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RASSEGNA STAMPA gennaio - giugno 2009
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 giugno 2009
SEGNALAZIONI - Ferrovie: quattro dubbi sui progetti
dellaTav
L’ultima cartina della Tav riportata dal Piccolo riguardante il passaggio della ferrovia collegante Trieste a Divaccia non dice assolutamente nulla circa il coinvolgimento dell’attuale stazione centrale di Trieste. Anzi sembrerebbe che la linea passi sotto le colline di Trieste e arrivi a Capodistria a quota zero per poi salire sotto le colline della valle del Risano e coinvolgere il monte Carso. Quindi o la cartina è fatta molto male oppure qualcuno ci sta prendendo in giro. Si prospettano quattro possibilità di interpretazione. La prima è che l’attuale stazione di Trieste, che è una stazione di testa, diventi anche di transito e cioè i binari provenienti da Ronchi a bassa quota arrivando a Trieste vadano sottto il livello del mare per raggiungere Capodistria e quindi la nostra stazione diventi in parte sotterranea e collegata all’attuale da scale mobili e quantaltro. La seconda soluzione è che i binari in arrivo da Ronchi lambiscano la città, e per arrivare a Trieste si crei un raccordo ad hoc, ed essendo la nostra stazione di testa fermerebbero a Trieste solo i treni diretti nella nostra città. È difficile che una carrozza da Lisbona a Kiev si arresti a Trieste e poi un nuovo locomotore la riagganci per ripartire. In questo caso solo pochissimi convogli arriverebbero a Trieste centrale. Oppure si crea una nuova stazione per la Tav in altra parte della città... Diverso è il discorso per i treni merci. Terza soluzione come da cartina! Trieste non è collegata ed è tagliata fuori, e la ferrovia è funzionale solo al porto di Capodistria. Anzi parrebbe che la linea arrivi da Ronchi già ad alta quota per poi scendere verso Capodistria. Una quarta soluzione è quella di saltare la nostra stazione centrale e fare riferimento invece a quella di Campo Marzio, ma anche così facendo Campo Marzio non sarebbe stazione di transito. Se a Trieste non fermano i treni vuol dire allora che la Tav serve esclusivamente alla Slovenia a tutto detrimento del porto di Trieste.
Piero Zanon
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 giugno 2009
AnDanDes, più forte dei vandali
Nel 1999 un gruppo di giovani mamme del rione, guidate da Laura Flores, in seguito alla ristrutturazione edilizia eseguita dal Comune di Trieste nel giardino, hanno cominciato a ripensare allo spazio del parco, per proporre iniziative all’insegna dell’aggregazione e dell’intrattenimento per tutti. Partita quasi per gioco l’idea è poi crescita costantemente e ora il sodalizio rappresenta un punto fermo per tantissime famiglie. L’associazione culturale AnDanDes nasce ufficialmente nel 1999 e inizia presto a collaborare con l’area lavori pubblici, l’area educazione e l’area promozione sociale del Comune. Nella primavera e nell’estate del 2000 iniziano i primi eventi culturali, con le scuole della zona e con le altre realtà associative e produttive vicine. Un passo importante poi viene compiuto nell’anno successivo. «Nel 2001 l’associazione si impegna nell'applicare il metodo di progettazione partecipata per la costruzione di uno spazio al chiuso che garantisca un maggiore comfort nei momento di sosta dei frequentatori del giardino – si legge nel sito dell’Andandes – e sceglie l'architetto Lamonarca, che trasforma il punto di partenza del Comune, che prevedeva un piccolo spaccio di bibite, in uno spazio a misura di bambini». Negli anni seguenti nasce l’iniziativa per gli Spazi Urbani in Gioco, che vede proprio l’associazione come coordinatrice del progetto. Nel frattempo le mamme avviano anche un’opera di pulizia del verde. Nel 2005 inizia la costruzione del punto ristoro e nel 2006, a opera conclusa, viene concesso l'utilizzo della cucina-laboratorio all'associazione. Segue un periodo di danni e devastazione da parte di vandali, che distruggono i bagni per 17 volte. L’Andandes non si arrende e, ripristinati i servizi, l’attività prosegue, anche dopo la distruzione della cucina. Dopo dieci anni di successo e di gratificazioni le idee e la buona volontà continuano a persistere.
(m.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 giugno 2009
Goletta Verde: sono inquinate le foci di Isonzo e
Tagliamento
di GRADO Foci di Isonzo e Tagliamento inquinate; illeciti su ogni 4,1 chilometri di costa del Friuli Venezia Giulia, tanto che a livello nazionale la nostra regione si trova al terzo posto di questa non certo piacevole classifica; infine “Bandiera Nera” di Legambiente alla Caffaro di Torviscosa. In sintesi sono queste le notizie diffuse in occasione della prima tappa del tour di Goletta Verde che prosegue per Venezia (da oggi a martedì) per poi fare scalo in giro per tutta l’Italia. Quest’anno i responsabili di Goletta Verde di Legambiente hanno cambiato gli obiettivi. Non più la verifica delle acque di balneazione dato che anche lo scorso anno erano stati riscontrati responsi favorevoli per il 92% delle campionature fatte, ma verifica dei punti che in linea di massima dovrebbero presentare criticità, come le foci dei fiumi. In generale, poi, si pensa a tutte le coste italiane. Nella classifica generale incentrata in particolare sull’abusivismo edilizio sul demanio marittimo e sull’inquinamento delle acque, il Friuli Venezia Giulia si colloca all’11° posto (nel 2008 53 casi con 48 persone denunciate o arrestate e 8 sequestri) ma in quella degli illeciti (pesca di frodo – è stato citato l’eclatante caso di Marano Lagunare – e infrazioni al codice della navigazione) si piazza addirittura al terzo posto. Infatti sono state complessivamente accertate 454 infrazioni con 457 persone denunciate o arrestate e 54 sequestri effettuati (720 chilogrammi di pesce, 780 di novellame, 48 di crostacei e 38 di molluschi). È stata Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, a rendere noti i dati ufficiali dei campionamenti effettuati nei giorni scorsi sottolineando appunto le criticità riscontrate alle foci dell’Isonzo e del Tagliamento. Per l’esattezza i prelievi sono stati fatti alla Foce dell’Isonzo – fine strada del Caneo in località Punta Sdobba e alla Foce del fiume Tagliamento. Entrambi sono risultati inquinati. La Bandiera Nera di Legambiente, come ha illustrato il presidente regionale, Giorgio Cavallo, è stata assegnata alla Caffaro, alla memoria, cioè , della società finale che ha gestito e chiuso l’impianto chimico di Torviscosa “che ha inquinato – ha sottolineato il relatore – per lunghi anni la Bassa friulana e la laguna di Grado e Marano senza prendere quelle misure tecnicamente disponibili che avrebbero permesso di continuare l’attività produttiva e salvaguardare l’ambiente”. Assieme alla Caffaro – è stato sempre Cavallo ad affermarlo - la Bandiera Nera va condivisa da tutti coloro che, nella società e nelle istituzioni, per subalternità o per logiche di rinvio hanno aiutato la Caffaro nel suo pervicace atteggiamento. “Della vicenda – ha ulteriormente affermato Cavallo - è responsabile in primo luogo la Snia che, attraverso le diverse società susseguitesi, non ha mai affrontato adeguatamente il nodo dell’inquinamento da mercurio (e non solo)”. Visibilmente soddisfatto l’assessore comunale di Grado, Giorgio Marin, che ha ribadito come qui non sia stato rilevato abusivismo edilizio in zone demaniali e nemmeno pesca di frodo. Ha messo in luce altresì i continui controlli delle coste e gli interventi al grande depuratore che si concluderanno fra un paio d’anni. A puntare il dito sugli aspetti prettamente scientifici è stato Lino Santoro del comitato scientifico di Legambiente regionale, mentre Luisella Milani dell’osservatorio per l’Alto Adriatico dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia ha messo in luce i 2 punti di debolezza regionali rilevati nel Golfo di Panzano, esattamente a Marina Iulia e al Lido di Panzano che sono chiusi alla balneazione. Criticità note che sono già state valutate e approfondite ma non ancora risolte se non con dei lavori a Marina Iulia e qualche intervento al depuratore di Nova Gorica. Da segnalare, infine, come ha evidenziato un altro esponente regionale di Legambiente, Michele Tonzar, la netta contrarietà di Legambiente al rigassificatore.
ANTONIO BOEMO
Muggia estende la raccolta porta a porta
Altre novità a Muggia per la raccolta dei rifiuti, dopo l’annuncio della campagna di sensibilizzazione e promozione della raccolta. Verrà infatti ampliato, passando da 80 a 120 utenze, e migliorato, il servizio porta a porta, che include le frazioni riciclabili dell'umido, della carta e cartone, del vetro, delle lattine e della plastica. Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio, passando da 33 a 45 utenti. La sperimentazione della nuova forma di prelievo a domicilio è già partita dagli esercizi pubblici e commerciali. Gradualmente, nel corso dell'anno, sarà estesa alle aziende artigiane e industriali. Solo successivamente, monitorati i risultati e fatti gli eventuali aggiustamenti in base all'esperienza, sarà allargata alle famiglie, iniziando in via sperimentale con la frazione di Zindis. Da lì, osservati gli effetti e oliati i meccanismi, il nuovo servizio potrà man mano abbracciare tutta la cittadina. Ma i tempi non saranno brevi. Attualmente infatti il Comune ha individuato la lista di artigiani e fabbriche con cui avviare la nuova fase di sperimentazione, ai quali verranno forniti degli appositi contenitori. I tempi non sono ancora quantificabili, anche se è verosimile che, tra fornitura dei contenitori e adeguata informazione, non si partirà prima dell'autunno. Queste novità, assieme ad altre iniziative che verranno attuate dall'amministrazione per promuovere la raccolta differenziata in ambito comunale, con l'obiettivo di aumentarne le percentuali in base ai dettami della legge nazionale, saranno illustrate martedì alle 17 in un incontro pubblico al teatro Verdi, al quale è invitata a partecipare tutta la cittadinanza. Cittadinanza del resto già messa al corrente dell'avvio della campagna informativa con una lettera e con l'opuscolo allegato, che in questi giorni stanno arrivando per posta alle 6.500 famiglie residenti nel Muggesano. I contenitori per il servizio porta a porta saranno di colore bianco per carta e cartone, giallo per la plastica, verde per vetro e lattine e marrone per l'umido. Finché non sarà partito il servizio porta a porta, quest'ultimo, ovvero la frazione organica dei rifiuti, dovrà essere ancora conferito nei cassonetti stradali azzurri, riservati alla raccolta del secco residuo. La novità più interessante e sicuramente più utile per raccapezzarsi tra le diverse tipologie di contenitori è la pubblicazione di un ”dizionario” che abbinerà il nome del singolo rifiuto al suo giusto conferimento.
Gianfranco Terzoli
Metropolitana leggera, in arrivo 7 milioni - Un treno
Gorizia-Nova Gorica-Sesana
Il collegamento ferroviario passeggeri fra Gorizia e Nova Gorica si farà. Verrà così sanata l’anomalia di due città che, incredibilmente, non sono unite dai treni. Non solo. Si prevedono anche collegamenti sulla direttrice Nova Gorica-Sesana. Inoltre, decolleranno anche i progetti di valorizzazione dei percorsi della Grande guerra. Il Comitato di sorveglianza del programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia ha - infatti - approvato i due progetti strategici del Comune di Gorizia, attribuendo loro il punteggio massimo. Si tratta di un primo step importante e quasi decisivo. «Per la seconda e ultima fase siamo molto ottimisti. Credo proprio che i fondi necessari (7 milioni complessivamente, ndr) verranno messi a disposizione della nostra municipalità», sottolinea raggiante l’assessore comunale Guido Germano Pettarin. Di questo (e di molto altro) si parlerà domani mattina nel corso di un incontro alle 10 fra il sindaco Romoli, lo stesso Pettarin, l’ambasciatore dell’Ince Pietro Ercole Ago, l’esperto per i trasporti dell’Ince Carlo Fortuna e i sindaci (o loro delegati) dei Comuni di Nova Gorica e San Pietro-Vertojba. TRASPORTI. Ma in cosa si esplicita il progetto? In aiuto arriva Alessandro Puhali, presidente dell’associazione di studi turistici Valussi di Gorizia ed esperto di cose ferroviarie che collabora strettamente con la commissione. «La questione - dice - non è tanto poter contare su un collegamento ferroviario passeggeri tra Gorizia e Nova Gorica, tra le quali ci si può agevolmente spostare anche a piedi, quanto utilizzare il raccordo ferroviario di circa otto chilometri esistente tra le due città per mettere in relazione tra loro i servizi viaggiatori delle ferrovie italiana e slovena. Sarebbe sufficiente prevedere che alcuni dei treni delle Ferrovie slovene, composti da automotrici diesel e provenienti da Jesenice/Lubiana e da Sesana/Capodistria, invece di terminare il loro servizio a Nova Gorica, prolungassero la percorrenza per circa 10 minuti sino alla stazione di Gorizia centrale, al fine di realizzare delle coincidenze con i convogli di Trenitalia in esercizio sulla relazione Trieste–Udine–Venezia. Ovviamente le stesse automotrici delle Ferrovie slovene potrebbero ripartire per le loro destinazioni (Jesenice/Lubiana – Sesana/Capodistria) dalla stazione di Gorizia centrale». Si realizzerà, pertanto, un «ring» ferroviario che farà perno sul nodo Gorizia-San Pietro per collegare rapidamente tutta l’area transfrontaliera per creare così una sorta di metropolitana leggera per i viaggiatori e favorire una rapida circolazione delle merci. Nel medesimo progetto è previsto lo sviluppo, all’autoporto di Gorizia, del terminale che consente lo scambio gomma-rotaia. In sostanza, si svilupperanno sempre più i treni Ro-La: treni capaci di caricare i Tir completi e di trasportarli via ferrovia. SABOTINO. L’altro progetto prevede la prosecuzione e l’integrazione dei lavori di valorizzazione e recupero del monte Sabotino. In territorio italiano da diversi anni sono in corso opere di pulizia, ripristino e valorizzazione, sia dal punto di vista storico (vestigia della Grande guerra; resti della pieve di San Valentino), sia dal punto di vista ambientale (ripristino della landa carsica). In territorio sloveno con contributi europei (progetto Interreg 2000-2006), è stato realizzato un Parco della Pace, che avendo come punto d’appoggio l’ex casermetta slovena di confine del Sabotino (ex museo della zona monumentale), si collega al sottostante centro di Salcano con una serie di itinerari che toccano alcuni siti significativi della montagna, evidenziati da opportuna segnaletica. Il Comune di Gorizia propone di integrare i precedenti lavori costituendo organici percorsi didattici, di visita, punti d’accesso e di sosta nel territorio italiano del Sabotino, collegandosi alle realtà di ripristino in corso o già realizzate (italiane e slovene), procedendo per lotti funzionali. In soldoni, si prevede: a risoluzione della scarsa disponibilità di spazio per la sosta degli automezzi in prossimità dell’accesso all’area (San Mauro) la conversione a tale scopo della ex strada di servizio alla “strada di Osimo”: area che alleggerirebbe anche la criticità per il traffico locale; la manutenzione della sentieristica, anche storica, per il collegamento dell’area di sosta a San Mauro da un lato e al Sabotino dall’altro; la sistemazione della casermetta del Sabotino ed allestimento interno, ad uso didattico–museale e a supporto alle visite guidate turistico-didattiche; la sistemazione di arredo funzionale a supporto dei percorsi.
FRANCESCO FAIN
IL PICCOLO - SABATO, 27 giugno 2009
Piano regolatore, si può costruire solo in Carso
Un segreto è un segreto finché qualcuno non lo spiffera. Il Piano regolatore di Trieste, discusso fin qui con strategie carbonare affinché non una virgola diventasse nota prima della sua formale adozione, è diventato pubblico ieri per indisciplinatezza dei Verdi: «Secretare un Piano regolatore che al contrario andrebbe costruito assieme alla città - hanno detto il consigliere comunale Alfredo Racovelli e Alessandro Metz - è solo levarsi qualche fastidio insito nei comportamenti democratici, le segrete stanze poi sono l’unico posto dove è lecito sospettare libertà di mercanteggiamento, non c’è controllo». E così il corposissimo documento è stato copiato in dischetto e messo «democraticamente» in piazza. Eccone alcuni punti salienti, che i Verdi hanno analizzato con la consulenza di due architetti, Giulio Polita e Claudio Farina. EDIFICARE. Il nuovo Prg limita le nuove edificazioni. Le consente nella zone C (di espansione). Sono 18, di cui ben 13 in Carso: a Opicina, dove diventa edificabile perfino una parte del Villaggio del Fanciullo (al cui interno c’è anche un campo di calcio), a Padriciano e Prosecco. Altre 5 si trovano in città, di cui 3 nel solo rione di San Giovanni. Una di queste è nella famosa via Timignano il cui verde è stato già aspramente difeso contro le previsioni «cementificatorie» di un precedente e scaduto piano Peep. Le altre sono in via Damiano Chiesa e in via Dudovich. Edificabile anche Contovello. TUTELA. Pregevole (lo hanno riconosciuto anche i Verdi) il lavoro di ricognizione fatto sugli edifici storici, la tutela è stata estesa a tutti quelli costruiti prima del 1918, cioé in epoca asburgica. Da conservare facciate e altezze. Il «piano colore» impone tinteggiature coerenti con la storia e il contesto. I Verdi rimpiangono che restino fuori tutela palazzi più recenti, ad esempio quello della Ras. CENTRO STORICO. Si amplia, ingloba i borghi Giuseppino e Franceschino e parte di viale Miramare. Le rive sono catalogate alla voce «attività miste», e il Prg certifica decisioni già prese: Parco del mare, Silos, mercato ortofrutticolo destinato a centro residenziale e alberghiero, La ex stazione di Campo Marzio rimane riservata a museo. COSTIERA. Protetta. Non si costruisce più. Si possono solo ampliare del 10% le case esistenti ed esclusivamente per motivi igienico-sanitari. Osservano i Verdi: «E come la mettiamo col ”piano casa” che prevede il 20% in più di edificabilità fuori dal centro città ed è una legge che mette in subordine il documento urbanistico locale?». MOBILITA’. Non ci sono modifiche sostanziali.Si analizza il traffico certificando l’aumento di 200 mila scooter in 10 anni e si ripesca il Piano urbano parcheggi (Pup) ideato dal precedente assessore Maurizio Bucci: 5000 i nuovi parcheggi previsti. SERVIZI. L’idea di fondo è di limitarne l’espansione. «Un solo asilo nido nuovo è annunciato» lamentano i Verdi, che invece vorrebbero una città dove scuole, asili e uffici convivano nel centro, «qui invece solo negozi, bar e ristoranti, quando sono chiusi la città evidentemente si spegne». VERDE. Tutto catalogato, pubblico e no. È stato misurato in 11 milioni di metri quadrati. Entrano in vincolo anche i giardini pregiati privati, «verde pubblico» è anche il giardinetto di casa. Secondo i commentatori-divulgatori «va bene che sia protetto, ma non è certo ascrivibile al verde pubblico, il cui scopo è la socialità diffusa». PERMESSI. Per edificazioni entro i 5000 metri cubi («sarebbero 16 appartamenti da 100 metri») non occorre più il piano particolareggiato, basta la concessione edilizia. Si va più svelti. Ma c’è menio controllo del territorio e il Comune perde gli oneri di urbanizzazione, ovvero le opere pubbliche che il privato era fin qui obbligato a fornire in cambio dell’uso degli spazi cittadini.
GABRIELLA ZIANI
I Verdi: «Ma manca una strategia univoca»
Per i Verdi, che hanno deciso di rendere pubblico il «secretato» Piano regolatore, il documento urbanistico «manca di una strategia complessiva sulla città, fotografa l’esistente e resta ancorato a una visione centripeta, che si occupa del centro storico e trascura le zone periferiche». Lo ha detto ieri il consigliere Alfredo Racovelli che con Alessandro Metz ha prodotto anche un documento sulla «mancata trasparenza» e sulla visione più generale, definita «cristallizzata», ferma al discorso dei parcheggi per auto e moto, senza soluzioni alternative: «Sparita la prospettiva di una metropolitana leggera, inesistente l’ipotesi di introdurre la bici in città. Un Prg che ricalca quello Illy-Cervesi». Infine, aguzze frecciate al Pd, che per martedì annuncia una seconda «pubblicizzazione» del piano: «Parla tanto del Parco del mare, sul Piano regolatore solo schiamazzi in aula...». Ma Fabio Omero, che del Pd è capogruppo, ha già protestato quanto meno sull’occultamento delle carte: «Ci riempiamo tanto la bocca con la ”pianificazione partecipata” e poi arriviamo al paradosso di secretare le commissioni consiliari, non s’è mai visto, con la stessa logica anche le riunioni del consiglio comunale dovrebbero essere secretate, e perfino il bilancio preventivo». Conclude Omero: «Una volta licenziata dalla Giunta la delibera del Piano regolatore deve essere pubblica: informazione significa trasparenza e solo la trasparenza garantisce che indici e zonizzazioni non cambino a seconda degli interessi privati che in simili occasioni si manifestano sempre». Alla conferenza stampa di ieri c’erano il Wwf e alcuni comitati di quartiere, per Roiano e Gretta e per Cologna, preoccupati per piani costruttivi già efficaci, e contestati. Il Wwf: «Questo Prg così pieno di tutele arriva a buoi scappati, fotografa una situazione decisa al di fuori delle norme urbanistiche».
(g. z.)
Da Legambiente 2 vele all'Isola
GRADO Goletta Verde di Legambiente presenta stamane (alle 11, nell’area della diga sul retro del palazzo municipale) “le criticità del mare e delle coste del Friuli Venezia Giulia” mentre ieri si è parlato della Guida Blu di Legambiente con Grado che si è visto assegnare ancora due vele su un massimo di cinque (Lignano ne ha una). «Bene le due vele – afferma Legambiente -, ma ancora molti i ritardi da colmare. È necessario dare uno stop a nuove edificazioni, sfruttare energia solare e adottare la raccolta differenziata porta a porta. Comunque è un risultato incoraggiante per l’amministrazione gradese che vede premiati gli sforzi degli ultimi anni in chiave ambientale. Un risultato che arriva anche in seguito ai passi in avanti fatti in termini di mobilità, con la realizzazione della pista ciclabile che collega il centro di Grado ai Campeggi/Valle Cavanata e con la recente pedonalizzazione delle aree adiacenti al centro storico». Ma ci sono, secondo Legambiente, aspetti che preoccupano come la forte spinta speculativa-immobiliare che negli ultimi anni ha comportato un progressivo abbruttimento del centro urbano, l’abbandono del comune da parte di molti residenti e la crescita delle seconde case mentre perplessità ci sono per il progetto “Valle Cavarera” che prevede nuove importanti edificazioni a fronte di una rilevante quantità di locali invenduti. Grado è l’unico comune della provincia di Gorizia ad aver appena adottato, solo per i commercianti, il sistema di raccolta “porta a porta”, unico sistema in grado di aumentare la raccolta differenziata a livelli superiori al 50%, come dimostrato dai risultati ottenuti nel resto della provincia di Gorizia. «È da qui che bisogna partire per consentire a Grado un’ulteriore crescita in termini di sostenibilità ambientale – commenta Michele Tonzar di Legambiente Friuli Venezia Giulia –. Siamo moderatamente soddisfatti del risultato ottenuto quest’anno da Grado, ma proprio a fronte delle ampie possibilità di crescita non possiamo restare fermi e vantarci di questo riconoscimento». Katia Le Donne, portavoce di Goletta Verde, ha invitato inoltre a predisporre un piano per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici nelle strutture pubbliche. All’incontro di ieri hanno partecipato anche il presidente della Git, Mauro Bigot, l’assessore comunale Giorgio Marin, l’assessore provinciale Mara Cernic e Gloria Gatto di Legambiente del Friuli Venezia Giulia.
(an. bo.)
ZOES ZONA EQUOSOSTENIBILE - MARTEDI', 23 giugno 2009
Quel pasticciaccio brutto dell’Eni in Nigeria -
Valori 68, aprile 2009
Quattro società, tra cui la Snamprogetti dell’Eni,
hanno pagato per dieci anni oltre 180 milioni di dollari di tangenti a
funzionari e politici nigeriani in cambio di licenze e contratti. L’Eni si tira
fuori. Ma Valori ha trovato intrecci da chiarire.
DIECI ANNI DI MAZZETTE, DISTRIBUITE A FUNZIONARI, UOMINI DI PARTITO,
POLITICI NIGERIANI in cambio di contratti da miliardi di dollari. Corruzione
aggravata e reiterata. Con queste accuse, all’inizio di marzo, è finito dietro
le sbarre l’avvocato inglese Jeffery Tesler. Il mandato di cattura è partito
dalla Corte distrettuale di Houston, in Texas, ma altri procedimenti sono stati
aperti dalla Sec (l’autorità di vigilanza dei mercati Usa) e dalle camere penali
di Francia, Nigeria, Gran Bretagna e Italia. Una bomba a orologeria che, nei
prossimi mesi, potrebbe mettere nei guai i manager e i bilanci di quattro
multinazionali dell’energia, tra cui l’italiana Eni
La banda del gas liquido
Tutto inizia nel 1991, quando quattro imprese che fanno infrastrutture per i
giacimenti di gas e petrolio decidono di creare una joint venture per
partecipare ad un bando del governo nigeriano. Lo scopo è quello di portare a
casa la commessa di Bonny Island, un progetto faraonico da sei miliardi di
dollari per costruire impianti di liquefazione del gas nel sud della Nigeria.
La joint venture si chiama TSKJ ed è costituita dalla francese Technip,
dall’americana KBR (allora controllata dall’Halliburton), da Snamprogetti
Netherlands BV, controllata al 100% dall’Eni e registrata ad Amsterdam, e dal
gruppo giapponese JGC. Le attività di TSKJ sono gestite attraverso tre società
off shore, con sede a Funchal, nell’arcipelago di Madeira, al largo delle coste
marocchine. In tutte e tre le società siedono cittadini italiani, rappresentanti
del Gruppo Eni. La terza, in particolare, LNG Servicos e gestao de projectos,
partecipata da Snamprogetti al 25%, sembra essere cruciale per l’esito delle
indagini. Dal conto olandese di LNG Servicos e gestao de projectos sarebbero
infatti partiti tutti i pagamenti più importanti.
Tangenti per tutti i calibri
In termini tecnici si chiamano “EPC contracts” (Exploration, Production and
Concession) e nel caso nigeriano sono quattro, per un totale di sei “treni”: le
infrastrutture necessarie per convogliare il gas naturale negli impianti e
trasformarlo in LNG (gas naturale liquefatto), in modo che possa essere
trasportato nelle navi. TSKJ vuole aggiudicarsi tutti i contratti e non si fa
scrupoli. Agli inizi degli anni Novanta, il Comitato Esecutivo della joint
venture incarica l’avvocato Jeffrey Tesler, di “aiutare TSKJ ad ottenere
commesse in Nigeria”, attraverso “il pagamento di somme di denaro finalizzate
alla corruzione di funzionari e uomini politici nigeriani di massimo livello”.
Così si legge nel testo dell’accusa. Dal 1994 al 2004 Tesler gestisce 130
milioni di dollari. Ma non basta. Bisogna anche foraggiare dipendenti pubblici
di livello più basso. Per questo si sceglie una società di consulenza
giapponese, a cui, dal 1996 al 2004, viene affidato un budget di 50 milioni di
dollari. I destinatari delle tangenti “giapponesi” sono in particolare una serie
di dipendenti della NLNG (Nigeria LNG Limited), una joint venture tra la NNPC
(società petrolifera statale) e Shell, Total e Eni (con il 10,4%). In tutto TSKJ
mette sul piatto 180 milioni di dollari, che Tesler e il consulente giapponese
distribuiscono a pioggia, in un arco di dieci anni. Alla fine gli sforzi vengono
ripagati e la joint venture porta a casa tutta la posta.
Il fallimento della governance
Le vie attraverso cui sono veicolati i soldi sono tortuose, ma l’accusa non
manca di ricostruirle tutte, una per una. Per versare il “budget” di Tesler si
sceglie Tri-Star Investments Ltd, società veicolo con sede a Gibilterra, di cui
Tesler è consigliere di amministrazione. Il denaro parte da un conto olandese di
LNG servicos e gestao de projectos, e finisce, attraverso una banca
corrispondente americana, nei conti che Tesler ha aperto nel Principato di
Monaco e in Svizzera. Da lì le mazzette vengono smistate sui conti svizzeri dei
funzionari africani, oppure sono prelevate in contanti per essere portate «con
valigie e furgoni» in un hotel di Abuja, la capitale nigeriana, dove ad
aspettarle ci sono «membri della NNPC o del partito al potere». Secondo
l’accusa, Tesler e la società di consulenza giapponese avrebbero agito “per
conto di TSKJ, ma anche dei singoli componenti della joint venture”. Come l’Eni,
che – come riportava il settimanale L’Espresso (ottobre 2008) – finora si è
difesa dicendo di essere stata sempre all’oscuro dei pagamenti: i rapporti
isituzionali erano gestiti dalla KBR.
I documenti del registro delle imprese di Madeira, di cui è venuto in possesso
Valori, potrebbero però raccontare un’altra storia. Anzi, potrebbe raccontarla
Antonio Falliti, consigliere in quota Snamprogetti di LNG servicos dal 1999 al
2006. Il 12 dicembre del 2002, mentre è ancora in LNG, Falliti viene infatti
nominato amministratore delegato di Baltoro Participations SA, con sede nel
Lussemburgo, una holding controllata da Rosevara Limited e Sanlux Investments
Limited, due veicoli societari irlandesi, che sono alla base dell’impero europeo
dei magnati messicani del gas Zaragoza Fuentes, proprietari della Zeta Gas.
Indagati per traffico di cocaina negli anni Novanta e per riciclaggio di denaro
a cavallo del 2000, alcuni membri illustri della famiglia Zaragoza Fuentes sono
stati più tardi accusati di corrompere funzionari della compagnia petrolifera di
Stato Pemex, per ottenere licenze. La stessa da cui il Gruppo Eni (attraverso
Saipem) ha ottenuto, alla fine del 2005, un contratto per l’installazione a mare
di sei piattaforme per l’estrazione di petrolio nella Baia di Campeche, in acque
territoriali messicane. La storia si ripete.
Oppure è tutta un’altra storia. Lo scopriremo presto.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 22 giugno 2009
Traffici per tre miliardi di euro: ecco il bottino delle zoomafie
Nel rapporto 2009 pubblicato dalla Lega antivivisezione, le attività illecite e il fatturato della criminalità organizzata. Sfruttamento degli animali, contrabbando, assalto al mare. Le principali novità
TRE miliardi di euro. E' il fatturato delle cosche della
criminalità organizzata specializzate nello sfruttamento degli animali. Il dato
emerge dal rapporto Zoomafia 2009 della Lega anti vivisezione, curato da Ciro
Troiano: una pubblicazione che da dieci anni analizza l'andamento di queste
attività illecite. Ecco le principali novità.
Cavalli e scommesse clandestine. E' un pezzo consistente della zoomafia, circa
un terzo del fatturato complessivo. Nel 2008 il numero delle corse clandestine
bloccate dall'intervento degli agenti è raddoppiato passando da 8 a 16.
Aumentato anche il numero delle persone denunciate (296 contro le 261 dell'anno
precedente) e dei cavalli sequestrati (147 contro i 114 del 2007). Molti dei
cavalli sequestrati erano stati sottoposti a dosi massicce di sostanze vietate
(dalla cocaina agli anabolizzanti passando per il viagra). Sostanze proibite che
con buona frequenza vengono utilizzate anche nel circuito delle corse normali.
Cresce anche il numero dei cavalli rubati (5 mila all'anno secondo alcune stime)
e quello delle corse clandestine che avvengono in condizioni di grave rischio
per gli animali, in strade bloccate illegalmente al momento della partenza dei
cavalli.
Traffico di cani. Con 14 milioni di cani e gatti l'Italia detiene il primato
europeo degli animali da compagnia. Un bacino potenziale straordinario per la
zoomafia che ha aumentato la sua attività: sono circa 500 mila i cani importati
illegalmente ogni anno dai paesi dell'est e venduti a prezzi elevati spacciando
falsi pedigree.
Alti anche i proventi dei canili che tengono gli animali in condizioni disperate
arrivando a incassare due milioni e mezzo di euro l'anno per mille cani.
Biopirateria. Tra i 40 milioni di animali che vivono nelle case degli italiani
si contano 30 mila tartarughe, 3 mila grossi felini (leoni, pantere, leopardi) e
altre specie protette introdotte illegalmente. Il nucleo operativo della Cites
(la convenzione per la protezione delle specie in via di estinzione) solo nel
gennaio 2008 all'aeroporto di Torino ha recuperato 2 zanne di avorio, 7 corna di
cervo, un'iguana e un coccodrillo imbalsamati, 4 pelli di coccodrillo, 3 pelli
di varano, 2 pelli di elefante, 28 pezzi di avorio lavorato. Complessivamente il
traffico illecito di fauna esotica protetta frutta 500 milioni di euro l'anno.
La "cupola" del bestiame. Sono 100 mila gli animali rubati ogni anno dagli
allevamenti. Per fronteggiare la crescente pressione dell'illegalità
organizzata, nel 2008 sono stati sequestrati beni e animali per un valore pari a
206 milioni di euro. Con le 20 mila tonnellate sequestrate dai Nas nella lotta
contro le sofisticazioni alimentari si potrebbero riempire 1.270 camion per il
trasporto degli alimenti. Il reparto più colpito (un terzo del totale) è il
settore delle carni e degli allevamenti.
L'assalto al mare. Il saccheggio del mare (traffico di datteri di mare e ricci,
spadare, pesca illegale) vale 300 milioni di euro l'anno.
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 giugno 2009
Gli abitanti di via Giusti: «No ad altre costruzioni,
ci portano via il bosco» - PROGETTO PER CENTO ALLOGGI
Quesito da un milione di euro: come riuscire a far
transitare camion e betoniere necessari a costruire delle nuove case quando
l’unica via d’accesso alle nuove aree cantierabili risulta essere una sorta di
viottolo impervio e scalcinato che raggiunge una larghezza massima di 2 metri e
36 centimetri? È questa solo una delle domande che non hanno ricevuto né
risposta né approfondimento durante la seduta del Terzo consiglio
circoscrizionale, impegnato a esprimere un parere per il rilascio della
concessione edilizia di un nuovo lotto di costruzioni che riguarda il fondovalle
roianese solcato dal Rio Martesin. L’area verde, che si trova incastonata tra la
collina di Monteradio e quella di Scala Santa, sarà interessata a breve da un
imponente intervento edilizio diviso in tre lotti. Qualcosa come 30.000 metri
cubi di cemento e mattoni che dovrebbero sostanziare almeno un centinaio
appartamenti in un comprensorio dalle caratteristiche rupestri e scoscese in
presenza di terreno “fragile”, quelle marne e quel flysch che, silenziosamente e
inesorabilmente scivolano sempre più a valle per l’inevitabile forza di gravità.
La seduta del parlamentino è stata seguita da un gruppo di residenti di vicolo
Rio Martesin e di via Giusti, preoccupati per la sorte dell’ultimo polmone verde
del rione. Se i tre nuovi lotti di edilizia residenziale andranno in porto –
sospiravano i cittadini – addio bosco, viti e terrazzi, addio soprattutto al
paesaggio globale dell’ameno fondovalle, quello che qualcuno, con una certa
ironia, ha descritto come la villeggiatura “stanziale” degli anziani, dei più
piccoli e di tutti coloro che non hanno soldi per possedere un giardino.
«Alla luce del recente e grave smottamento accaduto in un cantiere di via Monte
Valerio – ha spiegato il residente Luciano Sinico – temiamo fortemente per la
stabilità degli edifici di via Giusti e dintorni. Cento nuovi appartamenti non
sono uno scherzo, e mi chiedo se le due colline che ci circondano riusciranno a
resistere a un assalto del genere». «Dire che siamo tramortiti è poco – ha
osservato Rosario Formica, un altro residente di via Giusti – anche perché a suo
tempo il sindaco e la circoscrizione ci avevano assicurato che la vallata non
sarebbe stata violata. Ora a chi dobbiamo credere?».
Di fronte alle apprensioni e agli interrogativi dei cittadini, il Consiglio
Circoscrizionale ha liquidato velocemente la questione con un parere negativo a
maggioranza al nuovo lotto nonostante la richiesta del consigliere azzurro
Fabrizio Frandoli, condivisa dai colleghi Ledi, Giovannini e Ambroset di
sospendere il giudizio per richiedere ulteriore documentazione al riguardo. «Il
parlamentino ha perso un’occasione per approfondire un progetto complessivo che
prevede la realizzazione di una sorta di nuovo quadrilatero di Rozzol Melara
nell’ultimo lembo verde di Roiano. Anche il sindaco – ha affermato il presidente
della quarta commissione consigliare comunale Lorenzo Giorgi – è seriamente
preoccupato per questi nuovi lotti. Stiamo rischiando di sacrificare una valle
intera».
Maurizio Lozei
Dobbiamo salvare il verde di Trieste dalle brame dei
palazzinari
L'ex sindaco Illy aveva previsto per la città di Trieste
uno sviluppo demografico fino a cinquecentomila abitanti, creando a misura un
piano regolatore di continua espansione, mentre a distanza di soli dieci anni
esso manifesta che la stima fu completamente sbagliata. Non solo non esiste
aumento demografico, ma un continuo calo: l'ottanta per cento della popolazione
della città è composto da persone anziane al di sopra dei sessant'anni, che
spesso vivono in condizioni precarie di sopravvivenza. Le famiglie giovani
disagiate aumentano a dismisura poiché non riescono con i loro miseri e
traballanti stipendi a pagare gli affitti e pertanto aumentano le richieste di
alloggi popolari.
Con la mancanza di fondi gli enti pubblici cercano di recuperare l'esistente e
renderlo a regola delle norme di sicurezza. In caseggiati semivuoti i pochi
anziani rimasti, dopo una vita passata tra le quattro mura che hanno visto
nascere, crescere la loro famiglia, vengono sfrattati e nelle migliori
opportunità cambiati di appartamento, zona, tessuto sociale, sradicando amicizie
e abitudini, che spesso li portano alla depressione e alla morte precoce.
Una città con traffico caotico, con uno degli indici dei sinistri più alti
d'Italia, dove la fa da padrone l'inquinamento. Una camera a gas tra Ferriera e
autoveicoli, ventilata dalla nostra provvidenziale bora, che una volta ci
portava le radiazioni di Cernobyl, e adesso ci pulisce l'aria dallo smog e dalle
polveri sottili e ci permette di scorrazzare con gli autoveicoli e inquinare
senza problemi.
Piani per la riduzione del traffico, parcheggi di scambio, utilizzo delle
metropolitane leggere che a Trieste potrebbero collegare l'altopiano, Muggia, e
creare un anello circolare attorno alla città ci sono, ma vengono inutilizzati.
Per quanto riguarda il territorio, la città viaggia tra l'indifferenza dei
cittadini, che mugulano ma poi in realtà lasciano che tutto proceda per il suo
corso. Il piano regolatore fatto dal sindaco Illy, dopo i due mandati della
destra, con il sindaco Dipiazza è ancora vigente. Tutti lo recriminano, ma poi
in realtà continua l'incremento edilizio.
Capito che Trieste non decolla né demograficamente né industrialmente, che non
possiede territorio, che possiede circa diecimila appartamenti sfitti o da
ristrutturare, perché non si pone atto rapidamente al nuovo piano regolatore,
bloccando in tutti i rioni le costruzioni inutili?
Sono di questi giorni gli scempi di San Giovanni, del Cubone delle Suore
Orsoline in Gretta, visibile per la sua bruttezza da piazza Unità d'Italia,
della imminente cementificazione dei versanti di Gretta e Roiano dove le vetture
andranno a gravitare sul vicolo Rio Martesin e la via Giusti, apportando
ulteriore traffico a Roiano centro. Simile sorte toccherà alla piana di Monte
Radio, dove sono in fase di dismissione le antenne Rai. E che dire della
vergognosa tappezzatura della via Commerciale, del vicolo delle Rose, di San
Giovanni, Opicina, Trebiciano, Villa Carsia, Basovizza!
I piani paesaggistici, i vincoli non servono assolutamente a nulla: sono solo
pane per i professionisti della ciacola.
Regione, Provincia, Comune non sono esenti da responsabilità, permettendo tale
andazzo.
Il nostro sindaco Dipiazza che vuole essere «uno in mezzo a noi», che ha assunto
ad «interim» la delega dell'assessorato all'urbanistica, agisca con tempestività
dove ancora è possibile salvare la città. I costruttori acquistano terreni
agricoli e poi pretendono di tramutarli in costruibili. Questa è una scusa che
permette loro di fare quello che vogliono. Giardini, zone agricole, boschi,
prati non devono più essere tramutati in zone costruibili nel nuovo piano
regolatore.
Barbara Gerusina
IL PICCOLO - SABATO, 20 giugno 2009
Piazza Libertà, il Comitato riprende la battaglia - «Il
Comune non ci fa vedere il progetto, raccogliamo altre firme per salvare gli
alberi»
REPLICA L’ASSESSORE BANDELLI: «VERRA’ INDETTA
UN’ASSEMBLEA PUBBLICA»
«L’assessore Bandelli ha di recente annunciato che al progetto di
riqualificazione di piazza Libertà si stanno apportando modifiche rispetto a
quello preliminare approvato dal Consiglio comunale il 30 maggio 2008. Abbiamo
tentato di capire di cosa si tratta e chiesto di visionare il progetto, ma dal
Comune abbiamo ricevuto solamente ripetuti silenzi. È anche per questo che siamo
scesi in piazza di nuovo contro l’abbattimento degli alberi secolari di piazza
Libertà. Fino ad oggi abbiamo raccolto 10 mila firme e non ci fermeremo».
Questo il grido lanciato dal Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza
Libertà (composto da numerosi cittadini, con il supporto dell’Associazione
orticola del Fvg “Tra fiori e piante”, di Wwf, Italia nostra, Lav e Gruppo Beppe
Grillo Trieste), che ha dato il via a una seconda tranche di raccolta firme. «Il
nostro obiettivo è quello di continuare la campagna di sensibilizzazione –
spiega Alessandra Chermaz, del comitato - Si tratta di una questione molto
sentita come dimostrano le migliaia di firme raccolte, ma anche le numerose
telefonate che riceviamo. Il problema è che dall’amministrazione comunale non
arrivano notizie certe». Da qui la decisione del comitato di tornare nuovamente
alla “guerra dei banchetti” (i prossimi due venerdì in via San Lazzaro angolo
via delle Torri dalle 17.30 alle 19.30).
Rimanda al mittente tutte le accuse l’assessore ai Lavori pubblici Franco
Bandelli, che spiega: «Il progetto di riqualificazione di piazza Libertà è in
fase di evoluzione e vi si stanno apportando piccole migliorie. Un esempio?
Inseriremo, nell’area pedonale fronte stazione, una corsia di emergenza per i
mezzi pubblici. Per tutte le altre modifiche, che non intaccano comunque
l’ossatura del progetto approvato in Consiglio comunale, rimando al momento in
cui avremo la versione definitiva, durante l’estate. Quando il progetto sarà
ultimato e avrà ottenuto tutti i pareri necessari, come quello della
Soprintendenza, e prima di appaltare l’opera – aggiunge l’assessore – indirò
un’assemblea pubblica».
Il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli non molla la presa e
ribatte: «Ho insistito, ma ho solamente potuto visionare il progetto negli
uffici senza ricevere una copia, come spetterebbe a ogni membro dell’aula
consiliare». Arriva anche qui la replica secca del responsabile dei Lavori
pubblici: «Il Consiglio comunale ha già approvato ciò che rientra nelle sue
competenze: il progetto di variante urbanistica. A iter ultimato, invece,
l’approvazione definitiva spetterà esclusivamente alla giunta. Non sussistono
ulteriori passaggi obbligatori in aula».
Elisa Coloni
Costa: a rischio i fondi per il Corridoio 5, il governo
decida
IL PRESIDENTE DELL’AUTHORITY VENEZIANA LANCIA L’ALLARME
DI FRONTE AGLI OPERATORI DI LOGISTICA E TRASPORTI
Maresca (Compagnia di Monfalcone) insiste: «I grandi traffici viaggiano verso
Genova e Rotterdam, non per Trieste»
VENEZIA Abbattere le resistenze, togliere i freni, accelerare la costruzione
di una rete transeuropea di trasporti efficiente, sicura e socialmente
rispettosa dei lavoratori. Il futuro della politica dei trasporti in Europa
passa dal Nordest, che deve portare all’attenzione del Parlamento europeo le sue
richieste in termini di sviluppo delle infrastrutture. Una prima sfida è già
sulla carta: il Corridoio ferroviario 5 da Lisbona a Kiev. Ma il percorso tra
Mestre e Trieste è ancora in via di definizione, gettando dubbi sul
finanziamento di 30 milioni di euro, che la Commissione Europea ha stanziato nel
2004.
Nel corso del convegno «Il futuro della politica dei trasporti in Europa –
2009-2014», che si è tenuto ieri a Venezia, si sono confrontati i maggiori
esperti in tema di trasporti e Paolo Costa, presidente dell’Autorità Portuale di
Venezia ha assicurato che i fondi europei sono al sicuro: «Il problema sarà
recuperare il resto dei finanziamenti dal Governo italiano, che devono coprire
almeno l’80% dei costi di realizzazione». Per Maurizio Maresca, di recente
nominato alla presidenza della Compagnia portuale di Monfalcone, questo sforzo
potrebbe rivelarsi una perdita di tempo e di risorse: «I due corridoi ferroviari
significativi e fondamentali per i traffici dovrebbero essere il
Genova-Rotterdam e Ronchi-Tarvisio. In ogni caso, il percorso del Corridoio 5
per il Fvg dovrebbe passare per Gorizia e non per Trieste».
Maresca parla anche di «grave ritardo nello sviluppo della logistica europea»:
«I porti sono inconsistenti e l’Europa, ora, deve agire su due livelli: prima di
tutto deve varare norme forti e promuovere una disciplina unitaria per la
gestione dei i porti-corridoio. In secondo luogo, deve individuare, in Italia 3
o 4 porti-corridoio fondamentali. Penso a Genova-Savona e
Venezia-Monfalcone-Trieste».
SILVIA ZANARDI
RIGASSIFICATORE - Critiche infondate
Rispondo alla segnalazione su Il Piccolo di Trieste
dell'8/6 us. a firma del signor Lorenzo Novello che, in modo confuso, risponde
ad un mio pubblico attacco al Sindaco di Muggia Nerio Nesladek, del quale
criticavo il comportamento tenuto nella Seduta di Comitato del Porto che, per
oggetto, aveva la stipula degli accordi sul nuovo P.r.p.
Spazziamo immediatamente il campo da ogni possibile fraintendimento: per il
Comitato di Salvaguardia del Golfo di Trieste, io opero in qualità di addetto
stampa e, in questa specifica veste, ho l'obbligo di segnalare tutto ciò che in
merito agli impianti ritenuti pericolosi (non solo da me: i rigassificatori
figurano nell'elenco del Ministero dell'Ambiente come particolarmente
pericolosi) che tentano di aggredire lo scarso territorio che ci è rimasto con
lo sviluppo di attività ad alto rischio e, soprattutto, senza il rispetto delle
leggi nazionali e comunitarie che tali attività regolano.
Devo dirle, inoltre, che del mio intervento lei ha capito quello che voleva:
cioè nulla! Prima di parlare corre l'obbligo di prestare un minimo di attenzione
alle parole che sono state scritte. Vi avrebbe letto (a metà della prima colonna
del mio intervento) che la maggioranza dei consiglieri comunali di Muggia, ma
anche la maggior parte degli ambientalisti che operano sul territorio, erano
d'accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo Piano. (Sa cosa significa
pronunciamento positivo?) Ciò che, viceversa, non ha trovato coesione nemmeno
quando il Sindaco Nesladek, esponendo una sua teoria ricca di utopia, è stato
quando ha tentato di convincere il Consiglio alle sue ragioni. Quelle sue
ragioni, purtroppo per lei e per il sindaco che difende a spada tratta, non solo
non sono state accolte, ma nelle motivazioni di chiusura del Verbale consiliare
(apra bene le orecchie signor Novello), è stata deliberata la seguente mozione:
3. Di dare mandato al Sindaco, quale componente del Comitato Portuale, di agire
con ogni mezzo, compreso se necessario il voto contrario all'adozione del Piano
Regolatore Portuale, qualora non venisse rivista la zonizzazione del polo
energetico in modo da impedire la possibilità di realizzare rigassificatori di
Gnl o depositi di Gpl.
La delibera contenente il precisato punto 3, è stata dichiarata immediatamente
eseguibile ai sensi dell'articolo 1, comma 19, della L.R. 11. 1203 n°21, con
l'approvazione della maggioranza del Consiglio, specie di quella parte che
sostiene il Sindaco Nesladek.
Orbene, il Sindaco Nesladek, come uomo di rappresentanza delle Istituzioni
locali, in Comitato Portuale avrebbe dovuto eseguire alla lettera il mandato
ricevuto. Era un suo preciso dovere etico, morale e giuridico. Doveva chiedere
soltanto se il Comitato Portuale avesse o meno l'intendimento di togliere dal
Piano ogni e qualsiasi riferimento al Polo energetico. Se non fosse stato in
grado di veder soddisfatta la sua richiesta, gli rimaneva un'ultima e definitiva
mossa che gli era stata assegnata, in via fiduciaria, dal Consiglio Comunale di
Muggia: esprimere voto contrario all'adozione del Nuovo Piano Regolatore
Portuale. Punto! Tutto il resto che lei mi ha scritto è assolutamente privo di
interesse per me e di nessun valore giuridico. Gli uomini che vengono chiamati a
rappresentare i cittadini dai quali vengono eletti, dovrebbero avere a cuore
legge, diritto e Costituzione. Solo su queste basi di impegno morale, uno può
agire ed essere anche difeso nel caso in cui commettesse errori in buona fede.
Scegliendo strade di personali convincimenti per soluzioni immaginarie ;
eludendo perfino i mandati ricevuti, non si va da nessuna parte.
Per tutte le sciocche insinuazioni che lei vorrebbe attribuirmi in chiave
pseudo-politica, peggio di così non poteva cadere, perché chi mi conosce sa
perfettamente quanto io sia refrattario a qualsiasi ideologia politica.
Giorgio Jercog - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 19 giugno 2009
Il ”Miani” in Regione senza appuntamento - DELEGAZIONE
RESPINTA
Senza appuntamento non si entra. Un destino ricorrente
quello del Circolo Miani - associazione che da anni si batte per la chiusura
della Ferriera di Servola - che ieri con una trentina di aderenti si è
presentato in piazza Oberdan per avere un colloquio con i capigruppo del
Consiglio regionale. Gli uscieri hanno chiamato gli uffici e la risposta è stata
un secco no «perché non avete preso preventivamente appuntamento». La stessa
sorte era capitata ai componenti la settimana scorsa, quando il ”Miani” aveva
tentato la sortita in piazza Unità d’Italia, per incontrare il presidente della
giunta, Renzo Tondo, anche in quel caso senza appuntamento. Il responso era
stato identico: non si passa. L’unico a dare ascolto ieri ai presenti è stato il
consigliere regionale Igor Kocijancic che ha promesso l’interessamento per un
futuro appuntamento.
Sebenico, iniziata la produzione di energia eolica -
FASE SPERIMENTALE DI UN MESE
FIUME Poco a Sudest di Sebenico, in località Grebastica, a
pochi chilometri dalla linea di costa, la seconda centrale eolica di questa
regione dalmata ha cominciato a immettere in rete i primi kilowatt di energia
elettrica ricavati dall’utilizzo della forza del vento. L’impianto, che si
compone di 11 generatori, ha cominciato una fase di collaudo della durata di
circa un mese. Il secondo «parco eolico» della regione sebenzana ha una potenza
installata pari a 9,6 megawatt. Secondo la scheda tecnica, una volta in funzione
a pieno regime la nuova centrale eolica dovrebbe fornire al sistema distributivo
nazionale circa 24 gigawattore di corrente (ossia 24 milioni di kilowatt).
La batteria di generatori è dislocata in posizione sopraelevata, sull’altura di
Orlice, appena qualche chilometro a Nord della Litoranea adriatica, all’incirca
a metà strada fra Sebenico e Capocesto (Primosten). A realizzare il progetto è
stata la ditta EnerSys, con sede a Ragusa (Dubrovnik) ma che ha praticamente
fatto da tramite per un investimento di capitale tedesco. «Made in Germany» è
anche l’intera filiera tecnologica installata nei pressi di Grebastica.
L’ammontare dello stanziamento è di circa 12 milioni di euro. Per potenza
installata, la Centrale eolica di Monte Orlice è solo di poco inferiore a quella
già operativa in zona Trtar-Krtolica, sempre nella stessa regione centrodalmata
e sempre con tecnologia e capitale tedesco, che annovera un «filare» di 14
generatori (11,2 Mw) e che, dalla sua entrata in funzione, in quasi tre anni ha
fornito alla rete di distribuzione elettrica poco meno di una novantina di
milioni di kilowatt.
Entrambe le centrali sono state realizzate in piena conformità alle norme del
nuovo quadro legislativo sull’utilizzo delle fonti energetiche alternative.
Norme secondo le quali entro la fine del 2010 in Croazia tali fonti dovrebbero
sopperire ad almeno il 4% dell’intero fabbisogno nazionale di corrente
elettrica. Sempre in quanto a fonti alternative, fin qui il maggiore impianto
eolico resta quello in funzione alle spalle di Segna, i cui 14 generatori hanno
una potenza installata pari a 42 Mw. Anche in questo caso la tecnologia è della
Wallenborn GmbH, un’industria tedesca, cui ha fatto da tramite per l’appoggio
«logistico» la rovignese «Valalta». Il «parco eolico» di Segna, installato in
zona Vratarusa, sul versante Sud della catena montuosa del Velebit e che
s’inerpica da 500 a 840 metri di quota, dovrebbe presto ottenere altri 8
generatori (anche questi con eliche tripala su piloni di 80 metri) con i quali
il potenziale installato salirebbe a circa 62 Mw, diventando così il maggiore
impianto del genere nel Sudest Europa.
(f.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 giugno 2009
Ferriera, l’altoforno in fase di riaccensione -
Dimezzato il numero dei lavoratori in cassa: adesso sono cento
Torna a produrre ghisa la Ferriera di Servola. L’altoforno
numero 3 è già entrato in fase di preriscaldamento. «Prima della fine del mese
vi sarà la prima colata», hanno annunciato due rappresentanti di fabbrica:
Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Ciò ha tolto un po’
di rabbia ai lavoratori. La seconda tranche di cassa integrazione, partita
lunedì e che si protrarrà per tredici settimane, si preannuncia meno dura della
prima. Sono un centinaio attualmente (su 520 dell’organico complessivo) i
lavoratori costretti a rimanere a casa rispetto ai 200-250 in ”cassa” o in ferie
obbligate fino alla settimana scorsa.
«Tornano finalmente al lavoro quelli dell’altoforno - spiega Palman - finora i
più duramente colpiti dalla crisi e tra pochi giorni si rimetterà in funzione
anche la macchina a colare, il che richiederà altre presenze nello stabilimento.
Il fatto che la ”cassa” sia limitata a un centinaio di persone permette di fare
rotazioni più ampie e di ridurre il salasso economico per i dipendenti e per le
loro famiglie». Anche da questo punto di vista la situazione però resta
difficile (chi è in ”cassa” percepisce circa 750 euro al mese) e come riferisce
Salvaneschi molti operai, almeno una trentina, per poter tirare avanti hanno
chiesto un anticipo del loro Tfr.
L’operazione di accensione dell’altoforno (precedentemente funzionava l’altro,
poi bloccato perché non a norma) è lunga e delicata. Verrà fatto funzionare solo
a mezzo regime data la grave crisi che il mercato della ghisa continua ad
attraversare. «Una situazione questa che potrebbe protrarsi per tutto l’anno -
sottolinea Palman - ma se finalmente si tornerà al ritmo pieno il numero di 470
dipendenti in organico prospettato dall’azienda rischia di rivelarsi
insufficiente».
La Lucchini ha annunciato che non rinnoverà il contratto ai 50 lavoratori
assunti a termine, portando di conseguenza l’organico da 520 a 470 persone.
Contro questa decisione l’Ugl effettuerà oggi alle 17.30 un volantinaggio in
piazza Unità. Si è però aperta una trattativa con l’intento di ”barattare” il
maggior numero possibile di lavoratori a termine con altrettanti a meno di tre
anni del pensionamento che potrebbero andarsene in mobilità con un’integrazione
economica messa a disposizione dall’azienda. Anche di questo si parlerà
nell’incontro a cui parteciperanno i segretari confederali dei sindacati e i
vertici aziendali venerdì 26 giugno nella sede di Assindustria.
(s.m.)
Il piano rifiuti arriva all’esame della giunta
TRIESTE Il progetto di Piano regionale dei rifiuti è
all’ordine del giorno della seduta odierna di giunta. Il documento, proposto
dall’assessore Vanni Lenna, fa il punto della situazione sul tema della raccolta
e dello smaltimento dei rifiuti e rappresenta un passaggio significativo
nell’adozione del piano che, secondo l’assessore, sarà approvato entro la
primavera del prossimo anno. L’esecutivo regionale sarà chiamato anche ad
approvare un riparto da 1,5 milioni di euro a favore delle associazioni
sportive: si tratta di una seconda tranche di risorse a favore di quelle realtà
che non hanno trovato posto tra le «top 50» finanziate ad aprile dall’assessore
Elio De Anna.
Rigassificatore, la Croazia in corsa per superare
Trieste - PRESSIONI SU SANADER
FIUME La settimana prossima il governo croato dovrebbe
prendere una decisione sui termini di costruzione e consegna del rigassificatore
che sorgerà a Castelmuschio (Omisalj), nella parte settentrionale dell’ isola di
Veglia. La conferma è arrivata a Fiume per bocca di Michael Mertl, direttore
generale del consorzio Adria Lng, al quale è stata affidata la costruzione e
gestione del terminal metanifero isolano.
Mertl è intervenuto nella presentazione del progetto del rigassificatore
vegliota, avutasi nella sede della Camera d’economia regionale di Fiume: «L’
esecutivo del premier croato Ivo Sanader dovrebbe agire in tempi brevi – ha
affermato Mertl – poiché in questi giorni si assumono le decisioni relative al
terminale Lng a Trieste. Il megaimpianto triestino potrebbe rappresentare per
noi un pericoloso concorrente, ma se il governo di Zagabria reagirà la settimana
prossima come dovrebbe, allora saremo in vantaggio». Secondo Mertl, se non ci
saranno gravi battute d’arresto, il rigassificatore di Castelmuschio dovrebbe
diventare operativo nella seconda metà del 2014, movimentando annualmente sui 10
miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Nella seconda fase, si dovrebbe passare invece a 15 miliardi di metri cubi all’
anno. E’ un progetto da 800 milioni di euro, investimento che toccherà il
miliardo di euro assieme all’ edificazione del gasdotto. L’ appuntamento alla
Camera d’ Economia conteale a Fiume è stato promosso da Adria Lng, il consorzio
composto dalla francese Total, dall’ austriaca Omv, dalla slovena Geoplin e
dalle tedesche Rwe ed E. On Ruhrgas. Nel capoluogo quarnerino – montano, si è
parlato soprattutto delle opportunità delle aziende croate nel partecipare alla
realizzazione dell’ ambizioso progetto energetico. Per tale motivo, i
rappresentanti di una trentina di imprese fiumane e del resto della Croazia
hanno prestato particolare attenzione alle parole di Mertl e di David Marriott,
consulente ed esperto internazionale nel settore.
«La presenza delle aziende croate – ha dichiarato Marriott – sarà decisiva nel
porre in essere il rigassificatore, sia nella struttura societaria di Adria Lng,
sia nell’ approntamento del terminal». Confermato che, rispettando la prassi per
investimenti di questa portata, alla fine del 2010 o all’ inizio del 2011 il
consorzio sceglierà con concorso internazionale l’ Epc, cioè la persona che
dovrà anche scegliere i subappaltatori.
Andrea Marsanich
Piano regolatore, le scuse di Dipiazza non reggono: se
si vuole, «se pol»
E veramente degna di miglior causa - e anche un po'
patetica - l'ostinazione con cui il sindaco Dipiazza ripete, da anni, che la
colpa di tutti gli scempi edilizi a Trieste è del piano regolatore del '97 (cioè
quello di Illy), e che lui ed i suoi non potevano «impedire ai proprietari dei
terreni di costruire, pena denunce e sanzioni».
Lo ha ripetuto, Dipiazza (v. Il Piccolo del 5 giugno scorso), in risposta alle
rimostranze degli abitanti di Roiano, allarmati per il mega-progetto che prevede
nuove edificazioni residenziali in via Giusti e nell'area dell'ex centrale
elettrica, accanto al rio Martesin.
In realtà, la giurisprudenza amministrativa ha ampiamente confermato proprio
l'opposto, e cioè che un Comune può modificare il proprio piano regolatore in
qualsiasi momento e che non esiste alcun «diritto edificatorio» dei privati,
neppure in presenza di piani attuativi già approvati.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (la n. 2418 del 10 gennaio 2009) lo
ha ribadito per l'ennesima volta, concludendo così - a favore del Comune di
Perugia - un contenzioso aperto proprio da uno di quei ricorsi dei privati, che
tanta paura pare facciano invece al sindaco di Trieste.
Si aggiunga che da molti anni il Wwf ed altre associazioni ambientaliste,
insieme a diversi comitati di cittadini, cercano di far entrare questo concetto
nelle menti degli amministratori cittadini, proprio in considerazione delle
scelte scellerate contenute nel piano regolatore illyano.
I quali amministratori, peraltro, ne hanno avuto di tempo, per rivedere tali
scelte (Dipiazza è sindaco dal 2001...).
Così come non mancavano certo le motivazioni: grande valore ambientale e
paesaggistico di molte aree dichiarate edificabili, mancanza di adeguata
viabilità e perfino di fognature (è il caso di via Giusti ma anche della
totalità delle edificazioni previste in costiera), e così via.
È inevitabile perciò concludere che, se le previsioni del piano regolatore sono
rimaste invariate dal '97 ad oggi, è perché così hanno voluto sia Illy ed i
suoi, sia Dipiazza e la sua maggioranza.
Inutile ed anzi puerile, quindi, che il sindaco cerchi di nascondersi dietro il
«no se pol», perché in realtà «no se vol». Lo si era visto, peraltro, anche due
anni fa, in occasione della delibera di direttive per la variante al piano
regolatore: era quella infatti l'occasione per rimediare - sia pure in ritardo -
agli scempi urbanistici venturi.
Sindaco e Consiglio comunale si sono però piegati alle pressioni del mondo
dell'edilizia e della speculazione immobiliare e la variante che uscirà da
quelle - debolissime - direttive non modificherà nulla di sostanziale rispetto
al piano vigente.
Bene sarebbe perciò, da parte di Dipiazza, smettere di prendere in giro i
cittadini, ripetendo informazioni infondate e fuorvianti, utili soltanto a «insempiar
la gente».
Dario Predonzan - Direttivo regionale Wwf Friuli Venezia Giulia
URBANISTICA (1) - Colate di cemento
Finalmente è arrivato il piano casa voluto dal Presidente
del Consiglio Berlusconi anche in regione. Soddisfatta della legge, l'assessore
regionale Seganti, da sempre attenta al problema casa, elogia la nuova legge,
che a suo dire in particolare per le zone di periferia dove le case sono brutte
e in degrado, verranno ristrutturate con gli incentivi per poter ammodernare
ingrandendo, utilizzando le fonti energetiche alternative ecologiche.
La legge così, porrà anche limiti alle cementificazioni di nuove zone verdi, che
verranno conservate ad uso e consumo delle future generazioni.
Sa l'assessore Seganti che la zona di Via Giusti, Vicolo Rio Martesin a Tieste è
interessata da un mega progetto edilizio che nulla lascerà alle future
generazioni se non lo squallore della fotocopia della Via Commerciale?
E allora si attivi prima che sia troppo tardi.
Dario Ferluga
URBANISTICA (2) - Una via da salvare
C’è a Trieste una strada, non proprio una strada, forse
una stradina, anzi più precisamente si tratta di un vicolo, vicolo Rio de
Martesin «fondovalle incastonato fra Tersenico (Monteradio) e Scalasanta». La
strada scende stretta tra le case per arrivare infine ad un ponte, questo è
l’ultimo punto in cui è possibile vedere il patok, torrente Carbonara-Martesin.
Il luogo racconta ancora di un passato rurale, un passato fatto di serre per i
fiori, di orti e di pastini coltivati, di quando ancora si camminava per i
sentieri, i «clanz» a fianco di muretti a secco e scale in pietra. Questo luogo
merita sicuramente un visita anche perché pare che presto cambierà aspetto. Il
bosco confina con i pastini proprio come doveva apparire una volta la via
Commerciale, che vista adesso...
La questione che volevo porre alle persone più qualificate, o a chiunque abbia
voglia di rispondere, è perché si debba rovinare qualcosa di bello e anche molto
particolare, potrei azzardare di interesse naturalistico! Se ho capito bene il
sindaco Dipiazza dichiara di avere le mani legate di fronte al precedente piano
regolatore voluto da Illy, e soprattutto di fronte alla minaccia di un’eventuale
causa legale da parte della proprietà che intende costruire. I consiglieri della
terza circoscrizione si sono sempre detti contrari anche se un po’ imbarazzati
per il giudizio non vincolante delle loro riflessioni. E allora? Tutti contrari
nessun favorevole. Contrari lo sono sicuramente i residenti, contrari (almeno a
parole) i consiglieri, contrario anche il sindaco e i favorevoli? La mia non
vuole essere una polemica sterile né intende indagare il curioso rapporto
economico-politico alla base di queste decisioni: vuole essere soltanto una
proposta per migliorare il rapporto tra il Comune e i suoi cittadini, almeno per
gli aspetti riguardanti la comunicazione e la trasparenza. Si può anche decidere
che effettivamente certe zone andrebbero prese in considerazione con progetti
specifici, penso ai contributi per il ripristino dei pastini, alla tutela della
aree boschive, alla salvaguardia dei torrenti con i loro ecosistemi, ma anche ai
parchi di quartiere e a tutte quelle misure per salvaguardare il nostro
bellissimo territorio. Forse, alla luce dei recenti smottamenti che hanno
interessato diverse zone della città, si potrebbero rivedere gli indici di
edificabilità in certe zone, considerare l’impatto ambientale delle costruzioni
nel contesto del luogo, e perché no, valutarne l’estetica. Ma questo è compito
dei tecnici, come cittadino residente in una zona interessata ad un prossimo
intervento mi piacerebbe sapere almeno cosa succede e quale vantaggio avrà la
città di Trieste dalla progressiva scomparsa delle sue zone verdi.
Giorgio Bragagnolo
COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - Udine, 17 giugno
2009
100 NUOVE DERIVAZIONI IDRAULICHE LASCERANNO IN SECCA I
NOSTRI FIUMI PIÙ BELLI
L’energia idroelettrica è in Italia e anche in FVG la
più importante delle energie rinnovabili. In Regione la produzione copre il 12%
del fabbisogno totale di energia elettrica.
Gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (certificati
verdi e conto energia) hanno determinato condizioni di forte redditività anche
per questo tipo di impianti e quindi si sono moltiplicate le richieste per
ottenere le autorizzazioni alle derivazioni dai corsi d’acqua.
Pare che oggi siano giacenti in Regione 100 domande di nuove derivazioni
richieste prevalentemente da imprenditori privati. Ogni autorizzazione viene
trattata con una procedura singola mentre manca completamente un quadro di
riferimento per una valutazione complessiva degli interventi effettuati e
proposti sui corsi d’acqua interessati.
Legambiente del FVG ha espresso tutta la sua preoccupazione perché in assenza di
linee guida precise e tempestive da parte della Regione e di normative
aggiornate e complete, oggi si rischia non solo di fare un danno ambientale
gravissimo, in caso di accettazione incondizionata delle richieste, ma anche di
modificare l’insieme di intere zone peggiorandone le caratteristiche ambientali
e le potenzialità turistiche, economiche, la fruizione da parte di intere
categorie sociali come i pescatori, la situazione microclimatica ed anche la
stabilità idrogeologica.
Legambiente del FVG chiede alla Regione di rendere noti i dati in suo possesso
relativamente ai tratti sottesi dalle nuove richieste in modo da consentire a
tutti la conoscenza e la discussione serena su quanto si prospetta a carico dei
nostri fiumi.
La cosa ancora più preoccupante è data dal fatto che la previsioni di nuovi
impianti idroelettrici fatte dal Piano Energetico Regionale sono di un aumento
di soli 12 MWe a fronte di alcune centinaia richiesti; ma anche su questo
Legambiente del FVG chiede che la Regione diffonda i dati in suo possesso.
Legambiente del FVG ritiene che la Regione debba rapidamente prendere in mano la
situazione impedendo che strumenti utili come il Piano per la Tutela delle
Acque, la cui elaborazione viene attualmente seguita dall’ARPA, vengano ad
entrare in vigore quando ormai tutti i buoi sono fuggiti dalla stalla.
Per Legambiente in questo momento non va rilasciata nessuna autorizzazione di
derivazione e di realizzazione di centrali idroelettriche, in particolare nel
territorio montano, senza che vi sia un quadro adeguato di riferimento con la
definizione di specifici criteri per valutare le iniziative proposte secondo un
orientamento di interesse generale e nel quadro di una valutazione complessiva
dello stato dei singoli corsi d’acqua.
Per questo chiediamo che la Regione si doti subito di criteri di selezione delle
domande che siano compatibili con le esigenze ambientali, sociali, economiche ed
energetiche del territorio.
Questo non significa non considerare l’acqua tra le possibili fonti rinnovabili
per la produzione di energia elettrica, ma significa riportarla alle sue reali
dimensioni e potenzialità che, con tutta evidenza, sono oggi molto contenute.
In particolare, l’obiettivo principale dovrebbe essere di inserire le iniziative
in una logica di integrazione locale di utilizzo di più fonti rinnovabili, quali
biomasse, solare fotovoltaico e termico, geotermia e là dove possibile risorse
eoliche, al fine di creare crescenti condizioni di autonomia energetica sia per
gli insediamenti residenziali che per le attività produttive.
Tutto ciò non può prescindere da una attiva regia delle amministrazioni
pubbliche, ed in particolare della Regione, dotate di opportuni strumenti di
intervento, in grado di governare le situazioni secondo una prospettiva duratura
di rapporto con il territorio evitando di avallare le operazioni di pura
speculazione sganciate da ogni legame con i reali interessi delle comunità
locali.
Legambiente del FVG lancia pertanto un grido d’allarme alla Regione, alla
società, ai soggetti competenti perché, tenuto conto delle previsioni del Piano
Energetico Regionale, si addivenga urgentemente alla stesura di linee guida in
grado di contrastare la valanga di richieste giacenti, che definiscano il quadro
della volontà politica di governare il territorio e le sue acque secondo criteri
di sostenibilità e non di mero interesse privato e perché siano messi a
disposizione i dati della nuove richieste e delle relative potenze da
installare.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 giugno 2009
Piano regolatore top secret: Sasco caccia Marzi
dall’aula - Il difensore civico: «Sono allibito». Bordate da Decarli
Fuori il pubblico. Al bando giornalisti e fotografi. Via,
persino, il difensore civico, allontanato dal presidente ribattezzato
dall’opposizione ”Sasco-Ahmadinejad” per la bravura dimostrata nel creare
un’«atmosfera che farebbe invidia all’Iran», con tanto di «luci basse, tende
tirate e un unico microfono funzionante».
