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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2009

 

 

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IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2009

 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie: quattro dubbi sui progetti dellaTav
 

L’ultima cartina della Tav riportata dal Piccolo riguardante il passaggio della ferrovia collegante Trieste a Divaccia non dice assolutamente nulla circa il coinvolgimento dell’attuale stazione centrale di Trieste. Anzi sembrerebbe che la linea passi sotto le colline di Trieste e arrivi a Capodistria a quota zero per poi salire sotto le colline della valle del Risano e coinvolgere il monte Carso. Quindi o la cartina è fatta molto male oppure qualcuno ci sta prendendo in giro. Si prospettano quattro possibilità di interpretazione. La prima è che l’attuale stazione di Trieste, che è una stazione di testa, diventi anche di transito e cioè i binari provenienti da Ronchi a bassa quota arrivando a Trieste vadano sottto il livello del mare per raggiungere Capodistria e quindi la nostra stazione diventi in parte sotterranea e collegata all’attuale da scale mobili e quantaltro. La seconda soluzione è che i binari in arrivo da Ronchi lambiscano la città, e per arrivare a Trieste si crei un raccordo ad hoc, ed essendo la nostra stazione di testa fermerebbero a Trieste solo i treni diretti nella nostra città. È difficile che una carrozza da Lisbona a Kiev si arresti a Trieste e poi un nuovo locomotore la riagganci per ripartire. In questo caso solo pochissimi convogli arriverebbero a Trieste centrale. Oppure si crea una nuova stazione per la Tav in altra parte della città... Diverso è il discorso per i treni merci. Terza soluzione come da cartina! Trieste non è collegata ed è tagliata fuori, e la ferrovia è funzionale solo al porto di Capodistria. Anzi parrebbe che la linea arrivi da Ronchi già ad alta quota per poi scendere verso Capodistria. Una quarta soluzione è quella di saltare la nostra stazione centrale e fare riferimento invece a quella di Campo Marzio, ma anche così facendo Campo Marzio non sarebbe stazione di transito. Se a Trieste non fermano i treni vuol dire allora che la Tav serve esclusivamente alla Slovenia a tutto detrimento del porto di Trieste.

Piero Zanon

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2009

 

 

AnDanDes, più forte dei vandali
 

Nel 1999 un gruppo di giovani mamme del rione, guidate da Laura Flores, in seguito alla ristrutturazione edilizia eseguita dal Comune di Trieste nel giardino, hanno cominciato a ripensare allo spazio del parco, per proporre iniziative all’insegna dell’aggregazione e dell’intrattenimento per tutti. Partita quasi per gioco l’idea è poi crescita costantemente e ora il sodalizio rappresenta un punto fermo per tantissime famiglie. L’associazione culturale AnDanDes nasce ufficialmente nel 1999 e inizia presto a collaborare con l’area lavori pubblici, l’area educazione e l’area promozione sociale del Comune. Nella primavera e nell’estate del 2000 iniziano i primi eventi culturali, con le scuole della zona e con le altre realtà associative e produttive vicine. Un passo importante poi viene compiuto nell’anno successivo. «Nel 2001 l’associazione si impegna nell'applicare il metodo di progettazione partecipata per la costruzione di uno spazio al chiuso che garantisca un maggiore comfort nei momento di sosta dei frequentatori del giardino – si legge nel sito dell’Andandes – e sceglie l'architetto Lamonarca, che trasforma il punto di partenza del Comune, che prevedeva un piccolo spaccio di bibite, in uno spazio a misura di bambini». Negli anni seguenti nasce l’iniziativa per gli Spazi Urbani in Gioco, che vede proprio l’associazione come coordinatrice del progetto. Nel frattempo le mamme avviano anche un’opera di pulizia del verde. Nel 2005 inizia la costruzione del punto ristoro e nel 2006, a opera conclusa, viene concesso l'utilizzo della cucina-laboratorio all'associazione. Segue un periodo di danni e devastazione da parte di vandali, che distruggono i bagni per 17 volte. L’Andandes non si arrende e, ripristinati i servizi, l’attività prosegue, anche dopo la distruzione della cucina. Dopo dieci anni di successo e di gratificazioni le idee e la buona volontà continuano a persistere.

(m.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2009

 

 

Goletta Verde: sono inquinate le foci di Isonzo e Tagliamento
 

di  GRADO Foci di Isonzo e Tagliamento inquinate; illeciti su ogni 4,1 chilometri di costa del Friuli Venezia Giulia, tanto che a livello nazionale la nostra regione si trova al terzo posto di questa non certo piacevole classifica; infine “Bandiera Nera” di Legambiente alla Caffaro di Torviscosa. In sintesi sono queste le notizie diffuse in occasione della prima tappa del tour di Goletta Verde che prosegue per Venezia (da oggi a martedì) per poi fare scalo in giro per tutta l’Italia. Quest’anno i responsabili di Goletta Verde di Legambiente hanno cambiato gli obiettivi. Non più la verifica delle acque di balneazione dato che anche lo scorso anno erano stati riscontrati responsi favorevoli per il 92% delle campionature fatte, ma verifica dei punti che in linea di massima dovrebbero presentare criticità, come le foci dei fiumi. In generale, poi, si pensa a tutte le coste italiane. Nella classifica generale incentrata in particolare sull’abusivismo edilizio sul demanio marittimo e sull’inquinamento delle acque, il Friuli Venezia Giulia si colloca all’11° posto (nel 2008 53 casi con 48 persone denunciate o arrestate e 8 sequestri) ma in quella degli illeciti (pesca di frodo – è stato citato l’eclatante caso di Marano Lagunare – e infrazioni al codice della navigazione) si piazza addirittura al terzo posto. Infatti sono state complessivamente accertate 454 infrazioni con 457 persone denunciate o arrestate e 54 sequestri effettuati (720 chilogrammi di pesce, 780 di novellame, 48 di crostacei e 38 di molluschi). È stata Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, a rendere noti i dati ufficiali dei campionamenti effettuati nei giorni scorsi sottolineando appunto le criticità riscontrate alle foci dell’Isonzo e del Tagliamento. Per l’esattezza i prelievi sono stati fatti alla Foce dell’Isonzo – fine strada del Caneo in località Punta Sdobba e alla Foce del fiume Tagliamento. Entrambi sono risultati inquinati. La Bandiera Nera di Legambiente, come ha illustrato il presidente regionale, Giorgio Cavallo, è stata assegnata alla Caffaro, alla memoria, cioè , della società finale che ha gestito e chiuso l’impianto chimico di Torviscosa “che ha inquinato – ha sottolineato il relatore – per lunghi anni la Bassa friulana e la laguna di Grado e Marano senza prendere quelle misure tecnicamente disponibili che avrebbero permesso di continuare l’attività produttiva e salvaguardare l’ambiente”. Assieme alla Caffaro – è stato sempre Cavallo ad affermarlo - la Bandiera Nera va condivisa da tutti coloro che, nella società e nelle istituzioni, per subalternità o per logiche di rinvio hanno aiutato la Caffaro nel suo pervicace atteggiamento. “Della vicenda – ha ulteriormente affermato Cavallo - è responsabile in primo luogo la Snia che, attraverso le diverse società susseguitesi, non ha mai affrontato adeguatamente il nodo dell’inquinamento da mercurio (e non solo)”. Visibilmente soddisfatto l’assessore comunale di Grado, Giorgio Marin, che ha ribadito come qui non sia stato rilevato abusivismo edilizio in zone demaniali e nemmeno pesca di frodo. Ha messo in luce altresì i continui controlli delle coste e gli interventi al grande depuratore che si concluderanno fra un paio d’anni. A puntare il dito sugli aspetti prettamente scientifici è stato Lino Santoro del comitato scientifico di Legambiente regionale, mentre Luisella Milani dell’osservatorio per l’Alto Adriatico dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia ha messo in luce i 2 punti di debolezza regionali rilevati nel Golfo di Panzano, esattamente a Marina Iulia e al Lido di Panzano che sono chiusi alla balneazione. Criticità note che sono già state valutate e approfondite ma non ancora risolte se non con dei lavori a Marina Iulia e qualche intervento al depuratore di Nova Gorica. Da segnalare, infine, come ha evidenziato un altro esponente regionale di Legambiente, Michele Tonzar, la netta contrarietà di Legambiente al rigassificatore.

ANTONIO BOEMO

 

 

Muggia estende la raccolta porta a porta
 

Altre novità a Muggia per la raccolta dei rifiuti, dopo l’annuncio della campagna di sensibilizzazione e promozione della raccolta. Verrà infatti ampliato, passando da 80 a 120 utenze, e migliorato, il servizio porta a porta, che include le frazioni riciclabili dell'umido, della carta e cartone, del vetro, delle lattine e della plastica. Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio, passando da 33 a 45 utenti. La sperimentazione della nuova forma di prelievo a domicilio è già partita dagli esercizi pubblici e commerciali. Gradualmente, nel corso dell'anno, sarà estesa alle aziende artigiane e industriali. Solo successivamente, monitorati i risultati e fatti gli eventuali aggiustamenti in base all'esperienza, sarà allargata alle famiglie, iniziando in via sperimentale con la frazione di Zindis. Da lì, osservati gli effetti e oliati i meccanismi, il nuovo servizio potrà man mano abbracciare tutta la cittadina. Ma i tempi non saranno brevi. Attualmente infatti il Comune ha individuato la lista di artigiani e fabbriche con cui avviare la nuova fase di sperimentazione, ai quali verranno forniti degli appositi contenitori. I tempi non sono ancora quantificabili, anche se è verosimile che, tra fornitura dei contenitori e adeguata informazione, non si partirà prima dell'autunno. Queste novità, assieme ad altre iniziative che verranno attuate dall'amministrazione per promuovere la raccolta differenziata in ambito comunale, con l'obiettivo di aumentarne le percentuali in base ai dettami della legge nazionale, saranno illustrate martedì alle 17 in un incontro pubblico al teatro Verdi, al quale è invitata a partecipare tutta la cittadinanza. Cittadinanza del resto già messa al corrente dell'avvio della campagna informativa con una lettera e con l'opuscolo allegato, che in questi giorni stanno arrivando per posta alle 6.500 famiglie residenti nel Muggesano. I contenitori per il servizio porta a porta saranno di colore bianco per carta e cartone, giallo per la plastica, verde per vetro e lattine e marrone per l'umido. Finché non sarà partito il servizio porta a porta, quest'ultimo, ovvero la frazione organica dei rifiuti, dovrà essere ancora conferito nei cassonetti stradali azzurri, riservati alla raccolta del secco residuo. La novità più interessante e sicuramente più utile per raccapezzarsi tra le diverse tipologie di contenitori è la pubblicazione di un ”dizionario” che abbinerà il nome del singolo rifiuto al suo giusto conferimento.

Gianfranco Terzoli

 

 

Metropolitana leggera, in arrivo 7 milioni - Un treno Gorizia-Nova Gorica-Sesana
 

Il collegamento ferroviario passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica si farà. Verrà così sanata l’anomalia di due città che, incredibilmente, non sono unite dai treni. Non solo. Si prevedono anche collegamenti sulla direttrice Nova Gorica-Sesana. Inoltre, decolleranno anche i progetti di valorizzazione dei percorsi della Grande guerra. Il Comitato di sorveglianza del programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia ha - infatti - approvato i due progetti strategici del Comune di Gorizia, attribuendo loro il punteggio massimo. Si tratta di un primo step importante e quasi decisivo. «Per la seconda e ultima fase siamo molto ottimisti. Credo proprio che i fondi necessari (7 milioni complessivamente, ndr) verranno messi a disposizione della nostra municipalità», sottolinea raggiante l’assessore comunale Guido Germano Pettarin. Di questo (e di molto altro) si parlerà domani mattina nel corso di un incontro alle 10 fra il sindaco Romoli, lo stesso Pettarin, l’ambasciatore dell’Ince Pietro Ercole Ago, l’esperto per i trasporti dell’Ince Carlo Fortuna e i sindaci (o loro delegati) dei Comuni di Nova Gorica e San Pietro-Vertojba. TRASPORTI. Ma in cosa si esplicita il progetto? In aiuto arriva Alessandro Puhali, presidente dell’associazione di studi turistici Valussi di Gorizia ed esperto di cose ferroviarie che collabora strettamente con la commissione. «La questione - dice - non è tanto poter contare su un collegamento ferroviario passeggeri tra Gorizia e Nova Gorica, tra le quali ci si può agevolmente spostare anche a piedi, quanto utilizzare il raccordo ferroviario di circa otto chilometri esistente tra le due città per mettere in relazione tra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. Sarebbe sufficiente prevedere che alcuni dei treni delle Ferrovie slovene, composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria, invece di terminare il loro servizio a Nova Gorica, prolungassero la percorrenza per circa 10 minuti sino alla stazione di Gorizia centrale, al fine di realizzare delle coincidenze con i convogli di Trenitalia in esercizio sulla relazione Trieste–Udine–Venezia. Ovviamente le stesse automotrici delle Ferrovie slovene potrebbero ripartire per le loro destinazioni (Jesenice/Lubiana – Sesana/Capodistria) dalla stazione di Gorizia centrale». Si realizzerà, pertanto, un «ring» ferroviario che farà perno sul nodo Gorizia-San Pietro per collegare rapidamente tutta l’area transfrontaliera per creare così una sorta di metropolitana leggera per i viaggiatori e favorire una rapida circolazione delle merci. Nel medesimo progetto è previsto lo sviluppo, all’autoporto di Gorizia, del terminale che consente lo scambio gomma-rotaia. In sostanza, si svilupperanno sempre più i treni Ro-La: treni capaci di caricare i Tir completi e di trasportarli via ferrovia. SABOTINO. L’altro progetto prevede la prosecuzione e l’integrazione dei lavori di valorizzazione e recupero del monte Sabotino. In territorio italiano da diversi anni sono in corso opere di pulizia, ripristino e valorizzazione, sia dal punto di vista storico (vestigia della Grande guerra; resti della pieve di San Valentino), sia dal punto di vista ambientale (ripristino della landa carsica). In territorio sloveno con contributi europei (progetto Interreg 2000-2006), è stato realizzato un Parco della Pace, che avendo come punto d’appoggio l’ex casermetta slovena di confine del Sabotino (ex museo della zona monumentale), si collega al sottostante centro di Salcano con una serie di itinerari che toccano alcuni siti significativi della montagna, evidenziati da opportuna segnaletica. Il Comune di Gorizia propone di integrare i precedenti lavori costituendo organici percorsi didattici, di visita, punti d’accesso e di sosta nel territorio italiano del Sabotino, collegandosi alle realtà di ripristino in corso o già realizzate (italiane e slovene), procedendo per lotti funzionali. In soldoni, si prevede: a risoluzione della scarsa disponibilità di spazio per la sosta degli automezzi in prossimità dell’accesso all’area (San Mauro) la conversione a tale scopo della ex strada di servizio alla “strada di Osimo”: area che alleggerirebbe anche la criticità per il traffico locale; la manutenzione della sentieristica, anche storica, per il collegamento dell’area di sosta a San Mauro da un lato e al Sabotino dall’altro; la sistemazione della casermetta del Sabotino ed allestimento interno, ad uso didattico–museale e a supporto alle visite guidate turistico-didattiche; la sistemazione di arredo funzionale a supporto dei percorsi.

FRANCESCO FAIN

 

 

 

 

IL PICCOLO -  SABATO, 27 giugno 2009

 

 

Piano regolatore, si può costruire solo in Carso
 

Un segreto è un segreto finché qualcuno non lo spiffera. Il Piano regolatore di Trieste, discusso fin qui con strategie carbonare affinché non una virgola diventasse nota prima della sua formale adozione, è diventato pubblico ieri per indisciplinatezza dei Verdi: «Secretare un Piano regolatore che al contrario andrebbe costruito assieme alla città - hanno detto il consigliere comunale Alfredo Racovelli e Alessandro Metz - è solo levarsi qualche fastidio insito nei comportamenti democratici, le segrete stanze poi sono l’unico posto dove è lecito sospettare libertà di mercanteggiamento, non c’è controllo». E così il corposissimo documento è stato copiato in dischetto e messo «democraticamente» in piazza. Eccone alcuni punti salienti, che i Verdi hanno analizzato con la consulenza di due architetti, Giulio Polita e Claudio Farina. EDIFICARE. Il nuovo Prg limita le nuove edificazioni. Le consente nella zone C (di espansione). Sono 18, di cui ben 13 in Carso: a Opicina, dove diventa edificabile perfino una parte del Villaggio del Fanciullo (al cui interno c’è anche un campo di calcio), a Padriciano e Prosecco. Altre 5 si trovano in città, di cui 3 nel solo rione di San Giovanni. Una di queste è nella famosa via Timignano il cui verde è stato già aspramente difeso contro le previsioni «cementificatorie» di un precedente e scaduto piano Peep. Le altre sono in via Damiano Chiesa e in via Dudovich. Edificabile anche Contovello. TUTELA. Pregevole (lo hanno riconosciuto anche i Verdi) il lavoro di ricognizione fatto sugli edifici storici, la tutela è stata estesa a tutti quelli costruiti prima del 1918, cioé in epoca asburgica. Da conservare facciate e altezze. Il «piano colore» impone tinteggiature coerenti con la storia e il contesto. I Verdi rimpiangono che restino fuori tutela palazzi più recenti, ad esempio quello della Ras. CENTRO STORICO. Si amplia, ingloba i borghi Giuseppino e Franceschino e parte di viale Miramare. Le rive sono catalogate alla voce «attività miste», e il Prg certifica decisioni già prese: Parco del mare, Silos, mercato ortofrutticolo destinato a centro residenziale e alberghiero, La ex stazione di Campo Marzio rimane riservata a museo. COSTIERA. Protetta. Non si costruisce più. Si possono solo ampliare del 10% le case esistenti ed esclusivamente per motivi igienico-sanitari. Osservano i Verdi: «E come la mettiamo col ”piano casa” che prevede il 20% in più di edificabilità fuori dal centro città ed è una legge che mette in subordine il documento urbanistico locale?». MOBILITA’. Non ci sono modifiche sostanziali.Si analizza il traffico certificando l’aumento di 200 mila scooter in 10 anni e si ripesca il Piano urbano parcheggi (Pup) ideato dal precedente assessore Maurizio Bucci: 5000 i nuovi parcheggi previsti. SERVIZI. L’idea di fondo è di limitarne l’espansione. «Un solo asilo nido nuovo è annunciato» lamentano i Verdi, che invece vorrebbero una città dove scuole, asili e uffici convivano nel centro, «qui invece solo negozi, bar e ristoranti, quando sono chiusi la città evidentemente si spegne». VERDE. Tutto catalogato, pubblico e no. È stato misurato in 11 milioni di metri quadrati. Entrano in vincolo anche i giardini pregiati privati, «verde pubblico» è anche il giardinetto di casa. Secondo i commentatori-divulgatori «va bene che sia protetto, ma non è certo ascrivibile al verde pubblico, il cui scopo è la socialità diffusa». PERMESSI. Per edificazioni entro i 5000 metri cubi («sarebbero 16 appartamenti da 100 metri») non occorre più il piano particolareggiato, basta la concessione edilizia. Si va più svelti. Ma c’è menio controllo del territorio e il Comune perde gli oneri di urbanizzazione, ovvero le opere pubbliche che il privato era fin qui obbligato a fornire in cambio dell’uso degli spazi cittadini.

GABRIELLA ZIANI

 

 

I Verdi: «Ma manca una strategia univoca»
 

Per i Verdi, che hanno deciso di rendere pubblico il «secretato» Piano regolatore, il documento urbanistico «manca di una strategia complessiva sulla città, fotografa l’esistente e resta ancorato a una visione centripeta, che si occupa del centro storico e trascura le zone periferiche». Lo ha detto ieri il consigliere Alfredo Racovelli che con Alessandro Metz ha prodotto anche un documento sulla «mancata trasparenza» e sulla visione più generale, definita «cristallizzata», ferma al discorso dei parcheggi per auto e moto, senza soluzioni alternative: «Sparita la prospettiva di una metropolitana leggera, inesistente l’ipotesi di introdurre la bici in città. Un Prg che ricalca quello Illy-Cervesi». Infine, aguzze frecciate al Pd, che per martedì annuncia una seconda «pubblicizzazione» del piano: «Parla tanto del Parco del mare, sul Piano regolatore solo schiamazzi in aula...». Ma Fabio Omero, che del Pd è capogruppo, ha già protestato quanto meno sull’occultamento delle carte: «Ci riempiamo tanto la bocca con la ”pianificazione partecipata” e poi arriviamo al paradosso di secretare le commissioni consiliari, non s’è mai visto, con la stessa logica anche le riunioni del consiglio comunale dovrebbero essere secretate, e perfino il bilancio preventivo». Conclude Omero: «Una volta licenziata dalla Giunta la delibera del Piano regolatore deve essere pubblica: informazione significa trasparenza e solo la trasparenza garantisce che indici e zonizzazioni non cambino a seconda degli interessi privati che in simili occasioni si manifestano sempre». Alla conferenza stampa di ieri c’erano il Wwf e alcuni comitati di quartiere, per Roiano e Gretta e per Cologna, preoccupati per piani costruttivi già efficaci, e contestati. Il Wwf: «Questo Prg così pieno di tutele arriva a buoi scappati, fotografa una situazione decisa al di fuori delle norme urbanistiche».

(g. z.)

 

 

Da Legambiente 2 vele all'Isola
 

GRADO Goletta Verde di Legambiente presenta stamane (alle 11, nell’area della diga sul retro del palazzo municipale) “le criticità del mare e delle coste del Friuli Venezia Giulia” mentre ieri si è parlato della Guida Blu di Legambiente con Grado che si è visto assegnare ancora due vele su un massimo di cinque (Lignano ne ha una). «Bene le due vele – afferma Legambiente -, ma ancora molti i ritardi da colmare. È necessario dare uno stop a nuove edificazioni, sfruttare energia solare e adottare la raccolta differenziata porta a porta. Comunque è un risultato incoraggiante per l’amministrazione gradese che vede premiati gli sforzi degli ultimi anni in chiave ambientale. Un risultato che arriva anche in seguito ai passi in avanti fatti in termini di mobilità, con la realizzazione della pista ciclabile che collega il centro di Grado ai Campeggi/Valle Cavanata e con la recente pedonalizzazione delle aree adiacenti al centro storico». Ma ci sono, secondo Legambiente, aspetti che preoccupano come la forte spinta speculativa-immobiliare che negli ultimi anni ha comportato un progressivo abbruttimento del centro urbano, l’abbandono del comune da parte di molti residenti e la crescita delle seconde case mentre perplessità ci sono per il progetto “Valle Cavarera” che prevede nuove importanti edificazioni a fronte di una rilevante quantità di locali invenduti. Grado è l’unico comune della provincia di Gorizia ad aver appena adottato, solo per i commercianti, il sistema di raccolta “porta a porta”, unico sistema in grado di aumentare la raccolta differenziata a livelli superiori al 50%, come dimostrato dai risultati ottenuti nel resto della provincia di Gorizia. «È da qui che bisogna partire per consentire a Grado un’ulteriore crescita in termini di sostenibilità ambientale – commenta Michele Tonzar di Legambiente Friuli Venezia Giulia –. Siamo moderatamente soddisfatti del risultato ottenuto quest’anno da Grado, ma proprio a fronte delle ampie possibilità di crescita non possiamo restare fermi e vantarci di questo riconoscimento». Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, ha invitato inoltre a predisporre un piano per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici nelle strutture pubbliche. All’incontro di ieri hanno partecipato anche il presidente della Git, Mauro Bigot, l’assessore comunale Giorgio Marin, l’assessore provinciale Mara Cernic e Gloria Gatto di Legambiente del Friuli Venezia Giulia.

(an. bo.)

 

 

 

 

ZOES ZONA EQUOSOSTENIBILE - MARTEDI', 23 giugno 2009

 

 

 Quel pasticciaccio brutto dell’Eni in Nigeria - Valori 68, aprile 2009
 

Quattro società, tra cui la Snamprogetti dell’Eni, hanno pagato per dieci anni oltre 180 milioni di dollari di tangenti a funzionari e politici nigeriani in cambio di licenze e contratti. L’Eni si tira fuori. Ma Valori ha trovato intrecci da chiarire.
DIECI ANNI DI MAZZETTE, DISTRIBUITE A FUNZIONARI, UOMINI DI PARTITO, POLITICI NIGERIANI in cambio di contratti da miliardi di dollari. Corruzione aggravata e reiterata. Con queste accuse, all’inizio di marzo, è finito dietro le sbarre l’avvocato inglese Jeffery Tesler. Il mandato di cattura è partito dalla Corte distrettuale di Houston, in Texas, ma altri procedimenti sono stati aperti dalla Sec (l’autorità di vigilanza dei mercati Usa) e dalle camere penali di Francia, Nigeria, Gran Bretagna e Italia. Una bomba a orologeria che, nei prossimi mesi, potrebbe mettere nei guai i manager e i bilanci di quattro multinazionali dell’energia, tra cui l’italiana Eni

La banda del gas liquido
Tutto inizia nel 1991, quando quattro imprese che fanno infrastrutture per i giacimenti di gas e petrolio decidono di creare una joint venture per partecipare ad un bando del governo nigeriano. Lo scopo è quello di portare a casa la commessa di Bonny Island, un progetto faraonico da sei miliardi di dollari per costruire impianti di liquefazione del gas nel sud della Nigeria.
La joint venture si chiama TSKJ ed è costituita dalla francese Technip, dall’americana KBR (allora controllata dall’Halliburton), da Snamprogetti Netherlands BV, controllata al 100% dall’Eni e registrata ad Amsterdam, e dal gruppo giapponese JGC. Le attività di TSKJ sono gestite attraverso tre società off shore, con sede a Funchal, nell’arcipelago di Madeira, al largo delle coste marocchine. In tutte e tre le società siedono cittadini italiani, rappresentanti del Gruppo Eni. La terza, in particolare, LNG Servicos e gestao de projectos, partecipata da Snamprogetti al 25%, sembra essere cruciale per l’esito delle indagini. Dal conto olandese di LNG Servicos e gestao de projectos sarebbero infatti partiti tutti i pagamenti più importanti.
Tangenti per tutti i calibri
In termini tecnici si chiamano “EPC contracts” (Exploration, Production and Concession) e nel caso nigeriano sono quattro, per un totale di sei “treni”: le infrastrutture necessarie per convogliare il gas naturale negli impianti e trasformarlo in LNG (gas naturale liquefatto), in modo che possa essere trasportato nelle navi. TSKJ vuole aggiudicarsi tutti i contratti e non si fa scrupoli. Agli inizi degli anni Novanta, il Comitato Esecutivo della joint venture incarica l’avvocato Jeffrey Tesler, di “aiutare TSKJ ad ottenere commesse in Nigeria”, attraverso “il pagamento di somme di denaro finalizzate alla corruzione di funzionari e uomini politici nigeriani di massimo livello”. Così si legge nel testo dell’accusa. Dal 1994 al 2004 Tesler gestisce 130 milioni di dollari. Ma non basta. Bisogna anche foraggiare dipendenti pubblici di livello più basso. Per questo si sceglie una società di consulenza giapponese, a cui, dal 1996 al 2004, viene affidato un budget di 50 milioni di dollari. I destinatari delle tangenti “giapponesi” sono in particolare una serie di dipendenti della NLNG (Nigeria LNG Limited), una joint venture tra la NNPC (società petrolifera statale) e Shell, Total e Eni (con il 10,4%). In tutto TSKJ mette sul piatto 180 milioni di dollari, che Tesler e il consulente giapponese distribuiscono a pioggia, in un arco di dieci anni. Alla fine gli sforzi vengono ripagati e la joint venture porta a casa tutta la posta.
Il fallimento della governance
Le vie attraverso cui sono veicolati i soldi sono tortuose, ma l’accusa non manca di ricostruirle tutte, una per una. Per versare il “budget” di Tesler si sceglie Tri-Star Investments Ltd, società veicolo con sede a Gibilterra, di cui Tesler è consigliere di amministrazione. Il denaro parte da un conto olandese di LNG servicos e gestao de projectos, e finisce, attraverso una banca corrispondente americana, nei conti che Tesler ha aperto nel Principato di Monaco e in Svizzera. Da lì le mazzette vengono smistate sui conti svizzeri dei funzionari africani, oppure sono prelevate in contanti per essere portate «con valigie e furgoni» in un hotel di Abuja, la capitale nigeriana, dove ad aspettarle ci sono «membri della NNPC o del partito al potere». Secondo l’accusa, Tesler e la società di consulenza giapponese avrebbero agito “per conto di TSKJ, ma anche dei singoli componenti della joint venture”. Come l’Eni, che – come riportava il settimanale L’Espresso (ottobre 2008) – finora si è difesa dicendo di essere stata sempre all’oscuro dei pagamenti: i rapporti isituzionali erano gestiti dalla KBR.
I documenti del registro delle imprese di Madeira, di cui è venuto in possesso Valori, potrebbero però raccontare un’altra storia. Anzi, potrebbe raccontarla Antonio Falliti, consigliere in quota Snamprogetti di LNG servicos dal 1999 al 2006. Il 12 dicembre del 2002, mentre è ancora in LNG, Falliti viene infatti nominato amministratore delegato di Baltoro Participations SA, con sede nel Lussemburgo, una holding controllata da Rosevara Limited e Sanlux Investments Limited, due veicoli societari irlandesi, che sono alla base dell’impero europeo dei magnati messicani del gas Zaragoza Fuentes, proprietari della Zeta Gas. Indagati per traffico di cocaina negli anni Novanta e per riciclaggio di denaro a cavallo del 2000, alcuni membri illustri della famiglia Zaragoza Fuentes sono stati più tardi accusati di corrompere funzionari della compagnia petrolifera di Stato Pemex, per ottenere licenze. La stessa da cui il Gruppo Eni (attraverso Saipem) ha ottenuto, alla fine del 2005, un contratto per l’installazione a mare di sei piattaforme per l’estrazione di petrolio nella Baia di Campeche, in acque territoriali messicane. La storia si ripete.
Oppure è tutta un’altra storia. Lo scopriremo presto.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 22 giugno 2009

 

 

Traffici per tre miliardi di euro: ecco il bottino delle zoomafie

 

Nel rapporto 2009 pubblicato dalla Lega antivivisezione, le attività illecite e il fatturato della criminalità organizzata. Sfruttamento degli animali, contrabbando, assalto al mare. Le principali novità

TRE miliardi di euro. E' il fatturato delle cosche della criminalità organizzata specializzate nello sfruttamento degli animali. Il dato emerge dal rapporto Zoomafia 2009 della Lega anti vivisezione, curato da Ciro Troiano: una pubblicazione che da dieci anni analizza l'andamento di queste attività illecite. Ecco le principali novità.
Cavalli e scommesse clandestine. E' un pezzo consistente della zoomafia, circa un terzo del fatturato complessivo. Nel 2008 il numero delle corse clandestine bloccate dall'intervento degli agenti è raddoppiato passando da 8 a 16. Aumentato anche il numero delle persone denunciate (296 contro le 261 dell'anno precedente) e dei cavalli sequestrati (147 contro i 114 del 2007). Molti dei cavalli sequestrati erano stati sottoposti a dosi massicce di sostanze vietate (dalla cocaina agli anabolizzanti passando per il viagra). Sostanze proibite che con buona frequenza vengono utilizzate anche nel circuito delle corse normali. Cresce anche il numero dei cavalli rubati (5 mila all'anno secondo alcune stime) e quello delle corse clandestine che avvengono in condizioni di grave rischio per gli animali, in strade bloccate illegalmente al momento della partenza dei cavalli.
Traffico di cani. Con 14 milioni di cani e gatti l'Italia detiene il primato europeo degli animali da compagnia. Un bacino potenziale straordinario per la zoomafia che ha aumentato la sua attività: sono circa 500 mila i cani importati illegalmente ogni anno dai paesi dell'est e venduti a prezzi elevati spacciando falsi pedigree.
Alti anche i proventi dei canili che tengono gli animali in condizioni disperate arrivando a incassare due milioni e mezzo di euro l'anno per mille cani.
Biopirateria. Tra i 40 milioni di animali che vivono nelle case degli italiani si contano 30 mila tartarughe, 3 mila grossi felini (leoni, pantere, leopardi) e altre specie protette introdotte illegalmente. Il nucleo operativo della Cites (la convenzione per la protezione delle specie in via di estinzione) solo nel gennaio 2008 all'aeroporto di Torino ha recuperato 2 zanne di avorio, 7 corna di cervo, un'iguana e un coccodrillo imbalsamati, 4 pelli di coccodrillo, 3 pelli di varano, 2 pelli di elefante, 28 pezzi di avorio lavorato. Complessivamente il traffico illecito di fauna esotica protetta frutta 500 milioni di euro l'anno.
La "cupola" del bestiame. Sono 100 mila gli animali rubati ogni anno dagli allevamenti. Per fronteggiare la crescente pressione dell'illegalità organizzata, nel 2008 sono stati sequestrati beni e animali per un valore pari a 206 milioni di euro. Con le 20 mila tonnellate sequestrate dai Nas nella lotta contro le sofisticazioni alimentari si potrebbero riempire 1.270 camion per il trasporto degli alimenti. Il reparto più colpito (un terzo del totale) è il settore delle carni e degli allevamenti.
L'assalto al mare. Il saccheggio del mare (traffico di datteri di mare e ricci, spadare, pesca illegale) vale 300 milioni di euro l'anno.
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2009

 

 

Gli abitanti di via Giusti: «No ad altre costruzioni, ci portano via il bosco» - PROGETTO PER CENTO ALLOGGI
 

Quesito da un milione di euro: come riuscire a far transitare camion e betoniere necessari a costruire delle nuove case quando l’unica via d’accesso alle nuove aree cantierabili risulta essere una sorta di viottolo impervio e scalcinato che raggiunge una larghezza massima di 2 metri e 36 centimetri? È questa solo una delle domande che non hanno ricevuto né risposta né approfondimento durante la seduta del Terzo consiglio circoscrizionale, impegnato a esprimere un parere per il rilascio della concessione edilizia di un nuovo lotto di costruzioni che riguarda il fondovalle roianese solcato dal Rio Martesin. L’area verde, che si trova incastonata tra la collina di Monteradio e quella di Scala Santa, sarà interessata a breve da un imponente intervento edilizio diviso in tre lotti. Qualcosa come 30.000 metri cubi di cemento e mattoni che dovrebbero sostanziare almeno un centinaio appartamenti in un comprensorio dalle caratteristiche rupestri e scoscese in presenza di terreno “fragile”, quelle marne e quel flysch che, silenziosamente e inesorabilmente scivolano sempre più a valle per l’inevitabile forza di gravità.
La seduta del parlamentino è stata seguita da un gruppo di residenti di vicolo Rio Martesin e di via Giusti, preoccupati per la sorte dell’ultimo polmone verde del rione. Se i tre nuovi lotti di edilizia residenziale andranno in porto – sospiravano i cittadini – addio bosco, viti e terrazzi, addio soprattutto al paesaggio globale dell’ameno fondovalle, quello che qualcuno, con una certa ironia, ha descritto come la villeggiatura “stanziale” degli anziani, dei più piccoli e di tutti coloro che non hanno soldi per possedere un giardino.
«Alla luce del recente e grave smottamento accaduto in un cantiere di via Monte Valerio – ha spiegato il residente Luciano Sinico – temiamo fortemente per la stabilità degli edifici di via Giusti e dintorni. Cento nuovi appartamenti non sono uno scherzo, e mi chiedo se le due colline che ci circondano riusciranno a resistere a un assalto del genere». «Dire che siamo tramortiti è poco – ha osservato Rosario Formica, un altro residente di via Giusti – anche perché a suo tempo il sindaco e la circoscrizione ci avevano assicurato che la vallata non sarebbe stata violata. Ora a chi dobbiamo credere?».
Di fronte alle apprensioni e agli interrogativi dei cittadini, il Consiglio Circoscrizionale ha liquidato velocemente la questione con un parere negativo a maggioranza al nuovo lotto nonostante la richiesta del consigliere azzurro Fabrizio Frandoli, condivisa dai colleghi Ledi, Giovannini e Ambroset di sospendere il giudizio per richiedere ulteriore documentazione al riguardo. «Il parlamentino ha perso un’occasione per approfondire un progetto complessivo che prevede la realizzazione di una sorta di nuovo quadrilatero di Rozzol Melara nell’ultimo lembo verde di Roiano. Anche il sindaco – ha affermato il presidente della quarta commissione consigliare comunale Lorenzo Giorgi – è seriamente preoccupato per questi nuovi lotti. Stiamo rischiando di sacrificare una valle intera».
Maurizio Lozei
 

 

Dobbiamo salvare il verde di Trieste dalle brame dei palazzinari
 

L'ex sindaco Illy aveva previsto per la città di Trieste uno sviluppo demografico fino a cinquecentomila abitanti, creando a misura un piano regolatore di continua espansione, mentre a distanza di soli dieci anni esso manifesta che la stima fu completamente sbagliata. Non solo non esiste aumento demografico, ma un continuo calo: l'ottanta per cento della popolazione della città è composto da persone anziane al di sopra dei sessant'anni, che spesso vivono in condizioni precarie di sopravvivenza. Le famiglie giovani disagiate aumentano a dismisura poiché non riescono con i loro miseri e traballanti stipendi a pagare gli affitti e pertanto aumentano le richieste di alloggi popolari.
Con la mancanza di fondi gli enti pubblici cercano di recuperare l'esistente e renderlo a regola delle norme di sicurezza. In caseggiati semivuoti i pochi anziani rimasti, dopo una vita passata tra le quattro mura che hanno visto nascere, crescere la loro famiglia, vengono sfrattati e nelle migliori opportunità cambiati di appartamento, zona, tessuto sociale, sradicando amicizie e abitudini, che spesso li portano alla depressione e alla morte precoce.
Una città con traffico caotico, con uno degli indici dei sinistri più alti d'Italia, dove la fa da padrone l'inquinamento. Una camera a gas tra Ferriera e autoveicoli, ventilata dalla nostra provvidenziale bora, che una volta ci portava le radiazioni di Cernobyl, e adesso ci pulisce l'aria dallo smog e dalle polveri sottili e ci permette di scorrazzare con gli autoveicoli e inquinare senza problemi.
Piani per la riduzione del traffico, parcheggi di scambio, utilizzo delle metropolitane leggere che a Trieste potrebbero collegare l'altopiano, Muggia, e creare un anello circolare attorno alla città ci sono, ma vengono inutilizzati.
Per quanto riguarda il territorio, la città viaggia tra l'indifferenza dei cittadini, che mugulano ma poi in realtà lasciano che tutto proceda per il suo corso. Il piano regolatore fatto dal sindaco Illy, dopo i due mandati della destra, con il sindaco Dipiazza è ancora vigente. Tutti lo recriminano, ma poi in realtà continua l'incremento edilizio.
Capito che Trieste non decolla né demograficamente né industrialmente, che non possiede territorio, che possiede circa diecimila appartamenti sfitti o da ristrutturare, perché non si pone atto rapidamente al nuovo piano regolatore, bloccando in tutti i rioni le costruzioni inutili?
Sono di questi giorni gli scempi di San Giovanni, del Cubone delle Suore Orsoline in Gretta, visibile per la sua bruttezza da piazza Unità d'Italia, della imminente cementificazione dei versanti di Gretta e Roiano dove le vetture andranno a gravitare sul vicolo Rio Martesin e la via Giusti, apportando ulteriore traffico a Roiano centro. Simile sorte toccherà alla piana di Monte Radio, dove sono in fase di dismissione le antenne Rai. E che dire della vergognosa tappezzatura della via Commerciale, del vicolo delle Rose, di San Giovanni, Opicina, Trebiciano, Villa Carsia, Basovizza!
I piani paesaggistici, i vincoli non servono assolutamente a nulla: sono solo pane per i professionisti della ciacola.
Regione, Provincia, Comune non sono esenti da responsabilità, permettendo tale andazzo.
Il nostro sindaco Dipiazza che vuole essere «uno in mezzo a noi», che ha assunto ad «interim» la delega dell'assessorato all'urbanistica, agisca con tempestività dove ancora è possibile salvare la città. I costruttori acquistano terreni agricoli e poi pretendono di tramutarli in costruibili. Questa è una scusa che permette loro di fare quello che vogliono. Giardini, zone agricole, boschi, prati non devono più essere tramutati in zone costruibili nel nuovo piano regolatore.
Barbara Gerusina
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2009

 

 

Piazza Libertà, il Comitato riprende la battaglia - «Il Comune non ci fa vedere il progetto, raccogliamo altre firme per salvare gli alberi»
 

REPLICA L’ASSESSORE BANDELLI: «VERRA’ INDETTA UN’ASSEMBLEA PUBBLICA»
«L’assessore Bandelli ha di recente annunciato che al progetto di riqualificazione di piazza Libertà si stanno apportando modifiche rispetto a quello preliminare approvato dal Consiglio comunale il 30 maggio 2008. Abbiamo tentato di capire di cosa si tratta e chiesto di visionare il progetto, ma dal Comune abbiamo ricevuto solamente ripetuti silenzi. È anche per questo che siamo scesi in piazza di nuovo contro l’abbattimento degli alberi secolari di piazza Libertà. Fino ad oggi abbiamo raccolto 10 mila firme e non ci fermeremo».
Questo il grido lanciato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà (composto da numerosi cittadini, con il supporto dell’Associazione orticola del Fvg “Tra fiori e piante”, di Wwf, Italia nostra, Lav e Gruppo Beppe Grillo Trieste), che ha dato il via a una seconda tranche di raccolta firme. «Il nostro obiettivo è quello di continuare la campagna di sensibilizzazione – spiega Alessandra Chermaz, del comitato - Si tratta di una questione molto sentita come dimostrano le migliaia di firme raccolte, ma anche le numerose telefonate che riceviamo. Il problema è che dall’amministrazione comunale non arrivano notizie certe». Da qui la decisione del comitato di tornare nuovamente alla “guerra dei banchetti” (i prossimi due venerdì in via San Lazzaro angolo via delle Torri dalle 17.30 alle 19.30).
Rimanda al mittente tutte le accuse l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, che spiega: «Il progetto di riqualificazione di piazza Libertà è in fase di evoluzione e vi si stanno apportando piccole migliorie. Un esempio? Inseriremo, nell’area pedonale fronte stazione, una corsia di emergenza per i mezzi pubblici. Per tutte le altre modifiche, che non intaccano comunque l’ossatura del progetto approvato in Consiglio comunale, rimando al momento in cui avremo la versione definitiva, durante l’estate. Quando il progetto sarà ultimato e avrà ottenuto tutti i pareri necessari, come quello della Soprintendenza, e prima di appaltare l’opera – aggiunge l’assessore – indirò un’assemblea pubblica».
Il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli non molla la presa e ribatte: «Ho insistito, ma ho solamente potuto visionare il progetto negli uffici senza ricevere una copia, come spetterebbe a ogni membro dell’aula consiliare». Arriva anche qui la replica secca del responsabile dei Lavori pubblici: «Il Consiglio comunale ha già approvato ciò che rientra nelle sue competenze: il progetto di variante urbanistica. A iter ultimato, invece, l’approvazione definitiva spetterà esclusivamente alla giunta. Non sussistono ulteriori passaggi obbligatori in aula».
Elisa Coloni
 

 

Costa: a rischio i fondi per il Corridoio 5, il governo decida
 

IL PRESIDENTE DELL’AUTHORITY VENEZIANA LANCIA L’ALLARME DI FRONTE AGLI OPERATORI DI LOGISTICA E TRASPORTI
Maresca (Compagnia di Monfalcone) insiste: «I grandi traffici viaggiano verso Genova e Rotterdam, non per Trieste»
VENEZIA Abbattere le resistenze, togliere i freni, accelerare la costruzione di una rete transeuropea di trasporti efficiente, sicura e socialmente rispettosa dei lavoratori. Il futuro della politica dei trasporti in Europa passa dal Nordest, che deve portare all’attenzione del Parlamento europeo le sue richieste in termini di sviluppo delle infrastrutture. Una prima sfida è già sulla carta: il Corridoio ferroviario 5 da Lisbona a Kiev. Ma il percorso tra Mestre e Trieste è ancora in via di definizione, gettando dubbi sul finanziamento di 30 milioni di euro, che la Commissione Europea ha stanziato nel 2004.
Nel corso del convegno «Il futuro della politica dei trasporti in Europa – 2009-2014», che si è tenuto ieri a Venezia, si sono confrontati i maggiori esperti in tema di trasporti e Paolo Costa, presidente dell’Autorità Portuale di Venezia ha assicurato che i fondi europei sono al sicuro: «Il problema sarà recuperare il resto dei finanziamenti dal Governo italiano, che devono coprire almeno l’80% dei costi di realizzazione». Per Maurizio Maresca, di recente nominato alla presidenza della Compagnia portuale di Monfalcone, questo sforzo potrebbe rivelarsi una perdita di tempo e di risorse: «I due corridoi ferroviari significativi e fondamentali per i traffici dovrebbero essere il Genova-Rotterdam e Ronchi-Tarvisio. In ogni caso, il percorso del Corridoio 5 per il Fvg dovrebbe passare per Gorizia e non per Trieste».
Maresca parla anche di «grave ritardo nello sviluppo della logistica europea»: «I porti sono inconsistenti e l’Europa, ora, deve agire su due livelli: prima di tutto deve varare norme forti e promuovere una disciplina unitaria per la gestione dei i porti-corridoio. In secondo luogo, deve individuare, in Italia 3 o 4 porti-corridoio fondamentali. Penso a Genova-Savona e Venezia-Monfalcone-Trieste».
SILVIA ZANARDI
 

 

RIGASSIFICATORE - Critiche infondate
 

Rispondo alla segnalazione su Il Piccolo di Trieste dell'8/6 us. a firma del signor Lorenzo Novello che, in modo confuso, risponde ad un mio pubblico attacco al Sindaco di Muggia Nerio Nesladek, del quale criticavo il comportamento tenuto nella Seduta di Comitato del Porto che, per oggetto, aveva la stipula degli accordi sul nuovo P.r.p.
Spazziamo immediatamente il campo da ogni possibile fraintendimento: per il Comitato di Salvaguardia del Golfo di Trieste, io opero in qualità di addetto stampa e, in questa specifica veste, ho l'obbligo di segnalare tutto ciò che in merito agli impianti ritenuti pericolosi (non solo da me: i rigassificatori figurano nell'elenco del Ministero dell'Ambiente come particolarmente pericolosi) che tentano di aggredire lo scarso territorio che ci è rimasto con lo sviluppo di attività ad alto rischio e, soprattutto, senza il rispetto delle leggi nazionali e comunitarie che tali attività regolano.
Devo dirle, inoltre, che del mio intervento lei ha capito quello che voleva: cioè nulla! Prima di parlare corre l'obbligo di prestare un minimo di attenzione alle parole che sono state scritte. Vi avrebbe letto (a metà della prima colonna del mio intervento) che la maggioranza dei consiglieri comunali di Muggia, ma anche la maggior parte degli ambientalisti che operano sul territorio, erano d'accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo Piano. (Sa cosa significa pronunciamento positivo?) Ciò che, viceversa, non ha trovato coesione nemmeno quando il Sindaco Nesladek, esponendo una sua teoria ricca di utopia, è stato quando ha tentato di convincere il Consiglio alle sue ragioni. Quelle sue ragioni, purtroppo per lei e per il sindaco che difende a spada tratta, non solo non sono state accolte, ma nelle motivazioni di chiusura del Verbale consiliare (apra bene le orecchie signor Novello), è stata deliberata la seguente mozione: 3. Di dare mandato al Sindaco, quale componente del Comitato Portuale, di agire con ogni mezzo, compreso se necessario il voto contrario all'adozione del Piano Regolatore Portuale, qualora non venisse rivista la zonizzazione del polo energetico in modo da impedire la possibilità di realizzare rigassificatori di Gnl o depositi di Gpl.
La delibera contenente il precisato punto 3, è stata dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'articolo 1, comma 19, della L.R. 11. 1203 n°21, con l'approvazione della maggioranza del Consiglio, specie di quella parte che sostiene il Sindaco Nesladek.
Orbene, il Sindaco Nesladek, come uomo di rappresentanza delle Istituzioni locali, in Comitato Portuale avrebbe dovuto eseguire alla lettera il mandato ricevuto. Era un suo preciso dovere etico, morale e giuridico. Doveva chiedere soltanto se il Comitato Portuale avesse o meno l'intendimento di togliere dal Piano ogni e qualsiasi riferimento al Polo energetico. Se non fosse stato in grado di veder soddisfatta la sua richiesta, gli rimaneva un'ultima e definitiva mossa che gli era stata assegnata, in via fiduciaria, dal Consiglio Comunale di Muggia: esprimere voto contrario all'adozione del Nuovo Piano Regolatore Portuale. Punto! Tutto il resto che lei mi ha scritto è assolutamente privo di interesse per me e di nessun valore giuridico. Gli uomini che vengono chiamati a rappresentare i cittadini dai quali vengono eletti, dovrebbero avere a cuore legge, diritto e Costituzione. Solo su queste basi di impegno morale, uno può agire ed essere anche difeso nel caso in cui commettesse errori in buona fede. Scegliendo strade di personali convincimenti per soluzioni immaginarie ; eludendo perfino i mandati ricevuti, non si va da nessuna parte.
Per tutte le sciocche insinuazioni che lei vorrebbe attribuirmi in chiave pseudo-politica, peggio di così non poteva cadere, perché chi mi conosce sa perfettamente quanto io sia refrattario a qualsiasi ideologia politica.
Giorgio Jercog - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2009

 

 

Il ”Miani” in Regione senza appuntamento - DELEGAZIONE RESPINTA
 

Senza appuntamento non si entra. Un destino ricorrente quello del Circolo Miani - associazione che da anni si batte per la chiusura della Ferriera di Servola - che ieri con una trentina di aderenti si è presentato in piazza Oberdan per avere un colloquio con i capigruppo del Consiglio regionale. Gli uscieri hanno chiamato gli uffici e la risposta è stata un secco no «perché non avete preso preventivamente appuntamento». La stessa sorte era capitata ai componenti la settimana scorsa, quando il ”Miani” aveva tentato la sortita in piazza Unità d’Italia, per incontrare il presidente della giunta, Renzo Tondo, anche in quel caso senza appuntamento. Il responso era stato identico: non si passa. L’unico a dare ascolto ieri ai presenti è stato il consigliere regionale Igor Kocijancic che ha promesso l’interessamento per un futuro appuntamento.
 

 

Sebenico, iniziata la produzione di energia eolica - FASE SPERIMENTALE DI UN MESE
 

FIUME Poco a Sudest di Sebenico, in località Grebastica, a pochi chilometri dalla linea di costa, la seconda centrale eolica di questa regione dalmata ha cominciato a immettere in rete i primi kilowatt di energia elettrica ricavati dall’utilizzo della forza del vento. L’impianto, che si compone di 11 generatori, ha cominciato una fase di collaudo della durata di circa un mese. Il secondo «parco eolico» della regione sebenzana ha una potenza installata pari a 9,6 megawatt. Secondo la scheda tecnica, una volta in funzione a pieno regime la nuova centrale eolica dovrebbe fornire al sistema distributivo nazionale circa 24 gigawattore di corrente (ossia 24 milioni di kilowatt).
La batteria di generatori è dislocata in posizione sopraelevata, sull’altura di Orlice, appena qualche chilometro a Nord della Litoranea adriatica, all’incirca a metà strada fra Sebenico e Capocesto (Primosten). A realizzare il progetto è stata la ditta EnerSys, con sede a Ragusa (Dubrovnik) ma che ha praticamente fatto da tramite per un investimento di capitale tedesco. «Made in Germany» è anche l’intera filiera tecnologica installata nei pressi di Grebastica. L’ammontare dello stanziamento è di circa 12 milioni di euro. Per potenza installata, la Centrale eolica di Monte Orlice è solo di poco inferiore a quella già operativa in zona Trtar-Krtolica, sempre nella stessa regione centrodalmata e sempre con tecnologia e capitale tedesco, che annovera un «filare» di 14 generatori (11,2 Mw) e che, dalla sua entrata in funzione, in quasi tre anni ha fornito alla rete di distribuzione elettrica poco meno di una novantina di milioni di kilowatt.
Entrambe le centrali sono state realizzate in piena conformità alle norme del nuovo quadro legislativo sull’utilizzo delle fonti energetiche alternative. Norme secondo le quali entro la fine del 2010 in Croazia tali fonti dovrebbero sopperire ad almeno il 4% dell’intero fabbisogno nazionale di corrente elettrica. Sempre in quanto a fonti alternative, fin qui il maggiore impianto eolico resta quello in funzione alle spalle di Segna, i cui 14 generatori hanno una potenza installata pari a 42 Mw. Anche in questo caso la tecnologia è della Wallenborn GmbH, un’industria tedesca, cui ha fatto da tramite per l’appoggio «logistico» la rovignese «Valalta». Il «parco eolico» di Segna, installato in zona Vratarusa, sul versante Sud della catena montuosa del Velebit e che s’inerpica da 500 a 840 metri di quota, dovrebbe presto ottenere altri 8 generatori (anche questi con eliche tripala su piloni di 80 metri) con i quali il potenziale installato salirebbe a circa 62 Mw, diventando così il maggiore impianto del genere nel Sudest Europa.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2009

 

 

Ferriera, l’altoforno in fase di riaccensione - Dimezzato il numero dei lavoratori in cassa: adesso sono cento
 

Torna a produrre ghisa la Ferriera di Servola. L’altoforno numero 3 è già entrato in fase di preriscaldamento. «Prima della fine del mese vi sarà la prima colata», hanno annunciato due rappresentanti di fabbrica: Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Ciò ha tolto un po’ di rabbia ai lavoratori. La seconda tranche di cassa integrazione, partita lunedì e che si protrarrà per tredici settimane, si preannuncia meno dura della prima. Sono un centinaio attualmente (su 520 dell’organico complessivo) i lavoratori costretti a rimanere a casa rispetto ai 200-250 in ”cassa” o in ferie obbligate fino alla settimana scorsa.
«Tornano finalmente al lavoro quelli dell’altoforno - spiega Palman - finora i più duramente colpiti dalla crisi e tra pochi giorni si rimetterà in funzione anche la macchina a colare, il che richiederà altre presenze nello stabilimento. Il fatto che la ”cassa” sia limitata a un centinaio di persone permette di fare rotazioni più ampie e di ridurre il salasso economico per i dipendenti e per le loro famiglie». Anche da questo punto di vista la situazione però resta difficile (chi è in ”cassa” percepisce circa 750 euro al mese) e come riferisce Salvaneschi molti operai, almeno una trentina, per poter tirare avanti hanno chiesto un anticipo del loro Tfr.
L’operazione di accensione dell’altoforno (precedentemente funzionava l’altro, poi bloccato perché non a norma) è lunga e delicata. Verrà fatto funzionare solo a mezzo regime data la grave crisi che il mercato della ghisa continua ad attraversare. «Una situazione questa che potrebbe protrarsi per tutto l’anno - sottolinea Palman - ma se finalmente si tornerà al ritmo pieno il numero di 470 dipendenti in organico prospettato dall’azienda rischia di rivelarsi insufficiente».
La Lucchini ha annunciato che non rinnoverà il contratto ai 50 lavoratori assunti a termine, portando di conseguenza l’organico da 520 a 470 persone. Contro questa decisione l’Ugl effettuerà oggi alle 17.30 un volantinaggio in piazza Unità. Si è però aperta una trattativa con l’intento di ”barattare” il maggior numero possibile di lavoratori a termine con altrettanti a meno di tre anni del pensionamento che potrebbero andarsene in mobilità con un’integrazione economica messa a disposizione dall’azienda. Anche di questo si parlerà nell’incontro a cui parteciperanno i segretari confederali dei sindacati e i vertici aziendali venerdì 26 giugno nella sede di Assindustria.

(s.m.)
 

 

Il piano rifiuti arriva all’esame della giunta
 

TRIESTE Il progetto di Piano regionale dei rifiuti è all’ordine del giorno della seduta odierna di giunta. Il documento, proposto dall’assessore Vanni Lenna, fa il punto della situazione sul tema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti e rappresenta un passaggio significativo nell’adozione del piano che, secondo l’assessore, sarà approvato entro la primavera del prossimo anno. L’esecutivo regionale sarà chiamato anche ad approvare un riparto da 1,5 milioni di euro a favore delle associazioni sportive: si tratta di una seconda tranche di risorse a favore di quelle realtà che non hanno trovato posto tra le «top 50» finanziate ad aprile dall’assessore Elio De Anna.
 

 

Rigassificatore, la Croazia in corsa per superare Trieste - PRESSIONI SU SANADER
 

FIUME La settimana prossima il governo croato dovrebbe prendere una decisione sui termini di costruzione e consegna del rigassificatore che sorgerà a Castelmuschio (Omisalj), nella parte settentrionale dell’ isola di Veglia. La conferma è arrivata a Fiume per bocca di Michael Mertl, direttore generale del consorzio Adria Lng, al quale è stata affidata la costruzione e gestione del terminal metanifero isolano.
Mertl è intervenuto nella presentazione del progetto del rigassificatore vegliota, avutasi nella sede della Camera d’economia regionale di Fiume: «L’ esecutivo del premier croato Ivo Sanader dovrebbe agire in tempi brevi – ha affermato Mertl – poiché in questi giorni si assumono le decisioni relative al terminale Lng a Trieste. Il megaimpianto triestino potrebbe rappresentare per noi un pericoloso concorrente, ma se il governo di Zagabria reagirà la settimana prossima come dovrebbe, allora saremo in vantaggio». Secondo Mertl, se non ci saranno gravi battute d’arresto, il rigassificatore di Castelmuschio dovrebbe diventare operativo nella seconda metà del 2014, movimentando annualmente sui 10 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Nella seconda fase, si dovrebbe passare invece a 15 miliardi di metri cubi all’ anno. E’ un progetto da 800 milioni di euro, investimento che toccherà il miliardo di euro assieme all’ edificazione del gasdotto. L’ appuntamento alla Camera d’ Economia conteale a Fiume è stato promosso da Adria Lng, il consorzio composto dalla francese Total, dall’ austriaca Omv, dalla slovena Geoplin e dalle tedesche Rwe ed E. On Ruhrgas. Nel capoluogo quarnerino – montano, si è parlato soprattutto delle opportunità delle aziende croate nel partecipare alla realizzazione dell’ ambizioso progetto energetico. Per tale motivo, i rappresentanti di una trentina di imprese fiumane e del resto della Croazia hanno prestato particolare attenzione alle parole di Mertl e di David Marriott, consulente ed esperto internazionale nel settore.
«La presenza delle aziende croate – ha dichiarato Marriott – sarà decisiva nel porre in essere il rigassificatore, sia nella struttura societaria di Adria Lng, sia nell’ approntamento del terminal». Confermato che, rispettando la prassi per investimenti di questa portata, alla fine del 2010 o all’ inizio del 2011 il consorzio sceglierà con concorso internazionale l’ Epc, cioè la persona che dovrà anche scegliere i subappaltatori.
Andrea Marsanich
 

 

Piano regolatore, le scuse di Dipiazza non reggono: se si vuole, «se pol»
 

E veramente degna di miglior causa - e anche un po' patetica - l'ostinazione con cui il sindaco Dipiazza ripete, da anni, che la colpa di tutti gli scempi edilizi a Trieste è del piano regolatore del '97 (cioè quello di Illy), e che lui ed i suoi non potevano «impedire ai proprietari dei terreni di costruire, pena denunce e sanzioni».
Lo ha ripetuto, Dipiazza (v. Il Piccolo del 5 giugno scorso), in risposta alle rimostranze degli abitanti di Roiano, allarmati per il mega-progetto che prevede nuove edificazioni residenziali in via Giusti e nell'area dell'ex centrale elettrica, accanto al rio Martesin.
In realtà, la giurisprudenza amministrativa ha ampiamente confermato proprio l'opposto, e cioè che un Comune può modificare il proprio piano regolatore in qualsiasi momento e che non esiste alcun «diritto edificatorio» dei privati, neppure in presenza di piani attuativi già approvati.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la n. 2418 del 10 gennaio 2009) lo ha ribadito per l'ennesima volta, concludendo così - a favore del Comune di Perugia - un contenzioso aperto proprio da uno di quei ricorsi dei privati, che tanta paura pare facciano invece al sindaco di Trieste.
Si aggiunga che da molti anni il Wwf ed altre associazioni ambientaliste, insieme a diversi comitati di cittadini, cercano di far entrare questo concetto nelle menti degli amministratori cittadini, proprio in considerazione delle scelte scellerate contenute nel piano regolatore illyano.
I quali amministratori, peraltro, ne hanno avuto di tempo, per rivedere tali scelte (Dipiazza è sindaco dal 2001...).
Così come non mancavano certo le motivazioni: grande valore ambientale e paesaggistico di molte aree dichiarate edificabili, mancanza di adeguata viabilità e perfino di fognature (è il caso di via Giusti ma anche della totalità delle edificazioni previste in costiera), e così via.
È inevitabile perciò concludere che, se le previsioni del piano regolatore sono rimaste invariate dal '97 ad oggi, è perché così hanno voluto sia Illy ed i suoi, sia Dipiazza e la sua maggioranza.
Inutile ed anzi puerile, quindi, che il sindaco cerchi di nascondersi dietro il «no se pol», perché in realtà «no se vol». Lo si era visto, peraltro, anche due anni fa, in occasione della delibera di direttive per la variante al piano regolatore: era quella infatti l'occasione per rimediare - sia pure in ritardo - agli scempi urbanistici venturi.
Sindaco e Consiglio comunale si sono però piegati alle pressioni del mondo dell'edilizia e della speculazione immobiliare e la variante che uscirà da quelle - debolissime - direttive non modificherà nulla di sostanziale rispetto al piano vigente.
Bene sarebbe perciò, da parte di Dipiazza, smettere di prendere in giro i cittadini, ripetendo informazioni infondate e fuorvianti, utili soltanto a «insempiar la gente».
Dario Predonzan - Direttivo regionale Wwf Friuli Venezia Giulia
 

 

URBANISTICA (1) - Colate di cemento
 

Finalmente è arrivato il piano casa voluto dal Presidente del Consiglio Berlusconi anche in regione. Soddisfatta della legge, l'assessore regionale Seganti, da sempre attenta al problema casa, elogia la nuova legge, che a suo dire in particolare per le zone di periferia dove le case sono brutte e in degrado, verranno ristrutturate con gli incentivi per poter ammodernare ingrandendo, utilizzando le fonti energetiche alternative ecologiche.
La legge così, porrà anche limiti alle cementificazioni di nuove zone verdi, che verranno conservate ad uso e consumo delle future generazioni.
Sa l'assessore Seganti che la zona di Via Giusti, Vicolo Rio Martesin a Tieste è interessata da un mega progetto edilizio che nulla lascerà alle future generazioni se non lo squallore della fotocopia della Via Commerciale?
E allora si attivi prima che sia troppo tardi.
Dario Ferluga
 

 

URBANISTICA (2) - Una via da salvare
 

C’è a Trieste una strada, non proprio una strada, forse una stradina, anzi più precisamente si tratta di un vicolo, vicolo Rio de Martesin «fondovalle incastonato fra Tersenico (Monteradio) e Scalasanta». La strada scende stretta tra le case per arrivare infine ad un ponte, questo è l’ultimo punto in cui è possibile vedere il patok, torrente Carbonara-Martesin. Il luogo racconta ancora di un passato rurale, un passato fatto di serre per i fiori, di orti e di pastini coltivati, di quando ancora si camminava per i sentieri, i «clanz» a fianco di muretti a secco e scale in pietra. Questo luogo merita sicuramente un visita anche perché pare che presto cambierà aspetto. Il bosco confina con i pastini proprio come doveva apparire una volta la via Commerciale, che vista adesso...
La questione che volevo porre alle persone più qualificate, o a chiunque abbia voglia di rispondere, è perché si debba rovinare qualcosa di bello e anche molto particolare, potrei azzardare di interesse naturalistico! Se ho capito bene il sindaco Dipiazza dichiara di avere le mani legate di fronte al precedente piano regolatore voluto da Illy, e soprattutto di fronte alla minaccia di un’eventuale causa legale da parte della proprietà che intende costruire. I consiglieri della terza circoscrizione si sono sempre detti contrari anche se un po’ imbarazzati per il giudizio non vincolante delle loro riflessioni. E allora? Tutti contrari nessun favorevole. Contrari lo sono sicuramente i residenti, contrari (almeno a parole) i consiglieri, contrario anche il sindaco e i favorevoli? La mia non vuole essere una polemica sterile né intende indagare il curioso rapporto economico-politico alla base di queste decisioni: vuole essere soltanto una proposta per migliorare il rapporto tra il Comune e i suoi cittadini, almeno per gli aspetti riguardanti la comunicazione e la trasparenza. Si può anche decidere che effettivamente certe zone andrebbero prese in considerazione con progetti specifici, penso ai contributi per il ripristino dei pastini, alla tutela della aree boschive, alla salvaguardia dei torrenti con i loro ecosistemi, ma anche ai parchi di quartiere e a tutte quelle misure per salvaguardare il nostro bellissimo territorio. Forse, alla luce dei recenti smottamenti che hanno interessato diverse zone della città, si potrebbero rivedere gli indici di edificabilità in certe zone, considerare l’impatto ambientale delle costruzioni nel contesto del luogo, e perché no, valutarne l’estetica. Ma questo è compito dei tecnici, come cittadino residente in una zona interessata ad un prossimo intervento mi piacerebbe sapere almeno cosa succede e quale vantaggio avrà la città di Trieste dalla progressiva scomparsa delle sue zone verdi.
Giorgio Bragagnolo
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - Udine, 17 giugno 2009
 

100 NUOVE DERIVAZIONI IDRAULICHE LASCERANNO IN SECCA I NOSTRI FIUMI PIÙ BELLI
 

L’energia idroelettrica è in Italia e anche in FVG la più importante delle energie rinnovabili. In Regione la produzione copre il 12% del fabbisogno totale di energia elettrica.
Gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (certificati verdi e conto energia) hanno determinato condizioni di forte redditività anche per questo tipo di impianti e quindi si sono moltiplicate le richieste per ottenere le autorizzazioni alle derivazioni dai corsi d’acqua.
Pare che oggi siano giacenti in Regione 100 domande di nuove derivazioni richieste prevalentemente da imprenditori privati. Ogni autorizzazione viene trattata con una procedura singola mentre manca completamente un quadro di riferimento per una valutazione complessiva degli interventi effettuati e proposti sui corsi d’acqua interessati.
Legambiente del FVG ha espresso tutta la sua preoccupazione perché in assenza di linee guida precise e tempestive da parte della Regione e di normative aggiornate e complete, oggi si rischia non solo di fare un danno ambientale gravissimo, in caso di accettazione incondizionata delle richieste, ma anche di modificare l’insieme di intere zone peggiorandone le caratteristiche ambientali e le potenzialità turistiche, economiche, la fruizione da parte di intere categorie sociali come i pescatori, la situazione microclimatica ed anche la stabilità idrogeologica.
Legambiente del FVG chiede alla Regione di rendere noti i dati in suo possesso relativamente ai tratti sottesi dalle nuove richieste in modo da consentire a tutti la conoscenza e la discussione serena su quanto si prospetta a carico dei nostri fiumi.
La cosa ancora più preoccupante è data dal fatto che la previsioni di nuovi impianti idroelettrici fatte dal Piano Energetico Regionale sono di un aumento di soli 12 MWe a fronte di alcune centinaia richiesti; ma anche su questo Legambiente del FVG chiede che la Regione diffonda i dati in suo possesso.
Legambiente del FVG ritiene che la Regione debba rapidamente prendere in mano la situazione impedendo che strumenti utili come il Piano per la Tutela delle Acque, la cui elaborazione viene attualmente seguita dall’ARPA, vengano ad entrare in vigore quando ormai tutti i buoi sono fuggiti dalla stalla.
Per Legambiente in questo momento non va rilasciata nessuna autorizzazione di derivazione e di realizzazione di centrali idroelettriche, in particolare nel territorio montano, senza che vi sia un quadro adeguato di riferimento con la definizione di specifici criteri per valutare le iniziative proposte secondo un orientamento di interesse generale e nel quadro di una valutazione complessiva dello stato dei singoli corsi d’acqua.
Per questo chiediamo che la Regione si doti subito di criteri di selezione delle domande che siano compatibili con le esigenze ambientali, sociali, economiche ed energetiche del territorio.
Questo non significa non considerare l’acqua tra le possibili fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, ma significa riportarla alle sue reali dimensioni e potenzialità che, con tutta evidenza, sono oggi molto contenute.
In particolare, l’obiettivo principale dovrebbe essere di inserire le iniziative in una logica di integrazione locale di utilizzo di più fonti rinnovabili, quali biomasse, solare fotovoltaico e termico, geotermia e là dove possibile risorse eoliche, al fine di creare crescenti condizioni di autonomia energetica sia per gli insediamenti residenziali che per le attività produttive.
Tutto ciò non può prescindere da una attiva regia delle amministrazioni pubbliche, ed in particolare della Regione, dotate di opportuni strumenti di intervento, in grado di governare le situazioni secondo una prospettiva duratura di rapporto con il territorio evitando di avallare le operazioni di pura speculazione sganciate da ogni legame con i reali interessi delle comunità locali.
Legambiente del FVG lancia pertanto un grido d’allarme alla Regione, alla società, ai soggetti competenti perché, tenuto conto delle previsioni del Piano Energetico Regionale, si addivenga urgentemente alla stesura di linee guida in grado di contrastare la valanga di richieste giacenti, che definiscano il quadro della volontà politica di governare il territorio e le sue acque secondo criteri di sostenibilità e non di mero interesse privato e perché siano messi a disposizione i dati della nuove richieste e delle relative potenze da installare.
Legambiente FVG
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2009

 

 

Piano regolatore top secret: Sasco caccia Marzi dall’aula -  Il difensore civico: «Sono allibito». Bordate da Decarli
 

Fuori il pubblico. Al bando giornalisti e fotografi. Via, persino, il difensore civico, allontanato dal presidente ribattezzato dall’opposizione ”Sasco-Ahmadinejad” per la bravura dimostrata nel creare un’«atmosfera che farebbe invidia all’Iran», con tanto di «luci basse, tende tirate e un unico microfono funzionante».
Più secretata di così la riunione della Commissione VI, chiamata ieri ad assistere all’illustrazione del piano regolatore, proprio non poteva essere. A nulla sono valse le proteste partite tanto dai banchi del centrodestra quanto da quelli del centrosinistra per tentare di ammorbidire i guardiani dell’ordine e rimuovere il segreto d’ufficio sul documento in discussione. «Gli atti di pianificazione diventano pubblici solo dopo la loro adozione - ha sentenziato il segretario generale Santi Terranova -. Di conseguenza le sedute preliminari della Commissione devono svolgersi a porte chiuse».
Un diktat a cui, come detto, il presidente Sasco ha obbedito senza fiatare. Tanto che la mozione d’ordine presentata dal consigliere della Lega Maurizio Ferrara - mozione che invitava ad abolire la secretazione in virtù dell’assunzione di responsabilità dei consiglieri tenuti a non rivelare le informazioni- , è stata dichiarata irricevibile, tra le critiche dell’opposizione e i malumori di buona parte degli esponenti della maggioranza. Tutti, tra l’altro, irritati anche dalla scelta di distribuire il cd con la documentazione relativa al piano soltanto ai capigruppo e non ad ogni commissario, forse proprio per prevenire ulteriormente le fughe di notizie.
Già questo basterebbe a giustificare l’espressione ”corrida” usata dallo stesso Sasco per descrivere la parte iniziale della seduta. Ma il bello, o il brutto a seconda dei punti di vista, è andato in scena in realtà quaranta minuti dopo l’avvio dei lavori. Quando, cioè, in aula si è presentato il difensore civico Maurizio Marzi. «Qui non ci puoi stare - è stata la poco calorosa accoglienza riservatagli dal presidente -. La riunione è secretata e tu non hai titolo per accedere a questi atti. Quindi, Maurizio, credo proprio che tu debba uscire dall’aula». «Un’affermazione a cui, all’inizio, non volevo credere. - spiega Marzi -. Dire che sono rimasto allibito è poco. Lo Statuto e il regolamento comunale specificano che il difensore civico può chiedere tutti gli atti e i documenti, senza i limiti imposti dal segreto d’ufficio. La decisione di allontanarmi è stata quindi un fatto grave perché dimostra, da un lato, scarsa sensibilità nei confonti delle funzioni che ricopro e, dall’altro, l’assoluta mancanza di rispetto per le regole di trasparenza che dovrebbero ispirare le pubbliche amministrazioni».
«Durante l’intera seduta mi sono limitato a seguire le indicazioni fornite da Terranova, l’unico ”notaio” della situazione autorizzato a dare interpretazioni giuridiche - è la replica di Sasco -. Io giurista non sono e, vista la delicatezza degli argomenti, non ho potuto far altro che attenermi alle direttive». Una difesa giudicata debole e insufficiente da più di un commissario. «Il dibattito sul piano regolatore non poteva partire con un piede più sbagliato - commenta il Cittadino Roberto Decarli -. Sorge il sospetto che l’amministrazione voglia evitare il confonto con la città su un tema tanto importante». «Il segretario Terranova - spiega Fabio Omero del Pd - ci ha fornito una sua personale interpretazione della norma sulla trasparenza sugli atti pianificatori. Non ha però voluto, o saputo rispondere alle altre mie domande. Perché, per esempio, se è vero che la stessa norma prevede che la partecipazione e l’informazione al pubblico siano escluse anche per gli atti amministrativi generali e di programmazione, sui bilanci preventivi le sedute sono pubbliche?».
Meno dura, ma in ogni caso contrariata, la maggioranza. «Se potessi scegliere, anch’io preferirei eliminare queste limitazioni, anche perché alla fine parliamo di un segreto di Pulcinella - ammette la capogruppo di An Angela Brandi -. Ma qui abbiamo a che fare con un obbligo di legge. E le leggi, piaccia o non piaccia, non si possono aggirare».
MADDALENA REBECCA
 

 

RIGASSIFICATORE - Attenti agli espropri
 

Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato il loro consenso ad essere attraversati da un metanodotto che come si può leggere nell'avviso ufficiale pubblicato dal Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile dovrà espropriare diversi terreni. Per la precisione nei comuni di Trieste, Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse, Fiumicello e Ruda.
Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul giornale integra infine a tutti gli effetti , anche la comunicazione personale ai sensi dell'art. 8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire che gli espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul giornale, il che sarebbe terrificante.
Sempre in questo avviso (che, faccio notare, non è stato fatto pubblicare sul Piccolo che è indiscutibilmente il giornale più letto in questa parte della regione) si dice che il suddetto metanodotto serve per collegare alla rete nazionale il rigassificatore di Zaule, ma anche quello eventuale in mezzo al golfo davanti a Grado, e adesso abbiamo la conferma: da quello che abbiamo sentito ieri al Tgr E.On ripresenta il progetto off-shore e conta che questo venga approvato.
Ora, mi chiedo: che fine ha fatto l'opposizione di politici come l'ex sindaco di Grado Roberto Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei tempi) contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si va a costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a qualcosa: in questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno sottovalutare gli effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per l'ecosistema: dal fondo marino saranno sollevati e mandati in circolazione tutti quegli inquinanti che si sono sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi danni alla pesca che, in quel caso, si dovrebbe proibire. Per non parlare della nautica da diporto, e di tutte quelle attività connesse allo sfruttamento del mare come il turismo; che ci dicono sia la salvezza per la nostra malandata economia.
Siccome uno dei più strenui fautori di questi impianti è il sottosegretario all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso partito dell'ex sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone si trovano al governo non siano più interessate al loro territorio grazie al quale – evidentemente – sono stati eletti. E che dire del presidente della Regione Tondo che (sicuramente qualcuno avrà visto il dibattito) disse di essere contrario a questi impianti ed è per questo che ha avuto il voto di molti cittadini di questa regione?
Purtroppo gli abitanti di Trieste sono in questo momento molto impegnati a prendere il sole e non si sono ancora accorti di quello che sta per capitare al loro bel mare.
Georgina Ortiz
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2009

 

 

Meno cantieri con il nuovo Piano regolatore - VIA LIBERA DELLA GIUNTA AL RINNOVATO STRUMENTO URBANISTICO
 

Tiro corretto in base ai 20mila alloggi sfitti in città. Giro di vite anche in Costiera
Forte contrazione delle ”aree di espansione”, quelle in cui, in passato, in nome di una presunta fame di alloggi, sono state autorizzate massicce operazioni di speculazione edilizia. Riduzione degli indici volumetrici e di edificabilità ammessi nelle zone di pregio ambientale del centro. Vincoli più stringenti per le zone, a partire dalla Costiera, classificate come aree a vocazione turistica e residenziale. Sono questi gli assi portanti su cui poggia il nuovo Piano regolatore comunale, l’atteso strumento urbanistico che ieri mattina ha ricevuto il primo via libera della giunta e ora proseguirà l’iter in vista dell’adozione prevista entro fine luglio.
ALLOGGI SFITTI Punto di partenza del piano è stata l’analisi puntuale del fabbisogno abitativo nel territorio di Trieste. Fabbisogno, hanno accertato gli uffici, finora ampiamente sovradimensionato. Il censimento effettuato proprio in funzione della stesura del piano ha accertato infatti la presenza all’interno del comune di ben 20 mila alloggi sfitti. Un numero sorprendente, che ha convinto della necessità di correggere il tiro rispetto al passato. Di qui la decisione di ridimensionare le ”vecchie” zone C, vale a dire le cosiddette aree di espansione in cui finora erano stati lasciati margini di manovra particolarmente ampi ai costruttori e dove invece, in futuro, scatterà un vero e proprio giro di vite in termini di volumetrie.
CENTRO STORICO Il nuovo Piano regolatore riserva un’attenzione particolare anche al centro storico, inserito per la prima volta all’interno di un’unica perimetrazione che includerà sia l’originario nucleo ottocentesco sia gli ampliamenti eseguiti nel secolo scorso. L’unificazione permetterà, una volta completato l’iter dello strumento urbanistico, di provvedere alla stesura di uno specifico piano particolareggiato, fondamentale per garantire omogeneità negli interventi edilizi inseriti nel cuore della città. Sempre a livello di centro storico, è prevista una riconsiderazione delle aree B0, vale a dire le zone ritenute di pregio ambientale, nelle quali verranno riviste al ribasso le cubature ammesse.
AREE RESIDENZIALI E TURISTICHE Volumetrie ridotte e più rispettose del territorio dovranno caratterizzare anche gli interventi nelle vecchie zone BT e BNI, ossia le aree a vocazione turistica e residenziale, come ad esempio la Costiera, vittime in passato di fenomeni di pianificazione selvaggia. Per evitare che si ripetano in futuro, il Piano regolatore prevede una puntuale revisione delle zone edificabili e la sostituzione dei vecchi piani particolareggiati con strumenti di edificazione diretta.
AREE AGRICOLE Novità in vista anche per i proprietari di aziende agricole. Nelle aree classificate come E3, E4, E6 e EB - appunto aree agricole e forestali - verranno consentiti e agevolati gli interventi di adeguamento dell’attività esistente. Sarà più facile quindi trasformare in agriturismo il casale inserito nella tenuta di famiglia.
CAMPER E CIRCO Per la prima volta, inoltre, il Piano regolatore individua aree da dedicare specificatamente all’accoglienza dei camper turistici e degli ”spettacoli viaggianti”. Espressione quest’ultima chiaramente riferita alle manifestazioni circensi che in futuro lasceranno la precaria - e da molti giudicata poco appropriata - sistemazione nel piazzale vicino alla Risiera per trovar spazio in un’area riservata e attrezzata.
L’IPOTESI GINNASTICA Fin qui le linee guida del documento, le uniche attualmente divulgabili perché inserite negli allegati della delibera di giunta. Per conoscere i dettagli del piano, al momento secretati, bisognerà invece attenderne l’adozione. Servirà quindi qualche settimana per avere conferma delle indiscrezioni circolate negli ultimi giorni: una tra tutte, quella riferita a una possibile trasformazione in chiave residenziale del complesso di via Ginnastica che ospita attualmente la sede della Sgt.
I COMMENTI «Se fossimo a scuola, a questo Piano regolatore darei un bel 9 - dichiara soddisfatto il sindaco Dipiaza dopo il via libera della giunta - È stato fatto un ottimo lavoro». Ancora più geneneroso nei voti l’assessore ai Lavori pubblici. «In una scala da 1 a 10 darei un 9,8 - commenta Franco Bandelli -. I tecnici hanno recepito alla perfezione le direttive approvate dal consiglio comunale il 27 luglio del 2007. Con un Piano come questo, il territorio di Trieste non potrà più essere deturpato da ”cuboni” e costruzioni invasive».
MADDALENA REBECCA

 

 

«Pellet pericolosi solo se bruciati» - Decine di chiamate ai vigili del fuoco per controllare il combustibile
 

INDICAZIONI DELLA PREFETTURA DOPO IL CASO DI MUGGIA
Decine di telefonate di persone spaventate che nei mesi scorsi hanno acquistato nel supermercato Castorama di Muggia i sacchi di pellet contaminato con il Cesio137 sono arrivate al centralino dei vigili del fuoco di via D’Alviano. Qualcuno poi si è recato personalmente nella sede dei vigili per consegnare i sacchi ritenuti a rischio. Infatti l’altro ieri, nonostante la giornata festiva, la Procura di Aosta ha disposto un decreto di sequestro preventivo del combustibile ecologico in legno per stufe domestiche, risultato radioattivo. Il materiale sarebbe stato importato dalla Lituania. L'operazione è scaturita dalla denuncia di un cittadino valdostano che, riscontrando un'anomalia nella combustione del pellet acquistato da un rivenditore locale, ha fatto analizzare il materiale ed ha scoperto la presenza di radioattività.
Ieri intanto la Prefettura ha inviato una nota sui sequestri effettuati domenica, nella quale si comunica che «il materiale contaminato è esclusivamente il pellet di marca Naturkraft Premium prodotto dalla Uab Granul Invest». Nel comunicato si precisa che «il materiale in questione non costituisce alcun pericolo in condizioni normali. Possono invece risultare dannose le ceneri prodotte dalla combustione. Pertanto - rilevano in Prefettura - chiunque abbia in casa pellet di questa marca è invitato a non utilizzarlo come combustibile e a riportarlo al rivenditore dove lo ha acquistato e in alternativa contattare i vigili del fuoco per ottenere indicazioni sulle procedure da attivare e per far controllare il materiale».
Nella nota «si ribadisce che il prodotto sequestrato e risultato contaminato è il pellets ”Naturkraft Premium 6mm» e che «alcuni pellet dal nome simile sono stati venduti nel centro Castorama di Muggia. Le prime analisi effettuate dai vigili hanno confermato che non vi è alcun pericolo di contaminazione. I campioni saranno consegnati all’Arpa che procederà ad analisi più approfondite. In ogni caso Castorama si è resa disponibile a ritirare i sacchi venduti».
 

 

TRASPORTI - Alta velocità
 

Dopo i vari «tuboni» che i nostri politici ci volevano appioppare, fortunatamente spariti per le proteste della popolazione, apprendiamo dalla stampa che è in fase di progetto l’alta velocità ferroviaria per la linea Trieste-Divaccia.
Il percorso della linea dovrebbe raggiungere Divaccia tramite un percorso sotterraneo, molto lungo, che prevede lo scavo di gallerie, passanti, oltre alle altre zone, nella parte alta del rione di San Giovanni.
Teniamo a precisare che in quella zona, ricca di vene d’acqua, provenienti dal vicino Timavo, si trova anche l’acquedotto storico denominato Capofonte, già recentemente al centro di polemiche per gli inconvenienti dovuti ai lavori per le case dell’Ater. È di questi giorni, a conferma della delicatezza del sito, la frana che mette in pericolo le costruzioni esistenti, dovuta agli scavi per i nuovi insediamenti edilizi.
Ci sembra, osservando la cartina, pubblicata sul giornale in data 28 aprile, che forse la via più breve per raggiungere Divaccia sarebbe partire da Opicina, già servita da una stazione con un numero consistente di binari. Poi si deve tenere conto che la nostra zona è già gravata dalla circonvallazione ferroviaria che passa circa sotto la direttrice piazza Volontari Giuliani-via Kandler, che ha provocato in fase di realizzazione molti inconvenienti, citiamo ancora l’esistente linea che parte da Rozzol e passa nella parte alta del nostro territorio. Vista la situazione esistente, riteniamo che gravare la nostra zona di altre servitù ferroviarie sia assurdo.
Dato che in varie parti del territorio provinciale le organizzazioni operanti sullo stesso stanno promuovendo forme di protesta democratica, invitiamo tutti con questo tramite a organizzarci per fare azioni adeguate anche nel nostro rione.
Stelio Ziviz - sindacato Pensionati Cgil
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2009

 

 

Analizzati i pellet comprati a Muggia: tracce di una sostanza radioattiva - INTERVENTO DELLA POLIZIA NEL SUPERMARKET ”CASTORAMA”
 

Pensava di aver acquistato dell'eco-combustibile di qualità conosciuto con il nome di pellet utilizzabile anche come lettiera per i conigli, ma ha scoperto di avere in casa una sostanza potenzialmente radioattiva. Giuseppe Paparella si è presentato ieri pomeriggio nella sede dei vigili del fuoco portando tre sacchi di materiale. E dai primi controlli è emerso che il pellet era del tipo oggetto di un maxisequestro della procura di Aosta.
L’allarme è stato girato subito alla polizia. Gli agenti della squadra volante su indicazione del consumatore sono andati a verificare tra gli scaffali del supermercato Castorama se c’era ancora qualche sacco di quel particolare tipo di combustibile. Ma ormai, vista la stagione, il prodotto è esaurito. L’uomo infatti l’aveva acquistato tre mesi fa.
Dai primi accertamenti sul campione è stata rilevata dai vigili del fuoco la presenza di Cesio137: sostanza radioattiva prodotta dalla detonazione di armi nucleari e dai reattori delle centrali. Tuttavia, è stato spiegato, che la radioattità si manifesta solo quando il combustibile viene bruciato in una stufa. Nessun problema invece se il materiale rimane inutilizzato. Il pellet analizzato a Trieste presenta molte analogie con quello sequestrato nelle altre province italiane sia come etichetta che come materiale, ma la marca non pare essere la stessa: Natural Kraft è il nome del pellet inquisito, mentre quello esaminato a Trieste si chiama Pellet Kraft. Secondo i vigili del fuoco infatti la quantità di Cesio137 trovata nel pellet potrebbe comunque rientrare nella normalità, poiché in realtà è normale - hanno spiegato - che durante la crescita del pellet, alcuni radioisotopi si fissino nel legname. Anche dal punto di vista della pericolosità del materiale radioattivo rinvenuto, c'è un sospetto di pericolosità, che però non è ancora confermato dalle autorità sanitarie.
La merce - un totale di 251 tir - era arrivata dal Baltico nello scorso autunno e poi venduta in tutta Italia, dal nord al sud e importata in un deposito di Varese. L'eco-combustibile in questione, che in alcuni casi ha fatto rilevare una radioattività cinque volte superiore alla soglia di tollerabilità, fa parte di una partita - non completamente contaminata - di 10mila tonnellate giunte dalla Lituania nell'autunno scorso e distribuite da un importatore di Varese.
Oltre la Valle d'Aosta, le regioni coinvolte sono la Lombardia (Varese, Milano, Como, Lecco, Cremona, Bergamo, Pavia, Lodi, Sondrio e Brescia), il Piemonte (Torino e Cuneo), la Liguria (Savona e La Spezia), il Veneto (Vicenza), l'Emilia Romagna (Forlì, Ravenna Ferrara e Bologna), il Lazio (Frosinone e Viterbo), l'Abruzzo (L'Aquila), la Puglia (Bari, Brindisi e Taranto), la Calabria (Cosenza) e la Sardegna (Sassari e Cagliari).
Ora l'attenzione è rivolta alle eventuali minacce alla salute a cui possono essersi esposti coloro che sono entrati in contatto con l'eco-combustibile contaminato. Il Cesio137, infatti, è un materiale radioattivo estremamente tossico. Il soggetto può subire danni cellulari dovuti alle radiazioni che possono persino provocare perdita di conoscenza, coma o morte. Dipende dalla resistenza delle singole persone, dalla durata dell'esposizione e dalla concentrazione a cui il soggetto è esposto. Il rischio, in questo caso, non dovrebbe essere elevato.
CORRADO BARBACINI

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2009

 

 

Missione a Lubiana sul rigassificatore di Zaule - Roma punta a chiudere la partita, ma intanto i tedeschi rilanciano la piattaforma marina
 

Alla trasferta in Slovenia farà seguito entro giugno il sì della Prestigiacomo
L’epoca dei rinvii e dei silenzi ”tattici” sul via libera romano al rigassificatore di Zaule - che fonti attendibili davano per scontato già prima di Pasqua - stavolta pare essere finita davvero. Proprio nei giorni in cui i tedeschi di E.On rilanciano l’interesse per il proprio progetto - quello ex Endesa per la piattaforma marina nel golfo di Trieste - gli spagnoli di Gas Natural stanno per incassare una volta per tutte il sì alla loro proposta di impianto interrato nell’area ex Esso. Per quest’ultimo infatti la firma del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo sul documento di Via (la Valutazione d’impatto ambientale, ndr), che completerà l’ok paesaggistico sottoscritto dal responsabile dei Beni culturali Sandro Bondi, a meno di improbabili colpi di scena diplomatici arriverà entro la fine di giugno. La diplomazia è in ballo perché l’anello di congiunzione tra lo stato attuale e il ”nulla osta” del governo italiano sta a Lubiana, la capitale della Slovenia, dove nella settimana entrante è in programma la missione di alcuni delegati del ministero della Prestigiacomo che hanno il mandato di sciogliere, certificazioni comunitarie alla mano, le ultime perplessità del governo Pahor. Da Lubiana, in effetti, erano giunte anche in sede Ue richieste di sommare e incrociare le implicazioni ambientali derivanti dall’eventuale installazione di tutti e due gli impianti di rigassificazione ipotizzati a Trieste.
Nulla trapela per i canali ufficiali sulla missione slovena - dalla data esatta all’identità degli emissari - ma l’aria che si respira a Palazzo è di ottimismo. L’incertezza, insomma, sarebbe scongiurata. «La commissione Via - osserva Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente espresso da Trieste - ha svolto puntualmente e completato tutte le indagini supplementari determinate dalle obiezioni della Slovenia. Ora manca solo un ultimo passo formale di carattere internazionale, dopodiché arriverà la firma del ministro». E da lì il cerino passerà a Gas Natural da una parte e alla Regione e alle amministrazioni locali dall’altra, per il monitoraggio delle procedure di realizzazione. Con il Comune - non è un mistero - che a quel punto giocherà a carte scoperte la sua partita per le royalties, le contropartite da strappare ai ”conquistatori” spagnoli, in primis l’ingresso della partecipata AcegasAps nel business del rigassificatore. Una partita che Roberto Dipiazza sta gestendo personalmente, visto che è lui ad accogliere i vertici di Gas Natural ogni volta che si presentano in città per ricordare che loro, quel progetto, lo vogliono realizzare. Ma a che punto è la trattativa? «Il ruolo ufficiale del Comune - non si sbottona il sindaco - partirà con il via libera del ministro. Per ora sono solo visite di cortesia...».
PIERO RAUBER

 

 

RIGASSIFICATORE - Il ministero chiede il parere sul piano off-shore - Lettera degli uffici dello Sviluppo economico. Menia: Trieste non avrà due impianti
 

Il rigassificatore off-shore sembrava un’idea morta e sepolta. In queste ore però E.On - che sta realizzando a Livorno un altro terminale ed è titolare anche del progetto triestino nell’ambito delle sue recenti acquisizioni dal gruppo Endesa - conferma l’interesse per la piattaforma marina, precisando che attende il permitting entro il 2009. In tale quadro s’infila una lettera di fine maggio in cui la direzione per la Sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del ministero dello Sviluppo economico chiede alla direzione per la Salvaguardia ambientale del ministero dell’Ambiente «quali misure intenda adottare a garanzia del principio dell’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo con un provvedimento espresso». Su cosa? Proprio sull’«istanza di pronuncia di compatibilità ambientale», la Via presentata nel 2006 da Endesa. Si profila un futuro con due rigassificatori? «Direi proprio di no», taglia corto Roberto Menia. «Il secondo via libera - precisa il sottosegretario - produrrebbe un cumulo d’impatti ambientali e la valutazione si è fatta sul progetto a terra. A questo si somma la contrarietà all’impianto marino, impensabile per un’area che punta sul turismo, espresso dalle amministrazioni locali. È determinante ciò che dice il territorio». «I due rigassificatori - gli fa eco Dipiazza - sono un’ipotesi che non esiste. Se firmano la Via per uno non credo la firmino per l’altro. Capisco che chi investe su una proposta tenti comunque, sostenendo la validità di studi e progetti che magari poi possono essere venduti».

(pi.ra.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2009

 

 

Ferriera, si apre uno spiraglio per i 50 precari - SERVOLA: FIRMATE DALLE RSU ALTRE 13 SETTIMANE DI CASSA
 

Potrebbero restare ma solo se altrettanti lavoratori vicini alla pensione se ne andranno
Si apre uno spiraglio per salvare perlomeno una parte dei cinquanta operai con contratto a tempo determinato della Ferriera di Servola anche se l’operazione comporterebbe comunque un sacrificio che si ripercuoterà su un’altra fetta di lavoratori. La soluzione, individuata ieri nel corso dell’incontro tra gli esponenti delle Rsu e la direttrice del personale Alessia Zeppa, sulla scia di quanto già messo in atto nello stabilimento della Lucchini di Piombino prevederebbe l’inserimento pieno nell’organico dei precari a patto che si trovino, su base volontaria, altrettanti lavoratori cui mancano per raggiungere la pensione tre anni o meno e che potrebbero dunque essere messi in mobilità e percepire l’indennità prevista. Per favorire questo processo l’azienda sarebbe disposta a dare un incentivo che, secondo voci ancora ufficiose, sarebbe di 7.500 euro per il primo anno, di 10 mila per il secondo e di 10 mila per il terzo.
Ieri i rappresentanti di fabbrica hanno firmato il prolungamento della cassa integrazione: dal 15 giugno per ulteriori 13 settimane interesserà un massimo di 200 lavoratori. In realtà l’azienda ha già annunciato che ne saranno coinvolti 100-120 dipendenti. L’altoforno sarà comunque attivato fugando i timori più grossi, quelli legati all’ipotesi di una sua riaccensione solo a settembre, dopo la conclusione delle ferie.
«Per dare un giudizio sulla trattativa - ha commentato ieri Franco Palman della Uilm - attendiamo l’esito dell’incontro che si svolgerà tra il 22 e il 25 giugno con la partecipazione dei vertici aziendali e delle segreterie sindacali confederali e la successiva assemblea che sarà convocata con i lavoratori. È indubbio che la Lucchini stia attuando una riorganizzazione dei reparti in base a un organico ribassato, ma il criterio usato è meno peggio di quanto temessimo. La riorganizzazione globale sembra equilibrata e le situazioni più sfavorevoli riguardano i capi in pari misura rispetto agli operai».
Certo è che, si tratti di non rinnovare i contratti a termine oppure di incentivare la mobilità dei più anziani, l’organico fino a pochi mesi fa di 540 dipendenti, oggi già sceso a 520, verrà portato a 470 dipendenti. E l’organico di 470 diverrà la linea del Piave dei rappresentanti sindacali che con questi numeri intenderebbero giungere fino al momento della riconversione e della ricollocazione dei lavoratori. Rimane però sempre l’incognita del mercato che per quanto concerne la ghisa, così come l’acciaio, è tuttora in forte crisi e che potrebbe costringere la Lucchini a ulteriori ridimensionamenti nei prossimi anni.
Sulla trattativa è invece critico a oltranza Luigi Pastore rappresentante di fabbrica per il sindacato Faims-Cisal. «Quella che ci sta imponendo l’azienda - afferma - non è una trattativa, ma una vera e propria purga dimagrante. Abbiamo già intuito che intendono chiudere lo stabilimento nel 2013 e non nel 2015 come concordato. Ma da qui al 2013 la sicurezza di tutti i dipendenti è in pericolo perché con i nuovi organici previsti l’incolumità non può essere garantita. I reparti vengono sguarniti e accorpati: per fare solo un esempio i settori movimento stradale e movimento ferroviario sono stati inglobati nel reparto dell’altoforno. Vengono ridotte le squadre e diminuisce la possibilità di scoprire sul nascere le fonti di pericolo. Recentemente sono stato io a segnalare una fuga di gas in cokeria e un tubo dell’acqua che spandeva in mensa».
SILVIO MARANZANA

 

 

Un piano del traffico non risolve i problemi
 

Non credo che un Piano del traffico, oggi, possa risolvere o quantomeno affrontare i problemi. Semmai, potrebbe gestire il non-traffico. Dopo aver assistito negli ultimi 15 anni almeno al susseguirsi di vari «piani» più o meno parziali dall’«epoca Illy» a oggi, passando attraverso i vari Honsell, Barduzzi, Camus, Bucci e simili, ci troviamo nel caos completo dopo aver «buttato» i soldi dei contribuenti per redigere piani, pagare i «pianisti», distribuire paletti e panettoni, pedonalizzare e chiudere vie, eliminare corsie o crearne di «preferenziali» o imponendo sensi unici alle rimanenti.
Il risultato è stato quello di ripensare il traffico veicolare, sempre in maggiore crescita, sulle uniche vie rimaste ancora «libere», ottenendone il collasso e la protesta degli abitanti frontalieri sopravvissuti. Penso quindi che non si possa stendere alcun progetto sul traffico, tantomeno parziale e ancor peggio locale, senza prima aver combinato radicalmente atteggiamento nei confronti dei parcheggi. Dato per scontato che non possiamo fare a meno di auto e moto e che queste non possono restare in movimento 24 ore su 24, né possiamo interdire o limitarne la fabbricazione e la vendita, pena il fallimento di uno dei più potenti pilastri dell’economia della nazione, in attesa di una invenzione futuristica che li possa sostituire, dobbiamo per forza trovare il modo di far sostare tutti questi veicoli togliendoli possibilmente dalle strade che servono, per l’appunto, al loro «traffico». La scelta di concedere e delegare la costruzione e la gestione di questi parcheggi su terreno comunale a società private – di lucro – non è una soluzione. Per cui, l’amministrazione pubblica deve inderogabilmente assumersi in prima persona l’impegno sociale, prima che economico o politico, di realizzare un numero adeguato, e a costi molto contenuti per l’utenza, se non addirittura gratuiti, di posti macchine, oltreché di furgoni, camper ecc.
Il profitto che ne deriverà per la comunità intera, per multe risparmiate, stipendi di vigili e aiutanti, tempo ed energie risparmiate, commercio e artigianato rinvigoriti, sarà tutto di guadagnato per il benessere pubblico e privato.
Bruno Benevol
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2009

 

 

Ferriera, sul tavolo il destino dei 50 precari - LA RIACCENSIONE DELL’ALTOFORNO A SERVOLA
 

Allo studio del Comune le formule a favore dei lavoratori in esubero - Stamane incontro tra azienda e Rsu. Circolo Miani, battibecco con l’assessore Rosolen
Si svolgerà stamane l’incontro fra i componenti delle Rsu aziendali e i dirigenti della Ferriera, per discutere delle modalità di uscita per i 50 lavoratori dichiarati in esubero. L’appuntamento odierno farà da preludio a quello che si terrà entro giugno e che vedrà al tavolo i rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali.
In concomitanza con l’annuncio della riaccensione dell’altoforno, la Servola spa aveva spiegato che non sarebbe stato rinnovato il contratto ai 50 dipendenti assunti a tempo determinato. «L’incontro con l’azienda – precisa Franco Palman della Uilm – servirà per cercare di individuare incentivi a favore di coloro che sono vicini alla conclusione della loro attività, in modo da rendere meno traumatica quest’uscita». Sul tema ha diffuso un comunicato anche l’Ugl metalmeccanici, nel quale la segreteria della sigla si dichiara «esterrefatta per il comportamento tenuto dalla Lucchini che, dopo aver siglato un protocollo d’intesa il 20 aprile, nel quale si ribadisce che la diversificazione produttiva è collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane impiegate nel ciclo siderurgico, adesso comunica l’intenzione di porre fine alla collaborazione lavorativa con chi, una volta giunto alla scadenza, abbia un contratto a tempo determinato».
Ieri si è tenuta una seduta della Commissione speciale per la Ferriera istituita dal Municipio, di cui è presidente il consigliere comunale Marco Toncelli: «Abbiamo inoltrato una richiesta ufficiale alla Segreteria generale del Comune – spiega – perché si cerchi di individuare quali sono le formule possibili per attribuire, ai lavoratori in esubero, competenze a tempo, nell’ambito degli incarichi socialmente utili. Esiste una legge regionale che finanzia le amministrazioni attive su questo piano e noi abbiamo sollecitato il Comune di Trieste a rendersi disponibile». E sempre sul fronte della Ferriera, va registrata l’animata riunione del Circolo Miani, i cui componenti, una trentina in tutto, si sono ritrovati all’ingresso del palazzo della giunta regionale, per dialogare con il presidente, Renzo Tondo. Quando quest’ultimo ha fatto sapere di «essere molto impegnato», si è scatenata la reazione con applausi ironici e grida «vergogna, vergogna». Il clima si è ulteriormente surriscaldato quando l’assessore Alessia Rosolen, uscendo, si è sentita rimproverare dai presenti per il suo «scarso impegno per la chiusura della Ferriera» e ha risposto con un gesto che quelli del Miani non hanno apprezzato.
Ugo Salvini
 

 

Mare inquinato, niente bagni a Staranzano - Le analisi effettuate dall’Arpa svelano valori massimi di coliformi e streptococchi
 

IL SINDACO: NELL’ISONZO SI SCARICA DI TUTTO  - «Paghiamo colpe che sono di altri»

STARANZANO Bagni vietati al Lido di Staranzano. L’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) a sorpresa ha comunicato ieri all’amministrazione comunale che i valori delle analisi effettuate il 25 maggio e quelle successive di controllo fino al 3 giugno, hanno superato di molto i limiti consentiti dalla legge. Solo due settimane prima, il mare era pulitissimo. «Visti i risultati delle analisi microbiologiche negative – scrive l’Arpa – dai campioni di acque di balneazione prelevati il 18 maggio e nei giorni 25, 26, 27 maggio e 1, 2, 3 giugno, la zona del Lido risulta temporaneamente non idonea alla balneazione». I valori dei coliformi totali e quelli degli altri parametri hanno subìto, infatti, un’impennata notevole sforando completamente i valori minimi. Infatti, da 3.200 (il limite consentito è 2.000) del 25 maggio hanno raggiunto il 3 giugno nel prelievo delle 9.40, addirittura il valore di 7.800, cioè circa quattro volte in più di quello massimo consentito.
Il sindaco Lorenzo Presot, a pochi giorni dalla sua rielezione, è stato così costretto a firmare la sua prima ordinanza indicante il divieto di balneazione e l’immediata sistemazione della segnaletica sulla spiaggia da parte del personale comunale. Non c’è pace, dunque, per il Lido che solo fino a pochi giorni prima, aveva l’acqua di mare perfettamente a posto come indicavano, infatti, i valori relativi al 4 maggio scorso che erano: coliformi totali 143 su 100 millilitri d’acqua, coliformi fecali 11 (il massimo è 100), streptococchi 51 (massimo 100), salmonella assente.
«Continuiamo a pagare colpe di altri – afferma Presot – senza che i diretti interessati prendano i dovuti provvedimenti. E così si scarica nell’Isonzo di tutto e di più: acque di fogna arrivano direttamente in mare senza passare per il depuratore e l’inquinamento che arriva dal canale De Dottori o da zone prive di fognature.»
 

