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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2008

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 giugno 2008 

 

 

Alta velocità, accordo per la Torino-Lione  - I sindaci della Val di Susa dicono sì al documento dell’Osservatorio tecnico: parte la fase due della progettazione

 META’ LUGLIO IL TAVOLO POLITICO A PALAZZO CHIGI
TORINO Missione compiuta per l'Osservatorio sulla Torino-Lione ferroviaria. Alla vigilia della scadenza del mandato, c'è l'accordo per la «progettazione della nuova linea e per le nuove politiche di trasporto per il territorio». Non, quindi, una semplice ipotesi di tracciato, ma «un complesso di interventi dentro i quali sta la nuova linea», precisa Franco Campia, assessore ai Trasporti della Provincia di Torino. L'acronimo Tav non compare nel testo, sei pagine (e molti corposi allegati) firmate dopo una riunione di 50 ore: «È un documento davvero complesso - dice Mario Virano, presidente dell'Osservatorio - frutto del lavoro svolto in 70 riunioni, con 298 audizioni, dopo avere sentito 60 esperti internazionali. Abbiamo messo il decisore politico nella condizione di rispettare il calendario europeo» per la progettazione dell'opera.
Il documento, applaudito dai sindaci convocati oggi alla Prefettura di Torino, passa ora al Tavolo politico, che verrà convocato a Palazzo Chigi, a metà luglio, ma sarà anche discusso dai consigli comunali e nelle assemblee pubbliche della valle di Susa. «Comincia la fase 2, la progettazione della progettazione - puntualizza ancora Virano - per la quale è indispensabile che ci sia una regia unica».
I punti del testo licenziato oggi dall'Osservatorio sono quattro. Nel primo, «Nuove politiche dei trasporti del territorio», viene enunciato il principio che «la politica delle infrastrutture non è scindibile dalla politica dei trasporti e del territorio», un assioma «particolarmente vero nel caso della Torino-Lione dove esiste già un collegamento 'storicò di cui occorre prevedere il miglior utilizzo per i passeggeri e per le merci».
Vengono quindi elencati gli interventi di una politica integrata del traffico transalpino, dalla ratifica del protocollo della Convenzione alpina alle «Eurovignette» per il transito dei Tir, dal sistema metropolitano torinese per i passeggeri all'aumento della qualità del servizio sulla Torino-Lione storica. E al punto 4 viene rimarcata l'importanza degli interventi per la «piena funzionalità» delle cinque linee del sistema ferroviario metropolitano di Torino, conferma la piattaforma logistica di Orbassano e propone «il potenziamento della linea di Bassa Valle e lo sviluppo di interconnessioni con la linea storica di Alta Valle».
Il documento conserva anche differenze di vedute, quella ad esempio (al punto 3) tra chi propende per una Torino-Lione realizzata per lotti funzionali e chi si batte per un'opera in fasi successive, come suggerisce il documento Fare (Ferrovie alpine ragionevoli ed efficienti) elaborato dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa. «Ma tutti sono d'accordo - puntualizza Virano - sulla progettazione. La fase preliminare deve essere realizzata contestualmente per tutta la tratta, dal confine francese alla connessione con l'alta velocità Torino-Milano».
La nuova Torino-Lione ferroviaria (72 km totali) prevede tre tratte: una francese, dall'agglomerato urbano di Lione a Saint Jean de Maurienne, una parte comune, da Saint Jean de Maurienne alla Bassa di Valle di Susa, quella italiana, infine, dalla Bassa Valle di Susa a Settimo. Nel 2007 l'Unione Europea ha stanziato un finanziamento di 671,8 milioni di euro per la Torino-Lione, ripartiti tra Italia e Francia. Il costo della tratta italo-francese è stato stimato in circa 7 miliardi euro.
La lunghezza del «tunnel di base», la galleria più lunga, nel primo progetto della Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) era di 53,1 chilometri, ma sale a 57, 1 (di cui 12,1 in Italia) con gli approfondimenti presentati nei giorni scorsi all'Osservatorio.
Un'altra galleria, lunga 11,4 chilometri, potrebbe essere realizzata in Valle di Susa. Ottocento sono i milioni di euro necessari, secondo uno studio coordinato dalla Provincia di Torino per il piano di sviluppo della Valle di Susa.
Nel corridoio della Torino-Lione transitano 28,5 milioni di tonnellate di merci all'anno (22 su strada, 6,5 su rotaia), potrebbero diventare 66,2 milioni nel 2030. Il progetto della Torino-Lione dovrebbe essere ultimato nel 2010, l'entrata in esercizio non avverrà prima del 2018-2020.
Secondo lo studio dei tecnici della Bassa Valle di Susa, allegato al documento dell'Osservatorio, l'attuale linea storica sarebbe già in grado di fare passare tra i 20e i 2 milioni di tonnellate di merci all'anno, ma la capacità scende a 6-1 milioni nella tratta metropolitana, da Avigliana a Torino. Nell'ipotesi di tracciato la stazione internazionale della Torino-Lione sarebbe a Susa. In Francia il primo cantiere, a Modane, è stato aperto nel luglio 2002.


TAV - Un’idea nata quasi vent’anni fa e cresciuta tra dubbi e scontri - VERTICI E ACCORDI

ROMA È passato un anno e mezzo dalla nascita dell’Osservatorio sulla Tav. La prima riunione si tenne infatti il 12 dicembre 2006. La storia della tratta Torino-Lione però va avanti da quasi vent'anni, passando da un Governo all'altro e scatenando scontri anche violenti in piazza.
lGIUGNO 1990 Al Summit di Nizza si inizia a parlare dell’opportunità di una nuova nuova tratta ferroviaria tra l'Italia e la Francia.
lDICEMBRE 1990 La Comunità Europea approva la realizzazione di una rete ferroviaria europea ad Alta Velocità, da realizzarsi entro il 2010.
lOTTOBRE 1991 I ministri dei trasporti, nel corso del vertice italo-francese di Viterbo, incaricano i rispettivi enti ferroviari di avviare uno studio di fattibilità sulla tratta Torino-Lione.
lNOVEMBRE 1993 Italia e Francia firmano un accordo per avviare gli studi di fattibilità per la nuova tratta ferroviaria.
lGENNAIO 2001 A Torino viene firmato l'accordo intergovernativo franco italiano per la realizzazione della Torino - Lione.
lAPRILE 2002 Iniziano le consultazioni ufficiali tra Regione, Provincia e Comune di Torino e le amministrazioni locali della Valle di Susa.
lMARZO 2003 Dopo un anno di consultazioni con gli Enti Locali, RFI presenta il progetto al Ministero dei Trasporti ed alla Regione Piemonte.
lAGOSTO 2005 Il Cipe approva il progetto preliminare di 47 chilometri da Bussoleno a Torino, accogliendo le richieste della nuova Giunta regionale piemontese. Viene creata una Commissione Tecnica, composta da Regione, Provincia e Città di Torino, Ministero dei Trasporti, Comuni e Comunità Montana della Valle di Susa, Lyon Turin Ferroviaire e RFI per coinvolgere i cittadini e delineare un programma per l'avvio dei sondaggi.
lSETTEMBRE 2005 Il Governo lancia l'allarme: subito i sindaggi a Venaus per la Torino-Lione oppure si perdono i fondi stanziati da Bruxelles. I sondaggi devono iniziare subito (17 scavi nel territorio di 6 comuni della Valle di Susa).
l6 DICEMBRE 2005 Manifestanti protestano a Venaus (Torino), contro il progetto della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, in Valle di Susa.
lMARZO 2006 Al via a Roma l'Osservatorio tecnico, composto dai rappresentanti degli Enti Locali, delle Istituzioni Locali e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell'Ambiente e della Salute.
l29 GIUGNO 2006 Si riunisce per la prima volta a Roma il Tavolo politico sulla nuova opera.
l12 DICEMBRE 2006 Si riunisce per la prima volta l'Osservatorio sulla Tav.
lFEBBRAIO 2007 L’importanza di una realizzazione rapida delle infrastrutture (compreso la Torino-Lione) è uno dei dodici punti su cui il premier Romano Prodi ottiene la fiducia della maggioranza, dopo la crisi di Governo.
l13 GIUGNO 2007 Accordo tra il Governo e gli amministratori locali al tavolo politico-istituzionale sulla Torino-Lione.
l19 NOVEMBRE 2007 La commissione europea ha inviato agli Stati membri e al Parlamento la proposta di ripartizione di fondi comunitari per le reti transeuropee fra il 2007 e 2013. Alla Torino-Lione andranno 671,8 milioni di euro.
l13 FEBBRAIO 2008 A Palazzo Chigi si tiene una riunione del Tavolo istituzionale sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione che, analizzando il lavoro dell'Osservatorio Valle di Susa, esprime un giudizio positivo sul metodo e sui risultati raggiunti. Il Governo chiede all'Osservatorio, entro il 30 giugno, di completare l’approfondimento del nodo di Torino.


TAV - Riccardi: «Ora tocca al Friuli Venezia Giulia»  - Lo afferma l’assessore ai Trasporti. Oggi la presentazione della Trieste-Divaccia

CONFERENZA INTERGOVERNATIVA ITALIA-SLOVENIA
TRIESTE «Anche in Friuli Venezia Giulia siamo fortemente impegnati per portare avanti l'Alta Velocità». L'assessore regionale ai trasporti e infrastrutture, Riccardo Riccardi, rivendica l'azione che sta portando avanti la Regione per la realizzazione della Tav anche sul fronte orientale dopo l'intesa raggiunta con gli accordi locali per la tratta Lione-Torino. L'assessore ricorda come la situazione in Friuli Venezia Giulia sia in fase «di approfondimento delle condizioni progettuali ma stiamo andando avanti con il lavoro anche per quanto concerne la condivisione con gli enti locali per trovare le souzioni migliori per la realizzazione dell'infrastruttura». Per quanto concerne il tratto della Bassa Friulana, che dovrebbe vedere l'affiancamento della ferrovia all'autostrada A4 (che nel frattempo dovrebbe essere allargata a tre corsie), «il progetto preliminare va ancora completato - ricorda l'esponente della Giunta regionale - ma le intese sostanzialmente ci sono». A febbraio, quando amministrava la giunta Illy, era stata firmata un'intesa con i Comuni interessati dal tracciato del Corridoio V anche se mancava la firma dei Comuni di Villa Vicentina e Porpetto.
Discorso diverso per la tratta Ronchi Sud - Trieste, che, puntualizza Riccardi, «ha subito una frenata dopo la bocciatura nella valutazione di impatto ambientale». Questa mattina, al municipio di Divaccia, in Slovenia, sarà presentato lo studio di fattibilità, realizzato dalla Conferenza Intergovernativa Italia-Slovenia, della tratta ferroviaria che collega Trieste e Divaccia, finanziata con oltre 50 milioni di euro dalla comunità europea. «Si tratta di una giornata molto importante - sottolinea Riccardi - che fa segnare un passo in avanti fondamentale sul piano internazionale del lavoro che la Regione sta portando avanti per realizzare l'Alta Velocità e Alta Capacità ferroviaria». Se in passato qualche problema era sorto proprio con la Slovenia, per Riccardi il passaggio di questa mattina rappresenta «un segnale fondamentale che ci spinge ad andare avanti con ancora più vigore nella nostra azione. Per la Regione e per l’amministrazione Tondo l’'Alta Velocità rappresenta un obiettivo strategico per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia».
Roberto Urizio


Gasdotto in commissione - LA DELIBERA DEL COMUNE

Torna all’attenzione del consiglio comunale il metanodotto Trieste-Grado-Villesse progettato per allacciare il rigassificatore che Gas Natural conta di realizzare a Zaule con il nodo della rete nazionale Snam. Oggi alle 11.30 nella sala del consiglio comunale si riunirà la commissione urbanistica, alla quale - come annunciato dal presidente della commissione Roberto Sasco - sarà presente il sindaco Dipiazza: oggetto di discussione, la delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che andrà votata dall’aula municipale giovedì.


 Nasce oggi il gruppo «Greenpeace» - AL SUB SEA CLUB

Anche Trieste avrà finalmente il suo Greenpeace: la riunione per la creazione del nuovo gruppo si terrà oggi alle 18 al «Sub Sea Club» Trieste al Molo Fratelli Bandiera. «Abbiamo cercato in regione Greenpeace - spiega il presidente del Sub Sea Club Francesco Tominich , associazione con la quale ci sentiamo molto affini negli ideali, ma abbiamo scoperto che non esisteva più nessun gruppo. Allora abbiamo scritto a Greenpeace Italia per cominciare questa avventura e contemporaneamente siamo venuti a sapere che anche una studentessa triestina di psicologia, Lucia Becce, si era interessata alla creazione di un gruppo e così, su indicazione della sede nazionale, ci siamo incontrati e abbiamo unito gli intenti. Il direttivo del Sub Sea Club ha dato il consenso ad ospitare il futuro gruppo e così abbiamo organizzato questa prima riunione allo scopo di gettare delle basi per divulgare le campagne di Greenpeace puntando soprattutto sui giovani che sembrano, per fortuna, molto più sensibili all'ecologia».
Sub Sea Club ha intrapreso e organizzato più di venti anni fa «Mare Pulito», una delle prime raccolte di rifiuti su vari fondali triestini, continuando sempre nell'opera di sensibilizzazione dei soci e delle numerose scolaresche sulla tutela del mare, essendo il club un centro di avviamento allo sport del Coni. Si è conclusa da poco anche la 15° edizione del progetto «Aula blu, ambiente marino del golfo di Trieste», cui hanno partecipato i ragazzi della scuola media Bergamas accompagnati dall'insegnante e socio del club Edoardo Milleri. Il club organizza anche il «Natale Sub» in piazza Unità e la rassegna fotovideosub «Magiesottoacqua» che quest'anno si svolgerà all'Acquario e probabilmente anche al Miela.
Alla creazione del nuovo gruppo Greenpeace ha aderito anche l'associazione Uncis-Unità cinofile di soccorso in acqua, e non potrebbe essere altrimenti visto che la «presidentessa» del Sub Sea Club Trieste è la terranova Nina addestrata al soccorso in acqua.
Linda Dorigo
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 giugno 2008 

 

 

Wwf: «Il gasdotto danneggia l’ambiente»  - E il Consiglio comunale di Muggia all’unanimità respinge il progetto

Il Wwf boccia il progetto della Snam per il metanodotto che dovrebbe collegare il rigassificatore che Gas Natural intende realizzare a Zaule alla rete nazionale del gas e che nel corso della settimana entrante otterrà un parere da parte del Consiglio comunale di Trieste. «Il nostro commento è totalmente negativo - hanno detto ieri Dario Predonzan e Fabio Gemiti - non vi sono i requisiti nemmeno minimi di accettabilità ambientale». La questione è particolarmente grave secondo il Wwf poiché il gasdotto nella parte sottomarina dovrebbe attraversare anche i fondali della baia di Muggia che sono compresi nel Sito inquinato di interesse nazionale. «Ùn’area - è stato rilevato - in cui i sedimenti del fondo marino risultano inquinati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze organiche. La posa del gasdotto sul fondale per 6 chilometri e 700 metri pone il problema del sollevamento di tali sostanze e della più che probabile messa in circolo delle stesse nella catena alimentare».
Un’evidente violazione della normativa è poi rappresentata, per il Wwf, dal fatto che la procedura di Valutazione d’impatto ambientale sul gasdotto è stata stranamente separata da quella sul rigassificatore. «Probabilmente - così Predonzan - per sminuire il forte impatto complessivo che le due strutture avrebbero sull’ambiente marino e sulla baia di Muggia».
E il Consiglio comunale di Muggia venerdì ha deliberato all’unanimità parere sfavorevole al metanodotto. Richiamando i precedenti pareri negativi dati allo stesso rigassificatore, il documento chiama in causa oltre alle carenze di documentazione, la pericolosità per la collocazione dell’impianto e il passaggio delle navi gasiere a poche centinaia di metri dalle case, il modesto indotto occupazionale che si verrebbe a creare. Il gasdotto tornerà domani in Commissione urbanistica del Consiglio comunale triestino.


A Cividale un incontro sul futuro dell’energia - VENERDÌ PER MITTELFEST

CIVIDALE Venerdì 4 luglio, alle 20.30, al Teatro Ristori prenderà il via il cartellone di incontri «Cividale Macchina del Tempo», che precederanno e arricchiranno Mittelfest ’08, il festival diretto da Moni Ovadia, il cui calendario definitivo con tutti gli eventi collaterali sarà presentato giovedì 3 luglio e che si svolgerà dal 19 al 27 luglio a Cividale del Friuli.
Il primo incontro, intitolato «Il futuro dell’energia», avrà come protagonisti due ospiti particolarmente qualificati, il direttore della Sissa di Trieste, Stefano Fantoni, e il giornalista, scrittore ed esperto Maurizio Pallante, già consulente per il Ministero dell’Ambiente sul tema dell’efficienza energetica, nonché autore di svariati libri sui rapporti tra ecologia, tecnologia ed economia, collaboratore di quotidiani e periodici.


AMBIENTE  - Piazza Libertà

Il signor Callegari, prima di fare propaganda alle decisioni del Comune, dovrebbe pensare a quello che scrive. La sua lettera apparsa su questa rubrica il 17 giugno scorso è infatti decisamente contraddittoria. Si esibisce in una lode sperticata al progetto di riqualificazione di Piazza Libertà, partendo dal presupposto che adesso manca un posto per le auto che accompagnano i viaggiatori alla stazione per poi concludere dicendo che nel nuovo progetto approvato dal consiglio comunale manca di una soluzione a questo problema.
Il punto chiave resterebbe quindi il denunciato pericolo per chi attraversa la strada sul fronte-stazione. Il signor Callegari però non realizza che i pedoni che adesso non usano lo «scomodo» sottopassaggio non si capisce perchè dopo dovrebbero trovare «comodo» il previsto, nuovo lungo sottopassaggio per oltrepassare «l'autostrada» a 7/8 corsie.
Lamenta ancora il signor Callegari l’impossibilità di accostarsi con la macchina al marciapiede d’ingresso alla stazione; ma come potrà farlo quando ci sarà una bella zona pedonale? Forse è proprio d’accordo con noi nel deplorare il punto chiave del progetto, da cui deriva la necessità di creare 7/8 corsie, con relativo abbattimento di alberi, nella zona adiacente a via Ghega. E, a questo proposito, ci permetta di dirgli che sì, è vero, tutte le creature crescono e periscono, ma che è leggermente diverso, sia per piante, animali o uomini, morire di morte naturale o venire assassinati.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la salvaguardia degli Alberi di Piazza Libertà
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 giugno 2008 

 

 

«Il rigassificatore non sia merce di scambio»  - Camber e Marini: «La Ferriera va chiusa senza aiuti alla Lucchini Spa»

MONITO DEI FORZISTI CONTRARI ALL’IMPIANTO DI GAS NATURAL
«Il rigassificatore non deve essere la merce di scambio per la Ferriera. Né per gli industriali né per i politici». È il monito lanciato dal consigliere regionale Piero Camber, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, all’indomani dell’incontro fra il governatore Renzo Tondo e il sindaco Roberto Dipiazza, favorevoli al rigassificatore a terra e decisi a convocare i rappresentanti della Lucchini Spa per comunicare la volontà di una riconversione finalizzata alla chiusura della Ferriera di Servola.
«Attenti a non mescolare Ferriera con rigassificatori e promettere ciò che non esiste e non ci appartiene. Non vorrei che qualcuno - dice Camber - volesse premiare la proprietà attuale della Ferriera, che ha già beneficiato di aiuti di Stato e deve essere chiusa, offrendo partecipazione nel progetto di Gas natural». Non è l’unico esponente forzista a intervenire sull’argomento. Il consigliere regionale Bruno Marini, da sempre contrario al rigassificatore, sostiene che sarebbe «una contraddizione parlare di far entrare nella futura compagine societaria oltre all’AcegasAps anche la Lucchini».
«Il rigassificatore è già stato bocciato due volte - ricorda Marini - dal Consiglio comunale di Trieste e, all’unanimità, dai Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle. A questo punto mi domando a nome di chi parli allora il sindaco Dipiazza».
Chiarezza e onestà con i cittadini, in merito alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione ed annesso metanodotto, è richiesta anche dai banchi dell’opposizione con il consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini). «Che si sappia in modo chiaro chi è a favore e chi è contro, non è più accettabile nessuna ambiguità - sostiene Decarli, dicendosi contrario a entrambi i progetti - su questo tema e certo non è leale scaricare ad altri le debolezze e le fragilità di alcuni partiti».

(p.c.)
 

 

«Dopo Krsko nessuna campagna informativa» - ACCUSA DEGLI AMBIENTALISTI
«Dopo l’incidente avvenuto alla centrale nucleare di Krsko non sono state lanciate campagne di informazione preventiva, nè a livello locale che nazionale, sulle conseguenze di possibili catastrofi di questo tipo. Così facendo, si rende la popolazione completamente impreparata ad affrontare un’emergenza radiologica». A lanciare l’allarme è Livio Bernot, dell’associazione ambientalista Greenaction trasnational (già Amici della Terra). «È un fatto grave - sottolinea Bernot - perchè un disastro alla centrale di Krsko poterbbe avere serie conseguenze su buona parte dell’Italia settentrionale».’

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 giugno 2008 

 

 

Gasdotto marino, giovedì la delibera in consiglio  - DOPO LA BOCCIATURA IN GIUNTA  -  Omero (Pd): è un gioco delle parti in attesa che la decisione arrivi da Roma

La delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che dovrebbe collegare il rigassificatore di Zaule alla rete nazionale, sarà discussa e votata dal consiglio comunale giovedì prossimo, appena in tempo rispetto al termine di 60 giorni dalla presentazione del progetto, che scade il 6 luglio.
Prima dell’aula, lunedì mattina tornerà a riunirsi la sesta commissione, presieduta da Roberto Sasco, presente anche il sindaco Dipiazza (che ha la delega all’ambiente), per entrare nel merito della delibera. Martedì il documento ripasserà in giunta per la versione definitiva, mentre mercoledì la sesta commissione discuterà gli emendamenti ed esprimerà il proprio parere. Giovedì, come detto, la parola passerà al consiglio, la cui seduta, vista l’importanza dell’argomento e la diversità delle posizioni, potrebbe trasformarsi, stando agli addetti ai lavori, in una maratona oratoria.
In questi giorni la delibera è intanto al vaglio delle circoscrizioni, due delle quali, la Terza (Roiano, Gretta, Barcola) e la Settima (Servola, Chiarbola, Valmaura) si sono pronunciate mercoledì sera, dando entrambe parere favorevole alla documento della giunta.
Alla Terza la delibera è passata con dieci voti (quelli di Fi, Udc, Sinistra democratica e Rifondazione), mentre sono state sette le astensioni (An e Margherita). «L’astesione di An – spiega il presidente, Sandro Menia – è stata scelta per non dire ”no” a priori. In ambito comunale ci sono ancora problemi tecnici non risolti. Si lascia una porta aperta, tutto è migliorabile».
Anche nella Settima circoscrizione An si è astenuta. La delibera ha ottenuto parere favorevole grazie ai voti di Fi e Udc (dieci in totale); il Pd e il gruppo misto sono invece usciti dalla sala prima della votazione. «Abbiamo votato a favore – precisa il presidente, Andrea Vatta – perchè siamo contrati alla costruzione di un gasdotto quando non si sa ancora se si farà il rigassificatore, sul quale peraltro ci siamo già pronunciati contro».
Nel frattempo il capogruppo del Pd in consilgio comunale Fabio Omero accusa di ambiguità la maggioranza in Comune, in Regione e al Governo. «Il famoso allineamento dei pianeti – afferma – impedisce al sindaco di scaricare sull’altra parte politica le responsabilità delle scelte. E Dipiazza si inventa una delibera che dice no al metanodotto, ma lascia aperta la strada alle trattative tra Comune, AcegasAps e Gas Natural. Il sottosegretario all’Ambiente di An – prosegue Omero – si dice d’accordo sull’impianto con tutte le necessarie garanzie, mentre il capogruppo di Forza Italia in Comune è intenzionato a rendere la delibera del metanodotto categoricamente negativa. Ma la stessa Forza Italia chiede conteporaneamente garanzie sulle royalties per la città».
Stiamo così assistendo, conclude Omero, a «un gioco delle parti che poco spazio lascia alla trasparenza delle decisioni; il tutto nella speranza che alla fine il via libera all’impianto arrivi direttamente da Roma».
GIUSEPPE PALLADINI


Negozi ecocompatibili: niente imballaggi, ci si porta il contenitore da casa - E il detersivo si acquista «alla spina»  - TRE I PUNTI VENDITA APERTI IN CITTA’

Detersivo come birra: alla spina. Una rivoluzione ecocompatibile ed economica che sta prendendo piede in città. A Trieste sono presenti tre punti rifornimento dove si può comprare la quantità preferita di detersivo ecologico per bucato, stoviglie o ambienti nonché saponi, bagnoschiuma e shampoo portandosi dietro i flaconi vuoti da casa. In questo modo vengono a essere eliminati flaconi e etichette, e si apporta un solido contributo alla salvaguardia ambientale, agli sprechi e all'eccesso di rifiuti.
La nuova frontiera per arginare il problema dello smaltimento dei rifiuti viene quindi dalla stessa produzione, o meglio non-produzione, di imballaggi: sulla base di quanto realizzato in Nord Europa e in Germania, il progetto di riduzione dei rifiuti da imballaggio sbarca anche in Italia nella grande distribuzione.
L'obiettivo di questa nuova spinta ecologista è quello di diminuire drasticamente gli undici milioni di tonnellate gettate nei cassonetti ogni anno in Italia nella raccolta differenziata: produrre meno rifiuti significa recuperare materie prime, far risparmiare il territorio, e soprattutto ridurre notevolmente le emissioni inquinanti nell'atmosfera. La soluzione proposta dalla ditta «Mille bolle point» promette di offrire un risparmio fino al 40% e propone prodotti per la pulizia e l'igiene sia come detersivi alla spina, sia come detersivi sfusi, oppure cosmetici confezionati e disinfettanti. La catena rivenditrice ha sede a Verona e in città è presente in via Giulia 84/a, via Madonnina 7/a e via Ghirlandaio 25. Qui il consumatore trova delle macchine ecologiche dalle quali gli verrà spillato il detersivo biodegradabile. È possibile acquistare il flacone sul posto, ma sarebbe una scelta saggia e consapevole riutilizzare quello vuoto di casa: «Il lavoro si concentra soprattutto la mattina – racconta il rivenditore di via Ghirlandaio – in media passano una decina di persone al giorno a ricaricare i fustini di detersivo, dagli anziani agli studenti la clientela è varia. Abbiamo fatto una leggera pubblicità per riuscire a tenere bassi i prezzi: da aprile abbiamo venduto 250 chili di ammorbidente e lo stesso di detersivo per lavatrice, da sei spine passeremo presto a diciotto, mentre se vogliamo accennare qualche prezzo possiamo dire che il detersivo per piatti costa 84 centesimi al litro, mentre una tanica da tre litri di detersivo per lavatrice viene venduta a quattro euro e 32 centesimi».

(l.d.)


Via del Veltro, sit-in in stazione - I CITTADINI CONTRO L’ANTENNA

Antenna delle Ferrovie di via del Veltro ancora alla ribalta. I vertici delle Ferrovie potrebbero incontrare la prossima settimana una delegazione degli abitanti della strada, che anche ieri hanno protestato con un volantinaggio in stazione e un assembramento sotto la sede di piazza Vittorio Veneto chiedendo che il traliccio sia spostato 200 metri più a valle, in un’area priva di abitazioni. Una promessa, seppure informale, è stata fatta ai dimostranti dall’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi. Per i protestatari ha parlato il Verde Alessandro Metz: «Visto che le leggi nazionali e sovranazionali bypassano in tema di impianti delle Ferrovie Comuni, Province e Regioni, i cittadini hanno diritto di chiedere un incontro per cercare una convergenza che accontenti tutti». Al centro del fronte protestatario, capeggiato dal consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli, il traliccio di 27 metri installato lungo i binari della ferrovia adiacente alla via del Veltro. Il timore degli abitanti è che il nuovo impianto con sistema di comunicazione Gsm-r, utilizzato per mantenere i contatti dei convogli nelle gallerie, con le onde elettromagnetiche possa danneggiare la salute.
(d.c.)
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 giugno 2008 

 

 

Gas Natural: «Rigassificatore in funzione nel 2012»  - Il Comune prepara la delibera sfavorevole al gasdotto, il sindaco insiste sull’opportunità per la città

«Il rigassificatore di Trieste entrerà in funzione nel 2012». Ieri mattina, proprio mentre in Comune partiva il dibattito sulla delibera che in prima istanza dà parere sfavorevole al gasdotto della Snam che dovrebbe collegare l’impianto alla rete nazionale del gas, da San Donato Milanese l’ufficio relazioni esterne della spagnola Gas Natural emetteva una nota che dà per scontata la realizzazione rapida del rigassificatore. Ancora, pressoché contemporaneamente, come si legge sopra, il sindaco Roberto Dipiazza che lunedì sarà presente alla Commissione urbanistica del Comune, presieduta da Roberto Sasco, dove si apriranno gli interventi politici, ribadiva la grande opportunità che per Trieste si prospetta con il rigassificatore il quale però già per due volte ha registrato il parere contrario da parte dello stesso Consiglio comunale. Situazione paradossale che già ieri in una seduta che doveva essere solo tecnica ha portato a un duro scontro in commissione tra Roberto Decarli dei Cittadini e Piero Camber di Forza Italia.
«Dobbiamo essere chiari nei confronti della città - ha detto Decarli - proporrò un emendamento per lasciare sulla delibera solo il punto uno che prende chiaramente posizione contro il gasdotto». «Basta comizi - ha replicato Camber - è esattamente quello che io mi proponevo di fare». E Alessandro Minisini del Pd ha chiesto l’audizione del sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto Menia.
Gas natural sottolineando il parere favorevole della Commissione di valutazione d’impatto ambientale ricevuto dal Ministero dell’Ambiente ieri ha evidenziato che «il rigassificatore di Trieste avrà due serbatoi da 140 mila metri cubi e una capacità annua di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi. 500 milioni di euro il valore previsto dell’investimento per la realizzazione dell’infrastruttura che si prevede entri in funzione nel 2012. L’impianto di Trieste - continua Gas Natural - contribuirà alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas naturale del sistema energetico italiano e garantirà maggiore stabilità al settore della distribuzione del gas, due obiettivi strategici prioritari della politica energetica del Governo italiano».
Si continuano però a registrare nel frattempo diversificate posizioni contrarie. «Con il rigassificatore a Zaule diciamo pure addio alla sviluppo del porto nuovo - ha affermato Sergio LUpieri consigliere regionale del Pd - l’appovvigionamento di Gnl attraverso navi gasiere bloccherà le attività collegate al Molo Settimo, alla Piattaforma logistica, alla Siot e alla Silone». Secondo Sergio Bisiani presidente di «Ambiente e è vita», la trasversalità dei consensi politici al rigassificatore «lasciano trasparire la predeterminazione della scelta e scarsa attenzione alle criticità ambientali e di sicurezza ripetutamente evidenziate dalle associazioni ambientaliste».
SILVIO MARANZANA


Cgil, Cisl e Uil: emergenza salari Sì al rigassificatore, no a Krsko  - LE RICHIESTE ALLA NUOVA GIUNTA

TRIESTE «Siamo pronti al confronto con la nuova giunta e auspichiamo che si mantenga la pratica della concertazione». Cgil, Cisl e Uil presentano la loro visione di Regione in otto pagine che rappresentano un vero e proprio programma da sottoporre al presidente Renzo Tondo, a cui è stato inviato due giorni fa, e alla sua squadra. La priorità assoluta, hanno indicato ieri i segretari regionali Franco Belci (Cgil), Giovanni Fania (Cisl) e Luca Visentini (Uil), è il recupero del potere d’acquisto dei salari. La strada individuata è quella di incentivare le aziende che realizzano la contrattazione integrativa aumentando quindi le buste paga. Un impegno verrà richiesto anche alla Regione (e di riflesso anche alla contrattazione decentrata in sanità e ricerca) quando si rinnoverà il contratto di comparto unico, introducendo il parametro dell’inflazione reale anziché programmata. I sindacati ribadiscono «la contrarietà ad un'estensione indiscriminata dello sconto Irap» e propongono agevolazioni fiscali anche per chi incoraggia il lavoro femminile, promuovendo trasferimenti più consistenti ai Comuni che non aumentano tasse e tariffe. Sul piano dello sviluppo economico Cgil, Cisl e Uil chiedono il sostegno ai distretti innovativi (caffè, nautica e navalmeccanica) e la revisione della legge sul commercio, apprezzando le indicazioni già arrivate dall’assessore Luca Ciriani. I sindacati allungano poi al 2015 l’orizzonte per la riconversione della Ferriera di Servola e auspicano l’avvio ed il completamento rapido delle bonifiche dei siti inquinati. Quanto ad Insiel, chiedono «la massima attenzione a sostenere lo sviluppo e a salvaguardare l'unità aziendale». Le politiche del lavoro partono dalla definizione di un accordo regionale trilaterale che favorisca la stabilità occupazionale, ritenuta essenziale anche per la sicurezza sul posto di lavoro, tema per il quale i sindacati puntano a una legge regionale sugli appalti che eviti la logica del massimo ribasso e preveda un monitoraggio del sistema di appalti e subappalti. Un giudizio positivo arriva sugli 8,5 milioni di euro della manovrina per le assunzioni in sanità (circa 200) ed è proprio sulle assunzioni (secondo i sindacati ce ne vogliono almeno 800) che si preme in maniera particolare, oltre a chiedere il riequilibrio della spesa sanitaria a favore dell’assistenza territoriale e domiciliare. Il documento presentato, da discutere con Tondo forse già la prossima settimana prima del confronto di merito con gli assessori, dice sì all'Alta Velocità e Alta Capacità ferroviario, con il consenso dei Comuni interessati, e apre al rigassificatore «dopo un'attenta valutazione del rapporto costo/benefici, dell'impatto ambientale e della sicurezza». Sull’energia nucleare, netto il no agli investimenti «su una centrale datata come quella di Krsko».
 (r.u.)
 

Ferriera: «Installato il nuovo filtro richiesto» - FATTO IL SECONDO INTERVENTO AIA

«È stata completata, nei tempi prescritti dalla Regione, anche la seconda delle prescrizioni Aia contenute nella diffida inviata alla Lucchini spa alla fine di maggio». Lo afferma Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola, confermando l’avvenuta «installazione del filtro a tessuto sull’impianto di aspirazione polveri a servizio dei vibrovagli nel reparto condizionamento coke». E, ricordando che la più «significativa» delle tre prescrizioni (l’intervento denominato Cok7-Sistema di riscaldo forni) era già stata ottemperata a fine maggio, Rosato assicura che anche la terza e ultima prescrizione contenuta nella diffida «sarà completata nei tempi e con le modalità tecniche previste dall’atto stesso: si tratta, in particolare, della realizzazione dell’impianto di aspirazione polveri a presidio delle operazioni di seconda vagliatura del coke». La direzione della Lucchini spa dichiara inoltre in una nota «il positivo controllo svolto recentemente dal Dipartimento provinciale di Trieste dell’Arpa, dei collaudi di tutte le prescrizioni Aia a scadere dicembre 2007. L’intensa attività svolta per ottemperare alle richieste si è integrata con quella produttiva dell’impianto siderurgico che, nel mese di maggio, ha registrato una crescita del margine operativo lordo grazie ai maggiori volumi di vendita della ghisa a prezzi più elevati. Il livello degli ordini è sempre alto con ricavi molto positivi».


Il Comune vuole riempire la Cava Faccanoni: previsto un percorso naturalistico  - GIÀ DEPOSITATI GLI SCARTI DELLA GRANDE VIABILITÀ

La voragine sarà colmata dagli inerti prodotti dai cantieri Un sentiero attrezzato porterà fino al parco Globojner
Nel giro di circa otto anni l’ex Cava Faccanoni non esisterà più. L’enorme voragine, inutilizzata da una ventina d’anni e oggi deposito dei materiali di risulta della costruzione della Grande viabilità, verrà completamente riempita e ricoperta di vegetazione.
Sarà il risultato dell’intervento di rinaturalizzazione morfologica e naturalistica che il Comune, proprietario della cava, intende far partire nel primo semestre 2009, come spiegato nella delibera di giunta approvata lunedì. L’ex Faccanoni diventerà deposito per gli scarti rocciosi compatibili (terra e materiale flyshoide) provenienti dalle cave e dai cantieri della Provincia - complessivamente 1.491.751.000 metri cubi - che verranno reimpiegati per colmare il «buco» più grande della città. Così la cava non solo darà una boccata d’ossigeno agli imprenditori edili triestini, oggi costretti a trasportare gli scarti fino alle discariche friulane, con costi ingenti. Ma darà vita anche a un nuovo sito di interesse turistico: verrà creato un percorso naturalistico, cioè un sentiero tra il verde che collegherà la curva Faccanoni al parco Globojner, portando triestini e turisti in cima a un’altura da cui avere una vista mozzafiato della città e del golfo. Il percorso sarà poi attrezzato con parcheggi e infopoint.
La Collini - titolare dei lavori per la Gvt - ha l’obbligo di depositare gli scarti nell’ex Faccanoni e ha già rinaturalizzato una sezione pari a 400mila metri cubi. «Visti i buoni risultati - spiega l’assessore ai lavori pubblici Franco Bandelli - sei mesi fa abbiamo commissionato uno studio all’associazione temporanea tra ”GeoAmbiente”, per accertare le condizioni per la prosecuzione dell’intervento, con il ripristino completo della vegetazione. Lo studio ha provato la fattibilità ambientale dell’opera, portando a tre ipotesi (di minima, massima e media) che differivano per la quantità di inerti da depositare. Abbiamo optato per la media (ulteriori 1.491.751.000 metri cubi, ndr.) perché è la migliore in termini ambientali, e appalteremo i lavori a un privato (i dettagli qui a lato ndr.). Solo una piccola parte, corrispondente agli ultimi tre ordini di gradoni in alto, sarà lasciata scoperta: lì - chiude Bandelli - il deposito di inerti impedirebbe la ricostruzione dell’habitat avifaunistico. Lasceremo che si ricostituisca autonomamente».

ELISA COLONI


Antenna di via Maovaz, il Comitato non molla  - IL TRALICCIO INSTALLATO A BORGO SAN SERGIO

Lettera di protesta a Dipiazza: inconsistenti le risposte ottenute da Comune e Arpa
La vicenda dell’antenna di via Maovaz a Borgo San Sergio non è conclusa: ne è certo il Comitato del rione sorto a tutela dell’ambiente, che ha inviato una lettera di protesta al sindaco Dipiazza. Dopo incontri, una manifestazione pubblica e un’istanza avanzata al Comune, il Comitato denuncia l’inconsistenza delle risposte ricevute dall’assessorato alla pianificazione territoriale e dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ai quesiti posti nell’istanza del 13 marzo scorso, e chiede la rimozione dell’antenna: viene lamentata la scorrettezza delle procedure seguite dagli organi comunali attraverso le quali si è resa possibile l’installazione dell’antenna, e la mancanza di successive operazioni di verifica e monitoraggio da parte dell’Arpa: «Il parere negativo - spiega il Comitato - sulla concessione edilizia fatta su base urbanistica e paesaggistica era infondato e non difendibile al Tar. Il diniego all’installazione avrebbe dovuto poggiare su una base più solida come il "principio di precauzione" che, nel dubbio, avrebbe obbligato Telecom a cercare un sito alternativo».
Il principio in questione è stato ufficialmente adottato a livello europeo come strumento di decisione nell’ambito della gestione del rischio in campo di salute. Il Comitato inoltre accusa l’Arpa di aver solo simulato il monitoraggio delle emissioni elettromagnetiche nella zona.
La risposta dell’assessorato datata 6 maggio 2008 evidenzia che l’impianto è stato realizzato nel rispetto dei limiti fissati per decreto ministeriale. Viene spiegato inoltre che il diniego annullato dal Tar è stato diretta conseguenza dei pareri favorevoli dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria. «Tenendo presente le numerose proteste dei cittadini - si legge nel documento - si è provveduto a chiedere alla Telecom di valutare la possibilità di trovare una localizzazione alternativa, concedendo eventuali immobili di proprietà comunale».
Non essendo pervenuta risposta, è stata inviata una nota di sollecito rimasta senza riscontro. La risposta dell’Arpa dello scorso 10 aprile è stata basata sui dati radioelettrici dell’antenna «Kathrein 742234» desunti dal proprio database e aggiornati con quelli forniti dai produttori delle antenne: il parere preventivo è stato effettuato con modalità cautelative e gli eventuali monitoraggi sono a pagamento.
La vicenda era iniziata lo scorso ottobre con l’installazione di un’antenna satellitare per telefonini in via Maovaz 11: i cittadini avevano raccolto 2204 firme inviate al Comune. Già nel 2005 una petizione dei residenti aveva fatto desistere l’amministrazione comunale dal concedere le autorizzazioni a un’antenna analoga. Tuttavia la compagnia telefonica aveva fatto ricorso al Tar ottenendo l’ok per l’installazione.
Linda Dorigo
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 giugno 2008 

 

 

 Rigassificatore, il Comune decide sul gasdotto  - L’assessore Rovis: «AcegasAps deve partecipare al business con almeno il 20%»

Antonini: «Le navi sono sicure, dell’impianto potrà beneficiare tutta la regione» - IL DIBATTITO SUL NUOVO PROGETTO
Il rigassificatore di Gas Natural che ha appena ricevuto il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente ritorna già questa mattina al centro del dibattito in Comune. A mezzogiorno il dirigente del Servizio ambiente, l’ingegner Gianfranco Caputi illustrerà alla Commissione urbanistica presieduta da Roberto Sasco e allargata ai presidenti delle circoscrizioni il progetto del gasdotto della Snam che dovrà collegare l’impianto di Zaule alla rete nazionale con un tratto sottomarino fino a Fossalon e un altro terrestre da Fossalon a Villesse. In discussione c’è la delibera con cui la giunta comunale ha detto un no al progetto che però è sostanzialmente tattico e ha lo scopo di alzare la posta e di acquisire armi appuntite per contrattare forti royalties per la città.
Il documento infatti al punto 1 esprime parere sfavorevole di compatibilità ambientale. Al punto 2 però chiede che la controparte ottemperi a una serie di prescrizioni «qualora il Ministero dell’Ambiente ritenesse comunque di approvare il progetto di compatibilità ambientale del terminal di rigassificazione Gnl di Zaule e conseguentemente il progetto di compatibilità ambientale del metanodotto». Quanto accaduto in questi giorni con il via libera del ministero al rigassificatore potrebbe innescare il passaggio all’ipotesi subordinata. Difficile che il Consiglio comunale che dovrà deliberare ai primi di luglio muti la delibera con un sì al metanodotto, ma è noto il fatto che il sindaco Roberto Dipiazza considera il rigassificatore un valore aggiunto per la città. Posizione questa avallata ieri dall’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis che però ha ribadito la conditio sine qua non: la «partecipazione al business» in particolare con una quota di Acegas-Aps nella società di gestione chiesta puntando in alto, anche qui con mossa tattica, addirittura nella misura del 20 per cento».
E proprio ieri il presidente di Assindustria Corrado Antonini aprendo l’assemblea annuale interna a Palazzo Ralli ha ribadito che il rigassificatore «deve essere visto come un’opportunità per il territorio di Trieste e della regione, per le imprese e per i cittadini». Ha anche evidenziato che «le tecnologie disponibili e gli standard di controllo attualmente applicati forniscono a impianti e gasiere la massima sicurezza». «Esistono nel mondo porti in cui le navi entrano ed escono con la frequenza di una ogni tre minuti - ha affermato ieri il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli - per cui il passaggio molto più ridotto di petroliere e gasiere non creerebbe a Trieste alcun problema. Al contrario - ha aggiunto - il rigassificatore offrirebbe alla città la bonifica di un’area molto più vasta e energia a basso costo».

SILVIO MARANZANA


«Le scelte sembrano sconfessare le opzioni turistiche per Trieste» - IL CENTROSINISTRA CONTESTA L’INDECISIONE - «Così si impone la città dell’energia»

Nei ritmi comunque lenti di Trieste, la città energetica sembra avanzare più rapidamente rispetto alla città turistica. Da un lato il nuovo Palacongressi resta un castello in aria e del Parco del mare nessuno sembra più voler parlare anche se il presidente camerale Paoletti assicura che anche la nuova giunta regionale sosterrà il progetto. Dall’altro lato invece il rigassificatore ottiene i primi via libera, l’oleodotto della Siot riprende un trend di crescita e Acegas-Aps che svolge un ruolo leader tra le multiutility del Triveneto si accinge a entrare nella sontuosa sede di palazzo Modello facendosi così anche materialmente spazio nel cuore della città, in piazza Unità.
«In realtà l’amministrazione di centrodestra non sa se spingere di qua o di là - denuncia Roberto Decarli consigliere comunale dei Cittadini - perché non ha un progetto di cosa dovrebbe essere Trieste tra cinque o dieci anni. Aspetta allora che sia il Governo a toglierle le castagne dal fuoco come sta accadendo ora per il rigassificatore». «In Consiglio comunale chiederò al sindaco Dipiazza - ha preannunciato il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli - se ritiene che il minsitro Scajola abbia ragione quando parla della nostra città come di un deposito di carburanti per l’Europa e se la vocazione turistica di cui la giunta comunale parla come di una priorità possa prevedere la presenza di gasiere che attraversano il golfo e scaricano in mare tonnellate di acqua fredda e cloro.
«A Panigaglia, in provincia di La Spezia esiste un rigassificatore dal 1992 - ribatte l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - e a poche centinaia di metri c’è la prestigiosa località turistica di Porto Venere. Nessuno dei turisti vip si è mai accorto di nulla». Va rilevato comunque che il dibattito sul progetto di ampliamento del rigassificatore ha provocato il commissariamento del Consiglio comunale.
Roberto Sasco, presidente della Commissione urbanistica del Comune vede proprio nel rigassificatore uno dei fulcri di «un nuovo polo logistico-portuale integrato con la retrostante zona Ezit comprendente il terminal ro-ro, i moli Quinto, Sesoto e Settimo, la nuova Piattaforma logistica con il Molo Ottavo, l’area dell’ex Ferriera, il terminal della Siot».

(s.m.)


Pescatori triestini contrari «Specie marine a rischio»  - PROTESTA LA CATEGORIA  - La parte terminale dell’impianto passerebbe in una «nursery» ittica

I pescatori triestini sono contrari al rigassificatore e al gasdotto. Interviene sul tema Andrea De Carli, presidente del consorzio piccola pesca del Golfo di Trieste e Monfalcone: «L'economia della provincia, di numerose famiglie di Trieste, Duino Aurisina e Muggia, ma anche delle zone del monfalconese – sostiene de Carli – potrebbe subire gravi contraccolpi da una scelta politica che non tiene conto di chi con il mare ci lavora ogni giorno».
Sostanzialmente De Carli chiede di essere ascoltato in via formale, ma anticipa anche le proprie motivazioni di dissenso nei confronti della realizzazione del progetto sul rigassificatore marino: «Sono tre i punti fondamentali che nulla hanno a che fare con le grandi scelte politiche, ma riguardano la vita di molte famiglie che vivono di pesca in provincia di Trieste: la risospensione dei fanghi del Vallone di Muggia, legata alla realizzazione del terminale, può causare conseguenze a lungo termine sul prelievo delle biomasse ittiche ed in coltura, che gravitano nelle prossimità delle tre dighe foranee».
Non è finita. «Dal punto di vista della quantità di pesce presente nel golfo – incalza De Carli – è importante ricordare ai politici che la parte terminale del gasdotto passerebbe in una importante "zona nursery", che consente la crescita di specie ittiche pregiate, cefalopodi e crostacei, comprese anche alcune specie protette, come le fanerogame marine. E ancora - conclude De Carli - oltre al periodo dei lavori che non consentiranno ai pescatori di operare nelle vicinanze, l'intorbidimento potrà avere ricadute pesanti sui già ridotti popolamenti ittici che stazionano in tali aree in una fase delicata della loro vita».
Insomma, secondo il presidente del consorzio piccola pesca si andrebbe in contro a un impoverimento del mare, con la conseguente, ulteriore, crisi economica dei pescatori della provincia di Trieste e, dice, «E' importante che chi deve decidere a terra si ricordi che un mare senza pescatori professionisti è un mare sterile».
Una posizione condivisa anche da Guido Doz, responsabile regionale di Agci pesca. «Pur con tutte le migliorìe possibili - rileva Doz - il rigassificatore provocherebbe gravi danni all’ambiente marino a causa della lingua d’acqua fredda che finirebbe in mare. Quanto al gasdotto finirebbe per provocare l’inibizione alla pesca di altri settori del golfo».
(fr.c.)


Ancora proteste degli abitanti per il traliccio collocato in via del Veltro - Antenna delle Ferrovie in zona Baiardi  - Altri sei pali previsti vicino alle gallerie

Si apre un nuovo fronte sulla questione antenne delle Ferrovie. Ieri mattina, dopo quella di via del Veltro, un’antenna alta 27 metri che permetterà il funzionamento del sistema di comunicazione Gsm-r utilizzato per mantenere i contatti con i convogli nelle gallerie è stata collocata nella zona di via dei Baiardi, vicino alla galleria ferroviaria di Cologna sud. Così, mentre in via del Veltro la gente si raccoglieva attorno alla commissione trasparenza del Comune, nella zona di via dei Baiardi-Clivio Artemisio la gente, alla vista della struttura che un elicottero stava calando dall’alto, è sobbalzata: sono intervenuti i carabinieri per sedare gli animi. Spiega Claudio Pavlovich, residente in via dei Baiardi: «Ho sentito un elicottero sopra la mia testa, poi ho visto il cavo per la posa dall’alto della struttura. Sono preoccupato ma credo lo siano di più quanti abitano in Clivio Artemisio, col palo a 30 metri dalle case».
I cittadini temono che le onde elettromagnetiche del Gsm-r possano nuocere alla salute: da ciò proteste e sollecitazioni al Municipio. Spiega il dirigente del Comune Carlo Tosolini: «Le Ferrovie non hanno bisogno di alcuna concessione edilizia né urbanistica. Assieme alla Regione e alla Soprintendenza abbiamo fatto ricorso al Tar, ma abbiamo perso».
L’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi osserva però che «il Tar ci ha dato ragione perché la sicurezza è imprescindibile per il sistema ferroviario. E le antenne previste sono tutte collocate nei pressi delle gallerie». Oltre a via dei Baiardi e Veltro, verranno insediati tralicci da 18 metri a valle della rotatoria di strada di Rozzol e nei pressi della galleria Sottomonte, sotto l’obelisco di Opicina (27 metri). Un altro impianto, di impatto minimo (4 metri) è previsto a Cologna Nord, in zona Commerciale alta. Un Gsm-r (altezza 3,70 metri) anche in Villa Carsia. Sotto Casa Serena, a nord dell’abitato di strada per Longera, è prevista una struttura (28 metri), così come all’imbocco della galleria ferroviaria sotto Campo romano a Opicina (28 metri).
La Trasparenza promuoverà un incontro la prossima settimana, con la presenza di Tosolini, delle Ferrovie, dell’Arpa, nonché degli abitanti protestatari per cercare una via di uscita. Ieri in via del Veltro il consigliere Alfredo Racovelli (Verdi) ha notato che il sindaco potrebbe far ricorso al Consiglio di stato: una soluzione che avrebbe l’appoggio dell’opposizione. Bruno Sulli (An), ha avanzato il timore che l’installazione di nuove antenne preluda all’avanzare della telefonia mobile.
Daria Camillucci
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 giugno 2008 

 

 

Rigassificatore, regole severe per partire - Le prescrizioni motivate dal fatto che l’area rientra nel Sito inquinato nazionale

Prescrizioni su diversi fronti e relative a svariati aspetti, dalle caratterizzazioni e bonifiche ai monitoraggi del sistema biologico marino, dall’integrazione del rigassificatore con la centrale elettrica della Ferriera alle prese per l’ingresso e lo scarico dell’acqua di mare usata nel processo di rigassificazione.
Si tratta di una serie di punti molto dettagliati e precisi, fissati dalla commissione ministeriale Via (valutazione d’impatto ambientale), alla cui esecuzione è legata la validità del parere favorevole alla compatibilità ambientale del progetto del gruppo Gas Natural, nell’area ex Esso, che la stessa commissione ha deliberato venerdì scorso.
Il problema di fondo nasce dal fatto che l’area ex Esso è situata all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale, che include anche il vallone di Muggia, nel quale è prevista la costruzione del pontile per l’attracco delle navi gasiere, nonchè della presa e dello scarico dell’acqua marina usata dal rigassificatore.
L’area del fondale dove sorgeranno il pontile e altre opere a mare dovrà quindi essere «caratterizzata», per conoscerne il grado di inquinamento e la natura degli inquinanti, ed eventualmente bonificata.
Il materiale risultante dalla bonifica (sia dell’area a terra sia di quella a mare) dovrà essere trasportato in prevalenza via mare. Saranno poi necessari un piano per regolamentare al meglio il traffico dei mezzi usati nella bonifica, e un piano per gestire il materiale inquinato che lascerà l’area in cui si precisino anche le discariche da utilizzare.
Prescrizioni sono previste pure per il gasdotto necessario al collegamento tra l’impianto di Zaule e Villesse (nodo della rete nazionale) che attraverserà il golfo, e sulla cui compatibilità ambientale la giunta comunale di Trieste si è pronunciata in maniera contraria nei giorni scorsi. Riguardo dunque a questo gasdotto, prima della conferenza dei servizi, in cui gli enti coinvolti saranno chiamati a raggiungere un’intesa con la Regione, dovrà essere ottenuto il documento sulla compatibilità ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente.
GIUSEPPE PALLADINI


RIGASSIFICATORE - Controlli dove esce l’acqua di mare - I trasporti vanno fatti solo via mare

Gas Natural dovrà predisporre assieme ad Arpa e Icram un piano di illustrazione e monitoraggio (sull’arco di dieci anni) delle specie che vivono attorno al punto di scarico dell’acqua di mare. Sarà necessario anche un piano per il controllo fisico-chimico dell’acqua marina.
Il trasporto del materiale risultante dalla bonifica dell’area ex Esso e della zona a mare dovrà essere effettuato via mare, a meno di altre soluzioni da trovare con gli enti locali. Dovranno essere predisposti e approvati un piano per il traffico dei mezzi e uno per la gestione dei terreni inquinati.
Integrare il progetto con quello della Ferriera

FRIGORIE
Dovrà essere presentato un progetto di integrazione con la centrale elettrica della Ferriera, proprietà della società Elettra Glt, per ridurre lo spreco e l’impatto ambientale delle frigorie e del cloro risultanti dallla rigassificazione. Le frigorie serviranno al raffreddamento della centrale.
Documento da presentare alla Conferenza dei servizi

COMPATIBILITÀ
Alla conferenza dei servizi dovrà essere presentato il documento sulla compatibilità ambientale, emanato dal ministero dell’Ambiente, del gasdotto di 46 chilometri che allaccerà l’impianto di Zaule alla rete nazionale (nodo di Villesse) passando attraverso il golfo di Trieste.
Tener conto che le opere sono nel Vallone di Muggia

SEDIMENTI
Poichè il Sito inquinato comprende anche il Vallone di Muggia, la realizzazione delle opere a mare (pontile di attracco, presa e scarico di acqua marina) dovrà essere preceduta dalla caratterizzazione dei sedimenti delle aree interessate dai lavori.
Vanno monitorate le realtà esistenti

SPECIE MARINE
Prima dei lavori a mare dovrà essere effettuato il monitoraggio del complesso delle specie esistenti nel tratto di mare, e durante i lavori tale monitoraggio dovrà essere svolto con il cojnvolgimento dell’Arpa. Un analogo monitoraggio dovrà riguardare i sedimenti del fondale interessato dai lavori.
Introdurre i pannelli fotovoltaici

KYOTO
Per rispettare le direttive di Kyoto, l’ illuminazione esterna dell’area del rigassificatore dovrà essere alimentata da pannelli fotovoltaici, e al fine di ridurre l’impatto paesaggistico dell’impianto è necessario un progetto per gli interventi di ingegneria naturalistica e per quelli relativi al verde
 

 

Sasco: sul gasdotto marino rimaniamo contrari  - L’ESPONENTE DELL’UDC  - «Carente l’analisi costi-benefici. In questa situazione non si può dare parere favorevole»

Ribadita la richiesta di un depuratore fognario di ultima generazione quale «royalty» a favore della città
«L’Udc di Trieste e quella regionale appoggiano la delibera con cui la giunta comunale ha dato parere sfavorevole alla compatibilità ambientale del gasdotto di collegamento fra il rigassificatore di Zaule e il nodo della rete nazionale a Villesse». Lo dichiara Roberto Sasco, capogruppo Udc in consiglio comunale e presidente regionale del partito, precisando che la delibera è ora al vaglio dei consigli circoscrizionali per poi passare alla commissione Urbanistica e ambiente e in consiglio comunale.
Attualmente non sussistono, sempre secondo l’Udc, le condizioni per un parere favorevole e incondizionato alla costruzione del gasdotto, in quanto l’analisi costi-benefici è carente. «Non si evincono chiaramente – sottolinea Sasco – i costi indiretti e sociali legati alla realizzazione dell’opera e i benefici determinati dalla realizzazione dell’impianto, con le ricadute per la collettività. Pertanto, nel caso il governo desse il via libera alla realizzazione dell’impianto Gnl, l’Udc si impegnerà a livello locale, regionale e nazionale affinché venga recepita una serie di prescrizioni che costituiscono condizioni per lo sviluppo della città».
Il dettaglio delle richieste si apre con la realizzazione di un depuratore fognario di ultima generazione, quale concreta royality a favore della città, e prosegue con l’acquisizione di significative quote nella società di gestione del terminal Gnl da parte di AcegaAps, al fine di garantire nel tempo concreti benefit e ricadute sul territorio, e con quella di garanzie in fase di gestione dell’impianto Gnl dei livelli occupazionali diretti e nell’indotto locale, e ancora con il coinvolgimento prevalente nella realizzazione dell’opera delle categorie economiche e dell’imprenditoria locale.
Le richieste dell’Udc prevedono poi la bonifica integrale del sito inquinato interessato e non una semplice messa in sicurezza, la realizzazione contestuale della «filiera del freddo» con cessione gratuita delle frigorie prodotte alle industrie, e la verifica della compatibilità in termini di sicurezza della presenza dei terminal dell’oleodotto, del rigassificatore e del gasdotto, anche in relazione alla movimentazione delle petroliere e delle gasiere, e infine una contestuale pianificazione della riconversione dell’area della Ferriera per progettare un polo logistico-portuale integrato con la zona Ezit.


Progetto «Acquario»: tutti assolti  - LA CORTE D’APPELLO CONDANNA IL WWF A PAGARE LE SPESE  - Al centro del caso muggesano comunicazioni sul Sito inquinato

TRIESTE Nel processo di primo grado era stato assolto Manlio Romanelli, già amministratore unico della società che aveva promosso l’interramento di «Acquario», la vasta area posta tra Punta Olmi e Punta Sottile su cui doveva essere realizzato uno stabilimento balneare e un’area dedicata al tempo libero.
Ieri la Corte d’appello, presieduta da Mario Trampus, ha pronunciato una analoga sentenza di proscioglimento per gli altri quattro imputati. Sono Aldo Mazzocco, già al vertice di Marina Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori d’interramento; Corrado Del Ben, già vice presidente di «Acquario» ed Ervino Leghissa, legale rappresentante della Duino Scavi, erano stati condannati in primo grado dal Tribunale ma ieri l’assoluzione è stata ampia. «Il fatto non sussiste» si legge nel provvedimento, sia per quanto «concerne gli obblighi di comunicazione», sia per «l’omessa bonifica del Sito inquinato».
Allo stesso tempo la Corte d’appello ha condannato il Wwf, che si era costituito parte civile, al pagamento delle spese di giudizio. Ma non basta. Ai quattro imputati clamorosamente assolti ieri, dovrà essere restituita al più presto la «provvisionale» di 200 mila euro che il giudice Luigi Dainotti aveva assegnato in parti uguali ad «Acquario» e alla «Imes», la società finanziaria a cui «Acquario» faceva riferimento.
Le motivazioni della sentenza di assoluzione saranno depositate entro tre mesi e solo in quella occasione si potrà comprendere appieno ciò che ha spinto la Corte d’appello ad assumere questa decisione. Ieri nel corridoio antistante l’aula in cui si era svolta l’udienza, gli avvocati hanno cercato di leggere nel «dispositivo», qualche anticipazione di ciò che si saprà a fine estate. Il «punto nodale» nel giudizio quasi unanime dei difensori è rappresentato dal Decreto legislativo 152 del 2006 che ha modificato la precedente normativa. In pratica ha cancellato il reato di omessa bonifica del Sito inquinato.
«Per questo decreto l’Italia è già finita sotto inchiesta a livello di Unione europea» hanno affermato alcuni ambientalisti che su questo processo e su altre inchieste avevano costruito a proprio beneficio un piccolo gruzzolo di credibilità e di visibilità politica. Altri invece, appena appreso che l’esito del processo era favorevole agli imputati, si sono lasciati andare a reazioni più emotive. «Andremo in Cassazione» hanno promesso i primi mentre gli altri si allontanavano incerti sul da farsi.
L’inchiesta sul caso «Acquario» era stata avviata dal pm Maddalena Chercia, in base a una serie di esposti che chiedevano di fare luce sull’interramento avviato tra Punta Olmi e Punta Sottile. Lì erano finiti 120 mila metri cubi di materiale (terra e rocce da scavo) contenenti anche sostanze inquinanti provenienti per una certa percentuale anche dalla bonifica dell’ex Cantiere navale San Rocco, ora divenuto porto turistico. Il primo metro di spessore del terreno dell’ex cantiere, inquinato da cento anni di attività industriale, è stato posto in due sarcofagi a tenuta stagna. Lo strato sottostante è finito invece a Punta Olmi: 45 mila metri cubi nella prima «tranche» di lavori, 70 mila nella seconda. Le analisi effettuate dall’Arpa, l’Agenzia ragionale per la protezione ambientale, avevano segnalato la presenza di piombo, cadmio e idrocarburi in misura non compatibile con l’utilizzazione dell’area interrata come verde pubblico.
CLAUDIO ERNE’



Alberi tagliati - EX MADDALENA

Al signor Callegari: gli alberi si reimpiantano? Non lo si sapeva, peccato ci vogliano anni per diventare rigogliosi e frondosi. Gli unici a poter essere piantati/estirpati/reimpiantati a piacere, secondo svariati progetti ormai giornalieri, sarebbero quelli pronti... in plastica! È mai possibile che nelle cosiddette riqualificazioni zonali o nuove costruzioni sia sempre il preesistente verde che «intrìga»? Ed i Verdi che dovrebbero salvaguardarlo (vedi ex comprensorio Maddalena) dove sono?
Nevia Ferrari
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 giugno 2008 

 

 

I residenti di via del Veltro contro l’antenna  - Traliccio delle Ferrovie a poche decine di metri dalle case: i cittadini temono emissioni nocive

INSTALLATO IL MANUFATTO ALTO 25 METRI
«Mi affaccio alle finestre di casa e me la trovo davanti, imponente come un traliccio dell'alta tensione»: con queste parole Giorgio Umek, residente in via del Veltro 21, descrive l'antenna di proprietà delle Ferrovie dello Stato istallata alcuni giorni fa nel rione di San Giacomo.
L'antenna, alta circa 25 metri, permetterà il funzionamento del sistema di comunicazione «Gsm-r» utilizzato per mantenere il contatto con i convogli all'interno delle gallerie e garantire così la sicurezza. Ma i cittadini temono che le sue emissioni possano nuocere alla salute e nonostante le diffide presentate dal Comune, dalla Regione e dalla Soprintendenza alle Ferrovie, queste ultime si sono rivolte al Tar che ha dato il via libera al posizionamento dell'antenna.
Nel caso di San Giacomo non è stato possibile avvalersi dell'escamotage ambientale perché la zona è priva di tutela paesaggistica e le Ferrovie hanno così ottenuto anche il permesso dell'Arpa e, sulla base della legge nazionale, possono edificare a loro piacimento questo genere di strutture senza dover richiedere alcun permesso, nemmeno il parere dell'Azienda sanitaria.
I residenti hanno protestato ma non c'è stato nulla da fare: «Quando esco in poggiolo - continua Umek - la distanza che mi separa dall'antenna è di venti metri circa, è uno spettacolo dal forte impatto non solo visivo ma anche della salute, che va a svalutare l'intero condominio. Nessuno sa bene che funzione abbia il traliccio, alcuni dicono sia di qualche compagnia telefonica e altri che appartenga alle Ferrovie, resta comunque il fatto che rappresenta un grave danno per la salute e desideriamo che l'opinione pubblica sia a conoscenza di quanto sta accadendo».
Di analoga opinione anche Sergio Cossutta, residente al civico 25: «Con le tecniche odierne è assurdo l'utilizzo di simili marchingegni, e credo che a beneficiare dell'antenna non saranno solo le Ferrovie ma sicuramente anche qualche compagnia di telefonia mobile. Inizialmente - spiega - era stato previsto di installare l'antenna nelle vicinanze dell'Ippodromo, all'inizio della salita di via del Veltro vicino al civico 70, ma i cittadini sono andati a protestare in circoscrizione. Questa si è rivolta al Comune il quale ha suggerito lo spostamento dell'antenna in una sede più distante dalle abitazioni ma i tecnici delle Ferrovie hanno pensato bene di posizionarla davanti al poggiolo dello stabile al numero 21».
Nella questione è stata coinvolta anche la quinta circoscrizione: «Non siamo stati avvisati di nulla - esordisce il presidente Silvio Pahor - in una mattinata l'antenna è stata installata e la circoscrizione non ha ricevuto alcun parere consultivo e tantomeno è stato comunicato il posizionamento dell'antenna al Comune. I cittadini di via del Veltro si sono mobilitati - continua Pahor - inizialmente mi hanno contattato affinché io portassi la questione in Comune e, insieme al sindaco e al dirigente competente, si trovasse un sito alternativo per l'insediamento. Successivamente è stato fatto un sopralluogo nella zona e il sindaco Dipiazza ha risposto che la questione è particolarmente difficile dal momento che gli interessi nazionali, appartenenti alle Ferrovie dello Stato, sovrastano e scavalcano quelli locali. Il sindaco ha comunque garantito di proseguire nell'opera di resistenza».
Da questo punto di vista il Comune ha fatto sapere di essere ricorso al Tar il quale ha rigettato l'istanza dando così il via libera all'installazione e che, nonostante ciò, proseguirà nell'opposizione al provvedimento ricorrendo al Consiglio di Stato.

 (l.d.)

 
A Barcola catena umana contro lo scudo spaziale - COMITATO DI PROTESTA

Una catena umana di pace contro il progetto statunitense di «scudo spaziale», è stata realizzata ieri nella zona della fontana di Barcola.
L'iniziativa è stata promossa dal Comitato triestino contro lo scudo stellare, nell'ambito della Giornata mondiale di sciopero della fame che, coinvolgendo anche altre città in Italia e all'estero, invita a non mangiare per un giorno, allo scopo di indurre i potenti a destinare le spese militari in campagne alimentari. Nel corso della manifestazione, è stato anche posto l'accento sulla «militarizzazione cui è sottoposto il Friuli Venezia Giulia».


PIAZZA LIBERTÀ  - Non tagliate gli alberi

In genere mi occupo anzitutto dei problemi degli altri; sono sensibile alle esigenze dei giovani, mi preoccupano le loro difficoltà d’inserimento lavorativo, la loro crisi di valori.
Ma per una volta mi permetto di essere egoista: ho 73 anni e vorrei godere ancora, assieme ai mei coetanei, dell’ombra, del profumo, della bellezza, dell’aria purificata che gli alberi secolari di piazza Libertà ci offrono con gratuita munificenza. Non intendo, questa volta, pensare ai miei nipoti che, se sopravviveranno gli stentati e ridicoli alberelli impiantati, al pari di quelli sulle rive, lungo i marciapiedi della piazza, potranno forse godere di un po’ di verde ai lati di un’autostrada a otto corsie. Per una volta, cari amministratori, pensate anche agli egoisti.
Clara Girotto


RIGASSIFICATORE - Rischi da valutare

Abito a Valmaura zona interessata al progetto del rigassificatore a terra dalla Gas Natural e vorrei conoscere in modo preciso e documentato quali conseguenze ci sarebbero per i cittadini in caso di incidente o attentato a questo tipo di impianti.
Sono, assieme a tanti miei concittadini, estremamente preoccupato perché organi di informazione, pubblicazioni scientifiche, specialisti della nostra università e delle istituzioni scientifiche stanno ripetendo, inascoltati dai nostri amministratori, che questi sono impianti ad alto rischio e assolutamentamente inadatti a essere localizzati all’interno di aree densamente popolate e ricche di impianti industriali con fiamme, libere (ferriera, centrale a gas, termovalorizzatori, ecc.).
A conferma di ciò ricordo solo che i rigassificatori sono considerati impianti a rischio di incidente rilevante e rientrano nella direttiva Seveso, per cui come riportato in una relazione del ministero dell’Ambiente di qualche tempo fa, a nome di Dario Giardi, «... i rigassificatori possono essere costruiti ma a debita distanza dai centri abitati e dagli impianti industriali ad alto rischio».
Sempre per motivi di sicurezza è previsto che le navi gasiere debbano attraccare con la prua rivolta al largo per potersi allontanare rapidamente in caso di incidente, mentre nella fase del loro avvicinamento alla zona di attracco il traffico marittimo verebbe bloccato in una fascia di navigazione molto ampia toccando anche la compatibilità con l’attività portuale. Inoltre, negli Stati Uniti, dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, hanno deciso di dismettere gradualmente gli impianti a terra e di adottare solo impianti costituiti da navi gasiere con il rigassificatore a bordo. Queste navi si ormeggiano al largo, ben lontane dalla costa, rigassificano il gas liquido e lo mandano direttamente in rete: il tutto con costi estremamente inferiori a quelli previsti con il sistema Gas natural.
Oltre al problema sicurezza ci sono però altre informazioni, poco pubblicizzate e mai confutate, che non possono lasciare indifferenti. Ne elenco solo due, tra esse legate: 1) i rigassificatori in Spagna sono attualmente quasi tutti fermi per mancanza di Gnl in quanto i Paesi produttori per carenza di infrastrutture, riescono a rifornire a malapena il 50% della domanda mondiale; 2) la delibera n. 178. art. 13, comma 2, emanata dell’Autorità dell’energia manleva dal rischio d’impresa. In pratica, il «fattore garanzia» offre a chi costruisce un terminale, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto (fatto molto probabile vista la carenza di Gnl a livello mondiale), la copertura dell’utile, che sarebbe comunque garantito recuperando le perdite con l’addebito sulle bollette dei consumatori, cioè: noi cittadini dovremmo pagare il mancato utile dell’impresa.
Non mi dilungo oltre ma ritengo che i nostri amministratori dovrebbero coinvolgere la comunità scientifica che a Trieste non manca, per approfondire l’argomento e procedere alle scelte non in base a interessi immediati, che paiono puramente speculativi, ma in base alle effettive compatibilità ambientali ed economiche.
Come altri hanno ricordato su questo giornale, già in altre occasioni i politici hanno dato credito alle imprese snobbando e denunciando chi paventava pericoli, e poi sono successe tragedie come il Vajont o Chernobyl.
Lauro Linardon
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 giugno 2008 

 

 

Krsko, sei operai contaminati dalle radiazioni  - AVEVANO RIPARATO IL GUASTO DEL 4 GIUGNO
Le autorità slovene: dosi minime sotto i livelli di guardia, uguali a quelle assorbite da chi va in aereo
KRSKO Sei operai, in prevalenza saldatori, sono rimasti contaminati durante i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale nucleare di Krsko, episodio che per alcune ore, lo scorso 4 giugno, aveva fatto scattare l’allarme atomico in tutta Europa. La dose di radiazione che hanno ricevuto non è comunque tale da destare proccupazione.
Nessuno è in permesso malattia e tre di essi, in questi giorni, sono tranquillamente in ferie. La notizia, confermata dalla Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, è stata pubblicata dal quotidiano zurnal24.
La contaminazione è dovuta al fatto che i sei operai, per riparare il guasto alla centrale, ossia per sostituire una valvola del sistema di raffreddamento del reattore, hanno dovuto lavorare in punti difficilmente accessibili, e questo ha impedito loro di usare le maschere ad aria compressa, le uniche che avrebbero garantito loro il massimo livello di protezione.
Hanno dovuto invece usare semplici maschere antigas con il filtro. Sono rimasti pertanto contaminati da due isotopi di cobalto, il Co 58 (13.000 Bq) e il Co 60 (1.030 Bq). La dose di radiazione ricevuta (14.030 Bq) non è però preoccupante, rilevano alla Direzione per la sicurezza nucleare, ed equivale alla radiazione cui una persona è sottoposta, per esempio, durante un lungo viaggio in aereo. La contaminazione era così ridotta, scrive il giornale riportando fonti della Direzione slovena per la sicurezza nucleare, che i rilevatori personali non l’hanno nemmeno registrata. Solo un controllo completo e dettagliato dei sei ha fatto emergere l’accaduto. Tutto comunque, assicurano gli esperti, è rimasto sotto il limite dei livelli di contaminazione consentiti, considerato il tipo di lavoro e il luogo in cui è stato svolto. La centrale nucleare di Krsko – 130 chilometri da Trieste in direzione nordest, a ridosso del confine con la Croazia – è stata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea lo scorso 4 giugno, quando un guasto all’impianto aveva fatto scattare l’allarme nell’Unione europea e in particolare nella nostra città, rientrato dopo poche ore. Il reattore è stato comunque spento e raffreddato, dopo di che si è proceduto alla sostituzione della valvola difettosa. La centrale di Krsko è stata nuovamente collegata in rete gia' il 9 giugno. La settimana scorsa, l’impianto è stato visitato anche da un gruppo di esperti italiani.
 

KRSKO - L’esperto: rischi sotto controllo - MASSIMO BOVENZI, DOCENTE DELL’UNIVERSITÀ DI TRIESTE
TRIESTE - Arriva come un fulmine anche a Trieste la notizia degli operai rimasti contaminati durante i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale nucleare di Krsko.
Massimo Bovenzi, docente dell'Università di Trieste, esperto in medicina del lavoro non ha però dubbi: «In queste condizioni, non si corre nessun rischio».
«Dalle notizie riportate dalle agenzie - commenta Bovenzi - si apprende che gli operai sono stati contaminati, ma senza conoscere a fondo la situazione, non mi posso sbilanciare su come è avvenuta la contaminazione radioattiva o sul livello di contaminazione».
«Il tutto dipende dal tipo di nuclide» aggiunge Massimo Bovenzi, ricordando che nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include in teoria tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per qualsiasi via essa si sia prodotta. «Comunque – aggiunge – con i dati a nostra disposizione, visto che le agenzia riportano già la notizia che gli operai hanno dovuto togliersi le maschere ad aria compresa, usando invece maschere antigas con il filtro, si può apprendere che le sostanze radioattive sono state inalate».
«Dobbiamo ricordare che in questi casi comunque gli operai sono altamente qualificati e preparati per qualsiasi tipo di evenienza» conclude Bovenzi.
(ga.pr.)


MUGGIA - Mozione Fi contro i rigassificatori - VENERDÌ IN CONSIGLIO

 Anche il gruppo consiliare muggesano di Forza Italia ha elaborato una mozione contraria ai progetti per la realizzazione dei due rigassificatori di Gnl proposti dalle società spagnole Gas Natural ed Endesa: sarà posta al voto nella seduta del prossimo Consiglio comunale previsto a Muggia venerdì alle 18. Claudio Grizon, capogruppo, ricorda tra le altre motivazioni per il parere negativo che «l'impianto a terra proposto dalla Gas Natural dovrebbe contenere 300.000 metri cubi di Gnl, che equivalgono a 180 milioni di litri di gas, in due serbatoi, e che il pontile di attracco delle metaniere verrebbe collocato proprio all'ingresso del Canale navigabile: tale impianto avrebbe una capacità di 8 miliardi metri cubi/anno e comporterebbe l'arrivo di circa 110 navi l’anno, una ogni 3 giorni».
La mozione rammenta anche che lo stesso presidente della Regione Renzo Tondo ha recentemente dichiarato, dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovic, che «una struttura a mare non si può fare» e, pur affermando di non avere «pregiudizi ideologici sull'impianto a terra», ha inoltre precisato di ritenere che «la morfologia del territorio triestino poco si adatti a questa soluzione».
«Considerata la vocazione residenziale e turistica del comune di Muggia» la mozione del gruppo Fi «esprime nuovamente la propria contrarietà all'eventuale realizzazione dell'impianto proposto dalla società Gas Natural nell'area ex Esso del comune di Trieste e a quello della società spagnola Endesa che prevederebbe una piattaforma galleggiante nel Golfo di Trieste tra Grado e la Slovenia e impegna il sindaco a esprimere in ogni sede istituzionale e politica utile la contrarietà del Comune» ai progetti.


Rifiuti e oli come difendere il nostro mare - DIPORTISTI ED ECOSISTEMA

Difendere il mare è uno dei principali fini istituzionali della Lega Navale Italiana, favorendo la tutela dell'ambiente marino e delle acque interne e sviluppando le iniziative promozionali, culturali, naturalistiche e didattiche idonee al conseguimento degli scopi dell'Associazione. Una importante attività di protezione dell'ambiente marino attraverso due funzioni convergenti: la sensibilizzazione dei giovani e degli adulti sui problemi ambientali l'opera concreta e la fattiva "predisposizione" volta alla conservazione, alla tutela ed al risanamento di spiagge, tratti di mare e fondali marini.
E proprio sabato scorso si è svolta nello specchio acqueo della "Sacheta" la pulizia dei fondali, un'attività che sensibilizza notevolmente chi del mare ne fa una passione, un divertimento,l un luogo di ritrovo. Le attività finalizzate alla tutela dell'ecosistema marino sono state svolte con gli Enti Locali ed in collaborazione con i Gruppi Sommozzatori della Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Carabinieri e Polizia di Stato e con le maggiori organizzazioni a carattere nazionale e locale che istituzionalmente svolgono tali compiti.
Per il futuro la Lega Navale Italiana intende incrementare la partecipazione degli studenti alle sue attività ambientalistiche ed in tal senso ha già stipulato, con l'ausilio delle proprie Strutture Periferiche, numerose convenzioni con Provveditori e Presidi. Nella esecuzione di tutti nostri programmi di avviamento pratico agli sport acquatici, verrà dato primario rilievo alla sensibilizzazione dei giovani circa la responsabilità ed i problemi della tutela dell'ambiente marino. Inoltre, gli studenti di alcune scuole convenzionate che usciranno in mare con imbarcazioni a vele per conoscere i principi della navigazione, svolgeranno anche esercitazioni pratiche con i docenti di chimica e fisica muniti di apparecchiature portatili, per accertare lo stato di inquinamento del mare, sottocosta ed al largo, ed apprendere i principali elementi sul comportamento ed il rispetto del mare.
Verranno inoltre consolidate le intese già in corso con l'associazione "Lega Ambiente" per dare ospitalità, presso le Sezioni Periferiche L.N.I., alle imbarcazioni dell'Associazione - Goletta Verde, Pietro Micca e Vento dell'Alba - nel corso delle loro campagne per il monitoraggio da inquinamento dei mari che circondano l'Italia, prevedendo anche la partecipazione di soci e studenti L.N.I. alle varie operazioni.
Infine, bisogna ricordare che l'ambiente marino può essere salvato solo se - alle imprese collettive di grande visibilità - si aggiungerà l'impegno responsabile dei singoli nelle "piccole cose". Per questo tutti i soci della Lega Navale si attengono ad un "codice di comportamento" che impone a ciascun socio di rispettare e far rispettare l'ambiente marino evitando principalmente l'inquinamento attraverso il lancio di rifiuti in mare, di materiali di ogni tipo ed in particolare buste di plastica non biodegradabili, di oli combustibili o esausti di motori ecc.; evitando al massimo di tenere in moto i motore delle imbarcazioni al rientro in porto o prima di partire; usando ove possibile il vento e le vele quale forza motrice delle imbarcazioni. Per informazioni più dettagliate sul diportismo nautico e l'ecologia consultare la voce "Norme nautiche" del sito web www.leganavale.it .
Gabriele Cutini


Alleggerire il traffico si può: un sottopasso in trincea da Barcola all’Idroscalo

Visti i numerosi articoli pubblicati di recente in merito alle problematiche della viabilità cittadina e ai vari interventi in corso per il miglioramento delle condizioni del traffico e ambientali, cogliendo anche lo spunto da quanto affermato dal sindaco circa l’opportunità di guardare al domani, con spirito costruttivo, intendo proporre all’attenzione dell’opinione pubblica e degli amministratori una riflessione sulla nota questione dei flussi di traffico che interessano la direttrice Barcola-Roiano-piazza Libertà, il cosiddetto accesso ad Ovest della città.
Preso atto della materiale impossibilità di poter utilizzare in superficie la tratta di Porto Vecchio che va dalla passerella di Barcola al piazzale dell’Idroscalo, per le note ragioni di interferenza con le aree demaniali e gli edifici storici dello scalo, ritengo si possa valutare la realizzazione di detto by-pass stradale sulla medesima direttrice, non in superficie, bensì con un sottopasso in trincea, per un tratto che in sostanza equivale a neanche un chilometro e, quindi, con costi a mio avviso sostenibili, soprattutto se si pensa agli innumerevoli vantaggi che tale soluzione produrrebbe: riduzione drastica dei flussi in/out lungo viale Miramare-Roiano, una zona altamente urbanizzata; abbattimento dei tassi di inquinamento prodotti dal traffico veicolare e oggi sparsi lungo tutto il percorso, soluzione ottenibile mediante un moderno impianto di aspirazione e filtraggio dei fumi in galleria; maggiore comunicabilità e transitabilità pedonale tra gli spazi urbani e le future realtà che saranno realizzate nell’ambito del Porto Vecchio; pratica e rapida realizzabilità dell’infrastruttura, in quanto i lavori non interferirebbero, se non in minima parte, con il traffico veicolare in atto.
Tale soluzione faceva parte del più ampio progetto di riqualificazione delle Rive di Trieste presentato a suo tempo dall’Autorità Portuale al Comune di Trieste, già negli anni 2002-2003.
Luigi Franzil
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 giugno 2008 

 

 

Rigassificatore: era un «no» al gasdotto quello della giunta  - La commissione Via del ministero dell’Ambiente dà intanto il via libera finale all’impianto di Zaule

IL PROGETTO


Sulla compatibilità ambientale del gasdotto previsto per collegare il rigassificatore di Zaule alla rete Snam, passando attraverso il golfo, giovedì scorso la giunta comunale ha espresso parere sfavorevole. Per un errore di intepretazione della delibera, nell’edizione di ieri abbiamo dato la notizia contraria. Solo dopo aver esaminato il documento nel dettaglio è emersa l’esatta posizione dell’esecutivo.
Ieri, intanto, il progetto di Gas Natural per l’impianto di rigassificazione a Zaule ha ottenuto l’approvazione finale da parte della Commissione Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente.
L’approvazione, che contiene comunque una serie di prescrizioni (al momento non note), è stata data nel pomeriggio dalla commissione plenaria, dopo che giovedì scorso il progetto aveva ottenuto il placet della sottocommissione, e nei giorni precedenti la luce verde era arrivata dal gruppo istruttorio della commissione stessa.
A questo punto serve qualche settimana per arrivare alla firma del decreto che autorizza il progetto dal punto di vista ambientale. Una firma che è anzi duplice: dopo quella del ministro Prestigiacomo, il provvedimento dovrà infatti essere sottoscritto anche dal ministro ai Beni culturali Bondi.
Tornando alla delibera della giunta comunale, il documento riporta le caratteristiche principali della condotta. Partendo da Zaule il gasdotto attraverserà il golfo per 27 chilometri, approdando nella località Golimeto (comune di Grado), fra le Bocche di Primero e Punta Sdobba, per poi proseguire per 19 chilometri fino al «nodo» Snam di Villesse.
La delibera contiene poi alcune prescrizioni che l’esecutivo indirizza al ministero dell’Ambiente, qualora il ministero stesso ritenesse comunque di approvare la compatibilità ambientale del gasdotto. Oltre a richiedere un’integrazione dell’analisi costi-benefici, visto che la condotta si sviluppa per una parte del tratto sottomarino (poco meno di 7 chilometri) attraverso il Sito inquinato di interesse nazionale (vallone di Muggia), la giunta richiede che l’intervento sia eseguito solo dopo l’approvazione del progetto da parte del dicastero.
In proposito, nella stessa delibera si legge che il 27 maggio scorso la Snam (proponente del progetto) ha inviato al ministero dell’Ambiente e agli altri enti competenti, incluso il Comune di Trieste, il piano di caratterizzazione per il tratto del fondale marino del Sito inquinato attraversato dalla condotta.
Oltre ad aver redatto il progetto, la Snam ne curerà anche l’eventuale realizzazione, e ne sarà poi proprietaria. Per far transitare il gas prodotto a Zaule, Gas Natural dovrà così pagare una tariffa che la Snam ha già stimato: il ricavo annuo previsto per l’uso del gasdotto (46 chilometri) ammonta a circa 16 milioni di euro.
La delibera della giunta deve ora passare in commissione e poi in consiglio. Una prima seduta della commissione Urbanistica e ambiente, presieduta da Roberto Sasco, è fissata per mercoledì prossimo nell’aula del consiglio, con la partecipazione dei presidenti delle circoscrizioni.
Questa seduta sarà dedicata solo all’illustrazione tecnica del progetto del gasdotto e del suo impatto. La commissione si esprimerà invece con un voto in una successiva riunione, probabilmente venerdì, alla quale sarà anche presente il sindaco Dipiazza.
Sulla compatibilità ambientale del gasdotto il consiglio comunale deve deliberare entro il 6 luglio, data in cui scade il termine di 60 giorni dalla presentazione del progetto.
I tempi sono quindi moto stretti, anche perchè, essendo il 6 luglio una domenica, è chiaro che i consiglieri si riuniranno qualche giorno prima.
GIUSEPPE PALLADINI


RIGASSIFICATORE - Gli ambientalisti: nessuno ci ascolta  - DURA PROTESTA NELL’AREA VERDE  - Predonzan (Wwf): irrisolti tutti i problemi d’inquinamento

L’approvazione sul piano ambientale del progetto per il rigassificatore di Zaule solleva vivaci reazioni nel mondo ambientalista. «Nessuno ha tenuto conto delle nostre osservazioni inviate al ministero e alla Regione – sbotta Lino Santoro, presidente del circolo triestino di Legambiente – sui pericoli di fuga di gas liquido nell’area dell’impianto. In caso di fuga – spiega – si crea una cosiddetta nube fredda, che ha una temperatura di -150 gradi e si propaga orizzontalmente provocando pesantissimi effetti su tutto ciò che incontra. Un rischio grave, confermato anche in un convegno alla Stazione marittima dall’ingegner Nobile dell’Università di Trieste».
Ad augurarsi che il parere favorevole della commissione Via «non sia dovuto a ingerenze politiche (effetto Menia?)» è Dario Predonzan, responsabile territorio e ambiente del Wwf regionale. «Tutte le maggiori problematiche ambientali e di sicurezza – rileva - in due anni e mezzo dall'avvio della procedura erano rimaste infatti irrisolte: l'impatto dello scarico di acque fredde e clorate sul vallone di Muggia, la compatibilità con i traffici portuali, il rischio di "effetto domino" per incidenti al terminale. E' quindi sempre apparsa curiosa – prosegue – l'alleanza trasversale di forze politiche e sociali, favorevoli a priori all'impianto, quasi che le presunte contropartite economiche, di cui non c'è quasi traccia nel progetto, possano annullare i rischi ambientali».
Sul fronte politico, il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli richiede che il consiglio sia «reinvestito di una discussione che chiarisca una volta per tutte i molti aspetti del progetto valutati negativamente, e che ora devono essere nuovamente esaminati e non calati sulla testa degli enti e dei cittadini. Lunedì, in consiglio comunale – prosegue – chiederò al sindaco come intenda fare partecipi il consiglio e la cittadinanza sulla questione dei rigassificatori, e se la vocazione turistica di cui la giunta parla come priorità in termini di sviluppo possa prevedere la presenza di gasiere che attraversano il golfo».
Garanzie sia sotto il profilo progettuale sia sotto quello delle ricadute vengono chieste con forza da Piero Camber, capogruppo di Fi in consiglio comunale. «Sono note le negatività – afferma – ma ignoriamo le eventuali ricadute positive. E sul piano del progetto non è stata data finora alcuna garanzia, come non lo è stato per gli effetti, attivi e passivi, sul territorio».
Sull’approvazione dellla commissione Via interviene anche Bruno Marini, già consigliere comunale forzista e ora in consiglio regionale con il Pdl, il quale esprime «profondo sconcerto per l’approvazione in quanto tutti i Comuni si sono pronunciati contro il rigassificatore. Il consiglio comunale di Trieste – ricorda – ha detto ”no” per due volte, nel luglio 2006 e nel gennaio 2007, e la seconda su proposta del sindaco perchè non era stato raggiunto un accordo con Gas Natural sulla partecipazione di AcegasAps alla società di gestione. Cosa è cambiato nell’ultimo anno?».
Precisando di non avere una negatività di principio al rigassificatore, Marini chiede poi se «è proprio necessario farlo in una zona così densamente abitata? Quella per il rigassificatore a Zaule – conclude – è una scelta fatta sulla testa delle amministrazioni e della gente: sarebbe molto opportuno un referendum».

(gi. pa.)
 

 

RIGASSIFICATORE - Metz: «Si torni in consiglio» - VUOLE SAPERE COS’E’ CAMBIATO NEL PROGETTO

Dura replica di Alessandro Metz (federazione regionale dei Verdi) alle dichiarazioni del sindaco Dipiazza sul via libera ambientale al rigassificatore di Zaule.
«Mi sembra molto grave – afferma in una nota – che il sindaco parli di ”un’ autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di gran lunga i costi”. Il sindaco forse dimentica che il 18 gennaio 2007 il consiglio comunale alla quasi unanimità, con la sola astensione dei consiglieri Ds, ha votato contro la compatibilità ambientale del progetto di rigassificatore nella zona industriale di Zaule, e lo ha fatto proprio su proposta del sindaco. Infatti non solo parte dell'opposizione votò contro, ma lo fece anche la totalità dei consiglieri di An, Forza Italia e Lista DiPiazza».
«Prima di affermare quindi che va tutto bene e prevedere già le mance da chiedere a Gas Natural – prosegue Metz – il sindaco dovrebbe tornare in consiglio comunale, e spiegare cosa si sia modificato e come. Questo dovrebbe fare, almeno che non ritenga il consiglio comunale un orpello di cui si può fare tranquillamente a meno».
 

 

Duino, Comunelle contro l’elettrodotto  - NUOVA OPPOSIZIONE AL PROGETTO DI «TERNA» - Dopo la mediazione del sindaco presentata una petizione con 300 firme

Veronese chiede alla Provincia di coinvolgere gli abitanti nelle decisioni
DUINO AURISINA Con un’osservazione e una lettera aperta ai sindaci della provincia di Trieste le Comunelle del territorio si oppongono fermamente al progetto di potenziamento dell'elettrodotto e presentano a sostegno uan petizione con oltre 300 firme.
La mediazione, il Piano particolareggiato e le riunioni indette dal Comune di Duino Aurisina, nei giorni scorsi non hanno impedito la netta presa di posizione delle Comunelle. Le Comunelle - si legge in una nota - «esprimono ferma opposizione al progetto della società Terna per il potenziamento e la parziale modifica del tracciato dell'attuale elettrodotto nella zona Monfalcone-Padriciano e chiedono alle amministrazioni che non venga rilasciata l'autorizzazione per la realizzazione del progetto, la parziale modifica del tracciato e il potenziamento della linea». Una posizione forte, che segue anche la scelta di Terna - dicono gli esponenti delle Comunelle - di non volere trattare direttamente con la popolazione sul progetto e le zone di passaggio. Ma non basta: le Comunelle chiedono anche l'interramento della linea, per evitare ulteriori danni alla salute dei residenti. Le dichiarazioni radicali sembravano sorpassate dopo la mediazione del sindaco duinese Giorgio Ret con Terna e la scelta di portare in Consiglio comunale un progetto che prevede parte d’interramento e parte di allontamento dell'attuale elettrodotto dalle case, come a Visogliano: per le Comunelle tutto ciò, a quanto pare, non basta. Obiettivo del documento formale è di bloccare il progetto, depositato al Comune duinese e al vaglio dei cittadini che proprio in questi giorni possono esprimersi e, se direttamente interessati dal passaggio dell'attuale o futuro elettrodotto, opporsi.
La questione «corridoi energetici» (elettrodotto ma anche gasdotto e metanodotto) torna quindi di grande attualità a Duino Aurisina e in provincia: proprio ieri l'altro, in Consiglio provinciale, Massimo Veronese (è anche consigliere comunale di Lista Insieme a Duino Aurisina) ha presentato una mozione che impegna la presidente della Provincia a creare un tavolo volto a vedere rappresentate tutte le categorie di persone interessate allo spostamento dell'elettrodotto, con le istituzioni. Lo scopo è di creare un sistema partecipativo per decidere il migliore tracciato. Un tracciato, però, che dovrebbe essere unico per tutti i tipi di fonte energetica che passano lungo il territorio, ovvero un corridoio energetico che eviti sia ulteriori espropri, sia l'utilizzo di più fasce di terreni. «Il tutto - sottolinea Veronese - proprio ora che è stato annunciato il potenziamento della Centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, dalla quale dipartono già numerosi elettrodotti in direzione del Carso, e in concomitanza con la liberalizzazione del mercato dell'energia, che causerà senza dubbio ulteriori sviluppi e potenziali nuove richieste di passaggi». La mozione è stata votata solo dalla maggioranza di centrosinistra in Consiglio provinciale, che è all'opposizione in Comune a Duino Aurisina. «È indispensabile - afferma Veronese - che sugli elettrodotti gli strumenti di democrazia partecipativa vengano utilizzati: la vicenda è troppo legata all'argomento salute per imporla ai cittadini. Non si può passare sopra le teste dei cittadini, né decidere a loro nome senza consultazioni serie e rigorose».
(fr. c.)

 

 

L’incidente di Krsko - NUCLEARE
Care segnalazioni, vi scrivo circa la centrale di Krsko. Sul recente danno subito rientrato, così dicono, subito dalla centrale nucleare di Krsko vorrei puntualizzare alcune cose che mi spaventano non poco.
1. Questa centrale ha subito nel corso dei suoi 25 anni di vita tanti danni ed incidenti e perdite da superare ogni immaginazione. Talvolta più di uno all’anno! Ora ci vengono a dire che è successo un danno. Quasi che i precedenti siano dimenticati doverosamente perché prima c'era la gestione jugoslava ed ora invece c’è una repubblica!
2. Che la Jugoslavia prima e la Slovenia ora non la smantella perché costerebbe troppi soldi la sua eliminazione e messa in sicurezza. Altro che siamo per la salute degli operatori e di chi ci sta vicino, e Trieste è solo a km 60 di distanza da questo mostro di emissioni radioattive. Si tratta solo di questione di soldi, come sempre d’altronde.
3. Concordo e plaudo all’iniziativa di Menia che ha chiesto un monitoraggio della radioattività locale a Trieste e ribadisco la mia meraviglia che nessuno, dico nessuno finora abbia avuto la accortezza di far misurare tali radiazioni che essendo invisibili devono per forza di cose esser seguite costantemente.
4. Se il Menia o chi per lui riuscisse a far rendere pubbliche le statistiche del Burlo circa gli effetti Krsko sulla natalità in città sarebbe di grande aiuto per conoscere l’influsso di tali radiazioni sui neonati, che riportavano malformazioni anche mostruose, come dicono gli addetti a tale ospedale. Le natalità in questione sono sempre quelle relative alle nascite avvenute 9-10-11 mesi dopo i danni e le tragicamente famose ed ora taciute fuoriuscite radioattive di Krsko.
Un tanto per poter valutare serenamente e con dati di fatto quanti malati e morti di leucemia ci ha regalato, fra l’altro, questa centrale di Krsko, alla faccia del nucleare pulito.
5. L’ultima considerazione, ma non per importanza, è cosa ne faranno delle scorie che hanno una decadenza attorno ai 300/500.000 anni, perché il plutonio di Chernobyl finirà i suoi effetti solo dopo questo insignificante, per i sostenitori del nucleare, lasso di tempo.
Sergio Lorenzutti
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 giugno 2008 

 

 

 Rigassificatore, sì della giunta al gasdotto marino  - l sottosegretario Menia: manca il via libera della commissione plenaria del ministero

Il presidente della Regione Tondo attende comunicazioni ufficiali ma il suo vice Ciriani parla di «un bene per tutti se la città è d’accordo»
Il via libera ambientale al progetto per il rigassificatore del gruppo Gas Natural, dato l’altro ieri, non è quello definitivo. La luce verde è arrivata infatti dal gruppo istruttorio della commissione Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente, primo grado di una procedura che ha tre livelli.
«Il progetto – spiega il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, è adesso all’esame della sottocommissione Via e domani (oggi, ndr) è previsto il pronunciamento da parte della commissione plenaria, alla quale spetta l’ultima parola».
Nell’attesa, gli addetti ai lavori rilevano comunque come sia altamente improbabile che le due commissioni non recepiscano, sia pure integrandolo con una serie di prescrizioni, il parere del gruppo istruttorio.
Ieri, intanto, la giunta comunale ha dato il via libera ambientale al gasdotto sottomarino, che dovrebbe attraversare il golfo per collegare il rigassificatore alla rete della Snam. La delibera ora va alle circoscrizioni, che hanno dieci giorni di tempo per esprimersi, ed entro 60 giorni deve passare al vaglio del consiglio comunale (non vale più il silenzio-assenso) che, a quanto risulta, rivendica il suo ruolo. Lo scorso anno l’aula votò infatti contro il rigassificatore di Zaule, e politicamente si divise registrando il voto favorevole di An e dei Ds.
La notizia del primo via libera ambientale ha naturalmente sollevato una nutrita serie di reazioni e commenti. Il sindaco Roberto Dipiazza ha ribadito che il rigassificatore è «un’autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di gran lunga i costi», precisando che «può essere di fatto coinvolto nella riconversione della Ferriera di Servola. In tema di royalties – ha aggiunto – è mia intenzione chiedere a Gas Natural la realizzazione di un nuovo depuratore, assolutamente necessario, i cui costi così non ricadrebbero sulle tasche dei cittadini».
Sulla necessità che l’impianto debba avere «ricadute industriali, occupazionali e ambientali per la città» ha insistito il vicepresidente della Regione Luca Ciriani, il quale ha sottolineato che «se la città è d’accordo, la costruzione di un rigassificatore è un bene per tutti» e che «sarà comunque necessario investire in energie alternative al petrolio».
Nessun commento è invece giunto dal presidente della Regione, Renzo Tondo, che ha solo affermato di voler attendere conferme ufficiali sul parere favorevole all’impianto. Va ricordato, in proposito, che Tondo ha espresso perplessità sul progetto di Gas Natural, mentre l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna si è detto favorevole alla sua realizzazione.
Precisando che «non è dato sapere se, prima di dare il via libera, il ministero ha acquisito le integrazioni di documentazione a suo tempo richieste e non ottenute dalla Regione, che aveva portato la precedente giunta regionale a non poter esprimere un parere di compatibilità ambientale», il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini afferma che «prima di esprimere qualsiasi valutazione sulla decisione del ministero è necessario conoscere questo elemento, in quanto le richieste non corrisposte riguardavano aspetti significativi su sicurezza e impatto ambientale dell’iniziativa, che richiedono risposte e soluzioni adeguate».
«Le valutazioni circa le ricadute sull’economia, sui servizi ai cittadini e le altre contropartite per il territorio che sosterrebbe questo insediamento – conclude Cosolini – appartengono a una fase successiva a quella, assolutamente prioritaria, relativa a sicurezza e sostenibilità ambientale».
GIUSEPPE PALLADINI


RIGASSIFICATORE - Il sindaco di Muggia frena: «Altre idee per la zona»  - Fulvia Premolin (San Dorligo): troppo vicino alla Val Rosandra e al terminale dell’oleodotto

NESLADEK «L’impianto blocca lo sviluppo del nostro territorio: l’abbiamo già bocciato per due volte»
Se il primo cittadino di Trieste commenta con soddisfazione il via libera ambientale al rigassificatore di Zaule, posizioni opposte si registrano da parte dei sindaci dei Comuni minori, Muggia in testa. «E’ un passo avanti che preoccupa – rileva Nerio Nesladek – e che rafforza i nostri timori, ambientali e sulla sicurezza. Per due volte il consiglio comunale ha bocciato il rigassificatore all’unanimità».
«Per la zona nei pressi dell’area ex Esso – spiega sempre il sindaco di Muggia – abbiamo progetti del tutto diversi. Se arrivano le gasiere – si chiede – che fine faranno i cantieri nautici e la darsena che abbiamo ipotizzato nell’area dell’attuale tiro a volo, e anche il terminal ro-ro previsto dal piano triennale del Porto alle Noghere? Con il rigassificatore si bloccano in maniera decisiva i piani di sviluppo economico del territorio muggesano».
L’ultimo «no», in ordine di tempo, al progetto di Gas Natural è arrivato, due settimane fa, dal consiglio comunale di San Dorligo della Valle, che si è espresso all’unanimità. «Già nel 2007 – precisa il sindaco Fulvia Premolin – abbiamo deliberato sull’incompatibilità ambientale del rigassificatore. Un ”no” basato essenzialmente sull’aspetto della sicurezza, data la vicinanza agli impianti dell’oleodotto e alla riserva naturale della Val Rosandra. Per questo – conclude – chiediamo alle istituzioni scientifiche dettagliate assicurazioni sulla sicurezza, e garanzie che in caso di incidente o di attentato non si verifichi l’effetto-domino».
Contro l’impianto previsto a Zaule si è espresso a suo tempo anche il consiglio comunale di Duino Aurisina. «Avevamo detto ”no” al gasdotto sul Carso che avrebbe collegato l’impianto alla rete nazionale – precisa il sindaco Giorgio Ret –. Non premetteremo che venga devastato di nuovo il Carso, perchè non ci sono più spazi per altre tubazioni».
Il primo cittadino di Duino Aurisina ricorda tra l’altro come, in seguito al voto negativo del consiglio comunale, Gas Natural è passata alla soluzione del gasdotto sottomarino. «Lo scorso anno – spiega – in una riunione all’Assindustria con il presidente Antonini, in cui era stato illustrato il progetto del rigassificatore, i rappresentanti di Gas Natural hanno accettato l’ipotesi di un tracciato sottomarino per il gasdotto».