Più secretata di così la riunione della Commissione VI, chiamata ieri ad
assistere all’illustrazione del piano regolatore, proprio non poteva essere. A
nulla sono valse le proteste partite tanto dai banchi del centrodestra quanto da
quelli del centrosinistra per tentare di ammorbidire i guardiani dell’ordine e
rimuovere il segreto d’ufficio sul documento in discussione. «Gli atti di
pianificazione diventano pubblici solo dopo la loro adozione - ha sentenziato il
segretario generale Santi Terranova -. Di conseguenza le sedute preliminari
della Commissione devono svolgersi a porte chiuse».
Un diktat a cui, come detto, il presidente Sasco ha obbedito senza fiatare.
Tanto che la mozione d’ordine presentata dal consigliere della Lega Maurizio
Ferrara - mozione che invitava ad abolire la secretazione in virtù
dell’assunzione di responsabilità dei consiglieri tenuti a non rivelare le
informazioni- , è stata dichiarata irricevibile, tra le critiche
dell’opposizione e i malumori di buona parte degli esponenti della maggioranza.
Tutti, tra l’altro, irritati anche dalla scelta di distribuire il cd con la
documentazione relativa al piano soltanto ai capigruppo e non ad ogni
commissario, forse proprio per prevenire ulteriormente le fughe di notizie.
Già questo basterebbe a giustificare l’espressione ”corrida” usata dallo stesso
Sasco per descrivere la parte iniziale della seduta. Ma il bello, o il brutto a
seconda dei punti di vista, è andato in scena in realtà quaranta minuti dopo
l’avvio dei lavori. Quando, cioè, in aula si è presentato il difensore civico
Maurizio Marzi. «Qui non ci puoi stare - è stata la poco calorosa accoglienza
riservatagli dal presidente -. La riunione è secretata e tu non hai titolo per
accedere a questi atti. Quindi, Maurizio, credo proprio che tu debba uscire
dall’aula». «Un’affermazione a cui, all’inizio, non volevo credere. - spiega
Marzi -. Dire che sono rimasto allibito è poco. Lo Statuto e il regolamento
comunale specificano che il difensore civico può chiedere tutti gli atti e i
documenti, senza i limiti imposti dal segreto d’ufficio. La decisione di
allontanarmi è stata quindi un fatto grave perché dimostra, da un lato, scarsa
sensibilità nei confonti delle funzioni che ricopro e, dall’altro, l’assoluta
mancanza di rispetto per le regole di trasparenza che dovrebbero ispirare le
pubbliche amministrazioni».
«Durante l’intera seduta mi sono limitato a seguire le indicazioni fornite da
Terranova, l’unico ”notaio” della situazione autorizzato a dare interpretazioni
giuridiche - è la replica di Sasco -. Io giurista non sono e, vista la
delicatezza degli argomenti, non ho potuto far altro che attenermi alle
direttive». Una difesa giudicata debole e insufficiente da più di un
commissario. «Il dibattito sul piano regolatore non poteva partire con un piede
più sbagliato - commenta il Cittadino Roberto Decarli -. Sorge il sospetto che
l’amministrazione voglia evitare il confonto con la città su un tema tanto
importante». «Il segretario Terranova - spiega Fabio Omero del Pd - ci ha
fornito una sua personale interpretazione della norma sulla trasparenza sugli
atti pianificatori. Non ha però voluto, o saputo rispondere alle altre mie
domande. Perché, per esempio, se è vero che la stessa norma prevede che la
partecipazione e l’informazione al pubblico siano escluse anche per gli atti
amministrativi generali e di programmazione, sui bilanci preventivi le sedute
sono pubbliche?».
Meno dura, ma in ogni caso contrariata, la maggioranza. «Se potessi scegliere,
anch’io preferirei eliminare queste limitazioni, anche perché alla fine parliamo
di un segreto di Pulcinella - ammette la capogruppo di An Angela Brandi -. Ma
qui abbiamo a che fare con un obbligo di legge. E le leggi, piaccia o non
piaccia, non si possono aggirare».
MADDALENA REBECCA
RIGASSIFICATORE - Attenti agli espropri
Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la
provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di
Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato il loro consenso ad essere
attraversati da un metanodotto che come si può leggere nell'avviso ufficiale
pubblicato dal Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile
dovrà espropriare diversi terreni. Per la precisione nei comuni di Trieste,
Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse, Fiumicello e Ruda.
Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul giornale integra
infine a tutti gli effetti , anche la comunicazione personale ai sensi dell'art.
8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire che gli
espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul
giornale, il che sarebbe terrificante.
Sempre in questo avviso (che, faccio notare, non è stato fatto pubblicare sul
Piccolo che è indiscutibilmente il giornale più letto in questa parte della
regione) si dice che il suddetto metanodotto serve per collegare alla rete
nazionale il rigassificatore di Zaule, ma anche quello eventuale in mezzo al
golfo davanti a Grado, e adesso abbiamo la conferma: da quello che abbiamo
sentito ieri al Tgr E.On ripresenta il progetto off-shore e conta che questo
venga approvato.
Ora, mi chiedo: che fine ha fatto l'opposizione di politici come l'ex sindaco di
Grado Roberto Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei
tempi) contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della
Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si
va a costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a
qualcosa: in questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno
sottovalutare gli effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per
l'ecosistema: dal fondo marino saranno sollevati e mandati in circolazione tutti
quegli inquinanti che si sono sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi
danni alla pesca che, in quel caso, si dovrebbe proibire. Per non parlare della
nautica da diporto, e di tutte quelle attività connesse allo sfruttamento del
mare come il turismo; che ci dicono sia la salvezza per la nostra malandata
economia.
Siccome uno dei più strenui fautori di questi impianti è il sottosegretario
all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso partito dell'ex
sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone si trovano al
governo non siano più interessate al loro territorio grazie al quale –
evidentemente – sono stati eletti. E che dire del presidente della Regione Tondo
che (sicuramente qualcuno avrà visto il dibattito) disse di essere contrario a
questi impianti ed è per questo che ha avuto il voto di molti cittadini di
questa regione?
Purtroppo gli abitanti di Trieste sono in questo momento molto impegnati a
prendere il sole e non si sono ancora accorti di quello che sta per capitare al
loro bel mare.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 giugno 2009
Meno cantieri con il nuovo Piano regolatore - VIA
LIBERA DELLA GIUNTA AL RINNOVATO STRUMENTO URBANISTICO
Tiro corretto in base ai 20mila alloggi sfitti in
città. Giro di vite anche in Costiera
Forte contrazione delle ”aree di espansione”, quelle in cui, in passato, in
nome di una presunta fame di alloggi, sono state autorizzate massicce operazioni
di speculazione edilizia. Riduzione degli indici volumetrici e di edificabilità
ammessi nelle zone di pregio ambientale del centro. Vincoli più stringenti per
le zone, a partire dalla Costiera, classificate come aree a vocazione turistica
e residenziale. Sono questi gli assi portanti su cui poggia il nuovo Piano
regolatore comunale, l’atteso strumento urbanistico che ieri mattina ha ricevuto
il primo via libera della giunta e ora proseguirà l’iter in vista dell’adozione
prevista entro fine luglio.
ALLOGGI SFITTI Punto di partenza del piano è stata l’analisi puntuale del
fabbisogno abitativo nel territorio di Trieste. Fabbisogno, hanno accertato gli
uffici, finora ampiamente sovradimensionato. Il censimento effettuato proprio in
funzione della stesura del piano ha accertato infatti la presenza all’interno
del comune di ben 20 mila alloggi sfitti. Un numero sorprendente, che ha
convinto della necessità di correggere il tiro rispetto al passato. Di qui la
decisione di ridimensionare le ”vecchie” zone C, vale a dire le cosiddette aree
di espansione in cui finora erano stati lasciati margini di manovra
particolarmente ampi ai costruttori e dove invece, in futuro, scatterà un vero e
proprio giro di vite in termini di volumetrie.
CENTRO STORICO Il nuovo Piano regolatore riserva un’attenzione particolare anche
al centro storico, inserito per la prima volta all’interno di un’unica
perimetrazione che includerà sia l’originario nucleo ottocentesco sia gli
ampliamenti eseguiti nel secolo scorso. L’unificazione permetterà, una volta
completato l’iter dello strumento urbanistico, di provvedere alla stesura di uno
specifico piano particolareggiato, fondamentale per garantire omogeneità negli
interventi edilizi inseriti nel cuore della città. Sempre a livello di centro
storico, è prevista una riconsiderazione delle aree B0, vale a dire le zone
ritenute di pregio ambientale, nelle quali verranno riviste al ribasso le
cubature ammesse.
AREE RESIDENZIALI E TURISTICHE Volumetrie ridotte e più rispettose del
territorio dovranno caratterizzare anche gli interventi nelle vecchie zone BT e
BNI, ossia le aree a vocazione turistica e residenziale, come ad esempio la
Costiera, vittime in passato di fenomeni di pianificazione selvaggia. Per
evitare che si ripetano in futuro, il Piano regolatore prevede una puntuale
revisione delle zone edificabili e la sostituzione dei vecchi piani
particolareggiati con strumenti di edificazione diretta.
AREE AGRICOLE Novità in vista anche per i proprietari di aziende agricole. Nelle
aree classificate come E3, E4, E6 e EB - appunto aree agricole e forestali -
verranno consentiti e agevolati gli interventi di adeguamento dell’attività
esistente. Sarà più facile quindi trasformare in agriturismo il casale inserito
nella tenuta di famiglia.
CAMPER E CIRCO Per la prima volta, inoltre, il Piano regolatore individua aree
da dedicare specificatamente all’accoglienza dei camper turistici e degli
”spettacoli viaggianti”. Espressione quest’ultima chiaramente riferita alle
manifestazioni circensi che in futuro lasceranno la precaria - e da molti
giudicata poco appropriata - sistemazione nel piazzale vicino alla Risiera per
trovar spazio in un’area riservata e attrezzata.
L’IPOTESI GINNASTICA Fin qui le linee guida del documento, le uniche attualmente
divulgabili perché inserite negli allegati della delibera di giunta. Per
conoscere i dettagli del piano, al momento secretati, bisognerà invece
attenderne l’adozione. Servirà quindi qualche settimana per avere conferma delle
indiscrezioni circolate negli ultimi giorni: una tra tutte, quella riferita a
una possibile trasformazione in chiave residenziale del complesso di via
Ginnastica che ospita attualmente la sede della Sgt.
I COMMENTI «Se fossimo a scuola, a questo Piano regolatore darei un bel 9 -
dichiara soddisfatto il sindaco Dipiaza dopo il via libera della giunta - È
stato fatto un ottimo lavoro». Ancora più geneneroso nei voti l’assessore ai
Lavori pubblici. «In una scala da 1 a 10 darei un 9,8 - commenta Franco Bandelli
-. I tecnici hanno recepito alla perfezione le direttive approvate dal consiglio
comunale il 27 luglio del 2007. Con un Piano come questo, il territorio di
Trieste non potrà più essere deturpato da ”cuboni” e costruzioni invasive».
MADDALENA REBECCA
«Pellet pericolosi solo se bruciati» - Decine di
chiamate ai vigili del fuoco per controllare il combustibile
INDICAZIONI DELLA PREFETTURA DOPO IL CASO DI MUGGIA
Decine di telefonate di persone spaventate che nei mesi scorsi hanno
acquistato nel supermercato Castorama di Muggia i sacchi di pellet contaminato
con il Cesio137 sono arrivate al centralino dei vigili del fuoco di via D’Alviano.
Qualcuno poi si è recato personalmente nella sede dei vigili per consegnare i
sacchi ritenuti a rischio. Infatti l’altro ieri, nonostante la giornata festiva,
la Procura di Aosta ha disposto un decreto di sequestro preventivo del
combustibile ecologico in legno per stufe domestiche, risultato radioattivo. Il
materiale sarebbe stato importato dalla Lituania. L'operazione è scaturita dalla
denuncia di un cittadino valdostano che, riscontrando un'anomalia nella
combustione del pellet acquistato da un rivenditore locale, ha fatto analizzare
il materiale ed ha scoperto la presenza di radioattività.
Ieri intanto la Prefettura ha inviato una nota sui sequestri effettuati
domenica, nella quale si comunica che «il materiale contaminato è esclusivamente
il pellet di marca Naturkraft Premium prodotto dalla Uab Granul Invest». Nel
comunicato si precisa che «il materiale in questione non costituisce alcun
pericolo in condizioni normali. Possono invece risultare dannose le ceneri
prodotte dalla combustione. Pertanto - rilevano in Prefettura - chiunque abbia
in casa pellet di questa marca è invitato a non utilizzarlo come combustibile e
a riportarlo al rivenditore dove lo ha acquistato e in alternativa contattare i
vigili del fuoco per ottenere indicazioni sulle procedure da attivare e per far
controllare il materiale».
Nella nota «si ribadisce che il prodotto sequestrato e risultato contaminato è
il pellets ”Naturkraft Premium 6mm» e che «alcuni pellet dal nome simile sono
stati venduti nel centro Castorama di Muggia. Le prime analisi effettuate dai
vigili hanno confermato che non vi è alcun pericolo di contaminazione. I
campioni saranno consegnati all’Arpa che procederà ad analisi più approfondite.
In ogni caso Castorama si è resa disponibile a ritirare i sacchi venduti».
TRASPORTI - Alta velocità
Dopo i vari «tuboni» che i nostri politici ci volevano
appioppare, fortunatamente spariti per le proteste della popolazione,
apprendiamo dalla stampa che è in fase di progetto l’alta velocità ferroviaria
per la linea Trieste-Divaccia.
Il percorso della linea dovrebbe raggiungere Divaccia tramite un percorso
sotterraneo, molto lungo, che prevede lo scavo di gallerie, passanti, oltre alle
altre zone, nella parte alta del rione di San Giovanni.
Teniamo a precisare che in quella zona, ricca di vene d’acqua, provenienti dal
vicino Timavo, si trova anche l’acquedotto storico denominato Capofonte, già
recentemente al centro di polemiche per gli inconvenienti dovuti ai lavori per
le case dell’Ater. È di questi giorni, a conferma della delicatezza del sito, la
frana che mette in pericolo le costruzioni esistenti, dovuta agli scavi per i
nuovi insediamenti edilizi.
Ci sembra, osservando la cartina, pubblicata sul giornale in data 28 aprile, che
forse la via più breve per raggiungere Divaccia sarebbe partire da Opicina, già
servita da una stazione con un numero consistente di binari. Poi si deve tenere
conto che la nostra zona è già gravata dalla circonvallazione ferroviaria che
passa circa sotto la direttrice piazza Volontari Giuliani-via Kandler, che ha
provocato in fase di realizzazione molti inconvenienti, citiamo ancora
l’esistente linea che parte da Rozzol e passa nella parte alta del nostro
territorio. Vista la situazione esistente, riteniamo che gravare la nostra zona
di altre servitù ferroviarie sia assurdo.
Dato che in varie parti del territorio provinciale le organizzazioni operanti
sullo stesso stanno promuovendo forme di protesta democratica, invitiamo tutti
con questo tramite a organizzarci per fare azioni adeguate anche nel nostro
rione.
Stelio Ziviz - sindacato Pensionati Cgil
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 giugno 2009
Analizzati i pellet comprati a Muggia: tracce di una
sostanza radioattiva - INTERVENTO DELLA POLIZIA NEL SUPERMARKET ”CASTORAMA”
Pensava di aver acquistato dell'eco-combustibile di
qualità conosciuto con il nome di pellet utilizzabile anche come lettiera per i
conigli, ma ha scoperto di avere in casa una sostanza potenzialmente
radioattiva. Giuseppe Paparella si è presentato ieri pomeriggio nella sede dei
vigili del fuoco portando tre sacchi di materiale. E dai primi controlli è
emerso che il pellet era del tipo oggetto di un maxisequestro della procura di
Aosta.
L’allarme è stato girato subito alla polizia. Gli agenti della squadra volante
su indicazione del consumatore sono andati a verificare tra gli scaffali del
supermercato Castorama se c’era ancora qualche sacco di quel particolare tipo di
combustibile. Ma ormai, vista la stagione, il prodotto è esaurito. L’uomo
infatti l’aveva acquistato tre mesi fa.
Dai primi accertamenti sul campione è stata rilevata dai vigili del fuoco la
presenza di Cesio137: sostanza radioattiva prodotta dalla detonazione di armi
nucleari e dai reattori delle centrali. Tuttavia, è stato spiegato, che la
radioattità si manifesta solo quando il combustibile viene bruciato in una
stufa. Nessun problema invece se il materiale rimane inutilizzato. Il pellet
analizzato a Trieste presenta molte analogie con quello sequestrato nelle altre
province italiane sia come etichetta che come materiale, ma la marca non pare
essere la stessa: Natural Kraft è il nome del pellet inquisito, mentre quello
esaminato a Trieste si chiama Pellet Kraft. Secondo i vigili del fuoco infatti
la quantità di Cesio137 trovata nel pellet potrebbe comunque rientrare nella
normalità, poiché in realtà è normale - hanno spiegato - che durante la crescita
del pellet, alcuni radioisotopi si fissino nel legname. Anche dal punto di vista
della pericolosità del materiale radioattivo rinvenuto, c'è un sospetto di
pericolosità, che però non è ancora confermato dalle autorità sanitarie.
La merce - un totale di 251 tir - era arrivata dal Baltico nello scorso autunno
e poi venduta in tutta Italia, dal nord al sud e importata in un deposito di
Varese. L'eco-combustibile in questione, che in alcuni casi ha fatto rilevare
una radioattività cinque volte superiore alla soglia di tollerabilità, fa parte
di una partita - non completamente contaminata - di 10mila tonnellate giunte
dalla Lituania nell'autunno scorso e distribuite da un importatore di Varese.
Oltre la Valle d'Aosta, le regioni coinvolte sono la Lombardia (Varese, Milano,
Como, Lecco, Cremona, Bergamo, Pavia, Lodi, Sondrio e Brescia), il Piemonte
(Torino e Cuneo), la Liguria (Savona e La Spezia), il Veneto (Vicenza), l'Emilia
Romagna (Forlì, Ravenna Ferrara e Bologna), il Lazio (Frosinone e Viterbo),
l'Abruzzo (L'Aquila), la Puglia (Bari, Brindisi e Taranto), la Calabria
(Cosenza) e la Sardegna (Sassari e Cagliari).
Ora l'attenzione è rivolta alle eventuali minacce alla salute a cui possono
essersi esposti coloro che sono entrati in contatto con l'eco-combustibile
contaminato. Il Cesio137, infatti, è un materiale radioattivo estremamente
tossico. Il soggetto può subire danni cellulari dovuti alle radiazioni che
possono persino provocare perdita di conoscenza, coma o morte. Dipende dalla
resistenza delle singole persone, dalla durata dell'esposizione e dalla
concentrazione a cui il soggetto è esposto. Il rischio, in questo caso, non
dovrebbe essere elevato.
CORRADO BARBACINI
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 giugno 2009
Missione a Lubiana sul rigassificatore di Zaule - Roma
punta a chiudere la partita, ma intanto i tedeschi rilanciano la piattaforma
marina
Alla trasferta in Slovenia farà seguito entro giugno il
sì della Prestigiacomo
L’epoca dei rinvii e dei silenzi ”tattici” sul via libera romano al
rigassificatore di Zaule - che fonti attendibili davano per scontato già prima
di Pasqua - stavolta pare essere finita davvero. Proprio nei giorni in cui i
tedeschi di E.On rilanciano l’interesse per il proprio progetto - quello ex
Endesa per la piattaforma marina nel golfo di Trieste - gli spagnoli di Gas
Natural stanno per incassare una volta per tutte il sì alla loro proposta di
impianto interrato nell’area ex Esso. Per quest’ultimo infatti la firma del
ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo sul documento di Via (la
Valutazione d’impatto ambientale, ndr), che completerà l’ok paesaggistico
sottoscritto dal responsabile dei Beni culturali Sandro Bondi, a meno di
improbabili colpi di scena diplomatici arriverà entro la fine di giugno. La
diplomazia è in ballo perché l’anello di congiunzione tra lo stato attuale e il
”nulla osta” del governo italiano sta a Lubiana, la capitale della Slovenia,
dove nella settimana entrante è in programma la missione di alcuni delegati del
ministero della Prestigiacomo che hanno il mandato di sciogliere, certificazioni
comunitarie alla mano, le ultime perplessità del governo Pahor. Da Lubiana, in
effetti, erano giunte anche in sede Ue richieste di sommare e incrociare le
implicazioni ambientali derivanti dall’eventuale installazione di tutti e due
gli impianti di rigassificazione ipotizzati a Trieste.
Nulla trapela per i canali ufficiali sulla missione slovena - dalla data esatta
all’identità degli emissari - ma l’aria che si respira a Palazzo è di ottimismo.
L’incertezza, insomma, sarebbe scongiurata. «La commissione Via - osserva
Roberto Menia, il sottosegretario all’Ambiente espresso da Trieste - ha svolto
puntualmente e completato tutte le indagini supplementari determinate dalle
obiezioni della Slovenia. Ora manca solo un ultimo passo formale di carattere
internazionale, dopodiché arriverà la firma del ministro». E da lì il cerino
passerà a Gas Natural da una parte e alla Regione e alle amministrazioni locali
dall’altra, per il monitoraggio delle procedure di realizzazione. Con il Comune
- non è un mistero - che a quel punto giocherà a carte scoperte la sua partita
per le royalties, le contropartite da strappare ai ”conquistatori” spagnoli, in
primis l’ingresso della partecipata AcegasAps nel business del rigassificatore.
Una partita che Roberto Dipiazza sta gestendo personalmente, visto che è lui ad
accogliere i vertici di Gas Natural ogni volta che si presentano in città per
ricordare che loro, quel progetto, lo vogliono realizzare. Ma a che punto è la
trattativa? «Il ruolo ufficiale del Comune - non si sbottona il sindaco -
partirà con il via libera del ministro. Per ora sono solo visite di
cortesia...».
PIERO RAUBER
RIGASSIFICATORE - Il ministero chiede il parere sul
piano off-shore - Lettera degli uffici dello Sviluppo economico. Menia: Trieste
non avrà due impianti
Il rigassificatore off-shore sembrava un’idea morta e sepolta. In queste ore però E.On - che sta realizzando a Livorno un altro terminale ed è titolare anche del progetto triestino nell’ambito delle sue recenti acquisizioni dal gruppo Endesa - conferma l’interesse per la piattaforma marina, precisando che attende il permitting entro il 2009. In tale quadro s’infila una lettera di fine maggio in cui la direzione per la Sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del ministero dello Sviluppo economico chiede alla direzione per la Salvaguardia ambientale del ministero dell’Ambiente «quali misure intenda adottare a garanzia del principio dell’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo con un provvedimento espresso». Su cosa? Proprio sull’«istanza di pronuncia di compatibilità ambientale», la Via presentata nel 2006 da Endesa. Si profila un futuro con due rigassificatori? «Direi proprio di no», taglia corto Roberto Menia. «Il secondo via libera - precisa il sottosegretario - produrrebbe un cumulo d’impatti ambientali e la valutazione si è fatta sul progetto a terra. A questo si somma la contrarietà all’impianto marino, impensabile per un’area che punta sul turismo, espresso dalle amministrazioni locali. È determinante ciò che dice il territorio». «I due rigassificatori - gli fa eco Dipiazza - sono un’ipotesi che non esiste. Se firmano la Via per uno non credo la firmino per l’altro. Capisco che chi investe su una proposta tenti comunque, sostenendo la validità di studi e progetti che magari poi possono essere venduti».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - SABATO, 13 giugno 2009
Ferriera, si apre uno spiraglio per i 50 precari -
SERVOLA: FIRMATE DALLE RSU ALTRE 13 SETTIMANE DI CASSA
Potrebbero restare ma solo se altrettanti lavoratori
vicini alla pensione se ne andranno
Si apre uno spiraglio per salvare perlomeno una parte dei cinquanta operai
con contratto a tempo determinato della Ferriera di Servola anche se
l’operazione comporterebbe comunque un sacrificio che si ripercuoterà su
un’altra fetta di lavoratori. La soluzione, individuata ieri nel corso
dell’incontro tra gli esponenti delle Rsu e la direttrice del personale Alessia
Zeppa, sulla scia di quanto già messo in atto nello stabilimento della Lucchini
di Piombino prevederebbe l’inserimento pieno nell’organico dei precari a patto
che si trovino, su base volontaria, altrettanti lavoratori cui mancano per
raggiungere la pensione tre anni o meno e che potrebbero dunque essere messi in
mobilità e percepire l’indennità prevista. Per favorire questo processo
l’azienda sarebbe disposta a dare un incentivo che, secondo voci ancora
ufficiose, sarebbe di 7.500 euro per il primo anno, di 10 mila per il secondo e
di 10 mila per il terzo.
Ieri i rappresentanti di fabbrica hanno firmato il prolungamento della cassa
integrazione: dal 15 giugno per ulteriori 13 settimane interesserà un massimo di
200 lavoratori. In realtà l’azienda ha già annunciato che ne saranno coinvolti
100-120 dipendenti. L’altoforno sarà comunque attivato fugando i timori più
grossi, quelli legati all’ipotesi di una sua riaccensione solo a settembre, dopo
la conclusione delle ferie.
«Per dare un giudizio sulla trattativa - ha commentato ieri Franco Palman della
Uilm - attendiamo l’esito dell’incontro che si svolgerà tra il 22 e il 25 giugno
con la partecipazione dei vertici aziendali e delle segreterie sindacali
confederali e la successiva assemblea che sarà convocata con i lavoratori. È
indubbio che la Lucchini stia attuando una riorganizzazione dei reparti in base
a un organico ribassato, ma il criterio usato è meno peggio di quanto temessimo.
La riorganizzazione globale sembra equilibrata e le situazioni più sfavorevoli
riguardano i capi in pari misura rispetto agli operai».
Certo è che, si tratti di non rinnovare i contratti a termine oppure di
incentivare la mobilità dei più anziani, l’organico fino a pochi mesi fa di 540
dipendenti, oggi già sceso a 520, verrà portato a 470 dipendenti. E l’organico
di 470 diverrà la linea del Piave dei rappresentanti sindacali che con questi
numeri intenderebbero giungere fino al momento della riconversione e della
ricollocazione dei lavoratori. Rimane però sempre l’incognita del mercato che
per quanto concerne la ghisa, così come l’acciaio, è tuttora in forte crisi e
che potrebbe costringere la Lucchini a ulteriori ridimensionamenti nei prossimi
anni.
Sulla trattativa è invece critico a oltranza Luigi Pastore rappresentante di
fabbrica per il sindacato Faims-Cisal. «Quella che ci sta imponendo l’azienda -
afferma - non è una trattativa, ma una vera e propria purga dimagrante. Abbiamo
già intuito che intendono chiudere lo stabilimento nel 2013 e non nel 2015 come
concordato. Ma da qui al 2013 la sicurezza di tutti i dipendenti è in pericolo
perché con i nuovi organici previsti l’incolumità non può essere garantita. I
reparti vengono sguarniti e accorpati: per fare solo un esempio i settori
movimento stradale e movimento ferroviario sono stati inglobati nel reparto
dell’altoforno. Vengono ridotte le squadre e diminuisce la possibilità di
scoprire sul nascere le fonti di pericolo. Recentemente sono stato io a
segnalare una fuga di gas in cokeria e un tubo dell’acqua che spandeva in
mensa».
SILVIO MARANZANA
Un piano del traffico non risolve i problemi
Non credo che un Piano del traffico, oggi, possa risolvere
o quantomeno affrontare i problemi. Semmai, potrebbe gestire il non-traffico.
Dopo aver assistito negli ultimi 15 anni almeno al susseguirsi di vari «piani»
più o meno parziali dall’«epoca Illy» a oggi, passando attraverso i vari Honsell,
Barduzzi, Camus, Bucci e simili, ci troviamo nel caos completo dopo aver
«buttato» i soldi dei contribuenti per redigere piani, pagare i «pianisti»,
distribuire paletti e panettoni, pedonalizzare e chiudere vie, eliminare corsie
o crearne di «preferenziali» o imponendo sensi unici alle rimanenti.
Il risultato è stato quello di ripensare il traffico veicolare, sempre in
maggiore crescita, sulle uniche vie rimaste ancora «libere», ottenendone il
collasso e la protesta degli abitanti frontalieri sopravvissuti. Penso quindi
che non si possa stendere alcun progetto sul traffico, tantomeno parziale e
ancor peggio locale, senza prima aver combinato radicalmente atteggiamento nei
confronti dei parcheggi. Dato per scontato che non possiamo fare a meno di auto
e moto e che queste non possono restare in movimento 24 ore su 24, né possiamo
interdire o limitarne la fabbricazione e la vendita, pena il fallimento di uno
dei più potenti pilastri dell’economia della nazione, in attesa di una
invenzione futuristica che li possa sostituire, dobbiamo per forza trovare il
modo di far sostare tutti questi veicoli togliendoli possibilmente dalle strade
che servono, per l’appunto, al loro «traffico». La scelta di concedere e
delegare la costruzione e la gestione di questi parcheggi su terreno comunale a
società private – di lucro – non è una soluzione. Per cui, l’amministrazione
pubblica deve inderogabilmente assumersi in prima persona l’impegno sociale,
prima che economico o politico, di realizzare un numero adeguato, e a costi
molto contenuti per l’utenza, se non addirittura gratuiti, di posti macchine,
oltreché di furgoni, camper ecc.
Il profitto che ne deriverà per la comunità intera, per multe risparmiate,
stipendi di vigili e aiutanti, tempo ed energie risparmiate, commercio e
artigianato rinvigoriti, sarà tutto di guadagnato per il benessere pubblico e
privato.
Bruno Benevol
IL PICCOLO - VENERDI', 12 giugno 2009
Ferriera, sul tavolo il destino dei 50 precari - LA
RIACCENSIONE DELL’ALTOFORNO A SERVOLA
Allo studio del Comune le formule a favore dei
lavoratori in esubero - Stamane incontro tra azienda e Rsu. Circolo Miani,
battibecco con l’assessore Rosolen
Si svolgerà stamane l’incontro fra i componenti delle Rsu aziendali e i
dirigenti della Ferriera, per discutere delle modalità di uscita per i 50
lavoratori dichiarati in esubero. L’appuntamento odierno farà da preludio a
quello che si terrà entro giugno e che vedrà al tavolo i rappresentanti delle
organizzazioni sindacali confederali.
In concomitanza con l’annuncio della riaccensione dell’altoforno, la Servola spa
aveva spiegato che non sarebbe stato rinnovato il contratto ai 50 dipendenti
assunti a tempo determinato. «L’incontro con l’azienda – precisa Franco Palman
della Uilm – servirà per cercare di individuare incentivi a favore di coloro che
sono vicini alla conclusione della loro attività, in modo da rendere meno
traumatica quest’uscita». Sul tema ha diffuso un comunicato anche l’Ugl
metalmeccanici, nel quale la segreteria della sigla si dichiara «esterrefatta
per il comportamento tenuto dalla Lucchini che, dopo aver siglato un protocollo
d’intesa il 20 aprile, nel quale si ribadisce che la diversificazione produttiva
è collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane impiegate nel ciclo
siderurgico, adesso comunica l’intenzione di porre fine alla collaborazione
lavorativa con chi, una volta giunto alla scadenza, abbia un contratto a tempo
determinato».
Ieri si è tenuta una seduta della Commissione speciale per la Ferriera istituita
dal Municipio, di cui è presidente il consigliere comunale Marco Toncelli:
«Abbiamo inoltrato una richiesta ufficiale alla Segreteria generale del Comune –
spiega – perché si cerchi di individuare quali sono le formule possibili per
attribuire, ai lavoratori in esubero, competenze a tempo, nell’ambito degli
incarichi socialmente utili. Esiste una legge regionale che finanzia le
amministrazioni attive su questo piano e noi abbiamo sollecitato il Comune di
Trieste a rendersi disponibile». E sempre sul fronte della Ferriera, va
registrata l’animata riunione del Circolo Miani, i cui componenti, una trentina
in tutto, si sono ritrovati all’ingresso del palazzo della giunta regionale, per
dialogare con il presidente, Renzo Tondo. Quando quest’ultimo ha fatto sapere di
«essere molto impegnato», si è scatenata la reazione con applausi ironici e
grida «vergogna, vergogna». Il clima si è ulteriormente surriscaldato quando
l’assessore Alessia Rosolen, uscendo, si è sentita rimproverare dai presenti per
il suo «scarso impegno per la chiusura della Ferriera» e ha risposto con un
gesto che quelli del Miani non hanno apprezzato.
Ugo Salvini
Mare inquinato, niente bagni a Staranzano - Le analisi
effettuate dall’Arpa svelano valori massimi di coliformi e streptococchi
IL SINDACO: NELL’ISONZO SI SCARICA DI TUTTO - «Paghiamo colpe che sono di altri»
STARANZANO Bagni vietati al Lido di Staranzano. L’Arpa
(Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) a sorpresa ha comunicato
ieri all’amministrazione comunale che i valori delle analisi effettuate il 25
maggio e quelle successive di controllo fino al 3 giugno, hanno superato di
molto i limiti consentiti dalla legge. Solo due settimane prima, il mare era
pulitissimo. «Visti i risultati delle analisi microbiologiche negative – scrive
l’Arpa – dai campioni di acque di balneazione prelevati il 18 maggio e nei
giorni 25, 26, 27 maggio e 1, 2, 3 giugno, la zona del Lido risulta
temporaneamente non idonea alla balneazione». I valori dei coliformi totali e
quelli degli altri parametri hanno subìto, infatti, un’impennata notevole
sforando completamente i valori minimi. Infatti, da 3.200 (il limite consentito
è 2.000) del 25 maggio hanno raggiunto il 3 giugno nel prelievo delle 9.40,
addirittura il valore di 7.800, cioè circa quattro volte in più di quello
massimo consentito.
Il sindaco Lorenzo Presot, a pochi giorni dalla sua rielezione, è stato così
costretto a firmare la sua prima ordinanza indicante il divieto di balneazione e
l’immediata sistemazione della segnaletica sulla spiaggia da parte del personale
comunale. Non c’è pace, dunque, per il Lido che solo fino a pochi giorni prima,
aveva l’acqua di mare perfettamente a posto come indicavano, infatti, i valori
relativi al 4 maggio scorso che erano: coliformi totali 143 su 100 millilitri
d’acqua, coliformi fecali 11 (il massimo è 100), streptococchi 51 (massimo 100),
salmonella assente.
«Continuiamo a pagare colpe di altri – afferma Presot – senza che i diretti
interessati prendano i dovuti provvedimenti. E così si scarica nell’Isonzo di
tutto e di più: acque di fogna arrivano direttamente in mare senza passare per
il depuratore e l’inquinamento che arriva dal canale De Dottori o da zone prive
di fognature.»
Rigassificatore in golfo
Nel più assoluto silenzio per quel che riguarda la
provincia di Gorizia va avanti il progetto dei rigassificatori nel Golfo di
Trieste. Poche settimane fa alcuni comuni hanno dato (nella più totale
indifferenza dei consiglieri) il loro consenso ad essere attraversati da un
metanodotto che – come si può leggere nell’avviso ufficiale pubblicato dal
Corriere della Sera e dal Messaggero Veneto in data 29 aprile - dovrà
espropriare diversi terreni.
Per la precisione i comuni di: Trieste, Grado, San Canzian d'Isonzo, Villesse,
Fiumicello e Ruda. Siccome gli espropriati sono più di cinquanta, «l'avviso sul
giornale integra infine a tutti gli effetti, anche la comunicazione personale ai
sensi dell'art. 8, comma 3, della legge 07.08.90». Non so se questo voglia dire
che gli espropriati non saranno messi al corrente se non attraverso l'avviso sul
giornale, il che sarebbe terrificante. Sempre in questo avviso (che, faccio
notare, non è stato fatto pubblicare sul Piccolo che è indiscutibilmente il
giornale più letto in questa parte della regione) si dice che il suddetto
metanodotto serve per collegare alla rete nazionale il rigassificatore di Zaule
ma anche quello eventuale in mezzo al golfo, davanti a Grado. Ora, mi chiedo:
che fine ha fatto l’opposizione di politici come l'ex sindaco di Grado Roberto
Marin adesso diventato consigliere regionale, vista la sua (a quei tempi)
contrarietà a questo tipo di impianto? E quella del presidente della provincia
di Gorizia Enrico Gherghetta? Bisogna tenere in considerazione, se si va a
costruire un metanodotto, che prima o poi questo dovrà collegarsi a qualcosa: in
questo caso a uno o due rigassificatori. Non bisogna nemmeno sottovalutare gli
effetti che la posa dei tubi sui fondali avrà per l'ecosistema: dal fondo marino
saranno sollevati e mandati in circolazione tutti quelli inquinanti che si sono
sedimentati nel corso degli anni, con gravissimi danni alla pesca che in quel
caso si dovrebbe proibire. Per non parlare della nautica da diporto, e di tutte
quelle attività connesse allo sfruttamento del mare come il turismo.
Siccome uno dei più strenui fautori di questo impianto a Zaule è il
sottosegretario all'ambiente Menia, che guarda caso appartiene allo stesso
partito dell'ex sindaco Marin, viene il sospetto che adesso che queste persone
si trovano al governo non siano più interessate al loro territorio grazie al
quale – evidentemente – sono stati eletti. E quindi ormai di questo territorio
si possa fare carne di porco. Sarebbe bene che gli elettori ci facciano un
pensierino alla prossime elezioni.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 giugno 2009
Il guru di Obama: giù i prezzi con le energie
rinnovabili - Mark Hopkins: «La rivoluzione verde di Barack aiuterà le aziende
del Fvg ad uscire dalla crisi»
UDINE «Se mi telefona Berlusconi, gli posso fare da
consulente». Lo dice col sorriso Mark Hopkins, responsabile della fondazione Onu
per l'Energy Efficiency e guru di Barack Obama per il Piano energia e ambiente.
Hopkins era ospite ieri a Udine a un seminario organizzato da Friuli Innovazione
con il sostegno della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia e in
collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti di Milano.
All’incontro con Hopkins, accompagnato dall’assessore regionale all'Energia,
Riccardo Riccardi, hanno partecipato numerose imprese del Fvg, Friuli
Innovazione e l’Area di ricerca triestina impegnata da sempre nell’integrazione
fra sistema imprenditoriale e ricerca con soluzioni eco-compatibili. Riccardi ha
definito «obiettivi affascinanti» quelli proposti da Mark Hopkins con l'avvio di
una nuova "strategia verde" dell'Amministrazione Obama. L'assessore ha ricordato
che l'orizzonte-Friuli Venezia Giulia in campo energetico deve invece, prima di
tutto, fare i conti con le ancora giovani competenze dell'Amministrazione
regionale in questo strategico comparto, dopo il trasferimento di tali
attribuzioni dallo Stato con il decreto legislativo 110 dell'aprile 2002. Ne
abbiamo parlato con Hopkins.
Hopkins, che cosa suggerisce alla politica italiana in materia di energia?
Di non lasciarsi scappare via la grande fortuna del vostro territorio: il sole.
I politici, con una natura così favorevole, hanno un’opportunità e una
responsabilità, pure in Friuli Venezia Giulia. In una regione con un’eccellente
base industriale, con ottimi imprenditori, con una comunità accademica di grandi
esperti, con una tecnologia avanzata, si deve iniziare a creare mercati
dell’energia. Non solo per migliorare la qualità dell’ambiente, ma anche per
ridurre i costi delle famiglie e creare nuovi posti di lavoro. Come già avviene
nelle università americane, che hanno un filo diritto con l’imprenditoria,
collaborando potremmo utilizzare nella stessa ottica l’ottima ricerca condotta
nei vostri atenei che attende di essere valorizzata.
È anche una questione di sicurezza e costi? Certamente. Con le energie
rinnovabili si riduce l’urgenza di gas.
Energie rinnovabili. Ma quali?
Il sole, innanzitutto, ma non sempre il sole. I costi della tecnologia dipendono
dalla sede, va sempre fatta una valutazione di quella che può essere l’energia
più efficace in un determinato territorio. Positivo che il ministero competente
italiano stia studiando con impegno il percorso delle bio-energie.
Pensa che il governo italiano abbia bisogno di consulenti in questo settore?
Se il presidente Berlusconi mi chiama, lo faccio volentieri. Scherzi a parte, è
molto importante che i leader capiscano la portata della questione energetica.
La spinta per nuovi sviluppi viene dall’alto, un ruolo fondamentale per questa
nuova «economia verde» come la chiama il presidente Obama lo rivestono gli
amministratori locali. Vent’anni fa le nuove strade per l’economia furono aperte
dai leader che colsero la novità epocale dei computer.
In Friuli Venezia Giulia si chiedono da anni infrastrutture più moderne. Come
conciliare questa necessità con l’obiettivo del rispetto per l’ambiente?
È un problema non differente da quello che molte volte devono affrontare varie
zone degli Stati Uniti. Credo sia importante studiare preventivamente i progetti
in modo da andare incontro alle esigenze degli ambientalisti e della popolazione
in generale.
E se gli ambientalisti alzano le barricate?
Nessun gruppo deve prevaricare sugli altri. L’amministrazione Obama lavora per
trovare il miglior compromesso possibile con grande sensibilità nei confronti
dei cittadini cui le nuove infrastrutture servono. A loro vanno presentate
alternative. Spiegando che, per fare un esempio, il treno ha meno emissioni dei
veicoli che usano combustibili fossili. Una popolazione informata aiuta a
prendere le migliori decisioni per tutti.
MARCO BALLICO
Alta velocità e false promesse politiche
Al Tg3 regionale si parlava del Corridoio Cinque. Un
politico (non ricordo chi, ma la cosa ha poca importanza, tanto sono tutti
uguali) ha più o meno detto che «occorre realizzare la nuova linea ad alta
velocità al più presto possibile, per spezzare il nostro isolamento con l’Est e
il Centro-Europa, altrimenti rimarremo sempre più isolati».
Curiosamente una linea ferroviaria sempre valida fra Trieste e l’Est e il
Centro-Europa esiste e funziona, solo che su questa linea fra Trieste e Sesana
sono stati tolti i treni.
Domenica scorsa ero a Capodistria a vedere un treno speciale storico-turistico
austriaco, a cui è stato negato l’accesso in Italia, e che perciò è andato a
Capodistria da dove i gitanti sono venuti a Trieste in bus. A Capodistria ho
visto l’intercity «Pohorje» che la collega con i confini ungherese e austriaco,
da dove si può proseguire con ottime coincidenze. A Capodistria vi erano pure
quattro treni di agenzia per Vienna, Praga e Bratislava. Capodistria quindi,
tramite la vecchia e funzionante linea di Carlo Ghega, è ben collegata; in
pratica sostituisce Trieste come capolinea.
Vedendo questo, e sentendo il politico, credo di aver capito perché non si può
più viaggiare in treno fra Trieste e Sesana, e quindi oltre; questo isolamento
fa parte di un disegno politico ben preciso, che ha isolato Trieste per poter
dimostrare che senza il «tubone» del Corridoio 5 non c’è futuro. Inoltre il
Corridoio 5 potrebbe fare come l’autostrada, passare sul Carso a Villa Opicina,
da dove con le linee esistenti si potrebbe raggiungere presto e bene Trieste con
opportune coincidenze. Invece no, si propone il percorso più difficile e
complicato, insomma il più costoso. A buon intenditor...
Paolo Petronio
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 giugno 2009
Riccardi: la città chiarisca cosa si aspetta dalla Tav
- LA RICHIESTA DI MODIFICA DEL TRACCIATO
L’assessore: decidere tra uno snodo a Opicina e la
stazione centrale Dobbiamo costruire il consenso
«Già un paio di mesi fa abbiamo posto alle Ferrovie una serie di
interrogativi che pressuppongono correzioni e perfezionamenti della tratta
ferroviaria Trieste-Divaccia rispetto a quanto previsto dallo studio di
fattibilità realizzato da Italfer su incarico di Rfi». L’assessore regionale
alle Infrastrutture e Traporti Riccardo Riccardi ha così ribadito ieri la sua
risposta alle proteste sollevate da gruppi di cittadini durante l’illustrazione
dell’altra sera in Consiglio comunale e alle perplessità denunciate da molti
degli stessi consiglieri. «Mi attendo anche che Trieste - ha aggiunto - mi dica
chiaramente quale funzione intende attribuire al corridoio 5 e se pensa di
rafforzare la stazione centrale oppure creare un hub a Opicina. A questo scopo
mi raccorderò con il sindaco Dipiazza. Anche perché la ferrovia Trieste-Divaccia
deve essere a servizio soprattutto della piattaforma logistica del Friuli
Venezia Giulia, il cui cuore è proprio il porto di Trieste pur nell’ambito degli
scali integrati dell’Alto Adriatico».
Secondo l’ingegner Mario Goliani, responsabile del progetto fino a qualche
settimana fa al momento del pensionamento, «spostamenti del tracciato o percorsi
alternativi sono tuttora ipotizzabili, anche se - ha voluto precisare - lo
studio di fattibilità non prevede il passaggio sotto la Valrosandra com’è stato
affermato, bensì più a Nord oltre il Monte Stena». Contro «l’attacco alla
Valrosandra», si concentrano molte delle critiche del Comitato No Tav.
«Dobbiamo procedere anche nella costruzione del consenso - ha spiegato Riccardi
- facendo sì che il malcontento sia il più ridotto possibile e in questa
direzione apportare correttivi. Dobbiamo però tenere ben presenti alcuni punti
fermi. In particolare che il Corridoio 5 resta una priorità indiscutibile non
solo per il sistema economico del Friuli Venezia Giulia, ma per l’intero Paese e
per le economie che si affacciano sul Mediterraneo. Che la sua realizzazione è
coerente alla strategia di sviluppo della portualità integrata. Che è
indispensabile una convergenza con il progetto sloveno per il tratto che sarà
realizzato in quel territorio.
E tra qualche settimana è previsto l’insediamento a Trieste dell’executive board
della Commissione intergovernativa che dovrà avviare gli studi per la
realizzazione del progetto per il quale l’Unione europea ha già stanziato 50,7
milioni di euro. Per la sola progettazione sono previsti quattro anni: da qui al
2013. L’Ue coprirà le spese per il progetto dell’opera al 50 per cento e quella
per la sua realizzazione al 30 per cento. Il costo solo per il tratto italiano è
stato stimato in un miliardo e 300 milioni di euro. Sarà da vedere in che misura
i progettisti, logicamente sulla base degli input politici, vorranno ora
riprendere lo studio di fattibilità.
Come ricorda l’ingegner Goliani, altre ipotesi alternative erano già state
scartate, anche per l’opposizione degli abitanti. Tra queste il passaggio in
superficie, anziché come poi previsto quasi totalmente in galleria, 150 metri
sottoterra. Recentemente sono state previste delle varianti. Una allontana il
tracciato dalla zona ospedaliera di Cattinara spostandolo verso il mare e
facendolo emergere per 300 metri in superficie in località Rio Storto, sopra
Zaule. Ciò per evitare qualsiasi, seppur minimo, rischio di impatto vibrazionale
sulle apparecchiature ospedaliere.
(s.m.)
L’Ogs studia la salute del Mediterraneo - PROGETTO
MYOCEAN
Nella Giornata mondiale dedicata agli oceani, ricercatori
dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs hanno
illustrato a Genova le attività che l’Istituto con sede a Trieste e Udine sta
svolgendo nell’ambito del progetto europeo MyOcean (www.myocean.org).
L’occasione è stata fornita dal Primo Convegno nazionale di Oceanografia
Operativa, organizzato a Genova dal Gruppo Nazionale di Oceanografia Operativa (GNOO),
una struttura di coordinamento nazionale dell'Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, con sede a Bologna. Lo Gnoo contempla al suo interno 8 membri,
parte del Collegio deliberante a cui partecipa il Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare in qualità di primo ente finanziatore:
Ogs, Ingv, Cnr, Istituto Idrografico della Marina, Aeronautica Militare,
Arpa-Emr, Conisma, Enea e presto Ispra.
Gli studi triestini riguardano l’identificazione e l’utilizzo di specifici
parametri bio-geochimici che permettono di effettuare previsioni a breve termine
sullo stato di salute del Mediterraneo.
Natura e riutilizzo dei rifiuti - DIECI INCONTRI ALLA
SCUOLA ”TRE CASETTE” DI BORGO SAN SERGIO
«Rifiuti: ti riuso». È questo il titolo del progetto
promosso dal comitato genitori della scuola dell’infanzia Tre Casette di Borgo
San. Sergio, in collaborazione con il Gruppo Beppe Grillo Trieste, in seguito
all'affermazione nel concorso Spurg indetto dal Comune di Trieste.
Il primo dei dieci incontri previsti si terrà oggi a partire dalle 17.30 e,
attraverso la messa in scena di una storia “animata”, verranno trattati i temi
degli elementi della natura e delle energie rinnovabili.
Il calendario degli incontri è visionabile nel sito del Comune
(http://www.retecivica.trieste.it/spurg/locandina_trecasette.pdf) e nel forum
del Gruppo Beppe Grillo Trieste (http://www.meetup.com/beppegrillotrieste/boards/thread/6262814/20/).
Informazioni al numero telefonico: 347 5055569.
TRAFFICO - Via le auto
Ha ragione Bucci (Fi) a dire che è devastante attirare le
auto nel centro! Inoltre è pure più costoso costruire parcheggi nel centro.
Suggerisco che Trieste segua l’esempio di molte città italiane che hanno creato
il loro centro storico per proteggere i loro valori artistici ed ecologici. Noto
con piacere che il centro è stato abbellito con le aree pedonali.
Quello che manca però, è un po’ più di verde, un po’ più di alberi specialmente
in piazza Goldoni e piazza Sant’Antonio.
Mi auguro che i prossimi parcheggi vengano costruiti fuori del centro storico.
Roberto Pregarz
LA VOCE.INFO - MARTEDI', 9 giugno 2009
ITALIA A TUTTO GAS - Energia e Ambiente / Infrastrutture e Trasporti
Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d'investimento che riguardano il metano. E' dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell'approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.
In attesa della seconda inaugurazione del terminale di
rigassificazione di Rovigo e a breve distanza dalla pubblicazione del bilancio
di Snam Rete Gas, in cui si riassumono le quantità trasportate nell’ultimo
triennio, è utile analizzare i trend del mercato del gas naturale italiano.
QUANTO GAS CONSUMIAMO
Dopo quasi dieci anni di forte crescita, con una media annua di oltre il 4 per
cento, dal 2006 i consumi di metano in Italia si sono stabilizzati: nell’ultimo
triennio, abbiamo consumato circa 85 miliardi di metri cubi annui, attestandoci
come terzo consumatore europeo.
Scomponendo per settore, quasi il 70 per cento della domanda addizionale è
dovuto all’utilizzo di gas per la generazione di energia elettrica, soprattutto
attraverso i cicli combinati. La parte restante è essenzialmente dovuta al
settore residenziale, dove politiche di incentivazione hanno favorito la
metanizzazione della Penisola.
La stabilizzazione dei consumi negli ultimi tre anni, invece, è spiegabile con
la saturazione del settore domestico: ormai i comuni metanizzati sono più di
6.200 su un totale di 8.101. Inoltre, la variazione di questa domanda dipende
esclusivamente da fattori meteo. Tra i motivi ci sono anche il lento, ma
inesorabile declino della domanda industriale, per la delocalizzazione delle
imprese energivore e il forte rallentamento della crescita dei consumi legati
alla generazione di energia elettrica da gas naturale, ormai intorno al 50 per
cento del totale. Tali fattori, a nostro avviso, costituiscono un limite
strutturale a un ulteriore e significativo sviluppo del mercato nazionale. A ciò
vanno aggiunti gli effetti della crisi economica sulle attività produttive:
comporta oggi una riduzione della domanda e, per quanto congiunturale, potrebbe
avere delle ripercussioni sui consumi dei prossimi anni.
LE INFRASTRUTTURE
La dotazione infrastrutturale del nostro paese è indicata nella tabella 1,
relativa alla nostra capacità d’importazione.
Tabella 1: Punti d’ingresso di gas naturale 2009.
Punto d’ingresso Provenienza Capacità annua max (Mmc)
Passo Gries Nord Europa 20
Tarvisio Russia 35
Mazara del Vallo Algeria 32
Gela Libia 9
Panigaglia Gas liquefatto (Algeria) 3
Rovigo Gas liquefatto (Qatar) 8
TOTALE 107
Fonte: AEEG, 2008.
In più, il nostro paese produce circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno:
l’offerta massima potenziale per il prossimo anno termico è dunque di oltre 117
miliardi di metri cubi. A onor del vero, considerando alcuni vincoli
tecnico-economici, la capacità reale dovrebbe essere di poco superiore ai 105
Mmc. (1) Comunque, è ben superiore rispetto al fabbisogno italiano, stimato in
forte diminuzione per il 2009, intorno agli 80 Mmc. (2)
Tuttavia, le previsioni di domanda elaborate dal ministero dello Sviluppo
economico indicano per i prossimi anni un consistente aumento dei consumi: 90
Mmc al 2010; 100 Mmc al 2015; 105 Mmc al 2020. (3) Il paese avrebbe dunque
bisogno di ulteriori investimenti infrastrutturali onde evitare rischi di
shortage nei prossimi anni. (4) Rischi ancor più evidenti se si considera che la
produzione interna dovrebbe, inesorabilmente, diminuire.
Diamo quindi uno sguardo alle infrastrutture in fase di progettazione,
presentate in tabella 2.
Tabella 2: Punti d’ingresso di gas naturale previsti.
Nuovo Progetto Provenienza Anno di inizio Capacità annua max (Mmc)
TAP Mar Caspio - 10
IGI Mar Caspio - 10
Galsi Algeria 2012 8
Porto Empedocle Gas liquefatto - 8
Panigaglia 2 Gas liquefatto 2014 5
TOTALE 41
Fonte: AEEG, 2008.
Nella tabella sono stati indicati solo alcuni dei progetti previsti, quelli
considerati più probabili. Pur non segnalando quasi nessuna data di inizio
attività, ministero e Autorità dell’energia li indicano in operatività intorno
al 2015. (5) Ciò significa una capacità d’importazione del nostro paese pari a
quasi 150 Mmc, a fronte di una domanda prevista dal ministero di circa 100 Mmc.
A questo punto, alcune riflessioni si rendono necessarie. Anzitutto,
l’incremento della domanda ipotizzato appare ottimistico: la prevista
metanizzazione della Sardegna potrebbe aumentare al massimo di un miliardo di
metri cubi all’anno la domanda nazionale; per quel che concerne il settore
industriale, invece, pare difficile ipotizzare una significativa inversione di
tendenza rispetto al lento declino degli ultimi dieci anni.
COME DIVENTARE UN HUB DEL GAS
Veniamo adesso all’aspetto più controverso da stimare: il mix di generazione di
energia elettrica. Quello che possiamo dire è che gli obblighi europei sulle
energie rinnovabili e, soprattutto, la volontà del governo di puntare sul
nucleare sono dei forti disincentivi a ulteriori investimenti nella generazione
termoelettrica. Se, infatti, le rinnovabili sono caratterizzate da discontinuità
(hanno perciò bisogno di una riserva di potenza tradizionale), l’energia
elettronucleare, per contro, coprendo ottimamente i consumi di base, rischia di
spiazzare impianti turbogas anche molto recenti. Difficilmente, quindi, potranno
bastare i balzi dei consumi per autotrazione o le futuristiche applicazioni
dell’idrometano. Del resto, le previsioni elaborate dall’Unione Europea stimano
una stabilizzazione dei consumi italiani di gas naturale intorno ai 90 miliardi
di metri cubi, in caso di effettivo raggiungimento degli obiettivi del 2020. (6)
L’abbondanza di nuovi progetti può dunque avere solo due spiegazioni: la
speranza che l’Italia diventi un hub del gas, con la conseguenza che una quota
importante dei flussi di metano transitino sul nostro paese per poi essere
consumati da altri paesi dell'Unione. Oppure, un’eccessiva incentivazione dei
nuovi progetti. A questo proposito, secondo una controversa delibera
dell’Autorità dell’energia, in caso di sottoutilizzo delle nuove infrastrutture,
il sistema gas e in ultima analisi i consumatori, si accollerebbe la copertura
di parte dell’investimento.
Scongiurando la seconda ipotesi, quali sono i passi necessari affinché l’Italia
diventi un hub fisico del gas naturale? Anzitutto, è necessario un maggior
coordinamento di tutti gli attori interessati, in primis governo e regolatore.
La possibilità che il nostro paese diventi il crocevia del gas europeo dipende
dalla rapidità con cui saremo in grado di costruire dei corridoi di
approvvigionamento: i primi progetti realizzati saranno naturali barriere
all’entrata in operatività di altre infrastrutture. Bisognerebbe dunque
accelerare gli investimenti in capacità d’esportazione (a oggi, è di fatto
impossibile che il gas importato possa uscire dal nostro paese); dare nuovo
impulso al Punto di scambio virtuale, la nostra embrionale borsa del gas;
procedere con decisione verso la separazione proprietaria di Snam da Eni. Senza
questa dolorosa, ma necessaria separazione, la credibilità del paese come hub
sarebbe compromessa: difficilmente, infatti, l’Europa riterrebbe completamente
affidabile il gestore di un hub controllato da uno dei più importanti player del
mercato.
(1) Tra i vincoli c'è ad esempio la limitata capacità di stoccare
gas nel periodo estivo, che non consente un utilizzo a pieno regime dei gasdotti
per tutto l’arco dell’anno.
(2) Iefe 2009.
(3) Si veda l'intervento di Giovanni Perrella “La domanda e l’offerta di gas
naturale in Italia nel 2008” al seminario Aiee del 9 marzo 2009.
(4) Per maggiori ragguagli si veda ad esempio: “Il gas naturale liquefatto per
l’Europa”, a cura di Susanna Dorigoni, Franco Angeli, 2009.
(5) Si veda Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta,
2008, dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, disponibile anche on line:
http://www.autorita.energia.it/relaz_ann/relaz_annuale.htm.
(6) Si veda P. Capros, L. Mantzos, V. Papandreou, N. Tasios, “Model-Based
Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables”, Report
to the European Commission, June 2008.
Federico Pontoni e Antonio Sileo
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 giugno 2009
«Va modificato il progetto della Trieste-Divaccia» -
NO-TAV: PROTESTA DI 300 PERSONE IN PIAZZA UNITA’ E INTERRUZIONE
PER PROTESTE DEL CONSIGLIO
L’assessore regionale Riccardi annuncia in Comune la
richiesta di rettifiche fatta alle Ferrovie
La Regione ha chiesto a Rete ferroviaria italiana una possibile revisione
dell’attuale studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia che
prevede un lungo tratto in galleria, in particolare sotto la Valrosandra. Lo ha
annunciato l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Riccardo
Riccardi intervenendo all’illustrazione del progetto nell’aula del Consiglio
comunale al termine di una convulsa giornata caratterizzata da proteste e
perplessità.
Bandiere, striscioni e un unico slogan: No Tav. Oltre 300 persone avevano
protestato nel pomeriggio in piazza Unità. Una cinquantina poi hanno preso posto
negli spazi riservati al pubblico del Consiglio comunale per assistere
all’illustrazione del progetto. Mentre l’ingegner Mario Goliani di Rete
ferroviaria italiana forniva alcuni dettagli tecnici i fischi e le urla del tipo
«Vergognatevi», «Cosa porta tutto questo alla gente?» hanno provocato
l’interruzione della seduta per cinque minuti.
Momenti di tensione si erano registrati già in precedenza. Alle 18.30 una
delegazione dei manifestanti si è diretta verso l’ingresso del municipio con
l’intento di entrare nella sala consiliare, ma è stata bloccata dalla polizia
municipale con la motivazione che la seduta in quel momento era sospesa.
Dagli interventi del rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e
Trasporti Roberto Ferrazza e dallo stesso Goliani si è saputo che l’opera verrà
complessivamente a costare 2 miliardi e 400 milioni di euro, dei quali un
miliardo e 300 milioni per la parte italiana e un miliardo e 100 milioni per
quella slovena. I finanziamenti dell’Unione europea copriranno il 30 per cento
delle spese di realizzazione e il 50 per cento del costo del progetto. Intanto
sono a disposizione 50,7 milioni per la progettazione che da sola porterà via
quattro anni di tempo: da qui al 2013.
Ai tecnici sono piovute le domande, ma soprattutto i dubbi e le perplessità da
parte di tutti i consiglieri comunali intervenuti. Lo studio di fattibilità
prevede infatti un percorso tra Trieste e Divaccia quasi interamente in galleria
con passaggio anche sotto la Valrosandra. Un dislivello di oltre 400 metri, ma
anche alcuni ”ghirigori”. «Non convince, sembra una pista per go-kart», ha
commentato lapidario Piero Camber del Pdl. E Mario Ravalico del Pd ha calcato la
mano sui possibili danni al territorio carsico, al sistema idrogeologico,
all’ambiente. In tarda serata l’intervento di Riccardi che ha annunciato la
richiesta a Rfi di ”correzioni e perfezionamenti”. (s.m. e r.t.)
A Montebello e Campo Marzio la Trieste del futuro -
Illustrate le linee guida del Piano regolatore. Aree da riqualificare e siti
militari dismessi
La zona di Montebello (Fiera e caserma di via Rossetti) e
quella di Campo Marzio, dove oggi c’è il mercato ortofrutticolo, come principali
aree da riconvertire in autentici fulcri di sviluppo della Trieste del futuro.
Barcola, tutto il lungomare fino al bivio di Miramare, da trasformare in un polo
turistico. Le ex caserme di Banne e di Opicina da utilizzare per scopi civili
così come un’altra cospicua serie di siti militari dismessi. Un settore di
territorio nei pressi del canale navigale di Zaule destinato a nuovi
insediamenti industriali, commerciali e artigianali. Una riutilizzazione di aree
industriali dismesse (ad esempio la Sadoch di viale Ippodromo). Una
riperimetrazione con restringimento del centro storico per liberare alcune zone,
come ad esempio quella di via Udine, dai rigidissimi vincoli che oggi rendono
quasi impossibile qualsiasi intervento.
L’iter Sono alcune delle linee fondamentali del nuovo Piano regolatore del
Comune di Trieste. Sono state illustrate ieri alla giunta comunale, sindaco
Roberto Dipiazza in testa, allargata ai capigruppo dei partiti di maggioranza
del centrodestra, dal direttore del servizio di Pianificazione urbana del
Comune, Ave Furlan. Contemporaneamente sono così partiti l’iter per uno
strumento pianificatorio che deve dettare le modalità di sviluppo della città
per i prossimi decenni, ma anche una corsa contro il tempo che deve concludersi
con l’adozione del Piano da parte del Consiglio comunale tassativamente entro il
27 luglio, pena il decadimento di tutta la procedura e la necessità di rifare
tutto da capo con limitazioni molto più stringenti.
Obiettivo non del tutto scontato quest’ultimo. Agli assessori infatti sono stati
dati ora alcuni giorni di tempo per studiarsi i voluminosi incartamenti e lunedì
prossimo la giunta sarà chiamata a votare la delibera. Poi il Piano regolatore
sarà illustrato ai consiglieri comunali e circoscrizionali e un tecnico del
municipio sarà a disposizione per chiarimenti. Il malloppo sarà inviato alle
sette circoscrizioni che avranno venti giorni di tempo per esprimersi. Tornerà
rapidamente in giunta e poi passerà alla Commissione urbanistica presieduta da
Roberto Sasco (Udc) che fin d’ora auspica che gli eventuali emendamenti siano il
più ampiamente possibile condivisi. Da qui il passaggio al Consiglio comunale
che eventualmente utilizzando anche una maratona oratoria dovrà giungere al voto
per l’adozione entro il 27 luglio.
Autorizzazioni Partirà poi la seconda fase. Il Piano verrà inviato per l’esame e
gli indispensabili nulla osta agli uffici urbanistici e della tutela ambientale
della Regione e alla Sovrintendenza ai Beni ambientali e artistici. Quindi verrà
pubblicamente esposto e cittadini e associazioni potranno presentare
osservazioni o, se direttamente interessati, opposizioni. Quindi nuovamente al
Consiglio comunale che dovrà discutere anche le singole osservazioni e poi
votare l’approvazione definitiva. A questo punto saremo già arrivati ai primi
mesi del 2010.
Il Piano regolatore del Comune recepisce le intese con l’Autorità portuale che
sono state approvate per l’analogo strumento pianificatorio dello scalo.
Individua a propria volta nel terrapieno di Barcola un’area di sviluppo
turistico da inserire all’interno di un corposo intervento che dovrebbe
rimodellare la linea di costa fino al bivio di Miramare rubando centinaia di
metri quadrati al mare per l’insediamento di strutture turistico-ricettive.
Le aree I due principali polmoni di sviluppo semicentrali vengono identificati
nella zona di Montebello, in particolare nell’area che dovrà essere lasciata
libera dalla Fiera e nell’ampio comprensorio della caserma di via Rossetti per
il quale sono partite le procedure per la sdemanializzazione, e in quella di
Campo Marzio da dove se ne andrà il Mercato ortofrutticolo all’ingrosso e sarà
riqualificata l’ex Stazione ferroviaria, per fare spazio, presumibilmente ad
alberghi, centri congressi o musei. Per queste due aree il nuovo Piano
regolatore prevederà comunque una pluralità di possibili destinazioni lasciando
lo spazio per scelte specifiche.
GLi obiettivi La filosofia generale del piano punta a una riqualificazione del
patrimonio esistente e fa riferimento a una città stabilizzata demograficamente
su un numero di 220 mila abitanti. Modifica la variante 66 progettata alla fine
degli anni Novanta dagli ingegneri Cervesi-Barduzzi che a propria volta era
intervenuta sulla variante 25 pensata a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta
allorché la Democrazia Cristiana prefigurava una Trieste con mezzo milione di
abitanti.
SILVIO MARANZANA
Giornata dell’Ambiente: Ponterosso sarà ripulito -
L’INIZIATIVA DELL’ONU - Sommozzatori nel canale per bonificarlo dai rifiuti
L'ecologia marina sarà un tema approfondito a Trieste in
occasione della "Giornata mondiale dell'Ambiente", istituita nel 1972 dalla
Assemblea generale delle Nazioni Unite, celebrato nel mese di giugno in tutto il
pianeta, in oltre 100 Paesi.
Una delle tappe triestine di sensibilizzazione sui problemi della educazione
ambientale si pone sotto il titolo di "Operazione Canale Pulito", in programma
sabato 13 giugno nella zona del Canale Ponterosso, a cura della Holiday -
Divisione Ecologica, in collaborazione con l'AcegasAps e l'Assessorato allo
Sviluppo Economico del Comune di Trieste.
Operazione piuttosto vasta e complessa quella prevista nel cuore cittadino
nell'arco del primo pomeriggio di sabato prossimo, una vera "task - force"
ecologica che vedrà impiegati sul campo un buon numero di sommozzatori del Sub
Sea Club Trieste e dell'Aquafun Diving Academy, affiancati dalle squadre del
Corpo Pompieri Volontari di Trieste. L'"Operazione Canale Pulito" prevede nello
specifico l'intervento di due squadre operative, una formata da esperti
subacquei ( si ipotizza una trentina circa) i primi attori della manifestazione,
alle prese con il recupero e la bonifica dei fondali marini; l'altra squadra
invece verrà impegnata nello stoccaggio dei rifiuti, nella differenziazione e
assemblaggio degli stessi in appositi cassonetti, posizionati in prossimità del
mare e del Canale Ponterosso.
La mappa della operazione targata Holiday - Divisione Ecologica ( ramo nato nel
2004 dalla Holiday Sas) una proposta quasi inedita per la provincia giuliana,
include anche l'impiego di tre imbarcazioni, di cui due gommoni ed uno scafo in
vetro resina messi a disposizione del Sub Sea Club di Trieste. Non è finita. Il
Corpo dei Pompieri Volontari della provincia interverrà a giochi ultimati,
rifinendo l'intera operazione con la pulizia definitiva delle banchine,
attraverso l'uso di una autopompa.
Il programma completo di "Operazione Canale pulito" attende ancora
l'ufficializzazione ma nel complesso non dovrebbe discostarsi troppo dall'inizio
attorno alle 15 delle prime immersioni, con attività nei fondali che dovrebbe
concludersi verso le 17.30. Sino alle 19 circa l'operazione dovrebbe completarsi
con la raccolta dei rifiuti, il lavaggio delle aree interessate e il ripristino
totale della zona attorno via Roma e il primo tratto di mare. Ulteriori
informazioni sull'evento del 13 giugno, visitando i siti www.holidaysignals.com
e www.ecosystem3000.it
Francesco Cardella
TRASPORTI - Alta velocità
Il «Piccolo» del 28 aprile, pubblica il tracciato
dell’alta velocità sotto Trieste fino a Divaccia. La prima osservazione da fare
è economica: il tracciato logico Ronchi-Opicina con stazione a Opicina viene
scartato, meglio i «tuboni» lunghi lunghi, che negli appalti consentono ai
politici di mangiare di più.
Ma si legge anche «una nuova direttrice di questo tipo permetterebbe
l’alleggerimento dei traffici di passeggeri sulle linee già esistenti con il
loro spostamento a bordo dell’alta velocità. Quello spazio libero verrebbe così
riempito accogliendo nuove quantità di merci».
Sulla linea esistente il traffico passeggeri è nullo, non si può più raggiungere
in treno da Trieste Sesana (ormai divenuta stazione Trieste Nord), figuriamoci
Kiev. In quanto al traffico merci, il transito di Opicina vede passare treni al
30% della potenzialità possibile. Quindi l’esistente linea Bivio Aurisina -
confine sloveno ha un 70% di disponibilità di treni inutilizzata.
Non sarebbe più logico invece di stravolgere il territorio, cercare di far
funzionare le linee esistenti, anche in considerazione del fatto che in tutta
Europa il merci più veloce non viaggia a più di 100 km/h?
Ma chi fa questi progetti ha la cognizione della realtà?
Paolo Petronio
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 giugno 2009
Tav: Riccardi e Ferrovie in Consiglio comunale - Oggi
l’audizione in aula E davanti al Municipio un sit-in di protesta
Si preannuncia una seduta consiliare molto calda, quella
che si svolgerà oggi in piazza Unità d’Italia a partire dalle 18.30. All’ordine
del giorno ci sarà infatti anche un’audizione sulla Tav con particolare riguardo
per la bretella ferroviaria Trieste-Divaccia che dovrebbe interessare il
territorio locale coinvolgendo in primis il Comune di San Dorligo, ma toccando
anche il Municipio di Trieste. Dopo avere esaurito in una prima sessione i temi
non trattati nella seduta precedente, alle 19.30 l’aula consiliare convocata in
via straordinaria vedrà discutere il delicato tema dell’alta velocità con
un’audizione cui sono stati invitati l’assessore regionale alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi, l’architetto Roberto Ferrazza del ministero delle
Infrastrutture e Trasporti e l’ingegner Mario Goliani del gruppo Rete
ferroviaria italiana. Lo stesso Goliani era stato il primo tecnico a presentare
pubblicamente lo studio di fattibilità sul tratto Trieste-Divaccia promosso
dalle Ferrovie dello Stato.