 

Rigassificatore in golfo
 

Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato (nella più totale indifferenza dei consiglieri) il loro consenso ad essere attraversati da un metanodotto che – come si può leggere nell’avviso ufficiale pubblicato dal Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile - dovrà espropriare diversi terreni.
Per la precisione i comuni di: Trieste, Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse, Fiumicello e Ruda. Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul giornale integra infine a tutti gli effetti, anche la comunicazione personale ai sensi dell'art. 8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire che gli espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul giornale, il che sarebbe terrificante. Sempre in questo avviso (che, faccio notare, non è stato fatto pubblicare sul Piccolo che è indiscutibilmente il giornale più letto in questa parte della regione) si dice che il suddetto metanodotto serve per collegare alla rete nazionale il rigassificatore di Zaule ma anche quello eventuale in mezzo al golfo, davanti a Grado. Ora, mi chiedo: che fine ha fatto l’opposizione di politici come l'ex sindaco di Grado Roberto Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei tempi) contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della provincia di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si va a costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a qualcosa: in questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno sottovalutare gli effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per l'ecosistema: dal fondo marino saranno sollevati e mandati in circolazione tutti quelli inquinanti che si sono sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi danni alla pesca che in quel caso si dovrebbe proibire. Per non parlare della nautica da diporto, e di tutte quelle attività connesse allo sfruttamento del mare come il turismo.
Siccome uno dei più strenui fautori di questo impianto a Zaule è il sottosegretario all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso partito dell'ex sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone si trovano al governo non siano più interessate al loro territorio grazie al quale – evidentemente – sono stati eletti. E quindi ormai di questo territorio si possa fare carne di porco. Sarebbe bene che gli elettori ci facciano un pensierino alla prossime elezioni.
Georgina Ortiz
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2009

 

 

Il guru di Obama: giù i prezzi con le energie rinnovabili - Mark Hopkins: «La rivoluzione verde di Barack aiuterà le aziende del Fvg ad uscire dalla crisi»
 

UDINE «Se mi telefona Berlusconi, gli posso fare da consulente». Lo dice col sorriso Mark Hopkins, responsabile della fondazione Onu per l'Energy Efficiency e guru di Barack Obama per il Piano energia e ambiente. Hopkins era ospite ieri a Udine a un seminario organizzato da Friuli Innovazione con il sostegno della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e in collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti di Milano. All’incontro con Hopkins, accompagnato dall’assessore regionale all'Energia, Riccardo Riccardi, hanno partecipato numerose imprese del Fvg, Friuli Innovazione e l’Area di ricerca triestina impegnata da sempre nell’integrazione fra sistema imprenditoriale e ricerca con soluzioni eco-compatibili. Riccardi ha definito «obiettivi affascinanti» quelli proposti da Mark Hopkins con l'avvio di una nuova "strategia verde" dell'Amministrazione Obama. L'assessore ha ricordato che l'orizzonte-Friuli Venezia Giulia in campo energetico deve invece, prima di tutto, fare i conti con le ancora giovani competenze dell'Amministrazione regionale in questo strategico comparto, dopo il trasferimento di tali attribuzioni dallo Stato con il decreto legislativo 110 dell'aprile 2002. Ne abbiamo parlato con Hopkins.
Hopkins, che cosa suggerisce alla politica italiana in materia di energia?
Di non lasciarsi scappare via la grande fortuna del vostro territorio: il sole. I politici, con una natura così favorevole, hanno un’opportunità e una responsabilità, pure in Friuli Venezia Giulia. In una regione con un’eccellente base industriale, con ottimi imprenditori, con una comunità accademica di grandi esperti, con una tecnologia avanzata, si deve iniziare a creare mercati dell’energia. Non solo per migliorare la qualità dell’ambiente, ma anche per ridurre i costi delle famiglie e creare nuovi posti di lavoro. Come già avviene nelle università americane, che hanno un filo diritto con l’imprenditoria, collaborando potremmo utilizzare nella stessa ottica l’ottima ricerca condotta nei vostri atenei che attende di essere valorizzata.
È anche una questione di sicurezza e costi? Certamente. Con le energie rinnovabili si riduce l’urgenza di gas.
Energie rinnovabili. Ma quali?
Il sole, innanzitutto, ma non sempre il sole. I costi della tecnologia dipendono dalla sede, va sempre fatta una valutazione di quella che può essere l’energia più efficace in un determinato territorio. Positivo che il ministero competente italiano stia studiando con impegno il percorso delle bio-energie.
Pensa che il governo italiano abbia bisogno di consulenti in questo settore?
Se il presidente Berlusconi mi chiama, lo faccio volentieri. Scherzi a parte, è molto importante che i leader capiscano la portata della questione energetica. La spinta per nuovi sviluppi viene dall’alto, un ruolo fondamentale per questa nuova «economia verde» come la chiama il presidente Obama lo rivestono gli amministratori locali. Vent’anni fa le nuove strade per l’economia furono aperte dai leader che colsero la novità epocale dei computer.
In Friuli Venezia Giulia si chiedono da anni infrastrutture più moderne. Come conciliare questa necessità con l’obiettivo del rispetto per l’ambiente?
È un problema non differente da quello che molte volte devono affrontare varie zone degli Stati Uniti. Credo sia importante studiare preventivamente i progetti in modo da andare incontro alle esigenze degli ambientalisti e della popolazione in generale.
E se gli ambientalisti alzano le barricate?
Nessun gruppo deve prevaricare sugli altri. L’amministrazione Obama lavora per trovare il miglior compromesso possibile con grande sensibilità nei confronti dei cittadini cui le nuove infrastrutture servono. A loro vanno presentate alternative. Spiegando che, per fare un esempio, il treno ha meno emissioni dei veicoli che usano combustibili fossili. Una popolazione informata aiuta a prendere le migliori decisioni per tutti.
MARCO BALLICO
 

 

Alta velocità e false promesse politiche
 

Al Tg3 regionale si parlava del Corridoio Cinque. Un politico (non ricordo chi, ma la cosa ha poca importanza, tanto sono tutti uguali) ha più o meno detto che «occorre realizzare la nuova linea ad alta velocità al più presto possibile, per spezzare il nostro isolamento con l’Est e il Centro-Europa, altrimenti rimarremo sempre più isolati».
Curiosamente una linea ferroviaria sempre valida fra Trieste e l’Est e il Centro-Europa esiste e funziona, solo che su questa linea fra Trieste e Sesana sono stati tolti i treni.
Domenica scorsa ero a Capodistria a vedere un treno speciale storico-turistico austriaco, a cui è stato negato l’accesso in Italia, e che perciò è andato a Capodistria da dove i gitanti sono venuti a Trieste in bus. A Capodistria ho visto l’intercity «Pohorje» che la collega con i confini ungherese e austriaco, da dove si può proseguire con ottime coincidenze. A Capodistria vi erano pure quattro treni di agenzia per Vienna, Praga e Bratislava. Capodistria quindi, tramite la vecchia e funzionante linea di Carlo Ghega, è ben collegata; in pratica sostituisce Trieste come capolinea.
Vedendo questo, e sentendo il politico, credo di aver capito perché non si può più viaggiare in treno fra Trieste e Sesana, e quindi oltre; questo isolamento fa parte di un disegno politico ben preciso, che ha isolato Trieste per poter dimostrare che senza il «tubone» del Corridoio 5 non c’è futuro. Inoltre il Corridoio 5 potrebbe fare come l’autostrada, passare sul Carso a Villa Opicina, da dove con le linee esistenti si potrebbe raggiungere presto e bene Trieste con opportune coincidenze. Invece no, si propone il percorso più difficile e complicato, insomma il più costoso. A buon intenditor...
Paolo Petronio
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2009

 

 

Riccardi: la città chiarisca cosa si aspetta dalla Tav - LA RICHIESTA DI MODIFICA DEL TRACCIATO
 

L’assessore: decidere tra uno snodo a Opicina e la stazione centrale Dobbiamo costruire il consenso
«Già un paio di mesi fa abbiamo posto alle Ferrovie una serie di interrogativi che pressuppongono correzioni e perfezionamenti della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia rispetto a quanto previsto dallo studio di fattibilità realizzato da Italfer su incarico di Rfi». L’assessore regionale alle Infrastrutture e Traporti Riccardo Riccardi ha così ribadito ieri la sua risposta alle proteste sollevate da gruppi di cittadini durante l’illustrazione dell’altra sera in Consiglio comunale e alle perplessità denunciate da molti degli stessi consiglieri. «Mi attendo anche che Trieste - ha aggiunto - mi dica chiaramente quale funzione intende attribuire al corridoio 5 e se pensa di rafforzare la stazione centrale oppure creare un hub a Opicina. A questo scopo mi raccorderò con il sindaco Dipiazza. Anche perché la ferrovia Trieste-Divaccia deve essere a servizio soprattutto della piattaforma logistica del Friuli Venezia Giulia, il cui cuore è proprio il porto di Trieste pur nell’ambito degli scali integrati dell’Alto Adriatico».
Secondo l’ingegner Mario Goliani, responsabile del progetto fino a qualche settimana fa al momento del pensionamento, «spostamenti del tracciato o percorsi alternativi sono tuttora ipotizzabili, anche se - ha voluto precisare - lo studio di fattibilità non prevede il passaggio sotto la Valrosandra com’è stato affermato, bensì più a Nord oltre il Monte Stena». Contro «l’attacco alla Valrosandra», si concentrano molte delle critiche del Comitato No Tav.
«Dobbiamo procedere anche nella costruzione del consenso - ha spiegato Riccardi - facendo sì che il malcontento sia il più ridotto possibile e in questa direzione apportare correttivi. Dobbiamo però tenere ben presenti alcuni punti fermi. In particolare che il Corridoio 5 resta una priorità indiscutibile non solo per il sistema economico del Friuli Venezia Giulia, ma per l’intero Paese e per le economie che si affacciano sul Mediterraneo. Che la sua realizzazione è coerente alla strategia di sviluppo della portualità integrata. Che è indispensabile una convergenza con il progetto sloveno per il tratto che sarà realizzato in quel territorio.
E tra qualche settimana è previsto l’insediamento a Trieste dell’executive board della Commissione intergovernativa che dovrà avviare gli studi per la realizzazione del progetto per il quale l’Unione europea ha già stanziato 50,7 milioni di euro. Per la sola progettazione sono previsti quattro anni: da qui al 2013. L’Ue coprirà le spese per il progetto dell’opera al 50 per cento e quella per la sua realizzazione al 30 per cento. Il costo solo per il tratto italiano è stato stimato in un miliardo e 300 milioni di euro. Sarà da vedere in che misura i progettisti, logicamente sulla base degli input politici, vorranno ora riprendere lo studio di fattibilità.
Come ricorda l’ingegner Goliani, altre ipotesi alternative erano già state scartate, anche per l’opposizione degli abitanti. Tra queste il passaggio in superficie, anziché come poi previsto quasi totalmente in galleria, 150 metri sottoterra. Recentemente sono state previste delle varianti. Una allontana il tracciato dalla zona ospedaliera di Cattinara spostandolo verso il mare e facendolo emergere per 300 metri in superficie in località Rio Storto, sopra Zaule. Ciò per evitare qualsiasi, seppur minimo, rischio di impatto vibrazionale sulle apparecchiature ospedaliere.

(s.m.)
 

 

L’Ogs studia la salute del Mediterraneo - PROGETTO MYOCEAN
 

Nella Giornata mondiale dedicata agli oceani, ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs hanno illustrato a Genova le attività che l’Istituto con sede a Trieste e Udine sta svolgendo nell’ambito del progetto europeo MyOcean (www.myocean.org). L’occasione è stata fornita dal Primo Convegno nazionale di Oceanografia Operativa, organizzato a Genova dal Gruppo Nazionale di Oceanografia Operativa (GNOO), una struttura di coordinamento nazionale dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, con sede a Bologna. Lo Gnoo contempla al suo interno 8 membri, parte del Collegio deliberante a cui partecipa il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in qualità di primo ente finanziatore: Ogs, Ingv, Cnr, Istituto Idrografico della Marina, Aeronautica Militare, Arpa-Emr, Conisma, Enea e presto Ispra.
Gli studi triestini riguardano l’identificazione e l’utilizzo di specifici parametri bio-geochimici che permettono di effettuare previsioni a breve termine sullo stato di salute del Mediterraneo.
 

 

Natura e riutilizzo dei rifiuti - DIECI INCONTRI ALLA SCUOLA ”TRE CASETTE” DI BORGO SAN SERGIO
 

«Rifiuti: ti riuso». È questo il titolo del progetto promosso dal comitato genitori della scuola dell’infanzia Tre Casette di Borgo San. Sergio, in collaborazione con il Gruppo Beppe Grillo Trieste, in seguito all'affermazione nel concorso Spurg indetto dal Comune di Trieste.
Il primo dei dieci incontri previsti si terrà oggi a partire dalle 17.30 e, attraverso la messa in scena di una storia “animata”, verranno trattati i temi degli elementi della natura e delle energie rinnovabili.
Il calendario degli incontri è visionabile nel sito del Comune (http://www.retecivica.trieste.it/spurg/locandina_trecasette.pdf) e nel forum del Gruppo Beppe Grillo Trieste (http://www.meetup.com/beppegrillotrieste/boards/thread/6262814/20/).
Informazioni al numero telefonico: 347 5055569.
 

 

TRAFFICO - Via le auto
 

Ha ragione Bucci (Fi) a dire che è devastante attirare le auto nel centro! Inoltre è pure più costoso costruire parcheggi nel centro.
Suggerisco che Trieste segua l’esempio di molte città italiane che hanno creato il loro centro storico per proteggere i loro valori artistici ed ecologici. Noto con piacere che il centro è stato abbellito con le aree pedonali.
Quello che manca però, è un po’ più di verde, un po’ più di alberi specialmente in piazza Goldoni e piazza Sant’Antonio.
Mi auguro che i prossimi parcheggi vengano costruiti fuori del centro storico.
Roberto Pregarz
 

 

 

 

LA VOCE.INFO - MARTEDI', 9 giugno 2009

 

ITALIA A TUTTO GAS - Energia e Ambiente / Infrastrutture e Trasporti

 

Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d'investimento che riguardano il metano. E' dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell'approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.

In attesa della seconda inaugurazione del terminale di rigassificazione di Rovigo e a breve distanza dalla pubblicazione del bilancio di Snam Rete Gas, in cui si riassumono le quantità trasportate nell’ultimo triennio, è utile analizzare i trend del mercato del gas naturale italiano.
QUANTO GAS CONSUMIAMO
Dopo quasi dieci anni di forte crescita, con una media annua di oltre il 4 per cento, dal 2006 i consumi di metano in Italia si sono stabilizzati: nell’ultimo triennio, abbiamo consumato circa 85 miliardi di metri cubi annui, attestandoci come terzo consumatore europeo.
Scomponendo per settore, quasi il 70 per cento della domanda addizionale è dovuto all’utilizzo di gas per la generazione di energia elettrica, soprattutto attraverso i cicli combinati. La parte restante è essenzialmente dovuta al settore residenziale, dove politiche di incentivazione hanno favorito la metanizzazione della Penisola.
La stabilizzazione dei consumi negli ultimi tre anni, invece, è spiegabile con la saturazione del settore domestico: ormai i comuni metanizzati sono più di 6.200 su un totale di 8.101. Inoltre, la variazione di questa domanda dipende esclusivamente da fattori meteo. Tra i motivi ci sono anche il lento, ma inesorabile declino della domanda industriale, per la delocalizzazione delle imprese energivore e il forte rallentamento della crescita dei consumi legati alla generazione di energia elettrica da gas naturale, ormai intorno al 50 per cento del totale. Tali fattori, a nostro avviso, costituiscono un limite strutturale a un ulteriore e significativo sviluppo del mercato nazionale. A ciò vanno aggiunti gli effetti della crisi economica sulle attività produttive: comporta oggi una riduzione della domanda e, per quanto congiunturale, potrebbe avere delle ripercussioni sui consumi dei prossimi anni.
LE INFRASTRUTTURE
La dotazione infrastrutturale del nostro paese è indicata nella tabella 1, relativa alla nostra capacità d’importazione.
Tabella 1: Punti d’ingresso di gas naturale 2009.
Punto d’ingresso Provenienza Capacità annua max (Mmc)
Passo Gries Nord Europa 20
Tarvisio Russia 35
Mazara del Vallo Algeria 32
Gela Libia 9
Panigaglia Gas liquefatto (Algeria) 3
Rovigo Gas liquefatto (Qatar) 8
TOTALE 107
Fonte: AEEG, 2008.
In più, il nostro paese produce circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno: l’offerta massima potenziale per il prossimo anno termico è dunque di oltre 117 miliardi di metri cubi. A onor del vero, considerando alcuni vincoli tecnico-economici, la capacità reale dovrebbe essere di poco superiore ai 105 Mmc. (1) Comunque, è ben superiore rispetto al fabbisogno italiano, stimato in forte diminuzione per il 2009, intorno agli 80 Mmc. (2)
Tuttavia, le previsioni di domanda elaborate dal ministero dello Sviluppo economico indicano per i prossimi anni un consistente aumento dei consumi: 90 Mmc al 2010; 100 Mmc al 2015; 105 Mmc al 2020. (3) Il paese avrebbe dunque bisogno di ulteriori investimenti infrastrutturali onde evitare rischi di shortage nei prossimi anni. (4) Rischi ancor più evidenti se si considera che la produzione interna dovrebbe, inesorabilmente, diminuire.
Diamo quindi uno sguardo alle infrastrutture in fase di progettazione, presentate in tabella 2.
Tabella 2: Punti d’ingresso di gas naturale previsti.
Nuovo Progetto Provenienza Anno di inizio Capacità annua max (Mmc)
TAP Mar Caspio - 10
IGI Mar Caspio - 10
Galsi Algeria 2012 8
Porto Empedocle Gas liquefatto - 8
Panigaglia 2 Gas liquefatto 2014 5
TOTALE 41
Fonte: AEEG, 2008.
Nella tabella sono stati indicati solo alcuni dei progetti previsti, quelli considerati più probabili. Pur non segnalando quasi nessuna data di inizio attività, ministero e Autorità dell’energia li indicano in operatività intorno al 2015. (5) Ciò significa una capacità d’importazione del nostro paese pari a quasi 150 Mmc, a fronte di una domanda prevista dal ministero di circa 100 Mmc.
A questo punto, alcune riflessioni si rendono necessarie. Anzitutto, l’incremento della domanda ipotizzato appare ottimistico: la prevista metanizzazione della Sardegna potrebbe aumentare al massimo di un miliardo di metri cubi all’anno la domanda nazionale; per quel che concerne il settore industriale, invece, pare difficile ipotizzare una significativa inversione di tendenza rispetto al lento declino degli ultimi dieci anni.
COME DIVENTARE UN HUB DEL GAS
Veniamo adesso all’aspetto più controverso da stimare: il mix di generazione di energia elettrica. Quello che possiamo dire è che gli obblighi europei sulle energie rinnovabili e, soprattutto, la volontà del governo di puntare sul nucleare sono dei forti disincentivi a ulteriori investimenti nella generazione termoelettrica. Se, infatti, le rinnovabili sono caratterizzate da discontinuità (hanno perciò bisogno di una riserva di potenza tradizionale), l’energia elettronucleare, per contro, coprendo ottimamente i consumi di base, rischia di spiazzare impianti turbogas anche molto recenti. Difficilmente, quindi, potranno bastare i balzi dei consumi per autotrazione o le futuristiche applicazioni dell’idrometano. Del resto, le previsioni elaborate dall’Unione Europea stimano una stabilizzazione dei consumi italiani di gas naturale intorno ai 90 miliardi di metri cubi, in caso di effettivo raggiungimento degli obiettivi del 2020. (6)
L’abbondanza di nuovi progetti può dunque avere solo due spiegazioni: la speranza che l’Italia diventi un hub del gas, con la conseguenza che una quota importante dei flussi di metano transitino sul nostro paese per poi essere consumati da altri paesi dell'Unione. Oppure, un’eccessiva incentivazione dei nuovi progetti. A questo proposito, secondo una controversa delibera dell’Autorità dell’energia, in caso di sottoutilizzo delle nuove infrastrutture, il sistema gas e in ultima analisi i consumatori, si accollerebbe la copertura di parte dell’investimento.
Scongiurando la seconda ipotesi, quali sono i passi necessari affinché l’Italia diventi un hub fisico del gas naturale? Anzitutto, è necessario un maggior coordinamento di tutti gli attori interessati, in primis governo e regolatore. La possibilità che il nostro paese diventi il crocevia del gas europeo dipende dalla rapidità con cui saremo in grado di costruire dei corridoi di approvvigionamento: i primi progetti realizzati saranno naturali barriere all’entrata in operatività di altre infrastrutture. Bisognerebbe dunque accelerare gli investimenti in capacità d’esportazione (a oggi, è di fatto impossibile che il gas importato possa uscire dal nostro paese); dare nuovo impulso al Punto di scambio virtuale, la nostra embrionale borsa del gas; procedere con decisione verso la separazione proprietaria di Snam da Eni. Senza questa dolorosa, ma necessaria separazione, la credibilità del paese come hub sarebbe compromessa: difficilmente, infatti, l’Europa riterrebbe completamente affidabile il gestore di un hub controllato da uno dei più importanti player del mercato.
(1) Tra i vincoli c'è ad esempio la limitata capacità di stoccare gas nel periodo estivo, che non consente un utilizzo a pieno regime dei gasdotti per tutto l’arco dell’anno.
(2) Iefe 2009.
(3) Si veda l'intervento di Giovanni Perrella “La domanda e l’offerta di gas naturale in Italia nel 2008” al seminario Aiee del 9 marzo 2009.
(4) Per maggiori ragguagli si veda ad esempio: “Il gas naturale liquefatto per l’Europa”, a cura di Susanna Dorigoni, Franco Angeli, 2009.
(5) Si veda Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta, 2008, dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, disponibile anche on line: http://www.autorita.energia.it/relaz_ann/relaz_annuale.htm.
(6) Si veda P. Capros, L. Mantzos, V. Papandreou, N. Tasios, “Model-Based Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables”, Report to the European Commission, June 2008.
Federico Pontoni e Antonio Sileo
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2009

 

 

«Va modificato il progetto della Trieste-Divaccia» - NO-TAV: PROTESTA DI 300 PERSONE IN PIAZZA UNITA’ E INTERRUZIONE PER PROTESTE DEL CONSIGLIO
 

L’assessore regionale Riccardi annuncia in Comune la richiesta di rettifiche fatta alle Ferrovie
La Regione ha chiesto a Rete ferroviaria italiana una possibile revisione dell’attuale studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia che prevede un lungo tratto in galleria, in particolare sotto la Valrosandra. Lo ha annunciato l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi intervenendo all’illustrazione del progetto nell’aula del Consiglio comunale al termine di una convulsa giornata caratterizzata da proteste e perplessità.
Bandiere, striscioni e un unico slogan: No Tav. Oltre 300 persone avevano protestato nel pomeriggio in piazza Unità. Una cinquantina poi hanno preso posto negli spazi riservati al pubblico del Consiglio comunale per assistere all’illustrazione del progetto. Mentre l’ingegner Mario Goliani di Rete ferroviaria italiana forniva alcuni dettagli tecnici i fischi e le urla del tipo «Vergognatevi», «Cosa porta tutto questo alla gente?» hanno provocato l’interruzione della seduta per cinque minuti.
Momenti di tensione si erano registrati già in precedenza. Alle 18.30 una delegazione dei manifestanti si è diretta verso l’ingresso del municipio con l’intento di entrare nella sala consiliare, ma è stata bloccata dalla polizia municipale con la motivazione che la seduta in quel momento era sospesa.
Dagli interventi del rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti Roberto Ferrazza e dallo stesso Goliani si è saputo che l’opera verrà complessivamente a costare 2 miliardi e 400 milioni di euro, dei quali un miliardo e 300 milioni per la parte italiana e un miliardo e 100 milioni per quella slovena. I finanziamenti dell’Unione europea copriranno il 30 per cento delle spese di realizzazione e il 50 per cento del costo del progetto. Intanto sono a disposizione 50,7 milioni per la progettazione che da sola porterà via quattro anni di tempo: da qui al 2013.
Ai tecnici sono piovute le domande, ma soprattutto i dubbi e le perplessità da parte di tutti i consiglieri comunali intervenuti. Lo studio di fattibilità prevede infatti un percorso tra Trieste e Divaccia quasi interamente in galleria con passaggio anche sotto la Valrosandra. Un dislivello di oltre 400 metri, ma anche alcuni ”ghirigori”. «Non convince, sembra una pista per go-kart», ha commentato lapidario Piero Camber del Pdl. E Mario Ravalico del Pd ha calcato la mano sui possibili danni al territorio carsico, al sistema idrogeologico, all’ambiente. In tarda serata l’intervento di Riccardi che ha annunciato la richiesta a Rfi di ”correzioni e perfezionamenti”. (s.m. e r.t.)
 

 

A Montebello e Campo Marzio la Trieste del futuro - Illustrate le linee guida del Piano regolatore. Aree da riqualificare e siti militari dismessi
 

La zona di Montebello (Fiera e caserma di via Rossetti) e quella di Campo Marzio, dove oggi c’è il mercato ortofrutticolo, come principali aree da riconvertire in autentici fulcri di sviluppo della Trieste del futuro. Barcola, tutto il lungomare fino al bivio di Miramare, da trasformare in un polo turistico. Le ex caserme di Banne e di Opicina da utilizzare per scopi civili così come un’altra cospicua serie di siti militari dismessi. Un settore di territorio nei pressi del canale navigale di Zaule destinato a nuovi insediamenti industriali, commerciali e artigianali. Una riutilizzazione di aree industriali dismesse (ad esempio la Sadoch di viale Ippodromo). Una riperimetrazione con restringimento del centro storico per liberare alcune zone, come ad esempio quella di via Udine, dai rigidissimi vincoli che oggi rendono quasi impossibile qualsiasi intervento.
L’iter Sono alcune delle linee fondamentali del nuovo Piano regolatore del Comune di Trieste. Sono state illustrate ieri alla giunta comunale, sindaco Roberto Dipiazza in testa, allargata ai capigruppo dei partiti di maggioranza del centrodestra, dal direttore del servizio di Pianificazione urbana del Comune, Ave Furlan. Contemporaneamente sono così partiti l’iter per uno strumento pianificatorio che deve dettare le modalità di sviluppo della città per i prossimi decenni, ma anche una corsa contro il tempo che deve concludersi con l’adozione del Piano da parte del Consiglio comunale tassativamente entro il 27 luglio, pena il decadimento di tutta la procedura e la necessità di rifare tutto da capo con limitazioni molto più stringenti.
Obiettivo non del tutto scontato quest’ultimo. Agli assessori infatti sono stati dati ora alcuni giorni di tempo per studiarsi i voluminosi incartamenti e lunedì prossimo la giunta sarà chiamata a votare la delibera. Poi il Piano regolatore sarà illustrato ai consiglieri comunali e circoscrizionali e un tecnico del municipio sarà a disposizione per chiarimenti. Il malloppo sarà inviato alle sette circoscrizioni che avranno venti giorni di tempo per esprimersi. Tornerà rapidamente in giunta e poi passerà alla Commissione urbanistica presieduta da Roberto Sasco (Udc) che fin d’ora auspica che gli eventuali emendamenti siano il più ampiamente possibile condivisi. Da qui il passaggio al Consiglio comunale che eventualmente utilizzando anche una maratona oratoria dovrà giungere al voto per l’adozione entro il 27 luglio.
Autorizzazioni Partirà poi la seconda fase. Il Piano verrà inviato per l’esame e gli indispensabili nulla osta agli uffici urbanistici e della tutela ambientale della Regione e alla Sovrintendenza ai Beni ambientali e artistici. Quindi verrà pubblicamente esposto e cittadini e associazioni potranno presentare osservazioni o, se direttamente interessati, opposizioni. Quindi nuovamente al Consiglio comunale che dovrà discutere anche le singole osservazioni e poi votare l’approvazione definitiva. A questo punto saremo già arrivati ai primi mesi del 2010.
Il Piano regolatore del Comune recepisce le intese con l’Autorità portuale che sono state approvate per l’analogo strumento pianificatorio dello scalo. Individua a propria volta nel terrapieno di Barcola un’area di sviluppo turistico da inserire all’interno di un corposo intervento che dovrebbe rimodellare la linea di costa fino al bivio di Miramare rubando centinaia di metri quadrati al mare per l’insediamento di strutture turistico-ricettive.
Le aree I due principali polmoni di sviluppo semicentrali vengono identificati nella zona di Montebello, in particolare nell’area che dovrà essere lasciata libera dalla Fiera e nell’ampio comprensorio della caserma di via Rossetti per il quale sono partite le procedure per la sdemanializzazione, e in quella di Campo Marzio da dove se ne andrà il Mercato ortofrutticolo all’ingrosso e sarà riqualificata l’ex Stazione ferroviaria, per fare spazio, presumibilmente ad alberghi, centri congressi o musei. Per queste due aree il nuovo Piano regolatore prevederà comunque una pluralità di possibili destinazioni lasciando lo spazio per scelte specifiche.
GLi obiettivi La filosofia generale del piano punta a una riqualificazione del patrimonio esistente e fa riferimento a una città stabilizzata demograficamente su un numero di 220 mila abitanti. Modifica la variante 66 progettata alla fine degli anni Novanta dagli ingegneri Cervesi-Barduzzi che a propria volta era intervenuta sulla variante 25 pensata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta allorché la Democrazia Cristiana prefigurava una Trieste con mezzo milione di abitanti.
SILVIO MARANZANA

 

 

Giornata dell’Ambiente: Ponterosso sarà ripulito - L’INIZIATIVA DELL’ONU - Sommozzatori nel canale per bonificarlo dai rifiuti
 

L'ecologia marina sarà un tema approfondito a Trieste in occasione della "Giornata mondiale dell'Ambiente", istituita nel 1972 dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite, celebrato nel mese di giugno in tutto il pianeta, in oltre 100 Paesi.
Una delle tappe triestine di sensibilizzazione sui problemi della educazione ambientale si pone sotto il titolo di "Operazione Canale Pulito", in programma sabato 13 giugno nella zona del Canale Ponterosso, a cura della Holiday - Divisione Ecologica, in collaborazione con l'AcegasAps e l'Assessorato allo Sviluppo Economico del Comune di Trieste.
Operazione piuttosto vasta e complessa quella prevista nel cuore cittadino nell'arco del primo pomeriggio di sabato prossimo, una vera "task - force" ecologica che vedrà impiegati sul campo un buon numero di sommozzatori del Sub Sea Club Trieste e dell'Aquafun Diving Academy, affiancati dalle squadre del Corpo Pompieri Volontari di Trieste. L'"Operazione Canale Pulito" prevede nello specifico l'intervento di due squadre operative, una formata da esperti subacquei ( si ipotizza una trentina circa) i primi attori della manifestazione, alle prese con il recupero e la bonifica dei fondali marini; l'altra squadra invece verrà impegnata nello stoccaggio dei rifiuti, nella differenziazione e assemblaggio degli stessi in appositi cassonetti, posizionati in prossimità del mare e del Canale Ponterosso.
La mappa della operazione targata Holiday - Divisione Ecologica ( ramo nato nel 2004 dalla Holiday Sas) una proposta quasi inedita per la provincia giuliana, include anche l'impiego di tre imbarcazioni, di cui due gommoni ed uno scafo in vetro resina messi a disposizione del Sub Sea Club di Trieste. Non è finita. Il Corpo dei Pompieri Volontari della provincia interverrà a giochi ultimati, rifinendo l'intera operazione con la pulizia definitiva delle banchine, attraverso l'uso di una autopompa.
Il programma completo di "Operazione Canale pulito" attende ancora l'ufficializzazione ma nel complesso non dovrebbe discostarsi troppo dall'inizio attorno alle 15 delle prime immersioni, con attività nei fondali che dovrebbe concludersi verso le 17.30. Sino alle 19 circa l'operazione dovrebbe completarsi con la raccolta dei rifiuti, il lavaggio delle aree interessate e il ripristino totale della zona attorno via Roma e il primo tratto di mare. Ulteriori informazioni sull'evento del 13 giugno, visitando i siti www.holidaysignals.com e www.ecosystem3000.it
Francesco Cardella
 

 

TRASPORTI - Alta velocità
 

Il «Piccolo» del 28 aprile, pubblica il tracciato dell’alta velocità sotto Trieste fino a Divaccia. La prima osservazione da fare è economica: il tracciato logico Ronchi-Opicina con stazione a Opicina viene scartato, meglio i «tuboni» lunghi lunghi, che negli appalti consentono ai politici di mangiare di più.
Ma si legge anche «una nuova direttrice di questo tipo permetterebbe l’alleggerimento dei traffici di passeggeri sulle linee già esistenti con il loro spostamento a bordo dell’alta velocità. Quello spazio libero verrebbe così riempito accogliendo nuove quantità di merci».
Sulla linea esistente il traffico passeggeri è nullo, non si può più raggiungere in treno da Trieste Sesana (ormai divenuta stazione Trieste Nord), figuriamoci Kiev. In quanto al traffico merci, il transito di Opicina vede passare treni al 30% della potenzialità possibile. Quindi l’esistente linea Bivio Aurisina - confine sloveno ha un 70% di disponibilità di treni inutilizzata.
Non sarebbe più logico invece di stravolgere il territorio, cercare di far funzionare le linee esistenti, anche in considerazione del fatto che in tutta Europa il merci più veloce non viaggia a più di 100 km/h?
Ma chi fa questi progetti ha la cognizione della realtà?
Paolo Petronio
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2009

 

 

Tav: Riccardi e Ferrovie in Consiglio comunale - Oggi l’audizione in aula E davanti al Municipio un sit-in di protesta
 

Si preannuncia una seduta consiliare molto calda, quella che si svolgerà oggi in piazza Unità d’Italia a partire dalle 18.30. All’ordine del giorno ci sarà infatti anche un’audizione sulla Tav con particolare riguardo per la bretella ferroviaria Trieste-Divaccia che dovrebbe interessare il territorio locale coinvolgendo in primis il Comune di San Dorligo, ma toccando anche il Municipio di Trieste. Dopo avere esaurito in una prima sessione i temi non trattati nella seduta precedente, alle 19.30 l’aula consiliare convocata in via straordinaria vedrà discutere il delicato tema dell’alta velocità con un’audizione cui sono stati invitati l’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, l’architetto Roberto Ferrazza del ministero delle Infrastrutture e Trasporti e l’ingegner Mario Goliani del gruppo Rete ferroviaria italiana. Lo stesso Goliani era stato il primo tecnico a presentare pubblicamente lo studio di fattibilità sul tratto Trieste-Divaccia promosso dalle Ferrovie dello Stato.
In concomitanza con la seduta del Consiglio comunale, il popolo triestino No Tav si riunirà alle 18.30 sotto il Municipio per opporsi a quello che da più parti è stato rinominato progetto ”Trivella a volontà” (Tav appunto). Il presidio del costituendo comitato è stato annunciato attraverso alcuni volantini nei quali si ricordano tre cifre inerenti al progetto di collegamento tra Trieste e il Corridoio 5: «35 chilometri di gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra, 2.400 milioni di euro di nostro denaro e 15 anni di lavori previsti». Al grido di «No alla Tav, No alla distruzione del Carso» il comitato hanno annunciato di volersi «mobilitare subito contro il furto del suolo».
Tra gli altri argomenti inseriti all’ordine del giorno di oggi, il Consiglio valuterà le proposte di deliberazione inerenti il commercio su aree pubbliche nel territorio comunale con disposizioni relative ai mercati di piazza Ponterosso, campo Belvedere, Opicina, via dei Mille e piazzale delle Puglie; nonché la ratifica della deliberazione giuntale relativa alla variazione del bilancio di previsione 2009 e pluriennale 2009-2011.
Riccardo Tosques
 

 

RIGASSIFICATORE - Ambiente e lavoro
 

Mi riferisco all’intervento del signor Arnaldo Scrocco, per conto del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, pubblicato il 27 maggio.
Ritengo molto discutibile la posizione del signor Scrocco che accusa pesantemente di incoerenza il sindaco di Muggia - Nesladek per la sua posizione sul piano regolatore del porto di Trieste.
Sarebbe sufficiente chiedere a Scrocco di spiegare ai giovani senza lavoro e senza un futuro, ai cassaintegrati, ai sottoccupati e ai precari: quali sono le sue proposte per dare una serie e credibile prospettiva alternativa al piano si sviluppo portuale? Non va bene il rilancio del Porto, non vanno bene i tre miliardi di investimenti sull’unica realistica possibilità di invertire il declino economico e sociale di queste terre? Che cosa propone di diverso?
Nulla, perché probabilmente questo problema non lo tocca.
Dietro al «no» per il rigassificatore è sempre più evidente una strumentale azione puramente denigratoria del sindaco di Muggia. Di fatto, il Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste raramente si rivolge alle istituzioni competenti e preferisce attaccare chi fino ad ora, senza un potere effettivo di veto, ha combattuto con coerenza contro il rigassificatore, sia quando governava il centrosinistra sia adesso che governa il centrodestra. Purtroppo, tale posizione può essere funzionale al centro-destra muggesano per cercare di smarcarsi da precise responsabilità assunte a livello del comune di Trieste, della Regione e del governo nazionale in merito al progetto «Rigassificatore».
Credo, a proposito di interesse della comunità muggesana, che il sindaco Nesladek sia stato lineare nel suo comportamento: «Non si può votare contro il futuro del Porto perché negheremmo una grande opportunità per il futuro occupazionale dei giovani e allo stesso tempo non si può votare a favore del rigassificatore in quanto pericoloso e in contrasto con le opportunità di sviluppo economico». Ricordo, a tale proposito, che a fronte dei milioni di euro da investire e dell’area occupata per il rigassificatore, le previsioni di solo 80 nuovi posti di lavoro (presentate con tanta prosopopea) sono da considerarsi molto e molto limitate. A mio avviso, la posizione assunta dal sindaco di Muggia, che lucidamente ha individuato il modo più realistico e concreto per battersi contro il temuto rigassificatore togliendogli lo spazio e destinandolo ad altre attività portuali a maggiore valore aggiunto, risulta consapevole, coerente e corretta.
E per chiudere un dubbio ancora (perché a pensare male talvolta si indovina!), non sarà che la mancata costruzione del molo ottavo e del terminal traghetti faciliterà l’entrata delle gasiere nel vallone di Muggia?
Lorenzo Novello
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2009

 

 

Nasce a Sistiana la «banca del tempo» - Scambio gratuito e solidale di servizi tra famiglie, da venerdì il data base

 

Il servizio si aggrega allo spazio Pollicino
DUINO AURISINA Dopo oltre due mesi di preparazione, si inaugura venerdì prossimo la «banca del tempo» nel comune di Duino Aurisina. Finanziata dalle Pari opportunità della Regione, l'iniziativa mira a permettere alle famiglie di aiutarsi a vicenda, mettendo a disposizione il proprio tempo e ottenendo tempo dagli altri, in modo gratuito e solidale, offrendo le proprie competenze in cambio di altre.
L'iniziativa ha avuto successo in molti comuni di piccola dimensione a livello nazionale, ed era uno dei punti di rilievo della politica proposta dall'assessore Daniela Pallotta. La sede della struttura è stata fissata a Borgo San Mauro, a Sistiana, nei locali dello spazio gioco Pollicino, dove ci sarà sempre una persona a gestire lo sportello e il data base che incrocia domanda e offerta di tempo.
Molte famiglie del territorio - spiega Daniela Pallotta - hanno già aderito all'iniziativa, altre lo faranno venerdì dalle 16 in poi, quando la struttura verrà formalmente inaugurata «da due delle donne politico più attente ai problemi delle donne lavoratrici», lei stessa, appunto, e Alessia Rosolen, «che hanno sostenuto numerose iniziative per permettere alle madri di tornare a lavorare dopo aver avuto bambini».
L'amministrazione di Duino Aurisina ha già inviato per posta alle famiglie con figli piccoli una informativa sulla banca del tempo, con la possibilità di iscriversi spiegando che cosa si offre (ore di insegnamento, ripetizioni, baby sitting, corsi di cucina, tempo per fare la spesa, e via dicendo) e che cosa si chiede in cambio, al fine di aggiornare il database che permette poi di mettere in contatto le famiglie con bisogni coincidenti. L'iniziativa è, per quest'anno, finanziata, ma l'obiettivo del prossimo anno è quello di creare una cooperativa tra famiglie per gestirla, affinché - come già avvenuto per lo spazio gioco di Pollicino - vi sia per qualche donna anche una diretta opportunità lavorativa.
«In questi progetti - ha commentato l'assessore Pallotta - bisogna credere e bisogna investire: sul momento le famiglie possono essere indecise, ma poi, come già accaduto in questo territorio, la solidarietà crea un importante collante».
(fr c.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2009

 

 

«Tav Trieste-Divaccia, la gente va informata» - Nato un comitato fra 30 associazioni della zona di Dolina
 

TRIESTE «Vogliamo che sullo studio di fattibilità del collegamento ferroviario Trieste – Divaccia ci sia un’ampia informazione per tutti gli strati della popolazione. Solo in questo modo sarà possibile prendere una posizione consapevole verso un progetto che rischia di rovinare un intero territorio». Così si sono espressi ieri a Trieste i rappresentanti del nuovo comitato spontaneo dell’area di San Dorligo/Dolina, che raggruppa una trentina tra associazioni e organizzazioni.
«Siamo preoccupati per il silenzio di numerose istituzioni e pubbliche amministrazioni su un progetto che prevede un forte impatto ambientale – ha spiegato il portavoce del comitato Vojko Kocjancic, accompagnato dall’architetto Luisa Degrassi e dall’ingegnere Alen Kermac. La zona di Dolina – ha continuato Kocjancic – ha già dato molto al progresso di questa parte della provincia. Grandi motori, Grande viabilità, oleodotto, zona industriale hanno segnato in modo indelebile questo territorio, e ora ci troviamo di fronte a un progetto che rischia di stravolgere zone protette dall’Ue».
Le principali perplessità dei relatori riguardano la tutela ambientale della Val Rosandra e del Carso in generale, il cui complicato reticolo di corsi d’acqua sotterranei e cavità ipogee rischierebbe di implodere a causa del tracciato della Tav. «Non si riesce a capire cosa c’entri con l’alta velocità il percorso sinuoso che lo studio di fattibilità prevede per l’area sottostante la riserva naturale della Val Rosandra e il contiguo altipiano di San Servolo – ha ribadito Kocjancic – in una condizione di pendenza (17 per mille) che non permetterebbe l’utilizzo di grandi convogli per il traffico merci».
Il comitato rimarca come parte del percorso del collegamento ferroviario ricada in un’area protetta dall’Unione europea attraverso le definite zone di protezione speciale e i siti di importanza comunitaria. E ciò a fronte del fatto che Trieste, che dovrebbe beneficiare della nuova linea, si troverebbe tagliata fuori dal tracciato principale. «Che senso ha mettere a repentaglio la sicurezza delle zone toccate dalla linea – ha rincarato Alen Kermac – quando sarebbe razionale ipotizzare una tratta diretta Ronchi–Divaccia che permetterebbe di risparmiare almeno 20 chilometri di gallerie sotterranee?».
Maurizio Lozei
 

«La Ferriera sta tagliando gli organici» - I sindacati: a casa i 50 assunti a termine, vogliono dimezzarci entro il 2013
 

Le Rsu annunciano reazioni durissime Voci di occupazione dello stabilimento
Cinquanta esuberi. Questa l’altra faccia della medaglia riguardo all’annuncio della riaccensione dell’altoforno dato giovedì dalla Servola spa. L’hanno mostrata ieri le Rsu e alcuni tra i lavoratori più arrabbiati al termine di un’animata assemblea che si è tenuta all’interno dello stabilimento. Secondo quanto hanno rivelato Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi della Fim-Cisl l’azienda ha annunciato che non verrà rinnovato il contratto ai cinquanta dipendenti assunti a tempo determinato. Alla scadenza (per i primi si tratta già del 31 luglio) verranno mandati a casa. «C’è di peggio - ha aggiunto Palman - la Lucchini ha pure affermato che se anche un giorno l’altoforno dovesse tornare a funzionare a pieno ritmo (la ripresa è invece prevista al minimo tecnico, ndr.) l’organico non sarà più quello attuale».
La risposta sarà fortissima, secondo la stessa ammissione delle Rsu e sarà annunciata nei prossimi giorni, ma già ieri al circolo dei lavoratori si parlava di occupazione dello stabilimento. A questo scenario infatti c’è da aggiungere anche la proroga della cassa integrazione (la prima tranche si chiude il 13 giugno) che secondo quanto ha prefigurato l’azienda riguarderà 100-120 lavoratori per ulteriori tredici settimane. «Sull’accordo per la prosecuzione della ”cassa” siamo sotto una sorta di ricatto - hanno spiegato i sindacalisti - dobbiamo firmare altrimenti l’azienda non anticipa il trattamento (circa 750 euro mensili) che l’Inps ci mette tre, quattro mesi a erogare».
«Ho una moglie, due figli e un appartamento con il mutuo da pagare - ha raccontato Nicola Spinoso, 44 anni - quando ieri ho detto al mio bambino di 11 anni che dal 30 novembre sarò senza lavoro perché il mio contratto non sarò rinnovato si è messo a piangere». «Lavoro nella macchina a colare - spiega Rocky Leo, 37 anni - ai trenta del mio reparto ci hanno messi in cassa integrazione per tre mesi filati proprio quando ho fatto un prestito per pagare il funerale di mia mamma. Di conseguenza mi restano 360 euro al mese e ho due figli di 20 e 7 anni. Mia moglie fa la pulitrice ma le hanno ridotto le ore e porta a casa 540 euro al mese. Sapete dove lavora? Qui in Ferriera anche lei. Se chiudono lo stabilimento siamo morti, già ora mangiamo solo pasta, pranzo e cena».
«I politici di questa città pensano solo alla Barcolana e alla Bavisela - ha accusato Palman - non vedono la miseria e la disperazione che ci sono dietro le luci blu di piazza Unità. Non esiste un progetto economico per la provincia, non è la Ferriera che muore, è l’intero comparto industriale». «Tutti gli aiuti e gli appoggi che Comune e Provincia ci hanno promesso - hanno aggiunto i lavoratori - si sono concretizzati nella tessera per gli autobus e nemmeno dal primo del mese».
Ma ciò che farà scattare la rivolta estrema dei lavoratori è il fatto che i sindacati ritengono che vi sia un patto occulto tra l’azienda e la politica locale, Regione in primis. «La Lucchini ottiene l’autorizzazione per l’altoforno e poi i terreni e le agevolazioni per gli insediamenti futuri a partire dalla centrale elettrica - hanno denunciato Palman e Salvaneschi - in cambio riduce drasticamente l’organico della Ferriera di modo che al momento della chiusura i dipendenti superstiti non costituiranno più una bomba sociale e potranno essere realmente in buona parte ricollocati. Noi non ci stiamo: in 540 siamo partiti all’inizio di questa trattativa e 540 vogliamo essere nel 2015».
In realtà già ora i dipendenti si sono ridotti per ragioni varie a 520, meno i cinquanta a tempo determinato fanno 470. «C’è un progetto - ha denunciato Maurizio Pertan del direttivo Faims-Cisal - per dimezzarci entro il 2013». Il fronte dei lavoratori è compatto: «Siamo perfettamente in linea con le posizioni delle Rsu», ha voluto sottolineare Roberto Cecchini referente dell’Ugl, il sindacato di destra che all’interno della Ferriera conta una settantina di simpatizzanti.
SILVIO MARANZANA

 

La Regione rilancia la guerra allo smog Traffico vietato davanti alle scuole
 

TRIESTE Dal divieto di tenere acceso il motore nei centri città per più di tre minuti, in caso di traffico a rilento, alla circolazione interdetta nelle vie adiacenti alle scuole negli orari di entrata e uscita degli studenti. Dal noleggio di un’auto solo per i chilometri che servono grazie al car sharing all’acquisto in multiproprietà con il car-pooling. E, ancora, dall’abbonamento agevolato per i mezzi del trasporto pubblico ai bus navetta per arrivare in centro città. Sono molte le azioni (e le limitazioni) che il Piano regionale per il contenimento dell’inquinamento contiene. E che dovrebbero scattare, visto che la Regione ha appena avviato la Vas, già a settembre, quando si apre il periodo più sensibile.
IL PIANO Il Piano regionale in corso di predisposizione, come spiega l’assessore all’Ambiente Vanni Lenna, «predisporrà un censimento del territorio e un piano di miglioramento dell’aria che si prefigge da un lato di ricondurre gli inquinanti entro i valori limite e dall’altro di effettuare delle scelte precise, rendendo migliori i valori rilevati». Una relazione sulla valutazione della qualità dell’aria è già stata fatta nel 2005. Poi è seguita una prima zonizzazione del Friuli Venezia Giulia: Trieste, Udine, Pordenone, Porcia, Cordenons, Gorizia e Monfalcone sono stati inseriti nella mappa dei territori in cui far scattare i provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico. Il Piano, però, amplierà e aggiornerà la zonizzazione in base ai nuovi dati acquisiti grazie al monitoraggio condotto con l’Arpa e a fronte del ripetersi di «situazioni di episodi acuti di inquinamento atmosferico». Lenna, intanto, afferma che «dalla precedente amministrazione regionale abbiamo ereditato un grave ritardo. Ma, entro i termini fissati a livello ministeriale, saremo comunque in grado di elaborare un primo documento preliminare. E concluderemo il Piano entro il 2009».
LE AZIONI Le misure anti-smog sono molteplici. La Regione indica, ad esempio, la necessità di «attivare per alcune zone del centro abitato limitazioni totali o parziali del traffico (zone pedonali o zone a traffico limitato) per l’intero anno o per un numero significativo di ore con sistemi automatici di controllo». Prevede, al contempo, «il divieto di mantenere acceso il motore dei veicoli in caso di soste che si prolungano per più di tre minuti nelle zone più congestionate» come pure «il divieto della circolazione nelle vie adiacenti alla scuola negli orari di entrata ed uscita studenti». Sempre per gli studenti sono in arrivo «tariffe scontate sugli abbonamenti», mentre per tutti è previsto «un servizio di biciclette per gli spostamenti urbani». Sulla stessa scia si collocano gli interventi per attuare il car sharing e il car pooling. C’è poi la volontà di attuare una politica dei parcheggi che renda conveniente il trasporto pubblico locale: «Il costo mensile per parcheggiare su suolo pubblico - recita il provvedimento - deve essere pari almeno al costo di un abbonamento mensile per il Tpl urbano».
LE FASI Sono dodici le fasi previste per la piena attuazione del Piano. Si comincerà con l’elaborazione del rapporto preliminare. Seguiranno le consultazioni, la trasmissione del Piano (insieme a Rapporto ambientale, parere motivato e documentazione acquisita), l’approvazione con decreto del presidente della Regione, la pubblicazione sul Bur e infine la pubblicazione sul web delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle misure correttive adottate.
ELENA ORSI

 

 

EDILIZIA - Cubone a Gretta
 

Nel leggere l’articolo sulla frana di via Valerio noto con piacere che il sindaco di Trieste punta il dito sul piano regolatore che ha creato non pochi disastri. Uno di questi è stato recentemente ultimato nella zona di Gretta con la costruzione di un enorme cubone (committente Iride Srl). Come non bastasse è stato da poco approvato il progetto di un’altra costruzione che si attaccherà al medesimo cubone (committente Sit Srl). È chiaro che tutto viene fatto nel rispetto almeno formale delle norme edilizie (ancorché di difficile controllo per un comune mortale) però ci sono delle cose che andrebbero meglio chiarite. In primo luogo vorrei capire come mai venga sempre disatteso il parere negativo espresso da parte delle circoscrizioni che in realtà sono le più competenti a valutare le situazioni, le necessità e le caratteristiche del rione. Che senso ha chiedere un parere se poi questo non essendo vincolante viene sempre disatteso. In secondo luogo credo che anche l’attuale piano regolatore dia la possibilità di dire no a certi scempi anche se i criteri tecnici presentati ne rispettino i dispositivi. L’articolo 14 e 15 del regolamento che parlano dei criteri di valutazione da parte della Commissione edilizia parlano di raffronti delle nuove costruzioni con il contesto esistente, alle presenze territoriali preesistenti, agli aspetti decorativi, di materiali e colori, all’impatto ambientale delle opere, alle modalità di inserimento paesaggistico e del tessuto urbanistico. Sarei molto curioso di capire come questo cubone e così anche il prossimo che verrà costruito lo si possa veder ben inserito nel contesto attuale. Dal fronte mare si notava molto meno il palazzo abbattuto delle suore Orsoline che non questa costruzione dalle tinte verdi/celestine che mal si inserisce nel contesto urbano esistente.
Per cui in attesa del nuovo piano regolatore basterebbe un maggior rispetto delle valutazioni delle circoscrizioni e un maggior coraggio nel prendere delle decisioni basate anche se non soprattutto su valutazioni ambientali.
Se questo potesse essere un suggerimento per rivedere intanto tutto ciò che ancora dev’essere costruito potrebbe essere già un buon risultato.
Renzo Ramani

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 5 giugno 2009

 

 

AMBIENTE - Ecco perché Stati Uniti e Cina sono in corsa per pulire il mondo
 

Le due superpotenze si sono convinte che la sfida delle fonti rinnovabili è decisiva. Non per ragioni etiche ma perché sanno che l'industria verde può essere la via per uscire dalla recessione
"LA CINA si candida a diventare il Dragone Verde, vuole vincere la corsa mondiale verso un'economia low-carbon, a bassa emissione di Co2". Non è propaganda del regime di Pechino. L'affermazione, fatta alla vigilia della Giornata mondiale dell'Ambiente dell'Onu che si celebra oggi, è di Steve Howard che dirige il Climate Group, importante ong ambientalista americana. Howard indica la chiave di questa conversione: "I dirigenti cinesi si sono convinti che questa è la nuova ricetta del profitto". Via via che si svelano i contenuti della maximanovra di investimenti pubblici varati dalla Repubblica Popolare per rilanciare la crescita, ecco che cosa si scopre: su 586 miliardi di dollari di spesa pubblica aggiuntiva, ben 220 miliardi (il 40%) va a finanziare l'industria verde, dal risparmio energetico alle fonti rinnovabili, dall'auto elettrica al motore ibrido. L'Amministrazione Obama rincorre la lepre cinese: sui 787 miliardi di dollari di manovra di rilancio della crescita, Washington ne stanzia una quota inferiore ma comunque importante (112 miliardi) per l'ambiente.
E almeno in un settore l'America si piazza in testa in questo duello: negli ultimi 12 mesi ha installato 8.300 megawatt di impianti eolici, un record storico, mentre la Cina arriva seconda con 6.300 megawatt di energia prodotta dal vento. Entro la fine del 2009 però il colosso asiatico sarà il primo esportatore mondiale di turbine eoliche. Arranca un po' indietro l'Unione europea, che pure fu a lungo un modello di virtù per avere sottoscritto quasi da sola gli impegni di Kyoto sulla riduzione delle emissioni carboniche. Ma anche sul Vecchio continente spira un vento di ottimismo. La battaglia ambientale non è più percepita come una zavorra, un sovrappiù di costi, e un ostacolo allo sviluppo. Al contrario la Commissione di Bruxelles annuncia che "i benefici delle energie rinnovabili in termini di sicurezza e di lotta all'inquinamento vanno a braccetto con consistenti vantaggi economici". Non sono affermazioni volontaristiche. Già oggi il solo business delle energie rinnovabili occupa 1,4 milioni di europei, per lo più ricercatori, tecnici, manodopera altamente qualificata. "Altri 410.000 posti di lavoro aggiuntivi verranno creati - spiega la Commissione - se l'Unione europea raggiunge l'obiettivo del 20% di energie rinnovabili sul totale entro il 2020".
Più dei proclami politici, più delle esortazioni lanciate da istituzioni internazionali, l'ottimismo è sorretto dalla nuova attenzione che il mondo del business rivolge all'ambiente. Un sorpasso significativo è avvenuto nel corso del 2008, lo annuncia ora lo United Nations Environmental Program. Per la prima volta nella storia, l'anno scorso i capitali privati globalmente investiti nelle fonti rinnovabili (140 miliardi di dollari) hanno superato quelli investiti negli idrocarburi e altre energie fossili (110 miliardi). Il contributo decisivo a questo sorpasso lo hanno dato le nazioni emergenti. Guidate da Cina e Brasile, hanno aumentato del 27% i loro investimenti in energie pulite.
Certo i problemi da risolvere restano immani. La Cina si è risvegliata solo dopo che il suo modello di sviluppo energivoro ha seminato distruzione. Oggi sui 600 milioni di cinesi che abitano in zone urbane, solo l'1% respira un'aria che sarebbe considerata "non tossica" in base agli standard europei. E la recessione può esercitare un pericoloso effetto anestetizzante. Grazie al crollo della produzione industriale, ai fallimenti, alle chiusure di fabbriche, il 2008 ha visto per la prima volta una riduzione parallela delle emissioni di Co2 sia in Cina che in America. Questo è un effetto tipicamente temporaneo, non deriva da cambiamenti strutturali. Guai se lo choc recessivo crea l'illusione che si possa abbassare la guardia. La decrescita può far male all'ambiente se inaridisce i finanziamenti nella ricerca.
Il più grande inquinatore del pianeta sembra deciso a fare sul serio. L'ultimo rapporto del Climate Group sulla Cina è intitolato "La Rivoluzione Pulita". Negli ultimi mesi Pechino ha già investito 12 miliardi di dollari in energie rinnovabili: è seconda solo alla Germania. La Repubblica Popolare pianifica di raddoppiare il peso delle energie pulite portandole al 15% del totale entro il 2020. È un obiettivo ambizioso vista la situazione di partenza: oggi l'80% della corrente in Cina è generata da centrali termoelettriche a carbone. Anche sul carbone, la materia prima più inquinante in termini di Co2, c'è uno spiraglio. L'Agenzia Internazionale dell'Energia spiega che "le scelte cinesi saranno la chiave per un uso meno inquinante del carbone, la sfida in assoluto più urgente". Secondo l'Aie la Repubblica Popolare può diventare "leader nel business del carbone pulito, dove sta sviluppando innovazioni tecnologiche uniche, che altri paesi dovrebbero adottare". Un segnale della nuova attenzione che si respira su questi temi: dopo averlo ignorato per anni, il governo cinese ha accolto a braccia aperte Al Gore. Il Premio Nobel è stato finalmente autorizzato a organizzare un importante convegno a Pechino, sul cambiamento climatico, con il contributo parallelo dell'Accademia delle Scienze e dell'Asia Society di Orville Schell (un think tank di New York che in passato non ha lesinato le critiche alla politica cinese). Il disgelo è avvenuto con la benedizione del mondo industriale: nella recessione globale, il business verde è uno dei pochi motori ancora trainanti. In questo caso l'economia di mercato aiuta l'ambiente, perché è pilotata da una guida politica. Da Washington a Pechino, il ruolo dello Stato è cruciale nel mandare impulsi al settore privato, costruendo la nuova cornice di incentivi e disincentivi entro cui si muove il mercato.
La logica del profitto, piegata a fini virtuosi, è all'opera in un settore che a lungo è stato l'imputato numero uno per l'inquinamento atmosferico: l'automobile. Anche in questo caso la Cina è un laboratorio interessante. Pechino punta a battere tutti sul traguardo dell'auto elettrica, "saltando" una generazione nel percorso di sviluppo della sua industria automobilistica. Il gruppo Byd di Shenzhen, partito da una posizione di forza come fornitore mondiale di batterie per telefonini, si è diversificato nelle batterie per auto e sviluppa un modello a motore interamente elettrico. I capitali privati ci credono, al punto che l'operazione coinvolge il nome più illustre della finanza americana. Nel settembre 2008 il gruppo Berkshire Hathaway che fa capo a Warren Buffett (detto il "saggio di Omaha", il secondo uomo più ricco del pianeta) ha acquistato una quota del 10% nel capitale della Byd, scommettendo che la Cina sarà tra i vincitori nella corsa. Il primo modello di berlina quattroporte ad alimentazione solo elettrica della Byd sarà in vendita in America nel 2011.
Barack Obama non vuole rassegnarsi al dominio asiatico nell'auto pulita. Annunciando la bancarotta della General Motors, che deve sfociare nel parto di una casa più snella e competitiva, il presidente ha ribadito che tra i compiti del nuovo management c'è il rinnovamento della gamma per ridurre i consumi energetici. Gli effetti si sentiranno a cascata perché l'industria automobilistica è al centro di una vasta ragnatela: l'indotto è l'universo di aziende che forniscono componenti, si stima che raggiunga fino a due milioni di persone negli Stati Uniti. Come dimostra il caso delle aziende giapponesi, sudcoreane e cinesi che producono batterie al litio per auto elettriche o ibride, attorno alla domanda di un'auto pulita si genera un intera attività industriale nuova. Inaugurando una fase di interventismo statale che non ha precedenti dai tempi di Franklin Roosevelt, Obama ha chiarito che ambiente e profitto devono andare d'accordo. È questa la cifra distintiva della sua politica industriale. Il sociologo inglese Anthony Giddens è convinto che sia la strada giusta per superare le resistenze del passato: "Obama riesce a trasformare l'ambientalismo in un messaggio positivo. Rende evidente il nesso tra energie alternative, sicurezza, e crescita economica. È capace di ispirare una vera svolta, e questa può contagiare anche l'Europa".
FEDERICO RAMPINI
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2009

 

 

Riparte l’altoforno, ma rimane la ”cassa” - L’ANNUNCIO FATTO DALLA LUCCHINI AI RAPPRESENTANTI SINDACALI DELLA FERRIERA DI SERVOLA
 

Altre tredici settimane a casa per 100-120 dipendenti perché la produzione sarà ridotta
Riparte l’altoforno della Ferriera di Servola. Quello contraddistinto dal numero 3 sarà attivato entro giugno, ma a causa delle difficili situazioni di mercato funzionerà a ritmo estremamente ridotto, per cui la cassa integrazione sarà prorogata per altre tredici settimane e investirà 100-120 lavoratori a rotazione. Queste le principali comunicazioni che sono state fatte ieri mattina dalla Lucchini-Severstal nel corso dell’annunciato incontro con i rappresentanti di fabbrica.
«In relazione al perdurare della difficile situazione congiunturale, caratterizzata da una situazione di mercato ancora deficitaria con vendite al 30-40 per cento rispetto agli standard abituali - hanno fatto sapere ieri i vertici di Lucchini spa - l’Afo 3 potrà ripartire al minimo tecnico limitando di fatto l’attività produttiva diretta e indiretta». E riferendosi anche ai contenuti dell’incontro con le Rsu, l’azienda ha riferito che «si è evidenziato come tutte le previsioni al momento vedono una ridefinizione al ribasso della domanda mondiale di acciaio per cui è presumibile che tali livelli produttivi verranno mantenuti anche per i prossimi anni».
Affermazioni che hanno suscitato forti timori tra i rappresentanti sindacali. Alla vigilia della trattativa che aveva portato alla prima richiesta di cassa integrazione, la Servola spa aveva denunciato un invenduto di 100 mila tonnellate di ghisa e 150 mila tonnellate di coke. Situazione che è solo leggermete migliorata nelle ultime settimane. Per il momento dunque, mentre per una buona fetta dei 540 dipendenti si annuncia anche un’intera estate con 750 euro al mese, è scongiurata solo l’ipotesi peggiore: quella che poteva addirittura prefigurare la mancata riaccensione dell’altoforno.
«La produzione potrà riprendere come previsto entro il mese di giugno - ha comunque annunciato ieri con una certa soddisfazione la Servola spa - al termine delle tredici settimane di cassa integrazione». Si tratta della prima tranche che attualmente vede a casa un paio di centinaia di lavoratori e che si concluderà il 13 giugno. Assieme all’altoforno numero 3 verranno riattivati anche gli impianti connessi e cioé l’agglomerato e la macchina a colare che sono attualmente fermi. Ancora, la ripresa dell’Afo 3, seppur rallentata complessivamente, consentirà comunque la ripresa delle forniture di ghisa liquida allo stabilimento della Sertubi che a propria volta è interessato da provvedimenti di messa in cassa integrazione.
L’azienda ha anche ricordato come sull’altoforno siano stati fatti interventi per 7 milioni, in particolare quelli richiesti per l’autorizzazione integrata ambientale, tra cui il rifacimento del sistema di caricamento, la sostituzione della cappa di aspirazione del piano di colata e del sistema di raffreddamento, l’implementazione di nuovi impianti elettrici e di automazione. I vertici aziendali hanno anche ribadito che «nonostante la difficile situazione economica verrà mantenuto anche nel 2009 il premio di risultato legato ai livelli della sicurezza».
SILVIO MARANZANA

 

 

Roiano, nuovo complesso edilizio in via Giusti - Il sindaco Dipiazza: «Abbiamo le mani legate, colpa di quel disgraziato Piano regolatore»
 

INSORGONO I RESIDENTI NELL’AREA DI VICOLO RIO MARTESIN
Erano stati i primi a coalizzarsi contro il “tubone”, che prevedeva una nuova direttrice di penetrazione cittadina. Avevano reagito con altrettanta veemenza al megaprogetto che prevedeva in via Giusti e nell’area dell’ex Centrale elettrica di Roiano un complesso abitativo con parcheggi e case ecologiche nell’area verde vicino alla vallata di Rio Martesin. Ora nulla possono di fronte a un progetto che interesserà proprio quel fondovalle incastonato tra Monteradio e scala Santa.
«Abbiamo cercato di porre i vincoli necessari – ammette il sindaco Roberto Dipiazza ai residenti di via Giusti e vicolo Rio Martesin – ma non potevamo impedire ai proprietari dei terreni di costruire, pena denunce e sanzioni. Sono dispiaciuto per i roianesi, ma non è nostra la responsabilità. Quello sciagurato Piano Regolatore del ’97 (all’epoca della giunta Illy, ndr) che ha permesso la costruzione di case su case in tutti i quartieri della città non lo abbiamo certo realizzato noi». Il sindaco conferma dunque che l’area di vicolo Rio Martesin, via Giusti e dintorni, a cui è possibile accedere solo attraverso uno stretto vicolo, risulta interessata da una variante urbanistica che prevede la costruzione di nuove palazzine.
Ma non è l’unica parte di Roiano che fa gola ai costruttori. È in corso di completamento nella parte alta di scala Santa, infatti, un nuovo caseggiato dalla cubatura consistente, a monte di solo qualche metro rispetto a un’altra recente costruzione. Si sta costruendo pure in vicolo delle Rose, dove è prevista la realizzazione di nuove palazzine su di un versante molto ripido. In questo caso ci sono state delle segnalazioni da parte di alcuni residenti che hanno rilevato uno smottamento sulla scarpata a monte della strada non lontano dall’area dei lavori.
Sul progetto che interessa la vallata di via Giusti si registrano diverse posizioni. A cominciare da quella di Piero Ambroset, coordinatore della commissione urbanistica della terza circoscrizione. «Il nostro parlamentino ha dato sempre parere negativo ai diversi progetti edilizi che interessano questo territorio. Sulla variante definitiva – aggiunge Ambroset - non so dire nulla, tuttavia mi chiedo come faranno a passare con camion e bettoniere lungo quel vicolo Martesin che in alcuni punti raggiunge a malapena i due metri di larghezza».
«Peggio di così non poteva andare», afferma Luciano Sinico, residente in via Giusti preoccupato da una cementificazione che potrebbere «arriverà sino a Monte Radio». In una Roiano già collassata dal traffico, secondo i residenti la realizzazione di nuove case appare un controsenso. «Che ne sarà poi della stabilità della zona? Avete visto tutti cosa sta succedendo in via Monte Valerio - dice Sinico - dove il transito dei mezzi pesanti ha provocato un grande smottamento».
«Ci sentiamo impotenti, soli e traditi. Nonostante le promesse del sindaco e della circoscrizione – interviene Rosario Formica, residente in via Giusti – dovremo sopportare l’annientamento dell’ultimo spazio verde di Roiano». Gli fanno eco Ruggero Zanconati e Rosanna Klaus: «Abbiamo difeso questo piccolo polmone di alberi e campagna con i denti – dicono – ma pare che non sia servito a niente. Vogliono costruire case in una città in netto decremento demografico. E non pensano che questo verde rappresenta la zona di “villeggiatura” della gente anziana che non può muoversi da questa parte di Roiano». La preoccupazione riguarda il fatto che la nuova costruzione andrebbe a caricare un’area in cui «non ci sono fognature e strad «creare abitazioni enormi davanti a vecchie case rurali - sostiene Dario Ferluga - significa distruggere un meraviglioso paesaggio antico»
Maurizio Lozei
 

 

Nuova legge leghista sulla caccia - DOPO L’ALTOLÀ DELLA CONSULTA
 

PORDENONE La Lega presenta una proposta di legge regionale sulla caccia per superare i rilievi che hanno portato alla bocciatura dell’attuale normativa da parte della Corte costituzionale. Il testo, illustrato a Pordenone, punta a cambiare l’impianto della legge precedente, ispirandosi al principio di sussidiarietà e trasferendo le competenze alle Province. Si punta quindi alla collaborazione tra enti e organismi per la gestione faunistica e venatoria, con l’istituzione di una «Conferenza permanente per la gestione faunistica e venatoria», che funziona come struttura di raccordo tra Regione, Province e organismi venatori. Il testo prevede poi il rafforzamento delle Riserve di caccia e dei Distretti venatori. Per superare i rilievi di incostituzionalità, la proposta prevede inoltre la soppressione dell’Associazione dei cacciatori e la presenza dei «portatori di interesse» nei Distretti venatori, introducendo il «controllo delle specie problematiche» come volpi, cinghiali e corvidi e istituendo infine lo strumento della Commissione disciplinare d’appello e di conciliazione.
 

 

MARE PULITO - Bagni sicuri a Staranzano L’Arpa promuove il Lido - Le analisi dell’Agenzia per l’ambiente: i valori dell’inquinamento sono dentro i limiti di legge
 

STARANZANO Il mare del Lido di Staranzano è balneabile. L’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) ha comunicato ieri al Comune, i valori delle analisi risultati ampiamente nella norma, relative al 4 maggio scorso: “coliformi totali” 143 su 100 millilitri d’acqua (il limite consentito è 2.000), “coliformi fecali” 11 (il massimo è 100), “streptococchi” 51 (massimo 100), “salmonella assenti”. Un trend positivo che si allunga dalla passata stagione, a conferma che l’inquinamento, anche se il mare è sempre sotto osservazione, sembra oramai alle spalle, un brutto ricordo. Invece rappresenta un ottimo segnale per l’estate che ha già dato segni della sua forte presenza con il caldo eccezionale di maggio. La notizia è ancora più incoraggiante per gli operatori degli stabilimenti balneari “Jeko bay” e “Surf bar” dopo che anche il mare di Marina Julia è tornato pulito.
Intanto, proprio nei giorni scorsi il Lido di Staranzano è stato ripulito da detriti, tronchi e quintali di alghe e con il bel tempo è cominciata una stagione estiva promettente con l’assalto dei bagnanti alla spiaggia degli ultimi fine settimana. In primo luogo è stato portato via il materiale ingombrante (tronchi di una certa dimensione scaricati in mare dall’Isonzo e anche la carcassa di una vecchia imbarcazione). Poi con l’ausilio di una ruspa sono state ammassate tutte le alghe in una zona della spiaggia che non potesse turbare la presenza dei bagnanti. La ripulitura ha prima interessato lo stabilimento “Jeko bay”, poi man mano si è arrivati al “Surf bar”.
Per nascondere l’ammasso delle alghe, al momento è stata creata una sorta di “mascheratura” dell’area di deposito, nell’attesa di effettuare la cosiddetta “vagliatura”. Il procedimento consiste nell’utilizzo di un macchinario a nastro, dove vengono prelevate le alghe senza portare via anche la sabbia. E le alghe successivamente verranno portate allo smaltimento.
 

 

TRASPORTI - Ambientalisti e Tav
 

Gli «Amici della Valle» salutano con favore l’interesse espresso dal presidente generale del Cai in difesa della Val Rosandra, contro la Tav e sulle sue vicende storico-culturali e paesaggistiche. In coda al breve articolo comparso su «Il Piccolo», in data 28 maggio, si legge una nota di quanto ha dichiarato il presidente dell’Associazione XXX Ottobre che, con testuali parole, afferma che la realizzazione della Tav non andava vista attraverso una sterile e vuota logica del non fare a tutti i costi, ma da quella concreta e positiva che consiste nella individuazione di soluzioni alternative.
Al proposito vorrei far notare che, nonostante la notizia sia emersa in città con grave ritardo e con un progetto definitivo che la dice lunga sulla disponibilità di dialogo da parte dei progettisti e sui margini di trattativa, il «popolo degli amanti della Natura» si è mobilitato organizzando numerose riunioni – con interventi di autorevoli professori universitari, geologi responsabili per l’ambiente, Italia Nostra, Wwf... contrari alla realizzazione del progetto Tav.
Vi è inoltre il Comune di Dolina che, in accordo con i cittadini, ha espresso vivace dissenso. Nel contesto degli incontri si sono sentite le testimonianze di quanto accaduto nel Mugello; c’è di che rimaner sgomenti!
Visto quanto sopra non capisco «dove» il presidente della XXX Ottobre abbia ravvisato questo sterile e vuoto ostruzionismo da parte degli ambientalisti.
Le alternative ci sono; eccome! Peccato che ora manchino gli interlocutori; i responsabili della Tav che, presentato il progetto definitivo, si sono dileguati come «vento di primavera»: spariti. Per concludere: la scoperta della «grotta impossibile», avvenuta durante la realizzazione delle gallerie per la Grande Viabilità, dovrebbe fare scuola; tanto per non cadere nella solita sterile e vuota logica del fare a tutti i costi. Rispettiamo l’imprevedibilità del nostro Carso.
Virgilio Zecchini
 

 

Tav ignorata - GOVERNO
 

Ho letto l’articolo di fondo sul Piccolo del 28 maggio del direttore Paolo Possamai in cui contestava la mancanza di finanziamenti per l’Av sia da parte del governo, attraverso il Cipe, sia da parte delle Ferrovie dello Stato. Egli ironicamente poneva un dilemma: «se era più importante e urgente un treno veloce che attraversi la pianura padana e colleghi l’Italia ai paesi della nuova Europa, oppure che il treno Frecciarossa viaggi rapido e mezzo vuoto tra Bari e Napoli». Questa tratta tra l’altro è una di quelle che le Ferrovie privilegeranno al posto di quelle del Nordest. L’ironia del direttore nasconde a malapena la sua aspirazione affinché la linea Av Venezia-Trieste-Lubiana venga finanziata e portata a termine al più presto. A onore del vero però egli pone anche alcuni dubbi sull’efficacia trasportistica della soluzione tecnica individuata che, tra l’altro, appare fortemente impattante per l’ambiente. Credo che si riferisca al traforo del Carso da Ronchi fino a Trieste. E qui il direttore auspica che il progetto fin qui elaborato venga ridiscusso a fondo e in modo trasparente. Fatte queste considerazioni trovo poco coerente il suo auspicio a che la linea Av venga costruita prima possibile perché dice lui, rappresenta un’opera strategica non solo per il Nordest ma per l’Italia intera. Il rinvio della progettazione completa e quindi dell’inizio dei lavori il direttore lo ascrive alla litigiosità imperante fra i politici delle due regioni del Nordest. Un esempio di queste diatribe è rappresentato dal tracciato che il presidente del Veneto vorrebbe lungo la costa, mentre Tondo lo vorrebbe verso l’interno. Io credo che il direttore Possamai, se è convinto che l’attuale progetto passante sotto le pendici del Carso può rappresentare un impatto fortemente negativo per l’ambiente sottostante, non dovrebbe perorare la causa di quei politici privi di buon senso, che se ne fregano dell’ambiente, purché si facciano affari con le imprese costruttrici. Basterebbe rifarsi al processo che la magistratura ha istruito nei confronti delle imprese costruttrici dell’Av nel Mugello, accusate di scempio ambientale per aver fatto sì che interi paesi rimanessero senz’acqua, a causa della cementificazione della zona che ha cancellato le falde idriche.
Bruno Cargnelutti (Monfalcone)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 giugno 2009

 

Comitato No Tav Trieste: "Presidio in piazza Unità" - lunedì 8 giugno

 

In concomitanza con la riunione del Consiglio comunale di Trieste che dovrebbe discutere del progetto di fattibilità della nuova tratta ferroviaria Trieste-Divaccia, il comitato No Tav organizza lunedì 8 giugno alle 18.30 una manifestazione in piazza Unità.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2009

 

 

Tav, due opzioni in favore dell’ambiente - LO STUDIO DI FATTIBILITÀ ITALO-SLOVENO SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO
 

Quelle denominate ”Cattinara” e ”Osp” modificano la soluzione ottimizzata del tracciato
Un leggero spostamento in direzione del mare, verso il basso, a sud-ovest. E le inversioni dei tratti all’aperto del tracciato ferroviario. Questi, in sintesi, i contenuti delle due varianti al percorso ottimizzato della Tav Trieste-Divaccia. Un doppio adeguamento che modifica leggermente la soluzione ritenuta migliore dai progettisti autori dello studio di fattibilità congiunto italo-sloveno. Un disegno che prevederebbe il passaggio nel sottosuolo della doppia canna ferroviaria per la quasi totalità dei 35,6 chilometri dello spicchio locale del Corridoio 5. Unica eccezione, i 200-300 metri all’altezza della valle dell’Ospo in Slovenia.
OPZIONE CATTINARA Tornando alle due alternative, queste sono state «studiate per il possibile insorgere di problemi di tipo ambientale», spiega l’ingegner Mario Goliani, uno dei padri del progetto ed ex responsabile dello stesso per la Rete Ferroviaria Italiana. Si tratta, nello specifico, delle opzioni denominate «Cattinara» e «Osp». La prima in territorio italiano, la seconda in quello sloveno. L’opzione Cattinara «allontana il tracciato di progetto dalla zona ospedaliera di Trieste», spostandolo verso il mare e facendo sì che un tratto del collegamento, della lunghezza di circa 300 metri, viaggi all’aperto (nella versione ottimizzata invece il passaggio è sempre sotterraneo) proprio sotto il viadotto della Gvt, in località Rio Storto, sopra Zaule. Una soluzione utile a «ridurre i potenziali impatti vibrazionali in fase di esercizio sui ricettori sensibili», come si legge all’interno dello Studio di fattibilità. Fra le criticità sottolineate dai tecnici nei passaggi della relazione, emerge in effetti la «remota possibilità che la soluzione ottimizzata del percorso possa causare delle vibrazioni relazionate al passaggio dei treni», rischiando quindi di interferire in qualche modo con l’attività dell’ospedale di Cattinara. Le probabilità che ciò possa accadere, rilevano i tecnici, sono comunque molto basse. In ogni caso, per progetti imponenti come sarà (forse usare il condizionale sarebbe meglio, vista l’incertezza che ruota attorno ai finanziamenti, come dimostrato di recente dal Cipe proprio per la Venezia-Trieste) il collegamento transfrontaliero locale, ovviamente non si può correre nemmeno il minimo rischio.
Ma la stessa opzione Cattinara porta in dote altre presunte problematiche. In primis quelle collegate proprio alla presenza dei viadotti della Grande viabilità triestina e alla coabitazione della Tav con gli stessi. Non solo, però: difficoltà, stando alle parole contenute nell’atto prodotto dal consorzio composto da Italferr e dagli esperti sloveni del settore trasporti, potrebbero essercene per il possibile inquinamento delle acque in fase di cantiere e di occupazione di suolo naturale. «Ma le gallerie che dovrebbero passare sotto il Carso - puntualizza in merito Goliani - sarebbero tutte più alte del livello delle acque di base che, ovviamente, cambia a seconda delle zone. La quota minima verrebbe raggiunta laddove sfocia il Timavo, quella massima nel punto in cui si inabissa. La copertura delle gallerie potrebbe eventualmente essere toccata solo nel caso di piene intense, ma comunque non certo dalle acque normali».
OPZIONE OSP L’altra alternativa interessa invece il territorio della vicina Repubblica, segnatamente l’area della valle dell’Ospo. La parte specifica dello studio trae origine dai dubbi mossi dalla componente slovena del consorzio sui possibili danni ambientali a un’area «soggetta a molti vincoli», anche culturali e paesaggistici, e che è inserita negli elenchi della Rete natura 2000, progetto per la conservazione degli habitat naturali di interesse comunitario. La soluzione Osp, se adottata, porterebbe il percorso della Trieste-Divaccia a 200 metri di distanza dalla grotta Osapska, eliminando i previsti 200-300 metri all’aperto per spostare tutto sotto terra. «In definitiva, l’opzione Osp comporta meno impatti potenziali sui siti Natura 2000, sul paesaggio ed in relazione all’impatto acustico nella fase di esercizio», è una delle conclusioni sottolineate dai progettisti. I quali, è bene ricordarlo, hanno firmato uno studio di fattibilità che, non essendo un progetto esecutivo, può subire delle ulteriori modifiche.
TRANSPADANA Nominato recentemente presidente di Transpadana in rappresentanza dei soci pubblici, il numero uno della Camera di commercio di Trieste Antonio Paoletti si confronterà a breve con gli altri componenti del Cda del comitato promotore della direttrice europea dell’Alta velocità per studiare le strategie da portare avanti sul territorio. Per il momento, promette: «Punterò a coinvolgere in un dialogo costruttivo i comuni interessati dal passaggio della Tav».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Tre miliardi per unire il Cadore alla Carnia - IL COLLEGAMENTO TRA L’A27 E L’A23
 

In Veneto c’è una proposta per i primi 23 chilometri, mentre il Friuli Venezia Giulia latita
IN REGIONE SCARSO L’INTERESSE DA PARTE DEI PRIVATI PER LA REALIZZAZIONE DELL’OPERA
TRIESTE Una autostrada lunga 85 chilometri per collegare il Cadore alla Carnia. Un progetto per fare uscire dall’isolamento le aree della montagna, per dare impulso alle aree produttive e al turismo. Un progetto – di cui esistono per ora buone intenzioni e la volontà condivisa di Veneto e Friuli Venezia Giulia di realizzarla – che per concretizzarsi ha bisogno di risorse: tre miliardi di euro secondo lo studio commissionato due anni fa dalle associazioni Industriali di Belluno, Treviso, Pordenone e Udine e donato alle Regioni.
Risorse pubbliche da investire nel collegamento non ce ne sono per cui il progetto è a caccia di fondi privati. In Veneto è stata avanzata una proposta di project financing per il primo troncone (23 chilometri) mentre in Friuli Venezia Giulia le manifestazioni di interesse latitano.
LO STUDIO Due anni fa le associazioni industriali di Belluno, Treviso, Pordenone e Udine, hanno donato uno studio di fattibilità sull’opera redatto dallo Studio Ingegner de Beaumont e a DEPFA Bank, sotto la supervisione e il coordinamento dell’architetto Bortolo Mainardi. Il punto di partenza è stata l’analisi del collegamento autostradale tra la A27 (Venezia-Belluno) e la A23 (Udine-Tarvisio), elaborata dall’Anas e completata nel marzo 2005. Partendo dal sistema del «doppio arco» determinato dal Passante di Mestre (Dolo/A4-Mogliano-Quarto d’Altino/A4) da un lato e dalla Pedemontana veneta «unita» al completamento della A28 (Montebello/A4-Tiene-Bassano-Conegliano-Pordenone-Portogruaro/A4), dall’altro, lo studio ha ipotizzato a completamento del quadro una prosecuzione della A 27 – autostrada che interseca centralmente entrambi gli «archi» - verso nord-est, fino al collegamento con la Carnia e quindi con il Friuli.
L’OPERA Secondo l’elaborazione, che prende le mosse dallo studio di fattibilità dell’Anas, l’opera – si parla di una strada a scorrimento veloce o di un’autostrada, ma comunque di un’arteria a pedaggio - andrebbe costruita in tre tronconi: tra Pian di Vedova e Pieve di Cadore (23 chilometri), tra Pieve di Cadore e Forni di Sopra (altri 23 chilometri) e tra Forni e la connessione con la A 23. L’ipotesi di tracciato economicamente più impegnativa risulta essere quella a più basso livello di impatto ambientale e paesaggistico, ovvero quella che prevede la massimizzazione dei percorsi in galleria (66% dello sviluppo totale) e una forte contrazione del tracciato in viadotto (12% dello sviluppo totale).
I COSTI L’arteria, secondo lo studio di Confindustria - che tiene conto dei flussi di traffico medi giornalieri (ipotizzati 31300 veicoli il giorno nel primo tratto, 12500 nel secondo e 14 mila nel terzo) -, comporterebbe costi «di pura costruzione» tra i 2 e i 3,2 miliardi. La cifra massima ipotizzata, considerata la necessità di ridurre al minimo l’impatto ambientale, sembra quella più attendibile. A questa andrebbero poi sommati tutti gli oneri di costruzione per cui, secondo gli esperti, l’intera strada potrebbe arrivare a superare tranquillamente i quattro miliardi. Considerata la scarsità di risorse pubbliche e l’impegno che entrambe le Regioni hanno già riversato su altri fronti, l’unica via plausibile per realizzare il collegamento è la ricerca di fondi privati.
IL VENETO Dopo aver deliberato la facoltà di essere ente concedente (al posto di Anas), la Regione Veneto ha aperto alle manifestazioni di interesse di privati una prima proposta – per il primo troncone e quindi quello che di fatto attraversa il Cadore e che potrebbe tranquillamente vivere autonomamente dando una risposta al traffico, soprattutto turistico, delle Dolomiti – è arrivata. Ad avanzarla è stata una associazione temporanea di impresa formata da Grandi Lavori Fincosit Spa di Roma e dalle due imprese venete Adria Infrastrutture Spa e Ing. Mantovani Spa. La Regione è ora chiamare a valutare la proposta nel merito e, in caso risponda ai desiderata, deliberare il pubblico interesse dell’opera, atto preliminare e necessario alla progettazione.
IL FRIULI VENEZIA GIULIA Il percorso in Friuli Venezia Giulia sembra, invece, in salita. Non per mancanza di interesse da parte della politica – che già con la giunta Illy aveva sostenuto l’importanza del collegamento e aveva deliberato la facoltà, per la Regione, di rilasciare concessioni per arterie a pedaggio, strade e autostrade -, ma per mancanza di interesse da parte dei privati. «L’opera – spiega l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi – è stata inserita nell’accordo Tondo Berlusconi e come tale è ritenuta strategica dalla Regione. Dobbiamo però fare i conti con risorse pubbliche che non ci sono. Le nostre priorità al momento sono l’asse terza corsia della A 4 - Villesse Gorzia e gli interventi per decongestionare la viabilità ordinaria collegata al sistema autostradale. L’unico modo per realizzare quel collegamento richiede l’impegno di risorse private, ma al momento la Regione non ha ricevuto alcuna manifestazione di interesse né proposta di project financing».
MARTINA MILIA

 

 

Agenda 21, si discute di viabilità, risorse energetiche e territorio - LA PROSSIMA SETTIMANA A MUGGIA E SAN DORLIGO
 

SAN DORLIGO È pronto il calendario dei prossimi appuntamenti nel contesto dell’Agenda 21 di San Dorligo della Valle e Muggia. Tre i gruppi tematici che prenderanno il via la prossima settimana. Lunedì, dalle 17 alle 19 nella sala consiliare di Muggia, si discuterà di risorse energetiche locali. Il giorno seguente, sempre dalle 17 alle 19, al Centro visite di San Dorligo si parlerà di viabilità educata e sostenibile, mentre mercoledì sarà la volta della promozione del territorio, tema che verrà sviscerato nella sala del consiglio comunale di Muggia sempre dalle 17 alle 19.
Lunedì si discuterà, in particolare per quanto riguarda San Dorligo, di tre temi: come recuperare legname per riscaldamento ottenendo permessi per taglio di alberi e cespugli dalla Forestale, l’utilizzo dell’energia eolica (”la bora è amica”), l’incentivazione geotermica e il recupero delle acque meteoriche. Riguardo a Muggia l’incontro verterà su tre aree: la mancanza di conoscenza sulla possibilità di ottenere risorse energetiche locali, lo sfruttamento dell’energia eolica sul Monte Carso e lo sfruttamento delle biomasse con il materiale risultante dalla pulizia di boschi e sentieri.
Per informazioni sui gruppi tematici sorti in seno al progetto Partecipassieme si può contattare l’ufficio Agenda 21 all’indirizzo di posta elettronica agenda21@com-san-dorligo-della-valle.regione.fvg.it oppure al numero di telefono 040.8329231.
(r.t.)

 

 

«Da San Rocco al Lazzaretto: costa persa» - UN’AREA ANCORA DA VALORIZZARE
 

È un peccato che quel magnifico tratto di costa che partendo da Porto S. Rocco si estende sino al Lazzaretto non sia valorizzato in pieno. Sono ormai passati molti anni che la sua fruibilità per quanto riguarda la balneazione è interessata solamente ad alcune piccole zone «attrezzate».
L’amministrazione comunale in carica si è già attivata da tempo per risolvere questo problema, ma, credo per l'elevato costo del lavoro, al momento tutto è fermo (o quasi). A suo tempo la Regione aveva avviato uno studio di fattibilità e di valorizzazione di questo tratto di costa. Rimane però il problema del terrapieno inquinato «Aquario», a mio parere ormai dilavato negli anni sia dalle piogge sia dalle mareggiate.
Di fronte al terrapieno c’è un allevamento di mitili soggetti a controlli igienico sanitari prima di essere commercializzati (quindi a buon intenditor....). Sarebbe magnifico se l’amministrazione regionale stanziasse i soldi neccessari sia per bonificare il sito, sia per riqualificare almeno quel tratto di terrapieno (già fornito di terra e scogliera): forse per questo intervento il costo non sarebbe megagalattico.
Sono sicuro che sarebbe un vanto sia per la Regione sia per l'amministraziuone comunale di Muggia, per i suoi cittadini e quant’altri interessati alla balneazione: la speranza forse è l'ultima a morire.
Piero Robba
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2009

 

 

Ferriera, l’altoforno 3 pronto a funzionare - I sindacati: «Ma temiamo che la Lucchini denunci una serie di esuberi» - Domani il confronto tra azienda e Rsu
 

Faccia a faccia i vertici della Ferriera e le Rsu domani nello stabilimento di Servola dove quasi duecento lavoratori continuano a essere in cassa integrazione. «Non c’è alcun ostacolo né tecnico né burocratico all’accensione dell’altoforno numero 3 - ha affermato Francesco Semino, responsabile relazioni pubbliche del Gruppo Lucchini - in questi giorni stiamo valutando se vi sono le condizioni di mercato per attuarla e lo comunicheremo ai lavoratori».
Secondo fughe di notizie non confermate l’altoforno verrà attivato, ma sarà fatto funzionare a regime ridotto a seguito della crisi che ha investito anche il mercato della ghisa e una parte dei lavoratori dovrebbe proseguire la cassa integrazione anche dopo questa prima tranche che si concluderà il 13 giugno.
«Il timore non è legato tanto alla funzionalità a ritmi ridotti poiché la crisi obiettivamente non potrà esaurirsi prima dell’anno prossimo - ha specificato ieri Franco Palman della Uilm - quanto alla possibilità che l’azienda approfitti della situazione per denunciare una serie di esuberi, mentre uno stabilimento come quello di Servola dove oltretutto vi sono in ballo anche numerosi contratti a termine, non può funzionare in efficienza e sicurezza con un organico inferiore alle attuali 540 unità».
Con la riduzione del numero dei dipendenti, secondo Palman l’azienda, gettando nel dramma numerose famiglie, toglierebbe però molte castagne dal fuoco al settore politico che non si troverebbe più alle prese con la ricollocazione di un numero così ampio di operai e tecnici come quello attuale.
E la denuncia di «violazione di alcune norme di sicurezza da parte dell’azienda» viene avanzata già ora da Luigi Pastore, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di Faims-Cisal. «La manutenzione a turno - afferma Pastore - opera solo con il turno di notte e unicamente con l’elettricista, mentre in precedenza gli interventi venivano eseguiti assieme al meccanico proprio per ragioni di sicurezza. La salvaguardia impianti è scoperta dalle 16.30 alle 22. L’infermeria non è più presidiata dai medici». Secondo Pastore, che invoca di conseguenza l’immediato intervento delle istituzioni competenti, «le condizioni già note di altissima pericolosità degli impianti obsoleti e la mancanza di personale specifico di pronto intervento mettono a rischio l’incolumità dei lavoratori».
«Attualmente sono sempre fermi l’altoforno, il reparto agglomerato e la macchina colare - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - e funzionano soltanto la cokeria, la centrale elettrica interna, il terminal solo se arrivano navi e in parte la manutenzione e l’amministrazione. Un rischio immediato da evitare è che l’azienda voglia arrivare in questa situazione fino al prossimo inverno».
«La settimana prossima vi sarà un confronto allargato anche con le segreterie confederali - spiega Palman - ma già domani dovrebbero apparire chiare le intenzioni dell’azienda». La rabbia dei lavoratori potrebbe esplodere fin dall’assemblea che si terrà venerdì.

(s.m.)
 

 

Lucchini - progetto centrale termoelettrica: domanda di Valutazione di Impatto Ambientale, Valutazione di Incidenza, Autorizzazione Integrata Ambientale.

       I parte    -    II parte

 

 

Servola, il Miani fa appello all’orgoglio dei residenti - ASSEMBLEA PUBBLICA A VALMAURA
 

Sollecitata la chiusura dello stabilimento siderurgico Circolo, sopravvivenza difficile
Un appello all'«orgoglio dei residenti» chiamati a opporsi alla situazione di stallo. L'ennesima accusa alle autorità istituzionali, Azienda per i servizi sanitari compresa, colpevoli di «mancato intervento a favore della popolazione». Un ironico invito ai russi, proprietari della Ferriera, «a non voler insegnare qualcosa in tema d'impresa ai triestini, i cui cantieri seppero costruire navi che solcarono gli oceani». Sono alcuni dei principali passaggi del lungo intervento di Maurizio Fogar, ex presidente del circolo Miani, alla pubblica assemblea convocata l'altra sera nell'area giochi del comprensorio dell'Ater di via Valmaura. ”Chiudono il Miani e non la Ferriera" era il titolo stampato sulle 1.500 locandine affisse sui portoni delle case del rione dai soci del Miani nei giorni precedenti l'appuntamento; il mancato rinnovo dei finanziamenti al circolo, da parte della Regione, ha messo in seria difficoltà l'organizzazione presieduta ora da Livio Fogar. Questi ha richiamato l'attenzione del pubblico - non numeroso - sul nodo sopravvivenza del circolo, lasciando poi le argomentazioni di merito a Maurizio Fogar, che ha chiesto ancora la chiusura della Ferriera.

(u.s.)
 

 

TRASPORTI - Ferrovie in crisi
 

Il Piccolo è stato gentile a pubblicare in questi anni diverse mie segnalazioni sulle complesse e disastrate ferrovie. In alcuni casi, per coincidenza, ci sono stati degli sviluppi ma quasi sempre negativi.
Peggiorati i già miseri servizi internazionali via Opicina/Tarvisio, di fatto inesistenti, escludendo quelli mancanti da 60 anni per Pola e Fiume. Tagli anche a Udine su Roma e Milano.
Le piccole modifiche grafiche all’orario venduto in edicola, suggerite per migliorare le linee triestine forse non servono. Sembra che a breve, per risparmiare, Trenitalia non lo stamperà più copiando Francia e Spagna a danno dei milioni di persone senza Internet a casa. Vorrei vedere se sparissero i giornali cartacei, i libri, ecc. Intanto il progetto «rete snella» è arrivato anche qui: ridimensionata Opicina, smantellato Prosecco, tolti alcuni scambi in città penalizzando il traffico merci. Qualcuno forse ci ha messo più zelo del dovuto sperando di fare carriera.
Per il traffico merci Italia-Est Europa vedo dell’altro: deviare gli attuali merci sul Brennero per intasarlo al massimo e rendere necessario il suo raddoppio. Dall’altro lato si dirà che l’attuale linea via Opicina è tecnicamente inadatta senza la Tav sotto il Carso. Addio alla speranza di ripristinare la breve Cervignano-Aquileia-Grado Pontile, con il suo potenziale turistico, chiusa da 60 anni ma con i binari rimasti intatti. Da alcuni mesi sono stati invece smantellati per farci la pista ciclabile.
Ancora più recente il probabile raddoppio delle tariffe per organizzare treni storici con mezzi d’epoca. Una scusa per demolirli forse perché hanno troppo successo mentre gli austriaci ripiegano su Capodistria. E dire che i tedeschi ci guadagnano pure oltre a mantenere viva una cultura ferroviaria.
Trieste è una delle 10-12 città ad avere questi mezzi mentre per il museo di Campo Marzio continua il disinteresse di tutti, volontari esclusi.
Patrick Mazzieri
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2009

 

 

Alta velocità, Legambiente chiede un tavolo unico - CON IL COINVOLGIMENTO DEI COMUNI
 

Un tavolo unico per discutere dell’alta velocità in Friuli Venezia Giulia. È questa la richiesta degli esponenti di Legambiente, Rudy Fumolo e Andrea Wehrenfennig, e indirizzata ai Comuni interessati dalla realizzazione del progetto della linea ferroviaria Trieste-Divaccia. «L’Italia - ha detto Fumolo - ratificando la Convenzione di Aarhus nel marzo del 2001, accolse la direttiva che prevede la partecipazione del pubblico alle decisioni che riguardano argomenti come l'alta velocità. Nulla di tutto questo però è avvenuto - ha aggiunto - perciò esiste il concreto rischio che, se il progetto dovesse proseguire con le attuali modalità, l’Italia possa essere destinataria di una segnalazione di infrazione. Anche col progetto della linea ferroviaria Trieste-Divaccia - ha concluso Fumolo - il traffico ferroviario aumenterebbe di una percentuale inferiore all'unità rispetto a quello su gomma, invece il nostro obiettivo è quello di un massiccio appesantimento delle tasse a carico dei camion, sulla scia di quanto stanno facendo o hanno già fatto numerosi Paesi europei, in modo da favorire il trasferimento del movimento merci su rotaia».
«Da realizzare però - ha precisato Wehrenfennig - senza quel disastroso impatto previsto dalla progettazione attuale. Proponiamo invece - ha continuato - per quanto concerne il cosiddetto ”Progetto prioritario n.6”, il rispetto delle normative europee, con un costo notevolmente inferiore e in tempi più rapidi, attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 km/h dell'attuale linea ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento fra Trieste e Capodistria in area muggesana e il potenziamento del bivio San Polo Monfalcone-Bivio di Aurisina».
Ugo Salvini
 

 

TRASPORTI - Confronto sulla Tav
 

In uno degli interventi ormai quotidiani sulla Tav, un lettore afferma: «Mi stupisce che l’allarme lanciato da Paolo Rumiz non abbia riscosso la dovuta attenzione». In realtà, il 20 aprile, a Dolina lo scrittore ha affermato che non si tratta di essere favorevoli o contrari alla Tav, ma di pretendere progettazione e realizzazione di opere rispettose dell’ambiente, come avviene all’estero, contrariamente a come si è operato nel Mugello. Cosa possibile anche in Italia, se si pensa alla realtà della Pontebbana. L’allarme è venuto da altri relatori, contrari per principio all’alta velocità anche sotto l’aspetto logistico. È vero, non si è aperto un vero dibattito. Con l’uscita dalla politica di Riccardo Illy, manca un serio confronto, perché prevalgono gli argomenti di chi, prevenuto, non è interessato alla realizzazione delle opere. Con la sua gestione, il Fvg ha attuato una politica dei trasporti, con una visione europea, tesa a migliorare la mobilità di merci e passeggeri in funzione dello sviluppo economico. Senza la sua adesione alla Transpadana non si sarebbe nemmeno avviato il progetto del Corridoio V. Con la gestione Illy non sono mancate risposte, incontri e approfondimenti, senza preoccupazioni di stampo elettoralistico. I risultati hanno dovuto fare i conti con quanti si ostinano a non comprendere la dimensione internazionale dei traffici. Concordo quindi con la necessità di un approccio, come quello di Paolo Rumiz, auspicando che vengano altri interventi di quanti sono interessati, come Riccardo Illy, a lavorare seriamente per lo sviluppo economico della nostra regione.
Luigi Bianchi
 

 

«Servola, a rischio cementificazione un’area adibita a orti» - RESIDENTI IN ALLARME, SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE CONSILIARE
 

«Non cementificate anche questo pezzo di terreno». La richiesta parte dai residenti le cui case sono vicine a una zona verde tra via del Roncheto e via Silvula, oggi adibita a orti rionali. Il rappresentante della Settima circoscrizione, Giovanni Castello, ha spiegato ieri, durante un sopralluogo della quarta Commissione consiliare comunale, che si tratta di uno degli ultimi terreni appartenenti alla ex comunella di Servola e ora in gestione al Comune. Come ha spiegato il consigliere comunale Iztok Furlanic, c’è preoccupazione tra i residenti: gira voce che il terreno con il nuovo piano regolatore diverrebbe edificabile. Il presidente della Commissione Lorenzo Giorgi ha sostenuto che «il caso di questa zona verde che potrebbe divenire edificabile non sarà l’unico del nuovo piano regolatore. Nel pieno rispetto del lavoro fatto da tecnici e giunta, sarà però il consiglio comunale a dovere far rispettare le zone verdi anche perché non si può costruire all’infinito quando la popolazione non cresce».