(gi. pa.)


RIGASSIFICATORE - Antonini: grande opportunità per l’area  - «Gli standard attuali degli impianti garantiscono la massima sicurezza»

«Il progetto di Gas Natural, che ha ricevuto il primo via libera dagli organi del ministero dell’Ambiente, deve essere visto come un’opportunità per il territorio giuliano e regionale, per le imprese e per i cittadini». Lo afferma il presidente di Assindustria, Corrado Antonini, che nei giorni scorsi, in un incontro con il presidente della Regione Tondo, ha parlato del rigassificatore come una delle priorità per Trieste.
Antonini si sofferma poi sui temi della sicurezza. «In diverse sedi – rileva – ho più volte ricordato che attualmente al mondo abbiamo quasi 100 impianti di rigassificazione e 400 navi gasiere, fra operative e in costruzione: le tecnologie disponibili e gli standard di controllo applicati forniscono a impianti e gasiere la massima sicurezza».
Quanto alle ricadute per il territorio, il presidente degli industriali ribadisce che «il progetto di Gas Natural nell’area ex Esso significa anzitutto bonifica e recupero ambientale di un’importante porzione del sito inquinato di Trieste. La realizzazione dell’impianto on-shore – aggiunge – comporta la necessità di risorse umane di diversa qualificazione e reperibili localmente, e l’utilizzo successivo delle frigorie rappresenta un incentivo per l’avvio di nuovi processi produttivi e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali».
Antonini si pronuncia infine sull’utilizzo dei ritorni economici. «L’abbattimento dei costi di approvvigionamento energetico per le imprese e i ritorni economici per le Istituzioni locali derivanti dalla realizzazione del rigassificatore conclude – dovrebbero essere poi investiti in azioni di pubblica utilità, a beneficio della città e della regione».
 

IL NODO FERRIERA  - «Agguato» a Tondo del Circolo Miani  - In 30 sotto la Regione Il governatore: «Datemi 15 giorni, poi vi ricevo»

L’attesa è durata un’ora. Il capannello più robusto davanti all’uscita del palazzo della Regione di via dell’Orologio. E gli altri in «avanscoperta» a presidiare gli angoli di via Mercato Vecchio e piazza Unità, per evitare che l’«obiettivo» sfilassse indisturbato sfilandosi da qualche portone secondario. Nel frattempo sono passati, nell’indifferenza totale, gli assessori Vladimiro Kosic, Federica Seganti e Vanni Lenna. Alla fine, però, Renzo Tondo ha affrontato l’«agguato» e si è fermato a discutere con una trentina di rappresentanti del Circolo Miani che ieri pomeriggio aspettavano al varco il governatore, «colpevole» a loro dire di non aver mai risposto in due mesi a quattro richieste ufficiali d’incontro sul problema Ferriera.
Il presidente della Regione, uscendo in strada, ha strabuzzato gli occhi davanti al gruppetto che l’applaudiva ironicamente. È partito pure qualche «Bravo Renzo!», mentre due videocamere gli puntavano addosso per registrare la sua reazione e dirottarla subito su You Tube.
Tondo, accerchiato dai manifestanti ma controllato a vista da due guardie giurate del palazzo, ha sfoggiato toni amichevoli e calma olimpica. «Ragazzi, io non so che dirvi adesso, sapete bene che per me la Ferriera va chiusa ma dovete lasciarmi quindici giorni, per concludere il mio percorso informativo sul problema, acquisendo tutte le informazioni del caso da Arpa, Azienda sanitaria e altri attori istituzionali. È inutile che ci vediamo oggi e vi dica ”vedremo”, se avete due settimane di pazienza ci incontriamo, così vi potrò dire qualcosa di concreto».
Cinque minuti di confronto civilissimo sono dunque bastati per darsi appuntamento a «fra 15 giorni». Ma di più la tregua non durerà. «Tondo non può dire di non conoscere il problema - così Maurizio Fogar, l’anima del Circolo Miani - perché lui la Regione l’ha retta già prima di Illy, in un periodo in cui la questione era già ben nota e discusssa. Comunque siamo d’accordo che entro 15 giorni ci incontrerà. Ma se non lo farà, ogni giovedì si troverà sempre più cittadini ad aspettarlo davanti all’uscita di questo palazzo».

(pi.ra.)
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 giugno 2008 

 

 

Rigassificatore, via libera all’impianto di Trieste  - Il ministero dell’Ambiente approva il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural

SVOLTA PER L’AREA INQUINATA EX ESSO
TRIESTE Il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural per il rigassificatore nell’area ex Esso del porto di Trieste ha ottenuto il via libera dalla Commisssione Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente. Lo ha comunicato ieri Bruno Agricola, della Direzione generale per la salvaguardia ambientale del ministero.
Superato quello che, a detta degli esperti, rappresenta lo scoglio principale, la conclusione dell’intero iter potrebbe ora avvenire nel giro di sette, otto mesi.
I passi successivi, che richiederebbero un tale arco di tempo, sono tre: l’autorizzazione integrata ambientale; la conferenza dei servizi per l’intesa con la Regione; il decreto del ministero delle Attività produttive (subordinato all’ok della conferenza dei servizi) che dà il via libera alla costruzione.
La realizzazione dell’impianto, che avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno e richiederà un investimento è di 550 milioni di euro, è vista con favore da gran parte degli ambienti politici ed economici. A cominciare dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che lo ha ribadito di recente, precisando però che si tratta di una decisione che «va presa concordata con i ministeri, la popolazione, le autorità e il Porto».
Il fronte dei favorevoli prosegue con l’assessore regionale all’ambiente Vanni Lenna, anche se il governatore Renzo Tondo ha mostrarto una certa prudenza, e con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che un mese fa ha legato la realizzazione del rigassificatore a un accordo industriale che apra nuovi business per la Lucchini-Severstal così da indurre il gruppo siderurgico a chiudere la Ferriera.
«E’ una decisione che riapre una serie di importanti opzioni per la citttà – commenta l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis –. La giunta è favorevole alla costruzione dell’impianto purchè ci siano alcune contropartite: la bonifica dell’area; royalties o opere utili alla città; l’ingresso di AcegAps, con una quota significativa, nella società di gestione, faatto che porterebbe benefici sia al Comune sia alla cittadinanza».
Che la costruzione del rigassificatore sia un’opportunità da cogliere è stato ribadito qualche giorno fa anche dal presidente di Assindustria, Corrado Antonini, in un incontro con il presidente della Regione, Tondo. «Non possiamo che salutare con soddisfazione e interesse questo primo passaggio – ha dichiarato a caldo Paolo Battilana, direttore di Assindustria –. Abbiamo più volte ribadito che riteniamo il rigassificatore un’opera utile per il territorio, sia sul piano economico, considerati i minori costi energetici per le aziende e lo sfruttamento della catena del freddo, sia sul piano ambientale, visto l’impegno di Gas Natural per la bonifica dell’area».
Che il rigassificatore sia una priorità per abbattere i costi dell’energia per le imprese la ha detto a chiare lettere anche il presidente del Consorzio energia di Assindustria (nonchè presidente di Wärtsilä Italia) Sergio Razeto, che ha messo in luce, tra l’altro, anche il ritorno occupazionale sia nella fase di realizzazione dell’impianto sia in quella della gestione.
Ad attendersi in qualche modo il via libera del ministero dell’Ambiente (anche se manca ancora il decreto del ministro Prestigiacomo) è il presidente dell’Ente zona industriale, Mauro Azzarita: «A livello governativo l’avevano promesso – osserva – e quindi c’è soddisfazione per una vicenda che va verso una conclusione positiva». Tra i vantaggi della realizzazione dell’impianto Azzarita ricorda in particolare la bonifica dell’area ex Esso, inclusa nel Sito inquinato di interesse nazionale, e l’avvio di una catena industriale del freddo: «Solo un’azienda delle dimensioni di Gas Natural – osserva – dispone delle risorse (40 milioni di euro, ndr) per bonificare quella che forse è l’area pegggiore sul piano dell’inquinamento. Lo sfruttamento del freddo prodotto a costi inferiori rispetto a quelli dell’energia elettrica – aggiunge – oltre a un vantaggio per diverse aziende già operanti, può essere un’attrattiva anche per nuove imprese, non escluse quelle farmaceutiche».
GIUSEPPE PALLADINI



Fedriga: il Corridoio 5 non passi per Trieste  - A TUTELA DEL CARSO  - Il deputato leghista: sì solo alla bretella che ci collega alla Tav

«Il corridoio 5 non deve passare per Trieste». Alla voce del consigliere regionale della Lega Federico Razzini si affianca ora quella del deputato del Carroccio Massimiliano Fedriga. «Noi non siamo contrari a questo asse infrastrutturale - spiega Fedriga in una nota - ma non può attraversare Trieste, piuttosto si deve studiare un piano alternativo per non toccare la città giuliana», così da non intaccare il Carso triestino.
«Viceversa, ritengo utile la bretella di collegamento tra Trieste e il Corridoio 5 - precisa Fedriga - che permette di sviluppare il commercio e mettere Trieste al centro del passaggio europeo senza devastare la nostra zona. La bretella deve essere nel lotto unico con la tratta del Corridoio 5 che passa per il Friuli-Venezia Giulia così da garantire la costruzione dell'infrastruttura richiesta dalla Lega».


Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà  - Il Comitato annuncia banchetti in tutta la città e non esclude il ricorso legale contro il progetto

Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà, raccolte grazie al passaparola. Un numero destinato a lievitare nei prossimi giorni, quando il comitato in lotta contro il Comune e il suo progetto di riqualificazione della piazza passerà alla carica, dispiegando i banchetti in centro città per accaparrarsi centinaia di altri consensi. La conferma arriva da Ilaria Ericani, portavoce del Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, un sodalizio di cittadini, supportati da Italia nostra, Wwf, Lav, il gruppo di Beppe Grillo e l’Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e piante.
Il comitato sta definendo in queste ore il calendario della protesta: «La richiesta per la sistemazione dei banchetti è già stata inoltrata: ci aspettiamo di raggiungere il maggior numero possibile di persone, che stanno comunque già mostrando grande interesse per la questione - spiega la Ericani -. Adesso stiamo anche valutando, da un punto di vista giuridico, sia la possibilità di lanciare una petizione online, da affiancare a quella cartacea - sia i presupposti legali per un’eventuale opposizione al progetto. Il nostro obiettivo - aggiunge - è impedire che un polmone verde venga sacrificato per un progetto che non è di effettivo interesse pubblico».
Il sodalizio aveva deciso di affilare le armi quando, alcune settimane fa, il Consiglio comunale, durante una lunghissima e turbolenta seduta in notturna, aveva approvato la riqualificazione dell’area antistante la stazione ferroviaria. Il restyling prevede l’eliminazione di una decina di metri del giardino sul lato di via Ghega e il taglio di un numero ancora non definito di alberi (qualcuno parla di cinque esemplari, altri di più di dieci). L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli aveva tentato di mediare, promettendo che tutti i tronchi sarebbero stati ripiantumati altrove, ma ai comitati non era bastato.
Da qui la decisione del sodalizio di ingranare la marcia e partire in quarta con la protesta. «Il regolamento sul Verde pubblico - afferma ancora Ilaria Ericani - autorizza l’abbattimento di alberi di grandi dimensioni solo in caso di effettivo interesse pubblico: per questo chiediamo che ci venga dimostrata l’impellente necessità di cantierare quest’opera. Il progetto comprometterebbe l’immagine di quella che il sindaco ama definire ”la cartolina d’ingresso della città”. Dipiazza ci aveva a suo tempo ascoltati, trovando le nostre perplessità ragionevoli, ma - aggiunge - per mantenere gli equilibri interni alla sua maggioranza, ha dovuto accettare un progetto che lui stesso si è astenuto dal votare in Consiglio».
Uno degli intenti principali del Municipio sta nello snellire il futuro traffico legato all’apertura del Silos. «Ma le corsie destinate alle auto, previste nella zona adiacente a via Ghega - spiega la portavoce del comitato - servono solo ad accorpare in una sorta di autostrada le direttrici che attualmente ruotano attorno al giardino in senso unico. Inoltre la variante in questione risulterebbe scollegata da un piano generale del traffico, ancora da definirsi».
Tanti i nodi presenti, secondo i componenti dei comitati, nel disegno urbanistico del Comune. Un esempio? La prevista piattaforma pedonale davanti alla stazione ferroviaria. «Non ci risultano città in cui il fronte-stazione sia stato pedonalizzato - spiega la Ericani -. Solitamente i viaggiatori, quando scendono dal treno, non pensano a portare a spasso le valigie, ma a trovare un mezzo di trasporto».
ELISA COLONI



Muggia, l’ateneo consulente del Comune  - Accordo per Piano regolatore, museo scolastico ecologico e percorsi ambientali

Polo educativo nella Valle di San Bartolomeo: sarà il nucleo del Parco marino
MUGGIA Non un semplice apporto di conoscenze scientifiche ma una fonte di progetti concreti per il territorio, come la realizzazione di un museo diffuso delle energie rinnovabili o i percorsi tematici che permetteranno la riqualificazione di Santa Barbara. È lo scopo della convenzione-quadro tra Comune di Muggia e Università di Trieste, siglata ieri dal sindaco Nerio Nesladek e dal rettore Francesco Peroni.
«Uno dei vari aspetti della collaborazione – afferma Nesladek - riguarda la pianificazione territoriale: dovremo predisporre il nuovo Piano regolatore e l’Università è un soggetto terzo d’indubbia competenza che si pone quale valido intermediario tra le necessità del pubblico e le legittime aspirazioni degli investitori privati». «La firma formalizza una collaborazione già avviata. Sono lieto - ha detto Peroni - che il Comune muggesano abbia inteso avvalersi della nostra consulenza: non capita spesso che le amministrazioni si affidino agli atenei e questo fa onore a Muggia che opera su principi d’interesse collettivo». Uno dei progetti avviati è quello dello sviluppo dei percorsi tematici storico-ambientali: avrà ricadute non solo culturali. Tra le iniziative già partite figura infatti la campagna di scavi al Castelliere di Elleri. Grazie ai fondi ottenuti si riqualificheranno le zone del borgo di Santa Barbara che costituiranno l’accesso all’area. Tra le altre iniziative, oltre alla già avviata bonifica di Acquario, la creazione di un Polo di educazione ambientale marina nella Valle di San Bartolomeo. Il Laboratorio del Centro costituirà il nucleo fondante del Parco marino transfrontaliero. Un’ulteriore cooperazione riguarda la realizzazione di un museo sulle energie rinnovabili nella scuola di San Rocco: sarà diffuso su tutto territorio puntando a un sistema di formazione ambientale marina destinata alle scuole medie che ampli il Progetto Aula blu in funzione di uno sviluppo del turismo scolastico, visto come fonte economica. Tra Comune e Università già attive altre importanti sinergie: coinvolgono specie i ricercatori del Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) e il Sistema museale di Ateneo (smaTs).

(g.t.)
 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 18 giugno 2008 

 

 

INTEL E IBM ALL'INSEGNA DEL FOTOVOLTAICO


Anche i due big si apprestano a fare ingenti investimenti nel settore delle energie rinnovabili
Roma - Le eterne rivali dei microprocessori entrano nell'affollato novero di aziende impegnate nella produzione di tecnologie fotovoltaiche, con l'intento di offrire alternative a prezzi accessibili a quanti siano alla ricerca di fonti di energia dai costi meno proibitivi di quelle dipendenti dall'attuale prezzo folle del dollaro.
L'obiettivo è comune, ma le modalità per raggiungerlo sono diverse. Intel ha scelto la strada delle spin-off, annunciando la fondazione della società SpectraWatt che si occuperà della costruzione di una nuova fabbrica nello stato USA dell'Oregon, con l'obiettivo di commercializzare i primi pannelli solari nella seconda parte dell'anno in corso.
SpectraWatt potrà inizialmente contare sull'apporto di 50 milioni di dollari investiti dal chipmaker di Santa Clara, e di ulteriori finanziamenti provenienti da società quali Goldman Sachs, PCG Clean Energy and Technology Fund e Solon AG.
IBM, dal canto suo, ha scelto la strada in solitaria basando i propri sforzi su una nuova tecnologia proprietaria messa a punto dalla divisione Research della corporation, costituita da cellule fotovoltaiche composte da sottili film di rame, indio, gallio e selenide.
Il nuovo composto a membrana dovrebbe secondo le intenzioni garantire l'abbattimento dei costi di produzione, una flessibilità di impiego senza pari - inclusa la possibilità di sviluppare cellule con cui rivestire le mura degli edifici - e soprattutto una resa energetica maggiore rispetto a quella offerta dalle tecnologie attuali, passando dal 6%-12% al 15% dell'energia solare totale convertita in energia elettrica. Collaborerà con IBM la produttrice giapponese Tokyo Ohka Kogyo.
Alfonso Maruccia
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 giugno 2008 

 

 

«La Tav passi per Gorizia, non Trieste»  - Razzini: il tracciato va deviato per evitare di devastare il Carso - SÌ ANCHE ALL’ITER SEPARATO PER LA TERZA CORSIA

TRIESTE I percorsi burocratici di autostrada e ferrovia, all'interno del Corridoio V, vanno separati. Ma questo, per la Lega Nord, deve servire anche a ripensare tutto il tracciato, Ronchi - Trieste compresa. «Siamo favorevoli alla separazione dell'iter della terza corsia da quello della linea ferroviaria ad alta capacità. E ancor più a una revisione complessiva del tracciato della ferrovia» precisa il consigliere regionale Federico Razzini. «Disgiungere i due iter e possibilmente i due tracciati è una fortuna per il Friuli Venezia Giulia - spiega Razzini -. Continueremo a insistere su una revisione dell'intero tracciato perché il progetto di realizzare 30 chilometri di galleria sul Carso, senza sapere quelle che potrebbero essere le conseguenze geologiche e con il rischio di devastare un territorio unico, è una follia progettuale». La posizione della Lega è semplice: da un lato eliminare tutti gli impedimenti che rallentano la realizzazione della terza corsia, dall'altra realizzare una linea ferroviaria ad alta capacità che passi per Gorizia invece che per Trieste. «I triestini - conclude - non hanno alcun interesse a veder deturpato il loro territorio. Far passare il corridoio V per Gorizia da un lato darebbe al progetto un baricentro friulano che oggi non ha e dall'altro consentirebbe comunque un progetto di valorizzazione del polo intermodale di Ronchi».


Cultura dell’ambiente: come salvare Muggia e le sue coste inquinate

Il sindaco Nesladek si appella all’università per consentire l’uso industriale dei terreni ancora non vincolati
MUGGIA Si parla di tutela di beni culturali attuata attraverso interventi con l’ausilio di tecnologie avanzate, approcci scientifici al recupero di siti contaminati, gestione dei rifiuti, salvaguardia di acque dolci e costiere e qualità dell'aria a Porto San Rocco, dove da ieri e fino al 20 giugno si tiene l'XI congresso nazionale di Chimica dell'ambiente e dei beni culturali. Un esempio potrebbe essere quello dei rigassificatori nel golfo e la loro convivenza con il Parco del mare, il cui progetto è stato illustrato dal presidente camerale, Antonio Paoletti.
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, si è soffermato sulle problematiche ambientali del territorio di Muggia, che «soffre di pesanti retaggi in quanto non c’è un centimetro di costa che non sia sottoposto a vincoli legati all’inquinamento. Riteniamo che sia necessario l’intervento di un soggetto qualificato, che garantisca imparzialità tra l'amministrazione e i privati che potrebbero voler investire nelle poche aree libere da vincoli, per questo intendiamo rafforzare il rapporto con Università ed enti scientifici». «Dalla conoscenza alle strategie di intervento» il tema dei lavori, che affronteranno un tema molto attuale: la qualità dell’aria e l’impatto di sorgenti industriali, inceneritori e agenti inquinanti emessi dal petrolio.
Gianfranco Terzoli


RISERVA NATURALE  - Val Rosandra, apre il centro visite

SAN DORLIGO DELLA VALLE Apre il centro visite della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. La struttura, in attesa dell’inaugurazione definitiva che dovrebbe avvenire ad agosto, è aperta ai visitatori sabato e domenica dalle 10 alle 18. Al centro visite è possibile avere informazioni storiche e naturalistiche sul territorio, e sulla Val Rosandra in particolare, e a breve sarà possibile effettuare visite guidate nella Riserva.
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 giugno 2008 

 

 

Dipiazza: «Con la Lucchini dialogo sul rigassificatore»  - Il sindaco attacca Azzarita sulle bonifiche: disse a Lenna che non servivano soldi statali

DAI GIOVANI IMPRENDITORI  - «Città industriale? Io non la voglio». E poi «altro che sogni, o piani strategici spessi così, servono idee da sviluppare, progetti che siano compatibili con la realtà, e penso per esempio al nuovo Mercato ortofrutticolo per un’area vasta che faremo alle Noghere perché a fine ottobre avremo la nuova Grande viabilità».
Roberto Dipiazza, ieri pomeriggio, ha parlato per oltre due ore a Palazzo Ralli, ospite dei Giovani inprenditori dell’Associazione industriali, per un incontro istituzionale aperto ai giornalisti.
Pungolato dalla presidente dei Giovani imprenditori Michela Cattaruzza Bellinello, presente pure il direttore di Assindustria Paolo Battilana, il sindaco non ha mai perso il timone del colloquio. Il consueto tono confidenziale, la battuta sempre in canna e la solità abilità nel guadagnarsi il ruolo di unico protagonista snocciolando risultati e aneddoti del suo mandato, prima a Muggia e poi a Trieste.
Una Trieste - ha lasciato intendere Dipiazza davanti ai suoi interlocutori - che per garantirsi un futuro promettente dev’essere attraente (da qui la necessità dei cantieri cittadini per rimettere a nuovo piazze e strade) e allo stesso tempo funzionale per reggere la propria vocazione naturale di «capitale d’area».
«Da una parte - così il sindaco - c’è Venezia e dall’altra Lubiana, sopra c’è Vienna e Trieste sta in mezzo. Dobbiamo essere città di porto e città di cultura, cercando di stare il più possibile ancorati al concreto, al realizzabile».
I punti di forza della Trieste di domani - secondo il primo cittadino - si chiamano Porto Vecchio e rigassificatore a terra. E una Servola senza più Ferriera. «Con la Lucchini-Severstal - ha aggiunto a questo proposito Dipiazza - stiamo andando avanti con un discorso futuro collegato al rigassificatore. Tanto questi la chiudono appena finisce il regime di Cip6, scappano il giorno prima. Il gas, invece, è una grande opportunità. Avremo in casa, a gratis, il business legato alla catena del freddo, senza contare poi che AcegasAps diventerebbe a sua volta una sposa dalla dote importantissima. La prospettiva è fare nel Nord-Est una multiutility seconda in Italia solo a quella di Roma».
Il sindaco, divorando le domande che gli venivano poste, ne ha avute poi un po’ per tutti.
Per il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita: «Sulla bonifica del sito inquinato abbiamo rischiato di buttare all’aria tutto perché il presidente Azzarita aveva detto all’assessore regionale Lenna che i soldi dello Stato in fondo non servivano».
Per le mire di Luka Koper sullo Scalo legnami: «E se poi arrivano lì e piazzano degli stock che restano fermi per anni e anni? Sono sempre più convinto che da Fiume a Ravenna si debba tutti collaborare a livello portuale, ma pensando anche ai nostri interessi, la concorrenza va preservata».
E anche per il numero uno dell’Authority Claudio Boniciolli: «Ha reclamato sui media il 40% dell’autoporto di Fernetti, senza prima voler discutere le modalità di valutazione delle quote, e con le azioni di forza si è impantanato».
Il primo cittadino ha servito infine una stoccata al tessuto produttivo triestino. Proprio nel quartier generale degli imprenditori: «Se volete sapere cosa mi dà fastidio, vi dico tutti quegl artigiani che arrivano ogni giorno in città dal Pordenonese e oltre. Dovrebbe essere il contrario. Serve, in generale, più voglia di lavoro».
PIERO RAUBER



PIAZZA LIBERTÀ  - Gli alberi si rimpiantano

Intendo rispondere alla lettera della signora Cesàro ( 24/5/08) che si chiede come mai si voglia intervenire ancora in piazza Libertà, dopo quel tanto già fatto e speso, e abbattere alberi per far posto a strade. Si vede che la signora non va in detta piazza al mattino e alla sera quando c’è il gran flusso dei pendolari che, anziché prendere il sottopasso (scomodo) per arrivare ai bus, sciama sulla strada e fa slalom tra le auto con gran pericolo per sé e gli… auti. E nemmeno va con l’auto a prendere il treno detta signora, altrimenti si accorgerebbe della gran difficoltà di accostarsi al marciapiede di stazione perché là ci stanno due autobus (17 e 33) che ingombrano (quando addirittura 3 cioè il fuoriservizio). Non solo, ma per chi viene da via Ghega, il semaforo non aiuta, perché come viene lo stop per le auto da viale Miramare, scatta subito il verde per le auto da via Pauliana che piombano come razzi sugli illusi che hanno l’idea sempliciotta di voler accostarsi al marciapiede di stazione. Per accompagnare poi amici o familiari ai treni non c’è posto per auto perché non si trova né in viale Miramare, né in via Flavio Gioia. Ci sarebbe posto al vicino Silos: ci andai una volta ma ora non più perché oltre alle strettoie di rampa ti occorre poi il filo di Arianna per ricuperare l’auto. E io detto filo non ce l’ho! Questa è una situazione che dura da almeno 30 anni. Io ho protestato più volte, ma non serve. Ora l’amministrazione comunale ci propone un piano di traffico rinnovato in detta zona, che secondo me è rivoluzionario perché mai in 50 anni ci è stato un tale cambiamento in città, se si eccettua l’apertura della galleria di piazza Foraggi sotto il Gma. Con esso si garantisce la tranquillità e la sicurezza per tutti coloro che usano il treno e vien fatta una migliore distribuzione dei bus in zona. Cosa che non esiste oggi per cui se non sono ancora successi gravi incidenti in piazza Libertà occorre gridare al «miracolo» e mi aspetto… che La Curia di Trieste lo certifichi. Quanto agli alberi essi crescono, vivono e muoiono come gli umani. Si tagliano alcuni e se ne piantano altri, occorre farne un problema di sopravvivenza? O una ragione per non cambiare mai nulla? Faccio però un appunto a detto piano. Visto così il progetto di massima sul giornale non vedo posto per le auto che accompagnano i passeggeri ai treni. Non ho visto o vedo male? Prego il progettista di non dimenticarsi di questo problema. Va benissimo per me anche il parcheggio a pagamento: massimo 1 ora. Dopodiché multa. Così si accontentano tutti!
Sergio Callegari
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 giugno 2008 

 

 

 

Campania, tracce radioattive in un carico di rifiuti  - EMERGENZA IMMONDIZIE NEL MERIDIONE

I militari bloccano il camion diretto alla discarica di Savignano Irpino presso Avellino - Intercettati due Tir che dal Foggiano stavano trasportando sostanze pericolose
La Russa: «È la prova che l’intervento dei soldati sta funzionando»
NAPOLI Tracce radioattive sono state trovate in un carico di rifiuti che doveva essere conferito nella discarica di Savignano Irpino. Il carico, ha reso noto la struttura del sottosegretario Guido Bertolaso, è stato immediatamente isolato e riportato nel sito di trasferenza per essere smaltito in appositi impianti.
Il carico contenente rifiuti ospedalieri sul quale sono state rilevate lievi tracce di materiale radioattivo, in particolare Iodio 131, una sostanza usata in medicina e comunque non pericolosa al punto che viene somministrata ai pazienti negli ospedali, è stato infatti bloccato all'ingresso della discarica. Ne è nato un giallo, con il direttore dell'impianto, Liberato Imperato, che ha smentito la presenza di materiale radioattivo parlando solo di rifiuti impropri come bende e cateteri, e il generale Franco Giannini, responsabile del settore tecnico-operativo della struttura di Bertolaso, a confermare la scoperta.
«Questa mattina - ha detto Giannini - durante i controlli, abbiamo rilevato in un carico rifiuti ospedalieri dove c'erano tracce radioattive di Iodio 131». A quel punto, ha aggiunto il generale, «abbiamo rimandato al sito di trasferenza di Pantano d'Acerra il carico, per consentire ai vigili del fuoco di effettuare ulteriori controlli e per cercare di risalire al responsabile dello sversamento».
La struttura diretta da Bertolaso ha anche presentato una denuncia all'autorità giudiziaria. «È evidente - proseguono dalla struttura - che i rifiuti ospedalieri devono essere smaltiti attraverso una filiera completamente diversa da quella prevista per i rifiuti solidi urbani. L'episodio conferma - si sottolinea - l'accuratezza dei controlli».
E non lontano da Savignano, quaranta quintali di rifiuti pericolosi destinati alla Campania per essere smaltiti illecitamente, sono stati sequestrati dai carabinieri della compagnia di Montella (Avellino). Il carico era trasportato da due tir provenienti dal Foggiano e diretti in Alta Irpinia.
I benefici derivanti dallo sversamento a Savignano tardano tuttavia a farsi sentire. Se la situazione a Napoli città tende a migliorare con 1900 tonnellate di rifiuti ancora a terra, così non è per la provincia, specie per l'area flegrea e quella vesuviana. Ne risente anche il turismo degli scavi archeologici: ad Ercolano cumuli enormi sostano vicino alle Ville Vesuviane, agli Scavi archeologici e nell'area mercatale di via IV Novembre.
Il sindaco, Nino Daniele, denuncerà la grave crisi in cui versa la città vesuviana oggi a Napoli nell'incontro in programma con il sottosegretario Bertolaso.
Proteste nel Casertano, infine, con un corteo antidiscarica cui hanno preso parte centinaia di persone.
«Ho fatto pervenire al generale Giannini il mio grande apprezzamento per il lavoro svolto dai suoi uomini che ha permesso di bloccare il carico» su cui sono state rilevate tracce di sostanze radioattive. Lo ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa sottolineando che proprio il ritrovamento «dimostra ancora una volta come nell'assolvimento dei propri compiti, in collaborazione con le forze dell'ordine, i militari impegnati a Napoli stiano svolgendo un ruolo prezioso di cui tutti gli siamo grati».
Le forze dell'ordine, «e, quando richiesti i militari - aggiunge La Russa - sono al servizio dell'Italia per garantire la sicurezza interna ed esterna e il rispetto delle leggi, ciascuno nell'ambito dei propri compiti».
 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 giugno 2008 

 

 

Sito inquinato, Assindustria preme su Tondo - L’area di cui si chiede la bonifica si estende dalla Ferriera fino alla valle delle Noghere

La posizione è chiara: nell’area ex Esso si possono creare 80 posti di lavoro diretti e ben 320 indiretti
I soldi già stanziati e non impegnati entro il termine dei tre anni rischiano di venire perduti
TRIESTE È grave la situazione di impasse per le imprese quella del sito inquinato di Trieste che va dalla Ferriera alla valle delle Noghere, è una delle prime urgenze che ha il comparto industriale triestino, il tessuto è bloccato e non c’è la possibilità soprattutto di dare spazio a nuovi insediamenti produttivi. Il presidente degli Industriali di Trieste Corrado Antonini lo ha ripetuto chiaro e forte nei giorni scorsi al nuovo presidente della Giunta regionale, Renzo Tondo. È uno tra i primi incontri che Tondo fa con gli industriali, e quella con Antonini, che oltre a rappresentare Assindustria è anche presidente di Fincantieri, non è stata la solita visita di cortesia come recita il cerimoniale. Lo conferma il fitto promemoria, cinque pagine, di nodi da risolvere consegnato al nuovo governatore. Sito inquinato, distretti, le esigenze di finanziamento per le imprese, il Fondo Trieste, il nodo del Porto. Ma anche il rigassificatore e, ultima questione spinosa, la Ferriera.
Sito inquinato
Gli industriali, ha spiegato Antonini, hanno la necessità di trovare un percorso condiviso da enti e istituzioni per superare la «grave situazione di empasse per le imprese». C’è un accordo di programma rispetto al quale «l’Assindustria non ha nascosto alcune perplessità». Servono modifiche migliorative e che riguardano innanzitutto la tutela di chi non è responsabile dell’inquinamento. Poi non bisogna prevedere l’esplicita possibilità di procedere all’allargamento del sito. Infine la quantificazione economica che i «soggetti privati sono tenuti a transare» su inquinamento e responsabilità. Non ci deve essere una ripartizione in base a un semplice criterio di occupazione di superficie.
Distretti
Assindustria punta ai progetti di collaborazione fra imprese piccole e grandi e «confida» che la Regione a questi «attribuisca valenza strategica». L’associazione ha partecipato alla creazione soprattutto di due distretti, quello della navalmeccanica legato a Fincantieri (2700 occupati, indotto con 550 fornitori, 200 tecnologici, ordini per 350 milioni), poi quello del caffè. Resta da «rafforzare» la vocazione industriale del distretto di Biomedicina molecolare che «andrebbe modificato in un distretto di scienze della vita» e che comprende le biotecnologie mediche, industriali, farmaceutiche e vegetali. Questo aiuterebbe a creare un unico sistema universitario. Al progetto è legata la ristrutturazione dell’ospedale di Cattinara (90 milioni) dove sono previsti 10 mila mq per questo settore.
Finanziamenti
Presi in esame vari capitoli, la Legge regionale 47 del 78 sui progetti di ricerca, e gli industriali chiedono un adeguato rifinanziamento per la copertura di tutte le domande già presentate e istruite oltre a un consistente stanziamento per le nuove domande (160 in regione). C’è poi la legge Sabatini per agevolazioni all’acquisto di macchinari «sarebbe auspicabile un’assegnazione di risorse» sostiene Assindustria. Adeguata copertura finanziaria viene chiesta anche per la legge 7 del 2004 per premiare le aziende che effettuano investimenti diretti a miglioramento ambientale, sicurezza e mezzi.
Fondo Trieste
C’è un problema, riguarda i fondi non impegnati entro il termine dei tre anni. Rischiano di venire persi. Perciò gli Industriali chiedono che la Regione si muova con il Governo per farsi riassegnare le somme «perenti» al ministero dell’Economia e che rientrino al Fondo Trieste
Porto
Antonini spiega che è stata fatta già presente all’Autorità Portuale che è necessario trovare spazi in Porto nuovo. Bisogna abbattere i magazzini obsoleti, creare nuovi piazzali, avviare finalmente la costruzione della piattaforma logistica. Grande l’attenzione per il recupero funzionale del Porto vecchio.
Rigassificatore
La posizione degli industriali è chiara e sostiene il progetto on shore, nell’area ex Esso. Ci sono in ballo 550 milioni di euro di investimento, 40 milioni solo per le bonifiche ambientali, c’è l’opportunità di ospitare nuovi insediamenti per l’industria del freddo. 80 i nuovi posti di lavoro diretti e ben 320 quelli indiretti. Insomma, è un «opportunità da cogliere».
Ferriera
È all’ultimo punto, ma non per importanza. Antonini nel promemoria consegnato a Tondo fa una fotografia della situazione e chiede che si parta da questa per «la definizione di qualsiasi progetto di riconversione». Basta scorrere i dati iniziali per avere un’idea. fatturato del 2007 di 200 milioni di euro, quota rilevante di tasse tra Ici, Tarsu, canoni, 21 milioni di salari, 10,4 milioni si spese di approvigionamento, 545 dipendenti (94% locali) in maggioranza tra i 31 e 40 anni, fornitura vitale di ghisa alla Sertubi e decollo con i traffici portuali nel Terminal rinfuse.
GIULIO GARAU


Trebiciano, residui e bitumi in una dolina  - NON LONTANO DALLA PISTA CICLABILE  - Diverse famiglie chiedono al Comune di costituirsi parte civile contro i vandali

TRIESTE Chiedono al Comune di costituirsi parte civile presso le autorità competenti contro coloro che, di recente, hanno lordato una dolina non lontana dal centro abitato di Trebiciano. A farlo diverse famiglie della località carsica, che domandano al sindaco di agire in prima persona contro vandali capaci di inquinare con bitumi e altri residui una dolina non distante dalla nuova pista ciclabile che attraversa il paese e giunge sino al confine.
A tale riguardo sono state raccolte sinora 130 firme. Persone che si dicono stanche di tutti gli atti che rovinano l’ambiente carsico. «Siamo stanchi di essere uno degli immondezzai di centro e periferia – afferma Virgilio Zecchini, uno dei residenti e firmatari della petizione rivolta a sindaco e Comune –. Una fama che Trebiciano si è costruita senza colpa alcuna, se non quella, inesistente, di aver ospitato una discarica che ormai da tempo non funziona. Chi ha inquinato la dolina con materiali bituminosi è ben più che colpevole di coloro che si liberano di vecchi elettrodomestici e altri inerti. Olii e catrame possono inquinare il Timavo sottostante, oltre a devastare l’habitat naturale di caprioli e altri animali».
Secondo Zecchini, la colpevole consuetudine di disfarsi di oggetti e sostanze inquinanti nei boschi provocherebbe anche un abbassamento dell’indice di qualità abitativa del paese, causando un deprezzamento delle proprietà di chi vive nella zona. «Per queste ragioni chiediamo al Comune di mobilitarsi in prima persona, al fine di stroncare coloro che, inquinando e sporcando i nostri dintorni, ci recano grave danno in modo diretti e indiretti».
«Sui ritrovamenti dei bidoni contenenti i residui bituminosi si è fatta un po’ di confusione – interviene Marco Milkovich, presidente della circoscrizione Altipiano Est – visto che quei contenitori erano dei raccoglitori dei rifiuti presenti nella dolina, appartenenti a un lotto di bonifica del Comune per quell’area. Ciò non toglie che il problema dell’inquinamento delle doline e di altri luoghi del Carso è una questione rilevante ed estesa a tanti siti. Sul Carso in generale, e non solo in Trebiciano, si è scaricato tanto e male in barba alle più elementare regole di decenza ed educazione».

(m.l.)
 

 

SEGNALAZIONI - NUCLEARE - Centrali a rischio
Le notizie sui guasti della centrale di Krsko sono molto allarmanti. Si dice che non c'è da preoccuparsi, ma lo stesso si diceva di Chernobyl e poi si è visto di quali situazioni devastanti si hanno avuto tracce, quindi noi ci preoccupiamo e molto e non crediamo alle dichiarazioni dei governi. Inoltre mi pare pazzesco che si abbia una centrale nucleare a 100 km da Trieste e non si protesti per il suo smantellamento. Nessuna centrale nucleare andrebbe costruita in prossimità dei centri urbani, come questa slovena, e sarebbe ancora meglio che nessuna centrale nucleare fosse costruita mai, in ogni caso dovrebbero essere collocate in aree deserte e lontanissime dalla vita. Detto questo, anche se il fatto di Krsko non dovesse costituire gravità reale, c’è da dire che la possibilità invece di un fatto grave pende sulle nostre teste tutti i giorni, e che se si verificasse sarebbe inutile andare a vedere se ci sono radiazioni o no, perché ogni provvedimento sarebbe inutile e saremmo contaminati ancor prima che scoppiassero le emergenze che peraltro non siamo pronti a fronteggiare. Vorrei infatti che il Comune ci informasse su quale assistenza e su quale protezione avremmo in caso di incidenti gravi visto che i cittadini non sono dotati né di abbigliamenti contro le radiazioni, né di maschere e sono totalmente all’oscuro di cosa dovrebbero fare. Invece in società civili come la Svizzera si provvede prima dei disastri ad istruire e dotare la popolazione di quanto necessario per proteggersi, ma lì non sono guidati da dirigenti di supermercati ma da serio personale attento al Paese e alla popolazione.
Ezio Franzutti
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 giugno 2008 

 

 

Tondo a Genagricola: «Aperto agli Ogm»  - Giuseppe Perissinotto: «Puntiamo alle biomasse, siamo pronti. Troppa burocrazia»

RIUNITA A TRIESTE LA SOCIETÀ AGRO-INDUSTRIALE DEL LEONE
«Gli Ogm sono il futuro e possono rappresentare la vera chiave di volta per risolvere alcuni dei problemi che flagellano il nostro mondo: la fame e l’esaurimento delle fonti energetiche. Dobbiamo farcene una ragione: in Friuli Venezia Giulia devono poter convivere le colture tradizionali e quelle geneticamente modificate. È una sfida cui non possiamo non rispondere, e la possibilità che sul nostro territorio vengano coltivati Ogm sarebbe da prendere in considerazione». Così il presidente della Regione Renzo Tondo, ieri durante il suo intervento al convegno «Emergenza alimentare: ogm sì o no?», svoltosi nel palazzo delle Assicurazioni Generali di via Trento.
Al dibattito, organizzato da Genagricola (holding del Leone, ad oggi la maggiore società agro-industriale italiana, con 10mila ettari di terreni coltivati, e presente anche in Romania con due unità agricole) e dall’Accademia nazionale dell’agricoltura, in collaborazione con Confagricoltura, hanno partecipato medici, economisti, giornalisti scientifici, docenti universitari, oltre a Renzo Tondo e al numero uno di Genagricola Giuseppe Perissinotto. Sul tavolo sono state messe luci e ombre di quelli che il presidente di Genagricola ha voluto definire più volte «organismi geneticamente ”migliorati”. Così dovrebbero essere chiamati - ha spiegato -. L’espressione ”ogm” ha sempre creato allarmismi infondati: con gli ogm si può tentare di risolvere, almeno in parte, il problema della scarsità di cibo e di risorse energetiche».
Giuseppe Perissinotto, infatti, da anni porta avanti la sua battaglia personale in difesa dell’energia verde e delle biotecnologie. Da oltre un anno Genagricola (colosso della terra che conta 26 aziende specializzate nella produzione di vino, frutta, grano, barbabietole da zucchero, soia, erbe mediche, nell’allevamento di bovini, suini e pesce, che nel 2007 hanno fatturato 30.305.000 euro) attende le autorizzazioni necessarie per mettere a «reddito energetico», nell’azienda agricola di Cà Corniani in provincia di Venezia, 300 ettari coltivati a mais, convertendoli in combustibile, energia elettrica e calore. «Noi puntiamo molto sulle biomasse e siamo pronti - ha sottolineato Perissinotto -. Peccato che per ricevere tutte le autorizzazioni necessarie servano tempi così lunghi. La politica deve dare risposte nuove».
L’appello lanciato da Perissinotto è stato condiviso dal presidente dell’Accademia nazionale di agricoltura Giorgio Amadei, che ha sottolineato come l’utilizzo degli Ogm nella nostra Regione potrebbe «ridurre il rischio di perdere parte del raccolto di mais, se questo venisse modificato geneticamente e reso resistente agli apirolidi, che possono distruggere anche il 40% del raccolto di mais di un’intera stagione». Anche il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni, ha proposto il lancio di una campagna di sensibilizzazione sulle biotecnologie con gli agricoltori e con il mondo accademico e scientifico.
Perissinotto e molti degli intervenuti al dibattito hanno sostenuto la necessità che la classe politica ora si impegni su questo fronte. E la risposta della politica non si è fatta attendere. Anzi, è arrivata forte e chiara: «Bisogna far passare il concetto che gli Ogm sono necessari, facendo capire alla gente che non c’è nulla di negativo e catastrofico nel loro utilizzo - ha spiegato il governatore Tondo -. Contrapporli alle colture tradizionali è sbagliato».
ELISA COLONI


Oltre cento i «diplomati» in ambiente - CONCLUSO IL CORSO ORGANIZZATO DALLA LIPU

L'ambiente, in particolare la salvaguardia della fauna, della flora e degli habitat naturali della provincia di Trieste stanno molto a cuore ai triestini. Al corso formativo gratuito «Natura 2008» promosso dalla Lipu (Lega italiana protezione uccelli) in collaborazione con il Corpo forestale regionale hanno partecipato quasi duecento persone di età, sesso e status occupazionale diversissimi tra loro che hanno seguito il ciclo di 14 incontri sul patrimonio ambientale del nostro territorio, mirato a far conoscere gli elementi principali degli ecosistemi locali e le buone pratiche da mettere in atto per la conservazione della biodiversità della provincia.
Gli attestati di frequenza al corso sono stati consegnati l’altro pomeriggio nella sala del Consiglio della Provincia ai 101 corsisti che si sono guadagnati il diploma per aver seguito oltre il 70% delle giornate di studio, dall'assessore alla protezione ambientale Dennis Visioli e da Maurizio Rozza della Polizia ambientale della Provincia. «È stata una gradevole sorpresa per la Lipu - ha commentato Rozza - scoprire quanta attenzione esista nei confronti dell'ambiente da parte di persone diversissime tra loro, unite dal comune desiderio di imparare e di voler diventare dei cittadini consapevoli e responsabili».
Gli incontri settimanali si sono svolti tutte le settimane a partire da metà marzo al liceo Oberdan: le lezioni - tenute da docenti ed esperti in campo geologico, naturalistico e biologico, come Franco e Fabio Perco, rispettivamente zoologo e ornitologo, Franco Zuppa biologo della Riserva marina di Miramare e la naturalista Aila Quadracci - hanno approfondito tematiche quali flora e vegetazione, mammiferi, anfibi, rettili, pesci d'acqua dolce, il regno dei funghi e lo studio geologico degli antichi ambienti del Carso. Organizzato anche tre uscite pratiche per visitare tre delle più belle realtà naturali del territorio di casa nostra. Ai primi di ottobre partirà la seconda fase di «Natura 2008». Informazioni alla Lipu, tel 328.6951039 e 340.7399686, e-mail lipu_trieste@yahoo.it.
Patrizia Piccione


Strage di alberi - EX MADDALENA

Strage di alberi della Maddalena. Dall'11 aprile ho visto una dozzina di lettere di protesta sulle Segnalazioni, alle quali il sindaco Dipiazza ha risposto l'1 giugno con una «lectio magistralis» di ben 150 righe su «le colonie feline». Il tutto in risposta ad un tale che ha dei gatti nel condominio, e al quale, cito, «sono stati già forniti i richiesti chiarimenti sia verbalmente che per iscritto su un argomento che sembra interessare non poco i nostri concittadini» (sic!). Qualcosa mi sarà sfuggito, ma degli alberi non si parla... Vorrebbe, bontà sua, il sindaco dissertare della Maddalena? Sul perché il regolamento comunale che salvaguarda il verde cittadino non è stato rispettato? Chi sono i fannulloni che non hanno fatto il proprio dovere di applicarlo? Perché un referendum per il ponte sul canale e invece silenzio per la Maddalena? Un silenzio sospetto, un blitz improvviso, lo sporco lavoro eseguito con incredibile velocità per gli standard cittadini.
Tanto ai mandanti, architetti e costruttori, con le loro belle ville sul Carso, il verde non manca... Insomma mi sembra una bella speculazione edilizia. Mi piacerebbe che qualche Pm rovistasse un po’ nelle scartoffie di questo affare per avere la tranquillità che pur nella segretezza, tutto sia stato corretto.
Su piazza Libertà, il sindaco Dipiazza, 24 maggio: «Sanno solo lamentarsi... gli ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito in commissione, che alla fine gli alberi da sacrificare probabilmente saranno non più di cinque...».
Ma perché gli alberi, maestosi e centenari non hanno nessun diritto? Se sono centenari significa che ci hanno messo un centinaio di anni per diventare così! Non si posssono sostituire con qualche alberello, mi sembra ovvio.
Comunque non si risolve il problema, resta sempre la strettoia di inizio via Cavour, e il traffico avrà sempre due curve come adesso, inoltre i viaggiatori dovranno attraversare tutta la piazza per prendere l'autobus.
Tempo fa si parlava di fare il nuovo asse di scorrimento dietro il parco ferroviario dietro il Silos con sbocco in piazza Duca degli Abruzzi, un bel rettilineo senza intralci, oramai non c’è il problema Porto Vecchio.
Vorrebbe, bontà sua, il sindaco dissertare anche di questo? Grazie.
Valter Radakovic


Appello agli enti locali: salvate la pregevole roverella di via Antoni

Visto l’articolo apparso sul Piccolo del 3 giugno, si segnala che in via Antoni, oltre alla roverella centenaria, esiste tuttora un altro esemplare che, seppure più giovane, ha un notevole pregio naturalistico; va inoltre ricordato che un terzo esemplare, sicuramente ultracentenario, è stato abbattuto una decina di anni fa.
A seguito di tale taglio, considerando la difficoltà a intervenire nella manutenzione con personale sufficientemente esperto, nonché una diffusa moria di cedri contigui dovuto al proliferare di Armillaria, è stato richiesto, al fine di garantirne la sopravvivenza, che l’albero in oggetto (per la precisione Quercus pubescens Willd) venisse inserito fra i monumenti naturali della nostra regione.
Le mie richieste inoltrate a intervalli regolari dal 2003 al 2008 prima al Comune di Trieste, poi alla Regione Friuli Venezia Giulia, hanno portato l’ufficio preposto (Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia) a confermarmi che «nel rispetto della normativa vigente (L/R 9/2007, Decreto 0313/Pres/1995) e delle disponibilità operative e di bilancio, è dovere dell’amministrazione regionale promuovere la migliore tutela possibile del notevole patrimonio arboreo della regione..., si terranno in particolare conto le istanze dirette all’inserimento nell’elenco prodotte dai proprietari delle piante».
Alla luce di ciò, e della vita grama del verde cittadino, ho motivo di credere che le speranze di sopravvivenza della roverella si stiano assottigliando e che al momento del reperimento dei fondi per il censimento ufficiale (o per eventuali altri interventi), molto probabilmente l’Armillaria, o qualche altro agente patogeno, avrà compiuto la propria opera.
Maria Luisa Nesbeda
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 giugno 2008 

 

 

GRANDI OPERE IN FRIULI VENEZIA GIULIA - La Regione dà la priorità alla terza corsia: la Tav fa perdere almeno due anni e mezzo

TRIESTE Le Ferrovie, paventando ritardi e finanziamenti europei a rischio, protestano. Ma la Regione insiste: se non si svincola il tracciato della terza corsia da quello della ferrovia, l’autostrada non sarà potenziata entro il 2017. Ciò non significa rinunciare alla ferrovia ad alta velocità/alta capacità, ma solo accelerare l’allargamento di un’A4 al collasso. «Può un territorio proiettato in Europa e con una vocazione industriale spiccata aspettare ancora per avere un’autostrada a tre corsie? La risposta la lascio al territorio» chiede, infatti, l’assessore ai Trasporti, Riccardo Riccardi.
La domanda naturalmente è retorica. Nella migliore delle ipotesi il progetto della ferrovia – ammesso che sia pronto entro il 31 dicembre (data di scadenza per presentare il preliminare) – potrebbe superare l’esame del Cipe tra due anni e mezzo, per cui l’autostrada dovrebbe attendere al palo ancora quel tempo. Questo porterebbe il progetto a superare la scadenza – già ritenuta lontanissima - del 2017. Anche con il commissario in campo. «Le pratiche per l'avvio della realizzazione della terza corsia della A4 sono molto avanzate – spiega Riccardi - mentre per quanto riguarda la tratta ferroviaria della Tav siamo ancora in una fase precedente al progetto preliminare. Per approvare il progetto preliminare della terza corsia sulla A4 ci abbiamo messo 28 mesi. Fare una ferrovia è un po’ più complicato, quindi io immagino che questi tempi siano necessari soltanto per approvare la fase preliminare del progetto della Tav». In sostanza, dunque, «i tempi autorizzati dell'iter progettuale della ferrovia sono molto indietro rispetto a quelli dell’A4 e, pertanto, va considerata l'ipotesi di disgiungere i procedimenti per la formalizzazione dell'avvio delle opere, senza escludere che in futuro la ferrovia possa sorgere parallelamente all’autostrada, come ha fatto il Veneto alcuni mesi fa». Separare oggi i due iter non pregiudicherebbe quindi il fatto che la progettazione possa ricalcare il tracciato già concordato.
Una cosa comunque è certa, la Regione intende prendere queste decisioni con il territorio. «Faremo una valutazione serena e di buon senso coinvolgendo anche enti locali. Ricordo però che la progettazione dei lotti per l'autostrada - aggiunge Riccardi - sta procedendo speditamente in Veneto, mentre in Friuli Venezia Giulia sta procedendo il quarto lotto, che non ha il problema dell'affiancamento con la ferrovia. Il terzo lotto è in attesa di avere l'avanzamento procedimentale della Tav».
La partita per rivedere l’iter procedurale non è comunque semplice. Entro un paio di giorni Friuli Venezia Giulia e Veneto dovrebbero formalizzare la richiesta dello stato di emergenza della autostrada A4. Il governo dovrà quindi recepirlo attraverso un decreto del presidente del Consiglio e, sulla base delle criticità evidenziate, nominare il commissario straordinario. Sul nome non ci saranno sorprese, le Regioni l’hanno individuato nella figura di Bortolo Mainardi, già commissario straordinario per le infrastrutture del Nordest. Se l’iter di autostrada e ferrovia saranno separati, il commissario – con pieni poteri – potrebbe anticipare i tempi di costruzione dell’opera anche di un paio d’anni. Ma il commissario non può invece modificare la delibera Cipe con la quale è stato suggellato il destino comune delle due opere. Per separare il «destino» di Tav e terza corsia, la Regione dovrà di nuovo vedersela con il Cipe. E quindi con Roma.
Martina Milia


Acquistati due nuovi treni - COSTANO UNDICI MILIONI DI EURO

UDINE La Regione acquista due nuovi treni per migliorare il servizio del Friuli Venezia Giulia. Costo complessivo: 11 milioni di euro. Ma lo Stato contribuisce con 4.808.558 euro.
La giunta, su proposta dell’assessore ai Trasporti e alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, ha infatti autorizzato nella seduta di ieri la stipula di una convenzione con il ministero dei Trasporti per definire modi e tempi di erogazione dei 4.808.558 euro assegnati dal ministero stesso al Friuli Venezia Giulia ancora a fine 2006, proprio per gli investimenti sul parco rotabile regionale.
Con la convenzione, come spiega Riccardi, la Regione potrà incassare il contributo, in tre rate negli anni 2007-2009. I due nuovi veicoli che entreranno in servizio sulla rete regionale sono due elettrotreni in composizione a quattro casse ad alimentazione elettrica. Il loro acquisto è possibile grazie al contributo statale e al finanziamento diretto della Regione che ammonta a più di 6 milioni di euro.


La giunta di Fiume contro l’Ina: chiudete la raffineria di Mlaca  - Aria inquinata, l’esecutivo ordina lo spostamento entro il 2010

Attualmente sono impegnati nel sito circa 500 operai, potrebbero essere ridotti a 150 unità
FIUME Nuovo e sollecito appello della giunta cittadina di Fiume all’unica compagnia petrolifera croata, la zagabrese Ina, affinché provveda allo smantellamento e al trasferimento della raffineria presente nel rione fiumano in Mlaca.
«Lo spostamento va eseguito entro il primo gennaio 2010 - si legge nelle conclusioni dell’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel - rispettando quanto già chiesto dal consiglio comunale. La chiusura e la rimozione degli impianti costituiscono una misura quanto mai necessaria dopo che è stato constatato più volte che Fiume è, insieme a Sisak (altra raffineria dell’Ina) e Kutina (industria petrolchimica), tra le città croate con il maggiore inquinamento atmosferico. Inquinamento - si prosegue - derivante in gran parte dalle emissioni di anidride carbonica e acido solfidrico provenienti dagli stabilimenti in Mlaca».
A fare reagire i membri dell’esecutivo è stata la recente presa di posizione del governo croato (l’Ina è infatti di proprietà dello Stato e dell’ungherese Mol), secondo il quale la raffineria fiumana deve continuare a lavorare, a prescindere dalle richieste che arrivano dal capoluogo quarnerino. A cozzare con quanto espresso dalla compagine ministeriale di centrodestra era stato il documento diffuso tre giorni fa dalla direzione dell’Ina che parla di una chiusura parziale in Mlaca. Un documento proposto quale risposta alla giunta municipale fiumana sul destino futuro della raffineria e nel quale si precisa che - data la penuria di mezzi - l’Ina non può modernizzare tutti gli impianti in Mlaca, ma ne dovrà chiudere un paio, mentre altri resteranno funzionanti.
L’esperta in materia di tutela dell’aria presso la raffineria in Mlaca, Milica Lulic, si è presentata nella seduta dell’esecutivo Obersnel ribadendo che alcuni stabilimenti andranno incontro a chiusura entro i prossimi mesi (produzione bitume, gasolio da riscaldamento e olio di base minerale), mentre andrà avanti l’impianto blending, il quale necessita di una ventina di maxiserbatoi.
Dagli attuali 500 occupati, si dovrebbe insomma arrivare a 150. «Voglio specificare - ha detto la Lulic - che gli impianti chiusi non saranno smantellati e quindi trasferiti altrove, ma resteranno in loco e saranno conservati. In ogni caso, posso assicurare che la chiusura totale della raffineria di Mlaca è un progetto non realizzabile nei prossimi anni».
L’aria che si respira a Mlaca e nei quartieri vicini è da mesi classificata di terza categoria, cioè rientra nella categoria di aria inquinata.
Andrea Marsanich
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 giugno 2008 

 

 

Tondo in Slovenia, un patto sul nucleare  - Presto un tavolo bilaterale. Rigassificatori, bocciata l’ipotesi dell’impianto nel golfo
ENERGIA E SICUREZZA NEL DOPO-KRSKO
Missione nella capitale slovena. Rupel: «Ieri ho visto Bush, oggi Tondo» Il governatore: «Sul nucleare coinvolgerò Frattini e Berlusconi»
Colloquio con Rupel: dopo lo stop con Illy Lubiana entrerà nell’Euroregione
Già nel 2007 l’allora ministro D’Alema aveva prospettato l’interesse italiano per la centrale atomica attraverso l’Eni
LUBIANA Un patto col governo sloveno in materia di energia e sicurezza, di stretta attualità dopo il caso Krsko, è stato sottoscritto ieri dal presidente del Friuli Venezia Giulia Tondo. Nei colloqui col ministro degli Esteri sloveno Rupel è stato annunciato anche che Lubiana, dopo lo stop con Illy, entrerà nell’Euroregione. Rigassificatori: bocciata da entrambe le delegazioni il progetto dell’impianto a mare nel golfo di Trieste.
Il presidente Renzo Tondo sceglie la vicina Slovenia per esordire ufficialmente nelle relazioni internazionali. E Lubiana ringrazia: nella sala del ministero degli Esteri dove si svolgono i lavori accanto alla bandiera di casa e di quella dell’Unione europea c’è anche quella italiana. Un trattamento che il protocollo impone soltanto per le visite dei ministri. Una formalità che è anche un messaggio di disponibilità della vicina Repubblica nei confronti del governatore e dell’Italia. Disponibilità che accompagna l’incontro di oltre un’ora tra il ministro degli Esteri Dimitrij Rupel e Renzo Tondo.
I temi al centro dei colloqui vanno dalle infrastrutture alle minoranze, dai trasporti all’Euroregione. Ma il tema forte del pomeriggio è quello degli approvigionamenti energetici. E quindi del nucleare. «Ieri ho incontrato il presidente americano George Bush, oggi Renzo Tondo» esordisce Rupel. «Così finite in bellezza» scherza il governatore del Friuli Venezia Giulia.
Il clima sereno si traduce immediatamente in un concetto che Rupel esprime in modo chiaro per quanto mascherato dal linguaggio diplomatico. «Abbiamo parlato di molti argomenti e abbiamo gettato le basi per una serie di progetti comuni tra due popoli che vivono accanto e tra i quali c’è e ci sarà una crascente collaborazione - dichiara Rupel -. Questa cooperazione è utile e opportuna anche nel campo degli approvvigionamenti energetici. La Slovenia è favorevole a una cooperazione con il Friuli Venezia Giulia e con l’Italia sull’energia e quindi anche sul nucleare. Per quanto riguarda Krsko abbiamo dato prova della nostra trasparenza». Il tema è centrale per lo sviluppo del Paese e per quello del Friuli Venezia Giulia. L’energia scarseggia e soprattutto il suo costo lievita anche per l’impazzimento planetario del prezzo del petrolio. La Slovenia ha una centrale nucleare a Krsko della cui esistenza l’Italia si è ricordata soltanto per il guasto e il conseguente allarme di mercoledì scorso. «Il sistema di sicurezza e di collegamento tra le protezioni civili ha funzionato - spiega Tondo - e questo dimostra che i cittadini possono stare tranquilli. È molto positivo che la Slovenia valuti opportuna la cooperazione anche sull’energia atomica sulla quale dopo oltre vent’anni è pronto a investire. Mi farò carico di trasmettere ai nostri ministri competenti Scajola e Frattini e quindi a Silvio Berlusconi i risultati dell’incontro con il ministro Rupel, sollecitando l’avvio di un tavolo bilaterale a livello di governo sull’energia e sul nucleare e sugli altri temi. La possibilità che il Friuli Venezia Giulia e l’Italia possano partecipare al raddoppio di Krsko? Non esiste nessun progetto approvato per il potenziamento della centrale. I tavoli comunque partiranno subito perché, d’accordo con il governo sloveno, non è necessario aspettare le elezioni politiche di settembre».
Il ministro Rupel annuisce. L’annuncio di un raddoppio della centrale è politicamente pericoloso per chi deve presentarsi davanti agli elettori tra soli tre mesi (il 22 settembre). Quindi Lubiana non conferma nè smentisce. Ma i ben informati riferiscono che il progetto c’è. E una partecipazione italiana o regionale (magari attraverso Friulia) potrebbe consentire in tempi medi un accesso privilegiato a forniture di energia a costi più contenuti.
Con un’operazione poco compromettente per gli equilibri del territorio (le critiche degli ambientalisti ma anche degli amministratori locali) Tondo potrebbe soddisfare le richieste di chi (industriali e imprese in primis) fa pressioni sull’amministrazione regionale per avere energia a prezzo più basso di quello attuale. Del resto già nel 2007, nel corso di un vertice in Slovenia, era già stato Massimo D’Alema, il ministro degli Esteri dell’allora governo Prodi, a delineare un interesse italiano per Krsko con il coinvolgimento dell’Eni.
Sui rigassificatori ieri le due delegazioni hanno concordato sulla bocciatura di quello a mare nel golfo di Trieste, mentre resta aperta l’eventuale opzione per la struttura a terra. E si è parlato anche di un possibile rafforzamento dell’elettrodotto italo-sloveno dell’isontino.
Ma le ragioni della politica, specie tra gli sloveni in odor di elezioni, impongono la prudenza. Una piccola tirata d’orecchi all’Italia arriva da Rupel solo sulla tutela della minoranza slovena nel nostro Paese. «Questa mattina ho incontrato una delegazione della minoranza - spiega Rupel - e ho riferito a Tondo che l’Italia non ha ancora adempiuto ad alcuni passaggi. Ho proposto di costituire una commissione regionale per la tutela della minoranza e la necessità della firma del decreto che definisca le aree nelle quali applicare il bilinguismo visivo. Comunque negli ultimi anni la collaborazione con l’Italia in questo settore è molto migliorata, e ho trovato grande disponibilità dal presidente del Friuli Venezia Giulia».
«A questo proposito - risponde Tondo - c’è la necessità di guardare sempre più all'integrazione europea, lavorando insieme per favorire la coesione ed il superamento di antiche barriere».
CIRO ESPOSITO


METANO DAL MAR NERO A TRIESTE  - Gazprom conquista il mercato balcanico Austria e Slovenia: sì al nuovo gasdotto

TRIESTE Sono grossi cordoni ombelicali sotterranei, ben dipanati e in cui scorre il gas o il greggio, i nuovi «lacci» con i quali la grassa Russia lancia la sua «offensiva» economica e politica nei confronti della sempre più assetata di energia Unione europea. Ora è stato definito anche l’ultimo tratto di questa sofisticata rete di tubi. Il direttore generale di Gazprom, il colosso energetico russo, Aleksej Miller ha annunciato che sia l’Austria che la Slovenia hanno aderito al consorzio che costruirà il cosiddetto ramo meridionale del metanodotto italo-russo. Un’opera che prevede un investimento complessivo di 16 miliardi di dollari e la cui costruzione dovrebbe iniziare nel 2010.
Miller non è sceso nei particolari circa il tracciato dell’infrastruttura, ma secondo alcune fonti il progetto prevede che le grosse tubazioni si dipanino dalla Russia e raggiungano la Bulgaria passando sotto il Mar Nero. Qui il metanodotto si scinderà in due tronconi. Il primo correrà attraverso la Grecia per collegarsi all’Italia meridionale passando quindi sotto il Mar Ionio. Il secondo, invece, attraverserà la Serbia, l’Ungheria, l’Austria, la Slovenia per raggiungere l’Italia settentrionale. Il punto di arrivo dovrebbe essere Trieste dove esiste già il terminal petrolifero dell’Oleodotto transalpino e in futuro ci potrebbe essere anche un rigassificatore.
Il metanodotto segue quindi una linea molto simile al concorrente «Nabucco» progettato dall’Unione europea che convoglierà il gas dalla Turchia, attraverso la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria fino in Austria. Concorrente perché è nell’intenzione dei progettisti di diminuire così la dipendenza dell’Ue dal gas russo. La struttura dovrebbe essere operativa nel 2013 e in grado di «trasportare» 30 miliardi di metri cubi di metano. Per quanto riguarda, invece, il progetto di metanodotto italo-russo di Gazprom il tracciato dello stesso, secondo alcune fonti, sarebbe già stato approvato dalla Grecia, dalla Serbia, dall’Ungheria e dalla Bulgaria. Questi ultimi due Stati fanno parte anche del gruppo di Paesi che cooperano al progetto «Nabucco». Secondo le dichiarazioni del direttore generale, Aleksej Miller, Gazprom ha da gennaio ad aprile di quest’anno già estratto 200 miliardi di metri cubi di metano, quasi 4,2 miliardi in più di quanto estratto nello stesso periodo del 2007.
I due nuovi metanodotti costituiscono la fase più avanzata del mutamento geopolitico che ha interessato i Balcani negli ultimi vent’anni. La frantumazione della ex Jugoslavia, l’ingresso di Slovenia, Ungheria, Bulgaria e Romania nell’Ue, con la Croazia che dovrebbe tagliare il traguardo comunitario nel 2009 e con la Serbia che scalpita, hanno fatto sì che Mosca, dalla «Guerra fredda» sia passata oggi alla battaglia energetica, mettendo in campo i suoi pezzi da Novanta: Gazprom, come detto, ma anche Lukoil che è pronta a riversare il suo greggio nei depositi costieri croati della Dalmazia e punta ad assumere la gestione del rigassificatore che Zagabria vuole costruire sull’isola di Veglia. E siccome il futuro politico passerà inevitiabilmente per i destini energetici del Vecchio continente, la Russia si sta già preparando. Per recitare un ruolo da protagonista.
MAURO MANZIN


«Il nuovo tracciato A4 mette a rischio la Tav»  - TERZA CORSIA: LO STOP AL PARALLELISMO AUTOSTRADA-FERROVIA

Dubbi delle Fs: rifare il protocollo con i Comuni farebbe perdere altri 2 anni e i soldi stanziati dall’Ue
TRIESTE Se si blocca la procedura per l’avvio della Tav, togliendo il parallelismo del tracciato fra A4 e ferrovia, «si rischia che la linea ad alta velocità/alta capacità in regione non si faccia più. Perché si rischia di perdere i finanziamenti che l’Unione europea sta per assegnare per la prosecuzione della progettazione». La preoccupazione arriva direttamente da fonti delle Ferrovie che stanno seguendo con una certa apprensione la volontà della nuova giunta regionale di eliminare il parallelismo tra autostrada e ferrovia per evitare che i tempi dell’autostrada restino legati a quelli della Tav. Questo significherebbe superare il protocollo sottoscritto lo scorso febbraio tra i sindaci e la Regione – con alcune defezioni – e per Ferrovie «perdere altri due anni di lavoro. Con il rischio che, continuando a rinviare l’opera, non si faccia più. Si continua a parlare di trasferire su gomma il trasporto su strada, ma se andiamo avanti così si farà prima la quarta corsia della Tav». Una previsione nemmeno tanto lontana dalla realtà visto che, nel tracciato individuato da Rfi e Autovie Venete, è già previsto lo spazio per la quarta corsia. Nel braccio di ferro che potrebbe crearsi tra Regione e Ferrovie, la società di trasporti potrebbe puntare i piedi su quanto già determinato dal Cipe nel 2005 ovvero la necessità di «garantire l’armonizzazione dell’opera con la linea ferroviaria AV/AC Tratta Venezia-Ronchi dei Legionari, al fine di ottimizzare le interferenze tra le due opere, con particolare attenzione alla realizzazione dei sovrappassi e dei sottopassi ed alle opere di mitigazione e compensazione». Ma se la terza corsia non può attendere i tempi di realizzazione dell’alta velocità, d’altro canto le ferrovie rischiano di veder saltare il progetto della Tav. L’unica tratta al sicuro, al momento, è la Ronchi-Trieste i cui lavori partiranno nel 2010. Al problema che interessa strettamente il Friuli Venezia Giulia, si aggiunge la situazione del Veneto dove la discussione sul tracciato è ancora aperta e gli interrogativi non sono pochi. Prevedere quando sarà realizzata l’intera tratta Venezia Trieste sembra impossibile. Una soluzione di compromesso, nel caso del Friuli Venezia Giulia, potrebbe essere svincolare subito il tracciato dell’autostrada e proseguire in modo indipendente con il tracciato della ferrovia. Questo non vieterebbe alle ferrovie di progettare comunque una tratta in affiancamento all’autostrada, ma creerebbe nuovamente il problema alla base della decisione del Cipe: se autostrada e ferrovia vengono realizzate in tempi diversi – ammesso che il progetto ferroviario sia poi ritenuto dal Cipe compatibile con quello autostradale – bisogna prevedere una spesa ulteriore per il rifacimento dei cavalcavia. Nella prima ipotesi – quella di un affiancamento anche in terra veneta – il preventivo di spesa era di circa 300 milioni di euro. Nel momento in cui il Veneto ha deliberato il totale non affiancamento dell’autostrada alla ferrovia, il sovrapprezzo cavalcavia si è “dimezzato”. Resterebbe la spesa aggiuntiva (quindi per il disfacimento e rifacimento dei cavalcavia) solo per la tratta Portogruaro Gonars, stimabile in 120 – 150 milioni di euro. Non poche risorse, certo, ma senza dubbio ben spese se questo consentisse di abbreviare i tempi di realizzazione dell’autostrada.
Risorse che comunque qualcuno dovrà stanziare e al momento nessun soggetto – né le Ferrovie, né le Regioni né tanto meno lo Stato – sembra disponibile a sborsarle.
Martina Milia


L’acquisto di treni al vaglio della giunta - IERI L’INCONTRO CON I SINDACATI SUL TPL

TRIESTE La Regione è pronta all’acquisto di nuovi treni. Se ne parlerà oggi nella seduta della giunta Tondo sulla base di una relazione dell’assessore Riccardo Riccardi che sta definendo con il ministero alcune questioni sul trasporto pubblico locale. Ma di Tpl Riccardi ha parlato pure ieri con Cgil, Cisl e Uil e con le sigle di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uilt-Uil. Il Trasporto pubblico locale, ha spiegato l’assessore, richiede «scelte urgenti» di fronte alla necessità di rinnovare i contratti con i gestori del servizio su gomma e rotaia. Riccardi ha quindi condiviso la strategia della giunta Illy di arrivare a una stretta integrazione modale e tariffaria fra i due tipi di trasporto ma, ha precisato, «vanno ripensati tempi e modi per arrivare a questo traguardo». La giunta odierna servirà anche a preparare il vertice di maggioranza di lunedì. Tra le priorità le modifiche sul commercio, gli aggiustamenti sul friulano, il monitoraggio sul reddito di cittadinanza e la sanità.


PIAZZA LIBERTÀ  - Ennesimo restauro

Povera me - dice piazza della Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere dell’ultimo acquazzone - devo essere proprio brutta, se vogliono riqualificarmi per la terza volta! Eppure, se mi guardo intorno, non mi sembra di essere tanto male. Ho una dimensione armoniosa, tanti palazzi decorosi mi circondano. Ma soprattutto c’è al centro un bel giardino, da poco sistemato, con la statua di Sissi, che i triestini amano tanto, con piante e panchine. Un po’ sporco, se vogliamo, per l’inciviltà di alcuni cittadini e una pulizia non sempre accurata. Ma ci sono in compenso tanti alberi grandi, belli, sani, che d’estate, quando la calura opprime i passanti, offrono una pausa di piacevole freschezza. Vedo tanta gente che si ferma a riposarsi, a leggere il giornale, a scambiare due chiacchiere o in attesa della partenza di un treno. Certo, il silos sta mostrando di nuovo segni di degrado, c’è tutta la zona del porto vecchio in attesa di essere finalmente restituita alla città. Ma il progetto di modificarmi non risolverà nessuno di questo problemi. Si vuole pedonalizzare la parte antistante la stazione, spostando le fermate degli autobus. Ma vi immaginate i viaggiatori spesso trafelati, che si trascinano dietro i bagagli, percorrere tutto quello spazio in più per arrivare ai treni? Ma quale stazione al mondo non prevede che si possa arrivare direttamente davanti all’entrata? E le cinque – sette corsie che si vogliono disegnare dalla parte opposta? Si dice per permettere un traffico più ampio e scorrevole. Sarebbe bello, se, in andata e al ritorno, non ci fosse l’imbuto di Barcola che blocca ogni slancio. Che facciamo? Allarghiamo la strada costiera e eliminiamo la zona balneare di Barcola? Ah! Ah! Chi ci provasse sarebbe un uomo morto. Evidentemente bisogna trovare soluzioni diverse, che con me non hanno niente a che fare. Adesso veniamo però al punto più grave. Per realizzare questo progetto è previsto il taglio di tanti alberi, quegli alberi di cui parlavo prima, esseri viventi di cui la piazza e la città hanno tanto bisogno, perché proteggono e ci offrono tanta bellezza, di cui non possiamo, non dobbiamo privarci. In questa città, bella, ma dove gli edifici prevalgono sul verde, sono stati tagliati anche troppi alberi e quelli piantati ci metteranno decenni per crescere o sono arbusti che mai potranno sostituire quelli tolti. Ma io spero nell’intelligenza degli uomini, che spesso si lasciano sviare per insipienza o incapacità a cambiare idea, quell’intelligenza che tuttavia ci ha permesso di essere oggi qui, con le nostre sconfitte, ma anche con le tante vittorie. Il progetto si può ancora cambiare, i finanziamenti possono essere dirottati su opere più utili. In fondo – dice Piazza della Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere dell’ultimo acquazzone - non sono poi così brutta!
Marisa Zoppolato
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 giugno 2008 

 

 

Anche in Croazia una centrale nucleare SORGERÀ IN SLAVONIA, A 410 KM DA TRIESTE
Proteste nel sito prescelto di Erdut. La Russia entra nella politica energetica di Zagabria
Il presidente Sanader rompe gli indugi e dà il via libera alla realizzazione di un impianto atomico: sorgerà in Slavonia a pochi chilometri da Osijek
Krsko: oggi Tondo incontra Rupel a Lubiana. Dopodomani sopralluogo italiano
TRIESTE «Nucleare? Sì, grazie». La Croazia non ha dubbi sulla sua futura politica energetica. «La costruzione di una centrale nucleare per noi non è un tabù», sostiene il primo ministro, Ivo Sanader facendo capire chiaramente che quanto si andava vociferando nei corridoi del Sabor (Parlamento) solo qualche settimana fa ora sta prendendo concretezza. E dopo l’incidente di Krsko diventa un argomento «bollente».
Visto e considerato poi che i piani per la prima centrale nucleare croata, sulle rive del Danubio, sono già pronti.
L’«idea atomica» croata non è nata però negli ultimi periodi post-indipendenza. Quando il Paese era ancora una Repubblica della Federativa jugoslava esistevano già dei progetti per la costruzione di un impianto atomico. I tre siti che erano stati indicati erano quelli di Vir, sulla costa adriatica, di Prevlaca nelle vicinanze di Zagabria ed Erdut, sul Danubio, nei pressi di Osijek, capoluogo della Slavonia orientale, la quarta città croata con 100mila anime. Ci sono anche le valutazioni su questi possibili siti e solo la fase di ricerca è costata all’allora Jugoslavia, tra il 1979 e il 1990, qualche cosa come 30 milioni di dollari. Tutto però si è bloccato dopo la tragedia di Chernobyl, in Ucraina. E così la centrale slovena di Krsko è rimasta l’unica operativa.
La moratoria emessa dalla Jugoslavia sulla costruzione di nuove centrali nucleari è stata recepita anche dalla Croazia dopo l’indipendenza del 1991. Ma oggi i tempi sono cambiati. Dopo il profilo basso tenuto in materia durante il primo governo Sanader ora il premier nella sua seconda legislatura a guida del Paese vuole premere sull’acceleratore. La moratoria potrebbe a breve subire una modifica come confermano alcune fonti della «lobby atomica» che si è creata attorno ai Banski Dvori. Così come è oramai certo che, scartati i siti sull’Adriatico e quello vicino alla capitale, la nuova centrale sorgerà ad Erdut, paesino che fu teatro di grossi scontri durante la guerra di indipendenza croata e che per un periodo fu invasa dalle milizie serbe del defunto comandante Arkan che addirittura ribattezzò il sito «Arkan-sas». Al criminale di guerra e ai suoi uomini facevano gola i pozzi di petrolio che si trovano nell’area.
Per quanto concerne le valutazioni, quelle pubblicate una trentina di anni fa restano ancora valide qualora la Croazia decidesse di dare il via al suo progetto nucleare.
Visto poi che la dichiarazione «aperturista» di Sanader è giunta solo alcuni giorni dopo l’incidente di Krsko, fonti diplomatiche sostengono che la Croazia costruirà la sua centrale nucleare e sembra addirittura che in questa direzione esista una sorta di tacito beneplacito dell’Unione europea cui la stessa Croazia mira a far parte a partire dal 2009. Tutto lineare? Non proprio. La popolazione di Erdut è già in rivolta. L’area, infatti, è tra le più fertili e produttive del paese ex jugoslavo e gli agricoltori hanno già fatto sentire la propria voce di protesta. Ma c’è anche il «partito» dei favorevoli che vedono nella realizzazione della centrale la creazione di numerossisimi posti di lavoro. Un po’ come è successo in Quarnero per il rigassificatore che sarà costruito a Veglia. Prima grande opposizione, poi alla notizia che la struttura darà lavoro a 11mila persone tutto sembra ora andare nella direzione del: «Si costruisca!».
Obiezioni, però, politicamente e diplomaticamente più consistenti, potrebbero giungere dalla vicina Serbia che certo non vedrebbe di buon occhio una centrale atomica a un centinaio di chilometri da Belgrado. I soliti «lobbisti» sono già pronti anche a questa eventualità e non si esclude che Zagabria possa offrire a Belgrado la prospettiva di costruire assieme la centrale per poi usufruire entrambi del prodotto energetico che ne deriverebbe. Sta di fatto però che una formula simile è in atto proprio sulla centrale di Krsko con la Slovenia (la Croazia ne detiene una quota di proprietà). Formula che ha creato non pochi dissapori tra i due Paesi e, sicuramente, Zagabria non ripeterà l’«errore» qualche centinaio di chilometri più a Est.
La costruzione di una centrale nucleare va poi inserita nell’ottica più generale della nuova politica energetica croata che sta trovando un grosso interesse in un colosso del petrolio quale la Lukoil russa che sta già «mettendo il cappello» in terra croata con l’acquisizione di depositi di greggio lungo la costa dalmata e dimostrando grande interesse nella futura gestione del rigassificatore di Veglia (Omislaj). In questa cooperazione potrebbe inserirsi anche quella di fornire la tecnologia necessaria per edificare la centrale atomica ad Erdut. Un giro d’affari da non sottovalutare in un settore estremamente competitivo. Una questione di soldi sì, ma anche di geopolitica che permetterebbe alla Russia di Putin di riuscire là dove fallì l’ex Unione sovietica. Ottenere cioè uno sbocco operativo sul Mediterraneo gestendo più o meno direttamente un settore chiave nel mondo odierno quale quello dell’energia.
 

 

Resta il rischio sismico per la centrale slovena  - I DUBBI AUSTRIACI  - Gli esperti di Vienna: «Tutti i difetti tecnologici sono già stati risolti»
TRIESTE - Come in Italia anche in Austria, Paese che ha messo al bando l’energia nucleare, l’incidente di Krsko in Slovenia ha sollevato grande clamore e proccupazione. Tuttavia a gettare acqua sul fuoco è il responsabile della sicurezza nucleare di Vienna, il professor Wolfgang Kromp. Egli sostiene, infatti, in un’intervista rilasciata al quotidiano lubianese «Delo», che la Slovenia sul «caso Krsko» ha agito con tempestività e secondo le procedure europee.
Kromp sostiene, tra l’altro, che da un punto di vista della tecnologia e dell’impiantistica la centrale di Krsko può considerarsi abbastanza sicura. Ha però un punto debole. Si trova, secondo il professore austriaco, nel posto sbagliato. Il pericolo è costituito dal fatto che l’area su cui sorge il reattore è un’area sismica e ha già conosciuto in passato disastrosi terremoti.
«Alcuni anni fa - spiega Kromp al ”Delo” - ho fatto parte della commissione incaricata di monitorare la sicurezza di Krsko. In effetti era una centrale che aveva centinaia di difetti, i quali però, anche a fronte di spese altissime, sono stati tutti risolti e oggi si può dire che ci troviamo di fronte a un’ottima centrale nucleare dal punto di vista delle tecnologie assunte. Le uniche lacune - precisa però - sono quelle del rischio sismico, alto nella zona, per il quale sono state adottate sì delle contromisure che però sono ancora insufficienti dal punto di vista della sicurezza».
Kromp non si sbilancia ad affermare che la centrale di Krsko è troppo «fragile» anche perché, precisa, «non sono ancora terminate le misure sismologiche». «Come mai? - chiede l’intervistatore - sono forse troppo care?». Il professore sorride e risponde: «Forse non vogliono sapere dove stanno». Scherzi a parte Kromp ribadisce che anche strutturalmente l’impianto sembra in buono stato, ma in caso di sisma tutti i suoi componenti devono risultare al top. Se no c’è il collasso.

(m.manz.)


La mappa anti-radon del Friuli Venezia Giulia in dirittura d’arrivo

TRIESTE Si chiama radon ed è un gas radioattivo naturale: è il vero problema che il Friuli Venezia Giulia deve risolvere. E il motivo è presto detto: il radon è presente sul territorio regionale in concentrazioni più elevate che nel resto d’Italia, con una media di 96 bequerel per metro cubo, e con picchi preoccupanti. Il radon, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è infatti la seconda causa del tumore ai polmoni e provoca ogni anno 90 morti nel solo Friuli Venezia Giulia.
L’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, ha messo in atto già dal 2000 una serie massiccia di contromisure, con più di 20 mila misurazioni di lungo periodo. Dapprima ha effettuato un check up di scuole ed edifici pubblici, risanando quelli che sfondavano i limiti, poi è passata alle abitazioni private: ne ha controllate 2.500. L’analisi dei risultati è ancora in corso ma, alla fine dello scorso anno, dopo la prima elaborazione, risultava che il 14% delle case censite presentavano valori al di sopra della soglia di attenzione. La campagna di misurazione delle abitazioni, che ha coinvolto 1.500 volontari della Protezione civile e non ha eguali in Italia, è finalizzata alla redazione della prima mappa regionale del radon: una cartografia che indicherà le aree in cui è probabile la presenza di elevate concentrazioni del radioisotopo e che è in fase di definizione.


La terza corsia rallentata dalla Tav  - L’intesa con gli enti locali prevede una modifica del tracciato dell’A4

LA GIUNTA PRONTA A RIVEDERE IL PROTOCOLLO CON I SINDACI
TRIESTE Un ostacolo per la terza corsia arriva dal protocollo Regione-Comuni sulla Tav. Ma la nuova giunta cerca di rimuoverlo tanto che il destino dell’alta velocità e capacità potrebbe essere slegato da quello della terza corsia e, di conseguenza, il protocollo potrebbe essere superato. A far prendere ad autostrada e ferrovia «strade diverse» potrebbero essere proprio le condizioni poste nel protocollo siglato a febbraio, dove si ricorda che il Cipe, nell’approvare il progetto preliminare della terza corsia fra Quarto d’Altino e Villesse, ha chiesto l’armonizzazione tra terza corsia e ferrovia e che «Rfi è pertanto nella condizione di subordinare l’approvazione del progetto definitivo della terza corsia della A4 all’effettiva avvenuta armonizzazione del progetto della infrastruttura autostradale al progetto della ferrovia AV/AC». E infine che «Rfi ha dichiarato di essere intenzionata ad avvalersi delle prerogative assegnatale dalla delibera Cipe ovvero di chiedere una leggera modifica nella tratta ricadente nei comuni di Palazzolo, Teor e Muzzana». Nonostante il protocollo aggiunga che «la richiesta di traslazione avanzata dai comuni non costituisce motivo di ritardo nell’esecuzione delle opere della terza corsia né nella tempistica di approvazione del progetto definitivo», è facile intuire che qualunque modifica al tracciato della terza corsia potrebbe portare a un nuovo blocco. D’altro canto decidere di stralciare il protocollo e mettere mano all’affiancamento tra autostrada e ferrovia – che interessa il tratto tra Portogruaro e Gonars – significa anche ripensare l’assetto infrastrutturale della Bassa friulana e il modello di sviluppo dell’area. La Regione è chiamata a questa sfida, ma è pronta ad affrontarla con le amministrazioni comunali: l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi intende riaprire la concertazione con tutti i soggetti interessati. Tra questi, in prima fila, gli enti locali.

(m.mi.)
 

IL NODO FERRIERA  - Dipiazza a Milano parla di ambiente

Roberto Dipiazza parlerà domani di ambiente e di città sostenibile nel XXI secolo. Niente di strano, dopo tutto il sindaco ha tenuto per sé proprio la delega all’ambiente. La novità sta nel fatto che parlerà di questi temi non a Trieste, ma nella sala Alessi di palazzo Marino a Milano. Nell’ambito del Festival internazionale dell’ambiente, promosso dal Comune in vista dell’Expo, che si concluderà con una tavola rotonda a cui parteciperà una nutrita schiera di colleghi, italiani e stranieri, a cominciare dalla padrona di casa Letizia Moratti. E così Dipiazza siederà allo stesso tavolo con Gianni Alemanno, fresco primo cittadino di Roma, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e quelli di Modena, Parma e Trento.
Ma cosa dirà Dipiazza a Milano? «Evidenzierò il nostro impegno sulle bonifiche in alcune aree - spiega il sindaco - che sono state ampiamente inquinate negli ultimi sessant’anni anni. Ma parlerò anche della riconversione del Porto Vecchio, chiedendo al governo anche da Milano (ci sarà anche Stefania Prestigiacomo, ministro all’Ambiente, ndr) la chiusura e riconversione della Ferriera, indispensabile per lo sviluppo della città».
Quella di Milano non è l’unica missione di Dipiazza che, l’altro ieri, si è recato invece a Lubiana invitato dal primo cittadino Zoran Jankovic per l’inaugurazione della mostra sulla figura di Primoz Trubar. Sacerdote cattolico e poi pastore luterano, che si avvicinò al luteranesimo nel ’500 alla scuola di Pietro Bonomo, vescovo di Trieste. Da qui la visita a Lubiana del sindaco accompagnato, fra gli altri, anche dal consigliere comunale Igor Svab (Pd). Non è la prima volta che l’esponente dell’opposizione, espressione della minoranza slovena, accompagna Dipiazza oltreconfine. «Abbiamo affrontato il tema delle multiutility, ormai - dice il sindaco - abbiamo una linea privilegiata con Jankovic. Svab? Mi dà una mano con lo sloveno, si è reso conto del grado di collaborazione che c’è fra Trieste e Lubiana».

(p.c.)


Capitaneria, lotta contro l’inquinamento  - Riconoscimenti ai militari che hanno scoperto le discariche abusive  - In un anno 3600 ispezioni

Il maresciallo Teodoro Spinelli, il Capo di prima classe Livio Candelli e il Capo di seconda classe Angelo Testa si sono distinti nelle operazioni di controllo della zona della Ferriera di Servola e hanno accertato sotto la direzione della magistratura l’esistenza di reati ambientali. L’operazione si è così conclusa con il sequestro di un’area di 2500 metri quadrati in concessione alla Ferriera dove era stata realizzata una discarica abusiva e sono seguite le denunce. Il capitano di fregata Ettore Romagnoli ha invece coadiuvato la procura della Repubblica nelle indagini sull’inquinamento sull’area cosiddetta Acquario a Muggia e ha permesso un agevole inquadramento della natura giuridica del reato.
Con la consegna in particolare di queste quattro onoreficenze (che si sono aggiunte a molte altre), la Festa della marina militare ha messo in rilievo come al Corpo delle capitanerie di porto siano attribuite piene funzioni di accertamento su tutte le fonti inquinanti provenienti da terra che possano nuocere all’ambiente marino e costiero e completa attribuzione per la repressione delle violazioni di traffico e di trasporto di rifiuti.
Lo ha ricordato nel discorso ufficiale il contrammiraglio Domenico Passaro, direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia che ha elencato i risultati di un anno di attività della Guardia costiera: 186 interventi di assistenza o soccorso a unità in mare, 1809 missioni dei mezzi navali di cui 568 per vigilanza pesca, 348 per antinquinamento, 483 per vigilanza in materia da diporto, 216 di vigilanza sulla riserva marina di Miramare. In ambito terrestre 3.600 ispezioni, controlli e visite sul Demanio marittimo. In un anno sono state anche effettuate 125 ispezioni a bordo di navi straniere che hanno portato al blocco di 32 navi. Una di queste è stata bandita dai Paesi dell’Unione europea. Da queste attività sono scaturite 23 denunce, 21 sequestri, sia in materia di inquinamento, che di immigrazione clandestina, che di sicurezza della navigazione, della pesca, oltre che per reati comuni, 644 gli illeciti amministrativi contestati.
Nell’hangar dell’ex Idroscalo si sono schierati un picchetto in armi, uno schieramento di ufficiali, sottufficiali e marinai, rappresentanze dell’Associazione marinai in congedo, del Nastro azzurro, della Guardia ausiliaria, dell’Istituto Nautico. La festa è stata celebrata nel novantesimo anniversario dell’impresa dei Mas comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo e dal guardiamarina Giuseppe Aonzo che il 10 giugno 1918 nei pressi dell’isola di Premuda affondarono la corazzata austriaca Santo Stefano riuscendo poi a rientrare indenni alla base di Ancona. Al termine della cerimonia è stata anche inaugurata una gigantesca scultura opera dell’artista Claudio Palmieri che rappresenta un’ancora contornata da altri elementi simbolici.
SILVIO MARANZANA

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 giugno 2008 

 

 

Krsko riaccesa: «Le analisi sono a posto»  - Riparato il guasto. Stop ai controlli dell’Arpa: «Non c’è stata contaminazione»

Venerdì sopralluogo dei tecnici italiani guidati da Mezzanotte. Menia: «Garanzia in più»
Sanader: aprire un impianto non è più tabù. Il sito più idoneo vicino a Osijek
Riparato il guasto che aveva provocato il blocco totale e l’allarme europeo Il reattore sarà riallacciato alla rete elettrica nel giro di ventiquattr’ore
TRIESTE È stato riparato ieri il guasto che la scorsa settimana ha causato il blocco totale della centrale nucleare slovena a Krsko, località che dista 130 chilometri da Trieste. La valvola che aveva bloccato il sistema di raffreddamento del reattore è stata sostituita e la centrale ha ripreso a funzionare alle 15.38. La centrale, comunque, riprenderà a funzionare a pieno regime tra oggi e domani.

La giornata di ieri è stata dedicata dagli esperti ad una serie di ispezioni sulla sicurezza del processo di accensione e se non ci saranno contrattempi - spiegano all'agenzia slovena per l'energia atomica - entro 24 ore il reattore sarà nuovamente allacciato alla rete elettrica slovena che fornisce il 25 per cento dell'elettricità. Giovedì intanto sono attesi a Lubiana gli esperti italiani, guidati dal capo della sicurezza italiana per il nucleare, Roberto Mezzanotte, che effettueranno venerdì un sopralluogo alla centrale nucleare come richiesto dal sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia. Il quale esprime soddisfazione per la disponibilità slovena che rappresenta, per Menia, «un’ulteriore tranquillizzazione per l’opinione pubblica». Dalla centrale di Krsko hanno anche fatto sapere che la regolare sostituzione di elementi combustibili nel reattore verrà effettuata nella primavera dell'anno prossimo, quando l'impianto dovrebbe venire nuovamente fermato.
La portavoce di Andrej Stritar, il direttore per la sicurezza nucleare in Slovenia, ha affermato che Lubiana è pronta a qualsiasi forma di collaborazione con i tecnici italiani e con il governo di Roma. Non c’è, dunque, nessuna preclusione alla formazione di una commissione mista permanente come richiesto dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. Anzi. Un incontro politico su queste tematiche, ha precisato la portavoce, sarebbe altresì l’occasione giusta per riuscire finalmente a sottoscrivere un protocollo d’intesa tra Lubiana e Roma sulle procedure di comunicazione in caso di una nuova emergenza nucleare. Protocollo che finora, a detta della Slovenia, non è stato mai sottoscritto per «le difficoltà della legislazione italiana in materia».
Come hanno comunicato dall’Agenzia nucleare slovena i tecnici hanno compiuto un’accurata analisi dell’intero impianto di Krsko confermando che a guastarsi è stata una sola valvola di raffreddamento che è stata sostituita. Attenti controlli sono stati svolti comunque anche alle altre valvole ed è stato altresì effettuato un completo check-up dell’intero sistema elettronico che controlla il reattore e il funzionamento della centrale.
Superata la crisi la Slovenia ora pensa al futuro e la disponibilità dimostrata nei confronti dell’Italia apre la possibilità a nuove forme di cooperazione nell’energia. Agli inizi del 2007 si era parlato anche di un’interessamento dell’Eni nella gestione dell’impianto di Krsko. Così come pensa al futuro anche la Croazia dove da tempo sta prendendo forma l’idea di costruire una centrale nucleare. Anche per chiudere il contenzioso su quella di Krsko (di cui Zagabria detiene una quota di proprietà) con la Slovenia. Il premier Sanader ha dichiarato che «non esistono tabù sul nucleare» e secondo indiscrezioni il sito più «idoneo» sarebbe a Erdut, in Slavonia, vicino a Osijek dove, peraltro, ci sono anche alcuni giacimenti di petrolio. Ma gli ambientalisti già alzano le loro barriere: la centrale costituirebbe un grosso rischio ecologico per il Danubio.
MAURO MANZIN
 

 

L’Arpa dichiara concluso il monitoraggio straordinario: «Non c’è contaminazione» - Aria, latte e prati sono ok Stop ai controlli speciali
NESSUNA TRACCIA DI RADIONUCLIDI
TRIESTE - Hanno misurato persino due campioni di prato, l’uno a Basovizza e l’altro a Sgonico, andando a caccia di radionuclidi artificiali gamma emettitori, testimoni temutissimi di un’eventuale fuoriuscita di radioattività dalla centrale di Krsko. Ma, ancora una volta, non hanno trovato nulla.
Gli esperti dell’Arpa, dopo aver lavorato 24 ore su 24 sin dal 4 giugno, quando Bruxelles ha diramato l’allarme, diramano il bollettino finale. Inequivocabile: «Tutte le analisi sin qui effettuate non evidenziano presenza alcuna di recente contaminazione» sintetizzano il direttore tecnico scientifico dell’Agenzia, Gianni Menchini, e i responsabili della sezione di fisica ambientale Concettina Giovani e Renato Villalta.
Cessato allarme, dunque, dopo cinque giorni di monitoraggi e controlli straordinari, scanditi peraltro da informazioni «in tempo reale»: l’Arpa ribadisce un’ultima volta che non ci sono problemi, in Friuli Venezia Giulia, e che i cittadini possono stare assolutamente tranquilli.
L’Agenzia di Palmanova, in seguito al guasto della centrale nucleare che dista più o meno 130 chilometri da Trieste, si è mobilitata immediatamente. In stretto raccordo con Roma. Ha innanzitutto misurato il particolato atmosferico ogni sei ore, anziché una volta al giorno, come avviene normalmente: non ha trovato neppure un radionuclide artificiale. Successivamente, da venerdì a domenica, l’Agenzia per l’ambiente ha misurato sei campioni alimentari: vegetali a foglia larga provenienti dalle province di Trieste e Gorizia e latte fresco prodotto da animali al pascolo nelle province di Udine e, ancora una volta, di Trieste sono stati sottoposti a test accurati. Il risultato è stato confermato: nessun segnale di contaminazione radioattiva è stato rilevato. L’Arpa ha infine misurato anche due campioni di prato, cercando eventuali «eredità» di Krsko, ma l’esito è stato nuovamente e fortunatamente del tutto negativo.
Pertanto, come annunciano nella serata di ieri Menchini, Giovani e Villalta, la sezione di fisica ambientale dell’Agenzia può dichiarare concluso il monitoraggio straordinario. E, dopo il tour de force post-Krsko, può tornare alla normalità che prevede comunque controlli quotidiani di routine sul particolato atmosferito.
Normalità, o quasi: per tutto il mese di giugno, in accordo con l’Agenzia nazionale per la protezione ambientale e i servizi tecnici, verrà infatti misurato anche un campione settimanale di latte vaccino e un campione settimanale di vegetale a foglia larga, in aggiunta ai normali controlli sui campioni alimentari effettuati in collaborazione con le Aziende sanitarie. -


Differenziata a Muggia, partenza soft  - Dal fine settimana la distribuzione dei contenitori per la fase sperimentale - GIOVEDÌ ASSEMBLEA PUBBLICA

All’inizio saranno coinvolti 40 soggetti che nel giro di un mese e mezzo diventeranno 113
MUGGIA Inizierà alla fine di questa settimana la distribuzione degli appositi contenitori ai soggetti inseriti nella fase sperimentale del progetto per la raccolta differenziata dei rifiuti del Comune di Muggia. Ma sarà un inizio soft: considerato l’impatto sulla cittadinanza e in particolare gli esercizi commerciali e locali pubblici direttamente interessati al progetto-pilota, l’Amministrazione comunale ha infatti deciso di frazionare la partenza.
Si partirà con 40 soggetti e la raccolta porta a porta verrà poi allargata gradualmente a tutti i 113 interessati entro un mese e mezzo. La relativa ordinanza, comprensiva delle istruzioni sul corretto conferimento dei rifiuti, è in fase di completamento e verrà notificata al più presto agli interessati.
«Ieri - conferma l’assessore allo Sviluppo economico, Edmondo Bussani - c'è stato un incontro con la ditta affidataria del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, la Ecoverde srl, per esaminare i dati emersi dall’analisi – iniziata due settimane fa -della quantità e tipologia di rifiuti prodotti dai soggetti coinvolti nella sperimentazione. In alcuni casi l’analisi dovrà essere completata in settimana, contattando le aziende che non hanno riposto al questionario o che non eravamo riusciti a contattare. L’analisi dei dati rilevati risulta fondamentale per stabilire quantità e tipologia dei contenitori da consegnare e per la formulazione dell’ordine alle ditte fornitrici. Per il momento è a disposizione un solo set. Giocoforza - ha aggiunto Bussani – dobbiamo pianificare l’attività in funzione dei contenitori disponibili e a seconda dei tempi di evasione degli ordini. Abbiamo ottenuto l’assicurazione dai fornitori che una parte dei contenitori verrà consegnata in settimana e al massimo venerdì inizieremo a distribuirli. Constatato dall’analisi che l’impatto potrebbe essere troppo forte, abbiamo deciso di frazionare il piano per graduare la partenza della raccolta e ottimizzarla cercando di porre rimedio all’insorgere di eventuali contrattempi».
Intanto per giovedì alle 17 in Sala Millo è prevista un'assemblea pubblica indetta dalla Commissione per le Pari opportunità su «Raccolta differenziata: misure e proposte nella nostra provincia e nel nostro comune». Vedrà la partecipazione di rappresentanti della Provincia, del Comune di Muggia e di quello San Dorligo della Valle, che ha già avviato sul proprio territorio la raccolta porta a porta.
Gianfranco Terzoli


San Dorligo dice no al metanodotto - L’AULA SI È ESPRESSA ALL’UNANIMITA’

SAN DORLIGO Un secco no all’ipotesi di costruzione del metanodotto collegato al rigassificatore di Zaule. Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle, riunitosi in seduta straordinaria nella tarda mattinata di ieri, ha approvato all’unanimità una mozione presentata dai consiglieri della maggioranza Elisabetta Sormani, Emilio Coretti, Tatiana Turco e Michele Di Donato nella quale è stato espresso parere sfavorevole per la realizzazione del progetto della Snam rete gas che prevede la costruzione di un metanodotto in grado di allacciarsi al rigassificatore di Zaule con ulteriore collegamento di conduttura sottomarina fino a Grado e poi, via terra, fino a Villesse.
Nella giornata che ha segnato il ritorno in municipio di Roberto Drozina, consigliere comunale dell’opposizione subentrato al dimissionario Franco Majcen, i sostenitori della realizzazione del metanodotto nella zona industriale di Zaule hanno incassato dunque un altro diniego.
Le motivazioni si sono basate fondamentalmente - secondo il testo letto dal consigliere Sormani - «sull’aspetto della sicurezza, anche in considerazione della vicinanza dei serbatoi della Siot al sito ove dovrebbe sorgere l’impianto di rigassificazione, nonché sul fatto che in prossimità dell’area interessata al progetto di rigassificazione sorgono già il Sito di importanza comunitaria (Sic) e la Zona di protezione speciale (Zps) nonché la Riserva naturale regionale della Val Rosandra».
Il parere contrario, espresso nonostante «da più parti vengano espresse valutazioni favorevoli in quanto l’impianto rappresenterebbe un’occasione imperdibile per la città di Trieste e l’intera zona con ricadute economiche e occupazionali, elementi peraltro più che incerti» è maturato anche con la consapevolezza che «non sono mai stati presentati elaborati o pareri di alcun genere di istituti di carattere scientifico in merito ai rischi sulla sicurezza dell’impianto in questione, pur essendo presenti a Trieste istituzioni di tutto rispetto».
In assenza di precise, concrete e dettagliate assicurazioni da parte di istituzioni scientifiche in merito alla sicurezza degli impianti, nonché della garanzia che, anche in caso di incidente o attentato non possa verificarsi «l’effetto domino» sul territorio, la contrarietà alla realizzazione del metanodotto è stata unanime

(r.t.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 giugno 2008 

 

 

IL CASO KRSKO  - Indagine italo-slovena sul guasto alla centrale  - La ricostruzione delle fasi dell’incidente dovrà migliorare i protocolli di sicurezza

L’Aiea di Vienna esclude la necessità di effettuare un sopralluogo urgente - LA PAROLA AI TECNICI
Il governo italiano chiederà la costituzione di una commissione bilaterale mista formata da esperti
Il sottosegretario Menia conferma che oggi assieme a Lubiana verrà discussa l’ipotesi di collaborazione
TRIESTE Una commissione bilaterale italo-slovena formata da tecnici, ingegneri ed esperti di energia nucleare. È la soluzione ipotizzata dal nostro governo per far piena luce sul guasto registrato mercoledì scorso nella centrale di Krsko.
Modalità e tempi di costituzione del nuovo soggetto transnazionale, riferisce il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, dovrebbero essere discussi quest’oggi nel corso di un incontro tra le autorità di Lubiana e i rappresentanti dell’Apat, l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente. Gli stessi che già nei giorni scorsi, su indicazione del ministero retto da Stefania Prestigiacomo, avevano seguito da vicino tutte le fasi dell’incidente, rivelatosi alla fine di portata assolutamente limitata, e lavorato a stretto contatto con l’Arpa del Friuli Venezia Giulia e i carabinieri del comando Territorio e Ambiente ( l’ex nucleo del Noe ndr) per escludere la presenza di tracce di radioattività nell’aria e negli alimenti.
L’eventuale via libera della Slovenia alla formazione della commissione bilaterale, consentirebbe ai tecnici italiani di effettuare ispezioni all’interno dell’impianto gestito dalla Nek sempre, naturalmente, assieme ai colleghi della vicina Repubblica. I sopralluoghi avrebbero tra l’altro una doppia funzione: da un lato accertare la natura del guasto che ha provocato la perdita di liquido refrigerante e generato allarme in tutto il vecchio continente, dall’altro acquisire ulteriori informazioni sulle tecnologie, le apparecchiature e i protocolli di sicurezza utilizzati a Krsko. I dati raccolti andrebbero così ad aggiungersi a quelli già forniti all’Italia e agli altri Paesi dell’Unione dall’Agenzia internazionale per l’energia nucleare. Agenzia che, dopo aver appurato la lieve entità dell’incidente di sei giorni fa e soprattutto l’assenza di conseguenze su ambiente e popolazione, non ha ritenuto opportuno attivare le procedure previste in caso di allarmi reali, che avrebbero fatto scattare l’invio nell’impianto sloveno degli esperti della sede di Vienna e degli altri Stati europei. Motivo per cui non si concretizzerà quest’oggi l’annunciato invio di personale italiano a Krsko che, appunto sotto l’egida dell’Aiea, avrebbe dovuto ispezionare la centrale.
L’auspicio del governo italiano, in ogni caso, è che la richiesta di dar vita alla commissione bilaterale possa ottenere dalle autorità di Lubiana una risposta in tempi rapidi. Se così fosse, la definizione del percorso ispettivo e l’arrivo degli esperti dell’Apat potrebbero concretizzarsi già nel giro di qualche giorno.
MADDALENA REBECCA
 

Test negativi in tutta la regione  - I RISULTATI DEI CINQUE GIORNI DI MONITORAGGIO DELL’ARPA  - Gli esperti: aria e acqua puliti
Nessuna traccia di radioattività ma i controlli proseguiranno su latte e vegetali
TRIESTE L’incidente avvenuto nella centrale di Krsko non ha lasciato alcuna traccia di radioattività nell’aria del Friuli Venezia Giulia. La conferma arriva dalla seconda tranche di analisi eseguite nel fine settimana dagli esperti della sezione di Fisica ambientale dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Analisi che verranno illustrate nel dettaglio nel corso della giornata odierna.
Dalle prime indicazioni arrivate ieri sera dalla sede di Udine, comunque, è possibile affermare con certezza che anche i monitoraggi sul particolato atmosferico effettuati nelle giornate di sabato e domenica hanno fortuntamente dato esito negativo. Le misure di spettometria gamma su filtri di particolato atmosferico provenienti dalle stazioni di rilevamento della qualità dell’aria presenti nelle province di Trieste e Udine, non hanno riscontrato presenze di «radionuclidi artificali gamma emettitori».
Con la giornata di ieri, precisa il direttore generale dell’Agenzia Giuliana Spogliarich, si è conclusa la fase d’emergenza scattata dopo l’allarme lanciato mercoledì scorso. Dopo cinque giorni di monitoraggi sulla qualità dell’aria e dell’acqua piovana che non hanno mai riscontrato anomalie, gli esperti sono convinti di poter ormai escludere qualsiasi tipo di contaminazione.
Questo non significa però che la guardia verrà definitivamente abbassata. Per venire incontro alle specifiche richieste pervenute dalle Aziende sanitarie della regione, infatti, nei prossimi giorni nei laboratori della sezione di Fisica sperimentale dell’Agenzia verranno effettuate ulteriori verifiche su campioni di latte e vegetali. Verifiche, peraltro, già eseguite tra giovedì e venerdì scorsi. In quei giorni erano stati prelevati sei campioni alimentari: quattro di lattuga a foglia larga provenienti dai territori di Trieste e Gorizia, e due di latte fresco provenienti da ovini presenti nei pascoli di Trieste Udine. La scelta di analizzare il latte e non altri cibi crudi nasceva da un’esigenza precisa. Si tratta infatti di un alimento, spiegano gli esperti, che consente di verificare molto rapidamente eventuali presenze di iodio 131, dal momento che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di foraggio».
I risultati di tutte le analisi eseguite finora dall’Arpa. sia quelle realtive ai primi tre giorni di allarme sia quelle effettuate nello scorso fine settimana, saranno a breve consegnati al ministero dell’Ambiente a Roma. Lo stesso che, subito dopo la notizia dell’incidente a Krsko, aveva inviato in Friuli Venezia Giulia, a supporti dei tecnici dell’Agenzia regionale, anche gli esperti dell’Apat e i carabinieri del comando Territorio e ambiente.
Parallelamente, nei giorni scorsi, si era attivata anche l’Agenzia per la protezione dell’ambiente del vicino Veneto. I monitoraggi dell'Arpav avevano dimostrato come il guasto alla centrale nucleare slovena non avesse alterato i valori del fondo ambientale consueto in quella regione. Un conclusione a cui si era arrivati attraverso i controlli radiometrici della dose gamma in aria nei dipartimenti di Belluno e Verona.
L’ Arpav, inoltre, non aveva accertato valori diversi dai livelli consueti nemmeno dal controllo del particolato atmosferico mediante spettrometria gamma, analisi elaborate sempre nei dipartimenti di Belluno e Verona.
 