In concomitanza con la seduta del Consiglio comunale, il popolo triestino No Tav
si riunirà alle 18.30 sotto il Municipio per opporsi a quello che da più parti è
stato rinominato progetto ”Trivella a volontà” (Tav appunto). Il presidio del
costituendo comitato è stato annunciato attraverso alcuni volantini nei quali si
ricordano tre cifre inerenti al progetto di collegamento tra Trieste e il
Corridoio 5: «35 chilometri di gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra, 2.400
milioni di euro di nostro denaro e 15 anni di lavori previsti». Al grido di «No
alla Tav, No alla distruzione del Carso» il comitato hanno annunciato di volersi
«mobilitare subito contro il furto del suolo».
Tra gli altri argomenti inseriti all’ordine del giorno di oggi, il Consiglio
valuterà le proposte di deliberazione inerenti il commercio su aree pubbliche
nel territorio comunale con disposizioni relative ai mercati di piazza
Ponterosso, campo Belvedere, Opicina, via dei Mille e piazzale delle Puglie;
nonché la ratifica della deliberazione giuntale relativa alla variazione del
bilancio di previsione 2009 e pluriennale 2009-2011.
Riccardo Tosques
RIGASSIFICATORE - Ambiente e lavoro
Mi riferisco all’intervento del signor Arnaldo Scrocco,
per conto del Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, pubblicato il
27 maggio.
Ritengo molto discutibile la posizione del signor Scrocco che accusa
pesantemente di incoerenza il sindaco di Muggia - Nesladek per la sua posizione
sul piano regolatore del porto di Trieste.
Sarebbe sufficiente chiedere a Scrocco di spiegare ai giovani senza lavoro e
senza un futuro, ai cassaintegrati, ai sottoccupati e ai precari: quali sono le
sue proposte per dare una serie e credibile prospettiva alternativa al piano si
sviluppo portuale? Non va bene il rilancio del Porto, non vanno bene i tre
miliardi di investimenti sull’unica realistica possibilità di invertire il
declino economico e sociale di queste terre? Che cosa propone di diverso?
Nulla, perché probabilmente questo problema non lo tocca.
Dietro al «no» per il rigassificatore è sempre più evidente una strumentale
azione puramente denigratoria del sindaco di Muggia. Di fatto, il Comitato per
la salvaguardia del Golfo di Trieste raramente si rivolge alle istituzioni
competenti e preferisce attaccare chi fino ad ora, senza un potere effettivo di
veto, ha combattuto con coerenza contro il rigassificatore, sia quando governava
il centrosinistra sia adesso che governa il centrodestra. Purtroppo, tale
posizione può essere funzionale al centro-destra muggesano per cercare di
smarcarsi da precise responsabilità assunte a livello del comune di Trieste,
della Regione e del governo nazionale in merito al progetto «Rigassificatore».
Credo, a proposito di interesse della comunità muggesana, che il sindaco
Nesladek sia stato lineare nel suo comportamento: «Non si può votare contro il
futuro del Porto perché negheremmo una grande opportunità per il futuro
occupazionale dei giovani e allo stesso tempo non si può votare a favore del
rigassificatore in quanto pericoloso e in contrasto con le opportunità di
sviluppo economico». Ricordo, a tale proposito, che a fronte dei milioni di euro
da investire e dell’area occupata per il rigassificatore, le previsioni di solo
80 nuovi posti di lavoro (presentate con tanta prosopopea) sono da considerarsi
molto e molto limitate. A mio avviso, la posizione assunta dal sindaco di
Muggia, che lucidamente ha individuato il modo più realistico e concreto per
battersi contro il temuto rigassificatore togliendogli lo spazio e destinandolo
ad altre attività portuali a maggiore valore aggiunto, risulta consapevole,
coerente e corretta.
E per chiudere un dubbio ancora (perché a pensare male talvolta si indovina!),
non sarà che la mancata costruzione del molo ottavo e del terminal traghetti
faciliterà l’entrata delle gasiere nel vallone di Muggia?
Lorenzo Novello
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 giugno 2009
Nasce a Sistiana la «banca del tempo» - Scambio gratuito e solidale di servizi tra famiglie, da venerdì il data base
Il servizio si aggrega allo spazio Pollicino
DUINO AURISINA Dopo oltre due mesi di preparazione, si inaugura venerdì
prossimo la «banca del tempo» nel comune di Duino Aurisina. Finanziata dalle
Pari opportunità della Regione, l'iniziativa mira a permettere alle famiglie di
aiutarsi a vicenda, mettendo a disposizione il proprio tempo e ottenendo tempo
dagli altri, in modo gratuito e solidale, offrendo le proprie competenze in
cambio di altre.
L'iniziativa ha avuto successo in molti comuni di piccola dimensione a livello
nazionale, ed era uno dei punti di rilievo della politica proposta
dall'assessore Daniela Pallotta. La sede della struttura è stata fissata a Borgo
San Mauro, a Sistiana, nei locali dello spazio gioco Pollicino, dove ci sarà
sempre una persona a gestire lo sportello e il data base che incrocia domanda e
offerta di tempo.
Molte famiglie del territorio - spiega Daniela Pallotta - hanno già aderito
all'iniziativa, altre lo faranno venerdì dalle 16 in poi, quando la struttura
verrà formalmente inaugurata «da due delle donne politico più attente ai
problemi delle donne lavoratrici», lei stessa, appunto, e Alessia Rosolen, «che
hanno sostenuto numerose iniziative per permettere alle madri di tornare a
lavorare dopo aver avuto bambini».
L'amministrazione di Duino Aurisina ha già inviato per posta alle famiglie con
figli piccoli una informativa sulla banca del tempo, con la possibilità di
iscriversi spiegando che cosa si offre (ore di insegnamento, ripetizioni, baby
sitting, corsi di cucina, tempo per fare la spesa, e via dicendo) e che cosa si
chiede in cambio, al fine di aggiornare il database che permette poi di mettere
in contatto le famiglie con bisogni coincidenti. L'iniziativa è, per quest'anno,
finanziata, ma l'obiettivo del prossimo anno è quello di creare una cooperativa
tra famiglie per gestirla, affinché - come già avvenuto per lo spazio gioco di
Pollicino - vi sia per qualche donna anche una diretta opportunità lavorativa.
«In questi progetti - ha commentato l'assessore Pallotta - bisogna credere e
bisogna investire: sul momento le famiglie possono essere indecise, ma poi, come
già accaduto in questo territorio, la solidarietà crea un importante collante».
(fr c.)
IL PICCOLO - SABATO, 6 giugno 2009
«Tav Trieste-Divaccia, la gente va informata» - Nato un
comitato fra 30 associazioni della zona di Dolina
TRIESTE «Vogliamo che sullo studio di fattibilità del
collegamento ferroviario Trieste – Divaccia ci sia un’ampia informazione per
tutti gli strati della popolazione. Solo in questo modo sarà possibile prendere
una posizione consapevole verso un progetto che rischia di rovinare un intero
territorio». Così si sono espressi ieri a Trieste i rappresentanti del nuovo
comitato spontaneo dell’area di San Dorligo/Dolina, che raggruppa una trentina
tra associazioni e organizzazioni.
«Siamo preoccupati per il silenzio di numerose istituzioni e pubbliche
amministrazioni su un progetto che prevede un forte impatto ambientale – ha
spiegato il portavoce del comitato Vojko Kocjancic, accompagnato dall’architetto
Luisa Degrassi e dall’ingegnere Alen Kermac. La zona di Dolina – ha continuato
Kocjancic – ha già dato molto al progresso di questa parte della provincia.
Grandi motori, Grande viabilità, oleodotto, zona industriale hanno segnato in
modo indelebile questo territorio, e ora ci troviamo di fronte a un progetto che
rischia di stravolgere zone protette dall’Ue».
Le principali perplessità dei relatori riguardano la tutela ambientale della Val
Rosandra e del Carso in generale, il cui complicato reticolo di corsi d’acqua
sotterranei e cavità ipogee rischierebbe di implodere a causa del tracciato
della Tav. «Non si riesce a capire cosa c’entri con l’alta velocità il percorso
sinuoso che lo studio di fattibilità prevede per l’area sottostante la riserva
naturale della Val Rosandra e il contiguo altipiano di San Servolo – ha ribadito
Kocjancic – in una condizione di pendenza (17 per mille) che non permetterebbe
l’utilizzo di grandi convogli per il traffico merci».
Il comitato rimarca come parte del percorso del collegamento ferroviario ricada
in un’area protetta dall’Unione europea attraverso le definite zone di
protezione speciale e i siti di importanza comunitaria. E ciò a fronte del fatto
che Trieste, che dovrebbe beneficiare della nuova linea, si troverebbe tagliata
fuori dal tracciato principale. «Che senso ha mettere a repentaglio la sicurezza
delle zone toccate dalla linea – ha rincarato Alen Kermac – quando sarebbe
razionale ipotizzare una tratta diretta Ronchi–Divaccia che permetterebbe di
risparmiare almeno 20 chilometri di gallerie sotterranee?».
Maurizio Lozei
«La Ferriera sta tagliando gli organici» - I sindacati:
a casa i 50 assunti a termine, vogliono dimezzarci entro il 2013
Le Rsu annunciano reazioni durissime Voci di
occupazione dello stabilimento
Cinquanta esuberi. Questa l’altra faccia della medaglia riguardo
all’annuncio della riaccensione dell’altoforno dato giovedì dalla Servola spa.
L’hanno mostrata ieri le Rsu e alcuni tra i lavoratori più arrabbiati al termine
di un’animata assemblea che si è tenuta all’interno dello stabilimento. Secondo
quanto hanno rivelato Franco Palman della Uilm e Umberto Salvaneschi della
Fim-Cisl l’azienda ha annunciato che non verrà rinnovato il contratto ai
cinquanta dipendenti assunti a tempo determinato. Alla scadenza (per i primi si
tratta già del 31 luglio) verranno mandati a casa. «C’è di peggio - ha aggiunto
Palman - la Lucchini ha pure affermato che se anche un giorno l’altoforno
dovesse tornare a funzionare a pieno ritmo (la ripresa è invece prevista al
minimo tecnico, ndr.) l’organico non sarà più quello attuale».
La risposta sarà fortissima, secondo la stessa ammissione delle Rsu e sarà
annunciata nei prossimi giorni, ma già ieri al circolo dei lavoratori si parlava
di occupazione dello stabilimento. A questo scenario infatti c’è da aggiungere
anche la proroga della cassa integrazione (la prima tranche si chiude il 13
giugno) che secondo quanto ha prefigurato l’azienda riguarderà 100-120
lavoratori per ulteriori tredici settimane. «Sull’accordo per la prosecuzione
della ”cassa” siamo sotto una sorta di ricatto - hanno spiegato i sindacalisti -
dobbiamo firmare altrimenti l’azienda non anticipa il trattamento (circa 750
euro mensili) che l’Inps ci mette tre, quattro mesi a erogare».
«Ho una moglie, due figli e un appartamento con il mutuo da pagare - ha
raccontato Nicola Spinoso, 44 anni - quando ieri ho detto al mio bambino di 11
anni che dal 30 novembre sarò senza lavoro perché il mio contratto non sarò
rinnovato si è messo a piangere». «Lavoro nella macchina a colare - spiega Rocky
Leo, 37 anni - ai trenta del mio reparto ci hanno messi in cassa integrazione
per tre mesi filati proprio quando ho fatto un prestito per pagare il funerale
di mia mamma. Di conseguenza mi restano 360 euro al mese e ho due figli di 20 e
7 anni. Mia moglie fa la pulitrice ma le hanno ridotto le ore e porta a casa 540
euro al mese. Sapete dove lavora? Qui in Ferriera anche lei. Se chiudono lo
stabilimento siamo morti, già ora mangiamo solo pasta, pranzo e cena».
«I politici di questa città pensano solo alla Barcolana e alla Bavisela - ha
accusato Palman - non vedono la miseria e la disperazione che ci sono dietro le
luci blu di piazza Unità. Non esiste un progetto economico per la provincia, non
è la Ferriera che muore, è l’intero comparto industriale». «Tutti gli aiuti e
gli appoggi che Comune e Provincia ci hanno promesso - hanno aggiunto i
lavoratori - si sono concretizzati nella tessera per gli autobus e nemmeno dal
primo del mese».
Ma ciò che farà scattare la rivolta estrema dei lavoratori è il fatto che i
sindacati ritengono che vi sia un patto occulto tra l’azienda e la politica
locale, Regione in primis. «La Lucchini ottiene l’autorizzazione per l’altoforno
e poi i terreni e le agevolazioni per gli insediamenti futuri a partire dalla
centrale elettrica - hanno denunciato Palman e Salvaneschi - in cambio riduce
drasticamente l’organico della Ferriera di modo che al momento della chiusura i
dipendenti superstiti non costituiranno più una bomba sociale e potranno essere
realmente in buona parte ricollocati. Noi non ci stiamo: in 540 siamo partiti
all’inizio di questa trattativa e 540 vogliamo essere nel 2015».
In realtà già ora i dipendenti si sono ridotti per ragioni varie a 520, meno i
cinquanta a tempo determinato fanno 470. «C’è un progetto - ha denunciato
Maurizio Pertan del direttivo Faims-Cisal - per dimezzarci entro il 2013». Il
fronte dei lavoratori è compatto: «Siamo perfettamente in linea con le posizioni
delle Rsu», ha voluto sottolineare Roberto Cecchini referente dell’Ugl, il
sindacato di destra che all’interno della Ferriera conta una settantina di
simpatizzanti.
SILVIO MARANZANA
La Regione rilancia la guerra allo smog Traffico
vietato davanti alle scuole
TRIESTE Dal divieto di tenere acceso il motore nei centri
città per più di tre minuti, in caso di traffico a rilento, alla circolazione
interdetta nelle vie adiacenti alle scuole negli orari di entrata e uscita degli
studenti. Dal noleggio di un’auto solo per i chilometri che servono grazie al
car sharing all’acquisto in multiproprietà con il car-pooling. E, ancora,
dall’abbonamento agevolato per i mezzi del trasporto pubblico ai bus navetta per
arrivare in centro città. Sono molte le azioni (e le limitazioni) che il Piano
regionale per il contenimento dell’inquinamento contiene. E che dovrebbero
scattare, visto che la Regione ha appena avviato la Vas, già a settembre, quando
si apre il periodo più sensibile.
IL PIANO Il Piano regionale in corso di predisposizione, come spiega l’assessore
all’Ambiente Vanni Lenna, «predisporrà un censimento del territorio e un piano
di miglioramento dell’aria che si prefigge da un lato di ricondurre gli
inquinanti entro i valori limite e dall’altro di effettuare delle scelte
precise, rendendo migliori i valori rilevati». Una relazione sulla valutazione
della qualità dell’aria è già stata fatta nel 2005. Poi è seguita una prima
zonizzazione del Friuli Venezia Giulia: Trieste, Udine, Pordenone, Porcia,
Cordenons, Gorizia e Monfalcone sono stati inseriti nella mappa dei territori in
cui far scattare i provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico. Il Piano,
però, amplierà e aggiornerà la zonizzazione in base ai nuovi dati acquisiti
grazie al monitoraggio condotto con l’Arpa e a fronte del ripetersi di
«situazioni di episodi acuti di inquinamento atmosferico». Lenna, intanto,
afferma che «dalla precedente amministrazione regionale abbiamo ereditato un
grave ritardo. Ma, entro i termini fissati a livello ministeriale, saremo
comunque in grado di elaborare un primo documento preliminare. E concluderemo il
Piano entro il 2009».
LE AZIONI Le misure anti-smog sono molteplici. La Regione indica, ad esempio, la
necessità di «attivare per alcune zone del centro abitato limitazioni totali o
parziali del traffico (zone pedonali o zone a traffico limitato) per l’intero
anno o per un numero significativo di ore con sistemi automatici di controllo».
Prevede, al contempo, «il divieto di mantenere acceso il motore dei veicoli in
caso di soste che si prolungano per più di tre minuti nelle zone più
congestionate» come pure «il divieto della circolazione nelle vie adiacenti alla
scuola negli orari di entrata ed uscita studenti». Sempre per gli studenti sono
in arrivo «tariffe scontate sugli abbonamenti», mentre per tutti è previsto «un
servizio di biciclette per gli spostamenti urbani». Sulla stessa scia si
collocano gli interventi per attuare il car sharing e il car pooling. C’è poi la
volontà di attuare una politica dei parcheggi che renda conveniente il trasporto
pubblico locale: «Il costo mensile per parcheggiare su suolo pubblico - recita
il provvedimento - deve essere pari almeno al costo di un abbonamento mensile
per il Tpl urbano».
LE FASI Sono dodici le fasi previste per la piena attuazione del Piano. Si
comincerà con l’elaborazione del rapporto preliminare. Seguiranno le
consultazioni, la trasmissione del Piano (insieme a Rapporto ambientale, parere
motivato e documentazione acquisita), l’approvazione con decreto del presidente
della Regione, la pubblicazione sul Bur e infine la pubblicazione sul web delle
modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle misure
correttive adottate.
ELENA ORSI
EDILIZIA - Cubone a Gretta
Nel leggere l’articolo sulla frana di via Valerio noto con
piacere che il sindaco di Trieste punta il dito sul piano regolatore che ha
creato non pochi disastri. Uno di questi è stato recentemente ultimato nella
zona di Gretta con la costruzione di un enorme cubone (committente Iride Srl).
Come non bastasse è stato da poco approvato il progetto di un’altra costruzione
che si attaccherà al medesimo cubone (committente Sit Srl). È chiaro che tutto
viene fatto nel rispetto almeno formale delle norme edilizie (ancorché di
difficile controllo per un comune mortale) però ci sono delle cose che
andrebbero meglio chiarite. In primo luogo vorrei capire come mai venga sempre
disatteso il parere negativo espresso da parte delle circoscrizioni che in
realtà sono le più competenti a valutare le situazioni, le necessità e le
caratteristiche del rione. Che senso ha chiedere un parere se poi questo non
essendo vincolante viene sempre disatteso. In secondo luogo credo che anche
l’attuale piano regolatore dia la possibilità di dire no a certi scempi anche se
i criteri tecnici presentati ne rispettino i dispositivi. L’articolo 14 e 15 del
regolamento che parlano dei criteri di valutazione da parte della Commissione
edilizia parlano di raffronti delle nuove costruzioni con il contesto esistente,
alle presenze territoriali preesistenti, agli aspetti decorativi, di materiali e
colori, all’impatto ambientale delle opere, alle modalità di inserimento
paesaggistico e del tessuto urbanistico. Sarei molto curioso di capire come
questo cubone e così anche il prossimo che verrà costruito lo si possa veder ben
inserito nel contesto attuale. Dal fronte mare si notava molto meno il palazzo
abbattuto delle suore Orsoline che non questa costruzione dalle tinte
verdi/celestine che mal si inserisce nel contesto urbano esistente.
Per cui in attesa del nuovo piano regolatore basterebbe un maggior rispetto
delle valutazioni delle circoscrizioni e un maggior coraggio nel prendere delle
decisioni basate anche se non soprattutto su valutazioni ambientali.
Se questo potesse essere un suggerimento per rivedere intanto tutto ciò che
ancora dev’essere costruito potrebbe essere già un buon risultato.
Renzo Ramani
LA REPUBBLICA - VENERDI', 5 giugno 2009
AMBIENTE - Ecco perché Stati Uniti e Cina sono in corsa
per pulire il mondo
Le due superpotenze si sono convinte che
la sfida delle fonti rinnovabili è decisiva. Non per ragioni etiche ma perché
sanno che l'industria verde può essere la via per uscire dalla recessione
"LA CINA si candida a diventare il Dragone Verde, vuole vincere la
corsa mondiale verso un'economia low-carbon, a bassa emissione di Co2". Non è
propaganda del regime di Pechino. L'affermazione, fatta alla vigilia della
Giornata mondiale dell'Ambiente dell'Onu che si celebra oggi, è di Steve Howard
che dirige il Climate Group, importante ong ambientalista americana. Howard
indica la chiave di questa conversione: "I dirigenti cinesi si sono convinti che
questa è la nuova ricetta del profitto". Via via che si svelano i contenuti
della maximanovra di investimenti pubblici varati dalla Repubblica Popolare per
rilanciare la crescita, ecco che cosa si scopre: su 586 miliardi di dollari di
spesa pubblica aggiuntiva, ben 220 miliardi (il 40%) va a finanziare l'industria
verde, dal risparmio energetico alle fonti rinnovabili, dall'auto elettrica al
motore ibrido. L'Amministrazione Obama rincorre la lepre cinese: sui 787
miliardi di dollari di manovra di rilancio della crescita, Washington ne stanzia
una quota inferiore ma comunque importante (112 miliardi) per l'ambiente.
E almeno in un settore l'America si piazza in testa in questo duello: negli
ultimi 12 mesi ha installato 8.300 megawatt di impianti eolici, un record
storico, mentre la Cina arriva seconda con 6.300 megawatt di energia prodotta
dal vento. Entro la fine del 2009 però il colosso asiatico sarà il primo
esportatore mondiale di turbine eoliche. Arranca un po' indietro l'Unione
europea, che pure fu a lungo un modello di virtù per avere sottoscritto quasi da
sola gli impegni di Kyoto sulla riduzione delle emissioni carboniche. Ma anche
sul Vecchio continente spira un vento di ottimismo. La battaglia ambientale non
è più percepita come una zavorra, un sovrappiù di costi, e un ostacolo allo
sviluppo. Al contrario la Commissione di Bruxelles annuncia che "i benefici
delle energie rinnovabili in termini di sicurezza e di lotta all'inquinamento
vanno a braccetto con consistenti vantaggi economici". Non sono affermazioni
volontaristiche. Già oggi il solo business delle energie rinnovabili occupa 1,4
milioni di europei, per lo più ricercatori, tecnici, manodopera altamente
qualificata. "Altri 410.000 posti di lavoro aggiuntivi verranno creati - spiega
la Commissione - se l'Unione europea raggiunge l'obiettivo del 20% di energie
rinnovabili sul totale entro il 2020".
Più dei proclami politici, più delle esortazioni lanciate da istituzioni
internazionali, l'ottimismo è sorretto dalla nuova attenzione che il mondo del
business rivolge all'ambiente. Un sorpasso significativo è avvenuto nel corso
del 2008, lo annuncia ora lo United Nations Environmental Program. Per la prima
volta nella storia, l'anno scorso i capitali privati globalmente investiti nelle
fonti rinnovabili (140 miliardi di dollari) hanno superato quelli investiti
negli idrocarburi e altre energie fossili (110 miliardi). Il contributo decisivo
a questo sorpasso lo hanno dato le nazioni emergenti. Guidate da Cina e Brasile,
hanno aumentato del 27% i loro investimenti in energie pulite.
Certo i problemi da risolvere restano immani. La Cina si è risvegliata solo dopo
che il suo modello di sviluppo energivoro ha seminato distruzione. Oggi sui 600
milioni di cinesi che abitano in zone urbane, solo l'1% respira un'aria che
sarebbe considerata "non tossica" in base agli standard europei. E la recessione
può esercitare un pericoloso effetto anestetizzante. Grazie al crollo della
produzione industriale, ai fallimenti, alle chiusure di fabbriche, il 2008 ha
visto per la prima volta una riduzione parallela delle emissioni di Co2 sia in
Cina che in America. Questo è un effetto tipicamente temporaneo, non deriva da
cambiamenti strutturali. Guai se lo choc recessivo crea l'illusione che si possa
abbassare la guardia. La decrescita può far male all'ambiente se inaridisce i
finanziamenti nella ricerca.
Il più grande inquinatore del pianeta sembra deciso a fare sul serio. L'ultimo
rapporto del Climate Group sulla Cina è intitolato "La Rivoluzione Pulita".
Negli ultimi mesi Pechino ha già investito 12 miliardi di dollari in energie
rinnovabili: è seconda solo alla Germania. La Repubblica Popolare pianifica di
raddoppiare il peso delle energie pulite portandole al 15% del totale entro il
2020. È un obiettivo ambizioso vista la situazione di partenza: oggi l'80% della
corrente in Cina è generata da centrali termoelettriche a carbone. Anche sul
carbone, la materia prima più inquinante in termini di Co2, c'è uno spiraglio.
L'Agenzia Internazionale dell'Energia spiega che "le scelte cinesi saranno la
chiave per un uso meno inquinante del carbone, la sfida in assoluto più
urgente". Secondo l'Aie la Repubblica Popolare può diventare "leader nel
business del carbone pulito, dove sta sviluppando innovazioni tecnologiche
uniche, che altri paesi dovrebbero adottare". Un segnale della nuova attenzione
che si respira su questi temi: dopo averlo ignorato per anni, il governo cinese
ha accolto a braccia aperte Al Gore. Il Premio Nobel è stato finalmente
autorizzato a organizzare un importante convegno a Pechino, sul cambiamento
climatico, con il contributo parallelo dell'Accademia delle Scienze e dell'Asia
Society di Orville Schell (un think tank di New York che in passato non ha
lesinato le critiche alla politica cinese). Il disgelo è avvenuto con la
benedizione del mondo industriale: nella recessione globale, il business verde è
uno dei pochi motori ancora trainanti. In questo caso l'economia di mercato
aiuta l'ambiente, perché è pilotata da una guida politica. Da Washington a
Pechino, il ruolo dello Stato è cruciale nel mandare impulsi al settore privato,
costruendo la nuova cornice di incentivi e disincentivi entro cui si muove il
mercato.
La logica del profitto, piegata a fini virtuosi, è all'opera in un settore che a
lungo è stato l'imputato numero uno per l'inquinamento atmosferico:
l'automobile. Anche in questo caso la Cina è un laboratorio interessante.
Pechino punta a battere tutti sul traguardo dell'auto elettrica, "saltando" una
generazione nel percorso di sviluppo della sua industria automobilistica. Il
gruppo Byd di Shenzhen, partito da una posizione di forza come fornitore
mondiale di batterie per telefonini, si è diversificato nelle batterie per auto
e sviluppa un modello a motore interamente elettrico. I capitali privati ci
credono, al punto che l'operazione coinvolge il nome più illustre della finanza
americana. Nel settembre 2008 il gruppo Berkshire Hathaway che fa capo a Warren
Buffett (detto il "saggio di Omaha", il secondo uomo più ricco del pianeta) ha
acquistato una quota del 10% nel capitale della Byd, scommettendo che la Cina
sarà tra i vincitori nella corsa. Il primo modello di berlina quattroporte ad
alimentazione solo elettrica della Byd sarà in vendita in America nel 2011.
Barack Obama non vuole rassegnarsi al dominio asiatico nell'auto pulita.
Annunciando la bancarotta della General Motors, che deve sfociare nel parto di
una casa più snella e competitiva, il presidente ha ribadito che tra i compiti
del nuovo management c'è il rinnovamento della gamma per ridurre i consumi
energetici. Gli effetti si sentiranno a cascata perché l'industria
automobilistica è al centro di una vasta ragnatela: l'indotto è l'universo di
aziende che forniscono componenti, si stima che raggiunga fino a due milioni di
persone negli Stati Uniti. Come dimostra il caso delle aziende giapponesi,
sudcoreane e cinesi che producono batterie al litio per auto elettriche o
ibride, attorno alla domanda di un'auto pulita si genera un intera attività
industriale nuova. Inaugurando una fase di interventismo statale che non ha
precedenti dai tempi di Franklin Roosevelt, Obama ha chiarito che ambiente e
profitto devono andare d'accordo. È questa la cifra distintiva della sua
politica industriale. Il sociologo inglese Anthony Giddens è convinto che sia la
strada giusta per superare le resistenze del passato: "Obama riesce a
trasformare l'ambientalismo in un messaggio positivo. Rende evidente il nesso
tra energie alternative, sicurezza, e crescita economica. È capace di ispirare
una vera svolta, e questa può contagiare anche l'Europa".
FEDERICO RAMPINI
IL PICCOLO - VENERDI', 5 giugno 2009
Riparte l’altoforno, ma rimane la ”cassa” - L’ANNUNCIO
FATTO DALLA LUCCHINI AI RAPPRESENTANTI SINDACALI DELLA FERRIERA DI SERVOLA
Altre tredici settimane a casa per 100-120 dipendenti
perché la produzione sarà ridotta
Riparte l’altoforno della Ferriera di Servola. Quello contraddistinto dal
numero 3 sarà attivato entro giugno, ma a causa delle difficili situazioni di
mercato funzionerà a ritmo estremamente ridotto, per cui la cassa integrazione
sarà prorogata per altre tredici settimane e investirà 100-120 lavoratori a
rotazione. Queste le principali comunicazioni che sono state fatte ieri mattina
dalla Lucchini-Severstal nel corso dell’annunciato incontro con i rappresentanti
di fabbrica.
«In relazione al perdurare della difficile situazione congiunturale,
caratterizzata da una situazione di mercato ancora deficitaria con vendite al
30-40 per cento rispetto agli standard abituali - hanno fatto sapere ieri i
vertici di Lucchini spa - l’Afo 3 potrà ripartire al minimo tecnico limitando di
fatto l’attività produttiva diretta e indiretta». E riferendosi anche ai
contenuti dell’incontro con le Rsu, l’azienda ha riferito che «si è evidenziato
come tutte le previsioni al momento vedono una ridefinizione al ribasso della
domanda mondiale di acciaio per cui è presumibile che tali livelli produttivi
verranno mantenuti anche per i prossimi anni».
Affermazioni che hanno suscitato forti timori tra i rappresentanti sindacali.
Alla vigilia della trattativa che aveva portato alla prima richiesta di cassa
integrazione, la Servola spa aveva denunciato un invenduto di 100 mila
tonnellate di ghisa e 150 mila tonnellate di coke. Situazione che è solo
leggermete migliorata nelle ultime settimane. Per il momento dunque, mentre per
una buona fetta dei 540 dipendenti si annuncia anche un’intera estate con 750
euro al mese, è scongiurata solo l’ipotesi peggiore: quella che poteva
addirittura prefigurare la mancata riaccensione dell’altoforno.
«La produzione potrà riprendere come previsto entro il mese di giugno - ha
comunque annunciato ieri con una certa soddisfazione la Servola spa - al termine
delle tredici settimane di cassa integrazione». Si tratta della prima tranche
che attualmente vede a casa un paio di centinaia di lavoratori e che si
concluderà il 13 giugno. Assieme all’altoforno numero 3 verranno riattivati
anche gli impianti connessi e cioé l’agglomerato e la macchina a colare che sono
attualmente fermi. Ancora, la ripresa dell’Afo 3, seppur rallentata
complessivamente, consentirà comunque la ripresa delle forniture di ghisa
liquida allo stabilimento della Sertubi che a propria volta è interessato da
provvedimenti di messa in cassa integrazione.
L’azienda ha anche ricordato come sull’altoforno siano stati fatti interventi
per 7 milioni, in particolare quelli richiesti per l’autorizzazione integrata
ambientale, tra cui il rifacimento del sistema di caricamento, la sostituzione
della cappa di aspirazione del piano di colata e del sistema di raffreddamento,
l’implementazione di nuovi impianti elettrici e di automazione. I vertici
aziendali hanno anche ribadito che «nonostante la difficile situazione economica
verrà mantenuto anche nel 2009 il premio di risultato legato ai livelli della
sicurezza».
SILVIO MARANZANA
Roiano, nuovo complesso edilizio in via Giusti - Il
sindaco Dipiazza: «Abbiamo le mani legate, colpa di quel disgraziato Piano
regolatore»
INSORGONO I RESIDENTI NELL’AREA DI VICOLO RIO MARTESIN
Erano stati i primi a coalizzarsi contro il “tubone”, che prevedeva una
nuova direttrice di penetrazione cittadina. Avevano reagito con altrettanta
veemenza al megaprogetto che prevedeva in via Giusti e nell’area dell’ex
Centrale elettrica di Roiano un complesso abitativo con parcheggi e case
ecologiche nell’area verde vicino alla vallata di Rio Martesin. Ora nulla
possono di fronte a un progetto che interesserà proprio quel fondovalle
incastonato tra Monteradio e scala Santa.
«Abbiamo cercato di porre i vincoli necessari – ammette il sindaco Roberto
Dipiazza ai residenti di via Giusti e vicolo Rio Martesin – ma non potevamo
impedire ai proprietari dei terreni di costruire, pena denunce e sanzioni. Sono
dispiaciuto per i roianesi, ma non è nostra la responsabilità. Quello sciagurato
Piano Regolatore del ’97 (all’epoca della giunta Illy, ndr) che ha permesso la
costruzione di case su case in tutti i quartieri della città non lo abbiamo
certo realizzato noi». Il sindaco conferma dunque che l’area di vicolo Rio
Martesin, via Giusti e dintorni, a cui è possibile accedere solo attraverso uno
stretto vicolo, risulta interessata da una variante urbanistica che prevede la
costruzione di nuove palazzine.
Ma non è l’unica parte di Roiano che fa gola ai costruttori. È in corso di
completamento nella parte alta di scala Santa, infatti, un nuovo caseggiato
dalla cubatura consistente, a monte di solo qualche metro rispetto a un’altra
recente costruzione. Si sta costruendo pure in vicolo delle Rose, dove è
prevista la realizzazione di nuove palazzine su di un versante molto ripido. In
questo caso ci sono state delle segnalazioni da parte di alcuni residenti che
hanno rilevato uno smottamento sulla scarpata a monte della strada non lontano
dall’area dei lavori.
Sul progetto che interessa la vallata di via Giusti si registrano diverse
posizioni. A cominciare da quella di Piero Ambroset, coordinatore della
commissione urbanistica della terza circoscrizione. «Il nostro parlamentino ha
dato sempre parere negativo ai diversi progetti edilizi che interessano questo
territorio. Sulla variante definitiva – aggiunge Ambroset - non so dire nulla,
tuttavia mi chiedo come faranno a passare con camion e bettoniere lungo quel
vicolo Martesin che in alcuni punti raggiunge a malapena i due metri di
larghezza».
«Peggio di così non poteva andare», afferma Luciano Sinico, residente in via
Giusti preoccupato da una cementificazione che potrebbere «arriverà sino a Monte
Radio». In una Roiano già collassata dal traffico, secondo i residenti la
realizzazione di nuove case appare un controsenso. «Che ne sarà poi della
stabilità della zona? Avete visto tutti cosa sta succedendo in via Monte Valerio
- dice Sinico - dove il transito dei mezzi pesanti ha provocato un grande
smottamento».
«Ci sentiamo impotenti, soli e traditi. Nonostante le promesse del sindaco e
della circoscrizione – interviene Rosario Formica, residente in via Giusti –
dovremo sopportare l’annientamento dell’ultimo spazio verde di Roiano». Gli
fanno eco Ruggero Zanconati e Rosanna Klaus: «Abbiamo difeso questo piccolo
polmone di alberi e campagna con i denti – dicono – ma pare che non sia servito
a niente. Vogliono costruire case in una città in netto decremento demografico.
E non pensano che questo verde rappresenta la zona di “villeggiatura” della
gente anziana che non può muoversi da questa parte di Roiano». La preoccupazione
riguarda il fatto che la nuova costruzione andrebbe a caricare un’area in cui
«non ci sono fognature e strad «creare abitazioni enormi davanti a vecchie case
rurali - sostiene Dario Ferluga - significa distruggere un meraviglioso
paesaggio antico»
Maurizio Lozei
Nuova legge leghista sulla caccia - DOPO L’ALTOLÀ DELLA
CONSULTA
PORDENONE La Lega presenta una proposta di legge regionale
sulla caccia per superare i rilievi che hanno portato alla bocciatura
dell’attuale normativa da parte della Corte costituzionale. Il testo, illustrato
a Pordenone, punta a cambiare l’impianto della legge precedente, ispirandosi al
principio di sussidiarietà e trasferendo le competenze alle Province. Si punta
quindi alla collaborazione tra enti e organismi per la gestione faunistica e
venatoria, con l’istituzione di una «Conferenza permanente per la gestione
faunistica e venatoria», che funziona come struttura di raccordo tra Regione,
Province e organismi venatori. Il testo prevede poi il rafforzamento delle
Riserve di caccia e dei Distretti venatori. Per superare i rilievi di
incostituzionalità, la proposta prevede inoltre la soppressione
dell’Associazione dei cacciatori e la presenza dei «portatori di interesse» nei
Distretti venatori, introducendo il «controllo delle specie problematiche» come
volpi, cinghiali e corvidi e istituendo infine lo strumento della Commissione
disciplinare d’appello e di conciliazione.
MARE PULITO - Bagni sicuri a Staranzano L’Arpa promuove
il Lido - Le analisi dell’Agenzia per l’ambiente: i valori
dell’inquinamento sono dentro i limiti di legge
STARANZANO Il mare del Lido di Staranzano è balneabile.
L’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) ha comunicato ieri al Comune, i valori
delle analisi risultati ampiamente nella norma, relative al 4 maggio scorso:
“coliformi totali” 143 su 100 millilitri d’acqua (il limite consentito è 2.000),
“coliformi fecali” 11 (il massimo è 100), “streptococchi” 51 (massimo 100),
“salmonella assenti”. Un trend positivo che si allunga dalla passata stagione, a
conferma che l’inquinamento, anche se il mare è sempre sotto osservazione,
sembra oramai alle spalle, un brutto ricordo. Invece rappresenta un ottimo
segnale per l’estate che ha già dato segni della sua forte presenza con il caldo
eccezionale di maggio. La notizia è ancora più incoraggiante per gli operatori
degli stabilimenti balneari “Jeko bay” e “Surf bar” dopo che anche il mare di
Marina Julia è tornato pulito.
Intanto, proprio nei giorni scorsi il Lido di Staranzano è stato ripulito da
detriti, tronchi e quintali di alghe e con il bel tempo è cominciata una
stagione estiva promettente con l’assalto dei bagnanti alla spiaggia degli
ultimi fine settimana. In primo luogo è stato portato via il materiale
ingombrante (tronchi di una certa dimensione scaricati in mare dall’Isonzo e
anche la carcassa di una vecchia imbarcazione). Poi con l’ausilio di una ruspa
sono state ammassate tutte le alghe in una zona della spiaggia che non potesse
turbare la presenza dei bagnanti. La ripulitura ha prima interessato lo
stabilimento “Jeko bay”, poi man mano si è arrivati al “Surf bar”.
Per nascondere l’ammasso delle alghe, al momento è stata creata una sorta di
“mascheratura” dell’area di deposito, nell’attesa di effettuare la cosiddetta
“vagliatura”. Il procedimento consiste nell’utilizzo di un macchinario a nastro,
dove vengono prelevate le alghe senza portare via anche la sabbia. E le alghe
successivamente verranno portate allo smaltimento.
TRASPORTI - Ambientalisti e Tav
Gli «Amici della Valle» salutano con favore l’interesse
espresso dal presidente generale del Cai in difesa della Val Rosandra, contro la
Tav e sulle sue vicende storico-culturali e paesaggistiche. In coda al breve
articolo comparso su «Il Piccolo», in data 28 maggio, si legge una nota di
quanto ha dichiarato il presidente dell’Associazione XXX Ottobre che, con
testuali parole, afferma che la realizzazione della Tav non andava vista
attraverso una sterile e vuota logica del non fare a tutti i costi, ma da quella
concreta e positiva che consiste nella individuazione di soluzioni alternative.
Al proposito vorrei far notare che, nonostante la notizia sia emersa in città
con grave ritardo e con un progetto definitivo che la dice lunga sulla
disponibilità di dialogo da parte dei progettisti e sui margini di trattativa,
il «popolo degli amanti della Natura» si è mobilitato organizzando numerose
riunioni – con interventi di autorevoli professori universitari, geologi
responsabili per l’ambiente, Italia Nostra, Wwf... contrari alla realizzazione
del progetto Tav.
Vi è inoltre il Comune di Dolina che, in accordo con i cittadini, ha espresso
vivace dissenso. Nel contesto degli incontri si sono sentite le testimonianze di
quanto accaduto nel Mugello; c’è di che rimaner sgomenti!
Visto quanto sopra non capisco «dove» il presidente della XXX Ottobre abbia
ravvisato questo sterile e vuoto ostruzionismo da parte degli ambientalisti.
Le alternative ci sono; eccome! Peccato che ora manchino gli interlocutori; i
responsabili della Tav che, presentato il progetto definitivo, si sono dileguati
come «vento di primavera»: spariti. Per concludere: la scoperta della «grotta
impossibile», avvenuta durante la realizzazione delle gallerie per la Grande
Viabilità, dovrebbe fare scuola; tanto per non cadere nella solita sterile e
vuota logica del fare a tutti i costi. Rispettiamo l’imprevedibilità del nostro
Carso.
Virgilio Zecchini
Tav ignorata - GOVERNO
Ho letto l’articolo di fondo sul Piccolo del 28 maggio del
direttore Paolo Possamai in cui contestava la mancanza di finanziamenti per l’Av
sia da parte del governo, attraverso il Cipe, sia da parte delle Ferrovie dello
Stato. Egli ironicamente poneva un dilemma: «se era più importante e urgente un
treno veloce che attraversi la pianura padana e colleghi l’Italia ai paesi della
nuova Europa, oppure che il treno Frecciarossa viaggi rapido e mezzo vuoto tra
Bari e Napoli». Questa tratta tra l’altro è una di quelle che le Ferrovie
privilegeranno al posto di quelle del Nordest. L’ironia del direttore nasconde a
malapena la sua aspirazione affinché la linea Av Venezia-Trieste-Lubiana venga
finanziata e portata a termine al più presto. A onore del vero però egli pone
anche alcuni dubbi sull’efficacia trasportistica della soluzione tecnica
individuata che, tra l’altro, appare fortemente impattante per l’ambiente. Credo
che si riferisca al traforo del Carso da Ronchi fino a Trieste. E qui il
direttore auspica che il progetto fin qui elaborato venga ridiscusso a fondo e
in modo trasparente. Fatte queste considerazioni trovo poco coerente il suo
auspicio a che la linea Av venga costruita prima possibile perché dice lui,
rappresenta un’opera strategica non solo per il Nordest ma per l’Italia intera.
Il rinvio della progettazione completa e quindi dell’inizio dei lavori il
direttore lo ascrive alla litigiosità imperante fra i politici delle due regioni
del Nordest. Un esempio di queste diatribe è rappresentato dal tracciato che il
presidente del Veneto vorrebbe lungo la costa, mentre Tondo lo vorrebbe verso
l’interno. Io credo che il direttore Possamai, se è convinto che l’attuale
progetto passante sotto le pendici del Carso può rappresentare un impatto
fortemente negativo per l’ambiente sottostante, non dovrebbe perorare la causa
di quei politici privi di buon senso, che se ne fregano dell’ambiente, purché si
facciano affari con le imprese costruttrici. Basterebbe rifarsi al processo che
la magistratura ha istruito nei confronti delle imprese costruttrici dell’Av nel
Mugello, accusate di scempio ambientale per aver fatto sì che interi paesi
rimanessero senz’acqua, a causa della cementificazione della zona che ha
cancellato le falde idriche.
Bruno Cargnelutti (Monfalcone)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 giugno 2009
Comitato No Tav Trieste: "Presidio in piazza Unità" - lunedì 8 giugno
In concomitanza con la riunione del Consiglio comunale di
Trieste che dovrebbe discutere del progetto di fattibilità della nuova tratta
ferroviaria Trieste-Divaccia, il comitato No Tav organizza lunedì 8
giugno alle 18.30 una manifestazione in piazza Unità.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 giugno 2009
Tav, due opzioni in favore dell’ambiente - LO STUDIO DI
FATTIBILITÀ ITALO-SLOVENO SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO
Quelle denominate ”Cattinara” e ”Osp” modificano la
soluzione ottimizzata del tracciato
Un leggero spostamento in direzione del mare, verso il basso, a sud-ovest. E
le inversioni dei tratti all’aperto del tracciato ferroviario. Questi, in
sintesi, i contenuti delle due varianti al percorso ottimizzato della Tav
Trieste-Divaccia. Un doppio adeguamento che modifica leggermente la soluzione
ritenuta migliore dai progettisti autori dello studio di fattibilità congiunto
italo-sloveno. Un disegno che prevederebbe il passaggio nel sottosuolo della
doppia canna ferroviaria per la quasi totalità dei 35,6 chilometri dello
spicchio locale del Corridoio 5. Unica eccezione, i 200-300 metri all’altezza
della valle dell’Ospo in Slovenia.
OPZIONE CATTINARA Tornando alle due alternative, queste sono state «studiate per
il possibile insorgere di problemi di tipo ambientale», spiega l’ingegner Mario
Goliani, uno dei padri del progetto ed ex responsabile dello stesso per la Rete
Ferroviaria Italiana. Si tratta, nello specifico, delle opzioni denominate «Cattinara»
e «Osp». La prima in territorio italiano, la seconda in quello sloveno.
L’opzione Cattinara «allontana il tracciato di progetto dalla zona ospedaliera
di Trieste», spostandolo verso il mare e facendo sì che un tratto del
collegamento, della lunghezza di circa 300 metri, viaggi all’aperto (nella
versione ottimizzata invece il passaggio è sempre sotterraneo) proprio sotto il
viadotto della Gvt, in località Rio Storto, sopra Zaule. Una soluzione utile a
«ridurre i potenziali impatti vibrazionali in fase di esercizio sui ricettori
sensibili», come si legge all’interno dello Studio di fattibilità. Fra le
criticità sottolineate dai tecnici nei passaggi della relazione, emerge in
effetti la «remota possibilità che la soluzione ottimizzata del percorso possa
causare delle vibrazioni relazionate al passaggio dei treni», rischiando quindi
di interferire in qualche modo con l’attività dell’ospedale di Cattinara. Le
probabilità che ciò possa accadere, rilevano i tecnici, sono comunque molto
basse. In ogni caso, per progetti imponenti come sarà (forse usare il
condizionale sarebbe meglio, vista l’incertezza che ruota attorno ai
finanziamenti, come dimostrato di recente dal Cipe proprio per la
Venezia-Trieste) il collegamento transfrontaliero locale, ovviamente non si può
correre nemmeno il minimo rischio.
Ma la stessa opzione Cattinara porta in dote altre presunte problematiche. In
primis quelle collegate proprio alla presenza dei viadotti della Grande
viabilità triestina e alla coabitazione della Tav con gli stessi. Non solo,
però: difficoltà, stando alle parole contenute nell’atto prodotto dal consorzio
composto da Italferr e dagli esperti sloveni del settore trasporti, potrebbero
essercene per il possibile inquinamento delle acque in fase di cantiere e di
occupazione di suolo naturale. «Ma le gallerie che dovrebbero passare sotto il
Carso - puntualizza in merito Goliani - sarebbero tutte più alte del livello
delle acque di base che, ovviamente, cambia a seconda delle zone. La quota
minima verrebbe raggiunta laddove sfocia il Timavo, quella massima nel punto in
cui si inabissa. La copertura delle gallerie potrebbe eventualmente essere
toccata solo nel caso di piene intense, ma comunque non certo dalle acque
normali».
OPZIONE OSP L’altra alternativa interessa invece il territorio della vicina
Repubblica, segnatamente l’area della valle dell’Ospo. La parte specifica dello
studio trae origine dai dubbi mossi dalla componente slovena del consorzio sui
possibili danni ambientali a un’area «soggetta a molti vincoli», anche culturali
e paesaggistici, e che è inserita negli elenchi della Rete natura 2000, progetto
per la conservazione degli habitat naturali di interesse comunitario. La
soluzione Osp, se adottata, porterebbe il percorso della Trieste-Divaccia a 200
metri di distanza dalla grotta Osapska, eliminando i previsti 200-300 metri
all’aperto per spostare tutto sotto terra. «In definitiva, l’opzione Osp
comporta meno impatti potenziali sui siti Natura 2000, sul paesaggio ed in
relazione all’impatto acustico nella fase di esercizio», è una delle conclusioni
sottolineate dai progettisti. I quali, è bene ricordarlo, hanno firmato uno
studio di fattibilità che, non essendo un progetto esecutivo, può subire delle
ulteriori modifiche.
TRANSPADANA Nominato recentemente presidente di Transpadana in rappresentanza
dei soci pubblici, il numero uno della Camera di commercio di Trieste Antonio
Paoletti si confronterà a breve con gli altri componenti del Cda del comitato
promotore della direttrice europea dell’Alta velocità per studiare le strategie
da portare avanti sul territorio. Per il momento, promette: «Punterò a
coinvolgere in un dialogo costruttivo i comuni interessati dal passaggio della
Tav».
MATTEO UNTERWEGER
Tre miliardi per unire il Cadore alla Carnia -
IL COLLEGAMENTO TRA L’A27 E L’A23
In Veneto c’è una proposta per i primi 23 chilometri,
mentre il Friuli Venezia Giulia latita
IN REGIONE SCARSO L’INTERESSE DA PARTE DEI PRIVATI PER LA REALIZZAZIONE
DELL’OPERA
TRIESTE Una autostrada lunga 85 chilometri per collegare il Cadore alla
Carnia. Un progetto per fare uscire dall’isolamento le aree della montagna, per
dare impulso alle aree produttive e al turismo. Un progetto – di cui esistono
per ora buone intenzioni e la volontà condivisa di Veneto e Friuli Venezia
Giulia di realizzarla – che per concretizzarsi ha bisogno di risorse: tre
miliardi di euro secondo lo studio commissionato due anni fa dalle associazioni
Industriali di Belluno, Treviso, Pordenone e Udine e donato alle Regioni.
Risorse pubbliche da investire nel collegamento non ce ne sono per cui il
progetto è a caccia di fondi privati. In Veneto è stata avanzata una proposta di
project financing per il primo troncone (23 chilometri) mentre in Friuli Venezia
Giulia le manifestazioni di interesse latitano.
LO STUDIO Due anni fa le associazioni industriali di Belluno, Treviso, Pordenone
e Udine, hanno donato uno studio di fattibilità sull’opera redatto dallo Studio
Ingegner de Beaumont e a DEPFA Bank, sotto la supervisione e il coordinamento
dell’architetto Bortolo Mainardi. Il punto di partenza è stata l’analisi del
collegamento autostradale tra la A27 (Venezia-Belluno) e la A23 (Udine-Tarvisio),
elaborata dall’Anas e completata nel marzo 2005. Partendo dal sistema del
«doppio arco» determinato dal Passante di Mestre (Dolo/A4-Mogliano-Quarto d’Altino/A4)
da un lato e dalla Pedemontana veneta «unita» al completamento della A28 (Montebello/A4-Tiene-Bassano-Conegliano-Pordenone-Portogruaro/A4),
dall’altro, lo studio ha ipotizzato a completamento del quadro una prosecuzione
della A 27 – autostrada che interseca centralmente entrambi gli «archi» - verso
nord-est, fino al collegamento con la Carnia e quindi con il Friuli.
L’OPERA Secondo l’elaborazione, che prende le mosse dallo studio di fattibilità
dell’Anas, l’opera – si parla di una strada a scorrimento veloce o di
un’autostrada, ma comunque di un’arteria a pedaggio - andrebbe costruita in tre
tronconi: tra Pian di Vedova e Pieve di Cadore (23 chilometri), tra Pieve di
Cadore e Forni di Sopra (altri 23 chilometri) e tra Forni e la connessione con
la A 23. L’ipotesi di tracciato economicamente più impegnativa risulta essere
quella a più basso livello di impatto ambientale e paesaggistico, ovvero quella
che prevede la massimizzazione dei percorsi in galleria (66% dello sviluppo
totale) e una forte contrazione del tracciato in viadotto (12% dello sviluppo
totale).
I COSTI L’arteria, secondo lo studio di Confindustria - che tiene conto dei
flussi di traffico medi giornalieri (ipotizzati 31300 veicoli il giorno nel
primo tratto, 12500 nel secondo e 14 mila nel terzo) -, comporterebbe costi «di
pura costruzione» tra i 2 e i 3,2 miliardi. La cifra massima ipotizzata,
considerata la necessità di ridurre al minimo l’impatto ambientale, sembra
quella più attendibile. A questa andrebbero poi sommati tutti gli oneri di
costruzione per cui, secondo gli esperti, l’intera strada potrebbe arrivare a
superare tranquillamente i quattro miliardi. Considerata la scarsità di risorse
pubbliche e l’impegno che entrambe le Regioni hanno già riversato su altri
fronti, l’unica via plausibile per realizzare il collegamento è la ricerca di
fondi privati.
IL VENETO Dopo aver deliberato la facoltà di essere ente concedente (al posto di
Anas), la Regione Veneto ha aperto alle manifestazioni di interesse di privati
una prima proposta – per il primo troncone e quindi quello che di fatto
attraversa il Cadore e che potrebbe tranquillamente vivere autonomamente dando
una risposta al traffico, soprattutto turistico, delle Dolomiti – è arrivata. Ad
avanzarla è stata una associazione temporanea di impresa formata da Grandi
Lavori Fincosit Spa di Roma e dalle due imprese venete Adria Infrastrutture Spa
e Ing. Mantovani Spa. La Regione è ora chiamare a valutare la proposta nel
merito e, in caso risponda ai desiderata, deliberare il pubblico interesse
dell’opera, atto preliminare e necessario alla progettazione.
IL FRIULI VENEZIA GIULIA Il percorso in Friuli Venezia Giulia sembra, invece, in
salita. Non per mancanza di interesse da parte della politica – che già con la
giunta Illy aveva sostenuto l’importanza del collegamento e aveva deliberato la
facoltà, per la Regione, di rilasciare concessioni per arterie a pedaggio,
strade e autostrade -, ma per mancanza di interesse da parte dei privati.
«L’opera – spiega l’assessore alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi – è stata
inserita nell’accordo Tondo Berlusconi e come tale è ritenuta strategica dalla
Regione. Dobbiamo però fare i conti con risorse pubbliche che non ci sono. Le
nostre priorità al momento sono l’asse terza corsia della A 4 - Villesse Gorzia
e gli interventi per decongestionare la viabilità ordinaria collegata al sistema
autostradale. L’unico modo per realizzare quel collegamento richiede l’impegno
di risorse private, ma al momento la Regione non ha ricevuto alcuna
manifestazione di interesse né proposta di project financing».
MARTINA MILIA
Agenda 21, si discute di viabilità, risorse energetiche
e territorio - LA PROSSIMA SETTIMANA A MUGGIA E SAN DORLIGO
SAN DORLIGO È pronto il calendario dei prossimi
appuntamenti nel contesto dell’Agenda 21 di San Dorligo della Valle e Muggia.
Tre i gruppi tematici che prenderanno il via la prossima settimana. Lunedì,
dalle 17 alle 19 nella sala consiliare di Muggia, si discuterà di risorse
energetiche locali. Il giorno seguente, sempre dalle 17 alle 19, al Centro
visite di San Dorligo si parlerà di viabilità educata e sostenibile, mentre
mercoledì sarà la volta della promozione del territorio, tema che verrà
sviscerato nella sala del consiglio comunale di Muggia sempre dalle 17 alle 19.
Lunedì si discuterà, in particolare per quanto riguarda San Dorligo, di tre
temi: come recuperare legname per riscaldamento ottenendo permessi per taglio di
alberi e cespugli dalla Forestale, l’utilizzo dell’energia eolica (”la bora è
amica”), l’incentivazione geotermica e il recupero delle acque meteoriche.
Riguardo a Muggia l’incontro verterà su tre aree: la mancanza di conoscenza
sulla possibilità di ottenere risorse energetiche locali, lo sfruttamento
dell’energia eolica sul Monte Carso e lo sfruttamento delle biomasse con il
materiale risultante dalla pulizia di boschi e sentieri.
Per informazioni sui gruppi tematici sorti in seno al progetto Partecipassieme
si può contattare l’ufficio Agenda 21 all’indirizzo di posta elettronica
agenda21@com-san-dorligo-della-valle.regione.fvg.it oppure al numero di telefono
040.8329231.
(r.t.)
«Da San Rocco al Lazzaretto: costa persa» - UN’AREA
ANCORA DA VALORIZZARE
È un peccato che quel magnifico tratto di costa che
partendo da Porto S. Rocco si estende sino al Lazzaretto non sia valorizzato in
pieno. Sono ormai passati molti anni che la sua fruibilità per quanto riguarda
la balneazione è interessata solamente ad alcune piccole zone «attrezzate».
L’amministrazione comunale in carica si è già attivata da tempo per risolvere
questo problema, ma, credo per l'elevato costo del lavoro, al momento tutto è
fermo (o quasi). A suo tempo la Regione aveva avviato uno studio di fattibilità
e di valorizzazione di questo tratto di costa. Rimane però il problema del
terrapieno inquinato «Aquario», a mio parere ormai dilavato negli anni sia dalle
piogge sia dalle mareggiate.
Di fronte al terrapieno c’è un allevamento di mitili soggetti a controlli
igienico sanitari prima di essere commercializzati (quindi a buon intenditor....).
Sarebbe magnifico se l’amministrazione regionale stanziasse i soldi neccessari
sia per bonificare il sito, sia per riqualificare almeno quel tratto di
terrapieno (già fornito di terra e scogliera): forse per questo intervento il
costo non sarebbe megagalattico.
Sono sicuro che sarebbe un vanto sia per la Regione sia per l'amministraziuone
comunale di Muggia, per i suoi cittadini e quant’altri interessati alla
balneazione: la speranza forse è l'ultima a morire.
Piero Robba
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 giugno 2009
Ferriera, l’altoforno 3 pronto a funzionare - I
sindacati: «Ma temiamo che la Lucchini denunci una serie di esuberi» - Domani il
confronto tra azienda e Rsu
Faccia a faccia i vertici della Ferriera e le Rsu domani
nello stabilimento di Servola dove quasi duecento lavoratori continuano a essere
in cassa integrazione. «Non c’è alcun ostacolo né tecnico né burocratico
all’accensione dell’altoforno numero 3 - ha affermato Francesco Semino,
responsabile relazioni pubbliche del Gruppo Lucchini - in questi giorni stiamo
valutando se vi sono le condizioni di mercato per attuarla e lo comunicheremo ai
lavoratori».
Secondo fughe di notizie non confermate l’altoforno verrà attivato, ma sarà
fatto funzionare a regime ridotto a seguito della crisi che ha investito anche
il mercato della ghisa e una parte dei lavoratori dovrebbe proseguire la cassa
integrazione anche dopo questa prima tranche che si concluderà il 13 giugno.
«Il timore non è legato tanto alla funzionalità a ritmi ridotti poiché la crisi
obiettivamente non potrà esaurirsi prima dell’anno prossimo - ha specificato
ieri Franco Palman della Uilm - quanto alla possibilità che l’azienda approfitti
della situazione per denunciare una serie di esuberi, mentre uno stabilimento
come quello di Servola dove oltretutto vi sono in ballo anche numerosi contratti
a termine, non può funzionare in efficienza e sicurezza con un organico
inferiore alle attuali 540 unità».
Con la riduzione del numero dei dipendenti, secondo Palman l’azienda, gettando
nel dramma numerose famiglie, toglierebbe però molte castagne dal fuoco al
settore politico che non si troverebbe più alle prese con la ricollocazione di
un numero così ampio di operai e tecnici come quello attuale.
E la denuncia di «violazione di alcune norme di sicurezza da parte dell’azienda»
viene avanzata già ora da Luigi Pastore, rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza di Faims-Cisal. «La manutenzione a turno - afferma Pastore - opera
solo con il turno di notte e unicamente con l’elettricista, mentre in precedenza
gli interventi venivano eseguiti assieme al meccanico proprio per ragioni di
sicurezza. La salvaguardia impianti è scoperta dalle 16.30 alle 22. L’infermeria
non è più presidiata dai medici». Secondo Pastore, che invoca di conseguenza
l’immediato intervento delle istituzioni competenti, «le condizioni già note di
altissima pericolosità degli impianti obsoleti e la mancanza di personale
specifico di pronto intervento mettono a rischio l’incolumità dei lavoratori».
«Attualmente sono sempre fermi l’altoforno, il reparto agglomerato e la macchina
colare - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - e funzionano soltanto la
cokeria, la centrale elettrica interna, il terminal solo se arrivano navi e in
parte la manutenzione e l’amministrazione. Un rischio immediato da evitare è che
l’azienda voglia arrivare in questa situazione fino al prossimo inverno».
«La settimana prossima vi sarà un confronto allargato anche con le segreterie
confederali - spiega Palman - ma già domani dovrebbero apparire chiare le
intenzioni dell’azienda». La rabbia dei lavoratori potrebbe esplodere fin
dall’assemblea che si terrà venerdì.
(s.m.)
Lucchini - progetto centrale termoelettrica: domanda di Valutazione di Impatto Ambientale, Valutazione di Incidenza, Autorizzazione Integrata Ambientale.
Servola, il Miani fa appello all’orgoglio dei residenti
- ASSEMBLEA PUBBLICA A VALMAURA
Sollecitata la chiusura dello stabilimento siderurgico
Circolo, sopravvivenza difficile
Un appello all'«orgoglio dei residenti» chiamati a opporsi alla situazione
di stallo. L'ennesima accusa alle autorità istituzionali, Azienda per i servizi
sanitari compresa, colpevoli di «mancato intervento a favore della popolazione».
Un ironico invito ai russi, proprietari della Ferriera, «a non voler insegnare
qualcosa in tema d'impresa ai triestini, i cui cantieri seppero costruire navi
che solcarono gli oceani». Sono alcuni dei principali passaggi del lungo
intervento di Maurizio Fogar, ex presidente del circolo Miani, alla pubblica
assemblea convocata l'altra sera nell'area giochi del comprensorio dell'Ater di
via Valmaura. ”Chiudono il Miani e non la Ferriera" era il titolo stampato sulle
1.500 locandine affisse sui portoni delle case del rione dai soci del Miani nei
giorni precedenti l'appuntamento; il mancato rinnovo dei finanziamenti al
circolo, da parte della Regione, ha messo in seria difficoltà l'organizzazione
presieduta ora da Livio Fogar. Questi ha richiamato l'attenzione del pubblico -
non numeroso - sul nodo sopravvivenza del circolo, lasciando poi le
argomentazioni di merito a Maurizio Fogar, che ha chiesto ancora la chiusura
della Ferriera.
(u.s.)
TRASPORTI - Ferrovie in crisi
Il Piccolo è stato gentile a pubblicare in questi anni
diverse mie segnalazioni sulle complesse e disastrate ferrovie. In alcuni casi,
per coincidenza, ci sono stati degli sviluppi ma quasi sempre negativi.
Peggiorati i già miseri servizi internazionali via Opicina/Tarvisio, di fatto
inesistenti, escludendo quelli mancanti da 60 anni per Pola e Fiume. Tagli anche
a Udine su Roma e Milano.
Le piccole modifiche grafiche all’orario venduto in edicola, suggerite per
migliorare le linee triestine forse non servono. Sembra che a breve, per
risparmiare, Trenitalia non lo stamperà più copiando Francia e Spagna a danno
dei milioni di persone senza Internet a casa. Vorrei vedere se sparissero i
giornali cartacei, i libri, ecc. Intanto il progetto «rete snella» è arrivato
anche qui: ridimensionata Opicina, smantellato Prosecco, tolti alcuni scambi in
città penalizzando il traffico merci. Qualcuno forse ci ha messo più zelo del
dovuto sperando di fare carriera.
Per il traffico merci Italia-Est Europa vedo dell’altro: deviare gli attuali
merci sul Brennero per intasarlo al massimo e rendere necessario il suo
raddoppio. Dall’altro lato si dirà che l’attuale linea via Opicina è
tecnicamente inadatta senza la Tav sotto il Carso. Addio alla speranza di
ripristinare la breve Cervignano-Aquileia-Grado Pontile, con il suo potenziale
turistico, chiusa da 60 anni ma con i binari rimasti intatti. Da alcuni mesi
sono stati invece smantellati per farci la pista ciclabile.
Ancora più recente il probabile raddoppio delle tariffe per organizzare treni
storici con mezzi d’epoca. Una scusa per demolirli forse perché hanno troppo
successo mentre gli austriaci ripiegano su Capodistria. E dire che i tedeschi ci
guadagnano pure oltre a mantenere viva una cultura ferroviaria.
Trieste è una delle 10-12 città ad avere questi mezzi mentre per il museo di
Campo Marzio continua il disinteresse di tutti, volontari esclusi.
Patrick Mazzieri
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 giugno 2009
Alta velocità, Legambiente chiede un tavolo unico - CON
IL COINVOLGIMENTO DEI COMUNI
Un tavolo unico per discutere dell’alta velocità in Friuli
Venezia Giulia. È questa la richiesta degli esponenti di Legambiente, Rudy
Fumolo e Andrea Wehrenfennig, e indirizzata ai Comuni interessati dalla
realizzazione del progetto della linea ferroviaria Trieste-Divaccia. «L’Italia -
ha detto Fumolo - ratificando la Convenzione di Aarhus nel marzo del 2001,
accolse la direttiva che prevede la partecipazione del pubblico alle decisioni
che riguardano argomenti come l'alta velocità. Nulla di tutto questo però è
avvenuto - ha aggiunto - perciò esiste il concreto rischio che, se il progetto
dovesse proseguire con le attuali modalità, l’Italia possa essere destinataria
di una segnalazione di infrazione. Anche col progetto della linea ferroviaria
Trieste-Divaccia - ha concluso Fumolo - il traffico ferroviario aumenterebbe di
una percentuale inferiore all'unità rispetto a quello su gomma, invece il nostro
obiettivo è quello di un massiccio appesantimento delle tasse a carico dei
camion, sulla scia di quanto stanno facendo o hanno già fatto numerosi Paesi
europei, in modo da favorire il trasferimento del movimento merci su rotaia».
«Da realizzare però - ha precisato Wehrenfennig - senza quel disastroso impatto
previsto dalla progettazione attuale. Proponiamo invece - ha continuato - per
quanto concerne il cosiddetto ”Progetto prioritario n.6”, il rispetto delle
normative europee, con un costo notevolmente inferiore e in tempi più rapidi,
attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 km/h dell'attuale linea
ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento fra Trieste e Capodistria in area
muggesana e il potenziamento del bivio San Polo Monfalcone-Bivio di Aurisina».
Ugo Salvini
TRASPORTI - Confronto sulla Tav
In uno degli interventi ormai quotidiani sulla Tav, un
lettore afferma: «Mi stupisce che l’allarme lanciato da Paolo Rumiz non abbia
riscosso la dovuta attenzione». In realtà, il 20 aprile, a Dolina lo scrittore
ha affermato che non si tratta di essere favorevoli o contrari alla Tav, ma di
pretendere progettazione e realizzazione di opere rispettose dell’ambiente, come
avviene all’estero, contrariamente a come si è operato nel Mugello. Cosa
possibile anche in Italia, se si pensa alla realtà della Pontebbana. L’allarme è
venuto da altri relatori, contrari per principio all’alta velocità anche sotto
l’aspetto logistico. È vero, non si è aperto un vero dibattito. Con l’uscita
dalla politica di Riccardo Illy, manca un serio confronto, perché prevalgono gli
argomenti di chi, prevenuto, non è interessato alla realizzazione delle opere.
Con la sua gestione, il Fvg ha attuato una politica dei trasporti, con una
visione europea, tesa a migliorare la mobilità di merci e passeggeri in funzione
dello sviluppo economico. Senza la sua adesione alla Transpadana non si sarebbe
nemmeno avviato il progetto del Corridoio V. Con la gestione Illy non sono
mancate risposte, incontri e approfondimenti, senza preoccupazioni di stampo
elettoralistico. I risultati hanno dovuto fare i conti con quanti si ostinano a
non comprendere la dimensione internazionale dei traffici. Concordo quindi con
la necessità di un approccio, come quello di Paolo Rumiz, auspicando che vengano
altri interventi di quanti sono interessati, come Riccardo Illy, a lavorare
seriamente per lo sviluppo economico della nostra regione.
Luigi Bianchi
«Servola, a rischio cementificazione un’area adibita a
orti» - RESIDENTI IN ALLARME, SOPRALLUOGO DELLA COMMISSIONE CONSILIARE
«Non cementificate anche questo pezzo di terreno». La richiesta parte dai residenti le cui case sono vicine a una zona verde tra via del Roncheto e via Silvula, oggi adibita a orti rionali. Il rappresentante della Settima circoscrizione, Giovanni Castello, ha spiegato ieri, durante un sopralluogo della quarta Commissione consiliare comunale, che si tratta di uno degli ultimi terreni appartenenti alla ex comunella di Servola e ora in gestione al Comune. Come ha spiegato il consigliere comunale Iztok Furlanic, c’è preoccupazione tra i residenti: gira voce che il terreno con il nuovo piano regolatore diverrebbe edificabile. Il presidente della Commissione Lorenzo Giorgi ha sostenuto che «il caso di questa zona verde che potrebbe divenire edificabile non sarà l’unico del nuovo piano regolatore. Nel pieno rispetto del lavoro fatto da tecnici e giunta, sarà però il consiglio comunale a dovere far rispettare le zone verdi anche perché non si può costruire all’infinito quando la popolazione non cresce».
(da.cam.)
Comunicato stampa - LUNEDI', 1 giugno 2009
Sentenza della Corte Costituzionale contro la legge
sulla caccia regionale. di Maurizio Rozza
Rappresentante delle Associazioni di Protezione
Ambientale del Friuli venezia Giulia in seno al Comitato Faunistico Regionale
Hanno vinto le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia; Ha
vinto quella parte - oggi purtroppo minoritaria - di cacciatori onesti e
moderati che credono che solo riportando un coinvolgimento effettivo delle tre
parti sociali coinvolte nella pianificazione e gestione dell'attività venatoria
( ambientalisti, agricoltori, cacciatori) si potrà garantire conservazione e
tutela alla fauna selvatica, patrimonio pubblico per legge dello Stato . Ma ha
vinto soprattutto la legalità sui tentativi della Regione di legalizzare qui
comportamenti previsti altrove come violazioni di legge, anche a carattere
penale.
La Corte Costituzionale ha accolto sostanzialmente tutti i rilievi avanzati
dalle associazioni ambientaliste - WWF, LIPU, Legambiente, LAC, LAV . Ha
spazzato via deliri normativi come quello che prevedeva che tutta la Regione -
laguna e mare incluso - dovessero rientrare nella zona faunistica delle Alpi. Un
maldestro tentativo di ridurre le aree interdette alla caccia, che per legge
devono essere comprese in una superfice dal 10 al 20 per cento nelle aree
montane, contro il 20-30 per cento delle aree non montane. O, ancora,
l'altrettanto maldestro tentativo di riaprire l'uccellagione in Friuli Venezia
Giulia, destinandone addirittura i frutti a finalità "amatoriali ed amatorali".
L'uccellagione nel resto d'Italia viene sanzionata penalmente con l''arresto
fino ad un anno o l'ammenda fino a 2000 Euro.
Ma la vera "rivoluzione copernicana" è soprattutto l'obbligo, sancito dalla
Corte, di coinvolgere tutte e tre le parti sociali negli organismi dove avviene
la gestione venatoria. La Legge Regionale n. 6 faceva si che la fauna selvatica,
definita dalla legge italiana "patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata
nell'interesse della Comunità nazionale ed internazionale" diventasse una "cosa
nostra" del mondo venatorio.
La normativa regionale, cancellata ora dalla Corte, disegnava infatti un
panorama inquietante in cui il controllato diventava controllore di se stesso.
L'operato delle Riserve di Caccia, composte integralmente da cacciatori e
deputate a pianificare ed attuare l'attività venatoria, era sottoposto
unicamente al controllo del Distretto Venatorio, a sua volta costituito dagli
eletti delle medesime Riserve di Caccia e dagli altri organismi venatori
esistenti sul territorio di competenza. Al di sopra di entrambi, deputata a
istruire ed applicare un sistema disciplinare e sostitutivo, era stata posta la
"Associazione dei Cacciatori", eletta da tutti i cacciatori attivi nel Friuli
Venezia Giulia. Nessuno, ne in Italia ne nei rari paesi ancora più trogloditi in
materia ambientale, aveva mai osato tanto.