(da.cam.)
 

 

 

 

Comunicato stampa - LUNEDI', 1 giugno 2009

 

Sentenza della Corte Costituzionale contro la legge sulla caccia regionale. di Maurizio Rozza
 

Rappresentante delle Associazioni di Protezione Ambientale del Friuli venezia Giulia in seno al Comitato Faunistico Regionale
Hanno vinto le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia; Ha vinto quella parte - oggi purtroppo minoritaria - di cacciatori onesti e moderati che credono che solo riportando un coinvolgimento effettivo delle tre parti sociali coinvolte nella pianificazione e gestione dell'attività venatoria ( ambientalisti, agricoltori, cacciatori) si potrà garantire conservazione e tutela alla fauna selvatica, patrimonio pubblico per legge dello Stato . Ma ha vinto soprattutto la legalità sui tentativi della Regione di legalizzare qui comportamenti previsti altrove come violazioni di legge, anche a carattere penale.
La Corte Costituzionale ha accolto sostanzialmente tutti i rilievi avanzati dalle associazioni ambientaliste - WWF, LIPU, Legambiente, LAC, LAV . Ha spazzato via deliri normativi come quello che prevedeva che tutta la Regione - laguna e mare incluso - dovessero rientrare nella zona faunistica delle Alpi. Un maldestro tentativo di ridurre le aree interdette alla caccia, che per legge devono essere comprese in una superfice dal 10 al 20 per cento nelle aree montane, contro il 20-30 per cento delle aree non montane. O, ancora, l'altrettanto maldestro tentativo di riaprire l'uccellagione in Friuli Venezia Giulia, destinandone addirittura i frutti a finalità "amatoriali ed amatorali". L'uccellagione nel resto d'Italia viene sanzionata penalmente con l''arresto fino ad un anno o l'ammenda fino a 2000 Euro.
Ma la vera "rivoluzione copernicana" è soprattutto l'obbligo, sancito dalla Corte, di coinvolgere tutte e tre le parti sociali negli organismi dove avviene la gestione venatoria. La Legge Regionale n. 6 faceva si che la fauna selvatica, definita dalla legge italiana "patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell'interesse della Comunità nazionale ed internazionale" diventasse una "cosa nostra" del mondo venatorio.
La normativa regionale, cancellata ora dalla Corte, disegnava infatti un panorama inquietante in cui il controllato diventava controllore di se stesso. L'operato delle Riserve di Caccia, composte integralmente da cacciatori e deputate a pianificare ed attuare l'attività venatoria, era sottoposto unicamente al controllo del Distretto Venatorio, a sua volta costituito dagli eletti delle medesime Riserve di Caccia e dagli altri organismi venatori esistenti sul territorio di competenza. Al di sopra di entrambi, deputata a istruire ed applicare un sistema disciplinare e sostitutivo, era stata posta la "Associazione dei Cacciatori", eletta da tutti i cacciatori attivi nel Friuli Venezia Giulia. Nessuno, ne in Italia ne nei rari paesi ancora più trogloditi in materia ambientale, aveva mai osato tanto.
Una legge approvata dal centrosinistra con Enzo Marsilio nelle funzioni di assessore, ma portata alle sue conseguenze estreme dal centrodestra, in uno spirito assolutamente "bipartisan" . Se la "colpa" di aver approvato la Legge è del centrosinistra, spetta a Claudio Violino - attuale assessore in carica - il merito di aver cercato di demolire anche gli ultimi rimasugli di ragionevolezza e legalità nel quadro normativo regionale in materia di tutela della Fauna. La Legge Regionale n. 6, fatta ora a pezzi dalla Consulta, prevedeva un rafforzamento della vigilanza attraverso la costituzione del Corpo Unico di Vigilanza Ambientale entro il gennaio 2009. Il centrodestra, in barba a questo impegno e con il consenso del centrosinistra regionale , ha preferito invece trasformare con la recente riforma sulla polizia locale gli ultimi guardiacaccia in vigili urbani al servizio delle Province, deputati a controllare clandestini e traffico stradale. Nessuno più a vigilare sull'enorme patrimonio pubblico regionale della fauna selvatica e mani libere a bracconieri e cacciatori che non vogliono "lacci e lacciuoli".
Sempre nela responsabilità dell'attuale assessore Claudio Violino è l'aver trasformato il Comitato Faunistico Regionale, ultimo residuo baluardo del confronto tecnico e scientifico delle tre parti sociali nellì'ennesimo monopolio venatorio. La legge regionale 6/2008 prevedeva infatti che il comitato - deputato a fornire indirizzi e pareri nella gestione venatoria e faunizica - composto da fosse composto in modo variegato ed equilibrato da rappresentanti del mono ambientalista, venatorio, agricolo, degli enti locali , nonchè dagli esponenti della ricerca scientifica.. Tradotto ed interpretato nelle nomine concretamente effettuate dall'assessore Violino, oggi dei quattordici membri totali ben nove - compreso presidente e vicepresidente - sono cacciatori. e solo due esponenti delle associazioni di protezione ambientale.
Uno squilibrio che confligge con il buon senso, oltre che con le nuove determinazioni della Corte Costituzionale.
L'assessore Violino, come il suo predecessore Marsilio, oggi ha davanti a se un bivio: continuare a privilegiare la linea dura della peggior parte del mondo venatorio, che vuole continuare a considerare "cosa nostra" la fauna selvatica, oppure favorire finalmente una linea aderente ai principi fatti propri dalla normativa europea ( utilizzata comunque anche nella maggior parte dei Paesi dell'Africa... ) a tutela della biodiversità e della lotta al bracconaggio, per la soppressione delle attività di caccia non sostenibili. In questa seconda opzione troverebbe alleati ambientalisti, agricoltori e la parte responsabile del mondo venatorio. La scelta resta a lui.
Ma gli ambientalisti, se l'opzione sarà ancora a favore di una alleanza con coloro che stanno portando alla cancellazione della biodiversità di questa Regione, faranno tutti i passaggi necessari per fermare immediatamente ogni forma di caccia . E, probabilmente, in questa battaglia troveranno ancora alleata quella parte del mondo venatorio che vede nelle attuali politiche regionali il rischio concreto della cancellazione della vita selvatica dal nostro territorio.
Maurizio Rozza

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2009

 

 

Ferrovie, in vendita l’abbonamento «Tuttotreno Fvg» - Tariffe agevolate previste dalla nuova convenzione con la Regione. Introdotte multe e premi sulla puntualità
 

I TAGLIANDI SI POTRANNO ACQUISTARE DA OGGI NELLE BIGLIETTERIE DI TRENITALIA E NELLE AGENZIE DI VIAGGIO
TRIESTE Sarà in vendita da oggi in tutte le rivendite che normalmente servono le Ferrovie dello stato il nuovo abbonamento «Tuttotreno Fvg». La nuova formula, che permetterà (grazie alla compartecipazione della Regione) una tariffa agevolata per viaggiare sui treni regionali, scatterà come previsto assieme alla sottoscrizione del nuovo contratto con Trenitalia.
L'ABBONAMENTO. Tuttotreno Fvg è un abbonamento mensile o annuale vendibile nelle configurazioni IC, ES City e ES, basato, sotto l’aspetto tariffario, sull’abbonamento regionale. La prima tipologia consente al titolare l’utilizzazione di tutti i treni regionali e dei treni di lunga percorrenza accessibili in ragione della configurazione scelta. Il costo è calcolato come la somma tra il valore dell'abbonamento regionale 40/7/A (che va da un minimo di 19,50 euro a un massimo di 137 a seconda dei chilometri, in seconda classe) e la differenza tra la categoria di treno più elevata a cui viene consentito l'accesso e l'abbonamento mensile considerato. Il tutto viene poi maggiorato del 3 per cento. La seconda tipologia è un’«estensione regionale» degli abbonamenti IC, ES City e ES: permetterà di viaggiare anche sui treni regionali (naturalmente per la tratta già prevista dall'abbonamento sottoscritto) e comporta una maggiorazione del 5 per cento. Come detto, i nuovi biglietti saranno in vendita da oggi nelle biglietterie Trenitalia e le agenzie di viaggio.
IL CONTRATTO. Come è stato più volte anticipato, il contratto prevede una serie di penali nel caso in cui Trenitalia non rispetti gli standard previsti. Per quanto riguarda la puntualità, il mancato rispetto comporta l’applicazione di una penale su base annuale pari a 15.000 euro per ogni decimo di punto percentuale di scostamento in meno rispetto allo standard prefissato. Per le soppressioni, si applica una penale di 1.000 euro per ora eccedente lo standard per i treni che transitano all’interno delle fasce 7-9 e 17-19, e 100 euro per ora di soppressione nelle altre fasce.
Il contratto prevede poi una composizione dei treni che deve garantire il posto a sedere per tutti i passeggeri: solo nelle fasce pendolari è tollerato che la clientela viaggi in piedi per non più di 20 minuti. qualsiasi disfunzione prevede una penale pari a 1 euro per ogni posto offerto in meno rispetto a quanto stabilito. Per le informazioni è prevista una penale variabile in funzione della tipologia di informazione (nelle stazioni e fermate, per modifiche dell’orario, elenco punti vendita, orari apertura biglietteria si parla di 150 euro, e altrettanto per le informazioni a bordo treno fornite dal sistema automatico, mentre per quelle del personale si scende a 100 euro, e per le altre informazioni 50).
PREMI. Se si parla di multe, però, non si deve dimenticare che il contratto prevede anche premi per la puntualità. Premi che sono pari a 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale di scostamento in più rispetto allo standard prefissato per la fascia 0-5 minuti e altrettanto per ogni decimo di punto percentuale di scostamento in più rispetto allo standard prefissato per la fascia 0-15 minuti. La metodologia così individuata potrà essere comunque rimodulata sulla base dei risultati dei monitoraggi. In caso di proroga del contratto, infatti, Regione e Trenitalia si impegnano ad avviare un confronto al fine di determinare un ulteriore incremento dell’indice da applicare, a partire dal 1° gennaio 2013, sulla base dei dati consolidati nel quadriennio precedente.
Elena Orsi
 

 

Contro i rigassificatori

 

Argomenti contro l'insediamento di uno o due rigassificatori nel Golfo di Trieste non mancano, anzi. Diciamo che più che altro vorrei sapere quali sarebbero i vantaggi: 2 centesimi in meno per ogni litro di benzina (forse)?
Faccio parte del comitato che da anni si batte contro l'insediamento di questi mostri nel nostro golfo, e so con quante difficoltà ci si trova a far passare un'informazione che non sia quella dei fautori di questo impianto.
Mi chiedo: Il Piccolo, giornale di Trieste, non ha mai pensato se sia il caso di prendere posizione? Posizione contraria ovviamente. Trieste è una città bellissima da sempre governata da persone che non sono in grado di valorizzarla, ma questo non toglie che a Trieste ci siano ancora aperte tutte le possibilità per una crescita sia commerciale sia turistica. Tutto questo non può che finire nel caso venga insediato uno solo di questi impianti. Ora, io non sono triestina ma amo Trieste e mi piange il cuore che non ci sia una cittadinanza degna di questo nome disposta a lottare contro la distruzione del proprio patrimonio naturalistico, paesaggistico, turistico, ecc. ecc.
Quello che vogliono fare è soltanto un affare per pochi a danno di tutta la cittadinanza (non solo di Trieste).
Le ultime elezioni sono state perse dal centrosinistra proprio a causa della scarsa considerazione che c'è stata su queste tematiche.
Vorrei che il giornale desse dignità a questa nostra protesta che non è una sindrome di nimby ma soltanto la ricerca della verità e la tutela di un bene che appartiene a noi tutti.
Georgina Ortiz
 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2009

 

 

Piano regolatore, il Comune accelera e va in appello contro il ricorso dei geologi - DOPO LA BOCCIATURA SUBITA DAVANTI AL TAR
 

Lunedì 8 giugno. In quella data, annuncia il sindaco Dipiazza, approderà in giunta il documento più atteso degli ultimi anni: il nuovo Piano regolatore comunale. Peccato che sul futuro dello strumento urbanistico penda ancora come una spada di Damocle il ricorso presentato dal Collegio nazionale dei geologi per ottenere l’annullamento della delibera con cui nel 2008 il Comune aveva affidato all’Università, in regime di convenzione, «un incarico di supporto alla redazione della relazione geologica per la predisposizione della variante al Prgc».
Quel ricorso, come noto, è stato accolto dal Tar, che ha ritenuto fondate le accuse di illegittimità mosse dai geologi alla procedura seguita dal Municipio. L’amministrazione comunale ha deciso però ora di affrontare il secondo «round», presentando appello davanti al Consiglio di Stato nella speranza di ribaltare la sentenza di primo grado. «Andiamo avanti - spiega Carlo Tosolini, direttore dell’area Pianificazione territoriale -, perché siamo convinti di aver agito con la massima correttezza e buona fede».
Il ricorso al Consiglio di Stato in ogni caso, assicura Tosolini, non interferirà con l’iter del Piano regolatore che, esauriti tutti i passaggi tecnici, si appresta ora ad entrare nel vivo della discussione politica. «L’8 giugno quindi lo presenteremo in giunta - conferma Dipiazza -, per arrrivare poi all’adozione finale a metà luglio».
Un cronoprogramma che non convince però l’Ordine dei geologi. «Sconcerta constatare - osserva il presidente regionale Sandro Rota - come, a distanza di un mese dalla sentenza, il Comune nulla abbia fatto per risolvere il problema che lui stesso ha creato e, anzi, continui a sostenere di essere nel giusto. Il Tar ha chiaramente stabilito che ”la relazione geologica consta di un’attività di esclusiva competenza della professione geologica”. Il Comune, quindi, avrebbe dovuto affidarla attraverso un bando di gara».
 

 

Le mucillaggini si scoprono dall’alto - NUOVA TECNICA MESSA A PUNTO DALL’OGS
 

Non è ancora emergenza mucillagini, me se dovesse verificarsi quelli dell’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale) saranno di sicuro i primi a saperlo. Due ore di volo sono bastate infatti ai ricercatori per avvistare un anomalo episodio di fioritura di microrganismi caratterizzato da strisce biancastre lunghe da decine a centinaia di metri, proprio in mezzo al Golfo di Trieste. Le zone interessate dal fenomeno identificato dal dott. Michele Giani dell’Ogs, erano quelle in prossimità della diga foranea (lato interno verso il vallone di Muggia) del porto di Trieste, nella zona costiera di S. Croce, di Duino, nella zona compresa tra punta Sdobba e Grado in corrispondenza dei fronti creati dalle acque dell’Isonzo, tra Grado e Isola, nella zona costiera slovena tra Isola, Strugnano e Pirano.
La missione si è svolta lo scorso 26 maggio a bordo di un piccolo monomotore dell’Ogs, decollato dal vicino aeroporto sloveno di Divaccia, equipaggiato con sofisticati sensori ottici in grado di captare minime variazioni del colore della superficie marina.
«Abbiamo effettuato i rilevamenti da 1700 mt di quota – spiega Franco Coren, Direttore del Dipartimento di Geofisica della litosfera – altezza da cui è possibile ottenere una risoluzione di un metro al suolo. Puntando gli strumenti su un cordone biancastro che si snodava in mezzo al golfo abbiamo ottenuto una firma spettrale di questo “oggetto” biologico, cioè un diagramma specifico di un particolare organismo vivente che abbiamo cercato poi di identificare con l’aiuto dei colleghi biologi».
«In questo periodo – spiega Paola Del Negro, ricercatore del Dipartimento di Oceanografia biologica - contrassegnato da un rilevante incremento termico delle acque, è importante associare ai controlli puntiformi sulla qualità dell’acqua (normalmente effettuati nei monitoraggi costieri dell’Arpa)anche un’osservazione a più ampia scala per poter valutare la comparsa di eventuali fenomeni anomali già negli stadi iniziali».
 

 

«Abbiamo paura, di sera scatta il coprifuoco»: è allarme cinghiali in via Commerciale - GLI ANIMALI SONO SCESI IN CITTÀ
 

Damiano: «Non porto più fuori il cane». Alessandra: «Le mie figlie si fanno accompagnare dai fidanzati»
Livio Micheli: «Ho dovuto recintare il mio orto, mi mangiano tutta la verdura»
 

«La sera portavo a spasso il cane, adesso non più. C'è il coprifuoco». Damiano Larotella abita da cinquant'anni in via Giaggioli, vicino il capolinea della linea 28 e lungo la salita che collega il caseggiato di Cologna a via Commerciale. La zona, tranquilla e circondata dalla frescura del bosco, da qualche tempo registra la presenza di cinghiali che si spingono fin dentro i giardini delle abitazioni provocando danni alle colture e gran spavento agli abitanti.
«Posso considerarmi fortunato - racconta Damiano sul terrazzo di casa - non ho mai incontrato personalmente un cinghiale, ma sarei curioso di vederne uno. Quel che trovo la mattina in giardino sono i bulbi dei tulipani estirpati: l'ultimo episodio risale a un mese fa, ma qua dietro - dice indicando le abitazioni dei vicini - i problemi sono quotidiani». «Da questo inverno - aggiunge la moglie - i cinghiali sono diventati ormai di casa». E la conferma arriva da Alessandra Viviani che, insieme al marito e ai sette figli, risiede vicino all'abitazione dei Larotella: «Ogni notte è la stessa storia - spiega - i nostri due cani cominciano ad abbaiare perchè nei paraggi ci sono alcuni cinghiali.
«Non è difficile incontrarli anche sulla strada principale: una sera avevamo un appuntamento ma non abbiamo potuto muoverci perché un gruppetto di loro stava proprio qui, lungo questo vialetto sterrato che fa da ingresso all'abitazione». Seduti all'ombra di un poggiolo, la signora racconta dei danni arrecati al giardino e alle piante dei fiori. Gli alberi da frutto circondano le case arroccate lungo la ripida salita, ma la rilassata atmosfera campagnola è solo apparente.
Dopo il tramonto non c'è anima viva, gli unici movimenti sono quelli di pochi coraggiosi che con fare sospetto rientrano alle proprie abitazioni: «Le mie figlie hanno paura - racconta Alessandra - e si fanno accompagnare fino al portone dai rispettivi fidanzati. Una sera uno di loro ha anche ripreso un gruppo di cinghiali che gironzolava in strada. Ma i cinghiali - interrompe la figlioletta Maria - sono anche all'asilo di Rebecca!" (in via Commerciale, ndr). "Si è voluto costruire nuove case - conclude il figlio Francesco - e così facendo ci si è spinti verso il bosco, sconfinando sul territorio degli animali».
Attraversando via Commerciale e i binari del tram, verso il campo scuola Draghicchio, si incontra via Amendola. Al numero 4 Livio Micheli si gode la pensione lavorando l'orto della casa appartenuta alla madre. Al suono della parola cinghiale, Livio si precipita subito in giardino: «Ho dovuto recintare tutto, vede? Ho dovuto arrangiarmi come potevo». Di naturale hanno ben poco le reti di materasso addossate lungo il perimetro della proprietà, e la recinzione casalinga non sembra funzionare a dovere: «E' impressionante - commenta - posso piantare solo i pomodori perché di zucchine e cetrioli i cinghiali sono ghiotti». In diversi punti infatti le reti di protezione sono state sollevate dalle incursioni dei maialini selvatici. «Beh, per farla breve - conclude Livio - io avrei la soluzione: un laccio intorno al collo. Ma non si può, e così succede che i danni degli incidenti causati dai cinghiali li debbano pagare gli automobilisti!». Risalendo via Amendola, dai piani alti del palazzo al civico 6 si domina lo spazio sottostante, con una visuale che dal campo di calcio arriva al bosco. «Pur chiudendo il cancello - racconta la moglie di Stelio Slamic - i cinghiali riescono ad entrare lo stesso facendo danni al terreno che sta davanti all'ingresso. Noi dalla terrazza vediamo tutto - prosegue il marito - Si tratta di un gruppo, probabilmente la mamma con i piccoli che, alla ricerca di cibo, si spinge fin dentro il campo sportivo. Abito qui da dodici anni e questa storia ha avuto inizio quasi tre anni fa. Avrei paura - conclude la donna - ad uscire la sera e trovarmeli davanti».
LINDA DORIGO
 

 

CINGHIALI - L’esperto dell’Enpa: «Non sono pericolosi, sono abituati alla nostra presenza»
 

A rassicurare i concittadini ci pensa il presidente dell'Enpa di Trieste, Gianfranco Urso: «Oggi i cinghiali si possono incontrare un po' dappertutto perché sono diventati sinantropi, cioè amici dell'uomo, e hanno perso la selvaticità acquisendo una semisedentarietà. Se il cinghiale non scappa è perché aspetta che gli si butti qualcosa da mangiare. Questi animali non sono pericolosi, col passare del tempo si sono abituati alla nostra presenza e per loro è comodo trovare residui di cibo o scarti di lavorazione delle vigne accanto ai cassonetti, soprattutto durante la stagione invernale quando il bosco offre poco sostentamento. L'ordinanza del sindaco Dipiazza - continua Urso - ha impedito alle persone che già lo facevano di continuare a dar da mangiare agli animali, e questi si vedono costretti a sfamarsi da soli.
Al problema si potrebbe ovviare stabilendo dei punti di approvvigionamento lungo la fascia che va da Sistiana al Lazzaretto dove i cinghiali possano trovare il cibo. E' importante - conclude Urso - porre attenzione a come si agisce quando si alterano gli equilibri che la natura crea dopo i danni cagionati dall'uomo. Solo un confronto sensibile, nell'equo contemperamento delle diverse esigenze, potrà consentire l'avvio di un intervento condiviso e almeno parzialmente risolutore».

(l.d.)
 

 

Processo al rigassificatore nel Vallone di Muggia: si tratta di un rischio oppure di un’opportunità?
 

Da quando, nell’ormai lontano 30 ottobre 2006, si svolse un grande convegno sul tema «Processo al rigassificatore: un rischio o un’opportunita?» non si può dire che l’interrogativo sia stato ancora sciolto. Alcuni dei nostri più autorevoli amministratori ed esponenti politici sono favorevoli, ma il più diretto interessato, il Comune di Muggia, è fieramente contrario, così come il Comune di Monrupino, mentre il sindaco Dipiazza è favorevole e il Consiglio comunale di Trieste, sia pure tempo fa, si era espresso in senso positivo condizionandolo però all’ottenimento di ricadute economiche e vantaggi per la popolazione che ripagassero i disagi tecnici e ambientali.
Rispetto all’argomento “rigassificatore” è stato preannunciato e si attende a breve che il ministro Stefania Prestigiacomo ponga la firma sul decreto che autorizza la sua costruzione sull’area ex Esso di Zaule nella baia di Muggia, che fa parte integrante del golfo di Trieste. Ebbene, oggi si ha l’impressione che l’Italia sia un Paese poco democratico, perché in questa occasione la popolazione è stata esclusa dal processo decisionale e non è stata finora consultata, in netto contrasto con quanto era avvenuto il 29 settembre 1996, a proposito dell’analogo progetto della Snam di inserire un impianto di gas liquido nel golfo di Monfalcone. A quel tempo venne indetto un referendum popolare sul quesito “volete che nel territorio del Comune di Monfalcone sia realizzato un terminal per la rigassificazione del gas naturale?”, il cui risultato, nonostante i grandi mezzi persuasivi che cercò di mettere in atto la Snam, fu una clamorosa bocciatura con netta maggioranza di voti contrari.
Una volta che il ministro Prestigiacomo (e quindi il governo) avrà firmato il decreto che dovrebbe dare il via libera alla costruzione del rigassificatore, quali potrebbero essere i tempi e le prospettive per il concreto avvio del progetto? Proprio alcune settimane fa è stato annunciato che la Commissione del Parlamento europeo ha recepito e si riserva di esaminare la petizione presentata dall’associazione ambientalista Greenaction contro il rigassificatore di Zaule per il quale, secondo l’associazione, non sarebbero state rispettate le normative per la sicurezza dell’impianto né gli aspetti relativi all’impatto ambientale e alle procedure autorizzative.
Un altro nodo in sospeso e che non sarà facile sciogliere, è quello dell’opposizione che la Slovenia ha manifestato fin dal primo momento al rigassificatore nel golfo di Trieste, opposizione confermata anche in un recente incontro nel corso del quale il nostro ministro degli Esteri Frattini ha assicurato al suo collega sloveno Rupel che «nulla verrà fatto se non ci sarà l’accordo anche della Slovenia, perché si toccano punti delicatissimi come l’impatto ambientale in tutto il Nordest Adriatico». Ma c’è qualcosa di più. Sembra che sia molto più avanzato del nostro il progetto della Croazia per il rigassificatore previsto a Castelmuschio nell’isola di Veglia dal governo di Zagabria, dove l’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto è già stata predisposta e le resistenze degli ecologisti sono state superate.
Tutto questo interesse è dimostrato anche dal conglomerato transnazionale che partecipa alla cordata per la realizzazione del rigassificatore di Veglia, a partire dalle tedesche Eon Ruhrgas e Erw Gas, all’Austria (Omv), Francia (Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin). Nelle ultime settimane si è poi verificato il colpo di scena del gruppo russo Surgutneftegaz, di cui uno dei principali azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente ed attuale premier russo Putin, ilquale ha acquistato 1,5 miliardi di dollari di azioni dell’austriaca Omv, entrando di forza in questo complesso russo – balcanico che, proprio in competizione con la Russia, dovrebbe ricevere il metano destinato al rigassificatore di Veglia principalmente dal Qatar, dove a sua volta la Ruhrgas tedesca ha istituito una propria affiliata. Anche la Russia ci ha messo dunque lo zampino.
Questo tipo d’interesse internazionale, soprattutto con la partecipazione tedesca ma come si è visto anche molto più vasto, sembrerebbe decisamente più influente della Gas Natural spagnola che patrocina questo rigassificatore che il governo italiano vorrebbe collocare nella contestata baia di Muggia e - poiché sembra davvero difficile, anche in presenza dell’opposizione manifestata dalla Slovenia, che possano esistere due rigassificatori a così poca distanza come quello di Veglia e quello di Trieste - la partita è ancora tutta da giocare e l’esito finale tutto da verificare.
Quanto poi al progetto italiano nella nostra zona industriale, la Lista per Trieste ha espresso ancora nel luglio di un anno fa contrarietà per siffatto modo di procedere chiedendo pubblicamente di partecipare alla relativa discussione che ci si aspettava nelle sedi istituzionali competenti dove si sarebbe dovuto conoscere (e far conoscere alla popolazione) benefici e rischi per la città; discussione che era stata promessa in maniera fumosa or da uno or dall’altro vertice amministrativo ma che nei fatti fino ad oggi non si è mai svolta. La Lista è tuttora in attesa e fiduciosa che prima di ogni decisione irrevocabile questo coinvolgimento popolare voglia essere attuato, nell’interesse della credibilità stessa di chi ci governa.
Bruno Baldas - (Vicepresidente della Lista per Trieste)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2009

 

 

Nesladek: si rifletta sul no al rigassificatore previsto a Capodistria - IL SINDACO DI MUGGIA
 

MUGGIA «La scelta della Slovenia di non realizzare nel golfo un rigassificatore è importantissima per se stessa, e deve anche servire da monito per quanto riguarda la realizzazione di un simile impianto nel porto di Trieste». E' più che soddisfatto, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, all'indomani dell'annuncio del governo sloveno di non realizzare l'impianto a pochi chilometri in linea d'aria dal Vallone di Muggia.
«Il nostro territorio – osserva Nesladek – è stato più che presente nella battaglia portata avanti da tutti coloro che si sono opposti alla realizzazione di questo progetto. Abbiamo a nostro modo contribuito, e ora ci aspettiamo che anche Trieste rifletta bene sulla necessità di non realizzare un impianto a pochi chilometri di distanza da quello negato». L'amministrazione comunale di Muggia, infatti, ha infatti organizzato incontri con l'amministrazione comunale di Capodistria, sia in municipio, sia in Slovenia.
Sul fronte dell'iter per la realizzazione del rigassificatore di Trieste, Nesladek torna poi a riflettere, dopo la scelta di non prendere parte al voto, in sede di Comitato portuale, sul piano regolatore dello scalo: «Come ho avuto modo di spiegare, uscire dall'aula era l'unico modo per evitare di contraddirmi. Votare a favore del piano regolatore significava da un lato appoggiare anche la previsione di uno spazio per il polo energetico, e quindi avvalorare l'ipotesi rigassificatore, inaccettabile nel mio ruolo di sindaco di Muggia. D’altra parte, votare contro avrebbe significato negare lo sviluppo strettamente portuale della zona logistica, un elemento che invece auspico con forza perché più aumenta il traffico portuale meno possibilità ci saranno per lo sviluppo di un rigassificatore».
Strategie a parte, il sindaco di Muggia ribadisce la contrarietà della propria amministrazione al progetto del rigassificatore, «inaccettabile»» per lo sviluppo economico e turistico della cittadina rivierasca. «Lo abbiamo espresso a più voci – ricorda – e con continuità. Così come abbiamo fatto per il rigassificatore di Capodistria, siamo determinati a proseguire su questa strada».
Francesca Capodanno
 

 

Miani: «Ci tagliano fondi, ma sulla Ferriera non molliamo» - LUNEDÌ NUOVA ASSEMBLEA PUBBLICA INDETTA DAL CIRCOLO A VALMAURA
 

Più di 1.500 locandine affisse sui portoni delle case del rione per richiamare l'attenzione di tutti, ancora una volta, sul tema dell'inquinamento atmosferico prodotto dalla Ferriera di Servola e indire sull'argomento una nuova pubblica assemblea, fissata per lunedì alle 20.30 nel campo giochi del complesso Ater di via Valmaura 75-77.
Il circolo Miani, nonostante le recenti vicissitudini di natura giudiziaria, non molla. Il titolo scelto per l'appuntamento di lunedì è esplicito al riguardo: «Chiudono il circolo Miani e non la Ferriera». Un appello alla solidarietà della gente «che però non prelude alla chiusura del nostro circolo - ha spiegato ieri il presidente, Livio Fogar - anche se siamo molto perplessi davanti al taglio dei contributi a nostro favore, maturato dalla Regione sotto la presidenza Illy e proseguito con la gestione Tondo. Andiamo avanti per la nostra strada operché siamo convinti di lavorare per il bene della collettività in perfetta buona fede».
L'ex presidente del circolo, Maurizio Fogar, ha attaccato il sindaco Roberto Dipiazza «che invece di convocare la Conferenza dei servizi, come avrebbe ben diritto, per chiudere la Ferriera - ha sottolineato - davanti alle nostre precise richieste in tal senso, delle quali si sono fatti interpreti i consiglieri comunali della Lega Nord Maurizio Ferrara e Giuseppe Portale, ha risposto dicendo che non esistono i presupposti perché l'amministrazione comunale solleciti in tale direzione la Regione».
Il capogruppo del Carroccio in Municipio, Maurizio Ferrara, ha colto l'occasione per ricordare che la sua rinuncia a un ruolo in giunta comunale «fu determinata proprio dalla netta sensazione di non avere le mani libere nella gestione del problema Ferriera, in quanto - ha dichiarato - si privilegiano le ragioni, sicuramente legittime, della tutela dei livelli occupazionali, rispetto a quelle del rispetto per l'ambiente che sono più importanti».
Romano Pezzetta, portavoce di "Servola respira", ha affermato che «bisogna potenziare il porto e chiudere la Ferriera».
(u.s.)

 

 

Marina Julia torna balneabile - DALL’11 GIUGNO VIA I DIVIETI - Estesa la rete fognaria e inquinamento ridotto: si può andare in acqua
 

MONFALCONE I cartelli di divieto di balneazione spariranno dalla spiaggia di Marina Julia. L'assessore regionale alla Salute, Vladimir Kosic, ha deciso di restituire la balneabilità alla spiaggia monfalconese, priva da quasi due anni, a fronte del percorso compiuto dal Comune di Monfalcone e, soprattutto, dell'esito favorevole dei campionamenti effettuati dall'Arpa tra la fine della scorsa estate e questa primavera. Il "verdetto" è stato emesso a conclusione del tavolo che si è tenuto giovedì a Trieste e al quale hanno partecipato il sindaco Gianfranco Pizzolitto, l'assessore comunale all'Ambiente, Paolo Frittitta, e il responsabile di Arpa per il settore acque, Giorgio Matassi.
L'assessore Kosic ha quindi fornito una risposta all'amministrazione comunale entro la fine di maggio, come si era impegnato a fare e con una "puntualità" che l'assessore all'Ambiente Frittitta non manca di sottolineare. Monfalcone dovrà comunque attendere ancora una decina di giorni prima che la Regione formalizzi la sua decisione, perché, causa elezioni, la prima riunione utile della giunta Tondo avrà luogo l'11 giugno. L'appuntamento sarà preceduto quindi dal primo prelievo del mese di giugno, che sarà effettuato da Arpa all'inizio della prossima settimana.
 

 

PIAZZA LIBERTÀ - Giardino storico
 

Su «Il Piccolo» del 16 aprile, in un’intervista con l’assessore Bandelli, veniva dato forte risalto al fatto che le ultime modifiche apportate al progetto di «riqualificazione» di Piazza Libertà lasciavano invariato il giardino storico della piazza. Rispetto al progetto preliminare, che prevedeva sulla piazza lato via Ghega una sorta di autostrada a 7/8 corsie, sembra che le corsie automobilistiche verrebbero ridotte a 6. Visto che nell’articolo non risulta chiaro come il raddoppiamento della superficie della strada dalle 3 corsie esistenti alle 6 corsie preventivate possa mantenere inalterato il perimetro del giardino abbiamo approfittato dell’incontro pubblico del 29 aprile, organizzato dal gruppo Beppe Grillo di Trieste, per chiedere al Sindaco informazioni sulle ultime modifiche al progetto. Il Sindaco ha dato piena disponibilità, qualora ne fosse fatta richiesta, a fornire al Comitato copia dell’ultima versione del progetto. Presentata regolare richiesta via e-mail a tutt'oggi non abbiamo avuto riscontro né da parte del primo cittadino né dagli uffici comunali competenti.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la Salvaguardia del Giardino Storico di Piazza Libertà
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2009

 

 

Doppia vela a Grado da Legambiente per ecologia e servizi - Riconoscimento anche all’arenile di Lignano ma è il lago di Cavazzo al top della classifica
 

Le perle d'Italia

GRADO Due vele, due stelle, quattro petali. È il risultato che Grado si porta a casa nella Guida blu 2009 di Legambiente, che assegna i voti di qualità, pulizia, servizi e tutela dell'ambiente alle principali località balneari italiane. In Friuli Venezia Giulia a intascarsi l'ambito riconoscimento sono Lignano e Grado. E mentre la prima consolida la sua posizione (una vela nel 2008, una vela nel 2009), Grado invece raddoppia: dalla sola vela conquistata nel 2008 passa alle due del 2009. Entrambe le località poi guadagnano in servizi. Ma c'è anche un outsider: il lago di Cavazzo a Trasaghis, che si porta a casa ben tre vele.
I RISULTATI NEL FVG
Nel 2008 Grado si era portata a casa una vela derivante dall'attribuzione di due stelle per la tutela dell'ambiente e un petalo per i servizi. Nel 2009 conta due vele, due stelle e tre petali. Lignano nel 2008 aveva conquistato una vela, una stella e due petali. Nel 2009 conferma la vela e aumenta il resto, arrivando a due stelle e tre petali. Dalla sezione riservata ai laghi, invece, ecco le tre vele ottenute dal lago di Trasaghis. Come spiega la Guida blu, «lo stato di conservazione del territorio e del paesaggio di una località è indicato con le stelline. I petali, sempre da 1 a 5, fotografano invece la qualità dell’accoglienza e la sostenibilità turistica della località». In tutta Italia sono 114 le località con 2 vele e 35 quelle a una vela. Il giudizio attribuito a ciascuna località, dalle 5 vele assegnate alle migliori fino a 1 vela, è frutto di valutazioni approfondite. I parametri sono suddivisi in due principali categorie: qualità ambientale e qualità dei servizi ricettivi. Vi possono dunque essere località naturalisticamente più significative delle premiate con le 5 vele, ma con servizi turistici non eccellenti.
LA SITUAZIONE NAZIONALE
Sono 483 i centri balneari indicati dal Touring Club. Legambiente ne ha selezionati 286 sulla base dei dati raccolti sulle caratteristiche ambientali e sulla qualità dell’ospitalità. I dati sono stati poi integrati dalle valutazioni espresse dai circoli locali e dall’equipaggio della Goletta Verde. Con una media di 3,4 vele per località è la Sardegna la regione più “gettonata” dell’estate 2009, seguita da Toscana (3,03), Puglia (3), Sicilia (2,63), Abruzzo (2,6), Campania (2,56), Basilicata e Marche a pari merito con una media 2,5 vele per località. «Quelli che ogni estate suggeriamo come meta di vacanze nella Guida Blu – ha commentato Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente – sono luoghi che hanno scommesso sulla qualità». La Guida Blu 2009 (320 pagine a colori, disponibile in libreria a 18 euro) riporta quindi le circa 300 pagelle delle località balneari e delle oltre 70 lacustri. Anche quest’anno poi l'associazione ha redatto l’elenco aggiornato degli alberghi per l’ambiente che si fregiano dell’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo: 365 strutture, 21.400 stanze, 47.400 posti.

L'elenco completo è reperibile sul sito www.legambienteturismo.it
Elena Orsi
 

 

Tav, in campo il Cai nazionale: «Va tutelata la Val Rosandra» - Mozione votata all’unanimità all’assemblea generale di Lecco: «Servono soluzioni alternative»
 

Voto unanime al Club alpino italiano centrale, in occasione dell’assemblea generale di Lecco, a tutela della Val Rosandra interessata dal tracciato sotterraneo della Tav, così come progettato dalle Ferrovie.
A Lecco infatti si è parlato della «minaccia grave all’integrità dell’ecosistema della Val Rosandra», serbatoio di biodiversità ma anche riferimento per generazioni di alpinisti e rocciator, giacché è stata la prima palestra di roccia in Italia, pensata, voluta e realizzata da Emilio Comici nel 1929 per la neocostituita “scuola di alpinismo” nazionale.
È stato poi osservato, all’assemblea generale, che lo scavo, previsto per il collegamento ferroviario ad alta velocità Trieste-Divaccia in doppia galleria potrebbe devastare in maniera irreversibile il sottosuolo carsico, con un rinsecchimento del torrente Rosandra e con un mutamento ecologico e geomorfologico degli habitat delle cavità sotterranee, per non parlare dell’asportazione di più di 8 milioni di metri cubi tra rocce calcaree e arenaria.
L’appello è stato lanciato dal presidente della XXX ottobre di Trieste, Giorgio Godina, con una mozione presentata in assemblea. L’assemblea e il presidente generale del Cai Annibale Salsa hanno fatto propria la preoccupazione e assunto l’impegno concreto a tutelare la valle nelle sedi più appropriate, e ciò, rileva Godina, «non attraverso una sterile e vuota logica del “non fare” a tutti i costi ma attraverso quella concreta e positiva del ”come fare” e del ”fare con partecipazione” per individuare soluzioni alternative» al tracciato proposto.
 

 

Lubiana boccia il rigassificatore di Capodistria - Il ministero dell’Economia ha respinto il «permesso energetico» avanzato dalla tedesca Tge Gas Engineering
 

LE AUTORITÀ LOCALI SONO SEMPRE STATE CONTRARIE AL PROGETTO
CAPODISTRIA Non ci sarà nessun terminal rigassificatore nel Porto di Capodistria. Il ministero dell'Economia della Slovenia ha respinto la richiesta della «Tge Gas Engineering» per il «permesso energetico», documento che avrebbe consentito alla società tedesca di andare avanti con il progetto di costruzione di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari all'interno del porto capodistriano. Nel Piano regolatore a livello nazionale - questa la motivazione del ministero - non sono previsti impianti energetici in quella zona.
La Tge comunque non molla ed ha annunciato ricorso, anche perché l'iniziativa è stata promossa tre anni dopo la stesura del Piano regolatore. La bocciatura, la società tedesca la considera pertanto un problema di forma e non un giudizio di merito sul loro progetto. Che la Tge non abbia intenzione di arrendersi, lo conferma pure il fatto che nei giorni scorsi, proprio mentre da Lubiana arrivava la risposta negativa del ministero dell'Economia, il direttore della società tedesca, Vladimir Puklavec, ha sottoscritto con la preside della Facoltà di marineria dell'Università di Lubiana, professoressa Elen Twrdy, un accordo di collaborazione per studiare e analizzare i rischi che comporterebbe un impianto simile.
Il progetto della Tge, del valore complessivo di quasi 1 miliardo di euro (inclusivo dei costi di finanziamento e con un'incidenza del valore delle opere da affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni stimata in una quota del 33%) impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano, all'interno del Porto. Esso prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino, di due contenitori in acciaio da 150.000 metri cubi, dentro strutture in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto criogeno al punto d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e della centrale elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di formazione in prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato di 1.200 addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione lintoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia prevista appare particolarmente adatta ai fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'unico vero problema ambientale è rappresentato dall'aumento del traffico di navi cisterna nel golfo di Trieste, di altre 50-60 unità all'anno. Parte degli esperti sloveni però lo vede diversamente: se l'Italia costruirà uno dei suoi rigassificatori nell'area del Golfo di Trieste (a Zaule) e se la Croazia ha già pronto il progetto per un terminal rigassificatore sull'isola di Veglia, allora è bene che anche la Slovenia si attrezzi.
Altre tecnologie, peraltro, sono anche più invasive di quella prevista dal progetto della Tge Gas Engineering. Le autorità locali, almeno finora, si sono sempre dichiarate categoricamente contro tutti i rigassificatori in zona, quello di Capodistria ma anche quello di Zaule pianificato dall'Italia.
 

 

Lo smog della Ferriera
 

Alle elezioni del 6 e 7 giugno si vota per il Parlamento Europeo. Andrò a votare perché è un mio diritto e dovere, però come posso votare questi partiti e mandarli in Europa quando non mi tutelano nemmeno in casa? Sono più di dieci anni che nel rione di Servola siamo democraticamente inquinati, imbrattati con le polveri e odori nauseabondi del mostro Ferriera.
Sul blog del sindaco una signora servolana disperata, il 19 maggio, ha segnalato fumi e ricadute di polvere; il sindaco le ha risposto che passa spesso per Servola per conoscere la situazione. Non ho elementi per dubitare sulle affermate frequenti presenze del signor sindaco a Servola. Mi sia permesso però di sottolineare l’immensa differenza tra una presenza occasionale e una vita 24 ore su 24 in loco, in particolare se quest’ultima viene vissuta tra le vie Giardini, Pitacco, San Lorenzo in Selva e Ponticello, specie nelle loro zone più basse, perciò vicinissime, massimo 200 metri, alla centralina di rilevamento della qualità dell’aria (stazione Fs Servola) gestita dall’Arpa Fvg contrariamente a quelle di via Pitacco e Svevo, non Arpa. Si è appreso che detta centralina ha rilevato 120 superamenti dei limiti di legge per le Pm 10 nell’anno 2008 (contro i 35 massimi ammessi annualmente, cioè come se un anno di vita in loco valesse per tre, al massimo consentito però!), per cui la famosa attesa 2015, per gli abitanti della zona, costituirebbe «tempo sanitario» di 6x3 cioè 18 anni, con conseguenze incremento di rischi connessi.
Chiaramente a parità di condizioni e già ve ne sono i segnali, dopo la ripresa dei primi veri calori primaverili, in attesa di un peggioramento estivo, qualora la produzione, attualmente ridotta, dovesse riprendere a regime. Chiedo perciò al signor sindaco quali misure concrete intenda attuare a tutela della pubblica salute e dell’ambiente, nella sua veste di massima autorità sanitaria cittadina.
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2009

 

 

Rigassificatore, da Roma ancora nessun via libera Menia: «Sta arrivando» - GAS NATURAL: CREDIAMO IN TRIESTE
 

Pasqua è passata da un pezzo. Eppure - a differenza di quanto ipotizzavano voci romane a marzo - il via libera del governo Berlusconi al progetto di Gas Natural per il rigassificatore on-shore di Zaule non è arrivato entro quella ricorrenza. E neanche dopo. Continua a tempo indeterminato dunque l’attesa della firma sul decreto con cui il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo autorizzerà formalmente la costruzione dell’impianto proposto dal colosso spagnolo dell’energia nell’area ex Esso, completando il sì paesaggistico arrivato dal ministro dei beni culturali Sandro Bondi. Un’attesa che secondo Roberto Menia, che del dicastero della Prestigiacomo è sottosegretario, dovrebbe risolversi a breve, ma che finché non finisce tiene in sospeso una buona fetta dell’economia triestina di domani, se è vero che al rigassificatore sono legati nuovi orizzonti di business della multiutility di casa AcegasAps, i piani Lucchini per la futura centrale elettrica da 400 megawatt, l’addio alla Ferriera, il conseguente lancio della piattaforma logistica e delle stesse bonifiche. L’impasse, nelle stanze dei bottoni della città - a partire da quelle del Comune - viene interpretata come un effetto collaterale della burocrazia destinato a sbloccarsi. Questo in risposta ad alcune indiscrezioni che vorrebbero Gas Natural, complici le prolungate incertezze, vicino al disinnamoramento nei confronti di Trieste a vantaggio di un’altra location, quella di Taranto, spesso incrociata alla nostra città anche per la spartizione dei fondi delle rispettive piastre logistico-portuali. Sul sito di Gas Natural Italia, in effetti, il gruppo ricorda di aver «presentato nel 2004 alle autorità italiane la domanda per ottenere l’autorizzazione a realizzare i progetti di due impianti di rigassificazione in Italia, a Taranto e a Trieste». «Progetti di questo tipo - ha fatto presente nei giorni scorsi Giuseppe Muscio, responsabile relazioni esterne Gas Natural Italia Spa, escludendo ufficialmente cambi di rotta - non sono mica scatole vuote che si possono spostare da una parte all’altra. Le implicazioni territoriali hanno un’importanza molto alta, noi continuiamo a sostenere la validità della proposta su Trieste anche per la sua vicinanza strategica all’area della grande industria del Nord Italia. Per il resto abbiamo inoltrato già da tempo tutte le istruttorie di chiarimento e pure noi siamo in attesa del decreto», ha concluso Muscio, ricordando che il colosso energetico crede nel mercato tricolore e continua a investire, «visto che i risultati del gruppo in Italia nel primo trimestre 2009 ha registrato un indice di redditività di 23 milioni, il 35,3% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a conferma della natura anticiclica del settore». «Non so chi si fosse sbilanciato nel parlare di Pasqua - puntualizza Menia - da quanto mi risulta l’autorizzazione dovrebbe arrivare a breve. L’iter è finito, la procedura è corretta ed è arrivata pure l’ultima risposta alla Slovenia che si era rivolta in sede europea per presunti impatti transfrontalieri negativi».

(pi.ra.)
 

 

Calligaris: «Senza Tav esclusi dall’Est Europa» - Allarme degli industriali dopo lo stop del Cipe. Il governatore Tondo: «Non cambierà nulla»
 

UDINE «Non fare la Tav in tempi brevi significa tagliarci le possibilità di essere collegati all'Est Europa». Lo sostiene il presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris. Il presidente è intervenuto in merito all'appello del collega veneto Andrea Tomat dopo l'esclusione dei finanziamenti del tratto Brescia-Verona-Padova e del prolungamento fino a Trieste della Tav, decisa dal Cipe. «Le infrastrutture - ha proseguito Calligaris - sono la base del sistema economico. Se non ci sono i fondi per la progettazione non è un segnale positivo, ma bisogna portare avanti questo progetto, che è determinante non solo per il nostro territorio - ha sottolineato - ma per lo sviluppo futuro dell'Europa».
A proposito dell'opposizione alla delibera Cipe da parte del presidente del Veneto, Giancarlo Galan, Calligaris ha detto che «chi ha in mano il potere di gestire questa situazione deve esercitarlo in maniera molto determinata. Anche il presidente Tondo - ha concluso - deve essere molto rigido».
Ma il governatore del Friuli Venezia Giulia è tutt’altro che allarmista. Per Tondo «non ci sono risorse che vengono asportate» dai progetti relativi alle tratte della Tav nel Nordest.
«Non c'erano prima e non ci sono adesso», ha detto il presidente del Friuli Venezia Giulia, sottolineando la differenza tra i finanziamenti decisi dal Cipe e quelli europei destinati alla progettazione delle tratte Quarto d'Altino-Ronchi e Venezia Mestre-Quarto d'Altino. «Le risorse non c'erano prima - ha sottolineato Tondo - e quindi non si tratta di un trasferimento di risorse. Semplicemente non c'erano. Di questo io ero consapevole. È evidente - ha aggiunto - che dovremo ricercare le risorse nei mesi e negli anni futuri. Resta il fatto che la progettazione preliminare dell'alta velocità, per noi, è finanziata con fondi europei».
«Da parte mia - ha sottolineato - non c'è alcun accanimento contro il Cipe o contro il Governo per aver distratto fondi. Certo, avrei preferito fossero stanziati, ma sono anche consapevole che in un momento come questo, e con il terremoto dell'Abruzzo non era facile. I soldi per la progettazione preliminare ci sono - ha continuato - poi è chiaro che dovremo fare una battaglia tutti assieme per recuperare le risorse necessarie per andare avanti».
«Tutto ciò, è bene ricordarlo - ha concluso Tondo - non inficia il percorso della terza corsia dell'autostrada A4 Venezia-Trieste, che va avanti».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2009

 

 

Risparmio energetico, domande al via - MODULI ON-LINE dal sito della Regione
 

TRIESTE Risparmio energetico, domande al via. Da ieri è infatti possibile scaricare, dal sito internet della Regione, il regolamento e i moduli delle domande per la concessione dei finanziamenti per la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma degli impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico relativi alla prima casa. Si tratta di contributi in conto capitale, nella misura massima del 50% della spesa ammissibile, non inferiore però a 3mila euro. L’ammontare massimo è di 10.000 euro. Le domande vanno inoltrate alle direzioni provinciali competenti a partire dal 4 giugno.
 

 

«L’astensione non basta. Bisognava dire no al piano regolatore del porto»
 

In data 30 aprile 2009, a Muggia si tenne un consiglio comunale che aveva come oggetto primario la decisione sulle Intese ai sensi dell'art. 5 della legge 28.01.1984 n° 84 (approvazione o meno del Nuovo piano regolatore portuale). In linea di principio, la maggioranza dei consiglieri comunali di Muggia, ma anche la maggior parte degli ambientalisti che operano sul territorio, consapevoli dell’importanza del nuovo strumento di regolamento portuale, erano d’accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo piano. In esso, però, e specificatamente nelle Norme Attuative relative all’Area 1, - Punto Franco Oli Minerali ed Area ex Esso, definite nel N.P.R.P «nuovo polo industriale energetico», si potrebbero collocare le più nefaste attività industriali, assolutamente vietate, sia dalla Legge Seveso che da molte disposizioni e decreti delle Comunità europee, quando nella immediata vicinanza del progettato «polo», preesistessero insediamenti di attività lavorative o peggio, se vi fossero concorrenti presenze di agglomerati urbani densamente abitati.
Queste preesistenze, intorno all’ex zona Esso di Zaule ci sono e, per tale semplicissima ragione, tutta la zona costiera industriale che va dalla Ferriera di Servola e si espande con i depositi della Siot (ci sono ben otto attività pericolose con distanze spaziali limitate) devono, per legge, essere considerate «off limits» sia per essere presenze incompatibili sia con lo «sviluppo sostenibile» che per la «compatibilità ambientale».
Il consiglio comunale di Muggia aveva già deliberato più volte la negazione all’impianto di rigassificazione proposto dalla spagnola Gas Natural in zona ex Esso di Zaule.
Il sindaco Nesladek, con un’inspiegabile «teoria logistica», dimenticando totalmente di essere stato eletto sindaco per pochi voti di preferenza, cavalcando la promessa programmatica del «no»! assoluto ai rigassificatori, dimenticando il mandato ricevuto dal Consiglio comunale (quale componente del Comitato Portuale, ad agire con ogni mezzo, compreso, se necessario, il voto contrario all’adozione del Piano Regolatore Portuale, qualora non venisse rivista la zonizzazione del polo energetico, in modo di impedire la possibilità di realizzare rigassificatori di gnl o depositi di gpl) all’atto della votazione, anziché dire «no!» (specificando eventualmente le sue ragioni), è uscito dalla sala astenendosi dal voto.
Significa: «Perdonatemi signori, sono d’accordo con voi, ma per salvare la faccia mi astengo. Così la votazione risulterà perseguita all’unanimità!».
Questo è stato un comportamento gravissimo. Il sindaco dovrebbe dare le dimissioni.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 26 maggio 2009

 

 

Far West cave: perdiamo 500 milioni di euro

 

Più di vent’anni anni fa, quando il Brasile non aveva ancora raggiunto lo status di paese di prima grandezza economica e l’ambientalismo era una scienza esoterica, alcune aziende carioca si facevano pubblicità con lo slogan «Venite a inquinare da noi». Dal punto di vista delle cave sembra che l’Italia sia rimasta bloccata in quel vecchio quadro culturale: sono ancora tempi di saldo. L’ultimo rapporto della Legambiente conferma dati avvilenti: 6 mila cave in esercizio e circa 10 mila abbandonate. Migliaia di fianchi di colline e di montagne restano piaghe aperte, esposte al rischio di infezione da ecomafia. Mentre scavare altre cave resta facile e redditizio.
L’Italia è una consumatrice vorace, talvolta compulsiva, di sabbia , ghiaia e pozzolana. L’edilizia di necessità ha fatto girare il motore del dopoguerra e quella speculativa continua a muovere miliardi di euro sul filo della legalità. Con oltre 800 chili pro capite di cemento ci piazziamo al secondo posto nella Ue, subito dopo la Spagna. Siamo il paese dal cemento facile anche perché la materia prima è a buon prezzo e la gestione è da Far West.
In questo modo si produce una remissione secca per il Paese: perdiamo mezzo miliardo di euro l’anno. Se infatti applicassimo le tariffe della Gran Bretagna si arriverebbe a un’entrata totale di quasi 570 milioni di euro, più di 10 volte quello che viene incassato effettivamente con le attuali tariffe. In Italia invece in cinque Regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) e in Val d’Aosta viene permesso il prelievo di qualsiasi tipo di roccia senza incassare un solo euro e le tariffe per i quasi 150 milioni di metri cubi di materiali estratti restano basse ovunque. In Lombardia si chiedono 44 centesimi a metro cubo per materiali venduti a circa 6 euro a metro cubo, in Emilia Romagna 57 centesimi per materiali venduti a 11 euro a metro cubo.
Le Regioni dove si effettua il prelievo maggiore sono la Puglia con 25 milioni di metri cubi, la Lombardia con 23,6 milioni di metri cubi e il Lazio con 19,2 milioni di metri cubi. Queste tre regioni producono da sole oltre il 47,5 per cento del totale di sabbia e ghiaia. Eppure il canone di estrazione richiesto è estremamente basso, o del tutto inesistente nel caso della Puglia.
Eppure le alternative esistono e funzionano. La Repubblica Ceca ha introdotto il concetto di consumo di suolo tassando oltre alla quantità di materiale prelevato anche la superficie occupata dalle cave. In Danimarca da oltre 20 anni il problema è stato risolto con una politica di tassazione che arriva a far pagare 50 euro a tonnellata per buttare in discarica gli inerti: così il 90 per cento dei materiali inerti utilizzati viene dal riciclo. In Italia avviene il contrario: si ricicla solo il 9 per cento dei 45 milioni di tonnellate di rifiuti inerti prodotti ogni anno.
Antonio Cianciullo
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2009

 

UNIVERSITA' - Le energie alternative; doppio appuntamento.

 

Giovedi' mattina in H3 e in aula Bachelet.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 25 maggio 2009

 

 

ENERGIA - Si consuma meno elettricità - E' la prima volta nel dopoguerra - Nel 2009 calo del 3,5%, colpa della crisi. Primi rinvii per il nucleare. Frena anche la spesa per le rinnovabili
 

ROMA - Per la prima volta dal dopoguerra i consumi energetici globali sono in netta flessione: il 2009 si chiuderà a quota meno 3,5 per cento. Un segnale negativo dal punto di vista economico ma anche preoccupante dal punto di vista ambientale. Il rapporto dell'International Energy Agency, distribuito al G8 energia aperto ieri a Roma, precisa infatti che nell'immediato la crisi ha portato a una riduzione del carico inquinante (6 per cento in meno di emissioni di anidride carbonica nel 2008 e una quota analoga nel 2009), ma nel lungo periodo i gas serra aumenteranno: "I bassi prezzi dei combustibili fossili e le difficoltà finanziarie possono portare a una riduzione degli investimenti nelle tecnologie pulite, aumentando il bisogno di centrali alimentate con i fossili".
Nel 2009, aggiunge l'Iea, in assenza di interventi correttivi da parte dei governi si potrebbe registrare una caduta del 38 per cento degli investimenti nelle fonti rinnovabili, interrompendo un trend di crescita molto incoraggiante (più 85 per cento nel 2007). E' per questo che i ministri dei 23 paesi che hanno partecipato ai lavori del G8 di Roma e che rappresentano più dell'80 per cento del mercato globale dell'energia si sono dati tre obiettivi. Primo: definire strategie condivise per affrontare il cambiamento climatico globale che non può superare la soglia dei 2 gradi senza conseguenze catastrofiche. Secondo: promuovere gli investimenti per la sicurezza energetica e lo sviluppo sostenibile. Terzo: dare energia al miliardo e 600 milioni di persone che non hanno accesso alla rete elettrica.
I primi atti concreti sono stati la firma da parte di 13 paesi dell'accordo internazionale sull'efficienza energetica, l'intesa tra l'Enel e l'ente elettrico statale egiziano per rilanciare le fonti rinnovabili, un accordo italo giapponese per la promozione del nucleare. "Si tratta di creare una sinergia positiva tra i governi, che devono dare le regole, e le imprese, che devono mettere a disposizione i capitali", ha detto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. "Perciò per la prima volta nel corso di una riunione dei ministri dell'Economia è stato organizzato un incontro tra governi e imprese".
Non è detto infatti che il prezzo del barile del greggio si fermi tra i 60 e i 70 dollari, quella che il presidente dell'Eni Roberto Poli ha definito la "fascia magica" che stimola l'innovazione senza deprimere il mercato. E in presenza di sbalzi continui e violenti, come ha sottolineato l'amministratore delegato di Sorgenia Massimo Orlandi, "serve un quadro stabile di regole e incentivi che consenta alle imprese di fare gli investimenti necessari a garantire la sicurezza energetica e quella climatica". Spingere sull'innovazione e sull'energia pulita, ha aggiunto l'amministratore delegato del Gse Nando Pasquali, avrebbe ricadute positive anche sul piano occupazionale: "Le fonti rinnovabili hanno creato 2,3 milioni di posti di lavoro negli ultimi 5 anni e in Italia potranno dare nei prossimi anni 60-70 mila posti di lavoro".
ANTONIO CIANCIULLO
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2009

 

 

AMBIENTE - Scali inutilizzati

 

È notizia recente che a partire dall’entrata in vigore dell’orario estivo, lo scalo ferroviario di Villa Opicina ed anche quello di Cervignano oltre a sospendere il lavoro nelle ore notturne, rimarranno chiusi pure nei giorni festivi. La stazione di Pontebba e quella di Villa Opicina sono state costruite all’inizio degli anni ’60 spendendo fior di miliardi spianando migliaia di metri cubi di terreno roccioso, per lo più adatto solo al pascolo. Poco male quindi? Beh, dipende dai punti di vista. L’impatto negativo sul paesaggio c’è stato, eccome! Comunque a quel tempo gli ambientalisti ancora non esistevano. Adesso lo scalo di Pontebba che contava ben ventinove binari elettrificati, è stato già smantellato, e le rotaie spedite in fonderia. Lo stesso destino sta per capitare a Villa Opicina. Come verranno utilizzati tutti quei chilometri quadrati di terreno spianato, solo Dio lo sa. Invece per costruire lo scalo di Cervignano negli anni ’90 sono stati coperti di cemento centinaia di ettari di terreno coltivabile, con un danno ambientale ed economico incalcolabile. Anche in quel caso il grido di dolore degli ambientalisti e quello degli agricoltori è stato rimasto inascoltato. I dissenzienti sono stati messi a tacere in nome della ragion di Stato. Adesso, dopo pochi anni dalla sua costruzione, sembra che nemmeno il super-scalo di Cervignano serva più a niente. È in progetto infatti una nuova mega-struttura intermodale nei pressi di Padova, che dovrebbe supplire a tutto lo smistamento ferroviario delle merci nel Centro-Nord. Intanto però i danni all’ambiente rimangono. Adesso si fa un gran parlare di Tav e di ponte sullo Stretto. Ma siamo sicuri che codeste gigantesche strutture siano indispensabili? Non si potrebbe far funzionare al meglio quello che già esiste ?
Gianni Ursini
 

 

S. GIOVANNI - Colate di cemento
 

Sono certa di parlare non solo a titolo personale ma anche a nome di molti miei condomini e concittadini.
Non solo ci hanno deturpato vista e paesaggio permettendo di costruire in via Pagliaricci un mostro che noi chiamiamo «affettuosamente» vaporiera (con appartamenti peraltro invenduti) ma ne stanno ultimando uno poco più su e ora, non paghi di cotanto oltraggio alla natura, ne stanno progettando un altro di 5 piani più mansarda, più non si sa ben cos’altro, proprio dietro alla vaporiera. Ecco che nel volgere di pochi anni quello che restava del tipico paesaggio cittadino di San Giovanni (casette, orti, giardini, pastini con residui muretti a secco, purtroppo non tutelati dalle belle arti) è stato spazzato via da un gigantesco caterpillar. A parte considerazioni del tipo: «chi saranno mai quei deficienti che vorranno acquistare un appartamento con vista sul didietro del condominio più in basso...» ci chiediamo se era proprio necessario dare permessi dissennati per la costruzione di mostri e far colare cemento per megacondomini i cui appartamenti non verranno mai venduti? Perché una città che si reputa civile come la nostra in uno stato di diritto che fa dell’ambientalismo uno dei suoi cavalli di battaglia non obbliga i fortunati possessori di un pezzo di terra a far edificare sulle loro proprietà esclusivamente villette a schiera, magari con giardinetti propri e comuni, in bioedilizia e con pannelli fotovoltaici conservando la tipologia dei pastini e lasciando integra (per quanto possibile) l’identità delle nostre zone? C’è inoltre in tutta questa incresciosa storia, un aspetto che non viene mai tenuto in considerazione: sono state sradicate decine di alberi (alcuni secolari) proprio ora che gli uccelli stanno nidificando: perché non far iniziare i lavori in autunno o tarda estate quando la maggior parte dei volatili sta per migrare. Basta che i Comuni riempiano le casse con costose concessioni edilizie, tanto chissenefrega del verde, del paesaggio, del benessere dei cittadini. Facciamo diventare Trieste come Napoli dove sfido chiunque a trovare un albero e un filo d’erba in città o in collina, o come Genova...
Si dice che i giovani non si stanno avvicinando alla politica, che fanno desistenza, che non partecipano alla vita pubblica. Se questi sono gli esempi che diamo ai nostri ragazzi, allora come li capisco. Io che sono di un’altra epoca (!), di un’altra generazione, dove la politica si mangiava a tavola con il pane e dove ci si appassionava alle battaglie e agli ideali approvo il loro comportamento.
Ora non c’è più niente da fare: il danno è sotto i nostri occhi, le devastazioni, le speculazioni, la mancanza di rispetto per il verde pubblico e privato sono a portata di mano (e qui dovremmo aprire un altro capitolo sulle potature dissennate, ma torneremo sull’argomento).
Mi congedo sapendo di essere nel giusto, ma purtroppo non basta per essere cittadini soddisfatti.
Maria Irene Cimmino Petracco
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2009

 

 

Fotovoltaico: sono 1678 gli impianti «Una spinta alle energie alternative» - DATI CONFARTIGIANATO
 

UDINE Sono 1678 impianti, per una potenza complessiva pari a 12.388,7 kW (il 3% della potenza complessivamente installata in Italia) gli impianti fotovoltaici installati in Fvg: il dato è stato reso pubblico da Daniele Nonino, capocategoria degli impiantisti elettrici di Confartigianato Udine. Se per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili si comprende la grande rilevanza della diffusione delle energie alternative».
 

 

«Tav, costi immensi e difficoltà imprevedibili» - UN PROGETTO ANCORA ”OSCURO”
 

Mi associo alla lettera del sign. Solvesi «Il tracciato della Tav» (Il Piccolo del 17 maggio). Il tracciato ufficialmente indicato, con lunghissime gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra e molte curve quasi a tornanti, sembra davvero incomprensibile e ingiustificabile.
Il sig. Solvesi rammenta opportunamente che per portare la Tav a Divaccia basterebbe potenziare l’esistente linea da Monfalcone per Opicina, e utilizzare l’autoporto di Fernetti e linee già esistenti per il traffico da e per Trieste. Vari esperti (geologi, ingegneri, economisti) hanno più volte segnalato i danni all’ambiente, le difficoltà imprevedibili, i costi enormi e i disagi alla popolazione derivanti dall’eseguire il tracciato sotto il Carso. Al contrario i sostenitori di questo percorso – già dai tempi dell’ex assessore Sonego – non hanno mai indicato ai cittadini ragioni precise, verificabili, comprensibili per considerarlo necessario.
Allora è lecito domandarsi; che cosa c’è dietro l’insistenza nel proporlo ufficialmente? Accordi politici, con quali motivazioni? Interessi economici di parte, p. es. sulla progettazione e sugli scavi per un’opera che, a posteriori, potrebbe risultare costosissima e ingestibile? Non basta rispondere: «è stato concordato con la Slovenia e approvato dall’Unione Europea». I cittadini che porteranno le conseguenze (anche di spesa pubblica) vorrebbero conoscere le motivazioni vere, se ce ne sono.
Franco Chersi
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2009

 

 

INVESTIMENTI SUL RISPARMIO ENERGETICO - Fotovoltaico, la manovra estiva finanzierà i privati e le imprese
 

TRIESTE Un canale di finanziamento per i privati e per le imprese. La Regione punta a sostenere il fotovoltaico con la manovra estiva: si ipotizza uno stanziamento di 600mila euro anche se, sui numeri, sono in corso le verifiche.
L’ENERGIA «VERDE» Il Friuli Venezia Giulia, dopo l’approvazione del regolamento per le manutenzioni destinate al risparmio energetico (che lascia fuori proprio gli impianti solari termici, fotovoltaici e geotermici), investe ancora sull’energia «pulita». Lo annuncia l’assessore all’Edilizia Vanni Lenna: «Stiamo lavorando alla variazione di bilancio che, a giugno, porterà nuovi fondi al settore del fotovoltaico. Il finanziamento sarà destinato a privati e imprese e utilizzerà i fondi non impiegati». Nell’attesa del canale dedicato al fotovoltaico - con i finanziamenti per i privati che saranno gestiti dalle Province e quelli per le imprese dalla Regione - chi ha intenzione di adeguare la sua casa all’insegna del risparmio energetico potrà farlo con il regolamento che diverrà attuativo il 3 giugno e sbloccherà 3 milioni di euro in tre anni.
LE TIPOLOGIE Gli interventi ammissibili al finanziamento sono definiti nel dettaglio. Il primo capitolo è dedicato a «opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso». Il secondo capitolo riguarda gli «interventi di manutenzione straordinaria sugli edifici esistenti finalizzata al miglioramento dell’efficienza energetica» come isolamento dell’involucro edilizi, utilizzo di impianti ad alto rendimento, sistemi schermanti esterni di controllo degli apporti solari o di controllo dell’inerzia termica degli elementi costruttivi che contribuiscano a migliorare il rendimento energetico dell’edificio nel periodo estivo. Sono compresi anche gli interventi finalizzati al conseguimento del risparmio energetico e di messa a norma degli impianti tecnologici (tra i quali impianti di distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, gli impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione, gli impianti idrici e sanitari e quelli per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, nonché per la protezione antincendio.
LE ESCLUSIONI Sono invece esclusi gli impianti di produzione, trasformazione, trasporto dell’energia elettrica, gli impianti radiotelevisivi, le antenne, gli ascensori, i montacarichi, le scale mobili nonché i nuovi impianti solari termici, fotovoltaici e geotermici con pompe di calore e similari che tuttavia saranno finanziati con le variazioni ormai imminenti.
Elena Orsi
 

 

TRIESTE TRASPORTI - Saliti al 27% gli ecoveicoli di ultima generazione
 

Il direttore generale Luccarini: «Trieste Trasporti all’avanguardia per il rinnovo di mezzi e servizi»
«È necessario uno sforzo da parte di tutti affinché a Trieste i mezzi pubblici possano disporre di un numero più alto di corsie preferenziali e possano accostarsi alle fermate senza complicazioni, meno stop&go significa meno consumi e pure meno stress per i nostri conducenti», insiste l’ad di Trieste Trasporti Paparo ricordando una fresca uscita pubblica del sindaco Roberto Dipiazza, che parlando del Piano del traffico aveva fatto convergere le prossime novità proprio sulla necessità di aumentare la velocità commerciale dei bus. L’assessore provinciale Zollia raccoglie l’assist e, guardando sempre alla data-chiave del 2010, sentenzia: «Credo sia doveroso che la Regione riconosca per le tariffe di servizio su Trieste un calcolo chilometrico diverso (oggi uguale, vale 3,47 euro a km, ndr) da quello applicato nelle altre realtà territoriali del Friuli Venezia Giulia». Tutti i saliscendi della nostra provincia, la conformazione e il traffico delle strade cittadine assegnano in effetti a Trieste appena 14,77 chilometri all’ora (14,87 l’anno precedente) di velocità commerciale dei bus. L’unico neo - puntualizza il direttore generale Piergiorgio Luccarini - in un quadro aziendale «modello, di elite nazionale». A cominciare dalla cosiddetta flotta: 273 autobus con quattro anni di età media, «a fronte di una tendenza nazionale pari a nove anni e mezzo se non di più. Il che significa - insiste Luccarini - che siamo all’avanguardia per l’utilizzo di mezzi ad alto profilo ecologico, in virtù dei 33 veicoli EEV di ultima generazione che acquistiamo annualmente, per un investimento di circa sette milioni, al fine di rinnovare la flotta stessa. Si badi bene che gli studi dicono che un EEV produce, a livello di emissioni, quasi gli stessi quantitativi di un autobus a metano».
Nell’ultimo bollettino aziendale presto in distribuzione, si legge in effetti che i parametri generazionali dei 273 mezzi di Trieste Trasporti sono migliorati dal 2007 al 2008: la percentuale di bus dotati di pedana è passata dall’86% al 91%, quella dei veicoli EEV dal 18% al 27%, quella degli Euro4 dal 5% al 9%, mentre l’incidenza degli Euro3 - i meno avanzati oggi in dotazione - è scesa dal 23% al 18%. L’aria condizionata per i conducenti ha raggiunto il 100% (99% nel 2007) mentre quella integrale è salita dall’80% al 93%. Confermato infine il 100% di presenza degli indicatori di linea a led luminosi. «La gente, e parliamo di 160mila passeggeri al giorno, ha percepito la nostra politica di innovazione e rinnovamento peraltro visibile già di primo impatto per il colore azzurro degli esemplari nuovi - aggiunge il direttore generale - al punto che l’indagine sulla soddisfazione degli utenti che commissioniamo esternamente da nove anni ha registrato proprio nel 2009 il massimo storico con un gradimento pari al 96,22% contro il 94,17% dell’anno precedente, mentre i reclami sono calatidel 20%». Il primo aspetto da migliorare secondo l’utenza - un campione contattato telefonicamente di non meno di 1.600 persone, di cui 400 residenti fra Duino Aurisina e Muggia - è la frequenza delle corse, soprattutto in ore serali e zone periferiche, a fronte della voce ”personale” riscontrata nel 2008. La caratteristica ritenuta più importante è la puntualità. «Ed essendo proprio la puntualità il servizio preferito - chiude Luccarini - possiamo sbilanciarci nell’affermare che l’aspettativa è di fatto già soddisfatta». A proposito di personale, il bollettino attesta ancora che l’organico dei conducenti di Trieste Trasporti nell’ultimo anno si è rimpinguato da 593 a 602, dentro un monte-personale in lieve discesa da 832 a 829 unità.

(pi.ra.)
 

 

Cinghiale attacca una coppia: «Salvati dalla pizza» - BRUTTA AVVENTURA PER DUE FIDANZATI GIOVEDÌ SERA AL FERDINANDEO
 

Racconta Paola Pahor: «Un bestione, ci siamo rifugiati su un tavolo di legno e abbiamo buttato la Viennese»
I cinghiali sono tra noi, fin quasi in centrocittà. E attaccano le persone. L’ultima allucinante avventura è stata vissuta da Paola Pahor, una triestina come tante, puntata da uno di questi animali definito particolarmente voluminoso. Ha dovuto barattare la propria incolumità con la pizza che stava mangiando e il cui odore sembra avesse fatto perdere la testa al cinghiale. Alla fine Paola si è salvata, incolume, ma senza aver potuto gustare la pizza.
Era una bella e calda serata quella di giovedì. «Erano le sette e mezza e al Ferdinandeo dove stavo passeggiando assieme al mio compagno c’era ancora il sole», racconta la donna. Dunque nessuno scenario tenebroso o oscuro di tregenda. «Da quelle parti c’è un laboratorio che fa pizze per asporto dove lavora mio figlio - prosegue nel racconto - la fame stava salendo e ci siamo fermati a prendere due pizze e due bibite. Abbiamo pensato di andarcele a mangiare in santa pace di fronte dove ci sono un tavolo e sedili di legno. A poche decine di metri di distanza da molte estati a questa parte si svolge la Festa celtica».
Sarà stato magari anche qualche influsso esoterico, dal momento che in zona si celebravano anche meditazioni e riti New Age, fatto sta che proprio in quel momento si è materializzato qualcosa di impensabile. «All’improvviso da dietro un cespuglio - racconta ancora Paola - è saltato fuori un cinghiale enorme ed è venuto dritto sparato contro di noi».
Immaginarsi il terrore che s’è impossessato della coppia. «Abbiamo pensato a metterci in salvo, ma non sapevamo da quale parte scappare perché l’animale sembrava non volerci dare via di fuga. Siamo così saliti in piedi sul tavolo e io mi sono messa a urlare. Il mio cuore faceva 200 battiti al minuto. A raccontarla fa ridere, ma a viverla è tutto il contrario. Vicino a noi non c’era nessuno, ma alla fine siamo riusciti a richiamare l’attenzione di due persone che stavano facendo jogging».
A un certo punto Paola ha pensato di poter farsi valere con le ragioni forti: «Ho lanciato contro il cinghiale la bottiglietta di plastica dell’acqua minerale, ma ciò non ha sortito alcun effetto perché l’animale sembrava più arrabbiato di prima e non ci dava tregua. Allora ho capito cosa voleva realmente, la pizza. Il mio fidanzato era stato più veloce di me a mangiarla e l’aveva pressoché finita, ma la mia era quasi intera: una pizza viennese. Strano, un cinghiale affamato di carne di maiale».
La pizza è riuscita finalmente a distrarre il cinghiale. «Fauci da far spavento, ma si è fermato un po’ a masticare. In questo modo siamo riusciti a scendere e a raggiungere la strada. Lentamente l’animale ha preso nuovamente a seguirci, ma si è fermato sul ciglio, alla fine notato da molti automobilisti. Avevo paura che provocasse un incidente. Dirò a mio figlio di mettere una tabella fuori dal laboratorio: ”Attenti ai cinghiali”. Quanto alla Festa celtica non oso pensare cosa potrebbe succedere».
SILVIO MARANZANA

 

 

CINGHIALI - Sono ormai scesi fino in città - DI CASA IN VIA COMMERCIALE - Un’ordinanza del sindaco punisce chi dà da mangiare ai suini selvatici
 

Hanno distrutto gran parte delle coltivazioni a Roiano, mandando all’aria la vendemmia. Hanno ”arato” una buona percentuale di campi sul Carso, devastando strutture e recinti e compromettendo i raccolti. In alcuni casi, come ad esempio in via Commerciale, sono stati a un passo dall’aggredire i residenti. L’emergenza cinghiali è diventata ormai quotidiana. Anche perché gli animali, nella spasmodica ricerca di cibo (o semplicemente di quei ”benefattori” irresponsabili che li nutrono) si spingono ormai quasi fino al centro. Non a caso un esemplare era arrivato in piazza Volontari giuliani, a due passi dal Giardino pubblico, mentre pochi mesi fa una donna in via Commerciale era stata circondata da alcuni cinghiali a caccia di cibo.
Una presenza potenzialmente molto pericolosa perché è chiaro che gli animali se non trovano cibo si innervosiscono e possono anche passare all’aggressione diretta. Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza per vietare di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità del fenomeno, prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari che negli ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. I cinghiali, infatti, in condizioni di tranquillità possono partorire fino a due cucciolate in un anno. Regione e Provincia si erano allineate e Walter Godina, vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata del numero dei cinghiali è in corso «entro la fine di maggio».
 

 

 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - VENERDI', 22 maggio 2009

 

Pessima idea. Il Senato approva il ritorno al nucleare


Legambiente e Greenpeace criticano duramente le ultime decisioni del Parlamento in campo energetico. Con l’approvazione da parte del Senato degli articoli sul nucleare, contenuti nel ddl sviluppo, si da il via libera a un imponente piano di nuclearizzazione del paese. “Ci vorrebbero almeno 7 reattori nucleari da 1600 megawatt, poi servirebbero i depositi per le scorie e gli impianti per la fabbricazione del combustibile. In sintesi, l’Italia diverrebbe un unico grande cantiere per almeno 20 anni e si ritroverebbe diffuse sul territorio strutture imponenti e insicure, per realizzare le quali bisognerebbe affossare ogni altra forma di produzione energetica, come le rinnovabili, condannando il paese all’arretratezza e rinunciando a tutte le opportunità occupazionali (250mila posti di lavoro solo in Germania), tecnologiche e di sostenibilità che le rinnovabili invece garantiscono”.
“La scelta del governo sul nucleare è autoritaria e centralista: le Regioni si ribellino e non rinuncino all’esercizio del potere”. Le due associazioni ambientaliste invitano le Regioni italiane a non cedere sulle loro prerogative di governo e criticano severamente il ritorno all’atomo approvato dal Senato con gli articoli 14, 15, 16 e 17 del ddl Sviluppo ed energia che prevede, tra l’altro, il potere sostitutivo dello Stato sugli enti locali in caso di mancato accordo sulla localizzazione delle future centrali.
Legambiente e Greenpeace sottolineano che “la competenza delle amministrazioni regionali in materia d’energia è sancita dalla costituzione. Ma alla concertazione e alla trasparenza il governo preferisce l’autoritarismo e il segreto militare, con il rischio quasi certo di far piombare il Paese in un ginepraio di conflitti sul territorio: esattamente il contrario di quello che occorre all’Italia per risollevarsi dalla crisi economica e per contrastare il cambiamento climatico. Persino nella nuclearissima Francia sono previste procedure ben più trasparenti e democratiche, mentre quello che si presenta qui con l'approvazione del testo di legge è quasi un "golpe nucleare" con l'idea di militarizzare il territorio per imporre un sistema energetico”. Secondo gli ultimi sondaggi di Eurispes e Ipsos la maggioranza degli italiani non vuole la costruzione di nuovi impianti nel nostro Paese.
Le due associazioni aggiungono che “l’Italia non può permettersi di tornare indietro, deve guardare al futuro del sistema energetico distribuito, fondato sull'efficienza nella produzione e negli usi finali e sullo sviluppo delle rinnovabili. Questo voto sul nucleare è totalmente privo di lungimiranza, anche perché non risolleverà le sorti dell'economia nazionale in uno scenario di crisi dalle dimensioni mondiali”.
La scelta del nucleare è controproducente: è una tecnologia vecchia, inquinante, insicura e costosa. Le nuove centrali non risolveranno i problemi energetici del Paese, non serviranno a mantenere gli impegni europei di riduzione delle emissioni di gas serra e non faranno abbassare la bolletta dei cittadini.
 

 

Italia tra i primi paesi al mondo a raggiungere la “Grid parity” fotovoltaica
 

Ci sono buone possibilità che l'Italia diventi il primo paese dell'Unione europea in cui l'elettricità generata dall'energia fotovoltaica e quella convenzionale abbiano lo stesso costo di accesso alla rete elettrica. In altre parole il nostro paese potrebbe essere il primo a raggiungere la cosiddetta grid parity (parità nella rete). Ciò è dovuto al fatto che i fornitori italiani di energia solare beneficiano di prezzi dell'elettricità comparativamente alti.
Se, come ci si attente, i prezzi cresceranno ad una media del 6% l'anno, gli impianti italiani indipendenti potrebbero raggiungere la grid parity nel 2011.
La graduatoria cambia se si considerano gli impianti fotovoltaici su larga scala. In questo particolare settore sarà la Germania la prima a veder allineati, nel 2012, i prezzi di elettricità fotovoltaica e di quella classica. Gli impianti su larga scala hanno il vantaggio di costi di investimento proporzionalmente più bassi e sono in grado di fornire elettricità a prezzi inferiori rispetto ai piccoli fornitori. Un’agenzia di ricerca di mercato, la Greentech Media, fa però previsioni meno ottimistiche per le installazioni tedesche di piccola dimensione, montate sui tetti degli immobili. Per queste la grid parity sarà raggiunta nel 2013-2014. Previsioni basate sul fatto che i prezzi dell'energia fornita alla rete a causa dell'inflazione crescano in media del 6% l'anno.

La riduzione delle tariffe di vendita alla rete dell'energia fotovoltaica (feed in) sta anche generando un maggior stimolo per lo sviluppo. Ciò significa che sale la pressione sul mercato tedesco per produrre energia solare in modo efficiente usando tecnologie di punta. Grazie a questo stimolo l'industria sta lavorando a pieno ritmo per creare concetti produttivi anche migliori.
Una struttura di mercato del tutto differente fa invece sì che sia ancora lunga la strada per raggiungere la grid parity in Francia. Il basso costo dell'elettricità fornita alla griglia, agevolato dai sussidi statali, limita lo sviluppo del fotovoltaico. Inoltre le tariffe feed in di acquisto dell'energia fotovoltaica non sono studiate per diminuire nei prossimi anni, ma solo per essere aggiornate con il tasso di inflazione. Questi elementi spingono i fornitori francesi di energia solare a ridurre i costi di produzione rispetto al concorrente tedesco.
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2009

 

 

BAIA DI SISTIANA - «Non avevamo più soldi per le cause al Tar». Predonzan (Wwf) spiega la resa - Il sindaco Ret: «Al Comune 4 milioni»
 

Chi ride e chi piange. La guerra dei trent’anni sulla Baia di Sistiana è solo apparentemente finita. Si è spenta, in realtà, per sfinimento. Ha vinto, a duro prezzo, chi voleva il villaggio turistico e lo scavo del fondo cava. Hanno perso gli ambientalisti e si sono zittiti i comitati e i protestanti di vario genere. «Io già lo vedo finito il villaggio della cava - esulta il sindaco Giorgio Ret (Pdl) -, sarà una delle cose più belle d’Europa, che spettacolo, che nuovo microclima, sarà caldo d’inverno e fresco d’estate, in autunno il Comune diventerà proprietario della Costa dei Barbari, col ministero dell’Ambiente e la Regione abbiamo firmato un accordo di programma per cui diventerà riserva naturale, metteremo docce e gabinetti, ai nudisti troveremo un riparo, per carità, ma sarà una spiaggia aperta a tutti, e in collegamento col nuovo hotel Europa...».
Il mandato di Ret scade a metà 2012: «Qualcosa di fatto riuscirò a vederlo - dice -, ma certo se inauguro o festeggio invito tutti i sindaci precedenti, tutti volevano questo insediamento, qualcuno ha perso il posto per via della Baia».
Ciò che più conta, però, sono i danari. «In tutto avremo ricevuto 4 milioni di oneri di urbanizzazione - racconta il sindaco -, grazie a questi non solo siamo l’unico Comune con più di 5000 abitanti a non aver usato l’addizionale Irpef per la prospettiva di incassare l’Ici dalle seconde case, ma stiamo mettendo a posto tre scuole slovene e tre italiane, abbiamo fatto l’asilo nido, fatto i marciapiedi a Sistiana e ora li facciamo ad Aurisina, aggiustato la casa di riposo: per gli anni futuri questo Comune non avrà più spese».
«Ci siamo dovuti arrendere perché economicamente non potevamo più sostenere le cause al Tar - dice invece malinconico Dario Predonzan, dirigente del Wwf sempre in prima linea sul territorio -, tutte le battaglie sono andate a favore della Baia, perfino un soprintendente contrario è stato messo a tacere. No - prosegue - l’intervento snatura il paesaggio, cambia la linea di costa, è una colata di cemento in area protetta, si è distrutto un bosco, il progetto poi è sempre quello, ha subìto solo ritocchi marginali. E i parcheggi sotterranei? Hanno meno impatto paesaggistico, ma resta quello ambientale perché sono scavati nella roccia, non è che se occhio non vede cuore non duole. Il cuore duole sempre, ma in sede legale hanno sempre vinto i più forti: la giustizia amministrativa è per i ricchi, perché bisogna sempre avere un avvocato. Mi dispiace - conclude - non solo per le energie spese in tanti anni, ma per il risultato negativo, quando tutto sarà costruito magari verrà fuori qualcuno e dirà: perché non avete fermato questa porcheria? E io risponderò: e voi che protestavate perché siete scomparsi?». No, la battaglia non è finita: è solo sopita.

(g.z.)
 

 

Cattivi odori fatti respirare a un vicina, condannato a pagare 150 euro di multa - PER L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO
Condannato per aver prodotto troppa puzza.
È questa la singolare situazione in cui si trova oggi Pietro Tassinari, riconosciuto responsabile dal giudice Laura Barresi di aver provocato emissioni, vapori e fumi, atti a offendere. Dovrà pagare una sanzione pecuniaria di 150 euro a cui si aggiungono 500 euro di risarcimento e 900 di spese legali sostenute da una vicina di casa che ha ingaggiato con lui questa battaglia ed è uscita vincitrice dall’aula di Giustizia. Bianca Laura Degrassi- costituitasi in giudizio con l’avvocato Walter Zidarich - ora potrà respirare a pieni polmoni in tutte le stanze del suo appartamento posto al pianoterra della villetta di via Gattorno 2. Prima accanto alla finestra dalla cucina, poi a poca distanza da quella della stanza da bagno, Piero Tassinari, secondo l’accusa, aveva posto un impianto di compostaggio in cui confluivano svariati rifiuti organici: residui di frutta, erba da sfascio, gusci d’uova, foglie secche, scarti di cucina, fondi di caffè. I residui marcivano e si trasformavano in terra ma la loro decomposizione provocava miasmi insopportabili, molto violenti nel caldo dell’estate quando le finestre restano aperte e nei giorni di pioggia battente e di umidità alta.
Era stata la stessa assemblea condominiale a varare questa iniziativa ”ecologica”, decidendo di installare nel giardino l’impianto per produrre «compost». Promotore dell’iniziativa era stato Pietro Tassinari che riteneva di eliminare in modo autonomo i rifiuti del piccolo condominio, riducendo così le quantità da avviare all’inceneritore comunale. Maria Bianca Degrassi si era opposta, cercando di far rimuovere il bidone e il suo maleodorante contenuto. Aveva chiesto l’intervento dei carabinieri, dei tecnici dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria e del Comune. Scopo dichiarato, quello di evitare di dover inalare «profumi» indesiderati a cui spesso si affiancava l’ingombrante presenza di sciami di moscerini.
Un esposto alla Procura, ha avuto il potere di far avviare l’azione penale al pm Maddalena Chergia. L’ipotesi di reato era quella punita dall’articolo 674 che sanziona - com’ è avvenuto per la Ferriera di Servola - chi getta o versa cose atte a offendere, o provoca miasmi, emissioni, vapori o fumi». Il processo si è svolto in tre udienze in cui le parti hanno citato 14 testimoni. Determinante la deposizione di Carlo Coslovich, geologo dell’Arpa. Ha spiegato che il regolamento di polizia urbana del Comune di Trieste non considera compatibile con l’ambiente cittadino un impianto di compostaggio domestico.

(c.e.)
 

 

EDILIZIA E AMBIENTE - Arrivano le pagelle per premiare le case «ecologiche» - La Regione certificherà la qualità dell’abitare: «Siamo i primi in Italia»
 

TRIESTE In Friuli Venezia Giulia arriva la casa certificata. Rispetta l’ambiente, riceve energia da fonti rinnovabili e contiene l’utilizzo di acqua. La Regione, prima in Italia, istituisce il Vea, un protocollo per la valutazione della qualità energetica e ambientale di un edificio che, dopo la prossima definizione di un regolamento, costituirà tra l’altro criterio di priorità nei finanziamenti per gli interventi di acquisto, costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici e privati.
LEGGE La giunta Tondo ha già adottato in via preliminare il Vea, nel rispetto dell’articolo 6 della legge 23/05, per disciplinare la valutazione del livello di sostenibilità degli interventi edilizi e graduare i contributi previsti nell’articolato. In sostanza con il Vea, recependo l’analogo progetto italiano Itaca, si assegnano alle case le «pagelle» di eco-sostenibilità. Le schede di valutazione sono 22 divise in 6 aree: analisi energetica, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, materiali da costruzione, risparmio idrico e permeabilità dei suoli, qualità esterna e interna, altre considerazioni.
VALUTAZIONI Quanto più gli edifici saranno costruiti in modo da risparmiare energia e acqua, con materiali riciclabili, integrati nell’ambiente naturale e sociale, isolati acusticamente, protetti dall’inquinamento atmosferico ed elettromagnetico, tutelati dagli agenti inquinanti, tanto più otterranno punteggi alti. E scaleranno le graduatorie per l’accesso ai finanziamenti pubblici.
CERTIFICAZIONE Il traguardo è quello della certificazione. Al fine di favorire una migliore qualità dell’abitare, l’uso di materiali edilizi di origine naturale, il contenimento dei consumi energetici e la diminuzione dei carichi inquinanti, la Regione adotta infatti una procedura di certificazione della sostenibilità energetico ambientale degli edifici, la Vea. Il protocollo determinerà il valore energetico/sostenibile assegnando una classe alfa/numerica all’edificio, da quella inferiore G3, G2 e G1 a salire fino alla classe A+3, A+2 e A+1.
INCENTIVI «Il protocollo che pone il Friuli Venezia Giulia all’avanguardia – spiega l’assessore Vanni Lenna – imprime una svolta fondamentale: costruire secondo criteri sostenibili per l’ambiente. Il Vea rappresenta un ottimo strumento di controllo, monitoraggio e promozione. E sicuramente avrà importanti ricadute nel campo immobiliare e delle costruzioni e potrà essere di forte impulso all’innesco di un processo generale di incentivi verso un’edilizia eco-compatibile».
VALORE «La casa certificata – prosegue Lenna – costituirà uno degli elementi qualificativi della nuova valutazione immobiliare del bene; un valore alto di classe energetica e ambientale determinerà la qualità o meno della casa posta sul mercato e il conseguente valore».
Marco Ballico
 

 

TRAFFICO - Italiani e auto
 

L’italiano medio dedica ogni anno alla propria auto 1500 ore: ci sta seduto, in marcia e in sosta, la parcheggia, si guadagna i soldi per acquistarla, lavora per pagare la benzina, i pedaggi, l’assicurazione, il bollo, le multe. Ogni giorno passa quattro delle sue sedici ore di veglia o per la strada o occupato a procurarsi i mezzi che l'auto richiede, senza contare il tempo speso in altre occupazioni imposte dal trasporto: quello trascorso in ospedale, in tribunale o in garage, quello perso guardando in tv gli spot pubblicitari di automobili, scorrendo pubblicazioni specializzate: queste 1500 ore sono investite per percorrere 10.000 km, circa 6,5 km all’ora. Nei Paesi privi di una massiccia presenza dell’industria del trasporto, la gente ottiene lo stesso risultato andando a piedi dovunque voglia, e il traffico assorbe dal 3 all’8% del tempo sociale anziché il 28%. Ciò che distingue il traffico dei Paesi poveri da quelli ricchi non è un maggior chilometraggio per ogni ora di vita ma l'obbligo di consumare in forti dosi l'energia disegualmente distribuita dall’industria del trasporto. L'automobile è diventata un ossimoro: impedisce all’individuo di spostarsi. Auto: mobile?
Mauro Luglio - Monfalcone

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 21 maggio 2009
 

TAV IN FRIULI VENEZIA GIULIA : UN APPELLO AI COMUNI PER UN RUOLO PIÙ FORTE
 

A 6 anni di distanza dalla prima presentazione in Friuli Venezia Giulia del primo progetto di Alta Velocità ferroviaria – TAV – relativo alla tratta Ronchi-Trieste si può constatare che a oggi nessun progetto è stato approvato, nemmeno in via preliminare, nonostante leggi speciali (la legge obiettivo del 2001) che avrebbero dovuto accelerare le procedure progettuali e che invece hanno contribuito a rallentarle creando nel contempo forti stati di tensione con parte della popolazione coinvolta .
Ora assistiamo ad un nuovo capitolo di questa vicenda: l'imminente fase di progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaca, parte integrante della realizzazione del progetto prioritario europeo n° 6 come da Decisone 1692/96 e successive modifiche (884/2004).
Per molti aspetti questa nuova progettazione rischia di replicare quanto già visto relativamente alla tratta TAV Ronchi-Trieste e Ronchi-Ronchis in termini di contrasto con la popolazione e di sviamento da quelle che sono le vere problematiche dei cittadini relativamente al trasporto pubblico con, in aggiunta, uno spaventoso dispendio di risorse pubbliche ancor più importante in un momento in cui la crisi economica si abbatte in maniera estremamente violenta sui settori più deboli della società.
In forza di ciò Legambiente chiede a tutti i Comuni direttamente interessati dal progetto e a quelli che potenzialmente potrebbero essere interessati dalle opere accessorie (quali cave di prestito, cantieri, discariche, elettrodotti di servizio, viabilità accessoria ed attraversamenti urbani da parte della movimentazione terra) UNA PRECISA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’.
Legambiente chiede che i Comuni:
1) richiedano l’apertura di un tavolo regionale unico sul progetto prioritario n°. 6, al fine di evitare che sulla progettazione di un'opera transnazionale, come questa, si ragioni, in maniera privata da ogni logica, progettando tronchi ferroviari di poche decine di Km (quali la Trieste-Ronchi), che non hanno altro obiettivo che quello di spostare i problemi della costruzione dell’opera da un’area ad un'altra;
2) richiedano formalmente alla Regione di farsi carico di quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus ratificata dall’Italia il 16 marzo 2001, n. 108, in particolare l’art. 6 riguardante PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO ALLE DECISIONI RELATIVE AD ATTIVITÀ SPECIFICHE, la cui mancata applicazione porterà inevitabilmente all’attivarsi di procedure d’infrazione in sede europea.
Legambiente sottolinea che la realizzazione di una nuova linea ferroviaria con caratteristiche TAV attraverso il territorio regionale è ASSOLUTAMENTE INUTILE dal punto di vista del traffico merci visto che linee come l’attuale Mestre-Ronchi funzionano solo al 40% della propria potenzialità.
Il progetto prioritario n°. 6 può essere realizzato in perfetta armonia con le norme europee, con un costo notevolmente inferiore ed in tempi più celeri attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 Km/h dell’attuale linea ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento Trieste-Capodistria in area muggesana e il potenziamento del Bivio San Polo (Monfalcone)-Bivio D’Aurisina.
E' bene tenere presente inoltre, che il trasferimento del traffico merci da strada a ferrovia è in larga parte indipendente dalla realizzazione della TAV: come già dimostrato con la Pontebbana, la semplice realizzazione di una nuova infrastruttura non trasferisce automaticamente i traffici su questa, in quanto IN ASSENZA DI UNA SERIA POLITICA TARIFFARIA SUI PEDAGGI DEL TRAFFICO PESANTE, il traffico su strada rimarrà in buona parte più competitivo di quello su ferrovia.
Legambiente conclude che pertanto che in assenza di un’azione coordinata da parte dei Comuni si rischia di ritrovarsi completamente in balia di decisioni calate dall’alto o frutto di accordi con singoli Comuni che scaricano la questione sui loro vicini. Una progettazione realizzata in questo modo non può che portare a fortissime tensioni sociali con la popolazione.
In caso d’inazione da parte delle amministrazioni comunali queste dovranno essere ritenute corresponsabili di una situazione che sta ulteriormente degenerando dal punto di vista progettuale.
Legambiente FVG
 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 21 maggio 2009

 

L'Alta velocita' spaventa Trieste - in Friuli l'ultimo fronte anti TAV.

Cantieri e scavi per dieci anni. Svelato il progetto: e' subito polemica.

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2009

 

ALTA VELOCITÀ E PERICOLI - «Sulla Tav urge la consultazione popolare»

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 20 maggio 2009
 

 

MA COSA FA IL COMMISSARIO DAMELE A PONTEBBA? - LA REGIONE LO SOSTITUISCA.
 

Legambiente segue da tempo la vicenda dell'impianto a biomasse proposto dalla Società OMNIA a Pontebba e su cui la Provincia ha dato l'autorizzazione il 30 gennaio scorso.
Si tratta di un impianto di produzione di energia elettrica dalla potenza di 12 MWe e che consuma 140 mila tonnellate all'anno di biomassa legnosa.
E' noto che la vicenda ha determinato la caduta della Giunta Comunale di Pontebba e la nomina di un Comissario Straordinario da parte della Regione Friuli Venezia Giulia nella persona del dott. Daniele Damele che in precedenza, in qualità di funzionario provinciale aveva presieduto la Conferenza di Servizi per l'autorizzazione dell'impianto.
Il Commissario in una sua dichiarazione, anche in seguito ad incontri con i Capi gruppo uscenti, aveva assicurato di non essere disponibile ad alcun atto significativo in relazione alla realizzazione di questo impianto.
Nei giorni scorsi, con delibera n. 100 del 13.05.2009, il Commissario Straordinario con i poteri della Giunta Comunale, ha chiuso il procedimento di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sulla variante urbanistica collegata all'autorizzazione della centrale a biomasse.
Ciò significa che il Comune ha accettato in via definitiva il Rapporto Ambientale della Società proponente e ritiene che l'intervento non abbia effetti significativi per l'ambiente e che quindi non vada assoggettato ad una procedura completa di VAS.
La delibera forse potrà anche essere formalmente legittima in base alle attuali  disastrose disposizioni di legge regionali e statali in materia e a causa di come la precedente Amministrazione comunale ha trattato l'argomento: identificazione dell'autorità ambientale unicamente nel Servizio VIA della Regione e pubblicità ridotta a semplice avviso di deposito degli atti.
Tale delibera però significa nella sostanza che il Comune di Pontebba non ha nulla di proprio da dire sull'argomento e che tutto quello che è stato oggetto di discussione in questi mesi in Consiglio Comunale, in assemble pubbliche, in interventi di cittadini e di  esperti, etc è stato buttato nella spazzatura.
Si tratta di un atto politico di una gravità inaudita che riteniamo non possa restare senza risposta da parte della Regione, organo istituzionale responsabile della nomina di questo commissario.
Per favore, sostituite Daniele Damele, prima che faccia ulteriori danni.
Il Presidente di Legambiente FVG - Giorgio Cavallo
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2009

 

 

Porto, c’è il Piano regolatore: sì all’unanimità - OK DEL COMITATO, IL DOCUMENTO PRECEDENTE ERA DEL ’57
 

Ampliamento e potenziamento delle strutture portuali

Boniciolli: fatto storico. Dipiazza: messa in moto la città. Riccardi: una programmazione moderna
Il porto di Trieste ha da ieri sera un nuovo Piano regolatore (il precedente risaliva al 1957) che amplierà moli e banchine per 200 ettari rendendo possibili tra l’altro il raddoppio del Molo Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo, oltre che della Piattaforma logistica, la creazione di un ampio terminal per i traghetti Ro-Ro alle Noghere, l’allungamento del molo Bersaglieri della Stazione marittima. Lo ha adottato con voto favorevole all’unanimità dei presenti (ma il sindaco di Muggia Nesladek è uscito dall’aula per non votare) il Comitato portuale nel corso di una seduta-lampo conclusasi alla Torre del Lloyd con un megabrindisi.
Per la sua approvazione definitiva il Piano dovrà ottenere la Valutazione ambientale strategica (Vas) della Regione, il voto favorevole del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, la Valutazione d’impatto ambientale (Via) del Ministero dell’Ambiente prima del decreto finale ancora della Regione. Un iter che rischia di portar via due anni, due anni e mezzo. «Ma che noi speriamo di accorciare notevolmente - ha affermato dopo il voto il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli - anche in considerazione del fatto che il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli ha affermato che quelli di Genova e di Trieste sono i due porti principali sui quali l’Italia dovrà fare affidamento per il futuro».
La nota emessa dall’Autorità portuale parla di «evento di portata storica per la città e il porto» e di «rilancio dello scalo e delle attività economiche nelle relazioni con la regione, l’Italia e l’Europa». Svolta ottenuta grazie «a un ritrovato clima d’intesa tra le istituzioni, il mondo imprenditoriale e sindacale».
Una ritrovata unità sottolineata anche dal fatto che ieri il Comitato ha approvato inoltre la delibera di concessione per 15 anni dello Scalo Legnami a General cargo terminal (30% Pacorini, 30% Ocean, 30% Agentimar e 10% Friulia), questione che aveva sollevato per mesi polemiche e contrapposizioni. Il canone annuo è stato fissato in un milione 28 mila 369 euro. In settimana il presidente Boniciolli e il presidente di Gct, Sandro Benvenuti firmeranno l’atto di concessione.
Resta ancora aperta la battaglia per il terminal di Fernetti dove si contrappongono lo stesso Boniciolli e il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti. «È tempo che tra gli azionisti torni il sereno - ha dichiarato ieri l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi - per questo motivo entro dieci giorni convocherò un incontro con tutti per risolvere la querelle e scongelare il milione di euro della Regione per migliorare il raccordo ferroviario tra Fernetti e Opicina». Riccardi ha espresso apprezzamento per l’adozione del Piano. «Rappresenta la premessa - ha dichiarato - affinché il porto possa finalmente costruire una sua moderna programmazione su basi diverse da quelle fin qui utilizzate».
«Fatta la variante per il Porto Vecchio, ora il Piano regolatore del porto, mentre è pronto anche quello generale del Comune: abbiamo messo in moto tutta la città»: questo il commento del sindaco Roberto Dipiazza. In Comitato portuale è uscito invece dall’aula per non votare il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. «Non ero in condizioni di esprimere un voto - ha spiegato - sono infatti favorevole alla filosofia generale del Piano e convinto della sua indispensabilità, ma contrario all’allargamento del Polo energetico, al cui interno troverà spazio il rigassificatore, che oltretutto comporta la rinuncia ad altri tipi di traffici ben più redditizi».
SILVIO MARANZANA

 

 

Una strada in galleria - IN DIREZIONE GRANDE VIABILITÀ
 

Il Piano regolatore del porto che è stato adottato ieri ha recepito in toto la variante per il Porto Vecchio che era stata approvata con decreto del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia in data 10 settembre 2007.
PORTO VECCHIO Nell’area è previsto l’insediamento di attività di ”portualità allargata”. Le richieste di concessione giunte all’Autorità portuale prevedono l’insediamento di cantieri, porti nautici, uffici, scuole, acquari, musei, fiere, negozi, foresterie.
I progetti globali, che interessano quasi tutta l’area, sono stati presentati da una società di Maurizio Zamparini presidente del Palermo calcio e fondatore del Mercatone Emmezeta, dalla Save-Aeroporto di Venezia e dal cartello di costruttori Maltauro-Rizzani de Eccher. Non sono esclusi un accordo o una fusione tra queste tre proposte. Una prima scelta dovrebbe essere fatta dall’Authority già alla fine del mese e dopo l’invio dei progetti al Comune il Comitato portuale a fine luglio potrebbe affidare le concessioni.
VIABILITA’ STRADALE Nel nuovo strumento pianificatorio generale dello scalo la viabilità stradale di servizio al porto è articolata anche nello scenario di Piano sul raccordo autostradale della Grande viabilità triestina che contorna l’intero perimetro del territorio portuale dal Porto Nuovo fino al Canale industriale incluso, con vari svincoli a uso promiscuo portuale e urbano.
Il Piano prevede quale nuova infrastruttura a servizio esclusivo del traffico portuale la nuova viabilità di collegamento del futuro Molo VIII con la Grande viabilità, che si svilupperà in galleria artificiale attraverso l’area demaniale fino alla viabilità esistente raccordata allo svincolo di via Errera, per uno sviluppo complessivo di 2,5 chilometri. Questa soluzione consente il mantenimento della piena operatività della banchina attualmente a servizio della Ferriera di Servola.
RETE FERROVIARIA La rete ferroviaria di servizio al porto nell’assetto di Piano prevede sostanzialmente il potenziamento delle strutture attuali con l’uso dello scalo di Campo Marzio e il mantenimento degli impianti satelliti, in particolare di Servola, di San Sabba e di Aquilinia, e con la creazione di un nuovo scalo alla radice del futuro Molo Ottavo.
 