Il meteorologo Badina: la centrale è molto distante, ma le particelle salgono in alto
Nordest protetto dai monti pericolosi i venti in quota IN CASO DI FUGA RADIOATTIVA
«Solo in mare aperto la forza dello scirocco potrebbe trascinare con sé le particelle per 2-300 chilometri»
TRIESTE Il capoluogo giuliano e il Nordest adriatico della penisola sarebbero parzialmente «protetti», in caso di contaminazione, grazie a particolari caratteristiche territoriali e al supporto di favorevoli «giochi» di venti? Dopo i fatti di Krsko e i relativi timori è circolata anche questa voce ma gli esperti hanno immediatamente smentito la piccola «leggenda metropolitana» in questione.
Il comandante Gianfranco Badina, metereologo dell’Istituto Nautico di Trieste, parla infatti in maniera estremamente chiara. «Per fortuna - esordisce l’esperto - si tratta di valutazioni che prescindono dal caso specifico per il quale pare non esserci alcun rischio. Tuttavia - spiega Badina - ci sono svariati elementi importanti da considerare, oltre al fatto che i movimenti ventosi potrebbero influire su eventuali contaminazioni solo nell’immediato mentre nei periodi successivi entrerebbero a influire altri fattori che, purtroppo, consentirebbero egualmente la diffusione delle particelle».
Ritornando ai venti, la grande distanza tra Krsko e Trieste (ma anche tra la località slovena e l’intero Triveneto) costituisce già di per sè un ostacolo al propagarsi di un’eventuale nube radioattiva. «120-130 chilometri in linea d’aria sono molti e, su un simile territorio, è molto difficile trovare venti in grado di soffiare nella stessa direzione per una tratta che viene anche ”spezzata” da sistemi montuosi, creando una sorta di barriera naturale. Solo sul mare aperto - è qui la situazione si differenzia - lo scirocco, senza ostacoli di mezzo, potrebbe invece trascinarsi dietro qualcosa anche per 200-300 chilometri».
Tuttavia, ritornando alla situazione locale, il comandante Badina aggiunge anche che «eventuali vantaggi legati ai rilievi carsici contano invece ben poco. Trieste e le zone limitrofe sono tutte nella stessa ipotetica situazione con piccole sfumature legate alle condizioni atmosferiche delle singole giornate. Piuttosto - conclude - va ricordato anche che le particelle prodotte da un eventuale incidente nucleare salirebbero verso l’alto poiché sviluppate dal calore con il quale verrebbero a contatto gli indispensabili liquidi di raffreddamento.
A quel punto, invece, le impurità andrebbero a entrare nell’orbita dei venti che spirano a quote molto alte e provenienti da svariate direzioni. Pertanto, non verrebbero più arrestati dalle catene montuose e le particelle, alla fine, potrebbero tranquillamente giungere fino alla Venezia Giulia e ai territori confinanti».
DANIELE BENVENUTI


Gorizia e Nova Gorica, confronto sul nucleare - OGGI L’INCONTRO

GORIZIA La questione nucleare (e, in particolare, la situazione venutasi a creare dopo il guasto alla centrale di Krsko) monopolizzerà oggi l'incontro tra le amministrazioni comunali di Gorizia e Nova Gorica. Al centro dei colloqui anche altri temi ambientali come quello dell'inquinamento dell'azienda siderurgica Livarna, posta a ridosso del confine tra le due città.
Nel frattempo, in Italia continuano le polemiche. Mentre il ministro Scajola era in Giappone, infatti, l'esponente dei Verdi, Angelo Bonelli, osservava che «la decisone del governo di puntare sull'energia nucleare, ormai obsoleta, pericolosa e costosissima, è gravissima e non risolve i problemi della crisi energetica. Le attuali 436 centrali atomiche nel mondo producono solo il 6% dell'energia e le attuali scorte di uranio saranno sufficienti solo per i prossimi 35, 40 anni».
L'Udc è invece disponibile a discutere senza pregiudizi ma Luca Volontè invita l'esecutivo a fissare le priorità della sua agenda per evitare che si crei confusione. Per Volontè, insomma, il governo farebbe bene a chiarirsi le idee prima di rivolgersi al Paese. Il ritorno all'atomo e alle centrali nucleari, infine, è «un passo indietro» mentre è più utile investire sulle energie rinnovabili: questo il giudizio di Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera.


Un piano per aumentare la raccolta differenziata  - DISCARICHE VICINE ALLA SATURAZIONE, ENTRO L’ANNO LA NUOVA STRATEGIA
 

RIFIUTI, LA PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA

La Regione accelera. Lenna: serve anche un termovalorizzatore fra Udine e Pordenone
TRIESTE Rivedere e riaggiornare il piano dei rifiuti regionale sarà una delle priorità della giunta regionale, già entro l'anno. E ci si muoverà secondo due direttive: aumentare in modo significativo la raccolta differenziata, applicandola su tutto il territorio regionale, e prevedere una struttura di smaltimento dei rifiuti tra i territori di Udine e Pordenone per trattare le immondizie non recuperabili. Una necessità, visto che il Fvg, rispetto a regioni come il Veneto o il Trentino-Alto Adige è nettamente indietro (vedere il grafico a fianco, ndr). Ma a queste prime anticipazioni già le associazioni ambientaliste mettono le mani avanti, avvertendo: non si parli di nuovi inceneritori, ce ne sono già abbastanza. E così la questione rifiuti ridiventa subito nuovamente rovente.
IL PIANO Rivedere il piano di rifiuti regionale, ormai datato, è una delle priorità della giunta. Lo aveva annunciato nella sua relazione programmatica lo stesso presidente Tondo. E lo conferma l'assessore all'Ambiente Vanni Lenna.
«Il vecchio piano si basava su un'indagine relativa agli anni '90 – spiega – e quindi è ormai datato. C'è la necessità di rivederlo e attualizzarlo, e per questo gli uffici regionali sono già al lavoro. Poi, una volta definite le linee generali, andremo a vedere l'applicazione pratica con i piani provinciali».
I tempi? Stretti. «Siamo alla guida della Regione da poche settimane - spiega Lenna – è presto per dare dei termini, ma si può sicuramente dire che questo argomento ricade tra i primi argomenti».
Su quali linee ci si vorrà muovere? «Quelle su cui verte il dibattito, anche nazionale, degli ultimi mesi – specifica Lenna – ovvero l'applicazione di una differenziata spinta e la creazione di un altro impianto di termovalorizzazione da dislocare tra i territori di Udine e Pordenone».
IL TERMOVALORIZZATORE Le previsioni, come detto, sono di realizzarlo nei territori tra Udine e Pordenone. «Trieste ha già una sua struttura – spiega Lenna – e un nuovo impianto, per essere funzionale, deve poter fare affidamento su un territorio ampio e sulla relativa produzione di rifiuti, senza contare che poi potrà attrarre materiale anche dalle altre province. Impianti di questo genere infatti devono avere una quantità minima di rifiuti su cui lavorare per poter assicurare una resa, sia di funzionamento che economica».
Ma su questo primo punto si trova già le resistenze delle associazioni ambientaliste. «Non capiamo che senso abbia prevedere un nuovo impianto di questo tipo in regione, quanto già Trieste non riesce a lavorare in piena attività e in regione abbiamo più impianti che rifiuti – spiega Vinicio Collavino, presidente del Wwf – .Senza calcolare poi che questo va in netta controtendenza con l'intenzione di ampliare la raccolta differenziata, che si fa proprio per diminuire la percentuale di rifiuti che va a finire negli inceneritori».
Meglio sarebbe, secondo il Wwf, prevedere l'applicazione di nuove tecnologie, come il trattamento meccanico biologico a freddo, molto meno impattante, che viene già usato in Austria e Germania.
LA DIFFERENZATA «La seconda linea sulla quale vogliamo agire – ha spiegato infatti l'assessore Lenna – è quella dell'aumento della quota di raccolta differenziata, puntando su una differenziata 'spinta' che possa essere applicata su tutto il territorio regionale. E' chiaro che non si potranno usare le stesse modalità ovunque, e che ci saranno zone speciali come quella montana. Ma l'obiettivo è quello di portare ai livelli massimi l'obiettivo di raccolta». Su questo, il Wwf non ha nulla da ridire. «Siamo perfettamente d'accordo su questo punto – spiega ancora Collavino – e proprio per questo non capiamo la necessità di prevedere un secondo impianto se l'idea è quella di ridurre la presenza di rifiuti non recuperabili».
Già lo scorso gennaio, la giunta Illy aveva lanciato l’allrame sui rifiuti in regione. Secondo le previsioni dell’allora assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton (oggi capogruppo del Pd), tra un anno soprattutto il Friuli potrebbe diventare un immondezzaio. Anche secondo Moretton l’unica via era spingere sulla raccolta differenziata, modificare il piano regionale di smaltimento rifiuti, investire in tecnologia e dotare il territorio di due mega-impianti termovalorizzatori. Uno da costruire nella provincia di Pordenone, l’altro a Udine.
Elena Orsi


Festival delle diversità nel parco dell’ex Opp - AL VIA LA SESTA EDIZIONE

l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290) almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico (fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
Dopo il successo delle prime cinque edizioni, anche quest'anno, tra il 12 ed il 15 giugno, si svolgerà a Trieste, il Festival delle Diversità. La manifestazione verrà presentata domani, alle 11, nella sede della Provincia in piazza Vittorio Veneto.
Anche quest'anno la sede sarà la cornice del parco dell'ex Opp nel comprensorio di San Giovanni. Nei suoi primi 5 anni di vita il festival si è sensibilmente ingrandito ed è divenuto un evento sempre più complesso, che ha coinvolto decine di associazione e di gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la cultura della solidarietà e del volontariato.
Il Festival delle Diversità, organizzato dal Centro delle Culture, Centro Umanista Moebius e dalla onlus I Cammini Aperti Trieste con il sostegno della Provincia, è un punto di incontro tra i molti aspetti «diversi» che convivono in città, per promuovere il dialogo e il rispetto tra le culture. Nell'edizione 2007, il festival ha visto la partecipazione di più di 60 associazioni e di più di 200 artisti, che si sono esibiti a titolo gratuito per un pubblico di circa 8mila persone nelle 3 giornate di festa.
Per questa edizione, una grande novità è rappresentata dall'evento Divercity-Città Diversa, che prevede la realizzazione di 6 tavoli tematici su diversi argomenti, nell'ottica del dialogo, l'interscambio di idee e opinioni, e la creazione finale di un piccolo libretto divulgativo di buone pratiche.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 giugno 2008 

 

 

Ex Aquila, dal ministero via alla bonifica  - L’INQUINAMENTO DELLE ZONE INDUSTRIALI - UN DECRETO LIBERA 30MILA METRI QUADRATI ALLE NOGHERE

Menia: «Firmiamo subito l’accordo sul Sito nazionale o i soldi sono a rischio»
«È urgente chiudere l’accordo di programma per le bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale. Diversamente rischiamo di veder ridotta la quota a carico del governo (60 milioni, ndr). L’eliminazione dell’Ici infatti costa, per cui le cifre non impegnate alla fine spariranno». A lanciare l’allarme è il sottosegretario all’ambiente Roberto Menia, dopo una serie di verifiche con i direttori del ministero, la Regione e gli altri enti coinvolti nell’accordo. Lo fa a poche ore dalla firma del decreto del ministro Prestigiacomo che ha dato l’ok alla Teseco per la bonifica di una nuova area dell’ex Aquila alle Noghere che si estende per 30mila metri quadrati.
«Al presidente della Regione, all’assessore all’Ambiente Lenna, al sindaco Dipiazza e al presidente dell’Ezit Azzarita ho fatto presente – prosegue il sottosegretario – che a bilancio c’è la disponibilità a finanziare le bonifiche. Pur nel diritto-dovere dei vari attori a rivedere alcuni punti dell’accordo, e in breve possono farlo, auspico che si arrivi alla firma dell’accordo entro luglio, prima delle ferie».
Che il documento, predisposto dalla giunta Illy e già approvata dai vari enti, vada riesaminato dal nuovo esecutivo è abbastanza logico, posto che l’altra metà dei 120 milioni necessari alle bonifiche saranno a carico della Regione.
A integrare alcuni punti dell’intesa è interessata anche l’Ezit. E in primis vorrebbe veder messo «nero su bianco» il principio secondo cui chi non ha inquinato non paga, anche se nel testo dell’accodo tale principio è richiamato attraverso le norme europe e nazionali. E ancora, l’Ezit, partendo dai risultati delle analisi dei terreni alle Noghere, ipotizza la possibilità di rivedere in certe zone, dopo le necessarie caratterizzazioni, il perimetro del Sito nazionale. Ma per caratterizzare le aree che mancano servirebbero due anni.
«È logico aspettare due anni – si chiede Menia – quando i fondi sono disponibili? Chiudiamo invece subito l’accordo di programma, e più avanti, quando si disporrà dei risultati delle analisi dei terreni, con appositi decreti potremo scorporare le zone risultate non inquinate».
Concorda comunque sui tempi brevi il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita: «Se la Regione ha intenzione di firmarlo in tempi rapidi – rileva – poi l’on. Menia deve fare in modo che anche il ministero sia su questa linea. A quel punto, dopo la firma a Roma, anche gli altri enti possono aderire e l’accordo diventa operativo». Ma non volete alcune modifiche? «Siamo pronti a firmare – risponde Azzarita –. Abbiamo chiesto qualche piccola variazione, ma che non allunghi i tempi».
Un altro passo in avanti sulla strada delle bonifiche, in questo caso per l’area ex Aquila, è stato appunto compiuto in questi giorni. Venerdì il ministero dell’Ambiente ha firmato il decreto che autorizza la Teseco (proprietaria del comprensorio ex Aquila) a iniziare la bonifica dell’area di 30 mila metri quadri compresa fra le Noghere e la zona dell’abitato di Aquilinia che guarda sulla valle.
«È un’area legata funzionalmente al lotto delle Noghere di cui stiamo concludendo la bonifica – commenta Stefano Vendrame, direttore dell’Area Nord Est di Teseco –. Dalle caratterizzazioni questa zona è risultata poco inquinata: riusciremo a bonificarla entro l’anno».

GIUSEPPE PALLADINI


Ex Maddalena, i residenti protestano: uno scempio il taglio di quegli alberi - «Il Comune avrebbe dovuto lasciare in piedi gli ippocastani che facevano parte del rione»

«Nessuno si è degnato di consultarci, ha latitato anche la circoscrizione»
Scandalo. Obbrobrio. Sono questi solo alcuni dei termini che i triestini usano per commentare il clamoroso taglio degli alberi del comprensorio dell’ex ospedale della Maddalena. Tutti manifestano sorpresa, rabbia, delusione. Nel mirino della gente il Comune «che ha permesso lo scempio», il Consiglio circoscrizionale «che non ha fatto abbastanza». «Ho 83 anni – dice con orgoglio Arrigo Zamperlo – e vivo in questa zona. Quegli alberi li ho sempre visti, facevano parte del rione, erano una componente fondamentale. Adesso invece le esigenze purtroppo sono altre e vedo che le problematiche ambientali sono sempre meno importanti. Qui in via dell’Istria si è fatto lo stesso errore di campo san Giacomo, dove sono stati abbattuti alberi secolari».
«Hanno sbagliato tutto – è l’opinione molto precisa di Mirella Radin – e sono del tutto contraria alla scelta fatta. Avrebbero dovuto lasciare intatti almeno gli ippocastani del perimetro. Avessero fatto così – prosegue – l’impatto visivo sarebbe stato diverso e si sarebbe avvertita meno questa brutta novità». Pietro Gelicrisio è nato in riva al lago di Garda, ma una volta giunto a Trieste, tanti anni fa, ha piantato le sue radici, si è sposato, ha avuto figli e si sente triestino a tutti gli effetti: «Se mi permetto di toccare una qualsiasi aiuola pubblica, prendo la multa – spiega – se invece qualcuno prende la ruspa e abbatte alberi secolari, belli, funzionali, apprezzati dall’intera popolazione, nessuno dice niente. Abito in questa zona da tanti anni e adesso mi sembra impossibile che manchino i nostri ippocastani. Nello stabile dove vivo sono io che, su incarico dei condomini, mi occupo del giardino di casa e ogni qual volta devo eliminare qualcosa, anche una sola pianta, devo chiedere il permesso all’amministratore. Qui è stata fatta proprio una brutta cosa».
Silvana Neri avverte già le conseguenze negative del taglio dei vecchi alberi: «L’aria che respiriamo è subito cambiata. Prima, quando gli ippocastani e gli altri alberi erano al loro posto si sentiva il loro benefico effetto, si respirava meglio. Ora la qualità dell’aria è peggiorata, anche perché qui attorno il traffico è intenso. Il provvedimento lo giudico assurdo e posso confermare che siamo tutti esterrefatti. Chi ricorda la vecchia canzone di Adriano Celentano, ‘I ragazzi della via Gluck’, capirà cosa l’artista volesse dire. L’avanzare del cemento e la scomparsa del verde sono un problema per l’intera collettività».
«È uno schifo – dice Giorgio Coslovich, titolare di un negozio di fiori e piante a poche centinaia di metri dal comprensorio – e abbiamo già iniziato una raccolta di firme affinché non si faccia lo stesso scempio anche in piazza della Libertà, come annunciato dal Comune. Credo che se le autorità lo avessero voluto si sarebbero potuti salvare almeno gli alberi del muro perimetrale, in modo da ridurre di molto l’impatto visivo. Oggi esistono apparecchi che permettono di effettuare operazioni di questo tipo al centimetro, perciò le alternative c’erano». Gabriella Predonzani lavora nella cartoleria di fronte ai Salesiani: «È un obbrobrio, uno scandalo, anche perché all’improvviso abbiamo visto che gli alberi erano già stati tagliati, senza che nessuno si degnasse di consultare la popolazione residente, che avrebbe avuto tutto il diritto di esprimersi». Simone Favretto si interroga sul ruolo del Consiglio circoscrizionale: «Ma dov’erano al momento della decisione sul taglio degli ippocastani? Era giusto che si sapesse tutto fin dall’inizio e non mettere la gente davanti al fatto compiuto. Va anche detto che gli alberi erano abbandonati e la manutenzione era insufficiente ma questa non è una buona ragione per eliminarli». Sergio Donda evidenzia che «l’errore più grave è stato quello di non chiedere alla gente cosa ne pensasse della decisione di tagliare gli ippocastani. Avrei voluto vedere un cartello che annunciava il provvedimento. Peccato, quello era un bel polmone verde».
Ugo Salvini


Appartamenti al posto del verde - LE CARATTERISTICHE DELL’INTERVENTO  - Pahor: «Il nuovo progetto può accontentare il quartiere»

Al posto di un ampio giardino con piante secolari un vuoto totale. Invece del verde degli ippocastani, il grigio dei muri abbattuti e i residui della demolizione dei palazzi dell’ex ospedale della Maddalena. È questa la visione che si propone a chi osserva il grande spazio situato fra la strada di Fiume e la via dell’Istria, nel tratto di quest’ultima compreso fra l’oratorio dei Salesiani e l’ospedale infantile Burlo Garofolo. L’abbattimento degli alberi ha suscitato e continua a suscitare molte proteste, ma oramai non c’è più niente da fare: al posto del verde sorgerà un complesso residenziale.
L’amaro destino degli ippocastani del comprensorio della ex Maddalena era segnato da tempo però: cominciò a essere delineato già a metà degli anni ’90. Fu in quell’epoca che una variante al Piano regolatore della città trasformò in area edificabile, anche se con i dovuti limiti, quello che per decenni è stato un ampio polmone verde al servizio dei degenti, ma anche delle centinaia di famiglie che vivono negli edifici circostanti. Dopo essere stato a lungo un’oasi di verde, adesso la zona alberata è diventata un ingombro. «Negli anni – ricorda Silvio Pahor, presidente della Circoscrizione competente per territorio, la quinta – si sono formulate numerose ipotesi. Fra le altre, si pensò di ospitare in quell’area la nuova sede della Polizia stradale di Trieste. Qualcuno parlò addirittura di edificarvi una moschea. Come rappresentanti della popolazione residente abbiamo avanzato più volte alcune perplessità, soprattutto per quanto riguarda il livello di cementificazione. Adesso, il progetto che è stato avviato, con l’allestimento del cantiere, sembra soddisfare, almeno in parte, le esigenze di tutela dell’ambiente alle quali siamo particolarmente sensibili. Vedremo se alla fine il risultato sarà accolto benevolmente dalla popolazione». Nella descrizione del progetto si parla di «realizzazione di servizi per la collettività» e di «ampie zone verdi», ma oramai gli enti pubblici possono effettuare solo operazioni di controllo del rispetto del capitolato e non decidere più la destinazione dell’area.

(u.s.)


CONTRO IL PROGRAMMA NUCLEARE - Pecoraro: «Subito le firme per un nuovo referendum»

ROMA «Metto a disposizione il mio blog, e sono in cantiere altre iniziative, per costruire da subito una rete disponibile a raccogliere le firme per un referendum abrogativo della legge che il governo ha in animo di realizzare per imporre il nucleare in Italia». È quanto si legge sul blog di Alfonso Pecoraro Scanio, www.pecoraroscanio.it, nel quale si sottolinea come il nucleare sia «costoso e pericoloso».
«Il futuro - afferma Pecoraro - è nell'energia solare e nelle fonti rinnovabili. Ma sappiamo tutti che esiste una potentissima lobby, oscura e tenace, che in tutti i modi cerca di imporre le centrali nucleari anche nel nostro Paese. Per questo dobbiamo diffondere la conoscenza, una conoscenza condivisa, che informi sul fatto che quella nucleare è l'energia più costosa e più pericolosa del mondo, e che ancora oggi non sono stati risolti i problemi della sicurezza. Come continua a ripetere il Premio Nobel Carlo Rubbia, la tecnologia nucleare disponibile non ha ancora risposto ai tre grandi problemi: Chernobyl, Hiroshima e le scorie».


«DIVERSITÀ» - Festival in nome del volontariato

TRIESTE Sarà presentata martedì alle 11 palazzo della Provincia di Trieste, in piazza Vittorio Veneto 4, la 6.a edizione del Festival delle Diversità che si terrà tra il 12 e il 15 giugno. L’iniziativa si svolgerà nel parco dell'ex Opp nel comprensorio di San Giovanni. Nei primi cinque anni l’iniziativa, organizzata da Centro delle culture, Centro umanista Moebius ea Onlus I Cammini aperti Trieste e il sostegno della Provincia, si è ingrandita coinvolgendo decine di associazioni e gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la cultura della solidarietà e del volontariato.


Duino, convegno su giovani e clima

DUINO AURISINA Il Collegio del Mondo unito dell’Adriatico, con sponsor il Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam e il Consorzio di centri di ricerca «Watch» ha organizzato e concluso l’International Summer School on Climate Change and Water Cycle, con l’obbietivo di fare del Friuli Venezia Giulia meta ambita per giovani talenti provenienti da svariante parte del mondo. La Summer School ha visto la partecipazione di 38 studenti dai 12 collegi del Mondo Unito (Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland, Italia, Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono state impartite da scienziati di livello europeo del Progetto Watch, impegnati in ricerche sui cambiamenti climatici.


PROGETTO Piazza Libertà, lavori inutili


Difficile concepire un progetto più assurdo di quello approvato la settimana scorsa dal Consiglio comunale e che viene definito «riqualificazione» di piazza Libertà.
Si tratta di un intervento assolutamente inutile ai fini del miglioramento della viabilità, ma devastante dal punto di vista ambientale in quanto prevede la creazione di sette corsie per il traffico veicolare e l'abbattimento di alcuni alberi secolari; ciò andrebbe a distruggere irrimediabilmente la bellezza e l'armonia di una piazza rinnovata in maniera pregevole solo pochi anni fa.
È intollerabile la perseveranza di questa amministrazione comunale nella distruzione del verde pubblico e del patrimonio storico della città ed è vergognoso lo spreco di denaro per opere di cui nessuno sente il bisogno.
Fiorella Russi
 

 

 

 

L'UNITA' - SABATO, 7 giugno 2008 

 

 

A Milano in «Marcia per il clima»

Se i pinguini invadono Monte Citorio a Roma, la «febbre del pianeta» è davvero alta. A simboleggiare il cambiamento del clima in realtà sono i rappresentanti di cinquanta associazioni ambientaliste che hanno presentato giovedì la «Marcia per il clima». Il corteo partirà sabato 7 giugno da piazza S. Babila a Milano per arrivare ai giardini di Porta Venezia.
Organizzata da Legambiente, Arci, Acli, Altraeconomia, Confederazione italiana Agricoltura, Forum Ambientalista, Ecologia e Lavoro, Federparchi nella Settimana Mondiale per l'ambiente, «la manifestazione di sabato si propone due obiettivi - spiega Paolo Beni, presidente dell'Arci. In primo luogo chiedere alla politica e alle istituzioni a tutti i livelli di rispettare gli obiettivi europei in tema di abbassamento delle emissioni di C02 e le misure per l'impiego delle energie rinnovabili. L'altro - prosegue Beni, è quello della sensibilizzazione e della diffusione della cultura di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e di un nuovo consumo».
Ma quella di sabato non sarà un punto d'approdo del tavolo di lavoro per l'ambiente delle associazioni, ma un punto di partenza che prevede un tavolo permanente. Dall'incontro di piazza del 7 giugno, intanto, verrà fuori un documento programmatico sottoscritto da tutte le associazioni partecipanti e prevede la messa a punto di impegni comuni a favore di un nuovo modello di sviluppo sostenibile. «Il nucleare non era stato nemmeno preso in considerazione fino a poco tempo fa, spiega Paolo Beni, oggi nel documento abbiamo ripreso il tema ma non perché abbiamo cambiato idea sull'uso del nucleare, ma per ribadire che bisogna puntare sulle fonti di energia rinnovabili che sono tutt'ora le più efficienti, le più convenienti e le più sostenibili»
«Da parte nostra - spiega ancora il presidente dell'Arci - abbiamo messo a punto un dodecalogo esemplare adottato da tutti i 5000 circoli Arci che prevede l'impegno a rispettare in dodici semplici punti comportamenti che rispettino l'ambiente».
Sabato, inoltre saranno allestiti stand informativi dove ognuna delle organizzazioni aderenti illustrerà una serie di pratici consigli per combattere il cambiamento climatico. «Nel corso della marcia - fa sapere il presidente di Legambiente, Vittorio Cagliati Dezza - prepareremo una carta da presentare al governo per chiedere maggiori impegni per contrastare il cambiamento climatico. La nostra proposta è quella di agganciare l'Italia alla strategia europea di riduzione delle emissioni di Co2, di impegnarsi a favore dell'utilizzo delle energie rinnovabili e di incentivare la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico».
Il corteo per «fermare la febbre del pianeta» partirà alle ore 15, in anticipo di due ore rispetto a quello del Gay Pride in programma per sabato anche a Milano come in tutta Italia. E a proposito della sovrapposizione delle due marce, dall'Arci ci tengono a sottolineare che i due cortei non si creeranno problemi a vicenda e che l'Arci, che per sabato aveva già preso l'impegno per il corteo ambientalista, parteciperà attivamente, come sempre, al Pride nazionale di Bologna del 28 giugno.

Alessia Grossi

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 7 giugno 2008 

 

 

Rifkin, l'energia fai-da-te - così ci salveremo dal nucleare - Dopo l'incidente di Krsko il guru dell'economia all'idrogeno spiega perché l'Italia sbaglia

Le centrali sono una "soluzione di retroguardia" e non risolveranno il problema
Jeremy Rifkin
UNA fatica inutile. Perché se anche rimpiazzassimo nei prossimi anni tutte le centrali nucleari esistenti nel mondo, il risparmio di emissioni sarebbe comunque un'inezia. Un quarto di quel che serve per cominciare a rimettere le briglie a un clima impazzito. Jeremy Rifkin non ha dubbi: quella atomica è una strada sbagliata, di retroguardia. Come curare malattie nuovissime con la penicillina. E non c'è neppure bisogno dei campanelli di allarme tipo Krsko per capirlo.
Basta guardare i numeri senza le lenti dell'ideologia. Proprio l'attitudine che, in Italia, scarseggia di più per il guru dell'economia all'idrogeno. Si vedrebbe così che l'uranio, come il petrolio, presto imboccherà la sua parabola discendente: ce ne sarà di meno e costerà di più. E che il problema dello smaltimento delle scorie è drammaticamente aperto anche negli Stati Uniti dove lo studiano da anni. "Vi immaginate uno scenario tipo Napoli, ma dove i rifiuti fossero radioattivi?" è il suo inquietante memento. Meglio puntare su quella che lui chiama la "terza rivoluzione industriale".
L'incidente all'impianto sloveno arroventa il dibattito italiano, a pochi giorni dall'annuncio del ritorno al nucleare. Cosa ne pensa?
"Ho parlato con persone che hanno conoscenza di prima mano dell'incidente, e mi hanno tranquillizzato. Non ci sono state fughe radioattive e il governo ha gestito bene tutta la vicenda. Ho lavorato con l'amministrazione Jan%u0161a e posso dire che hanno sempre dimostrato una leadership illuminata nel traghettare la Slovenia verso le energie rinnovabili. Non posso dire lo stesso di tutti i paesi europei, ma posso lodare le politiche energetiche di Ljubljana".
Superata questa crisi, in generale possiamo sentirci sicuri?
"Il problema col nucleare è che si tratta di un'energia con basse probabilità di incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi mai niente di brutto, ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe. Come Chernobyl".
Il governo italiano ha confermato l'inizio della costruzione delle nuove centrali entro il 2013. Coerenza o azzardo?
"Non capisco i termini della discussione in corso in Italia. Amo il vostro paese, lo seguo da anni ma questa volta mi sento davvero perso. I sostenitori dicono: il nucleare è pulito, non produce diossido di carbonio, quindi contribuirà a risolvere il cambiamento climatico. Un ragionamento che non torna se solo si guarda allo scenario globale. Oggi sono in funzione nel mondo 439 centrali nucleari e producono circa il 5% dell'energia totale. Nei prossimi 20 anni molte di queste centrali andranno rimpiazzate. E nessuno dei top manager del settore energetico crede che lo saranno in una misura maggiore della metà. Ma anche se lo fossero tutte si tratterebbe di un risparmio del 5%. Ora, per avere un qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del pianeta, si dovrebbe ridurre del 20% il Co2, un risultato che certo non può venire da qui".
Un finto argomento quindi quello del nucleare "verde"?
"Non in assoluto, ma relativamente alla realtà, sì. Perché il passaggio al nucleare avesse un impatto sull'ambiente bisognerebbe costruire 3 centrali ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo fornirebbe il 20% di energia totale, la soglia critica che comincia a fare una differenza. C'è qualcuno sano di mente che pensa che si potrebbe procedere a questo ritmo? La Cina ha ordinato 44 nuove centrali nei prossimi 40 anni per raddoppiare la sua potenza produttiva. Ma si avvia ad essere il principale consumatore di energia...".
Ci sono altri ostacoli lungo questa strada?
"Io ne conto cinque, e adesso vi dico il secondo. Non sappiamo ancora come trasportare e stoccare le scorie. Gli Stati Uniti hanno straordinari scienziati e hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui all'interno delle montagne Yucca dove avrebbero dovuto restare al sicuro per quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a contaminare l'area nonostante i calcoli, i fondi e i super-ingegneri. Davvero l'Italia crede di poter far meglio di noi? L'esperienza di Napoli non autorizza troppo ottimismo. E questa volta i rifiuti sarebbero nucleari, con conseguenze inimmaginabili".
Ecoballe all'uranio, un pensiero da brividi. E il terzo ostacolo?
"Stando agli studi dell'agenzia internazionale per l'energia atomica l'uranio comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. Come il petrolio sta per raggiungere il suo peak. I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si ripercuoterà sui costi per produrre energia togliendo ulteriori argomenti a questo malpensato progetto. Aggiungo il quarto punto. Si potrebbe puntare sul plutonio. Ma con quello è più facile costruire bombe. La Casa Bianca e molti altri governi fanno un gran parlare dei rischi dell'atomica in mani nemiche. Ma i governi buoni di oggi diventano le canaglie di domani".
Siamo arrivati così all'ultima considerazione. Qual è?
"Che non c'è abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti nucleari. Temo che non sia noto a tutti che circa il 40% dell'acqua potabile francese serve a raffreddare i reattori. L'estate di cinque anni fa, quando molti anziani morirono per il caldo, uno dei danni collaterali che passarono sotto silenzio fu che scarseggiò l'acqua per raffreddare gli impianti. Come conseguenza fu ridotta l'erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di aria condizionata".
Se questi sono i dati che uso ne fa la politica?
"Posso sostenere un dibattito con qualsiasi statista sulla base di questi numeri e dimostrargli che sono giusti, inoppugnabili. Ma la politica a volte segue altre strade rispetto alla razionalità. E questo discorso, anche in Italia, è inquinato da considerazioni ideologiche".
In che senso? C'è un'energia di destra e una di sinistra?
"Direi modelli energetici élitari e altri democratici. Il nucleare è centralizzato, dall'alto in basso, appartiene al XX secolo, all'epoca del carbone. Servono grossi investimenti iniziali e altrettanti di tipo geopolitico per difenderlo".
E il modello democratico, invece?
"È quello che io chiamo la "terza rivoluzione industriale". Un sistema distribuito, dal basso verso l'alto, in cui ognuno si produce la propria energia rinnovabile e la scambia con gli altri attraverso "reti intelligenti" come oggi produce e condivide l'informazione, tramite internet".
Immagina che sia possibile applicarlo anche in Italia?
"Sta scherzando? Voi siete messi meglio di tutti: avete il sole dappertutto, il vento in molte località, in Toscana c'è anche il geotermico, in Trentino si possono sfruttare le biomasse. Eppure, con tutto questo ben di dio, siete indietro rispetto a Germania, Scandinavia e Spagna per quel che riguarda le rinnovabili".
Ci dica come si affronta questa transizione.
"Bisogna cominciare a costruire abitazioni che abbiano al loro interno le tecnologie per produrre energie rinnovabili, come il fotovoltaico. Non è un'opzione, ma un obbligo comunitario quello di arrivare al 20%: voi da dove avete cominciato? Oggi il settore delle costruzioni è il primo fattore di riscaldamento del pianeta, domani potrebbe diventare parte della soluzione. Poi serviranno batterie a idrogeno per immagazzinare questa energia. E una rete intelligente per distribuirla".
Oltre che motivi etici, sembrano essercene anche di economici molto convincenti. È così?
"In Spagna, che sta procedendo molto rapidamente verso le rinnovabili, alcune nuove compagnie hanno fatto un sacco di soldi proprio realizzando soluzioni "verdi". Il nucleare, invece, è una tecnologia matura e non creerà nessun posto di lavoro. Le energie alternative potrebbero produrne migliaia".
A questo punto solo un pazzo potrebbe scegliere un'altra strada. Eppure non è solo Roma ad aver riconsiderato il nucleare. Perché?
"Credo che abbia molto a che fare con un gap generazionale. E ve lo dice uno che ha 63 anni. I vecchi politici, cresciuti con la sindrome del controllo, si sentono più a loro agio in un mondo in cui anche l'energia è somministrata da un'entità superiore".
RICCARDO STAGLIANÒ

 

greenaction-planet.org - SABATO, 7 giugno 2008 

COMUNICATO STAMPA - GREENACTION TRANSNATIONAL SU INCIDENTE NUCLEARE KRSKO (SLO)
Violato in Italia l’obbligo europeo dei piani di emergenza nucleare: chieste attuazione e indagini penali
Trieste, 6 giugno 2006 - A seguito dell’incidente nucleare di Krsko (Slovenia) del 4 giugno l’associazione ambientalista e per i diritti umani Greenaction Transnational denuncia la mancanza in Italia dei piani d’emergenza e difesa civile antiradiazioni previsti dalla normativa europea per le popolazioni a rischio. In Slovenia tali piani sono invece attivi da decenni con livelli di organizzazione e difesa civile particolarmente elevati. L’Associazione, già sotto l’insegna di Friends ot the Earth Trieste, ha denunciato invano per anni senza esito le omissioni delle autorità nazionali e locali italiane, ottenendone anche la messa in mora da parte della Commissione Europea. nonostante ciò, e nonostante l’interessamento della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, le autorità italiane responsabili hanno continuato a dare risposte elusive o contraddittorie, ed il Procuratore capo uscente di Trieste, Nicola Maria Pace, le ha volute scagionare già nel 2003 dichiarando “esclusa la sussistenza di omissioni penalmente rilevanti”. Una seconda denuncia, presentata dall’associazione nel 2007, non ha avuto ancora risultati.
Poichè la gravità del problema è ora drammaticamente riconfermata da un incidente nucleare, Greenaction Trasnational chiede che i piani vengano finalmente redatti e diffusi, e che il nuovo Procuratore capo Michele Dalla Costa, proveniente da Venezia, garantisca l’efficacia delle indagini penali.
I documenti principali per ricostruire la vicenda delle denunce e delle risposte istituzionali sono disponibili sul sito di Greenaction Transnational (www.greenaction-planet.org).
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel/fax +39 040-2410497 - info@greenaction-planet.org
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 giugno 2008 

 

 

IL CASO KRSKO - DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Slitta la riapertura della centrale - La Slovenia non avvia inchieste

Stesso incidente anche in Ucraina, ma Kiev avverte dopo giorni Il premier Sanader non esclude un impianto anche in Croazia

Nessuna ditta italiana nell’elenco dei fornitori della Nek. Ancora lontana l’ipotesi di raddoppiare il sito

LUBIANA Sono iniziate ieri le riparazioni alla centrale nucleare di Krsko, che sarà riattivata mercoledì prossimo, con un giorno di ritardo rispetto alle stime iniziali. La Slovenia in ogni caso conferma di non volere aprire un'inchiesta penale sull'incidente di mercoledì scorso.
E se continua il dibattito interno sulla gestione delle comunicazioni relative alla perdita di liquido dall’impianto refrigerante, sul piano bilaterale Lubiana, stizzita, avrà sicuramente da puntualizzare la situazione con Kiev. L’Ucraina, infatti, ieri ha fatto sapere con giorni di ritardo di un incidente analogo a un suo impianto atomico avvenuto al confine con la Polonia la scorsa settimana, «non da paragonare con quella avvenuta in Slovenia»: come dire di entità minore. Una mossa diplomatica quantomeno azzardata, sicuramente non «politically correct», che indirettamente penalizza gli sloveni, in realtà i più corretti e trasparenti nell’informare la comunità internazionale. Un segnale inquietante per l'Europa, che ha già reagito all'incidente sloveno con grande preoccupazione, divenuta oggetto a sua volte di polemiche tra Nek, la società della Centrale di Krsko, governo lubianese e vertici dell’Ue.
Preoccupazione, quella per la continuità produttiva dell’impianto atomico, che invece non hanno le grandi aziende clienti della Centrale, come il Gruppo Bonazzi, italiano, che opera con 800 dipendenti a Lubiana. Nessun problema per le ipotetiche ripercussioni sui fornitori o sub-appaltatori italiani della Nek: semplicemente non ne esistono.
L’INCHIESTA
Ieri il ministro della Giustizia di Lubiana Lavro Sturm, a margine di una riunione con i colleghi dell'Ue a Lussemburgo, ha dichiarato che non verrà aperta alcuna inchiesta penale sull’incidente. «Non ci sono stati problemi particolari, si è esagerato» nelle reazioni, ha affermato Sturm. A Lubiana una conferma indiretta delle ridotte dimensioni dell’allarme a livello sloveno è venuta anche dalla mancata mobilitazione, mercoledì, dell’unità di difesa Nbc (Nucleare, biologica e chimica) dell’Esercito sloveno, equipaggiata in parte con materiali di produzione italiana. Il ministro Sturm ha assicurato comunque che sarà svolta un'inchiesta interna per appurare i motivi del guasto al circuito di raffreddamento.
LE RIPARAZIONI
Ieri a Krsko i lavori di riparazione sono iniziati già la notte. «Stiamo sostituendo la valvola del circuito di raffreddamento che si era guastata - spiega ai reporter Ida Novak, portavoce della società Nek che gestisce la struttura -: l’intervento durerà tutto il giorno, coinvolgendo solo cinque addetti oltre a quelli del normale turno, regolarmente presenti oggi. Poi effettueremo un’ispezione per dare successivamente il via al riscaldamento del reattore e alla sincronizzazione dei vari impianti fino al ritorno della produzione, che prevediamo per mercoledì». Stane Rozman, presidente del cda dell'impianto atomico sloveno, assicura che il guasto verrà riparato entro oggi e che la centrale dovrebbe riprendere la produzione a pieno ritmo già martedì sera o al più tardi mercoledì. Secondo il direttore al momento dell'incidente non vi sono mai stati rischi di alcun genere. Gli standard internazionali l’hanno valutato a livello «zero».
AZIENDE ITALIANE
Un guasto in ogni caso: che se ha causato l’interruzione del ciclo produttivo d’altra parte non ha avuto ripercussioni sulle forniture d’energia alle aziende clienti della Nek. Lo conferma il triestino Edi Craus, responsabile nella capitale slovena degli impianti del Gruppo Bonazzi, dell’omonima famiglia veronese: impiega 800 dipendenti. «Da quest’anno - spiega il manager - con la liberalizzazione del mercato per l’energia ci riforniamo da un distributore che utilizza corrente elettrica proveniente da Krsko e che viaggia, è bene dirlo, sui normali elettrodotti. Non abbiamo avuto alcun problema, né in questi giorni né dall’inizio del contratto. E ce ne saremmo accorti subito: ogni minima variazione nell’erogazione e tensione comporterebbe per noi, data la natura dei nostri macchinari, un danno dai 25 ai 70 mila euro».
Le aziende del Nordest o italiane in genere non partecipano, invece, in alcun modo come fornitori al processo produttivo della Centrale slovena. «Nessuno - precisa Andrei Sic, triestino direttore dell’Unione regionale economica slovena - lavora neppure in appalto». Informazione avallata da Dino Blandolino, direttore dell’Istituto per il commercio estero (Ice) a Lubiana: «Gli appalti nei Paesi dell’Unione europea, come è la Slovenia, devono svolgersi in base a una gara a livello comunitario, anche se per particolari componenti o in alcuni settori più sensibili del campo nucleare, legati alla sicurezza, tale norma decade parzialmente e quindi l’assegnazione avviene con maggiore riservatezza».
PROGETTO CROATO
La formula dell’appalto verrebbe utilizzata anche nel caso Slovenia e Crozia volessero raddoppiare l’impianto o, come ipotizzato ieri dal premier di Zagabria Ivo Sanader, quest’ultimo Paese volesse dotarsi di una sua propria struttura. Sanader, che subito dopo l’incidente ha parlato con l’omologo sloveno Janez Jansa, ha peraltro sottolineato di nuovo che la Croazia deve iniziare a valutare i pro e i contro di un'eventuale costruzione di una propria centrale nucleare, per garantire negli anni a venire una sufficiente disponibilità di energia elettrica. Secondo Sanader bisogna pensare seriamente non solo alla realizzazione di un impianto atomico ma anche al prosieguo del progetto «Druzb-Adria» al fine di assicurare l'indipendenza energetica del Paese.
PIER PAOLO GAROFALO
 

DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Latte e insalata superano i controlli  - L’Arpa ha esaminato gli alimenti a più alto rischio: «Tutto in regola»
TRIESTE - Anche le verifiche su latte e lattuga hanno dato esito negativo. Ieri il servizio regionale di fisica ambientale dell’Arpa, in collaborazione con le aziende per i servizi sanitari di Trieste e Gorizia, ha effettuato i prelievi sugli alimenti che potenzialmente avrebbero dovuto essere contaminati per primi in caso di diffusione di radiazioni all'esterno della centrale.

«I controlli sul latte e sull’insalata – spiega Concettina Giovani, referente del nucleo regionale dell’Arpa che in questi giorni si è occupato delle rilevazioni – sono l’ultimo stadio delle analisi. Il latte, in questo caso di ovini visto che erano gli unici animali a pascolare allo stato brado in questi giorni, è l’alimento che ci consente di verificare rapidamente eventuali presenze di iodio 131 visto che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di foraggio». Lo stesso vale per l’insalata e per la verdura a foglia larga dove è più facile che si depositino eventuali radiazioni. «I campioni - spiega Giovani - sono stati prelevati dalla provincia di Trieste e Gorizia e, per quel che riguarda il latte, anche da Udine». I controlli sono serviti a garantire un ulteriore accertamento «anche se si sapeva da subito che non c’erano state immissioni di radiazioni in atmosfera – precisa la specialista -. La segnalazione a noi è sempre e solo arrivata come segnalazione di guasto e non come stato di allerta o di allarme». I controlli continueranno anche nel fine settimana – non solo il prelievo dei campioni, come avviene di solito, ma anche le misurazioni – mentre da lunedì l’attività dovrebbe tornare alla normalità. L’attenzione internazionale creatasi sul caso Krsko è stata occasione per avviare un’esercitazione, a livello nazionale, delle equipe che fanno capo alle agenzie per la protezione dell’Ambiente. «Nel nostro caso – spiega la referente del Friuli Venezia Giulia – i protocolli di collaborazione con aziende sanitarie, vigili del fuoco e forze dell’ordine, sono ben collaudati. Per altre regioni questa situazione di verifiche straordinarie può essere, invece, l’occasione di perfezionare le procedure».

(m.mi.)


Biocarburanti, Scajola: «Rivedere le quote Ue»  - «Troppi problemi» secondo il ministro sul fronte alimentare

LUSSEMBURGO L'Italia ha chiesto ai partner europei di «rivedere sostanzialmente» l'obiettivo di aumentare dal 2% attuale al 10% entro il 2020 l'uso dei biocarburanti nel settore dei trasporti europei, giudicato «non realistico». La richiesta è stata presentata dal ministro allo sviluppo economico Claudio Scajola al Consiglio energia riunito a Lussemburgo, che ieri ha raggiunto un difficile compromesso sulla separazione proprietaria delle reti di produzione e di trasmissione dell'energia (il cosiddetto unbundling), nel quadro delle misure individuate per la liberalizzazione dei mercati europei dell'energia elettrica e del gas.
«L'Europa deve parlare un linguaggio realistico», ha detto Scajola sui biocarburanti. «Un pò per troppo coraggio, un pò per troppa precipitazione si sono delineati obiettivi non realisticamente raggiungibili. Il 10% deve essere sostanzialmente rivisto». La richiesta italiana di rivedere uno degli obiettivi vincolanti della lotta al cambiamento climatico approvato dal Vertice Ue del marzo 2007 nasce anche dalla considerazione che «non si può ignorare ciò che è successo nell'ultimo anno sul fronte dei prezzi alimentare e della fame nel mondo», ha spiegato Scajola. Il ministro ha assicurato «che non ci sarà un minore impegno italiano nelle energie rinnovabili. Daremo incentivi alle energie da sole, vento e biomasse», ha assicurato, affermando che l'Italia ha bisogno di un mix energetico «molto variegato», che include anche il ritorno al nucleare. «Ma sui biocarburanti - ha insistito - ci sono problemi: non possiamo dare la sensazione che si considera più utile fare energia che dare da mangiare alla gente: manderemmo un segnale sbagliato».
Dall'Italia oggi è giunta una forte richiesta per concludere il Consiglio con un accordo sull'unbundling, giudicato essenziale per mettere fine «ad una situazione distorsiva del mercato». «Meglio un accordo al ribasso che nulla, perchè ciò equivarrebbe a rinviare la questione di 4-5 anni», ha detto Scajola. E alla fine, dopo ore di negoziati molto tesi e di notizie contraddittorie, il ministro sloveno Andrej Vizjak, presidente del Consiglio, ha potuto annunciare «un ampio accordo» sul terzo pacchetto energetico. Restano però riserve tecniche da parte di Germania, Portogallo e Austria che dovranno essere esaminate dai rappresentanti dei 27 e dalla Commissione Ue.
 

 

GIUNTA SOTTO ACCUSA  - Piani urbani e territoriali: esposto alla Corte dei conti

Omero, Tam e Decarli inviano un dossier sulle consulenze «per troppi studi mai utilizzati»
«Basta con i piani scoordinati, privi di una strategia e senza un obiettivo! Tutela e valorizzazione del territorio devono costituire un fine prioritario ma, soprattutto, concreto». Fabio Omero, capogruppo del Pd in consiglio comunale, ha manifestato le sue «perplessità» mettendole nero su bianco, firmando il tutto insieme al consigliere Bruna Tam (Pd) e a Roberto Decarli (capogruppo dei Cittadini per Trieste) e infine inviando il «dossier» al procuratore generale della Corte dei conti sotto forma di «esposto» sul tema: «Pianificazione urbana del Comune di Trieste».
Alla base dell’iniziativa un doppio scopo: «dare vita a un’opposizone intransigente ma anche propositiva». «Nell’ultimo decennio - riporta l’esposto - l’amministrazione comunale ha affidato molteplici incarichi professionali per la redazione di studi e progetti riferiti a piani del traffico e/o a piani regolatori urbani. Non sempre sono stati fatti propri dalla giunta o adottati dal consiglio. E, talvolta, non sono stati neppure presentati al consiglio». Inoltre, «non sempre appare una coerente interrelazione nel tempo» mentre si verificherebbero «contraddizioni tra gli stessi». Il riferimento, «a scanso di equivoci», è legato «anche all’epoca della giunta Illy». Si parla dei progetti legati al traffico e al centro storico «poi finiti in un cassetto. Nel frattempo, sono stati invece concretizzati altri piani che hanno inciso su viabilità e interconnessione tra Porto vecchio e città, in particolare piazza della Libertà».
Seguono riferimenti e dati attraverso i quali Omero, Tam e Decarli aspettano «il responso della magistratura contabile» benché «disposti a collaborare ma solo se il sindaco è pronto a invertire la rotta. Il territorio di Trieste costituisce una risorsa notevole ma ci vuole una pianificazione che coniughi la tutela delle aree di pregio al recupero di quelle dismesse o inquinate».
DANIELE BENVENUTI



Piazza Borsa: nuovo lastricato e via le moto  - Via Einaudi sarà pedonale e in piazza Tommaseo sorgerà un park interrato per ciclomotori

I LAVORI ANTICIPATI, SLITTA LA RIQUALIFICAZIONE DI PONTEROSSO
Pedonalizzare via Einaudi - la strada di collegamento tra le Rive e piazza della Borsa che da anni ospita i taxi - e ripavimentare la vicina piazza Tommaseo, liberandone la superficie dalla distesa di motocicli posteggiati a qualsiasi ora del giorno. Costruendo però in cambio, proprio sotto piazza Tommaseo, un parcheggio interrato di due piani riservato esclusivamente alle due ruote. Siamo ancora nel campo dell’ipotesi progettuale, ma gli uffici comunali sono al lavoro per verificarne la fattibilità. Se questa idea, partorita nelle ultime ore dal tandem Dipiazza-Bandelli, dovesse incassare l’ok dei tecnici, diventerebbe sicuramente realtà. E rappresenterebbe l’«estensione» del progetto di riqualificazione di piazza della Borsa, che partirà - questa è notizia certa - tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, al posto del restyling di Ponterosso, slittato invece a fine 2009.
Sono queste le novità che sparigliano le carte della pedonalizzazione del Borgo Teresiano e Giuseppino, tra piazza Venezia e piazza Libertà. La prima riguarda, appunto, l’inversione dei due cantieri che il Comune intende portare a termine entro la fine del mandato, nel 2011. La riqualificazione di Ponterosso è stata infatti posticipata alla fine del 2009; quella di piazza della Borsa, invece, è passata in testa e avrà inizio al più tardi nei primi mesi del prossimo anno. Il motivo del cambio di rotta? «Ci sembrava più logico procedere così - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli -. Ora stiamo lavorando su piazza Venezia, che sarà pronta entro la fine dell’anno. Quando sarà chiuso anche il cantiere del Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata andremo a pedonalizzare e ripavimentare tutta la via Torino. Tra venti giorni partirà l’opera di pedonalizzazione delle vie Cavana e Boccardi: in questo modo - aggiunge Bandelli - piazza Venezia e piazza Unità saranno collegate da un unico percorso pedonale. Riqualificare piazza della Borsa era il passaggio necessario per procedere lungo il percorso che dovrebbe portare alla stazione ferroviaria. Il tassello successivo sarà il restyling di Ponterosso e la costruzione del ponte, entrambi in fase di progettazione. Via Cassa di risparmio e via Trento? Chiuderle al traffico sarebbe un bel sogno - afferma l’assessore comunale - che mi auguro di realizzare, anche se al momento non esistono piani precisi. Quello che vogliamo è dare vita a un percorso pedonale che arrivi fino a piazza Libertà, per valorizzare aree come quella della chiesa luterana, rendendole più vivibili, sicure e vivaci sul fronte commerciale».
Tornando alla novità più rilevante dal punto di vista urbanistico ed edilizio: che ne sarà di piazza della Borsa? Il progetto (già approvato) prevede una nuova pavimentazione in arenaria, in continuità con le piazze Unità e Verdi. Spariranno i marciapiedi lungo il palazzo del Tergesteo e sul lato opposto, così come il parcheggio centrale per i motorini, lasciando spazio a un’unica area interdetta al traffico. Inoltre arriverà (o meglio, tornerà dopo tanti anni nella sua posizione originaria) la statua del Nettuno (ora in piazza Venezia). Questa l’idea iniziale, da due milioni di euro. Che rimane. Ma dovrebbe essere «ritoccata» con la pedonalizzazione di via Einaudi e di piazza Tommaseo, sotto la quale verrebbe costruito il primo parcheggio interrato multipiano per motorini della città (non si sa se libero o a pagamento). In questo caso servirebbe un milione di euro in più (quindi tre milioni in tutto).
«L’idea è partita dal sindaco Dipiazza e mi trova del tutto favorevole - afferma ancora Bandelli -. Siamo ottimisti, pensiamo che il progetto possa andare in porto, anche se dobbiamo attendere il parere tecnico degli uffici, che sono al lavoro da qualche giorno. Il garage - continua - sarebbe un modo per ”ricompensare” gli scooteristi triestini, che a partire dal prossimo anno non potranno più lasciare i mezzi in piazza della Borsa, e forse nemmeno in piazza Tommaseo, se decidessimo di liberarne la superficie».

ELISA COLONI
 

Grillo parla al corteo anti-Ferriera: va chiusa  - MANIFESTAZIONE CONTRO LO STABILIMENTO, I RIGASSIFICATORI E I TAGLI AGLI ALBERI IN PIAZZA LIBERTÀ

Il comico si collega via Internet: «Vanno coinvolti gli operai». Trecento persone scese in piazza
Hanno sfilato in 300 contro la Ferriera. Arrabbiati, rumorosi e in alcuni casi sfiduciati per la mancata chiusura del «mostro di Servola». Un corteo trasversale partito da piazza Unità e, dopo due ore passate sfilando lungo le vie del centro, arrivato in piazza Verdi. In mezzo alla carrellata delle Porsche e a pochi minuti dall’inizio de La Rondine di Giacomo Puccini.
Una coincidenza, nessuna volontà di contestazione come avviene abitualmente alla «prima» della Scala di Milano. Serviva un collegamento in Internet, gentilmente concesso da un bar, per consentire la benedizione in diretta di Beppe Grillo. Un messaggio dai toni pacati quello del popolare comico genovese, diventato il paladino dello sviluppo ecosostenibile. Reso possibile dal lavoro dei grillini locali, che hanno aderito alla manifestazione.
«Non è possibile tenere in piedi la Ferriera, appartiene ormai al passato. Portate avanti questa rivoluzione pacifica, ma fatelo - dice Grillo - parlando quotidianamente con gli operai dello stabilimento e con le istituzioni cittadine». Applausi accompagnati dai fischi quando Grillo si lascia scappare «ci dovrebbe essere anche il sindaco lì con voi». Perché quel corteo eterogeneo, aperto dalle famiglie e chiuso dai no global, non ha fatto sconti alla classe dirigente. Né di destra né di sinistra, di ieri e di oggi. Bacchettate a Riccardo Illy e al centrosinistra reo di aver approvato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), ribattezzata in un pannello «Autorizzazione illyana ad inquinare», fino al sindaco Roberto Dipiazza e perfino al neoletto governatore Renzo Tondo.
«Stessa casta, stessa razza» ripete all’infinito l’altoparlante posizionato sopra la jeep di Maurizio Fogar, animatore del Circolo Miani. Si alterna al microfono con il verde Alessandro Metz, accompagnando un corteo senza slogan urlati. Ma rumoroso. I manifestanti si fanno sentire con i fischietti, i tamburi, le trombe, perfino una campana che suona a morto. C’è anche una signora che batte un cucchiaio sulla padella. In coda il furgone del Centro delle culture di Ponziana, ricoperto dallo striscione «No nuke» e «Aria pura senza paura», spara musica ska ad alto volume. È il popolo dei no global, guardato a vista dagli uomini della Digos in borghese e la Guardia di finanza in tenuta antisommossa. «Manca solo la forestale» dice un signore avvicinando i finanziarie e osservando come, in piazza Unità, si notino le divise dei carabinieri e della polizia.
Ad aprire il corteo uno striscione semplice e senza etichette. «Ferriera, Regione-Provincia-Comune solo parole». È il leif motive dominante, quello che fra giacche e cravatte e capelli rasta paragona Trieste a Napoli. Solo che qui da noi «non si vedono le immondizie, perché le ritroviamo nell’aria». Cancerogene, ovviamente. E nel mirino c’è la Ferriera. Intesa come proprietà («Alla Lucchini non interessa neanche la salute dei bambini»), ma anche come classe politica accusata di parlare senza agire. «Tondo eletto con i voti dei servolani» è lo striscione che fa bella mostra di sé. Un monito al nuovo governatore bocciato da una parte del corteo, mentre c’è anche chi gli dà fiducia e lo aspetta al varco.
Lungo il percorso, da corso Italia e piazza Oberdan, la gente lungo i marciapiedi osserva fra condivisione e sguardi apatici. Dagli autobus bloccati le persone escono in maniera composta. Qualche «vaffa» dagli automobilisti in coda, ma anche tanta comprensione e forse paura davanti allo striscione «articolo 32 della Costituzione: la Repubblica tutela la salute».
«Sono anni che ci ricattano, adesso basta la Ferriera inquina e va chiusa» è il monologo. Sembra di sentire le parole di Dipiazza e invece è il camioncino dei no global. Quando si arriva in piazza Libertà ce n’è anche per l’assessore Franco Bandelli e il progetto di riqualificazione reo di tagliare gli alberi. Ma è una protesta secondaria, lo zoccolo duro vuole la chiusura della Ferriera, ci sono perfino anziani che si trascinano per chilometri pur di «svegliare Trieste». Fogar spegne il sigaro e se la ride davanti a una manifestazione dignitosa. Lascia che Grillo aizzi la folla dicendo come «sia patetico tenere in piedi questo tipo di industria», per poi monopolizzare il microfono.
«La Ferriera ha fatto scappare anche i coreani che volevano investire sulla piattaforma logistica», dice strappando l’applauso e attaccando un po’ tutti. Nell’ordine l’Autorità portuale, la Provincia, il Comune e la Regione. Già, quell’amministrazione regionale che ha cambiato da poco colore, lasciando a casa Illy. «Anche noi, andando a votare o disertando le urne - dice Fogar - abbiamo contribuito a mettere la parola fine all’era Illy. Ma adesso Tondo si sta comportando come Dipiazza: solo parole». È un monito al neogovernatore che, durante la campagna elettorale e anche dopo il voto, ha messo in cima alle priorità del suo mandato la chiusura della Ferriera.
È l’ultimo atto della mobilitazione. La manifestazione è sciolta, guardata a vista perfino dal questore Domenico Mazzilli. Le famiglie servolane possono fare rientro a casa, i militanti della Lega e quelli dell’Italia dei valori ringraziati dagli organizzatori possono smobilitare. Senza aver esposto i propri vessilli. Anche i tamburi alcuni marchiati dei quali marchiati con croci celtiche, segno che nel corteo c’erano proprio tutti, possono tornare a riposare come i disobbedienti. Un riposo breve. Torneranno presto in piazza come «i napoletani, più orgogliosi dei triestini». Un’ammissione della sconfitta numerica del corteo? Guai a dirlo, neanche per scherzo.
PIETRO COMELLI



Si parla di pista ciclabile in consiglio provinciale - GIOVEDÌ LA SEDUTA

Le gallerie lungo la pista ciclopedonale della Val Rosandra, e la convenzione tra la Provincia e la proprietà del centro commerciale «Montedoro Free time», attualmente in fase di costruzione a Muggia, per la realizzazione e la cessione al demanio stradale provinciale della rotatoria di innesto della viabilità interna al centro commerciale, sulla strada provinciale numero 13 di Caresana: saranno questi alcuni degli argomenti all’ordine del giorno nella seduta di giovedì 12 giugno del Consiglio provinciale, in piazza Vittorio Veneto.


Muggia, no del Pd al rigassificatore

MUGGIA Il Circolo muggesano del Partito democratico ha stilato un documento di analisi della questione dei rigassificatori. Il Pd locale ribadisce la sua nota contrarietà e chiede un maggiore coinvolgimento della popolazione e degli enti, alla luce di eventuali nuovi elementi nella fase progettuale. Lo spunto sono state le recenti novità sul progetto di gasdotto della Snam e anche alcune dichiarazioni favorevoli da parte di esponenti del governo nazionale.
Gianfranco Dragan, del direttivo Pd, afferma: «Il nostro gruppo di lavoro su territorio e ambiente ha visto la necessità di analizzare meglio la situazione. Ne è nato un documento in cui non si dice se è giusto o meno il rigassificatore, ma si rilevano gli esami preliminari necessari. Il documento è stato votato all’unanimità dal direttivo e presentato anche alla direzione provinciale del partito». I documento, di 14 pagine, analizza i vari aspetti del progetto di rigassificatore a Zaule. Si valuta il fabbisogno energetico nazionale e regionale, lo stato d’avanzamento dell’iter autorizzativo, le carenze ancora presenti, i pareri già espressi, le problematiche ambientali e di sicurezza, ma anche i progetti di sviluppo del territorio e le ricadute di tali impianti sulla qualità della vita.
Marco Finocchiaro, che ha coordinato il lavori, spiega: «Il nostro gruppo di 10 persone, senza preclusioni, ha guardato i vari aspetti del problema. Siamo consapevoli che l’energia è un problema nazionale, ma sappiamo anche che il piano nazionale è obsoleto, soprattutto viste le recenti idee di impianti nucleari. Quindi dov’è la vera necessità, se poi nel Veneto se ne farà un altro?». Secondo il Pd, ogni eventuale nuovo documento o integrazione dovrà essere sottoposto nuovamente al vaglio di popolazione e enti locali.
«Non è il caso che tali integrazioni siano viste solo dal ministero, né si può pensare che prenda da solo una decisione, dimenticando le perplessità a livello locale», così Finocchiaro. Il Pd riprende argomentazioni già espresse dall’amministrazione comunale, come ad esempio il fatto che un impianto energetico a Zaule va contro le idee di sviluppo di quell’area. «La questione ha levatura nazionale e anche internazionale – ancora Finocchiaro - non ci si può ridurre a dare importanza al parere di un singolo ente locale, né si deve vedere la questione solo dal punto di vista delle possibili royalty».

(s.re.)


LUNEDÌ A SAN DORLIGO  - Bilancio e rigassificatore in consiglio comunale

È stato convocato per lunedì in seduta straordinaria, con inizio alle 11, il consiglio comunale di San Dorligo della Valle-Dolina. Tra i numerosi punti all’ordine del giorno, la surroga del consigliere Franco Majcen con Roberto Drozina, la ratifica della delibera di di giunta sulla variazione al bilancio di previsione 2008, l’approvazione del regolamento del Forum di Agenda 21 della Riserva naturale della val Rosandra. In discussione anche una mozione presentata dai consiglieri Sormani, Coretti, Turco e Di Donato relativa al tema della «Realizzazione del progetto della Snam rete gas per la realizzazione di un metanodotto che colleghi il rigassificatore di Zaule con Villesse».


«Lavori in Piazza Libertà, soldi buttati»

Dal Piccolo di sabato 31 maggio, apprendo con rammarico che la «giunta di maggioranza» ha deliberato il taglio (non quantificato) di vari alberi secolari di piazza Libertà, malgrado il parere contrario dei cittadini e la protesta delle associazioni ambientaliste.
Non è da meravigliarsi se una volta eletta, questa maggioranza se ne frega dei propri elettori pur di non perdere le sovvenzioni dello Stato, ma anziché adoperare quei soldi per opere molto più necessarie ed urgenti (galleria Sandrinelli, Foraggi, scuole, asili e soprattutto per la pulizia della città, che attualmente fa schifo), si buttano via senza una buona e ponderata visione dei lavori.
Qualcuno si ricorda lo stato di degrado del giardino con baracche, droga, prostituzione e la successiva pulizia eseguita sotto la giunta Illy dagli assessori Neri e Damiani, che hanno fatto ripristinare il piazzale alle sue origini con il monumento, le panchine, le luci, il prato? Si vuole pedonalizzare parte della piazza, quindi mi chiedo: i sottopassaggi esistenti verranno adibiti ad aree di riposo o dormitori?
Dulcis in fundo: tutto ciò che di bello, buono, utile ed architettonico fu eseguito dall’Austria nei suoi cinquecento anni di presenza, oggi purtroppo viene depauperato, lasciato deperire o distrutto da gente che poco o niente conosce la storia locale e non è della mentalità triestina.
Stelio Mauri
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 giugno 2008 

 

Krsko riparte, viaggio nella centrale  - Le autorità slovene: martedì si riaccende il reattore. Polemiche in Italia. Scajola: sul nucleare andiamo avanti
L’impianto è ancora fermo ma il riavvio è già previsto per martedì
MENIA RIFERISCE ALLA CAMERA SUL GUASTO: NESSUN RISCHIO PER IL NOSTRO PAESE
KRSKO Un piccolo pannello luminoso giallo che inizia ad accendersi a intermittenza tra le decine di quadri verticali, la sirena che comincia a suonare a singhiozzo con brevi, inquietanti note rauche, spie e aghi di strumenti che si muovono: è scattato così, mercoledì pomeriggio, l’allarme alla Centrale nucleare di Krsko in Slovenia, a 130 chilometri in linea d’aria da Trieste.
«Perdita di liquido refrigerante» la diagnosi elaborata automaticamente grazie a sonde, computer e controlli remoti, ma nessuna fuga di radiazioni. I quattro operatori della sala di controllo di turno e il supervisore iniziano le procedure standard, fissate da rigidi protocolli, per l’ulteriore verifica della natura dell’incidente poi sempre manovrando leve, manopole e bottoni avviano l’iter di spegnimento del reattore. La scena è stata ricostruita a beneficio dei giornalisti ieri nel simulacro della sala controllo, perfettamente identica a quella reale, usata per addestrare il personale.
Il giorno dopo l’incidente gran parte dell’allarme per il guasto all’impianto atomico sloveno si è sgonfiato, il timore di un fall out radioattivo è stato escluso, la produzione dovrebbe riprendere martedì mentre invece sono montate le polemiche. Stane Rozman, presidente del consiglio d’amministrazione della Nek, l’azienda della centrale, se la prende con i mass media e con Bruxelles: l’accaduto è stato ingigantito a dismisura; anche l’Ue vi ha contribuito e così mezza Europa mercoledì sera è rimasta col fiato sospeso.
E tira in ballo anche la procedura, ratificata da specifici accordi, che ha obbligato Lubiana a informare a Bruxelles l’Unione europea e gli aderenti alla World Organization of Nuclear Operators a Parigi, il «club» mondiale dei produttori d’energia atomica. Rozman, tuttavia, tralascia di raccontare quella che, trattandosi d’argomenti così delicati, non può in alcun modo essere catalogata come una «gaffe» slovena, pur se non della Nek. L'Agenzia nucleare slovena mercoledì sera aveva informato i Paesi confinanti che l'incidente alla Centrale era un'esercitazione. Ma poco dopo si era corretta. A rivelarlo è stato ieri il ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik.
Il «caso Krsko», c’è da scommetterci, sarà comunque esaminato per settimane in ogni minimo dettaglio, oltre che sul piano tecnico, dal punto di vista della comunicazione, interna, istituzionale e divulgativa: il suo flusso, l’elaborazione e trasmissione. Qualche meccanismo, nell’ingranaggio internazionale, non ha funzionato. Non si spiega altrimenti come un incidente di livello «zero» o «uno» su una scala di quattro, che parte degli abitanti della zona ha saputo solo ieri per bocca dei reporter stranieri sguinzagliatisi nelle vicinanze, abbia prodotto un’eco così vasta a livello europeo.
L’INCIDENTE
Ma cosa è avvenuto realmente mercoledì scorso alle 16? «Si è verificata una perdita d’acqua in un sistema secondario dell’impianto refrigerante sigillato nel ”containement”, - spiega Stane Rozman -: 2,4 metri cubi all’ora, per un totale di 10 circa». Così i tecnici sul posto sono subito intervenuti iniziando a raffreddare il reattore «incapsulato» in una sorta d’involucro cilindrico biancoazzurro che svetta nella piana di Krsko. Alle 20 l’impianto era fermato. Tutto è stato deciso all’interno della Centrale. «Il personale della sala controllo - precisa Franc Priboviz, vice capo addestratore - ha piena visione della situazione in ogni momento e hanno l’autorità per prendere tali decisioni dopo verifiche anche con sopralluoghi». Non è stata necessaria nessuna evacuazione, neppure di personale interno.
L’acqua contaminata è stata raccolta da pompe e inviata in speciali contenitori sigillati dove avviene la decontaminazione, anche per distillazione: alla fine del procedimento le scorie sono solide e sono pronte per i siti di stoccaggio. «Abbiamo qui in sede le parti di ricambio necessarie - precisa il presidente della Nek - e stiamo già avviando le riparazioni: contiamo di ripartire martedì al più tardi».
L’ALLARME
Mentre i tecnici mettevano in sicurezza la struttura, i vertici dell’azienda comunicavano il guasto all’Amministrazione slovena per la sicurezza nucleare del Ministero dell’ambiente, che attivava i canali fino ad arrivare a Bruxelles, che a pioggia diramava l’allerta agli Stati membri. Contemporaneamente la Nek informava le autorità locali che però, dato il basso livello d’allarme, non allertavano la popolazione.
LE POLEMICHE
«È stata una comunicazione impropria, imprecisa, quella riportata sull’accaduto dai media ma anche da altri ”protagonisti” della vicenda. L’attenzione riservata a tale caso è stata senz’altro troppo alta» ammonisce severo Rozman ribadendo che l’attività dell’azienda nell’impianto è monitorata da istituzioni indipendenti. Ma qualcosa, in effetti, non ha funzionato a dovere in Slovenia, anche alla luce dell’allarme Ue scatatto poco dopo la perdita dall’impainto di refrigerazione.
Da Lubiana l'Amministrazione nucleare in un primo momento ha informato i Paesi vicini che l'incidente nucleare era un'esercitazione. Poco dopo si è corretta, secondo le dichiarazioni del ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik: «È stata usata l'espressione sbagliata, con il termine ”esercitazione”. È stato un errore umano commesso in assoluta buona fede».
LA SICUREZZA
Se di errore si è trattato, questo concerne il sistema o la capacità di comunicare verso l’esterno, non quella di reagire a un incidente. Dal punto di vista della sicurezza, almeno agli occhi di un profano, la Centrale di Krsko sembra offrire garanzie, come del resto il suo personale, 570 dipendenti, un terzo dei quali laureati, che percepiscono i salari in assoluto più alti nell’intera Slovenia. «Per divenire tecnico della sala controllo, a esempio - spiega l’istruttore Priboviz -, i dipendenti frequentano un corso specialistico di due anni. Successivamente, sono previsti ”refreshment”, aggiornamenti quattro volte l’anno ciascuno della durata di una settimana. Non tutti gli operatori addetti al controllo sono laureati, molti hanno un diploma tecnico alle spalle e poi vengono ulteriormente qualificati. Normalmente nessuno viene impiegato dentro il «contenitore» del reattore, e i dipendenti lavorano senza un abbigliamento protettivo.
La protezione, quella verso possibili malintenzionati o attentatori, è accuratissima. Per varcare i cancelli della Centrale è necessario sottoporsi a un’estenuante serie di controlli, da quelli d’identità al rilevamento delle impronte digitali tramite scanner elettronico della mano, dal controllo di vestiario a quello di eventuali borse o attrezzature, anche ai raggi x, come negli aeroporti. Sbarre elettroniche comandate dai «passi» personalizzati di volta in volta sono posizionate all’ingresso di ogni edificio della struttura mentre uno dei «vigilantes» armati segue passo passo ogni visitatore.
La Protezione civile, invece, a Krsko mercoledì sera e ieri non si è neppure mobilitata. Di più: ha lasciato che ad avvertire i residenti della perdita di liquido refrigerante fosse la televisione, all’ora di pranzo.
«Non abbiamo ritenuto di doverlo fare - afferma Branko Petan, consigliere per la Protezione civile del sindaco Franc Ogovic -: il livello d’allarme era basso. Organizziamo esercitazioni di evacuazione della popolazione, anche per i pericoli del cloro della vicina fabbrica di cellulosa, ogni 5 anni dirottando la gente in altri centri in un raggio di 50-100 km e abbiamo piani d’intervento a seconda del grado d’allarme. Poi vi è un piano nazionale».
L’IMPIANTO
Dai tempi di Cernobyl, a Krsko sembrano essere passati ben più dei 22 anni reali. La Centrale offre un’immagine che solo il potere evocatore della catastrofe in Ucraina impedisce di definire quieta ed efficiente. Addirittura, con le aiuole curate, i roseti in fiore, le stradine e i marciapiedi ben mantenuti, gli edifici perfettamente intonacati se non fosse un paradosso bucolica, tanto è circondata dal verde. Solo il cupo ronzio ovattato dalla pioggia ricorda la natura del sito. Natura: quella che anche gli sloveni hanno sfidato nella sua parte più piccola, intima, in nome della sete di energia.
LA CITTÀ
È ambivalente il rapporto tra città e centrale, improntato molto spesso al fatalismo. «Di certo - racconta Vladka Kelman Strojin, titolare di una merceria - a parte qualche assunzione l’impianto non crea un indotto economico per la città e noi di questi incidenti lo veniamo a volte a sapere per caso, come oggi da voi». Fatalismo e ironia: per il suo negozio ha scelto un nome rivelatore: «Atom»
PIER PAOLO GAROFALO
 

NEL PAESE CHE CONVIVE CON LA CENTRALE ATOMICA  - «Qui ci ammaliamo e chiediamo il perché. Nessuno risponde»
I timori del paese che convive con il reattore: «Nessuno ci ha avvisati. E non è la prima volta» - TRA LE 68 FAMIGLIE DI SPODNJ GRAD
KRSKO Nella piccola frazione di Spodnj Grad, la più vicina ai reattori nucleari di Krsko, gli abitanti faticano persino a trovare collaboratrici domestiche. «Le donne sotto i 45 anni non sono disposte a lavorare qui - spiega quasi rassegnata una residente -. Si sa che la presenza della centrale e, soprattutto, delle scorie radioattive provoca infertilità. In poche quindi sono disposte a rischiare. E per lo stesso motivo le mamme seguono con particolare ansia le figlie adoloscenti».
Quella di non poter avere figli, non è però nè l’unica nè la più grande preoccupazione delle sessantotto famiglie del paese. L’incubo peggiore è rappresentato infatti dalla possibilità di ammalarsi di tumore. «Non hanno mai dimostrato il collegamento tra i casi di cancro nella zona e l’attività della centrale - chiarisce Marjanca Barley Serbec, dal ’92 titolare di un bar sulla strada che collega il centro storico di Krsko alle campagne attorno all’impianto della Nek -. Sappiamo però che molti di noi, negli ultimi 20 anni, si sono ammalati. E si dice che a soffrire di quel brutto male ci siano anche parecchi bambini. Tante volte abbiamo chiesto che ci venissero date indicazioni precise, ma non è arrivata alcuna risposta. Non sappiamo quali sono i rischi per la nostra salute, così come non sappiamo nulla di ciò che accade al di là dei cancelli della Nek. Penso che sia proprio un ordine impartito dall’azienda: tecnici e addetti hanno l’obbligo di non riferire alla gente cosa accade in centrale. È per questo che sul punto più delicato di tutta la vicenda, le modalità di conservazione delle scorie, abbiamo solo indicazioni frammentate. C’è chi dice che le abbiamo interrate in vasche profonde 40 metri, e chi pensa che siano stipate tutte nei depositi lunghi e stretti vicini ai parcheggi per i dipendenti».
E c’è anche chi sostiene che, presto, le scorie troveranno posto nelle abitazioni dei residenti di un’altra frazione. «Poco distante da qui c’è un posto che si chiama Verbina - spiega Carmen Topol -. Lì vivono undici famiglie che verranno tutte sfrattate proprio per far spazio alle scorie. Questo vuol dire che rischiamo di avere i rifiuti ancora più vicini alle nostre case. Saremo condannati a vivere con la paura, a svegliarci la mattina chiedendoci cosa potrà succedere durante il giorno. Dopo quello che è accaduto ieri (mercoledì ndr), l’angoscia poi è ancora maggiore. Io ho saputo dell’incidente dalla televisione. Nessuno, nè dall’azienda nè dal Comune, si è preso il disturbo di avvisarci. Del resto non è la prima volta che succede. Questi guasti ogni tanto capitano e noi non possiamo far altro che sperare non abbiano conseguenze troppo gravi».
Come Carmen, quasi tutti gli altri residenti di Spodnj Grad hanno appreso dell’allarme scattato l’altro pomeriggio dai notiziari. Qualcuno ha intuito da solo la presenza di problemi all’impianto vedendo arrivare in paese gruppi di tecnici croati. Qualcun altro invece ieri pomeriggio, e cioè a distanza di 24 ore dalle fuoriuscita del combustibile, ignorava ancora l’episodio. «Se ho avuto paura l’altro giorno? E perchè, cosa è successo? - rispondeva ai visitatori la cassiera del supermercato «Hardi» di Krsko -. Ah, una perdita di liquido. Non ne sapevo niente, ma si sicuro non sarà stato niente di grave, come le altre volte. Del resto, cosa volte farci. La centrale lì è e lì resta»
Così come le comunicazioni alla popolazione non sembrano essere particolarmente tempestive, altrettanto carenti, secondo gli abitanti, sono le misure di sicurezza. «L’azienda ci ha sì consegnato un libretto con le istruzioni da seguire in caso di catastrofe - precisa un anziano del posto -. Ma ormai non ce l’ha più in casa nessuno. I vademecum li avranno distribuiti l’ultima volta 15 anni fa, assieme a delle specie di tute protettive diventate ormai vecchie e inservibili. Come ci regoliamo quindi in caso di disgrazia? Semplice. Se il guasto è lieve, ci rintaniamo in casa chiudendo bene le finestre. Se invece succede qualcosa di più serio, ci precipitiamo in macchina e scappiano, sempre sperando di riuscire ad arrivarci alla macchina».
«E pensare che quando siamo venuti ad abitare in questa casa, qui attorno era tutta una distesa di campi di grano - aggiungono Alojz e Rezka Munic -. Poi, di punto in bianco, è stata annunciata la costruzione della centrale e nel ’73 è stata posato la prima pietra. Nessuno ci ha chiesto niente. Altro che referendum e coinvolgimento delle popolazioni di cui tanto si parla oggi. Succedesse oggi, ci sarebbe di sicuro agitazioni e proteste. Ma purtroppo è successo 25 anni fa, e a noi non resta che controllare ogni mattina se la centrale è ancora lì al suo posto. Il giorno che non dovesse più esserci - concludono marito e moglie - vorrà dire che non ci saremo più nemmeno noi».
MADDALENA REBECCA
 

L’Arpa: «Negativi tutti i test»  - Non è stata riscontrata radioattività nelle quattro province - I CONTROLLI DELL’AGENZIA REGIONALE
TRIESTE - Nessuna presenza di radioattività nell'aria è stata registrata tra ieri in Friuli-Venezia Giulia. Lo ha comunicato l'Arpa regionale che, dopo l'allarme per un possibile guasto alla centrale nucleare di Krsko (Slovenia), ha effettuato controlli periodici.
«Sono state realizzate quattro misure di spettrometria gamma e l'analisi - è detto in una nota dell'Arpa - non ha rilevato la presenza di alcun radionuclide gamma emettitore artificiale». Il programma di monitoraggio particolare attivato in questa situazione prevede che nei prossimi giorni vengano effettuate ulteriori misure di spettrometria gamma su campioni di particolato atmosferico prelevato a Udine e su filtri di particolato atmosferico prelevati a Trieste e Gorizia. I risultati di tali misure saranno comunicati non appena disponibili.
Il programma di monitoraggio particolare attivato in questa situazione prevede che nelle prossime ore vengano effettuate ulteriori misure di spettrometria gamma su campioni di particolato atmosferico prelevato a Udine, su campioni di fallout prelevati a Udine e a Trieste e su filtri di particolato atmosferico prelevati a Trieste e Gorizia.
Situazione sotto controllo anche nel vicino Veneto dove nessun valore della radioattività diverso dal «fondo ambientale consueto» è stato registrato dall’Arpav.
 

Metz: «Un episodio da non sottovalutare» - Il Wwf: «Ci sono soluzioni molto più sicure». Legambiente: «Gli incidenti si ripetono»
 LE REAZIONI DEGLI AMBIENTALISTI REGIONALI  -
TRIESTE I movimenti ambientalisti e i Verdi attaccano sul nucleare. L’affondo più incisivo arriva dall’ex consigliere regionale Alessandro Metz. «Mi sembra evidente - dice, semmai ce ne fosse stato bisogno, che l'allarme derivato dall'incidente a Krsko pone ancora con più forza la questione ambientale nei nostri territori. Sappiamo bene che solo con il tempo riusciremo a sapere effettivamente cosa sia successo, e che tipo di ricadute questo incidente possa avere sulla nostra salute e sull'ambiente. Dallo spegnimento della centrale serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, cosa lo abbia prodotto e gli effetti reali, ma soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono essere rilevate eventuali emissioni radioattive. Non è uno scherzo, né quanto successo mercoledì, né tantomeno le parole, di solo poche settimane fa, di Renzo Tondo e di Ferruccio Saro che annunciavano la volontà di diventare la prima regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
Per la sezione del Wwf del Friuli Venezia Giulia «la notizia dell’incidente di Krsko porta in massima evidenza la sicurezza e i costi degli impianti nucleari. Esistono altre soluzioni di gran lunga più sicure e con minori impatti ambientali, quali le fonti rinnovabili e soprattutto il risparmio e l’uso razionale dell’energia.
«Non si può negare che la paura è stata tanta e in base a quanto sostenuto dalle autorità italiane e slovene, sembrerebbe non esserci nessuna grave conseguenza - spiega invece in una nota il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. L'unica fuga che invece si è manifestata è quella dei nuclearisti dalla smania di commento a favore dell'atomo».
«Gli incidenti si ripetono ciclicamente - prosegue Cogliati Dezza - e quello che è accaduto in Slovenia è l'ennesima dimostrazione che la sicurezza, quando parliamo di nucleare, non è mai certa. A questo problema vanno aggiunti tutti gli altri: smaltimento delle scorie, alti costi, approvvigionamento d'uranio e, non ultimi, i tempi per l'attuazione di un eventuale programma nucleare. Per l'Italia scegliere l'atomo oggi - aggiunge il presidente di Legambiente - significherebbe di fatto mettere una pietra tombale su qualsiasi prospettiva di riduzione delle emissioni che porterebbe a pesanti sanzioni per non aver rispettato il protocollo di Kyoto».
 

Critiche dall’Austria. Haider: chiudete quell’impianto  - IL PAESE CHE HA ABBANDONATO DA 30 ANNI IL NUCLEARE POLEMIZZA CON LA SLOVENIA
L’agenzia dell’Onu a Vienna: «Nessuna allerta ma proseguiamo a controllare la situazione»
VIENNA Non è stato richiesto alcun intervento da parte degli esperti dell'Aiea, l'Agenzia Onu per l'energia atomica con sede a Vienna, per un sopralluogo nella centrale nucleare slovena di Krsko. L'incidente notificato alle 17.38 di mercoledì al sistema di sicurezza europeo Ecurie e quindi all'Iec (Incident & Emergency Centre) dell'Aiea, oltre che a Austria, Ungheria, Croazia e Italia, è stato infatti catalogato come «unusual event», ha affermato l'ente viennese, e come tale al livello più basso dei quattro previsti in caso di allarme. Il reattore è stato spento e in base alle informazioni fornite dall'Ente sloveno per l'energia nucleare, non vi sono state fuoriuscite di liquido di raffreddamento dal sistema, ha fatto ancora sapere l'Aiea-Iec, che ha aggiunto: «Continueremo a monitorare la situazione».
Parole in sintonia con quelle della Commissione Ue, secondo cui l'allarme inoltrato attraverso Ecurie ai 27 Paesi membri «è un buon esempio di trasparenza in caso di incidente nucleare».
Ma queste affermazioni distensive non hanno tuttavia sedato il clamore suscitato in Austria dall'incidente. Avendo scelto con decisione la via del rifiuto del nucleare, Vienna convive con fastidio con le centrali atomiche di Cechia, Slovacchia, Ungheria e Slovenia.
Pur lodando l'efficacia del sistema di allarme dell'Unione Europea, che consente di informare tutti i Paesi membri, il ministro austriaco all'ambiente, Josef Pröll, non risparmia critiche a Lubiana, nonostante che le autorità slovene si siano scusate per aver reagito «affrettatamente, sopravvalutando il problema» e perdipiù informando i Paesi limitrofi senza cancellare dal modulo previsto la parola «esercitazione». Secondo Pröll l'incidente ha dunque «scosso massicciamente la fiducia dell'Austria nel sistema di allarme sloveno».
Da Klagenfurt si è inserito nelle polemiche anche Jörg Haider, che ha invitato il governo di Lubiana a «chiudere finalmente la centrale».
Flavia Foradini
 

 

Grillo in videoconferenza oggi contro la Ferriera  - IN PIAZZA UNITA’  - L’intervento previsto al termine del corteo che partirà alle 18 e attraverserà le vie del centro
Ci sarà anche un Beppe Grillo virtuale alla manifestazione che oggi attraverserà il centro della città e che chiederà la riconversione della Ferriera di Servola, oltre al no ai rigassificatori e al taglio degli alberi di piazza Libertà. Il comico genovese terrà un intervento, previsto per le 19.45, in collegamento da piazza Unità al termine del corteo. Lo annuncia in una nota il Gruppo Beppe Grillo di Trieste, coorganizzatore della manifestazione assieme al Circolo Miani, a Servola Respira, a La Tua Muggia, al Coordinamenti di comitati di quartiere, all’Italia dei Valori e «con l’adesione di svariate associazioni e comitati di Trieste e della regione», precisa il Miani in una nota.
Il corteo partirà alle 18 da piazza Unità (lato Municipio) per percorrere piazza della Borsa, corso italia, piazza Goldoni, via Carducci, piazza Oberdan, via Ghega, piazza Libertà, Rive e tornare in piazza Unità.
Il segretario provinciale della Lega Nord e deputato Massimiliano Fedriga ha già annunciato invece che «la Lega non parteciperà alla manifestazione. Nonostante la Lega si sia sempre battuta per la chiusura dell’impianto – precisa il parlamentare – non saremo presenti, poiché, essendo la Lega maggioranza in Regione, riteniamo più incisiva un’azione politica istituzionale che possa risolvere in maniera definitiva questo grave problema».
A confermare la propria adesione è invece il sindacato autonomo Confsal, che precisa di essere «da sempre schierata per la tutela della salute pubblica e dei lavoratori» e auspica in una nota firmata dal segretario provinciale Filippo Caputo «che venga trovata in tempi brevi un'alternativa di lavoro ai dipendenti dello stabilimento e avviata la procedura per la chiusura dello stesso.
Secondo l’ex consigliere regionale Verde Alessandro Metz, la partecipazione alla manifestazione di oggi «diventa uno dei primi momenti in cui far sentire le molte voci che ritengono di non sottomettersi alle lobby energetiche e speculative e a chi da queste nel mondo della politica riceve ordini. Una manifestazione che partendo dall'inquinamento della Ferriera - scrive Metz - parli della nostra città e di tutti gli abusi che subisce per soddisfare gli appetiti di grosse multinazionali o le “piccole imprese edili” amiche del signorotto di turno». Per Metz l'allarme Krsko «pone ancora con più forza la questione ambientale nei nostri territori. «Dallo spegnimento della centrale - aggiunge Metz - serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, ma soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono essere rilevate eventuali emissioni radioattive a Muggia o a Trieste». «Non è uno scherzo - aggiunge Metz - né quanto successo l’altra sera né tantomeno le parole, di solo poche settimane fa, di Tondo e di Saro che approvando la svolta nuclearista del nuovo Governo Berlusconi, tra l'altro appoggiata dalla quasi totalità dell'opposizione parlamentare, annunciavano la volontà di diventare la prima regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
 

 

Vertice sul riassetto del costone carsico
La variante al Piano regolatore comunale e l’approvazione del progetto preliminare di riassetto ambientale, sistemazione fondiaria e bonifica del costone carsico saranno al centro della riunione della sesta commissione consiliare comunale (Urbanistica, traffico e ambiente) che si terrà oggi nella sede della prima circoscrizione a Prosecco. All’incontro saranno presenti anche il sindaco Roberto Dipiazza, il vicepresidente della Provincia Walter Godina e tecnici delle due amministrazioni.
 

 

La circoscrizione di Servola chiede un piano del traffico
Bus bloccati da auto in sosta, doppi sensi in strade strette e scarsità di parcheggi sono i disagi lamentati dai cittadini
La terza circoscrizione candida il rione di Servola come destinatario del prossimo piano particolareggiato, dopo San Vito e San Luigi.
Alla luce delle tante problematiche presenti nel borgo, delle numerose mozioni presentate nel corso degli ultimi anni in merito alla viabilità della zona, ora infatti il parlamentino invia un chiaro messaggio al Comune, affinché si possa avviare in tempi rapidi l’iter.
«Stiamo spingendo affinché venga data priorità in tal senso a Servola – racconta il presidente della settima circoscrizione Andrea Vatta – e ci mettiamo in coda, sperando che dopo l’intervento dell’amministrazione sull’area di San Luigi ora tocchi proprio a questo rione. La situazione è davvero critica così come si presenta variegata, perché ci sono moltissime salite e discese, stradine strettissime e a doppio senso. Mancano inoltre i parcheggi, gli autobus molto spesso restano bloccati a causa delle auto in sosta e in alcuni punti anche i pedoni devono fare i conti con una reale difficoltà a utilizzare i marciapiedi o semplicemente ad attraversare la strada».
Da tempo viene segnalata da consiglieri circoscrizionali e residenti la necessità di ridurre i doppi sensi di marcia nelle strade più strette, ma non sempre l’eventualità di creare nuovi sensi unici trova i consensi dei cittadini. «Diciamo che, secondo le considerazioni che ho raccolto in questi mesi parlando con le persone, sia pedoni che automobilisti, la soluzione accontenta la gente a metà - spiega Vatta –: se da una parte il senso unico rende più fluida la circolazione e permette la creazione di nuovi stalli per le auto, dall’altra costringe a lungi giri con l’automobile i residenti, per uscire dalla zona o rientrare nelle abitazioni. Credo però che in molti casi sia indispensabile. Darebbe più spazio ai parcheggi per le auto e consentirebbe un passaggio tranquillo e senza intoppi alle linee 29 e 8 della Trieste Trasporti, due esigenze sentite dal rione, per la forte presenza di persone anziane».
Le tante mozioni approvate nel corso degli ultimi anni, aggiunge il presidente del parlamentino, sono propedeutiche proprio al piano particolareggiato.
A Servola il Comune ha effettuato sopralluoghi, ipotizzando già possibili rivoluzioni nella viabilità per alcune strade, le più critiche. Sulla salita di via Soncini capita spesso che i mezzi pubblici non riescano a transitare a causa delle soste selvagge: lo stesso problema che può capitare anche in via di Servola.
Via Marco Praga invece è congestionata dalla presenza della scuola elementare, con numerose auto che si bloccano, al mattino in particolare e al momento dell’uscita, quando le famiglie accompagnano i bambini e difficilmente riescono a passare senza formare code e rallentamento. In via del Pane Bianco invece è presente la scuola dell’infanzia. E qui i problemi si creano soprattutto per i pedoni, che spesso sono costretti a camminare in mezzo alla strada a causa delle auto parcheggiate in seconda fila.
Problemi simili sono stati evidenziati da circoscrizione e cittadini anche in via dei Giardini, via del Ponticello e varie altre strade della zona. «Vorrei precisare che qualsiasi valutazione sul piano del traffico però – conclude Vatta – sarà discussa insieme ai cittadini. Distribuiremo, come successo a San Vito, alcuni questionari o promuoveremo incontri e dibattiti, per coinvolgere gli abitanti del rione e conoscere nel dettaglio tutte le opinioni e i suggerimenti che potranno emergere». E Servola in questi giorni è interessata da alcuni lavori lungo via Soncini, che causano la chiusura dell’arteria rionale.
Gli interventi dovrebbero concludersi nella giornata odierna, legati a esigenze dell’Acegas-Aps. Limitazioni previste al traffico quindi e anche alla sosta e alla fermata nei pressi del cantiere.
Micol Brusaferro
 

 

Sette nuove case in Costiera, è polemica  - Il presidente circoscrizionale Rupel: si vuole cementificare un’area a rischio frane - Residence turistici in via Picard
C’è un nuovo progetto che prevede delle costruzioni da realizzare nell’area costiera triestina a cui corrisponde un preciso piano particolareggiato comunale di iniziativa privata. Si tratta di sette nuove unità immobiliari, con destinazione d’uso a residenza turistica, che verranno realizzate in via Picard, nella parte a mare del comprensorio di Santa Croce.
Le nuove case sorgeranno in una posizione molto ambita, in quel tratto di costiera caratterizzato dal verde e da paesaggi incantevoli sul mare. Secondo gli ambientalisti si tratta dell’ennesimo intervento edilizio che va a compromettere l’area più pregiata della provincia triestina, un territorio al quale la febbre del mattone rischia di far perdere la sua identità.
Le nuove unità immobiliari prevedono una cubatura massima di 1507 metri cubi e interessano un’area di superficie complessiva di circa tremila metri quadri. Nel piano è proposto come opera di urbanizzazione primaria un parcheggio pubblico per sette posti macchina posizionato lungo il fronte prospiciente via Picard, parcheggio che verrà ceduto gratuitamente al Comune.
Nemmeno un anno fa, sempre nell’area sottostante la strada costiera, più vicino alla frazione di Grignano e nei pressi di una ben nota osteria, un altro progetto di iniziativa privata ha interessato un’altra area verde per la costruzione di altre sette abitazioni a uso turistico. «Già in quell’occasione – puntualizza per la circoscrizione di Altipiano Ovest il presidente Bruno Rupel – avevamo avuto modo di contestare un intervento molto impattante per un’area delicata e instabile come quella costiera. E avevamo dato un parere negativo alla richiesta di concessione edilizia, rappresentando tutte le nostre perplessità per delle operazioni edilizie che profumano di speculazione. Ora la storia si ripete per un altro tratto di costiera – sostiene Rupel – e si vuole cementificare in un ambiente caratterizzato da notevole dislivello e a tendenza franosa».
Il parere della circoscrizione, pur essendo puramente consultivo, è indice di una preoccupazione e di un pensiero molto diffuso, quelle dei cittadini che vorrebbero maggiore tutela e conservazione per le aree verdi e le zone di pregio ambientale. «Da tempo abbiamo chiesto la variazione degli indici di edificabilità per la preziosa area costiera – interviene il consigliere Nicola Tenze – con un documento specifico preparato dal consigliere Roberto Cattaruzza. Purtroppo le nostre indicazioni non sono state recepite, e il nuovo progetto va aggiungersi alla lunga serie in atto sulle colline e sui versanti panoramici di tutta la nostra circoscrizione territoriale».

(m.l.)
 

