sei richieste controfirmate di iscrizione al circolo. Dunque esisteva una
struttura, non tutto era era deciso «sulla spada del presidente». Prossima
udienza a fine giugno.
Alla Kemiplas negato il certificato ambientale - La
fabbrica chimica di Capodistria ora rischia di dover sospendere la produzione
L’Agenzia slovena ha rilevato diverse irregolarità
nello smaltimento delle scorie
CAPODISTRIA «Kemiplas», potrebbe essere la svolta. La fabbrica di prodotti
chimici di Villa Decani, da anni contestata dagli ambientalisti e dagli abitanti
della zona, nei giorni scorsi si è vista negare il Certificato ambientale
europeo (IPPC), documento senza il quale non può continuare la produzione. La
direzione della società ha già annunciato ricorso. La «Kemiplas» aveva chiesto
il certificato ambientale già nel 2007, ma finora non aveva ottenuto alcuna
risposta.
Ora la certificazione le è stata negata, ma non per aver superato i limiti
consentiti delle emissioni nocive – cosa che del resto non è mai stata provata -
ma per il mancato smaltimento delle scorie derivanti dalla produzione di
anidride ftalica. Si tratta di circa 150 tonnellate di materiale di scarto,
risalente a diversi anni fa e prodotto in buona parte quando l'impianto chimico
era gestito ancora dalla disciolta «Iplas». La società di Villa Decani (a pochi
chilometri da Capodistria), secondo l'Agenzia slovena per l'ambente –
l'istituzione incaricata di valutare l'idoneità ambientale e di rilasciare o
negare i certificati Ippc – non ha rimosso nei tempi prestabiliti i rifiuti
tossici che erano depositati temporaneamente all'interno dell'area della
fabbrica. Per questo motivo, e' stata respinta la sua richiesta di ottenere il
certificato ambientale europeo IPPC. Alla «Kemiplas» non sono d'accordo e hanno
annunciato ricorso.
Tutti i rifiuti, sostengono, sono stati rimossi, e gli ultimi due camion con il
materiale di scarto hanno lasciato la fabbrica esattamente nel giorno in cui
l'Agenzia per l'ambiente ha rilasciato la delibera con la quale si è rifiutata
di concedere il certificato Ippc. Il ricorso sarà presentato prima al Ministero
dell'ambiente e poi, se sarà necessario, anche al Tribunale amministrativo. Nel
frattempo, la produzione continua. Il principale prodotto della «Kemiplas» è l'andiride
ftalica, componente a sua volta di diversi altri prodotti chimici, tra cui la
vernice per automobili. L'impianto, di cui gli ambientalisti ormai da anni
chiedono lo smantellamento, nel 2009 era rimasto inattivo per un lungo periodo,
ma in quell'occasione la sospensione era dovuta a motivi economici e non
ambientali.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010
Richiesta di incontro del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste al Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti.
In data 24.05.2010, gli esperti del Tavolo Tecnico
Rigassificatori Trieste (http://www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html) hanno espresso al
Presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, la loro
disponibilità ad esporre il frutto delle analisi collegialmente condotte
relativamente alla documentazione a l progetto del "Terminale di Ricezione e
Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural".
La proposta è nata a seguito della presentazione del progetto al settore
imprenditoriale che, a cura della proponente stessa, si è svolta presso la
Camera di Commercio di Ts in data 17 maggio 2010 e con replica il 24 maggio c.a..
Dando quindi seguito alle molte richieste di un contributo di chiarificazione
complementare sull’argomento, il TTRT si è reso disponibile a fornire
INFORMAZIONI OGGETTIVE CHE, aggiungendosi a quelle ricevute da Gas Natural,
permettano agli interessati di elaborare un adeguato quadro il più possibile
articolato ed equilibrato della complessa situazione attuale.
Nella speranza che il favorire la maggior trasparenza possibile in merito ai grandi progetti per la città sia obiettivo condiviso, come dal TTRT, anche dalla Camera di Commercio di Trieste, si auspica fortemente, dunque, una risposta affermativa.
Il coordinatore Regionale - UIL PA Vigili del Fuoco FVG
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010
Dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy
Lunedì 24 maggio 2010, alle ore 11.00, presso la Sala
azzurra del Consiglio Regionale (Piazza Oberdan 6 – 1° piano), ha avuto luogo la
conferenza stampa sul tema "Un'altra soluzione innovativa e più sicura:
dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di
Excelerate Energy". Alla quale sono intervenuti il consi-gliere regionale Igor
Kocijančič, Lino Santoro ed Oscar Garcia Murga (Legambiente), Adria-no
Bevilacqua ( Coor. UIL PA Vigili del Fuoco FVG).
Alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi in merito alle tematiche inerenti i
rischi antro-pici trattati dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste e alla
complessiva situazione del terri-torio del Friuli Venezia Giulia, il personale
VV.F. preposto a garantire gli interventi di soc-corso delle popolazioni
interessate dai diversi eventuali eventi incidentali non è, allo stato attuale,
in nessun modo in grado di far fronte con sufficiente efficacia alle emergenze,
ipo-tizzate e ipotizzabili, ed assicurare così la necessaria sicurezza agli
operatori ed alla popolazione.
A causa infatti dell'inadeguatezza dei criteri procedurali di prevenzione, della
scarsità dei mezzi e risorse in dotazione, dell'esiguità del personale e
dell'inidoneità delle norme rego-lamentari del CNVVF, non è possibile, a
tutt'oggi, riscontrare le condizioni minime necessa-rie per permettere al
personale di soccorso V.V.F. di operare con le prescritte garanzie di sicurezza.
Convinta che la mancanza di un'etica della sicurezza, unita alla scarsa
diffusione di una cul-tura della prevenzione, favorisca il proliferare di
comportamenti lesivi degli interessi della collettività e sollecitata dalle
recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per impianti di
approvvigionamento GNL, la UIL PA VV.F del FVG si è pronunciata per promuovere
non tanto una mera pratica episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la
gestione dei ri-schi antropici e che possa essere a salvaguardia dell'ambiente e
dell'uomo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2010
Rigassificatore di Veglia chiesta la licenza edilizia
al governo di Zagabria
L’opera sarà portata a termine nell’arco di 4 anni e
movimenterà 10 miliardi di metri cubi di gas
FIUME Un’altra tessera del composito mosaico rispondente al nome di
rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola altoadriatica di Veglia.
Ieri l’altro Adria Lng, il consorzio internazionale a cui sono stati affidati
approntamento e gestione del terminal metanifero vegliota, si è rivolto al
ministero croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia,
chiedendo l’ottenimento del permesso di costruzione. Un passo importante, hanno
dichiarato i responsabili di Adria Lng, che consentirà al progetto di uscire dal
binario morto in cui si è trovato per un anno e mezzo.
«Abbiamo fondate speranze – ha affermato la portavoce del consorzio, Andreja
Pavlovic – che il rilascio della licenza avvenga entro la fine dell’anno in
corso». Recentemente si è data una mossa anche la parte croata, a cui spetta il
25 per cento della quota di proprietà del consorzio, formato ancora dalla
tedesca E.ON Ruhrgas, dalla francese Total, dall’austriaca OMV e dalla slovena
Geoplin. Le croate Hep (Azienda elettrica statale), Plinacro (distributore
principale del gas nel Paese) e Ina (azienda petrolifera) hanno inviato ad Adria
Lng la missiva in cui si chiedeva di poter aderire al progetto. La richiesta è
stata accettata, con il governo di centrodestra della premier Jadranka Kosor che
ha già deciso le quote. Alla società petrolifera spetterà il 14 per cento,
mentre Hep e Plinacro daranno vita al consorzio Lng Croazia, contando sul
rimanente 11%. Ciascuna delle due parti avrà il 5,5%. Le percentuali
determineranno la partecipazione ai costi del progetto, che dovrebbe ammontare a
circa 800 milioni di euro, più altri 200 milioni che serviranno per la
costruzione del gasdotto. I citati 800 milioni si configurano come una stima,
mentre invece l’importo esatto sarà fissato dopo l’ottenimento della licenza di
costruzione.
Prima di ciò, e parliamo dei prossimi sette mesi, sarà parecchio il lavoro da
portare a termine. Oltre alle trattative con i partner croati, si dovrà
elaborare il piano progettuale e successivamente bandire il concorso
internazionale, dal quale verrà fuori l’appaltatore principale. Tra i compiti,
anche la fissazione degli investimenti a Castelmuschio. Non sarà tutto, poiché
si dovrà anche richiedere la ricusazione di terzi interessati ad entrare nel
progetto, fase che dovrebbe durare circa un anno e mezzo. Nel frattempo andranno
stipulati i contratti commerciali. Ci vorrà un bel pò di tempo, insomma, per
avere tutte le carte in regola per il terminal metanifero e dunque non deve
stupire che alla Adria Lng non vogliano sbilanciarsi sull’inizio dei lavori di
edificazione. L’opera dovrebbe essere portata comunque a compimento nell’arco di
quattro anni. Ancora un paio di cifre relative al progetto: nella prima fase di
lavoro, il rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente sui 10 miliardi di
metri cubi di metano, capacità che in un secondo tempo potrebbero essere elevate
a 15 miliardi di metri cubi all’anno. Il terminal, assieme all’indotto,
contribuirà a dare una spinta all’occupazione nell’area, grazie all’apertura di
posti di lavoro, la cui cifra esatta è però impossibile da stabilire in questo
momento. Quello che è certo è che il rigassificatore vegliota porterà benefici
alla Croazia in materia energetica, permettendole una strategica autonomia che
attualmente appare molto lontana.
ANDREA MARSANICH
SEGNALAZIONI - GAS NATURAL - Sul rigassificatore
Ero presente all’incontro con Gas Natural in Camera di
Commercio lo scorso lunedì 17, regolarmente iscritto ed ammesso in sala previa
firma del foglio-presenze. Intanto, di fronte al portone d’ingresso, un gruppo
di persone più numeroso e motivato protestava anche per l’atteggiamento da
«carbonari» adottato dal proponente e suffragato dall’ente camerale. È mai
possibile che in tempi di approccio partecipativo e di Agenda 21 ormai fatti
propri da (quasi) ogni Pubblica amministrazione, la Cciaa avalli il modus
operandi borbonico degli spagnoli interessati al proprio portafoglio e basta?
Entrando nel merito di quanto è stato presentato dal responsabile del progetto,
ci sono due cose da dire.
La prima è che la campana che abbiamo ascoltato suona sempre la stessa nota:
nessuna replica circostanziata alle posizioni contrarie al rigassificatore,
nessun contraddittorio.
La seconda, che le informazioni che davvero avrebbero potuto interessare le
industrie locali non sono arrivate. Per quanto riguarda la funzionalità del
porto in presenza di gasiere si è fermi ad un parere favorevole della
Capitaneria di Porto del 2006. Dopo 4 anni non sono ancora stati resi noti i
divieti e le restrizioni che verrebbero adottati per un progetto di cui si
conosce ormai qualcosa di più che semplici indiscrezioni. Da non crederci!
E poi, il lavoro: 1500 posti di lavoro, per 4 anni, per un valore delle opere di
550 milioni di euro, di cui 400 Gas Natural promette che saranno riservati per
la realizzazione delle opere in loco. Ma questo lavoro lascerà lo stesso ritorno
di altri grandi opere, come quelle per la Grande Viabilità: lavoro destinato a
grosse ditte esterne, che si accamperanno qui coi loro lavoratori in un
cantiere-dormitorio isolato dal resto della città, che a fine lavori
smobiliteranno e non lasceranno traccia. Non una parola, invece, per il lavoro
stabile, a impianto avviato: l’indotto? I lavoratori qualificati? Qualche
esempio di applicazione industriale del «freddo»?
Ma quand’è che arriveremo a un vero dibattito pubblico in contraddittorio, con
un moderatore professionale, di fronte a un pubblico paritetico di «decisori» e
di elettori? Signor sindacooo?!?!
Carlo Franzosini
Italia-Slovenia, accordo sui rischi del nucleare -
PROTOCOLLO DI SICUREZZA SULLE CENTRALI ATOMICHE
Oggi a Trieste la firma bilaterale. Obiettivo: far
fronte comune in caso di incidenti
TRIESTE Si impegnano a scambiarsi, 24 ore su 24, tutte le informazioni utili
a minimizzare gli effetti di un incidente nucleare. E, al contempo, si impegnano
a collaborare in nome della sicurezza. Italia e Slovenia, ormai, sono pronte: il
paese che insegue l’atomo e quello che l’atomo ce l’ha già firmano oggi
l’annunciato accordo sulla sicurezza nucleare. E lo firmano, non casualmente, a
Trieste: la città più vicina all’ex confine e alla centrale di Krsko che solo
due anni fa, a causa di una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento,
scatenò una ”grande paura”.
A ”benedire” l’accordo - formalmente sottoscritto dalle due agenzie nazionali
competenti in materia di sicurezza nucleare, l’italiano Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale e la slovena Nuclear Safety Administration,
arrivano già in mattinata i due ministri all’Ambiente: Stefania Prestigiacomo e
Roko Zarnic. A fare gli ”onori di casa”, in piazza Unità, il sottosegretario
triestino Roberto Menia: «L’Italia sta spingendo molto in direzione di accordi
di collaborazione con i paesi vicini già nuclearizzati. Un mese fa è stato
sottoscritto un accordo analogo con la Francia, adesso tocca a quello con la
Slovenia».
Un passo importante nel segno della sicurezza nucleare, ma non solo: «L’accordo
fa indubbiamente crescere i rapporti di collaborazione tra i due paesi. Non a
caso, a margine della firma, si terrà sempre in Prefettura un incontro
bilaterale sulle molte questioni aperte tra i due Paesi» sottolinea Menia.
L’elenco è lungo, i dossier scottanti non mancano: «Si va dai rigassificatori al
raccordo per il gas, dal nuovo piano di sviluppo del porto di Capodistria alla
questione dell’Isonzo e del caso Livarna».
L’accordo sulla sicurezza nucleare resta, però, il piatto forte della giornata:
bandisce le diffidenze e prevede uno scambio tempestivo ed esaustivo di
informazioni e ”know how”. E ne disciplina le modalità nella convinzione che
quello scambio contribuisca ad accrescere la sicurezza dei cittadini da una
parte e dall’altra. Il paese in cui si verifica un’incidente, pertanto, si
impegna a notificare immediatamente all’altro la natura, il momento, la
localizzazione di quell’incidente. Di più: si impegna a fornire tutti i dati
utili a limitare i danni. Italia e Slovenia, al tempo stesso, si impegnano a
cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme
”radioattivo”.
Non solo emergenza, però. I due paesi, in nome della sicurezza nucleare, si
garantiscono una più generica collaborazione a 360 gradi, promettendosi la
diffusione dei dati sulle centrali nucleari, sulla gestione dei rifiuti
radioattivi, sull’impatto ambientale, piuttosto che sui progetti di ricerca e
sviluppo.
L’accordo, simile a quello italo-francese sottoscritto a Parigi poche settimane
fa, prevede inoltre l’istituzione di un gruppo congiunto di esperti. E la nomina
di due coordinatori ad hoc. L’obiettivo? Far sì che lo scambio di informazioni,
con la definizione di una piattaforma operativa e la previsione di un metodo di
trasmissione, diventi realtà. Il più rapidamente possibile. Non a caso,
l’accordo bilaterale prevede anche che l’Italia e la Slovenia individuino i
responsabili della ”fornitura” di informazione: responsabili che dovranno essere
in servizio ”H24”.
ROBERTA GIANI
In 400 a pedalare fino in Val Rosandra - Unite
”Bicincittà” e ”Bimbinbici” - Durante il percorso sono stati anche ripuliti
alcuni tratti della pista ciclabile
Per i bambini una festa in bici. Per i più grandi
l’opportunità di vivere per una volta strade quotidianamente invase dalle
automobili. Per tutti l’impegno morale di pulire la pista ciclabile che porta
alla Val Rosandra.
L’edizione 2010 di “Bicincittà + Bimbinbici” ha visto quasi 400 partecipanti
radunarsi, ieri mattina, in piazza dell’Unità d’Italia, per raggiungere,
pedalando lungo le Rive, il punto di partenza della ciclabile della Val Rosandra.
Organizzato congiuntamente da “Ulisse – Fiab” e “Uisp” Trieste, l’appuntamento
ha riscosso un notevole successo, anche per la splendida cornice di sole con la
quale si è aperta la domenica e che ha poi accompagnato i partecipanti per
l’intera durata della pedalata.
Le manifestazioni in passato erano separate: Bimbinbici” è la tradizionale
pedalata nazionale promossa dalla Fiab, “Bicincittà” è l’appuntamento con la
biciclettata della Uisp, passeggiata non competitiva. Lo scopo era quello vivere
una domenica mattina interamente dedicata a chi in città vuole potere usare la
bici, come un gesto naturale e quotidiano, per andare a scuola, al lavoro, a far
la spesa, al cinema o al mare. Un appuntamento tradizionalmente dedicato alle
famiglie, agli amatori e a tutti cittadini interessati a uno stile di vita
attivo.
Molto significativa anche la componente ecologica della manifestazione. La banca
del tempo internazionale "Aiuto Dal Cielo?" ha allestito nel contesto di
“Bicincittà + Bimbinbici” un’iniziativa parallela e in collaborazione con la
manifestazione organizzata da Ulisse-Fiab e Uisp "Bicincittà+Bimbinbici",
consistita in una nuova pulizia di alcuni tratti sporchi della pista ciclabile.
Per dare un piccolo riconoscimento ai volontari che hanno aderito alla proposta
di “Aiuto dal Cielo?”, sono state donate un po' di “fritole” a coloro che hanno
dato un aiuto riempiendo un sacchetto di immondizia raccolta lungo la ciclabile.
Finita la manifestazione in bici, soci e simpatizzanti delle associazioni
organizzatrici si sono recate a Draga Sant'Elia per ripulire un altro tratto
della pista ciclabile che è diventato purtroppo, nel corso degli anni, una
discarica abusiva.
A Draga Sant’Elia è stato offerto un piatto di pasta a tutti i partecipanti. A
fianco del positivo bilancio della pedalata ecologica, va registrato il grave
stato di degrado nel quale alcuni vandali hanno ridotto il punto di partenza
della pista ciclabile della Val Rosandra. Scritte e imbrattamenti di varia
natura hanno trasformato quello che dovrebbe essere il luogo di ritrovo per
famiglie e appassionati prima di salire in bici alla volta della Val Rosandra,
in un’esposizione di scritte e rifiuti.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2010
Antenne a Chiampore, superati i limiti - In un paio di
occasioni oltrepassata la soglia di attenzione fissata a 6 volt/metro
UN MESE E MEZZO DI RILEVAMENTI DELLA CENTRALINA MOBILE
DEL COMUNE
MUGGIA Tra la fine di marzo e la prima settimana di maggio la centralina
mobile per il rilevamento delle emissioni elettromagnetiche, acquistata a suo
tempo dal Comune, è stata dislocata per brevi periodi in alcune proprietà
private della zona di Chiampore, dove si trova una decina di antenne e
ripetitori. Risultato: in un paio di occasioni la soglia di attenzione fissata
dalla normativa è stata superata.
«Nessun rischio per la salute – assicura il fisico Franco Calligaris, del
Dipartimento di matematica e informatica dell'Università di Trieste – ma il
fenomeno deve essere comunque monitorato».
La norma prevede tre fasce di controllo: la prima da 0 a 6 volt/metro in cui non
esiste alcun tipo di rischio, quella in cui rientrano le normali emissioni del
suolo e nella quale si potrebbe tranquillamente lasciare un neonato per 24 ore
al giorno.
La seconda, da 6 a 20 volt/metro, considerata dalla legge del 2003 soglia di
attenzione. La terza, dai 20 volt/metro in su, è considerata invece a rischio
per la salute.
A Chiampore, nel periodo ricordato, ci sono stati alcuni sforamenti che hanno
fatto salire il rilevatore fino a 7-8 volt/metro.
«In realtà la nostra normativa – precisa Calligaris – recepisce in modo
restrittivo la regolamentazione europea in materia di inquinamento
elettromagnetico, che fissa la soglia di attenzione a 20, esattamente il limite
che invece noi consideriamo a rischio».
Il limite europeo è stato appunto ripreso dalla maggioranza dei paesi dell’Ue,
Slovenia compresa. Ciò significa che lo stesso livello di inquinamento
elettromagnetico rilevato a Chiampore, a poche decine di metri dalle misurazioni
fatte dal Comune, in territorio sloveno verrebbe considerato perfettamente entro
i limiti di tolleranza.
Corre comunque ai ripari il sindaco Nerio Nesladek, che, premettendo la limitata
attendibilità scientifica del rilevatore mobile, e anche sollecitato da una
recente petizione di una settantina di residenti della zona preoccupati per il
proliferare di antenne e ripetitori a pochi metri dalle loro case, si muoverà in
due direzioni.
«Da una parte – annuncia il primo cittadino – ripeteremo le nostre rilevazioni,
che hanno valore puramente statistico e non legale, per accertarci che non si
sia trattato di un fenomeno contingente e passeggero, legato magari alla
presenza di fattori esterni, ed eventualmente chiederemo in un secondo tempo
l'intervento dell'Arpa, sulla cui strumentazione calibreremo comunque subito il
nostro rilevatore. Dall'altra – aggiunge – proseguiremo con il piano di
decentramento delle prossime installazioni sul monte San Michele e in zona San
Floriano, fino al dimezzamento delle attuali venti già in funzione a Chiampore».
In questo contesto si inserisce la prossima riunione della conferenza dei
servizi, convocata il primo giugno, nel corso della quale i soggetti proprietari
delle antenne ripetitrici presenteranno le integrazioni ai progetti richieste
dal Comune.
Qualora tutte le osservazioni venissero accolte e non si presentassero ulteriori
intoppi procedurali, le operazioni di rimozione e spostamento delle antenne
potrebbero essere avviate già entro l'anno.
«Credo – conclude Nesladek – che, tra un’eventuale campagna di monitoraggio
ufficiale dell'Arpa e la realizzazione del nostro programma di alleggerimento
delle installazioni da Chiampore, arriveremo prima noi, rendendo quindi non
necessario l’intervento dell’Agenzia regionale per l’ambiente».
GIOVANNI LONGHI
BICINCITTÀ - Domenica su due ruote
Oggi è la domenica di Bicincittà e di Bimbinbici,
manifestazioni promosse in tandem da Ulisse-Fiab e Uisp. Ritrovo alle 9 in
piazza Unità da dove, attraverso Rive, Campi Elisi, vie D’Alviano e Orlandini i
ciclisti raggiungeranno l’inizio della pista ciclabile, scortati dai vigili
urbani. Per chi lascerà la macchina al parcheggio di Chiarbola l’appuntamento è
alle 9.30.
Nell’occasione, l’associazione ”Aiuto dal cielo” continuerà nella sua opera di
pulizia della pista ciclabile sul tratto di Draga Sant’Elia, offrendo frittelle
e altre pietanze a quanti parteciperanno alla raccolta dell’immondizia.
Biografie ”biodiverse” - PARLANO GLI ESPERTI DI MARE E
RISERVE
”Bio-grafie bio-diverse nel golfo di Trieste: storie e
passioni.. delle aree protette regionali marine e costiere”: è il titolo
dell’incontro aperto al pubblico a cura di Wwf-Area Marina protetta di Miramare
che si terrà martedì, alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali, Piazza Duca
degli Abruzzi, 1.
È da anni che l'Area Marina Protetta di Miramare, gestita dal Wwf Italia,
dialoga con le altre riserve adriatiche, regionali e slovene, per la promozione
e creazione di una rete di aree protette di conservazione nel Nord-Adriatico.
Nel 2010, anno proclamato dall'Onu, Anno Internazionale della Biodiversità, e
nella Giornata europea dedicata ai Parchi, la Riserva propone un confronto tra
alcuni personaggi in grado di raccontare pagine di storia locale, storie poco
note, scritte nel segno della protezione della biodiversità marina e costiera,
sopra e sotto l'acqua. Storia scritte non solamente con specie e habitat
protetti ma anche con e da persone che si sono impegnate con passione alla
tutela di parti di territorio oggi divenuti aree protette gestite con successo,
a livello europeo e mediterraneo.
”Biografie biodiverse” vedrà protagonisti Robert Turk: naturalista, biologo
lavora da una vita all'Istituto per la Tutela della Natura di Pirano; Fabio
Perco: naturalista, zoologo e ornitologo, svolge le funzioni di direttore
scientifico della Stazione Biologica Isola Cona alla Riserva Naturale Regionale
Foce dell'Isonzo; Glauco Vicario: ornitologo, naturalista, fotografo, guida
naturalistica; Andrea Rocco: maestro in arti plastiche e ceramista, guida
naturalistica, nella seconda metà degli anni ’80 partecipa all'avvio di alcune
aree protette tra cui Miramare, l'Isola della Cona, Doberdò e Pietrarossa;
Roberto Odorico: biologo marino, subacqueo.
IL TUONO - SABATO, 22 maggio 2010
Rigassificatori: la manovra dell'asino
Interrogativi sempre piu' inquietanti sui retroscena da indagare - ancora propagande diversive al posto dell'informazione
IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2010
Metrò leggera, fondi Ue per il progetto - L’ammontare
totale è di dieci milioni - Il Geoparco del Carso tra le iniziative
transfrontaliere in cui è partner la Provincia
L’Unione europea ha deciso di investire sull’asse
Trieste-Slovenia. Il risultato è l’approvazione e il finanziamento di tre
progetti transfrontalieri, per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro,
nei quali è presente la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Adria-A è il progetto più complesso e ha come obiettivo generale quello di
contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei trasporti dell’intera
area transfrontaliera, per formare un’area metropolitana integrata di trasporto
italo-slovena.
In questo contesto verranno progettati i collegamenti mancanti fra la rete
infrastrutturale italiana e quella slovena, ora frammentate e sottoutilizzate,
per realizzare così un unico modello di trasporto su tutto il territorio. A
conti fatti si potrà disporre di un unico collegamento su rotaia tra l'aereoporto
di Ronchi e Capodistria.
«Se il progetto e lo studio di fattibilità verranno approvati dall’Unione
europea, potremo finalmente realizzare la metropolitana leggera», afferma Nicola
Manfren. responsabile dell’ufficio Affari comunitari e internazionali della
Provincia.
«L’ex assessore ai Trasporti Ondina Barduzzi aveva investito molte energie su
questo progetto – precisa Manfren –. La sua realizzazione sarà un modo per
onorarne la memoria».
I tempi di realizzazione non saranno comunque brevi. «Questo è un progetto
ambizioso, che verrà dato in eredità alle successive amministrazioni – commenta
Erik Svab, presidente di Euroservis, società di consulenza incaricata del
progetto – poiché vedremo la fine dei lavori nel 2020».
Gli altri due progetti finanziati nell’ambito della cooperazione
transfrontaliera sono il Carso/Kras e il Sigma2.
All’interno del progetto Carso/Kras, nel quale la Provincia svolge il ruolo di
coordinatore per la parte italiana, verranno atttuati uno studio di fattibilità
per la realizzazione del Geoparco del Carso e il progetto esecutivo del Museo
vivente del Carso. Quest’ultimo comprenderà anche un censimento dei principali
elementi di interesse dal punto di vista paesaggistico, ambientale e della
cultura tradizionale.
Verrà poi verificata la possibilità di istituire un Gect (Gruppo europeo di
cooperazione territoriale), struttura permanente alla quale parteciperanno le
amministrazioni pubbliche locali con competenza sul territorio carsico.
Il progetto comprende anche la predisposizione di una mappa dei rischi di
incendio e un’azione di sensibilizzazione della cittadinanza su tali pericoli.
Si pensa inoltre di sfruttare la tecnologia Gps, attraverso l’utilizzo di
palmari che permettano ai turisti di disporre di mappe tematiche del territorio.
Il progetto Sigma2, infine, ideale continuazione del progetto Sigma, vede la
collaborazione di partner italiani e sloveni impegnati nella tutela della
biodiversità, e in particolar modo nella creazione del Centro per le colture
mediterranee. Anche in questo caso la Provincia ha un ruolo di raccordo fra i
partner italiani e il ”capogruppo” dei partner sloveni, che in questo caso è
l’Università del litorale di Capodistria.
(c.p.)
Ferriera, primo incontro tra Dipiazza e i sindacati -
Godina: ma al tavolo ci devono essere tutti, non pensi di fare da solo
«È stato un incontro molto franco oltre che strategico, il
primo approccio con il sindacato su quelle che sono le linee di sviluppo futuro
della città, e all'interno delle quali va declinata la gestione della
riconversione della Ferriera». Così ha detto ieri il sindaco Roberto Dipiazza
dopo il primo colloquio tenuto con i rappresentanti dei lavoratori nell’ambito
dei lavori collegati al tavolo regionale sullo stabilimento siderurgico
triestino. Tavolo che in Regione si è deciso di suddividere in tre tronconi la
cui regia è stata affidata a tre enti distinti: la Regione per il lavoro, la
Provincia per l’ambiente, il Comune per lo sviluppo economico.
Ma mentre «Regione e Provincia hanno già fatto quello che dovevano fare,
correttamente convocando ogni volta i rappresentanti istituzionali, quelli dei
lavoratori e la proprietà, il Comune evidentemente pensa di potere fare tutto da
solo». Questa la reazione furiosa del vicepresidente della Provincia Walter
Godina, che aggiunge: «Non vorrei che il sindaco, che su questa partita ha fatto
varie campagne elettorali sempre inconcludenti sul tema della chiusura della
Ferriera, possa pensare ora di risolvere questo nodo senza coinvolgere tutte le
parti interessate».
In una nota lo stesso Dipiazza spiega che al Comune «era stato chiesto di
approfondire il tema dello sviluppo e delle conseguenti opportunità derivanti da
nuove iniziative imprenditoriali sul nostro territorio, il cui investimento
totale ammonta a oltre 3 miliardi e mezzo di euro. Abbiamo compiuto - prosegue
il sindaco - uno studio che potremmo definire un vero e proprio piano strategico
della città, dopo aver sentito le realtà pubbliche e private che da qui ai
prossimi anni investiranno nell'area triestina». Dipiazza parla di «clima
costruttivo da parte del sindacato, con cui abbiamo definito le tappe di un
percorso che porterà all'approfondimento di questo piano attraverso altri
incontri allargati alle realtà imprenditoriali».
Sostiene però Enzo Timeo, della Uilm: «Quello in Comune non era certo il tavolo
che noi aspettavamo, e abbiamo sottolineato al sindaco di non considerarlo tale,
giacché non erano presenti tutti gli attori interessati. Dipiazza ci ha detto di
avere voluto intanto avere una nostra valutazione su un documento che noi non
siamo in grado di valutare, e che comunque il sindaco prima di consegnarci ha
detto di volere consegnare alla Regione. Le idee del sindaco sul futuro di
sviluppo della città vanno approfondite, e lui ha detto di condividere
l’impostazione che al tavolo noi vogliamo dare», continua Timeo: «Un tavolo
ufficiale con tutti gli attori presenti».
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO DI LEGAMBIENTE
Informazioni sul risparmio energetico? Rivolgersi all’ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5 tutti i martedì, dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
IL MANIFESTO - VENERDI', 21 maggio 2010
A spese dei beni comuni il primo passo del federalismo
all’italiana
Lo spezzatino del Belpaese (di Valentino Parlato)
Mai la discussione sul federalismo (fiscale, demaniale e quant'altro) è
stata così intensa e animata come in questa fase di celebrazione dei 150 anni
dell'unità d'Italia. Viene da dire che gli opposti si tengono. Ma il tema è
centrale e ha largo spazio sulla stampa.
A porre la questione sul tavolo (senza il minimo riferimento a Cattaneo, Dorso e
altri ancora) è stata la Lega, che con «Roma ladrona» metteva in causa lo stato
centrale e puntava esplicitamente alla Padania, a separare e autonomizzare le
ricche regioni del Nord dalla miseria e dal malaffare del Sud. Avendo mente
fredda e occhi aperti è difficile contestare che lo stato centrale sia un
disastro dal punto di vista amministrativo, economico e anche morale.
Adesso, con la crisi, il ministro Tremonti deve fare tagli che già si annunciano
sul fronte del sociale: pensioni, pubblico impiego, salari (licenziamento «a
voce» e aumento dell'orario di lavoro). Viene da dire che se Tremonti
sottoponesse a una seria inchiesta le spese e gli abusi della amministrazione
centrale e avviasse un serio piano contro l'evasione fiscale potrebbe risolvere
molti problemi di bilancio, non castigando i più deboli, ma rimettendo a regime
la macchina dello stato. Insomma siamo al punto che Il Tempo (che non è certo un
foglio di sinistra) ha messo in testa alla sua prima pagina il seguente titolo e
sommario: «Menù a prezzo politico. Nuova buvette. Ristorante su una terrazza per
il personale di Palazzo Chigi. Vista sui tetti di Roma e prezzi stracciati. Ecco
dove non ci danno un taglio».
Ma domandiamoci: le Regioni che dovrebbero essere i soggetti del federalismo
funzionano meglio, quanto a sprechi e corruzione? Insomma il federalismo - visto
come è oggi l'Italia - sarebbe la frantumazione dell'Italia in bande, gruppi di
potere, tra loro concorrenti e di tutto preoccupati salvo che del benessere dei
cittadini della loro federazione e dell'unità d'Italia. Con il rischio che, come
abbiamo la delocalizzazione delle industrie, avremmo la delocalizzazione dei
poteri regionali nei territori degli antichi occupanti del nostro paese:
franchi, alemanni, normanni, arabi ...
A questo punto Giorgio Ruffolo, già nel suo libro «Un paese troppo lungo» e
pochi giorni fa con un articolo su Repubblica del 12 maggio ha avanzato la
proposta delle macroregioni: l'Italia divisa in due stati federali tra Nord e
Sud. Insomma contro il regionalismo a spiccioli il federalismo all'ingrosso, che
secondo Ruffolo sarebbe più razionale e produttivo e sulla base di un patto
unitario tra le due macroregioni porrebbe concretamente al centro la famosa
questione meridionale, sempre reale e presente, ma largamente dimenticata dai
politici e dagli uomini di cultura.
A questa proposta di Ruffolo ha prontamente replicato Eugenio Scalfari sulla
Repubblica del 16 maggio. Per Scalfari (e per Napolitano, aggiunge) questo
sarebbe l'obiettivo della Lega e sarebbe la fine dell'Italia, con un nord
europeo e un sud magrebino. O quasi. Il Nord con l'euro e il Sud «con qualche
fiorino di antica e non commendevole memoria». Fortunatamente Scalfari non
condivide neppure il federalismo regionale e anch'io penso che la strada
federalista sia un disastro. Ma se proprio è inevitabile mi sembrano più
ragionevoli le macroregioni, con le quali il problema dell'unità si porrebbe più
realisticamente evitando lo spezzatino.
La «cricca demaniale» Coste e laghi alle regioni -
Primo sì. Di Pietro vota con la Lega e attacca il Pd (di Matteo Bartocci)
Il federalismo è salvo. Sul filo di lana la Lega porta a casa il primo
mattoncino della riforma fiscale che chiede dagli anni '90. La delega al governo
scadeva domani ma la «bicameralina» ha approvato a maggioranza il parere sul
primo decreto che trasferisce i beni demaniali dello stato agli enti locali: 17
sì (Pdl, Lega, Svp e Idv), 3 contrari (Udc/Api) e 10 astenuti del Pd. Oggi
pomeriggio il cosiddetto «federalismo demaniale» sarà approvato anche dal
consiglio dei ministri e si avvierà un gigantesco processo di trasferimento
politico ed economico dal quale tornare indietro sarà molto difficile.
La proprietà e la gestione dei grandi laghi del Nord sarà trasferita alle
regioni. Così tutte le coste e tutto il demanio idrico (sorgenti, fiumi e laghi
regionali, etc.). Beni che le regioni dovranno comunque gestire - così impone la
delega con un termine sinistro - pompando al massimo la loro «valorizzazione
funzionale». Tra i beni alienabili dunque foreste, aree agricole, immobili, zone
portuali dismesse, le strade non statali e gli aeroporti non «di interesse
nazionale».
Sono esclusi i beni culturali e, soprattutto, buona parte del demanio militare
(caserme dismesse, vecchi alloggi o poligoni in disuso, etc.): una torta da 2 a
4 miliardi di euro che rimane appannaggio della «Difesa spa». Secondo una stima
ufficiale dell'agenzia del Demanio a conti fatti si tratta di 18.959 beni (tra
immobili e terreni) per un valore di libro di 3,2 miliardi. Una cifra che
opportunamente rivalutata è ragionevole almeno raddoppiare. La maggior parte di
questi sono nel Lazio: ben 860 milioni di euro. Piemonte, Lombardia e Veneto
insieme ne raccolgono per 880 milioni. In Basilicata, Calabria, Molise e Puglia
restano le briciole: sul loro territorio hanno beni demaniali per appena 312
milioni.
Bossi può esultare: «Iniziamo a portare a casa quello che si può». E per
l'occasione il Carroccio trova un alleato inedito come Antonio Di Pietro. Il
leader dell'Idv organizza addirittura una conferenza stampa col ministro
Calderoli per rivendicare il sì del suo partito al federalismo e per criticare
apertamente l'astensione del Pd: un atteggiamento secondo lui «preconcetto», con
cui «il Pd non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità». «L'Idv
- attacca Di Pietro - non si astiene mai, perché non è politica la politica che
non decide, non sono buoni pastori quelli che non sanno indicare la strada. Chi
non è né carne né pesce è bene che se ne stia alla finestra. La Lega e l'Idv -
conclude - hanno il coraggio di confrontarsi sui temi veri».
In concreto, il partito di Di Pietro ha ottenuto che nel testo siano richiamati
gli articoli 5 e 114 della Costituzione. Un contributo su cui perfino lo stesso
Calderoli maramaldeggia un po': «Anche se si tratta di una cosa scontata a volte
è utile ricordare che l'acqua calda è calda». Mentre Francesco Boccia del Pd,
membro della «bicameralina», è furioso con l'ex ministro delle Infrastrutture:
«Ha perso un'altra occasione per dimostrare la sua affidabilità ma le bugie
hanno le gambe corte, faccio fatica a ricordare i contributi politici dell'Idv.
L'80% del testo approvato dalla commissione - conclude Boccia - è stato
modificato grazie al Pd».
Tra le altre novità importanti c'è un fondo di perequazione che prevede che il
ricavato della vendita dei beni vada per il 75% a riduzione del debito degli
enti locali, il restante 25% andrà all'ammortamento del debito nazionale. I beni
potranno essere ceduti a fondi immobiliari pubblici ma aperti a privati e
soggetti istituzionali. Il relatore di maggioranza sul decreto, Massimo Corsaro
del Pdl (un ex An milanese vicino a La Russa) tira un sospiro di sollievo:
«Siamo riusciti a fare il primo dei decreti nei tempi previsti, dando
legittimità all'intero percorso e con una cospicua partecipazione alla redazione
del testo da parte di tutti i gruppi».
Il Pd è stato a lungo incerto sul provvedimento. Da un lato ha lavorato al
massimo per riempire di contenuti (e qualche paletto) una decreto iniziale
pericolosamente vago. Dall'altro si è diviso su chi voleva votare sì (gran parte
dell'area ex Ds e lo «zoccolo duro» degli amministratori locali) e chi invece
voleva votare no come gli ex popolari. Dario Franceschini l'astensione finale la
spiega così: «Il testo è stato molto migliorato ma non in modo soddisfacente».
Linda Lanzillotta, rutelliana dell'Api. indica che il re è nudo: «Il federalismo
demaniale fa partire una massiccia operazione di vendita del patrimonio di tutti
che andrà a vantaggio di pochi, per di più con il rischio di alimentare la
speculazione immobiliare». E sul piano politico invece «si consente alla Lega di
dire che il federalismo è partito mentre è chiaro che il governo non è in grado
di dire quali saranno i costi e che la crisi impone di rinviare tutto a data da
destinarsi».
