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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2008
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 giugno 2008
Alta velocità, accordo per la Torino-Lione - I
sindaci della Val di Susa dicono sì al documento dell’Osservatorio tecnico:
parte la fase due della progettazione
META’ LUGLIO IL TAVOLO POLITICO A PALAZZO CHIGI
TORINO Missione compiuta per l'Osservatorio sulla Torino-Lione ferroviaria.
Alla vigilia della scadenza del mandato, c'è l'accordo per la «progettazione
della nuova linea e per le nuove politiche di trasporto per il territorio». Non,
quindi, una semplice ipotesi di tracciato, ma «un complesso di interventi dentro
i quali sta la nuova linea», precisa Franco Campia, assessore ai Trasporti della
Provincia di Torino. L'acronimo Tav non compare nel testo, sei pagine (e molti
corposi allegati) firmate dopo una riunione di 50 ore: «È un documento davvero
complesso - dice Mario Virano, presidente dell'Osservatorio - frutto del lavoro
svolto in 70 riunioni, con 298 audizioni, dopo avere sentito 60 esperti
internazionali. Abbiamo messo il decisore politico nella condizione di
rispettare il calendario europeo» per la progettazione dell'opera.
Il documento, applaudito dai sindaci convocati oggi alla Prefettura di Torino,
passa ora al Tavolo politico, che verrà convocato a Palazzo Chigi, a metà
luglio, ma sarà anche discusso dai consigli comunali e nelle assemblee pubbliche
della valle di Susa. «Comincia la fase 2, la progettazione della progettazione -
puntualizza ancora Virano - per la quale è indispensabile che ci sia una regia
unica».
I punti del testo licenziato oggi dall'Osservatorio sono quattro. Nel primo,
«Nuove politiche dei trasporti del territorio», viene enunciato il principio che
«la politica delle infrastrutture non è scindibile dalla politica dei trasporti
e del territorio», un assioma «particolarmente vero nel caso della Torino-Lione
dove esiste già un collegamento 'storicò di cui occorre prevedere il miglior
utilizzo per i passeggeri e per le merci».
Vengono quindi elencati gli interventi di una politica integrata del traffico
transalpino, dalla ratifica del protocollo della Convenzione alpina alle «Eurovignette»
per il transito dei Tir, dal sistema metropolitano torinese per i passeggeri
all'aumento della qualità del servizio sulla Torino-Lione storica. E al punto 4
viene rimarcata l'importanza degli interventi per la «piena funzionalità» delle
cinque linee del sistema ferroviario metropolitano di Torino, conferma la
piattaforma logistica di Orbassano e propone «il potenziamento della linea di
Bassa Valle e lo sviluppo di interconnessioni con la linea storica di Alta
Valle».
Il documento conserva anche differenze di vedute, quella ad esempio (al punto 3)
tra chi propende per una Torino-Lione realizzata per lotti funzionali e chi si
batte per un'opera in fasi successive, come suggerisce il documento Fare
(Ferrovie alpine ragionevoli ed efficienti) elaborato dalla Comunità Montana
Bassa Valle di Susa. «Ma tutti sono d'accordo - puntualizza Virano - sulla
progettazione. La fase preliminare deve essere realizzata contestualmente per
tutta la tratta, dal confine francese alla connessione con l'alta velocità
Torino-Milano».
La nuova Torino-Lione ferroviaria (72 km totali) prevede tre tratte: una
francese, dall'agglomerato urbano di Lione a Saint Jean de Maurienne, una parte
comune, da Saint Jean de Maurienne alla Bassa di Valle di Susa, quella italiana,
infine, dalla Bassa Valle di Susa a Settimo. Nel 2007 l'Unione Europea ha
stanziato un finanziamento di 671,8 milioni di euro per la Torino-Lione,
ripartiti tra Italia e Francia. Il costo della tratta italo-francese è stato
stimato in circa 7 miliardi euro.
La lunghezza del «tunnel di base», la galleria più lunga, nel primo progetto
della Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) era di 53,1 chilometri, ma sale a 57, 1 (di
cui 12,1 in Italia) con gli approfondimenti presentati nei giorni scorsi
all'Osservatorio.
Un'altra galleria, lunga 11,4 chilometri, potrebbe essere realizzata in Valle di
Susa. Ottocento sono i milioni di euro necessari, secondo uno studio coordinato
dalla Provincia di Torino per il piano di sviluppo della Valle di Susa.
Nel corridoio della Torino-Lione transitano 28,5 milioni di tonnellate di merci
all'anno (22 su strada, 6,5 su rotaia), potrebbero diventare 66,2 milioni nel
2030. Il progetto della Torino-Lione dovrebbe essere ultimato nel 2010,
l'entrata in esercizio non avverrà prima del 2018-2020.
Secondo lo studio dei tecnici della Bassa Valle di Susa, allegato al documento
dell'Osservatorio, l'attuale linea storica sarebbe già in grado di fare passare
tra i 20e i 2 milioni di tonnellate di merci all'anno, ma la capacità scende a
6-1 milioni nella tratta metropolitana, da Avigliana a Torino. Nell'ipotesi di
tracciato la stazione internazionale della Torino-Lione sarebbe a Susa. In
Francia il primo cantiere, a Modane, è stato aperto nel luglio 2002.
TAV - Un’idea nata quasi vent’anni fa e cresciuta tra dubbi e scontri -
VERTICI E ACCORDI
ROMA È passato un anno e mezzo dalla nascita dell’Osservatorio sulla Tav. La
prima riunione si tenne infatti il 12 dicembre 2006. La storia della tratta
Torino-Lione però va avanti da quasi vent'anni, passando da un Governo all'altro
e scatenando scontri anche violenti in piazza.
lGIUGNO 1990 Al Summit di Nizza si inizia a parlare dell’opportunità di una
nuova nuova tratta ferroviaria tra l'Italia e la Francia.
lDICEMBRE 1990 La Comunità Europea approva la realizzazione di una rete
ferroviaria europea ad Alta Velocità, da realizzarsi entro il 2010.
lOTTOBRE 1991 I ministri dei trasporti, nel corso del vertice italo-francese di
Viterbo, incaricano i rispettivi enti ferroviari di avviare uno studio di
fattibilità sulla tratta Torino-Lione.
lNOVEMBRE 1993 Italia e Francia firmano un accordo per avviare gli studi di
fattibilità per la nuova tratta ferroviaria.
lGENNAIO 2001 A Torino viene firmato l'accordo intergovernativo franco italiano
per la realizzazione della Torino - Lione.
lAPRILE 2002 Iniziano le consultazioni ufficiali tra Regione, Provincia e Comune
di Torino e le amministrazioni locali della Valle di Susa.
lMARZO 2003 Dopo un anno di consultazioni con gli Enti Locali, RFI presenta il
progetto al Ministero dei Trasporti ed alla Regione Piemonte.
lAGOSTO 2005 Il Cipe approva il progetto preliminare di 47 chilometri da
Bussoleno a Torino, accogliendo le richieste della nuova Giunta regionale
piemontese. Viene creata una Commissione Tecnica, composta da Regione, Provincia
e Città di Torino, Ministero dei Trasporti, Comuni e Comunità Montana della
Valle di Susa, Lyon Turin Ferroviaire e RFI per coinvolgere i cittadini e
delineare un programma per l'avvio dei sondaggi.
lSETTEMBRE 2005 Il Governo lancia l'allarme: subito i sindaggi a Venaus per la
Torino-Lione oppure si perdono i fondi stanziati da Bruxelles. I sondaggi devono
iniziare subito (17 scavi nel territorio di 6 comuni della Valle di Susa).
l6 DICEMBRE 2005 Manifestanti protestano a Venaus (Torino), contro il progetto
della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, in Valle di Susa.
lMARZO 2006 Al via a Roma l'Osservatorio tecnico, composto dai rappresentanti
degli Enti Locali, delle Istituzioni Locali e del ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti, dell'Ambiente e della Salute.
l29 GIUGNO 2006 Si riunisce per la prima volta a Roma il Tavolo politico sulla
nuova opera.
l12 DICEMBRE 2006 Si riunisce per la prima volta l'Osservatorio sulla Tav.
lFEBBRAIO 2007 L’importanza di una realizzazione rapida delle infrastrutture
(compreso la Torino-Lione) è uno dei dodici punti su cui il premier Romano Prodi
ottiene la fiducia della maggioranza, dopo la crisi di Governo.
l13 GIUGNO 2007 Accordo tra il Governo e gli amministratori locali al tavolo
politico-istituzionale sulla Torino-Lione.
l19 NOVEMBRE 2007 La commissione europea ha inviato agli Stati membri e al
Parlamento la proposta di ripartizione di fondi comunitari per le reti
transeuropee fra il 2007 e 2013. Alla Torino-Lione andranno 671,8 milioni di
euro.
l13 FEBBRAIO 2008 A Palazzo Chigi si tiene una riunione del Tavolo istituzionale
sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione che, analizzando il lavoro
dell'Osservatorio Valle di Susa, esprime un giudizio positivo sul metodo e sui
risultati raggiunti. Il Governo chiede all'Osservatorio, entro il 30 giugno, di
completare l’approfondimento del nodo di Torino.
TAV - Riccardi: «Ora tocca al Friuli Venezia Giulia» - Lo afferma
l’assessore ai Trasporti. Oggi la presentazione della Trieste-Divaccia
CONFERENZA INTERGOVERNATIVA ITALIA-SLOVENIA
TRIESTE «Anche in Friuli Venezia Giulia siamo fortemente impegnati per
portare avanti l'Alta Velocità». L'assessore regionale ai trasporti e
infrastrutture, Riccardo Riccardi, rivendica l'azione che sta portando avanti la
Regione per la realizzazione della Tav anche sul fronte orientale dopo l'intesa
raggiunta con gli accordi locali per la tratta Lione-Torino. L'assessore ricorda
come la situazione in Friuli Venezia Giulia sia in fase «di approfondimento
delle condizioni progettuali ma stiamo andando avanti con il lavoro anche per
quanto concerne la condivisione con gli enti locali per trovare le souzioni
migliori per la realizzazione dell'infrastruttura». Per quanto concerne il
tratto della Bassa Friulana, che dovrebbe vedere l'affiancamento della ferrovia
all'autostrada A4 (che nel frattempo dovrebbe essere allargata a tre corsie),
«il progetto preliminare va ancora completato - ricorda l'esponente della Giunta
regionale - ma le intese sostanzialmente ci sono». A febbraio, quando
amministrava la giunta Illy, era stata firmata un'intesa con i Comuni
interessati dal tracciato del Corridoio V anche se mancava la firma dei Comuni
di Villa Vicentina e Porpetto.
Discorso diverso per la tratta Ronchi Sud - Trieste, che, puntualizza Riccardi,
«ha subito una frenata dopo la bocciatura nella valutazione di impatto
ambientale». Questa mattina, al municipio di Divaccia, in Slovenia, sarà
presentato lo studio di fattibilità, realizzato dalla Conferenza
Intergovernativa Italia-Slovenia, della tratta ferroviaria che collega Trieste e
Divaccia, finanziata con oltre 50 milioni di euro dalla comunità europea. «Si
tratta di una giornata molto importante - sottolinea Riccardi - che fa segnare
un passo in avanti fondamentale sul piano internazionale del lavoro che la
Regione sta portando avanti per realizzare l'Alta Velocità e Alta Capacità
ferroviaria». Se in passato qualche problema era sorto proprio con la Slovenia,
per Riccardi il passaggio di questa mattina rappresenta «un segnale fondamentale
che ci spinge ad andare avanti con ancora più vigore nella nostra azione. Per la
Regione e per l’amministrazione Tondo l’'Alta Velocità rappresenta un obiettivo
strategico per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia».
Roberto Urizio
Gasdotto in commissione - LA DELIBERA DEL COMUNE
Torna all’attenzione del consiglio comunale il metanodotto
Trieste-Grado-Villesse progettato per allacciare il rigassificatore che Gas
Natural conta di realizzare a Zaule con il nodo della rete nazionale Snam. Oggi
alle 11.30 nella sala del consiglio comunale si riunirà la commissione
urbanistica, alla quale - come annunciato dal presidente della commissione
Roberto Sasco - sarà presente il sindaco Dipiazza: oggetto di discussione, la
delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che andrà
votata dall’aula municipale giovedì.
Nasce oggi il gruppo «Greenpeace» - AL SUB SEA CLUB
Anche Trieste avrà finalmente il suo Greenpeace: la riunione per la creazione
del nuovo gruppo si terrà oggi alle 18 al «Sub Sea Club» Trieste al Molo
Fratelli Bandiera. «Abbiamo cercato in regione Greenpeace - spiega il presidente
del Sub Sea Club Francesco Tominich , associazione con la quale ci sentiamo
molto affini negli ideali, ma abbiamo scoperto che non esisteva più nessun
gruppo. Allora abbiamo scritto a Greenpeace Italia per cominciare questa
avventura e contemporaneamente siamo venuti a sapere che anche una studentessa
triestina di psicologia, Lucia Becce, si era interessata alla creazione di un
gruppo e così, su indicazione della sede nazionale, ci siamo incontrati e
abbiamo unito gli intenti. Il direttivo del Sub Sea Club ha dato il consenso ad
ospitare il futuro gruppo e così abbiamo organizzato questa prima riunione allo
scopo di gettare delle basi per divulgare le campagne di Greenpeace puntando
soprattutto sui giovani che sembrano, per fortuna, molto più sensibili
all'ecologia».
Sub Sea Club ha intrapreso e organizzato più di venti anni fa «Mare Pulito», una
delle prime raccolte di rifiuti su vari fondali triestini, continuando sempre
nell'opera di sensibilizzazione dei soci e delle numerose scolaresche sulla
tutela del mare, essendo il club un centro di avviamento allo sport del Coni. Si
è conclusa da poco anche la 15° edizione del progetto «Aula blu, ambiente marino
del golfo di Trieste», cui hanno partecipato i ragazzi della scuola media
Bergamas accompagnati dall'insegnante e socio del club Edoardo Milleri. Il club
organizza anche il «Natale Sub» in piazza Unità e la rassegna fotovideosub «Magiesottoacqua»
che quest'anno si svolgerà all'Acquario e probabilmente anche al Miela.
Alla creazione del nuovo gruppo Greenpeace ha aderito anche l'associazione
Uncis-Unità cinofile di soccorso in acqua, e non potrebbe essere altrimenti
visto che la «presidentessa» del Sub Sea Club Trieste è la terranova Nina
addestrata al soccorso in acqua.
Linda Dorigo
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 giugno 2008
Wwf: «Il gasdotto danneggia l’ambiente» - E il
Consiglio comunale di Muggia all’unanimità respinge il progetto
Il Wwf boccia il progetto della Snam per il metanodotto che dovrebbe collegare
il rigassificatore che Gas Natural intende realizzare a Zaule alla rete
nazionale del gas e che nel corso della settimana entrante otterrà un parere da
parte del Consiglio comunale di Trieste. «Il nostro commento è totalmente
negativo - hanno detto ieri Dario Predonzan e Fabio Gemiti - non vi sono i
requisiti nemmeno minimi di accettabilità ambientale». La questione è
particolarmente grave secondo il Wwf poiché il gasdotto nella parte sottomarina
dovrebbe attraversare anche i fondali della baia di Muggia che sono compresi nel
Sito inquinato di interesse nazionale. «Ùn’area - è stato rilevato - in cui i
sedimenti del fondo marino risultano inquinati da metalli pesanti, idrocarburi e
altre sostanze organiche. La posa del gasdotto sul fondale per 6 chilometri e
700 metri pone il problema del sollevamento di tali sostanze e della più che
probabile messa in circolo delle stesse nella catena alimentare».
Un’evidente violazione della normativa è poi rappresentata, per il Wwf, dal
fatto che la procedura di Valutazione d’impatto ambientale sul gasdotto è stata
stranamente separata da quella sul rigassificatore. «Probabilmente - così
Predonzan - per sminuire il forte impatto complessivo che le due strutture
avrebbero sull’ambiente marino e sulla baia di Muggia».
E il Consiglio comunale di Muggia venerdì ha deliberato all’unanimità parere
sfavorevole al metanodotto. Richiamando i precedenti pareri negativi dati allo
stesso rigassificatore, il documento chiama in causa oltre alle carenze di
documentazione, la pericolosità per la collocazione dell’impianto e il passaggio
delle navi gasiere a poche centinaia di metri dalle case, il modesto indotto
occupazionale che si verrebbe a creare. Il gasdotto tornerà domani in
Commissione urbanistica del Consiglio comunale triestino.
A Cividale un incontro sul futuro dell’energia - VENERDÌ PER MITTELFEST
CIVIDALE Venerdì 4 luglio, alle 20.30, al Teatro Ristori prenderà il via il
cartellone di incontri «Cividale Macchina del Tempo», che precederanno e
arricchiranno Mittelfest ’08, il festival diretto da Moni Ovadia, il cui
calendario definitivo con tutti gli eventi collaterali sarà presentato giovedì 3
luglio e che si svolgerà dal 19 al 27 luglio a Cividale del Friuli.
Il primo incontro, intitolato «Il futuro dell’energia», avrà come protagonisti
due ospiti particolarmente qualificati, il direttore della Sissa di Trieste,
Stefano Fantoni, e il giornalista, scrittore ed esperto Maurizio Pallante, già
consulente per il Ministero dell’Ambiente sul tema dell’efficienza energetica,
nonché autore di svariati libri sui rapporti tra ecologia, tecnologia ed
economia, collaboratore di quotidiani e periodici.
AMBIENTE - Piazza Libertà
Il signor Callegari, prima di fare propaganda alle decisioni del Comune,
dovrebbe pensare a quello che scrive. La sua lettera apparsa su questa rubrica
il 17 giugno scorso è infatti decisamente contraddittoria. Si esibisce in una
lode sperticata al progetto di riqualificazione di Piazza Libertà, partendo dal
presupposto che adesso manca un posto per le auto che accompagnano i viaggiatori
alla stazione per poi concludere dicendo che nel nuovo progetto approvato dal
consiglio comunale manca di una soluzione a questo problema.
Il punto chiave resterebbe quindi il denunciato pericolo per chi attraversa la
strada sul fronte-stazione. Il signor Callegari però non realizza che i pedoni
che adesso non usano lo «scomodo» sottopassaggio non si capisce perchè dopo
dovrebbero trovare «comodo» il previsto, nuovo lungo sottopassaggio per
oltrepassare «l'autostrada» a 7/8 corsie.
Lamenta ancora il signor Callegari l’impossibilità di accostarsi con la macchina
al marciapiede d’ingresso alla stazione; ma come potrà farlo quando ci sarà una
bella zona pedonale? Forse è proprio d’accordo con noi nel deplorare il punto
chiave del progetto, da cui deriva la necessità di creare 7/8 corsie, con
relativo abbattimento di alberi, nella zona adiacente a via Ghega. E, a questo
proposito, ci permetta di dirgli che sì, è vero, tutte le creature crescono e
periscono, ma che è leggermente diverso, sia per piante, animali o uomini,
morire di morte naturale o venire assassinati.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la salvaguardia degli Alberi di
Piazza Libertà
IL PICCOLO - SABATO, 28 giugno 2008
«Il rigassificatore non sia merce di scambio» -
Camber e Marini: «La Ferriera va chiusa senza aiuti alla Lucchini Spa»
MONITO DEI FORZISTI CONTRARI ALL’IMPIANTO DI GAS NATURAL
«Il rigassificatore non deve essere la merce di scambio per la Ferriera. Né
per gli industriali né per i politici». È il monito lanciato dal consigliere
regionale Piero Camber, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale,
all’indomani dell’incontro fra il governatore Renzo Tondo e il sindaco Roberto
Dipiazza, favorevoli al rigassificatore a terra e decisi a convocare i
rappresentanti della Lucchini Spa per comunicare la volontà di una riconversione
finalizzata alla chiusura della Ferriera di Servola.
«Attenti a non mescolare Ferriera con rigassificatori e promettere ciò che non
esiste e non ci appartiene. Non vorrei che qualcuno - dice Camber - volesse
premiare la proprietà attuale della Ferriera, che ha già beneficiato di aiuti di
Stato e deve essere chiusa, offrendo partecipazione nel progetto di Gas natural».
Non è l’unico esponente forzista a intervenire sull’argomento. Il consigliere
regionale Bruno Marini, da sempre contrario al rigassificatore, sostiene che
sarebbe «una contraddizione parlare di far entrare nella futura compagine
societaria oltre all’AcegasAps anche la Lucchini».
«Il rigassificatore è già stato bocciato due volte - ricorda Marini - dal
Consiglio comunale di Trieste e, all’unanimità, dai Comuni di Muggia e di San
Dorligo della Valle. A questo punto mi domando a nome di chi parli allora il
sindaco Dipiazza».
Chiarezza e onestà con i cittadini, in merito alla realizzazione dell’impianto
di rigassificazione ed annesso metanodotto, è richiesta anche dai banchi
dell’opposizione con il consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini). «Che
si sappia in modo chiaro chi è a favore e chi è contro, non è più accettabile
nessuna ambiguità - sostiene Decarli, dicendosi contrario a entrambi i progetti
- su questo tema e certo non è leale scaricare ad altri le debolezze e le
fragilità di alcuni partiti».
(p.c.)
«Dopo Krsko nessuna campagna informativa» - ACCUSA DEGLI AMBIENTALISTI
«Dopo l’incidente avvenuto alla centrale nucleare di Krsko non sono state
lanciate campagne di informazione preventiva, nè a livello locale che nazionale,
sulle conseguenze di possibili catastrofi di questo tipo. Così facendo, si rende
la popolazione completamente impreparata ad affrontare un’emergenza
radiologica». A lanciare l’allarme è Livio Bernot, dell’associazione
ambientalista Greenaction trasnational (già Amici della Terra). «È un fatto
grave - sottolinea Bernot - perchè un disastro alla centrale di Krsko poterbbe
avere serie conseguenze su buona parte dell’Italia settentrionale».’
IL PICCOLO - VENERDI', 27 giugno 2008
Gasdotto marino, giovedì la delibera in consiglio
- DOPO LA BOCCIATURA IN GIUNTA - Omero (Pd): è un gioco delle parti
in attesa che la decisione arrivi da Roma
La delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che
dovrebbe collegare il rigassificatore di Zaule alla rete nazionale, sarà
discussa e votata dal consiglio comunale giovedì prossimo, appena in tempo
rispetto al termine di 60 giorni dalla presentazione del progetto, che scade il
6 luglio.
Prima dell’aula, lunedì mattina tornerà a riunirsi la sesta commissione,
presieduta da Roberto Sasco, presente anche il sindaco Dipiazza (che ha la
delega all’ambiente), per entrare nel merito della delibera. Martedì il
documento ripasserà in giunta per la versione definitiva, mentre mercoledì la
sesta commissione discuterà gli emendamenti ed esprimerà il proprio parere.
Giovedì, come detto, la parola passerà al consiglio, la cui seduta, vista
l’importanza dell’argomento e la diversità delle posizioni, potrebbe
trasformarsi, stando agli addetti ai lavori, in una maratona oratoria.
In questi giorni la delibera è intanto al vaglio delle circoscrizioni, due delle
quali, la Terza (Roiano, Gretta, Barcola) e la Settima (Servola, Chiarbola,
Valmaura) si sono pronunciate mercoledì sera, dando entrambe parere favorevole
alla documento della giunta.
Alla Terza la delibera è passata con dieci voti (quelli di Fi, Udc, Sinistra
democratica e Rifondazione), mentre sono state sette le astensioni (An e
Margherita). «L’astesione di An – spiega il presidente, Sandro Menia – è stata
scelta per non dire ”no” a priori. In ambito comunale ci sono ancora problemi
tecnici non risolti. Si lascia una porta aperta, tutto è migliorabile».
Anche nella Settima circoscrizione An si è astenuta. La delibera ha ottenuto
parere favorevole grazie ai voti di Fi e Udc (dieci in totale); il Pd e il
gruppo misto sono invece usciti dalla sala prima della votazione. «Abbiamo
votato a favore – precisa il presidente, Andrea Vatta – perchè siamo contrati
alla costruzione di un gasdotto quando non si sa ancora se si farà il
rigassificatore, sul quale peraltro ci siamo già pronunciati contro».
Nel frattempo il capogruppo del Pd in consilgio comunale Fabio Omero accusa di
ambiguità la maggioranza in Comune, in Regione e al Governo. «Il famoso
allineamento dei pianeti – afferma – impedisce al sindaco di scaricare
sull’altra parte politica le responsabilità delle scelte. E Dipiazza si inventa
una delibera che dice no al metanodotto, ma lascia aperta la strada alle
trattative tra Comune, AcegasAps e Gas Natural. Il sottosegretario all’Ambiente
di An – prosegue Omero – si dice d’accordo sull’impianto con tutte le necessarie
garanzie, mentre il capogruppo di Forza Italia in Comune è intenzionato a
rendere la delibera del metanodotto categoricamente negativa. Ma la stessa Forza
Italia chiede conteporaneamente garanzie sulle royalties per la città».
Stiamo così assistendo, conclude Omero, a «un gioco delle parti che poco spazio
lascia alla trasparenza delle decisioni; il tutto nella speranza che alla fine
il via libera all’impianto arrivi direttamente da Roma».
GIUSEPPE PALLADINI
Negozi ecocompatibili: niente imballaggi, ci si porta il contenitore da casa
- E il detersivo si acquista «alla spina» - TRE I PUNTI VENDITA APERTI IN
CITTA’
Detersivo come birra: alla spina. Una rivoluzione ecocompatibile ed economica
che sta prendendo piede in città. A Trieste sono presenti tre punti rifornimento
dove si può comprare la quantità preferita di detersivo ecologico per bucato,
stoviglie o ambienti nonché saponi, bagnoschiuma e shampoo portandosi dietro i
flaconi vuoti da casa. In questo modo vengono a essere eliminati flaconi e
etichette, e si apporta un solido contributo alla salvaguardia ambientale, agli
sprechi e all'eccesso di rifiuti.
La nuova frontiera per arginare il problema dello smaltimento dei rifiuti viene
quindi dalla stessa produzione, o meglio non-produzione, di imballaggi: sulla
base di quanto realizzato in Nord Europa e in Germania, il progetto di riduzione
dei rifiuti da imballaggio sbarca anche in Italia nella grande distribuzione.
L'obiettivo di questa nuova spinta ecologista è quello di diminuire
drasticamente gli undici milioni di tonnellate gettate nei cassonetti ogni anno
in Italia nella raccolta differenziata: produrre meno rifiuti significa
recuperare materie prime, far risparmiare il territorio, e soprattutto ridurre
notevolmente le emissioni inquinanti nell'atmosfera. La soluzione proposta dalla
ditta «Mille bolle point» promette di offrire un risparmio fino al 40% e propone
prodotti per la pulizia e l'igiene sia come detersivi alla spina, sia come
detersivi sfusi, oppure cosmetici confezionati e disinfettanti. La catena
rivenditrice ha sede a Verona e in città è presente in via Giulia 84/a, via
Madonnina 7/a e via Ghirlandaio 25. Qui il consumatore trova delle macchine
ecologiche dalle quali gli verrà spillato il detersivo biodegradabile. È
possibile acquistare il flacone sul posto, ma sarebbe una scelta saggia e
consapevole riutilizzare quello vuoto di casa: «Il lavoro si concentra
soprattutto la mattina – racconta il rivenditore di via Ghirlandaio – in media
passano una decina di persone al giorno a ricaricare i fustini di detersivo,
dagli anziani agli studenti la clientela è varia. Abbiamo fatto una leggera
pubblicità per riuscire a tenere bassi i prezzi: da aprile abbiamo venduto 250
chili di ammorbidente e lo stesso di detersivo per lavatrice, da sei spine
passeremo presto a diciotto, mentre se vogliamo accennare qualche prezzo
possiamo dire che il detersivo per piatti costa 84 centesimi al litro, mentre
una tanica da tre litri di detersivo per lavatrice viene venduta a quattro euro
e 32 centesimi».
(l.d.)
Via del Veltro, sit-in in stazione - I CITTADINI CONTRO L’ANTENNA
Antenna delle Ferrovie di via del Veltro ancora alla ribalta. I vertici delle
Ferrovie potrebbero incontrare la prossima settimana una delegazione degli
abitanti della strada, che anche ieri hanno protestato con un volantinaggio in
stazione e un assembramento sotto la sede di piazza Vittorio Veneto chiedendo
che il traliccio sia spostato 200 metri più a valle, in un’area priva di
abitazioni. Una promessa, seppure informale, è stata fatta ai dimostranti
dall’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi. Per i protestatari ha parlato
il Verde Alessandro Metz: «Visto che le leggi nazionali e sovranazionali
bypassano in tema di impianti delle Ferrovie Comuni, Province e Regioni, i
cittadini hanno diritto di chiedere un incontro per cercare una convergenza che
accontenti tutti». Al centro del fronte protestatario, capeggiato dal
consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli, il traliccio di 27 metri
installato lungo i binari della ferrovia adiacente alla via del Veltro. Il
timore degli abitanti è che il nuovo impianto con sistema di comunicazione Gsm-r,
utilizzato per mantenere i contatti dei convogli nelle gallerie, con le onde
elettromagnetiche possa danneggiare la salute.
(d.c.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 giugno 2008
Gas Natural: «Rigassificatore in funzione nel 2012»
- Il Comune prepara la delibera sfavorevole al gasdotto, il sindaco insiste
sull’opportunità per la città
«Il rigassificatore di Trieste entrerà in funzione nel 2012». Ieri mattina,
proprio mentre in Comune partiva il dibattito sulla delibera che in prima
istanza dà parere sfavorevole al gasdotto della Snam che dovrebbe collegare
l’impianto alla rete nazionale del gas, da San Donato Milanese l’ufficio
relazioni esterne della spagnola Gas Natural emetteva una nota che dà per
scontata la realizzazione rapida del rigassificatore. Ancora, pressoché
contemporaneamente, come si legge sopra, il sindaco Roberto Dipiazza che lunedì
sarà presente alla Commissione urbanistica del Comune, presieduta da Roberto
Sasco, dove si apriranno gli interventi politici, ribadiva la grande opportunità
che per Trieste si prospetta con il rigassificatore il quale però già per due
volte ha registrato il parere contrario da parte dello stesso Consiglio
comunale. Situazione paradossale che già ieri in una seduta che doveva essere
solo tecnica ha portato a un duro scontro in commissione tra Roberto Decarli dei
Cittadini e Piero Camber di Forza Italia.
«Dobbiamo essere chiari nei confronti della città - ha detto Decarli - proporrò
un emendamento per lasciare sulla delibera solo il punto uno che prende
chiaramente posizione contro il gasdotto». «Basta comizi - ha replicato Camber -
è esattamente quello che io mi proponevo di fare». E Alessandro Minisini del Pd
ha chiesto l’audizione del sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto
Menia.
Gas natural sottolineando il parere favorevole della Commissione di valutazione
d’impatto ambientale ricevuto dal Ministero dell’Ambiente ieri ha evidenziato
che «il rigassificatore di Trieste avrà due serbatoi da 140 mila metri cubi e
una capacità annua di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi. 500 milioni
di euro il valore previsto dell’investimento per la realizzazione
dell’infrastruttura che si prevede entri in funzione nel 2012. L’impianto di
Trieste - continua Gas Natural - contribuirà alla diversificazione delle fonti
di approvvigionamento di gas naturale del sistema energetico italiano e
garantirà maggiore stabilità al settore della distribuzione del gas, due
obiettivi strategici prioritari della politica energetica del Governo italiano».
Si continuano però a registrare nel frattempo diversificate posizioni contrarie.
«Con il rigassificatore a Zaule diciamo pure addio alla sviluppo del porto nuovo
- ha affermato Sergio LUpieri consigliere regionale del Pd - l’appovvigionamento
di Gnl attraverso navi gasiere bloccherà le attività collegate al Molo Settimo,
alla Piattaforma logistica, alla Siot e alla Silone». Secondo Sergio Bisiani
presidente di «Ambiente e è vita», la trasversalità dei consensi politici al
rigassificatore «lasciano trasparire la predeterminazione della scelta e scarsa
attenzione alle criticità ambientali e di sicurezza ripetutamente evidenziate
dalle associazioni ambientaliste».
SILVIO MARANZANA
Cgil, Cisl e Uil: emergenza salari Sì al rigassificatore, no a Krsko -
LE RICHIESTE ALLA NUOVA GIUNTA
TRIESTE «Siamo pronti al confronto con la nuova giunta e auspichiamo che si
mantenga la pratica della concertazione». Cgil, Cisl e Uil presentano la loro
visione di Regione in otto pagine che rappresentano un vero e proprio programma
da sottoporre al presidente Renzo Tondo, a cui è stato inviato due giorni fa, e
alla sua squadra. La priorità assoluta, hanno indicato ieri i segretari
regionali Franco Belci (Cgil), Giovanni Fania (Cisl) e Luca Visentini (Uil), è
il recupero del potere d’acquisto dei salari. La strada individuata è quella di
incentivare le aziende che realizzano la contrattazione integrativa aumentando
quindi le buste paga. Un impegno verrà richiesto anche alla Regione (e di
riflesso anche alla contrattazione decentrata in sanità e ricerca) quando si
rinnoverà il contratto di comparto unico, introducendo il parametro
dell’inflazione reale anziché programmata. I sindacati ribadiscono «la
contrarietà ad un'estensione indiscriminata dello sconto Irap» e propongono
agevolazioni fiscali anche per chi incoraggia il lavoro femminile, promuovendo
trasferimenti più consistenti ai Comuni che non aumentano tasse e tariffe. Sul
piano dello sviluppo economico Cgil, Cisl e Uil chiedono il sostegno ai
distretti innovativi (caffè, nautica e navalmeccanica) e la revisione della
legge sul commercio, apprezzando le indicazioni già arrivate dall’assessore Luca
Ciriani. I sindacati allungano poi al 2015 l’orizzonte per la riconversione
della Ferriera di Servola e auspicano l’avvio ed il completamento rapido delle
bonifiche dei siti inquinati. Quanto ad Insiel, chiedono «la massima attenzione
a sostenere lo sviluppo e a salvaguardare l'unità aziendale». Le politiche del
lavoro partono dalla definizione di un accordo regionale trilaterale che
favorisca la stabilità occupazionale, ritenuta essenziale anche per la sicurezza
sul posto di lavoro, tema per il quale i sindacati puntano a una legge regionale
sugli appalti che eviti la logica del massimo ribasso e preveda un monitoraggio
del sistema di appalti e subappalti. Un giudizio positivo arriva sugli 8,5
milioni di euro della manovrina per le assunzioni in sanità (circa 200) ed è
proprio sulle assunzioni (secondo i sindacati ce ne vogliono almeno 800) che si
preme in maniera particolare, oltre a chiedere il riequilibrio della spesa
sanitaria a favore dell’assistenza territoriale e domiciliare. Il documento
presentato, da discutere con Tondo forse già la prossima settimana prima del
confronto di merito con gli assessori, dice sì all'Alta Velocità e Alta Capacità
ferroviario, con il consenso dei Comuni interessati, e apre al rigassificatore
«dopo un'attenta valutazione del rapporto costo/benefici, dell'impatto
ambientale e della sicurezza». Sull’energia nucleare, netto il no agli
investimenti «su una centrale datata come quella di Krsko».
(r.u.)
Ferriera: «Installato il nuovo filtro richiesto» - FATTO IL SECONDO
INTERVENTO AIA
«È stata completata, nei tempi prescritti dalla Regione, anche la seconda delle
prescrizioni Aia contenute nella diffida inviata alla Lucchini spa alla fine di
maggio». Lo afferma Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola,
confermando l’avvenuta «installazione del filtro a tessuto sull’impianto di
aspirazione polveri a servizio dei vibrovagli nel reparto condizionamento coke».
E, ricordando che la più «significativa» delle tre prescrizioni (l’intervento
denominato Cok7-Sistema di riscaldo forni) era già stata ottemperata a fine
maggio, Rosato assicura che anche la terza e ultima prescrizione contenuta nella
diffida «sarà completata nei tempi e con le modalità tecniche previste dall’atto
stesso: si tratta, in particolare, della realizzazione dell’impianto di
aspirazione polveri a presidio delle operazioni di seconda vagliatura del coke».
La direzione della Lucchini spa dichiara inoltre in una nota «il positivo
controllo svolto recentemente dal Dipartimento provinciale di Trieste dell’Arpa,
dei collaudi di tutte le prescrizioni Aia a scadere dicembre 2007. L’intensa
attività svolta per ottemperare alle richieste si è integrata con quella
produttiva dell’impianto siderurgico che, nel mese di maggio, ha registrato una
crescita del margine operativo lordo grazie ai maggiori volumi di vendita della
ghisa a prezzi più elevati. Il livello degli ordini è sempre alto con ricavi
molto positivi».
Il Comune vuole riempire la Cava Faccanoni: previsto un percorso
naturalistico - GIÀ DEPOSITATI GLI SCARTI DELLA GRANDE VIABILITÀ
La voragine sarà colmata dagli inerti prodotti dai cantieri Un sentiero
attrezzato porterà fino al parco Globojner
Nel giro di circa otto anni l’ex Cava Faccanoni non esisterà più. L’enorme
voragine, inutilizzata da una ventina d’anni e oggi deposito dei materiali di
risulta della costruzione della Grande viabilità, verrà completamente riempita e
ricoperta di vegetazione.
Sarà il risultato dell’intervento di rinaturalizzazione morfologica e
naturalistica che il Comune, proprietario della cava, intende far partire nel
primo semestre 2009, come spiegato nella delibera di giunta approvata lunedì.
L’ex Faccanoni diventerà deposito per gli scarti rocciosi compatibili (terra e
materiale flyshoide) provenienti dalle cave e dai cantieri della Provincia -
complessivamente 1.491.751.000 metri cubi - che verranno reimpiegati per colmare
il «buco» più grande della città. Così la cava non solo darà una boccata
d’ossigeno agli imprenditori edili triestini, oggi costretti a trasportare gli
scarti fino alle discariche friulane, con costi ingenti. Ma darà vita anche a un
nuovo sito di interesse turistico: verrà creato un percorso naturalistico, cioè
un sentiero tra il verde che collegherà la curva Faccanoni al parco Globojner,
portando triestini e turisti in cima a un’altura da cui avere una vista
mozzafiato della città e del golfo. Il percorso sarà poi attrezzato con
parcheggi e infopoint.
La Collini - titolare dei lavori per la Gvt - ha l’obbligo di depositare gli
scarti nell’ex Faccanoni e ha già rinaturalizzato una sezione pari a 400mila
metri cubi. «Visti i buoni risultati - spiega l’assessore ai lavori pubblici
Franco Bandelli - sei mesi fa abbiamo commissionato uno studio all’associazione
temporanea tra ”GeoAmbiente”, per accertare le condizioni per la prosecuzione
dell’intervento, con il ripristino completo della vegetazione. Lo studio ha
provato la fattibilità ambientale dell’opera, portando a tre ipotesi (di minima,
massima e media) che differivano per la quantità di inerti da depositare.
Abbiamo optato per la media (ulteriori 1.491.751.000 metri cubi, ndr.) perché è
la migliore in termini ambientali, e appalteremo i lavori a un privato (i
dettagli qui a lato ndr.). Solo una piccola parte, corrispondente agli ultimi
tre ordini di gradoni in alto, sarà lasciata scoperta: lì - chiude Bandelli - il
deposito di inerti impedirebbe la ricostruzione dell’habitat avifaunistico.
Lasceremo che si ricostituisca autonomamente».
ELISA COLONI
Antenna di via Maovaz, il Comitato non molla - IL TRALICCIO INSTALLATO
A BORGO SAN SERGIO
Lettera di protesta a Dipiazza: inconsistenti le risposte ottenute da Comune
e Arpa
La vicenda dell’antenna di via Maovaz a Borgo San Sergio non è conclusa: ne
è certo il Comitato del rione sorto a tutela dell’ambiente, che ha inviato una
lettera di protesta al sindaco Dipiazza. Dopo incontri, una manifestazione
pubblica e un’istanza avanzata al Comune, il Comitato denuncia l’inconsistenza
delle risposte ricevute dall’assessorato alla pianificazione territoriale e
dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ai quesiti posti
nell’istanza del 13 marzo scorso, e chiede la rimozione dell’antenna: viene
lamentata la scorrettezza delle procedure seguite dagli organi comunali
attraverso le quali si è resa possibile l’installazione dell’antenna, e la
mancanza di successive operazioni di verifica e monitoraggio da parte dell’Arpa:
«Il parere negativo - spiega il Comitato - sulla concessione edilizia fatta su
base urbanistica e paesaggistica era infondato e non difendibile al Tar. Il
diniego all’installazione avrebbe dovuto poggiare su una base più solida come il
"principio di precauzione" che, nel dubbio, avrebbe obbligato Telecom a cercare
un sito alternativo».
Il principio in questione è stato ufficialmente adottato a livello europeo come
strumento di decisione nell’ambito della gestione del rischio in campo di
salute. Il Comitato inoltre accusa l’Arpa di aver solo simulato il monitoraggio
delle emissioni elettromagnetiche nella zona.
La risposta dell’assessorato datata 6 maggio 2008 evidenzia che l’impianto è
stato realizzato nel rispetto dei limiti fissati per decreto ministeriale. Viene
spiegato inoltre che il diniego annullato dal Tar è stato diretta conseguenza
dei pareri favorevoli dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria. «Tenendo presente le
numerose proteste dei cittadini - si legge nel documento - si è provveduto a
chiedere alla Telecom di valutare la possibilità di trovare una localizzazione
alternativa, concedendo eventuali immobili di proprietà comunale».
Non essendo pervenuta risposta, è stata inviata una nota di sollecito rimasta
senza riscontro. La risposta dell’Arpa dello scorso 10 aprile è stata basata sui
dati radioelettrici dell’antenna «Kathrein 742234» desunti dal proprio database
e aggiornati con quelli forniti dai produttori delle antenne: il parere
preventivo è stato effettuato con modalità cautelative e gli eventuali
monitoraggi sono a pagamento.
La vicenda era iniziata lo scorso ottobre con l’installazione di un’antenna
satellitare per telefonini in via Maovaz 11: i cittadini avevano raccolto 2204
firme inviate al Comune. Già nel 2005 una petizione dei residenti aveva fatto
desistere l’amministrazione comunale dal concedere le autorizzazioni a
un’antenna analoga. Tuttavia la compagnia telefonica aveva fatto ricorso al Tar
ottenendo l’ok per l’installazione.
Linda Dorigo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 giugno 2008
Rigassificatore, il Comune decide sul gasdotto
- L’assessore Rovis: «AcegasAps deve partecipare al business con almeno il 20%»
Antonini: «Le navi sono sicure, dell’impianto potrà beneficiare tutta la
regione» - IL DIBATTITO SUL NUOVO PROGETTO
Il rigassificatore di Gas Natural che ha appena ricevuto il via libera da
parte del Ministero dell’Ambiente ritorna già questa mattina al centro del
dibattito in Comune. A mezzogiorno il dirigente del Servizio ambiente,
l’ingegner Gianfranco Caputi illustrerà alla Commissione urbanistica presieduta
da Roberto Sasco e allargata ai presidenti delle circoscrizioni il progetto del
gasdotto della Snam che dovrà collegare l’impianto di Zaule alla rete nazionale
con un tratto sottomarino fino a Fossalon e un altro terrestre da Fossalon a
Villesse. In discussione c’è la delibera con cui la giunta comunale ha detto un
no al progetto che però è sostanzialmente tattico e ha lo scopo di alzare la
posta e di acquisire armi appuntite per contrattare forti royalties per la
città.
Il documento infatti al punto 1 esprime parere sfavorevole di compatibilità
ambientale. Al punto 2 però chiede che la controparte ottemperi a una serie di
prescrizioni «qualora il Ministero dell’Ambiente ritenesse comunque di approvare
il progetto di compatibilità ambientale del terminal di rigassificazione Gnl di
Zaule e conseguentemente il progetto di compatibilità ambientale del
metanodotto». Quanto accaduto in questi giorni con il via libera del ministero
al rigassificatore potrebbe innescare il passaggio all’ipotesi subordinata.
Difficile che il Consiglio comunale che dovrà deliberare ai primi di luglio muti
la delibera con un sì al metanodotto, ma è noto il fatto che il sindaco Roberto
Dipiazza considera il rigassificatore un valore aggiunto per la città. Posizione
questa avallata ieri dall’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis
che però ha ribadito la conditio sine qua non: la «partecipazione al business»
in particolare con una quota di Acegas-Aps nella società di gestione chiesta
puntando in alto, anche qui con mossa tattica, addirittura nella misura del 20
per cento».
E proprio ieri il presidente di Assindustria Corrado Antonini aprendo
l’assemblea annuale interna a Palazzo Ralli ha ribadito che il rigassificatore
«deve essere visto come un’opportunità per il territorio di Trieste e della
regione, per le imprese e per i cittadini». Ha anche evidenziato che «le
tecnologie disponibili e gli standard di controllo attualmente applicati
forniscono a impianti e gasiere la massima sicurezza». «Esistono nel mondo porti
in cui le navi entrano ed escono con la frequenza di una ogni tre minuti - ha
affermato ieri il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli - per cui
il passaggio molto più ridotto di petroliere e gasiere non creerebbe a Trieste
alcun problema. Al contrario - ha aggiunto - il rigassificatore offrirebbe alla
città la bonifica di un’area molto più vasta e energia a basso costo».
SILVIO MARANZANA
«Le scelte sembrano sconfessare le opzioni turistiche per Trieste» - IL
CENTROSINISTRA CONTESTA L’INDECISIONE - «Così si impone la città dell’energia»
Nei ritmi comunque lenti di Trieste, la città energetica sembra avanzare più
rapidamente rispetto alla città turistica. Da un lato il nuovo Palacongressi
resta un castello in aria e del Parco del mare nessuno sembra più voler parlare
anche se il presidente camerale Paoletti assicura che anche la nuova giunta
regionale sosterrà il progetto. Dall’altro lato invece il rigassificatore
ottiene i primi via libera, l’oleodotto della Siot riprende un trend di crescita
e Acegas-Aps che svolge un ruolo leader tra le multiutility del Triveneto si
accinge a entrare nella sontuosa sede di palazzo Modello facendosi così anche
materialmente spazio nel cuore della città, in piazza Unità.
«In realtà l’amministrazione di centrodestra non sa se spingere di qua o di là -
denuncia Roberto Decarli consigliere comunale dei Cittadini - perché non ha un
progetto di cosa dovrebbe essere Trieste tra cinque o dieci anni. Aspetta allora
che sia il Governo a toglierle le castagne dal fuoco come sta accadendo ora per
il rigassificatore». «In Consiglio comunale chiederò al sindaco Dipiazza - ha
preannunciato il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli - se ritiene
che il minsitro Scajola abbia ragione quando parla della nostra città come di un
deposito di carburanti per l’Europa e se la vocazione turistica di cui la giunta
comunale parla come di una priorità possa prevedere la presenza di gasiere che
attraversano il golfo e scaricano in mare tonnellate di acqua fredda e cloro.
«A Panigaglia, in provincia di La Spezia esiste un rigassificatore dal 1992 -
ribatte l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - e a poche
centinaia di metri c’è la prestigiosa località turistica di Porto Venere.
Nessuno dei turisti vip si è mai accorto di nulla». Va rilevato comunque che il
dibattito sul progetto di ampliamento del rigassificatore ha provocato il
commissariamento del Consiglio comunale.
Roberto Sasco, presidente della Commissione urbanistica del Comune vede proprio
nel rigassificatore uno dei fulcri di «un nuovo polo logistico-portuale
integrato con la retrostante zona Ezit comprendente il terminal ro-ro, i moli
Quinto, Sesoto e Settimo, la nuova Piattaforma logistica con il Molo Ottavo,
l’area dell’ex Ferriera, il terminal della Siot».
(s.m.)
Pescatori triestini contrari «Specie marine a rischio» - PROTESTA LA
CATEGORIA - La parte terminale dell’impianto passerebbe in una «nursery»
ittica
I pescatori triestini sono contrari al rigassificatore e al gasdotto. Interviene
sul tema Andrea De Carli, presidente del consorzio piccola pesca del Golfo di
Trieste e Monfalcone: «L'economia della provincia, di numerose famiglie di
Trieste, Duino Aurisina e Muggia, ma anche delle zone del monfalconese –
sostiene de Carli – potrebbe subire gravi contraccolpi da una scelta politica
che non tiene conto di chi con il mare ci lavora ogni giorno».
Sostanzialmente De Carli chiede di essere ascoltato in via formale, ma anticipa
anche le proprie motivazioni di dissenso nei confronti della realizzazione del
progetto sul rigassificatore marino: «Sono tre i punti fondamentali che nulla
hanno a che fare con le grandi scelte politiche, ma riguardano la vita di molte
famiglie che vivono di pesca in provincia di Trieste: la risospensione dei
fanghi del Vallone di Muggia, legata alla realizzazione del terminale, può
causare conseguenze a lungo termine sul prelievo delle biomasse ittiche ed in
coltura, che gravitano nelle prossimità delle tre dighe foranee».
Non è finita. «Dal punto di vista della quantità di pesce presente nel golfo –
incalza De Carli – è importante ricordare ai politici che la parte terminale del
gasdotto passerebbe in una importante "zona nursery", che consente la crescita
di specie ittiche pregiate, cefalopodi e crostacei, comprese anche alcune specie
protette, come le fanerogame marine. E ancora - conclude De Carli - oltre al
periodo dei lavori che non consentiranno ai pescatori di operare nelle
vicinanze, l'intorbidimento potrà avere ricadute pesanti sui già ridotti
popolamenti ittici che stazionano in tali aree in una fase delicata della loro
vita».
Insomma, secondo il presidente del consorzio piccola pesca si andrebbe in contro
a un impoverimento del mare, con la conseguente, ulteriore, crisi economica dei
pescatori della provincia di Trieste e, dice, «E' importante che chi deve
decidere a terra si ricordi che un mare senza pescatori professionisti è un mare
sterile».
Una posizione condivisa anche da Guido Doz, responsabile regionale di Agci
pesca. «Pur con tutte le migliorìe possibili - rileva Doz - il rigassificatore
provocherebbe gravi danni all’ambiente marino a causa della lingua d’acqua
fredda che finirebbe in mare. Quanto al gasdotto finirebbe per provocare
l’inibizione alla pesca di altri settori del golfo».
(fr.c.)
Ancora proteste degli abitanti per il traliccio collocato in via del Veltro -
Antenna delle Ferrovie in zona Baiardi - Altri sei pali previsti vicino
alle gallerie
Si apre un nuovo fronte sulla questione antenne delle Ferrovie. Ieri mattina,
dopo quella di via del Veltro, un’antenna alta 27 metri che permetterà il
funzionamento del sistema di comunicazione Gsm-r utilizzato per mantenere i
contatti con i convogli nelle gallerie è stata collocata nella zona di via dei
Baiardi, vicino alla galleria ferroviaria di Cologna sud. Così, mentre in via
del Veltro la gente si raccoglieva attorno alla commissione trasparenza del
Comune, nella zona di via dei Baiardi-Clivio Artemisio la gente, alla vista
della struttura che un elicottero stava calando dall’alto, è sobbalzata: sono
intervenuti i carabinieri per sedare gli animi. Spiega Claudio Pavlovich,
residente in via dei Baiardi: «Ho sentito un elicottero sopra la mia testa, poi
ho visto il cavo per la posa dall’alto della struttura. Sono preoccupato ma
credo lo siano di più quanti abitano in Clivio Artemisio, col palo a 30 metri
dalle case».
I cittadini temono che le onde elettromagnetiche del Gsm-r possano nuocere alla
salute: da ciò proteste e sollecitazioni al Municipio. Spiega il dirigente del
Comune Carlo Tosolini: «Le Ferrovie non hanno bisogno di alcuna concessione
edilizia né urbanistica. Assieme alla Regione e alla Soprintendenza abbiamo
fatto ricorso al Tar, ma abbiamo perso».
L’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi osserva però che «il Tar ci ha
dato ragione perché la sicurezza è imprescindibile per il sistema ferroviario. E
le antenne previste sono tutte collocate nei pressi delle gallerie». Oltre a via
dei Baiardi e Veltro, verranno insediati tralicci da 18 metri a valle della
rotatoria di strada di Rozzol e nei pressi della galleria Sottomonte, sotto
l’obelisco di Opicina (27 metri). Un altro impianto, di impatto minimo (4 metri)
è previsto a Cologna Nord, in zona Commerciale alta. Un Gsm-r (altezza 3,70
metri) anche in Villa Carsia. Sotto Casa Serena, a nord dell’abitato di strada
per Longera, è prevista una struttura (28 metri), così come all’imbocco della
galleria ferroviaria sotto Campo romano a Opicina (28 metri).
La Trasparenza promuoverà un incontro la prossima settimana, con la presenza di
Tosolini, delle Ferrovie, dell’Arpa, nonché degli abitanti protestatari per
cercare una via di uscita. Ieri in via del Veltro il consigliere Alfredo
Racovelli (Verdi) ha notato che il sindaco potrebbe far ricorso al Consiglio di
stato: una soluzione che avrebbe l’appoggio dell’opposizione. Bruno Sulli (An),
ha avanzato il timore che l’installazione di nuove antenne preluda all’avanzare
della telefonia mobile.
Daria Camillucci
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 giugno 2008
Rigassificatore, regole severe per partire - Le
prescrizioni motivate dal fatto che l’area rientra nel Sito inquinato nazionale
Prescrizioni su diversi fronti e relative a svariati aspetti, dalle
caratterizzazioni e bonifiche ai monitoraggi del sistema biologico marino,
dall’integrazione del rigassificatore con la centrale elettrica della Ferriera
alle prese per l’ingresso e lo scarico dell’acqua di mare usata nel processo di
rigassificazione.
Si tratta di una serie di punti molto dettagliati e precisi, fissati dalla
commissione ministeriale Via (valutazione d’impatto ambientale), alla cui
esecuzione è legata la validità del parere favorevole alla compatibilità
ambientale del progetto del gruppo Gas Natural, nell’area ex Esso, che la stessa
commissione ha deliberato venerdì scorso.
Il problema di fondo nasce dal fatto che l’area ex Esso è situata all’interno
del Sito inquinato di interesse nazionale, che include anche il vallone di
Muggia, nel quale è prevista la costruzione del pontile per l’attracco delle
navi gasiere, nonchè della presa e dello scarico dell’acqua marina usata dal
rigassificatore.
L’area del fondale dove sorgeranno il pontile e altre opere a mare dovrà quindi
essere «caratterizzata», per conoscerne il grado di inquinamento e la natura
degli inquinanti, ed eventualmente bonificata.
Il materiale risultante dalla bonifica (sia dell’area a terra sia di quella a
mare) dovrà essere trasportato in prevalenza via mare. Saranno poi necessari un
piano per regolamentare al meglio il traffico dei mezzi usati nella bonifica, e
un piano per gestire il materiale inquinato che lascerà l’area in cui si
precisino anche le discariche da utilizzare.
Prescrizioni sono previste pure per il gasdotto necessario al collegamento tra
l’impianto di Zaule e Villesse (nodo della rete nazionale) che attraverserà il
golfo, e sulla cui compatibilità ambientale la giunta comunale di Trieste si è
pronunciata in maniera contraria nei giorni scorsi. Riguardo dunque a questo
gasdotto, prima della conferenza dei servizi, in cui gli enti coinvolti saranno
chiamati a raggiungere un’intesa con la Regione, dovrà essere ottenuto il
documento sulla compatibilità ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente.
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Controlli dove esce l’acqua di mare - I trasporti vanno
fatti solo via mare
Gas Natural dovrà predisporre assieme ad Arpa e Icram un piano di illustrazione
e monitoraggio (sull’arco di dieci anni) delle specie che vivono attorno al
punto di scarico dell’acqua di mare. Sarà necessario anche un piano per il
controllo fisico-chimico dell’acqua marina.
Il trasporto del materiale risultante dalla bonifica dell’area ex Esso e della
zona a mare dovrà essere effettuato via mare, a meno di altre soluzioni da
trovare con gli enti locali. Dovranno essere predisposti e approvati un piano
per il traffico dei mezzi e uno per la gestione dei terreni inquinati.
Integrare il progetto con quello della Ferriera
FRIGORIE
Dovrà essere presentato un progetto di integrazione con la centrale
elettrica della Ferriera, proprietà della società Elettra Glt, per ridurre lo
spreco e l’impatto ambientale delle frigorie e del cloro risultanti dallla
rigassificazione. Le frigorie serviranno al raffreddamento della centrale.
Documento da presentare alla Conferenza dei servizi
COMPATIBILITÀ
Alla conferenza dei servizi dovrà essere presentato il documento sulla
compatibilità ambientale, emanato dal ministero dell’Ambiente, del gasdotto di
46 chilometri che allaccerà l’impianto di Zaule alla rete nazionale (nodo di
Villesse) passando attraverso il golfo di Trieste.
Tener conto che le opere sono nel Vallone di Muggia
SEDIMENTI
Poichè il Sito inquinato comprende anche il Vallone di Muggia, la
realizzazione delle opere a mare (pontile di attracco, presa e scarico di acqua
marina) dovrà essere preceduta dalla caratterizzazione dei sedimenti delle aree
interessate dai lavori.
Vanno monitorate le realtà esistenti
SPECIE MARINE
Prima dei lavori a mare dovrà essere effettuato il monitoraggio del
complesso delle specie esistenti nel tratto di mare, e durante i lavori tale
monitoraggio dovrà essere svolto con il cojnvolgimento dell’Arpa. Un analogo
monitoraggio dovrà riguardare i sedimenti del fondale interessato dai lavori.
Introdurre i pannelli fotovoltaici
KYOTO
Per rispettare le direttive di Kyoto, l’ illuminazione esterna dell’area del
rigassificatore dovrà essere alimentata da pannelli fotovoltaici, e al fine di
ridurre l’impatto paesaggistico dell’impianto è necessario un progetto per gli
interventi di ingegneria naturalistica e per quelli relativi al verde
Sasco: sul gasdotto marino rimaniamo contrari -
L’ESPONENTE DELL’UDC - «Carente l’analisi costi-benefici. In questa
situazione non si può dare parere favorevole»
Ribadita la richiesta di un depuratore fognario di ultima generazione quale
«royalty» a favore della città
«L’Udc di Trieste e quella regionale appoggiano la delibera con cui la
giunta comunale ha dato parere sfavorevole alla compatibilità ambientale del
gasdotto di collegamento fra il rigassificatore di Zaule e il nodo della rete
nazionale a Villesse». Lo dichiara Roberto Sasco, capogruppo Udc in consiglio
comunale e presidente regionale del partito, precisando che la delibera è ora al
vaglio dei consigli circoscrizionali per poi passare alla commissione
Urbanistica e ambiente e in consiglio comunale.
Attualmente non sussistono, sempre secondo l’Udc, le condizioni per un parere
favorevole e incondizionato alla costruzione del gasdotto, in quanto l’analisi
costi-benefici è carente. «Non si evincono chiaramente – sottolinea Sasco – i
costi indiretti e sociali legati alla realizzazione dell’opera e i benefici
determinati dalla realizzazione dell’impianto, con le ricadute per la
collettività. Pertanto, nel caso il governo desse il via libera alla
realizzazione dell’impianto Gnl, l’Udc si impegnerà a livello locale, regionale
e nazionale affinché venga recepita una serie di prescrizioni che costituiscono
condizioni per lo sviluppo della città».
Il dettaglio delle richieste si apre con la realizzazione di un depuratore
fognario di ultima generazione, quale concreta royality a favore della città, e
prosegue con l’acquisizione di significative quote nella società di gestione del
terminal Gnl da parte di AcegaAps, al fine di garantire nel tempo concreti
benefit e ricadute sul territorio, e con quella di garanzie in fase di gestione
dell’impianto Gnl dei livelli occupazionali diretti e nell’indotto locale, e
ancora con il coinvolgimento prevalente nella realizzazione dell’opera delle
categorie economiche e dell’imprenditoria locale.
Le richieste dell’Udc prevedono poi la bonifica integrale del sito inquinato
interessato e non una semplice messa in sicurezza, la realizzazione contestuale
della «filiera del freddo» con cessione gratuita delle frigorie prodotte alle
industrie, e la verifica della compatibilità in termini di sicurezza della
presenza dei terminal dell’oleodotto, del rigassificatore e del gasdotto, anche
in relazione alla movimentazione delle petroliere e delle gasiere, e infine una
contestuale pianificazione della riconversione dell’area della Ferriera per
progettare un polo logistico-portuale integrato con la zona Ezit.
Progetto «Acquario»: tutti assolti - LA CORTE D’APPELLO CONDANNA IL WWF
A PAGARE LE SPESE - Al centro del caso muggesano comunicazioni sul Sito
inquinato
TRIESTE Nel processo di primo grado era stato assolto Manlio Romanelli, già
amministratore unico della società che aveva promosso l’interramento di
«Acquario», la vasta area posta tra Punta Olmi e Punta Sottile su cui doveva
essere realizzato uno stabilimento balneare e un’area dedicata al tempo libero.
Ieri la Corte d’appello, presieduta da Mario Trampus, ha pronunciato una analoga
sentenza di proscioglimento per gli altri quattro imputati. Sono Aldo Mazzocco,
già al vertice di Marina Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori
d’interramento; Corrado Del Ben, già vice presidente di «Acquario» ed Ervino
Leghissa, legale rappresentante della Duino Scavi, erano stati condannati in
primo grado dal Tribunale ma ieri l’assoluzione è stata ampia. «Il fatto non
sussiste» si legge nel provvedimento, sia per quanto «concerne gli obblighi di
comunicazione», sia per «l’omessa bonifica del Sito inquinato».
Allo stesso tempo la Corte d’appello ha condannato il Wwf, che si era costituito
parte civile, al pagamento delle spese di giudizio. Ma non basta. Ai quattro
imputati clamorosamente assolti ieri, dovrà essere restituita al più presto la
«provvisionale» di 200 mila euro che il giudice Luigi Dainotti aveva assegnato
in parti uguali ad «Acquario» e alla «Imes», la società finanziaria a cui
«Acquario» faceva riferimento.
Le motivazioni della sentenza di assoluzione saranno depositate entro tre mesi e
solo in quella occasione si potrà comprendere appieno ciò che ha spinto la Corte
d’appello ad assumere questa decisione. Ieri nel corridoio antistante l’aula in
cui si era svolta l’udienza, gli avvocati hanno cercato di leggere nel
«dispositivo», qualche anticipazione di ciò che si saprà a fine estate. Il
«punto nodale» nel giudizio quasi unanime dei difensori è rappresentato dal
Decreto legislativo 152 del 2006 che ha modificato la precedente normativa. In
pratica ha cancellato il reato di omessa bonifica del Sito inquinato.
«Per questo decreto l’Italia è già finita sotto inchiesta a livello di Unione
europea» hanno affermato alcuni ambientalisti che su questo processo e su altre
inchieste avevano costruito a proprio beneficio un piccolo gruzzolo di
credibilità e di visibilità politica. Altri invece, appena appreso che l’esito
del processo era favorevole agli imputati, si sono lasciati andare a reazioni
più emotive. «Andremo in Cassazione» hanno promesso i primi mentre gli altri si
allontanavano incerti sul da farsi.
L’inchiesta sul caso «Acquario» era stata avviata dal pm Maddalena Chercia, in
base a una serie di esposti che chiedevano di fare luce sull’interramento
avviato tra Punta Olmi e Punta Sottile. Lì erano finiti 120 mila metri cubi di
materiale (terra e rocce da scavo) contenenti anche sostanze inquinanti
provenienti per una certa percentuale anche dalla bonifica dell’ex Cantiere
navale San Rocco, ora divenuto porto turistico. Il primo metro di spessore del
terreno dell’ex cantiere, inquinato da cento anni di attività industriale, è
stato posto in due sarcofagi a tenuta stagna. Lo strato sottostante è finito
invece a Punta Olmi: 45 mila metri cubi nella prima «tranche» di lavori, 70 mila
nella seconda. Le analisi effettuate dall’Arpa, l’Agenzia ragionale per la
protezione ambientale, avevano segnalato la presenza di piombo, cadmio e
idrocarburi in misura non compatibile con l’utilizzazione dell’area interrata
come verde pubblico.
CLAUDIO ERNE’
Alberi tagliati - EX MADDALENA
Al signor Callegari: gli alberi si reimpiantano? Non lo si sapeva, peccato ci
vogliano anni per diventare rigogliosi e frondosi. Gli unici a poter essere
piantati/estirpati/reimpiantati a piacere, secondo svariati progetti ormai
giornalieri, sarebbero quelli pronti... in plastica! È mai possibile che nelle
cosiddette riqualificazioni zonali o nuove costruzioni sia sempre il
preesistente verde che «intrìga»? Ed i Verdi che dovrebbero salvaguardarlo (vedi
ex comprensorio Maddalena) dove sono?
Nevia Ferrari
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 giugno 2008
I residenti di via del Veltro contro l’antenna -
Traliccio delle Ferrovie a poche decine di metri dalle case: i cittadini temono
emissioni nocive
INSTALLATO IL MANUFATTO ALTO 25 METRI
«Mi affaccio alle finestre di casa e me la trovo davanti, imponente come un
traliccio dell'alta tensione»: con queste parole Giorgio Umek, residente in via
del Veltro 21, descrive l'antenna di proprietà delle Ferrovie dello Stato
istallata alcuni giorni fa nel rione di San Giacomo.
L'antenna, alta circa 25 metri, permetterà il funzionamento del sistema di
comunicazione «Gsm-r» utilizzato per mantenere il contatto con i convogli
all'interno delle gallerie e garantire così la sicurezza. Ma i cittadini temono
che le sue emissioni possano nuocere alla salute e nonostante le diffide
presentate dal Comune, dalla Regione e dalla Soprintendenza alle Ferrovie,
queste ultime si sono rivolte al Tar che ha dato il via libera al posizionamento
dell'antenna.
Nel caso di San Giacomo non è stato possibile avvalersi dell'escamotage
ambientale perché la zona è priva di tutela paesaggistica e le Ferrovie hanno
così ottenuto anche il permesso dell'Arpa e, sulla base della legge nazionale,
possono edificare a loro piacimento questo genere di strutture senza dover
richiedere alcun permesso, nemmeno il parere dell'Azienda sanitaria.
I residenti hanno protestato ma non c'è stato nulla da fare: «Quando esco in
poggiolo - continua Umek - la distanza che mi separa dall'antenna è di venti
metri circa, è uno spettacolo dal forte impatto non solo visivo ma anche della
salute, che va a svalutare l'intero condominio. Nessuno sa bene che funzione
abbia il traliccio, alcuni dicono sia di qualche compagnia telefonica e altri
che appartenga alle Ferrovie, resta comunque il fatto che rappresenta un grave
danno per la salute e desideriamo che l'opinione pubblica sia a conoscenza di
quanto sta accadendo».
Di analoga opinione anche Sergio Cossutta, residente al civico 25: «Con le
tecniche odierne è assurdo l'utilizzo di simili marchingegni, e credo che a
beneficiare dell'antenna non saranno solo le Ferrovie ma sicuramente anche
qualche compagnia di telefonia mobile. Inizialmente - spiega - era stato
previsto di installare l'antenna nelle vicinanze dell'Ippodromo, all'inizio
della salita di via del Veltro vicino al civico 70, ma i cittadini sono andati a
protestare in circoscrizione. Questa si è rivolta al Comune il quale ha
suggerito lo spostamento dell'antenna in una sede più distante dalle abitazioni
ma i tecnici delle Ferrovie hanno pensato bene di posizionarla davanti al
poggiolo dello stabile al numero 21».
Nella questione è stata coinvolta anche la quinta circoscrizione: «Non siamo
stati avvisati di nulla - esordisce il presidente Silvio Pahor - in una
mattinata l'antenna è stata installata e la circoscrizione non ha ricevuto alcun
parere consultivo e tantomeno è stato comunicato il posizionamento dell'antenna
al Comune. I cittadini di via del Veltro si sono mobilitati - continua Pahor -
inizialmente mi hanno contattato affinché io portassi la questione in Comune e,
insieme al sindaco e al dirigente competente, si trovasse un sito alternativo
per l'insediamento. Successivamente è stato fatto un sopralluogo nella zona e il
sindaco Dipiazza ha risposto che la questione è particolarmente difficile dal
momento che gli interessi nazionali, appartenenti alle Ferrovie dello Stato,
sovrastano e scavalcano quelli locali. Il sindaco ha comunque garantito di
proseguire nell'opera di resistenza».
Da questo punto di vista il Comune ha fatto sapere di essere ricorso al Tar il
quale ha rigettato l'istanza dando così il via libera all'installazione e che,
nonostante ciò, proseguirà nell'opposizione al provvedimento ricorrendo al
Consiglio di Stato.
(l.d.)
A Barcola catena umana contro lo scudo spaziale - COMITATO DI PROTESTA
Una catena umana di pace contro il progetto statunitense di «scudo spaziale», è
stata realizzata ieri nella zona della fontana di Barcola.
L'iniziativa è stata promossa dal Comitato triestino contro lo scudo stellare,
nell'ambito della Giornata mondiale di sciopero della fame che, coinvolgendo
anche altre città in Italia e all'estero, invita a non mangiare per un giorno,
allo scopo di indurre i potenti a destinare le spese militari in campagne
alimentari. Nel corso della manifestazione, è stato anche posto l'accento sulla
«militarizzazione cui è sottoposto il Friuli Venezia Giulia».
PIAZZA LIBERTÀ - Non tagliate gli alberi
In genere mi occupo anzitutto dei problemi degli altri; sono sensibile alle
esigenze dei giovani, mi preoccupano le loro difficoltà d’inserimento
lavorativo, la loro crisi di valori.
Ma per una volta mi permetto di essere egoista: ho 73 anni e vorrei godere
ancora, assieme ai mei coetanei, dell’ombra, del profumo, della bellezza,
dell’aria purificata che gli alberi secolari di piazza Libertà ci offrono con
gratuita munificenza. Non intendo, questa volta, pensare ai miei nipoti che, se
sopravviveranno gli stentati e ridicoli alberelli impiantati, al pari di quelli
sulle rive, lungo i marciapiedi della piazza, potranno forse godere di un po’ di
verde ai lati di un’autostrada a otto corsie. Per una volta, cari
amministratori, pensate anche agli egoisti.
Clara Girotto
RIGASSIFICATORE - Rischi da valutare
Abito a Valmaura zona interessata al progetto del rigassificatore a terra dalla
Gas Natural e vorrei conoscere in modo preciso e documentato quali conseguenze
ci sarebbero per i cittadini in caso di incidente o attentato a questo tipo di
impianti.
Sono, assieme a tanti miei concittadini, estremamente preoccupato perché organi
di informazione, pubblicazioni scientifiche, specialisti della nostra università
e delle istituzioni scientifiche stanno ripetendo, inascoltati dai nostri
amministratori, che questi sono impianti ad alto rischio e assolutamentamente
inadatti a essere localizzati all’interno di aree densamente popolate e ricche
di impianti industriali con fiamme, libere (ferriera, centrale a gas,
termovalorizzatori, ecc.).
A conferma di ciò ricordo solo che i rigassificatori sono considerati impianti a
rischio di incidente rilevante e rientrano nella direttiva Seveso, per cui come
riportato in una relazione del ministero dell’Ambiente di qualche tempo fa, a
nome di Dario Giardi, «... i rigassificatori possono essere costruiti ma a
debita distanza dai centri abitati e dagli impianti industriali ad alto
rischio».
Sempre per motivi di sicurezza è previsto che le navi gasiere debbano attraccare
con la prua rivolta al largo per potersi allontanare rapidamente in caso di
incidente, mentre nella fase del loro avvicinamento alla zona di attracco il
traffico marittimo verebbe bloccato in una fascia di navigazione molto ampia
toccando anche la compatibilità con l’attività portuale. Inoltre, negli Stati
Uniti, dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, hanno deciso di dismettere
gradualmente gli impianti a terra e di adottare solo impianti costituiti da navi
gasiere con il rigassificatore a bordo. Queste navi si ormeggiano al largo, ben
lontane dalla costa, rigassificano il gas liquido e lo mandano direttamente in
rete: il tutto con costi estremamente inferiori a quelli previsti con il sistema
Gas natural.
Oltre al problema sicurezza ci sono però altre informazioni, poco pubblicizzate
e mai confutate, che non possono lasciare indifferenti. Ne elenco solo due, tra
esse legate: 1) i rigassificatori in Spagna sono attualmente quasi tutti fermi
per mancanza di Gnl in quanto i Paesi produttori per carenza di infrastrutture,
riescono a rifornire a malapena il 50% della domanda mondiale; 2) la delibera n.
178. art. 13, comma 2, emanata dell’Autorità dell’energia manleva dal rischio
d’impresa. In pratica, il «fattore garanzia» offre a chi costruisce un
terminale, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto (fatto molto
probabile vista la carenza di Gnl a livello mondiale), la copertura dell’utile,
che sarebbe comunque garantito recuperando le perdite con l’addebito sulle
bollette dei consumatori, cioè: noi cittadini dovremmo pagare il mancato utile
dell’impresa.
Non mi dilungo oltre ma ritengo che i nostri amministratori dovrebbero
coinvolgere la comunità scientifica che a Trieste non manca, per approfondire
l’argomento e procedere alle scelte non in base a interessi immediati, che
paiono puramente speculativi, ma in base alle effettive compatibilità ambientali
ed economiche.
Come altri hanno ricordato su questo giornale, già in altre occasioni i politici
hanno dato credito alle imprese snobbando e denunciando chi paventava pericoli,
e poi sono successe tragedie come il Vajont o Chernobyl.
Lauro Linardon
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 giugno 2008
Krsko, sei operai contaminati dalle radiazioni -
AVEVANO RIPARATO IL GUASTO DEL 4 GIUGNO
Le autorità slovene: dosi minime sotto i livelli di guardia, uguali a quelle
assorbite da chi va in aereo
KRSKO Sei operai, in prevalenza saldatori, sono rimasti contaminati durante
i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale nucleare di Krsko,
episodio che per alcune ore, lo scorso 4 giugno, aveva fatto scattare l’allarme
atomico in tutta Europa. La dose di radiazione che hanno ricevuto non è comunque
tale da destare proccupazione.
Nessuno è in permesso malattia e tre di essi, in questi giorni, sono
tranquillamente in ferie. La notizia, confermata dalla Direzione nazionale per
la sicurezza nucleare, è stata pubblicata dal quotidiano zurnal24.
La contaminazione è dovuta al fatto che i sei operai, per riparare il guasto
alla centrale, ossia per sostituire una valvola del sistema di raffreddamento
del reattore, hanno dovuto lavorare in punti difficilmente accessibili, e questo
ha impedito loro di usare le maschere ad aria compressa, le uniche che avrebbero
garantito loro il massimo livello di protezione.
Hanno dovuto invece usare semplici maschere antigas con il filtro. Sono rimasti
pertanto contaminati da due isotopi di cobalto, il Co 58 (13.000 Bq) e il Co 60
(1.030 Bq). La dose di radiazione ricevuta (14.030 Bq) non è però preoccupante,
rilevano alla Direzione per la sicurezza nucleare, ed equivale alla radiazione
cui una persona è sottoposta, per esempio, durante un lungo viaggio in aereo. La
contaminazione era così ridotta, scrive il giornale riportando fonti della
Direzione slovena per la sicurezza nucleare, che i rilevatori personali non
l’hanno nemmeno registrata. Solo un controllo completo e dettagliato dei sei ha
fatto emergere l’accaduto. Tutto comunque, assicurano gli esperti, è rimasto
sotto il limite dei livelli di contaminazione consentiti, considerato il tipo di
lavoro e il luogo in cui è stato svolto. La centrale nucleare di Krsko – 130
chilometri da Trieste in direzione nordest, a ridosso del confine con la Croazia
– è stata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea lo scorso 4
giugno, quando un guasto all’impianto aveva fatto scattare l’allarme nell’Unione
europea e in particolare nella nostra città, rientrato dopo poche ore. Il
reattore è stato comunque spento e raffreddato, dopo di che si è proceduto alla
sostituzione della valvola difettosa. La centrale di Krsko è stata nuovamente
collegata in rete gia' il 9 giugno. La settimana scorsa, l’impianto è stato
visitato anche da un gruppo di esperti italiani.
KRSKO - L’esperto: rischi sotto controllo - MASSIMO BOVENZI, DOCENTE DELL’UNIVERSITÀ
DI TRIESTE
TRIESTE - Arriva come un fulmine anche a Trieste la notizia degli operai rimasti
contaminati durante i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale
nucleare di Krsko.
Massimo Bovenzi, docente dell'Università di Trieste, esperto in medicina del
lavoro non ha però dubbi: «In queste condizioni, non si corre nessun rischio».
«Dalle notizie riportate dalle agenzie - commenta Bovenzi - si apprende che gli
operai sono stati contaminati, ma senza conoscere a fondo la situazione, non mi
posso sbilanciare su come è avvenuta la contaminazione radioattiva o sul livello
di contaminazione».
«Il tutto dipende dal tipo di nuclide» aggiunge Massimo Bovenzi, ricordando che
nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include in
teoria tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per
qualsiasi via essa si sia prodotta. «Comunque – aggiunge – con i dati a nostra
disposizione, visto che le agenzia riportano già la notizia che gli operai hanno
dovuto togliersi le maschere ad aria compresa, usando invece maschere antigas
con il filtro, si può apprendere che le sostanze radioattive sono state
inalate».
«Dobbiamo ricordare che in questi casi comunque gli operai sono altamente
qualificati e preparati per qualsiasi tipo di evenienza» conclude Bovenzi.
(ga.pr.)
MUGGIA - Mozione Fi contro i rigassificatori - VENERDÌ IN CONSIGLIO
Anche il gruppo consiliare muggesano di Forza Italia ha elaborato una
mozione contraria ai progetti per la realizzazione dei due rigassificatori di
Gnl proposti dalle società spagnole Gas Natural ed Endesa: sarà posta al voto
nella seduta del prossimo Consiglio comunale previsto a Muggia venerdì alle 18.
Claudio Grizon, capogruppo, ricorda tra le altre motivazioni per il parere
negativo che «l'impianto a terra proposto dalla Gas Natural dovrebbe contenere
300.000 metri cubi di Gnl, che equivalgono a 180 milioni di litri di gas, in due
serbatoi, e che il pontile di attracco delle metaniere verrebbe collocato
proprio all'ingresso del Canale navigabile: tale impianto avrebbe una capacità
di 8 miliardi metri cubi/anno e comporterebbe l'arrivo di circa 110 navi l’anno,
una ogni 3 giorni».
La mozione rammenta anche che lo stesso presidente della Regione Renzo Tondo ha
recentemente dichiarato, dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovic,
che «una struttura a mare non si può fare» e, pur affermando di non avere
«pregiudizi ideologici sull'impianto a terra», ha inoltre precisato di ritenere
che «la morfologia del territorio triestino poco si adatti a questa soluzione».
«Considerata la vocazione residenziale e turistica del comune di Muggia» la
mozione del gruppo Fi «esprime nuovamente la propria contrarietà all'eventuale
realizzazione dell'impianto proposto dalla società Gas Natural nell'area ex Esso
del comune di Trieste e a quello della società spagnola Endesa che prevederebbe
una piattaforma galleggiante nel Golfo di Trieste tra Grado e la Slovenia e
impegna il sindaco a esprimere in ogni sede istituzionale e politica utile la
contrarietà del Comune» ai progetti.
Rifiuti e oli come difendere il nostro mare - DIPORTISTI ED ECOSISTEMA
Difendere il mare è uno dei principali fini istituzionali della Lega Navale
Italiana, favorendo la tutela dell'ambiente marino e delle acque interne e
sviluppando le iniziative promozionali, culturali, naturalistiche e didattiche
idonee al conseguimento degli scopi dell'Associazione. Una importante attività
di protezione dell'ambiente marino attraverso due funzioni convergenti: la
sensibilizzazione dei giovani e degli adulti sui problemi ambientali l'opera
concreta e la fattiva "predisposizione" volta alla conservazione, alla tutela ed
al risanamento di spiagge, tratti di mare e fondali marini.
E proprio sabato scorso si è svolta nello specchio acqueo della "Sacheta" la
pulizia dei fondali, un'attività che sensibilizza notevolmente chi del mare ne
fa una passione, un divertimento,l un luogo di ritrovo. Le attività finalizzate
alla tutela dell'ecosistema marino sono state svolte con gli Enti Locali ed in
collaborazione con i Gruppi Sommozzatori della Capitaneria di Porto, Guardia di
Finanza, Vigili del Fuoco, Carabinieri e Polizia di Stato e con le maggiori
organizzazioni a carattere nazionale e locale che istituzionalmente svolgono
tali compiti.
Per il futuro la Lega Navale Italiana intende incrementare la partecipazione
degli studenti alle sue attività ambientalistiche ed in tal senso ha già
stipulato, con l'ausilio delle proprie Strutture Periferiche, numerose
convenzioni con Provveditori e Presidi. Nella esecuzione di tutti nostri
programmi di avviamento pratico agli sport acquatici, verrà dato primario
rilievo alla sensibilizzazione dei giovani circa la responsabilità ed i problemi
della tutela dell'ambiente marino. Inoltre, gli studenti di alcune scuole
convenzionate che usciranno in mare con imbarcazioni a vele per conoscere i
principi della navigazione, svolgeranno anche esercitazioni pratiche con i
docenti di chimica e fisica muniti di apparecchiature portatili, per accertare
lo stato di inquinamento del mare, sottocosta ed al largo, ed apprendere i
principali elementi sul comportamento ed il rispetto del mare.
Verranno inoltre consolidate le intese già in corso con l'associazione "Lega
Ambiente" per dare ospitalità, presso le Sezioni Periferiche L.N.I., alle
imbarcazioni dell'Associazione - Goletta Verde, Pietro Micca e Vento dell'Alba -
nel corso delle loro campagne per il monitoraggio da inquinamento dei mari che
circondano l'Italia, prevedendo anche la partecipazione di soci e studenti
L.N.I. alle varie operazioni.
Infine, bisogna ricordare che l'ambiente marino può essere salvato solo se -
alle imprese collettive di grande visibilità - si aggiungerà l'impegno
responsabile dei singoli nelle "piccole cose". Per questo tutti i soci della
Lega Navale si attengono ad un "codice di comportamento" che impone a ciascun
socio di rispettare e far rispettare l'ambiente marino evitando principalmente
l'inquinamento attraverso il lancio di rifiuti in mare, di materiali di ogni
tipo ed in particolare buste di plastica non biodegradabili, di oli combustibili
o esausti di motori ecc.; evitando al massimo di tenere in moto i motore delle
imbarcazioni al rientro in porto o prima di partire; usando ove possibile il
vento e le vele quale forza motrice delle imbarcazioni. Per informazioni più
dettagliate sul diportismo nautico e l'ecologia consultare la voce "Norme
nautiche" del sito web www.leganavale.it .
Gabriele Cutini
Alleggerire il traffico si può: un sottopasso in trincea da Barcola
all’Idroscalo
Visti i numerosi articoli pubblicati di recente in merito alle problematiche
della viabilità cittadina e ai vari interventi in corso per il miglioramento
delle condizioni del traffico e ambientali, cogliendo anche lo spunto da quanto
affermato dal sindaco circa l’opportunità di guardare al domani, con spirito
costruttivo, intendo proporre all’attenzione dell’opinione pubblica e degli
amministratori una riflessione sulla nota questione dei flussi di traffico che
interessano la direttrice Barcola-Roiano-piazza Libertà, il cosiddetto accesso
ad Ovest della città.
Preso atto della materiale impossibilità di poter utilizzare in superficie la
tratta di Porto Vecchio che va dalla passerella di Barcola al piazzale
dell’Idroscalo, per le note ragioni di interferenza con le aree demaniali e gli
edifici storici dello scalo, ritengo si possa valutare la realizzazione di detto
by-pass stradale sulla medesima direttrice, non in superficie, bensì con un
sottopasso in trincea, per un tratto che in sostanza equivale a neanche un
chilometro e, quindi, con costi a mio avviso sostenibili, soprattutto se si
pensa agli innumerevoli vantaggi che tale soluzione produrrebbe: riduzione
drastica dei flussi in/out lungo viale Miramare-Roiano, una zona altamente
urbanizzata; abbattimento dei tassi di inquinamento prodotti dal traffico
veicolare e oggi sparsi lungo tutto il percorso, soluzione ottenibile mediante
un moderno impianto di aspirazione e filtraggio dei fumi in galleria; maggiore
comunicabilità e transitabilità pedonale tra gli spazi urbani e le future realtà
che saranno realizzate nell’ambito del Porto Vecchio; pratica e rapida
realizzabilità dell’infrastruttura, in quanto i lavori non interferirebbero, se
non in minima parte, con il traffico veicolare in atto.
Tale soluzione faceva parte del più ampio progetto di riqualificazione delle
Rive di Trieste presentato a suo tempo dall’Autorità Portuale al Comune di
Trieste, già negli anni 2002-2003.
Luigi Franzil
IL PICCOLO - SABATO, 21 giugno 2008
Rigassificatore: era un «no» al gasdotto quello della
giunta - La commissione Via del ministero dell’Ambiente dà intanto il via
libera finale all’impianto di Zaule
IL PROGETTO
Sulla compatibilità ambientale del gasdotto previsto per collegare il
rigassificatore di Zaule alla rete Snam, passando attraverso il golfo, giovedì
scorso la giunta comunale ha espresso parere sfavorevole. Per un errore di
intepretazione della delibera, nell’edizione di ieri abbiamo dato la notizia
contraria. Solo dopo aver esaminato il documento nel dettaglio è emersa l’esatta
posizione dell’esecutivo.
Ieri, intanto, il progetto di Gas Natural per l’impianto di rigassificazione a
Zaule ha ottenuto l’approvazione finale da parte della Commissione Via
(Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente.
L’approvazione, che contiene comunque una serie di prescrizioni (al momento non
note), è stata data nel pomeriggio dalla commissione plenaria, dopo che giovedì
scorso il progetto aveva ottenuto il placet della sottocommissione, e nei giorni
precedenti la luce verde era arrivata dal gruppo istruttorio della commissione
stessa.
A questo punto serve qualche settimana per arrivare alla firma del decreto che
autorizza il progetto dal punto di vista ambientale. Una firma che è anzi
duplice: dopo quella del ministro Prestigiacomo, il provvedimento dovrà infatti
essere sottoscritto anche dal ministro ai Beni culturali Bondi.
Tornando alla delibera della giunta comunale, il documento riporta le
caratteristiche principali della condotta. Partendo da Zaule il gasdotto
attraverserà il golfo per 27 chilometri, approdando nella località Golimeto
(comune di Grado), fra le Bocche di Primero e Punta Sdobba, per poi proseguire
per 19 chilometri fino al «nodo» Snam di Villesse.
La delibera contiene poi alcune prescrizioni che l’esecutivo indirizza al
ministero dell’Ambiente, qualora il ministero stesso ritenesse comunque di
approvare la compatibilità ambientale del gasdotto. Oltre a richiedere
un’integrazione dell’analisi costi-benefici, visto che la condotta si sviluppa
per una parte del tratto sottomarino (poco meno di 7 chilometri) attraverso il
Sito inquinato di interesse nazionale (vallone di Muggia), la giunta richiede
che l’intervento sia eseguito solo dopo l’approvazione del progetto da parte del
dicastero.
In proposito, nella stessa delibera si legge che il 27 maggio scorso la Snam
(proponente del progetto) ha inviato al ministero dell’Ambiente e agli altri
enti competenti, incluso il Comune di Trieste, il piano di caratterizzazione per
il tratto del fondale marino del Sito inquinato attraversato dalla condotta.
Oltre ad aver redatto il progetto, la Snam ne curerà anche l’eventuale
realizzazione, e ne sarà poi proprietaria. Per far transitare il gas prodotto a
Zaule, Gas Natural dovrà così pagare una tariffa che la Snam ha già stimato: il
ricavo annuo previsto per l’uso del gasdotto (46 chilometri) ammonta a circa 16
milioni di euro.
La delibera della giunta deve ora passare in commissione e poi in consiglio. Una
prima seduta della commissione Urbanistica e ambiente, presieduta da Roberto
Sasco, è fissata per mercoledì prossimo nell’aula del consiglio, con la
partecipazione dei presidenti delle circoscrizioni.
Questa seduta sarà dedicata solo all’illustrazione tecnica del progetto del
gasdotto e del suo impatto. La commissione si esprimerà invece con un voto in
una successiva riunione, probabilmente venerdì, alla quale sarà anche presente
il sindaco Dipiazza.
Sulla compatibilità ambientale del gasdotto il consiglio comunale deve
deliberare entro il 6 luglio, data in cui scade il termine di 60 giorni dalla
presentazione del progetto.
I tempi sono quindi moto stretti, anche perchè, essendo il 6 luglio una
domenica, è chiaro che i consiglieri si riuniranno qualche giorno prima.
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Gli ambientalisti: nessuno ci ascolta - DURA PROTESTA
NELL’AREA VERDE - Predonzan (Wwf): irrisolti tutti i problemi
d’inquinamento
L’approvazione sul piano ambientale del progetto per il rigassificatore di Zaule
solleva vivaci reazioni nel mondo ambientalista. «Nessuno ha tenuto conto delle
nostre osservazioni inviate al ministero e alla Regione – sbotta Lino Santoro,
presidente del circolo triestino di Legambiente – sui pericoli di fuga di gas
liquido nell’area dell’impianto. In caso di fuga – spiega – si crea una
cosiddetta nube fredda, che ha una temperatura di -150 gradi e si propaga
orizzontalmente provocando pesantissimi effetti su tutto ciò che incontra. Un
rischio grave, confermato anche in un convegno alla Stazione marittima
dall’ingegner Nobile dell’Università di Trieste».
Ad augurarsi che il parere favorevole della commissione Via «non sia dovuto a
ingerenze politiche (effetto Menia?)» è Dario Predonzan, responsabile territorio
e ambiente del Wwf regionale. «Tutte le maggiori problematiche ambientali e di
sicurezza – rileva - in due anni e mezzo dall'avvio della procedura erano
rimaste infatti irrisolte: l'impatto dello scarico di acque fredde e clorate sul
vallone di Muggia, la compatibilità con i traffici portuali, il rischio di
"effetto domino" per incidenti al terminale. E' quindi sempre apparsa curiosa –
prosegue – l'alleanza trasversale di forze politiche e sociali, favorevoli a
priori all'impianto, quasi che le presunte contropartite economiche, di cui non
c'è quasi traccia nel progetto, possano annullare i rischi ambientali».
Sul fronte politico, il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli
richiede che il consiglio sia «reinvestito di una discussione che chiarisca una
volta per tutte i molti aspetti del progetto valutati negativamente, e che ora
devono essere nuovamente esaminati e non calati sulla testa degli enti e dei
cittadini. Lunedì, in consiglio comunale – prosegue – chiederò al sindaco come
intenda fare partecipi il consiglio e la cittadinanza sulla questione dei
rigassificatori, e se la vocazione turistica di cui la giunta parla come
priorità in termini di sviluppo possa prevedere la presenza di gasiere che
attraversano il golfo».
Garanzie sia sotto il profilo progettuale sia sotto quello delle ricadute
vengono chieste con forza da Piero Camber, capogruppo di Fi in consiglio
comunale. «Sono note le negatività – afferma – ma ignoriamo le eventuali
ricadute positive. E sul piano del progetto non è stata data finora alcuna
garanzia, come non lo è stato per gli effetti, attivi e passivi, sul
territorio».
Sull’approvazione dellla commissione Via interviene anche Bruno Marini, già
consigliere comunale forzista e ora in consiglio regionale con il Pdl, il quale
esprime «profondo sconcerto per l’approvazione in quanto tutti i Comuni si sono
pronunciati contro il rigassificatore. Il consiglio comunale di Trieste –
ricorda – ha detto ”no” per due volte, nel luglio 2006 e nel gennaio 2007, e la
seconda su proposta del sindaco perchè non era stato raggiunto un accordo con
Gas Natural sulla partecipazione di AcegasAps alla società di gestione. Cosa è
cambiato nell’ultimo anno?».
Precisando di non avere una negatività di principio al rigassificatore, Marini
chiede poi se «è proprio necessario farlo in una zona così densamente abitata?
Quella per il rigassificatore a Zaule – conclude – è una scelta fatta sulla
testa delle amministrazioni e della gente: sarebbe molto opportuno un
referendum».
(gi. pa.)
RIGASSIFICATORE - Metz: «Si torni in consiglio» - VUOLE
SAPERE COS’E’ CAMBIATO NEL PROGETTO
Dura replica di Alessandro Metz (federazione regionale dei Verdi) alle
dichiarazioni del sindaco Dipiazza sul via libera ambientale al rigassificatore
di Zaule.
«Mi sembra molto grave – afferma in una nota – che il sindaco parli di ”un’
autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di gran
lunga i costi”. Il sindaco forse dimentica che il 18 gennaio 2007 il consiglio
comunale alla quasi unanimità, con la sola astensione dei consiglieri Ds, ha
votato contro la compatibilità ambientale del progetto di rigassificatore nella
zona industriale di Zaule, e lo ha fatto proprio su proposta del sindaco.