Una legge approvata dal centrosinistra con Enzo Marsilio nelle funzioni di
assessore, ma portata alle sue conseguenze estreme dal centrodestra, in uno
spirito assolutamente "bipartisan" . Se la "colpa" di aver approvato la Legge è
del centrosinistra, spetta a Claudio Violino - attuale assessore in carica - il
merito di aver cercato di demolire anche gli ultimi rimasugli di ragionevolezza
e legalità nel quadro normativo regionale in materia di tutela della Fauna. La
Legge Regionale n. 6, fatta ora a pezzi dalla Consulta, prevedeva un
rafforzamento della vigilanza attraverso la costituzione del Corpo Unico di
Vigilanza Ambientale entro il gennaio 2009. Il centrodestra, in barba a questo
impegno e con il consenso del centrosinistra regionale , ha preferito invece
trasformare con la recente riforma sulla polizia locale gli ultimi guardiacaccia
in vigili urbani al servizio delle Province, deputati a controllare clandestini
e traffico stradale. Nessuno più a vigilare sull'enorme patrimonio pubblico
regionale della fauna selvatica e mani libere a bracconieri e cacciatori che non
vogliono "lacci e lacciuoli".
Sempre nela responsabilità dell'attuale assessore Claudio Violino è l'aver
trasformato il Comitato Faunistico Regionale, ultimo residuo baluardo del
confronto tecnico e scientifico delle tre parti sociali nellì'ennesimo monopolio
venatorio. La legge regionale 6/2008 prevedeva infatti che il comitato -
deputato a fornire indirizzi e pareri nella gestione venatoria e faunizica -
composto da fosse composto in modo variegato ed equilibrato da rappresentanti
del mono ambientalista, venatorio, agricolo, degli enti locali , nonchè dagli
esponenti della ricerca scientifica.. Tradotto ed interpretato nelle nomine
concretamente effettuate dall'assessore Violino, oggi dei quattordici membri
totali ben nove - compreso presidente e vicepresidente - sono cacciatori. e solo
due esponenti delle associazioni di protezione ambientale.
Uno squilibrio che confligge con il buon senso, oltre che con le nuove
determinazioni della Corte Costituzionale.
L'assessore Violino, come il suo predecessore Marsilio, oggi ha davanti a se un
bivio: continuare a privilegiare la linea dura della peggior parte del mondo
venatorio, che vuole continuare a considerare "cosa nostra" la fauna selvatica,
oppure favorire finalmente una linea aderente ai principi fatti propri dalla
normativa europea ( utilizzata comunque anche nella maggior parte dei Paesi
dell'Africa... ) a tutela della biodiversità e della lotta al bracconaggio, per
la soppressione delle attività di caccia non sostenibili. In questa seconda
opzione troverebbe alleati ambientalisti, agricoltori e la parte responsabile
del mondo venatorio. La scelta resta a lui.
Ma gli ambientalisti, se l'opzione sarà ancora a favore di una alleanza con
coloro che stanno portando alla cancellazione della biodiversità di questa
Regione, faranno tutti i passaggi necessari per fermare immediatamente ogni
forma di caccia . E, probabilmente, in questa battaglia troveranno ancora
alleata quella parte del mondo venatorio che vede nelle attuali politiche
regionali il rischio concreto della cancellazione della vita selvatica dal
nostro territorio.
Maurizio Rozza
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 giugno 2009
Ferrovie, in vendita l’abbonamento «Tuttotreno Fvg» -
Tariffe agevolate previste dalla nuova convenzione con la
Regione. Introdotte multe e premi sulla puntualità
I TAGLIANDI SI POTRANNO ACQUISTARE DA OGGI NELLE
BIGLIETTERIE DI TRENITALIA E NELLE AGENZIE DI VIAGGIO
TRIESTE Sarà in vendita da oggi in tutte le rivendite che normalmente
servono le Ferrovie dello stato il nuovo abbonamento «Tuttotreno Fvg». La nuova
formula, che permetterà (grazie alla compartecipazione della Regione) una
tariffa agevolata per viaggiare sui treni regionali, scatterà come previsto
assieme alla sottoscrizione del nuovo contratto con Trenitalia.
L'ABBONAMENTO. Tuttotreno Fvg è un abbonamento mensile o annuale vendibile nelle
configurazioni IC, ES City e ES, basato, sotto l’aspetto tariffario,
sull’abbonamento regionale. La prima tipologia consente al titolare
l’utilizzazione di tutti i treni regionali e dei treni di lunga percorrenza
accessibili in ragione della configurazione scelta. Il costo è calcolato come la
somma tra il valore dell'abbonamento regionale 40/7/A (che va da un minimo di
19,50 euro a un massimo di 137 a seconda dei chilometri, in seconda classe) e la
differenza tra la categoria di treno più elevata a cui viene consentito
l'accesso e l'abbonamento mensile considerato. Il tutto viene poi maggiorato del
3 per cento. La seconda tipologia è un’«estensione regionale» degli abbonamenti
IC, ES City e ES: permetterà di viaggiare anche sui treni regionali
(naturalmente per la tratta già prevista dall'abbonamento sottoscritto) e
comporta una maggiorazione del 5 per cento. Come detto, i nuovi biglietti
saranno in vendita da oggi nelle biglietterie Trenitalia e le agenzie di
viaggio.
IL CONTRATTO. Come è stato più volte anticipato, il contratto prevede una serie
di penali nel caso in cui Trenitalia non rispetti gli standard previsti. Per
quanto riguarda la puntualità, il mancato rispetto comporta l’applicazione di
una penale su base annuale pari a 15.000 euro per ogni decimo di punto
percentuale di scostamento in meno rispetto allo standard prefissato. Per le
soppressioni, si applica una penale di 1.000 euro per ora eccedente lo standard
per i treni che transitano all’interno delle fasce 7-9 e 17-19, e 100 euro per
ora di soppressione nelle altre fasce.
Il contratto prevede poi una composizione dei treni che deve garantire il posto
a sedere per tutti i passeggeri: solo nelle fasce pendolari è tollerato che la
clientela viaggi in piedi per non più di 20 minuti. qualsiasi disfunzione
prevede una penale pari a 1 euro per ogni posto offerto in meno rispetto a
quanto stabilito. Per le informazioni è prevista una penale variabile in
funzione della tipologia di informazione (nelle stazioni e fermate, per
modifiche dell’orario, elenco punti vendita, orari apertura biglietteria si
parla di 150 euro, e altrettanto per le informazioni a bordo treno fornite dal
sistema automatico, mentre per quelle del personale si scende a 100 euro, e per
le altre informazioni 50).
PREMI. Se si parla di multe, però, non si deve dimenticare che il contratto
prevede anche premi per la puntualità. Premi che sono pari a 15mila euro per
ogni decimo di punto percentuale di scostamento in più rispetto allo standard
prefissato per la fascia 0-5 minuti e altrettanto per ogni decimo di punto
percentuale di scostamento in più rispetto allo standard prefissato per la
fascia 0-15 minuti. La metodologia così individuata potrà essere comunque
rimodulata sulla base dei risultati dei monitoraggi. In caso di proroga del
contratto, infatti, Regione e Trenitalia si impegnano ad avviare un confronto al
fine di determinare un ulteriore incremento dell’indice da applicare, a partire
dal 1° gennaio 2013, sulla base dei dati consolidati nel quadriennio precedente.
Elena Orsi
Contro i rigassificatori
Argomenti contro l'insediamento di uno o due
rigassificatori nel Golfo di Trieste non mancano, anzi. Diciamo che più che
altro vorrei sapere quali sarebbero i vantaggi: 2 centesimi in meno per ogni
litro di benzina (forse)?
Faccio parte del comitato che da anni si batte contro l'insediamento di questi
mostri nel nostro golfo, e so con quante difficoltà ci si trova a far passare
un'informazione che non sia quella dei fautori di questo impianto.
Mi chiedo: Il Piccolo, giornale di Trieste, non ha mai pensato se sia il caso di
prendere posizione? Posizione contraria ovviamente. Trieste è una città
bellissima da sempre governata da persone che non sono in grado di valorizzarla,
ma questo non toglie che a Trieste ci siano ancora aperte tutte le possibilità
per una crescita sia commerciale sia turistica. Tutto questo non può che finire
nel caso venga insediato uno solo di questi impianti. Ora, io non sono triestina
ma amo Trieste e mi piange il cuore che non ci sia una cittadinanza degna di
questo nome disposta a lottare contro la distruzione del proprio patrimonio
naturalistico, paesaggistico, turistico, ecc. ecc.
Quello che vogliono fare è soltanto un affare per pochi a danno di tutta la
cittadinanza (non solo di Trieste).
Le ultime elezioni sono state perse dal centrosinistra proprio a causa della
scarsa considerazione che c'è stata su queste tematiche.
Vorrei che il giornale desse dignità a questa nostra protesta che non è una
sindrome di nimby ma soltanto la ricerca della verità e la tutela di un bene che
appartiene a noi tutti.
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 maggio 2009
Piano regolatore, il Comune accelera e va in appello
contro il ricorso dei geologi - DOPO LA BOCCIATURA SUBITA DAVANTI AL TAR
Lunedì 8 giugno. In quella data, annuncia il sindaco
Dipiazza, approderà in giunta il documento più atteso degli ultimi anni: il
nuovo Piano regolatore comunale. Peccato che sul futuro dello strumento
urbanistico penda ancora come una spada di Damocle il ricorso presentato dal
Collegio nazionale dei geologi per ottenere l’annullamento della delibera con
cui nel 2008 il Comune aveva affidato all’Università, in regime di convenzione,
«un incarico di supporto alla redazione della relazione geologica per la
predisposizione della variante al Prgc».
Quel ricorso, come noto, è stato accolto dal Tar, che ha ritenuto fondate le
accuse di illegittimità mosse dai geologi alla procedura seguita dal Municipio.
L’amministrazione comunale ha deciso però ora di affrontare il secondo «round»,
presentando appello davanti al Consiglio di Stato nella speranza di ribaltare la
sentenza di primo grado. «Andiamo avanti - spiega Carlo Tosolini, direttore
dell’area Pianificazione territoriale -, perché siamo convinti di aver agito con
la massima correttezza e buona fede».
Il ricorso al Consiglio di Stato in ogni caso, assicura Tosolini, non
interferirà con l’iter del Piano regolatore che, esauriti tutti i passaggi
tecnici, si appresta ora ad entrare nel vivo della discussione politica. «L’8
giugno quindi lo presenteremo in giunta - conferma Dipiazza -, per arrrivare poi
all’adozione finale a metà luglio».
Un cronoprogramma che non convince però l’Ordine dei geologi. «Sconcerta
constatare - osserva il presidente regionale Sandro Rota - come, a distanza di
un mese dalla sentenza, il Comune nulla abbia fatto per risolvere il problema
che lui stesso ha creato e, anzi, continui a sostenere di essere nel giusto. Il
Tar ha chiaramente stabilito che ”la relazione geologica consta di un’attività
di esclusiva competenza della professione geologica”. Il Comune, quindi, avrebbe
dovuto affidarla attraverso un bando di gara».
Le mucillaggini si scoprono dall’alto - NUOVA TECNICA
MESSA A PUNTO DALL’OGS
Non è ancora emergenza mucillagini, me se dovesse
verificarsi quelli dell’Ogs (Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica
sperimentale) saranno di sicuro i primi a saperlo. Due ore di volo sono bastate
infatti ai ricercatori per avvistare un anomalo episodio di fioritura di
microrganismi caratterizzato da strisce biancastre lunghe da decine a centinaia
di metri, proprio in mezzo al Golfo di Trieste. Le zone interessate dal fenomeno
identificato dal dott. Michele Giani dell’Ogs, erano quelle in prossimità della
diga foranea (lato interno verso il vallone di Muggia) del porto di Trieste,
nella zona costiera di S. Croce, di Duino, nella zona compresa tra punta Sdobba
e Grado in corrispondenza dei fronti creati dalle acque dell’Isonzo, tra Grado e
Isola, nella zona costiera slovena tra Isola, Strugnano e Pirano.
La missione si è svolta lo scorso 26 maggio a bordo di un piccolo monomotore
dell’Ogs, decollato dal vicino aeroporto sloveno di Divaccia, equipaggiato con
sofisticati sensori ottici in grado di captare minime variazioni del colore
della superficie marina.
«Abbiamo effettuato i rilevamenti da 1700 mt di quota – spiega Franco Coren,
Direttore del Dipartimento di Geofisica della litosfera – altezza da cui è
possibile ottenere una risoluzione di un metro al suolo. Puntando gli strumenti
su un cordone biancastro che si snodava in mezzo al golfo abbiamo ottenuto una
firma spettrale di questo “oggetto” biologico, cioè un diagramma specifico di un
particolare organismo vivente che abbiamo cercato poi di identificare con
l’aiuto dei colleghi biologi».
«In questo periodo – spiega Paola Del Negro, ricercatore del Dipartimento di
Oceanografia biologica - contrassegnato da un rilevante incremento termico delle
acque, è importante associare ai controlli puntiformi sulla qualità dell’acqua
(normalmente effettuati nei monitoraggi costieri dell’Arpa)anche un’osservazione
a più ampia scala per poter valutare la comparsa di eventuali fenomeni anomali
già negli stadi iniziali».
«Abbiamo paura, di sera scatta il coprifuoco»: è
allarme cinghiali in via Commerciale - GLI ANIMALI SONO SCESI IN CITTÀ
Damiano: «Non porto più fuori il cane». Alessandra: «Le
mie figlie si fanno accompagnare dai fidanzati»
Livio Micheli: «Ho dovuto recintare il mio orto, mi mangiano tutta la verdura»
«La sera portavo a spasso il cane, adesso non più. C'è il
coprifuoco». Damiano Larotella abita da cinquant'anni in via Giaggioli, vicino
il capolinea della linea 28 e lungo la salita che collega il caseggiato di
Cologna a via Commerciale. La zona, tranquilla e circondata dalla frescura del
bosco, da qualche tempo registra la presenza di cinghiali che si spingono fin
dentro i giardini delle abitazioni provocando danni alle colture e gran spavento
agli abitanti.
«Posso considerarmi fortunato - racconta Damiano sul terrazzo di casa - non ho
mai incontrato personalmente un cinghiale, ma sarei curioso di vederne uno. Quel
che trovo la mattina in giardino sono i bulbi dei tulipani estirpati: l'ultimo
episodio risale a un mese fa, ma qua dietro - dice indicando le abitazioni dei
vicini - i problemi sono quotidiani». «Da questo inverno - aggiunge la moglie -
i cinghiali sono diventati ormai di casa». E la conferma arriva da Alessandra
Viviani che, insieme al marito e ai sette figli, risiede vicino all'abitazione
dei Larotella: «Ogni notte è la stessa storia - spiega - i nostri due cani
cominciano ad abbaiare perchè nei paraggi ci sono alcuni cinghiali.
«Non è difficile incontrarli anche sulla strada principale: una sera avevamo un
appuntamento ma non abbiamo potuto muoverci perché un gruppetto di loro stava
proprio qui, lungo questo vialetto sterrato che fa da ingresso all'abitazione».
Seduti all'ombra di un poggiolo, la signora racconta dei danni arrecati al
giardino e alle piante dei fiori. Gli alberi da frutto circondano le case
arroccate lungo la ripida salita, ma la rilassata atmosfera campagnola è solo
apparente.
Dopo il tramonto non c'è anima viva, gli unici movimenti sono quelli di pochi
coraggiosi che con fare sospetto rientrano alle proprie abitazioni: «Le mie
figlie hanno paura - racconta Alessandra - e si fanno accompagnare fino al
portone dai rispettivi fidanzati. Una sera uno di loro ha anche ripreso un
gruppo di cinghiali che gironzolava in strada. Ma i cinghiali - interrompe la
figlioletta Maria - sono anche all'asilo di Rebecca!" (in via Commerciale, ndr).
"Si è voluto costruire nuove case - conclude il figlio Francesco - e così
facendo ci si è spinti verso il bosco, sconfinando sul territorio degli
animali».
Attraversando via Commerciale e i binari del tram, verso il campo scuola
Draghicchio, si incontra via Amendola. Al numero 4 Livio Micheli si gode la
pensione lavorando l'orto della casa appartenuta alla madre. Al suono della
parola cinghiale, Livio si precipita subito in giardino: «Ho dovuto recintare
tutto, vede? Ho dovuto arrangiarmi come potevo». Di naturale hanno ben poco le
reti di materasso addossate lungo il perimetro della proprietà, e la recinzione
casalinga non sembra funzionare a dovere: «E' impressionante - commenta - posso
piantare solo i pomodori perché di zucchine e cetrioli i cinghiali sono
ghiotti». In diversi punti infatti le reti di protezione sono state sollevate
dalle incursioni dei maialini selvatici. «Beh, per farla breve - conclude Livio
- io avrei la soluzione: un laccio intorno al collo. Ma non si può, e così
succede che i danni degli incidenti causati dai cinghiali li debbano pagare gli
automobilisti!». Risalendo via Amendola, dai piani alti del palazzo al civico 6
si domina lo spazio sottostante, con una visuale che dal campo di calcio arriva
al bosco. «Pur chiudendo il cancello - racconta la moglie di Stelio Slamic - i
cinghiali riescono ad entrare lo stesso facendo danni al terreno che sta davanti
all'ingresso. Noi dalla terrazza vediamo tutto - prosegue il marito - Si tratta
di un gruppo, probabilmente la mamma con i piccoli che, alla ricerca di cibo, si
spinge fin dentro il campo sportivo. Abito qui da dodici anni e questa storia ha
avuto inizio quasi tre anni fa. Avrei paura - conclude la donna - ad uscire la
sera e trovarmeli davanti».
LINDA DORIGO
CINGHIALI - L’esperto dell’Enpa: «Non sono pericolosi,
sono abituati alla nostra presenza»
A rassicurare i concittadini ci pensa il presidente dell'Enpa
di Trieste, Gianfranco Urso: «Oggi i cinghiali si possono incontrare un po'
dappertutto perché sono diventati sinantropi, cioè amici dell'uomo, e hanno
perso la selvaticità acquisendo una semisedentarietà. Se il cinghiale non scappa
è perché aspetta che gli si butti qualcosa da mangiare. Questi animali non sono
pericolosi, col passare del tempo si sono abituati alla nostra presenza e per
loro è comodo trovare residui di cibo o scarti di lavorazione delle vigne
accanto ai cassonetti, soprattutto durante la stagione invernale quando il bosco
offre poco sostentamento. L'ordinanza del sindaco Dipiazza - continua Urso - ha
impedito alle persone che già lo facevano di continuare a dar da mangiare agli
animali, e questi si vedono costretti a sfamarsi da soli.
Al problema si potrebbe ovviare stabilendo dei punti di approvvigionamento lungo
la fascia che va da Sistiana al Lazzaretto dove i cinghiali possano trovare il
cibo. E' importante - conclude Urso - porre attenzione a come si agisce quando
si alterano gli equilibri che la natura crea dopo i danni cagionati dall'uomo.
Solo un confronto sensibile, nell'equo contemperamento delle diverse esigenze,
potrà consentire l'avvio di un intervento condiviso e almeno parzialmente
risolutore».
(l.d.)
Processo al rigassificatore nel Vallone di Muggia: si
tratta di un rischio oppure di un’opportunità?
Da quando, nell’ormai lontano 30 ottobre 2006, si svolse
un grande convegno sul tema «Processo al rigassificatore: un rischio o un’opportunita?»
non si può dire che l’interrogativo sia stato ancora sciolto. Alcuni dei nostri
più autorevoli amministratori ed esponenti politici sono favorevoli, ma il più
diretto interessato, il Comune di Muggia, è fieramente contrario, così come il
Comune di Monrupino, mentre il sindaco Dipiazza è favorevole e il Consiglio
comunale di Trieste, sia pure tempo fa, si era espresso in senso positivo
condizionandolo però all’ottenimento di ricadute economiche e vantaggi per la
popolazione che ripagassero i disagi tecnici e ambientali.
Rispetto all’argomento “rigassificatore” è stato preannunciato e si attende a
breve che il ministro Stefania Prestigiacomo ponga la firma sul decreto che
autorizza la sua costruzione sull’area ex Esso di Zaule nella baia di Muggia,
che fa parte integrante del golfo di Trieste. Ebbene, oggi si ha l’impressione
che l’Italia sia un Paese poco democratico, perché in questa occasione la
popolazione è stata esclusa dal processo decisionale e non è stata finora
consultata, in netto contrasto con quanto era avvenuto il 29 settembre 1996, a
proposito dell’analogo progetto della Snam di inserire un impianto di gas
liquido nel golfo di Monfalcone. A quel tempo venne indetto un referendum
popolare sul quesito “volete che nel territorio del Comune di Monfalcone sia
realizzato un terminal per la rigassificazione del gas naturale?”, il cui
risultato, nonostante i grandi mezzi persuasivi che cercò di mettere in atto la
Snam, fu una clamorosa bocciatura con netta maggioranza di voti contrari.
Una volta che il ministro Prestigiacomo (e quindi il governo) avrà firmato il
decreto che dovrebbe dare il via libera alla costruzione del rigassificatore,
quali potrebbero essere i tempi e le prospettive per il concreto avvio del
progetto? Proprio alcune settimane fa è stato annunciato che la Commissione del
Parlamento europeo ha recepito e si riserva di esaminare la petizione presentata
dall’associazione ambientalista Greenaction contro il rigassificatore di Zaule
per il quale, secondo l’associazione, non sarebbero state rispettate le
normative per la sicurezza dell’impianto né gli aspetti relativi all’impatto
ambientale e alle procedure autorizzative.
Un altro nodo in sospeso e che non sarà facile sciogliere, è quello
dell’opposizione che la Slovenia ha manifestato fin dal primo momento al
rigassificatore nel golfo di Trieste, opposizione confermata anche in un recente
incontro nel corso del quale il nostro ministro degli Esteri Frattini ha
assicurato al suo collega sloveno Rupel che «nulla verrà fatto se non ci sarà
l’accordo anche della Slovenia, perché si toccano punti delicatissimi come
l’impatto ambientale in tutto il Nordest Adriatico». Ma c’è qualcosa di più.
Sembra che sia molto più avanzato del nostro il progetto della Croazia per il
rigassificatore previsto a Castelmuschio nell’isola di Veglia dal governo di
Zagabria, dove l’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto è già stata predisposta
e le resistenze degli ecologisti sono state superate.
Tutto questo interesse è dimostrato anche dal conglomerato transnazionale che
partecipa alla cordata per la realizzazione del rigassificatore di Veglia, a
partire dalle tedesche Eon Ruhrgas e Erw Gas, all’Austria (Omv), Francia
(Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin). Nelle ultime
settimane si è poi verificato il colpo di scena del gruppo russo Surgutneftegaz,
di cui uno dei principali azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente ed
attuale premier russo Putin, ilquale ha acquistato 1,5 miliardi di dollari di
azioni dell’austriaca Omv, entrando di forza in questo complesso russo –
balcanico che, proprio in competizione con la Russia, dovrebbe ricevere il
metano destinato al rigassificatore di Veglia principalmente dal Qatar, dove a
sua volta la Ruhrgas tedesca ha istituito una propria affiliata. Anche la Russia
ci ha messo dunque lo zampino.
Questo tipo d’interesse internazionale, soprattutto con la partecipazione
tedesca ma come si è visto anche molto più vasto, sembrerebbe decisamente più
influente della Gas Natural spagnola che patrocina questo rigassificatore che il
governo italiano vorrebbe collocare nella contestata baia di Muggia e - poiché
sembra davvero difficile, anche in presenza dell’opposizione manifestata dalla
Slovenia, che possano esistere due rigassificatori a così poca distanza come
quello di Veglia e quello di Trieste - la partita è ancora tutta da giocare e
l’esito finale tutto da verificare.
Quanto poi al progetto italiano nella nostra zona industriale, la Lista per
Trieste ha espresso ancora nel luglio di un anno fa contrarietà per siffatto
modo di procedere chiedendo pubblicamente di partecipare alla relativa
discussione che ci si aspettava nelle sedi istituzionali competenti dove si
sarebbe dovuto conoscere (e far conoscere alla popolazione) benefici e rischi
per la città; discussione che era stata promessa in maniera fumosa or da uno or
dall’altro vertice amministrativo ma che nei fatti fino ad oggi non si è mai
svolta. La Lista è tuttora in attesa e fiduciosa che prima di ogni decisione
irrevocabile questo coinvolgimento popolare voglia essere attuato,
nell’interesse della credibilità stessa di chi ci governa.
Bruno Baldas - (Vicepresidente della Lista per Trieste)
IL PICCOLO - SABATO, 30 maggio 2009
Nesladek: si rifletta sul no al rigassificatore
previsto a Capodistria - IL SINDACO DI MUGGIA
MUGGIA «La scelta della Slovenia di non realizzare nel
golfo un rigassificatore è importantissima per se stessa, e deve anche servire
da monito per quanto riguarda la realizzazione di un simile impianto nel porto
di Trieste». E' più che soddisfatto, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek,
all'indomani dell'annuncio del governo sloveno di non realizzare l'impianto a
pochi chilometri in linea d'aria dal Vallone di Muggia.
«Il nostro territorio – osserva Nesladek – è stato più che presente nella
battaglia portata avanti da tutti coloro che si sono opposti alla realizzazione
di questo progetto. Abbiamo a nostro modo contribuito, e ora ci aspettiamo che
anche Trieste rifletta bene sulla necessità di non realizzare un impianto a
pochi chilometri di distanza da quello negato». L'amministrazione comunale di
Muggia, infatti, ha infatti organizzato incontri con l'amministrazione comunale
di Capodistria, sia in municipio, sia in Slovenia.
Sul fronte dell'iter per la realizzazione del rigassificatore di Trieste,
Nesladek torna poi a riflettere, dopo la scelta di non prendere parte al voto,
in sede di Comitato portuale, sul piano regolatore dello scalo: «Come ho avuto
modo di spiegare, uscire dall'aula era l'unico modo per evitare di contraddirmi.
Votare a favore del piano regolatore significava da un lato appoggiare anche la
previsione di uno spazio per il polo energetico, e quindi avvalorare l'ipotesi
rigassificatore, inaccettabile nel mio ruolo di sindaco di Muggia. D’altra
parte, votare contro avrebbe significato negare lo sviluppo strettamente
portuale della zona logistica, un elemento che invece auspico con forza perché
più aumenta il traffico portuale meno possibilità ci saranno per lo sviluppo di
un rigassificatore».
Strategie a parte, il sindaco di Muggia ribadisce la contrarietà della propria
amministrazione al progetto del rigassificatore, «inaccettabile»» per lo
sviluppo economico e turistico della cittadina rivierasca. «Lo abbiamo espresso
a più voci – ricorda – e con continuità. Così come abbiamo fatto per il
rigassificatore di Capodistria, siamo determinati a proseguire su questa
strada».
Francesca Capodanno
Miani: «Ci tagliano fondi, ma sulla Ferriera non
molliamo» - LUNEDÌ NUOVA ASSEMBLEA PUBBLICA INDETTA DAL CIRCOLO A VALMAURA
Più di 1.500 locandine affisse sui portoni delle case del
rione per richiamare l'attenzione di tutti, ancora una volta, sul tema
dell'inquinamento atmosferico prodotto dalla Ferriera di Servola e indire
sull'argomento una nuova pubblica assemblea, fissata per lunedì alle 20.30 nel
campo giochi del complesso Ater di via Valmaura 75-77.
Il circolo Miani, nonostante le recenti vicissitudini di natura giudiziaria, non
molla. Il titolo scelto per l'appuntamento di lunedì è esplicito al riguardo:
«Chiudono il circolo Miani e non la Ferriera». Un appello alla solidarietà della
gente «che però non prelude alla chiusura del nostro circolo - ha spiegato ieri
il presidente, Livio Fogar - anche se siamo molto perplessi davanti al taglio
dei contributi a nostro favore, maturato dalla Regione sotto la presidenza Illy
e proseguito con la gestione Tondo. Andiamo avanti per la nostra strada operché
siamo convinti di lavorare per il bene della collettività in perfetta buona
fede».
L'ex presidente del circolo, Maurizio Fogar, ha attaccato il sindaco Roberto
Dipiazza «che invece di convocare la Conferenza dei servizi, come avrebbe ben
diritto, per chiudere la Ferriera - ha sottolineato - davanti alle nostre
precise richieste in tal senso, delle quali si sono fatti interpreti i
consiglieri comunali della Lega Nord Maurizio Ferrara e Giuseppe Portale, ha
risposto dicendo che non esistono i presupposti perché l'amministrazione
comunale solleciti in tale direzione la Regione».
Il capogruppo del Carroccio in Municipio, Maurizio Ferrara, ha colto l'occasione
per ricordare che la sua rinuncia a un ruolo in giunta comunale «fu determinata
proprio dalla netta sensazione di non avere le mani libere nella gestione del
problema Ferriera, in quanto - ha dichiarato - si privilegiano le ragioni,
sicuramente legittime, della tutela dei livelli occupazionali, rispetto a quelle
del rispetto per l'ambiente che sono più importanti».
Romano Pezzetta, portavoce di "Servola respira", ha affermato che «bisogna
potenziare il porto e chiudere la Ferriera».
(u.s.)
Marina Julia torna balneabile - DALL’11 GIUGNO VIA I
DIVIETI - Estesa la rete fognaria e inquinamento ridotto: si può andare in acqua
MONFALCONE I cartelli di divieto di balneazione spariranno
dalla spiaggia di Marina Julia. L'assessore regionale alla Salute, Vladimir
Kosic, ha deciso di restituire la balneabilità alla spiaggia monfalconese, priva
da quasi due anni, a fronte del percorso compiuto dal Comune di Monfalcone e,
soprattutto, dell'esito favorevole dei campionamenti effettuati dall'Arpa tra la
fine della scorsa estate e questa primavera. Il "verdetto" è stato emesso a
conclusione del tavolo che si è tenuto giovedì a Trieste e al quale hanno
partecipato il sindaco Gianfranco Pizzolitto, l'assessore comunale all'Ambiente,
Paolo Frittitta, e il responsabile di Arpa per il settore acque, Giorgio Matassi.
L'assessore Kosic ha quindi fornito una risposta all'amministrazione comunale
entro la fine di maggio, come si era impegnato a fare e con una "puntualità" che
l'assessore all'Ambiente Frittitta non manca di sottolineare. Monfalcone dovrà
comunque attendere ancora una decina di giorni prima che la Regione formalizzi
la sua decisione, perché, causa elezioni, la prima riunione utile della giunta
Tondo avrà luogo l'11 giugno. L'appuntamento sarà preceduto quindi dal primo
prelievo del mese di giugno, che sarà effettuato da Arpa all'inizio della
prossima settimana.
PIAZZA LIBERTÀ - Giardino storico
Su «Il Piccolo» del 16 aprile, in un’intervista con
l’assessore Bandelli, veniva dato forte risalto al fatto che le ultime modifiche
apportate al progetto di «riqualificazione» di Piazza Libertà lasciavano
invariato il giardino storico della piazza. Rispetto al progetto preliminare,
che prevedeva sulla piazza lato via Ghega una sorta di autostrada a 7/8 corsie,
sembra che le corsie automobilistiche verrebbero ridotte a 6. Visto che
nell’articolo non risulta chiaro come il raddoppiamento della superficie della
strada dalle 3 corsie esistenti alle 6 corsie preventivate possa mantenere
inalterato il perimetro del giardino abbiamo approfittato dell’incontro pubblico
del 29 aprile, organizzato dal gruppo Beppe Grillo di Trieste, per chiedere al
Sindaco informazioni sulle ultime modifiche al progetto. Il Sindaco ha dato
piena disponibilità, qualora ne fosse fatta richiesta, a fornire al Comitato
copia dell’ultima versione del progetto. Presentata regolare richiesta via
e-mail a tutt'oggi non abbiamo avuto riscontro né da parte del primo cittadino
né dagli uffici comunali competenti.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la Salvaguardia del Giardino
Storico di Piazza Libertà
IL PICCOLO - VENERDI', 29 maggio 2009
Doppia vela a Grado da Legambiente per ecologia e
servizi - Riconoscimento anche all’arenile di Lignano ma è il lago di Cavazzo al
top della classifica
GRADO Due vele, due stelle, quattro petali. È il risultato
che Grado si porta a casa nella Guida blu 2009 di Legambiente, che assegna i
voti di qualità, pulizia, servizi e tutela dell'ambiente alle principali
località balneari italiane. In Friuli Venezia Giulia a intascarsi l'ambito
riconoscimento sono Lignano e Grado. E mentre la prima consolida la sua
posizione (una vela nel 2008, una vela nel 2009), Grado invece raddoppia: dalla
sola vela conquistata nel 2008 passa alle due del 2009. Entrambe le località poi
guadagnano in servizi. Ma c'è anche un outsider: il lago di Cavazzo a Trasaghis,
che si porta a casa ben tre vele.
I RISULTATI NEL FVG
Nel 2008 Grado si era portata a casa una vela derivante dall'attribuzione di due
stelle per la tutela dell'ambiente e un petalo per i servizi. Nel 2009 conta due
vele, due stelle e tre petali. Lignano nel 2008 aveva conquistato una vela, una
stella e due petali. Nel 2009 conferma la vela e aumenta il resto, arrivando a
due stelle e tre petali. Dalla sezione riservata ai laghi, invece, ecco le tre
vele ottenute dal lago di Trasaghis. Come spiega la Guida blu, «lo stato di
conservazione del territorio e del paesaggio di una località è indicato con le
stelline. I petali, sempre da 1 a 5, fotografano invece la qualità
dell’accoglienza e la sostenibilità turistica della località». In tutta Italia
sono 114 le località con 2 vele e 35 quelle a una vela. Il giudizio attribuito a
ciascuna località, dalle 5 vele assegnate alle migliori fino a 1 vela, è frutto
di valutazioni approfondite. I parametri sono suddivisi in due principali
categorie: qualità ambientale e qualità dei servizi ricettivi. Vi possono dunque
essere località naturalisticamente più significative delle premiate con le 5
vele, ma con servizi turistici non eccellenti.
LA SITUAZIONE NAZIONALE
Sono 483 i centri balneari indicati dal Touring Club. Legambiente ne ha
selezionati 286 sulla base dei dati raccolti sulle caratteristiche ambientali e
sulla qualità dell’ospitalità. I dati sono stati poi integrati dalle valutazioni
espresse dai circoli locali e dall’equipaggio della Goletta Verde. Con una media
di 3,4 vele per località è la Sardegna la regione più “gettonata” dell’estate
2009, seguita da Toscana (3,03), Puglia (3), Sicilia (2,63), Abruzzo (2,6),
Campania (2,56), Basilicata e Marche a pari merito con una media 2,5 vele per
località. «Quelli che ogni estate suggeriamo come meta di vacanze nella Guida
Blu – ha commentato Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente
– sono luoghi che hanno scommesso sulla qualità». La Guida Blu 2009 (320 pagine
a colori, disponibile in libreria a 18 euro) riporta quindi le circa 300 pagelle
delle località balneari e delle oltre 70 lacustri. Anche quest’anno poi
l'associazione ha redatto l’elenco aggiornato degli alberghi per l’ambiente che
si fregiano dell’etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo: 365
strutture, 21.400 stanze, 47.400 posti.
L'elenco completo è reperibile sul sito
www.legambienteturismo.it
Elena Orsi
Tav, in campo il Cai nazionale: «Va tutelata la Val
Rosandra» - Mozione votata all’unanimità all’assemblea generale
di Lecco: «Servono soluzioni alternative»
Voto unanime al Club alpino italiano centrale, in
occasione dell’assemblea generale di Lecco, a tutela della Val Rosandra
interessata dal tracciato sotterraneo della Tav, così come progettato dalle
Ferrovie.
A Lecco infatti si è parlato della «minaccia grave all’integrità dell’ecosistema
della Val Rosandra», serbatoio di biodiversità ma anche riferimento per
generazioni di alpinisti e rocciator, giacché è stata la prima palestra di
roccia in Italia, pensata, voluta e realizzata da Emilio Comici nel 1929 per la
neocostituita “scuola di alpinismo” nazionale.
È stato poi osservato, all’assemblea generale, che lo scavo, previsto per il
collegamento ferroviario ad alta velocità Trieste-Divaccia in doppia galleria
potrebbe devastare in maniera irreversibile il sottosuolo carsico, con un
rinsecchimento del torrente Rosandra e con un mutamento ecologico e
geomorfologico degli habitat delle cavità sotterranee, per non parlare
dell’asportazione di più di 8 milioni di metri cubi tra rocce calcaree e
arenaria.
L’appello è stato lanciato dal presidente della XXX ottobre di Trieste, Giorgio
Godina, con una mozione presentata in assemblea. L’assemblea e il presidente
generale del Cai Annibale Salsa hanno fatto propria la preoccupazione e assunto
l’impegno concreto a tutelare la valle nelle sedi più appropriate, e ciò, rileva
Godina, «non attraverso una sterile e vuota logica del “non fare” a tutti i
costi ma attraverso quella concreta e positiva del ”come fare” e del ”fare con
partecipazione” per individuare soluzioni alternative» al tracciato proposto.
Lubiana boccia il rigassificatore di Capodistria
- Il ministero dell’Economia ha respinto il «permesso energetico»
avanzato dalla tedesca Tge Gas Engineering
LE AUTORITÀ LOCALI SONO SEMPRE STATE CONTRARIE AL
PROGETTO
CAPODISTRIA Non ci sarà nessun terminal rigassificatore nel Porto di
Capodistria. Il ministero dell'Economia della Slovenia ha respinto la richiesta
della «Tge Gas Engineering» per il «permesso energetico», documento che avrebbe
consentito alla società tedesca di andare avanti con il progetto di costruzione
di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica
in un'area di 30 ettari all'interno del porto capodistriano. Nel Piano
regolatore a livello nazionale - questa la motivazione del ministero - non sono
previsti impianti energetici in quella zona.
La Tge comunque non molla ed ha annunciato ricorso, anche perché l'iniziativa è
stata promossa tre anni dopo la stesura del Piano regolatore. La bocciatura, la
società tedesca la considera pertanto un problema di forma e non un giudizio di
merito sul loro progetto. Che la Tge non abbia intenzione di arrendersi, lo
conferma pure il fatto che nei giorni scorsi, proprio mentre da Lubiana arrivava
la risposta negativa del ministero dell'Economia, il direttore della società
tedesca, Vladimir Puklavec, ha sottoscritto con la preside della Facoltà di
marineria dell'Università di Lubiana, professoressa Elen Twrdy, un accordo di
collaborazione per studiare e analizzare i rischi che comporterebbe un impianto
simile.
Il progetto della Tge, del valore complessivo di quasi 1 miliardo di euro
(inclusivo dei costi di finanziamento e con un'incidenza del valore delle opere
da affidare a esecutori e fornitori di servizi sloveni stimata in una quota del
33%) impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica di Ancarano,
all'interno del Porto. Esso prevede la costruzione, in prossimità dei
preesistenti impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di
Sermino, di due contenitori in acciaio da 150.000 metri cubi, dentro strutture
in calcestruzzo pretensionato, collegati con un dotto criogeno al punto
d'attracco stesso, dell'impianto di rigassificazione in senso stretto e della
centrale elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri
cubi di gas all'anno. È previsto, a regime, l'impiego di 70 dipendenti di
formazione in prevalenza tecnico universitaria con un indotto stimato di 1.200
addetti complessivi. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di
circa 240 Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione lintoranea.
A detta dei proponenti, la tecnologia prevista appare particolarmente adatta ai
fondali poco profondi della baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo
dell'acqua marina per il riscaldamento del Gnl. L'unico vero problema ambientale
è rappresentato dall'aumento del traffico di navi cisterna nel golfo di Trieste,
di altre 50-60 unità all'anno. Parte degli esperti sloveni però lo vede
diversamente: se l'Italia costruirà uno dei suoi rigassificatori nell'area del
Golfo di Trieste (a Zaule) e se la Croazia ha già pronto il progetto per un
terminal rigassificatore sull'isola di Veglia, allora è bene che anche la
Slovenia si attrezzi.
Altre tecnologie, peraltro, sono anche più invasive di quella prevista dal
progetto della Tge Gas Engineering. Le autorità locali, almeno finora, si sono
sempre dichiarate categoricamente contro tutti i rigassificatori in zona, quello
di Capodistria ma anche quello di Zaule pianificato dall'Italia.
Lo smog della Ferriera
Alle elezioni del 6 e 7 giugno si vota per il Parlamento
Europeo. Andrò a votare perché è un mio diritto e dovere, però come posso votare
questi partiti e mandarli in Europa quando non mi tutelano nemmeno in casa? Sono
più di dieci anni che nel rione di Servola siamo democraticamente inquinati,
imbrattati con le polveri e odori nauseabondi del mostro Ferriera.
Sul blog del sindaco una signora servolana disperata, il 19 maggio, ha segnalato
fumi e ricadute di polvere; il sindaco le ha risposto che passa spesso per
Servola per conoscere la situazione. Non ho elementi per dubitare sulle
affermate frequenti presenze del signor sindaco a Servola. Mi sia permesso però
di sottolineare l’immensa differenza tra una presenza occasionale e una vita 24
ore su 24 in loco, in particolare se quest’ultima viene vissuta tra le vie
Giardini, Pitacco, San Lorenzo in Selva e Ponticello, specie nelle loro zone più
basse, perciò vicinissime, massimo 200 metri, alla centralina di rilevamento
della qualità dell’aria (stazione Fs Servola) gestita dall’Arpa Fvg
contrariamente a quelle di via Pitacco e Svevo, non Arpa. Si è appreso che detta
centralina ha rilevato 120 superamenti dei limiti di legge per le Pm 10
nell’anno 2008 (contro i 35 massimi ammessi annualmente, cioè come se un anno di
vita in loco valesse per tre, al massimo consentito però!), per cui la famosa
attesa 2015, per gli abitanti della zona, costituirebbe «tempo sanitario» di 6x3
cioè 18 anni, con conseguenze incremento di rischi connessi.
Chiaramente a parità di condizioni e già ve ne sono i segnali, dopo la ripresa
dei primi veri calori primaverili, in attesa di un peggioramento estivo, qualora
la produzione, attualmente ridotta, dovesse riprendere a regime. Chiedo perciò
al signor sindaco quali misure concrete intenda attuare a tutela della pubblica
salute e dell’ambiente, nella sua veste di massima autorità sanitaria cittadina.
Nevio Tul
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 maggio 2009
Rigassificatore, da Roma ancora nessun via libera Menia:
«Sta arrivando» - GAS NATURAL: CREDIAMO IN TRIESTE
Pasqua è passata da un pezzo. Eppure - a differenza di quanto ipotizzavano voci romane a marzo - il via libera del governo Berlusconi al progetto di Gas Natural per il rigassificatore on-shore di Zaule non è arrivato entro quella ricorrenza. E neanche dopo. Continua a tempo indeterminato dunque l’attesa della firma sul decreto con cui il ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo autorizzerà formalmente la costruzione dell’impianto proposto dal colosso spagnolo dell’energia nell’area ex Esso, completando il sì paesaggistico arrivato dal ministro dei beni culturali Sandro Bondi. Un’attesa che secondo Roberto Menia, che del dicastero della Prestigiacomo è sottosegretario, dovrebbe risolversi a breve, ma che finché non finisce tiene in sospeso una buona fetta dell’economia triestina di domani, se è vero che al rigassificatore sono legati nuovi orizzonti di business della multiutility di casa AcegasAps, i piani Lucchini per la futura centrale elettrica da 400 megawatt, l’addio alla Ferriera, il conseguente lancio della piattaforma logistica e delle stesse bonifiche. L’impasse, nelle stanze dei bottoni della città - a partire da quelle del Comune - viene interpretata come un effetto collaterale della burocrazia destinato a sbloccarsi. Questo in risposta ad alcune indiscrezioni che vorrebbero Gas Natural, complici le prolungate incertezze, vicino al disinnamoramento nei confronti di Trieste a vantaggio di un’altra location, quella di Taranto, spesso incrociata alla nostra città anche per la spartizione dei fondi delle rispettive piastre logistico-portuali. Sul sito di Gas Natural Italia, in effetti, il gruppo ricorda di aver «presentato nel 2004 alle autorità italiane la domanda per ottenere l’autorizzazione a realizzare i progetti di due impianti di rigassificazione in Italia, a Taranto e a Trieste». «Progetti di questo tipo - ha fatto presente nei giorni scorsi Giuseppe Muscio, responsabile relazioni esterne Gas Natural Italia Spa, escludendo ufficialmente cambi di rotta - non sono mica scatole vuote che si possono spostare da una parte all’altra. Le implicazioni territoriali hanno un’importanza molto alta, noi continuiamo a sostenere la validità della proposta su Trieste anche per la sua vicinanza strategica all’area della grande industria del Nord Italia. Per il resto abbiamo inoltrato già da tempo tutte le istruttorie di chiarimento e pure noi siamo in attesa del decreto», ha concluso Muscio, ricordando che il colosso energetico crede nel mercato tricolore e continua a investire, «visto che i risultati del gruppo in Italia nel primo trimestre 2009 ha registrato un indice di redditività di 23 milioni, il 35,3% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a conferma della natura anticiclica del settore». «Non so chi si fosse sbilanciato nel parlare di Pasqua - puntualizza Menia - da quanto mi risulta l’autorizzazione dovrebbe arrivare a breve. L’iter è finito, la procedura è corretta ed è arrivata pure l’ultima risposta alla Slovenia che si era rivolta in sede europea per presunti impatti transfrontalieri negativi».
(pi.ra.)
Calligaris: «Senza Tav esclusi dall’Est Europa» -
Allarme degli industriali dopo lo stop del Cipe. Il governatore Tondo: «Non
cambierà nulla»
UDINE «Non fare la Tav in tempi brevi significa tagliarci
le possibilità di essere collegati all'Est Europa». Lo sostiene il presidente di
Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris. Il presidente è
intervenuto in merito all'appello del collega veneto Andrea Tomat dopo
l'esclusione dei finanziamenti del tratto Brescia-Verona-Padova e del
prolungamento fino a Trieste della Tav, decisa dal Cipe. «Le infrastrutture - ha
proseguito Calligaris - sono la base del sistema economico. Se non ci sono i
fondi per la progettazione non è un segnale positivo, ma bisogna portare avanti
questo progetto, che è determinante non solo per il nostro territorio - ha
sottolineato - ma per lo sviluppo futuro dell'Europa».
A proposito dell'opposizione alla delibera Cipe da parte del presidente del
Veneto, Giancarlo Galan, Calligaris ha detto che «chi ha in mano il potere di
gestire questa situazione deve esercitarlo in maniera molto determinata. Anche
il presidente Tondo - ha concluso - deve essere molto rigido».
Ma il governatore del Friuli Venezia Giulia è tutt’altro che allarmista. Per
Tondo «non ci sono risorse che vengono asportate» dai progetti relativi alle
tratte della Tav nel Nordest.
«Non c'erano prima e non ci sono adesso», ha detto il presidente del Friuli
Venezia Giulia, sottolineando la differenza tra i finanziamenti decisi dal Cipe
e quelli europei destinati alla progettazione delle tratte Quarto d'Altino-Ronchi
e Venezia Mestre-Quarto d'Altino. «Le risorse non c'erano prima - ha
sottolineato Tondo - e quindi non si tratta di un trasferimento di risorse.
Semplicemente non c'erano. Di questo io ero consapevole. È evidente - ha
aggiunto - che dovremo ricercare le risorse nei mesi e negli anni futuri. Resta
il fatto che la progettazione preliminare dell'alta velocità, per noi, è
finanziata con fondi europei».
«Da parte mia - ha sottolineato - non c'è alcun accanimento contro il Cipe o
contro il Governo per aver distratto fondi. Certo, avrei preferito fossero
stanziati, ma sono anche consapevole che in un momento come questo, e con il
terremoto dell'Abruzzo non era facile. I soldi per la progettazione preliminare
ci sono - ha continuato - poi è chiaro che dovremo fare una battaglia tutti
assieme per recuperare le risorse necessarie per andare avanti».
«Tutto ciò, è bene ricordarlo - ha concluso Tondo - non inficia il percorso
della terza corsia dell'autostrada A4 Venezia-Trieste, che va avanti».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 maggio 2009
Risparmio energetico, domande al via -
MODULI ON-LINE dal sito della Regione
TRIESTE Risparmio energetico, domande al via. Da ieri è
infatti possibile scaricare, dal sito internet della Regione, il regolamento e i
moduli delle domande per la concessione dei finanziamenti per la realizzazione
di interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma degli
impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio energetico relativi alla
prima casa. Si tratta di contributi in conto capitale, nella misura massima del
50% della spesa ammissibile, non inferiore però a 3mila euro. L’ammontare
massimo è di 10.000 euro. Le domande vanno inoltrate alle direzioni provinciali
competenti a partire dal 4 giugno.
«L’astensione non basta. Bisognava dire no al piano
regolatore del porto»
In data 30 aprile 2009, a Muggia si tenne un consiglio
comunale che aveva come oggetto primario la decisione sulle Intese ai sensi
dell'art. 5 della legge 28.01.1984 n° 84 (approvazione o meno del Nuovo piano
regolatore portuale). In linea di principio, la maggioranza dei consiglieri
comunali di Muggia, ma anche la maggior parte degli ambientalisti che operano
sul territorio, consapevoli dell’importanza del nuovo strumento di regolamento
portuale, erano d’accordo per un pronunciamento positivo sul Nuovo piano. In
esso, però, e specificatamente nelle Norme Attuative relative all’Area 1, -
Punto Franco Oli Minerali ed Area ex Esso, definite nel N.P.R.P «nuovo polo
industriale energetico», si potrebbero collocare le più nefaste attività
industriali, assolutamente vietate, sia dalla Legge Seveso che da molte
disposizioni e decreti delle Comunità europee, quando nella immediata vicinanza
del progettato «polo», preesistessero insediamenti di attività lavorative o
peggio, se vi fossero concorrenti presenze di agglomerati urbani densamente
abitati.
Queste preesistenze, intorno all’ex zona Esso di Zaule ci sono e, per tale
semplicissima ragione, tutta la zona costiera industriale che va dalla Ferriera
di Servola e si espande con i depositi della Siot (ci sono ben otto attività
pericolose con distanze spaziali limitate) devono, per legge, essere considerate
«off limits» sia per essere presenze incompatibili sia con lo «sviluppo
sostenibile» che per la «compatibilità ambientale».
Il consiglio comunale di Muggia aveva già deliberato più volte la negazione
all’impianto di rigassificazione proposto dalla spagnola Gas Natural in zona ex
Esso di Zaule.
Il sindaco Nesladek, con un’inspiegabile «teoria logistica», dimenticando
totalmente di essere stato eletto sindaco per pochi voti di preferenza,
cavalcando la promessa programmatica del «no»! assoluto ai rigassificatori,
dimenticando il mandato ricevuto dal Consiglio comunale (quale componente del
Comitato Portuale, ad agire con ogni mezzo, compreso, se necessario, il voto
contrario all’adozione del Piano Regolatore Portuale, qualora non venisse
rivista la zonizzazione del polo energetico, in modo di impedire la possibilità
di realizzare rigassificatori di gnl o depositi di gpl) all’atto della
votazione, anziché dire «no!» (specificando eventualmente le sue ragioni), è
uscito dalla sala astenendosi dal voto.
Significa: «Perdonatemi signori, sono d’accordo con voi, ma per salvare la
faccia mi astengo. Così la votazione risulterà perseguita all’unanimità!».
Questo è stato un comportamento gravissimo. Il sindaco dovrebbe dare le
dimissioni.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 26 maggio 2009
Far West cave: perdiamo 500 milioni di euro
Più di vent’anni anni fa, quando il Brasile non aveva
ancora raggiunto lo status di paese di prima grandezza economica e l’ambientalismo
era una scienza esoterica, alcune aziende carioca si facevano pubblicità con lo
slogan «Venite a inquinare da noi». Dal punto di vista delle cave sembra che
l’Italia sia rimasta bloccata in quel vecchio quadro culturale: sono ancora
tempi di saldo. L’ultimo rapporto della Legambiente conferma dati avvilenti: 6
mila cave in esercizio e circa 10 mila abbandonate. Migliaia di fianchi di
colline e di montagne restano piaghe aperte, esposte al rischio di infezione da
ecomafia. Mentre scavare altre cave resta facile e redditizio.
L’Italia è una consumatrice vorace, talvolta compulsiva, di sabbia , ghiaia e
pozzolana. L’edilizia di necessità ha fatto girare il motore del dopoguerra e
quella speculativa continua a muovere miliardi di euro sul filo della legalità.
Con oltre 800 chili pro capite di cemento ci piazziamo al secondo posto nella Ue,
subito dopo la Spagna. Siamo il paese dal cemento facile anche perché la materia
prima è a buon prezzo e la gestione è da Far West.
In questo modo si produce una remissione secca per il Paese: perdiamo mezzo
miliardo di euro l’anno. Se infatti applicassimo le tariffe della Gran Bretagna
si arriverebbe a un’entrata totale di quasi 570 milioni di euro, più di 10 volte
quello che viene incassato effettivamente con le attuali tariffe. In Italia
invece in cinque Regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e
Sardegna) e in Val d’Aosta viene permesso il prelievo di qualsiasi tipo di
roccia senza incassare un solo euro e le tariffe per i quasi 150 milioni di
metri cubi di materiali estratti restano basse ovunque. In Lombardia si chiedono
44 centesimi a metro cubo per materiali venduti a circa 6 euro a metro cubo, in
Emilia Romagna 57 centesimi per materiali venduti a 11 euro a metro cubo.
Le Regioni dove si effettua il prelievo maggiore sono la Puglia con 25 milioni
di metri cubi, la Lombardia con 23,6 milioni di metri cubi e il Lazio con 19,2
milioni di metri cubi. Queste tre regioni producono da sole oltre il 47,5 per
cento del totale di sabbia e ghiaia. Eppure il canone di estrazione richiesto è
estremamente basso, o del tutto inesistente nel caso della Puglia.
Eppure le alternative esistono e funzionano. La Repubblica Ceca ha introdotto il
concetto di consumo di suolo tassando oltre alla quantità di materiale prelevato
anche la superficie occupata dalle cave. In Danimarca da oltre 20 anni il
problema è stato risolto con una politica di tassazione che arriva a far pagare
50 euro a tonnellata per buttare in discarica gli inerti: così il 90 per cento
dei materiali inerti utilizzati viene dal riciclo. In Italia avviene il
contrario: si ricicla solo il 9 per cento dei 45 milioni di tonnellate di
rifiuti inerti prodotti ogni anno.
Antonio Cianciullo
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 maggio 2009
UNIVERSITA' - Le energie alternative; doppio appuntamento.
Giovedi' mattina in H3 e in aula Bachelet.
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 25 maggio 2009
ENERGIA - Si consuma meno elettricità - E' la
prima volta nel dopoguerra - Nel 2009 calo del 3,5%, colpa della crisi. Primi
rinvii per il nucleare. Frena anche la spesa per le rinnovabili
ROMA - Per la prima volta dal dopoguerra i consumi
energetici globali sono in netta flessione: il 2009 si chiuderà a quota meno 3,5
per cento. Un segnale negativo dal punto di vista economico ma anche
preoccupante dal punto di vista ambientale. Il rapporto dell'International
Energy Agency, distribuito al G8 energia aperto ieri a Roma, precisa infatti che
nell'immediato la crisi ha portato a una riduzione del carico inquinante (6 per
cento in meno di emissioni di anidride carbonica nel 2008 e una quota analoga
nel 2009), ma nel lungo periodo i gas serra aumenteranno: "I bassi prezzi dei
combustibili fossili e le difficoltà finanziarie possono portare a una riduzione
degli investimenti nelle tecnologie pulite, aumentando il bisogno di centrali
alimentate con i fossili".
Nel 2009, aggiunge l'Iea, in assenza di interventi correttivi da parte dei
governi si potrebbe registrare una caduta del 38 per cento degli investimenti
nelle fonti rinnovabili, interrompendo un trend di crescita molto incoraggiante
(più 85 per cento nel 2007). E' per questo che i ministri dei 23 paesi che hanno
partecipato ai lavori del G8 di Roma e che rappresentano più dell'80 per cento
del mercato globale dell'energia si sono dati tre obiettivi. Primo: definire
strategie condivise per affrontare il cambiamento climatico globale che non può
superare la soglia dei 2 gradi senza conseguenze catastrofiche. Secondo:
promuovere gli investimenti per la sicurezza energetica e lo sviluppo
sostenibile. Terzo: dare energia al miliardo e 600 milioni di persone che non
hanno accesso alla rete elettrica.
I primi atti concreti sono stati la firma da parte di 13 paesi dell'accordo
internazionale sull'efficienza energetica, l'intesa tra l'Enel e l'ente
elettrico statale egiziano per rilanciare le fonti rinnovabili, un accordo italo
giapponese per la promozione del nucleare. "Si tratta di creare una sinergia
positiva tra i governi, che devono dare le regole, e le imprese, che devono
mettere a disposizione i capitali", ha detto il ministro dello Sviluppo
economico Claudio Scajola. "Perciò per la prima volta nel corso di una riunione
dei ministri dell'Economia è stato organizzato un incontro tra governi e
imprese".
Non è detto infatti che il prezzo del barile del greggio si fermi tra i 60 e i
70 dollari, quella che il presidente dell'Eni Roberto Poli ha definito la
"fascia magica" che stimola l'innovazione senza deprimere il mercato. E in
presenza di sbalzi continui e violenti, come ha sottolineato l'amministratore
delegato di Sorgenia Massimo Orlandi, "serve un quadro stabile di regole e
incentivi che consenta alle imprese di fare gli investimenti necessari a
garantire la sicurezza energetica e quella climatica". Spingere sull'innovazione
e sull'energia pulita, ha aggiunto l'amministratore delegato del Gse Nando
Pasquali, avrebbe ricadute positive anche sul piano occupazionale: "Le fonti
rinnovabili hanno creato 2,3 milioni di posti di lavoro negli ultimi 5 anni e in
Italia potranno dare nei prossimi anni 60-70 mila posti di lavoro".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 maggio 2009
AMBIENTE - Scali inutilizzati
È notizia recente che a partire dall’entrata in vigore
dell’orario estivo, lo scalo ferroviario di Villa Opicina ed anche quello di
Cervignano oltre a sospendere il lavoro nelle ore notturne, rimarranno chiusi
pure nei giorni festivi. La stazione di Pontebba e quella di Villa Opicina sono
state costruite all’inizio degli anni ’60 spendendo fior di miliardi spianando
migliaia di metri cubi di terreno roccioso, per lo più adatto solo al pascolo.
Poco male quindi? Beh, dipende dai punti di vista. L’impatto negativo sul
paesaggio c’è stato, eccome! Comunque a quel tempo gli ambientalisti ancora non
esistevano. Adesso lo scalo di Pontebba che contava ben ventinove binari
elettrificati, è stato già smantellato, e le rotaie spedite in fonderia. Lo
stesso destino sta per capitare a Villa Opicina. Come verranno utilizzati tutti
quei chilometri quadrati di terreno spianato, solo Dio lo sa. Invece per
costruire lo scalo di Cervignano negli anni ’90 sono stati coperti di cemento
centinaia di ettari di terreno coltivabile, con un danno ambientale ed economico
incalcolabile. Anche in quel caso il grido di dolore degli ambientalisti e
quello degli agricoltori è stato rimasto inascoltato. I dissenzienti sono stati
messi a tacere in nome della ragion di Stato. Adesso, dopo pochi anni dalla sua
costruzione, sembra che nemmeno il super-scalo di Cervignano serva più a niente.
È in progetto infatti una nuova mega-struttura intermodale nei pressi di Padova,
che dovrebbe supplire a tutto lo smistamento ferroviario delle merci nel
Centro-Nord. Intanto però i danni all’ambiente rimangono. Adesso si fa un gran
parlare di Tav e di ponte sullo Stretto. Ma siamo sicuri che codeste gigantesche
strutture siano indispensabili? Non si potrebbe far funzionare al meglio quello
che già esiste ?
Gianni Ursini
S. GIOVANNI - Colate di cemento
Sono certa di parlare non solo a titolo personale ma anche
a nome di molti miei condomini e concittadini.
Non solo ci hanno deturpato vista e paesaggio permettendo di costruire in via
Pagliaricci un mostro che noi chiamiamo «affettuosamente» vaporiera (con
appartamenti peraltro invenduti) ma ne stanno ultimando uno poco più su e ora,
non paghi di cotanto oltraggio alla natura, ne stanno progettando un altro di 5
piani più mansarda, più non si sa ben cos’altro, proprio dietro alla vaporiera.
Ecco che nel volgere di pochi anni quello che restava del tipico paesaggio
cittadino di San Giovanni (casette, orti, giardini, pastini con residui muretti
a secco, purtroppo non tutelati dalle belle arti) è stato spazzato via da un
gigantesco caterpillar. A parte considerazioni del tipo: «chi saranno mai quei
deficienti che vorranno acquistare un appartamento con vista sul didietro del
condominio più in basso...» ci chiediamo se era proprio necessario dare permessi
dissennati per la costruzione di mostri e far colare cemento per megacondomini i
cui appartamenti non verranno mai venduti? Perché una città che si reputa civile
come la nostra in uno stato di diritto che fa dell’ambientalismo uno dei suoi
cavalli di battaglia non obbliga i fortunati possessori di un pezzo di terra a
far edificare sulle loro proprietà esclusivamente villette a schiera, magari con
giardinetti propri e comuni, in bioedilizia e con pannelli fotovoltaici
conservando la tipologia dei pastini e lasciando integra (per quanto possibile)
l’identità delle nostre zone? C’è inoltre in tutta questa incresciosa storia, un
aspetto che non viene mai tenuto in considerazione: sono state sradicate decine
di alberi (alcuni secolari) proprio ora che gli uccelli stanno nidificando:
perché non far iniziare i lavori in autunno o tarda estate quando la maggior
parte dei volatili sta per migrare. Basta che i Comuni riempiano le casse con
costose concessioni edilizie, tanto chissenefrega del verde, del paesaggio, del
benessere dei cittadini. Facciamo diventare Trieste come Napoli dove sfido
chiunque a trovare un albero e un filo d’erba in città o in collina, o come
Genova...
Si dice che i giovani non si stanno avvicinando alla politica, che fanno
desistenza, che non partecipano alla vita pubblica. Se questi sono gli esempi
che diamo ai nostri ragazzi, allora come li capisco. Io che sono di un’altra
epoca (!), di un’altra generazione, dove la politica si mangiava a tavola con il
pane e dove ci si appassionava alle battaglie e agli ideali approvo il loro
comportamento.
Ora non c’è più niente da fare: il danno è sotto i nostri occhi, le
devastazioni, le speculazioni, la mancanza di rispetto per il verde pubblico e
privato sono a portata di mano (e qui dovremmo aprire un altro capitolo sulle
potature dissennate, ma torneremo sull’argomento).
Mi congedo sapendo di essere nel giusto, ma purtroppo non basta per essere
cittadini soddisfatti.
Maria Irene Cimmino Petracco
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 maggio 2009
Fotovoltaico: sono 1678 gli impianti «Una spinta alle
energie alternative» - DATI CONFARTIGIANATO
UDINE Sono 1678 impianti, per una potenza complessiva pari
a 12.388,7 kW (il 3% della potenza complessivamente installata in Italia) gli
impianti fotovoltaici installati in Fvg: il dato è stato reso pubblico da
Daniele Nonino, capocategoria degli impiantisti elettrici di Confartigianato
Udine. Se per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente
l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili si comprende la
grande rilevanza della diffusione delle energie alternative».
«Tav, costi immensi e difficoltà imprevedibili» - UN
PROGETTO ANCORA ”OSCURO”
Mi associo alla lettera del sign. Solvesi «Il tracciato
della Tav» (Il Piccolo del 17 maggio). Il tracciato ufficialmente indicato, con
lunghissime gallerie sotto il Carso e la Val Rosandra e molte curve quasi a
tornanti, sembra davvero incomprensibile e ingiustificabile.
Il sig. Solvesi rammenta opportunamente che per portare la Tav a Divaccia
basterebbe potenziare l’esistente linea da Monfalcone per Opicina, e utilizzare
l’autoporto di Fernetti e linee già esistenti per il traffico da e per Trieste.
Vari esperti (geologi, ingegneri, economisti) hanno più volte segnalato i danni
all’ambiente, le difficoltà imprevedibili, i costi enormi e i disagi alla
popolazione derivanti dall’eseguire il tracciato sotto il Carso. Al contrario i
sostenitori di questo percorso – già dai tempi dell’ex assessore Sonego – non
hanno mai indicato ai cittadini ragioni precise, verificabili, comprensibili per
considerarlo necessario.
Allora è lecito domandarsi; che cosa c’è dietro l’insistenza nel proporlo
ufficialmente? Accordi politici, con quali motivazioni? Interessi economici di
parte, p. es. sulla progettazione e sugli scavi per un’opera che, a posteriori,
potrebbe risultare costosissima e ingestibile? Non basta rispondere: «è stato
concordato con la Slovenia e approvato dall’Unione Europea». I cittadini che
porteranno le conseguenze (anche di spesa pubblica) vorrebbero conoscere le
motivazioni vere, se ce ne sono.
Franco Chersi
IL PICCOLO - SABATO, 23 maggio 2009
INVESTIMENTI SUL RISPARMIO ENERGETICO - Fotovoltaico,
la manovra estiva finanzierà i privati e le imprese
TRIESTE Un canale di finanziamento per i privati e per le
imprese. La Regione punta a sostenere il fotovoltaico con la manovra estiva: si
ipotizza uno stanziamento di 600mila euro anche se, sui numeri, sono in corso le
verifiche.
L’ENERGIA «VERDE» Il Friuli Venezia Giulia, dopo l’approvazione del regolamento
per le manutenzioni destinate al risparmio energetico (che lascia fuori proprio
gli impianti solari termici, fotovoltaici e geotermici), investe ancora
sull’energia «pulita». Lo annuncia l’assessore all’Edilizia Vanni Lenna: «Stiamo
lavorando alla variazione di bilancio che, a giugno, porterà nuovi fondi al
settore del fotovoltaico. Il finanziamento sarà destinato a privati e imprese e
utilizzerà i fondi non impiegati». Nell’attesa del canale dedicato al
fotovoltaico - con i finanziamenti per i privati che saranno gestiti dalle
Province e quelli per le imprese dalla Regione - chi ha intenzione di adeguare
la sua casa all’insegna del risparmio energetico potrà farlo con il regolamento
che diverrà attuativo il 3 giugno e sbloccherà 3 milioni di euro in tre anni.
LE TIPOLOGIE Gli interventi ammissibili al finanziamento sono definiti nel
dettaglio. Il primo capitolo è dedicato a «opere e modifiche necessarie per
rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per
realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non
comportino modifiche delle destinazioni di uso». Il secondo capitolo riguarda
gli «interventi di manutenzione straordinaria sugli edifici esistenti
finalizzata al miglioramento dell’efficienza energetica» come isolamento
dell’involucro edilizi, utilizzo di impianti ad alto rendimento, sistemi
schermanti esterni di controllo degli apporti solari o di controllo dell’inerzia
termica degli elementi costruttivi che contribuiscano a migliorare il rendimento
energetico dell’edificio nel periodo estivo. Sono compresi anche gli interventi
finalizzati al conseguimento del risparmio energetico e di messa a norma degli
impianti tecnologici (tra i quali impianti di distribuzione, utilizzazione
dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche,
nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, gli
impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di
refrigerazione, gli impianti idrici e sanitari e quelli per la distribuzione e
l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, nonché per la protezione antincendio.
LE ESCLUSIONI Sono invece esclusi gli impianti di produzione, trasformazione,
trasporto dell’energia elettrica, gli impianti radiotelevisivi, le antenne, gli
ascensori, i montacarichi, le scale mobili nonché i nuovi impianti solari
termici, fotovoltaici e geotermici con pompe di calore e similari che tuttavia
saranno finanziati con le variazioni ormai imminenti.
Elena Orsi
TRIESTE TRASPORTI - Saliti al 27% gli ecoveicoli di
ultima generazione
Il direttore generale Luccarini: «Trieste Trasporti
all’avanguardia per il rinnovo di mezzi e servizi»
«È necessario uno sforzo da parte di tutti affinché a Trieste i mezzi
pubblici possano disporre di un numero più alto di corsie preferenziali e
possano accostarsi alle fermate senza complicazioni, meno stop&go significa meno
consumi e pure meno stress per i nostri conducenti», insiste l’ad di Trieste
Trasporti Paparo ricordando una fresca uscita pubblica del sindaco Roberto
Dipiazza, che parlando del Piano del traffico aveva fatto convergere le prossime
novità proprio sulla necessità di aumentare la velocità commerciale dei bus.
L’assessore provinciale Zollia raccoglie l’assist e, guardando sempre alla
data-chiave del 2010, sentenzia: «Credo sia doveroso che la Regione riconosca
per le tariffe di servizio su Trieste un calcolo chilometrico diverso (oggi
uguale, vale 3,47 euro a km, ndr) da quello applicato nelle altre realtà
territoriali del Friuli Venezia Giulia». Tutti i saliscendi della nostra
provincia, la conformazione e il traffico delle strade cittadine assegnano in
effetti a Trieste appena 14,77 chilometri all’ora (14,87 l’anno precedente) di
velocità commerciale dei bus. L’unico neo - puntualizza il direttore generale
Piergiorgio Luccarini - in un quadro aziendale «modello, di elite nazionale». A
cominciare dalla cosiddetta flotta: 273 autobus con quattro anni di età media,
«a fronte di una tendenza nazionale pari a nove anni e mezzo se non di più. Il
che significa - insiste Luccarini - che siamo all’avanguardia per l’utilizzo di
mezzi ad alto profilo ecologico, in virtù dei 33 veicoli EEV di ultima
generazione che acquistiamo annualmente, per un investimento di circa sette
milioni, al fine di rinnovare la flotta stessa. Si badi bene che gli studi
dicono che un EEV produce, a livello di emissioni, quasi gli stessi quantitativi
di un autobus a metano».
Nell’ultimo bollettino aziendale presto in distribuzione, si legge in effetti
che i parametri generazionali dei 273 mezzi di Trieste Trasporti sono migliorati
dal 2007 al 2008: la percentuale di bus dotati di pedana è passata dall’86% al
91%, quella dei veicoli EEV dal 18% al 27%, quella degli Euro4 dal 5% al 9%,
mentre l’incidenza degli Euro3 - i meno avanzati oggi in dotazione - è scesa dal
23% al 18%. L’aria condizionata per i conducenti ha raggiunto il 100% (99% nel
2007) mentre quella integrale è salita dall’80% al 93%. Confermato infine il
100% di presenza degli indicatori di linea a led luminosi. «La gente, e parliamo
di 160mila passeggeri al giorno, ha percepito la nostra politica di innovazione
e rinnovamento peraltro visibile già di primo impatto per il colore azzurro
degli esemplari nuovi - aggiunge il direttore generale - al punto che l’indagine
sulla soddisfazione degli utenti che commissioniamo esternamente da nove anni ha
registrato proprio nel 2009 il massimo storico con un gradimento pari al 96,22%
contro il 94,17% dell’anno precedente, mentre i reclami sono calatidel 20%». Il
primo aspetto da migliorare secondo l’utenza - un campione contattato
telefonicamente di non meno di 1.600 persone, di cui 400 residenti fra Duino
Aurisina e Muggia - è la frequenza delle corse, soprattutto in ore serali e zone
periferiche, a fronte della voce ”personale” riscontrata nel 2008. La
caratteristica ritenuta più importante è la puntualità. «Ed essendo proprio la
puntualità il servizio preferito - chiude Luccarini - possiamo sbilanciarci
nell’affermare che l’aspettativa è di fatto già soddisfatta». A proposito di
personale, il bollettino attesta ancora che l’organico dei conducenti di Trieste
Trasporti nell’ultimo anno si è rimpinguato da 593 a 602, dentro un
monte-personale in lieve discesa da 832 a 829 unità.