 

PIAZZA LIBERTÀ  - Un altro scempio
Ancora una volta questo sindaco sembra aver trovato il modo di stravolgere l'aspetto di una piazza di Trieste, ancora una volta distruggendo il poco patrimonio verde che ci rimane.
Non contento di aver reso piazza Vittorio Veneto un deserto, piazza Goldoni una via di mezzo fra il muro di Berlino e un autolavaggio, di aver stravolto l'aspetto di campo S. Giacomo abbattendo piante secolari sotto le quali i cittadini si ristoravano nei caldi pomeriggi estivi, di aver lasciato serenamente distruggere il polmone verde del parco della Maddalena nascondendosi dietro un serafico «è proprietà privata e sono nel loro diritto» proclamato sul proprio sito internet, ora vuole continuare lo scempio che ha fatto di questa città abbattendo ancora alberi secolari per far spazio all’allargamento di una strada la cui utilità appare assai dubbia.
Non dimentichiamoci che poco lontano da quella piazza Libertà che è improvvisamente presentata come una strozzatura del flusso veicolare si trova il viale Miramare, che anch'esso, almeno nel tratto fra la Stazione centrale e largo Roiano, non brilla per ampiezza e capacità di reggere flussi elevati di traffico. Per caso il nostro sindaco fra qualche mese, forte dell’aumentata capacità di flusso della piazza Libertà e delle Rive ha intenzione di cominciare a disboscare anche il viale Miramare? Riterrei più intelligente l’idea, che se non mi sbaglio era già stata proposta, di aprire al traffico la direttrice interna del Porto Vecchio, dal lato a mare del cavalcavia di Barcola alle Rive dietro la Capitaneria di Porto. In questo caso si servirebbero sia i magazzini portuali in fase di conversione sia le nuove strutture progettate in quell’area, e si creerebbe allo stesso tempo una direttrice di scorrimento libera dalle costrizioni di piazza Libertà e del primo tratto di viale Miramare. Spero che il presidente dell’Autorità portuale vedrà in quest’idea meriti sufficienti a rinunciare ad una parte del controllo esclusivo che reclama sull’area a vantaggio di quegli stessi benefici per la città di cui si è fatto forte per acquisire il controllo dell’Autoporto di Fernetti, aiutando così noi poveri cittadini a mantenere inalterato l'aspetto di una delle ultime piazze di Trieste ancora intatte».
Fabio Cigoi
 

PIAZZA LIBERTÀ  - Ambientalisti e pregiudizi
Un ambientalista la cui mente non fosse ottenebrata dovrebbe essere lieto se al posto di 21 alberi ne vengono piantati più di 50 e dovrebbe accettare anche il sacrificio dei primi se ciò fosse necessario per fluidificare il traffico stradale rendendo meno pesante l’effetto dei gas di scarico sulla qualità dell’aria di una importante arteria cittadina come viale Miramare.
Quell’ambientalista dovrebbe poi essere soddisfatto della scelta voluta dall’amministrazione comunale di recuperare all’uso pedonale una piazza che ritorna a essere una bella appendice verde della Stazione ferroviaria con contestuale ottimizzazione delle fermate degli autobus, un modo di stimolare l’uso dei mezzi pubblici... appunto come auspicano gli ambientalisti la cui mente non sia ottenebrata da prese di posizione preconcette e demagogiche. Posizioni che peraltro avrebbero potuto essere espresse e discusse nella sede appropriata, ossia la riunione delle associazioni convocata in municipio dall’assessore Bandelli cui quelli che ora strepitano davanti all’aula del Consiglio comunale si son guardati bene di partecipare. È più facile trovare spazio nelle pagine sulla cronaca cittadina facendo caciara che presentando proposte ragionate ed intelligenti. Senza rancore, ma noi c’eravamo e non eravamo i soli.
Sergio Bisiani - Ambiente eè vita Fvg
 

 

Tondo e la Ferriera
Chi si illudeva che il cambio della giunta regionale potesse cambiare le cose riguardo al problema della Ferriera, è rimasto sicuramente deluso. In occasione di una annunciata manifestazione dei residenti di Servola, il neopresidente Tondo si è rifiutato di incontrare i cittadini che lo avevano invitato a un confronto sulla questione.
Tutto come prima dunque. Gli interessi delle lobby politiche continuano ad avere il sopravvento sugli interessi dei cittadini e quelli – sempre troppo pochi – che scendono in piazza per rivendicare i propri diritti non bastano per far cambiare opinione a chi detiene il potere.
Edvino Ugolini
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 giugno 2008 

 

 

Krsko, guasto nella centrale nucleare  - Una perdita si è verificata nel sistema refrigerante. Escluse fughe radioattive

LUBIANA INFORMA SUBITO L’UE CHE FA SCATTARE L’ALLARME ATTIVANDO IL MONITORAGGIO
KRSKO Reti di monitoraggio attivate, sistemi di comunicazione ufficiali «bollenti», diplomazie a pieno regime e mass media mobilitati: è stato allarme in tutta Europa, ieri pomeriggio, per un guasto alla Centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, a soli 130 chilometri in linea d’aria da Trieste in direzione Nordest vicino al confine con la Croazia. Una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento ha costretto a spegnere il reattore: nessuna fuga radioattiva, tuttavia.
Almeno stando alle dichiarazioni ufficiali: «Massima calma». Mentre attorno al sito, discretamente, le autorità prendevano le precauzioni del caso, anche se la vita, a Krsko e dintorni, non sembrava mutare se non fosse stato per la sorveglianza rinforzata.
A tarda ora ieri i tecnici sloveni dell’impianto non erano ancora in grado di spiegare le cause del guasto. L'allarme è scattato esattamente alle 17.38. Subito, mediante il sistema comunitario per uno scambio rapido d’informazioni in caso di emergenza radiologica (sistema Ecurie) Bruxelles ha ricevuto da Lubiana e immediatamente diffuso a tutti i Paesi dell'Unione europea la notizia dell'incidente, ossia dell'uscita di liquido dall'impianto di raffreddamento. Nel frattempo, gli operatori della Centrale di Krsko avevano già avviato la procedura prevista per lo spegnimento del reattore (alle 20 lavorava ancora, al 22% della sua potenza), ed era scattato il monitoraggio della situazione da parte della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare con sede a Lubiana.
Nelle ore successive, le notizie comunicate da Lubiana e confermate da Bruxelles, sono state via via più rassicuranti anche se non circostanziate: «La causa del guasto è ancora da scoprire ma non c'è stata alcuna fuga radioattiva». Tutti i sistemi di allertamento hanno funzionato e – come comunicato dalla direzione della Centrale – l'episodio non ha avuto alcun effetto negativo né sul personale che in quel momento si trovava sul posto di lavoro né sulla popolazione e l'ambiente circostanti. Certo, nessuna scena che potesse ricordare il disastro di Chernobyl, ma i residenti, nelle proprie abitazioni, hanno subito consultato gli opuscoli a suo tempo distribuiti dall’autorità con le istruzioni in caso di emergenza al reattore; i genitori per prudenza hanno tenuto dentro casa i bambini, i più vulnerabili a eventuali radiazioni. Gli agricoltori e gli allevatori della zona si sono interrogati sulle possibili conseguenze economiche negative dell’episodio, se non altro per i timori che i consumatori, più per un’istintiva reazione psicologica che per rischi reali, possano evitare i loro prodotti.
«Non ci sono state né si prevedono conseguenze sull'ambiente» ha dichiarato in serata all'agenzia di stampa Reuters il direttore della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare Andrej Stritar. Ieri sera non era comunque possibile prevedere quanto tempo ci vorrà per scoprire le cause e riparare il guasto e dunque quanto tempo passerà prima che l’impianto possa essere riattivato. Nonostante le precisazioni sulla non pericolosità dell'incidente, la notizia diffusa da Bruxelles ha creato non poca apprensione in Europa, specie in Italia. I più tranquilli, paradossalmente, ieri pomeriggio e sera erano proprio gli sloveni, forse per «dovere d’istituto». Mugugni e lamentele, in ogni caso, non sono mancati vicino a Krsko. Anche se l'informazione sul guasto non ha trovato posto tra i titoli del primo telegiornale della sera, quello delle 19, mentre sul televideo e sul sito Internet di Rtv Slovenia la notizia è apparsa appena dopo le 20, pur se l'agenzia stampa nazionale Sta l'aveva «battuta» prima delle 19.
La Centrale nucleare di Krsko è stata costruita nel 1981 insieme da Slovenia e Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federativa.
Tecnicamente, è costituita da un reattore ad acqua pressurizzata realizzato dalla Westinghouse con una capacità di 632 megawatts. Funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
Da allora, e in particolare negli ultimi anni, non ci sono mai stati problemi di sicurezza. Nel 2007, addirittura, prima del periodico intervento di manutenzione, la Centrale era rimasta collegata alla rete elettrica per ben 510 giorni consecutivi. L’anno scorso l’impianto ha prodotto 5 miliardi e 700 milioni di chilovattore di energia elettrica. Anche gli ultimi dati per aprile, forniti dalla Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, erano più che buoni: la struttura ha funzionato a pieno regime; tutti i parametri erano rispettati e i meccanismi di sicurezza erano perfettamente operativi.
Lo smantellamento e la dismissione di Krsko sono previsti per il 2023, anche se poco più di un anno fa il ministro dell’Economia sloveno Andrej Vizjak non aveva escluso la costruzione di un secondo blocco della Centrale. Krsko, attualmente, copre il 24% del fabbisogno energetico della Slovenia e il 17 di quello croato.
 

«È UN REATTORE DATATO MA STABILE» - Il raffreddamento ad acqua è semplice ma efficace. Così funzionano 200 impianti nel mondo
TRIESTE - Come si è potuto apprendere dalle notizie di agenzia che hanno fatto il giro dell’Europa, il giorno 4 giugno alle 17.38 locali è avvenuto un incidente alla centrale nucleare di Krsko sito in Slovenia in prossimità del confine con la Croazia a circa 130 chilometri da Trieste. Nello specifico, l’incidente è definito da una perdita del sistema di raffreddamento primario che, in questo tipo di impianti, è costituito da acqua che funge anche da moderatore della reazione nucleare.
L’impianto di Krsko, infatti, è un reattore di seconda generazione e del tipo Pwr ovvero ad acqua in pressione. In questo tipo di impianti, l’acqua a contatto con il nocciolo viene mantenuta in pressione a circa 150 atmosfere e a una temperatura di circa 300 gradi centigradi. Questo tipo di reattori sono molto stabili in quanto, usando l’acqua come moderatore, nel caso in cui dovesse generarsi un surriscaldamento l’aumento di temperatura determinerebbe una riduzione della densità dell’acqua che si espande e, di conseguenza, «interferisce» di meno con i neutroni emessi dal nocciolo generando una riduzione della reattività nucleare.
L’impianto, in seguito all’incidente, è stato «spento» per poter successivamente riparare la perdita. Esso ha determinato l’immediata notifica al sistema di gestione di emergenze nucleari Ecurie (European community urgent radiological information exchange). Le autorità slovene, al momento, hanno escluso possibili danni all’ambiente. Ossia, tradotto in parole povere, significa che la perdita è rimasta contenuta all’interno dell’edifico ospitante il reattore.
Al momento sono in attività oltre 200 impianti di questo tipo che, sebbene relativamente vecchi, sono considerati sicuri ed efficienti. Se l’incidente dovesse limitarsi a quanto descritto nei comunicati ufficiali non ci sarebbero problemi né per l’ambiente né per le persone. I livelli di radioattività sono tenuti sotto controllo sia dalla Protezione civile nazionale che agisce istituzionalmente in questo campo, sia dagli organi internazionali di controllo e prevenzione che coordinano questo tipo di monitoraggio. Una altra rete di controllo, inoltre, è quella che viene fornita dal Technical support del Ctbto (Comprehesive treaty for nuclear tests ban organisation) che dispone di sistemi di rilevamento per radionuclidi sparsi in tutto il mondo. L’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) ha peraltro svolto in passato e anche recentemente studi mediante tecniche geofisiche d’avanguardia sul sito dove sorge l’impianto per verificarne la sicurezza geologica e geotecnica in collaborazione con istituzioni slovene. Nel 2004, inoltre, l’Ogs ha anche partecipato a un rilievo aereo del sito di Krsko per una mappatura della morfologia dell’area e la generazione di un inventario delle infrastrutture esistenti nella zona. Soprattutto in considerazione che le scorie nucleari vengono deposte non lontano da dove sorge il reattore.
Franco Coren - (Direttore del dipartimento di Geofisica della litosfera Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, membro del roaster degli ispettori dell’Onu per l’applicazione del trattato di bando dei test nucleari Ctbto)
 

Operativa dal 1983 sarà chiusa nel 2023 - Un impianto di seconda generazione dotato di un reattore americano. Fornisce più di un quarto dell’energia del Paese
ROMA - La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, è stata inaugurata nel gennaio del 1983. La sua costruzione era iniziata nel 1975. La gestione è mista fra Croazia e Slovenia, che al momento della costruzione erano ancora unite nella Jugoslavia. Lo spegnimento definitivo è previsto per il 2023, e i lavori di smantellamento andranno avanti per 13 anni. La centrale ha un solo reattore da 730 megawatt, e in un anno genera circa 5200 gigawattora. Il reattore è del tipo Pwr (Pressurized Water Reactor) ed è di fabbricazione americana (Westinghouse). L’impianto fa parte della seconda generazione di centrali, successiva rispetto a quella di Chernobyl.
Il reattore funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
Il calore sviluppato dalla reazione di fissione dell'uranio nel nocciolo del reattore scalda l'acqua di un generatore di vapore, che aziona delle turbineche producono corrente elettrica. Questo tipo di reattore ha due circuiti di raffreddamento: il primario a contatto diretto con il nocciolo e il secondario che raffredda le turbine, entrambi caricati con acqua demineralizzata. La divisione in due circuiti è più sicura, e difficilmente il secondario viene contaminato in caso di perdite.
La compagnia che gestisce la centrale è la Nuklearna Elektrarna Krsko (Nek) che è di proprietà della compagnia elettrica slovena Gen-Energija, (costola della statale Elektro-Slovenija, Eles) e della croata Hrvatska elektroprivreda (Hep).
L’impianto fornisce più di un quarto dell’energia elettrica necessaria alla Slovenia e un quinto di quella utilizzata dalla Croazia. Le scorie nucleari prodotte vengono custodite in un deposito poco distante che raggiungerà il limite di capacità fra tre anni.
 

 

FRATTINI ACCELERA SULL’EUROREGIONE: ENTRO LUGLIO SUMMIT A TRIESTE - IL VERTICE A ROMA CON I MINISTRI PDL
TRIESTE Silvio Berlusconi l’ha già promesso. Ma il Friuli Venezia Giulia, all’indomani dell’ennesimo ingorgo autostradale, ha fretta. Tanta fretta: il commissario straordinario dell’A4, il solo che può ridurre i tempi di costruzione della terza corsia, non può attendere. Non più. E così, mentre il tam tam scommette già su Bortolo Mainardi, l’architetto bellunese che è stato commissario straordinario per le grandi opere del Nordest sino a due anni fa, il centrodestra intensifica il pressing. Fa gioco di squadra e incassa due appoggi pesanti: quelli dei ministri «amici» Franco Frattini e Renato Brunetta che adottano l’emergenza «terza corsia». Obiettivo condiviso: chiudere la partita, con il commissario in campo, nel giro di un mese. O poco più.
Il titolare degli Esteri e quello della Funzione pubblica promettono massimo impegno nella serata di ieri quando, nella sede romana della Regione, si presentano all’incontro politico sul Friuli Venezia Giulia. Organizzano i segretari del Popolo della libertà, Isidoro Gottardo e Roberto Menia, costretto infine a disertare a causa dell’allarme Krsko. Partecipano i parlamentari del centrodestra - unici assenti giustificati Roberto Antonione e Giulio Camber - e il vicepresidente della Regione Luca Ciriani.
«Abbiamo definito una strategia comune, a livello politico, per far fronte agli impegni assunti in campagna elettorale, a partire dal patto in dieci punti che il premier ha siglato con il presidente Renzo Tondo» premette Gottardo. Subito dopo, però, aggiunge che il primo punto all’ordine del giorno, il più urgente, porta all’A4 ormai strozzata: «La nomina del commissario è la priorità. Il ministro ai Trasporti, Altero Matteoli, è stato sensibilizzato nel pomeriggio. E Frattini e Brunetta, in serata, hanno assicurato che si adopereranno affinché il governo provveda nei tempi più rapidi possibili». L’iter è partito: la Regione sta perfezionando in tandem con il Veneto la nuova richiesta di stato d’emergenza, indispensabile a strappare il commissario. Non solo: oggi Renzo Tondo vola nella capitale dove alle 16 incontrerà, insieme ai presidenti delle Regioni e quindi anche a Giancarlo Galan, proprio Berlusconi. Possibile che non colga l’occasione e non perori direttamente con il Cavaliere un’accelerazione?
Nell’attesa, approfittando della presenza di Frattini e Brunetta, il tavolo politico del Pdl non si limita alla sola A4. Ma affronta altri temi, individua altri obiettivi, definisce altre strategie. Sull’Euroregione, innanzitutto: il ministro degli Esteri, ancora una volta, dà ampie garanzie. Assicura che intende promuovere il recepimento del regolamento comunitario sui Gect, passaggio chiave per far nascere una «casa senza confini». Annuncia che vuole negoziare con la Regione i contenuti possibili della futura Euroregione. Ribadisce che entro luglio verrà in visita ufficiale a Trieste e in Friuli Venezia Giulia: «E in quella sede - anticipa Gottardo - definirà l’accordo tra Regione e Farnesina».
Il ministro della Funzione pubblica, da parte sua, apre un tavolo bilaterale sull’innovazione nell’amministrazione: «Servirà ad attuare in Friuli Venezia Giulia politiche sperimentali di innovazione della ”macchina” pubblica». Non è finita: Frattini raccoglie l’input di Ferruccio Saro che, ricordando il ventennale ormai alle porte della caduta del muro, invita la Farnesina a patrocinare e «valorizzare» quale «crocevia di culture e popoli» il Mittelfest. Ed entrambi i ministri sponsorizzano le candidature dell’Agenzia europea delle lingue minori a Udine e di una sede regionale dell’istituto europeo di ricerca scientifica. Ma come dimenticare il federalismo fiscale? E le compartecipazioni sulle pensioni? Partite non facili, anzi, ma il Pdl intende giocarsele sino in fondo: «Ne parleremo con il ministro Giulio Tremonti» afferma Gottardo. E Saro: «Daremo battaglia per avere una norma che ci consenta di fronteggiare la concorrenza fiscale di Slovenia e Carinzia».

ROBERTA GIANI
 

 

Sei Intercity a rischio Il Pd: Roma si muova - INTERROGAZIONE AL SENATO
TRIESTE Un’interrogazione al ministro dei Trasporti, per chiedere interventi contro il presunto «taglio» di linee di Trenitalia in Friuli Venezia Giulia, è stata presentata ieri dai senatori del Pd Carlo Pegorer e Flavio Pertoldi. Nel documento, i parlamentari ricordano che i tagli riguarderebbero sei Intercity da e verso Udine con passaggio a Pordenone. E aggiungono che il Friuli Venezia Giulia soffre difficoltà nei collegamenti ferroviari con il resto del Paese. «La decisione di Trenitalia - proseguono Pegorer e Pertoldi - riguarderebbe anche altri importanti collegamenti ferroviari nel Nord-Est, determinando serie ripercussioni negative su tutta una vasta area altamente strategica e vitale nei collegamenti con il resto dell'Europa». I due senatori chiedono infine al governo di «garantire ai cittadini e alle imprese della Regione i necessari collegamenti con il resto del Paese».
Oggi, intanto, anche l’assessore regionale ai Trasporti e alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, affronterà la questione dei treni a rischio soppressione con i vertici delle ferrovie.
 

 

IL CASO PIAZZA LIBERTÀ  - Associazione orticola Fvg: no al progetto taglia-alberi
Non si può sacrificare un polmone verde come piazza Libertà sull’altare dei finanziamenti statali e regionali da prendere al volo. Perché «300 alberetti non valgono 2 alberoni». L’associazione orticola Fvg rilancia così la propria contrarietà al progetto di riqualificazione di piazza Libertà - destinato a rivoluzionare fra due anni viabilità e spazi verdi dell’area - approvato la scorsa settimana tra feroci polemiche. «Con buona pace della trasparenza - scrive la presidente dell’associazione, Mariangela Barbiero - il progetto preliminare di Piazza Libertà è noto solo da pochi giorni. Secondo quanto esposto da Wwf e Italia Nostra, i fondi (statali e regionali, 3 milioni e 800 mila euro in totale, ndr) sono stati stanziati per progetti di riqualificazione e/o di intermobilità. Il progetto non risponde a nessuno di questi requisiti. Piazza Libertà è stata riqualificata da pochi anni e sta benissimo. Il traffico non pone problemi neanche nelle ore di punta e tuttavia si prevede di trasformare la strada davanti alla stazione in un giardino e una fetta dell’attuale giardino in una strada (a 6-7-8 corsie) a doppio senso di marcia!». Infine gli alberi: «Questo giardino è essenzialmente un polmone verde, non certo un luogo di passeggio, caso mai di rapido transito. Per crearne uno simile occorrerebbero decenni».
 

 

Estate a lezione di clima  - «SUMMER SCHOOL» A DUINO  - Docenti da vari Paesi al Collegio del Mondo unito
Il Collegio del mondo unito dell’Adriatico, con la sponsorizzazione del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam e del Consorzio di centri di ricerca Watch, ha organizzato l’«International Summer School on Climate Change and Water Cycle» con l’obiettivo, come si legge in una nota, di fare del Friuli Venezia Giulia una meta ambita per giovani talenti provenienti da svariate parti del Mondo.
Partner sin dal 2005 del Network science system del Friuli Venezia Giulia, il Collegio è consapevole - prosegue la nota - che per garantire l’innovazione della ricerca sviluppata in regione occorre un investimento a 360 gradi che tenga in considerazione la formazione delle nuove generazioni. È pertanto di vitale importanza promuovere l’eccellenza accademica e lo sviluppo della leadership in uno stimolante ambiente internazionale.
La Summer School è indirizzata a 38 studenti provenienti dai 12 collegi del Mondo unito (Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland, Italia, Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono impartite da scienziati di livello europeo provenienti del progetto Watch attualmente impegnati nelle ricerche dei cambiamenti climatici. Le attività extracurriculari sono gestite da insegnanti del Collegio, dal Master in comunicazione scientifica della Sissa e da professionisti del giornalismo.
La cerimonia di chiusura si svolgerà sabato alle 11.30 nell’auditorium del Collegio. È prevista una tavola rotonda del tema «I giovani talenti, esigenza decisiva per il Sistema della Ricerca nel Friuli Venezia Giulia», alla quale saranno presenti svariati direttori di centri di ricerca cittadini.
 

 

Via di Cavana, parte la pedonalizzazione - In piazza Hortis un sagrato più grande  - NEL TRATTO TRA LA PIAZZA E IL PALAZZO DELLA CURIA

 

Appaltata l’opera, previsto anche un nuovo impianto di illuminazione
Bandelli: almeno un tratto della strada sarà pronto per la Barcolana, se avremo fortuna con il meteo
Cambierà volto entro autunno il tratto di via Cavana che va dalla piazza che porta lo stesso nome al palazzo della Curia. Il cuore storico della città vecchia sarà interamente ripavimentato e riservato ai pedoni; in questa maniera si completerà l’anello mancante della lunga passeggiata che va dal Borgo Teresiano a quello Giuseppino, attraversando il centro di Trieste. Ieri sono state aperte le buste per la gara indetta dal Comune per l’assegnazione dei lavori.
«L’offerta migliore – ha annunciato l’assessore comunale per i Lavori pubblici, Franco Bandelli – è quella presentata dall’impresa De Candido, già nota a Trieste per aver effettuato lavori in largo Barriera”. Il costo dell’opera è di 350mila euro, mentre sono 150 i giorni lavorativi indicati per il suo completamento. «Se avremo fortuna con le condizioni atmosferiche – ha aggiunto Bandelli – potremo riconsegnare alla città almeno un pezzo della nuova via Cavana in tempo per la Barcolana». Nel dettaglio, sarò portato allo stesso livello il manto stradale che va dall’incrocio di via Cavana con la via Madonna del Mare fino a piazzetta Santa Lucia. Quest’ultima sarà interessata da un intervento accessorio importante: verrà allargato il sagrato della chiesa di piazza Hortis dedicata alla Beata Vergine del Soccorso, ma nota anche col nome di Sant’Antonio vecchio. «In questa maniera – ha precisato l’assessore – si restringerà la parte di strada riservata alla circolazione lungo la via Santi Martiri nel tratto di confluenza in piazzetta Santa Lucia, impedendo la sosta selvaggia».
La parte di via Cavana da pedonalizzare sarà delimitata agli estremi da colonnine rientranti nell’asfalto, per garantire l’accesso ai mezzi di soccorso e di emergenza e alle vetture della Curia vescovile. I negozi che insistono su quel tratto di via Cavana avranno a disposizione, per le operazioni di carico e scarico delle merci, il lato destro in discesa della via dell’Annunziata. Dall’altro lato, in prossimità di piazza Cavana, il marciapiede dell’area pedonale sarà definito con una linea rotonda, che farà da invito ai mezzi che da via Felice Venezian vorranno salire lungo la via Madonna del Mare.
«Sarà rinnovata anche l’illuminazione della zona – ha proseguito Bandelli – mentre per l’arredo urbano aspetteremo qualche tempo, per verificare le eventuali richieste dei pubblici esercizi che si affacciano sulla strada per ottenere spazi in regime di occupazione di suolo pubblico».
Non appena sarà completato questo intervento, si procederà al prossimo importante lavoro in centro, cioè la sistemazione di piazza della Borsa. «Dove sarà collocata la fontana del Nettuno – ha concluso l’assessore – e dove sarà rifatta la pavimentazione, come il sindaco Dipiazza e io siamo intenzionati a fare».
Ugo Salvini
 

 

Nasce «No smog» contro la Ferriera - NUOVO COMITATO
A Servola è nato un nuovo comitato che vuole occuparsi del problema dell’inquinamento provocato dalla Ferriera. Si chiama «Nosmog – Comitato cittadini esposti alla Ferriera di Servola». «Vogliamo lavorare in modo finalmente serie e concrete – spiega la presidente, Alda Sancin - abbandonando i facili proclami e le manifestazioni a effetto che lasciano il tempo che trovano».
Evidente il riferimento al circolo Miani: «Per un certo periodo abbiamo camminato paralleli – continua la Sancin – ma alcuni atteggiamenti erano finalizzati a ottenere visibilità più che risultati pratici. Agiremo da soli basandoci sulla verifica dell’applicazione della legge, sul controllo dei provvedimenti, sul rispetto delle regole da parte dei pubblici amministratori e di quanti hanno competenze istituzionali sulla Ferriera».
Scopo di «Nosmog» è di giungere alla chiusura o alla riconversione della Ferriera, salvaguardando i posti di lavoro. «L’azione del Comitato – riprende la Sancin - consisterà nel sensibilizzare tutte le forze politiche e l’opinione pubblica su un problema che coinvolge la salute e la qualità di vita di migliaia di cittadini, e soprattutto di verificare e monitorare puntualmente che gli organismi preposti eseguano rigorosamente, e nei precisi termini previsti, i controlli sugli adempimenti imposti dalla Autorizzazione integrata ambientale e dalle leggi vigenti in materia ambientale alla Ferriera».
Nel comunicato iniziale si legge che «l’adesione al Comitato, apolitico e apartitico, è aperta a tutti coloro si riconoscano in tale iniziativa e siano disposti a collaborare, fermo restando che l’adesione non impedisce la partecipazione di ognuno ad altre forme di azione che altri comitati o associazioni intendessero promuovere e organizzare». Il Comitato può contare oggi su una trentina di aderenti, ma conta di crescere rapidamente. Accanto alla Sancin, nominati il portavoce Roberto Banelli e il coordinatore tecnico Adriano Tasso. «A Servola si sta sempre peggio – riprende la Sancin – e siccome da alcune fonti istituzionali si continua a dire che la situazione sta migliorando, vogliamo verificare la correttezza nella trasmissione dei dati e la regolarità della catena di controllo».
Adriano Tasso evidenzia che «con il Comitato intendiamo fare sul serio e da soli, evitando inutili personalismi che finora si sono dimostrati del tutto inutili e gratuiti». Il sito Internet www.nosmog.wordpress.com, l’email è nosmog@foxmail.it.
Ugo Salvini
 

 

PIAZZA LIBERTÀ  - La strage di alberi (1)
Ci spiace leggere su Il Piccolo del 24 maggio, che il Sindaco giudichi le osservazioni degli ambientalisti come solite lagnanze, ed un suo Assessore rincari giudicandoci addirittura integralisti, noi crediamo invece che le nostre denunce, ed il nostro esempio, servano per migliorare la vita nelle città, nel rispetto dei nostri simili e della natura.
Le associazioni di volontariato, con il loro lavoro (non retribuito) suppliscono molto spesso alle carenze degli enti, con l'assistenza, il controllo e la sensibilizzazione, cercando di salvaguardare il bene più prezioso, la vita. Spesso dopo questa mole di lavoro il grazie giuntoci dai politici è quello di insultarci e deriderci.
Gli alberi sono un bene di tutti e vanno salvaguardati e non abbattuti: in città dovrebbero aumentare le aree verdi per migliorare la vita e la salute delle persone. Gli alberi di piazza Libertà instaurano nell’area circostante un microclima che abbassa le temperature nelle calde giornate estive. Inoltre la loro chioma ospita innumerevoli uccelli che compiono migrazioni incredibili per venire a riprodursi nei nostri territori.
Su quegli alberi per nostra fortuna riesce a nidificare un assiolo, cosa non molto comune in città, e mentre il nostro Sindaco in alcune zone fa sistemare dei nidi artificiali per la riproduzione di passeriformi, in altri siti abbatte la sua mannaia. Ci riferiamo agli alberi dell’ex parco dell’ex ospedale della Maddalena, ora solamente un ex, ricordando che in questo caso c’è stata sicuramente una violazione al regolamento del verde pubblico e al regolamento per la tutela e il benessere degli animali. I responsabili dovrebbero essere puniti con una sanzione come previsto dagli stessi regolamenti.
Infine, signor sindaco, non parli solamente della Ferriera come responsabile delle malattie delle persone. Ogni albero abbattuto, non facendo più la funzione di filtro, fa aumentare la quantità di pm 10 influendo sulla salute dei cittadini, e negli anni progetti sconsiderati ne hanno tolti parecchi, piazza Vittorio Veneto, piazzale Monte Re, e piazza Perugino vada a vedere come vivono bene le piante.
Per i parcheggi in via Cologna è stato sacrificato un bagolaro di cent'anni, bastava rinunciare a due o tre parcheggi e le persone e gli animali potevano godere ancora dei suoi benefici. Anche sulle splendide rive gli alberi, produttori di ossigeno e ghiotti di anidride carbonica, non è che vivano bene.
Quindi prima di lamentarsi il sindaco faccia un esame di coscienza e non ci accusi di osteggiare il progresso e l’evoluzione della città, poiché forse noi più di lui teniamo alla vita di tutti gli esseri viventi e alla salvaguardia della nostra bella città.
Associazione orticola del Fvg Trafioriepiante - Lav (Lega Anti Vivisezione) sede di Trieste - Wwf sede di Trieste
 

PIAZZA LIBERTÀ  - La strage di alberi (2)
Ora basta. Quando è troppo, è troppo! Non voglio morire soffocata da tonnellate di cemento! Chi ammazza gli alberi è un assassino! Uccidere alberi è un crimine contro l’umanità!
Claudia Ullmann
 

PIAZZA LIBERTÀ  - Tutela del patrimonio
Egregio Signor Sindaco, nel corso di una trasmissione in diretta, il 23 maggio lei, interpellato in merito ai lavori di piazza Venezia e piazza Libertà, sarebbe sbottato in un... «per colpa di due cretini...», riferendosi ai comitati che seguono progetti e lavori e che, evidentemente, non la lascerebbero lavorare. Per quanto ci riguarda, poi, nel Piccolo del giorno dopo aggiunge: «Rimetto la statua di Massimiliano, riporto in superficie i masegni e rompono addirittura per questo». Penso, egregio signor sindaco, che qui si stia sbagliando e che le distanze tra di noi siano minori di quanto creda: noi siamo felicissimi, ripeto felicissimi, che Massimiliano torni al suo posto e, anzi, il recupero dei masegni corona il nostro impegno di nove anni di battaglie epistolari; immodestamente osiamo credere che questa virata rispetto al passato, quando i lastroni venivano divelti per finire chissà dove, sia anche dovuta al nostro lavoro. Certo, il recupero ci sarebbe piaciuto di più se fosse stato attuato sulla piazza intera ma sappiamo delle lamentele per le fermate degli autobus e concordiamo che amministrare non sia facile. Non comprendiamo, però, perché si continui a non voler capire che ogni singolo pezzo va gelosamente salvaguardato, in quanto unico ed irreversibile; l’aver «segato» il perimetro della piazza con una fresa anziché sollevare i masegni e riposizionarli senza danno, è indice di un lavoro fatto male da parte della ditta (ironia: il responsabile si chiama... Tagliapietra), che così fa prima ma distrugge il patrimonio storico dei triestini. Comunque, rispetto alle «riqualificazioni» precedenti (piazza V. Veneto, Goldoni, piazza Unità), che hanno cancellato la connotazione storico-artistica della città, facendole perdere quell’atmosfera di stampo imperiale che la rendeva unica e relegandola verso anonime cittadine di provincia senza alcun passato, siamo finalmente a un’inversione di tendenza. Vigileremo, per quel che possiamo, affinché anche i recuperi delle piazze Ponterosso, della Borsa, della Libertà, Tommaseo e quant’altre vengano effettuati con gli stessi criteri di piazza Venezia esclusa, si intende, la distruzione insensata (e questa sì cretina) del bene pubblico. A questo proposito abbiamo ricevuto dalla Soprintendenza di Venezia il «Protocollo di Intesa» col Comune di quella città sul trattamento dei masegni: l’abbiamo presentato nella conferenza stampa dell’8 maggio ed inviata sia a lei sia all’ass. Bandelli: sarebbe molto positivo se anche il nostro Comune lo adottasse. È voluto essere questo, da parte nostra, un contributo di idee all’attività del Comune di Trieste come, del pari, abbiamo commissionato a nostre spese ad uno studio di architetti il «Progetto pedonale MaSegno», realizzato dall’arch. Johanna Riva, che si snoda per itinerario interno rispetto alle Rive da Piazza. Libertà fino a Piazza Venezia, riportando in superficie il lastricato originario (senza grossa spesa).
L’idea del ponte sul canale, che integrerebbe il percorso del progetto, non ci vede del tutto contrari: speriamo, peraltro, che la Soprintendenza bocci l’idea in «acciaio, vetro e legno» (e chissà cos’altro): c’è da rispettare l’omogeneità del contesto, lasciamo Las Vegas in America! Sarebbe anche ora, a nostro parere, che i vari comitati non venissero visti dalla controparte come fanatici avversari da combattere ma come delle risorse da cui si può ricavare qualcosa di utile, sia in osservazioni sia in idee: se Italia Nostra, per fare un esempio, non si fosse mossa per il palazzo R.A.S. di piazza Oberdan, oggi avremmo una deturpazione in più ed un’immagine storica in meno su cui recriminare.
Riteniamo ancora, egregio signor Sindaco, che sarebbe cosa illuminata avere un incontro con tutti in sua presenza; per quanto ci riguarda, per i danni fatti in passato, può documentarsi sul nostro sito www.sostrieste.it e sono certo che comprenderà i motivi delle nostre passate iniziative.
Bruno Cavicchioli - presidente del Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste
 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 giugno 2008 

 

 

Ferriera e rigassificatori un corteo di protesta  - Le associazioni di Servola scendono in piazza con i Verdi, i Grillo Boys e Italia dei valori  - VENERDÌ LA MANIFESTAZIONE
«Trieste si fermi ora per ribadire un secco no alla Ferriera, ma anche ai rigassificatori, al taglio degli alberi di piazza Libertà e a tutte quelle scelte politiche in materia ambientale prese senza il consenso dei cittadini». È l'appello lanciato a tutti i triestini dal Circolo Miani, che assieme ai comitati di quartiere, Servola respira, la tua Muggia e gli Amici di Beppe Grillo organizzerà una manifestazione venerdì alle 18.
Un corteo che ha già incontrato le adesioni trasversali di alcuni partiti tra cui i Verdi - guidati da Alessandro Metz e Alfredo Racovelli - Italia dei Valori e la commissione sanità della Lega Nord e che vedrà sfilare anche il sindaco di centrodestra di Villa Vicentina noto per la sua mobilitazione anti-Tav.
«La manifestazione è sorta in modo spontaneo – ha spiegato Metz – e da subito abbiamo voluto allargarla all'intera città. Crediamo sia importante che Trieste si fermi adesso e non nel 2015, perché è ora di dire basta a tutte quelle politiche di abuso dei territorio calate dall'alto senza alcuna partecipazione democratica. La situazione va affrontata ora, perché decidere sulla Ferriera significa affrontare il tema del progetto futuro che si vuole dare alla città e che non può prescindere dalla volontà dei cittadini».
Il corteo partirà da piazza dell'Unità alle 18 e toccherà piazza della Borsa, corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci per poi fare una tappa in piazza Oberdan, sede del consiglio regionale, e un'altra in piazza Libertà, dove i residenti protestano contro il progetto di riqualificazione che prevede l'abbattimento di cinque alberi secolari. La mobilitazione continuerà lungo le Rive per poi tornare in piazza Unità, sede del consiglio comunale e della giunta regionale, entrambi enti fortemente contestati dai comitati servolani.

(e.l.)
 

 

Ambiente, piano italo-sloveno - ALLA «CODERMATZ»

SAN GIACOMO
Educare i giovani al rispetto per l'ambiente, per far sì che un giorno diventino cittadini maturi e consapevoli. E' l'idea che sta alla base di «Agorà», progetto transfrontaliero nato nel 2006 dal gemellaggio tra la scuola media «Codermatz» di San Giovanni e la «Vergerio» di Capodistria. Quest'anno i ragazzi coinvolti nell'iniziativa sono stati oltre sessanta, appartenenti a quattro classi italiane e slovene coadiuvate dalle professoresse Bortolot e Favale. Se il 2006-2007 ha visto l'educazione civica e «i diritti e i doveri» in particolare al centro del lavoro congiunto italo-sloveno, quest'anno il tema prescelto per responsabilizzare i più giovani è stato quello dell'ambiente: inquinamento, elettromagnetismo, elettrosmog, ma soprattutto smaltimento e riciclo dei rifiuti. Tutti argomenti che i ragazzi hanno affrontato toccando con mano la realtà triestina e quella slovena attraverso lezioni, incontri e visite didattiche a Capodistria, Pirano e Trieste.
Tra le tante esperienze maturate in questi mesi, a colpire maggiormente gli studenti è stata una lezione sullo smaltimento dei medicinali negli ospedali, ma anche una visita effettuata in un supermercato per capire che fine fa la merce invenduta: carni, scatoloni e confezioni di plastica. «Il progetto – conferma la direttrice scolastica della Codermatz Paola Sigmund – ha regalato un'occasione importante per confrontarsi con un sistema diverso da quello italiano e capire così quali sono le leggi e le pratiche della Slovenia nel campo ambientale e dei rifiuti. Il nostro obiettivo era proprio quello di individuare modelli comuni di sviluppo eco-sostenibile, ma anche stimolare i ragazzi al dialogo e alla convivenza civile». Dopo la visita a Capodistria e Pirano, avvenute lo scorso aprile, giovedì sono stati i ragazzi sloveni ad approdare a Trieste per la giornata conclusiva del progetto: dopo una gita assieme sul Delfino Verde, in direzione Muggia, le classi partecipanti hanno presentato un video, frutto delle tante uscite didattiche di questi mesi e dedicato proprio all'ambiente nella nostra città: uno spaccato del degrado di alcune zone di Trieste, ma anche un assaggio di ambienti puliti, così come dovrebbero essere dappertutto.
Nel corso della giornata, i ragazzi della Codermatz si sono esibiti anche in un balletto, studiato per l'occasione, e in una performance musicale realizzata con strumenti riciclati. La collaborazione con la scuola di Capodistria proseguirà anche il prossimo anno. Il tema, stavolta, sarà quello dell'affettività.
Elisa Lenarduzzi


Rifiuti a Muggia, «isole» per chi non ha spazio per i contenitori  - «Contiamo d’alzare la percentuale della differenziata dal 19,5 al 41% entro dicembre

Severi controlli anti-vandali. Dal 9 distribuzione dei materiali
MUGGIA Clima disteso, all’insegna del dialogo e della massima collaborazione tra Comune di Muggia e cittadinanza ma anche la segnalazione, da parte degli esercenti interessati, di problemi pratici legati all’ormai imminente avvio della fase sperimentale del progetto per la raccolta differenziata dei rifiuti nell’ambito comunale che coinvolgerà un’ottantina di attività: 14 esercizi commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 esterni a tale area.
È quanto emerso ieri alla Sala Millo all’assemblea pubblica nel corso della quale l’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani ha illustrato obiettivi e modalità del piano che si prefigge d’innalzare dall’attuale 19,59 al 41% la percentuale di raccolta differenziata di rifiuti entro dicembre. Assemblea che ha fatto registrare una maggiore affluenza rispetto ai precedenti incontri, un po’ a sorpresa disertati dai titolari d’attività commerciali che pure, dal 16 giugno – anche se con gradualità, come ha assicurato Bussani – saranno coinvolti direttamente nella fase sperimentale del piano e che forse avevano in qualche modo sottovalutato le inevitabili ripercussioni, se non altro nelle abitudini quotidiane, derivanti dall’attuazione della raccolta porta a porta che rappresenterà comunque una piccola rivoluzione per i muggesani.
Il progetto prevede che dal 9 giugno vengano forniti alle 113 attività coinvolte nella fase sperimentale i contenitori e il 16 del mese scatti la raccolta porta a porta, che vede l’ampliamento anche alla frazione organica umida oltre a plastica, vetro e carta (già oggetto di differenziata). Ogni esercizio sarà dotato di un numero di contenitori di vario colore – a seconda della tipologia dei rifiuti – e dimensione correlato alla quantità e qualità di rifiuti prodotti. Dati desunti dall’indagine conoscitiva – essenziale per la determinazione del fabbisogno di contenitori - avviata a marzo tra tutte le 380 attività commerciali di Muggia. Metà di queste ha già risposto, le altre verranno visitate in questi giorni da personale incaricato. L’ordinanza, che sarà accompagnata da istruzioni dettagliate per i soggetti coinvolti nella fase pilota, è in fase di predisposizione. Varie, come detto, le problematiche emerse, alle quali è stata già fornita una risposta o la cui soluzione è al vaglio dell’amministrazione. Una di queste riguarda la mancanza di spazi interni in cui conservare i contenitori da parte degli esercizi del centro storico. La soluzione prospettata è d’istituire alcune «isole» comuni dove ogni esercizio avrà un proprio contenitore dotato di chiave dove conferire i rifiuti. Si tratterà però di eccezioni che dovranno essere giustificate da reali esigenze e regolate da autorizzazioni specifiche. Quanto all’eventualità che i contenitori posti all’esterno dei locali possano essere oggetto di atti vandalici notturni, Bussani ha prospettato che in questa prima fase siano previsti severi controlli. «È chiaro – ha osservato - che ci sarà bisogno della collaborazione di tutti per raggiungere un obiettivo che porterà benefici all’intera cittadinanza». Anche la scelta dell’orario di raccolta (tra le 5.30 e le 8) è stata dettata dalla volontà di non intralciare le attività e la vita cittadina durante il giorno. Problema su cui è stata assicurata particolare attenzione infine è quello delle disposizioni igienico-sanitarie che impongono a determinate categorie l’utilizzo di contenitori portarifiuti a pedale, inizialmente non previsti tra quelli in distribuzione.
Gianfranco Terzoli


AMBIENTE  - Medolino: Jakovcic dà l’ok al referendum sulla megadiscarica

PISINO Sotto la spinta dell'opposizione politica, degli ambientalisti e anche dell'opinione pubblica, il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic si è detto favorevole al referendum sul contestato progetto del centro regionale per lo smaltimento rifiuti a Castion, vicino a Medolino.
Jakovcic ha fatto l'annuncio alla riunione dell'Assemblea regionale a Pisino, dopo l' ennesimo dibattito sullo scottante tema. «Finalmente la verità verrà a galla», ha dichiarato dicendosi fiducioso sull'esito della consultazione. A proposito dei costi del referendum, ha precisato che si attingerà dal bilancio regionale e da quello dello stato. Non si è pronunciato invece sulla possibile data, come nemmeno sul tipo di domanda che verrà posta agli elettori.
Jakovcic ha comunque voluto ricordare che l'ubicazione della discarica a Castion, prevista dal Piano di sviluppo urbanistico territoriale, era stata approvata da tutti compresa Medolino, nel 2002. I consiglieri regionali dell’opposizione hanno ribadito il loro «no» al progetto, giudicato devastante per l'impatto ambientale vista l'immediata vicinanza dei siti turistici.

(p.r.)


Gli alberi distrutti - EX MADDALENA

Potrebbe essere il titolo di un racconto di avventure per ragazzi, ma così non è purtroppo.
Si tratta invece di una di quelle realtà, del genere che riescono a mandarti in depressione con un solo colpo d’occhio.
Questo mi è capitato l'altro giorno transitando sulla via dell'Istria, poco dopo la chiesa dei Salesiani, al momento non capivo cosa fosse successo, avevo la sensazione di trovarmi nel luogo dove poco tempo prima era passato un tornado, ho alzato gli occhi verso il vecchio muro dell'ospedale della «Maddalena» ed ho capito tutto.
Non era passato un ciclone tropicale o un tornado, era passata la stupidità umana, la scelleratezza, la mancanza di rispetto per il Creato e per il suo Creatore, la mancanza di rispetto per i cittadini e per la loro salute, l'ignoranza per le più fondamentali regole che dovrebbero governare una comunità che già paga un pesante tributo per sopravvivere dentro a un sistema che impedisce lo sviluppo culturale e sociale annegandolo in un mare di programmi televisivi che tendono a trasformare ogni cittadino in una pecora da tosare a beneficio di pochi «eletti», anzi di autoeletti.
Tutto questo avviene in un Paese che si definisce civile, cattolico, cristiano, anche se francamente con tutti i sedicenti «cristiani» con cui mi capita di confrontarmi, noto che non si sono mai letti i Vangeli o la Bibbia e farebbero bene ad incominciare subito, da oggi, chissà che le cose non cambino, sempre se avranno il coraggio poi di chiedere scusa per i danni commessi nei nostri confronti.
Dovremmo sapere tutti dell'enorme importanza che riveste il sistema arboricolo, dentro una città inquinata quale la nostra.
Il fogliame, nella sua funzione clorofilliana svolge un'azione purificatrice immensa, assorbendo anidride carbonica e restituendo all'ambiente una quasi altrettanto elevata quantità di ossigeno che presiede poi alle nostre primarie funzioni vitali.
Qualche tempo fa, il prof. Tomatis, in una sua conferenza sul tema dell'inquinamento, aveva molto ben esposto il suo pensiero riguardo all'aumento delle malattie tumorali, polmonari e delle vie respiratorie in genere, conseguenza accertata scientificamente dell'inquinamento atmosferico.
Parimenti, un’accurata indagine da parte dell'Arpa e dell' Asl avevano ben descritto i danni provocati da tali situazione nella nostra zona, anche se poi, tutto finisce sotto il tappeto delle connivenze per portare nutrimento al famoso «vitello d'oro».
Stiamo arrovellandoci per il problema dell'energia e contemporaneamente proponiamo sul mercato autovetture con tremila centimetri cubi di cilindrata, «perché così mi sento più sicuro», ma smettetela di prenderci in giro per favore.
Sappiamo tutti quanto incide l'ambiente nella formazione di un individuo, e distruggiamo giardini per fare posto a casermoni-formicaio dove viene poi allevata una società senza valori se non quelli del consumismo che poi deborda in sporcizia, degrado ed infine violenza, che naturalmente saremo pronti a trasferire sugli «altri» colpevolizzando il Diavolo di turno, ma la spesa finale, il conto da pagare insomma, sarà sempre presentato a noi cittadini.
Sarebbe oltremodo gradito conoscere di persona questi meravigliosi e privilegiati esseri che con un cenno della mano sanno far cadere anche quelle poche ombre di Civiltà che ci rimangono, gli Alberi.
Stelio Cerneca
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 giugno 2008 

 

 

RIGASSIFICATORE, NODI IRRISOLTI

Rigassificatori a Trieste. Se ne ricomincia a parlar bene, soprattutto da parte di Alleanza Nazionale e della componente ex-Ds del Partito democratico. Importanti e stimati esponenti di quest'ultima (Zvech e Visentini) si dicono ad esempio convinti che l'impianto di Zaule sia un'occasione imperdibile per la città. Il 18 maggio su questo giornale Luca Visentini e la Uil si sono detti addirittura "felici" per la sua realizzazione.
Quindi, chi come me sarebbe tendenzialmente favorevole a qualche impianto di rigassificazione e nucleare in Italia (costruiti come Dio comanda, meglio precisarlo) dovrebbe rallegrarsene. Ma possiamo stare davvero tranquilli? Circa un anno fa, sulle pagine del periodico della Curia e del Piccolo, specialisti della locale università e di un'istituzione scientifica nazionale avevano esposto riserve tecniche non da poco (recentemente ricordate dal lettore Baldassi nelle Segnalazioni del 26 maggio). Sono state superate?
Era a esempio emerso che il progetto di Zaule prevede due depositi fuori terra e il riscaldamento del gas usando acqua di mare; soluzioni le più economiche possibili, che però rendono l'impianto più vulnerabile ai terremoti e agli attacchi terroristici, e che causano l'immissione in mare di acque fredde e clorate. Detto per inciso, nel mondo cresce invece il numero dei depositi interrati, perché sono più rispettosi dell'ambiente e soprattutto molto più sicuri. In Giappone, ne hanno 76 (per 6,3 milioni di metri cubi). Sono più sicuri perché, in caso di cedimento strutturale, il gas liquido non fuoriesce (se il versamento avviene in mare, si genera una nube particolarmente pericolosa). L'elaborato forse più importante fra le integrazioni del dicembre 2006 riguardava la diffusione delle acque fredde nella baia di Zaule (autore: la rinomata società DHI); esso era però accompagnato da una traduzione anonima e priva di qualsiasi elemento identificativo, che ne modificava radicalmente il contenuto e addirittura le conclusioni, rendendole molto più ottimistiche che nell'originale. E comunque, per i calcoli di diffusione in condizioni invernali (le più critiche), avevano usato un profilo di temperatura favorevole, ma non misurato nella baia, bensì copiato dal sito dell'Ogs e puramente rappresentativo di condizioni invernali medie in Adriatico da Ancona in sù.
Ancora fra le perizie del dicembre 2006, c'era uno stranissimo rapporto che, dopo aver parlato di un (in realtà, inesistente) terremoto nel 1964 nel Carso, più forte di quello del 1976 in Friuli, calcolava alcune conseguenze su Muggia di un eventuale attentato terroristico "di dimensioni limitate". E scriveva che sulla riva di Muggia si riporterebbero serie ustioni sulla pelle solo per esposizioni all'irraggiamento superiori a 40 secondi.
Per finire, tutta la documentazione presentata per Zaule risultava predisposta da una società anonima di diritto lussemburghese con sede in una casetta vicino a Lugano e recava in copertina semplici cognomi privi di nome e di qualifica professionale.
A questo punto, mi sembra evidente che la fiducia dei nostri politici citati debba fondarsi su nuove basi solide; anche in considerazione della seguente circostanza "ambientale". Dall'epoca del cosiddetto "scandalo petroli" di oltre 20 anni fa (quando venne provato che i cosiddetti petrolieri erano riusciti a "lavorarsi" una buona fetta di esponenti politici italiani), generalmente i nostri rappresentanti più avveduti usano una certa prudenza prima di manifestare il proprio entusiasmo a proposito di progetti o specifiche iniziative energetiche in quel settore.
Sono quindi in grado questi nostri politici di tranquillizzare l'opinione pubblica? Possono renderci partecipi dei dati e delle considerazioni che ai loro occhi hanno chiarito i punti oscuri? Sanno quali nuove istituzioni tecnico-scientifiche abbiano garantito la bontà delle nuove valutazioni? A proposito: si è capito perché la Regione avesse escluso gli istituti scientifici pubblici triestini dall'esame della documentazione?, nonostante il loro coinvolgimento fosse auspicato dagli stessi funzionari tecnici regionali? (investiti della responsabilità di analizzare elaborati super-specialistici).
Pare che alcuni politici locali siano stati rassicurati dall'ex assessore Sonego sulla base di altra documentazione integrativa, successiva al dicembre 2006, e rimasta "riservata". Chi oggi si manifesta così fiducioso nella bontà del progetto Zaule l'ha mai potuto vedere nella sua versione più recente? Può almeno garantire che sia stato vagliato da qualcuno di cui ci si può fidare? Da chi, per favore? E dov'è consultabile il referto?
Livio Sirovich


CAMMINATRIESTE  - «Traffico in aumento e sempre più veloce»

Il flusso del traffico in entrata in città da qualunque parte e in ogni via è in continuo aumento. La denuncia arriva dall’associazione Coped CamminaTrieste, membro della Federazione italiana per i diritti del pedone e per la salvaguardia dell’ambiente. «Non è vero che il traffico è diminuito. Anzi secondo noi è aumentato di intensità e di velocità dal centro alla periferia» si legge in una nota della Federazione, che denuncia inoltre «la totale occupazione delle fermate bus» da parte di altri autoveicoli, «per non parlare dell’occupazione abusiva di oltre 70 km di marciapiedi». «Rileviamo anche la situazione della Trieste Trasporti che da sempre non riesce ad esercitare il suo servizio con regolarità» conclude la nota del Coped.


Il comitato: sì all’ordinanza anti-rumore - Chiusura anticipata dei locali, «Diritto al riposo» a fianco di Dipiazza


Trieste Vivibile: «Il problema esplode all’esterno degli esercizi»
Hanno raccolto più di 500 firme per chiedere a Comune e forze dell’ordine di mettere un freno agli schiamazzi e ai disordini provocati dai clienti del locale sotto casa. E ora che finalmente un risultato l’hanno ottenuto, la chiusura anticipata alle 23 del ristobar in questione, i residenti di via Settefontane e via Mantegna riuniti nel comitato «Diritto al riposo» tornano a far sentire la loro voce. Lo fanno, questa volta, per esprimere apprezzamento nei confronti dell’ordinanza emessa dal sindaco e replicare alle critiche di chi «si schiera dalla parte dei pubblici esercizi».
«Vorrei vedere cosa succederebbe se locali rumorosi come quello di via Settefontane aprissero nei paraggi delle abitazioni del presidente della Camera di commercio e dell’Acepe o delle altre cariche istituzionali che difendono gli affari degli esercenti - scrive Daniele Prelaz in una lettera inviata al Piccolo e firmata da altri trenta residenti -. Probabilmente quei locali non arriverebbero nemmeno all’inaugurazione. Ma se invece le attività chiassose sono sotto le case di cittadini normali allora, dicono loro, bisogna essere tolleranti. Non dimentichiamoci però che la troppa tolleranza in tutti i settori negli ultimi anni ha prodotto una società dell’impunità, in cui ci si preoccupa di chi delinque e non di chi subisce l’abuso. Piena solidarietà quindi al sindaco che ha avuto il coraggio di affrontare il problema».
«In democrazia ognuno deve potere esprimere la propria opinione - osserva Stefano Cipriano, interprete del pensiero di altri dieci residenti -. Come i presidenti di Camera di commercio e Acepe hanno il diritto di scendere in campo a sostegno dei propri iscritti, così anche il Comune deve potersi attivare a difesa di tutta la cittadinanza che, di certo, non merita di essere bistrattata. Perché quindi il sindaco viene contestato se emette un’ordinanza che avrà ripercussioni solo sui locali meno virtuosi i cui titolari non rispettano le regole? Ricordiamoci tra l’altro che la presenza di bar e pub rumorosi produce anche la svalutazione degli immobili vicini. E a chi dovrebbero rivolgersi i cittadini che, esasperati dagli schiamazzi, tentassero invano di vendere il loro appartamento. Forse ai rappresentanti di Camera di commercio e Acepe?».
Tra i sottoscrittori dell’appello lanciato dal comitato «Diritto al riposo» c’è anche chi solleva il caso di altre zone della città alle prese con pubblici esercizi irregolari e clienti incivili. «Un tempo lavoravo in una residenza sanitaria assistenziale in via Madonna del Mare - racconta Auristela Acuna in un’altra lettera inviata al Piccolo-. E ogni volta che facevo il turno pomeridiano o notturno, avevo sempre il terrore a transitare per quella strada a causa della presenza di un locale. Mi trovavo sempre davanti clienti ubriachi che mi molestavano verbalmente e altri che dormivano sul marciapiedi, spesso dopo aver vomitato. Per non parlare poi dei bicchieri e delle bottiglie rotte sull’asfalto e del forte odore di urina. Avevo segnalato il problema già un anno fa e ora apprendo con soddisfazione che il Comune ha deciso di muoversi per aumentare la sicurezza e la tranquillità dei cittadini. Una scelta che ha tutto il mio sostegno e quello delle altre colleghe della Rsa di via Madonna del Mare».
Al coro dei residenti di via Mantegna si unisce anche la presidente del comitato «Trieste vivibile». «L’ordinanza del Comune prevede sanzioni solo nei confronti di locali segnalati da tempo come produttori di esasperato disagio per i residenti - commenta Marina Della Torre -. Perché quindi agitarsi se non si infrangono le regole? Il nostro comitato peraltro ha sempre sostenuto il diritto dei pubblici esercizi a lavorare, purché nel rispetto dei regolamenti vigenti. Non è la loro attività ad essere in discussione - conclude -, ma l’occupazione del suolo pubblico che, in quanto pubblico, non può essere a uso e beneficio solo di alcune categorie di cittadini».

(m.r.)


Rifiuti a Muggia, incontro sul porta a porta  - COINVOLTI NELLA PRIMA FASE 113 UTENTI

Oggi alla Sala Millo si discuterà sulla differenziata: la raccolta inizierà il 16 giugno
MUGGIA Quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, lo dimostrano i drammatici fatti di cronaca campani, è un problema di grande attualità ed estrema complessità, con gravi ripercussioni future se non verrà affrontato adeguatamente. E il Comune di Muggia ha deciso di affrontarlo intraprendendo la strada della raccolta differenziata, attuando già dal 16 giugno la fase sperimentale del nuovo progetto che coinvolgerà 113 utenti: 25 tra caserme, scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14 esercizi commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici esercizi fuori dal centro oltre agli edifici comunali, la cucina comunale e la Casa di riposo.
Per tutti gli altri utenti verrà mantenuto per ora il conferimento ai cassonetti stradali, anche se il nuovo metodo di raccolta sarà gradualmente esteso a tutta la cittadinanza, mettendo a frutto l’esperienza acquisita. Le modalità operative saranno presentate questo pomeriggio alle 15 in Sala Millo nella seconda assemblea pubblica rivolta a tutti i soggetti interessati, ai quali il Comune rinnova l’invito a una massiccia partecipazione, purtroppo non registrata nel precedente incontro. «Le discariche – spiega l’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani - non possono più essere l'unica destinazione finale dei rifiuti. La soluzione dev’essere basata su un ciclo virtuale basato sulla raccolta differenziata e i sistemi di recupero, valorizzazione e sfruttamento dei rifiuti differenziati. Oltre ai vantaggi ambientali, il ciclo comporterà pure benefici economici: la diminuzione del costo d’incenerimento attraverso la riduzione della quantità dei rifiuti conferiti; la relativa produzione di energia; i ricavi derivanti dal riutilizzo di rifiuti riciclabili; la possibilità di trasformare, nel medio periodo, la tassa dei rifiuti in tariffa proporzionale alla quantità di rifiuti smaltiti. D’altronde le normative impongono precisi obiettivi da raggiungere sulla raccolta differenziata (il 45% del totale entro dicembre)».
E così il Comune ha deciso di implementare l'attuale raccolta differenziata con la raccolta della frazione organica umida. «Siamo convinti - continua l’assessore - che un progetto così complesso, che comporta cambiamenti d’abitudini radicali, si gioca in gran parte sul senso civico dei cittadini e che perciò non può essere solo imposto d’autorità ma dev’essere condiviso con tutti i soggetti». Da qui, la necessità di un incontro pubblico per esaminare le problematiche di carattere pratico connesse alla sperimentazione e trovare le soluzioni più adeguate. «Comprendiamo che l’attuazione del progetto porterà alcuni inevitabili disagi che cercheremo di risolvere gradualmente - conclude Bussani - ma siamo certi che i vantaggi saranno tangibili, specie per l’immagine della città nell’imminente stagione turistica, anche con il servizio aggiuntivo del porta-a-porta: comporterà benefici pure per le attività commerciali».
Gianfranco Terzoli


Moria di api, progetto per la tutela  - GLI INSETTI SONO SENTINELLE BIOLOGICHE DELL’AMBIENTE

 

Inquinamento e acari: in provincia il Consorzio ha perso 500 «famiglie»
MUGGIA Anche alle recenti Giornate dell'agricoltura, pesca e forestazione di Muggia è stato lanciato l’allarme-api, insetti che per le loro caratteristiche costituiscono delle autentiche «sentille» dello stato di salute del territorio. Il Consorzio apicoltori della provincia di Trieste è intervenuto al convegno «La crisi dell'apicoltura nel quadro delle risorse genetiche autoctone».
«Abbiamo avuto incontri con il responsabile dell'apicoltura bosniaca Nicola Kesic e con il direttore del Museo di entomologia di Trieste Andrea Colla - spiega Livio Dorigo, vice presidente del Consorzio - confrontandoci sul recupero e la tutela degli ecotipi apistici (cioè api autoctone) della fascia adriatica. Ora approfondiremo i problemi e valuteremo la possibilità che hanno gli ecotipi locali di resistere alle avversità». Non è la prima riunione sulla moria della api: il Consorzio di Trieste ha perso circa 500 famiglie; in alcune zone della Regione è stata riscontrata una perdita delle api in corrispondenza con la semina del mais tra il 20 e il 50%. Udine ha ospitato un incontro per comprendere il fenomeno: ne è emerso il progetto d’installare degli «apiari-sentinella» monitorati dal Laboratorio apistico regionale. Alveari saranno sistemati in alcuni punti-chiave per potere analizzare problematiche e possibili rimedi. Un ottimo sistema, già sperimentato in altri Paesi come la Germania. «Saranno analizzati - spiega Franco Frilli, docente di Apicoltura a Udine e a capo del Laboratorio - una decina di alveari; seguiremo la vita delle api da inizio a fine stagione. Vogliamo comprendere le diverse cause biologiche, ambientali, di coltivazione e allevamento che producono la moria. Valuteremo per esempio la forza della famiglia, la quantità di adulti e le covate, l'importazione degli alimenti e la presenza di riserve, l'esistenza di acari e api anomale, il numero d’insetti morti: è necessaria una visione globale per potere identificare i punti deboli: ogni ricerca richiede infatti dati organizzati».
La moria è provocata da diversi fattori, primo tra tutti la «varroa», acaro infestante che si riproduce nelle colonie di api mellifere e che in regione ha assunto una connotazione endemica. Sotto accusa anche le mutazioni climatiche, l'inquinamento elettromagnetico e i prodotti con i quali vengono concimate le sementi di mais prima della semina che, realizzati con «neonicotinoidi», sostanze derivate dalla nicotina, sono letali per le api. «È stata fatta - conclude Dorigo - una selezione degli animali più produttivi senza tenere conto della biodiversità e della maggior capacità di resistenza di alcuni insetti. Assistiamo a un impoverimento genetico delle api al quale bisogna fare fronte».
Linda Dorigo


Pista ciclabile - SULLE RIVE

Assessore Bandelli, lei ha detto (dal Piccolo del 24/05/2008) «Noi abbiamo il dovere di governare guardando più in là di domani». Sono d’accordo con lei e con molte delle sue iniziative. Ma allora le chiedo perché non ha guardato più in là di domani nel progetto di riqualificazione delle Rive. Bastava un secchio di vernice per dipingere una linea gialla a fianco dei marciapiedi per ottenere quella pista ciclabile della cui necessità si è convinto ora anche l’assessorato al Traffico. Avrebbe così evitato al Comune il contenzioso con TTP, che non vuole la ciclabile ed ha inventato improbabili «problemi di sicurezza» per non perdere gli incassi che derivano da una decina di parcheggi.
Come se i parcheggi delle Rive fossero proprietà di TTP e non dei cittadini di Trieste.
Alessio Vremec
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 giugno 2008 

 

 

Cellulare e salute - BAMBINI

L’uso del cellulare tra i bambini è sempre più esteso. Dal punto di vista medico questo fatto è motivo di seria preoccupazione. Infatti non sono ancora chiaramente accertati i rischi sanitari connessi all’uso del telefonino in particolare per quanto riguarda i tumori.
L’induzione di un tumore richiede tempi lunghi, di vari anni o anche di svariati decenni. L’impiego del cellulare è ancora un fatto recente e gli effetti a lungo termine restano da stabilire. Ad ogni modo i risultati delle ricerche fin qui condotte non inducono all’ottimismo. I dati disponibili indicano che l’uso prolungato del cellulare, per più di dieci anni, si associa a un aumentato rischio di tumori cerebrali. In particolare una rassegna degli studi finora effettuati è stata pubblicata nel 2007 sull’autorevole rivista «Occupational and Environmental Medicine». Dalla rassegna emerge che il rischio è aumentato, sia per i gliomi (tumori cerebrali maligni), che per il neurinoma del nervo acustico.
Claudio Bianchi - Centro di studio e documentazione sui tumori ambientali (Monfalcone)


AMBIENTE  - La crisi energetica

Condivido totalmente le critiche del signor Nico Zuffi sul taglio indiscriminato degli alberi da parte della nostra giunta di destra, e sul disastroso proliferare di mega-centri commerciali nella nostra regione permesso dalla precedente giunta rosso-verde. Una politica di cementificazione selvaggia che ogni anno si mangia circa 100.000 ettari di suolo agricolo in un paese che dispone soltanto di 1200 mq di terra coltivabile per abitante, cioè il classico orto del pensionato.
In un mondo dove impera la legge del mercato, e i maggiori produttori di grano hanno più convenienza a trasformarlo in carburante piuttosto che in pane, noi continuiamo a distruggere la nostra pochissima terra. Ma la nostra casta dirigente ne capisce qualcosa?
In un recente dibattito televisivo erano presenti il nostro sindaco, la presidentessa della Provincia e il presidente degli industriali, cioè i rappresentanti della destra e della sinistra. Erano concordi su tutto: sulla necessità delle centrali nucleari, quando l’uranio è ormai più scarso del petrolio; sui termopolverizzatori, che invece di recuperare i rifiuti li trasformano in polveri sottili; sulla Tav, quando tutti sanno che più velocità significa più consumo di energia; sui rigassificatori, quando tutti sanno che il prezzo del gas è legato a quello del petrolio.
Ma soprattutto erano concordi sulla madornale ignoranza della gente, senza rendersi conto della loro. Da una affermazione del presidente degli industriali sul tipo «oggi il trasporto non costa più nulla», a una smentita del sindaco, secondo il quale invece il petrolio viaggia ormai verso i 200 dollari al barile, smentito a sua volta da un altro esperto, sicurissimo che fra tre anni il barile tornerà a 70 dollari.
Negli ultimi sei anni tutte le previsioni ottimistiche si sono rivelate sbagliate, ma il sindaco approfitta subito di questa occasione per fare retromarcia (altrimenti a che servirebbe la sua grande viabilità?) e spiega che aveva parlato dei 200 dollari svalutati di oggi e non quelli di un tempo, perché non abbiamo più la povera liretta ma il fortissimo euro. Evidentemente il sindaco è l’unico a non essersi accorto che cinque anni fa la benzina era pagata in deboli lirette, ma costava meno della metà di oggi.
La verità è che a fronte di un aumento esponenziale del fabbisogno, la produzione di petrolio è in costante calo da molti anni, e se siamo a arrivati a sfruttare ad enormi costi persino dei micropozzi a 10 km di profondità in luoghi considerati sinora inaccessibili, grattiamo il fondo del barile nel vero senso della parola.
La stampa nazionale non ne parla, ma Hillary Clinton ha un programma che farebbe tremare le vene ai polsi a chiunque, perché prevede una virata a 180 gradi in tutta la politica energetica americana e a tutto il loro stile di vita. Naturalmente petrolieri e nuclearisti fanno di tutto per contrastarla, perché vogliono guadagnare il più possibile fino all’ultimo, e poi quel che sarà sarà, e chi se ne frega; ma il fatto che un popolo come quello americano, abituato da sempre ad uno spreco sfrenato sia arrivato quasi a dare la nomination ad una donna con queste idee, significa che perfino gran parte di loro hanno ormai capito che stiamo andando tutti verso il suicidio collettivo. Invece la nostra casta dominante pensa di trovarsi ancora negli anni ’60, prevede solo aumenti di traffico e vuole tagliare persino gli alberi di piazza Libertà, che sono sopravvissuti a due guerre mondiali. In quei tempi i nostri antenati avevano talmente bisogno che avrebbero potuto benissimo tagliarli per necessità, ma per spirito civico non lo fecero: tagliandoli ora significa sputare sulla loro memoria.
Lucio Schiulaz
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 giugno 2008 

 

 

Corteo di protesta contro la Ferriera - VENERDÌ PROSSIMO

Un corteo per protestare contro la Ferriera di Servola. Venerdì prossimo, con partenza da piazza Unità, prenderà il via la marcia simbolo della giornata di mobilitazione anti-inquinamento prodotto dallo stabilimento di proprietà del Gruppo Lucchini-Severstal.
La manifestazione è promossa dal Circolo Miani assieme a Servola Respira e ai comitati di quartiere. Nell’occasione, si legge in una nota diffusa proprio dal Circolo Miani, «verrà consegnato l’appello alle città di Trieste e Muggia ed a tutte le comunità del Friuli Venezia Giulia con le sottoscrizioni dei promotori raccolte fino a questo momento per fermare una metodologia politica, che trova nella Ferriera di Trieste il suo esempio più eclatante, ma che devasta tutto il territorio regionale escludendo chi vi abita da ogni possibilità di informazione e partecipazione alle scelte».
Proprio l’altro giorno era scattata, come previsto dalla procedura di Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione nei confronti della Lucchini-Severstal. L’oggetto della stessa era il mancato rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di alcuni interventi ambientali all’interno dello stabilimento. Un provvedimento, quello spedito dalla Direzione centrale Ambiente e lavori pubblici, cui la società ha risposto garantendo che «quanto ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche previste dalla diffida stessa».


Piazza Libertà, i comitati non cedono  - DOPO L’OK DEL CONSIGLIO COMUNALE  - «Continueremo con la petizione per fermare il taglio degli alberi»

Protesta ad oltranza. I comitati per la difesa di piazza Libertà non intendono mollare la presa e proseguiranno con la raccolta di firme (che ha oramai superato abbondantemente il migliaio di nominativi) contro l’abbattimento di alcuni alberi, previsto dal progetto di riqualificazione dell’area antistante la stazione ferroviaria.
La conferma arriva da Giulia Giacomich, presidente provinciale di Italia nostra, il sodalizio che in questi giorni ha dato battaglia al Comune e al suo progetto urbanistico, assieme al Wwf, la Lav, il gruppo di Beppe Grillo e l’Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e piante. «Non intendiamo mollare - spiega Giulia Giacomich -. Anzi, la prossima settimana organizzeremo un confronto con tutti i responsabili di comitati coinvolti, per decidere come articolare la protesta. Certo è che tutti noi - aggiunge la presidente provinciale di Italia nostra - stiamo raccogliendo firme in giro per la città, registrando un consenso altissimo. E continueremo su questa strada, per spedire poi la petizione all’indirizzo del sindaco Dipiazza».
Questa la promessa degli ambientalisti, dunque. I comitati hanno deciso di proseguire con la loro «ribellione verde» dopo la svolta dell’altro giorno, quando il Consiglio comunale ha dato l’ok al progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Nonostante la durissima opposizione della minoranza di centrosinistra, che fino a tarda notte ha tentato di impedire l’approvazione del progetto a suon di emendamenti, i sì hanno prevalso e dato il via libera al restyling della piazza. Restyling che prevede il sacrificio di una decina di metri del giardino sul lato di via Ghega e, di conseguenza, il taglio di un numero ancora non definito di alberi (qualcuno parla di 5 esemplari, altri di una decina).
L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha tentato di trovare un compromesso, promettendo che tutti i tronchi che verranno eliminati da piazza Libertà saranno ripiantumati altrove. Ma ai comitati non basta. «La questione non è spostare gli alberi o meno - aggiunge Giulia Giacomich. Il punto è che non bisogna toglierli e basta: in una zona perennemente congestionata e trafficata come piazza Libertà, in cui lo smog è di casa, il giardino rappresenta un vero e proprio polmone verde. Non si può pensare di abbattere alberi senza porsi nemmeno il problema di quanto siano importanti per la nostra salute e per l’ambiente».
«È per questo motivo - aggiunge la presidente provinciale di Italia nostra - che continueremo a raccogliere firme ad oltranza. Siamo ovviamente molto delusi dell’esito della discussione in Consiglio comunale - conclude Giulia Giacomich - anche se ce lo aspettavamo. Non avevamo molte speranze. Però continueremo a lottare».

(e.c.)


Basovizza, la Regione inaugura il Centro didattico naturalistico - INNOVATIVI CRITERI COSTRUTTIVI

TRIESTE È un centro polifunzionale al servizio della natura e del cittadino, destinato a diventare anche un punto d’interesse turistico.
Si tratta del nuovo Centro didattico naturalistico di Basovizza, realizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell'ambito dei progetti comunitari dell'Obiettivo 2 e inaugurato ufficialmente ieri.
La nuova struttura sorge in un comprensorio che un tempo ospitava un vivaio forestale, creato a metà dell'Ottocento dal Comune di Trieste e dall’Amministrazione forestale austriaca per essere la sede operativa di una imponente azione di rimboschimento del territorio carsico. Realizzato adottando alcuni innovativi criteri costruttivi di bioedilizia, per rispettare l'armonia con la natura, e dotato di tecnologie d'avanguardia, il centro - è stato precisato - proseguirà e rafforzerà l'attività divulgativa rivolta alle scolaresche, collaborando tra l'altro con l'Università di Trieste.
L'inaugurazione di ieri s’inserisce nel quadro delle iniziative - coordinate proprio dalla Regione Friuli Venezia Giulia - per celebrare San Giovanni Gualberto, patrono dei forestali d'Italia, che culmineranno in una cerimonia in programma il prossimo 2 luglio, all'Abbazia di Vallombrosa, presso Firenze.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 maggio 2008 

 

 

Piazza Libertà: sì al progetto che taglia gli alberi

In Consiglio dura opposizione del centrosinistra all’abbattimento delle piante mentre un comitato spontaneo di cittadini ha già raccolto più di mille firme
Non era la tradizionale maratona notturna sul bilancio. Quella che i «rappresentanti del popolo» triestino sanno bene di dover ingoiare, come fosse un sorso di novalgina, una volta l’anno. Ciononostante la seduta del Consiglio comunale di giovedì sera è diventata un duello senza fine tra la maggioranza di centrodestra, che alla resa dei conti ha fatto valere la legge dei numeri, e l’opposizione di centrosinistra, protagonista di una raffica d’interventi tra le più lunghe che si ricordino negli anni Duemila. Ci sono volute infatti cinque ore filate, dalle 19.45 all’1.45 del mattino, per chiudere la partita del progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a rivoluzionare entro il primo semestre del 2010 la viabilità e gli spazi pedonali davanti alla stazione e alla Sala Tripcovich.
LA PROTESTA Il dibattito, su quella che si può ormai ribattezzare come «l’opera della discordia», è stato seguito in aula da una rappresentanza di associazioni ambientaliste le quali, sotto il cappello di un neonato comitato spontaneo per la difesa di piazza Libertà che tocca anche le corde del Gruppo Beppe Grillo e dell’Italia dei Valori, hanno accompagnato con qualche timido ululato le parole dei sostenitori del progetto e con qualche applauso altrettanto discreto gli strali che venivano dai banchi dell’opposizione. Ma quando il documento è stato approvato - con 21 sì e 15 no, assenti il sindaco, il presidente del Consiglio Sergio Pacor e il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, ex assessore all’ambiente nonché promotore dell’attuale regolamento sul Verde pubblico - gli stoici superstiti del comitato rimasti fino a notte fonda hanno lasciato piazza Unità con la delusione di chi se l’aspettava.
LA PETIZIONE Eppure il comitato aveva tentato di giocare la carta della sorpresa, presentandosi in aula fin dall’inizio pomeridiano dei lavori. Tra loro una signora cercava con gli occhi l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli per consegnarli un pacchetto infiocchettato contenente una ramazza e una saponetta. A corredo un foglio con su scritto «Piuttosto che riqualificare pulire». Altri sventolavano un robusto plico con 1073 firme, raccolte in 24 ore contro il progetto che prevede il sacrificio di una decina di metri del giardino di Sissi sul lato di via Ghega e con esso di un numero non ancora definito - Bandelli assicura che alla fine saranno solo cinque esemplari che peraltro si tenterà di espiantare e ripiantumare - di alberi ad alto fusto.
IL RETROSCENA Sette delegati del comitato, a quel punto, sono stati ricevuti in privato da Roberto Dipiazza. Quando il sindaco è tornato in Consiglio i «rumours» davano per possibile un rinvio della discussione. Il primo cittadino ha confabulato con Bandelli, la cui smorfia di disappunto era facilmente leggibile a distanza. E mentre l’assessore replicava, Dipiazza continuava a girare e rigirare la cartina con il progetto. Poi il sindaco si è rituffato con quella cartina in mezzo al pubblico che lo tempestava di domande. Sorriso rassicurante. Calma olimpica. È stato il segnale che il dibattito sarebbe cominciato.
LA DIFESA «Si tratta di un progetto preliminare, non è un dogma», ha esordito Bandelli. Il quale ha aggiunto: «Esiste una sentenza senza appello, la viabilità di quella zona (che il documento toglie dal fronte stazione concentrandolo sul lato di via Ghega e su una «esse» di rientro verso il Silos, ndr) fra due anni è destinata al collasso con l’apertura del Silos e dei lavori in Porto Vecchio. Pianteremo 52 alberi nuovi e allargheremo gli spazi pedonali di 2500 metri quadrati». E poi, ha rimarcato l’assessore, c’è il nodo contributi: tre milioni e 800 mila euro, di Ministero e Regione, da rendicontare entro fine 2009.
GLI ATTACCHI «Se un progetto è brutto e non è utile a migliorare il contesto viario e urbano - ha incalzato il capogruppo del Pd Fabio Omero, il più battagliero con il collega di partito Alessandro Minisini e Roberto Decarli dei Cittadini - non è che dobbiamo approvarlo lo stesso solo perché altrimenti non riceviamo i soldi. Sono comunque soldi pubblici, dei cittadini, che possono essere impiegati meglio: ricordo che la legge del 2001 in base alla quale è stato presentato questo progetto parlava di piani per dotazioni infrastrutturali per quartieri degradati sotto il profilo sociale e occupazionale. Qui non c’è niente di tutto questo, c’è solo una rivoluzione viaria che non sta in piedi perché fa leva su collegamenti con aree di punto franco temporaneamente sospeso». «Pago una bottiglia di Dom Perignon per ogni albero secolare che una volta espiantato sarà reimpiantato e sopravviverà», ha ironizzzato il medico-rifondatore Marino Andolina.
LE MODIFICHE La delibera è passata con due «virgole» bipartisan, entrambe fatte proprie dalla giunta: l’emendamento di Emiliano Edera della Lista Rovis, che contempla nelle nuove aree pedonali un percorso per non vedenti e ipovendenti, e l’ordine del giorno di Bruna Tam del Pd, che traccia per il prosieguo del progetto un iter di «partecipazione allargata ad associazioni e comitati».
IL COMITATO La partita comunque non è affatto finita. Ieri pomeriggio alcuni rappresentanti del comitato spontaneo di piazza Libertà hanno consegnato al Piccolo un documento in cui si dicono pronti a «promuovere tutte le azioni anche legali finalizzate ad ottenere una sostanziale revisione del progetto». Per il comitato il documento preliminare è stato di fatto «occultato alla cittadinanza»: le contestazioni principali riguardano «la leggerezza per la quale si considera l’abbattimento di alberi secolari come una necessità tecnica», «l’infondatezza del progetto in merito all’incerto utilizzo della bretella viaria soggetta a vincoli portuali» e «l’aumento di semafori e corsie».

PIERO RAUBER
 

«Diffida» della Regione alla Ferriera  - RITARDI NEI LAVORI PREVISTI NELL’«AIA»  - L’azienda replica: slittamento causato solo dalla complessità dei lavori richiesti

È scattata ieri, come previsto dalla procedura di Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione nei confronti della Lucchini spa per il mancato rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di alcuni interventi ambientali nella Ferriera di Servola. Un provvedimento, quello spedito dalla Direzione centrale Ambiente e lavori pubblici della Regione all’indirizzo della Lucchini, cui la società risponde garantendo che «quanto ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche previste dalla diffida stessa».
In buona sostanza, l’Aia prevede una sorta di calendario degli interventi che la proprietà dello stabilimento siderurgico deve effettuare, rispettando modalità e tempi stabiliti. La società viene costantemente tenuta sotto controllo e, se non riesce a completare le migliorie tecniche entro la data limite, scatta automaticamente la diffida. In questo caso gli interventi «ritardatari» sono tre.
«Abbiamo già ottemperato alla più significativa delle tre prescrizioni contenute nella diffida - fa sapere la proprietà dello stabilimento servolano -. Si tratta dell’intervento denominato Cok7 Sistema di riscaldo forni, che consiste nello sdoppiamento dell’alimentazione della cokeria».
In base alla tabella di marcia definita dall’Autorizzazione integrata ambientale, dunque, rimangono due interventi che la società dovrà eseguire. «Il ritardo accumulato è dovuto alla complessità delle due operazioni di miglioria da realizzare - spiega ancora la Lucchini -. Assicuriamo però con certezza che saremo in grado di portarle a termine entrambe entro i tempi previsti dalla diffida».
Nello specifico, il primo dei due interventi da eseguire consiste nell’installazione del filtro a tessuto sull’impianto di aspirazione polveri a servizio dei vibrovagli nel reparto di condizionamento (in questo caso la Lucchini avrà 20 giorni a disposizione). Mentre il secondo, per la cui esecuzione la società avrà a disposizione 45 giorni, consiste nella realizzazione dell’impianto di aspirazione polveri a presidio delle operazioni di seconda vagliatura del coke.
La proprietà dovrà quindi terminare i lavori entro il termine fissato dall’Aia, pena la sospensione della stessa Autorizzazione integrata ambientale a tempo determinato. «La Lucchini sta proseguendo nei termini previsti anche nella realizzazione di una serie di altri interventi - rende noto la società - sia a livello impiantistico che in materia di monitoraggio e controllo. Considerando gli interventi ambientali allo stabilimento di Servola una priorità del gruppo Lucchini-Severstal, la nostra società continua a impegnarsi per adottare le migliori tecniche disponibili per rispondere ai precisi obblighi normativi a tutela della salute pubblica della cittadinanza e dell’ambiente».

(e.c.)


Comune: discariche dannose per il porto  - Sesta commissione: l’area abusiva blocca lo sviluppo della zona

«Lo sviluppo delle attività portuali di Trieste e, più in generale, quello dell’intera città, rischia di essere paralizzato dalla maxidiscarica abusiva scoperta nell’area dello Scalo Legnami. Si tratta non solo di un enorme disastro ambientale, ma anche di un danno ingente per la nostra economia e la nostra immagine: ora è arrivato il momento che tutte le istituzioni collaborino per risolvere il problema velocemente». Questo l’appello lanciato ieri dal presidente della Sesta commissione comunale Roberto Sasco (Udc), durante un sopralluogo effettuato assieme ai consiglieri della prima commissione della Provincia nell’area inquinata, e tuttora sotto sequestro.
Ieri mattina i consiglieri hanno infatti varcato la zona protetta dai sigilli apposti dalla Procura due settimane fa, scortati dai militari della guardia di finanza, dagli uomini della Forestale regionale e da alcuni tecnici delle due amministrazioni locali. Una verifica congiunta all’area dello Scalo Legnami: 20mila metri quadrati ricoperti da migliaia di metri cubi di rifiuti pericolosi accatastati in riva al mare. Detriti di ogni genere accumulati sia a terra che in mare, «cumuli enormi - ha sottolineato il consigliere dei Cittadini Roberto Decarli - che sono certamente il risultato di anni e anni di scarichi abusivi».
«Lo spettacolo che ci siamo trovati davanti agli occhi è sconcertante - spiega ancora Roberto Sasco -. Comune e Provincia non vogliono entrare nel merito delle competenze della magistratura. Però è importante ricordare che l’area dello Scalo Legnami è strategica per lo sviluppo della città: davanti dovrebbe nascere la piattaforma logistica. Un progetto che, a questo punto, rischia di essere paralizzato per anni». Il grande punto interrogativo, secondo il consigliere comunale dell’Udc, è rappresentato dai tempi e dai costi della bonifica dell’area: «Chi pagherà? Servono risorse ingenti - conclude Sasco - e tempi strettissimi se si vuole investire sul futuro di Trieste».

(e.c.)


Dissequestrati i camion bloccati allo Scalo legnami - DECISIONE DEL RIESAME

Il Tribunale del riesame ha dissequestrato ieri una dozzina di camion bloccati due settimane fa per iniziativa del pm Maddalena Chergia congiuntamente alla discarica dello Scalo legnami, ritenuta abusiva. All’interno sempre secondo l’accusa, venivano smaltiti rifiuti speciali per il trattamenti dei quali non era mai stata ottenuta la necessaria autorizzazione.
Il collegio che ha deciso il dissequestro era presieduto dal giudice Giorgio Nicoli e ne facevano parte i colleghi Laura Barresi e Francesco Antoni. I magistrati hanno accolto le tesi sostenute dagli avvocati Sergio Mameli, Giancarlo Muciaccia, Andrea Frassini, Luca Maria Ferrucci e Antonio Florean che hanno rappresentato altrettante ditte individuali o di capitale impegnate nell’attività di autotrasporto o semplicemente proprietarie dei camion, peraltro dati in leasing a terze persone: in dettaglio erano stati sequestrati i mezzi usati per trasferire nella discarica i materiali ritenuti abusivi dalla ditta «Purger scavi», da Sebastiano Puliafito, dalla «IPM srl», dalla «Iest srl», da Alfredo Cok e dalla società «Leone srl».
Il loro sequestro, annullato ieri dal Tribunale del riesame era stato in un primo tempo ratificato dal gip Massimo Tomassini. Secondo l’inchiesta i proprietari e i gestori dei camion «non potevano non conoscere la normativa di riferimento in materia di rifiuti e in particolare il trattamento di quelli speciali».
L’unica società che ha ritenuto n di non ricorrere al Tribunale del riesame pur avando un proprio mezzo sotto sequestro, è stata la «Bruno Costruzioni».


Cartiera Burgo, dissequestrati due serbatoi con sottoprodotti  - Il gruppo ha dimostrato la regolarità dell’impianto bloccato, che ha portato alla cassa integrazione

Centomila euro. Questo il «danno» subito dalla cartiera Burgo di Duino per il sequestro di alcuni impianti industriali, poi revocato dal Tribunale del riesame. Ecco la storia, sviluppatasi nelle due ultime settimane al termine delle quali la direzione del gruppo cartario ha annunciato l’imminente cassa integrazione per 200 operai.
Il Tribunale del riesame ha dissequestrato due enormi cisterne della Cartiera Burgo di Duino, piene di ligninsulfonato, prodotto nello stabilimento di Tolmezzo appartenente alla stessa società. Il ligninsulfonato è un prodotto secondario delle cartiere e viene usato come «legante» nella preparazione di colle e vernici.
Il collegio presieduto dal giudice Luigi Dainotti e col collega Francesco Antoni nel ruolo di relatore, ha «disattivato» con la sua ordinanza quanto aveva disposto una dozzina di giorni fa il pm Maddalena Chergia che, con un suo provvedimento, aveva bloccato l’attività di questo impianto, ipotizzando che nei due tank di Duino fossero stati stoccati indebitamente rifiuti industriali pronti a essere inceneriti.
Invece il gruppo Burgo, attraverso il suo legale triestino, l’avvocato Franco Ferletic, ha dimostrato, prima esibendo i documenti, poi attraverso l’esito delle analisi di laboratorio effettuate dall’Arpa, che tutto era regolare, a norma di legge. In sintesi che l’impianto non andava sequestrato.
Per arrivare all’udienza del Tribunale del riesame è stato però necessario attendere una dozzina di giorni, e per tutto questo periodo di tempo le linee di produzione del lignisulfonato sono rimaste giocoforza bloccate. E’ stata persino ipotizzata la «messa in libertà» o in «cassa integrazione» di alcune decine di operai della stabilimento di Tolmezzo.
La direzione del «Burgo Group srl» ritiene che il blocco forzoso dell’attività abbia provocato un danno notevole, valutabile in circa centomila euro. Difficile ipotizzare un percorso per ottenere una qualsiasi forma di risarcimento: gli spazi offerti dalla legge sono più che angusti. Anzi impercorribili, almeno secondo il giudizio di alcuni avvocati.
Il ligninsulfonato prodotto nella cartiera di Tolmezzo da tempo viene trasferito con autobotti che percorrono l’autostrada fino allo stabilimento di Duino. Lì viene commercializzato. Il porto di Monfalcone ma anche quelle di Trieste dispongono infatti di spazi per il depositi temporaneo di questo «legante».
Ogni anno la produzione del lignisulfonato porta nei bilanci del gruppo Burgo una consistente iniezione di denaro, valutata nel 2006 a 14 milioni di euro.
La vicenda, ora conclusasi favorevolmente, era stata con buona probabilità innescata da un «soffiata» - comunque errata - fatta arrivare ai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine. I militari erano entrati nello stabilimento di Duino e avevano subito «puntato» i due serbatoi, nell’ipotesi che lì fossero stoccati dei non meglio specificati residui di lavorazioni industriali, pronti ad essere inceneriti o al di fuori di ogni autorizzazione e regola.
I dirigenti della cartiera hanno fornito immediatamente i documenti che attestavano la presenza di ligninsulfonato nei tank finiti nel mirino degli inquirenti. Hanno esibito fatture, bolle di accompagnamento, analisi. Ma non è stato sufficiente per fermare l’azione.
I due grandi serbatoi sono stati posti sotto sequestro e i militari del Noe, assieme ai tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, hanno effettuati alcuni prelievi. Scopo finale, quello di verificare la vera natura del prodotto. Le analisi ma anche la comunicazione del loro esito alla Procura della Repubblica, hanno richiesto parecchi giorni. Il contenuto di alcuni fax non è stato ritenuto idoneo; bisognava attendere l’arrivo dei risultati per posta ordinaria. Nel frattempo la linea di produzione era bloccata.
Intanto ieri mattina è iniziata, per circa 250 dipendenti della cartiera, la cassa integrazione annunciata giovedì. Gli addetti di due delle tre linee di produzione, infatti, resteranno a casa fino a mercoledì, e non è escluso che nella giornata di martedì venga annunciato dalla proprietà un ulteriore provvedimento di blocco dell'attività, causato dalla mancanza di ordini.
Ieri intanto si sono chiuse le urne del referendum aperto da una settimana. I lavoratori erano chiamati a votare relativamente all'ipotesi di accordo tra sindacati e proprietà su flessibilità interna, nuove assunzioni e sicurezza, argomenti che stridono di fronte alla cassa integrazione.

CLAUDIO ERNÈ


Muggia, parte la differenziata  - Dal 16 giugno la fase sperimentale per negozi e pubblici esercizi - A BREVE LA CONSEGNA DEI CONTENITORI

MUGGIA La fase sperimentale della raccolta differenziata dei rifiuti nel Comune di Muggia entrerà nel vivo dal 16 giugno. Il progetto è stato illustrato in un’assemblea pubblica dall’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani, dall’architetto Adriana Cappiello del Servizio ambiente e sviluppo energetico e dal referente della Ecoverde, azienda affidataria del servizio, Antonio Giannatiempo.
La fase sperimentale, che prevede l’estensione della raccolta differenziata anche alla frazione umida dei rifiuti, è rivolta a esercizi commerciali, pubblici esercizi ed edifici pubblici, e sarà gradualmente estesa a tutta la cittadinanza, facendo tesoro dell’esperienza acquisita. Contemporaneamente sarà avviata, presso le singole attività interessate - 113 in tutto così ripartite: 25 tra caserme, scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14 esercizi commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici esercizi fuori dal centro, oltre agli edifici comunali - la raccolta porta a porta dei rifiuti differenziabili (carta, vetro, lattine e plastica). Per tutti gli altri utenti verrà mantenuto il sistema di conferimento ai cassonetti stradali.
Una prima fase di rilevazione dei dati sulle tipologie e quantità dei rifiuti e sugli spazi disponibili, era partita a marzo con l’invio agli esercizi coinvolti di un questionario; in questi giorni verranno visitati gli esercizi che ancora non lo hanno restituito, mentre la distribuzione dei contenitori per la frazione organica e la raccolta differenziata avverrà tra il 9 e il 13 giugno. Contenitori che saranno diversificati per tipologia e colore e, in proporzione alle quantità di rifiuti, potranno essere bidoni carrellati da 140 o da 240 litri. I contenitori dovranno essere esposti il giorno prima della raccolta, alla chiusura dell’attività lavorativa. L’orario di raccolta sarà dalle 5.30 alle 8.
«Quando sarà entrato a regime, il progetto – ha spiegato Bussani – porterà benefici a tutta la cittadinanza, anche in termini di risparmio. L’abbattimento dei costi di gestione della raccolta porterà al passaggio da tassa sui rifiuti, calcolata in base alla superficie, a una tariffa basata sulla quantità e qualità dei rifiuti. Ridurre i costi di conferimento al termovalorizzatore permetterà di impiegare le risorse per altri servizi. Come amministrazione non intendiamo imporre ma proporre - ha sottolineato Bussani – ma la raccolta differenziata deve partire perché le direttive lo impongono. Entro il 2008 bisognerà raggiungere l’obiettivo del 41%, mentre attualmente si raggiunge appena il 19,6% contro il 35 fissato dalla legge».
«Siamo pronti ad attuare eventuali aggiustamenti, in accordo con la Ecoverde, tenendo conto delle varie esigenze - ha concluso l’assessore - ma è importante la collaborazione di tutti. Gli interessati sono invitati pertanto a presenziare alla prossima assemblea del 3 giugno, alle 15, in Sala Millo, occasione di confronto per suggerimenti e la soluzione di problemi, inevitabili con l’introduzione di importanti novità».
Il sistema attuale della raccolta indifferenziata coinvolge 13.400 cittadini, 6.120 famiglie e 380 aziende. Nel 2006 sono state prodotte 6.210 tonnellate di rifiuti indifferenziati su un totale di 7.847 (la racccolta differenziata è pari al 18,93%), mentre nel 2007 le tonnellate di indifferenziati erano 6.108 su complessivi 7.597, pari al 19,59% di differenziata.
Per il momento verranno mantenuti anche gli strumenti attualmente utilizzati per la raccolta, e cioè 185 cassonetti da 1.100 litri, 213 da 2.400 litri e 70 campane per la plastica, 70 per vetro e lattine, 70 per la carta, 5 per gli indumenti usati, 10 per le pile esauste e due per i medicinali scaduti.


Rifiuti, la gestione rimane a Ecoverde  - Il Consiglio di Stato accoglie la richiesta di sospensiva del Comune di Muggia

MUGGIA La raccolta dei rifiuti a Muggia resta, almeno per ora, in gestione a Ecoverde. Il Consiglio di Stato ha accolto un’iniziale istanza di sospensiva presentata dal Comune nei confronti della sentenza del Tar del febbraio scorso, che aveva annullato la gara d’appalto per le immondizie nella cittadina.
Il Tar aveva infatti accolto un ricorso della «E.Con-Conegliano Ecologia», che si era rivolta al tribunale amministrativo regionale lamentando un’illegittimità del bando, al quale del resto l’azienda non aveva poi partecipato.
Dopo tre udienze, il Tar aveva dato ragione alla «E.Con» annullando tutto: l’atto di indizione della gara, il bando di gara pubblicato, il relativo capitolato speciale, nonché tutti gli atti conseguenti.
Quindi, a detta del Tar, si sarebbe dovuta rifare da subito la gara. Il che sarebbe stata una brutta gatta da pelare per il Comune, che si sarebbe visto costretto a riaprire il bando, con tutti i costi che ne derivano.
Il Comune ha presentato però ricorso in appello al Consiglio di stato, chiedendo anche immediatamente la sospensione dell’efficiacia della sentenza del Tar. I giudici romani si sono riuniti e hanno emesso il loro verdetto martedì scorso. Il ricorso è stato accolto, «considerato che, allo stato – si legge nell’ordinanza del Consiglio - appare prevalente l’interesse dell’amministrazione comunale alla continuità del servizio, specie nell’imminenza della stagione estiva». Al dibattimento, la stessa E-Con non si è costituita.
L’istanza cautelare accolta sospende dunque l’efficacia della sentenza del Tar, lasciando le cose come stanno. Ma è solo un primo passo. Verso fine anno, infatti, il Consiglio di stato si pronuncerà anche nel merito del ricorso, ovvero valuterà se il dispositivo del Tar deve avere eseguito. E quindi se bisogna rifare la gara di appalto, oppure no.

(s.re.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 maggio 2008 

 

 

Scontro sul progetto per piazza Libertà - IN CONSIGLIO COMUNALE - Rumorose proteste degli ambientalisti dentro il Municipio

 

Anche i gruppi Beppe Grillo contestano il taglio degli alberi di alto fusto
È proseguita fino a notte inoltrata la discussione del consiglio comunale sul progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, che entro il primo semestre 2010 dovrebbe ridisegnare completamente gli spazi verdi e l’assetto viario della zona. Compattta per il sì la maggioranza di centrodestra, mentre l’opposizione di centrosinistra ha annunciato voto contrario, ritenendo il documento slegato dal piano del traffico generale e soprattutto dalla possibilità di utilizzare in futuro le bretelle che ricadono in area portuale. Al momento di andare in stampa la delibera non era ancora stata approvata.
Durante il dibattito in aula una ventina di appartenenti al neonato comitato spontaneo di ambientalisti, cui si sono agganciati Gruppo Beppe Grillo e Italia dei Valori (partito non rappresentato in Consiglio), hanno manifestato rumorosamente contro la parte del progetto che prevede il sacrificio di una decina di metri del giardino di Sissi sul lato di via Ghega e, con esso, di un numero non ancora definito di alberi ad alto fusto. Il comitato ha anche consegnato a Roberto Dipiazza una petizione con 1150 firme raccolte in 24 ore.
Il sindaco ha anche ricevuto nella sua stanza, prima del dibattito, sette delegati del comitato. Sembrava quasi deciso a rinviare l’esame del progetto. Poi ne ha parlato con l’assessore ai Lavori pubblici Bandelli che l’ha convinto a procedere come da ordine del giorno. «I cittadini stiano tranquilli - ha detto Dipiazza -, Bandelli mi ha assicurato che il progetto è stato elaborato in modo da salvaguardare più alberi possibile».
Ora per il progetto preliminare - che prospetta la fine del traffico davanti alla stazione e alla stessa Sala Tripcovich, con una «esse» a doppio senso che si concentra sul lato di via Ghega - continua la corsa contro il tempo per la redazione del progetto esecutivo e della gara d’appalto. Sono in ballo tre milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle Infrastrutture e il resto della Regione, da rendicontare entro il 31 dicembre 2009.

(pi.ra.)