Infatti non solo parte dell'opposizione votò contro, ma lo fece anche la
totalità dei consiglieri di An, Forza Italia e Lista DiPiazza».
«Prima di affermare quindi che va tutto bene e prevedere già le mance da
chiedere a Gas Natural – prosegue Metz – il sindaco dovrebbe tornare in
consiglio comunale, e spiegare cosa si sia modificato e come. Questo dovrebbe
fare, almeno che non ritenga il consiglio comunale un orpello di cui si può fare
tranquillamente a meno».
Duino, Comunelle contro l’elettrodotto - NUOVA
OPPOSIZIONE AL PROGETTO DI «TERNA» - Dopo la mediazione del sindaco presentata
una petizione con 300 firme
Veronese chiede alla Provincia di coinvolgere gli abitanti nelle decisioni
DUINO AURISINA Con un’osservazione e una lettera aperta ai sindaci della
provincia di Trieste le Comunelle del territorio si oppongono fermamente al
progetto di potenziamento dell'elettrodotto e presentano a sostegno uan
petizione con oltre 300 firme.
La mediazione, il Piano particolareggiato e le riunioni indette dal Comune di
Duino Aurisina, nei giorni scorsi non hanno impedito la netta presa di posizione
delle Comunelle. Le Comunelle - si legge in una nota - «esprimono ferma
opposizione al progetto della società Terna per il potenziamento e la parziale
modifica del tracciato dell'attuale elettrodotto nella zona
Monfalcone-Padriciano e chiedono alle amministrazioni che non venga rilasciata
l'autorizzazione per la realizzazione del progetto, la parziale modifica del
tracciato e il potenziamento della linea». Una posizione forte, che segue anche
la scelta di Terna - dicono gli esponenti delle Comunelle - di non volere
trattare direttamente con la popolazione sul progetto e le zone di passaggio. Ma
non basta: le Comunelle chiedono anche l'interramento della linea, per evitare
ulteriori danni alla salute dei residenti. Le dichiarazioni radicali sembravano
sorpassate dopo la mediazione del sindaco duinese Giorgio Ret con Terna e la
scelta di portare in Consiglio comunale un progetto che prevede parte
d’interramento e parte di allontamento dell'attuale elettrodotto dalle case,
come a Visogliano: per le Comunelle tutto ciò, a quanto pare, non basta.
Obiettivo del documento formale è di bloccare il progetto, depositato al Comune
duinese e al vaglio dei cittadini che proprio in questi giorni possono
esprimersi e, se direttamente interessati dal passaggio dell'attuale o futuro
elettrodotto, opporsi.
La questione «corridoi energetici» (elettrodotto ma anche gasdotto e
metanodotto) torna quindi di grande attualità a Duino Aurisina e in provincia:
proprio ieri l'altro, in Consiglio provinciale, Massimo Veronese (è anche
consigliere comunale di Lista Insieme a Duino Aurisina) ha presentato una
mozione che impegna la presidente della Provincia a creare un tavolo volto a
vedere rappresentate tutte le categorie di persone interessate allo spostamento
dell'elettrodotto, con le istituzioni. Lo scopo è di creare un sistema
partecipativo per decidere il migliore tracciato. Un tracciato, però, che
dovrebbe essere unico per tutti i tipi di fonte energetica che passano lungo il
territorio, ovvero un corridoio energetico che eviti sia ulteriori espropri, sia
l'utilizzo di più fasce di terreni. «Il tutto - sottolinea Veronese - proprio
ora che è stato annunciato il potenziamento della Centrale nucleare di Krsko, in
Slovenia, dalla quale dipartono già numerosi elettrodotti in direzione del
Carso, e in concomitanza con la liberalizzazione del mercato dell'energia, che
causerà senza dubbio ulteriori sviluppi e potenziali nuove richieste di
passaggi». La mozione è stata votata solo dalla maggioranza di centrosinistra in
Consiglio provinciale, che è all'opposizione in Comune a Duino Aurisina. «È
indispensabile - afferma Veronese - che sugli elettrodotti gli strumenti di
democrazia partecipativa vengano utilizzati: la vicenda è troppo legata
all'argomento salute per imporla ai cittadini. Non si può passare sopra le teste
dei cittadini, né decidere a loro nome senza consultazioni serie e rigorose».
(fr. c.)
L’incidente di Krsko - NUCLEARE
Care segnalazioni, vi scrivo circa la centrale di Krsko. Sul recente danno
subito rientrato, così dicono, subito dalla centrale nucleare di Krsko vorrei
puntualizzare alcune cose che mi spaventano non poco.
1. Questa centrale ha subito nel corso dei suoi 25 anni di vita tanti danni ed
incidenti e perdite da superare ogni immaginazione. Talvolta più di uno
all’anno! Ora ci vengono a dire che è successo un danno. Quasi che i precedenti
siano dimenticati doverosamente perché prima c'era la gestione jugoslava ed ora
invece c’è una repubblica!
2. Che la Jugoslavia prima e la Slovenia ora non la smantella perché costerebbe
troppi soldi la sua eliminazione e messa in sicurezza. Altro che siamo per la
salute degli operatori e di chi ci sta vicino, e Trieste è solo a km 60 di
distanza da questo mostro di emissioni radioattive. Si tratta solo di questione
di soldi, come sempre d’altronde.
3. Concordo e plaudo all’iniziativa di Menia che ha chiesto un monitoraggio
della radioattività locale a Trieste e ribadisco la mia meraviglia che nessuno,
dico nessuno finora abbia avuto la accortezza di far misurare tali radiazioni
che essendo invisibili devono per forza di cose esser seguite costantemente.
4. Se il Menia o chi per lui riuscisse a far rendere pubbliche le statistiche
del Burlo circa gli effetti Krsko sulla natalità in città sarebbe di grande
aiuto per conoscere l’influsso di tali radiazioni sui neonati, che riportavano
malformazioni anche mostruose, come dicono gli addetti a tale ospedale. Le
natalità in questione sono sempre quelle relative alle nascite avvenute 9-10-11
mesi dopo i danni e le tragicamente famose ed ora taciute fuoriuscite
radioattive di Krsko.
Un tanto per poter valutare serenamente e con dati di fatto quanti malati e
morti di leucemia ci ha regalato, fra l’altro, questa centrale di Krsko, alla
faccia del nucleare pulito.
5. L’ultima considerazione, ma non per importanza, è cosa ne faranno delle
scorie che hanno una decadenza attorno ai 300/500.000 anni, perché il plutonio
di Chernobyl finirà i suoi effetti solo dopo questo insignificante, per i
sostenitori del nucleare, lasso di tempo.
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - VENERDI', 20 giugno 2008
Rigassificatore, sì della giunta al gasdotto
marino - l sottosegretario Menia: manca il via libera della commissione
plenaria del ministero
Il presidente della Regione Tondo attende comunicazioni ufficiali ma il suo
vice Ciriani parla di «un bene per tutti se la città è d’accordo»
Il via libera ambientale al progetto per il rigassificatore del gruppo Gas
Natural, dato l’altro ieri, non è quello definitivo. La luce verde è arrivata
infatti dal gruppo istruttorio della commissione Via (Valutazione d’impatto
ambientale) del ministero dell’Ambiente, primo grado di una procedura che ha tre
livelli.
«Il progetto – spiega il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, è adesso
all’esame della sottocommissione Via e domani (oggi, ndr) è previsto il
pronunciamento da parte della commissione plenaria, alla quale spetta l’ultima
parola».
Nell’attesa, gli addetti ai lavori rilevano comunque come sia altamente
improbabile che le due commissioni non recepiscano, sia pure integrandolo con
una serie di prescrizioni, il parere del gruppo istruttorio.
Ieri, intanto, la giunta comunale ha dato il via libera ambientale al gasdotto
sottomarino, che dovrebbe attraversare il golfo per collegare il rigassificatore
alla rete della Snam. La delibera ora va alle circoscrizioni, che hanno dieci
giorni di tempo per esprimersi, ed entro 60 giorni deve passare al vaglio del
consiglio comunale (non vale più il silenzio-assenso) che, a quanto risulta,
rivendica il suo ruolo. Lo scorso anno l’aula votò infatti contro il
rigassificatore di Zaule, e politicamente si divise registrando il voto
favorevole di An e dei Ds.
La notizia del primo via libera ambientale ha naturalmente sollevato una nutrita
serie di reazioni e commenti. Il sindaco Roberto Dipiazza ha ribadito che il
rigassificatore è «un’autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui
benefici superano di gran lunga i costi», precisando che «può essere di fatto
coinvolto nella riconversione della Ferriera di Servola. In tema di royalties –
ha aggiunto – è mia intenzione chiedere a Gas Natural la realizzazione di un
nuovo depuratore, assolutamente necessario, i cui costi così non ricadrebbero
sulle tasche dei cittadini».
Sulla necessità che l’impianto debba avere «ricadute industriali, occupazionali
e ambientali per la città» ha insistito il vicepresidente della Regione Luca
Ciriani, il quale ha sottolineato che «se la città è d’accordo, la costruzione
di un rigassificatore è un bene per tutti» e che «sarà comunque necessario
investire in energie alternative al petrolio».
Nessun commento è invece giunto dal presidente della Regione, Renzo Tondo, che
ha solo affermato di voler attendere conferme ufficiali sul parere favorevole
all’impianto. Va ricordato, in proposito, che Tondo ha espresso perplessità sul
progetto di Gas Natural, mentre l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna
si è detto favorevole alla sua realizzazione.
Precisando che «non è dato sapere se, prima di dare il via libera, il ministero
ha acquisito le integrazioni di documentazione a suo tempo richieste e non
ottenute dalla Regione, che aveva portato la precedente giunta regionale a non
poter esprimere un parere di compatibilità ambientale», il segretario
provinciale del Pd Roberto Cosolini afferma che «prima di esprimere qualsiasi
valutazione sulla decisione del ministero è necessario conoscere questo
elemento, in quanto le richieste non corrisposte riguardavano aspetti
significativi su sicurezza e impatto ambientale dell’iniziativa, che richiedono
risposte e soluzioni adeguate».
«Le valutazioni circa le ricadute sull’economia, sui servizi ai cittadini e le
altre contropartite per il territorio che sosterrebbe questo insediamento –
conclude Cosolini – appartengono a una fase successiva a quella, assolutamente
prioritaria, relativa a sicurezza e sostenibilità ambientale».
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Il sindaco di Muggia frena: «Altre idee per la zona»
- Fulvia Premolin (San Dorligo): troppo vicino alla Val Rosandra e al terminale
dell’oleodotto
NESLADEK «L’impianto blocca lo sviluppo del nostro territorio: l’abbiamo già
bocciato per due volte»
Se il primo cittadino di Trieste commenta con soddisfazione il via libera
ambientale al rigassificatore di Zaule, posizioni opposte si registrano da parte
dei sindaci dei Comuni minori, Muggia in testa. «E’ un passo avanti che
preoccupa – rileva Nerio Nesladek – e che rafforza i nostri timori, ambientali e
sulla sicurezza. Per due volte il consiglio comunale ha bocciato il
rigassificatore all’unanimità».
«Per la zona nei pressi dell’area ex Esso – spiega sempre il sindaco di Muggia –
abbiamo progetti del tutto diversi. Se arrivano le gasiere – si chiede – che
fine faranno i cantieri nautici e la darsena che abbiamo ipotizzato nell’area
dell’attuale tiro a volo, e anche il terminal ro-ro previsto dal piano triennale
del Porto alle Noghere? Con il rigassificatore si bloccano in maniera decisiva i
piani di sviluppo economico del territorio muggesano».
L’ultimo «no», in ordine di tempo, al progetto di Gas Natural è arrivato, due
settimane fa, dal consiglio comunale di San Dorligo della Valle, che si è
espresso all’unanimità. «Già nel 2007 – precisa il sindaco Fulvia Premolin –
abbiamo deliberato sull’incompatibilità ambientale del rigassificatore. Un ”no”
basato essenzialmente sull’aspetto della sicurezza, data la vicinanza agli
impianti dell’oleodotto e alla riserva naturale della Val Rosandra. Per questo –
conclude – chiediamo alle istituzioni scientifiche dettagliate assicurazioni
sulla sicurezza, e garanzie che in caso di incidente o di attentato non si
verifichi l’effetto-domino».
Contro l’impianto previsto a Zaule si è espresso a suo tempo anche il consiglio
comunale di Duino Aurisina. «Avevamo detto ”no” al gasdotto sul Carso che
avrebbe collegato l’impianto alla rete nazionale – precisa il sindaco Giorgio
Ret –. Non premetteremo che venga devastato di nuovo il Carso, perchè non ci
sono più spazi per altre tubazioni».
Il primo cittadino di Duino Aurisina ricorda tra l’altro come, in seguito al
voto negativo del consiglio comunale, Gas Natural è passata alla soluzione del
gasdotto sottomarino. «Lo scorso anno – spiega – in una riunione all’Assindustria
con il presidente Antonini, in cui era stato illustrato il progetto del
rigassificatore, i rappresentanti di Gas Natural hanno accettato l’ipotesi di un
tracciato sottomarino per il gasdotto».
(gi. pa.)
RIGASSIFICATORE - Antonini: grande opportunità per l’area - «Gli
standard attuali degli impianti garantiscono la massima sicurezza»
«Il progetto di Gas Natural, che ha ricevuto il primo via libera dagli organi
del ministero dell’Ambiente, deve essere visto come un’opportunità per il
territorio giuliano e regionale, per le imprese e per i cittadini». Lo afferma
il presidente di Assindustria, Corrado Antonini, che nei giorni scorsi, in un
incontro con il presidente della Regione Tondo, ha parlato del rigassificatore
come una delle priorità per Trieste.
Antonini si sofferma poi sui temi della sicurezza. «In diverse sedi – rileva –
ho più volte ricordato che attualmente al mondo abbiamo quasi 100 impianti di
rigassificazione e 400 navi gasiere, fra operative e in costruzione: le
tecnologie disponibili e gli standard di controllo applicati forniscono a
impianti e gasiere la massima sicurezza».
Quanto alle ricadute per il territorio, il presidente degli industriali
ribadisce che «il progetto di Gas Natural nell’area ex Esso significa anzitutto
bonifica e recupero ambientale di un’importante porzione del sito inquinato di
Trieste. La realizzazione dell’impianto on-shore – aggiunge – comporta la
necessità di risorse umane di diversa qualificazione e reperibili localmente, e
l’utilizzo successivo delle frigorie rappresenta un incentivo per l’avvio di
nuovi processi produttivi e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali».
Antonini si pronuncia infine sull’utilizzo dei ritorni economici.
«L’abbattimento dei costi di approvvigionamento energetico per le imprese e i
ritorni economici per le Istituzioni locali derivanti dalla realizzazione del
rigassificatore conclude – dovrebbero essere poi investiti in azioni di pubblica
utilità, a beneficio della città e della regione».
IL NODO FERRIERA - «Agguato» a Tondo del Circolo Miani - In 30
sotto la Regione Il governatore: «Datemi 15 giorni, poi vi ricevo»
L’attesa è durata un’ora. Il capannello più robusto davanti all’uscita del
palazzo della Regione di via dell’Orologio. E gli altri in «avanscoperta» a
presidiare gli angoli di via Mercato Vecchio e piazza Unità, per evitare che
l’«obiettivo» sfilassse indisturbato sfilandosi da qualche portone secondario.
Nel frattempo sono passati, nell’indifferenza totale, gli assessori Vladimiro
Kosic, Federica Seganti e Vanni Lenna. Alla fine, però, Renzo Tondo ha
affrontato l’«agguato» e si è fermato a discutere con una trentina di
rappresentanti del Circolo Miani che ieri pomeriggio aspettavano al varco il
governatore, «colpevole» a loro dire di non aver mai risposto in due mesi a
quattro richieste ufficiali d’incontro sul problema Ferriera.
Il presidente della Regione, uscendo in strada, ha strabuzzato gli occhi davanti
al gruppetto che l’applaudiva ironicamente. È partito pure qualche «Bravo
Renzo!», mentre due videocamere gli puntavano addosso per registrare la sua
reazione e dirottarla subito su You Tube.
Tondo, accerchiato dai manifestanti ma controllato a vista da due guardie
giurate del palazzo, ha sfoggiato toni amichevoli e calma olimpica. «Ragazzi, io
non so che dirvi adesso, sapete bene che per me la Ferriera va chiusa ma dovete
lasciarmi quindici giorni, per concludere il mio percorso informativo sul
problema, acquisendo tutte le informazioni del caso da Arpa, Azienda sanitaria e
altri attori istituzionali. È inutile che ci vediamo oggi e vi dica ”vedremo”,
se avete due settimane di pazienza ci incontriamo, così vi potrò dire qualcosa
di concreto».
Cinque minuti di confronto civilissimo sono dunque bastati per darsi
appuntamento a «fra 15 giorni». Ma di più la tregua non durerà. «Tondo non può
dire di non conoscere il problema - così Maurizio Fogar, l’anima del Circolo
Miani - perché lui la Regione l’ha retta già prima di Illy, in un periodo in cui
la questione era già ben nota e discusssa. Comunque siamo d’accordo che entro 15
giorni ci incontrerà. Ma se non lo farà, ogni giovedì si troverà sempre più
cittadini ad aspettarlo davanti all’uscita di questo palazzo».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 giugno 2008
Rigassificatore, via libera all’impianto di Trieste
- Il ministero dell’Ambiente approva il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural
SVOLTA PER L’AREA INQUINATA EX ESSO
TRIESTE Il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural per il rigassificatore
nell’area ex Esso del porto di Trieste ha ottenuto il via libera dalla
Commisssione Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente.
Lo ha comunicato ieri Bruno Agricola, della Direzione generale per la
salvaguardia ambientale del ministero.
Superato quello che, a detta degli esperti, rappresenta lo scoglio principale,
la conclusione dell’intero iter potrebbe ora avvenire nel giro di sette, otto
mesi.
I passi successivi, che richiederebbero un tale arco di tempo, sono tre:
l’autorizzazione integrata ambientale; la conferenza dei servizi per l’intesa
con la Regione; il decreto del ministero delle Attività produttive (subordinato
all’ok della conferenza dei servizi) che dà il via libera alla costruzione.
La realizzazione dell’impianto, che avrà una capacità di 8 miliardi di metri
cubi di gas all’anno e richiederà un investimento è di 550 milioni di euro, è
vista con favore da gran parte degli ambienti politici ed economici. A
cominciare dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che lo ha ribadito di
recente, precisando però che si tratta di una decisione che «va presa concordata
con i ministeri, la popolazione, le autorità e il Porto».
Il fronte dei favorevoli prosegue con l’assessore regionale all’ambiente Vanni
Lenna, anche se il governatore Renzo Tondo ha mostrarto una certa prudenza, e
con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che un mese fa ha legato la
realizzazione del rigassificatore a un accordo industriale che apra nuovi
business per la Lucchini-Severstal così da indurre il gruppo siderurgico a
chiudere la Ferriera.
«E’ una decisione che riapre una serie di importanti opzioni per la citttà –
commenta l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis –. La giunta è
favorevole alla costruzione dell’impianto purchè ci siano alcune contropartite:
la bonifica dell’area; royalties o opere utili alla città; l’ingresso di AcegAps,
con una quota significativa, nella società di gestione, faatto che porterebbe
benefici sia al Comune sia alla cittadinanza».
Che la costruzione del rigassificatore sia un’opportunità da cogliere è stato
ribadito qualche giorno fa anche dal presidente di Assindustria, Corrado
Antonini, in un incontro con il presidente della Regione, Tondo. «Non possiamo
che salutare con soddisfazione e interesse questo primo passaggio – ha
dichiarato a caldo Paolo Battilana, direttore di Assindustria –. Abbiamo più
volte ribadito che riteniamo il rigassificatore un’opera utile per il
territorio, sia sul piano economico, considerati i minori costi energetici per
le aziende e lo sfruttamento della catena del freddo, sia sul piano ambientale,
visto l’impegno di Gas Natural per la bonifica dell’area».
Che il rigassificatore sia una priorità per abbattere i costi dell’energia per
le imprese la ha detto a chiare lettere anche il presidente del Consorzio
energia di Assindustria (nonchè presidente di Wärtsilä Italia) Sergio Razeto,
che ha messo in luce, tra l’altro, anche il ritorno occupazionale sia nella fase
di realizzazione dell’impianto sia in quella della gestione.
Ad attendersi in qualche modo il via libera del ministero dell’Ambiente (anche
se manca ancora il decreto del ministro Prestigiacomo) è il presidente dell’Ente
zona industriale, Mauro Azzarita: «A livello governativo l’avevano promesso –
osserva – e quindi c’è soddisfazione per una vicenda che va verso una
conclusione positiva». Tra i vantaggi della realizzazione dell’impianto Azzarita
ricorda in particolare la bonifica dell’area ex Esso, inclusa nel Sito inquinato
di interesse nazionale, e l’avvio di una catena industriale del freddo: «Solo
un’azienda delle dimensioni di Gas Natural – osserva – dispone delle risorse (40
milioni di euro, ndr) per bonificare quella che forse è l’area pegggiore sul
piano dell’inquinamento. Lo sfruttamento del freddo prodotto a costi inferiori
rispetto a quelli dell’energia elettrica – aggiunge – oltre a un vantaggio per
diverse aziende già operanti, può essere un’attrattiva anche per nuove imprese,
non escluse quelle farmaceutiche».
GIUSEPPE PALLADINI
Fedriga: il Corridoio 5 non passi per Trieste - A TUTELA DEL CARSO
- Il deputato leghista: sì solo alla bretella che ci collega alla Tav
«Il corridoio 5 non deve passare per Trieste». Alla voce del consigliere
regionale della Lega Federico Razzini si affianca ora quella del deputato del
Carroccio Massimiliano Fedriga. «Noi non siamo contrari a questo asse
infrastrutturale - spiega Fedriga in una nota - ma non può attraversare Trieste,
piuttosto si deve studiare un piano alternativo per non toccare la città
giuliana», così da non intaccare il Carso triestino.
«Viceversa, ritengo utile la bretella di collegamento tra Trieste e il Corridoio
5 - precisa Fedriga - che permette di sviluppare il commercio e mettere Trieste
al centro del passaggio europeo senza devastare la nostra zona. La bretella deve
essere nel lotto unico con la tratta del Corridoio 5 che passa per il
Friuli-Venezia Giulia così da garantire la costruzione dell'infrastruttura
richiesta dalla Lega».
Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà - Il Comitato
annuncia banchetti in tutta la città e non esclude il ricorso legale contro il
progetto
Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà, raccolte grazie al
passaparola. Un numero destinato a lievitare nei prossimi giorni, quando il
comitato in lotta contro il Comune e il suo progetto di riqualificazione della
piazza passerà alla carica, dispiegando i banchetti in centro città per
accaparrarsi centinaia di altri consensi. La conferma arriva da Ilaria Ericani,
portavoce del Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, un
sodalizio di cittadini, supportati da Italia nostra, Wwf, Lav, il gruppo di
Beppe Grillo e l’Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e
piante.
Il comitato sta definendo in queste ore il calendario della protesta: «La
richiesta per la sistemazione dei banchetti è già stata inoltrata: ci aspettiamo
di raggiungere il maggior numero possibile di persone, che stanno comunque già
mostrando grande interesse per la questione - spiega la Ericani -. Adesso stiamo
anche valutando, da un punto di vista giuridico, sia la possibilità di lanciare
una petizione online, da affiancare a quella cartacea - sia i presupposti legali
per un’eventuale opposizione al progetto. Il nostro obiettivo - aggiunge - è
impedire che un polmone verde venga sacrificato per un progetto che non è di
effettivo interesse pubblico».
Il sodalizio aveva deciso di affilare le armi quando, alcune settimane fa, il
Consiglio comunale, durante una lunghissima e turbolenta seduta in notturna,
aveva approvato la riqualificazione dell’area antistante la stazione
ferroviaria. Il restyling prevede l’eliminazione di una decina di metri del
giardino sul lato di via Ghega e il taglio di un numero ancora non definito di
alberi (qualcuno parla di cinque esemplari, altri di più di dieci). L’assessore
ai Lavori pubblici Franco Bandelli aveva tentato di mediare, promettendo che
tutti i tronchi sarebbero stati ripiantumati altrove, ma ai comitati non era
bastato.
Da qui la decisione del sodalizio di ingranare la marcia e partire in quarta con
la protesta. «Il regolamento sul Verde pubblico - afferma ancora Ilaria Ericani
- autorizza l’abbattimento di alberi di grandi dimensioni solo in caso di
effettivo interesse pubblico: per questo chiediamo che ci venga dimostrata
l’impellente necessità di cantierare quest’opera. Il progetto comprometterebbe
l’immagine di quella che il sindaco ama definire ”la cartolina d’ingresso della
città”. Dipiazza ci aveva a suo tempo ascoltati, trovando le nostre perplessità
ragionevoli, ma - aggiunge - per mantenere gli equilibri interni alla sua
maggioranza, ha dovuto accettare un progetto che lui stesso si è astenuto dal
votare in Consiglio».
Uno degli intenti principali del Municipio sta nello snellire il futuro traffico
legato all’apertura del Silos. «Ma le corsie destinate alle auto, previste nella
zona adiacente a via Ghega - spiega la portavoce del comitato - servono solo ad
accorpare in una sorta di autostrada le direttrici che attualmente ruotano
attorno al giardino in senso unico. Inoltre la variante in questione
risulterebbe scollegata da un piano generale del traffico, ancora da definirsi».
Tanti i nodi presenti, secondo i componenti dei comitati, nel disegno
urbanistico del Comune. Un esempio? La prevista piattaforma pedonale davanti
alla stazione ferroviaria. «Non ci risultano città in cui il fronte-stazione sia
stato pedonalizzato - spiega la Ericani -. Solitamente i viaggiatori, quando
scendono dal treno, non pensano a portare a spasso le valigie, ma a trovare un
mezzo di trasporto».
ELISA COLONI
Muggia, l’ateneo consulente del Comune - Accordo per Piano regolatore,
museo scolastico ecologico e percorsi ambientali
Polo educativo nella Valle di San Bartolomeo: sarà il nucleo del Parco marino
MUGGIA Non un semplice apporto di conoscenze scientifiche ma una fonte di
progetti concreti per il territorio, come la realizzazione di un museo diffuso
delle energie rinnovabili o i percorsi tematici che permetteranno la
riqualificazione di Santa Barbara. È lo scopo della convenzione-quadro tra
Comune di Muggia e Università di Trieste, siglata ieri dal sindaco Nerio
Nesladek e dal rettore Francesco Peroni.
«Uno dei vari aspetti della collaborazione – afferma Nesladek - riguarda la
pianificazione territoriale: dovremo predisporre il nuovo Piano regolatore e
l’Università è un soggetto terzo d’indubbia competenza che si pone quale valido
intermediario tra le necessità del pubblico e le legittime aspirazioni degli
investitori privati». «La firma formalizza una collaborazione già avviata. Sono
lieto - ha detto Peroni - che il Comune muggesano abbia inteso avvalersi della
nostra consulenza: non capita spesso che le amministrazioni si affidino agli
atenei e questo fa onore a Muggia che opera su principi d’interesse collettivo».
Uno dei progetti avviati è quello dello sviluppo dei percorsi tematici
storico-ambientali: avrà ricadute non solo culturali. Tra le iniziative già
partite figura infatti la campagna di scavi al Castelliere di Elleri. Grazie ai
fondi ottenuti si riqualificheranno le zone del borgo di Santa Barbara che
costituiranno l’accesso all’area. Tra le altre iniziative, oltre alla già
avviata bonifica di Acquario, la creazione di un Polo di educazione ambientale
marina nella Valle di San Bartolomeo. Il Laboratorio del Centro costituirà il
nucleo fondante del Parco marino transfrontaliero. Un’ulteriore cooperazione
riguarda la realizzazione di un museo sulle energie rinnovabili nella scuola di
San Rocco: sarà diffuso su tutto territorio puntando a un sistema di formazione
ambientale marina destinata alle scuole medie che ampli il Progetto Aula blu in
funzione di uno sviluppo del turismo scolastico, visto come fonte economica. Tra
Comune e Università già attive altre importanti sinergie: coinvolgono specie i
ricercatori del Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero
ambientale) e il Sistema museale di Ateneo (smaTs).
(g.t.)
PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 18 giugno 2008
INTEL E IBM ALL'INSEGNA DEL FOTOVOLTAICO
Anche i due big si apprestano a fare ingenti investimenti nel settore delle
energie rinnovabili
Roma - Le eterne rivali dei microprocessori entrano nell'affollato novero di
aziende impegnate nella produzione di tecnologie fotovoltaiche, con l'intento di
offrire alternative a prezzi accessibili a quanti siano alla ricerca di fonti di
energia dai costi meno proibitivi di quelle dipendenti dall'attuale prezzo folle
del dollaro.
L'obiettivo è comune, ma le modalità per raggiungerlo sono diverse. Intel ha
scelto la strada delle spin-off, annunciando la fondazione della società
SpectraWatt che si occuperà della costruzione di una nuova fabbrica nello stato
USA dell'Oregon, con l'obiettivo di commercializzare i primi pannelli solari
nella seconda parte dell'anno in corso.
SpectraWatt potrà inizialmente contare sull'apporto di 50 milioni di dollari
investiti dal chipmaker di Santa Clara, e di ulteriori finanziamenti provenienti
da società quali Goldman Sachs, PCG Clean Energy and Technology Fund e Solon AG.
IBM, dal canto suo, ha scelto la strada in solitaria basando i propri sforzi su
una nuova tecnologia proprietaria messa a punto dalla divisione Research della
corporation, costituita da cellule fotovoltaiche composte da sottili film di
rame, indio, gallio e selenide.
Il nuovo composto a membrana dovrebbe secondo le intenzioni garantire
l'abbattimento dei costi di produzione, una flessibilità di impiego senza pari -
inclusa la possibilità di sviluppare cellule con cui rivestire le mura degli
edifici - e soprattutto una resa energetica maggiore rispetto a quella offerta
dalle tecnologie attuali, passando dal 6%-12% al 15% dell'energia solare totale
convertita in energia elettrica. Collaborerà con IBM la produttrice giapponese
Tokyo Ohka Kogyo.
Alfonso Maruccia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 giugno 2008
«La Tav passi per Gorizia, non Trieste» - Razzini:
il tracciato va deviato per evitare di devastare il Carso - SÌ ANCHE ALL’ITER
SEPARATO PER LA TERZA CORSIA
TRIESTE I percorsi burocratici di autostrada e ferrovia, all'interno del
Corridoio V, vanno separati. Ma questo, per la Lega Nord, deve servire anche a
ripensare tutto il tracciato, Ronchi - Trieste compresa. «Siamo favorevoli alla
separazione dell'iter della terza corsia da quello della linea ferroviaria ad
alta capacità. E ancor più a una revisione complessiva del tracciato della
ferrovia» precisa il consigliere regionale Federico Razzini. «Disgiungere i due
iter e possibilmente i due tracciati è una fortuna per il Friuli Venezia Giulia
- spiega Razzini -. Continueremo a insistere su una revisione dell'intero
tracciato perché il progetto di realizzare 30 chilometri di galleria sul Carso,
senza sapere quelle che potrebbero essere le conseguenze geologiche e con il
rischio di devastare un territorio unico, è una follia progettuale». La
posizione della Lega è semplice: da un lato eliminare tutti gli impedimenti che
rallentano la realizzazione della terza corsia, dall'altra realizzare una linea
ferroviaria ad alta capacità che passi per Gorizia invece che per Trieste. «I
triestini - conclude - non hanno alcun interesse a veder deturpato il loro
territorio. Far passare il corridoio V per Gorizia da un lato darebbe al
progetto un baricentro friulano che oggi non ha e dall'altro consentirebbe
comunque un progetto di valorizzazione del polo intermodale di Ronchi».
Cultura dell’ambiente: come salvare Muggia e le sue coste inquinate
Il sindaco Nesladek si appella all’università per consentire l’uso
industriale dei terreni ancora non vincolati
MUGGIA Si parla di tutela di beni culturali attuata attraverso interventi
con l’ausilio di tecnologie avanzate, approcci scientifici al recupero di siti
contaminati, gestione dei rifiuti, salvaguardia di acque dolci e costiere e
qualità dell'aria a Porto San Rocco, dove da ieri e fino al 20 giugno si tiene
l'XI congresso nazionale di Chimica dell'ambiente e dei beni culturali. Un
esempio potrebbe essere quello dei rigassificatori nel golfo e la loro
convivenza con il Parco del mare, il cui progetto è stato illustrato dal
presidente camerale, Antonio Paoletti.
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, si è soffermato sulle problematiche
ambientali del territorio di Muggia, che «soffre di pesanti retaggi in quanto
non c’è un centimetro di costa che non sia sottoposto a vincoli legati
all’inquinamento. Riteniamo che sia necessario l’intervento di un soggetto
qualificato, che garantisca imparzialità tra l'amministrazione e i privati che
potrebbero voler investire nelle poche aree libere da vincoli, per questo
intendiamo rafforzare il rapporto con Università ed enti scientifici». «Dalla
conoscenza alle strategie di intervento» il tema dei lavori, che affronteranno
un tema molto attuale: la qualità dell’aria e l’impatto di sorgenti industriali,
inceneritori e agenti inquinanti emessi dal petrolio.
Gianfranco Terzoli
RISERVA NATURALE - Val Rosandra, apre il centro visite
SAN DORLIGO DELLA VALLE Apre il centro visite della Riserva naturale regionale
della Val Rosandra. La struttura, in attesa dell’inaugurazione definitiva che
dovrebbe avvenire ad agosto, è aperta ai visitatori sabato e domenica dalle 10
alle 18. Al centro visite è possibile avere informazioni storiche e
naturalistiche sul territorio, e sulla Val Rosandra in particolare, e a breve
sarà possibile effettuare visite guidate nella Riserva.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 giugno 2008
Dipiazza: «Con la Lucchini dialogo sul rigassificatore»
- Il sindaco attacca Azzarita sulle bonifiche: disse a Lenna che non servivano
soldi statali
DAI GIOVANI IMPRENDITORI - «Città industriale? Io non la voglio». E
poi «altro che sogni, o piani strategici spessi così, servono idee da
sviluppare, progetti che siano compatibili con la realtà, e penso per esempio al
nuovo Mercato ortofrutticolo per un’area vasta che faremo alle Noghere perché a
fine ottobre avremo la nuova Grande viabilità».
Roberto Dipiazza, ieri pomeriggio, ha parlato per oltre due ore a Palazzo Ralli,
ospite dei Giovani inprenditori dell’Associazione industriali, per un incontro
istituzionale aperto ai giornalisti.
Pungolato dalla presidente dei Giovani imprenditori Michela Cattaruzza
Bellinello, presente pure il direttore di Assindustria Paolo Battilana, il
sindaco non ha mai perso il timone del colloquio. Il consueto tono
confidenziale, la battuta sempre in canna e la solità abilità nel guadagnarsi il
ruolo di unico protagonista snocciolando risultati e aneddoti del suo mandato,
prima a Muggia e poi a Trieste.
Una Trieste - ha lasciato intendere Dipiazza davanti ai suoi interlocutori - che
per garantirsi un futuro promettente dev’essere attraente (da qui la necessità
dei cantieri cittadini per rimettere a nuovo piazze e strade) e allo stesso
tempo funzionale per reggere la propria vocazione naturale di «capitale d’area».
«Da una parte - così il sindaco - c’è Venezia e dall’altra Lubiana, sopra c’è
Vienna e Trieste sta in mezzo. Dobbiamo essere città di porto e città di
cultura, cercando di stare il più possibile ancorati al concreto, al
realizzabile».
I punti di forza della Trieste di domani - secondo il primo cittadino - si
chiamano Porto Vecchio e rigassificatore a terra. E una Servola senza più
Ferriera. «Con la Lucchini-Severstal - ha aggiunto a questo proposito Dipiazza -
stiamo andando avanti con un discorso futuro collegato al rigassificatore. Tanto
questi la chiudono appena finisce il regime di Cip6, scappano il giorno prima.
Il gas, invece, è una grande opportunità. Avremo in casa, a gratis, il business
legato alla catena del freddo, senza contare poi che AcegasAps diventerebbe a
sua volta una sposa dalla dote importantissima. La prospettiva è fare nel
Nord-Est una multiutility seconda in Italia solo a quella di Roma».
Il sindaco, divorando le domande che gli venivano poste, ne ha avute poi un po’
per tutti.
Per il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita: «Sulla bonifica del sito inquinato
abbiamo rischiato di buttare all’aria tutto perché il presidente Azzarita aveva
detto all’assessore regionale Lenna che i soldi dello Stato in fondo non
servivano».
Per le mire di Luka Koper sullo Scalo legnami: «E se poi arrivano lì e piazzano
degli stock che restano fermi per anni e anni? Sono sempre più convinto che da
Fiume a Ravenna si debba tutti collaborare a livello portuale, ma pensando anche
ai nostri interessi, la concorrenza va preservata».
E anche per il numero uno dell’Authority Claudio Boniciolli: «Ha reclamato sui
media il 40% dell’autoporto di Fernetti, senza prima voler discutere le modalità
di valutazione delle quote, e con le azioni di forza si è impantanato».
Il primo cittadino ha servito infine una stoccata al tessuto produttivo
triestino. Proprio nel quartier generale degli imprenditori: «Se volete sapere
cosa mi dà fastidio, vi dico tutti quegl artigiani che arrivano ogni giorno in
città dal Pordenonese e oltre. Dovrebbe essere il contrario. Serve, in generale,
più voglia di lavoro».
PIERO RAUBER
PIAZZA LIBERTÀ - Gli alberi si rimpiantano
Intendo rispondere alla lettera della signora Cesàro ( 24/5/08) che si chiede
come mai si voglia intervenire ancora in piazza Libertà, dopo quel tanto già
fatto e speso, e abbattere alberi per far posto a strade. Si vede che la signora
non va in detta piazza al mattino e alla sera quando c’è il gran flusso dei
pendolari che, anziché prendere il sottopasso (scomodo) per arrivare ai bus,
sciama sulla strada e fa slalom tra le auto con gran pericolo per sé e gli… auti.
E nemmeno va con l’auto a prendere il treno detta signora, altrimenti si
accorgerebbe della gran difficoltà di accostarsi al marciapiede di stazione
perché là ci stanno due autobus (17 e 33) che ingombrano (quando addirittura 3
cioè il fuoriservizio). Non solo, ma per chi viene da via Ghega, il semaforo non
aiuta, perché come viene lo stop per le auto da viale Miramare, scatta subito il
verde per le auto da via Pauliana che piombano come razzi sugli illusi che hanno
l’idea sempliciotta di voler accostarsi al marciapiede di stazione. Per
accompagnare poi amici o familiari ai treni non c’è posto per auto perché non si
trova né in viale Miramare, né in via Flavio Gioia. Ci sarebbe posto al vicino
Silos: ci andai una volta ma ora non più perché oltre alle strettoie di rampa ti
occorre poi il filo di Arianna per ricuperare l’auto. E io detto filo non ce
l’ho! Questa è una situazione che dura da almeno 30 anni. Io ho protestato più
volte, ma non serve. Ora l’amministrazione comunale ci propone un piano di
traffico rinnovato in detta zona, che secondo me è rivoluzionario perché mai in
50 anni ci è stato un tale cambiamento in città, se si eccettua l’apertura della
galleria di piazza Foraggi sotto il Gma. Con esso si garantisce la tranquillità
e la sicurezza per tutti coloro che usano il treno e vien fatta una migliore
distribuzione dei bus in zona. Cosa che non esiste oggi per cui se non sono
ancora successi gravi incidenti in piazza Libertà occorre gridare al «miracolo»
e mi aspetto… che La Curia di Trieste lo certifichi. Quanto agli alberi essi
crescono, vivono e muoiono come gli umani. Si tagliano alcuni e se ne piantano
altri, occorre farne un problema di sopravvivenza? O una ragione per non
cambiare mai nulla? Faccio però un appunto a detto piano. Visto così il progetto
di massima sul giornale non vedo posto per le auto che accompagnano i passeggeri
ai treni. Non ho visto o vedo male? Prego il progettista di non dimenticarsi di
questo problema. Va benissimo per me anche il parcheggio a pagamento: massimo 1
ora. Dopodiché multa. Così si accontentano tutti!
Sergio Callegari
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 giugno 2008
Campania, tracce radioattive in un carico di rifiuti
- EMERGENZA IMMONDIZIE NEL MERIDIONE
I militari bloccano il camion diretto alla discarica di Savignano Irpino
presso Avellino - Intercettati due Tir che dal Foggiano stavano trasportando
sostanze pericolose
La Russa: «È la prova che l’intervento dei soldati sta funzionando»
NAPOLI Tracce radioattive sono state trovate in un carico di rifiuti che
doveva essere conferito nella discarica di Savignano Irpino. Il carico, ha reso
noto la struttura del sottosegretario Guido Bertolaso, è stato immediatamente
isolato e riportato nel sito di trasferenza per essere smaltito in appositi
impianti.
Il carico contenente rifiuti ospedalieri sul quale sono state rilevate lievi
tracce di materiale radioattivo, in particolare Iodio 131, una sostanza usata in
medicina e comunque non pericolosa al punto che viene somministrata ai pazienti
negli ospedali, è stato infatti bloccato all'ingresso della discarica. Ne è nato
un giallo, con il direttore dell'impianto, Liberato Imperato, che ha smentito la
presenza di materiale radioattivo parlando solo di rifiuti impropri come bende e
cateteri, e il generale Franco Giannini, responsabile del settore
tecnico-operativo della struttura di Bertolaso, a confermare la scoperta.
«Questa mattina - ha detto Giannini - durante i controlli, abbiamo rilevato in
un carico rifiuti ospedalieri dove c'erano tracce radioattive di Iodio 131». A
quel punto, ha aggiunto il generale, «abbiamo rimandato al sito di trasferenza
di Pantano d'Acerra il carico, per consentire ai vigili del fuoco di effettuare
ulteriori controlli e per cercare di risalire al responsabile dello sversamento».
La struttura diretta da Bertolaso ha anche presentato una denuncia all'autorità
giudiziaria. «È evidente - proseguono dalla struttura - che i rifiuti
ospedalieri devono essere smaltiti attraverso una filiera completamente diversa
da quella prevista per i rifiuti solidi urbani. L'episodio conferma - si
sottolinea - l'accuratezza dei controlli».
E non lontano da Savignano, quaranta quintali di rifiuti pericolosi destinati
alla Campania per essere smaltiti illecitamente, sono stati sequestrati dai
carabinieri della compagnia di Montella (Avellino). Il carico era trasportato da
due tir provenienti dal Foggiano e diretti in Alta Irpinia.
I benefici derivanti dallo sversamento a Savignano tardano tuttavia a farsi
sentire. Se la situazione a Napoli città tende a migliorare con 1900 tonnellate
di rifiuti ancora a terra, così non è per la provincia, specie per l'area
flegrea e quella vesuviana. Ne risente anche il turismo degli scavi
archeologici: ad Ercolano cumuli enormi sostano vicino alle Ville Vesuviane,
agli Scavi archeologici e nell'area mercatale di via IV Novembre.
Il sindaco, Nino Daniele, denuncerà la grave crisi in cui versa la città
vesuviana oggi a Napoli nell'incontro in programma con il sottosegretario
Bertolaso.
Proteste nel Casertano, infine, con un corteo antidiscarica cui hanno preso
parte centinaia di persone.
«Ho fatto pervenire al generale Giannini il mio grande apprezzamento per il
lavoro svolto dai suoi uomini che ha permesso di bloccare il carico» su cui sono
state rilevate tracce di sostanze radioattive. Lo ha detto il ministro della
Difesa Ignazio La Russa sottolineando che proprio il ritrovamento «dimostra
ancora una volta come nell'assolvimento dei propri compiti, in collaborazione
con le forze dell'ordine, i militari impegnati a Napoli stiano svolgendo un
ruolo prezioso di cui tutti gli siamo grati».
Le forze dell'ordine, «e, quando richiesti i militari - aggiunge La Russa - sono
al servizio dell'Italia per garantire la sicurezza interna ed esterna e il
rispetto delle leggi, ciascuno nell'ambito dei propri compiti».
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 giugno 2008
Sito inquinato, Assindustria preme su Tondo - L’area di
cui si chiede la bonifica si estende dalla Ferriera fino alla valle delle
Noghere
La posizione è chiara: nell’area ex Esso si possono creare 80 posti di lavoro
diretti e ben 320 indiretti
I soldi già stanziati e non impegnati entro il termine dei tre anni rischiano di
venire perduti
TRIESTE È grave la situazione di impasse per le imprese quella del sito
inquinato di Trieste che va dalla Ferriera alla valle delle Noghere, è una delle
prime urgenze che ha il comparto industriale triestino, il tessuto è bloccato e
non c’è la possibilità soprattutto di dare spazio a nuovi insediamenti
produttivi. Il presidente degli Industriali di Trieste Corrado Antonini lo ha
ripetuto chiaro e forte nei giorni scorsi al nuovo presidente della Giunta
regionale, Renzo Tondo. È uno tra i primi incontri che Tondo fa con gli
industriali, e quella con Antonini, che oltre a rappresentare Assindustria è
anche presidente di Fincantieri, non è stata la solita visita di cortesia come
recita il cerimoniale. Lo conferma il fitto promemoria, cinque pagine, di nodi
da risolvere consegnato al nuovo governatore. Sito inquinato, distretti, le
esigenze di finanziamento per le imprese, il Fondo Trieste, il nodo del Porto.
Ma anche il rigassificatore e, ultima questione spinosa, la Ferriera.
Sito inquinato
Gli industriali, ha spiegato Antonini, hanno la necessità di trovare un percorso
condiviso da enti e istituzioni per superare la «grave situazione di empasse per
le imprese». C’è un accordo di programma rispetto al quale «l’Assindustria non
ha nascosto alcune perplessità». Servono modifiche migliorative e che riguardano
innanzitutto la tutela di chi non è responsabile dell’inquinamento. Poi non
bisogna prevedere l’esplicita possibilità di procedere all’allargamento del
sito. Infine la quantificazione economica che i «soggetti privati sono tenuti a
transare» su inquinamento e responsabilità. Non ci deve essere una ripartizione
in base a un semplice criterio di occupazione di superficie.
Distretti
Assindustria punta ai progetti di collaborazione fra imprese piccole e grandi e
«confida» che la Regione a questi «attribuisca valenza strategica».
L’associazione ha partecipato alla creazione soprattutto di due distretti,
quello della navalmeccanica legato a Fincantieri (2700 occupati, indotto con 550
fornitori, 200 tecnologici, ordini per 350 milioni), poi quello del caffè. Resta
da «rafforzare» la vocazione industriale del distretto di Biomedicina molecolare
che «andrebbe modificato in un distretto di scienze della vita» e che comprende
le biotecnologie mediche, industriali, farmaceutiche e vegetali. Questo
aiuterebbe a creare un unico sistema universitario. Al progetto è legata la
ristrutturazione dell’ospedale di Cattinara (90 milioni) dove sono previsti 10
mila mq per questo settore.
Finanziamenti
Presi in esame vari capitoli, la Legge regionale 47 del 78 sui progetti di
ricerca, e gli industriali chiedono un adeguato rifinanziamento per la copertura
di tutte le domande già presentate e istruite oltre a un consistente
stanziamento per le nuove domande (160 in regione). C’è poi la legge Sabatini
per agevolazioni all’acquisto di macchinari «sarebbe auspicabile un’assegnazione
di risorse» sostiene Assindustria. Adeguata copertura finanziaria viene chiesta
anche per la legge 7 del 2004 per premiare le aziende che effettuano
investimenti diretti a miglioramento ambientale, sicurezza e mezzi.
Fondo Trieste
C’è un problema, riguarda i fondi non impegnati entro il termine dei tre anni.
Rischiano di venire persi. Perciò gli Industriali chiedono che la Regione si
muova con il Governo per farsi riassegnare le somme «perenti» al ministero
dell’Economia e che rientrino al Fondo Trieste
Porto
Antonini spiega che è stata fatta già presente all’Autorità Portuale che è
necessario trovare spazi in Porto nuovo. Bisogna abbattere i magazzini obsoleti,
creare nuovi piazzali, avviare finalmente la costruzione della piattaforma
logistica. Grande l’attenzione per il recupero funzionale del Porto vecchio.
Rigassificatore
La posizione degli industriali è chiara e sostiene il progetto on shore,
nell’area ex Esso. Ci sono in ballo 550 milioni di euro di investimento, 40
milioni solo per le bonifiche ambientali, c’è l’opportunità di ospitare nuovi
insediamenti per l’industria del freddo. 80 i nuovi posti di lavoro diretti e
ben 320 quelli indiretti. Insomma, è un «opportunità da cogliere».
Ferriera
È all’ultimo punto, ma non per importanza. Antonini nel promemoria consegnato a
Tondo fa una fotografia della situazione e chiede che si parta da questa per «la
definizione di qualsiasi progetto di riconversione». Basta scorrere i dati
iniziali per avere un’idea. fatturato del 2007 di 200 milioni di euro, quota
rilevante di tasse tra Ici, Tarsu, canoni, 21 milioni di salari, 10,4 milioni si
spese di approvigionamento, 545 dipendenti (94% locali) in maggioranza tra i 31
e 40 anni, fornitura vitale di ghisa alla Sertubi e decollo con i traffici
portuali nel Terminal rinfuse.
GIULIO GARAU
Trebiciano, residui e bitumi in una dolina - NON LONTANO DALLA PISTA
CICLABILE - Diverse famiglie chiedono al Comune di costituirsi parte
civile contro i vandali
TRIESTE Chiedono al Comune di costituirsi parte civile presso le autorità
competenti contro coloro che, di recente, hanno lordato una dolina non lontana
dal centro abitato di Trebiciano. A farlo diverse famiglie della località
carsica, che domandano al sindaco di agire in prima persona contro vandali
capaci di inquinare con bitumi e altri residui una dolina non distante dalla
nuova pista ciclabile che attraversa il paese e giunge sino al confine.
A tale riguardo sono state raccolte sinora 130 firme. Persone che si dicono
stanche di tutti gli atti che rovinano l’ambiente carsico. «Siamo stanchi di
essere uno degli immondezzai di centro e periferia – afferma Virgilio Zecchini,
uno dei residenti e firmatari della petizione rivolta a sindaco e Comune –. Una
fama che Trebiciano si è costruita senza colpa alcuna, se non quella,
inesistente, di aver ospitato una discarica che ormai da tempo non funziona. Chi
ha inquinato la dolina con materiali bituminosi è ben più che colpevole di
coloro che si liberano di vecchi elettrodomestici e altri inerti. Olii e catrame
possono inquinare il Timavo sottostante, oltre a devastare l’habitat naturale di
caprioli e altri animali».
Secondo Zecchini, la colpevole consuetudine di disfarsi di oggetti e sostanze
inquinanti nei boschi provocherebbe anche un abbassamento dell’indice di qualità
abitativa del paese, causando un deprezzamento delle proprietà di chi vive nella
zona. «Per queste ragioni chiediamo al Comune di mobilitarsi in prima persona,
al fine di stroncare coloro che, inquinando e sporcando i nostri dintorni, ci
recano grave danno in modo diretti e indiretti».
«Sui ritrovamenti dei bidoni contenenti i residui bituminosi si è fatta un po’
di confusione – interviene Marco Milkovich, presidente della circoscrizione
Altipiano Est – visto che quei contenitori erano dei raccoglitori dei rifiuti
presenti nella dolina, appartenenti a un lotto di bonifica del Comune per quell’area.
Ciò non toglie che il problema dell’inquinamento delle doline e di altri luoghi
del Carso è una questione rilevante ed estesa a tanti siti. Sul Carso in
generale, e non solo in Trebiciano, si è scaricato tanto e male in barba alle
più elementare regole di decenza ed educazione».
(m.l.)
SEGNALAZIONI - NUCLEARE - Centrali a rischio
Le notizie sui guasti della centrale di Krsko sono molto allarmanti. Si dice che
non c'è da preoccuparsi, ma lo stesso si diceva di Chernobyl e poi si è visto di
quali situazioni devastanti si hanno avuto tracce, quindi noi ci preoccupiamo e
molto e non crediamo alle dichiarazioni dei governi. Inoltre mi pare pazzesco
che si abbia una centrale nucleare a 100 km da Trieste e non si protesti per il
suo smantellamento. Nessuna centrale nucleare andrebbe costruita in prossimità
dei centri urbani, come questa slovena, e sarebbe ancora meglio che nessuna
centrale nucleare fosse costruita mai, in ogni caso dovrebbero essere collocate
in aree deserte e lontanissime dalla vita. Detto questo, anche se il fatto di
Krsko non dovesse costituire gravità reale, c’è da dire che la possibilità
invece di un fatto grave pende sulle nostre teste tutti i giorni, e che se si
verificasse sarebbe inutile andare a vedere se ci sono radiazioni o no, perché
ogni provvedimento sarebbe inutile e saremmo contaminati ancor prima che
scoppiassero le emergenze che peraltro non siamo pronti a fronteggiare. Vorrei
infatti che il Comune ci informasse su quale assistenza e su quale protezione
avremmo in caso di incidenti gravi visto che i cittadini non sono dotati né di
abbigliamenti contro le radiazioni, né di maschere e sono totalmente all’oscuro
di cosa dovrebbero fare. Invece in società civili come la Svizzera si provvede
prima dei disastri ad istruire e dotare la popolazione di quanto necessario per
proteggersi, ma lì non sono guidati da dirigenti di supermercati ma da serio
personale attento al Paese e alla popolazione.
Ezio Franzutti
IL PICCOLO - SABATO, 14 giugno 2008
Tondo a Genagricola: «Aperto agli Ogm» - Giuseppe
Perissinotto: «Puntiamo alle biomasse, siamo pronti. Troppa burocrazia»
RIUNITA A TRIESTE LA SOCIETÀ AGRO-INDUSTRIALE DEL LEONE
«Gli Ogm sono il futuro e possono rappresentare la vera chiave di volta per
risolvere alcuni dei problemi che flagellano il nostro mondo: la fame e
l’esaurimento delle fonti energetiche. Dobbiamo farcene una ragione: in Friuli
Venezia Giulia devono poter convivere le colture tradizionali e quelle
geneticamente modificate. È una sfida cui non possiamo non rispondere, e la
possibilità che sul nostro territorio vengano coltivati Ogm sarebbe da prendere
in considerazione». Così il presidente della Regione Renzo Tondo, ieri durante
il suo intervento al convegno «Emergenza alimentare: ogm sì o no?», svoltosi nel
palazzo delle Assicurazioni Generali di via Trento.
Al dibattito, organizzato da Genagricola (holding del Leone, ad oggi la maggiore
società agro-industriale italiana, con 10mila ettari di terreni coltivati, e
presente anche in Romania con due unità agricole) e dall’Accademia nazionale
dell’agricoltura, in collaborazione con Confagricoltura, hanno partecipato
medici, economisti, giornalisti scientifici, docenti universitari, oltre a Renzo
Tondo e al numero uno di Genagricola Giuseppe Perissinotto. Sul tavolo sono
state messe luci e ombre di quelli che il presidente di Genagricola ha voluto
definire più volte «organismi geneticamente ”migliorati”. Così dovrebbero essere
chiamati - ha spiegato -. L’espressione ”ogm” ha sempre creato allarmismi
infondati: con gli ogm si può tentare di risolvere, almeno in parte, il problema
della scarsità di cibo e di risorse energetiche».
Giuseppe Perissinotto, infatti, da anni porta avanti la sua battaglia personale
in difesa dell’energia verde e delle biotecnologie. Da oltre un anno Genagricola
(colosso della terra che conta 26 aziende specializzate nella produzione di
vino, frutta, grano, barbabietole da zucchero, soia, erbe mediche,
nell’allevamento di bovini, suini e pesce, che nel 2007 hanno fatturato
30.305.000 euro) attende le autorizzazioni necessarie per mettere a «reddito
energetico», nell’azienda agricola di Cà Corniani in provincia di Venezia, 300
ettari coltivati a mais, convertendoli in combustibile, energia elettrica e
calore. «Noi puntiamo molto sulle biomasse e siamo pronti - ha sottolineato
Perissinotto -. Peccato che per ricevere tutte le autorizzazioni necessarie
servano tempi così lunghi. La politica deve dare risposte nuove».
L’appello lanciato da Perissinotto è stato condiviso dal presidente
dell’Accademia nazionale di agricoltura Giorgio Amadei, che ha sottolineato come
l’utilizzo degli Ogm nella nostra Regione potrebbe «ridurre il rischio di
perdere parte del raccolto di mais, se questo venisse modificato geneticamente e
reso resistente agli apirolidi, che possono distruggere anche il 40% del
raccolto di mais di un’intera stagione». Anche il presidente di Confagricoltura
Federico Vecchioni, ha proposto il lancio di una campagna di sensibilizzazione
sulle biotecnologie con gli agricoltori e con il mondo accademico e scientifico.
Perissinotto e molti degli intervenuti al dibattito hanno sostenuto la necessità
che la classe politica ora si impegni su questo fronte. E la risposta della
politica non si è fatta attendere. Anzi, è arrivata forte e chiara: «Bisogna far
passare il concetto che gli Ogm sono necessari, facendo capire alla gente che
non c’è nulla di negativo e catastrofico nel loro utilizzo - ha spiegato il
governatore Tondo -. Contrapporli alle colture tradizionali è sbagliato».
ELISA COLONI
Oltre cento i «diplomati» in ambiente - CONCLUSO IL CORSO ORGANIZZATO DALLA
LIPU
L'ambiente, in particolare la salvaguardia della fauna, della flora e degli
habitat naturali della provincia di Trieste stanno molto a cuore ai triestini.
Al corso formativo gratuito «Natura 2008» promosso dalla Lipu (Lega italiana
protezione uccelli) in collaborazione con il Corpo forestale regionale hanno
partecipato quasi duecento persone di età, sesso e status occupazionale
diversissimi tra loro che hanno seguito il ciclo di 14 incontri sul patrimonio
ambientale del nostro territorio, mirato a far conoscere gli elementi principali
degli ecosistemi locali e le buone pratiche da mettere in atto per la
conservazione della biodiversità della provincia.
Gli attestati di frequenza al corso sono stati consegnati l’altro pomeriggio
nella sala del Consiglio della Provincia ai 101 corsisti che si sono guadagnati
il diploma per aver seguito oltre il 70% delle giornate di studio,
dall'assessore alla protezione ambientale Dennis Visioli e da Maurizio Rozza
della Polizia ambientale della Provincia. «È stata una gradevole sorpresa per la
Lipu - ha commentato Rozza - scoprire quanta attenzione esista nei confronti
dell'ambiente da parte di persone diversissime tra loro, unite dal comune
desiderio di imparare e di voler diventare dei cittadini consapevoli e
responsabili».
Gli incontri settimanali si sono svolti tutte le settimane a partire da metà
marzo al liceo Oberdan: le lezioni - tenute da docenti ed esperti in campo
geologico, naturalistico e biologico, come Franco e Fabio Perco, rispettivamente
zoologo e ornitologo, Franco Zuppa biologo della Riserva marina di Miramare e la
naturalista Aila Quadracci - hanno approfondito tematiche quali flora e
vegetazione, mammiferi, anfibi, rettili, pesci d'acqua dolce, il regno dei
funghi e lo studio geologico degli antichi ambienti del Carso. Organizzato anche
tre uscite pratiche per visitare tre delle più belle realtà naturali del
territorio di casa nostra. Ai primi di ottobre partirà la seconda fase di
«Natura 2008». Informazioni alla Lipu, tel 328.6951039 e 340.7399686, e-mail
lipu_trieste@yahoo.it.
Patrizia Piccione
Strage di alberi - EX MADDALENA
Strage di alberi della Maddalena. Dall'11 aprile ho visto una dozzina di lettere
di protesta sulle Segnalazioni, alle quali il sindaco Dipiazza ha risposto l'1
giugno con una «lectio magistralis» di ben 150 righe su «le colonie feline». Il
tutto in risposta ad un tale che ha dei gatti nel condominio, e al quale, cito,
«sono stati già forniti i richiesti chiarimenti sia verbalmente che per iscritto
su un argomento che sembra interessare non poco i nostri concittadini» (sic!).
Qualcosa mi sarà sfuggito, ma degli alberi non si parla... Vorrebbe, bontà sua,
il sindaco dissertare della Maddalena? Sul perché il regolamento comunale che
salvaguarda il verde cittadino non è stato rispettato? Chi sono i fannulloni che
non hanno fatto il proprio dovere di applicarlo? Perché un referendum per il
ponte sul canale e invece silenzio per la Maddalena? Un silenzio sospetto, un
blitz improvviso, lo sporco lavoro eseguito con incredibile velocità per gli
standard cittadini.
Tanto ai mandanti, architetti e costruttori, con le loro belle ville sul Carso,
il verde non manca... Insomma mi sembra una bella speculazione edilizia. Mi
piacerebbe che qualche Pm rovistasse un po’ nelle scartoffie di questo affare
per avere la tranquillità che pur nella segretezza, tutto sia stato corretto.
Su piazza Libertà, il sindaco Dipiazza, 24 maggio: «Sanno solo lamentarsi... gli
ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito in commissione, che alla fine gli
alberi da sacrificare probabilmente saranno non più di cinque...».
Ma perché gli alberi, maestosi e centenari non hanno nessun diritto? Se sono
centenari significa che ci hanno messo un centinaio di anni per diventare così!
Non si posssono sostituire con qualche alberello, mi sembra ovvio.
Comunque non si risolve il problema, resta sempre la strettoia di inizio via
Cavour, e il traffico avrà sempre due curve come adesso, inoltre i viaggiatori
dovranno attraversare tutta la piazza per prendere l'autobus.
Tempo fa si parlava di fare il nuovo asse di scorrimento dietro il parco
ferroviario dietro il Silos con sbocco in piazza Duca degli Abruzzi, un bel
rettilineo senza intralci, oramai non c’è il problema Porto Vecchio.
Vorrebbe, bontà sua, il sindaco dissertare anche di questo? Grazie.
Valter Radakovic
Appello agli enti locali: salvate la pregevole roverella di via Antoni
Visto l’articolo apparso sul Piccolo del 3 giugno, si segnala che in via Antoni,
oltre alla roverella centenaria, esiste tuttora un altro esemplare che, seppure
più giovane, ha un notevole pregio naturalistico; va inoltre ricordato che un
terzo esemplare, sicuramente ultracentenario, è stato abbattuto una decina di
anni fa.
A seguito di tale taglio, considerando la difficoltà a intervenire nella
manutenzione con personale sufficientemente esperto, nonché una diffusa moria di
cedri contigui dovuto al proliferare di Armillaria, è stato richiesto, al fine
di garantirne la sopravvivenza, che l’albero in oggetto (per la precisione
Quercus pubescens Willd) venisse inserito fra i monumenti naturali della nostra
regione.
Le mie richieste inoltrate a intervalli regolari dal 2003 al 2008 prima al
Comune di Trieste, poi alla Regione Friuli Venezia Giulia, hanno portato
l’ufficio preposto (Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e
montagna della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia) a confermarmi che «nel
rispetto della normativa vigente (L/R 9/2007, Decreto 0313/Pres/1995) e delle
disponibilità operative e di bilancio, è dovere dell’amministrazione regionale
promuovere la migliore tutela possibile del notevole patrimonio arboreo della
regione..., si terranno in particolare conto le istanze dirette all’inserimento
nell’elenco prodotte dai proprietari delle piante».
Alla luce di ciò, e della vita grama del verde cittadino, ho motivo di credere
che le speranze di sopravvivenza della roverella si stiano assottigliando e che
al momento del reperimento dei fondi per il censimento ufficiale (o per
eventuali altri interventi), molto probabilmente l’Armillaria, o qualche altro
agente patogeno, avrà compiuto la propria opera.
Maria Luisa Nesbeda
IL PICCOLO - VENERDI', 13 giugno 2008
GRANDI OPERE IN FRIULI VENEZIA GIULIA - La Regione dà
la priorità alla terza corsia: la Tav fa perdere almeno due anni e mezzo
TRIESTE Le Ferrovie, paventando ritardi e finanziamenti europei a rischio,
protestano. Ma la Regione insiste: se non si svincola il tracciato della terza
corsia da quello della ferrovia, l’autostrada non sarà potenziata entro il 2017.
Ciò non significa rinunciare alla ferrovia ad alta velocità/alta capacità, ma
solo accelerare l’allargamento di un’A4 al collasso. «Può un territorio
proiettato in Europa e con una vocazione industriale spiccata aspettare ancora
per avere un’autostrada a tre corsie? La risposta la lascio al territorio»
chiede, infatti, l’assessore ai Trasporti, Riccardo Riccardi.
La domanda naturalmente è retorica. Nella migliore delle ipotesi il progetto
della ferrovia – ammesso che sia pronto entro il 31 dicembre (data di scadenza
per presentare il preliminare) – potrebbe superare l’esame del Cipe tra due anni
e mezzo, per cui l’autostrada dovrebbe attendere al palo ancora quel tempo.
Questo porterebbe il progetto a superare la scadenza – già ritenuta lontanissima
- del 2017. Anche con il commissario in campo. «Le pratiche per l'avvio della
realizzazione della terza corsia della A4 sono molto avanzate – spiega Riccardi
- mentre per quanto riguarda la tratta ferroviaria della Tav siamo ancora in una
fase precedente al progetto preliminare. Per approvare il progetto preliminare
della terza corsia sulla A4 ci abbiamo messo 28 mesi. Fare una ferrovia è un po’
più complicato, quindi io immagino che questi tempi siano necessari soltanto per
approvare la fase preliminare del progetto della Tav». In sostanza, dunque, «i
tempi autorizzati dell'iter progettuale della ferrovia sono molto indietro
rispetto a quelli dell’A4 e, pertanto, va considerata l'ipotesi di disgiungere i
procedimenti per la formalizzazione dell'avvio delle opere, senza escludere che
in futuro la ferrovia possa sorgere parallelamente all’autostrada, come ha fatto
il Veneto alcuni mesi fa». Separare oggi i due iter non pregiudicherebbe quindi
il fatto che la progettazione possa ricalcare il tracciato già concordato.
Una cosa comunque è certa, la Regione intende prendere queste decisioni con il
territorio. «Faremo una valutazione serena e di buon senso coinvolgendo anche
enti locali. Ricordo però che la progettazione dei lotti per l'autostrada -
aggiunge Riccardi - sta procedendo speditamente in Veneto, mentre in Friuli
Venezia Giulia sta procedendo il quarto lotto, che non ha il problema dell'affiancamento
con la ferrovia. Il terzo lotto è in attesa di avere l'avanzamento
procedimentale della Tav».
La partita per rivedere l’iter procedurale non è comunque semplice. Entro un
paio di giorni Friuli Venezia Giulia e Veneto dovrebbero formalizzare la
richiesta dello stato di emergenza della autostrada A4. Il governo dovrà quindi
recepirlo attraverso un decreto del presidente del Consiglio e, sulla base delle
criticità evidenziate, nominare il commissario straordinario. Sul nome non ci
saranno sorprese, le Regioni l’hanno individuato nella figura di Bortolo
Mainardi, già commissario straordinario per le infrastrutture del Nordest. Se
l’iter di autostrada e ferrovia saranno separati, il commissario – con pieni
poteri – potrebbe anticipare i tempi di costruzione dell’opera anche di un paio
d’anni. Ma il commissario non può invece modificare la delibera Cipe con la
quale è stato suggellato il destino comune delle due opere. Per separare il
«destino» di Tav e terza corsia, la Regione dovrà di nuovo vedersela con il Cipe.
E quindi con Roma.
Martina Milia
Acquistati due nuovi treni - COSTANO UNDICI MILIONI DI EURO
UDINE La Regione acquista due nuovi treni per migliorare il servizio del Friuli
Venezia Giulia. Costo complessivo: 11 milioni di euro. Ma lo Stato contribuisce
con 4.808.558 euro.
La giunta, su proposta dell’assessore ai Trasporti e alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi, ha infatti autorizzato nella seduta di ieri la stipula di una
convenzione con il ministero dei Trasporti per definire modi e tempi di
erogazione dei 4.808.558 euro assegnati dal ministero stesso al Friuli Venezia
Giulia ancora a fine 2006, proprio per gli investimenti sul parco rotabile
regionale.
Con la convenzione, come spiega Riccardi, la Regione potrà incassare il
contributo, in tre rate negli anni 2007-2009. I due nuovi veicoli che entreranno
in servizio sulla rete regionale sono due elettrotreni in composizione a quattro
casse ad alimentazione elettrica. Il loro acquisto è possibile grazie al
contributo statale e al finanziamento diretto della Regione che ammonta a più di
6 milioni di euro.
La giunta di Fiume contro l’Ina: chiudete la raffineria di Mlaca - Aria
inquinata, l’esecutivo ordina lo spostamento entro il 2010
Attualmente sono impegnati nel sito circa 500 operai, potrebbero essere
ridotti a 150 unità
FIUME Nuovo e sollecito appello della giunta cittadina di Fiume all’unica
compagnia petrolifera croata, la zagabrese Ina, affinché provveda allo
smantellamento e al trasferimento della raffineria presente nel rione fiumano in
Mlaca.
«Lo spostamento va eseguito entro il primo gennaio 2010 - si legge nelle
conclusioni dell’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel - rispettando quanto già
chiesto dal consiglio comunale. La chiusura e la rimozione degli impianti
costituiscono una misura quanto mai necessaria dopo che è stato constatato più
volte che Fiume è, insieme a Sisak (altra raffineria dell’Ina) e Kutina
(industria petrolchimica), tra le città croate con il maggiore inquinamento
atmosferico. Inquinamento - si prosegue - derivante in gran parte dalle
emissioni di anidride carbonica e acido solfidrico provenienti dagli
stabilimenti in Mlaca».
A fare reagire i membri dell’esecutivo è stata la recente presa di posizione del
governo croato (l’Ina è infatti di proprietà dello Stato e dell’ungherese Mol),
secondo il quale la raffineria fiumana deve continuare a lavorare, a prescindere
dalle richieste che arrivano dal capoluogo quarnerino. A cozzare con quanto
espresso dalla compagine ministeriale di centrodestra era stato il documento
diffuso tre giorni fa dalla direzione dell’Ina che parla di una chiusura
parziale in Mlaca. Un documento proposto quale risposta alla giunta municipale
fiumana sul destino futuro della raffineria e nel quale si precisa che - data la
penuria di mezzi - l’Ina non può modernizzare tutti gli impianti in Mlaca, ma ne
dovrà chiudere un paio, mentre altri resteranno funzionanti.
L’esperta in materia di tutela dell’aria presso la raffineria in Mlaca, Milica
Lulic, si è presentata nella seduta dell’esecutivo Obersnel ribadendo che alcuni
stabilimenti andranno incontro a chiusura entro i prossimi mesi (produzione
bitume, gasolio da riscaldamento e olio di base minerale), mentre andrà avanti
l’impianto blending, il quale necessita di una ventina di maxiserbatoi.
Dagli attuali 500 occupati, si dovrebbe insomma arrivare a 150. «Voglio
specificare - ha detto la Lulic - che gli impianti chiusi non saranno
smantellati e quindi trasferiti altrove, ma resteranno in loco e saranno
conservati. In ogni caso, posso assicurare che la chiusura totale della
raffineria di Mlaca è un progetto non realizzabile nei prossimi anni».
L’aria che si respira a Mlaca e nei quartieri vicini è da mesi classificata di
terza categoria, cioè rientra nella categoria di aria inquinata.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 giugno 2008
Tondo in Slovenia, un patto sul nucleare - Presto
un tavolo bilaterale. Rigassificatori, bocciata l’ipotesi dell’impianto nel
golfo
ENERGIA E SICUREZZA NEL DOPO-KRSKO
Missione nella capitale slovena. Rupel: «Ieri ho visto Bush, oggi Tondo» Il
governatore: «Sul nucleare coinvolgerò Frattini e Berlusconi»
Colloquio con Rupel: dopo lo stop con Illy Lubiana entrerà nell’Euroregione
Già nel 2007 l’allora ministro D’Alema aveva prospettato l’interesse italiano
per la centrale atomica attraverso l’Eni
LUBIANA Un patto col governo sloveno in materia di energia e sicurezza, di
stretta attualità dopo il caso Krsko, è stato sottoscritto ieri dal presidente
del Friuli Venezia Giulia Tondo. Nei colloqui col ministro degli Esteri sloveno
Rupel è stato annunciato anche che Lubiana, dopo lo stop con Illy, entrerà nell’Euroregione.
Rigassificatori: bocciata da entrambe le delegazioni il progetto dell’impianto a
mare nel golfo di Trieste.
Il presidente Renzo Tondo sceglie la vicina Slovenia per esordire ufficialmente
nelle relazioni internazionali. E Lubiana ringrazia: nella sala del ministero
degli Esteri dove si svolgono i lavori accanto alla bandiera di casa e di quella
dell’Unione europea c’è anche quella italiana. Un trattamento che il protocollo
impone soltanto per le visite dei ministri. Una formalità che è anche un
messaggio di disponibilità della vicina Repubblica nei confronti del governatore
e dell’Italia. Disponibilità che accompagna l’incontro di oltre un’ora tra il
ministro degli Esteri Dimitrij Rupel e Renzo Tondo.
I temi al centro dei colloqui vanno dalle infrastrutture alle minoranze, dai
trasporti all’Euroregione. Ma il tema forte del pomeriggio è quello degli
approvigionamenti energetici. E quindi del nucleare. «Ieri ho incontrato il
presidente americano George Bush, oggi Renzo Tondo» esordisce Rupel. «Così
finite in bellezza» scherza il governatore del Friuli Venezia Giulia.
Il clima sereno si traduce immediatamente in un concetto che Rupel esprime in
modo chiaro per quanto mascherato dal linguaggio diplomatico. «Abbiamo parlato
di molti argomenti e abbiamo gettato le basi per una serie di progetti comuni
tra due popoli che vivono accanto e tra i quali c’è e ci sarà una crascente
collaborazione - dichiara Rupel -. Questa cooperazione è utile e opportuna anche
nel campo degli approvvigionamenti energetici. La Slovenia è favorevole a una
cooperazione con il Friuli Venezia Giulia e con l’Italia sull’energia e quindi
anche sul nucleare. Per quanto riguarda Krsko abbiamo dato prova della nostra
trasparenza». Il tema è centrale per lo sviluppo del Paese e per quello del
Friuli Venezia Giulia. L’energia scarseggia e soprattutto il suo costo lievita
anche per l’impazzimento planetario del prezzo del petrolio. La Slovenia ha una
centrale nucleare a Krsko della cui esistenza l’Italia si è ricordata soltanto
per il guasto e il conseguente allarme di mercoledì scorso. «Il sistema di
sicurezza e di collegamento tra le protezioni civili ha funzionato - spiega
Tondo - e questo dimostra che i cittadini possono stare tranquilli. È molto
positivo che la Slovenia valuti opportuna la cooperazione anche sull’energia
atomica sulla quale dopo oltre vent’anni è pronto a investire. Mi farò carico di
trasmettere ai nostri ministri competenti Scajola e Frattini e quindi a Silvio
Berlusconi i risultati dell’incontro con il ministro Rupel, sollecitando l’avvio
di un tavolo bilaterale a livello di governo sull’energia e sul nucleare e sugli
altri temi. La possibilità che il Friuli Venezia Giulia e l’Italia possano
partecipare al raddoppio di Krsko? Non esiste nessun progetto approvato per il
potenziamento della centrale. I tavoli comunque partiranno subito perché,
d’accordo con il governo sloveno, non è necessario aspettare le elezioni
politiche di settembre».
Il ministro Rupel annuisce. L’annuncio di un raddoppio della centrale è
politicamente pericoloso per chi deve presentarsi davanti agli elettori tra soli
tre mesi (il 22 settembre). Quindi Lubiana non conferma nè smentisce. Ma i ben
informati riferiscono che il progetto c’è. E una partecipazione italiana o
regionale (magari attraverso Friulia) potrebbe consentire in tempi medi un
accesso privilegiato a forniture di energia a costi più contenuti.
Con un’operazione poco compromettente per gli equilibri del territorio (le
critiche degli ambientalisti ma anche degli amministratori locali) Tondo
potrebbe soddisfare le richieste di chi (industriali e imprese in primis) fa
pressioni sull’amministrazione regionale per avere energia a prezzo più basso di
quello attuale. Del resto già nel 2007, nel corso di un vertice in Slovenia, era
già stato Massimo D’Alema, il ministro degli Esteri dell’allora governo Prodi, a
delineare un interesse italiano per Krsko con il coinvolgimento dell’Eni.
Sui rigassificatori ieri le due delegazioni hanno concordato sulla bocciatura di
quello a mare nel golfo di Trieste, mentre resta aperta l’eventuale opzione per
la struttura a terra. E si è parlato anche di un possibile rafforzamento
dell’elettrodotto italo-sloveno dell’isontino.
Ma le ragioni della politica, specie tra gli sloveni in odor di elezioni,
impongono la prudenza. Una piccola tirata d’orecchi all’Italia arriva da Rupel
solo sulla tutela della minoranza slovena nel nostro Paese. «Questa mattina ho
incontrato una delegazione della minoranza - spiega Rupel - e ho riferito a
Tondo che l’Italia non ha ancora adempiuto ad alcuni passaggi. Ho proposto di
costituire una commissione regionale per la tutela della minoranza e la
necessità della firma del decreto che definisca le aree nelle quali applicare il
bilinguismo visivo. Comunque negli ultimi anni la collaborazione con l’Italia in
questo settore è molto migliorata, e ho trovato grande disponibilità dal
presidente del Friuli Venezia Giulia».
«A questo proposito - risponde Tondo - c’è la necessità di guardare sempre più
all'integrazione europea, lavorando insieme per favorire la coesione ed il
superamento di antiche barriere».
CIRO ESPOSITO
METANO DAL MAR NERO A TRIESTE - Gazprom conquista il mercato balcanico
Austria e Slovenia: sì al nuovo gasdotto
TRIESTE Sono grossi cordoni ombelicali sotterranei, ben dipanati e in cui scorre
il gas o il greggio, i nuovi «lacci» con i quali la grassa Russia lancia la sua
«offensiva» economica e politica nei confronti della sempre più assetata di
energia Unione europea. Ora è stato definito anche l’ultimo tratto di questa
sofisticata rete di tubi. Il direttore generale di Gazprom, il colosso
energetico russo, Aleksej Miller ha annunciato che sia l’Austria che la Slovenia
hanno aderito al consorzio che costruirà il cosiddetto ramo meridionale del
metanodotto italo-russo. Un’opera che prevede un investimento complessivo di 16
miliardi di dollari e la cui costruzione dovrebbe iniziare nel 2010.
Miller non è sceso nei particolari circa il tracciato dell’infrastruttura, ma
secondo alcune fonti il progetto prevede che le grosse tubazioni si dipanino
dalla Russia e raggiungano la Bulgaria passando sotto il Mar Nero. Qui il
metanodotto si scinderà in due tronconi. Il primo correrà attraverso la Grecia
per collegarsi all’Italia meridionale passando quindi sotto il Mar Ionio. Il
secondo, invece, attraverserà la Serbia, l’Ungheria, l’Austria, la Slovenia per
raggiungere l’Italia settentrionale. Il punto di arrivo dovrebbe essere Trieste
dove esiste già il terminal petrolifero dell’Oleodotto transalpino e in futuro
ci potrebbe essere anche un rigassificatore.
Il metanodotto segue quindi una linea molto simile al concorrente «Nabucco»
progettato dall’Unione europea che convoglierà il gas dalla Turchia, attraverso
la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria fino in Austria. Concorrente perché è
nell’intenzione dei progettisti di diminuire così la dipendenza dell’Ue dal gas
russo. La struttura dovrebbe essere operativa nel 2013 e in grado di
«trasportare» 30 miliardi di metri cubi di metano. Per quanto riguarda, invece,
il progetto di metanodotto italo-russo di Gazprom il tracciato dello stesso,
secondo alcune fonti, sarebbe già stato approvato dalla Grecia, dalla Serbia,
dall’Ungheria e dalla Bulgaria. Questi ultimi due Stati fanno parte anche del
gruppo di Paesi che cooperano al progetto «Nabucco». Secondo le dichiarazioni
del direttore generale, Aleksej Miller, Gazprom ha da gennaio ad aprile di
quest’anno già estratto 200 miliardi di metri cubi di metano, quasi 4,2 miliardi
in più di quanto estratto nello stesso periodo del 2007.
I due nuovi metanodotti costituiscono la fase più avanzata del mutamento
geopolitico che ha interessato i Balcani negli ultimi vent’anni. La
frantumazione della ex Jugoslavia, l’ingresso di Slovenia, Ungheria, Bulgaria e
Romania nell’Ue, con la Croazia che dovrebbe tagliare il traguardo comunitario
nel 2009 e con la Serbia che scalpita, hanno fatto sì che Mosca, dalla «Guerra
fredda» sia passata oggi alla battaglia energetica, mettendo in campo i suoi
pezzi da Novanta: Gazprom, come detto, ma anche Lukoil che è pronta a riversare
il suo greggio nei depositi costieri croati della Dalmazia e punta ad assumere
la gestione del rigassificatore che Zagabria vuole costruire sull’isola di
Veglia. E siccome il futuro politico passerà inevitiabilmente per i destini
energetici del Vecchio continente, la Russia si sta già preparando. Per recitare
un ruolo da protagonista.
MAURO MANZIN
«Il nuovo tracciato A4 mette a rischio la Tav» - TERZA CORSIA: LO STOP
AL PARALLELISMO AUTOSTRADA-FERROVIA
Dubbi delle Fs: rifare il protocollo con i Comuni farebbe perdere altri 2
anni e i soldi stanziati dall’Ue
TRIESTE Se si blocca la procedura per l’avvio della Tav, togliendo il
parallelismo del tracciato fra A4 e ferrovia, «si rischia che la linea ad alta
velocità/alta capacità in regione non si faccia più. Perché si rischia di
perdere i finanziamenti che l’Unione europea sta per assegnare per la
prosecuzione della progettazione». La preoccupazione arriva direttamente da
fonti delle Ferrovie che stanno seguendo con una certa apprensione la volontà
della nuova giunta regionale di eliminare il parallelismo tra autostrada e
ferrovia per evitare che i tempi dell’autostrada restino legati a quelli della
Tav. Questo significherebbe superare il protocollo sottoscritto lo scorso
febbraio tra i sindaci e la Regione – con alcune defezioni – e per Ferrovie
«perdere altri due anni di lavoro. Con il rischio che, continuando a rinviare
l’opera, non si faccia più. Si continua a parlare di trasferire su gomma il
trasporto su strada, ma se andiamo avanti così si farà prima la quarta corsia
della Tav». Una previsione nemmeno tanto lontana dalla realtà visto che, nel
tracciato individuato da Rfi e Autovie Venete, è già previsto lo spazio per la
quarta corsia. Nel braccio di ferro che potrebbe crearsi tra Regione e Ferrovie,
la società di trasporti potrebbe puntare i piedi su quanto già determinato dal
Cipe nel 2005 ovvero la necessità di «garantire l’armonizzazione dell’opera con
la linea ferroviaria AV/AC Tratta Venezia-Ronchi dei Legionari, al fine di
ottimizzare le interferenze tra le due opere, con particolare attenzione alla
realizzazione dei sovrappassi e dei sottopassi ed alle opere di mitigazione e
compensazione». Ma se la terza corsia non può attendere i tempi di realizzazione
dell’alta velocità, d’altro canto le ferrovie rischiano di veder saltare il
progetto della Tav. L’unica tratta al sicuro, al momento, è la Ronchi-Trieste i
cui lavori partiranno nel 2010. Al problema che interessa strettamente il Friuli
Venezia Giulia, si aggiunge la situazione del Veneto dove la discussione sul
tracciato è ancora aperta e gli interrogativi non sono pochi. Prevedere quando
sarà realizzata l’intera tratta Venezia Trieste sembra impossibile. Una
soluzione di compromesso, nel caso del Friuli Venezia Giulia, potrebbe essere
svincolare subito il tracciato dell’autostrada e proseguire in modo indipendente
con il tracciato della ferrovia. Questo non vieterebbe alle ferrovie di
progettare comunque una tratta in affiancamento all’autostrada, ma creerebbe
nuovamente il problema alla base della decisione del Cipe: se autostrada e
ferrovia vengono realizzate in tempi diversi – ammesso che il progetto
ferroviario sia poi ritenuto dal Cipe compatibile con quello autostradale –
bisogna prevedere una spesa ulteriore per il rifacimento dei cavalcavia. Nella
prima ipotesi – quella di un affiancamento anche in terra veneta – il preventivo
di spesa era di circa 300 milioni di euro. Nel momento in cui il Veneto ha
deliberato il totale non affiancamento dell’autostrada alla ferrovia, il
sovrapprezzo cavalcavia si è “dimezzato”. Resterebbe la spesa aggiuntiva (quindi
per il disfacimento e rifacimento dei cavalcavia) solo per la tratta Portogruaro
Gonars, stimabile in 120 – 150 milioni di euro. Non poche risorse, certo, ma
senza dubbio ben spese se questo consentisse di abbreviare i tempi di
realizzazione dell’autostrada.
Risorse che comunque qualcuno dovrà stanziare e al momento nessun soggetto – né
le Ferrovie, né le Regioni né tanto meno lo Stato – sembra disponibile a
sborsarle.
Martina Milia
L’acquisto di treni al vaglio della giunta - IERI L’INCONTRO CON I SINDACATI
SUL TPL
TRIESTE La Regione è pronta all’acquisto di nuovi treni. Se ne parlerà oggi
nella seduta della giunta Tondo sulla base di una relazione dell’assessore
Riccardo Riccardi che sta definendo con il ministero alcune questioni sul
trasporto pubblico locale. Ma di Tpl Riccardi ha parlato pure ieri con Cgil,
Cisl e Uil e con le sigle di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uilt-Uil. Il
Trasporto pubblico locale, ha spiegato l’assessore, richiede «scelte urgenti» di
fronte alla necessità di rinnovare i contratti con i gestori del servizio su
gomma e rotaia. Riccardi ha quindi condiviso la strategia della giunta Illy di
arrivare a una stretta integrazione modale e tariffaria fra i due tipi di
trasporto ma, ha precisato, «vanno ripensati tempi e modi per arrivare a questo
traguardo». La giunta odierna servirà anche a preparare il vertice di
maggioranza di lunedì. Tra le priorità le modifiche sul commercio, gli
aggiustamenti sul friulano, il monitoraggio sul reddito di cittadinanza e la
sanità.
PIAZZA LIBERTÀ - Ennesimo restauro
Povera me - dice piazza della Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere
dell’ultimo acquazzone - devo essere proprio brutta, se vogliono riqualificarmi
per la terza volta! Eppure, se mi guardo intorno, non mi sembra di essere tanto
male. Ho una dimensione armoniosa, tanti palazzi decorosi mi circondano. Ma
soprattutto c’è al centro un bel giardino, da poco sistemato, con la statua di
Sissi, che i triestini amano tanto, con piante e panchine. Un po’ sporco, se
vogliamo, per l’inciviltà di alcuni cittadini e una pulizia non sempre accurata.
Ma ci sono in compenso tanti alberi grandi, belli, sani, che d’estate, quando la
calura opprime i passanti, offrono una pausa di piacevole freschezza. Vedo tanta
gente che si ferma a riposarsi, a leggere il giornale, a scambiare due
chiacchiere o in attesa della partenza di un treno. Certo, il silos sta
mostrando di nuovo segni di degrado, c’è tutta la zona del porto vecchio in
attesa di essere finalmente restituita alla città. Ma il progetto di modificarmi
non risolverà nessuno di questo problemi. Si vuole pedonalizzare la parte
antistante la stazione, spostando le fermate degli autobus. Ma vi immaginate i
viaggiatori spesso trafelati, che si trascinano dietro i bagagli, percorrere
tutto quello spazio in più per arrivare ai treni? Ma quale stazione al mondo non
prevede che si possa arrivare direttamente davanti all’entrata? E le cinque –
sette corsie che si vogliono disegnare dalla parte opposta? Si dice per
permettere un traffico più ampio e scorrevole. Sarebbe bello, se, in andata e al
ritorno, non ci fosse l’imbuto di Barcola che blocca ogni slancio. Che facciamo?
Allarghiamo la strada costiera e eliminiamo la zona balneare di Barcola? Ah! Ah!
Chi ci provasse sarebbe un uomo morto. Evidentemente bisogna trovare soluzioni
diverse, che con me non hanno niente a che fare. Adesso veniamo però al punto
più grave. Per realizzare questo progetto è previsto il taglio di tanti alberi,
quegli alberi di cui parlavo prima, esseri viventi di cui la piazza e la città
hanno tanto bisogno, perché proteggono e ci offrono tanta bellezza, di cui non
possiamo, non dobbiamo privarci. In questa città, bella, ma dove gli edifici
prevalgono sul verde, sono stati tagliati anche troppi alberi e quelli piantati
ci metteranno decenni per crescere o sono arbusti che mai potranno sostituire
quelli tolti. Ma io spero nell’intelligenza degli uomini, che spesso si lasciano
sviare per insipienza o incapacità a cambiare idea, quell’intelligenza che
tuttavia ci ha permesso di essere oggi qui, con le nostre sconfitte, ma anche
con le tante vittorie. Il progetto si può ancora cambiare, i finanziamenti
possono essere dirottati su opere più utili. In fondo – dice Piazza della
Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere dell’ultimo acquazzone - non sono poi
così brutta!
Marisa Zoppolato
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 giugno 2008
Anche in Croazia una centrale nucleare SORGERÀ IN
SLAVONIA, A 410 KM DA TRIESTE
Proteste nel sito prescelto di Erdut. La Russia entra nella politica
energetica di Zagabria
Il presidente Sanader rompe gli indugi e dà il via libera alla realizzazione di
un impianto atomico: sorgerà in Slavonia a pochi chilometri da Osijek
Krsko: oggi Tondo incontra Rupel a Lubiana. Dopodomani sopralluogo italiano
TRIESTE «Nucleare? Sì, grazie». La Croazia non ha dubbi sulla sua futura
politica energetica. «La costruzione di una centrale nucleare per noi non è un
tabù», sostiene il primo ministro, Ivo Sanader facendo capire chiaramente che
quanto si andava vociferando nei corridoi del Sabor (Parlamento) solo qualche
settimana fa ora sta prendendo concretezza. E dopo l’incidente di Krsko diventa
un argomento «bollente».
Visto e considerato poi che i piani per la prima centrale nucleare croata, sulle
rive del Danubio, sono già pronti.
L’«idea atomica» croata non è nata però negli ultimi periodi post-indipendenza.
Quando il Paese era ancora una Repubblica della Federativa jugoslava esistevano
già dei progetti per la costruzione di un impianto atomico. I tre siti che erano
stati indicati erano quelli di Vir, sulla costa adriatica, di Prevlaca nelle
vicinanze di Zagabria ed Erdut, sul Danubio, nei pressi di Osijek, capoluogo
della Slavonia orientale, la quarta città croata con 100mila anime. Ci sono
anche le valutazioni su questi possibili siti e solo la fase di ricerca è
costata all’allora Jugoslavia, tra il 1979 e il 1990, qualche cosa come 30
milioni di dollari. Tutto però si è bloccato dopo la tragedia di Chernobyl, in
Ucraina. E così la centrale slovena di Krsko è rimasta l’unica operativa.
La moratoria emessa dalla Jugoslavia sulla costruzione di nuove centrali
nucleari è stata recepita anche dalla Croazia dopo l’indipendenza del 1991. Ma
oggi i tempi sono cambiati. Dopo il profilo basso tenuto in materia durante il
primo governo Sanader ora il premier nella sua seconda legislatura a guida del
Paese vuole premere sull’acceleratore. La moratoria potrebbe a breve subire una
modifica come confermano alcune fonti della «lobby atomica» che si è creata
attorno ai Banski Dvori. Così come è oramai certo che, scartati i siti
sull’Adriatico e quello vicino alla capitale, la nuova centrale sorgerà ad Erdut,
paesino che fu teatro di grossi scontri durante la guerra di indipendenza croata
e che per un periodo fu invasa dalle milizie serbe del defunto comandante Arkan
che addirittura ribattezzò il sito «Arkan-sas». Al criminale di guerra e ai suoi
uomini facevano gola i pozzi di petrolio che si trovano nell’area.
Per quanto concerne le valutazioni, quelle pubblicate una trentina di anni fa
restano ancora valide qualora la Croazia decidesse di dare il via al suo
progetto nucleare.
Visto poi che la dichiarazione «aperturista» di Sanader è giunta solo alcuni
giorni dopo l’incidente di Krsko, fonti diplomatiche sostengono che la Croazia
costruirà la sua centrale nucleare e sembra addirittura che in questa direzione
esista una sorta di tacito beneplacito dell’Unione europea cui la stessa Croazia
mira a far parte a partire dal 2009. Tutto lineare? Non proprio. La popolazione
di Erdut è già in rivolta. L’area, infatti, è tra le più fertili e produttive
del paese ex jugoslavo e gli agricoltori hanno già fatto sentire la propria voce
di protesta. Ma c’è anche il «partito» dei favorevoli che vedono nella
realizzazione della centrale la creazione di numerossisimi posti di lavoro. Un
po’ come è successo in Quarnero per il rigassificatore che sarà costruito a
Veglia. Prima grande opposizione, poi alla notizia che la struttura darà lavoro
a 11mila persone tutto sembra ora andare nella direzione del: «Si costruisca!».