In effetti questo primo passo federalista potrebbe anche essere l'unico. Giulio
Tremonti è come al solito sibillino quando parla di numeri: «Il trasferimento di
immobili tra soggetti pubblici di fatto ha un valore economico nullo o
irrilevante». Una gigantesca partita di giro essenzialmente a vantaggio di Roma
e del Nord. «La vera difficoltà risiede nella vendita del patrimonio
immobiliare», ammette Tremonti, facendo capire che potrebbero essere anche altri
interventi, in futuro, a «semplificare» la materia. «La riforma che si sta
compiendo assume di fatto una valenza di carattere costituzionale e quindi ha un
elevato valore simbolico», conclude il ministro. Eclissati e completamente
innocui i «finiani». Immortale un titolo del Secolo che parlava di questo
provvedimento come una puntata di «Scherzi a parte». Evidentemente ridere piace
a tutti.
VERDI IN RIVOLTA - Bonelli: «Così il decreto consegna l'Italia agli
affaristi» (di Iaia Vantaggiato )
«La più grande speculazione immobiliare ed edilizia nella storia della
Repubblica italiana». Così il presidente dei Verdi Angelo Bonelli definisce
l'approvazione del decreto sul federalismo fiscale. «Molti sono soddisfatti -
dice - noi invece siamo disgustati anche per il modo bipartisan con cui si è
deciso di vendere l'Italia».
Lei protesta ma intanto il decreto è passato grazie al voto di Di Pietro e
all'astensione del Pd.
Se non ci fosse Berlusconi, Di Pietro potrebbe stare benissimo dentro un governo
di destra. Del resto fu proprio Di Pietro, quand'era ministro per le
infrastrutture, a impedire la chiusura della società per il ponte sullo stretto
ed è sempre grazie a lui che prima o poi, con la realizzazione del corridoio
tirrenico-maremmano, ci ritroveremo con la Maremma tagliata in due da
un'autostrada.
Almeno Di Pietro ha votato.
Se allude all'astensione del Pd, molti se ne sono già pentiti nel senso che
avrebbero volentieri votato a favore. All'interno di questo governo non esiste
nessuna opposizione di centrosinistra. A questo punto la distanza tra noi e loro
prima ancora che politica è culturale.
Ma di questo decreto non salviamo proprio nulla?
Con questo provvedimento lo stato trasferisce, con qualche eccezione, tutti i
beni demaniali agli enti pubblici e sin qui niente di male.
Quand'è allora che nascono i problemi?
Quando con l'alienazione dei beni, cioè con la loro vendita, se ne consente
anche una contestuale variante urbanistica. Con questo meccanismo tutte le
superficie agricole e non sinora appartenute allo stato potranno diventare
terreno edificabile.
Il Parlamento non può intervenire, magari con qualche paletto?
I decreti legislativi non sono emendabili dal Parlamento che può solo esprimere
«pareri» non vincolanti. E tra l'altro nel parere già espresso non c'è nessun
paletto.
Ma una parte dell'articolo 58 era stata dichiarata incostituzionale.
Sì, ma solo sino a dove si dice che l'inserimento degli immobili nel piano di
alienazione ne determina la conseguente classificazione come patrimonio
disponibile e ne dispone la destinazione urbanistica.
Vale a dire?
Che una volta che hai comprato un pacchetto di immobili dallo stato ne puoi fare
quello che vuoi. Del resto se ci fossero i paletti verrebbe meno la possibilità
di valorizzare il bene e dunque il fine dell'intera operazione.
Lei parla di valorizzazione economica ma se l'ente locale decidesse, chessò, di
trasformare una caserma militare in una scuola sarebbe una cosa buona, no?
Il problema non sono le caserme ma, per esempio, i terreni agricoli. Non crederà
mica che a comprarli saranno i coltivatori? Su quei terreni si tufferà solo chi
è intenzionato a realizzare operazioni edilizie con ricadute urbanistiche e
ambientali enormi.
L'Italia nelle mani di costruttori e immobiliaristi, come lei dice.
E di speculatori. Pensi al demanio idrico di cui è stata mantenuta
l'indisponibilità a eccezione delle sorgenti minerali e termali.
Che c'entarno le sorgenti con gli speculatori?
Le sorgenti si chiamano «Fiuggi», «Rocchetta» e qualsiasi altra marca le venga
in mente. Allo stato rendono pochissimo ma dietro c'è un giro d'affari
miliardario. A chi andranno?
Le spiagge almeno ce le hanno lasciate.
Sì, ma con la possibilità di realizzare canoni di concessione di 99 anni. Il che
equivale a venderle.
Postilla
Pauroso il segnale politico e culturale che emerge da questa vicenda.
Dagli articoli che riportiamo registriamo tre punti: (1) il larghissimo consenso
all’obiettivo della priorità della “valorizzazione economica” su qualunque altro
obiettivo; (2) l’accettazione comune della liceità, per raggiungere questo
obiettivo, di alienare beni pubblici, di spezzettare beni strutturalmente
unitari e addirittura di modificare le destinazioni urbanistiche derogando alla
pianificazione; (3) la reiterata ammissione che il “federalismo all’italiana” di
per sé è un buon obiettivo politico, del quale è importante solo concordare i
modi.
Sui primi due punti convergono – sia pure con sfumature diverse – sia Di Pietro
(il quale non sembra avere altri meriti politici se non la sua giusta
intransigenza nei confronti di Berlusconi e del conflitto d’interessi) sia i
Democratici. Sul terzo il consenso sembra ancora più vasto. Al punto che perfino
Valentino Parlato, nell’articolo che pubblichiamo più sopra, aaccetta come
ultima spiaggia – per evitare lo “spezzatino” – la rottura dell’Italia nelle
macroregioni che Giorgio Ruffolo aveva proposto.
A nessuno (o a troppi pochi) viene in mente che il “federalismo”, predicato e
praticato per dividere ciò che è unito, è una contraddizione in termini, e che
la rottura dello stato unitario è una negazione della storia, dal Risorgimento
alla resistenza e alla Costituzione, giustificata solo in alcuni dal rapace
egoismo dei più ricchi e dei più ciechi rispetto al futuro, in altri dalla
rassegnazione all’impossibilità di migliorare lo stato quale oggi doroteismo,
craxismo e berlusconismo lo hanno ridotto.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2010
Comune, Provincia e Acegas alleati per la
”differenziata” - FIRMATO UN PROTOCOLLO - Messo a punto un piano per raggiungere
il tetto del 50% dei rifiuti riciclati
Trieste e raccolta differenziata: un binomio che diventa
realtà. Ora si tratta di organizzare in maniera efficiente la raccolta nella
nostra provincia. È questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa siglato ieri da
Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, e l’assessore
provinciale Vittorio Zollia assieme al sindaco, Roberto Dipiazza, e Marina
Monassi, direttore generale di AcegasAps spa.
Con questo Protocollo verrà costituito un tavolo tecnico con il compito di
sviluppare uno specifico programma per individuare forme e modalità
organizzative di un’efficace raccolta differenziata.
Il totale di rifiuti riciclati dovrebbe costituire, per legge, il 50 per cento
del totale dei rifiuti mentre attualmente è solo del 21,5 per cento. I punti
fondamentali su cui si concentrerà l’attività del tavolo sono: aumento di
contenitori dedicati alla raccolta differenziata monomateriale; raccolta porta a
porta dei cartoni e del vetro dagli esercizi commerciali; raccolta differenziata
all’interno del Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso; raccolta porta a porta a
Rozzol-Melara, Altura e altri complessi edilizi; raccolta differenziata
dell’umido delle grandi utenze; raccolta differenziata domiciliare del verde;
contenitori specifici negli uffici pubblici e consegna di compostiere per gli
abitanti delle borgate carsiche o periferiche.
Alla fine dei lavori il tavolo tecnico dovrà fornire una relazione finale
condivisa sulla valutazione costi- benefici delle soluzioni trovate e le
modalità di raccolta in modo da semplificare le attività in capo all’utenza.
«Il programma contenente i dettagli tecnici dovrebbe essere pronto entro sei
mesi dalla costituzione del tavolo ma, assicura l’assessore Vittorio Zollia,
«cercheremo di accelerare al massimo i tempi. Il nostro obiettivo» continua
Zollia, «è quello di portare il totale di rifiuti differenziati al 65 per cento
entro dicembre 2012. In molti altri comuni, come ad esempio quello di Padova, la
raccolta differenziata funziona molto bene e non vedo perché Trieste debba
essere da meno».
(f. c.)
Ferriera, via ai tavoli per chiuderla - Incontro in
Provincia sulle tematiche ambientali legate all’impianto
È partito il primo giro di consultazioni tra le
istituzioni. Una serie di tavoli propedeutici all’annunciata dismissione dello
stabilimento di Servola, nati apparentemente, col duplice scopo di limitare i
danni ambientali negli anni rimanenti e trovare un atterraggio morbido, inteso
come riconversione, per le centinaia di operai ancora operativi.
Il primo tavolo si è tenuto a Palazzo Galatti, sede dalla provincia, coordinato
dall’assessore Zollia. Erano presenti per la Regione gli assessori De Anna e
Savino, esponenti dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria, dei sindacati, della
Lucchini, e l’ing. Caputi in rappresentanza del Comune e Assindustria. «È stato
fondamentalmente un primo giro d’orizzonte – commenta l’assessore Zollia – per
prendere atto dell’obiettivo generale. Che, nel caso dell’amministrazione
provinciale è quello di seguire gli aspetti ambientali relativi alla Ferriera.
Ci arriveremo dopo aver acquisito tutta una serie di dati che matureranno nel
corso di incontri da coordinare con Arpa, Asl e Regione».
Zollia ricorda al riguardo che la Regione ha già avviato la procedura per la
modifica dell’autorizzazione ambientale concessa a suo tempo alla Ferriera. «A
questo punto, nell’attesa di quella variante – anticipa Zollia – abbiamo deciso
un percorso comune per fare in modo che i controlli rispettino gli obblighi di
legge. L’obiettivo è quello di arrivare a un programma che, da oggi alla
chiusura, permetta di migliorare le condizioni dell’aria».
Esistono anche delle obiettive preoccupazioni, e l’assessore non ne fa mistero.
«Non vorremmo – racconta – che in previsione della riconversione l’azienda
prestasse meno attenzione rispetto a quelli che erano i dettami della vecchia
autorizzazione ambientale e a quelli della nuova. È una preoccupazione comune
sulla quale siamo intenzionati a vigilare».
Qualche perplessita', intanto, emerge dall’ambiente sindacale. «Tutti d’accordo
su una maggior precauzione, su un più attento controllo delle emissioni –
commenta Franco Palman della Uil, pure presente all’incontro di ieri – ma al
momento ho la sensazione che si sia ancora lontani dal realizzare qualcosa di
concreto per la Ferriera. Sto sentendo ovunque gli stessi discorsi ma ancora non
ho sentito una singola parola che vada realmente al cuore del problema. Sono
tutti film già visti. Si parla di bonifiche, di impegno a fare valutazioni ma
siamo lontanissimi da qualsiasi progetto. Certo – continua Palman – il processo
per migliorare le condizioni dei lavoratori e le emissioni dello stabilimento è
importante, ma il buio totale sulla riconversione fa presagire un futuro buio
per la città».
Oggi tocca al Comune, che ospiterà il secondo tavolo, quello sulle strutture, ma
anche qui il sindacato va con i piedi di piombo. «Mi sembra già abbastanza
strano – conclude Palman – che il sindaco abbia invitato solo le parti
sociali... Mancano le basi del dialogo e c’è tanta paura di impantanarsi. Non
vorrei fosse il prologo dell’ennesima presa in giro».
(f.b.)
Cicloturismo, in bici da Muggia fino a Isola - Entro
gennaio sarà ultimato il collegamento con il tracciato dell’ex Parenzana
Ammonta a 300mila euro il finanziamento disponibile per i 10 chilometri di percorso
MUGGIA Dovranno essere ultimati entro gennaio, pena la
perdita del finanziamento, i lavori di collegamento ciclopedonale tra il
tracciato dell'ex Parenzana, che corre in territorio sloveno e che attualmente
collega Isola all’ex valico di Rabuiese, e il circuito dei percorsi ciclabili
nel comune di Muggia.
Nei giorni scorsi il sindaco Nerio Nesladek e i tecnici comunali hanno
effettuato un sopralluogo lungo i tracciati per verificarne i punti cruciali.
Innestandosi sull'ex Parenzana nel punto in cui corre la linea di confine con la
Slovenia, la pista scenderà dopo un breve tratto in costa, verso la valle dell'Ospo.
A quel punto supererà il rio passando sul ponte già esistente poco oltre
l'incrocio di strada per Farnei, svolterà lungo l'argine e scenderà fino alla
foce.
Sempre dal ponte nei pressi di strada per Farnei, un altro tratto della
ciclabile proseguirà invece dritto lungo via San Clemente dal lato del
marciapiedi, raggiungerà l'incrocio sulla sua sommità del Monte d'oro, scenderà
nuovamente verso il mare percorrendo prima via Flavia di Stramare e poi la
strada che costeggia l'ex Aquila, e dopo il breve pezzo pianeggiante che corre
lungo il mare si riallaccerà alla stessa ciclabile nei pressi della foce dell'Ospo.
Il finanziamento regionale per la realizzazione di questa decina di chilometri
di circuito ciclabile è di 300mila euro. In questi giorni sta per essere
affidato l'incarico per la progettazione dell'opera.
Il fondo sarà in parte di terra battuta, in parte di asfalto e in parte di una
sorta di ”tartan” già applicato in altre piste ciclabili.
A questo anello che il Comune di Muggia sta per mettere in cantiere si
collegheranno successivamente altri due tratti ciclabili: il primo a sud della
foce dell'Ospo, destinato a penetrare fino al centro di Muggia e poi a
proseguire fino a Lazzaretto.
Il secondo partirà invece dalle Noghere, raggiungerà la località di Vignano,
lambirà i laghetti e porterà nel territorio del comune di San Dorligo per poi
proseguire fino a Caresana, e a San Servolo in territorio sloveno.
Anche quest'ultimo collegamento è già stato finanziato nell'ambito del progetto
transfrontaliero Kras/Carso da quasi 4 milioni di euro di cui Muggia è partner.
(g.l.)
Zero-Energy: nasce la casa autosufficiente biologica,
intelligente e non inquinante - REALIZZATA DAL GRUPPO ”POLO LE VILLE PLUS” DI
CASSACCO
UDINE L'acqua piovana, filtrata, viene utilizzata per gli
scarichi dei bagni, la lavatrice e l'irrigazione di orto e giardino. Mentre
l'automobile elettrica, sotto il portico, si ricarica. Niente allacciamento al
metano, nessun costo energetico. Perché la Casa Zero Energy realizzata dal
Gruppo Polo Le Ville Plus di Cassacco auto-produce energia da fonti alternative
e non inquinanti e quindi usa pannelli solari, fotovoltaici, pompe di calore.
Una casa passiva e intelligente, al punto che riscaldamento e climatizzatore si
accendono da soli quando serve, costruita in legno e altri materiali naturali,
quella che verrà presentata questo pomeriggio a Felettano di Tricesimo. La più
grande mai realizzata con le caratteristiche dell'autosufficienza e del rispetto
dell'ambiente: 470 metri quadrati. Un progetto, quello di Polo Le Ville Plus
(con la collaborazione del dipartimento di ingegneria civile e ambientale
dell'Università di Trento e con il supporto della Regione Fvg), "che riunisce il
meglio delle competenze acquisite dall'azienda in 25 anni di lavoro, la ricerca
e l'applicazione di tecnologie innovative - spiega il presidente Loris
Clocchiatti -. È la casa del futuro in linea con i parametri di Kyoto 2030".
A far da collettore di tutte le informazioni per ottimizzare l'uso delle energie
rinnovabili e minimizzare i consumi di quelle tradizionali è il sistema domotico
prodotto dalla BPT di Sesto al Reghena. "Il sistema Home Sapiens, integrato e
personalizzato su quello costruttivo - precisa l'ad Sandro Marcorin -, sarà in
grado di ottimizzare la gestione del comfort termo igrometrico e visivo della
casa, nonché la sicurezza personale interna e come sistema di antintrusione
dall'esterno".
Polo Le Ville Plus è in grado di costruire quel tipo di casa anche in altra
forma e dimensioni. È il "concetto" a restare sempre lo stesso. A partire dallo
studio bioclimatico del territorio per determinare sia la posizione che
l'orientamento: l'edificio è posizionato verso il lato Nord in modo da lasciare
il maggior spazio possibile a Sud per il giardino e per gli spazi interni più
vissuti. La facciata Sud ha un'ampia vetrata che fa entrare luce e calore
d'inverno e che viene schermata d'estate per evitare il surriscaldamento. Quella
Nord presenta invece una serie di finestrature di piccole dimensioni che
d'estate garantiscono la ventilazione notturna.
Non mancano, sul fronte estetico, l'orto biologico, la piscina-laghetto che si
autodepura e la cantina in stile medievale, contrasto cercato con la modernità
del resto della casa. (m.b.)
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Nucleare in regione
Una nota astrofisica favorevole al nucleare, e garante
scientifica del Comitato italiano per il Controllo delle affermazioni sul
paranormale e su molte altre cose, ha fatto recentemente alcune affermazioni da
lasciarmi assai perplesso, tanto che suggerirei al suddetto comitato di farne un
immediato controllo. Nella prima, essa afferma che «nella nostra regione è
necessaria una centrale nucleare perché la nostra industria ha un crescente
bisogno di energia», e sembra essere l’unica abitante della regione dei
capannoni in disuso a non essersi accorta che soprattutto a Trieste l’industria
è ormai praticamente scomparsa. Nella seconda, la studiosa dice che «noi
importiamo dall’estero energia prodotta con il nucleare», ed è vero, ma
evidentemente solo per fare un grosso favore a quelle nazioni. Infatti l’Italia
è tecnicamente in grado di produrre quasi il doppio di elettricità rispetto alla
sua massima richiesta storica ma, mentre i nostri impianti termo ed
idroelettrici possono ridurre la produzione, il nucleare non può farlo, e
siccome di notte la produzione francese o slovena supera il loro fabbisogno e
non ne ricaverebbero nulla, graziosamente gliela acquistiamo noi, ad un prezzo
che forse è meglio non sapere. E quando avremo il nucleare chi ci acquisterà
l’energia eccedente? Ovviamente nessuno, anche perché si sa che economicamente
non conviene trasportare l’energia elettrica troppo lontano. Poi, l’astrofisica
afferma che «la nostra elettricità costa molto di più che negli altri paesi» ed
infatti in Italia, a parità di calore prodotto, una stufa elettrica costa circa
il doppio di una stufa a metano. Ma allora perché nell’Austria priva del
nucleare, o nella Germania che ha qualche centrale ma ha anche un consumo
industriale 10 volte superiore al nostro, e in molti altri stati, la gente
cucina e si riscalda con l’elettricità, al punto che nei condomini austriaci non
esiste la figura dell’amministratore? Forse perché da loro il metano serve
soltanto per produrre l’energia elettrica, e non viene convogliato in
costosissime reti di migliaia di km di tubi soggetti a continue micro e macro
perdite, a strade perennemente sventrate, e ad impianti sottoposti a redditizie
revisioni e a periodici obbligatori controlli che complessivamente generano
degli inimmaginabili costi assai ben spalmati nelle nostre bollette. Infine,
l’ultima sua affermazione, o suggerimento, quella cioè di stoccare le scorie in
vecchie miniere abbandonate. Poiché ogni regione dovrebbe essere
autosufficiente, non vorrei che si riferisse ad una delle poche vecchie miniere
presenti sul nostro territorio, ossia quella di Pierabech: per carità, si
minaccia di rendere radioattiva la sottostante fonte della famosa acqua minerale
friulana!
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2010
Altoforno della Ferriera, caricatrice in fiamme
Un incendio ha fatto scattare l’allarme ieri sera all’interno della Ferriera di Servola. A prendere fuoco - come riferito dalla centrale operativa dei vigili del fuoco, intervenuti sul posto - è stata la parte inferiore di una caricatrice, a causa dell’improvviso salto di un tombino dell’altoforno. Grazie alla tempestività dell’azione dei pompieri, i danni per quanto ancora non quantificati sono stati comunque limitati e nessuno è rimasto ferito. L’episodio è avvenuto poco prima delle 19. I vigili del fuoco, allertati immediatamente, sono arrivati allo stabilimento siderurgico servolano con un’autobotte, un’autoscala e un’autopompa. Guidati dal caposquadra Marino Gellici, sono riusciti a spegnere in tempi molto rapidi l’incendio, procedendo poi alle operazioni di raffreddamento e di verifica della messa in sicurezza del tutto. L’intervento si è chiuso in meno di due ore. La produzione non è stata interrotta.
(m.u.)
LE ORE DELLA CITTA' - RISPARMIO ENERGETICO - ECOSPORTELLO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
SEGNALAZIONI - «Black-out e illuminazione fioca nella
galleria della pista ciclabile» - IL PROBLEMA
È con rammarico che mi trovo a dover segnalare che nel
pomeriggio di domenica 16 maggio l’unica galleria della pista ciclabile che
parte dal rione di San Giacomo verso Draga S. Elia che dovrebbe essere
illuminata non lo era affatto. Giova precisare che anche a mezzogiorno di una
giornata di sole all’interno di quella galleria vi è buio totale, tanto che
sarebbe possibile togliere la pellicola da una macchina fotografica senza
impressionarla.
A parte il fatto che per il disservizio di domenica potrebbe essersi trattato di
un comune problema all’impianto elettrico che magari verrà risolto a breve,
vorrei esprimere comunque il disappunto per il tipo di illuminazione progettata
e messa in opera che non funziona affatto e che sicuramente sarà costata un
patrimonio. Per illuminare la galleria sono stati infatti posizionati a terra
dei faretti, in presenza di pavimentazione in ghiaino che regolarmente copre
gran parte degli stessi, rendendo l’illuminazione pressoché inesistente. Quattro
luci a soffitto come in tutte le gallerie del mondo costavano forse troppo poco?
C’è da dire comunque che non tutto è stato progettato male. L’idea di comandare
l’accensione a tratti dei faretti, man mano che si avanza, mediante sensori di
movimento, non sarebbe stata una cattiva idea per risparmiare energia se non
fosse che da un intelligente risparmio si è passati a voler risparmiare troppo.
Dopo una certa ora del pomeriggio infatti coloro che vi transitano trovano
regolarmente la galleria al buio. Credo vi sia un timer che dopo una certa ora
stacca l’energia elettrica. Ora voglio dire, visto che le luci si accendono al
solo passaggio di qualcuno per spegnersi poi dopo pochi secondi, anche se
dovessero farlo qualche volta in più anche al passaggio di un animale, non
potendo ipotizzare un continuo via vai di caprioli, cinghiali o altre bestie in
quella galleria, forse non sarebbe male che noi tanti frequentatori di quella
bella realtà che è la tanto attesa pista ciclabile potessimo percorrere una
galleria illuminata, almeno finché all’esterno vi è luce solare sufficiente per
camminare o pedalare! A proposito, anche se più corta e meno buia, vi è almeno
un’altra galleria nei pressi di Botazzo che andrebbe illuminata magari con poche
e semplici luci alimentate da pannelli fotovoltaici. Il sabato e la domenica la
pista ciclabile è molto frequentata da escursionisti, famiglie con bambini e da
ciclisti che all’interno della galleria faticano a vedersi con grave rischio per
l’incolumità di tutti.
Mario Smaila
UIL Vigili del Fuoco - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
RESOCONTO DELL'INCONTRO GAS NATURAL - IMPRENDITORI
L'autore è Carlo Franzosini, biologo marino e
componente del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste PROMOSSO DALLA UIL Vigili
del Fuoco FVG
Ho preparato un breve resoconto dell'incontro di ieri sera in CCIAA, al quale ho
partecipato in qualità di "industriale", essendo il legale rappresentante di una
società regolarmente iscritta alla confindustria e registrata presso la locale
CCIAA. I giorni scorsi mi ero prenotato per telefono (come da istruzioni) e
all'arrivo ho trovato il mio nominativo associato a quello della ditta
sull'elenco dei partecipanti, controfirmandolo al momento di entrare nella "Sala
Verde".
Andrea LUCCHETTA
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
REFERENDUM ACQUA PUBBLICA - Superato il mezzo milione
di firme, la raccolta va avanti - 516.615 firme raccolte in 25
giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia.
Un risultato incredibile anche per noi, raggiunto in poco
più di tre settimane grazie all'impegno e all'entusiasmo di migliaia di
cittadine e cittadini dell'acqua pubblica.
Dall'estremo Nord alle isole, la raccolta di firme racconta un'Italia della
partecipazione, di migliaia di territori attenti e attivi sui beni comuni
(vedere la mappa dei banchetti di raccolta firme su www.acquabenecomune.org).
E la raccolta firme non si ferma, ma rilancia. L'obiettivo che il Comitato
Promotore si era posto (700mila firme) è ormai in vista e può essere superato.
Da qui a luglio lanceremo eventi, feste, spettacoli per coinvolgere sempre più
italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli
speculatori dall'acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni. Per questo fine
settimana il Comitato Promotore lancia il “Giro d'Italia delle firme per
l'acqua”; quale località, Comune, comitato cittadino sarà la maglia rosa della
raccolta di firme di questa settimana?
Il Comitato Promotore ringrazia tutti quelli che si stanno impegnando per la
riuscita dell'iniziativa referendaria, i media locali, le radio e i siti
internet che stanno dando un esempio di attenzione e partecipazione che fa ben
sperare anche per la libertà d'informazione nel paese.
Più firme raccoglieremo, più forte sarà la spinta verso il Referendum e il
risveglio civile dei territori. Perché si scrive acqua, si legge democrazia.
Roma, martedì 18 maggio 2010 -
Luca Faenzi - Ufficio Stampa Comitato Referendum Acqua Pubblica - ufficiostampa@acquabenecomune.org - +39 338 83 64 299 - Skype: lucafaenzi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
”Miani” in piazza contro la Ferriera - NUOVA
MANIFESTAZIONE DEL CIRCOLO
Tamburi e fischietti per richiamare l'attenzione dei
passanti. Il marciapiede davanti al Municipio tappezzato di striscioni. Una
settantina di persone pronte a esprimere di nuovo la propria protesta contro
l'inquinamento atmosferico. Il Circolo Miani è stato protagonista ieri sera
dell'ennesima manifestazione contro la Ferriera. Sede deputata stavolta piazza
dell'Unità d'Italia, per poter raggiungere in pochi minuti, dopo il palazzo del
Comune, quello che ospita la giunta regionale e infine la Prefettura.
Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Circolo, parlando ai presenti ha
sottolineato "le bugie dei politici, il silenzio dell'Arpa e dell'Azienda
sanitaria, la pericolosità dell'inquinamento prodotto dallo stabilimento
servolano». Ovvia la conclusione: «Di questo passo la salute di tutta la
popolazione continuerà a essere a rischio - ha evidenziato - finché non si
adotteranno provvedimenti efficaci». Fogar ha indicato in circa 76mila le
persone che vivono nei rioni più vicini alla Ferriera «e perciò più a rischio
degli altri». Annunciata infine per venerdì 28 maggio nella sede del Circolo, a
Valmaura, «una pubblica assemblea cui inviteremo i politici affinché spieghino
le loro ragioni del loro atteggiamento».
(u.s.)
Piano antenne, la Trasparenza chiede un osservatorio
medico
Trasparenza, mettendo a disposizione l’elenco dei progetti
e lo stato del loro iter. Approfondimenti continui, anche attraverso studi
specifici effettuati dai tecnici comunali e dai loro consulenti. Infine,
monitoraggio degli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici grazie a
un apposito Osservatorio medico. Queste le linee guida contenute nella mozione
condivisa partorita dalla Commissione trasparenza, riunitasi per affrontare la
questione del Piano antenne e delle installazioni previste dai gestori della
telefonia mobile sul territorio comunale. Accanto a questo atto, ne predisporrà
uno specifico anche il consigliere Roberto Decarli (Cittadini), proprio sulla
pubblicazione dell’elenco dei progetti.
Intanto, la Quarta commissione ha effettuato il previsto sopralluogo in via
Budrio. «Si tratta di una laterale di via Campanelle, quasi tutta privata, ma
guarda caso la base dove piazzare la nuova antenna è stata sistemata nel tratto
pubblico - spiega Lorenzo Giorgi (Fi-Pdl). I cittadini avevano fermato altre
soluzioni lungo la via per mesi. I residenti non sono stati avvisati di questo
intervento, rimanendo bloccati. Se l’antenna deve stare là, l’amministrazione
avrebbe dovuto spiegarglielo. Ora bisogna intervenire per mettere a posto
l’asfaltatura».
Contovello, scout e residenti puliscono l’area dello
stagno - UN GRUPPO DI VOLONTARI
PROSECCO Mentre in Consiglio comunale ci si appresta alla
discussione sul nuovo Regolamento per lo smaltimento dei rifiuti urbani, a
Contovello un gruppo di giovanissimi si è reso protagonista di un’importante
azione di tutela del territorio, a conferma di come l’educazione ambientale
debba essere guidata dall’esempio e utilmente indirizzata a interventi sul
terreno. Una decina di “Taborniki” (scout laici sloveni) ha organizzato assieme
a alcune famiglie e altri adulti la pulizia dei dintorni del vecchio stagno di
Contovello, uno degli ambienti più amati e frequentati della pittoresca frazione
del costone carsico.
Nel giro di un paio d’ore, la trentina di volontari è riuscita a effettuare una
raccolta differenziata, stipando in una dozzina di grandi sacchi di plastica i
numerosi rifiuti individuati attorno allo stagno, nella vicina scarpata
inferiore all’abitato di Santo Stefano e in altre aree verdi. Oltre alla comune
spazzatura, tante le lattine, il vetro e la carta raccolti e successivamente
predisposti in modo da facilitare l’asporto che l’Acegas Aps effettuerà a breve
recando tutti i sacchi nella depositeria comunale di Opicina. Scout e residenti
hanno convenuto di organizzarsi prossimamente per dar vita a altri interventi di
pulizia nella vicina Prosecco e nell’area parcheggio del Santuario di Monte
Grisa.
«Di fronte ai tanti rifiuti raccolti – spiega per i “Taborniki” la
diciassettenne Karin Turco – ci si rende conto di come molta gente non si renda
conto di quanto male faccia alla natura. Eppure - conclude - basterebbero solo
un po’ d’attenzione e di informazione per rendersi conto di come un
comportamento scorretto possa danneggiare gravemente l’ambiente di tutti».
(ma.lo.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2010
«Rigassificatore, nessun intralcio al traffico
portuale» - Gas Natural: minimo il raffreddamento dell’acqua. Confartigianato:
restano i dubbi
IL PROGETTO PRESENTATO DAGLI SPAGNOLI ALLE ASSOCIAZIONI
DI CATEGORIA
«Si tratta di un impianto all’avanguardia dal punto di vista tecnologico che
garantisce la piena compatibilità con il traffico portuale esistente». Lo ha
affermato ieri Ciro Garcia Amesto, project manager del rigassificatore
progettato per il sito di Zaule da Gas Natural Fenosa a una platea composta da
una trentina di rappresentanti di imprese triestine e di associazioni di
categoria. «Il raffreddamento dell’acqua della baia di Zaule - ha precisato -
sarà minimo e le immissioni di cloro saranno dieci volte sotto il limite di
legge».
L’incontro si è svolto a porte sprangate nella Sala maggiore della Camera di
commercio interdetta anche ai fotografi già prima dell’inizio della riunione, il
che un’altra volta non ha favorito la comunicazione con la città, già
considerata da molti versanti carente. Tutto ciò mentre davanti al portone di
piazza della Borsa il gruppo dei contestatori, di cui riferiamo a parte, aveva
un vivace scambio di battute con il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia
casualmente di passaggio. Con gli incontri divulgativi ristretti si replicherà
lunedì prossimo sempre in Camera di commercio, mentre una terza riunione si
terrà poi in Assindustria.
Un’esposizione che ha comunque soddisfatto Vittorio Pedicchio, vicepresidente di
Assindustria: «Per Trieste il rigassificatore è un’opportunità da non perdere -
ha affermato - nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio anche
se il progetto, ancora alla fase iniziale, va ora portato avanti nella massima
chiarezza per quanto riguarda la sicurezza dell’impianto, i rischi per la
popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Anche sotto questi aspetti secondo
Pedicchio, Gas Natural Fenosa è partita in modo corretto. «E poi - spiega - mi
hanno impressionato alcuni numeri che sono stati ribaditi da Garcia Amesto. Il
rigassificatore infatti costerà 550 milioni di euro di cui 400 milioni andranno
a vantaggio delle imprese di costruzione e di servizi locali. Durante i
tre-quattro anni in cui si protrarranno i lavori è stato detto che opereranno
1.500 persone e inoltre Gas Natural impegnerà 30-40 milioni di euro per la
bonifica del sito».
Quasi diametralmente opposto invece il parere di Sergio Burlin del direttivo
della Confartigianato: «Un’esposizione molto lacunosa che non ha chiarito i
dubbi né dal punto di vista della sicurezza, né da quello delle ricadute
economiche. Oltretutto è stato riferito che il primo rigassificatore costruito
in Italia, quello in provincia di La Spezia, chiuderà nel 2013 dopo che la
popolazione si è opposta al suo raddoppio». Gli ultimi dubbi fatti affiorare
inoltre riguardano la possibilità di convivenza con un traffico portuale
rinforzato dal progetto Unicredit e con l’incognita della cosiddetta
overcapacity, cioé un surplus di produzione che sarebbe indotto dal compimento
dei vari progetti in fase di realizzazione.
Garcia Amesto non ha inteso fare dichiarazioni affidandosi a un comunicato
stilato congiuntamente con la Camera di commercio che ha reso noto di aver
accolto la richiesta della multinazionale spagnola per la realizzazione di
alcuni incontri nei quali far emergere e spiegare all’economia del territorio i
contenuti del progetto con un approfondimento sulle sue caratteristiche tecniche
e del suo inserimento nel contesto produttivo del territorio. «Una richiesta -
ha commentato il presidente camerale Antonio Paoletti - che l’ente quale casa
dell’economia non poteva che accogliere ben volentieri per consentire alle
imprese di conoscere meglio i contenuti di un progetto che nella sua completezza
non è mai stato presentato fin nei particolari».
Gas Natural, gruppo multinazionale nel settore del gas che ha recentemente
acquisito Union Fenosa, altro colosso spagnolo dell’energia, è il secondo
operatore mondiale di gas naturale liquefatto con oltre 30 miliardi di metri
cubi di gnl movimentati ogni anno da 13 navi metaniere. Propone a Zaule un
impianto della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno con un
investimento pari a 550 milioni di euro che prevede anche l’intervento di
bonifica di un’area attualmente contaminata. Ciro Garcia Amesto ha sottolineato
che «la priorità del rigassificatore è la sicurezza».
SILVIO MARANZANA
«Soltanto elementi negativi per il territorio e i
cittadini» - SIT-IN DI PROTESTA IN PIAZZA UNITÀ
Nesladek: «Oggi qui in pochi perché ci hanno avvisati
tardi, la prossima volta saremo almeno in duemila a dire no»
«Stavolta non siamo tanti perché ci hanno avvisato all'ultimo momento. La
prossima, prometto che saremo almeno duemila a dire di no al rigassificatore a
Trieste». Ha avuto il tono di un proclama questa frase pronunciata ieri sera dal
sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, sotto le volte del palazzo della Camera di
commercio, mentre all'interno si stava svolgendo il primo incontro, a porte
rigorosamente chiuse, di Gas Natural Fenosa con le imprese della Provincia.
Nell'ambito della manifestazione di protesta - organizzata da Associazione
nazionale assistenza pensionati, Lista Cittadini, Comitato salvaguardia del
golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle-Dolina, Gruppo Beppe
Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente,
NoSmog, Partito dei Verdi, Uil Vigili del Fuoco, Wwf - Nesladek ha parlato di
«mandato della gente ai rappresentanti istituzionali, a cominciare da noi
sindaci di Muggia e Dolina, a combattere con tutte le nostre forze contro un
progetto che presenta solo elementi negativi per il nostro territorio e la
popolazione che ci vive». Accanto a lui Fulvia Premolin, sindaco di Dolina.
«Assieme - ha proseguito Nesladek - portiamo il no al progetto di decine di
migliaia di persone».
Si sono alternati in tanti a parlare, con la gente stretta attorno ai rapidi
relatori, sotto le bandiere del Wwf, mentre una leggera pioggia ha avvolto il
gruppo. Alfredo Racovelli, capogruppo in consiglio comunale a Trieste dei Verdi
per la pace, ha severamente criticato «la scelta del presidente della Camera di
commercio, Antonio Paoletti, di far svolgere l'incontro con i rappresentanti di
Gas Natural a porte chiuse, lasciando così fuori i cittadini che sono i primi
interessati dall'evolversi della situazione».
A dare maggiore evidenza alla volontà di opporsi al progetto, davanti alla
piccola folla di persone, si sono schierati alcuni esponenti dei vari movimenti
presenti, creando un cordone umano a formare la scritta "No gas". Continuando a
denunciare «l'assoluta inadeguatezza» delle valutazioni sui grandi rischi
ambientali che l'impianto potrebbe avere, Adriano Bevilacqua, coordinatore
regionale della Uil dei Vigili del fuoco, ha ricordato che «gli enti preposti
alla sicurezza non sono attrezzati per i necessari controlli. In questa
occasione - ha proseguito - abbiamo voluto dare spazio alle forti preoccupazioni
legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non
sembra emergere alcuna prospettiva vantaggiosa per la comunità».
Per Paolo Bassi, coordinatore regionale dell'Italia dei Valori, «con questo
progetto si vuole privilegiare l'interesse di pochi a scapito della sicurezza di
tutti». «Non assisteremo da esclusi - si è letto su un comunicato diffuso nel
corso della manifestazione dai Verdi - alle speculazioni che hanno già prodotto
decenni di disastri ambientali, perché qui ci va di mezzo la salute dell'intera
collettività».
Ugo Salvini
Racovelli: «Rio Martesin, ricorso al Consiglio di
Stato» - DOPO LA SENTENZA DEL TAR CHE HA RESPINTO L’AZIONE LEGALE DEL COMITATO
DI ABITANTI
Lo scontro su Rio Martesin continua. Il Comitato di abitanti della zona che da tempo si batte contro la cementificazione dell’area e, nello specifico, per tentare di fermare i tre progetti che complessivamente vi prevedono la realizzazione di 109 appartamenti, non molla. Il Tar ha respinto il ricorso presentato dal Comitato, attraverso l’avvocato Gianfranco Carbone, contro il Comune di Trieste per i permessi di costruire rilasciati alla Società Airone 85 srl e alla Gestione Italiana Appartamenti srl, controinteressate dal procedimento. Nonostante ciò, gli abitanti - supportati nella loro azione dai Verdi - non intendono fermarsi: «Dopo aver letto i contenuti della sentenza, abbiamo deciso di ricorrere al Consiglio di Stato - fa il punto il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli -. Le ragioni sono sostanzialmente due: la prima riguarda l’inammissibilità così come viene intesa dal Tar, che ritiene che si sarebbe dovuto impugnare il Piano regolatore generale, la variante 66, da subito e non solo ora con il progetto che prevede la cementificazione della valle. In questo caso - continua Racovelli -, però, si dovrebbero impugnare tutti i Piani regolatori, mentre si è deciso di intervenire quando le previsioni del Piano si sono dimostrate immediatamente “lesive”». Quanto al secondo punto, Racovelli osserva: «Sul tema della lottizzazione abusiva il Tar non ha voluto pronunciarsi perché ritiene che in termini di legge l’iter sia corretto. In merito allo stravolgimento dei pastini, i documenti inviati dal Comune affermano che su 31 pastini originari, 13 sono interessati da “lievi” modifiche... Si tratta di 13mila metri cubi totali, senza contare i volumi interrati, sottotetti e vani scale! Senza contare cosa significa per la valle sostenere un carico di traffico determinato dall’insediamento di 109 appartamenti, distribuiti su sette edifici». L’esponente dei Verdi ricorda poi come «il Comune, in sede di nuova variante, per “controbilanciare” la concessione delle licenze edilizie, pochi giorni prima dell’adozione del Prg nell’agosto 2009, ha pensato bene di prevedere per l’area interessata la classificazione di “zona agricola” e quindi inedificabile. Una beffa...».
(m.u.)