(pi.ra.)
Cinghiale attacca una coppia: «Salvati dalla pizza» -
BRUTTA AVVENTURA PER DUE FIDANZATI GIOVEDÌ SERA AL FERDINANDEO
Racconta Paola Pahor: «Un bestione, ci siamo rifugiati
su un tavolo di legno e abbiamo buttato la Viennese»
I cinghiali sono tra noi, fin quasi in centrocittà. E attaccano le persone.
L’ultima allucinante avventura è stata vissuta da Paola Pahor, una triestina
come tante, puntata da uno di questi animali definito particolarmente
voluminoso. Ha dovuto barattare la propria incolumità con la pizza che stava
mangiando e il cui odore sembra avesse fatto perdere la testa al cinghiale. Alla
fine Paola si è salvata, incolume, ma senza aver potuto gustare la pizza.
Era una bella e calda serata quella di giovedì. «Erano le sette e mezza e al
Ferdinandeo dove stavo passeggiando assieme al mio compagno c’era ancora il
sole», racconta la donna. Dunque nessuno scenario tenebroso o oscuro di
tregenda. «Da quelle parti c’è un laboratorio che fa pizze per asporto dove
lavora mio figlio - prosegue nel racconto - la fame stava salendo e ci siamo
fermati a prendere due pizze e due bibite. Abbiamo pensato di andarcele a
mangiare in santa pace di fronte dove ci sono un tavolo e sedili di legno. A
poche decine di metri di distanza da molte estati a questa parte si svolge la
Festa celtica».
Sarà stato magari anche qualche influsso esoterico, dal momento che in zona si
celebravano anche meditazioni e riti New Age, fatto sta che proprio in quel
momento si è materializzato qualcosa di impensabile. «All’improvviso da dietro
un cespuglio - racconta ancora Paola - è saltato fuori un cinghiale enorme ed è
venuto dritto sparato contro di noi».
Immaginarsi il terrore che s’è impossessato della coppia. «Abbiamo pensato a
metterci in salvo, ma non sapevamo da quale parte scappare perché l’animale
sembrava non volerci dare via di fuga. Siamo così saliti in piedi sul tavolo e
io mi sono messa a urlare. Il mio cuore faceva 200 battiti al minuto. A
raccontarla fa ridere, ma a viverla è tutto il contrario. Vicino a noi non c’era
nessuno, ma alla fine siamo riusciti a richiamare l’attenzione di due persone
che stavano facendo jogging».
A un certo punto Paola ha pensato di poter farsi valere con le ragioni forti:
«Ho lanciato contro il cinghiale la bottiglietta di plastica dell’acqua
minerale, ma ciò non ha sortito alcun effetto perché l’animale sembrava più
arrabbiato di prima e non ci dava tregua. Allora ho capito cosa voleva
realmente, la pizza. Il mio fidanzato era stato più veloce di me a mangiarla e
l’aveva pressoché finita, ma la mia era quasi intera: una pizza viennese.
Strano, un cinghiale affamato di carne di maiale».
La pizza è riuscita finalmente a distrarre il cinghiale. «Fauci da far spavento,
ma si è fermato un po’ a masticare. In questo modo siamo riusciti a scendere e a
raggiungere la strada. Lentamente l’animale ha preso nuovamente a seguirci, ma
si è fermato sul ciglio, alla fine notato da molti automobilisti. Avevo paura
che provocasse un incidente. Dirò a mio figlio di mettere una tabella fuori dal
laboratorio: ”Attenti ai cinghiali”. Quanto alla Festa celtica non oso pensare
cosa potrebbe succedere».
SILVIO MARANZANA
CINGHIALI - Sono ormai scesi fino in città - DI CASA IN
VIA COMMERCIALE - Un’ordinanza del sindaco punisce chi dà da mangiare ai suini
selvatici
Hanno distrutto gran parte delle coltivazioni a Roiano,
mandando all’aria la vendemmia. Hanno ”arato” una buona percentuale di campi sul
Carso, devastando strutture e recinti e compromettendo i raccolti. In alcuni
casi, come ad esempio in via Commerciale, sono stati a un passo dall’aggredire i
residenti. L’emergenza cinghiali è diventata ormai quotidiana. Anche perché gli
animali, nella spasmodica ricerca di cibo (o semplicemente di quei ”benefattori”
irresponsabili che li nutrono) si spingono ormai quasi fino al centro. Non a
caso un esemplare era arrivato in piazza Volontari giuliani, a due passi dal
Giardino pubblico, mentre pochi mesi fa una donna in via Commerciale era stata
circondata da alcuni cinghiali a caccia di cibo.
Una presenza potenzialmente molto pericolosa perché è chiaro che gli animali se
non trovano cibo si innervosiscono e possono anche passare all’aggressione
diretta. Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza
per vietare di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità
del fenomeno, prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari
che negli ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. I cinghiali,
infatti, in condizioni di tranquillità possono partorire fino a due cucciolate
in un anno. Regione e Provincia si erano allineate e Walter Godina,
vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata del numero
dei cinghiali è in corso «entro la fine di maggio».
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - VENERDI', 22 maggio 2009
Pessima idea. Il Senato approva il ritorno al nucleare
Legambiente e Greenpeace criticano duramente le ultime decisioni del
Parlamento in campo energetico. Con l’approvazione da parte del Senato degli
articoli sul nucleare, contenuti nel ddl sviluppo, si da il via libera a un
imponente piano di nuclearizzazione del paese. “Ci vorrebbero almeno 7 reattori
nucleari da 1600 megawatt, poi servirebbero i depositi per le scorie e gli
impianti per la fabbricazione del combustibile. In sintesi, l’Italia diverrebbe
un unico grande cantiere per almeno 20 anni e si ritroverebbe diffuse sul
territorio strutture imponenti e insicure, per realizzare le quali bisognerebbe
affossare ogni altra forma di produzione energetica, come le rinnovabili,
condannando il paese all’arretratezza e rinunciando a tutte le opportunità
occupazionali (250mila posti di lavoro solo in Germania), tecnologiche e di
sostenibilità che le rinnovabili invece garantiscono”.
“La scelta del governo sul nucleare è autoritaria e centralista: le Regioni si
ribellino e non rinuncino all’esercizio del potere”. Le due associazioni
ambientaliste invitano le Regioni italiane a non cedere sulle loro prerogative
di governo e criticano severamente il ritorno all’atomo approvato dal Senato con
gli articoli 14, 15, 16 e 17 del ddl Sviluppo ed energia che prevede, tra
l’altro, il potere sostitutivo dello Stato sugli enti locali in caso di mancato
accordo sulla localizzazione delle future centrali.
Legambiente e Greenpeace sottolineano che “la competenza delle amministrazioni
regionali in materia d’energia è sancita dalla costituzione. Ma alla
concertazione e alla trasparenza il governo preferisce l’autoritarismo e il
segreto militare, con il rischio quasi certo di far piombare il Paese in un
ginepraio di conflitti sul territorio: esattamente il contrario di quello che
occorre all’Italia per risollevarsi dalla crisi economica e per contrastare il
cambiamento climatico. Persino nella nuclearissima Francia sono previste
procedure ben più trasparenti e democratiche, mentre quello che si presenta qui
con l'approvazione del testo di legge è quasi un "golpe nucleare" con l'idea di
militarizzare il territorio per imporre un sistema energetico”. Secondo gli
ultimi sondaggi di Eurispes e Ipsos la maggioranza degli italiani non vuole la
costruzione di nuovi impianti nel nostro Paese.
Le due associazioni aggiungono che “l’Italia non può permettersi di tornare
indietro, deve guardare al futuro del sistema energetico distribuito, fondato
sull'efficienza nella produzione e negli usi finali e sullo sviluppo delle
rinnovabili. Questo voto sul nucleare è totalmente privo di lungimiranza, anche
perché non risolleverà le sorti dell'economia nazionale in uno scenario di crisi
dalle dimensioni mondiali”.
La scelta del nucleare è controproducente: è una tecnologia vecchia, inquinante,
insicura e costosa. Le nuove centrali non risolveranno i problemi energetici del
Paese, non serviranno a mantenere gli impegni europei di riduzione delle
emissioni di gas serra e non faranno abbassare la bolletta dei cittadini.
Italia tra i primi paesi al mondo a raggiungere la
“Grid parity” fotovoltaica
Ci sono buone possibilità che l'Italia diventi il primo
paese dell'Unione europea in cui l'elettricità generata dall'energia
fotovoltaica e quella convenzionale abbiano lo stesso costo di accesso alla rete
elettrica. In altre parole il nostro paese potrebbe essere il primo a
raggiungere la cosiddetta grid parity (parità nella rete). Ciò è dovuto al fatto
che i fornitori italiani di energia solare beneficiano di prezzi
dell'elettricità comparativamente alti.
Se, come ci si attente, i prezzi cresceranno ad una media del 6% l'anno, gli
impianti italiani indipendenti potrebbero raggiungere la grid parity nel 2011.
La graduatoria cambia se si considerano gli impianti fotovoltaici su larga
scala. In questo particolare settore sarà la Germania la prima a veder
allineati, nel 2012, i prezzi di elettricità fotovoltaica e di quella classica.
Gli impianti su larga scala hanno il vantaggio di costi di investimento
proporzionalmente più bassi e sono in grado di fornire elettricità a prezzi
inferiori rispetto ai piccoli fornitori. Un’agenzia di ricerca di mercato, la
Greentech Media, fa però previsioni meno ottimistiche per le installazioni
tedesche di piccola dimensione, montate sui tetti degli immobili. Per queste la
grid parity sarà raggiunta nel 2013-2014. Previsioni basate sul fatto che i
prezzi dell'energia fornita alla rete a causa dell'inflazione crescano in media
del 6% l'anno.
La riduzione delle tariffe di vendita alla rete dell'energia fotovoltaica (feed
in) sta anche generando un maggior stimolo per lo sviluppo. Ciò significa che
sale la pressione sul mercato tedesco per produrre energia solare in modo
efficiente usando tecnologie di punta. Grazie a questo stimolo l'industria sta
lavorando a pieno ritmo per creare concetti produttivi anche migliori.
Una struttura di mercato del tutto differente fa invece sì che sia ancora lunga
la strada per raggiungere la grid parity in Francia. Il basso costo
dell'elettricità fornita alla griglia, agevolato dai sussidi statali, limita lo
sviluppo del fotovoltaico. Inoltre le tariffe feed in di acquisto dell'energia
fotovoltaica non sono studiate per diminuire nei prossimi anni, ma solo per
essere aggiornate con il tasso di inflazione. Questi elementi spingono i
fornitori francesi di energia solare a ridurre i costi di produzione rispetto al
concorrente tedesco.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 maggio 2009
BAIA DI SISTIANA - «Non avevamo più soldi per le cause
al Tar». Predonzan (Wwf) spiega la resa - Il sindaco Ret: «Al Comune 4 milioni»
Chi ride e chi piange. La guerra dei trent’anni sulla Baia
di Sistiana è solo apparentemente finita. Si è spenta, in realtà, per
sfinimento. Ha vinto, a duro prezzo, chi voleva il villaggio turistico e lo
scavo del fondo cava. Hanno perso gli ambientalisti e si sono zittiti i comitati
e i protestanti di vario genere. «Io già lo vedo finito il villaggio della cava
- esulta il sindaco Giorgio Ret (Pdl) -, sarà una delle cose più belle d’Europa,
che spettacolo, che nuovo microclima, sarà caldo d’inverno e fresco d’estate, in
autunno il Comune diventerà proprietario della Costa dei Barbari, col ministero
dell’Ambiente e la Regione abbiamo firmato un accordo di programma per cui
diventerà riserva naturale, metteremo docce e gabinetti, ai nudisti troveremo un
riparo, per carità, ma sarà una spiaggia aperta a tutti, e in collegamento col
nuovo hotel Europa...».
Il mandato di Ret scade a metà 2012: «Qualcosa di fatto riuscirò a vederlo -
dice -, ma certo se inauguro o festeggio invito tutti i sindaci precedenti,
tutti volevano questo insediamento, qualcuno ha perso il posto per via della
Baia».
Ciò che più conta, però, sono i danari. «In tutto avremo ricevuto 4 milioni di
oneri di urbanizzazione - racconta il sindaco -, grazie a questi non solo siamo
l’unico Comune con più di 5000 abitanti a non aver usato l’addizionale Irpef per
la prospettiva di incassare l’Ici dalle seconde case, ma stiamo mettendo a posto
tre scuole slovene e tre italiane, abbiamo fatto l’asilo nido, fatto i
marciapiedi a Sistiana e ora li facciamo ad Aurisina, aggiustato la casa di
riposo: per gli anni futuri questo Comune non avrà più spese».
«Ci siamo dovuti arrendere perché economicamente non potevamo più sostenere le
cause al Tar - dice invece malinconico Dario Predonzan, dirigente del Wwf sempre
in prima linea sul territorio -, tutte le battaglie sono andate a favore della
Baia, perfino un soprintendente contrario è stato messo a tacere. No - prosegue
- l’intervento snatura il paesaggio, cambia la linea di costa, è una colata di
cemento in area protetta, si è distrutto un bosco, il progetto poi è sempre
quello, ha subìto solo ritocchi marginali. E i parcheggi sotterranei? Hanno meno
impatto paesaggistico, ma resta quello ambientale perché sono scavati nella
roccia, non è che se occhio non vede cuore non duole. Il cuore duole sempre, ma
in sede legale hanno sempre vinto i più forti: la giustizia amministrativa è per
i ricchi, perché bisogna sempre avere un avvocato. Mi dispiace - conclude - non
solo per le energie spese in tanti anni, ma per il risultato negativo, quando
tutto sarà costruito magari verrà fuori qualcuno e dirà: perché non avete
fermato questa porcheria? E io risponderò: e voi che protestavate perché siete
scomparsi?». No, la battaglia non è finita: è solo sopita.
(g.z.)
Cattivi odori fatti respirare a un vicina, condannato a
pagare 150 euro di multa - PER L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO
Condannato per aver prodotto troppa puzza.
È questa la singolare situazione in cui si trova oggi Pietro Tassinari,
riconosciuto responsabile dal giudice Laura Barresi di aver provocato emissioni,
vapori e fumi, atti a offendere. Dovrà pagare una sanzione pecuniaria di 150
euro a cui si aggiungono 500 euro di risarcimento e 900 di spese legali
sostenute da una vicina di casa che ha ingaggiato con lui questa battaglia ed è
uscita vincitrice dall’aula di Giustizia. Bianca Laura Degrassi- costituitasi in
giudizio con l’avvocato Walter Zidarich - ora potrà respirare a pieni polmoni in
tutte le stanze del suo appartamento posto al pianoterra della villetta di via
Gattorno 2. Prima accanto alla finestra dalla cucina, poi a poca distanza da
quella della stanza da bagno, Piero Tassinari, secondo l’accusa, aveva posto un
impianto di compostaggio in cui confluivano svariati rifiuti organici: residui
di frutta, erba da sfascio, gusci d’uova, foglie secche, scarti di cucina, fondi
di caffè. I residui marcivano e si trasformavano in terra ma la loro
decomposizione provocava miasmi insopportabili, molto violenti nel caldo
dell’estate quando le finestre restano aperte e nei giorni di pioggia battente e
di umidità alta.
Era stata la stessa assemblea condominiale a varare questa iniziativa
”ecologica”, decidendo di installare nel giardino l’impianto per produrre «compost».
Promotore dell’iniziativa era stato Pietro Tassinari che riteneva di eliminare
in modo autonomo i rifiuti del piccolo condominio, riducendo così le quantità da
avviare all’inceneritore comunale. Maria Bianca Degrassi si era opposta,
cercando di far rimuovere il bidone e il suo maleodorante contenuto. Aveva
chiesto l’intervento dei carabinieri, dei tecnici dell’Arpa, dell’Azienda
sanitaria e del Comune. Scopo dichiarato, quello di evitare di dover inalare
«profumi» indesiderati a cui spesso si affiancava l’ingombrante presenza di
sciami di moscerini.
Un esposto alla Procura, ha avuto il potere di far avviare l’azione penale al pm
Maddalena Chergia. L’ipotesi di reato era quella punita dall’articolo 674 che
sanziona - com’ è avvenuto per la Ferriera di Servola - chi getta o versa cose
atte a offendere, o provoca miasmi, emissioni, vapori o fumi». Il processo si è
svolto in tre udienze in cui le parti hanno citato 14 testimoni. Determinante la
deposizione di Carlo Coslovich, geologo dell’Arpa. Ha spiegato che il
regolamento di polizia urbana del Comune di Trieste non considera compatibile
con l’ambiente cittadino un impianto di compostaggio domestico.
(c.e.)
EDILIZIA E AMBIENTE - Arrivano le pagelle per premiare
le case «ecologiche» - La Regione certificherà la qualità dell’abitare: «Siamo i
primi in Italia»
TRIESTE In Friuli Venezia Giulia arriva la casa
certificata. Rispetta l’ambiente, riceve energia da fonti rinnovabili e contiene
l’utilizzo di acqua. La Regione, prima in Italia, istituisce il Vea, un
protocollo per la valutazione della qualità energetica e ambientale di un
edificio che, dopo la prossima definizione di un regolamento, costituirà tra
l’altro criterio di priorità nei finanziamenti per gli interventi di acquisto,
costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici e privati.
LEGGE La giunta Tondo ha già adottato in via preliminare il Vea, nel rispetto
dell’articolo 6 della legge 23/05, per disciplinare la valutazione del livello
di sostenibilità degli interventi edilizi e graduare i contributi previsti
nell’articolato. In sostanza con il Vea, recependo l’analogo progetto italiano
Itaca, si assegnano alle case le «pagelle» di eco-sostenibilità. Le schede di
valutazione sono 22 divise in 6 aree: analisi energetica, impianti per la
produzione di energia da fonti rinnovabili, materiali da costruzione, risparmio
idrico e permeabilità dei suoli, qualità esterna e interna, altre
considerazioni.
VALUTAZIONI Quanto più gli edifici saranno costruiti in modo da risparmiare
energia e acqua, con materiali riciclabili, integrati nell’ambiente naturale e
sociale, isolati acusticamente, protetti dall’inquinamento atmosferico ed
elettromagnetico, tutelati dagli agenti inquinanti, tanto più otterranno
punteggi alti. E scaleranno le graduatorie per l’accesso ai finanziamenti
pubblici.
CERTIFICAZIONE Il traguardo è quello della certificazione. Al fine di favorire
una migliore qualità dell’abitare, l’uso di materiali edilizi di origine
naturale, il contenimento dei consumi energetici e la diminuzione dei carichi
inquinanti, la Regione adotta infatti una procedura di certificazione della
sostenibilità energetico ambientale degli edifici, la Vea. Il protocollo
determinerà il valore energetico/sostenibile assegnando una classe alfa/numerica
all’edificio, da quella inferiore G3, G2 e G1 a salire fino alla classe A+3, A+2
e A+1.
INCENTIVI «Il protocollo che pone il Friuli Venezia Giulia all’avanguardia –
spiega l’assessore Vanni Lenna – imprime una svolta fondamentale: costruire
secondo criteri sostenibili per l’ambiente. Il Vea rappresenta un ottimo
strumento di controllo, monitoraggio e promozione. E sicuramente avrà importanti
ricadute nel campo immobiliare e delle costruzioni e potrà essere di forte
impulso all’innesco di un processo generale di incentivi verso un’edilizia
eco-compatibile».
VALORE «La casa certificata – prosegue Lenna – costituirà uno degli elementi
qualificativi della nuova valutazione immobiliare del bene; un valore alto di
classe energetica e ambientale determinerà la qualità o meno della casa posta
sul mercato e il conseguente valore».
Marco Ballico
TRAFFICO - Italiani e auto
L’italiano medio dedica ogni anno alla propria auto 1500
ore: ci sta seduto, in marcia e in sosta, la parcheggia, si guadagna i soldi per
acquistarla, lavora per pagare la benzina, i pedaggi, l’assicurazione, il bollo,
le multe. Ogni giorno passa quattro delle sue sedici ore di veglia o per la
strada o occupato a procurarsi i mezzi che l'auto richiede, senza contare il
tempo speso in altre occupazioni imposte dal trasporto: quello trascorso in
ospedale, in tribunale o in garage, quello perso guardando in tv gli spot
pubblicitari di automobili, scorrendo pubblicazioni specializzate: queste 1500
ore sono investite per percorrere 10.000 km, circa 6,5 km all’ora. Nei Paesi
privi di una massiccia presenza dell’industria del trasporto, la gente ottiene
lo stesso risultato andando a piedi dovunque voglia, e il traffico assorbe dal 3
all’8% del tempo sociale anziché il 28%. Ciò che distingue il traffico dei Paesi
poveri da quelli ricchi non è un maggior chilometraggio per ogni ora di vita ma
l'obbligo di consumare in forti dosi l'energia disegualmente distribuita
dall’industria del trasporto. L'automobile è diventata un ossimoro: impedisce
all’individuo di spostarsi. Auto: mobile?
Mauro Luglio - Monfalcone
COMUNICATO
STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 21 maggio 2009
TAV IN FRIULI VENEZIA GIULIA : UN APPELLO AI COMUNI PER
UN RUOLO PIÙ FORTE
A 6 anni di distanza dalla prima presentazione in Friuli
Venezia Giulia del primo progetto di Alta Velocità ferroviaria – TAV – relativo
alla tratta Ronchi-Trieste si può constatare che a oggi nessun progetto è stato
approvato, nemmeno in via preliminare, nonostante leggi speciali (la legge
obiettivo del 2001) che avrebbero dovuto accelerare le procedure progettuali e
che invece hanno contribuito a rallentarle creando nel contempo forti stati di
tensione con parte della popolazione coinvolta .
Ora assistiamo ad un nuovo capitolo di questa vicenda: l'imminente fase di
progettazione della linea ferroviaria Trieste-Divaca, parte integrante della
realizzazione del progetto prioritario europeo n° 6 come da Decisone 1692/96 e
successive modifiche (884/2004).
Per molti aspetti questa nuova progettazione rischia di replicare quanto già
visto relativamente alla tratta TAV Ronchi-Trieste e Ronchi-Ronchis in termini
di contrasto con la popolazione e di sviamento da quelle che sono le vere
problematiche dei cittadini relativamente al trasporto pubblico con, in
aggiunta, uno spaventoso dispendio di risorse pubbliche ancor più importante in
un momento in cui la crisi economica si abbatte in maniera estremamente violenta
sui settori più deboli della società.
In forza di ciò Legambiente chiede a tutti i Comuni direttamente interessati dal
progetto e a quelli che potenzialmente potrebbero essere interessati dalle opere
accessorie (quali cave di prestito, cantieri, discariche, elettrodotti di
servizio, viabilità accessoria ed attraversamenti urbani da parte della
movimentazione terra) UNA PRECISA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’.
Legambiente chiede che i Comuni:
1) richiedano l’apertura di un tavolo regionale unico sul progetto prioritario
n°. 6, al fine di evitare che sulla progettazione di un'opera transnazionale,
come questa, si ragioni, in maniera privata da ogni logica, progettando tronchi
ferroviari di poche decine di Km (quali la Trieste-Ronchi), che non hanno altro
obiettivo che quello di spostare i problemi della costruzione dell’opera da
un’area ad un'altra;
2) richiedano formalmente alla Regione di farsi carico di quanto previsto dalla
Convenzione di Aarhus ratificata dall’Italia il 16 marzo 2001, n. 108, in
particolare l’art. 6 riguardante PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO ALLE DECISIONI
RELATIVE AD ATTIVITÀ SPECIFICHE, la cui mancata applicazione porterà
inevitabilmente all’attivarsi di procedure d’infrazione in sede europea.
Legambiente sottolinea che la realizzazione di una nuova linea ferroviaria con
caratteristiche TAV attraverso il territorio regionale è ASSOLUTAMENTE INUTILE
dal punto di vista del traffico merci visto che linee come l’attuale
Mestre-Ronchi funzionano solo al 40% della propria potenzialità.
Il progetto prioritario n°. 6 può essere realizzato in perfetta armonia con le
norme europee, con un costo notevolmente inferiore ed in tempi più celeri
attraverso la velocizzazione fino a circa 180-200 Km/h dell’attuale linea
ferroviaria Mestre-Ronchi, il collegamento Trieste-Capodistria in area muggesana
e il potenziamento del Bivio San Polo (Monfalcone)-Bivio D’Aurisina.
E' bene tenere presente inoltre, che il trasferimento del traffico merci da
strada a ferrovia è in larga parte indipendente dalla realizzazione della TAV:
come già dimostrato con la Pontebbana, la semplice realizzazione di una nuova
infrastruttura non trasferisce automaticamente i traffici su questa, in quanto
IN ASSENZA DI UNA SERIA POLITICA TARIFFARIA SUI PEDAGGI DEL TRAFFICO PESANTE, il
traffico su strada rimarrà in buona parte più competitivo di quello su ferrovia.
Legambiente conclude che pertanto che in assenza di un’azione coordinata da
parte dei Comuni si rischia di ritrovarsi completamente in balia di decisioni
calate dall’alto o frutto di accordi con singoli Comuni che scaricano la
questione sui loro vicini. Una progettazione realizzata in questo modo non può
che portare a fortissime tensioni sociali con la popolazione.
In caso d’inazione da parte delle amministrazioni comunali queste dovranno
essere ritenute corresponsabili di una situazione che sta ulteriormente
degenerando dal punto di vista progettuale.
Legambiente FVG
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 21 maggio 2009
L'Alta velocita' spaventa Trieste - in Friuli l'ultimo fronte anti TAV.
Cantieri e scavi per dieci anni. Svelato il progetto: e' subito polemica.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 maggio 2009
ALTA VELOCITÀ E PERICOLI - «Sulla Tav urge la consultazione popolare»
COMUNICATO
STAMPA - LEGAMBIENTE FVG - Udine, 20 maggio 2009
MA COSA FA
IL COMMISSARIO DAMELE A PONTEBBA? - LA REGIONE LO SOSTITUISCA.
Legambiente
segue da tempo la vicenda dell'impianto a biomasse proposto dalla Società OMNIA
a Pontebba e su cui la Provincia ha dato l'autorizzazione il 30 gennaio scorso.
Si tratta di un impianto di produzione di energia elettrica dalla potenza di 12
MWe e che consuma 140 mila tonnellate all'anno di biomassa legnosa.
E' noto che la vicenda ha determinato la caduta della Giunta Comunale di
Pontebba e la nomina di un Comissario Straordinario da parte della Regione
Friuli Venezia Giulia nella persona del dott. Daniele Damele che in precedenza,
in qualità di funzionario provinciale aveva presieduto la Conferenza di Servizi
per l'autorizzazione dell'impianto.
Il Commissario in una sua dichiarazione, anche in seguito ad incontri con i Capi
gruppo uscenti, aveva assicurato di non essere disponibile ad alcun atto
significativo in relazione alla realizzazione di questo impianto.
Nei giorni scorsi, con delibera n. 100 del 13.05.2009, il Commissario
Straordinario con i poteri della Giunta Comunale, ha chiuso il procedimento di
VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sulla variante urbanistica collegata
all'autorizzazione della centrale a biomasse.
Ciò significa che il Comune ha accettato in via definitiva il Rapporto
Ambientale della Società proponente e ritiene che l'intervento non abbia effetti
significativi per l'ambiente e che quindi non vada assoggettato ad una procedura
completa di VAS.
La delibera forse potrà anche essere formalmente legittima in base alle attuali
disastrose disposizioni di legge regionali e statali in materia e a causa di
come la precedente Amministrazione comunale ha trattato l'argomento:
identificazione dell'autorità ambientale unicamente nel Servizio VIA della
Regione e pubblicità ridotta a semplice avviso di deposito degli atti.
Tale delibera però significa nella sostanza che il Comune di Pontebba non ha
nulla di proprio da dire sull'argomento e che tutto quello che è stato oggetto
di discussione in questi mesi in Consiglio Comunale, in assemble pubbliche, in
interventi di cittadini e di esperti, etc è stato buttato nella spazzatura.
Si tratta di un atto politico di una gravità inaudita che riteniamo non possa
restare senza risposta da parte della Regione, organo istituzionale responsabile
della nomina di questo commissario.
Per favore, sostituite Daniele Damele, prima che faccia ulteriori danni.
Il Presidente di Legambiente FVG - Giorgio Cavallo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 maggio 2009
Porto, c’è il Piano regolatore: sì all’unanimità - OK
DEL COMITATO, IL DOCUMENTO PRECEDENTE ERA DEL ’57
Ampliamento e potenziamento delle strutture portuali
Boniciolli: fatto storico. Dipiazza: messa in moto la
città. Riccardi: una programmazione moderna
Il porto di Trieste ha da ieri sera un nuovo Piano regolatore (il precedente
risaliva al 1957) che amplierà moli e banchine per 200 ettari rendendo possibili
tra l’altro il raddoppio del Molo Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo,
oltre che della Piattaforma logistica, la creazione di un ampio terminal per i
traghetti Ro-Ro alle Noghere, l’allungamento del molo Bersaglieri della Stazione
marittima. Lo ha adottato con voto favorevole all’unanimità dei presenti (ma il
sindaco di Muggia Nesladek è uscito dall’aula per non votare) il Comitato
portuale nel corso di una seduta-lampo conclusasi alla Torre del Lloyd con un
megabrindisi.
Per la sua approvazione definitiva il Piano dovrà ottenere la Valutazione
ambientale strategica (Vas) della Regione, il voto favorevole del Consiglio
superiore dei Lavori pubblici, la Valutazione d’impatto ambientale (Via) del
Ministero dell’Ambiente prima del decreto finale ancora della Regione. Un iter
che rischia di portar via due anni, due anni e mezzo. «Ma che noi speriamo di
accorciare notevolmente - ha affermato dopo il voto il presidente dell’Autorità
portuale Claudio Boniciolli - anche in considerazione del fatto che il ministro
delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli ha affermato che quelli di
Genova e di Trieste sono i due porti principali sui quali l’Italia dovrà fare
affidamento per il futuro».
La nota emessa dall’Autorità portuale parla di «evento di portata storica per la
città e il porto» e di «rilancio dello scalo e delle attività economiche nelle
relazioni con la regione, l’Italia e l’Europa». Svolta ottenuta grazie «a un
ritrovato clima d’intesa tra le istituzioni, il mondo imprenditoriale e
sindacale».
Una ritrovata unità sottolineata anche dal fatto che ieri il Comitato ha
approvato inoltre la delibera di concessione per 15 anni dello Scalo Legnami a
General cargo terminal (30% Pacorini, 30% Ocean, 30% Agentimar e 10% Friulia),
questione che aveva sollevato per mesi polemiche e contrapposizioni. Il canone
annuo è stato fissato in un milione 28 mila 369 euro. In settimana il presidente
Boniciolli e il presidente di Gct, Sandro Benvenuti firmeranno l’atto di
concessione.
Resta ancora aperta la battaglia per il terminal di Fernetti dove si
contrappongono lo stesso Boniciolli e il presidente della Camera di commercio
Antonio Paoletti. «È tempo che tra gli azionisti torni il sereno - ha dichiarato
ieri l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi - per questo motivo
entro dieci giorni convocherò un incontro con tutti per risolvere la querelle e
scongelare il milione di euro della Regione per migliorare il raccordo
ferroviario tra Fernetti e Opicina». Riccardi ha espresso apprezzamento per
l’adozione del Piano. «Rappresenta la premessa - ha dichiarato - affinché il
porto possa finalmente costruire una sua moderna programmazione su basi diverse
da quelle fin qui utilizzate».
«Fatta la variante per il Porto Vecchio, ora il Piano regolatore del porto,
mentre è pronto anche quello generale del Comune: abbiamo messo in moto tutta la
città»: questo il commento del sindaco Roberto Dipiazza. In Comitato portuale è
uscito invece dall’aula per non votare il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek.
«Non ero in condizioni di esprimere un voto - ha spiegato - sono infatti
favorevole alla filosofia generale del Piano e convinto della sua
indispensabilità, ma contrario all’allargamento del Polo energetico, al cui
interno troverà spazio il rigassificatore, che oltretutto comporta la rinuncia
ad altri tipi di traffici ben più redditizi».
SILVIO MARANZANA
Una strada in galleria - IN DIREZIONE GRANDE VIABILITÀ
Il Piano regolatore del porto che è stato adottato ieri ha
recepito in toto la variante per il Porto Vecchio che era stata approvata con
decreto del presidente della Regione Friuli Venezia Giulia in data 10 settembre
2007.
PORTO VECCHIO Nell’area è previsto l’insediamento di attività di ”portualità
allargata”. Le richieste di concessione giunte all’Autorità portuale prevedono
l’insediamento di cantieri, porti nautici, uffici, scuole, acquari, musei,
fiere, negozi, foresterie.
I progetti globali, che interessano quasi tutta l’area, sono stati presentati da
una società di Maurizio Zamparini presidente del Palermo calcio e fondatore del
Mercatone Emmezeta, dalla Save-Aeroporto di Venezia e dal cartello di
costruttori Maltauro-Rizzani de Eccher. Non sono esclusi un accordo o una
fusione tra queste tre proposte. Una prima scelta dovrebbe essere fatta dall’Authority
già alla fine del mese e dopo l’invio dei progetti al Comune il Comitato
portuale a fine luglio potrebbe affidare le concessioni.
VIABILITA’ STRADALE Nel nuovo strumento pianificatorio generale dello scalo la
viabilità stradale di servizio al porto è articolata anche nello scenario di
Piano sul raccordo autostradale della Grande viabilità triestina che contorna
l’intero perimetro del territorio portuale dal Porto Nuovo fino al Canale
industriale incluso, con vari svincoli a uso promiscuo portuale e urbano.
Il Piano prevede quale nuova infrastruttura a servizio esclusivo del traffico
portuale la nuova viabilità di collegamento del futuro Molo VIII con la Grande
viabilità, che si svilupperà in galleria artificiale attraverso l’area demaniale
fino alla viabilità esistente raccordata allo svincolo di via Errera, per uno
sviluppo complessivo di 2,5 chilometri. Questa soluzione consente il
mantenimento della piena operatività della banchina attualmente a servizio della
Ferriera di Servola.
RETE FERROVIARIA La rete ferroviaria di servizio al porto nell’assetto di Piano
prevede sostanzialmente il potenziamento delle strutture attuali con l’uso dello
scalo di Campo Marzio e il mantenimento degli impianti satelliti, in particolare
di Servola, di San Sabba e di Aquilinia, e con la creazione di un nuovo scalo
alla radice del futuro Molo Ottavo.
Le superportacontainer sul nuovo Molo Ottavo - E
nell’area Noghere sorgerà un terminal dedicato alle navi ro-ro
Queste le principali opere previste dal nuovo Piano
regolatore.
MOLO BERSAGLIERI È previsto il potenziamento del molo che costituisce il
Terminal crociere del porto di Trieste. Sarà allungato di 150 metri e allargato
sul lato Sud di 15 metri fino a raggiungere una larghezza complessiva del molo
di 100 metri e un’estensione addizionale di piazzale di 15 mila metri quadrati.
Com’è noto inoltre il Magazzino 42 sarà riqualificato e connesso all’adiacente
corpo centrale della Stazione marittima.
MOLI V E VI Sarà chiuso e recuperato a uso terminalisti il bacino tra i Moli V e
VI, entrambi prolungati fino alla linea di massimo tombamento posta 50 metri
oltre la testata del Molo V e oltre 400 metri oltre la testa del Molo VI per
un’estensione totale aggiuntiva di 26 ettari. Sarà inoltre riqualificato
l’intero layout delle sovrastrutture e infrastruture del Punto franco nuovo con
la prevista demolizione dei vecchi magazzini.
MOLO VII Sarà prolungato per 800 metri aggiuntivi e di un’area di circa 32
ettari recuperata a mare su un fondale di 18 metri, interamente dedicata ai
contenitori. La capacità del terminal, opportunamente attrezzato con gru di
banchina e di piazzale di elevata capacità, sarà portata a oltre un milione di
teu all’anno. Sul lato Nord del Molo VII è previsto anche un allargamento di 20
metri per la creazione di un attracco per navi Ro-Ro che non interferirà con le
attività del terminal container. Va rilevato che il prolungamento potrebbe
essere autofinanziato dalla To Delta di Pierluigi Maneschi
PIATTAFORMA LOGISTICA Previsto un recupero a mare di 16 ettari (complessivamente
il terminal avrà 24 ettari) e un nuovo fronte di banchina di circa 1.300 metri.
Nonostante il pronunciamento favorevole del Cipe, il Governo non ha chiarito
quali saranno i finanziamenti statali per quest’opera.
MOLO VIII Si staglierà dalla Piattaforma logistica e potrà disporre di una
superficie di 85 ettari con due fronti di banchina di 1.200 metri, distanti fra
loro 750 metri, per un totale di 3.150 metri di banchina. Potrà ospitare le
superportacontainer di ultima generazione.
TERMINAL RO-RO NOGHERE Sarà realizzato un nuovo terrapieno dal torrente Rosandra
a Rio Ospo con un fronte banchinato di 1.250 metri dotato di 4-5 sporgenti di 25
metri atti all’ormeggio di navi Ro-Ro.
Già programmate opere per 628 milioni - Ma adesso anche il progetto operativo triennale dovrà essere aggiornato
Molo Settimo: il Gruppo Maneschi pronto con 120 milioni
Nell’attesa del Piano regolatore, ha funzionato da strumento strategico per
il porto di Trieste il Piano operativo triennale approvato dal Comitato portuale
ancora nel 2007 e che aveva previsto investimenti per 628 milioni di euro. Ora
anche questo piano potrà essere aggiornato anche perché la stima di spesa per
alcune di queste opere è nel frattempo cresciuta.
È il caso dell’intervento principale del Piano triennale, quello della
Piattaforma logistica che sorgerà tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola,
e i cui lavori possono venir avviati senza dover attendere l’approvazione
definitiva del Piano regolatore. Da allora la spesa preventivata è cresciuta da
278 a oltre 310 milioni ed è svanito l’interesse manifestato da imprenditori
coreani. L’Authority ha a disposizione un’ottantina di milioni e il Gruppo Gavio
in una lettera si è detto disposto a intervenire con 100 milioni. Il Cipe ha poi
inserito la Piastra logistica di Trieste nelle opere che saranno finanziate, ma
il Governo non ha mai quantificato l’ammontare del finanziamento.
Il secondo intervento per ordine di grandezza già incluso nel Piano operativo
triennale riguarda il raddoppio del Molo Settimo quantificato in una spesa di
120 milioni di euro. Un progetto da 110 milioni è stato recentemente presentato
all’Autorità portuale dalla stessa Trieste marine terminal (Tmt), la società che
gestisce il Molo Settimo che è proprietà al cento per cento della To Delta di
Pierluigi Maneschi. L’opera potrebbe così essere autofinanziata con la formula
del project financing. «Contiamo di avere a disposizione già nel 2014 - ha
affermato l’altro giorno Fabrizio Zerbini, presidente di Tmt - il Molo Settimo
raddoppiato che ci permetterà di portare la capacità annuale del terminal da 600
mila a un milione e 200 mila teu».
Proprio il raddoppio del Molo Settimo, secondo quanto ha affermato lo stesso
presidente dell’Authority, Boniciolli, potrebbe essere una di quelle opere da
poter avviare come modifica tecnico-funzionale senza dover attendere
l’approvazione definitiva del Piano regolatore.
Ancora, come si evince anche dalla tabella, il Pot ha previsto tra gli
interventi principali l’allungamento e il potenziamento del Molo Bersaglieri
della Stazione marittima con 15 milioni, il potenziamento del Molo VI, incluso
l’abbattimento dei magazzini, con 20 milioni, la realizzazione di una nuova
strada di collegamento tra il Porto Nuovo e lo Scalo Legnami per 20 milioni.
Tutte queste opere sono logicamente ora incluse nel Piano regolatore. Per la
realizzazione del terminal Ro-Ro alle Noghere il Piano operativo triennale aveva
fissato la spesa in 60 milioni più 50 milioni per la riqualificazione ambientale
dell’area. (s.m.)
No Tav, una mozione impegna il futuro sindaco del
Comune di S. Dorligo - PRESENTATA DALL’OPPOSIZIONE
SAN DORLIGO Impegnare i componenti del nuovo Consiglio
comunale e della futura giunta ad esprimere nuovamente la contrarietà alla
realizzazione sul territorio del nuovo collegamento ferroviario Trieste–Divaccia
(tratto della Tav inserito nel più ampio percorso del Corridoio 5) e ad
individuare un’idonea alternativa al tracciato sin qui proposto.
Questo il senso della mozione firmata dai consiglieri del centrodestra Roberto
Massi, Roberto Drozina e Giorgio Jercog, che verrà presentata alla prossima
riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. I tre esponenti
dell’opposizione hanno sottolineato che «il collegamento ferroviario
rappresentato nell’attuale studio di fattibilità è un’opera di cui non si
ravvisa alcuna ragionevole giustificazione tecnica, ma dalla quale, sicuramente,
deriveranno danni alla popolazione ed insopportabili devastazioni all’ambiente,
in un territorio che, nel passato anche recente, è stato già ampiamente
penalizzato da pesanti insediamenti industriali ed infrastrutture pubbliche».
Oltre ad operare in ogni sede per il conseguimento di tali finalità, i
consiglieri di Oltre il Polo e Rinnovamento di Centro sollecitano anche «nei
modi ritenuti più opportuni ed esaustivi, la più ampia informazione alla
cittadinanza circa i progressi in merito». Sull’argomento Trieste-Divaccia,
nell’ultima seduta consiliare, il centrosinistra ed il centrodestra per la prima
volta si erano spaccati: la maggioranza aveva votato senza l’appoggio
dell’opposizione una delibera firmata prima dall’assessore Stravisi e poi in
corsa presa in carico dal sindaco Premolin, mentre una mozione del centrodestra
era stata cassata dal centrosinistra.
(r.t.)
Giorgi, un Nobel ospite all’Addobbati - LO SCIENZIATO
PARLERÀ AI RAGAZZI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Una lezione interattiva: i giovani faranno domande ed
esporranno le ricerche
Filippo Giorgi, Premio Nobel per la Pace 2007, in qualità di membro del
Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, e ricercatore del Centro
internazionale di Fisica teorica di Miramare, terrà oggi, dalle 10.45,
nell’auditorium della scuola Addobbati, in salita di Gretta 34/5, una lezione
sui cambiamenti climatici in atto sul pianeta. Ad ascoltarlo ci saranno gli
studenti delle classi terze delle medie Addobbati e Brunner. Diversamente
dall’anno scorso, la lezione sarà interattiva, in quanto gli studenti porranno
domande ed esporranno i risultati di loro ricerche.
Durante l’anno scolastico gli studenti hanno affrontato questa problematica
nell’ambito del programma di “Educazione ambientale per la sostenibilità”, che
si colloca nel contesto della collaborazione tra la scuola e gli Istituti di
eccellenza di Trieste, come quello di Miramare. «Affrontare i temi dei
cambiamenti climatici e la conseguente necessità di salvaguardare l’ambiente e
le sue risorse per le future generazioni – ha spiegato il professor Elvio
Toselli, organizzatore dell’appuntamento - significa porsi nella prospettiva di
uno sviluppo sostenibile. Questa meta rappresenta per gli studenti una sorta di
sfida cognitiva, che li porta a interrogare un illustre scienziato e
ricercatore. Durante l’anno scolastico hanno esaminato e studiato gli effetti
dei cambiamenti climatici sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla società
umana. Nelle lezioni in classe i quesiti emersi sono stati numerosi, tra cui ad
esempio quale sarà il clima che gli scienziati prevedono per la regione
mediterranea nei prossimi decenni, oppure quali saranno gli effetti del
riscaldamento climatico sulla salute dei cittadini europei. Oggi sarà
l’occasione per avere una risposta ai massimi livelli».
(u.s.)
IL GAZZETTINO - MARTEDI', 19 maggio 2009
E' arrivato il via libera anche dalla commissione per i beni culturali - Le censure slovene non sono state accolte dall'Unione Europea.
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 maggio 2009
Prima casa, fino a 10mila euro per i pannelli solari -
La giunta stanzia 9 milioni. L’assessore Lenna: se necessario aumenteremo i
fondi
RISPARMIO ENERGETICO NELL’EDILIZIA -
Gli incentivi della regione
TRIESTE In arrivo 9 milioni in tre anni per installare nelle case della
regione sistemi a risparmio energetico come i pannelli solari. Chi infatti
punterà a ristrutturare la propria abitazione optando per un maggior uso delle
fonti rinnovabili potrà contare su un contributo regionale pari al 50% della
spesa (fino a un massimo di 10mila euro).
Il regolamento, appena approvato in giunta, diventerà operativo dal prossimo 4
giugno, dopo la pubblicazione sul Bur. Per il triennio 2009-2011, come detto,
sono disponibili 9 milioni di euro.
IL REGOLAMENTO Prevede la concessione di finanziamenti in conto capitale per la
realizzazione di «interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla
messa a norma di impianti tecnologici e al conseguimento del risparmio
energetico» (pannelli solari, geotermici, fotovoltaici, e altri strumenti
finalizzati al conseguimento del risparmio energetico secondo le modalità
indicate dal decreto legislativo 192/05). Beneficiari dei contributi sono i
soggetti privati proprietari o comproprietari di immobili ''prima casa''.
Beneficiari dei contributi sono i soggetti privati proprietari o comproprietari
di immobili ''prima casa''. I contributi sono assegnati con il procedimento
valutativo nei limiti delle disponibilità finanziarie previste dalla legge,
nella misura del 50 per cento del costo dell’intervento ritenuto ammissibile e
comunque con importo non superiore a 10.000 euro e per importi non inferiori a
3mila. La Regione parte con una previsione minima di 300 domande all'anno.
LE RISORSE I fondi in totale messi a disposizione dalla Regione sono 9 milioni
di euro. Il 70 per cento delle risorse disponibili è destinato agli interventi
collocati nella parte superiore della graduatoria, che verrà formata a partire
dall’intervento di maggior costo. Le risorse finanziarie disponibili sono
ripartite in proporzione alla popolazione residente in ciascuna provincia del
territorio regionale( alla provincia di Gorizia l'11%, a quella di Pordenone il
24%, alla provincia di Trieste il 21% e a quella di Udine il 44 per cento). Sono
ammissibili a contributo le spese sostenute dopo la presentazione della domanda.
«Se le richieste di contributi saranno numerose, visto che al momento si stima
di dare risposata a circa 300 richieste l’anno, l’importo verrà implementato in
assestamento di bilancio, il prossimo giugno» spiega l'assessore all'Edilizia
Vanni Lenna. Le domande potranno esser inoltrate alle Direzioni provinciali dei
lavori pubblici competenti per territorio entro 60 giorni dalla pubblicazione
sul Bur del bando (prevista il prossimo 3 giugno: dal 4 quindi si possono
inviare le domande)
GLI OBIETTIVI Sono essenzialmente due. «Da un lato – spiega ancora Lenna - i
fondi pubblici contribuiranno a incentivare aggiornamenti tecnologici degli
impianti esistenti e stimolare interventi volti al risparmio energetico e una
nuova cultura dell’abitare; dall’altro il provvedimento risveglia il mercato
regionale e sostiene le piccole medie imprese artigiane che non partecipano a
gare di appalto pubbliche per le loro dimensioni contenute e non godono di
sostegni sociali». In tutto, si parla di oltre 15mila realtà in Fvg.
ELENA ORSI
Ferriera, rischio di cassa prolungata - LA CRISI DEL
MERCATO CONDIZIONA L’AVVIO DELL’ALTOFORNO
Duecento operai con 750 euro al mese: impossibile
mantenere la famiglia
Crescono i timori tra i dipendenti della Ferriera di Servola. «Probabilmente
a fine settimana sarò in grado di annunciare se la produzione a giugno potrà
riprendere o meno. Sto avendo una serie di incontri proprio a questo scopo», ha
affermato ieri il direttore dello stabilimento, Francesco Rosato. La paura è che
le 13 settimane di cassa integrazione che scadono il 14 giugno vengano
prorogate. Attualmente in «cassa» vi sono all’incirca 200 dei 540 dipendenti, ma
un’altra cinquantina sono in ferie, perlopiù forzate.
L’azienda sta anticipando ai lavoratori il trattamento di cassa integrazione che
verrà poi liquidato dall’Inps, ma in un incontro avuto nei giorni scorsi con i
rappresentanti di fabbrica ha affermato di non poter liquidare il cosiddetto
«premio di risultato» proprio perché gli altoforni sono fermi. «La gente è molto
preoccupata - spiega Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - anche perché essendo in
via di esaurimento pure le ferie, cominciano realmente a farsi sentire le
difficoltà economiche. La cassa integrazione non raggiunge nemmeno l’80 per
cento dello stipendio base: con 750 euro al mese è pressoché impossibile mandare
avanti una famiglia».
Una ventina di giorni fa nello stabilimento di Piombino della Lucchini-Severstal
la cassa integrazione è stata prorogata per altre 13 settimane, ma sono state
differite al 18 ottobre le date di fine contratto per 259 lavoratori a termine.
Lì l’altoforno comunque rimarrà inattivo nei mesi di luglio e agosto poiché la
richiesta di prodotti siderurgici è crollata in tutto il mondo e di conseguenza
la produzione va al rallentatore. A Servola i contratti a termine sono stai
congelati e la loro sorte così come le notizie ufficiali sulla cassa
integrazione verranno comunicate ai sindacati in un incontro che l’azienda
convocherà entro la fine di maggio.
«La sensazione è che la cassa integrazione sarà prolungata - afferma ancor più
pessimisticamente Luigi Pastore di Failms-Cisal - ma il mio personale timore è
che potrebbe addirittura annunciare una serie di esuberi. È inutile nascondersi
che la situazione è drammatica e anche le amministrazioni locali, il Comune e la
Provincia, la stanno sottovalutando».
Frattanto proprio ieri la giunta comunale ha approvato la convenzione tra il
Comune e l’Arpa per un’azione di monitoraggio e lotta all’inquinamento
atmosferico derivante dalle immissioni provenienti dallo stabilimento di
Servola. Nello spcifico verranno svolte mirate analisi delle polveri sottili (Pm
10) e degli idrocarburi policiclici aromatici (benzoapirene). Ma in questo
frangente non è l’emergenza ambientale, bensì unicamente la critica situazione
del mercato a mettere a rischio l’immediato futuro della Ferriera. Come hanno
esplicitato sia l’azienda che i sindacati non esistono più ostacoli né
burocratici né tecnici per l’attivazione dell’altoforno numero 3. «I lavori di
adattamento dell’altoforno proseguono e sono già giunti alla fase finale - ha
spiegato Salvaneschi - l’azienda però non ha mai dato assicurazione che sarà
effettivamente attivato».
Il 20 aprile Rosato aveva spiegato che delle centomila tonnellate di ghisa
invendute che avevano costretto l’azienda a ricorrere alla cassa integrazione a
Servola, ne erano state poi vendute fino a quel giorno 25 mila. Ieri il
direttore dello stabilimento non ha inteso neppure aggiornare la cifra
sull’invenduto. «Anche in questo momento - ha affermato - sto trattando per
tentare di ripartire il mese prossimo».
(s.m.)
«No Tav» schiera anche cani e cavalli - Duecento
persone alla manifestazione di Basovizza: «Progetto impensabile»
RADUNO AL LAGHETTO TRA STRISCIONI E LIBRI ECOLOGISTI
Pacifico, silenzioso ma determinato. Il popolo No Tav si è presentato così
ieri pomeriggio al laghetto di Basovizza per manifestare il dissenso al
Corridoio 5, in particolare al tratto ferroviario che interesserebbe il
territorio con la Trieste-Divaccia. Il festoso raduno di circa 200 persone era
caratterizzato dal presidio di animali, soprattutto cani e cavalli. L’iniziativa
è stata ideata anche con il contributo di Andrej Rismondo, un giovane di
Padriciano: «Saputo della Tav qualche mese fa, ho deciso con l’amico Virgilio di
far sentire la nostra voce ma anche quella degli animali, che assieme a uomini e
ambiente sarebbero le vittime predestinate di un vero stupro alla natura»,
spiega Andrej. Pochi metri in là Virgilio Zecchini, referente del Gruppo Amici
della Val Rosandra: «Questo non è l’ambiente adatto per costruire una linea
sotterranea ad alta velocità. Ogni metro di lavoro corrisponderebbe a una
grotta: progetto impensabile».
Tra i politici mischiati ai presenti anche Alessandro Metz (ex consigliere
regionale dei Verdi) e Giorgio Jercog (consigliere comunale uscente di San
Dorligo della Valle). Sulle panchine nel piccolo spazio verde alcuni banchetti
improvvisati per la vendita di libri ecologisti. In un’altra zona erano esposte
su un cartellone bianco alcune foto raffiguranti la Siot e la Grande viabilità.
Due gli striscioni poggiati a terra, entrambi con dicitura italiana e slovena: «El
Carso no se toca» e «Giù le mani del Carso». Tante infine la bandiere a sfondo
bianco con la scritta No Tav in rosso e la locomotiva stilizzata di un treno in
nero barrata con una X sempre di color rosso. Singolare la presenza di un pesce
rosso dentro una vasca circolare piena d’acqua: «Siamo muti ma ci uniamo alla
protesta», il significativo cartello. Il partecipante più osservato è stato però
un possente cavallo nero dalla folta criniera: «È un tiro pesante croato di 10
anni e anche lui è qui con me per un protesta silenziosa», ha spiegato Max.
Riccardo Tosques
Paoletti presidente di Transpadana: la direttrice Ue
dell’alta velocità
TRIESTE Antonio Paoletti, presidente della Camera di
Commercio di Trieste e dell’Unione regionale delle Camere di Commercio del
Friuli Venezia Giulia è il nuovo presidente della parte pubblica di Transpadana,
l’organismo promotore della direttrice ferroviaria europea ad Alta Velocità/Alta
Capacità merci e passeggeri Lione-Torino-Milano/Genova-Verona-Padova-Venezia-Trieste-Lubiana.
È stato eletto ieri a Milano assieme al rappresentate del comparto privato,
Luigi Rossi di Montelera (Confindustria), Antonio Paoletti presiede ora il
consiglio di amministrazione del Comitato Promotore della direttrice ferroviaria
Europea Transpadana ad Alta Capacità Merci e passeggeri.
RIFIUTI - Raccolta indifferenziata
Il «report promo-informativo» sulla raccolta differenziata
degli imballaggi in alluminio, pubblicato a intera pagina su Il Piccolo del 6
maggio scorso dal Cial con il patrocinio del Comune di Trieste in collaborazione
con AcegasAps, ha vistosamente richiamato l'attenzione sulla necessità della
raccolta differenziata dei rifiuti da conferire nelle cosiddette campane e
specifici cassonetti stradali; raccolta «differenziata» per suddividere i
rifiuti che possono essere riciclati (come carta, plastica, alluminio, vetro
ecc.) da quelli di effettivo scarto.
Anche dal Servizio Relazioni Esterne della Divisione Ambientale di AcegasAps,
nel trascorso mese di marzo, in molte abitazioni è stato recapitato un utile
foglio informativo sull'importanza e le modalità della raccolta dei rifiuti
urbani, unitamente al periodico «I servizi» della stessa Acegas, sulla cui
copertina Trieste viene definita «città virtuosa nella gestione dei rifiuti»! Ma
perché tanto virtuosa se è notorio che Trieste si colloca ai più bassi livelli
nella classifica della raccolta differenziata, sia nazionale sia regionale,
superata anche da Comuni limitrofi e principalmente dal Comune di Muggia?
Di chi la colpa di tale disinteresse? Di una mancata imposizione organizzativa
da parte delle Istituzioni locali nonostante il notevole balzello della Tarsu
(imposta smaltimento rifiuti), o della mancata esortazione che deriverebbe
implicitamente da una presenza capillare di cassonetti e campane differenzianti
i vari tipi di rifiuti?
Perché la Divisione Ambiente della AcegasAps, oltre a specificare i punti di
raccolta per rifiuti ingombranti, non provvede a divulgare anche una mappatura
stradale dove stazionano tali tipi di raccoglitori, tanto rari da dissuadere
anche i cittadini più volenterosi? Probabilmente si tratterebbe di un
«censimento» molto deludente che vanificherebbe i contenuti del recente citato
foglio informativo.
Infatti, nell'area dove è ubicato il mio ed altri caseggiati contigui, esistono
cassonetti di sola raccolta «indifferenziata» nei quali viene gettato qualsiasi
tipo di rifiuto famigliare, artigianale e di uffici, bar, ristoranti!
Io e tanti altri abitanti in zona saremmo ben intenzionati ad organizzarci per
la raccolta differenziata purché ci sia presenza degli adatti contenitori non
necessariamente sotto casa, ma in punti stradali facilmente raggiungibili anche
dalle persone anziane.
Aldino Destro
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 maggio 2009
Energia, crescita record delle fonti rinnovabili - Gli
impianti eolici sono saliti del 29% Più pannelli solari
ROMA Per la prima volta nel 2008 l'aumento globale della
potenza energetica derivante da fonti rinnovabili ha superato l'aumento di
quella da fonti classiche, segnando un incremento del 16% rispetto al 2007
contro un +10% messo a segno dalla produzione da oli fossili (+8%) e dal
nucleare (+2%). In particolare, tra le energie rinnovabili, solare, eolica e
geotermica sono cresciute in un anno del 6%, mentre l'idroelettrica ha segnato
un incremento del 10%. Globalmente, il contributo delle energie rinnovabili alla
produzione energetica mondiale nel 2008 è cresciuto al 6%, contro il 3,4% del
2007. È quanto emerge dal quarto rapporto sullo stato globale delle energie
rinnovabili stilato da un'organizzazione francese, la Ren21, in cui si precisa
che a determinare la crescita delle produzione globale da rinnovabili è stato
anche un incremento degli investimenti nel settore del 16%.
Nel dettaglio, la potenza prodotta a livello globale dalle energie rinnovabili è
passata dai 240 mila Gigawatt del 2007 ai 280 mila Gigawatt del 2008 (+16%).
Compresa l'energia idoelettrica invece si arriva a 1.140 Gw. Il contributo
maggiore è arrivato dalla crescita di produzione energetica da biodiesel ed
etanolo (+34%), seguita da eolico (+29%) e solare (+15%). Un aumento legato,
secondo lo studio, soprattutto alle politiche dei paesi che sempre di più
credono nelle energie rinnovabili, aumentando nel 2008 gli investimenti in
questo settore del 16%.
EOLICO: La capacità produttiva degli impianti è aumentata, nel 2008, del 29%. In
totale, l'anno scorso, sono stati prodotti 121 gigawatt (Gw), più del doppio dei
59 Gw prodotti a fine 2005. La Cina ha raddoppiato la sua capacità di produzione
per il quinto anno consecutivo, e con i 12 gw prodotti supera in anticipo di due
anni il limite di dieci gw che si era prefissata di raggiungere entro il 2010.
SOLARE: I pannelli solari continuano ad essere la tecnologia in più rapida
crescita, con il 70% di aumento della capacità di produzione, che ha raggiunto i
13 gw. La Spagna si conferma il Paese leader, con 2,6 gw di potenza in più dai
nuovi impianti installati lo scorso anno. In Germania, invece, nel 2008 sono
stati 200mila i sistemi di produzione di acqua calda prodotta da energia solare
installati.
GEOTERMICO: La capacità di produzione da questa fonte di energia ha superato i
10 gw nel 2008, con gli Stati Uniti al primo posto dello sfruttamento dei
giacimenti. L'energia derivata dal geotermico è usata ormai in 76 Paesi.
COMPAGNIE: Nell'agosto del 2008 erano 160 le aziende di energie rinnovabili ad
avere un fatturato di oltre 100 milioni di dollari. Tra tutti i Paesi, l'India
in particolare è diventata il primo produttore di pannelli solari, con
investimenti proposti dalle diverse compagnie di circa 18 miliardi di dollari.
Almeno 64 Paesi hanno oggi in atto misure per promuovere lo sviluppo di energie
da fonti rinnovabili.
«Parte la Torino-Lione»
TORINO Il progetto della Torino-Lione ad alta velocità
ferroviaria «sarà pronto entro il 30 giugno prossimo, poi partiranno i primi
lavori». Lo ha ribadito il ministro alle Infrastrutture ai Trasporti, Altero
Matteoli, partecipando a Torino, ad un incontro sulle grandi opere promosso dal
Pdl. «Spero che si possa aggiungere a un accordo con i sindaci - ha detto
Matteoli - sarebbe una cosa bellissima, in ogni caso questo governo ha la forte
volontà di realizzare un'opera fondamentale non solo per il Piemonte ma per
tutta l'Italia». Matteoli ha ricordato di «avere sempre detto chiaramente, negli
incontri con i sindaci, che la Torino-Lione »non è in discussione e si farà«, e
ha spiegato che nell'ultimo mese l'appuntamento periodico con gli amministratori
locali è stato sospeso «perchè in quasi tutta la Valle di Susa si voterà e ho
ritenuto opportuno attende l'esito delle elezioni».
Gli ambientalisti dicono sì al parco per l’arcipelago
davanti a Sebenico - LA TUTELA SI ESTENDE OLTRE LE INCORONATE
FIUME Pieno e incondizionato appoggio è stato espresso da
tutte le organizzazioni ambientaliste dell’area costiera all’iniziativa di
proclamare Parco naturale, e con ciò sottoporre a particolare regime di tutela,
anche le isole dell’ arcipelago antistante Sebenico che non sono incluse nel
Parco nazionale delle Incoronate.
Quest’ultimo si estende sulla direttrice sudest-nordovest a circa 15 miglia
nautiche dal territorio municipale sebenzano, per cui l’iniziativa punta a porre
sotto tutela le restanti 136 tra isole, isolotti o scogli che «fuoriescono» dal
Parco delle circa 150 terre emerse delle Incoronate. Il nuovo Parco naturale –
più o meno sulla falsariga di quello istituito per il massiccio del Monte
Maggiore, che sovrasta il Quarnero – includerebbe quindi tutta una serie di
isole e isolotti in gran parte disabitati o che comunque vedono la presenza
umana solo durante il periodo estivo. L’idea del nuovo Parco naturale si deve a
un gruppo costituitosi spontaneamente tra gli sparuti residenti sulle poche
isole abitate dell’arcipelago sebenzano.
L’intento è di mettere al riparo le isole dai sempre più pressanti tentativi di
urbanizzazione selvaggia dell’area insulare con costruzioni improvvisate e
abusive. Un tentativo di tutela, insomma; un tentativo di preservare le isole
dall’incombente devastazione.
La prima che occorre proteggere dall’aggressione del cemento o dei prefabbricati
dei nuovi inquilini stagionali calatisi dall’ interno è l’isola di Morter, sulla
quale risiedono circa 5 mila dei complessivamente 6 mila residenti
nell’arcipelago sebenzano: l’unica provvista di collegamenti marittimi regolari
con la terraferma e di un reticolo di infrastrutture a malapena sufficiente a
sopperire al fabbisogno della popolazione attuale.
Al rischio dell’abusivismo e dell’urbanizzazione selvaggia sono però esposte
sempre più anche le altre isole maggiori, come Capri, Zuri, Slarino e Pervicchio.
Per i promotori dell’iniziativa del nuovo Parco naturale, sulla quale per ora le
autorità regionali di Sebenico sembrano voler sorvolare, dall’area in questione
dovrebbero essere banditi anche i mastodonti turistico-alberghieri delle vacanze
su scala industriale.
(f.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 maggio 2009
Istruzioni in caso di incidenti alla Siot - OPUSCOLO
DEL COMUNE - La nota informativa sarà distribuita a chi vive vicino allo
stabilimento
SAN DORLIGO Nelle prossime settimane il Comune di San
Dorligo della Valle distribuirà alle famiglie che vivono vicino allo
stabilimento Siot una nota informativa contenente le principali norme di
comportamento da tenere in caso di incidente. In base al decreto legislativo
334/1999 che recepisce la direttiva europea 96/82/CE è previsto infatti
l'obbligo per i Comuni di «diffondere un'adeguata informazione alla popolazione
potenzialmente a rischio sui pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose».
Nel caso del territorio di San Dorligo della Valle l’area interessata riguarda
una decina di abitazioni della frazione di Mattonaia, alcune aziende di via
Travnik e della zona artigianale di Dolina. In una nota l’amministrazione
precisa comunque che «la probabilità del verificarsi di un incidente considerato
rilevante dalla legge è piuttosto rara per il fatto che la normativa prevede
specifici obblighi a carico del gestore dello stabilimento in materia di
sicurezza ed a carico delle autorità pubbliche in materia di sorveglianza e
controllo delle attività a rischio».
Altre informazioni dettagliate si possono trovare sul sito della Prefettura -
www.prefettura.it/trieste -, sul link della Protezione civile, dove è possibile
visionare il Piano di emergenza esterno per lo stabilimento Siot e sul sito web
dello stesso Comune all’indirizzo
www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it.
(r.t.)
Fiume la prima città in Croazia con un impianto a
energia solare
FIUME Fiume è la prima città in Croazia ad aver installato
il sistema ad energia solare segnando così l’avvio della produzione di energia
elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Il sistema è stato posizionato sul
tetto del Palazzo municipale in Corso e con i suoi 44 moduli fotovoltaici della
potenza di 10 kilowatt sara’ in grado di produrre 9 mila kilowatt di energia
elettrica all’anno. Lo ha rilevato nel corso della presentazione il direttore
dell’impresa Energo preposta alla distribuzione di gas e riscaldamento centrale.
Grazie a questa centrale elettrica ad energia solare nell’arco di 25 anni
nell’aria verranno emesse 68 tonnellate in meno di biossido di carbonio. Entro
il 2012 la Città di Fiume intende installare sistemi del genere nel 10 per cento
dei propri impianti, ed entro la fine del 2009 verra’ avviato il progetto
relativo all’incentivazione dell’utilizzo dell’energia solare da parte degli
utenti a domicilio.
LUSSINPICCOLO - Ultimatum da Punta Kriza: via l’antenna
o c’è il blocco Manifestazione di protesta e stop al collegamento che porta a
Ossero
L’ ultimatum è stato lanciato: se entro il prossimo 31
maggio non sarà rimossa l’ antenna del concessionario per la telefonia mobile
Vip, gli abitanti di Punta Croce, a Cherso, daranno vita a manifestazioni di
protesta, che comprenderanno tra l’ altro il blocco della strada che collega
questa località e Ossero.
Lo hanno comunicato i responsabili del Comitato locale di Punta Croce e della
direzione della società locale Puntari, rilevando ai giornalisti che la
popolazione del posto sta tentando ormai da sette anni di far scomparire il
ripetitore, un gigante di 30 metri, posto all’ ingresso dell’ abitato e distante
non più di una ventina di metri dalle prime case. Per giunta, l’ antenna era
stata collocata in modo illegale, in quanto la Vip non aveva ottenuto i permessi
necessari, violando apposta le norme di legge in materia. Una vicenda che risale
addirittura all’ormai lontano 2002: il ministero della Salvaguardia ambientale
aveva apportato la delibera sulla rimozione della struttura, ordinanza che aveva
visto l’ azienda concessionaria (e la cosa è andata avanti per altri sette anni)
fare orecchie da mercante. Quindi, dallo stesso dicastero era stato rivolto l’
appello alla Vip a smantellare il ripetitore entro il 30 aprile 2003, altrimenti
l’ operazione sarebbe stata eseguita da una ditta ingaggiata dal ministero.
Non se n’ è fatto niente e il «palo» è rimasto lì, risparmiato sia dalla Vip,
sia da maestranze e ruspe ministeriali. Con il passare del tempo e degli anni, e
visto che nessuna delle competenti istituzioni muoveva neppure un dito, la
tensione è andata aumentando, fino a quando gli isolani hanno deciso che è tempo
di finirla e di opporsi a questa specie di anarchia, di mancato rispetto dello
stato di diritto.
«Noi sappiamo che la legge è dalla nostra parte e lo sapevamo in tutti questi
anni, anche nel 2006 quando protestammo sotto l’ antenna, senza ottenere
risultati concreti – parole del presidente della società Puntari, Franko Kucic –
abbiamo così optato per il blocco dell’ arteria Punta Croce – Ossero, una strada
frequentata anche dai turisti, che così verranno a sapere cosa succede in queste
zone».
Per dare sostegno e credibilità al dissenso, è stata organizzata anche una
raccolta di firme, alla quale si poteva aderire fino alla giornata di ieri. La
petizione sarà sottoposta all’ attenzione della Città di Lussinpiccolo e del
sindaco Gari Cappelli (Punta Croce appartiene geograficamente a Cherso, ma è
inserita nella municipalità lussignana), con la speranza che vengano informate
le competenti istituzioni statali. La pazienza degli abitanti del suggestivo
abitato chersino è ormai agli sgoccioli e le eventuali «barricate» sulla Punta
Croce – Ossero avrebbero senz’ altro ripercussioni negative sulla locale
industria turistica.
(a.m.)
Il tracciato della Tav
Ho letto con interesse i recenti articoli sul tracciato
dell’alta velocità ferroviaria a Trieste e i relativi commenti e opinioni
sull’argomento.
Secondo me sarebbe magnifico poter sveltire i collegamenti di Trieste con il
resto dell’Italia e con l’Est Europa. Ho una figlia che lavora a Milano e so
bene quanto ci impiega ad arrivare a casa con la «tradotta» Milano-Trieste.
Purtroppo, nonostante tutto, non sono riuscito a farmi un’idea chiara di cosa si
prevede di fare.
Sembrerebbe, dalle planimetrie che ho visto, che l’ipotesi sia di far passare il
tracciato prevalentemente in galleria alle spalle di Trieste. La zona più vicina
al centro mi sembra dovrebbe essere quella di S. Giovanni. Non mi è chiaro, a
questo punto, a cosa serva questa linea. Se deve servire il traffico passeggeri
mi sembra che passi lontano dal centro città e non credo che sia ipotizzabile
una nuova stazione centrale a S. Giovanni. Se deve servire il traffico merci il
percorso per arrivare in porto, tra tornanti e scambi per la linea verso
Capodistria, diventa lunghissimo. A questo punto agli operatori merci converrà
far arrivare le merci a Capodistria!
Oltretutto costruire ex novo una linea ferroviaria con le caratteristiche
indicate avrà certamente, come evidenziato anche da chi mi ha preceduto, dei
costi nascosti oggi difficilmente prevedibili.
La zona prevista per gli scavi è nota come fortemente carsificata e ricca di
grotte e vene d’acqua sotterranee. Chiaramente incontrarle comporterà costi
aggiuntivi e ritardi di esecuzione, senza parlare dei problemi ecologici.
Ricordiamo quello che è successo nella galleria di Padriciano della grande
viabilità, quando si è incontrata quella che è stata chiamata la Grotta
Impossibile. Il rallentamento dei lavori è durato mesi e i costi sono lievitati.