Tondo: più sobrietà e meno dirigenti in Regione  - «Stiamo già lavorando all’accorpamento dei servizi. Comparto unico da ripensare»

È evidente che mancano sia medici sia infermieri: le aziende devono spendere meno per gli amministrativi e di più per chi sta in corsia
Cambieremo la legge di tutela Va tolto il silenzio-assenso per l’insegnamento e l’utilizzo negli enti pubblici sarebbe un costo enorme
TRIESTE Da neanche un mese ha preso in mano il testimone di governatore. Testimone che gli è stato consegnato dai cittadini del Friuli Venezia Giulia. Una vittoria netta, quella su Riccardo Illy, che nasconde anche un pizzico di «nostalgia» dei cittadini per un modo di fare e intepretare la politica stile anni ’80-’90. Renzo Tondo, questo stile ce l’ha nel suo dna di socialista. «La politica deve avere un ruolo centrale» è il suo pensiero. E su questo credo ha già incardinato le scelte sulla composizione della sua giunta. Ma Tondo ha anche dovuto affrontare subito problemi concreti, a cominciare dal nodo Insiel. Vuole incidere sui costi della politica, ma anche su quelli della burocrazia che peraltro è di intralcio alla vita dei cittadini a chi vuol fare impresa. «Possiamo snellire la macchina pubblica, utilizzando ove possibile, l’accorpamento di direzioni e servizi. I costi onerosi del comparto unico devono poi tradursi in assegnazione di maggiori competenze agli enti locali. Se impiegati e funzionari guadagnano di più, deve esserci una ricaduta sulla comunità. E per il momento questa trasformazione non si è vista». E sempre nell’ottica del risparmio conferma la modifica della legge sul friulano voluta da Illy. A Roma chiederà più risorse per la Sanità mentre il reddito di cittadinanza per i più poveri sarà trasformato in un «assegno sociale». E da ieri è partita anche l’operazione di riduzione dell’indebitamento.
Presidente, l’opposizione sottolinea che alcuni dei suoi assessori sono poco esperti.
Intanto, nel ’98 io arrivai qui e mi trovai a gestire sei deleghe. Poi, ho privilegiato la volontà dell’impegno e comunque il primato della politica che ci aiuta a capire la sintesi delle varie situazioni e il modo in cui affrontarle. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico ci sono i direttori e gli uffici. Ho già apprezzato come gli assessori abbiano mantenuto un profilo tranquillo. Vogliono capire le cose prima di fare annunci roboanti. E per questo li ringrazio.
Come intende sviluppare i rapporti con l’opposizione?
I cittadini hanno eletto un presidente della Regione e un Consiglio. Non sono un uomo solo al comando. Quando ero sindaco di Tolmezzo, finchè c’è stata un’opposizione forte, ho governato bene, quando alla fine della legislatura, l’opposizione ha mollato, ho fatto degli errori. Io vengo dalla tradizione socialista e vent’anni fa teorizzavamo la democrazia conflittuale in alternativa a quella consociativa. Quindi ben venga un rapporto anche duro con il centrosinistra ma con la nostra predisposizione al dialogo.
E il rapporto della giunta con Roma?
Sarà improntato a tutelare la nostra specialità senza alcuna subalternità relativa all’appartenenza. Dialogheremo tra istituzioni con il vantaggio di avere buoni rapporti con molti ministri che conosco bene e che vengono dalla tradizione socialista. Per quanto riguarda l’aumento della compartecipazione l’obiettivo della legislatura è ottenere il riallineamento della spesa sanitaria.
Sull’abolizione del reddito di cittadinanza si sono levate critiche anche dalla parte più cattolica della sua maggioranza. Come pensa di procedere?
Su questo i media hanno esagerato. Io ho sempre e soltanto detto che il reddito di cittadinanza non è lo strumento più adatto per dare risposta all’emarginazione sociale. Culturamente abbiamo sempre detto che considerarlo un reddito era un errore. Detto questo, siccome le leggi ci sono e adesso c’è la sua applicazione per il primo anno sperimentale, lo applichiamo. Studieremo per il prossimo anno un nuovo provvedimento anche alla luce dell’esperienza fatta quest’anno. Anche se il fatto stesso che siano pervenute solo 2 mila domande a fronte dei 20 mila aventi diritto ci indica che qualcosa non funziona. Evidentemente, si è impantanato. A chi è disagiato un assegno sociale va garantito. E, nonostante il comparto unico, evidentemente i sindaci non sono messi in grado di gestire il servizio.
Lei è critico sul comparto unico?
L’operazione è costata un sacco di soldi pubblici dei nostri cittadini. A dieci anni di distanza dalla legge noi non abbiamo ancora la ricaduta per i cittadini. La logica non era quella di premiare i dipendenti di Comuni, Province e Comunità montane rispetto ai regionali, ma dare maggiori servizi. Anche l’assegno sociale va inserito nell’ambito di nuove competenze che i Comuni dovranno gestire.
Ma i dipendenti non sembrano gradire la politica della mobilità.
Io credo che la mobilità può essere un valore. Non tutti i dipendenti sono triestini. Il trasferimento non verrà imposto a nessuno ma per molti può essere un’opportunità. Dopo di che, però, se nei Comuni prendono più soldi, che cosa danno in più? Facciamo il comparto ma la piscina comunale resta aperta fino alle 10 di sera.
E nella sanità?
Ci sono molti interventi da fare sulle strutture. Non abbiamo ospedali da chiudere, abbiamo ospedali ai quali far fare cose diverse a seconda di ciò che il territorio necessita. Abbiamo centri di eccellenza e la rete ospedaliera deve soprattutto servire a garantire soprattutto i cronici, i terminali, gli anziani... Con il lavoro che sta facendo l’assessore Kosic andremo in questa direzione anche per evitare sprechi di denaro.
Ma i sindacati chiedono centinaia di nuove assunzioni. Avete già fatto una valutazione?
Ci stiamo lavorando. È chiaro che mancano medici e infermieri rispetto all’ideale e noi dobbiamo vigilare affinché le aziende sanitarie spendano più risorse per l’attività di corsia che non per gli amministrativi. La riforma va in questo senso. Il progetto delle tre aziende di Illy incideva solo sui percorsi amministrativi. Fare un’unica azienda a Udine avrebbe stressato il territorio senza peraltro portare grandi benefici.
A proposito di spesa, come ridurre i costi della politica?
In Consiglio ho fatto un appello alla sobrietà e il presidente Ballaman ha già espresso le sue intenzioni di ridurre le indennità. I miei assessori sono stati invitati a fare tutti i gesti che lancino un messaggio. Quando decido di prendere un forestale come mio autista o quando riduciamo a cinque gli assessori esterni, diamo messaggi importanti. Adesso stiamo lavorando sull’accorpamento dei servizi. Dopo aver eliminato la direzione alla comunicazione e quella generale prseguiremo. Se ci sono dei servizi nei quali i dirigenti vanno in pensione valuteremo la praticabilità di accorpamenti prima di rimpiazzarli. Ho detto questo agli assessori e ad altri enti esterni. Una cosa da fare, poi, è riprendere in mano il comparto unico che deve portare a una ricaduta sul sistema.
A che punto è l’analisi sul debito?
Nella manovra di assestamento abbiamo già tagliato più di cento milioni di euro del debito regionale. È stata, con la collaborazione di tutti gli assessori, una prova di coerenza rispetto alle nostre promesse elettorali. Quel che è certo è che Illy ha detto che ha portato più soldi, ma di solito ci si indebita quando ci sono poche entrate. Ne ho parlato anche con la Corte dei Conti.
Facciamo il punto su Insiel.
Siamo in attesa della proroga della Bersani. Con Telecom le cose andavano meglio ma il mio obiettivo è che ci sia una presenza pubblica minoritaria (35%) e una presenza privata maggioritaria (65%) in modo tale che la presenza della Regione garantisca i patti parasociali.
Difficile con la Bersani?
Io sono moderatamente ottimista.
Arriva il comissario per la costruzione della terza corsia dell’A4?
A breve, assieme al presidente del Veneto Galan, lo chiederemo al governo. E lo otterremo.
E sul fronte delle altre infrastrutture?
Ci siamo posti obiettivi ambiziosi. Oltre alla terza corsia dobbiamo partire con i cantieri per la Tav, valutare l’impatto della Sequals-Gemona, attivare il collegamento dell’autoporto della Bassa con la rete autostradale. Concluderò entro la legislatura i lavori dell’eterna incompiuta la famosa A28 che sarà collegata con l’A27 costituendo così, anche con l’utilizzo della variante di Mestre, un collegamento privilegiato verso Ovest.
Quanto costa allargare lo sconto sull’Irap alle piccole e medie imprese?
Non abbiamo ancora fatto una stima ma è un provvedimento da portare a compimento entro la legislatura: premierà quella rete di piccole aziende che costituiscono l’ossatura produttiva del Friuli Venezia Giulia.
Si è chiesto se la nomina a presidente di Massimo Paniccia fosse incompatibile con i suoi altri incarichi?
Mi sono posto il problema ma il ragionamento che ho fatto è molto logico. Mi sono chiesto se avesse o meno le caratteristiche per fare il presidente di Mediocredito. Paniccia è un imprenditore friulano di una media imprese, è presidente delle pmi, ha professionalità nel settore finanziario, è un innovatore. Quindi ho deciso che potesse essere un buon presidente.
Lei ha detto di essere un fautore del nucleare. Si può ipotizzare il progetto di una centrale nel Friuli Venezia Giulia?
A quanto mi risulta la nostra regione, per la sua struttura morfologica, non rientra nei piani.
Ma intanto le grandi imprese chiedono subito energia a prezzi più bassi da importare attraverso gli elettrodotti. La sua giunta appoggia questo progetto?
Il nucleare ci verrà in soccorso non prima di dieci anni. Ho fatto un sopralluogo in Austria e ho constatato che l’impatto ambientale è limitato. Quindi credo che la realizzazione di un elettrodotto vada avviata al più presto.
Il rigassificatore ha scatenato un po’ di maretta dentro la parte triestina del suo partito.
Dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovich abbiamo concordato che una struttura a mare non si può fare. Non ho pregiudizi ideologici sull’impianto a terra ma ritengo che la morfologia del territorio triestino poco si adatti a questa soluzione. Ad ogni modo siamo a disposizione del governo se vorrà avviare le procedure di legge.
In campagna elettorale sosteneva che aveva un progetto per ammortizzare l’eventuale crisi occupazionale prodotta dalla chiusura della Ferriera. Conferma questo impegno?
Confermo che ho parlato con alcuni imprenditori importanti disposti a investire in quell’area.
Modificherete la legge sul friulano varata nell’ultima legislatura?
Confermo che la cambieremo. Primo perché bisogna togliere il silenzio-assenso nelle scuole. E poi non è possibile immaginare l’utilizzo del friulano negli enti pubblici. Non ha senso e sarebbe una spesa enorme per le casse pubbliche.
CIRO ESPOSITO


Traffici illeciti, inchieste parallele per Friuli e Ivrea - IN PIEMONTE 7 ORDINI DI ARRESTO

Nel porto di Venezia sequestrati 22 container di carta friulana pronti a partire per la Cina
ROMA Rifiuti smaltiti in terreni agricoli delle province di Torino e Alessandria o portati in container dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto in Cina: sono sull'asse Ivrea-Venezia le due nuove inchieste, pur slegate tra loro, della magistratura sullo smaltimento illecito di rifiuti. Mercoledì la notizia del sequestro dei 22 container nel porto di Venezia, mentre ieri i carabinieri del Comando provinciale di Torino, comandanti dal colonnello Antonio De Vita, e del Noe, diretti dal colonnello Michele Sarno, hanno eseguito sette misure cautelari nei confronti di persone che facevano capo al Consorzio Asa di Castellamonte (Torino) che si occupa di recupero e smaltimento rifiuti per 54 comuni del canavese.
L’indagine che ha portato al sequestro di 22 container nel Porto di Venezia riguarda un presunto traffico di rifiuti tra il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto e la Cina. L'ipotesi formulata dalla Procura udinese nei confronti dei responsabili delle società è di abusiva raccolta di rifiuti, reato previsto dal Codice dell'ambiente. Secondo quanto si è appreso, il provvedimento è stato eseguito l'8 maggio scorso e fa parte di una più ampia attività di indagine coordinata dal sostituto procuratore della repubblica di Udine Claudia Finocchiaro. Dei 22 container bloccati nello scalo veneziano, dieci contengono balle di carta raccolte dalla Idealservice di Pasian di Prato (Udine), una cooperativa specializzata nella raccolta e nella selezione di rifiuti e 12 della Società estense servizi ambientali (Sesa), Spa a prevalente capitale pubblico del Comune di Este (Padova). Erano diretti nel Paese asiatico attraverso un mediatore tedesco, la società Interseo Gmbh di Francoforte, che formalmente è la proprietaria dei container. L’indagine della Procura di Udine è stata avviata venti giorni fa ed è ancora «in pieno svolgimento», ha affermato il Procuratore capo, Antonio Biancardi, sottolineando che «al momento non ci sono indagati». Biancardi ha precisato che i container «dovrebbero contenere rifiuti di carta, per i quali era stata data autorizzazione alla partenza per la Cina. L'indagine - ha proseguito - è stata avviata poichè ci sono dei sospetti che non sia così». La cooperativa Idealservice, coinvolta nell'indagine, presenterà richiesta di incidente probatorio sul contenuto dei 22 container sequestrati al Porto di Venezia. Il legale della società, Roberto Paviotti, respinge ogni accusa rivolta alla Idealservice e contestando l'ipotesi che all'interno dei container vi sia qualcosa di diverso dalla carta. «Si tratta - ha spiegato - di imballaggi, carta, cartone e giornali che la società raccoglie da 14 anni e che negli ultimi tempi viene destinata regolarmente anche a cartiere cinesi, che rappresentano un nuovo ”business” nel settore».
Diversa la vicenda di Ivrea. Per risparmiare sui costi di smaltimento di quelli pericolosi e della raccolta differenziata, secondo la ricostruzione del procuratore Elena Daloisio, alcuni dei dipendenti del Consorzio gestivano abusivamente, utilizzando false certificazioni di laboratorio, ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non, tra cui anche l'amianto. I rifiuti venivano dispersi e mescolati su un terreno agricolo di S. Antonino (Torino) e Pontestura (Alessandria) o stoccati in discariche abusive. Riscontrati anche danni ambientali dovuti alle infiltrazioni tossiche nei terreni e nelle falde acquifere che hanno anche causato una moria di pesci per l'alta tossicità dei derivati dal degrado dai rifiuti. Agli arresti domiciliari sono finite sette persone.


Industriali: «Sì a Gas Natural» - VERTICE SULL’ENERGIA A TRIESTE - Razeto (Ceat): «Puntiamo all’area ex Esso e alla catena del freddo»

TRIESTE Il rigassificatore è una priorità e il Consorzio energia dell’associazione degli industriali di Trieste (Ceat), guardando al golfo di Trieste, punta a un impianto on-shore, in particolare quello dell’area ex Esso che sta progettando Gas Natural. A insistere su questo punto, per abbattere i costi dell’energia troppo alti per le imprese, è il presidente del ceat, Sergio Razeto.
«Assindustria e Ceat sono stati spinti da motivazioni di carattere economico a supportare la soluzione nell’area ex-Esso di Gas Natural – spiega –. I benefici per la popolazione, la riqualificazione di un’area inquinata oggi dismessa, il ritorno occupazionale sia in termini di costruzione che di gestione, l’indotto e la realizzazione della cosiddetta catena del freddo per l’industria della conservazione alimentare registrano la diffidenza di parte dell’opinione pubblica che deve essere adeguatamente informata e sensibilizzata sulla sicurezza dell’impianto».
«Auspichiamo quindi che a livello nazionale e locale - conclude il presidente – dopo una fase di rallentamento, se non di ostacolo, alla realizzazione dei 13 progetti in Italia, si arrivi ad una certezza su alcuni impianti, in cui il soggetto pubblico dia garanzie ai privati che investono e alle comunità preoccupate dai progetti, superando le resistenze troppo spesso ideologiche e i localismi».


I dubbi sui rigassificatori

Era prevedibile che lo spostamento degli obiettivi politici seguito alle elezioni si rendesse presto visibile anche nei programmi per l’energia. Il periodo relativamente povero di novità seguito alle presentazione dei progetti di rigassificatori e alle prese di posizione degli organi amministrativi e politici più direttamente responsabili, dagli ambientalisti e della popolazione è stato rotto dalle prime avvisaglie di nuovi orientamenti.
Non è ancora completato il processo autorizzativo, senza la cui conclusione liberatoria, nessun progetto può essere attuato. Non sono stati resi noti gli approfondimenti che pur sono tanto necessari, e il confronto fra favorevoli e contrari si appoggia tuttora a valutazioni e opinioni personali. Ma l’attività di rigassificatori nel golfo di Trieste o nel cuore del suo porto, rappresenterebbe una nuova situazione di caratteristiche così paticolari, e un cambiamento della strategia di sviluppo così importante e irreversibile e così ricco di conseguenze per la nostra città, che si deve continuare a raccogliere informazioni aggiornate, a discuterne e a valutarne i pro e i contro fino ad essere certi che i progetti rientrino in una precisa e largamente condivisa strategia di sviluppo della città.
Il risveglio notato nella nuova atmosfera politica non dipende da nuove conoscenze sul metano in quella che viene giustamente chiamata crisi energetica. Manca infatti sempre un piano energetico nazionale e non vi sono nuove ragioni a favore di Trieste per la collocazione ideale dei rigassificatori. Non vi è alcuna certezza che la necessità e la convenienza della rigassificazione a Trieste siano e debbano rimanere alte con l’evoluzione della crisi energetica. Al contrario è probabile che il gas dai rigassificatori diventerà ad un certo momento meno conveniente del metano gassoso che arriverà dai metanodotti. Dobbiamo pensare che può diventare necessario scegliere fra metano liquefatto e metano gassoso e che il nostro rigassificatore porebbe rimanere inattivo.
Trieste conosce, proprio dalla storia della Ferriera di Servola, le difficoltà che la pressione del mercato crea quando si deve intervenire sull’attività di grandi impianti industriali, con la necessità di renderla meno economica o addirittura di interromperla per rispettare l’ambiente. Si manifesta invece più forte la tesi che abbiamo sostenuto da sempre: la necessità di considerare l’ incompatibilità del rigassificatore con lo sviluppo dell’attività portuale. E’ da molti mesi che la stampa registra per la prima volta la possibilità di rinascita del nostro porto con le prove che può svegliarsi dal quasi secolare degrado. Esposizioni chiare delle grandi linee strategiche, progetti precisi e documentati, esigenze economiche e finanziamenti coerenti illustrano ormai un cammino realistico.
Gli ostacoli incontrati in un passaggio che coinvolgeva amministrazioni diverse da quella portuale sono stati fortunatamente superati. Brividi di allarme si sono avuti e si hanno ancora per qualche difficoltà sorta episodicamente nelle relazioni sindacali con rischi di fallimento di quanto ottenuto in ben più decisive relazioni internazionali. Ricordiamo che l’esperienza storica di Trieste è nata grazie al lavoro dei suoi cittadini nel porto commerciale di Trieste divenuta ricco centro culturale, tecnico, economico, assicurativo, scientifico. È ora di pensare al futuro dei nostri figli e nipoti e quindi a interrompere il degrado della nostra città e passare ad una economia affluente. “Economia” ricca non significa il lavoro comodo e la pensione sicura, che permettono di sostenere che “viva là e pò bon” e che per le nuove iniziative “no se pol”, ma significa vivere in una città che ha in sè lo strumento per produrre ricchezza e cittadini in grado di far funzionare autonomamente e con successo questo strumento.
Si dà il caso che lo strumento che è stato nel passato il porto, non sarebbe oggi un rigassificatore, che produrrebbe qualche non trascurabile rischio, molta ricchezza solo in minima parte triestina, e un lavoro comodo per pochissimi e solo finchè le leggi del mercato e volontà non triestine lo considerassero conveniente. Cultura triestina significa invece volontà di decidere con le proprie idee in un sistema economico ricco di possibilità per imprenditori capaci, come struttura agile per il commercio internazionale in un ambiente accogliente per il turismo, con i contatti che permettono, alle nostre istituzioni scientifiche e tecnologiche, di essere sempre aggiornate e talvolta in testa per le nuove opportunità di impresa.
In questa situazione le lotte politiche non confessabili fra iniziative diverse farebbero perdere la possibilità di un confronto aperto, sincero e creativo e porebbero al fallimento la città nella sfida per il proprio sviluppo.
Giacomo Costa
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 maggio 2008 

 

 

Oltre il 15% di auto in meno Il caro-benzina mette il freno al traffico del centrocittà  - CAMBIA IL QUADRO DELLA VIABILITA’

La nuova tendenza fa emergere la possibilità di ritardi o cancellazioni dei progetti contenuti nel piano parcheggi
Meno automobili in giro per Trieste. Che il traffico non sia più infernale appare chiaro pressoché a tutti, ma secondo la quasi totalità degli osservatori privilegiati, soprattutto in centrocittà, ma anche nella più immediata periferia, vi è anche un calo abbastanza netto di auto in circolazione: un 10, forse un 20 per cento in meno. Conseguenza questa dell’abolizione dei contingenti di benzina agevolata, oltre che dell’impennarsi dei prezzi dei carburanti. Il carovita dunque sembra riflettersi anche su un bene che sta particolarmente a cuore agli italiani: l’automobile. L’apertura degli ultimi tratti della Grande viabilità, la Cattinara-Padriciano e la Lacotisce-Rabuiese, potrebbe rendere il traffico ulteriormente fluido, mentre il Piano parcheggi, che prevede addirittura 18 nuovi megaimpianti potrebbe subire alcune cancellazioni e comunque ulteriori dilazioni.
«Quanto prima metteremo al centro di una seduta un nuovo punto proprio sulla questione della circolazione e dei parcheggi in città - annuncia Roberto Sasco, presidente della Commissione urbanistica del Comune - perché il calo notevole del traffico è sotto gli occhi di tutti, io lo stimerei quasi al 30 per cento in meno rispetto a un anno fa, ed è anche risaputo che alcuni park sono semivuoti». «In Italia la burocrazia rallenta spaventosamente di per sé anche la costruzione dei parcheggi - si lamenta il sindaco Roberto Dipiazza - basti pensare che sono venuti a propormi il parcheggio sotto San Giusto nel 2001 e dopo sette anni non è stato ancora aperto il cantiere». Ma se l’ufficio del mobility manager Giulio Bernetti stima attorno al 15 per cento il calo del traffico pur in assenza di rilevazioni statistiche, Dipiazza nega che la situazione sia particolarmente migliorata: «Ci sono meno automobili in corso Italia - sostiene - ma ciò si verifica in quanto i flussi deviano sulle Rive dove grazie alla riqualificazione si transita rapidamente e senza ingorghi. La situazione del traffico a Trieste è però ancora difficile in molti punti. Abbiamo lo studio Camus che rileva quante macchine transitavano nei punti cruciali negli anni scorsi. Mi accingo a far fare nuove rilevazioni proprio per stimare con certezza l’eventuale calo di passaggi».
Una diminuzione a livello nazionale del 10 per cento di auto in circolazione che a Trieste a causa dell’abolizione dei contingenti agevolati avrebbe raggiunto il 20 per cento è la stima del presidente dell’Aci, Giorgio Cappel, mentre secondo lo stesso comandante della Polizia municipale Sergio Abbate «un lieve calo del traffico è innegabile anche se risulta già in ripresa rispetto a un paio di mesi fa, mentre sono in lievissima flessione anche le soste irregolari. Se solo i vigili mollano un po’ l’attenzione - sostiene però Abbate - riprendono però le seconde e le terze file selvaggie». «A Trieste si circola bene, forse effettivamente anche un po’ meglio rispetto a un anno fa - dicono alla centrale Radiotaxi - ma purtroppo le chiamate per noi sono stabili e non aumentano». Ma come sottolinea Piergiorgio Luccarini, direttore generale di Trieste Trasporti, il calo di automobilisti non è affatto compensato da un aumento di passeggeri dei bus, né da una circolazione più agevole per questi mezzi. «Nei primi mesi del 2008 - conferma - c’è stato un calo di passeggeri attorno al 4%, mentre per i nostri autisti muoversi a Trieste continua ad essere complicato e stressante».
Chi non va più in macchina dunque o ha aumentato il già foltissimo esercito dei motociclisti, o ha preferito la bicicletta (se ne vede qualcuna in più negli ultimi tempi), ma soprattutto ha scelto di andare a piedi o ancora, extrema ratio, di non muoversi.

SILVIO MARANZANA

Mezzi pubblici sempre lenti

È schizofrenica la percezione sullo stato del traffico a Trieste come si vede da questa rapida inchiesta. Dati statistici sul calo di automobili in circolazione non esistono, ma la tendenza è testimoniata dalla Polizia munipale, dal mobility manager, dall’Automobil club, dai tassisti. Eppure gli autobus continuano a viaggiare troppo lentamente, con difficoltà e con passeggeri in diminuzione, mentre gli automobilisti continuano a girare in cerca di parcheggi di cui lamentano la mancanza e proprio per questo rischiano di ingrossare il traffico, mentre alcuni parcheggi a pagamento sono semivuoti.


Piazza Libertà, 500 firme per la difesa degli alberi

Cinquecento firme contro il sacrificio di una decina di metri e di un numero non definito di alberi del giardino di Sissi sul lato di via Ghega - come previsto dal progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà - sono state raccolte ieri nel corso di una manifestazione promossa da un comitato spontaneo che riunisce Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg, Lega antivivisezione e Associazione fiori e piante, con l’adesione del Gruppo Beppe Grillo e di alcuni esponenti di Italia dei Valori e Pd. La raccolta delle firme - spiega il responsabile locale della Lav Fulvio Tomsich Caruso - proseguirà anche oggi. La petzione sarà consegnata a qualche consigliere comunale prima della seduta d’aula di stasera in cui è prevista la discussione del progetto.


Via al recupero dei laghetti delle Noghere  - Il Comune vuole creare un laboratorio ambientale aperto a ornitologi e scuole

Progetto approvato lo scorso novembre, spesa prevista di 35 mila euro
MUGGIA Ha preso il via l’iter per l’assegnazione dei lavori di ripristino ambientale del biotopo dei laghetti delle Noghere, a Muggia. La spesa a base di gara è di 35 mila euro. Il progetto è stato approvato nello scorso novembre dal consiglio comunale.
L’area in totale misura 93.500 metri quadrati ed è stata definita «biotopo naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42.
Un primo progetto per un utilizzo naturalistico e didattico dei laghetti e delle aree circostanti era stato già elaborato qualche anno fa: per questa iniziativa il Comune aveva già ottenuto un finanziamento di 50 mila euro dalla Regione. L’iter però era rimasto bloccato per la non titolarità del Comune sull’area.
Il problema è stato poi risolto solo nel settembre del 2006, quando il Comune ha trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area a 37 mila euro, dilazionati in dodici anni, chiudendo così una lunga vicenda, iniziata già nel 1983. È quindi proseguita la fase progettuale, volta proprio ad applicare il primo finanziamento ottenuto per quell’area.
L’intenzione dichiarata è di fare dei laghetti un laboratorio e un’aula ambientalista e di studio all’aperto, in modo che ornitologi e scuole ne possano usufruire tutto l’anno, per vedere le specie di piante ad animali che vivono o transitano nella zona.
In base al progetto, si tratta di eseguire lavori di recupero naturalistico, botanico e faunistico e del suolo, utilizzato (negli anni) per cave e torbiere, per mezzo di piantumazione. Saranno necessarie quindi opere per garantire la stabilità dei pendii, la riforestazione e la rivegetazione di scarpate stradali, cave e discariche.
Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva, con nuovi finanziamenti. Per l’assegnazione degli interventi il Comune attuerà una procedura ristretta semplificata (considerato anche l’ammontare della spesa). Per questo l’amministrazione ha già pubblicato un avviso rivolto alle ditte interessate a partecipare a questa assegnazione. I termini per la presentazione delle domande scadono il 4 giugno.
s.re.


Razeto: sì al progetto per il rigassificatore  - Il presidente del Consorzio energia triestino: costi troppo alti per le imprese

 TRIESTE I prezzi del petrolio in continua ascesa verso record assoluti, un mercato elettrico nazionale non ancora del tutto delineato a quasi un anno dalla sua apertura, un mercato del gas lontano da un¹effettiva liberalizzazione: «I costi dell’energia stanno pesando sempre più sui bilanci delle imprese afferma il presidente del Consorzio Energia dell’Associazione degli Industriali della provincia di Trieste Sergio Razeto (presidente ed ad di Wärtsilä Italia) - con percentuali notevolmente più elevate di quanto stimato a fine 2007, momento di sottoscrizione dei contratti di fornitura».
Per delinerare un quadro preciso e chiarire quelli che sono gli elementi di criticità nella gestione quotidiana degli impianti, il Ceat, in collaborazione con Ergon Energia Srl, Enel Energia Spa ed in Servizio Verifiche Periodiche dell’Azienda Sanitaria Locale, ha organizzato due incontri di formazione rivolti alle imprese, dedicati rispettivamente all’energia elettrica e al gas metano. Il primo appuntamento si è svolto ieri. Il prossimo si terrà il giovedì 5 giugno, con inizio alle ore 14.30 nella sede di Assindustria a Palazzo Ralli a Trieste.
Tra i temi principali del primo incontro ci saranno la Borsa dell’energia, il quadro normativo del mercato, le componenti tariffarie delle bollette e dei contratti. «I nostri consorziati ad oggi sono 46 - ricorda il Presidente Razeto - e stanno risentendo meno dei continui aumenti del petrolio, in quanto il Consorzio ha sottoscritto un contratto a prezzo fisso valido fino a fine 2008. E questo anche grazie alla strategia adottata per risparmiare, che è stata quella di utilizzare contratti generali massificando la quantità di energia da acquistare: il consumo previsto per l’anno in corso è di 151 milioni di kilowattora. Al momento non ci sono giunte voci di sofferenze da parte delle aziende locali - sottolinea il presidente del Ceat - ma questo non significa che la situazione a Trieste sia sotto controllo. Gli effetti a lungo termine si faranno sentire anche qui, e proprio per questo è necessario cominciare a pensare a un’adeguata politica di gestione delle fonti alternative». Gli industriali triestini giudicano quindi una priorità portare avanti il progetto del rigassificatore nel Golfo di Trieste.


Manovra estiva all’esame di giunta. E incentivi all’uso del fotovoltaico - OGGI LA SEDUTA DELL’ESECUTIVO

TRIESTE Formazione e beni culturali, fotovoltaico e assestamento di bilancio (sui cui numeri però vige il top-secret) sono i cardini della seduta di giunta in programma oggi.
Per quanto riguarda il primo capitolo, l'assessore Molinaro porterà la delibera che andrà a prevedere la costituzione del comitato paritetico Stato-Regione in materia di Beni Culturali. Il secondo provvedimento sarà invece l'esame della creazione del gruppo di lavoro tecnico operativo tra Regione e Ufficio scolastico regionale che faccia da collegamento tra i due enti. «Il tutto – spiega Molinaro – per iniziare a lavorare in materia di istruzione sia per il sostegno all'offerta formativa che nell'ottica di una legge quadro sulla formazione-istruzione».
Da notare che un simile provvedimento era stato predisposto dalla giunta precedente, ma non aveva finito l'iter di legge causa le dimissioni anticipate della giunta regionale. Adesso, si ricomincia il discorso.
Da parte dell'assessore all'Ambiente Vanni Lenna invece si proporrà un intervento relativo all'applicazione del fotovoltaico in regione, con l'obiettivo di ampliarne la portata. Anche in questo caso, di fotovoltaico si era parlato con un provvedimento della precedente amministrazione, che prevedeva che le case in costruzione nei prossimi anni in Fvg dovranno essere dotate di impianti fotovoltaici, o, almeno, le imprese costruttrici dovranno già inserire, nel progetto di realizzazione, le necessarie predisposizioni per l’installazione, con tanto di possibile erogazione di incentivi regionali nei settori delle fonti energetiche rinnovabili, del risparmio energetico, dei sistemi ad alta efficienza energetica e ridotti impatti ambientali e dell'idrogeno.
Il discorso quindi riparte da queste basi. Infine, all'attenzione della giunta dovrebbe essere portato, oggi, anche l'assestamento di bilancio. Del quale però non si conoscono le cifre.
«Devo ancora discuterne con la giunta e con i colleghi - spiega l'assessore alle risorse economiche, Sandra Savino – per cui al momento non mi è possibile anticipare nulla. Tanto che non sono certa che alla fine se ne discuterà».

(e.o.)


Appello agli amministratori perché non dimentichino le piste ciclabili

Con le migliaia di morti ogni anno sulle strade l’automobile è diventata il primo predatore umano, eppure la crescita dell’industria automobilistica è considerata indice di benessere e prosperità: anche nei nostri piccoli centri urbani non si incoraggia il trasporto alternativo. Lo sviluppo della motorizzazione privata era visto come desiderio estremo di libertà di movimento: ma ormai il livello di saturazione a cui si è giunti a breve cancellerà del tutto la libertà collettiva in immensi ingorghi paralizzanti, cimiteri di ogni libertà di spostamento. Quindi, perché scoraggiare i ciclisti?
La sensazione di fragilità che permea il ciclista acuisce la sua attenzione al mondo. Al contrario l’automobilista ne è sprovvisto. Il suo abitacolo rinforzato e tutte le protezioni sofisticate che lo circondano gli danno una sensazione d’invulnerabilità. Il ciclista urbano è un pioniere, un inventore. La sua solitudine in mezzo a una marea di lamiere gli assicura la possibilità di imporre il proprio universo: con il suo mezzo di trasporto minoritario (una bici ogni mille auto) è come se vivesse nell’era dei pionieri. Una pagina bianca scritta nella storia dell’umanità, scritta con i suoi copertoni, è una bella sfida, raccolta ogni giorno, sollevando la testa, con un occhio al traffico, alle macchine in movimento, ed uno a quelle in sosta: l’auto non è mai totalmente inoffensiva, neanche quando è ferma parcheggiata, a causa dell’«inopinato apri portiera».
Cari amministratori, noi ciclisti attendiamo sempre fiduciosi che prendiate seri e concreti provvedimenti affinché la presenza delle bici sulle strade non sia un mero atto di coraggio. Ampliate la rete di piste ciclabili e migliorate quelle esistenti per far sì che gli spostamenti urbani in bicicletta non diventino assimilabili alla pratica di uno sport estremo.
Mauro Luglio - Monfalcone
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 maggio 2008 

 

 

Terza corsia, la A4 a fianco della Tav  - Vertice della Regione con Ferrovie e Autovie Coinvolti i Comuni

TRIESTE Le diverse ipotesi del possibile affiancamento tra l'autostrada A4, interessata alla realizzazione della terza corsia, e la nuova direttrice ferroviaria ad alta velocità/alta capacità (AC/AV) del progetto prioritario Ten n.6, noto come Corridoio V, nel tratto dal Tagliamento a Gonars sono stati al centro di un summit a Trieste tra l'assessore regionale alle Infrastrutture di trasporto Riccardo Riccardi ed i responsabili di zona di RFI-Rete Ferroviaria Italiana Mario Goliani e Daniel Zorn, con la partecipazione dei vertici di Autovie Venete, il presidente Giorgio Santuz, l'amministratore delegato Pietro Del Fabbro, il direttore Enrico Razzini e Giancarlo Chermetz, della direzione Sviluppo.
Si è trattato, come ha sottolineato al termine della riunione lo stesso assessore Riccardi, di «una prima ricognizione» di tutti i diversi aspetti del nuovo tracciato ferroviario da Venezia verso la Slovenia.
Al termine di questa fase, «che vogliamo condividere con la Provincia di Udine e con tutti i Comuni interessati a questa direttrice viaria, anche in considerazione delle interrelazioni tra linea ferroviaria, rete autostradale e viabilità ordinaria (soprattutto per quanto riguarda il traffico merci)», l'assessore Riccardi intende porre mano - d'intesa con Autovie Venete e RFI - ad una comparazione dei possibili scenari, analizzando le condizioni di sostenibilità tecnica ed economica, nonché i tempi di realizzazione dell'infrastruttura ferroviaria.
«L'obiettivo - ha indicato l'assessore - è quello di avviare il progetto definitivo del terzo lotto dellaterza corsia autostradale, dal confine con il Veneto a Gonars, attualmente condizionato dall'indeterminatezza del procedimento relativo all'asse ferroviario».


Porto Vecchio, si aprono gli storici archivi dell’area - VENERDI’ UN CONVEGNO  - In città i vertici di Italia Nostra: per la prima volta in visione materiale fotografico e non

 Italia Nostra organizza un congresso che si terrà venerdì 30 maggio nella Sala Convegni del molo IV, alle ore 15.30, è che sarà dedicato alle Costruzioni portuali del porto di Trieste e al restauro del patrimonio culturale demaniale. Saranno messi a disposizione del pubblico, per la prima volta, molti documenti che ripercorrono le tappe della storia dello scalo triestino.
Vi parteciperanno i vertici nazionali di Italia Nostra, i rappresentanti delle autorità portuali, regionali e cittadine, docenti universitari, esperti e studiosi del settore.
I temi trattati vanno dalla presentazione dell’area storica del porto giuliano con i suoi edifici di grande rilevanza come beni culturali al patrimonio grafico ed iconografico dell’Archivio storico portuale, fino alle unità storiche della navigazione, alla programmazione degli interventi di restauro, alla vita del porto.
Saranno presentate le immagini degli edifici storici con la documentazione che ne evidenzia il valore e la validità come costruzioni architettoniche e come prototipi, in Europa e nei porti internazionali, nonché quelle dell’architettura industriale della seconda metà ottocento.
Si parlerà inoltre del cosiddetto «Polo museale» da realizzare nella Centrale idrodinamica unica nel mondo nella sua completezza, che verrà prossimamente restaurata e che, con l’archivio e il centro di cultura storica e formazione marittima-portuale, sarà a disposizione di scuole, studiosi e cittadini che vorranno documentarsi sul patrimonio culturale del porto di Trieste.
Per la prima volta, grazie anche alla collaborazione tra enti (nel caso l’Autorità portuale di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia e il Ministero dei Beni culturali presso la Direzione regionale Fvg) verrà presentata la documentazione storica su tutta la vita del porto, contenuta nell’archivio della Torre del Lloyd,.
Verrà illustrato inoltre il lavoro puntuale e appassionato di quanti, per molti anni, hanno ritrovato, riordinato ed esaminato tanta parte di questo materiale.
Il lavoro non è finito e, forse, prossimi studi e ricerche ci faranno conoscere o ricordare, ancora, tanta altra storia portuale e cittadina.
La vita del porto dei secoli scorsi, così diversa dai nostri schemi di vita, con scorci di paesaggi, di lavoratori portuali, di imbarcazioni, di movimentazione merci e commerci internazionali, di unità navali sarà presentata anche attraverso filmati storici che riporteranno i partecipanti al convegno in un mondo antico, per la maggior parte dei cittadini quasi sconosciuto.
Risulterà come il Porto abbia costruito, per tanti aspetti, la storia e il vissuto di una città, che è stata il fiorente porto dell’impero austroungarico, ma che oggi sta riorganizzando il suo futuro per un ruolo di porto internazionale dell’Unione Europea.
Proprio fra pochi giorni, a partire dal primo giugno, l’Autorità portuale inizierà a vagliare le richieste di concessione per Porto Vecchio. Una tappa determinante per il rilancio, in chiave contemporanea, di una parte dello storico assetto portuale della città.


«Miani» in piazza Unità giovedì per la Ferriera

Appuntamento alle 18 di giovedì in piazza dell’Unità davanti al palazzo della presidenza della giunta regionale. La manifestazione è stata decisa dalle quasi settanta persone che hanno partecipato l’altra sera alla riunione organizzativa indetta dal Circolo Miani di via Valmaura 77. La decisione è stata assunta dopo che «è stato richiesto formalmente quanto inutilmente per quattro volte alla segreteria del presidente di incontrare una delegazione del Circolo Miani e dei Comitati di quartiere per affrontare la ”priorità elettorale” della riconversione della Ferriera - si legge in una nota del Miani - senza a tutt’ oggi ricevere uno straccio di risposta, cosa alquanto disdicevole nei rapporti tra istituzioni e cittadini, che sono i proprietari dei palazzi della regione e i datori di lavoro degli eletti e dei dipendenti». Il Circolo Miani invita «triestini e muggesani» a partecipare all’appuntamento di giovedì in piazza Unità, con l’obiettivo di incontrare il presidente della Regione Renzo Tondo, «sempre che non ritenga di dirsi rendersi indisponibile».


AMBIENTALISTI  - In piazza della Libertà a tutela degli alberi

L’associazione orticola «Tra fiori e piante», la Lav - Lega antivivisezione di Trieste e Italia nostra organizzano per oggi dalle 17.30 alle 20 una manifestazione in piazza della Libertà a salvaguardia degli alberi secolari dell’area stessa, minacciati di scomparire in base al progetto di riqualificazione di cui si sta discutendo in questo periodo. Invitando i cittadini a parteciparvi, le associazioni ricordano «la funzione ossigenante dell'albero adulto e il suo contributo al miglioramento della qualità della vita».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 maggio 2008 

 

 

Autovie, sì ai primi 50 km della Terza corsia  - Via libera a San Donà-Alvisopoli e Gonars-Villesse. Riccardi: «Si apre una nuova fase»

IL CDA AFFIDA LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA
TRIESTE La terza corsia della A4 diventa concreta: il cda di autovie Venete ha affidato la progettazione definitiva dei primi due tratti sui sette in totale previsti. La Terza corsia si estende per 94 chilometri, 40 in Friuli Venezia Giulia e 54 in Veneto. Si tratta dei primi in assoluto (50 chilometri), quelli più importanti dell’opera che non corrono paralleli alla ferrovia. Il primo (33 chilometri) è quello tra San Donà di Piave e Alvisopoli in provincia di Venezia, il secondo (17 chilometri) tra Gonars e Villesse. Oltre 535 milioni l’investimento complessivo delle opere. Per il primo tratto in particolare sono stati stanziati 347 milioni e 963 mila euro che comprendono pure i 4 milioni per la progettazione. Il secondo tratto assorbirà invece 187 milioni e 98 mila euro e di questi 2 milioni e 218 mila euro serviranno per la progettazione.
Per realizzare il progetto esecutivo servirà circa un anno, 200 giorni per il primo tratto e 170 per il secondo. Tempi, modi e strategia sono state illustrate ieri nel cda di Autovie che si è riunito a Trieste presieduto da Giorgio Santuz. Visti gli argomenti sul tappeto ha partecuipato anche il neo-assessore regionale alle infrastrutture Riccardo Riccardi.
«Finalmente si apre una nuova fase – ha esordito l’assessore – ora possiamo dirlo. E questa fase vedrà impegnate al masasimo sia Autovia che la Regione». La nuova giunta vuole fare presto e lo stesso Riccardi ha confermato ieri che, sulla base del protocollo di intesa sottoscritto fra il presidente del Friuli venezia Giulia Renzo Tondo e il premier, Silvio Berlusconi, sarà fatto di tutto per ottenere «fin da subito» la nomina di un commissario straordinario. Una figura che dovrebbe accelerare al massimo la realizzazione delle opere come sta accadendo in veneto con il passante di Mestre.
«Veneto e Friuli Venezia Giulia – ha ribadito Riccardi sono sulla stessa lunghezza d’onda: bisogna nominarlo al più presto. La progettazione per il primo lotto, da San Donà di Piave fino all’allacciamento con il Passante di Mestre, è in fase avanzata e si sta anche lavorando sulla validazione».
Per quanto riguarda invece la tratta Alvisopoli-Gonars invece, quella interessata dall’affiancamento con la ferrovia, Riccardi ha spiegato che «è stata già avviata la ricognizione di tutti gli aspetti tecnici, protocolli d’intesa con i diversi Comuni compresi». Novità ci dovrebbero essere già oggi. «Nel pomeriggio – ha anticipato l’assessore – ci sarà un primo incontro con Rfi (Rete ferroviaria italiana) per verificare lo stato di avanzamento del loro progetto».
La realizzazione della terza corsia è uno degli obiettivi prioritari che Autovie Venete persegue da tempo per fronteggiare l’incremento costante del traffico sulla rete, soprattutto dei Tir che stanno saturando l’arteria, e migliorare la sicurezza.

GIULIO GARAU


Autovie - I DATI DI TRAFFICO  - 41 milioni di veicoli Tir in aumento (13,7%)

TRIESTE Nel 2007, il flusso complessivo di traffico su tutta la rete (A4 Venezia-Trieste, A23 Palmanova-Udine Sud e A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano per complessivi 200 chilometri, considerando anche il raccordo Villesse Gorizia) gestita da Autovie, è stato di 40 milioni 900 mila veicoli, di cui 30 milioni leggeri (73%) e 10 milioni 900 mila pesanti. L’incremento del traffico leggero, rispetto al 2006, è stato dell’1,9%, mentre quello del pesante è stato del 5,2%. All’interno di questa percentuale, particolarmente significativo l’aumento registrato dai veicoli classe 4 (tir e autoarticolati) che è stato del 13,7%. Dati che confermano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la necessità di adeguare la rete autostradale.
Il progetto complessivo della Terza corsia dell’A4 è suddiviso in sette interventi: il tratto da Quarto d’Altino a San Donà di Piave, comprensivo della costruzione del nuovo casello di Meolo; il tratto da San Donà di Piave allo svincolo di Alvisopoli; il nuovo casello di Alvisopoli e il collegamento con la Strada Statale 14; il tratto dallo svincolo di Alvisopoli al nuovo casello di Ronchis (in fase di avanzata costruzione) comprensivo del nuovo ponte sul fiume Tagliamento; il tratto da Ronchis a Gonars; il tratto da Gonars a Villesse e il nuovo svincolo di Palmanova.
 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 maggio 2008 

 

 

Energia nucleare: primi sì da Fvg, Veneto e Liguria

ROMA «Mi piacerebbe sapere dove si costruiranno». È la domanda che si è fatto il ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia, all'indomani dell'annuncio del collega dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, sul riavvio del nucleare in Italia entro il 2013. Domanda alla quale stanno cominciando a rispondere i Governatori delle regioni italiane. Ecco un primo riepilogo delle posizioni.
FRIULI VENEZIA GIULIA «Il nucleare è una risorsa imprescindibile per lo sviluppo compatibile di un settore fondamentale per l’Italia come quello dell’energia»: così il governatore Renzo Tondo (Pdl).
VENETO Giancarlo Galan (Pdl), presidente del Veneto: «Nucleare in Veneto? perchè no», a patto di trovare il posto giusto». Un'ipotesi potrebbe essere Porto Tolle.
LIGURIA Atomo promosso anche dal presidente Claudio Burlando (Pd): «Sì al nucleare italiano perchè lo consumiamo, pagandolo molto di più degli altri Paesi europei che posseggono impianti».
CALABRIA Agazio Loiero (Pd): «Il problema energetico è drammatico, non sono contrario a risolverlo anche con centrali nucleari. Bisogna però verificare la loro compatibilità col territorio».
PIEMONTE Defilata Mercedes Bresso (Pd): nessuna chiusura ideologica ma l'esigenza di dare precedenza alla ricerca per trovare vie alternative e nel frattempo seguire massicciamente la via della produzione di energie rinnovabili.
TOSCANA «Il nucleare è una scelta che guarda più al passato che al futuro», il no più secco arriva dal presidente toscano, Claudio Martini (Pd).
MARCHE Il presidente Pd Gian Mario Spacca: «Il nucleare non è previsto tra le forme di produzione d'energia che la programmazione regionale promuove o persegue»..
CAMPANIA «Meglio puntare sulle energie rinnovabili», sostiene Andrea Cozzolino, assessore alle attività produttive nella giunta Pd, soprattutto perchè l'atomo richiederebbe «un arco di tempo incongruente rispetto alle urgenze attuali».
 

 

VAL ROSANDRA. - Il falco pellegrino ha fatto il nido - NATI PER LA PRIMA VOLTA DUE PULCINI
Almeno due pulcini di falco pellegrino sono nati in un anfratto della «parete bianca» della Val Rosandra. Li hanno prima sentiti e poi visti gli ornitologi che dal 20 aprile presidiano la zona adiacente al nido. I piccoli reclamano il cibo dai genitori e talvolta si affacciano sulla parete. A breve scadenza dovrebbero prendere il volo.
A memoria d’uomo nessun rapace di questa specie ha mai nidificato in Val Rosandra e l'eccezionale evento di questa primavera è letto dai naturalisti come un segno della buona salute di questo territorio.
«Potremmo calarci con la corda doppia fino all’anfratto e ispezionare il nido per contare i pulli e verificare il loro stato di salute. Ma abbiamo ritenuto di non farlo perché i due genitori potrebbero allontanarsi a causa del disturbo», spiega l’ornitologo Enrico Benussi. Nelle ultime settimane ha passato parecchie ore, all’alba e al tramonto, a osservare i voli del maschio che caccia costantemente sul Monte Carso e poi ritorna al nido con la preda costituita di solito da piccoli uccelli.
Enrico Benussi ha anche puntato verso il nido il teleobbiettivo della sua «Nikon», realizzando una serie di pregevoli immagini del falco e delle sue abitudini. Il maschio, anche durante le battute di caccia, non perde mai di vista l’anfratto e vi può ritornare velocemente in caso di necessità.
In Val Rosandra in questo momento hanno nidificato anche una coppia di gufi reali e un’altra di corvi imperiali. Anche nei loro nidi sono nati di recente i «piccoli» e questo duplice impegno potrebbe aver evitato ai falchi pellegrini l’interesse delle altre due coppie di predatori. Sulla «parete bianca» ha costruito il proprio nido anche una coppia di passeri solitari. Il falco pellegrino avrebbe potuto ucciderli per farne del cibo per i due suoi «pulli» nati da poco. Invece non è accaduto e anche questa «anomalia» rappresenta un motivo di osservazione e di studio.
L’ultimo avvistamento di un’altra coppia di falchi pellegrini in provincia di Trieste risale a 18 anni fa quando la loro presenza era stata segnalata sulle falesie di Duino. Poi più nulla o quasi, forse a causa della rumorosa frequentazione di quel sentiero, specie nei fine settimana. Un’altra coppia era stata vista lo scorso anno in Val Rosandra, ma la presenza non è stata confermata da successivi avvistamenti o fotografie. Va aggiunto che la nascita dei due «pulli» è stata favorita dal provvedimento del sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin che ha emesso un’ordinanza che vieta fino al 20 giugno ogni attività di arrampicata nell’area posta tra le due gallerie della vecchia ferrovia.

(c.e.)


Il patrimonio edilizio del Porto Un convegno di Italia Nostra - VENERDÌ AL MOLO IV

S’intitola «Le costruzioni portuali, il restauro del patrimonio culturale demaniale» il convegno promosso da Italia Nostra e patrocinato dall’Autorità portuale, in programma venerdì alle 15.30 nella sala convegni del Molo IV. L’incontro, che sarà presentato nel dettaglio domani alle 12 nella sede di Italia Nostra in via del Sale 4/b, illustrerà l’area storica con gli edifici di rilievo quali beni culturali demaniali, la documentazione dell’Archivio storico del Porto, unità storiche di navigazione, le possibilità di restauro, il polo museale nella centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica di riconversione. Rappresentanti istituzionali, esperti e studiosi riferiranno le proprie esperienze nel settore.


Rigassificatore a Zaule - SICUREZZA E BUSINESS

In questi giorni è tornato di attualità il problema dei rigassificatori nel golfo di Trieste e sul Piccolo ci sono stati vari interventi di nostri rappresentanti politici (di Governo, Comune e Provincia) e sindacali, che si sono apertamente dichiarati favorevoli all’insediamento di un rigassificatore a Zaule, perché «i rigassificatori sono un business», cioè affari. A dichiararsi di parere opposto, sempre secondo il quotidiano, sarebbero gli ambientalisti e il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste. Vorrei ricordare che ad esprimersi contro i rigassificatori nella baia di Muggia, sono stati anche, e soprattutto, scienziati e studiosi della comunità scientifica della nostra città. Essi hanno fatto presente, con argomentazioni precise e approfondite, che questi sono impianti ad alto rischio, sia per le persone sia per l’ambiente, per cui logica vorebbe che la loro localizzazione avvenisse lontano dai centri abitati. A questo riguardo vorrei invitare tutti a rileggere quanto scritto mesi fa sul Piccolo dalle seguenti persone: il professore emerito di chimica all’Università di Trieste, Giacomo Costa, il docente di fisica tecnica alla facoltà di ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore Pierluigi Barbieri, docente di valutazione del rischio chimico all’Università di Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich.
Mi sembra quindi incomprensibile il fatto che la comunità scientifica della nostra città sia stata completamente ignorata. Ad esempio l’Ogs, ente che effettua da decenni il monitoraggio del nostro golfo, non è stato mai interpellato sulle relazioni prodotte da Gas Natural e da Endesa. Per tali relazioni le due imprese avrebbero utilizzato parametri non riferibili alla baia di Muggia circa la profondità e la temperatura del mare, la velocità del vento, ecc.
Poiché le informazioni che si leggono sulla stampa specializzata sull’estrema pericolosità di questi impianti destano profonda preoccupazione in noi cittadini, invito i nostri amministratori e anche i responsabili dell’informazione a organizzare quanto prima un dibattito pubblico, in televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e convincente E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi. Non vorrei che, a somiglianza di quanto accade nei Paesi più poveri e arretrati, venisse barattata la sicurezza e la salute dei cittadini con una manciata di soldi che, come da esperienze del passato, non andrebbero certamente a beneficio dei cittadini comuni.
Silvano Baldassi
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 maggio 2008 

 

 

Via Cereria  - Legambiente: no al park al posto del giardino

Che cosa si è deciso per il giardinetto di via Cereria? Torna alla carica il circolo Verdeazzurro di Legambiente per appoggiare i cittadini che due anni fa avevano aderito ad una petizione, con ben 500 firme, per protestare contro la trasformazione di un polmone verde di via Cereria in parcheggio per 120 posti auto. Gli abitanti sono contrari alla nuova destinazione d’uso del giardinetto, di pertinenza della palestra comunale di via della Valle e confinante con l’ex carcere femminile, in quanto si tratta dell’unico spazio verde in un rione assai cementificato.
L’idea di trasformare lo spazio in parcheggio era nata dalla transazione fatta dal Comune, proprietario dell’area, con l’impresa di costruzioni Riccesi per superare in modo indolore il rischio di lunghe e costose vertenze in Tribunale, dopo che era decaduta l’ipotesi del park sotto Ponterosso per il quale l’impresa si era aggiudicata la gara. «A tutt’oggi - dice il segretario del circolo Ettore Calandra - non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte del Comune alla nostra raccolta di firme. A nostro avviso la destinazione d’uso del sito deve restare quella di verde urbano: a suo tempo c’era stato anche un impegno del Municipio in tal senso. Purtroppo però la decisione di non procedere alla costruzione di un parcheggio nella zona di piazza sant’Antonio, il cui appalto era però già stato aggiudicato, ha scatenato la conseguente caccia in centro di siti alternativi. Per questo ancora una volta, e alla luce degli interventi in programma anche per piazza Libertà, facciamo sentire il nostro dissenso e l’appoggio alla popolazione di via Cereria e via Tigor che di quel park non ne vogliono sapere».
Con un comunicato inoltre Legmbiente fa presente che il giardino, oltre ad essere lasciato ad uno stato di abbandono, dopo i lavori fatti per il restauro della palestra, finiti parecchio tempo fa, è rimasto tale e quale, in quanto l’impresa non ha ripulito l’area dai materiali inerti. Secondo l’indirizzo scelto dall’amministrazione comunale, per pareggiare la perdita dell’impresa Riccesi sulla gara d’appalto vinta, si era giunti ad una sorta di scambio, secondo il quale l’impresa si era aggiudicata la costruzione di altri 3 parcheggi per globali 473 posti in cambio dei 689 ipotizzati per Ponterosso.
Daria Camillucci
 

 

Saro: sì al nucleare per l’industria locale

TRIESTE Per il senatore Ferruccio Saro (Pdl), la scelta dell'energia nucleare costituirebbe per il Friuli Venezia Giulia un «input a quell'importante settore di lavoro costituito dall'ingegneria e dall'impiantistica». Lo afferma in una nota in cui approva «la candidatura del Friuli Venezia Giulia quale potenziale luogo in cui far sorgere una centrale nucleare, come ha proposto - precisa il testo - il presidente della Regione, Renzo Tondo». La strada indicata dal ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola e ripresa ieri da Tondo rappresenta, secondo Saro, «un valido percorso per togliere il nostro Paese dai vincoli posti e imposti dai produttori stranieri».


Nucleare, il nodo dei siti. Rubbia: nuovi materiali - DIBATTITO SULLA SVOLTA

MILANO Nel novembre del 1987, anche sull'onda dell'incidente di Chernobyl, a grande maggioranza passò il referendum contro il nucleare in Italia. Ora il governo ha riaperto il dossier e le imprese spingono: il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dice che non deve vincere «la politica del no», mentre studi accademici indicano un possibile risparmio del 35% nei costi per la fornitura di energia elettrica al mondo produttivo. Ma, tempi a parte, il vero problema diviene ora quello della localizzazione dei siti: dove costruire le nuove centrali. Il piano nucleare dell’Enel che sarà presentato nei prossimi giorni prevede entro il 2020 quattro centrali e un sito per le scorie. Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini propone un «patto per il nucleare» maggioranza-opposizione, ma a introdurre abbastanza chiaramente la questione dei siti è il ministro dell'Agricoltura, il veneto Luca Zaia, che dice: «Mi piacerebbe sapere dove si costruiranno» le futuribili nuove centrali. La risposta, secondo uno studio condotto da docenti dell'Università Bocconi di Milano, è semplice. E forse non troppo gradita: soprattutto la Pianura padana. Ipotesi ribadita nei giorni scorsi anche dall'amministratore delegato dell'Edison, Umberto Quadrino, secondo il quale le nuove centrali si possono costruire «dove c'è l'acqua, quindi in Pianura padana o lungo le coste». Per il funzionamento delle centrali serve infatti tanta acqua, a partire dal raffreddamento dei reattori, ma soprattutto - secondo gli studi universitari mai interrotti in questi anni e ora ripresi in mano da diversi autori - per diluire gli inquinanti contenuti nei fumi prodotti anche dalle nuove centrali, non nelle scorie, che sono un altro problema. Il primo di questi inquinanti è la diossina: le centrali di nuova generazione potrebbero prevedere di immettere i fumi direttamente nei corsi d'acqua, con opportuni filtri, in modo da ridurre enormemente le concentrazioni di inquinanti.
«Se qualcuno mi chiede se tra 300 anni ci sarà ancora il nucleare, la mia risposta è sì. Sono sicuro che le generazioni future utilizzeranno il nucleare, penso però a un nucleare che non è quello di oggi, è diverso». Così il Premio Nobel Carlo Rubbia parla «da scienziato» della scelta del nucleare. Rubbia parla di un «nucleare nuovo» basato su principi diversi, oltre a quello della fusione, e cita «la fissione basata su nuovi materiali come il torio, che è abbondante come il piombo». «Inoltre - ha osservato - per un gigawatt del nucleare attuale ci vogliono 200 tonnellate di uranio, con il torio, per la stessa energia, serve una tonnellata». Ed ancora, ha sottolineato Rubbia «la bomba al torio non si può costruire».


 Emergenza rifiuti: esaurita a Fiume la discarica regionale - PROTESTA PUBBLICA

FIUME La nuova discarica della Regione quarnerino–montana, che dovrebbe essere edificata nel bosco di Mariscina (comune di Viskovo, un paio di chilometri a nord – ovest di Fiume), è un progetto che denuncia ormai gravi ritardi. A complicare una situazione da tempo complessa è la recente licenza ottenuta dalla municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), con la quale si potrà procedere al cosiddetto risanamento della discarica regionale di Visevac, sempre nella municipalità di Viskovo e ormai in procinto di scoppiare. Si tratta di un immondezzaio che da anni ha esaurito le capacità ricettive e la cui chiusura era pianificata per il 2009. La Cistoca è invece riuscita a procurarsi il permesso dall’Ufficio per la Direzione statale che le permetterà di aggiungere altri 250 mila metri cubi di capacità ricettiva a Visevac e nonostante l’opposizione a questo progetto da parte del comune di Viskovo.
Il colpo di scena ha completamente spiazzato gli abitanti delle frazioni di Kapiti e Furicevo che vivono a contatto di gomito con l’impianto di Visevac e che speravano nella sua chiusura per poter dimenticare la puzza – specie in estate – e gli altri disagi derivanti dalla presenza dell’ immondezzaio. L’allargamento di Visevac ha fatto capire che la discarica di Mariscina, alquanto lontana dai centri abitati, non sarà ultimata secondo i piani, ossia entro il 2011. Una brutta notizia per quelli di Kapiti, Furicevo e dintorni, alle prese con il diffondersi di vari tipi di tumore.
Proprio di recente è stato pubblicato lo studio sulla qualità dell’aria nella contea del Quarnero e Gorski kotar, da cui si evince che la situazione peggiore riguarda le località di Kostrena, Krasica e Viskovo, dove si respira aria di terza categoria e dunque inquinata.
Per le prime due, i responsabili sono la raffineria dell’Ina a Urinj, la centrale termoelettrica Rijeka e il cantiere navale Viktor Lenac. In riferimento all’inquinamento atmosferico a Viskovo, le colpe vanno addebitate appunto all’impianto di Visevac. Il sindaco di questo comune, Goran Petrc, ha ribadito che Viskovo si è opposta con tutte le forze al potenziamento della discarica, ma – non avendo peso politico – non è stata ascoltata. Da parte sua, il direttore generale della Cistoca, Zlatko Stok, si è chiamato fuori, dicendo che l’ azienda deve agire nell’interesse di tutte le utenze della contea: «Il problema dei rifiuti è molto serio anche a Fiume e nella sua regione – ha rilevato – e se Viskovo non ne vuol sapere dell’allargamento di Visevac, allora ci troviamo di fronte a una questione che va risolta a livello di contea e del ministero per la Salvaguardia ambientale».
Andrea Marsanich
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 maggio 2008 

 

 

Marini e Piero Camber: no al rigassificatore «Il Comune si era espresso due volte in maniera negativa al riguardo»

L’assessore Lenna: vogliamo seguire la linea del governo
Roberto Menia dà il via libera ad un rigassificatore, Vanni Lenna lo segue a ruota ma da Trieste arrivano voci tutt'altro che favorevoli. Dopo la presa di posizione, e non è la prima, del sottosegretario all'ambiente a favore di un impianto, possibilmente quello a terra, ecco la levata di scudi dei forzisti triestini Bruno Marini e Piero Camber, il primo assolutamente contrario, il secondo a dir poco cauto.
La necessità di trovare fonti alternative di approvvigionamento energetico è condivisa, non altrettanto la localizzazione degli impianti di rigassificazione. «Rispetto la posizione di Menia e comprendo che a livello nazionale c'è bisogno di almeno 4-5 rigassificatori - afferma Marini - ma sono del tutto contrario alla collocazione nel golfo di Trieste». Marini si dice «non pregiudizialmente contrario ai rigassificatori ma bisogna valutare con attenzione il sito dove vengono collocati e il volere della comunità».
Che sia off-shore o a terra, per il consigliere regionale del Popolo della Libertà lo specchio di mare giuliano «non è idoneo ad un simile impianto», indicando una serie di contraddizioni nella scelta indicata da Menia e avvalorata anche da Lenna: «Non mi sembra lineare l'idea di chiudere la Ferriera e di inserire una struttura di questo tipo e ancora di più mi sembra contraddittorio puntare allo sviluppo turistico, con particolare riferimento alle crociere, e nel contempo pensare a 400-500 gasiere all'anno nel golfo».
Perplesso anche Piero Camber secondo cui «troppe volte sono sbarcate sul territorio società che hanno preso e nulla hanno dato. Non vorremo che, come spesso è successo, Trieste paghi per tutti, senza beneficio alcuno». Insomma, per l'altro consigliere regionale triestino espressione di Forza Italia il rigassificatore si può fare «solo se ci sarà l'impegno di chi lo realizzerà di garantire ricadute positive sul territorio in termini di opere pubbliche o di royalties». Camber tuttavia sottolinea come al momento «non ci siano garanzie dal punto di vista della sicurezza a causa di un'evidente carenza progettuale e tecnica».
I consiglieri triestini ricordano come il Comune di Trieste si sia pronunciato due volte contro i progetti di Gas Natural ed Endesa e Marini auspica che vengano sentite le popolazioni interessate: «Un referendum o una qualsiasi forma di consultazione popolare è necessaria e opportuna perchè non si può pensare di realizzare un'opera così impattante passando oltre il volere della gente».
Ma per l'assessore regionale all'ambiente Vanni Lenna questa sarebbe «un'ultima spiaggia. La classe politica è eletta per governare e non si può pensare ad un referendum ogni volta che si presenta un problema». Lenna puntualizza che «la linea indicata dal Governo e dal ministro Scajola è quella che vogliamo seguire ed è una linea favorevole ai rigassificatori». Per l'assessore si tratta di «una necessità nazionale che comporta anche ricadute positive per la Regione. È ora necessario trovare la soluzione migliore per il territorio valutando attentamente i progetti e verificandone l'impatto e la realizzabilità».
Come a dire che i no espressi dal Comune di Trieste a luglio 2006 ed a gennaio 2007 non rappresentano un ostacolo insormontabile, tanto più che lo stesso sindaco Dipiazza ha più volte affermato che, se ci fossero benefici economici nelle bollette e magari per Acegas-Aps, la sua posizione potrebbe anche essere favorevole. Meno aperto Camber, secondo cui «lasciare entrare Acegas, magari con una quota minima, finirebbe per non comportare grandi vantaggi, senza contare che i benefici andrebbero divisi con Padova, cosa che ci interessa fino ad un certo punto».
Dal canto suo l'assessore Lenna ricorda come già la giunta Illy espresse un parere negativo, rinviando alla Commissione ministeriale una decisione sulla valutazione di impatto ambientale. Ma ora è cambiato il Governo nazionale ed è cambiata la maggioranza anche in Regione: «Dobbiamo riprendere un percorso partendo dal dialogo e dalla concertazione con le popolazioni e gli enti locali».
La linea comunque è tracciata e per Lenna un rigassificatore s'ha da fare: «È la mia posizione personale ma è anche l'idea di tutta la Giunta regionale». Il rigassificatore di Zaule rimane in pole-position considerata anche la presa di posizione di qualche settimana fa del presidente della Regione, Renzo Tondo, che nell'annunciare l'incontro con il ministro degli esteri sloveno Rupel aveva dichiarato la sua contrarietà all'impianto a mare, allineandosi a quella che è la posizione slovena in materia. Lenna preferisce andarci con i piedi di piombo, affermando che «non è il caso ancora di pronunciarsi in questo senso. Andranno valutati i progetti, l'impatto e le ricadute e solo a quel punto si prenderà una decisione».
Roberto Urizio


Piazze Venezia e Libertà, critiche ai cantieri  - Il Comitato per i masegni: intervenga la Procura. Wwf e Italia Nostra: non tagliate gli alberi

POLEMICA SUI LAVORI DI RIQUALIFICAZIONE
Piazza Venezia e Piazza Libertà nel mirino degli ambientalisti. I più ambiziosi tra gli attuali progetti di riqualificazione urbana del Comune sono finiti infatti nella rete delle proteste di vari comitati cittadini. Il primo per il trattamento del masegno storico, il secondo per il sacrificio di un numero non ancora definito di alberi ad alto fusto.
PIAZZA VENEZIA Il lavoro di riqualificazione della piazza dimostra che il problema del mantenimento e del rispetto dei beni del passato non è ancora entrato nelle menti dei nostri amministratori» denuncia il Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Urbano di Trieste Cosapu. «La pavimentazione della piazza è stata “segata” da una macchina fresatrice - afferma il presidente Bruno Cavicchioli - causando la distruzione insensata di un numero elevato di masegni». Il tutto «nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione comunale che ha assicurato varie volte che la piazza avrebbe riassunto il suo aspetto originale ottocentesco». Questa settimana, il Comitato ha denunciato il fatto al Nucleo Carabinieri di Venezia, competente per il territorio, che ha promesso di intervenire sul caso, alla Procura della Repubblica ed alla locale Corte dei conti. «Pensiamo, però, che non dovrebbe essere compito di questo comitato vigilare e denunciare possibili reati contro il patrimonio pubblico - aggiunge Cavicchioli - siamo convinti che questo fatto spetti alla Soprintendenza di Trieste la quale, nonostante i numerosi solleciti al sindaco sull’osservanza dei dettami e sull’avvio della mappatura dei selciati della città, ad oggi pare non sia stata in grado di far osservare quanto previsto dal Codice Urbani».
PIAZZA LIBERTÀ Da un cantiere in corso a uno che deve nascere: è quello di piazza Libertà, il cui progetto preliminare sarà votato giovedì dal Consiglio comunale. Proprio per quel giorno si preannuncia una rumorosa protesta in piazza Unità da parte di Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg e Gruppo Beppe Grillo, che con alcuni esponenti locali di Italia dei Valori e Pd stanno costituendo un apposito comitato per la difesa di piazza Libertà. Della manifestazione di giovedì si è discusso ieri a margine di una conferenza stampa, nella quale il responsabile del Wwf triestino Carlo Dellabella ha bollato il progetto di piazza Libertà in quanto «nato come altri da una mancata discussione con la cittadinanza, avulso dal Piano del traffico e dalla variante per il Porto Vecchio. Non sembra poter risolvere i futuri carichi stradali e crea, nel contempo, problemi ambientali perché prevede, come cita il Servizio Verde pubblico del Comune nelle sue osservazioni, il taglio di 21 alberi mentre altri dieci rischieranno di cadere». «È vero - gli ha fatto eco Lia Brautti - che la stazione viene ricongiunta al giardino, ma è altrettanto vero che, per trasferire l’asse stradale sul lato di via Ghega, da quella parte il parco sarà ridotto di una decina di metri». «Non è possibile - ha chiuso Giulia Giacomic, presidente di Italia Nostra - inserire un’autostrada a 7-8 corsie in una simile area storica. Chiediamo almeno la riduzione di quell’asse senza allargare il marciapiede sul lato di via Ghega».

GABRIELA PREDA e PIERO RAUBER


RIFACIMENTO PIAZZE - LA REPLICA DEL SINDACO  - Dipiazza: sanno solo lamentarsi - «Rimetto pure la statua di Massimiliano, ho voglia di fare e mi criticano»

«In piazza Venezia rimetto Massimiliano d’Austria e riporto in superficie il masegno originale, dopo averlo tirato fuori e rimesso in riga. Ora scopro che mi ”rompono” addirittura per questo. E a quelli che si oppongono al progetto di piazza Libertà, dico solo che mi mandino una bella lettera con su scritto ”sindaco, non fare più nulla”. Sanno soltanto lamentarsi mentre io ho voglia di fare. E chi fa si espone alle critiche». Roberto Dipiazza replica alle critiche frenandosi a stento. Le respinge. Le fulmina. E rincara la dose rispetto alle parole pronunciate pochi minuti prima, sullo stesso argomento, da Franco Bandelli. «Chi cerca di fermare queste opere - così l’assessore ai Lavori pubblici - è un integralista. E con gli integralisti non si ragiona. Loro hanno il diritto di protestare mentre noi abbiamo il dovere di governare guardando più in là di domani».
In particolare - assicura Bandelli - il caso piazza Venezia per il Municipio è già chiuso: «Proprio stamani (ieri, ndr) è stato fatto un sopralluogo della polizia edilizia urbana con i tecnici di Soprintendenza e Comune. È stato accertato che l’esecuzione dei lavori con il trattamento del masegno, estratto, tagliato e reinserito, rispecchia il progetto approvato dalla Soprintendenza stessa. Il masegno poi non va da nessuna parte. Anzi, viene addirittura aggiunto là dove manca. Su piazza Libertà gli ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito in commissione, che alla fine gli alberi da sacrificare probabilmente saranno non più di cinque. Li conteremo a opera fatta. E lì vedremo chi avrà avuto ragione».

(pi.ra.)


Ritorno al nucleare, cresce il fronte favorevole  - Consenso da Cisl e Antitrust. Il governatore del Fvg Tondo: «Risorsa imprescindibile»

ROMA Cresce il fronte del ”sì grazie” al nucleare in Italia: dall'Antitrust alla Cisl fino a qualche ambientalista si alza infatti un coro di approvazione all'annuncio del governo di voler riprendere la strada dell'atomo. Da più parti si sono alzate parole di consenso, accompagnate dal ricordo-rimpianto di quando l'Italia era leader in questo settore e dall'invito a recuperare il ritardo accumulato. Con in aggiunta la ”rassicurazione” sui tempi indicati dal governo firmata dall'amministratore delegato di Edison Umberto Quadrino. Cinque anni, ha spiegato Quadrino, sono «tecnicamente corretti». Un tempo «lungo, ma necessario, tenuto conto che non ci sono più le strutture tecniche», a causa dell'addio all'energia atomica deciso con il referendum del 1987. Il presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà, rimpiangendo quando l'Italia era leader dell'energia atomica ha definito «errori» le decisioni che hanno portato all'abbandono del nucleare. La storia del nucleare è costata all'Italia «un bel po’ in termini di mancato sviluppo del Paese», ha aggiunto il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, sottolineando che la questione del nucleare riguarda «non solo la possibilità di pagare meno in futuro i costi dell'energia», ma anche «non essere intrappolati da un gioco stringente dei fornitori». Favorevole al nucleare anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo: «È una risorsa imprescindibile per lo sviluppo compatibile di un settore fondamentale per l’italia come quello dell’energia, troppo spesso penalizzato da decisioni adottate sull’onda emotiva più che giustificate da considerazioni reali sul fabbisogno energetico rapportato al rispetto dell’ambiente».


Piazza Libertà, riqualificazione superflua

Non riesco a comprendere quale sia la necessità e l’urgenza di una nuova risistemazione di piazza Libertà, la cui riqualificazione è avvenuta - peraltro gradevolmente - non molti anni orsono.
Ai fini della viabilità non mi sembra che piazza Libertà sia un nodo particolarmente problematico, ai fini dell’abbattimento di alberi mi sembra lapalissiano che una decina di alberi secolari e sani non potranno essere sostituiti nella loro funzione sia pure da un numero raddoppiato o triplicato di alberi giovani.
Inoltre, che fine farebbero gli esistenti sottopassaggi?
Non potrebbero essere adattati questi a corsia di scorrimento underground per alleggerire il traffico, qualora questa sia la vera urgenza? Questa soluzione non era stata ipotizzata per la pedonalizzazione del Corso?
Se, infine, il motivo fosse puramente estetico... mi sembra che in città esistano altre urgenze, altre priorità e limitate risorse economiche, e non é tempo di «cicale», bensì di «formiche».
A meno che non ci sia un impegno da rispettare con qualche ditta e tale impegno sia stato sottoscritto ben prima di avviare l’iter ufficiale necessario per questo genere di iniziative in tal caso non comprenderei lo stesso ma mi adeguerei, perché cittadino senza potere.
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere circoscrizionale Pd
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 maggio 2008 

 

 

Scajola: «Centrali nucleari al via entro 5 anni»  - LA POLITICA ENERGETICA - L’Enel: «Siamo pronti a partire». Il ministro ombra del Pd Realacci: «È solo ideologia»

ROMA Le sirene nucleariste suonavano da mesi. E come da programma elettorale il governo ha dato ieri l’annuncio. «Entro la legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali atomiche», ha detto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola parlando dal palco di Confindustria. Immediata e durissima la reazione delle opposizioni e del fronte antinucleare pronto a ricompattarsi.
A vent’anni dal referendum che trasformò l’Italia nella capofila dei paesi denuclearizzati, il fantasma dell’energia atomica si riaffaccia sulla scena. «Un piano d’azione ineludibile», spiega il ministro all’assemblea degli industriali già galvanizzati dalla relazione di Emma Marcegalia e dal discorso di Silvio Berlusconi. Un piano che è «un solenne impegno assunto dal premier, con la fiducia, e che onoreremo con convinzione e determinazione», ha aggiunto Scajola tra gli applausi della platea.
Secondo il ministro, infatti, «solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente».
Da qui la necessità di «ricostruire competenze e sitituzioni di presidio, formando la filiera imprenditoriale e tecnica e prevedendo soluzioni credibili per i rifiuti radioattivi».
Per dare risposte «adeguate» alla sete di energia di un paese che paga ha una bolletta energetica da 60 miliardi di euro, ha continuato Scajola il governo si muoverà con decisione lungo tre direttrici: diversificazione, infrastrutture e internazionalizzazione. «Rilanceremo gli investimenti, semplificheremo gli iter autorizzativi, promuoveremo il dialogo con il territorio, premiando con incentivi e iniziative di sviluppo le popolazioni interessate ai nuovi insediamenti», promette ancora il titolare dello Sviluppo, sostenuto dall’intero Pdl.
La lista delle località potenzialmente candidate ad ospitare una centrale atomica sarà affare dei prossimi mesi. E c’è da scommettere che non saranno mesi facili. L’Enel da parte sua si è già detta pronta alla sfida. «Tecnicamente siamo pronti. L’obbiettivo è realizzabile, anche se è necessario avere un quadro normativo aggiornato e una forte spinta di condivisione al progetto da parte del territorio», ha dichiarato l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti senza nascondere il proprio entusiasmo. «Siamo pronti a fare la nostra parte», gli ha fatto eco l’ad di Edison, Umberto Quadrino.
L’opposizione però sembra schierarsi con rinnovata fermezza. Ed anche il fronte delle associazioni ambientaliste insorge compatto contro l’annunciato ritorno del paese all’energia nucleare. «Pensare di riportare il nucleare in Italia in cinque anni è qualcosa di ideologico, è una battaglia come quella per l’articolo 18 che sappiamo come è andata a finire. Se proseguiranno davvero su questa strada da parte nostra non ci sarà alcuna collaborazione», attacca Ermete Realacci, ministro ombra dell’Ambiente del Pd, sostenendo che stavolta «il governo ha finalmente detto qualcosa che gli farà perdere voti».
Ancora più dura la reazione dei vertici di Legambiente che annunciano «un’opposizione durissima» e mobilitazioni su larga scala: «Prima di sbandierare atomi a destra e a manca l’esecutivo dovrebbe chiarire alcuni piccoli particolari. Prima di tutto dove pensa di recuperare i soldi per realizzare gli impianti», dice il presidente dell’associazione Vittorio Cogliati Dezza.


NUCLEARE - FERMI DAL 1987  - Quattro gli impianti esistenti in Italia

ROMA Sono quattro le centrali nucleari costruite in Italia tra l’inizio degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. Garigliano, Latina, Trino Vercellese e Caorso i siti degli impianti, tutt’ora esistenti e tutti gestiti dalla Sogin (subentrata all’Enel), ma fermi dal 1987, anno in cui il referendum abrogativo (votato l’8 e 9 novembre) ha bocciato l’utilizzo del nucleare per scopi civili. Un ventennio (anni’60-’80) quello di attività dei reattori nucleari, nati per incrementare la produzione di energia elettrica, in cui non sono mancati guasti ed incidenti tecnici di varia natura. E quella di Trino Vercellese, provincia di Vercelli, è la prima iniziativa industriale avviata in Italia in campo nucleare: nel 1955 da un pool di imprese, Edison in testa, lancia il progetto. Nel 1961 si inizia a costruire la centrale intitolata ad Enrico Fermi. Completato in meno di tre anni, il 21 giugno 1964 il reattore raggiunge la prima criticità e a partire dall’ottobre dello stesso anno inizia ad immettere elettricità in rete. Nel 1966, per effetto della legge sulla nazionalizzazione, la proprietà della centrale passa all’Enel. Fermo dal `67 al’70 (per problemi tecnici) e poi ancora dal’79 all’82, il reattore ha operato fino al 1987.


Menia: sì al rigassificatore nel Golfo di Trieste  - «I rifiuti possono diventare un’importante risorsa energetica, se si sfruttano come in Europa»

IL SOTTOSEGRETARIO TRIESTINO SPIEGA LA LINEA DEL GOVERNO
«Dobbiamo modernizzare l’Italia, le lancette vanno portate avanti di almeno 10 anni»
Roberto Menia comincia a prendere confidenza con le stanze del palazzo del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Da sottosegretario ha dovuto affrontare, assieme ai colleghi di governo, l’emergenza campana dei rifiuti. Ma l’aennino di Trieste ha già le idee chiare sulla strategia da seguire in questa sua prima esperienza di governo. E ha idee chiare anche in materia energetica, ribadendo il suo sì - da esponente del governo - a un rigassificatore anche nel Friuli Venezia Giulia.
«Chi ha condotto negli ultimi due anni la politica del ministero - spiega - ha seguito un impianto ideologico. Hanno bloccato le grandi scelte perseguendo un ambientalismo fuori dal tempo. La tutela dell’ambiente deve diventare il traino per il futuro del Paese, mentre in passato spesso questa presunta tutela è diventata un freno per la modernizzazione».
Tutta colpa del centrosinistra? «Quella più avveduta ha già capito che la tutela ambientale è una risorsa sulla quale si deve lavorare senza pregiudiziali» continua Menia.
L’emergenza rifiuti, e in particolare quella del napoletano ha molti padri. Un’emergenza che per il momento non c’è in altre parti d’Italia soltanto perchè è sotto traccia. Anche nel Friuli Venezia Giulia dove le discariche, oltre ad aver inquinato vaste aree di sottosuolo, sono quasi alla saturazione. E quando un «deposito» viene posto sotto sequestro il bubbone affiora. La precedente giunta ha a più riprese sottolineato la necessità di costruire un termovalorizzatore nella zona Udine-Pordenone, mentre il sindaco di Gorizia Ettore Romoli ha avanzato l’ipotesi di riattivare, con le opportune modifiche, l’inceneritore dismesso da anni.
«È inutile lanciare allarmi. La politica deve lavorare su un progetto di medio-lungo periodo - continua Menia - Quello che si è verificato in Campania è stata l’esplosione di una vicenda denunciata nel ’93 dall’allora giunta regionale. Lo stato d’emergenza di fatto è stato proclamato nel 1994. Ieri il governo Berlusconi ha deciso di intervenire con determinazione su un fenomeno che sta infangando il nome dell’Italia nel mondo. Ma le responsabilità sono di molti. In tutti questi anni sono stati progettati nell’area cinque termovalorizzatori e anche l’unico praticamente ultimato, quello di Acerra, non è ancora in funzione. Le campagne sono disseminate di eco-balle. La Campania produce oltre due tonnellate di rifiuti all’anno finora depositate nelle discariche. Metteremo in funzione il termovalorizzatore di Acerra entro 6/8 mesi. Ma alcuni cittadini di quella sinistra che è stata allontanata anche dal Partito democratico continua a protestare. Una protesta che in passato è stata cavalcata da chi ci ha preceduto al Ministero e i risultati disastrosi sono negli ultimi mesi sotto gli occhi di tutti».
Siete convinti di vincere questa battaglia? «Abbiamo nominato commissario un uomo di esperienza come Guido Bertolaso, abbiamo responsabilizzato il sindaco Jervolino che deve dare una risposta entro un mese sulle discariche da aprire, l’esercito sarà chiamato a difenderle. Ma una volta risolta l’emergenza dobbiamo varare una strategia complessiva».
Alcune regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna hanno trasformato la raccolta dei rifiuti in una risorsa energetica.
«Le realtà sono diverse. Le Regioni più grandi - sottolinea il sottosegretario - hanno maggiori possibilità di intervento. Ma è indubbio che è necessario varare un piano anche per le realtà più piccole, come la nostra, che vada in quella direzione. Dobbiamo creare un circolo virtuoso che, anche passando per la raccolta differenziata, tolga i rifiuti, una realtà con la quale convivere nel mondo occidentale industrializzato, dalle discariche e li trasformi in energia». Così succede in Europa, così sta scritto anche nel programma del centrosinistra sconfitto il 14 aprile.
«Modernizzare il sistema Italia è una necessità - conclude Menia - dobbiamo riportare avanti le lancette del Paese di almeno dieci anni. La sostenibilità ambientale deve essere al centro anche della realizzazione delle infrastrutture come la Tav, le autostrade ma anche in campo energetico i rigassificatori, compresi quelli del Golfo di Trieste. Non nascondo che le resistenze, più evidenti nella sinistra, sono trasversali. Abbiamo una maggioranza forte. È nostra responsabilità superarle».

CIRO ESPOSITO
 

Un nuovo sequestro in Ferriera Estesi i vincoli nell’area Nord - Il provvedimento ha carattere probatorio: mira a dimostrare che furono stoccate attrezzature dismesse

Altro sequestro alla Ferriera di Servola. - PER CERCARE RIFIUTI INDUSTRIALI
Ieri i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, giunti da Bologna, hanno notificato alla Direzione dello stabilimento siderurgico un’estensione del sequestro che la scorsa settimana aveva «congelato» una vasta area nella zona Nord della Ferriera, a pochi metri dallo Scalo legnami.
Ieri il «blocco» ha coinvolto i cumuli di minerali posti a lato della macchina a colare, nell’area in cui viene riscaldato il «carro siluro». Sotto la superficie di questi cumuli, secondo l’inchiesta diretta dal pm Federico frezza, si dovrebbero nascondere rifiuti industriali e attrezzature fuori uso, mai asportate o scorrettamente smaltite.
Il sequestro ha un carattere «probatorio». In altri termini dovrebbe dimostrare che buona parte dello stabilimento e degli annessi piazzali, è stata utlizzata nel tempo non solo per produrre ghisa e carbone coke, ma anche per stoccare rifiuti industriali come vecchi camion fuori uso, attrezzature dismesse, bidoni di vernice, pezzi di edifici in cemento armato abbutti qualche decennio fa e mai avviati alle regolari discariche.
In sintesi anche la zona della macchina a colare, sarebbe coinvolta in questi stoccaggi, come è già accduto, semrpe secondo l’accusa, per l’area posta tra la Ferriera e l’adiacente scalo legnami.
Pochi giorni fa l’altro sequestro. Anche in questo caso, secondo l’inchiesta l’area che appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica abusiva. Vi sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion. Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato, motori ridotti in pezzi. Tre enormi colline, alte più di 15 metri, nascondono al loro interno altri rifiuti che il carbone, i minerali di ferro e altri materiali di probabile scarto di fonderia, ricoprono completamente. L’are sequestrata non è direttamente coinvolta nell’attività industriale della Ferriera.
La produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né piccolo, così come gli sbarchi sulla banchina. Presto inizieranno anche le analisi chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli diventati col tempo delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto antiche e di incerta datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno intervenisse. Ora in molti si chiedono perché nessuna delle proprietà che si sono avvicendate sul ponte di comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non abbia mai preso l’iniziativa per smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata appartiene al Demanio marittimo: Ferriera l’ha in affitto e paga un canone di concessione.
Intanto prosegue l’altra grossa indagine su reati ambientali, quella del pm Maddalena Chergia, sulla discarica abusiva allo Scalo legnami, per la quale sono indagate 11 persone tra cui i titolari della della Isp Riciclati, Diego Romanese e Cataldo Marinaro e il costruttore edile Antonio Raffaele Bruno. Gli investigatori della Finanza stanno esaminando la documentazione sequestrata in buona parte riconducibile ai trasporti di scarti di asfalto dalle Rive alla discarica abusiva.


Fiume, mare pulito lungo le spiagge  - Balneazione vietata soltanto nel tratto davanti al rione di Pecine

I campionamenti esaltano il litorale quarnerino Il sindaco Obersnel: «Una situazione invidiabile» Presto disponibili anche le strutture di Costabella
FIUME I primi campionamenti stagionali effettuati nelle acque del mare che bagna le spiagge fiumane, effettuati quest’anno dall’Istituto regionale per la salute pubblica, hanno evidenziato una situazione complessivamente molto positiva. In un unico punto, tuttavia, la balneazione si presenta a rischio per la salute dei bagnanti.
Nel capoluogo quarnerino, infatti, la sola «maglia nera» riguarda il tratto di costa prospiciente l’ex albergo Park, nel rione di Pecine, dove da un paio di anni la balneazione è vietata. In quest’area è stato localizzato un accumulo sotterraneo di residui fecali nei pressi di una sorgente che sarà circoscritta con barriere galleggianti entro la fine di maggio. La zona di mare, soggetta a divieto di balneazione, sarà ridotta e per la prima volta, dal giugno 2005 (quando era stato segnalato l’alto tasso di inquinamento) si potrà fare il bagno.
Inutile sottolineare la soddisfazione espressa sia dal sindaco di Fiume, Vojko Obersnel, che dai membri della giunta municipale ai quali Dušanka Djuzela Bilac dell’Istituto regionale per la salute pubblica ha presentato, in sede di esecutivo cittadino, il resoconto sullo stato di salute delle acque antistanti le spiagge fiumane.
Dal 1996 il suddetto Istituto compie dieci volte l’anno (da maggio a settembre, per l’esattezza) rilevamenti in una ventina di punti: da Preluca (nella parte occidentale della città) a Pecine (in quella orientale) per avere sempre sotto controllo la situazione riguardante l’eventuale tasso d’inquinamento. Situazione che, fortunatamente, migliora di anno in anno. E, mentre nel 2005 i cosiddetti punti neri erano stati nove (con moderato tasso d’inquinamento), l’anno scorso i controlli effettuati avevano evidenziato un ottimo stato di salute delle acque.
«Un tale livello di qualità delle acque di balneazione vicine a un centro urbano – ha sottolineato il sindaco Obersnel – è davvero invidiabile. Se siamo arrivati a tanto, lo dobbiamo agli investimenti effettuati nella costruzione del sistema fognario».
Pertanto, è possibile fare una bella nuotatina senza alcun rischio per la salute dei bagnanti a Preluca (dove si trova anche un campeggio), nelle acque che bagnano la zona dallo stadio di Cantrida al centro ricreativo del cantiere navale «Tre Maggio» (la località comprende anche l’ex bagno Riviera, tanto caro ai connazionali fiumani) e quelle antistanti le sei spiagge nel rione di Pecine.
Tra una ventina di giorni, inoltre, i bagnanti avranno a disposizione una spiaggia in più: quella sottostante il costruendo polo natatorio di Costabella i lavori di costruzione del quale dovrebbero essere portati a termine tra breve.
(v.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 maggio 2008 

 

 

 L’INCHIESTA SULLO SCALO LEGNAMI  - La Finanza critica con l’impresa Bruno: doveva sapere che fine facevano i rifiuti

«Bisognava verificare se chi riceveva il materiale aveva l’autorizzazione» - Funzionari e manager si difendono: ignota l’esistenza di materiali speciali, nei documenti era tutto regolare

L’impresa Bruno, che ha realizzato la riqualificazione delle Rive vincendo l’appalto del Comune, aveva l’obbligo di controllare che coloro i quali gestivano lo smaltimento dei rifiuti bituminosi fossero autorizzati a farlo trasportandoli nell’area dello Scalo legnami. Per questo motivo una specifica responsabilità penale è attribuita all’amministratore Raffaele Antonio Bruno.
Per gli investigatori della Finanza, i responsabili dell’impresa triestina non potevano non sapere e avevano «il dovere di accertarsi che colui al quale sono consegnati i materiali per lo smaltimento abbia la necessaria autorizzazione». Insomma dovevano controllare. Come anche - seppure indirettamente - Domenico Donelli, presidente della Trieste Diga Srl, l’ingegnere Giorgio Lillini, direttore dei lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile e il geometra Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologia e valutazione della Provincia per i quali gli investigatori hanno supposto una culpa in vigilando. e hanno chiesto al magistrato di valutare le loro eventuali responsabilità.
Risponde il presidente della Trieste Diga, Donelli: «Non ho nulla da nascondere. Sono pronto a presentarmi dal magistrato. Avevamo fatto un appalto per produrre il materiale per realizzare la diga. Non potevamo sapere che c’erano rifiuti speciali. Anche se devo dire che i danni gravi sono stati fatti negli anni ’40 e ’50. Sono convinto che lì sotto quei terreni ci sia di tutto».
Aggiunge l’ingegnere Giorgio Lillini, responsabile dell’ufficio del Genio civile che nel settembre del 2007 e nel febbraio di quest’anno ha denunciato la situazione all’Autorità portuale proprietaria dell’area: «Non sapevo nemmeno che c’era il cantiere. Quando l’ho visto durante un soprallugo mi sono reso conto e ho scritto subito sia alla società che all’Autorità chiedendo chiarimenti».
«Quel cantiere - spiega Fabio Rizzi, responsabile del servizio sicurezza e ambiente dell’Autorità portuale - ci risultava essere funzionale alla diga. Avevamo fatto varie verifiche documentali e tutto ci era sembrato regolare. C’erano le bolle e le autorizzazioni. Ma non abbiamo controllato il materiale, questo non era di nostra competenza». Nessun commento dal funzionario della Provincia Plossi. Chi parla è l’assessore all’ambiente di palazzo Galatti Ondina Barduzzi. Dichiara: «Mi preme sottolineare che sono stati proprio i controlli condotti dall’amministrazione provinciale a creare i presupposti per le indagini che stanno compiendo le forze dell’ordine. Sono convinta che la Provincia abbia agito nel modo migliore, svolgendo accertamenti lunghi e complessi. I nostri funzionari hanno lavorato con serietà e nel pieno rispetto delle norme. Ribadisco la massima collaborazione con la Guardia di finanza per l’attività che sta svolgendo».

CORRADO BARBACINI


Scarico sospetto assolto Calcina - LA VICENDA RISALE AL 2002 - UDIENZA DAL GUP

Lino Calcina, 53 anni, affermato imprenditore del recupero di materiali riciclabili, è stato assolto con formula piena da una serie di accuse riguardanti il deposito di rifiuti su aree non autorizzate e di traffico di rifiuti. A pronunciare la sentenza è stato ieri il giudice Raffaele Morvay (nella foto) al termine di un processo svolto con rito abbreviato. Un precedente processo era stato annullato per vizi formali. Ieri Calcina, difeso dall’avvocato Giovanni Borgna, era l’unico imputato nel procedimento penale. Gli altri coinvolti hanno già definito separatamente le loro posizioni processuali.
L’inchiesta coordinata dal pm Maddalena Chergia era partita nel 2002. Nell’agosto di quell’anno la Forestale aveva messo i sigilli all’azienda. Tutta l’area della discarica in via Errera è stata posta sotto sequestro. Lì erano stoccate carta usata, ferrivecchi, plastica, vetro e batterie. Gli uomini della Forestale avevano fatto un blitz anche negli uffici della Provincia di via Sant’Anastasio a caccia delle autorizzazioni rilasciate dall’ente. E subito il magistrato aveva cominciato un’attenta lettura dell’istruttoria delle autorizzazioni, in particolare quelle riguardanti lo stoccaggio di batterie usate e di tubi fluorescenti.
Il lavoro di Lino Calcina era quello di trasformarle e venderle facendo diventare i rifiuti denaro sonante, dando lavoro a quaranta persone.
Secondo le indagini della Forestale, nella vasta area posta a poche centinaia di metri dall’inceneritore, erano stati immagazzinati anche rifiuti pericolosi. L’autorizzazione che Lino Calcina aveva esibito agli inquirenti era scaduta. Nessuno l’aveva rinnovata, adempiendo al dettato delle nuove prescrizioni come il decreto Ronchi. Non avendolo fatto, la società di Calcina aveva subito l’intervento prima della Forestale, poi della magistratura. Rifiuti pericolosi.
Parte dell’area che era stata «congelata» dai sigilli è di proprietà della società di Calcina, parte si trova su terreni ottenuti in concessione dall’Autorità portuale. Il sequestro all’epoca aveva avuto immediati effetti sulla raccolta dei rifiuti urbani in città. L’Acegas, per cui Calcina lavorava, si era trovata «scoperta» da un momento all’altro. Così da quel momento la carta, gli imballaggi, il ferro, la plastica, il vetro, erano entrati nel «normale» processo di smaltimento dell’inceneritore.

(c.b.)


SERVOLA  - Comitati di quartiere domani in assemblea

Si terrà domani alle 20.30, nella sede del Circolo Miani, un’assemblea promossa dai comitati di quartiere per lanciare una campagna di sensibilizzazione sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, e sui problemi del depuratore fognario di Chiarbola, della Sertubi, degli inceneritori, dell’Italcementi, fino alle discariche allo Scalo Legnami. All’ordine del giorno anche la definizione della manifestazione che verrà organizzata in piazza Unità per chiedere a Comune e Regione di risolvere il nodo Ferriera.


Duino, posizione dura sull’elettrodotto - CONSIGLIO COMUNALE

DUINO AURISINA La necessità che l'intervento sia realizzato in tempi brevi, che l'elettrodotto passi a Nord di Visogliano e a Sud di San Pelagio, più lontano dalle case possibile, e che i tralicci dal 59 al 63 vengano interrati. Questi i punti centrali della forte presa di posizione del Consiglio comnuale di Duino Aurisina nei confronti di Terna sul tema della modifica dell'attuale percorso dell'elettrodotto. Posizione che il sindaco dovrà rappresentare nella prossima Conferenza dei servizi che verrà istituita sul tema dalla Regione. Questo il punto centrale della seduta del Consiglio comunale svoltasi ieri mattina a Duino Aurisina. Tra gli altri temi, una variazione di bilancio relativa a una serie di entrate (oltre 260mila euro) erogate dalla Regione. Al Consiglio si è parlato dei potenziali effetti della riduzione o eliminazione dell'Ici: il sindaco ha sottolineato come una simile ipotesi potrebbe risultare estremamente pesante, obbligando a un serio ridimensionamento della spesa.


Corridoio 5, Gherghetta a Lubiana: «Deve passare anche per Gorizia» - INCONTRO CON VERLIC

GORIZIA Il corridoio V deve passare per la città isontina. Il presidente della provincia di Gorizia che ieri era a Lubiana insieme all'assessore agli affari internazionali, Marko Marincic, lo ha ribadito all’incontro con il sottosegretario sloveno ai Trasporti Peter Verlic.
La richiesta è stata affiancata e supportata dalla presentazione al rappresentante del governo sloveno dei dati conclusivi del progetto Sistema, con il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e giuliano nel settore logistico e del trasporto merci.
Nel corso dell'incontro, avvenuto presso la sede del ministero dei Trasporti sloveno, Gherghetta ha ribadito la necessità di integrare il Corridoio V con una linea ferroviaria a due binari che colleghi le due città. «Oggi - ha detto il presidente - abbiamo cominciato la nostra campagna di informazione. Siamo convinti che la nostra ipotesi sia forte e percorribile e può soltanto portare vantaggi a tutti. Del resto, il nostro progetto non è alternativo al collegamento di Lubiana con Trieste ma complementare. E abbiamo dimostrato che si può realizzare con una spesa di un miliardo di euro».
Gherghetta nei prossimi giorni incontrerà i sindaci di Gorizia e di altri comuni dell'area e avvierà contatti con il governo italiano. Il progetto Sistema, con il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e giuliano nel settore logistico e del trasporto merci, sarà poi ufficialmente presentato a fine giugno nell'ambito di un convegno internazionale che si terrà a Gorizia.
Gherghetta e Marincic si sono recati a Podnanos in visita al cantiere del raccordo autostradale Razdrto-Nova Gorica, ormai in fase di completamento (mancano circa 11 km.). Al sopralluogo era presente anche il console sloveno Joze Susmelj.
«Il raccordo autostradale sarà completato entro fine 2008, o al massimo all'inizio del 2009» ha confermato il presidente al termine del sopralluogo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 maggio 2008 

 

 

Scalo legnami, altri tre coinvolti nell’inchiesta sulla discarica abusiva  - Nel mirino la mancata vigilanza sulla situazione Le Fiamme gialle: area gestita da un «cartello»

Si allarga l’inchiesta della Guardia di finanza sulla maxidiscarica dello Scalo legnami, dove fino a pochi giorni fa venivano depositati rifiuti pericolosi come i materiali di scarto dell’asfalto rimosso dalle Rive o da altre strade della città. Adesso l’inchiesta coinvolge anche chi avrebbe dovuto vigilare.
Lo si legge a chiare lettere nell’informativa che gli investigatori del Gico (Gruppo investigativo criminalità organizzata) delle Fiamme gialle hanno inviato al pm Maddalena Chergia e che fa parte del fascicolo processuale. I militari chiedono al magistrato di «valutare le eventuali responsabilità per culpa in vigilando » senza tralasciare ovviamente anche altre eventuali responsabilità da parte di chi avrebbe dovuto intervenire con tempestività.
I nomi sono quelli di Domenico Donelli, 58 anni, presidente della Trieste Diga Srl, la società che aveva autorizzato l’uso dell’area alla Isp Riciclati di Diego Romanese e Cataldo Marinaro; di Giorgio Lillini, 55 anni, direttore dei lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile per le opere marittime di Trieste che nel settembre del 2007 aveva inviato una lettera in cui venivano richiesti chiarimenti «in relazione all’utilizzo dell’area di cantiere allo Scalo legnami»; e di Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologica e impatto ambientale della Provincia, «che - si legge nella relazione - ha curato l’intero iter autorizzativo a seguito della comunicazione di recupero dei rifiuti presentata il 19 settembre 2005 dalla Isp Riciclati e che, nonostante quest’ultima società non avesse ottemperato alle integrazioni tecniche richieste, solo il 28 gennaio 2008 ha effettuato un sopralluogo nell’impianto rilevando gravi irregolarità».
Irregolarità che hanno fatto scattare la diffida. Diffida che porta la data del 4 febbraio 2008 - e cioè dopo un primo sequestro effettuato il 29 gennaio dai Forestali di Opicina - e che praticamente è rimasta inascoltata.
Nella lettera della Provincia si intima alla Isp Riciclati «di interrompere il carico di rifiuti», di «rimuovere entro 15 giorni tutto il materiale caduto in mare e di presentare idonee analisi e certificazioni attestanti l’idoneità dei materiali presenti all’interno dell’impianto», di «iniziare entro 30 giorni il recupero dei rifiuti giacenti presso l’impianto, compresi quelli derivati da scarti di attività di recupero», di pulire l’area, presentando entro 15 giorni una relazione tecnica sulle attività svolte tra il 2005 e il 2007» e infine di «realizzare sempre entro 15 giorni un programma per il recupero in altri impianti dei rifiuti che giacciono nell’area esterna all’impianto».
Ma c’è di più. Riguardo alla gestione dell’impianto abusivo, gli investigatori della Guardia di finanza hanno rilevato che «di fatto è stato creato un ”cartello” tale da formare un ostacolo ad altri operatori che lavorano nel medesimo settore, turbando e alterando i meccanismi regolatori del libero mercato».
Per la Finanza l’attività della discarica andava comunque avanti da molto tempo. «Considerato lo stato dei rifiuti con sviluppo di vegetazione - si legge nell’informativa - risulta che i primi conferimenti di manto stradale provenivano anche dal Cantiere Rive di Trieste e risalivano al marzo 2006». E poi ancora: «Altro particolare interessante è dato dalle annotazioni apportate sul registro di carico rifiuti, acquisito in parte e in copia dal Comando stazione forestale di Trieste, dove si evince che il codice veniva sistematicamente cancellato e corretto con un altro. Questa correzione era dovuta al tipo di materiale che era stato conferito».

CORRADO BARBACINI
 

Ferriera, adeguamenti da 4 milioni  - Primi interventi per la riduzione delle emissioni di fumi e polveri - IN BASE ALL’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE

Un investimento da 4 milioni di euro. Tanto sono costati al Gruppo Lucchini-Severstal i primi interventi agli impianti della Ferriera di Servola per rispettare le prescrizioni contenute nell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione. Una serie di adeguamenti a cui faranno seguito, tra la fine di questo mese e giugno, dei nuovi ammodernamenti «fra i quali il più significativo è quello dello sdoppiamento dell’alimentazione della cokeria», come spiega una nota diffusa dalla proprietà.
I differenti lavori viaggiano tutti nella medesima direzione, quella che ha come obiettivo la riduzione nelle emissioni di fumi e polveri. Attraverso i singoli adeguamenti, la Lucchini-Severstal prevede di migliorare la situazione in certi casi del 20 per cento, ma anche dell’80 in altri, rispetto alle condizioni attuali. Fra i passi già eseguiti, c’è per esempio l’automazione dell’impianto di abbattimento delle polveri, che va a consentire un’ottimizzazione delle aspirazioni laddove queste sono maggiormente richieste in un dato momento e, così, un convogliamento delle polveri generate verso il processo di sfornamento. Ciò avviene grazie alla «gestione automatica dei parametri di funzionamento dell’impianto», aggiunge la società. Il tutto si sviluppa grazie a una sorta di supervisione attiva con regolazioni continue alle macchine, sulla base di depressioni e temperature, a loro volta costantemente rilevate.
Grazie alla sostituzione con riqualificazione del filtro a tegoli deflettori della torre di spegnimento del coke, sono stati piazzati dei nuovi componenti in acciaio inox e si è inserito un impianto di lavaggio dei tegoli nella torre. Gli accorgimenti in questione dovrebbero ridurre il carico dell’emissione di polveri associate allo spegnimento: la stima della Lucchini-Severtsal dice che le quantità presenti nel vapore e in uscita dalla torre diminuiranno del 20 per cento.
Una nuova linea di aspirazione a presidio del foro di colata determinerà invece dei progressi sulle emissioni di polveri dal capannone: queste, durante le fasi di spillaggio e colaggio della ghisa, verranno attutite in maniera sostanziale, per il Gruppo Lucchini-Severstal addirittura dell’80 per cento. Nell’ambito della sostituzione delle 37 colonne di sviluppo della batteria B, si è reso automatico anche il sistema di regolazione della pressione. Questi sono stati gli interventi principali, cui se ne sono aggiunti degli altri e ulteriori sono in fase di completamento.
La proprietà dello stabilimento di Servola ha poi avviato le procedure di monitoraggio e controllo ambientale, trasmettendo i dati agli enti di controllo e il piano di riduzione della produzione dei rifiuti alla Regione. Fra le altre cose è iniziato il controllo delle emissioni convogliate ai camini: un quadro che sarà composto con frequenza trimestrale, anzichè ogni sei mesi. Al riguardo, verranno definiti a breve due confronti tecnici con gli organi competenti, per decidere quale dovrà essere la seconda postazione esterna per il rilievo degli idrocarburi policiclici aromatici e per discutere delle strumentazioni idonee al monitoraggio continuo delle emissioni ai camini della cokeria e dell’agglomerato. Proprio ieri, i rappresentanti dei Verdi Alessandro Metz e Giorgia Visintin avevano chiesto una verifica sull’iter di adeguamento all’Aia da parte della Ferriera.