Il futuro urbanistico della città visto dalla facoltà
di Architettura - Pubblicato da Eut un volume sulle idee e le proposte lanciate
durante workshop internazionali
DOMANI LA PRESENTAZIONE AL SAN MARCO
Si intitola 97+104= dieci. Idee, immagini, progetti per Trieste ed è
dedicato agli workshop di Architettura. È il nuovo volume, edito da Eut e curato
da Giovanni Corbellini e Alessandra Marin, che riassume riflessioni, spunti e
proposte elaborati da studenti e docenti della facoltà, emersi nel corso dei due
appuntamenti internazionali di progettazione - Riabitare e coabitare, e Ge/Ts
low co(a)st - organizzati a dieci anni dalla fondazione.
Il libro, nel quale sono stati messi a fuoco i temi progettuali più rilevanti
per il futuro di Trieste e proposte discussioni di urbanistica, architettura e
paesaggio, verrà presentato domani alle ore 17,30 al Caffè San Marco di via
Battisti, Ad illustrarlo saranno Carlo Magnani dell’Università IUAV di Venezia e
i curatori. Interverranno all’appuntamento Giovanni Fraziano e Giacomo Borruso,
preside e vice preside della facoltà di Architettura, Paola Di Biagi, direttore
del Dipartimento di progettazione architettonica e urbana e coordinatore della
Commissione scientifica EUT e Vittorio A. Torbianelli, docente della facoltà.
Il volume, come detto, è curato da Giovanni Corbellini - architetto e dottore di
ricerca, critico dell’architettura contemporanea, già docente negli atenei di
Ferrara, Milano e Venezia e attualmente ricercatore all’Università di Trieste -,
e da Alessandra Marin, architetto e dottore di ricerca in Pianificazione
territoriale e sviluppo locale, ora ricercatrice in Urbanistica nella nostra
facoltà di Architettura, dove insegna Progettazione urbanistica e Progettazione
del territorio.
SEGNALAZIONI - Cemento sull’ambiente - PRG
Il nuovo Piano regolatore di Trieste è senz’altro pieno di
magagne, come gli ambientalisti e altri hanno ripetutamente denunciato. Nessuna
meraviglia, quindi, che ci sia chi ha pensato anche di ricorrere alla giustizia
amministrativa contro le scelte più discutibili, come nel caso - per esempio -
del mega-intervento residenzial/commercial/direzionale all’ex caserma «Monte
Cimone» di Banne (v. Il Piccolo del 10 maggio). Il piano ha però apportato anche
dei miglioramenti, rispetto a certe scelte scellerate di quello precedente. È il
caso della zona commerciale prevista presso Basovizza, circa 20 mila metri
quadrati di notevole pregio ambientale vicino al Sincrotrone e affacciati sulla
statale 14, che sono giustamente tornati ad essere zona agricola e forestale.
Eppure proprio contro questa decisione è insorta, rivolgendosi al Tar, la
società Tecnofactoring, che fa capo al responsabile dell’Unione Borgate
Carsiche, Carlo Grgic. Ciascuno difende i propri interessi come meglio crede,
naturalmente, ed è purtroppo prassi consolidata - in Italia - battersi affinché
un piano regolatore sia soprattutto l’occasione e lo strumento per far soldi,
poco importa se a spese dell’ambiente e della natura. Resta la speranza che
quella di Tecnofactoring rimanga un’iniziativa isolata e che l’attenzione degli
abitanti del Carso si concentri non contro le cose buone del piano regolatore,
ma contro le nefandezze: per esempio la zona «C» residenziale prevista a
Padriciano (in un’area che contiene una splendida dolina e risulta proprietà del
locale Consorzio Boschivo!), oppure la zona «turistica» sempre a Padriciano,
collegata con il campo di golf, o ancora la decina di zone «C» residenziali
intorno Opicina, tutte in aree verdi di pregio, e così via.
Per non parlare della nuova sede della Scuola Internazionale a Basovizza, in
un’altra area di pregio ambientale e paesaggistico accanto al Sincrotrone,
individuata con l’ennesimo accordo di programma (strumento pernicioso quanto
nessun altro) e recepita pedissequamente nel piano regolatore.
Un’adeguata pressione dei cittadini contro queste previsioni potrà essere
decisiva, nell’indurre il Consiglio comunale (cui spetta l’ultima parola sugli
strumenti urbanistici) a correggere gli «errori» del piano e modificarne le
previsioni in senso rispettoso dell’ambiente.
Dario Predonzan - resp. urbanistica Wwf Trieste
«L’area della Ferriera? Ottima da trasformare in nuovo
polmone verde» - Progetti e funzione dei parchi pubblici secondo
Stefano Marinaz, da anni al lavoro a Londra
L’agronomo e architetto paesaggista ha già collaborato con nomi del calibro di Rogers e Foster.
Una sua creazione è in questi giorni in mostra in
Francia a un Festival internazionale dei giardini
Il labirinto di metallo della ferriera di Servola ha le carte in regola per
diventare il nuovo polmone verde di Trieste. Non è una provocazione: l’agronomo
e architetto paesaggista triestino Stefano Marinaz lavora da anni in studi
londinesi dove si elabora una nuova concezione urbanistica degli spazi verdi, e
per lui una Ferriera tramutata in parco non è un’ipotesi fantascientifica: «Si
può fare eccome - assicura -. A Duisburg, in Germania, un'area di oltre 200
ettari usata in passato come sede di un impianto metallurgico è stata
riqualificata creando attività sportive, nuovi habitat naturali, zone gioco, il
tutto preservando la gran parte delle strutture industriali esistenti». Una
soluzione di questo tipo, secondo Marinaz, porterebbe diversi vantaggi: «Duisburg
Nord è un parco moderno che ogni anno accoglie migliaia di visitatori, potrebbe
essere un modello per il recupero della Ferriera di Trieste e potrebbe dare
spunti per la creazione di nuove attività ricreative attorno agli impianti
esistenti».
Secondo Marinaz l’importanza dello spazio verde va al di là dello svago e del
relax, ed è strettamente connessa al cambiamento del concetto di città che è
venuto sviluppandosi dalla Rivoluzione industriale in poi: «In un’epoca in cui
possedere un giardino privato è diventato un bene di lusso, il parco pubblico si
è trasformato sempre di più in rifugio e spazio in cui rigenerarsi», dice: «A
questo fenomeno si è affiancata una maggiore sensibilità per un approccio
ecologico e sostenibile nella progettazione del paesaggio. I benefici che i
parchi possono dare non riguardano solo i cittadini che possono godere di un
polmone verde in cui esercitare attività di svago e sportive ma anche
l'ambiente».
La nascita di un parco, spiega Marinaz, comporta la creazione di habitat
naturali che aumentano la biodiversità di flora e fauna. In questi giorni un
progetto elaborato da Marinaz assieme a Francesca Vacirca (architetto
paesaggista) e Daniela Tonegatti (geologa e paesaggista) è esposto al festival
internazionale dei Giardini di Chaumont sur Loire: «Quest’anno hanno cercato di
partecipare al concorso circa 300 progettisti internazionali e solo 20 sono
stati selezionati per la fase esecutiva», spiega l’agronomo: «Di questi ben
quattro gruppi, incluso il mio, sono italiani».
Il giardino progettato dal team di Marinaz, 'Hortitherapie sensorielle', si
articola in quattro spazi distinti, ognuno ispirato a una particolare qualità
curativa delle piante: «Ogni stanza è progettata per fornire un’esperienza dei
sensi inebriante. Le piante aromatiche del giardino-sauna rilasciano le proprie
fragranze quando il passaggio dei visitatori attiva il nebulizzatore. Nell’orto
giardino i visitatori vedono quante piante vengono usate a scopo culinario e
come sia possibile creare un orto biodinamico. Nel giardino dei massaggi i
visitatori camminano tra filari di piante profuma che massaggiano le gambe e
stimolano la vista, il tatto e l’olfatto. Infine, nel giardino dei profumi si
nota che oli ed elisir sono stati estratti per secoli dalle piante medicinali».
Stefano Marinaz si è laureato in Scienze e tecnologie agrarie a Udine, ma dal
2006 vive e lavora a Londra. Ha collaborato a progetti di architetti del calibro
di Richard Rogers e Norman Foster.
GIOVANNI TOMASIN
SAN DORLIGO - «Gestione della Val Rosandra a rischio» - Sormani: «La Regione taglia i fondi, siamo pronti a chiamarci fuori»
L’amministrazione lancia l’allarme - Un riduzione pari a oltre il 30%. È questo il dato saliente sui tagli apportati dalla Regione per la gestione della Riserva naturale della Val Rosandra.
La cifra è stata ufficializzata durante l'ultima riunione del
Consiglio comunale di San Dorligo della Valle per voce del sindaco Fulvia Premolin. Il Comune di San Dorligo, organo gestore della Val Rosandra a partire
dal 2 ottobre 2006 in seguito all'accordo di programma quinquennale stipulato
con l'amministrazione regionale, dopo aver ricevuto 490mila euro per i primi tre
anni di gestione (130mila il primo anno e 180mila sia per il secondo che per il
terzo) aveva chiesto per il quarto e quinto anno complessivamente 360mila euro.
La Regione però per il 2010 ha stanziato al Comune di San Dorligo esattamente
124mila euro per la gestione effettuando dunque una riduzione pari circa al 31%.
Il problema maggiore però riguarda il quinto ed ultimo anno (il 2011) prima
della scadenza dell'accordo di programma come spiega il sindaco Premolin: «In
Finanziaria, in un primo tempo, erano previsti 150mila euro per tutte e nove le
Riserve presenti in regione per le spese correnti, poi successivamente sono
stati stanziati altri 350mila euro ma solo in conto capitale e non dunque per
l’effettiva gestione della Val Rosandra, e quindi penso ad esempio al
personale». Il primo cittadino ha poi evidenziato che «al momento questi soldi
non sono ancora stati ripartiti tra le diverse Riserve e si sa solamente che non
a tutti verrà data la stessa cifra».
Molto preoccupata anche l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta Sormani:
«Siamo in attesa di appurare se la Regione ha capito che senza i finanziamenti
promessi la tutela della Val Rosandra è a rischio, fermo restando che ragionare
puramente in termini economici applicando dei tagli all'ambiente credo sia una
cosa estremamente sbagliata e controproducente». La Sormani poi ha confermato
che «nel caso in cui i fondi non dovessero arrivare, il prossimo anno, alla
scadenza dell'accordo di programma consegnerò le chiavi della Val Rosandra alla
Regione togliendo dunque il Comune di San Dorligo della Valle quale ente gestore
dell'area». Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo del Pdl-Udc Roberto
Drozina: «Devo dire che una volta tanto sono concorde con l'assessore Sormani,
poiché la sua dichiarazione è senza dubbio calibrata ed adeguatamente motivata».
Critico invece il capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac: «Se la
Regione ha deciso di effettuare dei tagli significa che prima venivano erogati
dei fondi troppo sostanziosi oppure che il Comune non ha fatto un buon lavoro. A
questo punto quindi - ha chiosato Gombac - credo che sia meglio che l'assessore
Sormani consegni pure le chiavi alla Regione e che subentri dunque un altro che
potrà gestire più proficuamente la Val Rosandra».
(r.t.)
Enerman, il videogame contro l’inquinamento - Lo scopo
è abbattere le emissioni di C02 nella propria scuola - STUDENTI DELLE MEDIE
”Enerman” è il nuovo compagno di avventure delle scuole
triestine. È un videogioco realizzato dall’associazione Onlus RuotePerAria
Ambiente e Territorio destinato ai ragazzi di terza media.
Attraverso un colpo di mouse lo studente–giocatore vestirà i panni di un manager
che deve rendere eco- sostenibile il suo istituto. Uno strumento interattivo che
intende offrire ai docenti un supporto didattico «in tema di educazione
ambientale e al tempo stesso accrescere nei giovani il senso civico nei
confronti dell’ambiente» è la spiegazione del ministro Stefania Prestigiacomo,
con delega dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania
Prestigiacomo.
Il gioco si compone di tre livelli dove ogni studente ha il compito di abbattere
le emissioni di CO2 della scuola mettendo in atto una serie di provvedimenti
mirati a un più corretto utilizzo delle risorse energetiche. I temi trattati dal
videogame saranno l’isolamento termico, la raccolta differenziata, il risparmio
idrico, le moderne tecnologie per produrre energia rinnovabile come i pannelli
solari, gli impianti eolici e quelli geotermici.
A Trieste hanno aderito al progetto i seguenti istituti comprensivi: F.lli Fonda
Savio Manzoni, Tiziana Weiss, Guido Corsi, Dante Alighieri, San Giovanni e
Roiano Gretta.
Il videogioco si propone come mezzo in grado di veicolare informazioni in un
linguaggio familiare stimolando la loro creatività. Gli studenti saranno infatti
immersi in una realtà virtuale e potranno giocare e imparare in modo
intelligente comportamenti quotidiani utili a ridurre gli sprechi e
l’inquinamento. L'obiettivo è quello di abbattere i livelli di CO2 valutando sia
il budget che il tempo a disposizione. E al termine del percorso didattico il
giocatore riceverà un ecodiploma con il punteggio ottenuto.
«L’iniziativa comincerà a breve e coinvolgerà due classi della terza media che
hanno già partecipato precedentemente a un concorso sull’inquinamento e dunque
conoscono già l’argomento», spiega Concetta Bombone, professoressa di Tecnologia
e responsabile del progetto all’istituto comprensivo Dante Alighieri. E
aggiunge: «Grazie alle numerose postazioni computer – dice la professoressa - i
ragazzi potranno cimentarsi singolarmente con il videogioco in modo da prendere
le decisioni autonomamente».
Federica Cauzer - Claudia Poropat
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 maggio 2010
NO AL RIGASSIFICATORE DI ZAULE - SIT-IN -
In data 17 maggio 2010, in occasione dell'incontro tra Gas
Natural ed il mondo imprenditoriale triestino, ha avuto luogo un sit-in davanti
alla Camera di Commercio di Trieste organizzato da: Associazione Nazionale
Assistenza Pensionati, Cittadini, Comitato Salvaguardia del Golfo, Comune di
Muggia, Comune di San Dorligo, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction
Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, UIL
Vigili del Fuoco, WWF.
Nel pieno rispetto dei criteri democratici, esso è stato significativo momento
di discus-sione e protesta che ha visto unite tutte le parti ambientali,
politiche e sindacali che ormai da tempo si battono per la promozione di un
dibattito competente, trasparente, onesto e pubblico in merito alla questione
dei possibili futuri impianti di rigassificazione a Trieste.
Continuando a denunciare l'assoluta inadeguatezza delle valutazioni sui grandi
rischi antropico ambientali che l'impianto Gas Natural potrebbe avere – e per i
quali, è doveroso ricordare, gli enti preposti alla sicurezza non sarebbero
sufficientemente attrezzati-, si è voluto dare spazio, in quest'occasione, alle
forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale,
rispetto al quale non sembra emergere nessun genere di prospettiva lungimirante
e vantaggiosa per la comunità triestina.
Non risultano accettabili, a questo proposito, sia la lacunosità e la
superficialità che caratterizzano la strategia di comunicazione della Gas
Natural, sia il costante tentativo della holding spagnola di sottrarsi alle
perplessità espresse dalla popolazione, deprecabile atteggiamento che l'incontro
oggi, di cui la Camera di Commercio di Trieste si è resa complice non
involontaria, evidenzia ulteriormente.
Nell'aprirsi infatti esclusivamente alla parte imprenditoriale, ovvero a chi, in
qualche modo, dovrebbe ottenere da tale impianto un beneficio puramente
economico, e nell'ignorare invece tutti coloro che esprimono perplessità non
solo per le ripercussioni economiche, ma anche per la sicurezza antropico
ambientale, il progetto proposto da Gas Natural dimostra di rispondere
unicamente a bieche logiche di profitto immediato, trascurando gli interessi
complessivi della comunità.
Il Comitato organizzatore del sit-in torna ancora una volta a richiedere,
dunque, che Gas Natural si renda quanto prima disponibile ad un incontro
pubblico con le parti interessate e la cittadinanza, aprendosi ad un confronto
aperto, responsabile e democratico.
Infatti, se davvero, come da mesi ormai ripetono in continuazione sia l'azienda
propo-nente che le istituzioni italiane, il terminal di rigassificazione a Zaule
sarebbe così vantaggioso su tutti i fronti, come mai le sollecitazioni delle
parti coinvolte non trovano risposte chiare, trasparenti ed argomentate?
Chi tace di fronte ad una domanda o non sa, o sa che è meglio non dire.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2010
Stazione di Campo Marzio, un piano per il rilancio -
Riccesi muove le acque: «Facciamo un accordo tra Comune, Ferrovie e privato»
IL COSTRUTTORE HA IL 25% DELLE QUOTE DELLA SOCIETÀ CHE
HA VINTO LA GARA
RECUPERO ARCHITETTONICO MA ANCHE BUSINESS
Rientra idealmente in quello che è il patrimonio storico-turistico della
città. E come tale, visto che lì dentro ci sta pure il Museo ferroviario, è un
affare del ministero dei Beni culturali, che attraverso la Soprintendenza ci
mette i suoi vincoli. Formalmente fa parte invece delle proprietà immobiliari
del gruppo Ferrovie dello Stato. E, nel contempo, risulta promesso a una Srl di
Conegliano, la Sviluppo 70, composta con quote paritarie (che potrebbero però
essere ridefinite a breve) da quattro soci: due triestini (Riccesi e Palazzo
Ralli), un terzo veneto (Finanziaria Internazionale, vicina alla Save, la
società di gestione dell’aeroporto di Venezia, e alla galassia Benetton) e un
quarto emiliano. Solo promesso, tuttavia, giacché quattro anni dopo aver vinto
la gara per comprarselo, la Sviluppo 70 non l’ha ancora riscattato. Ergo: il
grande comprensorio dell’ex Stazione di Campo Marzio, ad oggi, pur avendo molti
occhi addosso, rimane sostanzialmente terra di nessuno, come abbandonato a un
(facilmente pronosticabile) destino di degrado che già traspare abbondantemente.
Terra di nessuno lo sarebbe per davvero, non fosse per il Museo ferroviario, ora
inserito nel circuito dei Civici musei, il fiore all’occhiello del Dopolavoro
ferroviario e dei suoi volontari. E non fosse per il noto pub all’angolo, nonché
per quella dozzina di ex ferrovieri che ancora vivono nelle vecchie abitazioni
del complesso. Tutti in affitto.
«Quella è una zona pregiata che, per Trieste, rischia di essere l’ennesima
occasione perduta. Auspichiamo un accordo di programma, tra Ferrovie, Comune e
privato, che consenta il recupero architettonico della parte monumentale a
fronte del riconoscimento, allo stesso privato, di uno spazio interno al
comprensorio in cui poter sviluppare un domani attività remunerative per il
recupero dell’investimento promosso invece su tutto il comprensorio, come ad
esempio la realizzazione di strutture destinate a residenza, ricettività o
uffici». A provare a dare un taglio all’impasse è Donato Riccesi, proprietario
di un quarto della Sviluppo 70, la misteriosa (all’epoca) società di gestione di
beni strumentali e immobiliari con sede legale nel Trevigiano che, nel 2006, si
era aggiudicata appunto la gara indetta da Ferservizi per conto di Fs Real
Estate. Per l’acquisizione dei 18mila metri quadrati del perimetro di Campo
Marzio - tra fabbricati e pertinenze scoperte che racchiudono a ferro di cavallo
il sedime ferroviario tra via Giulio Cesare, via Ottaviano Augusto e Riva
Traiana, intervallati dall’ex Centro meccanografico destinato a sede di Era che
è del Comune - la Sviluppo 70 aveva formalizzato un’offerta da otto milioni e
61mila euro, a fronte di una base d’asta di cinque milioni e 735mila euro. A
quel tempo il Piano regolatore consentiva sei metri cubi per metro quadro in
concessione diretta sul lato mare di Riva Traiana, che ricadeva in zona B1. La
variante adottata nel 2009 fa invece rientrare tutta l’area in categoria O1,
quella delle cosiddette ”zone miste strategiche”, imponendo per nuove cubature
le forche caudine del Piano particolareggiato. Dopo l’offerta, peraltro, la
Sviluppo 70 era venuta a conoscenza che i vincoli della Soprintendenza, dentro e
attorno al Museo ferroviario, erano più di quelli elencati nel bando di gara.
Come se non bastasse il mercato immobiliare aveva allora iniziato la sua fase
discendente. Motivi per cui, se sommati, avevano messo in ghiaccio il rogito di
compravendita definitivo. Ora, però, il soggetto aggiudicatario rilancia. E con
voce triestina. Quella di Riccesi: «Va riprogettata tutta l’area, il Museo è
fatiscente e ha bisogno di un restauro, ma più vincoli insisteranno sul
comprensorio in generale più un privato si guarderà bene dal muovere un chiodo.
Ci è stato offerto qualcosa che non rispondeva alla realtà dei fatti. Dobbiamo
ridiscutere la transazione, insomma. Sono convinto che Ferservizi, se ora
rimettesse l’area in vendita, non ricaverebbe una cifra simile alla volta
scorsa».
PIERO RAUBER
Dipiazza: «Trovata in Austria una copertura per il
museo» - Il sindaco: «Per la riqualificazione si può trovare un’intesa,
l’amministrazione non può fare di più»
È diretto responsabile solo di un piccolo pezzo che
insiste su quel grande perimetro oggi a metà strada tra la proprietà del gruppo
Ferrovie dello Stato e le prospettive di acquisizione della Sviluppo 70, e quel
piccolo pezzo è l’ex Centro meccanografico dove sarà ospitata la sede permanente
di Era. Eppure il Comune - assicura Roberto Dipiazza - si sta muovendo, per
quanto gli può competere, per ridare una dignità architettonica e turistica
all’ex Stazione di Campo Marzio. Come? Con una trattativa che ha del clamoroso,
al punto che lo stesso sindaco omette qualsiasi particolare. «Mi sto
interessando personalmente - è l’unica cosa che si lascia sfuggire - acché la
Stazione abbia una copertura coerentemente asburgica. Ho trovato in Austria
quella di una vecchia stazione che dovrebbe coincidere con la nostra». Una
copertura da smontare nel luogo d’origine, traslocare a pezzi e rimontare a
Campo Marzio, lascia intendere il primo cittadino. Che però, a questo punto si
blocca. L’operazione sarebbe a metà strada, mormorano a palazzo, ma di più non
trapela.
Dipiazza si esprime eccome, invece, sull’impasse tra Ferrovie e Sviluppo 70 «che
non riguarda l’amministrazione cittadina». «Lì l’errore di base - sentenzia - è
che il gruppo Fs ha messo in vendita un immobile che ragionevolmente non si
poteva vendere, visti i vincoli imposti dalle Belle Arti. Detto questo, siamo
disponibili a ragionare per un accordo di programma che consenta lo sblocco
della situazione, anche perché considerati quelli che sono i soggetti coinvolti
solo un privato può avere la forza d’intervenire. E che sia chiaro che in questo
momento il Comune non può permettersi di aprire nessun altro fronte a livello di
investimenti per opere. Ce ne sono già tanti».
Di diverso avviso è Piero Camber, perno dei berluscones giuliani impegnati tra
Comune e Regione, il quale insiste per poter quanto meno tentare di battere un
suo vecchio chiodo: il subentro nell’affare, in vece della Sviluppo 70,
dell’amministrazione municipale in qualità però di socio di Fiera Spa. Obiettivo
dichiarato: trasformare l’ex Stazione di Campo Marzio in «una struttura
fieristica polivalente, abbinata a Era, Alinari e Museo ferroviario, vicina
peraltro alla rampa della Grande viabilità e raggiungibile anche con i treni
storici oggi già funzionanti su iniziativa del Museo ferroviario».
«Il comprensorio di Montebello - incalza infatti Camber - come sappiamo vale
circa venti milioni. Vendendo quello ci sarebbero le disponibilità richieste per
acquistare l’area di Campo Marzio dalle Ferrovie dello Stato e per
riqualificarla e adattarla a location fieristica, realizzando ad esempio
parcheggi nel sito oggi occupato dal Mercato ortofrutticolo». (pi.ra.)
«Evitiamo speculazioni lanciamo nuove idee» - COSOLINI
GUARDA AVANTI
L’impasse di Campo Marzio rappresenta il sintomo della
debolezza con la quale l’amministrazione Dipiazza ha fatto da regista al piano
di sviluppo della zona. Va giù pesante, Roberto Cosolini, oggi numero uno del Pd
proiettato verso il voto 2011, ieri assessore regionale e come tale tra gli
attori protagonisti di un dibattito che all’epoca evocava, proprio per Campo
Marzio, un polo scientifico e turistico con tanto di Parco del mare. «L’area dal
Mercato a Riva Traiana - ribadisce Cosolini - è il sito ideale per un’operazione
ambiziosa. Per farla però bisogna evitare di cadere in operazioni speculative e
lanciare un grande concorso di idee. A suo tempo avevamo pensato alla
realizzazione di un Science Centre, vetrina e spazio culturale della realtà
scientifica di Trieste, ma il progetto è stato lasciato cadere da Regione e
Comune, ritornando al loro originario disegno di privilegiare la sola
associazione Globo, e quindi un insediamento di rilievo minore». «Campo Marzio è
una zona strategica per ridisegnare la città - chiude il segretario Pd - ma
serve un’operazione di alta qualità e un’intesa tra i vari soggetti competenti.
Non credo che l’idea di urbanistica dimostrata da quest’amministrazione sia in
grado d’ispirare quest’operazione. Ma se il prossimo anno le cose dovessero
cambiare...».
Cherso chiede aiuto ai cacciatori: cinghiali in branco
stanno facendo strage di agnelli - ALLARME FRA GLI ALLEVATORI E ANCHE FRA I
RISTORATORI
Problemi anche a Veglia. Dal 2005 al 2009 abbattuti
quasi 4500 animali (compresi 1502 daini)
FIUME Le “doppiette” promettono maggiore impegno a Veglia e Cherso, isole
infestate da selvaggina alloctona, in grado di alterare l’equilibrio ambientale
e di mettere a rischio la biodiversità presente nell’area insulare quarnerina.
L’altro giorno si è svolta l’assemblea elettorale dell’Unione caccia della
Contea litoraneo-montana (capoluogo Fiume), nella quale si è fatto il punto sul
drammatico problema della presenza di cinghiali e daini a Cherso e degli stessi
cinghiali a Veglia, animali che negli ultimi 20 anni hanno causato gravissimi
danni agli allevatori di ovini e agli agricoltori.
Le attività dei cacciatori hanno avuto maggiore successo nell’isola di Veglia,
dove i cinghiali sono stati decimati e dove non vi sono più grossi problemi
nemmeno con gli orsi, le cui scorribande avevano caratterizzato il periodo a
cavallo tra gli anni 90 e l’inizio del secolo.
Situazione ben diversa, e anche molto difficile, a Cherso, dove i cinghiali e i
daini continuano a fare il bello e brutto tempo e dove non si vedono soluzioni a
breve termine. Nel corso dell’assemblea elettorale sono comunque emerse cifre
molto interessanti: solo dal 2005 al 2009, nelle due isole sono stati abbattuti
2915 cinghiali e 1502 daini, con un trend positivo che sta andando avanti anche
quest’anno.
Se, come già detto, a Veglia il quadro si presenta migliore, o migliorato, a
Cherso i cinghiali continuano a dominare imperterriti, coadiuvati dai daini.
Anche in questo periodo primaverile, i cinghiali hanno sbranato centinaia di
agnelli, per la disperazione di chi nell’isola vive di ovinicoltura e dei
ristoratori. Quest’ultimi temono di non poter offrire quantità bastevoli del
famoso e apprezzatissimo agnello chersino, rimpiazzandolo con esemplari delle
regioni continentali della Croazia o provenienti da Macedonia e Bulgaria. Sono
agnelli che sicuramente non possono competere, in fatto di sapore, con il loro
consimile chersino, che vive in un’isola particolare, dove la salvia e altre
erbe aromatiche (mangiate dagli ovini) sono presenti ovunque. Il proprietario di
un noto ristorante dei dintorni di Cherso città (di cui per ovvie ragioni non
possiamo citare il nome) si è lamentato di recente con alcuni amici, sostenendo
che – a causa dei cinghiali – probabilmente non potrà offrire piatti a base di
agnello autoctono prima che finisca l’alta stagione turistica. Pare quasi
scontato il suo ricorso ad agnelli provenienti da Paesi dell’Europa
sudorientale.
Qualche settimana fa si è riunito in via straordinaria il Consiglio comunale di
Lussinpiccolo, chiedendo alle autorità regionali e statali di risolvere una
volta per tutte il problema degli animali alloctoni, riprodottisi in via
eccezionale negli ultimi decenni e al di fuori delle zone venatorie, da cui
erano scappati alla fine degli anni 80.
Introdotti nella parte settentrionale di Cherso, denominata Tramontana, i
cinghiali sono stati avvistati nelle scorse settimane fin nel profondo meridione
dell’isola di Lussino, con gruppi di turisti e di lussignani che li hanno visti
nella baia di Cigale, nel locale cimitero e anche nei pressi della strada che
collega Lussinpiccolo e Lussingrande.
(a.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2010
Mappa della telefonia, entrano 50 nuove antenne -
Comune incalzato dalle richieste dei gestori che chiedono altri spazi
la mappa delle stazioni radio presenti sul territorio comunale
Duecento sono già disseminate tra Valmaura, Barriera,
Rozzol, San Vito e Opicina - Le rilevazioni dell’Arpa: per ora nessuna
pericolosità da elettrosmog
Nel 2006, anno della mappatura ufficiale confluita nel Piano comunale di
settore degli impianti radio base, erano 189. Oggi invece le antenne di
telefonia mobile sparse in tutto il territorio di Trieste sono salite a quota
200. E, nel giro di qualche mese, potrebbero diventare addirittura 250. La
”fame” di spazi dei gestori telefonici infatti non solo non si è esaurita, ma
pare al contrario in progressiva crescita.
La prova arriva dalle richieste che continuano ad arrivare negli uffici
municipali. Attualmente sono allo studio 15 nuove domande di autorizzazione. Ma
le compagnie telefoniche, informalmente, hanno comunicato l’interesse a
posizionare altre 35 stazioni radio base, per le quali è iniziata la ricerca del
sito ideale. Una vera e propria corsa ad accaparrarsi il sito più adatto, con
buona pace dei tanti cittadini stanchi di assistere al proliferare dell’”antenna
selvaggia”.
I POSIZIONAMENTI Proprio per prevenire reazioni agguerrite da parte dei
residenti, i gestori tendono a mantenere fino all’ultimo il silenzio sulle
location prescelte. Ecco perché, al momento, poco o nulla si sa sulle zone in
cui dovrebbero sorgere di qui alla fine del 2011 gli ulteriori 50 nuovi
impianti. In compenso è possibile prendere atto delle 200 stazioni radio base
esistenti. Una selva di antenne comparse un po’ in tutti i rioni del comune e le
frazioni dell’altipiano. Si va dalla quindicina di ripetitori presenti a Cologna
e Valmaura, ai nove impianti in centro storico, per esempio in via San Nicolò e
via dell’Orologio. Dalla dozzina di tralicci di San Vito - l’ultimo, in ordine
di tempo, è apparso sul palazzo in via Giustinelli 3, proprio a ridosso della
chiesa degli Armeni - , ai circa venti disseminati tra Barcola, Gretta e
Grignano. E l’elenco potrebbe continuare con le oltre 15 antenne di Campi Elisi,
le 20 sparse sull’altipiano tra Opicina, Padriciano, Basovizza e Banne, le oltre
30 piazzate sui fabbricati di Barriera vecchia, Rozzol e Melara. Gettonati
inoltre anche angoli più remoti come testimoniano le due antenne in Strada per
Monrupino o quella collocata sopra la piccola stazione di via del Pucino.
PIANO DI SETTORE In questo ”far-west dell’antenna”, il Comune tarda a fare
ordine. Intendiamoci, il nuovo Piano di settore per la telefonia mobile, lo
strumento pensato per fissare paletti più rigorosi ed escludere dal raggio
d’azione dei gestori i siti indicati come ”sensibili”, esiste ed è stato
adottato a fine 2007. Il punto è che all’adozione non ha ancora fatto seguito
l’approvazione vera e propria. E il via libera, anche a voler essere ottimisti,
non potrà arrivare prima della fine dell’anno. L’iter previsto per questo piano
di settore, infatti, è lungo e tortuoso e, tra i vari adempimenti, richiede
anche l’ottenimento della Vas, la valutazione ambientale strategica. Il compito
di eseguire i rilievi funzionali al rilascio di tale certificazione è stato
affidato il 29 aprile scorso a due studi professionali - la ”Veneto progetto” e
lo studio associato ”Cordara, Merson e Bernardi” -, che entro fine maggio
dovranno presentare la documentazione preliminare. Poi sarà la volta delle
attività tecnico-istruttorie, delle consultazioni e delle valutazioni di tutti
gli enti coinvolti - Arpa, Azienda sanitaria, Soprintendenza e Regione -. Tempo
stimato per completare l’iter, quindi, almeno sei mesi.
SENZA REGOLE Nell’attesa, il Comune si trova di fatto a fronteggiare senza armi
le richieste insistenti dei gestori. Non essendo ancora entrate in vigore le
restrizioni indicate nel nuovo Piano di settore - a partire dal divieto di
installare impianti nelle aree classificate come ”incompatibili”, cioè asili,
scuole, case di riposo, in quelle ”di interesse ambientale e paesaggistico”,
come cimiteri, sagrati delle chiese, cigli panoramici -, le compagnie trovano
sulla loro strada solo due piccoli ostacoli. Il primo è il monitoraggio
dell’intensità delle onde elettromagnetiche affidato all’Arpa, chiamata a
verificare che non venga superato il limite massimo dei 6 volt per metro
stabilito per legge. Il secondo è il parere del Comune che, però, può dare
esclusivamente una valutazione di tipo paesaggistico. E, a meno che il gestore
non proponga l’installazione dell’impianto in mezzo a piazza Unità, l’esame si
risolve il più delle volte in un giudizio favorevole.
COMMISSIONE Di antenne si è occupata venerdì scorso anche la Commissione
trasparenza, chiamata ad ascoltare gli interventi di Mauro Primossi dell’Azienda
sanitaria, e di Stelio Vatta e Marzio Viola dell’Arpa. «Interventi che però non
hanno evidenziato la pericolosità dell’elettrosmog - spiega il presidente
Alfredo Racovelli dei Verdi -. Invece esistono studi che provano l’esistenza di
sintomatologie specifiche. Ecco perchè il Comune, finora del tutto inadempiente
su questi temi, deve attivare subito campagne di sensibilizzazione». Un’altra
proposta arriva poi dalla mozione firmata dal consigliere del Gruppo misto
Alessandro Minisini: «Il Comune deve dare risposte ai cittadini istituendo a
breve un tavolo operativo per concertare la collocazione di nuovi impianti.
Concertazione - precisa Minisini - che dovrà tener conto delel linee guida del
futuro piano, come il rispetto dei siti sensibili».
MADDALENA REBECCA
ANTENNE - Abitanti di via Budrio in rivolta per un
traliccio che blocca la via - UN COMITATO A CAMPANELLE
Disagi per i lavori senza preavviso Lettera di protesta
a Dipiazza: «Restituiremo i certificati elettorali»
Una delle ultime antenne posizionate in città è comparsa appena pochi giorni
fa in via Budrio, una piccola traversa di via Campanelle, lunga appena 500
metri. E la novità ha finito per spiazzare letteralmente i residenti che non
erano stati avvisati dell’arrivo della scavatrice inviata dal Comune per
effettuare i lavori. Essendo via Budrio una stradina a fondo cieco, infatti, a
causa degli scavi alcuni abitanti sono rimasti bloccati in casa. Altri, come i
quattro cittadini diversamente abili bisognosi di ricevere cure domiciliari, per
parecchie ore a casa non sono proprio riusciti a tornare.
Una situazione che ha spinto i diretti interessati a scendere sul piede di
guerra e a dare vita ad un comitato spontaneo. Il primo atto è stata una lettera
indignata inviata a Roberto Dipiazza nella sua doppia veste di sindaco e
responsabile ai Lavori pubblici. Lettera nella quale viene evidenziato come, una
volta ripresisi dallo stupore iniziale, gli abitanti avessero interpellati
Polizia Municipale, Carabinieri e Polizia per ottenere almeno il ripristino
temporaneo della viabilità: nessuno dei tre organi citati ha però risposto
all'appello dei residenti.
Ma ad irritare ancor di più la popolazione di via Budrio, chiarisce la missiva,
è stata la consapevolezza di aver subito, oltre al danno, anche la beffa:
l’intervento apportato nella via, costituito dalla posa di un largo pilone per
la telefonia, ha di fatto ristretto ulteriormente la stradina già di non
facilissimo accesso da par suo.
«Siamo offesi ed amareggiati - spiegano i cittadini -. Al punto che molti di noi
si riservano anche di restituire i certificati elettorali. I disagi legati
all’installazione dell’antenna non sono gli unici patiti dalle nostre famiglie
in questi anni. Va ricordata infatti - prosseguono i componenti del comitato -
che via Budrio non ha l’allacciamento al gas, è priva di illuminazione pubblica
e l’asfaltatura, che ora versa in pessime condizioni, è stata pagata dai
residenti».
E proprio dalle pessime condizioni della loro via il comitato prende le mosse
per lanciare una proposta al Comune. «Almeno in quest’occasione - spiega uno dei
componenti del comitato - vogliamo essere ascoltati e tenuti in considerazione.
Se proprio l’antenna non può essere rimossa, chiediamo che perlomeno, in cambio,
il Comune si impegni a mettere in sicurezza la via. Siamo disposti a rinunciare
alle barricate - conclude il cittadino -, a patto che questo ennesimo sacrificio
produca qualche ricaduta positiva sul nostro territorio. Non è più possibile
sopportare i disagi e le prese in giro a cui siamo stati sottoposti in tutto
questo tempo».
(r.t.)
ANTENNE - IL SEGNALE CROATO - Con potenti
ripetitori arriva in piazza Unità
Il segnale sloveno e croato sconfina. Spesso arriva sul
Carso, sulla costiera triestina, a Barcola ma anche in punti come piazza Unità.
E la cosa non è di poco conto dal momento che basta semplicemente rispondere al
telefono, senza accorgersi del segnale internazionale, per avere una sgradita
sorpresa: sia per chi chiama che per chi riceve scatta il pagamento di una
tariffa superiore. Utilizzando il segnale sloveno la telefonata diventa
internazionale.
«Il fenomeno - spiega Daniele Sancin, esperto di telefonia mobile impiegato in
uno dei centri commerciali della città - è dovuto esclusivamente alla potenza
dei ripetitori che hanno un livello più alto. Anche per questioni geografiche,
per la presenza del mare, il segnale arriva molto forte anche da noi, a volte
sovrastando quello italiano».
Le reti d’oltre confine sono agevolate anche da una diversa normativa. La legge
italiana, infatti, impone dei limiti ben precisi per le emissioni delle antenne
di telefonia mobile. Limiti meno rigorosi che dunque a poco valgono gli sforzi
fatti dalle compagnie telefoniche nazionali per risolvere il problema.
«Il telefonino in un batter d’occhio perde l’aggancio con la cella della
compagnia italiana e si aggancia a quella slovena o croata - osserva Sancin -
Quello che va ricordato è che a quel punto cambiano le tariffe e le persone
anziane, magari meno esperte, si ritrovano con la scheda azzerata. Bisogna stare
attenti e cercare di non usare il telefonino fino a che non ritorna il segnale
del proprio operatore».
Unico modo per riuscire ad arginare il problema è quello di sostituire il modo
di ricezione del telefono da automatico a manuale. «In questo modo - dice il
tecnico - il cellulare non passa automaticamente alla rete slovena o croata, ma
deve essere reimpostato.
(l.t.)
SEGNALAZIONI - Acqua privatizzata - REFERENDUM
Mi guardo in giro e vivendo la realtà quotidiana
dell’informazione faccio notare la poca pubblicità che viene data alla raccolta
firme per il referendum nazionale, che ha come obiettivo il ritorno dell’acqua a
bene pubblico, abrogando la legge che l’ha privatizzata e consegnandone la
gestione alle multinazionali. Sinceramente ritengo che questa privatizzazione
rappresenti un problema per tutte le persone comuni che non abbiano interessi in
queste multinazionali. Non vorrei mai che un giorno neppure lontano il litro
d’acqua diventi più caro di un barile di petrolio!