Non sarebbe più logico (e meno costoso) trasformare la stazione di Poggioreale
nella stazione Tav di Trieste? Scusate se un profano si permette di avanzare
questa proposta ma, guardando la carta, si vede subito che il tracciato da
Monfalcone a Opicina-Poggioreale può essere facilmente rettificato senza pesanti
interventi e adattato alle esigenze della Tav.
Oltretutto, a quel punto, per arrivare a Divaccia la linea ferroviaria c’è già.
Basta aggiornarla.
Si avrebbe così anche il vantaggio di sfruttare l’Autoporto di Fernetti (che sta
sul tracciato) come polo logistico per le merci, sgravando il porto e
semplificando la distribuzione dei container.
Oltre a tutto ciò la stazione di Poggioreale è ben collegata alla città e le
linee attuali potrebbero essere facilmente usate come metropolitane, con la
semplice aggiunta delle stazioni necessarie e allungando la linea del tram
Trieste-Opicina.
Non so quanti lo sappiano ma Trieste è già dotata di varie linee ferroviarie
(ben poco usate) che potrebbero benissimo essere trasformate in metropolitane.
Sono queste:
1-Opicina-Poggioreale, via Bonomea, bivio Faccanoni, Guardiella (stazione), via
Cumano-Rozzol (stazione), l.go Pestalozzi, via S. Marco, Staz. Campo Marzio.
2-Campo Marzio, via Svevo, Risiera, via Caboto, via Flavia, Aquilinia, Noghere,
Muggia-Ospo (questa linea ha una diramazione che arriva anche alla Grandi
Motori).
3-Campo Marzio, via Svevo, p.zza Volontari Giuliani, cavalcavia di Barcola
(circonvallazione sotterranea).
Non sarebbe forse il caso di sfruttare queste linee alleggerendo così il nostro
caotico traffico di superficie?
Ezio Solvesi
Sadoch in degrado
Il Comitato di via Pollaiuolo vuole ribadire ad alcune
affermazioni esposte dall'arch. Fabbro nell'articolo "Sadoch in degrado,
continua la protesta" pubblicato il 4 maggio. Egli afferma: "Escludiamo che ci
sia dell'amianto sbriciolato. Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata
a suo tempo dall'Ass. La Art 2000 precisa anche di cercare di mantenere in
sicurezza il sito, dove però i vandalismi sono numerosi e quotidiani i danni
alle recinzioni, perciò invita i residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta
notino presenze sospette".
In risposta alle affermazioni di cui sopra, precisiamo che nel giugno del 2008
un’emittente locale ha realizzato due servizi sul ritrovamento, all'interno del
comprensorio, di amianto sotto forma di eternit e altri rifiuti, quali fusti
contenenti materiali non ben individuati, gomme auto ecc... Noi abitanti non
abbiamo mai visto nessuna ditta specializzata (vestiti di bianco) a occuparsi
della bonifica vantata dall’arch. Fabbro. Per quanto concerne il mantenimento
della sicurezza nel sito, noi che abitiamo in prossimità, non abbiamo visto
alcuno chiudere i varchi; basta fare un giro in v.le Ippodromo per vedere ampie
aperture; in via Settefontane un portone d'accesso al comprensorio è sempre
aperto, consentendo l'accesso alla «discarica» sul retro della ex fabbrica e
dalla via Pordenone ci sono solo quattro transenne che anche la bora fa cadere;
succede spesso di vedere persone non meglio identificate aggirarsi all'interno
alla sera e anche ragazzi durante il giorno (si veda anche i graffiti all'ultimo
piano). I cittadini, comunque, hanno già più volte chiamato le varie forze
dell'ordine e non solo. Risulta singolare, quasi ridicolo, che alla vigilanza
del sito, che non è vigilato da chi dovrebbe e che ci ha comportato tanti disagi
per il degrado e per l'insicurezza, siano chiamati proprio gli abitanti
incolpevoli (dopo il danno, pure la beffa). Vista la contrapposizione risultante
su queste righe sul pericolo dell'amianto e sulla sicurezza nel sito, saremo
costretti a rivolgerci alla Procura della Repubblica affinché faccia chiarezza
sull'argomento, e chiederemo altresì al Sindaco misure urgenti (ex art.54 D.Lgs.
18 agosto 2000 n° 267) affinché tuteli l'incolumità e la sicurezza dei
cittadini.
Desta nuova preoccupazione negli abitanti l'affermazione dell'ing. Tosolini: «Il
piano regolatore peraltro è in fase d'aggiornamento, ma non è detto che la
variante riconfermerà piccole modifiche stradali, come la via Pollaiuolo».
Questa è una vera e propria dichiarazione d'intenti che, se venisse attuata,
confermerebbe la politica del Comune ad eliminare i problemi anziché risolverli.
Il Comitato di via Pollaiuolo
COMUNICATO STAMPA di W.W.F Italia Nostra Legambiente L.I.P.U. - SABATO, 16 maggio 2009
Disegno di legge “anti-crisi”. Gli
ambientalisti: “Servono modifiche sostanziali, per un rilancio dell’economia che
non sia solo sostegno alla crescita a spese dell’ambiente.”
Resta critico il giudizio degli ambientalisti sul
disegno di legge “anti-crisi”, predisposto dalla Giunta regionale e approvato
(con modifiche) dalla IV Commissione del Consiglio.
WWF, Italia Nostra, Legambiente e LIPU avevano già stigmatizzato alcuni
contenuti del testo originario: dimezzamento - anche retroattivo! - delle
tariffe a carico delle aziende per le istruttorie ed i controlli dell’ARPA,
necessari al rilascio dell’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale (tariffe
ridotte ad una cifra simbolica per gli allevamenti industriali), procedure
quanto mai sbrigative per accelerare la realizzazione di infrastrutture ed altre
opere pubbliche o private dichiarate “strategiche” dalla Giunta regionale,
esenzione dall’obbligo della VIA per i “piani straordinari d’emergenza”.
Le norme sulle opere “strategiche” sono state stralciate dalla Commissione, con
l’intesa di riscriverle in aula in una forma più rispettosa delle competenze
comunali, mentre le altre sono rimaste invariate.
“Non è cambiato quindi – osservano gli ambientalisti – l’impianto complessivo
del disegno di legge, che resta sempre improntato alla volontà (illusione?) di
aumentare la crescita del PIL, senza alcun riguardo alla qualità degli
interventi che si andrebbero a realizzare.”
La crisi economica dovrebbe invece, secondo le associazioni ambientaliste,
essere l’occasione per sviluppare le azioni ed i settori, in grado di correggere
le distorsioni del modello di sviluppo (dissipatore di risorse non rinnovabili e
di qualità ambientali) che è all’origine della crisi stessa. Si dovrebbe quindi
investire, ad esempio, nel sostegno ai settori che per comodità si riuniscono
sotto la sigla di “green economy” – risparmio energetico, riduzione degli
inquinamenti, raccolta differenziata spinta dei rifiuti, manutenzione del
territorio, riqualificazione del patrimonio edilizio, agricoltura biologica,
tutela e incremento della biodiversità, ecc. – e per un riequilibrio del sistema
dei trasporti, oggi gravemente sbilanciato a favore della viabilità stradale.
“Perché non puntare - continuano gli ambientalisti - ad esempio a realizzare
finalmente il collegamento ferroviario di soli 6 km tra i Porti di Trieste e
Capodistria (un progetto è pronto da anni), e il raddoppio della linea
Cervignano-Udine, anziché prefigurare sempre e soltanto un’alluvione di nuove
strade e autostrade?”
La posizione della Giunta regionale appare, aggiungono WWF, Italia Nostra,
Legambiente e LIPU, culturalmente tributaria dei diktat di Confindustria, che al
solito cerca di scaricare sui contribuenti il peso finanziario del rilancio
economico nei momenti di difficoltà (nel più puro stile italico del
“privatizzare i profitti e socializzare le perdite”), senza il benché minimo
accenno critico – e autocritico – rispetto alla crisi sempre più evidente del
modello di sviluppo imperante.
Anzi, il presidente regionale degli industriali Calligaris pretende, come
dichiarato di recente alla stampa, che si dia “impulso alle opere pubbliche e
alle infrastrutture: dall’alta velocità al rigassificatore, dai collegamenti
stradali e aerei al nucleare.” Tutto per lo più a spese di Pantalone e senza il
minimo riguardo né alla compatibilità ambientale, né alla sostenibilità
economica di tali interventi.
Gli ambientalisti si augurano perciò che il Consiglio regionale, il quale
martedì 19 maggio esaminerà il disegno di legge anti-crisi, vi apporti quei
correttivi indispensabili per non far pagare all’ambiente il costo di un
tentativo – miope quanto incerto nei risultati – di rilancio della crescita
economica.
E’ necessario quindi eliminare gli “sconti” sulle tariffe dell’AIA (“Ne
beneficerebbe anche la Ferriera di Trieste, che sicuramente non merita
trattamenti di favore”) e confermare l’obbligo della VIA per i “piani
straordinari d’emergenza” (“Potrebbero rivelarsi un escamotage per realizzare
opere devastanti come le casse d’espansione sul Tagliamento, mega-escavazioni in
altri corsi d’acqua, nuovi massicci dragaggi in laguna, ecc. scavalcando ogni
garanzia di compatibilità ambientale“).
IL PICCOLO - SABATO, 16 maggio 2009
«Tav, ecco cosa è successo al Mugello» - La riunione
degli oppositori - Le testimonianze di altri comitati italiani: attenti alla
vostra bella Val Rosandra
Ragazzi in jeans e t-shirt, anziani in pantaloni e
camicia, molte donne anche con qualche bambino al seguito, uomini di mezz’età in
giacca e cravatta. È l’eterogenea platea di oltre un centinaio di persone che
ieri pomeriggio si è riunita al centro Ukmar di Domio per dare vita al
costituendo Comitato No Tav di Trieste. L’occasione per incontrarsi è stata
quella di ascoltare le testimonianze di altri comitati No Tav sparsi per la
penisola giunti appositamente nella frazione di San Dorligo della Valle, il
comune che dovrebbe essere particolarmente interessato dalla linea ferroviaria
Trieste-Divaccia, anello di congiunzione il Corridoio 5.
L’intervento che ha sicuramente destato maggior impressione è stato quello di
una coppia proveniente dal Mugello. Le immagini proiettate in sala, con le
gallerie invase dall’acqua e i letti dei rigogliosi fiumi prosciugati, hanno
creato più di qualche preoccupazione tra i residenti presenti. «Questo è
l’effetto drenante delle gallerie, state attenti, perché questo potrebbe
succedere anche nella vostra bella Val Rosandra», spiega Marina da Firenze. Non
è da meno però il contributo visivo proposto da Claudio del comitato Kein Bbt
del Süd Tirol. Decine e decine di cantieri, vallate una volta incontaminate e
ora completamente invase da ruspe e cemento. Chi non ha (ancora) visto
distruggere le proprie terre è invece Claudio da Alessandria, rappresentante del
comitato contro il Terzo valico tra Liguria e Piemonte: «Da noi si corre il
rischio che lungo l’ipotetico tragitto della Tav si scoprano fibre di amianto
nella montagna, allora dico che è giusto ribellarsi nella maniera più opportuna
a questi soprusi soprattutto quando le istituzioni, invece che ascoltare i
cittadini, minacciano di schierare l’esercito come accaduto da noi». Dalla
platea scrosciano applausi.
Gli attesi esponenti dalla Val di Susa invece non ci sono. Ma hanno fatto
pervenire a due delle anime più attive del comitato locale, Dario e Carlo
Visintini, alcune lettere. Molto sentita la missiva di Nicoletta Dosio:
«Sull’esempio della nostra Valle sono nate infinite mobilitazioni contro la
rapina di opportunità e risorse, per i diritti di tutti ad un’esistenza felice e
a un lavoro dignitoso: anche per non deludere quelle persone non ci arrenderemo
mai». Il prossimo appuntamento del Comitato No Tav di Trieste è fissato per
lunedì alle 18.30 al laghetto di Basovizza: in prima linea, l’annunciata
presenza di centinaia di animali domestici e non solo, con padroni al seguito.
Riccardo Tosques
”Svuota le cantine”: iniziativa scolastica per la
raccolta rifiuti - SAN GIOVANNI
Si terrà oggi dalle 8.30 alle 12.30, alla Rotonda del
Boschetto, nella sede della VI Circoscrizione, la Giornata ecologica per la
raccolta differenziata intitolata “Svuota le cantine”. L’”evento” concluderà le
attività svolte nel corso del terminante anno scolastico nell’ambito del
Progetto “3 Erre: Risparmio, Riciclo e Riuso – Gestisco i rifiuti, proteggo
l’ambiente”, promosso e finanziato dalla Provincia di Trieste a favore dei
Comuni, che vede quale “capofila” il Comune di Trieste con le sue Aree Sviluppo
Economico e Turismo ed Educazione Università e Ricerca. Promuove la “giornata”
l’Istituto Comprensivo scolastico San Giovanni.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 maggio 2009
Fonti rinnovabili e comuni - IN 70 ALL’INCONTRO A
MUGGIA
MUGGIA Si è svolto ieri al teatro Verdi di Muggia il
secondo incontro pubblico organizzato dall'Agenda 21 locale Pass sul risparmio e
le risorse energetiche dal titolo “Energia da fonti rinnovabili: cosa può fare
la pubblica amministrazione”. Alla presenza del vicesindaco di Muggia Franco
Crevatin e dell’assessore all’Agenda 21 Loredana Rossi, circa una settantina di
persone hanno preso parte all’appuntamento. Tra i temi toccati la pianificazione
per l'uso efficiente e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia del Comune
di Muggia e del Comune di San Dorligo della Valle. Presenti anche i volontari
dell'Ecosportello per fornire informazioni sugli aspetti normativi e sulle
agevolazioni fiscali per il risparmio energetico. Per ulteriori informazioni si
può contattare il sito internet
www.riservavalrosandra-glinscica.it.
Riunione dei comitati No Tav - ALLA SALA DEL CENTRO
ANTON UKMAR
TRIESTE Nel tardo pomeriggio di oggi, alle 18, la sala del
Centro Anton Ukmar «Miro» a Domio ospiterà un incontro pubblico organizzato dal
costituendo Comitato triestino No Tav. Interverranno anche alcuni rappresentanti
di altre realtà che operano con gli stessi obiettivi di quella locale, ma
provenienti da aree diverse del Paese: il comitato No Tav della Val di Susa,
quello di Trento e Bolzano e ancora della Toscana (Firenze-Mugello) e di
Alessandria (che si contrappone al terzo valico Tav). Gli esponenti delle
singole realtà illustreranno le loro motivazioni per continuare ad opporsi alla
realizzazione delle cosiddette grandi opere. Inoltre, saranno presenti anche
persone appartenenti ai comitati No Tav del Basso Friuli e a quello contrario
all’autostrada Carnia-Cadore. Un altro incontro anti-Tav Trieste-Divaccia è in
programma lunedì, alle 16.30, allo stagno di Basovizza.
Castelreggio, esposto degli ambientalisti - Presentato
dalla Greenaction Transnational alla Procura di Trieste assieme ad altre istanze
NUOVI SVILUPPI ATTORNO AL CASO CHE TIENE BANCO NELLA
BAIA DI SISTIANA
DUINO Non solo ricorsi al Tar, peraltro attesi in nuove versioni. Sulla
questione di Castelreggio è arrivato ieri anche un esposto in Procura, ad opera
dell’associazione ambientalista Greenaction Transnational, nome relativamente
recente nella politica ambientale regionale (esiste dal 2008, con sede in via
Palestrina, e si è messa in evidenza per aver iniziato battaglie contro i
progetti del rigassificatore in Golfo e della Tav), ma know how assolutamente
rodato, posto che il presidente è Roberto Giurastante, già presidente degli
Amici della Terra. Molti affiliati di quella associazione sono confluiti proprio
in questo nuovo sodalizio.
Ieri Greenaction Transnational ha annunciato in una nota di aver depositato alla
Procura della Repubblica di Trieste una serie di nuovi ricorsi a tema sulla Baia
di Sistiana, uno dei quali si inserisce nella cronaca più recente, riguardando
appunto Castelreggio, mentre altri affrontano questioni già sollevate in
passato, con richiesta di riesame, e relative in particolare allo sviluppo della
Baia di Sistiana, dai tempi della proprietà Cardarelli a oggi.
«Abbiamo sollevato la questione della Baia di Sistiana - ha spiegato ieri uno
dei dirigenti di Greenaction, Paolo G. Parovel - in questo momento in cui
l'argomento Castelreggio è di massima attualità, perché riteniamo che anche la
situazione che si è venuta a creare relativamente alla concessione demaniale sia
connessa al sistema di sviluppo e al clima presente in Baia».
Insomma, dopo qualche anno di pausa torna la battaglia degli ambientalisti
triestini contro la proprietà della Baia e il progetto di recupero del sito, che
viene considerato di carattere speculativo.
Nessun commento da parte della proprietà della Baia, attraverso il portavoce
Cesare Bulfon, mentre il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non si
scompone: «Questi, e probabilmente anche altri esposti, coinvolgeranno la
Procura, in quanto la questione di Castelreggio è controversa, ma soprattutto
come si è visto dai numerosi ricorsi al Tar, combattuta. Non abbiamo ancora i
contenuti, quindi non mi è possibile entrare nel merito». L'unica buona notizia
arriva intanto dalle previsioni meteo: la libecciata, che fino a ieri era
prevista dai meteorologi per il fine settimana pare essersi "sgonfiata",
mettendo così al riparo la spiaggia di Castelreggio da possibili danni e dalla
ulteriore erosione, allo stato attuale già ai minimi storici quanto a
compattezza della battigia.
(fr.c.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 maggio 2009
Park Sant’Antonio, monta un no trasversale - Udc e
Lega: sì ai soli posti di pertinenza. Bucci (Fi): devastante attrarre le auto
nel centro
FORTI DUBBI SUL PROGETTO IN COMMISSIONE CONSILIARE.
OMERO (PD): CAMBIATE LE CARTE IN TAVOLA
E meno male che doveva essere il progetto più immediatamente cantierabile
per far fronte a una carenza di parcheggi endemica. L’ipotesi di realizzare Park
Sant’Antonio se n’è uscita ieri con le ossa rotte dalla Sesta commissione del
Consiglio comunale, dopo una discussione che si lascia dietro almeno un paio di
sensazioni inquietanti. La prima: piace realmente a pochi, con una trasversalità
di pareri negativi tra centrosinistra e centrodestra che lascia allibiti. La
seconda: se questo era considerato il progetto realizzabile in minor tempo, a
che punto saranno gli altri?
La discussione, iniziata con un ”distinguo” sullo stesso ruolo dell’assessore
Paolo Rovis («A che titolo parla? Non sapevamo neanche – ha sottolineato Roberto
Decarli dei Cittadini – che avesse la delega sui project financing, e comunque
di urbanistica deve parlare il sindaco Dipiazza, che ha mantenuto la delega») ha
via via preso una direzione imbarazzante per l’amministrazione. Perché un
progetto che non è difeso neanche da tutta la maggioranza che lo propone parte
già con l’handicap.
Prendete ad esempio Roberto Sasco, presidente della Sesta e uomo Udc. Quel
parcheggio gli va bene, come ha dichiarato, solo se realizzato secondo le
direttive del ”Pup” (Piano urbano parcheggi). E dunque: pertinenziale e senza
posti a rotazione. Quelli, semmai, si possono fare «sotto il canale di
Ponterosso, secondo un’idea che non ho mai capito perché sia stata bocciata». Il
futuro Centro congressi di Palazzo Carciotti, assicura, «non può farne a meno».
Sulle già scomode poltroncine, il centrosinistra non ha fatto che contorcersi.
Perché, come ha stigmatizzato ancora Decarli «dal piano parcheggi votato nel
2007 in qua si segnalano solo cancellazioni. San Giusto non si fa più, Riva III
novembre neanche, a meno di modifiche. Qui parliamo solo di idee e di
intenzioni». Articolata anche la contestazione di Fabio Omero del Pd. «Questo
progetto – ha detto – fa parte del Pup. Su quello era stato bandito il project
financing, e mi chiedo adesso cosa farà l’imprenditore che si è visto cambiare
le carte in tavola e come si comporterà questa maggioranza, visto che servono
una variante al piano regolatore e una al piano parcheggi; e i passaggi, tra
giunta e consiglio, non sono pochi». Mario Ravalico, sempre del Pd, ha invece
posto l’accento sui problemi della sicurezza in fase di costruzione e sulle
garanzie da assicurare in merito alla staticità degli edifici circostanti.
Anche nella maggioranza che regge il Comune le posizioni sono a dir poco
variegate. Così mentre Angela Brandi (An) difendeva la scelta e l’assessore
Rovis ammetteva di aver trovato «un campo già arato, dove semino e me ne vado
prima che finisca il grano», Maurizio Ferrara della Lega Nord ha confermato il
gradimento solo per l’ipotesi pertinenziale (sposata dagli uffici e dallo stesso
mobility manager Bernetti). Un attacco diretto è arrivato più tardi dalla
Regione attraverso il consigliere di Forza Italia ed ex assessore Maurizio Bucci.
«Il passaggio da pertinenziale a parcheggio di rotazione è devastante, una
follia priva di qualsiasi strategia. Bandelli è bravo a spostare transenne e
terra ma ha detto cose discutibili. Quello degli uffici non era solo un parere
indicativo. Sant’Antonio nasceva nell’ottica di non portare macchine in centro,
mentre così si spingono le vetture proprio lì per parcheggiare! C’erano i tre
contenitori sulle Rive (tutti peraltro fermi o bocciati ndr), si sarebbero fatte
sparire le macchine alla vista, come in tutte le città moderne, ma – incalza
Bucci – certe persone dimostrano di non avere coscienza e cultura sul futuro
della città».
FURIO BALDASSI
Lasci l’auto prendi la bici: via al test - Le due ruote
a disposizione nei garage di S. Giovanni e Sant’Andrea - Amt lancia tre mesi di
prova con 12 mezzi
Scatta questa mattina il test ecologico trimestrale
”posteggio+bici” lanciato da Amt, la Spa partecipata all’87% dal Comune che
gestisce circa duemila stalli a pagamento in città.
Ieri i primi mezzi a due ruote con chiavetta anti-furto destinati al progetto -
che i cittadini potranno utilizzare gratuitamente per fare le loro commissioni
dopo aver chiuso e lasciato la propria macchina nel garage a pagamento -
facevano mostra di sé fra viale Sanzio e via Locchi, all’ingresso dei park
coperti di San Giovanni e Sant’Andrea, ovvero le due strutture individuate, tra
quelle gestite da Amt, per i primi tre mesi di sperimentazione.
Tre mesi nei quali saranno dodici, complessivamente, le biciclette messe a
disposizione a rotazione tra i due parcheggi con fascia oraria continuata
7.30-20.30, previo deposito alla cassa di una cauzione da venti euro per i
clienti occasionali - restituiti alla riconsegna della chiavetta anti-furto -
che diventa invece gratuita per i titolari di abbonamento a uno dei due park
coinvolti nell’operazione.
Nel caso in cui l’iniziativa decollasse, considerato che per ora ci sono
soltanto dodici bici ritirabili dopo aver posteggiato la macchina qualcuno
potrebbe persino arrivare nel momento sbagliato - cioè quando gli ecomezzi sono
già tutti per strada, manovrati da altri automobilisti che hanno avuto la
medesima idea - e non potrebbe così soddisfare la propria voglia di farsi una
pedalata.
Da qui la precisazione fatta nei giorni scorsi da Comune e Amt - in occasione
della presentazione ufficiale del progetto denominato «La bici fa felici»,
mutuato da alcuni precedenti in altre città - che si tratta di una prima
sperimentazione, che durerà per l’appunto tre mesi.
In base alla risposta dell’utenza, infatti, il numero delle biciclette
disponibili all’uscita dei park potrebbe lievitare, arrivando a interessare -
ipotesi che l’assessore comunale alle partecipate Paolo Rovis non ha escluso,
anzi - pure le aree di sosta a pagamento in superficie in centro città.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 maggio 2009
Alta velocità a Trieste, servono 1344 milioni - Ma la
stima dei costi di costruzione non contempla imprevisti durante gli scavi nel
sottosuolo
Investimenti pari a un miliardo e 344 milioni di euro, cui
si sommeranno ulteriori spese straordinarie collegate principalmente a
imprevisti. Ad esempio quelli - se non scontati, altamente probabili - da
ricondurre agli ostacoli inattesi che verranno rilevati nel sottosuolo. Non
costerà meno di questa cifra, insomma, la realizzazione della parte italiana
della Tav Trieste-Divaccia, tratto di collegamento fra Italia e Slovenia che
rientra nel più ampio disegno del Corridoio 5. Lo dice il progetto redatto da
Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, assieme ai colleghi sloveni dell’Istituto
traffico e trasporti di Lubiana, appendice del relativo ministero.
Costi per materiali, opere ferroviarie e servizi di ingegneria (le cifre
complessive vengono riportate nella tabella a fianco): queste le macro-voci
utilizzate per comprendere ogni necessità. Materialmente, la fetta più
consistente riguarderà scavi, collegamenti, rotaie e servizi accessori: 908
milioni e 300mila euro. Fino al 2009, ci si concentrerà solo su un lavoro
teorico e progettuale, il cui valore economico è stimato in 49,6 milioni di
euro. Dal 2010 in avanti si aggiungeranno, un passo dopo l’altro, gli interventi
sul campo, che dal 2011 in poi monopolizzeranno la tabella programmatica per la
creazione dell’opera. Una di quelle che tutti considerano appartenente al
capitolo delle grandi opere, considerata strategica da Stato e imprenditoria e
contestata dagli abitanti delle aree interessate dal passaggio del suo percorso,
specie chi - come i residenti e gli amanti della Val Rosandra - teme di vedere
stravolto il paesaggio circostante.
Tutte le analisi sono state effettuate ritenendo il 2020 come anno buono per
l’effettiva entrata in esercizio dell’Alta velocità ferroviaria Trieste-Divaccia
(il cui tracciato si snoderà lungo 35,6 chilometri), con i cantieri dunque
chiusi nel 2019. A pieno regime di traffico, si arriverà - secondo queste
previsioni - nel 2025. Gli studi hanno quindi valutato anche i futuri costi di
manutenzione ordinaria, in riferimento - testualmente - «al fabbisogno
incrementale di personale» che, con la tratta a pieno regime, si attesterebbe a
20 addetti. A proposito di costi complessivi da sostenere per il mantenimento
annuale, a opera terminata e per i due paesi congiuntamente, cresceranno o
diminuiranno a partire dal 2020 stesso, tra manutenzioni straordinarie, gestione
delle infrastrutture ferroviarie, operazioni del servizio merci e quelle del
trasporto passeggeri. Nell’ordine, nell’arco di un periodo di tempo fino al 2044
(come quello preso in considerazione), la prima voce comporterà una spesa
globale aggiuntiva da 4 milioni e 30 mila euro; la seconda da 56 milioni e 10
mila; le ultime due, infine, rispettivamente da 860 milioni e 610 mila e da 92
milioni e 430 mila euro.
MATTEO UNTERWEGER
L’investimento regge grazie ai pedaggi - Le analisi
dicono che il primo anno porterà dieci milioni di euro
Non solo costi, ma anche entrate. Quelle che dovranno
corrispondere le imprese di gestione del servizio ferroviario al titolare
dell’infrastruttura stessa. Sì, il riferimento è ancora alla Tav
Trieste-Divaccia e allo studio progettuale congiunto italo-sloveno, nel quale si
effettuano delle stime pure sugli euro da incassare attraverso i pedaggi. Il
calcolo in questione è stato effettuato - in riferimento ai chilometri
territorialmente di competenza italiana - in base ad ogni traccia oraria che può
essere venduta, ovvero al singolo treno che circola sulla rete.
Venendo alle stime sui pedaggi stessi, le procedure di elaborazione firmate
dalla Rete ferroviaria italiana (Rfi) hanno portato a valutare un elenco di
percorsi, nei quali chiaramente rientra il collegamento da Trieste all’ex
confine italo-sloveno. Ecco, in primis, che la traccia oraria da Venezia, per
treni a lunga percorrenza e nell’ipotesi che viaggino di giorno, comporterebbe
un pedaggio di 304 euro giornalieri. Allungando il tragitto con partenza da
Milano e arrivo sempre alla vicina Repubblica, la quota lieviterebbe fino a
881,40 euro per treni merci. Restringendo invece il campo al percorso Trieste-ex
confine, per treni di tipo regionale si arriverebbe a 92 euro mentre per quelli
merci a 140,20. Si tratta di prezzi da applicare fra operatori, non di quelli
dei biglietti per l’utenza, è bene ribadirlo.
Sono stati portati a compimento anche dei calcoli sulle presunte entrate
complessive annue da pedaggio. Partendo dal 2020, annata ancora considerata di
attivazione parziale della Trieste-Divaccia, in cui i milioni in entrata
arriverebbero alla cifra di dieci e 400mila euro. Cinque anni dopo, nel 2025 ed
a pieno regime, il dato crescerebbe a 13 milioni e 100 mila euro. Il quadro è
stato assemblato tramite proiezioni sui numeri delle tracce giornaliere
potenzialmente vendibili e dei giorni di circolazione dei singoli treni, nonché
sulla composizione dei percorsi tra stazioni centrali di fermata, tratti inclusi
sulla rete di percorrenza principale e su quella complementare.
(m.u.)
Due manifestazioni di protesta - VENERDÌ
A DOMIO E LUNEDÌ A BASOVIZZA - Al secondo appuntamento presenti anche
animali assieme agli abitanti
Due manifestazioni di protesta contro il progetto Tav
Trieste-Divaccia sono state organizzate per i prossimi giorni. La prima, in
programma venerdì alle 18, sarà un incontro pubblico alla sala del Centro Anton
Ukmar di Domio, promosso dal costituendo Comitato triestino No Tav.
Nell’occasione, interverranno i rappresentanti delle pari realtà contrarie alla
realizzazione di grandi opere del genere sul territorio, provenienti da altre
zone della penisola: dalla Val di Susa, da Trento e Bolzano, dalla Toscana e da
Alessandria. Inoltre è prevista la presenza di esponenti del comitato No Tav del
Basso Friuli e di quello schierato contro l’autostrada Carnia-Cadore. I vari
delegati esporranno le loro motivazioni.
Lunedì, invece, alle 16.30, si raduneranno nell’area dello stagno di Basovizza i
residenti della zona e non. Ma non saranno da soli: porteranno con loro,
infatti, gli animali di proprietà come asini, cavalli, mucche e anche cani e
gatti. Un modo per inviare agli autori del progetto della tratta locale del
Corridoio 5 un messaggio firmato da tutto il mondo della natura. A curare
l’appuntamento sono il bar Cappuccetto rosso di Trebiciano ed il Gruppo Amici
della Val Rosandra: anche in questo caso si discuterà di impatto ambientale
legato alla realizzazione del collegamento ferroviario.
(m.u.)
Omero (Pd): il park di Sant’Antonio attrarrà le auto
nel centro storico - I PROGETTI IN COMMISSIONE URBANISTICA
Si parlerà dei due progetti di parcheggi interrati in
piazza Sant’Antonio oggi in commissione consiliare urbanistica. «Sono stato io a
chiederlo», scrive il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero: «Molti infatti
sono i cittadini che già ci hanno manifestato la loro contrarietà al parcheggio.
La Lega Nord in Comune poi si è espressa contro e io condivido le motivazioni
del consigliere Maurizio Ferrara». Il motivo? «Ha ragione Ferrara - scrive Omero
- quando sostiene che urbanisticamente è sbagliato creare poli di attrazione del
traffico privato nel centro storico. Soprattutto quando si vuole puntare a una
sua pedonalizzazione con il famoso "ring" che gli gira attorno. È poi
irrazionale parlare di parcheggi senza il piano del traffico». Omero fa un
esempio: «Se si realizzassero questo nuovo park e quello sotto San Giusto non si
potrebbe più pedonalizzare corso Italia o limitarlo al trasporto pubblico,
perché altrimenti su via San Spiridione si concentrerebbe il traffico di 1200
automobili. E poi l'attuale piano del traffico prevede che proprio via San
Spiridione, da dove dovrebbero entrare e uscire le auto del nuovo park, e il
primo tratto di via Filzi fino a via Machiavelli diventino aree pedonali o a
traffico pedonale privilegiato. Come dire: nessun park in piazza Sant'Antonio
senza variante sostanziale del piano in vigore».
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 maggio 2009
Riccardi: «Non perderemo i soldi per l’Alta velocità» -
«La progettazione per il Corridoio V ferroviario procede speditamente»
LA RISPOSTA DELL’ASSESSORE
TRIESTE La Regione Friuli Venezia Giulia assicura il massimo impegno
affinché le progettazioni delle opere del Corridoio V ferroviario (Progetto
prioritario n° 6) procedano speditamente individuando delle soluzioni
progettuali condivise dal territorio. Lo afferma l'assessore Riccardo Riccardi
commentando le indiscrezioni di stampa che paventano la possibilità di perdere i
finanziamenti europei sulla tratta Alta Velocità/Alta Capacità della
Venezia-Ronchi.
L'esigenza di progettare questa nuova infrastruttura sulla base di un tracciato
condiviso, già dalla fase degli studi preliminari, ha suggerito un percorso di
concertazione fra le istituzioni e con il territorio che tenesse anche in conto
delle altre infrastrutture in corso di progettazione. La Regione Friuli Venezia
Giulia attraverso una condivisione con gli Enti Locali interessati - prosegue
l'Assessore regionale - ha proceduto alla definizione di un tracciato che,
seppure in presenza di ulteriori elementi di approfondimento tecnico, risulta
maturo per consentire il completamento del progetto preliminare e il pieno
rispetto della tempistica comunitaria.
Il lavoro fra la Regione Friuli Venezia Giulia e Veneto continua a essere
intenso e proficuo tanto che è stato possibile a Rete ferrovia italiana (Rfi),
per il tramite del ministero delle infrastrutture, chiedere recentemente
all'Unione europea la proroga al 31 dicembre 2010 delle Decisioni comunitarie n°
5841 del dicembre 2004 e n° 5961 del 2005 relative alla progettazione della
linea ad Alta velocità /Alta capacità fra Venezia e Ronchi.
I finanziamenti europei per la progettazione preliminare si possono quantificare
in 3 milioni sulla tratta ferroviaria Quarto d'Altino-Ronchi dei legionari su un
totale di 8 milioni e di un ulteriore finanziamento di 2 milioni di euro sulla
tratta Venezia Mestre-Quarto d'Altino su un costo complessivo di progettazione
di 4 milioni e 500mila euro.
La richiesta di proroga all'Unione europea - conclude l'esponente regionale - è
potuta avvenire grazie alla piena condivisione da parte della Regione Fvg e del
Veneto della tempistica delle progettazioni che verranno inderogabilmente
completate entro la fine del prossimo anno.
Arriva il ddl per «blindare» la banda larga -
Contrasto alle antenne selvagge: regolamento comunale per la
programmazione e localizzazione degli impianti.
TRIESTE Mai più rischi. Riccardo Riccardi, dopo aver
annullato in corner l’accordo tra Mercurio Fvg e Telecom, «blinda» la banda
larga. E lo fa, nella bozza del disegno di legge sulle telecomunicazioni
illustrata ieri a Udine a gestori, ordini, ambientalisti, subordinando
all’autorizzazione della Regione e quindi a gare ad evidenza pubblica la
concessione a privati dell’eventuale capacità di trasmissione eccedente il
fabbisogno della pubblica amministrazione. L’assessore ai Trasporti, confermando
il «programma Ermes» di contrasto al divario digitale affidato a Insiel (dopo
l’incorporazione di Mercurio), affronta nella bozza anche la questione della
telefonia mobile. In particolare, puntando a porre un freno alle antenne
«selvagge», prevede la novità di un regolamento comunale per la programmazione e
localizzazione degli impianti.
Park Sant’Antonio: l’altro progetto Ampliata la piazza, sparisce la fontana
L’ELABORATO DELLA CORDATA RICCESI & CO PREVEDE 216 BOX E 115 POSTI A ROTAZIONE
Parcheggio di Sant’Antonio, si va avanti. Anche se non
sono mancate, in queste ultime settimane, le prese di posizione contrarie
all’apparente scelta del Comune, il Municipio non molla e conferma il sito. E,
dopo il progetto Pirzio Biroli per la Carena (23 milioni di costo) e lo
strascico di polemiche che si è portato dietro, tocca all’altra cordata locale,
targata Riccesi, il compito di spiegare le proprie idee. Abbastanza diverse da
quelle dei concorrenti e, per certi versi, più vicine a quelle di Dipiazza & c.
«Non pensiamo a un progetto faraonico con annesso centro commerciale – spiega
Donato Riccesi dell’omonima impresa – perché i negozi sono già chiusi sopra il
livello stradale, figurarsi sotto... Allo stesso tempo non ci concentriamo su
fontane et similia perché siamo consci che implicano troppi oneri manutentivi
esclusi dal progetto. Quello che vogliamo, al di là del parcheggio, è arrivare a
costruire una piazza fruibile».
Concetti buoni e giusti. Ma sorprendenti, se si calcola che nel piano parcheggi
per il ”park” di piazza Sant’Antonio era prevista una destinazione solo
pertinenziale, e cioè di pura vendita ai residenti. Cos’è cambiato? «In realtà
niente – osserva l’assessore Franco Bandelli – perché una volta che il progetto
è presentato e sta in piedi finanziariamente nulla osta a cambiare la sua
destinazione da pertinenziale a misto, compresa la rotazione. In questo momento
piazza Sant’Antonio effettivamente risulta come pertinenziale, ma gli uffici
dicono che il loro è un parere puramente consultivo». Un inciso importante,
perché, come osserva lo stesso Riccesi, «da quando il Duce aveva interrato il
canale quell’area non era mai stata vissuta come piazza». Il costruttore, al
riguardo, evidenzia anzi «le aiuole in difficoltà, sempre più spesso oggetto di
manifestazioni di ogni tipo, dalla birra al cioccolato, mentre ci sembrerebbe
più utile disporre di una piazza libera e non sacrificata come attualmente...».
A cercare di far chiarezza interviene l’assessore che ha la delega ai project
financing, Paolo Rovis. «Il nostro problema – osserva – è quello di soddisfare
sia i possibili utenti dell’impianto che i residenti. Obiettivamente confermo
che l’impianto è quello che ha maggiori possibilità di riuscita a breve. Non
solo: ci consentirà di liberare Ponterosso, dando allo stesso tempo risposte ai
residenti della zona».
Altro chiarimento: la presenza di Riccesi & co., che per così dire «avanzavano»
un progetto dal Comune, dopo che era stato cassato quello di piazza del
Ponetrossi, in questo caso è puramente casuale e non legata a meccanismi di
compensazione. Lo conferma Rovis, aggiungendo che «c’è un dialogo normale con le
imprese».
E i disagi? Anche qui Riccesi sembra avere idee chiare. «Noi puntiamo a mettere
in posa una pavimentazione in arenaria, per recuperare uno spazio pedonale vero
e non il giardino della miseria attuale, con fontane scarse o che non gettano
acqua, aiuole malconce eccetera. Ampi spazi dalle case confinanti vicine. Sono
anche stufo di citare Plâce Vendome a Parigi, ma avete idea di cosa abbiano
sopportato i gioiellieri di quella città durante i lavori? E i torinesi al tempo
delle Olimpiadi invernali? I triestini non possono fare lo stesso?».
FURIO BALDASSI
Commissione paesaggio, ecco i nomi - L’opposizione: ma
i liberi professionisti andavano esclusi
Paolo Zelco, Pasquale Bucci, Ermanno Simonati e Andrea
Benedetti. Sono i quattro professionisti - ai quali si affiancherà il dirigente
comunale Walter Cossutta - scelti come componenti della Commissione paesaggio,
il nuovo organismo che ieri ha ricevuto il definitivo via libera dalla giunta.
I finalisti sono stati selezionati direttamente dal sindaco tra le terne di nomi
indicate dagli ordini professionali e dalle Facoltà universitarie con
insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. «La scelta è caduta su ottimi
tecnici, valutati sulla base di esperienze e capacità, fuori quindi da ogni
logica di schieramento - precisa Roberto Dipiazza -. Tecnici che sono diretta
emanazione degli ordini professionali, e rispetto ai quali mi auguro non ci
saranno polemiche».
A rappresentare l’Ordine degli architetti sarà l’ex vicepresidente Paolo Zelco,
dello studio «Zelco e Lazzari» a cui si deve il progetto di riqualificazione di
piazza Libertà. Tra i nomi indicati dal Collegio dei geometri è stato invece
scelto quello del presidente e coordinatore delle commissioni catasto e sviluppo
dell’ordinamento professionale Pasquale Bucci, mentre in rappresentanza
dell’Ordine degli ingegneri è stato designato Ermanno Simonati, titolare assieme
a Stefano Patuanelli dello studio Bauenlab che, fra gli altri interventi, ha
firmato il progetto di ampliamento della sede del Mib al Ferdinandeo. Il quarto
componente, indicato dal Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni
culturali, è infine Andrea Benedetti, docente di Restauro alla facoltà di
Architettura. Nella nuova commissione, invece, non siederà alcun componente
degli ordini dei geologi e dei periti. «Ma solo per una questione di numeri -
conclude Dipiazza -. I componenti da nominare erano quattro a fronte di 9 realtà
proponenti».
Sulle procedure seguite per selezionare i finalisti punta però il dito
l’opposizione. «Avevamo chiesto che venissero esclusi dalle terne quanti
esercitano la libera professione a Trieste - commenta il capogruppo del Pd Fabio
Omero -. Una proposta, dettata dalla necessità di evitare situazioni di
conflitto di interessi e incompatibilità, evidentemente non presa in
considerazione. Proprio come la richiesta di coinvolgere tra le realtà chiamate
a proporre nomi anche le associazioni ambientaliste».
(m.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 maggio 2009
Corridoio 5, l’Italia rischia di perdere i fondi Ue -
BRUXELLES HA STANZIATO 30 MILIONI MA IL PROGETTO RISCHIA DI NAUFRAGARE
Il conflitto fra Friuli Venezia Giulia e Regione Veneto che studia un percorso alternativo vicino al mare
VENEZIA Alzi la mano chi non ha, almeno per una volta,
protestato contro la mancanza di finanziamenti all'Alta velocità nel Nordest,
contro la messa in secondo piano rispetto agli altri progetti italiani. Alzi,
ancora, una mano chi non ha rivolto l'accusa contro Roma che non dà i soldi alle
Ferrovie, che lesina i fondi per quest'opera lasciando il Corridoio Cinque, un
asse vitale per il Nordest italiano e la sua posizione logistica in Europa,
incompiuto. Bene.
SOLDI ADDIO. Tutti quelli che fino a ora hanno protestato sappiano che in questi
giorni si sta consumando una piccola tragedia, o, se così si vuole, una farsa.
Perché‚ l'Italia sta perdendo i 30 milioni di euro che la Commissione europea
aveva concesso (di cui 5 per il finanziamento del progetto preliminare dell'Alta
velocità-Alta Capacità tra Mestre e Trieste). Li sta perdendo non per colpa di
Roma, ma delle Regioni, il Veneto in prima fila e a seguire per logica il Friuli
Venezia Giulia, che in realtà è andato avanti eroicamente da solo. Tutto ciò
succede perché‚ che da cinque anni, da quel 2004 in cui questi soldi erano stati
concessi in nome dell'importanza riconosciuta al Corridoio Cinque, non sono
riusciti a tracciare un progetto comune che definisse dove deve passare la
ferrovia per le due regioni. Contatti affannosi sono in corso, in queste ore,
per tentare di trovare una soluzione, una bozza, in modo da non perdere i
finanziamenti e con essi anche la faccia.
PROROGA. Ma nessuno sa se, tra richieste di proroga, che il ministero delle
Infrastrutture sembra intenzionato ad avviare, progetti abborracciati all'ultimo
minuto per trovare un compromesso, si arriverà da qualche parte. L'Italia
rischia così di presentarsi all'appuntamento del 2010, quando in sede europea ci
sarà la quinquennale revisione delle priorità e dello stato di realizzazione dei
«Corridoi», con un asse Ovest-Est mozzato alle ali, cioè ancora in ballo, sulla
Torino Frejus, e di là da venire sulla Mestre-Trieste, con il rischio di
compromettere le decisioni future sui finanziamenti. Enzo Cipolletta, direttore
delle Ferrovie, non è pessimista, almeno sul Nordovest. «Se entro quest'anno -
dice - si deciderà di avviare i lavori del tunnel credo che potremo presentarci
nel 2010 con qualche forza. Certo che se restiamo in alto mare sia a Ovest che a
Est, tutto diventa più complicato».
BUCHI. Senza contare i numerosi «buchi» nel mezzo, e cioé il fatto che tra
Verona e Padova, soprattutto, c'è in mezzo ancora irrisolto il nodo di Vicenza
ormai in ballo da anni, senza che un vero accordo sia stato raggiunto sul
tracciato, e quindi sul finanziamento. Mentre da Treviglio fino a Brescia le
Ferrovie attendono di sapere quanta parte verrà destinata quest'anno dal governo
alla costruzione effettiva della linea. A Est comunque l'assenza di un progetto
e la perdita dei finanziamenti sono un segno della responsabilità che, alla
fine, hanno anche le Regioni nel fallimento.
INDECISI. Soprattutto il Veneto che per ora non ha deciso nulla mentre i
friul-giuliani, soprattutto sotto la presidenza di Riccardo Illy, per il quale
il Corridoio Cinque era una vera ossessione, sono andati avanti.
AUTOSTRADA. Da Latisana a Ronchi, la tratta che è in territorio di qua dal
Tagliamento, è stata infatti più o meno definita. Ma senza sapere come da Mestre
si arriverà a Portogruaro, è poco più di nulla. E poi ritornano qui in ballo i
friul-giuliani con Autovie, dato che il percorso più logico era quello di
affiancare la ferrovia all'autostrada Mestre-Trieste.
IL TRACCIATO. Ma la soluzione è finita in un vicolo cieco, un po' per i costi, -
bisogna rifare tutti i cavalcavia e nessuno sa chi li paga -, un po' perché
ormai c'è la corsa a fare la terza corsia d'urgenza, un po' perché‚ la Regione
Veneto si è messa a progettare altro, e cioé un percorso che passa vicino al
mare, vicino a Jesolo e Eraclea, ritenuto impossibile e pazzesco da tutti non
solo per i costi ma anche perché‚ passa in zone ultradense di paesi o di siti
delicati dal punto di vista naturalistico. E come in tutti i casi che si
comincia a discutere un progetto invece di un altro, si finisce nel nulla.
I COMMENTI. Paolo Costa, che da anni sta conducendo una battaglia in Europa e
che come presidente del Porto di Venezia, insieme a Trieste, sta cercando di
ribilanciare sull'Adriatico un asse logistico infrastrutturale che rischia di
spostarsi altrove, dice di essere sicuro che la priorità del Corridoio Cinque
verrà confermata. «È un fatto scontato - dice -, del resto a livello europeo
stiamo tessendo una serie di accordi che ridefiniscono gli assi: come quello
raggiunto pochi giorni fa, su proposta austriaca, estende il Corridoio
Varsavia-Vienna a Danzica, Trieste e Venezia, con l'accordo di cechi, sloveni e
polacchi, creando un legame tra Baltico e Adriatico».
Ma tutto questo lavoro si rivelerà per gran parte inutile, se non si rafforzerà
l'asse ferroviario, di cui i porti hanno bisogno come il pane per la loro
logistica, ma che le Regioni, e soprattutto il Veneto, sembrano non considerare
prioritario.
ALESSANDRA CARINI
COMUNE - Commissione paesaggio
Leggo sulle Segnalazioni la polemica di un consigliere
comunale dell'opposizione, riguardante la composizione della nuova Commissione
comunale per il paesaggio, istituita recentemente con legge regionale, con
competenza sull'impatto architettonico nelle zone di pregio ambientale.
Un tanto premesso, si è ritenuto opportuno valutare l'inserimento di un
rappresentante dei diversamente abili in detto organismo, pur non essendo una
commissione urbanistica.
Così, a fronte di un ordine del giorno di contenuti estremamente limitati,
presentato da un consigliere di minoranza, la maggioranza ne ha presentato un
altro, dando indicazioni puntuali agli Uffici comunali: procedere mediante
convenzioni con la Consulta Provinciale dei disabili, affinché sia i progetti su
edifici pubblici, sia quelli privati aperti al pubblico (le banche ad esempio),
vengano valutati anche da chi deve muoversi in maniera differente.
Un documento seriamente strutturato, e quindi applicabile. Il resto è solo
demagogia fine a se stessa.
Piero Camber - capogruppo Pdl al Comune di Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 maggio 2009
Antenna, appello a Menia - L’installazione in via del
Veltro - I RESIDENTI AL SOTTOSEGRETARIO: VENGA A VEDERE
Dopo avere ricevuto un no dal Consiglio di Stato sulla
questione delle antenne Gsm-R che le Ferrovie vogliono installare per le
comunicazioni interne alle gallerie ferroviarie, gli abitanti di via del Veltro
non si danno per vinti. Riunitisi in comitato, hanno scritto al sottosegretario
all’ambiente Roberto Menia per chiedergli un intervento che affronti
l’emendamento alla Finanziaria del 2006 del governo Prodi. Emendamento che in
sostanza esautora i Comuni e le Soprintendenze - anche in presenza di aree
paesaggistiche tutelate - da ogni parere sulle installazioni di sicurezza delle
Ferrovie. I cittadini invitano Menia a un sopralluogo nella via posta sotto San
Giacomo.
«L’antenna - si legge nella lettera - è costituita da un sistema di
comunicazione mobile tra il personale operante a bordo dei treni e il personale
di terra, che in questo caso coinvolge solo uno o due treni merci che
attraversano un tratto delle Ferrovie a poche decine di metri dalle abitazioni.
Le centinaia di famiglie che abitano nei pressi hanno contestato il criterio con
il quale le Ferrovie hanno installato la struttura di trenta metri».
Nel documento si rileva come del problema si siano occupati il Comune - con la
Commissione trasparenza - e la Direzione regionale per i beni paesaggistici.
Questi ultimi due enti hanno fatto ricorso, sia al Tar che poi al Consiglio di
Stato, ritenendo che gli enti locali dovrebbero essere consultati quando esista
un vincolo paesaggistico, ricevendone come si diceva un doppio pollice verso.
Spiega il consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli: «Tutto parte dalla
Finanziaria 2006 che prevede una semplice comunicazione di Dia (dichiarazione
inizio attività) agli enti preposti che non possono intervenire in alcun modo».
La lettera a Menia si conclude così: «Siamo consapevoli che il “metodo”
utilizzato dalle Ferrovie abbia prodotto una situazione simile in diversi comuni
italiani, per cui riteniamo che il problema possa essere risolto soltanto con un
intervento in Parlamento».
Daria Camillucci
IL PICCOLO - SABATO, 9 maggio 2009
Amt lancia il pacchetto ”posteggio + bici” - Le due
ruote a disposizione di chi lascerà l’auto a S. Giovanni o in via Locchi
SPA PARTECIPATA DAL COMUNE: UTILI PER 840MILA EURO
Parcheggiate nei garage di San Giovanni e Sant’Andrea? Vi daranno una bici
con chiavetta anti-furto per fare le vostre commissioni in zona.
Dopo il pagamento via cellulare, Amt ne trova un’altra. Da giovedì prossimo
dodici biciclette saranno disponibili a rotazione, fra i due park di viale
Sanzio e via Locchi, per una sperimentazione di tre mesi che, se avrà successo,
potrebbe sfociare in un incremento di mezzi ecologici a due ruote utilizzabili
in uscita dai posteggi a pagamento, forse pure da quelli all’aperto. Ai clienti
occasionali sarà chiesta una cauzione di 20 euro, gratuita invece per gli
abbonati. «La bici fa felici!» è lo slogan dell’operazione annunciata
dall’assessore con delega alle partecipate Paolo Rovis durante la presentazione
dei dati di bilancio 2008 della stessa Amt, la Spa di proprietà del Municipio
all’87% che gestisce in house 857 stalli blu comunali in superficie e altri
1.043 coperti nelle strutture di via del Rivo, Sant’Andrea, San Giovanni,
Scorcola, Fiera e via Tor San Piero. Dati che - osservano Rovis e il presidente
della partecipata Rocco Lobianco - parlano di un utile dopo imposta di 840mila
euro, di un risultato operativo pari a un +5,05% del valore di produzione,
nonché di 800mila euro finiti nelle casse comunali con la tassa di occupazione
suolo pubblico. Dal 2005 al 2008, inoltre, i ricavi da vendite e prestazioni
sono passati da due milioni a due milioni e 900mila, mentre le spese sono
diminuite di 500mila euro per un drastico contenimento dei costi passato anche
per un ridimensionamento dei servizi esternalizzati. Numeri che collocano Amt
tra le Spa a capitale pubblico ad alto valore strategico per il Comune.
Un valore però che potrebbe avere una data di scadenza al 31 dicembre 2010, dopo
la quale le attuali normative imporranno un rinnovo della concessione attraverso
un bando europeo. «È vero che la legislazione dice questo - ammette Rovis - ma è
altrettanto vero che le norme, di questi tempi, sono soggette a molte revisioni
a distanza ravvicinata. Ci penseremo a ridosso di quella data». «A testimonianza
di questi continui aggiornamenti giurisprudenziali in materia quasi
schizofrenici tra sentenze e circolari ministeriali - fa eco Lobianco - un anno
fa eravamo a un passo dalla gestione dei parcheggi comunali a Gorizia, che poi
non si poté fare».
Ultima annotazione: la pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio toglie 38
posti - precisa il direttore di Amt Davide Fermo, presente con il vicepresidente
Adriano Schreiber - «ma abbiamo dato mandato agli uffici di trovare alternative
in aree limitrofe», aggiunge Rovis.
(pi. ra.)
Controlli ok: è pulita l’acqua di Marina Julia - I
divieti di balneabilità vanno rimossi: è già partita la richiesta ufficiale a
Trieste
L’INDAGINE DI MAGGIO
MONFALCONE Il mare del golfo di Panzano continua a mantenersi pulito. Anche
il campionamento effettuato a inizio maggio dall’Arpa ha dato un esito
favorevole, promuovendo in questo preludio di stagione balneare l’acqua di
Marina Julia e dimostrando come gli interventi di completamento della rete
fognaria del quartiere e della città stiano dando risultati. Sempre che non ci
sia la pioggia ad aumentare la portata dell’Isonzo, trasportando con velocità
l’inquinamento organico del fiume. A fronte del buon esito dei due prelievi di
aprile il Comune, a firma del sindaco Pizzolitto e dell’assessore all’Ambiente
Frittitta, ha inviato la richiesta alla Direzione regionale alla Salute perchè
sia firmata l’ordinanza di balneabilità per Marina Julia. «Abbiamo allegato al
documento gli studi realizzata dall’Arpa dallo scorso anno - spiega Frittitta -
e tutte le procedure e gli atti di ciò che abbiamo fatto per la nostra
spiaggia». Secondo l’assessore, l’acqua di Marina julia ”deve” rientrarne nei
tratti di mare balneabili, visto che è stato fatto ciò che prevede la direttiva
Ue. Cioè azioni concrete per risolvere le cause di inquinamento e monitoraggio
delle acque attraverso prelievi che hanno avuto esito favorevole anche a cavallo
di due stagioni estive quindi per 6 mesi consecutivi. Già la prossima settimana
l’assessore dovrebbe inoltre convocare il tavolo di lavoro istituzionale che ha
operato sul problema inquinamento (composto da Comune, Ato, Arpa, Irisacqua,
Consorzio di bonifica isontina). «In questo modo il gruppo continuerà a essere
aggiornato sui passi compiuti e quelli da compiere», dice Frittitta, che
sottolinea come grazie al rapporto continuo e proficuo tra amministrazione e
Arpa non è necessario attendere i tempi canonici per sapere gli esiti dei
prelievi. «Tant’è che posso già annunciare che anche il prelievo del primo
maggio ha avuto un buon esito - rileva Frittitta - e quindi non possiamo essere
penalizzati dal fatto che oltre a cause locali di inquinamento ci siano anche
cause generali».
(la.b.)
Treni, massimo 5 minuti di ritardo. Per contratto -
Saranno investiti 100 milioni di euro per l’acquisto di nuovi mezzi: i
”Minuetto” e i ”Vilvalto”
SIGLATO A UDINE UN ACCORDO TRA L’ASSESSORE RICCARDI E
IL RESPONSABILE PASSEGGERI DI TRENITALIA LAGUZZI
UDINE C’è un obiettivo da raggiungere già quest’anno: 9 treni su 10 con un
ritardo massimo di 5 minuti. E ci sono altri 8 mezzi in cantiere per migliorare
ulteriormente negli anni successivi: 4 treni pagati dalla Regione saranno
operativi entro il 2011, altrettanti acquistati da Trenitalia funzioneranno
l’anno successivo. Si lavora per il cittadino: accanto alla “puntualità” la
parola d’ordine è “pulizia”.
IL CONTRATTO. A Udine, nel Palazzo della Regione, l’assessore ai Trasporti
Riccardo Riccardi e il responsabile della Divisione passeggeri regionale di
Trenitalia Giancarlo Laguzzi siglano il nuovo contratto di servizio per il
Trasporto pubblico ferroviario in Friuli Venezia Giulia per il triennio
2009-2011, con possibile proroga fino al 2014.
I NUOVI TRENI. Un accordo con annesso investimento di 100 milioni di euro (il
70% a carico della Regione, il 30% di Trenitalia) per l’acquisto di nuovi treni:
i Minuetto (design Giugiaro, lunghi poco meno di 52 metri, 122 posti a sedere di
seconda classe e 24 di prima classe, 200 in piedi) e i Vilvalto (i treni
"doppi", con piano superiore e inferiore, destinati al trasporto dei pendolari
nelle ore di punta in quanto garantiscono maggior spazio). Convogli da
utilizzare su quali tratte? “Sarà la Regione a decidere quali direttrici
potenziare”, spiega Laguzzi.
I COSTI. Sempre in tema di risorse, per il 2009 la Regione, a fronte di un
volume di traffico di 3.042.517 treni/km annui, verserà 36 milioni di euro, Iva
compresa. Contestualmente Trenitalia si impegna a migliorare la qualità dei
servizi, qualità che verrà costantemente monitorata. Il contratto stabilisce
infatti standard da rispettare quanto a puntualità, affidabilità, pulizia,
affollamento, comfort e informazioni.
GLI OBIETTIVI. Nel dettaglio il documento sottoscritto ieri prevede per ogni
anno un miglioramento di mezzo punto percentuale sul rispetto degli orari: il
traguardo per Trenitalia nel 2009 è di far arrivare a destinazione al massimo
con 5 minuti di ritardo il 91% dei mezzi. E ancora la Regione non pagherà i
corrispettivi relativi ai treni cancellati per responsabilità del gestore,
mentre andranno garantiti limiti anti-affollamento e la piena funzionalità di
porte, servizi igienici, sedili, impianti di
illuminazione-informazione-climatizzazione.
LE MULTE. In casa di inadempienza ecco le sanzioni: 15mila euro per ogni decimo
di punto percentuale oltre il limite fissato per i ritardi, 1.000 euro per ogni
ora di servizio sospeso, “multine” da 50 a 100 euro per disfunzioni varie. Il
contratto prevede però anche premi nel caso gli obiettivi siano raggiunti in
anticipo sui tempi stabiliti. Trenitalia fornirà mensilmente alla Regione un "report"
sull'andamento del servizio, che comunque l'amministrazione del Friuli Venezia
Giulia controllerà autonomamente, affidando tale "incarico" ai pendolari, che
dunque assumono un ruolo preciso e specifico nell'ambito delle previsioni
contrattuali. Pendolari che dal prossimo 1 giugno potranno utilizzare con il
loro abbonamento non solo i treni regionali ma, con un’integrazione ferroviaria
(Tuttotreno Fvg), pure quelli a lunga percorrenza.
Un risultato importante, ha sottolineato a fine incontro l’assessore Riccardi.
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 8 maggio 2009
La Regione taglia i contributi alle associazioni - Il
numero resta alto (75), ma i soldi sono in calo: 1,4 milioni di euro. Niente
fondi agli enti locali
IMPORTI DA DIECIMILA A 35MILA EURO
TRIESTE Le associazioni da soddisfare restano
tante: 75. I soldi sono però in calo: 1,4 milioni di euro. Roberto Molinaro ne
prende atto nel giorno in cui la giunta regionale distribuisce il fondo per il
sostegno dell’attività istituzionale di vari organismi culturali.
IL RIPARTO Su proposta dell’assessore alla Cultura la giunta Tondo stanzia
infatti 735mila euro (importi da 10mila a 35mila euro) a favore di 41
associazioni dei settori musica, teatro, danza e altri 665mila per 33 circoli e
sodalizi operanti nelle discipline letterarie, umanistiche e scientifiche. Meno
soldi per tutti e, evidentemente, qualche escluso.
Si è deciso di non finanziare in quest'occasione gli enti locali e i soggetti
che già beneficiano di altre forme di finanziamento regionale per la loro
attività.
LINEA OBBLIGATA “La legge finanziaria regionale 2009 – spiega Molinaro –, seppur
in un contesto di maggiori risorse per la cultura e con una priorità per gli
interventi in favore della valorizzazione dei beni culturali, prevede una
sensibile riduzione di stanziamento.
Da ciò una inevitabile riduzione delle contribuzioni assegnate ai singoli
richiedenti in sede di riparto. Analoga e obbligata linea – anticipa l’assessore
– sarà tenuta anche per il prossimo riparto relativo ai progetti proposti
davvero numerosi ed interessanti ma che solo in piccola parte saranno sostenuti
dall’amministrazione regionale”.
LAVORI SOCIALMENTE UTILI La giunta, su proposta di Alessia Rosolen, ha quindi
confermato l’intenzione di sostenere i lavori socialmente utili negli enti
locali con 6 milioni di euro. A beneficiarne saranno persone in cassa
integrazione o mobilità.
La gestione di risorse e progetti sarà dell’Agenzia regionale del lavoro.
Sempre su proposta dell’assessore Rosolen l’esecutivo ha dato il via libera a un
protocollo d’intesa con il Comando militare del Friuli Venezia Giulia per il
ricollocamento dei militari congedati attraverso iniziative di formazione
professionale e work experience.
ANTI-ALCOL Tra le altre delibere quella dell’assessore alla Salute Vladimir
Kosic sulle linee guida per la prevenzione dei problemi di sicurezza sul lavoro
legati al consumo di bevande alcoliche.
L’obiettivo, secondo i principi del Piano nazionale Alcol e Salute e partendo
dal dato dell’Oms (il 10% degli infortuni sul lavoro può essere condizionato
dall'assunzione di alcol)m sarà di favorire corretti stili di vita e la
conoscenza dei problemi correlati all'assunzione di alcolici. Le Aziende
sanitarie dovranno impegnarsi a promuovere la creazione di una rete sanitaria
territoriale che si occupi, oltre che della prevenzione, anche della cura e
della riabilitazione, raccordandosi con datori di lavoro, organizzazioni di
categoria, rappresentanti dei lavoratori, referenti dei servizi di prevenzione.
DAMELE COMMISSARIO La giunta regionale ha pure stabilito lo scioglimento del
Consiglio comunale di Pontebba. In attesa del rinnovo degli organi ordinari, che
avrà luogo con la prossima tornata elettorale di giugno, è stato nominato
commissario straordinario per l'amministrazione provvisoria Daniele Damele,
giornalista e funzionario provinciale di Udine. Su proposte del vicepresidente
Luca Ciriani, è stato infine costituito il Comitato tecnico consultivo per le
politiche economiche. A presiederlo sarà Aldo Burello, già manager di Electrolux
e presidente di Autovie Venete tra il 2004 e il 2006.
MARCO BALLICO
Fondi regionali al Circolo Miani Ora indaga la
Corte dei conti - Si punta a chiarire se gli uffici abbiano verificato la
correttezza delle richieste avanzate dal Circolo
IPOTIZZABILE IL DANNO ERARIALE
La Procura della Corte dei conti ha aperto un’inchiesta sui contributi che
la Regione ha assegnato negli ultimi anni al Circolo Ercole Miani di cui è
presidente Maurizio Fogar.
Gli inquirenti stanno acquisendo i singoli atti dell’inchiesta che ha consentito
alla Procura dalla Repubblica di ottenere il rinvio a giudizio per truffa e
falso dello stesso Fogar. Il processo penale formalmente è già avviato e la
stessa Amministrazione regionale si è costituita parte civile per cercare, in
caso di eventuale condanna, di rientrare in possesso dei centomila euro ottenuti
dal circolo nel 2005 e nel 2006 per la propria attività culturale.
Oltre agli atti acquisiti dagli investigatori della Guardia di finanza
nell’ambito dell’inchiesta penale, la Procura regionale della Corte dei Conti
sta raccogliendo altri documenti e atti. Primi fra tutti quelli redatti dagli
uffici regionali che hanno gestito ed esaminato le richieste di contributi che
il Circolo aveva presentato in base alle legge 68/81: la richiesta era stata
accolta e la direzione del Servizio delle attività culturali aveva emanato due
decreti che autorizzavano i pagamenti: il numero 940 del 20 aprile 2005 e il
1121 del 9 maggio 2006.
Ora il procuratore regionale Maurizio Zappatori ha iniziato a esaminare - alla
luce di un eventuale danno erariale - se tutte le verifiche sulle richieste di
finanziamento avanzate dal Circolo Miani sono state effettuate secondo i crismi
di legge o se al contrario può essere ipotizzata a carico di qualche funzionario
regionale una colpa grave o il dolo.
Va aggiunto che le inchieste della magistratura contabile da qualche anno
possono snodarsi su un binario autonomo dalle analoghe iniziative penali, mentre
un tempo la Procura della Corte dei conti, prima di agire per danno erariale,
doveva attendere il passaggio in giudicato della sentenza della magistratura
ordinaria. Questo preclusione aveva in pratica vanificato la possibilità
concreta di ricuperare all’erario quando indebitamente percepito o speso.
Sulla vicenda che sta scuotendo il Circolo Miani è intervenuto ieri l’avvocato
Guido Fabbretti, legale di Maurizio Fogar. Ha ribadito che dalle indagini della
Procura della Repubblica «è pacificamente emerso come alcuna somma sia stata
distratta dal presidente del circola o da chi per lui per fini diversi da quelli
statutari». L’avvocato a questo proposito ricorda che fin dal 2007 le verifiche
contabili hanno attestato la «pertinenza» del resoconto fornito dal Centro Studi
Ercole Miani ssull’impiego dei finanziamenti.
CLAUDIO ERNÈ
Regione e Trenitalia firmano il contratto In arrivo
treni più puntuali e puliti
TRIESTE Il controllo sulla puntualità e sulla pulizia dei
treni, la possibilità di sanzioni, gli investimenti e il ruolo dei pendolari
sono i punti chiave del contratto di servizio che Regione e Trenitalia firmano
ufficialmente oggi a Udine. Il contratto, valido per il triennio 2009-2011 e
prorogabile fino al 2014, è il primo che Trenitalia sottoscrive con una Regione
italiana «scendendo a patti» e impegnandosi per iscritto a garantire la qualità
del servizio. «La filosofia del contratto - spiega l'assessore regionale
Riccardo Riccardi - è nuova: la Regione paga un servizio in base alle
prestazioni che devono essere fornite, altrimenti scattano le sanzioni, che
vanno comunque a servizio del sistema».
Muggia, sarà attivata la ”Banca del tempo” Baby sitter,
corso gratis
Assistenza al computer, giardinaggio, dopo scuola per
ragazzi, ecco alcuni esempi di servizi molto preziosi per chi ne ha bisogno e
non vuole ricorrere al solito mercato economico. Da tempo esiste un progetto che
garantisce uno scambio reciproco di prestazioni utili. Sull'ottima scia di
Trieste, anche Muggia sta per creare la propria ”Banca del Tempo”.
Un ipotetico istituto nel quale i clienti depositano il loro tempo libero e in
cui non vengono compiute né operazioni monetarie né finanziarie, ma si offre la
propria disponibilità in cambio di quella degli altri, con lo scopo di
scambiarsi favori. L'idea di istituire anche a Muggia questo servizio é stata di
più associazioni «Abbiamo pensato - spiega Laura Pomicino, dell'"Axe" - che ci
si poteva unire per complementarsi e sfruttare così tutte le possibilità».
L'Associazione "Mamme in gioco" e l'"Aida" (Associazione Interculturale donne
assieme) hanno accettato immediatamente l'invito, e con il supporto del Comune
di Muggia hanno creato questa nuova struttura.
Per aiutare la partenza del progetto, il Comune organizza un corso gratuito di
baby sitter della durata di 30 ore, le persone che lo frequenteranno si
impegneranno a offrire un po' del loro tempo presso la ludoteca. Il corso
inizierà a metà settembre e nell'orario che meglio soddisferà l'esigenza della
maggioranza dei corsisti, sarà tenuto da personale qualificato e tratterà
diversi temi, quali psicopedagia, psicomotricità e animazione. Le iscrizioni al
corso saranno aperte fino tutto il mese di maggio presso la ludoteca "Fantamondo"
in Via D'Annunzio 12, fino a giugno invece presso il Servizio Educativo,
Politiche Giovanili e Sport in Piazza della Repubblica 4.
Cristina Polselli
Quesiti sulla Tav
Leggo sul Piccolo un articolo che approfondisce il tema
della Tav con particolare riferimento alla tratta Ronchi-Lubiana via Trieste
Divaccia. È con spirito costruttivo che chiedo: 1) sono stati interpellati
geologi, speleologi ecc.? È risaputo che il Carso presenta una innumerevole
serie di grotte e di acque sotterranee con il pericolo di deviazione dei corsi;
2) Non sembra che il tracciato segnato quasi completo in galleria risulti troppo
oneroso, più lungo e con curve che diminuiscono notevolmente la velocità e la
sicurezza? 3) Non sembra che il tracciato proposto determini lo svilimento dello
scalo di Villa Opicina (che ha 40 binari) e dell’Autoporto di Fernetti, che
attualmente dovrebbe venire collegato mediante un nuovo raccordo con Villa
Opicina? 4) Nell’articolo vi è scritto che ci sono stati vari progetti: è stata
valutata la possibilità di fare il tracciato più diretto Ronchi-Opicina, via
Bivio-Aurisina, Divaccia? Si risparmierebbe l’impiego di una serie infinita di
camion per il trasporto del materiale di scavo enorme. Ci sono, oltremodo,
notizie in merito alla destinazione di detto materiale? E dove passeranno i
camion, ipotizzando che una massa tale venisse impiegata ad esempio sulla zona
del fronte mare?
Luigi Franzil
«Commissione paesaggistica, l’opposizione voleva
evitare lottizzazioni»
Lunedì 20 aprile il Consiglio comunale ha approvato il
regolamento relativo all’istituzione della Commissione paesaggistica. Tutto per
il meglio penserà il cittadino che legge la notizia sul quotidiano locale.
Quello che però il cittadino non sa è che in quella occasione il sindaco, che si
vanta di essere l’uomo del fare, ha praticamente negato ai consiglieri la
possibilità e il diritto/dovere di svolgere il proprio mandato nel migliore dei
modi.
La delibera infatti era stata portata nella commissione competente, convocata
giovedì 16 aprile per venerdì 17, per essere votata in Consiglio il successivo
lunedì 20. In quella sede avevo fatto presente, come già in altre occasioni, che
un argomento così importante non poteva essere analizzato in tempi così stretti.