MATTEO UNTERWEGER


Stabilimento di Servola: comitati pronti a protestare in piazza Unità - LA PROSSIMA SETTIMANA

Scenderanno in piazza dell’Unità d’Italia, sotto la nuova sede della giunta regionale, per chiedere «interventi urgenti, che impediscano alla Ferriera di continuare a inquinare l’aria che respiriamo». L’appuntamento è per giovedì della prossima settimana, momento in cui l’esecutivo guidato da Renzo Tondo ha fissato le proprie riunioni. Sono decisi quelli di «Servola respira» , del circolo «Miani» e dei comitati di quartiere che da tempo si battono contro lo stabilimento di Servola. E la situazione si è ulteriormente aggravata dopo le recenti notizie relative alle discariche abusive individuate dalla Guardia di Finanza. «Venerdì – hanno annunciato i portavoce dei comitati – ci riuniremo nella sede del Circolo Miani, per definire i dettagli della manifestazione della prossima settimana». Bersaglio della protesta non sarà solo la giunta regionale, insediata da poche settimane, e che ha nelle sue competenze le autorizzazioni a favore della Ferriera, ma pure la maggioranza che governa il Comune, guidata dal sindaco Dipiazza. «Il Comune, quando rilascia le licenze, soprattutto quelle edilizie – è stato spiegato ieri – è anche responsabile dell’esecuzione della correttezza dei lavori che vengono svolti e deve controllare se lo smaltimento dei residui delle varie lavorazioni è effettuato rispettando le regole previste».


I Verdi: monitorare le acque scaricate da Servola - «LA PROCURA EFFETTUI DELLE ANALISI»

Monitorare in maniera costante, com’è previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, la zona a monte dei tre scarichi delle acque della Ferriera, che ogni giorno riversano nel vallone di Muggia migliaia di metri cubi di reflui industriali già ritenuti pericolosi dall’Arpa. La richiesta giunge dai rappresentanti regionali dei Verdi, Alessandro Metz e Giorgia Visintin, che ricordano come le indagini della Procura che hanno portato alla recente scoperta delle discariche abusive allo Scalo legnami e alla Ferriera siano partite in seguito al loro esposto del settembre 2007 sull’attività dello stabilimento siderurgico.
Precisando che gli scarichi a mare sono tre (uno vicino alla cokeria, uno nell’area centrale e uno in quella più ad est), nei quali confluiscono almeno almeno sei scarichi provenienti dagli impianti, Giorgia Visintin afferma che «contengono materiali di tipo minerale che rimangono in parte in sospensione, creando poi sul fondo un’importante e continua sedimentazione. Ci auguriamo – rileva – che la Procura analizzi cosa viene scaricato. Segnalazioni fatte a suo tempo dalla Capitaneria all’Arpa parlavano di acque contenenti fenoli e nitrati. Si tratta di un scarichi attuati nel corso degli ultimi vent’anni – aggiunge – ma anche negli ultimi dieci, e quindi anche durante l’attuale gestione dell’azienda».
«L’Arpa, in fase di redazione dell’autorizzaione integrata – precisa sua volta Alessandro Metz – aveva chiesto di poter monitorare a monte gli scarichi principali dello stabilimento, ma al momento questa pratica non è ancora in essere. Tra l’altro, per diluire questi scarichi vengono usati migliaia di litri di acqua potabile attinti dall’acquedotto cittadino».
L’ex consigliere regionale avanza infine un suggerimento al sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che nei giorni scorsi ha indicato il problema della Ferriera come una priorità: appurare lo stato dell’iter per l’autorizzazione integrata ambientale relativa alla centrale di cogenerazione, in corso al ministero dell’Ambiente. «La centrale – ricorda Metz – beneficia dei contributi Cip6 per la produzione di energia, purchè utilizzi una certa percentuale (circa la metà) di gas di risulta. Sarebbe importante verificare se vengono rispettate queste prescrizioni». (gi. pa.)


Piazza Libertà Ne discute il Pd - PROGETTO

Oggi alle 18 il Circolo del Pd della quarta circoscrizione organizza nella sua sede di via Donota 1 (terzo piano) un’assemblea pubblica aperta ai cittadini per discutere il progetto di riqualificazione urbana di piazza della Libertà, che prevede la realizzazione di una piazza pedonale davanti all’ingresso della stazione centrale e la riorganizzazione della viabilità di transito nella zona. All’incontro saranno presenti tutti i consiglieri comunali del Pd.


Da Campanelle alla Val Rosandra domani con Camminatrieste

Il Coped-Camminatrieste organizza per domani l’iniziativa «Studenti e pedoni insieme a nonni e nipoti», una passeggiata in Val Rosandra «per l’ambiente, i diritti dei pedoni e la sicurezza stradale». La passeggiata partirà alle 10 dal capolinea del bus 33 a Campanelle e si snoderà lungo la pista ciclopedonale in direzione Val Rosandra. Pranzo al sacco. È prevista anche la partecipazione dei bambini della scuola dell’infanzia Munari.



Il ponte Bailey - SONDAGGIO DEL COMUNE

Il Comune di Trieste ha deciso di sentire il parere dei cittadini in merito al ponte pedonale sul canale di Ponterosso, divulgando un apposito questionario.
Iniziativa senz’altro positiva (è la prima volta che l’amministrazione comunale fa una cosa del genere), in linea di principio, anche se qualche perplessità rimane. La decisione del Comune è arrivata infatti dopo che un sondaggio effettuato dal Piccolo aveva dato l’esito di una maggioranza di favorevoli al «Bailey» attuale. Non solo, l’assessore Bandelli ha dichiarato che la decisione di costruire il nuovo ponte è già presa e che il Comune potrebbe ripensarci soltanto se dal sondaggio emergesse una maggioranza schiacciante (almeno l’80 per cento) di contrari. Insomma, più che di una seria indagine sulle opinioni dei triestini, pare si tratti di una sorta di plebiscito «pilotato» a favore delle decisioni della giunta Dipiazza.
Decisioni peraltro ancora alquanto fumose. I quesiti del questionario sono infatti drastici quanto vaghi: si chiede infatti se il collegamento possa essere utile ai pedoni (difficile rispondere negativamente) e poi se il nuovo ponte possa migliorare la qualità urbana. Una domanda, quest’ultima, alla quale pare arduo rispondere solo sì o no. Il miglioramento della qualità urbana dipende infatti, com’è ovvio, dalla qualità del progetto del ponte (su cui nulla è dato sapere) e lo stesso ragionamento vale per il terzo quesito, relativo alla costruzione di un ponte permanente, stante il contesto di grande pregio in cui l’opera verrebbe a collocarsi.
Scontato l’esito di questa «consultazione», è quindi auspicabile che il sondaggio tramite questionario venga riproposto, quando esisteranno delle idee progettuali da valutare e da confrontare. Così come sarebbe bene fare sempre, in casi del genere. Le associazioni ambientaliste ed i comitati spontanei, a dire il vero, lo chiedono da tempo, ed è un vero peccato che nessuno finora li abbia ascoltati. Probabilmente si sarebbero potuti evitare interventi nefasti come quelli di piazza Vittorio Veneto e di piazza Goldoni, la distruzione del verde per la mega speculazione edilizia nel comprensorio della Maddalena, e così via.
Dario Predonzan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 maggio 2008 

 

 

Piazza Libertà, sul progetto è già polemica  - Omero: fondi spesi male. Bandelli: opera necessaria. Da decidere l’uso della Tripcovich

 

 Il piano lunedì discusso in Consiglio comunale
Il Consiglio comunale lo approverà lunedì prossimo. Ma senza l’entusiasmo bipartisan trapelato la scorsa settimana. Il progetto preliminare per la riqualificazione di piazza Libertà - da cantierare entro l’anno e terminare nel primo semestre 2010 per non perdere i finanziamenti misti Stato-Regione - ha vissuto ieri una frenata dopo una battaglia politica di due ore e mezza. Nel secondo passaggio in commissione integrata Lavori pubblici-Urbanistica - chiesto dall’opposizione in conferenza capigruppo con il sostegno trasversale di Maurizio Ferrara per la Lista Dipiazza - il centrosinistra non ha fatto sconti. Di nuovo, rispetto al primo appuntamento di martedì scorso, c’era la sfilza di pareri preventivi al progetto preliminare a disposizione dei consiglieri. E pure la presenza del capogruppo Pd Fabio Omero, che ha rilanciato le perplessità di Decarli (Cittadini) e Minisini (Pd) bollando «la scelta di concentrare su stucco e pittura le risorse statali del programma innovativo Trieste Nord. L’intervento è stato finanziato con una legge che prevedeva dotazioni strutturali per quartieri degradati con forte disagio abitativo e occupazionale. Ma qui il tutto si è ridotto a un cambio radicale della viabilità».
A chi gli faceva presente che «le prescrizioni, in primis quella della Soprintendenza, non esprimono pareri positivi definitivi sul piano», l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha replicato invece che «si tratta di un progetto preliminare per il quale non ci sarebbe stato neanche l’obbligo di tali pareri. Omero non ha fatto il salto di qualità veltroniano sul dialogo. Il cambio viario di piazza Libertà è necessario altrimenti il flusso del traffico, con il rinnovo del Silos e l’intervento Greensesam in Porto Vecchio, arriverà al collasso».
Sull’altro tema caldo, cioè l’eventuale trasloco dei concerti dalla Sala Tripcovich alla futura sala polifunzionale del Silos, «giudicata dal sovrintendente del Verdi Zanfagnin inadeguata», Bandelli ha risposto infine a Bruna Tam del Pd precisando che «la vocazione teatrale della città non sarà compromessa da 50 posti in meno».
Ma non è finita qui. Sul tavolo - come rileva in una nota anche il Gruppo Beppe Grillo - c’è la grana degli alberi ad alto fusto che andrebbero sacrificati senza inciampare nel regolamento sul Verde pubblico firmato proprio dall’ex assessore all’Ambiente Ferrara, il capogruppo della lista civica del sindaco. Tutti rebus che hanno indotto la stessa maggioranza a rinviare a lunedì il voto sul progetto, che in realtà sarebbe dovuto approdare in Consiglio già giovedì. Il Pd, intanto, ha indetto per domani nella sede di via Donota 1 (alle 18) un’assemblea aperta al pubblico sull’annunciata rivoluzione di piazza Libertà.

PIERO RAUBER


Discariche abusive: multe e pulizie senza risultati  - La Forestale: sul Carso numerose aree vengono bonificate ma dopo poche settimane tutto torna come prima

 DISCARICHE: I PUNTI CRITICI
La legge parla chiaro: chi getta in discariche abusive rifiuti classificati come pericolosi rischia da uno a tre anni di carcere e sanzioni da 5200 a 52.000 euro. Eppure nonostante pene così severe, come dimostrato dal caso dello Scalo Legnami, c’è ancora chi fa il furbo e continua ad abbandonare a bordo strada o negli angoli più nascosti materiali di ogni genere. Un malcostume più diffuso di quanto si pensi anche nell’«asburgica» Trieste.
Capita così che alcuni punti del Carso, come l’area boschiva vicina alla stazione di Visogliano o la zona di Ivere nel comune di Duino, abbiano costantemente l’aspetto di un immondezzaio nonostante vengano ripuliti ad intervalli regolari. Lo sa bene il personale della stazione forestale di Duino che, proprio per «stanare» i recidivi, da un mese a questa parte ha intensificato i controlli sull’Altipiano.
L’attività degli uomini del corpo regionale non si limita a monitorare il territorio e a segnalare gli eventuali rilasci non autorizzati alle amministrazioni comunali competenti. In presenza di situazioni illecite, infatti, vengono anche avviate delle indagini interne per risalire agli autori dello scempio. Autori che, spesso, commettono passi falsi e lasciano per esempio tra le macerie biglietti da visita o altri indizi che agevolano il lavoro dei forestali e permettono di inchiodare chi ha l’abitudine di liberarsi dei propri rifiuti infischiandosene dei danni all’ambiente. Gli ultimi ad essere «beccati», in ordine di tempo, sono stati un cittadino sorpreso ad abbandonare in un bosco di Sgonico un sacchetto di nylon con vari scarti (50 euro di sanzione) e un residente di Trieste che si era sbarazzato di rifiuti ingombranti, tra cui un paraurti, e chi si è visto comminare una multa da 200 euro. Ancora peggio è andata però ad un artigiano che depositava senza autorizzazione grandi quantità di terra e ha dovuto pagare ben 18mila euro per abuso edilizio.
Quanto ai depositi abusivi in Carso, spiegano sempre dalla stazione di Duino, l’elenco purtroppo è lungo. C’è una zona verde nella frazione di Medeazza, per esempio, tristemente nota come «cimitero degli pneumatici». Lì decine di persone, evidentemente convinte di non fare niente di male, abbandonano da sempre cerchioni e vecchie gomme. E poi c’è la zona di Ivere, sempre nel comune di Duino, le cui cave abbandonate tracimano di scarti. Qualche tempo fa è stata trovata vicino all’ingresso di una delle cavità persino una vecchia barca di piccole dimensioni.
Un altro rilascio «storico» è quello vicino alla stazione di Visogliano. Lì, periodicamente, vengono depositati secchi, cumuli di plastica e calcinacci. Gli stessi materiali che, assieme a grandi quantità di materiali da costruzioni, molti automobilisti gettano in due piazzali della strada del Vallone che porta a Gorizia.
La zona boschiva vicina al cimitero di Aurisina, invece, è la preferita da chi cerca di disfarsi di rifiuti vegetali, come scarti di potatura ed erbacce, presenti sempre in abbondanza.
I rifiuti abbondano anche al Villaggio del Pescatore. Nell’area della «cavetta», non lontano dall’ittiturismo, viene costantemente segnalata la presenza di oggetti ferrosi, parti metalliche arrugginite e calcinacci. A San Giovanni in Tuba, invece, esiste una zona scambiata erroneamente per un deposito autorizzato di sacchi di cemento. Non va meglio, infine, nel comune di Sgonico dove, appena qualche settimana fa, sono stati individuati e ripuliti ben 25 piccoli depositi a cielo aperto.

MADDALENA REBECCA
 

Dipiazza a Tondo: più test a Servola

«Ho chiesto al presidente della Regione che vengano effettuati controlli giornalieri delle emissioni della Ferriera, dopo che il 13 maggio scorso l’Arpa ha rilevato un livello di polveri sottili pari a 1000 microgrammi per metro cubo per quindici minuti, e un picco di 2.226 microgrammi, quando il limite è di 50».
A tuonare ancora una volta sulle emissioni della Ferriera è il sindaco Dipiazza, che ieri ha colto al volo l’occasione dell’incontro con Renzo Tondo per tornare sulla scottante questione.
Il presidente della Regione, dopo le dichiarazioni in campagna elettorale, ma ribadite anche successivamente, relative a una sua idea per risolvere il nodo dello stabilimento siderurgico, si è limitato ad affermare che «la questione della Ferriera di Servola è una priorità assoluta per Trieste».
L’argomento, come si diceva, è tornato alla ribalta nel breve pranzo di lavoro (una sola portata, consumata velocemente in un salone del palazzo di piazza dell’Unità) nel quale Tondo e Dipiazza hanno passato in rassegna i problemi più urgenti della città in cui ha competenza la Regione, stabilendo di approfondirli in un’apposita seduta della giunta regionale. In quella seduta, la cui data è ancora da stabilire, il sindaco discuterà delle diverse questioni aperte con tutti gli assessori.
Quella di ieri, in sostanza, è stata una panoramica in vista dell’approfondimento con la giunta. «Ho esposto al presidente tutti i problemi e i progetti in piedi per la città – ha spiegato Dipiazza – a cominciare dagli accordi di programma previsti per il polo ospedaliero di Cattinara e per il complesso del Silos in piazza Libertà. Non appena Regione e Comune saranno pronti ci rivedremo con l’intera giunta».

(gi. pa.)


SPALATO - Allarme al Parco di Cherca: quintali di carne putrefatta Trovata una discarica abusiva colma di scarti di macellazione

Scandalo amianto alla «Salonit»: l’ira ambientalista contro il ministro che minimizza
FIUME La denuncia, per ora contro ignoti, è di grave devastazione ambientale e minaccia alla salute pubblica. Il caso – finora unico, per quanto se ne sa, e assolutamente scandaloso – è quello dei rifiuti animali in stato di avanzata decomposizione scoperti alla fine della settimana scorsa in una zona impervia del Parco nazionale della Krka (Cherca), subito a monte di Sebenico. La discarica abusiva è stata scoperta casualmente in un punto fuori mano del Parco, in un canyon in cui scorrono le acque del fiume che più a valle alimenta le celebri cascate prima di sfociare in Adriatico. Istituito nel 1985 e con un estansione di 109 km quadrati, il Parco, e soprattutto la zona delle cascate, accoglie ogni anno migliaia di visitatori, soprattutto stranieri. È ritenuto un «gioiello» sia per le sue bellezze paesaggistiche che per il suo ecosistema unico e ben conservato. In un punto recondito e difficilmente accessibile del canyon, non lontano dal villaggio di Brnjica, anonimi escursionisti – probabilmente per via del tanfo insopportabile che proveniva dal fondo di uno strapiombo – hanno individuato un grande ammasso di resti animali e allertato i guardaparco. I quali, dopo una prima ricognizione, hanno chiamato in causa gli addetti del Servizio veterinario conteale di Sebenico. Come questi hanno poi constatato, la discarica abusiva conteneva oltre una tonnellata di scarti del processo di macellazione, in buona parte già in avanzato stato di putrefazione. Veterinari e autorità sanitarie hanno immediatamente disposto la rimozione delle carcasse. Secondo i veterinari, la discarica non dovrebbe risalire a più di una quindicina di giorni fa. Per gli inquirenti non dovrebbe essere troppo arduo risalire ai responsabili. Tutti gli impianti di macellazione debbono essere infatti debitamente registrati e autorizzati. Qualche problema potrebbe venire unicamente dall’individuazione di un qualche macello abusivo. Da verificare, inoltre, le eventuali conseguenze che una discarica del genere potrebbe aver prodotto in un ambiente carsico, e dunque di rocce porose e permeabili, ricco di acque nel sottosuolo.
Sempre in tema di devastazione ambientale e di pesanti conseguenze per la salute pubblica, da segnalare anche che nella zona di Spalato si sta ulteriormente dilatando lo scandalo «Salonit» di Vranjice, la fabbrica di materiale edile «corredata» da depositi abbandonati di manufatti a base di amianto. A infiammare gli animi degli abitanti della zona sono stati dapprima i maldestri tentativi di minimizzare il tutto da parte del ministero dell’Ambiente, e quindi talune dichiarazioni incaute e fumose della titolare dello stesso dicastero, Marina Matulovic-Dropulic. Appellandosi a inesistenti parametri di tolleranza europei per l’inquinamento da amianto, il ministro ha cercato di tranquillizzare la popolazione residente nella zona. Immediata la replica delle organizzazioni ecologiste, pronte a far notare come nel caso dell’amianto i limiti europei siano da tolleranza zero.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 maggio 2008 

 

 

EMERGENZA AMBIENTE - Carso: discariche in cento grotte e 50 doline  - Dai metalli alle acque nere ai medicinali, la mappa tracciata su iniziativa del Cai - VEDI MAPPA

Dalle discariche della costa, alle cavità dell’altipiano carsico.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta per individuare i «punti caldi» in cui mani sconsiderate e imprese truffaldine hanno abbandonato ogni genere di rifiuti nel territorio della provincia di Trieste. Metalli pesanti, idrocarburi, mercurio, piombo, plastiche, acque nere, inerti edili, medicinali, rifiuti ospedalieri, ma anche carcasse di animali.
Nulla è stato risparmiato. Cento grotte sono diventate discariche; una cinquantina di doline hanno subito la medesima sorte, così come molte cave carsiche in cui l’attività estrattiva era cessata da tempo. Intere zone sono state sottratte alla popolazione, al pascolo e alle coltivazioni.
Basta pensare alla colossale «collina delle vergogna», alta una quarantina di metri e formata dai rifiuti che il Comune di Trieste ha trasferito per 14 anni in un avvallamento posto a un solo chilometro di distanza dall’abitato di Trebiciano.
Tra il 1958 e il 1972, l’anno in cui entrò in funzione l’inceneritore di Monte San Pantaleone, decine di camion della Nettezza urbana vi riversarono ogni giorno plastica e pneumatici, immondizie e residui alimentari, carta e scatoloni. In totale più di 600 mila metri cubi. Il fuoco bruciava le immondizie giorno e notte e l’odore acre del fumo si spandeva per il Carso. L’intera area era infestata da torme di ratti e da sciami di insetti.
Ora questa massa di rifiuti è ricoperta da un paio di metri di terra che non ha nulla a che vedere con il Carso e con le sue peculiari caratteristiche litologiche. Arriva da un altro ambiente, quello marnoso-arenaceo: sulla sommità e sui fianchi di questa collina artificiale, crescono alberi ed erba. Ma sotto la «copertura» che ha nascosto il dileggio e lo strazio ambientale, i rifiuti continuano lentamente a modificarsi.
Dal punto di vista biologico il tempo dovrebbe averli inertizzati, ma a livello chimico la partita è ancora aperta. Il Carso è contrassegnato da un’idrografia a tre dimensioni: in profondità corre l’acqua del Timavo e tutta la massa di roccia calcarea è permeabile e fessurata. In pratica la pioggia raggiunge il livello di base dove scorrono le acque sotterranee e altrettanto accade per gli idrocarburi, i fanghi, e gli altri rifiuti abbandonati in superficie, nelle grotte e nelle doline. Vengono trascinati verso il fondo e il loro «percorso» subverticale è segnato per secoli.
I censimenti effettuati dai club di speleologi da anni e anni hanno sottolineato lo scempio avvenuto alle spalle della città. L’elenco delle grotte usate come discariche si è via via rimpolpato di nuovi nomi e nuove cavità. In pratica in un prossimo futuro, dovranno essere censite le grotte e gli abissi scampati all’inquinamento, più che quelle inquinate che costituiscono già oggi quasi la norma. Più sono prossime a una strada o a una carrareccia, più sono a rischio.
La Grotta del Bosco dei Pini, l’abisso sopra Chiusa, l’abisso del Colle Pauliano, la grotta Plutone, l’abisso di Fernetti, la grotta Nemez, la voragine di San Lorenzo, il pozzo Mattioli, l’abisso di Padriciano, la grotta degli Occhiali, la Fovea Sassosa, l’abisso di Rupingrande, rappresentano solo la sparuta avanguardia di un fenomeno di massa censito da Maurizio Radacich e Giovanni Spinella per conto del Club Alpinistico Triestino.
A ogni cavità è attribuita una precisa «tipologia del degrado». Si va dai generici rifiuti, allo scarico di acque nere, ai medicinali, all’inquinamento non meglio specificato, agli idrocarburi, ai motorini e ciclomotori. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Invece il disastro è grande e gli effetti non ancora del tutto compresi. Anche molte doline hanno subito questo insulto. I rifiuti le hanno colmate e lo spessore delle immondizie in talune raggiunge i venti metri.
Certo, le discariche scoperte negli ultimi anni lungo la costa da Barcola a Muggia, hanno dimensioni centinaia, se non migliaia di volte maggiori. Ma sull’altipiano, al di là dell’immensa discarica di Trebiciano, il fenomeno è diffuso a macchia di leopardo. Sullo stesso altipiano non solo decine e decine di doline sono state coinvolte nell’inquinamento a hanno spesso ottenuto il via libera della autorità, anche numeri depositi a cielo aperto di vecchie vetture da demolire. Carburanti, olii esausti, batterie, plastiche, non sempre sono state «smaltite» nel rispetto della legge. E sono fioccati i processi. Ma nessuno ha ancora deciso dove e come costruire uno stabilimento per la rottamazione dei veicoli dismessi. In altri Paesi più civili esistono fabbriche di costruzione e fabbriche di demolizione. Da noi le carcasse vengono «lavorate» all’aperto.
Va citata in questo elenco anche la vicenda della cava di Santa Croce, usata come discarica dal gennaio 1989 al giugno successivo per scelta del Comune di Trieste. Vi furono ammassati 35 mila metri cubi di cosiddetti «inerti», provenienti da scavi e demolizioni. In precedenza erano stati scaricati nella zona a mare del Rio Ospo, accanto a Muggia. Quando nella cava di Santa Croce non vi fu più posto, divenne necessario assumere una nuova decisione. La discarica prescelta, sempre dal Comune, fu quella di Barcola-Bovedo che avrebbe dovuto assicurare una autonomia di almeno dieci anni, con la previsione di un interramento a mare di un milione e mezzo di metri cubi di inerti. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti. Lì sul terrapieno non finirono solo gli «inerti» ma ben altro e ben più pericoloso, tanto da consigliare la costruzione di un «sarcofago» a protezione della salute di velisti e dei windsurfers.
Le discariche del Carso e quelle della costa sono collegate da un sottile file rosso. Metalli, plastiche, idrocarburi, residui di combustioni, acque nere. Non c'è che l’imbarazzo della scelta.

CLAUDIO ERNÈ


«Nuovo interramento, c’era già una proposta»  - Barcola, Fortuna Drossi ricorda: negli anni ’90 fu indetto un concorso

Il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco lancia l’idea di un terrapieno fra Barcola e Miramare che funga da nuovo spazio per la balneazione pubblica, da costruire con i materiali non inquinanti derivati dalle attività dei costruttori che così avrebbero finalmente uno spazio dove depositare i rifiuti? La proposta, lanciata sulla scia del caso sollevato dalla discarica abusiva scoperta allo Scalo legnami, viene condivisa appieno da Uberto Fortuna Drossi, ex consigliere regionale dei Cittadini e assessore comunale ai lavori pubblici con Riccardo Illy sindaco fino al 2001.
Fortuna Drossi precisa però che non si tratta di una novità. Proprio del progetto di interramento dalla pineta al bivio di Miramare si discusse alla fine degli anni ’90. E non si trattò solo di parole: in accordo con il Comune, e dopo che l’allora Collegio costruttori aveva lanciato l’idea, la Fondazione CRTrieste supportò un primo concorso internazionale di idee nel 1999 poi rilanciato l’anno successivo. Duplice l’intento: offrire uno spazio per la balneazione pubblica, e sopperire alla mancanza di una discarica di materiali non inquinanti lamentata dai costruttori.
Fortuna Drossi precisa come all’epoca il problema della discarica dei materiali fosse molto sentito sia in relazione al cantiere della Grande viabilità, sia in relazione ai parcheggi interrati. «In previsione c’era l’ampliamento a mare della riviera di 50 metri. Il progetto voleva offrire una balneazione pubblica, cioè gratuita, di qualità. Erano previste nuove alberature, servizi, parcheggi».
La progettazione era avallata da uno studio sulla sostenibilità ambientale affidato all’Università. E «i lavori sarebbero stati suddivisi per lotti stagionali, così da cantierare l’opera per un tratto di 150 metri alla volta in inverno senza intaccare la fruibilità della riviera d’estate». Il progetto prevedeva anche la creazione di alcuni tratti di spiaggia da alternare alla scogliera. Nel gennaio del 2000 il concorso si chiuse senza la proclamazione di un vincitore tra i nove progetti pervenuti. «L’anno successivo - ricorda Fortuna Drossi - lavorammo a un nuovo concorso». Il cambio dell’amministrazione avvenne nel 2001. E del progetto di terrapieno - che aveva scatenato in città un diluvio di polemiche - non si parlò più. E «sarebbe bello riprendere l’idea - chiude Fortuna Drossi - magari coinvolgendo anche l’opinione pubblica».


RIQUALIFICAZIONE  - Piazza Libertà, tocca alle due Commissioni  - Riunione congiunta per approvare il progetto esecutivo

Due Commissioni comunali congiunte per dare un parere sul progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Stamani la Quarta e la Sesta Commissione si riuniscono nella sala del Consiglio comunale per l’approvazione del progetto preliminare, la cui documentazione era stata fornita la scorsa settimana nel corso di un’altra riunione congiunta. Tra le novità del progetto ci sono modifiche alla viabilità davanti alla stazione ferroviaria con l’allargamento dello spazio a disposizione dei pedoni. Il progetto approderà poi in Consiglio comunale.


Ravidà: dobbiamo attrarre investitori - «Porto vecchio, basta intoppi. Rigassificatore, occasione da non perdere»

IL FUTURO DI TRIESTE SECONDO IL NEOASSESSORE AL BILANCIO
Rigassificatore, Porto Vecchio, scienza e Parco del mare. Ovvero business, prestigio, innovazione e turismo. Il top manager finanziario Giovanni Battista Ravidà, neoassessore al bilancio della giunta Dipiazza, da siciliano che si è innamorato di questa città la Trieste del futuro la vuol vedere. E metterci del suo per costruirla, «sognando un territorio dove i giovani di fuori, anche i più qualificati, vengano per lavorare, investire e vivere». L’ex direttore generale della Crt e direttore centrale del gruppo Unicredit intende rilanciare una serie di priorità. Da tecnico prestato alla politica. Abituato a «sponsorizzare» la velocità delle scelte, meglio se bipartisan, evitando il calderone dei lunghi dibattiti.
Ha una ricetta, meglio un suggerimento?
La città ha superato la contrapposizione tra chi sosteneva la vocazione industriale e chi guardava oltre. La ricetta, ormai pressoché condivisa, ce l’abbiamo in casa, a patto che la concretizziamo nel più breve tempo possibile perché in un mondo globalizzato può sempre spuntare qualcuno pronto a sfruttare le indecisioni altrui. I punti di forza sono la densità della ricerca scientifica, da trasformare sempre di più in ricerca applicata al mercato; Porto Vecchio, enorme risorsa il cui riuso deve partire senza intoppi; e il turismo. Le opere pubbliche per la riqualificazione urbana della parte più prestigiosa di Trieste, iniziate da Illy e proseguite da Dipiazza, in fondo servono a rendere più gradevole e appetibile questo territorio per chi viene da fuori.
Il rilancio passa per una rinnovata capacità di attirare investimenti esterni.
Esatto. Nei Balcani e nell’Europa centro-orientale Trieste è sentita vicina, molto, ed è tenuta in grande considerazione dai potenziali investitori.
Porto Vecchio è la madre delle urgenze?
Sì. La strada mi sembra tracciata, il bando dell’Autorità portuale sulle manifestazioni d’interesse per le future concessioni scade il 30 maggio. Mi auguro solo che non sopravvengano altre fasi di stallo e che in autunno possa essere fatta, davvero, la Conferenza dei servizi decisiva.
Un’ulteriore priorità da lei già evidenziata riguarda il rigassificatore. È d’accordo col sottosegretario Roberto Menia nel sostegno all’impianto a terra di Zaule?
Certo. A parità d’investimenti la gestione della catena del freddo è più razionale e i margini di redditività superiori. Con un approvvigionamento di gas più a buon mercato vedo vantaggi per l’intero sistema Friuli Venezia Giulia. E spero che in quest’iniziativa sia coinvolta AcegasAps, azienda di servizi capace di soddisfare esigenze locali e non solo. L’ascesa del costo dei prodotti energetici è oggi inesorabile. Si tratta di un’occasione da non perdere. Se non si prendono decisioni rapide potrebbe capitare che vengano privilegiate altre zone. E ci dovremmo tenere le criticità economiche e pure quelle ambientali.
Parla delle bonifiche propedeutiche alla costruzione del rigassificatore?
Certo, così la copertura dei costi ci sarebbe.
Il sindaco ha prospettato che col rigassificatore AcegasAps diventerebbe la multiutility capofila del Nord Italia. Ci crede?
Sì. AcegasAps ha tutti i numeri per diventare organismo di coagulo per un’area vasta. E ha dimostrato che non esistono problemi di dualismo politico Trieste-Padova. La società è nata quando le due amministrazioni si riferivano a uno stesso orientamento politico, oggi non è più così: ma il dialogo e la gestione di AcegasAps, rispondendo solo a ragioni di concretezza, continuano in modo ottimale.
Però è sembrato esserci un velo d’imbarazzo in piazza Unità sulla riduzione del capitale sociale della holding di dieci milioni, richiesta di Padova che ha il bilancio in sofferenza. L’operazione conviene anche a Trieste?
Qui parlo da addetto alla finanza. Primo: quando una società è in mano a due partner è bene che il livello di reciproca comprensione sia elevato, perché oggi serve a uno ma domani potrebbe essere il contrario. Secondo: questa operazione può essere interpretata come sorta di anticipazione dei futuri utili ed è confortata dal fatto che la società ha un’assoluta capacità di generare reddito.
Euroregione. L’era Illy pare tramontata: ha ancora un senso?
Personalmente il concetto mi piace. Ma bisogna creare un valore reale al contenitore, altrimenti non si capisce cosa sia. Anzitutto andrebbero uniformate alcune normative per agevolare l’operatività dei soggetti tra i diversi territori, fino a propiziare un eventuale volano economico proprio con le multiutilities.
Che pensa della Ferriera?
Ritengo non possa più essere considerata strategica nemmeno dalla proprietà. Il nodo è capire chi pagherebbe i costi di bonifica dopo la chiusura.
E il Parco del mare?
È stato presentato finora un piano finanziario per linee molto ampie. Quando si fanno dei piani bisogna contemplarli fino alle previsioni più pessimistiche. Credo comunque che, a certe condizioni, con una ponderazione tra investimenti pubblici e benefici per privati, possa rendere. A Trieste poi un forte motivo d’attrazione turistica, oltre a Miramare e San Giusto, ci vuole.

PIERO RAUBER


Dopo le proposte di Ettore Rosato - Paoletti: un tavolo per la città  - Menia: vanno sciolti i nodi che bloccano la crescita

Ettore Rosato dice che servono progetti condivisi per il rilancio di Trieste, adottando strategie di ampio respiro, che puntino a uno sviluppo globale delle città? «Ha ragione. Pur non entrando nel merito politico delle sue dichiarazioni, ne condivido il contenuto. È ora di finirla con i provincialismi. Bisogna investire su progetti forti, come il Parco del mare, e sfruttare tutti i cervelli politici, economici, culturali e scientifici che Trieste ha a disposizione, magari creando un tavolo permanente di confronto». Il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti commenta così l’intervista, pubblicata ieri su Il Piccolo, all’ex sottosegretario Rosato, deputato del Pd.
Rosato, esaminando l’operato del sindaco Dipiazza e della sua maggioranza di centrodestra, pur non bocciandoli su tutta la linea, aveva evidenziato la «mancanza di una strategia generale», che faccia fruttare i cavalli vincenti della città: porto, ricerca e turismo. «A Trieste serve il Parco del mare, il rigassificatore, il rilancio di Porto Vecchio - aveva detto -. Noi con Illy qualcosa abbiamo fatto, cambiando il volto della città».
Anche per Paoletti gli assi dello sviluppo triestino sono porto, turismo e ricerca applicata. «Oramai non c’è più tempo - afferma -, la Slovenia corre e Venezia pure. Propongo un nuovo tavolo di confronto ”apolitico”, cui far partecipare gli enti locali e tutti i soggetti che possono contribuire allo sviluppo della città».
«Anche secondo me la visione di Rosato può essere condivisibile. Concordo con lui su alcuni punti, ma il suo giudizio sull’operato del centrodestra in Comune mi sembra ingeneroso - commenta il sottosegretario di An Roberto Menia -. Si pensi a Illy, che dopo quindici anni in cui ha anche mancato di visioni strategiche, come nel caso del porto e della Ferriera, è stato mandato a casa dagli elettori. È comunque arrivato il momento che l’attuale classe dirigente, di cui faccio parte, si prenda la responsabilità di sciogliere i nodi che ancora bloccano la crescita piena di Trieste».
Simile il commento del consigliere regionale forzista Bruno Marini: «Escludendo i rigassificatori, i concetti espressi da Rosato sono condivisibili, ma mi sembrano le solite favole senza ricette concrete che il centrosinistra ci scarica addosso a elezioni perse. Se Illy avesse avuto strategie di lungo periodo, forse sarebbe stato rieletto. Porto e ricerca sono le chiavi del nostro sviluppo: puntiamo su questo. La Ferriera? In questo caso Illy ci ha fatto solo perdere tempo».

(e.c.)
 


In trecento a «Bicincittà»  - Record mancato per il maltempo ma tanto entusiasmo

La giornata uggiosa non ha impedito agli appassionati di bici di partecipare ieri a «Bimbimbici e Bicincittà», manifestazione che quest’anno ha visto le sezioni di Trieste dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp) e della Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab-Ulisse) unire le forze per l’organizzazione in comune dell’evento. L’assenza di sole ha impedito che si raggiungesse il record di più di mezzo migliaio di partecipanti, stabilito nel 2007, ma ugualmente il numero di presenti ha superato le 300 unità, un risultato considerato di rilievo, viste le condizioni atmosferiche.
Scopo di «Bimbimbici e Bicincittà» era quello di dare più voce e visibilità a chi tutti i giorni sceglie di usare la bici per muoversi in città «e a chi lo farebbe volentieri – hanno spiegato gli organizzatori - se si sentisse più protetto e rispettato». In programma c’erano percorsi di diversa difficoltà, ciclo giochi e, come sempre, la pedalata in tandem per i non vedenti, allestita in collaborazione con l'Univoc.
I due percorsi scelti hanno toccano alcuni punti nevralgici del centro cittadino, vie di cui si discute l’ipotesi di pedonalizzazione, il marciapiede ciclo pedonale lungo le Rive e l’inesistente collegamento con quella che è ritenuta una delle ciclabili più belle d'Italia e che oggi permette di sconfinare in Slovenia. «Pedalare in tanti lungo le strade della nostra città – hanno aggiunto gli organizzatori dell’Uisp e della Fiab-Ulisse - è un modo per segnalare cosa si può e si deve fare per la mobilità ciclabile a Trieste». Alla fine della pedalata non competitiva si è proceduto alla premiazione dei gruppi più numerosi: quello della Fiab-Ulisse ha presentato 53 appassionati, seguito dall’istituto comprensivo «Tiziana Weiss» con 49, mentre terzi sono stati i non vedenti dell’Unione italiana ciechi, con un trentina di partecipanti.

(u.s.)
 


«Corridoio 5, pericolo per il Carso»  - IL NODO DELLA TAV RONCHI SUD-TRIESTE  - Razzini a Menia: un nuovo tracciato che punti su Gorizia

TRIESTE Il tracciato del Corridoio 5 bypassi il Carso e Trieste, e punti direttamente verso Gorizia. Lo chiede al neosottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, il consigliere regionale della Lega Nord Federico Razzini. «L'ambiente - si legge in una nota - è un patrimonio essenziale per il sistema Italia, occorre proteggerlo e al contempo valorizzarlo in chiave turistica con decisione e concretezza operativa».
«Mi preme intanto esprimere da subito - prosegue Razzini - un auspicio in materia ambientale che riguarda proprio la nostra regione e in particolare le province di Gorizia e Trieste. Un punto che è contenuto espressamente nel programma con il quale noi della Lega Nord abbiamo sostenuto il Presidente Tondo: siamo certi che l'on. Menia non asseconderà il piano di quanti come Illy e l'ex assessore regionale Sonego hanno previsto e vorrebbero che il tratto dell'alta capacità ferroviaria del cosiddetto Corridoio 5 arrivi fin dentro il capoluogo, traforando con un lungo tunnel devastante per l'ambiente, il nostro Carso, da Ronchi dei Legionari a Trieste, appunto».
«Un'ipotesi devastante - conclude Razzini - per un patrimonio ambientale unico come il Carso, e oltretutto più lunga e tortuosa come tragitto (rispetto all'ipotesi di passare in linea retta per Gorizia fino a Aidussina) oltre che decisamente più costosa».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 maggio 2008 

 

 

 Discariche e interramenti la costa è inquinata da Barcola fino a Muggia  - Ci vorranno almeno sei mesi prima di poter cominciare la pulizia dell’area

I tecnici di Arpa e Provincia hanno iniziato i controlli nell’area dello Scalo Legnami
La conta dei danni ambientali provocati dalla maxi discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami, è ufficialmente iniziata. Su disposizione della Procura i tecnici dell’Arpa e della Provincia hanno eseguito i primi prelievi nella parte a terra e nello specchio di mare antistante il deposito. Parallelamente hanno preso il via gli accertamenti per fare chiarezza sulla normativa e definire con precisione le responsabilità a carico dei titolari della ditta «Isp».
Qualche indicazione potrebbe arrivare già la settimana prossima nel corso dell’incontro operativo convocato dalla magistratura. Ma per assistere all’inizio dell’intervento di bonifica vero e proprio dei 20 mila metri quadrati messi sotto sequestro, bisognerà attendere molto più a lungo. «Ci vorranno almeno sei mesi - prevede Ondina Barduzzi, assessore dell’amministrazione di palazzo Galatti che ha competenze in materia ambientale -. Prima di dare il via ai lavori, infatti, si dovrà aspettare la conclusione delle indagini della Procura. Poi sarà necessario stabilire che fine far fare ai materiali accumulati nella discarica. Si potrebbe anche pensare di rimuoverli da lì con le chiatte, e trasferirli poi in uno dei siti di stoccaggio per rifiuti speciali in Veneto o in Germania. Ma bisognerà capire chi dovrà farlo e, soprattutto, quali saranno i costi. Superata la fase dell’emergenza inoltre - conclude Barduzzi - sarebbe necessario rimetter mano al Piano regionale dei rifiuti, elaborato 15 anni fa e quindi ormai superato. Rivedere quello strumento consentirebbe di pianificare una strategia complessiva per lo smaltimento dei rifiuti, individuando anche un certo numero di siti da adibire a discariche di materiali speciali».
Di discariche simili, effettivamente, il territorio di Trieste avrebbe un gran bisogno vista l’altissima concentrazione di aree a rischio ambientale. Le criticità maggiori si annidano soprattutto nella parte a mare: almeno i due terzi della linea di costa, infatti, sono classificati come aree potenzialmente inquinate.
Il primo bollino rosso si incontra al terrapieno di Barcola dove, nel tempo, sono state accumulate le ceneri provenienti dal vecchio inceneritore di Monte San Pantaleone. La seconda tranche di analisi eseguite lì dall’Arpa per conto dell’Autorità portuale ha evidenziato la presenza di di metalli pesanti come rame e piombo nella fascia costiera del terrapieno, e concentrazioni superiori alla norma di idrocarburi e diossina nel sottosuolo. ad una profondità di 7-8 metri. Sacche di idrocarburi, inoltre, sono state rilevate nella zona adiacente al molo Zero. Cosa ci sia in quell’area, dunque, è ormai chiaro. L’incognita riguarda invece il soggetto che si sobbarcherà l’onere della bonifica.
Proseguendo lungo la linea di costa si incontrano poi le banchine del porto, che racchiude anche lo Scalo legnami, e il comprensorio della Ferriera, inserito nel Sito inquinato di interesse nazionale come la maggior parte dei terreni e delle aree di competenza Ezit. E i problemi ambientali proseguono nel Comune di Muggia al punto che, denuncia il sindaco Nerio Nesladek, «non abbiamo più neanche un centimetro di costa dove poter far andare al mare la nostra gente».
Qui il caso di inquinamento più noto riguarda l’interramento di «Acquario», l’area tra Punta Olmi e Punta sottile nella quale sono finiti 120mila mq di materiali contenenti anche concentrazioni elevate di piombo, mercurio e idrocarburi. Nella zona, dissequestrata nel 2007 dopo anni di stand-by, partiranno a giugno, grazie ad un’intesa siglata tra Comune e Cigra e al finanziamento di 500mila euro arrivato dalla regione, gli interventi di messa in sicurezza e definitiva caratterizzazione, «Un risultato importante che però non esaurisce i problemi del nostro territorio - conclude Nesladek -. Dobbiamo fare i conti anche con il tratto di spiaggia tra Porto San Rocco e l’Acquario che, improvvidamente, è stato inserito nella parte a mare del Sin, e con la zona d’entrata a Muggia, dopo il Rio Ospo e in corrispondenza del Molo Balota, dove a causa dell’inquinamento è bloccato il progetto di realizzazione di un parco».

MADDALENA REBECCA


L’inchiesta: accertati oltre 500 carichi - I REGISTRI DEI TRASPORTI VENIVANO TRUCCATI

Due sigle «Cer 17 09 04» e «Cer 17 05 04». Bastava cambiare la prima con la seconda nei registri di carico per truccare e rendere non pericolosi rifiuti che in realtà lo erano. Il trucco è stato scoperto dagli investigatori della Guardia di finanza: un 5 al posto di un 9 e il gioco era fatto. Per mesi ogni giorno dalle Rive partivano carichi di scarti di asfalto e alla discarica - dopo meno di tre chilometri di viaggio - quasi per magia arrivavano rifiuti innocui. Ne hanno contato più di 500 carichi: l’asfalto contenente miscele bituminose e pericolose per la salute che era stato grattato dalle strade di Trieste si trasformava - dal punto di vista documentale - in un semplice materiale inerte. Il maquillage delle bolle di accompagnamento e dei registri della discarica è emerso dall’esame tuttora in corso di ultimazione della documentazione sequestrata dalla Guardia di finanza.
E di questo sistema semplice ma altrettanto ingegnoso scrive il gip Massimo Tomassini nelle motivazioni al provvedimento di sequestro indicandolo a esempio determinante «di quale fosse l’atteggiamento psicologico dei principali indagati». E cioè di Diego Romanese e Cataldo Marinaro, titolari della Isp Riciclati di Monfalcone. Ma anche dei proprietari e degli utilizzatori dei camion che trasportavano il materiale pericoloso: il costruttore Antonio Raffaele Bruno e poi Mario Leone, Damiano Purger, Paolo Rosso, Dario Voinovich, Alfredo Cok, Paolo Marinig, Enrico Tiberio e Sebastiano Pulafito. E dagli atti emerge l’ipotesi di un accordo esplicito tra chi gestiva la discarica e chi trasportava i rifiuti pericolsi. I tanti rifiuti trovati, si parla di quantità spaventose dimostrano, che l’intesa funzionava a pieno ritmo. Prova indiretta è che - osserva il giudice facendo proprio il contenuto di un’annotazione della Guardia di finanza - è stata accertatata «l’esistenza anche di un’altra discarica, situata nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in cui confluiva materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella disponibilità di Marinaro e Romanese». «Nell’ambito di questa informativa - osserva il giudice - veniva chiarito come sul sito fossero stati depositati grandi quantitativi di rifiuti di vario genere e come gli stessi fossero in parte addirittura finiti in mare, così in sostanza aumentando la superficie di terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera di raccolta e riciclo. Praticamente è stato occupato tutto lo spazio disponibile, circa 10mila metri quadri».

CORRADO BARBACINI


Azzarita: costretti a portare in Friuli i rifiuti industriali - IL NODO DA RISOLVERE - Sasco: «Serve un deposito, creiamo un nuovo terrapieno tra Barcola e Miramare»

Fa discutere ancora il sequestro da parte della Guardia di Finanza della discarica abusiva nello Scalo Legnami del Porto di Trieste. Le proposte si aggirano quasi sempre attorno alla necessità di aprire una discarica in città.
«Creare un nuovo terrapieno nella zona tra Barcola e il bivio di Miramare». È la soluzione ipotizzata dal presidente della commissione Urbanistica, Roberto Sasco, in risposta alle associazioni dei costruttori, che lamentano l’assenza di una discarica in città dove conferire inerti e materiali di scavo. Discarica che, secondo Sasco, potrebbe appunto esser ricavata «sottraendo spazio al mare». «In questo modo a trarre vantaggi sarebbero sia i costruttori sia la collettività - spiega l’esponente dell’Udc -. I primi potrebbero finalmente avere a disposizione un deposito comodo e controllato per i rifiuti non inquinanti derivanti dalla loro attività. La cittadinanza, invece, grazie al progressivo rimodellamento della costa, si troverebbe ad avere a disposizione un’area da dedicare all’attività balneare di livello. Un’area che potrebbe anche ospitare strutture per il tempo libero e il divertimento, penso per esempio ad un parco acquatico, in grado di attrarre anche visitatori da fuori Trieste che porterebbero quindi soldi nelle casse della citta».
«Senza una discarica a Trieste avremo periodicamente incidenti di percorso come quelli registrati purtroppo l'altro giorno», afferma in seguito Mauro Azzarita, presidente Ezit. «È chiaro – aggiunge - che vi sia un pò di preoccupazione perché Trieste ha sempre avuto questo problema e le prime penalizzate sono sempre state le aziende che operano nel settore dell'edilizia». Secondo Azzarita, «il problema è che molte aziende sono costrette ad usare le discariche friulane, il che comporta costi notevoli». «La soluzione quindi per evitare che situazioni simili si ripetano - aggiunge - sarebbe semplicemente quella di aprire una discarica anche a Trieste». Il tutto tenendo conto dei vari problemi che si devono affrontare nella realizzazione di una discarica, quali le condizioni di stabilità e di assestamento del corpo dei rifiuti, i problemi di stabilità del terreno d’appoggio, delle scarpate e delle strutture di contenimento (argini) o le attività di sistemazione finale e recupero dell’area occupata dalla discarica.
«Le nostre imprese usano le discariche friulane, avvalendosi prima ovviamente dei centri di raccolta cittadini» nota anche Dario Bruni, presidente Confartigianato di Trieste. «Nel futuro - aggiunge - bisognerebbe creare però almeno una discarica solo per il nostro territorio». Secondo Bruni, il Confartigianato ha già sollecitato all'amministrazione provinciale che il progetto della discarica venga portato a termine. «Nel frattempo - spiega Bruni - bisognerebbe puntare ovviamente su controlli più severi ma, attenzione, mi auguro che prevalga l'atteggiamento collaborativo e non repressivo».
«Insomma – nota il presidente Confartigianato– dobbiamo rimanere con i piedi per terra e indirizzare forse i controlli anche su quelle aziende che inquinano da tempo sotto gli occhi di tutti. È strano – commenta Bruni - a volte alcune piccole realtà vengono punite per un cacciavite fuori posto, mentre altre che fanno danni ambientali da tempo non hanno problemi e vanno avanti come niente fosse solo perché dalle carte risulta a posto almeno in teoria».

(m.r., g. pr.)


SE IL MARE DIVENTA DISCARICA

Ma in che città viviamo? Cosa entra nel nostro mare, che succede a centinaia di metri dal passeggio su cui prendiamo il sole, teniamo per mano la fidanzata, ascoltiamo lo sciabordìo del mare? È spontaneo chiederselo, dopo la scoperta in successione di due enormi discariche abusive adiacenti tra lo scalo legnami e la Ferriera. Ad accertare responsabilità e dimensioni del fatto provvederà la magistratura, e non ci stupiremmo che a breve affiorino altri immondezzai.
Immondezzai di bitume a puntellare la costa. Ma a interrogarsi sul reale rapporto fra Trieste e il mare, e su quel che ogni giorno può succedere dietro l’angolo, dev’essere l’intera città.
Non è la prima né l’ultima delle nostre contraddizioni, ma il suo carico simbolico è come un pugno nello stomaco. Plasticamente modellata sulla linea di costa e come distesa in contemplazione davanti al mare, Trieste esprime quanto poche altre città un rapporto di simbiosi e rispetto quasi sacrale per il golfo. E mentre ammiriamo compiaciuti la nostra stessa bellezza, depositiamo le bottiglie vuote nel cassonetto appropriato e scuotiamo la testa davanti al sacchetto di plastica alla deriva sullo specchio acqueo, conviviamo da un’eternità con un’ampia porzione di affaccio a mare – il porto vecchio – abbandonata al degrado e alle pantegane e al ricordo dell’Austria, con uno stabilimento siderurgico addossato a decine di migliaia di abitanti, con una zona industriale quasi interamente da bonificare e ora – apprendiamo – con due delle più vaste discariche abusive scoperte in Italia negli ultimi anni. Epperò ci preoccupiamo del rischio ambientale – statisticamente inesistente – che un impianto di rigassificazione a terra, su un’area abbandonata e altrettanto degradata, potrebbe comportare. Difficile capirci, per chi ci guardi da lontano.
Limitiamoci a tre considerazioni, sperando che la città rifletta su quanto accade. La prima è che tutto ciò dimostra una volta di più che una porzione troppo grande della linea di costa è sottratta all’accesso del cittadino: cose del genere accadono solo dove non si può entrare. Chi mai scaricherebbe i detriti davanti a Piazza Unità? Dal terrapieno di Barcola fino a Muggia, il mare è liberamente fruibile per brevissimi tratti, anche dove non esiste ombra di attività economica a giustificarlo. Che mai rapporto con il mare è, se il mare è irraggiungibile ma più di qualche malfattore può scaricarvi di tutto?
La seconda è che il groviglio di norme ambientali peggiora, anziché reprimere, l’illegalità. Chiunque mastichi il diritto sa che non esiste in Italia materia più intricata e ambigua, con un coacervo di regole di dettaglio oscure e cervellotiche quando non grottesche, che puniscono il tapino che brucia una vecchia porta di legno nel caminetto (anziché «smaltirla») ma, grazie alla loro stessa inapplicabilità, favoriscono le scorrerie di autentici delinquenti ambientali.
La terza è che, in un frangente del genere e davanti alle scelte che la città è chiamata a fare, non poteva esserci tema più cruciale dell’ambiente per le competenze attribuite a un sottosegretario triestino. Roberto Menia ha la gatta da pelare, ma anche l’opportunità di prendere il toro per le corna e, in quanto rappresentante del governo, favorire una concertazione tra le istituzioni locali di ogni colore (fanno capo alla Provincia le più importanti competenze ambientali) che porti le grane descritte a soluzione, e le scelte ancora giacenti a compimento.
Sarebbe per lui un definitivo salto di autorevolezza politica, e per la città un passo a colmare il divario tra sogni e realtà.
Roberto Morelli


Uil: vantaggi dal rigassificatore  - «Bene il sì di Roma e Regione». Contrario il Comitato per il golfo

La Uil esprime «grande soddisfazione per il sostegno del nuovo governo e della nuova giunta regionale alla realizzazione di un rigassificatore a terra nella zona industriale di Trieste»: un sostegno che «fa seguito alla notizia, altrettanto positiva, sul possibile collegamento tramite gasdotto del futuro impianto al sistema di distribuzione nazionale».
Lo scrive un una nota il segretario Uil per il Friuli Venezia Giulia Luca Visentini, annotando come l’impianto «potrebbe contribuire significativamente al rifornimento energetico del sistema economico e delle famiglie della regione e del Paese» con una fonte energatica peraltro «molto più pulita dei derivati del petrolio». L’impatto dell’impianto «sull’ambiente, sul traffico portuale e sulla crescita turistica del territorio risulta a nostro avviso realisticamente compatibile. A fronte di ciò il rigassificatore può garantire numerosi vantaggi competitivi per il territorio: la bonifica con fondi privati dell’area inquinata su cui verrà realizzato, la potenziale realizzazione di un significativo indotto industriale legato all’economia del freddo, il possibile abbattimento delle tariffe a carico della cittadinanza. Siamo inoltre felici di apprendere che anche il sindaco Dipiazza finalmente condivide quello che la Uil sostiene da sempre: il rigassificatore costituisce al momento l’unica iniziativa industriale concreta per contribuire al riassorbimento degli organici della Ferriera, nel caso di una sua chiusura».
Di parere opposto il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, che in una nota stigmatizza il favore espresso dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia al rigassificatore: «Possiamo riconoscere ad An coerenza e sviscerato amore per i rigassificatori, sentimenti di cui non è dato sapere né "la scaturigine del peccato", né se essi trovino salde ragioni per esprimere siffatta convinzione e razionale preparazione specifica per sostenerla». Secondo il Comitato la posizione espressa di Menia e di An è «velleitaria e pericolosa». Inoltre Menia - sostiene il Comitato - «abbandona giustamente la fandonia della "necessità nazionale e di quella contestuale regionale" per ammettere, con incauta coerenza, che i rigassificatori sono un "business", cioè affari».


DUINO AURISINA  - Elettrodotti, chiesti a Ret interramenti per tratti più estesi

 C'è tempo, per i cittadini di Duino Aurisina, fino al 21 maggio per visionare il progetto dell’azienda Terna di modifica del tracciato dell'elettrodotto presente tra San Pelagio e Visogliano e c'è tempo fino al giorno seguente per presentare eventuali osservazioni all’amministrazione comunale. Il documento è disponibile al pubblico in municipio e può essere analizzato da chiunque.
Anche il Consiglio comunale di Duino Aurisina, che si riunirà proprio il 21 maggio, voterà un documento, costruito sulla base delle richieste e segnalazioni dei cittadini raccolte negli ultimi mesi, per presentare le proprie richieste alla «Terna» e in particolare formalizzare i contenuti che il sindaco Giorgio Ret dovrà portare all'attenzione alla Conferenza dei servizi, l'organo che verrà convocato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per fare interloquire tutte le amministrazioni e i produttori e distributori di servizi regionali coinvolti nell'attuazione del progetto di spostamento degli elettrodotti. Per quanto concerne Duino Aurisina, la Lista Ret ha fatto sapere in una nota che la principale richiesta di modifica riguarderà l'interramento: sulla base delle richieste dei cittadini, infatti, si chiederà alla ditta Terna d’iniziare l'interramento all'altezza del traliccio 59 verso San Pelagio, mentre l'attuale versione del progetto prevede di cominciare al pilastro 61. Resta ferma la conclusione dell'interramento, prevista al pilastro 63. Questa la principale modifica alle proposte della Terna, votata venerdì in commissione consiliare e pronta ad approdare in Consiglio comunale.
«Questo - si legge nella nota diramata dalla Lista Ret - è quanto ci hanno chiesto, ovvero quanto voluto dalla gente attraverso osservazioni e lettere giunte al sindaco». Un ruolo determinante spetta agli agricoltori e ai vitivinicoltori. «Sulle colline toscane non si vedono tralicci» hanno sostenuto, chiedendo con forza all'amministrazione comunale di ribadire l'importanza dell'interramento, oltre che la necessità di spostare gli altri tralicci.
Fin qui la volontà dell'amministrazione locale: dopo il voto del 21 in Consiglio comunale e al momento della convocazione della Conferenza dei servizi, spetterà alla società Terna rilanciare: l'interramento rappresenta infatti per l’azienda del settore energetico un onere ben più elevato rispetto allo spostamento e innalzamento delle attuali linee aeree per allontanarle dalle case dei residenti locali.
Francesca Capodanno


A Trebiciano dolina inquinata  - Oli bituminosi sul terreno, bidoni e sacchi lasciati nel bosco

TREBICIANO Fusti pieni di residui oleosi e bituminosi, altri scarti inquinanti avvolti in sacchi di plastica; infine sul fondo della vicina piccola dolina, dove una volta il terreno impermeabile creava con le piogge una pozza usata dai caprioli e abitata dai rospi, uno strato bituminoso. È la scena che si presenta nel bosco che vicino Trebiciano circonda il sentiero che porta al villaggio sloveno di Orlek, trasformato in una bella pista ciclabile asfaltata ma peraltro usata abusivamente dai cacciatori con le loro auto.
«Il 24 aprile - è la circostanziata denuncia di Marco Mattagliano, giovane residente locale - un’impresa aveva completato alcune piccole asfaltature nel centro del paese e lungo la sua arteria principale. Strana coincidenza: un paio di giorni dopo mentre passeggiavo con il mio cane ho scoperto la discarica abusiva. Sono geometra e lavoro nel settore: sono senz’altro residui di lavori stradali». Il sito inquinato si trova vicino all’Abisso di Trebiciano, frequentato anche da scolaresche e solo il custode è autorizzato a usare la ciclabile con il suo mezzo: si trova sulla sinistra dirigendosi verso il territorio sloveno, all’altezza del «metro 500» e la zona erbosa che dalla pista porta alla dolina presenta ancora oggi evidenti tracce di pneumatici.
«È una vergogna - commenta Virgilio Zecchini abitante del luogo -: qui anche i ragazzini venivano a giocare e ad avvicinarsi alla natura».
I bidoni, recanti la dicitura «morchie oleose» e altre simili, come i sacchi e il fondo della dolina, sono circondati da nastri biancorossi: un piccolo «giallo». Non si sa, infatti, se sono stati posti per scrupolo, ai fini della sicurezza, da chi ha abbandonato i residui inquinanti o se magari gli autori del gesto illegale avevano intenzione di tornare a prelevare il materiale. In ogni caso il fango oleoso che ha compromesso il fondo della dolina non depone a favore di teoriche buone intenzioni. Mattagliano ha avvertito dell’episodio i carabinieri della Compagnia di Aurisina: pochi giorni dopo, due militari hanno effettuato insieme a lui un sopralluogo il 30 aprile ma finora nulla si è mosso per bonificare il sito.

(p.p.g.)


«Bicincittà» e «Bimbimbici», migliaia sulle due ruote - PARTENZA DA VIALE ROMOLO GESSI

l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290) almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico (fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
E’ la domenica di «Bimbimbici» e «Bicincittà», iniziative a carattere ecologico che quest’anno, a Trieste, si tengono nella stessa giornata e con lo stesso percorso. «Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab (Cicloturisti Urbani).
Partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo attorno alle 8.30. Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede il via alle 9.45, è aperto a tutti e indicato in particolare ai più piccoli, con transito attraverso le vie del centro, da viale Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo, Piazza delle Borsa, Piazza Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via Carducci, Piazza Oberdan, Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella dietro Corso Cavour e ritorno alla sede di partenza.
Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30 si riparte, questa volta con un percorso più impegnativo che gli stessi organizzatori sconsigliano ai ciclisti più giovani e che riguarda il transito da Largo Irneri verso l'area dei lavori della ciclopista della Val Rosandra, attraversando via D'Alviano, via Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via Orlandini, via Mansanta e quindi via dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla base.
All’edizione 2008 di Bicincittà e Bimbimbici è abbinato inoltre: «In sella e vai: racconta il bello e il brutto della tua città», concorso fotografico che mette in palio, naturalmente, una bicicletta.


Discarica a Medolino: referendum in forse  - Il comune di Pola: «Costa 100mila euro, troppo» - Il megacentro di raccolta dei rifiuti grande come 70 campi di calcio

POLA L’amministrazione municipale di Pola sta ammorbidendo le posizioni in merito alla richiesta di referendum sul contestato progetto della discarica regionale in localita' Castion vicino a Medolino.Una richiesta piu' volta avanzata dall' opposizione politica che fa riferimento al Foro socialdemocratico istriano dell' ex sindao Luciano Delbianco e dagli ambientalisti,pero' sempre bocciata.L' ultimo deciso ''no'' e' arrivato l' altra sera in sede di consiglio municipale da parte del suo presidente Denis Martincic.''Il referendum costa troppo quasi 100.000 euro ''ha spiegato'', come le elezioni locali per cui non lo faremo visto che il bilancio non contempla tale spesa''.E subito i consiglieri all' opposizione si sono alzati abbandonando l' aula in segno di protesta.Ieri mattina pero' sull' argomento ha diffuso un comunicato stampa il sindaco Boris Miletic che si dice favorevole al referendum anche come prova della trasparenza della sua amministrazione.''Sono del parere che su temi di importanza generale i cittadini debbano dire la loro opinione tramite consultazione referendaria ,come del resto previsto dalla costituzione '' dice il sindaco'' a patto pero' che sia fatta in maniera seria e senza l' intrusione della politica''. Lo scottante tema sara' incluso all' ordine del giorno della prossima seduta del consiglio che si riunira' tra un mese.In pratica a decidere sul ''si'' o ''no'' al referendum sara' la maggioranza consigliare formata da Dieta democratica istriana, Partito socialdemocratico e Partito dei pensionati che finora ha sempre appoggiato il progetto.Il progetto di Castion,che in effetti prevede la ''promozione'' dell' attuale centro rifiuti cittadino a discarica regionale sulla superficie equivalente a ben 70 campi di calcio ,viene contestato principalmente per due motivi. Il primo riguarda l' impatto ambientale giudicato devastante vista la vicinanza (meno di 2 km) degli impianti turistici sul mare e delle prime abitazioni.Il secondo invece si riferisce alla tecnologia che gli ambientalisti ritengono superata visto che solo il 12 percento delle immondizie verrebbe riciclato e il rimanente finirebbe nell' inceneritore del Cementificio di Valmazzinghi vicino ad Albona.E c' e' anche un terzo motivo dai contorni ancora non ben definiti:a Castion verrebbero depositati anche i rifiuti tossici della Fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena.Tale ipotesi viene avanzata dagli ecologisti ben informati e non convincentemente respinta dagli addetti ai lavori.
p.r.


A Lussinpiccolo pescatori e delfini possono coesistere - LA RISERVA NON SI TOCCA

LUSSINPICCOLO La riserva dei delfini, istituita nel 2006 nelle acque prospicienti le coste orientali dell’ arcipelago di Cherso e Lussino, non intaccherà in alcun modo le attività economiche della popolazione isolana. E’ quanto dichiarato a Lussinpiccolo da Zoran Sikic, sottosegretario al ministero della Cultura, che ha voluto così mettere a tacere le proteste e le polemiche all’indirizzo di un delfinario che – nato due anni fa su delibera del citato dicastero – ha creato finora soprattutto malumori e confusione. Sorta grazie all’iniziativa degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi svijet), la riserva è stata subito avversata da pescatori, operatori turistici, ristoratori e altre categorie, in quanto si riteneva che avrebbe potuto limitare non solo la navigazione ai diportisti, ma anche impedire l’ esercizio della pesca e altre attività.
Il tutto in un arcipelago votato al turismo e dove anche il settore pesca ha un’ importanza più che notevole. Sikic ha partecipato a Lussinpiccolo alla riunione che ha visto presenti ecologisti, esponenti della Sezione regionale Pesca, i piccoli armatori nordadriatici, il sindaco Gari Cappelli, nonché esponenti dell’ Istituto nazionale per la Salvaguardia dell’ Ambiente.
E’ stata una seduta a porte chiuse, dopo di che si è tenuta l’ annunciata conferenza stampa. Ai giornalisti è stato precisato che fra un mese si terrà un nuovo incontro che servirà a fissare le regole comportamentali nella zona in regime di tutela. Nelle acque cherso – lussignane vive infatti una colonia di delfini comuni, circa 150 esemplari, che costituisce un’ autentica attrazione. “In nessun caso vareremo un documento che possa danneggiare gli interessi economici di chersini e lussignani – ha aggiunto l’ esponente governativo – crediamo che in questo braccio di mare sussistano i presupposti per tutelare al meglio i delfini, senza che ciò sia a scapito di qualcuno. La convivenza è possibile. Da parte nostra vogliamo che la colonia continui a svilupparsi in maniera ottimale, la qual cosa è pure contemplata dalle convenzioni internazionali di cui la Croazia è uno dei Paesi firmatari”. Il sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha dichiarato che la sua amministrazione è pronta a istituire un ente con il compito di gestire l’ area protetta, a patto che tutte le parti interessate riescano a trovare un linguaggio comune, senza più tensioni e liti. Uno dei dirigenti di Mondo blu, Jelena Jovanovic, ha parlato di incontro positivo, di primi passi concreti dopo che nel luglio 2006 il ministro della Cultura croato, Bozo Biskupic, aveva istituito ufficialmente il delfinario.
A. M.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 maggio 2008 

 

 

La Provincia denunciò la discarica alla Procura  - L’AREA DELLO SCALO LEGNAMI SOTTO SEQUESTRO

Tre mesi fa la diffida ai titolari dell’area. L’ordinanza del Gip: «I rifiuti sono finiti in acqua»
La Provincia già tre mesi fa aveva diffidato i titolari della discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami. Aveva informato la Procura che si stavano scaricando rifiuti pericolosi come gli scarti dell’asfalto di strade di Trieste i cui lavori erano stati appaltati da Comune alla Bruno Costruzioni.
La raccomandata dell’assessorato all’ambiente di palazzo Galatti era stata spedita il 4 febbraio scorso ed era giunta nella sede legale della società a Monfalcone in via Timavo il giorno successivo.
Lo rileva il Gip Massimo Tomassini nelle motivazioni a corredo del decreto di sequestro dell’area costiera, della Isp Riciclati e di una dozzina tra camion e macchine operatrici di proprietà degli indagati.
Chi ha inquinato non poteva non capire lo scempio ambientale che veniva commesso. Osserva infatti il giudice: «Nessun dubbio potevano nutrire Diego Romanese e Cataldo Marinaro (ndr, i titolari della Isp, indagati insieme alle 10 persone, costruttori e imprenditori, che si sarebbero serviti della discarica) sulla illegalità della loro condotta». Insomma erano stati anche avvisati che l’utilizzo di quell’area per scaricare prodotti nocivi era assolutamente vietato. Non avevano alcuna autorizzazione. Scaricavano gli scarti dell’asfalto e non si ponevano problemi. E hanno continuato a farlo fino a pochi giorni fa.
La conferma che sia partita dalla Provincia la segnalazione arriva dall’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi: «La richiesta che era stata presentata alla nostra amministrazione per l’uso dell’area dello Scalo legnami era stata di tipo semplificato, in pratica con una semplice presa d’atto. La ditta Isp aveva ottenuto il permesso di utilizzare l’area solamente per produrre una particolare miscela dalla lavorazione delle pietre carsiche e dai residui inerti, da utilizzare per prolungare la diga Rizzo e le strutture del Mose di Venezia e non certo per fare una discarica di quelle proporzioni».
È stato infatti alla fine dello scorso febbraio, in seguito agli accertamenti della Forestale, che dalla Provincia è partita la copia della diffida alla Isp diretta alla Procura della Repubblica. Ed è stato a questo punto che sono scattate le indagini da parte della Guardia di finanza coordinate e disposte dal pm Maddalena Chergia, il magistrato che quattro giorni fa ha chiesto e ottenuto il sequestro dell’area.
Delle indagini scrive estesamente nel provvedimento il Gip Massimo Tomassini. Il magistrato, facendo riferimento alla deposizione di un testimone, ricorda che sono stati eseguiti da parte dei finanzieri accertamenti approfonditi grazie soprattutto a numerose fotografie e riprese video. Per mesi il continuo viavai di camion è stato monitorato. Ogni automezzo è stato fotografato e sono state segnate le ore e le date di trasporto.
Nelle sue motivazioni il giudice Tomassini in cui riporta il contenuto di un’annotazione degli investigatori inviata il 5 marzo scorso. «È stato chiarito - scrive il magistrato - come sul sito fossero stati depositati grandi quantitativi di rifiuti di vario genere e natura, e come gli stessi, tracimati dal suolo, fossero in parte addirittura finiti in mare, così in sostanza estendendo la superficie di terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera di raccolta e riciclo».
La battaglia ora si sposta in Tribunale e alcuni legali dei proprietari dei mezzi bloccati dal decreto del Gip hanno chiesto il dissequestro che lunedì verrà discusso dal Tribunale del riesame.
Intanto ieri il pm Federico Frezza, titolare dell’inchiesta sull’altro sequestro, quello effettuato l’altra mattina dalla Capitaneria dell’area vicino alla Ferriera ha convalidato il provvedimento. Era stato lo stesso pm a chiedere la chiusura dell’area lo scorso 7 aprile.

CORRADO BARBACINI


Non esiste un deposito per gli scarti dei cantieri  - I costruttori: «Ci sono solo concessioni temporanee e così li portiamo in Friuli»

Trieste non ha discariche o centri di trattamento specializzati per materiali bituminosi, gommosi o di plastica. Sono gli stessi esperti del settore a sottolinearlo. Le ditte che si occupano di costruzioni devono affidarsi ad aziende esterne, le quali dividono le tipologie di rifiuti e successivamente le trasportano fuori città. Nella migliore delle ipotesi in Friuli, altrimenti in altre zone d’Italia o addirittura all’estero. La maggior parte dei materiali viene riciclata e rimessa a disposizione. Un processo che comporta dei costi molto alti, certamente più importanti rispetto al solo acquisto di materie. Basta pensare al fatto che «al metro cubo i prezzi per lo smaltimento vanno dai 30-40 euro per i materiali plastici meno elaborati fino a 300-400 euro per quelli più complessi, come le piastre in quadrati prefabbricati di linoleum», spiega Stefano Zuban, il rappresentante degli edili per la Cna. Se poi, nel corso di eventuali scavi, viene ritrovato ad esempio dell’amianto, a quel punto è necessario contattare un’azienda altamente specializzata che lo intubi per prelevarlo. Sulla questione discarica abusiva e sulle indagini che stanno coinvolgendo la Bruno Costruzioni, Zuban osserva: «Spero che queste persone non c’entrino. Altrimenti si tratterebbe di qualcosa di molto grave, anche perché noi predichiamo da tempo il rispetto per i decreti relativi al conferimento dei materiali. Inoltre, il fatto di fruire di una discarica abusiva renderebbe, in modo irregolare, una ditta più concorrenziale rispetto alle altre di almeno il 30 per cento».
Il presidente triestino dell’Associazione costruttori edili, Alessandro Settimo, ritorna sul problema che investe la provincia: «C’è un deficit di posti per lo smaltimento. Esistono solamente dei casi di concessioni temporanee, per le quali è previsto peraltro un iter burocratico molto complicato. Il comparto costruzioni, a Trieste, ha bisogno di strutture ricettive». Quando una ditta riceve l’incarico da un ente pubblico ha l’obbligo di occuparsi anche di eliminare i rifiuti: «Nei contratti non viene esplicitato come, ma si affidano a chi riceve l’appalto tutte le responsabilità legate al lavoro», conclude Settimo.
Un altro costruttore molto noto in città, Donato Riccesi aggiunge: «Esistono solamente delle discariche provvisorie, per esempio in zona Aurisina. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, bisogna rivolgersi fuori provincia a costi piuttosto elevati. Potenzialmente qui ci sarebbe la cava Faccanoni che potrebbe garantire una certa tranquillità in questo senso per i prossimi trent’anni. Non si capisce perché non sia disponibile, pur essendo stata utilizzata per i materiali arrivati dai cantieri della Grande viabilità triestina».

MATTEO UNTERWEGER


INQUINAMENTO - Pescatori e Autorità portuale: controlli in mare  - L’Arpa ha effettuato già campionamenti

Commissionato uno studio sui pesci del golfo. Test nell’area della piattaforma logistica
Nessuno usa la parola allarme, perché in effetti non ci sono dati ufficiali che lo attestino. Tuttavia il sequestro delle aree dove sono state trovate le discariche abusive in zona Scalo legnami e Ferriera ha fatto partire subito una serie di richieste di esami e analisi dello spicchio di mare a ridosso della zona. Si vuole capire se ci possano essere contaminazioni di qualsiasi genere, anche sul pesce che potrebbe poi diventare cibo sulle tavole dei triestini.
«Appena saputo della situazione, abbiamo predisposto immediatamente gli accertamenti - spiega Guido Doz, presidente regionale dell’Agci pesca -, incaricando la cooperativa Lisert di fare uno studio sui pesci». Doz spiega poi di non avere alcun timore «visto che appena un anno fa avevamo commissionato un’analisi sul vallone di Muggia, comprendente anche quell’area e gli esiti non avevano messo in rilievo alcun eventuale problema di tipo sanitario, anche sulle specie che si trovano alle maggiori profondità».
Nelle pescherie del centro, non si è verificata alcuna ripercussione negativa sulle vendite. Dai consumatori nessun timore e neppure richieste di chiarimenti: «Quella peraltro è una zona interdetta alla pesca - dice Livio Amato, rappresentante dei titolari delle pescherie triestine in Confcommercio - e il 90 per cento dei nostri prodotti è pesce azzurro, che proviene dalle zone di Barcola e Sistiana, quattro-cinque chilometri al largo. Gli affari in questi due giorni hanno avuto un andamento regolare al 100 per cento».
Quanto all’Autorità portuale che gestisce le aree del Demanio marittimo in questione, alcuni approfondimenti sono già stati fatti ed altri seguiranno a breve. «L’area della Ferriera e quella dello Scalo legnami sottoposte a sequestro fanno parte del progetto della piattaforma logistica - afferma Fabio Rizzi, dirigente del servizio sicurezza e ambiente dell’Authority - e pertanto su entrambe era stato previsto un piano di caratterizzazione. Le indagini a terra erano già state svolte e quei risultati, che al momento non abbiamo in mano, verranno illustrati prossimamente nell’apposita conferenza dei servizi». Ma a ciò verranno abbinati altri dati: «Fra qualche tempo - aggiunge Rizzi - si procederà pure con le analisi sulla zona di mare».
In questo quadro, si inseriscono inoltre i campionamenti già effettuati dall’Arpa, dai quali si attendono gli esiti. Prove decisive per capire se qualche materiale sia stato rilasciato nel terreno per poi disperdersi in mare ed eventualmente entrare in circolazione in vegetali oppure animali, con il pericolo di irrompere successivamente nella catena alimentare e diventare rischioso per l’uomo.

(m.u.)
 

 

DISCARICA ABUSIVA NELLO SCALO LEGNAMI - «Camion della Bruno, un flusso continuo»

I trasporti dai cantieri stradali e dalle aziende indagate alla discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami erano infatti frequentissimi. Centinaia di viaggi con camion sia della ditta Bruno, ma anche di proprietà di «padroncini» ingaggiati per l’occasione.
«L’attività - si legge nel rapporto della Guardia di Finanza inviato alla procura - ha consentito di verificare un continuo flusso di automezzi trasportare materiale proveniente da demolizioni e scavi come quelli riconducibili alla Bruno Costruzioni, che lasciavano supporre il fatto che tale impianto celasse una vera e propria discarica».
E poi, si legge ancora nella relazione delle Fiamme gialle che è parte integrante delle motivazioni al sequestro disposto dal Gip Massimo Tomassini: «Abbiamo accertato l’esistenza anche di un’altra discarica, sita nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in cui confluiva materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella disponibilità di Diego Romanese e Cataldo Marinaro. In questa area – continua la nota investigativa – è stata accertata la presenza di pezzi di asfalto stradale mescolato ad altri rifiuti».


Il parco della Maddalena sacrificato all’avanzare della civiltà del cemento

L’abbattimento delle foreste primarie della fascia tropico-equatoriale pare incrementarsi anziché arrestarsi di fronte al progressivo decadimento del livello di respirabilità e salubrità dell’aria. I residui dei boschi planiziali della Pianura padana sono ormai pezzi da museo. I campi coltivati destinati all’agricoltura si riducono al ritmo di centinaia o forse migliaia di ettari al giorno e le città sono assediate da capannoni industriali, autostrade, centri commerciali e annessi megaparcheggi asfaltati, così da rendere il passaggio da una città all’altra un tutt’uno senza soluzione di continuità. È sufficiente fare un breve percorso da Capodistria a Tricesimo, via Gradisca-Udine, per avere una campionatura dei danni fatti all’ambiente in questi ultimi 20 anni. A Trieste sembra si stia seguendo la stessa filosofia. L’abbattimento di alberi a volte secolari è ormai all’ordine del giorno. Fanno testo le stragi compiute a Roiano, piazza V. Veneto e S. Giacomo, e la recente distruzione del parco della Maddalena, una parte dell’efficientissimo sistema di polmoni verdi per combattere l’inquinamento urbano senza alcuna spesa e rendere più vivibile la città. Mentre la mano destra, dopo anni di abbandono, opera per recuperare e conservare il complesso dell’Opp di S. Giovanni, la mano sinistra provvede a cementificare con insolita rapidità ed efficienza il parco che dava respiro al complesso della Maddalena. Un buon architetto urbanista, opportunamente sensibilizzato, avrebbe dovuto valorizzare le future edificazioni approfittando e rispettando gli elementi arborei presenti sul sito, come è già stato fatto in innumerevoli parti del mondo. L’eventuale reimpianto di nuovi alberi potrà dare gli stessi benefici fra 30 anni. Troppo tardi! A Grignano c’è un ristorante con un albero nel mezzo della sala da pranzo. Si potrebbe tagliare per ricavare un posto a sedere in più. A casa mia un condomino in assemblea ha chiesto che venga tagliato un cedro deodara perché crescendo ormai gli toglie la vista mare. E avanti così. Già che ci siamo, propongo di fare un bel «repulisti» del Giardino pubblico e farne una spianata di cemento con sottostante parcheggio interrato da 2000 e più posti auto. La progettazione potrebbe essere affidata a Calatrava che, grato per la generosa commessa, potrebbe offrirci come omaggio il progetto per il nuovo ponte da costruirsi su Canale di Ponterosso. Allora, tutori del verde pubblico (se ci sono), fatevi da parte e lasciamo avanzare la civiltà del cemento e dell’asfalto, tanto poi quando la Terra sarà completamente desertificata avremo i mezzi per trasferirci su Marte, pianeta notoriamente ricco di lussureggiante vegetazione. Ma nel frattempo ci saremo abituati a vivere in beauty farm sotterranee dove poter respirare buon ossigeno dalle bombole.
Nico Zuffi
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 maggio 2008 

 

 

Sequestrata discarica alla Ferriera  - L’accusa: abusiva. In un’area di 23mila metri quadri scarti di lavorazione e macchinari - INDAGINI DELLA CAPITANERIA DI PORTO

È sotto sequestro da ieri mattina una vasta zona della Ferriera di Servola. Secondo l’inchiesta che è stata avviata dalla Capitaneria di Porto, l’area che appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica abusiva. Vi sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion. Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato, motori ridotti in pezzi.
Tre enormi colline, alte più di 15 metri, nascondono al loro interno altri rifiuti che il carbone, i minerali di ferro e altri materiali di probabile scarto di fonderia, ricoprono completamente.
«Siamo marinai ma per capire cos’è nascosto all’interno di questi cumuli ci siamo arrampicati sulla loro sommità come fossimo alpini» ha affermato uno dei militari dalla «task force» che ieri da terra e dal mare sono entrati nello stabilimento siderurgico.
L’area posta sotto sequestro ha una superficie di circa 23 mila metri quadrati: 150 per 150 metri di lato. Uno dei lati confina con la discarica dello Scalo legnami sequestrata tre giorni fa dal pm Maddalena Chergia. Lo stesso magistrato ieri ha «ratificato» quanto i militari della Capitaneria di Porto avevano fatto di propria iniziativa.
«Dovremo vedere cosa nascondono quei cumuli di carbone e di minerali. Ma anche scoprire cos’è finito in fondo al mare nella stessa zona. Arriveranno al più presto i nostri subacquei da Ancona e inizieranno le immersioni e le ricerche. L’area che ispezioneremo è posta tra la banchina della Ferriera e lo Scalo legnami» spiegano gli ufficiali della Capitaneria che stanno gestendo questa operazione, voluta dall’ammiraglio Domenico Passaro e dal capitano di vascello Felice Tedone. I tempi dell’inchiesta, vista la complessità, non si preannunciano brevi.
Va precisato che l’area sequestrata e subito transennata con paletti e fettuccia biancorossa, non è direttamente coinvolta nell’attività industriale della Ferriera. E la produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né piccolo, così come gli sbarchi sulla banchina. A breve scadenza inizieranno anche le analisi chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli diventati col tempo delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto antiche e di incerta datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno intervenisse. Ora in molti si chiedono perché nessuna delle proprietà che si sono avvicendate sul ponte di comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non ha mai preso l’iniziativa per smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata appartiene al Demanio marittimo. In sintesi allo Stato. La Ferriera l’ha in affitto e paga un canone di concessione.
Ieri gli uomini della Capitaneria di Porto stavano ispezionando l’area poi sequestrata per tutt’altri motivi. Verificavano per conto del pm Federico Frezza la linea di costa e le variazioni intervenute a partire dagli Anni Settanta per mano dell’uomo e delle sue attività industriali. Le Ferriera ha infatti «rubato» al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a otto campi di calcio. In alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri verso il centro del Vallone di Muggia, in altri molto meno. Sono scomparsi del tutto o sono stati ridotti ai minimi termini, una piccola baia e un promontorio. Ma al fenomeno di «crescita», peraltro mai segnalato alle autorità, è interessato tutto il lato a mare dello stabilimento, tranne la banchina dove attraccano le navi per scaricare carbone e minerali.
Per capire cos’è effettivamente accaduto e soprattutto quando la linea di costa ha iniziato a cambiare significativamente il suo profilo, il pm Frezza ha fatto effettuare da tremila metri di quota una serie completa di foto aeree al geologo Franco Coren. Queste foto sono state messe a confronto con altre immagini scattate più di 15 anni fa su iniziativa della Regione Friuli Venezia Giulia. Il confronto ha mostrato le differenze intervenute negli anni ma ora consentiranno una precisa ricostruzione di ciò che è accaduto nell’area sequestrata ieri.
Le immagini sono state infatti scattate ad altissima risoluzione e rivelano una quantità incredibile di dettagli presenti sul terreno. I relitti dei camion, la presenza massiccia delle attrezzature industriali, i bidoni di vernice seminterrati, dovrebbero essere identificabili con una certa facilità. Anche il profilo delle colline così come appare nelle foto antiche e in quelle moderne dovrebbe fornire agli inquirenti indicazioni preziose sui tempi in cui i rifiuti di maggiori dimensioni sono finite in quella discarica a cielo aperto.
 


DISCARICA IN FERRIERA - LA  LUCCHINI-SEVERSTAL «Il terreno è demaniale. In passato vennero depositati materiali di scarto dell’acciaieria che è stata poi dismessa»

L’azienda: zona inutilizzata la bonifica era già prevista
«Stoccaggio abusivo di rifiuti». È questa l’ipotesi di reato che il pm Maddalena Chergia contesta da ieri alla società proprietaria della Ferriera di Servola. Ma il gruppo «Lucchini-Severstal» ribatte che quei vecchi camion fuori uso, quelle attrezzature industriali dismesse, quelle colline di minerali di ferro e carbone, erano state abbandonate in quell’area ben prima dell’arrivo a Trieste del gruppo industriale bresciano. In sintesi: «Noi non abbiamo nulla a che vedere con questo uso improprio e potenzialmente doloso del terreno demaniale. La ricerca va spostata all’indietro nel tempo, in direzione dei nostri predecessori».
Il gruppo «Lucchini-Severstal», ieri in serata ha diffuso un dettagliato comunicato stampa in cui questi concetti vengono ribaditi e messi a fuoco con grande precisione.
«Nell’area sequestrata ieri, in passato vennero depositati materiali di scarto dell’acciaieria poi dismessa. Su questa stessa area l’attuale proprietà aveva già avviato un piano triennale (2008-2010) di ricupero degli scarti di lavorazione, con un investimento previsto di sei milioni di euro. Questo piano era già stato reso noto sia alle istituzioni che agli organi di informazione».
Fin qui la difesa. Ma il gruppo «Lucchini Severstal» attraverso il proprio ufficio stampa va oltre e precisa che «l’area sequestrata, di proprietà demaniale, non è attualmente utilizzata e quindi l’ordinanza di sequestro non crea alcuni problema all'attività produttiva dello stabilimento. Non potranno però continuare le bonifiche già avviate finché l’area non sarà dissequestrata».
«Il Gruppo Lucchini-Severstal sottolinea che attraverso i suoi legali, si metterà immediatamente in contatto con la Procura di Trieste per chiarire la propria posizione».

(c.e.)


Rifiuti: controlli sui lavori «Bruno» per il Comune  - L’INCHIESTA SULLA MAXI-DISCARICA SCOPERTA ALLO SCALO LEGNAMI

Verifiche sui registri di trasporto della ditta. Il sindaco Dipiazza: «Hanno vinto regolari gare d’appalto»
«Ho cercato varie volte di smaltire materiale nella discarica dello Scalo legnami. Mi sono sempre trovato di fronte a un muro di gomma. Le mie richieste di accesso sono state sempre respinte. Ora dopo l’apertura dell’inchiesta da parte del sostituto procuratore Maddalena Chergia, incomincio a capire perché. Quella era una discarica riservata a pochi».
Le parole amare sono di un imprenditore edile triestino che ha promesso di mettersi in contatto nelle prossinme ore con gli investigatori della Guardia di finanza. Di più non dice. Per ora preferisce di fronte al polverone, rimanere in silenzio. E intanto i militari della Finanza esaminano la documentazione sequestrata.
È un mare di carte, di fatture, di ricevute. Da ieri tutto questo è sotto la lente. Ci sono autorizzazioni ma anche registri con numeri e quantità di rifiuti speciali trasportati come normali in quella che è stata definita la discarica a mare di Trieste che si trova a pochi chilometri in linea d’aria dagli stabilimenti balneari più popolari della città. Molte sono bolle o schedari o documenti riconducibili alla Bruno Costruzioni.
Infatti una buona parte di questi rifiuti sono gli scarti dell’asfalto rimosso dalle Rive o da altre strade da parte degli operai che in questo ultimo periodo hanno lavorato alle dipendenze dell’azienda leader in città, quella che ha vinto gran parte degli appalti del Comune di Trieste: appunto la Bruno Costruzioni.
È sbarcata appena 15 anni fa a Trieste da Potenza. È diventata in questo periodo la più importante azienda del settore ottenendo molti riconoscimenti e altrettante commesse pubbliche.
«Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in maniera illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuati dalla mia azienda sulle strade di Trieste. Li trascinerò davanti ai giudici i titolari». È perentorio l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno, 52 anni, l’amministratore della Bruno Costruzioni. Aggiunge: «Anche noi costruttori siamo vittime in questa vicenda. Non è vero che abbiamo speso meno per il trasporto dei rifiuti. Ripeto, avevamo scelto quell’azienda (ndr la Isp) perché la discarica era la più funzionale alle nostre esigenze». Sono targati Bruno Costruzioni almeno 17mila metri cubi di materiale «composto - scrive il pm Maddalena Chergia - apparentemente da terre e rocce da scavo e rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, i cui ultimi apporti provenivano dal Cantiere Rive e risalivano al periodo marzo 2006-giugno 2006».
«Hanno vinto le gare d’appalto», taglia corto il sindaco Roberto Dipiazza. Aggiunge: «La discarica non è al momento un problema mio. Io non vengo informato dove una ditta va a scaricare i propri scarti. C’è un’inchiesta della procura».
In Tribunale il 31 marzo l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno era stato assolto dall’accusa di reticenza di fronte al pm Tito. Aveva preannunciato al sindaco che l’appalto della ristrutturazione di piazza Puecher sarebbe stato vinto due giorni dopo dall’impresa Mari e Mazzaroli, fatto poi in effetti accaduto. Al pm, che poi lo aveva convocato dopo la segnalazione del sindaco, Bruno non aveva detto da chi avesse avuto la premonizione rivelatasi esatta. Pochi mesi dopo, nel corso del processo in aula, Dipiazza aveva definito pubblicamente il costruttore «un amico» e aveva parlato di reciproche frequentazioni. «Sono un imprenditore. Non faccio il politico», ha precisato ieri sera l’ingegnere Bruno. Innegabile, tuttavia, che conosce e frequenta tutti quelli che contano in città.
I lavori a Trieste. La lista degli appalti vinti a Trieste dalla Bruno Costruzioni è lunghissima. Basta navigare sul sito della società per trovarne citata una buona parte con tanto di fotografie perché ottenere questi dati dal Comune è praticamente impossibile. «Bisogna inoltrare una richiesta ufficiale e aspettare», dice l’assessore Franco Bandelli. Ci sono i lavori di completamento e ripristino di Passeggio Sant’Andrea e viale Gessi, poi quelli del ricreatorio di Opicina, del collegamento fognario dell’impianto di Zaule, del piano di recupero di via dei Capitelli. E poi ancora gli interventi di manutenzione della rete fognaria, poi di strade, piazze e marciapiedi. La ristrutturazione della Scuola «Sirk» di Santa Croce, il campo di calcio di San Vito, i lavori all’ex campo profughi di Prosecco, il lungomare di Barcola. E infine per conto dell’Acegas i lavori connessi a quelli di ricerca delle perdite nelle reti del gas, i trattamenti per il riuso dei reflui del depuratore di Zaule.
La Bruno Costruzioni Sas è nata a Potenza nel 1983. Precisamente il 28 novembre. A fondarla è stato il cavaliere del lavoro Carmine, che nel 1959 trasformò la ditta individuale in società in accomandita semplice preparandola per il balzo verso Trieste.
Sul sito web si legge che «negli anni ’50 e ’60 la società si è affermata nel settore delle costruzioni, risultando ora fra le più importanti e qualificate imprese in ambito nazionale nella fascia di fatturato di piccola e media impresa, realizzando opere di rilevante entità sia per conto di enti statali, sia per conto di importanti società private». Il 5 novembre 2004 la società ha trasferito la propria sede a Trieste in piazzale Giarizzole 35. Il capitale sociale ammonta a poco più di un milione di euro. Nei posti chiave dell’azienda siedono Antonio Raffaele Bruno, l’amministratore, Claudio Bruno, direttore tecnico, Gaetano Biagio Bruno e Carmine Bruno, procuratori speciali.

 

SCALO LEGNAMI  - SOPRALLUOGO DEL SOTTOSEGRETARIO ALL’AMBIENTE - «Ho assistito a uno spettacolo devastante che rischia di avere pesanti conseguenze»

Menia: trattare per chiudere la fabbrica  - «Si può pensare di coinvolgere la Lucchini nell’operazione rigassificatori»
«Non c’è che dire, è un ”uno-due” davvero sconcertante». Roberto Menia non immaginava di trovare così tanta carne al fuoco durante la sua prima uscita ufficiale da sottosegretario all’Ambiente, tra l’altro proprio nella sua città. Invece ha dovuto ricredersi: neanche il tempo di scendere dalla motovedetta delle Fiamme gialle con cui aveva raggiunto la discarica abusiva allo Scalo Legnami, che già arrivava la notizia dell’intervento della Capitaneria di porto nel comprensorio della Servola spa.
«Le due aree sequestrate, tra l’altro, si trovano proprio l’una accanto all’altra - osserva l’esponente di An -. Per un’ulteriore coincidenza, quindi, durante il sopralluogo di stamattina (ieri ndr) le ho osservate entrambe. Già a prima vista i cumuli di materiale ferroso di proprietà della Ferriera non passano inosservati. Quando poi si viene a sapere che, oltre agli scarti di lavorazione, sono ammassati lì anche secchi di vernici industriali altamente nocive e altri rifiuti pericolosi, l’indignazione aumenta ulteriormente. Questa scoperta non fa che rafforzare la convinzione che già avevo: la Ferriera va chiusa e la strada della dismissione dev’essere perseguita il più rapidamente possibile. I riscontri che hanno portato al sequestro, e per cui va il mio plauso a Capitaneria e magistratura - continua il sottosegretario - sono l’ennesima prova della pericolosità dello stabilimento. Pericolosità che non deriva più solo dalle emissioni e dai fumi che escono dagli impianti, ma anche dagli stessi materiali accatastati nelle aree circostanti. È evidente, quindi, che non c’è più tempo da perdere: quando si prende coscienza dell’esistenza di un ”cancro” simile, non si può far altro che estirparlo. Come? Riavviando l’iter di chiusura disposto prima dell'approdo di Illy in regione».
Un’idea per il dopo Ferriera, peraltro, Menia ce l’avrebbe già. «Si potrebbe pensare a un coinvolgimento della Lucchini nell’operazione rigassificatori - chiarisce, precisando tuttavia di non aver ancora analizzato nel dettaglio la proposta -. Il mio ragionamento è questo: il gruppo bresciano potrebbe entrare nel business del gnl che garantirebbe evidenti ricadute in termini economici e in cambio, come contropartita per la comunità, libererebbe l’area della Ferriera. In termini di sicurezza ambientale, un rigassificatore crea meno problemi rispetto allo stabilimento siderurgico. Gli impianti di gnl di ultima generazione, infatti, oltre a essere fondamentali per affrontare il problema energetico, offrono anche garanzie di assoluta sicurezza».
Ma nell’agenda del neo sottosegretario all’Ambiente, oltre a Ferriera e rigassificatori, c’è anche la sfida del Sito inquinato («riprenderemo in mano l’accordo di programma, mettendo però nero su bianco il princicio che chi non ha inquinato non paga»). E, ovviamente, la lotta a episodi di abusivismo nello smaltimento rifiuti come quello accertato allo Scalo Legnami. «Lì ho assistito a uno spettacolo devastante che rischia di aver conseguenze pesanti - commenta Menia -. A preoccuparmi comunque non sono tanto i possibili ritardi nell’avvio del progetto della piattaforma logistica - su questo sono abbastanza ottimista -, ma piuttosto i danni ambientali. Non collegherei tuttavia l’episodio di Trieste al giro delle ecomafie. Credo si tratti di un caso tutto triestino». Caso che coinvolge anche un nome importante come quello di Bruno Costruzioni. «Ho saputo del suo coinvolgimento - conclude Menia -. Questo però rientra nella sfera del lavoro dei magistrati, nella quale io non metto bocca».

MADDALENA REBECCA
 


Una rete di aziende per i titolari della Isp  - Costruzioni, cave e commercio tra le loro attività

Diego Romanese e Cataldo Marinaro. Ruota attorno ai nomi di questi due imprenditori l’inchiesta del pm Maddalena Chergia sulla maxidiscarica dello Scalo legnami. Inchiesta che ha portato gli investigatori della Guardia di finanza alla scoperta di un rilevante quantitativo di scarti di asfalto provenienti dal rinnovamento di una rilevante parte delle strade di Trieste.
La loro azienda è la Isp Riciclati che ha sede in via Timavo 69/8, nella zona portuale di Monfalcone. Dai registri della Camera di commercio risulta che questa società a responsabilità limitata è stata fondata il 4 agosto 2005. Il capitale sociale è di 30mila euro, ripartito in eguali quote tra i due titolari, Diego Romanese e Cataldo Marinaro. L’amministratore unico è Romanese fin dalla costituzione. L’attività prevalente della Isp Riciclati, secondo i dati della Camera di commercio, è il «recupero e la preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami non metallici». Ma l’oggetto sociale è ben più ampio. Dalle operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi, all’attività di scavo, al noleggio delle attrezzature e all’acquisto e la vendita di beni. La data d’inizio dell’attività di impresa è il 19 dicembre 2005 e l’unità locale operativa aperta in quella data ha sede proprio allo Scalo legnami in zona industriale, nell’area appunto messa sotto sequestro dalla Guardia di finanza.
Il nome di Diego Romanese compare anche come titolare della Gefi Costruzioni Sas, che ha sede nella frazione di Devetachi a Doberdò del Lago in provincia di Gorizia. La società costituita nel 1988 ha per oggetto lo sfruttamento e la coltivazione di cave per l’estrazione di marmi e l’attività di edilizia sia nel settore privato che in quello pubblico. È stata messa in liquidazione - sempre secondo i dati della Camera di commercio - il 22 dicembre 2000, quasi otto anni fa. Nel 1990 risulta che l’unico cantiere attivo era alla Rotonda del Boschetto.
Altra società riconducibile sempre a Romanese è la Rdl che ha sede nell’abitazione dell’imprenditore in via Girolamo Vida 16. È nata il 14 marzo 2003 e ha come attività quella di rappresentanza di materiali di costruzione compresi gli infissi e gli articoli igienico sanitari.
L’altro imprenditore finito nella bufera è Cataldo Marinaro. È nato a Cirò Marina in provincia di Crotone. Il suo nome compare in un’attività di estrazione di pietre ornamentali e da costruzione cessata nel 1993 a Melissa in provincia di Catanzaro. Risulta che si è poi occupato di trasporti su strada in un’altra società di fatto che aveva sede sempre a Melissa, e che - stando ai dati della Camera di commercio - è cessata nel 1982. A Monfalcone il suo nome compare nell’organigramma della «Progetto Monfalcone Srl» con sede in via Terme Romane 5. L’azienda si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, carburanti e lubrificanti. È presidente del consiglio di amministrazione. Consigliere delegato è Riccardo Furlan. Soci sono i rappresentanti di un buon numero di aziende: Punto Srl, Cunja R. Eredi, Officine Lenardon, Transforset, Logistica P Srl, Trans Est Srl, Cointra Transport and Trade Co., Pevere Logistica Srl, Manfreda Logistik & Transoport Srl, Masotti Srl, Bergamasco Tiziano, Eurocar Sas, Auta Marocchi Spa, Mar-Ter Spedizioni e Aristone Claudio.

(c.b.)


SCALO LEGNAMI - LE REAZIONI DEI POLITICI  - Cosolini: emergenza ecologica  - Fedriga: «Per troppi anni nessuno ha vigilato»

Chi avrebbe dovuto vigilare sull’area dello Scalo Legnami e accorgersi per tempo della presenza della discarica abusiva ricavata a ridosso della costa? È la domanda che iniziano a porsi in molti, anche nel mondo politico locale.
«C’è da interrogarsi su come tutto questo abbia potuto accadere in una zona sotto gli occhi di tutti - osserva il neo segretario provinciale del Pd, Roberto Cosolini - , Tocca certo a forze dell’ordine e magistratura accertare le responsabilità dello scempio ambientale. Ma è altrettanto necessario che le pubbliche amministrazioni e la politica in generale, affrontino seriamente il problema del rapporto fra territorio e l’ambiente, prima che sia troppo tardi. Il fatto che un triestino, Roberto Menia, sia sottosegretario all’Ambiente può certo offrire una sponda importante nel Governo - conclude Cosolini - , ma è indispensabile che anche le istituzioni locali affrontino oggi il problema nella sua interezza. L’utilizzo del nostro territorio secondo criteri di qualità e il superamento della emergenza ambientale richiedono un impegno comune e uno sforzo straordinario».
Il gruppo consiliare di An, che sul caso discarica ha presentato un’interrogazione urgente, chiama in causa direttamente l’amministrazione di Palazzo Galatti. «La Provincia ha competenze ambientali ben note - affermano Arturo Governa e Marco Vascotto -. Competenze che, anche attraverso l’impiego della polizia ambientale, dovrebbero portare ad un monitoraggio del territorio e, in particolare, delle discariche, proprio per evitare che le attività lì svolte sfocino in violazioni delle norme e in episodio di inquinamento. Ci chiediamo quindi come mai l’assessore Barduzzi, all’indomani della scoperta del deposito abusivo, si sia dichiarata all’oscuro di tutto e perchè quindi la Provincia non sia intervenuta».
A caccia di responsabilità anche il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli, che ha richiesto una convocazione urgente della VI commissione allargata a sindaco, Porto, Provincia e ambientalisti. «Com’è stato possibile - si chiede Racovelli - che ancora una volta il "sistema" che per decenni ha cosparso di veleni la costa triestina da Muggia a Duino sia riuscito di nuovo a scaricare migliaia di tonnellate di rifiuti disattendendo le nome in materia di stoccaggio e smaltimento rifiuti? E quale sarà adesso l'iter giuridico e processuale e il percorso di bonifica per sanare l'area? Bisogna fare chiarezza».
A chiedere che si faccia piena luce sull’ennesimo episodio di inquinamento è anche «Greenaction Transnational». Secondo l’organizzazione ambientalista, infatti, «è urgente la riapertura di procedimenti penali archiviati sulle altre discariche individuate in passato da Barcola alla zona industriale».
C’è poi chi, come il deputato del Carroccio Massimiliano Fedriga, concentra l’attenzione sul secondo intervento, quello all’interno del comprensorio della Servola spa. «Il sequestro dei 22 mila metri quadrati nell’area della Ferriera rappresenta il primo, evidente segnale del cambiamento di clima che si è prodotto con il passaggio da Illy a Tondo. Per troppi anni nessuno si è mai preso la briga di fare i controlli. Ora però - afferma il leghista - il tempo dei favori politici fatti alla proprietà si è chiuso ed è iniziata la necessaria fase delle verifiche. Di questo, in primo luogo, va ringraziata la magistratura. Ora è necessario che anche le istituzioni, sia a livello locale che nazionale, prendano posizioni serie che tutelino, una volta per tutte, la salute dei residenti e l’ambiente del nostro golfo». (m.r.)