Graziella Rosini
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 15 maggio 2010
NO AL RIGASSIFICATORE - SIT-IN lunedì 17 maggio
davanti alla Camera di Commercio di Trieste, Piazza della Borsa 14, dalle 17.30
alle 20.
Il SIT-IN, organizzato dalle parti ambientali, politiche e sindacali interessate, prevede la discussione e la protesta, nel pieno rispetto dei criteri democratici, per l'inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l’impianto di rigassificazione Gas Natural previsto a Zaule potrebbe avere per la popolazione triestina e per lo stesso sviluppo economico locale.
IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2010
L’incognita del mercato frena il rigassificatore - Di fronte all’attuale domanda, troppi sei progetti nazionali. E c’è anche l’impianto di Veglia
CAMBIANO LE STRATEGIE A CAUSA DELLA CRISI NEL SETTORE
ENERGETICO
Tra l’incudine di una domanda atrofizzata dalla crisi globale (al -7% di
consumi energetici del 2009 ha risposto, nel primo trimestre 2010, una ripresa
inferiore all’1,5%) e il martello di un’offerta che, alla luce dei progetti di
gasdotti e terminali Gnl appena realizzati o in arrivo, potrebbe un domani
inondare il mercato di gas naturale ben oltre le necessità. Sia a livello
italiano (dove potrebbero essere disponibili 170 miliardi di metri cubi all’anno
a fronte dei 95 presumibilmente richiesti, ma già oggi la proporzione è di circa
110 su 80) sia in chiave euroregionale. Sul destino del rigassificatore
triestino - secondo un’analisi post-crisi diffusa tra gli addetti ai lavori, che
esula dal dibattito politico e da ogni valutazione ambientale - piomba insomma
una doppia incognita. Nazionale e internazionale.
LA SOVRABBONDANZA Se tutti i progetti prioritari vedessero la luce, grosso modo
nei prossimi 5 anni, un impianto in funzione da queste parti - non importa se
quello di Zaule targato Gas Natural, il più probabile, o quello off-shore ex
Endesa oggi E.on, il più trascurato - rischierebbe di contribuire a una generale
overcapacity del mercato di gas naturale. Un tempio senza un adeguato numero di
adepti.
I GASDOTTI Il rigassificatore di Zaule rientra in una schiera di sei progetti
nazionali in stato avanzato dal punto di vista burocratico e strategico. Tre di
questi riguardano gasdotti. Il primo è il Galsi, il futuro collegamento
sottomarino da 12 miliardi di cubi per il trasporto di metano dall’Algeria alla
Sardegna, e dall’isola a Piombino, che annovera Edison ed Enia tra gli
investitori. Il secondo è l’Igi, la pipeline italo-greca da otto miliardi di
cubi sviluppata al 50% da Edison e destinata a far arrivare in Puglia il gas
estratto in Azerbaigian e Turkmenistan che già attraversa la Turchia. La
decisione definitiva sugli investimenti, per entrambe le opere, è attesa entro
il 2010. Un terzo progetto - il meno sconosciuto a casa nostra visto che il suo
approdo in Italia è previsto all’altezza di Monfalcone - potrebbe bruciare sul
tempo l’Igi, poiché sostenuto da tre colossi quali la russa Gazprom, l’italiana
Eni e la francese Edf. È il South Stream, che dicono porterà in Europa 63
miliardi di cubi (di cui dieci per l’Italia) dal Mar Nero via Balcani, aggirando
le arterie tradizionali dalla Siberia verso Russia e Ucraina.
I RIGASSIFICATORI Gli altri tre progetti avanzati si riferiscono a
rigassificatori, con capacità medie da 8-10 miliardi di cubi. Due sono già
contemplati al Sud, da scegliere fra tre opzioni: Gioia Tauro (partnership
Iride-Sorgenia), Porto Empedocle e Augusta Priolo (entrambe gruppo Enel), mentre
l’ipotesi Brindisi di British Gas pare tramontata. Il terzo è proprio il
terminale triestino di Gas Natural, che però - a sentire le perplessità che
circolano in alcuni ambienti vicini alle compagnie energetiche tricolori - oltre
a fare i conti con il fuoco incrociato degli altri progetti avanzati della
penisola, potrebbe scontare anche la necessità di doversi costruire ancora
un’adeguata rete di relazioni in chiave mercato italiano.
L’ESISTENTE Oggi i rigassificatori esistenti su territorio italiano sono un
paio: uno è quello storico di Panigaglia, nel golfo di La Spezia, di proprietà
Eni, l’altro è quello di Rovigo, al largo di Porto Levante, inaugurato a ottobre
da ExxonMobil e Qatar Petroleum su progetto dell’Edison, che ne detiene il 10%.
Quest’ultimo appartiene alla fascia di progetti varati in epoca pre-crisi (per
sostituire gradualmente il ricorso a carbone e olii combustibili), che hanno
potenziato l’offerta di gas naturale quando il mercato tirava. A tale fascia
appartengono il gasdotto Tag proveniente dalla Russia attraverso Tarvisio,
l’entrata in funzione della pipeline sottomarina Libia-Italia Green Stream,
nonché il rigassificatore da 4 miliardi di cubi di Livorno, che dovrebbe essere
attivato entro il 2012 su iniziativa di Enia, Iride e E.on.
L’ALTO ADRIATICO Lo stesso colosso tedesco - che ha provato a vendere la propria
rete gas in Italia per puntare sulle rinnovabili, ma per alcuni è stato un
segnale di disimpegno nel nostro Paese - partecipa all’affare Adria Lng, cioè
alla costruzione del terminale croato di Castelmuschio. Trieste, stringi
stringi, oltre che dalla morsa dei progetti nazionali, deve guardarsi da quella
dei movimenti altoadriatici. Rovigo a Ovest, Veglia a Est, il South Stream a
Nord. La stessa ipotesi che Trieste diventi base di forniture euroregionali,
verso l’Europa centro-orientale, costituisce una sfida fascinosa ma piena
d’interrogativi. Nei dintorni di Vienna c’è il Baumgarten, il nodo
austro-slovacco del metano di origine siberiana destinato già a riempire i
capillari dell’Europa centro-meridionale. E come se non bastasse, dalle nostre
parti tira aria di South Stream transbalcanico. Ci sarà spazio per le ambizioni
triestine?
PIERO RAUBER
RIGASSIFICATORI - «Prevedo un rallentamento delle
opere» - L’ex top-manager di Eni Nicolazzi: «Non si possono fare tutte assieme»
LE VALUTAZIONI DELL’ESPERTO CHE PARLA DI UN ORDINE DI
REALIZZAZIONE
Tre gasdotti e altrettanti rigassificatori risultano, in Italia, sulla rampa
di lancio? La legge della domanda e dell’offerta, alla fine, creerà naturalmente
un ordine temporale perché, «come conseguenza della crisi siamo già in
overcapacity, non si potranno mica fare tutti assieme, questi progetti». Lo
mette in preventivo, ora che i tempi non sono sospetti, Massimo Nicolazzi,
superesperto di energia di rango internazionale. Laureato in legge ed ex
top-manager di Eni impegnato sul fronte dei giacimenti caucasici, Nicolazzi è
oggi amministratore delegato di Centrex Europe Energy & Gas, la controllata di
Gazprom attiva nella produzione e nella commercializzazione di gas in Europa.
Non chiedetegli, però, se a tirare il freno dovrà essere - o più semplicemente
sarà - il progetto di Trieste anziché un altro. «La decisione finale - taglia
corto l’esperto - spetta all’impresa, nel caso di Trieste Gas Natural, sulla
base delle sue valutazioni a proposito della sostenibilità di un investimento
che è comunque ingentissimo».
Come inquadrare Trieste nel contesto dei progetti pronti per essere sviluppati,
alla luce della crisi che ha arrestato la domanda di fabbisogno energetico?
«Non so in quale ordine di realizzazione andrà a collocarsi il rigassificatore
di Trieste. Credo, questo sì, che ci sarà un rallentamento, ma da un punto di
vista generale. Le opere previste non si faranno tutte assieme».
Il rigassificatore di Rovigo è entrato in funzione a fine 2009, di quello croato
è invece annunciato l’avvio del cantiere per il 2011. Eppoi c’è il metanodotto
South Stream che entrerà dalle parti di Monfalcone fra qualche anno. È chiusa la
prospettiva di un terminale triestino al servizio di un’area euroregionale?
«Non è a un simile scenario che si può ridurre la valutazione di un nodo
geografico, Anzi. Se si individua un adeguato sbocco di mercato, i punti di
ingresso sono indifferenti perché è a fare la differenza è la rete, che dev’essere
capiente. Pensiamo ad esempio agli stessi rigassificatori previsti al Sud: se
non c’è la sicurezza che li collegano alla rete Snam, i proponenti non ci
mettono neanche la prima pietra».
Può rappresentare un freno il fatto che Gas Natural debba costruirsi, più di
altre compagnie, i suoi rapporti commerciali in Italia?
«Credo proprio ci abbiano pensato. L’idea che uno metta in piedi un giocattolino
che può costare un miliardo di euro senza aver pianificato un aspetto come
questo mi fa ridere. Normalmente, oltretutto, esiste un abbinamento logico tra
un sito e il progetto di una società».
E qual è nel caso di Zaule?
«Quando una compagnia va a cercare una location, per un rigassificatore on-shore,
punta anzitutto sulla presenza di fondali adeguati per l’arrivo delle gasiere.
Roba che a Ravenna, tanto per dirne una, sarebbe a dir poco complicata.
D’altronde un territorio può offrire proprio questo. Infrastrutture, logistica,
permessi. Poi la scelta finale su investimento e realizzazione spetta alla
compagine privata».
Di recente, l’ad di Eni Paolo Scaroni ha lasciato intendere quanto sia
determinante, a livello europeo, nel lungo periodo, smarcarsi dalla dipendenza
russa, diversificare i percorsi di transito del gas, che oggi passano per l’80%
su suolo ucraino. Si riferiva solo al South Stream o evocava un ruolo importante
anche per i terminali Gnl con cui dotare i porti del Mediterraneo, e quindi
l’Italia e Trieste?
«Detesto la parola dipendenza. Di South Stream sappiamo ad oggi solo che
arriverà in Austria. E non dobbiamo dimenticarci che, in sostanza, rappresenterà
un aumento del gas russo destinato all’Europa. Ho la sensazione, a tal
proposito, che il temporaneo idillio ucraino renda questa cosa meno urgente.
Rigassificatori, invece, uguale Nord Africa. È un dato di fatto».
Come leggere il tentativo di vendita della rete di E.on? Un disimpegno su suolo
italiano?
«Nient’affatto. Uno può aver voglia di uscire dalla distribuzione per potenziare
l’attività commerciale a monte. E.on, poi, già partecipa al rigassificatore di
Livorno».
Il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, oggi spinge per
investire nelle infrastrutture per il gas.
«Sono investimenti legittimi, ma che, ripeto, non potranno essere fatti tutti
assieme. Siamo già in overcapacity. La crisi ha spostato indietro di tre anni
l’orologio della crescita. E uno non fa un tubo per tenerlo vuoto e andarci a
spasso».
(pi.ra.)
Ma Gas Natural va avanti dritta per la sua strada -
Fissati due nuovi incontri in Camera di commercio e uno in Assindustria
Il project manager Garcia Armesto sta già lavorando nei
nuovi uffici di piazza Tommaseo
Le incognite appese alle conseguenze della grande crisi - intese come
fabbisogno industriale di energia rispetto al quadro generale delle
disponibilità - non muovono foglia negli uffici dei bottoni di Gas Natural, oggi
Gas Natural Fenosa dopo la recente acquisizione di Union Fenosa, l’altro colosso
spagnolo dell’energia.
La multinazionale iberica dopo tutto, in attesa del via libera definitivo della
Regione a coronamento della Valutazione d’impatto ambientale del Governo, sta
tenendo un low profile davanti ai ricorsi amministrativi e alle perplessità di
una fetta di città che hanno portato, di recente, anche a un pronunciamento
secco - di contrarietà - da parte del Pd provinciale.
Una presa di posizione pesante, in vista del voto dell’anno prossimo.
L’uscita definitiva dal silenzio - con la mission di una nuova strategia di
comunicazione che faccia passare prima di tutto il messaggio che il progetto è
sicuro, ecocompatibile e decisivo per la riconversione della Ferriera, e che non
andrà a incidere negativamente sui traffici portuali tradizionali - dovrebbe
maturare a breve, allorché Gas Natural inaugurerà l’annunciato quartier generale
triestino, individuato peraltro in un punto storico, simbolico e prestigioso
della Trieste economica e pensante: piazza Tommaseo, vicino alla Camera di
Commercio.
E a riprova che, da quelle parti, qualcosa nella pentola già si sta muovendo,
proprio nella sede camerale di piazza della Borsa gli emissari dell’azienda
spagnola terranno per i due prossimi lunedì, il 17 e il 24 maggio, due incontri
tecnico-informativi a porte chiuse con i delegati delle categorie economiche del
territorio sul progetto dell’impianto di Zaule.
Un terzo appuntamento, non ancora calendarizzato ufficialmente, avrà come
cornice Assindustria. A parlare sarà Ciro Garcia Armesto, il project manager del
rigassificatore triestino, che per la verità sta già lavorando nell’ufficio di
piazza Tommaseo. È, infatti, il più alto in grado di tutti quelli che stanno
lavorando in queste settimane, per conto di Gas Natural, alla partita di
Trieste, dividendosi tra la nostra città e Barcellona.
(pi.ra.)
«Ferriera, troppi sforamenti» Il “Miani” di nuovo in
piazza - MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
«In 40 giornate di campionamento nel sito di via Pitacco,
dove è sistemata una centralina Cigra, per il benzoapirene sono stati registrati
26 superamenti del valore limite di un nanogrammo per metro cubo, mentre 20
sforamenti su 40 giornate in via dei Giardini. Lo scrive nella sua relazione il
consulente della Procura». In una nota, Maurizio Fogar del Circolo Miani
riprende i contenuti del documento per poi annunciare che «martedì 18 maggio con
ritrovo alle 18 davanti al Municipio in piazza Unità» si terrà la manifestazione
«promossa da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei
comitati di quartiere» nella quale le associazioni in questione inviteranno «i
cittadini a protestare nei confronti di Comune, presidenza della Regione e
prefettura per la vergognosa latitanza, per la palese inosservanza delle leggi e
per le conseguenti gravi responsabilità che queste portano per aver in tutti
questi anni sostanzialmente difeso solo gli interessi della Lucchini-Severstal,
oggi solo Severstal anzi Mordashov, proprietaria della Ferriera. Ritardando -
attacca Fogar - e affossando peraltro le prospettive di sviluppo della città».
L’esponente del Circolo Miani, nel testo, cita anche un altro passo della
relazione del consulente della Procura: «La media annua per il benzoapirene nel
2009 presso la stazione di rilevamento di via San Lorenzo in Selva ha raggiunto
8.84 nanogrammi (contro il limite di legge di 1, ndr). Il quadro analitico
riportato per l’inverno 2009-2010 mostra quindi dati mediamente più elevati di
quanto evidenziato nelle stesse stazioni nei periodi precedenti».
Paesaggistica, centrosinistra contro gli sloveni -
Ukmar: «Non è un no alla minoranza, ma alle manovre del centrodestra»
Brandi commemora Ludovisi senza ”bandelliani” e
Furlanic
Con 21 sì (Fi-Pdl, An-Pdl, Lista Dipiazza, Udc, Gruppo misto, Partito
Repubblicano e il capogruppo della Lega Ferrara), 18 no (tutto il centrosinistra
più il Gruppo Sulli), l’astensione del leghista Portale e la non partecipazione
al voto di Edera (Lista Rovis), l’aula ha dato il via libera l’altra sera alla
delibera che spalanca le porte della Commissione paesaggistica ad un componente
della minoranza slovena. Un via libera, però, segnato dalle polemiche.
«L’atteggiamento dell’opposizione ci ha lasciati stupefatti - hanno commentato
in conferenza stampa i capigruppo di Fi-Pdl e della Lista Dipiazza Piero Camber
e Angelo Pierini -. Il centrosinistra si è espresso contro la minoranza slovena.
Una linea tenuta anche dai consiglieri che di quella minoranza sono
espressione». Stupore condiviso da Sergio Pacor del Partito Repubblicano («è
stato un vulnus alla storia dei partiti di centrosinistra»), dall’Udc Sasco
(«all’opposizione è mancato il senso di responsabilità»), e dal centrista
Minisini («la delibera andava votava perché positiva nel merito»). Stupore, ma
con toni diversi, anche in casa An-Pdl. «Non avremmo voluto votare la delibera,
di cui non abbiamo condiviso l’iter e la scelte di bypassare il consiglio - ha
spiegato Antonio Lippolis -. Ma vista la posta in gioco, il futuro del piano
regolatore, ci siamo espressi in sintonia con la maggioranza».
Dure le repliche del centrosinistra alle accuse di ”abiura” mosse dagli
avversari. «Il nostro non è stato ovviamente un voto contro la minoranza in
Commissione paesaggistica - precisa Iztok Furlanic di Rifondazione -, ma contro
i giochetti fatti dal centrodestra che, per ricomporre le frizioni interne, ha
proposto un emendamento che snatura la delibera. Emendamento che, prevedendo
l’appartenenza obbligatoria agli ordini e collegi professionali (architetti,
ingegneri, geologi, geometri, periti, agronomi e dottori forestali ndr), premia
il solito corporativismo dei costruttori».
«Quelle di Camber sono accuse puramente strumentali - aggiunge Igor Svab del Pd
-. Il centrosinistra avrebbe votato la delibera se non si fossero modificati,
come invece è avvenuto, i criteri della nomina dell’esponente sloveno». Ancora
più duro Stefano Ukmar. «Siamo decisamente contrari alla ”folklorizzazione”
della comunità slovena voluta dal centrodestra - precisa l’esponente del Pd-. Il
nostro è stato un voto contro le manovre da finto protettore della minoranza
fatte da Camber». «Con il voto dell’altra sera la maggioranza italiana ha
imposto alla minoranza slovena, tutelata da precise norme, i criteri con cui
scegliersi i propri rappresentanti - osserva Peter Mocnik segretario della
Slovenska skupnost -. Nessuno stato civile fissa simili regole, contrarie ai
diritti umani e delle minoranze».
Fin qui la polemica sul voto. Ma ad accendere gli animi è stata anche l’assenza
dall’aula durante la commemorazione dell’ultimo sopravissuto alle foibe Graziano
Ludovisi, ricordato da Angela Brandi, dei consiglieri Furlanic, Porro, Frommel e
Pellarini. «Fatto grave - ha chiosato Lippolis - specie perché commesso da
persone (i bandelliani ndr) sempre in prima fila alle manifestazioni degli
esuli».
Muggia sarà la prima in Italia con l’illuminazione a ”led” - Sono economici e rispettano l’ambiente. Avvio a settembre
«La scelta consentirà l’abbattimento dei costi di
gestione»
MUGGIA La Muggia notturna cambia aspetto: vanno in
pensione le vecchie luci gialle che saranno rimpiazzate, a partire dalla fine di
settembre, da quelle di ultima generazione a led, con costi di gestione più
economici, dal fascio luminoso bianco e dai contorni più nitidi, non sfumati e
diffusi come le precedenti. I dettagli dell'operazione, prima nel suo genere
nella nostra Regione, sono contenuti nella convezione della durata di 8 anni,
stipulata nei giorni scorsi tra il Comune di Muggia e Enel Sole che gestisce 860
dei 2500 punti luce disseminati sul territorio comunale. La sostituzione delle
vecchie lampade ad emissioni di sodio costerà 750 mila euro che verranno
spalmati nelle bollette di pagamento dell'energia. A regime, il risparmio,
rispetto al sistema di illuminazione tradizionale, si aggira intorno al 40 per
cento di energia in meno, pari, nel caso di Muggia a circa 50 mila euro
all'anno.
Cala il costo a carico del Comune, ma si abbatte del tutto il livello di
inquinamento legato alle emissioni di anidride carbonica che in un anno si
aggirava attorno alle 127 tonnellate. Risparmio energetico, risparmio economico,
rispetto dell'ambiente, ma non solo: le lampade a led consentono la
programmazione dell'intensità luminosa e nelle ore centrali della notte la loro
intensità può essere diminuita garantendo un ulteriore risparmio alle casse
comunali. Anche la manutenzione consente intervalli di tempo maggiore tra un
intervento e l'altro rispetto al sistema precedente: le lampadine a sodio
dovevano essere sostituite ogni tre, quattro anni, la durata media di un led è
di 12 anni; per ogni singola lampadina verranno installati 30 led e se anche la
metà di essi dovesse bruciarsi, la luce garantita dai led rimanenti rientra
comunque nei minimi previsti. Cambierà anche l'immagine della città di notte: la
luce bianca consentirà di distinguere i colori, le ombre saranno molto più
nitide e non ci sarà dispersione della luminosità verso l'alto.
Per quanto concerne i tempi, Enel Sole, procederà ora ad una verifica specifica
per tarare l'intensità necessaria su ogni singola zona in cui verrà eseguita la
sostituzione; verso la fine dell'estate si passera gradualmente all'intervento
vero e proprio che potrebbe concludersi entro l'anno. L'avvento dei led non è
tuttavia novità assoluta per Muggia che già dallo scorso anno in via
sperimentale aveva introdotto questo sistema in Salita delle mura e in via Bembo
riscuotendo il favore degli abitanti. L'obiettivo è ora quello di estendere il
nuovo sistema anche al resto della rete luminosa gestita da Acegas nel centro
storico. Soddisfazione per la firma della convenzione e per l'avvio
dell'operazione ha espresso il sindaco, Nerio Nesladek che ha ribadito la
triplice valenza dell'operazione «eseguita senza gravare sulle casse pubbliche,
nel pieno rispetto dell'ambiente e con considerevole abbattimento dei costi di
gestione».
GIOVANNI LONGHI
Prima ambulanza fotovoltaica in dotazione alla Sogit -
DONATA DALLA FONDAZIONE CRTRIESTE
Ieri mattina la prima ambulanza fotovoltaica in servizio
nella provincia di Trieste è entrata ufficialmente a far parte del parco vetture
della Sogit – Croce di San Giovanni. L’innovativo automezzo di soccorso - ad
oggi peraltro anche l’unico in regione - che ricarica le batterie delle
apparecchiature di bordo grazie alla piu’ pulita e grande fonte d’energia in
natura, ovvero il sole, é stato presentato nel corso di un breve cerimonia
nell’isola pedonale davanti alla sede della CRT, dal presidente della Sogit
cittadina Giorgio Cappel. A consegnare le chiavi, Renzo Piccini, vicepresidente
del consiglio di amministrazione della Fondazione CRTrieste, che ha contribuito
assieme agli oltre 6mila soci sostenitori della sezione triestina all’acquisto
dell’eco-ambulanza e di tre altri mezzi di soccorso. «Siamo da sempre molto
sensibili alle tematiche sulla sostenibilità ambientale, e abbiamo dunque
accolto decisamente con favore l’ingresso della tecnologia fotovoltaica a
sostegno di un servizio di rilevanza sociale superiore, come quello del
soccorso», ha commentato Piccini al debutto in società del mezzo, le cui
apparecchiature e l’allestimento tecnologico interno hanno solleticato la
curiosità dei passanti. E, a prescindere dall’indiscutibile valenza eco-friendly
dell’energia pulita, il grande pregio del sistema a ricarica solare, è che
grazie ai pannelli solari, le apparecchiature di bordo elettromedicali e di
trasmissione non rischiano di andare in deficit di carica, come puo’, invece,
accadere con le batterie tradizionali. Infatti, ha precisato Cappel, durante la
normale routine di servizio, l’uso costante della radio ricetrasmittente, delle
luci esterne, della sirena, del frigo e dei presidi medici elettrici, possono
mettere a rischio lo stato di carica della batteria ausiliaria. Come si presenta
dunque la nuova ambulanza che sfrutta l’energia dei raggi solari? A prima vista
sembra assolutamente uguale alle sue consorelle meno evolute, ma in verità, la
sua peculiarità è racchiusa nel tetto, dove sono montati i due pannelli
fotovoltaici ad accumulo d’energia. I moduli sono composti ognuno da 36 celle in
silicio policristallino, protette verso l’esterno da vetro temperato ad
altissima resistenza agli agenti atmosferici, La scelta del silicio
policristallino, non è casuale: dovendo dipendere dai capricci atmosferici e
tenuto conto che l’ambulanza non presta servizio ai tropici, i pannelli
fotovoltaici con tecnologia policristallina hanno una resa migliore sia in caso
di esposizione non ottimale rispetto ai raggi sia in presenza di cielo nuvoloso.
In questo modo l’eco-ambulanza è in grado di fornire una potenza media di
pressappoco 240 watt all’ora. E per non lasciare nulla al caso, il personale
tiene sotto controllo lo stato di funzionamento e carica dei presidi sanitari di
bordo per mezzo di un display digitale.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2010
Differenziata obbligatoria con il raddoppio delle “isole” - RACCOLTA DEI RIFIUTI, IL NUOVO REGOLAMENTO DEL COMUNE
Dal primo gennaio 2011 saranno oltre mille. I contenitori specifici supereranno quota tremila - la raccolta rifiuti a Trieste
Entro il 1° gennaio del 2011 il numero delle isole
ecologiche per la raccolta differenziata distribuite sul territorio comunale
sarà più che raddoppiato rispetto all’attuale totale di 500. Nei programmi
dell’amministrazione comunale, infatti, si passerà a più di mille postazioni
formate dai tre contenitori diversi per il conferimento di carta e cartone,
vetro e lattine e infine plastica. La distanza massima fra punto di raccolta e
abitazioni non potrà superare i 300 metri. In tutto di tratterà di oltre 3.000
contenitori, quando invece oggi ce ne sono complessivamente 1.802 disseminati
(1.500 quelli appartenenti alle isole ecologiche, gli altri sono stati sistemati
singolarmente) fra i vari rioni. A questi se ne sommano, al momento, altri 100
per la raccolta degli abiti e 111 per quella delle pile esauste.
Complessivamente, 2.013 unità dedicate alla differenziata.
L’OPERAZIONE Il valore di questa operazione di ampliamento messa in cantiere dal
Comune è pari a 500mila euro. Tuttavia per l’amministrazione il costo reale sarà
pari a zero, come spiega nell’articolo a fianco l’assessore Paolo Rovis.
L’investimento, infatti, sarà pareggiato dal risparmio innescato dal conseguente
minore smaltimento dei rifiuti indifferenziati al termovalorizzatore. È chiaro
che, affinché il costo in questione possa risultare in futuro davvero pari a
zero, sarà fondamentale l’apporto dei cittadini verso un sempre maggiore ricorso
alla differenziazione del rifiuto. Contestualmente all’incremento del numero di
isole ecologiche, il Comune provvederà a una riduzione della volumetria
disponibile per il conferimento dell’immondizia indifferenziata: il “taglio”
sarà pari al 10% dell’attuale capacità dei classici cassonetti grigi, denominati
“monooperatore”. Sono quelli che vengono svuotati attraverso il sistema
automatico dei camion dopo l’affiancamento lungo la strada. Il Municipio
stabilirà successivamente se ridurre il numero dei 1.133 cassonetti da 2.400
litri oppure dei 790 da 3.200.
L’OBBLIGO Tutta l’operazione andrà ultimata, definendo la nuova collocazione
delle isole e poi procedendo concretamente all’allestimento, per la fine del
2010. E comunque non oltre il 1° gennaio del 2011: da quel giorno, infatti, la
raccolta differenziata diventerà obbligatoria. Prima, dunque, verranno messi a
disposizione dei cittadini gli strumenti. Solo dopo, scatteranno le possibili
sanzioni. Questo prevede il nuovo Regolamento di igiene urbana che le
circoscrizioni stanno analizzando in questi giorni e che in luglio dovrebbe
ottenere il via libera del Consiglio comunale.
L’OBIETTIVO Attraverso l’aumento del numero di contenitori per la differenziata
e l’introduzione dell’obbligatorietà del corretto conferimento dei diversi tipi
di immondizia, il Comune mira nel 2011 ad aumentare ancora la percentuale di
differenziata, nel 2009 attestatasi al 21,30%. Nel mirino c’è un passo avanti
che nelle intenzioni dovrà portare il totale a un valore compreso fra il 27 e il
31%. Nel 2008 il dato era stato pari al 20,33%, nel 2007 invece al 18,21%.
MATTEO UNTERWEGER
Rovis: «Per il Municipio incremento a costo zero» -
«Operazione compensata dal minor conferimento al termovalorizzatore»
«Il costo determinato dal previsto aumento del numero
delle isole ecologiche sarà per il Comune pari a zero. L’esborso infatti verrà
compensato dalla diminuzione del rifiuto indifferenziato da far confluire al
termovalorizzatore. Così libereremo ulteriore spazio per l’arrivo all’impianto
di immondizie da altre parti della regione». L’assessore comunale Paolo Rovis
traccia così il panorama che, nelle intenzioni del Comune, andrà a delinearsi
nel 2011, ovvero il prossimo anno quando dal 1° gennaio la raccolta
differenziata diventerà obbligatoria a Trieste. «Già oggi il nostro
termovalorizzatore brucia 30mila tonnellate all’anno provenienti dalla provincia
di Gorizia - prosegue Rovis - su un totale annuo di 150mila. L’impianto non solo
assicura costi inferiori rispetto al conferimento in discarica, ma ovviamente in
più produce energia elettrica. Attualmente, garantisce il 13% di quella
consumata a Trieste».
Rovis riepiloga poi i passaggi che interesseranno ancora il nuovo Regolamento di
igiene urbana in questi mesi, per arrivare infine alla sua adozione: «Entro la
fine del mese, riceveremo i pareri consultivi delle circoscrizioni, recependo
eventualmente i loro suggerimenti. La delibera tornerà quindi in giunta ad
inizio giugno, nell’arco di una settimana-dieci giorni sarà portata all’esame
della Terza commissione e, auspichiamo, a fine giugno in Consiglio comunale per
il voto. Dopo di che, l’entrata in vigore sarà immediata per tutte le
disposizioni, ad eccezione dell’obbligo della raccolta differenziata che
scatterà dal 1° gennaio del prossimo anno». Cioè del 2011, per la cui fine il
Comune vuole arrivare almeno al 27% di differenziata. «Prima sistemeremo le
isole ecologiche e organizzeremo un’importante campagna di sensibilizzazione e
informazione rivolta alla cittadinanza», aggiunge Rovis. Il quale mette in
evidenza infine un ultimo dettaglio: «Per tutti i piani particolareggiati futuri
e gli interventi di privati in ambito urbanistico - dice - e in particolare per
la realizzazione di nuove costruzioni, andrà previsto sempre già nei progetti lo
spazio per l’isola ecologica».
(m.u.)
Chi rovista nella spazzatura verrà multato -
Contravvenzione da 25 a 150 euro. Fino a 900 per quanti imbratteranno le
“campane”
LE SANZIONI PREVISTE DAL TESTO PREDISPOSTO DAGLI UFFICI
COMUNALI
Una sanzione dai 25 ai 150 euro a chi viene sorpreso a rovistare nei
cassonetti delle immondizie, magari aprendo qualche sacchetto e asportando dei
rifiuti. E ancora dai 150 ai 900 euro a chi traccerà scritte o graffiti sui
cestini e sui contenitori e dai 50 ai 300 a chi getterà qualche cosa nelle
caditoie.
Regole precise anche per il volantinaggio: abbandonare, depositare o affiggere
volantini e materiale pubblicitario senza autorizzazione costerà dai 500 ai
tremila euro. Nelle strade pubbliche il volantinaggio sarà consentito
esclusivamente con consegna a mano. Basta agli adesivi, ai manifesti appiccicati
sugli arredi urbani, ai semafori, su ogni muro della città.
Un giro di vite, tolleranza zero dunque nei confronti di chiunque sporchi
Trieste. Chi getta a terra cartacce, mozziconi di sigaretta, lattine o bottiglie
non la passerà più liscia: una multa da 25 a 155 euro gli ricorderà che la città
è di tutti.
Controlli e sanzioni non mancheranno. Agenti della polizia municipale e guardie
ambientali, ma anche organi della polizia stradale, funzionari demandati dal
sindaco e personale dell'Azienda sanitaria non chiuderanno un occhio. Una vera e
propria guerra aperta contro chi sporca e imbratta.
Le sanzioni contenute dal nuovo Regolamento di igiene urbana del Comune non
lasciano dubbi. Chi non rispetta il testo redatto dopo oltre un anno di
minuzioso lavoro dall'amministrazione comunale, paga.
A chi verrà colto a gettare rifiuti indifferenziati nei contenitori destinati
invece a quelli differenziati come la campana per il vetro o il cassonetto per
la carta o la plastica, sarà comminata una sanzione che va dai 75 ai 450 euro.
Non separare opportunamente i diversi rifiuti potrà costare invece dai 50 ai 300
euro, mentre non ripiegare imballaggi voluminosi, magari spezzandoli tentando di
ridurre l'ingombro, costerà dai 25 ai 150 euro di multa.
Multe da 25 a 150 euro in vista anche per chi non chiuderà il coperchio del
cassonetto. Un'abitudine purtroppo diffusa specialmente tra ristoratori, gestori
di supermercati e mense che, per velocizzare il lavoro di smaltimento dei
rifiuti, usano bloccare con una cassetta della frutta l'apertura del
contenitore.
Spostare i cassonetti e i raccoglitori dei rifiuti, magari per posteggiare più
facilmente, sarà punito con una ammenda di 100 euro.
Pene previste anche per i fumatori maleducati: chi abbandonerà nei posacenere
associati ai cestini stradali un mozzicone di sigaretta o sigaro non spento, ma
anche altri materiali non consoni, rischia una contravvenzione dai 25 ai 150
euro.
Non sono sfuggiti alle maglie comunali nemmeno i "furbetti" che, residenti in
altri comuni dove è già obbligatorio un sistema della raccolta differenziata,
arrivano con il sacchetto della spazzatura a Trieste pur di liberarsi con
facilità dei loro rifiuti. Non è così raro come sembra, ma chi verrà colto sul
fatto sarà punito con una sanzione che va dai 100 ai 600 euro.
LAURA TONERO
Cassonetti diversificati anche per gli eventi - Gli
organizzatori di manifestazioni dovranno provvedere al momentaneo allestimento
Una maggior sensibilità verso la pulizia della città verrà
richiesta non solo ai singoli cittadini, ma anche agli esercenti pubblici e a
chi organizza feste e manifestazioni.
Enti, associazioni, partiti o gruppi di cittadini che intendono organizzare
manifestazioni dovranno a loro volta provvedere alla raccolta differenziata dei
rifiuti, alla pulizia dell'area data in concessione e, novità, anche della zona
circostante.
Fino ad oggi chi, ad esempio, realizzava uno spettacolo o una gara sportiva in
piazza Unità, a fine programma aveva l'obbligo di occuparsi, tramite un accordo
con Acegas Aps, della pulizia della piazza o quantomeno della zona utilizzata.
Ma si sa, i postumi di una festa lasciano tracce anche nelle stradine limitrofe.
Il Comune pare orientato a stabilire un apposito tariffario.
E a chi non provvederà a proteggere il suolo pubblico nel corso di una
manifestazione, evitando imbrattamenti, verrà comminata una multa da 250 a 1.500
euro; dai 150 ai 900 euro invece agli organizzatori di eventi che non
raccoglieranno i rifiuti in maniera differenziata.
Nuove norme anche per i gestori degli esercizi pubblici. Obbligo per loro di
sistemare un posacenere in corrispondenza di ogni ingresso del locale, uno su
ogni tavolino, poggia-bicchieri o appoggia gomiti. Chi non provvederà rischierà
una sanzione di 200 euro.
A loro verrà imposto anche il dovere di mantenere pulito il tratto antistante i
vani del bar o del ristorante. Indipendentemente dal servizio effettuato dalle
ditte incaricate da Acegas Aps, saranno gli stessi gestori a dover garantire la
pulizia del marciapiede o, in assenza, del metro e mezzo di suolo pubblico
davanti al loro locale. Pena, in mancanza di pulizia, una multa di 300 euro.
E a chi farà il furbo, spazzando i rifiuti fuori dal suolo di sua competenza,
spingendoli qualche metro più in là, magari nel pezzettino di marciapiede di un
altro gestore, spetterà una contravvenzione di 200 euro.
Nel regolamento viene ribadito il divieto di fare la pipì sul suolo pubblico. Un
divieto più volte sottolineato dalla stessa amministrazione comunale e che per i
trasgressori prevede una sanzione di 500 euro. Il Municipio, a proposito, sta
lavorando con Acegas Aps per riposizionare in alcune zone della città i
vespasiani.
(l.t.)
Emissioni, la Ferriera paga 100mila euro - Limite
superato per 240 volte tra 2007 e 2009: oblazione in tribunale
Il denaro finirà nelle casse dello Stato
Un assegno circolare di centomila euro è passato l’altro
ieri dalle mani dell’avvocato Giovanni Borgna a quelle del giudice Paolo
Vascotto. Lo scambio è avvenuto nell’aula 271 del Tribunale penale di fronte a
un buon numero di avvocati, testimoni e personale amministrativo.
L’ingente somma rappresentava quanto la società che gestisce la Ferriera di
Servola ha dovuto pagare per essere ammessa all’oblazione e per uscire con un
«non luogo a procedere» dall’inchiesta in cui erano coinvolti il direttore dello
stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe
Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat. Dovevano rendere conto alla legge
di 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 24
novembre 2009 dagli impianti dello stabilimento e puntualmente contestati dalla
Procura. L’altro ieri al passaggio di mano dell’assegno che finirà nelle casse
dello Stato, ha assistito il pm Federico Frezza, il titolare dell’inchiesta.
Per poter essere ammessa all’oblazione che estingue il reato, la società di
gestione della Ferriera ha dovuto dare prova concreta alla magistratura di aver
riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge. Il professor Marco
Boscolo, consulente del pm, ha verificato che gli interventi migliorativi
fossero stati eseguiti. Nell’ambito di questo programma - sono stati adeguati a
quanto prescrive la legge il sistema di aspirazione del piano di colata, della
macchina a colare nonché quello di irrorazione del parco minerali. La spesa
sostenuta dalla «Ferriera spa» è stata valutata in svariati milioni di euro. Le
emissioni ovviamente non sono state azzerate perché la Ferriera, rispettando i
parametri stabiliti dal Parlamento, può nell’ambito dalla sua attività
industriale legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri
e di fumi.
Nel processo si erano costituiti parte civile due gruppi di abitanti di Servola
che avevano chiesto attraverso il loro legale, l’avvocato Guido Fabbretti di
essere risarciti per i disagi sopportati per anni. La proprietà aveva messo mano
al libretto degli assegni e ne aveva staccati due per importi inferiori ai
cinquemila euro. Una ”spesa” infinitesimale di fronte a quella affrontata per
rientrare nei parametri per essere poi ammessi all’oblazione.
(c.e.)
Governo italiano in ritardo slitta di un mese il Prg
del porto di Capodistria
Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo chiede a
Lubiana una proroga per esprimere il parere
LUBIANA Il governo sloveno – nonostante l'annuncio fatto alcune settimane fa
dallo stesso premier Borut Pahor – ieri non ha né discusso né approvato il nuovo
Piano regolatore per il Porto di Capodistria, documento fondamentale per la
crescita e lo sviluppo dello scalo.
Il motivo? Lubiana è in attesa che l'Italia presenti le sue osservazioni legate
all'impatto ambientale dovuto all'ampliamento dell'area portuale. Roma,
ricordiamo, aveva chiesto di essere coinvolta nell'iter di approvazione del
Piano regolatore dello scalo capodistriano alcuni mesi fa e la cosa ha provocato
non poco malumore a Lubiana. La richiesta del ministro dell'ambiente Stefania
Prestigiacomo, infatti, era considerata più una risposta alle ripetute
osservazioni slovene sui progetti dei terminal rigassificatori nel golfo di
Trieste che non l'espressione di un autentico interesse per l'ambiente
«minacciato» dall'ampliamento del Porto di Capodistria.