Mi era stato detto che non si poteva fare altro in quanto, come stabilito da una
delibera della giunta regionale, il Comune doveva espletare tale incombenza
entro il 22 aprile pena la perdita della delega di tale compito che sarebbe
passato alla Regione. Ancora una volta i consiglieri comunali dovevano
esprimersi, presentare eventuali emendamenti e successivamente votare un
documento in quattro giorni, tra i quali un sabato e una domenica. Infastidita
dal ripetersi di questa situazione il lunedì ho telefonato in Regione per
chiedere chiarimenti in ordine a tale scadenza e soprattutto per capire quali
sarebbero state le conseguenze di un ritardo. Dalla gentile funzionaria che mi
ha risposto ho appreso che la scadenza non era quella del 22 aprile ma del 9
maggio. A questo punto la sera del Consiglio ho chiesto la parola e come
pregiudiziale alla trattazione dell’argomento ho proposto che lo stesso fosse
rinviato di una settimana per permettere ai consiglieri di affrontare e
approfondire il tema, secondo me di primaria importanza, con la necessaria
tranquillità. La mia richiesta è stata stigmatizzata con forza dal sindaco in
persona, che non ha voluto nemmeno prenderla in considerazione, in quanto non
sarebbe stato mio compito verificare l’operato e le affermazioni dei suoi
uffici, né di contattare direttamente la Regione. Ha dichiarato che non c’era
nulla da approfondire! Ha insinuato che questo era una tentativo della sinistra
per lottizzare la commissione paesaggistica. Mentre proprio gli emendamenti da
noi proposti andavano in senso diametralmente opposto. Si voleva escludere -
come si fa in molte altre parti d’Italia - che della commissione facessero parte
professionisti che operano a Trieste e che spesso sono i più «gettonati» nella
redazione dei progetti più rilevanti.
Al di là del modo mi preoccupa il fatto che i lavori delle commissioni e del
consiglio siano considerati dal Sindaco una perdita di tempo e che, invece di
adoperasi affinché i consiglieri sia di opposizione che di maggioranza, che
ricordo rappresentano i cittadini, possano espletare nel migliore dei modi il
loro compito, li stigmatizza come demolitori o guastatori perché si permettono
di disturbare il manovratore. È un comportamento poco democratico e anche
incoerente per un sindaco che si vanta di essere il sindaco del fare. Non vorrei
che il «fare» si trasformasse in «faccio tutto io».
Bruna Tam - Consigliere comunale Pd
IL SOLE 24 ORE - GIOVEDI', 7 maggio 2009
Fotovoltaico, la corsa continua. Prevista una riduzione degli incentivi.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 maggio 2009
Mare: alla Lega Navale l’unica bandiera blu della costa
triestina - Il riconoscimento di qualità ambientale premia anche gli arenili di
Grado e Lignano
GRADO E’ l’Isola del Sole a mantenere inalterato, assieme
alla ligure Moneglia, il record assoluto in Italia in fatto di Bandiere Blu.
Infatti, ieri mattina a Roma, si è vista assegnare il prestigioso vessillo
targato numero 20 (quelle consecutive sono 19). Inoltre nel Friuli Venezia
Giulia a far sventolare ancora la Bandiera Blu assegnata dalla Fee (Foundation
for Environmental Education) c’è Lignano Sabbiadoro che sino ad oggi ne ha
ricevute complessivamente 19. Sono inoltre 13 le Bandiere Blu per gli approdi
che finiscono in Regione, una Trieste, (quella della Lega Navale), 2 in
provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 10
in provincia di Udine (5 a Lignano, 3 nel comune di Latisana oltre a Marina
Sant’Andrea di San Girogio di Nogaro e Marina di Aquileia).
Il prestigioso vessillo, la Bandiera Blu d’Europa, continua, dunque, a
sventolare su Grado che ieri mattina a Roma, nella sede del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, è stata ampiamente complimentata dal
responsabile nazionale della Fee, Claudio Mazza. Segnalata pure Lignano perché
anche questa località balneare del Friuli Venezia Giulia rientra fra quelle
considerate ”storiche” che fino ad oggi hanno cioè ricevuto almeno 15 Bandiere
Blu.
Grado poi fa parte delle 7 spiagge italiane che meritano l’eccellenza. Ci sono
quelle di Caorle, un paio di Cesenatico e di Viareggio e una di Follonica e c’è
pure la spiaggia principale dell’Isola del Sole, quella gestita attualmente
dalla Git. “Grado – ha dichiarato il Segretario Generale della Fee Italia,
Claudio Mazza, - è una delle migliori località ed ha una delle migliori spiagge
d’Italia. Ed avrei proprio il grande piacere di tornare a Grado per la cerimonia
ufficiale”.
Ieri mattina a Roma c’erano l’assessore comunale di Grado Giorgio Marin e il
sindaco di Lignano Del Zotto. «La Bandiera Blu – sottolinea Marin - dà
un’immagine di una località molto competitiva sul versante turistico-ecologico:
fa capire che c’è un sistema di gestione ambientale che si coniuga con lo
sviluppo turistico e ambientale sostenibile». Aggiunge il Sindaco di Lignano:
«La Bandiera Blu, specialmente all’estero – dice Del Zotto – è vista come un
vero e proprio certificato internazionale di qualità. Il turista le va a vedere
queste cose”.
Un plauso in generale viene fatto inoltre alle marine e ai privati perché è
fondamentale che i Comune sappiano trascinare anche i vari stabilimenti e le
marine.
ANTONIO BOEMO
BANDIERA BLU - Nella lista si notano varie assenze
illustri Ma molti approdi non vogliono partecipare - DA PORTO SAN ROCCO A MARINA
SAN GIUSTO
TRIESTE La Lega Navale di Trieste ha ricevuto la
prestigiosa «Bandiera Blu», assegnata dalla sezione italiana del Fee, il
Foundation for Enviromental Education, la federazione che si occupa di
educazione ambientale. L'ambito riconoscimento premia le marine che, a
un'attenta valutazione globale, sono in linea con le indicazioni e le politiche
di rispetto e tutela dell'ambiente. Tra le motivazioni, la cura e l'attenzione
con le quali la Lega, nonostante gli spazi e le strutture non particolarmente
ampi a disposizione, ha cercato di promuovere interventi e iniziative sempre in
linea con la difesa e il rispetto dell'ambiente marino.
Quest'anno nella provincia di Trieste la ”Bandiera Blu” è stata assegnata
unicamente alla Lega Navale. «Siamo molto soddisfatti – dice il presidente della
Lega navale, Ennio Abate – anche perché sappiamo che i controlli sono severi. La
procedura della Fee prevede che si risponda a un questionario, poi bisogna
attendere l’arrivo dei loro ispettori, che non sempre si palesano. Infine –
aggiunge - di anno in anno ci sono verifiche, per controllare se i programmi di
miglioramento indicati dalle marine sono rispettati. La bandiera blu di quest’anno
– conclude Abate – sarà uno sprone per fare sempre meglio».
Di tutt’altro parere è Roberto Sponza, direttore del Porto San Rocco di Muggia.
«Abbiamo avuto esperienze non sempre felici con la Fee – dichiara – e, da un
paio d’anni in qua, ci rifiutiamo di rispondere al loro questionario. Sappiamo
di essere una struttura di qualità – conclude – e ciò basta, senza bisogno di
certificazioni esterne». Ed ecco spiegato il mistero dell’unica bandiera alla
Lega. Anche Italo Mariani, titolare della Marina San Giusto, non risponde
infatti ai questionari della Fee: «Non ci interessa partecipare a questa
competizione – precisa – stiamo bene così». Sono nove le «Bandiere blu»
assegnate in tutto ai porticcioli del Friuli Venezia Giulia ed esse
rappresentano un primato ben meritato a livello nazionale.
Ugo Salvini
BANDIERA BLU - NEL 2009 DODICI PREMI IN PIÙ - Meno
rifiuti sulle spiagge grazie alla differenziata - Liguria, Marche
e Toscana le regioni con più attestazioni
ROMA Meno rifiuti sulle spiagge delle vacanze: cresce
infatti l'impegno sulla raccolta differenziata. Per la prossima estate sono 227
le spiagge dove sventoleranno le Bandiere Blu 2009, 12 in più rispetto allo
scorso anno e il 10% delle spiagge premiate a livello internazionale; 113 le
località rivierasche coinvolte (9 in più) nella mappa del mare italiano doc.
Bandiera blu anche a 60 approdi turistici (erano stati 56 lo scorso anno). Sul
podio la Liguria raggiunge Marche e Toscana con 16 vessilli a testa.
Questi i risultati del riconoscimento di qualità ambientale assegnato ieri a
Roma dalla Fee (la Fondazione per l'educazione ambientale), giunto alla 23/a
edizione.
Con 16 bandiere il primato 2009 spetta ancora a Toscana (che aggiunge una
bandiera, Pietrasanta in provincia di Lucca) e Marche (+1, Mondolfo in provincia
di Pesaro-Urbino) raggiunte però dalla Liguria (+2, Savona-Fornaci in provincia
di Savona e Ameglia-Fiumaretta in provincia di La Spezia), mentre l'Abruzzo
rimane stabile con 13. Una in più per la Campania, dove quasi tutte le località
candidate sono riuscite a raggiungere l' obiettivo, portando così la regione a
quota 12. Stabile invece l'Emilia Romagna che rimane a 8.
Due bandiere in più per la Puglia con 7 vessilli ed 1 in più per il Veneto che
sale a 6. Sicilia, Calabria e Lazio ne hanno acquistata una raggiungendo quota
4; il Friuli Venezia Giulia riconferma le 2 dell'anno scorso come la Sardegna.
Il Molise ne perde una rimanendo con 1 sola Bandiera Blu, come la Basilicata.
I laghi sono presenti con 2 bandiere blu. Uno in particolare è di significato:
il Lago di Scanno in provincia dell'Aquila. L'altra bandiera per i laghi è stata
confermata a Cannero Riviera in provincia di Verbania in Piemonte.
A livello di Mediterraneo, l'Italia si colloca al 5/o posto dopo Spagna, Grecia,
Turchia e Francia.
La Bandiera Blu premia le località con acque di balneazione eccellenti e nelle
quali le amministrazioni si sono impegnate a migliorare lo stato dell'ambiente,
promuovendo un turismo sostenibile. In pagella anche il grado di funzionalità
degli impianti di depurazione; lo smaltimento dei rifiuti con particolare
riguardo alla raccolta differenziata e alla gestione dei rifiuti pericolosi; le
iniziative per una migliore vivibilità nel periodo estivo; la valorizzazione
delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio; la cura
dell'arredo urbano e delle spiagge; la possibilità di accesso al mare per tutti
i fruitori senza limitazioni.
Il Park S. Antonio incontra due ostacoli: progetto
”blindato” e Lega contraria - PARLA PIRZIO BIROLI, AUTORE DELL’ELABORATO DELLA
CARENA
Non è ancora partito e già innesca polemiche. Il
parcheggio sotterraneo di piazza Sant’Antonio, che la giunta comunale giudica
come la struttura più celermente realizzabile nel variegato campo dei progetti
locali, trova subito alcuni ostacoli. Il primo è di carattere politico. La Lega
Nord, in una nota a firma del capogruppo in Comune Maurizio Ferrara, esprime la
propria «contrarietà assoluta» ritenendo del tutto irrazionale «favorire
l’accesso alle automobili all’interno del centro storico e pedonale».
L’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis ha precisato di recente che la
struttura è destinata a parcheggi pertinenziali e con box, ma anche a stalli a
rotazione.
A elevare il secondo ostacolo è - involontariamente - l’architetto Roberto
Pirzio Biroli, autore dell’elaborato presentato dalla Carena (una delle due
società in corsa per il sito) che riproduciamo qui a lato, e che ha vinto nel
2002 il relativo concorso di idee internazionale, insieme allo Studio Brt
Architetti e Ingegneri Bote, Richter, Teherani di Amburgo. «Il concorso, bandito
dall’allora assessore Maurizio Bradaschia – ricorda Pirzio Biroli – ha seguito i
regolamenti europei e prevede - non tutti lo sanno - che anche se dovesse
vincere un’altra impresa, questa dovrà realizzare con le prescrizioni comunali
il progetto vincitore. È una regola severa e precisa».
Il primo a cadere dalle nuvole è lo stesso sindaco Dipiazza, cui salta
decisamente la mosca al naso. «Gli architetti spesso hanno il difetto di creare
progetti irrealizzabili. Ma come, ignorando la bora si vuol fare quella specie
di vasca trasparente, che diventerebbe subito un ricettacolo di immondizie? No,
devo rifiutare quel progetto per il bene della città. Ha vinto un concorso
d’idee, sì, ma mica per questo sono costretto a realizzarlo».
Sicuro? Un funzionario comunale, Walter Toniati, all’epoca nella commissione che
doveva decidere sul progetto, annota che «in ballo non c’era il parcheggio
sotterraneo, ma la riqualificazione di superficie delle aree di pubblica
fruizione». Sembra di capire, dunque, che il progetto Pirzio Biroli dovrebbe far
testo, ma solo per le opere esterne.
E all’interno? Lo stesso progettista nega sia previsto un centro commerciale nel
primo piano dell’opera, il cui costo totale era stimato sui 23 milioni di euro.
«Al 1° livello del parcheggio sotterraneo – racconta – visibile dall’alto grazie
alla lastra trasparente, sono previsti spazi moderni, oltre a custodia, cassa,
servizi igenici, con suddivisioni mobili per l’organizzazione di eventi, un
mercatino dei prodotti del Carso, un centro informazioni per il turismo per chi
ha parcheggiato nei 15.369 mq di parcheggio. Una sistemazione – continua –
simile a quella attuata dalle Ferrovie nella stazione centrale per evitare aree
di ingresso al parcheggio degradate». Una realtà, dunque, con 4 livelli di
parcheggio e alcuni spazi di uso-eventi al 1° livello. «Una sorta di secondo “Tergesteo”,
coperto in parte dal 2° livello del parcheggio».
Pirzio Biroli ricorda ancora che la Carena, spendendo 60mila euro, ha portato la
proposta originale «fino a un dettaglio tale per cui ormai il passaggio a un
progetto esecutivo sarebbe questione di un paio di mesi». Ma la gara è ben di là
a venire. «Ho cercato – conclude il progettista – di dare una qualità
architettonica a livello internazionale, come in atto in altre grandi città
europee. Ma se Trieste lo vuole, la si può sempre ridimensionare...»
FURIO BALDASSI
Gas Natural Italia, Ebitda a +35,3% -RISULTATI
TRIMESTRALI - Redditività a 23 milioni, decolla pure la distribuzione: +31,3%
ROMA Gas Natural, che ha in progetto un impianto di
rigassificazione a Trieste, ha diffuso ieri i risultati del primo trimestre
2009. I dati relativi alle attività del Gruppo in Italia sono in netta crescita:
l'Ebitda ha raggiunto i 23 milioni di euro, il 35,3% in più rispetto allo stesso
periodo dello scorso anno. Lo rende noto la compagnia in un comunicato.
Nei primi tre mesi del 2009 il volume di gas distribuito è stato pari a 1.768
GWh, il 31,3% in più rispetto al primo trimestre del 2008, dovuto principalmente
a condizioni metereologiche normali e grazie all'incorporazione della società
Pitta Costruzioni lo scorso 3 luglio (+105 GWh). Gas Natural Distribuzione
Italia ha raggiunto a marzo di quest'anno 400.000 punti di riconsegna di
distribuzione di gas metano. Nel solo primo trimestre 2009 l'incremento è stato
di 3.500 punti di riconsegna.
Proseguono inoltre le attività di espansione della rete. Gas natural infatti ha
avviato in aprile un piano di fusione con il gruppo elettrico Union Fenosa che
porterà alla costituzione di uno dei primi gruppi energetici spagnoli. Da
rilevare che Eni farà ricorso contro la decisione dell'Antitrust spagnolo di
consentire a Gas Natural di mantenere il 50% di Union Fenosa Gas dopo la fusione
con la casa madre. Il gruppo italiano controlla l'altro 50% di Union Fenosa Gas.
FERRIERA - L’inquinamento è rimasto
Il giorno venerdì 1° maggio 2009, a pagina 14 de Il
Piccolo ho letto i seguenti titoli sulla ferriera: Dopo gli interventi imposti
alla Lucchini dalla procura - Ferriera, inquinamento sceso del 75% -
L’abbassamento del bezoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno.
Vorrei segnalare che prima e dopo la chiusura dell’altoforno in via Pitacco dove
abito, nel rione di Servola non è cambiato quasi nulla, giornalmente
democraticamente siamo imbrattati dalle polveri e dobbiamo subire la violenza
degli odori nauseabondi provenienti dalla vicina Ferriera.
Nel blog di Roberto Dipiazza «Sindaco risponde» un cittadino ha proposto il
seguente quesito che il sottoscritto condivide:
Al Sindaco di Trieste.
In data 22/4/’09 si è appreso, dall’edizione serale di un Tg locale, che sarebbe
in essere un procedimento penale nei confronti della proprietà della Ferriera di
Servola per 240 eventi di emissioni di polveri e fumi provenienti dallo
stabilimento stesso e che un gruppo di cittadini residenti a Servola si sarebbe
costituito parte civile in quanto lesi dall’attività industriale sopra citata.
Detti eventi sarebbero riscontrati anche dagli enti ufficiali preposti,
quantomento fino al 18/6/’08, secondo quanto esplicitato dalla tv locale.
Le si chiede perciò come mai il Comune di Trieste, a cui fanno capo nidi, asili
d’infanzia, ricreatori e campi sportivi limitrofi all’impianto siderurgico,
nonché Lei, attraverso la Sua carica istituzionale di massimo tutore e
responsabile della sanità e dell’ambiente cittadini, non abbia fatto
altrettanto, proprio in virtù di parte massimamente lesa nei suoi beni materiali
pubblici e nei suoi compiti istituzionali di tutela della cittadinanza.
La ringrazio anticipatamente per la risposta che sicuramente saprà e vorrà dare
a me ed a quanti seguono il Suo blog.
La risposta del Sindaco 29/4/’09
Come Sindaco del Comune di Trieste ho costantemente informato, per quanto di
competenza, la Procura della Repubblica ed ho provveduto all’adozione dei
necessari provvedimenti intesi alla tutela della salute pubblica. Sarà mia cura
intraprendere tutte le azioni a tutela degli interessi della collettività,
qualora emergessero responsabilità a seguito di eventuali procedimenti penali.
Nevio Tul
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 maggio 2009
Ecomafie, giro d’affari di 20,5 miliardi di euro -
RAPPORTO LEGAMBIENTE
ROMA Un giro d'affari da 20,5 miliardi nel 2008: è il
business dell'ecomafia che, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente, non
conosce crisi ed è in aumento rispetto all'anno precedente. Nel Rapporto
ecomafia 2009, presentato ieri, risultano 25.776 reati accertati, quasi 31 al
giorno, tre all’ora. Più del 48% si è consumato nelle quattro regioni a
tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia). Aumentano
l’abusivismo e i trafficanti di rifiuti pericolosi.
L’amianto si ricicla: basta una fornace - Impianto di
portata europea capace non solo di inertizzare ma anche di trasformare la
materia
INNOVATIVO PROGETTO DELLA COMMISSIONE REGIONALE
AFFIANCATA DA TECNICI ED ESPERTI
L’iniziativa sarà illustrata martedì agli assessori Costo: 15 milioni di euro
Una fornace, basterebbe questo per rendere inerte l’amianto, trasformare
chimicamente in granelli inoffensivi le sue mortali fibre, e perfino
riutilizzare il materiale così ottenuto per farne piastrelle, o plastica da
vendere per rientrare dai costi, o per otturare le vecchie discariche, senza
dispersione in aria di particelle pericolose.
È il rivoluzionario progetto, messo a punto dalla commissione regionale amianto
con la fondamentale collaborazione di tecnici esperti, che martedì prossimo alle
11.30 verrà ufficialmente presentato agli assessori regionali Vladimiro Kosic
(Salute) e Vanni Lenna (Ambiente). Costo presunto dell’impianto: 15 milioni di
euro. Ma solo smaltire una tonnellata di questo purtroppo ancora diffusissimo
materiale ne costa 150: si stima che in Italia esistano sul territorio,
calcolando solo i tetti delle case in eternit, ben 2 miliardi di metri quadrati.
Lo spiega Mauro Melato, direttore dell’Istituto di Anatomia patologica con sede
a Gorizia, docente universitario e da un anno presidente della Commissione
amianto, che ha organizzato questo studio preliminare assieme al medico della
prevenzione dell’Azienda sanitaria Valentino Patussi, all’ingegner Renzo Simoni
dello stessa struttura, a Enrico Bullian, storico monfalconese e collaboratore
dell’Associazione esposti all’amianto (autore di «Il male che non scompare,
storia e conseguenze dell’uso dell’amianto nell’Italia contemporanea» pubblicato
dal Ramo d’oro), a un tecnico dell’istituto di Igiene ambientale di Pordenone, a
Mauro Graziani, docente di Chimica all’Università di Trieste e già preside della
facoltà, e soprattutto con la dotta consulenza di Alessandro Gualtieri,
ordinario di mineralogia all’Università di Modena e Reggio Emilia,
particolarmente esperto della materia.
Già Bullian nel suo libro parlava della possibilità di rendere inerte l’amianto,
le cui fibre sottilissime provocano asbestosi e mesoteliomi e hanno colpito
duramente le popolazioni di Monfalcone e Trieste, i lavoratori dei cantieri, dei
porti, i marittimi (solo di recente la Procura di Trieste è riuscita a chiudere
le indagini sulle responsabilità penali delle aziende in tante morti sul
lavoro).
«In regione - dice Melato - esiste una sola discarica per amianto, è in Friuli a
Porcia: è perfetta, ma non utilizzata, non sappiamo ancora perché. L’amianto a
caro prezzo rimosso viene spedito in Germania, perché in Veneto ormai tutti i
depositi sono pieni. Seppellire l’amianto però vuol dire consegnarlo alle
generazioni future, l’acqua piovana causa percolazioni, rivoli nei fiumi,
successivo disseccamento e quindi nuove fibre diffuse in aria. La vera soluzione
è distruggerlo per sempre, e solo in Francia esiste un impianto, che Simoni è
andato a vedere, ma produce una sostanza vetrificata e una lava poi
inutilizzabile, in Lombardia si fanno intanto prove tecniche».
In sostanza, si tratterebbe di impiantare in una zona senza rischio ambientale
questo capannone dotato di fornace a metano, dove lavorerebbero circa 30 persone
(tra cui chimici). L’amianto immesso, previo imballaggio sigillato, verrebbe
sottoposto ad alte temperature, tali da modificare chimicamente la sostanza e
renderla granulare, sabbiosa, riutilizzabile, in un ciclo operativo di 24 ore.
L’impianto potrebbe essere messo a disposizione anche del Veneto, per non dire
di Slovenia e Croazia, «dove c’è moltissimo amianto, la Croazia - sottolinea
Melato - l’ha messo fuori legge ben più tardi di noi».
Questa asportazione e distruzione, oltre agli evidenti vantaggi (manca però una
sperimentazione su cavie) ne porta anche di ordine economico: «I soldi che oggi
si spendono per mandare in Germania l’amianto - conclude Melato - potrebbero
essere usati qui, senza dire che i privati di fronte a costi tanto ingenti oggi
non rimuovono terrazzini, tetti, pollai fatti di eternit, o lo fanno magari
abusivamente».
GABRIELLA ZIANI
AMIANTO - «Costi ammortizzati in breve» - Intanto la
Regione lancia un dvd su eternit e leggi
«Se si realizza, questo progetto sarà di un’importanza non
solo nazionale, ma europea». È il commento di Valentino Patussi, responsabile
del servizio Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda
sanitaria che ha collaborato al progetto sulla trasformazione in materiale
inerte dell’amianto, a cura della specifica Commissione regionale e del
presidente Mauro Melato, che martedì prossimo sarà presentato agli assessori
competenti. «È la politica che decide - sigla Patussi -, ma l’importanza
dell’operazione appare straordinaria, è stato calcolato che in quattro-cinque
anni i costi sarebbero ammortizzati, talmente tanto è l’amianto da mettere in
sicurezza, e si abbatterebbero le spese di rimozione: uno dei più pericolosi
cancerogeni potrebbe davvero sparire».
Per informare sull’amianto in tutti i suoi risvolti, scientifici, medici, legali
e legislativi, la Commissione regionale ha prodotto anche un dvd che sarà
diffuso gratuitamente a tutti i potenziali interessati, dagli «esposti
all’amianto» ai medici. Lo ha finanziato la Regione, che vi ha inserito anche
informazioni su tutti i provvedimenti legislativi esistenti. Intanto però a
Trieste la categoria dei marittimi, pur consistente, è l’unica a non vedere
ancora riconosciuti i propri diritti in materia pensionistica, per un intricato
e a tutt’oggi irrisolto incrocio di responsabilità e inefficienze burocratiche.
(g. z.)
Un «corteo» di cavalli e maiali contro la Tav che buca
il Carso - RITROVO ALLO STAGNO DI BASOVIZZA
BASOVIZZA Anche gli animali si schierano contro la Tav.
Non saranno infatti solo gli gli abitanti del Carso triestino a ribadire la loro
preoccupazione per il progetto della Trieste-Divaccia: il prossimo 18 maggio,
infatti, allo stagno di Basovizza i residenti dell’area si raduneranno in tanti,
portando con sé mucche, maiali, cavalli, asini, pecore ma anche cani e gatti di
proprietà.
Alla «Gita in Valle», come è stato ribattezzato l’appuntamento, ci saranno in
effetti allevatori come pure lavoratori impegnati in altri settori. Tutti uniti
da un denominatore comune: l’ansia per il futuro del territorio carsico e della
provincia intera, nella fattispecie legata ai cambiamenti innescati dai lavori
per la realizzazione del tratto locale del Corridoio 5. La particolarità,
stavolta rispetto al passato, sarà proprio quella di vedere scendere in campo
gli animali al fianco dei loro padroni. Per l’occasione è stato coniato anche
uno slogan: «Ti col can e mi col mus, ’ndemo in Vale zu fuss». «Fra le varie
specie, ci saranno almeno un centinaio di animali - osserva Virgilio Zecchini,
referente del Gruppo Amici della Val Rosandra -. Avremo anche delle carrozze
trainate dai cavalli, ma qualcuno probabilmente si porterà dietro pure una
vaschetta con i suoi pesci rossi». Il messaggio che gli organizzatori vogliono
veicolare è chiaro: a loro avviso, infatti, i problemi che i tuboni della
Trieste-Divaccia andranno a innescare riguarderanno non solamente gli uomini, ma
la natura nel suo complesso. Oltre ai residenti sul Carso triestino, il raduno
si connoterà probabilmente di un carattere transfrontaliero: «Siamo sicuri che
ci raggiungerà anche qualche cittadino sloveno dalla vicina Repubblica»,
aggiunge Zecchini.
L’organizzazione del ritrovo del 18 maggio (fissato peraltro alle 16.30) fa
riferimento, per informazioni e indicazioni logistiche, al bar Cappuccetto rosso
di Trebiciano. Da lì, è stato avviato il passaparola che dovrebbe portare
«quanto meno cinquanta persone (gli animali, come accennato, saranno di più, ndr)
nella zona dello stagno di Basovizza in quella giornata», spiega la titolare del
locale stesso, Michela Vattovani. «Lì - prosegue - rifletteremo sul teorico
impatto ambientale dell’opera. Poi, alla fine, ci sarà lo spazio anche per una
bevuta».
(m.u.)
«Gli ambientalisti sempre contrari all’insediamento di
Monte d’Oro»
Leggo le critiche del signor Leo Tamburini alle
associazioni ambientaliste su vari argomenti e vorrei precisare quanto segue.
1) Personalmente ho contribuito all’accantonamento dell’ipotesi del raddoppio
della galleria a Muggia anche a salvaguardia degli edifici esistenti nelle
adiacenze nonché della serenità di decine di famiglie ivi residenti, ottenendo
nel contempo che 500 mila euro ancora in cassa vengano destinati a uno studio
sull’intera viabilità comunale attuabile soltanto con il consenso dei cittadini.
2) Per quanto riguarda la costruzione a suo dire di «capannoni agricoli», ho
l’impressione che lei si sia confuso con il termine «deposito attrezzi
agricoli».
3) Per quanto riguarda le aree vicine al complesso residenziale «Costa Alta», il
funzionario della Provincia di Trieste che segue la conclusione della vicenda
collegata alla frana sulla sottostante strada provinciale del dicembre 2005, a
seguito dell’intervento degli ambientalisti presso l’organo competente, mi ha
informato che l’Ente sta recuperando parte degli 850 mila euro costituenti il
quadro economico di spesa per la messa in sicurezza e consolidamento della
scarpata previo accordo con la ditta proprietaria; è in corso la predisposizione
del piano catastale-tavolare di frazionamento per individuare esattamente le
aree da cedere all’Ente pubblico. Rilevo pertanto che l’intervento ambientalista
è risultato utile per raggiungere l’interesse pubblico e quello dei cittadini
come nel caso della collaborazione con il Comune che grazie ai costanti contatti
con la Protezione civile ha portato alla positiva e definitiva conclusione dei
lavori per la messa in sicurezza della frana su una delle scarpate di Borgo San
Cristoforo.
4) Parte dei residenti di Borgo San Cristoforo come pure Borgo San Pietro ai
tempi della precedente amministrazione si sono trovati in contrasto con il
Comune a causa di nuove opere allora proposte nei loro borghi; i progetti
prevedevano interventi che avrebbero portato a un ridimensionamento del numero
dei parcheggi. A quanto mi è stato riferito, quando uno dei residenti di Borgo
San Pietro si era lamentato del progetto, vista anche la presenza di persone
anziane, la persona con cui parlava gli aveva risposto che potevano andare a
parcheggiare a Muggia Vecchia (tanto per capire: circa un chilometro a monte).
Alla fine il cambio dell’amministrazione comunale ha portato alla chiusura della
vicenda lasciando invariato il numero dei parcheggi come richiesto dai
residenti.
5) Per quanto riguarda quello che lei ha definito «l’ecomostro denominato Monte
d’Oro», opera alla quale siamo sempre stati contrari, debbo ricordarle che la
modifica dello strumento urbanistico che ha permesso la sua realizzazione è
stata approvata dal precedente consiglio comunale. Mi sembra poi quanto meno
singolare la sua posizione quando, lamentandosi dell’opera, critica gli
ambientalisti, pure contrari, invece di rivolgere i suoi commenti verso chi lo
ha autorizzato. Per quanto riguarda poi la realizzazione di un rimessaggio per
camper in una zona ad alto pregio ambientale nella parte alta della Valle delle
Noghere, va rilevato che l’intervento delle associazioni ambientaliste non è
affatto contemporaneo all’inaugurazione del centro commerciale di cui sopra;
sono infatti passati già due anni dall’intervento delle Associazioni presso gli
enti competenti.
Fabio Longo - presidente del Comitato Sos Muggia
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 maggio 2009
Bandelli: mostrerò a Racovelli il progetto di piazza
Libertà - L’ASSESSORE: NON INSABBIO NULLA
«Mi ritengo offfeso, io non ho ”lunghe mani”, forse è il consigliere Racovelli ad aver avuto, in quest’occasione, la lingua lunga. Ma lo smentisco subito: io non insabbio proprio nulla e non ho niente da nascondere né da temere, da mercoledì (domani, ndr) lo invito a contattare me o la mia segreteria per un appuntamento in cui potrà visionare il progetto di piazza Libertà, non serve che chiami Roma». L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli replica al verde Alfredo Racovelli, che aveva denunciato di non aver potuto accedere, tramite la dirigente d’area, l’architetto Marina Cassin, alla consultazione dell’ultima versione del discusso progetto di riqualificazione del fronte-stazione, quella con il lato di via Ghega ridotto da sette a sei corsie. «L’architetto Cassin - sbotta Bandelli - ha risposto correttamente a Racovelli. Si tratta di un progetto attualmente al vaglio della Soprintendenza, non è definitivo, può subire ulteriori modifiche. Mi dispiace che, a quel punto, non sia venuto da me come ha fatto altre volte, la strada la conosce bene. Mi stupisce la sua uscita, considero Racovelli persona corretta ed educata in ambito consiliare, ma capisco che fa gola una foto sul giornale...». Anche il presidente del Consiglio comunale, Sergio Pacor, ha dato però ragione a Racovelli. «Mi permetto di non commentare, chi vuol capire capisca», taglia corto Bandelli.
(pi.ra.)
Un catasto comunale per gli impianti termici -
L’ASSESSORE RICCARDI PRESENTA LA BOZZA DEL DISEGNO DI LEGGE REGIONALE
SULL’ENERGIA
Servirà a snellire accertamenti e ispezioni su quelle
strutture destinate al contenimento dei consumi
UDINE I Comuni si doteranno di un catasto degli impianti termici degli
edifici. Lo prevede la bozza del disegno di legge sull’energia presentato ieri a
Udine dall’assessore regionale Riccardo Riccardi ai rappresentanti delle
categorie economiche, delle associazioni ambientaliste, degli ordini
professionali e delle multiutilities del Friuli Venezia Giulia. Il catasto,
inserito all’interno del sistema informativo regionale, sarà formato attraverso
la comunicazione dei conduttori o degli amministratori di condominio che
dovranno indicare la titolarità, l’ubicazione, la potenza nominale, l’anno di
installazione e il tipo di combustibile in uso del proprio impianto, nonché le
sue successive sostituzioni o potenziamenti. Obbligo analogo anche per le
società distributrici di combustibili che dovranno comunicare ai Comuni la
titolarità e l’ubicazione degli impianti da loro riforniti negli ultimi mesi. La
norma va ad attuare quanto previsto dalle legge nazionale in materia ed era già
stata inserita nel ddl predisposto nella precedente legislatura che però aveva
ricevuto l’approvazione della Commissione competente senza riuscire ad approdare
per tempo in Consiglio regionale.
La realizzazione del catasto informatico comunale dovrebbe consentire di
omogeneizzare e rendere più efficaci ed economici gli adempimenti degli enti
relativi ad accertamenti e ispezioni degli impianti finalizzati al contenimento
dei consumi energetici. Un altro catasto, gestito dall’Arpa, riguarderà invece
gli elettrodottI con tensione superiore ai 130 kilovolt e consentirà di valutare
i livelli di campi elettrici e magnetici di eventuali nuove linee tenendo conto
di quelle esistenti evidenziando situazioni critiche in termini di esposizione
della popolazione.
Il disegno di legge, ha spiegato Riccardi, intende inoltre ridefinire le
competenze degli enti locali trasferendo in particolare alle amministrazioni
provinciali le competenze autorizzative (attualmente svolte dai Comuni) che
rimarranno invece in capo alla Regione per quanto riguarda impianti di grandi
dimensioni. I Comuni saranno chiamati a predisporre i Documenti energetici
comunali che saranno il passaggio attuativo del Programma energetico regionale e
dei Programmi regionali attuativi. La bozza si pone come obiettivo la
semplificazione delle procedure di autorizzazione a tutti i livelli per quanto
concerne impianti energetici di produzione, depositi e infrastrutture per il
trasporto e la distribuzione di energia, puntando allo strumento della
conferenza dei servizi per arrivare a procedimenti unici. «Entro la fine del
prossimo anno – ha affermato Riccardi – andrà ridefinito il Piano energetico
regionale. Nel frattempo è comunque necessario mettere mano alla legge
attualmente in vigore (datata 2002, ndr) soprattutto sul piano delle procedure».
(r.u.)
La Regione parte civile contro Fogar - Il presidente
del Miani accusato di falso e truffa: la difesa cita 9 testimoni - In ballo un
contributo da centomila euro
L’Amministrazione regionale si è costituita ieri parte
civile nel processo che vede sul banco degli imputati Maurizio Fogar, al vertice
da innumerevoli anni del Circolo ”Ercole Miani”. Fogar è stato rinviato a
giudizio dal gip Enzo Truncellito per truffa aggravata e falso. Secondo
l’inchiesta diretta dal pm Giuseppe Lombardi avrebbe ricevuto dalla stessa
Regione, attraverso attestazioni che l’accusa ritiene false, centomila euro di
contributi per il ”suo” circolo. I contributi su cui si è focalizzata
l’attenzione degli investigatori della Guardia di Finanza sono quelli del 2005 e
del 2006.
La Regione ha affidato il mandato di rappresentarla nel processo all’avvocato
Mauro Cossina ma nel dibattimento ci sarà anche una seconda parte civile: nel
corso dell’udienza preliminare si era infatti già costituito Giorgio De Cola, a
cui era stato attribuito il ruolo di componente del Consiglio direttivo del
Circolo Ercole Miani. «È stata un’attestazione del tutto falsa, fatta a mia
totale insaputa», ha sempre affermato De Cola che dopo aver scoperto questo
significativo ”dettaglio” ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine conclusasi col rinvio a giudizio
dell’«apparente» presidente Maurizio Fogar per falso e truffa. «Apparente» è la
definizione che compare sul decreto di rinvio a giudizio.
Il processo entrerà nel vivo il prossimo 30 novembre e sarà celebrato dal
giudice Giorgio Nicoli. Il difensore di Fogar, l’avvocato Guido Fabbretti ha
annunciato che chiederà l’audizione di nove testimoni, mentre l’accusa ne ha già
citati 17.
Tempi lunghi insomma, ma anche una battaglia a tutto campo. La difesa ha già
spiegato che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare - il
Circolo Miani a presentare la richiesta di contributi pubblici, in quanto «ente
di interesse culturale». Erano infatti disponibili i finanziamenti e i
contributi della legge 68/81.
Il Circolo aveva depositato la documentazione richiesta, e secondo la Procura
aveva «attestato falsamente a un pubblico ufficiale, individuato nel
responsabile regionale del procedimento relativo alle concessione del
contributo, che il Consiglio direttivo era formato da Giorgio De Cola, Luciana
Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucc ae Fulvio Montecarlo». Secondo
l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi
consuntivi, anche il direttore regionale del Servizio delle attività culturali
Nicolò Molea che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i
centomila euro.
(c.e.)
I risultati del progetto "3 Erre": riuso di materiali
con fantasia - PRESENTATA LA FASE FINALE
TRIESTE Muggia, grazie ai suoi ragazzi, da quelli delle
scuole di infanzia fino agli iscritti delle medie, è riuscita a portare a
termine un progetto che oramai da due anni impegnava, istituti scolastici,
ricreatori e istituzioni di diverso grado. "3 Erre" (risparmio, riuso, riciclo)
è arrivato alla sua fase conclusiva, la presentazione dei lavori finali. Ieri
nella sala Negrisin di Muggia, è stata aperta per un'ora in anteprima
l'esposizione di tutti i lavori creati durante la fase precedente del progetto.
L'idea è quella di risparmiare più materiale possibile e quindi riutilizzarlo in
altre forme: ecco prendere vita vestiti o borsette, creati con borse di
surgelati, sacchetti di plastica, alluminio e lattine. «Nella fase finale -
spiega l'insegnante Irene Favet - abbiamo cercato di unire le diverse
generazioni, invitando nonne, zie e mamme a lavorare con i ragazzi per insegnare
loro vecchi trucchi del passato». «L'aspetto più entusiasmante - dice Elide
Catalfamo, responsabile del progetto - è il coinvolgimento della comunità
locale».
Il progetto è riuscito nell'intento di modificare un po' le abitudini della
comunità. «Negli ultimi anni qualcosa è cambiato - conferma il vicesindaco di
Muggia, Franco Crevatin - grazie sicuramente ad una nostra precisa politica di
amministrazione, ma sicuramente dobbiamo anche dare atto al valore di questi
progetti».
Cristina Polselli
URBANISTICA - Piazza S. Antonio
Cosa diranno i nostri cari commercianti di 4 anni di
lavori per il parcheggio di piazza S.Antonio? Quindici anni fa raccolsero un
migliaio di firme per cancellare un pregevole progetto dell'architetto Gigetta
Tamaro che avrebbe restituito lo specchio d'acqua davanti alla chiesa in poco
più di un anno, trasformando il banale giardinetto in un teatro sull'acqua
fiancheggiato dalle antenne delle navi che un tempo ormeggiavano nel canale:
essendo il comune commissariato, una brillante dirigente si assunse la
responsabilità di cancellare il progetto già approvato e finanziato «perché
contrario alla volontà popolare». Oggi, con la crisi, che faranno? E chissà se
il sindaco Dipiazza ricorda la promessa elettorale di pedonalizzare tutto il
borgo Teresiano collegando i parcheggi più lontani con alcuni minibus (come in
funzione a Roma ormai da 30 anni)? A chi interessa oggi rovinare il centro
cittadino riportandovi il traffico allontanato con tanta fatica? Qualche urgente
risposta sarebbe davvero necessaria.
Lucio Vilevich
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 maggio 2009
ALTA VELOCITÀ «Tav, in Val Rosandra 100 camion al
giorno» - La XXX Ottobre: dieci anni per asportare i previsti 8 milioni di metri
cubi di materiale
L’associazione chiede un «dibattito costruttivo»
sull’impatto ambientale
«Un dibattito costruttivo per la definizione di un progetto così importante
e vitale per l’economia dell’intera città». Sul nodo Trieste e infrastrutture -
nella fattispecie, su Tav e Val Rosandra - scende in campo anche l’associazione
XXX Ottobre, sezione del Cai incaricata di occuparsi di tutela e salvaguardia
del territorio. E lo fa per manifestare la propria preoccupazione sulla
Trieste-Divaccia con un intervento ufficiale del suo presidente, Giorgio Godina,
il quale riprende un paio di passaggi della relazione generale relativa allo
Studio ambientale del progetto: «Dal momento che lo studio è stato condotto
sulla base di dati disponibili in letteratura, ma senza un riscontro puntuale
sul campo, è difficile valutare gli impatti specifici esercitati sui singoli
elementi del sistema floristico e faunistico». E poi: «...alcune alterazioni
potrebbero risultare irreversibili per flora e fauna».
Queste le frasi che più delle altre hanno allarmato Godina, il quale, in chiave
futura e in tema di impatto ambientale, sottolinea un aspetto pratico legato
allo scavo e alla prevista asportazione di 8 milioni di metri cubi di materiale,
tra rocce calcaree ed arenaria, dalla zona carsica per l’effettuazione dei
lavori: «Considerando che un singolo grosso camion può trasportare 20 metri
cubi, per realizzare l’intero sterramento sarebbe necessario veicolare 100
camion al giorno per dieci anni consecutivi senza mai fermarsi».
Un dato, secondo il presidente della XXX Ottobre, «da moltiplicare ancora per
due, considerando per ogni singolo camion un viaggio di andata e uno di
ritorno». Il tutto, conclude, «con le ripercussioni del caso derivanti dalle
emissioni acustiche, da quelle dei gas di scarico nell’atmosfera, dalle
vibrazioni, all’interno o nei pressi dei centri abitati». Sulla base di queste
considerazioni e per spazzare via «i tanti riserbi e gli anomali silenzi» sul
tema, come li definisce lui stesso, Godina chiede un dibattito costruttivo fra
le parti, un coinvolgimento dei cittadini.
Il medesimo auspicio è stato rilanciato qualche giorno fa dal consigliere
regionale dell’Italia dei valori, Stefano Alunni Barbarossa, con
un’interrogazione presentata alla giunta guidata da Renzo Tondo. Alunni
Barbarossa, dopo aver sottolineato come «le popolazioni interessate dal
passaggio del tracciato non sono mai state coinvolte in alcun tipo di
discussione», chiede che le stesse siano contemplate per «scelte così importanti
per il territorio e che ricadranno nel bene e nel male anche sulle generazioni
future». La risposta, immediata come richiesto dall’atto del consigliere, è
arrivata attraverso l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti, Riccardo
Riccardi: «Per quanto concerne la tratta in territorio italiano, la Regione è
tenuta a dare l’intesa sulla localizzazione, sentiti i comuni nel cui territorio
si realizza l’opera (secondo l’articolo 3 del Decreto legislativo 190 del 2002,
ndr)». E, quindi, «appare pienamente garantito quel coinvolgimento dei cittadini
ritenuto necessario non solo dall’interrogante, ma dall’intero esecutivo
regionale», ha aggiunto Riccardi.
Una convocazione del Consiglio comunale è stata richiesta invece da Roberto
Decarli (Cittadini): «È arrivata l’ora che si parli di Tav nella sede più
appropriata, il Consiglio comunale di Trieste, invitando in questa assise i
membri del Ceb all’interno del quale è previsto un rappresentante della Regione,
del Ministero dei Trasporti e della Rete Ferroviaria Italiana, o in subordine
l’assessore Riccardi, e una rappresentanza delle associazioni ambientaliste più
rappresentative congiuntamente al Cai XXX Ottobre».
Proprio la settimana scorsa, il sottosegretario a Infrastrutture e trasporti
Bartolomeo Giachino, in visita a Trieste, aveva parlato della Tav
Trieste-Divaccia ricordando che «il governo considera il Corridoio 5 strategico,
per il trasferimento del traffico merci dalle autostrade ai treni, permettendo
così progressi in termini di sicurezza, mole di merci trasportate e un minor
inquinamento».
MATTEO UNTERWEGER
Piano traffico, più corsie per gli autobus
- PROGETTO IN GRAVE RITARDO, ORA SARÀ RITOCCATO PER ACCOGLIERE LE
RICHIESTE DI TRIESTE TRASPORTI
Senso di marcia invertito in via Geppa. Riproposto il
ring Corso Italia-via Carducci
Roberto Dipiazza, in ragione di quella delega alla mobilità trattenuta per
sé dopo l’uscita di scena di Maurizio Bucci, eletto un anno fa in Consiglio
regionale, assicura che ci sta lavorando sopra da almeno un mese e mezzo,
lasciando intendere che la grande novità sarà un incremento delle corsie
preferenziali per gli autobus. Ma l’opposizione, per voce del capogruppo del Pd
Fabio Omero, memoria storica del centrosinistra sull’argomento, non gli crede. E
torna a incalzare il sindaco sulla storia infinita del Piano del traffico,
«oggetto dei soliti silenzi e rinvii» anche adesso che è diventata realtà, da
quattro mesi, la «rescissione consensuale» della collaborazione con il professor
Roberto Camus. Un documento «nato male e finito peggio», con la bocciatura da
parte dello stesso Dipiazza del piano Camus, la cui ricostruzione - si mormora a
palazzo, e non solo tra i banchi del centrosinistra - si troverebbe ancora in
alto mare e sarebbe subordinata al varo di piani particolareggiati come Borgo
San Sergio piuttosto che San Vito (entrato a regime in questi giorni) o, ancora,
alla fresca variante per i lavori di pedonalizzazione tra piazza della Borsa,
via Einaudi e via Cassa di Risparmio con lo sguardo già rivolto verso il futuro
terzo ponte sul canale di Ponterosso.
ALTRE PRIORITÀ Una ricostruzione «organica» che, peraltro, non sarebbe neppure
rientrata fra le priorità dell’ammministrazione municipale. Da dove, di questi
tempi, si punta forte sulle partite del Parco del mare, il cui studio di
fattibilità dell’assessore Giovanni Ravidà approderà oggi in giunta, e della
variante generale al Piano regolatore, attesa al rush finale nelle prossime
settimane e vincolata a un’approvazione definitiva del Consiglio comunale entro
fine luglio.
In quel caso in effetti, pena la decadenza dei vincoli di salvaguardia del verde
e dei contesti urbani di pregio, una data di scadenza c’è. Quella che è sempre
mancata al Piano del traffico. Di date, ad oggi, Dipiazza non parla.
LA REVISIONE Parla, questo sì, che «sto lavorando, finalmente, su un documento
divenuto di proprietà del Comune, e lo sto facendo con risorse del Comune», dato
che è nata una task-force ristretta composta dal mobility manager Giulio
Bernetti e dal geometra Luigi Vascotto. Un percorso di revisione
tecnico-politica, dunque, con la supervisione del sindaco e assessore
autodelegato, con alcuni capisaldi: «Mai - dice ad esempio Dipiazza- invertiremo
la marcia di via San Francesco stravolgendo il flusso attuale. Resta valida poi
l’idea del Ring lungo Corso Italia e via Carducci, che resteranno così come
sono, e le Rive».
CORSIE PREFERENZIALI Primizie? Il primo cittadino si lascia scappare una «via
della Geppa a senso invertito, dalle Rive stesse per arrivare in via Carducci».
E solo per i bus. Perché, in realtà, il Piano del traffico targato Dipiazza e
non più Camus - riprendendo le annose richieste della Trieste Trasporti al
Comune, rimaste finora a mezz’aria - prevede attualmente una serie di
simulazioni per incrementare le corsie preferenziali. Obiettivo? «Aumentare -
insiste il sindaco - la velocità commerciale dei mezzi pubblici, che a Trieste è
bassa. E per questo ci confronteremo con la Provincia, che è l’ente competente
in materia. Più che del traffico urbano privato, che abbiamo in buona misura già
risolto con le Rive nuove e la Grande viabilità, bisognerebbe parlare del Piano
del trasporto pubblico locale».
PIERO RAUBER
PIANO DEL TRAFFICO - Omero: «Si procede a piccole
fette»
Per il Pd, però, quelle del sindaco Dipiazza, sono solo
«parole». «La verità - stuzzica Omero - è che il Comune continua ad applicare il
cosiddetto Piano Honsell-Barduzzi-Illy del ’98, quello che loro hanno sempre
detto che faceva schifo e che, subentrando come maggioranza nel 2001, avevano
immediatamente giurato di voler cambiare. Anche gli stessi piani
particolareggiati, come l’individuazione di parcheggi o le nuove delimitazioni
di aree pedonali, ultima quella attorno a piazza della Borsa, fanno riferimento
sempre al Piano del ’98». «Prima - aggiunge il capogruppo dei democratici in
Consiglio comunale - Dipiazza diceva che finché non finiva le Rive non varava il
nuovo Piano del traffico, poi che non l’avrebbe fatto prima dell’inaugurazione
della Gvt. Adesso ripete che non si può stringere, in vista di un’eventuale
pedonalizzazione di via Mazzini, finché non si levano le rotaie di Stream.
Sta di fatto che in questo modo si è trovata la strategia per non fare nulla. Il
procedere a pezzetti non sta in piedi. E intanto stiamo incassando soldi statali
dal fondo per la mobilità che dovrebbero servire per l’abbattimento
dell’inquinamento da traffico (525mila euro su un costo totale di 750mila, ndr)
per costruire il ponte sul canale di Ponterosso tra via Cassa di Risparmio e via
Trento».
Negato a Racovelli (Verdi) il progetto su piazza
Libertà - Il consigliere comunale invitato a rivolgersi ad una commissione di
Roma per visionare le carte
Per regolamento i consiglieri comunali dovrebbero in
teoria poter accedere agli atti amministrativi del municipio. In teoria,
appunto. Perché, nella pratica, capita che agli eletti quel diritto venga
negato. L’ha sperimentato a proprie spese l’esponente dei Verdi Alfredo
Racovelli, nel momento in cui ha chiesto agli uffici di ottenere una copia
aggiornata del progetto di riqualificazione di piazza Libertà.
«Rispetto alla versione originale sulla quale l’aula si era espressa tempo fa,
sono state apportate delle modifiche che riducono da sette a sei le corsie di
marcia sul lato di via Ghega - spiega Racovelli -. Modifiche annunciate
dall’assessore Bandelli alla stampa, ma mai illustrate ufficialmente al
consiglio. Per questo mi sono rivolto alla dirigente dell’area Lavori pubblici
Marina Cassin, chiedendo copia dell’elaborato. Mi è stato però risposto che il
progetto è ancora in fase d’istruttoria e, di conseguenza, non può essere
visionato».
Ricevuto il primo rifiuto, Racovelli ha bussato ad una seconda porta, quella del
segretario e direttore generale del Comune Santi Terranova: «Da lui mi sono
sentito dire che esistono diversità di vedute all’interno del Comune sulla
facoltà dei consiglieri di visionare i progetti - continua Racovelli -. Il
suggerimento finale, pertanto, è stato di rivolgermi ad una Commissione
governativa, con sede a Roma, che si occupa proprio di accesso agli atti.
Suggerimento che, ovviamente, non ho seguito. Mi pare evidente che qualcuno sta
provando ad insabbiare la questione. Non so se dietro a questa serie di no ci
sia la lunga mano di Bandelli. Sta di fatto che non si vuole fare chiarezza
sull’opera forse più contestata degli ultimi anni, contro la quale sono state
raccolte oltre 10 mila firme e su cui il consiglio deve necessariamente poter
tornare ad esprimersi».
Argomenti esposti anche durante l’ultima riunione nella quale l’esponente
dell’opposizione ha incassato l’appoggio e la solidarietà del presidente del
consiglio comunale. «A mio parere Racovelli, come ogni altro consigliere, ha il
diritto di ottenere copia dei progetti - conferma Sergio Pacor -. E a difesa di
quel diritto ho pure scritto un opuscolo, nel quale indico anche il percorso per
chi, ritenendosi leso, sceglie di ricorrere alle vie giudiziarie. Se Racovelli
deciderà di avviare un procedimento di questo tipo, gli metterò a disposizione
un avvocato. Ovviamente mi auguro che non si debba arrivare a tanto».
«Quando si tratta di interpretare leggi e regolamenti, la parola spetta
necessariamente al segretario Terranova - replica il sindaco Dipiazza -. È lui
che interviene ogni volta che viene segnalato un problema in consiglio. Detto
questo, io non ho problemi a mostrare il progetto di piazza Libertà a Racovelli
perché non c’è nulla da nascondere. Sarebbe il caso di abbandonare però questa
ostilità nei confronti di un intervento assolutamente necessario. Un intervento
- conclude Dipiazza - che ora viene criticato e che poi, una volta concluso,
sarà apprezzato da tutti come avvenuto per piazza San Giacomo».
(m.r.)
Sadoch in degrado, continua la protesta - I RESIDENTI
DI VIA POLLAIUOLO: EDIFICI PERICOLANTI DA DEMOLIRE
Continuano le proteste nella zona di viale Ippodromo. I
residenti di via del Pollaiuolo, riunitisi da tempo in comitato, chiedono al
Comune di intervenire sul degrado causato da un paio di edifici pericolanti che
da una quindicina d’anni hanno obbligato al transennamento di un lato della
strada. Gli abitanti sollecitano l’amministrazione ad applicare il piano
regolatore che prevede un allargamento della strada effettuabile appunto con
l’esproprio degli edifici pericolanti. Lanciano poi un grido di allarme,
sostenendo che nel comprensorio di proprietà della Art Duemila ci sarebbero
residui abbandonati di eternit polverizzato privi di protezione sul lato di via
del Pollaiuolo, nelle adiacenze degli edifici diroccati. Questi edifici fanno
parte del comprensorio dell’ex cartiera Sadoch, già citata anche per il
fallimento Tonnellotto, che con la sua Ipg srl vi doveva costruire la Residenza
Ippodromo. Con il fallimento la questione è finita in Tribunale, e la proprietà,
la Art Duemila, non può disporre del bene, affidato ad un curatore.
Ma andiamo per ordine. Spiega Elpidio Puppatti che in via del Pollaiuolo è
proprietario di due casette: «Il degrado è insostenibile. Nelle case diroccate
su un lato della strada si sono insediate anche persone senza fissa dimora. La
Art 2000 è la proprietaria di questi immobili, tranne uno. Chiediamo al Comune
di intervenire con un esproprio per eliminare le catapecchie e allargare la via,
come è previsto dal Piano regolatore». Analoga la richiesta di altri residenti,
come Mario Naveri e Marcello Pace.
La Art 2000 risponde per voce della proprietà e dell’architetto Fabbro, già
direttore dei lavori per Tonnellotto: «Escludiamo che ci sia dell’amianto
sbriciolato, Tonnellotto aveva fatto fare una bonifica valutata a suo tempo
dall’Azienda sanitaria. Se c’è qualche pezzo di amianto è intero e non
sbriciolato. Quanto agli immobili di via del Pollaiuolo, la situazione è in mano
al curatore fallimentare. Non possiamo né vendere né ristrutturare. Lanciamo
anzi un appello alle autorità per vedere sbloccata la situazione». La Art 2000
precisa anche di cercare di mantenere in sicurezza il sito, dove però i
vandalismi sono numerosi: quotidiani i danni alle recinzioni. Perciò invita i
residenti a chiamare la polizia ogni qualvolta notino presenze sospette.
Intanto, il dirigente del Comune Carlo Tosolini precisa che «per gli espropri ci
vogliono soldi che in questo momento di congiuntura mancano. Il piano regolatore
peraltro è in fase di aggiornamento, ma non è detto che la variante riconfermerà
piccole modifiche stradali, come nel caso di via del Pollaiuolo».
Daria Camillucci
Consiglio direttivo fantasma: a giudizio
Maurizio Fogar - PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI - Le accuse del pm: falso e truffa
ai danni della Regione per un contributo di 100mila euro
Centomila euro. Oggi si apre davanti al Tribunale il
processo che vede imputato Maurizio Fogar, «apparente presidente» del Circolo
Ercole Miani, come lo definisce il pm Giuseppe Lombardi nel capo di imputazione
in cui gli contesta due ipotesi di reato: la truffa e il falso ai danni
dell’Amministrazione regionale. I centomila euro rappresentano quanto il circolo
ha percepito tra l’11 marzo 2005 e lo stesso giorno del 2006 e nello stesso capo
di imputazione la Regione Friuli Venezia Giulia viene indicata come ”parte
offesa”. In altre parole la legge le consente di costituirsi parete civile per
cercare di ricuperare all’erario, in caso di eventuale condanna di Fogar, i
centomila euro erogati per le attività culturali del Circolo Ercole Miani che
negli ultimi anni si è segnalato per l’intensa attività diretta a sottolineare
il pericolo per la salute della popolazione rappresentato dalle emissioni della
Ferriera di Servola. Innumerevoli le iniziative politiche ma anche giudiziarie.
In precedenza negli Anni Novanta lo stesso circolo aveva avuto il merito di
farsi editore di una pubblicazione di notevole spessore culturale e di aver
portato a Trieste, presentandoli al pubblico in conferenze e dibattiti,
personaggi come l’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov, i pm titolari delle
inchieste milanesi su «mani pulite» e gli avvocati difensori di alcuni dei
politici e manager imputati.
A mettere nei guai Maurizio Fogar è stato un esposto presentato da un cittadino
che ha sostenuto di avere trovato il proprio nome e cognome inserito- a sua
totale insaputa- nel direttivo del circolo Miani.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno evidenziato che la «cooptazione»
forzata non aveva coinvolto solo il firmatario dell'esposto ma anche altre
ignare persone. «Maurizio Fogar in qualità di apparente presidente del Circolo
Miani, in sede di presentazione di due documentazioni atta ad accedere ai
finanziamenti e ai contributi regionali, con artifici e raggiri consistiti nella
presentazione in due occasioni diverse, di due analoghe dichiarazioni nelle
quali attestava falsamente la composizione degli organi sociali del Circolo,
destinatario dei contributi e nella quale cooptava artificiosamente Giorgio De
Cola, Luciana Scherni, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Moncalvo,
attribuendo loro la falsa qualifica di componenti dell’inesistente consiglio
direttivo del circolo, traeva in inganno l'Amministrazione regionale del Friuli
Venezia Giulia così ottenendo ingiustamente la concessione di due diverse
annualità nella misura di 50 mila euro per il 2005 e altrettanto per il 2006».
Secondo il decreto di rinvio a giudizio firmato dal giudice Enzo Truncellito, le
cinque persone a cui era stato attribuiti falsamente il ruolo di componenti del
consiglio direttivo, «mai avevano prestato il consenso all’assunzione di quelle
funzioni».
Secondo l’avvocato Guido Fabbretti, difensore di Maurizio Fogar, il suo
assistito non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha unicamente degli
aspetti formali, tant’è che la procura non ha contesta alcuna uscita illegittima
di denaro dalla casse del circolo. Inoltre le assemblee si sono svolte
regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è mai stato
redatto alcun verbale. In sintesi le decisioni sarebbe state assunte in sede
assembleare, da tutti i 300 soci del circolo.
(c.e.)
SLOVENIA - La centrale di Krsko riprende l’attività - Ispezionati il reattore nucleare e i sistemi di raffreddamento Sostituite 56 barre di uranio
KRSKO - Dalla notte tra sabato e domenica, la centrale nucleare di Krsko è nuovamente collegata alla rete dopo un mese di lavori di revisione dell'impianto. Il reattore è stato riacceso alcuni giorni prima, ma, come sempre in questi casi, ci sono volute non meno di 72 ore perché la centrale potesse operare a pieno regime.
Il reattore era stato spento agli inizi di
aprile, quando si è concluso il 23.o ciclo di combustibile. Sono state
sostituite le barre di uranio esaurite, 56 sulle complessive 121, ed è stato
revisionato l'intero sistema. Sono stati ispezionati il reattore, le condotte, i
sistemi di raffreddamento, i generatori di vapore, e tutte le saldature. La
pausa annuale è stata sfruttata anche per apportare alcune migliorie tecniche
legate fondamentalmente agli strumenti di misurazione. I lavori hanno coinvolto
tutti i 600 dipendenti della centrale e circa 2000 collaboratori esterni, in
prevalenza altamente specializzati.
Tutto si è svolto senza grossi problemi, se si esclude un piccolo incidente sul
lavoro, peraltro senza gravi conseguenze, quando un operaio è scivolato
dall'impalcatura durante i lavori di pulizia del serbatoio con acqua distillata.
La centrale è stata collegata alla rete con qualche giorno di ritardo sui tempi
previsti, ma solo perché non c'era alcuna fretta. «E' stato fatto un grande
lavoro - ha dichiarato il direttore dell'impianto Stane Rozman - e non c'era
bisogno di stringere i tempi, anche perché i consumi sono calati e, viste le
piogge di aprile, pure le centrali idriche non hanno nessuna difficoltà per
operare a pieno regime».
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 maggio 2009
In sfilata anche la protesta No-Tav - TANTI GLI
AMBIENTALISTI ARRIVATI DA FUORI PROVINCIA
Lavoro e diritti innanzitutto, ma anche difesa
dell’ambiente e rispetto per il territorio. Le celebrazioni del 1 maggio a
Trieste hanno assunto quest’anno un chiaro sapore ecologista, grazie alla
presenza in corteo di decine di ambientalisti. Giovani e anziani, alcuni
arrivatia anche da fuori provincia, decisi ad esprimere con forza la loro
contrarietà a «tutte quelle opere folli che la politica spaccia per occasioni di
sviluppo, ma che, invece, altro non sono se non manovre per arricchire i soliti
noti e violentare l’ambiente».
Ecco allora gli striscioni contro l’alta velocità ferroviaria - «l’illusione di
un lavoro, la certezza di sprechi e danni al territorio» -, le critiche alle
istituzioni che sostengono il progetto del rigassificatore, gli slogan per dire
no all’autostrada Carnia-Cadore e agli interventi che rischiano di stravolgere
l’habitat del fiume Tagliamento. Il tutto accompagnato da un colonna sonora
particolarmente efficace: Caparezza e la sua «Grande Opera», manifesto della
lotta contro le lobby dell’edilizia e le decisioni prese sulla pelle delle
popolazioni.
Una protesta comunque pacifica e pacata: chi temeva provocazioni da parte dei
gruppi No Tav è stato smentito. L’unico e innocuo fuori programma è stata la
costruzione di un «carretto ad alta velocità», fatto correre in piazza Unità
sotto lo sguardo divertito di centinaia di manifestanti.
(m.r.)
Muggia, via libera al prg del porto -
Decisivo il voto della maggioranza, si è astenuto il centrodestra -
Insoddisfatto e molto critico il Comitato per la salvaguardia del Golfo
DOPO UNA COMBATTUTA SEDUTA NOTTURNA
MUGGIA Il consiglio comunale di Muggia si è espresso favorevolmente per il
raggiungimento dell’intesa per il Piano regolatore del porto di Trieste.
Al termine di una seduta iniziata alle 18.30 e terminata ben oltre la mezzanotte
la maggioranza di centrosinistra ha fatto passare il documento con l’aggiunta di
un emendamento firmato dal consigliere Paolo Prodan (Pdl) rispondendo
positivamente all’Autorità portuale.
Astenuti dal voto invece i consiglieri di centrodestra presenti in aula.
«Abbiamo scelto concetti chiavi quali il porto, le navi, le gru, l’incremento
commerciale, il tutto inquadrato in uno sviluppo sano –ha spiegato il sindaco di
Muggia Nerio Nesladek- ma abbiamo scelto anche il mare, anche a costo di
sacrificarne un pezzo».
Il primo cittadino ha poi ricordato che il Piano regolatore del porto è «uno
strumento necessario per la crescita economica dell’area, che favorirà i
traffici commerciali, il movimento di navi e l’occupazione».
La riunione del consiglio ha visto anche la presenza in aula del comitato per la
Salvaguardia del Golfo di Trieste il quale, tramite il responsabile Arnaldo
Scrocco ed il consigliere comunale di San Dorligo Giorgio Jercog, ha fatto
pervenire ai consiglieri, agli assessori e al sindaco Nesladek un volantino con
il quale si esortava il consiglio a rifiutare qualsiasi tipo di risposta
all’Autorità portuale sul Piano per la «sostanziale incompletezza dello
specifico strumento, risultante esso sprovvisto della prescritta Vas
(valutazione ambientale strategica), strumento senza il quale l’atto proposto è
da considerarsi annullabile per violazione di legge».
La votazione favorevole al Piano regolatore del porto giunge pochi giorni dopo
il nulla osta arrivato dal consiglio comunale di Trieste con il sì da parte sia
del centrodestra che dal centrosinistra.
Uniche eccezioni il consigliere dei Verdi per la pace Alfredo Racovelli,
astenutosi dalla votazione, ed il consigliere della Lista Primo Rovis Emiliano
Edera, uscito dall’aula prima del voto.
(r.t.)
PRG - NESLADEK SPIEGA IL VOTO - «Una scelta strategica
anti-rigassificatore»
«Un evento di grandissima importanza non solo per il
territorio di tutta la provincia ma anche per la stessa città di Muggia che
accoglierà sul suo territorio, nella zona ex Aquila, una importante espansione
del porto stesso». Questo il commento del sindaco di Muggia Nerio Nesladek
all’avvenuta approvazione in consiglio del piano regolatore portuale. «Queste
intese – scrive in un’articolata nota – sono la premessa di un rilancio dello
sviluppo portuale da molti anni atteso e voluto da parte di parte dei
lavoratori, degli imprenditori e di tutta la comunità». «E’ stata anche una
scelta strategica – precisa però Nesladek – contro la paventata installazione
del rigassificatore a due passi da casa nostra. Premesso infatti che non abbiamo
purtroppo nessuna possibilità di porre veti su quell’installazione perché
territorialmente non competenti, siamo però convinti che, proprio per questioni
di spazio, sarà molto difficile realizzare un impianto di quel tipo in uno
spazio angusto tra un terminal petroli già esistente e quel nuovo terminal
traghetti nella zona ex Aquila, che giovedì abbiamo approvato con il nuovo piano
regolatore».
«E’ stata, infine – aggiunge ancora – una scelta di risanamento perché
attualmente il terminal Roro è l’unica possibilità per bonificare e
riqualificare la zona dell’ex Aquila. Stupisce e indigna quindi che il
centrodestra, guidato da un Grizon particolarmente incattivito, non abbia voluto
votare queste intese esprimendo quindi contrarietà al Piano regolatore portuale.
Hanno perso una grande opportunità di far del bene alla nostra comunità e al
territorio e creato imbarazzo al sindaco Dipiazza che aveva personalmente
garantito - senza dubbio alcuno - che il centrodestra a Muggia avrebbe votato
compattamente per il sì».
«Prendiamo atto invece – aggiunge Nesladek – della oggettiva alleanza che Grizon
e soci hanno stretto con l’associazione guidata dall’ex sindaco socialista
Rossini (ora dotatosi di un cognome diverso), politico di lungo corso che ora
tuona contro i megacentri commerciali, decisi proprio quando lui faceva politica
e amministrava».
Il progetto ”3 Erre” nelle scuole muggesane - Insegna
ai più giovani l’importanza di una corretta raccolta delle immondizie - ATTIVO
DAL 2006
MUGGIA La Provincia di Trieste, nell’ambito degli
interventi di sua competenza in materia di rifiuti, ha messo a disposizione
dell’Area Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste dei fondi per
la sensibilizzazione della popolazione scolastica e non dell’intera provincia,
al tema dei rifiuti, del ciclo integrato, del risparmio, della raccolta
differenziata. Il progetto «3 Erre», partito già nel 2006, e che aveva coinvolto
finora varie scuole triestine.
Alla seconda fase, che coinvolge invece Muggia e si conclude il 9 maggio, hanno
aderito circa cinquanta scuole e strutture educative comunali, con la
partecipazione diretta di duecento classi. I bambini di Muggia con gli
insegnanti e gli educatori hanno elaborato lavori pratici sul tema e di questi
racconteranno in conferenza stampa domani alle 17 nella Sala conferenze del
Centro Millo in piazza delle Repubblica. Dall’esperienza i giovani partecipanti
hanno compreso che l’obiettivo primario di ogni azione volta alla gestione dei
rifiuti deve essere finalizzata alla diminuzione della produzione degli stessi,
il termine – risparmio- quindi ha assunto il duplice significato di stimolo alla
riduzione dei rifiuti direttamente e indirettamente attraverso un diverso modo
di utilizzo degli oggetti di uso.
Nel 2008 il progetto «3 Erre» ha ottenuto un’importante riconoscimento dalla
Commissione nazionale italiana Unesco che gli ha riconosciuto le caratteristiche
di progetto conforme ai principi ed alle finalità dello sviluppo sostenibile.
IL PICCOLO - VENERDI', 1 maggio 2009
Ferriera, inquinamento sceso del 75% - L’abbassamento
del benzoapirene rilevato prima della chiusura dell’altoforno
DOPO GLI INTERVENTI IMPOSTI ALLA LUCCHINI DALLA PROCURA
Una riduzione del 75 per cento, a distanza di quattro mesi. Questo il dato
sul sostanziale abbassamento della presenza nell’aria di benzoapirene,
nell’abitato di Servola, riscontro che scaturisce dalle misurazioni effettuate
da una delle due centraline sistemate in zona - su iniziativa del sostituto
procuratore Federico Frezza - dalla Procura della Repubblica del Tribunale di
Trieste. Precisamente si tratta di quella piazzata in via Pitacco, a 200 metri
dalla Ferriera.
La differenza emerge dal raffronto, contenuto nell’apposita relazione preparata
dal professor Pierluigi Barbieri (Dipartimento di Scienze chimiche
dell’Università di Trieste), fra i campionamenti effettuati in due periodi
diversi: il primo, da febbraio ad aprile del 2008, ed il secondo, iniziato a
Ferragosto e chiusosi il 10 dicembre dello stesso anno. Proprio in quest’ultima
fase, antecedente alla chiusura dell’altoforno 2 (conseguenza della mancata
effettuazione dei lavori previsti dall’Aia), la media giornaliera relativa
all’idrocarburo policlico aromatico è risultata sensibilmente più bassa: da 2,22
nanogrammi per metrocubo, il valore è sceso infatti a 0,57. Cos’è cambiato? La
variazione, secondo la tesi della Procura, è da attribuire a una serie di
interventi di ammodernamento realizzati dalla proprietà della Ferriera sullo
stabilimento siderurgico, su «indicazione» di Frezza. Riqualificazione del
sistema di aspirazione del piano di colata dell’altoforno 2, realizzazione di
una cappa di aspirazione localizzata presso la macchina a colare, ampliamento
della rete di irrorazione di parchi e piazzali, sdoppiamento del sistema di
riscaldamento delle batterie di distillazione, manutenzione delle porte della
cokeria e dei loro telai e sostituzione e revisione delle colonne di sviluppo
della batteria B: queste le prescrizioni contenute nell’istanza di dissequestro
dello stabilimento, firmata dal pm e datata 26 giugno 2007. Un provvedimento che
rientra nel più ampio scenario di un procedimento avviato per le presunte
omissioni di azioni volte ad impedire emissioni diffuse di fumi dannosi e
polveri imbrattanti. Un inquinamento dell’aria che, per la Procura, va
addebitato ai processi produttivi della Ferriera.