Obiezioni, però, politicamente e diplomaticamente più consistenti, potrebbero
giungere dalla vicina Serbia che certo non vedrebbe di buon occhio una centrale
atomica a un centinaio di chilometri da Belgrado. I soliti «lobbisti» sono già
pronti anche a questa eventualità e non si esclude che Zagabria possa offrire a
Belgrado la prospettiva di costruire assieme la centrale per poi usufruire
entrambi del prodotto energetico che ne deriverebbe. Sta di fatto però che una
formula simile è in atto proprio sulla centrale di Krsko con la Slovenia (la
Croazia ne detiene una quota di proprietà). Formula che ha creato non pochi
dissapori tra i due Paesi e, sicuramente, Zagabria non ripeterà l’«errore»
qualche centinaio di chilometri più a Est.
La costruzione di una centrale nucleare va poi inserita nell’ottica più generale
della nuova politica energetica croata che sta trovando un grosso interesse in
un colosso del petrolio quale la Lukoil russa che sta già «mettendo il cappello»
in terra croata con l’acquisizione di depositi di greggio lungo la costa dalmata
e dimostrando grande interesse nella futura gestione del rigassificatore di
Veglia (Omislaj). In questa cooperazione potrebbe inserirsi anche quella di
fornire la tecnologia necessaria per edificare la centrale atomica ad Erdut. Un
giro d’affari da non sottovalutare in un settore estremamente competitivo. Una
questione di soldi sì, ma anche di geopolitica che permetterebbe alla Russia di
Putin di riuscire là dove fallì l’ex Unione sovietica. Ottenere cioè uno sbocco
operativo sul Mediterraneo gestendo più o meno direttamente un settore chiave
nel mondo odierno quale quello dell’energia.
Resta il rischio sismico per la centrale slovena - I DUBBI AUSTRIACI
- Gli esperti di Vienna: «Tutti i difetti tecnologici sono già stati risolti»
TRIESTE - Come in Italia anche in Austria, Paese che ha messo al bando
l’energia nucleare, l’incidente di Krsko in Slovenia ha sollevato grande clamore
e proccupazione. Tuttavia a gettare acqua sul fuoco è il responsabile della
sicurezza nucleare di Vienna, il professor Wolfgang Kromp. Egli sostiene,
infatti, in un’intervista rilasciata al quotidiano lubianese «Delo», che la
Slovenia sul «caso Krsko» ha agito con tempestività e secondo le procedure
europee.
Kromp sostiene, tra l’altro, che da un punto di vista della tecnologia e
dell’impiantistica la centrale di Krsko può considerarsi abbastanza sicura. Ha
però un punto debole. Si trova, secondo il professore austriaco, nel posto
sbagliato. Il pericolo è costituito dal fatto che l’area su cui sorge il
reattore è un’area sismica e ha già conosciuto in passato disastrosi terremoti.
«Alcuni anni fa - spiega Kromp al ”Delo” - ho fatto parte della commissione
incaricata di monitorare la sicurezza di Krsko. In effetti era una centrale che
aveva centinaia di difetti, i quali però, anche a fronte di spese altissime,
sono stati tutti risolti e oggi si può dire che ci troviamo di fronte a
un’ottima centrale nucleare dal punto di vista delle tecnologie assunte. Le
uniche lacune - precisa però - sono quelle del rischio sismico, alto nella zona,
per il quale sono state adottate sì delle contromisure che però sono ancora
insufficienti dal punto di vista della sicurezza».
Kromp non si sbilancia ad affermare che la centrale di Krsko è troppo «fragile»
anche perché, precisa, «non sono ancora terminate le misure sismologiche». «Come
mai? - chiede l’intervistatore - sono forse troppo care?». Il professore sorride
e risponde: «Forse non vogliono sapere dove stanno». Scherzi a parte Kromp
ribadisce che anche strutturalmente l’impianto sembra in buono stato, ma in caso
di sisma tutti i suoi componenti devono risultare al top. Se no c’è il collasso.
(m.manz.)
La mappa anti-radon del Friuli Venezia Giulia in dirittura d’arrivo
TRIESTE Si chiama radon ed è un gas radioattivo naturale: è il vero problema che
il Friuli Venezia Giulia deve risolvere. E il motivo è presto detto: il radon è
presente sul territorio regionale in concentrazioni più elevate che nel resto
d’Italia, con una media di 96 bequerel per metro cubo, e con picchi
preoccupanti. Il radon, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è
infatti la seconda causa del tumore ai polmoni e provoca ogni anno 90 morti nel
solo Friuli Venezia Giulia.
L’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, ha messo in atto già dal 2000 una
serie massiccia di contromisure, con più di 20 mila misurazioni di lungo
periodo. Dapprima ha effettuato un check up di scuole ed edifici pubblici,
risanando quelli che sfondavano i limiti, poi è passata alle abitazioni private:
ne ha controllate 2.500. L’analisi dei risultati è ancora in corso ma, alla fine
dello scorso anno, dopo la prima elaborazione, risultava che il 14% delle case
censite presentavano valori al di sopra della soglia di attenzione. La campagna
di misurazione delle abitazioni, che ha coinvolto 1.500 volontari della
Protezione civile e non ha eguali in Italia, è finalizzata alla redazione della
prima mappa regionale del radon: una cartografia che indicherà le aree in cui è
probabile la presenza di elevate concentrazioni del radioisotopo e che è in fase
di definizione.
La terza corsia rallentata dalla Tav - L’intesa con gli enti locali
prevede una modifica del tracciato dell’A4
LA GIUNTA PRONTA A RIVEDERE IL PROTOCOLLO CON I SINDACI
TRIESTE Un ostacolo per la terza corsia arriva dal protocollo Regione-Comuni
sulla Tav. Ma la nuova giunta cerca di rimuoverlo tanto che il destino dell’alta
velocità e capacità potrebbe essere slegato da quello della terza corsia e, di
conseguenza, il protocollo potrebbe essere superato. A far prendere ad
autostrada e ferrovia «strade diverse» potrebbero essere proprio le condizioni
poste nel protocollo siglato a febbraio, dove si ricorda che il Cipe,
nell’approvare il progetto preliminare della terza corsia fra Quarto d’Altino e
Villesse, ha chiesto l’armonizzazione tra terza corsia e ferrovia e che «Rfi è
pertanto nella condizione di subordinare l’approvazione del progetto definitivo
della terza corsia della A4 all’effettiva avvenuta armonizzazione del progetto
della infrastruttura autostradale al progetto della ferrovia AV/AC». E infine
che «Rfi ha dichiarato di essere intenzionata ad avvalersi delle prerogative
assegnatale dalla delibera Cipe ovvero di chiedere una leggera modifica nella
tratta ricadente nei comuni di Palazzolo, Teor e Muzzana». Nonostante il
protocollo aggiunga che «la richiesta di traslazione avanzata dai comuni non
costituisce motivo di ritardo nell’esecuzione delle opere della terza corsia né
nella tempistica di approvazione del progetto definitivo», è facile intuire che
qualunque modifica al tracciato della terza corsia potrebbe portare a un nuovo
blocco. D’altro canto decidere di stralciare il protocollo e mettere mano all’affiancamento
tra autostrada e ferrovia – che interessa il tratto tra Portogruaro e Gonars –
significa anche ripensare l’assetto infrastrutturale della Bassa friulana e il
modello di sviluppo dell’area. La Regione è chiamata a questa sfida, ma è pronta
ad affrontarla con le amministrazioni comunali: l’assessore alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi intende riaprire la concertazione con tutti i soggetti
interessati. Tra questi, in prima fila, gli enti locali.
(m.mi.)
IL NODO FERRIERA - Dipiazza a Milano parla di ambiente
Roberto Dipiazza parlerà domani di ambiente e di città sostenibile nel XXI
secolo. Niente di strano, dopo tutto il sindaco ha tenuto per sé proprio la
delega all’ambiente. La novità sta nel fatto che parlerà di questi temi non a
Trieste, ma nella sala Alessi di palazzo Marino a Milano. Nell’ambito del
Festival internazionale dell’ambiente, promosso dal Comune in vista dell’Expo,
che si concluderà con una tavola rotonda a cui parteciperà una nutrita schiera
di colleghi, italiani e stranieri, a cominciare dalla padrona di casa Letizia
Moratti. E così Dipiazza siederà allo stesso tavolo con Gianni Alemanno, fresco
primo cittadino di Roma, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e quelli di
Modena, Parma e Trento.
Ma cosa dirà Dipiazza a Milano? «Evidenzierò il nostro impegno sulle bonifiche
in alcune aree - spiega il sindaco - che sono state ampiamente inquinate negli
ultimi sessant’anni anni. Ma parlerò anche della riconversione del Porto
Vecchio, chiedendo al governo anche da Milano (ci sarà anche Stefania
Prestigiacomo, ministro all’Ambiente, ndr) la chiusura e riconversione della
Ferriera, indispensabile per lo sviluppo della città».
Quella di Milano non è l’unica missione di Dipiazza che, l’altro ieri, si è
recato invece a Lubiana invitato dal primo cittadino Zoran Jankovic per
l’inaugurazione della mostra sulla figura di Primoz Trubar. Sacerdote cattolico
e poi pastore luterano, che si avvicinò al luteranesimo nel ’500 alla scuola di
Pietro Bonomo, vescovo di Trieste. Da qui la visita a Lubiana del sindaco
accompagnato, fra gli altri, anche dal consigliere comunale Igor Svab (Pd). Non
è la prima volta che l’esponente dell’opposizione, espressione della minoranza
slovena, accompagna Dipiazza oltreconfine. «Abbiamo affrontato il tema delle
multiutility, ormai - dice il sindaco - abbiamo una linea privilegiata con
Jankovic. Svab? Mi dà una mano con lo sloveno, si è reso conto del grado di
collaborazione che c’è fra Trieste e Lubiana».
(p.c.)
Capitaneria, lotta contro l’inquinamento - Riconoscimenti ai militari
che hanno scoperto le discariche abusive - In un anno 3600 ispezioni
Il maresciallo Teodoro Spinelli, il Capo di prima classe Livio Candelli e il
Capo di seconda classe Angelo Testa si sono distinti nelle operazioni di
controllo della zona della Ferriera di Servola e hanno accertato sotto la
direzione della magistratura l’esistenza di reati ambientali. L’operazione si è
così conclusa con il sequestro di un’area di 2500 metri quadrati in concessione
alla Ferriera dove era stata realizzata una discarica abusiva e sono seguite le
denunce. Il capitano di fregata Ettore Romagnoli ha invece coadiuvato la procura
della Repubblica nelle indagini sull’inquinamento sull’area cosiddetta Acquario
a Muggia e ha permesso un agevole inquadramento della natura giuridica del
reato.
Con la consegna in particolare di queste quattro onoreficenze (che si sono
aggiunte a molte altre), la Festa della marina militare ha messo in rilievo come
al Corpo delle capitanerie di porto siano attribuite piene funzioni di
accertamento su tutte le fonti inquinanti provenienti da terra che possano
nuocere all’ambiente marino e costiero e completa attribuzione per la
repressione delle violazioni di traffico e di trasporto di rifiuti.
Lo ha ricordato nel discorso ufficiale il contrammiraglio Domenico Passaro,
direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia che ha elencato i risultati di un
anno di attività della Guardia costiera: 186 interventi di assistenza o soccorso
a unità in mare, 1809 missioni dei mezzi navali di cui 568 per vigilanza pesca,
348 per antinquinamento, 483 per vigilanza in materia da diporto, 216 di
vigilanza sulla riserva marina di Miramare. In ambito terrestre 3.600 ispezioni,
controlli e visite sul Demanio marittimo. In un anno sono state anche effettuate
125 ispezioni a bordo di navi straniere che hanno portato al blocco di 32 navi.
Una di queste è stata bandita dai Paesi dell’Unione europea. Da queste attività
sono scaturite 23 denunce, 21 sequestri, sia in materia di inquinamento, che di
immigrazione clandestina, che di sicurezza della navigazione, della pesca, oltre
che per reati comuni, 644 gli illeciti amministrativi contestati.
Nell’hangar dell’ex Idroscalo si sono schierati un picchetto in armi, uno
schieramento di ufficiali, sottufficiali e marinai, rappresentanze
dell’Associazione marinai in congedo, del Nastro azzurro, della Guardia
ausiliaria, dell’Istituto Nautico. La festa è stata celebrata nel novantesimo
anniversario dell’impresa dei Mas comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo
e dal guardiamarina Giuseppe Aonzo che il 10 giugno 1918 nei pressi dell’isola
di Premuda affondarono la corazzata austriaca Santo Stefano riuscendo poi a
rientrare indenni alla base di Ancona. Al termine della cerimonia è stata anche
inaugurata una gigantesca scultura opera dell’artista Claudio Palmieri che
rappresenta un’ancora contornata da altri elementi simbolici.
SILVIO MARANZANA
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 giugno 2008
Krsko riaccesa: «Le analisi sono a posto» - Riparato il guasto. Stop ai controlli dell’Arpa: «Non c’è stata contaminazione» |
Venerdì sopralluogo dei tecnici italiani guidati da Mezzanotte. Menia: «Garanzia in più» Sanader: aprire un impianto non è più tabù. Il sito più idoneo vicino a Osijek Riparato il guasto che aveva provocato il blocco totale e l’allarme europeo Il reattore sarà riallacciato alla rete elettrica nel giro di ventiquattr’ore TRIESTE È stato riparato ieri il guasto che la scorsa settimana ha causato il blocco totale della centrale nucleare slovena a Krsko, località che dista 130 chilometri da Trieste. La valvola che aveva bloccato il sistema di raffreddamento del reattore è stata sostituita e la centrale ha ripreso a funzionare alle 15.38. La centrale, comunque, riprenderà a funzionare a pieno regime tra oggi e domani. |
La giornata di ieri è stata dedicata dagli esperti ad una
serie di ispezioni sulla sicurezza del processo di accensione e se non ci
saranno contrattempi - spiegano all'agenzia slovena per l'energia atomica -
entro 24 ore il reattore sarà nuovamente allacciato alla rete elettrica slovena
che fornisce il 25 per cento dell'elettricità. Giovedì intanto sono attesi a
Lubiana gli esperti italiani, guidati dal capo della sicurezza italiana per il
nucleare, Roberto Mezzanotte, che effettueranno venerdì un sopralluogo alla
centrale nucleare come richiesto dal sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia.
Il quale esprime soddisfazione per la disponibilità slovena che rappresenta, per
Menia, «un’ulteriore tranquillizzazione per l’opinione pubblica». Dalla centrale
di Krsko hanno anche fatto sapere che la regolare sostituzione di elementi
combustibili nel reattore verrà effettuata nella primavera dell'anno prossimo,
quando l'impianto dovrebbe venire nuovamente fermato.
La portavoce di Andrej Stritar, il direttore per la sicurezza nucleare in
Slovenia, ha affermato che Lubiana è pronta a qualsiasi forma di collaborazione
con i tecnici italiani e con il governo di Roma. Non c’è, dunque, nessuna
preclusione alla formazione di una commissione mista permanente come richiesto
dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. Anzi. Un incontro politico su
queste tematiche, ha precisato la portavoce, sarebbe altresì l’occasione giusta
per riuscire finalmente a sottoscrivere un protocollo d’intesa tra Lubiana e
Roma sulle procedure di comunicazione in caso di una nuova emergenza nucleare.
Protocollo che finora, a detta della Slovenia, non è stato mai sottoscritto per
«le difficoltà della legislazione italiana in materia».
Come hanno comunicato dall’Agenzia nucleare slovena i tecnici hanno compiuto
un’accurata analisi dell’intero impianto di Krsko confermando che a guastarsi è
stata una sola valvola di raffreddamento che è stata sostituita. Attenti
controlli sono stati svolti comunque anche alle altre valvole ed è stato altresì
effettuato un completo check-up dell’intero sistema elettronico che controlla il
reattore e il funzionamento della centrale.
Superata la crisi la Slovenia ora pensa al futuro e la disponibilità dimostrata
nei confronti dell’Italia apre la possibilità a nuove forme di cooperazione
nell’energia. Agli inizi del 2007 si era parlato anche di un’interessamento
dell’Eni nella gestione dell’impianto di Krsko. Così come pensa al futuro anche
la Croazia dove da tempo sta prendendo forma l’idea di costruire una centrale
nucleare. Anche per chiudere il contenzioso su quella di Krsko (di cui Zagabria
detiene una quota di proprietà) con la Slovenia. Il premier Sanader ha
dichiarato che «non esistono tabù sul nucleare» e secondo indiscrezioni il sito
più «idoneo» sarebbe a Erdut, in Slavonia, vicino a Osijek dove, peraltro, ci
sono anche alcuni giacimenti di petrolio. Ma gli ambientalisti già alzano le
loro barriere: la centrale costituirebbe un grosso rischio ecologico per il
Danubio.
MAURO MANZIN
L’Arpa dichiara concluso il monitoraggio straordinario: «Non c’è
contaminazione» - Aria, latte e prati sono ok Stop ai controlli speciali
NESSUNA TRACCIA DI RADIONUCLIDI
TRIESTE - Hanno misurato persino due campioni di prato, l’uno a Basovizza e
l’altro a Sgonico, andando a caccia di radionuclidi artificiali gamma
emettitori, testimoni temutissimi di un’eventuale fuoriuscita di radioattività
dalla centrale di Krsko. Ma, ancora una volta, non hanno trovato nulla.
Gli esperti dell’Arpa, dopo aver lavorato 24 ore su 24 sin dal 4 giugno, quando
Bruxelles ha diramato l’allarme, diramano il bollettino finale. Inequivocabile:
«Tutte le analisi sin qui effettuate non evidenziano presenza alcuna di recente
contaminazione» sintetizzano il direttore tecnico scientifico dell’Agenzia,
Gianni Menchini, e i responsabili della sezione di fisica ambientale Concettina
Giovani e Renato Villalta.
Cessato allarme, dunque, dopo cinque giorni di monitoraggi e controlli
straordinari, scanditi peraltro da informazioni «in tempo reale»: l’Arpa
ribadisce un’ultima volta che non ci sono problemi, in Friuli Venezia Giulia, e
che i cittadini possono stare assolutamente tranquilli.
L’Agenzia di Palmanova, in seguito al guasto della centrale nucleare che dista
più o meno 130 chilometri da Trieste, si è mobilitata immediatamente. In stretto
raccordo con Roma. Ha innanzitutto misurato il particolato atmosferico ogni sei
ore, anziché una volta al giorno, come avviene normalmente: non ha trovato
neppure un radionuclide artificiale. Successivamente, da venerdì a domenica,
l’Agenzia per l’ambiente ha misurato sei campioni alimentari: vegetali a foglia
larga provenienti dalle province di Trieste e Gorizia e latte fresco prodotto da
animali al pascolo nelle province di Udine e, ancora una volta, di Trieste sono
stati sottoposti a test accurati. Il risultato è stato confermato: nessun
segnale di contaminazione radioattiva è stato rilevato. L’Arpa ha infine
misurato anche due campioni di prato, cercando eventuali «eredità» di Krsko, ma
l’esito è stato nuovamente e fortunatamente del tutto negativo.
Pertanto, come annunciano nella serata di ieri Menchini, Giovani e Villalta, la
sezione di fisica ambientale dell’Agenzia può dichiarare concluso il
monitoraggio straordinario. E, dopo il tour de force post-Krsko, può tornare
alla normalità che prevede comunque controlli quotidiani di routine sul
particolato atmosferito.
Normalità, o quasi: per tutto il mese di giugno, in accordo con l’Agenzia
nazionale per la protezione ambientale e i servizi tecnici, verrà infatti
misurato anche un campione settimanale di latte vaccino e un campione
settimanale di vegetale a foglia larga, in aggiunta ai normali controlli sui
campioni alimentari effettuati in collaborazione con le Aziende sanitarie. -
Differenziata a Muggia, partenza soft - Dal fine settimana la
distribuzione dei contenitori per la fase sperimentale - GIOVEDÌ ASSEMBLEA
PUBBLICA
All’inizio saranno coinvolti 40 soggetti che nel giro di un mese e mezzo
diventeranno 113
MUGGIA Inizierà alla fine di questa settimana la distribuzione degli
appositi contenitori ai soggetti inseriti nella fase sperimentale del progetto
per la raccolta differenziata dei rifiuti del Comune di Muggia. Ma sarà un
inizio soft: considerato l’impatto sulla cittadinanza e in particolare gli
esercizi commerciali e locali pubblici direttamente interessati al
progetto-pilota, l’Amministrazione comunale ha infatti deciso di frazionare la
partenza.
Si partirà con 40 soggetti e la raccolta porta a porta verrà poi allargata
gradualmente a tutti i 113 interessati entro un mese e mezzo. La relativa
ordinanza, comprensiva delle istruzioni sul corretto conferimento dei rifiuti, è
in fase di completamento e verrà notificata al più presto agli interessati.
«Ieri - conferma l’assessore allo Sviluppo economico, Edmondo Bussani - c'è
stato un incontro con la ditta affidataria del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti urbani, la Ecoverde srl, per esaminare i dati emersi
dall’analisi – iniziata due settimane fa -della quantità e tipologia di rifiuti
prodotti dai soggetti coinvolti nella sperimentazione. In alcuni casi l’analisi
dovrà essere completata in settimana, contattando le aziende che non hanno
riposto al questionario o che non eravamo riusciti a contattare. L’analisi dei
dati rilevati risulta fondamentale per stabilire quantità e tipologia dei
contenitori da consegnare e per la formulazione dell’ordine alle ditte
fornitrici. Per il momento è a disposizione un solo set. Giocoforza - ha
aggiunto Bussani – dobbiamo pianificare l’attività in funzione dei contenitori
disponibili e a seconda dei tempi di evasione degli ordini. Abbiamo ottenuto
l’assicurazione dai fornitori che una parte dei contenitori verrà consegnata in
settimana e al massimo venerdì inizieremo a distribuirli. Constatato
dall’analisi che l’impatto potrebbe essere troppo forte, abbiamo deciso di
frazionare il piano per graduare la partenza della raccolta e ottimizzarla
cercando di porre rimedio all’insorgere di eventuali contrattempi».
Intanto per giovedì alle 17 in Sala Millo è prevista un'assemblea pubblica
indetta dalla Commissione per le Pari opportunità su «Raccolta differenziata:
misure e proposte nella nostra provincia e nel nostro comune». Vedrà la
partecipazione di rappresentanti della Provincia, del Comune di Muggia e di
quello San Dorligo della Valle, che ha già avviato sul proprio territorio la
raccolta porta a porta.
Gianfranco Terzoli
San Dorligo dice no al metanodotto - L’AULA SI È ESPRESSA ALL’UNANIMITA’
SAN DORLIGO Un secco no all’ipotesi di costruzione del metanodotto collegato al
rigassificatore di Zaule. Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle,
riunitosi in seduta straordinaria nella tarda mattinata di ieri, ha approvato
all’unanimità una mozione presentata dai consiglieri della maggioranza
Elisabetta Sormani, Emilio Coretti, Tatiana Turco e Michele Di Donato nella
quale è stato espresso parere sfavorevole per la realizzazione del progetto
della Snam rete gas che prevede la costruzione di un metanodotto in grado di
allacciarsi al rigassificatore di Zaule con ulteriore collegamento di conduttura
sottomarina fino a Grado e poi, via terra, fino a Villesse.
Nella giornata che ha segnato il ritorno in municipio di Roberto Drozina,
consigliere comunale dell’opposizione subentrato al dimissionario Franco Majcen,
i sostenitori della realizzazione del metanodotto nella zona industriale di
Zaule hanno incassato dunque un altro diniego.
Le motivazioni si sono basate fondamentalmente - secondo il testo letto dal
consigliere Sormani - «sull’aspetto della sicurezza, anche in considerazione
della vicinanza dei serbatoi della Siot al sito ove dovrebbe sorgere l’impianto
di rigassificazione, nonché sul fatto che in prossimità dell’area interessata al
progetto di rigassificazione sorgono già il Sito di importanza comunitaria (Sic)
e la Zona di protezione speciale (Zps) nonché la Riserva naturale regionale
della Val Rosandra».
Il parere contrario, espresso nonostante «da più parti vengano espresse
valutazioni favorevoli in quanto l’impianto rappresenterebbe un’occasione
imperdibile per la città di Trieste e l’intera zona con ricadute economiche e
occupazionali, elementi peraltro più che incerti» è maturato anche con la
consapevolezza che «non sono mai stati presentati elaborati o pareri di alcun
genere di istituti di carattere scientifico in merito ai rischi sulla sicurezza
dell’impianto in questione, pur essendo presenti a Trieste istituzioni di tutto
rispetto».
In assenza di precise, concrete e dettagliate assicurazioni da parte di
istituzioni scientifiche in merito alla sicurezza degli impianti, nonché della
garanzia che, anche in caso di incidente o attentato non possa verificarsi
«l’effetto domino» sul territorio, la contrarietà alla realizzazione del
metanodotto è stata unanime
(r.t.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 giugno 2008
IL CASO KRSKO - Indagine italo-slovena sul guasto
alla centrale - La ricostruzione delle fasi dell’incidente dovrà
migliorare i protocolli di sicurezza
L’Aiea di Vienna esclude la necessità di effettuare un sopralluogo urgente -
LA PAROLA AI TECNICI
Il governo italiano chiederà la costituzione di una commissione bilaterale mista
formata da esperti
Il sottosegretario Menia conferma che oggi assieme a Lubiana verrà discussa
l’ipotesi di collaborazione
TRIESTE Una commissione bilaterale italo-slovena formata da tecnici,
ingegneri ed esperti di energia nucleare. È la soluzione ipotizzata dal nostro
governo per far piena luce sul guasto registrato mercoledì scorso nella centrale
di Krsko.
Modalità e tempi di costituzione del nuovo soggetto transnazionale, riferisce il
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, dovrebbero essere discussi quest’oggi
nel corso di un incontro tra le autorità di Lubiana e i rappresentanti dell’Apat,
l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente. Gli stessi che già nei
giorni scorsi, su indicazione del ministero retto da Stefania Prestigiacomo,
avevano seguito da vicino tutte le fasi dell’incidente, rivelatosi alla fine di
portata assolutamente limitata, e lavorato a stretto contatto con l’Arpa del
Friuli Venezia Giulia e i carabinieri del comando Territorio e Ambiente ( l’ex
nucleo del Noe ndr) per escludere la presenza di tracce di radioattività
nell’aria e negli alimenti.
L’eventuale via libera della Slovenia alla formazione della commissione
bilaterale, consentirebbe ai tecnici italiani di effettuare ispezioni
all’interno dell’impianto gestito dalla Nek sempre, naturalmente, assieme ai
colleghi della vicina Repubblica. I sopralluoghi avrebbero tra l’altro una
doppia funzione: da un lato accertare la natura del guasto che ha provocato la
perdita di liquido refrigerante e generato allarme in tutto il vecchio
continente, dall’altro acquisire ulteriori informazioni sulle tecnologie, le
apparecchiature e i protocolli di sicurezza utilizzati a Krsko. I dati raccolti
andrebbero così ad aggiungersi a quelli già forniti all’Italia e agli altri
Paesi dell’Unione dall’Agenzia internazionale per l’energia nucleare. Agenzia
che, dopo aver appurato la lieve entità dell’incidente di sei giorni fa e
soprattutto l’assenza di conseguenze su ambiente e popolazione, non ha ritenuto
opportuno attivare le procedure previste in caso di allarmi reali, che avrebbero
fatto scattare l’invio nell’impianto sloveno degli esperti della sede di Vienna
e degli altri Stati europei. Motivo per cui non si concretizzerà quest’oggi
l’annunciato invio di personale italiano a Krsko che, appunto sotto l’egida
dell’Aiea, avrebbe dovuto ispezionare la centrale.
L’auspicio del governo italiano, in ogni caso, è che la richiesta di dar vita
alla commissione bilaterale possa ottenere dalle autorità di Lubiana una
risposta in tempi rapidi. Se così fosse, la definizione del percorso ispettivo e
l’arrivo degli esperti dell’Apat potrebbero concretizzarsi già nel giro di
qualche giorno.
MADDALENA REBECCA
Test negativi in tutta la regione - I RISULTATI DEI CINQUE GIORNI DI
MONITORAGGIO DELL’ARPA - Gli esperti: aria e acqua puliti
Nessuna traccia di radioattività ma i controlli proseguiranno su latte e
vegetali
TRIESTE L’incidente avvenuto nella centrale di Krsko non ha lasciato alcuna
traccia di radioattività nell’aria del Friuli Venezia Giulia. La conferma arriva
dalla seconda tranche di analisi eseguite nel fine settimana dagli esperti della
sezione di Fisica ambientale dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Analisi che
verranno illustrate nel dettaglio nel corso della giornata odierna.
Dalle prime indicazioni arrivate ieri sera dalla sede di Udine, comunque, è
possibile affermare con certezza che anche i monitoraggi sul particolato
atmosferico effettuati nelle giornate di sabato e domenica hanno fortuntamente
dato esito negativo. Le misure di spettometria gamma su filtri di particolato
atmosferico provenienti dalle stazioni di rilevamento della qualità dell’aria
presenti nelle province di Trieste e Udine, non hanno riscontrato presenze di «radionuclidi
artificali gamma emettitori».
Con la giornata di ieri, precisa il direttore generale dell’Agenzia Giuliana
Spogliarich, si è conclusa la fase d’emergenza scattata dopo l’allarme lanciato
mercoledì scorso. Dopo cinque giorni di monitoraggi sulla qualità dell’aria e
dell’acqua piovana che non hanno mai riscontrato anomalie, gli esperti sono
convinti di poter ormai escludere qualsiasi tipo di contaminazione.
Questo non significa però che la guardia verrà definitivamente abbassata. Per
venire incontro alle specifiche richieste pervenute dalle Aziende sanitarie
della regione, infatti, nei prossimi giorni nei laboratori della sezione di
Fisica sperimentale dell’Agenzia verranno effettuate ulteriori verifiche su
campioni di latte e vegetali. Verifiche, peraltro, già eseguite tra giovedì e
venerdì scorsi. In quei giorni erano stati prelevati sei campioni alimentari:
quattro di lattuga a foglia larga provenienti dai territori di Trieste e
Gorizia, e due di latte fresco provenienti da ovini presenti nei pascoli di
Trieste Udine. La scelta di analizzare il latte e non altri cibi crudi nasceva
da un’esigenza precisa. Si tratta infatti di un alimento, spiegano gli esperti,
che consente di verificare molto rapidamente eventuali presenze di iodio 131,
dal momento che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di
foraggio».
I risultati di tutte le analisi eseguite finora dall’Arpa. sia quelle realtive
ai primi tre giorni di allarme sia quelle effettuate nello scorso fine
settimana, saranno a breve consegnati al ministero dell’Ambiente a Roma. Lo
stesso che, subito dopo la notizia dell’incidente a Krsko, aveva inviato in
Friuli Venezia Giulia, a supporti dei tecnici dell’Agenzia regionale, anche gli
esperti dell’Apat e i carabinieri del comando Territorio e ambiente.
Parallelamente, nei giorni scorsi, si era attivata anche l’Agenzia per la
protezione dell’ambiente del vicino Veneto. I monitoraggi dell'Arpav avevano
dimostrato come il guasto alla centrale nucleare slovena non avesse alterato i
valori del fondo ambientale consueto in quella regione. Un conclusione a cui si
era arrivati attraverso i controlli radiometrici della dose gamma in aria nei
dipartimenti di Belluno e Verona.
L’ Arpav, inoltre, non aveva accertato valori diversi dai livelli consueti
nemmeno dal controllo del particolato atmosferico mediante spettrometria gamma,
analisi elaborate sempre nei dipartimenti di Belluno e Verona.
Il meteorologo Badina: la centrale è molto distante, ma le particelle salgono
in alto
Nordest protetto dai monti pericolosi i venti in quota IN CASO DI FUGA
RADIOATTIVA
«Solo in mare aperto la forza dello scirocco potrebbe trascinare con sé le
particelle per 2-300 chilometri»
TRIESTE Il capoluogo giuliano e il Nordest adriatico della penisola
sarebbero parzialmente «protetti», in caso di contaminazione, grazie a
particolari caratteristiche territoriali e al supporto di favorevoli «giochi» di
venti? Dopo i fatti di Krsko e i relativi timori è circolata anche questa voce
ma gli esperti hanno immediatamente smentito la piccola «leggenda metropolitana»
in questione.
Il comandante Gianfranco Badina, metereologo dell’Istituto Nautico di Trieste,
parla infatti in maniera estremamente chiara. «Per fortuna - esordisce l’esperto
- si tratta di valutazioni che prescindono dal caso specifico per il quale pare
non esserci alcun rischio. Tuttavia - spiega Badina - ci sono svariati elementi
importanti da considerare, oltre al fatto che i movimenti ventosi potrebbero
influire su eventuali contaminazioni solo nell’immediato mentre nei periodi
successivi entrerebbero a influire altri fattori che, purtroppo, consentirebbero
egualmente la diffusione delle particelle».
Ritornando ai venti, la grande distanza tra Krsko e Trieste (ma anche tra la
località slovena e l’intero Triveneto) costituisce già di per sè un ostacolo al
propagarsi di un’eventuale nube radioattiva. «120-130 chilometri in linea d’aria
sono molti e, su un simile territorio, è molto difficile trovare venti in grado
di soffiare nella stessa direzione per una tratta che viene anche ”spezzata” da
sistemi montuosi, creando una sorta di barriera naturale. Solo sul mare aperto -
è qui la situazione si differenzia - lo scirocco, senza ostacoli di mezzo,
potrebbe invece trascinarsi dietro qualcosa anche per 200-300 chilometri».
Tuttavia, ritornando alla situazione locale, il comandante Badina aggiunge anche
che «eventuali vantaggi legati ai rilievi carsici contano invece ben poco.
Trieste e le zone limitrofe sono tutte nella stessa ipotetica situazione con
piccole sfumature legate alle condizioni atmosferiche delle singole giornate.
Piuttosto - conclude - va ricordato anche che le particelle prodotte da un
eventuale incidente nucleare salirebbero verso l’alto poiché sviluppate dal
calore con il quale verrebbero a contatto gli indispensabili liquidi di
raffreddamento.
A quel punto, invece, le impurità andrebbero a entrare nell’orbita dei venti che
spirano a quote molto alte e provenienti da svariate direzioni. Pertanto, non
verrebbero più arrestati dalle catene montuose e le particelle, alla fine,
potrebbero tranquillamente giungere fino alla Venezia Giulia e ai territori
confinanti».
DANIELE BENVENUTI
Gorizia e Nova Gorica, confronto sul nucleare - OGGI L’INCONTRO
GORIZIA La questione nucleare (e, in particolare, la situazione venutasi a
creare dopo il guasto alla centrale di Krsko) monopolizzerà oggi l'incontro tra
le amministrazioni comunali di Gorizia e Nova Gorica. Al centro dei colloqui
anche altri temi ambientali come quello dell'inquinamento dell'azienda
siderurgica Livarna, posta a ridosso del confine tra le due città.
Nel frattempo, in Italia continuano le polemiche. Mentre il ministro Scajola era
in Giappone, infatti, l'esponente dei Verdi, Angelo Bonelli, osservava che «la
decisone del governo di puntare sull'energia nucleare, ormai obsoleta,
pericolosa e costosissima, è gravissima e non risolve i problemi della crisi
energetica. Le attuali 436 centrali atomiche nel mondo producono solo il 6%
dell'energia e le attuali scorte di uranio saranno sufficienti solo per i
prossimi 35, 40 anni».
L'Udc è invece disponibile a discutere senza pregiudizi ma Luca Volontè invita
l'esecutivo a fissare le priorità della sua agenda per evitare che si crei
confusione. Per Volontè, insomma, il governo farebbe bene a chiarirsi le idee
prima di rivolgersi al Paese. Il ritorno all'atomo e alle centrali nucleari,
infine, è «un passo indietro» mentre è più utile investire sulle energie
rinnovabili: questo il giudizio di Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei
Valori alla Camera.
Un piano per aumentare la raccolta differenziata - DISCARICHE VICINE
ALLA SATURAZIONE, ENTRO L’ANNO LA NUOVA STRATEGIA
RIFIUTI, LA PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA
La Regione accelera. Lenna: serve anche un termovalorizzatore fra Udine e
Pordenone
TRIESTE Rivedere e riaggiornare il piano dei rifiuti regionale sarà una
delle priorità della giunta regionale, già entro l'anno. E ci si muoverà secondo
due direttive: aumentare in modo significativo la raccolta differenziata,
applicandola su tutto il territorio regionale, e prevedere una struttura di
smaltimento dei rifiuti tra i territori di Udine e Pordenone per trattare le
immondizie non recuperabili. Una necessità, visto che il Fvg, rispetto a regioni
come il Veneto o il Trentino-Alto Adige è nettamente indietro (vedere il grafico
a fianco, ndr). Ma a queste prime anticipazioni già le associazioni
ambientaliste mettono le mani avanti, avvertendo: non si parli di nuovi
inceneritori, ce ne sono già abbastanza. E così la questione rifiuti ridiventa
subito nuovamente rovente.
IL PIANO Rivedere il piano di rifiuti regionale, ormai datato, è una delle
priorità della giunta. Lo aveva annunciato nella sua relazione programmatica lo
stesso presidente Tondo. E lo conferma l'assessore all'Ambiente Vanni Lenna.
«Il vecchio piano si basava su un'indagine relativa agli anni '90 – spiega – e
quindi è ormai datato. C'è la necessità di rivederlo e attualizzarlo, e per
questo gli uffici regionali sono già al lavoro. Poi, una volta definite le linee
generali, andremo a vedere l'applicazione pratica con i piani provinciali».
I tempi? Stretti. «Siamo alla guida della Regione da poche settimane - spiega
Lenna – è presto per dare dei termini, ma si può sicuramente dire che questo
argomento ricade tra i primi argomenti».
Su quali linee ci si vorrà muovere? «Quelle su cui verte il dibattito, anche
nazionale, degli ultimi mesi – specifica Lenna – ovvero l'applicazione di una
differenziata spinta e la creazione di un altro impianto di termovalorizzazione
da dislocare tra i territori di Udine e Pordenone».
IL TERMOVALORIZZATORE Le previsioni, come detto, sono di realizzarlo nei
territori tra Udine e Pordenone. «Trieste ha già una sua struttura – spiega
Lenna – e un nuovo impianto, per essere funzionale, deve poter fare affidamento
su un territorio ampio e sulla relativa produzione di rifiuti, senza contare che
poi potrà attrarre materiale anche dalle altre province. Impianti di questo
genere infatti devono avere una quantità minima di rifiuti su cui lavorare per
poter assicurare una resa, sia di funzionamento che economica».
Ma su questo primo punto si trova già le resistenze delle associazioni
ambientaliste. «Non capiamo che senso abbia prevedere un nuovo impianto di
questo tipo in regione, quanto già Trieste non riesce a lavorare in piena
attività e in regione abbiamo più impianti che rifiuti – spiega Vinicio
Collavino, presidente del Wwf – .Senza calcolare poi che questo va in netta
controtendenza con l'intenzione di ampliare la raccolta differenziata, che si fa
proprio per diminuire la percentuale di rifiuti che va a finire negli
inceneritori».
Meglio sarebbe, secondo il Wwf, prevedere l'applicazione di nuove tecnologie,
come il trattamento meccanico biologico a freddo, molto meno impattante, che
viene già usato in Austria e Germania.
LA DIFFERENZATA «La seconda linea sulla quale vogliamo agire – ha spiegato
infatti l'assessore Lenna – è quella dell'aumento della quota di raccolta
differenziata, puntando su una differenziata 'spinta' che possa essere applicata
su tutto il territorio regionale. E' chiaro che non si potranno usare le stesse
modalità ovunque, e che ci saranno zone speciali come quella montana. Ma
l'obiettivo è quello di portare ai livelli massimi l'obiettivo di raccolta». Su
questo, il Wwf non ha nulla da ridire. «Siamo perfettamente d'accordo su questo
punto – spiega ancora Collavino – e proprio per questo non capiamo la necessità
di prevedere un secondo impianto se l'idea è quella di ridurre la presenza di
rifiuti non recuperabili».
Già lo scorso gennaio, la giunta Illy aveva lanciato l’allrame sui rifiuti in
regione. Secondo le previsioni dell’allora assessore all’Ambiente Gianfranco
Moretton (oggi capogruppo del Pd), tra un anno soprattutto il Friuli potrebbe
diventare un immondezzaio. Anche secondo Moretton l’unica via era spingere sulla
raccolta differenziata, modificare il piano regionale di smaltimento rifiuti,
investire in tecnologia e dotare il territorio di due mega-impianti
termovalorizzatori. Uno da costruire nella provincia di Pordenone, l’altro a
Udine.
Elena Orsi
Festival delle diversità nel parco dell’ex Opp - AL VIA LA SESTA EDIZIONE
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290)
almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
Dopo il successo delle prime cinque edizioni, anche quest'anno, tra il 12 ed il
15 giugno, si svolgerà a Trieste, il Festival delle Diversità. La manifestazione
verrà presentata domani, alle 11, nella sede della Provincia in piazza Vittorio
Veneto.
Anche quest'anno la sede sarà la cornice del parco dell'ex Opp nel comprensorio
di San Giovanni. Nei suoi primi 5 anni di vita il festival si è sensibilmente
ingrandito ed è divenuto un evento sempre più complesso, che ha coinvolto decine
di associazione e di gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la cultura
della solidarietà e del volontariato.
Il Festival delle Diversità, organizzato dal Centro delle Culture, Centro
Umanista Moebius e dalla onlus I Cammini Aperti Trieste con il sostegno della
Provincia, è un punto di incontro tra i molti aspetti «diversi» che convivono in
città, per promuovere il dialogo e il rispetto tra le culture. Nell'edizione
2007, il festival ha visto la partecipazione di più di 60 associazioni e di più
di 200 artisti, che si sono esibiti a titolo gratuito per un pubblico di circa
8mila persone nelle 3 giornate di festa.
Per questa edizione, una grande novità è rappresentata dall'evento
Divercity-Città Diversa, che prevede la realizzazione di 6 tavoli tematici su
diversi argomenti, nell'ottica del dialogo, l'interscambio di idee e opinioni, e
la creazione finale di un piccolo libretto divulgativo di buone pratiche.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 giugno 2008
Ex Aquila, dal ministero via alla bonifica -
L’INQUINAMENTO DELLE ZONE INDUSTRIALI - UN DECRETO LIBERA 30MILA METRI QUADRATI
ALLE NOGHERE
Menia: «Firmiamo subito l’accordo sul Sito nazionale o i soldi sono a
rischio»
«È urgente chiudere l’accordo di programma per le bonifiche del Sito
inquinato di interesse nazionale. Diversamente rischiamo di veder ridotta la
quota a carico del governo (60 milioni, ndr). L’eliminazione dell’Ici infatti
costa, per cui le cifre non impegnate alla fine spariranno». A lanciare
l’allarme è il sottosegretario all’ambiente Roberto Menia, dopo una serie di
verifiche con i direttori del ministero, la Regione e gli altri enti coinvolti
nell’accordo. Lo fa a poche ore dalla firma del decreto del ministro
Prestigiacomo che ha dato l’ok alla Teseco per la bonifica di una nuova area
dell’ex Aquila alle Noghere che si estende per 30mila metri quadrati.
«Al presidente della Regione, all’assessore all’Ambiente Lenna, al sindaco
Dipiazza e al presidente dell’Ezit Azzarita ho fatto presente – prosegue il
sottosegretario – che a bilancio c’è la disponibilità a finanziare le bonifiche.
Pur nel diritto-dovere dei vari attori a rivedere alcuni punti dell’accordo, e
in breve possono farlo, auspico che si arrivi alla firma dell’accordo entro
luglio, prima delle ferie».
Che il documento, predisposto dalla giunta Illy e già approvata dai vari enti,
vada riesaminato dal nuovo esecutivo è abbastanza logico, posto che l’altra metà
dei 120 milioni necessari alle bonifiche saranno a carico della Regione.
A integrare alcuni punti dell’intesa è interessata anche l’Ezit. E in primis
vorrebbe veder messo «nero su bianco» il principio secondo cui chi non ha
inquinato non paga, anche se nel testo dell’accodo tale principio è richiamato
attraverso le norme europe e nazionali. E ancora, l’Ezit, partendo dai risultati
delle analisi dei terreni alle Noghere, ipotizza la possibilità di rivedere in
certe zone, dopo le necessarie caratterizzazioni, il perimetro del Sito
nazionale. Ma per caratterizzare le aree che mancano servirebbero due anni.
«È logico aspettare due anni – si chiede Menia – quando i fondi sono
disponibili? Chiudiamo invece subito l’accordo di programma, e più avanti,
quando si disporrà dei risultati delle analisi dei terreni, con appositi decreti
potremo scorporare le zone risultate non inquinate».
Concorda comunque sui tempi brevi il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita: «Se
la Regione ha intenzione di firmarlo in tempi rapidi – rileva – poi l’on. Menia
deve fare in modo che anche il ministero sia su questa linea. A quel punto, dopo
la firma a Roma, anche gli altri enti possono aderire e l’accordo diventa
operativo». Ma non volete alcune modifiche? «Siamo pronti a firmare – risponde
Azzarita –. Abbiamo chiesto qualche piccola variazione, ma che non allunghi i
tempi».
Un altro passo in avanti sulla strada delle bonifiche, in questo caso per l’area
ex Aquila, è stato appunto compiuto in questi giorni. Venerdì il ministero
dell’Ambiente ha firmato il decreto che autorizza la Teseco (proprietaria del
comprensorio ex Aquila) a iniziare la bonifica dell’area di 30 mila metri quadri
compresa fra le Noghere e la zona dell’abitato di Aquilinia che guarda sulla
valle.
«È un’area legata funzionalmente al lotto delle Noghere di cui stiamo
concludendo la bonifica – commenta Stefano Vendrame, direttore dell’Area Nord
Est di Teseco –. Dalle caratterizzazioni questa zona è risultata poco inquinata:
riusciremo a bonificarla entro l’anno».
GIUSEPPE PALLADINI
Ex Maddalena, i residenti protestano: uno scempio il taglio di quegli alberi
- «Il Comune avrebbe dovuto lasciare in piedi gli ippocastani che facevano parte
del rione»
«Nessuno si è degnato di consultarci, ha latitato anche la circoscrizione»
Scandalo. Obbrobrio. Sono questi solo alcuni dei termini che i triestini
usano per commentare il clamoroso taglio degli alberi del comprensorio dell’ex
ospedale della Maddalena. Tutti manifestano sorpresa, rabbia, delusione. Nel
mirino della gente il Comune «che ha permesso lo scempio», il Consiglio
circoscrizionale «che non ha fatto abbastanza». «Ho 83 anni – dice con orgoglio
Arrigo Zamperlo – e vivo in questa zona. Quegli alberi li ho sempre visti,
facevano parte del rione, erano una componente fondamentale. Adesso invece le
esigenze purtroppo sono altre e vedo che le problematiche ambientali sono sempre
meno importanti. Qui in via dell’Istria si è fatto lo stesso errore di campo san
Giacomo, dove sono stati abbattuti alberi secolari».
«Hanno sbagliato tutto – è l’opinione molto precisa di Mirella Radin – e sono
del tutto contraria alla scelta fatta. Avrebbero dovuto lasciare intatti almeno
gli ippocastani del perimetro. Avessero fatto così – prosegue – l’impatto visivo
sarebbe stato diverso e si sarebbe avvertita meno questa brutta novità». Pietro
Gelicrisio è nato in riva al lago di Garda, ma una volta giunto a Trieste, tanti
anni fa, ha piantato le sue radici, si è sposato, ha avuto figli e si sente
triestino a tutti gli effetti: «Se mi permetto di toccare una qualsiasi aiuola
pubblica, prendo la multa – spiega – se invece qualcuno prende la ruspa e
abbatte alberi secolari, belli, funzionali, apprezzati dall’intera popolazione,
nessuno dice niente. Abito in questa zona da tanti anni e adesso mi sembra
impossibile che manchino i nostri ippocastani. Nello stabile dove vivo sono io
che, su incarico dei condomini, mi occupo del giardino di casa e ogni qual volta
devo eliminare qualcosa, anche una sola pianta, devo chiedere il permesso
all’amministratore. Qui è stata fatta proprio una brutta cosa».
Silvana Neri avverte già le conseguenze negative del taglio dei vecchi alberi:
«L’aria che respiriamo è subito cambiata. Prima, quando gli ippocastani e gli
altri alberi erano al loro posto si sentiva il loro benefico effetto, si
respirava meglio. Ora la qualità dell’aria è peggiorata, anche perché qui
attorno il traffico è intenso. Il provvedimento lo giudico assurdo e posso
confermare che siamo tutti esterrefatti. Chi ricorda la vecchia canzone di
Adriano Celentano, ‘I ragazzi della via Gluck’, capirà cosa l’artista volesse
dire. L’avanzare del cemento e la scomparsa del verde sono un problema per
l’intera collettività».
«È uno schifo – dice Giorgio Coslovich, titolare di un negozio di fiori e piante
a poche centinaia di metri dal comprensorio – e abbiamo già iniziato una
raccolta di firme affinché non si faccia lo stesso scempio anche in piazza della
Libertà, come annunciato dal Comune. Credo che se le autorità lo avessero voluto
si sarebbero potuti salvare almeno gli alberi del muro perimetrale, in modo da
ridurre di molto l’impatto visivo. Oggi esistono apparecchi che permettono di
effettuare operazioni di questo tipo al centimetro, perciò le alternative
c’erano». Gabriella Predonzani lavora nella cartoleria di fronte ai Salesiani:
«È un obbrobrio, uno scandalo, anche perché all’improvviso abbiamo visto che gli
alberi erano già stati tagliati, senza che nessuno si degnasse di consultare la
popolazione residente, che avrebbe avuto tutto il diritto di esprimersi». Simone
Favretto si interroga sul ruolo del Consiglio circoscrizionale: «Ma dov’erano al
momento della decisione sul taglio degli ippocastani? Era giusto che si sapesse
tutto fin dall’inizio e non mettere la gente davanti al fatto compiuto. Va anche
detto che gli alberi erano abbandonati e la manutenzione era insufficiente ma
questa non è una buona ragione per eliminarli». Sergio Donda evidenzia che
«l’errore più grave è stato quello di non chiedere alla gente cosa ne pensasse
della decisione di tagliare gli ippocastani. Avrei voluto vedere un cartello che
annunciava il provvedimento. Peccato, quello era un bel polmone verde».
Ugo Salvini
Appartamenti al posto del verde - LE CARATTERISTICHE DELL’INTERVENTO -
Pahor: «Il nuovo progetto può accontentare il quartiere»
Al posto di un ampio giardino con piante secolari un vuoto totale. Invece del
verde degli ippocastani, il grigio dei muri abbattuti e i residui della
demolizione dei palazzi dell’ex ospedale della Maddalena. È questa la visione
che si propone a chi osserva il grande spazio situato fra la strada di Fiume e
la via dell’Istria, nel tratto di quest’ultima compreso fra l’oratorio dei
Salesiani e l’ospedale infantile Burlo Garofolo. L’abbattimento degli alberi ha
suscitato e continua a suscitare molte proteste, ma oramai non c’è più niente da
fare: al posto del verde sorgerà un complesso residenziale.
L’amaro destino degli ippocastani del comprensorio della ex Maddalena era
segnato da tempo però: cominciò a essere delineato già a metà degli anni ’90. Fu
in quell’epoca che una variante al Piano regolatore della città trasformò in
area edificabile, anche se con i dovuti limiti, quello che per decenni è stato
un ampio polmone verde al servizio dei degenti, ma anche delle centinaia di
famiglie che vivono negli edifici circostanti. Dopo essere stato a lungo un’oasi
di verde, adesso la zona alberata è diventata un ingombro. «Negli anni – ricorda
Silvio Pahor, presidente della Circoscrizione competente per territorio, la
quinta – si sono formulate numerose ipotesi. Fra le altre, si pensò di ospitare
in quell’area la nuova sede della Polizia stradale di Trieste. Qualcuno parlò
addirittura di edificarvi una moschea. Come rappresentanti della popolazione
residente abbiamo avanzato più volte alcune perplessità, soprattutto per quanto
riguarda il livello di cementificazione. Adesso, il progetto che è stato
avviato, con l’allestimento del cantiere, sembra soddisfare, almeno in parte, le
esigenze di tutela dell’ambiente alle quali siamo particolarmente sensibili.
Vedremo se alla fine il risultato sarà accolto benevolmente dalla popolazione».
Nella descrizione del progetto si parla di «realizzazione di servizi per la
collettività» e di «ampie zone verdi», ma oramai gli enti pubblici possono
effettuare solo operazioni di controllo del rispetto del capitolato e non
decidere più la destinazione dell’area.
(u.s.)
CONTRO IL PROGRAMMA NUCLEARE - Pecoraro: «Subito le firme per un nuovo
referendum»
ROMA «Metto a disposizione il mio blog, e sono in cantiere altre iniziative, per
costruire da subito una rete disponibile a raccogliere le firme per un
referendum abrogativo della legge che il governo ha in animo di realizzare per
imporre il nucleare in Italia». È quanto si legge sul blog di Alfonso Pecoraro
Scanio, www.pecoraroscanio.it, nel quale si sottolinea come il nucleare sia
«costoso e pericoloso».
«Il futuro - afferma Pecoraro - è nell'energia solare e nelle fonti rinnovabili.
Ma sappiamo tutti che esiste una potentissima lobby, oscura e tenace, che in
tutti i modi cerca di imporre le centrali nucleari anche nel nostro Paese. Per
questo dobbiamo diffondere la conoscenza, una conoscenza condivisa, che informi
sul fatto che quella nucleare è l'energia più costosa e più pericolosa del
mondo, e che ancora oggi non sono stati risolti i problemi della sicurezza. Come
continua a ripetere il Premio Nobel Carlo Rubbia, la tecnologia nucleare
disponibile non ha ancora risposto ai tre grandi problemi: Chernobyl, Hiroshima
e le scorie».
«DIVERSITÀ» - Festival in nome del volontariato
TRIESTE Sarà presentata martedì alle 11 palazzo della Provincia di Trieste, in
piazza Vittorio Veneto 4, la 6.a edizione del Festival delle Diversità che si
terrà tra il 12 e il 15 giugno. L’iniziativa si svolgerà nel parco dell'ex Opp
nel comprensorio di San Giovanni. Nei primi cinque anni l’iniziativa,
organizzata da Centro delle culture, Centro umanista Moebius ea Onlus I Cammini
aperti Trieste e il sostegno della Provincia, si è ingrandita coinvolgendo
decine di associazioni e gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la
cultura della solidarietà e del volontariato.
Duino, convegno su giovani e clima
DUINO AURISINA Il Collegio del Mondo unito dell’Adriatico, con sponsor il Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e il Consorzio di centri di ricerca
«Watch» ha organizzato e concluso l’International Summer School on Climate
Change and Water Cycle, con l’obbietivo di fare del Friuli Venezia Giulia meta
ambita per giovani talenti provenienti da svariante parte del mondo. La Summer
School ha visto la partecipazione di 38 studenti dai 12 collegi del Mondo Unito
(Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland, Italia,
Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono state impartite da
scienziati di livello europeo del Progetto Watch, impegnati in ricerche sui
cambiamenti climatici.
PROGETTO Piazza Libertà, lavori inutili
Difficile concepire un progetto più assurdo di quello approvato la settimana
scorsa dal Consiglio comunale e che viene definito «riqualificazione» di piazza
Libertà.
Si tratta di un intervento assolutamente inutile ai fini del miglioramento della
viabilità, ma devastante dal punto di vista ambientale in quanto prevede la
creazione di sette corsie per il traffico veicolare e l'abbattimento di alcuni
alberi secolari; ciò andrebbe a distruggere irrimediabilmente la bellezza e
l'armonia di una piazza rinnovata in maniera pregevole solo pochi anni fa.
È intollerabile la perseveranza di questa amministrazione comunale nella
distruzione del verde pubblico e del patrimonio storico della città ed è
vergognoso lo spreco di denaro per opere di cui nessuno sente il bisogno.
Fiorella Russi
L'UNITA' - SABATO, 7 giugno 2008
A Milano in «Marcia per il clima»
Se i pinguini invadono Monte Citorio a Roma, la «febbre del pianeta» è davvero
alta. A simboleggiare il cambiamento del clima in realtà sono i rappresentanti
di cinquanta associazioni ambientaliste che hanno presentato giovedì la «Marcia
per il clima». Il corteo partirà sabato 7 giugno da piazza S. Babila a Milano
per arrivare ai giardini di Porta Venezia.
Organizzata da Legambiente, Arci, Acli, Altraeconomia, Confederazione italiana
Agricoltura, Forum Ambientalista, Ecologia e Lavoro, Federparchi nella Settimana
Mondiale per l'ambiente, «la manifestazione di sabato si propone due obiettivi -
spiega Paolo Beni, presidente dell'Arci. In primo luogo chiedere alla politica e
alle istituzioni a tutti i livelli di rispettare gli obiettivi europei in tema
di abbassamento delle emissioni di C02 e le misure per l'impiego delle energie
rinnovabili. L'altro - prosegue Beni, è quello della sensibilizzazione e della
diffusione della cultura di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e di un
nuovo consumo».
Ma quella di sabato non sarà un punto d'approdo del tavolo di lavoro per
l'ambiente delle associazioni, ma un punto di partenza che prevede un tavolo
permanente. Dall'incontro di piazza del 7 giugno, intanto, verrà fuori un
documento programmatico sottoscritto da tutte le associazioni partecipanti e
prevede la messa a punto di impegni comuni a favore di un nuovo modello di
sviluppo sostenibile. «Il nucleare non era stato nemmeno preso in considerazione
fino a poco tempo fa, spiega Paolo Beni, oggi nel documento abbiamo ripreso il
tema ma non perché abbiamo cambiato idea sull'uso del nucleare, ma per ribadire
che bisogna puntare sulle fonti di energia rinnovabili che sono tutt'ora le più
efficienti, le più convenienti e le più sostenibili»
«Da parte nostra - spiega ancora il presidente dell'Arci - abbiamo messo a punto
un dodecalogo esemplare adottato da tutti i 5000 circoli Arci che prevede
l'impegno a rispettare in dodici semplici punti comportamenti che rispettino
l'ambiente».
Sabato, inoltre saranno allestiti stand informativi dove ognuna delle
organizzazioni aderenti illustrerà una serie di pratici consigli per combattere
il cambiamento climatico. «Nel corso della marcia - fa sapere il presidente di
Legambiente, Vittorio Cagliati Dezza - prepareremo una carta da presentare al
governo per chiedere maggiori impegni per contrastare il cambiamento climatico.
La nostra proposta è quella di agganciare l'Italia alla strategia europea di
riduzione delle emissioni di Co2, di impegnarsi a favore dell'utilizzo delle
energie rinnovabili e di incentivare la mobilità sostenibile e il trasporto
pubblico».
Il corteo per «fermare la febbre del pianeta» partirà alle ore 15, in anticipo
di due ore rispetto a quello del Gay Pride in programma per sabato anche a
Milano come in tutta Italia. E a proposito della sovrapposizione delle due
marce, dall'Arci ci tengono a sottolineare che i due cortei non si creeranno
problemi a vicenda e che l'Arci, che per sabato aveva già preso l'impegno per il
corteo ambientalista, parteciperà attivamente, come sempre, al Pride nazionale
di Bologna del 28 giugno.
Alessia Grossi
LA REPUBBLICA - SABATO, 7 giugno 2008
Rifkin, l'energia fai-da-te - così ci salveremo dal
nucleare - Dopo l'incidente di Krsko il guru dell'economia all'idrogeno spiega
perché l'Italia sbaglia
Le centrali sono una "soluzione di retroguardia" e non risolveranno il
problema
Jeremy Rifkin
UNA fatica inutile. Perché se anche rimpiazzassimo nei prossimi anni tutte le
centrali nucleari esistenti nel mondo, il risparmio di emissioni sarebbe
comunque un'inezia. Un quarto di quel che serve per cominciare a rimettere le
briglie a un clima impazzito. Jeremy Rifkin non ha dubbi: quella atomica è una
strada sbagliata, di retroguardia. Come curare malattie nuovissime con la
penicillina. E non c'è neppure bisogno dei campanelli di allarme tipo Krsko per
capirlo.
Basta guardare i numeri senza le lenti dell'ideologia. Proprio l'attitudine che,
in Italia, scarseggia di più per il guru dell'economia all'idrogeno. Si vedrebbe
così che l'uranio, come il petrolio, presto imboccherà la sua parabola
discendente: ce ne sarà di meno e costerà di più. E che il problema dello
smaltimento delle scorie è drammaticamente aperto anche negli Stati Uniti dove
lo studiano da anni. "Vi immaginate uno scenario tipo Napoli, ma dove i rifiuti
fossero radioattivi?" è il suo inquietante memento. Meglio puntare su quella che
lui chiama la "terza rivoluzione industriale".
L'incidente all'impianto sloveno arroventa il dibattito italiano, a pochi giorni
dall'annuncio del ritorno al nucleare. Cosa ne pensa?
"Ho parlato con persone che hanno conoscenza di prima mano dell'incidente, e mi
hanno tranquillizzato. Non ci sono state fughe radioattive e il governo ha
gestito bene tutta la vicenda. Ho lavorato con l'amministrazione Jan%u0161a e
posso dire che hanno sempre dimostrato una leadership illuminata nel traghettare
la Slovenia verso le energie rinnovabili. Non posso dire lo stesso di tutti i
paesi europei, ma posso lodare le politiche energetiche di Ljubljana".
Superata questa crisi, in generale possiamo sentirci sicuri?
"Il problema col nucleare è che si tratta di un'energia con basse probabilità di
incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi mai niente di brutto,
ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe. Come Chernobyl".
Il governo italiano ha confermato l'inizio della costruzione delle nuove
centrali entro il 2013. Coerenza o azzardo?
"Non capisco i termini della discussione in corso in Italia. Amo il vostro
paese, lo seguo da anni ma questa volta mi sento davvero perso. I sostenitori
dicono: il nucleare è pulito, non produce diossido di carbonio, quindi
contribuirà a risolvere il cambiamento climatico. Un ragionamento che non torna
se solo si guarda allo scenario globale. Oggi sono in funzione nel mondo 439
centrali nucleari e producono circa il 5% dell'energia totale. Nei prossimi 20
anni molte di queste centrali andranno rimpiazzate. E nessuno dei top manager
del settore energetico crede che lo saranno in una misura maggiore della metà.
Ma anche se lo fossero tutte si tratterebbe di un risparmio del 5%. Ora, per
avere un qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del pianeta, si dovrebbe
ridurre del 20% il Co2, un risultato che certo non può venire da qui".
Un finto argomento quindi quello del nucleare "verde"?
"Non in assoluto, ma relativamente alla realtà, sì. Perché il passaggio al
nucleare avesse un impatto sull'ambiente bisognerebbe costruire 3 centrali ogni
30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo fornirebbe il 20% di energia
totale, la soglia critica che comincia a fare una differenza. C'è qualcuno sano
di mente che pensa che si potrebbe procedere a questo ritmo? La Cina ha ordinato
44 nuove centrali nei prossimi 40 anni per raddoppiare la sua potenza
produttiva. Ma si avvia ad essere il principale consumatore di energia...".
Ci sono altri ostacoli lungo questa strada?
"Io ne conto cinque, e adesso vi dico il secondo. Non sappiamo ancora come
trasportare e stoccare le scorie. Gli Stati Uniti hanno straordinari scienziati
e hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui
all'interno delle montagne Yucca dove avrebbero dovuto restare al sicuro per
quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a contaminare l'area nonostante i
calcoli, i fondi e i super-ingegneri. Davvero l'Italia crede di poter far meglio
di noi? L'esperienza di Napoli non autorizza troppo ottimismo. E questa volta i
rifiuti sarebbero nucleari, con conseguenze inimmaginabili".
Ecoballe all'uranio, un pensiero da brividi. E il terzo ostacolo?
"Stando agli studi dell'agenzia internazionale per l'energia atomica l'uranio
comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. Come il petrolio sta per raggiungere il
suo peak. I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si ripercuoterà sui costi
per produrre energia togliendo ulteriori argomenti a questo malpensato progetto.
Aggiungo il quarto punto. Si potrebbe puntare sul plutonio. Ma con quello è più
facile costruire bombe. La Casa Bianca e molti altri governi fanno un gran
parlare dei rischi dell'atomica in mani nemiche. Ma i governi buoni di oggi
diventano le canaglie di domani".
Siamo arrivati così all'ultima considerazione. Qual è?
"Che non c'è abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti nucleari. Temo che
non sia noto a tutti che circa il 40% dell'acqua potabile francese serve a
raffreddare i reattori. L'estate di cinque anni fa, quando molti anziani
morirono per il caldo, uno dei danni collaterali che passarono sotto silenzio fu
che scarseggiò l'acqua per raffreddare gli impianti. Come conseguenza fu ridotta
l'erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di
aria condizionata".
Se questi sono i dati che uso ne fa la politica?
"Posso sostenere un dibattito con qualsiasi statista sulla base di questi numeri
e dimostrargli che sono giusti, inoppugnabili. Ma la politica a volte segue
altre strade rispetto alla razionalità. E questo discorso, anche in Italia, è
inquinato da considerazioni ideologiche".
In che senso? C'è un'energia di destra e una di sinistra?
"Direi modelli energetici élitari e altri democratici. Il nucleare è
centralizzato, dall'alto in basso, appartiene al XX secolo, all'epoca del
carbone. Servono grossi investimenti iniziali e altrettanti di tipo geopolitico
per difenderlo".
E il modello democratico, invece?
"È quello che io chiamo la "terza rivoluzione industriale". Un sistema
distribuito, dal basso verso l'alto, in cui ognuno si produce la propria energia
rinnovabile e la scambia con gli altri attraverso "reti intelligenti" come oggi
produce e condivide l'informazione, tramite internet".
Immagina che sia possibile applicarlo anche in Italia?
"Sta scherzando? Voi siete messi meglio di tutti: avete il sole dappertutto, il
vento in molte località, in Toscana c'è anche il geotermico, in Trentino si
possono sfruttare le biomasse. Eppure, con tutto questo ben di dio, siete
indietro rispetto a Germania, Scandinavia e Spagna per quel che riguarda le
rinnovabili".
Ci dica come si affronta questa transizione.
"Bisogna cominciare a costruire abitazioni che abbiano al loro interno le
tecnologie per produrre energie rinnovabili, come il fotovoltaico. Non è
un'opzione, ma un obbligo comunitario quello di arrivare al 20%: voi da dove
avete cominciato? Oggi il settore delle costruzioni è il primo fattore di
riscaldamento del pianeta, domani potrebbe diventare parte della soluzione. Poi
serviranno batterie a idrogeno per immagazzinare questa energia. E una rete
intelligente per distribuirla".
Oltre che motivi etici, sembrano essercene anche di economici molto convincenti.
È così?
"In Spagna, che sta procedendo molto rapidamente verso le rinnovabili, alcune
nuove compagnie hanno fatto un sacco di soldi proprio realizzando soluzioni
"verdi". Il nucleare, invece, è una tecnologia matura e non creerà nessun posto
di lavoro. Le energie alternative potrebbero produrne migliaia".
A questo punto solo un pazzo potrebbe scegliere un'altra strada. Eppure non è
solo Roma ad aver riconsiderato il nucleare. Perché?
"Credo che abbia molto a che fare con un gap generazionale. E ve lo dice uno che
ha 63 anni. I vecchi politici, cresciuti con la sindrome del controllo, si
sentono più a loro agio in un mondo in cui anche l'energia è somministrata da
un'entità superiore".
RICCARDO STAGLIANÒ
greenaction-planet.org - SABATO, 7 giugno 2008
COMUNICATO STAMPA - GREENACTION TRANSNATIONAL SU INCIDENTE NUCLEARE KRSKO
(SLO)
Violato in Italia l’obbligo europeo dei piani di emergenza nucleare: chieste
attuazione e indagini penali
Trieste, 6 giugno 2006 - A seguito dell’incidente nucleare di Krsko
(Slovenia) del 4 giugno l’associazione ambientalista e per i diritti umani
Greenaction Transnational denuncia la mancanza in Italia dei piani d’emergenza e
difesa civile antiradiazioni previsti dalla normativa europea per le popolazioni
a rischio. In Slovenia tali piani sono invece attivi da decenni con livelli di
organizzazione e difesa civile particolarmente elevati. L’Associazione, già
sotto l’insegna di Friends ot the Earth Trieste, ha denunciato invano per anni
senza esito le omissioni delle autorità nazionali e locali italiane, ottenendone
anche la messa in mora da parte della Commissione Europea. nonostante ciò, e
nonostante l’interessamento della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo
dei rifiuti, le autorità italiane responsabili hanno continuato a dare risposte
elusive o contraddittorie, ed il Procuratore capo uscente di Trieste, Nicola
Maria Pace, le ha volute scagionare già nel 2003 dichiarando “esclusa la
sussistenza di omissioni penalmente rilevanti”. Una seconda denuncia, presentata
dall’associazione nel 2007, non ha avuto ancora risultati.
Poichè la gravità del problema è ora drammaticamente riconfermata da un
incidente nucleare, Greenaction Trasnational chiede che i piani vengano
finalmente redatti e diffusi, e che il nuovo Procuratore capo Michele Dalla
Costa, proveniente da Venezia, garantisca l’efficacia delle indagini penali.
I documenti principali per ricostruire la vicenda delle denunce e delle risposte
istituzionali sono disponibili sul sito di Greenaction Transnational
(www.greenaction-planet.org).
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel/fax
+39 040-2410497 - info@greenaction-planet.org
IL PICCOLO - SABATO, 7 giugno 2008
IL CASO KRSKO - DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Slitta la riapertura della centrale - La Slovenia non avvia inchieste
Stesso incidente anche in Ucraina, ma Kiev avverte dopo giorni Il premier Sanader non esclude un impianto anche in Croazia
Nessuna ditta italiana nell’elenco dei fornitori della
Nek. Ancora lontana l’ipotesi di raddoppiare il sito
LUBIANA Sono iniziate ieri le riparazioni alla centrale nucleare di Krsko, che
sarà riattivata mercoledì prossimo, con un giorno di ritardo rispetto alle stime
iniziali. La Slovenia in ogni caso conferma di non volere aprire un'inchiesta
penale sull'incidente di mercoledì scorso.
E se continua il dibattito interno sulla gestione delle comunicazioni relative
alla perdita di liquido dall’impianto refrigerante, sul piano bilaterale
Lubiana, stizzita, avrà sicuramente da puntualizzare la situazione con Kiev.
L’Ucraina, infatti, ieri ha fatto sapere con giorni di ritardo di un incidente
analogo a un suo impianto atomico avvenuto al confine con la Polonia la scorsa
settimana, «non da paragonare con quella avvenuta in Slovenia»: come dire di
entità minore. Una mossa diplomatica quantomeno azzardata, sicuramente non «politically
correct», che indirettamente penalizza gli sloveni, in realtà i più corretti e
trasparenti nell’informare la comunità internazionale. Un segnale inquietante
per l'Europa, che ha già reagito all'incidente sloveno con grande
preoccupazione, divenuta oggetto a sua volte di polemiche tra Nek, la società
della Centrale di Krsko, governo lubianese e vertici dell’Ue.
Preoccupazione, quella per la continuità produttiva dell’impianto atomico, che
invece non hanno le grandi aziende clienti della Centrale, come il Gruppo
Bonazzi, italiano, che opera con 800 dipendenti a Lubiana. Nessun problema per
le ipotetiche ripercussioni sui fornitori o sub-appaltatori italiani della Nek:
semplicemente non ne esistono.
L’INCHIESTA
Ieri il ministro della Giustizia di Lubiana Lavro Sturm, a margine di una
riunione con i colleghi dell'Ue a Lussemburgo, ha dichiarato che non verrà
aperta alcuna inchiesta penale sull’incidente. «Non ci sono stati problemi
particolari, si è esagerato» nelle reazioni, ha affermato Sturm. A Lubiana una
conferma indiretta delle ridotte dimensioni dell’allarme a livello sloveno è
venuta anche dalla mancata mobilitazione, mercoledì, dell’unità di difesa Nbc
(Nucleare, biologica e chimica) dell’Esercito sloveno, equipaggiata in parte con
materiali di produzione italiana. Il ministro Sturm ha assicurato comunque che
sarà svolta un'inchiesta interna per appurare i motivi del guasto al circuito di
raffreddamento.
LE RIPARAZIONI
Ieri a Krsko i lavori di riparazione sono iniziati già la notte. «Stiamo
sostituendo la valvola del circuito di raffreddamento che si era guastata -
spiega ai reporter Ida Novak, portavoce della società Nek che gestisce la
struttura -: l’intervento durerà tutto il giorno, coinvolgendo solo cinque
addetti oltre a quelli del normale turno, regolarmente presenti oggi. Poi
effettueremo un’ispezione per dare successivamente il via al riscaldamento del
reattore e alla sincronizzazione dei vari impianti fino al ritorno della
produzione, che prevediamo per mercoledì». Stane Rozman, presidente del cda
dell'impianto atomico sloveno, assicura che il guasto verrà riparato entro oggi
e che la centrale dovrebbe riprendere la produzione a pieno ritmo già martedì
sera o al più tardi mercoledì. Secondo il direttore al momento dell'incidente
non vi sono mai stati rischi di alcun genere. Gli standard internazionali
l’hanno valutato a livello «zero».
AZIENDE ITALIANE
Un guasto in ogni caso: che se ha causato l’interruzione del ciclo produttivo
d’altra parte non ha avuto ripercussioni sulle forniture d’energia alle aziende
clienti della Nek. Lo conferma il triestino Edi Craus, responsabile nella
capitale slovena degli impianti del Gruppo Bonazzi, dell’omonima famiglia
veronese: impiega 800 dipendenti. «Da quest’anno - spiega il manager - con la
liberalizzazione del mercato per l’energia ci riforniamo da un distributore che
utilizza corrente elettrica proveniente da Krsko e che viaggia, è bene dirlo,
sui normali elettrodotti. Non abbiamo avuto alcun problema, né in questi giorni
né dall’inizio del contratto. E ce ne saremmo accorti subito: ogni minima
variazione nell’erogazione e tensione comporterebbe per noi, data la natura dei
nostri macchinari, un danno dai 25 ai 70 mila euro».
Le aziende del Nordest o italiane in genere non partecipano, invece, in alcun
modo come fornitori al processo produttivo della Centrale slovena. «Nessuno -
precisa Andrei Sic, triestino direttore dell’Unione regionale economica slovena
- lavora neppure in appalto». Informazione avallata da Dino Blandolino,
direttore dell’Istituto per il commercio estero (Ice) a Lubiana: «Gli appalti
nei Paesi dell’Unione europea, come è la Slovenia, devono svolgersi in base a
una gara a livello comunitario, anche se per particolari componenti o in alcuni
settori più sensibili del campo nucleare, legati alla sicurezza, tale norma
decade parzialmente e quindi l’assegnazione avviene con maggiore riservatezza».
PROGETTO CROATO
La formula dell’appalto verrebbe utilizzata anche nel caso Slovenia e Crozia
volessero raddoppiare l’impianto o, come ipotizzato ieri dal premier di Zagabria
Ivo Sanader, quest’ultimo Paese volesse dotarsi di una sua propria struttura.
Sanader, che subito dopo l’incidente ha parlato con l’omologo sloveno Janez
Jansa, ha peraltro sottolineato di nuovo che la Croazia deve iniziare a valutare
i pro e i contro di un'eventuale costruzione di una propria centrale nucleare,
per garantire negli anni a venire una sufficiente disponibilità di energia
elettrica. Secondo Sanader bisogna pensare seriamente non solo alla
realizzazione di un impianto atomico ma anche al prosieguo del progetto «Druzb-Adria»
al fine di assicurare l'indipendenza energetica del Paese.
PIER PAOLO GAROFALO
DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Latte e insalata superano i controlli -
L’Arpa ha esaminato gli alimenti a più alto rischio: «Tutto in regola»
TRIESTE - Anche le verifiche su latte e lattuga hanno dato esito negativo. Ieri il
servizio regionale di fisica ambientale dell’Arpa, in collaborazione con le
aziende per i servizi sanitari di Trieste e Gorizia, ha effettuato i prelievi
sugli alimenti che potenzialmente avrebbero dovuto essere contaminati per primi
in caso di diffusione di radiazioni all'esterno della centrale.
«I controlli sul latte e sull’insalata – spiega Concettina Giovani, referente del nucleo regionale dell’Arpa che in questi giorni si è occupato delle rilevazioni – sono l’ultimo stadio delle analisi. Il latte, in questo caso di ovini visto che erano gli unici animali a pascolare allo stato brado in questi giorni, è l’alimento che ci consente di verificare rapidamente eventuali presenze di iodio 131 visto che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di foraggio». Lo stesso vale per l’insalata e per la verdura a foglia larga dove è più facile che si depositino eventuali radiazioni. «I campioni - spiega Giovani - sono stati prelevati dalla provincia di Trieste e Gorizia e, per quel che riguarda il latte, anche da Udine». I controlli sono serviti a garantire un ulteriore accertamento «anche se si sapeva da subito che non c’erano state immissioni di radiazioni in atmosfera – precisa la specialista -. La segnalazione a noi è sempre e solo arrivata come segnalazione di guasto e non come stato di allerta o di allarme». I controlli continueranno anche nel fine settimana – non solo il prelievo dei campioni, come avviene di solito, ma anche le misurazioni – mentre da lunedì l’attività dovrebbe tornare alla normalità. L’attenzione internazionale creatasi sul caso Krsko è stata occasione per avviare un’esercitazione, a livello nazionale, delle equipe che fanno capo alle agenzie per la protezione dell’Ambiente. «Nel nostro caso – spiega la referente del Friuli Venezia Giulia – i protocolli di collaborazione con aziende sanitarie, vigili del fuoco e forze dell’ordine, sono ben collaudati. Per altre regioni questa situazione di verifiche straordinarie può essere, invece, l’occasione di perfezionare le procedure».
(m.mi.)
Biocarburanti, Scajola: «Rivedere le quote Ue» - «Troppi problemi»
secondo il ministro sul fronte alimentare
LUSSEMBURGO L'Italia ha chiesto ai partner europei di «rivedere sostanzialmente»
l'obiettivo di aumentare dal 2% attuale al 10% entro il 2020 l'uso dei
biocarburanti nel settore dei trasporti europei, giudicato «non realistico». La
richiesta è stata presentata dal ministro allo sviluppo economico Claudio
Scajola al Consiglio energia riunito a Lussemburgo, che ieri ha raggiunto un
difficile compromesso sulla separazione proprietaria delle reti di produzione e
di trasmissione dell'energia (il cosiddetto unbundling), nel quadro delle misure
individuate per la liberalizzazione dei mercati europei dell'energia elettrica e
del gas.
«L'Europa deve parlare un linguaggio realistico», ha detto Scajola sui
biocarburanti. «Un pò per troppo coraggio, un pò per troppa precipitazione si
sono delineati obiettivi non realisticamente raggiungibili. Il 10% deve essere
sostanzialmente rivisto». La richiesta italiana di rivedere uno degli obiettivi
vincolanti della lotta al cambiamento climatico approvato dal Vertice Ue del
marzo 2007 nasce anche dalla considerazione che «non si può ignorare ciò che è
successo nell'ultimo anno sul fronte dei prezzi alimentare e della fame nel
mondo», ha spiegato Scajola. Il ministro ha assicurato «che non ci sarà un
minore impegno italiano nelle energie rinnovabili. Daremo incentivi alle energie
da sole, vento e biomasse», ha assicurato, affermando che l'Italia ha bisogno di
un mix energetico «molto variegato», che include anche il ritorno al nucleare.
«Ma sui biocarburanti - ha insistito - ci sono problemi: non possiamo dare la
sensazione che si considera più utile fare energia che dare da mangiare alla
gente: manderemmo un segnale sbagliato».
Dall'Italia oggi è giunta una forte richiesta per concludere il Consiglio con un
accordo sull'unbundling, giudicato essenziale per mettere fine «ad una
situazione distorsiva del mercato». «Meglio un accordo al ribasso che nulla,
perchè ciò equivarrebbe a rinviare la questione di 4-5 anni», ha detto Scajola.
E alla fine, dopo ore di negoziati molto tesi e di notizie contraddittorie, il
ministro sloveno Andrej Vizjak, presidente del Consiglio, ha potuto annunciare
«un ampio accordo» sul terzo pacchetto energetico. Restano però riserve tecniche
da parte di Germania, Portogallo e Austria che dovranno essere esaminate dai
rappresentanti dei 27 e dalla Commissione Ue.
GIUNTA SOTTO ACCUSA - Piani urbani e
territoriali: esposto alla Corte dei conti
Omero, Tam e Decarli inviano un dossier sulle consulenze «per troppi studi
mai utilizzati»
«Basta con i piani scoordinati, privi di una strategia e senza un obiettivo!
Tutela e valorizzazione del territorio devono costituire un fine prioritario ma,
soprattutto, concreto». Fabio Omero, capogruppo del Pd in consiglio comunale, ha
manifestato le sue «perplessità» mettendole nero su bianco, firmando il tutto
insieme al consigliere Bruna Tam (Pd) e a Roberto Decarli (capogruppo dei
Cittadini per Trieste) e infine inviando il «dossier» al procuratore generale
della Corte dei conti sotto forma di «esposto» sul tema: «Pianificazione urbana
del Comune di Trieste».
Alla base dell’iniziativa un doppio scopo: «dare vita a un’opposizone
intransigente ma anche propositiva». «Nell’ultimo decennio - riporta l’esposto -
l’amministrazione comunale ha affidato molteplici incarichi professionali per la
redazione di studi e progetti riferiti a piani del traffico e/o a piani
regolatori urbani. Non sempre sono stati fatti propri dalla giunta o adottati
dal consiglio. E, talvolta, non sono stati neppure presentati al consiglio».
Inoltre, «non sempre appare una coerente interrelazione nel tempo» mentre si
verificherebbero «contraddizioni tra gli stessi». Il riferimento, «a scanso di
equivoci», è legato «anche all’epoca della giunta Illy». Si parla dei progetti
legati al traffico e al centro storico «poi finiti in un cassetto. Nel
frattempo, sono stati invece concretizzati altri piani che hanno inciso su
viabilità e interconnessione tra Porto vecchio e città, in particolare piazza
della Libertà».
Seguono riferimenti e dati attraverso i quali Omero, Tam e Decarli aspettano «il
responso della magistratura contabile» benché «disposti a collaborare ma solo se
il sindaco è pronto a invertire la rotta. Il territorio di Trieste costituisce
una risorsa notevole ma ci vuole una pianificazione che coniughi la tutela delle
aree di pregio al recupero di quelle dismesse o inquinate».
DANIELE BENVENUTI
Piazza Borsa: nuovo lastricato e via le moto - Via Einaudi sarà
pedonale e in piazza Tommaseo sorgerà un park interrato per ciclomotori
I LAVORI ANTICIPATI, SLITTA LA RIQUALIFICAZIONE DI PONTEROSSO
Pedonalizzare via Einaudi - la strada di collegamento tra le Rive e piazza
della Borsa che da anni ospita i taxi - e ripavimentare la vicina piazza
Tommaseo, liberandone la superficie dalla distesa di motocicli posteggiati a
qualsiasi ora del giorno. Costruendo però in cambio, proprio sotto piazza
Tommaseo, un parcheggio interrato di due piani riservato esclusivamente alle due
ruote. Siamo ancora nel campo dell’ipotesi progettuale, ma gli uffici comunali
sono al lavoro per verificarne la fattibilità. Se questa idea, partorita nelle
ultime ore dal tandem Dipiazza-Bandelli, dovesse incassare l’ok dei tecnici,
diventerebbe sicuramente realtà. E rappresenterebbe l’«estensione» del progetto
di riqualificazione di piazza della Borsa, che partirà - questa è notizia certa
- tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, al posto del restyling di
Ponterosso, slittato invece a fine 2009.
Sono queste le novità che sparigliano le carte della pedonalizzazione del Borgo
Teresiano e Giuseppino, tra piazza Venezia e piazza Libertà. La prima riguarda,
appunto, l’inversione dei due cantieri che il Comune intende portare a termine
entro la fine del mandato, nel 2011. La riqualificazione di Ponterosso è stata
infatti posticipata alla fine del 2009; quella di piazza della Borsa, invece, è
passata in testa e avrà inizio al più tardi nei primi mesi del prossimo anno. Il
motivo del cambio di rotta? «Ci sembrava più logico procedere così - spiega
l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli -. Ora stiamo lavorando su piazza
Venezia, che sarà pronta entro la fine dell’anno. Quando sarà chiuso anche il
cantiere del Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata andremo a
pedonalizzare e ripavimentare tutta la via Torino. Tra venti giorni partirà
l’opera di pedonalizzazione delle vie Cavana e Boccardi: in questo modo -
aggiunge Bandelli - piazza Venezia e piazza Unità saranno collegate da un unico
percorso pedonale. Riqualificare piazza della Borsa era il passaggio necessario
per procedere lungo il percorso che dovrebbe portare alla stazione ferroviaria.
Il tassello successivo sarà il restyling di Ponterosso e la costruzione del
ponte, entrambi in fase di progettazione. Via Cassa di risparmio e via Trento?
Chiuderle al traffico sarebbe un bel sogno - afferma l’assessore comunale - che
mi auguro di realizzare, anche se al momento non esistono piani precisi. Quello
che vogliamo è dare vita a un percorso pedonale che arrivi fino a piazza
Libertà, per valorizzare aree come quella della chiesa luterana, rendendole più
vivibili, sicure e vivaci sul fronte commerciale».
Tornando alla novità più rilevante dal punto di vista urbanistico ed edilizio:
che ne sarà di piazza della Borsa? Il progetto (già approvato) prevede una nuova
pavimentazione in arenaria, in continuità con le piazze Unità e Verdi.
Spariranno i marciapiedi lungo il palazzo del Tergesteo e sul lato opposto, così
come il parcheggio centrale per i motorini, lasciando spazio a un’unica area
interdetta al traffico. Inoltre arriverà (o meglio, tornerà dopo tanti anni
nella sua posizione originaria) la statua del Nettuno (ora in piazza Venezia).
Questa l’idea iniziale, da due milioni di euro. Che rimane. Ma dovrebbe essere
«ritoccata» con la pedonalizzazione di via Einaudi e di piazza Tommaseo, sotto
la quale verrebbe costruito il primo parcheggio interrato multipiano per
motorini della città (non si sa se libero o a pagamento). In questo caso
servirebbe un milione di euro in più (quindi tre milioni in tutto).
«L’idea è partita dal sindaco Dipiazza e mi trova del tutto favorevole - afferma
ancora Bandelli -. Siamo ottimisti, pensiamo che il progetto possa andare in
porto, anche se dobbiamo attendere il parere tecnico degli uffici, che sono al
lavoro da qualche giorno. Il garage - continua - sarebbe un modo per
”ricompensare” gli scooteristi triestini, che a partire dal prossimo anno non
potranno più lasciare i mezzi in piazza della Borsa, e forse nemmeno in piazza
Tommaseo, se decidessimo di liberarne la superficie».
ELISA COLONI
Grillo parla al corteo anti-Ferriera: va chiusa - MANIFESTAZIONE CONTRO
LO STABILIMENTO, I RIGASSIFICATORI E I TAGLI AGLI ALBERI IN PIAZZA LIBERTÀ
Il comico si collega via Internet: «Vanno coinvolti gli operai». Trecento
persone scese in piazza
Hanno sfilato in 300 contro la Ferriera. Arrabbiati, rumorosi e in alcuni
casi sfiduciati per la mancata chiusura del «mostro di Servola». Un corteo
trasversale partito da piazza Unità e, dopo due ore passate sfilando lungo le
vie del centro, arrivato in piazza Verdi. In mezzo alla carrellata delle Porsche
e a pochi minuti dall’inizio de La Rondine di Giacomo Puccini.
Una coincidenza, nessuna volontà di contestazione come avviene abitualmente alla
«prima» della Scala di Milano. Serviva un collegamento in Internet, gentilmente
concesso da un bar, per consentire la benedizione in diretta di Beppe Grillo. Un
messaggio dai toni pacati quello del popolare comico genovese, diventato il
paladino dello sviluppo ecosostenibile. Reso possibile dal lavoro dei grillini
locali, che hanno aderito alla manifestazione.
«Non è possibile tenere in piedi la Ferriera, appartiene ormai al passato.
Portate avanti questa rivoluzione pacifica, ma fatelo - dice Grillo - parlando
quotidianamente con gli operai dello stabilimento e con le istituzioni
cittadine». Applausi accompagnati dai fischi quando Grillo si lascia scappare
«ci dovrebbe essere anche il sindaco lì con voi». Perché quel corteo eterogeneo,
aperto dalle famiglie e chiuso dai no global, non ha fatto sconti alla classe
dirigente. Né di destra né di sinistra, di ieri e di oggi. Bacchettate a
Riccardo Illy e al centrosinistra reo di aver approvato l’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia), ribattezzata in un pannello «Autorizzazione illyana
ad inquinare», fino al sindaco Roberto Dipiazza e perfino al neoletto
governatore Renzo Tondo.
«Stessa casta, stessa razza» ripete all’infinito l’altoparlante posizionato
sopra la jeep di Maurizio Fogar, animatore del Circolo Miani. Si alterna al
microfono con il verde Alessandro Metz, accompagnando un corteo senza slogan
urlati. Ma rumoroso. I manifestanti si fanno sentire con i fischietti, i
tamburi, le trombe, perfino una campana che suona a morto. C’è anche una signora
che batte un cucchiaio sulla padella. In coda il furgone del Centro delle
culture di Ponziana, ricoperto dallo striscione «No nuke» e «Aria pura senza
paura», spara musica ska ad alto volume. È il popolo dei no global, guardato a
vista dagli uomini della Digos in borghese e la Guardia di finanza in tenuta
antisommossa. «Manca solo la forestale» dice un signore avvicinando i
finanziarie e osservando come, in piazza Unità, si notino le divise dei
carabinieri e della polizia.
Ad aprire il corteo uno striscione semplice e senza etichette. «Ferriera,
Regione-Provincia-Comune solo parole». È il leif motive dominante, quello che
fra giacche e cravatte e capelli rasta paragona Trieste a Napoli. Solo che qui
da noi «non si vedono le immondizie, perché le ritroviamo nell’aria».
Cancerogene, ovviamente. E nel mirino c’è la Ferriera. Intesa come proprietà
(«Alla Lucchini non interessa neanche la salute dei bambini»), ma anche come
classe politica accusata di parlare senza agire. «Tondo eletto con i voti dei
servolani» è lo striscione che fa bella mostra di sé. Un monito al nuovo
governatore bocciato da una parte del corteo, mentre c’è anche chi gli dà
fiducia e lo aspetta al varco.
Lungo il percorso, da corso Italia e piazza Oberdan, la gente lungo i
marciapiedi osserva fra condivisione e sguardi apatici. Dagli autobus bloccati
le persone escono in maniera composta. Qualche «vaffa» dagli automobilisti in
coda, ma anche tanta comprensione e forse paura davanti allo striscione
«articolo 32 della Costituzione: la Repubblica tutela la salute».
«Sono anni che ci ricattano, adesso basta la Ferriera inquina e va chiusa» è il
monologo. Sembra di sentire le parole di Dipiazza e invece è il camioncino dei
no global. Quando si arriva in piazza Libertà ce n’è anche per l’assessore
Franco Bandelli e il progetto di riqualificazione reo di tagliare gli alberi. Ma
è una protesta secondaria, lo zoccolo duro vuole la chiusura della Ferriera, ci
sono perfino anziani che si trascinano per chilometri pur di «svegliare
Trieste». Fogar spegne il sigaro e se la ride davanti a una manifestazione
dignitosa. Lascia che Grillo aizzi la folla dicendo come «sia patetico tenere in
piedi questo tipo di industria», per poi monopolizzare il microfono.
«La Ferriera ha fatto scappare anche i coreani che volevano investire sulla
piattaforma logistica», dice strappando l’applauso e attaccando un po’ tutti.
Nell’ordine l’Autorità portuale, la Provincia, il Comune e la Regione. Già,
quell’amministrazione regionale che ha cambiato da poco colore, lasciando a casa
Illy. «Anche noi, andando a votare o disertando le urne - dice Fogar - abbiamo
contribuito a mettere la parola fine all’era Illy. Ma adesso Tondo si sta
comportando come Dipiazza: solo parole». È un monito al neogovernatore che,
durante la campagna elettorale e anche dopo il voto, ha messo in cima alle
priorità del suo mandato la chiusura della Ferriera.