Comunque, Lubiana ha accettato il coinvolgimento dell'Italia ed ora, venendo
incontro a una seconda richiesta della Prestigiacomo, ha concesso anche la
proroga di un mese per presentare eventuali osservazioni. Roma ha tempo fino al
15 giugno per presentarle, dopo di che il Piano regolatore, nel quale sono state
già inserite alcune modifiche minori rispetto alla prima versione del documento,
sarà sottoposto all'approvazione del governo. Come spiegato nei giorni scorsi
dal ministero dell'Ambiente sloveno, non è stata presa in considerazione la
posizione espressa dagli abitanti di Ancarano, che chiedevano che dal Piano si
cancellasse la costruzione del terzo molo.
Il Piano regolatore portuale, ricordiamo, prevede la costruzione ex novo di un
«molo 3», della lunghezza di un chilometro, il prolungamento del «molo 1» di
cento metri (entrambi destinati alla manipolazione di container, nda), nonchè il
prolungamento, per oltre 350 metri, dell'attuale «molo 2», destinato alla
manipolazione di rinfuse e carichi liquidi. E' prevista inoltre la costruzione
di nuovi serbatoi per combustibili liquidi all'altezza dell'area di Sermino e
saranno costruiti due nuovi depositi per automobili, di cinque piani ciascuno,
dalla capienza di diverse migliaia di vetture. In quanto all'accesso alle
strutture portuali, la principale novità riguarda una futura nuova entrata
nell'area portuale, direttamente dall'autostrada, ai piedi del colle di Sermino,
dove sarà allestito un terminal camion per 500 automezzi. Si tratta comunque di
progetti che difficilmente potranno essere realizzati in tempi brevi. Oltre al
nuovo Piano regolatore, che permetterà alla Luka Koper di crescere ed allargarsi
nei prossimi decenni, resta comunque fondamentale, per il futuro del Porto di
Capodistria, il raddoppio della tratta ferroviaria Capodistria–Divaccia, per
collegare nel migliore dei modi lo scalo con la grande viabilità europea.
FRANCO BABICH
Biogas: 5 milioni di kWh - PRODOTTI A TRIVIGNANO
PORDENONE Circa 5 milioni di kWh, ovvero una quantità in
grado di coprire il fabbisogno annuo di 2 mila famiglie, è stata prodotta in un
anno (marzo 2009-marzo 2010) dal nuovo impianto biogas dell'azienda Fratelli
Brugnera di Rivignano (Udine). L'impianto, autorizzato dalla Regione Friuli
Venezia Giulia nel 2007 ed entrato in funzione nei primi mesi del 2009, è stato
realizzato grazie ad una linea di finanziamento ad hoc di Banca Popolare
Friuladria finalizzata a sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili
e l'abbattimento del livello di CO2 nell'atmosfera.
Il ciclo di produzione dell'energia è assolutamente virtuoso. «Viene scelto il
mais perchè è la coltura più adatta al nostro territorio - ha detto Renato
Brugnera, 55 anni, originario di San Michele al Tagliamento, titolare insieme ai
figli Riccardo e Giulio dell'azienda agricola di famiglia nata negli anni '60 -.
Non abbiamo inventato nulla: si è preso un procedimento naturale di produzione
di biogas come la fermentazione vegetale e lo si è pilotato rendendolo
produttivo. Oltretutto, la materia esausta, ovvero il prodotto di scarto, è un
ottimo fertilizzante. E questo chiude il cerchio».
Ballaman prepara la visita alla centrale atomica di
Krsko - Incontro con la console generale Pelikan dopo le
dichiarazioni favorevoli al ritorno del nucleare in regione
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GUIDERÀ LA DELEGAZIONE IN
SLOVENIA
TRIESTE Primi passi di Edouard Ballaman e del Consiglio regionale verso
Krsko. Il presidente dell’assemblea di piazza Oberdan lo aveva detto già nel
corso dell’ormai famosa conferenza stampa in cui disse la sua sul nucleare
suscitando reazioni e polemiche: il suo obiettivo è quello di recarsi a visitare
la centrale slovena con una delegazione di consiglieri tra cui sicuramente il
presidente della Commissione infrastrutture ed energia, Alessandro Colautti, e
anche quello della Commissione attività produttive, Maurizio Franz. E ieri il
presidente del Consiglio regionale ha espresso questa sua volontà alla console
generale della Repubblica di Slovenia a Trieste, Vlasta Valencic Pelikan, che ha
reso visita a Ballaman in piazza Oberdan.
E la disponibilità da parte della diplomatica slovena per attivarsi affinchè la
visita a Krsko possa realizzarsi c’è stata e la console Valencic Pelikan ha
assicurato che contatterà il governo sloveno per renderla possibile. Come noto,
la Regione, attraverso il presidente Renzo Tondo, ha più volte ribadito
l’interesse ad intervenire nell’opera di raddoppio della centrale nucleare
slovena, sollecitando il governo ad attivarsi in questo senso. Krsko, tuttavia,
non è stato l’unico tema dell’incontro di ieri tra Ballaman e la console
slovena. «Un incontro - ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale -
sulla scia di quelli svolti tra l'esecutivo regionale e esponenti del governo
sloveno e che persegue la linea del rafforzamento dei rapporti tra la nostra
regione e il vostro Paese, nostro vicino». La stessa console si è detta
d’accordo sulla necessità di intensificare la collaborazione tra Friuli Venezia
Giulia e Slovenia individuando nella Commissione bilaterale tra le due aree
confinanti lo strumento per arrivare a questo scopo. «In questa opera di intensa
collaborazione – ha concluso Ballaman - vedo l'importante ruolo che potrà
svolgere la Commissione bilaterale tra Regione Friuli Venezia Giulia e
Repubblica di Slovenia con i suoi diversi tavoli tecnici, che ci permetteranno
anche di cogliere nuove occasioni di approfondimento tematico».
(r.u.)
Lussinpiccolo, Comune favorevole alle centrali solari -
MODIFICHE AI PIANI REGOLATORI
A parole tutti si dichiarano a favore delle fonti
energetiche rinnovabili ma poi all'atto pratico non mancano ostacoli al loro
uso. È il caso della municipalità di Lussinpiccolo, dove l'assenza di un Piano
regolatore appropriato ha contribuito a bocciare il progetto dell'azienda
zagabrese ”Ivicom Consulting” di costruzione di due centrali fotovoltaiche, in
località Ustrine e nell'Isola di Unie. Ustrine, va precisato, è situata
nell'Isola di Cherso ma fa parte del comune lussignano. È stato il direttore
dell'impresa zagabrese, Dinko Condic, a spiegare per quale motivo sia fallito,
almeno temporaneamente, il piano teso a far sorgere i due impianti, i primi del
genere a Lussino.
«Purtroppo i documenti regolatori rilevano la possibilità di approntare centrali
solari sull’isola – puntualizza il dirigente – ma non citano i potenziali siti,
né fissano i criteri minimi da rispettare per la costruzione. È per tale ragione
che è stata respinta la nostra richiesta di licenza di costruzione. Non ci siamo
arresi e abbiamo già inoltrato ricorso al Ministero dell’ambiente. Vedremo quale
sarà il verdetto e poi ci rivolgeremo alla Città di Lussinpiccolo, con la
richiesta di emendare il Piano regolatore». «È sicuro - continua - che non
rinunceremo al progetto, per il quale abbiamo già investito non poco denaro.
Inoltre è in via di conclusione lo studio di allacciamento delle due centrali
alla rete elettrica». La prima fase del piano (investimento di 5,5 milioni di
euro) prevede l’installazione di moduli fotovoltaici di potenza 0,96 megawatt,
attuale limite massimo. La seconda fase vedrebbe l’installazione d’impianti a
Ustrine e Unie di 5 e 2 Mw, per un costo sui 21 milioni di euro. Il sindaco di
Lussinpiccolo Gari Cappelli ammette che i piani regolatori non rispondono alle
esigenze del progetto fotovoltaico ma aggiunge subito che la municipalità
appoggia i progetti di strutture capaci di produrre energia rinnovabile.
«Sosteniamo – sottolinea il primo cittadino – l’azienda di Zagabria. Emenderemo
i piani regolatori, per favorire la costruzione delle due centrali. Il nostro
Comune ha inviato la sua domanda al concorso per i mezzi del Fondo nazionale per
la tutela dell’ambiente, che ci servirebbero per l’entrata in funzione
dell’illuminazione pubblica ecologica. Ci stiamo pure preparando per concorrere
ai fondi dell’Unione europea da investire per progetti nel settore
dell’ecologia». L’interesse della ”Ivicom Consulting” non stupisce, poiché
l’Isola di Lussino registra annualmente circa 2mila e 500 ore di sole.
Nella vicina Veglia sono in fase avanzata i preparativi per la costruzione di
una centrale fotovoltaica a Dunato, vicino al capoluogo, di 5 megawatt di
potenza, del valore di 20 milioni di euro. Si estenderebbe su 10 ettari.
Andrea Marsanich
Premio Kugy: gli studenti inventano giochi e video per
difendere l’aria pulita - FESTA AL GIARDINO PUBBLICO
Vincono la Miskolin, l’European school, la Caprin e
l’istituto Galvani. Tra i privati, Linda Simeone
La cerimonia di consegna dei premi del concorso intitolato a Julius Kugy,
dedicato quest'anno al tema “Inquinamento? Aria pulita…. aria per la vita”, che
ha coinvolto scuole, privati e associazioni della provincia, sarebbe piaciuta al
padre dell'alpinismo moderno: gioiosa, coloratissima e multiculturale. Numerosi
i partecipanti, soprattutto tra le scuole dell'infanzia e primarie, che non si
sono fatti scoraggiare dalla pioggia torrenziale e sono giunti al giardino
pubblico per assistere alla premiazione che conclude l'edizione 2010 del
concorso, nella speranza di salire sul palco come vincitori.
A riscaldare l'atmosfera e far saltellare i tanti bambini presenti ci hanno
pensato le percussioni dei Berimbau, mentre un manipolo di clown dotati di
trombette e bolle di sapone dispensavano scherzi a volontà. Il ricordo della
figura di Julius Kugy è stato affidato all'assessore Denis Visioli, che ha
sottolineato due caratteristiche peculiari del grande alpinista austro-ungarico:
la sua profonda passione per la natura e il suo multilinguismo. Tra i vari
lavori pervenuti, esposti al pubblico per l'occasione, ne sono stati premiati
tre per categoria.
Per la scuola dell'infanzia si sono aggiudicati il primo premio di 1.300 euro
alunni e insegnanti della scuola Miskolin di Dolina, che hanno realizzato un
espositore tridimensionale dedicato al tema dell'aria nelle sue molteplici
declinazioni. Seconda classificata, con un premio di 600 euro, la scuola Fulvio
Tomizza, che ha raccontato in un libro in 3D la storia di una città, mentre sul
terzo gradino del podio (300 euro), a pari merito, sono saliti gli istituti di
Malchina e di San Giacomo, che hanno presentato rispettivamente un dvd e una
serie di disegni dedicati alla storia di due palloncini colorati e un libro che
ha per protagonista un piccolo straccio. Una menzione speciale (200 euro) è
andata infine alla scuola dell’infanzia di Servola, che ha realizzato un gioco
d’aria da appendere. Per le scuole primarie invece sul podio (1.300 euro di
premio) sono saliti alunni e docenti dell'European School of Trieste, che hanno
inventato una serie di giochi sull’inquinamento atmosferico. Seconda
classificata, con un riconoscimento di 600 euro, la scuola F.S. Finzgar, terza
la scuola Cernigoj, che si è aggiudicata 300 euro. Nella categoria delle scuole
medie hanno vinto il primo premio di 1.300 euro le classi I a e II G
dell'istituto Caprin, con la realizzazione di un video sulla rilevazione del
traffico e metereologica. Secondo gradino del podio e 600 euro per la II C della
Caprin, mentre terzi sono arrivati alunni e insegnanti della III A della scuola
Simon Gregorcic. Tra le scuole superiori due primi posti a pari merito, per
l'istituto Luigi Galvani, che ha prodotto un video sulla rilevazione e sulle
conseguenze dell’inquinamento e per le classi I e IV dell'istituto professionale
Jozef Stefan, che ha creato un libretto con disegni, foto, approfondimenti sugli
agenti inquinanti. Per la categoria, privati e associazioni, primo premio (1300
euro) a per l’ideazione di un insieme di giochi a tema.
Giulia Basso
SEGNALAZIONI - «Mai difeso, neanche privatamente, il tracciato carsico del Corridoio 5» - LA REPLICA
Sono costretto a chiarire la mia posizione relativamente
alla nota del dott. Sirovich comparsa su Segnalazioni (Corridoio 5, domenica 9
maggio) se non altro per tutelare a livello pubblico il profilo dei docenti
universitari, visto che sono stato chiamato in causa esplicitamente con la mia
qualifica professionale.
Il dott. Sirovich afferma alcune cose non corrispondenti al vero, altre
imprecise, altre alquanto incomprensibili.
Le dichiarazioni non corrispondenti al vero: né nell’ambito dei Democratici di
sinistra (oggi confluiti nel Pd), né in altre occasioni pubbliche (e neppure
private per chi mi conosce) ho mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del
corridoio V, benché abbia affermato l’utilità di un qualche miglioramento delle
infrastrutture del corridoio 5. All’incontro citato – se ho ben capito di quale
si trattava – avevo ripercorso tutti i passi delle procedure di valutazione
effettuate affermando che non esisteva ancora un progetto preciso di tracciato
sotterraneo sul quale poter fare le ulteriori necessarie valutazioni, e che
quindi prima di prendere posizioni definitive (negative o positive) andavano
chiarite diverse cose lasciando avanzare le procedure in corso. A quell’incontro
ero stato chiamato proprio – senza dunque nascondere nulla – come esperto che
aveva contribuito nel passato (lontani 1999-2000) allo studio di analisi della
linea Ronchi-Lubiana. Le dichiarazioni imprecise si riferiscono proprio a quel
mio contributo, pomposamente chiamato consulenza. Il lavoro di «consulenza» era
un’attività svolta per Istiee (Istituto per lo studio dei trasporti
nell’integrazione economica europea di Trieste) che a sua volta aveva l’incarico
da Italferr. Si trattava della valutazione costi benefici di varie alternative
di tracciato e l’oggetto della valutazione era primariamente riferito al
traffico passeggeri, visto che in quegli anni il Corridoio 5 veniva immaginato
soprattutto come linea utile ai collegamenti passeggeri. Quella volta il mio
alquanto modesto compito da «giovane ricercatore precario» era stato quello di
definire i parametri di valutazione socioeconomica per l’analisi, mentre le
previsioni di traffico a cui applicarli – fattore molto più rilevante per il
risultato – erano state realizzate dal dipartimento di Ingegneria civile. Non ho
percepito per quel lavoro alcuno specifico compenso e non sono neppure divenuto
professore di economia dei trasporti per quella piccola fatica.
Vengo infine alle dichiarazioni incomprensibili. Nella mia nota su Il Piccolo
(senza alcuna ambiguità dedicata proprio ai temi del progetto Unicredit) ho
sostenuto – in generale e nello specifico della Venezia Giulia – la positività
dell’intervento privato nel mondo portuale in un’epoca come l’attuale, nella
quale il danaro pubblico ormai scarsissimo dovrebbe essere diretto a opere
socialmente più rilevanti. Ma cosa c’entra il sostegno da me dato all’idea di
investire capitali privati a Monfalcone e Trieste, con la questione del
tracciato carsico del Corridoio V? Sono due temi completamente differenti e
fondamentalmente separati (anche se poi a livello tecnico, per il progetto
Unicredit, si possono fare considerazioni sul trasporto ferroviario, come è
stato già fatto da un’analisi Istiee di cui – e non me ne vergogno – ho curato,
senza alcun compenso, il quadro generale). Accostare i due temi rivangando in
modo strumentale vecchi eventi per indurre l’idea di contraddittorietà è palese
prova o di mancata comprensione delle tematiche o di malafede mirata solo a
insinuare l’idea screditante e dozzinale che sarebbero solo le «speranze» di
pagamenti a guidare il pensiero di un docente.
C’è tuttavia un elemento sul quale concordo con il dott. Sirovich: abbiamo
veramente bisogno di «punti di riferimento» affidabili per l’opinione pubblica.
Vittorio Torbianelli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2010
Centrale nucleare, gli esperti escludono Trieste - Un
geologo: ma in linea teorica il Carso è adeguato per la stabilità sismica
Una centrale nucleare nel Friuli Venezia Giulia? A due
passi da Trieste? L’ipotesi, balenata dopo l’inversione di tendenza del governo
Berlusconi, rimane sempre d’attualità anche se sulla sua eventuale collocazione
si viaggia tuttora a vista. O, quantomeno, partendo dalle tracce di quel piano
elaborato nei primi anni ’70 dall’allora Cnen (Comitato nazionale per l’energia
nucleare poi trasformato in Enea negli anni ’80). Un piano che, per essere
chiari, non prendeva neanche in considerazione né l’area triestina né tantomeno
quella del Monfalconese, a dispetto di certe liste in circolazione. Partendo da
alcune variabili fondamentali (sicurezza sismica e geologica, scarsità di zone
abitate e lontananza dalla costa) era stata individuata, in linea di massima,
«tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a
Spilimbergo» in quanto ricche di acque necessarie al raffreddamento della
centrale. Una scelta che, rivista anni dopo dall’Enea, è stata a sua volta
bocciata o quasi in quanto il territorio è stato considerato «ad alto rischio di
allagamento». E allora?
«Premetto – commenta il geologo Livio Sirovich – che sul nucleare non ho una mia
posizione, sono comunque un esperto di siti possibili. In tale contesto risulta
fondamentale recuperare la loro mappatura, sì, proprio quella fatta dal Cnen.
Erano studi molto accurati, che prendevano in esame tutti i pro e i contro.
Certo, le normative di sicurezza sono cambiate nel frattempo, ma le
caratteristiche del territorio no. Ne deriva che non è cambiata di molto la
possibilità di scelta».
«Andando per paradossi – commenta un altro professionista che non vuole essere
citato – le zone che, sotto un profilo strettamente teorico, meglio si
presterebbero, per stabilità sismica e altre caratteristiche a ospitare una
centrale sono il Carso e le aree di pianura della Bassa. Quasi tutto il resto
della regione è infatti collinare, con fiumi ovunque e, come sappiamo, alquanto
instabile sismicamente».
Si tratta di situazioni che lo studio del Cnen conosceva bene, e non a caso, per
usare un esempio, non è stata presa in considerazione la gran parte della fascia
costiera. I successivi approfondimenti dell’Enea, in effetti, hanno preso in
esame la vulnerabilità delle aree costiere ai cambiamenti climatici, escludendo
in pratica tutta la costa fino quasi a Sistiana.
Se, insomma, individuare un eventuale sito risulta alquanto complicato, di
sicuro non esiste in regione e a Trieste un rischio scorie radioattive. Le zone
destinate allo stoccaggio, sempre su un piano teorico, si concentrano infatti
tra l’Alto Lazio e buona parte della Toscana, Le Murge pugliesi, la Basilicata e
parte della Calabria. «In termini tecnici zone ideali – osserva Sirovich –
perché presentano in profondità grosse formazioni argillose impermeabili dove,
per usare un esempio, una molecola d’acqua impiega centinaia d’anni per
attraversare un solo metro di quella materia. Il problema però – continua il
geologo – è un altro. La gente non ha fiducia nella capacità dello Stato di
organizzare in maniera efficiente lo stoccaggio, per rischi di intrusioni
malavitose, pressioni lobbistiche, condizionamenti vari. C’è un’opinione
pubblica non preparata e sfiduciata dalla scarsa credibilità dello Stato. Chi
proponesse un’area di stoccaggio vicino a qualche paese credo rischierebbe il
linciaggio. E allora poi va a finire che i rifiuti radioattivi si tengono
provvisoriamente in posti impensabili e inadatti, proprio per l’incapacità di
organizzarsi. E si rischia grosso».
FURIO BALDASSI
Commissione per il paesaggio Si esprimono i consiglieri
- MODIFICA AL REGOLAMENTO
Entro le 12 di oggi i consiglieri comunali dovranno presentare le loro proposte di emendamento alla delibera che va a modificare il Regolamento per la composizione della Commissione locale per il paesaggio, da integrare con la nomina del sesto membro, il rappresentante della comunità slovena. La nuova riunione della Sesta commissione, ieri, non ha risolto la questione. «Il testo propostoci dagli uffici non è ancora stato ritenuto soddisfacente - spiega il presidente della Sesta commissione, Roberto Sasco (Udc) -. Bisogna chiarire che il Comitato paritetico, sulla terna di nomi fra cui poi è il sindaco a decidere il nominato, è chiamato a trovare un’intesa con il Comune e non viene invitato dalla stessa amministrazione a indicare le modalità di designazione». Alle 11, questa mattina, a un’ora dall’orario limite stabilito per la consegna degli emendamenti, è in programma un’ulteriore riunione informale sul tema fra i rappresentanti delle forze politiche del Municipio. Poi, in serata, toccherà al Consiglio comunale esprimersi. «È importante fare in fretta - conclude Sasco - perché la Commissione per il paesaggio deve fornire il suo parere, obbligatorio anche se non vincolante, sulla variante 118 al Piano regolatore, che dovrà poi a sua volta essere approvata».
(m.u.)
SEGNALAZIONI - COMUNE - Piano regolatore
Gli uffici comunali hanno di fatto escluso la possibilità
di riaprire i termini per le osservazioni del Prgc, come richiesto dalla Lega
Nord. Abbiamo più volte visto, però, come il Tar si sia espresso sulle scelte
dell’Amministrazione comunale. Ultimo esempio, l’annullamento della delibera su
Trieste Città d’Arte, con le stesse motivazioni ufficializzate in Consiglio
dalla Lega. Comunque, il Consiglio comunale potrebbe decidere diversamente anche
in merito alla riadozione della stessa variante. In commissione sesta è emersa,
invece, una volontà incredibilmente trasversale. Ad eccezione della Lega Nord,
tutti gli altri partiti hanno condiviso la necessità di adottare al più presto
questo piano regolatore in quanto ritenuto migliore di quello precedente. Pur
rispettando tutte le opinioni, confermo la nostra contrarietà ad un Prgc che
sottrae a molti cittadini la possibilità di costruire case per i loro figli.
Scelte queste, palesemente contrastanti con gli obiettivi del governo nazionale
e di quello regionale. A Trieste ci si preoccupa solo dei lavoratori della
Ferriera. Se il settore dell’edilizia in Regione perde 2000 lavoratori in un
anno, per qualcuno le conseguenze sono del tutto irrilevanti.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord
Sentieri e piste ciclabili, rete transfrontaliera -
Decolla il progetto Carso/Kras. Disponibili finanziamenti europei per quasi 4
milioni
INIZIERÀ A MUGGIA E PROSEGUIRÀ FINO AL LIMITE OVEST
DELLA PROVINCIA
Il 25 maggio a Sesana la prima riunione del tavolo permanente con tutti i Comuni
coinvolti nel piano
Decolla il primo grande progetto transfrontaliero. Carso/Kras, con quasi 4
milioni di euro di finanziamenti europei, entro tre anni trasformerà la zona
carsica a cavallo del confine, da Muggia fin quasi a Gorizia, in un territorio
omogeneo e percorso da una fitta rete di sentieri e collegamenti ciclopedonali
che si innesteranno su un lungo asse principale.
Il tratto iniziale partirà proprio da Muggia, si inoltrerà nella zona delle
Noghere fino a via di Vignano, lambirà gli omonimi laghetti, dei quali in questi
giorni il Comune sta affidando la gestione, entrerà nel territorio del comune di
San Dorligo, sboccherà a Prebenico, si inerpicherà fino a San Servolo lasciando
sulla sinistra il colle di Caresana, per entrare nel comune di Erpelle-Cosina,
in Slovenia, e da lì proseguire a ridosso della vecchia linea di confine fino ai
limiti della provincia di Gorizia.
La fase strategica dell'intero progetto, sviluppato sulla falsariga del
”Distretto del Carso” concluso due anni fa, e che non si limita alla
realizzazione di percorsi ciclabili, è affidata a un tavolo permanente composto
dai soggetti di Carso/Kras (tutti i comuni della provincia di Trieste compreso
il capoluogo, le Province di Trieste e Gorizia, i comuni sloveni di
Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Costanjevica) guidati dal Comune di Sesana,
capofila.
Il tavolo, il cui primo incontro è già stato fissato a Sesana il 25 maggio, avrà
il compito di stilare le linee guida per la pianificazione territoriale,
compresa l’omogeneizzazione del regolamento edilizio.
Sempre in tema di collegamenti, è prevista la realizzazione di un percorso che
unisca i vari centri didattici naturalisti dell'area.
Ancora per quanto concerne il comune di San Dorligo, nell’ambito del progetto
dovrà emergere un modello di gestione della riserva naturale della Val Rosandra
che assimili, unificandoli, gli aspetti migliori dei piani di gestione
attualmente in fase di sviluppo, quello comunale e quello regionale.
Verranno realizzati anche un museo del Carso all'aperto e un geoparco
transfrontaliero, per valorizzare e preservare l’unicità del patrimonio
ambientale.
Sul tema delle piste ciclabili, in particolare, il Comune di Muggia si sta già
muovendo da tempo, sia per quanto riguarda il collegamento con il percorso
dell’ex Parenzana, sia con il progetto per un nuovo percorso lungo Strada per
Lazzaretto.
Fin qui la parte tecnica. Sul versante politico, si toglie qualche sassolino
dalla scarpa il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L’accoglimento del progetto
conferma la validità della collaborazione già avviata da tempo con Sesana e le
scelte della nostra amministrazione in tema di sviluppo ambientale, ma fa
emergere anche i colpevoli ritardi con cui, a livelli superiori, queste
tematiche transfrontaliere sono state affrontate. Noi eravamo pronti molto
prima».
Soddisfatto anche la sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che nelle
potenzialità di Carso/Kras intravede un importante volano di sviluppo
ecosostenibile per l'intera area, ma soprattutto un reale strumento di
conservazione, riscoperta e tutela ambientale internazionale a disposizione di
tutti.
GIOVANNI LONGHI
Nuova legge sulla caccia, Regioni meno libere -
Ambientalisti soddisfatti. Accorciato il calendario venatorio: da ottobre al 10
febbraio
Galan: «Troppo poco per i cacciatori»
ROMA Con voto definitivo, il Senato ha approvato in quarta lettura il
calendario della caccia, che va da ottobre al 10 febbraio. Voti favorevoli 130,
astenuti 108, tutti dell’opposizione. I 10 giorni di febbraio sono facoltativi.
Le Regioni possono chiedere la deroga, ma dovrà esserci il parere preventivo e
vincolante dell’Ispra, ricerca ambientale.
Si può parlare di consenso unanime, anche alla luce dei commenti dei partiti non
governativi. Nei giorni di febbraio (otto, perché il martedì e il venerdì c’è il
silenzio venatorio) le specie cacciabili sono ridotte di numero. Il percorso
della legge non è stato facile. Non soltanto perché il capitolo caccia è parte
di una legge più complessa, ma perché ci sono volute quattro votazioni
parlamentari per il varo delle norme. Pdl e Lega hanno votato a favore. Pd,
Italia dei valori, Udc, Svp e Autonomie si sono astenuti. Dissenziente dal Pdl,
Maria Ida Germontani, che non ha votato.
Il senatore Pd Roberto Della Seta ha detto che sono stati sconfitti quei settori
Pdl e Lega che avrebbero preferito una deregulation, non vincolante come la
legge approvata. È stato "scongiurato" il rischio di anticipare ad agosto la
caccia e posticiparne la chiusura alla fine di febbraio. C’è stato anche il
tentativo, non passato, di affidare a ogni regione un "calendario fai da te".
La Legambiente si è espressa con le parole di Antonio Morabito: ora le Regioni
dovranno autorizzare solo una caccia "strettamente conservativa". Il ministero
dell’Ambiente dovrà vigilare per il rispetto della legge. La Lipu (protezione
degli uccelli) parla di un articolo di legge «in gran parte ottimo». Le Regioni
sono costrette a cancellare varie specie di animali da cacciare.
Rivendicazione futura: "caccia corta", tra gli inizi di ottobre e la fine di
dicembre. Positivo il giudizio del WWF, con parole misurate. Il risultato è
buono, grazie alla mobilitazione e al senso di responsabilità di buona parte del
parlamento. Un percorso difficile, se si pensa che la prima lettura della legge
prevedeva che si potesse cacciare per tutto l’anno. Sulle Regioni- dice il WWF -
«vigileremo attentamente». Progresso legislativo: la prima lettura della legge
prevedeva che si potesse cacciare tutto l’anno. Il testo approvato è un
importante, anche se tardivo, passo avanti.
Stella Bianchi, del Pd, parla di "buona notizia", perché è stato sventato il
tentativo di eliminare le regole per l’attività venatoria. C’è stato buonsenso,
che ha consentito un equilibrio tra le diverse esigenze. Fuori tempo una
dichiarazione del ministro Maria Vittoria Brambilla, che vuole abolire la
caccia. Protesta la Federazione dei cacciatori.
Una via di mezzo sceglie il ministro forzista Giancarlo Galan, che voleva
maggiore tutela per una certa fauna selvatica «e più soddisfazione ai
cacciatori». Dice anche che si è fatto troppo rumore per una legge modesta.
Galan ha simpatia per i cacciatori, «anche se - dice - io resto un pescatore».
(r.v.)
Marcia pace: dal Fvg in 200 a Perugia-Assisi - QUATTRO
PULLMAN DOMENICA 16
TRIESTE Partiranno in 200 dal Friuli Venezia Giulia alla
volta dell’Umbria dove si terrà la Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Quattro
pullman, uno per Provincia, sono stati organizzati in vista della manifestazione
che si terrà domenica 16 maggio. Ieri si è tenuta la conferenza stampa di
presentazione della delegazione regionale all’evento, alla presenza dei
consiglieri regionali Franco Codega e Sergio Lupieri (Pd), Roberto Antonaz e
Igor Kocijancic (Rc) e Stefano Pustetto (Sel) insieme ai rappresentanti della
Tavola della Pace del Friuli Venezia Giulia. Serve un’altra cultura, hanno
sottolineato, per rimettere al centro della società i valori fondanti della
carta costituzionale e del diritto internazionale: diritti umani, accoglienza,
solidarietà, non violenza sono le basi su cui fondare il mondo di domani.
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 12 maggio 2010
Il governo annuncia l'arrivo delle linee guida e del nuovo conto energia
“È intenzione del governo far approvare entro la prossima
riunione della Conferenza Stato-Regioni le linee guida per la realizzazione
degli impianti alimentati a fonti rinnovabili e il nuovo conto energia
fotovoltaico in modo da dare certezza a tutto il settore”, ha annunciato Stefano
Saglia, sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico con delega
all’energia, durante l’Italian Pv Summit di Verona.
Stando alle parole del sottosegretario, questi due importanti e attesi
provvedimenti, ormai definitivamente predisposti, dovrebbero essere approvati
per fine maggio o al più tardi entro la metà di giugno.
Il sottosegretario ha aggiunto che “il governo intende confermare il suo impegno
per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia nella speranza che anche da noi si
possano creare occasioni di investimento, occupazione e di sviluppo di una
filiera nazionale, anche se - ha chiarito - gli investimenti stranieri sono
certamente benvenuti”.
Per quanto riguarda il nuovo conto energia, Saglia ha spiegato che il nuovo
decreto, operativo dal 1° gennaio 2011, prevede una riduzione delle tariffe in
linea con il calo del costo dei moduli che si è registrato nell’ultimo anno,
cioè intorno al 20%. Tuttavia la decurtazione degli incentivi, rispetto alle
tariffe 2010, sarà più ridotta per gli impianti residenziali di piccola taglia.
“Nel complesso – ha detto Saglia – il nostro sistema incentivante resterà tra i
più generosi al mondo”.
Il nuovo conto energia punterà ad un obiettivo di installazioni per una potenza
pari a 3.000 MW nei prossimi 3 anni, ma con la possibilità di usufruire delle
tariffe per ulteriori 14 mesi al raggiungimento del target.
Il sottosegretario ha evidenziato che i nuovi incentivi saranno più semplici:
verranno infatti divisi quelli per gli impianti su edifici e quelli per gli
impianti a terra. Tra gli impianti incentivabili anche quelli fotovoltaici a
concentrazione e saranno previsti anche specifici premi per le realizzazione che
contemplino la completa sostituzione di elementi architettonici. Particolari
possibilità di accumulo degli incentivi saranno dati alle proprietà pubbliche,
come le strutture scolastiche, in un’ottica di ristrutturazione di questa
tipologia edilizia, spesso fatiscente, con l’obiettivo in più di renderla
autosufficiente energeticamente. Un progetto che lo stesso sottosegretario ha
definito “molto ambizioso”.
“Semplificare, ma anche dare certezza delle regole” ha detto Saglia. È il caso
della Regione Puglia, che ha visto un impressionante boom di impianti
fotovoltaici e di domande, ma che richiede ora una attenta gestione della
situazione, garantendo ad alcuni il diritto di autorizzazione alla realizzazione
degli impianti e il diniego per coloro che invece dietro a quelle richieste non
hanno previsto effettivi investimenti, ma solo una documentazione da rivendere
sul mercato.
“L’impegno economico totale del Governo per le rinnovabili nei prossimi anni –
ha concluso il sottosegretario – è di circa 13 miliardi di euro. Il solare è
parte di questo programma, così come lo sviluppo delle reti, in particolare nel
Mezzogiorno, che è uno dei punti deboli per la più massiccia diffusione del
fotovoltaico e delle energie rinnovabili in generale”.
Il fotovoltaico italiano cresce e resta fra i piu' convenienti d'Europa
Alla fine del 2009 il fotovoltaico in Italia ha raggiunto
una capacità di circa 1.142 MW (circa 724 MW installati nell’ultimo anno), con
oltre 71.000 impianti realizzati (39.500 nel solo 2009). E’ quanto ha sostenuto
Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse (Gestore Servizi Elettrici),
l'ente che cura tutta la macchina del conto energia in Italia durante l'Italian
PV Summit 2010 di Verona.
Il fotovoltaico italiano resta fra i più convenienti d’Europa. Montanino ha
spiegato che le nostre tariffe in conto energia si mantengono su livelli molto
elevati se considerate per l'intero periodo incentivante e in base al buon
livello di insolazione del nostro paese. "Si è provato a compararle con quelle
di paesi europei - ha detto - e si è potuto valutare che per i piccoli impianti
residenziali (fino a 3 kW), fatto 100 il reddito guadagnato in Italia, quello
ottenibile con le tariffe tedesche è pari alla metà, in Spagna è di 76 e in
Francia è di 58,6". Se si portano a confronto gli impianti commerciali sopra i
20 kW di potenza, questo rapporto non differisce di molto, ad eccezione per la
Spagna che è poco sotto al nostro paese, mentre in Germania il valore si attesta
intorno a 43,3 e in Francia a 65,4.
La prossima riduzione degli incentivi prevista a partire dal gennaio 2010, darà
una accelerazione alle installazioni nel 2010, soprattutto nella seconda parte
dell'anno. "Crediamo che a fine 2010 arriveremo in Italia a 2.500 MW, con un
totale di almeno 130mila impianti fotovoltaici e una produzione annuale che si
attesterà intorno ai 2 miliardi di chilowattora", ha detto Montanino.
Una crescita che si avvertirà anche nelle risorse dedicate agli incentivi in
conto energia: "mentre nel 2009 la quota annuale è stata pari a 292 milioni di
euro, nel 2010 dovrebbe toccare gli 800 milioni di euro", ha aggiunto il
responsabile del GSE.
I dati statistici forniti dal GSE hanno fornito degli interessanti spunti di
riflessione. La Puglia gioca un ruolo da protagonista nel settore: il 12% della
potenza fotovoltaica totale installata in Italia si è registrato in questa
regione. Il 93% degli impianti è parzialmente o totalmente integrato in
strutture edilizie con una potenza che rappresenta il 65% del totale.
Il direttore del Gse ha poi sottolineato che la quasi totalità degli impianti
utilizzano la tecnologia cristallina (mono o policristallina), mentre negli
impianti sopra al megawatt di potenza la quota dei film sottili cresce fino al
12%.
Gerardo Montanino ha concluso il suo intervento all'Italian PV Summit 2010
auspicando che venga disciplinato al più presto e filtrato l'impressionante
numero di richieste di autorizzazioni di impianti a fonti rinnovabili che,
secondo Terna, è arrivato a toccare quasi una potenza di 100.000 MW, "una
situazione insostenibile che va ad intasare gli uffici che devono validarle, è
che sono diventate, nei fatti, una sorta di prelazione che i soggetti fanno
valere e vendono sul mercato".
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2010
Sbarca l’”Ecosportello” e Muggia diventa area ecologica Studenti della facoltà di ingegneria daranno informazioni
IL PDL GIÀ PREVEDE UN FALLIMENTO
MUGGIA Sbarca a Muggia l'"Ecosportello" di Legambiente,
sarà a disposizione dei cittadini che intendono avere informazioni
sull'istallazione di pannelli solari e più in generale sugli accorgimenti da
adottare nella conduzione domestica quotidiana per limitare gli sprechi. Da
definire il giorno di inizio dell'attività e la sede dello sportello, ma è molto
probabile che gli venga assegnato un ufficio all'interno della sede dei Vigili
urbani che resterà aperto al pubblico dalle 17 alle 19 di tutti i giovedì. Il
contatto con i cittadini è affidato a studenti universitari delle facoltà di
ingegneria o scienze ambientali che, dopo un opportuno corso di formazione della
durata di 24 ore, vengono selezionati per illustrare agli interessati modalità e
vantaggi degli impianti ecosostenibili. Già aperto a Trieste nel corso del 2009,
ad esclusione del periodo estivo ed ora nuovamente in funzione nella sede di via
Donizetti 5/a al martedì dalle 10 alle 12 e al venerdì dalle 17 alle 19, l'ecosportello
aveva fatto registrare nella sua fase iniziale un centinaio di contatti.
«Considerato il limitato numero di ore di apertura al pubblico -commenta il
presidente di Legambiente, Lino Santoro- si tratta di una cifra ragguardevole,
tanto che in molti casi non si riusciva a smaltire le richieste entro gli
orari».
Sulla previsione che il presunto flop dell'iniziativa avviata a Trieste possa
ripetersi anche a Muggia, si innesta invece una nota del consigliere comunale di
Muggia, del Pdl Claudio Grizon insieme a Marco Vascotto, capogruppo di An- Pdl,
Paolo De Gavardo, capogruppo della Lista Dipiazza e Fabio Scoccimarro capo
gruppo della Casa delle Libertà-Pdl: «Nonostante i dati in nostro possesso, 50
contatti in 21 giornate di apertura, l'amministrazione ha scritto nella sua
delibera che l'iniziativa ha riscosso notevole successo tanto che il sindaco
Nesladek ha pensato di stanziare 7.780 euro per chiedere alla Provincia
l'apertura di analogo sportello anche a Muggia».
(g.l.)
«Salvare le piante d’alto fusto» - RICHIESTA DELLA
CIRCOSCRIZIONE
PROSECCO Un piano specifico per la cura e la messa in
sicurezza delle alberature pubbliche a alto fusto presenti nel territorio di
Altipiano Ovest. Lo chiede il vicepresidente della prima circoscrizione Roberto
Cattaruzza con una interrogazione rivolta ai competenti uffici comunali alla
luce delle diverse problematiche insorte al patrimonio di verde pubblico durante
l’inverno appena trascorso. La Bora che in diverse giornate degli scorsi mesi ha
imperversato con particolare violenza anche nelle borgate di Contovello,
Prosecco e Santa Croce, ha messo a dura prova diverse piante presenti nelle
strade pubbliche e nelle proprietà private, abbattendo al suolo quelle più
deboli e malate con grave pericolo per cose e persone. I potenti refoli, secondo
il vicepresidente, avrebbero sradicato alberi di notevoli dimensioni e buttato
all’aria grossi rami. Un’opera di selezione naturale che la Bora compie ogni
stagione e che deve pertanto essere tenuta in debito conto dalle autorità
cittadine. «Più volte nelle ultime consigliature abbiamo richiesto degli
interventi di potatura e cura per gli alberi del nostro comprensorio – afferma
Cattaruzza – ottenendo solo degli interventi localizzati e sporadici. Alla luce
dei disagi provocati dalla caduta di rami e tronchi durante l’ultimo inverno,
sarebbe opportuno che il Comune provvedesse a un piano di cura e manutenzione
del patrimonio di verde pubblico che sussiste nelle nostre borgate, a prevenire
nel prossimo futuro le cadute di ramaglie alti fusti sulle strade pubbliche». Su
questo tema c’è anche una presa di posizione di una serie di associazioni
ambientaliste guidate da “Triestebella”, Wwf, Italia Nostra e Legaambiente per
la tutela del verde urbano. Nell’appello rivolto agli amministratori degli enti
locali della provincia, gli ambientalisti chiedono potature e manutenzioni
ridotte nel rispetto della naturalità degli alberi, la lotta alle piante dannose
per l’ambiente e la salute umana , un regolamento per il verde pubblico
all’insegna di regole corrette e puntuali.