SCALO LEGNAMI - L’esperto: il rischio è che gli acidi entrino nel ciclo alimentare

Saranno i risultati dei campionamenti dell’Arpa a fare piena luce sui danni ambientali provocati dall’accumulo di rifiuti speciali nell’area dello Scalo Legnami. Già ora, però, gli esperti sono in grado di indicare i possibili rischi legati alla presenza, a ridosso del mare, di batterie, pezzi di asfalto e plastica. «Le batterie contengono acidi che, al pari di altre sostanze presenti nei materali non inerti, possono essere rilasciate gradualmente nel terreno e poi disperdersi in mare - spiega Vincenzo Armenio, docente di Idraulica ambientale all’Università di Trieste -. Una volta in mare gli acidi, così come i metalli pesanti e lo stesso bitume contenuto nell’asfalto, entrano in circolazione sia nei vegetali sia negli animali, e possono entrare nella catena alimentare. È possibile immaginare, quindi, casi di inquinamento dei mitili coltivati a breve distanza da quell’area. Il fenomeno, peraltro, è difficile da localizzare. Anche il pesce pescato altrove, infatti, potrebbe aver mangiato nel tratto di mare interessato dai rilasci ed esser stato quindi contaminato dalle sostanze rilasciate dai rifiuti. Gli effetti, tra l’altro, potrebbero anche non essere visibili nell’immediato. I metalli pesanti - conclude Armenio - si possono anche depositare sui fondali e risalire successivamente, quindi anche nel medio- lungo periodo, a seguito per esempio dell’azione di una marea».


Giardino di via Flavia: caso in commissione Trasparenza - Oggi anche un incontro con le associazioni ambientaliste sul piano di riqualificazione di piazza Libertà.

L’annosa questione del giardinetto storico di via Flavia, al posto del quale dovrebbero sorgere degli appartamenti Ater, con parcheggio sotterraneo, sarà portata oggi all’attenzione della Commissione trasparenza del Comune, presieduta da Roberto Decarli.
I consiglieri nel corso edella riunione chiederanno di conoscere gli esiti del rilevamento dell’Arpa, che è stato effettuato tempo fa, sul tasso di inquinamento «ante operam», al fine di capire se le obiezioni degli abitanti che osteggiano la nuova costruzione, siano lecite.
I residenti infatti temono che il nuovo parcheggio renda ulteriormente insopportabile l’aria della zona con emissione di gas di scarico e altri inquinanti.
All’ordine del giorno della riunione della Commissione trasparenza c’è anche un incontro con le associazioni ambientaliste del Www, Legambiente e di Italia Nostra sul piano di riqualificazione di piazza Libertà. Gli ambientalisti temono infatti che il nuovo look della piazza imponga un eccessivo sacrificio di alberature. Nei giorni scorsi il Comune aveva annunciato che sarebbero stati abbattuti 5 alberi ma ne sarebbero stati impiantati una cinquantina. (d.c.)


«Schiamazzi notturni, le regole ci sono» - LOCALI E QUIETE PUBBLICA ALL’ESAME DELLA TRASPARENZA

Con l’estate si riaffaccia il problema degli schiamazzi notturni fuori dai locali. Da piazza Unità ai vari rioni, sono 260 sinora le segnalazioni di protesta giunte ai vigili da abitanti che lamentano di non poter dormire la notte per colpa degli avventori di bar e ritrovi. Ma come coniugare, senza ledere i reciproci diritti, le diverse esigenze? Ne ha discusso ieri la Commissione trasparenza presieduta da Roberto Decarli, che ha ascoltato il direttore dell’area dello Sviluppo economico del Comune Edgardo Bussani. Quest’ultimo ha ricordato come la ricerca di una soluzione non sia facile, anche perché la legge regionale 29 ha liberalizzato gli orari dei locali mentre le autorizzazioni per i pubblici esercizi non sono più rilasciate dalla Pubblica sicurezza, ma regolate da una semplice normativa del commercio.
«Al momento – ha detto Bussani – stiamo però verbalizzando con la questura tre ordinanze per altrettanti locali pubblici cittadini ai quali verrà imposto per un mese la limitazione di orario di chiusura sino alle 23». Il direttore dell’Ostello della gioventù del bivio di Barcola, Tafaro e un abitante della zona, il dottor Paoletti, hanno rimarcato l’eccesso di rumore notturno che proviene dal bagno Sticco, quando vi vengono organizzate delle feste: «All’ostello - ha detto Tafaro - registriamo anche 10 mila presenze in un anno, quasi tutti tedeschi e austriaci che si lamentano per la confusione notturna e per il parcheggio selvaggio nella strada». Decarli (Cittadini) e il consigliere Alessandro Minisini (Margherita) hanno sostenuto il bisogno di una limitazione degli orari dei locali pubblici e di una programmazione degli avvenimenti estivi, con un controllo nei luoghi critici da parte dei vigili. Furlanich (Rc), Portale (Fi) ed Edera (Lista Rovis) hanno sostenuto la necessità di coniugare il divertimento con il sonno. Porro ha auspicato un incontro con il prefetto per chiedere più vigilanza notturna. Dello stesso avviso Pellarini (An) e Trebbi (Lista Dipiazza), secondo i quali i regolamenti ci sono, basta dunque far rispettare le regole.
Daria Camillucci
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 maggio 2008 

 

 

Discarica abusiva: tra i 12 indagati il costruttore Bruno  - Centinaia di camion con l’asfalto dei lavori sulle Rive scaricati nell’area dalla società

Non meno di cinquecento camion con gli scarti dell’asfalto delle strade di Trieste. Le Rive ma anche le vie di altre zone del centro: buona parte di quelle rifatte dal 2005 fino a qualche mese fa e oggetto della riqualificazione della città. In appena tre anni nella discarica abusiva sequestrata dalla Guardia di finanza nell’area dello scalo legnami e nelle acque antistanti è stata gettata una quantità tale di bitume da poter asfaltare chilometri e chilometri di autostrada.
Nell’indagine del pm Maddalena Chergia compaiono non solo i nomi dei due imprenditori Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp Riciclati di Monfalcone, ritenuti di fatto gli organizzatori del traffico, ma anche quello di uno tra i più importanti costruttori di Trieste, Raffaele Antonio Bruno, legale rappresentante della Bruno Costruzioni. E poi ci sono Mario Leone, titolare della Leone Srl, Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi e trasporti, Paolo Rosso della Trieste Manutenzioni, Dario Voinovich, titolare dell’omonima azienda, Demmi Avanzi, a capo della Futura Scavi, Alfredo Cok, Paolo Marinig della Ipm, Enrico Tiberio della Iest e Sebastiano Pulafito. Tutti accusati in pratica di aver conferito i materiali di scarto alla Isp Riciclati che non aveva alcuna autorizzazione per poterli smaltire.
A denunciare lo scempio ambientale, che ha riguardato un’area delle dimensioni di quattro campi di calcio, sono le bollette di trasporto dei rifiuti che gli investigatori della Guardia di finanza e della Forestale hanno sequestrato nel corso delle indagini. Documenti che venivano di volta in volta compilati indicando che si trattava di rifiuti speciali e che poi, una volta giunti a destinazione, venivano corretti «degradandoli» a normali detriti di scavo, semplici materiali inerti. Un semplice trucco con penna e bianchetto che è consistito nella sostituzione di un numero di codice. In pratica dal centro città in pochi chilometri i rifiuti bituminosi cambiavano «targa» e diventavano calcinacci.
«Noi costruttori siamo vittime di Romanese e Marinaro. Abbiamo agito in buona fede. Abbiamo pagato quanto richiesto per lo smaltimento. I nostri documenti sono in regola», tuona il costruttore Raffaele Antonio Bruno che si è rivolto all’avvocato Riccardo Seibold. Punta il dito contro i titolari della discarica abusiva. «Non è vero che abbiamo pagato di meno il riciclaggio dei rifiuti. La verità è che una discarica vicino al centro città ha fatto comodo a molti. Altrimenti avremmo dovuto utilizzare quelle di Basovizza o di Duino».
Diego Romanese e Cataldo Marinaro ieri erano introvabili. Nella sede della ditta di Monfalcone, la Marinaro Srl che ospita anche gli uffici della Isp Riciclati in via Timavo, proprio all’ingresso del porto, un impiegato getta acqua sul fuoco. E parla di colossale equivoco. Dice: «Quello che è stato trovato in mare davanti alla discarica è antecedente al 2005, anno in cui la ditta ha acquisito l’area. Lo sapevano tutti che molti rifiuti erano stati gettati in acqua, ma non è stata colpa nostra. Noi abbiamo solo raccolto i materiali di scarto dell’edilizia unendo polveri provenienti dalla triturazione delle pietre del Carso. Questo per poter realizzare la cassa di colmata per piattaforma logistica. Se poi qualche trasportatore ha scaricato prodotti non consentiti, non è certo colpa nostra. Siamo una ditta seria. Voglio anche dire che fino a 50 anni fa quell’area era utilizzata come discarica dei pezzi di navi dismesse». I due imprenditori ieri sera si sono incontrati con il loro legale, l’avvocato Alessandro Giadrossi. Non è escluso che chiedano di essere interrogati dal pm Maddalena Chergia.

CORRADO BARBACINI

 

Menia: pene esemplari ai responsabili -  Il sottosegretario all’Ambiente visiterà l’area sotto sequestro - OGGI IL SOPRALLUOGO

Il neo sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, sarà oggi a Trieste per complimentarsi con le Fiamme gialle che hanno scoperto l’attività di riciclaggio abusivo di rifiuti, e compiere un sopralluogo nell’area dello Scalo legnami trasformata in una grande discarica a cielo aperto.
Quella di oggi è la prima uscita ufficiale di Menia in veste di componente del governo. Uscita che, per un’insolita coincidenza, lo vedrà impegnato proprio nella sua città. «E infatti qualcuno, malignamente - scherza l’esponente di An - ha chiesto se mi ero messo d’accordo. Battute a parte, intendo esprimere il mio più vivo apprezzamento per un intervento che ha permesso di stroncare una vicenda che ha quasi dell’incredibile. Montagne di rifiuti come quelle riprese nelle immagini girate dalla Finanza siamo abituati a vederle in altre parti d’Italia. A Trieste ci vantiamo di essere quasi asburgici e di osservare alla lettera le leggi. Ecco perché una scoperta come quella fatta allo Scalo legnami appare ancora più sorprendente. E lo è ancora di più se si pensa che l’attività illecita avveniva alla luce del sole in un punto che, sebbene alle porte della città, poteva di fatto essere osservato da chiunque. Proprio vista la gravità dell’episodio - conclude Menia - è necessario che chi ha commesso questi illeciti venga punito in maniera esemplare».


ALLARME DELL’AUTORITA’ PORTUALE  - «A rischio la piattaforma logistica»

Il sequestro della discarica dello Scalo legnami potrebbe mettere in forse l'avvio dei lavori per la costruzione della piattaforma logistica, previsto tra un anno. L’allarm - arriva dall’Autorità portuale che ieri, su sollecitazione del presidedente Claudio Boniciolli, ha riunito lo staff dirigenziale anche per analizzare le conseguenze dell’indagine. «Il problema - ha spiegato Fabio Rizzi, dirigente del Servizio di Sicurezza del Porto - sono i tempi dell'inchiesta giudiziaria». Il rischio all’orizzonte è che la situazione si blocchi per anni, un po’ come accaduto per la vicenda dell'inquinamento del terrapieno di Barcola. Uno slittamento che potrebbe paralizzare l’opera, attualmente in fase di progettazione, che dovrebbe svilupparsi su un'area di 250 mila metri quadri - metà dei quali ricavati dal mare - per un costo di 280 milioni di euro. Molto dipenderà dall’esito dei campionamenti che, su disposizione della Procura, verranno eseguiti nell’area occupata dalla discarica abusiva e dovranno poi essere analizzati dall’Arpa. Da parte sua, intanto, Claudio Boniciolli respinge ogni accusa di negligenza. «L’Autorità portuale non ha competenze in materia di vigilanza ambientale - spiega -. Nel caso dello Scalo legnami quindi non ci può essere attribuita alcuna responsabilità. Sono altri gli enti che avrebbero dovuto accorgersi delle irregolarità».


I RESIDUI SCARICATI  - Quell’asfalto «grattato» che aumenta l’aderenza

L'asfalto grattato viene solitamente steso lungo curve o zone in cui debba venir aumentata l'aderenza senza dover ricorrere al rifacimento della superficie stradale, con gli evidenti risparmi che ottiene l'ente competente per quella strada. L'asfalto è una roccia calcarea porosa, naturalmente impregnata di bitume. La presenza di quest'ultimo componente nella roccia è dovuta al residuo lasciato dall'evaporazione del petrolio che precedentemente la impregnava. In un asfalto il contenuto di carbonato di calcio in genere varia tra il 50 e il 90 per cento, mentre quello di bitume naturale è compreso tra il 7 e il 15 per cento; la restante parte è costituita da altri materiali minerali e sostanze volatili.


RUPINGRANDE  - Televisori buttati in mezzo al verde

RUPINGRANDE Non avevano trovato posti in cui liberarsi del loro pesante carico, così alcuni vecchi televisori sono finiti sul prato. L’ennesimo episodio di inciviltà viene segnalato da alcuni lettori di Rupingrande, nel cui territorio è stata aperta questa sorta di discarica abusiva. Gli apparecchi sono stati scaricati sul sentierino che, partendo dalla strada asfaltata che congiunge Rupingrande a Sagrado di Sgonico, conduce sul monte Lanaro.


RIFIUTI A BAGNOLI  - Torna la «differenziata»

SAN DORLIGO È stato ripreso nel pomeriggio di ieri il servizio di raccolta differenziata in località Bagnoli, interrotto per motivi tecnici nella mattinata di lunedì scorso, 12 maggio. Lo comunica l’Ufficio tecnico del Comune di S.Dorligo della Valle, invitando gli utenti a esibire i relativi cassonetti in tale periodo.

 


DOMENICA BIMBIMBICI E BICINCITTA’  - Biciclettata senza età su due percorsi

«Bimbimbici» e «Bicincittà», due modi per vivere in gruppo la passione per la bicicletta, due manifestazioni per sensibilizzare sul campo le tematiche della mobilità definita sostenibile e alternativa. Entrambe le iniziative a carattere ecologico vanno quest'anno straordinariamente assieme di scena nella stessa giornata, domenica 18 maggio, vivendo non solo le stesse finalità ma anche lo stesso percorso, seguendo un calendario nazionale che vede coinvolte oltre un centinaio di piazze italiane.
«Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab (Cicloturisti Urbani). I due progetti dovrebbero portare sulle strade di Trieste qualcosa come un migliaio di ciclisti, tutti impegnati in una pedalata non competitiva con partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo attorno alle 8.30.
Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede la partenza alle 9.45, è aperto a tutti e indicato ai più piccoli, con transito attraverso le vie del centro, da viale Romolo Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo, Piazza delle Borsa, Piazza Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via Carducci, Piazza Oberdan, Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella dietro Corso Cavour e ritorno alla sede di partenza. Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30 si riparte, questa volta con un percorso più impegnativo che gli stessi organizzatori sconsigliano ai ciclisti più giovani e che riguarda il transito da Largo Irneri verso l'area dei lavori della ciclopista della Val Rosandra, attraversando via D'Alviano, via Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via Orlandini, via Mansanta e quindi via dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla base.
I due momenti in programma domenica vengono definite tappe «ludiche e ricreative» ma tengono conto anche dei recenti dati emersi in tema di sicurezza ed educazione stradale: «A spaventare l'uso della bicicletta spesso non sono le salite quanto il traffico stesso - ha sottolineato Stefania Bertolino, portavoce della Uisp - invece vanno ridisegnate le reali possibilità della mobilità alternativa, dando rilievo e conoscenza dei percorsi ciclabili esistenti». Alla edizione 2008 è abbinato inoltre: «In sella e vai: racconta il bello e il brutto della tua città», concorso fotografico che mette in palio, naturalmente, una bicicletta.
Informazioni e iscrizioni: Uisp ( www.uisp.trieste.it) via Beccaria 6, 040 - 639382; Ulisse - Fiab (www.ulisse-fiab.it) via del Sale 4/b ( Cavana) 040 - 371411.
Francesco Cardella


Edificio abusivo sulla più bella spiaggia di Cherso - SARÀ ABBATTUTO

CHERSO Senza avere ottenuto precedentemente alcuna licenza, si è costruito una tettoia, cementando quanto gli capitava a tiro, anche la sottostante spiaggia. Insomma, un eclatante caso di abusivismo edile che magari sarebbe passato inosservato ai mass media se non fosse che il responsabile è nientemeno che una guardia comunale. Ossia proprio la persona incaricata per legge di denunciare i casi di costruzione illegale. Poco più di un mese fa, l’Ispettorato chersino all’Edilizia ha ordinato la demolizione dell’immobile sorto sulla cosiddetta spiaggia francese, che si trova nella piccola località di Miholascica, a pochi chilometri da San Martino (Martinscica), a Cherso. La spiaggia francese è una delle più belle distese di ghiaia bagnate dal mare e qui la guardia comunale chersina, Emil Kucic, e sua moglie Gordana, hanno messo in piedi l’immobile abusivo, un piccolo esercizio alberghiero. Fino a questo momento, il dipendente dell’ amministrazione isolana non ha compiuto un passo nel rimuovere il locale fuorilegge, affermando ai giornalisti che l’ hanno intervistato di poter dimostrare la propria non colpevolezza. La guardia comunale è stata denunciata da un gruppo di abitanti di Miholascica, stufi di vedere quello che il loro vicino di casa stava devastando. (a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 maggio 2008 

 

 

Una maxidiscarica abusiva in riva al mare  - Dodici denunciati: i due titolari della società e gli imprenditori che la utilizzavano

SEQUESTRO NELL’AREA DELLO SCALO LEGNAMIMigliaia di metri cubi di rifiuti pericolosi accatastati in riva al mare. Li hanno scoperti i militari della guardia di finanza e gli uomini della Forestale regionale nell’area dello Scalo Legnami. Lì una ditta con sede a Monfalcone, la «Isp riciclati srl», aveva trasformato un’area di circa 20 mila metri quadrati in una grande discarica abusiva a cielo aperto con montagne di detriti visibili a centinaia di metri di distanza. Detriti che, tra l’altro, non erano stati accumulati soltanto nella parte a terra. Anche sott’acqua, infatti, sono state individuate dagli uomini del reparto operativo aero navale delle fiamme gialle alte colline artificiali formatesi nel tempo a seguito del rotolamento in mare di materiali di scarto e rifiuti di ogni genere.
Lo scempio ambientale ha fatto scattare l’altro giorno il sequestro preventivo dell’area disposto dal gip Massimo Tommasini. Contemporaneamente sono stati messi i sigilli all’azienda monfalconese. I titolari, Diego Romanese, imprenditore nato a Udine ma residente da tempo a Trieste, e il suo socio originario della Calabria Cataldo Marinaro, sono stati denunciati a piede libero. I reati contestati vanno dalla realizzazione di una discarica non autorizzata alla mancata esecuzione delle operazioni di recupero del materiale stoccato, operazioni previste per legge entro un anno dalla messa in riserva dei rifiuti. Denunciate in concorso anche altre dieci persone, tutte a capo di ditte di costruzioni, cantieri edili, attività di scavo. Piccoli e grandi imprenditori, nove attivi nel territorio di Trieste e uno operativo in provincia di Udine, che da tempo conferivano rifiuti e materiali di risulta nell’area dello Scalo legnami e che, secondo le Fiamme gialle, non potevano non conoscere la natura abusiva della discarica. Sequestrati infine quattordici camion utilizzati per lo scarico dei materiali nel deposito a ridosso del mare e scavatrici semimoventi usate per rovesciare parte dei detriti conferiti direttamente in acqua.
Le indagini, coordinate dal pm Maddalena Chergia e durate più di un anno, hanno portato allo scoperto un business illecito da centinaia di migliaia di euro di fatturato. La «Isp riciclati srl» aveva l’autorizzazione ad esercitare attività di riciclaggio e recupero di rifiuti non pericolosi. In pratica, quindi, avrebbe potuto accogliere nei 20 mila metri quadrati a terra dello Scalo legnami solo materiali derivanti da demolizioni, come pietre e calcinacci, e unicamente per un periodo limitato. Periodo che dovrebbe coincidere con «il completamento del lavoro di riempimento della cassa di ricolmaggio» conservata in mare. Nella realtà, invece, all’interno della discarica venivano «ospitati» detriti di ogni genere, compresi quelli classificati come pericolosi, come materiali ferrosi e pezzi di asfalto derivati dagli interventi di rifacimento delle strade, e a tempo pressochè indeterminato. I controlli subacquei, infatti, hanno evidenziato non solo che la cassa di ricolmaggio era stata riempita ormai da un pezzo, ma che centinaia di metri cubi di detriti erano stati gettati liberamente in acqua, fino a formare appunto vere e proprie colline artificiali.
Il non rispetto delle leggi in materia ambientale consentiva ai titolari della ditta di riciclaggio di praticare per il conferimento dei rifiuti prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli applicati in tutte le altre discariche autorizzate. «L’attività illecita - ha spiegato il colonnello Nicola Sibilia - aveva la finalità di assicurare grossi guadagni all’impresa, che agiva in un regime di concorrenza sleale».
I prezzi chiesti a chi usufriva della discarica dello Scalo Legnami erano infatti cinque volte inferiori rispetto a quelli praticati dagli altri operatori del settore. Chi si rivolgeva alla ”Isp” pagava 10 euro per ogni metro cubo di materiale scaricato contro una media di 50 euro. E il risparmio sul costo di discarica, consentiva poi ai clienti della ditta di Monfalcone, tra cui titolari di importanti attività edili e di escavazione. di presentare offerte più basse al momento di partecipare alle gare d’appalto.
A far partire le indagini è stato il sospetto via vai di camion notato in prossimità della discarica. Le fiamme gialle hanno quindi voluto capire quale fosse il«segreto del successo» del deposito allo Scalo Legnami e scoprire perchè così tanti clienti lo preferissero ad altri siti per il conferimento dei materiali derivati dalle loro attività di demolizioni o di escavazione. Per sciogliere il rebus sono serviti mesi di osservazioni, pedinamenti e sopralluoghi, che hanno richiesto l’intervento di un centinaio di finanzieri e il supporto di numerosi mezzi navali e aerei della Finanza. Prezioso, in questo senso, si è rivelato anche il contributo degli uomini della Forestale. L’attività di pattugliamento del territorio eseguita anche via mare dal personale del corpo regionale, infatti, ha consentito di monitorare l’area e di notare quindi la «crescita»delle montagne di rifiuti nel corso del tempo.
Il blitz dell’altro giorno e l’esecuzione del decreto di sequestro preventivo hanno messo fine all’attività altamente inquinante e scongiurato quindi ulteriori guai per l’ambiente e possibili rischi per la salute umana. L’attività proseguirà ora con il calcolo dell’entità del danno ecolologico per provvedere poi al ripristino delle condizioni originali dei luoghi. Parallelamente verrano svolte ulteriori indagini per appurare le responsabilità delle dodici persone denunciate e per quantificare i tributi evasi (le cosidette ecotasse) in relazione al mancato pagamento per il regolare smaltimento dei rifiuti.

MADDALENA REBECCA


Il Wwf annuncia che si costituirà parte civile  - Barduzzi: dovrà pagare chi non se n’è accorto

Arriva come un fulmine e coglie di sorpresa anche i noti ambientalisti triestini. A partire da Dario Predonzan responsabile del settore territorio per il Wwf Friuli Venezia Giulia, che fa fatica a credere che la discarica sia stata scoperta all’ultimo momento.
«Purtroppo - commenta - parliamo di un nuovo danno ambientale in una zona già colpita duramente e che soffre degli effetti dell'inquinamento da anni» . «Mi chiedo perché non ci siamo accorti di nulla - aggiunge Predonzan - e che ruolo ha giocato in tutto questo l’Autorità portuale». Insomma, per l’ambientalista del Wwf, c’è dell’incredibile nella storia. «Il problema è che in quella zona pochi mettono il naso - nota - quella è una zona franca, dove non ci passano i cittadini, che spesso è sottratta dagli occhi del pubblico e dove operano pochissimi addetti ai lavori».
Predonzan annuncia inoltre che, dopo la verifica del caso, il Wwf si costituirà come parte civile nel provvedimento. Secondo Predonzan, il caso si aggiunge alla lunga lista di problemi ambientali che toccano non solo la zona ma inevitabilmente l’intera Trieste e le aree circostanti. «Insomma - conclude il responsabile della sede territoriale Wwf- la situazione già difficile non può che peggiorare in quella zona».
«La notizia mi sorprende e ci attiveremo subito per verificare anche noi il caso» commenta anche Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. «Trovo il caso eclatante ed inquietante - aggiunge - e sono sicura che sia i colpevoli sia gli enti che non si sono accorti di nulla pagheranno le conseguenze. Mi rattrista che nonostante tutti gli sforzi sembra che spunta sempre qualcosa di brutto. Così l'incubo inquinamento non finisce più».
Per l'onorevole Ettore Rosato (Pd), la chiusura della discarica abusiva «è importante per evitare ulteriori rallentamenti nella realizzazione della piattaforma logistica dello scalo giuliano. Sono convinto che i problemi ambientali legati al sito inquinato e alla bonifica di tante aree di Trieste rappresenteranno una priorità anche nell'agenda di Roberto Menia che ha assunto l'importante incarico di sottosegretario all'Ambiente».


La mappa dei veleni lungo la costa -  Il caso più eclatante è il terrapieno di Barcola fermato dalla Procura - E il sito inquinato di interesse nazionale abbraccia 500 ettari

Il sequestro della discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami ha riaperto il problema dell’inquinamento a Trieste. Una città circondata da un sito inquinato di interesse nazionale di 500 ettari, in zona industriale, che per la gran parte riguarda proprio la fascia costiera. Dall’area ex Esso di Zaule a quella dell’ex Aquila a Muggia, fino alla Ferriera di Servola. Una «mappa dei veleni» triestina che arriva fino al terrapieno di Barcola.
Proprio come l’area sequestrata ieri dai militari della Guardia di finanza e dagli uomini della Forestale regional, quasi tutti i punti critici riguardano il mare. Non ci vuole molto a capire il perché. In passato una serie di aree da Muggia a Duino sono state utilizzate come discariche. Quasi sempre autorizzate, ma con normative che non hanno nulla a che fare con quelle attuali.
Oggi la provincia di Trieste è una delle poche, se non l’unica, ad essere priva di discariche. I rifiuti vengono bruciati nel termovalorizzatore, o inceneritore che dir si voglia, di via Errera gestito dall’AcegasAps. Ma prima non era così e a distanza di quasi cinquant’anni si pagano le conseguenze delle discariche concesse nel dopoguerra. È il caso del terrapieno di Barcola realizzato con inerti di tutti i tipi, che negli ultimi anni è stato al centro di una querelle. Sequestrata dalla magistratura per la presenza nel sottosuolo di diossine e solo in parte riaperto alle attività nautiche.
Non c’è solo la costa. A Trebiciano un tempo esisteva una discarica su un’area carsica adesso a rischio inquinamento. I rifiuti scaricati negli anni passati, stando almeno alla denuncia di alcune associazioni ambientaliste, avrebbero danneggiato le doline. Materiali che negli anni Settanta sono stati dirottati negli inceneritore, un impianto finito sotto accusa lo scorso anno per lo sforamento delle emissioni di diossina. Una sostanza tossica che anche l’impianto siderurgico della Ferriera di Servola - da tempo nell’occhio del ciclone, per gli imbrattamenti dei suoi fumi - era stata accusata di sprigionare.
Esiste un sito inquinato - da via Flavia fino a Muggia - che abbraccia 500 ettari di terra ferma. Ingloba 353 aziende, bloccando qualsiasi tipo di sviluppo delle stesse. Al suo interno c’è l’area del canale navigabile, un tempo utilizzata come piccola discarica. All’interno del sito troviamo poi l’area ex Esso vicino a Zaule, storicamente inquinata per l’attività svolta al suo interno, che il progetto di Gas natural intende bonificare per realizzare un rigassificatore.
Poco distante c’è un altro terreno inquinato: l’area ex Aquila che un tempo ospitava una raffineria. Una parte è stata acquistata dalla Teseco che sta provvedendo all’intera bonifica.

(p.c.)
 

Il sindaco: rigassificatore e via la Ferriera  - Dipiazza pensa a un business con Lucchini-Severstal. «Acegas-Aps potrebbe crescere ancora»

CENTRODESTRA FAVOREVOLE ALL’IMPIANTO
Rigassificatore a Zaule. Il governo Berlusconi è favorevole. L’unico sottosegretario del Friuli Venezia Giulia è quello all’Ambiente, l’appena nominato Roberto Menia, che con An è favorevole dal primo giorno e lo ha appena ribadito. L’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna, è di quella Forza Italia che pure dice di sì, nonostante la contrarietà che serpeggia nel partito e la prudenza del governatore Renzo Tondo sul tema. E il sindaco Dipiazza torna subito a dare straordinario impulso alla prospettiva, per di più (con slancio creativo) mettendo ora in campo due soluzioni e tre vantaggi con una mossa sola: accogliere il rigassificatore di Gas Natural legando a questo arrivo un accordo industriale che aprendo nuovi business per la Lucchini-Severstal la persuada a poter chiudere la Ferriera di Servola (che il centrodestra vuol far sparire ma ancora non sa come), potenziando nel contempo con questa dote di gas liquefatto l’AcegasAps tanto da farla diventare capofila del Nord Italia in una catena di fusioni tra le multiutility.
SCACCO MATTO. Uno «scacco matto» a sorpresa di cui i maggiori attori della politica locale sembrano ancora all’oscuro, ma che per il sindaco rappresenta «la quadra», come si dice, di questioni spinose l’una più dell’altra. Partendo dal presupposto che comandano le cifre: «L’Italia - rammenta Dipiazza - ha un fabbisogno di 87 miliardi di metri cubi di gas, in progetto ci sono 4-5 impianti con cui si raggiungerebbe meno della metà del necessario, e intanto i cittadini si svenano con le bollette di luce».
ACCORDI. Quanto è vicina o lontana una decisione concreta? I progetti di Gas Natural e di Endesa sono all’esame del ministero. Il piano energetico nazionale è da fare o quantomeno da rivedere. Menia è molto prudente: «Trieste era stata inserita nel piano del ministro Matteoli col precedente governo Berlusconi, ora sempre con Matteoli sarà da rivedere la programmazione, vedere se ci sono siti alternativi con minore impatto, ma certo l’interesse per un rigassificatore è strategico. Comunque questo governo ha 5 anni davanti, e così la Regione, e Dipiazza altri tre, c’è tutto il tempo per prendere una decisione che certamente va concordata: tra ministeri, con la popolazione, le autorità, e anche il porto». E la Ferriera? «Sono cose differenti. La Ferriera nel business del gas? Mai sentito dire. Casomai si potrebbe offrirle uno sviluppo diverso con la prevista piattaforma logistica».
UN’IDEA. «Legare l’arrivo di un rigassificatore alla chiusura della Ferriera? Ma no - dice perplesso l’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna -, ferma restando l’intenzione di chiudere la fabbrica, è cosa che va affrontata con l’azienda, pensando ai lavoratori, con un ragionamento a tutto campo, se il presidente Tondo ha detto che un’idea ce l’ha, significa che così è, ma non sappiamo quale sia».
L’AFFARE. Per Dipiazza invece «l’affare del gas è molto grande, la centrale Elettra derivata dalla Ferriera sta in piedi solo con i contributi governativi Cip6 e poi, necessariamente, dovrà riconvertirsi al gas. Nel contempo un rigassificatore è di minore impatto rispetto a una fabbrica siderurgica, ma soprattutto pensiamo all’AcegasAps: diventerebbe la signora più ambìta sul mercato italiano, portando con sè una simile dote di gas tutte le multiutility del Nord le correrebbero dietro per procedere a fusioni». Anche Lenna lo ammette: «Per le multiutility ci sarebbero evidenti ripercussioni favorevoli».
TRATTATIVE. Il sindaco afferma che «le trattative con Gas Natural» (d’improvviso rotte alla fine dello scorso anno anche con un voto guidato del consiglio comunale perché le richieste economiche del Municipio erano state rigettate come eccessive dalla società spagnola) non si sono mai interrotte. Sottotraccia in periodo elettorale. «Ma la trattativa è politica - conclude -, e a decidere sarà il governo».
ENORME NO. Il sindaco di centrosinistra a Muggia, Nerio Nesladek, sul cui territorio prenderebbe sponda il rigassificatore, reagisce duramente - benché anche la giunta Illy fosse stata favorevole - a questo rafforzarsi del fronte «sì» e afferma che proprio nei giorni scorsi la sua giunta ha ribadito invece un «no» enorme: alle ragioni ambientali e di contrasto all’inquinamento ha aggiunto anche motivi economici. Con un taglio diverso, però: «Il porto - dice Nesladek - ha un piano di sviluppo tutto verso questa zona, dove altrimenti se dall’altra parte si recupera il Porto vecchio? E se qui viene il rigassificatore, dove vanno i traghetti turchi già destinati a quell’area? Cose che si scontrano mostruosamente con i progetti di Gas Natural». Dipiazza s’impenna: «Molo V e VI, decenni di immobilismo, poi c’è il VII, e la futura piattaforma logistica, spazio ne avanza per il porto, il sindaco di Muggia si ribella al rigassificatore ma tace sulla Ferriera che sporca anche la sua città? Roba da matti». Secondo Nesladek, Dipiazza non ha voluto la Fiera alle Noghere proprio per lasciare spazio ad altro.
IL PORTO. E il porto, per l’appunto, come la vede? Il presidente Claudio Boniciolli è sintetico: «Io sono a favore delle fonti energetiche. Sugli spazi discuteremo quando quegli spazi verranno definiti».
CONTRASTI. E mentre anche il vicesindaco di An, Paris Lippi, ha appena teso la mano al Pd nel comune assenso al rigassificatore, si leva la voce di Bruno Marini, l’ala dissenziente di Forza Italia che già si è scontrata per questo all’interno del Pdl: «Di rigassificatori c’è bisogno - scandisce Marini - ma vedo una contraddizione fortissima nel parlare di chiusura della Ferriera e ingresso di rigassificatore, di turismo e crociere, e 400 navi gasiere all’anno: non è il vallone di Muggia il posto. Ma con Menia sottosegretario e Lenna favorevole sarà una battaglia dura. Però io mi batterò contro».

GABRIELLA ZIANI


Sala Tripcovich può tornare stazione dei bus  - È l’ipotesi di due commissioni comunali legata al piano di pedonalizzazione di piazza Libertà - VEDI MAPPA

LA RIQUALIFICAZIONE DELLA ZONA ALL’ESAME DEL CONSIGLIO COMUNALE
Piazza Libertà torna all’antico. Il giardino di Sissi, oggi isolato da una cintura di traffico continuo, farà parte di un parco pedonale che, dalla facciata della stazione, si estenderà senza by-pass stradali per 70 metri. Con cinque, forse sette, alberi da sacrificare. Ma 52 da impiantare ex novo, alcuni dei quali anche lungo i marciapiedi più esterni. Un’altra area verde cancellerà l’attuale bretella di scorrimento verso corso Cavour, pedonalizzando una striscia di 40 metri dalla lapide che ricorda l’esodo fino alla sala Tripcovich. La stessa ex autostazione, progettata nel ’35 da Nordio, potrebbe rivelarsi alla fine la sorpresa più clamorosa. Un annuncio ufficiale per ora non c’è, giacché in questa fase urge approvare un primo «piano di massima» per non rischiare di perdere i finanziamenti di Stato e Regione. Eppure, proprio sulla scia della rivoluzione pedonale di piazza Libertà, si sta rafforzando la spinta bipartisan per una sala Tripcovich «riabilitata» alla sua funzione originaria. Nel contenitore attiguo ai varchi storici di un Porto Vecchio destinato a sua volta a rivitalizzarsi, potrebbero così trovare posto i capolinea di 14 tratte urbane della Trieste Trasporti, più le fermate temporanee di altre sette linee, decongestionando ulteriormente l’assetto viario della zona. Gli eventi del Verdi, a quel punto, troverebbero casa nella sala polifunzionale da 740 posti del futuro centro congressi inserito nel megaprogetto di riuso del Silos.
Se n’è parlato ieri durante l’esame congiunto - da parte delle commissioni Lavori pubblici e Urbanistica presiedute da Lorenzo Giorgi e Roberto Sasco - del progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a dare un volto inedito alla porta d’accesso della città, scandito a livello di traffico da una «esse» meno invasiva, con tanto di bretella ciclabile a tagliare gli spazi pedonali. Il documento - con l’ok della circoscrizione e degli altri soggetti chiamati in causa, in primis la Soprintendenza - è stato presentato dall’assessore Franco Bandelli, dalla responsabile del procedimento Marina Cassin e dai rappresentanti dell’associazione temporanea d’impresa guidata dallo studio Baubüro di Bolzano, nel quale figuranno gli architetti triestini Luciano Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich.
Ora il passaggio decisivo spetta al Consiglio comunale, chiamato ad approvare entro il mese sia il preliminare che la variante urbanistica. D’altronde i tempi stringono e l’affare è colossale, tanto che imporrà un’accelerata - parola di Bandelli - persino all’iter infinito del piano del traffico. Sono in ballo tre milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati a una rendicontazione da farsi non oltre il 31 dicembre 2009. «Faremo partire il cantiere entro l’anno - così Bandelli - e l’opera procederà per minilotti d’intervento come sulle Rive, per limitare al massimo i disagi. Il nuovo asssetto potrà essere pronto entro il primo semestre del 2010. Quanto al possibile cambio di rotta sulla sala Tripcovich sposo le osservazioni venute dalle commissioni, che peraltro sono in linea con quelle di Soprintendenza e Verdi».

PIERO RAUBER


ACEGAS-Aps - Fusione per i termovalorizzatori - SOCIETÀ UNICA TRIESTE-PADOVA

TRIESTE AcegasAps punta sempre più sull’ambiente, settore che consente margini di redditività ben diversi da quelli della vendita del gas. Così, mentre procede la costruzione della terza linea del termovalorizzatore di Padova, la multiutility ha portato a termine il progetto per dare vita a un’apposita società in cui far confluire i due termovalorizzatori di Trieste e Padova.
E questa operazione non è fine a se stessa. L’obiettivo è di rafforzare la gestione di impianti che hanno una valenza territoriale strategica. Il valore a bilancio dei due termovalorizzatori è infatti basso, mentre sul mercato i due impianti hanno un valore elevato. Fra alcuni mesi sarà quindi bandita un’apposita gara con cui selezionare l’ingresso, nella futura società, di soggetti pubblici e privati.


Quattro no del governo alla legge sulla caccia

TRIESTE Sono quattro i punti contestati della legge regionale sulla caccia che il governo ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale. Il primo riguarda l'inclusione dell'intero territorio della regione nel regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi, «comprendendovi addirittura - afferma il governo - la fascia di mare fino ad un miglio dalla costa, le lagune e la pianura friulana», in contrasto con la legge 157/1992. Il secondo nodo è quello delle associazioni di cacciatori, in quanto le norme che le regolano «determinano una privatizzazione della gestione faunistica a livello regionale e una concentrazione nelle mani di un'unica categoria». Terzo rilievo, l'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende faunistico-venatorie e agro-turistico-venatorie, non considerata attività di caccia e quindi esonerata dagli obblighi relativi, sempre secondo Roma. Ultimo punto contestato, il fatto che la legge regionale consente «indiscriminatamente l'utilizzo di impianti fissi a rete per la cattura di uccelli, ovvero l'uccellagione».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 maggio 2008 

 

 

Il governo boccia la legge sulla caccia - Ricorso alla Consulta contro la norma firmata da Marsilio

 

TRIESTE Il governo di Silvio Berlusconi impugna la legge sulla caccia, approvata a marzo dal precedente consiglio regionale, con il «no» di Forza Italia, Lega e An. La decisione di portare all’esame della Corte costituzionale quella legge, a firma dell’ex assessore Enzo Marsilio, è stata presa nella seconda seduta del consiglio dei ministri, svoltasi ieri.
Ancora da approfondire le motivazioni anche se fonti governative lasciano trapelare che i rilievi sarebbero almeno tre e che la decisione di Roma era attesa. Sicuramente, uno degli argomenti più controversi erano le associazioni dei cacciatori, che la legge prevedeva per la prima volta. La questione era stata infatti ampiamente contestata dalle associazioni animaliste durante gli incontri propedeutici alla stesura del testo per alcuni suoi aspetti presenti nella prima bozza (come i famosi cinghialodromi, dove poter effettuare liberamente la caccia al cinghiale). Alla fine si era arrivati ad un testo abbastanza condiviso che però, quando era stato portato all'attenzione del consiglio regionale, era passato con il parere assolutamente contrario dell'allora minoranza e non senza polemiche. Ecco perchè adesso la nuova giunta non solo non è stupita dell'impugnazione, ma si stava anche già preparando alla revisione della normativa. «Non conosco ancora i motivi dell'impugnazione, mi riservo di conoscerli domani (oggi, ndr) – spiega il neo assessore alle Politiche Agricole e Forestali Claudio Violino – ma che questo sia successo non mi stupisce, visto che c'erano state delle avvisaglie per un eventuale ricorso davanti alla Corte».
e.o.

 

 

Primo summit fra governatore e Pdl Linea soft sui rigassificatori in golfo  - L’INCONTRO CON IL GRUPPO A UDINE

 

UDINE Il primo confronto interno al gruppo del Pdl regionale si apre sul rigassificatore di Trieste. Non una polemica, assicurano gli azzurri, ma le sensibilità sono diverse, anche in città, e già alla prima riunione di forzisti e aennini riuniti sotto la targa del nuovo partito lanciato da Silvio Berlusconi le posizioni favorevoli e contrarie al terminale non faticano a emergere. Di rigassificatore, e non solo di quello, si parla a Udine, nella prima riunione del gruppo del Pdl, nel palazzo della Regione. Ieri pomeriggio, per due ore e mezza, Renzo Tondo illustra le sue dichiarazioni programmatiche, quelle che leggerà in Consiglio regionale giovedì, un riassunto del programma elettorale del centrodestra, in particolare delle proposte di Liberidea, l’associazione che ha collaborato con la politica per stendere il progetto per i prossimi cinque anni di legislatura.
Tematiche, si sottolinea, che hanno consentito di convincere l’elettorato a votare Tondo e non Riccardo Illy. E’ dunque vietato sbagliare. Il capitolo, il solo, che crea fibrillazioni è dunque quello del rigassificatore. Bruno Marini, intervenendo in risposta alle parole di Vanni Lenna, l’assessore che si dice non contrario all’impianto nel golfo, ricorda che a Trieste «l’opposizione in merito è forte» e che dunque «la prudenza su questo tema è d’obbligo». Ma An, con Piero Tononi, non nasconde che la sua posizione è invece favorevole. Non è un caso, non ancora, ma il dibattito interno al Pdl è già aperto. Tutto liscio sul resto. La linea di Tondo è quella del partito. Su Insiel, con il presidente che conferma al gruppo la sua presenza oggi a Roma per chiedere una proroga degli effetti del decreto Bersani, sul debito, «tema non certo da campagna elettorale – ribadisce Tondo – ma vero allarme per le casse della Regione». E ancora sulla sanità, con particolare attenzione a un reddito di cittadinanza da cancellare è confermato ma, avvertono alcuni pidiellini, con la necessità di consentire un’uscita morbida dalla normativa voluta dal centrosinistra, in modo tale da non sottrarre improvvisamente il contributo a chi ne sta usufruendo.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 12 maggio 2008 

 

 

Dalle cime alpine agli abissi marini - un'estate dedicata all'ambiente - E' ricchissima l'offerta delle associazioni che organizzano soggiorni a sfondo ecologista

 

Vacanze a prezzi contenuti per scoprire la bellezza e la fragilità della natura  - Ma ci sono anche i campi più "politicizzati" insieme ai volontari di don Ciotti
 

ROMA - In Italia e all'estero, al mare e in montagna, per bambini e per adulti. L'offerta dei campi estivi a carattere ambientale è davvero sterminata e in grado di coprire tutti gli interessi. La sola Legambiente ne organizza circa 250, offrendo ogni anno ospitalità a oltre 4 mila volontari "Le campagne principali sono due - spiega il responsabile Luca Gallarano - 'Voler bene Italia', per valorizzare le risorse culturali ed economiche dei centri con meno di 5.000 abitanti, e la 'Carovana delle Alpi', finalizzata alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale dell'arco alpino".
Altro tema sui cui punta Legambiente è quello dello stretto rapporto tra rispetto ambientale e della legalità. Per questo l'associazione tra giugno e agosto organizza insieme all'associazione Libera di don Ciotti otto campi in luoghi simbolo del degrado ecologico e criminale come Corleone o Marina di Gioiosa Ionica. Un altro aspetto è quello legato alla collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile in particolare nell'attività di prevenzione degli incendi boschivi.
Le sistemazioni sono sempre spartane, in campeggi o strutture adattate ad ostello, per soggiorni che vanno dai 10 ai 15 giorni a prezzi che oscillano tra i 200 e i 300 euro. In quasi tutti i casi si tratta di campi internazionali, in cui confluiscono volontari da tutto il mondo, dando così la possibilità di confrontarsi con giovani di altre culture e mettere alla prova il proprio inglese. Inoltre spesso le attività previste permettono ai partecipanti di ottenere crediti formativi validi ai fini della carriera scolastica. Legambiente non chiede competenze specifiche, ma un'adesione di massima alle finalità sociali e culturali dell'associazione.
Molto ricca anche l'offerta del Wwf, la prima organizzazione in assoluto ad aver inventato sin dagli anni '70 questa particolare forma di vacanza-apprendimento per bambini e ragazzi. L'associazione del Panda propone circa 80 destinazioni per un totale di 300 turni ogni estate in tutta Italia. Nel 2007 le partecipazioni sono state oltre 5.000. In questo caso lo studio e la tutela della natura sono protagoniste incontrastate. "Le attività proposte - spiegano dal Wwf - riguardano i temi fondamentali dell'attività dell'Associazione, dalla biodiversità alla difesa delle acque dolci e salate. Chi va al mare impara che è uno degli ambienti più minacciati dall'uomo e che per proteggerlo dobbiamo difenderne la biodiversità, conoscendone gli abitanti e non consentendo la pesca selvaggia. Agli amanti della montagna viene fatta apprezzare l'incredibile varietà di specie animali e vegetali, ma anche l'importanza delle acque, che proprio dalle montagne hanno origine e che oggi sono minacciate da inquinamento e altre attività umane".
Per la fascia dei più piccoli, dai 6 agli 11 anni, si va dalla Riviera ligure di Levante, dove i bambini possono scoprire la bellezza dei cetacei, al Parco nazionale del Gran Sasso e della Laga, dove in una masseria a "emissioni zero" i piccoli entrano in contatto con lo splendido paesaggio appenninico. Tra le offerte per i ragazzini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, il campo avventura a Malta associa invece l'impegno ambientale all'apprendimento dell'inglese. Più avventurose le proposte per gli adolescenti dai 14 ai 17 anni, con ad esempio la possibilità di trascorrere un soggiorno nel Parco nazionale del Pollino con attività di rafting, arrampicata e mountain bike. I prezzi dei "campi avventura" targati Panda oscillano tra i 400 e i 700 euro per 9-10 giorni di vacanza.
Tra le associazioni che offrono l'opportunità di trascorrere un'estate all'insegna dell'impegno ambientale anche il Cts, che tra le varie attività organizza quest'anno una "crociera" per la salvaguardia dei delfini nelle isole greche. Le partenze sono previste con cadenza settimanale dal 6 luglio al 24 agosto per un costo di 880 euro. "A bordo - spiegano dall'organizzazione - prima si lavora e poi ci si diverte: si vive l'esperienza della ricerca in mare a fianco di un biologo, si apprendono le tecniche di monitoraggio, la fotoidentificazione, le rilevazioni di dati acustici tramite idrofoni, l'ecologia e l'etologia delle specie marine".
Molto interessanti infine le proposte di alcuni Parchi nazionali come quello del Gran Paradiso che oltre a periodi canonici di circa dieci giorni, organizza nel mese di luglio anche dei "mini campi estivi" della lunghezza di un weekend per consentire agli appassionati di natura di affiancare in qualità di volontari l'attività istituzionale del personale del parco.

VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 maggio 2008 

 

 

Ravalico (Pd): «Solo spot sul piano del traffico»

 

«Ancora una volta si deve evidenziare come il “piano del traffico” venga affrontato periodicamente dal Sindaco e dalla sua maggioranza solo con notizie “spot” senza l’approfondimento che l’argomento meriterebbe». Lo sostiene il consigliere comunale del Pd, Mario ravlico, che in una nota commenta come sia «quanto mai inutile discutere del singolo intervento al di fuori del progetto complessivo e delle relative fasi di attuazione. Tra l’altro, fino ad ora si è parlato più o meno sul nulla: non si conoscono ancora i contenuti del piano e i relativi dati sul traffico. La giunta Dipiazza sulla gestione del traffico cittadino non sembra avere una strategia definita. Più che di modifiche “soft”, la città ha bisogno di un preciso indirizzo di fondo».

 

 

Rigassificatore: ancora polemiche Castelmuschio la sede più probabile  - Tra due settimane la decisione della commissione governativa

 

«Non è praticabile la soluzione di Punta Ubac per cause ambientali»

ZAGABRIA Colpo di scena nell’iter che porta alla definizione della località in cui sorgerà il terminal Lng nordadriatico. Nella recente seduta della commissione governativa incaricata di scegliere il sito del futuro rigassificatore, il presidente della Regione Istria, lo zupano Ivan Nino Jakovcic, si è decisamente schierato contro la possibilità che sia Punta Ubac, nel Canal d’Arsa, ad ospitare il megaimpianto. Il numero uno dell’amministrazione regionale istriana (e presidente del maggiore partito nella penisola, la Dieta democratica istriana), è intervenuto nella riunione dell’organismo, sostenendo che è inaccettabile la scelta di Punta Ubac. «La presenza del terminal metanifero distruggerebbe quell’autentica perla della natura che è il Canal d’Arsa, lungo la costa orientale istriana. Da parte mia e dell’amministrazione che rappresento, abbiamo proposto alla commissione di puntare sul Canal di Fianona, poco più a Nord, il quale è già dotato delle infrastrutture necessarie. Inoltre, in zona sono presenti centrali termoelettriche che potrebbero essere azionate a gas».
La presa di posizione di Jakovcic avrà sicuramente delle ripercussioni e potrebbe financo favorire la restante candidata, ossia Castelmuschio (Omisalj), borgo marittimo che si affaccia sul golfo di Fiume. È stato lo stesso zupano d’Istria a dichiarare ai giornalisti che il voler insistere su Punta Ubac darebbe a pensare che la scelta sia già stata effettuata: «Probabilmente sarà Castelmuschio ad ospitare il rigassificatore e debbo dire che è un sito con tutte le carte in regola. Da parte nostra, vorremmo il terminal nel canalone di Fianona e comunque, in nessun caso, non permetteremo venga costruito in una zona d’ alta importanza turistica». Ricordiamo che sono stati gli esperti dell’azienda specializzata Ekonerg (su commissione del governo) a studiare le aree papabili, venendo alla conclusione che il terminal debba venire approntato a Castelmuschio o a Punta Ubac. Il loro rapporto è stato presentato alla suesposta commissione, i cui componenti dovranno studiare la proposta, tornando a riunirsi tra due settimane. L’ultima parola sulla località prescelta spetterà al governo di centrodestra del premier Sanader. Quest’ultimo aveva riattualizzato nel gennaio 2006 il progetto del rigassificatore altoadriatico (costo 700 milioni di euro, un miliardo con l’indotto, 10 mila posti lavoro, 15 miliardi di metri cubi di gas movimentati annualmente) affermando che la soluzione migliore era rappresentata dalla località isolana. Vi era stata però una generale levata di scudi nel Quarnero contro il progetto, proteste rientrate alla svelta non appena si era parlato dell’apertura di ben 10 mila posti di lavoro. Ma intanto il primo ministro aveva già virato sull’Istria, caldeggiando la soluzione Fianona, in seguito bocciata dagli esperti dell’Ekonerg in quanto si tratterebbe di sito in cui non vi sarebbe spazio a sufficienza per l’impianto Lng.
Andrea Marsanich

 

 

Record in regione di malati di cancro

 

FIUME La Regione litoraneo-montana detiene un triste primato a livello nazionale.
È, infatti, in testa alla graduatoria delle contee con il piu’ alto numero di malati di cancro all’intestino crasso. La Regione litoraneo-montana è, inoltre, al terzo posto per i casi di tumore al seno. Questi sono alcuni dei dati resi noti in sede di Giunta conteale i cui componenti hanno approvato il sostegno futuro ai programmi di diagnosi precoce del cancro al seno.
Alle visite preventive alle quali sono state invitate 50mila persone solo il 56 per cento delle donne e il 44 per cento degli uomini hanno deciso di sottoporsi ad un controllo medico.
Va detto che nella contea liroaneo-montana sono 70 i decessi l’anno per cancro al seno. Ðulija Malatestinic dell’Istituto regionale per la salute pubblica ha dichiarato che le malattie predette si possono curare nel 90 per cento grazie alla diagnosi precoce.

 (v.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 maggio 2008 

 

 

PASCAL ACOT: STATE SOTTOVALUTANDO IL SURRISCALDAMENTO DELLA TERRA - L’URGENZA DI UN’AZIONE INTERNAZIONALE

 

Tra i massimi esperti mondiali di scienze climatiche e ambientali, Pascal Acot ha scritto per «Il Piccolo» questo articolo sull’emerganza clima. Sarà ospite di Vicino/lontano domenica 18, nel tendone di piazza Libertà a Udine alle 11.30. Sarà al centro dell’incontro intitolato «Economia/ecologia: lo sviluppo possibile». Accanto a lui: Corrado Clini. responsabile ministeriale per la tutela dell’ambiente e del territorio; Marzio Galeotti, economista dei cambiamenti climatici. Coordina Francesco Marangon.
Da qualche anno assistiamo a un proliferare di rapporti sul surriscaldamento climatico che fanno a gara fra loro in quanto a previsioni catastrofiche. Rammento il «rapporto Stern» dell’ottobre 2007, commissionato dal futuro premier della Gran Bretagna, Gordon Brown, a un economista, ex dirigente della Banca Mondiale. Vi era segnalato che se non avessimo fatto nulla per contrastare il surriscaldamento globale, l’economia dei paesi industrializzati, e dunque l’economia mondiale, sarebbe crollata; e che erano da prevedere una riduzione del 20 per cento della produzione economica e il moltiplicarsi di sanguinosi conflitti per la sopravvivenza. Il rapporto indicava anche che la lotta contro l’emissione dei gas serra potrebbe costare oggi l’equivalente dell’1 per cento della ricchezza prodotta nel mondo, ma che se non si farà nulla, le catastrofi economiche, sociali e politiche che ne conseguirebbero potrebbero costarci 20 volte di più (5.500 miliardi di dollari).
È in questo contesto che si è tenuta a Bali, in Indonesia, l’ultima grande conferenza mondiale sui cambiamenti climatici (3-14 dicembre 2007). Tale conferenza doveva portare a un accordo sull’«urgenza di una azione internazionale», con due possibili scenari. Uno prospettava, da qui al 2020, una riduzione dell’emissione dei gas serra dal 10 al 30per cento rispetto al 1990 e prevedeva degli sforzi «marginali» da parte dei paesi in via di sviluppo. L’altro raccomandava una riduzione dal 25 al 40 per cento per i paesi industrializzati e del 50 per cento per tutti, da qui al 2050.
Purtroppo il principale risultato della conferenza è stata l’adozione di un’intesa, la «roadmap di Bali», che prevede un percorso per negoziare un nuovo accordo sui mutamenti climatici. Sarà firmato entro la fine del 2009 e avrà effetto a partire dalla fine del 2012. Eppure, curiosamente - per lo meno in Francia - i media non cessano di stigmatizzare l’«impronta ecologica» degli individui quando non sono responsabili che del 27 per cento dell’emissione di gas serra.
Il fatto è che le misure da prendere sarebbero troppo dolorose per il mondo delle industrie transnazionali e per l’avvenire degli scambi agroalimentari: soppressione radicale dei trasporti (aereo, marittimo e su strada) non assolutamente necessari, vale a dire la demondializzazione dell’economia e la rilocalizzazione delle attività agricole e industriali. Soppressione del turismo (aereo, marittimo e su strada) e ricorso all’uso di combustibili fossili. Sviluppo dei trasporti collettivi (basti pensare che la rete ferroviaria francese è regredita al livello del 1875).
A ciò si affianca il pericoloso sviluppo in tutto il mondo – in attesa dell’energia solare – dell’elettronucleare, anche perché questa forma di energia non produce emissioni di gas serra. L’urgenza è quindi grande poiché nulla è stato fatto dopo la convenzione-quadro sui cambiamenti climatici di Rio (1992), se non la realizzazione di una Borsa dei diritti d’inquinamento e della «telenovela» dello sterile protocollo di Kyoto.
Di fronte a questo stupefacente scarto tra l’urgenza ecologica e l’immobilismo dei politici, mi sorge il sospetto che i rapporti scientifici dell’Ipcc vengano utilizzati essenzialmente al fine di preparare l’opinione pubblica a una maggiore austerity energetica, a delle nuove tasse «ecologiche», al declino industriale dell’Europa - determinato dalla riorganizzazione industriale a favore dei paesi emergenti e in via di sviluppo - così come all’emergere o al rafforzarsi di istanze sopranazionali allo scopo di legittimare il tutto.
Traduzione di Anna Maria Mansutti

PASCAL ACOT

 

 

Fiume, città più inquinata della Croazia  - Secondo uno studio commissionato dal governo si respira un’aria di «terza categoria»

 

IL SINDACO OBERSNEL: «L’ESECUTIVO CI SNOBBA»

FIUME Primato inglorioso per il capoluogo del Quarnero e Gorski kotar: i suoi abitanti respirano infatti l’aria più inquinata in Croazia. Oltre a Fiume, sull’indesiderato podio si trovano ancora Sisak (raffineria dell’Ina) e Kutina (impianti petrolchimici). È quanto emerge dal piano governativo per il miglioramento della qualità dell’aria nel quadriennio 2008–2011, in cui si precisa appunto che la situazione peggiore la si registra a Fiume, a Sisak (a Sud di Zagabria) e nella slavone Kutina. In riva al Quarnero, dove si respira aria classificata nella terza categoria, il quadro sta peggiorando di anno in anno, con principali imputati la raffineria dell’Ina in Mlacca, il cantiere navale Viktor Lenac a Martinscica e la termocentrale a Urinj. «Nel 2006 e l’anno scorso la qualità dell’aria a Fiume è scesa dalla seconda alla terza categoria – ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Marina Matulovic Dropulic – ciò lo si deve innanzitutto all’aumento nell’atmosfera di emissioni di idrogeno solforato e di anidride solforosa. Da qui anche le proteste di numerosi cittadini fiumani per le zaffate maleodoranti che ammorbano la città, soprattutto in assenza di vento».
Gli impianti in Mlacca (produzione di oli lubrificanti) sono da tempo nel mirino della popolazione locale e specialmente dell’ amministrazione cittadina. Nel 2007, il Consiglio municipale ha chiesto al governo del premier Sanader lo smantellamento della raffineria, risposta che a Fiume attendono ancora. Sia la Giunta che il parlamentino locali si sono rivolti all’esecutivo statale, l’unico che possa assumere una decisione del genere. «Ma finora dalla capitale – ha affermato il sindaco fiumano Vojko Obersnel – non si sono ancora degnati di rispondere». Nel piano del governo si rammenta che la Città di Fiume ha avviato il procedimento per far trasferire la raffineria entro il primo gennaio 2010 e nel contempo si precisa che la compagine ministeriale sta per assumere una decisione definitiva in merito. Sempre nel documento si menziona la situazione non facile esistente a Kostrena (comune confinante con Fiume), per la presenza dello stabilimento Viktor Lenac e della termocentrale Rijeka. Anche qui l’aria è di terza categoria, ma Kostrena non viene classificata a parte, bensì inglobata nel contesto fiumano.
Per nulla ottimale neanche la situazione registrata in Gorski kotar, l’area montana dell’entroterra quarnerino, alle prese con nocive emissioni solforose che – stando agli esperti – arriverebbero in gran parte da Italia, Bosnia ed Erzegovina, Germania e Serbia, oltre che dalla Croazia. La Matulovic Dropulic, nel rilevare che l’inquinamento è comunque dovuto in buona parte al traffico stradale, ha fatto sapere che il Paese spenderà ogni anno, e fino al 2011, la somma di 4 miliardi e 100 milioni di kune (560 milioni di euro), per il miglioramento dell’aria che respiriamo.
Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 maggio 2008 

 

 

Il ministro Scajola: sì ai rigassificatori - È d’accordo anche il neoassessore regionale all’Ambiente - «Problema energetico troppo importante»

 

«I rigassificatori sono fondamentali perchè consentono di scegliere da dove rifornirci di gas, ai prezzi più convenienti, e al riparo da turbolenze politiche o economiche». Ne è convinto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che, a poche ore dall’assunzione del mandato e dal giuramento davanti al presidente della Repubblica, inserisce la sfida del problema energetico tra le priorità della sua agenda politica.
«Ho un sogno - ha spiegato il ministro in un’intervista alla Stampa -. Garantire al mio Paese, alle aziende e alle famiglie italiane energia certa, a un costo ragionevole e in condizioni di assoluta sicurezza e di rispetto dell'ambiente». E una delle strade da percorrere per centrare l’obbiettivo, chiarisce Scajola, è proprio accelerare sulla strada della realizzazione di impianti di gnl.
Parole che arrivano forti e chiare anche a Trieste e trovano perfettamente in sintonia il neo assessore regionale Vanni Lenna. «Sono sulla stessa linea del ministro Scajola - afferma il responsabile di Ambiente e Lavori pubblici -. Esiste un problema energetico dal quale dipende anche il futuro del Friuli Venezia Giulia. Una sfida troppo importante per non essere presa seriamente in considerazione. Su questo argomento, insomma, bisogna assumere delle decisioni e noi siamo pronti a farlo dopo aver analizzato nel merito i due progetti sul tappeto».
Un decisionismo che dovrà inevitabilmente fare i conti con l’opposizione delle associazioni ambientaliste. Scenario che non impensierisce tuttavia il neo assessore. «Terremo in considerazione le osservazioni di tutti,ambientalisti compresi - conclude Lenna -. Dopodichè, la politica che governa questa Regione avrà il diritto e il dovere di scegliere. Questa è la linea del presidente Tondo e io la condivido pienamente».
Nel dibattito sui rigassificatori, infine, fanno sentire la propria voce anche gli esponenti della maggioranza in consiglio provinciale. Una scelta fatta per prendere le distanze dall’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi che, parlando a nome della Provincia, si era schierata a favore degli impianti di gnl. «Quelle dichiarazioni devono ritenersi espresse a titolo personale - chiariscono in una nota -. Il consiglio provinciale non ha mai espresso un parere favorevole per mancanza di documentazione. Auspichiamo quindi che venga aperta quanto prima una discussione seria che affronti tutti i nodi ancora irrisolti come l’impatto ambientale e le ricadute sul territorio».

(m.r.)

 

 

Piace il Borgo Teresiano pedonale - «Sì alla pavimentazione in masegno, ne guadagna anche il turismo»

 

REAZIONI FAVOREVOLI ALLA PROPOSTA DEL COMITATO COSAPU

Piace alla gente l’idea della passeggiata in parallelo alle Rive, da largo Panfili a piazza Venezia. La proposta presentata dal Comitato cittadino per la salvaguardia del patrimonio urbano (Cosapu), presieduto da Bruno Cavicchioli, che prevede la creazione di un nuovo percorso turistico, caratterizzato da una nuova pavimentazione in masegno, destinata a unire il Borgo Teresiano a quello Giuseppino e da percorrere a piedi, incontra il favore di tutti, commercianti, pubblici esercenti, residenti, triestini che lavorano in centro.
«Per motivi professionali sono ogni giorno in centro città – spiega Francesco Napoli – e ho apprezzato molto l’inaugurazione del ponte Bailey sul Ponterosso, che permette di muoversi a piedi con grande rapidità nelle vie del Borgo Teresiano». Mario Colapaoli è un ciabattino della zona di piazza Venezia, uno dei due terminali della passeggiata: «Sarebbe veramente una bella cosa – afferma – la realizzazione di un’ottima idea, perché l’area attorno a piazza Venezia va migliorata e riqualificata. Adesso si sta lavorando in piazza, ma una passeggiata che comprenda anche via Torino sarebbe la benvenuta».
Maurizio Facco ha un’attività che si affaccia su piazza Hortis: «Certo che sono d’accordo – spiega – perché tutto ciò che comporta un abbellimento di questa zona va accolto positivamente. La via Torino in particolare, una volta completati i lavori per il museo della Cultura istriana – sottolinea – se messa a posto con una bella pavimentazione, potrebbe ospitare tavolini e ombrelloni alla stregua di quanto avviene nelle più belle piazze della città, a cominciare da quella dell’Unità d’Italia». Antonino Nangano lavora vicino a piazza Cavana e sostiene questa tesi: «Sono più che favorevole a un abbellimento dell’area che ci circonda – evidenzia – l’importante è che, una volta che si è presa una certa decisione, si vada con determinazione alla sua concretizzazione. Credo che l’incertezza sia un elemento negativo».
Erika Rotta, che ha un negozio in piazza Cavana, è anch’essa d’accordo: «Finché si tratta di apportare delle migliore dico senz’altro di sì – è la sua opinione – però voglio richiamare l’attenzione sulla praticità degli interventi. Per esempio la pavimentazione di piazza Cavana è bella, ma chi l’ha progettata non ha pensato a tutto. Realizzandola a schiena d’asino – evidenzia - quando piove, a pagare le conseguenze siamo noi negozianti, che ci troviamo con i nostri esercizi commerciali pieni d’acqua. Quando si predispongono opere come queste – conclude – bisogna pensare ai vari aspetti». Federica Gabrielli ha un’attività in pieno centro: «Se la nuova passeggiata porta lavoro, l’idea è eccellente. L’importante è che si favorisca l’affluenza di persone nel cuore della città e che, al contempo, si preservino i parcheggi, che già oggi sono pochi».
Ugo Salvini

 

 

Piazza Libertà sotto esame - DUE COMMISSIONI PER IL PIANO DI RESTYLING

 

Si terrà martedì alle 10.30, nella sala del Consiglio comunale, la riunione congiunta della Quarta e Sesta commissione consiliare.
I due organismi, che si troveranno al primo piano del palazzo di piazza Unità, sono stati convocati dai rispettivi presidenti, in accordo con l’assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli, per trattare il Programma innovativo «Trieste nord».
In particolare, al centro della discussione ci sarà la riqualificazione di piazza della Libertà e, precisamente, l’approvazione del Progetto preliminare e l’azione della variante al Prgc.
Va ricordato che gli allegati del progetto sono visionabili alla stanza 212 dell’edificio situato al primo piano di largo Granatieri 2.
Nel caso di impedimento, la segreteria dell’Ordine dei presidenti delle commissioni ricorda che il consigliere può farsi sostituire, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento comunale, da un altro rappresentante del Consiglio appartenente al suo gruppo.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 maggio 2008 

 

 

Rigassificatori, no degli ambientalisti - Contrario anche il sindaco di Muggia, ma la Provincia è a favore - Il metanodotto riapre il dibattito

 

Un incubo che si avvera per alcuni, un passo importante atteso quasi con impazienza per altri. Suscita reazioni di tenore opposto l ritorno in primo piano, dopo mesi di silenzio, della questione rigassificatori. A riaccendere i riflettori sono state da un lato la presentazione del progetto del metanodotto Trieste-Villesse che Snam Rete gas vorrebbe realizzare per collegare alla rete nazionale l’impianto di gnl di Zaule targato Gas Natural; e dall’altro la nuova, e per alcuni verso inattesa, disponibilità al dialogo manifestata dal sindaco Dipiazza.
«Due mosse che non cambiano di una virgola la nostra posizione - commenta deciso il presidente di Legambiente Trieste, Lino Santoro -. Siamo e resteremo contrari ai rigassificatore nel canale navigabile di Zaule, che consideriamo zona ad alto rischio ambientale. Useremo quindi tutti gli strumenti a nostra disposizione per sensibilizzare, chiamare a raccolta la cittadinanza e impedire che l’iniziativa vada in porto».
Una linea dura sposata anche dal Wwf, che critica la scelta di Snam di dare il via solo adesso all’iter per l’approvazione del progetto del metanodotto. «Sembra un po’ assurdo - osserva Fabio Gemiti -. I due interventi avrebbero dovuto essere presentati e valutati contemporaneamente. Quanto al merito del progetto del metanodotto, almeno non si è concretizzata la temuta ipotesi di un passaggio della conduttura sotto il Carso e si è preferita la soluzione di gran lunga meno invasiva del collegamento sottomarino. Una magra consolazione che comunque non elimina le nostre riserve. Inizieremo subito ad analizzare la documentazione e presenteremo poi le osservazione nei termini previsti. Considerando i tanti passaggi, ci vorranno comunque almeno 9 mesi tempo».
Schierato con il fronte del no anche il sindaco di Muggia. «Il rigassificatore e il metanodotto sono incompatibili con lo sviluppo che si intende portare avanti nella zona - afferma Nerio Nesladek -. Negli ultimi due anni, assieme a porto ed Ezit, con le idee di ampliamento dell’area traghetti, le attività nautiche, l’attracco a servizio del mercato ittico, abbiamo reso quella porzione di territorio essenziale per lo sviluppo economico di Muggia. Pertanto, quella che per il sindaco Dipiazza sembra essere un’opportunità, per noi è una iattura. Una differenza di visioni che forse - conclude Nesladek – ci aiuta anche a capire il “niet” del sindaco di Trieste all’ipotesi di sviluppo fieristico in quell’area».
Guarda con favore alla ripresa del dibattito sulla presenza di impianti gnl, invece, l’Associazione degli industriali. «Non possiamo che essere favorevoli a progetti simili - afferma il vicepresidente Nicola Pangher -. In un momento in cui il problema energetico si fa sentire in maniera sempre più pesante, possiamo avere a disposizione canali di approvvigionamento alternativi e indipendenti. Una prospettiva che va a vantaggio dell’intero Paese e del nostro territorio, che potrebbe avere disponibilità di energia e possibili ricadute economiche».
Dello stesso avviso l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi. «Siamo sempre stati favorevoli ai rigassificatori - spiega -. La nostra scelta è caduta sull’ipotesi di Zaule, sia perché accelererebbe l’iter delle bonifiche, sia perché avrebbe conseguenze meno impattanti sull’ambiente rispetto all’impianto a mare proposto da Endesa. Il problema energetico non può più essere ignorato: non è possibile che le nostre aziende spendano il 40% in più rispetto a quelle austriache. È partendo da queste condizioni quindi - conclude Barduzzi - che ora valuteremo anche le documentazioni di Snam, per poi esprimere il nostro parere collaborativo».
MADDALENA REBECCA (ha collaborato Sergio Rebelli)

 

 

Ferriera, Regione e Lucchini unite al Tar  - L’ex giunta difende il rilascio dell’autorizzazione ambientale

 

L’amministrazione regionale e il gruppo bresciano si sono infatti costituiti in giudizio per fare fronte comune contro l’iniziativa legale avviata dall’amministrazione Dipiazza. Una decisione evidentemente presa durante le ultime settimane di mandato dell’ex giunta Illy e che, con ogni probabilità, verrà ora rivista alla luce del cambio al vertice decretato dalle elezioni di aprile. Difficile infatti che Rento Tondo, dopo aver ribadito a più riprese di considerare «la chiusura dello stabilimento di Servola una priorità del nuovo esecutivo», passi dalla parte del nemico, tradendo l’alleato Roberto Dipiazza.
In attesa di conoscere l’esito del ricorso (il Tar non ha ancora fissato la data dell’udienza ndr), il sindaco replica intanto all’azienda che, proprio in risposta alle affermazioni di Tondo, aveva annunciato l’intenzione di adire anche alle vie legali. «Dove sarebbe la novità in questo caso? - commenta il primo cittadino -. Sono anni che la Lucchini non fa altro che impugnare le ordinanze del Comune. Non capisco quindi perchè dovrebbe allarmarmi la prospettiva di una battaglia legale, visto che la battaglia dura da tantissimo tempo. Il gruppo bresciano ha speso più in avvocati che in investimenti ambientali».
Investimenti contestati anche dagli esponenti dei Verdi Metz, Visintin e Racovelli che, a tal proposito, suggeriscono alla Regione di inasprire i controlli. «Non è sicuramente nostro fine dare una mano al neo governatore - scrivono in una nota -. ma ci chiediamo se rientreranno nelle verifiche previste dall’Autorizzazione integrata ambientale anche uno studio sul problema degli scarichi emerso nella recente inchiesta sulle modifiche della linea di costa». (m.r.)

 

 

Mille bambini con Kugy in difesa dell’ambiente  - AL GIARDINO PUBBLICO  - Premiazioni con musica del concorso della Provincia

 

Quasi mille bambini hanno partecipato all’edizione 2008 del concorso Julius Kugy, dedicato quest’anno al tema dell’ecologia e della tutela dell’ambiente e organizzato dalla Provincia. Tante le scuole che hanno aderito all’iniziativa, dagli asili nido alle scuole secondarie, insieme a singoli studenti, società o associazioni. Tutti gli elaborati, composti da disegni e parole, sono visibili al pubblico grazie alla mostra allestita nelle sale dell’Arac in questi giorni.
Ieri si è svolta la festa conclusiva e le premiazioni, nel corso di una giornata di musica e giochi al Giardino pubblico, dove bambini e ragazzi, con magliette e cappellini colorati forniti in occasione del concorso, hanno festeggiato insieme agli insegnanti e ad alcuni animatori, scatenandosi sulla musica allegra e coinvolgente del gruppo Berimbau, dando vita a simpatici trenini, balletti e canti.
La traccia precisa dell’edizione 2008 è stata «Lo spreco di risorse ha evidenti conseguenze ambientali. Analizzate il fenomeno e i danni derivanti e proponete forme di sensibilizzazione e coinvolgimento delle persone per affrontare questo problema». Suddivisi in gruppi o all’interno delle classi, i partecipanti hanno presentato al concorso complessivamente 52 opere. C’è chi ha scelto di puntare sui colori e sulla vivacità dei toni di flora e fauna, sottolineando la bellezza e l’importanza della natura, chi ancora ha deciso di spiegare, attraverso messaggi e slogan, il valore della conservazione e della tutela del verde, del mare, degli animali e proprio dei giardini della città, chi infine ha illustrato il tema scegliendo di adattarlo alla quotidianità e alla propria vita di bambino o ragazzo. I partecipanti sono stati divisi in categorie, a seconda dell’età.
Tra i bambini degli asili nido e le scuole d’infanzia ha vinto la scuola di Bagnoli della Rosandra dell’Istituto Comprensivo Roli, tra i bambini della scuola primaria primo posto per le classi III e IV B della scuola Biagio Marin dell’Istituto Comprensivo Italo Svevo. Per la scuola secondaria di primo grado la vincitrice è stata la classe III C della scuola Nazario Sauro di Muggia, per la scuola secondaria di secondo grado vittoria per le classi IV e V della scuola professionale Galvani. Nell’ultima categoria infine, che riguarda associazioni, società o privati, il primo premio è stato assegnato alla cooperativa L’Albero Azzurro. A tutti i giovani sono stati consegnati attestati e, ad alcuni, anche premi in buoni libro. A primi tre classificati di ogni categoria riconoscimenti in denaro.
Micol Brusaferro

 

 

Spalatino, amianto nell’aria  - Rilevati dati tre volte superiori alle norme - Rapporto tenuto nascosto - La città di Vranjic risulta contaminata da molti anni

 

SPALATO Scoppia il «caso amianto» a Vranjic, piccola località di mare nei pressi di Spalato e dove da sessant’ anni è in funzione la fabbrica di materiali edili Salonit. In base ad un documento in possesso della Tv nazionale croata (Htv), nell’aprile dell’anno scorso la concentrazione di asbesto nell’aria sarebbe stata di tre volte superiore rispetto alle norme dell’Organizzazione mondiale della Sanità. I controlli erano stati commissionati dall’Istituto croato per l’edilizia e pagati dalle casse statali, ma i risultati non sono mai stati presentati alla popolazione dell’area. Un muro di omertà, squarciato però dalla Tv pubblica e che confermerebbe quanto già si sapeva: il materiale a base di amianto, prodotto fino ad un paio d’anni fa dalla Salonit, rappresenta un grave pericolo per la gente del posto e per gli abitanti di una vasta porzione della Dalmazia centrale, Spalato inclusa. Nelle vicinanze dello stabilimento, ossia nella cava dismessa di Mravinac, si trova un gran quantitativo di prodotti di scarto, che contengono asbesto. Per procedere al risanamento, il predetto Istituto per l’edilizia aveva ordinato il monitoraggio dell’area, vedendosi recapitare dei risultati catastrofici che nessuno ha voluto diffondere, ad eccezione dell’ Htv, il cui telegiornale in prima serata di mercoledì ha pubblicato la notizia bomba. Al ministero dell’Ambiente, solitamente agguerrito nei confronti di inquinatori e dei responsabili di abusivismo edile, tutti hanno tenuto la bocca cucita, smentendo che esista un documento del genere. Invece il rapporto c’è ed è stato presentato da un giornalista dell’Htv al direttore dell’ Istituto croato di tossicologia, Franjo Plavsic, che ha parlato di valori dannosi per la salute dell’uomo.

(a.m.)

 

 

INQUINAMENTO  - I dati della Ferriera

 

Oggi, mi sento sopraffatto dallo sconforto di chi si rende conto che non c'è problema, per grave che sia, che sfugga all'oblio del tempo. Se poi l'uomo ci aggiunge di suo «un disinteressato contributo», tutto il processo si velocizza in maniera proporzionale. Mi riferisco alla Ferriera di Servola ed alla sua drammatica realtà. Tralasciando tutto il resto, leggo che i dati degli sforamenti del pm 10, il 17 marzo scorso, sono stati di 35 volte superiori ai limiti di legge (Arpa) ma dovendoli includere nelle 24 ore della giornata (dichiarazione di Rosato), si perviene a questo risultato, a dir poco, impressionante. L'aria risulta essere l'optimum per una zona adatta alla riabilitazione di pazienti già affetti da malattie respiratorie (o giù di lì).
Poco tempo fa, leggevo sulla prima pagina del Piccolo che un esperimento fatto in Ferriera, con un banalissimo accorgimento, portava all'aumento della produzione e nel contempo alla riduzione drastica dell'inquinamento. Ergo la conclusione del responsabile: «Più si produce meno si inquina». A questa conclusione si associava, ad occhi chiusi, anche il vostro intervistatore, senza pensare che, se la cosa avesse avuto un minimo di fondamento, il responsabile della produzione sarebbe stato immediatamente licenziato per non aver messo in atto quel «banale accorgimento» quindici anni prima, evitando oltretutto, tante grane alla «proprietà». Questi discorsi sono certo che non piacciono ai triestini, in quanto gente semplice, ma non imbecille. I dati sono quasi sempre esatti, è invece il loro uso che è improprio e sicuramente confutabile. Ultimo caso quello delle analisi fatte agli operai e ad un gruppo di abitanti del rione di Servola, utilizzate in maniera del tutto opinabile, con raffronti ed accostamenti che sembrano delle trovate di studi di produzione di cartoni animati.
Illy è sempre stato dalla parte della Lucchini; sempre coerente con le proprie idee, tralasciando, ove non fosse stato necessario, di parlare dell'inquinamento, ma puntando – come ha fatto più di una volta sul fatto che chi aveva deciso di «andare ad abitare a Servola e Valmaura, sapeva a cosa andava incontro», punto e basta!
Certo che la ricerca di continue scappatoie è un gioco, per gli avvocati che la Lucchini può permettersi. Si gioca di punta di fioretto. Ed il gioco sarebbe divertente ed altamente stimolante se la controparte non fosse costretta a giocarsi la propria salute. Questo vale per tutti i triestini e ancor di più per coloro che abitano in prossimità dello stabilimento o sulla traiettoria dei venti più presenti nella nostra zona, per non parlare poi di quei poveri operai della Ferriera che sono costretti a barattare la propria vita per un pezzo di pane. Perché, per gli operai, questa è la realtà!
Argeo Stagni

 

 

MADDALENA  - Alberi tagliati

 

Perché le istituzioni politico-amministrative non hanno vietato il taglio degli alberi? La proprietà privata può fare ciò che vuole? Gli ambientalisti non contano un fico secco?
Ugo Pierri

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 maggio 2008 

 

 

In Comune si riparla del rigassificatore -  Andrà valutato anche il metanodotto proposto da Snam

 

Sta già per tornare in Consiglio comunale la questione del rigassificatore che secondo il progetto di Gas Natural dovrebbe sorgere a Zaule sull’area ex Esso. La pubblicazione da parte di Snam dell’avviso con cui chiede al Ministero dell’Ambiente la Valutazione d’impatto ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse che dovrebbe collegare il rigassificatore alla rete nazionale del gas potrebbe rilanciare il progetto che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza definisce «un’occasione da non lasciarsi sfuggire».
«A giorni convocherò la Commissione urbanistica del Comune per ridiscutere del progetto», ha annunciato ieri il suo presidente, Roberto Sasco. Anche il progetto del metanodotto, che prevede il tratto Trieste-Grado di 26,3 chilometri a mare e il tratto Grado-Villesse di 18,9 chilometri a terra, dovrà essere esaminato dalle amministrazioni locali. Sulla questione del rigassificatore a Trieste peseranno in particolare il Piano energetico nazionale che dovrà essere stilato dal nuovo Governo e che situerà comunque almeno un impianto in Adriatico e l’accordo Comune-Gas natural. Alla richiesta di Acegas-Aps (di cui è azionista di maggioranza il Comune) di entrare nella società di gestione del rigassificatore con una quota di almeno il 15 per cento, Gas Natural secondo indiscrezioni avrebbe risposto offrendo il 4 per cento.
La trattativa però continua e un futuro da polo energetico delle città riprende vigore mentre al contrario sembrano in calo il Parco del mare e l’opzione turistica. In queste settimane campeggia su Palazzo Modello di piazza Unità il tabellone che segnala i lavori in corso per trasformarlo nella sede direzione di Acegas-Aps e proprio ieri un consigliere di amministrazione della multiutility e grande sostenitore del rigassificatore, Giovanni Battista Ravidà, è stato nominato assessore comunale al Bilancio.
Ancora, proprio in questi giorni a Bucarest, i governi di Romania, Serbia e Croazia hanno costituito una società che dovrà gestire la fase di progettazione e sviluppo del nuovo oleodotto che partirà da Costanza sul Mar Nero per giungere fino a Trieste e agganciarsi alla pipeline della Siot. (s.m.)

 

 

Azienda pronta alle vie legali per tenere aperta la Ferriera - Belci (Cgil): «Se Tondo ha una proposta la tiri fuori e ci convochi»

 

L’alternativa è solo un confronto collaborativo con la Regione

Né tra un anno né tra due. Chiudere entro il 2009 la Ferriera di Servola, per la proprietà, è fuori discussione. La convinzione, su questo punto, sarebbe tale da vederla pronta a difendere il proseguimento dell'attività siderurgica con le unghie e con i denti. E presso ogni sede, senza escludere quella legale. Secondo indiscrezioni provenienti da Brescia, se il presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo dovesse persistere nel dettare - sulla base del ventilato protocollo del 2003 - le condizioni della dismissione dello stabilimento nei limiti di tempo prospettati all’insediamento della giunta, il gruppo Lucchini-Severstal potrebbe valutare la tutela dei propri diritti in ogni modo. Anche contrastando nella maniera più opportuna atti che potrebbero essere ritenuti illeggittimi. Perché, dal suo punto di vista, il diritto alla proprietà privata, all’attività produttiva e al lavoro degli operai andrebbe preservato con qualsiasi mezzo. Se, dunque, si perseverasse nell’annunciare una dismissione «imminente» - perché tale pare la scadenza del 2009 - si prospetterebbe un serrato braccio di ferro.
Il dialogo, tuttavia, non è chiuso. L’azienda non si negherebbe a un confronto collaborativo con la Regione, dettato da un ragionamento sul medio-termine, possibilmente non inferiore ai sette anni o giù di lì.
La proprietà, al momento, starebbe comunque valutando gli effetti delle parole del neo-governatore. Una cosa va detta: finché Tondo ha annunciato la dismissione della Ferriera in campagna elettorale, l’azienda non ha avuto (almeno formalmente) nulla da eccepire. In passato la «materia» di Servola si è prestata più volte alle schermaglie dei candidati. Ma quando a dichiarare «La Ferriera va chiusa, recupereremo il tempo perso» è una figura istituzionale che si è appena insediata in piazza Oberdan, allora è un’altra faccenda. Perché l’azienda dà da mangiare a 500 lavoratori più l’indotto, fa investimenti per 18 milioni, risulta costantemente monitorata sotto il profilo ambientale, rappresenta il leader in Italia nella produzione di ghisa e garantisce una ricchezza a Trieste.
La proprietà si è limitata martedì a una nota in cui ha dichiarato che «Non c’è oggi alcun legame con le condizioni che portarono alla firma del protocollo del 2003». Protocollo non siglato dai sindacati, come ricorda Franco Belci, segretario Cgil: «Non so se Tondo condivide l’idea di Dipiazza secondo cui meno industria c’è e meglio si sta, ma se ha una proposta seria, beh, la tiri fuori e ci convochi. Se invece è altra aria fritta, come par di capire, forse farebbe meglio a informarsi un po’ di più». Per Belci «è assurdo riportare indietro le lancette in condizioni assolutamente diverse sia di mercato dell’acciaio che di proprietà e bilancio dell’azienda. All’epoca - aggiunge - ci si trovava sull’orlo del fallimento. Ed era la stessa azienda a volere chiudere».

TIZIANA CARPINELLI

 

 

Mare pulito, Grado e Lignano bandiere blu  - Premiati la Lega navale di Trieste e l’Hannibal di Monfalcone fra i porti turistici

 

Il vessillo verrà issato durante la stagione estiva. Giudizio ok anche per Porto San Vito

La città ha puntato da diversi anni sulla salvaguardia della spiaggia nell’ottica ecologica

TRIESTE Le Bandiere blu non smettono di sventolare nelle località di Grado e Lignano. È il verdetto della Fondazione per l’educazione ambientale (Fee) che anche quest’anno ha assegnato, in collaborazione con il Consorzio obbligatorio per la raccolta delle batterie esauste (Cobat), il riconoscimento alle due località balneari del Friuli Venezia Giulia.
I CRITERI. Lo stesso risultato ottenuto nel 2007, che quest’anno vede Grado e Lignano inserite in un elenco di 104 comuni, 56 approdi turistici e 215 spiagge italiane di eccellenza. Quelle che stando ai criteri adottati dal progetto Bandiere blu hanno saputo dare il meglio in campo ambientale, sia per le acque sia per i servizi offerti (aree pedonali, piste ciclabili, strutture alberghiere...) e anche nella gestione dei rifiuti.
LE MARINE. Un’analisi che non prende in considerazione solo la qualità del mare, ma guarda con attenzione anche i servizi e l’organizzazione. Ecco che nella speciale classifica degli approdi turistici il Friuli Venezia Giulia incassa altre 12 Bandiere blu. Vessilli dedicati alle marine di Porto San Vito, Hannibal di Monfalcone (nuova entrata), Aprilia Marittima, Marina 1, Punta Verde, Punta Faro, Darsena Porto Vecchio (tutte di Lignano), Punta Gabbiani e Marina Capo Nord a Latisana, Marina di Sant’Andrea e San Giorgio di Nogaro, Marina di Aquileia e la Lega Navale di Trieste (l’unica del capoluogo regionale).
LA CLASSIFICA. Rispetto all’anno scorso i comuni premiati con la Bandiera blu salgono di otto unità, mentre nel 2006 i riconoscimenti si fermarono a 90. Le candidature in Italia sono dunque in crescita costante, insomma, ma i risultati fotografano una realtà per certi versi atipica. Almeno sommando le bandierine assegnate a livello regionale. Il primato 2008, con 15 bandiere, spetta ancora alla Toscana, quest’anno a pari merito con le Marche che conquistano tre bandiere (da 12 a 15). La Liguria arriva a 14 (perde Spiagge Fornaci e Natarella di Savona, ma guadagna Finale Ligure e Noli) mentre l’Abruzzo ne acquista due però ne perde una portandosi a 13. Sono in particolare le realtà turistiche del Sud a recuperare terreno.
IL TERRITORIO. Male i laghi che perdono due località, una in Lombardia che scompare come regione e l’altra in Piemonte che resta in corsa con Cannero Riviera. In controtendenza il dato delle realtà del Mezzogiorno, testimoniato dal recupero della Campania ora a quota 11 (dalle 9 del 2007). Una in meno, invece, per l’Emilia Romagna che scende a 8, quindi una bandiera in più sia per la Puglia sia per il Veneto che salgono a 5, così come per la Sicilia, che arriva a 4, e per la Calabria che a quota 3 raggiunge il Lazio che viceversa ne perde una.
L’AMBIENTE. Ecco che le Bandiere blu assegnate a Grado e Lignano vedono il Friuli Venezia Giulia, due vessilli proprio come il Molise, mantenere la propria posizione appaiate però alla Sardegna che ne conquista una. In fondo alla lista Piemonte e Basilicata, con un solo riconoscimento. In sostanza, quindi, il trend positivo riguarda Marche, Liguria, Veneto e Abruzzo; bene anche Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ma seconda la Fee «i comuni, ad eccezione delle località vincitrici, dimostrano ancora troppo spesso una scarsa sensibilità ambientale».
L’ACCORDO. Alla base dello sviluppo turistico auspicato dalla proposta portata avanti da Bandiere blu che da quest’anno potrà contare sulla collaborazione tra la Fee e il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera. In particolare queste ultime daranno il loro supporto all’iniziativa nella fase di controllo sul territorio durante il periodo estivo. Specie nei porti turistici, saliti a 56 riconoscimenti rispetto ai 54 del 2007, con l’obiettivo di contrastare la brutta abitudine di gettare le batterie usate in acqua.

 

 

A Sabbiadoro migliori servizi  - Riconoscimento anche sul fronte della raccolta rifiuti

 

LIGNANO Silvano Delzotto, il sindaco, ricorda che è la diciottesima consecutiva, diciannove in totale, «non fosse stato per il problema alghe a fine anni Ottanta, saremmo da record». Lignano festeggia la “bandiera blu”, l’ennesima, e sottolinea che il riconoscimento assegnato dalla Fee (Foundation for Enviromental education) non riguarda solo la pulizia delle acque ma anche il servizio, la ricettività, la viabilità.
Ed è ancora più gradito. Ieri mattina Delzotto, impegnato in Regione per il piano triennale dei dragaggi, ha invitato a Roma l’assessore Teghil e il funzionario dell’ufficio ambiente Ferron per la cerimonia di premiazione alle località balnerari italiane nella sede del Comando generale delle capitanerie di porto.
Lignano fa parte della truppa delle 104 città che hanno ricevuto il riconoscimento. «Ci fa enorme piacere - sottolinea il sindaco - stare a fianco di regioni turistiche come le Marche, non a caso premiate con 15 bandiere blu, la Liguria, l'Abruzzo e la Campania. E’ una grande soddisfazione – prosegue – perché si tratta della conferma di un lavoro fatto con cura e impegno, che ci colloca nuovamente tra le migliori proposte turistiche del Paese. Tra l’altro non si tratta solo di un premio al mare pulito ma a tutta una serie di servizi che confermano che a Lignano si sta lavorando nella direzione giusta». La presentazione della bandiera blu, fa sapere ancora Delzotto, è prevista il prossimo 18 maggio, all’apertura della stagione. Soddisfatto anche Walter Fadini, presidente del mandamento locale di Confcommercio, associazione del commercio, del turismo e dei servizi: «E’ un segnale positivo, molto gradito dagli operatori economici, che arriva a riassumere un’attività improntata a qualità e professionalità. Dalla viabilità alla raccolta dei rifiuti, l’impegno comune di amministrazione, imprenditori e cittadini sta facendo la differenza». (m.b.)

 

 

L’Isola del Sole al top per l’ambiente  - Fra i punti a favore l’impianto di depurazione da 80mila utenti

 

GRADO L’Isola del Sole è ormai una veterana della Bandiera blu. Quello ritirato ieri a Roma dall’assessore comunale al Turismo, Maurizio Delbello, è il diciannovesimo vessillo per la città di Grado. Sarà issato nel corso di una cerimonia ufficiale in programma, come tradizione, nel corso della prossima stagione balneare. Per gli approdi il medesimo riconoscimento è andato inoltre a Porto San Vito.
«Grado è una delle località storiche in Italia (la Bandiera Blu è stata istituita 22 anni fa in occasione dell’anno europeo dell’ambiente, ndr) – ha affermato Claudio Mazza, segretario generale della Fee Italia - Una delle prime a credere in una crescita del turismo in termini di sostenibilità. Lo sviluppo turistico si concilia solo con salvaguardia dell’ambiente, altrimenti si va fuori mercato». Sui pennoni più alti della spiaggia principale di Grado e su quelli degli stabilimenti balneari della Costa Azzurra e di Grado Pineta, continua dunque a sventolare la Bandiera Blu che è un simbolo al quale molti turisti, in particolare stranieri, guardano con attenzione. Perché può significare acque sicure, attrezzature balneari all’altezza e salvaguardia dell’ambiente.
Del resto a Grado, come sottolinea l’assessore Delbello, oltre alle spiagge vi sono dei molteplici aspetti, e in particolar modo quell’incredibile ambiente che è la laguna. Il fatto poi che a Grado vi sia un impianto di depurazione (anche questo è stato uno dei primi in Italia) con una capacità per circa 80.000 persone, quando in realtà gli abitanti sono solamente poco meno di 9.000, fa ben capire quale sia sempre stato l’impegno delle amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni. Proprio l’impianto di depurazione è attualmente sottoposto a parziale riconversione e aggiornamento per un investimento, in tre anni, di circa 7 milioni di euro.
Antonio Boemo

 

 

Rigassificatore: Veglia favorita  - L’investimento previsto è di 800 milioni di euro per 10mila posti di lavoro

 

Domani la decisione croata sulla localizzazione dell’impianto

 

FIUME A meno di ulteriori rinvii, al momento improbabili, domani a Zagabria sarà scelto il sito dove sorgerà il rigassificatore nordadriatico. La decisione sarà comunicata dai componenti della commissione governativa per la metanizzazione del Paese, ma già da tempo è filtrata la notizia che sono due le località in ballo, il Canal d’Arsa, in Istria, e Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia. Domani i responsabili della commissione dovrebbero sciogliere gli ultimi dubbi, dopo che per lunghi mesi un team di esperti ha monitorato le caratteristiche di cinque siti altoadriatici, portando a termine una scrematura che ha ridotto a due le ubicazioni papabili (e appetibili).
È stato lo stesso vicepresidente del governo e ministro dell’Economia, Damir Polancec, a confermare che l’importante seduta si terrà venerdì nella capitale, evitando nel contempo di indicare a quale località spettano i favori del pronostico. «Non intendo sbilanciarmi – ha detto brevemente ai giornalisti – so quali siano i suggerimenti dello studio eseguito per determinare il sito più adatto, ma non posso esprimermi ora. Lo farò nella riunione della commissione». Secondo fonti ufficiose vicine al governo, le maggiori chance spetterebbero a Castelmuschio, la cui area contermine ospita autentici mastodonti industriali e dunque già dispone dell’infrastruttura necessaria. Parliamo del porto petroli, dell’oleodotto Janaf e dell’industria petrolchimica Dina. Ad adoperarsi a favore della soluzione isolana è stato negli ultimi mesi il presidente della Regione quarnerino–montana, lo zupano Zlatko Komadina: «Sì, due anni fa aveva detto al premier Ivo Sanader che il terminal metanifero non avrebbe dovuto essere costruito a Veglia – ammette – ma lo avevo fatto perché mi opponevo ad una decisione politica, senza il supporto di studi in materia. Adesso che la documentazione c’è e l’opinione pubblica sa parecchio sui vantaggi di un impianto Lng, sono schierato a favore del rigassificatore. Sappiamo inoltre che la capacità del terminal sarebbe di 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, di cui solo un terzo resterebbe alla Croazia e il resto andrebbe destinato ai mercati europei». A desiderare il megaimpianto (investimento da 800 milioni di euro, apertura di 10 mila posti lavoro) è anche il presidente della Regione Istria Ivan Nino Jakovcic.
Andrea Marsanich

 

 

No Tav a Barroso: falsi i preventivi italiani  - «Costi sino a nove volte la media europea». Da Bruxelles il monito sui ritardi

 

LETTERA APERTA AL COMMISSARIO UE AI TRASPORTI

BRUXELLES «I dati sui costi forniti dal governo italiano per le tratte italiane da Bussoleno a Trieste del progetto prioritario 6 sono assolutamente falsi»: è quanto dicono i Comitati no-Tav in una lettera aperta al commissario Ue ai Trasporti Jacques Barrot, ma anche ai membri dell'europarlamento e ai ministri Ue dei Trasporti, nonchè al coordinatore del progetto Torino-Lione, Laurens Jan Brinkhorst.
La lettera è stata diffusa nel corso di una conferenza stampa dei deputati europei Giulietto Chiesa, Vittorio Agnoletto e Monica Frassoni con una delegazione degli stessi Comitati.
«Un nostro studio - dicono i Comitati no-Tav - dimostra, sulla base di dati inoppugnabili, come la realizzazione delle infrastrutture per l'alta velocità ha raggiunto in Italia costi sino a nove volte quelli della media di analoghi progetti realizzati in Stati membri dell'Ue».
Lo studio, realizzato dall'ingegner Ivan Cicconi, evidenzia che le infrastrutture per l'alta velocità in Italia «costano mediamente il 500% in più di quelle francesi, spagnole e giapponesi» e le cause, a suo avviso, «sono da ricercare nell'architettura finanziaria e contrattuale con la quale si è dato avvio al progetto».
«Al commissario europeo diciamo: attenzione perchè rischiate di finanziare opere che non saranno terminate in assenza di finanziamenti pubblici e privati», ha sottolineato Agnoletto secondo il quale il nuovo titolare Ue ai Trasporti, che sarà italiano, «vivrà un conflitto d'interessi tra le regole Ue e i ritardi del governo italiano».
Proprio martedì scorso lo stesso Basrrot ha lanciato un allarme da Bruxelles dicendo che i trenta progetti prioritari di reti transeuropee costeranno oltre 397 miliardi di euro, quasi il 17% in più rispetto a quanto preventivato nel 2004 (340 miliardi). La cifra, resa nota dalla Commissione europea in base a informazioni ricevute dagli Stati membri nell'aprile scorso per una verifica dei progressi fatti, è più alta di quella contenuta in uno studio già realizzato a cura del Parlamento europeo (379 miliardi, pari all'11,6% in più).
Ma a preoccupare Bruxelles, più dell'aumento dei costi , è lo scarso sforzo che la stragrande maggioranza degli Stati (tra i quali l'Italia) ha fatto finora per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto. I Paesi dovranno trovare 250 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati. Secondo il rapporto della Commissione sulle reti transeuropee, l'Italia è il Paese che dovrà fare ancora lo sforzo maggiore dopo il 2013, visto l'investimento limitato messo in cantiere nel periodo 2007-2013.