È l’ultimo atto della mobilitazione. La manifestazione è sciolta, guardata a
vista perfino dal questore Domenico Mazzilli. Le famiglie servolane possono fare
rientro a casa, i militanti della Lega e quelli dell’Italia dei valori
ringraziati dagli organizzatori possono smobilitare. Senza aver esposto i propri
vessilli. Anche i tamburi alcuni marchiati dei quali marchiati con croci
celtiche, segno che nel corteo c’erano proprio tutti, possono tornare a riposare
come i disobbedienti. Un riposo breve. Torneranno presto in piazza come «i
napoletani, più orgogliosi dei triestini». Un’ammissione della sconfitta
numerica del corteo? Guai a dirlo, neanche per scherzo.
PIETRO COMELLI
Si parla di pista ciclabile in consiglio provinciale - GIOVEDÌ LA SEDUTA
Le gallerie lungo la pista ciclopedonale della Val Rosandra, e la convenzione
tra la Provincia e la proprietà del centro commerciale «Montedoro Free time»,
attualmente in fase di costruzione a Muggia, per la realizzazione e la cessione
al demanio stradale provinciale della rotatoria di innesto della viabilità
interna al centro commerciale, sulla strada provinciale numero 13 di Caresana:
saranno questi alcuni degli argomenti all’ordine del giorno nella seduta di
giovedì 12 giugno del Consiglio provinciale, in piazza Vittorio Veneto.
Muggia, no del Pd al rigassificatore
MUGGIA Il Circolo muggesano del Partito democratico ha stilato un documento di
analisi della questione dei rigassificatori. Il Pd locale ribadisce la sua nota
contrarietà e chiede un maggiore coinvolgimento della popolazione e degli enti,
alla luce di eventuali nuovi elementi nella fase progettuale. Lo spunto sono
state le recenti novità sul progetto di gasdotto della Snam e anche alcune
dichiarazioni favorevoli da parte di esponenti del governo nazionale.
Gianfranco Dragan, del direttivo Pd, afferma: «Il nostro gruppo di lavoro su
territorio e ambiente ha visto la necessità di analizzare meglio la situazione.
Ne è nato un documento in cui non si dice se è giusto o meno il rigassificatore,
ma si rilevano gli esami preliminari necessari. Il documento è stato votato
all’unanimità dal direttivo e presentato anche alla direzione provinciale del
partito». I documento, di 14 pagine, analizza i vari aspetti del progetto di
rigassificatore a Zaule. Si valuta il fabbisogno energetico nazionale e
regionale, lo stato d’avanzamento dell’iter autorizzativo, le carenze ancora
presenti, i pareri già espressi, le problematiche ambientali e di sicurezza, ma
anche i progetti di sviluppo del territorio e le ricadute di tali impianti sulla
qualità della vita.
Marco Finocchiaro, che ha coordinato il lavori, spiega: «Il nostro gruppo di 10
persone, senza preclusioni, ha guardato i vari aspetti del problema. Siamo
consapevoli che l’energia è un problema nazionale, ma sappiamo anche che il
piano nazionale è obsoleto, soprattutto viste le recenti idee di impianti
nucleari. Quindi dov’è la vera necessità, se poi nel Veneto se ne farà un
altro?». Secondo il Pd, ogni eventuale nuovo documento o integrazione dovrà
essere sottoposto nuovamente al vaglio di popolazione e enti locali.
«Non è il caso che tali integrazioni siano viste solo dal ministero, né si può
pensare che prenda da solo una decisione, dimenticando le perplessità a livello
locale», così Finocchiaro. Il Pd riprende argomentazioni già espresse
dall’amministrazione comunale, come ad esempio il fatto che un impianto
energetico a Zaule va contro le idee di sviluppo di quell’area. «La questione ha
levatura nazionale e anche internazionale – ancora Finocchiaro - non ci si può
ridurre a dare importanza al parere di un singolo ente locale, né si deve vedere
la questione solo dal punto di vista delle possibili royalty».
(s.re.)
LUNEDÌ A SAN DORLIGO - Bilancio e rigassificatore in consiglio comunale
È stato convocato per lunedì in seduta straordinaria, con inizio alle 11, il
consiglio comunale di San Dorligo della Valle-Dolina. Tra i numerosi punti
all’ordine del giorno, la surroga del consigliere Franco Majcen con Roberto
Drozina, la ratifica della delibera di di giunta sulla variazione al bilancio di
previsione 2008, l’approvazione del regolamento del Forum di Agenda 21 della
Riserva naturale della val Rosandra. In discussione anche una mozione presentata
dai consiglieri Sormani, Coretti, Turco e Di Donato relativa al tema della
«Realizzazione del progetto della Snam rete gas per la realizzazione di un
metanodotto che colleghi il rigassificatore di Zaule con Villesse».
«Lavori in Piazza Libertà, soldi buttati»
Dal Piccolo di sabato 31 maggio, apprendo con rammarico che la «giunta di
maggioranza» ha deliberato il taglio (non quantificato) di vari alberi secolari
di piazza Libertà, malgrado il parere contrario dei cittadini e la protesta
delle associazioni ambientaliste.
Non è da meravigliarsi se una volta eletta, questa maggioranza se ne frega dei
propri elettori pur di non perdere le sovvenzioni dello Stato, ma anziché
adoperare quei soldi per opere molto più necessarie ed urgenti (galleria
Sandrinelli, Foraggi, scuole, asili e soprattutto per la pulizia della città,
che attualmente fa schifo), si buttano via senza una buona e ponderata visione
dei lavori.
Qualcuno si ricorda lo stato di degrado del giardino con baracche, droga,
prostituzione e la successiva pulizia eseguita sotto la giunta Illy dagli
assessori Neri e Damiani, che hanno fatto ripristinare il piazzale alle sue
origini con il monumento, le panchine, le luci, il prato? Si vuole pedonalizzare
parte della piazza, quindi mi chiedo: i sottopassaggi esistenti verranno adibiti
ad aree di riposo o dormitori?
Dulcis in fundo: tutto ciò che di bello, buono, utile ed architettonico fu
eseguito dall’Austria nei suoi cinquecento anni di presenza, oggi purtroppo
viene depauperato, lasciato deperire o distrutto da gente che poco o niente
conosce la storia locale e non è della mentalità triestina.
Stelio Mauri
IL PICCOLO - VENERDI', 6 giugno 2008
Krsko riparte, viaggio nella centrale - Le
autorità slovene: martedì si riaccende il reattore. Polemiche in Italia. Scajola:
sul nucleare andiamo avanti
L’impianto è ancora fermo ma il riavvio è già previsto per martedì
MENIA RIFERISCE ALLA CAMERA SUL GUASTO: NESSUN RISCHIO PER IL NOSTRO PAESE
KRSKO Un piccolo pannello luminoso giallo che inizia ad accendersi a
intermittenza tra le decine di quadri verticali, la sirena che comincia a
suonare a singhiozzo con brevi, inquietanti note rauche, spie e aghi di
strumenti che si muovono: è scattato così, mercoledì pomeriggio, l’allarme alla
Centrale nucleare di Krsko in Slovenia, a 130 chilometri in linea d’aria da
Trieste.
«Perdita di liquido refrigerante» la diagnosi elaborata automaticamente grazie a
sonde, computer e controlli remoti, ma nessuna fuga di radiazioni. I quattro
operatori della sala di controllo di turno e il supervisore iniziano le
procedure standard, fissate da rigidi protocolli, per l’ulteriore verifica della
natura dell’incidente poi sempre manovrando leve, manopole e bottoni avviano
l’iter di spegnimento del reattore. La scena è stata ricostruita a beneficio dei
giornalisti ieri nel simulacro della sala controllo, perfettamente identica a
quella reale, usata per addestrare il personale.
Il giorno dopo l’incidente gran parte dell’allarme per il guasto all’impianto
atomico sloveno si è sgonfiato, il timore di un fall out radioattivo è stato
escluso, la produzione dovrebbe riprendere martedì mentre invece sono montate le
polemiche. Stane Rozman, presidente del consiglio d’amministrazione della Nek,
l’azienda della centrale, se la prende con i mass media e con Bruxelles:
l’accaduto è stato ingigantito a dismisura; anche l’Ue vi ha contribuito e così
mezza Europa mercoledì sera è rimasta col fiato sospeso.
E tira in ballo anche la procedura, ratificata da specifici accordi, che ha
obbligato Lubiana a informare a Bruxelles l’Unione europea e gli aderenti alla
World Organization of Nuclear Operators a Parigi, il «club» mondiale dei
produttori d’energia atomica. Rozman, tuttavia, tralascia di raccontare quella
che, trattandosi d’argomenti così delicati, non può in alcun modo essere
catalogata come una «gaffe» slovena, pur se non della Nek. L'Agenzia nucleare
slovena mercoledì sera aveva informato i Paesi confinanti che l'incidente alla
Centrale era un'esercitazione. Ma poco dopo si era corretta. A rivelarlo è stato
ieri il ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik.
Il «caso Krsko», c’è da scommetterci, sarà comunque esaminato per settimane in
ogni minimo dettaglio, oltre che sul piano tecnico, dal punto di vista della
comunicazione, interna, istituzionale e divulgativa: il suo flusso,
l’elaborazione e trasmissione. Qualche meccanismo, nell’ingranaggio
internazionale, non ha funzionato. Non si spiega altrimenti come un incidente di
livello «zero» o «uno» su una scala di quattro, che parte degli abitanti della
zona ha saputo solo ieri per bocca dei reporter stranieri sguinzagliatisi nelle
vicinanze, abbia prodotto un’eco così vasta a livello europeo.
L’INCIDENTE
Ma cosa è avvenuto realmente mercoledì scorso alle 16? «Si è verificata una
perdita d’acqua in un sistema secondario dell’impianto refrigerante sigillato
nel ”containement”, - spiega Stane Rozman -: 2,4 metri cubi all’ora, per un
totale di 10 circa». Così i tecnici sul posto sono subito intervenuti iniziando
a raffreddare il reattore «incapsulato» in una sorta d’involucro cilindrico
biancoazzurro che svetta nella piana di Krsko. Alle 20 l’impianto era fermato.
Tutto è stato deciso all’interno della Centrale. «Il personale della sala
controllo - precisa Franc Priboviz, vice capo addestratore - ha piena visione
della situazione in ogni momento e hanno l’autorità per prendere tali decisioni
dopo verifiche anche con sopralluoghi». Non è stata necessaria nessuna
evacuazione, neppure di personale interno.
L’acqua contaminata è stata raccolta da pompe e inviata in speciali contenitori
sigillati dove avviene la decontaminazione, anche per distillazione: alla fine
del procedimento le scorie sono solide e sono pronte per i siti di stoccaggio.
«Abbiamo qui in sede le parti di ricambio necessarie - precisa il presidente
della Nek - e stiamo già avviando le riparazioni: contiamo di ripartire martedì
al più tardi».
L’ALLARME
Mentre i tecnici mettevano in sicurezza la struttura, i vertici dell’azienda
comunicavano il guasto all’Amministrazione slovena per la sicurezza nucleare del
Ministero dell’ambiente, che attivava i canali fino ad arrivare a Bruxelles, che
a pioggia diramava l’allerta agli Stati membri. Contemporaneamente la Nek
informava le autorità locali che però, dato il basso livello d’allarme, non
allertavano la popolazione.
LE POLEMICHE
«È stata una comunicazione impropria, imprecisa, quella riportata sull’accaduto
dai media ma anche da altri ”protagonisti” della vicenda. L’attenzione riservata
a tale caso è stata senz’altro troppo alta» ammonisce severo Rozman ribadendo
che l’attività dell’azienda nell’impianto è monitorata da istituzioni
indipendenti. Ma qualcosa, in effetti, non ha funzionato a dovere in Slovenia,
anche alla luce dell’allarme Ue scatatto poco dopo la perdita dall’impainto di
refrigerazione.
Da Lubiana l'Amministrazione nucleare in un primo momento ha informato i Paesi
vicini che l'incidente nucleare era un'esercitazione. Poco dopo si è corretta,
secondo le dichiarazioni del ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik: «È
stata usata l'espressione sbagliata, con il termine ”esercitazione”. È stato un
errore umano commesso in assoluta buona fede».
LA SICUREZZA
Se di errore si è trattato, questo concerne il sistema o la capacità di
comunicare verso l’esterno, non quella di reagire a un incidente. Dal punto di
vista della sicurezza, almeno agli occhi di un profano, la Centrale di Krsko
sembra offrire garanzie, come del resto il suo personale, 570 dipendenti, un
terzo dei quali laureati, che percepiscono i salari in assoluto più alti
nell’intera Slovenia. «Per divenire tecnico della sala controllo, a esempio -
spiega l’istruttore Priboviz -, i dipendenti frequentano un corso specialistico
di due anni. Successivamente, sono previsti ”refreshment”, aggiornamenti quattro
volte l’anno ciascuno della durata di una settimana. Non tutti gli operatori
addetti al controllo sono laureati, molti hanno un diploma tecnico alle spalle e
poi vengono ulteriormente qualificati. Normalmente nessuno viene impiegato
dentro il «contenitore» del reattore, e i dipendenti lavorano senza un
abbigliamento protettivo.
La protezione, quella verso possibili malintenzionati o attentatori, è
accuratissima. Per varcare i cancelli della Centrale è necessario sottoporsi a
un’estenuante serie di controlli, da quelli d’identità al rilevamento delle
impronte digitali tramite scanner elettronico della mano, dal controllo di
vestiario a quello di eventuali borse o attrezzature, anche ai raggi x, come
negli aeroporti. Sbarre elettroniche comandate dai «passi» personalizzati di
volta in volta sono posizionate all’ingresso di ogni edificio della struttura
mentre uno dei «vigilantes» armati segue passo passo ogni visitatore.
La Protezione civile, invece, a Krsko mercoledì sera e ieri non si è neppure
mobilitata. Di più: ha lasciato che ad avvertire i residenti della perdita di
liquido refrigerante fosse la televisione, all’ora di pranzo.
«Non abbiamo ritenuto di doverlo fare - afferma Branko Petan, consigliere per la
Protezione civile del sindaco Franc Ogovic -: il livello d’allarme era basso.
Organizziamo esercitazioni di evacuazione della popolazione, anche per i
pericoli del cloro della vicina fabbrica di cellulosa, ogni 5 anni dirottando la
gente in altri centri in un raggio di 50-100 km e abbiamo piani d’intervento a
seconda del grado d’allarme. Poi vi è un piano nazionale».
L’IMPIANTO
Dai tempi di Cernobyl, a Krsko sembrano essere passati ben più dei 22 anni
reali. La Centrale offre un’immagine che solo il potere evocatore della
catastrofe in Ucraina impedisce di definire quieta ed efficiente. Addirittura,
con le aiuole curate, i roseti in fiore, le stradine e i marciapiedi ben
mantenuti, gli edifici perfettamente intonacati se non fosse un paradosso
bucolica, tanto è circondata dal verde. Solo il cupo ronzio ovattato dalla
pioggia ricorda la natura del sito. Natura: quella che anche gli sloveni hanno
sfidato nella sua parte più piccola, intima, in nome della sete di energia.
LA CITTÀ
È ambivalente il rapporto tra città e centrale, improntato molto spesso al
fatalismo. «Di certo - racconta Vladka Kelman Strojin, titolare di una merceria
- a parte qualche assunzione l’impianto non crea un indotto economico per la
città e noi di questi incidenti lo veniamo a volte a sapere per caso, come oggi
da voi». Fatalismo e ironia: per il suo negozio ha scelto un nome rivelatore: «Atom»
PIER PAOLO GAROFALO
NEL PAESE CHE CONVIVE CON LA CENTRALE ATOMICA - «Qui ci ammaliamo e
chiediamo il perché. Nessuno risponde»
I timori del paese che convive con il reattore: «Nessuno ci ha avvisati. E
non è la prima volta» - TRA LE 68 FAMIGLIE DI SPODNJ GRAD
KRSKO Nella piccola frazione di Spodnj Grad, la più vicina ai reattori
nucleari di Krsko, gli abitanti faticano persino a trovare collaboratrici
domestiche. «Le donne sotto i 45 anni non sono disposte a lavorare qui - spiega
quasi rassegnata una residente -. Si sa che la presenza della centrale e,
soprattutto, delle scorie radioattive provoca infertilità. In poche quindi sono
disposte a rischiare. E per lo stesso motivo le mamme seguono con particolare
ansia le figlie adoloscenti».
Quella di non poter avere figli, non è però nè l’unica nè la più grande
preoccupazione delle sessantotto famiglie del paese. L’incubo peggiore è
rappresentato infatti dalla possibilità di ammalarsi di tumore. «Non hanno mai
dimostrato il collegamento tra i casi di cancro nella zona e l’attività della
centrale - chiarisce Marjanca Barley Serbec, dal ’92 titolare di un bar sulla
strada che collega il centro storico di Krsko alle campagne attorno all’impianto
della Nek -. Sappiamo però che molti di noi, negli ultimi 20 anni, si sono
ammalati. E si dice che a soffrire di quel brutto male ci siano anche parecchi
bambini. Tante volte abbiamo chiesto che ci venissero date indicazioni precise,
ma non è arrivata alcuna risposta. Non sappiamo quali sono i rischi per la
nostra salute, così come non sappiamo nulla di ciò che accade al di là dei
cancelli della Nek. Penso che sia proprio un ordine impartito dall’azienda:
tecnici e addetti hanno l’obbligo di non riferire alla gente cosa accade in
centrale. È per questo che sul punto più delicato di tutta la vicenda, le
modalità di conservazione delle scorie, abbiamo solo indicazioni frammentate.
C’è chi dice che le abbiamo interrate in vasche profonde 40 metri, e chi pensa
che siano stipate tutte nei depositi lunghi e stretti vicini ai parcheggi per i
dipendenti».
E c’è anche chi sostiene che, presto, le scorie troveranno posto nelle
abitazioni dei residenti di un’altra frazione. «Poco distante da qui c’è un
posto che si chiama Verbina - spiega Carmen Topol -. Lì vivono undici famiglie
che verranno tutte sfrattate proprio per far spazio alle scorie. Questo vuol
dire che rischiamo di avere i rifiuti ancora più vicini alle nostre case. Saremo
condannati a vivere con la paura, a svegliarci la mattina chiedendoci cosa potrà
succedere durante il giorno. Dopo quello che è accaduto ieri (mercoledì ndr),
l’angoscia poi è ancora maggiore. Io ho saputo dell’incidente dalla televisione.
Nessuno, nè dall’azienda nè dal Comune, si è preso il disturbo di avvisarci. Del
resto non è la prima volta che succede. Questi guasti ogni tanto capitano e noi
non possiamo far altro che sperare non abbiano conseguenze troppo gravi».
Come Carmen, quasi tutti gli altri residenti di Spodnj Grad hanno appreso
dell’allarme scattato l’altro pomeriggio dai notiziari. Qualcuno ha intuito da
solo la presenza di problemi all’impianto vedendo arrivare in paese gruppi di
tecnici croati. Qualcun altro invece ieri pomeriggio, e cioè a distanza di 24
ore dalle fuoriuscita del combustibile, ignorava ancora l’episodio. «Se ho avuto
paura l’altro giorno? E perchè, cosa è successo? - rispondeva ai visitatori la
cassiera del supermercato «Hardi» di Krsko -. Ah, una perdita di liquido. Non ne
sapevo niente, ma si sicuro non sarà stato niente di grave, come le altre volte.
Del resto, cosa volte farci. La centrale lì è e lì resta»
Così come le comunicazioni alla popolazione non sembrano essere particolarmente
tempestive, altrettanto carenti, secondo gli abitanti, sono le misure di
sicurezza. «L’azienda ci ha sì consegnato un libretto con le istruzioni da
seguire in caso di catastrofe - precisa un anziano del posto -. Ma ormai non ce
l’ha più in casa nessuno. I vademecum li avranno distribuiti l’ultima volta 15
anni fa, assieme a delle specie di tute protettive diventate ormai vecchie e
inservibili. Come ci regoliamo quindi in caso di disgrazia? Semplice. Se il
guasto è lieve, ci rintaniamo in casa chiudendo bene le finestre. Se invece
succede qualcosa di più serio, ci precipitiamo in macchina e scappiano, sempre
sperando di riuscire ad arrivarci alla macchina».
«E pensare che quando siamo venuti ad abitare in questa casa, qui attorno era
tutta una distesa di campi di grano - aggiungono Alojz e Rezka Munic -. Poi, di
punto in bianco, è stata annunciata la costruzione della centrale e nel ’73 è
stata posato la prima pietra. Nessuno ci ha chiesto niente. Altro che referendum
e coinvolgimento delle popolazioni di cui tanto si parla oggi. Succedesse oggi,
ci sarebbe di sicuro agitazioni e proteste. Ma purtroppo è successo 25 anni fa,
e a noi non resta che controllare ogni mattina se la centrale è ancora lì al suo
posto. Il giorno che non dovesse più esserci - concludono marito e moglie -
vorrà dire che non ci saremo più nemmeno noi».
MADDALENA REBECCA
L’Arpa: «Negativi tutti i test» - Non è stata riscontrata radioattività
nelle quattro province - I CONTROLLI DELL’AGENZIA REGIONALE
TRIESTE - Nessuna presenza di radioattività nell'aria è stata registrata tra ieri
in Friuli-Venezia Giulia. Lo ha comunicato l'Arpa regionale che, dopo l'allarme
per un possibile guasto alla centrale nucleare di Krsko (Slovenia), ha
effettuato controlli periodici.
«Sono state realizzate quattro misure di spettrometria gamma e l'analisi - è
detto in una nota dell'Arpa - non ha rilevato la presenza di alcun radionuclide
gamma emettitore artificiale». Il programma di monitoraggio particolare attivato
in questa situazione prevede che nei prossimi giorni vengano effettuate
ulteriori misure di spettrometria gamma su campioni di particolato atmosferico
prelevato a Udine e su filtri di particolato atmosferico prelevati a Trieste e
Gorizia. I risultati di tali misure saranno comunicati non appena disponibili.
Il programma di monitoraggio particolare attivato in questa situazione prevede
che nelle prossime ore vengano effettuate ulteriori misure di spettrometria
gamma su campioni di particolato atmosferico prelevato a Udine, su campioni di
fallout prelevati a Udine e a Trieste e su filtri di particolato atmosferico
prelevati a Trieste e Gorizia.
Situazione sotto controllo anche nel vicino Veneto dove nessun valore della
radioattività diverso dal «fondo ambientale consueto» è stato registrato dall’Arpav.
Metz: «Un episodio da non sottovalutare» - Il Wwf: «Ci sono soluzioni molto
più sicure». Legambiente: «Gli incidenti si ripetono»
LE REAZIONI DEGLI AMBIENTALISTI REGIONALI -
TRIESTE I movimenti ambientalisti e i Verdi attaccano sul nucleare. L’affondo
più incisivo arriva dall’ex consigliere regionale Alessandro Metz. «Mi sembra
evidente - dice, semmai ce ne fosse stato bisogno, che l'allarme derivato
dall'incidente a Krsko pone ancora con più forza la questione ambientale nei
nostri territori. Sappiamo bene che solo con il tempo riusciremo a sapere
effettivamente cosa sia successo, e che tipo di ricadute questo incidente possa
avere sulla nostra salute e sull'ambiente. Dallo spegnimento della centrale
serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, cosa lo abbia prodotto e gli
effetti reali, ma soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono
essere rilevate eventuali emissioni radioattive. Non è uno scherzo, né quanto
successo mercoledì, né tantomeno le parole, di solo poche settimane fa, di Renzo
Tondo e di Ferruccio Saro che annunciavano la volontà di diventare la prima
regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
Per la sezione del Wwf del Friuli Venezia Giulia «la notizia dell’incidente di
Krsko porta in massima evidenza la sicurezza e i costi degli impianti nucleari.
Esistono altre soluzioni di gran lunga più sicure e con minori impatti
ambientali, quali le fonti rinnovabili e soprattutto il risparmio e l’uso
razionale dell’energia.
«Non si può negare che la paura è stata tanta e in base a quanto sostenuto dalle
autorità italiane e slovene, sembrerebbe non esserci nessuna grave conseguenza -
spiega invece in una nota il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio
Cogliati Dezza. L'unica fuga che invece si è manifestata è quella dei
nuclearisti dalla smania di commento a favore dell'atomo».
«Gli incidenti si ripetono ciclicamente - prosegue Cogliati Dezza - e quello che
è accaduto in Slovenia è l'ennesima dimostrazione che la sicurezza, quando
parliamo di nucleare, non è mai certa. A questo problema vanno aggiunti tutti
gli altri: smaltimento delle scorie, alti costi, approvvigionamento d'uranio e,
non ultimi, i tempi per l'attuazione di un eventuale programma nucleare. Per
l'Italia scegliere l'atomo oggi - aggiunge il presidente di Legambiente -
significherebbe di fatto mettere una pietra tombale su qualsiasi prospettiva di
riduzione delle emissioni che porterebbe a pesanti sanzioni per non aver
rispettato il protocollo di Kyoto».
Critiche dall’Austria. Haider: chiudete quell’impianto - IL PAESE CHE
HA ABBANDONATO DA 30 ANNI IL NUCLEARE POLEMIZZA CON LA SLOVENIA
L’agenzia dell’Onu a Vienna: «Nessuna allerta ma proseguiamo a controllare la
situazione»
VIENNA Non è stato richiesto alcun intervento da parte degli esperti dell'Aiea,
l'Agenzia Onu per l'energia atomica con sede a Vienna, per un sopralluogo nella
centrale nucleare slovena di Krsko. L'incidente notificato alle 17.38 di
mercoledì al sistema di sicurezza europeo Ecurie e quindi all'Iec (Incident &
Emergency Centre) dell'Aiea, oltre che a Austria, Ungheria, Croazia e Italia, è
stato infatti catalogato come «unusual event», ha affermato l'ente viennese, e
come tale al livello più basso dei quattro previsti in caso di allarme. Il
reattore è stato spento e in base alle informazioni fornite dall'Ente sloveno
per l'energia nucleare, non vi sono state fuoriuscite di liquido di
raffreddamento dal sistema, ha fatto ancora sapere l'Aiea-Iec, che ha aggiunto:
«Continueremo a monitorare la situazione».
Parole in sintonia con quelle della Commissione Ue, secondo cui l'allarme
inoltrato attraverso Ecurie ai 27 Paesi membri «è un buon esempio di trasparenza
in caso di incidente nucleare».
Ma queste affermazioni distensive non hanno tuttavia sedato il clamore suscitato
in Austria dall'incidente. Avendo scelto con decisione la via del rifiuto del
nucleare, Vienna convive con fastidio con le centrali atomiche di Cechia,
Slovacchia, Ungheria e Slovenia.
Pur lodando l'efficacia del sistema di allarme dell'Unione Europea, che consente
di informare tutti i Paesi membri, il ministro austriaco all'ambiente, Josef
Pröll, non risparmia critiche a Lubiana, nonostante che le autorità slovene si
siano scusate per aver reagito «affrettatamente, sopravvalutando il problema» e
perdipiù informando i Paesi limitrofi senza cancellare dal modulo previsto la
parola «esercitazione». Secondo Pröll l'incidente ha dunque «scosso
massicciamente la fiducia dell'Austria nel sistema di allarme sloveno».
Da Klagenfurt si è inserito nelle polemiche anche Jörg Haider, che ha invitato
il governo di Lubiana a «chiudere finalmente la centrale».
Flavia Foradini
Grillo in videoconferenza oggi contro la Ferriera - IN PIAZZA UNITA’
- L’intervento previsto al termine del corteo che partirà alle 18 e attraverserà
le vie del centro
Ci sarà anche un Beppe Grillo virtuale alla manifestazione che oggi attraverserà
il centro della città e che chiederà la riconversione della Ferriera di Servola,
oltre al no ai rigassificatori e al taglio degli alberi di piazza Libertà. Il
comico genovese terrà un intervento, previsto per le 19.45, in collegamento da
piazza Unità al termine del corteo. Lo annuncia in una nota il Gruppo Beppe
Grillo di Trieste, coorganizzatore della manifestazione assieme al Circolo Miani,
a Servola Respira, a La Tua Muggia, al Coordinamenti di comitati di quartiere,
all’Italia dei Valori e «con l’adesione di svariate associazioni e comitati di
Trieste e della regione», precisa il Miani in una nota.
Il corteo partirà alle 18 da piazza Unità (lato Municipio) per percorrere piazza
della Borsa, corso italia, piazza Goldoni, via Carducci, piazza Oberdan, via
Ghega, piazza Libertà, Rive e tornare in piazza Unità.
Il segretario provinciale della Lega Nord e deputato Massimiliano Fedriga ha già
annunciato invece che «la Lega non parteciperà alla manifestazione. Nonostante
la Lega si sia sempre battuta per la chiusura dell’impianto – precisa il
parlamentare – non saremo presenti, poiché, essendo la Lega maggioranza in
Regione, riteniamo più incisiva un’azione politica istituzionale che possa
risolvere in maniera definitiva questo grave problema».
A confermare la propria adesione è invece il sindacato autonomo Confsal, che
precisa di essere «da sempre schierata per la tutela della salute pubblica e dei
lavoratori» e auspica in una nota firmata dal segretario provinciale Filippo
Caputo «che venga trovata in tempi brevi un'alternativa di lavoro ai dipendenti
dello stabilimento e avviata la procedura per la chiusura dello stesso.
Secondo l’ex consigliere regionale Verde Alessandro Metz, la partecipazione alla
manifestazione di oggi «diventa uno dei primi momenti in cui far sentire le
molte voci che ritengono di non sottomettersi alle lobby energetiche e
speculative e a chi da queste nel mondo della politica riceve ordini. Una
manifestazione che partendo dall'inquinamento della Ferriera - scrive Metz -
parli della nostra città e di tutti gli abusi che subisce per soddisfare gli
appetiti di grosse multinazionali o le “piccole imprese edili” amiche del
signorotto di turno». Per Metz l'allarme Krsko «pone ancora con più forza la
questione ambientale nei nostri territori. «Dallo spegnimento della centrale -
aggiunge Metz - serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, ma
soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono essere rilevate
eventuali emissioni radioattive a Muggia o a Trieste». «Non è uno scherzo -
aggiunge Metz - né quanto successo l’altra sera né tantomeno le parole, di solo
poche settimane fa, di Tondo e di Saro che approvando la svolta nuclearista del
nuovo Governo Berlusconi, tra l'altro appoggiata dalla quasi totalità
dell'opposizione parlamentare, annunciavano la volontà di diventare la prima
regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
Vertice sul riassetto del costone carsico
La variante al Piano regolatore comunale e l’approvazione del progetto
preliminare di riassetto ambientale, sistemazione fondiaria e bonifica del
costone carsico saranno al centro della riunione della sesta commissione
consiliare comunale (Urbanistica, traffico e ambiente) che si terrà oggi nella
sede della prima circoscrizione a Prosecco. All’incontro saranno presenti anche
il sindaco Roberto Dipiazza, il vicepresidente della Provincia Walter Godina e
tecnici delle due amministrazioni.
La circoscrizione di Servola chiede un piano del traffico
Bus bloccati da auto in sosta, doppi sensi in strade strette e scarsità di
parcheggi sono i disagi lamentati dai cittadini
La terza circoscrizione candida il rione di Servola come destinatario del
prossimo piano particolareggiato, dopo San Vito e San Luigi.
Alla luce delle tante problematiche presenti nel borgo, delle numerose mozioni
presentate nel corso degli ultimi anni in merito alla viabilità della zona, ora
infatti il parlamentino invia un chiaro messaggio al Comune, affinché si possa
avviare in tempi rapidi l’iter.
«Stiamo spingendo affinché venga data priorità in tal senso a Servola – racconta
il presidente della settima circoscrizione Andrea Vatta – e ci mettiamo in coda,
sperando che dopo l’intervento dell’amministrazione sull’area di San Luigi ora
tocchi proprio a questo rione. La situazione è davvero critica così come si
presenta variegata, perché ci sono moltissime salite e discese, stradine
strettissime e a doppio senso. Mancano inoltre i parcheggi, gli autobus molto
spesso restano bloccati a causa delle auto in sosta e in alcuni punti anche i
pedoni devono fare i conti con una reale difficoltà a utilizzare i marciapiedi o
semplicemente ad attraversare la strada».
Da tempo viene segnalata da consiglieri circoscrizionali e residenti la
necessità di ridurre i doppi sensi di marcia nelle strade più strette, ma non
sempre l’eventualità di creare nuovi sensi unici trova i consensi dei cittadini.
«Diciamo che, secondo le considerazioni che ho raccolto in questi mesi parlando
con le persone, sia pedoni che automobilisti, la soluzione accontenta la gente a
metà - spiega Vatta –: se da una parte il senso unico rende più fluida la
circolazione e permette la creazione di nuovi stalli per le auto, dall’altra
costringe a lungi giri con l’automobile i residenti, per uscire dalla zona o
rientrare nelle abitazioni. Credo però che in molti casi sia indispensabile.
Darebbe più spazio ai parcheggi per le auto e consentirebbe un passaggio
tranquillo e senza intoppi alle linee 29 e 8 della Trieste Trasporti, due
esigenze sentite dal rione, per la forte presenza di persone anziane».
Le tante mozioni approvate nel corso degli ultimi anni, aggiunge il presidente
del parlamentino, sono propedeutiche proprio al piano particolareggiato.
A Servola il Comune ha effettuato sopralluoghi, ipotizzando già possibili
rivoluzioni nella viabilità per alcune strade, le più critiche. Sulla salita di
via Soncini capita spesso che i mezzi pubblici non riescano a transitare a causa
delle soste selvagge: lo stesso problema che può capitare anche in via di
Servola.
Via Marco Praga invece è congestionata dalla presenza della scuola elementare,
con numerose auto che si bloccano, al mattino in particolare e al momento
dell’uscita, quando le famiglie accompagnano i bambini e difficilmente riescono
a passare senza formare code e rallentamento. In via del Pane Bianco invece è
presente la scuola dell’infanzia. E qui i problemi si creano soprattutto per i
pedoni, che spesso sono costretti a camminare in mezzo alla strada a causa delle
auto parcheggiate in seconda fila.
Problemi simili sono stati evidenziati da circoscrizione e cittadini anche in
via dei Giardini, via del Ponticello e varie altre strade della zona. «Vorrei
precisare che qualsiasi valutazione sul piano del traffico però – conclude Vatta
– sarà discussa insieme ai cittadini. Distribuiremo, come successo a San Vito,
alcuni questionari o promuoveremo incontri e dibattiti, per coinvolgere gli
abitanti del rione e conoscere nel dettaglio tutte le opinioni e i suggerimenti
che potranno emergere». E Servola in questi giorni è interessata da alcuni
lavori lungo via Soncini, che causano la chiusura dell’arteria rionale.
Gli interventi dovrebbero concludersi nella giornata odierna, legati a esigenze
dell’Acegas-Aps. Limitazioni previste al traffico quindi e anche alla sosta e
alla fermata nei pressi del cantiere.
Micol Brusaferro
Sette nuove case in Costiera, è polemica - Il presidente
circoscrizionale Rupel: si vuole cementificare un’area a rischio frane -
Residence turistici in via Picard
C’è un nuovo progetto che prevede delle costruzioni da realizzare nell’area
costiera triestina a cui corrisponde un preciso piano particolareggiato comunale
di iniziativa privata. Si tratta di sette nuove unità immobiliari, con
destinazione d’uso a residenza turistica, che verranno realizzate in via Picard,
nella parte a mare del comprensorio di Santa Croce.
Le nuove case sorgeranno in una posizione molto ambita, in quel tratto di
costiera caratterizzato dal verde e da paesaggi incantevoli sul mare. Secondo
gli ambientalisti si tratta dell’ennesimo intervento edilizio che va a
compromettere l’area più pregiata della provincia triestina, un territorio al
quale la febbre del mattone rischia di far perdere la sua identità.
Le nuove unità immobiliari prevedono una cubatura massima di 1507 metri cubi e
interessano un’area di superficie complessiva di circa tremila metri quadri. Nel
piano è proposto come opera di urbanizzazione primaria un parcheggio pubblico
per sette posti macchina posizionato lungo il fronte prospiciente via Picard,
parcheggio che verrà ceduto gratuitamente al Comune.
Nemmeno un anno fa, sempre nell’area sottostante la strada costiera, più vicino
alla frazione di Grignano e nei pressi di una ben nota osteria, un altro
progetto di iniziativa privata ha interessato un’altra area verde per la
costruzione di altre sette abitazioni a uso turistico. «Già in quell’occasione –
puntualizza per la circoscrizione di Altipiano Ovest il presidente Bruno Rupel –
avevamo avuto modo di contestare un intervento molto impattante per un’area
delicata e instabile come quella costiera. E avevamo dato un parere negativo
alla richiesta di concessione edilizia, rappresentando tutte le nostre
perplessità per delle operazioni edilizie che profumano di speculazione. Ora la
storia si ripete per un altro tratto di costiera – sostiene Rupel – e si vuole
cementificare in un ambiente caratterizzato da notevole dislivello e a tendenza
franosa».
Il parere della circoscrizione, pur essendo puramente consultivo, è indice di
una preoccupazione e di un pensiero molto diffuso, quelle dei cittadini che
vorrebbero maggiore tutela e conservazione per le aree verdi e le zone di pregio
ambientale. «Da tempo abbiamo chiesto la variazione degli indici di
edificabilità per la preziosa area costiera – interviene il consigliere Nicola
Tenze – con un documento specifico preparato dal consigliere Roberto Cattaruzza.
Purtroppo le nostre indicazioni non sono state recepite, e il nuovo progetto va
aggiungersi alla lunga serie in atto sulle colline e sui versanti panoramici di
tutta la nostra circoscrizione territoriale».
(m.l.)
PIAZZA LIBERTÀ - Un altro scempio
Ancora una volta questo sindaco sembra aver trovato il modo di stravolgere
l'aspetto di una piazza di Trieste, ancora una volta distruggendo il poco
patrimonio verde che ci rimane.
Non contento di aver reso piazza Vittorio Veneto un deserto, piazza Goldoni una
via di mezzo fra il muro di Berlino e un autolavaggio, di aver stravolto
l'aspetto di campo S. Giacomo abbattendo piante secolari sotto le quali i
cittadini si ristoravano nei caldi pomeriggi estivi, di aver lasciato
serenamente distruggere il polmone verde del parco della Maddalena nascondendosi
dietro un serafico «è proprietà privata e sono nel loro diritto» proclamato sul
proprio sito internet, ora vuole continuare lo scempio che ha fatto di questa
città abbattendo ancora alberi secolari per far spazio all’allargamento di una
strada la cui utilità appare assai dubbia.
Non dimentichiamoci che poco lontano da quella piazza Libertà che è
improvvisamente presentata come una strozzatura del flusso veicolare si trova il
viale Miramare, che anch'esso, almeno nel tratto fra la Stazione centrale e
largo Roiano, non brilla per ampiezza e capacità di reggere flussi elevati di
traffico. Per caso il nostro sindaco fra qualche mese, forte dell’aumentata
capacità di flusso della piazza Libertà e delle Rive ha intenzione di cominciare
a disboscare anche il viale Miramare? Riterrei più intelligente l’idea, che se
non mi sbaglio era già stata proposta, di aprire al traffico la direttrice
interna del Porto Vecchio, dal lato a mare del cavalcavia di Barcola alle Rive
dietro la Capitaneria di Porto. In questo caso si servirebbero sia i magazzini
portuali in fase di conversione sia le nuove strutture progettate in quell’area,
e si creerebbe allo stesso tempo una direttrice di scorrimento libera dalle
costrizioni di piazza Libertà e del primo tratto di viale Miramare. Spero che il
presidente dell’Autorità portuale vedrà in quest’idea meriti sufficienti a
rinunciare ad una parte del controllo esclusivo che reclama sull’area a
vantaggio di quegli stessi benefici per la città di cui si è fatto forte per
acquisire il controllo dell’Autoporto di Fernetti, aiutando così noi poveri
cittadini a mantenere inalterato l'aspetto di una delle ultime piazze di Trieste
ancora intatte».
Fabio Cigoi
PIAZZA LIBERTÀ - Ambientalisti e pregiudizi
Un ambientalista la cui mente non fosse ottenebrata dovrebbe essere lieto se al
posto di 21 alberi ne vengono piantati più di 50 e dovrebbe accettare anche il
sacrificio dei primi se ciò fosse necessario per fluidificare il traffico
stradale rendendo meno pesante l’effetto dei gas di scarico sulla qualità
dell’aria di una importante arteria cittadina come viale Miramare.
Quell’ambientalista dovrebbe poi essere soddisfatto della scelta voluta
dall’amministrazione comunale di recuperare all’uso pedonale una piazza che
ritorna a essere una bella appendice verde della Stazione ferroviaria con
contestuale ottimizzazione delle fermate degli autobus, un modo di stimolare
l’uso dei mezzi pubblici... appunto come auspicano gli ambientalisti la cui
mente non sia ottenebrata da prese di posizione preconcette e demagogiche.
Posizioni che peraltro avrebbero potuto essere espresse e discusse nella sede
appropriata, ossia la riunione delle associazioni convocata in municipio
dall’assessore Bandelli cui quelli che ora strepitano davanti all’aula del
Consiglio comunale si son guardati bene di partecipare. È più facile trovare
spazio nelle pagine sulla cronaca cittadina facendo caciara che presentando
proposte ragionate ed intelligenti. Senza rancore, ma noi c’eravamo e non
eravamo i soli.
Sergio Bisiani - Ambiente eè vita Fvg
Tondo e la Ferriera
Chi si illudeva che il cambio della giunta regionale potesse cambiare le cose
riguardo al problema della Ferriera, è rimasto sicuramente deluso. In occasione
di una annunciata manifestazione dei residenti di Servola, il neopresidente
Tondo si è rifiutato di incontrare i cittadini che lo avevano invitato a un
confronto sulla questione.
Tutto come prima dunque. Gli interessi delle lobby politiche continuano ad avere
il sopravvento sugli interessi dei cittadini e quelli – sempre troppo pochi –
che scendono in piazza per rivendicare i propri diritti non bastano per far
cambiare opinione a chi detiene il potere.
Edvino Ugolini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 giugno 2008
Krsko, guasto nella centrale nucleare - Una perdita si è verificata nel sistema refrigerante. Escluse fughe radioattive
LUBIANA INFORMA SUBITO L’UE CHE FA SCATTARE L’ALLARME
ATTIVANDO IL MONITORAGGIO
KRSKO Reti di monitoraggio attivate, sistemi di comunicazione ufficiali
«bollenti», diplomazie a pieno regime e mass media mobilitati: è stato allarme
in tutta Europa, ieri pomeriggio, per un guasto alla Centrale nucleare di Krsko,
in Slovenia, a soli 130 chilometri in linea d’aria da Trieste in direzione
Nordest vicino al confine con la Croazia. Una perdita di liquido dal sistema di
raffreddamento ha costretto a spegnere il reattore: nessuna fuga radioattiva,
tuttavia.
Almeno stando alle dichiarazioni ufficiali: «Massima calma». Mentre attorno al
sito, discretamente, le autorità prendevano le precauzioni del caso, anche se la
vita, a Krsko e dintorni, non sembrava mutare se non fosse stato per la
sorveglianza rinforzata.
A tarda ora ieri i tecnici sloveni dell’impianto non erano ancora in grado di
spiegare le cause del guasto. L'allarme è scattato esattamente alle 17.38.
Subito, mediante il sistema comunitario per uno scambio rapido d’informazioni in
caso di emergenza radiologica (sistema Ecurie) Bruxelles ha ricevuto da Lubiana
e immediatamente diffuso a tutti i Paesi dell'Unione europea la notizia
dell'incidente, ossia dell'uscita di liquido dall'impianto di raffreddamento.
Nel frattempo, gli operatori della Centrale di Krsko avevano già avviato la
procedura prevista per lo spegnimento del reattore (alle 20 lavorava ancora, al
22% della sua potenza), ed era scattato il monitoraggio della situazione da
parte della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare con sede a Lubiana.
Nelle ore successive, le notizie comunicate da Lubiana e confermate da
Bruxelles, sono state via via più rassicuranti anche se non circostanziate: «La
causa del guasto è ancora da scoprire ma non c'è stata alcuna fuga radioattiva».
Tutti i sistemi di allertamento hanno funzionato e – come comunicato dalla
direzione della Centrale – l'episodio non ha avuto alcun effetto negativo né sul
personale che in quel momento si trovava sul posto di lavoro né sulla
popolazione e l'ambiente circostanti. Certo, nessuna scena che potesse ricordare
il disastro di Chernobyl, ma i residenti, nelle proprie abitazioni, hanno subito
consultato gli opuscoli a suo tempo distribuiti dall’autorità con le istruzioni
in caso di emergenza al reattore; i genitori per prudenza hanno tenuto dentro
casa i bambini, i più vulnerabili a eventuali radiazioni. Gli agricoltori e gli
allevatori della zona si sono interrogati sulle possibili conseguenze economiche
negative dell’episodio, se non altro per i timori che i consumatori, più per
un’istintiva reazione psicologica che per rischi reali, possano evitare i loro
prodotti.
«Non ci sono state né si prevedono conseguenze sull'ambiente» ha dichiarato in
serata all'agenzia di stampa Reuters il direttore della Direzione nazionale per
la sicurezza nucleare Andrej Stritar. Ieri sera non era comunque possibile
prevedere quanto tempo ci vorrà per scoprire le cause e riparare il guasto e
dunque quanto tempo passerà prima che l’impianto possa essere riattivato.
Nonostante le precisazioni sulla non pericolosità dell'incidente, la notizia
diffusa da Bruxelles ha creato non poca apprensione in Europa, specie in Italia.
I più tranquilli, paradossalmente, ieri pomeriggio e sera erano proprio gli
sloveni, forse per «dovere d’istituto». Mugugni e lamentele, in ogni caso, non
sono mancati vicino a Krsko. Anche se l'informazione sul guasto non ha trovato
posto tra i titoli del primo telegiornale della sera, quello delle 19, mentre
sul televideo e sul sito Internet di Rtv Slovenia la notizia è apparsa appena
dopo le 20, pur se l'agenzia stampa nazionale Sta l'aveva «battuta» prima delle
19.
La Centrale nucleare di Krsko è stata costruita nel 1981 insieme da Slovenia e
Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federativa.
Tecnicamente, è costituita da un reattore ad acqua pressurizzata realizzato
dalla Westinghouse con una capacità di 632 megawatts. Funziona con 121 elementi
di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre
di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
Da allora, e in particolare negli ultimi anni, non ci sono mai stati problemi di
sicurezza. Nel 2007, addirittura, prima del periodico intervento di
manutenzione, la Centrale era rimasta collegata alla rete elettrica per ben 510
giorni consecutivi. L’anno scorso l’impianto ha prodotto 5 miliardi e 700
milioni di chilovattore di energia elettrica. Anche gli ultimi dati per aprile,
forniti dalla Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, erano più che
buoni: la struttura ha funzionato a pieno regime; tutti i parametri erano
rispettati e i meccanismi di sicurezza erano perfettamente operativi.
Lo smantellamento e la dismissione di Krsko sono previsti per il 2023, anche se
poco più di un anno fa il ministro dell’Economia sloveno Andrej Vizjak non aveva
escluso la costruzione di un secondo blocco della Centrale. Krsko, attualmente,
copre il 24% del fabbisogno energetico della Slovenia e il 17 di quello croato.
«È UN REATTORE DATATO MA STABILE» - Il raffreddamento ad acqua è semplice ma
efficace. Così funzionano 200 impianti nel mondo
TRIESTE - Come si è potuto apprendere dalle notizie di agenzia che hanno fatto il
giro dell’Europa, il giorno 4 giugno alle 17.38 locali è avvenuto un incidente
alla centrale nucleare di Krsko sito in Slovenia in prossimità del confine con
la Croazia a circa 130 chilometri da Trieste. Nello specifico, l’incidente è
definito da una perdita del sistema di raffreddamento primario che, in questo
tipo di impianti, è costituito da acqua che funge anche da moderatore della
reazione nucleare.
L’impianto di Krsko, infatti, è un reattore di seconda generazione e del tipo
Pwr ovvero ad acqua in pressione. In questo tipo di impianti, l’acqua a contatto
con il nocciolo viene mantenuta in pressione a circa 150 atmosfere e a una
temperatura di circa 300 gradi centigradi. Questo tipo di reattori sono molto
stabili in quanto, usando l’acqua come moderatore, nel caso in cui dovesse
generarsi un surriscaldamento l’aumento di temperatura determinerebbe una
riduzione della densità dell’acqua che si espande e, di conseguenza,
«interferisce» di meno con i neutroni emessi dal nocciolo generando una
riduzione della reattività nucleare.
L’impianto, in seguito all’incidente, è stato «spento» per poter successivamente
riparare la perdita. Esso ha determinato l’immediata notifica al sistema di
gestione di emergenze nucleari Ecurie (European community urgent radiological
information exchange). Le autorità slovene, al momento, hanno escluso possibili
danni all’ambiente. Ossia, tradotto in parole povere, significa che la perdita è
rimasta contenuta all’interno dell’edifico ospitante il reattore.
Al momento sono in attività oltre 200 impianti di questo tipo che, sebbene
relativamente vecchi, sono considerati sicuri ed efficienti. Se l’incidente
dovesse limitarsi a quanto descritto nei comunicati ufficiali non ci sarebbero
problemi né per l’ambiente né per le persone. I livelli di radioattività sono
tenuti sotto controllo sia dalla Protezione civile nazionale che agisce
istituzionalmente in questo campo, sia dagli organi internazionali di controllo
e prevenzione che coordinano questo tipo di monitoraggio. Una altra rete di
controllo, inoltre, è quella che viene fornita dal Technical support del Ctbto (Comprehesive
treaty for nuclear tests ban organisation) che dispone di sistemi di rilevamento
per radionuclidi sparsi in tutto il mondo. L’Ogs (Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale) ha peraltro svolto in passato e anche
recentemente studi mediante tecniche geofisiche d’avanguardia sul sito dove
sorge l’impianto per verificarne la sicurezza geologica e geotecnica in
collaborazione con istituzioni slovene. Nel 2004, inoltre, l’Ogs ha anche
partecipato a un rilievo aereo del sito di Krsko per una mappatura della
morfologia dell’area e la generazione di un inventario delle infrastrutture
esistenti nella zona. Soprattutto in considerazione che le scorie nucleari
vengono deposte non lontano da dove sorge il reattore.
Franco Coren - (Direttore del dipartimento di Geofisica della litosfera
Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, membro del
roaster degli ispettori dell’Onu per l’applicazione del trattato di bando dei
test nucleari Ctbto)
Operativa dal 1983 sarà chiusa nel 2023 - Un impianto di seconda generazione
dotato di un reattore americano. Fornisce più di un quarto dell’energia del
Paese
ROMA - La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, è stata inaugurata nel gennaio
del 1983. La sua costruzione era iniziata nel 1975. La gestione è mista fra
Croazia e Slovenia, che al momento della costruzione erano ancora unite nella
Jugoslavia. Lo spegnimento definitivo è previsto per il 2023, e i lavori di
smantellamento andranno avanti per 13 anni.
La centrale ha un solo reattore da 730 megawatt, e in un anno genera circa 5200
gigawattora. Il reattore è del tipo Pwr (Pressurized Water Reactor) ed è di
fabbricazione americana (Westinghouse). L’impianto fa parte della seconda
generazione di centrali, successiva rispetto a quella di Chernobyl.
Il reattore funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata
come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare
la potenza.
Il calore sviluppato dalla reazione di fissione dell'uranio nel nocciolo del
reattore scalda l'acqua di un generatore di vapore, che aziona delle turbineche
producono corrente elettrica. Questo tipo di reattore ha due circuiti di
raffreddamento: il primario a contatto diretto con il nocciolo e il secondario
che raffredda le turbine, entrambi caricati con acqua demineralizzata. La
divisione in due circuiti è più sicura, e difficilmente il secondario viene
contaminato in caso di perdite.
La compagnia che gestisce la centrale è la Nuklearna Elektrarna Krsko (Nek) che
è di proprietà della compagnia elettrica slovena Gen-Energija, (costola della
statale Elektro-Slovenija, Eles) e della croata Hrvatska elektroprivreda (Hep).
L’impianto fornisce più di un quarto dell’energia elettrica necessaria alla
Slovenia e un quinto di quella utilizzata dalla Croazia. Le scorie nucleari
prodotte vengono custodite in un deposito poco distante che raggiungerà il
limite di capacità fra tre anni.
FRATTINI ACCELERA SULL’EUROREGIONE: ENTRO LUGLIO SUMMIT A TRIESTE - IL
VERTICE A ROMA CON I MINISTRI PDL
TRIESTE Silvio Berlusconi l’ha già promesso. Ma il Friuli Venezia Giulia,
all’indomani dell’ennesimo ingorgo autostradale, ha fretta. Tanta fretta: il
commissario straordinario dell’A4, il solo che può ridurre i tempi di
costruzione della terza corsia, non può attendere. Non più. E così, mentre il
tam tam scommette già su Bortolo Mainardi, l’architetto bellunese che è stato
commissario straordinario per le grandi opere del Nordest sino a due anni fa, il
centrodestra intensifica il pressing. Fa gioco di squadra e incassa due appoggi
pesanti: quelli dei ministri «amici» Franco Frattini e Renato Brunetta che
adottano l’emergenza «terza corsia». Obiettivo condiviso: chiudere la partita,
con il commissario in campo, nel giro di un mese. O poco più.
Il titolare degli Esteri e quello della Funzione pubblica promettono massimo
impegno nella serata di ieri quando, nella sede romana della Regione, si
presentano all’incontro politico sul Friuli Venezia Giulia. Organizzano i
segretari del Popolo della libertà, Isidoro Gottardo e Roberto Menia, costretto
infine a disertare a causa dell’allarme Krsko. Partecipano i parlamentari del
centrodestra - unici assenti giustificati Roberto Antonione e Giulio Camber - e
il vicepresidente della Regione Luca Ciriani.
«Abbiamo definito una strategia comune, a livello politico, per far fronte agli
impegni assunti in campagna elettorale, a partire dal patto in dieci punti che
il premier ha siglato con il presidente Renzo Tondo» premette Gottardo. Subito
dopo, però, aggiunge che il primo punto all’ordine del giorno, il più urgente,
porta all’A4 ormai strozzata: «La nomina del commissario è la priorità. Il
ministro ai Trasporti, Altero Matteoli, è stato sensibilizzato nel pomeriggio. E
Frattini e Brunetta, in serata, hanno assicurato che si adopereranno affinché il
governo provveda nei tempi più rapidi possibili». L’iter è partito: la Regione
sta perfezionando in tandem con il Veneto la nuova richiesta di stato
d’emergenza, indispensabile a strappare il commissario. Non solo: oggi Renzo
Tondo vola nella capitale dove alle 16 incontrerà, insieme ai presidenti delle
Regioni e quindi anche a Giancarlo Galan, proprio Berlusconi. Possibile che non
colga l’occasione e non perori direttamente con il Cavaliere un’accelerazione?
Nell’attesa, approfittando della presenza di Frattini e Brunetta, il tavolo
politico del Pdl non si limita alla sola A4. Ma affronta altri temi, individua
altri obiettivi, definisce altre strategie. Sull’Euroregione, innanzitutto: il
ministro degli Esteri, ancora una volta, dà ampie garanzie. Assicura che intende
promuovere il recepimento del regolamento comunitario sui Gect, passaggio chiave
per far nascere una «casa senza confini». Annuncia che vuole negoziare con la
Regione i contenuti possibili della futura Euroregione. Ribadisce che entro
luglio verrà in visita ufficiale a Trieste e in Friuli Venezia Giulia: «E in
quella sede - anticipa Gottardo - definirà l’accordo tra Regione e Farnesina».
Il ministro della Funzione pubblica, da parte sua, apre un tavolo bilaterale
sull’innovazione nell’amministrazione: «Servirà ad attuare in Friuli Venezia
Giulia politiche sperimentali di innovazione della ”macchina” pubblica». Non è
finita: Frattini raccoglie l’input di Ferruccio Saro che, ricordando il
ventennale ormai alle porte della caduta del muro, invita la Farnesina a
patrocinare e «valorizzare» quale «crocevia di culture e popoli» il Mittelfest.
Ed entrambi i ministri sponsorizzano le candidature dell’Agenzia europea delle
lingue minori a Udine e di una sede regionale dell’istituto europeo di ricerca
scientifica. Ma come dimenticare il federalismo fiscale? E le compartecipazioni
sulle pensioni? Partite non facili, anzi, ma il Pdl intende giocarsele sino in
fondo: «Ne parleremo con il ministro Giulio Tremonti» afferma Gottardo. E Saro:
«Daremo battaglia per avere una norma che ci consenta di fronteggiare la
concorrenza fiscale di Slovenia e Carinzia».
ROBERTA GIANI
Sei Intercity a rischio Il Pd: Roma si muova - INTERROGAZIONE AL SENATO
TRIESTE Un’interrogazione al ministro dei Trasporti, per chiedere interventi
contro il presunto «taglio» di linee di Trenitalia in Friuli Venezia Giulia, è
stata presentata ieri dai senatori del Pd Carlo Pegorer e Flavio Pertoldi. Nel
documento, i parlamentari ricordano che i tagli riguarderebbero sei Intercity da
e verso Udine con passaggio a Pordenone. E aggiungono che il Friuli Venezia
Giulia soffre difficoltà nei collegamenti ferroviari con il resto del Paese. «La
decisione di Trenitalia - proseguono Pegorer e Pertoldi - riguarderebbe anche
altri importanti collegamenti ferroviari nel Nord-Est, determinando serie
ripercussioni negative su tutta una vasta area altamente strategica e vitale nei
collegamenti con il resto dell'Europa». I due senatori chiedono infine al
governo di «garantire ai cittadini e alle imprese della Regione i necessari
collegamenti con il resto del Paese».
Oggi, intanto, anche l’assessore regionale ai Trasporti e alle Infrastrutture,
Riccardo Riccardi, affronterà la questione dei treni a rischio soppressione con
i vertici delle ferrovie.
IL CASO PIAZZA LIBERTÀ - Associazione orticola Fvg: no al progetto
taglia-alberi
Non si può sacrificare un polmone verde come piazza Libertà sull’altare dei
finanziamenti statali e regionali da prendere al volo. Perché «300 alberetti non
valgono 2 alberoni». L’associazione orticola Fvg rilancia così la propria
contrarietà al progetto di riqualificazione di piazza Libertà - destinato a
rivoluzionare fra due anni viabilità e spazi verdi dell’area - approvato la
scorsa settimana tra feroci polemiche. «Con buona pace della trasparenza -
scrive la presidente dell’associazione, Mariangela Barbiero - il progetto
preliminare di Piazza Libertà è noto solo da pochi giorni. Secondo quanto
esposto da Wwf e Italia Nostra, i fondi (statali e regionali, 3 milioni e 800
mila euro in totale, ndr) sono stati stanziati per progetti di riqualificazione
e/o di intermobilità. Il progetto non risponde a nessuno di questi requisiti.
Piazza Libertà è stata riqualificata da pochi anni e sta benissimo. Il traffico
non pone problemi neanche nelle ore di punta e tuttavia si prevede di
trasformare la strada davanti alla stazione in un giardino e una fetta
dell’attuale giardino in una strada (a 6-7-8 corsie) a doppio senso di marcia!».
Infine gli alberi: «Questo giardino è essenzialmente un polmone verde, non certo
un luogo di passeggio, caso mai di rapido transito. Per crearne uno simile
occorrerebbero decenni».
Estate a lezione di clima - «SUMMER SCHOOL» A DUINO - Docenti da
vari Paesi al Collegio del Mondo unito
Il Collegio del mondo unito dell’Adriatico, con la sponsorizzazione del Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e del Consorzio di centri di
ricerca Watch, ha organizzato l’«International Summer School on Climate Change
and Water Cycle» con l’obiettivo, come si legge in una nota, di fare del Friuli
Venezia Giulia una meta ambita per giovani talenti provenienti da svariate parti
del Mondo.
Partner sin dal 2005 del Network science system del Friuli Venezia Giulia, il
Collegio è consapevole - prosegue la nota - che per garantire l’innovazione
della ricerca sviluppata in regione occorre un investimento a 360 gradi che
tenga in considerazione la formazione delle nuove generazioni. È pertanto di
vitale importanza promuovere l’eccellenza accademica e lo sviluppo della
leadership in uno stimolante ambiente internazionale.
La Summer School è indirizzata a 38 studenti provenienti dai 12 collegi del
Mondo unito (Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland,
Italia, Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono impartite da
scienziati di livello europeo provenienti del progetto Watch attualmente
impegnati nelle ricerche dei cambiamenti climatici. Le attività extracurriculari
sono gestite da insegnanti del Collegio, dal Master in comunicazione scientifica
della Sissa e da professionisti del giornalismo.
La cerimonia di chiusura si svolgerà sabato alle 11.30 nell’auditorium del
Collegio. È prevista una tavola rotonda del tema «I giovani talenti, esigenza
decisiva per il Sistema della Ricerca nel Friuli Venezia Giulia», alla quale
saranno presenti svariati direttori di centri di ricerca cittadini.
Via di Cavana, parte la pedonalizzazione - In piazza Hortis un sagrato più grande - NEL TRATTO TRA LA PIAZZA E IL PALAZZO DELLA CURIA
Appaltata l’opera, previsto anche un nuovo impianto di
illuminazione
Bandelli: almeno un tratto della strada sarà pronto per la Barcolana, se avremo
fortuna con il meteo
Cambierà volto entro autunno il tratto di via Cavana che va dalla piazza che
porta lo stesso nome al palazzo della Curia. Il cuore storico della città
vecchia sarà interamente ripavimentato e riservato ai pedoni; in questa maniera
si completerà l’anello mancante della lunga passeggiata che va dal Borgo
Teresiano a quello Giuseppino, attraversando il centro di Trieste. Ieri sono
state aperte le buste per la gara indetta dal Comune per l’assegnazione dei
lavori.
«L’offerta migliore – ha annunciato l’assessore comunale per i Lavori pubblici,
Franco Bandelli – è quella presentata dall’impresa De Candido, già nota a
Trieste per aver effettuato lavori in largo Barriera”. Il costo dell’opera è di
350mila euro, mentre sono 150 i giorni lavorativi indicati per il suo
completamento. «Se avremo fortuna con le condizioni atmosferiche – ha aggiunto
Bandelli – potremo riconsegnare alla città almeno un pezzo della nuova via
Cavana in tempo per la Barcolana». Nel dettaglio, sarò portato allo stesso
livello il manto stradale che va dall’incrocio di via Cavana con la via Madonna
del Mare fino a piazzetta Santa Lucia. Quest’ultima sarà interessata da un
intervento accessorio importante: verrà allargato il sagrato della chiesa di
piazza Hortis dedicata alla Beata Vergine del Soccorso, ma nota anche col nome
di Sant’Antonio vecchio. «In questa maniera – ha precisato l’assessore – si
restringerà la parte di strada riservata alla circolazione lungo la via Santi
Martiri nel tratto di confluenza in piazzetta Santa Lucia, impedendo la sosta
selvaggia».
La parte di via Cavana da pedonalizzare sarà delimitata agli estremi da
colonnine rientranti nell’asfalto, per garantire l’accesso ai mezzi di soccorso
e di emergenza e alle vetture della Curia vescovile. I negozi che insistono su
quel tratto di via Cavana avranno a disposizione, per le operazioni di carico e
scarico delle merci, il lato destro in discesa della via dell’Annunziata.
Dall’altro lato, in prossimità di piazza Cavana, il marciapiede dell’area
pedonale sarà definito con una linea rotonda, che farà da invito ai mezzi che da
via Felice Venezian vorranno salire lungo la via Madonna del Mare.
«Sarà rinnovata anche l’illuminazione della zona – ha proseguito Bandelli –
mentre per l’arredo urbano aspetteremo qualche tempo, per verificare le
eventuali richieste dei pubblici esercizi che si affacciano sulla strada per
ottenere spazi in regime di occupazione di suolo pubblico».
Non appena sarà completato questo intervento, si procederà al prossimo
importante lavoro in centro, cioè la sistemazione di piazza della Borsa. «Dove
sarà collocata la fontana del Nettuno – ha concluso l’assessore – e dove sarà
rifatta la pavimentazione, come il sindaco Dipiazza e io siamo intenzionati a
fare».
Ugo Salvini
Nasce «No smog» contro la Ferriera - NUOVO COMITATO
A Servola è nato un nuovo comitato che vuole occuparsi del problema
dell’inquinamento provocato dalla Ferriera. Si chiama «Nosmog – Comitato
cittadini esposti alla Ferriera di Servola». «Vogliamo lavorare in modo
finalmente serie e concrete – spiega la presidente, Alda Sancin - abbandonando i
facili proclami e le manifestazioni a effetto che lasciano il tempo che
trovano».
Evidente il riferimento al circolo Miani: «Per un certo periodo abbiamo
camminato paralleli – continua la Sancin – ma alcuni atteggiamenti erano
finalizzati a ottenere visibilità più che risultati pratici. Agiremo da soli
basandoci sulla verifica dell’applicazione della legge, sul controllo dei
provvedimenti, sul rispetto delle regole da parte dei pubblici amministratori e
di quanti hanno competenze istituzionali sulla Ferriera».
Scopo di «Nosmog» è di giungere alla chiusura o alla riconversione della
Ferriera, salvaguardando i posti di lavoro. «L’azione del Comitato – riprende la
Sancin - consisterà nel sensibilizzare tutte le forze politiche e l’opinione
pubblica su un problema che coinvolge la salute e la qualità di vita di migliaia
di cittadini, e soprattutto di verificare e monitorare puntualmente che gli
organismi preposti eseguano rigorosamente, e nei precisi termini previsti, i
controlli sugli adempimenti imposti dalla Autorizzazione integrata ambientale e
dalle leggi vigenti in materia ambientale alla Ferriera».
Nel comunicato iniziale si legge che «l’adesione al Comitato, apolitico e
apartitico, è aperta a tutti coloro si riconoscano in tale iniziativa e siano
disposti a collaborare, fermo restando che l’adesione non impedisce la
partecipazione di ognuno ad altre forme di azione che altri comitati o
associazioni intendessero promuovere e organizzare». Il Comitato può contare
oggi su una trentina di aderenti, ma conta di crescere rapidamente. Accanto alla
Sancin, nominati il portavoce Roberto Banelli e il coordinatore tecnico Adriano
Tasso. «A Servola si sta sempre peggio – riprende la Sancin – e siccome da
alcune fonti istituzionali si continua a dire che la situazione sta migliorando,
vogliamo verificare la correttezza nella trasmissione dei dati e la regolarità
della catena di controllo».
Adriano Tasso evidenzia che «con il Comitato intendiamo fare sul serio e da
soli, evitando inutili personalismi che finora si sono dimostrati del tutto
inutili e gratuiti». Il sito Internet www.nosmog.wordpress.com, l’email è nosmog@foxmail.it.
Ugo Salvini
PIAZZA LIBERTÀ - La strage di alberi (1)
Ci spiace leggere su Il Piccolo del 24 maggio, che il Sindaco giudichi le
osservazioni degli ambientalisti come solite lagnanze, ed un suo Assessore
rincari giudicandoci addirittura integralisti, noi crediamo invece che le nostre
denunce, ed il nostro esempio, servano per migliorare la vita nelle città, nel
rispetto dei nostri simili e della natura.
Le associazioni di volontariato, con il loro lavoro (non retribuito) suppliscono
molto spesso alle carenze degli enti, con l'assistenza, il controllo e la
sensibilizzazione, cercando di salvaguardare il bene più prezioso, la vita.
Spesso dopo questa mole di lavoro il grazie giuntoci dai politici è quello di
insultarci e deriderci.
Gli alberi sono un bene di tutti e vanno salvaguardati e non abbattuti: in città
dovrebbero aumentare le aree verdi per migliorare la vita e la salute delle
persone. Gli alberi di piazza Libertà instaurano nell’area circostante un
microclima che abbassa le temperature nelle calde giornate estive. Inoltre la
loro chioma ospita innumerevoli uccelli che compiono migrazioni incredibili per
venire a riprodursi nei nostri territori.
Su quegli alberi per nostra fortuna riesce a nidificare un assiolo, cosa non
molto comune in città, e mentre il nostro Sindaco in alcune zone fa sistemare
dei nidi artificiali per la riproduzione di passeriformi, in altri siti abbatte
la sua mannaia. Ci riferiamo agli alberi dell’ex parco dell’ex ospedale della
Maddalena, ora solamente un ex, ricordando che in questo caso c’è stata
sicuramente una violazione al regolamento del verde pubblico e al regolamento
per la tutela e il benessere degli animali. I responsabili dovrebbero essere
puniti con una sanzione come previsto dagli stessi regolamenti.
Infine, signor sindaco, non parli solamente della Ferriera come responsabile
delle malattie delle persone. Ogni albero abbattuto, non facendo più la funzione
di filtro, fa aumentare la quantità di pm 10 influendo sulla salute dei
cittadini, e negli anni progetti sconsiderati ne hanno tolti parecchi, piazza
Vittorio Veneto, piazzale Monte Re, e piazza Perugino vada a vedere come vivono
bene le piante.
Per i parcheggi in via Cologna è stato sacrificato un bagolaro di cent'anni,
bastava rinunciare a due o tre parcheggi e le persone e gli animali potevano
godere ancora dei suoi benefici. Anche sulle splendide rive gli alberi,
produttori di ossigeno e ghiotti di anidride carbonica, non è che vivano bene.
Quindi prima di lamentarsi il sindaco faccia un esame di coscienza e non ci
accusi di osteggiare il progresso e l’evoluzione della città, poiché forse noi
più di lui teniamo alla vita di tutti gli esseri viventi e alla salvaguardia
della nostra bella città.
Associazione orticola del Fvg Trafioriepiante - Lav (Lega Anti Vivisezione)
sede di Trieste - Wwf sede di Trieste
PIAZZA LIBERTÀ - La strage di alberi (2)
Ora basta. Quando è troppo, è troppo! Non voglio morire soffocata da tonnellate
di cemento! Chi ammazza gli alberi è un assassino! Uccidere alberi è un crimine
contro l’umanità!
Claudia Ullmann
PIAZZA LIBERTÀ - Tutela del patrimonio
Egregio Signor Sindaco, nel corso di una trasmissione in diretta, il 23 maggio
lei, interpellato in merito ai lavori di piazza Venezia e piazza Libertà,
sarebbe sbottato in un... «per colpa di due cretini...», riferendosi ai comitati
che seguono progetti e lavori e che, evidentemente, non la lascerebbero
lavorare. Per quanto ci riguarda, poi, nel Piccolo del giorno dopo aggiunge:
«Rimetto la statua di Massimiliano, riporto in superficie i masegni e rompono
addirittura per questo». Penso, egregio signor sindaco, che qui si stia
sbagliando e che le distanze tra di noi siano minori di quanto creda: noi siamo
felicissimi, ripeto felicissimi, che Massimiliano torni al suo posto e, anzi, il
recupero dei masegni corona il nostro impegno di nove anni di battaglie
epistolari; immodestamente osiamo credere che questa virata rispetto al passato,
quando i lastroni venivano divelti per finire chissà dove, sia anche dovuta al
nostro lavoro. Certo, il recupero ci sarebbe piaciuto di più se fosse stato
attuato sulla piazza intera ma sappiamo delle lamentele per le fermate degli
autobus e concordiamo che amministrare non sia facile. Non comprendiamo, però,
perché si continui a non voler capire che ogni singolo pezzo va gelosamente
salvaguardato, in quanto unico ed irreversibile; l’aver «segato» il perimetro
della piazza con una fresa anziché sollevare i masegni e riposizionarli senza
danno, è indice di un lavoro fatto male da parte della ditta (ironia: il
responsabile si chiama... Tagliapietra), che così fa prima ma distrugge il
patrimonio storico dei triestini. Comunque, rispetto alle «riqualificazioni»
precedenti (piazza V. Veneto, Goldoni, piazza Unità), che hanno cancellato la
connotazione storico-artistica della città, facendole perdere quell’atmosfera di
stampo imperiale che la rendeva unica e relegandola verso anonime cittadine di
provincia senza alcun passato, siamo finalmente a un’inversione di tendenza.
Vigileremo, per quel che possiamo, affinché anche i recuperi delle piazze
Ponterosso, della Borsa, della Libertà, Tommaseo e quant’altre vengano
effettuati con gli stessi criteri di piazza Venezia esclusa, si intende, la
distruzione insensata (e questa sì cretina) del bene pubblico. A questo
proposito abbiamo ricevuto dalla Soprintendenza di Venezia il «Protocollo di
Intesa» col Comune di quella città sul trattamento dei masegni: l’abbiamo
presentato nella conferenza stampa dell’8 maggio ed inviata sia a lei sia all’ass.
Bandelli: sarebbe molto positivo se anche il nostro Comune lo adottasse. È
voluto essere questo, da parte nostra, un contributo di idee all’attività del
Comune di Trieste come, del pari, abbiamo commissionato a nostre spese ad uno
studio di architetti il «Progetto pedonale MaSegno», realizzato dall’arch.
Johanna Riva, che si snoda per itinerario interno rispetto alle Rive da Piazza.
Libertà fino a Piazza Venezia, riportando in superficie il lastricato originario
(senza grossa spesa).
L’idea del ponte sul canale, che integrerebbe il percorso del progetto, non ci
vede del tutto contrari: speriamo, peraltro, che la Soprintendenza bocci l’idea
in «acciaio, vetro e legno» (e chissà cos’altro): c’è da rispettare l’omogeneità
del contesto, lasciamo Las Vegas in America! Sarebbe anche ora, a nostro parere,
che i vari comitati non venissero visti dalla controparte come fanatici
avversari da combattere ma come delle risorse da cui si può ricavare qualcosa di
utile, sia in osservazioni sia in idee: se Italia Nostra, per fare un esempio,
non si fosse mossa per il palazzo R.A.S. di piazza Oberdan, oggi avremmo una
deturpazione in più ed un’immagine storica in meno su cui recriminare.
Riteniamo ancora, egregio signor Sindaco, che sarebbe cosa illuminata avere un
incontro con tutti in sua presenza; per quanto ci riguarda, per i danni fatti in
passato, può documentarsi sul nostro sito www.sostrieste.it e sono certo che
comprenderà i motivi delle nostre passate iniziative.
Bruno Cavicchioli - presidente del Comitato per la salvaguardia del
patrimonio urbano di Trieste
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 giugno 2008
Ferriera e rigassificatori un corteo di protesta
- Le associazioni di Servola scendono in piazza con i Verdi, i Grillo Boys e
Italia dei valori - VENERDÌ LA MANIFESTAZIONE
«Trieste si fermi ora per ribadire un secco no alla Ferriera, ma anche ai
rigassificatori, al taglio degli alberi di piazza Libertà e a tutte quelle
scelte politiche in materia ambientale prese senza il consenso dei cittadini». È
l'appello lanciato a tutti i triestini dal Circolo Miani, che assieme ai
comitati di quartiere, Servola respira, la tua Muggia e gli Amici di Beppe
Grillo organizzerà una manifestazione venerdì alle 18.
Un corteo che ha già incontrato le adesioni trasversali di alcuni partiti tra
cui i Verdi - guidati da Alessandro Metz e Alfredo Racovelli - Italia dei Valori
e la commissione sanità della Lega Nord e che vedrà sfilare anche il sindaco di
centrodestra di Villa Vicentina noto per la sua mobilitazione anti-Tav.
«La manifestazione è sorta in modo spontaneo – ha spiegato Metz – e da subito
abbiamo voluto allargarla all'intera città. Crediamo sia importante che Trieste
si fermi adesso e non nel 2015, perché è ora di dire basta a tutte quelle
politiche di abuso dei territorio calate dall'alto senza alcuna partecipazione
democratica. La situazione va affrontata ora, perché decidere sulla Ferriera
significa affrontare il tema del progetto futuro che si vuole dare alla città e
che non può prescindere dalla volontà dei cittadini».
Il corteo partirà da piazza dell'Unità alle 18 e toccherà piazza della Borsa,
corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci per poi fare una tappa in piazza
Oberdan, sede del consiglio regionale, e un'altra in piazza Libertà, dove i
residenti protestano contro il progetto di riqualificazione che prevede
l'abbattimento di cinque alberi secolari. La mobilitazione continuerà lungo le
Rive per poi tornare in piazza Unità, sede del consiglio comunale e della giunta
regionale, entrambi enti fortemente contestati dai comitati servolani.
(e.l.)
Ambiente, piano italo-sloveno - ALLA «CODERMATZ»
SAN GIACOMO
Educare i giovani al rispetto per l'ambiente, per far sì che un giorno
diventino cittadini maturi e consapevoli. E' l'idea che sta alla base di
«Agorà», progetto transfrontaliero nato nel 2006 dal gemellaggio tra la scuola
media «Codermatz» di San Giovanni e la «Vergerio» di Capodistria. Quest'anno i
ragazzi coinvolti nell'iniziativa sono stati oltre sessanta, appartenenti a
quattro classi italiane e slovene coadiuvate dalle professoresse Bortolot e
Favale. Se il 2006-2007 ha visto l'educazione civica e «i diritti e i doveri» in
particolare al centro del lavoro congiunto italo-sloveno, quest'anno il tema
prescelto per responsabilizzare i più giovani è stato quello dell'ambiente:
inquinamento, elettromagnetismo, elettrosmog, ma soprattutto smaltimento e
riciclo dei rifiuti. Tutti argomenti che i ragazzi hanno affrontato toccando con
mano la realtà triestina e quella slovena attraverso lezioni, incontri e visite
didattiche a Capodistria, Pirano e Trieste.
Tra le tante esperienze maturate in questi mesi, a colpire maggiormente gli
studenti è stata una lezione sullo smaltimento dei medicinali negli ospedali, ma
anche una visita effettuata in un supermercato per capire che fine fa la merce
invenduta: carni, scatoloni e confezioni di plastica. «Il progetto – conferma la
direttrice scolastica della Codermatz Paola Sigmund – ha regalato un'occasione
importante per confrontarsi con un sistema diverso da quello italiano e capire
così quali sono le leggi e le pratiche della Slovenia nel campo ambientale e dei
rifiuti. Il nostro obiettivo era proprio quello di individuare modelli comuni di
sviluppo eco-sostenibile, ma anche stimolare i ragazzi al dialogo e alla
convivenza civile». Dopo la visita a Capodistria e Pirano, avvenute lo scorso
aprile, giovedì sono stati i ragazzi sloveni ad approdare a Trieste per la
giornata conclusiva del progetto: dopo una gita assieme sul Delfino Verde, in
direzione Muggia, le classi partecipanti hanno presentato un video, frutto delle
tante uscite didattiche di questi mesi e dedicato proprio all'ambiente nella
nostra città: uno spaccato del degrado di alcune zone di Trieste, ma anche un
assaggio di ambienti puliti, così come dovrebbero essere dappertutto.
Nel corso della giornata, i ragazzi della Codermatz si sono esibiti anche in un
balletto, studiato per l'occasione, e in una performance musicale realizzata con
strumenti riciclati. La collaborazione con la scuola di Capodistria proseguirà
anche il prossimo anno. Il tema, stavolta, sarà quello dell'affettività.
Elisa Lenarduzzi
Rifiuti a Muggia, «isole» per chi non ha spazio per i contenitori -
«Contiamo d’alzare la percentuale della differenziata dal 19,5 al 41% entro
dicembre
Severi controlli anti-vandali. Dal 9 distribuzione dei materiali
MUGGIA Clima disteso, all’insegna del dialogo e della massima collaborazione
tra Comune di Muggia e cittadinanza ma anche la segnalazione, da parte degli
esercenti interessati, di problemi pratici legati all’ormai imminente avvio
della fase sperimentale del progetto per la raccolta differenziata dei rifiuti
nell’ambito comunale che coinvolgerà un’ottantina di attività: 14 esercizi
commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 esterni a tale area.
È quanto emerso ieri alla Sala Millo all’assemblea pubblica nel corso della
quale l’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani ha illustrato
obiettivi e modalità del piano che si prefigge d’innalzare dall’attuale 19,59 al
41% la percentuale di raccolta differenziata di rifiuti entro dicembre.
Assemblea che ha fatto registrare una maggiore affluenza rispetto ai precedenti
incontri, un po’ a sorpresa disertati dai titolari d’attività commerciali che
pure, dal 16 giugno – anche se con gradualità, come ha assicurato Bussani –
saranno coinvolti direttamente nella fase sperimentale del piano e che forse
avevano in qualche modo sottovalutato le inevitabili ripercussioni, se non altro
nelle abitudini quotidiane, derivanti dall’attuazione della raccolta porta a
porta che rappresenterà comunque una piccola rivoluzione per i muggesani.
Il progetto prevede che dal 9 giugno vengano forniti alle 113 attività coinvolte
nella fase sperimentale i contenitori e il 16 del mese scatti la raccolta porta
a porta, che vede l’ampliamento anche alla frazione organica umida oltre a
plastica, vetro e carta (già oggetto di differenziata). Ogni esercizio sarà
dotato di un numero di contenitori di vario colore – a seconda della tipologia
dei rifiuti – e dimensione correlato alla quantità e qualità di rifiuti
prodotti. Dati desunti dall’indagine conoscitiva – essenziale per la
determinazione del fabbisogno di contenitori - avviata a marzo tra tutte le 380
attività commerciali di Muggia. Metà di queste ha già risposto, le altre
verranno visitate in questi giorni da personale incaricato. L’ordinanza, che
sarà accompagnata da istruzioni dettagliate per i soggetti coinvolti nella fase
pilota, è in fase di predisposizione. Varie, come detto, le problematiche
emerse, alle quali è stata già fornita una risposta o la cui soluzione è al
vaglio dell’amministrazione. Una di queste riguarda la mancanza di spazi interni
in cui conservare i contenitori da parte degli esercizi del centro storico. La
soluzione prospettata è d’istituire alcune «isole» comuni dove ogni esercizio
avrà un proprio contenitore dotato di chiave dove conferire i rifiuti. Si
tratterà però di eccezioni che dovranno essere giustificate da reali esigenze e
regolate da autorizzazioni specifiche. Quanto all’eventualità che i contenitori
posti all’esterno dei locali possano essere oggetto di atti vandalici notturni,
Bussani ha prospettato che in questa prima fase siano previsti severi controlli.
«È chiaro – ha osservato - che ci sarà bisogno della collaborazione di tutti per
raggiungere un obiettivo che porterà benefici all’intera cittadinanza». Anche la
scelta dell’orario di raccolta (tra le 5.30 e le 8) è stata dettata dalla
volontà di non intralciare le attività e la vita cittadina durante il giorno.
Problema su cui è stata assicurata particolare attenzione infine è quello delle
disposizioni igienico-sanitarie che impongono a determinate categorie l’utilizzo
di contenitori portarifiuti a pedale, inizialmente non previsti tra quelli in
distribuzione.
Gianfranco Terzoli
AMBIENTE - Medolino: Jakovcic dà l’ok al referendum sulla megadiscarica
PISINO Sotto la spinta dell'opposizione politica, degli ambientalisti e anche
dell'opinione pubblica, il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic
si è detto favorevole al referendum sul contestato progetto del centro regionale
per lo smaltimento rifiuti a Castion, vicino a Medolino.
Jakovcic ha fatto l'annuncio alla riunione dell'Assemblea regionale a Pisino,
dopo l' ennesimo dibattito sullo scottante tema. «Finalmente la verità verrà a
galla», ha dichiarato dicendosi fiducioso sull'esito della consultazione. A
proposito dei costi del referendum, ha precisato che si attingerà dal bilancio
regionale e da quello dello stato. Non si è pronunciato invece sulla possibile
data, come nemmeno sul tipo di domanda che verrà posta agli elettori.
Jakovcic ha comunque voluto ricordare che l'ubicazione della discarica a Castion,
prevista dal Piano di sviluppo urbanistico territoriale, era stata approvata da
tutti compresa Medolino, nel 2002. I consiglieri regionali dell’opposizione
hanno ribadito il loro «no» al progetto, giudicato devastante per l'impatto
ambientale vista l'immediata vicinanza dei siti turistici.
(p.r.)
Gli alberi distrutti - EX MADDALENA
Potrebbe essere il titolo di un racconto di avventure per ragazzi, ma così non è
purtroppo.
Si tratta invece di una di quelle realtà, del genere che riescono a mandarti in
depressione con un solo colpo d’occhio.
Questo mi è capitato l'altro giorno transitando sulla via dell'Istria, poco dopo
la chiesa dei Salesiani, al momento non capivo cosa fosse successo, avevo la
sensazione di trovarmi nel luogo dove poco tempo prima era passato un tornado,
ho alzato gli occhi verso il vecchio muro dell'ospedale della «Maddalena» ed ho
capito tutto.
Non era passato un ciclone tropicale o un tornado, era passata la stupidità
umana, la scelleratezza, la mancanza di rispetto per il Creato e per il suo
Creatore, la mancanza di rispetto per i cittadini e per la loro salute,
l'ignoranza per le più fondamentali regole che dovrebbero governare una comunità
che già paga un pesante tributo per sopravvivere dentro a un sistema che
impedisce lo sviluppo culturale e sociale annegandolo in un mare di programmi
televisivi che tendono a trasformare ogni cittadino in una pecora da tosare a
beneficio di pochi «eletti», anzi di autoeletti.
Tutto questo avviene in un Paese che si definisce civile, cattolico, cristiano,
anche se francamente con tutti i sedicenti «cristiani» con cui mi capita di
confrontarmi, noto che non si sono mai letti i Vangeli o la Bibbia e farebbero
bene ad incominciare subito, da oggi, chissà che le cose non cambino, sempre se
avranno il coraggio poi di chiedere scusa per i danni commessi nei nostri
confronti.
Dovremmo sapere tutti dell'enorme importanza che riveste il sistema arboricolo,
dentro una città inquinata quale la nostra.
Il fogliame, nella sua funzione clorofilliana svolge un'azione purificatrice
immensa, assorbendo anidride carbonica e restituendo all'ambiente una quasi
altrettanto elevata quantità di ossigeno che presiede poi alle nostre primarie
funzioni vitali.
Qualche tempo fa, il prof. Tomatis, in una sua conferenza sul tema
dell'inquinamento, aveva molto ben esposto il suo pensiero riguardo all'aumento
delle malattie tumorali, polmonari e delle vie respiratorie in genere,
conseguenza accertata scientificamente dell'inquinamento atmosferico.
Parimenti, un’accurata indagine da parte dell'Arpa e dell' Asl avevano ben
descritto i danni provocati da tali situazione nella nostra zona, anche se poi,
tutto finisce sotto il tappeto delle connivenze per portare nutrimento al famoso
«vitello d'oro».
Stiamo arrovellandoci per il problema dell'energia e contemporaneamente
proponiamo sul mercato autovetture con tremila centimetri cubi di cilindrata,
«perché così mi sento più sicuro», ma smettetela di prenderci in giro per
favore.
Sappiamo tutti quanto incide l'ambiente nella formazione di un individuo, e
distruggiamo giardini per fare posto a casermoni-formicaio dove viene poi
allevata una società senza valori se non quelli del consumismo che poi deborda
in sporcizia, degrado ed infine violenza, che naturalmente saremo pronti a
trasferire sugli «altri» colpevolizzando il Diavolo di turno, ma la spesa
finale, il conto da pagare insomma, sarà sempre presentato a noi cittadini.
Sarebbe oltremodo gradito conoscere di persona questi meravigliosi e
privilegiati esseri che con un cenno della mano sanno far cadere anche quelle
poche ombre di Civiltà che ci rimangono, gli Alberi.
Stelio Cerneca
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 giugno 2008
RIGASSIFICATORE, NODI IRRISOLTI
Rigassificatori a Trieste. Se ne ricomincia a parlar bene, soprattutto da parte
di Alleanza Nazionale e della componente ex-Ds del Partito democratico.
Importanti e stimati esponenti di quest'ultima (Zvech e Visentini) si dicono ad
esempio convinti che l'impianto di Zaule sia un'occasione imperdibile per la
città. Il 18 maggio su questo giornale Luca Visentini e la Uil si sono detti
addirittura "felici" per la sua realizzazione.
Quindi, chi come me sarebbe tendenzialmente favorevole a qualche impianto di
rigassificazione e nucleare in Italia (costruiti come Dio comanda, meglio
precisarlo) dovrebbe rallegrarsene. Ma possiamo stare davvero tranquilli? Circa
un anno fa, sulle pagine del periodico della Curia e del Piccolo, specialisti
della locale università e di un'istituzione scientifica nazionale avevano
esposto riserve tecniche non da poco (recentemente ricordate dal lettore
Baldassi nelle Segnalazioni del 26 maggio). Sono state superate?
Era a esempio emerso che il progetto di Zaule prevede due depositi fuori terra e
il riscaldamento del gas usando acqua di mare; soluzioni le più economiche
possibili, che però rendono l'impianto più vulnerabile ai terremoti e agli
attacchi terroristici, e che causano l'immissione in mare di acque fredde e
clorate. Detto per inciso, nel mondo cresce invece il numero dei depositi
interrati, perché sono più rispettosi dell'ambiente e soprattutto molto più
sicuri. In Giappone, ne hanno 76 (per 6,3 milioni di metri cubi). Sono più
sicuri perché, in caso di cedimento strutturale, il gas liquido non fuoriesce
(se il versamento avviene in mare, si genera una nube particolarmente
pericolosa). L'elaborato forse più importante fra le integrazioni del dicembre
2006 riguardava la diffusione delle acque fredde nella baia di Zaule (autore: la
rinomata società DHI); esso era però accompagnato da una traduzione anonima e
priva di qualsiasi elemento identificativo, che ne modificava radicalmente il
contenuto e addirittura le conclusioni, rendendole molto più ottimistiche che
nell'originale. E comunque, per i calcoli di diffusione in condizioni invernali
(le più critiche), avevano usato un profilo di temperatura favorevole, ma non
misurato nella baia, bensì copiato dal sito dell'Ogs e puramente rappresentativo
di condizioni invernali medie in Adriatico da Ancona in sù.
Ancora fra le perizie del dicembre 2006, c'era uno stranissimo rapporto che,
dopo aver parlato di un (in realtà, inesistente) terremoto nel 1964 nel Carso,
più forte di quello del 1976 in Friuli, calcolava alcune conseguenze su Muggia
di un eventuale attentato terroristico "di dimensioni limitate". E scriveva che
sulla riva di Muggia si riporterebbero serie ustioni sulla pelle solo per
esposizioni all'irraggiamento superiori a 40 secondi.
Per finire, tutta la documentazione presentata per Zaule risultava predisposta
da una società anonima di diritto lussemburghese con sede in una casetta vicino
a Lugano e recava in copertina semplici cognomi privi di nome e di qualifica
professionale.
A questo punto, mi sembra evidente che la fiducia dei nostri politici citati
debba fondarsi su nuove basi solide; anche in considerazione della seguente
circostanza "ambientale". Dall'epoca del cosiddetto "scandalo petroli" di oltre
20 anni fa (quando venne provato che i cosiddetti petrolieri erano riusciti a
"lavorarsi" una buona fetta di esponenti politici italiani), generalmente i
nostri rappresentanti più avveduti usano una certa prudenza prima di manifestare
il proprio entusiasmo a proposito di progetti o specifiche iniziative
energetiche in quel settore.
Sono quindi in grado questi nostri politici di tranquillizzare l'opinione
pubblica? Possono renderci partecipi dei dati e delle considerazioni che ai loro
occhi hanno chiarito i punti oscuri? Sanno quali nuove istituzioni
tecnico-scientifiche abbiano garantito la bontà delle nuove valutazioni? A
proposito: si è capito perché la Regione avesse escluso gli istituti scientifici
pubblici triestini dall'esame della documentazione?, nonostante il loro
coinvolgimento fosse auspicato dagli stessi funzionari tecnici regionali?
(investiti della responsabilità di analizzare elaborati super-specialistici).
Pare che alcuni politici locali siano stati rassicurati dall'ex assessore Sonego
sulla base di altra documentazione integrativa, successiva al dicembre 2006, e
rimasta "riservata". Chi oggi si manifesta così fiducioso nella bontà del
progetto Zaule l'ha mai potuto vedere nella sua versione più recente? Può almeno
garantire che sia stato vagliato da qualcuno di cui ci si può fidare? Da chi,
per favore? E dov'è consultabile il referto?
Livio Sirovich
CAMMINATRIESTE - «Traffico in aumento e sempre più veloce»
Il flusso del traffico in entrata in città da qualunque parte e in ogni via è in
continuo aumento. La denuncia arriva dall’associazione Coped CamminaTrieste,
membro della Federazione italiana per i diritti del pedone e per la salvaguardia
dell’ambiente. «Non è vero che il traffico è diminuito. Anzi secondo noi è
aumentato di intensità e di velocità dal centro alla periferia» si legge in una
nota della Federazione, che denuncia inoltre «la totale occupazione delle
fermate bus» da parte di altri autoveicoli, «per non parlare dell’occupazione
abusiva di oltre 70 km di marciapiedi». «Rileviamo anche la situazione della
Trieste Trasporti che da sempre non riesce ad esercitare il suo servizio con
regolarità» conclude la nota del Coped.