Maurizio Lozei
Commissione paesaggio, corsa contro il tempo -
INTEGRATA CON UN ESPONENTE DELLA COMUNITÀ SLOVENA, SI ESPRIMERÀ SUL PRG
È corsa contro il tempo per arrivare all’approvazione del
Regolamento per la composizione della Commissione paesaggistica del Comune, con
il recepimento della modifica attraverso la quale la stessa verrà completata dal
rappresentante della comunità slovena. La Commissione paesaggistica dovrà
esprimersi sul nuovo Piano regolatore, un passaggio obbligato per arrivare in
estate dall’adozione finalmente all’approvazione del documento urbanistico.
Ieri la Sesta commissione si è confrontata con il presidente del Comitato
paritetico Bojan Brezigar e il sindaco Roberto Dipiazza, chiedendo chiarimenti
sull’iter che ha portato alla composizione della terna di tre nomi fra cui
scegliere il sesto membro della Commissione paesaggistica, in anticipo rispetto
all’entrata in vigore del regolamento. Altro punto chiave della discussione è
stato quello sulla definizione dei requisiti che dovrebbero avere i candidati a
rappresentare la comunità slovena. Oggi la Sesta commissione si ritroverà
nuovamente, sempre per continuare la discussione sul regolamento e arrivare a
una convergenza «attraverso alcuni emendamenti», come puntualizza Roberto
Decarli (Cittadini). «Riteniamo che vada inserita fra i requisiti minimi l’appartenza
agli albi professionali della Provincia di Trieste», chiarisce Piero Camber,
capogruppo di Fi-Pdl in Consiglio comunale. «L’obiettivo penso possa essere
quello di fare in modo che la Commissione paesaggistica (al completo, con tutti
e sei i suoi membri, ndr) possa riunirsi già lunedì o martedì della prossima
settimana», aggiunge Camber.
«La presenza di un esponente della comunità slovena è fuori discussione, è
giusto ci sia. Il problema è il come sceglierlo - è il pensiero di Raffaella Del
Punta (Fi-Pdl) -. A nostro avviso deve essere una persona qualificata e che
conosca il territorio triestino. Essendo il Comitato paritetico un organismo
regionale, per ipotesi potrebbe altrimenti indicare un rappresentante
proveniente dalle Valli del Natisone».
In merito agli attuali componenti della Commissione paesaggistica, intanto,
Alfredo Racovelli (Verdi) contesta a gran voce la decisione con cui la giunta ha
stabilito la nomina nel gennaio scorso anche degli architetti Lorenzo Gasperini,
ex sindaco di Muggia, e Fabio Assanti, in passato presidente della società che
gestì la candidatura di Trieste all’Expo 2008. «Non è chiaro - osserva Racovelli
-, vista la stringata e sintetica delibera, il criterio con il quale sia stata
decisa l’integrazione dei due discussi architetti».
(m.u.)
Domani Antonio Di Pietro al gazebo in via delle Torri
L’Italia dei Valori scende in piazza anche a Trieste per
dire no a leggi «vergogna» come quella sul nucleare, sull’acqua privata e sul
legittimo impedimento. E lo fa portando il leader Antonio Dipietro.
Domani pomeriggio, infatti, è in programma una visita in città di Di Pietro
proprio a sostegno dei tre quesiti referendari.
Dopo una conferenza stampa in programma alle 15.30 al Caffè Tommaseo il leader
dell’Italia dei Valori sarà presente dalle 16.15 al gazebo del partito in via
delle Torri. Nei banchetti allestiti dai dipietristi sarà possibile firmare a
sostegno dei tre referendum.
A San Giusto la centralina di monitoraggio - Captatore
attivo dal 2005, serve anche a sviluppare modelli previsionali - Progetto
europeo, cofinanzia il ministero
IL MACCHINARIO È GESTITO DALL’ARPA
Nella nostra città il monitoraggio aerobiologico di pollini e spore viene
effettuato attraverso la centralina di rilevazione installata sul Castello di
San Giusto a 60 metri di altezza. Il captatore gestito dal Dipartimento
provinciale dell’Arpa è stato attivato nell'aprile del 2005.
Lo strumento serve per redigere i calendari pollinici e anche per sviluppare
modelli previsionali di emissione di pollini e spore fungine. Le particelle
biologiche vengono campionate e riconosciute al microscopio, così da calcolarne
poi la concentrazione in atmosfera espressa in granuli.
Il campionamento è di tipo attivo e si avvale di un captatore volumetrico di
particelle aerodisperse provvisto di pompa di aspirazione continua. I pollini si
appiccicano su un nastro trasparente dalla superficie adesiva. La porzione
corrispondente a una giornata viene sistemata su un vetrino portaoggetti,
colorata e analizzata al microscopio ottico a 250 o 400 ingrandimenti. Ogni
settimana poi l'Arpa stila un bollettino.
Il monitoraggio pollinico così condotto permette di valutare la prevalenza delle
diverse specie dei pollini in aree con differenti caratteristiche bioclimatiche.
Un dato estremamente interessante, emerso già nei primi anni di rilevamento, è
la notevole differenza, sia in termini di concentrazione che di specie
polliniche prevalenti, in zone anche relativamente vicine.
(l.t.)
Grado e Lignano, Bandiere blu al vento - Tra gli
approdi, riconferme per Lega Navale a Trieste e Hannibal e Porto S. Vito nell’Isontino
CERTIFICATO A ROMA DALLA FEE L’ALTO LIVELLO QUALITATIVO
DELLE SPIAGGE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
ROMA Grado, unitamente alla ligure Moneglia, sono le località storiche che
detengono il titolo italiano del maggior numero di Bandiere blu conquistate
dall’istituzione di questo ambito riconoscimento. E sono ben 21. Lignano ne ha
solamente una in meno ed è ovviamente considerata anche questa località balneare
fra le più importanti d’Italia.
Ieri mattina nella Sala Tirreno della Regione Lazio c’è stata grande festa per
l’annuncio da parte del professor Claudio Mazza segretario generale della Fee
Italia, delle nuove assegnazioni che complessivamente, per quanto riguarda le
località, sono 117, cinque in più del 2009. Tra queste, come detto Grado
rappresentata a Roma dal dirigente comunale Andrea De Walderstein (sindaco e
assessori erano impegnati in giunta per problematiche molto importanti come i
parcheggi e la variante alberghi) e Lignano con il sindaco Silvano Del Zotto e
il dirigente Monaldo Bradaschia.
“I parametri per ottenere il vessillo – ha precisato De Walderstein – sono
sempre più restrittivi anche a seguito del Decreto attuativo firmato dai
ministri Ferruccio Fazio e Stefania Prestigiacomo seguente alle disposizioni
comunitarie”. L’esempio è che ai fini della candidatura per la Bandiera Blu solo
le località le cui acque saranno valutate come “eccellenti”, prendendo in
considerazione per la valutazione i risultati degli ultimi 4 anni di
campionamento, potranno accedere alle fasi successive di valutazione.
Proprio per questo motivo sono state istituite una commissione nazionale che
valuterà tutti i punteggi e una commissione internazionale che effettuerà delle
visite ispettive alle varie località.
Ed è già stato annunciato che questa ultima commissione internazionale visiterà
nel corso del 2010 l’Isola del Sole.
Parlando del futuro, De Walderstein ricorda che Grado sta per ottenere una
certificazione ambientale internazionale molto importante e che anche la
trasformazione e l’ampliamento completo del depuratore contribuiranno certamente
a incrementare le positività gradesi.
“Grado e Lignano – ha dichiarato il responsabile della Fee Italia – hanno
dimostrato di aver consolidato la coscienza e la cultura ambientale e un impegno
crescente in questa direzione. E’ chiaro, però, anche a seguito delle nuove
disposizioni, che ci dive essere un miglioramento continuo per 365 giorni
all’anno, seppur a piccoli passi”.
Contattato telefonicamente l’assessore comunale gradese Giorgio Marin ricorda
che questa ennesima conferma “è la certificazione del cammino che il nostro
centro turistico sta compiendo a favore del turismo eco sostenibile”.
“Quest’anno ci presentiamo tra l’altro con il completamento dell’anello del
centro storico e con il ripascimento della spiaggia della costa Azuurra;
continua contestualmente il progresso sulla raccolta differenziata e
l’attenzione verso il verde pubblico”.
Soddisfazione è ovviamente espressa anche dal sindaco di Lignano, Del Zotto:
“siamo una delle località storiche della Bandiera Blu e l’obiettivo è di
ottenere la certificazione internazionale per la quale tutti stanno lavorando,
dagli operatori, ai dipendenti, agli enti pubblici. E bisogna fare sempre di
più”.
Contestualmente all’assegnazione della Bandiere Blu per le località, è stata
data notizia di quelle per gli approdi che nella nostra regione sono tutti
riconfermati con una sola Bandiera Blu a Trieste (la Lega Navale), due in
provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 9 in
provincia di Udine tra Lignano, Latisana, San Giorgio di Nogaro e Aquileia.
ANTONIO BOEMO
E la Hack avverte: da Krsko solo svantaggi, costruiamo
piuttosto una centrale nel Friuli Venezia Giulia - Gli scienziati al Pd:
«Sbagliato dire ”no” al nucleare»
L’APPELLO DI 72 PERSONAGGI FRA I QUALI VERONESI E
BONCINELLI. MA BERSANI REPLICA : «È UN PIANO VELLEITARIO»
TRIESTE Dal Pd non arrivi una «chiusura preventiva» al ritorno del nucleare
in Italia: questo l'appello rivolto al segretario Pierluigi Bersani da 72
scienziati, intellettuali, manager, ai quali si sono aggiunti sei parlamentari
Democrat. Ma il segretario del Pd risponde di no, ribadendo il suo giudizio
negativo sul Piano del governo; un piano «velleitario» perché non affronta
alcuni nodi decisivi. I 72 firmatari, fra i quali Umberto Veronesi, Margherita
Hack, Edoardo Boncinelli, affermano che «non è in alcun modo giustificabile»
l'avversione del Pd al nucleare. È poi «incomprensibile la sbrigatività e il
pressapochismo» con cui spesso nel partito «vengono affrontati temi che
meriterebbero una discussione informata». La lettera sottolinea anche «il
rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento
elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle
frontiere dell'innovazione». Anche perché «molti leader dei governi di sinistra
e progressisti puntano sul nucleare» da Lula a Obama..
A creare disagio nel Pd è anche la presenza di sei parlamentari del partito tra
i firmatari (Erminio Quartani, Francesco Tempestini, Enrico Morando, Tiziano
Treu, Pietro Ichino, Andrea Margheri), appartenenti a tutte e tre le componenti
interne (area Bersani, Franceschini e Marino).
Il primo a respingere l'appello è stato Ermete Realacci, responsabile green
economy del Pd, per il quale esso «è figlio di ideologie del passato». Realacci
ha chiesto che l'Assemblea nazionale del partito, il 22 maggio, dica una parola
chiara «evitando il rischio di apparire confusi e deboli».
Bersani ha risposto a chi temeva una virata pro-nucelare del Pd ribadendo le
ragioni di un «no» che, ha detto, non è «assolutamente ideologico», ma è uno
stop a un «piano velleitario». Il segretario dei Democratici ha rielencato le
ragioni delle perplessità del suo partito verso il nucleare proposto da
Berlusconi: il governo non ha pensato all'Agenzia nazionale, non ha identificato
il sito unico nazionale; per non parlare «della gestione del vecchio nucleare
che non è affrontata, a partire dal 'decommissioning' delle vecchie centrali,
che potrebbe rappresentare una chance per le nostre aziende, fino al ritorno
delle vecchie scorie dalla Francia». E poi le procedure di localizzazione delle
centrali «sono state messe su un binario incerto». Stesso discorso per i costi.
Insomma, conclude Bersani, «nella situazione italiana, e senza riserve
ideologiche, il Piano del governo ci distrae da tutto quello che potremmo e
dovremmo fare», cioè un massiccio investimento nella green economy.
«La centrale di Krsko rappresenta per la nostra regione tutta una serie di
potenziali svantaggi senza alcun vantaggio». E allora, per Margherita Hack non
ci sono dubbi, «tanto vale costruire un impianto in Friuli Venezia Giulia». Il
nodo chiave, insiste l'astrofisica, è quello dei rischi: «La nostra regione ha
la centrale slovena a un passo, il nostro Paese è circondato dalla centrali
francesi e svizzere. Accadesse qualcosa, subiremmo le stesse conseguenze dei
confinanti. E allora perché continuare a pagare l'energia più che gli altri
Paesi europei? Con la premessa che bisognerebbe sfruttare meglio le energie
rinnovabili - prosegue la Hack -, la soluzione dei problemi energetici italiani
non può prescindere dalla costruzione delle centrali nucleari».
Ritornando ai rischi, assicura infine la scienziata, «le centrali di ultima
generazione sono altamente sicure. Va senz'altro risolto con attenzione il
problema delle scorie, ma demonizzare a prescindere il nucleare non ha alcun
senso».
Marco Ballico
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2010
«Sito inquinato, bloccati in Regione i soldi per le
caratterizzazioni» - IL SEGRETARIO DEL PD COSOLINI
«Perché la Regione blocca le caratterizzazioni sul sito
inquinato? Le imprese triestine guardano alla Slovenia, calano gli occupati
nelle Pmi e intanto passa il tempo, cala periodicamente il silenzio sul sito
inquinato e si perpetua una situazione di immobilismo vergognoso». Lo scrive in
una nota il segretario del Pd Roberto Cosolini. «Se è vero che un accordo di
programma per le bonifiche non si riesce a fare per la distanza tra le posizioni
delle imprese e quelle del Ministero e se ne parla da anni, è peraltro vero -
dice Cosolini - che già da tempo si sarebbero potute completare le
caratterizzazioni da parte dell'Ezit, che tra le altre cose potrebbero portare a
rilevare anche situazioni di non inquinamento. L'Ente le ha già fatte su una
parte del territorio ed è pronto in qualsiasi momento a continuare. Mancano i
soldi? No: giace ancora in Regione la maggior parte dei 23 miliardi di lire
stanziati nel 2001. Cosa si aspetta allora a stanziare con un accordo sulle
caratterizzazioni da fare subito i soldi per quest’operazione, propedeutica a
qualsiasi altro intervento?»
Burgo rinuncia al ”suo” elettrodotto - Terna: «La linea
interrata costerebbe 520 milioni anziché i 35 previsti»
Prende quota il progetto di Alpe Adria Energia. Tondo:
«È strategico»
UDINE Burgo Group fa dietrofront. E comunica ufficialmente al presidente del
Regione, Renzo Tondo, la rinuncia al suo progetto di un elettrodotto in Carnia.
La comunicazione arriva a Tolmezzo, nella mattinata di ieri, nel corso di un
incontro convocato dallo stesso Tondo cui partecipano anche i soci della spa
Alpe Adria Energia (Pittini e Fantoni) per verificare il percorso
dell’elettrodotto Wuermlach-Somplago.
Burgo, annunciando la sua rinuncia, si riserva di valutare la possibilità di
aderire al progetto di Alpe Adria Energia formalizzato ieri. «La Regione -
sottolinea Tondo - considera strategico e di rilevante interesse regionale e
pubblico il progetto di Alpe Adria Energia». Inizieranno ora una serie di
incontri di confronto promossi dalla Regione che coinvolgeranno sindaci,
comunità montane, sindacati. Il primo appuntamento ci sarà già oggi a Udine con
gli assessori regionali all’Energia, Sandra Savino, all’Ambiente, Elio De Anna e
alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi.
Nel frattempo, con una nota, scende in campo anche Terna: la società interessata
alla realizzazione dell’elettrodotto Udine ovest-Redipuglia afferma che, se
l’opera venisse realizzata con una linea interrata, costerebbe 520 milioni di
euro, 14 volte di più dei 35 previsti per la linea aerea. La differenza di costi
realizzativi si deve in particolare alle esigenze di trasporto della potenza,
per cui una linea aerea a 380 kilovolt corrisponde a quattro interrate, un
chilometro di ciascuna delle quali costa circa 3,25 milioni di euro. Terna
aggiunge di non produrre «nè tralicci nè cavi interrati» e quindi di non avere
«alcuna preferenza aprioristica sulle modalità costruttive dei collegamenti
elettrici. La sicurezza del sistema elettrico italiano e l’alimentazione di
tutti i cittadini è il solo interesse di Terna».
Amianto, discarica-killer a Jelsane - Aumento di tumori
mortali nella popolazione vicina alla località slovena
FIUME È una discarica comunale molto pericolosa e sta
alimentando polemiche e proteste da una e dall’altra parte del confine. È
l’immondezzaio di Zalesicina, a Jelsane in Slovenia, a poca distanza dal comune
croato di Mattuglie e a una ventina di chilometri da Fiume.
Contiene rifiuti industriali, cenere industriale e, dal 2008, una montagna di
materiale edile, ritenuto gravissimo rischio per la salute. Due anni fa,
infatti, a Zalesicina fu scaricato addirittura un migliaio di tonnellate di
detriti edili, contenenti pericolosissime fibre d’amianto. Nell’estate 2008 i
temporali estivi provocarono forti danni in tutta l’area di Ilirska Bistrica
(Villa del Nevoso), con parecchi tetti scoperchiati e non più utilizzabili.
Erano tetti costruiti soprattutto con materiale ad alto contenuto di amianto e
la loro distruzione comportò dunque non pochi problemi. L’impianto di Jelsane fu
visto come l’ancora di salvezza, anche perché in base a una decisione di Lubiana
si potevano deporre nelle discariche comunali fino a 250 tonnellate di detriti
di questo genere, fermo restando il rispetto di ben precise condizioni. Ma non
andò così, con l’enorme quantità di materiale (quattro volte più del consentito)
piazzata lì in un batter d’occhio e quindi dimenticata dalle autorità.
In Slovenia ci sono gli stessi problemi con le discariche comunali di quelli
nella Regione del Quarnero e Gorski Kotar. Sono strutture che dovrebbero essere
chiuse e risanate, non prima di avere costruito una discarica regionale per
assorbire i rifiuti di tanti centri minori. In attesa delle discariche
regionali, la situazione peggiora di giorno in giorno e l’esempio di Jelsane
indica che si dovrebbe agire in tempi rapidi, per evitare vicende anche
tragiche. Davor Mrvcic presiede il Comitato rionale di Rupa, località croata a
un paio di chilometri da Jelsane. «La discarica di Zalesicina sta avendo un
impatto assolutamente negativo sulle nostre condizioni di vita – ha detto –:
negli ultimi due anni, da quando nell’immondezzaio sono state gettate centinaia
di tonnellate di materiale edile contenente amianto, a Rupa sono morti di tumore
ben sette giovani. Purtroppo la lista non si ferma qui, perché nella nostra
località ci sono anche molti malati tumorali, fenomeno che prima non esisteva.
Zalesicina andrebbe chiusa quanto prima, siamo terrorizzati». Della mortale
malattia chiamata asbestosi si parla anche e specie in Dalmazia, a Vranjic e
Ploce, dove per decenni erano in funzione stabilimenti che producevano materiale
di amianto. A Ploce, principale porto dalmata, l’asbestosi ha falciato 300 vite,
a Vranjic (vicino Spalato) 200 negli ultimi 10 anni, mentre il numero di malati
ammonta a circa 400.
(a.m.)
Marcia Perugia-Assisi per la pace Al via domenica la
manifestazione - APERTE LE ISCRIZIONI
Partirà domenica prossima anche da Trieste la Marcia
Perugia-Assisi per la pace e la giustizia, «contro la violenza, la paura,
l'egoismo, le mafie, la censura, il razzismo, la guerra». Le prenotazioni per il
viaggio in pullman (il cui costo è di 10 euro) si raccolgono in settimana presso
il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" in via Valdirivo 30
(orario di apertura dalle 17 alle 19, tel. 040366557, e-mail comitatodanilodolci@libero.it,
cell.3382118453).
La Marcia per la pace è stata presentata pubblicamente nei giorni scorsi su
iniziativa della Rete corpi civili di pace e del Comitato Dolci nella scuola
Mauro, nel corso di un incontro al quale è intervenuto da Napoli Gianmarco Pisa,
che ha illustrato il progetto informativo / educativo "Interventi civili di
Pace", realizzato per le scuole e il volontariato anche della nostra Regione col
supporto del ministero degli Affari Esteri. Anche don Mario Vatta della Comunità
di S.Martino al Campo, giá obiettore fiscale alle spese militari é intervenuto,
assieme ad alcuni studenti delle superiori e dell’università che hanno
partecipato a progetti di pace. La Marcia si svolgerà con il patrocinio della
Regione e della Provincia.
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2010
Piano regolatore, scattano altri due ricorsi - Nel
mirino l’ex caserma di Banne e un’area non più edificabile a Basovizza
Con una mano ha tolto cubature là dove - a Basovizza -
qualcuno aveva l’interesse che nulla fosse tolto. E con l’altra ha aggiunto
cemento là dove - a Banne - molti volevano che nulla fosse aggiunto. Il Comune
s’insinua ormai, come un Giano bifronte foriero di malanni, negli incubi di
alcun carsolini. Sulla graticola finisce ancora una volta il nuovo Piano
regolatore adottato la scorsa estate, contro il quale due realtà dell’altopiano
orientale - l’una pubblica e l’altra privata - hanno deciso di tentare il colpo
grosso, promuovendo altrettanti ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica sulla scia evidentemente del clamoroso caso Tarsu.
RICORSI Il fatto è che stavolta l’amministrazione municipale non si è fatta
sorprendere e, non appena i due ricorsi sono stati notificati, la giunta
Dipiazza ha votato altrettante delibere con cui ha fatto valere il diritto di
opposizione consentito dalla legge, riconducendo quei due contenziosi, per così
dire, tra le mura di casa, ovvero davanti al Tribunale amministrativo regionale
di piazza Unità, senza scomodare Giorgio Napolitano. Resta il fatto che il Prg
colleziona altre due cause dopo che dal Carso ne erano partite già altre,
compresa ad esempio quella dell’Unione Slovena.
BASOVIZZA La prima delle due cause, in ordine squisitamente cronologico, porta
la firma di una Srl, la Tecnofactoring di cui - come si legge nella delibera di
giunta - risulta essere legale rappresentante Carlo Grgic, il quale è pure
responsabile dell’Unione delle borgate carsiche. La Tecnofactoring - spiega
carte alla mano il presidente della Seconda circoscrizione Marco Milkovic, non
essendo stato possibile raggiungere telefonicamente Grgic - si oppone al cambio
di destinazione urbanistica da commerciale a naturale, con relativo regime di
salvaguardia, prodotto dall’adozione del nuovo Prg su alcune particelle
catastali di area verde nei pressi di Basovizza. Su queste, infatti, insisteva
il progetto di un centro commerciale da parte della stessa Tecnofactoring, con
tanto di proposta di Piano particolareggiato di iniziativa privata. Si tratta di
circa 20mila metri quadrati, tra il comprensorio del Sincrotrone da una parte e
i campi da golf di Padriciano dall’altra, che il vecchio Prg ancora in vigore,
ma neutralizzato dal regime di salvaguardia, classificava come H2 ”zone
commerciali di interesse comunale comprensoriale”. Ebbene: questi diventano, col
Prg adottato nel 2009, E3 ”zone agricole e forestal ricadenti negli ambiti
silvo-zootecnici”. In parole povere: intoccabili.
BANNE L’altro ricorso, riferito a una questione già oggetto di dibattito e
polemiche, si batte contro i timori di una cementificazione selvaggia a Banne, o
meglio alle spalle del centro abitato, là dove vegeta da 16 anni l’ex caserma
Monte Cimone. A presentarlo è stata la Comunella di Banne presieduta da
Guglielmo Hussu, che ha impugnato così la trasformazione dell’area da U1 ”zone
per servizi e attrezzature pubbliche” a 01 ”zone miste strategiche”, il che
evoca anche la possibile realizzazione di un complesso turistico e/o
residenziale. È il problema opposto, insomma, a quello della Tecnofactoring.
«Fino a ieri - ironizza Hussu - non potevamo costruire neanche un gabinetto
perché bisognava rispettare il verde carsico, adesso ci prospettano una città.
Non un’altra Banne, ma due. Il sindaco avrebbe dovuto venire su, spiegarci le
cose, confrontarsi...».
MALCONTENTO Si professa deluso da Roberto Dipiazza, avvalendosi di un eufemismo,
anche lo stesso Milkovic, a nome della comunità che rappresenta, da Opicina a
Basovizza appunto. «Il sindaco continua a ignorare un diffuso malcontento tra la
gente della Seconda circoscrizione - fa spallucce Milkovic - per questioni che
vanno dalla zona turistica di Padriciano all’ex Campo profughi, tanto per citare
gli esempi più conosciuti. Ci sono procedure di partecipazione, quali l’Agenda
21 e la stessa Valutazione strategica Vas, legate a normative europee, che a
nostro avviso sono disattese: la legge non è fatta per il sindaco, ma per la sua
popolazione». Per questo, come atto di ultima spiaggia, ricorda sempre Marko
Milcovic, i consiglieri della Seconda circoscrizione tanto di maggioranza (di
centrosinistra) quanto di opposizione (di centrodestra, lo stesso schieramento
di Dipiazza che comanda in piazza Unità) hanno recentemente sottoscritto tutti
assieme un documento nel quale chiedono «al sindaco nonché assessore
all’urbanistica di valutare la possibilità di interpellare e consultare il
Consiglio della Seconda circoscrizione per la definizione delle modifiche da
apportare alla variante 118, riguardanti il territorio della stessa». Un appello
cortese, ma nel contempo perentorio, «appreso che - si legge nello stesso
documento - ha approvato un parere a carattere vincolante in cui vengono
formulate 18 osservazioni, alcune delle quali riguardanti in modo specifico aree
situate sul territorio della Seconda circoscrizione».
PIERO RAUBER
Carmi e Toncelli: Pd coerente sul rigassificatore di
Zaule
Il sindaco Roberto Dipiazza bacchetta Roberto Cosolini in
merito al «dietro front» sul rigassificatore e il Pd fa quadrato. «Esistono ampi
margini per sancire se questa sia un’opera da perseguire o meno», dice il
consigliere comunale Marco Toncelli. Ma aggiunge: «La reazione del sindaco nei
confronti di Cosolini - dice - è la dimostrazione del nervosismo di chi
manifesta solo fastidio quando si ricordano le cose promesse ma non fatte». Il
vicesegretario provinciale del Pd Alessandro Carmi difende invece la «coerenza»
del partito. «Il dibattito all’interno del Pd sul rigassificatore è stato non
facile - ricorda - ma è uscita una posizione di responsabilità. Non siamo noi
quelli che non sono coerenti».
Grado conquista la sua ventunesima «Bandiera blu» -
RICONOSCIMENTO TURISTICO
GORIZIA Anche nel 2010 sui pennoni della città e delle
spiagge di Grado (provincia di Gorizia), tornerà a sventolare la Bandiera blu.
Infatti l’Isola del Sole si appresta a ricevere la ventunesima Bandiera
mantenendo così il suo primato di località balneare italiana che ne ha ottenute
più di tutte. Fino all’anno scorso il record era detenuto assieme alla ligure
Moneglia, per adesso non si sa ancora se quest’ultima località sarà nuovamente
contrassegnata da questo ambito riconoscimento tenuto in alta considerazione in
particolar modo dai turisti stranieri.
La comunicazione ufficiale delle località su cui far sventolare la Bandiera blu
sarà data domani alle 11 a Roma. Ma il fatto che il comune di Grado sia stato
invitato a partecipare all’incontro romano è evidente segno che anche quest’anno
l’Isola – si tratta di tutta la città, dalle spiagge, all’ambiente, alla laguna,
al centro storico, alle strutture ricettive – sarà fra le prescelte. È certo che
a Roma ci sarà pertanto un rappresentante del Comune. Nel frattempo, dopo
l’invito, c’è naturalmente molta soddisfazione per l’ennesimo riconoscimento.
L’amministrazione comunale preferisce aspettare fino a domani prima dei commenti
ufficiali ma la cosa, alla pari del resto di alcune altre località italiane che
ne hanno già dato notizia attraverso gli organi di stampa, è certa: Grado
riceverà per la ventunesima volta consecutiva la Bandiera blu assegnata
annualmente dalla Fee, la Foundation for Enviromental Educational che in Italia
ha come segretario generale il professor Claudio Mazza.
I parametri sui quali si basa la Fee per scegliere le località sono molteplici e
vanno dalla purezza delle acque, alle spiagge con le rispettive attrezzature
balneari, a tutto il resto con particolare riferimento al turismo sostenibile e
al rispetto dell’ambiente e dell’arredo urbano. In questo contesto vanno
inseriti – come segnala l’assessore Maurizio Delbello - anche i recenti
interventi in viale Dante e viale Europa Unita dove sono stati sistemati porfido
e avallamenti causati dalla radici degli alberi. Sono intervenuti operai di una
squadra che lavora a cottimo. E ci sono operai comunali, ma anche esterni, per
intervenire a sistemare altre situazioni come in via Caprin dove è stato messo a
posto il porfido o aggiunto dove mancava. «Un’altra squadra – spiega Delbello –
si occuperà della sistemazione del centro storico e di piazza XXVI Maggio».
L’assessore evidenzia inoltre che anche all’entrata di Grado si è provveduto
alla potatura degli alberi e alla sistemazione del terreno sottostante con
deposito di ghiaino. Messi a posto pure marciapiedi e vie laterali e inoltre
pulizia sotto gli alberi e pulizia dei lampioni.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2010
Acqua privatizzata, raccolte 6mila firme in sole due
settimane - SUCCESSO DELLA CAMPAGNA
UDINE Il traguardo di tappa in regione, in sole due
settimane di banchetti, è di 6mila firme contro l'acqua privatizzata. Più di un
terzo rispetto all'obiettivo finale, quota 15mila, da raggiungere entro il
limite massimo del 6 luglio, e un buon contributo, già adesso, a un totale
italiano che tocca le 200mila sottoscrizioni.
Prosegue anche in Friuli Venezia Giulia la raccolta di adesioni a sostegno del
referendum che chiede l'abrogazione delle norme che hanno introdotto la
privatizzazione dell'acqua in Italia. Alle 2.500 firme raccolte nei primi due
giorni dell'iniziativa sono seguite le 3.500 del ponte dell'1 maggio. Ogni fine
settimana, sul territorio regionale, il comitato promotore distribuisce i
banchetti. Spazio alle firme anche tra sabato e domenica: a Trieste in via Dante
e piazza Trento, a Gorizia in corso Italia nei giardini pubblici.
Il successo crescente della campagna, fanno sapere i referendari, è confermato
anche dal boom di contatti registrato su Facebook dal neo costituito gruppo
«Acqua bene comune Fvg», che in pochi giorni ha registrato oltre 1.600
iscrizioni. Sul gruppo e sull'apposito blog perlacqua.wordpress.it vengono tra
l'altro aggiornati i programmi di incontri e serate sul tema della
privatizzazione promossi in diverse località della regione da associazioni,
gruppi di cittadini e liste civiche.
Molto attivo pure il CeVi, Centro di volontariato internazionale, che ha
presentato recentemente a convegno a Udine un inedito studio europeo del
ricercatore Emanuele Lobina sulle conseguenze e i rischi della privatizzazione,
oltre a dare spazio a Paolo Lanari, direttore generale di Irisacqua, la società
pubblica di Gorizia. L'esperienza virtuosa della società isontina - nata nel
dicembre del 2005 e detenuta al cento per cento dagli enti locali (i 25 Comuni
della provincia), responsabile della gestione del servizio idrico integrato
della Provincia di Gorizia per un periodo di trent'anni a partire dal primo
gennaio 2006 - rischia di essere smantellato dai recenti provvedimenti normativi
sulla privatizzazione. Questo nonostante la gestione di Irisacqua, ricorda
Lanari, risponda a principi di managerialità ed efficienza, dal momento che i
ricavi vengono reinvestiti in infrastrutture e progetti a favore di tutti gli
utenti, e nonostante il piano di sviluppo pluriennale già approvato preveda 235
milioni di euro di investimenti in manutenzioni ordinarie e straordinarie e
progettazione di nuove opere.
(m.b.)
Ballaman bocciato dai suoi predecessori - Martini: «Per
l’uscita sul nucleare doveva avvisare l’ufficio di presidenza»
Tesini: «La sua carica lo esclude dalla dialettica
politica quotidiana». Compagnon: «Sbagliati posto e contenuti»
TRIESTE Dal Pd all’Udc: è un coro di bocciature quello che si alza nei
confronti dell’esternazione del presidente del Consiglio regionale Edouard
Ballaman sulla questione nucleare. Bocciatura che parte, senza alcuna posibilità
di riparazione, dai due suoi predecessori e si conclude con una netta
stronactura politica da parte dell’Udc Angelo Compagnon segretario regionale
dell’Udc, parlamentare e componente della maggioranza regionale del Popolo della
libertà.
Antonio Martini (Pd) è molto pragmatico. «È chiaro che ognuno - esordisce - fa
il presidente del Consiglio come vuole, a livello nazionale, ad esempio c’è Fini
che fa il capo di una corrente ed è il presidente della Camera». Poi ribalta la
situazione e pensa a come si sarebbe comportato lui nella posizione di Ballaman.
«Io prima di esprimermi ne avrei parlato con l’ufficio di presidenza prendendo
una decisione comune». «Certo c’è un altro aspetto che io reputo ancora più
grave del nucleare e se potessi glielo direi di persona a Ballaman ed è l’uscita
che ha fatto sulle bandiere da comperare per i 150 anni della Repubblica quando
ha affermato che qui se c’è un vessillo che dovrebbe sventolare è quello
austro-ungarico». «Ma siamo diventati matti - accentua un risentito Martini - il
Consiglio regionale fa parte dello Stato italiano, tutti abbiamo fatto un
giuramento».
Alessandro Tesini scende sul piano istituzionale dei regolamenti. «Nella scorsa
legislatura - spiega - con un voto pressochè plebiscitario abbiamo rivisto i
rapporti interni alla forma di governo tra consiglio e giunta e abbiamo
approvato un nuovo regolamento, legittimato dalla legge statutaria sulla forma
di governo, che prevede che il consiglio regionale rappresenta la comunità del
Friuli Venezia Giulia e il presidente del consiglio rappresenta il consiglio
regionale. Questo - spiega - ha notevolmente rafforzato il ruolo e la funzione
del consiglio e di conseguenza di colui che lo presiede». «Quindi - conclude
Tesini - bisogna stare dentro i confini tracciati da questo schema che
attribuisce al presidente un ruolo e una autorevolezza molto elevati nella
rappresentanza istituzionale, che non lo priva del diritto di avere un’opinione
personale e di esprimerla in modo acconcio quando è il caso, ma certo lo sottrae
alla dialettica politica quotidiana». «Se ci finisce dentro - conclude -
inevitabilmente indebolisce se stesso e l’istituzione che rappresenta». Quindi
piena insufficienza per Ballaman.
È su Ballaman è tagliente come un rasoio l’Udc Angelo Compagnon. «Un’uscita
inopportuna la sua - esordisce - fatta dal posto sbagliato e al momento
sbagliato, al di là dei contenuti su cui ognuno di noi ha le sue opinioni, ma
essendo presidente di un consiglio di una maggioranza che si sta coordinando e
gestendo su tutte le iniziative credo che se non avesse fatto la sua
esternazione sarebbe stato molto meglio». Una voce fuori del coro? «Mah, non
tanto fuori del coro, ma inopportuna, ripeto, fatta nel posto sbagliato, perché
parlava da presidente figura istituzionale, frutto di un accordo politico di
questa maggioranza».
MAURO MANZIN
MUGGIA - Laghetti delle Noghere pronti - Al via
l’affidamento dell’area
Concluse le operazioni di recupero Oggi biciclettata da
piazza Marconi con tappa finale al sito naturalistico
La tormentata vicenda del recupero dei laghetti delle Noghere potrebbe
essere giunta al termine: a giorni, infatti, dovrebbe essere perfezionato
l’affidamento in gestione dell’area. Questa mattina, intanto, in occasione della
prima Giornata nazionale della bicicletta promossa dal ministero dell'Ambiente
cui il Comune di Muggia ha aderito, la carovana dei ciclisti amatoriali in
partenza da piazza Marconi (ritrovo alle 10) guidata dal sindaco, Nerio Nesladek,
pedalerà fino al sito naturalistico.
In questa parte della valle delle Noghere, c’erano in passato cave di estrazione
dell’argilla che, una volta abbandonate, vennero ricoperte sia dall’acqua
piovana, sia dalle tracimazioni del vicino Ospo, che rinaturalizzarono
l’ambiente. La spontanea rinascita ambientale è tuttavia andata di pari passo
con lo scarsissimo senso ecologico e con la maleducazione di molti che ne fecero
una discarica a cielo aperto. I primi interventi di pulizia e la prima ipotesi
di farne un'oasi naturalistica risalgono agli anni '80, ma solo nel 2003 la
Regione stanzia 50mila euro per la risistemazione dell’area. L’iter si arena
subito perché il Comune di Muggia non ha titolo a procedere visto che il sito
ricade nella competenza territoriale dell'Ezit. Altri mesi, poi si arriva
all'accordo: in cambio di 37mila euro dilazionati in 12 anni, il Comune ottiene
i quasi 100mila metri quadrati in cui sono inseriti i laghetti. Sono una decina,
il più profondo ha 7 metri, il più largo 165. Il Comune di Muggia brucia le
tappe e un anno fa, dopo aver ripulito, sistemato e attrezzato l'area prepara
l'inaugurazione. Arriva invece la doccia fredda: un inatteso intervento
dell'Enel sconvolge il territorio appena sistemato con scavi e lavori e
costringe a una nuova operazione di ripristino. Che si è conclusa alcune
settimane fa e che oggi verrà presentata ai cittadini. Con finanziamenti del
progetto Kras Sesana, i laghetti verranno lambiti dal percorso della pista
ciclopedonale che dalla Parenzana in Comune di Muggia porterà al territorio di
San Dorligo.
(g.l.)
Poligono di Sgonico, scontro Comune-Regione - L’aula:
«Inammissibile l’uso militare in un’area naturalistica». Seganti: «Critiche
tardive»
DOPO LA FIRMA DEL DISCIPLINARE D’USO CHE PREVEDE FINO A
42 GIORNATE DI ATTIVITÀ
SGONICO Un’area addestrativa militare in una zona naturalistica protetta?
No, grazie. Si è espresso così il Consiglio comunale di Sgonico che, nella sua
ultima riunione, ha manifestato aperta contrarietà al disciplinare d’uso
relativo al poligono posizionato tra Sgonico e Monrupino, appena sottoscritto da
Esercito e regione. Regione che, attraverso l’assessore Federica Seganti,
replica alle critiche del territorio ricordando come «i disciplinari siano stati
redatti dopo un capillare coinvolgimento di sindaci e Comuni. Eventuali
obiezioni, quindi, avrebbe dovuto essere manifestate prima».