 

 

MADDALENA  - Alberi abbattuti

 

Sulle «Segnalazioni» del 28 giugno 2005 proponevo al Comune di Trieste ed alla Circoscrizione di esporre ai cittadini i progetti relativi al comprensorio dell’ex-Ospedale della Maddalena, attraverso i mezzi d’informazione e incontri da tenere nel rione, anche al fine di dare ascolto alle necessità dei residenti.
Nell’occasione chiedevo - pur non conoscendo i progetti in questione - alcune garanzie preliminari, in particolare riguardo al bellissimo parco. A mio giudizio si sarebbero dovuti recuperare - per quanto possibile - gli edifici esistenti, limitare volumetrie ed altezze delle nuove costruzioni e soprattutto salvaguardare le pregevoli alberature, rendendo accessibili a tutti gli ampi spazi verdi allora non fruibili, che ospitavano tra gli altri imponenti esemplari di ippocastano, olmo e tasso.
Il 1.o agosto 2005 - sempre sulle «Segnalazioni» - rispondeva il direttore dell’Area Lavori pubblici del Comune di Trieste. Alla richiesta di coinvolgimento degli abitanti del rione rispondeva che «la cosa pubblica è patrimonio di tutti i cittadini e quindi ciascuno ha pieno diritto di esternare il suo pensiero sulla trasformazione del territorio, anche se, non dobbiamo scordarcelo, a ciò abbiamo delegato sindaco, giunta e consiglio comunale. Se ogni intervento dovesse essere discusso ancor prima di essere stato solo delineato, rischiamo di rimanere assolutamente fermi». In altre parole... discutete pure quanto volete, tanto dopo decidiamo noi! Da una trentina d’anni a questa parte in moltissime città d’Europa si attua la «progettazione partecipata», che nell’ultimo decennio ha conosciuto una buona diffusione anche in Italia, a partire dalle esperienze di Torino, Bolzano, Terni, Bologna, ed è oggetto di studio da parte di numerose Università, tra le quali la Facoltà di Architettura di Trieste.
Riguardo al verde, invece, il direttore affermava che «un giardino, più d’ogni altra opera, richiede un costante impegno di manodopera, con i relativi costi. Poiché il budget comunale non è infinito, per mantenere i nuovi giardini dovremo rinunciare a qualcos’altro. A cosa? Con questo non voglio assolutamente dire che il parco sarà distrutto. Anch’io auspico un suo recupero…».
Nei giorni scorsi l’intero parco è stato letteralmente raso al suolo, compresi gli alberi d’alto fusto allineati lungo la via dell’Istria, che sicuramente non avrebbero disturbato il futuro cantiere, con grave danno all’avifauna presente nel sito, colpita proprio durante il periodo di nidificazione.
Ritengo che dobbiamo senz’altro rallegrarci per il beneficio che ne verrà al bilancio comunale.
Claudio Siniscalchi

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 maggio 2008 

 

 

Un metanodotto per il rigassificatore  - SVOLTA PER L’IMPIANTO DI ZAULE -  NUOVI DOCUMENTI ALL’ESAME DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE

 

L’IMPIANTO NELL’AREA EX-ESSO

La Snam studia un collegamento via mare e Dipiazza riapre a Gas Natural: «Si tratta di un’opportunità che la città non deve lasciarsi scappare»

Nel giorno in cui la Snam annuncia di aver avviato la procedura per la Valutazione d’impatto ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse per collegare alla rete nazionale il rigassificatore che dovrebbe essere realizzato a Zaule, il sindaco Roberto Dipiazza riapre a favore dell’impianto in un modo che dopo una presunta rottura può anche apparire clamoroso, sebbene il sindaco sia sempre stato favorevole. «La trattativa con gli spagnoli di Gas Natural che hanno presentato il progetto del rigassificatore continua - annuncia il sindaco - il Consiglio comunale su mia indicazione aveva votato contro poiché gli spagnoli non avevano accettato la nostra proposta sugli accordi economici, ma un accordo si può tentare ancora di farlo. Con il petrolio alle stelle, il rigassificatore potrebbe essere una buona opportunità per Trieste. Spetterà alla città decidere, ma io non mi lascerei sfuggire l’occasione.»
Ieri con una serie di avvisi pubblici Snam rete gas spa ha annunciato di aver presentato al Ministero dell’Ambiente istanza di pronuncia di compatibilità ambientale per il progetto di metanodotto Trieste-Grado-Villesse composto da due segmenti: un tratto a mare sea-line Trieste-Grado di 26,3 chilometri e un tratto a terra, Grado-Villesse di 18,9 chilometri. «L’opera - si legge nell’avviso - consentirà di allacciare alla rete dei metanodotti di Snam rete gas il nuovo terminale Gnl di Zaule presso Trieste, assicurando così il trasporto dei quantitativi di gas naturale rigassificati dal suddetto terminale».
«Abbiamo elaborato il progetto e avviato tutte le procedure autorizzative necessarie secondo quanto ci è stato commissionato da Gas Natural - ha dichiarato ieri un portavoce di Snam rete gas spa - senza che ciò necessariamente significhi che l’iter per la realizzazione del rigassificatore abbia fatto passi avanti. È chiaro che se avessimo atteso l’ok a Gas Natural da parte del ministero sull’impianto per poi appena partire con il progetto della pipeline avremmo provocato gravi ritardi». Proprio l’assenza di un progetto di collegamento tra il rigassificatore e la rete di distribuzione del gas, come si fa notare in ambienti dell’Autorità portuale che con il Comitato portuale sarà comunque chiamata ad autorizzare tutte le concessioni, era stato uno degli elementi di maggior perplessità sul progetto di Gas Natural.
Nella delibera di compatibilità ambientale che era stata predisposta nel gennaio 2007 dalla giunta comunale, si ipotizzava un parere favorevole all’impianto ponendo però come conditio sine qua non l’ok da ottenere separatamente sul metanodotto di collegamento tra terminale e rete nazionale del gas. L’aula del Consiglio comunale però aveva rovesciato in un no il sì della giunta dopo che lo stesso sindaco Dipiazza aveva additato gli spagnoli di non aver garantito sufficienti benefici economici della città. Il Comune aveva chiesto a Gas Natural 4 milioni di royalties per vent’anni, l’entrata nella società di gestione di Acegas-Aps con una quota del 15 per cento e la possibilità di acquisto del 20 per cento del gas a prezzo di costo.
Queste condizioni non erano state accettate, ma ieri Dipiazza ha affermato che «in realtà la trattativa con Gas Natural non si è mai interrotta e non si è ancora giunti a un nuovo tentativo di accordo perché si attendeva l’insediamento della nuova giunta regionale».
L’indicazione di Zaule come ipotetica sede per la collocazione del rigassificatore appare anche nella cartografia allegata al nuovo Piano territoriale regionale licenziato all’inizio dell’anno dalla giunta Illy. Il Wwf aveva definito ciò «un incredibile atto di arroganza politica». L’ex assessore Lodovico Sonego aveva replicato sostenendo che quell’indicazione non significava che la giunta avesse giocato d’anticipo né su una decisione favorevole al rigassificatore né sull’esclusione dell’altro progetto, quello off shore avanzato da Endesa. Ora peserà anche il parere del nuovo governo regionale guidato da Renzo Tondo e degli assessori all’Energia Riccardo Riccardi e all’Ambiente Vanni Lenna. Ma la decisione finale spetterà al Governo nazionale e presumibilmente dipenderà da un nuovo Piano energetico nazionale.
Gas Natural, come rileva il sito web della società, ha presentato nel luglio 2004 domanda di autorizzazione al Ministero delle Attività produttive per la costruzione di due terminal di rigassificazione a Trieste e a Taranto con una capacità annua di 8 miliardi di metri cubi per ciascun rigassificatore. «I due progetti - si legge - sono sottoposti attualmente a procedure Via presso le autorità competenti». Gas Natural è oggi uno dei maggiori gruppi multinazionali del settore energetico e dei servizi: è presente in 11 Paesi e conta 11 milioni di clienti.
Sul metanodotto di collegamento invece già nel marzo 2006 si erano pronunciate in modo negativo le associazioni ambientaliste di Monfalcone che hanno chiesto al Comune di esprimere parere contrario sulla pipeline anche perché «si affiancherebbe all’oleodotto, alla rete Snam e al futuro metanodotto necessario ad alimentare il nuovo gruppo a gas della centrale termoelettrica di Monfalcone». Il collegamento ora progettato però fino a Grado corre sotto il mare.

SILVIO MARANZANA

 

Ferriera, la Severstal replica a Tondo: non ci sono le condizioni per chiudere - INTERVIENE LA PROPRIETA’ DOPO L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE

 

«Non c’è oggi alcun legame con le condizioni che portarono alla firma del protocollo d’intesa del 2003». La Servola Spa Gruppo Lucchini-Severstal replica così alle dichiarazioni del neo-presidente della Regione, Renzo Tondo, che l’altro giorno aveva detto di voler ripartire proprio dal documento stipulato con l’allora ministro Altero Matteoli per arrivare alla chiusura della Ferriera di Servola, di cui è direttore Francesco Rosato, entro il 2009. «Non esistono attualmente motivazioni concrete e reali per ipotizzare una chiusura dello stabilimento», continua la nota diffusa dalla società proprietaria dell’impianto. Forte pure dei risultati dei recenti esami su lavoratori e residenti in zona, che non avevamo fornito esiti allarmanti. Quindi, la produzione va avanti. Così come gli interventi di ammodernamento previsti secondo quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla Regione. Oltre a questi, la Lucchini ha pianificato ulteriori investimenti per un importo totale da 18 milioni di euro. Nello specifico, fra le iniziative messe in preventivo nel giro di un anno, ci sono «l’avvio di un processo di automazione delle macchine del reparto cokeria, la pavimentazione dei piazzali interni, l’implementazione di nuovi impianti di trattamento delle acque e la realizzazione di una serie di interventi edili». Inoltre, «nel corso del prossimo biennio è in programma l’avvicendamento dei due altoforni per poter attuare una serie di interventi di manutenzione straordinaria», al fine di «migliorare l’efficienza del processo per la riduzione del consumo di combustibili». In questo quadro si inseriscono anche l’annunciato piano triennale (2008-2010) di recupero degli scarti di lavorazione e l’avvio dell progetto «Qualità ambiente di lavoro» (il cui valore ammonta a 2.500.000 euro) che dovrebbe consentire nel giro di un anno e mezzo di migliorare la vivibilità negli spazi comuni e negli ambienti di lavoro della Ferriera stessa.
Ritornando alla questione del cambiamento di scenario rispetto a cinque anni fa, il gruppo Lucchini-Severstal ribadisce come sia «profondamente mutato il contesto congiunturale, con anni di notevole crescita del mercato siderurgico nazionale ed estero». Lo stabilimento di Servola, peraltro, è l’unico produttore italiano di ghisa, ha chiuso in crescita l’ultimo triennio con più di 200 milioni di euro di fatturato nel 2007.
Tondo, dal canto suo, ha ribadito più volte come una delle priorità della nuova amministrazione regionale sia quella di risolvere la questione Ferriera. Tecnicamente, al momento, non è stata comunicata ancora alcuna soluzione e ieri il presidente della Regione non ha riaperto l’argomento.
Per Luca Visentini, segretario regionale della Uil, «la discussione con la nuova giunta regionale sulla possibile chiusura della Ferriera inizia nel peggiore dei modi. La politica degli annunci a mezzo stampa non è di per sè la strada giusta per affrontare problemi delicati che riguardano centinaia e centinaia di famiglie del nostro territorio. Ancora più gravi diventano questi annunci se, come hanno fatto Tondo e Dressi in queste ore, si ripropone la chiusura nel 2009, richiamandosi ad un protocollo, quello firmato nel 2003, che ha perso ogni valore dopo il passaggio della Ferriera nelle mani della Severstal». Il sindacato non aveva firmato quel protocollo «perché non riteneva che vi sarebbero state, nel 2009, le condizioni per ricollocare gli oltre 500 lavoratori diretti e le centinaia di lavoratori dell'indotto».
La Uil, spiega ancora Visentini, «si è resa disponibile a discutere della chiusura nel 2015, da cui ci dividono gli anni necessari per dare vita ad attività industriali ed economiche alternative dove poter ricollocare tutto il personale».

MATTEO UNTERWEGER

 

 

FERRIERA - Barduzzi: emissioni entro i limiti  - «In caso di chiusura chi dovrebbe pagare le bonifiche?»

 

Altro aspetto di riflessione nel caso Ferriera è quello dei terreni. «Nel caso la Servola Spa Gruppo Lucchini-Severstal decidesse di chiudere lo stabilimento, a quel punto chi bonificherebbe l’area per la sua riconversione?». A porre il quesito è Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. Che aggiunge: «I costi sarebbero talmente alti che non saprei davvero chi potrebbe accollarseli. I terreni sono di proprietà della Lucchini-Severstal e, in parte, dell’Autorità portuale».
CONTROLLI In relazione alle parole pronunciate l’altro giorno dal presidente della Regione, Renzo Tondo, la Barduzzi segnala come «in oltre un anno di supervisione da parte della Provincia, dai camini della Ferriera le emissioni siano sempre rimaste entro i termini di legge. Quello dello stabilimento è comunque un problema nazionale, visto che in Italia ce ne sono solo tre di questo genere. Fin qui, peraltro, sui circa 200 esposti presentati dai residenti di Servola la Cassazione ha dato ragione all’azienda».
BUCCI In serata, il neo-eletto consigliere regionale Maurizio Bucci ha lanciato un messaggio eloquente alla Servola Spa: «Oggi la Ferriera non ha più copertura politica. Adesso sono passato dall’altra parte del tavolo (con l’elezione in Regione, ndr), non sono più da solo e credo di avere accumulato una certa competenza sulla materia dopo due di lavoro in Comune come assessore con delega all’ambiente. A questo punto, chi vuole intendere, intenda».

(m.u.)

 

 

FERRIERA - Spazi sottratti al mare Il sindaco ha le foto - INCHIESTA DELLA PROCURA

 

Dovrà essere ridisegnata la mappa della linea di costa antistante la Ferriera di Servola. Secondo l’inchiesta avviata dal pm Federico Frezza e affidata al geologo Franco Coren, lo stabilimento siderurgico dal 1974 al 2007 ha complessivamente «rubato» al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a otto campi di calcio. In altri termini la Ferriera si è notevolmente allargata a scapito della superficie acquea del vallone di Muggia.
Le foto aeree che dimostrano questa «anomalia», sono già in possesso del sindaco Roberto Dipiazza e lo saranno a breve scadenza anche delle autorità marittime. Per questi «nuovi» otto campi di calcio, nessuno ha infatti mai pagato i relativi canoni di concessione demaniale marittima. E non è difficile ipotizzare che sia in arrivo una nuova «tegola» per l’attuale proprietà dello stabilimento. Una «tegola» finanziaria ma nessun procedimento penale.
L’inchiesta ha infatti dimostrato che l’interramento si è concretizzato quasi totalmente tra il 1974 e il 1990, quando la Ferriera era gestita prima dai manager dell’Ilva, poi da un commissario nominato dal Governo, e infine dal gruppo Pittini, proprietario delle Ferriere Nord di Osoppo.
Le foto aeree e le mappe preesistenti all’inchiesta, hanno inoltre dimostrato che tra il 1990 e il 2003, l’interramento è continuato, ma in modo assolutamente episodico e quasi irrilevante. Sono stati strappati al mare solo duemila metri quadrati di terreno. Poi dal 2003, più nulla. Dal momento che questi reati si prescrivono in quattro anni e mezzo, è evidente che l’inchiesta ha un valore quasi esclusivamente storico e il gruppo Lucchini-Severstal è esente da ogni responsabilità di tipo penale.
L’interramento è stato ottenuto attraverso lo scarico in mare di materiale di scarto proveniente dalla stessa ferriera. Dovrebbe trattarsi di loppa ma non sono stati ancora effettuati prelievi o «carotaggi» del fondo marino. In alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri, in altri molto meno. Ma nessuno, prima che il pm Federico Frezza avviasse l’inchiesta, lo aveva mai segnalato. Otto campi di calcio rimasti per vent’anni «fantasma».

CLAUDIO ERNÈ

 

 

FERRIERA - Ecco perché non si può dismettere  - L’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE RESTA

 

L’ordinanza comunale può arrivare solo con sforamenti continuati

L’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) è stata rilasciata alla Servola Spa Gruppo Lucchini-Severstal dalla Regione, si tratta di un provvedimento che ha la forza di legge regionale e una validità di sei anni (con verifiche periodiche sull’effettuazione degli adeguamenti programmati). È stata istituita a livello nazionale, dando la possibilità alle aziende di richiederla.
PRESCRIZIONI Prevede una lunga serie di rigorosi interventi a tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori, oltre a richiedere l’invio dei dati di monitoraggio (rilevati dai sei punti di campionamento interni) all’Arpa ogni trenta giorni. L’intera documentazione va mandata annualmente (il 30 aprile) a Regione e ministero affinché sia verificata la conformità degli impianti. Mensilmente dev’essere verificata la salute del mare prospiciente la fabbrica, nel quale altri approfondimenti sono necessari ogni sei mesi (controlli che spaziano dal Ph alla temperatura e alla presenza di sostanze e sulle acque di falda che saranno controllate da 10 piezometri a diversa profondità) e di anno in anno (con la valutazione dei sedimenti e dell’accumulo di «veleni» nei mitili).
REVOCA Un’eventuale revoca dell’Aia non è stata per ora presa in considerazione dalla neo-insediata giunta Tondo, che non ha avuto il tempo materiale per discutere tecnicamente della Ferriera. «L’autorizzazione è un atto compiuto, che può essere impugnato da terzi. Per farlo la Regione dovrebbe avere delle motivazioni giuridiche molto forti, anche perché la Lucchini-Severstal potrebbe poi ricorrere a sua volta. Gli strumenti per mantenere attiva o per chiudere la Ferriera sono comunque a disposizione di molti, a cominciare dal sindaco di Trieste che ha la facoltà di intervenire (con ordinanza, ndr) a tutela della salute dei cittadini», spiega dal canto suo Gianfranco Moretton, ex vicepresidente e assessore regionale all’ambiente nella giunta Illy. «Tutti siamo convinti che arrivare a una riconversione dello stabilimento sia un obiettivo importante - conclude Moretton -, ma ciò dovrà eventualmente avvenire nel rispetto delle garanzie occupazionali dei lavoratori (la Ferriera ha 545 dipendenti, ndr) e degli aspetti giuridico-legali che disciplinano la materia».
SINDACO Nel caso di comprovati rischi per la salute dei cittadini, è il sindaco, nel caso specifico Roberto Dipiazza, a poter decidere attraverso un’ordinanza la chiusura dello stabilimento sulla base di un prolungato e accertato superamento dei valori massimi di inquinamento imposti dalla legge. Si tratta di una situazione che si è già verificata a Piombino.

(m.u.)

 

I Verdi: no al progetto all’ex Maddalena

 

I Verdi per la pace protestano contro la riqualificazione dell’area ex Maddalena. «Nonostante l’aria di primavera che ci invita a uscire e a godere del nostro splendido territorio e delle sue bellezze, una parte della città è stata violentata dall’ennesimo intervento che vedrà sorgere nell’area della Maddalena negozi (per un totale di 5.000 metri quadri di area commerciale), 250 alloggi di edilizia residenziale pubblica e relativi parcheggi - si legge in una nota a firma Alfredo Racovelli e Giorgia Visintin -. Si tratta di un parco che risale agli inizi del ‘900 e che evidentemente era di ingombro per il nuovo progetto di riconversione visto che attualmente non è rimasta nemmeno una specie vivente in quel territorio ovvero arbusti, ippocastani centenari, frassini ecc., compresi gli ulivi per la pace donati nel 2000». La lettera chiama poi in causa Dipiazza: «Il sindaco in consiglio ha ribadito che su di un’area privata il Comune non può fare nulla per cui il privato può fare quello che vuole. Ma è proprio così? In realtà il regolamento sul verde pubblico e in particolare l’articolo 38 permette all’amministrazione di intervenire a tutela del verde che sorge su di un’area privata». Infine, un auspicio: «Vedremo se il sesto assessore a pianificazione e ambiente dal 2001 ad oggi saprà tenerne conto».

 

 

Borgo Teresiano solo per pedoni Lo chiede il comitato Cosapu  - «Il percorso parte da piazza Libertà, passa da largo Panfili e termina in piazza Venezia»

 

Lo studio per salvare i masegni verrà proposto al Comune

Un’ area pedonale più estesa nel centro di Trieste che collega il Borgo Teresiano al Borgo Giuseppino. Il tutto per salvaguardare i masegni che raccontano la storia degli ultimi anni di vita triestini narrati magari dai segni incisi sul lastricato.
Il nuovo progetto, stilato dal Comitato per la Salvaguardia del patrimonio Urbano di Trieste, Cosapu, con l'aiuto di uno studio specializzato di architetti, sarà presentato domani a Trieste nel corso di una conferenza ospitata dal Circolo della Stampa.
«Presentiamo un progetto di percorso pedonale – spiega il presidente del Comitato, Bruno Cavicchioli- che, partendo da piazza Libertà, si snoda dapprima nel Borgo Teresiano, passando per Largo Panfili, Via Trento, Via Cassa di Risparmio, Piazza della Borsa, Piazza Unità, Via Cavana, Piazza. Hortis, Via Torino, per terminare nel Borgo Giuseppino in Piazza Venezia». «Tutto il percorso – commenta Cavicchioli - è, in parte, sfuggito alla furia iconoclasta del Comune di Trieste, Acegas e Autorità Portuale ed è ancora ricco di lastricati originari da recuperare».
Alla conferenza che presenterà in dettaglio il nuovo progetto seguirà la presentazione formale del progetto al Comune. «Speriamo che la nostra proposta venga accolta favorevolmente anche perché è anche nell’ interesse di Trieste – nota il presidente Cosapu – Peraltro, non a caso, abbiamo già invitato alla presentazione di giovedì anche l’assessore comunale Franco Bandelli».
E i soldi per finanziare il nuovo percorso pedonale ? «Non servono cifre assurde e si possono ricavare tranquillamente da altri progetti che invece rischiano di distruggere la bellezza di questa città – commenta Cavicchioli - Noi qui abbiamo decenni di storia e c'è chi invece vuole sconvolgerla costruendo magari ponti in cemento e ferro, per esempio sul Canale Grande». Attacco diretto al progetto Ponte Bailey.
Ma qual’è l’iter per portare avanti l’iniziativa? «Abbiamo bisogno di una specie di protocollo d’intesa sul modello di quello già adottato a Venezia- spiega Cavicchioli - Si tratta di un documento stilato dalla Soprintendenza di Venezia, che ha imposto al Comune della laguna la stretta osservanza di regole rigidissime nel trattare i masegni dei lastricati». Secondo il presidente Cosapu, tra le nuove norme veneziane che potrebbero essere applicate anche a Trieste, spiccano per esempio alcune che obbligano il Comune della laguna al «recupero di antichi arnesi in legno, indicando la composizione delle malte o creando una scuola di scalpellini e specialisti nel trattare il materiale che, prima di essere asportato viene fotografato, numerato, catalogato, incellofanato su pallets e riposizionato»
Il nuovo progetto sulla pedonalizzazione di Trieste segue innumerevoli iniziative del Comitato Cosapu il cui obiettivo dichiarato da anni è «la difesa di un immenso patrimonio finora oltraggiato e che invece deve essere rivalutato con il recupero di ogni singola pietra che a sua volta deve essere censita, restaurata e rimessa al proprio posto». Il tutto partendo da uno scenario che vede il carattere della città fortemente condizionata dagli spazi, dalle piazze o dalle strade .
Al centro delle attività Cosapu - il problema della rimozione e della sostituzione delle lastre di pavimentazione di una larga parte del centro cittadino. Secondo il Comitato, alcune parti del lastricato risalgono alla seconda metà del settecento, altre alla seconda metà dell’ottocento.

GABRIELA PREDA

 

 

I corridoi transeuropei costeranno il 17% in più - Bruxelles preoccupata dei ritardi nei progetti: l’Italia dovrà lavorare di più

 

BRUXELLES I trenta progetti prioritari di reti transeuropee costeranno oltre 397 miliardi di euro, quasi il 17% in più rispetto a quanto preventivato nel 2004 (340 miliardi). La cifra, resa nota dalla Commissione europea in base a informazioni ricevute dagli Stati membri nell'aprile scorso per una verifica dei progressi fatti, è più alta di quella contenuta in uno studio già realizzato a cura del Parlamento europeo (379 miliardi, pari all'11,6% in più).
Ma a preoccupare Bruxelles, più dell'aumento dei costi - dovuti soprattutto ai ritardi nella realizzazione o ai tempi di preparazione dei progetti -, è lo scarso sforzo che la stragrande maggioranza degli Stati (tra i quali l'Italia) ha fatto finora per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto. I Paesi dovranno trovare 250 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati per far diventare realtà i trenta progetti prioritari. Alle battute finali del suo incarico alla guida dei Trasporti, il commissario Ue Jacques Barrot che lascerà il testimone all'italiano destinato a sostituire Franco Frattini, futuro ministro degli Esteri, non risparmia una «tirata d'orecchie» agli Stati membri colpevoli, a suo avviso, di aver ridotto notevolmente - ad un misero 0,5% del pil contro l'1,5% degli anni '80 - gli investimenti. Secondo il rapporto della Commissione sulle reti transeuropee, l'Italia è il Paese che dovrà fare ancora lo sforzo maggiore dopo il 2013, Per la Torino-Lione, Barrot riconosce che «si è perso tempo» L'investimento complessivo per il corridoio che va verso Trieste e Divaca fino a Budapest supera i 60 miliardi. Ma rimangono ancora da mettere in cantiere dopo il 2013 opere per 42,48 miliardi di euro, decisamente il pacchetto più consistente sul totale di 120,3 miliardi di euro previsti per i trenta progetti prioritari.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 maggio 2008 

 

 

Tondo: chiudere la Ferriera è una priorità - «Proveremo a recuperare il tempo perso ripartendo dal protocollo Matteoli»

 

È una priorità della giunta Tondo favorire la procedura di chiusura e riconversione della Ferriera di Servola. Un tema battuto in campagna elettorale dal candidato governatore del Friuli Venezia Giulia, ribadito anche nel giorno dell’insediamento ufficiale della sua giunta regionale in piazza Unità.
«Sulla Ferriera cercheremo di recuperare il tempo perduto», sono state le parole pronunciate ieri pomeriggio da Renzo Tondo. E quando parla di «tempo perduto» il presidente della Regione si riferisce precisamente al 14 ottobre 2003, data in cui l’allora ministro Altero Matteoli firmò assieme agli enti locali e alla Lucchini spa, proprietaria dell’impianto siderurgico, un protocollo d’intesa per la dismissione entro il 2009 della Ferriera di Servola.
«Ripartiremo da quel documento», è la promessa di Tondo che confida anche nel rientro dello stesso Matteoli, «amico del Friuli Venezia Giulia», nella squadra del governo Berlusconi. Se l’esponente del Popolo della libertà, sponda An, non dovesse tornare ad occuparsi del ministero dell’Ambiente toccherà a qualcun altro prendere in mano la patata bollente. Che bollente così non è, almeno secondo Sergio Dressi, già assessore con delega al Lavoro e Industria prima dell’era Illy. Al fianco di Tondo.
È proprio l’esponente triestino di An - candidato in pectore a ricoprire lo stesso assessorato di un tempo, ma rimasto fuori dalla giunta regionale - a spiegare quale dovrebbe essere il percorso auspicato da Tondo. «Abbiamo perso cinque anni, grazie alla giunta Illy, ma adesso sono emersi due fatti nuovi. Diciamo due coincidenze favorevoli», sostiene Dressi. Coincidenze politiche che ripropongono a Roma il premier Silvio Berlusconi e a Trieste il governatore Renzo Tondo. «Si ripresentano le stesse condizioni del 2002, anno in cui iniziò questo percorso fra due governi amici. Anche l’amministrazione comunale è la stessa (solo la Provincia è passata al centrosinistra, ndr) - sottolinea - mentre la proprietà della Ferriera non è più rappresentata dalla Lucchini, che aveva sottoscritto il protocollo, ma dalla Severstal». Un cambiamento di non poco conto, perché la partita è tutta economica. Sarà necessario dunque un tavolo fra le parti per capire se anche la Severstal è interessata al business della riconversione dell’area dove insiste l’impianto siderurgico.
«Dopo il paradosso dello studio affidato dalla Regione alla società Omnia dell’ingegner Giovanni Gambardella, costato 138mila euro, è finalmente possibile tornare a prendere in mano il protocollo Matteoli», afferma Dressi. Indicando nella piattaforma logistica e in altre realtà industriali il futuro dell’area dove sorge la Ferriera. Accanto al percorso di demolizione e contestuale bonifica, che all’epoca doveva essere affidata a Sviluppo Italia, l’ex assessore regionale al Lavoro e all’Industria indica la riconversione e riqualificazione professionale degli operai. In ballo ci sono 500 dipendenti a cui bisogna sommare anche un indotto di almeno altri 300. Non è mica uno scherzo. Numeri che non spaventano Dressi ed evidentemente neanche Tondo. «Già nel 2003 c’erano molti interessi da parte dei privati per la piattaforma logistica, a cominciare dalla Gavio, per non parlare dei sudcoreani. La legge Obiettivo, dopo l’accordo Tondo-Berlusconi, stabiliva un finanziamento pubblico - ricorda - mentre era previsto anche un Distripark, con una serie di realtà industriali per il riconfezionamento delle merci». Tutte attività lavorative, tra cui la manutenzione, in cui impiegare i dipendenti della Ferriera».
Un percorso a tappe che dovrà ricevere il benestare della proprietà. «Bisognerà convincerli a chiudere nel 2009, proponendo lo stesso percorso sposato dalla Lucchini», sostiene Dressi. Preoccupato solo da un aspetto: la proroga del Cip6. È il contributo per le fonti di energia assimilabili alle energie alternative, di cui la Ferriera beneficia per la centrale di cogenerazione. Un affare di non poco conto. «È stato l’ultimo regalo del governo Prodi (doveva scadere nel 2009, ndr), bisognerà convincere la Severstal - dice l’ex assessore regionale - che è la logistica il vero investimento».

PIETRO COMELLI

 

 

Duino, Veronese chiede che la Provincia tratti sugli elettrodotti

 

DUINO AURISINA Approda anche in Consiglio provinciale la questione degli elettrodotti e del passaggio dei tralicci a Duino Aurisina. Con una mozione da discutere nella prossima seduta, il consigliere Massimo Veronese (ha doppio ruolo, in Provincia e in Comune a Duino Aurisina) ha chiesto alla Provincia di farsi garante dell’istituzione di un «tavolo di coordinamento tra Comuni e gli altri operatori pubblici e privati del territorio carsico per predisporre, attraverso metodi partecipativi, un protocollo d'intesa che definisca le linee guida per la zonizzazione dei ”corridoi tecnologici” e le modalità tecniche alle quali vincolare la realizzazione delle prossime strutture di trasporto di energia, gas e carburanti». Il tavolo avrebbe lo scopo di trovare un accordo tra tutte le parti coinvolte dal passaggio d’infrastrutture, in modo da creare un «gruppo di pressione» per poter contrattare al meglio con quanti chiedono di attraversare il territorio per trasportare energia. Il tavolo - auspica il centrosinistra - dovrebbe prevedere procedure partecipative, affinché la popolazione interessata possa avere voce in capitolo ed esprimere direttamente le proprie opinioni di fronte agli amministratori.
Trovare un accordo a livello provinciale è quanto mai urgente per il centrosinistra. «La liberalizzazione della vendita dell'energia elettrica - dice Veronese - causerà un aumento dei fornitori e delle richieste di utilizzo di servitù di passaggio sul nostro territorio: dobbiamo prepararci a questa evenienza. Non è pensabile che il territorio che subisce il passaggio di vettori come gli elettrodotti non ottenga indennizzi. E il potenziale raddoppio della centrale nucleare di Krsko in Slovenia non farà che aumentare la produzione di energia diretta a Occidente: Duino Aurisina sarà certo coinvolta in questo processo, con una maggiore richiesta di passaggio di future infrastrutture».

(fr.c.)

 

 

SNAM - Metanodotto Trieste - Grado Villesse

Avviso al Pubblico - Istanza di pronuncia di compatibilita' ambientale al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali.

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 maggio 2008 

 

 

Ferriera, calano rispetto al 2007 le emissioni di sostanze nocive  - Hanno inciso in modo sensibile le condizioni meteo. In arrivo criteri più rigidi per i controlli

 

I dati degli studiosi incaricati dalla Procura in linea con i valori dell’Arpa

Le condizioni climatiche di febbraio e marzo - vento e piogge - hanno mantenuto bassi nell’atmosfera di Servola i valori delle polveri sottili e del benzoapirene.
Lo dicono le misure delle centraline poste in vari punti nella «cintura di sicurezza» allestita attorno alla Ferriera su ndicazione della Procura della Repubblica. Nelle vie Carpineto, Giardini, San Lorenzo, Pitacco e Svevo, dove gli apparecchi di rilevazione sono gestiti dall’Arpa, dal Cigrua e dalla società Sanitas, i valori misurati non si sono discostati significativamente gli uni dagli altri. Le differenze sono spiegabili sia dalle diverse distanze dei punti di rilevazione dagli impianti siderurgici, in particolare la cokeria e l’agglomerazione, sia dalle diverse altezze sul livello di mare dell’abitato di Servola.
Gli sforamenti delle polveri sottili sono emersi dalle prime misure effettuate rispettivamente il 20 e 28 febbraio e il 2 marzo accanto all’ex scuola intitolata a «Damiano Chiesa» e in via Pitacco. I valori variano dai 50,2 microgrammi per metro cubo d’aria, misurati domenica 2 marzo accanto alla scuola, ai 77,4 rivelati in via Pitacco il 28 febbraio. Dal 12 marzo al 21 marzo è stato misurato un unico superamento dei valori limite. «Un valore anomalo di 69,2 microgrammi, in via Pitacco, in posizione prossima alla cokeria» scrivono i ricercatori del Cigra nella relazione al pm Federico Frezza.
Nello stesso periodo febbraio-marzo del 2007 gli sforamenti erano stati ben più massicci e numerosi e il miglioramento viene spiegato anche guardando alle diverse condizioni climatiche. Vento e piogge nel 2008; atmosfera «ferma» e assenza di precipitazioni l’anno prima.
A breve scadenza le normative europee obbligheranno però a tener conto nella valutazione complessiva dell’impatto delle polveri sottili anche delle pm 2,5 e non solo delle pm 10. Secondo quanto è emerso finora le emissioni della Ferriera sono al di là della soglia prevista, ma deve essere ancora valutato l’effetto dei lavori di miglioramento ancora in corso avviati dal gruppo Lucchini-Severstal.
Tra febbraio e marzo anche i livelli di benzoapirene sono risultati di gran lunga migliori di quelli misurati nello stesso periodo del 2007. Le centraline della «cintura di sicurezza» hanno rilevato percentuali sempre inferiori agli 0,2 nanogrammi per metro cubo d’aria. Anche in queste misure la soglia di legge sta comunque per abbassarsi: recenti studi in Germania hanno sottolineato che la presenza di ozono nell’aria atmosferica, ossida il benzoapire. In sintesi l’ozono ne riduce la quantità rilevabile. Ciò comporta un necessario adattamento delle centraline. Come ha spiegato il dottor Pierluigi Barbieri del Cigra, «i risultati finora riportati sarebbero sensibilmente sottostimati rispetto ai dati reali di benzoapirene atmosferico effettivo».

CLAUDIO ERNÉ

 

 

Coped-Camminatrieste vara nuove iniziative

 

Continua il ciclo di iniziative promosse dall’associazione Coped-Camminatrieste a tutela dei diritti del pedone e della sicurezza stradale. L’associazione in passato ha varato diverse manifestazioni che in particolare hanno visto insieme anziani e allievi delle scuole primarie. Venerdì prossimo avrà luogo una passeggiata sul Carso senza confini, intorno alle grotte di San Canzian e Lipizza. Giovedì 22 maggio invece studenti e pedoni insieme a nonni e nipoti passeggeranno attraverso la pista ciclopedonale con partenza da Altura e pranzo al sacco in val Rosandra. Il centro di riferimento per queste iniziative è la sede di Coped-Camminatrieste in via Foscolo 7.

 

 

La russa Lukoil sbarca in Croazia: punta al rigassificatore di Veglia  - La compagnia petrolifera guarda anche all’oleodotto Janaf

 

Pronto il progetto per un deposito di greggio a Ploce capace di accogliere 200mila metri cubi

FIUME I petrolieri russi sbarcano in Croazia. Se ne era già parlato all’inizio dell’anno sulla base di indiscrezioni corredate da un punto interrogativo. Che ora è stato rimosso. La Lukoil, una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali (oltre 90 milioni di tonnellate di petrolio estratte l’anno scorso, con l’aggiunta di 7,6 milioni di metri cubi di gas), ha fatto ufficialmente il suo ingresso sul mercato croato con l’acquisto di sette distributori nelle aree di Zagabria e Spalato. Le stazioni di servizio in questione appartenevano finora alla piccola compagnia privata Europa Mil. Il colosso moscovita del petrolio e gas naturale – che probabilmente non si accontenterà di recitare solo un ruolo di comprimario in Croazia – comincia quindi a proporsi come alternativa alla croata Ina (con forte partecipazione dell’ungherese Mol) e all’austriaca Omv, quest’ultima comunque relegata tuttora a un ruolo secondario. E non appare certo privo di significato il fatto che Lukoil detenga già una quota azionaria della compagnia magiara.
All’inizio dell’anno c’era stato un primo ma chiaro segnale delle intenzioni del Cremlino e, quindi, di Vladimir Putin in persona: l’apertura a Zagabria di una sede di rappresentanza Lukoil, affidata – guarda caso – a quel Nikolai Ivcikov che pare essere stato il protagonista dell’allargamento a Ovest del gigante russo. Come si era esattamente pronosticato circa quattro mesi fa, l’ingresso di Lukoil in Croazia è avvenuto attraverso la «porta di servizio» bosniaca, ovvero la cosiddetta Repubblica serba di Bosnia, legata al governo di Belgrado. Dopo essersi assicurato il controllo del mercato petrolifero in Serbia (e dopo aver fatto lo stesso in Bulgaria, Romania, Macedonia, ecc.), il gigante russo non ha certo dovuto penare per acquisire la raffineria di Bosanski Brod, nella predetta enclave serbo-bosniaca. Una mossa che ha assicurato a Lukoil anche un’altro asso nella manica: una «testa di ponte» nell’area portuale di Ploce, in Dalmazia. Qui, per il momento, la maggiore compagnia petrolifera russa si limita ad avvalersi in subaffitto di un impianto di deposito della capacità di 24 mila metri cubi, dal quale viene alimentata la suddetta raffineria di Bosanski Brod e quindi rifornito di derivati il mercato bosniaco.
Sempre sulla base di informazioni ufficiose, tuttavia, a Ploce Lukoil non sarebbe disposta ad accontentarsi dei serbatoi in affitto, ma – sempre facendo leva sulla posizione di privilegio bosniaca nell’area portuale della cittadina alla foce della Narenta (Neretva) – starebbe progettando l’allestimento di una grossa area di stoccaggio. Si parla di un complesso con serbatoi fino a 200 mila metri cubi, che andrebbe a interpolarsi nelle strutture bosniache in questo scalo portuale dalmata grazie a misteriosi e contestati accordi intercorsi più di un decennio fa tra Zagabria e Sarajevo. Accordi che assegnerebbero, appunto, una posizione di favore o privilegiata all’economia bosniaca nella zona portuale di Ploce. Come che sia, l’acquisizione dei sette distributori di carburante nelle aree di Zagabria e Spalato da parte di Lukoil potrebbe costituire solo il primo passo in una cornice strategica più ampia. Che non si fermerebbe solo a controllare una fetta del mercato dei derivati in Croazia, ma punterebbe a bersagli molto più appetibili. Come l’oleodotto Janaf (dall’isola di Veglia verso il confine ungherese e, a Est, verso la Serbia) o come il rigassificatore (o terminal Lng) che secondo gli esperti avrebbe la sua collocazione ottimale proprio sul versante Nord dell’isola quarnerina. (f.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 maggio 2008 

 

 

L’elettrodotto di Visogliano non sarà interrato  - Nuova proposta della Terna: tralicci più alti e lontani dalle case

 

Il sindaco Ret: «Mi sembra comunque una buona base da cui partire»

DUINO AURISINA Niente più interramenti per l'elettrodotto che passa per Visogliano e San Pelagio. Si ridiscute, a Duino Aurisina, il nuovo tracciato dell'alta tensione, su proposta della Terna, la società che gestisce buona parte degli elettrodotti nazionali. Dopo l'accordo del settembre 2006, quando il comune aveva dato parere favorevole al tracciato che prevedeva l'interramento a Visogliano e lo spostamento dell'alta tensione dalla zona delle case di San Pelagio - e dopo una ulteriore richiesta di interramento anche per San Pelagio - ora il Comune si trova di fronte a una nuova proposta di progetto, ancora diversa. Nulla verrebbe più interrato, ma per quanto riguarda Visogliano l'alta tensione verrebbe posizionata su tralicci molto più alti degli attuali, e spostata lontano dalle case. Una soluzione che, a prima vista, sembra non essere negativa, ed è stata accettata con una visione possibilista da parte del sindaco. Niente interramenti neanche a San Pelagio, ma anche qui uno spostamento e un innalzamento, che avvantaggerebbe i residenti, ma non i coltivatori della zona, poiché il tracciato continuerà a passare lungo i campi dei contadini.
«Abbiamo ricevuto la nuova proposta la settimana scorsa - spiega il sindaco Ret - e ho subito fissato una riunione dei capigruppo, aperta anche agli altri consiglieri, per giovedì. Giovedì dovremo iniziare a guardare questo nuovo progetto, che in linea di massima con alcuni residenti è già stato condiviso: anche se non c'è l'interramento, lo spostamento dei tralicci e l'innalzamento della linea sembra una buona soluzione da cui partire».
Sarà una conferenza dei servizi, che dovrà venir convocata a livello regionale (le modifiche alla rete dell'energia elettrica non riguardano solo il territorio di Duino Aurisina, ma anche parti di Carso che competono al comune di Trieste, e tutta la zona del mandamento monfalconese), il tavolo definitivo dove approvare il progetto: una conferenza nella quale i singoli comuni interessati dalle modifiche della rete elettrica avranno voce in capitolo, e dovranno approdare con alle spalle il voto dei rispettivi consigli comunali. Su questo fronte si inserisce anche l'iniziativa del consigliere d'opposizione a Duino Aurisina Maurizio Rozza, che proprio nei giorni scorsi aveva chiesto l'annullamento dei precedenti pareri positivi del consiglio comunale per pensare a nuove vie per l'elettrodotto, e non solo, anche a sistemi più moderni di passaggio dell'energia elettrica.
«Quello che emerge dalla nuova bozza di progetto presentata dalla Terna - spiega ancora il sindaco Ret - è che l'interramento dei cavi dell'alta tensione potrebbe non essere la soluzione migliore, rispetto alla scelta di allontanare fisicamente dalle case la rete stessa. Dobbiamo tenere conto di molti aspetti - dice il sindaco - non ultimo quello che riguarda il tipo di terreno carsico, e la profondità di interramento. Comunque ne discuteremo in maniera approfondita».
Ma accanto alle istanze relative alla salute, si discute anche di indennizzi, e su questo Ret appare molto deciso: «Questo territorio è stato sfruttato come corridoio infrastrutturale da tutto e tutti: metano, oleodotto, energia elettrica e autostrade. Duino Aurisina non ha mai ricevuto alcun indennizzo, e io sono motivato a combattere per questo». A chiedere tutela a gran voce sono in particolare gliagricoltori, a seguito del passaggio lungo i campi della rete elettrica, la presenza dei tralicci, il potenziale danno alla salute dei contadini (in merito c'è una nuova norma europea, segnalata da Rozza, dove si tutela proprio gli agricoltori che passano più di quattro ore al giorno nei campi all'ombra dei tralicci dell'alta tensione) e anche alla qualità dei prodotti agricoli coltivati sotto i campi elettromagnetici. Alleanza contadina, presa visione del nuovo progetto, ha chiesto un incontro al sindaco - che si svolgerà domani in municipio - per ribadire i diritti degli agricoltori, ma anche pensare alla questione indennizzi.
Francesca Capodanno

 

 

Via alla ferrovia Fiume-Botovo L’alta velocità pronta nel 2014  - Entro due mesi lo studio di fattibilità, fra un anno i cantieri

 

Il porto croato diventerà concorrente di Trieste e Capodistria

FIUME Il progetto sta per venire alla luce, come pure lo studio sull’impatto ambientale, mentre nei prossimi due mesi sarà varato lo studio di fattibilità. Seguiranno le procedure per l’ottenimento del permesso di costruzione, mentre i lavori veri e propri dovrebbero cominciare nella primavera 2009. Zagabria non perde tempo con quello che gli esperti hanno definito il più grande progetto infrastrutturale del secolo per la Croazia: la ferrovia pianeggiante Fiume-Botovo, al confine con l’Ungheria, che dovrebbe entrare in funzione nel 2014. La nuova strada ferrata è destinata a cambiare in meglio le sorti della Fiume portuale, di una città che da secoli è il terminale (o la parte iniziale) dei trasporti su rotaia dell’Ungheria e di una vasta porzione mitteleuropea.
«Stiamo procedendo a ritmi molto spediti», ha dichiarato Stjepan Kralj, direttore del progetto: «Abbiamo definito i corridoi e alcune loro varianti e portato a termine i lavori di ricerca. Si tratta di un’opera di difficile, complessa realizzazione, specie il segmento che attraversa la vallata di Vinodol, poche decine di chilometri a est di Fiume. Studiando l’area siamo venuti a conclusione che dobbiamo approntare una galleria in più rispetto a quanto pianificato».
La ferrovia di pianura, a doppio binario, verrà a costare sui 8 miliardi di kune, circa un miliardo e 100 milioni di euro, cifra esorbitante che vedrà la Croazia ricorrere ad un megaprestito della Banca europea per gli investimenti. Da Botovo a Zagabria si procederà alla ricostruzione della linea ferroviaria, mentre da Fiume a Karlovac si costruirà dunque un collegamento ex novo, che andrà a sostituire la vecchia tratta, inaugurata nel lontanissimo 1873 e non più in grado di reggere l’urto delle sollecitazioni d’oggigiorno. La nuova infrastruttura sarà lunga 269 chilometri, con tempi di percorrenza (trasporto passeggeri) di due ore da Fiume a Botovo e di soli 60 minuti dal capoluogo quarnerino alla capitale croata.
I treni passeggeri potranno sviluppare velocità fino a 250 km orari, quelli merci toccheranno i 120. La nuova linea di pianura, che comprenderà la costruzione di viadotti, ponti e trafori, consentirà un trasporto merci annuo di circa 25 milioni di tonnellate, con tempi di percorrenza molto inferiori rispetto agli attuali: il nuovo tracciato della Fiume-Karlovac sarà accorciato addirittura di 54 chilometri.
«Fiume spiccherà un invidiabile salto verso l’alto - così il ministro del Mare, Trasporti e Infrastrutture, Bozidar Kalmeta - diventando una formidabile concorrente per i porti di Trieste e di Capodistria. Le tariffe dei trasporti in direzione dello Stato magiaro e dei Paesi del Centro Europa caleranno sensibilmente, risultando inferiori di ben tre volte rispetto ai costi di oggi». Secondo Kalmeta, i carichi potrebbero lievitare per decine di punti percentuali fino al 2015 in seguito all’ espansione dei mercati russi e asiatici.
Per il direttore generale della Luka, l’azienda portuale fiumana, Denis Vukorepa, la ferrovia pianeggiante permetterà al porto di avere una movimentazione merci annuale di 30 milioni di tonnellate.
Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 maggio 2008 

 

 

Wwf: stop al Riviera allargato  - PIANO DI AMPLIAMENTO DELL’ALBERGO  - Secondo gli ambientalisti sarebbe altro cemento sulla Costiera

 

Il Wwf insorge contro l’ampliamento dell’hotel Riviera di Grignano, per il quale è ancora in corso la procedura di valutazione dell’impatto ambientale regionale. In una nota l’associazione ambientalista sostiene di aver rilevato tra le osservazioni presentate nell’ambito di tale procedura (e di recente integrate) «gli effetti negativi di questo progetto sul delicatissimo ambiente costiero».
Secondo il Wwf, infatti, verrebbe infatti cementificata l’area compresa tra l’attuale albergo e il sottostante stabilimento balneare, eliminando completamente un’importante e ricca fascia boscata, che fa parte del «corridoio ecologico» rappresentato dall’insieme delle superfici costiere ancora non urbanizzate.
Si tratta, osserva il Wwf di un’area prossima al sito di importanza comunitaria e alla zona di protezione speciale, istituite in ottemperanza alle disposizioni europee sulla tutela della natura e dell’avifauna selvatica. «Questi aspetti – rilerva il Wef – non sono stati però adeguatamente analizzati negli studi presentati dalla società proponente Magesta spa. Sono stati completamente trascurati anche gli effetti (negativi) cumulativi e sinergici, sugli equilibri ecologici e ambientali, tra questo progetto e altri numerosi interventi edificatori già realizzati lungo la Costiera».

 

 

Dall’Università della terza età 35 «sì» alle analisi di raffronto con i servolani - L’AZIENDA SANITARIA FISSERÀ I PRELIEVI

 

Sono 35, hanno detto di sì. È stato individuato all’Università della terza età che, interpellata dall’Azienda sanitaria, aveva dato la propria disponibilità a collaborare all’iniziativa, il campione di cittadini disposti a offrirsi spontaneamente per analisi del sangue e delle urine come test di raffronto rispetto agli abitanti di Servola che lo hanno appena concluso.
Si tratta di 35 persone che dovranno dimostrare di vivere in zone non inquinate e parzialmente anche sull’altipiano carsico il cui elenco, completo di «consenso informato», verrà ritirato martedì dai medici del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria che poi provvederanno a fissare appuntamenti personali con ciascuno. Ma il gruppo ha già ricevuto, nella sede di via Lazzaretto vecchio dove frequenta i corsi, sia tutto il materiale informativo necessario sia il contenitore che servirà per le urine.
Sotto controllo, un’altra volta, i livelli di alcuni metalli nel sangue (cadmio, piombo e manganese) e la presenza o meno di metaboliti degli idrocarburi policiclici aromatici, cioé sostanze-sentinella che ne denunciano la concentrazione.
«Sono persone con grande sensibilità e senso civico - approva il presidente dell’Università della terza età, Ugo Lupatelli - e a noi ha fatto piacere collaborare a un’azione utile per la città».
Si completerà così la seconda fase del progetto «Ferriera & salute» che anche di recente ha continuato a sollecitare commenti eccitati. I risultati, elaborati dal Laboratorio di tossicologia industriale dell’Università di Brescia, hanno infatti dimostrato una situazione del tutto rassicurante circa l’assorbimento corporeo di sostanze nel sangue e nei liquidi biologici del gruppo di cittadini scelti fra quelli che avevano sollecitato la Sanità pubblica a verificare l’incidenza dei fumi prodotti dalla Ferriera.
L’esito era stato accolto con un certo scetticismo perfino dagli interessati, gli abitanti di Servola, pur contenti di apprendere che il loro corpo - nonostante polveri sottili, puzze, fumi - non era diventato un deposito di piombo e di benzoapirene, sostanze tutte di provata cancerogenità. Dipiazza l’aveva quasi rigettato parlando di «coperture politiche» e di fatto lanciando pesanti accuse all’Azienda sanitaria, ricevendo in risposta un netto «altolà» da Franco Rotelli, direttore generale dell’Azienda sanitaria, che aveva invitato il sindaco a fare il sindaco e a lasciare ai tecnici il proprio mestiere, difendendo altresì la neutralità doverosa di un ente di Sanità pubblica e nel contempo la professionalità indiscussa del laboratorio bresciano. La Lucchini, per parte sua, si era detta soddisfatta dei risultati promettendo indagini sanitarie su tutti i lavoratori della Ferriera (anche le analisi sugli operai della cokeria non sono state giudicate particolarmente allarmanti per la salute).
Infine era necessario appunto completare la fotografia con un campione di raffronto, uguale per età e abitudini di vita, ma differente per indirizzo anagrafico, in modo da selezionare i risultati della zona inquinata e di quella più pulita. Per scegliere i volontari l’Azienda sanitaria ha puntato sull’Università della terza età in quanto la maggioranza di coloro che le analisi le aveva invece chieste era attorno o oltre i 60 anni di età. Si è tenuta una lezione informativa ed è stato lanciato l’appello. Bisognerà vedere se 35 cittadini sono sufficienti, visto che il gruppo precedente era alquanto più numeroso.
g. z.

 

Il Verde duinese Rozza: «Elettrodotto da interrare»  - L’ecologista porta a sostegno della proposta nuove norme Ue e dati sulla nocività

 

Il consigliere chiede al Comune di trattare con Terna spa

DUINO AURISINA Ci riprova, il consigliere comunale di Duino Aurisina Maurizio Rozza. Prova a convincere la maggioranza in Consiglio comunale a Duino Aurisina a rinegoziare con la società Terna spa percorsi e interramenti dell'elettrodotto che taglia in due il territorio comunale, passando vicino a molte abitazioni nelle zone di Visogliano e Malchina.
L’esponente Verde ci riprova con un ordine del giorno di ben 24 pagine che punta a ottenere, da parte dell'amministrazione comunale, l'annullamento delle delibere votate dalla maggioranza nel settembre del 2006 che elencavano i punti di accordo tra Comune e Terna spa per lo spostamento dell'elettrodotto e il suo parziale interramento.
Un accordo preso dall'allora assessore Gabriella Raffin, oggi non più presente nella giunta duinese, ratificato dalla maggioranza ma mai ritenuto positivo da parte dell'opposizione di centrosinistra. L’esponente del movimento ambientalista, all’opposizione a Duino Aurisina, ci riprova ora perché - a suo dire - i tempi dell'avvio dei progetti da parte dell’energetica Terna (la società che gestisce buona parte degli elettrodotti italiani) per il territorio di Monfalcone e Duino Aurisina sono maturi.
«Ma soprattutto perché - tiene a precisare Maurizio Rozza - alcune norme a livello europeo sono cambiate, favorendo la tutela del benessere delle persone che vivono nei pressi dei cavi dell'alta tensione».
«Inoltre - spiega - vi sono sempre più concrete evidenze dei potenziali rischi per la salute compresi, in particolare, rischi particolari per i bambini in età più tenera, che consistono nella possibilità di contrarre la leucemia a causa dell'elevata esposizione ai campi elettromagnetici generati nelle vicinanze degli elettrodotti».
Così, presentando uno studio europeo sul rischio per i bimbi e sottolineando le nuove normative europee a tutela degli agricoltori che passano più di quattro ore al giorno a lavorare nei campi attraversati dagli elettrodotti, Rozza chiede all'amministrazione comunale di «rinnegare» l'accordo con la Terna spa siglato un anno e mezzo fa, per valutare nuove, recenti possibilità di trasformazione degli attuali tralicci dell'alta tensione in «linee compatte» con minore emissione di radiazioni, già attivate dall'Enel in altre zone d'Italia e non prese in considerazione nella stesura del progetto validato all’epoca dal Comune duinese.
Il consigliere Rozza ha anche chiesto l'intervento della nuova giunta regionale sul tema, affinché vi sia una valutazione sia dell'accordo effettuato dal Comune di Duino Aurisina con azienda del settore energetico, sia del rispetto delle norme.
Intanto i residenti nelle frazioni di Visogliano e Malchina aspettano, ormai da anni, che una soluzione venga infine condivisa e che i tralicci dell’elettrodotto vengano allontanati il prima possibile dalle loro case.
fr.c.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 maggio 2008 

 

 

Rifiuti, Italia deferita alla Corte di giustizia europea - La Commissione è convinta che «Roma non rispetti la normativa». Il commissario lotta contro il tempo

 

BRUXELLES Gli sforzi fatti finora per risolvere la tragica situazione dello smaltimento dei rifiuti in Campania non sono sufficienti per cui la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia europea il 6 maggio. Il passo politico finale è stato fatto ora dall’esecutivo comunitario ma per motivi di procedura, e di festività che si accavallano, la decisione formale sarà varata solo martedì prossimo.
«Siamo ancora convinti che l’Italia non rispetti la normativa dell’Unione europea sui rifiuti - ha detto Barbara Helfferich portavoce del Commissario Ue all’Ambiente Stavros Dimas - il provvedimento è già nero su bianco e ha passato il vaglio dei capi di gabinetto che si riuniscono ogni settimana per preparare le decisioni dei loro Commissari».
Secondo la Helffech, l’atto di deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia è stato esaminato per l’ultima volta e dalla Commissione nessuna voce si è levata per difendere in extremis il nostro Paese.
«E’ necessario - per il commissario Dimas - che le autorità italiane non solo prendano misure efficaci per risolvere l’emergenza, ma che realizzino anche un sistema di gestione dei rifiuti per risolvere problemi che durano da oltre 10 anni».
Sono intanto ore decisive per l’emergenza rifiuti in Campania dove si contano i giorni in vista della scadenza del mandato del commissario straordinario De Gennaro. L’altroieri l’uomo indicato dal governo Prodi per risolvere l’annosa questione della spazzatura, ha incontrato a Palazzo Grazioli il premier in pectore Berlusconi e il suo braccio destro Gianni Letta, un meeting durato due ore al termine del quale De Gennaro non ha rilasciato dichiarazioni. Sul tavolo due questioni base: la scadenza del mandato e la corsa contro il tempo in un contesto che rischia di non trovare uno sbocco determinante se non si provvederà a sbloccare almeno un grosso sito di stoccaggio.
In questa direzione, seguendo le richieste del supercommissario, il sindaco di Napoli Iervolino ha fatto presente che l’utilizzo di una cava nel quartiere Nord di Chiaiano a Napoli «è una strada che piaccia o non piaccia deve esser percorsa».
 

 

Pola: allarme spazzatura «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria»  - Alzata di scudi contro il progetto di una megadiscarica regionale a Medolino

 

Cresce continuamente d’intensità la protesta contro il progetto della discarica regionale a Castion, località nel Comune di Medolino, ai lati della strada che porta a Promontore. Qui da 40 anni esiste già una piccola discarica per il fabbisogno del territorio polese nella quale in tutto questo tempo sono finite 355.000 tonnellate di immondizie. Comunque piccola cosa in confronto al futuro centro rifiuti che avrebbe la superficie pari a 70 campi di calcio con un effetto ambientale ritenuto devastante visto che nel raggio di 2 chilometri ci sono le spiagge, i contenuti turistici e le prime abitazioni. Gli abitanti della zona sono in allarme: «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria». Perchè una discarica regionale - si chiedono - che rischia di diventare un mostro ecologico? Per raccogliere in un unico punto, così i promotori e sostenitori tra cui il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic, le 116 mila tonnellate di rifiuti che annualmente finiscono in varie discariche locali, alcune delle quali precarie e abusive. Nella nuova discarica una parte dei rifiuti verrebbe semplicemente depositata, un’altra sarebbe sottoposta a riciclaggio e la terza parte verrebbe trasportata nell’inceneritore della Fabbrica cementi di Valmazzinghi vicino ad Albona.
Quali i motivi della contestazione? Sono stati ribaditi all’incontro di ieri dei rappresentanti di 15 partiti politici all’opposizione in Istria, di alcune liste civiche e delle associazioni degli ambientalisti e dei verdi. «Una discarica di queste dimensioni vicino al mare e ai contenuti turistici - è stato detto - sarebbe un duro colpo per l’industria delle vacanze visto che praticamente nessuno verrebbe a trascorrere le ferie vicino a un deposito rifiuti. Senza contare che gran parte della popolazione locale si è indebitata per ricavare camere e appartamenti da affittare». Contestata anche la tecnologia della futura discarica, definita superata dal tempo visto che solo il 12 per cento dei rifiuti sarebbe riciclato mentre a livello mondiale si è arrivati al 92%. E si parla anche di raccolta di rifiuti tossici, per la verità delle scorie della Fabbrica di lana di vetro della danese Rockwool a Pedena. Un’ipotesi, negata dalle autorità regionali, che però trova riscontro nello studio d’impatto ambientale della fabbrica stessa secondo cui «i rifiuti tossici verranno trasportati nella discarica di Castion».
Un altro aspetto delle contestazioni riguarda il trasporto dei rifiuti destinati all’inceneritore di Valmazzinghi: ben 140 grossi autocarri al giorno che sicuramente lascerebbero il segno sul precario segmento stradale di 17 km da Valmazzinghi ad Albona. All’incontro di ieri non sono state risparmiate critiche a Ivan Jakovcic «per voler fare di Medolino l’immondezzaio dell' Istria». E Sergio Premate di Medolino ha dichiarato che i suoi concittadini sono pronti a tutto pur di fermare il progetto. L’architetto Bruno Poropat di Rovigno ha dichiarato che «l’Istria, malgrado la sua felice collocazione geografica, è una regione primitiva visto che non è in grado di risolvere un problema elementare della civiltà moderna: lo smaltimento dei rifiuti». E non si è fatta attendere la reazione da parte del Palazzo municipale da dove si assicura che «il progetto è in linea non solo con gli standard ecologici della Croazia ma anche con quelli dell’Unione europea e che il relativo dibattito pubblico è stato fatto nel pieno rispetto dei termini di legge».
p.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 aprile  2008 

 

 

Fuori dal Piano del traffico corso Italia pedonale - Bocciata la viabilità alternativa in via Torrebianca. Via Cassa di Risparmio sarà chiusa alle auto

 

Dopo l’annuncio del sindaco Dipiazza emergono le prime indicazioni su come il Comune intende rivedere la mobilità in centro

Un’interpretazione «soft» della bozza Camus che si limiti a proseguire in modo graduale la pedonalizzazione del centro, e non stravolga la viabilità ordinaria. È l’idea a cui starebbe pensando Roberto Dipiazza per tradurre in pratica la decisione, annunciata ieri un po’ a sorpresa, di riprendere urgentemente in mano il Piano del traffico «epurandolo però di molte cose».
A venir eliminate, secondo i fedelissimi del primo cittadino, sarebbero proprio alcune soluzioni drastiche ipotizzate nel documento del preside di Ingegneria. Tra queste, la scelta di aprire al traffico privato in salita via Torrebianca, trasformandola così nel principale asse di scorrimento tra le Rive e via Carducci.
Una trasformazione che, nella bozza Camus, avrebbe dovuto andare di pari passo con la chiusura alle auto di Corso Italia. Soluzione che, a questo punto, sembra chiaramente uscire di scena.
«Dipiazza ha in mente un’applicazione ”leggera, leggera, leggera” del Piano del traffico - osserva il forzista Piero Camber -. Trieste non ha grosse possibilità di cambiamento a livello di viabilità, se si escludono Rive e Grande Viabilità. Ci si limiterà quindi ad intervenire sull’ampliamento delle isole pedonali, ormai gradite a tutti, e ad apportare piccole variazioni come, ad esempio, l’inversione del senso di marcia in via San Michele».
Una linea apprezzata anche da An, tra l’altro sollevata all’idea di cassare soluzioni propedeutiche alla avversata chiusura di corso Italia. «Certe soluzioni della bozza Camus facevano davvero ridere - commenta l’assessore ai Lavori pubblici, Franco Bandelli -. Penso per esempio all’ipotesi di caricare tutto il traffico proveniente dalle Rive e diretto verso via Carducci su via Torrebianca. È giusto quindi operare dei tagli. L’importante è non perdere altro tempo. Ora abbiamo il dovere di prendere il toro per le corna. Chiudiamoci allora in giunta per due settimane a studiare, e completiamo l’iter necessario per l’approvazione nell’arco di sei mesi».
Sulla stessa linea Bruno Marini. «Questo è il momento più propizio per affrontare il piano - osserva l’azzurro -. Le elezioni comunali si terranno appena tra tre anni e il sindaco non si ricandiderà: ci sono quindi tutte le condizioni per prendere decisioni coraggiose. La priorità, senza dubbio, va data ai progetti di pedonalizzazione. Premessa fondamentale per affrontare questo discorso, però, è dare certezze a livello di parcheggi, in primis i tre previsti sulle Rive».
E, in tema di pedonalizzazioni, spunta un tassello nuovo: la chiusura al traffico di via Cassa di Risparmio legata alla presenza del ponte Bailey in Ponterosso. Soluzione che che ben si sposa con l’ipotesi caldeggiata in passato da Dipiazza: far passare le auto in via Mazzini in salita dalle Rive fino a via Roma e immetterle successivamente, dopo un percorso ad «S», in corso Italia, lasciato dunque aperto al traffico.
Tra tanti pareri entusiasti, spunta però anche una voce fuori dal coro. «L’adozione del Piano Camus a mio giudizio non è una priorità - afferma il capogruppo della Lista Dipiazza, Maurizio Ferrara -. Per risolvere i problemi del traffico è molto più utile ricorrere ad interventi mirati e meno complessi. L’unico motivo per cui avrebbe senso riprendere in mano la bozza Camus, quindi, è evitare che vadano buttati via tutti i soldi spesi per la sua realizzazione».

Maddalena Rebecca

 

 

Crisi dell’apicoltura la Regione in aiuto  - Riunione operativa a Udine

 

UDINE La Regione corre ai ripari per tentare di risolvere la crisi del settore apistico in Fvg, causata dalla moria di api, dovuta sia alla Varroa (un acaro infestante) sia ai prodotti con i quali vengono conciate le sementi di mais prima della semina, realizzati con sostanze derivate dalla nicotina. In Fvg nel 2006 c’erano 27.600 alveari. Quest’anno, in alcune zone è stata riscontrata una perdita delle famiglie di api in corrispondenza con la semina del mais in percentuali che variano dal 20 al 50 per cento, con punte anche del 60 per cento. Per affrontare l’emergenza si è svolta una riunione nella sede della direzione centrale delle Risorse Agricole a Udine, cui hanno preso parte anche i rappresentanti dei Consorzi tra gli apicoltori, i tecnici del Laboratorio apistico regionale, del servizio Fitosanitario dell’Ersa, l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale e il direttore del Servizio sanità pubblica veterinaria. È stato annunciato l’avvio di un progetto di ricerca sulla situazione di crisi del settore, finanziato dal Ministero ed è stato deciso di affidare al Laboratorio apistico regionale l’incarico di avviare le ricerche approfondite sulla moria delle api.

 

 

Ferriera, dopo i test clinici è il momento di intervenire

 

Scrivo a questa rubrica in merito agli articoli apparsi nei giorni 17, 18 e 19 aprile sul nostro quotidiano. Giovedì, rendendo noti i risultati sulle analisi di parte dei lavoratori della Ferriera di Servola, si diceva che tali maestranze sono mediamente esposte a benzene e benzoapirene in proporzione da tre a sei volte rispetto al limite di legge. Il giorno seguente, il responsabile del Dipartimento di prevenzione e sicurezza del lavoro Valentino Patussi diceva testualmente: «Quelli rilevati sono indicatori di esposizione e non di danno o malattia». Se ben ricordo, il limite di legge espresso in nanogrammi per benzene e benzoapirene è di 0,1 per l’esterno degli stabilimenti, e un già inspiegabile 0,77 per i reparti operativi.
Se la matematica non è un’opinione, vuol dire che tali persone sono state esposte a valori compresi tra i 2,31 e i 4,62 nanogrammi.
Ricercatori seri e capaci hanno stabilito che la continua esposizione a valori superiori a quelli di legge, non porta a un elisir di lunga vita, ma essendo essi tra i maggiori e più pericolosi inquinanti, portano tumori principalmente ai polmoni e alla pleure i cui picchi si avranno tra il 2015 e il 2020 come veniva illustrato nel Maurizio Costanzo Show del 31 gennaio 2008. Quindi signor Patussi... indicatori di esposizione oggi... di danno e malattia domani!!!
È poi curiosa l’asserzione che tutto sommato l’aria di Taranto e della Germania dove ci sono impianti analoghi è più inquinata. È come dire che agli abitanti di un palazzo che si sta inclinando per un cedimento strutturale: «Non preoccupatevi, tanto la torre di Pisa pende più della vostra casa». Sconvolgente!
Però il giorno 18 sempre sul quotidiano si legge che i carabinieri hanno denunciato due giovani e sequestrato le reti e il pescato in quanto sorpresi a catturar pesci nelle acque antistanti la Ferriera, sito inquinato di interesse nazionale. Strano però visto che secondo alcuni non c’è correlazione tra inquinamento prodotto e malattie. È poi illogico pensare che solo il pesce pescato vicino la Ferriera risulta da esso inquinato e sapendo che esso si sposta in altri fondali e in altri spazi. Evidentemente l’azione dei carabinieri denota un inconfutabile stato di pericolo che dovrebbe ulteriormente farci riflettere.
Quindi, alla luce di tutto ciò, concludo facendo un complimento al nostro sindaco per aver divulgato sul Piccolo del 19 aprile le sue forti preoccupazioni per dei dati a dir poco spaventosi di inquinamento. Auspico ciò che lui ha detto e cioè che adesso Comune, Regione e governo sono della stessa casacca, possano davvero fare degli interventi forti verso questo stabilimento e questa irriguardosa proprietà.
Però caro sindaco, forse è più semplice e corretto invece che far evacuare dalle loro case costate sudori e fatiche 25mila abitanti di Servola e Valmaura, far evacuare nella loro Brescia questi signori senza scrupoli che si divertono a giocare con le nostre vite e con quelle dei lavoratori per il loro lurido guadagno.
Monia Carli

 

 

Servola nuoce

 

Servola... e mentre tutti o quasi fanno a gara perché venga chiusa la Ferriera... Servola sta morendo di per se stessa. Agonizzante... sopravvive per la voglia di quei pochi commercianti rimasti e quegli abitanti che, di padre in figlio continuano ad amarla. Eppure è un rione bello; che ha fatto parte della storia di Trieste. A pochi passi dalla grande viabilità (sbocco per uscire dalla città), raggiungibile da ogni parte con i bus 8 e 29. Tante case disabitate, negozi chiusi. Nessuno si occupa di questo rione. Riqualificano tutto e dappertutto ma a Servola nulla! La si nomina solo per la Ferriera.
Ma qualcosa si può fare! Rimesse a nuovo e abitate le casette libere... aperto qualche piccolo ufficio nel rione (la disponibilità dei locali c’è); utilizzata la ex scuola Damiano Chiesa (una struttura enorme con un parco immenso e l’autobus 8 che vi ci si ferma davanti!) magari come sede distaccata di uffici comunali. Basterebbe iniziare spingendo la gente a venire nel rione per cose valide (non il solito mercatino settimanale che solo porta danno a quei quattro negozi aperti)... Servola non è solo Ferriera! Servola vuole tornare a vivere... è ancora bella! Venite gente, venite... vi aspettiamo!
Lettera firmata

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 aprile 2008 

 

 

Dipiazza: «Farò il Piano del traffico»  - Il primo cittadino potrebbe tenere per sé la delega abbinata anche al nuovo Piano regolatore

 

«Prima la nuova giunta, poi lo toglieremo dal cassetto ma depurandolo di tante cose»

Il sindaco risponde agli inviti dei forzisti Marini e Piero Camber che avevano indicato tra le priorità le modifiche alla viabilità

«Non abbiamo più scuse» è il messaggio di Bruno Marini. «Ora verranno prese delle decisioni» annuncia Piero Camber. Un richiamo all’ordine sul Piano del traffico al quale il sindaco Roberto Dipiazza non si tira indietro. «È la prima cosa che affronteremo finito il periodo elettorale», dice il primo cittadino. Dando una risposta sostanzialmente affermativa ai due uomini forti del Popolo della libertà - sponda forzista, proprio come Dipiazza - ma dettando le condizioni. Perché il tormentone del Piano del traffico, tirato fuori e più volte riposto nei cassetti di piazza Unità, a breve avrà una soluzione. Nei tempi e nei modi indicati da Dipiazza.
«Le elezioni sono terminate, nei prossimi giorni procederò a definire la nuova giunta. Aspetto i risultati del lavoro di Renzo Tondo, poi aprirò le consultazioni e definirò la squadra», dice Dipiazza con serenità e qualche sorriso. E aggiunge: «La mia squadra è destinata a cambiare, ma l’ingresso di alcuni assessori triestini in Consiglio regionale e probabilmente nella stessa giunta Tondo - spiega - è un fatto molto importante per Trieste. Significa che hanno lavorato bene».
Il riferimento è a Piero Tononi e Maurizio Bucci, eletti nel Pdl e costretti quindi a dimettersi per incompatibilità, ma anche alla possibile uscita di Sandra Savino papabile assessore in quota rosa della giunta regionale. Fra le prossime new entry bisognerà pescare prima di tutto il sostituto di Bucci, assessore alla Pianificazione territoriale. Una delega chiave in vista dell’approvazione del Piano del traffico, che a questo punto Dipiazza potrebbe tenere per sé. Una possibilità per altro non esclusa dallo stesso primo cittadino: «Se terrò la delega all’Urbanistica? Dipende da varie situazioni - sostiene - bisogna capire quanti assessori lasceranno la mia giunta».
Porte aperte a una soluzione di questo tipo, insomma, che nel trattenere la Pianificazione territoriale andrebbe così a coniugare il Piano del traffico, abbinato al Piano dei parcheggi, assieme al nuovo Piano regolatore. Un’altra partita fondamentale. A quel punto Dipiazza dovrebbe però lasciare ad altri due importanti deleghe: Project financing e Polizia municipale. Altrimenti il lavoro diventerebbe pesante, con le briciole lasciate al resto della truppa. Più che un rimpasto di assessori, insomma, in piazza Unità si prospetta una vera e propria ridefinizione delle deleghe e degli uomini. E anche delle donne, visto che per Statuto ne serve almeno una.
Spetterà alla nuova giunta analizzare le linee guida del Piano del traffico, che in un secondo momento andrà presentato ai capigruppo per arrivare all’approvazione del documento in Consiglio comunale. «Andremo a chiudere questa partita entro i prossimi mesi, ma è chiaro che non si potrà prescindere dalla Grande viabilità triestina», è il cavallo di battaglia di Dipiazza. Prima il completamento delle Rive, poi la superstrada «perché vorrei capire da chi si riempie la bocca di questo argomento, cosa comporta l’adozione di questo benedetto Piano del traffico - insiste il sindaco, nei mesi scorsi scettico sull’utilità del provvedimento - senza l’apertura contestuale della Grande viabilità». Una considerazione accompagnata anche dalla risposta: «Poco o nulla, si farebbe sempre la fila - dice - all’altezza di Santa Croce».
Non resta che aspettare il varo della giunta Tondo, la conta degli assessori comunali rimasti; potrebbe ad esempio lasciare anche il vicesindaco Paris Lippi, ripescato in Consiglio regionale nel caso Alessia Rosolen, eletta consigliere, trovasse posto nella giunta del Friuli Venezia Giulia. A quel punto gli assessori uscenti diventerebbero quattro e con deleghe pesanti: dal Patrimonio allo Sport, dall’Urbanistica al Bilancio passando per il Turismo. Non c’è solo il nodo del Piano del traffico da sciogliere per il primo cittadino. Deciso comunque a fare di testa propria: «Il Piano del traffico (quello del professor Roberto Camus, ndr) - avverte Dipiazza - sarà approvato, ma depurato di molte cose...».

Pietro Comelli

 

 

Autobus, Trieste Trasporti subappalta dieci linee - Partito il bando di gara. L’azienda: coinvolte solo tratte marginali, la qualità del servizio resterà immutata

 

A breve 10 linee del trasporto pubblico locale non saranno di fatto più gestite dalla Trieste Trasporti. A seguito dell'esternalizzazione di una parte dei percorsi, determinati autobus non saranno più guidati dai conducenti della società di via dei Lavoratori. Le linee interessate a questo cambiamento sono la 13, ovvero la navetta al centro di tante discussioni che da Cattinara traghetta gli utenti fino a Raute, la 33 che collega Campanelle a Largo Barriera, la 35 che compre il tratto da Longera a piazza Oberdan, la 39 barrata che dal Municipio di Aurisina trasporta i cittadini fino a Cattinara, la 49 barrata che unisce Muggia al nosocomio di Cattinara e la linea 73 che partendo dalla stazione di Aurisina, passando per Visogliano, Sistiana e Duino trasporta gli utenti fino a San Giovanni del Timavo. L'esternalizzazione comprenderà anche le linee serali siglate con la lettera A, B, C e D.
La determina della Provincia che ha autorizzato l'esternalizzazione di una parte del servizio (la legge regionale prevede la possibilità di subappalto fino al 20 % del chilometraggio) è datata 3 marzo 2008. Il bando di gara per l'affidamento a terzi della gestione delle dieci linee, prevede il subappalto di servizi marginali e aggiuntivi del trasporto pubblico locale di circa 950mila km: più o meno l'8 % del chilometraggio gestito dalla Trieste Trasporti. Le aziende interessate dovranno far pervenire la loro proposta entro il prossimo 6 maggio.
A rassicurare l'utenza sul fatto che la qualità del servizio resterà garantita, interviene il presidente dell'azienda, Cosimo Paparo: «L'esternalizzazione coinvolge solo linee marginali o aggiuntive con pochi utenti e limitato traffico. Riguardo alla qualità del servizio i cittadini possono stare tranquilli perché il direttore d'esercizio sarà lo stesso: l'ingegner Gerin».
È bene segnalare che non avverranno cambiamenti riguardo i biglietti o abbonamenti: resteranno gli stessi. Come anche i bus: «Le macchine saranno sempre quelle della Trieste Trasporti - precisa Paparo - e anche la responsabilità della manutenzione farà capo a noi». A cambiare dunque saranno solo gli autisti che andranno a coprire i 27 turni gestiti da una ditta esterna.
Ma i sindacati non ci stanno. «Avevamo previsto e anticipato da tempo questa situazione che regalerà agli utenti un minor qualità del servizio» sostiene Willy Puglia delle Rdb che pone l'accento anche sul termine «marginale» utilizzato dall’azienda per descrivere il tipo di linee destinate al subappalto. «Non mi sembrano marginali e comunque un servizio eccellente va riservato a ogni linea - aggiunge Puglia - inoltre, il personale di una ditta esterna, verrà pagato meno, non sarà motivato e fornirà inevitabilmente un servizio più scadente».
Ai sindacati Paparo replica assicurando che non ci saranno contrazioni d'organico e mettendo in evidenza come, dovendo effettuare 27 turni in meno, il personale della Trieste Trasporti riuscirà a lavorare con maggior serenità e minor stress a favore di una qualità superiore del servizio offerto.
Laura Tonero

 

 

 

Popovic da Ret: chiuso il «caso panino»  - I due primi cittadini uniti nell’avversare i progetti di rigassificatori nel Golfo. Abbozzata una strategia comune sul turismo

 

Lo sloveno: «Sull’energia Illy ha commesso un grosso sbaglio». L’italiano: «Tondo è con noi»

A Duino il sindaco di Capodistria, condanna comune della pessima accoglienza allo straniero

DUINO AURISINA Abbracci, sorrisi e strette di mano. È stata calorosa l’accoglienza riservata dal sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret al collega Boris Popovic, primo cittadino di Capodistria, salito alla ribalta delle cronache qualche giorno addietro per il caso del panino portato da casa e vietato a suo figlio di 8 anni nel Bar Belvedere di Sistiana.
Giunto un po’ ritardo, il sindaco del vicino Comune sloveno è arrivato a bordo della sua automobile ieri nel primo pomeriggio davanti al Municipio di Duino Aurisina. Ad attenderlo il sindaco Ret, il quale ha accompagnato l’omologo sloveno nel suo ufficio, facendogli omaggio di un opuscolo di recente pubblicazione dedicato a tutti i maggiori punti di riferimento naturalistici e culinari dei borghi che compongono il comune di Duino Aurisina e di un libricino con vecchie foto e stampe in bianconero inerenti le zone dell’Altipiano carsico. I due sindaci hanno subito espresso una comune condanna su quanto accaduto al «Belvedere», specie «per il trattamento di accoglienza pessimo dimostrato dall’esercente, un fatto che speriamo non si ripeta più perché estremamente controproducente soprattutto nell’ottica del turismo che si vuole rilanciare in questa zona». Popovic ha espresso rammarico per l’accaduto e per «l’insensibilità dimostrata nei confronti di un bambino di 8 anni malato di diabete», ma ha anche ribadito che «ha incontrato tanta solidarietà subito dopo la vicenda».
Archiviato dunque «il caso del panino Popovic» i due politici hanno discusso di vari temi generali da affrontare assieme nel prossimo futuro, con il desiderio d’instaurare una sinergia sempre maggiore e sempre più forte. Uno dei primi punti in comune emersi è stata l’opposizione totale alla realizzazione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste e davanti Capodistria. «Secondo me è stato un grosso sbaglio commesso da Riccardo Illy» ha commentato Popovic. «Il nuovo governatore della Regione Renzo Tondo mi ha promesso di prendere posizione contraria a tale progetto e questo è un grande bene per tutti quanti» gli ha fatto eco Ret. I possibili problemi ambientali del mare sono quindi, assieme a quelli dei rifiuti, altro tema scottante, i settori che i due sindaci vorrebbero affrontare assieme. Argomenti, specie quello dei rifiuti, sul quale già si sono mossi con la municipalità slovena il primo cittadino di Muggia Nesladek e di San Dorligo della Valle Premolin. «I costi per smaltire i rifiuti, per le piccole realtà territoriali, sono davvero esosi: ecco perché una sinergia con i Comuni della vicina Slovenia potrebbe essere una valida soluzione per fare spendere meno ai cittadini» spiega Ret. Ma l’esito più concreto dell’incontro tra i due amministratori è sicuramente quello che riguarda il turismo: un’offerta collettiva con pacchetti che comprendano tutte le bellezze naturali del Capodistriano e del territorio duinese.
Riccardo Tosques

 

 

Brennero, al via il nuovo tunnel Smaltirà 400 convogli al giorno e costerà sei miliardi di euro  - Sarà finanziato da Italia, Austria e Ue

 

BOLZANO Al via i lavori preliminari per il tunnel ferroviario del Brennero, una delkle opere infrastrutturali più attese per lo sviluppo dei traffici Italia-Austria. Presente il presidente della Repubblica Napolitano, ieri pomeriggio ad Aica, in provincia di Bolzano, è stata avviata la «talpa» che scaverà i quasi 55 chilometri del tunnel esplorativo. Nei prossimi 30 mesi, la fresa scaverà il primo cunicolo di esplorazione dell'opera fra Aica e Mules, in provincia di Bolzano. La galleria di base del Brennero si svilupperà tra Innsbruck e Fortezza per una lunghezza di circa 55 chilometri. Responsabile della progettazione e della realizzazione del tunnel é la Società europea Galleria di base del Brennero (Bbt Se), partecipata al 50% dall'Italia attraverso il Tunnel ferroviario del Brennero, mentre per la parte austriaca il 25% è della Repubblica d'Austria e il 25% del Land Tirolo. L'investimento complessivo previsto, secondo stime del 2006, é di circa 6 mila milioni di euro. L'Unione Europea ha deliberato un finanziamento di 215 milioni di euro, pari al 50% dei fondi necessari. La rimanente parte é equamente suddivisa tra Italia ed Austria.

 

 

Capodistria: il tribunale dà ragione alla Kemiplas  - Secondo i giudici l’industria chimica «non è un pericolo concreto per la salute»

 

Il Comitato dei cittadini presenterà appello. Lo stabilimento di Villa Decani non ha il certificato europeo per il trattamento di sostanze pericolose

CAPODISTRIA La fabbrica di prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani, almeno per il momento, continua con la produzione. Il Tribunale circondariale di Capodistria ha respinto infatti la richiesta del Comune di Capodistria e di 220 privati cittadini di sospendere temporaneamente la produzione, in attesa della chiusura definitiva dell'impianto. La decisione del Tribunale è stata presentata ieri dall'avvocato Franci Matoz, che rappresenta il comune e gli abitanti nella causa contro la Kemiplas. Secondo i giudici, non ci sono prove che la fabbrica di Villa Decani rappresenti «un pericolo concreto» per la salute dei cittadini e l'ambiente. Matoz ha già annunciato ricorso.
La Corte, in seconda istanza, dovrebbe esprimersi entro 30 giorni. La denuncia contro la Kemiplas risale agli inizi di aprile, e rappresenta l'ultimo tentativo della popolazione locale e delle autorità comunali di bloccare la fabbrica. L'industria di Villa Decani è da anni nel mirino degli ambientalisti, ma è sempre riuscita a evitare la chiusura. Uno dei principali prodotti della Kemiplas e l'anidride dell'acido ftalico, sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici come coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci. L'intera produzione, 30.000 tonnellate all'anno, viene esportata in Austria, Germania, Croazia e Italia. In realtà, la fabbrica non dispone del Certificato europeo per il trattamento di sostanze chimiche pericolose per la salute, ma la direzione si difende sostenendo di averlo chiesto per tempo, e che l'Agenzia slovena per l'ambiente avrebbe dovuto già rilasciarlo. Le misurazioni dei livelli di inquinamento, infatti, erano sempre entro i limiti tollerati dalle norme.
Questo però, ha ricordato l'avvocato Matoz al momento di presentare la denuncia, solo perché la fabbrica, al momento delle rilevazioni, aveva opportunamente ridotto il livello di produzione. Per alcuni anni, come noto, si era parlato molto concretamente anche della possibilità di smantellare l'impianto e trasferirlo altrove – in Ungheria – ma in quel caso il problema era rappresentato dagli alti costi dell'operazione. La Kemiplas sperava di ottenere dallo Stato sloveno crediti agevolati per andarsene, ma non ha avuto successo. La fabbrica ha chiesto da tempo anche la licenza edilizia per la costruzione di un depuratore, ma un ricorso della popolazione locale e dello stesso comune di Capodistria ha poi sospeso la validità della licenza già rilasciata.

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - LUNEDI', 28 aprile 2008 

 

 

«E’ allarme anche in Friuli per la morìa delle api: ora chiarezza sulle cause» - La Coldiretti regionale: a rischio il miele, ma anche l’equilibrio naturale

 

Oggi in Italia sono almeno 50 mila gli alveari colpiti Dopo la varroasi sono sotto accusa le sementi conciate

UDINE. «Bisogna fare chiarezza sulle cause che stanno provocando la morìa di api che ha ridotto il patrimonio apistico nazionale dal 30 al 50%, mettendo a rischio, oltre la produzione di miele, anche l’equilibrio naturale globale con effetti anche sulla salute e l’alimentazione». Lo chiede la Coldiretti del Friuli Venezia Giulia. «Il mondo agricolo - spiega infatti il direttore della organizzazione regionale Elsa Bigai - si sente fortemente coinvolto su questo tema. È un argomento che interessa prima di tutto l’agricoltura visto e considerato che la produzione di mele, pere, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza - puntualizza la Bigai - dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti, come pure la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api. Ma le api - aggiunge il direttore - sono utili anche per la produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento».
In Friuli Venezia Giulia ci sono circa 27 mila alveari, con una produzione media di 25 chilogrammi di miele per alveare. Gli apicoltori sono circa mille e 800 con il 5 per cento di professionisti, con una mole lavoro di una giornata per alveare. «Sono dati significati per la nostra regione - ha spiegato ancora Elsa Bigai -, ma non constatiamo una sufficiente attenzione sul problema. Il fenomeno va monitorato e la scienza con le istituzioni deve venirci incontro. Quanto prima ci aspettiamo delle risposte».
Ma parliamo appunto della morìa, la più preoccupante dopo quella causata, ormai da anni, dalla varroasi. Sono circa 50.000 in Italia gli alveari colpiti da spopolamento in coincidenza con le semine di mais, che viene trattato con fitofarmaci ritenuti responsabili della morte delle api. La stima è dell’Osservatorio nazionale sul miele di Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna, che ha condotto una seconda rilevazione sul fenomeno, dopo quella del 31 marzo. Dal rapporto risulta che gli spopolamenti sono aumentati nelle aree già individuate al Nord e il fenomeno si è allargato alle zone apistiche del Friuli interessate alla semina di mais. Inoltre, compaiono danni pure al Sud, anche se questi, più recenti, richiedono approfondimenti.
Sale, dunque, a 50 mila il bilancio degli alveari colpiti da spopolamento e che quindi non potranno produrre miele per il 2008. Un danno probabilmente sottostimato, perchè conta 174 comuni in cinque regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e, appunto, Friuli Venezia Giulia. Il punto è che ora «si cominciano a rilevare danni anche al Sud, in particolare in Calabria». Questa la fotografia scattata da Giancarlo Naldi, dell’Osservatorio nazionale della produzione e del mercato del miele. L’Osservatorio, con Legambiente, Unione nazionale associazione apicoltori italiani (Unaapi), ha infatti lanciato l’allarme sull’uso di neonicotinoidi, insetticidi usati nelle sementi, come origine della morìa di api. Un fattore che si lega poi alla «sindrome da spopolamento degli alveari», un fenomeno mondiale che in Italia nel 2007 ha già ridotto della metà le popolazioni dei preziosi insetti, legato a varie cause.
Di qui la riunione con i rappresentanti di Regioni, apicoltori, agricoltori, ambientalisti e aziende chimiche, per fare il punto della situazione. Dove è arrivata la decisione, del ministero delle Politiche agricole, di far avviare al Centro ricerche agricoltura un progetto di monitoraggio dello stock di api, e di raccolta entro il 10 maggio di tutti gli studi sul rapporto fra insetticidi e api, sull’indebolimento di questi insetti e sull’uso di seminativi non conciati. Soddisfatti per l’incontro Legambiente e Unaapi, che vedono una prima presa di coscienza della questione a livello istituzionale, così come la Federazione apicoltori italiani. Positivo il tavolo di confronto per Agrofarma, che ribadisce però l’estraneità delle sementi conciate all’emergenza api. Coldiretti chiede poi una valutazione rapida della questione, visto che «buona parte della nostra attività dipende dalle api, come le colture ortofrutticole, mentre la Confederazione italiana agricoltori fa un appello per interventi a sostegno degli apicoltori.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 aprile 2008 

 

 

 Pista ciclabile pronta entro l’estate  - Collegherà San Giacomo a Draga Sant’Elia. Sopralluogo positivo - Verso la soluzione il caso del deposito di rottami di automezzi lungo il tracciato

Entro quest’estate sarà ultimata la realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. L’annuncio arriva dall’assessore ai Lavori pubblici della Provincia, Mauro Tommasini, che martedì scorso ha effettuato un dettagliato sopralluogo, sia nei tratti urbani del tracciato, sia in quelli della zona di Campanelle.
«Durante la realizzazione del percorso sono emersi problemi complessi, la cui risoluzione è stata difficilmente definibile nel tempo, ma i lavori proseguono e per la fine della bella stagione l’opera sarà fruibile dai cittadini - spiega -. Ora stiamo operando nel miglior modo possibile, così che una volta chiuso il cantiere non siano necessari altri interventi a breve».
Da alcune settimane, sono riprese le attività nella prima parte del tracciato, nella zona tra le vie Ponziana e Orlandini, le quali si erano bloccate alcuni mesi fa, per completare la costruzione dei posteggi dell’ospedale infantile Burlo Garofolo, sul cui terreno è previsto il passaggio della pista.
«Il parcheggio della struttura sanitaria necessita delle ultime rifiniture, che saranno ultimate entro il 20 maggio – dichiara Tommasini -. Circa a metà dello stesso mese prenderanno, poi, il via i lavori di costruzione del basamento per la passerella sopraelevata». Il piccolo ponte, costruito interamente in metallo, per ridurre i costi di manutenzione, permetterà a ciclisti e pedoni di attraversare via dell’Istria, senza esporsi ai pericoli legati al traffico. «Al momento la passatoia è in fase di realizzazione, dato che il fornitore originario ha rinunciato alla commissione e abbiamo, quindi, dovuto trovare un’altra ditta che si occupasse del progetto. Secondo le stime, la passerella dovrebbe essere pronta e montata in circa tre mesi».
Ultimata questa fase dei lavori, verranno collegati tra loro i diversi tratti del percorso realizzati finora, dopodiché per concludere l’opera mancheranno solo alcuni attraversamenti pedonali, la segnaletica verticale e orizzontale e piccole rifiniture. È, infatti, in via di risoluzione il problema della presenza di un deposito di rottami di automezzi sul tracciato.
«Nonostante sia stato necessario ricorrere alle vie legali, la questione si sta concludendo – spiega Tommasini -. Una parte dei materiali residui è già stata rimossa e stiamo cercando di individuare i proprietari delle restanti carcasse, con il supporto del tribunale. Puntiamo, quindi, a sgomberare completamente l’area entro un mese e mezzo. Per le altre attività presenti sul percorso abbiamo, invece, individuato siti alternativi».
È, però, critico sull’avanzamento dei lavori il coordinatore della commissione urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia. «Comprendo il desiderio di realizzare un’opera di alta qualità – spiega – ma, nonostante la realizzazione della pista sia iniziata da anni, la Provincia sembra non avere il completo controllo sull’andamento del cantiere. Recentemente sono, infatti, stati necessari ulteriori interventi per risolvere le problematiche insorte e per rimediare agli atti di vandalismo verificatisi nei tratti già ultimati».
Mattia Assandri


La nube di Chernobyl fa ancora paura: attese nuove malattie tiroidee  - In 22 anni mezzo milione di vittime

MOSCA A ventidue anni dall’esplosione del reattore nucleare la nube di Chernobyl continua a fare paura. Secondo alcuni recenti studi, almeno mezzo milione di persone sono morte a causa del pulviscolo radioattivo che contaminò larga parte dell'Europa. E le conseguenze dell'incidente, affermano gli esperti, si sentono ancora oggi. Il reattore numero 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, a 120 chilometri da Kiev in Ucraina, esplose il 26 aprile 1986. Fu la più grande tragedia nucleare civile della Storia. E a 22 anni dalla catastrofe, l’anniversario di quella data viene ricordato all’insegna di una irrisolta guerra di cifre: per l'Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) e l'Agenzia internazionale per l'Energia atomica (Aiea) le persone morte per gli effetti del disastro sono 4mila mentre secondo altri fonti il dato va moltiplicato per cento. Certo è che le conseguenze di Chernobyl sono, e rimarranno, difficili da dimenticare. Un dato emblematico è quello relativo alla sola «ripulitura» del luogo del disastro: «Studi mostrano che 34.499 persone che presero parte alla ripulitura di Chernobyl sono morte di cancro dopo la catastrofe», affermava Nikolai Omelyanetes, vice capo della commissione nazionale per la protezione dalle radiazioni ucraina, secondo il quale, inoltre, il tasso di mortalità infantile nel Paese è aumentato fra il 20 e il 30%.
E il peggio, avvertono gli esperti, purtroppo arriva ora: «È infatti a distanza di 20-30 anni - sottolinea Andrea Pession, oncologo del reparto di oncologia pediatrica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna, e per vari anni impegnato in progetti per il monitoraggio delle conseguenze del disastro sui bambini di Chernobyl - che gli eventuali casi di tumore alla tiroide legati alla grande quantità di radiazioni assorbite dalla popolazione potrebbero manifestarsi; In questi casi, infatti, la finestra temporale per l'eventuale manifestarsi di neoplasie è di oltre 15 anni». Per questo, afferma l'esperto, «sarebbe necessario che le autorità sanitarie europee mettessero in moto programmi seri di monitoraggio degli effetti del disastro nucleare, soprattutto al fine di verificare gli effetti sulla prole di coloro che nel 1986 erano bambini ed ora sono in età fertile». Il timore, conclude Pession, è che «a pagare le conseguenze di quella tragedia possano essere, purtroppo, anche le nuove generazioni».

 

Inquinamento della Ferriera

Sono d'accordo con il consigliere Decarli sulla Ferriera. «Il sindaco è la massima autorità sanitaria del territorio. Se proprio dispone dei dati che gli consentono di chiudere la fabbrica, lo faccia subito». Altrimenti la denuncia fatta dall’Arpa alla Procura della Repubblica colpirà anche lui, per la sua inerzia colpevole. Meno proclami quindi, e più fatti, «perchè i lavoratori e i cittadini non ne possono più», come giustamente osserva il consigliere comunale.
Gian Giacomo Zucchi
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 aprile 2008 

 

 

Gestione delle aree protette Summit sull’acqua a Udine

 

UDINE Una conferenza internazionale interamente centrata sulla gestione delle risorse idriche nelle aree protette. È quella che si terrà martedì, a partire dalle 9, nell’auditorium della nuova sede della Regione di via Sabbadini a Udine.
La conferenza internazionale, di fatto, rappresenta la conclusione del progetto «Warema», cofinanziato dall'Unione europea, con i fondi Interreg IIIB Cadses. Questo progetto vede capofila il Friuli Venezia Giulia assieme ad altri partner comunitari della Grecia, dell’Ungheria e della Repubblica Ceca) e si basa sulla realizzazione di un metodo partecipativo conforme a quanto indicato dalla direttiva quadro europea sulla gestione delle acque.
La conferenza internazionale di Udine vedrà la partecipazione di esperti, tecnici ed amministratori del Friuli Venezia Giulia e dell'Europa centrale e meridionale per un confronto ad altissimo livello sulla salvaguardia della biodiversità e sulla valorizzazione delle acque in zone definite sensibili come bacini fluviali, bacini lacustri e aree lagunari.
Tra gli obiettivi dell'iniziativa comunitaria, spicca la promozione delle aree protette viste come opportunità per uno sviluppo sostenibile delle comunità locali, in una gestione partecipata e coordinata delle risorse idriche.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 aprile 2008 

 

 

Ferriera, i sindacati a Tondo: non servono parole ma concretezza

 

Cautela dal mondo del lavoro per le dichiarazioni del neopresidente della Regione. L’azienda: per valutare i messaggi lanciati abbiamo bisogno di un tavolo

Chiarezza e proposte concrete, certamente non boutade. Questo è ciò che chiedono, anzi pretendono, i lavoratori della Ferriera di Servola. Non ci credono più alle soluzioni che escono dal cilindro. Esigono «rispetto» e si dicono «pronti ad ascoltare i rappresentanti del mondo politico solo quando verrà effettivamente presentato un piano dettagliato di riconversione delle maestraenze e di intervento di bonifica ambientale». Fino ad allora, «tutte le varie esternazioni non verranno minimamente prese in considerazione».
Ha creato nuovamente malumori, secondo quanto riferito ieri dalle Rsu per voce di Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e di Franco Palman (Uilm), l’intervento sullo stabilimento siderurgico del neopresidente della Regione Renzo Tondo. Che al teatro Verdi, l’altra sera, aveva dichiarato: «La fabbrica va chiusa». Aggiungendo: «Nessun lavoratore resterà a casa, ho già un’idea precisa su come sistemarli. Ho una soluzione pronta». Ebbene, su questa «soluzione pronta», gli operai di Servola non contano. E nemmeno i sindacati. «Prendiamo atto delle intenzioni e delle preoccupazioni del presidente della Regione - ha affermato Franco Belci, segretario provinciale della Cgil - Del resto, che la Ferriera abbia un termine noi sindacati lo sappiamo da un pezzo: la stessa azienda rivela che l’impianto risulta redditizio, secondo le proiezioni, fino al 2015. Perciò, fin da oggi, questa scadenza comporta la definizione di un piano di riconversione del personale e di bonifica. Comprendo che Tondo non abbia potuto sbilanciarsi nelle dichiarazioni, non essendosi ancora insediato l’esecutivo, tuttavia, da un ruolo di vertice qual è quello che ha assunto ci saremmo aspettati una maggiore concretezza. Anche Dipiazza, come pure Dressi, diceva di avere delle alternative: poi si è visto come è andata a finire... Il sindacato è disposto ad ascoltare ogni proposta, ma questa deve essere reale: bisogna dire come e dove, quando e a che condizioni i lavoratori vengono riposizionati. In ambito industriale, s’intende, perché a Trieste è l’unica realtà che può produrre ricchezza». «La Uil è disponibile a ragionare sulla chiusura del 2015 - ha sostenuto il segretario generale della Uil Luca Visentini - Chiede però che le istituzioni abbandonino la politica degli annunci e delle ”meline”, avviando un serio confronto sulla ricollocazione dei lavoratori e sulla riconversione industriale dell’area». «Se Tondo aveva una soluzione, perché non l’ha presentata prima?», ha aggiunto il sindacalista Palman. «Non vogliamo più boutade ma sentire proposte serie», ha concluso il collega delle Rsu Salvaneschi.
E i lavoratori? «Siamo stufi di tutte queste chiacchiare - ha spiegato un operaio, Francesco Antonello, 54 anni, da 17 in Ferriera come addetto all’agglomerato - perché alla fine non cambia niente mentre i problemi sono noti da tempo. Se adesso, come dice Tondo, la Ferriera chiude, dove posso trovare un altro lavoro che offra da vivere a me e alla mia famiglia a parità di salario? Non certo in questa Provincia. E nella mia stessa barca ci sono tanti altri lavoratori». Dal canto suo il gruppo Lucchini ha così commentato: «Quando avremo occasione di incontrare il presidente faremo le nostre considerazioni. Sono stati lanciati dei messaggi, ma il contenuto ci è ignoto e per valutarlo abbiamo bisogno di un tavolo».

Tiziana Carpinelli

 

 

MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 25 aprile 2008 

 

 

Rifiuti, caos per la differenziata: ecco le regole - A Tavagnacco c’è ancora tanta confusione sul servizio porta a porta che partirà il 12 maggio

 

In arrivo cinque nuovi bidoni per le immondizie, che si aggiungeranno ai contenitori già presenti per pile scariche e medicine scadute.

Predisposto un numero verde informativo

TAVAGNACCO. Mancano poco più di due settimane alla partenza del nuovo sistema di raccolta differenziata porta a porta a Tavagnacco. Una raccolta spinta, tanto che a pochi giorni di distanza dal 12 maggio sono ancora molti i dubbi tra i cittadini, legati soprattutto all’organizzazione pratica del nuovo sistema. Tanto che, tra nuovi contenitori, differenziazione dei rifiuti e nuove regole, l’amministrazione comunale continua con la campagna informativa.

I contenitori. Saranno cinque, uno per l’umido, in cui saranno conferiti i rifiuti organici, uno per la carta e il cartone, uno per il vetro, uno per la plastica e le lattine e uno per il secco non riciclabile.Scompariranno dalla strada i bidoni indifferenziati, mentre saranno ancora presenti i contenitori per pile scadute e medicinali.
I rifiuti particolari. Dovranno essere conferiti assieme al secco le lettiere degli animali, stracci e carta sporchi, pannolini e pannoloni. Nel contenitore della plastica potranno solo essere introdotti i materiali riconosciuti dal Conai, il Consorzio per il Recupero degli Imballaggi. Tutto il resto dovrà essere conferito nel secco indifferenziato.
Rifiuti verdi e ingombranti. È attivo il servizio di raccolta porta a porta, rispettivamente il martedì e il giovedì telefonando e richiedendo la raccolta al numero verde 800 450999.
Rimarrà in funzione, tre giorni alla settimana, anche la piazzola ecologica, in cui possono essere conferite diverse tipologie di materiali.
Servizi speciali. Le 300 famiglie con bambini fino ai due anni godranno di un doppio giro di raccolta settimanale, per le esigenze dei pannoloni. Il servizio sarà esteso anche alle altre famiglie che evidenzieranno questa necessità. Chi possiede già un composter domestico potrà rinunciare al bidone della raccolta per l’umido, ottenendo una detrazione, dal prossimo anno, del 10 per cento sulla Tarsu, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Informazione. I cittadini hanno a disposizione un numero verde 800 450999 e presto riceveranno un manuale, tradotto anche in diverse lingue straniere, con tutte le istruzioni necessarie per una corretta divisione dei rifiuti e il calendario con le date della raccolta porta a porta.
I controlli. Saranno affidati agli operatori della Net. Se all’interno dei bidoncini troveranno spazio rifiuti non idonei la segnalazione sarà inoltrata all’ufficio tecnico del Comune, che provvederà a contattare le famiglie “meno disciplinate” e a sanzionarle in caso di ripetute trasgressioni.
Erica Beltrame

 

 

Una discarica per i residui dell’inceneritore a Felettis - Un progetto per smaltire nella cava Ecoin le ceneri prodotte dall’Acegas nell’impianto di Trieste

 

Bicinicco. La proposta è stata presentata al Csr, ma i sindaci dei Comuni vicini, eccetto quello di Santa Maria la Longa, sono contrari e temono per la sicurezza dei cittadini

TALMASSONS. Si può aumentare il conferimento dei rifiuti dalla Provincia di Udine al termovalorizzatore di Trieste, però in cambio bisogna mettere a disposizione una discarica, individuata nella Bassa Friulana, per le ceneri provenienti dall’impianto stesso: la proposta è emersa