Il comitato: sì all’ordinanza anti-rumore - Chiusura anticipata dei locali,
«Diritto al riposo» a fianco di Dipiazza
Trieste Vivibile: «Il problema esplode all’esterno degli esercizi»
Hanno raccolto più di 500 firme per chiedere a Comune e forze dell’ordine di
mettere un freno agli schiamazzi e ai disordini provocati dai clienti del locale
sotto casa. E ora che finalmente un risultato l’hanno ottenuto, la chiusura
anticipata alle 23 del ristobar in questione, i residenti di via Settefontane e
via Mantegna riuniti nel comitato «Diritto al riposo» tornano a far sentire la
loro voce. Lo fanno, questa volta, per esprimere apprezzamento nei confronti
dell’ordinanza emessa dal sindaco e replicare alle critiche di chi «si schiera
dalla parte dei pubblici esercizi».
«Vorrei vedere cosa succederebbe se locali rumorosi come quello di via
Settefontane aprissero nei paraggi delle abitazioni del presidente della Camera
di commercio e dell’Acepe o delle altre cariche istituzionali che difendono gli
affari degli esercenti - scrive Daniele Prelaz in una lettera inviata al Piccolo
e firmata da altri trenta residenti -. Probabilmente quei locali non
arriverebbero nemmeno all’inaugurazione. Ma se invece le attività chiassose sono
sotto le case di cittadini normali allora, dicono loro, bisogna essere
tolleranti. Non dimentichiamoci però che la troppa tolleranza in tutti i settori
negli ultimi anni ha prodotto una società dell’impunità, in cui ci si preoccupa
di chi delinque e non di chi subisce l’abuso. Piena solidarietà quindi al
sindaco che ha avuto il coraggio di affrontare il problema».
«In democrazia ognuno deve potere esprimere la propria opinione - osserva
Stefano Cipriano, interprete del pensiero di altri dieci residenti -. Come i
presidenti di Camera di commercio e Acepe hanno il diritto di scendere in campo
a sostegno dei propri iscritti, così anche il Comune deve potersi attivare a
difesa di tutta la cittadinanza che, di certo, non merita di essere bistrattata.
Perché quindi il sindaco viene contestato se emette un’ordinanza che avrà
ripercussioni solo sui locali meno virtuosi i cui titolari non rispettano le
regole? Ricordiamoci tra l’altro che la presenza di bar e pub rumorosi produce
anche la svalutazione degli immobili vicini. E a chi dovrebbero rivolgersi i
cittadini che, esasperati dagli schiamazzi, tentassero invano di vendere il loro
appartamento. Forse ai rappresentanti di Camera di commercio e Acepe?».
Tra i sottoscrittori dell’appello lanciato dal comitato «Diritto al riposo» c’è
anche chi solleva il caso di altre zone della città alle prese con pubblici
esercizi irregolari e clienti incivili. «Un tempo lavoravo in una residenza
sanitaria assistenziale in via Madonna del Mare - racconta Auristela Acuna in
un’altra lettera inviata al Piccolo-. E ogni volta che facevo il turno
pomeridiano o notturno, avevo sempre il terrore a transitare per quella strada a
causa della presenza di un locale. Mi trovavo sempre davanti clienti ubriachi
che mi molestavano verbalmente e altri che dormivano sul marciapiedi, spesso
dopo aver vomitato. Per non parlare poi dei bicchieri e delle bottiglie rotte
sull’asfalto e del forte odore di urina. Avevo segnalato il problema già un anno
fa e ora apprendo con soddisfazione che il Comune ha deciso di muoversi per
aumentare la sicurezza e la tranquillità dei cittadini. Una scelta che ha tutto
il mio sostegno e quello delle altre colleghe della Rsa di via Madonna del
Mare».
Al coro dei residenti di via Mantegna si unisce anche la presidente del comitato
«Trieste vivibile». «L’ordinanza del Comune prevede sanzioni solo nei confronti
di locali segnalati da tempo come produttori di esasperato disagio per i
residenti - commenta Marina Della Torre -. Perché quindi agitarsi se non si
infrangono le regole? Il nostro comitato peraltro ha sempre sostenuto il diritto
dei pubblici esercizi a lavorare, purché nel rispetto dei regolamenti vigenti.
Non è la loro attività ad essere in discussione - conclude -, ma l’occupazione
del suolo pubblico che, in quanto pubblico, non può essere a uso e beneficio
solo di alcune categorie di cittadini».
(m.r.)
Rifiuti a Muggia, incontro sul porta a porta - COINVOLTI NELLA PRIMA
FASE 113 UTENTI
Oggi alla Sala Millo si discuterà sulla differenziata: la raccolta inizierà
il 16 giugno
MUGGIA Quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, lo dimostrano
i drammatici fatti di cronaca campani, è un problema di grande attualità ed
estrema complessità, con gravi ripercussioni future se non verrà affrontato
adeguatamente. E il Comune di Muggia ha deciso di affrontarlo intraprendendo la
strada della raccolta differenziata, attuando già dal 16 giugno la fase
sperimentale del nuovo progetto che coinvolgerà 113 utenti: 25 tra caserme,
scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14 esercizi commerciali,
30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici esercizi fuori dal centro
oltre agli edifici comunali, la cucina comunale e la Casa di riposo.
Per tutti gli altri utenti verrà mantenuto per ora il conferimento ai cassonetti
stradali, anche se il nuovo metodo di raccolta sarà gradualmente esteso a tutta
la cittadinanza, mettendo a frutto l’esperienza acquisita. Le modalità operative
saranno presentate questo pomeriggio alle 15 in Sala Millo nella seconda
assemblea pubblica rivolta a tutti i soggetti interessati, ai quali il Comune
rinnova l’invito a una massiccia partecipazione, purtroppo non registrata nel
precedente incontro. «Le discariche – spiega l’assessore allo Sviluppo economico
Edmondo Bussani - non possono più essere l'unica destinazione finale dei
rifiuti. La soluzione dev’essere basata su un ciclo virtuale basato sulla
raccolta differenziata e i sistemi di recupero, valorizzazione e sfruttamento
dei rifiuti differenziati. Oltre ai vantaggi ambientali, il ciclo comporterà
pure benefici economici: la diminuzione del costo d’incenerimento attraverso la
riduzione della quantità dei rifiuti conferiti; la relativa produzione di
energia; i ricavi derivanti dal riutilizzo di rifiuti riciclabili; la
possibilità di trasformare, nel medio periodo, la tassa dei rifiuti in tariffa
proporzionale alla quantità di rifiuti smaltiti. D’altronde le normative
impongono precisi obiettivi da raggiungere sulla raccolta differenziata (il 45%
del totale entro dicembre)».
E così il Comune ha deciso di implementare l'attuale raccolta differenziata con
la raccolta della frazione organica umida. «Siamo convinti - continua
l’assessore - che un progetto così complesso, che comporta cambiamenti
d’abitudini radicali, si gioca in gran parte sul senso civico dei cittadini e
che perciò non può essere solo imposto d’autorità ma dev’essere condiviso con
tutti i soggetti». Da qui, la necessità di un incontro pubblico per esaminare le
problematiche di carattere pratico connesse alla sperimentazione e trovare le
soluzioni più adeguate. «Comprendiamo che l’attuazione del progetto porterà
alcuni inevitabili disagi che cercheremo di risolvere gradualmente - conclude
Bussani - ma siamo certi che i vantaggi saranno tangibili, specie per l’immagine
della città nell’imminente stagione turistica, anche con il servizio aggiuntivo
del porta-a-porta: comporterà benefici pure per le attività commerciali».
Gianfranco Terzoli
Moria di api, progetto per la tutela - GLI INSETTI SONO SENTINELLE
BIOLOGICHE DELL’AMBIENTE
Inquinamento e acari: in provincia il Consorzio ha
perso 500 «famiglie»
MUGGIA Anche alle recenti Giornate dell'agricoltura, pesca e forestazione di
Muggia è stato lanciato l’allarme-api, insetti che per le loro caratteristiche
costituiscono delle autentiche «sentille» dello stato di salute del territorio.
Il Consorzio apicoltori della provincia di Trieste è intervenuto al convegno «La
crisi dell'apicoltura nel quadro delle risorse genetiche autoctone».
«Abbiamo avuto incontri con il responsabile dell'apicoltura bosniaca Nicola
Kesic e con il direttore del Museo di entomologia di Trieste Andrea Colla -
spiega Livio Dorigo, vice presidente del Consorzio - confrontandoci sul recupero
e la tutela degli ecotipi apistici (cioè api autoctone) della fascia adriatica.
Ora approfondiremo i problemi e valuteremo la possibilità che hanno gli ecotipi
locali di resistere alle avversità». Non è la prima riunione sulla moria della
api: il Consorzio di Trieste ha perso circa 500 famiglie; in alcune zone della
Regione è stata riscontrata una perdita delle api in corrispondenza con la
semina del mais tra il 20 e il 50%. Udine ha ospitato un incontro per
comprendere il fenomeno: ne è emerso il progetto d’installare degli «apiari-sentinella»
monitorati dal Laboratorio apistico regionale. Alveari saranno sistemati in
alcuni punti-chiave per potere analizzare problematiche e possibili rimedi. Un
ottimo sistema, già sperimentato in altri Paesi come la Germania. «Saranno
analizzati - spiega Franco Frilli, docente di Apicoltura a Udine e a capo del
Laboratorio - una decina di alveari; seguiremo la vita delle api da inizio a
fine stagione. Vogliamo comprendere le diverse cause biologiche, ambientali, di
coltivazione e allevamento che producono la moria. Valuteremo per esempio la
forza della famiglia, la quantità di adulti e le covate, l'importazione degli
alimenti e la presenza di riserve, l'esistenza di acari e api anomale, il numero
d’insetti morti: è necessaria una visione globale per potere identificare i
punti deboli: ogni ricerca richiede infatti dati organizzati».
La moria è provocata da diversi fattori, primo tra tutti la «varroa», acaro
infestante che si riproduce nelle colonie di api mellifere e che in regione ha
assunto una connotazione endemica. Sotto accusa anche le mutazioni climatiche,
l'inquinamento elettromagnetico e i prodotti con i quali vengono concimate le
sementi di mais prima della semina che, realizzati con «neonicotinoidi»,
sostanze derivate dalla nicotina, sono letali per le api. «È stata fatta -
conclude Dorigo - una selezione degli animali più produttivi senza tenere conto
della biodiversità e della maggior capacità di resistenza di alcuni insetti.
Assistiamo a un impoverimento genetico delle api al quale bisogna fare fronte».
Linda Dorigo
Pista ciclabile - SULLE RIVE
Assessore Bandelli, lei ha detto (dal Piccolo del 24/05/2008) «Noi abbiamo il
dovere di governare guardando più in là di domani». Sono d’accordo con lei e con
molte delle sue iniziative. Ma allora le chiedo perché non ha guardato più in là
di domani nel progetto di riqualificazione delle Rive. Bastava un secchio di
vernice per dipingere una linea gialla a fianco dei marciapiedi per ottenere
quella pista ciclabile della cui necessità si è convinto ora anche l’assessorato
al Traffico. Avrebbe così evitato al Comune il contenzioso con TTP, che non
vuole la ciclabile ed ha inventato improbabili «problemi di sicurezza» per non
perdere gli incassi che derivano da una decina di parcheggi.
Come se i parcheggi delle Rive fossero proprietà di TTP e non dei cittadini di
Trieste.
Alessio Vremec
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 giugno 2008
Cellulare e salute - BAMBINI
L’uso del cellulare tra i bambini è sempre più esteso. Dal punto di vista medico
questo fatto è motivo di seria preoccupazione. Infatti non sono ancora
chiaramente accertati i rischi sanitari connessi all’uso del telefonino in
particolare per quanto riguarda i tumori.
L’induzione di un tumore richiede tempi lunghi, di vari anni o anche di svariati
decenni. L’impiego del cellulare è ancora un fatto recente e gli effetti a lungo
termine restano da stabilire. Ad ogni modo i risultati delle ricerche fin qui
condotte non inducono all’ottimismo. I dati disponibili indicano che l’uso
prolungato del cellulare, per più di dieci anni, si associa a un aumentato
rischio di tumori cerebrali. In particolare una rassegna degli studi finora
effettuati è stata pubblicata nel 2007 sull’autorevole rivista «Occupational and
Environmental Medicine». Dalla rassegna emerge che il rischio è aumentato, sia
per i gliomi (tumori cerebrali maligni), che per il neurinoma del nervo
acustico.
Claudio Bianchi - Centro di studio e documentazione sui tumori ambientali
(Monfalcone)
AMBIENTE - La crisi energetica
Condivido totalmente le critiche del signor Nico Zuffi sul taglio indiscriminato
degli alberi da parte della nostra giunta di destra, e sul disastroso
proliferare di mega-centri commerciali nella nostra regione permesso dalla
precedente giunta rosso-verde. Una politica di cementificazione selvaggia che
ogni anno si mangia circa 100.000 ettari di suolo agricolo in un paese che
dispone soltanto di 1200 mq di terra coltivabile per abitante, cioè il classico
orto del pensionato.
In un mondo dove impera la legge del mercato, e i maggiori produttori di grano
hanno più convenienza a trasformarlo in carburante piuttosto che in pane, noi
continuiamo a distruggere la nostra pochissima terra. Ma la nostra casta
dirigente ne capisce qualcosa?
In un recente dibattito televisivo erano presenti il nostro sindaco, la
presidentessa della Provincia e il presidente degli industriali, cioè i
rappresentanti della destra e della sinistra. Erano concordi su tutto: sulla
necessità delle centrali nucleari, quando l’uranio è ormai più scarso del
petrolio; sui termopolverizzatori, che invece di recuperare i rifiuti li
trasformano in polveri sottili; sulla Tav, quando tutti sanno che più velocità
significa più consumo di energia; sui rigassificatori, quando tutti sanno che il
prezzo del gas è legato a quello del petrolio.
Ma soprattutto erano concordi sulla madornale ignoranza della gente, senza
rendersi conto della loro. Da una affermazione del presidente degli industriali
sul tipo «oggi il trasporto non costa più nulla», a una smentita del sindaco,
secondo il quale invece il petrolio viaggia ormai verso i 200 dollari al barile,
smentito a sua volta da un altro esperto, sicurissimo che fra tre anni il barile
tornerà a 70 dollari.
Negli ultimi sei anni tutte le previsioni ottimistiche si sono rivelate
sbagliate, ma il sindaco approfitta subito di questa occasione per fare
retromarcia (altrimenti a che servirebbe la sua grande viabilità?) e spiega che
aveva parlato dei 200 dollari svalutati di oggi e non quelli di un tempo, perché
non abbiamo più la povera liretta ma il fortissimo euro. Evidentemente il
sindaco è l’unico a non essersi accorto che cinque anni fa la benzina era pagata
in deboli lirette, ma costava meno della metà di oggi.
La verità è che a fronte di un aumento esponenziale del fabbisogno, la
produzione di petrolio è in costante calo da molti anni, e se siamo a arrivati a
sfruttare ad enormi costi persino dei micropozzi a 10 km di profondità in luoghi
considerati sinora inaccessibili, grattiamo il fondo del barile nel vero senso
della parola.
La stampa nazionale non ne parla, ma Hillary Clinton ha un programma che farebbe
tremare le vene ai polsi a chiunque, perché prevede una virata a 180 gradi in
tutta la politica energetica americana e a tutto il loro stile di vita.
Naturalmente petrolieri e nuclearisti fanno di tutto per contrastarla, perché
vogliono guadagnare il più possibile fino all’ultimo, e poi quel che sarà sarà,
e chi se ne frega; ma il fatto che un popolo come quello americano, abituato da
sempre ad uno spreco sfrenato sia arrivato quasi a dare la nomination ad una
donna con queste idee, significa che perfino gran parte di loro hanno ormai
capito che stiamo andando tutti verso il suicidio collettivo. Invece la nostra
casta dominante pensa di trovarsi ancora negli anni ’60, prevede solo aumenti di
traffico e vuole tagliare persino gli alberi di piazza Libertà, che sono
sopravvissuti a due guerre mondiali. In quei tempi i nostri antenati avevano
talmente bisogno che avrebbero potuto benissimo tagliarli per necessità, ma per
spirito civico non lo fecero: tagliandoli ora significa sputare sulla loro
memoria.
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 giugno 2008
Corteo di protesta contro la
Ferriera - VENERDÌ PROSSIMO
Un corteo per protestare contro la Ferriera di Servola. Venerdì prossimo, con
partenza da piazza Unità, prenderà il via la marcia simbolo della giornata di
mobilitazione anti-inquinamento prodotto dallo stabilimento di proprietà del
Gruppo Lucchini-Severstal.
La manifestazione è promossa dal Circolo Miani assieme a Servola Respira e ai
comitati di quartiere. Nell’occasione, si legge in una nota diffusa proprio dal
Circolo Miani, «verrà consegnato l’appello alle città di Trieste e Muggia ed a
tutte le comunità del Friuli Venezia Giulia con le sottoscrizioni dei promotori
raccolte fino a questo momento per fermare una metodologia politica, che trova
nella Ferriera di Trieste il suo esempio più eclatante, ma che devasta tutto il
territorio regionale escludendo chi vi abita da ogni possibilità di informazione
e partecipazione alle scelte».
Proprio l’altro giorno era scattata, come previsto dalla procedura di
Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione
nei confronti della Lucchini-Severstal. L’oggetto della stessa era il mancato
rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di alcuni interventi ambientali
all’interno dello stabilimento. Un provvedimento, quello spedito dalla Direzione
centrale Ambiente e lavori pubblici, cui la società ha risposto garantendo che
«quanto ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche
previste dalla diffida stessa».
Piazza Libertà, i comitati non cedono - DOPO L’OK DEL CONSIGLIO
COMUNALE - «Continueremo con la petizione per fermare il taglio degli
alberi»
Protesta ad oltranza. I comitati per la difesa di piazza Libertà non intendono
mollare la presa e proseguiranno con la raccolta di firme (che ha oramai
superato abbondantemente il migliaio di nominativi) contro l’abbattimento di
alcuni alberi, previsto dal progetto di riqualificazione dell’area antistante la
stazione ferroviaria.
La conferma arriva da Giulia Giacomich, presidente provinciale di Italia nostra,
il sodalizio che in questi giorni ha dato battaglia al Comune e al suo progetto
urbanistico, assieme al Wwf, la Lav, il gruppo di Beppe Grillo e l’Associazione
orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e piante. «Non intendiamo mollare -
spiega Giulia Giacomich -. Anzi, la prossima settimana organizzeremo un
confronto con tutti i responsabili di comitati coinvolti, per decidere come
articolare la protesta. Certo è che tutti noi - aggiunge la presidente
provinciale di Italia nostra - stiamo raccogliendo firme in giro per la città,
registrando un consenso altissimo. E continueremo su questa strada, per spedire
poi la petizione all’indirizzo del sindaco Dipiazza».
Questa la promessa degli ambientalisti, dunque. I comitati hanno deciso di
proseguire con la loro «ribellione verde» dopo la svolta dell’altro giorno,
quando il Consiglio comunale ha dato l’ok al progetto di riqualificazione di
piazza Libertà. Nonostante la durissima opposizione della minoranza di
centrosinistra, che fino a tarda notte ha tentato di impedire l’approvazione del
progetto a suon di emendamenti, i sì hanno prevalso e dato il via libera al
restyling della piazza. Restyling che prevede il sacrificio di una decina di
metri del giardino sul lato di via Ghega e, di conseguenza, il taglio di un
numero ancora non definito di alberi (qualcuno parla di 5 esemplari, altri di
una decina).
L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha tentato di trovare un
compromesso, promettendo che tutti i tronchi che verranno eliminati da piazza
Libertà saranno ripiantumati altrove. Ma ai comitati non basta. «La questione
non è spostare gli alberi o meno - aggiunge Giulia Giacomich. Il punto è che non
bisogna toglierli e basta: in una zona perennemente congestionata e trafficata
come piazza Libertà, in cui lo smog è di casa, il giardino rappresenta un vero e
proprio polmone verde. Non si può pensare di abbattere alberi senza porsi
nemmeno il problema di quanto siano importanti per la nostra salute e per
l’ambiente».
«È per questo motivo - aggiunge la presidente provinciale di Italia nostra - che
continueremo a raccogliere firme ad oltranza. Siamo ovviamente molto delusi
dell’esito della discussione in Consiglio comunale - conclude Giulia Giacomich -
anche se ce lo aspettavamo. Non avevamo molte speranze. Però continueremo a
lottare».
(e.c.)
Basovizza, la Regione inaugura il Centro didattico naturalistico - INNOVATIVI
CRITERI COSTRUTTIVI
TRIESTE È un centro polifunzionale al servizio della natura e del cittadino,
destinato a diventare anche un punto d’interesse turistico.
Si tratta del nuovo Centro didattico naturalistico di Basovizza, realizzato
dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell'ambito dei progetti comunitari
dell'Obiettivo 2 e inaugurato ufficialmente ieri.
La nuova struttura sorge in un comprensorio che un tempo ospitava un vivaio
forestale, creato a metà dell'Ottocento dal Comune di Trieste e
dall’Amministrazione forestale austriaca per essere la sede operativa di una
imponente azione di rimboschimento del territorio carsico. Realizzato adottando
alcuni innovativi criteri costruttivi di bioedilizia, per rispettare l'armonia
con la natura, e dotato di tecnologie d'avanguardia, il centro - è stato
precisato - proseguirà e rafforzerà l'attività divulgativa rivolta alle
scolaresche, collaborando tra l'altro con l'Università di Trieste.
L'inaugurazione di ieri s’inserisce nel quadro delle iniziative - coordinate
proprio dalla Regione Friuli Venezia Giulia - per celebrare San Giovanni
Gualberto, patrono dei forestali d'Italia, che culmineranno in una cerimonia in
programma il prossimo 2 luglio, all'Abbazia di Vallombrosa, presso Firenze.
IL PICCOLO - SABATO, 31 maggio 2008
Piazza Libertà: sì al progetto
che taglia gli alberi
In Consiglio dura opposizione del centrosinistra all’abbattimento delle
piante mentre un comitato spontaneo di cittadini ha già raccolto più di mille
firme
Non era la tradizionale maratona notturna sul bilancio. Quella che i
«rappresentanti del popolo» triestino sanno bene di dover ingoiare, come fosse
un sorso di novalgina, una volta l’anno. Ciononostante la seduta del Consiglio
comunale di giovedì sera è diventata un duello senza fine tra la maggioranza di
centrodestra, che alla resa dei conti ha fatto valere la legge dei numeri, e
l’opposizione di centrosinistra, protagonista di una raffica d’interventi tra le
più lunghe che si ricordino negli anni Duemila. Ci sono volute infatti cinque
ore filate, dalle 19.45 all’1.45 del mattino, per chiudere la partita del
progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a
rivoluzionare entro il primo semestre del 2010 la viabilità e gli spazi pedonali
davanti alla stazione e alla Sala Tripcovich.
LA PROTESTA Il dibattito, su quella che si può ormai ribattezzare come «l’opera
della discordia», è stato seguito in aula da una rappresentanza di associazioni
ambientaliste le quali, sotto il cappello di un neonato comitato spontaneo per
la difesa di piazza Libertà che tocca anche le corde del Gruppo Beppe Grillo e
dell’Italia dei Valori, hanno accompagnato con qualche timido ululato le parole
dei sostenitori del progetto e con qualche applauso altrettanto discreto gli
strali che venivano dai banchi dell’opposizione. Ma quando il documento è stato
approvato - con 21 sì e 15 no, assenti il sindaco, il presidente del Consiglio
Sergio Pacor e il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, ex assessore
all’ambiente nonché promotore dell’attuale regolamento sul Verde pubblico - gli
stoici superstiti del comitato rimasti fino a notte fonda hanno lasciato piazza
Unità con la delusione di chi se l’aspettava.
LA PETIZIONE Eppure il comitato aveva tentato di giocare la carta della
sorpresa, presentandosi in aula fin dall’inizio pomeridiano dei lavori. Tra loro
una signora cercava con gli occhi l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli
per consegnarli un pacchetto infiocchettato contenente una ramazza e una
saponetta. A corredo un foglio con su scritto «Piuttosto che riqualificare
pulire». Altri sventolavano un robusto plico con 1073 firme, raccolte in 24 ore
contro il progetto che prevede il sacrificio di una decina di metri del giardino
di Sissi sul lato di via Ghega e con esso di un numero non ancora definito -
Bandelli assicura che alla fine saranno solo cinque esemplari che peraltro si
tenterà di espiantare e ripiantumare - di alberi ad alto fusto.
IL RETROSCENA Sette delegati del comitato, a quel punto, sono stati ricevuti in
privato da Roberto Dipiazza. Quando il sindaco è tornato in Consiglio i «rumours»
davano per possibile un rinvio della discussione. Il primo cittadino ha
confabulato con Bandelli, la cui smorfia di disappunto era facilmente leggibile
a distanza. E mentre l’assessore replicava, Dipiazza continuava a girare e
rigirare la cartina con il progetto. Poi il sindaco si è rituffato con quella
cartina in mezzo al pubblico che lo tempestava di domande. Sorriso rassicurante.
Calma olimpica. È stato il segnale che il dibattito sarebbe cominciato.
LA DIFESA «Si tratta di un progetto preliminare, non è un dogma», ha esordito
Bandelli. Il quale ha aggiunto: «Esiste una sentenza senza appello, la viabilità
di quella zona (che il documento toglie dal fronte stazione concentrandolo sul
lato di via Ghega e su una «esse» di rientro verso il Silos, ndr) fra due anni è
destinata al collasso con l’apertura del Silos e dei lavori in Porto Vecchio.
Pianteremo 52 alberi nuovi e allargheremo gli spazi pedonali di 2500 metri
quadrati». E poi, ha rimarcato l’assessore, c’è il nodo contributi: tre milioni
e 800 mila euro, di Ministero e Regione, da rendicontare entro fine 2009.
GLI ATTACCHI «Se un progetto è brutto e non è utile a migliorare il contesto
viario e urbano - ha incalzato il capogruppo del Pd Fabio Omero, il più
battagliero con il collega di partito Alessandro Minisini e Roberto Decarli dei
Cittadini - non è che dobbiamo approvarlo lo stesso solo perché altrimenti non
riceviamo i soldi. Sono comunque soldi pubblici, dei cittadini, che possono
essere impiegati meglio: ricordo che la legge del 2001 in base alla quale è
stato presentato questo progetto parlava di piani per dotazioni infrastrutturali
per quartieri degradati sotto il profilo sociale e occupazionale. Qui non c’è
niente di tutto questo, c’è solo una rivoluzione viaria che non sta in piedi
perché fa leva su collegamenti con aree di punto franco temporaneamente
sospeso». «Pago una bottiglia di Dom Perignon per ogni albero secolare che una
volta espiantato sarà reimpiantato e sopravviverà», ha ironizzzato il
medico-rifondatore Marino Andolina.
LE MODIFICHE La delibera è passata con due «virgole» bipartisan, entrambe fatte
proprie dalla giunta: l’emendamento di Emiliano Edera della Lista Rovis, che
contempla nelle nuove aree pedonali un percorso per non vedenti e ipovendenti, e
l’ordine del giorno di Bruna Tam del Pd, che traccia per il prosieguo del
progetto un iter di «partecipazione allargata ad associazioni e comitati».
IL COMITATO La partita comunque non è affatto finita. Ieri pomeriggio alcuni
rappresentanti del comitato spontaneo di piazza Libertà hanno consegnato al
Piccolo un documento in cui si dicono pronti a «promuovere tutte le azioni anche
legali finalizzate ad ottenere una sostanziale revisione del progetto». Per il
comitato il documento preliminare è stato di fatto «occultato alla
cittadinanza»: le contestazioni principali riguardano «la leggerezza per la
quale si considera l’abbattimento di alberi secolari come una necessità
tecnica», «l’infondatezza del progetto in merito all’incerto utilizzo della
bretella viaria soggetta a vincoli portuali» e «l’aumento di semafori e corsie».
PIERO RAUBER
«Diffida» della Regione alla Ferriera - RITARDI NEI LAVORI PREVISTI
NELL’«AIA» -
L’azienda replica: slittamento causato solo dalla complessità
dei lavori richiesti
È scattata ieri, come previsto dalla procedura di Autorizzazione integrata
ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione nei confronti della
Lucchini spa per il mancato rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di
alcuni interventi ambientali nella Ferriera di Servola. Un provvedimento, quello
spedito dalla Direzione centrale Ambiente e lavori pubblici della Regione
all’indirizzo della Lucchini, cui la società risponde garantendo che «quanto
ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche
previste dalla diffida stessa».
In buona sostanza, l’Aia prevede una sorta di calendario degli interventi che la
proprietà dello stabilimento siderurgico deve effettuare, rispettando modalità e
tempi stabiliti. La società viene costantemente tenuta sotto controllo e, se non
riesce a completare le migliorie tecniche entro la data limite, scatta
automaticamente la diffida. In questo caso gli interventi «ritardatari» sono
tre.
«Abbiamo già ottemperato alla più significativa delle tre prescrizioni contenute
nella diffida - fa sapere la proprietà dello stabilimento servolano -. Si tratta
dell’intervento denominato Cok7 Sistema di riscaldo forni, che consiste nello
sdoppiamento dell’alimentazione della cokeria».
In base alla tabella di marcia definita dall’Autorizzazione integrata
ambientale, dunque, rimangono due interventi che la società dovrà eseguire. «Il
ritardo accumulato è dovuto alla complessità delle due operazioni di miglioria
da realizzare - spiega ancora la Lucchini -. Assicuriamo però con certezza che
saremo in grado di portarle a termine entrambe entro i tempi previsti dalla
diffida».
Nello specifico, il primo dei due interventi da eseguire consiste
nell’installazione del filtro a tessuto sull’impianto di aspirazione polveri a
servizio dei vibrovagli nel reparto di condizionamento (in questo caso la
Lucchini avrà 20 giorni a disposizione). Mentre il secondo, per la cui
esecuzione la società avrà a disposizione 45 giorni, consiste nella
realizzazione dell’impianto di aspirazione polveri a presidio delle operazioni
di seconda vagliatura del coke.
La proprietà dovrà quindi terminare i lavori entro il termine fissato dall’Aia,
pena la sospensione della stessa Autorizzazione integrata ambientale a tempo
determinato. «La Lucchini sta proseguendo nei termini previsti anche nella
realizzazione di una serie di altri interventi - rende noto la società - sia a
livello impiantistico che in materia di monitoraggio e controllo. Considerando
gli interventi ambientali allo stabilimento di Servola una priorità del gruppo
Lucchini-Severstal, la nostra società continua a impegnarsi per adottare le
migliori tecniche disponibili per rispondere ai precisi obblighi normativi a
tutela della salute pubblica della cittadinanza e dell’ambiente».
(e.c.)
Comune: discariche dannose per il porto - Sesta commissione: l’area
abusiva blocca lo sviluppo della zona
«Lo sviluppo delle attività portuali di Trieste e, più in generale, quello
dell’intera città, rischia di essere paralizzato dalla maxidiscarica abusiva
scoperta nell’area dello Scalo Legnami. Si tratta non solo di un enorme disastro
ambientale, ma anche di un danno ingente per la nostra economia e la nostra
immagine: ora è arrivato il momento che tutte le istituzioni collaborino per
risolvere il problema velocemente». Questo l’appello lanciato ieri dal
presidente della Sesta commissione comunale Roberto Sasco (Udc), durante un
sopralluogo effettuato assieme ai consiglieri della prima commissione della
Provincia nell’area inquinata, e tuttora sotto sequestro.
Ieri mattina i consiglieri hanno infatti varcato la zona protetta dai sigilli
apposti dalla Procura due settimane fa, scortati dai militari della guardia di
finanza, dagli uomini della Forestale regionale e da alcuni tecnici delle due
amministrazioni locali. Una verifica congiunta all’area dello Scalo Legnami:
20mila metri quadrati ricoperti da migliaia di metri cubi di rifiuti pericolosi
accatastati in riva al mare. Detriti di ogni genere accumulati sia a terra che
in mare, «cumuli enormi - ha sottolineato il consigliere dei Cittadini Roberto
Decarli - che sono certamente il risultato di anni e anni di scarichi abusivi».
«Lo spettacolo che ci siamo trovati davanti agli occhi è sconcertante - spiega
ancora Roberto Sasco -. Comune e Provincia non vogliono entrare nel merito delle
competenze della magistratura. Però è importante ricordare che l’area dello
Scalo Legnami è strategica per lo sviluppo della città: davanti dovrebbe nascere
la piattaforma logistica. Un progetto che, a questo punto, rischia di essere
paralizzato per anni». Il grande punto interrogativo, secondo il consigliere
comunale dell’Udc, è rappresentato dai tempi e dai costi della bonifica
dell’area: «Chi pagherà? Servono risorse ingenti - conclude Sasco - e tempi
strettissimi se si vuole investire sul futuro di Trieste».
(e.c.)
Dissequestrati i camion bloccati allo Scalo legnami - DECISIONE DEL RIESAME
Il Tribunale del riesame ha dissequestrato ieri una dozzina di camion bloccati
due settimane fa per iniziativa del pm Maddalena Chergia congiuntamente alla
discarica dello Scalo legnami, ritenuta abusiva. All’interno sempre secondo
l’accusa, venivano smaltiti rifiuti speciali per il trattamenti dei quali non
era mai stata ottenuta la necessaria autorizzazione.
Il collegio che ha deciso il dissequestro era presieduto dal giudice Giorgio
Nicoli e ne facevano parte i colleghi Laura Barresi e Francesco Antoni. I
magistrati hanno accolto le tesi sostenute dagli avvocati Sergio Mameli,
Giancarlo Muciaccia, Andrea Frassini, Luca Maria Ferrucci e Antonio Florean che
hanno rappresentato altrettante ditte individuali o di capitale impegnate
nell’attività di autotrasporto o semplicemente proprietarie dei camion, peraltro
dati in leasing a terze persone: in dettaglio erano stati sequestrati i mezzi
usati per trasferire nella discarica i materiali ritenuti abusivi dalla ditta «Purger
scavi», da Sebastiano Puliafito, dalla «IPM srl», dalla «Iest srl», da Alfredo
Cok e dalla società «Leone srl».
Il loro sequestro, annullato ieri dal Tribunale del riesame era stato in un
primo tempo ratificato dal gip Massimo Tomassini. Secondo l’inchiesta i
proprietari e i gestori dei camion «non potevano non conoscere la normativa di
riferimento in materia di rifiuti e in particolare il trattamento di quelli
speciali».
L’unica società che ha ritenuto n di non ricorrere al Tribunale del riesame pur
avando un proprio mezzo sotto sequestro, è stata la «Bruno Costruzioni».
Cartiera Burgo, dissequestrati due serbatoi con sottoprodotti - Il
gruppo ha dimostrato la regolarità dell’impianto bloccato, che ha portato alla
cassa integrazione
Centomila euro. Questo il «danno» subito dalla cartiera Burgo di Duino per il
sequestro di alcuni impianti industriali, poi revocato dal Tribunale del
riesame. Ecco la storia, sviluppatasi nelle due ultime settimane al termine
delle quali la direzione del gruppo cartario ha annunciato l’imminente cassa
integrazione per 200 operai.
Il Tribunale del riesame ha dissequestrato due enormi cisterne della Cartiera
Burgo di Duino, piene di ligninsulfonato, prodotto nello stabilimento di
Tolmezzo appartenente alla stessa società. Il ligninsulfonato è un prodotto
secondario delle cartiere e viene usato come «legante» nella preparazione di
colle e vernici.
Il collegio presieduto dal giudice Luigi Dainotti e col collega Francesco Antoni
nel ruolo di relatore, ha «disattivato» con la sua ordinanza quanto aveva
disposto una dozzina di giorni fa il pm Maddalena Chergia che, con un suo
provvedimento, aveva bloccato l’attività di questo impianto, ipotizzando che nei
due tank di Duino fossero stati stoccati indebitamente rifiuti industriali
pronti a essere inceneriti.
Invece il gruppo Burgo, attraverso il suo legale triestino, l’avvocato Franco
Ferletic, ha dimostrato, prima esibendo i documenti, poi attraverso l’esito
delle analisi di laboratorio effettuate dall’Arpa, che tutto era regolare, a
norma di legge. In sintesi che l’impianto non andava sequestrato.
Per arrivare all’udienza del Tribunale del riesame è stato però necessario
attendere una dozzina di giorni, e per tutto questo periodo di tempo le linee di
produzione del lignisulfonato sono rimaste giocoforza bloccate. E’ stata persino
ipotizzata la «messa in libertà» o in «cassa integrazione» di alcune decine di
operai della stabilimento di Tolmezzo.
La direzione del «Burgo Group srl» ritiene che il blocco forzoso dell’attività
abbia provocato un danno notevole, valutabile in circa centomila euro. Difficile
ipotizzare un percorso per ottenere una qualsiasi forma di risarcimento: gli
spazi offerti dalla legge sono più che angusti. Anzi impercorribili, almeno
secondo il giudizio di alcuni avvocati.
Il ligninsulfonato prodotto nella cartiera di Tolmezzo da tempo viene trasferito
con autobotti che percorrono l’autostrada fino allo stabilimento di Duino. Lì
viene commercializzato. Il porto di Monfalcone ma anche quelle di Trieste
dispongono infatti di spazi per il depositi temporaneo di questo «legante».
Ogni anno la produzione del lignisulfonato porta nei bilanci del gruppo Burgo
una consistente iniezione di denaro, valutata nel 2006 a 14 milioni di euro.
La vicenda, ora conclusasi favorevolmente, era stata con buona probabilità
innescata da un «soffiata» - comunque errata - fatta arrivare ai carabinieri del
Nucleo operativo ecologico di Udine. I militari erano entrati nello stabilimento
di Duino e avevano subito «puntato» i due serbatoi, nell’ipotesi che lì fossero
stoccati dei non meglio specificati residui di lavorazioni industriali, pronti
ad essere inceneriti o al di fuori di ogni autorizzazione e regola.
I dirigenti della cartiera hanno fornito immediatamente i documenti che
attestavano la presenza di ligninsulfonato nei tank finiti nel mirino degli
inquirenti. Hanno esibito fatture, bolle di accompagnamento, analisi. Ma non è
stato sufficiente per fermare l’azione.
I due grandi serbatoi sono stati posti sotto sequestro e i militari del Noe,
assieme ai tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, hanno
effettuati alcuni prelievi. Scopo finale, quello di verificare la vera natura
del prodotto. Le analisi ma anche la comunicazione del loro esito alla Procura
della Repubblica, hanno richiesto parecchi giorni. Il contenuto di alcuni fax
non è stato ritenuto idoneo; bisognava attendere l’arrivo dei risultati per
posta ordinaria. Nel frattempo la linea di produzione era bloccata.
Intanto ieri mattina è iniziata, per circa 250 dipendenti della cartiera, la
cassa integrazione annunciata giovedì. Gli addetti di due delle tre linee di
produzione, infatti, resteranno a casa fino a mercoledì, e non è escluso che
nella giornata di martedì venga annunciato dalla proprietà un ulteriore
provvedimento di blocco dell'attività, causato dalla mancanza di ordini.
Ieri intanto si sono chiuse le urne del referendum aperto da una settimana. I
lavoratori erano chiamati a votare relativamente all'ipotesi di accordo tra
sindacati e proprietà su flessibilità interna, nuove assunzioni e sicurezza,
argomenti che stridono di fronte alla cassa integrazione.
CLAUDIO ERNÈ
Muggia, parte la differenziata - Dal 16 giugno la fase sperimentale per
negozi e pubblici esercizi - A BREVE LA CONSEGNA DEI CONTENITORI
MUGGIA La fase sperimentale della raccolta differenziata dei rifiuti nel Comune
di Muggia entrerà nel vivo dal 16 giugno. Il progetto è stato illustrato in
un’assemblea pubblica dall’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani,
dall’architetto Adriana Cappiello del Servizio ambiente e sviluppo energetico e
dal referente della Ecoverde, azienda affidataria del servizio, Antonio
Giannatiempo.
La fase sperimentale, che prevede l’estensione della raccolta differenziata
anche alla frazione umida dei rifiuti, è rivolta a esercizi commerciali,
pubblici esercizi ed edifici pubblici, e sarà gradualmente estesa a tutta la
cittadinanza, facendo tesoro dell’esperienza acquisita. Contemporaneamente sarà
avviata, presso le singole attività interessate - 113 in tutto così ripartite:
25 tra caserme, scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14
esercizi commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici
esercizi fuori dal centro, oltre agli edifici comunali - la raccolta porta a
porta dei rifiuti differenziabili (carta, vetro, lattine e plastica). Per tutti
gli altri utenti verrà mantenuto il sistema di conferimento ai cassonetti
stradali.
Una prima fase di rilevazione dei dati sulle tipologie e quantità dei rifiuti e
sugli spazi disponibili, era partita a marzo con l’invio agli esercizi coinvolti
di un questionario; in questi giorni verranno visitati gli esercizi che ancora
non lo hanno restituito, mentre la distribuzione dei contenitori per la frazione
organica e la raccolta differenziata avverrà tra il 9 e il 13 giugno.
Contenitori che saranno diversificati per tipologia e colore e, in proporzione
alle quantità di rifiuti, potranno essere bidoni carrellati da 140 o da 240
litri. I contenitori dovranno essere esposti il giorno prima della raccolta,
alla chiusura dell’attività lavorativa. L’orario di raccolta sarà dalle 5.30
alle 8.
«Quando sarà entrato a regime, il progetto – ha spiegato Bussani – porterà
benefici a tutta la cittadinanza, anche in termini di risparmio. L’abbattimento
dei costi di gestione della raccolta porterà al passaggio da tassa sui rifiuti,
calcolata in base alla superficie, a una tariffa basata sulla quantità e qualità
dei rifiuti. Ridurre i costi di conferimento al termovalorizzatore permetterà di
impiegare le risorse per altri servizi. Come amministrazione non intendiamo
imporre ma proporre - ha sottolineato Bussani – ma la raccolta differenziata
deve partire perché le direttive lo impongono. Entro il 2008 bisognerà
raggiungere l’obiettivo del 41%, mentre attualmente si raggiunge appena il 19,6%
contro il 35 fissato dalla legge».
«Siamo pronti ad attuare eventuali aggiustamenti, in accordo con la Ecoverde,
tenendo conto delle varie esigenze - ha concluso l’assessore - ma è importante
la collaborazione di tutti. Gli interessati sono invitati pertanto a presenziare
alla prossima assemblea del 3 giugno, alle 15, in Sala Millo, occasione di
confronto per suggerimenti e la soluzione di problemi, inevitabili con
l’introduzione di importanti novità».
Il sistema attuale della raccolta indifferenziata coinvolge 13.400 cittadini,
6.120 famiglie e 380 aziende. Nel 2006 sono state prodotte 6.210 tonnellate di
rifiuti indifferenziati su un totale di 7.847 (la racccolta differenziata è pari
al 18,93%), mentre nel 2007 le tonnellate di indifferenziati erano 6.108 su
complessivi 7.597, pari al 19,59% di differenziata.
Per il momento verranno mantenuti anche gli strumenti attualmente utilizzati per
la raccolta, e cioè 185 cassonetti da 1.100 litri, 213 da 2.400 litri e 70
campane per la plastica, 70 per vetro e lattine, 70 per la carta, 5 per gli
indumenti usati, 10 per le pile esauste e due per i medicinali scaduti.
Rifiuti, la gestione rimane a Ecoverde - Il Consiglio di Stato accoglie
la richiesta di sospensiva del Comune di Muggia
MUGGIA La raccolta dei rifiuti a Muggia resta, almeno per ora, in gestione a
Ecoverde. Il Consiglio di Stato ha accolto un’iniziale istanza di sospensiva
presentata dal Comune nei confronti della sentenza del Tar del febbraio scorso,
che aveva annullato la gara d’appalto per le immondizie nella cittadina.
Il Tar aveva infatti accolto un ricorso della «E.Con-Conegliano Ecologia», che
si era rivolta al tribunale amministrativo regionale lamentando un’illegittimità
del bando, al quale del resto l’azienda non aveva poi partecipato.
Dopo tre udienze, il Tar aveva dato ragione alla «E.Con» annullando tutto:
l’atto di indizione della gara, il bando di gara pubblicato, il relativo
capitolato speciale, nonché tutti gli atti conseguenti.
Quindi, a detta del Tar, si sarebbe dovuta rifare da subito la gara. Il che
sarebbe stata una brutta gatta da pelare per il Comune, che si sarebbe visto
costretto a riaprire il bando, con tutti i costi che ne derivano.
Il Comune ha presentato però ricorso in appello al Consiglio di stato, chiedendo
anche immediatamente la sospensione dell’efficiacia della sentenza del Tar. I
giudici romani si sono riuniti e hanno emesso il loro verdetto martedì scorso.
Il ricorso è stato accolto, «considerato che, allo stato – si legge
nell’ordinanza del Consiglio - appare prevalente l’interesse
dell’amministrazione comunale alla continuità del servizio, specie
nell’imminenza della stagione estiva». Al dibattimento, la stessa E-Con non si è
costituita.
L’istanza cautelare accolta sospende dunque l’efficacia della sentenza del Tar,
lasciando le cose come stanno. Ma è solo un primo passo. Verso fine anno,
infatti, il Consiglio di stato si pronuncerà anche nel merito del ricorso,
ovvero valuterà se il dispositivo del Tar deve avere eseguito. E quindi se
bisogna rifare la gara di appalto, oppure no.
(s.re.)
IL PICCOLO - VENERDI', 30 maggio 2008
Scontro sul progetto per piazza Libertà - IN CONSIGLIO COMUNALE - Rumorose proteste degli ambientalisti dentro il Municipio
Anche i gruppi Beppe Grillo
contestano il taglio degli alberi di alto fusto
È proseguita fino a notte inoltrata la discussione del consiglio comunale
sul progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, che entro il
primo semestre 2010 dovrebbe ridisegnare completamente gli spazi verdi e
l’assetto viario della zona. Compattta per il sì la maggioranza di centrodestra,
mentre l’opposizione di centrosinistra ha annunciato voto contrario, ritenendo
il documento slegato dal piano del traffico generale e soprattutto dalla
possibilità di utilizzare in futuro le bretelle che ricadono in area portuale.
Al momento di andare in stampa la delibera non era ancora stata approvata.
Durante il dibattito in aula una ventina di appartenenti al neonato comitato
spontaneo di ambientalisti, cui si sono agganciati Gruppo Beppe Grillo e Italia
dei Valori (partito non rappresentato in Consiglio), hanno manifestato
rumorosamente contro la parte del progetto che prevede il sacrificio di una
decina di metri del giardino di Sissi sul lato di via Ghega e, con esso, di un
numero non ancora definito di alberi ad alto fusto. Il comitato ha anche
consegnato a Roberto Dipiazza una petizione con 1150 firme raccolte in 24 ore.
Il sindaco ha anche ricevuto nella sua stanza, prima del dibattito, sette
delegati del comitato. Sembrava quasi deciso a rinviare l’esame del progetto.
Poi ne ha parlato con l’assessore ai Lavori pubblici Bandelli che l’ha convinto
a procedere come da ordine del giorno. «I cittadini stiano tranquilli - ha detto
Dipiazza -, Bandelli mi ha assicurato che il progetto è stato elaborato in modo
da salvaguardare più alberi possibile».
Ora per il progetto preliminare - che prospetta la fine del traffico davanti
alla stazione e alla stessa Sala Tripcovich, con una «esse» a doppio senso che
si concentra sul lato di via Ghega - continua la corsa contro il tempo per la
redazione del progetto esecutivo e della gara d’appalto. Sono in ballo tre
milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle
Infrastrutture e il resto della Regione, da rendicontare entro il 31 dicembre
2009.
(pi.ra.)
Tondo: più sobrietà e meno dirigenti in Regione - «Stiamo già lavorando
all’accorpamento dei servizi. Comparto unico da ripensare»
È evidente che mancano sia medici sia infermieri: le aziende devono spendere
meno per gli amministrativi e di più per chi sta in corsia
Cambieremo la legge di tutela Va tolto il silenzio-assenso per l’insegnamento e
l’utilizzo negli enti pubblici sarebbe un costo enorme
TRIESTE Da neanche un mese ha preso in mano il testimone di governatore.
Testimone che gli è stato consegnato dai cittadini del Friuli Venezia Giulia.
Una vittoria netta, quella su Riccardo Illy, che nasconde anche un pizzico di
«nostalgia» dei cittadini per un modo di fare e intepretare la politica stile
anni ’80-’90. Renzo Tondo, questo stile ce l’ha nel suo dna di socialista. «La
politica deve avere un ruolo centrale» è il suo pensiero. E su questo credo ha
già incardinato le scelte sulla composizione della sua giunta. Ma Tondo ha anche
dovuto affrontare subito problemi concreti, a cominciare dal nodo Insiel. Vuole
incidere sui costi della politica, ma anche su quelli della burocrazia che
peraltro è di intralcio alla vita dei cittadini a chi vuol fare impresa.
«Possiamo snellire la macchina pubblica, utilizzando ove possibile,
l’accorpamento di direzioni e servizi. I costi onerosi del comparto unico devono
poi tradursi in assegnazione di maggiori competenze agli enti locali. Se
impiegati e funzionari guadagnano di più, deve esserci una ricaduta sulla
comunità. E per il momento questa trasformazione non si è vista». E sempre
nell’ottica del risparmio conferma la modifica della legge sul friulano voluta
da Illy. A Roma chiederà più risorse per la Sanità mentre il reddito di
cittadinanza per i più poveri sarà trasformato in un «assegno sociale». E da
ieri è partita anche l’operazione di riduzione dell’indebitamento.
Presidente, l’opposizione sottolinea che alcuni dei suoi assessori sono poco
esperti.
Intanto, nel ’98 io arrivai qui e mi trovai a gestire sei deleghe. Poi, ho
privilegiato la volontà dell’impegno e comunque il primato della politica che ci
aiuta a capire la sintesi delle varie situazioni e il modo in cui affrontarle.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico ci sono i direttori e gli uffici. Ho già
apprezzato come gli assessori abbiano mantenuto un profilo tranquillo. Vogliono
capire le cose prima di fare annunci roboanti. E per questo li ringrazio.
Come intende sviluppare i rapporti con l’opposizione?
I cittadini hanno eletto un presidente della Regione e un Consiglio. Non sono un
uomo solo al comando. Quando ero sindaco di Tolmezzo, finchè c’è stata
un’opposizione forte, ho governato bene, quando alla fine della legislatura,
l’opposizione ha mollato, ho fatto degli errori. Io vengo dalla tradizione
socialista e vent’anni fa teorizzavamo la democrazia conflittuale in alternativa
a quella consociativa. Quindi ben venga un rapporto anche duro con il
centrosinistra ma con la nostra predisposizione al dialogo.
E il rapporto della giunta con Roma?
Sarà improntato a tutelare la nostra specialità senza alcuna subalternità
relativa all’appartenenza. Dialogheremo tra istituzioni con il vantaggio di
avere buoni rapporti con molti ministri che conosco bene e che vengono dalla
tradizione socialista. Per quanto riguarda l’aumento della compartecipazione
l’obiettivo della legislatura è ottenere il riallineamento della spesa
sanitaria.
Sull’abolizione del reddito di cittadinanza si sono levate critiche anche dalla
parte più cattolica della sua maggioranza. Come pensa di procedere?
Su questo i media hanno esagerato. Io ho sempre e soltanto detto che il reddito
di cittadinanza non è lo strumento più adatto per dare risposta
all’emarginazione sociale. Culturamente abbiamo sempre detto che considerarlo un
reddito era un errore. Detto questo, siccome le leggi ci sono e adesso c’è la
sua applicazione per il primo anno sperimentale, lo applichiamo. Studieremo per
il prossimo anno un nuovo provvedimento anche alla luce dell’esperienza fatta
quest’anno. Anche se il fatto stesso che siano pervenute solo 2 mila domande a
fronte dei 20 mila aventi diritto ci indica che qualcosa non funziona.
Evidentemente, si è impantanato. A chi è disagiato un assegno sociale va
garantito. E, nonostante il comparto unico, evidentemente i sindaci non sono
messi in grado di gestire il servizio.
Lei è critico sul comparto unico?
L’operazione è costata un sacco di soldi pubblici dei nostri cittadini. A dieci
anni di distanza dalla legge noi non abbiamo ancora la ricaduta per i cittadini.
La logica non era quella di premiare i dipendenti di Comuni, Province e Comunità
montane rispetto ai regionali, ma dare maggiori servizi. Anche l’assegno sociale
va inserito nell’ambito di nuove competenze che i Comuni dovranno gestire.
Ma i dipendenti non sembrano gradire la politica della mobilità.
Io credo che la mobilità può essere un valore. Non tutti i dipendenti sono
triestini. Il trasferimento non verrà imposto a nessuno ma per molti può essere
un’opportunità. Dopo di che, però, se nei Comuni prendono più soldi, che cosa
danno in più? Facciamo il comparto ma la piscina comunale resta aperta fino alle
10 di sera.
E nella sanità?
Ci sono molti interventi da fare sulle strutture. Non abbiamo ospedali da
chiudere, abbiamo ospedali ai quali far fare cose diverse a seconda di ciò che
il territorio necessita. Abbiamo centri di eccellenza e la rete ospedaliera deve
soprattutto servire a garantire soprattutto i cronici, i terminali, gli
anziani... Con il lavoro che sta facendo l’assessore Kosic andremo in questa
direzione anche per evitare sprechi di denaro.
Ma i sindacati chiedono centinaia di nuove assunzioni. Avete già fatto una
valutazione?
Ci stiamo lavorando. È chiaro che mancano medici e infermieri rispetto
all’ideale e noi dobbiamo vigilare affinché le aziende sanitarie spendano più
risorse per l’attività di corsia che non per gli amministrativi. La riforma va
in questo senso. Il progetto delle tre aziende di Illy incideva solo sui
percorsi amministrativi. Fare un’unica azienda a Udine avrebbe stressato il
territorio senza peraltro portare grandi benefici.
A proposito di spesa, come ridurre i costi della politica?
In Consiglio ho fatto un appello alla sobrietà e il presidente Ballaman ha già
espresso le sue intenzioni di ridurre le indennità. I miei assessori sono stati
invitati a fare tutti i gesti che lancino un messaggio. Quando decido di
prendere un forestale come mio autista o quando riduciamo a cinque gli assessori
esterni, diamo messaggi importanti. Adesso stiamo lavorando sull’accorpamento
dei servizi. Dopo aver eliminato la direzione alla comunicazione e quella
generale prseguiremo. Se ci sono dei servizi nei quali i dirigenti vanno in
pensione valuteremo la praticabilità di accorpamenti prima di rimpiazzarli. Ho
detto questo agli assessori e ad altri enti esterni. Una cosa da fare, poi, è
riprendere in mano il comparto unico che deve portare a una ricaduta sul
sistema.
A che punto è l’analisi sul debito?
Nella manovra di assestamento abbiamo già tagliato più di cento milioni di euro
del debito regionale. È stata, con la collaborazione di tutti gli assessori, una
prova di coerenza rispetto alle nostre promesse elettorali. Quel che è certo è
che Illy ha detto che ha portato più soldi, ma di solito ci si indebita quando
ci sono poche entrate. Ne ho parlato anche con la Corte dei Conti.
Facciamo il punto su Insiel.
Siamo in attesa della proroga della Bersani. Con Telecom le cose andavano meglio
ma il mio obiettivo è che ci sia una presenza pubblica minoritaria (35%) e una
presenza privata maggioritaria (65%) in modo tale che la presenza della Regione
garantisca i patti parasociali.
Difficile con la Bersani?
Io sono moderatamente ottimista.
Arriva il comissario per la costruzione della terza corsia dell’A4?
A breve, assieme al presidente del Veneto Galan, lo chiederemo al governo. E lo
otterremo.
E sul fronte delle altre infrastrutture?
Ci siamo posti obiettivi ambiziosi. Oltre alla terza corsia dobbiamo partire con
i cantieri per la Tav, valutare l’impatto della Sequals-Gemona, attivare il
collegamento dell’autoporto della Bassa con la rete autostradale. Concluderò
entro la legislatura i lavori dell’eterna incompiuta la famosa A28 che sarà
collegata con l’A27 costituendo così, anche con l’utilizzo della variante di
Mestre, un collegamento privilegiato verso Ovest.
Quanto costa allargare lo sconto sull’Irap alle piccole e medie imprese?
Non abbiamo ancora fatto una stima ma è un provvedimento da portare a compimento
entro la legislatura: premierà quella rete di piccole aziende che costituiscono
l’ossatura produttiva del Friuli Venezia Giulia.
Si è chiesto se la nomina a presidente di Massimo Paniccia fosse incompatibile
con i suoi altri incarichi?
Mi sono posto il problema ma il ragionamento che ho fatto è molto logico. Mi
sono chiesto se avesse o meno le caratteristiche per fare il presidente di
Mediocredito. Paniccia è un imprenditore friulano di una media imprese, è
presidente delle pmi, ha professionalità nel settore finanziario, è un
innovatore. Quindi ho deciso che potesse essere un buon presidente.
Lei ha detto di essere un fautore del nucleare. Si può ipotizzare il progetto di
una centrale nel Friuli Venezia Giulia?
A quanto mi risulta la nostra regione, per la sua struttura morfologica, non
rientra nei piani.
Ma intanto le grandi imprese chiedono subito energia a prezzi più bassi da
importare attraverso gli elettrodotti. La sua giunta appoggia questo progetto?
Il nucleare ci verrà in soccorso non prima di dieci anni. Ho fatto un
sopralluogo in Austria e ho constatato che l’impatto ambientale è limitato.
Quindi credo che la realizzazione di un elettrodotto vada avviata al più presto.
Il rigassificatore ha scatenato un po’ di maretta dentro la parte triestina del
suo partito.
Dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovich abbiamo concordato che
una struttura a mare non si può fare. Non ho pregiudizi ideologici sull’impianto
a terra ma ritengo che la morfologia del territorio triestino poco si adatti a
questa soluzione. Ad ogni modo siamo a disposizione del governo se vorrà avviare
le procedure di legge.
In campagna elettorale sosteneva che aveva un progetto per ammortizzare
l’eventuale crisi occupazionale prodotta dalla chiusura della Ferriera. Conferma
questo impegno?
Confermo che ho parlato con alcuni imprenditori importanti disposti a investire
in quell’area.
Modificherete la legge sul friulano varata nell’ultima legislatura?
Confermo che la cambieremo. Primo perché bisogna togliere il silenzio-assenso
nelle scuole. E poi non è possibile immaginare l’utilizzo del friulano negli
enti pubblici. Non ha senso e sarebbe una spesa enorme per le casse pubbliche.
CIRO ESPOSITO
Traffici illeciti, inchieste parallele per Friuli e Ivrea - IN PIEMONTE 7
ORDINI DI ARRESTO
Nel porto di Venezia sequestrati 22 container di carta friulana pronti a
partire per la Cina
ROMA Rifiuti smaltiti in terreni agricoli delle province di Torino e
Alessandria o portati in container dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto in
Cina: sono sull'asse Ivrea-Venezia le due nuove inchieste, pur slegate tra loro,
della magistratura sullo smaltimento illecito di rifiuti. Mercoledì la notizia
del sequestro dei 22 container nel porto di Venezia, mentre ieri i carabinieri
del Comando provinciale di Torino, comandanti dal colonnello Antonio De Vita, e
del Noe, diretti dal colonnello Michele Sarno, hanno eseguito sette misure
cautelari nei confronti di persone che facevano capo al Consorzio Asa di
Castellamonte (Torino) che si occupa di recupero e smaltimento rifiuti per 54
comuni del canavese.
L’indagine che ha portato al sequestro di 22 container nel Porto di Venezia
riguarda un presunto traffico di rifiuti tra il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto
e la Cina. L'ipotesi formulata dalla Procura udinese nei confronti dei
responsabili delle società è di abusiva raccolta di rifiuti, reato previsto dal
Codice dell'ambiente. Secondo quanto si è appreso, il provvedimento è stato
eseguito l'8 maggio scorso e fa parte di una più ampia attività di indagine
coordinata dal sostituto procuratore della repubblica di Udine Claudia
Finocchiaro. Dei 22 container bloccati nello scalo veneziano, dieci contengono
balle di carta raccolte dalla Idealservice di Pasian di Prato (Udine), una
cooperativa specializzata nella raccolta e nella selezione di rifiuti e 12 della
Società estense servizi ambientali (Sesa), Spa a prevalente capitale pubblico
del Comune di Este (Padova). Erano diretti nel Paese asiatico attraverso un
mediatore tedesco, la società Interseo Gmbh di Francoforte, che formalmente è la
proprietaria dei container. L’indagine della Procura di Udine è stata avviata
venti giorni fa ed è ancora «in pieno svolgimento», ha affermato il Procuratore
capo, Antonio Biancardi, sottolineando che «al momento non ci sono indagati».
Biancardi ha precisato che i container «dovrebbero contenere rifiuti di carta,
per i quali era stata data autorizzazione alla partenza per la Cina. L'indagine
- ha proseguito - è stata avviata poichè ci sono dei sospetti che non sia così».
La cooperativa Idealservice, coinvolta nell'indagine, presenterà richiesta di
incidente probatorio sul contenuto dei 22 container sequestrati al Porto di
Venezia. Il legale della società, Roberto Paviotti, respinge ogni accusa rivolta
alla Idealservice e contestando l'ipotesi che all'interno dei container vi sia
qualcosa di diverso dalla carta. «Si tratta - ha spiegato - di imballaggi,
carta, cartone e giornali che la società raccoglie da 14 anni e che negli ultimi
tempi viene destinata regolarmente anche a cartiere cinesi, che rappresentano un
nuovo ”business” nel settore».
Diversa la vicenda di Ivrea. Per risparmiare sui costi di smaltimento di quelli
pericolosi e della raccolta differenziata, secondo la ricostruzione del
procuratore Elena Daloisio, alcuni dei dipendenti del Consorzio gestivano
abusivamente, utilizzando false certificazioni di laboratorio, ingenti
quantitativi di rifiuti pericolosi e non, tra cui anche l'amianto. I rifiuti
venivano dispersi e mescolati su un terreno agricolo di S. Antonino (Torino) e
Pontestura (Alessandria) o stoccati in discariche abusive. Riscontrati anche
danni ambientali dovuti alle infiltrazioni tossiche nei terreni e nelle falde
acquifere che hanno anche causato una moria di pesci per l'alta tossicità dei
derivati dal degrado dai rifiuti. Agli arresti domiciliari sono finite sette
persone.
Industriali: «Sì a Gas Natural» - VERTICE SULL’ENERGIA A TRIESTE - Razeto (Ceat):
«Puntiamo all’area ex Esso e alla catena del freddo»
TRIESTE Il rigassificatore è una priorità e il Consorzio energia
dell’associazione degli industriali di Trieste (Ceat), guardando al golfo di
Trieste, punta a un impianto on-shore, in particolare quello dell’area ex Esso
che sta progettando Gas Natural. A insistere su questo punto, per abbattere i
costi dell’energia troppo alti per le imprese, è il presidente del ceat, Sergio
Razeto.
«Assindustria e Ceat sono stati spinti da motivazioni di carattere economico a
supportare la soluzione nell’area ex-Esso di Gas Natural – spiega –. I benefici
per la popolazione, la riqualificazione di un’area inquinata oggi dismessa, il
ritorno occupazionale sia in termini di costruzione che di gestione, l’indotto e
la realizzazione della cosiddetta catena del freddo per l’industria della
conservazione alimentare registrano la diffidenza di parte dell’opinione
pubblica che deve essere adeguatamente informata e sensibilizzata sulla
sicurezza dell’impianto».
«Auspichiamo quindi che a livello nazionale e locale - conclude il presidente –
dopo una fase di rallentamento, se non di ostacolo, alla realizzazione dei 13
progetti in Italia, si arrivi ad una certezza su alcuni impianti, in cui il
soggetto pubblico dia garanzie ai privati che investono e alle comunità
preoccupate dai progetti, superando le resistenze troppo spesso ideologiche e i
localismi».
I dubbi sui rigassificatori
Era prevedibile che lo spostamento degli obiettivi politici seguito alle
elezioni si rendesse presto visibile anche nei programmi per l’energia. Il
periodo relativamente povero di novità seguito alle presentazione dei progetti
di rigassificatori e alle prese di posizione degli organi amministrativi e
politici più direttamente responsabili, dagli ambientalisti e della popolazione
è stato rotto dalle prime avvisaglie di nuovi orientamenti.
Non è ancora completato il processo autorizzativo, senza la cui conclusione
liberatoria, nessun progetto può essere attuato. Non sono stati resi noti gli
approfondimenti che pur sono tanto necessari, e il confronto fra favorevoli e
contrari si appoggia tuttora a valutazioni e opinioni personali. Ma l’attività
di rigassificatori nel golfo di Trieste o nel cuore del suo porto,
rappresenterebbe una nuova situazione di caratteristiche così paticolari, e un
cambiamento della strategia di sviluppo così importante e irreversibile e così
ricco di conseguenze per la nostra città, che si deve continuare a raccogliere
informazioni aggiornate, a discuterne e a valutarne i pro e i contro fino ad
essere certi che i progetti rientrino in una precisa e largamente condivisa
strategia di sviluppo della città.
Il risveglio notato nella nuova atmosfera politica non dipende da nuove
conoscenze sul metano in quella che viene giustamente chiamata crisi energetica.
Manca infatti sempre un piano energetico nazionale e non vi sono nuove ragioni a
favore di Trieste per la collocazione ideale dei rigassificatori. Non vi è
alcuna certezza che la necessità e la convenienza della rigassificazione a
Trieste siano e debbano rimanere alte con l’evoluzione della crisi energetica.
Al contrario è probabile che il gas dai rigassificatori diventerà ad un certo
momento meno conveniente del metano gassoso che arriverà dai metanodotti.
Dobbiamo pensare che può diventare necessario scegliere fra metano liquefatto e
metano gassoso e che il nostro rigassificatore porebbe rimanere inattivo.
Trieste conosce, proprio dalla storia della Ferriera di Servola, le difficoltà
che la pressione del mercato crea quando si deve intervenire sull’attività di
grandi impianti industriali, con la necessità di renderla meno economica o
addirittura di interromperla per rispettare l’ambiente. Si manifesta invece più
forte la tesi che abbiamo sostenuto da sempre: la necessità di considerare l’
incompatibilità del rigassificatore con lo sviluppo dell’attività portuale. E’
da molti mesi che la stampa registra per la prima volta la possibilità di
rinascita del nostro porto con le prove che può svegliarsi dal quasi secolare
degrado. Esposizioni chiare delle grandi linee strategiche, progetti precisi e
documentati, esigenze economiche e finanziamenti coerenti illustrano ormai un
cammino realistico.
Gli ostacoli incontrati in un passaggio che coinvolgeva amministrazioni diverse
da quella portuale sono stati fortunatamente superati. Brividi di allarme si
sono avuti e si hanno ancora per qualche difficoltà sorta episodicamente nelle
relazioni sindacali con rischi di fallimento di quanto ottenuto in ben più
decisive relazioni internazionali. Ricordiamo che l’esperienza storica di
Trieste è nata grazie al lavoro dei suoi cittadini nel porto commerciale di
Trieste divenuta ricco centro culturale, tecnico, economico, assicurativo,
scientifico. È ora di pensare al futuro dei nostri figli e nipoti e quindi a
interrompere il degrado della nostra città e passare ad una economia affluente.
“Economia” ricca non significa il lavoro comodo e la pensione sicura, che
permettono di sostenere che “viva là e pò bon” e che per le nuove iniziative “no
se pol”, ma significa vivere in una città che ha in sè lo strumento per produrre
ricchezza e cittadini in grado di far funzionare autonomamente e con successo
questo strumento.
Si dà il caso che lo strumento che è stato nel passato il porto, non sarebbe
oggi un rigassificatore, che produrrebbe qualche non trascurabile rischio, molta
ricchezza solo in minima parte triestina, e un lavoro comodo per pochissimi e
solo finchè le leggi del mercato e volontà non triestine lo considerassero
conveniente. Cultura triestina significa invece volontà di decidere con le
proprie idee in un sistema economico ricco di possibilità per imprenditori
capaci, come struttura agile per il commercio internazionale in un ambiente
accogliente per il turismo, con i contatti che permettono, alle nostre
istituzioni scientifiche e tecnologiche, di essere sempre aggiornate e talvolta
in testa per le nuove opportunità di impresa.
In questa situazione le lotte politiche non confessabili fra iniziative diverse
farebbero perdere la possibilità di un confronto aperto, sincero e creativo e
porebbero al fallimento la città nella sfida per il proprio sviluppo.
Giacomo Costa
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 maggio 2008
Oltre il 15% di auto in meno Il
caro-benzina mette il freno al traffico del centrocittà - CAMBIA IL QUADRO
DELLA VIABILITA’
La nuova tendenza fa emergere la possibilità di ritardi o cancellazioni dei
progetti contenuti nel piano parcheggi
Meno automobili in giro per Trieste. Che il traffico non sia più infernale
appare chiaro pressoché a tutti, ma secondo la quasi totalità degli osservatori
privilegiati, soprattutto in centrocittà, ma anche nella più immediata
periferia, vi è anche un calo abbastanza netto di auto in circolazione: un 10,
forse un 20 per cento in meno. Conseguenza questa dell’abolizione dei
contingenti di benzina agevolata, oltre che dell’impennarsi dei prezzi dei
carburanti. Il carovita dunque sembra riflettersi anche su un bene che sta
particolarmente a cuore agli italiani: l’automobile. L’apertura degli ultimi
tratti della Grande viabilità, la Cattinara-Padriciano e la Lacotisce-Rabuiese,
potrebbe rendere il traffico ulteriormente fluido, mentre il Piano parcheggi,
che prevede addirittura 18 nuovi megaimpianti potrebbe subire alcune
cancellazioni e comunque ulteriori dilazioni.
«Quanto prima metteremo al centro di una seduta un nuovo punto proprio sulla
questione della circolazione e dei parcheggi in città - annuncia Roberto Sasco,
presidente della Commissione urbanistica del Comune - perché il calo notevole
del traffico è sotto gli occhi di tutti, io lo stimerei quasi al 30 per cento in
meno rispetto a un anno fa, ed è anche risaputo che alcuni park sono semivuoti».
«In Italia la burocrazia rallenta spaventosamente di per sé anche la costruzione
dei parcheggi - si lamenta il sindaco Roberto Dipiazza - basti pensare che sono
venuti a propormi il parcheggio sotto San Giusto nel 2001 e dopo sette anni non
è stato ancora aperto il cantiere». Ma se l’ufficio del mobility manager Giulio
Bernetti stima attorno al 15 per cento il calo del traffico pur in assenza di
rilevazioni statistiche, Dipiazza nega che la situazione sia particolarmente
migliorata: «Ci sono meno automobili in corso Italia - sostiene - ma ciò si
verifica in quanto i flussi deviano sulle Rive dove grazie alla riqualificazione
si transita rapidamente e senza ingorghi. La situazione del traffico a Trieste è
però ancora difficile in molti punti. Abbiamo lo studio Camus che rileva quante
macchine transitavano nei punti cruciali negli anni scorsi. Mi accingo a far
fare nuove rilevazioni proprio per stimare con certezza l’eventuale calo di
passaggi».
Una diminuzione a livello nazionale del 10 per cento di auto in circolazione che
a Trieste a causa dell’abolizione dei contingenti agevolati avrebbe raggiunto il
20 per cento è la stima del presidente dell’Aci, Giorgio Cappel, mentre secondo
lo stesso comandante della Polizia municipale Sergio Abbate «un lieve calo del
traffico è innegabile anche se risulta già in ripresa rispetto a un paio di mesi
fa, mentre sono in lievissima flessione anche le soste irregolari. Se solo i
vigili mollano un po’ l’attenzione - sostiene però Abbate - riprendono però le
seconde e le terze file selvaggie». «A Trieste si circola bene, forse
effettivamente anche un po’ meglio rispetto a un anno fa - dicono alla centrale
Radiotaxi - ma purtroppo le chiamate per noi sono stabili e non aumentano». Ma
come sottolinea Piergiorgio Luccarini, direttore generale di Trieste Trasporti,
il calo di automobilisti non è affatto compensato da un aumento di passeggeri
dei bus, né da una circolazione più agevole per questi mezzi. «Nei primi mesi
del 2008 - conferma - c’è stato un calo di passeggeri attorno al 4%, mentre per
i nostri autisti muoversi a Trieste continua ad essere complicato e stressante».
Chi non va più in macchina dunque o ha aumentato il già foltissimo esercito dei
motociclisti, o ha preferito la bicicletta (se ne vede qualcuna in più negli
ultimi tempi), ma soprattutto ha scelto di andare a piedi o ancora, extrema
ratio, di non muoversi.
SILVIO MARANZANA
Mezzi pubblici sempre lenti
È schizofrenica la percezione sullo stato del traffico a Trieste come si vede da
questa rapida inchiesta. Dati statistici sul calo di automobili in circolazione
non esistono, ma la tendenza è testimoniata dalla Polizia munipale, dal mobility
manager, dall’Automobil club, dai tassisti. Eppure gli autobus continuano a
viaggiare troppo lentamente, con difficoltà e con passeggeri in diminuzione,
mentre gli automobilisti continuano a girare in cerca di parcheggi di cui
lamentano la mancanza e proprio per questo rischiano di ingrossare il traffico,
mentre alcuni parcheggi a pagamento sono semivuoti.
Piazza Libertà, 500 firme per la difesa degli alberi
Cinquecento firme contro il sacrificio di una decina di metri e di un numero non
definito di alberi del giardino di Sissi sul lato di via Ghega - come previsto
dal progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà - sono state
raccolte ieri nel corso di una manifestazione promossa da un comitato spontaneo
che riunisce Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg, Lega antivivisezione
e Associazione fiori e piante, con l’adesione del Gruppo Beppe Grillo e di
alcuni esponenti di Italia dei Valori e Pd. La raccolta delle firme - spiega il
responsabile locale della Lav Fulvio Tomsich Caruso - proseguirà anche oggi. La
petzione sarà consegnata a qualche consigliere comunale prima della seduta
d’aula di stasera in cui è prevista la discussione del progetto.
Via al recupero dei laghetti delle Noghere - Il Comune vuole creare un
laboratorio ambientale aperto a ornitologi e scuole
Progetto approvato lo scorso novembre, spesa prevista di 35 mila euro
MUGGIA Ha preso il via l’iter per l’assegnazione dei lavori di ripristino
ambientale del biotopo dei laghetti delle Noghere, a Muggia. La spesa a base di
gara è di 35 mila euro. Il progetto è stato approvato nello scorso novembre dal
consiglio comunale.
L’area in totale misura 93.500 metri quadrati ed è stata definita «biotopo
naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42.
Un primo progetto per un utilizzo naturalistico e didattico dei laghetti e delle
aree circostanti era stato già elaborato qualche anno fa: per questa iniziativa
il Comune aveva già ottenuto un finanziamento di 50 mila euro dalla Regione.
L’iter però era rimasto bloccato per la non titolarità del Comune sull’area.
Il problema è stato poi risolto solo nel settembre del 2006, quando il Comune ha
trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area a 37 mila euro,
dilazionati in dodici anni, chiudendo così una lunga vicenda, iniziata già nel
1983. È quindi proseguita la fase progettuale, volta proprio ad applicare il
primo finanziamento ottenuto per quell’area.
L’intenzione dichiarata è di fare dei laghetti un laboratorio e un’aula
ambientalista e di studio all’aperto, in modo che ornitologi e scuole ne possano
usufruire tutto l’anno, per vedere le specie di piante ad animali che vivono o
transitano nella zona.
In base al progetto, si tratta di eseguire lavori di recupero naturalistico,
botanico e faunistico e del suolo, utilizzato (negli anni) per cave e torbiere,
per mezzo di piantumazione. Saranno necessarie quindi opere per garantire la
stabilità dei pendii, la riforestazione e la rivegetazione di scarpate stradali,
cave e discariche.
Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva, con nuovi
finanziamenti. Per l’assegnazione degli interventi il Comune attuerà una
procedura ristretta semplificata (considerato anche l’ammontare della spesa).
Per questo l’amministrazione ha già pubblicato un avviso rivolto alle ditte
interessate a partecipare a questa assegnazione. I termini per la presentazione
delle domande scadono il 4 giugno.
s.re.
Razeto: sì al progetto per il rigassificatore - Il presidente del
Consorzio energia triestino: costi troppo alti per le imprese
TRIESTE I prezzi del petrolio in continua ascesa verso record assoluti, un
mercato elettrico nazionale non ancora del tutto delineato a quasi un anno dalla
sua apertura, un mercato del gas lontano da un¹effettiva liberalizzazione: «I
costi dell’energia stanno pesando sempre più sui bilanci delle imprese afferma
il presidente del Consorzio Energia dell’Associazione degli Industriali della
provincia di Trieste Sergio Razeto (presidente ed ad di Wärtsilä Italia) - con
percentuali notevolmente più elevate di quanto stimato a fine 2007, momento di
sottoscrizione dei contratti di fornitura».
Per delinerare un quadro preciso e chiarire quelli che sono gli elementi di
criticità nella gestione quotidiana degli impianti, il Ceat, in collaborazione
con Ergon Energia Srl, Enel Energia Spa ed in Servizio Verifiche Periodiche
dell’Azienda Sanitaria Locale, ha organizzato due incontri di formazione rivolti
alle imprese, dedicati rispettivamente all’energia elettrica e al gas metano. Il
primo appuntamento si è svolto ieri. Il prossimo si terrà il giovedì 5 giugno,
con inizio alle ore 14.30 nella sede di Assindustria a Palazzo Ralli a Trieste.
Tra i temi principali del primo incontro ci saranno la Borsa dell’energia, il
quadro normativo del mercato, le componenti tariffarie delle bollette e dei
contratti. «I nostri consorziati ad oggi sono 46 - ricorda il Presidente Razeto
- e stanno risentendo meno dei continui aumenti del petrolio, in quanto il
Consorzio ha sottoscritto un contratto a prezzo fisso valido fino a fine 2008. E
questo anche grazie alla strategia adottata per risparmiare, che è stata quella
di utilizzare contratti generali massificando la quantità di energia da
acquistare: il consumo previsto per l’anno in corso è di 151 milioni di
kilowattora. Al momento non ci sono giunte voci di sofferenze da parte delle
aziende locali - sottolinea il presidente del Ceat - ma questo non significa che
la situazione a Trieste sia sotto controllo. Gli effetti a lungo termine si
faranno sentire anche qui, e proprio per questo è necessario cominciare a
pensare a un’adeguata politica di gestione delle fonti alternative». Gli
industriali triestini giudicano quindi una priorità portare avanti il progetto
del rigassificatore nel Golfo di Trieste.
Manovra estiva all’esame di giunta. E incentivi all’uso del fotovoltaico - OGGI
LA SEDUTA DELL’ESECUTIVO
TRIESTE Formazione e beni culturali, fotovoltaico e assestamento di bilancio
(sui cui numeri però vige il top-secret) sono i cardini della seduta di giunta
in programma oggi.
Per quanto riguarda il primo capitolo, l'assessore Molinaro porterà la delibera
che andrà a prevedere la costituzione del comitato paritetico Stato-Regione in
materia di Beni Culturali. Il secondo provvedimento sarà invece l'esame della
creazione del gruppo di lavoro tecnico operativo tra Regione e Ufficio
scolastico regionale che faccia da collegamento tra i due enti. «Il tutto –
spiega Molinaro – per iniziare a lavorare in materia di istruzione sia per il
sostegno all'offerta formativa che nell'ottica di una legge quadro sulla
formazione-istruzione».
Da notare che un simile provvedimento era stato predisposto dalla giunta
precedente, ma non aveva finito l'iter di legge causa le dimissioni anticipate
della giunta regionale. Adesso, si ricomincia il discorso.
Da parte dell'assessore all'Ambiente Vanni Lenna invece si proporrà un
intervento relativo all'applicazione del fotovoltaico in regione, con
l'obiettivo di ampliarne la portata. Anche in questo caso, di fotovoltaico si
era parlato con un provvedimento della precedente amministrazione, che prevedeva
che le case in costruzione nei prossimi anni in Fvg dovranno essere dotate di
impianti fotovoltaici, o, almeno, le imprese costruttrici dovranno già inserire,
nel progetto di realizzazione, le necessarie predisposizioni per
l’installazione, con tanto di possibile erogazione di incentivi regionali nei
settori delle fonti energetiche rinnovabili, del risparmio energetico, dei
sistemi ad alta efficienza energetica e ridotti impatti ambientali e
dell'idrogeno.
Il discorso quindi riparte da queste basi. Infine, all'attenzione della giunta
dovrebbe essere portato, oggi, anche l'assestamento di bilancio. Del quale però
non si conoscono le cifre.
«Devo ancora discuterne con la giunta e con i colleghi - spiega l'assessore alle
risorse economiche, Sandra Savino – per cui al momento non mi è possibile
anticipare nulla. Tanto che non sono certa che alla fine se ne discuterà».
(e.o.)
Appello agli amministratori perché non dimentichino le piste ciclabili
Con le migliaia di morti ogni anno sulle strade l’automobile è diventata il
primo predatore umano, eppure la crescita dell’industria automobilistica è
considerata indice di benessere e prosperità: anche nei nostri piccoli centri
urbani non si incoraggia il trasporto alternativo. Lo sviluppo della
motorizzazione privata era visto come desiderio estremo di libertà di movimento:
ma ormai il livello di saturazione a cui si è giunti a breve cancellerà del
tutto la libertà collettiva in immensi ingorghi paralizzanti, cimiteri di ogni
libertà di spostamento. Quindi, perché scoraggiare i ciclisti?
La sensazione di fragilità che permea il ciclista acuisce la sua attenzione al
mondo. Al contrario l’automobilista ne è sprovvisto. Il suo abitacolo rinforzato
e tutte le protezioni sofisticate che lo circondano gli danno una sensazione
d’invulnerabilità. Il ciclista urbano è un pioniere, un inventore. La sua
solitudine in mezzo a una marea di lamiere gli assicura la possibilità di
imporre il proprio universo: con il suo mezzo di trasporto minoritario (una bici
ogni mille auto) è come se vivesse nell’era dei pionieri. Una pagina bianca
scritta nella storia dell’umanità, scritta con i suoi copertoni, è una bella
sfida, raccolta ogni giorno, sollevando la testa, con un occhio al traffico,
alle macchine in movimento, ed uno a quelle in sosta: l’auto non è mai
totalmente inoffensiva, neanche quando è ferma parcheggiata, a causa
dell’«inopinato apri portiera».
Cari amministratori, noi ciclisti attendiamo sempre fiduciosi che prendiate seri
e concreti provvedimenti affinché la presenza delle bici sulle strade non sia un
mero atto di coraggio. Ampliate la rete di piste ciclabili e migliorate quelle
esistenti per far sì che gli spostamenti urbani in bicicletta non diventino
assimilabili alla pratica di uno sport estremo.
Mauro Luglio - Monfalcone
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 maggio 2008
Terza corsia, la A4 a fianco
della Tav - Vertice della Regione con Ferrovie e Autovie Coinvolti i
Comuni
TRIESTE Le diverse ipotesi del possibile affiancamento tra l'autostrada A4,
interessata alla realizzazione della terza corsia, e la nuova direttrice
ferroviaria ad alta velocità/alta capacità (AC/AV) del progetto prioritario Ten
n.6, noto come Corridoio V, nel tratto dal Tagliamento a Gonars sono stati al
centro di un summit a Trieste tra l'assessore regionale alle Infrastrutture di
trasporto Riccardo Riccardi ed i responsabili di zona di RFI-Rete Ferroviaria
Italiana Mario Goliani e Daniel Zorn, con la partecipazione dei vertici di
Autovie Venete, il presidente Giorgio Santuz, l'amministratore delegato Pietro
Del Fabbro, il direttore Enrico Razzini e Giancarlo Chermetz, della direzione
Sviluppo.
Si è trattato, come ha sottolineato al termine della riunione lo stesso
assessore Riccardi, di «una prima ricognizione» di tutti i diversi aspetti del
nuovo tracciato ferroviario da Venezia verso la Slovenia.
Al termine di questa fase, «che vogliamo condividere con la Provincia di Udine e
con tutti i Comuni interessati a questa direttrice viaria, anche in
considerazione delle interrelazioni tra linea ferroviaria, rete autostradale e
viabilità ordinaria (soprattutto per quanto riguarda il traffico merci)»,
l'assessore Riccardi intende porre mano - d'intesa con Autovie Venete e RFI - ad
una comparazione dei possibili scenari, analizzando le condizioni di
sostenibilità tecnica ed economica, nonché i tempi di realizzazione
dell'infrastruttura ferroviaria.
«L'obiettivo - ha indicato l'assessore - è quello di avviare il progetto
definitivo del terzo lotto dellaterza corsia autostradale, dal confine con il
Veneto a Gonars, attualmente condizionato dall'indeterminatezza del procedimento
relativo all'asse ferroviario».
Porto Vecchio, si aprono gli storici archivi dell’area - VENERDI’ UN CONVEGNO
- In città i vertici di Italia Nostra: per la prima volta in visione materiale
fotografico e non
Italia Nostra organizza un congresso che si terrà venerdì 30 maggio nella
Sala Convegni del molo IV, alle ore 15.30, è che sarà dedicato alle Costruzioni
portuali del porto di Trieste e al restauro del patrimonio culturale demaniale.
Saranno messi a disposizione del pubblico, per la prima volta, molti documenti
che ripercorrono le tappe della storia dello scalo triestino.
Vi parteciperanno i vertici nazionali di Italia Nostra, i rappresentanti delle
autorità portuali, regionali e cittadine, docenti universitari, esperti e
studiosi del settore.
I temi trattati vanno dalla presentazione dell’area storica del porto giuliano
con i suoi edifici di grande rilevanza come beni culturali al patrimonio grafico
ed iconografico dell’Archivio storico portuale, fino alle unità storiche della
navigazione, alla programmazione degli interventi di restauro, alla vita del
porto.
Saranno presentate le immagini degli edifici storici con la documentazione che
ne evidenzia il valore e la validità come costruzioni architettoniche e come
prototipi, in Europa e nei porti internazionali, nonché quelle dell’architettura
industriale della seconda metà ottocento.
Si parlerà inoltre del cosiddetto «Polo museale» da realizzare nella Centrale
idrodinamica unica nel mondo nella sua completezza, che verrà prossimamente
restaurata e che, con l’archivio e il centro di cultura storica e formazione
marittima-portuale, sarà a disposizione di scuole, studiosi e cittadini che
vorranno documentarsi sul patrimonio culturale del porto di Trieste.
Per la prima volta, grazie anche alla collaborazione tra enti (nel caso
l’Autorità portuale di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia e il Ministero
dei Beni culturali presso la Direzione regionale Fvg) verrà presentata la
documentazione storica su tutta la vita del porto, contenuta nell’archivio della
Torre del Lloyd,.
Verrà illustrato inoltre il lavoro puntuale e appassionato di quanti, per molti
anni, hanno ritrovato, riordinato ed esaminato tanta parte di questo materiale.
Il lavoro non è finito e, forse, prossimi studi e ricerche ci faranno conoscere
o ricordare, ancora, tanta altra storia portuale e cittadina.
La vita del porto dei secoli scorsi, così diversa dai nostri schemi di vita, con
scorci di paesaggi, di lavoratori portuali, di imbarcazioni, di movimentazione
merci e commerci internazionali, di unità navali sarà presentata anche
attraverso filmati storici che riporteranno i partecipanti al convegno in un
mondo antico, per la maggior parte dei cittadini quasi sconosciuto.
Risulterà come il Porto abbia costruito, per tanti aspetti, la storia e il
vissuto di una città, che è stata il fiorente porto dell’impero austroungarico,
ma che oggi sta riorganizzando il suo futuro per un ruolo di porto
internazionale dell’Unione Europea.
Proprio fra pochi giorni, a partire dal primo giugno, l’Autorità portuale
inizierà a vagliare le richieste di concessione per Porto Vecchio. Una tappa
determinante per il rilancio, in chiave contemporanea, di una parte dello
storico assetto portuale della città.
«Miani» in piazza Unità giovedì per la Ferriera
Appuntamento alle 18 di giovedì in piazza dell’Unità davanti al palazzo della
presidenza della giunta regionale. La manifestazione è stata decisa dalle quasi
settanta persone che hanno partecipato l’altra sera alla riunione organizzativa
indetta dal Circolo Miani di via Valmaura 77. La decisione è stata assunta dopo
che «è stato richiesto formalmente quanto inutilmente per quattro volte alla
segreteria del presidente di incontrare una delegazione del Circolo Miani e dei
Comitati di quartiere per affrontare la ”priorità elettorale” della
riconversione della Ferriera - si legge in una nota del Miani - senza a tutt’
oggi ricevere uno straccio di risposta, cosa alquanto disdicevole nei rapporti
tra istituzioni e cittadini, che sono i proprietari dei palazzi della regione e
i datori di lavoro degli eletti e dei dipendenti». Il Circolo Miani invita
«triestini e muggesani» a partecipare all’appuntamento di giovedì in piazza
Unità, con l’obiettivo di incontrare il presidente della Regione Renzo Tondo,
«sempre che non ritenga di dirsi rendersi indisponibile».
AMBIENTALISTI - In piazza della Libertà a tutela degli alberi
L’associazione orticola «Tra fiori e piante», la Lav - Lega antivivisezione di
Trieste e Italia nostra organizzano per oggi dalle 17.30 alle 20 una
manifestazione in piazza della Libertà a salvaguardia degli alberi secolari
dell’area stessa, minacciati di scomparire in base al progetto di
riqualificazione di cui si sta discutendo in questo periodo. Invitando i
cittadini a parteciparvi, le associazioni ricordano «la funzione ossigenante
dell'albero adulto e il suo contributo al miglioramento della qualità della
vita».
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 maggio 2008
Autovie, sì ai primi 50 km della
Terza corsia - Via libera a San Donà-Alvisopoli e Gonars-Villesse.
Riccardi: «Si apre una nuova fase»
IL CDA AFFIDA LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA
TRIESTE La terza corsia della A4 diventa concreta: il cda di autovie Venete
ha affidato la progettazione definitiva dei primi due tratti sui sette in totale
previsti. La Terza corsia si estende per 94 chilometri, 40 in Friuli Venezia
Giulia e 54 in Veneto. Si tratta dei primi in assoluto (50 chilometri), quelli
più importanti dell’opera che non corrono paralleli alla ferrovia. Il primo (33
chilometri) è quello tra San Donà di Piave e Alvisopoli in provincia di Venezia,
il secondo (17 chilometri) tra Gonars e Villesse. Oltre 535 milioni
l’investimento complessivo delle opere. Per il primo tratto in particolare sono
stati stanziati 347 milioni e 963 mila euro che comprendono pure i 4 milioni per
la progettazione. Il secondo tratto assorbirà invece 187 milioni e 98 mila euro
e di questi 2 milioni e 218 mila euro serviranno per la progettazione.
Per realizzare il progetto esecutivo servirà circa un anno, 200 giorni per il
primo tratto e 170 per il secondo. Tempi, modi e strategia sono state illustrate
ieri nel cda di Autovie che si è riunito a Trieste presieduto da Giorgio Santuz.
Visti gli argomenti sul tappeto ha partecuipato anche il neo-assessore regionale
alle infrastrutture Riccardo Riccardi.
«Finalmente si apre una nuova fase – ha esordito l’assessore – ora possiamo
dirlo. E questa fase vedrà impegnate al masasimo sia Autovia che la Regione». La
nuova giunta vuole fare presto e lo stesso Riccardi ha confermato ieri che,
sulla base del protocollo di intesa sottoscritto fra il presidente del Friuli
venezia Giulia Renzo Tondo e il premier, Silvio Berlusconi, sarà fatto di tutto
per ottenere «fin da subito» la nomina di un commissario straordinario. Una
figura che dovrebbe accelerare al massimo la realizzazione delle opere come sta
accadendo in veneto con il passante di Mestre.
«Veneto e Friuli Venezia Giulia – ha ribadito Riccardi sono sulla stessa
lunghezza d’onda: bisogna nominarlo al più presto. La progettazione per il primo
lotto, da San Donà di Piave fino all’allacciamento con il Passante di Mestre, è
in fase avanzata e si sta anche lavorando sulla validazione».
Per quanto riguarda invece la tratta Alvisopoli-Gonars invece, quella
interessata dall’affiancamento con la ferrovia, Riccardi ha spiegato che «è
stata già avviata la ricognizione di tutti gli aspetti tecnici, protocolli
d’intesa con i diversi Comuni compresi». Novità ci dovrebbero essere già oggi.
«Nel pomeriggio – ha anticipato l’assessore – ci sarà un primo incontro con Rfi
(Rete ferroviaria italiana) per verificare lo stato di avanzamento del loro
progetto».
La realizzazione della terza corsia è uno degli obiettivi prioritari che Autovie
Venete persegue da tempo per fronteggiare l’incremento costante del traffico
sulla rete, soprattutto dei Tir che stanno saturando l’arteria, e migliorare la
sicurezza.