Al centro della disputa, come detto, il futuro del poligono inserito nel sito
Natura 2000 “Carso triestino e Goriziano” e nella “Riserva naturale di Monte
Lanaro”, aree Sic e Zps posizionate nei comuni di Monrupino e Sgonico. Il
disciplinare d’uso, ratificato dal comandante militare regionale, il generale
Sebastiano Giangravè, e dall’assessore alla Pianificazione e Sicurezza Seganti,
prevede 42 giorni all’anno di attività di tiro (esclusi i mesi di luglio e
agosto), quattro giorni al mese per i settori appiedati (plotone o squadra), con
utilizzo riservato a pistole calibro 9, 5.56, 7.62 e per un massimo di 200
grammi di esplosivo giornalieri. Indicazioni ritenute irricevibili
dall’amministrazione di Sgonico. «L’area è situata nella zona Zps, normata dai
rigidi vincoli europei e regionali previsti per le aree di interesse
comunitario, che impediscono persino ai residenti e ai proprietari dei terreni
di usufruirne liberamente - hanno spiegato in un comunicato congiunto gli
assessori Nadia Debenjak e Monica Hrovatin -. L’uso militare della zona di
interesse naturalistico è quindi in netto contrasto con tale normativa».
La presa di distanza dal disciplinare è passata in aula senza i voti del Pdl-Udc.
«Noi non siamo stati convinti dalle tesi “ambientaliste” tout court del sindaco
Sardoc - commenta il capogruppo Denis Zigante -, anche perché nel disciplinare è
chiaramente detto che se l’area dovesse essere interessata a programmi di
valorizzazione della zona tali da compromettere la possibilità di esecuzione
delle attività di fuoco, il comando si attiverebbe per il trasferimento del
poligono».
Fin qui l’amministrazione di Sgonico. Ma anche il Consiglio comunale di
Monrupino dovrà a breve pronunciarsi sul disciplinare del poligono, visto che la
maggior parte dell'area rientra entro i confini del proprio territorio. E al
pari di quanto accaduto nel vicino Comune, la probabilità che la valutazione sia
positiva è praticamente nulla. «Il poligono è assolutamente incompatibile con le
funzioni del territorio e con le direttive Cee tese alla tutela della fauna e
della flora nonché alla fruizione ecocompatibile dello stesso - si legge in una
delibera di giunta che approderà presto in aula -. Inoltre, essendo
inaccessibile a persone estranee durante l’attività addestrativa, penalizza
l’attività agricola svolta dalla cittadinanza». Il Comune, a meno di clamorosi
dietrofront, chiederà dunque alla regionale di «adoperarsi presso il ministero
della Difesa e le altre autorità militari affinché il poligono in totale
contrasto con le funzioni del territorio ove è ubicato venga definitivamente
soppresso».
«Perchè queste obiezioni non sono state esposte prima? - ribatte Federica
Seganti -. I disciplinari sono stati redatti dopo aver raccolto le osservazioni
dei territori di tutta la regione, ma in relazione al poligono del Carso finora
non erano state mosse critiche. Terremo naturalmente conto delle opinioni di
Sgonico e Monrupino, ma non potremo accoglierle se non nel prossimo futuro, cioè
in sede di nuova programmazione. Quanto al merito delle contestazioni - conclude
Seganti -, credo si tratti di preoccupazioni eccessive. Il disciplinare parla di
un massimo di 42 giornate di utilizzo, ma nella pratica l’attività di ridurrà a
meno di un mese».
(r.t.)
Fiume, bomba ecologica nel pozzo nero - Filtrati nel
sottosuolo 150 mila metri cubi di liquidi tossici. Possibile presenza di
diossina
LA DENUNCIA DEGLI AMBIENTALISTI A SOVJAK. SERVONO 30
MILIONI DI EURO PER LA BONIFICA
Gli attivisti di una delle più battagliere associazioni ambientaliste del
Fiumano, la Lista degli Smokvari, sono stati chiari: «Il pozzo nero di Sovjak,
ad un paio di chilometri da Fiume – hanno detto in conferenza stampa –
rappresenta una bomba ecologica che potrebbe deflagrare tra qualche anno.
Secondo i nostri calcoli, circa 150 mila metri cubi di liquidi tossici sono già
filtrati nel sottosuolo e fra cinque, dieci o vent’anni, finiranno nelle acque
di mare antistanti la fascia che va dal rione fiumano di Cantrida ad Abbazia».
«Forse siamo già arrivati al punto di non ritorno. Le autorità del comune di
Viskovo (la discarica si trova in questa municipalità dei dintorni di Fiume,
n.d.r.) e il ministero dell’ Ambiente dovrebbero darsi da fare, risanando la
fossa, dove per decenni sono stati scaricati rifiuti liquidi e solidi,
provenienti dalla raffineria fiumana, dal cantiere Tre Maggio, dall’ex cokeria
di Buccari, da privati».
Il pozzo di Sovjak, che ha “inghiottito” materiale di ogni tipo dal 1956 al
1989, anno della sua chiusura, è indicato dal dicastero tra i nove punti neri in
Croazia. Per il suo risanamento si parlava anni fa di una cifra intorno ai 30
milioni di euro, ma tutto lascia supporre che ci vorranno diversi milioni in
più. Ne è convinto anche il ministero dell’ Ambiente, fattosi immediatamente
vivo dopo l’ incontro stampa degli ecologisti quarnerini.
«Sarà un risanamento molto costoso – si legge nel comunicato del dicastero – che
potrà essere portato a termine solo con i fondi comunitari, a disposizione non
appena la Croazia entrerà a far parte dell’Unione europea. In pratica, gli
interventi non potranno cominciare prima del 2012 o del 2013. Fino a quel
momento, dovrà essere pronta la documentazione progettuale per il risanamento di
Sovjak.
Non è mancata una smentita a quanto affermato dagli ambientalisti, giunta dalla
municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), che fino a cinque anni fa
gestiva la discarica, ora sotto le competenze del ministero dell’ Ambiente.
«In base ai nostri rilevamenti, non c’è mai stato l’inquinamento delle
sottostanti falde imbrifere. Il fondale del pozzo nero è costituito da residui
solidi della raffineria fiumana, che non sono porosi e non permettono pertanto
ai liquidi di terminare nel sottosuolo. La Cistoca aveva preparato tutti i
documenti per dare avvio al risanamento della fossa, ma non se ne fece nulla
perché la gestione della discarica passò al ministero».
Secondo l’attivista della Lista degli Smokvari, Stanko Kacic, il pericolo non è
rappresentato unicamente dal terreno di natura carsica, che avrebbe favorito
l’infiltrazione.
«C’ è un muro di omertà attorno a Sovjak – ha detto ai giornalisti – ma lo sanno
tutti che in quasi ogni seconda famiglia che abita nelle vicinanze del pozzo
nero, vi è qualcuno malato di tumore. Andrebbe fatto uno studio approfondito
sulla questione, ma purtroppo la verità scotta e le competenti autorità evitano
di dire che nella discarica sono presenti anche quantitativi di diossina,
sostanza tossica pericolosissima».
ANDREA MARSANICH
Rigassificatore, i croati entrano nella società -
Zagabria convince Ina, Plinacro ed Hep a trattare. Nel 2011 l’inizio dei lavori
a Veglia
FIUME Scrollone al progetto del rigassificatore di
Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia, dopo che finalmente si sono mosse le
tre aziende croate destinate a far parte di Adria Lng, il consorzio
internazionale preposto a costruzione e gestione del megaimpianto.
Era da un anno e mezzo che la società petrolifera Ina, il distributore di gas
nazionale Plinacro e l’Azienda elettrica statale (Hep), stavano tentennando in
relazione all’entrata nel gruppo Adria Lng, atteggiamento che di fatto bloccava
la realizzazione del progetto. Un’indecisione (non ci sono conferme ufficiali in
merito) causata probabilmente dal dovere spendere una grossa cifra – si parla di
circa 250 milioni di euro – per l’apprestamento del terminal.
Messe però alle strette dal ministero dell’Economia croato, le tre imprese hanno
inviato altrettante lettere d’intenti ad Adria Lng, dicendosi pronte a
intavolare trattative per l’entrata nel gruppo internazionale.
Le missive costituiscono una vera accelerata al progetto, mossosi dal punto
morto di questi ultimi tempi. Prossimamente saranno avviate le pratiche per
l’ottenimento del permesso di costruzione, che dovrebbe diventare realtà entro
la fine dell’ anno.
I lavori potrebbero cominciare insomma nel 2011 e concludersi quattro anni dopo,
nel 2015. Lo “scadenziario” dell’opera prevede, a licenza di costruzione
rilasciata, i primi passi della documentazione progettuale e più in là l’iter
per arrivare all’appaltatore principale, che sarà scelto tramite gara
internazionale. L’Ina, l’Hep e la Plinacro avranno il 25 per cento della quota
di proprietà del consorzio Adria Lng.
Per il momento i rapporti di forza sono i seguenti: dopo che nell’ottobre dell’
anno scorso si era ritirata la tedesca Rwe, le altre componenti avevano
assorbito la sua quota ed ora la tedesca E.On Ruhrgas detiene il 39,17 per
cento, l’ austriaca Omv il 32,47, la francese Total il 27,36, mentre a recitare
la parte di Cenerentola è la slovena Geoplin, con l’1 per cento.
In riferimento al pacchetto croato, il governo della premier Jadranka Kosor ha
dato disposizione alla Plinacro e all’Hep di formare il mini consorzio Lng
Croazia, con la quota dell’ 11 per cento, mentre all’Ina spetterà il rimanente
14 pc.
Il maxistabilimento isolano costerà circa 800 milioni di euro, ai quali si
dovranno aggiungerne altri 200 per l’approntamento del gasdotto. Secondo gli
esperti, il rigassificatore avrà una movimentazione annua da 10 a 15 miliardi di
metri cubi di metano, ricoprendo così un’importanza fondamentale per le sorti
energetiche della Croazia. L’obiettivo, e non lo si scopre oggi, è di
affrancarsi parzialmente dal gas russo che – attraverso il territorio ucraino –
arriva in Croazia. Zagabria non intende infatti rinunciare del tutto al metano
russo, ma vuole darsi un ampio spazio di manovra, per non vedersi soffocata da
eventuali crisi, bisticci e blocchi vari.
Come da noi più volte scritto, il terminal Lng a Castelmuschio non trova più
ostacoli presso le autonomie locali e a Palazzo regionale, convinti
dall’apertura di posti di lavoro e da un futuro energetico migliore. Contrari o
almeno scettici gli ambientalisti quarnerini e istriani, che vedono nel
rigassificatore una minaccia ecologica.
Andrea Marsanich
Linea ferroviaria diretta fra Budapest e il porto di
Fiume - TRASPORTO CONTAINER
FIUME Confermato in via definitiva che ai primi di giugno
cominceranno i viaggi sulla linea diretta per Budapest del primo block-train, o
treno-blocco, in partenza dallo scalo portuale fiumano alla volta della capitale
ungherese. La prima partenza di questa “navetta ferrovaria” avverrà fra poco
meno di un mese dallo scalo contenitori di Brajdica, riattivando in pratica un
servizio tuttomerci sulla tratta Fiume-Budapest interrotto più di due decenni
fa, quando sull’ex Jugoslavia si addensava la tempesta del conflitto e della
dissoluzione.
Stando a quanto confermato da Goran Manfreda, a capo della “Jadranska vrata”, la
concessionaria del terminal container di Brajdica per conto dell’Azienda
portuale fiumana, la partenza alla volta della capitale magiara del
treno-navetta (ora solo container) è stata fissata per le 20,30 di lunedì 7
giugno. Il giorno successivo, più o meno alla stessa ora, il carico di
contenitori partito dallo scalo sulla riva sinistra della foce della Fiumara
verrà preso in consegna dai terminalisti della BILK, l’area di deposito e
smistamento alla periferia di Budapest. A detta del direttore di “Jadranska
vrata”, tutto il possibile è stato predisposto affinchè la durata del percorso
sia contenuta nell’arco delle 24 ore, ossia 4 in meno rispetto al collegamento
sospeso nel 1988. Per adesso far scendere ulteriormente la durata del viaggio è
un traguardo praticamente irraggiungibile. E non soltanto per le condizioni
della verticale ferroviaria tra Fiume e l’hinterland danubiano, specie nel
tratto impervio che dal Quarnero s’inerpica sull’altopiano retrostante del
Gorski kotar.
A condizionare il tempo di percorrenza sono infatti anche le formalità imposte
dalle norme che delimitano l’area di Schengen, ossia i controlli obbligatori e
gli avvicendamenti (motrici, vagoni) previsti per varcare i confini Ue.
Nonostante gli accordi intercorsi fra autorità croate e magiare, con la massima
buona volontà di entrambe le parti, meglio di così non è stato possibile fare.
«Anche così, tuttavia – come sottolinea il presidente di Luka Rijeka, l’Azienda
portuale fiumana, Denis Vukorepa – mantenere entro le 24 ore la durata del
collegamento fra il terminal container fiumano e l’area di stoccaggio alla
periferia di Budapest è già un risultato notevole. E assolutamente
concorrenziale, dal momento che per coprire il tragitto da Capodistria alla
capitale magiara si impiegano attualmente sulle otto ore in più».
Da aggiungere, infine, che lo “shuttle” ferroviario Fiume-Budapest partirà con
il suo assortimento di Teu dallo scalo marittimo quarnerino una volta alla
settimana (ogni lunedì). Il viaggio in senso inverso avverrà invece il giovedì.
(f.r.)
Adriatico e Ionio si ”parlano” e invertono la
circolazione delle acque
IL FENOMENO SI RIPETE OGNI 7-10 ANNI: È STATO SCOPERTO
DAI RICERCATORI DELL’OGS
Adriatico e Ionio non sono solo due entità adiacenti sulla carta geografica.
Attraverso gli scambi allo Stretto di Otranto, i due mari interagiscono e
formano il motore della circolazione termoalina del Mediterraneo Orientale. Ma
c'è una particolarità, rilevata dai ricercatori del Dipartimento di oceanografia
(Oga) dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs:
le acque di questi due mari si mescolano e invertono ciclicamente - ogni 7-10
anni - la circolazione di questa parte del Mediterraneo. Adriatico e Ionio, in
altri termini, si ”parlano” e con la loro interazione influenzano probabilmente
tutto il Mediterraneo orientale.
A proporre questa teoria sono Miro Gacic, Giuseppe Civitarese, Vanessa Cardin e
Sadegh Yari- di Ogs, assieme a Gian Luca Eusebi Borzelli di Telespazio Spa. Lo
schema della circolazione del Mediterraneo proposto dai ricercatori Ogs e
battezzato col nome di Bios (Sistema oscillatorio bimodale adriatico-ionico) si
basa su ricerche e osservazioni effettuate dal 1985 al 2008. Nel 1997 fu
documentata per la prima volta un'inversione della circolazione superficiale del
Mar Ionio, causata dal flusso cospicuo di acque dense provenienti dal Mar Egeo.
Un evento anomalo che sconvolse la circolazione dell'intero Mediterraneo
orientale.
Da lì l'ipotesi formulata oggi dai ricercatori Ogs che una simile inversione
fosse il risultato di una oscillazione periodica, possibile anche senza
l'apporto di acque egee. L'ipotesi è stata confermata e pubblicata sulla rivista
internazionale ”Geophysical Research Letters”.
La salinità e la densità dell'acqua dell'Adriatico meridionale, che influenza le
acque profonde dello Ionio e del Mediterraneo orientale, mostrano una
variabilità su base decennale. Tale variabilità induce dei cambiamenti nel
livello del Mar Ionio, e quindi ne modifica la circolazione.
Spiega Miro Gacic: «Fino al 1996 la circolazione dello Ionio procedeva in senso
orario: l'acqua di origine atlantica penetrava nello Ionio entrando in
Adriatico. Dal 1997 al 2006 c'è stata un'inversione completa in senso
antiorario: l'Adriatico è stato "alimentato" con acqua proveniente dal
Mediterraneo orientale. In questi ultimi anni, però, la circolazione del Mar
Ionio è tornata ad essere in senso orario». «Dipende soprattutto dalla
concentrazione salina - sottolinea Gacic -. Le acque provenienti da Est, cioè
dal Mar Levantino ed Egeo, sono più salate di quelle provenienti dal
Mediterraneo Occidentale e dall'Atlantico. Quando lo Ionio inverte la
circolazione induce importanti cambiamenti a catena. La mescolanza ciclica delle
acque comporta anche una redistribuzione delle sostanze nutritive e degli
organismi planctonici e superiori in Adriatico».
Aggiunge Giuseppe Civitarese: «Quando la circolazione dello Ionio è anti-oraria
organismi marini tipici del Mar Egeo e Levantino entrano in Adriatico.
Viceversa, con la circolazione oraria dello Ionio, in Adriatico arrivano
organismi tipici del Mediterraneo Occidentale e dell'Atlantico. Un esempio è
dato dalla Muggiaea atlantica, un invertebrato gelatinoso rinvenuto per la prima
volta in Adriatico al largo di Dubrovnik (Croazia) nel 1995».
SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - TRASPORTI
Legittimo ed interessante che un docente difenda sul
giornale la bontà di una propria eventuale consulenza per una grande opera.
Purché informi il pubblico che egli ne è l’autore. Ricordo il prof. Torbianelli
difendere appassionatamente nel 2005-2006 (all’interno di un forum dei Ds di cui
ero ospite) il lunghissimo percorso in galleria del Corridoio5. E mi sembra che
in quella occasione egli non avesse precisato di avervi contribuito con il
proprio lavoro. Ora, 5 maggio, leggo che egli polemizza garbatamente con
Assoporti, spezzando la sua lancia a favore del «capitale privato che investe in
infrastrutture»; leggi: il progetto Unicredit, che privilegia il traffico
container a Monfalcone mettendo da parte le gallerie del famoso Corridoio5. Mi
domando se non sarebbe giusto che gli intellettuali - che ”si spendono”
pubblicamente - ci informassero a proposito della loro eventuale posizione di
consulenti, magari di progetti antitetici a pochi anni di distanza. Stiamo
parlando di scelte significative per la nostra città. L’opinione pubblica cerca
punti di riferimento indipendenti e spassionati. Non dobbiamo deluderla.
Livio Sirovich
SEGNALAZIONI - Rive senza progetti - URBANISTICA
Museo del mare? Acquario? Sfilate di moda? Galleria
d’arte? Cos’altro ancora? È una decina d’anni che queste proposte si rincorrono
a suon di milioni senza trovare una soluzione definitiva per l’ex pescheria dopo
che è stata svuotata come un’ostrica. Ma non si poteva progettare, decidere e
finanziare «prima di usare il piccone»? Ah già! Siamo nella città del: se pol! E
già che ci siamo, visto che l’ipotesi dell’acquario era già stata avanzata
all’epoca di Pippo il pinguino (che era la più ovvia), perché non completare
anche l’annoso piano del traffico e soprattutto dei parcheggi, prima di pensare
a un museo che dovrebbe richiamare 700 mila visitatori l’anno almeno per potersi
mantenere? E dove li metteremmo a dormire e mangiare e soprattutto a
parcheggiare i loro pullman e automobili per visitare questo doppione del Museo
del mare di Genova? In via Diaz, Madonna del Mare, Mercato Vecchio? Ricordate le
code asfissianti di veicoli sulle Rive in attesa di imbarcarsi sui traghetti per
la Grecia? E non c’erano ancora tutte quelle belle aiuole e dissuasori di
adesso. E che dire dei tre stadi di calcio (3!) per una squadra che fatica a
restare in serie B? Cattedrali nel deserto le ha definite qualche cinico
antisportivo. Vogliamo un’altra cattedrale sulle Rive?
Bruno Benevol
IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2010
«Rigassificatore, Cosolini incoerente» - Il sindaco:
qualcuno pensa di guadagnare consenso cambiando idea
DIPIAZZA INTERVIENE DOPO IL NO DEL SEGRETARIO PD
ALL’IMPIANTO DI ZAULE
«Per aspirare a governare una città importante come Trieste bisogna
dimostrarsi persone serie e coerenti, e non dei politicanti pronti a cambiare
idea da un giorno all’altro», Queste le parole di Roberto Dipiazza a commento di
quanto dichiarato giovedì dal segretario del Pd Roberto Cosolini rispetto alla
contrarietà del Partito democratico stesso sul rigassificatore di Zaule. «Il
voltafaccia fatto dal segretario del Pd sul rigassificatore - attacca il sindaco
- è un segno di mancanza di serietà in primo luogo nei confronti dei cittadini,
i quali vorrebbero trovarsi di fronte a forze politiche che presentano programmi
chiari e non suscettibili di modifiche dal giorno alla sera». «Non possiamo
dimenticare - continua Dipiazza - che proprio la giunta regionale precedente, di
cui Cosolini ha fatto parte, è stata la prima sostenitrice del rigassificatire.
Oggi, ad un anno delle elezioni, qualcuno pensa di guadagnare un po’ di consenso
cambiando radicalmente idea rispetto al passato. Sappiamo comunque come
funziona, conosciamo il trucco: all’indomani delle elezioni, nel caso di
vittoria, il Pd cambierà ancora una volta idea in base all’ultima pensata del
suo simpatico segretario e ci diranno che è giusto fare il rigassificatore per
lo sviluppo della città. Peraltro ci sono dei precedenti: come quello di
Vicenza, dove il centrosinistra ha costruito la propria vittoria, alle ultime
comunali, dichiarandosi contrario alla costruzione della base americana per poi
invece continuare nel progetto, dopo aver indetto un referendum farsa il cui
esito non è servito a nulla. Ma se pensano di far così anche a Trieste con il
rigassificatore credo che non percorreranno molta strada». «Macché incoerenza -
è la controreplica dello stesso Cosolini - la realtà è che, ai dubbi e alle
preoccupazioni della città, andavano date risposte. L’azienda (Gas Natural, ndr)
non è stata in grado di darle, queste risposte. E il sindaco non ha fatto nulla
per incalzarla, continuando solo a parlare di improbabili royalties. Un
atteggiamento inconcludente, a quanto ci risulta, come sul Parco del mare, sul
Centro congressi e su altro ancora». La freschissima presa di posizione del capo
del Pd, intanto, scatena l’applauso di Alfredo Racovelli, consigliere comunale
dei Verdi: «Apprezziamo la chiarezza di Cosolini. La dichiarazione di
contrarietà, infatti, prevede finalmente un’iniziativa politica che si distingue
e si qualifica da quella del Pdl, elemento importante e non marginale, perché
troppo spesso le posizioni delle due coalizioni sui temi strategici quali le
grandi opere e le politiche energetiche coincidono, o per meglio dire si
appiattiscono a prescindere».
«L’acqua è diritto fondamentale» - DELIBERA A MONRUPINO
MONRUPINO «Riconoscere nel proprio Statuto comunale il Diritto umano all'acqua». E' uno dei passaggi fondamentali della delibera approvata all'unanimità durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di Monrupino. «Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì un bene condiviso equamente da tutti, così come l'accesso all'acqua deve essere garantito a tutti», recita il testo. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Pisani con l'appoggio dell'opposizione si è formalmente impegnata a promuovere nel proprio territorio una cultura di salvaguardia della risorsa idrica e a opporre un forte contrasto al crescente uso delle acque minerali ed incentivare la promozione dell'uso dell'acqua per usi idropotabili, a cominciare dagli uffici, dalle strutture pubbliche e dalle mense scolastiche. Impegnandosi a dare un'informazione puntuale alla cittadinanza sulla qualità dell'acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche il Consiglio comunale ha infine chiesto alla giunta Regionale di «attivarsi nei confronti del Governo perché nell'emanazione dei regolamenti attuativi sull'acqua si tenga conto delle condizioni di efficienza nella gestione del servizio e di prevedere gli strumenti per l'attivazione e il rafforzamento del controllo della vigilanza sulla qualità».
(r.t.)
Nucleare, la Lega sconfessa Ballaman - Fontanini:
«Impensabile una centrale in regione». Il Pdl: «Se fa politica, si dimetta»
«Svolga un ruolo super partes oppure se ne vada Non se
ne può più di queste figure...» - «Ha la smania di apparire Ma ora basta: una
mozione farà chiarezza»
Il diretto interessato organizza una missione a Krsko Tondo: «Nessun conflitto».
Ma tutti gli altri attaccano
TRIESTE Edouard Ballaman, ”reo” di aver aperto le porte ad una centrale
nucleare nel ”giardino di casa” seppur in cambio di bollette superscontate, si
ritrova accerchiato: piove il fuoco nemico del centrosinistra, quello amico di
Pdl e Udc, ma piove soprattutto il fuoco ”domestico”. La Lega, sul ritorno
all’atomo, non perdona nemmeno il suo presidente: «Idee sue, solo sue,
personalissime. Il partito e il gruppo consiliare non hanno mai affrontato la
questione. E comunque una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia, anche per
il rischio sismico, è impensabile» scandisce Pietro Fontanini. Il segretario
regionale, subito dopo, infila la battuta: «Speriamo che non si stia andando
verso una ”sindrome Fini” a livello regionale».
L’accostamento con il grande ribelle di Montecitorio fa breccia: Ballaman, ex
questore della Camera e quasi ex tutore dei minori con pochette verde, pistola e
stuzzicadenti anti-ritardatari ma niente più auto blu, ama spiazzare. Da sempre.
Stavolta, però, non fa arrabbiare solo l’opposizione. Isidoro Gottardo,
coordinatore regionale del Pdl, sbotta a muso duro: «Non se ne può di presidenti
con ruoli istituzionali super partes che esternano e fanno politica». Peggio:
complicano la vita a chi, come Renzo Tondo, si ritrova non solo a dover
governare, ma anche «a rimediare a poco ponderate esternazioni». Morale? «Ballaman
smetta di fare politica o si dimetta». Nemmeno Edoardo Sasco, capogruppo
dell’Udc, risparmia le critiche: «Non convido né nella forma né nella sostanza.
Ballaman, intervenendo come presidente del Consiglio, non può sconfessare ”a
titolo personale” quello che l’aula ha votato». Nel mirino, ancor più che la
centrale nucleare, le celebrazioni sull’unità d’Italia oggetto di una mozione
targata Udc: «Come si permette di dire che sono uno spreco e che, semmai,
dovremmo innalzare il vessillo austro-ungarico? Lo innalzi a casa sua, se ci
tiene...».
Ma, mentre il ”rifondatore” Igor Kocjancic ironizza sulla «schizofrenia della
maggioranza» e su un Gottardo che si improvvisa «Berlusconi locale» e il
”vendoliano” Fulvio Vallon accusa il centrodestra di essere «vassallo del
Cavaliere», l’arbitro di piazza Oberdan finito ”sotto processo” non arretra:
«Non sono favorevole a priori, ma voglio che i cittadini valutino, si esprimano
direttamente, magari con un un referendum». Il centrodestra, con Tondo in prima
fila e Fontanini assolutamente in sintonia, boccia una centrale in Friuli
Venezia Giulia e sposa una partecipazione regionale al raddoppio di Krsko?
Pazienza. Lui, il ”ribelle” di piazza Oberdan, difende le sue pur personali
opinioni: «Non voglio delegittimare nessuno, men che meno il presidente Tondo
che sta facendo un ottimo lavoro, e non voglio scontri. Certo, però, mi pare una
contraddizione dire che non si può fare una centrale da noi per il rischio
sismico quando a pochi chilometri, a Krsko, una centrale già c’è».
E quindi, nonostante gli anatemi, Ballaman va avanti. Contatta il console
sloveno di Trieste Ingrid Sergas, la vedrà a meno di sorprese giovedì, e
preannuncia una spedizione a Krsko Per verificare sul campo quel che succede in
terra slovena. In terra triestina e friulana, di sicuro, si scatena un putiferio
politico. «Le stravaganze di Ballaman, dettate dalla sua mania di protagonismo,
mettono in evidenza una mancanza di equilibrio e imparzialità» denuncia, con
Gianfranco Moretton, il Pd. Non solo parole, però: «Presenteremo una mozione per
definire innanzitutto se il presidente del Consiglio può prevaricare competenze
esclusive del governatore, della giunta e del Consiglio stesso». Italia dei
valori, con Alessandro Corazza, dà man forte: «Siamo letteralmente sbalorditi.
Ma Ballaman, spiazzando lo stesso Tondo, ha rivelato le reali intenzioni della
maggioranza e, con le sue dichiarazioni, ha iniziato a preparare i cittadini
all’idea di doversi accollare una centrale nucleare». I Cittadini, con Piero
Colussi e Stefano Alunni Barbarossa, infieriscono: «Che Ballaman entri a gamba
tesa nel dibattito politico, non è storia di oggi. Ma l’esplicita apertura
all’ipotesi di una centrale nucleare si configura come l’attacco più
destabilizzante per Tondo e il centrodestra dell’intera legislatura». Il
presidente della Regione, in verità, è il più soft. Incontra Ballaman e, al
termine di «un colloquio cordiale», minimizza: «Non c’è contrapposizione tra di
noi sulla collaborazione con Krsko che, lo ribadisco, è l’unica ipotesi che la
giunta regionale prende in considerazione». Chissà se la trasferta slovena,
almeno quella, convincerà davvero l’inquilino di piazza Oberdan...
ROBERTA GIANI
IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2010
Cosolini: sì al superporto, no al rigassificatore - Il
segretario Pd: contro il declassamento della città ecco le proposte da discutere
con la coalizione in vista del 2011
Sì al progetto Unicredit per il superporto e no al
rigassificatore. Città universitaria, green economy e riqualificazione del sito
inquinato per rilanciare l’occupazione. Questi, a grandi linee, sono i punti
salienti della ricetta di Roberto Cosolini per il futuro di Trieste. Il
segretario provinciale del Pd, infatti, ha presentato ieri le sue proposte di
programma in un incontro pubblico molto partecipato: «Come segretario di un
partito aperto è mio dovere esporre le mie proposte non solo agli iscritti -
dice - ma a tutta la città. Così che queste idee vengano discusse assieme alla
coalizione in vista delle elezioni del prossimo anno».
E che l’incontro fosse una prova tecnica per il 2011 l’ha dimostrato il pubblico
in sala: oltre ai compagni di partito, erano presenti gli alleati dell’Italia
dei Valori, il rettore Francesco Peroni, il presidente dell’Autorità portuale
Claudio Boniciolli, l’ex direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli.
Cosolini propone un programma a tutto campo contro quello che ha definito il
«declassamento in corso» di Trieste: «Dobbiamo rilanciare i collegamenti per
merci e persone – spiega – e in tale ottica dire sì all’idea di Unicredit, pur
entrando nel merito del progetto: i tempi della piattaforma logistica hanno
dimostrato che le infrastrutture non si fanno con il solo finanziamento
pubblico».
Secondo Cosolini il progetto va accompagnato da un’adeguata riforma
istituzionale: «Penso a un’Autorità portuale regionale o, perché no, alla
Provincia unica assieme a Gorizia». Cosolini si è pronunciato per un no deciso
al rigassificatore di Zaule: «L’azienda è palesemente poco propensa a trattare
con il territorio su un argomento tanto importante per la nostra sicurezza –
afferma – se mai si dovesse fare un rigassificatore, non sarà in quel luogo».
Sottolineata l’importanza della ricerca e dell’università: «Bisogna far quadrare
le risorse che abbiamo a disposizione, ovvero le grandi imprese, la ricerca e il
sistema formativo – dice - Penso ad esempio a un patto formativo per realizzare
una scuola delle assicurazioni che mantenga Allianz e Generali in città. Trieste
deve essere città universitaria e post universitaria». Da qui il rilancio
sull’occupazione: «Non esiste un’idea precisa per il dopo Ferriera – prosegue –
ma l’impresa che vale di più oggi è la green economy: bisogna creare una filiera
produttiva per la ricerca triestina».
Non mancano le direttive per il rinnovamento della qualità urbana: «Ci sono
alcune aree strategiche da trasformare – dice – Campo Marzio deve essere un
punto di rilancio urbanistico, così come le Rive e Porto Vecchio, ma dobbiamo
pensare anche a ciò che manca nelle periferie. Per la rinascita turistica e
culturale vanno valorizzati luoghi storici come il parco di san Giovanni e i
cimiteri delle confessioni». Appello anche per un grande evento che segni
l’auspicata rinascita della città («Serve un’idea: mettiamo dieci grandi menti
dell’impresa e della cultura attorno a un tavolo») e per la tutela dei diritti
delle persone e delle imprese. Infine Cosolini non ha lesinato critiche alla
giunta Dipiazza: «Il caso del Parco del mare è paradigmatico ma non è l’unico –
sottolinea – non mi capacito di quei 10 milioni di euro fermi in Regione per la
caratterizzazione del sito inquinato. Così come non capisco la stasi della
piattaforma logistica. Inoltre mi preoccupa l’allergia che il centrodestra
regionale, a egemonia Lega-Friuli, dimostra verso Trieste. La città è ormai
isolata dal Paese e dall’Europa».
Giovanni Tomasin
Molo VII da ampliare, i fondali sono inquinati - Si
rischiano tempi prolungati e costi più alti per il potenziamento delle strutture
L’AREA AL CENTRO DEI PROGETTI DI UNICREDIT E TMT
Zerbini: non siamo responsabili per quella zona Maresca: ipotizzabile una
concessione di maggiore durata se vi fossero ulteriori oneri da sostenere
Li avevano grattati, scopo analisi, dal 2009. Ma ne hanno conosciuto lo
stato di salute solo in questi giorni. E il responso - non ufficializzabile
essendo ancora in mano all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale di Roma, dopo la prima validazione dell’Arpa - è tale da
sfocare, più di quanto già non lo siano, le prospettive di rilancio portuale,
tra tempi che rischiano di allungarsi e circuiti burocratici che rischiano di
saltare per sovvraccarico d’incertezza. Il responso è che i fanghi dei fondali
davanti al Molo VII sono - per dirla alla Claudio Boniciolli, il numero uno
dell’Authority, che ha commisssionato carotaggi e caratterizzazioni - «in
qualche posto di più, in qualche posto di meno, particolarmente contaminati da
sostanze nocive citate nel decreto Ronchi». Una tegola, se è vero che
l’allungamento del Molo VII, oggetto di due proposte griffate Maneschi e
Unicredit, rappresenta proprio la chiave di quest’auspicato rilancio portuale.
Gli indiziati - altro non fosse per il fatto che lo specchio analizzato è ai
confini Nord della zona industriale - sono idrocarburi e metalli pesanti.
Mercurio soprattutto, chiarisce per deduzione il geologo Antonio Brambati, il
luminare dei fondali inserito nel team del professor Giacomo Borruso, titolare
dello studio di fattibilità del superporto Monfalcone-Trieste per conto di
Unicredit. Brambati aveva approfondito le potenziali conseguenze di dragaggi per
il futuro terminal di Monfalcone, considerate a tavolino le più critiche. Ma,
anche sotto il Molo VII, si può parlare di «quantità di mercurio superiori alla
norma». E non solo endemico, sceso dalle miniere di Idria, ma frutto pure di un
inquinamento locale. «Nella zona portuale - spiega Brambati - c’è particolare
arricchimento di mercurio, proveniente sia da Idria che da una componente
antropica».
«Era prevedibile - fa eco Martino Conticelli, il braccio destro di Boniciolli da
segretario generale dell’Authority - che i risultati non fossero buoni.
Dopotutto siamo dentro il Sin». Il Sito inquinato di interesse nazionale, in
effetti, nella sua parte a mare va dallo spigolo meridionale del Molo V a Punta
Ronco. «Che l’inquinamento sia grande o piccolo non cambia, bisogna comunque
lavorarci», mette in chiaro Stefano Zuban, vicario dell’Ezit, di fatto la casa
del Sin.
E ora, quindi? Che succede? «È probabile che faremo altri carotaggi», taglia
corto Boniciolli. «Aspettiamo indicazioni dall’Ispra», aggiunge Conticelli,
secondo cui «non possono esserci slittamenti nel potenziamento delle
infrastrutture, perché non esistono progetti ma solo indicazioni progettuali».
Il riferimento è anzitutto al primo piano di prolungamento del Molo VII di 400
metri - da 110 milioni d’investimento per tre anni e mezzo d’intervento -
targato Tmt, l’attuale gestore di proprietà della To Delta, che fa capo al
presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. «Il progetto esecutivo -
ribatte Fabrizio Zerbini, amministratore delegato di Tmt - predisposto lo è già.
Non è ancora presentato perché la sua presentazione è legata all’approvazione a
Roma del Piano regolatore portuale (che già contempla l’ampliamento del Molo VII,
ndr). Non siamo ancora al corrente dei risultati di tali analisi, non ne siamo
stati informati, mi limito a ribadire che il nostro progetto è minimamente
invasivo come movimentazione dei fondali poiché verrebbero usate delle
palafitte, che richiedono semplici perforazioni». Ma chi pagherebbe gli oneri di
una bonifica o di una movimentazione di fanghi inquinati? Il pubblico o il
privato? Quello specchio sta dentro il Sin, in fondo. «Ci confronteremo e ci
adegueremo, stiamo parlando comunque di un tratto di mare aperto che non abbiamo
utilizzato noi», puntualizza Zerbini. Lì insiste anche il progetto da 288
milioni per il raddoppio del terminal lanciato da Unicredit Logistic, che
prefigura un altro approccio. Per Maurizio Maresca - oggi vicepresidente della
stessa società di corridoio di Unicredit - «se vi fossero oneri maggiori, si
potrebbe adoperare lo stesso principio della terza corsia. Il privato cioè
potrebbe accollarseli in cambio di una concessione più lunga. È una soluzione
che, peraltro, non configura aiuti di Stato».
PIERO RAUBER
MOLO VII - «Non si parla di bonifiche a mare» - ZUBAN (EZIT):
MAI CITATE NELL’ACCORDO DI PROGRAMMA
I fondali inquinati davanti al Molo VII possono portare in dote «complicazioni burocratiche di natura contrattualistica», come le chiama il vicario dell’Ezit Stefano Zuban. Parole difficili per un concetto semplice: «L’accordo di programma sul Sin non parla delle bonifiche a mare. Il timore è che a pagare siano le imprese con i 136 milioni previsti per le transazioni da danno ambientale a terra. Dal canto nostro, giacché oggi (ieri, ndr) il ministero dell’Ambiente ha approvato il Piano di caratterizzazione sul 10% del Sin, aspettiamo le delegazioni amministrative della Regione per andare avanti. sarebbero sufficienti dai 2 milioni e mezzo ai 5 per chiudere in 6-7 mesi».
(pi.ra.)
Rifiuti, appello delle circoscrizioni: «Degrado
intollerabile sul Carso» - CRESCE IL MALCOSTUME DI ABBANDONARE LE IMMONDIZIE PIÙ
INGOMBRANTI
TRIESTE Cresce il fenomeno dell’abbandono di rifiuti
ingombranti negli spazi boschivi e nelle adiacenze dei normali cassonetti
destinati alla raccolta del pattume. Per combatterlo le circoscrizioni di
Altipiano Ovest e Altipiano Est lanciano un appello a tutte le famiglie
residenti in questa parte del Carso affinché utilizzino servizi e strutture di
smaltimento in modo consono e rispettoso delle leggi.
L’iniziativa parte da Bruno Rupel e Marco Milkovich, presidenti dei due
parlamentini che sovrintendono a quella parte del Carso amministrata dal Comune
di Trieste, e consiste nell’invio a domicilio di tutte le famiglie del proprio
comprensorio di una comunicazione che conterrà le modalità per disfarsi dei
rifiuti ingombranti utilizzando le depositerie attive e il servizio a domicilio
garantito dall’Acegas/Aps.
«Ci troviamo di fronte a una situazione di forte degrado – affermano i due
presidenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni dell’abbandono di rifiuti
ingombranti e di inerti compiute da ignoti nei posti più disparati e pure nei
pressi dei cassonetti per la raccolta delle immondizie. Lasciare vecchi
televisori, pneumatici e altre porcherie a fianco dei bottini sta diventando
ormai una colpevole consuetudine. Secondo noi – continuano Rupel e Milkovich –
non si tratta solo di atti vandalici, ma di ignoranza da parte di coloro che
devono smaltire dei materiali e non si rendono conto che esistono strutture e
servizi ai quali possono affidare i propri rifiuti in modo del tutto gratuito».