 

Le superportacontainer sul nuovo Molo Ottavo - E nell’area Noghere sorgerà un terminal dedicato alle navi ro-ro
 

Queste le principali opere previste dal nuovo Piano regolatore.
MOLO BERSAGLIERI È previsto il potenziamento del molo che costituisce il Terminal crociere del porto di Trieste. Sarà allungato di 150 metri e allargato sul lato Sud di 15 metri fino a raggiungere una larghezza complessiva del molo di 100 metri e un’estensione addizionale di piazzale di 15 mila metri quadrati. Com’è noto inoltre il Magazzino 42 sarà riqualificato e connesso all’adiacente corpo centrale della Stazione marittima.
MOLI V E VI Sarà chiuso e recuperato a uso terminalisti il bacino tra i Moli V e VI, entrambi prolungati fino alla linea di massimo tombamento posta 50 metri oltre la testata del Molo V e oltre 400 metri oltre la testa del Molo VI per un’estensione totale aggiuntiva di 26 ettari. Sarà inoltre riqualificato l’intero layout delle sovrastrutture e infrastruture del Punto franco nuovo con la prevista demolizione dei vecchi magazzini.
MOLO VII Sarà prolungato per 800 metri aggiuntivi e di un’area di circa 32 ettari recuperata a mare su un fondale di 18 metri, interamente dedicata ai contenitori. La capacità del terminal, opportunamente attrezzato con gru di banchina e di piazzale di elevata capacità, sarà portata a oltre un milione di teu all’anno. Sul lato Nord del Molo VII è previsto anche un allargamento di 20 metri per la creazione di un attracco per navi Ro-Ro che non interferirà con le attività del terminal container. Va rilevato che il prolungamento potrebbe essere autofinanziato dalla To Delta di Pierluigi Maneschi
PIATTAFORMA LOGISTICA Previsto un recupero a mare di 16 ettari (complessivamente il terminal avrà 24 ettari) e un nuovo fronte di banchina di circa 1.300 metri. Nonostante il pronunciamento favorevole del Cipe, il Governo non ha chiarito quali saranno i finanziamenti statali per quest’opera.
MOLO VIII Si staglierà dalla Piattaforma logistica e potrà disporre di una superficie di 85 ettari con due fronti di banchina di 1.200 metri, distanti fra loro 750 metri, per un totale di 3.150 metri di banchina. Potrà ospitare le superportacontainer di ultima generazione.
TERMINAL RO-RO NOGHERE Sarà realizzato un nuovo terrapieno dal torrente Rosandra a Rio Ospo con un fronte banchinato di 1.250 metri dotato di 4-5 sporgenti di 25 metri atti all’ormeggio di navi Ro-Ro.
 

 

Già programmate opere per 628 milioni - Ma adesso anche il progetto operativo triennale dovrà essere aggiornato

 

Molo Settimo: il Gruppo Maneschi pronto con 120 milioni
Nell’attesa del Piano regolatore, ha funzionato da strumento strategico per il porto di Trieste il Piano operativo triennale approvato dal Comitato portuale ancora nel 2007 e che aveva previsto investimenti per 628 milioni di euro. Ora anche questo piano potrà essere aggiornato anche perché la stima di spesa per alcune di queste opere è nel frattempo cresciuta.
È il caso dell’intervento principale del Piano triennale, quello della Piattaforma logistica che sorgerà tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola, e i cui lavori possono venir avviati senza dover attendere l’approvazione definitiva del Piano regolatore. Da allora la spesa preventivata è cresciuta da 278 a oltre 310 milioni ed è svanito l’interesse manifestato da imprenditori coreani. L’Authority ha a disposizione un’ottantina di milioni e il Gruppo Gavio in una lettera si è detto disposto a intervenire con 100 milioni. Il Cipe ha poi inserito la Piastra logistica di Trieste nelle opere che saranno finanziate, ma il Governo non ha mai quantificato l’ammontare del finanziamento.
Il secondo intervento per ordine di grandezza già incluso nel Piano operativo triennale riguarda il raddoppio del Molo Settimo quantificato in una spesa di 120 milioni di euro. Un progetto da 110 milioni è stato recentemente presentato all’Autorità portuale dalla stessa Trieste marine terminal (Tmt), la società che gestisce il Molo Settimo che è proprietà al cento per cento della To Delta di Pierluigi Maneschi. L’opera potrebbe così essere autofinanziata con la formula del project financing. «Contiamo di avere a disposizione già nel 2014 - ha affermato l’altro giorno Fabrizio Zerbini, presidente di Tmt - il Molo Settimo raddoppiato che ci permetterà di portare la capacità annuale del terminal da 600 mila a un milione e 200 mila teu».
Proprio il raddoppio del Molo Settimo, secondo quanto ha affermato lo stesso presidente dell’Authority, Boniciolli, potrebbe essere una di quelle opere da poter avviare come modifica tecnico-funzionale senza dover attendere l’approvazione definitiva del Piano regolatore.
Ancora, come si evince anche dalla tabella, il Pot ha previsto tra gli interventi principali l’allungamento e il potenziamento del Molo Bersaglieri della Stazione marittima con 15 milioni, il potenziamento del Molo VI, incluso l’abbattimento dei magazzini, con 20 milioni, la realizzazione di una nuova strada di collegamento tra il Porto Nuovo e lo Scalo Legnami per 20 milioni.
Tutte queste opere sono logicamente ora incluse nel Piano regolatore. Per la realizzazione del terminal Ro-Ro alle Noghere il Piano operativo triennale aveva fissato la spesa in 60 milioni più 50 milioni per la riqualificazione ambientale dell’area. (s.m.)
 

 

No Tav, una mozione impegna il futuro sindaco del Comune di S. Dorligo - PRESENTATA DALL’OPPOSIZIONE
 

SAN DORLIGO Impegnare i componenti del nuovo Consiglio comunale e della futura giunta ad esprimere nuovamente la contrarietà alla realizzazione sul territorio del nuovo collegamento ferroviario Trieste–Divaccia (tratto della Tav inserito nel più ampio percorso del Corridoio 5) e ad individuare un’idonea alternativa al tracciato sin qui proposto.
Questo il senso della mozione firmata dai consiglieri del centrodestra Roberto Massi, Roberto Drozina e Giorgio Jercog, che verrà presentata alla prossima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. I tre esponenti dell’opposizione hanno sottolineato che «il collegamento ferroviario rappresentato nell’attuale studio di fattibilità è un’opera di cui non si ravvisa alcuna ragionevole giustificazione tecnica, ma dalla quale, sicuramente, deriveranno danni alla popolazione ed insopportabili devastazioni all’ambiente, in un territorio che, nel passato anche recente, è stato già ampiamente penalizzato da pesanti insediamenti industriali ed infrastrutture pubbliche».
Oltre ad operare in ogni sede per il conseguimento di tali finalità, i consiglieri di Oltre il Polo e Rinnovamento di Centro sollecitano anche «nei modi ritenuti più opportuni ed esaustivi, la più ampia informazione alla cittadinanza circa i progressi in merito». Sull’argomento Trieste-Divaccia, nell’ultima seduta consiliare, il centrosinistra ed il centrodestra per la prima volta si erano spaccati: la maggioranza aveva votato senza l’appoggio dell’opposizione una delibera firmata prima dall’assessore Stravisi e poi in corsa presa in carico dal sindaco Premolin, mentre una mozione del centrodestra era stata cassata dal centrosinistra.

(r.t.)
 

 

Giorgi, un Nobel ospite all’Addobbati - LO SCIENZIATO PARLERÀ AI RAGAZZI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
 

Una lezione interattiva: i giovani faranno domande ed esporranno le ricerche
Filippo Giorgi, Premio Nobel per la Pace 2007, in qualità di membro del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, e ricercatore del Centro internazionale di Fisica teorica di Miramare, terrà oggi, dalle 10.45, nell’auditorium della scuola Addobbati, in salita di Gretta 34/5, una lezione sui cambiamenti climatici in atto sul pianeta. Ad ascoltarlo ci saranno gli studenti delle classi terze delle medie Addobbati e Brunner. Diversamente dall’anno scorso, la lezione sarà interattiva, in quanto gli studenti porranno domande ed esporranno i risultati di loro ricerche.
Durante l’anno scolastico gli studenti hanno affrontato questa problematica nell’ambito del programma di “Educazione ambientale per la sostenibilità”, che si colloca nel contesto della collaborazione tra la scuola e gli Istituti di eccellenza di Trieste, come quello di Miramare. «Affrontare i temi dei cambiamenti climatici e la conseguente necessità di salvaguardare l’ambiente e le sue risorse per le future generazioni – ha spiegato il professor Elvio Toselli, organizzatore dell’appuntamento - significa porsi nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. Questa meta rappresenta per gli studenti una sorta di sfida cognitiva, che li porta a interrogare un illustre scienziato e ricercatore. Durante l’anno scolastico hanno esaminato e studiato gli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla società umana. Nelle lezioni in classe i quesiti emersi sono stati numerosi, tra cui ad esempio quale sarà il clima che gli scienziati prevedono per la regione mediterranea nei prossimi decenni, oppure quali saranno gli effetti del riscaldamento climatico sulla salute dei cittadini europei. Oggi sarà l’occasione per avere una risposta ai massimi livelli».

(u.s.)
 

 

 

 

IL GAZZETTINO - MARTEDI', 19 maggio 2009

 

 

Rigassificatore di Trieste - Disco verde sull'ambiente - L'annuncio del sottosegretario Menia "Imminente la firma del ministro"

E' arrivato il via libera anche dalla commissione per i beni culturali - Le censure slovene non sono state accolte dall'Unione Europea.

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2009

 

 

Prima casa, fino a 10mila euro per i pannelli solari - La giunta stanzia 9 milioni. L’assessore Lenna: se necessario aumenteremo i fondi
 

RISPARMIO ENERGETICO NELL’EDILIZIA - Gli incentivi della regione
TRIESTE In arrivo 9 milioni in tre anni per installare nelle case della regione sistemi a risparmio energetico come i pannelli solari. Chi infatti punterà a ristrutturare la propria abitazione optando per un maggior uso delle fonti rinnovabili potrà contare su un contributo regionale pari al 50% della spesa (fino a un massimo di 10mila euro).
Il regolamento, appena approvato in giunta, diventerà operativo dal prossimo 4 giugno, dopo la pubblicazione sul Bur. Per il triennio 2009-2011, come detto, sono disponibili 9 milioni di euro.
IL REGOLAMENTO Prevede la concessione di finanziamenti in conto capitale per la realizzazione di «interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma di impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico» (pannelli solari, geotermici, fotovoltaici, e altri strumenti finalizzati al conseguimento del risparmio energetico secondo le modalità indicate dal decreto legislativo 192/05). Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili ''prima casa''. Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili ''prima casa''. I contributi sono assegnati con il procedimento valutativo nei limiti delle disponibilità finanziarie previste dalla legge, nella misura del 50 per cento del costo dell’intervento ritenuto ammissibile e comunque con importo non superiore a 10.000 euro e per importi non inferiori a 3mila. La Regione parte con una previsione minima di 300 domande all'anno.
LE RISORSE I fondi in totale messi a disposizione dalla Regione sono 9 milioni di euro. Il 70 per cento delle risorse disponibili è destinato agli interventi collocati nella parte superiore della graduatoria, che verrà formata a partire dall’intervento di maggior costo. Le risorse finanziarie disponibili sono ripartite in proporzione alla popolazione residente in ciascuna provincia del territorio regionale( alla provincia di Gorizia l'11%, a quella di Pordenone il 24%, alla provincia di Trieste il 21% e a quella di Udine il 44 per cento). Sono ammissibili a contributo le spese sostenute dopo la presentazione della domanda. «Se le richieste di contributi saranno numerose, visto che al momento si stima di dare risposata a circa 300 richieste l’anno, l’importo verrà implementato in assestamento di bilancio, il prossimo giugno» spiega l'assessore all'Edilizia Vanni Lenna. Le domande potranno esser inoltrate alle Direzioni provinciali dei lavori pubblici competenti per territorio entro 60 giorni dalla pubblicazione sul Bur del bando (prevista il prossimo 3 giugno: dal 4 quindi si possono inviare le domande)
GLI OBIETTIVI Sono essenzialmente due. «Da un lato – spiega ancora Lenna - i fondi pubblici contribuiranno a incentivare aggiornamenti tecnologici degli impianti esistenti e stimolare interventi volti al risparmio energetico e una nuova cultura dell’abitare; dall’altro il provvedimento risveglia il mercato regionale e sostiene le piccole medie imprese artigiane che non partecipano a gare di appalto pubbliche per le loro dimensioni contenute e non godono di sostegni sociali». In tutto, si parla di oltre 15mila realtà in Fvg.
ELENA ORSI

 

 

Ferriera, rischio di cassa prolungata - LA CRISI DEL MERCATO CONDIZIONA L’AVVIO DELL’ALTOFORNO
 

Duecento operai con 750 euro al mese: impossibile mantenere la famiglia
Crescono i timori tra i dipendenti della Ferriera di Servola. «Probabilmente a fine settimana sarò in grado di annunciare se la produzione a giugno potrà riprendere o meno. Sto avendo una serie di incontri proprio a questo scopo», ha affermato ieri il direttore dello stabilimento, Francesco Rosato. La paura è che le 13 settimane di cassa integrazione che scadono il 14 giugno vengano prorogate. Attualmente in «cassa» vi sono all’incirca 200 dei 540 dipendenti, ma un’altra cinquantina sono in ferie, perlopiù forzate.
L’azienda sta anticipando ai lavoratori il trattamento di cassa integrazione che verrà poi liquidato dall’Inps, ma in un incontro avuto nei giorni scorsi con i rappresentanti di fabbrica ha affermato di non poter liquidare il cosiddetto «premio di risultato» proprio perché gli altoforni sono fermi. «La gente è molto preoccupata - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - anche perché essendo in via di esaurimento pure le ferie, cominciano realmente a farsi sentire le difficoltà economiche. La cassa integrazione non raggiunge nemmeno l’80 per cento dello stipendio base: con 750 euro al mese è pressoché impossibile mandare avanti una famiglia».
Una ventina di giorni fa nello stabilimento di Piombino della Lucchini-Severstal la cassa integrazione è stata prorogata per altre 13 settimane, ma sono state differite al 18 ottobre le date di fine contratto per 259 lavoratori a termine. Lì l’altoforno comunque rimarrà inattivo nei mesi di luglio e agosto poiché la richiesta di prodotti siderurgici è crollata in tutto il mondo e di conseguenza la produzione va al rallentatore. A Servola i contratti a termine sono stai congelati e la loro sorte così come le notizie ufficiali sulla cassa integrazione verranno comunicate ai sindacati in un incontro che l’azienda convocherà entro la fine di maggio.
«La sensazione è che la cassa integrazione sarà prolungata - afferma ancor più pessimisticamente Luigi Pastore di Failms-Cisal - ma il mio personale timore è che potrebbe addirittura annunciare una serie di esuberi. È inutile nascondersi che la situazione è drammatica e anche le amministrazioni locali, il Comune e la Provincia, la stanno sottovalutando».
Frattanto proprio ieri la giunta comunale ha approvato la convenzione tra il Comune e l’Arpa per un’azione di monitoraggio e lotta all’inquinamento atmosferico derivante dalle immissioni provenienti dallo stabilimento di Servola. Nello spcifico verranno svolte mirate analisi delle polveri sottili (Pm 10) e degli idrocarburi policiclici aromatici (benzoapirene). Ma in questo frangente non è l’emergenza ambientale, bensì unicamente la critica situazione del mercato a mettere a rischio l’immediato futuro della Ferriera. Come hanno esplicitato sia l’azienda che i sindacati non esistono più ostacoli né burocratici né tecnici per l’attivazione dell’altoforno numero 3. «I lavori di adattamento dell’altoforno proseguono e sono già giunti alla fase finale - ha spiegato Salvaneschi - l’azienda però non ha mai dato assicurazione che sarà effettivamente attivato».
Il 20 aprile Rosato aveva spiegato che delle centomila tonnellate di ghisa invendute che avevano costretto l’azienda a ricorrere alla cassa integrazione a Servola, ne erano state poi vendute fino a quel giorno 25 mila. Ieri il direttore dello stabilimento non ha inteso neppure aggiornare la cifra sull’invenduto. «Anche in questo momento - ha affermato - sto trattando per tentare di ripartire il mese prossimo».

(s.m.)
 

 

«No Tav» schiera anche cani e cavalli - Duecento persone alla manifestazione di Basovizza: «Progetto impensabile»
 

RADUNO AL LAGHETTO TRA STRISCIONI E LIBRI ECOLOGISTI
Pacifico, silenzioso ma determinato. Il popolo No Tav si è presentato così ieri pomeriggio al laghetto di Basovizza per manifestare il dissenso al Corridoio 5, in particolare al tratto ferroviario che interesserebbe il territorio con la Trieste-Divaccia. Il festoso raduno di circa 200 persone era caratterizzato dal presidio di animali, soprattutto cani e cavalli. L’iniziativa è stata ideata anche con il contributo di Andrej Rismondo, un giovane di Padriciano: «Saputo della Tav qualche mese fa, ho deciso con l’amico Virgilio di far sentire la nostra voce ma anche quella degli animali, che assieme a uomini e ambiente sarebbero le vittime predestinate di un vero stupro alla natura», spiega Andrej. Pochi metri in là Virgilio Zecchini, referente del Gruppo Amici della Val Rosandra: «Questo non è l’ambiente adatto per costruire una linea sotterranea ad alta velocità. Ogni metro di lavoro corrisponderebbe a una grotta: progetto impensabile».
Tra i politici mischiati ai presenti anche Alessandro Metz (ex consigliere regionale dei Verdi) e Giorgio Jercog (consigliere comunale uscente di San Dorligo della Valle). Sulle panchine nel piccolo spazio verde alcuni banchetti improvvisati per la vendita di libri ecologisti. In un’altra zona erano esposte su un cartellone bianco alcune foto raffiguranti la Siot e la Grande viabilità. Due gli striscioni poggiati a terra, entrambi con dicitura italiana e slovena: «El Carso no se toca» e «Giù le mani del Carso». Tante infine la bandiere a sfondo bianco con la scritta No Tav in rosso e la locomotiva stilizzata di un treno in nero barrata con una X sempre di color rosso. Singolare la presenza di un pesce rosso dentro una vasca circolare piena d’acqua: «Siamo muti ma ci uniamo alla protesta», il significativo cartello. Il partecipante più osservato è stato però un possente cavallo nero dalla folta criniera: «È un tiro pesante croato di 10 anni e anche lui è qui con me per un protesta silenziosa», ha spiegato Max.
Riccardo Tosques
 

 

Paoletti presidente di Transpadana: la direttrice Ue dell’alta velocità
 

TRIESTE Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste e dell’Unione regionale delle Camere di Commercio del Friuli Venezia Giulia è il nuovo presidente della parte pubblica di Transpadana, l’organismo promotore della direttrice ferroviaria europea ad Alta Velocità/Alta Capacità merci e passeggeri Lione-Torino-Milano/Genova-Verona-Padova-Venezia-Trieste-Lubiana. È stato eletto ieri a Milano assieme al rappresentate del comparto privato, Luigi Rossi di Montelera (Confindustria), Antonio Paoletti presiede ora il consiglio di amministrazione del Comitato Promotore della direttrice ferroviaria Europea Transpadana ad Alta Capacità Merci e passeggeri.
 

 

RIFIUTI - Raccolta indifferenziata
 

Il «report promo-informativo» sulla raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio, pubblicato a intera pagina su Il Piccolo del 6 maggio scorso dal Cial con il patrocinio del Comune di Trieste in collaborazione con AcegasAps, ha vistosamente richiamato l'attenzione sulla necessità della raccolta differenziata dei rifiuti da conferire nelle cosiddette campane e specifici cassonetti stradali; raccolta «differenziata» per suddividere i rifiuti che possono essere riciclati (come carta, plastica, alluminio, vetro ecc.) da quelli di effettivo scarto.
Anche dal Servizio Relazioni Esterne della Divisione Ambientale di AcegasAps, nel trascorso mese di marzo, in molte abitazioni è stato recapitato un utile foglio informativo sull'importanza e le modalità della raccolta dei rifiuti urbani, unitamente al periodico «I servizi» della stessa Acegas, sulla cui copertina Trieste viene definita «città virtuosa nella gestione dei rifiuti»! Ma perché tanto virtuosa se è notorio che Trieste si colloca ai più bassi livelli nella classifica della raccolta differenziata, sia nazionale sia regionale, superata anche da Comuni limitrofi e principalmente dal Comune di Muggia?
Di chi la colpa di tale disinteresse? Di una mancata imposizione organizzativa da parte delle Istituzioni locali nonostante il notevole balzello della Tarsu (imposta smaltimento rifiuti), o della mancata esortazione che deriverebbe implicitamente da una presenza capillare di cassonetti e campane differenzianti i vari tipi di rifiuti?
Perché la Divisione Ambiente della AcegasAps, oltre a specificare i punti di raccolta per rifiuti ingombranti, non provvede a divulgare anche una mappatura stradale dove stazionano tali tipi di raccoglitori, tanto rari da dissuadere anche i cittadini più volenterosi? Probabilmente si tratterebbe di un «censimento» molto deludente che vanificherebbe i contenuti del recente citato foglio informativo.
Infatti, nell'area dove è ubicato il mio ed altri caseggiati contigui, esistono cassonetti di sola raccolta «indifferenziata» nei quali viene gettato qualsiasi tipo di rifiuto famigliare, artigianale e di uffici, bar, ristoranti!
Io e tanti altri abitanti in zona saremmo ben intenzionati ad organizzarci per la raccolta differenziata purché ci sia presenza degli adatti contenitori non necessariamente sotto casa, ma in punti stradali facilmente raggiungibili anche dalle persone anziane.
Aldino Destro
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2009

 

 

Energia, crescita record delle fonti rinnovabili - Gli impianti eolici sono saliti del 29% Più pannelli solari
 

ROMA Per la prima volta nel 2008 l'aumento globale della potenza energetica derivante da fonti rinnovabili ha superato l'aumento di quella da fonti classiche, segnando un incremento del 16% rispetto al 2007 contro un +10% messo a segno dalla produzione da oli fossili (+8%) e dal nucleare (+2%). In particolare, tra le energie rinnovabili, solare, eolica e geotermica sono cresciute in un anno del 6%, mentre l'idroelettrica ha segnato un incremento del 10%. Globalmente, il contributo delle energie rinnovabili alla produzione energetica mondiale nel 2008 è cresciuto al 6%, contro il 3,4% del 2007. È quanto emerge dal quarto rapporto sullo stato globale delle energie rinnovabili stilato da un'organizzazione francese, la Ren21, in cui si precisa che a determinare la crescita delle produzione globale da rinnovabili è stato anche un incremento degli investimenti nel settore del 16%.
Nel dettaglio, la potenza prodotta a livello globale dalle energie rinnovabili è passata dai 240 mila Gigawatt del 2007 ai 280 mila Gigawatt del 2008 (+16%). Compresa l'energia idoelettrica invece si arriva a 1.140 Gw. Il contributo maggiore è arrivato dalla crescita di produzione energetica da biodiesel ed etanolo (+34%), seguita da eolico (+29%) e solare (+15%). Un aumento legato, secondo lo studio, soprattutto alle politiche dei paesi che sempre di più credono nelle energie rinnovabili, aumentando nel 2008 gli investimenti in questo settore del 16%.
EOLICO: La capacità produttiva degli impianti è aumentata, nel 2008, del 29%. In totale, l'anno scorso, sono stati prodotti 121 gigawatt (Gw), più del doppio dei 59 Gw prodotti a fine 2005. La Cina ha raddoppiato la sua capacità di produzione per il quinto anno consecutivo, e con i 12 gw prodotti supera in anticipo di due anni il limite di dieci gw che si era prefissata di raggiungere entro il 2010.
SOLARE: I pannelli solari continuano ad essere la tecnologia in più rapida crescita, con il 70% di aumento della capacità di produzione, che ha raggiunto i 13 gw. La Spagna si conferma il Paese leader, con 2,6 gw di potenza in più dai nuovi impianti installati lo scorso anno. In Germania, invece, nel 2008 sono stati 200mila i sistemi di produzione di acqua calda prodotta da energia solare installati.
GEOTERMICO: La capacità di produzione da questa fonte di energia ha superato i 10 gw nel 2008, con gli Stati Uniti al primo posto dello sfruttamento dei giacimenti. L'energia derivata dal geotermico è usata ormai in 76 Paesi.
COMPAGNIE: Nell'agosto del 2008 erano 160 le aziende di energie rinnovabili ad avere un fatturato di oltre 100 milioni di dollari. Tra tutti i Paesi, l'India in particolare è diventata il primo produttore di pannelli solari, con investimenti proposti dalle diverse compagnie di circa 18 miliardi di dollari. Almeno 64 Paesi hanno oggi in atto misure per promuovere lo sviluppo di energie da fonti rinnovabili.
 

 

«Parte la Torino-Lione»
 

TORINO Il progetto della Torino-Lione ad alta velocità ferroviaria «sarà pronto entro il 30 giugno prossimo, poi partiranno i primi lavori». Lo ha ribadito il ministro alle Infrastrutture ai Trasporti, Altero Matteoli, partecipando a Torino, ad un incontro sulle grandi opere promosso dal Pdl. «Spero che si possa aggiungere a un accordo con i sindaci - ha detto Matteoli - sarebbe una cosa bellissima, in ogni caso questo governo ha la forte volontà di realizzare un'opera fondamentale non solo per il Piemonte ma per tutta l'Italia». Matteoli ha ricordato di «avere sempre detto chiaramente, negli incontri con i sindaci, che la Torino-Lione »non è in discussione e si farà«, e ha spiegato che nell'ultimo mese l'appuntamento periodico con gli amministratori locali è stato sospeso «perchè in quasi tutta la Valle di Susa si voterà e ho ritenuto opportuno attende l'esito delle elezioni».
 

 

Gli ambientalisti dicono sì al parco per l’arcipelago davanti a Sebenico - LA TUTELA SI ESTENDE OLTRE LE INCORONATE
 

FIUME Pieno e incondizionato appoggio è stato espresso da tutte le organizzazioni ambientaliste dell’area costiera all’iniziativa di proclamare Parco naturale, e con ciò sottoporre a particolare regime di tutela, anche le isole dell’ arcipelago antistante Sebenico che non sono incluse nel Parco nazionale delle Incoronate.
Quest’ultimo si estende sulla direttrice sudest-nordovest a circa 15 miglia nautiche dal territorio municipale sebenzano, per cui l’iniziativa punta a porre sotto tutela le restanti 136 tra isole, isolotti o scogli che «fuoriescono» dal Parco delle circa 150 terre emerse delle Incoronate. Il nuovo Parco naturale – più o meno sulla falsariga di quello istituito per il massiccio del Monte Maggiore, che sovrasta il Quarnero – includerebbe quindi tutta una serie di isole e isolotti in gran parte disabitati o che comunque vedono la presenza umana solo durante il periodo estivo. L’idea del nuovo Parco naturale si deve a un gruppo costituitosi spontaneamente tra gli sparuti residenti sulle poche isole abitate dell’arcipelago sebenzano.
L’intento è di mettere al riparo le isole dai sempre più pressanti tentativi di urbanizzazione selvaggia dell’area insulare con costruzioni improvvisate e abusive. Un tentativo di tutela, insomma; un tentativo di preservare le isole dall’incombente devastazione.
La prima che occorre proteggere dall’aggressione del cemento o dei prefabbricati dei nuovi inquilini stagionali calatisi dall’ interno è l’isola di Morter, sulla quale risiedono circa 5 mila dei complessivamente 6 mila residenti nell’arcipelago sebenzano: l’unica provvista di collegamenti marittimi regolari con la terraferma e di un reticolo di infrastrutture a malapena sufficiente a sopperire al fabbisogno della popolazione attuale.
Al rischio dell’abusivismo e dell’urbanizzazione selvaggia sono però esposte sempre più anche le altre isole maggiori, come Capri, Zuri, Slarino e Pervicchio.
Per i promotori dell’iniziativa del nuovo Parco naturale, sulla quale per ora le autorità regionali di Sebenico sembrano voler sorvolare, dall’area in questione dovrebbero essere banditi anche i mastodonti turistico-alberghieri delle vacanze su scala industriale.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2009

 

 

Istruzioni in caso di incidenti alla Siot - OPUSCOLO DEL COMUNE - La nota informativa sarà distribuita a chi vive vicino allo stabilimento
 

SAN DORLIGO Nelle prossime settimane il Comune di San Dorligo della Valle distribuirà alle famiglie che vivono vicino allo stabilimento Siot una nota informativa contenente le principali norme di comportamento da tenere in caso di incidente. In base al decreto legislativo 334/1999 che recepisce la direttiva europea 96/82/CE è previsto infatti l'obbligo per i Comuni di «diffondere un'adeguata informazione alla popolazione potenzialmente a rischio sui pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose».
Nel caso del territorio di San Dorligo della Valle l’area interessata riguarda una decina di abitazioni della frazione di Mattonaia, alcune aziende di via Travnik e della zona artigianale di Dolina. In una nota l’amministrazione precisa comunque che «la probabilità del verificarsi di un incidente considerato rilevante dalla legge è piuttosto rara per il fatto che la normativa prevede specifici obblighi a carico del gestore dello stabilimento in materia di sicurezza ed a carico delle autorità pubbliche in materia di sorveglianza e controllo delle attività a rischio».
Altre informazioni dettagliate si possono trovare sul sito della Prefettura - www.prefettura.it/trieste -, sul link della Protezione civile, dove è possibile visionare il Piano di emergenza esterno per lo stabilimento Siot e sul sito web dello stesso Comune all’indirizzo
www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it.

(r.t.)
 

 

Fiume la prima città in Croazia con un impianto a energia solare
 

FIUME Fiume è la prima città in Croazia ad aver installato il sistema ad energia solare segnando così l’avvio della produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Il sistema è stato posizionato sul tetto del Palazzo municipale in Corso e con i suoi 44 moduli fotovoltaici della potenza di 10 kilowatt sara’ in grado di produrre 9 mila kilowatt di energia elettrica all’anno. Lo ha rilevato nel corso della presentazione il direttore dell’impresa Energo preposta alla distribuzione di gas e riscaldamento centrale. Grazie a questa centrale elettrica ad energia solare nell’arco di 25 anni nell’aria verranno emesse 68 tonnellate in meno di biossido di carbonio. Entro il 2012 la Città di Fiume intende installare sistemi del genere nel 10 per cento dei propri impianti, ed entro la fine del 2009 verra’ avviato il progetto relativo all’incentivazione dell’utilizzo dell’energia solare da parte degli utenti a domicilio.
 

 

LUSSINPICCOLO - Ultimatum da Punta Kriza: via l’antenna o c’è il blocco Manifestazione di protesta e stop al collegamento che porta a Ossero
 

L’ ultimatum è stato lanciato: se entro il prossimo 31 maggio non sarà rimossa l’ antenna del concessionario per la telefonia mobile Vip, gli abitanti di Punta Croce, a Cherso, daranno vita a manifestazioni di protesta, che comprenderanno tra l’ altro il blocco della strada che collega questa località e Ossero.
Lo hanno comunicato i responsabili del Comitato locale di Punta Croce e della direzione della società locale Puntari, rilevando ai giornalisti che la popolazione del posto sta tentando ormai da sette anni di far scomparire il ripetitore, un gigante di 30 metri, posto all’ ingresso dell’ abitato e distante non più di una ventina di metri dalle prime case. Per giunta, l’ antenna era stata collocata in modo illegale, in quanto la Vip non aveva ottenuto i permessi necessari, violando apposta le norme di legge in materia. Una vicenda che risale addirittura all’ormai lontano 2002: il ministero della Salvaguardia ambientale aveva apportato la delibera sulla rimozione della struttura, ordinanza che aveva visto l’ azienda concessionaria (e la cosa è andata avanti per altri sette anni) fare orecchie da mercante. Quindi, dallo stesso dicastero era stato rivolto l’ appello alla Vip a smantellare il ripetitore entro il 30 aprile 2003, altrimenti l’ operazione sarebbe stata eseguita da una ditta ingaggiata dal ministero.
Non se n’ è fatto niente e il «palo» è rimasto lì, risparmiato sia dalla Vip, sia da maestranze e ruspe ministeriali. Con il passare del tempo e degli anni, e visto che nessuna delle competenti istituzioni muoveva neppure un dito, la tensione è andata aumentando, fino a quando gli isolani hanno deciso che è tempo di finirla e di opporsi a questa specie di anarchia, di mancato rispetto dello stato di diritto.
«Noi sappiamo che la legge è dalla nostra parte e lo sapevamo in tutti questi anni, anche nel 2006 quando protestammo sotto l’ antenna, senza ottenere risultati concreti – parole del presidente della società Puntari, Franko Kucic – abbiamo così optato per il blocco dell’ arteria Punta Croce – Ossero, una strada frequentata anche dai turisti, che così verranno a sapere cosa succede in queste zone».
Per dare sostegno e credibilità al dissenso, è stata organizzata anche una raccolta di firme, alla quale si poteva aderire fino alla giornata di ieri. La petizione sarà sottoposta all’ attenzione della Città di Lussinpiccolo e del sindaco Gari Cappelli (Punta Croce appartiene geograficamente a Cherso, ma è inserita nella municipalità lussignana), con la speranza che vengano informate le competenti istituzioni statali. La pazienza degli abitanti del suggestivo abitato chersino è ormai agli sgoccioli e le eventuali «barricate» sulla Punta Croce – Ossero avrebbero senz’ altro ripercussioni negative sulla locale industria turistica.

(a.m.)
 

 

Il tracciato della Tav
 

Ho letto con interesse i recenti articoli sul tracciato dell’alta velocità ferroviaria a Trieste e i relativi commenti e opinioni sull’argomento.
Secondo me sarebbe magnifico poter sveltire i collegamenti di Trieste con il resto dell’Italia e con l’Est Europa. Ho una figlia che lavora a Milano e so bene quanto ci impiega ad arrivare a casa con la «tradotta» Milano-Trieste. Purtroppo, nonostante tutto, non sono riuscito a farmi un’idea chiara di cosa si prevede di fare.
Sembrerebbe, dalle planimetrie che ho visto, che l’ipotesi sia di far passare il tracciato prevalentemente in galleria alle spalle di Trieste. La zona più vicina al centro mi sembra dovrebbe essere quella di S. Giovanni. Non mi è chiaro, a questo punto, a cosa serva questa linea. Se deve servire il traffico passeggeri mi sembra che passi lontano dal centro città e non credo che sia ipotizzabile una nuova stazione centrale a S. Giovanni. Se deve servire il traffico merci il percorso per arrivare in porto, tra tornanti e scambi per la linea verso Capodistria, diventa lunghissimo. A questo punto agli operatori merci converrà far arrivare le merci a Capodistria!
Oltretutto costruire ex novo una linea ferroviaria con le caratteristiche indicate avrà certamente, come evidenziato anche da chi mi ha preceduto, dei costi nascosti oggi difficilmente prevedibili.
La zona prevista per gli scavi è nota come fortemente carsificata e ricca di grotte e vene d’acqua sotterranee. Chiaramente incontrarle comporterà costi aggiuntivi e ritardi di esecuzione, senza parlare dei problemi ecologici.
Ricordiamo quello che è successo nella galleria di Padriciano della grande viabilità, quando si è incontrata quella che è stata chiamata la Grotta Impossibile. Il rallentamento dei lavori è durato mesi e i costi sono lievitati.
Non sarebbe più logico (e meno costoso) trasformare la stazione di Poggioreale nella stazione Tav di Trieste? Scusate se un profano si permette di avanzare questa proposta ma, guardando la carta, si vede subito che il tracciato da Monfalcone a Opicina-Poggioreale può essere facilmente rettificato senza pesanti interventi e adattato alle esigenze della Tav.
Oltretutto, a quel punto, per arrivare a Divaccia la linea ferroviaria c’è già. Basta aggiornarla.
Si avrebbe così anche il vantaggio di sfruttare l’Autoporto di Fernetti (che sta sul tracciato) come polo logistico per le merci, sgravando il porto e semplificando la distribuzione dei container.
Oltre a tutto ciò la stazione di Poggioreale è ben collegata alla città e le linee attuali potrebbero essere facilmente usate come metropolitane, con la semplice aggiunta delle stazioni necessarie e allungando la linea del tram Trieste-Opicina.
Non so quanti lo sappiano ma Trieste è già dotata di varie linee ferroviarie (ben poco usate) che potrebbero benissimo essere trasformate in metropolitane. Sono queste:
1-Opicina-Poggioreale, via Bonomea, bivio Faccanoni, Guardiella (stazione), via Cumano-Rozzol (stazione), l.go Pestalozzi, via S. Marco, Staz. Campo Marzio.
2-Campo Marzio, via Svevo, Risiera, via Caboto, via Flavia, Aquilinia, Noghere, Muggia-Ospo (questa linea ha una diramazione che arriva anche alla Grandi Motori).
3-Campo Marzio, via Svevo, p.zza Volontari Giuliani, cavalcavia di Barcola (circonvallazione sotterranea).
Non sarebbe forse il caso di sfruttare queste linee alleggerendo così il nostro caotico traffico di superficie?
Ezio Solvesi
 

 

Sadoch in degrado

 

Il Comitato di via Pollaiuolo vuole ribadire ad alcune affermazioni esposte dall'arch. Fabbro nell'articolo "Sadoch in degrado, continua la protesta" pubblicato il 4 maggio. Egli afferma: "Escludiamo che ci sia dell'amianto sbriciolato. Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata a suo tempo dall'Ass. La Art 2000 precisa anche di cercare di mantenere in sicurezza il sito, dove però i vandalismi sono numerosi e quotidiani i danni alle recinzioni, perciò invita i residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta notino presenze sospette".
In risposta alle affermazioni di cui sopra, precisiamo che nel giugno del 2008 un’emittente locale ha realizzato due servizi sul ritrovamento, all'interno del comprensorio, di amianto sotto forma di eternit e altri rifiuti, quali fusti contenenti materiali non ben individuati, gomme auto ecc... Noi abitanti non abbiamo mai visto nessuna ditta specializzata (vestiti di bianco) a occuparsi della bonifica vantata dall’arch. Fabbro. Per quanto concerne il mantenimento della sicurezza nel sito, noi che abitiamo in prossimità, non abbiamo visto alcuno chiudere i varchi; basta fare un giro in v.le Ippodromo per vedere ampie aperture; in via Settefontane un portone d'accesso al comprensorio è sempre aperto, consentendo l'accesso alla «discarica» sul retro della ex fabbrica e dalla via Pordenone ci sono solo quattro transenne che anche la bora fa cadere; succede spesso di vedere persone non meglio identificate aggirarsi all'interno alla sera e anche ragazzi durante il giorno (si veda anche i graffiti all'ultimo piano). I cittadini, comunque, hanno già più volte chiamato le varie forze dell'ordine e non solo. Risulta singolare, quasi ridicolo, che alla vigilanza del sito, che non è vigilato da chi dovrebbe e che ci ha comportato tanti disagi per il degrado e per l'insicurezza, siano chiamati proprio gli abitanti incolpevoli (dopo il danno, pure la beffa). Vista la contrapposizione risultante su queste righe sul pericolo dell'amianto e sulla sicurezza nel sito, saremo costretti a rivolgerci alla Procura della Repubblica affinché faccia chiarezza sull'argomento, e chiederemo altresì al Sindaco misure urgenti (ex art.54 D.Lgs. 18 agosto 2000 n° 267) affinché tuteli l'incolumità e la sicurezza dei cittadini.
Desta nuova preoccupazione negli abitanti l'affermazione dell'ing. Tosolini: «Il piano regolatore peraltro è in fase d'aggiornamento, ma non è detto che la variante riconfermerà piccole modifiche stradali, come la via Pollaiuolo». Questa è una vera e propria dichiarazione d'intenti che, se venisse attuata, confermerebbe la politica del Comune ad eliminare i problemi anziché risolverli.
Il Comitato di via Pollaiuolo
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA di W.W.F Italia Nostra Legambiente L.I.P.U. - SABATO, 16 maggio 2009

 

Disegno di legge “anti-crisi”. Gli ambientalisti: “Servono modifiche sostanziali, per un rilancio dell’economia che non sia solo sostegno alla crescita a spese dell’ambiente.”
 

Resta critico il giudizio degli ambientalisti sul disegno di legge “anti-crisi”, predisposto dalla Giunta regionale e approvato (con modifiche) dalla IV Commissione del Consiglio.
WWF, Italia Nostra, Legambiente e LIPU avevano già stigmatizzato alcuni contenuti del testo originario: dimezzamento - anche retroattivo! - delle tariffe a carico delle aziende per le istruttorie ed i controlli dell’ARPA, necessari al rilascio dell’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale (tariffe ridotte ad una cifra simbolica per gli allevamenti industriali), procedure quanto mai sbrigative per accelerare la realizzazione di infrastrutture ed altre opere pubbliche o private dichiarate “strategiche” dalla Giunta regionale, esenzione dall’obbligo della VIA per i “piani straordinari d’emergenza”.
Le norme sulle opere “strategiche” sono state stralciate dalla Commissione, con l’intesa di riscriverle in aula in una forma più rispettosa delle competenze comunali, mentre le altre sono rimaste invariate.
“Non è cambiato quindi – osservano gli ambientalisti – l’impianto complessivo del disegno di legge, che resta sempre improntato alla volontà (illusione?) di aumentare la crescita del PIL, senza alcun riguardo alla qualità degli interventi che si andrebbero a realizzare.”
La crisi economica dovrebbe invece, secondo le associazioni ambientaliste, essere l’occasione per sviluppare le azioni ed i settori, in grado di correggere le distorsioni del modello di sviluppo (dissipatore di risorse non rinnovabili e di qualità ambientali) che è all’origine della crisi stessa. Si dovrebbe quindi investire, ad esempio, nel sostegno ai settori che per comodità si riuniscono sotto la sigla di “green economy” – risparmio energetico, riduzione degli inquinamenti, raccolta differenziata spinta dei rifiuti, manutenzione del territorio, riqualificazione del patrimonio edilizio, agricoltura biologica, tutela e incremento della biodiversità, ecc. – e per un riequilibrio del sistema dei trasporti, oggi gravemente sbilanciato a favore della viabilità stradale.
“Perché non puntare - continuano gli ambientalisti - ad esempio a realizzare finalmente il collegamento ferroviario di soli 6 km tra i Porti di Trieste e Capodistria (un progetto è pronto da anni), e il raddoppio della linea Cervignano-Udine, anziché prefigurare sempre e soltanto un’alluvione di nuove strade e autostrade?”
La posizione della Giunta regionale appare, aggiungono WWF, Italia Nostra, Legambiente e LIPU, culturalmente tributaria dei diktat di Confindustria, che al solito cerca di scaricare sui contribuenti il peso finanziario del rilancio economico nei momenti di difficoltà (nel più puro stile italico del “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”), senza il benché minimo accenno critico – e autocritico – rispetto alla crisi sempre più evidente del modello di sviluppo imperante.
Anzi, il presidente regionale degli industriali Calligaris pretende, come dichiarato di recente alla stampa, che si dia “impulso alle opere pubbliche e alle infrastrutture: dall’alta velocità al rigassificatore, dai collegamenti stradali e aerei al nucleare.” Tutto per lo più a spese di Pantalone e senza il minimo riguardo né alla compatibilità ambientale, né alla sostenibilità economica di tali interventi.
Gli ambientalisti si augurano perciò che il Consiglio regionale, il quale martedì 19 maggio esaminerà il disegno di legge anti-crisi, vi apporti quei correttivi indispensabili per non far pagare all’ambiente il costo di un tentativo – miope quanto incerto nei risultati – di rilancio della crescita economica.
E’ necessario quindi eliminare gli “sconti” sulle tariffe dell’AIA (“Ne beneficerebbe anche la Ferriera di Trieste, che sicuramente non merita trattamenti di favore”) e confermare l’obbligo della VIA per i “piani straordinari d’emergenza” (“Potrebbero rivelarsi un escamotage per realizzare opere devastanti come le casse d’espansione sul Tagliamento, mega-escavazioni in altri corsi d’acqua, nuovi massicci dragaggi in laguna, ecc. scavalcando ogni garanzia di compatibilità ambientale“).
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2009

 

 

«Tav, ecco cosa è successo al Mugello» - La riunione degli oppositori - Le testimonianze di altri comitati italiani: attenti alla vostra bella Val Rosandra
 

Ragazzi in jeans e t-shirt, anziani in pantaloni e camicia, molte donne anche con qualche bambino al seguito, uomini di mezz’età in giacca e cravatta. È l’eterogenea platea di oltre un centinaio di persone che ieri pomeriggio si è riunita al centro Ukmar di Domio per dare vita al costituendo Comitato No Tav di Trieste. L’occasione per incontrarsi è stata quella di ascoltare le testimonianze di altri comitati No Tav sparsi per la penisola giunti appositamente nella frazione di San Dorligo della Valle, il comune che dovrebbe essere particolarmente interessato dalla linea ferroviaria Trieste-Divaccia, anello di congiunzione il Corridoio 5.
L’intervento che ha sicuramente destato maggior impressione è stato quello di una coppia proveniente dal Mugello. Le immagini proiettate in sala, con le gallerie invase dall’acqua e i letti dei rigogliosi fiumi prosciugati, hanno creato più di qualche preoccupazione tra i residenti presenti. «Questo è l’effetto drenante delle gallerie, state attenti, perché questo potrebbe succedere anche nella vostra bella Val Rosandra», spiega Marina da Firenze. Non è da meno però il contributo visivo proposto da Claudio del comitato Kein Bbt del Süd Tirol. Decine e decine di cantieri, vallate una volta incontaminate e ora completamente invase da ruspe e cemento. Chi non ha (ancora) visto distruggere le proprie terre è invece Claudio da Alessandria, rappresentante del comitato contro il Terzo valico tra Liguria e Piemonte: «Da noi si corre il rischio che lungo l’ipotetico tragitto della Tav si scoprano fibre di amianto nella montagna, allora dico che è giusto ribellarsi nella maniera più opportuna a questi soprusi soprattutto quando le istituzioni, invece che ascoltare i cittadini, minacciano di schierare l’esercito come accaduto da noi». Dalla platea scrosciano applausi.
Gli attesi esponenti dalla Val di Susa invece non ci sono. Ma hanno fatto pervenire a due delle anime più attive del comitato locale, Dario e Carlo Visintini, alcune lettere. Molto sentita la missiva di Nicoletta Dosio: «Sull’esempio della nostra Valle sono nate infinite mobilitazioni contro la rapina di opportunità e risorse, per i diritti di tutti ad un’esistenza felice e a un lavoro dignitoso: anche per non deludere quelle persone non ci arrenderemo mai». Il prossimo appuntamento del Comitato No Tav di Trieste è fissato per lunedì alle 18.30 al laghetto di Basovizza: in prima linea, l’annunciata presenza di centinaia di animali domestici e non solo, con padroni al seguito.
Riccardo Tosques
 

 

”Svuota le cantine”: iniziativa scolastica per la raccolta rifiuti - SAN GIOVANNI
 

Si terrà oggi dalle 8.30 alle 12.30, alla Rotonda del Boschetto, nella sede della VI Circoscrizione, la Giornata ecologica per la raccolta differenziata intitolata “Svuota le cantine”. L’”evento” concluderà le attività svolte nel corso del terminante anno scolastico nell’ambito del Progetto “3 Erre: Risparmio, Riciclo e Riuso – Gestisco i rifiuti, proteggo l’ambiente”, promosso e finanziato dalla Provincia di Trieste a favore dei Comuni, che vede quale “capofila” il Comune di Trieste con le sue Aree Sviluppo Economico e Turismo ed Educazione Università e Ricerca. Promuove la “giornata” l’Istituto Comprensivo scolastico San Giovanni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2009

 

 

Fonti rinnovabili e comuni - IN 70 ALL’INCONTRO A MUGGIA
 

MUGGIA Si è svolto ieri al teatro Verdi di Muggia il secondo incontro pubblico organizzato dall'Agenda 21 locale Pass sul risparmio e le risorse energetiche dal titolo “Energia da fonti rinnovabili: cosa può fare la pubblica amministrazione”. Alla presenza del vicesindaco di Muggia Franco Crevatin e dell’assessore all’Agenda 21 Loredana Rossi, circa una settantina di persone hanno preso parte all’appuntamento. Tra i temi toccati la pianificazione per l'uso efficiente e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia del Comune di Muggia e del Comune di San Dorligo della Valle. Presenti anche i volontari dell'Ecosportello per fornire informazioni sugli aspetti normativi e sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico. Per ulteriori informazioni si può contattare il sito internet www.riservavalrosandra-glinscica.it.
 

 

Riunione dei comitati No Tav - ALLA SALA DEL CENTRO ANTON UKMAR
 

TRIESTE Nel tardo pomeriggio di oggi, alle 18, la sala del Centro Anton Ukmar «Miro» a Domio ospiterà un incontro pubblico organizzato dal costituendo Comitato triestino No Tav. Interverranno anche alcuni rappresentanti di altre realtà che operano con gli stessi obiettivi di quella locale, ma provenienti da aree diverse del Paese: il comitato No Tav della Val di Susa, quello di Trento e Bolzano e ancora della Toscana (Firenze-Mugello) e di Alessandria (che si contrappone al terzo valico Tav). Gli esponenti delle singole realtà illustreranno le loro motivazioni per continuare ad opporsi alla realizzazione delle cosiddette grandi opere. Inoltre, saranno presenti anche persone appartenenti ai comitati No Tav del Basso Friuli e a quello contrario all’autostrada Carnia-Cadore. Un altro incontro anti-Tav Trieste-Divaccia è in programma lunedì, alle 16.30, allo stagno di Basovizza.
 

 

Castelreggio, esposto degli ambientalisti - Presentato dalla Greenaction Transnational alla Procura di Trieste assieme ad altre istanze
 

NUOVI SVILUPPI ATTORNO AL CASO CHE TIENE BANCO NELLA BAIA DI SISTIANA
DUINO Non solo ricorsi al Tar, peraltro attesi in nuove versioni. Sulla questione di Castelreggio è arrivato ieri anche un esposto in Procura, ad opera dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, nome relativamente recente nella politica ambientale regionale (esiste dal 2008, con sede in via Palestrina, e si è messa in evidenza per aver iniziato battaglie contro i progetti del rigassificatore in Golfo e della Tav), ma know how assolutamente rodato, posto che il presidente è Roberto Giurastante, già presidente degli Amici della Terra. Molti affiliati di quella associazione sono confluiti proprio in questo nuovo sodalizio.
Ieri Greenaction Transnational ha annunciato in una nota di aver depositato alla Procura della Repubblica di Trieste una serie di nuovi ricorsi a tema sulla Baia di Sistiana, uno dei quali si inserisce nella cronaca più recente, riguardando appunto Castelreggio, mentre altri affrontano questioni già sollevate in passato, con richiesta di riesame, e relative in particolare allo sviluppo della Baia di Sistiana, dai tempi della proprietà Cardarelli a oggi.
«Abbiamo sollevato la questione della Baia di Sistiana - ha spiegato ieri uno dei dirigenti di Greenaction, Paolo G. Parovel - in questo momento in cui l'argomento Castelreggio è di massima attualità, perché riteniamo che anche la situazione che si è venuta a creare relativamente alla concessione demaniale sia connessa al sistema di sviluppo e al clima presente in Baia».
Insomma, dopo qualche anno di pausa torna la battaglia degli ambientalisti triestini contro la proprietà della Baia e il progetto di recupero del sito, che viene considerato di carattere speculativo.
Nessun commento da parte della proprietà della Baia, attraverso il portavoce Cesare Bulfon, mentre il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non si scompone: «Questi, e probabilmente anche altri esposti, coinvolgeranno la Procura, in quanto la questione di Castelreggio è controversa, ma soprattutto come si è visto dai numerosi ricorsi al Tar, combattuta. Non abbiamo ancora i contenuti, quindi non mi è possibile entrare nel merito». L'unica buona notizia arriva intanto dalle previsioni meteo: la libecciata, che fino a ieri era prevista dai meteorologi per il fine settimana pare essersi "sgonfiata", mettendo così al riparo la spiaggia di Castelreggio da possibili danni e dalla ulteriore erosione, allo stato attuale già ai minimi storici quanto a compattezza della battigia.

(fr.c.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2009

 

 

Park Sant’Antonio, monta un no trasversale - Udc e Lega: sì ai soli posti di pertinenza. Bucci (Fi): devastante attrarre le auto nel centro
 

FORTI DUBBI SUL PROGETTO IN COMMISSIONE CONSILIARE. OMERO (PD): CAMBIATE LE CARTE IN TAVOLA
E meno male che doveva essere il progetto più immediatamente cantierabile per far fronte a una carenza di parcheggi endemica. L’ipotesi di realizzare Park Sant’Antonio se n’è uscita ieri con le ossa rotte dalla Sesta commissione del Consiglio comunale, dopo una discussione che si lascia dietro almeno un paio di sensazioni inquietanti. La prima: piace realmente a pochi, con una trasversalità di pareri negativi tra centrosinistra e centrodestra che lascia allibiti. La seconda: se questo era considerato il progetto realizzabile in minor tempo, a che punto saranno gli altri?
La discussione, iniziata con un ”distinguo” sullo stesso ruolo dell’assessore Paolo Rovis («A che titolo parla? Non sapevamo neanche – ha sottolineato Roberto Decarli dei Cittadini – che avesse la delega sui project financing, e comunque di urbanistica deve parlare il sindaco Dipiazza, che ha mantenuto la delega») ha via via preso una direzione imbarazzante per l’amministrazione. Perché un progetto che non è difeso neanche da tutta la maggioranza che lo propone parte già con l’handicap.
Prendete ad esempio Roberto Sasco, presidente della Sesta e uomo Udc. Quel parcheggio gli va bene, come ha dichiarato, solo se realizzato secondo le direttive del ”Pup” (Piano urbano parcheggi). E dunque: pertinenziale e senza posti a rotazione. Quelli, semmai, si possono fare «sotto il canale di Ponterosso, secondo un’idea che non ho mai capito perché sia stata bocciata». Il futuro Centro congressi di Palazzo Carciotti, assicura, «non può farne a meno».
Sulle già scomode poltroncine, il centrosinistra non ha fatto che contorcersi. Perché, come ha stigmatizzato ancora Decarli «dal piano parcheggi votato nel 2007 in qua si segnalano solo cancellazioni. San Giusto non si fa più, Riva III novembre neanche, a meno di modifiche. Qui parliamo solo di idee e di intenzioni». Articolata anche la contestazione di Fabio Omero del Pd. «Questo progetto – ha detto – fa parte del Pup. Su quello era stato bandito il project financing, e mi chiedo adesso cosa farà l’imprenditore che si è visto cambiare le carte in tavola e come si comporterà questa maggioranza, visto che servono una variante al piano regolatore e una al piano parcheggi; e i passaggi, tra giunta e consiglio, non sono pochi». Mario Ravalico, sempre del Pd, ha invece posto l’accento sui problemi della sicurezza in fase di costruzione e sulle garanzie da assicurare in merito alla staticità degli edifici circostanti.
Anche nella maggioranza che regge il Comune le posizioni sono a dir poco variegate. Così mentre Angela Brandi (An) difendeva la scelta e l’assessore Rovis ammetteva di aver trovato «un campo già arato, dove semino e me ne vado prima che finisca il grano», Maurizio Ferrara della Lega Nord ha confermato il gradimento solo per l’ipotesi pertinenziale (sposata dagli uffici e dallo stesso mobility manager Bernetti). Un attacco diretto è arrivato più tardi dalla Regione attraverso il consigliere di Forza Italia ed ex assessore Maurizio Bucci. «Il passaggio da pertinenziale a parcheggio di rotazione è devastante, una follia priva di qualsiasi strategia. Bandelli è bravo a spostare transenne e terra ma ha detto cose discutibili. Quello degli uffici non era solo un parere indicativo. Sant’Antonio nasceva nell’ottica di non portare macchine in centro, mentre così si spingono le vetture proprio lì per parcheggiare! C’erano i tre contenitori sulle Rive (tutti peraltro fermi o bocciati ndr), si sarebbero fatte sparire le macchine alla vista, come in tutte le città moderne, ma – incalza Bucci – certe persone dimostrano di non avere coscienza e cultura sul futuro della città».
FURIO BALDASSI

 

 

Lasci l’auto prendi la bici: via al test - Le due ruote a disposizione nei garage di S. Giovanni e Sant’Andrea - Amt lancia tre mesi di prova con 12 mezzi
 

Scatta questa mattina il test ecologico trimestrale ”posteggio+bici” lanciato da Amt, la Spa partecipata all’87% dal Comune che gestisce circa duemila stalli a pagamento in città.
Ieri i primi mezzi a due ruote con chiavetta anti-furto destinati al progetto - che i cittadini potranno utilizzare gratuitamente per fare le loro commissioni dopo aver chiuso e lasciato la propria macchina nel garage a pagamento - facevano mostra di sé fra viale Sanzio e via Locchi, all’ingresso dei park coperti di San Giovanni e Sant’Andrea, ovvero le due strutture individuate, tra quelle gestite da Amt, per i primi tre mesi di sperimentazione.
Tre mesi nei quali saranno dodici, complessivamente, le biciclette messe a disposizione a rotazione tra i due parcheggi con fascia oraria continuata 7.30-20.30, previo deposito alla cassa di una cauzione da venti euro per i clienti occasionali - restituiti alla riconsegna della chiavetta anti-furto - che diventa invece gratuita per i titolari di abbonamento a uno dei due park coinvolti nell’operazione.
Nel caso in cui l’iniziativa decollasse, considerato che per ora ci sono soltanto dodici bici ritirabili dopo aver posteggiato la macchina qualcuno potrebbe persino arrivare nel momento sbagliato - cioè quando gli ecomezzi sono già tutti per strada, manovrati da altri automobilisti che hanno avuto la medesima idea - e non potrebbe così soddisfare la propria voglia di farsi una pedalata.
Da qui la precisazione fatta nei giorni scorsi da Comune e Amt - in occasione della presentazione ufficiale del progetto denominato «La bici fa felici», mutuato da alcuni precedenti in altre città - che si tratta di una prima sperimentazione, che durerà per l’appunto tre mesi.
In base alla risposta dell’utenza, infatti, il numero delle biciclette disponibili all’uscita dei park potrebbe lievitare, arrivando a interessare - ipotesi che l’assessore comunale alle partecipate Paolo Rovis non ha escluso, anzi - pure le aree di sosta a pagamento in superficie in centro città.
(pi.ra.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2009

 

 

Alta velocità a Trieste, servono 1344 milioni - Ma la stima dei costi di costruzione non contempla imprevisti durante gli scavi nel sottosuolo
 

 

Investimenti pari a un miliardo e 344 milioni di euro, cui si sommeranno ulteriori spese straordinarie collegate principalmente a imprevisti. Ad esempio quelli - se non scontati, altamente probabili - da ricondurre agli ostacoli inattesi che verranno rilevati nel sottosuolo. Non costerà meno di questa cifra, insomma, la realizzazione della parte italiana della Tav Trieste-Divaccia, tratto di collegamento fra Italia e Slovenia che rientra nel più ampio disegno del Corridoio 5. Lo dice il progetto redatto da Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, assieme ai colleghi sloveni dell’Istituto traffico e trasporti di Lubiana, appendice del relativo ministero.
Costi per materiali, opere ferroviarie e servizi di ingegneria (le cifre complessive vengono riportate nella tabella a fianco): queste le macro-voci utilizzate per comprendere ogni necessità. Materialmente, la fetta più consistente riguarderà scavi, collegamenti, rotaie e servizi accessori: 908 milioni e 300mila euro. Fino al 2009, ci si concentrerà solo su un lavoro teorico e progettuale, il cui valore economico è stimato in 49,6 milioni di euro. Dal 2010 in avanti si aggiungeranno, un passo dopo l’altro, gli interventi sul campo, che dal 2011 in poi monopolizzeranno la tabella programmatica per la creazione dell’opera. Una di quelle che tutti considerano appartenente al capitolo delle grandi opere, considerata strategica da Stato e imprenditoria e contestata dagli abitanti delle aree interessate dal passaggio del suo percorso, specie chi - come i residenti e gli amanti della Val Rosandra - teme di vedere stravolto il paesaggio circostante.
Tutte le analisi sono state effettuate ritenendo il 2020 come anno buono per l’effettiva entrata in esercizio dell’Alta velocità ferroviaria Trieste-Divaccia (il cui tracciato si snoderà lungo 35,6 chilometri), con i cantieri dunque chiusi nel 2019. A pieno regime di traffico, si arriverà - secondo queste previsioni - nel 2025. Gli studi hanno quindi valutato anche i futuri costi di manutenzione ordinaria, in riferimento - testualmente - «al fabbisogno incrementale di personale» che, con la tratta a pieno regime, si attesterebbe a 20 addetti. A proposito di costi complessivi da sostenere per il mantenimento annuale, a opera terminata e per i due paesi congiuntamente, cresceranno o diminuiranno a partire dal 2020 stesso, tra manutenzioni straordinarie, gestione delle infrastrutture ferroviarie, operazioni del servizio merci e quelle del trasporto passeggeri. Nell’ordine, nell’arco di un periodo di tempo fino al 2044 (come quello preso in considerazione), la prima voce comporterà una spesa globale aggiuntiva da 4 milioni e 30 mila euro; la seconda da 56 milioni e 10 mila; le ultime due, infine, rispettivamente da 860 milioni e 610 mila e da 92 milioni e 430 mila euro.

MATTEO UNTERWEGER
 

 

L’investimento regge grazie ai pedaggi - Le analisi dicono che il primo anno porterà dieci milioni di euro
 

Non solo costi, ma anche entrate. Quelle che dovranno corrispondere le imprese di gestione del servizio ferroviario al titolare dell’infrastruttura stessa. Sì, il riferimento è ancora alla Tav Trieste-Divaccia e allo studio progettuale congiunto italo-sloveno, nel quale si effettuano delle stime pure sugli euro da incassare attraverso i pedaggi. Il calcolo in questione è stato effettuato - in riferimento ai chilometri territorialmente di competenza italiana - in base ad ogni traccia oraria che può essere venduta, ovvero al singolo treno che circola sulla rete.
Venendo alle stime sui pedaggi stessi, le procedure di elaborazione firmate dalla Rete ferroviaria italiana (Rfi) hanno portato a valutare un elenco di percorsi, nei quali chiaramente rientra il collegamento da Trieste all’ex confine italo-sloveno. Ecco, in primis, che la traccia oraria da Venezia, per treni a lunga percorrenza e nell’ipotesi che viaggino di giorno, comporterebbe un pedaggio di 304 euro giornalieri. Allungando il tragitto con partenza da Milano e arrivo sempre alla vicina Repubblica, la quota lieviterebbe fino a 881,40 euro per treni merci. Restringendo invece il campo al percorso Trieste-ex confine, per treni di tipo regionale si arriverebbe a 92 euro mentre per quelli merci a 140,20. Si tratta di prezzi da applicare fra operatori, non di quelli dei biglietti per l’utenza, è bene ribadirlo.
Sono stati portati a compimento anche dei calcoli sulle presunte entrate complessive annue da pedaggio. Partendo dal 2020, annata ancora considerata di attivazione parziale della Trieste-Divaccia, in cui i milioni in entrata arriverebbero alla cifra di dieci e 400mila euro. Cinque anni dopo, nel 2025 ed a pieno regime, il dato crescerebbe a 13 milioni e 100 mila euro. Il quadro è stato assemblato tramite proiezioni sui numeri delle tracce giornaliere potenzialmente vendibili e dei giorni di circolazione dei singoli treni, nonché sulla composizione dei percorsi tra stazioni centrali di fermata, tratti inclusi sulla rete di percorrenza principale e su quella complementare.

(m.u.)
 

 

Due manifestazioni di protesta - VENERDÌ A DOMIO E LUNEDÌ A BASOVIZZA  - Al secondo appuntamento presenti anche animali assieme agli abitanti
 

Due manifestazioni di protesta contro il progetto Tav Trieste-Divaccia sono state organizzate per i prossimi giorni. La prima, in programma venerdì alle 18, sarà un incontro pubblico alla sala del Centro Anton Ukmar di Domio, promosso dal costituendo Comitato triestino No Tav. Nell’occasione, interverranno i rappresentanti delle pari realtà contrarie alla realizzazione di grandi opere del genere sul territorio, provenienti da altre zone della penisola: dalla Val di Susa, da Trento e Bolzano, dalla Toscana e da Alessandria. Inoltre è prevista la presenza di esponenti del comitato No Tav del Basso Friuli e di quello schierato contro l’autostrada Carnia-Cadore. I vari delegati esporranno le loro motivazioni.
Lunedì, invece, alle 16.30, si raduneranno nell’area dello stagno di Basovizza i residenti della zona e non. Ma non saranno da soli: porteranno con loro, infatti, gli animali di proprietà come asini, cavalli, mucche e anche cani e gatti. Un modo per inviare agli autori del progetto della tratta locale del Corridoio 5 un messaggio firmato da tutto il mondo della natura. A curare l’appuntamento sono il bar Cappuccetto rosso di Trebiciano ed il Gruppo Amici della Val Rosandra: anche in questo caso si discuterà di impatto ambientale legato alla realizzazione del collegamento ferroviario.

(m.u.)
 

 

Omero (Pd): il park di Sant’Antonio attrarrà le auto nel centro storico - I PROGETTI IN COMMISSIONE URBANISTICA
 

Si parlerà dei due progetti di parcheggi interrati in piazza Sant’Antonio oggi in commissione consiliare urbanistica. «Sono stato io a chiederlo», scrive il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero: «Molti infatti sono i cittadini che già ci hanno manifestato la loro contrarietà al parcheggio. La Lega Nord in Comune poi si è espressa contro e io condivido le motivazioni del consigliere Maurizio Ferrara». Il motivo? «Ha ragione Ferrara - scrive Omero - quando sostiene che urbanisticamente è sbagliato creare poli di attrazione del traffico privato nel centro storico. Soprattutto quando si vuole puntare a una sua pedonalizzazione con il famoso "ring" che gli gira attorno. È poi irrazionale parlare di parcheggi senza il piano del traffico». Omero fa un esempio: «Se si realizzassero questo nuovo park e quello sotto San Giusto non si potrebbe più pedonalizzare corso Italia o limitarlo al trasporto pubblico, perché altrimenti su via San Spiridione si concentrerebbe il traffico di 1200 automobili. E poi l'attuale piano del traffico prevede che proprio via San Spiridione, da dove dovrebbero entrare e uscire le auto del nuovo park, e il primo tratto di via Filzi fino a via Machiavelli diventino aree pedonali o a traffico pedonale privilegiato. Come dire: nessun park in piazza Sant'Antonio senza variante sostanziale del piano in vigore».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2009

 

 

Riccardi: «Non perderemo i soldi per l’Alta velocità» - «La progettazione per il Corridoio V ferroviario procede speditamente»
 

LA RISPOSTA DELL’ASSESSORE
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia assicura il massimo impegno affinché le progettazioni delle opere del Corridoio V ferroviario (Progetto prioritario n° 6) procedano speditamente individuando delle soluzioni progettuali condivise dal territorio. Lo afferma l'assessore Riccardo Riccardi commentando le indiscrezioni di stampa che paventano la possibilità di perdere i finanziamenti europei sulla tratta Alta Velocità/Alta Capacità della Venezia-Ronchi.
L'esigenza di progettare questa nuova infrastruttura sulla base di un tracciato condiviso, già dalla fase degli studi preliminari, ha suggerito un percorso di concertazione fra le istituzioni e con il territorio che tenesse anche in conto delle altre infrastrutture in corso di progettazione. La Regione Friuli Venezia Giulia attraverso una condivisione con gli Enti Locali interessati - prosegue l'Assessore regionale - ha proceduto alla definizione di un tracciato che, seppure in presenza di ulteriori elementi di approfondimento tecnico, risulta maturo per consentire il completamento del progetto preliminare e il pieno rispetto della tempistica comunitaria.
Il lavoro fra la Regione Friuli Venezia Giulia e Veneto continua a essere intenso e proficuo tanto che è stato possibile a Rete ferrovia italiana (Rfi), per il tramite del ministero delle infrastrutture, chiedere recentemente all'Unione europea la proroga al 31 dicembre 2010 delle Decisioni comunitarie n° 5841 del dicembre 2004 e n° 5961 del 2005 relative alla progettazione della linea ad Alta velocità /Alta capacità fra Venezia e Ronchi.
I finanziamenti europei per la progettazione preliminare si possono quantificare in 3 milioni sulla tratta ferroviaria Quarto d'Altino-Ronchi dei legionari su un totale di 8 milioni e di un ulteriore finanziamento di 2 milioni di euro sulla tratta Venezia Mestre-Quarto d'Altino su un costo complessivo di progettazione di 4 milioni e 500mila euro.
La richiesta di proroga all'Unione europea - conclude l'esponente regionale - è potuta avvenire grazie alla piena condivisione da parte della Regione Fvg e del Veneto della tempistica delle progettazioni che verranno inderogabilmente completate entro la fine del prossimo anno.
 

 

Arriva il ddl per «blindare» la banda larga - Contrasto alle antenne selvagge: regolamento comunale per la programmazione e localizzazione degli impianti.
 

TRIESTE Mai più rischi. Riccardo Riccardi, dopo aver annullato in corner l’accordo tra Mercurio Fvg e Telecom, «blinda» la banda larga. E lo fa, nella bozza del disegno di legge sulle telecomunicazioni illustrata ieri a Udine a gestori, ordini, ambientalisti, subordinando all’autorizzazione della Regione e quindi a gare ad evidenza pubblica la concessione a privati dell’eventuale capacità di trasmissione eccedente il fabbisogno della pubblica amministrazione. L’assessore ai Trasporti, confermando il «programma Ermes» di contrasto al divario digitale affidato a Insiel (dopo l’incorporazione di Mercurio), affronta nella bozza anche la questione della telefonia mobile. In particolare, puntando a porre un freno alle antenne «selvagge», prevede la novità di un regolamento comunale per la programmazione e localizzazione degli impianti.
 

 

Park Sant’Antonio: l’altro progetto Ampliata la piazza, sparisce la fontana

 

L’ELABORATO DELLA CORDATA RICCESI & CO PREVEDE 216 BOX E 115 POSTI A ROTAZIONE

Parcheggio di Sant’Antonio, si va avanti. Anche se non sono mancate, in queste ultime settimane, le prese di posizione contrarie all’apparente scelta del Comune, il Municipio non molla e conferma il sito. E, dopo il progetto Pirzio Biroli per la Carena (23 milioni di costo) e lo strascico di polemiche che si è portato dietro, tocca all’altra cordata locale, targata Riccesi, il compito di spiegare le proprie idee. Abbastanza diverse da quelle dei concorrenti e, per certi versi, più vicine a quelle di Dipiazza & c. «Non pensiamo a un progetto faraonico con annesso centro commerciale – spiega Donato Riccesi dell’omonima impresa – perché i negozi sono già chiusi sopra il livello stradale, figurarsi sotto... Allo stesso tempo non ci concentriamo su fontane et similia perché siamo consci che implicano troppi oneri manutentivi esclusi dal progetto. Quello che vogliamo, al di là del parcheggio, è arrivare a costruire una piazza fruibile».
Concetti buoni e giusti. Ma sorprendenti, se si calcola che nel piano parcheggi per il ”park” di piazza Sant’Antonio era prevista una destinazione solo pertinenziale, e cioè di pura vendita ai residenti. Cos’è cambiato? «In realtà niente – osserva l’assessore Franco Bandelli – perché una volta che il progetto è presentato e sta in piedi finanziariamente nulla osta a cambiare la sua destinazione da pertinenziale a misto, compresa la rotazione. In questo momento piazza Sant’Antonio effettivamente risulta come pertinenziale, ma gli uffici dicono che il loro è un parere puramente consultivo». Un inciso importante, perché, come osserva lo stesso Riccesi, «da quando il Duce aveva interrato il canale quell’area non era mai stata vissuta come piazza». Il costruttore, al riguardo, evidenzia anzi «le aiuole in difficoltà, sempre più spesso oggetto di manifestazioni di ogni tipo, dalla birra al cioccolato, mentre ci sembrerebbe più utile disporre di una piazza libera e non sacrificata come attualmente...».
A cercare di far chiarezza interviene l’assessore che ha la delega ai project financing, Paolo Rovis. «Il nostro problema – osserva – è quello di soddisfare sia i possibili utenti dell’impianto che i residenti. Obiettivamente confermo che l’impianto è quello che ha maggiori possibilità di riuscita a breve. Non solo: ci consentirà di liberare Ponterosso, dando allo stesso tempo risposte ai residenti della zona».
Altro chiarimento: la presenza di Riccesi & co., che per così dire «avanzavano» un progetto dal Comune, dopo che era stato cassato quello di piazza del Ponetrossi, in questo caso è puramente casuale e non legata a meccanismi di compensazione. Lo conferma Rovis, aggiungendo che «c’è un dialogo normale con le imprese».
E i disagi? Anche qui Riccesi sembra avere idee chiare. «Noi puntiamo a mettere in posa una pavimentazione in arenaria, per recuperare uno spazio pedonale vero e non il giardino della miseria attuale, con fontane scarse o che non gettano acqua, aiuole malconce eccetera. Ampi spazi dalle case confinanti vicine. Sono anche stufo di citare Plâce Vendome a Parigi, ma avete idea di cosa abbiano sopportato i gioiellieri di quella città durante i lavori? E i torinesi al tempo delle Olimpiadi invernali? I triestini non possono fare lo stesso?».
FURIO BALDASSI

 

 

Commissione paesaggio, ecco i nomi - L’opposizione: ma i liberi professionisti andavano esclusi
 

Paolo Zelco, Pasquale Bucci, Ermanno Simonati e Andrea Benedetti. Sono i quattro professionisti - ai quali si affiancherà il dirigente comunale Walter Cossutta - scelti come componenti della Commissione paesaggio, il nuovo organismo che ieri ha ricevuto il definitivo via libera dalla giunta.
I finalisti sono stati selezionati direttamente dal sindaco tra le terne di nomi indicate dagli ordini professionali e dalle Facoltà universitarie con insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. «La scelta è caduta su ottimi tecnici, valutati sulla base di esperienze e capacità, fuori quindi da ogni logica di schieramento - precisa Roberto Dipiazza -. Tecnici che sono diretta emanazione degli ordini professionali, e rispetto ai quali mi auguro non ci saranno polemiche».
A rappresentare l’Ordine degli architetti sarà l’ex vicepresidente Paolo Zelco, dello studio «Zelco e Lazzari» a cui si deve il progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Tra i nomi indicati dal Collegio dei geometri è stato invece scelto quello del presidente e coordinatore delle commissioni catasto e sviluppo dell’ordinamento professionale Pasquale Bucci, mentre in rappresentanza dell’Ordine degli ingegneri è stato designato Ermanno Simonati, titolare assieme a Stefano Patuanelli dello studio Bauenlab che, fra gli altri interventi, ha firmato il progetto di ampliamento della sede del Mib al Ferdinandeo. Il quarto componente, indicato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali, è infine Andrea Benedetti, docente di Restauro alla facoltà di Architettura. Nella nuova commissione, invece, non siederà alcun componente degli ordini dei geologi e dei periti. «Ma solo per una questione di numeri - conclude Dipiazza -. I componenti da nominare erano quattro a fronte di 9 realtà proponenti».
Sulle procedure seguite per selezionare i finalisti punta però il dito l’opposizione. «Avevamo chiesto che venissero esclusi dalle terne quanti esercitano la libera professione a Trieste - commenta il capogruppo del Pd Fabio Omero -. Una proposta, dettata dalla necessità di evitare situazioni di conflitto di interessi e incompatibilità, evidentemente non presa in considerazione. Proprio come la richiesta di coinvolgere tra le realtà chiamate a proporre nomi anche le associazioni ambientaliste».

(m.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2009

 

 

Corridoio 5, l’Italia rischia di perdere i fondi Ue - BRUXELLES HA STANZIATO 30 MILIONI MA IL PROGETTO RISCHIA DI NAUFRAGARE
 

Il conflitto fra Friuli Venezia Giulia e Regione Veneto che studia un percorso alternativo vicino al mare

VENEZIA Alzi la mano chi non ha, almeno per una volta, protestato contro la mancanza di finanziamenti all'Alta velocità nel Nordest, contro la messa in secondo piano rispetto agli altri progetti italiani. Alzi, ancora, una mano chi non ha rivolto l'accusa contro Roma che non dà i soldi alle Ferrovie, che lesina i fondi per quest'opera lasciando il Corridoio Cinque, un asse vitale per il Nordest italiano e la sua posizione logistica in Europa, incompiuto. Bene.
SOLDI ADDIO. Tutti quelli che fino a ora hanno protestato sappiano che in questi giorni si sta consumando una piccola tragedia, o, se così si vuole, una farsa. Perché‚ l'Italia sta perdendo i 30 milioni di euro che la Commissione europea aveva concesso (di cui 5 per il finanziamento del progetto preliminare dell'Alta velocità-Alta Capacità tra Mestre e Trieste). Li sta perdendo non per colpa di Roma, ma delle Regioni, il Veneto in prima fila e a seguire per logica il Friuli Venezia Giulia, che in realtà è andato avanti eroicamente da solo. Tutto ciò succede perché‚ che da cinque anni, da quel 2004 in cui questi soldi erano stati concessi in nome dell'importanza riconosciuta al Corridoio Cinque, non sono riusciti a tracciare un progetto comune che definisse dove deve passare la ferrovia per le due regioni. Contatti affannosi sono in corso, in queste ore, per tentare di trovare una soluzione, una bozza, in modo da non perdere i finanziamenti e con essi anche la faccia.
PROROGA. Ma nessuno sa se, tra richieste di proroga, che il ministero delle Infrastrutture sembra intenzionato ad avviare, progetti abborracciati all'ultimo minuto per trovare un compromesso, si arriverà da qualche parte. L'Italia rischia così di presentarsi all'appuntamento del 2010, quando in sede europea ci sarà la quinquennale revisione delle priorità e dello stato di realizzazione dei «Corridoi», con un asse Ovest-Est mozzato alle ali, cioè ancora in ballo, sulla Torino Frejus, e di là da venire sulla Mestre-Trieste, con il rischio di compromettere le decisioni future sui finanziamenti. Enzo Cipolletta, direttore delle Ferrovie, non è pessimista, almeno sul Nordovest. «Se entro quest'anno - dice - si deciderà di avviare i lavori del tunnel credo che potremo presentarci nel 2010 con qualche forza. Certo che se restiamo in alto mare sia a Ovest che a Est, tutto diventa più complicato».
BUCHI. Senza contare i numerosi «buchi» nel mezzo, e cioé il fatto che tra Verona e Padova, soprattutto, c'è in mezzo ancora irrisolto il nodo di Vicenza ormai in ballo da anni, senza che un vero accordo sia stato raggiunto sul tracciato, e quindi sul finanziamento. Mentre da Treviglio fino a Brescia le Ferrovie attendono di sapere quanta parte verrà destinata quest'anno dal governo alla costruzione effettiva della linea. A Est comunque l'assenza di un progetto e la perdita dei finanziamenti sono un segno della responsabilità che, alla fine, hanno anche le Regioni nel fallimento.
INDECISI. Soprattutto il Veneto che per ora non ha deciso nulla mentre i friul-giuliani, soprattutto sotto la presidenza di Riccardo Illy, per il quale il Corridoio Cinque era una vera ossessione, sono andati avanti.
AUTOSTRADA. Da Latisana a Ronchi, la tratta che è in territorio di qua dal Tagliamento, è stata infatti più o meno definita. Ma senza sapere come da Mestre si arriverà a Portogruaro, è poco più di nulla. E poi ritornano qui in ballo i friul-giuliani con Autovie, dato che il percorso più logico era quello di affiancare la ferrovia all'autostrada Mestre-Trieste.
IL TRACCIATO. Ma la soluzione è finita in un vicolo cieco, un po' per i costi, - bisogna rifare tutti i cavalcavia e nessuno sa chi li paga -, un po' perché ormai c'è la corsa a fare la terza corsia d'urgenza, un po' perché‚ la Regione Veneto si è messa a progettare altro, e cioé un percorso che passa vicino al mare, vicino a Jesolo e Eraclea, ritenuto impossibile e pazzesco da tutti non solo per i costi ma anche perché‚ passa in zone ultradense di paesi o di siti delicati dal punto di vista naturalistico. E come in tutti i casi che si comincia a discutere un progetto invece di un altro, si finisce nel nulla.
I COMMENTI. Paolo Costa, che da anni sta conducendo una battaglia in Europa e che come presidente del Porto di Venezia, insieme a Trieste, sta cercando di ribilanciare sull'Adriatico un asse logistico infrastrutturale che rischia di spostarsi altrove, dice di essere sicuro che la priorità del Corridoio Cinque verrà confermata. «È un fatto scontato - dice -, del resto a livello europeo stiamo tessendo una serie di accordi che ridefiniscono gli assi: come quello raggiunto pochi giorni fa, su proposta austriaca, estende il Corridoio Varsavia-Vienna a Danzica, Trieste e Venezia, con l'accordo di cechi, sloveni e polacchi, creando un legame tra Baltico e Adriatico».
Ma tutto questo lavoro si rivelerà per gran parte inutile, se non si rafforzerà l'asse ferroviario, di cui i porti hanno bisogno come il pane per la loro logistica, ma che le Regioni, e soprattutto il Veneto, sembrano non considerare prioritario.
ALESSANDRA CARINI

 

 

COMUNE  - Commissione paesaggio
 

Leggo sulle Segnalazioni la polemica di un consigliere comunale dell'opposizione, riguardante la composizione della nuova Commissione comunale per il paesaggio, istituita recentemente con legge regionale, con competenza sull'impatto architettonico nelle zone di pregio ambientale.
Un tanto premesso, si è ritenuto opportuno valutare l'inserimento di un rappresentante dei diversamente abili in detto organismo, pur non essendo una commissione urbanistica.
Così, a fronte di un ordine del giorno di contenuti estremamente limitati, presentato da un consigliere di minoranza, la maggioranza ne ha presentato un altro, dando indicazioni puntuali agli Uffici comunali: procedere mediante convenzioni con la Consulta Provinciale dei disabili, affinché sia i progetti su edifici pubblici, sia quelli privati aperti al pubblico (le banche ad esempio), vengano valutati anche da chi deve muoversi in maniera differente.
Un documento seriamente strutturato, e quindi applicabile. Il resto è solo demagogia fine a se stessa.
Piero Camber - capogruppo Pdl al Comune di Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2009

 

 

Antenna, appello a Menia - L’installazione in via del Veltro - I RESIDENTI AL SOTTOSEGRETARIO: VENGA A VEDERE
 

Dopo avere ricevuto un no dal Consiglio di Stato sulla questione delle antenne Gsm-R che le Ferrovie vogliono installare per le comunicazioni interne alle gallerie ferroviarie, gli abitanti di via del Veltro non si danno per vinti. Riunitisi in comitato, hanno scritto al sottosegretario all’ambiente Roberto Menia per chiedergli un intervento che affronti l’emendamento alla Finanziaria del 2006 del governo Prodi. Emendamento che in sostanza esautora i Comuni e le Soprintendenze - anche in presenza di aree paesaggistiche tutelate - da ogni parere sulle installazioni di sicurezza delle Ferrovie. I cittadini invitano Menia a un sopralluogo nella via posta sotto San Giacomo.
«L’antenna - si legge nella lettera - è costituita da un sistema di comunicazione mobile tra il personale operante a bordo dei treni e il personale di terra, che in questo caso coinvolge solo uno o due treni merci che attraversano un tratto delle Ferrovie a poche decine di metri dalle abitazioni. Le centinaia di famiglie che abitano nei pressi hanno contestato il criterio con il quale le Ferrovie hanno installato la struttura di trenta metri».
Nel documento si rileva come del problema si siano occupati il Comune - con la Commissione trasparenza - e la Direzione regionale per i beni paesaggistici. Questi ultimi due enti hanno fatto ricorso, sia al Tar che poi al Consiglio di Stato, ritenendo che gli enti locali dovrebbero essere consultati quando esista un vincolo paesaggistico, ricevendone come si diceva un doppio pollice verso.
Spiega il consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli: «Tutto parte dalla Finanziaria 2006 che prevede una semplice comunicazione di Dia (dichiarazione inizio attività) agli enti preposti che non possono intervenire in alcun modo». La lettera a Menia si conclude così: «Siamo consapevoli che il “metodo” utilizzato dalle Ferrovie abbia prodotto una situazione simile in diversi comuni italiani, per cui riteniamo che il problema possa essere risolto soltanto con un intervento in Parlamento».
Daria Camillucci
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2009

 

 

Amt lancia il pacchetto ”posteggio + bici” - Le due ruote a disposizione di chi lascerà l’auto a S. Giovanni o in via Locchi
 

SPA PARTECIPATA DAL COMUNE: UTILI PER 840MILA EURO
Parcheggiate nei garage di San Giovanni e Sant’Andrea? Vi daranno una bici con chiavetta anti-furto per fare le vostre commissioni in zona.
Dopo il pagamento via cellulare, Amt ne trova un’altra. Da giovedì prossimo dodici biciclette saranno disponibili a rotazione, fra i due park di viale Sanzio e via Locchi, per una sperimentazione di tre mesi che, se avrà successo, potrebbe sfociare in un incremento di mezzi ecologici a due ruote utilizzabili in uscita dai posteggi a pagamento, forse pure da quelli all’aperto. Ai clienti occasionali sarà chiesta una cauzione di 20 euro, gratuita invece per gli abbonati. «La bici fa felici!» è lo slogan dell’operazione annunciata dall’assessore con delega alle partecipate Paolo Rovis durante la presentazione dei dati di bilancio 2008 della stessa Amt, la Spa di proprietà del Municipio all’87% che gestisce in house 857 stalli blu comunali in superficie e altri 1.043 coperti nelle strutture di via del Rivo, Sant’Andrea, San Giovanni, Scorcola, Fiera e via Tor San Piero. Dati che - osservano Rovis e il presidente della partecipata Rocco Lobianco - parlano di un utile dopo imposta di 840mila euro, di un risultato operativo pari a un +5,05% del valore di produzione, nonché di 800mila euro finiti nelle casse comunali con la tassa di occupazione suolo pubblico. Dal 2005 al 2008, inoltre, i ricavi da vendite e prestazioni sono passati da due milioni a due milioni e 900mila, mentre le spese sono diminuite di 500mila euro per un drastico contenimento dei costi passato anche per un ridimensionamento dei servizi esternalizzati. Numeri che collocano Amt tra le Spa a capitale pubblico ad alto valore strategico per il Comune.
Un valore però che potrebbe avere una data di scadenza al 31 dicembre 2010, dopo la quale le attuali normative imporranno un rinnovo della concessione attraverso un bando europeo. «È vero che la legislazione dice questo - ammette Rovis - ma è altrettanto vero che le norme, di questi tempi, sono soggette a molte revisioni a distanza ravvicinata. Ci penseremo a ridosso di quella data». «A testimonianza di questi continui aggiornamenti giurisprudenziali in materia quasi schizofrenici tra sentenze e circolari ministeriali - fa eco Lobianco - un anno fa eravamo a un passo dalla gestione dei parcheggi comunali a Gorizia, che poi non si poté fare».
Ultima annotazione: la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio toglie 38 posti - precisa il direttore di Amt Davide Fermo, presente con il vicepresidente Adriano Schreiber - «ma abbiamo dato mandato agli uffici di trovare alternative in aree limitrofe», aggiunge Rovis.

(pi. ra.)
 

 

Controlli ok: è pulita l’acqua di Marina Julia - I divieti di balneabilità vanno rimossi: è già partita la richiesta ufficiale a Trieste
 

L’INDAGINE DI MAGGIO
MONFALCONE Il mare del golfo di Panzano continua a mantenersi pulito. Anche il campionamento effettuato a inizio maggio dall’Arpa ha dato un esito favorevole, promuovendo in questo preludio di stagione balneare l’acqua di Marina Julia e dimostrando come gli interventi di completamento della rete fognaria del quartiere e della città stiano dando risultati. Sempre che non ci sia la pioggia ad aumentare la portata dell’Isonzo, trasportando con velocità l’inquinamento organico del fiume. A fronte del buon esito dei due prelievi di aprile il Comune, a firma del sindaco Pizzolitto e dell’assessore all’Ambiente Frittitta, ha inviato la richiesta alla Direzione regionale alla Salute perchè sia firmata l’ordinanza di balneabilità per Marina Julia. «Abbiamo allegato al documento gli studi realizzata dall’Arpa dallo scorso anno - spiega Frittitta - e tutte le procedure e gli atti di ciò che abbiamo fatto per la nostra spiaggia». Secondo l’assessore, l’acqua di Marina julia ”deve” rientrarne nei tratti di mare balneabili, visto che è stato fatto ciò che prevede la direttiva Ue. Cioè azioni concrete per risolvere le cause di inquinamento e monitoraggio delle acque attraverso prelievi che hanno avuto esito favorevole anche a cavallo di due stagioni estive quindi per 6 mesi consecutivi. Già la prossima settimana l’assessore dovrebbe inoltre convocare il tavolo di lavoro istituzionale che ha operato sul problema inquinamento (composto da Comune, Ato, Arpa, Irisacqua, Consorzio di bonifica isontina). «In questo modo il gruppo continuerà a essere aggiornato sui passi compiuti e quelli da compiere», dice Frittitta, che sottolinea come grazie al rapporto continuo e proficuo tra amministrazione e Arpa non è necessario attendere i tempi canonici per sapere gli esiti dei prelievi. «Tant’è che posso già annunciare che anche il prelievo del primo maggio ha avuto un buon esito - rileva Frittitta - e quindi non possiamo essere penalizzati dal fatto che oltre a cause locali di inquinamento ci siano anche cause generali».

(la.b.)
 

 

Treni, massimo 5 minuti di ritardo. Per contratto - Saranno investiti 100 milioni di euro per l’acquisto di nuovi mezzi: i ”Minuetto” e i ”Vilvalto”
 

SIGLATO A UDINE UN ACCORDO TRA L’ASSESSORE RICCARDI E IL RESPONSABILE PASSEGGERI DI TRENITALIA LAGUZZI
UDINE C’è un obiettivo da raggiungere già quest’anno: 9 treni su 10 con un ritardo massimo di 5 minuti. E ci sono altri 8 mezzi in cantiere per migliorare ulteriormente negli anni successivi: 4 treni pagati dalla Regione saranno operativi entro il 2011, altrettanti acquistati da Trenitalia funzioneranno l’anno successivo. Si lavora per il cittadino: accanto alla “puntualità” la parola d’ordine è “pulizia”.
IL CONTRATTO. A Udine, nel Palazzo della Regione, l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi e il responsabile della Divisione passeggeri regionale di Trenitalia Giancarlo Laguzzi siglano il nuovo contratto di servizio per il Trasporto pubblico ferroviario in Friuli Venezia Giulia per il triennio 2009-2011, con possibile proroga fino al 2014.
I NUOVI TRENI. Un accordo con annesso investimento di 100 milioni di euro (il 70% a carico della Regione, il 30% di Trenitalia) per l’acquisto di nuovi treni: i Minuetto (design Giugiaro, lunghi poco meno di 52 metri, 122 posti a sedere di seconda classe e 24 di prima classe, 200 in piedi) e i Vilvalto (i treni "doppi", con piano superiore e inferiore, destinati al trasporto dei pendolari nelle ore di punta in quanto garantiscono maggior spazio). Convogli da utilizzare su quali tratte? “Sarà la Regione a decidere quali direttrici potenziare”, spiega Laguzzi.
I COSTI. Sempre in tema di risorse, per il 2009 la Regione, a fronte di un volume di traffico di 3.042.517 treni/km annui, verserà 36 milioni di euro, Iva compresa. Contestualmente Trenitalia si impegna a migliorare la qualità dei servizi, qualità che verrà costantemente monitorata. Il contratto stabilisce infatti standard da rispettare quanto a puntualità, affidabilità, pulizia, affollamento, comfort e informazioni.
GLI OBIETTIVI. Nel dettaglio il documento sottoscritto ieri prevede per ogni anno un miglioramento di mezzo punto percentuale sul rispetto degli orari: il traguardo per Trenitalia nel 2009 è di far arrivare a destinazione al massimo con 5 minuti di ritardo il 91% dei mezzi. E ancora la Regione non pagherà i corrispettivi relativi ai treni cancellati per responsabilità del gestore, mentre andranno garantiti limiti anti-affollamento e la piena funzionalità di porte, servizi igienici, sedili, impianti di illuminazione-informazione-climatizzazione.
LE MULTE. In casa di inadempienza ecco le sanzioni: 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale oltre il limite fissato per i ritardi, 1.000 euro per ogni ora di servizio sospeso, “multine” da 50 a 100 euro per disfunzioni varie. Il contratto prevede però anche premi nel caso gli obiettivi siano raggiunti in anticipo sui tempi stabiliti. Trenitalia fornirà mensilmente alla Regione un "report" sull'andamento del servizio, che comunque l'amministrazione del Friuli Venezia Giulia controllerà autonomamente, affidando tale "incarico" ai pendolari, che dunque assumono un ruolo preciso e specifico nell'ambito delle previsioni contrattuali. Pendolari che dal prossimo 1 giugno potranno utilizzare con il loro abbonamento non solo i treni regionali ma, con un’integrazione ferroviaria (Tuttotreno Fvg), pure quelli a lunga percorrenza.
Un risultato importante, ha sottolineato a fine incontro l’assessore Riccardi.
Marco Ballico
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2009

 

 

La Regione taglia i contributi alle associazioni - Il numero resta alto (75), ma i soldi sono in calo: 1,4 milioni di euro. Niente fondi agli enti locali
 

IMPORTI DA DIECIMILA A 35MILA EURO
TRIESTE Le associazioni da soddisfare restano tante: 75. I soldi sono però in calo: 1,4 milioni di euro. Roberto Molinaro ne prende atto nel giorno in cui la giunta regionale distribuisce il fondo per il sostegno dell’attività istituzionale di vari organismi culturali.
IL RIPARTO Su proposta dell’assessore alla Cultura la giunta Tondo stanzia infatti 735mila euro (importi da 10mila a 35mila euro) a favore di 41 associazioni dei settori musica, teatro, danza e altri 665mila per 33 circoli e sodalizi operanti nelle discipline letterarie, umanistiche e scientifiche. Meno soldi per tutti e, evidentemente, qualche escluso.
Si è deciso di non finanziare in quest'occasione gli enti locali e i soggetti che già beneficiano di altre forme di finanziamento regionale per la loro attività.
LINEA OBBLIGATA “La legge finanziaria regionale 2009 – spiega Molinaro –, seppur in un contesto di maggiori risorse per la cultura e con una priorità per gli interventi in favore della valorizzazione dei beni culturali, prevede una sensibile riduzione di stanziamento.
Da ciò una inevitabile riduzione delle contribuzioni assegnate ai singoli richiedenti in sede di riparto. Analoga e obbligata linea – anticipa l’assessore – sarà tenuta anche per il prossimo riparto relativo ai progetti proposti davvero numerosi ed interessanti ma che solo in piccola parte saranno sostenuti dall’amministrazione regionale”.
LAVORI SOCIALMENTE UTILI La giunta, su proposta di Alessia Rosolen, ha quindi confermato l’intenzione di sostenere i lavori socialmente utili negli enti locali con 6 milioni di euro. A beneficiarne saranno persone in cassa integrazione o mobilità.
La gestione di risorse e progetti sarà dell’Agenzia regionale del lavoro.
Sempre su proposta dell’assessore Rosolen l’esecutivo ha dato il via libera a un protocollo d’intesa con il Comando militare del Friuli Venezia Giulia per il ricollocamento dei militari congedati attraverso iniziative di formazione professionale e work experience.
ANTI-ALCOL Tra le altre delibere quella dell’assessore alla Salute Vladimir Kosic sulle linee guida per la prevenzione dei problemi di sicurezza sul lavoro legati al consumo di bevande alcoliche.
L’obiettivo, secondo i principi del Piano nazionale Alcol e Salute e partendo dal dato dell’Oms (il 10% degli infortuni sul lavoro può essere condizionato dall'assunzione di alcol)m sarà di favorire corretti stili di vita e la conoscenza dei problemi correlati all'assunzione di alcolici. Le Aziende sanitarie dovranno impegnarsi a promuovere la creazione di una rete sanitaria territoriale che si occupi, oltre che della prevenzione, anche della cura e della riabilitazione, raccordandosi con datori di lavoro, organizzazioni di categoria, rappresentanti dei lavoratori, referenti dei servizi di prevenzione.
DAMELE COMMISSARIO La giunta regionale ha pure stabilito lo scioglimento del Consiglio comunale di Pontebba. In attesa del rinnovo degli organi ordinari, che avrà luogo con la prossima tornata elettorale di giugno, è stato nominato commissario straordinario per l'amministrazione provvisoria Daniele Damele, giornalista e funzionario provinciale di Udine. Su proposte del vicepresidente Luca Ciriani, è stato infine costituito il Comitato tecnico consultivo per le politiche economiche. A presiederlo sarà Aldo Burello, già manager di Electrolux e presidente di Autovie Venete tra il 2004 e il 2006.
MARCO BALLICO
 

 

Fondi regionali al Circolo Miani Ora indaga la Corte dei conti - Si punta a chiarire se gli uffici abbiano verificato la correttezza delle richieste avanzate dal Circolo
 

IPOTIZZABILE IL DANNO ERARIALE
La Procura della Corte dei conti ha aperto un’inchiesta sui contributi che la Regione ha assegnato negli ultimi anni al Circolo Ercole Miani di cui è presidente Maurizio Fogar.
Gli inquirenti stanno acquisendo i singoli atti dell’inchiesta che ha consentito alla Procura dalla Repubblica di ottenere il rinvio a giudizio per truffa e falso dello stesso Fogar. Il processo penale formalmente è già avviato e la stessa Amministrazione regionale si è costituita parte civile per cercare, in caso di eventuale condanna, di rientrare in possesso dei centomila euro ottenuti dal circolo nel 2005 e nel 2006 per la propria attività culturale.
Oltre agli atti acquisiti dagli investigatori della Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta penale, la Procura regionale della Corte dei Conti sta raccogliendo altri documenti e atti. Primi fra tutti quelli redatti dagli uffici regionali che hanno gestito ed esaminato le richieste di contributi che il Circolo aveva presentato in base alle legge 68/81: la richiesta era stata accolta e la direzione del Servizio delle attività culturali aveva emanato due decreti che autorizzavano i pagamenti: il numero 940 del 20 aprile 2005 e il 1121 del 9 maggio 2006.
Ora il procuratore regionale Maurizio Zappatori ha iniziato a esaminare - alla luce di un eventuale danno erariale - se tutte le verifiche sulle richieste di finanziamento avanzate dal Circolo Miani sono state effettuate secondo i crismi di legge o se al contrario può essere ipotizzata a carico di qualche funzionario regionale una colpa grave o il dolo.
Va aggiunto che le inchieste della magistratura contabile da qualche anno possono snodarsi su un binario autonomo dalle analoghe iniziative penali, mentre un tempo la Procura della Corte dei conti, prima di agire per danno erariale, doveva attendere il passaggio in giudicato della sentenza della magistratura ordinaria. Questo preclusione aveva in pratica vanificato la possibilità concreta di ricuperare all’erario quando indebitamente percepito o speso.
Sulla vicenda che sta scuotendo il Circolo Miani è intervenuto ieri l’avvocato Guido Fabbretti, legale di Maurizio Fogar. Ha ribadito che dalle indagini della Procura della Repubblica «è pacificamente emerso come alcuna somma sia stata distratta dal presidente del circola o da chi per lui per fini diversi da quelli statutari». L’avvocato a questo proposito ricorda che fin dal 2007 le verifiche contabili hanno attestato la «pertinenza» del resoconto fornito dal Centro Studi Ercole Miani ssull’impiego dei finanziamenti.
CLAUDIO ERNÈ

 

 

Regione e Trenitalia firmano il contratto In arrivo treni più puntuali e puliti
 

TRIESTE Il controllo sulla puntualità e sulla pulizia dei treni, la possibilità di sanzioni, gli investimenti e il ruolo dei pendolari sono i punti chiave del contratto di servizio che Regione e Trenitalia firmano ufficialmente oggi a Udine. Il contratto, valido per il triennio 2009-2011 e prorogabile fino al 2014, è il primo che Trenitalia sottoscrive con una Regione italiana «scendendo a patti» e impegnandosi per iscritto a garantire la qualità del servizio. «La filosofia del contratto - spiega l'assessore regionale Riccardo Riccardi - è nuova: la Regione paga un servizio in base alle prestazioni che devono essere fornite, altrimenti scattano le sanzioni, che vanno comunque a servizio del sistema».
 