GIULIO GARAU
Autovie - I DATI DI TRAFFICO - 41 milioni di veicoli Tir in aumento
(13,7%)
TRIESTE Nel 2007, il flusso complessivo di traffico su tutta la rete (A4
Venezia-Trieste, A23 Palmanova-Udine Sud e A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano
per complessivi 200 chilometri, considerando anche il raccordo Villesse Gorizia)
gestita da Autovie, è stato di 40 milioni 900 mila veicoli, di cui 30 milioni
leggeri (73%) e 10 milioni 900 mila pesanti. L’incremento del traffico leggero,
rispetto al 2006, è stato dell’1,9%, mentre quello del pesante è stato del 5,2%.
All’interno di questa percentuale, particolarmente significativo l’aumento
registrato dai veicoli classe 4 (tir e autoarticolati) che è stato del 13,7%.
Dati che confermano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la necessità
di adeguare la rete autostradale.
Il progetto complessivo della Terza corsia dell’A4 è suddiviso in sette
interventi: il tratto da Quarto d’Altino a San Donà di Piave, comprensivo della
costruzione del nuovo casello di Meolo; il tratto da San Donà di Piave allo
svincolo di Alvisopoli; il nuovo casello di Alvisopoli e il collegamento con la
Strada Statale 14; il tratto dallo svincolo di Alvisopoli al nuovo casello di
Ronchis (in fase di avanzata costruzione) comprensivo del nuovo ponte sul fiume
Tagliamento; il tratto da Ronchis a Gonars; il tratto da Gonars a Villesse e il
nuovo svincolo di Palmanova.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 maggio 2008
Energia nucleare: primi sì da Fvg,
Veneto e Liguria
ROMA «Mi piacerebbe sapere dove si costruiranno». È la domanda che si è fatto il
ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia, all'indomani dell'annuncio del
collega dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, sul riavvio del nucleare in
Italia entro il 2013. Domanda alla quale stanno cominciando a rispondere i
Governatori delle regioni italiane. Ecco un primo riepilogo delle posizioni.
FRIULI VENEZIA GIULIA «Il nucleare è una risorsa imprescindibile per lo sviluppo
compatibile di un settore fondamentale per l’Italia come quello dell’energia»:
così il governatore Renzo Tondo (Pdl).
VENETO Giancarlo Galan (Pdl), presidente del Veneto: «Nucleare in Veneto? perchè
no», a patto di trovare il posto giusto». Un'ipotesi potrebbe essere Porto Tolle.
LIGURIA Atomo promosso anche dal presidente Claudio Burlando (Pd): «Sì al
nucleare italiano perchè lo consumiamo, pagandolo molto di più degli altri Paesi
europei che posseggono impianti».
CALABRIA Agazio Loiero (Pd): «Il problema energetico è drammatico, non sono
contrario a risolverlo anche con centrali nucleari. Bisogna però verificare la
loro compatibilità col territorio».
PIEMONTE Defilata Mercedes Bresso (Pd): nessuna chiusura ideologica ma
l'esigenza di dare precedenza alla ricerca per trovare vie alternative e nel
frattempo seguire massicciamente la via della produzione di energie rinnovabili.
TOSCANA «Il nucleare è una scelta che guarda più al passato che al futuro», il
no più secco arriva dal presidente toscano, Claudio Martini (Pd).
MARCHE Il presidente Pd Gian Mario Spacca: «Il nucleare non è previsto tra le
forme di produzione d'energia che la programmazione regionale promuove o
persegue»..
CAMPANIA «Meglio puntare sulle energie rinnovabili», sostiene Andrea Cozzolino,
assessore alle attività produttive nella giunta Pd, soprattutto perchè l'atomo
richiederebbe «un arco di tempo incongruente rispetto alle urgenze attuali».
VAL ROSANDRA. - Il falco pellegrino ha fatto il nido - NATI PER LA PRIMA
VOLTA DUE PULCINI
Almeno due pulcini di falco pellegrino sono nati in un anfratto della «parete
bianca» della Val Rosandra. Li hanno prima sentiti e poi visti gli ornitologi
che dal 20 aprile presidiano la zona adiacente al nido. I piccoli reclamano il
cibo dai genitori e talvolta si affacciano sulla parete. A breve scadenza
dovrebbero prendere il volo.
A memoria d’uomo nessun rapace di questa specie ha mai nidificato in Val
Rosandra e l'eccezionale evento di questa primavera è letto dai naturalisti come
un segno della buona salute di questo territorio.
«Potremmo calarci con la corda doppia fino all’anfratto e ispezionare il nido
per contare i pulli e verificare il loro stato di salute. Ma abbiamo ritenuto di
non farlo perché i due genitori potrebbero allontanarsi a causa del disturbo»,
spiega l’ornitologo Enrico Benussi. Nelle ultime settimane ha passato parecchie
ore, all’alba e al tramonto, a osservare i voli del maschio che caccia
costantemente sul Monte Carso e poi ritorna al nido con la preda costituita di
solito da piccoli uccelli.
Enrico Benussi ha anche puntato verso il nido il teleobbiettivo della sua «Nikon»,
realizzando una serie di pregevoli immagini del falco e delle sue abitudini. Il
maschio, anche durante le battute di caccia, non perde mai di vista l’anfratto e
vi può ritornare velocemente in caso di necessità.
In Val Rosandra in questo momento hanno nidificato anche una coppia di gufi
reali e un’altra di corvi imperiali. Anche nei loro nidi sono nati di recente i
«piccoli» e questo duplice impegno potrebbe aver evitato ai falchi pellegrini
l’interesse delle altre due coppie di predatori. Sulla «parete bianca» ha
costruito il proprio nido anche una coppia di passeri solitari. Il falco
pellegrino avrebbe potuto ucciderli per farne del cibo per i due suoi «pulli»
nati da poco. Invece non è accaduto e anche questa «anomalia» rappresenta un
motivo di osservazione e di studio.
L’ultimo avvistamento di un’altra coppia di falchi pellegrini in provincia di
Trieste risale a 18 anni fa quando la loro presenza era stata segnalata sulle
falesie di Duino. Poi più nulla o quasi, forse a causa della rumorosa
frequentazione di quel sentiero, specie nei fine settimana. Un’altra coppia era
stata vista lo scorso anno in Val Rosandra, ma la presenza non è stata
confermata da successivi avvistamenti o fotografie. Va aggiunto che la nascita
dei due «pulli» è stata favorita dal provvedimento del sindaco di San Dorligo
Fulvia Premolin che ha emesso un’ordinanza che vieta fino al 20 giugno ogni
attività di arrampicata nell’area posta tra le due gallerie della vecchia
ferrovia.
(c.e.)
Il patrimonio edilizio del Porto Un convegno di Italia Nostra - VENERDÌ AL
MOLO IV
S’intitola «Le costruzioni portuali, il restauro del patrimonio culturale
demaniale» il convegno promosso da Italia Nostra e patrocinato dall’Autorità
portuale, in programma venerdì alle 15.30 nella sala convegni del Molo IV.
L’incontro, che sarà presentato nel dettaglio domani alle 12 nella sede di
Italia Nostra in via del Sale 4/b, illustrerà l’area storica con gli edifici di
rilievo quali beni culturali demaniali, la documentazione dell’Archivio storico
del Porto, unità storiche di navigazione, le possibilità di restauro, il polo
museale nella centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica di
riconversione. Rappresentanti istituzionali, esperti e studiosi riferiranno le
proprie esperienze nel settore.
Rigassificatore a Zaule - SICUREZZA E BUSINESS
In questi giorni è tornato di attualità il problema dei rigassificatori nel
golfo di Trieste e sul Piccolo ci sono stati vari interventi di nostri
rappresentanti politici (di Governo, Comune e Provincia) e sindacali, che si
sono apertamente dichiarati favorevoli all’insediamento di un rigassificatore a
Zaule, perché «i rigassificatori sono un business», cioè affari. A dichiararsi
di parere opposto, sempre secondo il quotidiano, sarebbero gli ambientalisti e
il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste. Vorrei ricordare che ad
esprimersi contro i rigassificatori nella baia di Muggia, sono stati anche, e
soprattutto, scienziati e studiosi della comunità scientifica della nostra
città. Essi hanno fatto presente, con argomentazioni precise e approfondite, che
questi sono impianti ad alto rischio, sia per le persone sia per l’ambiente, per
cui logica vorebbe che la loro localizzazione avvenisse lontano dai centri
abitati. A questo riguardo vorrei invitare tutti a rileggere quanto scritto mesi
fa sul Piccolo dalle seguenti persone: il professore emerito di chimica
all’Università di Trieste, Giacomo Costa, il docente di fisica tecnica alla
facoltà di ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore
Pierluigi Barbieri, docente di valutazione del rischio chimico all’Università di
Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich.
Mi sembra quindi incomprensibile il fatto che la comunità scientifica della
nostra città sia stata completamente ignorata. Ad esempio l’Ogs, ente che
effettua da decenni il monitoraggio del nostro golfo, non è stato mai
interpellato sulle relazioni prodotte da Gas Natural e da Endesa. Per tali
relazioni le due imprese avrebbero utilizzato parametri non riferibili alla baia
di Muggia circa la profondità e la temperatura del mare, la velocità del vento,
ecc.
Poiché le informazioni che si leggono sulla stampa specializzata sull’estrema
pericolosità di questi impianti destano profonda preoccupazione in noi
cittadini, invito i nostri amministratori e anche i responsabili
dell’informazione a organizzare quanto prima un dibattito pubblico, in
televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e
convincente E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di
carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici di
accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi. Non
vorrei che, a somiglianza di quanto accade nei Paesi più poveri e arretrati,
venisse barattata la sicurezza e la salute dei cittadini con una manciata di
soldi che, come da esperienze del passato, non andrebbero certamente a beneficio
dei cittadini comuni.
Silvano Baldassi
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 maggio 2008
Via Cereria - Legambiente: no al park al posto del giardino
Che cosa si è deciso per il giardinetto di via Cereria? Torna alla carica il
circolo Verdeazzurro di Legambiente per appoggiare i cittadini che due anni fa
avevano aderito ad una petizione, con ben 500 firme, per protestare contro la
trasformazione di un polmone verde di via Cereria in parcheggio per 120 posti
auto. Gli abitanti sono contrari alla nuova destinazione d’uso del giardinetto,
di pertinenza della palestra comunale di via della Valle e confinante con l’ex
carcere femminile, in quanto si tratta dell’unico spazio verde in un rione assai
cementificato.
L’idea di trasformare lo spazio in parcheggio era nata dalla transazione fatta
dal Comune, proprietario dell’area, con l’impresa di costruzioni Riccesi per
superare in modo indolore il rischio di lunghe e costose vertenze in Tribunale,
dopo che era decaduta l’ipotesi del park sotto Ponterosso per il quale l’impresa
si era aggiudicata la gara. «A tutt’oggi - dice il segretario del circolo Ettore
Calandra - non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte del Comune alla nostra
raccolta di firme. A nostro avviso la destinazione d’uso del sito deve restare
quella di verde urbano: a suo tempo c’era stato anche un impegno del Municipio
in tal senso. Purtroppo però la decisione di non procedere alla costruzione di
un parcheggio nella zona di piazza sant’Antonio, il cui appalto era però già
stato aggiudicato, ha scatenato la conseguente caccia in centro di siti
alternativi. Per questo ancora una volta, e alla luce degli interventi in
programma anche per piazza Libertà, facciamo sentire il nostro dissenso e
l’appoggio alla popolazione di via Cereria e via Tigor che di quel park non ne
vogliono sapere».
Con un comunicato inoltre Legmbiente fa presente che il giardino, oltre ad
essere lasciato ad uno stato di abbandono, dopo i lavori fatti per il restauro
della palestra, finiti parecchio tempo fa, è rimasto tale e quale, in quanto
l’impresa non ha ripulito l’area dai materiali inerti. Secondo l’indirizzo
scelto dall’amministrazione comunale, per pareggiare la perdita dell’impresa
Riccesi sulla gara d’appalto vinta, si era giunti ad una sorta di scambio,
secondo il quale l’impresa si era aggiudicata la costruzione di altri 3
parcheggi per globali 473 posti in cambio dei 689 ipotizzati per Ponterosso.
Daria Camillucci
Saro: sì al nucleare per
l’industria locale
TRIESTE Per il senatore Ferruccio Saro (Pdl), la scelta dell'energia nucleare
costituirebbe per il Friuli Venezia Giulia un «input a quell'importante settore
di lavoro costituito dall'ingegneria e dall'impiantistica». Lo afferma in una
nota in cui approva «la candidatura del Friuli Venezia Giulia quale potenziale
luogo in cui far sorgere una centrale nucleare, come ha proposto - precisa il
testo - il presidente della Regione, Renzo Tondo». La strada indicata dal
ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola e ripresa ieri da Tondo
rappresenta, secondo Saro, «un valido percorso per togliere il nostro Paese dai
vincoli posti e imposti dai produttori stranieri».
Nucleare, il nodo dei siti. Rubbia: nuovi materiali - DIBATTITO SULLA SVOLTA
MILANO Nel novembre del 1987, anche sull'onda dell'incidente di Chernobyl, a
grande maggioranza passò il referendum contro il nucleare in Italia. Ora il
governo ha riaperto il dossier e le imprese spingono: il presidente di
Confindustria, Emma Marcegaglia, dice che non deve vincere «la politica del no»,
mentre studi accademici indicano un possibile risparmio del 35% nei costi per la
fornitura di energia elettrica al mondo produttivo. Ma, tempi a parte, il vero
problema diviene ora quello della localizzazione dei siti: dove costruire le
nuove centrali. Il piano nucleare dell’Enel che sarà presentato nei prossimi
giorni prevede entro il 2020 quattro centrali e un sito per le scorie. Il leader
dell'Udc Pier Ferdinando Casini propone un «patto per il nucleare»
maggioranza-opposizione, ma a introdurre abbastanza chiaramente la questione dei
siti è il ministro dell'Agricoltura, il veneto Luca Zaia, che dice: «Mi
piacerebbe sapere dove si costruiranno» le futuribili nuove centrali. La
risposta, secondo uno studio condotto da docenti dell'Università Bocconi di
Milano, è semplice. E forse non troppo gradita: soprattutto la Pianura padana.
Ipotesi ribadita nei giorni scorsi anche dall'amministratore delegato
dell'Edison, Umberto Quadrino, secondo il quale le nuove centrali si possono
costruire «dove c'è l'acqua, quindi in Pianura padana o lungo le coste». Per il
funzionamento delle centrali serve infatti tanta acqua, a partire dal
raffreddamento dei reattori, ma soprattutto - secondo gli studi universitari mai
interrotti in questi anni e ora ripresi in mano da diversi autori - per diluire
gli inquinanti contenuti nei fumi prodotti anche dalle nuove centrali, non nelle
scorie, che sono un altro problema. Il primo di questi inquinanti è la diossina:
le centrali di nuova generazione potrebbero prevedere di immettere i fumi
direttamente nei corsi d'acqua, con opportuni filtri, in modo da ridurre
enormemente le concentrazioni di inquinanti.
«Se qualcuno mi chiede se tra 300 anni ci sarà ancora il nucleare, la mia
risposta è sì. Sono sicuro che le generazioni future utilizzeranno il nucleare,
penso però a un nucleare che non è quello di oggi, è diverso». Così il Premio
Nobel Carlo Rubbia parla «da scienziato» della scelta del nucleare. Rubbia parla
di un «nucleare nuovo» basato su principi diversi, oltre a quello della fusione,
e cita «la fissione basata su nuovi materiali come il torio, che è abbondante
come il piombo». «Inoltre - ha osservato - per un gigawatt del nucleare attuale
ci vogliono 200 tonnellate di uranio, con il torio, per la stessa energia, serve
una tonnellata». Ed ancora, ha sottolineato Rubbia «la bomba al torio non si può
costruire».
Emergenza rifiuti: esaurita a Fiume la discarica regionale - PROTESTA
PUBBLICA
FIUME La nuova discarica della Regione quarnerino–montana, che dovrebbe essere
edificata nel bosco di Mariscina (comune di Viskovo, un paio di chilometri a
nord – ovest di Fiume), è un progetto che denuncia ormai gravi ritardi. A
complicare una situazione da tempo complessa è la recente licenza ottenuta dalla
municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), con la quale si potrà
procedere al cosiddetto risanamento della discarica regionale di Visevac, sempre
nella municipalità di Viskovo e ormai in procinto di scoppiare. Si tratta di un
immondezzaio che da anni ha esaurito le capacità ricettive e la cui chiusura era
pianificata per il 2009. La Cistoca è invece riuscita a procurarsi il permesso
dall’Ufficio per la Direzione statale che le permetterà di aggiungere altri 250
mila metri cubi di capacità ricettiva a Visevac e nonostante l’opposizione a
questo progetto da parte del comune di Viskovo.
Il colpo di scena ha completamente spiazzato gli abitanti delle frazioni di
Kapiti e Furicevo che vivono a contatto di gomito con l’impianto di Visevac e
che speravano nella sua chiusura per poter dimenticare la puzza – specie in
estate – e gli altri disagi derivanti dalla presenza dell’ immondezzaio.
L’allargamento di Visevac ha fatto capire che la discarica di Mariscina,
alquanto lontana dai centri abitati, non sarà ultimata secondo i piani, ossia
entro il 2011. Una brutta notizia per quelli di Kapiti, Furicevo e dintorni,
alle prese con il diffondersi di vari tipi di tumore.
Proprio di recente è stato pubblicato lo studio sulla qualità dell’aria nella
contea del Quarnero e Gorski kotar, da cui si evince che la situazione peggiore
riguarda le località di Kostrena, Krasica e Viskovo, dove si respira aria di
terza categoria e dunque inquinata.
Per le prime due, i responsabili sono la raffineria dell’Ina a Urinj, la
centrale termoelettrica Rijeka e il cantiere navale Viktor Lenac. In riferimento
all’inquinamento atmosferico a Viskovo, le colpe vanno addebitate appunto
all’impianto di Visevac. Il sindaco di questo comune, Goran Petrc, ha ribadito
che Viskovo si è opposta con tutte le forze al potenziamento della discarica, ma
– non avendo peso politico – non è stata ascoltata. Da parte sua, il direttore
generale della Cistoca, Zlatko Stok, si è chiamato fuori, dicendo che l’ azienda
deve agire nell’interesse di tutte le utenze della contea: «Il problema dei
rifiuti è molto serio anche a Fiume e nella sua regione – ha rilevato – e se
Viskovo non ne vuol sapere dell’allargamento di Visevac, allora ci troviamo di
fronte a una questione che va risolta a livello di contea e del ministero per la
Salvaguardia ambientale».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - SABATO, 24 maggio 2008
Marini e Piero Camber: no al
rigassificatore «Il Comune si era espresso due volte in maniera negativa al
riguardo»
L’assessore Lenna: vogliamo seguire la linea del governo
Roberto Menia dà il via libera ad un rigassificatore, Vanni Lenna lo segue a
ruota ma da Trieste arrivano voci tutt'altro che favorevoli. Dopo la presa di
posizione, e non è la prima, del sottosegretario all'ambiente a favore di un
impianto, possibilmente quello a terra, ecco la levata di scudi dei forzisti
triestini Bruno Marini e Piero Camber, il primo assolutamente contrario, il
secondo a dir poco cauto.
La necessità di trovare fonti alternative di approvvigionamento energetico è
condivisa, non altrettanto la localizzazione degli impianti di rigassificazione.
«Rispetto la posizione di Menia e comprendo che a livello nazionale c'è bisogno
di almeno 4-5 rigassificatori - afferma Marini - ma sono del tutto contrario
alla collocazione nel golfo di Trieste». Marini si dice «non pregiudizialmente
contrario ai rigassificatori ma bisogna valutare con attenzione il sito dove
vengono collocati e il volere della comunità».
Che sia off-shore o a terra, per il consigliere regionale del Popolo della
Libertà lo specchio di mare giuliano «non è idoneo ad un simile impianto»,
indicando una serie di contraddizioni nella scelta indicata da Menia e
avvalorata anche da Lenna: «Non mi sembra lineare l'idea di chiudere la Ferriera
e di inserire una struttura di questo tipo e ancora di più mi sembra
contraddittorio puntare allo sviluppo turistico, con particolare riferimento
alle crociere, e nel contempo pensare a 400-500 gasiere all'anno nel golfo».
Perplesso anche Piero Camber secondo cui «troppe volte sono sbarcate sul
territorio società che hanno preso e nulla hanno dato. Non vorremo che, come
spesso è successo, Trieste paghi per tutti, senza beneficio alcuno». Insomma,
per l'altro consigliere regionale triestino espressione di Forza Italia il
rigassificatore si può fare «solo se ci sarà l'impegno di chi lo realizzerà di
garantire ricadute positive sul territorio in termini di opere pubbliche o di
royalties». Camber tuttavia sottolinea come al momento «non ci siano garanzie
dal punto di vista della sicurezza a causa di un'evidente carenza progettuale e
tecnica».
I consiglieri triestini ricordano come il Comune di Trieste si sia pronunciato
due volte contro i progetti di Gas Natural ed Endesa e Marini auspica che
vengano sentite le popolazioni interessate: «Un referendum o una qualsiasi forma
di consultazione popolare è necessaria e opportuna perchè non si può pensare di
realizzare un'opera così impattante passando oltre il volere della gente».
Ma per l'assessore regionale all'ambiente Vanni Lenna questa sarebbe «un'ultima
spiaggia. La classe politica è eletta per governare e non si può pensare ad un
referendum ogni volta che si presenta un problema». Lenna puntualizza che «la
linea indicata dal Governo e dal ministro Scajola è quella che vogliamo seguire
ed è una linea favorevole ai rigassificatori». Per l'assessore si tratta di «una
necessità nazionale che comporta anche ricadute positive per la Regione. È ora
necessario trovare la soluzione migliore per il territorio valutando
attentamente i progetti e verificandone l'impatto e la realizzabilità».
Come a dire che i no espressi dal Comune di Trieste a luglio 2006 ed a gennaio
2007 non rappresentano un ostacolo insormontabile, tanto più che lo stesso
sindaco Dipiazza ha più volte affermato che, se ci fossero benefici economici
nelle bollette e magari per Acegas-Aps, la sua posizione potrebbe anche essere
favorevole. Meno aperto Camber, secondo cui «lasciare entrare Acegas, magari con
una quota minima, finirebbe per non comportare grandi vantaggi, senza contare
che i benefici andrebbero divisi con Padova, cosa che ci interessa fino ad un
certo punto».
Dal canto suo l'assessore Lenna ricorda come già la giunta Illy espresse un
parere negativo, rinviando alla Commissione ministeriale una decisione sulla
valutazione di impatto ambientale. Ma ora è cambiato il Governo nazionale ed è
cambiata la maggioranza anche in Regione: «Dobbiamo riprendere un percorso
partendo dal dialogo e dalla concertazione con le popolazioni e gli enti
locali».
La linea comunque è tracciata e per Lenna un rigassificatore s'ha da fare: «È la
mia posizione personale ma è anche l'idea di tutta la Giunta regionale». Il
rigassificatore di Zaule rimane in pole-position considerata anche la presa di
posizione di qualche settimana fa del presidente della Regione, Renzo Tondo, che
nell'annunciare l'incontro con il ministro degli esteri sloveno Rupel aveva
dichiarato la sua contrarietà all'impianto a mare, allineandosi a quella che è
la posizione slovena in materia. Lenna preferisce andarci con i piedi di piombo,
affermando che «non è il caso ancora di pronunciarsi in questo senso. Andranno
valutati i progetti, l'impatto e le ricadute e solo a quel punto si prenderà una
decisione».
Roberto Urizio
Piazze Venezia e Libertà, critiche ai cantieri - Il Comitato per i
masegni: intervenga la Procura. Wwf e Italia Nostra: non tagliate gli alberi
POLEMICA SUI LAVORI DI RIQUALIFICAZIONE
Piazza Venezia e Piazza Libertà nel mirino degli ambientalisti. I più ambiziosi
tra gli attuali progetti di riqualificazione urbana del Comune sono finiti
infatti nella rete delle proteste di vari comitati cittadini. Il primo per il
trattamento del masegno storico, il secondo per il sacrificio di un numero non
ancora definito di alberi ad alto fusto.
PIAZZA VENEZIA Il lavoro di riqualificazione della piazza dimostra che il
problema del mantenimento e del rispetto dei beni del passato non è ancora
entrato nelle menti dei nostri amministratori» denuncia il Comitato per la
Salvaguardia del Patrimonio Urbano di Trieste Cosapu. «La pavimentazione della
piazza è stata “segata” da una macchina fresatrice - afferma il presidente Bruno
Cavicchioli - causando la distruzione insensata di un numero elevato di masegni».
Il tutto «nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione comunale che ha
assicurato varie volte che la piazza avrebbe riassunto il suo aspetto originale
ottocentesco». Questa settimana, il Comitato ha denunciato il fatto al Nucleo
Carabinieri di Venezia, competente per il territorio, che ha promesso di
intervenire sul caso, alla Procura della Repubblica ed alla locale Corte dei
conti. «Pensiamo, però, che non dovrebbe essere compito di questo comitato
vigilare e denunciare possibili reati contro il patrimonio pubblico - aggiunge
Cavicchioli - siamo convinti che questo fatto spetti alla Soprintendenza di
Trieste la quale, nonostante i numerosi solleciti al sindaco sull’osservanza dei
dettami e sull’avvio della mappatura dei selciati della città, ad oggi pare non
sia stata in grado di far osservare quanto previsto dal Codice Urbani».
PIAZZA LIBERTÀ Da un cantiere in corso a uno che deve nascere: è quello di
piazza Libertà, il cui progetto preliminare sarà votato giovedì dal Consiglio
comunale. Proprio per quel giorno si preannuncia una rumorosa protesta in piazza
Unità da parte di Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg e Gruppo Beppe
Grillo, che con alcuni esponenti locali di Italia dei Valori e Pd stanno
costituendo un apposito comitato per la difesa di piazza Libertà. Della
manifestazione di giovedì si è discusso ieri a margine di una conferenza stampa,
nella quale il responsabile del Wwf triestino Carlo Dellabella ha bollato il
progetto di piazza Libertà in quanto «nato come altri da una mancata discussione
con la cittadinanza, avulso dal Piano del traffico e dalla variante per il Porto
Vecchio. Non sembra poter risolvere i futuri carichi stradali e crea, nel
contempo, problemi ambientali perché prevede, come cita il Servizio Verde
pubblico del Comune nelle sue osservazioni, il taglio di 21 alberi mentre altri
dieci rischieranno di cadere». «È vero - gli ha fatto eco Lia Brautti - che la
stazione viene ricongiunta al giardino, ma è altrettanto vero che, per
trasferire l’asse stradale sul lato di via Ghega, da quella parte il parco sarà
ridotto di una decina di metri». «Non è possibile - ha chiuso Giulia Giacomic,
presidente di Italia Nostra - inserire un’autostrada a 7-8 corsie in una simile
area storica. Chiediamo almeno la riduzione di quell’asse senza allargare il
marciapiede sul lato di via Ghega».
GABRIELA PREDA e PIERO RAUBER
RIFACIMENTO PIAZZE - LA REPLICA DEL SINDACO - Dipiazza: sanno solo
lamentarsi - «Rimetto pure la statua di Massimiliano, ho voglia di fare e mi
criticano»
«In piazza Venezia rimetto Massimiliano d’Austria e riporto in superficie il
masegno originale, dopo averlo tirato fuori e rimesso in riga. Ora scopro che mi
”rompono” addirittura per questo. E a quelli che si oppongono al progetto di
piazza Libertà, dico solo che mi mandino una bella lettera con su scritto
”sindaco, non fare più nulla”. Sanno soltanto lamentarsi mentre io ho voglia di
fare. E chi fa si espone alle critiche». Roberto Dipiazza replica alle critiche
frenandosi a stento. Le respinge. Le fulmina. E rincara la dose rispetto alle
parole pronunciate pochi minuti prima, sullo stesso argomento, da Franco
Bandelli. «Chi cerca di fermare queste opere - così l’assessore ai Lavori
pubblici - è un integralista. E con gli integralisti non si ragiona. Loro hanno
il diritto di protestare mentre noi abbiamo il dovere di governare guardando più
in là di domani».
In particolare - assicura Bandelli - il caso piazza Venezia per il Municipio è
già chiuso: «Proprio stamani (ieri, ndr) è stato fatto un sopralluogo della
polizia edilizia urbana con i tecnici di Soprintendenza e Comune. È stato
accertato che l’esecuzione dei lavori con il trattamento del masegno, estratto,
tagliato e reinserito, rispecchia il progetto approvato dalla Soprintendenza
stessa. Il masegno poi non va da nessuna parte. Anzi, viene addirittura aggiunto
là dove manca. Su piazza Libertà gli ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito
in commissione, che alla fine gli alberi da sacrificare probabilmente saranno
non più di cinque. Li conteremo a opera fatta. E lì vedremo chi avrà avuto
ragione».
(pi.ra.)
Ritorno al nucleare, cresce il fronte favorevole - Consenso da Cisl e
Antitrust. Il governatore del Fvg Tondo: «Risorsa imprescindibile»
ROMA Cresce il fronte del ”sì grazie” al nucleare in Italia: dall'Antitrust alla
Cisl fino a qualche ambientalista si alza infatti un coro di approvazione
all'annuncio del governo di voler riprendere la strada dell'atomo. Da più parti
si sono alzate parole di consenso, accompagnate dal ricordo-rimpianto di quando
l'Italia era leader in questo settore e dall'invito a recuperare il ritardo
accumulato. Con in aggiunta la ”rassicurazione” sui tempi indicati dal governo
firmata dall'amministratore delegato di Edison Umberto Quadrino. Cinque anni, ha
spiegato Quadrino, sono «tecnicamente corretti». Un tempo «lungo, ma necessario,
tenuto conto che non ci sono più le strutture tecniche», a causa dell'addio
all'energia atomica deciso con il referendum del 1987. Il presidente
dell'Antitrust Antonio Catricalà, rimpiangendo quando l'Italia era leader
dell'energia atomica ha definito «errori» le decisioni che hanno portato
all'abbandono del nucleare. La storia del nucleare è costata all'Italia «un bel
po’ in termini di mancato sviluppo del Paese», ha aggiunto il segretario della
Cisl, Raffaele Bonanni, sottolineando che la questione del nucleare riguarda
«non solo la possibilità di pagare meno in futuro i costi dell'energia», ma
anche «non essere intrappolati da un gioco stringente dei fornitori». Favorevole
al nucleare anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo: «È una
risorsa imprescindibile per lo sviluppo compatibile di un settore fondamentale
per l’italia come quello dell’energia, troppo spesso penalizzato da decisioni
adottate sull’onda emotiva più che giustificate da considerazioni reali sul
fabbisogno energetico rapportato al rispetto dell’ambiente».
Piazza Libertà, riqualificazione superflua
Non riesco a comprendere quale sia la necessità e l’urgenza di una nuova
risistemazione di piazza Libertà, la cui riqualificazione è avvenuta - peraltro
gradevolmente - non molti anni orsono.
Ai fini della viabilità non mi sembra che piazza Libertà sia un nodo
particolarmente problematico, ai fini dell’abbattimento di alberi mi sembra
lapalissiano che una decina di alberi secolari e sani non potranno essere
sostituiti nella loro funzione sia pure da un numero raddoppiato o triplicato di
alberi giovani.
Inoltre, che fine farebbero gli esistenti sottopassaggi?
Non potrebbero essere adattati questi a corsia di scorrimento underground per
alleggerire il traffico, qualora questa sia la vera urgenza? Questa soluzione
non era stata ipotizzata per la pedonalizzazione del Corso?
Se, infine, il motivo fosse puramente estetico... mi sembra che in città
esistano altre urgenze, altre priorità e limitate risorse economiche, e non é
tempo di «cicale», bensì di «formiche».
A meno che non ci sia un impegno da rispettare con qualche ditta e tale impegno
sia stato sottoscritto ben prima di avviare l’iter ufficiale necessario per
questo genere di iniziative in tal caso non comprenderei lo stesso ma mi
adeguerei, perché cittadino senza potere.
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere circoscrizionale Pd
IL PICCOLO - VENERDI', 23 maggio 2008
Scajola: «Centrali nucleari al
via entro 5 anni» - LA POLITICA ENERGETICA - L’Enel: «Siamo pronti a
partire». Il ministro ombra del Pd Realacci: «È solo ideologia»
ROMA Le sirene nucleariste suonavano da mesi. E come da programma elettorale il
governo ha dato ieri l’annuncio. «Entro la legislatura porremo la prima pietra
per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali atomiche», ha detto
il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola parlando dal palco di
Confindustria. Immediata e durissima la reazione delle opposizioni e del fronte
antinucleare pronto a ricompattarsi.
A vent’anni dal referendum che trasformò l’Italia nella capofila dei paesi
denuclearizzati, il fantasma dell’energia atomica si riaffaccia sulla scena. «Un
piano d’azione ineludibile», spiega il ministro all’assemblea degli industriali
già galvanizzati dalla relazione di Emma Marcegalia e dal discorso di Silvio
Berlusconi. Un piano che è «un solenne impegno assunto dal premier, con la
fiducia, e che onoreremo con convinzione e determinazione», ha aggiunto Scajola
tra gli applausi della platea.
Secondo il ministro, infatti, «solo gli impianti nucleari consentono di produrre
energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto
dell’ambiente».
Da qui la necessità di «ricostruire competenze e sitituzioni di presidio,
formando la filiera imprenditoriale e tecnica e prevedendo soluzioni credibili
per i rifiuti radioattivi».
Per dare risposte «adeguate» alla sete di energia di un paese che paga ha una
bolletta energetica da 60 miliardi di euro, ha continuato Scajola il governo si
muoverà con decisione lungo tre direttrici: diversificazione, infrastrutture e
internazionalizzazione. «Rilanceremo gli investimenti, semplificheremo gli iter
autorizzativi, promuoveremo il dialogo con il territorio, premiando con
incentivi e iniziative di sviluppo le popolazioni interessate ai nuovi
insediamenti», promette ancora il titolare dello Sviluppo, sostenuto dall’intero
Pdl.
La lista delle località potenzialmente candidate ad ospitare una centrale
atomica sarà affare dei prossimi mesi. E c’è da scommettere che non saranno mesi
facili. L’Enel da parte sua si è già detta pronta alla sfida. «Tecnicamente
siamo pronti. L’obbiettivo è realizzabile, anche se è necessario avere un quadro
normativo aggiornato e una forte spinta di condivisione al progetto da parte del
territorio», ha dichiarato l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti
senza nascondere il proprio entusiasmo. «Siamo pronti a fare la nostra parte»,
gli ha fatto eco l’ad di Edison, Umberto Quadrino.
L’opposizione però sembra schierarsi con rinnovata fermezza. Ed anche il fronte
delle associazioni ambientaliste insorge compatto contro l’annunciato ritorno
del paese all’energia nucleare. «Pensare di riportare il nucleare in Italia in
cinque anni è qualcosa di ideologico, è una battaglia come quella per l’articolo
18 che sappiamo come è andata a finire. Se proseguiranno davvero su questa
strada da parte nostra non ci sarà alcuna collaborazione», attacca Ermete
Realacci, ministro ombra dell’Ambiente del Pd, sostenendo che stavolta «il
governo ha finalmente detto qualcosa che gli farà perdere voti».
Ancora più dura la reazione dei vertici di Legambiente che annunciano
«un’opposizione durissima» e mobilitazioni su larga scala: «Prima di sbandierare
atomi a destra e a manca l’esecutivo dovrebbe chiarire alcuni piccoli
particolari. Prima di tutto dove pensa di recuperare i soldi per realizzare gli
impianti», dice il presidente dell’associazione Vittorio Cogliati Dezza.
NUCLEARE - FERMI DAL 1987 - Quattro gli impianti esistenti in Italia
ROMA Sono quattro le centrali nucleari costruite in Italia tra l’inizio degli
anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. Garigliano, Latina, Trino
Vercellese e Caorso i siti degli impianti, tutt’ora esistenti e tutti gestiti
dalla Sogin (subentrata all’Enel), ma fermi dal 1987, anno in cui il referendum
abrogativo (votato l’8 e 9 novembre) ha bocciato l’utilizzo del nucleare per
scopi civili. Un ventennio (anni’60-’80) quello di attività dei reattori
nucleari, nati per incrementare la produzione di energia elettrica, in cui non
sono mancati guasti ed incidenti tecnici di varia natura. E quella di Trino
Vercellese, provincia di Vercelli, è la prima iniziativa industriale avviata in
Italia in campo nucleare: nel 1955 da un pool di imprese, Edison in testa,
lancia il progetto. Nel 1961 si inizia a costruire la centrale intitolata ad
Enrico Fermi. Completato in meno di tre anni, il 21 giugno 1964 il reattore
raggiunge la prima criticità e a partire dall’ottobre dello stesso anno inizia
ad immettere elettricità in rete. Nel 1966, per effetto della legge sulla
nazionalizzazione, la proprietà della centrale passa all’Enel. Fermo dal `67 al’70
(per problemi tecnici) e poi ancora dal’79 all’82, il reattore ha operato fino
al 1987.
Menia: sì al rigassificatore nel Golfo di Trieste - «I rifiuti possono
diventare un’importante risorsa energetica, se si sfruttano come in Europa»
IL SOTTOSEGRETARIO TRIESTINO SPIEGA LA LINEA DEL GOVERNO
«Dobbiamo modernizzare l’Italia, le lancette vanno portate avanti di almeno 10
anni»
Roberto Menia comincia a prendere confidenza con le stanze del palazzo del
ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Da sottosegretario ha dovuto
affrontare, assieme ai colleghi di governo, l’emergenza campana dei rifiuti. Ma
l’aennino di Trieste ha già le idee chiare sulla strategia da seguire in questa
sua prima esperienza di governo. E ha idee chiare anche in materia energetica,
ribadendo il suo sì - da esponente del governo - a un rigassificatore anche nel
Friuli Venezia Giulia.
«Chi ha condotto negli ultimi due anni la politica del ministero - spiega - ha
seguito un impianto ideologico. Hanno bloccato le grandi scelte perseguendo un
ambientalismo fuori dal tempo. La tutela dell’ambiente deve diventare il traino
per il futuro del Paese, mentre in passato spesso questa presunta tutela è
diventata un freno per la modernizzazione».
Tutta colpa del centrosinistra? «Quella più avveduta ha già capito che la tutela
ambientale è una risorsa sulla quale si deve lavorare senza pregiudiziali»
continua Menia.
L’emergenza rifiuti, e in particolare quella del napoletano ha molti padri.
Un’emergenza che per il momento non c’è in altre parti d’Italia soltanto perchè
è sotto traccia. Anche nel Friuli Venezia Giulia dove le discariche, oltre ad
aver inquinato vaste aree di sottosuolo, sono quasi alla saturazione. E quando
un «deposito» viene posto sotto sequestro il bubbone affiora. La precedente
giunta ha a più riprese sottolineato la necessità di costruire un
termovalorizzatore nella zona Udine-Pordenone, mentre il sindaco di Gorizia
Ettore Romoli ha avanzato l’ipotesi di riattivare, con le opportune modifiche,
l’inceneritore dismesso da anni.
«È inutile lanciare allarmi. La politica deve lavorare su un progetto di
medio-lungo periodo - continua Menia - Quello che si è verificato in Campania è
stata l’esplosione di una vicenda denunciata nel ’93 dall’allora giunta
regionale. Lo stato d’emergenza di fatto è stato proclamato nel 1994. Ieri il
governo Berlusconi ha deciso di intervenire con determinazione su un fenomeno
che sta infangando il nome dell’Italia nel mondo. Ma le responsabilità sono di
molti. In tutti questi anni sono stati progettati nell’area cinque
termovalorizzatori e anche l’unico praticamente ultimato, quello di Acerra, non
è ancora in funzione. Le campagne sono disseminate di eco-balle. La Campania
produce oltre due tonnellate di rifiuti all’anno finora depositate nelle
discariche. Metteremo in funzione il termovalorizzatore di Acerra entro 6/8
mesi. Ma alcuni cittadini di quella sinistra che è stata allontanata anche dal
Partito democratico continua a protestare. Una protesta che in passato è stata
cavalcata da chi ci ha preceduto al Ministero e i risultati disastrosi sono
negli ultimi mesi sotto gli occhi di tutti».
Siete convinti di vincere questa battaglia? «Abbiamo nominato commissario un
uomo di esperienza come Guido Bertolaso, abbiamo responsabilizzato il sindaco
Jervolino che deve dare una risposta entro un mese sulle discariche da aprire,
l’esercito sarà chiamato a difenderle. Ma una volta risolta l’emergenza dobbiamo
varare una strategia complessiva».
Alcune regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna hanno trasformato la
raccolta dei rifiuti in una risorsa energetica.
«Le realtà sono diverse. Le Regioni più grandi - sottolinea il sottosegretario -
hanno maggiori possibilità di intervento. Ma è indubbio che è necessario varare
un piano anche per le realtà più piccole, come la nostra, che vada in quella
direzione. Dobbiamo creare un circolo virtuoso che, anche passando per la
raccolta differenziata, tolga i rifiuti, una realtà con la quale convivere nel
mondo occidentale industrializzato, dalle discariche e li trasformi in energia».
Così succede in Europa, così sta scritto anche nel programma del centrosinistra
sconfitto il 14 aprile.
«Modernizzare il sistema Italia è una necessità - conclude Menia - dobbiamo
riportare avanti le lancette del Paese di almeno dieci anni. La sostenibilità
ambientale deve essere al centro anche della realizzazione delle infrastrutture
come la Tav, le autostrade ma anche in campo energetico i rigassificatori,
compresi quelli del Golfo di Trieste. Non nascondo che le resistenze, più
evidenti nella sinistra, sono trasversali. Abbiamo una maggioranza forte. È
nostra responsabilità superarle».
CIRO ESPOSITO
Un nuovo sequestro in Ferriera Estesi i vincoli
nell’area Nord - Il provvedimento ha carattere probatorio: mira a dimostrare che
furono stoccate attrezzature dismesse
Altro sequestro alla Ferriera di Servola. - PER CERCARE RIFIUTI INDUSTRIALI
Ieri i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, giunti da Bologna, hanno
notificato alla Direzione dello stabilimento siderurgico un’estensione del
sequestro che la scorsa settimana aveva «congelato» una vasta area nella zona
Nord della Ferriera, a pochi metri dallo Scalo legnami.
Ieri il «blocco» ha coinvolto i cumuli di minerali posti a lato della macchina a
colare, nell’area in cui viene riscaldato il «carro siluro». Sotto la superficie
di questi cumuli, secondo l’inchiesta diretta dal pm Federico frezza, si
dovrebbero nascondere rifiuti industriali e attrezzature fuori uso, mai
asportate o scorrettamente smaltite.
Il sequestro ha un carattere «probatorio». In altri termini dovrebbe dimostrare
che buona parte dello stabilimento e degli annessi piazzali, è stata utlizzata
nel tempo non solo per produrre ghisa e carbone coke, ma anche per stoccare
rifiuti industriali come vecchi camion fuori uso, attrezzature dismesse, bidoni
di vernice, pezzi di edifici in cemento armato abbutti qualche decennio fa e mai
avviati alle regolari discariche.
In sintesi anche la zona della macchina a colare, sarebbe coinvolta in questi
stoccaggi, come è già accduto, semrpe secondo l’accusa, per l’area posta tra la
Ferriera e l’adiacente scalo legnami.
Pochi giorni fa l’altro sequestro. Anche in questo caso, secondo l’inchiesta
l’area che appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica
abusiva. Vi sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse
di camion. Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in
cemento armato, motori ridotti in pezzi. Tre enormi colline, alte più di 15
metri, nascondono al loro interno altri rifiuti che il carbone, i minerali di
ferro e altri materiali di probabile scarto di fonderia, ricoprono
completamente. L’are sequestrata non è direttamente coinvolta nell’attività
industriale della Ferriera.
La produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né piccolo,
così come gli sbarchi sulla banchina. Presto inizieranno anche le analisi
chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli diventati col tempo
delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto antiche e di incerta
datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno intervenisse. Ora in molti si
chiedono perché nessuna delle proprietà che si sono avvicendate sul ponte di
comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non abbia mai preso l’iniziativa per
smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata appartiene al Demanio
marittimo: Ferriera l’ha in affitto e paga un canone di concessione.
Intanto prosegue l’altra grossa indagine su reati ambientali, quella del pm
Maddalena Chergia, sulla discarica abusiva allo Scalo legnami, per la quale sono
indagate 11 persone tra cui i titolari della della Isp Riciclati, Diego Romanese
e Cataldo Marinaro e il costruttore edile Antonio Raffaele Bruno. Gli
investigatori della Finanza stanno esaminando la documentazione sequestrata in
buona parte riconducibile ai trasporti di scarti di asfalto dalle Rive alla
discarica abusiva.
Fiume, mare pulito lungo le spiagge - Balneazione vietata soltanto nel
tratto davanti al rione di Pecine
I campionamenti esaltano il litorale quarnerino Il sindaco Obersnel: «Una
situazione invidiabile» Presto disponibili anche le strutture di Costabella
FIUME I primi campionamenti stagionali effettuati nelle acque del mare che
bagna le spiagge fiumane, effettuati quest’anno dall’Istituto regionale per la
salute pubblica, hanno evidenziato una situazione complessivamente molto
positiva. In un unico punto, tuttavia, la balneazione si presenta a rischio per
la salute dei bagnanti.
Nel capoluogo quarnerino, infatti, la sola «maglia nera» riguarda il tratto di
costa prospiciente l’ex albergo Park, nel rione di Pecine, dove da un paio di
anni la balneazione è vietata. In quest’area è stato localizzato un accumulo
sotterraneo di residui fecali nei pressi di una sorgente che sarà circoscritta
con barriere galleggianti entro la fine di maggio. La zona di mare, soggetta a
divieto di balneazione, sarà ridotta e per la prima volta, dal giugno 2005
(quando era stato segnalato l’alto tasso di inquinamento) si potrà fare il
bagno.
Inutile sottolineare la soddisfazione espressa sia dal sindaco di Fiume, Vojko
Obersnel, che dai membri della giunta municipale ai quali Dušanka Djuzela Bilac
dell’Istituto regionale per la salute pubblica ha presentato, in sede di
esecutivo cittadino, il resoconto sullo stato di salute delle acque antistanti
le spiagge fiumane.
Dal 1996 il suddetto Istituto compie dieci volte l’anno (da maggio a settembre,
per l’esattezza) rilevamenti in una ventina di punti: da Preluca (nella parte
occidentale della città) a Pecine (in quella orientale) per avere sempre sotto
controllo la situazione riguardante l’eventuale tasso d’inquinamento. Situazione
che, fortunatamente, migliora di anno in anno. E, mentre nel 2005 i cosiddetti
punti neri erano stati nove (con moderato tasso d’inquinamento), l’anno scorso i
controlli effettuati avevano evidenziato un ottimo stato di salute delle acque.
«Un tale livello di qualità delle acque di balneazione vicine a un centro urbano
– ha sottolineato il sindaco Obersnel – è davvero invidiabile. Se siamo arrivati
a tanto, lo dobbiamo agli investimenti effettuati nella costruzione del sistema
fognario».
Pertanto, è possibile fare una bella nuotatina senza alcun rischio per la salute
dei bagnanti a Preluca (dove si trova anche un campeggio), nelle acque che
bagnano la zona dallo stadio di Cantrida al centro ricreativo del cantiere
navale «Tre Maggio» (la località comprende anche l’ex bagno Riviera, tanto caro
ai connazionali fiumani) e quelle antistanti le sei spiagge nel rione di Pecine.
Tra una ventina di giorni, inoltre, i bagnanti avranno a disposizione una
spiaggia in più: quella sottostante il costruendo polo natatorio di Costabella i
lavori di costruzione del quale dovrebbero essere portati a termine tra breve.
(v.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 maggio 2008
L’INCHIESTA SULLO SCALO
LEGNAMI - La Finanza critica con l’impresa Bruno: doveva sapere che fine
facevano i rifiuti
«Bisognava verificare se chi riceveva il materiale aveva l’autorizzazione» -
Funzionari e manager si difendono: ignota l’esistenza di materiali speciali, nei
documenti era tutto regolare
L’impresa Bruno, che ha realizzato la riqualificazione delle Rive vincendo
l’appalto del Comune, aveva l’obbligo di controllare che coloro i quali
gestivano lo smaltimento dei rifiuti bituminosi fossero autorizzati a farlo
trasportandoli nell’area dello Scalo legnami. Per questo motivo una specifica
responsabilità penale è attribuita all’amministratore Raffaele Antonio Bruno.
Per gli investigatori della Finanza, i responsabili dell’impresa triestina non
potevano non sapere e avevano «il dovere di accertarsi che colui al quale sono
consegnati i materiali per lo smaltimento abbia la necessaria autorizzazione».
Insomma dovevano controllare. Come anche - seppure indirettamente - Domenico
Donelli, presidente della Trieste Diga Srl, l’ingegnere Giorgio Lillini,
direttore dei lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile e il geometra
Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologia e valutazione della Provincia
per i quali gli investigatori hanno supposto una culpa in vigilando. e hanno
chiesto al magistrato di valutare le loro eventuali responsabilità.
Risponde il presidente della Trieste Diga, Donelli: «Non ho nulla da nascondere.
Sono pronto a presentarmi dal magistrato. Avevamo fatto un appalto per produrre
il materiale per realizzare la diga. Non potevamo sapere che c’erano rifiuti
speciali. Anche se devo dire che i danni gravi sono stati fatti negli anni ’40 e
’50. Sono convinto che lì sotto quei terreni ci sia di tutto».
Aggiunge l’ingegnere Giorgio Lillini, responsabile dell’ufficio del Genio civile
che nel settembre del 2007 e nel febbraio di quest’anno ha denunciato la
situazione all’Autorità portuale proprietaria dell’area: «Non sapevo nemmeno che
c’era il cantiere. Quando l’ho visto durante un soprallugo mi sono reso conto e
ho scritto subito sia alla società che all’Autorità chiedendo chiarimenti».
«Quel cantiere - spiega Fabio Rizzi, responsabile del servizio sicurezza e
ambiente dell’Autorità portuale - ci risultava essere funzionale alla diga.
Avevamo fatto varie verifiche documentali e tutto ci era sembrato regolare.
C’erano le bolle e le autorizzazioni. Ma non abbiamo controllato il materiale,
questo non era di nostra competenza». Nessun commento dal funzionario della
Provincia Plossi. Chi parla è l’assessore all’ambiente di palazzo Galatti Ondina
Barduzzi. Dichiara: «Mi preme sottolineare che sono stati proprio i controlli
condotti dall’amministrazione provinciale a creare i presupposti per le indagini
che stanno compiendo le forze dell’ordine. Sono convinta che la Provincia abbia
agito nel modo migliore, svolgendo accertamenti lunghi e complessi. I nostri
funzionari hanno lavorato con serietà e nel pieno rispetto delle norme.
Ribadisco la massima collaborazione con la Guardia di finanza per l’attività che
sta svolgendo».
CORRADO BARBACINI
Scarico sospetto assolto Calcina - LA VICENDA RISALE AL 2002 - UDIENZA DAL
GUP
Lino Calcina, 53 anni, affermato imprenditore del recupero di materiali
riciclabili, è stato assolto con formula piena da una serie di accuse
riguardanti il deposito di rifiuti su aree non autorizzate e di traffico di
rifiuti. A pronunciare la sentenza è stato ieri il giudice Raffaele Morvay
(nella foto) al termine di un processo svolto con rito abbreviato. Un precedente
processo era stato annullato per vizi formali. Ieri Calcina, difeso
dall’avvocato Giovanni Borgna, era l’unico imputato nel procedimento penale. Gli
altri coinvolti hanno già definito separatamente le loro posizioni processuali.
L’inchiesta coordinata dal pm Maddalena Chergia era partita nel 2002.
Nell’agosto di quell’anno la Forestale aveva messo i sigilli all’azienda. Tutta
l’area della discarica in via Errera è stata posta sotto sequestro. Lì erano
stoccate carta usata, ferrivecchi, plastica, vetro e batterie. Gli uomini della
Forestale avevano fatto un blitz anche negli uffici della Provincia di via Sant’Anastasio
a caccia delle autorizzazioni rilasciate dall’ente. E subito il magistrato aveva
cominciato un’attenta lettura dell’istruttoria delle autorizzazioni, in
particolare quelle riguardanti lo stoccaggio di batterie usate e di tubi
fluorescenti.
Il lavoro di Lino Calcina era quello di trasformarle e venderle facendo
diventare i rifiuti denaro sonante, dando lavoro a quaranta persone.
Secondo le indagini della Forestale, nella vasta area posta a poche centinaia di
metri dall’inceneritore, erano stati immagazzinati anche rifiuti pericolosi.
L’autorizzazione che Lino Calcina aveva esibito agli inquirenti era scaduta.
Nessuno l’aveva rinnovata, adempiendo al dettato delle nuove prescrizioni come
il decreto Ronchi. Non avendolo fatto, la società di Calcina aveva subito
l’intervento prima della Forestale, poi della magistratura. Rifiuti pericolosi.
Parte dell’area che era stata «congelata» dai sigilli è di proprietà della
società di Calcina, parte si trova su terreni ottenuti in concessione
dall’Autorità portuale. Il sequestro all’epoca aveva avuto immediati effetti
sulla raccolta dei rifiuti urbani in città. L’Acegas, per cui Calcina lavorava,
si era trovata «scoperta» da un momento all’altro. Così da quel momento la
carta, gli imballaggi, il ferro, la plastica, il vetro, erano entrati nel
«normale» processo di smaltimento dell’inceneritore.
(c.b.)
SERVOLA - Comitati di quartiere domani in assemblea
Si terrà domani alle 20.30, nella sede del Circolo Miani, un’assemblea promossa
dai comitati di quartiere per lanciare una campagna di sensibilizzazione
sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, e sui problemi del depuratore
fognario di Chiarbola, della Sertubi, degli inceneritori, dell’Italcementi, fino
alle discariche allo Scalo Legnami. All’ordine del giorno anche la definizione
della manifestazione che verrà organizzata in piazza Unità per chiedere a Comune
e Regione di risolvere il nodo Ferriera.
Duino, posizione dura sull’elettrodotto - CONSIGLIO COMUNALE
DUINO AURISINA La necessità che l'intervento sia realizzato in tempi brevi, che
l'elettrodotto passi a Nord di Visogliano e a Sud di San Pelagio, più lontano
dalle case possibile, e che i tralicci dal 59 al 63 vengano interrati. Questi i
punti centrali della forte presa di posizione del Consiglio comnuale di Duino
Aurisina nei confronti di Terna sul tema della modifica dell'attuale percorso
dell'elettrodotto. Posizione che il sindaco dovrà rappresentare nella prossima
Conferenza dei servizi che verrà istituita sul tema dalla Regione. Questo il
punto centrale della seduta del Consiglio comunale svoltasi ieri mattina a Duino
Aurisina. Tra gli altri temi, una variazione di bilancio relativa a una serie di
entrate (oltre 260mila euro) erogate dalla Regione. Al Consiglio si è parlato
dei potenziali effetti della riduzione o eliminazione dell'Ici: il sindaco ha
sottolineato come una simile ipotesi potrebbe risultare estremamente pesante,
obbligando a un serio ridimensionamento della spesa.
Corridoio 5, Gherghetta a Lubiana: «Deve passare anche per Gorizia» -
INCONTRO CON VERLIC
GORIZIA Il corridoio V deve passare per la città isontina. Il presidente della
provincia di Gorizia che ieri era a Lubiana insieme all'assessore agli affari
internazionali, Marko Marincic, lo ha ribadito all’incontro con il
sottosegretario sloveno ai Trasporti Peter Verlic.
La richiesta è stata affiancata e supportata dalla presentazione al
rappresentante del governo sloveno dei dati conclusivi del progetto Sistema, con
il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e
giuliano nel settore logistico e del trasporto merci.
Nel corso dell'incontro, avvenuto presso la sede del ministero dei Trasporti
sloveno, Gherghetta ha ribadito la necessità di integrare il Corridoio V con una
linea ferroviaria a due binari che colleghi le due città. «Oggi - ha detto il
presidente - abbiamo cominciato la nostra campagna di informazione. Siamo
convinti che la nostra ipotesi sia forte e percorribile e può soltanto portare
vantaggi a tutti. Del resto, il nostro progetto non è alternativo al
collegamento di Lubiana con Trieste ma complementare. E abbiamo dimostrato che
si può realizzare con una spesa di un miliardo di euro».
Gherghetta nei prossimi giorni incontrerà i sindaci di Gorizia e di altri comuni
dell'area e avvierà contatti con il governo italiano. Il progetto Sistema, con
il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e
giuliano nel settore logistico e del trasporto merci, sarà poi ufficialmente
presentato a fine giugno nell'ambito di un convegno internazionale che si terrà
a Gorizia.
Gherghetta e Marincic si sono recati a Podnanos in visita al cantiere del
raccordo autostradale Razdrto-Nova Gorica, ormai in fase di completamento
(mancano circa 11 km.). Al sopralluogo era presente anche il console sloveno
Joze Susmelj.
«Il raccordo autostradale sarà completato entro fine 2008, o al massimo
all'inizio del 2009» ha confermato il presidente al termine del sopralluogo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 maggio 2008
Scalo legnami, altri tre
coinvolti nell’inchiesta sulla discarica abusiva - Nel mirino la mancata
vigilanza sulla situazione Le Fiamme gialle: area gestita da un «cartello»
Si allarga l’inchiesta della Guardia di finanza sulla maxidiscarica dello Scalo
legnami, dove fino a pochi giorni fa venivano depositati rifiuti pericolosi come
i materiali di scarto dell’asfalto rimosso dalle Rive o da altre strade della
città. Adesso l’inchiesta coinvolge anche chi avrebbe dovuto vigilare.
Lo si legge a chiare lettere nell’informativa che gli investigatori del Gico
(Gruppo investigativo criminalità organizzata) delle Fiamme gialle hanno inviato
al pm Maddalena Chergia e che fa parte del fascicolo processuale. I militari
chiedono al magistrato di «valutare le eventuali responsabilità per culpa in
vigilando » senza tralasciare ovviamente anche altre eventuali responsabilità da
parte di chi avrebbe dovuto intervenire con tempestività.
I nomi sono quelli di Domenico Donelli, 58 anni, presidente della Trieste Diga
Srl, la società che aveva autorizzato l’uso dell’area alla Isp Riciclati di
Diego Romanese e Cataldo Marinaro; di Giorgio Lillini, 55 anni, direttore dei
lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile per le opere marittime di
Trieste che nel settembre del 2007 aveva inviato una lettera in cui venivano
richiesti chiarimenti «in relazione all’utilizzo dell’area di cantiere allo
Scalo legnami»; e di Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologica e
impatto ambientale della Provincia, «che - si legge nella relazione - ha curato
l’intero iter autorizzativo a seguito della comunicazione di recupero dei
rifiuti presentata il 19 settembre 2005 dalla Isp Riciclati e che, nonostante
quest’ultima società non avesse ottemperato alle integrazioni tecniche
richieste, solo il 28 gennaio 2008 ha effettuato un sopralluogo nell’impianto
rilevando gravi irregolarità».
Irregolarità che hanno fatto scattare la diffida. Diffida che porta la data del
4 febbraio 2008 - e cioè dopo un primo sequestro effettuato il 29 gennaio dai
Forestali di Opicina - e che praticamente è rimasta inascoltata.
Nella lettera della Provincia si intima alla Isp Riciclati «di interrompere il
carico di rifiuti», di «rimuovere entro 15 giorni tutto il materiale caduto in
mare e di presentare idonee analisi e certificazioni attestanti l’idoneità dei
materiali presenti all’interno dell’impianto», di «iniziare entro 30 giorni il
recupero dei rifiuti giacenti presso l’impianto, compresi quelli derivati da
scarti di attività di recupero», di pulire l’area, presentando entro 15 giorni
una relazione tecnica sulle attività svolte tra il 2005 e il 2007» e infine di
«realizzare sempre entro 15 giorni un programma per il recupero in altri
impianti dei rifiuti che giacciono nell’area esterna all’impianto».
Ma c’è di più. Riguardo alla gestione dell’impianto abusivo, gli investigatori
della Guardia di finanza hanno rilevato che «di fatto è stato creato un
”cartello” tale da formare un ostacolo ad altri operatori che lavorano nel
medesimo settore, turbando e alterando i meccanismi regolatori del libero
mercato».
Per la Finanza l’attività della discarica andava comunque avanti da molto tempo.
«Considerato lo stato dei rifiuti con sviluppo di vegetazione - si legge
nell’informativa - risulta che i primi conferimenti di manto stradale
provenivano anche dal Cantiere Rive di Trieste e risalivano al marzo 2006». E
poi ancora: «Altro particolare interessante è dato dalle annotazioni apportate
sul registro di carico rifiuti, acquisito in parte e in copia dal Comando
stazione forestale di Trieste, dove si evince che il codice veniva
sistematicamente cancellato e corretto con un altro. Questa correzione era
dovuta al tipo di materiale che era stato conferito».
CORRADO BARBACINI
Ferriera, adeguamenti da 4 milioni - Primi interventi per la riduzione
delle emissioni di fumi e polveri - IN BASE ALL’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE
Un investimento da 4 milioni di euro. Tanto sono costati al Gruppo
Lucchini-Severstal i primi interventi agli impianti della Ferriera di Servola
per rispettare le prescrizioni contenute nell’Aia, l’Autorizzazione integrata
ambientale rilasciata dalla Regione. Una serie di adeguamenti a cui faranno
seguito, tra la fine di questo mese e giugno, dei nuovi ammodernamenti «fra i
quali il più significativo è quello dello sdoppiamento dell’alimentazione della
cokeria», come spiega una nota diffusa dalla proprietà.
I differenti lavori viaggiano tutti nella medesima direzione, quella che ha come
obiettivo la riduzione nelle emissioni di fumi e polveri. Attraverso i singoli
adeguamenti, la Lucchini-Severstal prevede di migliorare la situazione in certi
casi del 20 per cento, ma anche dell’80 in altri, rispetto alle condizioni
attuali. Fra i passi già eseguiti, c’è per esempio l’automazione dell’impianto
di abbattimento delle polveri, che va a consentire un’ottimizzazione delle
aspirazioni laddove queste sono maggiormente richieste in un dato momento e,
così, un convogliamento delle polveri generate verso il processo di sfornamento.
Ciò avviene grazie alla «gestione automatica dei parametri di funzionamento
dell’impianto», aggiunge la società. Il tutto si sviluppa grazie a una sorta di
supervisione attiva con regolazioni continue alle macchine, sulla base di
depressioni e temperature, a loro volta costantemente rilevate.
Grazie alla sostituzione con riqualificazione del filtro a tegoli deflettori
della torre di spegnimento del coke, sono stati piazzati dei nuovi componenti in
acciaio inox e si è inserito un impianto di lavaggio dei tegoli nella torre. Gli
accorgimenti in questione dovrebbero ridurre il carico dell’emissione di polveri
associate allo spegnimento: la stima della Lucchini-Severtsal dice che le
quantità presenti nel vapore e in uscita dalla torre diminuiranno del 20 per
cento.
Una nuova linea di aspirazione a presidio del foro di colata determinerà invece
dei progressi sulle emissioni di polveri dal capannone: queste, durante le fasi
di spillaggio e colaggio della ghisa, verranno attutite in maniera sostanziale,
per il Gruppo Lucchini-Severstal addirittura dell’80 per cento. Nell’ambito
della sostituzione delle 37 colonne di sviluppo della batteria B, si è reso
automatico anche il sistema di regolazione della pressione. Questi sono stati
gli interventi principali, cui se ne sono aggiunti degli altri e ulteriori sono
in fase di completamento.
La proprietà dello stabilimento di Servola ha poi avviato le procedure di
monitoraggio e controllo ambientale, trasmettendo i dati agli enti di controllo
e il piano di riduzione della produzione dei rifiuti alla Regione. Fra le altre
cose è iniziato il controllo delle emissioni convogliate ai camini: un quadro
che sarà composto con frequenza trimestrale, anzichè ogni sei mesi. Al riguardo,
verranno definiti a breve due confronti tecnici con gli organi competenti, per
decidere quale dovrà essere la seconda postazione esterna per il rilievo degli
idrocarburi policiclici aromatici e per discutere delle strumentazioni idonee al
monitoraggio continuo delle emissioni ai camini della cokeria e
dell’agglomerato. Proprio ieri, i rappresentanti dei Verdi Alessandro Metz e
Giorgia Visintin avevano chiesto una verifica sull’iter di adeguamento all’Aia
da parte della Ferriera.
MATTEO UNTERWEGER
Stabilimento di Servola: comitati pronti a protestare in piazza Unità - LA
PROSSIMA SETTIMANA
Scenderanno in piazza dell’Unità d’Italia, sotto la nuova sede della giunta
regionale, per chiedere «interventi urgenti, che impediscano alla Ferriera di
continuare a inquinare l’aria che respiriamo». L’appuntamento è per giovedì
della prossima settimana, momento in cui l’esecutivo guidato da Renzo Tondo ha
fissato le proprie riunioni. Sono decisi quelli di «Servola respira» , del
circolo «Miani» e dei comitati di quartiere che da tempo si battono contro lo
stabilimento di Servola. E la situazione si è ulteriormente aggravata dopo le
recenti notizie relative alle discariche abusive individuate dalla Guardia di
Finanza. «Venerdì – hanno annunciato i portavoce dei comitati – ci riuniremo
nella sede del Circolo Miani, per definire i dettagli della manifestazione della
prossima settimana». Bersaglio della protesta non sarà solo la giunta regionale,
insediata da poche settimane, e che ha nelle sue competenze le autorizzazioni a
favore della Ferriera, ma pure la maggioranza che governa il Comune, guidata dal
sindaco Dipiazza. «Il Comune, quando rilascia le licenze, soprattutto quelle
edilizie – è stato spiegato ieri – è anche responsabile dell’esecuzione della
correttezza dei lavori che vengono svolti e deve controllare se lo smaltimento
dei residui delle varie lavorazioni è effettuato rispettando le regole
previste».
I Verdi: monitorare le acque scaricate da Servola - «LA PROCURA EFFETTUI
DELLE ANALISI»
Monitorare in maniera costante, com’è previsto dall’autorizzazione integrata
ambientale, la zona a monte dei tre scarichi delle acque della Ferriera, che
ogni giorno riversano nel vallone di Muggia migliaia di metri cubi di reflui
industriali già ritenuti pericolosi dall’Arpa. La richiesta giunge dai
rappresentanti regionali dei Verdi, Alessandro Metz e Giorgia Visintin, che
ricordano come le indagini della Procura che hanno portato alla recente scoperta
delle discariche abusive allo Scalo legnami e alla Ferriera siano partite in
seguito al loro esposto del settembre 2007 sull’attività dello stabilimento
siderurgico.
Precisando che gli scarichi a mare sono tre (uno vicino alla cokeria, uno
nell’area centrale e uno in quella più ad est), nei quali confluiscono almeno
almeno sei scarichi provenienti dagli impianti, Giorgia Visintin afferma che
«contengono materiali di tipo minerale che rimangono in parte in sospensione,
creando poi sul fondo un’importante e continua sedimentazione. Ci auguriamo –
rileva – che la Procura analizzi cosa viene scaricato. Segnalazioni fatte a suo
tempo dalla Capitaneria all’Arpa parlavano di acque contenenti fenoli e nitrati.
Si tratta di un scarichi attuati nel corso degli ultimi vent’anni – aggiunge –
ma anche negli ultimi dieci, e quindi anche durante l’attuale gestione
dell’azienda».
«L’Arpa, in fase di redazione dell’autorizzaione integrata – precisa sua volta
Alessandro Metz – aveva chiesto di poter monitorare a monte gli scarichi
principali dello stabilimento, ma al momento questa pratica non è ancora in
essere. Tra l’altro, per diluire questi scarichi vengono usati migliaia di litri
di acqua potabile attinti dall’acquedotto cittadino».
L’ex consigliere regionale avanza infine un suggerimento al sottosegretario
all’Ambiente Roberto Menia, che nei giorni scorsi ha indicato il problema della
Ferriera come una priorità: appurare lo stato dell’iter per l’autorizzazione
integrata ambientale relativa alla centrale di cogenerazione, in corso al
ministero dell’Ambiente. «La centrale – ricorda Metz – beneficia dei contributi
Cip6 per la produzione di energia, purchè utilizzi una certa percentuale (circa
la metà) di gas di risulta. Sarebbe importante verificare se vengono rispettate
queste prescrizioni». (gi. pa.)
Piazza Libertà Ne discute il Pd - PROGETTO
Oggi alle 18 il Circolo del Pd della quarta circoscrizione organizza nella sua
sede di via Donota 1 (terzo piano) un’assemblea pubblica aperta ai cittadini per
discutere il progetto di riqualificazione urbana di piazza della Libertà, che
prevede la realizzazione di una piazza pedonale davanti all’ingresso della
stazione centrale e la riorganizzazione della viabilità di transito nella zona.
All’incontro saranno presenti tutti i consiglieri comunali del Pd.
Da Campanelle alla Val Rosandra domani con Camminatrieste
Il Coped-Camminatrieste organizza per domani l’iniziativa «Studenti e pedoni
insieme a nonni e nipoti», una passeggiata in Val Rosandra «per l’ambiente, i
diritti dei pedoni e la sicurezza stradale». La passeggiata partirà alle 10 dal
capolinea del bus 33 a Campanelle e si snoderà lungo la pista ciclopedonale in
direzione Val Rosandra. Pranzo al sacco. È prevista anche la partecipazione dei
bambini della scuola dell’infanzia Munari.
Il ponte Bailey - SONDAGGIO DEL COMUNE
Il Comune di Trieste ha deciso di sentire il parere dei cittadini in merito al
ponte pedonale sul canale di Ponterosso, divulgando un apposito questionario.
Iniziativa senz’altro positiva (è la prima volta che l’amministrazione comunale
fa una cosa del genere), in linea di principio, anche se qualche perplessità
rimane. La decisione del Comune è arrivata infatti dopo che un sondaggio
effettuato dal Piccolo aveva dato l’esito di una maggioranza di favorevoli al «Bailey»
attuale. Non solo, l’assessore Bandelli ha dichiarato che la decisione di
costruire il nuovo ponte è già presa e che il Comune potrebbe ripensarci
soltanto se dal sondaggio emergesse una maggioranza schiacciante (almeno l’80
per cento) di contrari. Insomma, più che di una seria indagine sulle opinioni
dei triestini, pare si tratti di una sorta di plebiscito «pilotato» a favore
delle decisioni della giunta Dipiazza.
Decisioni peraltro ancora alquanto fumose. I quesiti del questionario sono
infatti drastici quanto vaghi: si chiede infatti se il collegamento possa essere
utile ai pedoni (difficile rispondere negativamente) e poi se il nuovo ponte
possa migliorare la qualità urbana. Una domanda, quest’ultima, alla quale pare
arduo rispondere solo sì o no. Il miglioramento della qualità urbana dipende
infatti, com’è ovvio, dalla qualità del progetto del ponte (su cui nulla è dato
sapere) e lo stesso ragionamento vale per il terzo quesito, relativo alla
costruzione di un ponte permanente, stante il contesto di grande pregio in cui
l’opera verrebbe a collocarsi.
Scontato l’esito di questa «consultazione», è quindi auspicabile che il
sondaggio tramite questionario venga riproposto, quando esisteranno delle idee
progettuali da valutare e da confrontare. Così come sarebbe bene fare sempre, in
casi del genere. Le associazioni ambientaliste ed i comitati spontanei, a dire
il vero, lo chiedono da tempo, ed è un vero peccato che nessuno finora li abbia
ascoltati. Probabilmente si sarebbero potuti evitare interventi nefasti come
quelli di piazza Vittorio Veneto e di piazza Goldoni, la distruzione del verde
per la mega speculazione edilizia nel comprensorio della Maddalena, e così via.
Dario Predonzan
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 maggio 2008
Piazza Libertà, sul progetto è già polemica - Omero: fondi spesi male. Bandelli: opera necessaria. Da decidere l’uso della Tripcovich
Il piano lunedì discusso in
Consiglio comunale
Il Consiglio comunale lo approverà lunedì prossimo. Ma senza l’entusiasmo
bipartisan trapelato la scorsa settimana. Il progetto preliminare per la
riqualificazione di piazza Libertà - da cantierare entro l’anno e terminare nel
primo semestre 2010 per non perdere i finanziamenti misti Stato-Regione - ha
vissuto ieri una frenata dopo una battaglia politica di due ore e mezza. Nel
secondo passaggio in commissione integrata Lavori pubblici-Urbanistica - chiesto
dall’opposizione in conferenza capigruppo con il sostegno trasversale di
Maurizio Ferrara per la Lista Dipiazza - il centrosinistra non ha fatto sconti.
Di nuovo, rispetto al primo appuntamento di martedì scorso, c’era la sfilza di
pareri preventivi al progetto preliminare a disposizione dei consiglieri. E pure
la presenza del capogruppo Pd Fabio Omero, che ha rilanciato le perplessità di
Decarli (Cittadini) e Minisini (Pd) bollando «la scelta di concentrare su stucco
e pittura le risorse statali del programma innovativo Trieste Nord. L’intervento
è stato finanziato con una legge che prevedeva dotazioni strutturali per
quartieri degradati con forte disagio abitativo e occupazionale. Ma qui il tutto
si è ridotto a un cambio radicale della viabilità».
A chi gli faceva presente che «le prescrizioni, in primis quella della
Soprintendenza, non esprimono pareri positivi definitivi sul piano», l’assessore
ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha replicato invece che «si tratta di un
progetto preliminare per il quale non ci sarebbe stato neanche l’obbligo di tali
pareri. Omero non ha fatto il salto di qualità veltroniano sul dialogo. Il
cambio viario di piazza Libertà è necessario altrimenti il flusso del traffico,
con il rinnovo del Silos e l’intervento Greensesam in Porto Vecchio, arriverà al
collasso».
Sull’altro tema caldo, cioè l’eventuale trasloco dei concerti dalla Sala
Tripcovich alla futura sala polifunzionale del Silos, «giudicata dal
sovrintendente del Verdi Zanfagnin inadeguata», Bandelli ha risposto infine a
Bruna Tam del Pd precisando che «la vocazione teatrale della città non sarà
compromessa da 50 posti in meno».
Ma non è finita qui. Sul tavolo - come rileva in una nota anche il Gruppo Beppe
Grillo - c’è la grana degli alberi ad alto fusto che andrebbero sacrificati
senza inciampare nel regolamento sul Verde pubblico firmato proprio dall’ex
assessore all’Ambiente Ferrara, il capogruppo della lista civica del sindaco.
Tutti rebus che hanno indotto la stessa maggioranza a rinviare a lunedì il voto
sul progetto, che in realtà sarebbe dovuto approdare in Consiglio già giovedì.
Il Pd, intanto, ha indetto per domani nella sede di via Donota 1 (alle 18)
un’assemblea aperta al pubblico sull’annunciata rivoluzione di piazza Libertà.
PIERO RAUBER
Discariche abusive: multe e pulizie senza risultati - La Forestale: sul
Carso numerose aree vengono bonificate ma dopo poche settimane tutto torna come
prima
DISCARICHE: I PUNTI CRITICI
La legge parla chiaro: chi getta in discariche abusive rifiuti classificati come
pericolosi rischia da uno a tre anni di carcere e sanzioni da 5200 a 52.000
euro. Eppure nonostante pene così severe, come dimostrato dal caso dello Scalo
Legnami, c’è ancora chi fa il furbo e continua ad abbandonare a bordo strada o
negli angoli più nascosti materiali di ogni genere. Un malcostume più diffuso di
quanto si pensi anche nell’«asburgica» Trieste.
Capita così che alcuni punti del Carso, come l’area boschiva vicina alla
stazione di Visogliano o la zona di Ivere nel comune di Duino, abbiano
costantemente l’aspetto di un immondezzaio nonostante vengano ripuliti ad
intervalli regolari. Lo sa bene il personale della stazione forestale di Duino
che, proprio per «stanare» i recidivi, da un mese a questa parte ha
intensificato i controlli sull’Altipiano.
L’attività degli uomini del corpo regionale non si limita a monitorare il
territorio e a segnalare gli eventuali rilasci non autorizzati alle
amministrazioni comunali competenti. In presenza di situazioni illecite,
infatti, vengono anche avviate delle indagini interne per risalire agli autori
dello scempio. Autori che, spesso, commettono passi falsi e lasciano per esempio
tra le macerie biglietti da visita o altri indizi che agevolano il lavoro dei
forestali e permettono di inchiodare chi ha l’abitudine di liberarsi dei propri
rifiuti infischiandosene dei danni all’ambiente. Gli ultimi ad essere «beccati»,
in ordine di tempo, sono stati un cittadino sorpreso ad abbandonare in un bosco
di Sgonico un sacchetto di nylon con vari scarti (50 euro di sanzione) e un
residente di Trieste che si era sbarazzato di rifiuti ingombranti, tra cui un
paraurti, e chi si è visto comminare una multa da 200 euro. Ancora peggio è
andata però ad un artigiano che depositava senza autorizzazione grandi quantità
di terra e ha dovuto pagare ben 18mila euro per abuso edilizio.
Quanto ai depositi abusivi in Carso, spiegano sempre dalla stazione di Duino,
l’elenco purtroppo è lungo. C’è una zona verde nella frazione di Medeazza, per
esempio, tristemente nota come «cimitero degli pneumatici». Lì decine di
persone, evidentemente convinte di non fare niente di male, abbandonano da
sempre cerchioni e vecchie gomme. E poi c’è la zona di Ivere, sempre nel comune
di Duino, le cui cave abbandonate tracimano di scarti. Qualche tempo fa è stata
trovata vicino all’ingresso di una delle cavità persino una vecchia barca di
piccole dimensioni.
Un altro rilascio «storico» è quello vicino alla stazione di Visogliano. Lì,
periodicamente, vengono depositati secchi, cumuli di plastica e calcinacci. Gli
stessi materiali che, assieme a grandi quantità di materiali da costruzioni,
molti automobilisti gettano in due piazzali della strada del Vallone che porta a
Gorizia.
La zona boschiva vicina al cimitero di Aurisina, invece, è la preferita da chi
cerca di disfarsi di rifiuti vegetali, come scarti di potatura ed erbacce,
presenti sempre in abbondanza.
I rifiuti abbondano anche al Villaggio del Pescatore. Nell’area della «cavetta»,
non lontano dall’ittiturismo, viene costantemente segnalata la presenza di
oggetti ferrosi, parti metalliche arrugginite e calcinacci. A San Giovanni in
Tuba, invece, esiste una zona scambiata erroneamente per un deposito autorizzato
di sacchi di cemento. Non va meglio, infine, nel comune di Sgonico dove, appena
qualche settimana fa, sono stati individuati e ripuliti ben 25 piccoli depositi
a cielo aperto.
MADDALENA REBECCA
Dipiazza a Tondo: più test a Servola
«Ho chiesto al presidente della Regione che vengano effettuati controlli
giornalieri delle emissioni della Ferriera, dopo che il 13 maggio scorso l’Arpa
ha rilevato un livello di polveri sottili pari a 1000 microgrammi per metro cubo
per quindici minuti, e un picco di 2.226 microgrammi, quando il limite è di 50».
A tuonare ancora una volta sulle emissioni della Ferriera è il sindaco Dipiazza,
che ieri ha colto al volo l’occasione dell’incontro con Renzo Tondo per tornare
sulla scottante questione.
Il presidente della Regione, dopo le dichiarazioni in campagna elettorale, ma
ribadite anche successivamente, relative a una sua idea per risolvere il nodo
dello stabilimento siderurgico, si è limitato ad affermare che «la questione
della Ferriera di Servola è una priorità assoluta per Trieste».
L’argomento, come si diceva, è tornato alla ribalta nel breve pranzo di lavoro
(una sola portata, consumata velocemente in un salone del palazzo di piazza
dell’Unità) nel quale Tondo e Dipiazza hanno passato in rassegna i problemi più
urgenti della città in cui ha competenza la Regione, stabilendo di approfondirli
in un’apposita seduta della giunta regionale. In quella seduta, la cui data è
ancora da stabilire, il sindaco discuterà delle diverse questioni aperte con
tutti gli assessori.
Quella di ieri, in sostanza, è stata una panoramica in vista
dell’approfondimento con la giunta. «Ho esposto al presidente tutti i problemi e
i progetti in piedi per la città – ha spiegato Dipiazza – a cominciare dagli
accordi di programma previsti per il polo ospedaliero di Cattinara e per il
complesso del Silos in piazza Libertà. Non appena Regione e Comune saranno
pronti ci rivedremo con l’intera giunta».
(gi. pa.)
SPALATO - Allarme al Parco di Cherca: quintali di carne putrefatta Trovata
una discarica abusiva colma di scarti di macellazione
Scandalo amianto alla «Salonit»: l’ira ambientalista contro il ministro che
minimizza
FIUME La denuncia, per ora contro ignoti, è di grave devastazione ambientale
e minaccia alla salute pubblica. Il caso – finora unico, per quanto se ne sa, e
assolutamente scandaloso – è quello dei rifiuti animali in stato di avanzata
decomposizione scoperti alla fine della settimana scorsa in una zona impervia
del Parco nazionale della Krka (Cherca), subito a monte di Sebenico. La
discarica abusiva è stata scoperta casualmente in un punto fuori mano del Parco,
in un canyon in cui scorrono le acque del fiume che più a valle alimenta le
celebri cascate prima di sfociare in Adriatico. Istituito nel 1985 e con un
estansione di 109 km quadrati, il Parco, e soprattutto la zona delle cascate,
accoglie ogni anno migliaia di visitatori, soprattutto stranieri. È ritenuto un
«gioiello» sia per le sue bellezze paesaggistiche che per il suo ecosistema
unico e ben conservato. In un punto recondito e difficilmente accessibile del
canyon, non lontano dal villaggio di Brnjica, anonimi escursionisti –
probabilmente per via del tanfo insopportabile che proveniva dal fondo di uno
strapiombo – hanno individuato un grande ammasso di resti animali e allertato i
guardaparco. I quali, dopo una prima ricognizione, hanno chiamato in causa gli
addetti del Servizio veterinario conteale di Sebenico. Come questi hanno poi
constatato, la discarica abusiva conteneva oltre una tonnellata di scarti del
processo di macellazione, in buona parte già in avanzato stato di putrefazione.
Veterinari e autorità sanitarie hanno immediatamente disposto la rimozione delle
carcasse. Secondo i veterinari, la discarica non dovrebbe risalire a più di una
quindicina di giorni fa. Per gli inquirenti non dovrebbe essere troppo arduo
risalire ai responsabili. Tutti gli impianti di macellazione debbono essere
infatti debitamente registrati e autorizzati. Qualche problema potrebbe venire
unicamente dall’individuazione di un qualche macello abusivo. Da verificare,
inoltre, le eventuali conseguenze che una discarica del genere potrebbe aver
prodotto in un ambiente carsico, e dunque di rocce porose e permeabili, ricco di
acque nel sottosuolo.
Sempre in tema di devastazione ambientale e di pesanti conseguenze per la salute
pubblica, da segnalare anche che nella zona di Spalato si sta ulteriormente
dilatando lo scandalo «Salonit» di Vranjice, la fabbrica di materiale edile
«corredata» da depositi abbandonati di manufatti a base di amianto. A infiammare
gli animi degli abitanti della zona sono stati dapprima i maldestri tentativi di
minimizzare il tutto da parte del ministero dell’Ambiente, e quindi talune
dichiarazioni incaute e fumose della titolare dello stesso dicastero, Marina
Matulovic-Dropulic. Appellandosi a inesistenti parametri di tolleranza europei
per l’inquinamento da amianto, il ministro ha cercato di tranquillizzare la
popolazione residente nella zona. Immediata la replica delle organizzazioni
ecologiste, pronte a far notare come nel caso dell’amianto i limiti europei
siano da tolleranza zero.
(f.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 maggio 2008
EMERGENZA AMBIENTE - Carso:
discariche in cento grotte e 50 doline - Dai metalli alle acque nere ai
medicinali, la mappa tracciata su iniziativa del Cai -
VEDI MAPPA
Dalle discariche della costa, alle cavità dell’altipiano carsico.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta per individuare i «punti caldi» in cui
mani sconsiderate e imprese truffaldine hanno abbandonato ogni genere di rifiuti
nel territorio della provincia di Trieste. Metalli pesanti, idrocarburi,
mercurio, piombo, plastiche, acque nere, inerti edili, medicinali, rifiuti
ospedalieri, ma anche carcasse di animali.
Nulla è stato risparmiato. Cento grotte sono diventate discariche; una
cinquantina di doline hanno subito la medesima sorte, così come molte cave
carsiche in cui l’attività estrattiva era cessata da tempo. Intere zone sono
state sottratte alla popolazione, al pascolo e alle coltivazioni.
Basta pensare alla colossale «collina delle vergogna», alta una quarantina di
metri e formata dai rifiuti che il Comune di Trieste ha trasferito per 14 anni
in un avvallamento posto a un solo chilometro di distanza dall’abitato di
Trebiciano.
Tra il 1958 e il 1972, l’anno in cui entrò in funzione l’inceneritore di Monte
San Pantaleone, decine di camion della Nettezza urbana vi riversarono ogni
giorno plastica e pneumatici, immondizie e residui alimentari, carta e
scatoloni. In totale più di 600 mila metri cubi. Il fuoco bruciava le immondizie
giorno e notte e l’odore acre del fumo si spandeva per il Carso. L’intera area
era infestata da torme di ratti e da sciami di insetti.
Ora questa massa di rifiuti è ricoperta da un paio di metri di terra che non ha
nulla a che vedere con il Carso e con le sue peculiari caratteristiche
litologiche. Arriva da un altro ambiente, quello marnoso-arenaceo: sulla sommità
e sui fianchi di questa collina artificiale, crescono alberi ed erba. Ma sotto
la «copertura» che ha nascosto il dileggio e lo strazio ambientale, i rifiuti
continuano lentamente a modificarsi.
Dal punto di vista biologico il tempo dovrebbe averli inertizzati, ma a livello
chimico la partita è ancora aperta. Il Carso è contrassegnato da un’idrografia a
tre dimensioni: in profondità corre l’acqua del Timavo e tutta la massa di
roccia calcarea è permeabile e fessurata. In pratica la pioggia raggiunge il
livello di base dove scorrono le acque sotterranee e altrettanto accade per gli
idrocarburi, i fanghi, e gli altri rifiuti abbandonati in superficie, nelle
grotte e nelle doline. Vengono trascinati verso il fondo e il loro «percorso»
subverticale è segnato per secoli.
I censimenti effettuati dai club di speleologi da anni e anni hanno sottolineato
lo scempio avvenuto alle spalle della città. L’elenco delle grotte usate come
discariche si è via via rimpolpato di nuovi nomi e nuove cavità. In pratica in
un prossimo futuro, dovranno essere censite le grotte e gli abissi scampati
all’inquinamento, più che quelle inquinate che costituiscono già oggi quasi la
norma. Più sono prossime a una strada o a una carrareccia, più sono a rischio.
La Grotta del Bosco dei Pini, l’abisso sopra Chiusa, l’abisso del Colle Pauliano,
la grotta Plutone, l’abisso di Fernetti, la grotta Nemez, la voragine di San
Lorenzo, il pozzo Mattioli, l’abisso di Padriciano, la grotta degli Occhiali, la
Fovea Sassosa, l’abisso di Rupingrande, rappresentano solo la sparuta
avanguardia di un fenomeno di massa censito da Maurizio Radacich e Giovanni
Spinella per conto del Club Alpinistico Triestino.
A ogni cavità è attribuita una precisa «tipologia del degrado». Si va dai
generici rifiuti, allo scarico di acque nere, ai medicinali, all’inquinamento
non meglio specificato, agli idrocarburi, ai motorini e ciclomotori. Lontano
dagli occhi, lontano dal cuore. Invece il disastro è grande e gli effetti non
ancora del tutto compresi. Anche molte doline hanno subito questo insulto. I
rifiuti le hanno colmate e lo spessore delle immondizie in talune raggiunge i
venti metri.
Certo, le discariche scoperte negli ultimi anni lungo la costa da Barcola a
Muggia, hanno dimensioni centinaia, se non migliaia di volte maggiori. Ma
sull’altipiano, al di là dell’immensa discarica di Trebiciano, il fenomeno è
diffuso a macchia di leopardo. Sullo stesso altipiano non solo decine e decine
di doline sono state coinvolte nell’inquinamento a hanno spesso ottenuto il via
libera della autorità, anche numeri depositi a cielo aperto di vecchie vetture
da demolire. Carburanti, olii esausti, batterie, plastiche, non sempre sono
state «smaltite» nel rispetto della legge. E sono fioccati i processi. Ma
nessuno ha ancora deciso dove e come costruire uno stabilimento per la
rottamazione dei veicoli dismessi. In altri Paesi più civili esistono fabbriche
di costruzione e fabbriche di demolizione. Da noi le carcasse vengono «lavorate»
all’aperto.
Va citata in questo elenco anche la vicenda della cava di Santa Croce, usata
come discarica dal gennaio 1989 al giugno successivo per scelta del Comune di
Trieste. Vi furono ammassati 35 mila metri cubi di cosiddetti «inerti»,
provenienti da scavi e demolizioni. In precedenza erano stati scaricati nella
zona a mare del Rio Ospo, accanto a Muggia. Quando nella cava di Santa Croce non
vi fu più posto, divenne necessario assumere una nuova decisione. La discarica
prescelta, sempre dal Comune, fu quella di Barcola-Bovedo che avrebbe dovuto
assicurare una autonomia di almeno dieci anni, con la previsione di un
interramento a mare di un milione e mezzo di metri cubi di inerti. Come sia
andata a finire è sotto gli occhi di tutti. Lì sul terrapieno non finirono solo
gli «inerti» ma ben altro e ben più pericoloso, tanto da consigliare la
costruzione di un «sarcofago» a protezione della salute di velisti e dei
windsurfers.
Le discariche del Carso e quelle della costa sono collegate da un sottile file
rosso. Metalli, plastiche, idrocarburi, residui di combustioni, acque nere. Non
c'è che l’imbarazzo della scelta.
CLAUDIO ERNÈ
«Nuovo interramento, c’era già una proposta» - Barcola, Fortuna Drossi
ricorda: negli anni ’90 fu indetto un concorso
Il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco lancia l’idea di un
terrapieno fra Barcola e Miramare che funga da nuovo spazio per la balneazione
pubblica, da costruire con i materiali non inquinanti derivati dalle attività
dei costruttori che così avrebbero finalmente uno spazio dove depositare i
rifiuti? La proposta, lanciata sulla scia del caso sollevato dalla discarica
abusiva scoperta allo Scalo legnami, viene condivisa appieno da Uberto Fortuna
Drossi, ex consigliere regionale dei Cittadini e assessore comunale ai lavori
pubblici con Riccardo Illy sindaco fino al 2001.
Fortuna Drossi precisa però che non si tratta di una novità. Proprio del
progetto di interramento dalla pineta al bivio di Miramare si discusse alla fine
degli anni ’90. E non si trattò solo di parole: in accordo con il Comune, e dopo
che l’allora Collegio costruttori aveva lanciato l’idea, la Fondazione CRTrieste
supportò un primo concorso internazionale di idee nel 1999 poi rilanciato l’anno
successivo. Duplice l’intento: offrire uno spazio per la balneazione pubblica, e
sopperire alla mancanza di una discarica di materiali non inquinanti lamentata
dai costruttori.
Fortuna Drossi precisa come all’epoca il problema della discarica dei materiali
fosse molto sentito sia in relazione al cantiere della Grande viabilità, sia in
relazione ai parcheggi interrati. «In previsione c’era l’ampliamento a mare
della riviera di 50 metri. Il progetto voleva offrire una balneazione pubblica,
cioè gratuita, di qualità. Erano previste nuove alberature, servizi, parcheggi».
La progettazione era avallata da uno studio sulla sostenibilità ambientale
affidato all’Università. E «i lavori sarebbero stati suddivisi per lotti
stagionali, così da cantierare l’opera per un tratto di 150 metri alla volta in
inverno senza intaccare la fruibilità della riviera d’estate». Il progetto
prevedeva anche la creazione di alcuni tratti di spiaggia da alternare alla
scogliera. Nel gennaio del 2000 il concorso si chiuse senza la proclamazione di
un vincitore tra i nove progetti pervenuti. «L’anno successivo - ricorda Fortuna
Drossi - lavorammo a un nuovo concorso». Il cambio dell’amministrazione avvenne
nel 2001. E del progetto di terrapieno - che aveva scatenato in città un diluvio
di polemiche - non si parlò più. E «sarebbe bello riprendere l’idea - chiude
Fortuna Drossi - magari coinvolgendo anche l’opinione pubblica».