Le evidenze confermano in gran parte il ragionamento dei presidenti. Accanto
alla dispersione dei soliti elettrodomestici e utensili arrugginiti nei pressi
dei cassonetti, cresce sempre di più l’abbandono di mobilio usato e di sacchi di
grandi dimensioni contenenti inerti, frutto di probabili ristrutturazioni
edilizie. Clamoroso ma tristemente istruttivo, in questo senso, il recente
abbandono di decine di frigoriferi e sacchi di plastica pieni di rifiuti nei
pressi dei campi di golf di Padriciano. Un degrado che è stato appena
bonificato, e che dimostra in modo evidente come il disfarsi dei rifiuti
ingombranti sia spesso prerogativa di chi effettua demolizioni e
ristrutturazioni di case e appartamenti. «Sono sicuro che molte persone, anche
straniere, non conoscano l’esistenza delle depositerie – insiste Milkovich – e
che si debba procedere allo smaltimento secondo regole precise. Nella nostra
informativa – continua – specificheremo con chiarezza che nelle depositerie
comunali è possibile recare non solo vecchi elettrodomestici, ma anche infissi,
mobilio, legno in genere, vetri e plastiche di tutti i tipi, sanitari e
piastrelle, ruderi di demolizione, anche piccole quantità del micidiale Eternit
ben sigillate. E che esiste anche il numero telefonico 040/7793780 (funziona
dalle 8 alle 17) con il quale concordare con l’Acegas/Aps il ritiro di rifiuti
ingombranti a domicilio».
Secondo il presidente di Altipiano Est, è possibile che diversi materiali
abbandonati nelle boscaglie e nelle doline carsiche provengano anche dal centro.
Per questa ragione la comunicazione rivolta alle famiglie evidenzierà anche gli
orari e l’ubicazione di tutte le depositerie cittadine, site in via Valmartinaga,
via Giulio Cesare e via Carbonara, e dunque non solo di quelle operative sul
Carso. A Opicina ci si può riferire alla depositeria di Strada per Vienna n.
84/A, aperta dal lunedì al sabato con orario continuato 7- 19, e un ulteriore
struttura funziona nel comune di Duino Aurisina.
MAURIZIO LOZEI
Altipiano est: sul Prg vogliamo intervenire - «Certe osservazioni della Regione riguardano il nostro territorio»
IN VISTA DELLA DISCUSSIONE
TRIESTE «Vogliamo poter dire la nostra in merito alla nuova variante al
Piano regolatore comunale. Ce lo chiedono i nostri residenti, che vogliono il
diritto di parola in merito a un piano urbanistico che li lascia assolutamente
insoddisfatti». Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est torna alla carica
sulla variante 118 al Piano Regolatore di Trieste, rappresentando al Sindaco con
una comunicazione ufficiale tutte le perplessità sul nuovo strumento urbanistico
di una buona fetta delle comunità locali.
«Visto che l’amministrazione comunale dovrà portare delle modifiche alla
variante secondo quanto stabilito dalla Regione – si legge nel documento
sottoscritto da tutti i consiglieri del parlamentino – e che alcune osservazioni
riguardano proprio alcune aree del nostro comprensorio, chiediamo al Comune di
interpellarci».
Sono diverse le preoccupazioni esternate dai residenti di Altipiano Est sulla
nuova variante, come evidenziato da diverse persone in occasione di una recente
e affollata assemblea pubblica imperniata su temi della tutela dell’ambiente
carsolino organizzata dall’Associazione per la Difesa di Opicina.
Una delle principali riguarda la destinazione d’uso del comprensorio dell’ex
caserma Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la
variante prevedeva cospicui insediamenti considerati del tutto inadatti per le
caratteristiche di quel territorio. Le altre riserve riguardano alcune aree di
Padriciano, di cui una in particolare destinata a un grosso insediamento a
carattere turistico a scapito delle realtà locali.
(ma.lo.)
SEGNALAZIONI - Opicina devastata - CEMENTO
Sindaco Dipiazza fra i suoi doveri c’è anche quello di
controllare il rispetto dell’ambiente? Allora venga a rendersi conto di persona
come le nuove costruzioni stanno devastando Opicina.
In via Carsia, via dei Salici e prossimamente anche in via del Sabotino sono
stati distrutti con furia devastante interi parchi di belle ville. Parchi dove
vivevano scoiattoli, ghiandaie, gazze eccetera. Per tutto questo ringraziamo il
suo predecessore Illy, con il suo permesso di nuove volumetrie, permesso che Lei
non ha voluto cambiare. Tutto ciò per dare spazio a decine e decine di
costruzioni per la maggior parte di brutta fattura. Moltissime restano invendute
perché potrebbero andare bene per il terzo mondo.
Maria Rossini
Il leghista Ballaman apre al nucleare in Friuli Venezia
Giulia - «Ma ci devono dare il 20% di sconto sull’energia» Tondo ribatte: «Io
vado avanti con Krsko»
TRIESTE «Krsko? Io qualche dubbio me lo pongo. Una
centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia? Se ci danno uno sconto almeno del
20% sull’energia, potremmo almeno chiedere un parere ai cittadini». Edouard
Ballaman, presidente del Consiglio regionale, apre al nucleare. E non è
un’apertura generica ma una dichiarazione possibilista sull’ipotesi di un
impianto in Friuli Venezia Giulia. Il numero uno di piazza Oberdan convoca una
conferenza stampa per i due anni di legislatura, elogia il clima positivo tra i
due schieramenti in aula, rilancia l’ipotesi di ridurre «di 10/12 unità i
consiglieri regionali», mostra una lettera di una bambina («la tengo insieme ad
altre lettere e pallottole» scherza) nella cui scuola si era recato come Tutore
dei minori, ruolo che gli sarà quasi sicuramente tolto. Quindi parla di un
rapporto tra Stato e Regione che va monitorato: «C’è qualche difetto di
comunicazione, gli assessori devono essere più attenti nei confronti degli
omologhi romani». Le richieste del Friuli Venezia Giulia, secondo Ballaman «non
ci hanno messo in buona luce» nei confronti del governo nonostante la Regione
«abbia sempre assunto atti di responsabilità». Serve un cambio di mentalità,
secondo il presidente del Consiglio regionale, passare dalla logica del «non più
nel mio giardino» a un’ottica premiale che renda partecipi i cittadini. Cita gli
inceneritori («si potrebbero eliminare le tasse sui rifiuti nei Comuni dove
vengono costruiti») poi arriva al nucleare: «Voglio ragionare sulle cose»
esordisce. E poi boccia la partecipazione regionale al raddoppio di Krsko:
«Perché spendere in una realtà dove avremmo un controllo limitato? E se il
Friuli Venezia Giulia è zona sismica, Krsko che è pochi chilometri più in là non
lo è?». Da qui il ”perché no?” a una centrale in regione: «Se da subito ci fosse
la possibilità di una taglio almeno del 20% sul costo dell’energia per 20 o 30
anni potremmo chiederlo ai cittadini. Senza contare che sarebbe un fatto di
attrazione per le imprese». Renzo Tondo, a stretto giro di posto, replica:
«L’idea su Krsko nasce da fatti concreti. Non so se Ballaman ha altre
informazioni ma io vado avanti su quella strada e non valuto ipotesi di centrali
nucleari nella nostra regione». Ma le rassicurazioni di Tondo non bastano
all’opposizione. Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, prende le
dichiarazioni di Ballaman come la certezza che in regione si realizzerà una
centrale: «È ormai pressochè sicuro che il Friuli Venezia Giulia diventerà sito
nucleare. Proprio nell’anniversario del terremoto, Ballaman propone di scambiare
la nostra sovranità e la sicurezza dei cittadini per uno sconto sulla bolletta.
A nulla serviranno altre dichiarazioni della giunta per convincerci del
contrario, ma chiamiamo alla vigilanza cittadini e amministratori locali perchè
da oggi sappiamo che il rischio è altissimo».
ROBERTO URIZIO
Elettrodotto, Terna: no al cavo interrato - TRA UDINE E
REDIPUGLIA
UDINE Terna rimane sulle sue posizioni: l'elettrodotto da
380 kV di collegamento tra Udine Ovest e Redipuglia deve essere aereo. «Una
linea in cavo interrato - ha infatti spiegato Terna - non potrebbe assicurare
sicurezza e stabilità ai fabbisogni elettrici. La soluzione in cavo interrato
non è realizzabile sotto il profilo della sicurezza e della stabilità
elettrica». Terna ha poi precisato che la rete elettrica ad alta tensione del
Fvg non è più sufficiente a garantire con adeguati margini di sicurezza la
continuità di alimentazione di una vasta area del territorio, vale a dire che,
nel caso di un guasto, i restanti elettrodotti non sarebbero in grado di
assicurare l'alimentazione di tutti gli utenti.
Capodistria-Divaccia, appalto-spezzatino - I lavori del
secondo binario divisi in 10 lotti darebbero una chance alle imprese slovene
FINORA L’ESPERIENZA NON È STATA ECONOMICAMENTE POSITIVA
MA PERMETTE DI ACCELERARE I TEMPI
Perplessità dopo lo scandalo dei costi ”gonfiati” per la costruzione delle
autostrade
CAPODISTRIA Il tracciato del secondo binario della strada tra Capodistria e
Divaccia sarà diviso in una serie di lotti, forse addirittura 10, e
probabilmente altrettanti saranno i bandi di concorso per la costruzione dei
singoli segmenti della nuova tratta. È questa – secondo il quotidiano lubianese
”Dnevnik” - la soluzione ideata dal ministro dei Trasporti Patrick Vlacic per
realizzare l'importante collegamento ferroviario.
Ufficialmente è una scelta per incentivare la concorrenza e coinvolgere anche le
imprese più piccole ma secondo il ”Dnevnik” è più probabile che si tratti di un
modo per favorire i costruttori sloveni, che così potranno presentarsi ai
concorsi nonostante le scarse referenze nella costruzione di questo tipo
d’infrastruttura. La divisione in lotti dovrebbe inoltre permettere di aprire i
singoli cantieri non appena sarà pronta la documentazione per i vari segmenti,
senza dovere aspettare più del necessario. Se non ci saranno intoppi, i primi
lavori inizieranno entro fine 2010 e la ferrovia dovrebbe essere completata nel
2017, forse addirittura nella seconda metà del 2016. L'esperienza – per alcuni
versi analoga – di costruzione della rete autostradale slovena ha dimostrato in
questi ultimi anni che la lottizzazione delle grandi opere infrastrutturali non
è la soluzione più economica ed efficace ma al Ministero dei trasporti sembrano
decisi a riprovare con questo metodo. I bandi pertanto potrebbero essere
addirittura 10, quante sono le gallerie e i viadotti sui 27 chilometri
dell’arteria tra Capodistria e Divaccia, per una media di 2,7 chilometri di
tratta per ogni singolo bando. Certo è che il Ministero dei trasporti ma anche
l'opinione pubblica slovena faranno molta attenzione su questi appalti. È
infatti ancora fresco lo scandalo del cartello costituito dalle principali
imprese costruttrici slovene per controllare il mercato delle opere
infrastrutturali. Come denunciato recentemente dal quotidiano economico
”Finance”, i direttori di una decina di società edili avevano firmato nel 1998
un accordo segreto in virtù del quale ”coordinavano” le proprie offerte nelle
gare d'appalto per la costruzione dei vari tratti della rete autostradale
slovena. Grazie a questo meccanismo, in un business da cinque miliardi di euro
avrebbero ”gonfiato” i prezzi dei lavori fino al 30%, penalizzando in questo
modo tutti i contribuenti sloveni. Il raddoppio della Capodistria–Divaccia è uno
dei progetti edili più complicati e costosi della recente storia slovena: su una
tratta di soli 27 chilometri, più di 20 attraverseranno le otto gallerie e i due
viadotti per salire dal mare all'Altipiano carsico. Il costo del progetto
ammonta a 800 milioni di euro. La ferrovia permetterà di collegare in modo
adeguato il porto di Capodistria al Corridoio europeo numero 5 da Barcellona a
Kiev.
Fianona, orate e branzini con l’acqua delle centrali -
Il mare ha una temperatura costante di 20 gradi Accordo per gli allevamenti
ALBONA In barba alle contestazioni degli ambientalisti che
continuano a parlare d’impatto devastante sull'ambiente delle centrali
termoelettriche a carbone, nel Golfo di Fianona ben presto sorgerà un impianto
di acquicoltura che farà tesoro dell'acqua di mare riscaldata dal vapore espulso
dalle turbine. Per la precisione in questo punto la temperatura del mare è
sempre di 20 gradi, ritenuta molto favorevole per lo sviluppo e la crescita
degli avannotti.
Tale metodo non è una novità: da tanto tempo viene adottato con successo nei
Paesi dell'Unione europea. Nel Golfo sorgerà il pianificato centro di
acquacoltura dell'azienda ”Cromaris”, nata dalla fusione di quattro società
operanti nel settore dell'allevamento di pesce pregiato: ”Cenmar”, ”Marimirna”,
”Marikultura Istra” e ”Bisage-Nit”. Finora queste producevano annualmente 1.500
tonnellate di orate e branzini. Ora però i piani parlano di 6mila tonnellate, il
che collocherebbe la ”Cromaris” tra le maggiore imprese del settore in Europa
per l’allevamento di orate e branzini. Per il salto di quantità ”Cromaris”, che
opera all'interno del Gruppo Adris di Rovigno il cui nucleo è rappresentato
dalla Fabbrica tabacchi ultimamente trasferita nella zona industriale di
Canfanaro, è disposta a investire sugli 11 milioni di euro. E si annuncia
l'apertura di una quarantina di posti di lavoro. L'idea della costruzione di un
impianto del genere risale al 1997 e già l'anno dopo fu elaborato lo studio di
fattibilità. Nel 2000 l'Ente elettroenergetico di Stato proprietario
dell'immobile e la ditta ”Marimirna” firmarono un pre-contratto d’investimenti e
subito dopo si passò a definire il progetto preliminare. Ora il lungo percorso
burocratico sta per arrivare al traguardo. Manca solo il rilascio della licenza
di ubicazione che dovrebbe giungere a giorni per cui l'avvio dei lavori è
annunciato per la prossima estate.
(p.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2010
I tecnici: il nuovo piano regolatore non può aggiungere
altre osservazioni - SASCO ANTICIPA LA MARATONA ESTIVA PER APPROVARLO
È praticamente da escludere la possibilità di riaprire i
termini per la presentazione di osservazioni / contestazioni al nuovo piano
regolatore. Lo hanno detto a chiare lettere ieri mattina in VI commissione a
nome degli uffici comunali competenti, il dottor Prodan e l’architetto Furlan.
«In pratica – commenta Roberto Decarli dei cittadini – bisognerebbe riadottarlo
ex novo e di sicuro non ci riusciremmo entro questo mandato. La richiesta,
presentata dal consigliere leghista Ferrara sembra peraltro nascere su basi più
politiche che tecniche. Lo annota anche Roberto Sasco, presidente della VI.
«Quella richiesta è possibile ma solo dal punto di vista teorico. Dobbiamo stare
molto attenti, poichè la Regione ha imposto 18 prescrizioni vincolanti, e il
piano va rielaborato in relazione a questi punti. Se questo dovesse comportare
un approfondimento del piano e una migliore motivazione delle scelte, va bene,
ma al contempo va tenuto conto che in nessun modo l’amministrazione comunale può
modificare o incidere sugli elementi, intervenendo strutturalmente sul piano e
su ambiti che esulino dalle direttive inizialmente impartite».
Sasco, quindi, si prepara mentalmente alla maratona dell’approvazione finale.
«Verso la metà di maggio sarà finito l’adeguamento del prg da parte degli uffici
e a quel punto convocherò quotidianamente la commissione per esaurire con
apposita istruttoria una per una le 1051 osservazioni presentate per poi
chiedere sedute quotidiane di aula. La vera maratona è questa ed è meglio non
pensare neanche alle ferie estive...».
(f.b.)
Raccolta rifiuti: Muggia avvia la ”differenziata” - COL
SISTEMA PORTA A PORTA
MUGGIA Graduale riduzione di cassonetti e campane stradali
e progressivo avvio della raccolta differenziata con il sistema "porta a porta"
con utilizzo di contenitori adeguati al nuovo tipo di servizio e per zone
omogenee di territorio: dopo l'esperimento partito l'anno scorso nella frazione
di Zindis, adesso il Comune punta a diffondere il nuovo sistema di raccolta e di
asporto dei rifiuti anche nel resto del territorio. Per farlo ha avviato da un
paio di settimane una campagna informativa per sensibilizzare la cittadinanza
sull'esigenza, che recepisce tra l'altro precise normative europee, di ridurre
la quantità dei rifiuti prodotti.
Uno dei mezzi è quello della raccolta differenziata, già da tempo eseguita a
Muggia, ma che entrerà nella seconda fase con il sistema "porta a porta"
illustrato nell'opuscolo informativo. Il pieghevole stampato, in qualche
migliaio di copie, è stato diffuso alle famiglie sia con la consegna agli alunni
delle scuole maggesane, sia con la distribuzione in locali pubblici ed edifici
comunali. L'opuscolo è inoltre consultabile sul sito del Comune di Muggia. Che
la strada intrapresa sia quella buona, si evince dai dati riportati nel testo
del volantino: nel 2007 la produzione di rifiuti pro capite fu di 540 chili
scesi a 534 l'anno successivo.
Contestuale l'aumento della differenziata, passata dal 15.69 per cento del 2007
al 17.47 dell'anno successivo. Scendendo nei particolari tecnici, l'opuscolo
spiega poi la classificazione dei rifiuti urbani: quelli organici sono di natura
alimentare prodotti da nuclei domestici; rientra in tale categoria anche il
verde derivante da sfalcio, ramaglie e manutenzione di giardini. I rifiuti
recuperabili sono prodotti che opportunamente trattati possono svolgere un ruolo
utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per
assolvere a una determinata funzione.
I riciclabili sono quelli che opportunamente separati e trattati possono
produrre nuovi materiali da utilizzare per la loro funzione originale. I rifiuti
urbani pericolosi sono quelli che inquinano: parti di elettrodomestici,
apparecchiature elettroniche, medicinali, pile che necessitano di specifici
processi di smaltimento.
(g.l.)
Birdwatching costiero - DOMENICA CON IL WWF
Domenica, in occasione del weekend dedicato alle
migrazioni, Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone una passeggiata guidata
gratuita dal titolo ”Birdwatching costiero”, sempre guidata dal naturalista e
ornitologo Paolo Utmar. Il ritrovo è previsto alle 9 al Castelletto di Miramare,
la passeggiata durerà circa due ore e sarà introdotta da una breve proiezione di
immagini e da qualche elemento di bird gardening per allietare i nostri balconi
e i nostri giardini con l’allegra presenza di amici canori. L'escursione partirà
dalla sede dell’Area Marina, per proseguire lungo la costa adiacente l’area
marina. La partecipazione è gratuita grazie a un contribuito della Provincia, ma
è consigliabile iscriversi telefonicamente (040-224147, interno 3), per essere
avvisati di eventuali variazioni di programma dovute al meteo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2010
Lega e Udc fanno ballare il Piano regolatore - Omero:
la proposta non sta in piedi, ma si può rifare tutto. Carroccio e centristi ne
avranno il coraggio?
APPOGGIO DI SASCO ALLA MOZIONE DI FERRARA SULLA
RIAPERTURA DEI TERMINI PER LE OSSERVAZIONI
Piano regolatore, qualcuno butta il sasso in acqua e cerca di bloccarne il
cammino verso l’approvazione. Che cosa è successo? «Ci sono dei cittadini, dei
vecchiettini, che non s’informano, che dunque non sanno ancora nulla del Piano
regolatore, e di che cosa è successo alla loro proprietà. E che ora reclamano
informazione tardiva. È giusto riaprire il periodo delle osservazioni. Riaprire
cioé i termini per un altro mese». È la richiesta, con queste motivazioni, della
Lega, che oggi presenta in sesta commissione la specifica mozione.
Ma, sorpresa, a questa mozione si associa anche l’Udc, e cioé il suo unico
rappresentante, vale a dire Roberto Sasco, che della commissione è il presidente
e che il Piano regolatore ha accompagnato per mano. Che cosa c’è dietro, poiché
sono tutte forze di maggioranza, mentre il Pd si limita a dire, col capogruppo
Fabio Omero, «vedremo se ne avranno il coraggio, questo Prg va approvato»? Ma
dall’opposizione Massimiliano Edera (Lista Dipiazza) sostiene la richiesta:
«Molta gente - dice - ha avuto scarsa informazione, ha scritto le osservazioni
in fretta, facendo per questo motivo errori che potrebbero mettere a rischio il
loro accoglimento».
«È chiaramente una provocazione - dice invece il capogruppo della Lega, Maurizio
Ferrara -, notoriamente noi eravano contrari e non abbiamo votato questa
variante, vorremmo che si andasse a una ri-adozione per accogliere le correzioni
inviate in Comune dalla Regione, o quanto meno che ai cittadini sia data
notifica delle variazioni sulla loro proprietà. Poi - aggiunge Ferrara -
vogliamo dare un segnale al sindaco: anziché cancellare il Parco del mare perché
non cancella questo Piano regolatore?».
L’obbligo di notifica personale in materia urbanistica è entrato in vigore con
la legge regionale 19 del 2009, questa sarebbe un’applicazione retroattiva,
perché il Prg è stato adottato prima. «Legge successiva all’adozione, ma non
all’intero iter burocratico che è ancora in corso» segnala Ferrara, aprendosi
uno spiraglio verso il resto della maggioranza.
Ma è dalle parti dell’Udc, e cioé in Sasco, che si trova la risposta meno
tecnica. «Ho appoggiato la mozione della Lega perché ha un carattere
eminentemente politico, tattico, è una proposta di pura provocazione, e allora:
provocazione per provocazione, va bene anche a me, tanto per vedere come va a
finire. Dò una mano alla Lega. Fa parte o no della maggioranza? Voglio vedere se
fa un ”bluff” oppure no. Vogliono giocare? Giochiamo pure. Vogliono scuotere il
palazzo? Ci sto anch’io. Non mi va che ogni volta che qualcuno nella maggioranza
provoca, gli altri facciano i pompieri». Le frange piccole, dunque, tirano la
giacca, e anche Sasco ha più volte mandato a dire che «senza l’Udc non c’è
maggioranza, e che non si può essere sempre fedeli e mai ascoltati».
Nel merito, Sasco alcune riserve sul Piano regolatore le ha (terreni in Carso,
zone Fiera e Burlo, aree turistiche), ma non è questo il punto. Tanto che
aggiunge: «La Lega vuol ballare? Balliamo». Le conseguenze, al politico anche
tecnico della materia, sono note: «È logico che se si riaprono i 30 giorni per
le osservazioni, se si ri-adotta il piano, si finisce poi in bocca al periodo
elettorale. È logico che cadrebbero i vincoli, che siccome sempre un Prg è a
rischio d’impugnazione più si complicano le cose e peggio è. Chiaro che è una
pazzia». Eppure.
«Riaprire i termini per le osservazioni non sta giuridicamente in piedi -
obietta Omero -, le prescrizioni regionali possono essere assunte come tali e
basta, altrimenti si fa una rielaborazione della variante, e si deve tornare
punto e a capo. Lega e Udc avranno il coraggio di andare fino in fondo? O
saranno state solo parole e ricatti elettorali al vento?».
(g. z.)
Ferriera, protesta in piazza Oberdan: «Dai politici
dieci anni di chiacchiere» - UNA NOVANTINA DI PERSONE RADUNATE DAL CIRCOLO MIANI
«Chiudere la Ferriera per aprire Trieste al futuro». È uno
degli slogan scelti da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e
Coordinamento dei comitati di quartiere per animare la protesta organizzata ieri
pomeriggio davanti al Consiglio regionale. Un appuntamento che ha richiamato in
piazza Oberdan una novantina di persone, ”armate” di fischietti, trombette da
stadio e tamburi artigianali costruiti con i fustini del detersivo.
Obiettivo della manifestazione, andata in scena sotto lo sguardo attento di
polizia, carabinieri e qualche consigliere, denunciare nuovamente le promesse
non mantenute dai politici. «Primo tra tutti l’assessore all’Ambiente Elio De
Anna - ha esordito al microfono Maurizio Fogar durante il comizio che ha
preceduto il breve corteo -. L’assessore ”desaparecido”, potremo chiamarlo,
visto che all’invito ad ascoltare le nostre ragioni, ha risposto scrollando le
spalle e allontanandosi nella macchina guidata dall’autista».
Ma non sono mancate anche critiche al presidente Tondo, all’Arpa, al Comune e
alla Provincia. «In dieci anni l’intera classe politica che regge queste
istituzioni ha raccontato solo chiacchiere - hanno ribadito i manifestanti -.
Un’assenza di responsabilità che ha esposto, e continua a esporre, migliaia di
persone a rischi gravissimi per la salute. Perchè le emissioni prodotte dalla
Ferriera non rendono irrespirabile soltanto l’aria di Servola. I fumi dello
stabilimento siderurgico infestano due terzi della provincia, fino al Comune di
Muggia».
Di qui la necessità, secondo gli organizzatori, di urlare ancora una volta la
rabbia di tanti cittadini e contribuenti delusi e stanchi dei proclami. «Come
quelli che annunciavano sanzioni più rigide per la Lucchini in caso di
sforamenti - hanno spiegato i manifestanti -. Sanzioni, ovviamente, mai
arrivate».
In bici da piazza Marconi ai laghetti delle Noghere
MUGGIA Il Comune di Muggia aderisce alla Giornata
nazionale della bicicletta in programma domenica 9 maggio e promossa dal
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
L'iniziativa rientra nella politica nazionale legata alla riduzione
dell’inquinamento nelle città e ha l'obiettivo di condividere con i Comuni la
necessità di incentivare misure alternative alla mobilità sostenibile con una
specifica attenzione alla salute pubblica.
In questo contesto, il Comune di Muggia partecipa alla manifestazione
organizzando un giro in bicicletta per tutti i cittadini
Il ritrovo è stato fissato domenica alle 10 in piazza Marconi, il cuore di
Muggia, Seguirà la partenza in direzione dei laghetti delle Noghere con un
percorso che si snocciolerà lungo via Dante, Via Battisti, prima di imboccare la
strada per Farnei e quella per il ritorno.
Identikit delle alghe killer ecco come vivono lungo la
costa triestina - Conclusa la prima fase del progetto Ostreopsis coordinato a
livello nazionale da Ogs e Ispra
Nell’immaginario collettivo è nota come l’alga killer, ma
per i biologi che la studiano è semplicemente Ostreopsis, una microalga
biologicamente interessante sia per le caratteristiche fisiologiche che per la
capacità di colonizzare mari e ambienti che non le sono propri. A studiare
alcune specie di Ostreopsis nei mari italiani che bagnano la penisola sono stati
ben 11 Istituti di ricerca e alcune Arpa regionali, che in un anno e mezzo hanno
dispiegato più di 50 ricercatori, coordinati da Michele Giani dell’Istituto
Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs di Trieste e da Erika
Magaletti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra)
di Roma. Obiettivo del progetto, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare: colmare le lacune conoscitive sull’ecologia,
la fisiologia e la genetica di questi organismi che, negli ultimi anni, hanno
fatto parlare di sé per le improvvise fioriture e per alcuni episodi di
intossicazione (per fortuna senza gravi conseguenze) a Genova, Bari, Massa e
Carrara e Ancona.
«Si è trattato di uno studio importante – sottolinea Michele Giani, ricercatore
all’Ogs di Trieste - perché abbiamo coperto tutto il territorio con una rete
capillare di ricercatori a Trieste, Ancona, Messina, Napoli e La Spezia. I
ripetuti campionamenti hanno permesso di confrontare le quantità di due tossine,
palitossina e ovatossina, prodotte da Ostreopsis sia in cellule algali, che in
acqua e nei mitili. Il progetto si è appena concluso, e sono emersi dati che ci
permettono di pianificare meglio le attività di identificazione e
quantificazione in acqua, sedimenti, organismi e aerosol, e di definire i
processi che potrebbero determinare situazioni di emergenza». Tra i ricercatori
triestini che hanno partecipato al progetto figurano anche Ranieri Urbani,
Serena Fonda Umani e i collaboratori del Dipartimento di Scienze della Vita.
Le microalghe come Ostreopsis, che vivono adese ai fondali, sono minuscoli
organismi marini fotosintetici, che convertono energia solare in energia
chimica. Di norma colonizzano rocce e macroalghe e la loro presenza nel mare è
benefica, perché aiuta a rimuovere la CO2 favorendo il rilascio di ossigeno in
atmosfera. Quantità eccessive di queste microalghe – come accade nelle fioriture
o bloom - possono danneggiare l’ambiente (causando morie di mitili e ricci) o
nuocere all’uomo (se trasportate dall’aerosol e inalate), causando febbri,
congiuntiviti, irritazioni delle vie aeree.
«Lo studio ecologico che abbiamo effettuato a Trieste – dice Marina Cabrini,
ricercatrice del dipartimento BiO-Ogs - ha coperto due punti di osservazione,
situati sotto costa e di fronte al dipartimento (ai Filtri). Ogni 15 giorni per
la durata del progetto abbiamo prelevato e analizzato campioni al microscopio.
Ostreopsis è comparsa alla fine dell’estate scorsa sulle macroalghe raccolte sul
fondo. È emerso però anche un elemento nuovo: in corrispondenza di una fioritura
dello scorso settembre a Canovella, abbiamo constatato che le cellule di
Ostreopsis crescevano bene anche senza la presenza di macroalghe, su substrato
roccioso, avvolte nel biofilm da loro creato. Questo evento è stato segnalato
anche nella riviera del Conero».
Un altro aspetto di Ostreopsis è stato studiato da Marina Monti, ricercatrice
del BiO di Ogs: “Trattandosi di alghe, il fattore illuminazione è essenziale per
il loro sviluppo. Così abbiamo esaminato gli effetti dell’intensità luminosa sul
ciclo vitale, constatando che Ostreopsis predilige condizioni di luce
medio-basse. L’alga inoltre è in grado di influenzare la crescita di altre
microalghe mediante produzione di sostanze chimiche secondarie».
CRISTINA SERRA
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 4 maggio 2010
Finiti gli incentivi del Governo per moto e lavatrici, ancora "sconti" per le case ecologiche: ma sono solo briciole.
Già terminati in pochi giorni gli incentivi messi a
disposizione dal Governo, ancora a disposizione quelli per acquistare case
ecologiche. Ma saranno al massimo 10mila le abitazioni di classe energetica A e
B cui potrebbero avere accesso le famiglie con i 60 milioni di incentivi messi a
disposizione dal decreto legge approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Briciole, a fronte della spesa complessiva per l’acquisto di un’abitazione, che
non solo non consentono alcuno sviluppo del mercato, ma neppure incidono sulle
necessità di ottenere risultati concreti in termini di risparmio energetico.
Molto meglio sarebbe stato prorogare le detrazioni fiscali (55%) sulle
ristrutturazioni energetiche delle abitazioni, che scadranno a fine 2010. Il
Governo è come un supermercato, siamo ormai agli sconti della settimana –
dichiara Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente –. Peccato che
sia solo una settimana all’anno e che questo ddl non c’entri nulla con la green
economy: perché, infatti, lo sconto agli ‘amici’ della nautica e non, ad
esempio, ai produttori di latte? Perché le nuove gru per i cantieri e non i
musei?”
I primi dati che emergono da un'analisi che il Governo ha portato a conoscenza
della commissione Attività produttive e Finanze alla Camera indicano che, per
gli immobili ad alta efficienza energetica, è stato erogato solo il 13% circa
sul totale di 60 milioni a disposizione. Risultato nettamente inferiore rispetto
ad altri settori: i fondi per la nautica sono finiti e quelli per i motocicli
sono stati spesi ormai al 93,767%, mentre per le cucine componibili la
percentuale erogata è il 40,898% e per gli elettrodomestici il 16,782%.
60 sono i milioni destinati dal ddl agli incentivi edilizi e l'importo massimo
dell'agevolazione all'acquisto è rispettivamente 116 Euro al metro quadro per un
massimo di 7.000 Euro per le case in classe A e e 83 Euro al metro quadro per un
massimo di 5.000 euro a quelle in classe B. Prendendo ad esempio un appartamento
di 100 Mq a Milano con un costo medio delle abitazioni di 4000 Euro al metro
quadro ne deriva che se l'appartamento è di classe A l’incentivo copre soltanto
circa l’1,75% (7000 euro sul costo totale di 400.000). Se l'appartamento è di
classe B la percentuale è ancora minore 1,25% (5000 euro sul costo totale di
400.000). Inoltre, ai 60 milioni di incentivi avranno accesso non più di 10mila
abitazioni rispetto alle 40-50 mila abitazioni con un'elevata efficienza
energetica costruite nel 2009 (dati ANCE). È necessario considerare anche che le
imprese in Italia in grado di costruire edifici di classe A e B sono all'incirca
250, dislocate principalmente al Nord, e che quindi le regioni centro
meridionali saranno nel complesso escluse dagli aiuti statali. Sarebbe stato più
efficace dare una risposta concreta a detrazioni fiscali del 55% ancora in
forse. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, insieme al risparmio energetico,
sono una risposta immediata ed efficace al raggiungimento degli obiettivi di
riduzione della Co2 indicati dall’Unione Europea, spendendo meno che col
nucleare. Per un Paese, investire nelle energie rinnovabili, contribuisce alla
costruzione di un sistema imprenditoriale innovativo e diffuso, che, ad esempio,
in Germania, occupa ormai 250.000 lavoratori, in grado di competere sul mercato
globale. L'unico settore su cui gli incentivi avranno davvero incidenza è quello
della banda larga che garantisce l'accesso a Internet veloce a tutti i giovani
tra i 18 e i 30 anni. “Navigate giovani – conclude Poggio – così scoprirete
politiche ben più serie da parte degli altri paesi d’Europa”
WWW.LAVOCE.INFO - MARTEDI', 4 maggio 2010
CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI
Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a
quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle
maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per
convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici?
Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a
pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica,
vantaggiosa anche per l'ambiente.
Negli scorsi giorni l’Osservatorio “Audimob” dell’Isfort ha pubblicato il
“Rapporto su stili e comportamenti di mobilità degli italiani”. La ricerca
sintetizza i risultati di dieci anni di indagini ed evidenzia una crescita
complessiva della domanda di trasporto, espressa in termini di passeggeri-km,
tra il 2000 e il 2009 pari al 17,8 per cento. Rimane pressoché invariato il
numero di spostamenti per persona (tre al giorno) mentre cresce la distanza
media di spostamento, da 9,6 a 11,4 km, con un più 18,8 per cento. Aumenta, ma
in misura più contenuta, il tempo medio di spostamento, che passa da 19 a 21
minuti. Ci si sposta dunque più rapidamente oggi rispetto a dieci anni fa: la
velocità media passa da 30 a 32 km/h. In parallelo, si registra un’ulteriore
riduzione della quota degli spostamenti effettuati a piedi e con i mezzi
collettivi e prosegue la crescita della domanda soddisfatta dall’auto che, nel
2009, è risultata di poco inferiore al 75 per cento, cinque punti in più
rispetto a inizio secolo. Sembrano quindi non aver raggiunto l’obiettivo
auspicato le politiche di riequilibrio modale che trovano un generale consenso
in entrambi gli schieramenti politici. Ma quali sono le ragioni del fallimento?
È perché agli innumerevoli proclami sulla mobilità sostenibile non ha fatto
seguito un impegno corrispondente in termini di potenziamento dell’offerta di
infrastrutture e di servizi di trasporto collettivo?
VINCE SEMPRE L’AUTO
Per rispondere all’interrogativo può essere utile confrontare i dati relativi
alla ripartizione modale in Italia con quelli di Germania e Francia, paesi che
presentano un livello di offerta di trasporti pubblici superiore a quello
dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi. Ebbene, stando ai dati
forniti dalla Commissione Europea che si riferiscono ai soli spostamenti
motorizzati, nel 2007 la quota di domanda soddisfatta dall’auto è stata pari
all’81,8 per cento in Italia, all’83,9 per cento in Francia e all’84,4 per cento
in Germania.
In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman:
probabilmente, la differenza è dovuta a una maggiore concorrenza tra i servizi
automobilistici e ferroviari a lunga percorrenza, considerato che la
legislazione francese vieta l’istituzione di linee automobilistiche parallele
alle ferrovie. In Francia e Germania la domanda soddisfatta dagli impianti fissi
in ambito urbano risulta doppia rispetto a quella italiana: 1,5 contro 0,7 per
cento.
Tabella 1 - Ripartizione modale del trasporto passeggeri
terrestre in Germania, Francia e Italia - anno 2007
Fonte: elaborazione su dati European Commission, EU Energy and
Transport in Figures 2009, p. 119
D’altra parte, nella stessa Svizzera, paese europeo con il miglior sistema di
trasporto pubblico di breve e lunga percorrenza, la quota modale dell’auto è di
soli tre punti inferiore a quella italiana.
L’ILLUSIONE DEL RIEQUILIBRIO MODALE
I dati sembrano evidenziare come i risultati che possono essere conseguiti con
il miglioramento dell’offerta di trasporti collettivi siano molto modesti e tali
da non mutare significativamente l’evoluzione di lungo periodo dell’impatto
ambientale della mobilità.
Di questa realtà erano consapevoli gli estensori del Piano generale dei
trasporti e della logistica del 2001 che prevedeva come “massimo riequilibrio
modale possibile”, in presenza di “notevoli interventi infrastrutturali e
organizzativi”, una riduzione della quota del trasporto passeggeri su strada dal
1998 al 2010 pari all’1,6 per cento. Nello stesso documento si precisava
prudentemente che tali “previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come
uno strumento per l’individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale
e non necessariamente come dei futuri possibili”.
L’illusione del riequilibrio modale è resa evidente anche dalle ricadute di due
tra i maggiori investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo realizzate
in Italia negli ultimi anni. Si tratta della metropolitana di Torino e della
linea alta velocità da Roma a Napoli. A Torino, la mobilità individuale
nell’area metropolitana è stata ridotta di circa l’1,5 per cento. Nel caso della
nuova linea ferroviaria, si è registrata una contrazione del numero di
spostamenti in auto tra le due città pari all’1 per cento: 2,76 milioni nel 2005
e 2,74 milioni nel 2007. L’Av ha prodotto un aumento rilevante della domanda
soddisfatta dal treno (da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri) con
conseguente crescita complessiva di emissioni e consumi energetici. (1)
Pur migliorandone le prestazioni, il trasporto collettivo può risultare
competitivo rispetto a quello individuale solo per un segmento della mobilità:
gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Per
gli altri viaggi, che rappresentano una quota crescente della domanda
complessiva, il divario in termini di prestazioni con il trasporto individuale
non appare colmabile, quale che sia il livello di spesa pubblica per il settore.
Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto
collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a
vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai
più velocemente in metropolitana invece che su bus. Certo, in ambito urbano vi
sono benefici anche in termini di riduzione della congestione. Ma è la politica
più efficace per il miglioramento della mobilità individuale? Investire ingenti
risorse pubbliche per “convincere” un piccolo numero di automobilisti a salire
sui mezzi pubblici? Non sarebbe preferibile adottare una soluzione più diretta
con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio? La
seconda opzione avrebbe il vantaggio di essere più sostenibile in termini di
finanza pubblica. In primo luogo perché non verrebbero a mancare gli introiti
fiscali correlati all’uso dell’auto. Inoltre, la realizzazione di impianti fissi
è generalmente a carico della collettività e, nelle condizioni attuali di basse
tariffe ed elevati costi di costruzione e gestione, genera un incremento della
spesa pubblica. Nel caso della realizzazione di tunnel stradali, invece, i
pedaggi potrebbero consentire, con elevati flussi di traffico e basse velocità
di spostamento in superficie, di coprire i costi di gestione e di ripagare
quantomeno parzialmente l’investimento. A Oslo, un tunnel che attraversa la
città è stato ripagato con i pedaggi riscossi per accedere all’area urbana
nell’arco di poco più di un decennio. A Parigi è stata da poco aperta al
traffico una “metrostrada” interamente finanziata con capitali privati. È
attualmente in fase di progettazione un tunnel stradale che attraversa la città
di Milano da nord-ovest a sud-est.
Con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee si avrebbero anche
benefici ancillari in termini ambientali: un aumento della velocità media di
spostamento determina infatti una riduzione dei consumi unitari e delle
emissioni. Più velocità, meno inquinamento e meno tasse. Un’alternativa
win-win-win (per gli automobilisti, l’amb