 

Muggia, sarà attivata la ”Banca del tempo” Baby sitter, corso gratis
 

Assistenza al computer, giardinaggio, dopo scuola per ragazzi, ecco alcuni esempi di servizi molto preziosi per chi ne ha bisogno e non vuole ricorrere al solito mercato economico. Da tempo esiste un progetto che garantisce uno scambio reciproco di prestazioni utili. Sull'ottima scia di Trieste, anche Muggia sta per creare la propria ”Banca del Tempo”.
Un ipotetico istituto nel quale i clienti depositano il loro tempo libero e in cui non vengono compiute né operazioni monetarie né finanziarie, ma si offre la propria disponibilità in cambio di quella degli altri, con lo scopo di scambiarsi favori. L'idea di istituire anche a Muggia questo servizio é stata di più associazioni «Abbiamo pensato - spiega Laura Pomicino, dell'"Axe" - che ci si poteva unire per complementarsi e sfruttare così tutte le possibilità».
L'Associazione "Mamme in gioco" e l'"Aida" (Associazione Interculturale donne assieme) hanno accettato immediatamente l'invito, e con il supporto del Comune di Muggia hanno creato questa nuova struttura.
Per aiutare la partenza del progetto, il Comune organizza un corso gratuito di baby sitter della durata di 30 ore, le persone che lo frequenteranno si impegneranno a offrire un po' del loro tempo presso la ludoteca. Il corso inizierà a metà settembre e nell'orario che meglio soddisferà l'esigenza della maggioranza dei corsisti, sarà tenuto da personale qualificato e tratterà diversi temi, quali psicopedagia, psicomotricità e animazione. Le iscrizioni al corso saranno aperte fino tutto il mese di maggio presso la ludoteca "Fantamondo" in Via D'Annunzio 12, fino a giugno invece presso il Servizio Educativo, Politiche Giovanili e Sport in Piazza della Repubblica 4.
Cristina Polselli
 

 

Quesiti sulla Tav
 

Leggo sul Piccolo un articolo che approfondisce il tema della Tav con particolare riferimento alla tratta Ronchi-Lubiana via Trieste Divaccia. È con spirito costruttivo che chiedo: 1) sono stati interpellati geologi, speleologi ecc.? È risaputo che il Carso presenta una innumerevole serie di grotte e di acque sotterranee con il pericolo di deviazione dei corsi; 2) Non sembra che il tracciato segnato quasi completo in galleria risulti troppo oneroso, più lungo e con curve che diminuiscono notevolmente la velocità e la sicurezza? 3) Non sembra che il tracciato proposto determini lo svilimento dello scalo di Villa Opicina (che ha 40 binari) e dell’Autoporto di Fernetti, che attualmente dovrebbe venire collegato mediante un nuovo raccordo con Villa Opicina? 4) Nell’articolo vi è scritto che ci sono stati vari progetti: è stata valutata la possibilità di fare il tracciato più diretto Ronchi-Opicina, via Bivio-Aurisina, Divaccia? Si risparmierebbe l’impiego di una serie infinita di camion per il trasporto del materiale di scavo enorme. Ci sono, oltremodo, notizie in merito alla destinazione di detto materiale? E dove passeranno i camion, ipotizzando che una massa tale venisse impiegata ad esempio sulla zona del fronte mare?
Luigi Franzil
 

 

«Commissione paesaggistica, l’opposizione voleva evitare lottizzazioni»
 

Lunedì 20 aprile il Consiglio comunale ha approvato il regolamento relativo all’istituzione della Commissione paesaggistica. Tutto per il meglio penserà il cittadino che legge la notizia sul quotidiano locale. Quello che però il cittadino non sa è che in quella occasione il sindaco, che si vanta di essere l’uomo del fare, ha praticamente negato ai consiglieri la possibilità e il diritto/dovere di svolgere il proprio mandato nel migliore dei modi.
La delibera infatti era stata portata nella commissione competente, convocata giovedì 16 aprile per venerdì 17, per essere votata in Consiglio il successivo lunedì 20. In quella sede avevo fatto presente, come già in altre occasioni, che un argomento così importante non poteva essere analizzato in tempi così stretti. Mi era stato detto che non si poteva fare altro in quanto, come stabilito da una delibera della giunta regionale, il Comune doveva espletare tale incombenza entro il 22 aprile pena la perdita della delega di tale compito che sarebbe passato alla Regione. Ancora una volta i consiglieri comunali dovevano esprimersi, presentare eventuali emendamenti e successivamente votare un documento in quattro giorni, tra i quali un sabato e una domenica. Infastidita dal ripetersi di questa situazione il lunedì ho telefonato in Regione per chiedere chiarimenti in ordine a tale scadenza e soprattutto per capire quali sarebbero state le conseguenze di un ritardo. Dalla gentile funzionaria che mi ha risposto ho appreso che la scadenza non era quella del 22 aprile ma del 9 maggio. A questo punto la sera del Consiglio ho chiesto la parola e come pregiudiziale alla trattazione dell’argomento ho proposto che lo stesso fosse rinviato di una settimana per permettere ai consiglieri di affrontare e approfondire il tema, secondo me di primaria importanza, con la necessaria tranquillità. La mia richiesta è stata stigmatizzata con forza dal sindaco in persona, che non ha voluto nemmeno prenderla in considerazione, in quanto non sarebbe stato mio compito verificare l’operato e le affermazioni dei suoi uffici, né di contattare direttamente la Regione. Ha dichiarato che non c’era nulla da approfondire! Ha insinuato che questo era una tentativo della sinistra per lottizzare la commissione paesaggistica. Mentre proprio gli emendamenti da noi proposti andavano in senso diametralmente opposto. Si voleva escludere - come si fa in molte altre parti d’Italia - che della commissione facessero parte professionisti che operano a Trieste e che spesso sono i più «gettonati» nella redazione dei progetti più rilevanti.
Al di là del modo mi preoccupa il fatto che i lavori delle commissioni e del consiglio siano considerati dal Sindaco una perdita di tempo e che, invece di adoperasi affinché i consiglieri sia di opposizione che di maggioranza, che ricordo rappresentano i cittadini, possano espletare nel migliore dei modi il loro compito, li stigmatizza come demolitori o guastatori perché si permettono di disturbare il manovratore. È un comportamento poco democratico e anche incoerente per un sindaco che si vanta di essere il sindaco del fare. Non vorrei che il «fare» si trasformasse in «faccio tutto io».
Bruna Tam - Consigliere comunale Pd
 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - GIOVEDI', 7 maggio 2009

 

Fotovoltaico, la corsa continua. Prevista una riduzione degli incentivi.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2009

 

 

Mare: alla Lega Navale l’unica bandiera blu della costa triestina - Il riconoscimento di qualità ambientale premia anche gli arenili di Grado e Lignano
 

Le bandiere blu 2009

GRADO E’ l’Isola del Sole a mantenere inalterato, assieme alla ligure Moneglia, il record assoluto in Italia in fatto di Bandiere Blu. Infatti, ieri mattina a Roma, si è vista assegnare il prestigioso vessillo targato numero 20 (quelle consecutive sono 19). Inoltre nel Friuli Venezia Giulia a far sventolare ancora la Bandiera Blu assegnata dalla Fee (Foundation for Environmental Education) c’è Lignano Sabbiadoro che sino ad oggi ne ha ricevute complessivamente 19. Sono inoltre 13 le Bandiere Blu per gli approdi che finiscono in Regione, una Trieste, (quella della Lega Navale), 2 in provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 10 in provincia di Udine (5 a Lignano, 3 nel comune di Latisana oltre a Marina Sant’Andrea di San Girogio di Nogaro e Marina di Aquileia).
Il prestigioso vessillo, la Bandiera Blu d’Europa, continua, dunque, a sventolare su Grado che ieri mattina a Roma, nella sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata ampiamente complimentata dal responsabile nazionale della Fee, Claudio Mazza. Segnalata pure Lignano perché anche questa località balneare del Friuli Venezia Giulia rientra fra quelle considerate ”storiche” che fino ad oggi hanno cioè ricevuto almeno 15 Bandiere Blu.
Grado poi fa parte delle 7 spiagge italiane che meritano l’eccellenza. Ci sono quelle di Caorle, un paio di Cesenatico e di Viareggio e una di Follonica e c’è pure la spiaggia principale dell’Isola del Sole, quella gestita attualmente dalla Git. “Grado – ha dichiarato il Segretario Generale della Fee Italia, Claudio Mazza, - è una delle migliori località ed ha una delle migliori spiagge d’Italia. Ed avrei proprio il grande piacere di tornare a Grado per la cerimonia ufficiale”.
Ieri mattina a Roma c’erano l’assessore comunale di Grado Giorgio Marin e il sindaco di Lignano Del Zotto. «La Bandiera Blu – sottolinea Marin - dà un’immagine di una località molto competitiva sul versante turistico-ecologico: fa capire che c’è un sistema di gestione ambientale che si coniuga con lo sviluppo turistico e ambientale sostenibile». Aggiunge il Sindaco di Lignano: «La Bandiera Blu, specialmente all’estero – dice Del Zotto – è vista come un vero e proprio certificato internazionale di qualità. Il turista le va a vedere queste cose”.
Un plauso in generale viene fatto inoltre alle marine e ai privati perché è fondamentale che i Comune sappiano trascinare anche i vari stabilimenti e le marine.
ANTONIO BOEMO

 

 

BANDIERA BLU - Nella lista si notano varie assenze illustri Ma molti approdi non vogliono partecipare - DA PORTO SAN ROCCO A MARINA SAN GIUSTO
 

TRIESTE La Lega Navale di Trieste ha ricevuto la prestigiosa «Bandiera Blu», assegnata dalla sezione italiana del Fee, il Foundation for Enviromental Education, la federazione che si occupa di educazione ambientale. L'ambito riconoscimento premia le marine che, a un'attenta valutazione globale, sono in linea con le indicazioni e le politiche di rispetto e tutela dell'ambiente. Tra le motivazioni, la cura e l'attenzione con le quali la Lega, nonostante gli spazi e le strutture non particolarmente ampi a disposizione, ha cercato di promuovere interventi e iniziative sempre in linea con la difesa e il rispetto dell'ambiente marino.
Quest'anno nella provincia di Trieste la ”Bandiera Blu” è stata assegnata unicamente alla Lega Navale. «Siamo molto soddisfatti – dice il presidente della Lega navale, Ennio Abate – anche perché sappiamo che i controlli sono severi. La procedura della Fee prevede che si risponda a un questionario, poi bisogna attendere l’arrivo dei loro ispettori, che non sempre si palesano. Infine – aggiunge - di anno in anno ci sono verifiche, per controllare se i programmi di miglioramento indicati dalle marine sono rispettati. La bandiera blu di quest’anno – conclude Abate – sarà uno sprone per fare sempre meglio».
Di tutt’altro parere è Roberto Sponza, direttore del Porto San Rocco di Muggia. «Abbiamo avuto esperienze non sempre felici con la Fee – dichiara – e, da un paio d’anni in qua, ci rifiutiamo di rispondere al loro questionario. Sappiamo di essere una struttura di qualità – conclude – e ciò basta, senza bisogno di certificazioni esterne». Ed ecco spiegato il mistero dell’unica bandiera alla Lega. Anche Italo Mariani, titolare della Marina San Giusto, non risponde infatti ai questionari della Fee: «Non ci interessa partecipare a questa competizione – precisa – stiamo bene così». Sono nove le «Bandiere blu» assegnate in tutto ai porticcioli del Friuli Venezia Giulia ed esse rappresentano un primato ben meritato a livello nazionale.
Ugo Salvini
 

 

BANDIERA BLU - NEL 2009 DODICI PREMI IN PIÙ - Meno rifiuti sulle spiagge grazie alla differenziata - Liguria, Marche e Toscana le regioni con più attestazioni
 

ROMA Meno rifiuti sulle spiagge delle vacanze: cresce infatti l'impegno sulla raccolta differenziata. Per la prossima estate sono 227 le spiagge dove sventoleranno le Bandiere Blu 2009, 12 in più rispetto allo scorso anno e il 10% delle spiagge premiate a livello internazionale; 113 le località rivierasche coinvolte (9 in più) nella mappa del mare italiano doc. Bandiera blu anche a 60 approdi turistici (erano stati 56 lo scorso anno). Sul podio la Liguria raggiunge Marche e Toscana con 16 vessilli a testa.
Questi i risultati del riconoscimento di qualità ambientale assegnato ieri a Roma dalla Fee (la Fondazione per l'educazione ambientale), giunto alla 23/a edizione.
Con 16 bandiere il primato 2009 spetta ancora a Toscana (che aggiunge una bandiera, Pietrasanta in provincia di Lucca) e Marche (+1, Mondolfo in provincia di Pesaro-Urbino) raggiunte però dalla Liguria (+2, Savona-Fornaci in provincia di Savona e Ameglia-Fiumaretta in provincia di La Spezia), mentre l'Abruzzo rimane stabile con 13. Una in più per la Campania, dove quasi tutte le località candidate sono riuscite a raggiungere l' obiettivo, portando così la regione a quota 12. Stabile invece l'Emilia Romagna che rimane a 8.
Due bandiere in più per la Puglia con 7 vessilli ed 1 in più per il Veneto che sale a 6. Sicilia, Calabria e Lazio ne hanno acquistata una raggiungendo quota 4; il Friuli Venezia Giulia riconferma le 2 dell'anno scorso come la Sardegna. Il Molise ne perde una rimanendo con 1 sola Bandiera Blu, come la Basilicata.
I laghi sono presenti con 2 bandiere blu. Uno in particolare è di significato: il Lago di Scanno in provincia dell'Aquila. L'altra bandiera per i laghi è stata confermata a Cannero Riviera in provincia di Verbania in Piemonte.
A livello di Mediterraneo, l'Italia si colloca al 5/o posto dopo Spagna, Grecia, Turchia e Francia.
La Bandiera Blu premia le località con acque di balneazione eccellenti e nelle quali le amministrazioni si sono impegnate a migliorare lo stato dell'ambiente, promuovendo un turismo sostenibile. In pagella anche il grado di funzionalità degli impianti di depurazione; lo smaltimento dei rifiuti con particolare riguardo alla raccolta differenziata e alla gestione dei rifiuti pericolosi; le iniziative per una migliore vivibilità nel periodo estivo; la valorizzazione delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio; la cura dell'arredo urbano e delle spiagge; la possibilità di accesso al mare per tutti i fruitori senza limitazioni.
 

 

Il Park S. Antonio incontra due ostacoli: progetto ”blindato” e Lega contraria - PARLA PIRZIO BIROLI, AUTORE DELL’ELABORATO DELLA CARENA
 

Non è ancora partito e già innesca polemiche. Il parcheggio sotterraneo di piazza Sant’Antonio, che la giunta comunale giudica come la struttura più celermente realizzabile nel variegato campo dei progetti locali, trova subito alcuni ostacoli. Il primo è di carattere politico. La Lega Nord, in una nota a firma del capogruppo in Comune Maurizio Ferrara, esprime la propria «contrarietà assoluta» ritenendo del tutto irrazionale «favorire l’accesso alle automobili all’interno del centro storico e pedonale». L’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis ha precisato di recente che la struttura è destinata a parcheggi pertinenziali e con box, ma anche a stalli a rotazione.
A elevare il secondo ostacolo è - involontariamente - l’architetto Roberto Pirzio Biroli, autore dell’elaborato presentato dalla Carena (una delle due società in corsa per il sito) che riproduciamo qui a lato, e che ha vinto nel 2002 il relativo concorso di idee internazionale, insieme allo Studio Brt Architetti e Ingegneri Bote, Richter, Teherani di Amburgo. «Il concorso, bandito dall’allora assessore Maurizio Bradaschia – ricorda Pirzio Biroli – ha seguito i regolamenti europei e prevede - non tutti lo sanno - che anche se dovesse vincere un’altra impresa, questa dovrà realizzare con le prescrizioni comunali il progetto vincitore. È una regola severa e precisa».
Il primo a cadere dalle nuvole è lo stesso sindaco Dipiazza, cui salta decisamente la mosca al naso. «Gli architetti spesso hanno il difetto di creare progetti irrealizzabili. Ma come, ignorando la bora si vuol fare quella specie di vasca trasparente, che diventerebbe subito un ricettacolo di immondizie? No, devo rifiutare quel progetto per il bene della città. Ha vinto un concorso d’idee, sì, ma mica per questo sono costretto a realizzarlo».
Sicuro? Un funzionario comunale, Walter Toniati, all’epoca nella commissione che doveva decidere sul progetto, annota che «in ballo non c’era il parcheggio sotterraneo, ma la riqualificazione di superficie delle aree di pubblica fruizione». Sembra di capire, dunque, che il progetto Pirzio Biroli dovrebbe far testo, ma solo per le opere esterne.
E all’interno? Lo stesso progettista nega sia previsto un centro commerciale nel primo piano dell’opera, il cui costo totale era stimato sui 23 milioni di euro. «Al 1° livello del parcheggio sotterraneo – racconta – visibile dall’alto grazie alla lastra trasparente, sono previsti spazi moderni, oltre a custodia, cassa, servizi igenici, con suddivisioni mobili per l’organizzazione di eventi, un mercatino dei prodotti del Carso, un centro informazioni per il turismo per chi ha parcheggiato nei 15.369 mq di parcheggio. Una sistemazione – continua – simile a quella attuata dalle Ferrovie nella stazione centrale per evitare aree di ingresso al parcheggio degradate». Una realtà, dunque, con 4 livelli di parcheggio e alcuni spazi di uso-eventi al 1° livello. «Una sorta di secondo “Tergesteo”, coperto in parte dal 2° livello del parcheggio».
Pirzio Biroli ricorda ancora che la Carena, spendendo 60mila euro, ha portato la proposta originale «fino a un dettaglio tale per cui ormai il passaggio a un progetto esecutivo sarebbe questione di un paio di mesi». Ma la gara è ben di là a venire. «Ho cercato – conclude il progettista – di dare una qualità architettonica a livello internazionale, come in atto in altre grandi città europee. Ma se Trieste lo vuole, la si può sempre ridimensionare...»
FURIO BALDASSI

 

Gas Natural Italia, Ebitda a +35,3% -RISULTATI TRIMESTRALI - Redditività a 23 milioni, decolla pure la distribuzione: +31,3%
 

ROMA Gas Natural, che ha in progetto un impianto di rigassificazione a Trieste, ha diffuso ieri i risultati del primo trimestre 2009. I dati relativi alle attività del Gruppo in Italia sono in netta crescita: l'Ebitda ha raggiunto i 23 milioni di euro, il 35,3% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo rende noto la compagnia in un comunicato.
Nei primi tre mesi del 2009 il volume di gas distribuito è stato pari a 1.768 GWh, il 31,3% in più rispetto al primo trimestre del 2008, dovuto principalmente a condizioni metereologiche normali e grazie all'incorporazione della società Pitta Costruzioni lo scorso 3 luglio (+105 GWh). Gas Natural Distribuzione Italia ha raggiunto a marzo di quest'anno 400.000 punti di riconsegna di distribuzione di gas metano. Nel solo primo trimestre 2009 l'incremento è stato di 3.500 punti di riconsegna.
Proseguono inoltre le attività di espansione della rete. Gas natural infatti ha avviato in aprile un piano di fusione con il gruppo elettrico Union Fenosa che porterà alla costituzione di uno dei primi gruppi energetici spagnoli. Da rilevare che Eni farà ricorso contro la decisione dell'Antitrust spagnolo di consentire a Gas Natural di mantenere il 50% di Union Fenosa Gas dopo la fusione con la casa madre. Il gruppo italiano controlla l'altro 50% di Union Fenosa Gas.
 

 

FERRIERA - L’inquinamento è rimasto
 

Il giorno venerdì 1° maggio 2009, a pagina 14 de Il Piccolo ho letto i seguenti titoli sulla ferriera: Dopo gli interventi imposti alla Lucchini dalla procura - Ferriera, inquinamento sceso del 75% - L’abbassamento del bezoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno.
Vorrei segnalare che prima e dopo la chiusura dell’altoforno in via Pitacco dove abito, nel rione di Servola non è cambiato quasi nulla, giornalmente democraticamente siamo imbrattati dalle polveri e dobbiamo subire la violenza degli odori nauseabondi provenienti dalla vicina Ferriera.
Nel blog di Roberto Dipiazza «Sindaco risponde» un cittadino ha proposto il seguente quesito che il sottoscritto condivide:
Al Sindaco di Trieste.
In data 22/4/’09 si è appreso, dall’edizione serale di un Tg locale, che sarebbe in essere un procedimento penale nei confronti della proprietà della Ferriera di Servola per 240 eventi di emissioni di polveri e fumi provenienti dallo stabilimento stesso e che un gruppo di cittadini residenti a Servola si sarebbe costituito parte civile in quanto lesi dall’attività industriale sopra citata. Detti eventi sarebbero riscontrati anche dagli enti ufficiali preposti, quantomento fino al 18/6/’08, secondo quanto esplicitato dalla tv locale.
Le si chiede perciò come mai il Comune di Trieste, a cui fanno capo nidi, asili d’infanzia, ricreatori e campi sportivi limitrofi all’impianto siderurgico, nonché Lei, attraverso la Sua carica istituzionale di massimo tutore e responsabile della sanità e dell’ambiente cittadini, non abbia fatto altrettanto, proprio in virtù di parte massimamente lesa nei suoi beni materiali pubblici e nei suoi compiti istituzionali di tutela della cittadinanza.
La ringrazio anticipatamente per la risposta che sicuramente saprà e vorrà dare a me ed a quanti seguono il Suo blog.
La risposta del Sindaco 29/4/’09
Come Sindaco del Comune di Trieste ho costantemente informato, per quanto di competenza, la Procura della Repubblica ed ho provveduto all’adozione dei necessari provvedimenti intesi alla tutela della salute pubblica. Sarà mia cura intraprendere tutte le azioni a tutela degli interessi della collettività, qualora emergessero responsabilità a seguito di eventuali procedimenti penali.
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2009

 

 

Ecomafie, giro d’affari di 20,5 miliardi di euro - RAPPORTO LEGAMBIENTE
 

ROMA Un giro d'affari da 20,5 miliardi nel 2008: è il business dell'ecomafia che, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente, non conosce crisi ed è in aumento rispetto all'anno precedente. Nel Rapporto ecomafia 2009, presentato ieri, risultano 25.776 reati accertati, quasi 31 al giorno, tre all’ora. Più del 48% si è consumato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia). Aumentano l’abusivismo e i trafficanti di rifiuti pericolosi.
 

 

L’amianto si ricicla: basta una fornace - Impianto di portata europea capace non solo di inertizzare ma anche di trasformare la materia
 

INNOVATIVO PROGETTO DELLA COMMISSIONE REGIONALE AFFIANCATA DA TECNICI ED ESPERTI
L’iniziativa sarà illustrata martedì agli assessori Costo: 15 milioni di euro
Una fornace, basterebbe questo per rendere inerte l’amianto, trasformare chimicamente in granelli inoffensivi le sue mortali fibre, e perfino riutilizzare il materiale così ottenuto per farne piastrelle, o plastica da vendere per rientrare dai costi, o per otturare le vecchie discariche, senza dispersione in aria di particelle pericolose.
È il rivoluzionario progetto, messo a punto dalla commissione regionale amianto con la fondamentale collaborazione di tecnici esperti, che martedì prossimo alle 11.30 verrà ufficialmente presentato agli assessori regionali Vladimiro Kosic (Salute) e Vanni Lenna (Ambiente). Costo presunto dell’impianto: 15 milioni di euro. Ma solo smaltire una tonnellata di questo purtroppo ancora diffusissimo materiale ne costa 150: si stima che in Italia esistano sul territorio, calcolando solo i tetti delle case in eternit, ben 2 miliardi di metri quadrati.
Lo spiega Mauro Melato, direttore dell’Istituto di Anatomia patologica con sede a Gorizia, docente universitario e da un anno presidente della Commissione amianto, che ha organizzato questo studio preliminare assieme al medico della prevenzione dell’Azienda sanitaria Valentino Patussi, all’ingegner Renzo Simoni dello stessa struttura, a Enrico Bullian, storico monfalconese e collaboratore dell’Associazione esposti all’amianto (autore di «Il male che non scompare, storia e conseguenze dell’uso dell’amianto nell’Italia contemporanea» pubblicato dal Ramo d’oro), a un tecnico dell’istituto di Igiene ambientale di Pordenone, a Mauro Graziani, docente di Chimica all’Università di Trieste e già preside della facoltà, e soprattutto con la dotta consulenza di Alessandro Gualtieri, ordinario di mineralogia all’Università di Modena e Reggio Emilia, particolarmente esperto della materia.
Già Bullian nel suo libro parlava della possibilità di rendere inerte l’amianto, le cui fibre sottilissime provocano asbestosi e mesoteliomi e hanno colpito duramente le popolazioni di Monfalcone e Trieste, i lavoratori dei cantieri, dei porti, i marittimi (solo di recente la Procura di Trieste è riuscita a chiudere le indagini sulle responsabilità penali delle aziende in tante morti sul lavoro).
«In regione - dice Melato - esiste una sola discarica per amianto, è in Friuli a Porcia: è perfetta, ma non utilizzata, non sappiamo ancora perché. L’amianto a caro prezzo rimosso viene spedito in Germania, perché in Veneto ormai tutti i depositi sono pieni. Seppellire l’amianto però vuol dire consegnarlo alle generazioni future, l’acqua piovana causa percolazioni, rivoli nei fiumi, successivo disseccamento e quindi nuove fibre diffuse in aria. La vera soluzione è distruggerlo per sempre, e solo in Francia esiste un impianto, che Simoni è andato a vedere, ma produce una sostanza vetrificata e una lava poi inutilizzabile, in Lombardia si fanno intanto prove tecniche».
In sostanza, si tratterebbe di impiantare in una zona senza rischio ambientale questo capannone dotato di fornace a metano, dove lavorerebbero circa 30 persone (tra cui chimici). L’amianto immesso, previo imballaggio sigillato, verrebbe sottoposto ad alte temperature, tali da modificare chimicamente la sostanza e renderla granulare, sabbiosa, riutilizzabile, in un ciclo operativo di 24 ore. L’impianto potrebbe essere messo a disposizione anche del Veneto, per non dire di Slovenia e Croazia, «dove c’è moltissimo amianto, la Croazia - sottolinea Melato - l’ha messo fuori legge ben più tardi di noi».
Questa asportazione e distruzione, oltre agli evidenti vantaggi (manca però una sperimentazione su cavie) ne porta anche di ordine economico: «I soldi che oggi si spendono per mandare in Germania l’amianto - conclude Melato - potrebbero essere usati qui, senza dire che i privati di fronte a costi tanto ingenti oggi non rimuovono terrazzini, tetti, pollai fatti di eternit, o lo fanno magari abusivamente».
GABRIELLA ZIANI

 

 

AMIANTO - «Costi ammortizzati in breve» - Intanto la Regione lancia un dvd su eternit e leggi
 

«Se si realizza, questo progetto sarà di un’importanza non solo nazionale, ma europea». È il commento di Valentino Patussi, responsabile del servizio Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria che ha collaborato al progetto sulla trasformazione in materiale inerte dell’amianto, a cura della specifica Commissione regionale e del presidente Mauro Melato, che martedì prossimo sarà presentato agli assessori competenti. «È la politica che decide - sigla Patussi -, ma l’importanza dell’operazione appare straordinaria, è stato calcolato che in quattro-cinque anni i costi sarebbero ammortizzati, talmente tanto è l’amianto da mettere in sicurezza, e si abbatterebbero le spese di rimozione: uno dei più pericolosi cancerogeni potrebbe davvero sparire».
Per informare sull’amianto in tutti i suoi risvolti, scientifici, medici, legali e legislativi, la Commissione regionale ha prodotto anche un dvd che sarà diffuso gratuitamente a tutti i potenziali interessati, dagli «esposti all’amianto» ai medici. Lo ha finanziato la Regione, che vi ha inserito anche informazioni su tutti i provvedimenti legislativi esistenti. Intanto però a Trieste la categoria dei marittimi, pur consistente, è l’unica a non vedere ancora riconosciuti i propri diritti in materia pensionistica, per un intricato e a tutt’oggi irrisolto incrocio di responsabilità e inefficienze burocratiche.

(g. z.)
 

 

Un «corteo» di cavalli e maiali contro la Tav che buca il Carso - RITROVO ALLO STAGNO DI BASOVIZZA
 

BASOVIZZA Anche gli animali si schierano contro la Tav. Non saranno infatti solo gli gli abitanti del Carso triestino a ribadire la loro preoccupazione per il progetto della Trieste-Divaccia: il prossimo 18 maggio, infatti, allo stagno di Basovizza i residenti dell’area si raduneranno in tanti, portando con sé mucche, maiali, cavalli, asini, pecore ma anche cani e gatti di proprietà.
Alla «Gita in Valle», come è stato ribattezzato l’appuntamento, ci saranno in effetti allevatori come pure lavoratori impegnati in altri settori. Tutti uniti da un denominatore comune: l’ansia per il futuro del territorio carsico e della provincia intera, nella fattispecie legata ai cambiamenti innescati dai lavori per la realizzazione del tratto locale del Corridoio 5. La particolarità, stavolta rispetto al passato, sarà proprio quella di vedere scendere in campo gli animali al fianco dei loro padroni. Per l’occasione è stato coniato anche uno slogan: «Ti col can e mi col mus, ’ndemo in Vale zu fuss». «Fra le varie specie, ci saranno almeno un centinaio di animali - osserva Virgilio Zecchini, referente del Gruppo Amici della Val Rosandra -. Avremo anche delle carrozze trainate dai cavalli, ma qualcuno probabilmente si porterà dietro pure una vaschetta con i suoi pesci rossi». Il messaggio che gli organizzatori vogliono veicolare è chiaro: a loro avviso, infatti, i problemi che i tuboni della Trieste-Divaccia andranno a innescare riguarderanno non solamente gli uomini, ma la natura nel suo complesso. Oltre ai residenti sul Carso triestino, il raduno si connoterà probabilmente di un carattere transfrontaliero: «Siamo sicuri che ci raggiungerà anche qualche cittadino sloveno dalla vicina Repubblica», aggiunge Zecchini.
L’organizzazione del ritrovo del 18 maggio (fissato peraltro alle 16.30) fa riferimento, per informazioni e indicazioni logistiche, al bar Cappuccetto rosso di Trebiciano. Da lì, è stato avviato il passaparola che dovrebbe portare «quanto meno cinquanta persone (gli animali, come accennato, saranno di più, ndr) nella zona dello stagno di Basovizza in quella giornata», spiega la titolare del locale stesso, Michela Vattovani. «Lì - prosegue - rifletteremo sul teorico impatto ambientale dell’opera. Poi, alla fine, ci sarà lo spazio anche per una bevuta».

(m.u.)
 

 

«Gli ambientalisti sempre contrari all’insediamento di Monte d’Oro»
 

Leggo le critiche del signor Leo Tamburini alle associazioni ambientaliste su vari argomenti e vorrei precisare quanto segue.
1) Personalmente ho contribuito all’accantonamento dell’ipotesi del raddoppio della galleria a Muggia anche a salvaguardia degli edifici esistenti nelle adiacenze nonché della serenità di decine di famiglie ivi residenti, ottenendo nel contempo che 500 mila euro ancora in cassa vengano destinati a uno studio sull’intera viabilità comunale attuabile soltanto con il consenso dei cittadini.
2) Per quanto riguarda la costruzione a suo dire di «capannoni agricoli», ho l’impressione che lei si sia confuso con il termine «deposito attrezzi agricoli».
3) Per quanto riguarda le aree vicine al complesso residenziale «Costa Alta», il funzionario della Provincia di Trieste che segue la conclusione della vicenda collegata alla frana sulla sottostante strada provinciale del dicembre 2005, a seguito dell’intervento degli ambientalisti presso l’organo competente, mi ha informato che l’Ente sta recuperando parte degli 850 mila euro costituenti il quadro economico di spesa per la messa in sicurezza e consolidamento della scarpata previo accordo con la ditta proprietaria; è in corso la predisposizione del piano catastale-tavolare di frazionamento per individuare esattamente le aree da cedere all’Ente pubblico. Rilevo pertanto che l’intervento ambientalista è risultato utile per raggiungere l’interesse pubblico e quello dei cittadini come nel caso della collaborazione con il Comune che grazie ai costanti contatti con la Protezione civile ha portato alla positiva e definitiva conclusione dei lavori per la messa in sicurezza della frana su una delle scarpate di Borgo San Cristoforo.
4) Parte dei residenti di Borgo San Cristoforo come pure Borgo San Pietro ai tempi della precedente amministrazione si sono trovati in contrasto con il Comune a causa di nuove opere allora proposte nei loro borghi; i progetti prevedevano interventi che avrebbero portato a un ridimensionamento del numero dei parcheggi. A quanto mi è stato riferito, quando uno dei residenti di Borgo San Pietro si era lamentato del progetto, vista anche la presenza di persone anziane, la persona con cui parlava gli aveva risposto che potevano andare a parcheggiare a Muggia Vecchia (tanto per capire: circa un chilometro a monte). Alla fine il cambio dell’amministrazione comunale ha portato alla chiusura della vicenda lasciando invariato il numero dei parcheggi come richiesto dai residenti.
5) Per quanto riguarda quello che lei ha definito «l’ecomostro denominato Monte d’Oro», opera alla quale siamo sempre stati contrari, debbo ricordarle che la modifica dello strumento urbanistico che ha permesso la sua realizzazione è stata approvata dal precedente consiglio comunale. Mi sembra poi quanto meno singolare la sua posizione quando, lamentandosi dell’opera, critica gli ambientalisti, pure contrari, invece di rivolgere i suoi commenti verso chi lo ha autorizzato. Per quanto riguarda poi la realizzazione di un rimessaggio per camper in una zona ad alto pregio ambientale nella parte alta della Valle delle Noghere, va rilevato che l’intervento delle associazioni ambientaliste non è affatto contemporaneo all’inaugurazione del centro commerciale di cui sopra; sono infatti passati già due anni dall’intervento delle Associazioni presso gli enti competenti.
Fabio Longo - presidente del Comitato Sos Muggia
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2009

 

 

Bandelli: mostrerò a Racovelli il progetto di piazza Libertà - L’ASSESSORE: NON INSABBIO NULLA
 

«Mi ritengo offfeso, io non ho ”lunghe mani”, forse è il consigliere Racovelli ad aver avuto, in quest’occasione, la lingua lunga. Ma lo smentisco subito: io non insabbio proprio nulla e non ho niente da nascondere né da temere, da mercoledì (domani, ndr) lo invito a contattare me o la mia segreteria per un appuntamento in cui potrà visionare il progetto di piazza Libertà, non serve che chiami Roma». L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli replica al verde Alfredo Racovelli, che aveva denunciato di non aver potuto accedere, tramite la dirigente d’area, l’architetto Marina Cassin, alla consultazione dell’ultima versione del discusso progetto di riqualificazione del fronte-stazione, quella con il lato di via Ghega ridotto da sette a sei corsie. «L’architetto Cassin - sbotta Bandelli - ha risposto correttamente a Racovelli. Si tratta di un progetto attualmente al vaglio della Soprintendenza, non è definitivo, può subire ulteriori modifiche. Mi dispiace che, a quel punto, non sia venuto da me come ha fatto altre volte, la strada la conosce bene. Mi stupisce la sua uscita, considero Racovelli persona corretta ed educata in ambito consiliare, ma capisco che fa gola una foto sul giornale...». Anche il presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor, ha dato però ragione a Racovelli. «Mi permetto di non commentare, chi vuol capire capisca», taglia corto Bandelli.

(pi.ra.)
 

 

Un catasto comunale per gli impianti termici - L’ASSESSORE RICCARDI PRESENTA LA BOZZA DEL DISEGNO DI LEGGE REGIONALE SULL’ENERGIA
 

Servirà a snellire accertamenti e ispezioni su quelle strutture destinate al contenimento dei consumi
UDINE I Comuni si doteranno di un catasto degli impianti termici degli edifici. Lo prevede la bozza del disegno di legge sull’energia presentato ieri a Udine dall’assessore regionale Riccardo Riccardi ai rappresentanti delle categorie economiche, delle associazioni ambientaliste, degli ordini professionali e delle multiutilities del Friuli Venezia Giulia. Il catasto, inserito all’interno del sistema informativo regionale, sarà formato attraverso la comunicazione dei conduttori o degli amministratori di condominio che dovranno indicare la titolarità, l’ubicazione, la potenza nominale, l’anno di installazione e il tipo di combustibile in uso del proprio impianto, nonché le sue successive sostituzioni o potenziamenti. Obbligo analogo anche per le società distributrici di combustibili che dovranno comunicare ai Comuni la titolarità e l’ubicazione degli impianti da loro riforniti negli ultimi mesi. La norma va ad attuare quanto previsto dalle legge nazionale in materia ed era già stata inserita nel ddl predisposto nella precedente legislatura che però aveva ricevuto l’approvazione della Commissione competente senza riuscire ad approdare per tempo in Consiglio regionale.
La realizzazione del catasto informatico comunale dovrebbe consentire di omogeneizzare e rendere più efficaci ed economici gli adempimenti degli enti relativi ad accertamenti e ispezioni degli impianti finalizzati al contenimento dei consumi energetici. Un altro catasto, gestito dall’Arpa, riguarderà invece gli elettrodottI con tensione superiore ai 130 kilovolt e consentirà di valutare i livelli di campi elettrici e magnetici di eventuali nuove linee tenendo conto di quelle esistenti evidenziando situazioni critiche in termini di esposizione della popolazione.
Il disegno di legge, ha spiegato Riccardi, intende inoltre ridefinire le competenze degli enti locali trasferendo in particolare alle amministrazioni provinciali le competenze autorizzative (attualmente svolte dai Comuni) che rimarranno invece in capo alla Regione per quanto riguarda impianti di grandi dimensioni. I Comuni saranno chiamati a predisporre i Documenti energetici comunali che saranno il passaggio attuativo del Programma energetico regionale e dei Programmi regionali attuativi. La bozza si pone come obiettivo la semplificazione delle procedure di autorizzazione a tutti i livelli per quanto concerne impianti energetici di produzione, depositi e infrastrutture per il trasporto e la distribuzione di energia, puntando allo strumento della conferenza dei servizi per arrivare a procedimenti unici. «Entro la fine del prossimo anno – ha affermato Riccardi – andrà ridefinito il Piano energetico regionale. Nel frattempo è comunque necessario mettere mano alla legge attualmente in vigore (datata 2002, ndr) soprattutto sul piano delle procedure».
(r.u.)
 

 

La Regione parte civile contro Fogar - Il presidente del Miani accusato di falso e truffa: la difesa cita 9 testimoni - In ballo un contributo da centomila euro
 

L’Amministrazione regionale si è costituita ieri parte civile nel processo che vede sul banco degli imputati Maurizio Fogar, al vertice da innumerevoli anni del Circolo ”Ercole Miani”. Fogar è stato rinviato a giudizio dal gip Enzo Truncellito per truffa aggravata e falso. Secondo l’inchiesta diretta dal pm Giuseppe Lombardi avrebbe ricevuto dalla stessa Regione, attraverso attestazioni che l’accusa ritiene false, centomila euro di contributi per il ”suo” circolo. I contributi su cui si è focalizzata l’attenzione degli investigatori della Guardia di Finanza sono quelli del 2005 e del 2006.
La Regione ha affidato il mandato di rappresentarla nel processo all’avvocato Mauro Cossina ma nel dibattimento ci sarà anche una seconda parte civile: nel corso dell’udienza preliminare si era infatti già costituito Giorgio De Cola, a cui era stato attribuito il ruolo di componente del Consiglio direttivo del Circolo Ercole Miani. «È stata un’attestazione del tutto falsa, fatta a mia totale insaputa», ha sempre affermato De Cola che dopo aver scoperto questo significativo ”dettaglio” ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine conclusasi col rinvio a giudizio dell’«apparente» presidente Maurizio Fogar per falso e truffa. «Apparente» è la definizione che compare sul decreto di rinvio a giudizio.
Il processo entrerà nel vivo il prossimo 30 novembre e sarà celebrato dal giudice Giorgio Nicoli. Il difensore di Fogar, l’avvocato Guido Fabbretti ha annunciato che chiederà l’audizione di nove testimoni, mentre l’accusa ne ha già citati 17.
Tempi lunghi insomma, ma anche una battaglia a tutto campo. La difesa ha già spiegato che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare - il Circolo Miani a presentare la richiesta di contributi pubblici, in quanto «ente di interesse culturale». Erano infatti disponibili i finanziamenti e i contributi della legge 68/81.
Il Circolo aveva depositato la documentazione richiesta, e secondo la Procura aveva «attestato falsamente a un pubblico ufficiale, individuato nel responsabile regionale del procedimento relativo alle concessione del contributo, che il Consiglio direttivo era formato da Giorgio De Cola, Luciana Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucc ae Fulvio Montecarlo». Secondo l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi consuntivi, anche il direttore regionale del Servizio delle attività culturali Nicolò Molea che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i centomila euro.

(c.e.)
 

 

I risultati del progetto "3 Erre": riuso di materiali con fantasia - PRESENTATA LA FASE FINALE
 

TRIESTE Muggia, grazie ai suoi ragazzi, da quelli delle scuole di infanzia fino agli iscritti delle medie, è riuscita a portare a termine un progetto che oramai da due anni impegnava, istituti scolastici, ricreatori e istituzioni di diverso grado. "3 Erre" (risparmio, riuso, riciclo) è arrivato alla sua fase conclusiva, la presentazione dei lavori finali. Ieri nella sala Negrisin di Muggia, è stata aperta per un'ora in anteprima l'esposizione di tutti i lavori creati durante la fase precedente del progetto. L'idea è quella di risparmiare più materiale possibile e quindi riutilizzarlo in altre forme: ecco prendere vita vestiti o borsette, creati con borse di surgelati, sacchetti di plastica, alluminio e lattine. «Nella fase finale - spiega l'insegnante Irene Favet - abbiamo cercato di unire le diverse generazioni, invitando nonne, zie e mamme a lavorare con i ragazzi per insegnare loro vecchi trucchi del passato». «L'aspetto più entusiasmante - dice Elide Catalfamo, responsabile del progetto - è il coinvolgimento della comunità locale».
Il progetto è riuscito nell'intento di modificare un po' le abitudini della comunità. «Negli ultimi anni qualcosa è cambiato - conferma il vicesindaco di Muggia, Franco Crevatin - grazie sicuramente ad una nostra precisa politica di amministrazione, ma sicuramente dobbiamo anche dare atto al valore di questi progetti».
Cristina Polselli
 

 

URBANISTICA - Piazza S. Antonio
 

Cosa diranno i nostri cari commercianti di 4 anni di lavori per il parcheggio di piazza S.Antonio? Quindici anni fa raccolsero un migliaio di firme per cancellare un pregevole progetto dell'architetto Gigetta Tamaro che avrebbe restituito lo specchio d'acqua davanti alla chiesa in poco più di un anno, trasformando il banale giardinetto in un teatro sull'acqua fiancheggiato dalle antenne delle navi che un tempo ormeggiavano nel canale: essendo il comune commissariato, una brillante dirigente si assunse la responsabilità di cancellare il progetto già approvato e finanziato «perché contrario alla volontà popolare». Oggi, con la crisi, che faranno? E chissà se il sindaco Dipiazza ricorda la promessa elettorale di pedonalizzare tutto il borgo Teresiano collegando i parcheggi più lontani con alcuni minibus (come in funzione a Roma ormai da 30 anni)? A chi interessa oggi rovinare il centro cittadino riportandovi il traffico allontanato con tanta fatica? Qualche urgente risposta sarebbe davvero necessaria.
Lucio Vilevich
 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2009

 

 

ALTA VELOCITÀ «Tav, in Val Rosandra 100 camion al giorno» - La XXX Ottobre: dieci anni per asportare i previsti 8 milioni di metri cubi di materiale
 

L’associazione chiede un «dibattito costruttivo» sull’impatto ambientale
«Un dibattito costruttivo per la definizione di un progetto così importante e vitale per l’economia dell’intera città». Sul nodo Trieste e infrastrutture - nella fattispecie, su Tav e Val Rosandra - scende in campo anche l’associazione XXX Ottobre, sezione del Cai incaricata di occuparsi di tutela e salvaguardia del territorio. E lo fa per manifestare la propria preoccupazione sulla Trieste-Divaccia con un intervento ufficiale del suo presidente, Giorgio Godina, il quale riprende un paio di passaggi della relazione generale relativa allo Studio ambientale del progetto: «Dal momento che lo studio è stato condotto sulla base di dati disponibili in letteratura, ma senza un riscontro puntuale sul campo, è difficile valutare gli impatti specifici esercitati sui singoli elementi del sistema floristico e faunistico». E poi: «...alcune alterazioni potrebbero risultare irreversibili per flora e fauna».
Queste le frasi che più delle altre hanno allarmato Godina, il quale, in chiave futura e in tema di impatto ambientale, sottolinea un aspetto pratico legato allo scavo e alla prevista asportazione di 8 milioni di metri cubi di materiale, tra rocce calcaree ed arenaria, dalla zona carsica per l’effettuazione dei lavori: «Considerando che un singolo grosso camion può trasportare 20 metri cubi, per realizzare l’intero sterramento sarebbe necessario veicolare 100 camion al giorno per dieci anni consecutivi senza mai fermarsi».
Un dato, secondo il presidente della XXX Ottobre, «da moltiplicare ancora per due, considerando per ogni singolo camion un viaggio di andata e uno di ritorno». Il tutto, conclude, «con le ripercussioni del caso derivanti dalle emissioni acustiche, da quelle dei gas di scarico nell’atmosfera, dalle vibrazioni, all’interno o nei pressi dei centri abitati». Sulla base di queste considerazioni e per spazzare via «i tanti riserbi e gli anomali silenzi» sul tema, come li definisce lui stesso, Godina chiede un dibattito costruttivo fra le parti, un coinvolgimento dei cittadini.
Il medesimo auspicio è stato rilanciato qualche giorno fa dal consigliere regionale dell’Italia dei valori, Stefano Alunni Barbarossa, con un’interrogazione presentata alla giunta guidata da Renzo Tondo. Alunni Barbarossa, dopo aver sottolineato come «le popolazioni interessate dal passaggio del tracciato non sono mai state coinvolte in alcun tipo di discussione», chiede che le stesse siano contemplate per «scelte così importanti per il territorio e che ricadranno nel bene e nel male anche sulle generazioni future». La risposta, immediata come richiesto dall’atto del consigliere, è arrivata attraverso l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti, Riccardo Riccardi: «Per quanto concerne la tratta in territorio italiano, la Regione è tenuta a dare l’intesa sulla localizzazione, sentiti i comuni nel cui territorio si realizza l’opera (secondo l’articolo 3 del Decreto legislativo 190 del 2002, ndr)». E, quindi, «appare pienamente garantito quel coinvolgimento dei cittadini ritenuto necessario non solo dall’interrogante, ma dall’intero esecutivo regionale», ha aggiunto Riccardi.
Una convocazione del Consiglio comunale è stata richiesta invece da Roberto Decarli (Cittadini): «È arrivata l’ora che si parli di Tav nella sede più appropriata, il Consiglio comunale di Trieste, invitando in questa assise i membri del Ceb all’interno del quale è previsto un rappresentante della Regione, del Ministero dei Trasporti e della Rete Ferroviaria Italiana, o in subordine l’assessore Riccardi, e una rappresentanza delle associazioni ambientaliste più rappresentative congiuntamente al Cai XXX Ottobre».
Proprio la settimana scorsa, il sottosegretario a Infrastrutture e trasporti Bartolomeo Giachino, in visita a Trieste, aveva parlato della Tav Trieste-Divaccia ricordando che «il governo considera il Corridoio 5 strategico, per il trasferimento del traffico merci dalle autostrade ai treni, permettendo così progressi in termini di sicurezza, mole di merci trasportate e un minor inquinamento».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Piano traffico, più corsie per gli autobus - PROGETTO IN GRAVE RITARDO, ORA SARÀ RITOCCATO PER ACCOGLIERE LE RICHIESTE DI TRIESTE TRASPORTI
 

Senso di marcia invertito in via Geppa. Riproposto il ring Corso Italia-via Carducci
Roberto Dipiazza, in ragione di quella delega alla mobilità trattenuta per sé dopo l’uscita di scena di Maurizio Bucci, eletto un anno fa in Consiglio regionale, assicura che ci sta lavorando sopra da almeno un mese e mezzo, lasciando intendere che la grande novità sarà un incremento delle corsie preferenziali per gli autobus. Ma l’opposizione, per voce del capogruppo del Pd Fabio Omero, memoria storica del centrosinistra sull’argomento, non gli crede. E torna a incalzare il sindaco sulla storia infinita del Piano del traffico, «oggetto dei soliti silenzi e rinvii» anche adesso che è diventata realtà, da quattro mesi, la «rescissione consensuale» della collaborazione con il professor Roberto Camus. Un documento «nato male e finito peggio», con la bocciatura da parte dello stesso Dipiazza del piano Camus, la cui ricostruzione - si mormora a palazzo, e non solo tra i banchi del centrosinistra - si troverebbe ancora in alto mare e sarebbe subordinata al varo di piani particolareggiati come Borgo San Sergio piuttosto che San Vito (entrato a regime in questi giorni) o, ancora, alla fresca variante per i lavori di pedonalizzazione tra piazza della Borsa, via Einaudi e via Cassa di Risparmio con lo sguardo già rivolto verso il futuro terzo ponte sul canale di Ponterosso.
ALTRE PRIORITÀ Una ricostruzione «organica» che, peraltro, non sarebbe neppure rientrata fra le priorità dell’ammministrazione municipale. Da dove, di questi tempi, si punta forte sulle partite del Parco del mare, il cui studio di fattibilità dell’assessore Giovanni Ravidà approderà oggi in giunta, e della variante generale al Piano regolatore, attesa al rush finale nelle prossime settimane e vincolata a un’approvazione definitiva del Consiglio comunale entro fine luglio.
In quel caso in effetti, pena la decadenza dei vincoli di salvaguardia del verde e dei contesti urbani di pregio, una data di scadenza c’è. Quella che è sempre mancata al Piano del traffico. Di date, ad oggi, Dipiazza non parla.
LA REVISIONE Parla, questo sì, che «sto lavorando, finalmente, su un documento divenuto di proprietà del Comune, e lo sto facendo con risorse del Comune», dato che è nata una task-force ristretta composta dal mobility manager Giulio Bernetti e dal geometra Luigi Vascotto. Un percorso di revisione tecnico-politica, dunque, con la supervisione del sindaco e assessore autodelegato, con alcuni capisaldi: «Mai - dice ad esempio Dipiazza- invertiremo la marcia di via San Francesco stravolgendo il flusso attuale. Resta valida poi l’idea del Ring lungo Corso Italia e via Carducci, che resteranno così come sono, e le Rive».
CORSIE PREFERENZIALI Primizie? Il primo cittadino si lascia scappare una «via della Geppa a senso invertito, dalle Rive stesse per arrivare in via Carducci». E solo per i bus. Perché, in realtà, il Piano del traffico targato Dipiazza e non più Camus - riprendendo le annose richieste della Trieste Trasporti al Comune, rimaste finora a mezz’aria - prevede attualmente una serie di simulazioni per incrementare le corsie preferenziali. Obiettivo? «Aumentare - insiste il sindaco - la velocità commerciale dei mezzi pubblici, che a Trieste è bassa. E per questo ci confronteremo con la Provincia, che è l’ente competente in materia. Più che del traffico urbano privato, che abbiamo in buona misura già risolto con le Rive nuove e la Grande viabilità, bisognerebbe parlare del Piano del trasporto pubblico locale».
PIERO RAUBER
 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Omero: «Si procede a piccole fette»
 

Per il Pd, però, quelle del sindaco Dipiazza, sono solo «parole». «La verità - stuzzica Omero - è che il Comune continua ad applicare il cosiddetto Piano Honsell-Barduzzi-Illy del ’98, quello che loro hanno sempre detto che faceva schifo e che, subentrando come maggioranza nel 2001, avevano immediatamente giurato di voler cambiare. Anche gli stessi piani particolareggiati, come l’individuazione di parcheggi o le nuove delimitazioni di aree pedonali, ultima quella attorno a piazza della Borsa, fanno riferimento sempre al Piano del ’98». «Prima - aggiunge il capogruppo dei democratici in Consiglio comunale - Dipiazza diceva che finché non finiva le Rive non varava il nuovo Piano del traffico, poi che non l’avrebbe fatto prima dell’inaugurazione della Gvt. Adesso ripete che non si può stringere, in vista di un’eventuale pedonalizzazione di via Mazzini, finché non si levano le rotaie di Stream.
Sta di fatto che in questo modo si è trovata la strategia per non fare nulla. Il procedere a pezzetti non sta in piedi. E intanto stiamo incassando soldi statali dal fondo per la mobilità che dovrebbero servire per l’abbattimento dell’inquinamento da traffico (525mila euro su un costo totale di 750mila, ndr) per costruire il ponte sul canale di Ponterosso tra via Cassa di Risparmio e via Trento».
 

 

Negato a Racovelli (Verdi) il progetto su piazza Libertà - Il consigliere comunale invitato a rivolgersi ad una commissione di Roma per visionare le carte
 

Per regolamento i consiglieri comunali dovrebbero in teoria poter accedere agli atti amministrativi del municipio. In teoria, appunto. Perché, nella pratica, capita che agli eletti quel diritto venga negato. L’ha sperimentato a proprie spese l’esponente dei Verdi Alfredo Racovelli, nel momento in cui ha chiesto agli uffici di ottenere una copia aggiornata del progetto di riqualificazione di piazza Libertà.
«Rispetto alla versione originale sulla quale l’aula si era espressa tempo fa, sono state apportate delle modifiche che riducono da sette a sei le corsie di marcia sul lato di via Ghega - spiega Racovelli -. Modifiche annunciate dall’assessore Bandelli alla stampa, ma mai illustrate ufficialmente al consiglio. Per questo mi sono rivolto alla dirigente dell’area Lavori pubblici Marina Cassin, chiedendo copia dell’elaborato. Mi è stato però risposto che il progetto è ancora in fase d’istruttoria e, di conseguenza, non può essere visionato».
Ricevuto il primo rifiuto, Racovelli ha bussato ad una seconda porta, quella del segretario e direttore generale del Comune Santi Terranova: «Da lui mi sono sentito dire che esistono diversità di vedute all’interno del Comune sulla facoltà dei consiglieri di visionare i progetti - continua Racovelli -. Il suggerimento finale, pertanto, è stato di rivolgermi ad una Commissione governativa, con sede a Roma, che si occupa proprio di accesso agli atti. Suggerimento che, ovviamente, non ho seguito. Mi pare evidente che qualcuno sta provando ad insabbiare la questione. Non so se dietro a questa serie di no ci sia la lunga mano di Bandelli. Sta di fatto che non si vuole fare chiarezza sull’opera forse più contestata degli ultimi anni, contro la quale sono state raccolte oltre 10 mila firme e su cui il consiglio deve necessariamente poter tornare ad esprimersi».
Argomenti esposti anche durante l’ultima riunione nella quale l’esponente dell’opposizione ha incassato l’appoggio e la solidarietà del presidente del consiglio comunale. «A mio parere Racovelli, come ogni altro consigliere, ha il diritto di ottenere copia dei progetti - conferma Sergio Pacor -. E a difesa di quel diritto ho pure scritto un opuscolo, nel quale indico anche il percorso per chi, ritenendosi leso, sceglie di ricorrere alle vie giudiziarie. Se Racovelli deciderà di avviare un procedimento di questo tipo, gli metterò a disposizione un avvocato. Ovviamente mi auguro che non si debba arrivare a tanto».
«Quando si tratta di interpretare leggi e regolamenti, la parola spetta necessariamente al segretario Terranova - replica il sindaco Dipiazza -. È lui che interviene ogni volta che viene segnalato un problema in consiglio. Detto questo, io non ho problemi a mostrare il progetto di piazza Libertà a Racovelli perché non c’è nulla da nascondere. Sarebbe il caso di abbandonare però questa ostilità nei confronti di un intervento assolutamente necessario. Un intervento - conclude Dipiazza - che ora viene criticato e che poi, una volta concluso, sarà apprezzato da tutti come avvenuto per piazza San Giacomo».

(m.r.)
 

 

Sadoch in degrado, continua la protesta - I RESIDENTI DI VIA POLLAIUOLO: EDIFICI PERICOLANTI DA DEMOLIRE
 

Continuano le proteste nella zona di viale Ippodromo. I residenti di via del Pollaiuolo, riunitisi da tempo in comitato, chiedono al Comune di intervenire sul degrado causato da un paio di edifici pericolanti che da una quindicina d’anni hanno obbligato al transennamento di un lato della strada. Gli abitanti sollecitano l’amministrazione ad applicare il piano regolatore che prevede un allargamento della strada effettuabile appunto con l’esproprio degli edifici pericolanti. Lanciano poi un grido di allarme, sostenendo che nel comprensorio di proprietà della Art Duemila ci sarebbero residui abbandonati di eternit polverizzato privi di protezione sul lato di via del Pollaiuolo, nelle adiacenze degli edifici diroccati. Questi edifici fanno parte del comprensorio dell’ex cartiera Sadoch, già citata anche per il fallimento Tonnellotto, che con la sua Ipg srl vi doveva costruire la Residenza Ippodromo. Con il fallimento la questione è finita in Tribunale, e la proprietà, la Art Duemila, non può disporre del bene, affidato ad un curatore.
Ma andiamo per ordine. Spiega Elpidio Puppatti che in via del Pollaiuolo è proprietario di due casette: «Il degrado è insostenibile. Nelle case diroccate su un lato della strada si sono insediate anche persone senza fissa dimora. La Art 2000 è la proprietaria di questi immobili, tranne uno. Chiediamo al Comune di intervenire con un esproprio per eliminare le catapecchie e allargare la via, come è previsto dal Piano regolatore». Analoga la richiesta di altri residenti, come Mario Naveri e Marcello Pace.
La Art 2000 risponde per voce della proprietà e dell’architetto Fabbro, già direttore dei lavori per Tonnellotto: «Escludiamo che ci sia dell’amianto sbriciolato, Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata a suo tempo dall’Azienda sanitaria. Se c’è qualche pezzo di amianto è intero e non sbriciolato. Quanto agli immobili di via del Pollaiuolo, la situazione è in mano al curatore fallimentare. Non possiamo né vendere né ristrutturare. Lanciamo anzi un appello alle autorità per vedere sbloccata la situazione». La Art 2000 precisa anche di cercare di mantenere in sicurezza il sito, dove però i vandalismi sono numerosi: quotidiani i danni alle recinzioni. Perciò invita i residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta notino presenze sospette.
Intanto, il dirigente del Comune Carlo Tosolini precisa che «per gli espropri ci vogliono soldi che in questo momento di congiuntura mancano. Il piano regolatore peraltro è in fase di aggiornamento, ma non è detto che la variante riconfermerà piccole modifiche stradali, come nel caso di via del Pollaiuolo».
Daria Camillucci
 

 

Consiglio direttivo fantasma: a giudizio Maurizio Fogar - PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI - Le accuse del pm: falso e truffa ai danni della Regione per un contributo di 100mila euro
 

Centomila euro. Oggi si apre davanti al Tribunale il processo che vede imputato Maurizio Fogar, «apparente presidente» del Circolo Ercole Miani, come lo definisce il pm Giuseppe Lombardi nel capo di imputazione in cui gli contesta due ipotesi di reato: la truffa e il falso ai danni dell’Amministrazione regionale. I centomila euro rappresentano quanto il circolo ha percepito tra l’11 marzo 2005 e lo stesso giorno del 2006 e nello stesso capo di imputazione la Regione Friuli Venezia Giulia viene indicata come ”parte offesa”. In altre parole la legge le consente di costituirsi parete civile per cercare di ricuperare all’erario, in caso di eventuale condanna di Fogar, i centomila euro erogati per le attività culturali del Circolo Ercole Miani che negli ultimi anni si è segnalato per l’intensa attività diretta a sottolineare il pericolo per la salute della popolazione rappresentato dalle emissioni della Ferriera di Servola. Innumerevoli le iniziative politiche ma anche giudiziarie.
In precedenza negli Anni Novanta lo stesso circolo aveva avuto il merito di farsi editore di una pubblicazione di notevole spessore culturale e di aver portato a Trieste, presentandoli al pubblico in conferenze e dibattiti, personaggi come l’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov, i pm titolari delle inchieste milanesi su «mani pulite» e gli avvocati difensori di alcuni dei politici e manager imputati.
A mettere nei guai Maurizio Fogar è stato un esposto presentato da un cittadino che ha sostenuto di avere trovato il proprio nome e cognome inserito- a sua totale insaputa- nel direttivo del circolo Miani.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno evidenziato che la «cooptazione» forzata non aveva coinvolto solo il firmatario dell'esposto ma anche altre ignare persone. «Maurizio Fogar in qualità di apparente presidente del Circolo Miani, in sede di presentazione di due documentazioni atta ad accedere ai finanziamenti e ai contributi regionali, con artifici e raggiri consistiti nella presentazione in due occasioni diverse, di due analoghe dichiarazioni nelle quali attestava falsamente la composizione degli organi sociali del Circolo, destinatario dei contributi e nella quale cooptava artificiosamente Giorgio De Cola, Luciana Scherni, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Moncalvo, attribuendo loro la falsa qualifica di componenti dell’inesistente consiglio direttivo del circolo, traeva in inganno l'Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia così ottenendo ingiustamente la concessione di due diverse annualità nella misura di 50 mila euro per il 2005 e altrettanto per il 2006».
Secondo il decreto di rinvio a giudizio firmato dal giudice Enzo Truncellito, le cinque persone a cui era stato attribuiti falsamente il ruolo di componenti del consiglio direttivo, «mai avevano prestato il consenso all’assunzione di quelle funzioni».
Secondo l’avvocato Guido Fabbretti, difensore di Maurizio Fogar, il suo assistito non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha unicamente degli aspetti formali, tant’è che la procura non ha contesta alcuna uscita illegittima di denaro dalla casse del circolo. Inoltre le assemblee si sono svolte regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è mai stato redatto alcun verbale. In sintesi le decisioni sarebbe state assunte in sede assembleare, da tutti i 300 soci del circolo.

(c.e.)
 

 

SLOVENIA - La centrale di Krsko riprende l’attività - Ispezionati il reattore nucleare e i sistemi di raffreddamento Sostituite 56 barre di uranio

KRSKO - Dalla notte tra sabato e domenica, la centrale nucleare di Krsko è nuovamente collegata alla rete dopo un mese di lavori di revisione dell'impianto. Il reattore è stato riacceso alcuni giorni prima, ma, come sempre in questi casi, ci sono volute non meno di 72 ore perché la centrale potesse operare a pieno regime.

Il reattore era stato spento agli inizi di aprile, quando si è concluso il 23.o ciclo di combustibile. Sono state sostituite le barre di uranio esaurite, 56 sulle complessive 121, ed è stato revisionato l'intero sistema. Sono stati ispezionati il reattore, le condotte, i sistemi di raffreddamento, i generatori di vapore, e tutte le saldature. La pausa annuale è stata sfruttata anche per apportare alcune migliorie tecniche legate fondamentalmente agli strumenti di misurazione. I lavori hanno coinvolto tutti i 600 dipendenti della centrale e circa 2000 collaboratori esterni, in prevalenza altamente specializzati.
Tutto si è svolto senza grossi problemi, se si esclude un piccolo incidente sul lavoro, peraltro senza gravi conseguenze, quando un operaio è scivolato dall'impalcatura durante i lavori di pulizia del serbatoio con acqua distillata. La centrale è stata collegata alla rete con qualche giorno di ritardo sui tempi previsti, ma solo perché non c'era alcuna fretta. «E' stato fatto un grande lavoro - ha dichiarato il direttore dell'impianto Stane Rozman - e non c'era bisogno di stringere i tempi, anche perché i consumi sono calati e, viste le piogge di aprile, pure le centrali idriche non hanno nessuna difficoltà per operare a pieno regime».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2009

 

 

In sfilata anche la protesta No-Tav - TANTI GLI AMBIENTALISTI ARRIVATI DA FUORI PROVINCIA
 

Lavoro e diritti innanzitutto, ma anche difesa dell’ambiente e rispetto per il territorio. Le celebrazioni del 1 maggio a Trieste hanno assunto quest’anno un chiaro sapore ecologista, grazie alla presenza in corteo di decine di ambientalisti. Giovani e anziani, alcuni arrivatia anche da fuori provincia, decisi ad esprimere con forza la loro contrarietà a «tutte quelle opere folli che la politica spaccia per occasioni di sviluppo, ma che, invece, altro non sono se non manovre per arricchire i soliti noti e violentare l’ambiente».
Ecco allora gli striscioni contro l’alta velocità ferroviaria - «l’illusione di un lavoro, la certezza di sprechi e danni al territorio» -, le critiche alle istituzioni che sostengono il progetto del rigassificatore, gli slogan per dire no all’autostrada Carnia-Cadore e agli interventi che rischiano di stravolgere l’habitat del fiume Tagliamento. Il tutto accompagnato da un colonna sonora particolarmente efficace: Caparezza e la sua «Grande Opera», manifesto della lotta contro le lobby dell’edilizia e le decisioni prese sulla pelle delle popolazioni.
Una protesta comunque pacifica e pacata: chi temeva provocazioni da parte dei gruppi No Tav è stato smentito. L’unico e innocuo fuori programma è stata la costruzione di un «carretto ad alta velocità», fatto correre in piazza Unità sotto lo sguardo divertito di centinaia di manifestanti.
(m.r.)
 

 

Muggia, via libera al prg del porto - Decisivo il voto della maggioranza, si è astenuto il centrodestra - Insoddisfatto e molto critico il Comitato per la salvaguardia del Golfo
 

DOPO UNA COMBATTUTA SEDUTA NOTTURNA
MUGGIA Il consiglio comunale di Muggia si è espresso favorevolmente per il raggiungimento dell’intesa per il Piano regolatore del porto di Trieste.
Al termine di una seduta iniziata alle 18.30 e terminata ben oltre la mezzanotte la maggioranza di centrosinistra ha fatto passare il documento con l’aggiunta di un emendamento firmato dal consigliere Paolo Prodan (Pdl) rispondendo positivamente all’Autorità portuale.
Astenuti dal voto invece i consiglieri di centrodestra presenti in aula. «Abbiamo scelto concetti chiavi quali il porto, le navi, le gru, l’incremento commerciale, il tutto inquadrato in uno sviluppo sano –ha spiegato il sindaco di Muggia Nerio Nesladek- ma abbiamo scelto anche il mare, anche a costo di sacrificarne un pezzo».
Il primo cittadino ha poi ricordato che il Piano regolatore del porto è «uno strumento necessario per la crescita economica dell’area, che favorirà i traffici commerciali, il movimento di navi e l’occupazione».
La riunione del consiglio ha visto anche la presenza in aula del comitato per la Salvaguardia del Golfo di Trieste il quale, tramite il responsabile Arnaldo Scrocco ed il consigliere comunale di San Dorligo Giorgio Jercog, ha fatto pervenire ai consiglieri, agli assessori e al sindaco Nesladek un volantino con il quale si esortava il consiglio a rifiutare qualsiasi tipo di risposta all’Autorità portuale sul Piano per la «sostanziale incompletezza dello specifico strumento, risultante esso sprovvisto della prescritta Vas (valutazione ambientale strategica), strumento senza il quale l’atto proposto è da considerarsi annullabile per violazione di legge».
La votazione favorevole al Piano regolatore del porto giunge pochi giorni dopo il nulla osta arrivato dal consiglio comunale di Trieste con il sì da parte sia del centrodestra che dal centrosinistra.
Uniche eccezioni il consigliere dei Verdi per la pace Alfredo Racovelli, astenutosi dalla votazione, ed il consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano Edera, uscito dall’aula prima del voto.
(r.t.)
 

 

PRG - NESLADEK SPIEGA IL VOTO - «Una scelta strategica anti-rigassificatore»
 

«Un evento di grandissima importanza non solo per il territorio di tutta la provincia ma anche per la stessa città di Muggia che accoglierà sul suo territorio, nella zona ex Aquila, una importante espansione del porto stesso». Questo il commento del sindaco di Muggia Nerio Nesladek all’avvenuta approvazione in consiglio del piano regolatore portuale. «Queste intese – scrive in un’articolata nota – sono la premessa di un rilancio dello sviluppo portuale da molti anni atteso e voluto da parte di parte dei lavoratori, degli imprenditori e di tutta la comunità». «E’ stata anche una scelta strategica – precisa però Nesladek – contro la paventata installazione del rigassificatore a due passi da casa nostra. Premesso infatti che non abbiamo purtroppo nessuna possibilità di porre veti su quell’installazione perché territorialmente non competenti, siamo però convinti che, proprio per questioni di spazio, sarà molto difficile realizzare un impianto di quel tipo in uno spazio angusto tra un terminal petroli già esistente e quel nuovo terminal traghetti nella zona ex Aquila, che giovedì abbiamo approvato con il nuovo piano regolatore».
«E’ stata, infine – aggiunge ancora – una scelta di risanamento perché attualmente il terminal Roro è l’unica possibilità per bonificare e riqualificare la zona dell’ex Aquila. Stupisce e indigna quindi che il centrodestra, guidato da un Grizon particolarmente incattivito, non abbia voluto votare queste intese esprimendo quindi contrarietà al Piano regolatore portuale. Hanno perso una grande opportunità di far del bene alla nostra comunità e al territorio e creato imbarazzo al sindaco Dipiazza che aveva personalmente garantito - senza dubbio alcuno - che il centrodestra a Muggia avrebbe votato compattamente per il sì».
«Prendiamo atto invece – aggiunge Nesladek – della oggettiva alleanza che Grizon e soci hanno stretto con l’associazione guidata dall’ex sindaco socialista Rossini (ora dotatosi di un cognome diverso), politico di lungo corso che ora tuona contro i megacentri commerciali, decisi proprio quando lui faceva politica e amministrava».
 

 

Il progetto ”3 Erre” nelle scuole muggesane - Insegna ai più giovani l’importanza di una corretta raccolta delle immondizie - ATTIVO DAL 2006
 

MUGGIA La Provincia di Trieste, nell’ambito degli interventi di sua competenza in materia di rifiuti, ha messo a disposizione dell’Area Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste dei fondi per la sensibilizzazione della popolazione scolastica e non dell’intera provincia, al tema dei rifiuti, del ciclo integrato, del risparmio, della raccolta differenziata. Il progetto «3 Erre», partito già nel 2006, e che aveva coinvolto finora varie scuole triestine.
Alla seconda fase, che coinvolge invece Muggia e si conclude il 9 maggio, hanno aderito circa cinquanta scuole e strutture educative comunali, con la partecipazione diretta di duecento classi. I bambini di Muggia con gli insegnanti e gli educatori hanno elaborato lavori pratici sul tema e di questi racconteranno in conferenza stampa domani alle 17 nella Sala conferenze del Centro Millo in piazza delle Repubblica. Dall’esperienza i giovani partecipanti hanno compreso che l’obiettivo primario di ogni azione volta alla gestione dei rifiuti deve essere finalizzata alla diminuzione della produzione degli stessi, il termine – risparmio- quindi ha assunto il duplice significato di stimolo alla riduzione dei rifiuti direttamente e indirettamente attraverso un diverso modo di utilizzo degli oggetti di uso.
Nel 2008 il progetto «3 Erre» ha ottenuto un’importante riconoscimento dalla Commissione nazionale italiana Unesco che gli ha riconosciuto le caratteristiche di progetto conforme ai principi ed alle finalità dello sviluppo sostenibile.
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2009

 

 

Ferriera, inquinamento sceso del 75% - L’abbassamento del benzoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno
 

DOPO GLI INTERVENTI IMPOSTI ALLA LUCCHINI DALLA PROCURA
Una riduzione del 75 per cento, a distanza di quattro mesi. Questo il dato sul sostanziale abbassamento della presenza nell’aria di benzoapirene, nell’abitato di Servola, riscontro che scaturisce dalle misurazioni effettuate da una delle due centraline sistemate in zona - su iniziativa del sostituto procuratore Federico Frezza - dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Trieste. Precisamente si tratta di quella piazzata in via Pitacco, a 200 metri dalla Ferriera.
La differenza emerge dal raffronto, contenuto nell’apposita relazione preparata dal professor Pierluigi Barbieri (Dipartimento di Scienze chimiche dell’Università di Trieste), fra i campionamenti effettuati in due periodi diversi: il primo, da febbraio ad aprile del 2008, ed il secondo, iniziato a Ferragosto e chiusosi il 10 dicembre dello stesso anno. Proprio in quest’ultima fase, antecedente alla chiusura dell’altoforno 2 (conseguenza della mancata effettuazione dei lavori previsti dall’Aia), la media giornaliera relativa all’idrocarburo policlico aromatico è risultata sensibilmente più bassa: da 2,22 nanogrammi per metrocubo, il valore è sceso infatti a 0,57. Cos’è cambiato? La variazione, secondo la tesi della Procura, è da attribuire a una serie di interventi di ammodernamento realizzati dalla proprietà della Ferriera sullo stabilimento siderurgico, su «indicazione» di Frezza. Riqualificazione del sistema di aspirazione del piano di colata dell’altoforno 2, realizzazione di una cappa di aspirazione localizzata presso la macchina a colare, ampliamento della rete di irrorazione di parchi e piazzali, sdoppiamento del sistema di riscaldamento delle batterie di distillazione, manutenzione delle porte della cokeria e dei loro telai e sostituzione e revisione delle colonne di sviluppo della batteria B: queste le prescrizioni contenute nell’istanza di dissequestro dello stabilimento, firmata dal pm e datata 26 giugno 2007. Un provvedimento che rientra nel più ampio scenario di un procedimento avviato per le presunte omissioni di azioni volte ad impedire emissioni diffuse di fumi dannosi e polveri imbrattanti. Un inquinamento dell’aria che, per la Procura, va addebitato ai processi produttivi della Ferriera.
Le soluzioni proposte, e poi adottate dalla Lucchini Spa proprietaria dello stabilimento di Servola, erano state suggerite in una precedente relazione da un altro consulente della procura (dopo Barbieri), sulle cui considerazioni e accertamenti si è basato il pm: si tratta del professor Marco Boscolo, docente associato del Dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Ateneo triestino. «Dal confronto dei dati emerge un miglioramento della qualità dell’aria - spiega proprio Boscolo -, che riteniamo collegato agli interventi eseguiti. È servito soprattutto lo sdoppiamento delle linee di alimentazione della cokeria, per quanto concerne il benzoapirene: sono state così create migliori condizioni di cottura, con una conseguente diminuzione degli sfornamenti prematuri, che ne causavano l’emissione. Per le Pm10, importante l’intervento alla cappa di aspirazione del forno di colata».
A proposito di Pm10, la centralina di via Pitacco ha registrato un calo anche in questo caso: -23% (da una media giornaliera di 45,11 nanogrammi per metro cubo a 34,7). I dati sulla diminuzione generale vengono confermati dall’altro apparecchio posizionato dalla Procura, quello di via dei Giardini nell’area dell’ex scuola «Damiano Chiesa», a 500 metri dall’impianto: -43,5% per il benzoapirene (da 0,31 a 0,175) e -21% per le polveri sottili (da 36,55 a 28,92). Va rilevato come i campionamenti siano stati portati a termine in giornate prive di ventosità elevata e di precipitazioni.
MATTEO UNTERWEGER

 

 

FERRIERA: insediata la nuova commissione

 

Si è insediata ieri mattina la Commissione speciale Ferriera del Comune. Il consigliere comunale del Pd, Marco Toncelli, ne è stato nominato presidente. L’orientamento iniziale del Consiglio era quello di eleggere Roberto Decarli (Cittadini), che però ha ribadito la sua rinuncia all’incarico, peraltro già espressa, in ragione di una scadenza del compito affidato alla commissione stessa (31 luglio 2009) - a suo avviso - troppo vicina. Lunedì i componenti si riuniranno per affrontare il primo punto per cui è stato costituito quest’organo, quello delle misure economiche da stabilire per aiutare i lavoratori finiti in cassa integrazione dopo la chiusura dell’altoforno 2.

 

 

«No Tav», la protesta va anche in sfilata - Contro il progetto attesi manifestanti da tutta la regione
 

«Giù le mani dal Carso». Sarà questo lo slogan adottato dai gruppi No Tav che oggi presenzieranno al corteo del primo maggio con uno striscione bilingue atto a ribadire la contrarietà al progetto del Corridoio 5 e del tratto Trieste-Divaccia. In campo San Giacomo si riverseranno dalla regione i comitati dell’isontino, del monfalconese, della bassa friulana nonché il comitato contro il Corridoio 5. A guidare le delegazioni i rappresentanti del gruppo anarchico Germinal di Trieste. «Quest’anno diversi comitati del Friuli Venezia Giulia hanno deciso di partecipare al tradizionale corteo dei lavoratori –recita un documento stilato dal gruppo Germinal- perché la zona di Trieste (e in particolare della Val Rosandra) è un punto fondamentale per il passaggio della linea ad alta velocità/alta capacità. La realizzazione di una linea av sarebbe una gravissima minaccia per il territorio, per gli abitanti ma anche per i lavoratori, poiché porterebbe un pesante impoverimento delle risorse e un danno alla specificità naturale e sociale di queste terre». La tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia con i suoi 35 km di percorso in galleria nel Carso creerà «una devastazione ambientale molto più grave di quella che si è avuta nel Mugello per la tratta Bologna-Firenze –sentenzia il documento redatto dagli anarchici- perché il progetto che dovrebbe coinvolgere la Val Rosandra è a tutti gli effetti uno dei progetti più assurdi della storia d'Italia, molto peggio del ponte sullo stretto di Messina». I manifestanti anti Tav si posizioneranno alla fine del corteo, nel tratto rappresentato da associazioni e movimenti.
Riccardo Tosques
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2009

 

 

ISTRIA - I mitilicoltori contro il ministero della Pesca - Secondo i pescatori le biotossine non riguardano i mitili ma solo le uova marine
 

Il ministero croato invita a rifornirsi solo da chi rilascia un certificato sulla validità
UMAGO Per gli allevatori di mitili, i giornali che nei giorni scorsi hanno riportato la notizia sulla chiusura di alcuni allevamenti lungo l'Adriatico avrebbero travisato la realtà causando tra l'altro un grosso danno economico in seguito al calo del 50 percento della vendita dei loro prodotti.Il quotidiano «La Voce del Popolo» riporta le dichiarazioni fatte in conferenza stampa da Claudio Coslovich e Daniele Kolec,presidenti delle Associazioni ittiche «Mytilus» e «Mare Croaticum» secondo i quali i dati sulla presenza di biotossine si riferirebbero alle uova marine e non ai mitili o cozze. «I controlli sui nostri prodotti ittici sono rigorosissimi - hanno detto - e l eventuale presenza di tossine viene rilevata immediatamente». Va precisato che della rigorosità dei controlli e delle scarsissime possibilità che un prodotto avariato degli allevatori autorizzati finisca a tavola lo abbiamo scritto anche noi. Appare comunque inconfutabile il fatto che il Ministero dell'agricoltura, pesca e dello sviluppo rurale abbia disposto la chiusura a scopo precauzionale di una decina di impianti ittici lungo l'Adriatico. E si precisa che essi verranno riaperti dopo che due controlli di seguito nell'arco di 48 ore risulteranno negativi al test delle biotossine. La notizia è stata poi ripresa da tutti i giornali incluse le edizioni on line. Il Ministero stesso invita i ristoratori e i cittadini a rifornirsi di mitili esclusivamente presso i fornitori e allevatori che rilascino dichiarazioni sulla validità dei loro prodotti. Va sicuramente considerato un fatto che nuoce all'immagine degli allevatori in regola con la legge: ovvero i mitili di sospetta provenienza (anche dai bacini portuali) che finiscono nelle cucine dei ristoranti causando a volte intossicazioni e avvelenamenti.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2009

 

 

Muggia, scontro su rigassificatore e viabilità - L’INCONTRO ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE «IMPRONTA MUGGIA»
 

Il sindaco Nesladek contesta le affermazioni del presidente dei Verdi Millo
MUGGIA Scontro la il sindaco Nesladek e i Verdi che sostengono la giunta. Il vivace botta e risposta è avvenuto durante l’assemblea pubblica indetta dall'associazione Impronta Muggia sul tema «La viabilità e il rigassificatore nel nuovo piano del porto». L’incontro, organizzato nella sala Millo dall’ex vicesindaco di Muggia Jacopo Rothenaisler (nuovo cognome dell’ex politico socialista Rossini), ha visto anche la partecipazione dei Verdi di Muggia, che siedono in consiglio comunale, con la presenza tra i relatori del presidente provinciale Giorgio Millo.
Rothenaisler e lo stesso Millo hanno espresso preoccupazioni sulle possibili conseguenze che il nuovo piano del porto potrebbe comportare per la viabilità nel comune rivierasco. Ad essi ha replicato «in diretta» il sindaco Neskladek, confutando le diverse affermazioni.
Rothenaisler ha puntato il dito soprattutto sul rigassificatore, composto da «due serbatoi in cemento armato capaci di contenere 280 mila metri cubi di gas» e sul rischio che «il vallone di Muggia possa diventare un posteggio per gasiere e petroliere, e che una città che una volta era composta da pescatori prima, salinatori poi e infine cantierini possa diventare una periferia portuale di infima qualità».
L’ex vicesindaco ha parlato poi di diversi interventi, tra i quali un semaforo in via Flavia per creare nella zona di Aquilinia lo spazio per il flusso di veicoli commerciali, la costruzione del terminal ro-ro nei pressi del canale di Zaule, quattro nuove rotonde, nonché la creazione di un altro centro commerciale, quasi il doppio del Freetime, opere che andrebbero ad incidere negativamente sul traffico nella zona delle Noghere.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Giorgio Millo (Verdi Muggia), il quale ha espresso «preoccupazione anche perché giovedì (domani, ndr) andremo in consiglio comunale a votare un’intesa, strumento previo il quale il piano regolatore viene adottato dal comitato portuale, che però non conosciamo». Millo ha poi ribadito l’importanza, come riportato nei documenti rilasciati dall’Autorità portuale, di «garantire la più ampia partecipazione della comunità alle scelte da effettuare».
Il sindaco Nerio Neslade ha smontato in maniera articolata gli argomenti di Rothenaisler e Millo. «La viabilità proposta non sarà affatto così – ha spiegato – perché manca quell’opera fondamentale che è il bypass di Aquilinia, struttura a quattro corsie sull’asse Muggia-Trieste, necessario per l’espansione ad est del porto».
Nesladek ha poi osservato che senza il bypass «non sussiste la possibilità di creare il terminal ro-ro» e che quindi «il paventato passaggio di centinaia di tir non sussisterà». Il semaforo in via Flavia, «inizialmente previsto, non rientra tra i progetti, altrimenti il Comune non accetterà il patto d’intesa», ha aggiunto Nesaldek, che sul tema rigassificatore ha ricordato «la strenua lotta perpetuata in qualità di sindaco contro questo progetto, per il quale le redini appartengono alla maggioranza di centrodestra della Regione».
Riccardo Tosques
 

 

Mare pulito a Marina Julia
 

MONFALCONE Il monitoraggio delle acque effettuato dall’Arpa ad aprile promuove Marina Julia. Trascorsi i sei mesi dall’ultimo prelievo sfavorevole, nella seconda metà di luglio del 2008, il Comune di Monfalcone invierà già all’inizio della prossima settimana alla Regione la richiesta formale di revoca del divieto di balneazione, che ormai campeggia sulla spiaggia da quasi due anni. L’Assessorato all’ambiente motiverà la domanda non solo con l’esito favorevole del monitoraggio di aprile ma anche con i lavori effettuati per mettere in sicurezza la rete fognaria di Marina Julia e quelli avviati da Irisacqua per completare la rete monfalconese. «La Regione ha la facoltà di reinserire Marina Julia nelle zone in cui è consentita la balneazione - ha spiegato l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, comunicando l’esito dei prelievi di aprile - e il nostro ufficio ha già avviato l’istruttoria per raggiungere questo risultato».
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2009

 

 

Alta velocità a Trieste: ecco il percorso sotterraneo - Il tunnel da Opicina a Conconello e poi verso San Giovanni, Cattinara e Val Rosandra

I 35,6 CHILOMETRI FINO A DIVACCIA
In una prima fase erano nove le alternative progettuali, poi è arrivata l’approvazione al tracciato definitivo da 35,6 chilometri della Tav Trieste-Divaccia nel luglio scorso. Negli anni si sono inseguite incertezze, polemiche, proteste, dichiarazioni più o meno favorevoli alla realizzazione. Di certo, c’è sempre stato un elemento: la tratta trasnfrontaliera fra Italia e Slovenia fa parte di uno dei «Progetti prioritari» dell’Unione europea (punto 6 dell’allegato III della decisione 884 del 2004 dell’Europarlamento), quello del potenziamento dell’asse ferroviario Lione-Trieste e del suo allungamento verso Budapest e oltre. E con esso, della più ampia direttrice Barcellona-Kiev, il Corridoio 5.
I residenti del comune di San Dorligo della Valle sono saliti di recente alla ribalta delle cronache per il loro «no» al progetto, ma il collegamento interesserà ovviamente anche il territorio cittadino di Trieste, non solo la sua provincia. A prescindere da ogni valutazione sull’opportunità (economica, ambientale, strategica e così via) di arrivare alla creazione effettiva dell’opera, la stessa si collegherà alla linea in ingresso da Ronchi Sud, sviluppandosi quindi a nord-ovest della città fino al chilometro 5. La velocità iniziale di passaggio dei treni raggiungerà i 250 chilometri orari. La ferrovia transiterà, nel sottosuolo, quasi all’altezza di Villa Opicina (in zona - al km 3,6 - è prevista la prima delle cosiddette finestre costruttive, inizialmente utili ad avviare i lavori e poi, in futuro, come sfiati). Da lì, la direzione intrapresa porterà verso est: Conconello e da lì, a sud, la zona più alta dell’abitato del rione di San Giovanni, attorno al chilometro 7 del percorso. Il tragitto continuerà all’altezza di Santa Maddalena Superiore, per infilarsi in un corridoio compreso fra l’ospedale di Cattinara e la Grande viabilità triestina. In quel tratto, il traffico ferroviario dovrebbe viaggiare a circa 180 chilometri all’ora.
Doppio bivio in prossimità dei 9.600 metri della linea, per consentire il collegamento con la zona portuale-industriale di Trieste e agli impianti di Campo Marzio da un lato e, dall’altro, con la stazione di Aquilinia. Quest’ultima connessione avverrebbe utilizzando l’esistente raccordo della Wärtsilä, avvalendosi inoltre di un nuovo segmento a singolo binario.
Al chilometro 10 e 900 metri, ecco la finestra costruttiva di San Giuseppe e l’avvio dell’aggiramento dell’abitato di Bagnoli della Rosandra, che - secondo i documenti - viene superato passandoci alle spalle, attraversando la Val Rosandra, e proseguendo a destra (guardando la cartina geografica) di San Dorligo della Valle. Infine, inversione di rotta e collegamento con la preesistente ferrovia che porta da Capodistria a Divaccia. A proposito, per la Slovenia riveste una grande importanza proprio il fatto di poter disporre di una nuova via preferenziale per arrivi e partenze al suo unico porto nazionale.
I vertici di Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, e del Ministero dei trasporti sloveno si sono anche soffermati, nel corso della progettazione, sulle proiezioni dei traffici ferroviari al 2025, 2035 e 2045. Prospettive di lungo periodo, dalle quali è emerso che, senza la Trieste-Divaccia, un eventuale andamento di alto livello quantitativo di merci e passeggeri non potrebbe essere evaso al 100 per cento. Dal punto di vista strategico, va ricordato che una nuova direttrice di questo tipo permetterebbe l’alleggerimento dei traffici di passeggeri sulle linee già esistenti, con il loro spostamento a bordo dell’Alta velocità. Quello spazio libero verrebbe così riempito accogliendo nuove quantità di merci.

MATTEO UNTERWEGER

 

 

Con la nuova linea in 17 minuti per completare il viaggio - Nello studio di fattibilità elencate le criticità cui si potrebbe andare incontro durante gli scavi
 

Il costo complessivo dell’opera si aggira attorno ai due miliardi e 400 milioni di euro
Con la nuova percorrenza, i treni ad Alta velocità ci metterebbero, nell’ipotesi più sfavorevole, 17 minuti per raggiungere Divaccia partendo da Trieste. Ma il dato potrebbe scendere addirittura a 13. Stando alle relazioni ufficiali dello studio di fattibilità del progetto locale per la Tav, il risparmio in termini di tempo supererebbe l’ora: attualmente per raggiungere la città slovena si impiegano in treno, dal capoluogo del Friuli Venezia Giulia, qualcosa come 89 minuti. Praticamente un’ora e mezza. Grazie al collegamento, gli utenti avranno poi l’opportunità di raggiungere Lubiana in 40 minuti.
Il costo stimato dell’opera dovrebbe aggirarsi attorno ai 2,4 miliardi di euro, di cui oltre la metà per il tratto da realizzare eventualmente in territorio italiano.
Nell’ambito dello studio di fattibilità, sono state anche analizzate le criticità cui i lavori utili alla creazione dell’opera andrebbero incontro. Tra queste, l’impossibilità di conoscere con precisione (bensì solo in linea di massima) lo scenario sotterraneo che i tecnici si potrebbero trovare di fronte durante gli scavi, ipotizzando ovviamente la presenza di fenomeni di carsismo. Poi, gli aspetti problematici già noti interesseranno interferenze con fondazioni stradali e sottoservizi, la tutela ambientale e del panorama idrogeologico della Val Rosandra ma anche l’attraversamento sotterraneo delle zone abitate della provincia. San Giovanni, come Conconello, ad esempio: uno degli argomenti chiave sarà quello della distanza fra le case, in superficie, e le doppie gallerie, nel sottosuolo.
Proprio sull’impatto ambientale, in passato, tutti i comuni del Monfalconese e della provincia di Trieste interessati dal progetto (Trieste e Duino Aurisina esclusi) si erano espressi negativamente.

(m.u.)
 

 

Sadoch nel degrado, la gente protesta - La Circoscrizione chiede al sindaco di far pulire e recintare l’area
 

I residenti di viale Ippodromo e delle zone limitrofe continuano a protestare per lo stato di abbandono in cui versa da anni l’ex azienda cartotecnica Saul Sadoch, struttura attorno alla quale gravitano anche anche tipi poco raccomandabili.
Nel comprensorio, che si apre su viale Ippodromo ma che ha tre lati affacciati su case di via Settefontane, via del Pollaiuolo e via Pordenone, l’altra settimana è stato rinvenuto anche il cadavere di un suicida.
In risposta alle sollecitazioni degli abitanti la Quinta circoscrizione ha deciso di sccrivere al sindaco Roberto Dipiazza per richiedere un intervento che imponga alla proprietà di migliorare almeno la recinzione dell’ex fabbrica, nella quale si aprono varchi attraverso i quali chiunque può passare.
Va ricordato come nell’area occupata dal comprensorio fosse destinata a nascere la Residenza Ippodromo della Ipg srl, di cui era leader Flaviano Tonnellotto, ex presidente della Triestina. Un cantiere finito nelle aule giudiziarie in quanto la proprietà del complesso Art 2000 aveva accusato la società di Tonnellotto di non aver rispettato delle scadenze. A tutt'oggi la situazione appare in stallo.
Spiega intanto un abitante, Mario Naveri: «Tutto il materiale - inerti, qualche mobilio e altro - che si trovava all’interno della fabbrica e i resti della demolizione di un capannone, dal 2005 giacciono in abbandono sul retro del comprensorio in una sorta di discarica a cielo aperto, con il risultato che ci arriva la polvere nelle abitazioni quando tira la bora. Abbiamo anche paura di ruberie e temiamo di fare brutti incontri quando torniamo a casa, visto che nel luogo si entra con estrema facilità. Per questo motivo ci siamo rivolti alla circoscrizione, dopo aver rivolto rimostranze da tutte le parti, perché si faccia qualche cosa, almeno pulendo le vie esterne all’ex fabbrica dove il verde e la pulizia delle strade avrebbero bisogno di un occhio di riguardo».
L’altro giorno il presidente della Quinta circoscrizione Silvio Pahor ha scritto dunque al sindaco per chiedere un intervento. Dipiazza ha risposto promettendo di interessarsi della questione.
Daria Camillucci
 

 

Pulizia a Canovella e Costa dei barbari: oltre 14 mila euro - LA CONCLUSIONE IN SETTIMANA
 

DUINO AURISINA Un intervento straordinario di pulizia delle spiagge di Canovella de’ zoppoli e della Costa dei barbari in vista della stagione estiva è stato avviato dall’amministrazione comunale di Duino Aurisina e sarà concluso entro la settimana.
In attesa del contributo chiesto alla Regione – pari a circa 70mila euro – per le opere di riqualificazione in seguito al tornado dell’8 agosto 2008, la giunta Ret ha deciso di mettere mano ai fondi comunali, sborsando complessivamente 14mila euro.
Il primo intervento ha interessato la zona di Canovella de’ zoppoli, con una spesa di tremila euro. «La situazione di abbandono e la presenza di diversi tronchi portati dal mare è diventata insostenibile – spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Humar –. Come peraltro richiestoci da diversi cittadini, abbiamo quindi deciso di rimuovere tutti i rifiuti».
Decisamente più sostanzioso il secondo intervento, che sta coinvolgendo la Costa dei barbari, dove i detriti si sono accumulati anche con le forti piogge che hanno messo in ginocchio il territorio il primo dicembre scorso. «Investiamo circa 11mila euro per rimettere a posto l’area, attualmente impresentabile, in vista della stagione balneare», ha commentato Humar.
La decisione da parte del Comune di intervenire sulle spiagge è nata anche in seguito a diversi sopralluoghi effettuati dalla sezione di Duino della squadra nautica della Polizia assieme al sindaco Ret e ai tecnici comunali.
Tutte le operazioni di pulizia delle spiagge vengono effettuate via mare, con l’ausilio di una chiatta e la partecipazione del personale dell’AcegasAps. «E’ una manutenzione molto importante, in una zona ancora difficilmente accessibile – ha aggiunto Humar –. Abbiamo deciso di intervenire via mare, in maniera tale da rendere le operazioni poco invasive anche nei confronti dei cittadini».

(r.t.)
 

 

Muggia: sicurezza, porto e viabilità - ASSEMBLEA PUBBLICA
 

MUGGIA «La viabilità e il rigassificatore nel nuovo piano del porto». Questo il tema dell’assemblea pubblica, in programma oggi alle 17 alla Sala Millo, organizzata dall’associazione Impronta Muggia in collaborazione col partito dei Verdi Muggia. L’incontro si propone di analizzare le future problematiche di sicurezza e di viabilità in ambito locale legate all’attuazione del nuovo piano del porto. Sono stati invitati il sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali di Muggia, il sindaco di San DorligoValle, la presidente della Provincia, il presidente del Porto, quello dell’Ezit, e le associazioni ambientaliste.
 

 

«Scempio irrimediabile alle Noghere» - WWF E GREENACTION SULLA COSTRUZIONE DI UN CAPANNONE
 

TRIESTE «E' ormai irrimediabile lo scempio nella valle delle Noghere, in seguito alla costruzione di un grande capannone a ridosso dei laghetti». Lo affermano Wwf e Greenaction Transnational, che avevano già denunciato ciò che stava accadendo. «Il capannone della società Mancar – rilevano – è sito all'interno di un'area, adiacente il biotopo dei laghetti delle Noghere, soggetta a vincolo paesaggistico e di grande pregio naturalistico per la presenza degli unici lembi di bosco igrofilo della provincia, habitat di svariate specie di uccelli e anfibi».
Malgrado ciò, sottolineano le due associazioni ambientaliste, sull'area continua a gravare una destinazione urbanistica a zona industriale, «che da anni chiediamo, invano, di eliminare».
Contestata anche l'autorizzazione paesaggistica che la Regione «contraddicendo il proprio stesso vincolo» aveva concesso nell'ottobre 2007 al capannone della Mancar.
Il Wwf aveva poi scoperto che nel maggio 2008 il Comune di Muggia aveva rilasciato la concessione edilizia per la costruzione del capannone, in assenza però della procedura Via (valutazione dell'impatto ambientale), necessaria in base alle norme regionali. Di qui, lo scorso febbraio, la richiesta al Comune di Muggia di revocare la concessione e bloccare i lavori, cominciati all’inizio dell’anno. «Se ciò fosse accaduto – sottolineano gli ambientalisti – si sarebbe potuto ancora rimediare ai danni. Il Comune è rimasto però inerte, senza neppure inviare all'ufficio regionale competente per la Via la documentazione richiesta. I lavori sono però continuati, con l'evidente obiettivo di mettere tutti di fronte al fatto compiuto». In effetti la costruzione del capannone è quasi completata.
«Non essendo stati fermati i lavori – concludono gli ambientalisti – i danni arrecati all'ambiente naturale si possono considerare irreversibili. Saremo perciò costretti a chiedere l'intervento degli organi giurisdizionali, per tentare almeno di individuare con precisione i responsabili di quanto accaduto».
 