RIQUALIFICAZIONE - Piazza Libertà, tocca alle due Commissioni -
Riunione congiunta per approvare il progetto esecutivo
Due Commissioni comunali congiunte per dare un parere sul progetto di
riqualificazione di piazza Libertà. Stamani la Quarta e la Sesta Commissione si
riuniscono nella sala del Consiglio comunale per l’approvazione del progetto
preliminare, la cui documentazione era stata fornita la scorsa settimana nel
corso di un’altra riunione congiunta. Tra le novità del progetto ci sono
modifiche alla viabilità davanti alla stazione ferroviaria con l’allargamento
dello spazio a disposizione dei pedoni. Il progetto approderà poi in Consiglio
comunale.
Ravidà: dobbiamo attrarre investitori - «Porto vecchio, basta intoppi.
Rigassificatore, occasione da non perdere»
IL FUTURO DI TRIESTE SECONDO IL NEOASSESSORE AL BILANCIO
Rigassificatore, Porto Vecchio, scienza e Parco del mare. Ovvero business,
prestigio, innovazione e turismo. Il top manager finanziario Giovanni Battista
Ravidà, neoassessore al bilancio della giunta Dipiazza, da siciliano che si è
innamorato di questa città la Trieste del futuro la vuol vedere. E metterci del
suo per costruirla, «sognando un territorio dove i giovani di fuori, anche i più
qualificati, vengano per lavorare, investire e vivere». L’ex direttore generale
della Crt e direttore centrale del gruppo Unicredit intende rilanciare una serie
di priorità. Da tecnico prestato alla politica. Abituato a «sponsorizzare» la
velocità delle scelte, meglio se bipartisan, evitando il calderone dei lunghi
dibattiti.
Ha una ricetta, meglio un suggerimento?
La città ha superato la contrapposizione tra chi sosteneva la vocazione
industriale e chi guardava oltre. La ricetta, ormai pressoché condivisa, ce
l’abbiamo in casa, a patto che la concretizziamo nel più breve tempo possibile
perché in un mondo globalizzato può sempre spuntare qualcuno pronto a sfruttare
le indecisioni altrui. I punti di forza sono la densità della ricerca
scientifica, da trasformare sempre di più in ricerca applicata al mercato; Porto
Vecchio, enorme risorsa il cui riuso deve partire senza intoppi; e il turismo.
Le opere pubbliche per la riqualificazione urbana della parte più prestigiosa di
Trieste, iniziate da Illy e proseguite da Dipiazza, in fondo servono a rendere
più gradevole e appetibile questo territorio per chi viene da fuori.
Il rilancio passa per una rinnovata capacità di attirare investimenti esterni.
Esatto. Nei Balcani e nell’Europa centro-orientale Trieste è sentita vicina,
molto, ed è tenuta in grande considerazione dai potenziali investitori.
Porto Vecchio è la madre delle urgenze?
Sì. La strada mi sembra tracciata, il bando dell’Autorità portuale sulle
manifestazioni d’interesse per le future concessioni scade il 30 maggio. Mi
auguro solo che non sopravvengano altre fasi di stallo e che in autunno possa
essere fatta, davvero, la Conferenza dei servizi decisiva.
Un’ulteriore priorità da lei già evidenziata riguarda il rigassificatore. È
d’accordo col sottosegretario Roberto Menia nel sostegno all’impianto a terra di
Zaule?
Certo. A parità d’investimenti la gestione della catena del freddo è più
razionale e i margini di redditività superiori. Con un approvvigionamento di gas
più a buon mercato vedo vantaggi per l’intero sistema Friuli Venezia Giulia. E
spero che in quest’iniziativa sia coinvolta AcegasAps, azienda di servizi capace
di soddisfare esigenze locali e non solo. L’ascesa del costo dei prodotti
energetici è oggi inesorabile. Si tratta di un’occasione da non perdere. Se non
si prendono decisioni rapide potrebbe capitare che vengano privilegiate altre
zone. E ci dovremmo tenere le criticità economiche e pure quelle ambientali.
Parla delle bonifiche propedeutiche alla costruzione del rigassificatore?
Certo, così la copertura dei costi ci sarebbe.
Il sindaco ha prospettato che col rigassificatore AcegasAps diventerebbe la
multiutility capofila del Nord Italia. Ci crede?
Sì. AcegasAps ha tutti i numeri per diventare organismo di coagulo per un’area
vasta. E ha dimostrato che non esistono problemi di dualismo politico
Trieste-Padova. La società è nata quando le due amministrazioni si riferivano a
uno stesso orientamento politico, oggi non è più così: ma il dialogo e la
gestione di AcegasAps, rispondendo solo a ragioni di concretezza, continuano in
modo ottimale.
Però è sembrato esserci un velo d’imbarazzo in piazza Unità sulla riduzione del
capitale sociale della holding di dieci milioni, richiesta di Padova che ha il
bilancio in sofferenza. L’operazione conviene anche a Trieste?
Qui parlo da addetto alla finanza. Primo: quando una società è in mano a due
partner è bene che il livello di reciproca comprensione sia elevato, perché oggi
serve a uno ma domani potrebbe essere il contrario. Secondo: questa operazione
può essere interpretata come sorta di anticipazione dei futuri utili ed è
confortata dal fatto che la società ha un’assoluta capacità di generare reddito.
Euroregione. L’era Illy pare tramontata: ha ancora un senso?
Personalmente il concetto mi piace. Ma bisogna creare un valore reale al
contenitore, altrimenti non si capisce cosa sia. Anzitutto andrebbero uniformate
alcune normative per agevolare l’operatività dei soggetti tra i diversi
territori, fino a propiziare un eventuale volano economico proprio con le
multiutilities.
Che pensa della Ferriera?
Ritengo non possa più essere considerata strategica nemmeno dalla proprietà. Il
nodo è capire chi pagherebbe i costi di bonifica dopo la chiusura.
E il Parco del mare?
È stato presentato finora un piano finanziario per linee molto ampie. Quando si
fanno dei piani bisogna contemplarli fino alle previsioni più pessimistiche.
Credo comunque che, a certe condizioni, con una ponderazione tra investimenti
pubblici e benefici per privati, possa rendere. A Trieste poi un forte motivo
d’attrazione turistica, oltre a Miramare e San Giusto, ci vuole.
PIERO RAUBER
Dopo le proposte di Ettore Rosato - Paoletti: un tavolo per la città -
Menia: vanno sciolti i nodi che bloccano la crescita
Ettore Rosato dice che servono progetti condivisi per il rilancio di Trieste,
adottando strategie di ampio respiro, che puntino a uno sviluppo globale delle
città? «Ha ragione. Pur non entrando nel merito politico delle sue
dichiarazioni, ne condivido il contenuto. È ora di finirla con i provincialismi.
Bisogna investire su progetti forti, come il Parco del mare, e sfruttare tutti i
cervelli politici, economici, culturali e scientifici che Trieste ha a
disposizione, magari creando un tavolo permanente di confronto». Il presidente
della Camera di Commercio Antonio Paoletti commenta così l’intervista,
pubblicata ieri su Il Piccolo, all’ex sottosegretario Rosato, deputato del Pd.
Rosato, esaminando l’operato del sindaco Dipiazza e della sua maggioranza di
centrodestra, pur non bocciandoli su tutta la linea, aveva evidenziato la
«mancanza di una strategia generale», che faccia fruttare i cavalli vincenti
della città: porto, ricerca e turismo. «A Trieste serve il Parco del mare, il
rigassificatore, il rilancio di Porto Vecchio - aveva detto -. Noi con Illy
qualcosa abbiamo fatto, cambiando il volto della città».
Anche per Paoletti gli assi dello sviluppo triestino sono porto, turismo e
ricerca applicata. «Oramai non c’è più tempo - afferma -, la Slovenia corre e
Venezia pure. Propongo un nuovo tavolo di confronto ”apolitico”, cui far
partecipare gli enti locali e tutti i soggetti che possono contribuire allo
sviluppo della città».
«Anche secondo me la visione di Rosato può essere condivisibile. Concordo con
lui su alcuni punti, ma il suo giudizio sull’operato del centrodestra in Comune
mi sembra ingeneroso - commenta il sottosegretario di An Roberto Menia -. Si
pensi a Illy, che dopo quindici anni in cui ha anche mancato di visioni
strategiche, come nel caso del porto e della Ferriera, è stato mandato a casa
dagli elettori. È comunque arrivato il momento che l’attuale classe dirigente,
di cui faccio parte, si prenda la responsabilità di sciogliere i nodi che ancora
bloccano la crescita piena di Trieste».
Simile il commento del consigliere regionale forzista Bruno Marini: «Escludendo
i rigassificatori, i concetti espressi da Rosato sono condivisibili, ma mi
sembrano le solite favole senza ricette concrete che il centrosinistra ci
scarica addosso a elezioni perse. Se Illy avesse avuto strategie di lungo
periodo, forse sarebbe stato rieletto. Porto e ricerca sono le chiavi del nostro
sviluppo: puntiamo su questo. La Ferriera? In questo caso Illy ci ha fatto solo
perdere tempo».
(e.c.)
In trecento a «Bicincittà» - Record mancato per il maltempo ma tanto
entusiasmo
La giornata uggiosa non ha impedito agli appassionati di bici di partecipare
ieri a «Bimbimbici e Bicincittà», manifestazione che quest’anno ha visto le
sezioni di Trieste dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp) e della
Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab-Ulisse) unire le forze per
l’organizzazione in comune dell’evento. L’assenza di sole ha impedito che si
raggiungesse il record di più di mezzo migliaio di partecipanti, stabilito nel
2007, ma ugualmente il numero di presenti ha superato le 300 unità, un risultato
considerato di rilievo, viste le condizioni atmosferiche.
Scopo di «Bimbimbici e Bicincittà» era quello di dare più voce e visibilità a
chi tutti i giorni sceglie di usare la bici per muoversi in città «e a chi lo
farebbe volentieri – hanno spiegato gli organizzatori - se si sentisse più
protetto e rispettato». In programma c’erano percorsi di diversa difficoltà,
ciclo giochi e, come sempre, la pedalata in tandem per i non vedenti, allestita
in collaborazione con l'Univoc.
I due percorsi scelti hanno toccano alcuni punti nevralgici del centro
cittadino, vie di cui si discute l’ipotesi di pedonalizzazione, il marciapiede
ciclo pedonale lungo le Rive e l’inesistente collegamento con quella che è
ritenuta una delle ciclabili più belle d'Italia e che oggi permette di
sconfinare in Slovenia. «Pedalare in tanti lungo le strade della nostra città –
hanno aggiunto gli organizzatori dell’Uisp e della Fiab-Ulisse - è un modo per
segnalare cosa si può e si deve fare per la mobilità ciclabile a Trieste». Alla
fine della pedalata non competitiva si è proceduto alla premiazione dei gruppi
più numerosi: quello della Fiab-Ulisse ha presentato 53 appassionati, seguito
dall’istituto comprensivo «Tiziana Weiss» con 49, mentre terzi sono stati i non
vedenti dell’Unione italiana ciechi, con un trentina di partecipanti.
(u.s.)
«Corridoio 5, pericolo per il Carso» - IL NODO DELLA TAV RONCHI
SUD-TRIESTE - Razzini a Menia: un nuovo tracciato che punti su Gorizia
TRIESTE Il tracciato del Corridoio 5 bypassi il Carso e Trieste, e punti
direttamente verso Gorizia. Lo chiede al neosottosegretario all’Ambiente Roberto
Menia, il consigliere regionale della Lega Nord Federico Razzini. «L'ambiente -
si legge in una nota - è un patrimonio essenziale per il sistema Italia, occorre
proteggerlo e al contempo valorizzarlo in chiave turistica con decisione e
concretezza operativa».
«Mi preme intanto esprimere da subito - prosegue Razzini - un auspicio in
materia ambientale che riguarda proprio la nostra regione e in particolare le
province di Gorizia e Trieste. Un punto che è contenuto espressamente nel
programma con il quale noi della Lega Nord abbiamo sostenuto il Presidente
Tondo: siamo certi che l'on. Menia non asseconderà il piano di quanti come Illy
e l'ex assessore regionale Sonego hanno previsto e vorrebbero che il tratto
dell'alta capacità ferroviaria del cosiddetto Corridoio 5 arrivi fin dentro il
capoluogo, traforando con un lungo tunnel devastante per l'ambiente, il nostro
Carso, da Ronchi dei Legionari a Trieste, appunto».
«Un'ipotesi devastante - conclude Razzini - per un patrimonio ambientale unico
come il Carso, e oltretutto più lunga e tortuosa come tragitto (rispetto
all'ipotesi di passare in linea retta per Gorizia fino a Aidussina) oltre che
decisamente più costosa».
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 maggio 2008
Discariche e interramenti
la costa è inquinata da Barcola fino a Muggia - Ci vorranno almeno sei
mesi prima di poter cominciare la pulizia dell’area
I tecnici di Arpa e Provincia hanno iniziato i controlli nell’area dello
Scalo Legnami
La conta dei danni ambientali provocati dalla maxi discarica abusiva
nell’area dello Scalo legnami, è ufficialmente iniziata. Su disposizione della
Procura i tecnici dell’Arpa e della Provincia hanno eseguito i primi prelievi
nella parte a terra e nello specchio di mare antistante il deposito.
Parallelamente hanno preso il via gli accertamenti per fare chiarezza sulla
normativa e definire con precisione le responsabilità a carico dei titolari
della ditta «Isp».
Qualche indicazione potrebbe arrivare già la settimana prossima nel corso
dell’incontro operativo convocato dalla magistratura. Ma per assistere
all’inizio dell’intervento di bonifica vero e proprio dei 20 mila metri quadrati
messi sotto sequestro, bisognerà attendere molto più a lungo. «Ci vorranno
almeno sei mesi - prevede Ondina Barduzzi, assessore dell’amministrazione di
palazzo Galatti che ha competenze in materia ambientale -. Prima di dare il via
ai lavori, infatti, si dovrà aspettare la conclusione delle indagini della
Procura. Poi sarà necessario stabilire che fine far fare ai materiali accumulati
nella discarica. Si potrebbe anche pensare di rimuoverli da lì con le chiatte, e
trasferirli poi in uno dei siti di stoccaggio per rifiuti speciali in Veneto o
in Germania. Ma bisognerà capire chi dovrà farlo e, soprattutto, quali saranno i
costi. Superata la fase dell’emergenza inoltre - conclude Barduzzi - sarebbe
necessario rimetter mano al Piano regionale dei rifiuti, elaborato 15 anni fa e
quindi ormai superato. Rivedere quello strumento consentirebbe di pianificare
una strategia complessiva per lo smaltimento dei rifiuti, individuando anche un
certo numero di siti da adibire a discariche di materiali speciali».
Di discariche simili, effettivamente, il territorio di Trieste avrebbe un gran
bisogno vista l’altissima concentrazione di aree a rischio ambientale. Le
criticità maggiori si annidano soprattutto nella parte a mare: almeno i due
terzi della linea di costa, infatti, sono classificati come aree potenzialmente
inquinate.
Il primo bollino rosso si incontra al terrapieno di Barcola dove, nel tempo,
sono state accumulate le ceneri provenienti dal vecchio inceneritore di Monte
San Pantaleone. La seconda tranche di analisi eseguite lì dall’Arpa per conto
dell’Autorità portuale ha evidenziato la presenza di di metalli pesanti come
rame e piombo nella fascia costiera del terrapieno, e concentrazioni superiori
alla norma di idrocarburi e diossina nel sottosuolo. ad una profondità di 7-8
metri. Sacche di idrocarburi, inoltre, sono state rilevate nella zona adiacente
al molo Zero. Cosa ci sia in quell’area, dunque, è ormai chiaro. L’incognita
riguarda invece il soggetto che si sobbarcherà l’onere della bonifica.
Proseguendo lungo la linea di costa si incontrano poi le banchine del porto, che
racchiude anche lo Scalo legnami, e il comprensorio della Ferriera, inserito nel
Sito inquinato di interesse nazionale come la maggior parte dei terreni e delle
aree di competenza Ezit. E i problemi ambientali proseguono nel Comune di Muggia
al punto che, denuncia il sindaco Nerio Nesladek, «non abbiamo più neanche un
centimetro di costa dove poter far andare al mare la nostra gente».
Qui il caso di inquinamento più noto riguarda l’interramento di «Acquario»,
l’area tra Punta Olmi e Punta sottile nella quale sono finiti 120mila mq di
materiali contenenti anche concentrazioni elevate di piombo, mercurio e
idrocarburi. Nella zona, dissequestrata nel 2007 dopo anni di stand-by,
partiranno a giugno, grazie ad un’intesa siglata tra Comune e Cigra e al
finanziamento di 500mila euro arrivato dalla regione, gli interventi di messa in
sicurezza e definitiva caratterizzazione, «Un risultato importante che però non
esaurisce i problemi del nostro territorio - conclude Nesladek -. Dobbiamo fare
i conti anche con il tratto di spiaggia tra Porto San Rocco e l’Acquario che,
improvvidamente, è stato inserito nella parte a mare del Sin, e con la zona
d’entrata a Muggia, dopo il Rio Ospo e in corrispondenza del Molo Balota, dove a
causa dell’inquinamento è bloccato il progetto di realizzazione di un parco».
MADDALENA REBECCA
L’inchiesta: accertati oltre 500 carichi - I REGISTRI DEI TRASPORTI VENIVANO
TRUCCATI
Due sigle «Cer 17 09 04» e «Cer 17 05 04». Bastava cambiare la prima con la
seconda nei registri di carico per truccare e rendere non pericolosi rifiuti che
in realtà lo erano. Il trucco è stato scoperto dagli investigatori della Guardia
di finanza: un 5 al posto di un 9 e il gioco era fatto. Per mesi ogni giorno
dalle Rive partivano carichi di scarti di asfalto e alla discarica - dopo meno
di tre chilometri di viaggio - quasi per magia arrivavano rifiuti innocui. Ne
hanno contato più di 500 carichi: l’asfalto contenente miscele bituminose e
pericolose per la salute che era stato grattato dalle strade di Trieste si
trasformava - dal punto di vista documentale - in un semplice materiale inerte.
Il maquillage delle bolle di accompagnamento e dei registri della discarica è
emerso dall’esame tuttora in corso di ultimazione della documentazione
sequestrata dalla Guardia di finanza.
E di questo sistema semplice ma altrettanto ingegnoso scrive il gip Massimo
Tomassini nelle motivazioni al provvedimento di sequestro indicandolo a esempio
determinante «di quale fosse l’atteggiamento psicologico dei principali
indagati». E cioè di Diego Romanese e Cataldo Marinaro, titolari della Isp
Riciclati di Monfalcone. Ma anche dei proprietari e degli utilizzatori dei
camion che trasportavano il materiale pericoloso: il costruttore Antonio
Raffaele Bruno e poi Mario Leone, Damiano Purger, Paolo Rosso, Dario Voinovich,
Alfredo Cok, Paolo Marinig, Enrico Tiberio e Sebastiano Pulafito. E dagli atti
emerge l’ipotesi di un accordo esplicito tra chi gestiva la discarica e chi
trasportava i rifiuti pericolsi. I tanti rifiuti trovati, si parla di quantità
spaventose dimostrano, che l’intesa funzionava a pieno ritmo. Prova indiretta è
che - osserva il giudice facendo proprio il contenuto di un’annotazione della
Guardia di finanza - è stata accertatata «l’esistenza anche di un’altra
discarica, situata nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in
cui confluiva materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella
disponibilità di Marinaro e Romanese». «Nell’ambito di questa informativa -
osserva il giudice - veniva chiarito come sul sito fossero stati depositati
grandi quantitativi di rifiuti di vario genere e come gli stessi fossero in
parte addirittura finiti in mare, così in sostanza aumentando la superficie di
terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera di raccolta e riciclo.
Praticamente è stato occupato tutto lo spazio disponibile, circa 10mila metri
quadri».
CORRADO BARBACINI
Azzarita: costretti a portare in Friuli i rifiuti industriali - IL NODO DA
RISOLVERE - Sasco: «Serve un deposito, creiamo un nuovo terrapieno tra Barcola e
Miramare»
Fa discutere ancora il sequestro da parte della Guardia di Finanza della
discarica abusiva nello Scalo Legnami del Porto di Trieste. Le proposte si
aggirano quasi sempre attorno alla necessità di aprire una discarica in città.
«Creare un nuovo terrapieno nella zona tra Barcola e il bivio di Miramare». È la
soluzione ipotizzata dal presidente della commissione Urbanistica, Roberto Sasco,
in risposta alle associazioni dei costruttori, che lamentano l’assenza di una
discarica in città dove conferire inerti e materiali di scavo. Discarica che,
secondo Sasco, potrebbe appunto esser ricavata «sottraendo spazio al mare». «In
questo modo a trarre vantaggi sarebbero sia i costruttori sia la collettività -
spiega l’esponente dell’Udc -. I primi potrebbero finalmente avere a
disposizione un deposito comodo e controllato per i rifiuti non inquinanti
derivanti dalla loro attività. La cittadinanza, invece, grazie al progressivo
rimodellamento della costa, si troverebbe ad avere a disposizione un’area da
dedicare all’attività balneare di livello. Un’area che potrebbe anche ospitare
strutture per il tempo libero e il divertimento, penso per esempio ad un parco
acquatico, in grado di attrarre anche visitatori da fuori Trieste che
porterebbero quindi soldi nelle casse della citta».
«Senza una discarica a Trieste avremo periodicamente incidenti di percorso come
quelli registrati purtroppo l'altro giorno», afferma in seguito Mauro Azzarita,
presidente Ezit. «È chiaro – aggiunge - che vi sia un pò di preoccupazione
perché Trieste ha sempre avuto questo problema e le prime penalizzate sono
sempre state le aziende che operano nel settore dell'edilizia». Secondo Azzarita,
«il problema è che molte aziende sono costrette ad usare le discariche friulane,
il che comporta costi notevoli». «La soluzione quindi per evitare che situazioni
simili si ripetano - aggiunge - sarebbe semplicemente quella di aprire una
discarica anche a Trieste». Il tutto tenendo conto dei vari problemi che si
devono affrontare nella realizzazione di una discarica, quali le condizioni di
stabilità e di assestamento del corpo dei rifiuti, i problemi di stabilità del
terreno d’appoggio, delle scarpate e delle strutture di contenimento (argini) o
le attività di sistemazione finale e recupero dell’area occupata dalla
discarica.
«Le nostre imprese usano le discariche friulane, avvalendosi prima ovviamente
dei centri di raccolta cittadini» nota anche Dario Bruni, presidente
Confartigianato di Trieste. «Nel futuro - aggiunge - bisognerebbe creare però
almeno una discarica solo per il nostro territorio». Secondo Bruni, il
Confartigianato ha già sollecitato all'amministrazione provinciale che il
progetto della discarica venga portato a termine. «Nel frattempo - spiega Bruni
- bisognerebbe puntare ovviamente su controlli più severi ma, attenzione, mi
auguro che prevalga l'atteggiamento collaborativo e non repressivo».
«Insomma – nota il presidente Confartigianato– dobbiamo rimanere con i piedi per
terra e indirizzare forse i controlli anche su quelle aziende che inquinano da
tempo sotto gli occhi di tutti. È strano – commenta Bruni - a volte alcune
piccole realtà vengono punite per un cacciavite fuori posto, mentre altre che
fanno danni ambientali da tempo non hanno problemi e vanno avanti come niente
fosse solo perché dalle carte risulta a posto almeno in teoria».
(m.r., g. pr.)
SE IL MARE DIVENTA DISCARICA
Ma in che città viviamo? Cosa entra nel nostro mare, che succede a centinaia di
metri dal passeggio su cui prendiamo il sole, teniamo per mano la fidanzata,
ascoltiamo lo sciabordìo del mare? È spontaneo chiederselo, dopo la scoperta in
successione di due enormi discariche abusive adiacenti tra lo scalo legnami e la
Ferriera. Ad accertare responsabilità e dimensioni del fatto provvederà la
magistratura, e non ci stupiremmo che a breve affiorino altri immondezzai.
Immondezzai di bitume a puntellare la costa. Ma a interrogarsi sul reale
rapporto fra Trieste e il mare, e su quel che ogni giorno può succedere dietro
l’angolo, dev’essere l’intera città.
Non è la prima né l’ultima delle nostre contraddizioni, ma il suo carico
simbolico è come un pugno nello stomaco. Plasticamente modellata sulla linea di
costa e come distesa in contemplazione davanti al mare, Trieste esprime quanto
poche altre città un rapporto di simbiosi e rispetto quasi sacrale per il golfo.
E mentre ammiriamo compiaciuti la nostra stessa bellezza, depositiamo le
bottiglie vuote nel cassonetto appropriato e scuotiamo la testa davanti al
sacchetto di plastica alla deriva sullo specchio acqueo, conviviamo da
un’eternità con un’ampia porzione di affaccio a mare – il porto vecchio –
abbandonata al degrado e alle pantegane e al ricordo dell’Austria, con uno
stabilimento siderurgico addossato a decine di migliaia di abitanti, con una
zona industriale quasi interamente da bonificare e ora – apprendiamo – con due
delle più vaste discariche abusive scoperte in Italia negli ultimi anni. Epperò
ci preoccupiamo del rischio ambientale – statisticamente inesistente – che un
impianto di rigassificazione a terra, su un’area abbandonata e altrettanto
degradata, potrebbe comportare. Difficile capirci, per chi ci guardi da lontano.
Limitiamoci a tre considerazioni, sperando che la città rifletta su quanto
accade. La prima è che tutto ciò dimostra una volta di più che una porzione
troppo grande della linea di costa è sottratta all’accesso del cittadino: cose
del genere accadono solo dove non si può entrare. Chi mai scaricherebbe i
detriti davanti a Piazza Unità? Dal terrapieno di Barcola fino a Muggia, il mare
è liberamente fruibile per brevissimi tratti, anche dove non esiste ombra di
attività economica a giustificarlo. Che mai rapporto con il mare è, se il mare è
irraggiungibile ma più di qualche malfattore può scaricarvi di tutto?
La seconda è che il groviglio di norme ambientali peggiora, anziché reprimere,
l’illegalità. Chiunque mastichi il diritto sa che non esiste in Italia materia
più intricata e ambigua, con un coacervo di regole di dettaglio oscure e
cervellotiche quando non grottesche, che puniscono il tapino che brucia una
vecchia porta di legno nel caminetto (anziché «smaltirla») ma, grazie alla loro
stessa inapplicabilità, favoriscono le scorrerie di autentici delinquenti
ambientali.
La terza è che, in un frangente del genere e davanti alle scelte che la città è
chiamata a fare, non poteva esserci tema più cruciale dell’ambiente per le
competenze attribuite a un sottosegretario triestino. Roberto Menia ha la gatta
da pelare, ma anche l’opportunità di prendere il toro per le corna e, in quanto
rappresentante del governo, favorire una concertazione tra le istituzioni locali
di ogni colore (fanno capo alla Provincia le più importanti competenze
ambientali) che porti le grane descritte a soluzione, e le scelte ancora
giacenti a compimento.
Sarebbe per lui un definitivo salto di autorevolezza politica, e per la città un
passo a colmare il divario tra sogni e realtà.
Roberto Morelli
Uil: vantaggi dal rigassificatore - «Bene il sì di Roma e Regione».
Contrario il Comitato per il golfo
La Uil esprime «grande soddisfazione per il sostegno del nuovo governo e della
nuova giunta regionale alla realizzazione di un rigassificatore a terra nella
zona industriale di Trieste»: un sostegno che «fa seguito alla notizia,
altrettanto positiva, sul possibile collegamento tramite gasdotto del futuro
impianto al sistema di distribuzione nazionale».
Lo scrive un una nota il segretario Uil per il Friuli Venezia Giulia Luca
Visentini, annotando come l’impianto «potrebbe contribuire significativamente al
rifornimento energetico del sistema economico e delle famiglie della regione e
del Paese» con una fonte energatica peraltro «molto più pulita dei derivati del
petrolio». L’impatto dell’impianto «sull’ambiente, sul traffico portuale e sulla
crescita turistica del territorio risulta a nostro avviso realisticamente
compatibile. A fronte di ciò il rigassificatore può garantire numerosi vantaggi
competitivi per il territorio: la bonifica con fondi privati dell’area inquinata
su cui verrà realizzato, la potenziale realizzazione di un significativo indotto
industriale legato all’economia del freddo, il possibile abbattimento delle
tariffe a carico della cittadinanza. Siamo inoltre felici di apprendere che
anche il sindaco Dipiazza finalmente condivide quello che la Uil sostiene da
sempre: il rigassificatore costituisce al momento l’unica iniziativa industriale
concreta per contribuire al riassorbimento degli organici della Ferriera, nel
caso di una sua chiusura».
Di parere opposto il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, che in
una nota stigmatizza il favore espresso dal sottosegretario all’Ambiente Roberto
Menia al rigassificatore: «Possiamo riconoscere ad An coerenza e sviscerato
amore per i rigassificatori, sentimenti di cui non è dato sapere né "la
scaturigine del peccato", né se essi trovino salde ragioni per esprimere
siffatta convinzione e razionale preparazione specifica per sostenerla». Secondo
il Comitato la posizione espressa di Menia e di An è «velleitaria e pericolosa».
Inoltre Menia - sostiene il Comitato - «abbandona giustamente la fandonia della
"necessità nazionale e di quella contestuale regionale" per ammettere, con
incauta coerenza, che i rigassificatori sono un "business", cioè affari».
DUINO AURISINA - Elettrodotti, chiesti a Ret interramenti per tratti
più estesi
C'è tempo, per i cittadini di Duino Aurisina, fino al 21 maggio per
visionare il progetto dell’azienda Terna di modifica del tracciato
dell'elettrodotto presente tra San Pelagio e Visogliano e c'è tempo fino al
giorno seguente per presentare eventuali osservazioni all’amministrazione
comunale. Il documento è disponibile al pubblico in municipio e può essere
analizzato da chiunque.
Anche il Consiglio comunale di Duino Aurisina, che si riunirà proprio il 21
maggio, voterà un documento, costruito sulla base delle richieste e segnalazioni
dei cittadini raccolte negli ultimi mesi, per presentare le proprie richieste
alla «Terna» e in particolare formalizzare i contenuti che il sindaco Giorgio
Ret dovrà portare all'attenzione alla Conferenza dei servizi, l'organo che verrà
convocato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per fare interloquire tutte le
amministrazioni e i produttori e distributori di servizi regionali coinvolti
nell'attuazione del progetto di spostamento degli elettrodotti. Per quanto
concerne Duino Aurisina, la Lista Ret ha fatto sapere in una nota che la
principale richiesta di modifica riguarderà l'interramento: sulla base delle
richieste dei cittadini, infatti, si chiederà alla ditta Terna d’iniziare
l'interramento all'altezza del traliccio 59 verso San Pelagio, mentre l'attuale
versione del progetto prevede di cominciare al pilastro 61. Resta ferma la
conclusione dell'interramento, prevista al pilastro 63. Questa la principale
modifica alle proposte della Terna, votata venerdì in commissione consiliare e
pronta ad approdare in Consiglio comunale.
«Questo - si legge nella nota diramata dalla Lista Ret - è quanto ci hanno
chiesto, ovvero quanto voluto dalla gente attraverso osservazioni e lettere
giunte al sindaco». Un ruolo determinante spetta agli agricoltori e ai
vitivinicoltori. «Sulle colline toscane non si vedono tralicci» hanno sostenuto,
chiedendo con forza all'amministrazione comunale di ribadire l'importanza
dell'interramento, oltre che la necessità di spostare gli altri tralicci.
Fin qui la volontà dell'amministrazione locale: dopo il voto del 21 in Consiglio
comunale e al momento della convocazione della Conferenza dei servizi, spetterà
alla società Terna rilanciare: l'interramento rappresenta infatti per l’azienda
del settore energetico un onere ben più elevato rispetto allo spostamento e
innalzamento delle attuali linee aeree per allontanarle dalle case dei residenti
locali.
Francesca Capodanno
A Trebiciano dolina inquinata - Oli bituminosi sul terreno, bidoni e
sacchi lasciati nel bosco
TREBICIANO Fusti pieni di residui oleosi e bituminosi, altri scarti inquinanti
avvolti in sacchi di plastica; infine sul fondo della vicina piccola dolina,
dove una volta il terreno impermeabile creava con le piogge una pozza usata dai
caprioli e abitata dai rospi, uno strato bituminoso. È la scena che si presenta
nel bosco che vicino Trebiciano circonda il sentiero che porta al villaggio
sloveno di Orlek, trasformato in una bella pista ciclabile asfaltata ma peraltro
usata abusivamente dai cacciatori con le loro auto.
«Il 24 aprile - è la circostanziata denuncia di Marco Mattagliano, giovane
residente locale - un’impresa aveva completato alcune piccole asfaltature nel
centro del paese e lungo la sua arteria principale. Strana coincidenza: un paio
di giorni dopo mentre passeggiavo con il mio cane ho scoperto la discarica
abusiva. Sono geometra e lavoro nel settore: sono senz’altro residui di lavori
stradali». Il sito inquinato si trova vicino all’Abisso di Trebiciano,
frequentato anche da scolaresche e solo il custode è autorizzato a usare la
ciclabile con il suo mezzo: si trova sulla sinistra dirigendosi verso il
territorio sloveno, all’altezza del «metro 500» e la zona erbosa che dalla pista
porta alla dolina presenta ancora oggi evidenti tracce di pneumatici.
«È una vergogna - commenta Virgilio Zecchini abitante del luogo -: qui anche i
ragazzini venivano a giocare e ad avvicinarsi alla natura».
I bidoni, recanti la dicitura «morchie oleose» e altre simili, come i sacchi e
il fondo della dolina, sono circondati da nastri biancorossi: un piccolo
«giallo». Non si sa, infatti, se sono stati posti per scrupolo, ai fini della
sicurezza, da chi ha abbandonato i residui inquinanti o se magari gli autori del
gesto illegale avevano intenzione di tornare a prelevare il materiale. In ogni
caso il fango oleoso che ha compromesso il fondo della dolina non depone a
favore di teoriche buone intenzioni. Mattagliano ha avvertito dell’episodio i
carabinieri della Compagnia di Aurisina: pochi giorni dopo, due militari hanno
effettuato insieme a lui un sopralluogo il 30 aprile ma finora nulla si è mosso
per bonificare il sito.
(p.p.g.)
«Bicincittà» e «Bimbimbici», migliaia sulle due ruote - PARTENZA DA VIALE
ROMOLO GESSI
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290)
almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
E’ la domenica di «Bimbimbici» e «Bicincittà», iniziative a carattere ecologico
che quest’anno, a Trieste, si tengono nella stessa giornata e con lo stesso
percorso. «Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab
(Cicloturisti Urbani).
Partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo
attorno alle 8.30. Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede il via alle
9.45, è aperto a tutti e indicato in particolare ai più piccoli, con transito
attraverso le vie del centro, da viale Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo,
Piazza delle Borsa, Piazza Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via
Carducci, Piazza Oberdan, Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella
dietro Corso Cavour e ritorno alla sede di partenza.
Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30 si riparte, questa volta con
un percorso più impegnativo che gli stessi organizzatori sconsigliano ai
ciclisti più giovani e che riguarda il transito da Largo Irneri verso l'area dei
lavori della ciclopista della Val Rosandra, attraversando via D'Alviano, via
Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via Orlandini, via Mansanta e quindi via
dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla base.
All’edizione 2008 di Bicincittà e Bimbimbici è abbinato inoltre: «In sella e
vai: racconta il bello e il brutto della tua città», concorso fotografico che
mette in palio, naturalmente, una bicicletta.
Discarica a Medolino: referendum in forse - Il comune di Pola: «Costa
100mila euro, troppo» - Il megacentro di raccolta dei rifiuti grande come 70
campi di calcio
POLA L’amministrazione municipale di Pola sta ammorbidendo le posizioni in
merito alla richiesta di referendum sul contestato progetto della discarica
regionale in localita' Castion vicino a Medolino.Una richiesta piu' volta
avanzata dall' opposizione politica che fa riferimento al Foro socialdemocratico
istriano dell' ex sindao Luciano Delbianco e dagli ambientalisti,pero' sempre
bocciata.L' ultimo deciso ''no'' e' arrivato l' altra sera in sede di consiglio
municipale da parte del suo presidente Denis Martincic.''Il referendum costa
troppo quasi 100.000 euro ''ha spiegato'', come le elezioni locali per cui non
lo faremo visto che il bilancio non contempla tale spesa''.E subito i
consiglieri all' opposizione si sono alzati abbandonando l' aula in segno di
protesta.Ieri mattina pero' sull' argomento ha diffuso un comunicato stampa il
sindaco Boris Miletic che si dice favorevole al referendum anche come prova
della trasparenza della sua amministrazione.''Sono del parere che su temi di
importanza generale i cittadini debbano dire la loro opinione tramite
consultazione referendaria ,come del resto previsto dalla costituzione '' dice
il sindaco'' a patto pero' che sia fatta in maniera seria e senza l' intrusione
della politica''. Lo scottante tema sara' incluso all' ordine del giorno della
prossima seduta del consiglio che si riunira' tra un mese.In pratica a decidere
sul ''si'' o ''no'' al referendum sara' la maggioranza consigliare formata da
Dieta democratica istriana, Partito socialdemocratico e Partito dei pensionati
che finora ha sempre appoggiato il progetto.Il progetto di Castion,che in
effetti prevede la ''promozione'' dell' attuale centro rifiuti cittadino a
discarica regionale sulla superficie equivalente a ben 70 campi di calcio ,viene
contestato principalmente per due motivi. Il primo riguarda l' impatto
ambientale giudicato devastante vista la vicinanza (meno di 2 km) degli impianti
turistici sul mare e delle prime abitazioni.Il secondo invece si riferisce alla
tecnologia che gli ambientalisti ritengono superata visto che solo il 12
percento delle immondizie verrebbe riciclato e il rimanente finirebbe nell'
inceneritore del Cementificio di Valmazzinghi vicino ad Albona.E c' e' anche un
terzo motivo dai contorni ancora non ben definiti:a Castion verrebbero
depositati anche i rifiuti tossici della Fabbrica di lana di roccia della
Rockwool a Sottopedena.Tale ipotesi viene avanzata dagli ecologisti ben
informati e non convincentemente respinta dagli addetti ai lavori.
p.r.
A Lussinpiccolo pescatori e delfini possono coesistere - LA RISERVA NON SI
TOCCA
LUSSINPICCOLO La riserva dei delfini, istituita nel 2006 nelle acque
prospicienti le coste orientali dell’ arcipelago di Cherso e Lussino, non
intaccherà in alcun modo le attività economiche della popolazione isolana. E’
quanto dichiarato a Lussinpiccolo da Zoran Sikic, sottosegretario al ministero
della Cultura, che ha voluto così mettere a tacere le proteste e le polemiche
all’indirizzo di un delfinario che – nato due anni fa su delibera del citato
dicastero – ha creato finora soprattutto malumori e confusione. Sorta grazie
all’iniziativa degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi svijet), la
riserva è stata subito avversata da pescatori, operatori turistici, ristoratori
e altre categorie, in quanto si riteneva che avrebbe potuto limitare non solo la
navigazione ai diportisti, ma anche impedire l’ esercizio della pesca e altre
attività.
Il tutto in un arcipelago votato al turismo e dove anche il settore pesca ha un’
importanza più che notevole. Sikic ha partecipato a Lussinpiccolo alla riunione
che ha visto presenti ecologisti, esponenti della Sezione regionale Pesca, i
piccoli armatori nordadriatici, il sindaco Gari Cappelli, nonché esponenti dell’
Istituto nazionale per la Salvaguardia dell’ Ambiente.
E’ stata una seduta a porte chiuse, dopo di che si è tenuta l’ annunciata
conferenza stampa. Ai giornalisti è stato precisato che fra un mese si terrà un
nuovo incontro che servirà a fissare le regole comportamentali nella zona in
regime di tutela. Nelle acque cherso – lussignane vive infatti una colonia di
delfini comuni, circa 150 esemplari, che costituisce un’ autentica attrazione.
“In nessun caso vareremo un documento che possa danneggiare gli interessi
economici di chersini e lussignani – ha aggiunto l’ esponente governativo –
crediamo che in questo braccio di mare sussistano i presupposti per tutelare al
meglio i delfini, senza che ciò sia a scapito di qualcuno. La convivenza è
possibile. Da parte nostra vogliamo che la colonia continui a svilupparsi in
maniera ottimale, la qual cosa è pure contemplata dalle convenzioni
internazionali di cui la Croazia è uno dei Paesi firmatari”. Il sindaco di
Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha dichiarato che la sua amministrazione è pronta
a istituire un ente con il compito di gestire l’ area protetta, a patto che
tutte le parti interessate riescano a trovare un linguaggio comune, senza più
tensioni e liti. Uno dei dirigenti di Mondo blu, Jelena Jovanovic, ha parlato di
incontro positivo, di primi passi concreti dopo che nel luglio 2006 il ministro
della Cultura croato, Bozo Biskupic, aveva istituito ufficialmente il
delfinario.
A. M.
IL PICCOLO - SABATO, 17 maggio 2008
La Provincia denunciò la discarica alla Procura -
L’AREA DELLO SCALO LEGNAMI SOTTO SEQUESTRO
Tre mesi fa la diffida ai titolari dell’area. L’ordinanza del Gip: «I rifiuti
sono finiti in acqua»
La Provincia già tre mesi fa aveva diffidato i titolari della discarica abusiva
nell’area dello Scalo legnami. Aveva informato la Procura che si stavano
scaricando rifiuti pericolosi come gli scarti dell’asfalto di strade di Trieste
i cui lavori erano stati appaltati da Comune alla Bruno Costruzioni.
La raccomandata dell’assessorato all’ambiente di palazzo Galatti era stata
spedita il 4 febbraio scorso ed era giunta nella sede legale della società a
Monfalcone in via Timavo il giorno successivo.
Lo rileva il Gip Massimo Tomassini nelle motivazioni a corredo del decreto di
sequestro dell’area costiera, della Isp Riciclati e di una dozzina tra camion e
macchine operatrici di proprietà degli indagati.
Chi ha inquinato non poteva non capire lo scempio ambientale che veniva
commesso. Osserva infatti il giudice: «Nessun dubbio potevano nutrire Diego
Romanese e Cataldo Marinaro (ndr, i titolari della Isp, indagati insieme alle 10
persone, costruttori e imprenditori, che si sarebbero serviti della discarica)
sulla illegalità della loro condotta». Insomma erano stati anche avvisati che
l’utilizzo di quell’area per scaricare prodotti nocivi era assolutamente
vietato. Non avevano alcuna autorizzazione. Scaricavano gli scarti dell’asfalto
e non si ponevano problemi. E hanno continuato a farlo fino a pochi giorni fa.
La conferma che sia partita dalla Provincia la segnalazione arriva
dall’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi: «La richiesta che era stata
presentata alla nostra amministrazione per l’uso dell’area dello Scalo legnami
era stata di tipo semplificato, in pratica con una semplice presa d’atto. La
ditta Isp aveva ottenuto il permesso di utilizzare l’area solamente per produrre
una particolare miscela dalla lavorazione delle pietre carsiche e dai residui
inerti, da utilizzare per prolungare la diga Rizzo e le strutture del Mose di
Venezia e non certo per fare una discarica di quelle proporzioni».
È stato infatti alla fine dello scorso febbraio, in seguito agli accertamenti
della Forestale, che dalla Provincia è partita la copia della diffida alla Isp
diretta alla Procura della Repubblica. Ed è stato a questo punto che sono
scattate le indagini da parte della Guardia di finanza coordinate e disposte dal
pm Maddalena Chergia, il magistrato che quattro giorni fa ha chiesto e ottenuto
il sequestro dell’area.
Delle indagini scrive estesamente nel provvedimento il Gip Massimo Tomassini. Il
magistrato, facendo riferimento alla deposizione di un testimone, ricorda che
sono stati eseguiti da parte dei finanzieri accertamenti approfonditi grazie
soprattutto a numerose fotografie e riprese video. Per mesi il continuo viavai
di camion è stato monitorato. Ogni automezzo è stato fotografato e sono state
segnate le ore e le date di trasporto.
Nelle sue motivazioni il giudice Tomassini in cui riporta il contenuto di
un’annotazione degli investigatori inviata il 5 marzo scorso. «È stato chiarito
- scrive il magistrato - come sul sito fossero stati depositati grandi
quantitativi di rifiuti di vario genere e natura, e come gli stessi, tracimati
dal suolo, fossero in parte addirittura finiti in mare, così in sostanza
estendendo la superficie di terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera
di raccolta e riciclo».
La battaglia ora si sposta in Tribunale e alcuni legali dei proprietari dei
mezzi bloccati dal decreto del Gip hanno chiesto il dissequestro che lunedì
verrà discusso dal Tribunale del riesame.
Intanto ieri il pm Federico Frezza, titolare dell’inchiesta sull’altro
sequestro, quello effettuato l’altra mattina dalla Capitaneria dell’area vicino
alla Ferriera ha convalidato il provvedimento. Era stato lo stesso pm a chiedere
la chiusura dell’area lo scorso 7 aprile.
CORRADO BARBACINI
Non esiste un deposito per gli scarti dei cantieri - I costruttori: «Ci
sono solo concessioni temporanee e così li portiamo in Friuli»
Trieste non ha discariche o centri di trattamento specializzati per materiali
bituminosi, gommosi o di plastica. Sono gli stessi esperti del settore a
sottolinearlo. Le ditte che si occupano di costruzioni devono affidarsi ad
aziende esterne, le quali dividono le tipologie di rifiuti e successivamente le
trasportano fuori città. Nella migliore delle ipotesi in Friuli, altrimenti in
altre zone d’Italia o addirittura all’estero. La maggior parte dei materiali
viene riciclata e rimessa a disposizione. Un processo che comporta dei costi
molto alti, certamente più importanti rispetto al solo acquisto di materie.
Basta pensare al fatto che «al metro cubo i prezzi per lo smaltimento vanno dai
30-40 euro per i materiali plastici meno elaborati fino a 300-400 euro per
quelli più complessi, come le piastre in quadrati prefabbricati di linoleum»,
spiega Stefano Zuban, il rappresentante degli edili per la Cna. Se poi, nel
corso di eventuali scavi, viene ritrovato ad esempio dell’amianto, a quel punto
è necessario contattare un’azienda altamente specializzata che lo intubi per
prelevarlo. Sulla questione discarica abusiva e sulle indagini che stanno
coinvolgendo la Bruno Costruzioni, Zuban osserva: «Spero che queste persone non
c’entrino. Altrimenti si tratterebbe di qualcosa di molto grave, anche perché
noi predichiamo da tempo il rispetto per i decreti relativi al conferimento dei
materiali. Inoltre, il fatto di fruire di una discarica abusiva renderebbe, in
modo irregolare, una ditta più concorrenziale rispetto alle altre di almeno il
30 per cento».
Il presidente triestino dell’Associazione costruttori edili, Alessandro Settimo,
ritorna sul problema che investe la provincia: «C’è un deficit di posti per lo
smaltimento. Esistono solamente dei casi di concessioni temporanee, per le quali
è previsto peraltro un iter burocratico molto complicato. Il comparto
costruzioni, a Trieste, ha bisogno di strutture ricettive». Quando una ditta
riceve l’incarico da un ente pubblico ha l’obbligo di occuparsi anche di
eliminare i rifiuti: «Nei contratti non viene esplicitato come, ma si affidano a
chi riceve l’appalto tutte le responsabilità legate al lavoro», conclude
Settimo.
Un altro costruttore molto noto in città, Donato Riccesi aggiunge: «Esistono
solamente delle discariche provvisorie, per esempio in zona Aurisina. Nella
maggior parte dei casi, tuttavia, bisogna rivolgersi fuori provincia a costi
piuttosto elevati. Potenzialmente qui ci sarebbe la cava Faccanoni che potrebbe
garantire una certa tranquillità in questo senso per i prossimi trent’anni. Non
si capisce perché non sia disponibile, pur essendo stata utilizzata per i
materiali arrivati dai cantieri della Grande viabilità triestina».
MATTEO UNTERWEGER
INQUINAMENTO - Pescatori e Autorità portuale: controlli in mare -
L’Arpa ha effettuato già campionamenti
Commissionato uno studio sui pesci del golfo. Test nell’area della
piattaforma logistica
Nessuno usa la parola allarme, perché in effetti non ci sono dati ufficiali che
lo attestino. Tuttavia il sequestro delle aree dove sono state trovate le
discariche abusive in zona Scalo legnami e Ferriera ha fatto partire subito una
serie di richieste di esami e analisi dello spicchio di mare a ridosso della
zona. Si vuole capire se ci possano essere contaminazioni di qualsiasi genere,
anche sul pesce che potrebbe poi diventare cibo sulle tavole dei triestini.
«Appena saputo della situazione, abbiamo predisposto immediatamente gli
accertamenti - spiega Guido Doz, presidente regionale dell’Agci pesca -,
incaricando la cooperativa Lisert di fare uno studio sui pesci». Doz spiega poi
di non avere alcun timore «visto che appena un anno fa avevamo commissionato
un’analisi sul vallone di Muggia, comprendente anche quell’area e gli esiti non
avevano messo in rilievo alcun eventuale problema di tipo sanitario, anche sulle
specie che si trovano alle maggiori profondità».
Nelle pescherie del centro, non si è verificata alcuna ripercussione negativa
sulle vendite. Dai consumatori nessun timore e neppure richieste di chiarimenti:
«Quella peraltro è una zona interdetta alla pesca - dice Livio Amato,
rappresentante dei titolari delle pescherie triestine in Confcommercio - e il 90
per cento dei nostri prodotti è pesce azzurro, che proviene dalle zone di
Barcola e Sistiana, quattro-cinque chilometri al largo. Gli affari in questi due
giorni hanno avuto un andamento regolare al 100 per cento».
Quanto all’Autorità portuale che gestisce le aree del Demanio marittimo in
questione, alcuni approfondimenti sono già stati fatti ed altri seguiranno a
breve. «L’area della Ferriera e quella dello Scalo legnami sottoposte a
sequestro fanno parte del progetto della piattaforma logistica - afferma Fabio
Rizzi, dirigente del servizio sicurezza e ambiente dell’Authority - e pertanto
su entrambe era stato previsto un piano di caratterizzazione. Le indagini a
terra erano già state svolte e quei risultati, che al momento non abbiamo in
mano, verranno illustrati prossimamente nell’apposita conferenza dei servizi».
Ma a ciò verranno abbinati altri dati: «Fra qualche tempo - aggiunge Rizzi - si
procederà pure con le analisi sulla zona di mare».
In questo quadro, si inseriscono inoltre i campionamenti già effettuati
dall’Arpa, dai quali si attendono gli esiti. Prove decisive per capire se
qualche materiale sia stato rilasciato nel terreno per poi disperdersi in mare
ed eventualmente entrare in circolazione in vegetali oppure animali, con il
pericolo di irrompere successivamente nella catena alimentare e diventare
rischioso per l’uomo.
(m.u.)
DISCARICA ABUSIVA NELLO SCALO LEGNAMI - «Camion della
Bruno, un flusso continuo»
I trasporti dai cantieri stradali e dalle aziende indagate alla discarica
abusiva nell’area dello Scalo legnami erano infatti frequentissimi. Centinaia di
viaggi con camion sia della ditta Bruno, ma anche di proprietà di «padroncini»
ingaggiati per l’occasione.
«L’attività - si legge nel rapporto della Guardia di Finanza inviato alla
procura - ha consentito di verificare un continuo flusso di automezzi
trasportare materiale proveniente da demolizioni e scavi come quelli
riconducibili alla Bruno Costruzioni, che lasciavano supporre il fatto che tale
impianto celasse una vera e propria discarica».
E poi, si legge ancora nella relazione delle Fiamme gialle che è parte
integrante delle motivazioni al sequestro disposto dal Gip Massimo Tomassini:
«Abbiamo accertato l’esistenza anche di un’altra discarica, sita
nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in cui confluiva
materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella disponibilità
di Diego Romanese e Cataldo Marinaro. In questa area – continua la nota
investigativa – è stata accertata la presenza di pezzi di asfalto stradale
mescolato ad altri rifiuti».
Il parco della Maddalena sacrificato all’avanzare della civiltà del cemento
L’abbattimento delle foreste primarie della fascia tropico-equatoriale pare
incrementarsi anziché arrestarsi di fronte al progressivo decadimento del
livello di respirabilità e salubrità dell’aria. I residui dei boschi planiziali
della Pianura padana sono ormai pezzi da museo. I campi coltivati destinati
all’agricoltura si riducono al ritmo di centinaia o forse migliaia di ettari al
giorno e le città sono assediate da capannoni industriali, autostrade, centri
commerciali e annessi megaparcheggi asfaltati, così da rendere il passaggio da
una città all’altra un tutt’uno senza soluzione di continuità. È sufficiente
fare un breve percorso da Capodistria a Tricesimo, via Gradisca-Udine, per avere
una campionatura dei danni fatti all’ambiente in questi ultimi 20 anni. A
Trieste sembra si stia seguendo la stessa filosofia. L’abbattimento di alberi a
volte secolari è ormai all’ordine del giorno. Fanno testo le stragi compiute a
Roiano, piazza V. Veneto e S. Giacomo, e la recente distruzione del parco della
Maddalena, una parte dell’efficientissimo sistema di polmoni verdi per
combattere l’inquinamento urbano senza alcuna spesa e rendere più vivibile la
città. Mentre la mano destra, dopo anni di abbandono, opera per recuperare e
conservare il complesso dell’Opp di S. Giovanni, la mano sinistra provvede a
cementificare con insolita rapidità ed efficienza il parco che dava respiro al
complesso della Maddalena. Un buon architetto urbanista, opportunamente
sensibilizzato, avrebbe dovuto valorizzare le future edificazioni approfittando
e rispettando gli elementi arborei presenti sul sito, come è già stato fatto in
innumerevoli parti del mondo. L’eventuale reimpianto di nuovi alberi potrà dare
gli stessi benefici fra 30 anni. Troppo tardi! A Grignano c’è un ristorante con
un albero nel mezzo della sala da pranzo. Si potrebbe tagliare per ricavare un
posto a sedere in più. A casa mia un condomino in assemblea ha chiesto che venga
tagliato un cedro deodara perché crescendo ormai gli toglie la vista mare. E
avanti così. Già che ci siamo, propongo di fare un bel «repulisti» del Giardino
pubblico e farne una spianata di cemento con sottostante parcheggio interrato da
2000 e più posti auto. La progettazione potrebbe essere affidata a Calatrava
che, grato per la generosa commessa, potrebbe offrirci come omaggio il progetto
per il nuovo ponte da costruirsi su Canale di Ponterosso. Allora, tutori del
verde pubblico (se ci sono), fatevi da parte e lasciamo avanzare la civiltà del
cemento e dell’asfalto, tanto poi quando la Terra sarà completamente
desertificata avremo i mezzi per trasferirci su Marte, pianeta notoriamente
ricco di lussureggiante vegetazione. Ma nel frattempo ci saremo abituati a
vivere in beauty farm sotterranee dove poter respirare buon ossigeno dalle
bombole.
Nico Zuffi
IL PICCOLO - VENERDI', 16 maggio 2008
Sequestrata discarica alla Ferriera - L’accusa:
abusiva. In un’area di 23mila metri quadri scarti di lavorazione e macchinari -
INDAGINI DELLA CAPITANERIA DI PORTO
È sotto sequestro da ieri mattina una vasta zona della Ferriera di Servola.
Secondo l’inchiesta che è stata avviata dalla Capitaneria di Porto, l’area che
appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica abusiva. Vi
sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion.
Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato,
motori ridotti in pezzi.
Tre enormi colline, alte più di 15 metri, nascondono al loro interno altri
rifiuti che il carbone, i minerali di ferro e altri materiali di probabile
scarto di fonderia, ricoprono completamente.
«Siamo marinai ma per capire cos’è nascosto all’interno di questi cumuli ci
siamo arrampicati sulla loro sommità come fossimo alpini» ha affermato uno dei
militari dalla «task force» che ieri da terra e dal mare sono entrati nello
stabilimento siderurgico.
L’area posta sotto sequestro ha una superficie di circa 23 mila metri quadrati:
150 per 150 metri di lato. Uno dei lati confina con la discarica dello Scalo
legnami sequestrata tre giorni fa dal pm Maddalena Chergia. Lo stesso magistrato
ieri ha «ratificato» quanto i militari della Capitaneria di Porto avevano fatto
di propria iniziativa.
«Dovremo vedere cosa nascondono quei cumuli di carbone e di minerali. Ma anche
scoprire cos’è finito in fondo al mare nella stessa zona. Arriveranno al più
presto i nostri subacquei da Ancona e inizieranno le immersioni e le ricerche.
L’area che ispezioneremo è posta tra la banchina della Ferriera e lo Scalo
legnami» spiegano gli ufficiali della Capitaneria che stanno gestendo questa
operazione, voluta dall’ammiraglio Domenico Passaro e dal capitano di vascello
Felice Tedone. I tempi dell’inchiesta, vista la complessità, non si
preannunciano brevi.
Va precisato che l’area sequestrata e subito transennata con paletti e fettuccia
biancorossa, non è direttamente coinvolta nell’attività industriale della
Ferriera. E la produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né
piccolo, così come gli sbarchi sulla banchina. A breve scadenza inizieranno
anche le analisi chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli
diventati col tempo delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto
antiche e di incerta datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno
intervenisse. Ora in molti si chiedono perché nessuna delle proprietà che si
sono avvicendate sul ponte di comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non ha mai
preso l’iniziativa per smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata
appartiene al Demanio marittimo. In sintesi allo Stato. La Ferriera l’ha in
affitto e paga un canone di concessione.
Ieri gli uomini della Capitaneria di Porto stavano ispezionando l’area poi
sequestrata per tutt’altri motivi. Verificavano per conto del pm Federico Frezza
la linea di costa e le variazioni intervenute a partire dagli Anni Settanta per
mano dell’uomo e delle sue attività industriali. Le Ferriera ha infatti «rubato»
al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a otto campi di
calcio. In alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri verso il
centro del Vallone di Muggia, in altri molto meno. Sono scomparsi del tutto o
sono stati ridotti ai minimi termini, una piccola baia e un promontorio. Ma al
fenomeno di «crescita», peraltro mai segnalato alle autorità, è interessato
tutto il lato a mare dello stabilimento, tranne la banchina dove attraccano le
navi per scaricare carbone e minerali.
Per capire cos’è effettivamente accaduto e soprattutto quando la linea di costa
ha iniziato a cambiare significativamente il suo profilo, il pm Frezza ha fatto
effettuare da tremila metri di quota una serie completa di foto aeree al geologo
Franco Coren. Queste foto sono state messe a confronto con altre immagini
scattate più di 15 anni fa su iniziativa della Regione Friuli Venezia Giulia. Il
confronto ha mostrato le differenze intervenute negli anni ma ora consentiranno
una precisa ricostruzione di ciò che è accaduto nell’area sequestrata ieri.
Le immagini sono state infatti scattate ad altissima risoluzione e rivelano una
quantità incredibile di dettagli presenti sul terreno. I relitti dei camion, la
presenza massiccia delle attrezzature industriali, i bidoni di vernice
seminterrati, dovrebbero essere identificabili con una certa facilità. Anche il
profilo delle colline così come appare nelle foto antiche e in quelle moderne
dovrebbe fornire agli inquirenti indicazioni preziose sui tempi in cui i rifiuti
di maggiori dimensioni sono finite in quella discarica a cielo aperto.
DISCARICA IN FERRIERA - LA LUCCHINI-SEVERSTAL «Il terreno è demaniale.
In passato vennero depositati materiali di scarto dell’acciaieria che è stata
poi dismessa»
L’azienda: zona inutilizzata la bonifica era già prevista
«Stoccaggio abusivo di rifiuti». È questa l’ipotesi di reato che il pm
Maddalena Chergia contesta da ieri alla società proprietaria della Ferriera di
Servola. Ma il gruppo «Lucchini-Severstal» ribatte che quei vecchi camion fuori
uso, quelle attrezzature industriali dismesse, quelle colline di minerali di
ferro e carbone, erano state abbandonate in quell’area ben prima dell’arrivo a
Trieste del gruppo industriale bresciano. In sintesi: «Noi non abbiamo nulla a
che vedere con questo uso improprio e potenzialmente doloso del terreno
demaniale. La ricerca va spostata all’indietro nel tempo, in direzione dei
nostri predecessori».
Il gruppo «Lucchini-Severstal», ieri in serata ha diffuso un dettagliato
comunicato stampa in cui questi concetti vengono ribaditi e messi a fuoco con
grande precisione.
«Nell’area sequestrata ieri, in passato vennero depositati materiali di scarto
dell’acciaieria poi dismessa. Su questa stessa area l’attuale proprietà aveva
già avviato un piano triennale (2008-2010) di ricupero degli scarti di
lavorazione, con un investimento previsto di sei milioni di euro. Questo piano
era già stato reso noto sia alle istituzioni che agli organi di informazione».
Fin qui la difesa. Ma il gruppo «Lucchini Severstal» attraverso il proprio
ufficio stampa va oltre e precisa che «l’area sequestrata, di proprietà
demaniale, non è attualmente utilizzata e quindi l’ordinanza di sequestro non
crea alcuni problema all'attività produttiva dello stabilimento. Non potranno
però continuare le bonifiche già avviate finché l’area non sarà dissequestrata».
«Il Gruppo Lucchini-Severstal sottolinea che attraverso i suoi legali, si
metterà immediatamente in contatto con la Procura di Trieste per chiarire la
propria posizione».
(c.e.)
Rifiuti: controlli sui lavori «Bruno» per il Comune - L’INCHIESTA SULLA
MAXI-DISCARICA SCOPERTA ALLO SCALO LEGNAMI
Verifiche sui registri di trasporto della ditta. Il sindaco Dipiazza: «Hanno
vinto regolari gare d’appalto»
«Ho cercato varie volte di smaltire materiale nella discarica dello Scalo
legnami. Mi sono sempre trovato di fronte a un muro di gomma. Le mie richieste
di accesso sono state sempre respinte. Ora dopo l’apertura dell’inchiesta da
parte del sostituto procuratore Maddalena Chergia, incomincio a capire perché.
Quella era una discarica riservata a pochi».
Le parole amare sono di un imprenditore edile triestino che ha promesso di
mettersi in contatto nelle prossinme ore con gli investigatori della Guardia di
finanza. Di più non dice. Per ora preferisce di fronte al polverone, rimanere in
silenzio. E intanto i militari della Finanza esaminano la documentazione
sequestrata.
È un mare di carte, di fatture, di ricevute. Da ieri tutto questo è sotto la
lente. Ci sono autorizzazioni ma anche registri con numeri e quantità di rifiuti
speciali trasportati come normali in quella che è stata definita la discarica a
mare di Trieste che si trova a pochi chilometri in linea d’aria dagli
stabilimenti balneari più popolari della città. Molte sono bolle o schedari o
documenti riconducibili alla Bruno Costruzioni.
Infatti una buona parte di questi rifiuti sono gli scarti dell’asfalto rimosso
dalle Rive o da altre strade da parte degli operai che in questo ultimo periodo
hanno lavorato alle dipendenze dell’azienda leader in città, quella che ha vinto
gran parte degli appalti del Comune di Trieste: appunto la Bruno Costruzioni.
È sbarcata appena 15 anni fa a Trieste da Potenza. È diventata in questo periodo
la più importante azienda del settore ottenendo molti riconoscimenti e
altrettante commesse pubbliche.
«Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in maniera
illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuati dalla mia azienda
sulle strade di Trieste. Li trascinerò davanti ai giudici i titolari». È
perentorio l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno, 52 anni, l’amministratore della
Bruno Costruzioni. Aggiunge: «Anche noi costruttori siamo vittime in questa
vicenda. Non è vero che abbiamo speso meno per il trasporto dei rifiuti. Ripeto,
avevamo scelto quell’azienda (ndr la Isp) perché la discarica era la più
funzionale alle nostre esigenze». Sono targati Bruno Costruzioni almeno 17mila
metri cubi di materiale «composto - scrive il pm Maddalena Chergia -
apparentemente da terre e rocce da scavo e rifiuti misti dell’attività di
costruzione e demolizione, i cui ultimi apporti provenivano dal Cantiere Rive e
risalivano al periodo marzo 2006-giugno 2006».
«Hanno vinto le gare d’appalto», taglia corto il sindaco Roberto Dipiazza.
Aggiunge: «La discarica non è al momento un problema mio. Io non vengo informato
dove una ditta va a scaricare i propri scarti. C’è un’inchiesta della procura».
In Tribunale il 31 marzo l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno era stato assolto
dall’accusa di reticenza di fronte al pm Tito. Aveva preannunciato al sindaco
che l’appalto della ristrutturazione di piazza Puecher sarebbe stato vinto due
giorni dopo dall’impresa Mari e Mazzaroli, fatto poi in effetti accaduto. Al pm,
che poi lo aveva convocato dopo la segnalazione del sindaco, Bruno non aveva
detto da chi avesse avuto la premonizione rivelatasi esatta. Pochi mesi dopo,
nel corso del processo in aula, Dipiazza aveva definito pubblicamente il
costruttore «un amico» e aveva parlato di reciproche frequentazioni. «Sono un
imprenditore. Non faccio il politico», ha precisato ieri sera l’ingegnere Bruno.
Innegabile, tuttavia, che conosce e frequenta tutti quelli che contano in città.
I lavori a Trieste. La lista degli appalti vinti a Trieste dalla Bruno
Costruzioni è lunghissima. Basta navigare sul sito della società per trovarne
citata una buona parte con tanto di fotografie perché ottenere questi dati dal
Comune è praticamente impossibile. «Bisogna inoltrare una richiesta ufficiale e
aspettare», dice l’assessore Franco Bandelli. Ci sono i lavori di completamento
e ripristino di Passeggio Sant’Andrea e viale Gessi, poi quelli del ricreatorio
di Opicina, del collegamento fognario dell’impianto di Zaule, del piano di
recupero di via dei Capitelli. E poi ancora gli interventi di manutenzione della
rete fognaria, poi di strade, piazze e marciapiedi. La ristrutturazione della
Scuola «Sirk» di Santa Croce, il campo di calcio di San Vito, i lavori all’ex
campo profughi di Prosecco, il lungomare di Barcola. E infine per conto dell’Acegas
i lavori connessi a quelli di ricerca delle perdite nelle reti del gas, i
trattamenti per il riuso dei reflui del depuratore di Zaule.
La Bruno Costruzioni Sas è nata a Potenza nel 1983. Precisamente il 28 novembre.
A fondarla è stato il cavaliere del lavoro Carmine, che nel 1959 trasformò la
ditta individuale in società in accomandita semplice preparandola per il balzo
verso Trieste.
Sul sito web si legge che «negli anni ’50 e ’60 la società si è affermata nel
settore delle costruzioni, risultando ora fra le più importanti e qualificate
imprese in ambito nazionale nella fascia di fatturato di piccola e media
impresa, realizzando opere di rilevante entità sia per conto di enti statali,
sia per conto di importanti società private». Il 5 novembre 2004 la società ha
trasferito la propria sede a Trieste in piazzale Giarizzole 35. Il capitale
sociale ammonta a poco più di un milione di euro. Nei posti chiave dell’azienda
siedono Antonio Raffaele Bruno, l’amministratore, Claudio Bruno, direttore
tecnico, Gaetano Biagio Bruno e Carmine Bruno, procuratori speciali.
SCALO LEGNAMI - SOPRALLUOGO DEL SOTTOSEGRETARIO
ALL’AMBIENTE - «Ho assistito a uno spettacolo devastante che rischia di avere
pesanti conseguenze»
Menia: trattare per chiudere la fabbrica - «Si può pensare di
coinvolgere la Lucchini nell’operazione rigassificatori»
«Non c’è che dire, è un ”uno-due” davvero sconcertante». Roberto Menia non
immaginava di trovare così tanta carne al fuoco durante la sua prima uscita
ufficiale da sottosegretario all’Ambiente, tra l’altro proprio nella sua città.
Invece ha dovuto ricredersi: neanche il tempo di scendere dalla motovedetta
delle Fiamme gialle con cui aveva raggiunto la discarica abusiva allo Scalo
Legnami, che già arrivava la notizia dell’intervento della Capitaneria di porto
nel comprensorio della Servola spa.
«Le due aree sequestrate, tra l’altro, si trovano proprio l’una accanto
all’altra - osserva l’esponente di An -. Per un’ulteriore coincidenza, quindi,
durante il sopralluogo di stamattina (ieri ndr) le ho osservate entrambe. Già a
prima vista i cumuli di materiale ferroso di proprietà della Ferriera non
passano inosservati. Quando poi si viene a sapere che, oltre agli scarti di
lavorazione, sono ammassati lì anche secchi di vernici industriali altamente
nocive e altri rifiuti pericolosi, l’indignazione aumenta ulteriormente. Questa
scoperta non fa che rafforzare la convinzione che già avevo: la Ferriera va
chiusa e la strada della dismissione dev’essere perseguita il più rapidamente
possibile. I riscontri che hanno portato al sequestro, e per cui va il mio
plauso a Capitaneria e magistratura - continua il sottosegretario - sono
l’ennesima prova della pericolosità dello stabilimento. Pericolosità che non
deriva più solo dalle emissioni e dai fumi che escono dagli impianti, ma anche
dagli stessi materiali accatastati nelle aree circostanti. È evidente, quindi,
che non c’è più tempo da perdere: quando si prende coscienza dell’esistenza di
un ”cancro” simile, non si può far altro che estirparlo. Come? Riavviando l’iter
di chiusura disposto prima dell'approdo di Illy in regione».
Un’idea per il dopo Ferriera, peraltro, Menia ce l’avrebbe già. «Si potrebbe
pensare a un coinvolgimento della Lucchini nell’operazione rigassificatori -
chiarisce, precisando tuttavia di non aver ancora analizzato nel dettaglio la
proposta -. Il mio ragionamento è questo: il gruppo bresciano potrebbe entrare
nel business del gnl che garantirebbe evidenti ricadute in termini economici e
in cambio, come contropartita per la comunità, libererebbe l’area della
Ferriera. In termini di sicurezza ambientale, un rigassificatore crea meno
problemi rispetto allo stabilimento siderurgico. Gli impianti di gnl di ultima
generazione, infatti, oltre a essere fondamentali per affrontare il problema
energetico, offrono anche garanzie di assoluta sicurezza».
Ma nell’agenda del neo sottosegretario all’Ambiente, oltre a Ferriera e
rigassificatori, c’è anche la sfida del Sito inquinato («riprenderemo in mano
l’accordo di programma, mettendo però nero su bianco il princicio che chi non ha
inquinato non paga»). E, ovviamente, la lotta a episodi di abusivismo nello
smaltimento rifiuti come quello accertato allo Scalo Legnami. «Lì ho assistito a
uno spettacolo devastante che rischia di aver conseguenze pesanti - commenta
Menia -. A preoccuparmi comunque non sono tanto i possibili ritardi nell’avvio
del progetto della piattaforma logistica - su questo sono abbastanza ottimista
-, ma piuttosto i danni ambientali. Non collegherei tuttavia l’episodio di
Trieste al giro delle ecomafie. Credo si tratti di un caso tutto triestino».
Caso che coinvolge anche un nome importante come quello di Bruno Costruzioni.
«Ho saputo del suo coinvolgimento - conclude Menia -. Questo però rientra nella
sfera del lavoro dei magistrati, nella quale io non metto bocca».
MADDALENA REBECCA
Una rete di aziende per i titolari della Isp - Costruzioni, cave e
commercio tra le loro attività
Diego Romanese e Cataldo Marinaro. Ruota attorno ai nomi di questi due
imprenditori l’inchiesta del pm Maddalena Chergia sulla maxidiscarica dello
Scalo legnami. Inchiesta che ha portato gli investigatori della Guardia di
finanza alla scoperta di un rilevante quantitativo di scarti di asfalto
provenienti dal rinnovamento di una rilevante parte delle strade di Trieste.
La loro azienda è la Isp Riciclati che ha sede in via Timavo 69/8, nella zona
portuale di Monfalcone. Dai registri della Camera di commercio risulta che
questa società a responsabilità limitata è stata fondata il 4 agosto 2005. Il
capitale sociale è di 30mila euro, ripartito in eguali quote tra i due titolari,
Diego Romanese e Cataldo Marinaro. L’amministratore unico è Romanese fin dalla
costituzione. L’attività prevalente della Isp Riciclati, secondo i dati della
Camera di commercio, è il «recupero e la preparazione per il riciclaggio di
cascami e rottami non metallici». Ma l’oggetto sociale è ben più ampio. Dalle
operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi, all’attività di scavo, al
noleggio delle attrezzature e all’acquisto e la vendita di beni. La data
d’inizio dell’attività di impresa è il 19 dicembre 2005 e l’unità locale
operativa aperta in quella data ha sede proprio allo Scalo legnami in zona
industriale, nell’area appunto messa sotto sequestro dalla Guardia di finanza.
Il nome di Diego Romanese compare anche come titolare della Gefi Costruzioni Sas,
che ha sede nella frazione di Devetachi a Doberdò del Lago in provincia di
Gorizia. La società costituita nel 1988 ha per oggetto lo sfruttamento e la
coltivazione di cave per l’estrazione di marmi e l’attività di edilizia sia nel
settore privato che in quello pubblico. È stata messa in liquidazione - sempre
secondo i dati della Camera di commercio - il 22 dicembre 2000, quasi otto anni
fa. Nel 1990 risulta che l’unico cantiere attivo era alla Rotonda del Boschetto.
Altra società riconducibile sempre a Romanese è la Rdl che ha sede
nell’abitazione dell’imprenditore in via Girolamo Vida 16. È nata il 14 marzo
2003 e ha come attività quella di rappresentanza di materiali di costruzione
compresi gli infissi e gli articoli igienico sanitari.
L’altro imprenditore finito nella bufera è Cataldo Marinaro. È nato a Cirò
Marina in provincia di Crotone. Il suo nome compare in un’attività di estrazione
di pietre ornamentali e da costruzione cessata nel 1993 a Melissa in provincia
di Catanzaro. Risulta che si è poi occupato di trasporti su strada in un’altra
società di fatto che aveva sede sempre a Melissa, e che - stando ai dati della
Camera di commercio - è cessata nel 1982. A Monfalcone il suo nome compare
nell’organigramma della «Progetto Monfalcone Srl» con sede in via Terme Romane
5. L’azienda si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi,
carburanti e lubrificanti. È presidente del consiglio di amministrazione.
Consigliere delegato è Riccardo Furlan. Soci sono i rappresentanti di un buon
numero di aziende: Punto Srl, Cunja R. Eredi, Officine Lenardon, Transforset,
Logistica P Srl, Trans Est Srl, Cointra Transport and Trade Co., Pevere
Logistica Srl, Manfreda Logistik & Transoport Srl, Masotti Srl, Bergamasco
Tiziano, Eurocar Sas, Auta Marocchi Spa, Mar-Ter Spedizioni e Aristone Claudio.
(c.b.)
SCALO LEGNAMI - LE REAZIONI DEI POLITICI - Cosolini: emergenza ecologica
- Fedriga: «Per troppi anni nessuno ha vigilato»
Chi avrebbe dovuto vigilare sull’area dello Scalo Legnami e accorgersi per tempo
della presenza della discarica abusiva ricavata a ridosso della costa? È la
domanda che iniziano a porsi in molti, anche nel mondo politico locale.
«C’è da interrogarsi su come tutto questo abbia potuto accadere in una zona
sotto gli occhi di tutti - osserva il neo segretario provinciale del Pd, Roberto
Cosolini - , Tocca certo a forze dell’ordine e magistratura accertare le
responsabilità dello scempio ambientale. Ma è altrettanto necessario che le
pubbliche amministrazioni e la politica in generale, affrontino seriamente il
problema del rapporto fra territorio e l’ambiente, prima che sia troppo tardi.
Il fatto che un triestino, Roberto Menia, sia sottosegretario all’Ambiente può
certo offrire una sponda importante nel Governo - conclude Cosolini - , ma è
indispensabile che anche le istituzioni locali affrontino oggi il problema nella
sua interezza. L’utilizzo del nostro territorio secondo criteri di qualità e il
superamento della emergenza ambientale richiedono un impegno comune e uno sforzo
straordinario».
Il gruppo consiliare di An, che sul caso discarica ha presentato
un’interrogazione urgente, chiama in causa direttamente l’amministrazione di
Palazzo Galatti. «La Provincia ha competenze ambientali ben note - affermano
Arturo Governa e Marco Vascotto -. Competenze che, anche attraverso l’impiego
della polizia ambientale, dovrebbero portare ad un monitoraggio del territorio
e, in particolare, delle discariche, proprio per evitare che le attività lì
svolte sfocino in violazioni delle norme e in episodio di inquinamento. Ci
chiediamo quindi come mai l’assessore Barduzzi, all’indomani della scoperta del
deposito abusivo, si sia dichiarata all’oscuro di tutto e perchè quindi la
Provincia non sia intervenuta».
A caccia di responsabilità anche il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo
Racovelli, che ha richiesto una convocazione urgente della VI commissione
allargata a sindaco, Porto, Provincia e ambientalisti. «Com’è stato possibile -
si chiede Racovelli - che ancora una volta il "sistema" che per decenni ha
cosparso di veleni la costa triestina da Muggia a Duino sia riuscito di nuovo a
scaricare migliaia di tonnellate di rifiuti disattendendo le nome in materia di
stoccaggio e smaltimento rifiuti? E quale sarà adesso l'iter giuridico e
processuale e il percorso di bonifica per sanare l'area? Bisogna fare
chiarezza».
A chiedere che si faccia piena luce sull’ennesimo episodio di inquinamento è
anche «Greenaction Transnational». Secondo l’organizzazione ambientalista,
infatti, «è urgente la riapertura di procedimenti penali archiviati sulle altre
discariche individuate in passato da Barcola alla zona industriale».
C’è poi chi, come il deputato del Carroccio Massimiliano Fedriga, concentra
l’attenzione sul secondo intervento, quello all’interno del comprensorio della
Servola spa. «Il sequestro dei 22 mila metri quadrati nell’area della Ferriera
rappresenta il primo, evidente segnale del cambiamento di clima che si è
prodotto con il passaggio da Illy a Tondo. Per troppi anni nessuno si è mai
preso la briga di fare i controlli. Ora però - afferma il leghista - il tempo
dei favori politici fatti alla proprietà si è chiuso ed è iniziata la necessaria
fase delle verifiche. Di questo, in primo luogo, va ringraziata la magistratura.
Ora è necessario che anche le istituzioni, sia a livello locale che nazionale,
prendano posizioni serie che tutelino, una volta per tutte, la salute dei
residenti e l’ambiente del nostro golfo». (m.r.)
SCALO LEGNAMI - L’esperto: il rischio è che gli acidi entrino nel ciclo
alimentare
Saranno i risultati dei campionamenti dell’Arpa a fare piena luce sui danni
ambientali provocati dall’accumulo di rifiuti speciali nell’area dello Scalo
Legnami. Già ora, però, gli esperti sono in grado di indicare i possibili rischi
legati alla presenza, a ridosso del mare, di batterie, pezzi di asfalto e
plastica. «Le batterie contengono acidi che, al pari di altre sostanze presenti
nei materali non inerti, possono essere rilasciate gradualmente nel terreno e
poi disperdersi in mare - spiega Vincenzo Armenio, docente di Idraulica
ambientale all’Università di Trieste -. Una volta in mare gli acidi, così come i
metalli pesanti e lo stesso bitume contenuto nell’asfalto, entrano in
circolazione sia nei vegetali sia negli animali, e possono entrare nella catena
alimentare. È possibile immaginare, quindi, casi di inquinamento dei mitili
coltivati a breve distanza da quell’area. Il fenomeno, peraltro, è difficile da
localizzare. Anche il pesce pescato altrove, infatti, potrebbe aver mangiato nel
tratto di mare interessato dai rilasci ed esser stato quindi contaminato dalle
sostanze rilasciate dai rifiuti. Gli effetti, tra l’altro, potrebbero anche non
essere visibili nell’immediato. I metalli pesanti - conclude Armenio - si
possono anche depositare sui fondali e risalire successivamente, quindi anche
nel medio- lungo periodo, a seguito per esempio dell’azione di una marea».
Giardino di via Flavia: caso in commissione Trasparenza - Oggi anche un
incontro con le associazioni ambientaliste sul piano di riqualificazione di
piazza Libertà.
L’annosa questione del giardinetto storico di via Flavia, al posto del quale
dovrebbero sorgere degli appartamenti Ater, con parcheggio sotterraneo, sarà
portata oggi all’attenzione della Commissione trasparenza del Comune, presieduta
da Roberto Decarli.
I consiglieri nel corso edella riunione chiederanno di conoscere gli esiti del
rilevamento dell’Arpa, che è stato effettuato tempo fa, sul tasso di
inquinamento «ante operam», al fine di capire se le obiezioni degli abitanti che
osteggiano la nuova costruzione, siano lecite.
I residenti infatti temono che il nuovo parcheggio renda ulteriormente
insopportabile l’aria della zona con emissione di gas di scarico e altri
inquinanti.
All’ordine del giorno della riunione della Commissione trasparenza c’è anche un
incontro con le associazioni ambientaliste del Www, Legambiente e di Italia
Nostra sul piano di riqualificazione di piazza Libertà. Gli ambientalisti temono
infatti che il nuovo look della piazza imponga un eccessivo sacrificio di
alberature. Nei giorni scorsi il Comune aveva annunciato che sarebbero stati
abbattuti 5 alberi ma ne sarebbero stati impiantati una cinquantina. (d.c.)
«Schiamazzi notturni, le regole ci sono» - LOCALI E QUIETE PUBBLICA ALL’ESAME
DELLA TRASPARENZA
Con l’estate si riaffaccia il problema degli schiamazzi notturni fuori dai
locali. Da piazza Unità ai vari rioni, sono 260 sinora le segnalazioni di
protesta giunte ai vigili da abitanti che lamentano di non poter dormire la
notte per colpa degli avventori di bar e ritrovi. Ma come coniugare, senza
ledere i reciproci diritti, le diverse esigenze? Ne ha discusso ieri la
Commissione trasparenza presieduta da Roberto Decarli, che ha ascoltato il
direttore dell’area dello Sviluppo economico del Comune Edgardo Bussani. Quest’ultimo
ha ricordato come la ricerca di una soluzione non sia facile, anche perché la
legge regionale 29 ha liberalizzato gli orari dei locali mentre le
autorizzazioni per i pubblici esercizi non sono più rilasciate dalla Pubblica
sicurezza, ma regolate da una semplice normativa del commercio.
«Al momento – ha detto Bussani – stiamo però verbalizzando con la questura tre
ordinanze per altrettanti locali pubblici cittadini ai quali verrà imposto per
un mese la limitazione di orario di chiusura sino alle 23». Il direttore
dell’Ostello della gioventù del bivio di Barcola, Tafaro e un abitante della
zona, il dottor Paoletti, hanno rimarcato l’eccesso di rumore notturno che
proviene dal bagno Sticco, quando vi vengono organizzate delle feste:
«All’ostello - ha detto Tafaro - registriamo anche 10 mila presenze in un anno,
quasi tutti tedeschi e austriaci che si lamentano per la confusione notturna e
per il parcheggio selvaggio nella strada». Decarli (Cittadini) e il consigliere
Alessandro Minisini (Margherita) hanno sostenuto il bisogno di una limitazione
degli orari dei locali pubblici e di una programmazione degli avvenimenti
estivi, con un controllo nei luoghi critici da parte dei vigili. Furlanich (Rc),
Portale (Fi) ed Edera (Lista Rovis) hanno sostenuto la necessità di coniugare il
divertimento con il sonno. Porro ha auspicato un incontro con il prefetto per
chiedere più vigilanza notturna. Dello stesso avviso Pellarini (An) e Trebbi
(Lista Dipiazza), secondo i quali i regolamenti ci sono, basta dunque far
rispettare le regole.
Daria Camillucci
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 maggio 2008
Discarica abusiva: tra i 12
indagati il costruttore Bruno - Centinaia di camion con l’asfalto dei
lavori sulle Rive scaricati nell’area dalla società
Non meno di cinquecento camion con gli scarti dell’asfalto delle strade di
Trieste. Le Rive ma anche le vie di altre zone del centro: buona parte di quelle
rifatte dal 2005 fino a qualche mese fa e oggetto della riqualificazione della
città. In appena tre anni nella discarica abusiva sequestrata dalla Guardia di
finanza nell’area dello scalo legnami e nelle acque antistanti è stata gettata
una quantità tale di bitume da poter asfaltare chilometri e chilometri di
autostrada.
Nell’indagine del pm Maddalena Chergia compaiono non solo i nomi dei due
imprenditori Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp Riciclati di
Monfalcone, ritenuti di fatto gli organizzatori del traffico, ma anche quello di
uno tra i più importanti costruttori di Trieste, Raffaele Antonio Bruno, legale
rappresentante della Bruno Costruzioni. E poi ci sono Mario Leone, titolare
della Leone Srl, Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi e trasporti,
Paolo Rosso della Trieste Manutenzioni, Dario Voinovich, titolare dell’omonima
azienda, Demmi Avanzi, a capo della Futura Scavi, Alfredo Cok, Paolo Marinig
della Ipm, Enrico Tiberio della Iest e Sebastiano Pulafito. Tutti accusati in
pratica di aver conferito i materiali di scarto alla Isp Riciclati che non aveva
alcuna autorizzazione per poterli smaltire.
A denunciare lo scempio ambientale, che ha riguardato un’area delle dimensioni
di quattro campi di calcio, sono le bollette di trasporto dei rifiuti che gli
investigatori della Guardia di finanza e della Forestale hanno sequestrato nel
corso delle indagini. Documenti che venivano di volta in volta compilati
indicando che si trattava di rifiuti speciali e che poi, una volta giunti a
destinazione, venivano corretti «degradandoli» a normali detriti di scavo,
semplici materiali inerti. Un semplice trucco con penna e bianchetto che è
consistito nella sostituzione di un numero di codice. In pratica dal centro
città in pochi chilometri i rifiuti bituminosi cambiavano «targa» e diventavano
calcinacci.
«Noi costruttori siamo vittime di Romanese e Marinaro. Abbiamo agito in buona
fede. Abbiamo pagato quanto richiesto per lo smaltimento. I nostri documenti
sono in regola», tuona il costruttore Raffaele Antonio Bruno che si è rivolto
all’avvocato Riccardo Seibold. Punta il dito contro i titolari della discarica
abusiva. «Non è vero che abbiamo pagato di meno il riciclaggio dei rifiuti. La
verità è che una discarica vicino al centro città ha fatto comodo a molti.
Altrimenti avremmo dovuto utilizzare quelle di Basovizza o di Duino».
Diego Romanese e Cataldo Marinaro ieri erano introvabili. Nella sede della ditta
di Monfalcone, la Marinaro Srl che ospita anche gli uffici della Isp Riciclati
in via Timavo, proprio all’ingresso del porto, un impiegato getta acqua sul
fuoco. E parla di colossale equivoco. Dice: «Quello che è stato trovato in mare
davanti alla discarica è antecedente al 2005, anno in cui la ditta ha acquisito
l’area. Lo sapevano tutti che molti rifiuti erano stati gettati in acqua, ma non
è stata colpa nostra. Noi abbiamo solo raccolto i materiali di scarto
dell’edilizia unendo polveri provenienti dalla triturazione delle pietre del
Carso. Questo per poter realizzare la cassa di colmata per piattaforma
logistica. Se poi qualche trasportatore ha scaricato prodotti non consentiti,
non è certo colpa nostra. Siamo una ditta seria. Voglio anche dire che fino a 50
anni fa quell’area era utilizzata come discarica dei pezzi di navi dismesse». I
due imprenditori ieri sera si sono incontrati con il loro legale, l’avvocato
Alessandro Giadrossi. Non è escluso che chiedano di essere interrogati dal pm
Maddalena Chergia.
CORRADO BARBACINI
Menia: pene esemplari ai
responsabili - Il sottosegretario all’Ambiente visiterà l’area sotto
sequestro - OGGI IL SOPRALLUOGO
Il neo sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, sarà oggi a Trieste per
complimentarsi con le Fiamme gialle che hanno scoperto l’attività di riciclaggio
abusivo di rifiuti, e compiere un sopralluogo nell’area dello Scalo legnami
trasformata in una grande discarica a cielo aperto.
Quella di oggi è la prima uscita ufficiale di Menia in veste di componente del
governo. Uscita che, per un’insolita coincidenza, lo vedrà impegnato proprio
nella sua città. «E infatti qualcuno, malignamente - scherza l’esponente di An -
ha chiesto se mi ero messo d’accordo. Battute a parte, intendo esprimere il mio
più vivo apprezzamento per un intervento che ha permesso di stroncare una
vicenda che ha quasi dell’incredibile. Montagne di rifiuti come quelle riprese
nelle immagini girate dalla Finanza siamo abituati a vederle in altre parti
d’Italia. A Trieste ci vantiamo di essere quasi asburgici e di osservare alla
lettera le leggi. Ecco perché una scoperta come quella fatta allo Scalo legnami
appare ancora più sorprendente. E lo è ancora di più se si pensa che l’attività
illecita avveniva alla luce del sole in un punto che, sebbene alle porte della
città, poteva di fatto essere osservato da chiunque. Proprio vista la gravità
dell’episodio - conclude Menia - è necessario che chi ha commesso questi
illeciti venga punito in maniera esemplare».
ALLARME DELL’AUTORITA’ PORTUALE - «A rischio la piattaforma logistica»
Il sequestro della discarica dello Scalo legnami potrebbe mettere in forse
l'avvio dei lavori per la costruzione della piattaforma logistica, previsto tra
un anno. L’allarm - arriva dall’Autorità portuale che ieri, su sollecitazione
del presidedente Claudio Boniciolli, ha riunito lo staff dirigenziale anche per
analizzare le conseguenze dell’indagine. «Il problema - ha spiegato Fabio Rizzi,
dirigente del Servizio di Sicurezza del Porto - sono i tempi dell'inchiesta
giudiziaria». Il rischio all’orizzonte è che la situazione si blocchi per anni,
un po’ come accaduto per la vicenda dell'inquinamento del terrapieno di Barcola.
Uno slittamento che potrebbe paralizzare l’opera, attualmente in fase di
progettazione, che dovrebbe svilupparsi su un'area di 250 mila metri quadri -
metà dei quali ricavati dal mare - per un costo di 280 milioni di euro. Molto
dipenderà dall’esito dei campionamenti che, su disposizione della Procura,
verranno eseguiti nell’area occupata dalla discarica abusiva e dovranno poi
essere analizzati dall’Arpa. Da parte sua, intanto, Claudio Boniciolli respinge
ogni accusa di negligenza. «L’Autorità portuale non ha competenze in materia di
vigilanza ambientale - spiega -. Nel caso dello Scalo legnami quindi non ci può
essere attribuita alcuna responsabilità. Sono altri gli enti che avrebbero
dovuto accorgersi delle irregolarità».
I RESIDUI SCARICATI - Quell’asfalto «grattato» che aumenta l’aderenza
L'asfalto grattato viene solitamente steso lungo curve o zone in cui debba venir
aumentata l'aderenza senza dover ricorrere al rifacimento della superficie
stradale, con gli evidenti risparmi che ottiene l'ente competente per quella
strada. L'asfalto è una roccia calcarea porosa, naturalmente impregnata di
bitume. La presenza di quest'ultimo componente nella roccia è dovuta al residuo
lasciato dall'evaporazione del petrolio che precedentemente la impregnava. In un
asfalto il contenuto di carbonato di calcio in genere varia tra il 50 e il 90
per cento, mentre quello di bitume naturale è compreso tra il 7 e il 15 per
cento; la restante parte è costituita da altri materiali minerali e sostanze
volatili.
RUPINGRANDE - Televisori buttati in mezzo al verde
RUPINGRANDE Non avevano trovato posti in cui liberarsi del loro pesante carico,
così alcuni vecchi televisori sono finiti sul prato. L’ennesimo episodio di
inciviltà viene segnalato da alcuni lettori di Rupingrande, nel cui territorio è
stata aperta questa sorta di discarica abusiva. Gli apparecchi sono stati
scaricati sul sentierino che, partendo dalla strada asfaltata che congiunge
Rupingrande a Sagrado di Sgonico, conduce sul monte Lanaro.
RIFIUTI A BAGNOLI - Torna la «differenziata»
SAN DORLIGO È stato ripreso nel pomeriggio di ieri il servizio di raccolta
differenziata in località Bagnoli, interrotto per motivi tecnici nella mattinata
di lunedì scorso, 12 maggio. Lo comunica l’Ufficio tecnico del Comune di
S.Dorligo della Valle, invitando gli utenti a esibire i relativi cassonetti in
tale periodo.
DOMENICA BIMBIMBICI E BICINCITTA’ - Biciclettata senza età su due
percorsi
«Bimbimbici» e «Bicincittà», due modi per vivere in gruppo la passione per la
bicicletta, due manifestazioni per sensibilizzare sul campo le tematiche della
mobilità definita sostenibile e alternativa. Entrambe le iniziative a carattere
ecologico vanno quest'anno straordinariamente assieme di scena nella stessa
giornata, domenica 18 maggio, vivendo non solo le stesse finalità ma anche lo
stesso percorso, seguendo un calendario nazionale che vede coinvolte oltre un
centinaio di piazze italiane.
«Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab (Cicloturisti
Urbani). I due progetti dovrebbero portare sulle strade di Trieste qualcosa come
un migliaio di ciclisti, tutti impegnati in una pedalata non competitiva con
partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo
attorno alle 8.30.
Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede la partenza alle 9.45, è aperto a
tutti e indicato ai più piccoli, con transito attraverso le vie del centro, da
viale Romolo Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo, Piazza delle Borsa, Piazza
Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via Carducci, Piazza Oberdan,
Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella dietro Corso Cavour e
ritorno alla sede di partenza. Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30
si riparte, questa volta con un percorso più impegnativo che gli stessi
organizzatori sconsigliano ai ciclisti più giovani e che riguarda il transito da
Largo Irneri verso l'area dei lavori della ciclopista della Val Rosandra,
attraversando via D'Alviano, via Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via
Orlandini, via Mansanta e quindi via dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla
base.
I due momenti in programma domenica vengono definite tappe «ludiche e
ricreative» ma tengono conto anche dei recenti dati emersi in tema di sicurezza
ed educazione stradale: «A spaventare l'uso della bicicletta spesso non sono le
salite quanto il traffico stesso - ha sottolineato Stefania Bertolino, portavoce
della Uisp - invece vanno ridisegnate le reali possibilità della mobilità
alternativa, dando rilievo e conoscenza dei percorsi ciclabili esistenti». Alla
edizione 2008 è abbinato inoltre: «In sella e vai: racconta il bello e il brutto
della tua città», concorso fotografico che mette in palio, naturalmente, una
bicicletta.
Informazioni e iscrizioni: Uisp ( www.uisp.trieste.it) via Beccaria 6, 040 -
639382; Ulisse - Fiab (www.ulisse-fiab.it) via del Sale 4/b ( Cavana) 040 -
371411.
Francesco Cardella
Edificio abusivo sulla più bella spiaggia di Cherso - SARÀ ABBATTUTO
CHERSO Senza avere ottenuto precedentemente alcuna licenza, si è costruito una
tettoia, cementando quanto gli capitava a tiro, anche la sottostante spiaggia.
Insomma, un eclatante caso di abusivismo edile che magari sarebbe passato
inosservato ai mass media se non fosse che il responsabile è nientemeno che una
guardia comunale. Ossia proprio la persona incaricata per legge di denunciare i
casi di costruzione illegale. Poco più di un mese fa, l’Ispettorato chersino
all’Edilizia ha ordinato la demolizione dell’immobile sorto sulla cosiddetta
spiaggia francese, che si trova nella piccola località di Miholascica, a pochi
chilometri da San Martino (Martinscica), a Cherso. La spiaggia francese è una
delle più belle distese di ghiaia bagnate dal mare e qui la guardia comunale
chersina, Emil Kucic, e sua moglie Gordana, hanno messo in piedi l’immobile
abusivo, un piccolo esercizio alberghiero. Fino a questo momento, il dipendente
dell’ amministrazione isolana non ha compiuto un passo nel rimuovere il locale
fuorilegge, affermando ai giornalisti che l’ hanno intervistato di poter
dimostrare la propria non colpevolezza. La guardia comunale è stata denunciata
da un gruppo di abitanti di Miholascica, stufi di vedere quello che il loro
vicino di casa stava devastando. (a.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 maggio 2008
Una maxidiscarica abusiva in riva
al mare - Dodici denunciati: i due titolari della società e gli
imprenditori che la utilizzavano
SEQUESTRO NELL’AREA DELLO SCALO LEGNAMIMigliaia di metri cubi di rifiuti
pericolosi accatastati in riva al mare. Li hanno scoperti i militari della
guardia di finanza e gli uomini della Forestale regionale nell’area dello Scalo
Legnami. Lì una ditta con sede a Monfalcone, la «Isp riciclati srl», aveva
trasformato un’area di circa 20 mila metri quadrati in una grande discarica
abusiva a cielo aperto con montagne di detriti visibili a centinaia di metri di
distanza. Detriti che, tra l’altro, non erano stati accumulati soltanto nella
parte a terra. Anche sott’acqua, infatti, sono state individuate dagli uomini
del reparto operativo aero navale delle fiamme gialle alte colline artificiali
formatesi nel tempo a seguito del rotolamento in mare di materiali di scarto e
rifiuti di ogni genere.
Lo scempio ambientale ha fatto scattare l’altro giorno il sequestro preventivo
dell’area disposto dal gip Massimo Tommasini. Contemporaneamente sono stati
messi i sigilli all’azienda monfalconese. I titolari, Diego Romanese,
imprenditore nato a Udine ma residente da tempo a Trieste, e il suo socio
originario della Calabria Cataldo Marinaro, sono stati denunciati a piede
libero. I reati contestati vanno dalla realizzazione di una discarica non
autorizzata alla mancata esecuzione delle operazioni di recupero del materiale
stoccato, operazioni previste per legge entro un anno dalla messa in riserva dei
rifiuti. Denunciate in concorso anche altre dieci persone, tutte a capo di ditte
di costruzioni, cantieri edili, attività di scavo. Piccoli e grandi
imprenditori, nove attivi nel territorio di Trieste e uno operativo in provincia
di Udine, che da tempo conferivano rifiuti e materiali di risulta nell’area
dello Scalo legnami e che, secondo le Fiamme gialle, non potevano non conoscere
la natura abusiva della discarica. Sequestrati infine quattordici camion
utilizzati per lo scarico dei materiali nel deposito a ridosso del mare e
scavatrici semimoventi usate per rovesciare parte dei detriti conferiti
direttamente in acqua.
Le indagini, coordinate dal pm Maddalena Chergia e durate più di un anno, hanno
portato allo scoperto un business illecito da centinaia di migliaia di euro di
fatturato. La «Isp riciclati srl» aveva l’autorizzazione ad esercitare attività
di riciclaggio e recupero di rifiuti non pericolosi. In pratica, quindi, avrebbe
potuto accogliere nei 20 mila metri quadrati a terra dello Scalo legnami solo
materiali derivanti da demolizioni, come pietre e calcinacci, e unicamente per
un periodo limitato. Periodo che dovrebbe coincidere con «il completamento del
lavoro di riempimento della cassa di ricolmaggio» conservata in mare. Nella
realtà, invece, all’interno della discarica venivano «ospitati» detriti di ogni
genere, compresi quelli classificati come pericolosi, come materiali ferrosi e
pezzi di asfalto derivati dagli interventi di rifacimento delle strade, e a
tempo pressochè indeterminato. I controlli subacquei, infatti, hanno evidenziato
non solo che la cassa di ricolmaggio era stata riempita ormai da un pezzo, ma
che centinaia di metri cubi di detriti erano stati gettati liberamente in acqua,
fino a formare appunto vere e proprie colline artificiali.
Il non rispetto delle leggi in materia ambientale consentiva ai titolari della
ditta di riciclaggio di praticare per il conferimento dei rifiuti prezzi
decisamente più bassi rispetto a quelli applicati in tutte le altre discariche
autorizzate. «L’attività illecita - ha spiegato il colonnello Nicola Sibilia -
aveva la finalità di assicurare grossi guadagni all’impresa, che agiva in un
regime di concorrenza sleale».
I prezzi chiesti a chi usufriva della discarica dello Scalo Legnami erano
infatti cinque volte inferiori rispetto a quelli praticati dagli altri operatori
del settore. Chi si rivolgeva alla ”Isp” pagava 10 euro per ogni metro cubo di
materiale scaricato contro una media di 50 euro. E il risparmio sul costo di
discarica, consentiva poi ai clienti della ditta di Monfalcone, tra cui titolari
di importanti attività edili e di escavazione. di presentare offerte più basse
al momento di partecipare alle gare d’appalto.
A far partire le indagini è stato il sospetto via vai di camion notato in
prossimità della discarica. Le fiamme gialle hanno quindi voluto capire quale
fosse il«segreto del successo» del deposito allo Scalo Legnami e scoprire perchè
così tanti clienti lo preferissero ad altri siti per il conferimento dei
materiali derivati dalle loro attività di demolizioni o di escavazione. Per
sciogliere il rebus sono serviti mesi di osservazioni, pedinamenti e
sopralluoghi, che hanno richiesto l’intervento di un centinaio di finanzieri e
il supporto di numerosi mezzi navali e aerei della Finanza. Prezioso, in questo
senso, si è rivelato anche il contributo degli uomini della Forestale.
L’attività di pattugliamento del territorio eseguita anche via mare dal
personale del corpo regionale, infatti, ha consentito di monitorare l’area e di
notare quindi la «crescita»delle montagne di rifiuti nel corso del tempo.
Il blitz dell’altro giorno e l’esecuzione del decreto di sequestro preventivo
hanno messo fine all’attività altamente inquinante e scongiurato quindi
ulteriori guai per l’ambiente e possibili rischi per la salute umana. L’attività
proseguirà ora con il calcolo dell’entità del danno ecolologico per provvedere
poi al ripristino delle condizioni originali dei luoghi. Parallelamente verrano
svolte ulteriori indagini per appurare le responsabilità delle dodici persone
denunciate e per quantificare i tributi evasi (le cosidette ecotasse) in
relazione al mancato pagamento per il regolare smaltimento dei rifiuti.
MADDALENA REBECCA
Il Wwf annuncia che si costituirà parte civile - Barduzzi: dovrà pagare
chi non se n’è accorto
Arriva come un fulmine e coglie di sorpresa anche i noti ambientalisti
triestini. A partire da Dario Predonzan responsabile del settore territorio per
il Wwf Friuli Venezia Giulia, che fa fatica a credere che la discarica sia stata
scoperta all’ultimo momento.
«Purtroppo - commenta - parliamo di un nuovo danno ambientale in una zona già
colpita duramente e che soffre degli effetti dell'inquinamento da anni» . «Mi
chiedo perché non ci siamo accorti di nulla - aggiunge Predonzan - e che ruolo
ha giocato in tutto questo l’Autorità portuale». Insomma, per l’ambientalista
del Wwf, c’è dell’incredibile nella storia. «Il problema è che in quella zona
pochi mettono il naso - nota - quella è una zona franca, dove non ci passano i
cittadini, che spesso è sottratta dagli occhi del pubblico e dove operano
pochissimi addetti ai lavori».
Predonzan annuncia inoltre che, dopo la verifica del caso, il Wwf si costituirà
come parte civile nel provvedimento. Secondo Predonzan, il caso si aggiunge alla
lunga lista di problemi ambientali che toccano non solo la zona ma
inevitabilmente l’intera Trieste e le aree circostanti. «Insomma - conclude il
responsabile della sede territoriale Wwf- la situazione già difficile non può
che peggiorare in quella zona».
«La notizia mi sorprende e ci attiveremo subito per verificare anche noi il
caso» commenta anche Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. «Trovo
il caso eclatante ed inquietante - aggiunge - e sono sicura che sia i colpevoli
sia gli enti che non si sono accorti di nulla pagheranno le conseguenze. Mi
rattrista che nonostante tutti gli sforzi sembra che spunta sempre qualcosa di
brutto. Così l'incubo inquinamento non finisce più».
Per l'onorevole Ettore Rosato (Pd), la chiusura della discarica abusiva «è
importante per evitare ulteriori rallentamenti nella realizzazione della
piattaforma logistica dello scalo giuliano. Sono convinto che i problemi
ambientali legati al sito inquinato e alla bonifica di tante aree di Trieste
rappresenteranno una priorità anche nell'agenda di Roberto Menia che ha assunto
l'importante incarico di sottosegretario all'Ambiente».
La mappa dei veleni lungo la costa - Il caso più eclatante è il
terrapieno di Barcola fermato dalla Procura - E il sito inquinato di interesse
nazionale abbraccia 500 ettari
Il sequestro della discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami ha riaperto
il problema dell’inquinamento a Trieste. Una città circondata da un sito
inquinato di interesse nazionale di 500 ettari, in zona industriale, che per la
gran parte riguarda proprio la fascia costiera. Dall’area ex Esso di Zaule a
quella dell’ex Aquila a Muggia, fino alla Ferriera di Servola. Una «mappa dei
veleni» triestina che arriva fino al terrapieno di Barcola.
Proprio come l’area sequestrata ieri dai militari della Guardia di finanza e
dagli uomini della Forestale regional, quasi tutti i punti critici riguardano il
mare. Non ci vuole molto a capire il perché. In passato una serie di aree da
Muggia a Duino sono state utilizzate come discariche. Quasi sempre autorizzate,
ma con normative che non hanno nulla a che fare con quelle attuali.
Oggi la provincia di Trieste è una delle poche, se non l’unica, ad essere priva
di discariche. I rifiuti vengono bruciati nel termovalorizzatore, o inceneritore
che dir si voglia, di via Errera gestito dall’AcegasAps. Ma prima non era così e
a distanza di quasi cinquant’anni si pagano le conseguenze delle discariche
concesse nel dopoguerra. È il caso del terrapieno di Barcola realizzato con
inerti di tutti i tipi, che negli ultimi anni è stato al centro di una querelle.
Sequestrata dalla magistratura per la presenza nel sottosuolo di diossine e solo
in parte riaperto alle attività nautiche.
Non c’è solo la costa. A Trebiciano un tempo esisteva una discarica su un’area
carsica adesso a rischio inquinamento. I rifiuti scaricati negli anni passati,
stando almeno alla denuncia di alcune associazioni ambientaliste, avrebbero
danneggiato le doline. Materiali che negli anni Settanta sono stati dirottati
negli inceneritore, un impianto finito sotto accusa lo scorso anno per lo
sforamento delle emissioni di diossina. Una sostanza tossica che anche
l’impianto siderurgico della Ferriera di Servola - da tempo nell’occhio del
ciclone, per gli imbrattamenti dei suoi fumi - era stata accusata di
sprigionare.
Esiste un sito inquinato - da via Flavia fino a Muggia - che abbraccia 500
ettari di terra ferma. Ingloba 353 aziende, bloccando qualsiasi tipo di sviluppo
delle stesse. Al suo interno c’è l’area del canale navigabile, un tempo
utilizzata come piccola discarica. All’interno del sito troviamo poi l’area ex
Esso vicino a Zaule, storicamente inquinata per l’attività svolta al suo
interno, che il progetto di Gas natural intende bonificare per realizzare un
rigassificatore.
Poco distante c’è un altro terreno inquinato: l’area ex Aquila che un tempo
ospitava una raffineria. Una parte è stata acquistata dalla Teseco che sta
provvedendo all’intera bonifica.
(p.c.)
Il sindaco: rigassificatore e via la Ferriera - Dipiazza pensa a un
business con Lucchini-Severstal. «Acegas-Aps potrebbe crescere ancora»
CENTRODESTRA FAVOREVOLE ALL’IMPIANTO
Rigassificatore a Zaule. Il governo Berlusconi è favorevole. L’unico
sottosegretario del Friuli Venezia Giulia è quello all’Ambiente, l’appena
nominato Roberto Menia, che con An è favorevole dal primo giorno e lo ha appena
ribadito. L’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna, è di quella Forza
Italia che pure dice di sì, nonostante la contrarietà che serpeggia nel partito
e la prudenza del governatore Renzo Tondo sul tema. E il sindaco Dipiazza torna
subito a dare straordinario impulso alla prospettiva, per di più (con slancio
creativo) mettendo ora in campo due soluzioni e tre vantaggi con una mossa sola:
accogliere il rigassificatore di Gas Natural legando a questo arrivo un accordo
industriale che aprendo nuovi business per la Lucchini-Severstal la persuada a
poter chiudere la Ferriera di Servola (che il centrodestra vuol far sparire ma
ancora non sa come), potenziando nel contempo con questa dote di gas liquefatto
l’AcegasAps tanto da farla diventare capofila del Nord Italia in una catena di
fusioni tra le multiutility.
SCACCO MATTO. Uno «scacco matto» a sorpresa di cui i maggiori attori della
politica locale sembrano ancora all’oscuro, ma che per il sindaco rappresenta
«la quadra», come si dice, di questioni spinose l’una più dell’altra. Partendo
dal presupposto che comandano le cifre: «L’Italia - rammenta Dipiazza - ha un
fabbisogno di 87 miliardi di metri cubi di gas, in progetto ci sono 4-5 impianti
con cui si raggiungerebbe meno della metà del necessario, e intanto i cittadini
si svenano con le bollette di luce».
ACCORDI. Quanto è vicina o lontana una decisione concreta? I progetti di Gas
Natural e di Endesa sono all’esame del ministero. Il piano energetico nazionale
è da fare o quantomeno da rivedere. Menia è molto prudente: «Trieste era stata
inserita nel piano del ministro Matteoli col precedente governo Berlusconi, ora
sempre con Matteoli sarà da rivedere la programmazione, vedere se ci sono siti
alternativi con minore impatto, ma certo l’interesse per un rigassificatore è
strategico. Comunque questo governo ha 5 anni davanti, e così la Regione, e
Dipiazza altri tre, c’è tutto il tempo per prendere una decisione che certamente
va concordata: tra ministeri, con la popolazione, le autorità, e anche il
porto». E la Ferriera? «Sono cose differenti. La Ferriera nel business del gas?
Mai sentito dire. Casomai si potrebbe offrirle uno sviluppo diverso con la
prevista piattaforma logistica».
UN’IDEA. «Legare l’arrivo di un rigassificatore alla chiusura della Ferriera? Ma
no - dice perplesso l’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna -, ferma
restando l’intenzione di chiudere la fabbrica, è cosa che va affrontata con
l’azienda, pensando ai lavoratori, con un ragionamento a tutto campo, se il
presidente Tondo ha detto che un’idea ce l’ha, significa che così è, ma non
sappiamo quale sia».
L’AFFARE. Per Dipiazza invece «l’affare del gas è molto grande, la centrale
Elettra derivata dalla Ferriera sta in piedi solo con i contributi governativi
Cip6 e poi, necessariamente, dovrà riconvertirsi al gas. Nel contempo un
rigassificatore è di minore impatto rispetto a una fabbrica siderurgica, ma
soprattutto pensiamo all’AcegasAps: diventerebbe la signora più ambìta sul
mercato italiano, portando con sè una simile dote di gas tutte le multiutility
del Nord le correrebbero dietro per procedere a fusioni». Anche Lenna lo
ammette: «Per le multiutility ci sarebbero evidenti ripercussioni favorevoli».
TRATTATIVE. Il sindaco afferma che «le trattative con Gas Natural» (d’improvviso
rotte alla fine dello scorso anno anche con un voto guidato del consiglio
comunale perché le richieste economiche del Municipio erano state rigettate come
eccessive dalla società spagnola) non si sono mai interrotte. Sottotraccia in
periodo elettorale. «Ma la trattativa è politica - conclude -, e a decidere sarà
il governo».
ENORME NO. Il sindaco di centrosinistra a Muggia, Nerio Nesladek, sul cui
territorio prenderebbe sponda il rigassificatore, reagisce duramente - benché
anche la giunta Illy fosse stata favorevole - a questo rafforzarsi del fronte
«sì» e afferma che proprio nei giorni scorsi la sua giunta ha ribadito invece un
«no» enorme: alle ragioni ambientali e di contrasto all’inquinamento ha aggiunto
anche motivi economici. Con un taglio diverso, però: «Il porto - dice Nesladek -
ha un piano di sviluppo tutto verso questa zona, dove altrimenti se dall’altra
parte si recupera il Porto vecchio? E se qui viene il rigassificatore, dove
vanno i traghetti turchi già destinati a quell’area? Cose che si scontrano
mostruosamente con i progetti di Gas Natural». Dipiazza s’impenna: «Molo V e VI,
decenni di immobilismo, poi c’è il VII, e la futura piattaforma logistica,
spazio ne avanza per il porto, il sindaco di Muggia si ribella al
rigassificatore ma tace sulla Ferriera che sporca anche la sua città? Roba da
matti». Secondo Nesladek, Dipiazza non ha voluto la Fiera alle Noghere proprio
per lasciare spazio ad altro.
IL PORTO. E il porto, per l’appunto, come la vede? Il presidente Claudio
Boniciolli è sintetico: «Io sono a favore delle fonti energetiche. Sugli spazi
discuteremo quando quegli spazi verranno definiti».
CONTRASTI. E mentre anche il vicesindaco di An, Paris Lippi, ha appena teso la
mano al Pd nel comune assenso al rigassificatore, si leva la voce di Bruno
Marini, l’ala dissenziente di Forza Italia che già si è scontrata per questo
all’interno del Pdl: «Di rigassificatori c’è bisogno - scandisce Marini - ma
vedo una contraddizione fortissima nel parlare di chiusura della Ferriera e
ingresso di rigassificatore, di turismo e crociere, e 400 navi gasiere all’anno:
non è il vallone di Muggia il posto. Ma con Menia sottosegretario e Lenna
favorevole sarà una battaglia dura. Però io mi batterò contro».
GABRIELLA ZIANI
Sala Tripcovich può tornare stazione dei bus - È l’ipotesi di due
commissioni comunali legata al piano di pedonalizzazione di piazza Libertà
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VEDI MAPPA
LA RIQUALIFICAZIONE DELLA ZONA ALL’ESAME DEL CONSIGLIO COMUNALE
Piazza Libertà torna all’antico. Il giardino di Sissi, oggi isolato da una
cintura di traffico continuo, farà parte di un parco pedonale che, dalla
facciata della stazione, si estenderà senza by-pass stradali per 70 metri. Con
cinque, forse sette, alberi da sacrificare. Ma 52 da impiantare ex novo, alcuni
dei quali anche lungo i marciapiedi più esterni. Un’altra area verde cancellerà
l’attuale bretella di scorrimento verso corso Cavour, pedonalizzando una
striscia di 40 metri dalla lapide che ricorda l’esodo fino alla sala Tripcovich.
La stessa ex autostazione, progettata nel ’35 da Nordio, potrebbe rivelarsi alla
fine la sorpresa più clamorosa. Un annuncio ufficiale per ora non c’è, giacché
in questa fase urge approvare un primo «piano di massima» per non rischiare di
perdere i finanziamenti di Stato e Regione. Eppure, proprio sulla scia della
rivoluzione pedonale di piazza Libertà, si sta rafforzando la spinta bipartisan
per una sala Tripcovich «riabilitata» alla sua funzione originaria. Nel
contenitore attiguo ai varchi storici di un Porto Vecchio destinato a sua volta
a rivitalizzarsi, potrebbero così trovare posto i capolinea di 14 tratte urbane
della Trieste Trasporti, più le fermate temporanee di altre sette linee,
decongestionando ulteriormente l’assetto viario della zona. Gli eventi del
Verdi, a quel punto, troverebbero casa nella sala polifunzionale da 740 posti
del futuro centro congressi inserito nel megaprogetto di riuso del Silos.
Se n’è parlato ieri durante l’esame congiunto - da parte delle commissioni
Lavori pubblici e Urbanistica presiedute da Lorenzo Giorgi e Roberto Sasco - del
progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a dare un
volto inedito alla porta d’accesso della città, scandito a livello di traffico
da una «esse» meno invasiva, con tanto di bretella ciclabile a tagliare gli
spazi pedonali. Il documento - con l’ok della circoscrizione e degli altri
soggetti chiamati in causa, in primis la Soprintendenza - è stato presentato
dall’assessore Franco Bandelli, dalla responsabile del procedimento Marina
Cassin e dai rappresentanti dell’associazione temporanea d’impresa guidata dallo
studio Baubüro di Bolzano, nel quale figuranno gli architetti triestini Luciano
Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich.
Ora il passaggio decisivo spetta al Consiglio comunale, chiamato ad approvare
entro il mese sia il preliminare che la variante urbanistica. D’altronde i tempi
stringono e l’affare è colossale, tanto che imporrà un’accelerata - parola di
Bandelli - persino all’iter infinito del piano del traffico. Sono in ballo tre
milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle
Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati a una
rendicontazione da farsi non oltre il 31 dicembre 2009. «Faremo partire il
cantiere entro l’anno - così Bandelli - e l’opera procederà per minilotti
d’intervento come sulle Rive, per limitare al massimo i disagi. Il nuovo
asssetto potrà essere pronto entro il primo semestre del 2010. Quanto al
possibile cambio di rotta sulla sala Tripcovich sposo le osservazioni venute
dalle commissioni, che peraltro sono in linea con quelle di Soprintendenza e
Verdi».
PIERO RAUBER
ACEGAS-Aps - Fusione per i termovalorizzatori - SOCIETÀ UNICA TRIESTE-PADOVA
TRIESTE AcegasAps punta sempre più sull’ambiente, settore che consente margini
di redditività ben diversi da quelli della vendita del gas. Così, mentre procede
la costruzione della terza linea del termovalorizzatore di Padova, la
multiutility ha portato a termine il progetto per dare vita a un’apposita
società in cui far confluire i due termovalorizzatori di Trieste e Padova.
E questa operazione non è fine a se stessa. L’obiettivo è di rafforzare la
gestione di impianti che hanno una valenza territoriale strategica. Il valore a
bilancio dei due termovalorizzatori è infatti basso, mentre sul mercato i due
impianti hanno un valore elevato. Fra alcuni mesi sarà quindi bandita
un’apposita gara con cui selezionare l’ingresso, nella futura società, di
soggetti pubblici e privati.
Quattro no del governo alla legge sulla caccia
TRIESTE Sono quattro i punti contestati della legge regionale sulla caccia che
il governo ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale. Il primo
riguarda l'inclusione dell'intero territorio della regione nel regime giuridico
della Zona faunistica delle Alpi, «comprendendovi addirittura - afferma il
governo - la fascia di mare fino ad un miglio dalla costa, le lagune e la
pianura friulana», in contrasto con la legge 157/1992. Il secondo nodo è quello
delle associazioni di cacciatori, in quanto le norme che le regolano
«determinano una privatizzazione della gestione faunistica a livello regionale e
una concentrazione nelle mani di un'unica categoria». Terzo rilievo, l'esercizio
dell'attività venatoria nelle aziende faunistico-venatorie e
agro-turistico-venatorie, non considerata attività di caccia e quindi esonerata
dagli obblighi relativi, sempre secondo Roma. Ultimo punto contestato, il fatto
che la legge regionale consente «indiscriminatamente l'utilizzo di impianti
fissi a rete per la cattura di uccelli, ovvero l'uccellagione».
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 maggio 2008
Il governo boccia la legge sulla caccia - Ricorso alla Consulta contro la norma firmata da Marsilio |
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TRIESTE Il governo di Silvio
Berlusconi impugna la legge sulla caccia, approvata a marzo dal precedente
consiglio regionale, con il «no» di Forza Italia, Lega e An. La decisione di
portare all’esame della Corte costituzionale quella legge, a firma dell’ex
assessore Enzo Marsilio, è stata presa nella seconda seduta del consiglio
dei ministri, svoltasi ieri. |
Primo summit fra governatore e Pdl Linea soft sui rigassificatori in golfo - L’INCONTRO CON IL GRUPPO A UDINE |
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UDINE Il primo confronto interno
al gruppo del Pdl regionale si apre sul rigassificatore di Trieste. Non una
polemica, assicurano gli azzurri, ma le sensibilità sono diverse, anche in
città, e già alla prima riunione di forzisti e aennini riuniti sotto la
targa del nuovo partito lanciato da Silvio Berlusconi le posizioni
favorevoli e contrarie al terminale non faticano a emergere. Di
rigassificatore, e non solo di quello, si parla a Udine, nella prima
riunione del gruppo del Pdl, nel palazzo della Regione. Ieri pomeriggio, per
due ore e mezza, Renzo Tondo illustra le sue dichiarazioni programmatiche,
quelle che leggerà in Consiglio regionale giovedì, un riassunto del
programma elettorale del centrodestra, in particolare delle proposte di
Liberidea, l’associazione che ha collaborato con la politica per stendere il
progetto per i prossimi cinque anni di legislatura. |
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 12 maggio 2008
Dalle cime alpine agli abissi marini - un'estate dedicata all'ambiente - E' ricchissima l'offerta delle associazioni che organizzano soggiorni a sfondo ecologista
Vacanze a prezzi contenuti per
scoprire la bellezza e la fragilità della natura - Ma ci sono anche i
campi più "politicizzati" insieme ai volontari di don Ciotti
ROMA - In Italia e
all'estero, al mare e in montagna, per bambini e per adulti. L'offerta dei campi
estivi a carattere ambientale è davvero sterminata e in grado di coprire tutti
gli interessi. La sola
Legambiente ne organizza circa 250, offrendo ogni anno ospitalità a oltre 4
mila volontari "Le campagne principali sono due - spiega il responsabile Luca
Gallarano - 'Voler bene Italia', per valorizzare le risorse culturali ed
economiche dei centri con meno di 5.000 abitanti, e la 'Carovana delle Alpi',
finalizzata alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale
dell'arco alpino".
Altro tema sui cui punta Legambiente è quello dello stretto rapporto tra
rispetto ambientale e della legalità. Per questo l'associazione tra giugno e
agosto organizza insieme all'associazione Libera di don Ciotti otto
campi in luoghi simbolo del degrado ecologico e criminale come Corleone o
Marina di Gioiosa Ionica. Un altro aspetto è quello legato alla collaborazione
con il Dipartimento della Protezione Civile in particolare nell'attività di
prevenzione degli incendi boschivi.
Le sistemazioni sono sempre spartane, in campeggi o strutture adattate ad
ostello, per soggiorni che vanno dai 10 ai 15 giorni a prezzi che oscillano tra
i 200 e i 300 euro. In quasi tutti i casi si tratta di campi internazionali, in
cui confluiscono volontari da tutto il mondo, dando così la possibilità di
confrontarsi con giovani di altre culture e mettere alla prova il proprio
inglese. Inoltre spesso le attività previste permettono ai partecipanti di
ottenere crediti formativi validi ai fini della carriera scolastica. Legambiente
non chiede competenze specifiche, ma un'adesione di massima alle finalità
sociali e culturali dell'associazione.
Molto ricca anche
l'offerta del Wwf, la prima organizzazione in assoluto ad aver inventato sin
dagli anni '70 questa particolare forma di vacanza-apprendimento per bambini e
ragazzi. L'associazione del Panda propone circa 80 destinazioni per un totale di
300 turni ogni estate in tutta Italia. Nel 2007 le partecipazioni sono state
oltre 5.000. In questo caso lo studio e la tutela della natura sono protagoniste
incontrastate. "Le attività proposte - spiegano dal Wwf - riguardano i temi
fondamentali dell'attività dell'Associazione, dalla biodiversità alla difesa
delle acque dolci e salate. Chi va al mare impara che è uno degli ambienti più
minacciati dall'uomo e che per proteggerlo dobbiamo difenderne la biodiversità,
conoscendone gli abitanti e non consentendo la pesca selvaggia. Agli amanti
della montagna viene fatta apprezzare l'incredibile varietà di specie animali e
vegetali, ma anche l'importanza delle acque, che proprio dalle montagne hanno
origine e che oggi sono minacciate da inquinamento e altre attività umane".
Per la fascia dei più piccoli, dai 6 agli 11 anni, si va dalla Riviera ligure di
Levante, dove i bambini possono scoprire la bellezza dei cetacei, al Parco
nazionale del Gran Sasso e della Laga, dove in una masseria a "emissioni zero" i
piccoli entrano in contatto con lo splendido paesaggio appenninico. Tra le
offerte per i ragazzini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, il campo
avventura a Malta associa invece l'impegno ambientale all'apprendimento
dell'inglese. Più avventurose le proposte per gli adolescenti dai 14 ai 17 anni,
con ad esempio la possibilità di trascorrere un soggiorno nel Parco nazionale
del Pollino con attività di rafting, arrampicata e mountain bike. I prezzi dei
"campi avventura" targati Panda oscillano tra i 400 e i 700 euro per 9-10 giorni
di vacanza.
Tra le associazioni che offrono l'opportunità di trascorrere un'estate
all'insegna dell'impegno ambientale anche il Cts, che tra
le varie attività organizza quest'anno una "crociera" per la salvaguardia
dei delfini nelle isole greche. Le partenze sono previste con cadenza
settimanale dal 6 luglio al 24 agosto per un costo di 880 euro. "A bordo -
spiegano dall'organizzazione - prima si lavora e poi ci si diverte: si vive
l'esperienza della ricerca in mare a fianco di un biologo, si apprendono le
tecniche di monitoraggio, la fotoidentificazione, le rilevazioni di dati
acustici tramite idrofoni, l'ecologia e l'etologia delle specie marine".
Molto interessanti infine le proposte di alcuni Parchi nazionali come quello del
Gran Paradiso che oltre a periodi canonici di circa dieci giorni, organizza nel
mese di luglio anche dei
"mini campi estivi" della lunghezza di un weekend per consentire agli
appassionati di natura di affiancare in qualità di volontari l'attività
istituzionale del personale del parco.
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 maggio 2008
Ravalico (Pd): «Solo spot sul piano del traffico»
«Ancora una volta si deve evidenziare come il “piano del traffico” venga affrontato periodicamente dal Sindaco e dalla sua maggioranza solo con notizie “spot” senza l’approfondimento che l’argomento meriterebbe». Lo sostiene il consigliere comunale del Pd, Mario ravlico, che in una nota commenta come sia «quanto mai inutile discutere del singolo intervento al di fuori del progetto complessivo e delle relative fasi di attuazione. Tra l’altro, fino ad ora si è parlato più o meno sul nulla: non si conoscono ancora i contenuti del piano e i relativi dati sul traffico. La giunta Dipiazza sulla gestione del traffico cittadino non sembra avere una strategia definita. Più che di modifiche “soft”, la città ha bisogno di un preciso indirizzo di fondo».
Rigassificatore: ancora polemiche Castelmuschio la sede più probabile - Tra due settimane la decisione della commissione governativa |
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«Non è praticabile la soluzione di Punta Ubac per cause ambientali» |
ZAGABRIA Colpo di scena
nell’iter che porta alla definizione della località in cui sorgerà il
terminal Lng nordadriatico. Nella recente seduta della commissione
governativa incaricata di scegliere il sito del futuro rigassificatore, il
presidente della Regione Istria, lo zupano Ivan Nino Jakovcic, si è
decisamente schierato contro la possibilità che sia Punta Ubac, nel Canal
d’Arsa, ad ospitare il megaimpianto. Il numero uno dell’amministrazione
regionale istriana (e presidente del maggiore partito nella penisola, la
Dieta democratica istriana), è intervenuto nella riunione dell’organismo,
sostenendo che è inaccettabile la scelta di Punta Ubac. «La presenza del
terminal metanifero distruggerebbe quell’autentica perla della natura che è
il Canal d’Arsa, lungo la costa orientale istriana. Da parte mia e
dell’amministrazione che rappresento, abbiamo proposto alla commissione di
puntare sul Canal di Fianona, poco più a Nord, il quale è già dotato delle
infrastrutture necessarie. Inoltre, in zona sono presenti centrali
termoelettriche che potrebbero essere azionate a gas». |
Record in regione di malati di cancro |
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FIUME La Regione
litoraneo-montana detiene un triste primato a livello nazionale. (v.b.) |
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 maggio 2008
PASCAL ACOT: STATE SOTTOVALUTANDO IL SURRISCALDAMENTO DELLA TERRA - L’URGENZA DI UN’AZIONE INTERNAZIONALE |
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Tra i massimi esperti
mondiali di scienze climatiche e ambientali, Pascal Acot ha scritto per «Il
Piccolo» questo articolo sull’emerganza clima. Sarà ospite di Vicino/lontano
domenica 18, nel tendone di piazza Libertà a Udine alle 11.30. Sarà al
centro dell’incontro intitolato «Economia/ecologia: lo sviluppo possibile».
Accanto a lui: Corrado Clini. responsabile ministeriale per la tutela
dell’ambiente e del territorio; Marzio Galeotti, economista dei cambiamenti
climatici. Coordina Francesco Marangon. PASCAL ACOT |
Fiume, città più inquinata della Croazia - Secondo uno studio commissionato dal governo si respira un’aria di «terza categoria» |
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IL SINDACO OBERSNEL: «L’ESECUTIVO CI SNOBBA»
FIUME Primato inglorioso
per il capoluogo del Quarnero e Gorski kotar: i suoi abitanti respirano
infatti l’aria più inquinata in Croazia. Oltre a Fiume, sull’indesiderato
podio si trovano ancora Sisak (raffineria dell’Ina) e Kutina (impianti
petrolchimici). È quanto emerge dal piano governativo per il miglioramento
della qualità dell’aria nel quadriennio 2008–2011, in cui si precisa appunto
che la situazione peggiore la si registra a Fiume, a Sisak (a Sud di
Zagabria) e nella slavone Kutina. In riva al Quarnero, dove si respira aria
classificata nella terza categoria, il quadro sta peggiorando di anno in
anno, con principali imputati la raffineria dell’Ina in Mlacca, il cantiere
navale Viktor Lenac a Martinscica e la termocentrale a Urinj. «Nel 2006 e
l’anno scorso la qualità dell’aria a Fiume è scesa dalla seconda alla terza
categoria – ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Marina Matulovic Dropulic
– ciò lo si deve innanzitutto all’aumento nell’atmosfera di emissioni di
idrogeno solforato e di anidride solforosa. Da qui anche le proteste di
numerosi cittadini fiumani per le zaffate maleodoranti che ammorbano la
città, soprattutto in assenza di vento». |
IL PICCOLO - SABATO, 10 maggio 2008
Il ministro Scajola: sì ai rigassificatori - È d’accordo anche il neoassessore regionale all’Ambiente - «Problema energetico troppo importante» |
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«I rigassificatori sono
fondamentali perchè consentono di scegliere da dove rifornirci di gas, ai
prezzi più convenienti, e al riparo da turbolenze politiche o economiche».
Ne è convinto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che, a
poche ore dall’assunzione del mandato e dal giuramento davanti al presidente
della Repubblica, inserisce la sfida del problema energetico tra le priorità
della sua agenda politica. (m.r.) |
Piace il Borgo Teresiano pedonale - «Sì alla pavimentazione in masegno, ne guadagna anche il turismo» |
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REAZIONI FAVOREVOLI ALLA PROPOSTA DEL COMITATO COSAPU
Piace alla gente l’idea della
passeggiata in parallelo alle Rive, da largo Panfili a piazza Venezia. La
proposta presentata dal Comitato cittadino per la salvaguardia del
patrimonio urbano (Cosapu), presieduto da Bruno Cavicchioli, che prevede la
creazione di un nuovo percorso turistico, caratterizzato da una nuova
pavimentazione in masegno, destinata a unire il Borgo Teresiano a quello
Giuseppino e da percorrere a piedi, incontra il favore di tutti,
commercianti, pubblici esercenti, residenti, triestini che lavorano in
centro. |
Piazza Libertà sotto esame - DUE COMMISSIONI PER IL PIANO DI RESTYLING |
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Si terrà martedì alle 10.30,
nella sala del Consiglio comunale, la riunione congiunta della Quarta e
Sesta commissione consiliare. |
IL PICCOLO - VENERDI', 9 maggio 2008
Rigassificatori, no degli ambientalisti - Contrario anche il sindaco di Muggia, ma la Provincia è a favore - Il metanodotto riapre il dibattito |
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Un incubo che si avvera per
alcuni, un passo importante atteso quasi con impazienza per altri. Suscita
reazioni di tenore opposto l ritorno in primo piano, dopo mesi di silenzio,
della questione rigassificatori. A riaccendere i riflettori sono state da un
lato la presentazione del progetto del metanodotto Trieste-Villesse che Snam
Rete gas vorrebbe realizzare per collegare alla rete nazionale l’impianto di
gnl di Zaule targato Gas Natural; e dall’altro la nuova, e per alcuni verso
inattesa, disponibilità al dialogo manifestata dal sindaco Dipiazza. |
Ferriera, Regione e Lucchini unite al Tar - L’ex giunta difende il rilascio dell’autorizzazione ambientale |
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L’amministrazione regionale e il
gruppo bresciano si sono infatti costituiti in giudizio per fare fronte comune
contro l’iniziativa legale avviata dall’amministrazione Dipiazza. Una decisione
evidentemente presa durante le ultime settimane di mandato dell’ex giunta Illy e
che, con ogni probabilità, verrà ora rivista alla luce del cambio al vertice
decretato dalle elezioni di aprile. Difficile infatti che Rento Tondo, dopo aver
ribadito a più riprese di considerare «la chiusura dello stabilimento di Servola
una priorità del nuovo esecutivo», passi dalla parte del nemico, tradendo
l’alleato Roberto Dipiazza.
In attesa di conoscere l’esito del ricorso (il Tar non ha ancora fissato la data
dell’udienza ndr), il sindaco replica intanto all’azienda che, proprio in
risposta alle affermazioni di Tondo, aveva annunciato l’intenzione di adire
anche alle vie legali. «Dove sarebbe la novità in questo caso? - commenta il
primo cittadino -. Sono anni che la Lucchini non fa altro che impugnare le
ordinanze del Comune. Non capisco quindi perchè dovrebbe allarmarmi la
prospettiva di una battaglia legale, visto che la battaglia dura da tantissimo
tempo. Il gruppo bresciano ha speso più in avvocati che in investimenti
ambientali».
Investimenti contestati anche dagli esponenti dei Verdi Metz, Visintin e
Racovelli che, a tal proposito, suggeriscono alla Regione di inasprire i
controlli. «Non è sicuramente nostro fine dare una mano al neo governatore -
scrivono in una nota -. ma ci chiediamo se rientreranno nelle verifiche previste
dall’Autorizzazione integrata ambientale anche uno studio sul problema degli
scarichi emerso nella recente inchiesta sulle modifiche della linea di costa». (m.r.)
Mille bambini con Kugy in difesa dell’ambiente - AL GIARDINO PUBBLICO - Premiazioni con musica del concorso della Provincia |
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Quasi mille bambini hanno
partecipato all’edizione 2008 del concorso Julius Kugy, dedicato quest’anno
al tema dell’ecologia e della tutela dell’ambiente e organizzato dalla
Provincia. Tante le scuole che hanno aderito all’iniziativa, dagli asili
nido alle scuole secondarie, insieme a singoli studenti, società o
associazioni. Tutti gli elaborati, composti da disegni e parole, sono
visibili al pubblico grazie alla mostra allestita nelle sale dell’Arac in
questi giorni. |
Spalatino, amianto nell’aria - Rilevati dati tre volte superiori alle norme - Rapporto tenuto nascosto - La città di Vranjic risulta contaminata da molti anni |
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SPALATO Scoppia il «caso amianto» a Vranjic, piccola località di mare nei pressi di Spalato e dove da sessant’ anni è in funzione la fabbrica di materiali edili Salonit. In base ad un documento in possesso della Tv nazionale croata (Htv), nell’aprile dell’anno scorso la concentrazione di asbesto nell’aria sarebbe stata di tre volte superiore rispetto alle norme dell’Organizzazione mondiale della Sanità. I controlli erano stati commissionati dall’Istituto croato per l’edilizia e pagati dalle casse statali, ma i risultati non sono mai stati presentati alla popolazione dell’area. Un muro di omertà, squarciato però dalla Tv pubblica e che confermerebbe quanto già si sapeva: il materiale a base di amianto, prodotto fino ad un paio d’anni fa dalla Salonit, rappresenta un grave pericolo per la gente del posto e per gli abitanti di una vasta porzione della Dalmazia centrale, Spalato inclusa. Nelle vicinanze dello stabilimento, ossia nella cava dismessa di Mravinac, si trova un gran quantitativo di prodotti di scarto, che contengono asbesto. Per procedere al risanamento, il predetto Istituto per l’edilizia aveva ordinato il monitoraggio dell’area, vedendosi recapitare dei risultati catastrofici che nessuno ha voluto diffondere, ad eccezione dell’ Htv, il cui telegiornale in prima serata di mercoledì ha pubblicato la notizia bomba. Al ministero dell’Ambiente, solitamente agguerrito nei confronti di inquinatori e dei responsabili di abusivismo edile, tutti hanno tenuto la bocca cucita, smentendo che esista un documento del genere. Invece il rapporto c’è ed è stato presentato da un giornalista dell’Htv al direttore dell’ Istituto croato di tossicologia, Franjo Plavsic, che ha parlato di valori dannosi per la salute dell’uomo. (a.m.) |
INQUINAMENTO - I dati della Ferriera |
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Oggi, mi sento sopraffatto dallo
sconforto di chi si rende conto che non c'è problema, per grave che sia, che
sfugga all'oblio del tempo. Se poi l'uomo ci aggiunge di suo «un disinteressato
contributo», tutto il processo si velocizza in maniera proporzionale. Mi
riferisco alla Ferriera di Servola ed alla sua drammatica realtà. Tralasciando
tutto il resto, leggo che i dati degli sforamenti del pm 10, il 17 marzo scorso,
sono stati di 35 volte superiori ai limiti di legge (Arpa) ma dovendoli
includere nelle 24 ore della giornata (dichiarazione di Rosato), si perviene a
questo risultato, a dir poco, impressionante. L'aria risulta essere l'optimum
per una zona adatta alla riabilitazione di pazienti già affetti da malattie
respiratorie (o giù di lì).
Poco tempo fa, leggevo sulla prima pagina del Piccolo che un esperimento fatto
in Ferriera, con un banalissimo accorgimento, portava all'aumento della
produzione e nel contempo alla riduzione drastica dell'inquinamento. Ergo la
conclusione del responsabile: «Più si produce meno si inquina». A questa
conclusione si associava, ad occhi chiusi, anche il vostro intervistatore, senza
pensare che, se la cosa avesse avuto un minimo di fondamento, il responsabile
della produzione sarebbe stato immediatamente licenziato per non aver messo in
atto quel «banale accorgimento» quindici anni prima, evitando oltretutto, tante
grane alla «proprietà». Questi discorsi sono certo che non piacciono ai
triestini, in quanto gente semplice, ma non imbecille. I dati sono quasi sempre
esatti, è invece il loro uso che è improprio e sicuramente confutabile. Ultimo
caso quello delle analisi fatte agli operai e ad un gruppo di abitanti del rione
di Servola, utilizzate in maniera del tutto opinabile, con raffronti ed
accostamenti che sembrano delle trovate di studi di produzione di cartoni
animati.
Illy è sempre stato dalla parte della Lucchini; sempre coerente con le proprie
idee, tralasciando, ove non fosse stato necessario, di parlare
dell'inquinamento, ma puntando – come ha fatto più di una volta sul fatto che
chi aveva deciso di «andare ad abitare a Servola e Valmaura, sapeva a cosa
andava incontro», punto e basta!
Certo che la ricerca di continue scappatoie è un gioco, per gli avvocati che la
Lucchini può permettersi. Si gioca di punta di fioretto. Ed il gioco sarebbe
divertente ed altamente stimolante se la controparte non fosse costretta a
giocarsi la propria salute. Questo vale per tutti i triestini e ancor di più per
coloro che abitano in prossimità dello stabilimento o sulla traiettoria dei
venti più presenti nella nostra zona, per non parlare poi di quei poveri operai
della Ferriera che sono costretti a barattare la propria vita per un pezzo di
pane. Perché, per gli operai, questa è la realtà!
Argeo Stagni
MADDALENA - Alberi tagliati |
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Perché le istituzioni
politico-amministrative non hanno vietato il taglio degli alberi? La
proprietà privata può fare ciò che vuole? Gli ambientalisti non contano un
fico secco? |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 maggio 2008
In Comune si riparla del rigassificatore - Andrà valutato anche il metanodotto proposto da Snam |
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Sta già per tornare in Consiglio
comunale la questione del rigassificatore che secondo il progetto di Gas
Natural dovrebbe sorgere a Zaule sull’area ex Esso. La pubblicazione da
parte di Snam dell’avviso con cui chiede al Ministero dell’Ambiente la
Valutazione d’impatto ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse che
dovrebbe collegare il rigassificatore alla rete nazionale del gas potrebbe
rilanciare il progetto che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza definisce
«un’occasione da non lasciarsi sfuggire». |
Azienda pronta alle vie legali per tenere aperta la Ferriera - Belci (Cgil): «Se Tondo ha una proposta la tiri fuori e ci convochi» |
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L’alternativa è solo un confronto collaborativo con la Regione |
Né tra un anno né tra due.
Chiudere entro il 2009 la Ferriera di Servola, per la proprietà, è fuori
discussione. La convinzione, su questo punto, sarebbe tale da vederla pronta
a difendere il proseguimento dell'attività siderurgica con le unghie e con i
denti. E presso ogni sede, senza escludere quella legale. Secondo
indiscrezioni provenienti da Brescia, se il presidente del Friuli Venezia
Giulia Renzo Tondo dovesse persistere nel dettare - sulla base del ventilato
protocollo del 2003 - le condizioni della dismissione dello stabilimento nei
limiti di tempo prospettati all’insediamento della giunta, il gruppo
Lucchini-Severstal potrebbe valutare la tutela dei propri diritti in ogni
modo. Anche contrastando nella maniera più opportuna atti che potrebbero
essere ritenuti illeggittimi. Perché, dal suo punto di vista, il diritto
alla proprietà privata, all’attività produttiva e al lavoro degli operai
andrebbe preservato con qualsiasi mezzo. Se, dunque, si perseverasse
nell’annunciare una dismissione «imminente» - perché tale pare la scadenza
del 2009 - si prospetterebbe un serrato braccio di ferro. TIZIANA CARPINELLI |
Mare pulito, Grado e Lignano bandiere blu - Premiati la Lega navale di Trieste e l’Hannibal di Monfalcone fra i porti turistici |
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Il vessillo verrà issato durante la stagione estiva. Giudizio ok anche per Porto San Vito |
La città ha puntato da diversi anni sulla salvaguardia della spiaggia nell’ottica ecologica |
TRIESTE Le Bandiere blu
non smettono di sventolare nelle località di Grado e Lignano. È il verdetto
della Fondazione per l’educazione ambientale (Fee) che anche quest’anno ha
assegnato, in collaborazione con il Consorzio obbligatorio per la raccolta
delle batterie esauste (Cobat), il riconoscimento alle due località balneari
del Friuli Venezia Giulia. |
A Sabbiadoro migliori servizi - Riconoscimento anche sul fronte della raccolta rifiuti |
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LIGNANO Silvano Delzotto,
il sindaco, ricorda che è la diciottesima consecutiva, diciannove in totale,
«non fosse stato per il problema alghe a fine anni Ottanta, saremmo da
record». Lignano festeggia la “bandiera blu”, l’ennesima, e sottolinea che
il riconoscimento assegnato dalla Fee (Foundation for Enviromental education)
non riguarda solo la pulizia delle acque ma anche il servizio, la
ricettività, la viabilità. |
L’Isola del Sole al top per l’ambiente - Fra i punti a favore l’impianto di depurazione da 80mila utenti |
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GRADO L’Isola del Sole è
ormai una veterana della Bandiera blu. Quello ritirato ieri a Roma
dall’assessore comunale al Turismo, Maurizio Delbello, è il diciannovesimo
vessillo per la città di Grado. Sarà issato nel corso di una cerimonia
ufficiale in programma, come tradizione, nel corso della prossima stagione
balneare. Per gli approdi il medesimo riconoscimento è andato inoltre a
Porto San Vito. |
Rigassificatore: Veglia favorita - L’investimento previsto è di 800 milioni di euro per 10mila posti di lavoro |
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Domani la decisione croata sulla localizzazione dell’impianto |
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FIUME A meno di ulteriori
rinvii, al momento improbabili, domani a Zagabria sarà scelto il sito dove
sorgerà il rigassificatore nordadriatico. La decisione sarà comunicata dai
componenti della commissione governativa per la metanizzazione del Paese, ma
già da tempo è filtrata la notizia che sono due le località in ballo, il
Canal d’Arsa, in Istria, e Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia.
Domani i responsabili della commissione dovrebbero sciogliere gli ultimi
dubbi, dopo che per lunghi mesi un team di esperti ha monitorato le
caratteristiche di cinque siti altoadriatici, portando a termine una
scrematura che ha ridotto a due le ubicazioni papabili (e appetibili). |
No Tav a Barroso: falsi i preventivi italiani - «Costi sino a nove volte la media europea». Da Bruxelles il monito sui ritardi |
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LETTERA APERTA AL COMMISSARIO UE AI TRASPORTI
BRUXELLES «I dati sui
costi forniti dal governo italiano per le tratte italiane da Bussoleno a
Trieste del progetto prioritario 6 sono assolutamente falsi»: è quanto
dicono i Comitati no-Tav in una lettera aperta al commissario Ue ai
Trasporti Jacques Barrot, ma anche ai membri dell'europarlamento e ai
ministri Ue dei Trasporti, nonchè al coordinatore del progetto Torino-Lione,
Laurens Jan Brinkhorst. |
MADDALENA - Alberi abbattuti |
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Sulle «Segnalazioni» del 28
giugno 2005 proponevo al Comune di Trieste ed alla Circoscrizione di esporre
ai cittadini i progetti relativi al comprensorio dell’ex-Ospedale della
Maddalena, attraverso i mezzi d’informazione e incontri da tenere nel rione,
anche al fine di dare ascolto alle necessità dei residenti. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 maggio 2008
Un metanodotto per il rigassificatore - SVOLTA PER L’IMPIANTO DI ZAULE - NUOVI DOCUMENTI ALL’ESAME DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE
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La Snam studia un collegamento via mare e Dipiazza riapre a Gas Natural: «Si tratta di un’opportunità che la città non deve lasciarsi scappare» |
Nel giorno in cui la Snam
annuncia di aver avviato la procedura per la Valutazione d’impatto
ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse per collegare alla rete
nazionale il rigassificatore che dovrebbe essere realizzato a Zaule, il
sindaco Roberto Dipiazza riapre a favore dell’impianto in un modo che dopo
una presunta rottura può anche apparire clamoroso, sebbene il sindaco sia
sempre stato favorevole. «La trattativa con gli spagnoli di Gas Natural che
hanno presentato il progetto del rigassificatore continua - annuncia il
sindaco - il Consiglio comunale su mia indicazione aveva votato contro
poiché gli spagnoli non avevano accettato la nostra proposta sugli accordi
economici, ma un accordo si può tentare ancora di farlo. Con il petrolio
alle stelle, il rigassificatore potrebbe essere una buona opportunità per
Trieste. Spetterà alla città decidere, ma io non mi lascerei sfuggire
l’occasione.» SILVIO MARANZANA |
Ferriera, la Severstal replica a Tondo: non ci sono le condizioni per chiudere - INTERVIENE LA PROPRIETA’ DOPO L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE |
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«Non c’è oggi alcun legame con
le condizioni che portarono alla firma del protocollo d’intesa del 2003». La
Servola Spa Gruppo Lucchini-Severstal replica così alle dichiarazioni del
neo-presidente della Regione, Renzo Tondo, che l’altro giorno aveva detto di
voler ripartire proprio dal documento stipulato con l’allora ministro Altero
Matteoli per arrivare alla chiusura della Ferriera di Servola, di cui è
direttore Francesco Rosato, entro il 2009. «Non esistono attualmente
motivazioni concrete e reali per ipotizzare una chiusura dello
stabilimento», continua la nota diffusa dalla società proprietaria
dell’impianto. Forte pure dei risultati dei recenti esami su lavoratori e
residenti in zona, che non avevamo fornito esiti allarmanti. Quindi, la
produzione va avanti. Così come gli interventi di ammodernamento previsti
secondo quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
rilasciata dalla Regione. Oltre a questi, la Lucchini ha pianificato
ulteriori investimenti per un importo totale da 18 milioni di euro. Nello
specifico, fra le iniziative messe in preventivo nel giro di un anno, ci
sono «l’avvio di un processo di automazione delle macchine del reparto
cokeria, la pavimentazione dei piazzali interni, l’implementazione di nuovi
impianti di trattamento delle acque e la realizzazione di una serie di
interventi edili». Inoltre, «nel corso del prossimo biennio è in programma
l’avvicendamento dei due altoforni per poter attuare una serie di interventi
di manutenzione straordinaria», al fine di «migliorare l’efficienza del
processo per la riduzione del consumo di combustibili». In questo quadro si
inseriscono anche l’annunciato piano triennale (2008-2010) di recupero degli
scarti di lavorazione e l’avvio dell progetto «Qualità ambiente di lavoro»
(il cui valore ammonta a 2.500.000 euro) che dovrebbe consentire nel giro di
un anno e mezzo di migliorare la vivibilità negli spazi comuni e negli
ambienti di lavoro della Ferriera stessa. MATTEO UNTERWEGER |
FERRIERA - Barduzzi: emissioni entro i limiti - «In caso di chiusura chi dovrebbe pagare le bonifiche?» |
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Altro aspetto di riflessione nel
caso Ferriera è quello dei terreni. «Nel caso la Servola Spa Gruppo
Lucchini-Severstal decidesse di chiudere lo stabilimento, a quel punto chi
bonificherebbe l’area per la sua riconversione?». A porre il quesito è
Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. Che aggiunge: «I costi
sarebbero talmente alti che non saprei davvero chi potrebbe accollarseli. I
terreni sono di proprietà della Lucchini-Severstal e, in parte,
dell’Autorità portuale». (m.u.) |
FERRIERA - Spazi sottratti al mare Il sindaco ha le foto - INCHIESTA DELLA PROCURA |
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Dovrà essere ridisegnata la
mappa della linea di costa antistante la Ferriera di Servola. Secondo
l’inchiesta avviata dal pm Federico Frezza e affidata al geologo Franco
Coren, lo stabilimento siderurgico dal 1974 al 2007 ha complessivamente
«rubato» al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a
otto campi di calcio. In altri termini la Ferriera si è notevolmente
allargata a scapito della superficie acquea del vallone di Muggia. CLAUDIO ERNÈ |
FERRIERA - Ecco perché non si può dismettere - L’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE RESTA |
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L’ordinanza comunale può arrivare solo con sforamenti continuati |
L’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) è stata rilasciata alla Servola Spa Gruppo
Lucchini-Severstal dalla Regione, si tratta di un provvedimento che ha la
forza di legge regionale e una validità di sei anni (con verifiche
periodiche sull’effettuazione degli adeguamenti programmati). È stata
istituita a livello nazionale, dando la possibilità alle aziende di
richiederla. (m.u.) |
I Verdi: no al progetto all’ex Maddalena |
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I Verdi per la pace protestano contro la riqualificazione dell’area ex Maddalena. «Nonostante l’aria di primavera che ci invita a uscire e a godere del nostro splendido territorio e delle sue bellezze, una parte della città è stata violentata dall’ennesimo intervento che vedrà sorgere nell’area della Maddalena negozi (per un totale di 5.000 metri quadri di area commerciale), 250 alloggi di edilizia residenziale pubblica e relativi parcheggi - si legge in una nota a firma Alfredo Racovelli e Giorgia Visintin -. Si tratta di un parco che risale agli inizi del ‘900 e che evidentemente era di ingombro per il nuovo progetto di riconversione visto che attualmente non è rimasta nemmeno una specie vivente in quel territorio ovvero arbusti, ippocastani centenari, frassini ecc., compresi gli ulivi per la pace donati nel 2000». La lettera chiama poi in causa Dipiazza: «Il sindaco in consiglio ha ribadito che su di un’area privata il Comune non può fare nulla per cui il privato può fare quello che vuole. Ma è proprio così? In realtà il regolamento sul verde pubblico e in particolare l’articolo 38 permette all’amministrazione di intervenire a tutela del verde che sorge su di un’area privata». Infine, un auspicio: «Vedremo se il sesto assessore a pianificazione e ambiente dal 2001 ad oggi saprà tenerne conto». |
Borgo Teresiano solo per pedoni Lo chiede il comitato Cosapu - «Il percorso parte da piazza Libertà, passa da largo Panfili e termina in piazza Venezia» |
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Lo studio per salvare i masegni verrà proposto al Comune |
Un’ area pedonale più estesa nel
centro di Trieste che collega il Borgo Teresiano al Borgo Giuseppino. Il
tutto per salvaguardare i masegni che raccontano la storia degli ultimi anni
di vita triestini narrati magari dai segni incisi sul lastricato. GABRIELA PREDA |
I corridoi transeuropei costeranno il 17% in più - Bruxelles preoccupata dei ritardi nei progetti: l’Italia dovrà lavorare di più |
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BRUXELLES I trenta progetti
prioritari di reti transeuropee costeranno oltre 397 miliardi di euro, quasi
il 17% in più rispetto a quanto preventivato nel 2004 (340 miliardi). La
cifra, resa nota dalla Commissione europea in base a informazioni ricevute
dagli Stati membri nell'aprile scorso per una verifica dei progressi fatti,
è più alta di quella contenuta in uno studio già realizzato a cura del
Parlamento europeo (379 miliardi, pari all'11,6% in più). |
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 maggio 2008
Tondo: chiudere la Ferriera è una priorità - «Proveremo a recuperare il tempo perso ripartendo dal protocollo Matteoli» |
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È una priorità della giunta
Tondo favorire la procedura di chiusura e riconversione della Ferriera di
Servola. Un tema battuto in campagna elettorale dal candidato governatore
del Friuli Venezia Giulia, ribadito anche nel giorno dell’insediamento
ufficiale della sua giunta regionale in piazza Unità. PIETRO COMELLI |
Duino, Veronese chiede che la Provincia tratti sugli elettrodotti |
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DUINO AURISINA Approda anche in
Consiglio provinciale la questione degli elettrodotti e del passaggio dei
tralicci a Duino Aurisina. Con una mozione da discutere nella prossima
seduta, il consigliere Massimo Veronese (ha doppio ruolo, in Provincia e in
Comune a Duino Aurisina) ha chiesto alla Provincia di farsi garante
dell’istituzione di un «tavolo di coordinamento tra Comuni e gli altri
operatori pubblici e privati del territorio carsico per predisporre,
attraverso metodi partecipativi, un protocollo d'intesa che definisca le
linee guida per la zonizzazione dei ”corridoi tecnologici” e le modalità
tecniche alle quali vincolare la realizzazione delle prossime strutture di
trasporto di energia, gas e carburanti». Il tavolo avrebbe lo scopo di
trovare un accordo tra tutte le parti coinvolte dal passaggio
d’infrastrutture, in modo da creare un «gruppo di pressione» per poter
contrattare al meglio con quanti chiedono di attraversare il territorio per
trasportare energia. Il tavolo - auspica il centrosinistra - dovrebbe
prevedere procedure partecipative, affinché la popolazione interessata possa
avere voce in capitolo ed esprimere direttamente le proprie opinioni di
fronte agli amministratori. (fr.c.) |
SNAM - Metanodotto Trieste - Grado Villesse
Avviso al Pubblico - Istanza di pronuncia di compatibilita' ambientale al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali.
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 maggio 2008
Ferriera, calano rispetto al 2007 le emissioni di sostanze nocive - Hanno inciso in modo sensibile le condizioni meteo. In arrivo criteri più rigidi per i controlli |
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I dati degli studiosi incaricati dalla Procura in linea con i valori dell’Arpa |
Le condizioni climatiche di
febbraio e marzo - vento e piogge - hanno mantenuto bassi nell’atmosfera di
Servola i valori delle polveri sottili e del benzoapirene. CLAUDIO ERNÉ |
Coped-Camminatrieste vara nuove iniziative |
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Continua il ciclo di iniziative promosse dall’associazione Coped-Camminatrieste a tutela dei diritti del pedone e della sicurezza stradale. L’associazione in passato ha varato diverse manifestazioni che in particolare hanno visto insieme anziani e allievi delle scuole primarie. Venerdì prossimo avrà luogo una passeggiata sul Carso senza confini, intorno alle grotte di San Canzian e Lipizza. Giovedì 22 maggio invece studenti e pedoni insieme a nonni e nipoti passeggeranno attraverso la pista ciclopedonale con partenza da Altura e pranzo al sacco in val Rosandra. Il centro di riferimento per queste iniziative è la sede di Coped-Camminatrieste in via Foscolo 7. |
La russa Lukoil sbarca in Croazia: punta al rigassificatore di Veglia - La compagnia petrolifera guarda anche all’oleodotto Janaf |
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Pronto il progetto per un deposito di greggio a Ploce capace di accogliere 200mila metri cubi |
FIUME I petrolieri russi
sbarcano in Croazia. Se ne era già parlato all’inizio dell’anno sulla base
di indiscrezioni corredate da un punto interrogativo. Che ora è stato
rimosso. La Lukoil, una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali (oltre
90 milioni di tonnellate di petrolio estratte l’anno scorso, con l’aggiunta
di 7,6 milioni di metri cubi di gas), ha fatto ufficialmente il suo ingresso
sul mercato croato con l’acquisto di sette distributori nelle aree di
Zagabria e Spalato. Le stazioni di servizio in questione appartenevano
finora alla piccola compagnia privata Europa Mil. Il colosso moscovita del
petrolio e gas naturale – che probabilmente non si accontenterà di recitare
solo un ruolo di comprimario in Croazia – comincia quindi a proporsi come
alternativa alla croata Ina (con forte partecipazione dell’ungherese Mol) e
all’austriaca Omv, quest’ultima comunque relegata tuttora a un ruolo
secondario. E non appare certo privo di significato il fatto che Lukoil
detenga già una quota azionaria della compagnia magiara. |
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 maggio 2008
L’elettrodotto di Visogliano non sarà interrato - Nuova proposta della Terna: tralicci più alti e lontani dalle case |
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Il sindaco Ret: «Mi sembra comunque una buona base da cui partire» |
DUINO AURISINA Niente più
interramenti per l'elettrodotto che passa per Visogliano e San Pelagio. Si
ridiscute, a Duino Aurisina, il nuovo tracciato dell'alta tensione, su
proposta della Terna, la società che gestisce buona parte degli elettrodotti
nazionali. Dopo l'accordo del settembre 2006, quando il comune aveva dato
parere favorevole al tracciato che prevedeva l'interramento a Visogliano e
lo spostamento dell'alta tensione dalla zona delle case di San Pelagio - e
dopo una ulteriore richiesta di interramento anche per San Pelagio - ora il
Comune si trova di fronte a una nuova proposta di progetto, ancora diversa.
Nulla verrebbe più interrato, ma per quanto riguarda Visogliano l'alta
tensione verrebbe posizionata su tralicci molto più alti degli attuali, e
spostata lontano dalle case. Una soluzione che, a prima vista, sembra non
essere negativa, ed è stata accettata con una visione possibilista da parte
del sindaco. Niente interramenti neanche a San Pelagio, ma anche qui uno
spostamento e un innalzamento, che avvantaggerebbe i residenti, ma non i
coltivatori della zona, poiché il tracciato continuerà a passare lungo i
campi dei contadini. |
Via alla ferrovia Fiume-Botovo L’alta velocità pronta nel 2014 - Entro due mesi lo studio di fattibilità, fra un anno i cantieri |
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Il porto croato diventerà concorrente di Trieste e Capodistria |
FIUME Il progetto sta per
venire alla luce, come pure lo studio sull’impatto ambientale, mentre nei
prossimi due mesi sarà varato lo studio di fattibilità. Seguiranno le
procedure per l’ottenimento del permesso di costruzione, mentre i lavori
veri e propri dovrebbero cominciare nella primavera 2009. Zagabria non perde
tempo con quello che gli esperti hanno definito il più grande progetto
infrastrutturale del secolo per la Croazia: la ferrovia pianeggiante
Fiume-Botovo, al confine con l’Ungheria, che dovrebbe entrare in funzione
nel 2014. La nuova strada ferrata è destinata a cambiare in meglio le sorti
della Fiume portuale, di una città che da secoli è il terminale (o la parte
iniziale) dei trasporti su rotaia dell’Ungheria e di una vasta porzione
mitteleuropea. |
IL PICCOLO - SABATO, 3 maggio 2008
Wwf: stop al Riviera allargato - PIANO DI AMPLIAMENTO DELL’ALBERGO - Secondo gli ambientalisti sarebbe altro cemento sulla Costiera |
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Il Wwf insorge contro
l’ampliamento dell’hotel Riviera di Grignano, per il quale è ancora in corso
la procedura di valutazione dell’impatto ambientale regionale. In una nota
l’associazione ambientalista sostiene di aver rilevato tra le osservazioni
presentate nell’ambito di tale procedura (e di recente integrate) «gli
effetti negativi di questo progetto sul delicatissimo ambiente costiero». |
Dall’Università della terza età 35 «sì» alle analisi di raffronto con i servolani - L’AZIENDA SANITARIA FISSERÀ I PRELIEVI |
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Sono 35, hanno detto di sì. È
stato individuato all’Università della terza età che, interpellata
dall’Azienda sanitaria, aveva dato la propria disponibilità a collaborare
all’iniziativa, il campione di cittadini disposti a offrirsi spontaneamente
per analisi del sangue e delle urine come test di raffronto rispetto agli
abitanti di Servola che lo hanno appena concluso. |
Il Verde duinese Rozza: «Elettrodotto da interrare» - L’ecologista porta a sostegno della proposta nuove norme Ue e dati sulla nocività |
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Il consigliere chiede al Comune di trattare con Terna spa |
DUINO AURISINA Ci riprova, il
consigliere comunale di Duino Aurisina Maurizio Rozza. Prova a convincere la
maggioranza in Consiglio comunale a Duino Aurisina a rinegoziare con la
società Terna spa percorsi e interramenti dell'elettrodotto che taglia in
due il territorio comunale, passando vicino a molte abitazioni nelle zone di
Visogliano e Malchina. |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 maggio 2008
Rifiuti, Italia deferita alla Corte di giustizia europea - La Commissione è convinta che «Roma non rispetti la normativa». Il commissario lotta contro il tempo |
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BRUXELLES Gli sforzi fatti
finora per risolvere la tragica situazione dello smaltimento dei rifiuti in
Campania non sono sufficienti per cui la Commissione ha deciso di deferire
l’Italia alla Corte di giustizia europea il 6 maggio. Il passo politico
finale è stato fatto ora dall’esecutivo comunitario ma per motivi di
procedura, e di festività che si accavallano, la decisione formale sarà
varata solo martedì prossimo. |
Pola: allarme spazzatura «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria» - Alzata di scudi contro il progetto di una megadiscarica regionale a Medolino |
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Cresce continuamente d’intensità
la protesta contro il progetto della discarica regionale a Castion, località
nel Comune di Medolino, ai lati della strada che porta a Promontore. Qui da
40 anni esiste già una piccola discarica per il fabbisogno del territorio
polese nella quale in tutto questo tempo sono finite 355.000 tonnellate di
immondizie. Comunque piccola cosa in confronto al futuro centro rifiuti che
avrebbe la superficie pari a 70 campi di calcio con un effetto ambientale
ritenuto devastante visto che nel raggio di 2 chilometri ci sono le spiagge,
i contenuti turistici e le prime abitazioni. Gli abitanti della zona sono in
allarme: «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria». Perchè una
discarica regionale - si chiedono - che rischia di diventare un mostro
ecologico? Per raccogliere in un unico punto, così i promotori e sostenitori
tra cui il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic, le 116 mila
tonnellate di rifiuti che annualmente finiscono in varie discariche locali,
alcune delle quali precarie e abusive. Nella nuova discarica una parte dei
rifiuti verrebbe semplicemente depositata, un’altra sarebbe sottoposta a
riciclaggio e la terza parte verrebbe trasportata nell’inceneritore della
Fabbrica cementi di Valmazzinghi vicino ad Albona. |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 aprile 2008
Fuori dal Piano del traffico corso Italia pedonale - Bocciata la viabilità alternativa in via Torrebianca. Via Cassa di Risparmio sarà chiusa alle auto |
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Dopo l’annuncio del sindaco Dipiazza emergono le prime indicazioni su come il Comune intende rivedere la mobilità in centro
Un’interpretazione «soft» della
bozza Camus che si limiti a proseguire in modo graduale la pedonalizzazione
del centro, e non stravolga la viabilità ordinaria. È l’idea a cui starebbe
pensando Roberto Dipiazza per tradurre in pratica la decisione, annunciata
ieri un po’ a sorpresa, di riprendere urgentemente in mano il Piano del
traffico «epurandolo però di molte cose». Maddalena Rebecca |
Crisi dell’apicoltura la Regione in aiuto - Riunione operativa a Udine |
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UDINE La Regione corre ai ripari per tentare di risolvere la crisi del settore apistico in Fvg, causata dalla moria di api, dovuta sia alla Varroa (un acaro infestante) sia ai prodotti con i quali vengono conciate le sementi di mais prima della semina, realizzati con sostanze derivate dalla nicotina. In Fvg nel 2006 c’erano 27.600 alveari. Quest’anno, in alcune zone è stata riscontrata una perdita delle famiglie di api in corrispondenza con la semina del mais in percentuali che variano dal 20 al 50 per cento, con punte anche del 60 per cento. Per affrontare l’emergenza si è svolta una riunione nella sede della direzione centrale delle Risorse Agricole a Udine, cui hanno preso parte anche i rappresentanti dei Consorzi tra gli apicoltori, i tecnici del Laboratorio apistico regionale, del servizio Fitosanitario dell’Ersa, l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale e il direttore del Servizio sanità pubblica veterinaria. È stato annunciato l’avvio di un progetto di ricerca sulla situazione di crisi del settore, finanziato dal Ministero ed è stato deciso di affidare al Laboratorio apistico regionale l’incarico di avviare le ricerche approfondite sulla moria delle api. |
Ferriera, dopo i test clinici è il momento di intervenire
Scrivo a questa rubrica in merito
agli articoli apparsi nei giorni 17, 18 e 19 aprile sul nostro quotidiano.
Giovedì, rendendo noti i risultati sulle analisi di parte dei lavoratori della
Ferriera di Servola, si diceva che tali maestranze sono mediamente esposte a
benzene e benzoapirene in proporzione da tre a sei volte rispetto al limite di
legge. Il giorno seguente, il responsabile del Dipartimento di prevenzione e
sicurezza del lavoro Valentino Patussi diceva testualmente: «Quelli rilevati
sono indicatori di esposizione e non di danno o malattia». Se ben ricordo, il
limite di legge espresso in nanogrammi per benzene e benzoapirene è di 0,1 per
l’esterno degli stabilimenti, e un già inspiegabile 0,77 per i reparti
operativi.
Se la matematica non è un’opinione, vuol dire che tali persone sono state
esposte a valori compresi tra i 2,31 e i 4,62 nanogrammi.
Ricercatori seri e capaci hanno stabilito che la continua esposizione a valori
superiori a quelli di legge, non porta a un elisir di lunga vita, ma essendo
essi tra i maggiori e più pericolosi inquinanti, portano tumori principalmente
ai polmoni e alla pleure i cui picchi si avranno tra il 2015 e il 2020 come
veniva illustrato nel Maurizio Costanzo Show del 31 gennaio 2008. Quindi signor
Patussi... indicatori di esposizione oggi... di danno e malattia domani!!!
È poi curiosa l’asserzione che tutto sommato l’aria di Taranto e della Germania
dove ci sono impianti analoghi è più inquinata. È come dire che agli abitanti di
un palazzo che si sta inclinando per un cedimento strutturale: «Non
preoccupatevi, tanto la torre di Pisa pende più della vostra casa».
Sconvolgente!
Però il giorno 18 sempre sul quotidiano si legge che i carabinieri hanno
denunciato due giovani e sequestrato le reti e il pescato in quanto sorpresi a
catturar pesci nelle acque antistanti la Ferriera, sito inquinato di interesse
nazionale. Strano però visto che secondo alcuni non c’è correlazione tra
inquinamento prodotto e malattie. È poi illogico pensare che solo il pesce
pescato vicino la Ferriera risulta da esso inquinato e sapendo che esso si
sposta in altri fondali e in altri spazi. Evidentemente l’azione dei carabinieri
denota un inconfutabile stato di pericolo che dovrebbe ulteriormente farci
riflettere.
Quindi, alla luce di tutto ciò, concludo facendo un complimento al nostro
sindaco per aver divulgato sul Piccolo del 19 aprile le sue forti preoccupazioni
per dei dati a dir poco spaventosi di inquinamento. Auspico ciò che lui ha detto
e cioè che adesso Comune, Regione e governo sono della stessa casacca, possano
davvero fare degli interventi forti verso questo stabilimento e questa
irriguardosa proprietà.
Però caro sindaco, forse è più semplice e corretto invece che far evacuare dalle
loro case costate sudori e fatiche 25mila abitanti di Servola e Valmaura, far
evacuare nella loro Brescia questi signori senza scrupoli che si divertono a
giocare con le nostre vite e con quelle dei lavoratori per il loro lurido
guadagno.
Monia Carli
Servola nuoce |
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Servola... e mentre tutti o
quasi fanno a gara perché venga chiusa la Ferriera... Servola sta morendo di
per se stessa. Agonizzante... sopravvive per la voglia di quei pochi
commercianti rimasti e quegli abitanti che, di padre in figlio continuano ad
amarla. Eppure è un rione bello; che ha fatto parte della storia di Trieste.
A pochi passi dalla grande viabilità (sbocco per uscire dalla città),
raggiungibile da ogni parte con i bus 8 e 29. Tante case disabitate, negozi
chiusi. Nessuno si occupa di questo rione. Riqualificano tutto e dappertutto
ma a Servola nulla! La si nomina solo per la Ferriera. |
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 aprile 2008
Dipiazza: «Farò il Piano del traffico» - Il primo cittadino potrebbe tenere per sé la delega abbinata anche al nuovo Piano regolatore |
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«Prima la nuova giunta, poi lo toglieremo dal cassetto ma depurandolo di tante cose» Il sindaco risponde agli inviti dei forzisti Marini e Piero Camber che avevano indicato tra le priorità le modifiche alla viabilità
«Non abbiamo più scuse» è il
messaggio di Bruno Marini. «Ora verranno prese delle decisioni» annuncia
Piero Camber. Un richiamo all’ordine sul Piano del traffico al quale il
sindaco Roberto Dipiazza non si tira indietro. «È la prima cosa che
affronteremo finito il periodo elettorale», dice il primo cittadino. Dando
una risposta sostanzialmente affermativa ai due uomini forti del Popolo
della libertà - sponda forzista, proprio come Dipiazza - ma dettando le
condizioni. Perché il tormentone del Piano del traffico, tirato fuori e più
volte riposto nei cassetti di piazza Unità, a breve avrà una soluzione. Nei
tempi e nei modi indicati da Dipiazza. Pietro Comelli |
Autobus, Trieste Trasporti subappalta dieci linee - Partito il bando di gara. L’azienda: coinvolte solo tratte marginali, la qualità del servizio resterà immutata |
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A breve 10 linee del trasporto
pubblico locale non saranno di fatto più gestite dalla Trieste Trasporti. A
seguito dell'esternalizzazione di una parte dei percorsi, determinati
autobus non saranno più guidati dai conducenti della società di via dei
Lavoratori. Le linee interessate a questo cambiamento sono la 13, ovvero la
navetta al centro di tante discussioni che da Cattinara traghetta gli utenti
fino a Raute, la 33 che collega Campanelle a Largo Barriera, la 35 che
compre il tratto da Longera a piazza Oberdan, la 39 barrata che dal
Municipio di Aurisina trasporta i cittadini fino a Cattinara, la 49 barrata
che unisce Muggia al nosocomio di Cattinara e la linea 73 che partendo dalla
stazione di Aurisina, passando per Visogliano, Sistiana e Duino trasporta
gli utenti fino a San Giovanni del Timavo. L'esternalizzazione comprenderà
anche le linee serali siglate con la lettera A, B, C e D. |
Popovic da Ret: chiuso il «caso panino» - I due primi cittadini uniti nell’avversare i progetti di rigassificatori nel Golfo. Abbozzata una strategia comune sul turismo |
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Lo sloveno: «Sull’energia Illy ha commesso un grosso sbaglio». L’italiano: «Tondo è con noi» |
A Duino il sindaco di Capodistria, condanna comune della pessima accoglienza allo straniero |
DUINO AURISINA Abbracci, sorrisi
e strette di mano. È stata calorosa l’accoglienza riservata dal sindaco di
Duino Aurisina Giorgio Ret al collega Boris Popovic, primo cittadino di
Capodistria, salito alla ribalta delle cronache qualche giorno addietro per
il caso del panino portato da casa e vietato a suo figlio di 8 anni nel Bar
Belvedere di Sistiana. |
Brennero, al via il nuovo tunnel Smaltirà 400 convogli al giorno e costerà sei miliardi di euro - Sarà finanziato da Italia, Austria e Ue
BOLZANO Al via i lavori preliminari per il tunnel ferroviario del Brennero, una delkle opere infrastrutturali più attese per lo sviluppo dei traffici Italia-Austria. Presente il presidente della Repubblica Napolitano, ieri pomeriggio ad Aica, in provincia di Bolzano, è stata avviata la «talpa» che scaverà i quasi 55 chilometri del tunnel esplorativo. Nei prossimi 30 mesi, la fresa scaverà il primo cunicolo di esplorazione dell'opera fra Aica e Mules, in provincia di Bolzano. La galleria di base del Brennero si svilupperà tra Innsbruck e Fortezza per una lunghezza di circa 55 chilometri. Responsabile della progettazione e della realizzazione del tunnel é la Società europea Galleria di base del Brennero (Bbt Se), partecipata al 50% dall'Italia attraverso il Tunnel ferroviario del Brennero, mentre per la parte austriaca il 25% è della Repubblica d'Austria e il 25% del Land Tirolo. L'investimento complessivo previsto, secondo stime del 2006, é di circa 6 mila milioni di euro. L'Unione Europea ha deliberato un finanziamento di 215 milioni di euro, pari al 50% dei fondi necessari. La rimanente parte é equamente suddivisa tra Italia ed Austria.
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Capodistria: il tribunale dà ragione alla Kemiplas - Secondo i giudici l’industria chimica «non è un pericolo concreto per la salute» |
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Il Comitato dei cittadini presenterà appello. Lo stabilimento di Villa Decani non ha il certificato europeo per il trattamento di sostanze pericolose
CAPODISTRIA La fabbrica di
prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani, almeno per il momento, continua
con la produzione. Il Tribunale circondariale di Capodistria ha respinto
infatti la richiesta del Comune di Capodistria e di 220 privati cittadini di
sospendere temporaneamente la produzione, in attesa della chiusura
definitiva dell'impianto. La decisione del Tribunale è stata presentata ieri
dall'avvocato Franci Matoz, che rappresenta il comune e gli abitanti nella
causa contro la Kemiplas. Secondo i giudici, non ci sono prove che la
fabbrica di Villa Decani rappresenti «un pericolo concreto» per la salute
dei cittadini e l'ambiente. Matoz ha già annunciato ricorso. |
MESSAGGERO VENETO - LUNEDI', 28 aprile 2008
«E’ allarme anche in Friuli per la morìa delle api: ora chiarezza sulle cause» - La Coldiretti regionale: a rischio il miele, ma anche l’equilibrio naturale |
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Oggi in Italia sono almeno 50 mila gli alveari colpiti Dopo la varroasi sono sotto accusa le sementi conciate
UDINE. «Bisogna fare
chiarezza sulle cause che stanno provocando la morìa di api che ha ridotto
il patrimonio apistico nazionale dal 30 al 50%, mettendo a rischio, oltre la
produzione di miele, anche l’equilibrio naturale globale con effetti anche
sulla salute e l’alimentazione». Lo chiede la Coldiretti del Friuli Venezia
Giulia. «Il mondo agricolo - spiega infatti il direttore della
organizzazione regionale Elsa Bigai - si sente fortemente coinvolto su
questo tema. È un argomento che interessa prima di tutto l’agricoltura visto
e considerato che la produzione di mele, pere, pesche, kiwi, castagne,
ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia,
girasole e, colza - puntualizza la Bigai - dipendono completamente o in
parte dalle api per la produzione dei frutti, come pure la grande
maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i
cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api. Ma le api - aggiunge
il direttore - sono utili anche per la produzione di carne con l’azione
impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme
come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli
animali da allevamento». |
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 aprile 2008
Pista ciclabile pronta
entro l’estate - Collegherà San Giacomo a Draga Sant’Elia. Sopralluogo
positivo - Verso la soluzione il caso del deposito di rottami di automezzi lungo
il tracciato
Entro quest’estate sarà ultimata la realizzazione della pista ciclabile che
collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. L’annuncio arriva dall’assessore ai
Lavori pubblici della Provincia, Mauro Tommasini, che martedì scorso ha
effettuato un dettagliato sopralluogo, sia nei tratti urbani del tracciato, sia
in quelli della zona di Campanelle.
«Durante la realizzazione del percorso sono emersi problemi complessi, la cui
risoluzione è stata difficilmente definibile nel tempo, ma i lavori proseguono e
per la fine della bella stagione l’opera sarà fruibile dai cittadini - spiega -.
Ora stiamo operando nel miglior modo possibile, così che una volta chiuso il
cantiere non siano necessari altri interventi a breve».
Da alcune settimane, sono riprese le attività nella prima parte del tracciato,
nella zona tra le vie Ponziana e Orlandini, le quali si erano bloccate alcuni
mesi fa, per completare la costruzione dei posteggi dell’ospedale infantile
Burlo Garofolo, sul cui terreno è previsto il passaggio della pista.
«Il parcheggio della struttura sanitaria necessita delle ultime rifiniture, che
saranno ultimate entro il 20 maggio – dichiara Tommasini -. Circa a metà dello
stesso mese prenderanno, poi, il via i lavori di costruzione del basamento per
la passerella sopraelevata». Il piccolo ponte, costruito interamente in metallo,
per ridurre i costi di manutenzione, permetterà a ciclisti e pedoni di
attraversare via dell’Istria, senza esporsi ai pericoli legati al traffico. «Al
momento la passatoia è in fase di realizzazione, dato che il fornitore
originario ha rinunciato alla commissione e abbiamo, quindi, dovuto trovare
un’altra ditta che si occupasse del progetto. Secondo le stime, la passerella
dovrebbe essere pronta e montata in circa tre mesi».
Ultimata questa fase dei lavori, verranno collegati tra loro i diversi tratti
del percorso realizzati finora, dopodiché per concludere l’opera mancheranno
solo alcuni attraversamenti pedonali, la segnaletica verticale e orizzontale e
piccole rifiniture. È, infatti, in via di risoluzione il problema della presenza
di un deposito di rottami di automezzi sul tracciato.
«Nonostante sia stato necessario ricorrere alle vie legali, la questione si sta
concludendo – spiega Tommasini -. Una parte dei materiali residui è già stata
rimossa e stiamo cercando di individuare i proprietari delle restanti carcasse,
con il supporto del tribunale. Puntiamo, quindi, a sgomberare completamente
l’area entro un mese e mezzo. Per le altre attività presenti sul percorso
abbiamo, invece, individuato siti alternativi».
È, però, critico sull’avanzamento dei lavori il coordinatore della commissione
urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia. «Comprendo il
desiderio di realizzare un’opera di alta qualità – spiega – ma, nonostante la
realizzazione della pista sia iniziata da anni, la Provincia sembra non avere il
completo controllo sull’andamento del cantiere. Recentemente sono, infatti,
stati necessari ulteriori interventi per risolvere le problematiche insorte e
per rimediare agli atti di vandalismo verificatisi nei tratti già ultimati».
Mattia Assandri
La nube di Chernobyl fa ancora paura: attese nuove malattie tiroidee -
In 22 anni mezzo milione di vittime
MOSCA A ventidue anni dall’esplosione del reattore nucleare la nube di Chernobyl
continua a fare paura. Secondo alcuni recenti studi, almeno mezzo milione di
persone sono morte a causa del pulviscolo radioattivo che contaminò larga parte
dell'Europa. E le conseguenze dell'incidente, affermano gli esperti, si sentono
ancora oggi. Il reattore numero 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, a 120
chilometri da Kiev in Ucraina, esplose il 26 aprile 1986. Fu la più grande
tragedia nucleare civile della Storia. E a 22 anni dalla catastrofe,
l’anniversario di quella data viene ricordato all’insegna di una irrisolta
guerra di cifre: per l'Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) e l'Agenzia
internazionale per l'Energia atomica (Aiea) le persone morte per gli effetti del
disastro sono 4mila mentre secondo altri fonti il dato va moltiplicato per
cento. Certo è che le conseguenze di Chernobyl sono, e rimarranno, difficili da
dimenticare. Un dato emblematico è quello relativo alla sola «ripulitura» del
luogo del disastro: «Studi mostrano che 34.499 persone che presero parte alla
ripulitura di Chernobyl sono morte di cancro dopo la catastrofe», affermava
Nikolai Omelyanetes, vice capo della commissione nazionale per la protezione
dalle radiazioni ucraina, secondo il quale, inoltre, il tasso di mortalità
infantile nel Paese è aumentato fra il 20 e il 30%.
E il peggio, avvertono gli esperti, purtroppo arriva ora: «È infatti a distanza
di 20-30 anni - sottolinea Andrea Pession, oncologo del reparto di oncologia
pediatrica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna, e per vari anni impegnato in
progetti per il monitoraggio delle conseguenze del disastro sui bambini di
Chernobyl - che gli eventuali casi di tumore alla tiroide legati alla grande
quantità di radiazioni assorbite dalla popolazione potrebbero manifestarsi; In
questi casi, infatti, la finestra temporale per l'eventuale manifestarsi di
neoplasie è di oltre 15 anni». Per questo, afferma l'esperto, «sarebbe
necessario che le autorità sanitarie europee mettessero in moto programmi seri
di monitoraggio degli effetti del disastro nucleare, soprattutto al fine di
verificare gli effetti sulla prole di coloro che nel 1986 erano bambini ed ora
sono in età fertile». Il timore, conclude Pession, è che «a pagare le
conseguenze di quella tragedia possano essere, purtroppo, anche le nuove
generazioni».
Inquinamento della Ferriera
Sono d'accordo con il consigliere Decarli sulla Ferriera. «Il sindaco è la
massima autorità sanitaria del territorio. Se proprio dispone dei dati che gli
consentono di chiudere la fabbrica, lo faccia subito». Altrimenti la denuncia
fatta dall’Arpa alla Procura della Repubblica colpirà anche lui, per la sua
inerzia colpevole. Meno proclami quindi, e più fatti, «perchè i lavoratori e i
cittadini non ne possono più», come giustamente osserva il consigliere comunale.
Gian Giacomo Zucchi
IL PICCOLO - SABATO, 26 aprile 2008
Gestione delle aree protette Summit sull’acqua a Udine |
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UDINE Una conferenza
internazionale interamente centrata sulla gestione delle risorse idriche
nelle aree protette. È quella che si terrà martedì, a partire dalle 9,
nell’auditorium della nuova sede della Regione di via Sabbadini a Udine. |
IL PICCOLO - VENERDI', 25 aprile 2008
Ferriera, i sindacati a Tondo: non servono parole ma concretezza |
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Cautela dal mondo del lavoro per le dichiarazioni del neopresidente della Regione. L’azienda: per valutare i messaggi lanciati abbiamo bisogno di un tavolo
Chiarezza e proposte concrete,
certamente non boutade. Questo è ciò che chiedono, anzi pretendono, i
lavoratori della Ferriera di Servola. Non ci credono più alle soluzioni che
escono dal cilindro. Esigono «rispetto» e si dicono «pronti ad ascoltare i
rappresentanti del mondo politico solo quando verrà effettivamente
presentato un piano dettagliato di riconversione delle maestraenze e di
intervento di bonifica ambientale». Fino ad allora, «tutte le varie
esternazioni non verranno minimamente prese in considerazione». Tiziana Carpinelli |
MESSAGGERO VENETO - VENERDI', 25 aprile 2008
Rifiuti, caos per la differenziata: ecco le regole - A Tavagnacco c’è ancora tanta confusione sul servizio porta a porta che partirà il 12 maggio |
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In arrivo cinque nuovi bidoni per le immondizie, che si aggiungeranno ai contenitori già presenti per pile scariche e medicine scadute. Predisposto un numero verde informativo TAVAGNACCO. Mancano poco più di due settimane alla partenza del nuovo sistema di raccolta differenziata porta a porta a Tavagnacco. Una raccolta spinta, tanto che a pochi giorni di distanza dal 12 maggio sono ancora molti i dubbi tra i cittadini, legati soprattutto all’organizzazione pratica del nuovo sistema. Tanto che, tra nuovi contenitori, differenziazione dei rifiuti e nuove regole, l’amministrazione comunale continua con la campagna informativa. |
I contenitori. Saranno cinque,
uno per l’umido, in cui saranno conferiti i rifiuti organici, uno per la
carta e il cartone, uno per il vetro, uno per la plastica e le lattine e uno
per il secco non riciclabile.Scompariranno dalla strada i bidoni
indifferenziati, mentre saranno ancora presenti i contenitori per pile
scadute e medicinali. |
Una discarica per i residui dell’inceneritore a Felettis - Un progetto per smaltire nella cava Ecoin le ceneri prodotte dall’Acegas nell’impianto di Trieste |
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Bicinicco. La proposta è stata presentata al Csr, ma i sindaci dei Comuni vicini, eccetto quello di Santa Maria la Longa, sono contrari e temono per la sicurezza dei cittadini TALMASSONS. Si può aumentare il conferimento dei rifiuti dalla Provincia di Udine al termovalorizzatore di Trieste, però in cambio bisogna mettere a disposizione una discarica, individuata nella Bassa Friulana, per le ceneri provenienti dall’impianto stesso: la proposta è emersa |