 

MUGGIA - Finti ambientalisti
 

Ho letto ultimamente della raccolta firme e dell’incontro con l’amministrazione comunale di Muggia da parte di un gruppo ambientalista nostrano. Ma come, questi ambientalisti sono gli stessi che hanno cavalcato la campagna elettorale assieme all’attuale maggioranza in Comune e ora le si scagliano contro? Non è forse più probabile che il tutto sia stato pianificato a tavolino per togliere la «patata bollente» del raddoppio della galleria dalle mani dell’amministrazione comunale? Finti ambientalisti che predicano bene e razzolano male, ambientalisti che battendosi contro la cementificazione a Lazzaretto sono poi i primi che lo fanno costruendo «capannoni agricoli»; finti animalisti che d’inverno sfoggiano pellicce di animali ormai rari; finti paladini della cittadinanza che per sottrarre quei «quattro» voti che hanno permesso al centro sinistra di vincere le elezioni a Muggia avevano creato una lista col finto intento di bloccare la realizzazione del complesso residenziale denominato Costa Alta mediante l’assurda intenzione di avvalersi del diritto di «comunella» del marciapiede di accesso allo stesso gruppo condominiale. L’amministrazione stessa di Muggia, che prima delle elezioni faceva parte di un’importante associazione ambientalista a livello nazionale, con sorriso a 32 denti ha tagliato il nastro dell’ecomostro denominato Monte d’Oro che ha disintegrato una collina, estirpato dei boschi e bellissimi olivi e che con la crisi economica potrebbe diventare una «cattedrale nel deserto», amministrazione che sostiene finti parchi come quello della Concordia a Cerei. Altri ambientalisti «amici» dell’amministrazione che poco prima dell’inaugurazione dell’ecomostro guarda caso hanno cercato di distogliere l’attenzione mediante un articolo sul costruendo rimessaggio per camper nei pressi dei laghetti delle Noghere. Si contrappone a tutto questo un’opposizione con poca «verve», con poca fantasia che si appiglia sempre agli stessi argomenti che vengono prontamente ribattuti.
Leo Tamburini
 

 

SANT’ANTONIO - Parcheggio nell’acqua
 

E così vogliono costruire un parcheggio sotterraneo anche davanti a S. Antonio Nuovo. Si tratta di un monumento pregevolissimo dal punto di vista artistico, ma fu costruito con i materiali dell’eterna legge del «voio ma no posso», la stessa che, proprio in quel tempo, onorò la visita di Francesco I d’Asburgo alla strada nuova di Opicina soltanto con un misero obelisco di legno. Una chiesa che fu recentemente incendiata da un petardo, e dalla quale ruzzolò nella piazza la testa di un santo protettore. Essa ovviamente non fece danno, ma di quell’edificio si dice che quando ci si posa un colombo ne crolla il cornicione; e tuttavia i geologi, pur garantendone la stabilità, dopo costosi studi ammettono che nello scavo potrebbero forse trovare tracce d’acqua marina, quando un qualunque operaio della vecchia Acegat direbbe che, se per sostituire un tubo marcio in un vasto raggio attorno al canale bisogna aspettare la bassa marea, il nuovo parcheggio sarà necessariamente... un buco nell’acqua!
Ma poi, perché rischiare danni irreparabili, devastare un’altra piazza, riempirla di odiosi muri in cemento, di griglie e di orribili ammenicoli, quando a pochi metri c’è qualcuno che vorrebbe costruire un parcheggio meccanizzato? Se quando va all’estero, la nostra classe dirigente non si limiterebbe soltanto a gustarsi i pranzi di lavoro, saprebbe che in Europa, e perfino in Italia, si costruiscono dappertutto parcheggi meccanizzati perché non necessitano di rampe di accesso né di spazi di manovra, e perciò richiedono soltanto 1/3 di cubatura rispetto a quelli tradizionali. Essi consentono un minor impatto ambientale e così a S. Giacomo sarebbe stato possibile realizzare un parcheggio meccanizzato senza tagliare gli alberi sopravvissuti a tutte le guerre. Purtroppo, sia l’attuale amministrazione sia quella precedente ha sempre preferito le violette agli alberi di alto fusto, ma mi chiedo: se si è sempre concessa la realizzazione di qualsiasi obbrobrio, come mai non la si concede anche al parcheggio di via Machiavelli, salvando così S. Antonio? Io non conosco il sig. Pertot, ma corre voce che non possa fare nulla soltanto perché è inviso alla nomenklatura. Gradirei una risposta da chi è convinto che siamo tutti d’accordo a fare... un buco nell’acqua!
Lucio Schiulaz
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2009

 

 

«AcegasAps punta a sinergie con Net Udine e Iris Gorizia. Serve una rete a vantaggio di tutto il Nordest» - Paniccia: «Il futuro si gioca sull’ambiente»
 

IL PRESIDENTE ILLUSTRA LE STRATEGIE DELL’AZIENDA ALLA VIGILIA DELL’ASSEMBLEA SUL BILANCIO
TRIESTE Sottolinea il dividendo in un periodo in cui non tutte le quotate lo pagano, intravede altri introiti straordinari sulla scia di Estenergy, e lancia nuovi messaggi di aggregazione alle aziende del Nordest, soprattutto nel settore ambiente dove, dice, «si gioca il futuro». E domattina Massimo Paniccia, presidente di AcegasAps, illustrerà all’assemblea il bilancio 2008 che l’assise (convocata alla Camera di commercio) sarà poi chiamata a votare.
Nonostante la crisi, il bilancio all’esame dell’assemblea registra cifre in crescita ma un dividendo inferiore al 2007.
Il bilancio 2008 è molto migliore dell’anno passato, anche se non c’è lo stesso risultato economico, che era dovuto al fatto straordinario della cessione del 49% di Estenergy. Quest’anno stiamo peraltro trasferendo a Estenergy 130mila clienti elettrici, con un’operazione che è in itinere, per creare un polo ”dual fuel”, gas-energia elettrica, con minori costi, minore burocrazia e mi auguro anche minori spese per gli utenti. Il conto gestionale è molto migliorato; sono mancati, come dicevo, gli apporti straordinari, che mi auguro arrivino nei prossimi anni.
E il taglio al dividendo, dimezzato rispetto al 2007?
Abbiamo ritenuto giusto riconoscere ai soci solo parte del risultato, visto il periodo economico che stiamo attraversando. Tra le utility quotate siamo però una di quelle che paga il dividendo, diverse hanno rinunciato a farlo.
A cosa destinerete la quota non distribuita ai soci?
Siamo impegnati in diverse operazioni: il completamento della terza linea del termovalorizzatore di Padova, siamo in corsa per realizzare l’interconnesione elettrica con la Slovenia, e investiremo anche nel miglioramento delle reti elettriche.
Per l’interconnesione con la Slovenia un progetto analogo è stato presentato da un consorzio in cui c’è anche Iris Gorizia.
L’abbiamo proposto anche a Gorizia. Con la logica del fare assieme, abbiamo detto alla Regione che sarebbe un vantaggio per tutti. Ma è sull’ambiente che vanno attuate sinergie con Net Udine e Iris, perchè è in questo settore che si gioca il futuro. Bisogna evitare di fare tante discariche, ottimizzando il ciclo dei rifiuti. Stiamo investendo. Sarebbe bello farlo assieme agli altri.
Nel Nordovest si sta realizzando la grande aggregazione Iride-Enia. A Nordest, invece, dopo tanti progetti la situazione ristagna.
Il nostro è un territorio ricco di campanilismi, ma molto meno di voglia di aggregarsi. Ci troviamo però in un sistema che fa capire l’impoverimento che può derivare dall’avere i centri decisionali lontano, come nei casi Stock e Safilo. Salvo la fusione Trieste-Padova, nulla si è fatto finora nel Nordest. E’ invece importantissimo trovare una definizione fra noi, Amga Udine, Iris e Ascopiave, per contribuire allo sviluppo socioeconomico e della qualità della vita del territorio.
Lo scorso anno avete tentato di sbloccare la situazione cercando un partner nei termovalorizzatori, ma forse i tempi non erano i migliori.
Nel settore ambiente, AcegasAps, facendo leva sui sei termovalorizzatori del Nordest, assieme alle aziende più virtuose nella raccolta differenziata potrebbe creare una società che soddisfi le necessità dei nostri territori. E’ da vedere come, ma l’argomento va approfondito e chiarito. Altrimenti può capitare che grandi player intervengano nel nostro territorio. Se non si riesce ad arrivare a una fusione, pensiamo almeno a una rete a vantaggio del territorio. I pesci grossi sono sempre in agguato...
Alcuni mesi fa avete però bloccato la gara per la cessione del 40% dei termovalorizzatori di Trieste e Padova.
Vogliamo un partner e non un padrone. I potenziali soci si sono affacciati nel momento peggiore della storia finanziaria. Abbiamo rifiutato offerte che già oggi sarebbero diverse. L’operazione è comunque necessaria per l’azienda e utile per il territorio e i cittadini. Un’alleanza va quindi perseguita. Mi auguro che, dopo il rinnovo delle concessioni del Comune e dell’Autorià portuale e l’autorizzazione integrata ambientale per l’impianto di Trieste, potremo essere più forti nelle trattative con partner di minoranza.
Riproporrete quindi la gara
Spero che entro l’anno il discorso termovalorizzatori possa essere riaperto ma anche chiuso.
Di recente avete acquistato da Cofathec il 49% di Sinergie, che ora controllate al 100%. A cosa puntate?
E’ un’operazione con grande valenza per i servizi sul territorio. Sinergie era nata da un’alleanza con Cofathec, ma i problemi burocratici italiani hanno fatto capire ai francesi che il futuro era incerto. Così abbiamo approfittato per acquisire il 100%, con un impegno di 20 milioni. E’ un’ottima azienda, che dà risultati eccellenti e li darà ancora di più. Mi aguro che faremo meglio nei servizi energetici per gli enti pubblici e gli ospedali. Abbiamo l’interesse a dare buoni servizi e a conservarli nel tempo. E’ un interesse reciproco, dell’azienda e degli enti locali, un interesse della collettività. Anche in questo caso è meglio che il controllo sia locale piuttosto che all’estero, la qualità della vita se ne avvantaggia.
Gli investimenti in Serbia per la metanizzazione di alcune aree stanno intanto dando i primi risultati.
Sia in Serbia sia in Bulgaria siamo presenti noi ma anche Amga Udine e altri. Sarebbe meglio dare vita a sinergie, per disporre di una massa critica maggiore che permetterebbe di gestire meglio più territori. La vocazione è di andare all’estero, di portare il nostro know how. Mi auguro che si arrivi a qualche forma di accordo.
La partecipazione nel previsto rigassificatore di Trieste è sempre nei vostri piani?
Nel nostro Paese c’è sempre un problema di tempi. La centrale elettrica (progetto Severstal-Lucchini, ndr) e il rigassificatore possono portare ricchezza e occupazione. Siamo sempre disponibili a partecipare, ma vorremmo qualche certezza sui tempi, per poter programmare gli investimenti. Quanto al freddo prodotto dal rigassificatore va detto che, se ci fosse qualcuno disposto a investire, disponendo a costo zero di una linea del freddo concorrenziale e conveniente, ciò potrebbe dare lavoro a centinaia di addetti.
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

 

 

 

 

Aurisina, Veronese chiede al sindaco Ret una riunione sulla Tav
 

DUINO AURISINA Dopo l’affollata assemblea di qualche giorno fa a San Dorligo, lo slogan «No Tav» si estende anche al territorio di Duino Aurisina. A mostrarsi manifestatamente contraria al tracciato dell’Alta velocità è la Lista Insieme, che per voce del capogruppo Massimo Veronese richiede una riunione urgente in Comune per interrogare il sindaco Ret in merito all’assenza di informazioni sul progetto.
«Lo studio di fattibilità dell’opera – esordisce Veronese – è stato presentato principalmente per iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle. Registro però un silenzio quasi assordante sull’iter di approvazione del tratto Ronchi-Trieste. Infatti il problema dell’attraversamento completo del Carso attraverso una lunga galleria è la vera questione di fondo. Su tale tema Regione e ministero sono avari di dati e chiarimenti».
Oltre un anno fa il centrosinistra aveva organizzato un incontro ad Aurisina, nel quale erano emerse forti criticità sull’ipotesi del tracciato. E ciò in seguito alla presenza della falda acquifera a Medeazza e all’attraversamento dei centri di Visogliano e Aurisina. «Abbiamo informato il sindaco – prosegue Veronese – e presentato una mozione urgente in consiglio che è stata votata all’unanimità. Ret si è formalmente impegnato a convocare l’assessore regionale ai Trasporti per avere chiarimenti, ma a tutt’oggi non abbiamo notizie. Ritengo per questo necessario che il sindaco convochi una riunione in municipio».
Non si tratta tuttavia dell’unico argomento su cui l’opposizione lamenta scarsità di informazioni: «Nulla si sa – rimarca Veronese – sull’accordo di programma che la giunta ha approvato mesi fa per un progetto teso alla valorizzazione storico e culturale, ma anche turistico e agricola, dell’area dei monti Ermada e Cocco, presentata dalla Tenuta nobile Castel Duino srl. Il progetto è stato licenziato anche dalla commissione edilizia, ma l’amministrazione non ha ritenuto utile informare né il consiglio comunale né gli abitanti di Ceroglie e Malchina».
In sede di approvazione delle varianti 24 e 25 al piano regolatore, poi, l’esecutivo si era impegnato ad avviare le procedure per la predisposizione di una nuova variante al piano, così da soddisfare tutte le richieste non accolte. A fine dicembre è stato conferito l'incarico per la redazione di uno studio propedeutico alla modifica dello strumento urbanistico generale. «Ma il termine per consegnare tale studio – conclude il capogruppo della Lista Insieme - era il 22 febbraio 2009. Siamo in aprile e di tale documento non si è mai discusso, né in commissione né in consiglio».
Tiziana Carpinelli
 

 

«Energeticamente» sbarca a scuola - ALL’«ADDOBBATI BRUNNER»
 

Sarà una mattinata speciale quella che vivranno martedì gli studenti delle classi terze della scuola media Addobbati Brunner. Potranno operare da protagonisti in modo interattivo con gli operatori dell'Osservatorio meteorologico regionale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Arpa). Promotore dell'iniziativa didattica è anche quest'anno Elvio Toselli, responsabile del progetto di Educazione ambientale per la sostenibilità della scuola, che collabora con il Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste sui temi della biodiversità. Lo scorso anno, in questo contesto, intervenne sui cambiamenti climatici Filippo Giorgi, del Centro di Fisica Teorica di Miramare.
L'appuntamento di martedì costituirà la prima tappa della mostra intitolata «Energeticamente», allestita per la prima volta in una scuola di Trieste. La mostra è composta da una ventina di laboratori portatili, che consentono di osservare e comprendere fenomeni naturali e fisici e di valutare l'importanza dell'uso di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili. I laboratori portatili sono dei minikit tecnologici, che fanno vedere vari fenomeni: come un impianto fotovoltaico sia capace di trasformare l'energia solare in energia elettrica, con un modulo che ne stima l'efficienza, come funzionano un generatore di idrogeno, un essiccatore solare, una miniserra. «La manifestazione - spiega Toselli - si colloca all'interno del programma scolastico di Educazione ambientale per la sostenibilità, che si concentra sulla conoscenza e lo studio del funzionamento dei sistemi ambientali, per sviluppare nei giovani una adeguata sensibilità ecologica e comportamenti più rispettosi verso l'ambiente. In tale prospettiva si colloca il programma di studio che sviluppa in classe lezioni sull'atmosfera e sul suo bilancio termico, sull'effetto serra, sui contenuti del Protocollo di Kyoto del 1997, sul Piano d'azione di Bali del 2007 e sulle prospettive del prossimo convegno delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Copenaghen a dicembre».
Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO,25 aprile 2009

 

 

San Dorligo, l’aula si divide sul «no» alla Trieste-Divaccia - QUERELLE SULLA DELIBERA
 

SAN DORLIGO Per la prima volta il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle si è spaccato su un tema sinora comune a tutte le fazioni politiche: il no al Corridoio 5. E’ successo nell’ultima seduta dell’amministrazione Premolin, nella quale una delibera presentata dall’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi ha creato un piccolo putiferio sia tra l’opposizione sia nella fila della maggioranza.
«Sono rimasta offesa per quanto accaduto, anche perché il lavoro che personalmente sto facendo per estendere la conoscenza tra la popolazione sulla Trieste-Divaccia credo sia sotto gli occhi di tutti». L’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi ha commentato così la decisione, presa dalla maggioranza del Consiglio comunale, di cambiare il firmatario della delibera sulla Tav presentata dalla stessa Stravisi.
I consiglieri che appoggiano il sindaco Premolin hanno infatti cambiato in corsa la proponente della delibera, affidandone la sottoscrizione al primo cittadino. Alcuni momenti di tensione si sono verificati anche quando è stato tolto uno dei quattro punti della delibera, inerente «la proposta di individuare un percorso alternativo della Trieste-Divaccia (rispetto a quello esistente, ndr) avvalendosi anche di esperti esterni».
Nella dichiarazione di voto Elisabetta Sormani, capogruppo dei Cittadini, partito di cui fa parte l’assessore Stravisi, ha annunciato di abbandonare l’aula. «Ho voluto esprimere così il mio disappunto, sia per aver stralciato il punto inerente la possibile creazione di un tracciato alternativo, sia per aver tolto all’assessore Stravisi la proposta della delibera», ha commentato la Sormani.
«Lo strumento della delibera era inadeguato, ma semplicemente ripetitivo di ciò che già era stato espresso con due specifiche mozioni». Così il consigliere Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro) ha comunicato il suo no al documento Stravisi-Premolin, decidendo di lasciare l’aula al momento del voto assieme agli altri componenti dell’opposizione (ad esclusione dell’esponente dei Verdi, Moira Fontanot, che ha espresso parere positivo).
«L’atto era del tutto strumentale e dal chiaro sapore elettorale», ha ribadito Giorgio Jercog (Oltre il Polo). Gli esponenti dell’opposizione hanno poi proposto una loro mozione non firmata «senza alcuna rivendicazione, per sostituire la maldestra delibera dell’assessore», come ha rimarcato Drozina.
La maggioranza però ha rimandato al mittente il documento, facendo dunque passare la delibera nella quale si è proposto di ribadire alla Regione la contrarietà del Comune alla Trieste-Divaccia, senza dimenticare di continuare a dare informazioni ai cittadini sugli eventuali sviluppi del faraonico progetto che dovrebbe pesantemente coinvolgere il territorio di San Dorligo della Valle.
Riccardo Tosques
 

 

Muggia, eco-casa nel rispetto del territorio - LA PROPOSTA DI ALCUNI GIOVANI NELL’AMBITO DEL PROGETTO «3 R»
 

MUGGIA La Provincia punta sui giovani, perché come afferma Elide Catalfamo «se vengono sensibilizzati per primi, i ragazzi riescono a essere dei grandi catalizzatori anche per gli adulti». Così, con il progetto «3 R», si è pensato di divulgare l’abitudine alla raccolta differenziata attraverso modifiche di comportamento a partire proprio dai più piccoli.
Il gruppo che ieri si è raccolto alla stazione degli autobus di Muggia, assieme alla musica di Radio Fragola, con cartelloni e depliant è solo un assaggio della creatività sprigionata dai ragazzi. Il progetto, arrivato ormai alla fase finale, è finanziato da fondi regionali dati alla Provincia cha, a sua volta, si è avvalsa dell'esperienza dell'Area educazione del Comune di Trieste. «Questo è un buon esempio - afferma la Catalfamo, consulente del Comune e responsabile del progetto ”3 R” - di come non sprecare i soldi. Piuttosto di pubblicare libricini o guide varie abbiamo deciso di far parlare i giovani e le loro idee».
Da quando è iniziato, nel 2006, il progetto ha coinvolto circa 60 classi di scuole pubbliche e private, e strutture educative comunali del territorio provinciale, che hanno prodotto lavori creativi e originali. Circa 50 scuole partecipano, quest'anno, alla seconda fase del progetto, per un totale di quasi 6 mila studenti dalla materna alle superiori.
Risparmio, riuso e riciclo. Tre buoni consigli, cui i ragazzi di Muggia ne hanno accostato un quarto, ovvero «Ripenso al territorio seguendo il risparmio». Alan Stefanato, Eugenio Dreolin, Lorenzo Bordon, Matteo Mikac e Niki Pecchiar, sono i giovani del ricreatorio Penso di Muggia dai quali è partita l'idea e che, assieme agli educatori della cooperativa La Collina, hanno presentato ieri il loro progetto.
Una casa ecosostenibile ideale, un'enorme torre con ciascun piano dedicato a qualcosa di speciale, come la musica. Un centro di aggregazione ad emissione zero creato esclusivamente per loro. Da questa idea nasce Cream (Creatività ed ambiente), progetto in evoluzione, visto che ieri un grande pannello bianco e un pennarello erano a disposizione per chi volesse partecipare a questa idea con qualsiasi contributo.
Assieme al cartellone anche un box per lasciare il proprio messaggio, spille e altri gadgets, tutto materiale che nella prima decade di maggio sarà esposto alla sala Negrisin di Muggia.
Cristina Polselli
 

 

Boom del fotovoltaico Riccardi: investiremo nelle fonti rinnovabili - VERSO IL PIANO ENERGETICO REGIONALE
 

TRIESTE Cresce anche in Friuli Venezia Giulia la produzione energetica da fonti rinnovabili: solo nel 2008 il fotovoltaico è cresciuto del 214% e l’idroelettrico rappresenta ormai il 13% del consumo interno lordo. E la Regione intende assecondare il trend: «Una componente rilevante del piano energetico sarà legata alle fonti rinnovabili» assicura l’assessore all’Energia, Riccardo Riccardi.
Prima, però, i numeri. Aper, Associazione produttori energia da fonti rinnovabili, comunica che dal marzo 2008 al gennaio 2009 la potenza installata in impianti fotovoltaici del Friuli Venezia Giulia è passata da 2,58 Mw a 8,12% Mw, con una crescita del 214%. Aumenta anche la potenza installata in impianti a biomassa che sono 11 sul territorio regionale e producono 8,0 Mw, collocandosi nella fascia medio-bassa a livello nazionale. La produzione di energia idroelettrica resta la prima fonte rinnovabile, con una potenza installata pari a 455 Mw, raggiungendo quota 13% nel totale del consumo interno lordo regionale.
Oltre i numeri, i programmi: il Friuli Venezia Giulia intende approvare entro l’anno la nuova legge regionale in materia di energia e il nuovo piano energetico dando spazio alle fonti rinnovabili. Riccardi anticipa che la revisione della norma sulle procedure per le autorizzazioni è ormai in dirittura: «La revisione della legge interviene prevalentemente su questioni di natura procedimentale, cioè semplifica tutti gli strumenti per ottenere le autorizzazioni per gli impianti. La presenterò la prossima settimana agli enti interessati». La «linea di politica energetica della giunta regionale», invece, troverà spazio nel Piano energetico: «Ma non vi è dubbio che una componente rilevante sarà legata alle fonti rinnovabili». Altro nodo cruciale è lo stato della rete di distribuzione: «Dobbiamo tenere conto - spiega Riccardi - della complessità della distribuzione energetica e dei sistemi che devono essere rinnovati. Abbiamo un sistema di distribuzione dell’energia che è fragile, lo dice anche l'Autorità per l’energia, e un sistema di reti che va riqualificato. Il problema è serio».
 

 

 

Gas, l’Italia disporrà di nuove forniture  Scajola: «È finita la dipendenza dalla Russia»
 

SOFIA Dalla fine del 2009 l'Italia potrà contare su 21 miliardi di metri cubi di gas in più all'anno.
Nuove forniture che consentiranno al Paese di godere di una maggiore sicurezza negli approvvigionamenti e di porre le basi per il suo progetto di diventare un hub del gas: un crocevia di passaggio del metano verso gli altri stati del Vecchio Continente.
È il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, a tirare le somme dei nuovi progetti che entreranno in funzione entro la fine dell'anno: il rigassificatore di Rovigo di Edison, che sarà «pienamente operativo» da settembre e darà all'Italia altri 8 miliardi di metri cubi di gas provenienti dal Qatar (pari al 10% del fabbisogno annuo), e lo «sbottigliamento» dei gasdotti Ttpc e Tag, che arrivano rispettivamente da Algeria e Russia e che immetteranno ulteriori 13 miliardi di metri cubi di gas nella rete nazionale.
Con gli altri gasdotti dell'Itgi dall'Azerbajian e del Galsi dall'Algeria che, promette Scajola dal vertice di Sofia ”Gas Naturale in Europe”, «saranno terminati entro la fine della legislatura», l'Italia si appresta quindi a sganciarsi dalla dipendenza quasi esclusiva dal gas russo: perchè la Russia è «un elemento indispensabile per qualsiasi politica energetica a livello europeo» ma «non può pensare di essere il detentore unico del mercato del gas in Europa».
A margine del vertice, sempre nell'ottica della sicurezza degli approvvigionamenti, il ministro ha avuto incontri con i rappresentanti di Grecia e Turchia, ai quali ha chiesto di trovare una soluzione entro un mese ai problemi che ancora ostacolano la definizione del contratto dell'Itgi, che porterà il gas azero in Italia proprio attraverso la Turchia: Ankara sta ora chiedendo maggiori quantità di gas per sè e più alte tariffe di transito. Scajola ha incontrato anche i ministri dell'energia del Qatar e della Russia, che gli hanno spiegato come l'Italia potrebbe rappresentare «un ponte» per il loro gas verso l'Europa. «Vedono l'Italia - ha detto Scajola - come un hub per il loro gas verso l'Europa. Con tutti i Paesi del Mediterraneo stiamo chiudendo un anello energetico, in cui l'Italia assumerà un ruolo strategico anche per la sua posizione geografica».
 

 

Allarme-tossine nei mitili: chiusi i primi allevamenti - Vendita proibita in attesa di test. Pericolo dai molluschi del mercato abusivo
 

Zagabria: stop dal ministero dopo la segnalazione di sostanze velenose
POLA Allarme biotossine nei mitili lungo la costa adriatica croata, tanto che il Ministero dell'agricoltura, pesca e sviluppo rurale ha disposto la chiusura di diversi allevamenti, tra cui quelli istriani che si trovano nel Canale di Leme, a Val d'Arsa e a Porto Badò.
Il drastico provvedimento è scattato dopo che nei primi mesi dell'anno in diversi punti del litorale è stata riscontrata la fioritura di alcune specie di fitoplancton dalle quali hanno appunto origine le temibili biotossine. Queste possono provocare la paralisi e in casi estremi anche la morte, di chi mangia la carne infetta dei frutti di mare.
Gli allevamenti verranno riaperti dopo che risulteranno negativi due controlli fatti in sequenza. Sul suo sito Internet il Ministero dell’agricoltura ha precisato che la situazione è alquanto seria, in quanto oltre alle tossine del gruppo Dsp (Diarhetic Shellfish Poison) che provocano disturbi intestinali, per la prima volta sono apparse le biotossine Psp (Paralytic Shellfish Poison) molto più pericolose in quanto causano la paralisi e anche la morte nel caso di grande consumo di bivalvi infetti.
Importante segnalare che le biotossine resistono anche alla cottura dei frutti di mare. Tuttavia è alquanto improbabile che mitili infetti degli allevamenti registrati finiscano a tavola, visto che il controllo delle biotossine è settimanale mentre quello del fitoplancton avviene una volta al mese. Il problema invece sorge con i mitili serviti nei ristoranti di cui non è accertata la provenienza. Il Ministero afferma di non sapere quante cozze vengono messe clandestinamente sul mercato locale.
Stando a dati ufficiosi, nei ristoranti e nelle trattorie istriane annualmente verrebbero servite un centinaio di tonnellate di mitili raccolti nei bacini portuali dove l'acqua è inquinata, eludendo controlli sanitari e probabilmente anche quelli tributari.
Queste partite di alimenti non passano alcun controllo ed esiste il pericolo che oltre alle biotossine contengano anche metalli pesanti e batteri. Per stroncare il fenomeno, che sicuramente rappresenta una minaccia costante per la salute delle persone con prevedibili ripercussioni anche sul turismo, si annuncia l'intensificazione dei controlli sanitari. Ai cittadini e ai ristoratori viene lanciato l'ulteriore appello ad acquistare i frutti di mare unicamente negli allevamenti regolarmente registrati, che rilascino la necessaria dichiarazione sulla qualità del prodotto. Va precisato che le cozze vengono messe sul mercato anche dai raccoglitori autorizzati che in Istria sono un centinaio.
Già da tempo essi sollecitano l'apertura di un laboratorio in Istria che rilasci il certificato sull'idoneità del prodotto. Sembra però che la loro voce non venga ascoltata per cui i campioni di mitili continuano a venire inviati al laboratorio dell'Istituto oceaonografico di Spalato, l’unico del genere in Croazia.

(p.r.)
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI', 24 aprile 2009

 

Arriva la legge blocca-ricorsi - Se perdi al Tar risarcisci- Lo scopo dichiarato è contrastare "l'egoismo territoriale".

 

Ma potrebbe mettere all'angolo celebri sigle come Italia Nostra o Wwf
Lo scopo dichiarato è quello di contrastare "l'egoismo territoriale" che rallenta "il cantiere Italia". Ma l'effetto della legge anti Nimby (not in my back yard, non nel mio giardino), in caso di approvazione, sarà di azzerare, attraverso la minaccia di risarcimenti milionari, i ricorsi alla giustizia amministrativa da parte di associazioni ambientaliste storiche, che difendono ciò che resta del Belpaese da abusi edilizi e colate di cemento.
La proposta di legge 2271 è sottoscritta da 136 deputati del Pdl ed il primo firmatario è l'onorevole Michele Scandroglio, genovese, fedelissimo del ministro Claudio Scajola. Aderiscono, tra i tanti, l'ex ministro Pietro Lunardi, il presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, il vice di quella Ambiente Roberto Tortoli, l'ex presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti.
Presentata in sordina nei giorni del "piano casa", con due brevi aggiunte all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 (responsabilità processuale delle associazioni di natura ambientale), potrebbe schiacciare all'angolo celebri sigle come Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Vas Verdi Ambiente e Società, senza parlare della miriade di comitali locali.
Con la modifica 5-ter qualora il ricorso alla giustizia amministrativa "sia respinto perché manifestamente infondato, il giudice condanna le associazioni soccombenti al risarcimento del danno oltre che alle spese del giudizio". Pensiamo a cosa vorrebbe dire un anno di fermo cantiere per il ponte sullo stretto di Messina tra una prima sentenza favorevole del Tar e una bocciatura del Consiglio di Stato: un risarcimento per milioni di euro.
"È una legge liberticida, intimidatoria, di regime - attacca l'avvocato Daniele Granara, docente alla facoltà di giurisprudenza di Genova, legale in molti ricorsi ambientali - . Confido che venga ritenuta palesemente anticostituzionale visto che l'articolo 24 stabilisce che "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi"".
Ma per il deputato e coordinatore ligure del Pdl Scandroglio le istanze ambientaliste hanno moltiplicato "comportamenti di protesta contro le scelte infrastrutturali sviluppate da soggetti pubblici e privati... proteste che, conosciute con l'acronimo "Nimby", determinano un ritardo costante del "cantiere Italia"... di gran parte degli interventi pubblici... e della stessa edilizia residenziale". Tutto ciò, prosegue il deputato "senza che sia previsto alcuno strumento di responsabilizzazione delle associazioni di protezione ambientale, le quali, talvolta, presentano ricorsi pretestuosi, con il solo e unico scopo di impedire la realizzazione dell'opera pubblica". Scandroglio aggiunge che, per combattere questa "forma di egoismo territoriale", il governo ha già varato norme per "l'iter accelerato delle opere pubbliche.
Le modifiche richieste (la proposta è al vaglio della commissione giustizia) accennano anche all'applicazione di azioni risarcitorie ai sensi del codice civile in caso i ricorsi respinti abbiano agito "con mala fede o colpa grave", ma secondo l'avvocato Granara questa possibilità è già garantita e prevista. La vera svolta è quindi l'eventualità di un risarcimento in caso di ricorso respinto.
"È chiaro - spiega il presidente di Italia Nostra Giovanni Losavio - che lo scopo specifico della proposta di legge è quello di mettere catene (concrete e psicologiche) alle Associazioni, impedendo di fatto lo svolgimento del proprio ruolo civico con la minaccia di ritorsioni per avere la via spianata a fare del territorio quello che "loro" vogliono".
MARCO PREVE
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2009

 

 

Rovis: parking di piazza Sant’Antonio, entro dicembre via libera al progetto - PREVISTI TRA I TRE E I QUATTRO ANNI DI LAVORI, IL COSTO SI AGGIREREBBE TRA I 9 E GLI 11 MILIONI
 

Dai tre ai quattro anni di tempo per realizzarlo, tra parte burocratica e di cantiere. E circa 9-11 milioni di spesa. Sono le prime cifre del parcheggio interrato di piazza Sant’Antonio, attualmente il più avanzato tra quelli previsti nel piano comunale. «La nostra previsione indicativa – conferma l’assessore delegato al project financing, Paolo Rovis – prevede 3900 metri quadrati su tre piani interrati e 361 posti macchina. Su questa traccia sono arrivati in effetti due progetti, attualmente al vaglio degli uffici. La proposta della Carena prevede quattro livelli, ha eliminato l’ipotesi originaria di destinare uno dei piani ad attività commerciali e attualmente prevede 500 posti macchina. L’altra cordata, quella con Riccesi e gli altri, prevede invece 361 parcheggi su tre livelli, sia a rotazione che pertinenziali e con box. In superficie è prevista una riqualificazione totale dell’area e un impatto il meno invasivo possibile».
Rovis conferma anche che l’ipotesi Sant’Antonio «ha indubbiamente l’iter progettuale più avanzato». Esaurita la scrematura da parte degli uffici, l’assessore calcola indicativamente che «entro l’anno» si dovrebbe arrivare, da parte della giunta, alla scelta del progetto finale. «Sceglieremo in modo discrezionale uno dei due progetti», anticipa Rovis, aggiungendo che l’intervento verrà quindi messo a gara, «ma con diritto di prelazione del proponente». In pratica chi ha in mano l’elaborato vincente ha praticamente il 100 per cento di possibilità di costruirlo, perché ha la facoltà di pareggiare qualsiasi offerta venga fatta per realizzarlo. «Una volta che la giunta avrà deciso – anticipa Rovis – ci vorranno almeno sei mesi per portare a compimento l’iter burocratico e poi i cantieri potranno aprire».
Per quanto concerne i costi, Rovis precisa che sono puramente indicativi. «Il progetto originario della Carena costava 23 milioni di euro – sottolinea – ma è chiaro che avendo perso per strada il centro commerciale la spesa si è ridotta di molto. Basti dire che il progetto dell’altra cordata, con un piano in meno, ha un prezzo indicativo di 9 milioni appena... Diciamo allora che una cifra realistica viaggia tra i 9 e gli 11 milioni».
Con il project financing l’esborso sarà sostenuto dal privato che vince la gara, che però a sua volta potrà godere della concessione di 30 anni come diritto di superficie e della gestione del parcheggio. Il privato che invece vorrà comprarsi un posto macchina lo avrà per 90 anni.
Non tutti sembrano comunque entusiasti del possibile nuovo impianto. Giulia Giacomich, presidente di Italia nostra, lo contesta prima ancora che sia stata messa giù la prima pietra. «Eravamo già indignati per il ponte, figurarsi il parcheggio! Siamo assolutamente contrari, quella è una zona che non va toccata né trasformata. La piazza, poi, è pregevole, non può essere trasformata nel tetto di un parcheggio. Anche se vogliono fare le uscite in via San Spiridione è comunque un intervento che disturba. Perché piuttosto non lasciano terminare quel parcheggio di Pertot che è proprio dietro l’angolo, con la casa già sventrata? È una zona talmente bella che dovrebbe essere vincolata dall’Unesco!».
«Anche a San Giacomo – replica Rovis – si parlava di piazza rovinata, ma poi si è visto com’è migliorata la situazione...»
FURIO BALDASSI

 

 

Roiano, a ruba i 23 nuovi stalli di Amt - Struttura coperta in via Tor San Piero: previsti abbonamenti mensili o annuali - Area in concessione dal Comune all’Agenzia
 

Neanche il tempo di ufficializzarne l’apertura, la disponibilità sul mercato e via, i 23 nuovi posti macchina al coperto di via Tor San Piero sono stati praticamente occupati tutti in poche ore. La cronica sete di parcheggi che tormenta il rione di Roiano ha così trovato un minimo sollievo, parziale sì ma comunque utile. Nell’attesa che il futuro park interrato di largo Roiano diventi realtà attraverso l’istituto del project financing, con i suoi 200 spazi, e che si possa, ancora più in là nel tempo, fruire finalmente dell’area della caserma della Polstrada.
Tornando alla più stretta attualità, la struttura di via Tor San Piero 7, data in concessione dal Comune all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), conta appunto su 23 parcheggi, per i quali è stata prevista la doppia possibilità di abbonamento: mensile a 90 euro o annuale a 900 euro, quest’ultima la più gettonata tanto che nella sola prima mattinata dall’inaugurazione sono state staccate ben 13 tessere. Sommando questi nuovi stalli in struttura a quelli già operativi, il totale di posti macchina al chiuso gestiti da Amt in città è salito a quota 1042. Solo Saba Italia ne possiede di più a Trieste. Il parcheggio di Amt che ne vanta complessivamente di più, 602, è quello di Sant’Andrea, tra via Locchi e via Carli, che pur chiudendo il proprio bilancio annuale in utile non riesce comunque ad avvicinare il cosiddetto tutto esaurito. In superficie, invece, la competenza di Amt riguarda circa 900 stalli: in tutto, la somma porta a sfiorare il limite delle duemila unità.
«Stiamo continuando a raccogliere i frutti del lavoro svolto prima assieme a Piero Tononi, quando ricopriva in Comune la carica di assessore al Patrimonio, e oggi con il suo successore Claudio Giacomelli. Ci consolidiamo nella sosta in struttura, offrendo un servizio a prezzi decisamente bassi», afferma Rocco Lobianco, presidente di Amt. «L’abbonamento annuale comporta alla fin fine una spesa mensile di 75 euro - gli fa eco Paolo Rovis, assessore comunale con delega alle società partecipate -, una soluzione conveniente. Il fatto che quei 23 posti macchina in via Tor San Piero venissero occupati in tempo breve era prevedibile, considerato il bisogno della zona di Roiano. Si tratta di una prima, piccola risposta alle esigenze dei residenti».
MATTEO UNTERWEGER

 

 

Regione-Trenitalia, mille euro di multa per ogni ora di servizio soppresso - OGGI LA CONVENZIONE ALL’ESAME DELLA GIUNTA
 

TRIESTE Puntualità, affidabilità, pulizia, affollamento e composizione, comfort di viaggio, informazioni alla clientela: sono i sei pilastri sui quali si reggerà il nuovo contratto Regione Trenitalia che andrà in esame in giunta oggi, con l'obiettivo di essere firmato entro l'8 maggio. Ognuno di loro prevede una serie di parametri ben precisi in base al rispetto dei quali si prevederà poi la quantificazione del sistema di multe.
Primo punto, naturalmente, la puntualità, che dovrà rispettare una seria di parametri ben precisi. Il contratto prevede infatti un massimo ritardo e una «percentuale limite» di treni in ritardo. «L'obiettivo – spiega il Servizio trasporti della Regione – è quello di avere ogni convoglio in perfetto orario. Siccome sappiamo che è impossibile, si è previsto un parametro che prevede il 90,86% di treni con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di treni con un lasco tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali indici di puntualità, si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo di punto percentuale in più». Naturalmente si tratta di un indice fissato annualmente.
SOPPRESSIONI E INFORMAZIONI Anche per quanto riguarda le soppressioni sono previsti severi controlli. Saranno contate anch'esse su base annuale, e solo sulle soppressioni imputabili direttamente a Trenitalia e nelle ore previste per i pendolari. La contravvenzione andrà a ritmo di mille euro per ogni ora di servizio sospeso. Un'ampia parte del contratto sarà poi destinata alle informazioni alla clientela, specie per quanto riguarda comunicazioni su variazioni di orario, del servizio o soppressioni. Se anormali, ci saranno delle contravvenzioni, che variano da 50 a 100 euro per ogni disfuzione. «In questo caso il controllo avverrà con delle rilevazioni da parte di osservatori» spiega ancora la Regione.
CONFORT E PULIZIA Per quanto riguarda la pulizia, come detto, si è preferito non prevedere il diretto «esborso» da parte di Trenitalia. Gli importi delle multe appioppate per mancata pulizia saranno invece reinvestiti in altre pulizie aggiuntive. In questo modo si punta a raggiungere il massimo risultato «pratico». Anche per il comfort sono previsti una serie di parametri «base» definiti dal contratto, che prevedono ad esempio che tutti gli apparati presenti a bordo, come le porte o i bagni, siano perfettamente funzionanti. Partendo da questo stato di fatto, Trenitalia sarà poi tenuta a rispettarlo e, nel caso di anomalie riscontrate sempre dai «controllori regionali», a pagare le sanzioni previste. Infine, Trenitalia si adopera per garantire un posto a sedere a tutti i passeggeri adeguando l'offerta di treni alla necessità. Altrimenti, anche in questo caso si troverà a pagare delle penalità.
ELENA ORSI

 

 

 

 

GREENACTION TRANSNATIONAL - GIOVEDI', 23 aprile 2009

 

 

Nota stampa - Greenaction sul tratto Trieste-Divaccia dellaTAV – Corridoio 5
 

GALLERIA CARSICA IRREALIZZABILE: INTERCETTEREBBE FIUMI SOTTERRANEI
Trieste, 22.4.2009. - Il tracciato ferroviario indicativo della TAV-
Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia (oggetto di accordi Italia-Slovenia - UE) prevede il superamento del dislivello dell’altopiano carsico in galleria, con due grandi tornanti sotto la valle carsica profondamente incisa del torrente Rosandra. Questo tratto della galleria è irrealizzabile.
Il sottosuolo della valle e di ambedue i suoi versanti è infatti attraversato a varie profondità da livelli sotterranei attivi e fossili del sistema fluviale antico da cui residuano i corsi torrentizi superficiali della Glinscica-Rosandra e di Beka-Ocizla, con i relativi inghiottitoi e risorgive. Piogge sovrabbondanti sui due lati dell’altopiano attivano inoltre le connessioni dell’intero sistema sotterraneo con la risalita di acque in pressione sin sotto il letto roccioso terminale del torrente (riconfermata dalle presenze del crostaceo acquatico ipogeo Troglocharis).
La galleria prevista intercetterebbe perciò anche cavità di deflusso attivo delle acque sotterranee e rischierebbe costantemente di venire inondata in pressione, richiedendo soluzioni costruttive di tipo sottomarino qui insicure e troppo costose.
L’organizzazione ambientalista Greenaction Transnational chiede quindi che, a prescindere dagli altri problemi della TAV, questa galleria venga immediatamente cancellata dalle previsioni comunitarie, italiane e slovene per non sprecare tempo e denaro nell’accertamento tardivo di impossibilità già evidenti.
Il progetto attuale del tratto di ferrovia Trieste-Divaccia prevede un tracciato di 35,6 km quasi tutto in galleria, per un costo di 2,4 miliardi di euro. La sua realizzazione è affidata ad un Comitato intergovernatovo (Cig) Italia-Slovenia e ad un Common executive body (Ceb) tecnico misto fra Italia, Slovenia ed UE.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel.+39 040-2410497 - info@greenaction-planet.org
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2009

 

 

Auto sotto Sant’Antonio, riecco il progetto - NUOVA STRATEGIA SUL PIANO PARCHEGGI - Dipiazza: «È una scelta che trova tutti favorevoli, ora faremo una gara»
 

Il Comune corregge il tiro sui parcheggi. Impastoiata in imprevedibili lungaggini burocratiche la struttura prevista sotto il colle di San Giusto, di gran lunga la più visibile e prestigiosa dei progetti finora annunciati, l’amministrazione sta cercando alternative sul breve-medio termine. E ritorna prepotentemente d’attualità, dunque, l’unica area che sarebbe cantierabile in project financing, con tempi brevi e disagi relativi, quella di Sant’Antonio. Un obbligo, più che una scelta per l’amministrazione. Mentre procede a passi da gigante il processo di pedonalizzazione (l’avvio dei lavori in via Cassa di Risparmio e successivamente in piazza della Borsa avverrà subito dopo la fine del mercato di «Piazza Europa», il 19 maggio prossimo) i cittadini scoprono quotidianamente di poter, sì, camminare sempre più in libertà, ma allo stesso tempo di non poterlo fare, perché mettere la macchina da qualche parte è diventata un’utopia.
«Il progetto di Sant’Antonio va avanti – conferma il sindaco Roberto Dipiazza – perché è una scelta che trova tutti favorevoli, anche a prescindere da qualche benestare in più o in meno. Esistono delle proposte, dovremo fare una gara ma è sicuro che il progetto è importante e ci interessa. Bisogna farlo. Dite di San Giusto in ritardo? Vero, ma avete idea di cosa siano le autorizzazioni? Ero sindaco da un paio di giorni, nel 2001 e mi dicevano: quest’anno parte San Giusto. Bene, siamo nel 2009... Non si può sgarrare, la legge 127 è rigida, prevede addirittura che prima firmi un mio dirigente e poi io! Per questo anche l’ultima delle virgole deve essere perfetta».
«Noi abbiamo il dovere di partire – incalza l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli – perché la pedonalizzazione ce lo impone. Dipiazza ha ragione: Sant’Antonio va fatto. Ho visto uno dei progetti, non è invasivo, ha due ingressi ed è ad almeno sei metri di distanza degli edifici. La sua realizzazione, inoltre, ci consentirebbe di intervenire anche in piazza Ponterosso, eliminando quegli orribili parcheggi di superficie e riportando tutta l’area a mercato, come prevede il progetto del collega Rovis, che condivido. Di sicuro non possiamo più ritardare, perché ho la sensazione che gli elettori ce la farebbero pagare».
Al momento, i progetti in effetti sembrano essere due. La prima a presentarne uno, un paio d’anni fa, fu la società Carena. Prevedeva, come conferma il responsabile triestino, Alberto Modugno, una struttura interrata che al primo piano sotterraneo avrebbe dovuto ospitare un centro commerciale che prendeva la luce direttamente dal soffitto, trasparente. «Il progetto è sempre là – ammette quasi sconsolato Modugno – ma tra il dire e il fare... Comunque non sono pessimista neanche per San Giusto, della cui cordata facciamo parte. Di sicuro i ritardi non dipendono mai dai costruttori, semmai dal Comune».
Il secondo progetto è stato invece elaborato da un gruppo di imprese che comprende nomi come Riccesi, Venuti, Mecasol e Palazzo Ralli e, stando alle prime indiscrezioni, sarebbe decisamente più spartano. «Dal punto di vista tecnico – racconta Donato Riccesi dell’omonima società – Sant’Antonio è più semplice degli altri da realizzare. Si scaverebbe in un posto dove il canale è stato interrato, e dunque per la massima parte su sedime di riempimento, attraversato da pochissime quote tecnologiche, senza problemi di allagamenti e esterno alle strade, tanto che entrata e uscita graverebbero sulla sola via San Spiridione, che è già pedonale su tre lati. Sarebbe un’opera ancora più semplice di quella realizzata in piazza Vittorio Veneto». «L’ipotesi Sant’Antonio ha gambe per camminare, ed è forse l’unica», commenta l’assessore Paolo Rovis, che gestisce direttamente il project financing. Qualcosa più di una dichiarazione d’intenti.
FURIO BALDASSI

 

 

Posteggi in Foro Ulpiano, via libera al raddoppio - Ma in superficie restano i 290 stalli in piazza Oberdan e davanti al liceo Dante
 

Una vera partita a poker, quella che contrappone il Comune ai gestori, o aspiranti tali, di parcheggi in città. Il primo fronte, si fa per dire, di crisi, è quello con la Saba Italia, che nel «pacchetto» legato al raddoppio del posteggio sotterraneo di Foro Ulpiano - project financing da dieci milioni, compresa la pedonalizzazione di via Giustiniano, a fronte di una concessione fino al 2085, per far quadrare il suo piano d’investimento chiede una royalty da 298 nuovi posti blu a pagamento in superficie sulla cintura delle vie Fabio Severo, Coroneo e Carducci, fino a via San Francesco, o in subordine verso Borgo Teresiano. Una richiesta che aveva fatto capolino in giunta con un documento di indirizzo, respinto al mittente davanti alle perplessità espressa dagli assessori. Rivista a freddo, ha messo allo scoperto più di qualche limite, dei quali si fa testimone l’assessore Bandelli.
«È indubbio che Foro Ulpiano, assieme alle Rive e a Sant’Antonio – commenta Bandelli – sia uno dei punti di forza del piano parcheggi in città. È anche vero, però, che non si possono cassare continuamente gli abitanti della zona. Per questo stiamo pensando di mantenere attivi quantomeno i posti di superficie, circa 290, che dovevano sparire una volta realizzato il prolungamento di Foro Ulpiano, per riservarli proprio ai residenti». La cosa dovrebbe tradursi in un nuovo accordo con la Saba, che in pratica otterrebbe il via libera al raddoppio che le sta tanto a cuore, a fronte però di una modifica del progetto che consenta di preservare i preziosi posti macchina anche in superficie.

(f.b.)
 

 

Interparking: «Su Park Audace stiamo trattando col Comune» - PRESENTATO UN RICORSO AL TAR
 

Sulla scia del parcheggio di Sant’Antonio potrebbe riprendere quota, a breve, tra incontri di riavvicinamento e schermaglie davanti al Tar, un altro progetto: quello del park Audace, la megastruttura interrata sulle Rive da 662 posti e 24 milioni d’investimento Iva esclusa, immaginata fra palazzo Carciotti e il Teatro Verdi. Un confronto tra i referenti della Interparking Italia di Venezia, costola dell’omonimo colosso belga, e quelli del Municipio sarebbe in agenda per inizio maggio. Obiettivo: trovare un compromesso sulle superfici da sventrare dalla banchina lato mare verso l’asse viario delle Rive, recuperando così la fattibilità di un’opera che l’amministrazione Dipiazza considera necessaria e che Interparking vuole realizzare. Questo mentre al Tar risulta depositato da alcuni giorni un ricorso della stessa Interparking contro l’invito a riformulare la proposta progettuale arrivata da Comune e Regione a ottobre. Un ricorso tutto da interpretare perché, un secondo progetto, Interparking l’aveva già riproposto a gennaio - con una bretella provvisoria verso la banchina, interna al cantiere, per decongestionare il traffico durante i lavori - incassando un altro no dal Municipio a fine marzo. Allora il Consiglio comunale ha ribadito il parere negativo d’impatto ambientale in quanto lo scavo, che si prenderebbe sei metri al di là delle aiuole, «potrebbe comportare pericoli di dissesto statico» verso «Palazzo Carciotti, la Chiesa greco-ortodossa e il Teatro Verdi». «Il ricorso - chiarisce l’ingegner Angelo Giglio, referente triestino della cordata con la Amg Sas - è un atto dovuto in quanto la legge impone il rispetto di certi tempi entro cui impugnare gli atti». Ne arriverà allora un secondo? «Stiamo parlando con l’amministrazione - ammette Giglio - per cercare di trovare una soluzione. C’è una nuova volontà di venirsi incontro. Ci sarà un incontro tecnico in cui chiariremo che non c’è alcun problema di stabilità, il progetto è stato redatto per la parte geologica dallo studio Zini di Udine e per quella strutturale dal Politecnico di Milano, il meglio in circolazione». «Magari su qualche modifica, su una riduzione d’impronta si può ragionare - chiude Giglio - ma l’orientamento è quello di trovare un’intesa. Il parcheggio s’ha da fare, c’è la volontà di Interparking e c’è la consapevolezza che la città ne ha bisogno».

(pi.ra.)
 

 

«I molluschi dell’Adriatico a rischio biotossine» - APPELLO DEL MINISTERO DELLA PESCA A RISTORATORI, TURISTI E PESCATORI
 

I più colpiti dalla fioritura primaverile possono essere cozze, ostriche, telline e lumache di mare
Una nuova legge non prevede più l’obbligatorietà dei controlli veterinari
FIUME Scattato in Croazia, soprattutto lungo la costa, l’allarme biotossine marine. È stato il ministero dell’Agricoltura, Foreste e Pesca a lanciare un appello in cui si invitano cittadini, turisti e titolari dei centri di ristorazione a prestare la massima attenzione ai consumi di molluschi bivalvi, uova e lumache di mare.
Il pericolo è legato ad una possibile intossicazione, che potrebbe rivelarsi anche grave e la cui origine è stata spiegata nell’appello del dicastero: in questi ultimi tempi, diverse zone dell’Adriatico stanno avendo una consistente fioritura di alghe fitoplancton, contenenti biotossine, di cui si nutrono le su esposte specie. Il rischio di essere intossicati c’è, è reale e dunque vanno prese tutte le precauzioni possibili.
Si deve stare attenti quando si ordinano cozze, ostriche, capesante, mussoli, dondoli (i tartufi di mare), vongole ed anche lumache e uova di mare, tutte delizie di cui molte persone vanno ghiotte, ma che potrebbero nascondere l’insidia delle biotossime. Secondo i responsabili del ministero, non bisogna scherzare soprattutto con le uova di mare (microcosmus sulcatus), che – filtrando quotidianamente enormi quantità di acqua – si pappano le alghe tossiche, costituendo pertanto un pericolo per la salute dell’uomo.
In questo senso va detto che l’uovo di mare è un prodotto molto ricercato negli ultimi anni, che viene offerto in diversi ristoranti della riviera istro – quarnerino – dalmata e che vede in prima fila quali consumatori i clienti italiani. Il microcosmus sulcatus, ritenuto il più potente afrodisiaco tra gli organismi marini, può dunque fare spedire coloro che lo consumano diritto all’ospedale, con grado di intossicazione che dipende da tipo e quantitativo di biotossine ingerite.
Non c’è da scherzare dunque, con i cittadini e i proprietari di ristoranti e trattorie che vengono invitati ad acquistare i frutti di mare esclusivamente presso i rivenditori autorizzati. I prodotti devono inoltre possedere il regolare contrassegno, mentre i commercianti hanno l’obbligo di avere la documentazione concernente la compravendita.
«Coloro che acquistano molluschi bivalvi, ricci, lumache e uova di mare direttamente dai raccoglitori o comunque da persone non autorizzate – così nel documento diffuso dal ministero – lo fanno a proprio rischio e pericolo». A complicare la situazione, sostengono i veterinari croati, è la nuova disposizione di legge – scattata agli inizi del mese scorso – in base alla quale non sono più obbligatori i controlli veterinari sui pescherecci, che in pasato venivano effettuati prima che pesci, molluschi e crostacei finissero sul mercato.
Al posto dei controlli, sono gli stessi pescatori a dovere compilare un documento in cui garantiscono che il prodotto da loro pescato e messo in commercio è idoneo dal punto di vista igienico – sanitario. Va rilevato che un paio di giorni dopo l’entrata in vigore della nuova regola, in una trattoria di Laurana vi è stato un caso di intossicazione per consumo di pesce azzurro. «Mangiare pesci, molluschi bivalvi e crostacei – questa l’ opinione degli operatori veterinari croati – è diventato purtroppo molto rischioso, per l’ assurdità di una disposizione che andrebbe assolutamente cambiata».
ANDREA MARSANICH
 

 

A Sebenico sorgeranno due centrali eoliche e una solare - IN DALMAZIA SI PUNTA SULL’ENERGIA PULITA. DIFFICOLTÀ PER L’IMPIANTO FOTOVOLTAICO DOVUTA ALLE MINE
 

FIUME Tra due o tre anni l’area di Sebenico potrebbe funzionare principalmente a sole e vento. Nel senso che buona parte dell’energia elettrica necessaria alla zona verrebbe fornita da impianti alternativi: una centrale fotovoltaica e altre due eoliche.
Una di quest’ultime si appresta a entrare in funzione, mentre per la seconda in questi giorni sono in fase di montaggio su una spianata collinare in località Trtar gli ultimi due generatori dell’impianto che avrà una potenza installata di 9,6 megawatt e sarà in grado di sopperire ai consumi di circa 7 mila utenti. La centrale eolica di Trtar, con la sua batteria di undici generatori, dovrebbe cominciare il ciclo di collaudo nella seconda metà di maggio. A «far girare le eliche» per prima dovrebbe comunque essere la centrale sistemata sulla collina di Orlice, anche questa con undici generatori ma con un potenziale superiore (12 MW) e in grado di alimentare sulle 8-9 mila utenze. Entrambi gli impianti – che a detta dei tecnici potranno contare su condizioni microclimatiche pressochè ideali –fanno capo alla tedesca «EnerSys GmbH» di Bissingem, società leader nella progettazione, realizzazione e finanziamento di centrali eoliche, già presente, oltre che in Germania, in Bulgaria, Lettonia e Lituania. Il costo dell’intero progetto si aggira intorno ai 12 milioni di euro.
Alternativo eolico a parte, la grossa novità che viene segnalata in questi giorni dall’amministrazione regionale di Sebenico è tuttavia un’altra: l’avvio dei preliminari «cartacei» per una centrale fotovoltaica che sarebbe non soltanto un inedito assoluto in Croazia, ma anche un impianto di riferimento europeo. La serietà e concretezza del progetto è dimostrata dal fatto che nel piccolo comune di Promina, immediatamente alle spalle di Sebenico e a un migliaio di metri di altitudine, per fare spazio all’impianto a pannelli solari si è già provveduto a modificare il piano regolatore. Per la futura centrale fotovoltaica è stata riservata un’area di 250 ettari. Si tratta di una brulla estensione carsica delle Dinariche (massiccio del Velebit) con un unico difetto: la zona non è stata ancora interamente bonificata dalle mine che costituiscono lo spiacevole e pericoloso retaggio della guerra in Croazia nei primi anni Novanta. Per la realizzazione del progetto, di cui si occupa il fondo d’investimenti «Nexus», sarà quindi giocoforza procedere allo sminamento e alla messa in sicurezza dell’area. Oltrechè provvedere poi a tutti gli allacciamenti e infrastrutture necessarie. Secondo il progetto di massima, ai circa 250 ettari di pannelli solari corrisponderebbe una potenza installata di una sessantina di megawatt. La centrale fotovoltaica, unita alle due eoliche prossime a entrare in funzione, dovrebbero far diventare quella di Sebenico la regione leader in Croazia e in tutto il sudest Europa in quanto a energia da fonti alternative. Per la centrale «solare» di Promina, da realizzarsi in capo a due anni e con impiantistica in gran parte di produzione nazionale, il preventivo calcola una spesa intorno agli 80 milioni di euro.

(f.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2009

 

 

Antenna in via del Veltro, Roma dice sì - SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, CHIESTO L’INTERVENTO DI MENIA
 

Dura mazzata per gli abitanti di via del Veltro che - contro la presenza di un traliccio, all’interno di un’area delle Ferrovie, destinato a ospitare un’antenna per la telefonia mobile - avevano sperato in una sentenza favorevole del Consiglio di Stato. Il ricorso contro il pronunciamento del Tar, presentato dal Comune, assieme alla Soprintendenza e il Ministero dei beni culturali, ha dato ancora una volta ragione alle Ferrovie. Appello contro le antenne GSM-R respinto, quindi, e conferma del pronunciamento del Tar.
Nella sostanza il pronunciamento, pur puntualizzando il valore del vincolo paesaggistico esistente in alcune zone della rete ferroviaria, afferma la priorità della sicurezza dei treni e delle comunicazioni di cui il sistema di infrastrutture è garante. Ma i cittadini non vogliono arrendersi. Anzi, intendono coinvolgere il sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto Menia, affinché dopo un sopralluogo in via del Veltro si attivi per modificare la norma del 2006 che dà carta bianca alle Ferrovie sulle antenne Gsm-r.
«Il punto cruciale è che le Ferrovie affermano di poter collocare le loro antenne anche in presenza di vincolo paesaggistico. Noi sosteniamo che tali collocazioni dovrebbero avere un’autorizzazione da parte del Comune e della Sopritendenza», spiega l’avvocato Oreste Danese, legale del Comune assieme ai colleghi Maria Serena Giraldi e Domenico Vicini. E aggiunge, dopo la missione a Roma: «Purtroppo il Consiglio di Stato, come in precedenza il Tar, hanno dato priorità alla sicurezza, rispetto la tutela del paesaggio in quanto c’è anche una norma che lo prevede».
Un ricorso andato male, dunque, ma che aveva visto anche l’opposizione schierarsi al fianco della scelta della giunta Dipiazza. Dal consigliere Roberto Decarli (Cittadini) all’esponente dei Verdi, Alfredo Racovelli, pronto a contestare ancora quell’antenna. «L’emendamento di legge del governo Prodi, inserito nella finanziaria 2006, scavalcando i permessi dei Comuni e delle Sopritendenze, ha dato in pratica carta bianca alle Ferrovie per tralicci e antenne, che sorgono come funghi e non sempre in stato di effettiva necessità - dice Racovelli - Ma non disperiamo, anche perché il ricorso triestino, il primo a livello nazionale, potrebbe fare da apri pista ad altri Comuni italiani. Inoltre gli abitanti intendono sollecitare nelle sedi opportune la modifica della norma governativa del 2006». I residenti di via del Veltro, ma a protestare sono anche quelli di via dei Baiardi, sono pronti a chiedere un incontro urgente al sottosegretario Roberto Menia.
Daria Camillucci
 

 

San Dorligo, addio al microchip per la tariffa rifiuti - CONSIGLIO COMUNALE QUASI UNANIME: UN NO E UN’ASTENSIONE
 

SAN DORLIGO Il regolamento sulla tariffa dei rifiuti è stato al centro della seduta del consiglio comunale di San Dorligo ieri mattina.
Il calcolo degli svuotamenti con il microchip viene abbandonato, e continua solo per fini statistici. I dati raccolti dallo scorso gennaio con il micrichip sono infatti ancora troppo pochi per essere attendibili
Di conseguenza la parte variabile della tariffa verrà calcolata, come nel 2008, suddividendo la spesa complessiva fra tutte le famiglie. Non cambia nulla per la parte fissa della tariffa, che continuerà ad essere conteggiata in base al numero dei componenti la famiglia e alla superificie della casa.
Votata favorevolmente da tutto il consiglio, eccezion fatta per l’astensione di Elisabetta Sormani (capogruppo dei Cittadini, maggioranza) e per il no di Boris Gombac (capogruppo di Uniti nelle Tradizioni, opposizione), la delibera ha di fatto abolito le «tecniche di calibratura della quantità di apporti individuali specificabile in chilogrammi», sostituendole con l’applicazione del «sistema presuntivo riferito alla produzione media comunale pro capite», desumibile dalle tabelle predisposte dalla sezione regionale del catasto dei rifiuti.
La richiesta di abbandonare il chip transponder e, quindi, il conteggio del numero di prelievi era partita inizialmente dai quattro consiglieri d’opposizione Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro), Roberto Jercog (Oltre il Polo), Roberto Massi (Oltre il Polo) e Sergio Rudini (Lega Nord).
«È un ottimo risultato essere riusciti a condurre in porto questa battaglia, anche perché il microchip concretamente non era mai riuscito a dare benefici positivi», ha commentato Drozina.
Di diversa visione l’analisi del consigliere Boris Gombac, che a sua volta ha presentato una proposta di ritiro della delibera: «Secondo il regolamento comunale mancano le firme dei singoli consiglieri. Ora chiederò il parere dell’ufficio legale della Regione, confidando che la delibera venga annullata».
Il consigliere Elisabetta Sormani (Cittadini), come detto, ha invece ha preferito astenersi. La spiegazione l’ha fornita lei stessa: «Non entro nei meriti tecnici della delibera. La commissione riunitasi nei giorni precedenti non ha espresso un documento condiviso da tutte le parti, ma solamente un’imposizione da parte del centrodestra».

(r.t.)
 

 

La megattera «Boby» emerge a Punta Olmi - Avvistata da alcuni surfisti a 50 metri da terra. È rimasta nella zona per mezz’ora
 

MUGGIA «Boby», la megattera avvistata e seguita un mese fa davanti alle coste di Grado, è riapparsa ieri a poca distanza da Muggia, dopo che un quindicina di giorni fa era stata vista da pescatori di Marano a qualche miglio al largo di Porto Buso.
Il nuovo avvistamento è avvenuto verso le 10 davanti a Punta Olmi. A notare il caratteristico spruzzo, seguito dall’emersione del grande mammifero, sono stati alcuni surfisti del gruppo «Barcoletta».
«Eravamo in attesa del vento – racconta Michele Rocco – quando a una cinquantina di metri dalla riva abbiamo notato emergere la balena, che poi si è diretta verso Punta Sotttile. L’abbiamo seguita da terra ed è emersa altre due volte, per poi andare in direzione di Capodistria. Il tutto è durato una mezz’ora».
Che si tratti della balena avvistata a Grado è confermato dai segni notati sulla pinna dorsale. Ma le immagini scattate dai surfisti fanno pensare a una nuova ipotesi: le megattere potrebbero essere due. «In ciascuna immagine – precisa Rocco – c’è una sola balena, ma una sembra più piccola, il che ci fa pensare che possano essere due».
Una possibilità che non viene esclusa da Antonio Tortora, comandante delle imbarcazioni dell’Arpa, che davanti a Grado ha seguito per la prima volta, assieme ad alcuni ricercatori dell’ente, l’ormai famosa megattera. «In effetti – commenta – una quindicina di giorni fa la balena è stata vista da pescatori al largo di Porto Buso, e il giorno prima un’altra megattera era stata avvistata a Rovigno. Nel golfo potrebbero quindi essercene due».
Oggi l’imbarcazione dell’Arpa sarà proprio nelle acque di San Bartolomeo, a poca distanza da Punta Sottile, per effettuare alcuni campionamenti di molluschi, operazione che sarà ripetuta al largo di Grignano. «Sarà un’occasione per perlustrare la zona – commenta Tortora – chissà che non si riesca a rivedere la megattera».
Il primo avvistamento, quello davanti a Grado, è rimasto ben impresso nella memoria di Tortora. «L’abbiamo seguita da Grado fin quasi a Monfalcone – racconta – perchè disponevamo di un catamarano che non produce molta onda e quindi disturba poco l’animale. Viaggiava a una bella velocità, attorno ai 10 nodi. Era lunga sui 12 metri e risaliva in superficie circa ogni due minuti. Avevamo paura che potesse arenarsi; invece quando la profondità dell’acqua si riduceva a quattro, cinque metri tornava verso il largo».

(gi. pa.)
 

 

Rigassificatore di Aquilinia, le tante buone ragioni per opporsi a un progetto molto poco sicuro
 

In merito alla ventilata possibilità di realizzazione del tanto discusso rigassificatore di Gas natural in località Aquilinia - Trieste, desidero ribadire, come la stragrande maggioranza della popolazione, la più netta contrarietà per le motivazioni qui di seguito espresse.
La provincia di Trieste, piccola per estensione territoriale, per quanto attiene all’ambiente è la più disastrata d’Italia. Qui infatti sono concentrate le strutture più inquinanti, per citarne alcune: il sito inquinato nazionale dell’Ezit, l’ex raffineria Aquila con i vari depositi, la discarica di Scalo Legnami (qualche mese fa la stampa locale parlava di catastrofe ambientale e arresto dei responsabili), l’oleodotto con il via vai di petroliere, la Ferriera, l’inceneritore che disperde diossina e varie discariche di amianto sparse qua e là, ecc. dinnanzi a tale scempio in questi anni non è stato fatto assolutamente nulla.
Come è noto, il protocollo di Kyoto e le Direttive europee impongono agli Stati membri di ridurre le emissioni di anidride carbonica; qui, in controtendenza, su un territorio tanto provato, si vuole dare corso alla realizzazione del suddetto rigassificatore.
Penso che non esista da nessuna parte, né in Italia, né all’estero che un’opera di impatto così devastante e alto rischio, venga realizzata in centro abitato in un contesto più che negativo. Il golfo di Trieste è un catino chiuso alle correnti, con una profondità media di 15-20 metri (ci vuole un mese per il ricambio completo di acqua), la bora soffia raggiungendo raffiche che superano spesso i 150 km orari, nei dintorni ci sono fonti infiammabili e inoltre c’è il continuo traffico di petroliere che vanno ad alimentare l’oleodotto e percorrono lo stesso tratto di mare.
Le norme di sicurezza di altri Paesi prevedono che dette strutture siano collocate a 18-20 km dalla costa se posizionate a mare o, se a terra, in zona disabitata.
Il fronte del no (in base a stampa locale: Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Sos Muggia, Comitato per la salvaguardia del Golfo, Greenaction Transnational, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle) si è adoperato in tutti i modi e continua la propria opposizione per segnalare la non fattibilità di detto progetto e scongiurarne la realizzazione intraprendendo anche le vie giudiziarie per varie irregolarità e manipolazioni riscontrate nella stesura dello stesso.
Le nostre Istituzioni, a seconda della loro competenza territoriale, intervengono sempre a disastro compiuto: dopo che i soffitti sono caduti sugli studenti, dopo che le frane annunciate hanno seppellito migliaia di innocenti (vedi Vajont, Autostrade ecc.). Qui si colloca sopra la testa della popolazione residente una bomba ad altissima potenzialità, infatti l’impianto avrà la capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma noi cittadini da chi siamo tutelati?
Pertanto dinnanzi a una gestione del territorio condotta da anni in maniera scandalosa e irresponsabile, chiedo l’intervento del Ministero dell’Interno quale organo preposto alla sicurezza del territorio, e l’intervento della Magistratura per l’accantonamento definitivo di tale progetto al fine della salvaguardia della vita della popolazione residente nella zona interessata.
Licia Micheli
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2009

 

 

RICONVERSIONE DELLA FERRIERA. FIRMATO IL PROTOCOLLO PER LA CENTRALE TERMOELETTRICA - Via libera all’altoforno 3 dalla Regione
 

Ma la ripresa dell’attività a giugno resta in forse, è fermo il mercato
«Delle centomila tonnellate di ghisa accumulate in surplus che ci hanno costretti a ricorrere alla cassa integrazione, ne abbiamo vendute 25 mila, mentre 75 mila tonnellate rimangono da piazzare ai clienti. Di conseguenza non siamo ancora in grado di dire se a giugno potremo riprendere la produzione». Parole preoccupanti quelle pronunciate ieri da Francesco Rosato direttore della Ferriera di Servola a margine della cerimonia che ha sancito l’avvio del programma di riconversione dello stabilimento siderurgico e dell’iter per la realizzazione della megacentrale termoelettrica.
È il mercato ora l’unico ostacolo alla ripresa dell’attività della Ferriera, dal momento che, come ha riferito lo stesso Rosato, la Regione ha dato un sostanziale nulla osta all’accensione dell’altoforno numero 3 dopo che l’azienda era stata diffidata a utilizzare l’Afo 2, fuori norma. «Abbiamo comunicato per lettera - specifica l’assessore all’ambiente Vanni Lenna - che la modifica fatta non è sostanziale per cui non è necessario riottenere l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale. Basterà rifare il decreto spostando il nulla osta dall’Afo 2 all’Afo 3 dal momento che sono analoghi».
In aprile intanto la cassa integrazione sta interessando 170 operai a rotazione, in totale 300. Ma tutti e 540 i dipendenti restano con il fiato sospeso anche se ieri i sindacalisti «accerchiando» il direttore hanno ottenuto la promessa di un incontro per i primi di maggio durante il quale dovrebbe venir detta la parola definitiva sulla ripresa dell’attività.
Ieri in Regione il presidente Renzo Tondo, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, il sindaco Roberto Dipiazza, l’amministratore delegato di Lucchini spa Hervè Marie Kebrat e l’amministratore unico di Lucchini energia Francesco Rosato hanno firmato il protocollo d’intesa sulla realizzazione della nuova centrale a metano da oltre 400 Mw che produrrà energia elettrica e vapore e sorgerà nell’area ex Esso e più precisamente su parte dell’area dell’ex discarica di via Errera prospiciente il canale navigabile. L’investimento previsto è di 300 milioni di euro e la centrale dovrebbe entrare in funzione nel 2013.
«Non bisogna certo considerarla l’alternativa occupazione alla Ferriera - ha detto a margine Rosato - dal momento che saranno solo 30-50 le persone impiegate in modo diretto alle quali potrebbe aggiungersi un indotto di 80-100 unità».
Accanto alla centrale, come ha ribadito anche ieri il sindaco Dipiazza vanno considerati la Piattaforma logistica per la quale domani il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà in audizione al Cipe, il rigassificatore di Gas Natural di cui si attende a settimane il decreto di via libera da parte del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e la fabbrica di funi d’acciaio della stessa Severstal. Realizzazione sulle quali si registra unità d’intenti da parte delle principali amministrazioni, non così netta unitarietà tra i sindacati dove alcune frange sono contrarie al rigassificatore e altre sono per la permanenza sine die di un comparto siderurgico.
Ieri Luca Visentini della Uil e Luciano Bordin della Cisl hanno tentato di mettere spalle al muro il presidente Tondo: «Vogliamo uscire da questa riunione con un percorso tracciato dalle istituzioni verso la realizzazione di 4-5 strutture in grado di assorbire mille posti di lavoro». «Non è questo il ruolo del presidente della Regione - ha replicato Tondo - altrimenti qui dovremmo parlare anche della Caffaro e della Safilo. Va creato un Tavolo ristretto della riconversione, una cabina di regia composta da un numero minimo di rappresentanti delle istituzioni, della proprietà e dei sindacati».
Frattanto con la firma del Protocollo d’intesa si avvia la procedura autorizzativa per la centrale termoelettrica. «Tra l’11 e il 15 maggio - ha annunciato Rosato - presenteremo il progetto a Roma». La procedura autorizzativa sarà regolata da una Conferenza dei servizi istituita presso il ministero dello Sviluppo economico.
Nel protocollo, tra l’altro si legge che «la Lucchini ha promosso alcune iniziative per lo sviluppo di nuove attività nella meccanica, nel settore della logistica e delle infrastrutture energetiche, anche con lo scopo di rendere minimi gli impatti socio-economici e di sostenibilità correlati alla diversificazione produttiva il cui avvio è previsto non prima di cinque-sei anni, essendo collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane attualmente impiegate nel ciclo siderurgico e in attività a esso connesse».
SILVIO MARANZANA

 

 

Severstal-Lucchini, concessione in scadenza per la banchina ma sarà rinnovata per 4 anni - «Intendiamo investire a Trieste per fare i terminalisti»
 

La Lucchini ha anche avviato le procedure per l’acquisto di una gru di banchina con un investimento di oltre 4 milioni di euro. Anche questo annuncio è stato fatto ieri dal direttore della Ferriera di Servola, Francesco Rosato. «Intendiamo intensificare a Trieste anche il ramo logistico dell’azienda con un incremento dei traffici operando da terminalisti soprattutto per conto terzi», ha specificato.
Mentre lo stabilimento è collocato quasi completamente su terreno di proprietà, la concessione della banchina alla Lucchini-Severstal, come ha rilevato il segretario generale dell’Autorità portuale Martino Conticelli, scade al 31 dicembre «ma sarà certamente rinnovata». Secondo quanto afferma lo stesso Conticelli «i volumi di traffico previsti, attorno ai due milioni di tonnellate all’anno, sono stati egregiamente mantenuti», per cui l’Authority non ha nulla da eccepire sulla prosecuzione dell’attività, che anzi contribuisce allo sviluppo del porto.
L’azienda sta ora predisponendo un progetto di rafforzamento dell’attività, come dimostrato già ora dalla nuova gru, e dinanzi ad esso e agli investimenti effettuati e che presumibilmente saranno fatti anche in futuro, il rinnovo della concessione potrebbe essere superiore ai quattro anni. Per lo Scalo Legnami il contratto ancora in trattativa tra Autorità portuale e General cargo terminal è di quindici anni. «Comunque - afferma Conticelli - nella trattativa per il rinnovo e per la sua durata non potranno subentrare considerazioni di carattere politico neanche per quanto concerne la riconversione dell’area, in quanto l’attività della Ferriera e quella del terminal possono essere anche completamente indipendenti una dall’altra».
(s.m.)

 

No Tav, la protesta parte da San Dorligo - AFFOLLATO INCONTRO AL TEATRO DI BAGNOLI SUL PROGETTO PER LA TRIESTE-DIVACCIA
 

Il 1° maggio a San Giacomo una manifestazione con la partecipazione dei comitati regionali
SAN DORLIGO Il movimento No Tav è pronto a sbarcare a Trieste. L’annuncio è stato divulgato ieri, attraverso un volantinaggio davanti al teatro comunale Presveren di Bagnoli della Rosandra, sede dell’incontro pubblico sul Corridoio 5 indetto dal Comune di San Dorligo della Valle.
Il primo maggio a Trieste, in Campo San Giacomo, il popolo contro l’alta velocità scenderà per la prima volta in piazza per protestare contro la «folle logica della sottrazione di soldi pubblici da investire per il miglioramento e l’ammodernamento della rete ferroviaria esistente». Alla manifestazione hanno annunciato la loro presenza i comitati No Tav del Friuli Venezia Giulia.
Un teatro Presveren stracolmo ha intanto visto, come si diceva, l’incontro pubblico per analizzare lo studio di fattibilità della linea ad alta velocità, che dovrebbe coinvolgere ampiamente il territorio di San Dorligo della Valle.
«Il silenzio che avvolge il progetto del Corridoio 5 e del tratto Trieste-Divaccia è funzionale alla maggior spesa possibile di denaro pubblico: oggi più che mai abbiamo dunque il dovere civile di essere preoccupati e di vigilare su questo progetto che attualmente non è certo frutto di un processo democratico». Paolo Rumiz ha aperto così l’incontro, al quale hanno partecipato diversi tecnici delle Ferrovie, esperti nel settore dei trasporti, geologi e ambientalisti.
A spiegare per primo le ragioni di questa criticità è stato Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale: «Attualmente i fondi necessari per la tratta Venezia-Trieste-Divaccia corrispondono solo all’1,24% del costo totale di questa folle opera, sulla quale per altro non esistono studi unitari. Una strategia in realtà per distogliere l’attenzione sul progetto finale, che concretamente non porterebbe nulla di positivo per i cittadini».
Francesco Magro, esperto nazionale nel settore trasporti, ha ribadito sostanzialmente il concetto: «Facendo un analisi del costo/beneficio di questa opera ci rendiamo conto di quanto sia in dubbio l’utilità e la funzionalità dell’alta velocità in quest’area».
Il referente trasporti di Legambiente Fvg, Andrea Wehrenfennig, ha ricordato invece come «rendere efficienti le ferrovie attuali sarebbe un intervento prioritario rispetto al Corridoio 5», mentre il vicedirettore del Dipartimento di Scienze della Terra Peter Suhadolc, sismologo, ha puntato l’attenzione sulle vibrazioni che potrebbero verificarsi, che però «nei terreni duri come il calcare non dovrebbero essere troppo amplificate».
Il direttore del Dipartimento di Scienze geologiche, ambientali e marine dell’Università di Trieste, Franco Cucchi, ha poi delineato scenari inquietanti inerenti «ai battenti d’acqua che potrebbero aprirsi improvvisamente nel sottosuolo causando l’allagamento delle gallerie».
Il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, ha portsato il discorso sul piano politico, ricordando che «l’assessore regionale di competenza continua a negare un incontro sulla questione della Trieste-Divaccia, nonostante le ripetute richieste formulate da diverse settimane».
L’assessore comunale all’Ambiente e ai Progetti europei, Laura Riccardi Stravisi, ha infine annunciato che l’8 maggio si terrà un altro incontro pubblico. Al teatro Presveren porteranno le proprie testimonianze i sindaci della Val di Susa e del Mugello.
RICCARDO TOSQUES

 

 

Scontro in Consiglio sulla Commissione paesaggio - ESAMINATI A TARDA NOTTE ANCHE LA PEDONALIZZAZIONE DI VIA CASSA DI RISPARMIO E IL PIANO DEHORS
 

Bocciata la richiesta di rinvio dell’opposizione. Il nuovo organismo passa con i soli voti della maggioranza
L’iter della nuova Commissione locale per il paesaggio ha infiammato ieri sera gli animi dei consiglieri comunali. Ad accendere la miccia è stato il rifiuto opposto dal sindaco alla richiesta di rinvio dell’approvazione della delibera che istituisce il nuovo organismo. Richiesta avanzata dall’opposizione per poter valutare con maggior attenzione il materiale relativo ai compiti e alle funzioni della Commissione, arrivato nelle mani dei consiglieri solo giovedì scorso. Roberto Dipiazza, però, non ha voluto sentir ragioni. «È una delibera squisitamente tecnica che dev’essere approvata con urgenza - ha tuonato il primo cittadino -. Qualsiasi discussione equivale ad una perdita di tempo». Frase interpretata dal centrosinistra come un tentativo di svilire il ruolo dell’aula e mettere il bavaglio ai consiglieri.
La risposta dell’opposizione non si è fatta attendere: ostruzionismo in piena regola e discussione, lenta e dettagliata, di ventiquattro emendamenti. Nessuno, alla fine, è passato, mentre è stato accolto un ordine del giorno, presentato da Piero Camber e firmato da tutti i capigruppo di maggioranza, che prevede per la Commissione paesaggio l’obbligo di coinvolgere la Consulta dei disabili nelle valutazioni dei progetti pubblici e privati di interesse pubblico.
Il lungo dibattito sul nuovo organismo municipale - che alla fine è stato approvato con 24 voti favorevoli, quelli della sola maggioranza, e 14 contrari -, ha giocoforza fatto ritardare di molto l’esame delle altre questioni sul tappeto. Prima tra tutte la riqualificazione e pedonalizzazione di piazza della Borsa e via Cassa di Risparmio. Anche su questo fronte si è registrata una netta spaccatura tra i due schieramenti. L’opposizione ha manifestato contrarietà al progetto, contestando con decisione anche un secondo tassello legato all’iniziativa: l’installazione del ponte sul Canale di Ponterosso. Canale definito senza mezzi termini «un obbrobrio». Nessun cedimento, invece, tra le fila della maggioranza, che ha sposato compatta l’operazione di restlyng voluta dalla giunta. Discusso a tarda notte anche il regolamento del piano dehors, arricchito di un nuovo risvolto: la previsione, nelle zone del centro identificate come sensibili (viale XX settembre, piazza Unità etc.) di ulteriori piani di dettaglio, che dovranno essere stilati su proposta della maggioranza degli esercenti della zona.
 

 

AMBIENTE - Riciclaggio trascurato
 

Desidero far presente un fatto riguardante la raccolta differenziata. Il giorno 9 aprile, alle ore 13.45 mi sono recato al piazzale sottostante il comprensorio scolastico di Melara, in via Forlanini, per vuotare i miei raccoglitori con i quali differenzio la carta, la plastica, il vetro e l’alluminio. Mentre introducevo la carta, arrivò un piccolo motocarro di una nota cooperativa cittadina, che si posizionò presso l’altro bottino per la raccolta della carta e vi scaricò con il ribaltabile il suo carico. Immediatamente notai che oltre alla carta vi erano altri materiali che si potevano benissimo separare e altri che erano comuni rifiuti che di regola andrebbero posti negli appositi cassonetti.
Vedendo ciò sono rimasto malissimo, io che solitamente prima di differenziare la carta tolgo i punti metallici e il nastro d’imballo, ma giustifico questo fatto (che non è uno isolato) con la scusa che forse vi sono persone che non sanno leggere, altrimenti perché in un contenitore dove campeggia la scritta «carta, non introdurre altri materiali» si introduce tutto fuorché il materiale indicato? Sarà per pigrizia, negligenza? Chissà? La cosa certa è la mancanza di senso civico e di rispetto per l’ambiente.
Mauro Ulcigrai

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2009

 

 

Tav, i mille segreti di un progetto che rischia di sventrare il Carso
 

Lo scavo di più gallerie significa più spese e più danni ambientali Uno scempio di fronte al quale è giusto allarmarsi e protestare Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si rassegnino. Per avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territorio - l'opera pubblica più ciclopica del dopoguerra nel Friuli-Venezia Giulia - dovranno rivolgersi al piccolo Comune di Dolina. Dovranno farlo, perché il resto è silenzio. Sul percorso ad altissimo impatto ambientale si vocifera da quasi due anni, ma Regione, Provincia e Comune capoluogo non hanno mai voluto fornire notizie. Come non hanno ritenuto di coinvolgere gli elettori in fase di progetto, ora non ritengono di doverli informare a cose definite. Qualcuno fa il pesce in barile, e dice di non saperne nulla. E già questo dovrebbe inquietare.
La realizzazione dell’imponente opera mette a repentaglio l’equilibrio del Carso
La sola finestra in questo anomalo riserbo è l'assemblea aperta indetta dal Comune di cui sopra, oggi alle 18.30, nel teatro di Bagnoli della Rosandra - Boljunec. È un'occasione speciale che si offre a tutti gli abitanti tra il confine sloveno e Monfalcone: tanto più che gli uffici tecnici municipali hanno avuto la bontà di inserire i tabulati del progetto nel sito www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it, per consentire al pubblico di intervenire meglio nel dibattito. Consiglio vivamente di darvi un'occhiata. Basta cliccare in alto a sinistra la voce "Documenti riguardanti il corridoio 5", poi cercare "studio di fattibilità" nel riquadro di sinistra. Dopo la descrizione, in basso a destra c'è il simbolo dell'Excel (33Kb), cliccando sul quale compaiono 62 disegni e relazioni.
Dieci minuti sono sufficienti per capire. Ciò che si supponeva è confermato. Il tragitto della Tav, anziché prendere diagonalmente quota sul Carso per raggiungere il nodo di Divaccia ("gate" per la direttrice Lubiana-Budapest), sprofonda in galleria parallelamente alla costa - Santa Croce, via del Pucino, Gretta, San Giovanni - e sfiora Trieste per poi risalire, avvitandosi attorno alla Val Rosandra, con un sistema di curve decisamente anomale per un percorso ad alta velocità. Un percorso che comporta il doppio di gallerie necessarie e pare avere l'unico scopo di agganciare con più facilità il porto di Capodistria, con una bretella lautamente finanziata dall'Unione Europea.
Tutti sanno che più gallerie significano più spese e più rischi ambientali. Lo si è visto nel percorso della Tav tra Bologna e Firenze, in tunnel per il 90 per cento, costato il quintuplo del previsto alle nostre tasche, e cifre incalcolabili in termini di dissesto idrogeologico. Settecentocinquanta milioni di euro, secondo la valutazione del tribunale di Firenze, per non parlare delle cave rimaste aperte e dell'inquinamento da scorretto smaltimento dei materiali di scavo. Di fronte a un simile scempio è giusto e necessario allarmarsi e chiedersi come mai un'opera così importante per l'economia del Nord-Est sia portata avanti con una segretezza che - visto il terreno - potremmo quasi definire "carsica".
Vi sono tante domande in sospeso su questa storia della Tav, ma la prima di tutte è: perché questa scelta? Perché un tragitto che comporta lo scavo di ben 7,75 milioni di metri cubi di roccia in terreno carsico - dunque ricco d'acqua e imprevedibile - e non sembra offrire significativi vantaggi né alla città né al suo porto? Perché non un percorso più semplice, più superficiale e distante da Trieste, ma collegabile alla città con un servizio navetta dalle parti di Opicina? A chi giova davvero tutto questo, aziende edilizie a parte? Ma è solo l'inizio di una serie di domande da cui è difficile scappare.
Per esempio: quale voce in capitolo hanno avuto gli esperti del terreno? Tra Firenze e Bologna quasi nulla. I geologi, che avevano avvertito dei rischi di quel tragitto, sono stati ignorati dal direttore del lavori (poi ministro) Pietro Lunardi, coi risultati che si vedono: novanta corsi d'acqua, risorgive e pozzi ridotti al minimo o scomparsi per sempre. Ora il rischio è che accada anche qui, se è vero che nella stessa relazione si ammette che lo studio è stato compiuto solo "sulla base di dati disponibili in letteratura" e "senza un riscontro puntuale sul campo". Col risultato, si conclude, che alcune alterazioni sull'habitat "potrebbero risultare irreversibili".
Altra domanda: come mai la Regione ha potuto consentire che il grosso dei lavori si concentrasse nell'unica vera grande riserva naturale della Provincia, la forra della Val Rosandra, la più straordinaria cattedrale di roccia del Friuli-Venezia Giulia, sede di un acquedotto romano ancora intatto e punto di passaggio di fauna selvatica di ogni tipo? Che senso della programmazione ha una Regione che chiede per la Val Rosandra la tutela del programma europeo "Natura Duemila" e poi ne consente lo smantellamento?
E ancora: come mai il grosso dei lavori di sbancamento si concentra in un Comune - Dolina - che ha sofferto più di qualsiasi altro in termini di grandi opere? Perché ora anche la Tav in un territorio già piagato da enormi cave mai ripristinate, dagli sbancamenti per la Grandi Motori e dagli espropri di terreni agricoli per i serbatoi della Siot? Perché portare al collasso uno spazio già sfiancato da espropri, sbancamenti e oleodotti, col rischio di creare una protesta popolare simile a quella della Valsusa? Ma soprattutto: perché non se ne parla? Perché bisogna rivolgersi al Comune di Dolina per cavare il ragno dal buco?
Si parla tanto di federalismo, e allora cosa vi è di più federale del coinvolgimento delle popolazioni interessate nel progetto di grandi opere? In gioco, con la Tav attorno al nodo di Trieste, è l'essenza stessa del rapporto democratico fra il Centro e il territorio. Una partita, questa, che va giocata responsabilmente da tutti, nella speranza che al centro vi sia la pubblica utilità e non l'interesse di alcuni. Saperlo, è indispensabile, affinché a vincere, nella definizione del percorso, non siano semplicemente quelli che urlano di più.
Il treno veloce è indispensabile a togliere Trieste dal suo binario morto e a ricollegarla al suo Hinterland naturale. Ma siamo in Italia, e ahimè molte opere di pubblica utilità, come le centrali eoliche e le grandi discariche, sono dislocate non sulla base di priorità o piani concordati, ma sulla base delle "minori resistenze" del territorio. Una grande azienda si presenta con molti soldi a piccoli Comuni in bolletta e contratta con loro una grande opera pubblica senza l'apertura di un tavolo regionale. Chiaramente è una partita senza storia, in assenza di garanti all'altezza. Non vorremmo accadesse anche da noi, e soprattutto non vorremmo accorgercene solo a cose fatte.
PAOLO RUMIZ
 

 

Una giornata col Wwf a Miramare nelle stanze segrete degli Asburgo - Aperti gli uffici della Riserva, immutati dai tempi di Massimiliano e Carlotta
 

MOLTI I PARTECIPANTI ALLE VISITE
Nonostante il cielo plumbeo sono tanti i triestini che hanno deciso di trascorrere la domenica esplorando i lati nascosti dell’area marina di Miramare grazie alle visite guidate «dietro le quinte», che il Wwf ha organizzato in occasione della Giornata delle oasi 2009.
«Pensavamo che il maltempo avrebbe rovinato l’iniziativa – dice Sara Famiani del Wwf – invece fin dalla prima visita abbiamo registrato più di trenta persone». I visitatori hanno potuto conoscere parti dell’area marina protetta normalmente non accessibili al pubblico, perché riservate alla ricerca o ad attività didattiche con le scuole.
L’itinerario parte dalla spiaggia Ducale, punto balenare privilegiato dell’arciduca Massimiliano e della principessa Carlotta, dal quale ancora oggi si gode una prospettiva inconsueta del castello. Tra i partecipanti sono numerose le famiglie: i bambini hanno imparato a riconoscere la fauna ittica del golfo grazie ai puzzle didattici realizzati dal Wwf.
«L’intento delle aree marine protette – spiega la guida, Michele – non è di chiudere spazi al pubblico, ma anzi quello di rendere partecipe la popolazione della conservazione dell’ambiente».
La visita prosegue all’interno del Castelletto di Miramare, sede odierna degli uffici e dei laboratori dell’area. L’edificio ospita al piano terra una serie di sale con acquari che imitano i fondali del golfo. Al piano superiore si trovano gli uffici del Wwf, collocati in quattro stanze spettacolari in cui arredamento e decorazioni sono pressoché immutati rispetto al tempo in cui Massimiliano e Carlotta le abitarono, attendendo la realizzazione del castello, e all’epoca in cui Carlotta vi si rifugiò dopo la morte del marito in Messico.
Una grande stanza decorata con motivi floreali su legno scuro è motivo d’interesse anche scientifico: «Qualche anno fa venne qui uno studioso tedesco – racconta Michele – che ci disse che alcune delle specie di fiori ritratte qui sono ormai estinte, e che quindi possono essere studiate solamente sui disegni d’epoca». A riprova dell’attenzione dimostrata da Massimiliano per la realtà multietnica dell’Impero, una delle stanze è decorata in stile moresco con versetti coranici.
Roberto Pizzutti, presidente regionale del Wwf, ha spiegato ai partecipanti il senso dell’iniziativa: «Queste visite sono parte di un movimento che a livello nazionale mobilita migliaia di persone, portandole alla scoperta delle aree protette del Wwf: si tratta di territori preziosi che, senza il nostro intervento, sarebbero stati distrutti dalle speculazioni e dall’inquinamento».
La Giornata delle oasi Wwf si svolge ogni anno in aprile e coinvolge oltre cento oasi: Miramare è l’unica area marina protetta in Italia a essere gestita dal Wwf, e in quanto tale è inserita nel novero delle oasi. Le visite guidate si sono ripetute nel corso della giornata al ritmo di una all’ora: accanto a «Miramare dietro le quinte», il Wwf ha organizzato una seconda escursione della durata di due ore che, partendo da Castelletto risaliva il cosiddetto «Sentiero dei pescatori» per arrivare allo stagno di Contovello, esempio singolare di un ecosistema in parte naturale e in parte artificiale.
GIOVANNI TOMASIN
 

 

Il Servizio civile è aperto ai minorenni - La Regione tra le prime a offrire quest’esperienza a ragazzi tra i sedici e i diciotto anni
 

Il Friuli Venezia Giulia è tra le prime regioni italiane in cui verrà introdotto il servizio civile per i ragazzi che non hanno ancora compiuto i 18 anni. Una novità che interessa moltissimi giovani, che già hanno chiesto informazioni e desiderano avviare un'esperienza spesso propedeutica a un lavoro vero e proprio.
Lo scorso 1° aprile la giunta regionale ha approvato il «Documento di programmazione del servizio civile regionale e solidale» per gli anni 2009-2011, che di fatto ha dato il via a quello che viene definito «Servizio civile solidale» per ragazzi tra i 16 e i 18 anni, che potranno essere impiegati per 240 ore durante i mesi estivi o 360 distribuite nell'arco dell'anno scolastico.
«Visto che si tratta di studenti, potranno tranquillamente aderire una volta conclusa la scuola, nel periodo di vacanze, o disporre le ore nel tempo libero negli altri mesi», spiega Alberto Meli, referente dell'Info Servizio Civile della regione. «L'apertura del servizio anche ai minorenni è molto importante, perchè le attività sono un'esperienza di alto valore sociale ed educativo e le richieste non mancano, abbiamo già tanti contatti».
Gli ambiti di impiego sono fissati nella legge 11/07 e sono educazione e promozione culturale, educazione alla pratica sportiva, difesa ecologica, tutela e incremento del patrimonio forestale, tutela e salvaguardia del patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale, politiche della pace e diritti umani.
Molti i ragazzi che hanno aderito negli ultimi anni alle iniziative promosse dagli enti. Spesso si tratta di universitari, che seguono un progetto attinente agli studi in atto o già portati a termine. Altre volte sono giovani che desiderano tentare un primo approccio al mondo del lavoro, mettendosi alla prova con responsabilità, orari e impegni. Ogni ente può richiedere un numero massimo di tre volontari per progetto, che saranno presentati entro la seconda metà di maggio, quando è fissata la scadenza. Tutti possono visionare le iniziative e gli ambiti a disposizione, scegliere ciò che più interessa e presentare la propria domanda di adesione. È previsto un compenso.
«Tra le novità introdotte in merito al Servizio Civile – aggiunge Meli – anche la sburocratizzazione dell'iter, snellito e velocizzato, in modo da rendere più breve il tempo che intercorre tra la presentazione del progetto e la sua successiva approvazione e partenza». Considerando i tempi tecnici di valutazione e via libera, il bando per i volontari dovrebbe uscire la prima settimana di giugno e i giovani avranno due settimane di tempo per presentare domanda agli enti.
Informazioni sono disponibili sui siti www.fvgsolidale.regione.fvg.it e www.infoserviziocivile.it. In tutto il Friuli Venezia Giulia sono 340 i ragazzi che attualmente stanno partecipando al Servizio Civile, 180 solo a Trieste.
Micol Brusaferro
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2009

 

 

Corridoio 5, dibattito a San Dorligo - DOMANI NELL’AULA DEL CONSIGLIO
 

SAN DORLIGO Corridoio 5 nuovamente in primo piano. Per domani alle 18.30, nella sala consiliare, il Comune ha indetto una tavola rotonda per discutere dell’impatto ambientale sul territorio del progetto ferroviario Trieste-Divaccia. L’incontro vedrà la partecipazione di diversi tecnici, che analizzeranno lo studio di fattibilità elaborato da Rete ferroviaria italiana. Parteciperanno al dibattito il direttore del Dipartimento di Scienze geologiche e ambientali dell’Università Franco Cucchi, il vicedirettore del Dipartimento di scienze della Terra Peter Suhadolc, il responsabile del settore energia e trasporti del Wwf regionale Dario Predonzan, il referente trasporti di Legambiente Fvg Andrea Wehrenfennig e l’esperto di trasporti Francesco Magro. A moderare il dibattito interverrà il giornalista Paolo Rumiz. Aperto al pubblico, l’incontro vedrà anche la presenza anche del sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin e dell’assessore all’Ambiente Laura Riccardi Stravisi.
(r.t.)
 

 

Sulla spiaggia del «Bagno Ducale» - VISITE E PASSEGGIATE A MIRAMARE NELLA GIORNATA DELLE OASI WWF
 

Oggi l’Oasi di Miramare partecipa alla festa nazionale del Wwf aprendo il suo Centro Visite al pubblico e organizzando cinque eventi speciali gratuiti.
Ecco le iniziative per il pubblico: alle 10 e alle 15 «Fuori e dentro Miramare: scorci e riflessioni sul Sentiero Natura» in collaborazione con il Civico Museo di Storia naturale di Trieste. Dal Castelletto si parte per per un'escursione guidata dal Parco di Miramare allo stagno di Contovello attraverso il Sentiero Natura. Lo staff di Miramare sarà affiancato da alcuni collaboratori del Museo per condurre i partecipanti alla scoperta del ciglione carsico e della costiera, con un approfondimento verso gli aspetti faunistici (alla mattina, grazie alla partecipazione di Nicola Bressi) e verso gli aspetti geologici e paleontologici (nel pomeriggio, grazie all'intervento di Deborah Arbulla). L’escursione durerà circa due ore con un dislivello in salita di circa 250 metri e nessun punto di ristoro durante il tragitto. È consigliabile dotarsi di scarpe comode adatte all'escursionismo in ambiente carsico.
Alle 11 e alle 16 «Miramare dietro le quinte», a cura dello staff di Miramare. Ritrovo al Castelletto per una visita inusuale alle strutture dell'Area Marina solitamente chiuse al pubblico per esigenze operative. In via eccezionale i partecipanti verranno accompagnati alla spiaggia del Bagno Ducale (solitamente chiusa al pubblico) dove vengono svolte le attività didattiche e di monitoraggio e dove partono le attività subacquee, e i laboratori didattici adibiti a ospitare i lavori delle scolaresche, e infine gli spazi del primo piano del Castelletto, ora adibiti a uffici. La visita si concluderà con il giro del Centro Visite dove lo staff sarà a disposizione per aiutare i visitatori a riconoscere gli organismi marini presenti negli acquari.
Durante tutta la giornata odierna sarà possibile ritirare dietro al versamento di un contributo minimo i biglietti per partecipare al sorteggio dei premi messi a disposizione dalla Riserva. Sarà possibile ritirare i biglietti al Centro Visite dalle 10 alle 17,30. L'estrazione e la premiazione avverranno alle 17.45 al Castelletto. Se i possessori dei numeri vincenti non saranno presenti alla premiazione avranno tempo una settimana (fino a domenica 26 compresa) per ritirare i premi. I numeri dei biglietti vincenti saranno pubblicati da domani sul sito della Amp.
 

 

Megacentrale elettrica, prima firma in Regione - FERRIERA VERSO LA RICONVERSIONE
 

Domani la sigla dell’intesa con Comune, Provincia e Lucchini-Severstal: investimento da 300 milioni
Si mette improvvisamente in moto, almeno sulla carta, e con inattesa unità d’intenti, tutta l’area Est della provincia che costituirà il futuro economico-occupazionale di Trieste. Domani Lucchini-Severstal, Regione, Provincia e Comune di Trieste firmeranno il protocollo d’intesa per la nuova megacentrale termoelettrica da 420 Mw del gruppo bresciano, primo nucleo per la riconversione della Ferriera. Mercoledì, come si evidenzia in questa stessa pagina, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà al Cipe che gli renderà noto l’ammontare dei finanziamenti per la Piattaforma logistica e nello stesso giorno la Commissione urbanistica del Comune invierà al Consiglio per il voto del 27 aprile le intese con il Piano regolatore del porto.
L’appuntamento di lunedì è fissato alle 15 in Regione. «È una firma importamente che rafforza il procedimento autorizzativo per la realizzazione dell’impianto - ha commentato ieri Francesco Semino, direttore delle relazioni esterne della Lucchini-Severstal - va ribadito però che lunedì non si avvia l’iter per la dismissione della Ferriera, ma si mette solo il primo tassello per andare verso una certa direzione».
L’entrata in funzione della centrale, per la cui realizzazione il gruppo ha stabilito ben 300 milioni di investimento, non è però prevista prima del 2012. L’impianto occuperà una superficie di 30 mila metri quadrati oggi in concessione al Comune di Trieste, accanto al termovalorizzatore. A regime occuperà 150 persone tra dipendenti diretti e indotto. Il nuovo impianto (420 Mw) sarà di potenza ben superiore alle centrali tradizionali (170 megawatt), funzionerà esclusivamente a metano e produrrà energia elettrica e vapore.
Secondo quanto è trapelato, il testo del protocollo definisce la centrale elettrica come una risorsa per il territorio, riconosce il progetto come importante occasione di riconversione produttiva e impegna i firmatari a porre in essere le azioni necessarie all’emissione del decreto autorizzativo del ministero dello Sviluppo economico e a promuovere il progetto presso tutti gli enti interessati.
Attualmente è in fase di stesura il progetto della centrale per la quale, all’interno dello stesso protocollo, la Lucchini-Severstal si impegna a mettere in atto le più efficaci misure per la salvaguardia ambientale. Il protocollo accoglie anche un emendamento avanzato della Provincia e al posto dell’Osservatorio ambientale che avrebbe dovuto essere creato presso il Comune, sarà costituito un Osservatorio socio-ambientale che terrà conto anche della situazione occupazionale e che sarà collocato presso la Provincia che ha competenza su entrambe queste materie. Per la gestione dell’impianto il Gruppo ha già annunciato la creazione di una società ad hoc, ”Lucchini energia”, con sede a Trieste e quindi con ricadute economiche e fiscali a vantaggio della città.
Lunedì, dopo l’appuntamento per la firma, sempre in Regione si svolgerà l’incontro convocato dal presidente Renzo Tondo con i rappresentanti sindacali, oltre che con gli stessi amministratori locali, per monitorare l’andamento della cassa integrazione alla Ferriera che entro la fine di questo mese dovrebbe riguardare ben 180 dipendenti. «L’Arpa sta facendo le analisi per l’autorizzazione all’attivazione dell’altoforno numero 3», ha detto ieri l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna. Ma qualche giorno fa il direttore dello stabilimento Francesco Rosato ha fatto crescere l’allarme: «Vedremo a giugno se ci sono le condizioni di mercato per attivarlo».
SILVIO MARANZANA

 

 

Grado, via alla raccolta differenziata porta a porta - SI INIZIA CON RISTORANTI E ALBERGHI, POI SI PASSERA’ ALLE FAMIGLIE
 

Parte domani la raccolta differenziata, limitata alla cosiddetta frazione ”umida”, con un servizio porta a porta riservato unicamente alle grandi utenze. Il rifiuto organico (umido) comprende, ad esempio, scarti di cucina, fondi di caffè, filtri da tè, resti alimentari (carne, formaggio, pesce, uova, pasta, verdura, dolci, pizza, frutta, ecc), pane vecchio, salviette di carta unte, piccole ossa, gusci di cozze, terriccio da vaso, ceneri spente di caminetto. Non sono ammessi, invece, erba e ramaglie, materiali secchi (imballaggi, cocci di ceramica, mozziconi di sigaretta, ecc.), rifiuti riciclabili (vetro, plastica, alluminio, ecc.), stracci anche se bagnati, pannolini e assorbenti.
Il servizio interesserà ristoranti, alberghi, mense, supermercati, campeggi e agriturismi. Complessivamente, sono previste 120 postazioni dotate di biopattumiera, di bidoncini carrellati di 120 litri l’uno o, per utenze particolarmente importanti, cassonetti da mille litri. Domani debutta il servizio inizialmente per una quarantina di utenze. Dal 16 maggio se ne aggiungeranno un’altra cinquantina. Fino a fine settembre il servizio di raccolta sarà giornaliero, comprese le domeniche e le giornate festive. Tutti i bidoncini verranno, invece, vuotati a giornate fisse con frequenza tri-settimanale (lunedì, giovedì e sabato) da gennaio a marzo e da ottobre a dicembre. Questo particolare servizio ”porta a porta” per le grandi utenze dovrebbe consentire di incrementare la raccolta complessiva della differenziata che nell’arco di un anno è mediamente del 30%, portandola fino almeno al 42%, con un ulteriore possibile incremento quando sarà a pieno regime.
È stato calcolato che durante i periodi invernali, da novembre a marzo la raccolta differenziata effettuata unicamente dai gradesi raggiunge addirittura il 50%. Ciò significa che l’abbassamento della media annuale è derivata da quanti utilizzano le seconde case e dagli operatori delle varie attività economiche estive.
Se saranno raggiunti i risultati auspicati, è intenzione del Comune, ha spiegato l’assessore Giorgio Marin, estendere il servizio anche a tutti gli altri esercizi pubblici e in seguito ai residenti. Il progetto è finalizzato a ridurre la quantità di rifiuti da portare in discarica.
 

 

 

IL PICCOLO - SABATO,18 aprile 2009

 

 

Rigassificatore, via libera alla petizione - COMMISSIONE UE: RICEVIBILE IL DOCUMENTO DI GREENACTION - Contestazioni sull’impatto ambientale
 

La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha dichiarato «ricevibile» la petizione presentata dall'associazione ambientalista Greenaction in relazione al progetto per il rigassificatore di Zaule, petizione che ora proseguirà il suo iter.
Nel documento vengono affrontati non solo gli aspetti della sicurezza dell’impianto ma anche quelli relativi all’impatto ambientale e alla procedura autorizzativa.
Greenaction contesta in particolare la violazione della procedura di Via (Valutazione impatto ambientale) che ha visto «l’esclusione di fatto della popolazione dal processo decisionale, non essendo stati garantiti i diritti di informazione e di ricorso come previsto dalle direttive comunitarie», e la violazione della procedura Vas (Valutazione ambientale strategica) in quanto, sempre secondo l’associazione ambientalista, il progetto del rigassificatore si troverebbe in conflitto con il piano regolatore del porto.
Assieme a questa petizione Greenaction ne ha presentata una sulla violazione della legge Seveso nella provincia di Trieste. in quanto gli argomenti trattati sono strettamente connessi.
In questa seconda petizione si ricorda che le normative comunitarie impongono per gli impianti industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei disastri attraverso piani d’emergenza per la popolazione e altre cautele «che a Trieste risultano disattese».
Gli impianti indicati nella petizione, specifica l’assocciazione ambientalista. sono in particolare serbatoi industriali di liquidi e gas fortemente esplosivi e/o tossici, concentrati nella Zona industriale, a breve distanza da Muggia e dal confine italo-sloveno.
Le sostanze pericolose, rileva Greenaction, vanno dagli idrocarburi al gpl, all’ossigeno liquido, all’ammoniaca anidra, alla formaldeide, e «sono immagazzinate a distanze così ridotte che un’esplosione incidentale o per atti di terrorismo (già verificatisi nel 1972) potrebbe innescare effetti a catena, interessando anche aree della Slovenia».
Il progettato inserimento di un rigassificatore nella stessa area, prosegue l’associazione ambientalista, moltiplicherebbe in misura esponenziale questi rischi, totalmente ignorati nelle valutazioni d’impatto.
 

 

«La Ferriera si può chiudere subito» - Il Circolo Miani: «Ricorrere a fondi Ue per far lavorare tutti nell’opera di bonifica»
 

Altro che deadline fissata al 2015. Altro che tavoli d’accompagnamento verso la riconversione. Il Circolo Miani, dal suo quartier generale di Valmaura affacciato su una Ferriera che oggi sbuffa neanche a mezzo servizio, ha rilanciato ieri - per voce del suo leader morale Maurizio Fogar - la propria ricetta «per salvare ambiente e lavoro», alla faccia di una «classe politica incapace, tanto a Destra quanto a Sinistra, che continua a perdere le occasioni». Non una terapia a lunga scadenza, ma una cura da cavallo, a prescindere da quanto succederà a giugno, a chiusura del contingente di cassa integrazione. Per il Circolo Miani la chiusura dello stabilimento - «che è una struttura morta e sepolta non per la diffida della Regione ma per la crisi, prevedibile, della siderurgia» - sarebbe percorribile da subito mutuando il modello del complesso industriale napoletano di Bagnoli. Là dove è stato creato «un gruppo di studio tecnico-giuridico per individuare una marea di fondi comunitari per la dismissione della produzione a caldo».
A quel punto, secondo Fogar, sarebbe possibile istituire «un consorzio misto a capitale pubblico con partecipazione di privati, a cominciare da Lucchini e dalla concessionaria di Scalo Legnami (la General Cargo Terminal, ndr), che assuma i dipendenti della Ferriera, quelli della Sertubi e altre centinaia di lavoratori per smantellare la Ferriera, ripulire l’area e avviare l’operazione di bonifica, attraverso una massiccia tombatura in cemento armato con l’obiettivo di destinare tutta l’area alla Piattaforma logistica, convogliando nelle vasche di colmata pure i grandi blocchi di inerti derivati dagli scavi della Gvt». E per massiccia s’intende «200-300 metri verso il largo, unico procedimento possibile se non si vuole smuovere lo strato melmoso e tossico delle aree marine, disperdendo l’inquinamento per l’Alto Adriatico, e se si vogliono per davvero accorciare tempi e costi».
Già, i tempi. Da sempre la grande incognita. «Eppure il 31 dicembre 2009 - ribatte Fogar - scade la concessione demaniale a Lucchini. In quel caso si vedrebbe se esiste o meno una volontà politica di cambiare rotta».

(pi.ra.)
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2009

 

 

«Rigassificatore di Zaule, violate le norme europee» - RECLAMO DEGLI AMBIENTALISTI
 

 

Il Wwf, assieme alla Legambiente, a Italia Nostra, al Comitato Sos Muggia, a Greenaction Transnational e al Comitato Salvaguardia Golfo di Trieste, ha presentato un reclamo inviato alla Commissione Europea per la mancata applicazione della normativa comunitaria sul rigassificatore di Zaule. Il reclamo segue due esposti presentati alla Procura. Le associazioni puntano il dito contro il governo reo, a loro avviso, di non aver predisposto un programma in tema di infrastrutture energetiche.
«La mancanza di un quadro di riferimento complessivo – osserva per il Wwf Dario Predonzan – non consente ai cittadini di farsi un’opinione e perciò di esprimersi in merito, come prevede la direttiva europea sulla Valutazione ambientale strategica (Vas)». Nel reclamo viene evidenziata la mancata assunzione delle irregolarità riscontrate da ambientalisti, enti locali e Regione sullo studio di impatto ambientale (Via) realizzato da Gas Natural, con riferimento all’inizio della pratica il 3 marzo del 2006. In quel frangente gli ambientalisti evidenziavano l’assenza di riferimenti al metanodotto di collegamento tra il nuovo impianto e la rete già esistente. Ulteriori mancanze riguardano l’«inadeguata valutazione» dell’impatto delle acque di scarico del terminale Gnl e dell’utilizzo del cloro sull’ambiente marino della baia muggesana. (ma.lo.)
 

 

«Porto San Rocco costruito nella legalità» - GLI AMBIENTALISTI: «VOGLIONO CHIEDERCI I DANNI PER GLI ESPOSTI? NESSUNA PAURA»
 

Dipiazza: lo garantisco come ex sindaco di Muggia. Nesladek alla proprietà: un patto per ripartire
«Porto San Rocco è stato realizzato nella massima legalità, lo garantisce il sindaco di Muggia di allora, cioè il sottoscritto. Contro la proprietà c’è un accanimento terapeutico da paura». Roberto Dipiazza - dopo la reazione di 24 ore fa della proprietà, che ha definito Porto San Rocco «in ginocchio» per le inchieste della magistratura - prende posizione e si dice pronto a metterci la mano sul fuoco. «Trovo vergognoso - si scalda Dipiazza - che davanti a un investimento da 160 miliardi di lire, che anzi ha bonificato un’area altamente inquinata, si faccia la pulce e a sproposito per una minima parte di quei 15 ricevuti con l’Obiettivo 2. È da cinque anni che partono esposti e indagini perché si presume di aver trovato l’inquinatore. La proprietà è sempre più nauseata e se a un certo punto se ne andrà chi avrà perso? Il nostro territorio. E i prelievi del caso Aquario? Sarebbe bene ricordare come siano stati fatti davanti alla Ferriera...». «Degli errori del passato - frena l’attuale sindaco di Muggia Nerio Nesladek - ci sarebbe da discutere, e lo faremo. Ma ora mi preme che Porto San Rocco non vada in rovina. Alla proprietà chiedo di sottoscrivere un patto con la città, con l’obiettivo di ripartire senza più intendere Porto San Rocco come un’isola: un’impostazione che non ha pagato. E poi se ritiene di aver ragione, persegua i ”calunniatori”». Il riferimento è agli ex Amici della Terra, oggi Greenaction Transnational, autori degli esposti. «Se dalla Porto San Rocco Spa dicono, senza citarci, che ci chiederanno i danni, per noi non è un problema, tutte le nostre azioni sono state puntualmente verificate», rileva Roberto Giurastante. Che rilancia: «Abbiamo letto che l’esposto del caso Acquario sarebbe stato archiviato, ma non abbiamo al momento ricevuto notifiche, che per prime spettano ai denuncianti. Quanto agli imputati del processo Acquario, sappiamo che ne è stato assolto uno solo, gli altri hanno beneficiato della prescrizione dei reati commessi». «Metalli pesanti e idrocarburi non volano, è evidente che qualcuno li ha scaricati», è la chiosa di Dario Predonzan dal Wwf.

(pi.ra.)
 

 

Contributi regionali al ”Miani” Fogar rinviato a giudizio - Il presidente del Circolo accusato di truffa e falso: secondo la Procura incassò 100mila euro senza diritto
 

LA DIFESA: SOLO ASPETTI FORMALI
Negli anni 2005 e 2006 il Circolo Miani ha ricevuto contributi per 100 mila euro dalla Regione ma - secondo la Procura - non ne aveva il diritto. Maurizio Fogar, il presidente dell’associazione, che in questi anni ha promosso iniziative popolari sul caso della Ferriera di Servola, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di truffa e falso. Comparirà davanti al giudice monocratico il prossimo 4 maggio. A chiedere e ottenere il giudizio è stato il pm Giuseppe Lombardi che nel capo di imputazione ha definito lo stesso Fogar «apparente presidente» in quanto non risulterebbe mai essere stato formalmente eletto.
L’indagine condotta dai finanzieri della sezione di pg della Procura è durata molti mesi. È nata da un esposto relativo a presunte irregolarità contabili all’interno del Circolo. Esposto che era stato archiviato, ma dopo l’opposizione era tornato a essere oggetto di indagine. In pratica, secondo gli accertamenti della Guardia di finanza, sarebbero stati utilizzati i nomi di Giorgio Decola, Luciana Scherna, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Montecalvo come componenti del consiglio direttivo dell’associazione quando non c’erano né verbali né altri documenti che confermassero l’avvenuta elezione o la nomina ufficiale. Questo sarebbe avvenuto per ottenere - sempre secondo la Procura - i contributi regionali erogati a fronte della presentazione di indicazioni ritenute dagli investigatori false sulla composizione del consiglio direttivo del Circolo Miani e anche dei bilanci ritenuti altrettanto irregorari.
Ma per la difesa, rappresentata dall’avvocato Guido Fabbretti, si è trattato solo di un aspetto formale: non c’è stato alcun illecito. La prova, per il difensore, è rappresentata dal fatto che la stessa Guardia di finanza non ha accertato alcuna uscita di denaro illegittima dalle casse dell’associazione di Maurizio Fogar. Non solo. Le assemblee sono state convocate regolarmente ma proprio per la natura popolare dell’associazione stessa non è mai stato redatto alcun verbale. Lo ha confermato durante il primo interrogatorio lo stesso Fogar che ha spiegato come gli incarichi di responsabilità fossero stati attribuiti sulla base delle decisioni dell’assemblea dell’associazione composta da oltre 300 persone.

(c.b.)
 

 

Parte la raccolta mirata delle lattine - LA DIFFERENZIATA PRO CAPITE DELL’ALLUMINIO È DI SOLO 116 GRAMMI
 

C’è una nuova parola d’ordine per l’estate che si avvicina: gettare le lattine di bibite e birra nelle campane della raccolta differenziata. A lanciare l’appello, che sembra banale e ha invece un importante significato ecologico e di risparmio energetico, è il Comune. L’amministrazione di piazza Unità, di concerto con AcegasAps, che coordina la raccolta rifiuti in città e il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo dell’alluminio, ha organizzato la campagna “Obiettivo alluminio”. Quest’ultimo è l’ingrediente fondamentale per un gran numero di imballaggi che si utilizzano quotidianamente: oltre alle lattine ci sono le bombolette spray, le scatolette, le vaschette.
«Fra le sue proprietà – hanno spiegato gli esperti del ”Cial” – c’è quella, importantissima, della riciclabilità al cento per cento, processo che si può completare senza che l’alluminio perda le sue caratteristiche originali». Da qui la richiesta ai cittadini: «È fondamentale che la popolazione ricordi di gettare le lattine e tutti i contenitori in alluminio nelle campane verdi – ha spiegato Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente di AcegasAps – perché questo permette al nostro termovalorizzatore di via Errera di razionalizzare i processi di produzione di energia attraverso la combustione dei rifiuti».
Nel 2008 a Trieste il recupero di alluminio pro capite è stato di 116 grammi: un numero che può facilmente essere migliorato. «Va ricordato – ha aggiunto l’assessore comunale Paolo Rovis – che il 13 per cento del consumo di energia elettrica della città è prodotto dal termovalorizzatore. Se si raccoglie l’alluminio nella differenziata – ha proseguito – si crea spazio per incenerire altre sostanze non riciclabili».
Nel contesto della campagna nazionale, Trieste è stata inserita, assieme ad altri nove capoluoghi di provincia, nel lotto di città dove, per sensibilizzare i più giovani alla raccolta differenziata, si svolgerà un concorso riservato alle scuole superiori. Gli studenti triestini potranno concorrere, con foto e articoli, sul tema del riciclo dell’alluminio: i vincitori, uno per provincia, saranno ospiti del Film festival per ragazzi “Giffoni”.

(u.s.)
 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - GIOVEDI', 16 aprile 2009

 

 

Spazio, ultima frontiera delle energie rinnovabili
 

Roma - Prima di arrivare sulla Terra, l'energia solare attraversa lo spazio che divide il nostro pianeta dal Sole, viene filtrata dall'atmosfera e nel tragitto perde una parte non trascurabile del suo potenziale. La possibilità di raccoglierla e spedirla al suolo prima che tale potenziale vada perduto è una teoria in circolazione da decenni, ma la prima applicazione concreta si vedrà solo nel 2016 quando Pacific Gas & Electric metterà in funzione il primo, vero impianto di energia solare "spaziale" in California.
PG&E, la più importante utility energetica dello stato USA, ha messo sotto contratto la società Solaren Corp per la realizzazione di un network di satelliti permanenti in orbita intorno al Pianeta con il compito di raccogliere i raggi solari, convertirli in onde radio ad alta energia e poi spedirli sulla Terra nella stazione ricevente di Fresno, dove verranno infine convertiti in corrente elettrica e immessi direttamente nel network di fornitura alla popolazione.
L'energia solare raccolta nello spazio offre parecchi vantaggi, pochi (e a quanto pare risolti) problemi: la quantità di energia che è possibile produrre con un tale sistema ammonterebbe a un carico di 200 megawatt costanti, e l'assoluta mancanza di fattori ostacolanti quali atmosfera, alternarsi del giorno e della notte e le diverse condizioni climatiche dettate dal ciclo delle stagioni garantirebbero un funzionamento 24 ore al giorno, ogni singolo giorno, per tutta la durata della vita del satellite ricevente.
Le celle solari impiegate nello spazio sono poi in grado di ricevere, con le tecnologie attuali, dalle 8 alle 10 volte la quantità di energia oggi ricavata dal fotovoltaico qui sulla Terra. Il sistema di trasmissione e ricezione funziona a ciclo continuo, non c'è bisogno di batterie di backup per supportarlo quando il Sole non c'è: nello spazio il Sole c'è sempre e le difficoltà immobiliari sono pari a zero.
Solaren Corp sostiene che per il 2016 sarà pronta a lanciare in orbita il network satellitare, i problemi connessi all'impresa (alte energie dei raggi solari non filtrati dall'atmosfera inclusi) sono stati risolti e la società ha tutto l'expertise che occorre per mandare nello spazio 25 tonnellate di metallo per ogni singolo satellite.
Il progetto di Solaren risolverebbe poi le controindicazioni poste da uno studio del Pentagono del 2007 che, accanto alla relativa facilità di implementazione del "fotovoltaico spaziale" basato sulla rodata tecnologia delle comunicazioni satellitari, metteva il costo significativamente più alto dei prezzi di mercato "terrestri", per lo meno all'inizio. Il sistema di Solaren dovrebbe invece essere "competitivo sia in termini di performance che di costi con le altre fonti di produzione energetica", secondo quanto sostiene il CEO dell'azienda Gary Spirnak.
In attesa che il fotovoltaico spaziale rivoluzioni il campo delle energie rinnovabili, a ogni modo, la ricerca procede anche sul fotovoltaico terrestre, in particolare con la realizzazione di piccoli galleggianti potenziati con nanotubi di carbonio in grado di attivarsi e riscaldare l'acqua attorno a essi direttamente con i raggi solari.
Al contrario dei sistemi attuali per la produzione di energia solare, quello a cui stanno lavorando i ricercatori della University of California, Berkeley elimina l'esigenza di un componente "intermediario" per la conversione da fotoni a energia spendibile per alimentare la rete elettrica, rendendo (in teoria) ancora più conveniente e competitivo il ricorso alle fonti rinnovabili una volta che si sarà provata l'effettiva scalabilità della tecnologia e la sua reale utilità in applicazioni concrete.
Alfonso Maruccia
 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2009

 

 

Rigassificatore, due petizioni oggi all’esame di Bruxelles - AL PARLAMENTO EUROPEO
 

Oggi a Bruxelles la Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo discuterà la petizione sulla violazione della Legge Seveso nella provincia di Trieste (483/07) e quella (1147/2008) sul progetto del terminale di rigassificazione della società Gas Natural nel porto di Trieste, precisamente nella zona di Zaule. Entrambe sono state presentate da Roberto Giurastante, coordinatore di Greenaction, e accorpate perché gli argomenti trattati sono connessi. Nella petizione 0483/07 viene affrontata la presunta violazione della Legge Seveso: le norme comunitarie impongono per gli impianti industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei disastri con piani d’emergenza per la popolazione ed altre cautele che a Trieste - secondo Greenaction - risultano disattese. L’inserimento di un rigassificatore nell’area di Zaule - sempre stando alla petizione - moltiplicherebbe in misura esponenziale questi rischi.
Nell’altro documento, si affrontano gli aspetti della sicurezza del progetto del terminal gas stesso, e si contestano quelli relativi all’impatto ambientale e alla procedura autorizzativa.

 

 

PIAZZA LIBERTA' - Dal 2011 solo bus davanti alla Stazione - Cambia il restyling della piazza: salvo il giardino. Cantiere a fine estate
 

Il passaggio tra l’ingresso della stazione e il giardino di Sissi sta per scrollarsi di dosso quel fisiologico tasso di pericolosità confermato dall’incidente di ieri. È atteso per fine estate, infatti, il via al megacantiere da 12-14 mesi che porterà all’annunciata rivoluzione di piazza Libertà, con il fronte-stazione senza più passaggi di macchine e scooter e il flusso del traffico allungato verso via Ghega. Rivoluzione annunciata, sì, ma con un paio di freschi aggiustamenti - una corsia in meno lato via Ghega, recuperata con un’altra preferenziale per i bus a tagliare lo stesso fronte-stazione - decisi dall’amministrazione comunale rispetto al progetto originale. Un progetto attorno al quale l’anno scorso si erano scatenate furiose polemiche per un riassetto viario «spinto» sotto i palazzi e per il sacrificio di alcuni alberi storici, oggetto di una guerra di numeri tra Municipio e ambientalisti e di una raccolta di diecimila firme per la loro tutela. Quegli aggiustamenti - assicura l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, senza sbilanciarsi in cifre - «tendono a salvaguardare una quota maggiore di piante, in quanto recepiscono il vincolo della Soprintendenza di mantenere com’è l’attuale perimetrazione del giardino storico». Le modifiche spuntate nel progetto definitivo, che proprio domani gli uffici comunali invieranno alla Soprintendenza per l’ok decisivo, riguardano come detto la contrazione della batteria di corsie dietro il giardino, lato via Ghega. Erano sette, diventano sei. Quella di troppo viene dirottata, ma solo solo per i mezzi pubblici, là dove oggi esistono le fermate e i passaggi dei bus rasenti il lato stazione del giardino di Sissi. «In fase di progetto definitivo - puntualizza Bandelli - i nostri uffici sono riusciti a ricavare questa corsia preferenziale, in modo da rispettare le dimensioni della porzione retrostante del giardino storico. Le proiezioni dicono che lì ci passerà un autobus ogni tre minuti. Dunque la continuità di prospettiva e di assenza di traffico, dalla stazione verso il giardino stesso, nella sostanza viene mantenuta». Un escamotage necessario, questo, per spianare la strada a una partita colossale che deve partire per forza: sono in ballo tre milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati però a una rendicontazione entro l’anno. «Venerdì (domani, ndr) il progetto definitivo ”parte” per la Soprintendenza - chiude Bandelli - e al termine dei novanta giorni di legge siamo certi che arriverà il via libera. A quel punto, per il progetto esecutivo, sarà sufficiente una determina dirigenziale e subito dopo bandiremo la gara. È lecito ipotizzare che il cantiere potrà aprirsi tra settembre e ottobre». Durata indicativa «12-14 mesi». Sulla carta, quindi, il nuovo volto di piazza Libertà potrebbe essere realtà a fine 2010, alla vigilia del taglio del nastro del nuovo Silos targato Coop Nordest.
PIERO RAUBER

 

 

Corridoio V: via libera alla progettazione della Trieste-Divaccia - L’OPERA COSTERA’ 2,4 MILIARDI DI EURO
 

Istituito l’ufficio tecnico che sarà il braccio operativo della Commissione italo-slovena che dovrà realizzare la tratta da 35 chilometri
TRIESTE Via libera alla progettazione preliminare della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia del Corridoio V. Il passo – burocratico, ma decisivo – è stato infatti compiuto ieri, con l’istituzione del Ceb (Common executive body): un ufficio tecnico, composto da sette membri (tre italiani, altrettanti sloveni e un rappresentante dell’Ue), che sarà il braccio operativo della Commissione intergovernativa Italia-Slovenia (Cig) nella realizzazione di quest’opera da 35,6 chilometri e 2,4 miliardi di euro. La decisione presa ieri durante una riunione in Regione, alla presenza di tutti i soggetti coinvolti, permette così di uscire dall’impasse causato dalla contrarietà della Slovenia di seguire il normale iter (adottato dall’Italia con la Francia e con l’Austria rispettivamente per i collegamenti della Torino-Lione e del Brennero) che prevede l’istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico (Geie).
Sembrano dettagli tecnici, ma in realtà non lo sono. Infatti, pur avendo in mano uno studio di fattibilità e i finanziamenti europei per avviare la progettazione di questo complesso intreccio di rotaie (74,7 milioni di euro), fino a ieri era impossibile procedere, proprio perché mancava un contenitore giuridico adeguato e avvallato da entrambe le parti, Italia e Slovenia.
Lubiana aveva sempre mostrato perplessità sull’istituzione del Geie, sostenendo di non essere ancora in grado di adattare i propri procedimenti normativi a quelli previsti dal Geie.
Ora questo contenitore c’è, cioè è stato concretamente stabilito quale sarà il “team” supervisore della fase preliminare di progettazione (il Ceb, appunto, in cui ci saranno un rappresentante della Regione, del ministero dei Trasporti e di Rfi). Si può quindi partire, ma non senza un lieve ritardo. Anche se l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, che ha definito l’accordo “un grande passo in avanti”, ha garantito che “resta confermata la previsione di concludere l'iter progettuale entro la fine del 2013”, proprio a causa delle lungaggini burocratiche degli ultimi mesi, ieri le parti in causa hanno constatato un evidente ritardo, che renderà necessario lo slittamento dell’utilizzo della prima parte dei finanziamenti comunitari. Si tratta di 12 milioni di euro previsti da Bruxelles sul 2009, di cui quasi certamente 9 o 10 milioni verranno fatti slittare al prossimo anno, per l’impossibilità di spenderli entro la fine del 2009.
Tutto ciò è emerso ieri, durate la prima riunione della Commissione intergovernativa Italia-Slovenia dopo l'approvazione unanime da parte della stessa Cig dello studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia.
Erano presenti esponenti dei Governi di Roma e Lubiana, dell’Ue, di Rete ferroviaria italiana e Trenitalia.
Tra gli argomenti all’ordine del giorno c’era anche il progetto Adria-A, che coinvolge, in seno all’Ince, numerose realtà territoriali di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Slovenia (enti locali, porti e aeroporti), che dovrebbero essere collegate (i tempi saranno lunghi, visto che solo per la progettazione si parla di circa tre anni) da una rete ferroviaria per soli passeggeri: una sorta di maxi metropolitana leggera. “Abbiamo presentato questo progetto ai rappresentanti del Governo italiano e sloveno – ha spiegato Riccardi – che ci hanno mostrato grande interesse. Attendiamo quindi di sapere se questa iniziativa potrà godere della partecipazione dei due rispettivi ministeri”.
ELISA COLONI

 

 

Risparmio energetico a casa propria: dibattito con gli esperti oggi a Bagnoli - ORGANIZZAZIONE CONGIUNTA MUGGIA-SAN DORLIGO
 

SAN DORLIGO Come ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico della propria casa? Questo sarà solo uno degli argomenti che saranno trattati questo pomeriggio nell’incontro pubblico organizzato al Teatro Preseren di Bagnoli dall’inequivocabile titolo «Risparmio energetico: cosa possono fare i cittadini?». Inserito nel nuovo percorso di agenda 21 locale «PartecipAssieme – Sodeluj Skupaj», la tavola rotonda organizzata congiuntamente dai Comuni di San Dorligo della Valle e Muggia inizierà alle 17 con l’intervento del direttore scientifico del Sincrotone di Trieste Renzo Rosei sul tema «Il problema energetico», che sarà seguito da quello della ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria civile Claudia Fedrigo con una relazione sugli «Interventi per il risparmio energetico nelle abitazioni». Il direttore del servizio disciplina tecnica edilizia e strutture a supporto residenza del Fvg Luciano Pozzecco presenterà poi un elenco di suggerimenti invece su come «Ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico». Alle 19 alcuni cittadini di San Dorligo racconteranno infine le loro esperienza in tema di energia. Presenzieranno all’incontro il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e l’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi. Intanto il Comune di San Dorligo ha indetto per lunedì alle 18.30 in Municipio una tavola rotonda sul tema del Corridoio 5. All’incontro aperto al pubblico prenderanno parte esperti in varie discipline attinenti alle problematiche relative all’impatto che il tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia potrebbe comportare per il territorio circostante.

(r.t.)
 

 

Inquinamento e sviluppo, un esempio dai nostri Comuni minori

 

Nel recente sondaggio della SWG è emerso chiaramente che i nostri concittadini desiderano innanzitutto veder valorizzate le peculiarità del proprio territorio e una prima risposta l’hanno data dimostrando bassa propensione per gli insediamenti industriali che non è da intendersi come negazione, frutto di mentalità retrograda, bensì invito a prendere in considerazione lo sfruttamento dell’energia alternativa e ciò a tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Una risposta dettata da una cultura che si sta facendo strada lentamente ma che avanza inesorabilmente.
Non c’è ormai chi non sia a conoscenza che l’effetto serra è provocato principalmente da anidride carbonica, cloro fluorocarburi, metano, ossido di azoto, azoto troposferico con gravi conseguenze sul riscaldamento globale del pianeta. Come del pari si sa che l’80% delle emissioni di anidride carbonica proviene dalla combustione del carbone, del petrolio e del metano. E cosa si fa per contenere queste emissioni, per arrestarle?
Un esempio concreto ce lo stanno dando i comuni minori: Duino-Aurisina, Muggia, San Dorligo della Valle che, assieme, hanno dato vita all’associazione “Mare e Carso” per la valorizzazione del turismo sostenibile e la definizione di strategie per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili stimolando l’apporto del privato cittadino e interrogandosi su ciò che deve fare la pubblica amministrazione.
A questa concreta campagna di educazione e promozione si sono uniti Sgonico e Monrupino, mentre le comunelle di Trebiciano e Banne, con l’aiuto della Forestale, hanno portato a termine degli importanti lavori di ripulitura e manutenzione di due vecchi sentieri carsici per renderli sicuri e accessibili a tutti
Un altro esempio concreto ci viene dal Sud d’Italia, da Benevento, dove una vecchia fabbrica inquinante è stata trasformata in un moderno impianto per la produzione di pannelli fotovoltaici. La svolta della nostra economia potrebbe derivare proprio dall’inserimento in questo mercato energetico. In questo contesto potrebbe inserirsi la riconversione della Ferriera, con beneficio di chi vi lavora, degli abitanti del luogo, dell’intera città.
La nostra città non si piange addosso ed ha espresso chiaramente i suoi intendimenti che sono poi quelli di garantire il rispetto delle regole e delle persone stimolandone i valori e i talenti contro i privilegi e le illegalità; valorizzare le piccole e medie imprese, azzerare la burocrazia. Una città che guarda al suo mare in cui si riflette e in cui ci crede, che sta restituendo ciò che era stato sottratto.
La richiesta di ”identità di un segno visibile all’esterno” che dovrebbe provenire dalla valorizzazione della peculiarità del territorio s’è alzata unanime: a livello individuale e locale.

Luisa Nemez

 

 

ENERGIA  - Purezza e inquinamento
 

L’on. Menia, sottosegretario all’ambiente, dichiara (v. Il Piccolo del 3 aprile) che l’Italia deve lavorare affinché il suo fabbisogno energetico derivi per il 25% dal nucleare (con un altro 25 dalle fonti rinnovabili e il restante 50 dalle fonti fossili), definito «energia pulita».
Il sottosegretario non precisa entro quanto tempo dovrà essere raggiunto questo obiettivo, né se si riferisca all’energia in tutte le sue forme, oppure alla sola elettricità: sono molti, ahimè, i politici che confondono le due cose. Va ricordato che le centrali nucleari producono soltanto elettricità, la quale copre all’incirca un 20% dei consumi complessivi di energia. Supponendo che Menia parli solo di questa, l’obiettivo indicato tecnicamente non sarebbe impossibile da raggiungere: una volta in funzione le quattro centrali di terza generazione che il governo italiano si è impegnato a comprare dalla Francia (senza rivelarne il costo), si potrebbero produrre circa 51 mila GWh (gigawattora), a fronte di un consumo complessivo che nel 2007 è stato pari a circa 315 mila GWh. Ipotizzando che i consumi non aumentino, basterebbero quindi due reattori in più per raggiungere il 25% del totale.
Prima di arrivarci andrebbero però risolti - oltre a quello non secondario dei costi - altri problemi, tra cui il destino delle scorie radioattive, che è ben lungi dall’essere risolto anche nei Paesi di più lunga esperienza nel settore come la Francia. Si aggiunga che il nucleare richiede una serie di lavorazioni (dall’estrazione all’arricchimento dell’uranio, cui vanno aggiunti la costruzione dell’impianto e il suo smantellamento a fine vita, fino alla gestione delle scorie), le quali implicano elevatissimi consumi di energia in varie forme, con le conseguenti emissioni di «gas serra». Le stime più accreditate indicano che tali emissioni, man mano che si dovrà ricorrere all’uranio ricavato da graniti anziché da giacimenti sabbiosi, cresceranno in misura esponenziale, fino a superare quelle di una centrale convenzionale a gas.
In effetti, la disponibilità di uranio è limitata, come quella di combustibili fossili, a qualche decina d'anni, il che spiega perché il suo costo sia aumentato di 10 volte tra il 2003 e il 2007.
Anche volendo sorvolare sulla radioattività liberata in normali condizioni di funzionamento e sul sempre possibile verificarsi di incidenti con rilascio di radioattività nell’ambiente, appare perciò avventata la definizione dell’on. Menia sul nucleare come «energia pulita».
Senza dimenticare che, come accennato prima, una seria politica energetica dovrebbe occuparsi anche dell’80% di consumi energetici non coperti dall’elettricità: quelli per i trasporti, per esempio, o quelli per il riscaldamento, ancora in prevalenza coperti con gli idrocarburi (derivati del petrolio e gas). Gli studi più aggiornati dimostrano che il potenziale di risparmio è enorme, anche in Italia.
Limitandosi all’elettricità, per esempio, uno studio del Politecnico di Milano indica che l’Italia potrebbe ridurre di oltre il 40% i propri consumi, semplicemente sostituendo le apparecchiature attualmente impiegate con quelle più efficienti già disponibili sul mercato.
Potenziali di risparmio analoghi esistono negli altri usi energetici (riscaldamento, trasporti, ecc.) e c’è già chi ha dimostrato che è non solo possibile, ma anche conveniente, costruire edifici completamente «passivi», cioè in grado di soddisfare il proprio fabbisogno energetico senza alcun apporto di combustibili fossili o elettricità dall’esterno, ma combinando tecniche di risparmio e fonti rinnovabili. Particolarmente interessante, in questo senso, l'esperienza avviata da qualche anno in Provincia di Bolzano con l’Agenzia «Casa clima».
Nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia (sezione documenti, sottosezione "energia") è disponibile il recentissimo studio "Cambiamenti climatici, ambiente ed energia", al quale hanno contribuito alcuni dei maggiori esperti italiani della materia. Vi viene delineato uno scenario che prevede - a parità di servizi resi agli utenti - la riduzione dei consumi energetici del 20 % entro il 2020 e del 50 % entro il 2030, mediante un ricorso massiccio alle fonti rinnovabili ed alle tecnologie per l'efficienza energetica, integrate in un sistema di incentivi e sostegni normativi, senza ricorrere al nucleare.
Certo, bisognerebbe adottare un approccio attento alla globalità degli usi energetici, che tenga conto della necessità di ridurre sul serio le emissioni di "gas serra" (l'Ipcc raccomanda una riduzione del 60-85% entro il 2050) e sia pensato in funzione delle esigenze dei cittadini-utenti e non di quelle dei venditori di energia e dei costruttori di mega-impianti (com'è invece purtroppo tradizione in Italia).
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2009

 

 

Commissione europea, archiviato l’esposto sul caso Acquario - MUGGIA. DELUSI GLI AMBIENTALISTI
La Direzione generale per l’ambiente della Commissione europera ha archiviato la denuncia presentata nel 2003 dagli Amici della Terra contro l’allora amministrazione comunale, accusata di irregolarità nella gestione del «caso» dell’interramento di Acquario, il terrapieno realizzato in passato fra Punta Olmi e Punta Sottile.
Nel loro esposto, i vertici dell’associazione ambientalista imputavano all’esecutivo muggesano, in quegli anni retto dal forzista Lorenzo Gasperini, di aver «utilizzato in modo illecito finanziamenti comunitari inseriti nell’Obbiettivo 2 per un progetto», appunto l’interramento di Acquario, «realizzato in violazione delle direttive comunitarie sulla tutela ambientale». Sulla base di quei rilievi la Commissione europea aveva aperto una procedura (la numero 2003/4983 ndr) che ieri, appunto, è stata definitivamente chiusa. A distanza di sei anni dall’avvio della pratica, infatti, i funzionari di Bruxelles non hanno ravvisato gli estremi dell’utilizzo illecito di fondi comunitari e hanno disposto l’archiviazione del caso. proprio come fatto per per altre situazioni italiani portate all’attenzione della Commissione: il Mose di Venezia, un’area del porto di Genova, una zona delle Marche interessata da una querelle sulla gestione dei servizi idrici.
Della vicenda Acquario si parla ormai da anni, da quando cioè, a seguito di alcuni esposti presentati dagli ambientalisti, la Procura di Trieste incaricò i carabinieri del Noe di prelevare campioni nel terrapieno tra Punta Olmi e Punta Sottile. Le analisi effettuate dall’Arpa rivelarono la presenza nel terreno di idrocarburi e di altri inquinanti (piombo, cadmio, mercurio) in misura superiore ai limiti previsti dalla legge per l’uso dell’area a verde pubblico. L’inchiesta condotta dal pm Maddalena Chergia portò davanti al tribunale cinque persone: Manlio Romanelli, già amministratore unico della società che aveva promosso l’interramento di Acquario; Aldo Mazzocco, già al vertice della società Marina Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori d’interramento; Corrado Del Ben, già vicepresidente di Acquario; Ervino Leghissa, legale rappresentante della società Duino Scavi. Nel tempo tutti e cinque gli imputati sono stati prosciolti.
 

 

Isontino: 20mila euro contro l’inquinamento creato dalla luce
 

CORMONS Stop all’inquinamento luminoso. L’amministrazione provinciale ha inserito nel bilancio di previsione un progetto ad hoc che riguarda l’attuazione delle attività relative all’applicazione della legge regionale 15 del 18 giugno 2007: normativa denominata «Misure urgenti in tema di contenimento dell’inquinamento luminoso per il risparmio energetico nelle illuminazioni per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta dagli osservatori astronomici».
Le competenze che riguardano le Province sono relative all’articolo 4: gli enti intermedi devono esercitare in primis il controllo sul corretto e razionale uso dell’energia elettrica negli impianti di illuminazione esterna e devono provvedere a diffondere i principi dettati dalla presente legge anche attraverso la stipula di accordi di programma con i Comuni. Concetti che sono scritti a chiare lettere nella relazione previsionale. «Le Province, poi, individuano entro un anno dall’entrata in vigore della legge gli impianti di grande inquinamento luminoso rispetto ai quali prevedere, entro un ulteriore anno, le priorità di bonifica anche su segnalazione degli osservatori astronomici o delle associazioni che si occupano della protezione del cielo notturno».
Sulla scorta di questi concetti, ai fini di dare attuazione all’indirizzo di legge verrà individuata una consulenza specialistica «per analizzare le caratteristiche di inquinamento sul territorio provinciale ai fini della formalizzazione della parte di pianificazione illuminotecnica. Ai fini della raccolta dei dati, nella prima fase di analisi occorre altresì coinvolgere i Comuni per comprendere lo stato di fatto relativamente alle sorgenti di inquinamento relative a vie, aree e gli impianti esistenti (tipologie di corpi illuminanti). In una seconda fase, dedicata alla descrizione dei risultati, si deve procedere alla verifica e all’attività di pianificazione».
Per tale progetto sono stati stanziati dall’ente guidato da Enrico Gherghetta 20mila euro.
 

 

Lubiana ha deciso di abbattere 70 orsi e 10 lupi - La scelta del governo «per mantenere l’equilibrio delle popolazioni». Proteste del Wwf italiano
 

LUBIANA In Slovenia, entro la fine dell’anno, saranno abbattuti 70 esemplari di orso bruno e 10 di lupo. Lo ha stabilito il governo, per mantenere l’equilibrio della popolazione di queste due specie protette.
Una decisione che preoccupa il Wwf italiano ma che secondo i promotori rientra nelle normali campagne di contenimento degli esemplari di queste specie da parte della Slovenia. Il decreto, in vigore dall’11 aprile, è stato firmato nei giorni scorsi dal ministro all’Ambiente Karl Erjavec. Prevede specifiche finestre temporali durante le quali i cacciatori potranno abbattere gli animali previsti. Per gli orsi bruni si va dal 1.o gennaio al 30 aprile e dal 1.o ottobre al 31 dicembre. Per i lupi, invece, dal 1.o gennaio al 28 febbraio e, ancora, dal 1.o ottobre al 31 dicembre. Secondo il ministro Erjavec, le popolazioni delle due specie protette in questione godono di ottima salute. Gli orsi bruni, in particolare, si concentrano soprattutto nelle zone a Sudest della Slovenia, al confine con la Croazia. La presenza di lupi invece pare sia più sparsa sul territorio. Attualmente, secondo le stime, in Slovenia vivono 430 esemplari di orso bruno. I lupi invece si attesterebbero tra le 70 e le 100 unità. Il dato è meno preciso, mancando un adeguato metodo di censimento di questi animali.
«Questi animali – così Erjavec – hanno spazio a sufficienza e un habitat adeguato. Ma non hanno nemici naturali». Da qui, la necessità di provvedere alla limitazione annua del loro numero. La quantità massima di animali da uccidere è stata tuttavia ridotta in questi ultimi anni, per adeguarsi a specifiche normative europee in materia. «Questo decreto è legato alla necessità di mantenere il giusto equilibrio ecologico – ha tenuto a precisare il ministro -. Non ha nulla a che fare con i danni che questi animali possono causare». E in effetti, molti agricoltori hanno a che fare ogni anno con «visite» inaspettate e non volute di questi animali, che causano danni soprattutto a coltivazioni e allevamenti (rarissimi gli attacchi all’uomo). Nel corso del 2008 sono stati 1494 i danni totali causati da esemplari di specie protette, di cui 609 dovuti agli orsi. Il governo ha erogato risarcimenti per un totale di oltre 520 mila euro (164 mila solo per danni causati da orsi). Il decreto è stato giudicato «tardivo» dai rappresentanti dei guardaboschi sloveni, che ritengono infatti che entro la prima scadenza (il 30 aprile) non si riusciranno a uccidere molti orsi e quindi si rischiano maggiori danni nel periodo estivo.
Dal Ministero, invece, replicano che le scorrerie estive sono legate alla presenza di cibo che attira i plantigradi e non al loro numero.
Dalla Facoltà di biotecnica dell’Università di Lubiana, giunge inoltre la rassicurazione che la popolazione di orsi in Slovenia è ben seguita e che le misure finora adottate per mantenerne l’equilibrio in natura hanno funzionato bene.
Ben diversa la posizione Oltreconfine. Nonostante le rassicurazioni del governo di Lubiana, il Wwf italiano teme che questa «caccia all’orso» sia motivata solo dai danni arrecati da questi animali e giudica eccessivo il numero di esemplari da abbattere. Propone quindi di permettere agli orsi una maggiore libertà di movimento anche verso altre zone del Paese e d’istituire una nuova area a loro dedicata nei pressi di Tarvisio.
 

 

PORTO - Ripensiamo la viabilità
 

All’inaugurazione del monumento a Massimiliano spiccava un cartello che non poteva restare inosservato: 10.000 firme contro il «mostro» di piazza Libertà, che prevede un percorso tipo «Indianapolis» attorno a piazza della Stazione, con l’inutile e faraonico progetto di ben 8 corsie per lato. Tale sistemazione renderà difficile la percorrenza della piazza e dintorni rischiando di far saltare i nervi a qualsiasi automobilista che non sia Schumacher, e forse anche all’asso tedesco.
Cerchiamo ora, cari responsabili, di pensare un po’ più in grande e superare quel tabù che è il Porto Vecchio, dove un tempo il piano regolatore prevedeva una vera e propria autostrada che partiva dall’ex Silos per arrivare in viale Miramare, da dove una rampa si collegava alla Grande viabilità di Barcola, non si è ovviamente costruita, basterebbe aprire quello squallido portone poco prima del ponte della ferrovia di viale Miramare e immettervi le vetture che passando per il Porto Vecchio usufruirebbero di una comoda bretella, del tipo di quelle costruite a suo tempo in Porto Nuovo, per penetrare in via Cavour, rendendo inutile l’allucinante progetto attorno al giardino, salvando nel contempo parecchi alberi dalla distruzione, come pure la Sala Tripcovich, che verrebbe giustamente valorizzata come lo è stata finora.
Oltretutto, con questa soluzione, ovviamente più semplice, si potrebbe togliere una bella fetta di traffico da viale Miramare, liberando, nel contempo, almeno in parte, il rione di Roiano dall’assedio delle auto. Concludendo, mi auguro che il Comune riprenda in esame il progetto proposto per aprire un dialogo positivo coi cittadini.
Gianni Cavicchi
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2009

 

 

Centro forestale: boom di visitatori - PASQUETTA A BASOVIZZA - Dall’inizio del 2009 duemila presenze nella nuova struttura
 

BASOVIZZA Boom di presenze a Pasquetta al Centro didattico forestale di Basovizza, uno dei punti di riferimento per eccellenza per gli escursionisti e gli appassionati del complesso e variegato mondo carsico. Già dal primo mattino la nuova struttura del Dipartimento forestale, collocata alle porte della frazione carsolina, era stata letteralmente presa d’assalto non solo dai triestini ma soprattutto da tanti forestieri. Molti di loro hanno approfittato della bella giornata per conoscere un centro visite che, per ogni amante della natura, rappresenta un ausilio per approfondire la conoscenza del singolare mondo carsolino, rappresentato e divulgato dai Forestali attraverso specifici diorami, installazioni e altri supporti culturali di profilo moderno e didattico.
Dall’inizio del 2009 sono state oltre duemila le visite al nuovo centro, in particolare di scolaresche di ogni ordine e grado, provenienti non solo dalla regione ma anche dalle nazioni vicine, Austria compresa. Ad accompagnare gli ospiti un gruppo collaudato di Guardie forestali. Nel nuovo centro visite, vengono organizzate pure delle mostre temporanee e delle presentazioni di testi attinenti alle tematiche ambientali. Tra questi, vale la pena citare quel «Camminaboschi.fvg», agile volumetto realizzato dagli stessi Forestali che propone ai lettori una serie di 10 itinerari nei boschi più affascinanti della nostra regione. Connesse all’attività del Centro didattico, le escursioni guidate nel vicino bosco «Igouza» (dove si trova il sentiero attrezzato Ressel) e nei boschi regionali triestini «Bazzoni» e «Salzer». Per informazioni e prenotazioni, è possibile telefonare allo 040-3773677 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, l’email è didatticonaturalistico.agrifor@regione.fvg.it.
Maurizio Lozei
 

 

TRAFFICO - Solo promesse
 

Piano del traffico e Piano dei parcheggi dovevano essere due priorità già nel programma elettorale del primo mandato del sindaco Dipiazza: significa che siamo ancora a discutere, dal 2001, sul nulla. Solo chiacchiere e propaganda.
Diciotto progetti sono stati annunciati da questa amministrazione nel 2007, diciotto progetti inseriti con orgoglio nel Piano dei parcheggi, e finora quello che vediamo è il nulla. Tra l'altro, i circa seimila posti auto che si verrebbero a creare con il Piano, se mai vedrà la luce, non coprirebbero nemmeno la metà di quanto serve: a Trieste mancano infatti 12mila posteggi per le quattro ruote (che sono 160mila) e 21mila parcheggi per le due ruote, peraltro nemmeno prese in considerazione dal Piano stesso. E comunque in questo Piano non c'è alcuna attenzione per le periferie né per i borghi carsici, come se anche quelle zone di Trieste non risentissero della lotta al posto auto.
E poi c'è l'altro capitolo insoluto, il Piano del traffico, che probabilmente non vedrà mai la luce viste le baruffe all'interno del centrodestra. Per non parlare, ancora, di un altro progetto fondamentale per questa città che dovrebbe procedere di pari passo al Piano del traffico e a quello dei posteggi, e cioè il Piano regolatore generale, che dopo dodici anni meriterebbe di essere rivisto.
Il futuro urbanistico della città ha bisogno di una cabina di regia unica. Ma questa non c'è. Ci sono soltanto esperimenti, interventi spot e tanta marcia indietro.
Sergio Lupieri - consigliere regionale Partito democratico

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 aprile 2009

 

 

Trenitalia-Regione, multe da oltre 3 milioni - I disservizi dei treni costeranno cari alle Ferrovie. L’assessore Riccardi: «Accordo entro aprile»
 

TRIESTE Sanzioni massime che possono superare i tre milioni di euro, proporzionate alla «gravità del fatto» e differenziate a seconda che si parli di ritardi, mancata informazione ai viaggiatori o altri disservizi. Non per le pulizie, però: perchè in tal caso si ovvierà garantendo servizi gratuiti. Questi sono i dettagli del sistema sanzionatorio del nuovo contratto Trenitalia-Regione che sarà in firma a breve: secondo l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, entro la fine del mese: gli elementi principali infatti sono già stati fissati ed elaborati.
I DISSERVIZI L'elemento più curioso riguarda sicuramente il sistema di sanzioni, che per la prima volta «puniranno» Trenitalia nel caso in cui sulle linee ferroviarie avvengano dei disservizi. Le sanzioni in questione riguardano diversi possibili problemi, tra i quali i ritardi nei collegamenti, le soppressioni, la mancata informazione alle utenze, e anche la mancata pulizia. Se le Ferrovie verranno ritenute carenti in uno di questi particolari campi, ecco scattare il sistema di sanzioni che servirà a garantire ai passeggeri un servizio migliore.
LE SANZIONI Secondo quanto previsto nel contratto che sarà firmato a breve, le sanzioni potranno arrivare a un importo massimo che potrà arrivare al valore del 10 per cento dell'intero contratto, calcolato attorno ai 36 milioni di euro. Il che significa che, in caso di gravissime carenze, Trenitalia potrà essere condannata a pagare alle Regione multe fino a 3,6 milioni di euro. Si tratta chiaramente di un caso limite, che, specifica la Regione, «ci auguriamo non avvenga mai». Una particolarità riguarda le pulizie, che non sono inserite tra le operazioni «sanzionabili» in senso monetario: si è preferito prevedere invece che le eventuali carenze in tale campo vengano recuperate in «azioni di pulizia aggiuntiva». A controllare che tutto vada secondo le regole, poi, come già anticipato dallo stesso assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, saranno appositi «controllori regionali» che gireranno sulle linee della regione a controllare puntualità, pulizia e informazioni agli utenti. «Abbiamo puntato, come priorità, al rispetto di tre elementi fondamentali: pulizia, puntualità, e qualità del servizio, cioè eventuali soppressioni di corse, informazioni alla clientela, attività di manutenzione» ha spiegato Riccardi. E per verificare il rispetto degli standard, la Regione deve prevedere un sistema di controllo, che non può certo essere demandato ai pendolari, che pure avranno un loro ruolo centrale e riconosciuto. Ecco perchè nel contratto si prevedono una serie di controlli a random sulle linee regionali, effettuati da appositi ispettori regionali che faranno ispezioni e compileranno i verbali sulla base dei quali poi sarà valutato il servizio.
IL CONTRATTO Come spiega Riccardi, «ormai il documento è pronto nei suoi elementi fondamentali, mancano solo alcuni particolari da rivedere ma contiamo comunque di poterlo chiudere entro la fine del mese». L'accordo comporterà un investimento di 100 milioni di euro, 74 a carico della Regione e 29 di Trenitalia, per l'acquisto di un nuovo parco rotabile.
Elena Orsi
 

 

Pista ciclabile, lavori sul ponte di via dell’Istria - Tra San Giacomo e Draga Sant’Elia
 

L’assessore provinciale Tommasini: «Senza intoppi, la inaugureremo a metà giugno»

Sono entrati nella fase decisiva i lavori per la realizzazione della pista ciclabile destinata a collegare San Giacomo e Draga Sant’Elia. È iniziato infatti l’intervento più delicato, quello che riguarda il posizionamento dei pannelli per la carenatura sotto il ponte di via dell’Istria, proprio di fronte all’ospedale infantile «Burlo Garofolo», dove una volta sorgeva il ponte della ferrovia.
Questi lavori «se non ci si metterà di mezzo il maltempo», spiega l’assessore provinciale con delega ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, dovrebbero finire entro maggio. «A quel punto – aggiunge ancora Tommasini – basterà sistemare il tratto della pista che attraversa il rione di Campanelle, lungo il quale ci sono ancora carcasse di vecchie automobili, abbandonate da una depositeria che oggi non è più attiva».
«Se tutto andrà per il verso giusto – conclude l’assessore provinciale –, rispetteremo i tempi previsti per l’inaugurazione, che dovrebbe essere fissata nella seconda metà di giugno». Per poter procedere allo sgombero delle carcasse, l’amministrazione ha dovuto preventivamente risolvere alcune problematiche di natura giuridica.
Recentemente è stato asfaltato il tratto che va dal punto informativo di via Orlandini al parcheggio dell’ospedale infantile, la prima parte del quale, fino alla palestra dei Salesiani, è già percorribile.
L’intervento in atto sul ponte viene eseguito senza chiudere la strada al traffico, ma istituendo il solo senso unico alternato, assicurando così un minimo di scorrevolezza alla circolazione, in quel punto spesso molto intensa.
Una volta ultimata la rimozione dei materiali delle automobili abbandonate, i vari tratti del percorso potranno essere collegati tra loro. Servirà soltanto un intervento finale per l’eliminazione delle erbacce che naturalmente crescono lungo il tragitto e di pulizia generale del percorso.
Tornando al ponte sulla via dell’Istria, la sua superficie sarà ricoperta con lo stesso materiale della pista ciclabile, mentre lateralmente ci saranno le lastre di vetro trasparente che garantiranno agli utenti sicurezza e protezione dal vento. La lunghezza complessiva dell’intero percorso della pista è di oltre dodici chilometri.
La struttura, una volta inaugurata, non sarà utile solo per le escursioni domenicali, che tutti prevedono saranno frequenti e caratterizzate dalla presenza di numerosi ciclisti, soprattutto nei primi tempi di apertura, vista la novità assoluta, ma anche per la mobilità quotidiana.
La Provincia di Trieste punta all’inserimento del tracciato ciclabile nei circuiti internazionali e italiani degli amanti della bicicletta, come «Ferrovie dismesse», specializzato proprio nei tratti ferroviari recuperati. In futuro l’opera potrebbe essere collegata con i circuiti sloveni e la «dorsale carsica ciclabile».

(u.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO,11 aprile 2009

 

 

Muggia, si potenzia la differenziata - AUMENTANO ISOLE ECOLOGICHE E PORTA A PORTA
 

Novità: in distribuzione anche grandi contenitori per olio da cucina
MUGGIA Novità nell'asporto rifiuti a Muggia. Entro fine mese, alle attuali tipologie di raccolta differenziata si aggiungeranno la frazione umida e l'olio da cucina. Alle famiglie che ne faranno richiesta verranno distribuite 100 compostiere per il trattamento della frazione umida e mille contenitori per olio da cucina da cinque litri, mentre un centinaio da 25 litri sarà affidato ad altrettanti esercizi pubblici. Aumenterà anche il numero dei contenitori per la raccolta indifferenziata (di 30 unità), quello delle isole ecologiche (da 70 a 80) e raddoppierà il numero dei cassonetti per il verde (da 40 a 80). Le due iniziative sperimentali hanno l'obiettivo di incrementare la raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti prodotti con la conseguente riduzione dei costi per il conferimento al termovalorizzatore. Gli olii raccolti dovranno essere successivamente consegnati dai singoli utenti al centro di raccolta di Vignano. Lo smaltimento dell'olio da cucina non è un problema da poco. Uno scorretto conferimento porta infatti a conseguenze gravi per l'ambiente: basti considerare che se gettato nel lavandino, un litro di olio di frittura ricopre con una pellicola di un millimetro un chilometro quadrato di acqua marina. La distribuzione dei contenitori agli interessati sarà gratuita e verrà effettuata presso il centro lunedì, martedì, mercoledì e giovedì dalle 8.30 alle 14.30 e venerdì e sabato dalle 10 alle 16. Per informazioni ci si può rivolgere allo 0403360421 o 040232391.
Si sta concludendo intanto anche la sostituzione dei vecchi contenitori di Ecoverde con i nuovi di Italspurghi Ecologia. Il Comune, dopo l'affidamento a Italspurghi Ecologia del servizio di asporto rifiuti dal primo febbraio, si propone il raggiungimento del 40% di raccolta differenziata al sesto mese e del 55% al nono. Si prevede in un prossimo futuro il miglioramento della raccolta differenziata porta a porta presso 120 utenti (negozi e pubblici esercizi). Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio, passando da 33 a 45 utenti. Entro fine mese le isole ecologiche diverranno 80, con il posizionamento in tutti i punti di raccolta di nuovi cassonetti da 3.200 litri per carta e plastica e nuove campane per vetro e lattine. Le campane attualmente utilizzate verranno sostituite con dei cassonetti gialli per la plastica e bianchi per la carta. Attualmente sono presenti sul territorio 185 cassonetti da 1.100 litri per la raccolta indifferenziata, e 210 (70 per tipologia) per la raccolta di carta, plastica, vetro e lattine.
Gianfranco Terzoli
 

 

Ripuliti due sentieri sul Carso - A CURA DELLE COMUNELLE DI TREBICIANO E BANNE
 

TRIESTE Le comunelle di Trebiciano e Banne hanno da qualche giorno portato a termine dei consistenti lavori di manutenzione a due vecchi sentieri carsici. Grazie all’asporto dei rifiuti e al taglio delle ramaglie,i sentieri sono ora accessibili a tutti. «Ci siamo impegnati per il recupero di un antico sentiero che dalle porte della nostra borgata porta alla «Labarnica», l’abisso di Trebiciano. Un passaggio boschivo - spiega David Malalan, presidente della Comunella/Jus di Trebiciano - che da tempo risultava inselvatichito e impraticabile. Ora chi vuole provare una nuova via nei nostri boschi può finalmente percorrerla senza problemi e fatica». I volontari della Comunella di Trebiciano si sono ritrovati a lavorare di domenica durante l’inverno. Attrezzi alla mano, sotto l’attento controllo della Forestale, hanno ridotto i rami e gli alberi pericolanti, tagliato le sterpaglie, rimosso i rifiuti. Analogo lavoro hanno prodotto i volontari della Comunella di Banne lungo il sentiero che porta al vecchio stagno posto nei dintorni della Scuola locale, a fianco della Provinciale 1. «Ci siamo impegnati per completare il lavoro iniziato due anni orsono - afferma per la comunella locale Guglielmo Husu - e oltre al taglio di arbusti e alberi malati abbiamo dovuto impegnarci a fondo per l’asporto dei numerosi rifiuti e inerti abbandonati». Si tratta di vecchi copertoni d’auto, centinaia di bottiglie vuote, altri rifiuti metallici e ingombranti. Sino a qualche anno fa anche questo sentiero veniva utilizzato per raggiungere una vicina discarica. «Oltre al recupero delle immondizie - riprende Husu - abbiamo provveduto a triturare le ramaglie raccolte, un’operazione costosa ma importante, visto che l’abbandono dei rami può essere causa di incendio». La pulizia e la manutenzione dei sentieri non rappresenta solo un valore aggiunto per gli escursionisti, ma un importante mezzo per la prevenzione degli incendi boschivi, consentendo ai mezzi di soccorso, in caso di bisogno, di raggiungere i focolai.
Maurizio Lozei
 

 

VIABILITÀ - Quel treno per Grado
 

Riguardo ai lavori di realizzazione della pista ciclabile Cervignano-Grado, nasce spontanea una riflessione sull’ennesimo scempio ferroviario o, per meglio dire, sull’ennesima occasione mancata di migliorare il sistema dei trasporti regionale. Il fatto che questa ex ferrovia sia dismessa dal 1946, non significa che non possa avere una sua funzione anche nel XXI secolo; se infatti è venuto meno il motivo della sua costruzione, ossia portare a svernare a Grado la ricca aristocrazia mitteleuropea d’inizio ’900, avrebbe invece un potenziale enorme come linea locale a servizio tanto dei pendolari quanto dei turisti, soprattutto in estate.
È vero che essa si fermava a Belvedere, ma dato che verrà realizzato un nuovo rilevato per giungere fino a Grado con la bici, non sarebbe stato impossibile costruirlo per il treno. Bisogna inoltre considerare che i ciclisti sportivi utilizzano poco questi percorsi preconfezionati, con la mountain bike si va in fuoristrada, mentre il cosiddetto cicloturismo non muove certo enormi masse di persone specialmente d’inverno; riguardo ai friulani, poi, se può essere appetibile per un cervignanese andare al mare in bici, non credo che chi proviene da Udine o da più lontano sia disposto a pedalare per decine di chilometri per un bagno al mare. Ma questa non è certo una campagna contro la bicicletta, tutt’altro. Prendiamo a esempio la provincia di Bolzano: in Val Venosta hanno riattivato la linea Merano-Malles chiusa dalle Fs nel ’90, dimostrando la validità di questa scelta con oltre un milione di passeggeri l’anno; a fianco della stessa corre la pista ciclabile, con noleggio bici nelle stazioni, dando un esempio di cosa sia la vera intermodalità turistica. Se questa scelta fosse stata presa anche per la Cervignano-Grado oltre che per la Carnia-Tolmezzo, oggi si potrebbe andare dalla montagna al mare e viceversa con un unico mezzo veloce, sicuro ed ecologico.
Invece siamo costretti a incolonnarci con le auto in micidiali e puzzolenti ingorghi, o impiegare molto più tempo con le corriere costrette nei medesimi incolonnamenti; senza dimenticare che la linea Udine-Cervignano è chiusa nei giorni festivi, dimostrando la totale arrendevolezza delle nostre ferrovie. Il fatto poi, che in mezza Italia, come nel resto d’Europa, si stanno rimettendo i tram laddove furono tolti cinquant’anni orsono, è la palese dimostrazione che quelle degli anni ’50-’60 furono decisioni scellerate, anche alla luce del fatto che proprio in questi giorni si torna a parlare dell’ennesimo blocco del traffico causa inquinamento. Invece i nostri amministratori locali ci riempiono le orecchie di facile demagogia su strade intasate e pericolose, oltre che sulle polveri sottili, inneggiando al riequilibrio strada-rotaia, ma poi di fatto finanziando solo e esclusivamente opere stradali pensate sostanzialmente per il traffico pesante. Non c’è da stupirsi in una regione che non ha mai amato il treno, con le tariffe ferroviarie tra le più alte d’Italia, dove si continua a scontare la benzina e dove, a dettar legge, sono le potentissime lobby del trasporto su gomma. Se mai ci si renderà conto degli errori commessi, sarà ormai troppo tardi!
Claudio Canton -  seguono 14 firme
 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 aprile 2009

 

 

«Non è detto che a giugno riapriamo la Ferriera» - Aperta solo la cokeria che lavora al 50% delle sue potenzialità. In aprile 180 gli operai a casa
 

LO SOSTIENE IL DIRETTORE DELL’IMPIANTO DI SERVOLA DATA LA DIFFICILE SITUAZIONE DI MERCATO
«Stiamo adeguando l’altoforno 3 come previsto, però a giugno vedremo se ci sono o meno le condizioni di mercato per riattivarlo come previsto. Siamo di fronte a una crisi molto particolare e perdurante, abbiamo perso il 65% del mercato e per ora non si vedono spiragli di ripresa, le nostre vendite residue sono del 30-35%». Lo ha affermato ieri l’amministratore delegato della Ferriera, Rosato, da Brescia dove ha partecipato a riunioni nella sede centrale della Lucchini. Che cosa significa non riaprire quell’altoforno? Che la fabbrica di fatto interrompe l’attività.
Con il 40% dei dipendenti in cassa integrazione, destinati ad aumentare in questo mese, aperta e in funzione è attualmente solo la cokeria, che produce però al 50% delle sue potenzialità. Un crollo verticale, dunque. E dove va il coke prodotto? Da nessuna parte. «Neanche Piombino lo può assorbire - prosegue il direttore della fabbrica -, anche lì l’attività è gravemente compromessa, tra poco faremo il piano commerciale per il prossimo trimestre e solo allora avremo un quadro più chiaro della situazione di aprile».
Intanto a giorni sarà un mese da che è scattata la cassa integrazione: «Per ora ne sono interessati 80-90 dipendenti - spiega Rosato -, entro aprile credo che raddoppieremo il numero a 170-180, a maggio vedremo com’è la situazione, ma certo non toccheremo il numero massimo, di oltre 300, per i quali avevamo chiesto l’autorizzazione». In pratica adesso sta a casa, a rotazione, appunto il 40% dei dipendenti.
Intanto per il 20 aprile il presidente della Giunta, Tondo, ha ufficialmente convocato proprietà, istituzioni e sindacati all’apertura del tavolo di negoziazione sulla Ferriera di Servola, per avviare la discussione concreta sui passi da intraprendere in vista della concordata chiusura nel 2015 dell’attività siderurgica e del «trapasso» ad altre produzioni e aziende in loco. La Provincia ha già inviato in Regione un proprio documento per sottolineare come all’ordine del giorno siano state inserite con troppa evidenza le questioni ambientali, mentre è necessario - dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat - indirizzare i lavori «soprattutto sulla questione occupazionale».
A Servola, attorno alla fabbrica praticamente spenta, senza più nuvole di fumo dai camini, le centraline segnalano basse emissioni di Pm10, ma guardando i dati dell’Arpa anche di marzo non si notano grandissime differenze: a Ferriera ancora attiva, e cioé all’inizio del mese scorso, i valori registrati dal mezzo mobile di San Lorenzo in Selva ondeggiavano sempre al di sotto del limite di 50 microgrammi. Un superamento casomai è stato registrato il 7 aprile in via Carpineto (52 microgrammi) e in via Svevo (51). Al contrario, dati molto bassi hanno segnalato le centraline in via Pitacco l’8 e 9 marzo, a fuochi ancora accesi: 14 e 12 microgrammi.
L’azienda comunque lavora alle modifiche sull’altoforno 3, quello che aveva chiesto alla Regione di riattivare dopo lunga sosta, al posto dell’impianto già indicato nel testo dell’Autorizzazione integrata ambientale, nonostante le pesanti incertezze. È solo per una coincidenza di diversi motivi, sottolinea Rosato, che chiusura dell’altoforno e cassa integrazione sono avvenute quasi in contemporanea: «È la crisi economica che ci ha indotto a rallentare l’attività, anche senza chiusura dell’altoforno saremmo stati ugualmente costretti».
Quanto alla nuova azienda produttrice di cavi metallici che la russa Severstal, socio di Lucchini, ha confermato l’altro giorno, potrebbe avere qualche rilevanza per l’attività della Ferriera? «No, è un’iniziativa che nasce fuori dalla Lucchini stessa - ribadisce Rosato -, appartiene a un’azienda socia di Severstal, noi siamo dunque solo dei loro vicini, ma vicini per così dire ’’alla lontana’’».
GABRIELLA ZIANI
 

 

Bonifiche, contributi camerali per 1,5 milioni - Imprese convocate il 20 aprile per dare il proprio assenso alla nuova ipotesi di accordo
 

ANNUNCI DEL PRESIDENTE PAOLETTI FIDUCIOSO SU UN’ACCELERAZIONE DELL’ITER
Un milione e mezzo della Camera di commercio a favore delle imprese del Sito inquinato che saranno sottoposte a esborsi non indifferenti nel quadro del nuovo accordo di programma sulle bonifiche. Lo annuncia il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti il quale rilevando come l’ente camerale abbia svolto «una notevole mole di lavoro per giungere a una soluzione» entri direttamente in campo anche con un contributo finanziario nel momento in cui, data soprattutto la crisi economica, l’accesso al credito risulti particolarmente difficoltoso.
Il danno ambientale che le imprese dovranno pagare oscilla tra i 160 e i 200 milioni. Nella nuova bozza di riparto inserita dalla Regione nel documento politico programmatico che sarà allegato all’accordo di programma, il 70 per cento della cifra (circa 140 milioni) sarà a carico delle imprese definite impattanti e superimpattanti, il 20 per cento (circa 40 milioni) andrà pagato in proporzione della durata della proprietà del terreno. Un 10 per cento infine (circa 20 milioni) dipenderà dalle dimensioni del terreno stesso. In quest’ultimo caso è stata stabilita una spesa di 3,6 euro al metro quadrato per qualsiasi tipo di impresa.
Le aziende sarano chiamate a esprimere il proprio parere su questa nuova bozza nell’ambito dell’incontro che la stessa Camera di commercio ha convocato per lunedì 20 aprile. «Ammmesso che vi sia il via libera da parte dell’azienda - ha sostenuto ieri Paoletti - a maggior ragione non vi saranno ostacoli da parte delle varie amministrazioni e l’iter procederà spedito. Alla resa dei conti non si sarà perso tempo eccessivo».
I passaggi burocratici e politici però sono ancora numerosi. Come ha rilevato l’assessore regionale Vanni Lenna, dopo l’approvazione dell’accordo i rappresentanti della Regione e degli enti locali nel comitato di indirizzo e controllo dovranno discutere il documento politico-programmatico con il soggetto governativo deputato all’attuazione dell’accordo. E per il fatto che la stessa bozza d’accordo è stata modificata per alcune richieste degli enti locali il documento dovrà essere riportato all’attenzione della Regione, del Consiglio provinciale, dei Consigli comunali di Trieste e di Muggia, dell’Ezit, del Comitato portuale. L’intesa sbloccherà anche il vincolo che impedisce alle imprese del Sito inquinato di espandersi.

(s.m.)
 

 

DELIBERA DELLA GIUNTA DIPIAZZA  - Magazzini Silos: imminente il via - “Pedibus, Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”
 

La giunta comunale ha acquisito ieri i necessari pareri espressi dalle autorità ambientali e che sono parte integrante dell’accordo di programma per la realizzazione dei Magazzini del Silos, in via Flavio Gioia, a lato della Stazione ferroviaria. Sull’intervento per complessivi 120 milioni di euro che come rileva l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis è il secondo per entità finanziaria dopo la Grande viabilità, si stanno susseguendo le Conferenze dei servizi. I lavori preparatori di demolizione e consolidamento, che sono stati stimati in 6-7 milioni, potranno partire già prima della firma dell’accordo di programma e presumibilmente entro l’estate.
La maxistruttura progettata da Coop Nordest prevede tra l’altro la realizzazione di un ipermercato, un centro commerciale, un’area per il benessere e il tempo libero, una grande sala polifunzionale e un albergo di prestigio.
La giunta comunale ieri ha approvato anche lo studio planivolumetrico necessario per la realizzazione della copertura del campo da tennis del Circolo marina mercantile “Nazario Sauro”.
Su proposta dell’assessore all’Educazione, università e ricerca Giorgio Rossi è stato inoltre espresso parere positivo per l’adesione all’iniziativa “Pedibus, Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”, finanziata dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste”. Il progetto partirà il prossimo anno scolastico e punta a favorire la crescita di alcuni significativi aspetti educativi come il rispetto dell’ambiente, l’importanza dell’attività motoria, la condivisione di un percorso la socializzazione tra i ragazzi. In pratica si darà la possibilità ai ragazzi di ritrovarsi alle 7.30 del mattino in determinati punti della città e, accompagnati da un educatore-guida, di fare insieme a piedi uno specifico percorso, toccando le diverse sedi scolastiche da raggiungere.
Dopo le festività pasquali, la giunta comunale tornerà a riunirsi già a metà della prossima settimana.
 

 

Scuole, interventi per 2,2 milioni - I LAVORI DI MANUTENZIONE A CARICO DEL COMUNE
 

Il Comune sta attuando una serie di interventi per la manutenzione delle scuole cittadine di competenza, tra le quali ci sono anche la Biagio Marin-Foschiatti, il ricreatorio De Amicis, l’asilo Piccoli Passi e la materna Arcobaleno. La spesa complessiva per gli interventi manutentivi del 2009 è di 2,2 milioni di euro.
Gli interventi sono stati illustrati ieri nel dettaglio dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli e commentati dal collega all’Educazione giovanile, Giorgio Rossi, nel corso di una seduta della quinta commissione-scuola, presieduta da Manuela Declich, che ha recepito anche un ordine del giorno del consigliere di opposizione Roberto Decarli.
Per quanto riguarda il ricreatorio De Amicis di via Colautti sono stati riparati i danni per infiltrazioni di acqua dell’edificio sovrastante e sostituiti i controsoffitti dell’aula computer, risanati i servizi igienici della palestra e del piano superiore e fatti adeguamenti di legge per la sicurezza, montati corrimano e una nuova recinzione sulla via Ressel. Entro l’anno verrà anche messo in sicurezza l’edifico andato a fuoco tempo fa e messi dispositivi antipiccione. Nell’incontro De Carli ha sollecitato l’intervento per la pulizia degli spazi esterni del complesso, che lasciano molto a desiderare.
La Declich si è impegnata a fare una ulteriore seduta della quinta per illustrare il problema all’assessore competente Paolo Rovis. Proseguendo l’elenco degli interventi, nella scuola elementare Marin di via Marco Praga sono state eliminate le infiltrazioni del tetto e rimesso in funzione l’ascensore, che era in disuso, con la sostituzione del quadro di manovra. Nella scuola la quinta commissione farà presto un nuovo sopralluogo, con la presenza dell’assessore allo Sport paris Lippi, per verificare la possibilità dell’uso rionale di alcuni spazi esterni.
All’asilo Piccoli Passi e alla scuola materna Arcobaleno di via Frescobaldi, invece, è stata sostituita la guaina del tetto (zona nido) e revisionati i lucernari. Per l’asilo La Mongolfiera inoltre è già stato progettato un nuovo impianto di condizionamento, pronto per il prossimo settembre (costo 60 mila euro). Per quanto riguarda la elementare Foschiatti di via Benussi, invece, sono stati appena sostituiti i pavimenti in 3 aule e recuperata ad uso scolastico l’ex cucina. Programmata la riparazione dei marciapiedi esterni. Nella lunga lista di lavori ci sono anche quelli per le materne Sorelle Agazzi, don Marzari di Opicina e Barchetta.

(d. c.)
 

 

Agenzia per l’ambiente, sede unica a Udine - Gli obiettivi: meno spese, più uomini sul territorio e meno impiegati. Un solo laboratorio unificato
 

L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE TONDO
UDINE Più uomini sul territorio, meno in ufficio. Con l’obiettivo di essere più efficiente e meno costosa, l’Arpa del commissario Paolo Basaglia rivede la sua missione. In particolare, il personale diventerà più tecnico e meno amministrativo e dei quattro laboratori provinciali sin qui operanti se ne farà uno solo, con sede a Udine. Per Renzo Tondo e Vanni Lenna “è una rivoluzione”.
CRITICITA’ A Palmanova, in conferenza stampa, il presidente della Regione e l’assessore competente, assieme a Basaglia, spiegano il nuovo assetto. Partendo dalle premesse. All’insediamento, lo scorso settembre, del commissario, non mancavano le criticità: bilancio di previsione non approvato e 2,3 milioni non assegnati, mancato rispetto del patto di stabilità, stesse attività di laboratorio nelle quattro sedi dipartimentali, debolezza dei servizi territoriali, squilibrio nella distribuzione del personale (su 360 dipendenti 40% di amministrativi), necessità di rinnovo tecnologico, pratiche e fascicoli pendenti alla Procura della Corte dei conti.
IL PRIMO RIASSETTO Basaglia, riferiscono Tondo e Lenna, ha già iniziato a cambiare faccia all’Arpa. Il bilancio di previsione 2008 è stato approvato a dicembre con l’impiego di riserve pari a 890mila euro, 1.470.000 in meno rispetto al previsto, e si è poi adottata in giunta la previsione 2009 (pareggio a 23,6 milioni). IL PERSONALE Quanto al personale, ferma restando la dotazione complessiva, è in previsione, con la stabilizzazione di una quarantina di precari e l’assunzione nel corso dell’anno di 16 tecnici, la riduzione degli amministrativi dal 40 al 10%. I restanti lavoratori verranno distribuiti tra servizi territoriali e sistemi ambientali (40%), laboratorio unico regionale (30%) e settore tecnico-scientifico e Osmer (30%).
LABORATORIO UNICO Un’altra novità è quella del laboratorio centralizzato, la cui realizzazione (a Udine, probabilmente nell’area alle spalle dell’ospedale Sant’Osvaldo) richiederà un investimento di 10 milioni di euro (di cui 6 già disponibili) e quattro anni di tempo. Nella fase transitoria i laboratori provinciali saranno gestiti da un coordinatore, successivamente le sedi di Trieste, Gorizia e Pordenone, che non verranno soppresse e non subiranno spostamento di personale, vedranno modificate le loro funzioni. Ma è certo, assicura l’assessore, che l’operatività sul territorio “verrà incrementata”, mentre in Alto Friuli si avvierà un nuovo servizio.
SPESE CENTRALIZZATE E ancora nel piano di lavoro di Basaglia è già stata stipulata una convenzione con il Csc per l’acquisto dei beni e servizi necessari all’Agenzia per la protezione dell’ambiente (dalle procedure di gara agli acquisti in economia). Molte cose in divenire ma Tondo è già più che soddisfatto: “La squadra formata dall’assessore Lenna, dal commissario Basaglia e dai direttori Carlo Temporale e Giorgio Mattassi, oltre alla direzione centrale Ambiente, ha rivoluzionato questa Agenzia trasformandola in uno strumento agile e attivo, implementandone la presenza sul territorio. E’ stato intrapreso un percorso davvero virtuoso per cambiare una situazione che era realmente in sofferenza. La nuova Arpa può diventare un modello per una Regione più leggera".
RIFORMA RADICALE “Da quando ci siamo insediati – spiega Lenna – abbiamo individuato sin da subito la necessità di porre rimedio a una situazione che necessitava una riforma radicale del sistema. I principi chiave sono lo snellimento, il controllo della spesa e il risparmio.
Coniugare questi elementi con le esigenze del personale non è stato facile, ma siamo riusciti a trovare una congiunzione tra i due aspetti, mantenendo chi già operava in Arpa all'interno dell'Agenzia e stabilizzando pure i precari”. Insomma, quello che era un “carrozzone” diventa “strumento agile e operativo per assicurare al Friuli Venezia Giulia un sempre migliore equilibrio ambientale”.
MARCO BALLICO

 

 

Monfalcone, analisi per decidere come salvare il golfo di Panzano - MONITORAGGIO DELLE ACQUE
 

MONFALCONE Il monitoraggio ordinario sulla qualità delle acque marine ai fini della concessione o della revoca della balneabilità è ripreso la scorsa settimana. Anche nello specchio di Marina Julia, che non può quindi non attendere con ansia i risultati delle analisi. L’esito del campionamento dovrebbe essere reso noto a giorni e da esso dipende, assieme a quello del monitoraggio che sarà effettuato nella seconda metà del mese, il ritorno alla balneazione, negato dalla Regione a dicembre. Lo ha sottolineato ieri l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, presentando assieme alla responsabile dell’Arpa di Gorizia Ketty Cettul il completamento dello studio commissionato dal Comune nel 2007 all’agenzia per definire le cause dell’inquinamento del golfo di Panzano e le strategie da attuare. Lo studio diventa quindi uno strumento fondamentale per pianificare gli interventi più urgenti, oltre a quelli già realizzati a Marina Julia, e chiederne l’inclusione nel Piano per la qualità delle acque che la Regione si è impegnata a varare entro fine anno, stabilendo le risorse finanziarie per attuarlo. Come ha sottolineato ieri anche Franco Sturzi dell’Arpa, che ha coordinato lo studio, sono già disponibili i fondi necessari a realizzare il Piano d’ambito dell’Atoo attraverso Irisacqua, ma non quelli per attuare le azioni aggiuntive delineate dall’analisi condotta sulle acque interne, principali responsabili, a iniziare dall’Isonzo, dell’inquinamento del golfo. Se Nova Gorica, 50mila abitanti equivalenti che scaricano nel Corno, si doterà di un depuratore entro fine 2011 grazie ai finanziamenti Ue, rimangono da collegare gli scarichi di 10mila abitanti equivalenti di Gorizia.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 aprile 2009

 

 

Ambientalisti: più poteri alle Soprintendenze - A TUTELA DEL PATRIMONIO
 

Per proteggere il patrimonio ambientale e culturale triestino occorre ridare autorevolezza e potenziare l’organizzazione delle Soprintendenze per i Beni architettonici. Solo così si potrà frenare quel lassismo di enti e istituzioni che sta producendo disastri al territorio e al suo paesaggio.
Così la pensano le associazioni ambientaliste – Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Greenaction Transnational, Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, il Capofonte, Camminacittà, Comitato Trieste Vivibile – che ieri hanno presentato un dossier sul degrado del territorio triestino. Il documento, sottoscritto anche dagli studiosi Margherita Hack e Livio Poldini e dal giornalista Paolo Rumiz e dai presidenti nazionali di Wwf e Italia Nostra, è stato inviato al ministero per i Beni culturali, alle commissioni parlamentari, alla giunta regionale e ai sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina.
«La principale risorsa per il nostro Paese è rappresentata dai beni culturali e ambientali – ha detto per il Wwf Dario Predonzan – eppure da anni enti e istituzioni continuano a non tutelarli a vantaggio degli interessi speculativi». «È per l’interesse di pochi – ha continuato Giulia Giacomich, presidente provinciale di Italia Nostra – che si rischia, per esempio, di stravolgere piazza della Libertà».
Sui dissesti e sullo scempio che tocca diverse parti del territorio costiero si è soffermato invece il presidente di Greenaction Transnational Roberto Giurastante. L’appello degli ambientalisti triestini rivolto alle autorità nazionali è di rafforzare le strutture periferiche del ministero con le sue autonomie, congiuntamente a un maggiore controllo sulle scelte degli enti locali nella gestione del territorio.
Maurizio Lozei
 

 

Bonifiche, il 70% del danno a carico di chi inquina - Ma si pagherà anche in rapporto alla superficie e agli anni di proprietà del terreno
 

La proposta del riparto inserita dalla Regione in un documento politico Nuova bozza dell’accordo di programma: necessario il voto degli enti
Il danno ambientale che le imprese del Sito inquinato dovranno pagare – cifra non ben definita, ma compresa fra i 160 e i 200 milioni – sarà ripartito in ragione del tipo di attività, della durata della proprietà dell’area e delle sue dimensioni. Una proposta in questo senso è stata inserita dalla Regione nel documento politico-programmatico che sarà allegato all’accordo di programma.
I contenuti del documento sono stati illustrati ieri ai rappresentanti dei Comuni di Trieste e Muggia, della Provincia e dell’Ezit (reinserito nella bozza di accordo) dagli assessori regionali all’Ambiente e al Bilancio, Lenna e Savino.
Quanto al riparto, il 20% (circa 60 milioni) andrà pagato in proporzione alla durata della proprietà del terreno. Un 10% (circa 20 milioni) dipenderà dalle dimensioni del terreno stesso (è stata stimata una spesa di 3,6 euro al metro quadro per qualsiasi tipo di impresa). Il 70% (circa 140 milioni) sarà invece a carico delle imprese definite impattanti e super-impattanti (situazioni da definire attraverso analisi approfondite).
Si tratta per ora solo di una proposta. «Dopo l’approvazione dell’accordo – spiega l’assessore regionale Vanni Lenna – i rappresentanti della Regione e degli enti locali nel comitato di indirizzo e controllo dovranno discutere il documento politico-programmatico con il soggetto governativo deputato all’attuazione dell’accordo stesso».
Ma nell’incontro di ieri la Regione ha presentato anche una nuova bozza dell’accordo, che vede inserite alcune richieste degli enti locali. Modifiche che comportano però nuovi e lunghi passaggi. «L’accordo – precisa Vanni Lenna – andrà ora concordato con i tre ministeri (Ambiente, Sviluppo economico e Infrastrutture, ndr), e poi dovrà essere votato dalla giunta regionale, oltre che dai consigli degli enti firmatari». I Comuni di Trieste e Muggia, come la Provincia, dovranno così riportare il testo in aula. L’Ezit dovrà farlo rivotare dal consiglio di amministrazione, cosi come dovrà fare l’Ap in sede di comitato portuale.
Tornando al documento politico-programmatico, nel testo sono ribaditi gli obiettivi dell’accordo di programma. «E’ un testo che rafforza l’accordo – precisa l’assessore Savino – e che è stato in gran parte condiviso dagli enti». Piuttosto nutrito l’elenco degli obiettivi dell’intesa, a cominciare dallo sblocco del vincolo all’espansione delle imprese nel Sito inquinato, per proseguire con il completamento delle caratterizzazioni e con la restituzione all’uso dei terreni risultanti non inquinati. Punti peraltro già noti, come pure il trattamento delle acque di falda in un apposito depuratore (da costruire), e il potenziamento del depuratore di Servola.
GIUSEPPE PALLADINI
 

 

Esce di casa, i cinghiali la puntano - DISAVVENTURA IN VIA COMMERCIALE ALTA
 

«Mi sono trovata accerchiata da un branco di cinghiali. Ho cercato di fuggire ma uno di questi, probabilmente spaventato, mi è venuto addosso con il muso e mi ha colpito a una gamba. Non ho riportato lesioni se non un ematoma ma la paura è stata forte».
Le parole sono di Federica Broili, impiegata dell’Allianz-Lloyd Adriatico. L’altra sera dopo essere uscita da casa nella parte alta di via Commerciale, se l’è proprio vista brutta ed è tornata spaventata nella sua abitazione. «Forse avevano fame. Erano sei cinghiali che all’improvviso si sono avvicinati con intenzioni non credo benevole». E aggiunge: «Abito nella zona di via Commerciale da molti anni e non è la prima volta che incontro dei cinghiali, ma in questo caso, ripeto, ho avuto proprio paura. Perché uno mi ha puntato cercando di farmi cadere a terra. Credo che si siano spinti fino in via Commerciale anche perché molta gente che abita da queste parti dà loro da mangiare. Così gli animali girano tranquillamente in tutta la zona. È chiaro che se non trovano cibo si innervosiscono e possono anche spaventarsi tentando di aggredire qualcuno come è accaduto a me».
Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza per vietare di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità del fenomeno, prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari che negli ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. Recentemente Walter Godina, vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata del numero dei cinghiali è in corso. «Entro la fine di maggio verrà attuato e completato il piano di abbattimento dei cinghiali», aveva detto.
Il progetto verrà affiancato da altre iniziative meno cruente ma altrettanto importanti. Saranno posizionati dei «pastori elettrici» (fili a bassa tensione spesso rintracciabili nelle zone di montagna) e dei dissuasori olfattivi. In entrambi i casi l’obiettivo è di evitare che gli animali si avvicinino troppo al centro abitato. «Dove possibile cercheremo di catturare i cinghiali e trasferirli in un altro luogo – aveva aggiunto Godina – anche se sappiamo che questa operazione è piuttosto difficile, perché i cinghiali tendono a tornare nei luoghi di origine». Nei casi estremi, comunque, come riconosciuto dalla Regione, il sovrapopolamento dei cinghiali andrà ridimensionato con l’abbattimento.

(c. b.)
 

 

I tedeschi puntano al rigassificatore di Veglia - Berlino chiede un’accelerazione dei lavori durante l’incontro tra Sanader e la Merkel
 

IL PROGETTO FA CAPO ALLA EON RUHRGAS E ALLA ERW GAS AG. MA C’È LA CONCORRENZA RUSSA
FIUME Pur non essendo enumerato esplicitamente nell’agenda dei colloqui, è tuttavia certo che il rigassificatore previsto a Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia (Krk), è stato uno dei temi trattati ieri a Berlino nei colloqui fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier croato Ivo Sanader. Stando a quanto è trapelato in via ufficiosa, pare che da parte tedesca sia stato sollecitato un impegno più efficace del governo di Zagabria nella realizzazione di un impianto che dovrebbe far approdare in riva al Quarnero le metaniere con il gas naturale «alternativo» a quello delle forniture russe. Il progetto relativo al rigassificatore di Veglia – terminal Lng secondo l’acronimo inglese o Gnl nella traduzione italiana – fa capo a un conglomerato transnazionale in cui sono proprio le tedesche Eon Ruhrgas ed Erw Gas Ag a guidare la cordata, che vede peraltro far parte della spedizione anche membri di Austria (Omv), Francia (Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin). Una squadra variegata, quindi, ma accomunata da un unico interesse: quello di potersi avvalere di una fonte di approvvigionamento che non dipenda esclusivamente dai chiaroscuri di luna sopra il Cremlino.
Per la realizzazione del rigassificatore di Castelmuschio, dove l’area per l’impianto è stata già predisposta e dove sembrano in gran parte superate anche le resistenze degli ecologisti, sotto la spinta delle due predetti componenti tedesche la cordata trasnazionale ha già provveduto alla fondazione di Adria Lng, una joint venture con sede a Zagabria e nella quale Eon Ruhrgas ed Rwe avrebbero rispettivamente il 22,5 e l’ 11,5 dello stock azionario. Alla rappresentanza croata in seno ad Adria LNG spetterebbe una fetta azionaria del 25 per cento. Sennonchè adesso è proprio la struttura della fetta azionaria croata a frenare tutto. Il fatto è che la componente croata vedrebbe al primo posto la compagnia petrolifera Ina, della quale, passo dopo passo, la magiara Mol è diventata azionista di maggioranza relativa, con una partecipazione che sfiora ormai il 50 per cento. E, guardacaso, proprio della Mol nelle ultime settimane è entrata di prepotenza (acquistando per circa 1,5 miliardi di dollari le azioni possedute dall’austriaca Omv) il gruppo russo Surgutneftegaz, nel quale uno dei principali azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente e ora premier russo Putin. Il compendio di questo gulasch russo-balcanico sarebbe dunque questo: ora il Cremlino può pilotare Mol e quest’ultima può fare lo stesso con Ina, quantomeno rallentando la marcia di Adria Lng verso il rigassificatore quarnerino. Una manovra più che comprensibile, da parte degli oligarchi del gas e del petrolio russi, tantopiù che al terminal di Castelmuschio dovrebbe sbarcare il metano proveniente da un’area estrattiva non sotto il loro controllo, diretto o indiretto che sia.
Il metano dovrebbe infatti arrivare a Veglia principalmente dal Qatar, a sua volta interessato alla realizzazione del progetto e dove di recente Ruhrgas ha partorito una propria affiliata. Da quanto sopra emerge un quadro estremamente complesso, fatto di interessi particolari e condizionamenti incrociati, nel quale non sono esclusi nuovi colpi di scena. A prescindere da quanto si siano detti o possano avere concluso ieri a Berlino la Merkel e Sanader, una cosa sembra abbastanza sicura. Che l’interesse per il rigassificatore è ben presente e che il progetto, magari con un avvicendamento di partner, dovrebbe potersi realizzare. Magari con una più massiccia partecipazione tedesca (a Berlino si vorrebbe il via ai lavori l’anno prossimo e l’entrata in funzione dell’impianto 3-4 anni dopo). Il rigassificatore di Veglia richiederebbe di mettere sul piatto una puntata minima di 800 milioni di euro. Che garantirebbero al centro-sud Europa un flusso «alternativo» di 10 e più probabilmente 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

(f.r.)
 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 aprile 2009

 

 

FERRIERA - Centrale elettrica non prima del 2013 - Palazzo Galatti e Municipio dicono sì all’accordo con Regione e Lucchini
 

L’entrata in funzione della centrale elettrica da 420 Mw, che il gruppo Lucchini Severstal intende realizzare accanto al termovalorizzatore, non avverrà prima del 2013. E il suo avvio sarò legato alla disponibilità di gas, il che fa capire come si attenda la costruzione del rigassificatore di Gas Natural.
Il dato emerge dalla bozza del protocollo d’intesa in fase di elaborazione tra Regione, Comune, Provincia e Lucchini Severstal, per la messa a punto del quale un incontro è previsto a fine mese.
Il sindaco Dipiazza e la presidente della Provincia Bassa Poropat hanno dato ieri il rispettivo parere favorevole. «Con la centrale elettrica – rimarca Dipiazza – si eviterà che il rigassificatore scarichi acqua fredda nel vallone di Muggia. La centrale produce infatti acqua calda, che serve al rigassificatore. Si potrebbe scambiare acqua calda e fredda fra i due impianti, senza scaricare nulla nel golfo».
La presidente della Provincia, condividendo l’impostazione generale del protocollo, ha anche inviato alla Regione alcune integrazioni. «Ho chiesto innanzitutto – spiega – che si tenga conto delle ricadute sul territorio in tema di abbattimento delle tariffe energetiche e della cessione del calore residuo. Quanto all’osservatorio ambientale che dovrebbe essere creato al Comune di Trieste, ho domandato che si pensi a un osservatorio socio-ambientale, che tenga conto della situazione occupazionale. E, infine, che lo stesso osservatorio sia posto presso la Provincia, che ha competenze sia in tema di ambiente sia di lavoro».
Il testo del protocollo parla della centrale elettrica come una risorsa per il territorio, riconosce il progetto come importante occasione di riconversione produttiva, e impegna i firmatari a porre in essere le azioni necessarie all’emissione del decreto autorizzativo del ministero dello Sviluppo economico e a promuovere il progetto presso tutti gli enti interessati.
La centrale è in fase di progettazione. In proposito, nello stesso documento la Lucchini Severstal si impegna a meettere in atto le migliori misure in campo ambientale. E’ previsto inoltre che la sede legale della società di gestione sia a Trieste, con le relative ricadute sul piano fiscale.

(gi. pa.)
 

 

I russi raddoppiano, arriva la nuova fabbrica - Entro fine anno Severstal avvierà la produzione di cavi d’acciaio nello stabilimento sul canale industriale
 

INVESTIMENTO INIZIALE DI 5 MILIONI, PREVISTA UNA QUARANTINA DI POSTI DI LAVORO
Sbarcheranno tra poche settimane. Forse fra meno di un mese. E così la produzione di funi giganti d’acciaio, utilizzate anche nel rimorchio e nell’ormeggio delle trivelle petrolifere off-shore, sarà pronta a partire nel giro di qualche mese. Trasformando Trieste - queste sembrano essere le intenzioni - nel primo polo mondiale del settore.
Il riferimento va ai delegati e ai tecnici del gruppo Severstal, già presente in città e abbinato alla Lucchini nella gestione della Ferriera di Servola. La volontà del colosso russo è infatti quella di raddoppiare il suo impegno sul territorio. Per farlo ha rilevato nemmeno un anno fa il pacchetto azionario della «Redaelli Tecna», storica produttrice di funi d’acciaio in Val Trompia, leader europeo nel settore, con cui sta perfezionando il progetto Trieste.
Il lancio avverrà concretamente tramite la controllata Metiz. «Entro la fine dell’anno l’attività partirà. Hanno ottenuto tutte le autorizzazioni e stanno rispettando i tempi annunciati», conferma Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Lucchini-Severstal, dopo i contatti con i responsabili del gruppo guidato dal magnate russo Alexei Mordashov.
«Questo è il loro cronoprogramma», aggiunge Semino, «e nelle prossime settimane, in un’area all’imbocco del canale industriale, inizieranno ad arrivare i materiali necessari per la realizzazione del basamento di cemento e della piattaforma all’interno del canale. Sulla struttura verrà poi sistemato il macchinario dal quale usciranno le maxi-funi».
La nuova realtà industriale avrà sede sul versante sud del canale industriale, in un capannone già adibito ad attività industriale, e accoglierà, secondo quanto previsto dal progetto iniziale, 15-20 addetti. Ma, successivamente, i posti di lavoro garantiti diventeranno almeno una quarantina. Inizialmente, l’investimento della proprietà ammonterà a 5 milioni di euro.
Le funi d’acciaio prodotte avranno una resistenza meccanica garantita di 600 tonnellate, grazie anche al cospicuo utilizzo di carbonio e di soluzioni tecnologiche d’avanguardia per la loro realizzazione. In particolare, il particolare tipo di acciaio richiesto arriverà da fuori Trieste, e a seconda delle caratteristiche potrà essere prodotto dallo stesso gruppo Lucchini-Severstal ma anche essere acquistato da altri produttori.
Soddisfatto per questo nuovo insediamento il sindaco Roberto Dipiazza, il quale rileva «la scelta logistica dell’azienda che imbarcherà direttamente le funi prodotte, con economie di scala che faranno diventare competitiva la fabbrica».
L’impatto sull’indotto marittimo viene sottolineato dal direttore di Assindustria Paolo Battilana: «Con questa azienda – osserva – ci sarà uno sviluppo delle attività portuali legate alla produzione manufatturiera».
Sia Battilana sia il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, osservano poi come in quell’area il problema della bonifica sia stato risolto di fronte all’importanza dell’insediamento industriale, e come ciò costituisca un piccolo segnale di inversione di tendenza nel complesso problema del Sito inquinato.
MATTEO UNTERWEGER e GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Il futuro sta nello sviluppo del Porto - I triestini lo giudicano più importante di altri settori. Ferriera, la vuole chiusa il 56%
 

I politici si azzuffano? I cittadini non più. Gli schieramenti tirano la propria rete? I triestini sembrano aver scelto la terza via: basta accapigliarsi. Quel che serve è già chiaro. Restano sfumature di giudizio, opzioni predilette o neglette, ma la «città divisa» per definizione sembra tramontata con l’inverno, almeno sulle grandi questioni. Lo sviluppo della città è nel porto: consenso generale, molto più ampio che per altri settori, al 34% (era del 21% nel ’97). Lo pensano il centrodestra (34%), il centrosinistra (31%), il centro (29%) e i non collocati politicamente (39%). Poi la Ferriera: meglio chiuderla. Lo dice in media il 56% dei cittadini, con un picco nel centro (67%) e a destra (62%), col centrosinistra al 52% e i non collocati al 50.
Prima di tutto, i cittadini però vogliono «una gestione della cosa pubblica onesta e trasparente». Quasi un plebiscito. Allo stesso modo, miglior gestione dei rifiuti, sostegno all’economia, meno traffico e più parcheggi, più attenzione ai giovani.
Ecco la seconda parte del sondaggio realizzato dalla Swg lo scorso marzo su impulso di un gruppo che potremmo definire di «elementi sparsi di classe dirigente». I quali volevano appunto capire i desideri e gli interessi della gente, distinti da quelli dei politici. La Swg ha fatto precedere l’analisi da un paio di domande relative al gradimento del sindaco Dipiazza e come si sa ne è uscito un consenso del 66%, superiore a quello che Berlusconi raccoglie a livello locale (39%).
Ma in questa seconda parte di interviste si legge in controluce quel che a Trieste si pensa su commercio e cultura, sicurezza e crociere, fabbriche e scienza. E prima di entrare nello specifico, si segnalano alcune peculiarità: il commercio è più di centrodestra, la scienza più di centrosinistra, le sagre e le fiere sono più di centrosinistra, la nautica da diporto di centrodestra. Il centrodestra, poi, avversa l’alta velocità e in campo culturale non ha alcun interesse per i festival del cinema (ghiottoneria invece per i non collocati).
La cosa strana è che, avendo Swg distinto i propri intervistati in tre aree di orientamento politico, in mezzo ci sta appunto il «centro». In questa pancia molte sorprese. A cominciare dal fatto che il segmento è l’unico a dare «zero» consensi alla nautica da diporto come motore dello sviluppo turistico, e pone invece ai vertici l’offerta alberghiera e di ristoro, che non appassiona invece né a destra né a sinistra. Un’altra singolare convergenza si ha sulla scienza: per favorirne lo sviluppo il 60% del campione pensa, in media, che sia necessario che le imprese utilizzino di più la ricerca. A centrosinistra il risultato sale al 65%, nel centrodestra sta alla pari, col 63%, tra i «non collocati» è al 58%. Il centro si ferma al 17%, ma punta sul «dare maggiore visibilità ai centri di ricerca scientifica» con 89% di risposte, che scendono 62% nel centrodestra e al 58% nel centrosinistra (media del 56%). Così questo di «centro» è l’unico segmento molto d’accordo sul «creare un coordinamento regionale delle attività scientifiche». Che significa collaborare con Udine. Lo vota l’81%. E si trova accanto però solo il 5% del centrodestra (il 21% del centrosinistra). Di contro, dal «centro» si vede malissimo un coordinamento con Paesi confinanti: sì solo dal 7%. Il centrodestra sta al 18%, preferisce l’estero al Friuli. Il centrosinistra spicca col 53%: l’estero piace.
GABRIELLA ZIANI

 

 

Dimezzati i fondi al Servizio civile - IL PRESIDENTE DELL’ARCI - «A Trieste 142 volontari ma nel 2009 si prevede una mazzata sui progetti»
 

Nel 2007 erano 45 mila i giovani volontari nel Servizio civile. Nel 2009 inizieranno quest’esperienza appena in 25 mila. Una «forbice» numerica inequivocabile, dovuta alla mazzata sui fondi statali. L’anno scorso furono 266 milioni di euro, quest’anno saranno 211 milioni, «di cui 40 - fa sapere il presidente nazionale Arci Servizio Civile, Licio Palazzini - si devono al grande impegno del sottosegretario Giovanardi. Se non si fosse dato da fare, con i 171 milioni messi a disposizione dallo Stato, nel 2009 non sarebbe partito alcun volontario. I progetti, infatti, si avviano tra ottobre e novembre, quindi il grosso della spesa viene sostenuto l’anno successivo. I soldi, in pratica, sarebbero bastati solo per finanziare i volontari entrati in servizio nel 2008. Dall’estero ci guardano con curiosità: avevamo fatto una cosa buona e ora, mentre Stati Uniti e Francia aumentano i fondi, noi precipitiamo».
Palazzini ha spiegato ieri numeri e aspettative al consiglio regionale dell’Arci Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia, riunito a Trieste. «Progetti per 25 mila giovani - insiste - a fronte di 105 mila presentati in Italia. È la cosa ancor più peccaminosa è che di questi, 13 mila saranno gestiti dall’Ufficio nazionale di Roma, 12 mila dalle 21 Regioni, con un’inutile moltiplicazione della burocrazia».
In regione sono 316 i volontari attualmente in servizio, attivi in campo ambientale, archeologico, assistenziale e sportivo. Percepiscono 433 euro al mese. Trieste ne conta il numero maggiore, 142, contro gli 80 di Udine, i 53 di Pordenone e i 41 di Gorizia.
Il taglio dei fondi si è già fatto sentire pesantemente. Nel 2008 l’Arci ha registrato un calo del 40% e quindi un «congelamento» a 316 del tetto dei volontari. Nel 2007 erano 416, 398 nel 2006 e, nel 2005, primo anno di avvio del servizio, 262. Quest’anno - testimonia Giuliano Gelci, presidente regionale - a Trieste è rimasta indietro una decina di domande. E le prospettive sono ancora più incerte.
Entro maggio il governo dovrebbe scoprire le carte della riforma dell’intero sistema del Servizio civile. «Noi vorremmo che fosse indicato il numero minimo di giovani - spiega Palazzini - quindi l’introduzione di un elemento di stabilità economica. Poi vorremmo che si decidesse ”a che cosa serve” il servizio civile. Se il messaggio non è chiaro, i giovani si sentono come ”forza lavoro aggiuntiva” non come i destinatari di un’esperienza formativa. E l’equivoco genera diffidenza. Valuteremo le proposte del governo e poi decideremo: nel 2008 abbiamo raccolto diecimila firme on-line contro gli ”attentati” al Servizio civile. Queste riunioni che tengo a livello territoriale servono proprio a questo: a rimanere allenati».

(ar. bor.)
 

 

Torna la ”grande puzza”, decine di segnalazioni - IERI MATTINA IN GRAN PARTE DELLA CITTÀ È STATO AVVERTITO UN FORTE ODORE DI GAS
 

Verifiche affidate a pompieri, tecnici AcegasAps Arpa e motovedette della Capitaneria
Chi credeva che avesse ormai definitivamente lasciato la città ha dovuto ricredersi: la ”grande puzza”, come ormai sono abituati a chiamarla molti triestini, è tornata a farsi sentire.
Ad avvertire quel fortissimo e persistente odore di gas, ieri mattina, sono stati i residenti di mezza Trieste: da Barcola a Roiano, da piazza Oberdan fino a Servola e Valmaura. Gli stessi che hanno poi intasato di telefonate i centralini dei vigili del fuoco e del servizio emergenze dell’AcegasAps, avanzando come di consueto le più disparate ipotesi sull’origine delle zaffate maleodoranti.
C’è chi ha dato la colpa alla Ferriera, chi a qualche nave ormeggiata in rada, e anche chi ha attribuito l’episodio alla decomposizione di corposi banchi di alghe nel golfo.
Per tentare di dare, almeno questa volta, una spiegazione al fastidioso fenomeno, sono scese in strada ieri delle autentiche task-force di esperti. Coinvolti pompieri, tecnici dell’Arpa, squadre dell’ex municipalizzata, uomini della Capitaneria di porto. Quest’ultima in particolare, vista la possibilità che a provocare la fuoriuscita di gas fosse stata proprio qualche imbarcazione, ha effettuato addirittura due tranche di controlli: la prima da parte dei responsabili del servizio sicurezza della navigazione, la seconda affidata ad una vedetta che ha fatto un vero e proprio tour completo in rada.
Le verifiche della Guardia costiera hanno però intanto escluso ogni tipo di responsabilità a carico degli equipaggi: all’origine dei miasmi, garantiscono infatti dalla Capitaneria, non c’è stata alcuna operazione di sfiatamento di gas, peraltro non proibita dalla legge dal momento che serve ad evitare la formazione di pressioni troppo elevate all’interno delle cisterne.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e dell’AcegasAps - questi ultimi hanno accertato l’assenza di perdite nella rete del gas -, così come i sopralluoghi degli stessi sopralluoghi dei vigili del fuoco. Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha fatta franca e non ha trovato spiegazioni.
Spiegazioni che avrebbero permesso forse di tranquillizzare i consiglieri regionali turbati a tal punto dalla presenza dell’ondata maleodorante da non riuscire a concentrarsi sui lavori dell’aula. Per buona parte della mattinata infatti la discussione, più che da articolate riflessioni sulla bontà dell’operazione ronde prevista dal ddl sulla sicurezza, è stata monopolizzata dalle illazioni sull’origine della puzza. Puzza che molti eletti non triestini, evidentemente, sperimentavano per la prima volta.
Per tentare di chiarire l’arcano e riportare un po’ d’ordine all’interno dell’assemblea di piazza Oberdan ha dovuto prendere la parola addirittura il presidente Edouard Ballaman. Un intervento, il suo, che se da un lato è riuscito a tranquillizzare gli animi, dall’altro non ha impedito che passassero di bocca in bocca freddure e battute di spirito sull’origine del poco simpatico fenomeno.

(m.r.)
 

 

Elettricità pulita, accordo tra Wwf e Terna - MENO IMPATTO SU MIRAMARE
 

Sviluppo sostenibile e tutela ambientale sono gli elementi cardine che hanno portato alla sigla di un protocollo d'intesa tra il Wwf e Terna Spa, il gestore della rete elettrica nazionale.
Si tratta del primo protocollo d'intesa di questo genere volto alla difesa è finalizzato a uno sviluppo sostenibile della rete con particolare riguardo alla riduzione dell'impatto ambientale delle grandi linee elettriche di trasmissione ed alla tutela della biodiversità, nei confronti delle Oasi naturalistiche, in particolare quella di Miramare.
A sottoscrivere il documento Enzo Venini, presidente Wwf Italia, e Flavio Cattaneo, ad di Terna che ha sottolineato come «la collaborazione con il Wwf ci permetterà di utilizzare, fin dal processo di pianificazione, le competenze specifiche maturate da una delle associazioni più rappresentative a livello internazionale in ambito di tutela ambientale».
 

 

Rigassificatore a Capodistria, presentato il progetto tedesco - Nessuna autorità locale presente. Un evento fallimentare
 

L’impianto costerebbe 1 milione di dollari ma creerebbe solo 150 posti di lavoro
CAPODISTRIA Nessun esponente delle autorità locali, pochi imprenditori, un solo rappresentante delle associazioni ecologiste. È stata quasi completamente ignorata la presentazione del progetto di un rigassificatore e di una centrale elettrica nel porto di Capodistria, organizzata ieri nella città costiera dalla società tedesca «TGE Gas Engineering», che ormai da due anni – per ora senza grande successo - tenta di promuovere l'idea di un impianto di rigassificazione da costruire nell'area portuale. Così come si è dichiarata sempre contraria ai rigassificatori nel golfo di Trieste – sia a quello sulla terraferma che a quello «off-shore» - Capodistria sembra decisa a respingere anche l'idea di un rigassificatore in casa propria. Anche ieri i responsabili della TGE hanno sottolineato tutti i vantaggi di un progetto definito tecnologicamente all'avanguardia, ma alla presentazione delle «Nuove opportunità di sviluppo energetico» - come è stato titolato l'appuntamento, è mancato quello che nelle intenzioni degli organizzatori doveva essere il principale destinatario delle informazioni, il pubblico.
Il progetto, come noto, prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a 2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio da 150.000 metri cubi, dell'impianto di rigassificazione e della centrale elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea. Per il riscaldamento del GNL – questo il principale vantaggio della tecnologia proposta – non sarebbe utilizzata l'acqua marina, ma parte dell'energia sprigionata dalla centrale, che a sua volta sarebbe alimentata a gas. Le perdite energetiche e i danni ambientali, in altre parole, sarebbero ridotti al minimo. «Ci rendiamo contro – ha dichiarato il consulente della TGE Gas Engineering, Janko Puklavec – che per portare avanti un simile progetto ci vuole la collaborazione della popolazione e degli imprenditori locali. Il valore del progetto è stimato a circa 1 miliardo di dollari. Se dovesse decollare, si creerebbero 150 posti di lavoro per personale altamente specializzato, con un indotto complessivo di altri 600 posti in regione». Sono stime, ha spiegato Puklavec, basate su uno studio fatto nel 2007 dall'Istituto economico della Facoltà di giurisprudenza di Lubiana. La tecnologia a basse temperature che sarebbe impiegata in questo progetto, secondo il professor Peter Novak, membro del Comitato scientifico dell'Agenzia europea per l'ambiente, offre nuove opportunita' anche ai settori della ricerca e dell'istruzione.
È giusto che si facciano tutti gli studi ambientali necessari, ha sottolineato invece il professor Stojan Petelin della Facoltà di Marineria di Portorose, ma è comunque impossibile aspettarsi una sicurezza assoluta per quanto riguarda impianti energetici, in nessuna parte del mondo. I responsabili della TGE si sono detti ad ogni modo disponibili a sottoporre il loro progetto – che non dispone ancora dei permessi necessari per poter essere avviato – a tutte le verifiche. Le presentazioni continueranno.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 aprile 2009

 

 

Nella Contea di Fiume nuovi impianti eolici - Già iniziato il monitoraggio sull’altura di Jelenje. Via libera delle autorità anche per Fuzine
 

TRE O QUATTRO STRUTTURE
FIUME La Contea litoraneo-montana di Fiume potrebbe diventare la regione-leader in Croazia in quanto a sfruttamento dell’energia eolica. Tra qualche anno nell’area di Fiume gli impianti per l’utilizzo della forza del vento per trarne energia elettrica potrebbero essere addirittura tre o quattro.
È iniziato il monitoraggio su un’altura disabitata in zona Jelenje, pochi chilometri alle spalle del capoluogo quarnerino, dove si pianifica l’ubicazione di un «parco eolico» con una batteria di 28 turbine e una potenza installata di 56 megawatt. Ora si apprende che una centrale eolica simile potrebbe essere piazzata anche nelle vicinanze di Fuzine, nell’area montana del Gorski Kotar, sovrastante il Golfo del Quarnero. Anche nel caso di Fuzine le cose sembrano procedere abbastanza speditamente, almeno per quanto attiene la piena disponibilità delle autorità municipali e di quelle regionali nei riguardi del potenziale investitore, la svizzera Res Spa, che si avvale della «Elettrostudio» di Mestre (come nel caso di Jelenje) e si appoggia in loco all’affiliata «Prodomo». Proprio nei giorni scorsi i rappresentanti di quest’ultima, unitamente a Carlo Drago, di «Elettrostudio» hanno avuto un incontro con il sindaco di Fuzine Kauzlaric, per mettere a punto la road map del progetto. Un incontro dall’esito positivo.
Tanto che al termine è stato reso noto che il monitoraggio dell’area prescelta e la stesura di uno studio d’impatto ambientale verranno avviati entro l’anno. Il nullaosta del Ministero dell’economia è già stato rilasciato, così come il placet dell’Istituto regionale alla pianificazione territoriale. L’ubicazione della centrale eolica di Fuzine è in zona Zvirjak. Anche in questo caso si tratta di un’area sopraelevata e disabitata, per la quale le indicazioni avute dall’Istituto meteorologico nazionale croato paiono più che propizie. Posto che il monitoraggio dell’intensità e direzione dei venti prevalenti dovrà protrarsi per circa un anno, la realizzazione del progetto non sarà possibile prima di 2-3 anni. Per la centrale eolica di Fuzine si prevede un investimento dell’ordine di un centinaio di milioni di euro.

(f.r.)
 

 

Rigassificatore: il presidente regionale Tondo si esprime come fosse in preda a una forza estranea
 

Il calendario astronomico dice che stiamo vivendo nell’anno 2009. In molti Paesi del mondo la civiltà si è fortemente sviluppata e le libertà democratiche sembrano aver eradicato l’assolutismo dei potenti e la vocazione maligna d’infergere alle moltitudini l’umiliazione della sopraffazione e dei diritti negati. Tuttavia in troppe latitudini della Terra, i soprusi e le sofferenze per fame e gravi malattie continuano a mietere milioni di vittime innocenti che, per gran parte, sono dovute al potere degli Stati tecnologicamente avanzati e per di più «ingordi». Ci illudevamo che l’Italia fosse diventato un luogo di benessere diffuso, una sorta di Patria del diritto largamente applicato e che il suo popolo non avesse motivi d’impoverire la mente con ricordi storici di travagli da autoritarismo e d’improvvide imposizioni di antiche memorie.
Ciò malgrado, dei «diktat» di vago ricordo dittatoriale, sono stati improvvidamente schizzati sui triestini con un’intervista rilasciata dal presidente Tondo in data 31 marzo. È stato un brusco risveglio, una folgorazione, perché eravamo abituati ad un uomo mansueto, equilibrato, disponibile al dialogo pacato. Ci siamo trovati, invece, sotto un torrente di rabbia; un torrente di verbi, aggettivi e sostantivi sparati con inconsueto livore, che non era impeto politico, ma qualcosa di oscuro, come se il linguaggio udito non appartenesse alla persona che lo usava, ma ad una forza estranea che lo aveva carpito alla realtà.
Alcune delle dichiarazioni estrapolate da quell’intervista: «Energia, basta con le malinconie». «Subito elettrodotti e rigassificatore». «Rigassificatore: il sì di Tondo». «Il tempo dei dubbi è finito». «La gente deve lavorare, basta fare gli schizzinosi». «Basta perdere tempo, sì al rigassificatore». Viene poi sollecitato dall’intervistatore a parlare dei rapporti transfrontalieri con la Slovenia. Gli viene ricordato che la Slovenia non vuole il rigassificatore nel sito di Zaule (baia di Muggia) in seguito ad una ponderosa Valutazione di impatto ambientale sviluppata da una commissione scientifica (altamente qualificata). Ciò che Tondo risponde può pacificamente essere interpretato per un «chissenefrega!»: «Ma noi sì! Supereremo queste posizioni. Certi dubbi sul progetto non sono più all’ordine del giorno». Il Tondo, poi, richiama alla memoria dei giuliani il disastroso terremoto che squassò il Friuli nel ’76.
Tondo dimentica di parlare dei tanti morti che ci sono stati e delle responsabilità oggettive dei poteri tecnico-amministrativi e di quelli politici del tempo che, per ignavia o menefreghismo, hanno lasciato sviluppare un’edilizia su un territorio notoriamente sismico, privo, quasi totalmente, delle regole sul calcestruzzo armato, così come dimentica di parlare delle diga del Vajont. Ma le rassicurazioni sulla sicurezza, come quelle di oggi su Zaule e Muggia, si sprecarono e le segnalazioni disinteressate, ostinatamente poste in evidenza, furono disattese e ritenute perfino offensive. Tondo dovrebbe fare un bagno di umiltà e tornare ad essere l’uomo libero e onesto che conoscevamo.
Considerazioni conclusive: in tutta questa vena di sentore predicatorio in cui il male verrebbe sconfitto dalla «regola friulana del fare», pone in evidenza che gli ordini sono ordini che non vanno discussi. Dimentica il Tondo di tenersi aggiornato o di farsi aggiornare da un ufficio capace di renderlo edotto di ciò che sta accadendo nel mondo! Se tale metodo informativo adottasse, saprebbe dell’intervento dell’ing. Bruno Agricola, d.g. Salvaguardia ambientale del ministero all’Ambiente e coordinatore in Sottocommissione Via a Roma.
L’intervento, rilasciato in conferenza alla rivista specializzata Staffetta Quotidiana del 27 marzo scorso, tra le varie problematiche afferenti agli iter autorizzativi, due ne pone in evidenza che direttamente interessano Trieste.
1) Il d.g. Agricola lamenta: «Spesso, insieme alle commissioni sono state cambiate anche le regole. Con l’ultimo cambiamento, consolidando una tendenza già presente, si è impoverita la Commissione di professionalità tecniche specifiche e si è arricchita di professionalità tecniche-amministrative. Il ministro è stato avvertito! Qui, l’Agricola, rimarca le critiche che il nostro comitato espresse in fase di Via sul rigassificatore di Zaule «...si è impoverita la commissione di professionalità tecniche specifiche ...» sta a significare che le Commissioni vengono costituite in maggior parte da commercialisti e avvocati, con un tasso di preparazione di cultura specifica zero! E costoro decidono sulla compatibilità ambientale di un sito!
2) Di geopolitica. Quando all’ing. Agricola viene chiesto di esprimersi sulla Via transfrontaliera, così egli risponde: «...quando non c’è accordo politico i tempi si dilatano. Per esempio il ministro Frattini ha detto che senza il consenso politico della Slovenia a Trieste non si fa niente, e non si possono guastare le relazioni politiche con un Paese per fare un rigassificatore».
Precisazioni: non vorremmo che l’ing. Agricola fosse considerato uno che rema contro, anzi, è colui che richiama il ministro competente a ricostituire una Commissione Via fatta di persone competenti! Tutto ciò specificato, al presidente Tondo diciamo: non sono i progetti a non essere più all’ordine del giorno, ma il rigassificatore di Zaule.
Arnaldo Scrocco - addetto stampa Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
 

 

CIVILTÀ - Pratiche e prediche
 

Da anni ormai con le nostre scarse forze stiamo cercando di intervenire per portare un po’ di civiltà e vivibilità nella vita quotidiana della nostra città; ma come possiamo sperare di ottenere qualche risultato quando uno dei nostri amministratori, e non certo l’ultimo per importanza, uno cioè di coloro che dovrebbero aiutarci in quest’opera ed essere di esempio e guida ai cittadini, fa, nell’ordine, queste cose: dichiara di "scendere a cento all'ora per via Commerciale", ordina di distruggere panchine e tavoli nelle poche zone di verde attrezzato della nostra città, ed infine sbraita e minaccia contro i vigili urbani che trovano la sua auto parcheggiata sulle strisce pedonali. E poi si ha il coraggio di parlare di sicurezza!
Vogliamo sperare che questi comportamenti non trovino consenso tra la popolazione, e questo ovviamente si vedrà al momento del voto, ma qualora si verificasse che i cittadini approvano tutto ciò, non crediamo che si possa parlare di democrazia, bensì di quella forma di governo che Cicerone con termine greco definiva "oclocrazia", cioè il governo dei peggiori, il contrario dell'aristocrazia; peggiori che godono del consenso dei peggiori, cioè di coloro che si fanno un vanto di rendere la città invivibile ed insicura per tutti.
Noi ci auguriamo però ancora che, con uno scatto di orgoglio, Trieste voglia dimostrare di essere ancora quello che un tempo si vantava di essere: una città civile.
Il direttivo  del Circolo Legambiente di Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 aprile 2009

 

 

G8 Ambiente, servono 400 miliardi all’anno - FORUM DI TRIESTE - L’Enea: bisogna cambiare stile di vita per combattere il riscaldamento globale
 

TRIESTE La Banca Mondiale chiede più investimenti sulle energie rinnovabili, l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea) pone l'accento sul miglioramento dell'efficienza energetica: sono i principali temi emersi nel Forum G8 sull'ambiente, chiuso ieri a Trieste dopo tre giorni di incontri. L'appuntamento triestino, incentrato sulle tecnologie a bassa emissione di carbonio, è stato organizzato dal Ministero dell'Ambiente in vista del G8 Ambiente di Siracusa. Al Forum, che si è tenuto all'Area Science Park sull'altipiano carsico, hanno partecipato delegazioni di 19 Paesi. Un documento finale di sintesi, che tiene in considerazione i rapporti di Banca Mondiale e Iea, e il dibattito di questi giorni, sarà inviato al vertice G8 Ambiente di Siracusa in agenda dal 22 al 24 aprile prossimi, al G8 Energia di Roma del 24 maggio e al vertice G8 della Maddalena, che si terrà dall'8 al 10 luglio.
In particolare, sarà ribadita la richiesta della Banca Mondiale a uno stimolo fiscale «verde» da 400 miliardi di dollari all'anno, mentre la Iea stima il 36% di riduzione delle emissioni e prevede, nei prossimi 10 anni, una spesa in tecnologie che si aggira sui 14 mila miliardi di dollari. Il 2009 è un anno chiave per le politiche globali sul cambiamento climatico: nell'incontro triestino si è ricordato che a dicembre, a Copenhagen, la comunità internazionale dovrà adottare un trattato sul riscaldamento climatico globale che succederà a quello di Kyoto.
Adattare lo stile di vita a un nuovo modello energetico e tecnologico: è la sfida da intraprendere, secondo l'Enea, per far fronte al riscaldamento globale. «Bisogna trovare gli strumenti idonei - ha detto Artale, ricercatore e membro dell'Ipcc - perchè gli stili di vita si adattino e cambino in funzione di un nuovo modello energetico e tecnologico. Bisogna intervenire nella società e sviluppare strumenti idonei, incentivare i trasporti pubblici, costruire le case in modo più efficiente. La prima persona che deve chiedere una rivoluzione energetica - ha aggiunto - deve essere il cittadino».
Per l'abbattimento della Co2, ha precisato Artale, «la soluzione più concreta è la raccolta, il cosiddetto ”storage”. Ci sono i primi esperimenti per conservarla sotto terra: è una tecnologia molto costosa, e l'Enea - ha concluso - la sta sperimentando in Sardegna».
 

 

Kemiplas, verso l’ok alla produzione - Probabile sentenza a favore dell’azienda chimica ora ferma per la crisi
 

Nella causa intentata dal Comune di Capodistria escluse audizioni di dipendenti
CAPODISTRIA Al Tribunale di Capodistria si è conclusa l'udienza principale nella causa promossa dal Comune di Capodistria – anche a nome di 220 suoi abitanti - contro la fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani. La sentenza sarà pronunciata a giorni ma è quasi certo che la «fabbrica dei veleni» - come la chiamano gli abitanti del posto - potrà continuare con la produzione, ora sospesa per problemi legati alla crisi economica.
Il Tribunale ha infatti respinto la richiesta dei rappresentanti del Comune di Capodistria - gli avvocati Franci Matoz e Bogomir Horvat - di ascoltare le testimonianze di ex e attuali dipendenti dell’azienda, così come dei residenti, che avrebbero dovuto raccontare - per gli avvocati - quanto in realtà sia pericolosa la produzione, quali sono i danni che provoca all'ambiente e come si possano di fatto alterare le misurazioni delle emissioni nocive, finora risultate sempre entro i limiti consentiti. I due legali si sono detti sorpresi della decisione dei giudici: «I tribunali sloveni non hanno esperienza con le cause ecologiche e in questo caso hanno trattato la vicenda come fosse una questione solo economica». È un errore, sostiene Horvat: nelle cause di natura economica si deve provare l'esistenza di un danno, mentre in quelle ecologiche è sufficiente dimostrare che esiste il rischio di un danno per l'ambiente o le persone. I due legali del Comune di Capodistria contrariati anche per il rifiuto del Tribunale di predisporre una perizia sulla situazione reale negli impianti di produzione e sulla possibilità di «dosare» la produzione in modo da rientrare nei parametri consentiti di emissione di sostanze nocive. Hanno già annunciato eventuali ricorsi. Di tutt'altro umore il direttore della «Kemiplas» Muharem Kadic: «Credo che siamo riusciti a provare che la fabbrica lavora rispettando tutte le norme ambientali. Non è vero che abbiamo adeguato la produzione alle misurazioni delle emissioni e che provochiamo danni ambientali».
 

 

Riciclaggio rifiuti, Trieste fanalino di coda - STUDENTI DI BIOLOGIA IN VISITA AL TERMOVALORIZZATORE ACEGAS
 

Desidero segnalarvi che la scorsa settimana un gruppo di 26 studenti del Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste è stato ospite delle strutture del Termovalorizzatore dell'Acegas nell'ambito del corso di Economia e Gestione Ambientale tenuto dal prof. Dario Gasparo dell'Università degli Studi di Trieste. L'incontro, che viene proposto da qualche anno, ha avuto la particolarità di essere l'ultimo condotto da Lucio Del Conte, che per l'Ufficio relazioni esterne e comunicazione coordina le attività didattiche e le visite; infatti il tecnico da questa settimana sarà in pensione. Ci auguriamo che l'azienda prosegua nella direzione della comunicazione e del coinvolgimento dei giovani in questa rilevantissima e importante attività: non solo perché gli studenti abbiano l'opportunità di "toccare con mano" quello che è un problema enorme (la gestione dei rifiuti) e le quantità in gioco (ben 500 tonnellate di immondizie smaltite e bruciate ogni giorno!) ma anche perché essi possano coinvolgere altre persone con l'obiettivo di portarle a produrre meno scarti(1,2 Kg a testa al giorno) e ad essere più consapevoli dell'inquinamento prodotto. È avvilente infatti scoprire che nella nostra provincia non si raggiunga nemmeno il 20% del riciclato (l'obiettivo del Decreto Ronchi era del 35%) ma è importante imparare come si può trattare rifiuti quali gli olii esausti e quali siano le modalità più corrette per lo smaltimento delle batterie o delle plastiche, argomenti poco pubblicizzati e sui quali il cittadino sa ben poco. Lo sa il cittadino che a Trieste vengono conferiti e bruciati anche i rifiuti di Gorizia e Pordenone? Lo sa che l'energia prodotta (15 MWatt) è sufficiente al fabbisogno di 30 mila cittadini? Che gli scarti residui viaggiano fino in Austria e in Germania per essere smaltiti nelle miniere di sale? Che è più dannoso versare l'olio della frittura nel water piuttosto che in una bottiglia di plastica depositata nel cassonetto?
Dario Gasparo
 

 

Frane e prevenzione
 

In relazione alle notizie riportate recentemente dagli organi d'informazione sui movimenti franosi che si susseguono a Trieste (via Udine, via del Timo, strada del Friuli, Strada Costiera, ecc.) è necessario rilevare che le frane sono state recepite dai triestini, almeno fino a qualche anno fa, come eventi calamitosi che non riguardano il nostro territorio. In questo senso l'episodio di via Brandesia dell'inizio degli anni 70 dello scorso secolo è stato considerato come un caso isolato e non ha scalfito il triestino medio nella sua certezza di immunità dai fenomeni franosi.
In realtà non è proprio così e più o meno dal 2001 ne stiamo prendendo coscienza tutti a causa dei dissesti franosi che si stanno ripetendo con sempre maggior frequenza; basti pensare agli eventi che si sono manifestati nell'area tra Santa Croce e Grignano e lungo la via del Pucino, talvolta associati al degrado dei vecchi muri a secco di sostegno degli antichi pastini. Nella prima periferia e nel contesto urbano si sono poi rilevati crolli ripetuti di massi lungo la parte alta di strada del Friuli; il fenomeno di instabilità geostatica di salita di Gretta nel 2002 che ha comportato la chiusura per un periodo di tempo non breve di questa importante arteria; il dissesto del pendio di vicolo dell'Edera (2003) con gravi problemi di stabilità per l'edificio della scuola materna; smottamenti lungo la salita al Cacciatore (meglio conosciuta come la strada del Boschetto); dissesti di minore entità nel rione di Gretta e lungo vicolo delle Rose, per finire, almeno per ora, con le frane di strada del Friuli e di via Udine dove si sta intervenendo per la bonifica e il risanamento del versante.
Come si vede non siamo di fronte a casi isolati bensì ad una situazione abbastanza generalizzata dovuta principalmente alle caratteristiche geologiche del territorio triestino dove non esiste unicamente il solido calcare carsico, ma anche il "flysch", con proprietà geomeccaniche non proprio ottimali, che in situazioni meteoclimatiche avverse può dar luogo a dissesti di dimensioni non rilevanti ma comunque gravi per le implicazioni che comportano sul tessuto urbano e sulla viabilità.
A questi fattori naturali, purtroppo, deve aggiungersi una concausa non irrilevante, consistente negli interventi antropici sul territorio che sempre più spesso sono decisamente disinvolti.
Certamente non si può dire che l'Amministrazione comunale non stia operando attivamente in questo settore; a mio avviso però è necessaria una maggiore incisività basata su una urgente programmazione ed esecuzione di interventi mirati a mantenere la sicurezza idrogeologica del territorio a livelli accettabili. Infatti, anche se può sembrare banale, gli interventi di manutenzione ordinaria costituiscono un'azione fondamentale per la conservazione dell'equilibrio idrogeologico.
In tal senso un segnale non certo positivo e a mio avviso poco lungimirante, da parte della maggioranza di centrodestra, è stato il non accoglimento degli emendamenti che ho presentato con il collega Carmi in sede di discussione del bilancio preventivo 2009 per anticipare a quest'anno l'esecuzione degli interventi di manutenzione del territorio previsti nel piano triennale delle opere.
Infine, in previsione del nuovo piano regolatore generale, ormai prossimo, è indispensabile che le aree franose vengano accuratamente individuate e perimetrate, provvedendo all'aggiornamento dello specifico documento tecnico già esistente a corredo del piano regolatore vigente; un tanto ai fini dell'imposizione dei vincoli pianificatori necessari per la salvaguardia del territorio e la tutela della pubblica incolumità.
Mario Ravalico - (cons. com. Pd).

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 aprile 2009

 

 

Sigoni: Rc favorevole a un comitato no Tav - Decisa presa di posizione del vicesindaco di San Dorligo all’incontro curato da Rifondazione
 

DOMIO «Siamo favorevoli alla nascita di un comitato No Tav a San Dorligo della Valle, per evitare il rischio di devastazione di un territorio che ha già subito 50 anni di martiri e saccheggi». Maurizio Sigoni (Rc), vicesindaco di San Dorligo, ha risposto così al progetto della linea ferroviaria Trieste-Divaccia – inserita nel più ampio contesto del Corridoio 5 – tema cardine della tavola rotonda organizzata al centro «A. Ukmar Miro» di Domio dalla sezione locale di Rifondazione comunista.
Coordinata dal consigliere regionale di Rifondazione Igor Kocijancic, la riunione, alla quale ha partecipato anche l’europarlamentare comunista Roberto Musacchio, è stata l’occasione per discutere della situazione del progetto del Corridoio 5 e in particolare del tratto che dovrebbe passare attraverso gran parte del comune di San Dorligo.
Tra i presenti è intervenuto anche il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo Vizintin: «La linea ferroviaria esistente nelle nostre aree è sottoutilizzata, e in generale la rete italiana è un disastro. Perché dunque non investire qui, invece che prevedere un progetto di finto progresso e di finto sviluppo che comporterebbe soltanto danni ambientali?».
Sulla stessa lunghezza d’onda il rappresentante di Legambiente Fvg, Andrea Wehrenfennig: «A un progetto come quello della Trieste-Divaccia e al mito della Tav, la risposta più concreta è il miglioramento dei collegamenti dei porti con il retroterra, ma anche il potenziamento delle reti ferroviarie attuali».
A smorzare parzialmente i toni è stato l’eurodeputato Roberto Musacchio: «La situazione non è ancora compromessa: i costi della struttura sono ingentissimi, i fondi invece pochi. Inoltre non sono previsti finanziamenti da parte dell’Unione Europea per opere che hanno un forte impatto ambientale. Nonostante ciò – ha aggiunto Musacchio – occorre vigilare a tutti i livelli: sia da parte degli amministratori, ma anche da parte dei cittadini».
A conclusione del dibattito hanno ribadito il loro «no alla Tav» sia l’assessore ai Lavori pubblici di San Dorligo Laura Stravisi Riccardi, che ha sottolineato come «il Comune debba fungere da collettore perché il progetto di un’opera simile nel nostro territorio appare quanto meno drammatica», sia il sindaco Fulvia Premolin, la quale ha affermato «di aver chiesto più volte un incontro con l’assessore regionale alle Infrastrutture per discutere di questo argomento, senza mai essere stata ascoltata». Il primo cittadino ha infine annunciato i prossimi incontri pubblici sulla Trieste-Divaccia in programma al teatro comunale Preseren: il 20 aprile con alcuni tecnici, e il 7 maggio assieme ai sindaci della Val di Susa e del Mugello.
Riccardo Tosques
 

 

G8, Trieste capofila per lo sviluppo sostenibile
 

SOTTOSCRITTO UN PROTOCOLLO PER LA PROMOZIONE DI TECNOLOGIE A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia e Trieste diventano capofila dello sviluppo sostenibile. È questo il significato del Protocollo sottoscritto ieri, alla Prefettura del capoluogo regionale, dai rappresentanti del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Corrado Clini, e della Regione Friuli Venezia Giulia, l'assessore alle Risorse economiche e finanziarie, Sandra Savino. Il documento, intitolato «Sviluppo sostenibile e promozione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio», è finalizzato a favorire l’utilizzo di energia pulita. «Risparmiare energia è una delle sfide più importanti – ha detto Roberto Menia, il deputato triestino che ricopre la carica di sottosegretario all’Ambiente – e questo è uno degli strumenti per centrare l’obiettivo».
Cinque sono le iniziative previste: promozione di un programma strategico di interesse nazionale per la mobilità sostenibile delle merci e delle persone; realizzazione di un «distretto rinnovabile» nelle zone montane della provincia di Udine, con l’impiego di biomasse, di piccoli impianti idroelettrici e di energia solare per la generazione di elettricità e calore; sviluppo di un programma di efficienza energetica negli edifici pubblici della Regione e del Comune di Trieste, con la diagnosi energetica e la successiva applicazione di tecnologie efficaci; promozione del turismo sostenibile nella zona costiera di Duino-Aurisina; realizzazione di un sistema transfrontaliero che coinvolga Italia e Slovenia per la gestione integrata e sostenibile delle risorse idriche. Il protocollo, della durata di tre anni, rinnovabili, indica in 90 giorni il tempo per preparare i progetti e avvia un programma «molto concreto e impegnativo – ha detto Clini - dal quale ci si aspetta interessanti esiti».

(u.s.)
 

 

Contatori digitali, sostituzioni a rilento - PER ALCUNI CITTADINI CON IL NUOVO SISTEMA LA LUCE SALTA PIÙ SPESSO. ACEGAS: NON È VERO
 

Meno di un terzo del totale i nuovi contatori per l’energia elettrica impiantati nelle case dei triestini. Le sostituzioni sono state finora 46 mila sulle 141 mila necessarie e AcegasAps è in difficoltà nel prevedere la fine della complessa operazione: molta gente, avvertita col classico foglietto sulla porta, spesso non si fa trovare in casa (o non può organizzare una presenza). Ma intanto c’è chi, col nuovo contatore già in casa, tutto elettronico, a display, dove premendo pulsanti si ottengono notizie sul contratto e sui consumi, già protesta.
Il motivo? Sembra che il moderno misuratore, che tra l’altro funziona con un sistema di lettura a distanza e quindi fa finalmente sparire i «consumi stimati» e i successivi «conguagli», abbia una minore tolleranza sui consumi che eccedono il limite stabilito per le case di residenza, pari a 3 kilowattora. In buona sostanza, si dice che la luce «salta» molto facilmente, si resta al buio e bisogna riattivare l’energia dal contatore. Che se è condominale costringe a scendere al pianoterra.
«Non è vero - risponde per l’Acegas il responsabile delle relazioni esterne, Roberto Lisjak -, la tolleranza sul consumo superiore arriva fino al 10% come prima, è il tipo di misurazione che è cambiato, quindi se il consumo è molto eccedente, e in modo improvviso, il contatore si blocca. Altrimenti la tolleranza dura fino a 182 minuti».
I vecchi contatori hanno un sistema di controllo del consumo più artigianale, attraverso una lamella metallica che si surriscalda via via che la troppa energia fluisce. Fino al punto di calore che fa «saltare la luce».
Il cambio del contatore è completamente gratuito per i cittadini. Il nuovo apparecchio viene installato nella stessa posizione del precedente. In casa se era in casa e in un vano condominiale collettivo se si tratta di nuova costruzione. «Sono cambiamenti imposti alle aziende distributrici dall’Authority per l’energia elettrica - prosegue Lisjak -, che agisce sempre dalla parte del cliente. Ne è una prova il fatto che con questi contatori sarà misurabile e visibile anche dall’utente la durata di ogni interruzione di energia elettrica, ci sono ’’multiutility’’ che non avendo garantito un veloce ripristino di erogazione sono state pesantemente multate».
Quanto costa ad AcegasAps l’operazione contatore? «Svariati milioni di euro». La cifra esatta non può essere comunicata a semplice domanda perché si tratta di un’azienda quotata in Borsa, «che di soldi può parlare solo seguendo precise regole di garanzia». In futuro con questi contatori sarà possibile anche scegliere diverse tariffazioni orarie, orientandosi quindi al risparmio (energetico ed economico). Lo si apprende dal manuale che gli addetti all’installazione consegnano, e dove si trova anche un interessante dettaglio sui consumi dei comuni elettrodomestici. Chi è il più «mangione»? L’asciugabiancheria, da 3000 watt, con la lavastoviglie (tra 2000 e 3000). E il più risparmioso? La radio: ne brucia solo 10. Il computer sta a 200 e la tv tra 100 e 600.

(g. z.)
 

 

Cipolletta ai pendolari: servizi non adeguati - IL PRESIDENTE DELLE FERROVIE: «COMPETIZIONE INIQUA IN EUROPA»
 

CERNOBBIO Chiede scusa ai pendolari per «il servizio non adeguato» e disegna, come «nuova frontiera», un'offerta migliore anche per chi non viaggia con l'alta velocità ma con i treni regionali e interregionali. Il presidente delle Ferrovie, Innocenzo Cipolletta, al Workshop Finanza di Ambrosetti, parla diretto e dice: «Per noi è qualcosa che fa male al cuore offrire un servizio non adeguato ai cittadini e ai pendolari». Cipolletta sceglie così la strada dell'autocritica e annuncia che le Ferrovie dello Stato stanno «trattando con le Regioni per contratti più lunghi, di almeno sei anni, da scontare in banca per investire in treni e carrozze» perchè «il traguardo» di un servizio efficiente per i pendolari - afferma - «è la nostra nuova frontiera».
Ma il presidente delle Fs richiama anche ad un cambio di rotta nella politica dei trasporti italiana con un'incentivazione del trasporto su rotaie ai danni di quello su gomma, anche attraverso un inasprimento del bollo e delle tariffe autostradali per camion e Tir. «Portare più merci sulle rotaie ha come condizione necessaria la costruzione di infrastrutture - spiega - ma questo non è sufficiente: le merci continueranno a viaggiare su gomma fino a che le strade saranno congestionate». E questo perchè «per motivi di ordine politico in Italia - spiega - sono sempre stati sussidiati i trasporti su gomma» come è avvenuto anche recentemente in occasione «dell'impennata del prezzo del petrolio».
In tal senso il presidente delle Ferrovie illustra alcune anticipazioni dei lavori dell'advisory board voluto da Trenitalia sul tema della 'liberalizzazione e competizionè. Il quadro che emerge è di un'Italia in cui il trasporto merci su gomma è pari al 90,1% contro l'81,4% della Francia e al 65,7% della Germania.
Ma Cipolletta critica anche le «asimmetrie» nella concorrenza in Europa in tema di trasporti ferroviari e auspica un «processo di equilibrio». «Il nostro sistema - dice - è il più aperto d'Europa, l'Italia ha un mercato molto più contendibile che in Francia e Germania: mi auguro - aggiunge - che le asimmetrie siano corrette aprendo i mercati».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 aprile 2009

 

 

Scuole con più di 35 anni, record in Friuli Venezia Giulia - Rapporto di Legambiente: «In Italia sono il 55 per cento, da voi addirittura l’80»
 

UDINE Il Friuli Venezia Giulia si colloca in una posizione «abbastanza buona» nella graduatoria di «Ecosistema scuola 2009», il nono rapporto di Legambiente sull’edilizia e sui servizi scolastici in Italia. Ma Trieste è in coda alla classifica. E le scuole sono mediamente più vecchie che nel resto d’Italia. Lo ha affermato ieri, in una conferenza stampa a Udine, la responsabile nazionale scuola e formazione di Legambiente, Vanessa Pallucchi. Subito dopo, però, la Pallucchi ha evidenziato la grossa differenza che emerge tra una Provincia e l’altra e «che andrebbe colmata anche attraverso la pianificazione regionale»: Pordenone e Gorizia si situano in una posizione medio-alta della graduatoria, Udine si colloca a metà, mentre Trieste si ritrova in coda. Pallucchi ha anche sottolineato che, mentre la media nazionale degli edifici scolastici costruiti prima del 1974 ammonta al 55%, la media regionale del Friuli Venezia Giulia è decisamente più alta: circa l’80% delle scuole hanno più di 35 anni. I motivi? «Quello principale è il fatto che in Friuli Venezia Giulia - ha risposto la Pallucchi - la scolarizzazione è stata precedente rispetto alle altre regioni italiane. Ne deriva che il patrimonio edilizio scolastico abbisogna sicuramente di riqualificazione». Altri dati emersi dal rapporto di Legambiente, sono quello del 38% di edifici che hanno necessità di manutenzione urgente e quello del 16% di edifici che utilizzano le energie rinnovabili. «Sotto questo aspetto - ha concluso Pallucchi - c’è ancora un grosso lavoro da fare, perchè quella energetica è una riqualificazione necessaria e che può portare a sconti economici importanti».
 

 

Da Roma 3 milioni per spingere sull’energia pulita - FORUM G8 AMBIENTE: OGGI LA SIGLA DELL’INTESA TRA MINISTERO, REGIONE E COMUNE
 

I fondi annui serviranno anche a promuovere il turismo sostenibile a Duino
I primi riverberi dei dibattiti sollevati con il Forum internazionale del G8 ambiente sulle Tecnologie a basse emissioni di carbonio, inaugurato ieri all’Area science park, si registreranno già oggi, quando in Prefettura ministero dell’Ambiente, Regione e Comune sigleranno un protocollo d’intesa per incentivare il ricorso all’energia pulita. L’obiettivo del documento, che porterà a una prima tranche di finanziamento governativo da 3 milioni di euro l’anno, è triplice: incrementare lo sviluppo di tecnologie innovative per le risorse alternative (come solare e biomasse), realizzare una rete elettrica alimentata da fonti rinnovabili per servire i comuni montani della Carnia; promuovere il turismo sostenibile nelle aree che denotano questa vocazione, a cominciare dalla zona di Duino Aurisina.
Ad annunciare l’accordo è stato ieri il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, che ha sottolineato come da queste sessioni «emergeranno risultati fondamentali per la discussione politica prevista al G8 Ambiente di Siracusa». «La sfida è duplice – ha commentato -: perseguire la salvaguardia ambientale e sviluppare nuove tecnologie contro l’effetto serra, per ridurre del 50% le emissioni di Co2 entro il 2040. Dobbiamo intraprendere la strada per la decarbonizzazione nell’ambito dell’economia globale. L’indirizzo è quello dell’energia pulita, affinché vengano progressivamente commercializzati modelli oggi sperimentali. Abbiamo gli strumenti per superare l’attuale crisi e questi vanno appunto individuati nello sviluppo ecosostenibile, volano di crescita per l’economia globale e locale».
«Il protocollo – così Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente - prevede di partire con un finanziamento annuale non inferiore a 3 milioni, cui la Regione aggiungerà la sua parte. Allo sviluppo dei progetti concorreranno istituzioni pubbliche e private: i primi dovranno coprire i costi aggiuntivi per ricerca e sviluppo, le aziende gli investimenti per la realizzazione». A livello globale invece lo sviluppo di tecnologie innovative implica un minimo di 14 mila miliardi di dollari in 15 anni e di oltre 45 mila miliardi in 35-40 anni. Il governatore Renzo Tondo ha reso noto l’investimento di 3,5 milioni per lo sviluppo dell'energia dal fotovoltaico, mentre sulle biomasse ha ricordato che le energie rinnovabili di origine agricola e forestale sono trattate nel Programma di sviluppo rurale 2007-2013, con oltre 240 milioni di euro di fondi pubblici. «Occorre sviluppare tutte le potenzialità che abbiamo, senza essere ideologici», ha aggiunto. Per Tondo, questo protocollo permette di «sviluppare tutte le opportunità, fino a una sinergia con centrale nucleare di Krsko in Slovenia, con cui auspico di poter collaborare. Nell'ambito della cooperazione territoriale europea e, di conseguenza, anche del progetto Euroregione - ha concluso - il Friuli Venezia Giulia è impegnato a individuare soluzioni per migliorare la sostenibilità ambientale del sistema dei trasporti».
Sergio Garribba, consigliere per l’energia del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, ha detto che «gli investimenti in queste tecnologie devono essere parte delle politiche anticrisi dei Paesi sviluppati»: «L’Italia è stata citata» per «il bonus alla sostituzione di veicoli vecchi, più inquinanti, e la defiscalizzazione sulle ristrutturazioni edilizie. Investimenti interessanti perché in grado di riconvertire una parte della forza lavoro uscita dal mercato causa la recessione. Se ne è discusso anche al G20 di Londra».
Il vertice, organizzato dai ministeri di Ambiente e Sviluppo economico, vede riuniti i rappresentanti di 19 Paesi di tutto il mondo.
Tiziana Carpinelli
 

 

Dall’Ue 4 milioni per il bio-gasolio - A SCIENZE FARMACEUTICHE
 

Il Dipartimento di scienze farmaceutiche dell’Università ha ottenuto un finanziamento europeo di 4 milioni di euro per un progetto della durata di tre anni denominato Irene che ha prestigiosi partner (tra i primi l’Agenzia della federazione russa per la scienza e l’innovazione, l’Università di Mosca e le Accademie delle scienze di Mosca e San Pietroburgo) e un intento di grande portata: estrarre enzimi, trasformarli attraverso processi di biotecnologia e rimetterli a funzionare nella chimica per produrre bio-gasolio, prodotti farmaceutici, alimentari, di cosmetica e di chimica fine sostenibili dal punto di vista ambientale.
Una soddisfazione davvero grande per Lucia Gardossi, coordinatrice scientifica del progetto, presentato ieri nell’aula Cammarata dell’ateneo anche dal rettore Francesco Peroni, che ha messo molto in evidenza il fatto che sia «sempre l’università il polmone strategico della ricerca», e che finanziamenti di simile portata «si ottengono solo di fronte a proposte di alto valore».
Particolare non di poco conto, questo lavoro viene sviluppato da un ampio gruppo di borsisti e dottorandi, cioé di «atipici» della ricerca e solo da due docenti di ruolo: la stessa Gardossi e Cynthia Ebert.
A questa indagine collaboreranno anche Stoccolma, Copenaghen, il politecnico di Delft, un’università di Taskent e la più importante ditta europea (anche questa danese) che attualmente lavora con gli enzimi per creare processi chimici «naturali». «L’Europa in questo campo - ha sottolineato Gardossi - non accetta alcun progetto che non abbia una destinazione finale concreta e un effettivo impatto sulla vita dei cittadini». Più di 20 anni di ricerche, ha aggiunto la docente, stanno dietro al lusinghiero risultato ottenuto dall’Università di Trieste, che per questo lavoro (oltre 100 pagine di descrizione) non assocerà a sè l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologie, avendo già partner a sufficienza.
Il finanziamento porterà a Trieste «tre contrattisti e mezzo» ha detto la docente. E Peroni ha speso parole calde e non rassegnate sulla situazione della ricerca: «I risultati si reggono moltissimo sul lavoro in strutture pubbliche di persone non strutturate, ma a fronte di finanziamenti insufficienti fa specie il sacrificio che viene chiesto a giovani brillanti, che poi non ricevono trattamento e considerazione proporzionati. E questo ci allarma».

(g.z.)
 

 

Commissione paesaggio operativa già a fine mese ma i 5 componenti verranno scelti solo dalla giunta - RILASCERÀ PARERI SUGLI INTERVENTI EDILIZI
 

Esprimere pareri consultivi sulla conformità paesaggistica degli interventi sul territorio. È il compito che sarà chiamata a svolgere la Commissione paesaggio, l’organismo che, in linea con quanto previsto dal Codice dei beni culturali e paesaggistici, prenderà il posto della «vecchia» commissione edilizia del Comune.
La nuova realtà dovrebbe diventare operativa in tempi brevi, forse già entro la fine di aprile. Approvata l’altro giorno in giunta, le delibera relativa all’istituzione della Commissione passerà ora all’attenzione delle Circoscrizioni, che avranno 10 giorni di tempo per esprimere eventuali parere, e della Commissione Urbanistica. Successivamente, probabilmente nella seduta del 20 aprile, a pronunciarsi sarà il consiglio comunale.
In caso di voto favorevole, il giorno successivo la giunta tornerà a riunirsi per scegliere i componenti tra la rosa di nomi che verranno indicati dagli Ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri, periti e geologi) e dai presidi delle Facoltà con insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. Della Commissione paesaggio faranno parte quattro tecnici ai quali si aggiungerà un presidente «interno», cioè selezionato tra i dirigenti municipali, a fronte dei 9 componenti della vecchia commissione edilizia.
La scelta dei designati spetterà unicamente alla giunta. Il consiglio infatti non avrà voce in capitolo e potrà esprimersi soltanto sull’istituzione del nuovo organismo. Una formula che suscita più di qualche dubbio tra gli esponenti dell’opposizione. «Della nuova commissione finora non abbiamo saputo nulla - commenta Roberto De Carli -. Ci auguriamo però, vista la delicatezza dei temi in discussione, che la partita sia gestita con la massima trasparenza». Dal canto suo l’assessore Franco Bandelli invita a guardare con ottimismo alla novità «perché consentirà di accorciare finalmente i tempi il rilascio delle concessioni».
 

 

Gradisca: «Quel depuratore inquina l’Isonzo» - L’impianto incriminato è sotto sequestro ma è rimasto egualmente in funzione
 

INDAGINE DELLA FORESTALE REGIONALE
GRADISCA Rimane ancora sotto sequestro penale il depuratore di Gradisca d’Isonzo gestito da Irisacqua, la società che gestisce il ciclo integrato dell’acqua.
Alcune settimane fa, infatti, il Nucleo operativo per l’attività di vigilanza ambientale del Corpo forestale regionale e della Stazione forestale di Monfalcone era entrato in azione in seguito alle segnalazioni di privati cittadini riguardanti la presenza, alla bocca dello scaricatore del depuratore, di ampie chiazze di sostanze maleodoranti e melmose. Era partita un’indagine che - protrattasi per alcuni mesi - ha avuto come momento culminante il sequestro dell’impianto.
A quanto si è potuto apprendere, all’imbocco dello scaricatore del depuratore, si sarebbe formata una vasta superficie stagnante di sostanza maleodorante e melmosa che rischia (questa è la tesi dell’accusa) di inquinare le acque del fiume Isonzo.
Nei prossimi giorni, con l’ausilio di personale tecnico incaricato dalla Procura, si cercherà di accertare se effettivamente il depuratore di Gradisca rappresenti una fonte di inquinamento per il corso del fiume Isonzo e se questo scarico, contribuisca ad alterare le caratteristiche di balneabilità delle acque del golfo di Panzano presso Monfalcone, dove il fiume riversa le sue acque, problematica recentemente al centro di studi e ricerche da parte delle amministrazioni pubbliche interessate.
Accertamenti ed indagini sono tuttora in corso anche per verificare se l’impianto è dotato di tutte le autorizzazioni necessarie e se gli enti preposti a rilasciarle e ad effettuare le analisi sugli scarichi, si siano mai preoccupate della massa melmosa che si era formata allo scarico. Va ricordato cha anche su queste pagine, più volte il problema era stato sollevato, ospitando segnalazioni di cittadini, cacciatori e pescatori, che lamentavano lo stato di degrado a valle dello scaroco del depuratore.
Nel settembre dello scorso anno, dubbi sul corretto funzionamento dell’attuale depuratore erano stati avanzati da un gruppo di cacciatori della locale riserva, che si erano affrettati a segnalare le condizioni della zona fluviale sita al confine fra i comuni di Gradisca e Villesse, non lontano dal dismesso ponte ferroviario. È una zona di difficile accesso: dopo l’ingresso da via Gramsci, l’area è raggiungibile solo attraverso una lunga strada sterrata che è quasi completamente invasa dalla boscaglia. Lì a un certo punto ricompare l’Isonzo, ad alcune centinaia di metri in linea d’aria dal depuratore. E lì che il collettore principale dell’impianto scarica le acque reflue.
È già partita però la gara europea per la progettazione del nuovo depuratore di Gradisca, che rappresenta l’opera maggiore prevista nel Piano d’ambito.
 

 

CENTRALE NUCLEARE - Lavori a Krsko - CENTRALE FERMA

KRSKO - La centrale nucleare di Krsko è ferma, per la regolare manutenzione annuale. Sarà rimessa in funzione e riattaccata alla rete di distribuzione di corrente elettrica alla fine di aprile.

Si è infatti concluso il 23.esimo «ciclo di combustibile» e l'impianto, attualmente in fase di raffreddamento, ha dovuto essere fermato per sostituire le barre di uranio esaurite, complessivamente 56, revisionare tutto il sistema e fare alcune modifiche. È un'operazione complessa che, oltre all'intero personale, 600 dipendenti, coinvolge in varie fasi altri 1500 lavoratori altamente specializzati. Lo scopo dei lavori e' quello di garantire la sicurezza ma anche di aumentare l'efficacia della centrale.
 

 

E se a salvare la Terra fosse, per assurdo, la febbre da smog? - Scontro pessimisti-ottimisti sulle regole da stabilire per salvare il nostro pianeta
 

Perché si gridano slogan pro o contro la firma del cosiddetto protocollo di Kyoto sulla limitazione delle emissioni in atmosfera? Perché il temuto aumento della temperatura globale finisce per mettere in discussione le nostre responsabilità nei confronti delle generazioni a venire. Perché limitare le emissioni di gas in atmosfera è oneroso e l’Occidente non vuole alzare i propri costi industriali di fronte all’insostenibile concorrenza di Cina, India, eccetera. Perché mutamenti climatici e paura della catastrofe toccano le nostre corde emotive. E infine perché non è facile per gli scienziati dire una parola definitiva in merito.
I pessimisti osservano che nel nostro emisfero le temperature medie hanno cominciato ad aumentare dall’inizio dello sviluppo industriale in Europa e Nord America, ossia dalla metà del secolo XIX. Gli ottimisti replicano che iniziò proprio allora un ciclo naturale di riscaldamento dopo il freddo dei secoli precedenti. Dicono che è stata l’attività solare a causare sia la fase calda nel Medioevo che quella fredda dei secoli XIV-XVIII, con l’avanzata dei ghiacciai di cui rimane traccia anche in alcuni affreschi svizzeri e del Tirolo.
Spesso dimentichiamo che, durante l’ultima glaciazione (circa 20 mila anni fa), i ghiacciai arrivavano poco a nord di Udine e l’Alto Adriatico emerso era terra di pascolo. E’ stato negli ultimi 10 mila anni che il mare si è alzato, di 20 metri, e continua a crescere. Rilievi austroungarici alla mano, a Trieste nel corso del ‘900 il livello marino è cresciuto di poco meno di 20 cm, perfettamente in armonia con il tasso di innalzamento naturale. Altro che effetto serra! Protestano gli ottimisti.
Viceversa, la maggioranza degli studiosi del clima concorda che l’insieme delle emissioni in atmosfera di gas prodotti dall’uomo provoca l’aumento dell’effetto serra - anche se alcune emissioni inquinanti tendono a ridurlo - ma nessuno sa di quanto esattamente.
I pessimisti sono affascinati da una serie di interessantissimi articoli del gruppo di Gerald Meehl, del Centro Nazionale di Ricerca Atmosferica del Colorado (USA), il quale ha dimostrato in modo convincente che l’effetto serra sta aumentando significativamente soprattutto dal 1960. Ma sorvolano sui dubbi dello stesso Meehl, che dichiara di non sapersi spiegare l’aumento globale di temperatura dal 1900 al 1940, apparentemente non dovuto alle emissioni di gas “pericolosi”. Quattro mesi fa, l’Associazione Geofisica Americana ha intitolato così una sessione del suo congresso: «Sono state le variazioni dell’attività solare le cause dominanti dei cambiamenti climatici durante l’era industriale?». E i due coordinatori hanno risposto: «L’analisi dei dati disponibili indica che la variabilità solare ha un ruolo importante, forse dominante».
Siamo insomma ancora prigionieri di quel “forse”. Non resta quindi che fare come gli economisti, che non sanno mai che pesci pigliare: ipotizzare scenari. Quello peggiore vive su tre “se”. Se l’impennata delle temperature in questi ultimi decenni è stata effettivamente conseguenza dello sviluppo industriale, se dovremo continuare a bruciare idrocarburi e carbone, se non si fermerà lo sviluppo demografico dei grandi paesi emergenti, ebbene a queste condizioni andremo incontro a problemi climatici globali davvero seri. E ciò perché, anche se riuscissimo a ridurre le nostre emissioni, nessuno potrà obbligare Cina, India, Brasile, Malesia etc. a fare altrettanto.
Scenario così-così: continua il riscaldamento naturale, ma riusciamo a trovare nuove fonti di energia e il tasso di crescita demografica rallenta. Allora, si verificherà comunque un aumento naturale del livello del mare e delle temperature, ma meno drammatico.
Infine, gli ottimisti tutti d’un pezzo possono attaccarsi agli astronomi che accreditano il raggiungimento di un “grande massimo” da parte dell’attività solare. Date le periodicità degli ultimi 400 mila anni, il riscaldamento naturale starebbe per diminuire e si andrebbe verso una piccola glaciazione. A questo punto, per assurdo, l’aumento delle temperature ipoteticamente generato dalla nostra attività potrebbe rivelarsi utile, contrastando il raffreddamento.
Salvati dalla nostra stessa avventatezza. Per chi vuole crederci.
LIVIO SIROVICH

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 aprile 2009

 

 

Una commissione per il paesaggio - URBANISTICA - NUOVO ORGANISMO
 

Via la vecchia commissione edilizia, arriva la commissione locale per il paesaggio. Lo ha deciso la giunta comunale, che nel corso della seduta di ieri ha approvato, su proposta del sindaco (nonché assessore all’urbanistica) Roberto Dipiazza, la delibera che istituisce e disciplina appunto la commissione locale per il Paesaggio, nuovo organismo in cui siederanno cinque componenti ed esperti in materia di tutela ambientale e paesaggistica, scelti dall'amministrazione comunale «fra una rosa proposta dagli ordini e collegi professionali e dall'Università», come precisa una nota dell’amministrazione municipale.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 148 del decreto legislativo 42/2004, il nuovo organismo andrà così a sostituire la vecchia commissione edilizia che era composta da nove rappresentanti. La delibera di giunta approderà ora in consiglio comunale per la sua definitiva applicazione.
«Con questo atto - è il commento di Dipiazza - si istituisce un organismo più agile e di notevole valenza tecnica, che consente dare un apporto sempre più qualificato sotto il profilo paesaggistico, venendo incontro alle giuste esigenze dei cittadini e di quanti operano in questo specifico settore».
 

 

«Bonifiche, niente storno di fondi» - MENIA CORREGGE IL TIRO
 

TRIESTE «Non c'è alcuno storno di fondi dalle bonifiche dei siti inquinati verso i lavori per il ponte di Messina»: lo ha detto ieri il sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia durante la presentazione di questo Forum.
«A proposito della delibera Cipe che aveva ingenerato polemiche nei giorni scorsi - ha spiegato Menia - si tratta di fondi che sono stati prelevati dalla disponibilità di alcuni ministeri e portati in capo alla Presidenza del Consiglio, che li utilizzerà poi per scopi strategici».
Menia ha aggiunto che «è una banalizzazione dire che questi fondi serviranno per il ponte di Messina» e ha precisato che «i fondi per le bonifiche dei siti inquinati arriveranno non da singoli ministeri, ma dalla Presidenza del Consiglio».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 aprile 2009

 

 

Sito inquinato, meno soldi per le bonifiche - Il Cipe ha trasferito finanziamenti dei ministeri in un fondo strategico della presidenza del Consiglio
 

COLPO DI SCENA NELL’ANNOSA VICENDA DELLE AREE DA RISANARE
Il sottosegretario Menia: «I soldi per la prima fase sono al sicuro. Si poteva chiudere l’accordo qualche mese fa ma ci sono state obiezioni»
Meno soldi per le bonifiche. La delibera con cui il Cipe ha destinato oltre 3 miliardi destinati alle bonifiche in diverse zone d’Italia al «Fondo strategico per il Paese», vale a dire il piano delle grandi opere varato dal governo (fra cui anche il ponte di Messina), giunge come una doccia fredda nel momento in cui è pronto il documento «alternativo» alla bozza di accordo ministero-Regione, elaborato dalle categorie attraverso la commissione creata alla Camera di commercio. Documento che proprio in questi giorni dovrebbe essere illustrato dal presidente camerale Paoletti al sottosegretario Menia e all’assessore regionale Lenna.
I fondi previsti per la prima fase dell’accordo (circa 130 milioni) non sono in pericolo. A precisarlo è lo stesso sottosegretario all’Ambiente («Sono già stati trasferiti dal ministero alle Regione, e quindi sono disponibili»), il quale a proposito del fondo strategico rileva che «sarà più difficile attingervi. Sarà la presidenza del Consiglio – spiega – a decidere quali saranno le opere strategiche o e quali no. Anche la bonifica può essere strategica se c’è un percorso ben definito e che porta a determinati risultati».
Menia parla comunque di «depotenziamento» dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, a seguito della delibera del Cipe, che in altri termini significa che risorse assegnate finora ai due dicasteri sono state «prelevate» e dirottate nel fondo strategico.
Il sottosegretario all’Ambiente non nasconde poi un certo fastidio per la risposta locale alla bozza dell’accordo di programma siglata tra ministero e Regione a fine dicembre. «Abbiamo diviso l’accordo in due fasi – ricorda – e si poteva chiuderlo subito con i fondi disponibili. La via era praticabile, c’era anche la disponibilità degli industriali. Invece qualcuno, come la Provincia, ha sollevato obiezioni sui contenuti. Se si vuole la luna nel pozzo...».
Sui contenuti del nuovo testo elaborato dalla commissione della Camera di commercio, Menia non si sbilancia: «Non lo conosco. Se conterrà delle migliorie le adotteremo».
Ma proprio su questo testo interviene il presidente dell’Assindustria, Corrado Antonini, che per superare l’impasse ha voluto alcune settimane fa quella riunione di tutte le categorie economiche da cui è scaturita la commissione che ha prodotto il nuovo documento.
«Il testo – rileva Antonini – è il risultato di un percorso coerente di tutte le categorie economiche, che va a salvaguardare le realtà imprenditoriali che non hanno inquinato. Il discorso fatto in sede di Camera di commercio – aggiunge – ha apportato milgioramenti alla bozza dell’accordo, ma ciò non toglie che vanno trovate le risorse per attuare gli interventi di bonifica».
Si tratta di risorse, prosegue il presidente di Assindustria, che devono riguardare tutti i siti inquinati, e quindi anche quello di Trieste, dove la situazione di impasse sta bloccando da anni lo sviluppo economico e sociale del territorio. «Auspico – conclude Antonini – che si facciano al più presto i passi necessari all’approvazione dell’accordo, così come è stato modificato in sede camerale. Dev’essere però un’intesa che preveda i fondi necessari alle bonifiche».
GIUSEPPE PALLADINI

 

 

Ansaldo punta su una centrale eolica nel Golfo - Fornirebbe energia sufficiente a 10mila famiglie e darebbe lavoro a un centinaio di operai specializzati
 

PROGETTO PRESENTATO INSIEME A SOCIETÀ BULLONERIA EUROPEA (SBE) DI MONFALCONE
TRIESTE Un impianto di produzione di energia eolica potrebbe sorgere nel golfo di Trieste con lo stabilimento per realizzarne i componenti situato a Monfalcone. Il progetto è stato illustrato ieri dai responsabili della Ansaldo Sistemi Industriali e della Società Bulloneria Europea al presidente della commissione infrastrutture del Consiglio regionale, Alessandro Colautti.
Si tratta di piattaforme off-shore, per certi aspetti simili a quelle petrolifere, che consentirebbero la produzione totale di 30 megawatt di energia (il corrispettivo del consumo annuo di circa 10 mila famiglie) che verrebbero immessi nella rete distributiva parallelamente a quelli prodotti con le fonti tradizionali. Le piattaforme , consistenti in una base da cui si erge una «torre» che capta il vento tramite un’elica, verrebbe realizzato a terra nello stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al largo dove la base viene sommersa sott’acqua lasciando emersa soltanto la «torre». «L’impianto verrebbe installato ad almeno 15 miglia dalla costa – spiega il vicepresidente di Ansaldo Sistemi Industriali, Ferdinando Piazza – con un impatto visivo quindi non particolarmente significativo e potrebbe rappresentare un punto di riferimento per tutta l’area dell’Adriatico, compresi i Paesi vicini».
Il progetto prevede un investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto concerne il sistema di infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni relativi alla realizzazione della piattaforma eolica vera e propria. La scelta di Monfalcone come possibile luogo dove installare un impianto di questo tipo è legata alle buone condizioni di vento che si registrano in quella particolare area del golfo di Trieste. «Abbiamo dei vantaggio competitivi notevoli per la realizzazione di questo impianto – sostiene il presidente di Sbe, Alessandro Vescovini – relativi alla presenza di una banchina, al raccordo ferroviario già esistene ed alla contiguità degli stabilimenti».
La presenza dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori del progetto, la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati «già presenti in questa zona considerata la vocazione cantieristica». Oltre al progetto illustrato ieri, Ansaldo sta lavorando, insieme alle Università di Trieste e Udine, alla realizzazione di un prototipo di generatore a magneti permanenti da 50 tonnellate e 4 metri di diametro per la produzione di energia eolica da 2,5 megawatt che verrà presentato ad ottobre e che punta al mercato mondiale: «Si tratta di un settore in forte espansione – sostiene Piazza – e riteniamo significativo che in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando si vada a fare uno sforzo per investire in maniera decisa sull’innovazione».
Quello di ieri è stato soltanto il primo contatto tra le aziende che intendono portare avanti il progetto e le istituzioni ma l’atteggiamento di Colautti è di apertura. «Naturalmente ci vogliono tutti gli approfondimenti del caso, siamo soltanto ad una fase di approccio rispetto al progetto. Tuttavia – afferma l’esponente del Pdl – si tratta di un’ipotesi indubbiamente interessante che va nella direzione che vogliamo seguire per quanto concerne le politiche energetiche, ovvero la ricerca di fonti alternative e rinnovabili». Il progetto, che è stato illustrato a Colautti attraverso una simulazione al computer, viene considerato dal consigliere regionale «non particolarmente impattante sul piano ambientale e paesaggistico. Ci sono sicuramente prospettive interessanti sia sul piano della produzione che, in un secondo momento, anche della vendita di energia».
Colautti ha assicurato che si farà portavoce del progetto nei confronti della giunta regionale e nei prossimi mesi potrebbe organizzare un ciclo di audizioni in commissione per illustrarlo al Consiglio.
Roberto Urizio
 

 

Forum sull’ambiente domani a Trieste - La sfida si gioca sugli investimenti in tecnologie a basso contenuto di carbonio - IN VISTA DEL G8 ALLA MADDALENA
 

TRIESTE Si apre domani all’Area Science Park di Padriciano (ore 9) il «Forum internazionale sulle tecnologie a basse emissioni e a basso contenuto di carbonio», organizzato dal ministero dell’Ambiente in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e Area Science Park di Trieste. Al Forum, tappa fondamentale in vista del «Summit G8» del luglio prossimo alla Maddalena e delle riunioni preparatorie «G8 Ambiente» del 22 aprile a Siracusa e «G8 Energia» del 24 maggio a Roma, si discuterà sulle prospettive dello sviluppo e della disponibilità dei combustibili alternativi e delle nuove tecnologie in grado di assicurare entro i prossimi 20-30 anni una risposta adeguata alla crescente domanda di energia senza aumentare le emissioni di anidride carbonica. Partecipano i rappresentanti di 17 Paesi di tutto il mondo ed esponenti di Commissione europea, Ocse, Agenzia internazionale dell’energia, Unido, Banca mondiale, Banca europea e asiatica degli investimenti e delle maggiori imprese dell’energia e dell’auto.
Corrado Clini direttore generale del ministero dell’Ambiente che introdurrà i lavori del Forum, ha rilevato che la riunione di Trieste riveste un ruolo importante anche in vista della Conferenza sui cambiamenti climatici di fine anno a Copenaghen, che dovrebbe stabilire un accordo più ampio e impegnativo del protocollo di Kyoto. «Secondo il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici – osserva Clini – le emissioni globali dovrebbero essere ridotte di almeno il 50% entro i prossimi 30 anni, mentre il trend attuale fa prevedere una crescita di oltre il 60%». «D’altra parte - aggiunge - la domanda d’energia cresce in Asia e Sud America per assicurare alla popolazione ed all’economia la disponibilità di energia, chiave essenziale per lo sviluppo sostenibile e l’uscita dalla povertà». Dunque, «la sfida dei cambiamenti climatici – secondo Clini - si può vincere se la comunità internazionale saprà individuare misure finalizzate a sostenere gli investimenti in tecnologie a basso contenuto di carbonio, accompagnate da regole globali». Il Forum discuterà due documenti base preparati dall’Agenzia internazionale dell’energia sullo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche e dalla Banca mondiale sui meccanismi di finanziamento per assicurare lo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche. Domani alle 9, prima dell’inizio dei lavori, l’intervento di Roberto Menia, sottosegretario all’Ambiente. Oggi alle 12 nella ex Pescheria, presenti il sindaco Dipiazza e Corrado Clini, sarà illustrato il libro «Design italiano per la sostenibilità», pubblicazione promossa dal ministero dell’Ambiente e finalizzata a mettere in evidenza una selezione di prodotti realizzati da aziende italiane che hanno saputo integrare il rispetto dell’ambiente con l’innovazione e il design. La presentazione sarà accompagnata da una mostra sul design italiano, aperta fino al 14 aprile.
 

 

Il parcheggio si paga anche con il telefonino - Iniziativa di Amt che ai primi 500 abbonati praticherà uno sconto di 7 euro
 

Basta con i parchimetri. È finita l’era della ricerca spasmodica della monetina per far durare più a lungo la sosta. Il parcheggio, da lunedì 6 aprile, si pagherà anche con il telefonino, almeno per quanto riguarda quelli gestiti dall’Azienda per la mobilità territoriale (Amt). Un salto nella tecnologia che vede Trieste tra le prime, in compagnia di una ventina di altri comuni italiani, ad aver adottato un sistema che si distingue anche per la sua estrema semplicità. Lo hanno illustrato ieri mattina i vertici dell’azienda, affiancati per l’occasione dall’assessore Paolo Rovis.
Il presidente di Amt, Rocco Lobianco, ha messo l’accento sul fatto che tra i vantaggi del nuovo metodo c’è quello di non dover prevedere la durata della sosta. In pratica il cliente notifica, chiamando un numero telefonico a costo zero, l’inizio della sua sosta e fa lo stesso quando la sosta si conclude, pagando dunque a consuntivo, e computando l’esatto prolungarsi della sosta. «Con questo nuovo sistema, che si affianca a quelli già in atto e operativi come l’Europark – ha osservato l’assessore Paolo Rovis - si potrà pagare il parcheggio della propria autovettura per il tempo effettivamente occupato, in maniera comoda, rapida e senza costi aggiuntivi».
Il direttore di Amt ha invece posto l’accento sulle peculiarità tecniche del nuovo sistema. A iniziare dalle modalità di pagamento. Per utilizzare il Telepark è necessario munirsi di un kit di attivazione al costo di 10 euro (comprensivo di 3 euro di sosta) che è disponibile presso gli uffici Amt di via d’Alviano 15, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13, o negli altri punti vendita convenzionati (via cassa di Risparmio, ma altri ne seguiranno). Ai primi 500 abbonati l’attivazione (del costo di 7 euro), ha ricordato Davide Fermo, sarà effettuata gratuitamente.
Quindi si compiono, una volta soltanto, le procedure di attivazione chiamando il numero 0893080 e seguendo le istruzioni della voce guida. Di pari passo si colloca sotto il parabrezza dell’auto lo sticker adesivo, fornito sempre da Amt, o, qualora si utilizzino altre autovetture, si lascia sul cruscotto la Parkcard con il codice ID di dieci cifre rivolto ben visibile verso l’esterno.
Più facile a farsi che a dirsi, in effetti. L’unico possibile «fastidio», riguarda la consultazione dei cartelli posti nelle varie zone di sosta, il cui codice di quattro cifre va aggiunto al numero digitato. Per capirsi meglio: ad inizio sosta si chiama il numero 089308xxxx (xxxx è il codice dell’area di sosta, riportato sotto le tabelle segnaletiche della zona dove si parcheggia, differenti anche per tariffa, ad esempio quindi 0893080755) e si attende la connessione (bastano al massimo tre squilli, senza nessuna risposta e con nessun costo telefonico). A fine sosta invece si chiama il numero 0893089990, si attende che il sistema chiuda la connessione (anche in questo caso bastano tre squilli e non c’è alcun costo telefonico).
Rapido e indolore. E in grado, come ha punteggiato ironicamente Rovis, anche di farla finita definitivamente con quei «furbetti» che amavano «dimenticare» la macchina nelle ultime ore serali, quando il limite era ancora in vigore e lasciarla lì fino alle prime ore della mattina dopo, evitando di pagare almeno una parte del pedaggio.

(f.b.)
 

 

Arrivano i tedeschi con l’automobile sul treno - Oggi il primo convoglio di Deutsche Bahn, in estate saranno quattro alla settimana
 

Dalla Germania fino a Trieste dopo aver caricato la macchina sul treno. È la prospettiva già aperta per i turisti tedeschi soprattutto, ma anche per quelli olandesi, belgi e addirittura scandinavi. Treni tedeschi in arrivo da oggi fino all’inizio di ottobre sul binario 1 della Stazione centrale dai quali già nel corso di questa stagione potrebbero sbarcare complessivamente 18 mila persone. Treni di Deutsche Bahn, ma non qualsiasi, bensì del tipo «Autozug». Ogni convoglio può trasportare una cinquantina di automobili, o in alternativa moto in numero più cospicuo, caricate su cinque carri. Ogni treno è completato da 4-5 carrozze con cuccette, un vagone ristorante e 2-3 carrozze letto dotate di doccia o addirittura di vasca da bagno.
Trieste, abbandonata dalle crociere marittime e dai traghetti, tenta così una piccola rivincita, proponendosi come home-port per questi «traghetti» ferroviari anche se è chiaro che la destinazione finale per la grande maggioranza di questi viaggiatori del Centro e Nord Europa saranno le spiagge della Dalmazia e dell’Istria. Negli intenti della Regione che promuove l’operazione, la nuova rotta potrebbe incrementare i soggiorni balneari nelle tradizionali mete di Grado e Lignano. «Il Comune di Trieste ha inviato a Deutsche Bahn materiale illustrativo sulla città – spiega l’assessore al Turismo Paolo Rovis – mentre Promotrieste ha fornito informazioni su pacchetti preformati che prevedono itinerari, visite e soggiorni in provincia. Questa iniziativa, affiancata al recupero di alcune navi bianche e ai nuovi voli su Ronchi, dovrebbe farci resistere sul fronte turistico anche in tempo di crisi».
Deutsche Bahn, il cui nome era filtrato come possibile candidato nella gara per il gestore unico del trasporto in regione che avrebbe voluto la giunta Illy ma che questa amministrazione ha abbandonato, inserisce ora Trieste come terminal «Autozug», affiancandola ai capolinea italiani già esistenti a Verona, Bolzano e Alessandria. I treni su Trieste saranno, nella maggior parte del periodo, ben quattro alla settimana: uno da Berlino, uno da Dusseldorf che imbarcherà automobili anche a Francoforte, e due da Amburgo.
Una famiglia di tre persone da Berlino dovrebbe pagare 250 euro per lo scompartimento con tre letti e 149 per la macchina. È stato anche calcolato che quattro persone sul tratto Amburgo-Trieste, scegliendo in treno le soluzioni più economiche, possono risparmiare fino a 230 euro totali. L’operazione va in direzione del turismo ecosostenibile levando le automobili dalle autostrade tedesche, austriache e italiane, eliminando lo stress della guida e delle code e i rischi di incidenti stradali, ma non privando i turisti della possibilità di fruire della propria macchina nella località di vacanza. Un’alternativa evidentemente anche più economica rispetto al binomio aereo-auto a noleggio. Da verificare invece la risposta, sicuramente più contenuta, da parte di potenziali turisti italiani diretti in Germania.
Stamattina alle 10.15 il primo treno che giungerà da Berlino, e che avrà a bordo anche autorità e giornalisti tedeschi, sarà accolto dalle autorità regionali e locali con una cerimonia di benvenuto da parte di Agenzia Turismo Fvg: omaggi floreali alle signore, buffet con prodotti tipici del territorio e banda musicale.
SILVIO MARANZANA

 

 

In via Gioia park con 120 posti - APRIRÀ A GIORNI
 

In via Flavio Gioia l’area tra la Stazione centrale e il Silos si sta trasformando in una prima vera e propria zona di scambio intermodale. È stata in particolare costruita una rampa per permettere lo sbarco e l’imbarco delle auto e delle moto dai treni «Autozug» di Deutsche Bahn che da oggi fino a ottobre arriveranno a Trieste anche quattro volte alla settimana sul binario 1. Personale di Trenitalia effettuerà le operazioni, delicate quasi quanto quelle che si svolgono sui traghetti marittimi.
In via Gioia è stata anche creata un’area di sosta per complessivi 120 posti auto e tra qualche giorno diverrà operativo il parcheggio che sarà gestito dalla Metropark, società, controllata da Rete ferroviaria italiana, alla quale sono affidate progettazione, realizzazione e gestione di parcheggi su aree di proprietà delle Ferrovie. La tariffa oraria dovrebbe essere di 0,80 euro, quella giornaliera di 3 euro e quella mensile di 45 ridotti a 30 per chi ha l’abbonamento ferroviario.
Con la creazione dei Magazzini Silos e la riqualificazione di piazza Libertà tutta l’area fungerà da zona di scambio intermodale includendo le Stazioni dei treni e delle autocorriere, il terminal traghetti sul Molo Quarto, i capolinea di molti autobus urbani e servizi di autonoleggio oltre ai parcheggi per le automobili.

(s.m.)
 

 

 

Konrad n. 145 - Aprile 2009 - pag. 4 di Dario Predonzan
 

Faraoniche velleità - La megalomania irrazionale delle Grandi Opere
 

Anche in Friuli Venezia Giulia, come nel resto del Paese, da anni la classe politica – senza sostanziali differenze tra gli schieramenti – e le principali categorie economiche (sindacati compresi) insistono sulla necessità di alcune grandi infrastrutture, cioè autostrade e TAV.
Si tratta della terza corsia per la A4 (ma c’è chi vorrebbe progettare già la quarta corsia, poi verrà probabilmente la quinta…) dell’adeguamento del raccordo Villesse-Gorizia, senza dimenticare la Carnia–Cadore (allacciamento tra A23 e A27 attraverso l’alta valle del Tagliamento e quella del Piave) e la Sequals-Gemona. Piatto forte, la TAV Venezia-Trieste-Lubiana, che si vorrebbe far arrivare prima o poi al confine ucraino e magari anche oltre.
Costi e progetti
Il tutto costerebbe una barca di quattrini. Circa un miliardo e mezzo di Euro la terza corsia della A4 e la Villesse-Gorizia (da finanziare ovviamente con i pedaggi), 2,2 miliardi invece la Carnia-Cadore, per la quale spingono soprattutto gli industriali del Bellunese pronti a realizzare il tratto veneto in project financing (lavori a carico di privati, che incasserebbero poi per qualche decennio i pedaggi). Per le prime due i progetti definitivi sono già pronti, mentre per la Carnia-Cadore esiste soltanto uno studio di fattibilità. Per la Sequals-Gemona la Regione pensa a caratteristiche autostradali, probabilmente anche qui con il ricorso al project financing.
Quanto alla TAV, lo studio di fattibilità italo-sloveno per la tratta Trieste-Divaccia prevede un costo complessivo di circa 2,5 miliardi di Euro: sommati ai 6,129 miliardi delle tratte Venezia-Ronchi e Ronchi sud-Trieste, fanno oltre 8,6 miliardi.
Buio pesto sul come trovare questa montagna di soldi: finora, infatti, sono stati acquisiti solo i fondi per le progettazioni, 48 milioni di Euro per la Ronchi sud-Trieste e circa 102 per la Trieste-Divaccia, la metà dei quali da contributi europei. Fanno 150 milioni, pari all’1,75% del totale...
Lo stato della progettazione è il seguente:
- sulla tratta Venezia-Ronchi sud esiste soltanto – dal 2007 - un progetto preliminare della tratta tra Portogruaro e Ronchi sud, che non ha mai cominciato la procedura di VIA per le critiche al tracciato avanzate dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dai Comuni della Bassa Friulana, mentre la progettazione della tratta Venezia-Portogruaro è bloccata per il dissenso manifestato sul tracciato dalla Regione Veneto;
- sulla tratta Ronchi sud-Trieste il progetto preliminare nel 2003 aveva cominciato la procedura VIA, per essere poi sonoramente bocciato dal ministero dei beni culturali e dalla Commissione speciale VIA del ministero dell’ambiente, tanto da imporne il ritiro; un nuovo progetto, più volte annunciato, non risulta sia stato ancora redatto;
- per la tratta Trieste-Divaccia, come detto, esiste soltanto uno studio di fattibilità, e la progettazione preliminare è agli inizi.
Mistero anche sui tempi necessari per il completamento di queste progettazioni e per l’espletamento della procedura VIA (valutazione dell’impatto ambientale).
La costruzione di una Grande Opera richiede infatti un progetto preliminare, che va sottoposto alla VIA; soltanto se l’esito di quest’ultima è positivo, si procede con la stesura del progetto definitivo e quindi di quello esecutivo. Appena dopo si possono appaltare i lavori. Sempre che, nel frattempo, siano saltati fuori i quattrini, naturalmente.
Problema tipicamente italiano è l’inattendibilità delle stime sui costi delle opere: come ha sottolineato anche la Corte dei Conti, è “normale” che tra la progettazione iniziale e la fine dei lavori i costi lievitino tre o quattro volte (ma ci sono casi di opere costate dieci volte il preventivato!), a causa delle varianti successive o degli imprevisti tecnici e geologici. I quali a loro volta sono indice di progettazioni scadenti.
Per la Ronchi-Trieste e la Trieste-Divaccia si prevedono complessivamente oltre 60 km di doppie o triple gallerie sotto il Carso: gli “imprevisti” certo non mancherebbero. Basta pensare alla grotta “Impossibile” (nel senso che non avrebbe dovuto esserci), scoperta durante i ben più modesti scavi per le gallerie della Grande Viabilità Triestina tra Cattinara e Padriciano. Senza contare che i costi per km delle linee TAV finora realizzate in Italia sono risultati in media tre o quattro volte superiori a quelli delle analoghe linee francesi e spagnole.
C’è poi il problema dei materiali di risulta dallo scavo delle gallerie: circa 7 milioni di metri cubi secondo il progetto della Ronchi sud-Trieste, più altri 9,3 milioni di metri cubi secondo lo studio della Trieste-Divaccia. Assai vaghe le idee su come e dove smaltire queste enormi quantità. Si accenna alla costruzione di un’isola artificiale in mare, tra le Isola e Capodistria (!), che comunque assorbirebbe soltanto 1,5 milioni di metri cubi: il resto è mistero.
Non meraviglia, perciò, che di fronte a proposte del genere tra le comunità locali cresca l’allarme. Il Consiglio comunale di S. Dorligo della valle – Dolina ha infatti già approvato all’unanimità due mozioni molto critiche sullo studio per la Trieste-Divaccia. Quel Comune è peraltro l’unico che si sia finora preoccupato di approfondire l’argomento. Trieste, invece, brilla per la più totale inerzia.
Il rischio è insomma che tutto finisca per ridursi alla spartizione di una grande torta di studi e progettazioni (150 milioni, di questi tempi, non sono certo bruscolini…), protratti per anni ma senza portare ad alcuna realizzazione concreta. Mentre intanto, ovvio, le autostrade si faranno!
Eppure l’unico studio “strategico” esistente sulla TAV in Friuli Venezia Giulia, realizzato nel 2007 su incarico dell’InCE (Iniziativa Centro Europea), costruisce le proprie stime dando per scontato il completamento dell’intero Corridoio 5 (da Lione al confine ucraino) nel 2015(!), ovviamente glissando sul problema del reperimento dei fondi.
La pianificazione rovesciata
Un tocco di genio: la legge regionale n. 16 del 2008 istituisce il “Sistema delle infrastrutture di trasporto, della mobilità e della logistica”. In pratica un elenco di tutte le opere viarie, ferroviarie, portuali, ecc. – grandi e piccole – ritenute necessarie dalla Giunta regionale (in base a quali criteri di valutazione, non è dato sapere). Logica e buon senso vorrebbero che la programmazione delle infrastrutture sia inclusa nella pianificazione del territorio o preceduta da questa. Anche perché la sostenibilità ambientale di strade e ferrovie non è valutabile in assenza di un serio quadro di riferimento sulla tutela del paesaggio e degli ecosistemi naturali, sulla struttura dei centri abitati, e così via. Secondo la legge sarà invece il contrario: è il sistema delle infrastrutture che sarà “recepito nello strumento di pianificazione generale regionale” e quindi le esigenze di coerenza urbanistica e sostenibilità ambientale vengono subordinate alle (pesanti) modificazioni introdotte con le nuove opere. Il mondo alla rovescia.
Un’impostazione coerente, però, con il mantra recitato da tempo a tutti i livelli, secondo il quale bisogna investire in nuove infrastrutture per uscire dalla crisi economica, stimolando i comparti produttivi con un cospicuo flusso di denaro pubblico e creando così posti di lavoro. Via quindi alla “legge Obiettivo” con le sue Grandi Opere: TAV, autostrade, Ponte sullo Stretto e chi più ne ha più ne metta (Bossi è arrivato a chiedere “100 nuovi aeroporti”… perché evidentemente non ce ne sono già abbastanza!). Grandi Opere nel contempo totem della “politica del fare” e risposta propagandistica alla crisi economica: ovvio quindi che prescindano da qualsiasi tentativo di valutazione razionale e pianificazione.
Viene accantonato, così, il problema di dove siano i quattrini per realizzarle, in un Paese che vede aumentare – anziché diminuire – il suo già mostruoso debito pubblico. Né si pensa a valutare seriamente se le nuove infrastrutture si giustifichino dal punto di vista economico. Potrebbero infatti arrivare delle brutte sorprese: il gruppo del prof. Marco Ponti, al Politecnico di Milano, ha sottoposto ad analisi costi-benefici le principali opere della “Legge Obiettivo”, con esito disastrosamente negativo per quasi tutte, Ponte sullo Stretto in primis.
Cosa servirebbe davvero
Di fronte all’aggravarsi della crisi, intanto, anche gli industriali cominciano a chiedere di sbloccare le “piccole opere”: costruzione di rotonde stradali, ripavimentazione di strade e marciapiedi, messa in sicurezza delle scuole (questa sì, com’è noto, un’esigenza seria) e così via. Interventi semplici, con progetti spesso già pronti, per i quali servono soldi veri, da spendere subito.
Per un sistema dei trasporti sostenibile, invece, TAV e Grandi Opere sono deleterie, perché distolgono risorse umane e fondi dagli impieghi davvero utili. Occorrerebbero semmai interventi limitati e graduali per eliminare i “colli di bottiglia” sulla rete ferroviaria esistente e poche nuove opere (come il raccordo - 6 km di ferrovia “normale” - tra i porti di Trieste e Capodistria), ma soprattutto scelte lungimiranti per eliminare le disfunzioni organizzative, normative e tariffarie che penalizzano il trasporto su ferro a vantaggio di quello su gomma. Il che significa anche rinunciare ai progetti di nuove autostrade.
Governo e Regioni sembrano però ancora prigionieri del mito delle mega-infrastrutture, in un delirio insieme allarmante (per le sorti delle finanze pubbliche) e ridicolo (per la sproporzione tra l’entità di quanto si vorrebbe realizzare e la pochezza di chi vorrebbe gestire il tutto): faraoniche velleità, appunto.
Dario Predonzan
altro materiale sull’argomento nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia sezione “documenti” - lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia è disponibile nel sito www.sandorligo-dolina.it
 

 

ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 1 aprile 2009

 

 

Il Friuli spinge sul fotovoltaico.

 

La Regione Friuli incentiva la produzione di energia mediante l'installazione di pannelli fotovoltaici nei pressi degli edifici scolastici. Per questo motivo è stato sottoscritto un accordo quadro fra l'Assessore regionale alla Pianificazione territoriale Federica Segnanti e i sindaci dell'associazione che ha Cividale (Udine) quale capofila e comprende i comuni di Buttrio, Corno di Rosazzo, Manzano, Moimacco, Pavia di Udine, Pradamano, Premariacco, Remanzacco e San Giovanni al Natisone. La Regione concorrerà alla spesa complessiva di 2 milioni di euro con 1 milione e 600 mila euro (il resto della cifra sarà a carico dei Comuni). L'accordo è in linea con quanto previsto a livello nazionale da normative che incoraggiano l'installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e la sua attuazione e consentirà ai Comuni non solo un risparmio, ma addirittura un ritorno economico a partire dal quinto anno dall'installazione degli impianti. Il sindaco di Cividale, Attilio Vuga, ha dichiarato che "è già stata fatta tutta l'attività propedeutica all'avvio dei lavori" per cui a breve saranno promulgati i bandi che consentiranno l'assegnazione degli appalti per l'installazione, durante le vacanze scolastiche, di impianti fotovoltaici di potenza nominale compresa tra i 9 ed i 20 kWp. Vuga ha quindi sottoposto all'assessore Seganti un altro progetto mirato al risparmio energetico ed al contenimento della spesa a vantaggio dei bilanci comunali: l'installazione di impianti di illuminazione a Led che consentono di ottimizzare i consumi e, a parità di resa, un abbattimento della spesa di circa 60 per cento.
 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 aprile 2009

 

 

INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF - Dal tetrapak ai mattoni - l'anima verde dei materiali
 

L'esperto ambientale risponde alle domande dei lettori su come smaltire imballaggi particolari e come realizzare un'abitazione a prova di ondata di calore

ROMA - Cartoni di latte, confezioni di pelati, succhi di frutta da bere con la cannuccia. Oggetti di uso quotidiano, di cui sappiamo però molto poco. L'esperto del Wwf Massimiliano Varriale risponde ai quesiti dei lettori di Repubblica.it sulla sostenibilità di questi imballaggi e le loro modalità di smaltimento. Attraverso le risposte alle altre domande, tanti suggerimenti sulle scelte edilizie per isolare correttamente casa da caldo e freddo, con enormi vantaggi per ambiente e portafoglio.

Con questa seconda tranche si chiude il capitolo dedicato a rifiuti e risparmio domestico. L'argomento del prossimo mese sarà il verde urbano, la protezione degli animali e della biodiversità. Tutti temi che il piano casa del governo, la nuova proposta di legge sulla caccia e le vittime dei cani randagi hanno riportato di grandissima attualità. A rispondere sarà l'esperto del Wwf Fabrizio Bulgarini. I quesiti possono essere inviati via email all'indirizzo v.gualerzi@repubblica.it

Tempo fa la società tetrapak ha reclamizzato la riciclabilità di questo materiale composito. E' vero che il procedimento di riciclaggio del tetrapak è fattibile solo con un enorme dispendio di energie? Inoltre ho sentito dire che in Italia vi è un'unica cartiera in grado di riciclare questo materiale. Potete confermarmi anche questa notizie?
Jacopo Zurlo
E' più sostenibile il latte nella bottiglia di plastica o quello nel tetrapak?
Sergio
Il Tetra Pak è un imballaggio cosiddetto poliaccoppiato, vale a dire costituto da più materiali (75% carta, 20% polietilene e 5% alluminio), uniti insieme grazie al film di polietilene colato a caldo, il tutto quindi senza fare uso di collanti. Il fatto di non essere un monomateriale rende sicuramente più complesso il processo di riciclaggio e recupero. Il Tetra Pak può essere conferito nei contenitori destinati alla raccolta differenziata di carta e cartone solo dove le Cartiere hanno dato il loro consenso a Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) e il Comune abbia attivato una specifica campagna informativa. In altri casi questi imballaggi sono conferiti nei contenitori della raccolta differenziata multi materiale.
Il numero di Comuni in cui oggi è di fatto attivo un servizio di raccolta del Tetra Pak è ancora piuttosto limitato. Gli imballi in Tetra Pak raccolti in maniera differenziata sono portati alle cartiere di riferimento dove vengono introdotti in un apposito un macchinario (pulper) che li spappola anche grazie all'aggiunta di acqua calda: il rilascio delle fibre di cellulosa in acqua porta al distacco delle lamine di polietilene e alluminio.
La cellulosa così estratta è di ottima qualità e viene impiegata per realizzare imballaggi specifici. La frazione costituita da polietilene/alluminio è trasformata in Ecoallene, un materiale con cui si realizzano gadget e altri manufatti (non entro qui nel merito di quanto questi siano realmente utili e di quanto possano essere effettivamente ulteriormente riciclati).
Dal momento che circa il 95% dei materiali che compongono il Tetra Pak sono in carta e plastica, ossia dotati di buon potere calorifico, esiste una certo interesse a conferire questi imballaggi agli impianti di incenerimento con recupero energetico: una pratica ambientalmente poco vantaggiosa (per non dire assai dannosa) che si sostiene solo grazie ai finanziamenti statali.
Stabilire poi cosa sia più sostenibile tra un contenitore in plastica o uno in Tetra Pak non è affatto semplice giacché occorrerebbe eseguire una attenta analisi del ciclo di vita (LCA) di entrambi: dalle fasi produttive a quelle di smaltimento. Ad esempio è assai diverso se una bottiglia di plastica può essere recuperata come materia o se è inviata a un impianto d'incenerimento. Ogni kg di plastica richiede, infatti, mediamente 14.000 Kcal di energia per essere prodotto e quando noi lo andiamo a bruciare in un inceneritore con recupero energetico recuperiamo solo una parte del suo potere calorifico: in pratica, ammettendo un rendimento elettrico del 25%, considerato un potere calorifico inferiore (pci) medio delle plastiche di circa 7.800 Kcal/kg, si recupereranno soltanto meno di 2.000 kcal delle 14.000 originariamente spese...
Tramite il riciclaggio, finalizzato al recupero di materia, sarebbe invece possibile un vantaggio energetico oltre 5 volte superiore rispetto all'incenerimento: nelle operazioni di riciclaggio si consumano solo 2.000 Kcal/kg e, quindi, si recuperano (risparmiano) quasi 12.000 Kcal/kg. Ancora più vantaggioso appare il riutilizzo dei contenitori. Il consiglio che posso dare è quindi di orientare gli acquisti verso imballaggi meno problematici e più facilmente riciclabili, meglio ancora se direttamente riutilizzabili mediante un meccanismo di "vuoto a rendere" così come avviene in alcuni casi con le bottiglie di vetro.

Si sente dire continuamente che un modo per risparmiare energia è azionare gli elettrodomestici (lavapiatti e lavatrice) la sera. La mia domanda può sembrare banale, ma io vorrei sapere cosa si intende esattamente per sera. In altri termini, a partire da che ora è bene mettere in funzione questi elettrodomestici perché ci sia un effettivo risparmio energetico?
Agnese Lombardo
Purtroppo non è vero che azionare gli elettrodomestici la sera (o nelle ore notturne) consenta di risparmiare energia. I kWh consumati da un elettrodomestico, infatti, non cambiano secondo l'orario cui noi decidiamo di farlo funzionare. Facciamo un esempio per meglio comprendere la questione. Una moderna ed efficiente lavatrice (classe A+), consuma meno di 0,85 kWh per ciclo di lavaggio (lavaggio cotone a 60°C, lavatrice da 5 kg); quest'apparecchio consumerà la stessa quantità di energia elettrica (cioè gli stessi kWh) a prescindere dall'orario di utilizzo, diurno o notturno che sia: il consumo è, infatti, un parametro strettamente connesso alle caratteristiche tecniche (prestazioni) dell'apparecchio utilizzato e alle modalità del suo utilizzo (es. scelta della temperatura di lavaggio).
Il suggerimento, di alcune aziende fornitrici di elettricità, di accendere gli elettrodomestici durante la notte, risponde più che altro alle loro esigenze di gestione dei carichi orari e alla possibilità di acquistare energia da altri paesi: durante le ore diurne sono infatti richieste dalla rete (e quindi dalle diverse utenze) potenze di ben oltre 40.000 MW (40.000 milioni di Watt, ossia 40 milioni di kW) di energia, con punte che possono superare i 55.000 MW, durante la notte ne occorrono mediamente 30.000 MW o anche meno. Queste fluttuazioni sono connesse al fatto che durante la notte molte aziende sono chiuse e la maggior parte delle persone dorme, quindi le richieste di energia sono inferiori.
In sostanza per le compagnie elettriche è vantaggioso riuscire a spostare quota parte dei consumi nelle ore notturne perché permette loro di usare impianti di produzione relativamente più economici. In realtà la questione è ancora più complessa: durante la notte i nostri operatori energetici preferiscono tenere spente molte centrali elettriche e importare una quota di energia prodotta dalle centrali nucleari francesi o svizzere. Questi Paesi di notte sono sostanzialmente costretti a esportare l'energia prodotta dalle loro centrali nucleari che, funzionando a ciclo continuo, non possono essere accese e spente a piacere. Nelle ore notturne, quindi, in cui la domanda è assai minore, Francia e Svizzera, al fine di garantire la stabilità del proprio sistema elettrico, hanno l'esigenza di cedere elettricità ai paesi limitrofi. In pratica acquistando energia nucleare dalla Francia (o dalla Svizzera) stiamo facendo loro un favore.

Ho in programma di costruire una villetta unifamiliare nella campagna toscana. Ovviamente, vorrei garantire alla mia famiglia un comfort abitativo sia nei mesi caldi d'estate che in quelli freddi dell'inverno e, inoltre, ottenere un buon risultato estetico. E' possibile raggiungere insieme questi diversi obiettivi? Quali materiali potrebbe suggerire per le esigenze espresse?
Giorgio
Si tratta di una domanda complessa che necessita di una risposta piuttosto articolata. Premesso che la scelta dei materiali può incidere notevolmente sulla qualità dell'edificio, occorre tener presente, però, che la costruzione di una casa è un progetto complesso e che il risultato ottenuto dipende da numerose variabili, quali: il corretto orientamento, il rapporto superficie/volume, la distribuzione degli interni, la scelta delle soluzioni di involucro e dei relativi materiali, la qualità dell'esecuzione. E' inoltre importante osservare che non tutti i materiali da costruzione sono idonei dal punto di vista ambientale, nonostante siano molti i prodotti in edilizia capaci di assicurare elevate prestazioni energetiche. In generale un materiale edile che sia "buono" anche per l'ambiente dovrebbe non essere di origine sintetica, non contenere additivi chimici, non subire trasformazioni lunghe ed energivore, non essere importato da lontano, essere duraturo e non presentare difficoltà di smaltimento, o meglio poter essere recuperato per impieghi analoghi o di altro genere.
La prima considerazione da fare, alla luce dell'esigenza di comfort estivo ed invernale, certamente associati ad un basso consumo energetico, è quella di riferirsi ad una modalità costruttiva cosiddetta massiva che, per effetto dell'elevata inerzia termica, contribuisce ad un significativo risparmio nei consumi, soprattutto nel periodo estivo, assicurando favorevoli condizioni di comfort, senza dover ricorrere a costosi ed energivori impianti di climatizzazione. E' bene ricordare che il nostro è un paese caratterizzato da un clima mediterraneo, dove la protezione dall'irraggiamento solare in estate e la capacità di accumulo dell'energia diurna costituiscono elementi importanti nella progettazione di edifici residenziali, e non solo.
La forte crescita degli ultimi anni dei consumi energetici estivi, per effetto di un uso smodato dei condizionatori d'aria, indica chiaramente come il problema del raffrescamento estivo sia spesso ignorato in fase progettuale, adottando soluzioni costruttive inadeguate. Recenti ricerche universitarie (Politecnico di Milano) hanno dimostrato che due abitazioni, a parità di condizioni (isolamento, esposizione, cubatura, modalità di utilizzazione, ecc.) ma con differente massa dell'involucro esterno ("leggera" e "pesante"), possono avere una differenza nei consumi energetici annuali fino al 30% a favore della soluzione massiva.
Altro aspetto da considerare è indubbiamente la garanzia di durata nel lungo periodo del materiale e delle sue prestazioni senza dover ricorrere a pesanti interventi di manutenzione nel tempo, che potrebbero annullare inesorabilmente le "strabilianti" perfomance promesse inizialmente, che possono nel breve periodo superare addirittura gli stessi costi iniziali di costruzione. Soluzioni intonacate sono indubbiamente più vulnerabili rispetto a soluzioni in laterizio faccia a vista che non richiedono praticamente manutenzione e risolvono di fatto l'esigenza estetica a cui si fa riferimento nella domanda. Senza confondere, però, quest'ultimo aspetto con la qualità architettonica che, invece, dipende strettamente dalla capacità creativa del progettista.
Le città storiche di cui è ricca la sua Toscana, caratterizzate da una continuità estetica urbanistica e paesaggistica, ne sono un esempio lampante. La scelta dei materiali, deve tenere conto, come premesso, delle ricadute ambientali legate al loro impiego, che si aggiungono alle priorità già elencate. I prodotti selezionati devono cioè essere facilmente reperibili in ambito locale (il trasporto impatta molto sull'ambiente), in sintonia con le costruzioni esistenti, collaudati e perfettamente conosciuti dalle maestranze, riciclabili al termine della vita utile della costruzione in cui sono stati utilizzati. In tal senso, un materiale come il laterizio, già preferito per le sue qualità estetiche, può costituire una garanzia di sostenibilità dell'edificio.
Anche la sicurezza, infine, riveste una sua importanza, spesso sottostimata, soprattutto per quanto concerne la qualità dell'aria interna (assenza di gas o sostanze volatili emesse da solventi o simili) delle abitazioni in cui trascorriamo molto del nostro tempo e, in condizioni eccezionali, ma tutt'altro che rare, come ad esempio l'incendio: è bene ricordare a tale riguardo che le vittime causate da avvenimenti di questo tipo sono state principalmente provocate dall'emanazione di gas tossici che hanno impedito la fuga delle persone coinvolte.
Vorrei capire meglio cosa sono massa e sfasamento di cui sempre più spesso sento parlare in giro. A cosa servono?
La ringrazio per la sua domanda che ci permette di affrontare un interessante argomento con implicazioni sul modo di costruire e quindi sul nostro modello di vita attuale ma anche futuro, e che mette in risalto la necessità di ridurre drasticamente anche i consumi per il condizionamento estivo. Da alcuni anni, oramai, il picco di consumo di energia elettrica si è spostato dalla stagione invernale a quella estiva, questo a causa del sempre maggior numero di condizionatori installati, con forti criticità soprattutto, nelle regioni del centro-sud dell'Italia. Non a caso le tipiche e tradizionali costruzioni dell'area mediterranea sono identificate con la terminologia "massive": basti pensare ai trulli, alle tholos ed ai nuraghi.
L'idea di massa, del "peso", richiama alla memoria le costruzioni in muratura di una volta: chiese, palazzi, case rurali, ecc., dove ci si rifugiava quando la calura estiva diveniva difficilmente sopportabile. Purtroppo questo aspetto è sempre stato trattato marginalmente dalla normativa in materia. Gli stessi recenti decreti legislativi 192/05 e 311/06, che recepiscono la direttiva europea in tema di risparmio energetico e del contenimento delle dispersioni termiche, hanno di fatto privilegiato soprattutto il contenimento dei consumi invernali, anche se è da apprezzare l'introduzione del concetto di massa per l'involucro esterno che deve essere superiore, in determinate condizioni climatiche, a 230 kg/m2.
Il ricorso a soluzioni con una massa importante permette non solo di raggiungere idonei valori d'isolamento termico (riducendo i consumi energetici per la climatizzazione degli ambienti interni) ma, contemporaneamente, di avere ottimi risultati sul fronte dell'isolamento acustico (altro argomen