Le soluzioni proposte, e poi adottate dalla Lucchini Spa proprietaria dello
stabilimento di Servola, erano state suggerite in una precedente relazione da un
altro consulente della procura (dopo Barbieri), sulle cui considerazioni e
accertamenti si è basato il pm: si tratta del professor Marco Boscolo, docente
associato del Dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Ateneo triestino. «Dal
confronto dei dati emerge un miglioramento della qualità dell’aria - spiega
proprio Boscolo -, che riteniamo collegato agli interventi eseguiti. È servito
soprattutto lo sdoppiamento delle linee di alimentazione della cokeria, per
quanto concerne il benzoapirene: sono state così create migliori condizioni di
cottura, con una conseguente diminuzione degli sfornamenti prematuri, che ne
causavano l’emissione. Per le Pm10, importante l’intervento alla cappa di
aspirazione del forno di colata».
A proposito di Pm10, la centralina di via Pitacco ha registrato un calo anche in
questo caso: -23% (da una media giornaliera di 45,11 nanogrammi per metro cubo a
34,7). I dati sulla diminuzione generale vengono confermati dall’altro
apparecchio posizionato dalla Procura, quello di via dei Giardini nell’area
dell’ex scuola «Damiano Chiesa», a 500 metri dall’impianto: -43,5% per il
benzoapirene (da 0,31 a 0,175) e -21% per le polveri sottili (da 36,55 a 28,92).
Va rilevato come i campionamenti siano stati portati a termine in giornate prive
di ventosità elevata e di precipitazioni.
MATTEO UNTERWEGER
FERRIERA: insediata la nuova commissione
Si è insediata ieri mattina la Commissione speciale Ferriera del Comune. Il consigliere comunale del Pd, Marco Toncelli, ne è stato nominato presidente. L’orientamento iniziale del Consiglio era quello di eleggere Roberto Decarli (Cittadini), che però ha ribadito la sua rinuncia all’incarico, peraltro già espressa, in ragione di una scadenza del compito affidato alla commissione stessa (31 luglio 2009) - a suo avviso - troppo vicina. Lunedì i componenti si riuniranno per affrontare il primo punto per cui è stato costituito quest’organo, quello delle misure economiche da stabilire per aiutare i lavoratori finiti in cassa integrazione dopo la chiusura dell’altoforno 2.
«No Tav», la protesta va anche in sfilata - Contro il
progetto attesi manifestanti da tutta la regione
«Giù le mani dal Carso». Sarà questo lo slogan adottato
dai gruppi No Tav che oggi presenzieranno al corteo del primo maggio con uno
striscione bilingue atto a ribadire la contrarietà al progetto del Corridoio 5 e
del tratto Trieste-Divaccia. In campo San Giacomo si riverseranno dalla regione
i comitati dell’isontino, del monfalconese, della bassa friulana nonché il
comitato contro il Corridoio 5. A guidare le delegazioni i rappresentanti del
gruppo anarchico Germinal di Trieste. «Quest’anno diversi comitati del Friuli
Venezia Giulia hanno deciso di partecipare al tradizionale corteo dei lavoratori
–recita un documento stilato dal gruppo Germinal- perché la zona di Trieste (e
in particolare della Val Rosandra) è un punto fondamentale per il passaggio
della linea ad alta velocità/alta capacità. La realizzazione di una linea av
sarebbe una gravissima minaccia per il territorio, per gli abitanti ma anche per
i lavoratori, poiché porterebbe un pesante impoverimento delle risorse e un
danno alla specificità naturale e sociale di queste terre». La tratta
transfrontaliera Trieste-Divaccia con i suoi 35 km di percorso in galleria nel
Carso creerà «una devastazione ambientale molto più grave di quella che si è
avuta nel Mugello per la tratta Bologna-Firenze –sentenzia il documento redatto
dagli anarchici- perché il progetto che dovrebbe coinvolgere la Val Rosandra è a
tutti gli effetti uno dei progetti più assurdi della storia d'Italia, molto
peggio del ponte sullo stretto di Messina». I manifestanti anti Tav si
posizioneranno alla fine del corteo, nel tratto rappresentato da associazioni e
movimenti.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 aprile 2009
ISTRIA - I mitilicoltori contro il ministero della
Pesca - Secondo i pescatori le biotossine non riguardano i mitili ma solo le
uova marine
Il ministero croato invita a rifornirsi solo da chi
rilascia un certificato sulla validità
UMAGO Per gli allevatori di mitili, i giornali che nei giorni scorsi hanno
riportato la notizia sulla chiusura di alcuni allevamenti lungo l'Adriatico
avrebbero travisato la realtà causando tra l'altro un grosso danno economico in
seguito al calo del 50 percento della vendita dei loro prodotti.Il quotidiano
«La Voce del Popolo» riporta le dichiarazioni fatte in conferenza stampa da
Claudio Coslovich e Daniele Kolec,presidenti delle Associazioni ittiche «Mytilus»
e «Mare Croaticum» secondo i quali i dati sulla presenza di biotossine si
riferirebbero alle uova marine e non ai mitili o cozze. «I controlli sui nostri
prodotti ittici sono rigorosissimi - hanno detto - e l eventuale presenza di
tossine viene rilevata immediatamente». Va precisato che della rigorosità dei
controlli e delle scarsissime possibilità che un prodotto avariato degli
allevatori autorizzati finisca a tavola lo abbiamo scritto anche noi. Appare
comunque inconfutabile il fatto che il Ministero dell'agricoltura, pesca e dello
sviluppo rurale abbia disposto la chiusura a scopo precauzionale di una decina
di impianti ittici lungo l'Adriatico. E si precisa che essi verranno riaperti
dopo che due controlli di seguito nell'arco di 48 ore risulteranno negativi al
test delle biotossine. La notizia è stata poi ripresa da tutti i giornali
incluse le edizioni on line. Il Ministero stesso invita i ristoratori e i
cittadini a rifornirsi di mitili esclusivamente presso i fornitori e allevatori
che rilascino dichiarazioni sulla validità dei loro prodotti. Va sicuramente
considerato un fatto che nuoce all'immagine degli allevatori in regola con la
legge: ovvero i mitili di sospetta provenienza (anche dai bacini portuali) che
finiscono nelle cucine dei ristoranti causando a volte intossicazioni e
avvelenamenti.
(p.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 aprile 2009
Muggia, scontro su rigassificatore e viabilità -
L’INCONTRO ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE «IMPRONTA MUGGIA»
Il sindaco Nesladek contesta le affermazioni del
presidente dei Verdi Millo
MUGGIA Scontro la il sindaco Nesladek e i Verdi che sostengono la giunta. Il
vivace botta e risposta è avvenuto durante l’assemblea pubblica indetta
dall'associazione Impronta Muggia sul tema «La viabilità e il rigassificatore
nel nuovo piano del porto». L’incontro, organizzato nella sala Millo dall’ex
vicesindaco di Muggia Jacopo Rothenaisler (nuovo cognome dell’ex politico
socialista Rossini), ha visto anche la partecipazione dei Verdi di Muggia, che
siedono in consiglio comunale, con la presenza tra i relatori del presidente
provinciale Giorgio Millo.
Rothenaisler e lo stesso Millo hanno espresso preoccupazioni sulle possibili
conseguenze che il nuovo piano del porto potrebbe comportare per la viabilità
nel comune rivierasco. Ad essi ha replicato «in diretta» il sindaco Neskladek,
confutando le diverse affermazioni.
Rothenaisler ha puntato il dito soprattutto sul rigassificatore, composto da
«due serbatoi in cemento armato capaci di contenere 280 mila metri cubi di gas»
e sul rischio che «il vallone di Muggia possa diventare un posteggio per gasiere
e petroliere, e che una città che una volta era composta da pescatori prima,
salinatori poi e infine cantierini possa diventare una periferia portuale di
infima qualità».
L’ex vicesindaco ha parlato poi di diversi interventi, tra i quali un semaforo
in via Flavia per creare nella zona di Aquilinia lo spazio per il flusso di
veicoli commerciali, la costruzione del terminal ro-ro nei pressi del canale di
Zaule, quattro nuove rotonde, nonché la creazione di un altro centro
commerciale, quasi il doppio del Freetime, opere che andrebbero ad incidere
negativamente sul traffico nella zona delle Noghere.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Giorgio Millo (Verdi Muggia), il
quale ha espresso «preoccupazione anche perché giovedì (domani, ndr) andremo in
consiglio comunale a votare un’intesa, strumento previo il quale il piano
regolatore viene adottato dal comitato portuale, che però non conosciamo». Millo
ha poi ribadito l’importanza, come riportato nei documenti rilasciati
dall’Autorità portuale, di «garantire la più ampia partecipazione della comunità
alle scelte da effettuare».
Il sindaco Nerio Neslade ha smontato in maniera articolata gli argomenti di
Rothenaisler e Millo. «La viabilità proposta non sarà affatto così – ha spiegato
– perché manca quell’opera fondamentale che è il bypass di Aquilinia, struttura
a quattro corsie sull’asse Muggia-Trieste, necessario per l’espansione ad est
del porto».
Nesladek ha poi osservato che senza il bypass «non sussiste la possibilità di
creare il terminal ro-ro» e che quindi «il paventato passaggio di centinaia di
tir non sussisterà». Il semaforo in via Flavia, «inizialmente previsto, non
rientra tra i progetti, altrimenti il Comune non accetterà il patto d’intesa»,
ha aggiunto Nesaldek, che sul tema rigassificatore ha ricordato «la strenua
lotta perpetuata in qualità di sindaco contro questo progetto, per il quale le
redini appartengono alla maggioranza di centrodestra della Regione».
Riccardo Tosques
Mare pulito a Marina Julia
MONFALCONE Il monitoraggio delle acque effettuato
dall’Arpa ad aprile promuove Marina Julia. Trascorsi i sei mesi dall’ultimo
prelievo sfavorevole, nella seconda metà di luglio del 2008, il Comune di
Monfalcone invierà già all’inizio della prossima settimana alla Regione la
richiesta formale di revoca del divieto di balneazione, che ormai campeggia
sulla spiaggia da quasi due anni. L’Assessorato all’ambiente motiverà la domanda
non solo con l’esito favorevole del monitoraggio di aprile ma anche con i lavori
effettuati per mettere in sicurezza la rete fognaria di Marina Julia e quelli
avviati da Irisacqua per completare la rete monfalconese. «La Regione ha la
facoltà di reinserire Marina Julia nelle zone in cui è consentita la balneazione
- ha spiegato l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, comunicando l’esito dei
prelievi di aprile - e il nostro ufficio ha già avviato l’istruttoria per
raggiungere questo risultato».
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 aprile 2009
Alta velocità a Trieste: ecco il percorso sotterraneo -
Il tunnel da Opicina a Conconello e poi verso San Giovanni, Cattinara e Val
Rosandra
I 35,6
CHILOMETRI FINO A DIVACCIA
In una prima fase erano nove le alternative
progettuali, poi è arrivata l’approvazione al tracciato definitivo da 35,6
chilometri della Tav Trieste-Divaccia nel luglio scorso. Negli anni si sono
inseguite incertezze, polemiche, proteste, dichiarazioni più o meno favorevoli
alla realizzazione. Di certo, c’è sempre stato un elemento: la tratta
trasnfrontaliera fra Italia e Slovenia fa parte di uno dei «Progetti prioritari»
dell’Unione europea (punto 6 dell’allegato III della decisione 884 del 2004
dell’Europarlamento), quello del potenziamento dell’asse ferroviario
Lione-Trieste e del suo allungamento verso Budapest e oltre. E con esso, della
più ampia direttrice Barcellona-Kiev, il Corridoio 5.
I residenti del comune di San Dorligo della Valle sono saliti di recente alla
ribalta delle cronache per il loro «no» al progetto, ma il collegamento
interesserà ovviamente anche il territorio cittadino di Trieste, non solo la sua
provincia. A prescindere da ogni valutazione sull’opportunità (economica,
ambientale, strategica e così via) di arrivare alla creazione effettiva
dell’opera, la stessa si collegherà alla linea in ingresso da Ronchi Sud,
sviluppandosi quindi a nord-ovest della città fino al chilometro 5. La velocità
iniziale di passaggio dei treni raggiungerà i 250 chilometri orari. La ferrovia
transiterà, nel sottosuolo, quasi all’altezza di Villa Opicina (in zona - al km
3,6 - è prevista la prima delle cosiddette finestre costruttive, inizialmente
utili ad avviare i lavori e poi, in futuro, come sfiati). Da lì, la direzione
intrapresa porterà verso est: Conconello e da lì, a sud, la zona più alta
dell’abitato del rione di San Giovanni, attorno al chilometro 7 del percorso. Il
tragitto continuerà all’altezza di Santa Maddalena Superiore, per infilarsi in
un corridoio compreso fra l’ospedale di Cattinara e la Grande viabilità
triestina. In quel tratto, il traffico ferroviario dovrebbe viaggiare a circa
180 chilometri all’ora.
Doppio bivio in prossimità dei 9.600 metri della linea, per consentire il
collegamento con la zona portuale-industriale di Trieste e agli impianti di
Campo Marzio da un lato e, dall’altro, con la stazione di Aquilinia. Quest’ultima
connessione avverrebbe utilizzando l’esistente raccordo della Wärtsilä,
avvalendosi inoltre di un nuovo segmento a singolo binario.
Al chilometro 10 e 900 metri, ecco la finestra costruttiva di San Giuseppe e
l’avvio dell’aggiramento dell’abitato di Bagnoli della Rosandra, che - secondo i
documenti - viene superato passandoci alle spalle, attraversando la Val Rosandra,
e proseguendo a destra (guardando la cartina geografica) di San Dorligo della
Valle. Infine, inversione di rotta e collegamento con la preesistente ferrovia
che porta da Capodistria a Divaccia. A proposito, per la Slovenia riveste una
grande importanza proprio il fatto di poter disporre di una nuova via
preferenziale per arrivi e partenze al suo unico porto nazionale.
I vertici di Italferr, gruppo Ferrovie dello Stato, e del Ministero dei
trasporti sloveno si sono anche soffermati, nel corso della progettazione, sulle
proiezioni dei traffici ferroviari al 2025, 2035 e 2045. Prospettive di lungo
periodo, dalle quali è emerso che, senza la Trieste-Divaccia, un eventuale
andamento di alto livello quantitativo di merci e passeggeri non potrebbe essere
evaso al 100 per cento. Dal punto di vista strategico, va ricordato che una
nuova direttrice di questo tipo permetterebbe l’alleggerimento dei traffici di
passeggeri sulle linee già esistenti, con il loro spostamento a bordo dell’Alta
velocità. Quello spazio libero verrebbe così riempito accogliendo nuove quantità
di merci.
MATTEO UNTERWEGER
Con la nuova linea in 17 minuti per completare il
viaggio - Nello studio di fattibilità elencate le criticità cui si potrebbe
andare incontro durante gli scavi
Il costo complessivo dell’opera si aggira attorno ai
due miliardi e 400 milioni di euro
Con la nuova percorrenza, i treni ad Alta velocità ci metterebbero,
nell’ipotesi più sfavorevole, 17 minuti per raggiungere Divaccia partendo da
Trieste. Ma il dato potrebbe scendere addirittura a 13. Stando alle relazioni
ufficiali dello studio di fattibilità del progetto locale per la Tav, il
risparmio in termini di tempo supererebbe l’ora: attualmente per raggiungere la
città slovena si impiegano in treno, dal capoluogo del Friuli Venezia Giulia,
qualcosa come 89 minuti. Praticamente un’ora e mezza. Grazie al collegamento,
gli utenti avranno poi l’opportunità di raggiungere Lubiana in 40 minuti.
Il costo stimato dell’opera dovrebbe aggirarsi attorno ai 2,4 miliardi di euro,
di cui oltre la metà per il tratto da realizzare eventualmente in territorio
italiano.
Nell’ambito dello studio di fattibilità, sono state anche analizzate le
criticità cui i lavori utili alla creazione dell’opera andrebbero incontro. Tra
queste, l’impossibilità di conoscere con precisione (bensì solo in linea di
massima) lo scenario sotterraneo che i tecnici si potrebbero trovare di fronte
durante gli scavi, ipotizzando ovviamente la presenza di fenomeni di carsismo.
Poi, gli aspetti problematici già noti interesseranno interferenze con
fondazioni stradali e sottoservizi, la tutela ambientale e del panorama
idrogeologico della Val Rosandra ma anche l’attraversamento sotterraneo delle
zone abitate della provincia. San Giovanni, come Conconello, ad esempio: uno
degli argomenti chiave sarà quello della distanza fra le case, in superficie, e
le doppie gallerie, nel sottosuolo.
Proprio sull’impatto ambientale, in passato, tutti i comuni del Monfalconese e
della provincia di Trieste interessati dal progetto (Trieste e Duino Aurisina
esclusi) si erano espressi negativamente.
(m.u.)
Sadoch nel degrado, la gente protesta - La
Circoscrizione chiede al sindaco di far pulire e recintare l’area
I residenti di viale Ippodromo e delle zone limitrofe
continuano a protestare per lo stato di abbandono in cui versa da anni l’ex
azienda cartotecnica Saul Sadoch, struttura attorno alla quale gravitano anche
anche tipi poco raccomandabili.
Nel comprensorio, che si apre su viale Ippodromo ma che ha tre lati affacciati
su case di via Settefontane, via del Pollaiuolo e via Pordenone, l’altra
settimana è stato rinvenuto anche il cadavere di un suicida.
In risposta alle sollecitazioni degli abitanti la Quinta circoscrizione ha
deciso di sccrivere al sindaco Roberto Dipiazza per richiedere un intervento che
imponga alla proprietà di migliorare almeno la recinzione dell’ex fabbrica,
nella quale si aprono varchi attraverso i quali chiunque può passare.
Va ricordato come nell’area occupata dal comprensorio fosse destinata a nascere
la Residenza Ippodromo della Ipg srl, di cui era leader Flaviano Tonnellotto, ex
presidente della Triestina. Un cantiere finito nelle aule giudiziarie in quanto
la proprietà del complesso Art 2000 aveva accusato la società di Tonnellotto di
non aver rispettato delle scadenze. A tutt'oggi la situazione appare in stallo.
Spiega intanto un abitante, Mario Naveri: «Tutto il materiale - inerti, qualche
mobilio e altro - che si trovava all’interno della fabbrica e i resti della
demolizione di un capannone, dal 2005 giacciono in abbandono sul retro del
comprensorio in una sorta di discarica a cielo aperto, con il risultato che ci
arriva la polvere nelle abitazioni quando tira la bora. Abbiamo anche paura di
ruberie e temiamo di fare brutti incontri quando torniamo a casa, visto che nel
luogo si entra con estrema facilità. Per questo motivo ci siamo rivolti alla
circoscrizione, dopo aver rivolto rimostranze da tutte le parti, perché si
faccia qualche cosa, almeno pulendo le vie esterne all’ex fabbrica dove il verde
e la pulizia delle strade avrebbero bisogno di un occhio di riguardo».
L’altro giorno il presidente della Quinta circoscrizione Silvio Pahor ha scritto
dunque al sindaco per chiedere un intervento. Dipiazza ha risposto promettendo
di interessarsi della questione.
Daria Camillucci
Pulizia a Canovella e Costa dei barbari: oltre 14 mila
euro - LA CONCLUSIONE IN SETTIMANA
DUINO AURISINA Un intervento straordinario di pulizia
delle spiagge di Canovella de’ zoppoli e della Costa dei barbari in vista della
stagione estiva è stato avviato dall’amministrazione comunale di Duino Aurisina
e sarà concluso entro la settimana.
In attesa del contributo chiesto alla Regione – pari a circa 70mila euro – per
le opere di riqualificazione in seguito al tornado dell’8 agosto 2008, la giunta
Ret ha deciso di mettere mano ai fondi comunali, sborsando complessivamente
14mila euro.
Il primo intervento ha interessato la zona di Canovella de’ zoppoli, con una
spesa di tremila euro. «La situazione di abbandono e la presenza di diversi
tronchi portati dal mare è diventata insostenibile – spiega l’assessore ai
Lavori pubblici Andrea Humar –. Come peraltro richiestoci da diversi cittadini,
abbiamo quindi deciso di rimuovere tutti i rifiuti».
Decisamente più sostanzioso il secondo intervento, che sta coinvolgendo la Costa
dei barbari, dove i detriti si sono accumulati anche con le forti piogge che
hanno messo in ginocchio il territorio il primo dicembre scorso. «Investiamo
circa 11mila euro per rimettere a posto l’area, attualmente impresentabile, in
vista della stagione balneare», ha commentato Humar.
La decisione da parte del Comune di intervenire sulle spiagge è nata anche in
seguito a diversi sopralluoghi effettuati dalla sezione di Duino della squadra
nautica della Polizia assieme al sindaco Ret e ai tecnici comunali.
Tutte le operazioni di pulizia delle spiagge vengono effettuate via mare, con
l’ausilio di una chiatta e la partecipazione del personale dell’AcegasAps. «E’
una manutenzione molto importante, in una zona ancora difficilmente accessibile
– ha aggiunto Humar –. Abbiamo deciso di intervenire via mare, in maniera tale
da rendere le operazioni poco invasive anche nei confronti dei cittadini».
(r.t.)
Muggia: sicurezza, porto e viabilità - ASSEMBLEA
PUBBLICA
MUGGIA «La viabilità e il rigassificatore nel nuovo piano
del porto». Questo il tema dell’assemblea pubblica, in programma oggi alle 17
alla Sala Millo, organizzata dall’associazione Impronta Muggia in collaborazione
col partito dei Verdi Muggia. L’incontro si propone di analizzare le future
problematiche di sicurezza e di viabilità in ambito locale legate all’attuazione
del nuovo piano del porto. Sono stati invitati il sindaco, gli assessori e i
consiglieri comunali di Muggia, il sindaco di San DorligoValle, la presidente
della Provincia, il presidente del Porto, quello dell’Ezit, e le associazioni
ambientaliste.
«Scempio irrimediabile alle Noghere» - WWF E
GREENACTION SULLA COSTRUZIONE DI UN CAPANNONE
TRIESTE «E' ormai irrimediabile lo scempio nella valle
delle Noghere, in seguito alla costruzione di un grande capannone a ridosso dei
laghetti». Lo affermano Wwf e Greenaction Transnational, che avevano già
denunciato ciò che stava accadendo. «Il capannone della società Mancar –
rilevano – è sito all'interno di un'area, adiacente il biotopo dei laghetti
delle Noghere, soggetta a vincolo paesaggistico e di grande pregio naturalistico
per la presenza degli unici lembi di bosco igrofilo della provincia, habitat di
svariate specie di uccelli e anfibi».
Malgrado ciò, sottolineano le due associazioni ambientaliste, sull'area continua
a gravare una destinazione urbanistica a zona industriale, «che da anni
chiediamo, invano, di eliminare».
Contestata anche l'autorizzazione paesaggistica che la Regione «contraddicendo
il proprio stesso vincolo» aveva concesso nell'ottobre 2007 al capannone della
Mancar.
Il Wwf aveva poi scoperto che nel maggio 2008 il Comune di Muggia aveva
rilasciato la concessione edilizia per la costruzione del capannone, in assenza
però della procedura Via (valutazione dell'impatto ambientale), necessaria in
base alle norme regionali. Di qui, lo scorso febbraio, la richiesta al Comune di
Muggia di revocare la concessione e bloccare i lavori, cominciati all’inizio
dell’anno. «Se ciò fosse accaduto – sottolineano gli ambientalisti – si sarebbe
potuto ancora rimediare ai danni. Il Comune è rimasto però inerte, senza neppure
inviare all'ufficio regionale competente per la Via la documentazione richiesta.
I lavori sono però continuati, con l'evidente obiettivo di mettere tutti di
fronte al fatto compiuto». In effetti la costruzione del capannone è quasi
completata.
«Non essendo stati fermati i lavori – concludono gli ambientalisti – i danni
arrecati all'ambiente naturale si possono considerare irreversibili. Saremo
perciò costretti a chiedere l'intervento degli organi giurisdizionali, per
tentare almeno di individuare con precisione i responsabili di quanto accaduto».
MUGGIA - Finti ambientalisti
Ho letto ultimamente della raccolta firme e dell’incontro
con l’amministrazione comunale di Muggia da parte di un gruppo ambientalista
nostrano. Ma come, questi ambientalisti sono gli stessi che hanno cavalcato la
campagna elettorale assieme all’attuale maggioranza in Comune e ora le si
scagliano contro? Non è forse più probabile che il tutto sia stato pianificato a
tavolino per togliere la «patata bollente» del raddoppio della galleria dalle
mani dell’amministrazione comunale? Finti ambientalisti che predicano bene e
razzolano male, ambientalisti che battendosi contro la cementificazione a
Lazzaretto sono poi i primi che lo fanno costruendo «capannoni agricoli»; finti
animalisti che d’inverno sfoggiano pellicce di animali ormai rari; finti
paladini della cittadinanza che per sottrarre quei «quattro» voti che hanno
permesso al centro sinistra di vincere le elezioni a Muggia avevano creato una
lista col finto intento di bloccare la realizzazione del complesso residenziale
denominato Costa Alta mediante l’assurda intenzione di avvalersi del diritto di
«comunella» del marciapiede di accesso allo stesso gruppo condominiale.
L’amministrazione stessa di Muggia, che prima delle elezioni faceva parte di
un’importante associazione ambientalista a livello nazionale, con sorriso a 32
denti ha tagliato il nastro dell’ecomostro denominato Monte d’Oro che ha
disintegrato una collina, estirpato dei boschi e bellissimi olivi e che con la
crisi economica potrebbe diventare una «cattedrale nel deserto», amministrazione
che sostiene finti parchi come quello della Concordia a Cerei. Altri
ambientalisti «amici» dell’amministrazione che poco prima dell’inaugurazione
dell’ecomostro guarda caso hanno cercato di distogliere l’attenzione mediante un
articolo sul costruendo rimessaggio per camper nei pressi dei laghetti delle
Noghere. Si contrappone a tutto questo un’opposizione con poca «verve», con poca
fantasia che si appiglia sempre agli stessi argomenti che vengono prontamente
ribattuti.
Leo Tamburini
SANT’ANTONIO - Parcheggio nell’acqua
E così vogliono costruire un parcheggio sotterraneo anche
davanti a S. Antonio Nuovo. Si tratta di un monumento pregevolissimo dal punto
di vista artistico, ma fu costruito con i materiali dell’eterna legge del «voio
ma no posso», la stessa che, proprio in quel tempo, onorò la visita di Francesco
I d’Asburgo alla strada nuova di Opicina soltanto con un misero obelisco di
legno. Una chiesa che fu recentemente incendiata da un petardo, e dalla quale
ruzzolò nella piazza la testa di un santo protettore. Essa ovviamente non fece
danno, ma di quell’edificio si dice che quando ci si posa un colombo ne crolla
il cornicione; e tuttavia i geologi, pur garantendone la stabilità, dopo costosi
studi ammettono che nello scavo potrebbero forse trovare tracce d’acqua marina,
quando un qualunque operaio della vecchia Acegat direbbe che, se per sostituire
un tubo marcio in un vasto raggio attorno al canale bisogna aspettare la bassa
marea, il nuovo parcheggio sarà necessariamente... un buco nell’acqua!
Ma poi, perché rischiare danni irreparabili, devastare un’altra piazza,
riempirla di odiosi muri in cemento, di griglie e di orribili ammenicoli, quando
a pochi metri c’è qualcuno che vorrebbe costruire un parcheggio meccanizzato? Se
quando va all’estero, la nostra classe dirigente non si limiterebbe soltanto a
gustarsi i pranzi di lavoro, saprebbe che in Europa, e perfino in Italia, si
costruiscono dappertutto parcheggi meccanizzati perché non necessitano di rampe
di accesso né di spazi di manovra, e perciò richiedono soltanto 1/3 di cubatura
rispetto a quelli tradizionali. Essi consentono un minor impatto ambientale e
così a S. Giacomo sarebbe stato possibile realizzare un parcheggio meccanizzato
senza tagliare gli alberi sopravvissuti a tutte le guerre. Purtroppo, sia
l’attuale amministrazione sia quella precedente ha sempre preferito le violette
agli alberi di alto fusto, ma mi chiedo: se si è sempre concessa la
realizzazione di qualsiasi obbrobrio, come mai non la si concede anche al
parcheggio di via Machiavelli, salvando così S. Antonio? Io non conosco il sig.
Pertot, ma corre voce che non possa fare nulla soltanto perché è inviso alla
nomenklatura. Gradirei una risposta da chi è convinto che siamo tutti d’accordo
a fare... un buco nell’acqua!
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 aprile 2009
«AcegasAps punta a sinergie con Net Udine e Iris
Gorizia. Serve una rete a vantaggio di tutto il Nordest» - Paniccia: «Il futuro
si gioca sull’ambiente»
IL PRESIDENTE ILLUSTRA LE STRATEGIE DELL’AZIENDA ALLA
VIGILIA DELL’ASSEMBLEA SUL BILANCIO
TRIESTE Sottolinea il dividendo in un periodo in cui non tutte le quotate lo
pagano, intravede altri introiti straordinari sulla scia di Estenergy, e lancia
nuovi messaggi di aggregazione alle aziende del Nordest, soprattutto nel settore
ambiente dove, dice, «si gioca il futuro». E domattina Massimo Paniccia,
presidente di AcegasAps, illustrerà all’assemblea il bilancio 2008 che l’assise
(convocata alla Camera di commercio) sarà poi chiamata a votare.
Nonostante la crisi, il bilancio all’esame dell’assemblea registra cifre in
crescita ma un dividendo inferiore al 2007.
Il bilancio 2008 è molto migliore dell’anno passato, anche se non c’è lo stesso
risultato economico, che era dovuto al fatto straordinario della cessione del
49% di Estenergy. Quest’anno stiamo peraltro trasferendo a Estenergy 130mila
clienti elettrici, con un’operazione che è in itinere, per creare un polo ”dual
fuel”, gas-energia elettrica, con minori costi, minore burocrazia e mi auguro
anche minori spese per gli utenti. Il conto gestionale è molto migliorato; sono
mancati, come dicevo, gli apporti straordinari, che mi auguro arrivino nei
prossimi anni.
E il taglio al dividendo, dimezzato rispetto al 2007?
Abbiamo ritenuto giusto riconoscere ai soci solo parte del risultato, visto il
periodo economico che stiamo attraversando. Tra le utility quotate siamo però
una di quelle che paga il dividendo, diverse hanno rinunciato a farlo.
A cosa destinerete la quota non distribuita ai soci?
Siamo impegnati in diverse operazioni: il completamento della terza linea del
termovalorizzatore di Padova, siamo in corsa per realizzare l’interconnesione
elettrica con la Slovenia, e investiremo anche nel miglioramento delle reti
elettriche.
Per l’interconnesione con la Slovenia un progetto analogo è stato presentato da
un consorzio in cui c’è anche Iris Gorizia.
L’abbiamo proposto anche a Gorizia. Con la logica del fare assieme, abbiamo
detto alla Regione che sarebbe un vantaggio per tutti. Ma è sull’ambiente che
vanno attuate sinergie con Net Udine e Iris, perchè è in questo settore che si
gioca il futuro. Bisogna evitare di fare tante discariche, ottimizzando il ciclo
dei rifiuti. Stiamo investendo. Sarebbe bello farlo assieme agli altri.
Nel Nordovest si sta realizzando la grande aggregazione Iride-Enia. A Nordest,
invece, dopo tanti progetti la situazione ristagna.
Il nostro è un territorio ricco di campanilismi, ma molto meno di voglia di
aggregarsi. Ci troviamo però in un sistema che fa capire l’impoverimento che può
derivare dall’avere i centri decisionali lontano, come nei casi Stock e Safilo.
Salvo la fusione Trieste-Padova, nulla si è fatto finora nel Nordest. E’ invece
importantissimo trovare una definizione fra noi, Amga Udine, Iris e Ascopiave,
per contribuire allo sviluppo socioeconomico e della qualità della vita del
territorio.
Lo scorso anno avete tentato di sbloccare la situazione cercando un partner nei
termovalorizzatori, ma forse i tempi non erano i migliori.
Nel settore ambiente, AcegasAps, facendo leva sui sei termovalorizzatori del
Nordest, assieme alle aziende più virtuose nella raccolta differenziata potrebbe
creare una società che soddisfi le necessità dei nostri territori. E’ da vedere
come, ma l’argomento va approfondito e chiarito. Altrimenti può capitare che
grandi player intervengano nel nostro territorio. Se non si riesce ad arrivare a
una fusione, pensiamo almeno a una rete a vantaggio del territorio. I pesci
grossi sono sempre in agguato...
Alcuni mesi fa avete però bloccato la gara per la cessione del 40% dei
termovalorizzatori di Trieste e Padova.
Vogliamo un partner e non un padrone. I potenziali soci si sono affacciati nel
momento peggiore della storia finanziaria. Abbiamo rifiutato offerte che già
oggi sarebbero diverse. L’operazione è comunque necessaria per l’azienda e utile
per il territorio e i cittadini. Un’alleanza va quindi perseguita. Mi auguro
che, dopo il rinnovo delle concessioni del Comune e dell’Autorià portuale e
l’autorizzazione integrata ambientale per l’impianto di Trieste, potremo essere
più forti nelle trattative con partner di minoranza.
Riproporrete quindi la gara
Spero che entro l’anno il discorso termovalorizzatori possa essere riaperto ma
anche chiuso.
Di recente avete acquistato da Cofathec il 49% di Sinergie, che ora controllate
al 100%. A cosa puntate?
E’ un’operazione con grande valenza per i servizi sul territorio. Sinergie era
nata da un’alleanza con Cofathec, ma i problemi burocratici italiani hanno fatto
capire ai francesi che il futuro era incerto. Così abbiamo approfittato per
acquisire il 100%, con un impegno di 20 milioni. E’ un’ottima azienda, che dà
risultati eccellenti e li darà ancora di più. Mi aguro che faremo meglio nei
servizi energetici per gli enti pubblici e gli ospedali. Abbiamo l’interesse a
dare buoni servizi e a conservarli nel tempo. E’ un interesse reciproco,
dell’azienda e degli enti locali, un interesse della collettività. Anche in
questo caso è meglio che il controllo sia locale piuttosto che all’estero, la
qualità della vita se ne avvantaggia.
Gli investimenti in Serbia per la metanizzazione di alcune aree stanno intanto
dando i primi risultati.
Sia in Serbia sia in Bulgaria siamo presenti noi ma anche Amga Udine e altri.
Sarebbe meglio dare vita a sinergie, per disporre di una massa critica maggiore
che permetterebbe di gestire meglio più territori. La vocazione è di andare
all’estero, di portare il nostro know how. Mi auguro che si arrivi a qualche
forma di accordo.
La partecipazione nel previsto rigassificatore di Trieste è sempre nei vostri
piani?
Nel nostro Paese c’è sempre un problema di tempi. La centrale elettrica
(progetto Severstal-Lucchini, ndr) e il rigassificatore possono portare
ricchezza e occupazione. Siamo sempre disponibili a partecipare, ma vorremmo
qualche certezza sui tempi, per poter programmare gli investimenti. Quanto al
freddo prodotto dal rigassificatore va detto che, se ci fosse qualcuno disposto
a investire, disponendo a costo zero di una linea del freddo concorrenziale e
conveniente, ciò potrebbe dare lavoro a centinaia di addetti.
GIUSEPPE PALLADINI
Aurisina, Veronese chiede al sindaco Ret una riunione
sulla Tav
DUINO AURISINA Dopo l’affollata assemblea di qualche
giorno fa a San Dorligo, lo slogan «No Tav» si estende anche al territorio di
Duino Aurisina. A mostrarsi manifestatamente contraria al tracciato dell’Alta
velocità è la Lista Insieme, che per voce del capogruppo Massimo Veronese
richiede una riunione urgente in Comune per interrogare il sindaco Ret in merito
all’assenza di informazioni sul progetto.
«Lo studio di fattibilità dell’opera – esordisce Veronese – è stato presentato
principalmente per iniziativa del Comune di San Dorligo della Valle. Registro
però un silenzio quasi assordante sull’iter di approvazione del tratto
Ronchi-Trieste. Infatti il problema dell’attraversamento completo del Carso
attraverso una lunga galleria è la vera questione di fondo. Su tale tema Regione
e ministero sono avari di dati e chiarimenti».
Oltre un anno fa il centrosinistra aveva organizzato un incontro ad Aurisina,
nel quale erano emerse forti criticità sull’ipotesi del tracciato. E ciò in
seguito alla presenza della falda acquifera a Medeazza e all’attraversamento dei
centri di Visogliano e Aurisina. «Abbiamo informato il sindaco – prosegue
Veronese – e presentato una mozione urgente in consiglio che è stata votata
all’unanimità. Ret si è formalmente impegnato a convocare l’assessore regionale
ai Trasporti per avere chiarimenti, ma a tutt’oggi non abbiamo notizie. Ritengo
per questo necessario che il sindaco convochi una riunione in municipio».
Non si tratta tuttavia dell’unico argomento su cui l’opposizione lamenta
scarsità di informazioni: «Nulla si sa – rimarca Veronese – sull’accordo di
programma che la giunta ha approvato mesi fa per un progetto teso alla
valorizzazione storico e culturale, ma anche turistico e agricola, dell’area dei
monti Ermada e Cocco, presentata dalla Tenuta nobile Castel Duino srl. Il
progetto è stato licenziato anche dalla commissione edilizia, ma
l’amministrazione non ha ritenuto utile informare né il consiglio comunale né
gli abitanti di Ceroglie e Malchina».
In sede di approvazione delle varianti 24 e 25 al piano regolatore, poi,
l’esecutivo si era impegnato ad avviare le procedure per la predisposizione di
una nuova variante al piano, così da soddisfare tutte le richieste non accolte.
A fine dicembre è stato conferito l'incarico per la redazione di uno studio
propedeutico alla modifica dello strumento urbanistico generale. «Ma il termine
per consegnare tale studio – conclude il capogruppo della Lista Insieme - era il
22 febbraio 2009. Siamo in aprile e di tale documento non si è mai discusso, né
in commissione né in consiglio».
Tiziana Carpinelli
«Energeticamente» sbarca a scuola - ALL’«ADDOBBATI
BRUNNER»
Sarà una mattinata speciale quella che vivranno martedì
gli studenti delle classi terze della scuola media Addobbati Brunner. Potranno
operare da protagonisti in modo interattivo con gli operatori dell'Osservatorio
meteorologico regionale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Arpa).
Promotore dell'iniziativa didattica è anche quest'anno Elvio Toselli,
responsabile del progetto di Educazione ambientale per la sostenibilità della
scuola, che collabora con il Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste
sui temi della biodiversità. Lo scorso anno, in questo contesto, intervenne sui
cambiamenti climatici Filippo Giorgi, del Centro di Fisica Teorica di Miramare.
L'appuntamento di martedì costituirà la prima tappa della mostra intitolata
«Energeticamente», allestita per la prima volta in una scuola di Trieste. La
mostra è composta da una ventina di laboratori portatili, che consentono di
osservare e comprendere fenomeni naturali e fisici e di valutare l'importanza
dell'uso di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili. I laboratori
portatili sono dei minikit tecnologici, che fanno vedere vari fenomeni: come un
impianto fotovoltaico sia capace di trasformare l'energia solare in energia
elettrica, con un modulo che ne stima l'efficienza, come funzionano un
generatore di idrogeno, un essiccatore solare, una miniserra. «La manifestazione
- spiega Toselli - si colloca all'interno del programma scolastico di Educazione
ambientale per la sostenibilità, che si concentra sulla conoscenza e lo studio
del funzionamento dei sistemi ambientali, per sviluppare nei giovani una
adeguata sensibilità ecologica e comportamenti più rispettosi verso l'ambiente.
In tale prospettiva si colloca il programma di studio che sviluppa in classe
lezioni sull'atmosfera e sul suo bilancio termico, sull'effetto serra, sui
contenuti del Protocollo di Kyoto del 1997, sul Piano d'azione di Bali del 2007
e sulle prospettive del prossimo convegno delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, che si terrà a Copenaghen a dicembre».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO,25 aprile 2009
San Dorligo, l’aula si divide sul «no» alla
Trieste-Divaccia - QUERELLE SULLA DELIBERA
SAN DORLIGO Per la prima volta il Consiglio comunale di
San Dorligo della Valle si è spaccato su un tema sinora comune a tutte le
fazioni politiche: il no al Corridoio 5. E’ successo nell’ultima seduta
dell’amministrazione Premolin, nella quale una delibera presentata
dall’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi ha creato un piccolo
putiferio sia tra l’opposizione sia nella fila della maggioranza.
«Sono rimasta offesa per quanto accaduto, anche perché il lavoro che
personalmente sto facendo per estendere la conoscenza tra la popolazione sulla
Trieste-Divaccia credo sia sotto gli occhi di tutti». L’assessore ai Lavori
pubblici Laura Riccardi Stravisi ha commentato così la decisione, presa dalla
maggioranza del Consiglio comunale, di cambiare il firmatario della delibera
sulla Tav presentata dalla stessa Stravisi.
I consiglieri che appoggiano il sindaco Premolin hanno infatti cambiato in corsa
la proponente della delibera, affidandone la sottoscrizione al primo cittadino.
Alcuni momenti di tensione si sono verificati anche quando è stato tolto uno dei
quattro punti della delibera, inerente «la proposta di individuare un percorso
alternativo della Trieste-Divaccia (rispetto a quello esistente, ndr)
avvalendosi anche di esperti esterni».
Nella dichiarazione di voto Elisabetta Sormani, capogruppo dei Cittadini,
partito di cui fa parte l’assessore Stravisi, ha annunciato di abbandonare
l’aula. «Ho voluto esprimere così il mio disappunto, sia per aver stralciato il
punto inerente la possibile creazione di un tracciato alternativo, sia per aver
tolto all’assessore Stravisi la proposta della delibera», ha commentato la
Sormani.
«Lo strumento della delibera era inadeguato, ma semplicemente ripetitivo di ciò
che già era stato espresso con due specifiche mozioni». Così il consigliere
Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro) ha comunicato il suo no al documento
Stravisi-Premolin, decidendo di lasciare l’aula al momento del voto assieme agli
altri componenti dell’opposizione (ad esclusione dell’esponente dei Verdi, Moira
Fontanot, che ha espresso parere positivo).
«L’atto era del tutto strumentale e dal chiaro sapore elettorale», ha ribadito
Giorgio Jercog (Oltre il Polo). Gli esponenti dell’opposizione hanno poi
proposto una loro mozione non firmata «senza alcuna rivendicazione, per
sostituire la maldestra delibera dell’assessore», come ha rimarcato Drozina.
La maggioranza però ha rimandato al mittente il documento, facendo dunque
passare la delibera nella quale si è proposto di ribadire alla Regione la
contrarietà del Comune alla Trieste-Divaccia, senza dimenticare di continuare a
dare informazioni ai cittadini sugli eventuali sviluppi del faraonico progetto
che dovrebbe pesantemente coinvolgere il territorio di San Dorligo della Valle.
Riccardo Tosques
Muggia, eco-casa nel rispetto del territorio - LA
PROPOSTA DI ALCUNI GIOVANI NELL’AMBITO DEL PROGETTO «3 R»
MUGGIA La Provincia punta sui giovani, perché come afferma
Elide Catalfamo «se vengono sensibilizzati per primi, i ragazzi riescono a
essere dei grandi catalizzatori anche per gli adulti». Così, con il progetto «3
R», si è pensato di divulgare l’abitudine alla raccolta differenziata attraverso
modifiche di comportamento a partire proprio dai più piccoli.
Il gruppo che ieri si è raccolto alla stazione degli autobus di Muggia, assieme
alla musica di Radio Fragola, con cartelloni e depliant è solo un assaggio della
creatività sprigionata dai ragazzi. Il progetto, arrivato ormai alla fase
finale, è finanziato da fondi regionali dati alla Provincia cha, a sua volta, si
è avvalsa dell'esperienza dell'Area educazione del Comune di Trieste. «Questo è
un buon esempio - afferma la Catalfamo, consulente del Comune e responsabile del
progetto ”3 R” - di come non sprecare i soldi. Piuttosto di pubblicare libricini
o guide varie abbiamo deciso di far parlare i giovani e le loro idee».
Da quando è iniziato, nel 2006, il progetto ha coinvolto circa 60 classi di
scuole pubbliche e private, e strutture educative comunali del territorio
provinciale, che hanno prodotto lavori creativi e originali. Circa 50 scuole
partecipano, quest'anno, alla seconda fase del progetto, per un totale di quasi
6 mila studenti dalla materna alle superiori.
Risparmio, riuso e riciclo. Tre buoni consigli, cui i ragazzi di Muggia ne hanno
accostato un quarto, ovvero «Ripenso al territorio seguendo il risparmio». Alan
Stefanato, Eugenio Dreolin, Lorenzo Bordon, Matteo Mikac e Niki Pecchiar, sono i
giovani del ricreatorio Penso di Muggia dai quali è partita l'idea e che,
assieme agli educatori della cooperativa La Collina, hanno presentato ieri il
loro progetto.
Una casa ecosostenibile ideale, un'enorme torre con ciascun piano dedicato a
qualcosa di speciale, come la musica. Un centro di aggregazione ad emissione
zero creato esclusivamente per loro. Da questa idea nasce Cream (Creatività ed
ambiente), progetto in evoluzione, visto che ieri un grande pannello bianco e un
pennarello erano a disposizione per chi volesse partecipare a questa idea con
qualsiasi contributo.
Assieme al cartellone anche un box per lasciare il proprio messaggio, spille e
altri gadgets, tutto materiale che nella prima decade di maggio sarà esposto
alla sala Negrisin di Muggia.
Cristina Polselli
Boom del fotovoltaico Riccardi: investiremo nelle fonti
rinnovabili - VERSO IL PIANO ENERGETICO REGIONALE
TRIESTE Cresce anche in Friuli Venezia Giulia la
produzione energetica da fonti rinnovabili: solo nel 2008 il fotovoltaico è
cresciuto del 214% e l’idroelettrico rappresenta ormai il 13% del consumo
interno lordo. E la Regione intende assecondare il trend: «Una componente
rilevante del piano energetico sarà legata alle fonti rinnovabili» assicura
l’assessore all’Energia, Riccardo Riccardi.
Prima, però, i numeri. Aper, Associazione produttori energia da fonti
rinnovabili, comunica che dal marzo 2008 al gennaio 2009 la potenza installata
in impianti fotovoltaici del Friuli Venezia Giulia è passata da 2,58 Mw a 8,12%
Mw, con una crescita del 214%. Aumenta anche la potenza installata in impianti a
biomassa che sono 11 sul territorio regionale e producono 8,0 Mw, collocandosi
nella fascia medio-bassa a livello nazionale. La produzione di energia
idroelettrica resta la prima fonte rinnovabile, con una potenza installata pari
a 455 Mw, raggiungendo quota 13% nel totale del consumo interno lordo regionale.
Oltre i numeri, i programmi: il Friuli Venezia Giulia intende approvare entro
l’anno la nuova legge regionale in materia di energia e il nuovo piano
energetico dando spazio alle fonti rinnovabili. Riccardi anticipa che la
revisione della norma sulle procedure per le autorizzazioni è ormai in
dirittura: «La revisione della legge interviene prevalentemente su questioni di
natura procedimentale, cioè semplifica tutti gli strumenti per ottenere le
autorizzazioni per gli impianti. La presenterò la prossima settimana agli enti
interessati». La «linea di politica energetica della giunta regionale», invece,
troverà spazio nel Piano energetico: «Ma non vi è dubbio che una componente
rilevante sarà legata alle fonti rinnovabili». Altro nodo cruciale è lo stato
della rete di distribuzione: «Dobbiamo tenere conto - spiega Riccardi - della
complessità della distribuzione energetica e dei sistemi che devono essere
rinnovati. Abbiamo un sistema di distribuzione dell’energia che è fragile, lo
dice anche l'Autorità per l’energia, e un sistema di reti che va riqualificato.
Il problema è serio».
Gas, l’Italia disporrà di nuove forniture Scajola:
«È finita la dipendenza dalla Russia»
SOFIA Dalla fine del 2009 l'Italia potrà contare su 21
miliardi di metri cubi di gas in più all'anno.
Nuove forniture che consentiranno al Paese di godere di una maggiore sicurezza
negli approvvigionamenti e di porre le basi per il suo progetto di diventare un
hub del gas: un crocevia di passaggio del metano verso gli altri stati del
Vecchio Continente.
È il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, a tirare le somme dei
nuovi progetti che entreranno in funzione entro la fine dell'anno: il
rigassificatore di Rovigo di Edison, che sarà «pienamente operativo» da
settembre e darà all'Italia altri 8 miliardi di metri cubi di gas provenienti
dal Qatar (pari al 10% del fabbisogno annuo), e lo «sbottigliamento» dei
gasdotti Ttpc e Tag, che arrivano rispettivamente da Algeria e Russia e che
immetteranno ulteriori 13 miliardi di metri cubi di gas nella rete nazionale.
Con gli altri gasdotti dell'Itgi dall'Azerbajian e del Galsi dall'Algeria che,
promette Scajola dal vertice di Sofia ”Gas Naturale in Europe”, «saranno
terminati entro la fine della legislatura», l'Italia si appresta quindi a
sganciarsi dalla dipendenza quasi esclusiva dal gas russo: perchè la Russia è
«un elemento indispensabile per qualsiasi politica energetica a livello europeo»
ma «non può pensare di essere il detentore unico del mercato del gas in Europa».
A margine del vertice, sempre nell'ottica della sicurezza degli
approvvigionamenti, il ministro ha avuto incontri con i rappresentanti di Grecia
e Turchia, ai quali ha chiesto di trovare una soluzione entro un mese ai
problemi che ancora ostacolano la definizione del contratto dell'Itgi, che
porterà il gas azero in Italia proprio attraverso la Turchia: Ankara sta ora
chiedendo maggiori quantità di gas per sè e più alte tariffe di transito.
Scajola ha incontrato anche i ministri dell'energia del Qatar e della Russia,
che gli hanno spiegato come l'Italia potrebbe rappresentare «un ponte» per il
loro gas verso l'Europa. «Vedono l'Italia - ha detto Scajola - come un hub per
il loro gas verso l'Europa. Con tutti i Paesi del Mediterraneo stiamo chiudendo
un anello energetico, in cui l'Italia assumerà un ruolo strategico anche per la
sua posizione geografica».
Allarme-tossine nei mitili: chiusi i primi allevamenti
- Vendita proibita in attesa di test. Pericolo dai molluschi del mercato abusivo
Zagabria: stop dal ministero dopo la segnalazione di
sostanze velenose
POLA Allarme biotossine nei mitili lungo la costa adriatica croata, tanto
che il Ministero dell'agricoltura, pesca e sviluppo rurale ha disposto la
chiusura di diversi allevamenti, tra cui quelli istriani che si trovano nel
Canale di Leme, a Val d'Arsa e a Porto Badò.
Il drastico provvedimento è scattato dopo che nei primi mesi dell'anno in
diversi punti del litorale è stata riscontrata la fioritura di alcune specie di
fitoplancton dalle quali hanno appunto origine le temibili biotossine. Queste
possono provocare la paralisi e in casi estremi anche la morte, di chi mangia la
carne infetta dei frutti di mare.
Gli allevamenti verranno riaperti dopo che risulteranno negativi due controlli
fatti in sequenza. Sul suo sito Internet il Ministero dell’agricoltura ha
precisato che la situazione è alquanto seria, in quanto oltre alle tossine del
gruppo Dsp (Diarhetic Shellfish Poison) che provocano disturbi intestinali, per
la prima volta sono apparse le biotossine Psp (Paralytic Shellfish Poison) molto
più pericolose in quanto causano la paralisi e anche la morte nel caso di grande
consumo di bivalvi infetti.
Importante segnalare che le biotossine resistono anche alla cottura dei frutti
di mare. Tuttavia è alquanto improbabile che mitili infetti degli allevamenti
registrati finiscano a tavola, visto che il controllo delle biotossine è
settimanale mentre quello del fitoplancton avviene una volta al mese. Il
problema invece sorge con i mitili serviti nei ristoranti di cui non è accertata
la provenienza. Il Ministero afferma di non sapere quante cozze vengono messe
clandestinamente sul mercato locale.
Stando a dati ufficiosi, nei ristoranti e nelle trattorie istriane annualmente
verrebbero servite un centinaio di tonnellate di mitili raccolti nei bacini
portuali dove l'acqua è inquinata, eludendo controlli sanitari e probabilmente
anche quelli tributari.
Queste partite di alimenti non passano alcun controllo ed esiste il pericolo che
oltre alle biotossine contengano anche metalli pesanti e batteri. Per stroncare
il fenomeno, che sicuramente rappresenta una minaccia costante per la salute
delle persone con prevedibili ripercussioni anche sul turismo, si annuncia
l'intensificazione dei controlli sanitari. Ai cittadini e ai ristoratori viene
lanciato l'ulteriore appello ad acquistare i frutti di mare unicamente negli
allevamenti regolarmente registrati, che rilascino la necessaria dichiarazione
sulla qualità del prodotto. Va precisato che le cozze vengono messe sul mercato
anche dai raccoglitori autorizzati che in Istria sono un centinaio.
Già da tempo essi sollecitano l'apertura di un laboratorio in Istria che rilasci
il certificato sull'idoneità del prodotto. Sembra però che la loro voce non
venga ascoltata per cui i campioni di mitili continuano a venire inviati al
laboratorio dell'Istituto oceaonografico di Spalato, l’unico del genere in
Croazia.
(p.r.)
LA REPUBBLICA - VENERDI', 24 aprile 2009
Arriva la legge blocca-ricorsi - Se perdi al Tar risarcisci- Lo scopo dichiarato è contrastare "l'egoismo territoriale".
Ma potrebbe mettere all'angolo celebri sigle come
Italia Nostra o Wwf
Lo scopo dichiarato è quello di contrastare "l'egoismo territoriale" che
rallenta "il cantiere Italia". Ma l'effetto della legge anti Nimby (not in my
back yard, non nel mio giardino), in caso di approvazione, sarà di azzerare,
attraverso la minaccia di risarcimenti milionari, i ricorsi alla giustizia
amministrativa da parte di associazioni ambientaliste storiche, che difendono
ciò che resta del Belpaese da abusi edilizi e colate di cemento.
La proposta di legge 2271 è sottoscritta da 136 deputati del Pdl ed il primo
firmatario è l'onorevole Michele Scandroglio, genovese, fedelissimo del ministro
Claudio Scajola. Aderiscono, tra i tanti, l'ex ministro Pietro Lunardi, il
presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, il vice di quella Ambiente
Roberto Tortoli, l'ex presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti.
Presentata in sordina nei giorni del "piano casa", con due brevi aggiunte
all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 (responsabilità processuale delle
associazioni di natura ambientale), potrebbe schiacciare all'angolo celebri
sigle come Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Vas Verdi Ambiente e Società, senza
parlare della miriade di comitali locali.
Con la modifica 5-ter qualora il ricorso alla giustizia amministrativa "sia
respinto perché manifestamente infondato, il giudice condanna le associazioni
soccombenti al risarcimento del danno oltre che alle spese del giudizio".
Pensiamo a cosa vorrebbe dire un anno di fermo cantiere per il ponte sullo
stretto di Messina tra una prima sentenza favorevole del Tar e una bocciatura
del Consiglio di Stato: un risarcimento per milioni di euro.
"È una legge liberticida, intimidatoria, di regime - attacca l'avvocato Daniele
Granara, docente alla facoltà di giurisprudenza di Genova, legale in molti
ricorsi ambientali - . Confido che venga ritenuta palesemente anticostituzionale
visto che l'articolo 24 stabilisce che "Tutti possono agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi"".
Ma per il deputato e coordinatore ligure del Pdl Scandroglio le istanze
ambientaliste hanno moltiplicato "comportamenti di protesta contro le scelte
infrastrutturali sviluppate da soggetti pubblici e privati... proteste che,
conosciute con l'acronimo "Nimby", determinano un ritardo costante del "cantiere
Italia"... di gran parte degli interventi pubblici... e della stessa edilizia
residenziale". Tutto ciò, prosegue il deputato "senza che sia previsto alcuno
strumento di responsabilizzazione delle associazioni di protezione ambientale,
le quali, talvolta, presentano ricorsi pretestuosi, con il solo e unico scopo di
impedire la realizzazione dell'opera pubblica". Scandroglio aggiunge che, per
combattere questa "forma di egoismo territoriale", il governo ha già varato
norme per "l'iter accelerato delle opere pubbliche.
Le modifiche richieste (la proposta è al vaglio della commissione giustizia)
accennano anche all'applicazione di azioni risarcitorie ai sensi del codice
civile in caso i ricorsi respinti abbiano agito "con mala fede o colpa grave",
ma secondo l'avvocato Granara questa possibilità è già garantita e prevista. La
vera svolta è quindi l'eventualità di un risarcimento in caso di ricorso
respinto.
"È chiaro - spiega il presidente di Italia Nostra Giovanni Losavio - che lo
scopo specifico della proposta di legge è quello di mettere catene (concrete e
psicologiche) alle Associazioni, impedendo di fatto lo svolgimento del proprio
ruolo civico con la minaccia di ritorsioni per avere la via spianata a fare del
territorio quello che "loro" vogliono".
MARCO PREVE
IL PICCOLO - VENERDI', 24 aprile 2009
Rovis: parking di piazza Sant’Antonio, entro
dicembre via libera al progetto - PREVISTI TRA I TRE E I QUATTRO ANNI DI LAVORI,
IL COSTO SI AGGIREREBBE TRA I 9 E GLI 11 MILIONI
Dai tre ai quattro anni di tempo per realizzarlo, tra
parte burocratica e di cantiere. E circa 9-11 milioni di spesa. Sono le prime
cifre del parcheggio interrato di piazza Sant’Antonio, attualmente il più
avanzato tra quelli previsti nel piano comunale. «La nostra previsione
indicativa – conferma l’assessore delegato al project financing, Paolo Rovis –
prevede 3900 metri quadrati su tre piani interrati e 361 posti macchina. Su
questa traccia sono arrivati in effetti due progetti, attualmente al vaglio
degli uffici. La proposta della Carena prevede quattro livelli, ha eliminato
l’ipotesi originaria di destinare uno dei piani ad attività commerciali e
attualmente prevede 500 posti macchina. L’altra cordata, quella con Riccesi e
gli altri, prevede invece 361 parcheggi su tre livelli, sia a rotazione che
pertinenziali e con box. In superficie è prevista una riqualificazione totale
dell’area e un impatto il meno invasivo possibile».
Rovis conferma anche che l’ipotesi Sant’Antonio «ha indubbiamente l’iter
progettuale più avanzato». Esaurita la scrematura da parte degli uffici,
l’assessore calcola indicativamente che «entro l’anno» si dovrebbe arrivare, da
parte della giunta, alla scelta del progetto finale. «Sceglieremo in modo
discrezionale uno dei due progetti», anticipa Rovis, aggiungendo che
l’intervento verrà quindi messo a gara, «ma con diritto di prelazione del
proponente». In pratica chi ha in mano l’elaborato vincente ha praticamente il
100 per cento di possibilità di costruirlo, perché ha la facoltà di pareggiare
qualsiasi offerta venga fatta per realizzarlo. «Una volta che la giunta avrà
deciso – anticipa Rovis – ci vorranno almeno sei mesi per portare a compimento
l’iter burocratico e poi i cantieri potranno aprire».
Per quanto concerne i costi, Rovis precisa che sono puramente indicativi. «Il
progetto originario della Carena costava 23 milioni di euro – sottolinea – ma è
chiaro che avendo perso per strada il centro commerciale la spesa si è ridotta
di molto. Basti dire che il progetto dell’altra cordata, con un piano in meno,
ha un prezzo indicativo di 9 milioni appena... Diciamo allora che una cifra
realistica viaggia tra i 9 e gli 11 milioni».
Con il project financing l’esborso sarà sostenuto dal privato che vince la gara,
che però a sua volta potrà godere della concessione di 30 anni come diritto di
superficie e della gestione del parcheggio. Il privato che invece vorrà
comprarsi un posto macchina lo avrà per 90 anni.
Non tutti sembrano comunque entusiasti del possibile nuovo impianto. Giulia
Giacomich, presidente di Italia nostra, lo contesta prima ancora che sia stata
messa giù la prima pietra. «Eravamo già indignati per il ponte, figurarsi il
parcheggio! Siamo assolutamente contrari, quella è una zona che non va toccata
né trasformata. La piazza, poi, è pregevole, non può essere trasformata nel
tetto di un parcheggio. Anche se vogliono fare le uscite in via San Spiridione è
comunque un intervento che disturba. Perché piuttosto non lasciano terminare
quel parcheggio di Pertot che è proprio dietro l’angolo, con la casa già
sventrata? È una zona talmente bella che dovrebbe essere vincolata dall’Unesco!».
«Anche a San Giacomo – replica Rovis – si parlava di piazza rovinata, ma poi si
è visto com’è migliorata la situazione...»
FURIO BALDASSI
Roiano, a ruba i 23 nuovi stalli di Amt -
Struttura coperta in via Tor San Piero: previsti abbonamenti mensili o annuali -
Area in concessione dal Comune all’Agenzia
Neanche il tempo di ufficializzarne l’apertura, la
disponibilità sul mercato e via, i 23 nuovi posti macchina al coperto di via Tor
San Piero sono stati praticamente occupati tutti in poche ore. La cronica sete
di parcheggi che tormenta il rione di Roiano ha così trovato un minimo sollievo,
parziale sì ma comunque utile. Nell’attesa che il futuro park interrato di largo
Roiano diventi realtà attraverso l’istituto del project financing, con i suoi
200 spazi, e che si possa, ancora più in là nel tempo, fruire finalmente
dell’area della caserma della Polstrada.
Tornando alla più stretta attualità, la struttura di via Tor San Piero 7, data
in concessione dal Comune all’Agenzia per la mobilità territoriale (Amt), conta
appunto su 23 parcheggi, per i quali è stata prevista la doppia possibilità di
abbonamento: mensile a 90 euro o annuale a 900 euro, quest’ultima la più
gettonata tanto che nella sola prima mattinata dall’inaugurazione sono state
staccate ben 13 tessere. Sommando questi nuovi stalli in struttura a quelli già
operativi, il totale di posti macchina al chiuso gestiti da Amt in città è
salito a quota 1042. Solo Saba Italia ne possiede di più a Trieste. Il
parcheggio di Amt che ne vanta complessivamente di più, 602, è quello di Sant’Andrea,
tra via Locchi e via Carli, che pur chiudendo il proprio bilancio annuale in
utile non riesce comunque ad avvicinare il cosiddetto tutto esaurito. In
superficie, invece, la competenza di Amt riguarda circa 900 stalli: in tutto, la
somma porta a sfiorare il limite delle duemila unità.
«Stiamo continuando a raccogliere i frutti del lavoro svolto prima assieme a
Piero Tononi, quando ricopriva in Comune la carica di assessore al Patrimonio, e
oggi con il suo successore Claudio Giacomelli. Ci consolidiamo nella sosta in
struttura, offrendo un servizio a prezzi decisamente bassi», afferma Rocco
Lobianco, presidente di Amt. «L’abbonamento annuale comporta alla fin fine una
spesa mensile di 75 euro - gli fa eco Paolo Rovis, assessore comunale con delega
alle società partecipate -, una soluzione conveniente. Il fatto che quei 23
posti macchina in via Tor San Piero venissero occupati in tempo breve era
prevedibile, considerato il bisogno della zona di Roiano. Si tratta di una
prima, piccola risposta alle esigenze dei residenti».
MATTEO UNTERWEGER
Regione-Trenitalia, mille euro di multa per ogni ora di
servizio soppresso - OGGI LA CONVENZIONE ALL’ESAME DELLA GIUNTA
TRIESTE Puntualità, affidabilità, pulizia, affollamento e
composizione, comfort di viaggio, informazioni alla clientela: sono i sei
pilastri sui quali si reggerà il nuovo contratto Regione Trenitalia che andrà in
esame in giunta oggi, con l'obiettivo di essere firmato entro l'8 maggio. Ognuno
di loro prevede una serie di parametri ben precisi in base al rispetto dei quali
si prevederà poi la quantificazione del sistema di multe.
Primo punto, naturalmente, la puntualità, che dovrà rispettare una seria di
parametri ben precisi. Il contratto prevede infatti un massimo ritardo e una
«percentuale limite» di treni in ritardo. «L'obiettivo – spiega il Servizio
trasporti della Regione – è quello di avere ogni convoglio in perfetto orario.
Siccome sappiamo che è impossibile, si è previsto un parametro che prevede il
90,86% di treni con un possibile lasco tra gli 0 e i 5 minuti, e il 97,72% di
treni con un lasco tra i 6 e i 15 minuti. Se Trenitalia non rispetterà tali
indici di puntualità, si vedrà affidare una multa di 15mila euro per ogni decimo
di punto percentuale in più». Naturalmente si tratta di un indice fissato
annualmente.
SOPPRESSIONI E INFORMAZIONI Anche per quanto riguarda le soppressioni sono
previsti severi controlli. Saranno contate anch'esse su base annuale, e solo
sulle soppressioni imputabili direttamente a Trenitalia e nelle ore previste per
i pendolari. La contravvenzione andrà a ritmo di mille euro per ogni ora di
servizio sospeso. Un'ampia parte del contratto sarà poi destinata alle
informazioni alla clientela, specie per quanto riguarda comunicazioni su
variazioni di orario, del servizio o soppressioni. Se anormali, ci saranno delle
contravvenzioni, che variano da 50 a 100 euro per ogni disfuzione. «In questo
caso il controllo avverrà con delle rilevazioni da parte di osservatori» spiega
ancora la Regione.
CONFORT E PULIZIA Per quanto riguarda la pulizia, come detto, si è preferito non
prevedere il diretto «esborso» da parte di Trenitalia. Gli importi delle multe
appioppate per mancata pulizia saranno invece reinvestiti in altre pulizie
aggiuntive. In questo modo si punta a raggiungere il massimo risultato
«pratico». Anche per il comfort sono previsti una serie di parametri «base»
definiti dal contratto, che prevedono ad esempio che tutti gli apparati presenti
a bordo, come le porte o i bagni, siano perfettamente funzionanti. Partendo da
questo stato di fatto, Trenitalia sarà poi tenuta a rispettarlo e, nel caso di
anomalie riscontrate sempre dai «controllori regionali», a pagare le sanzioni
previste. Infine, Trenitalia si adopera per garantire un posto a sedere a tutti
i passeggeri adeguando l'offerta di treni alla necessità. Altrimenti, anche in
questo caso si troverà a pagare delle penalità.
ELENA ORSI
GREENACTION TRANSNATIONAL - GIOVEDI', 23 aprile 2009
Nota stampa - Greenaction sul tratto Trieste-Divaccia
dellaTAV – Corridoio 5
GALLERIA CARSICA IRREALIZZABILE: INTERCETTEREBBE FIUMI
SOTTERRANEI
Trieste, 22.4.2009. - Il tracciato ferroviario indicativo della TAV-
Corridoio 5 fra Trieste e Divaccia (oggetto di accordi Italia-Slovenia - UE)
prevede il superamento del dislivello dell’altopiano carsico in galleria, con
due grandi tornanti sotto la valle carsica profondamente incisa del torrente
Rosandra. Questo tratto della galleria è irrealizzabile.
Il sottosuolo della valle e di ambedue i suoi versanti è infatti attraversato a
varie profondità da livelli sotterranei attivi e fossili del sistema fluviale
antico da cui residuano i corsi torrentizi superficiali della Glinscica-Rosandra
e di Beka-Ocizla, con i relativi inghiottitoi e risorgive. Piogge sovrabbondanti
sui due lati dell’altopiano attivano inoltre le connessioni dell’intero sistema
sotterraneo con la risalita di acque in pressione sin sotto il letto roccioso
terminale del torrente (riconfermata dalle presenze del crostaceo acquatico
ipogeo Troglocharis).
La galleria prevista intercetterebbe perciò anche cavità di deflusso attivo
delle acque sotterranee e rischierebbe costantemente di venire inondata in
pressione, richiedendo soluzioni costruttive di tipo sottomarino qui insicure e
troppo costose.
L’organizzazione ambientalista Greenaction Transnational chiede quindi che, a
prescindere dagli altri problemi della TAV, questa galleria venga immediatamente
cancellata dalle previsioni comunitarie, italiane e slovene per non sprecare
tempo e denaro nell’accertamento tardivo di impossibilità già evidenti.
Il progetto attuale del tratto di ferrovia Trieste-Divaccia prevede un tracciato
di 35,6 km quasi tutto in galleria, per un costo di 2,4 miliardi di euro. La sua
realizzazione è affidata ad un Comitato intergovernatovo (Cig) Italia-Slovenia e
ad un Common executive body (Ceb) tecnico misto fra Italia, Slovenia ed UE.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel.+39
040-2410497 - info@greenaction-planet.org
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 aprile 2009
Auto sotto Sant’Antonio, riecco il progetto - NUOVA
STRATEGIA SUL PIANO PARCHEGGI - Dipiazza: «È una scelta che trova
tutti favorevoli, ora faremo una gara»
Il Comune corregge il tiro sui parcheggi. Impastoiata in
imprevedibili lungaggini burocratiche la struttura prevista sotto il colle di
San Giusto, di gran lunga la più visibile e prestigiosa dei progetti finora
annunciati, l’amministrazione sta cercando alternative sul breve-medio termine.
E ritorna prepotentemente d’attualità, dunque, l’unica area che sarebbe
cantierabile in project financing, con tempi brevi e disagi relativi, quella di
Sant’Antonio. Un obbligo, più che una scelta per l’amministrazione. Mentre
procede a passi da gigante il processo di pedonalizzazione (l’avvio dei lavori
in via Cassa di Risparmio e successivamente in piazza della Borsa avverrà subito
dopo la fine del mercato di «Piazza Europa», il 19 maggio prossimo) i cittadini
scoprono quotidianamente di poter, sì, camminare sempre più in libertà, ma allo
stesso tempo di non poterlo fare, perché mettere la macchina da qualche parte è
diventata un’utopia.
«Il progetto di Sant’Antonio va avanti – conferma il sindaco Roberto Dipiazza –
perché è una scelta che trova tutti favorevoli, anche a prescindere da qualche
benestare in più o in meno. Esistono delle proposte, dovremo fare una gara ma è
sicuro che il progetto è importante e ci interessa. Bisogna farlo. Dite di San
Giusto in ritardo? Vero, ma avete idea di cosa siano le autorizzazioni? Ero
sindaco da un paio di giorni, nel 2001 e mi dicevano: quest’anno parte San
Giusto. Bene, siamo nel 2009... Non si può sgarrare, la legge 127 è rigida,
prevede addirittura che prima firmi un mio dirigente e poi io! Per questo anche
l’ultima delle virgole deve essere perfetta».
«Noi abbiamo il dovere di partire – incalza l’assessore ai Lavori pubblici
Franco Bandelli – perché la pedonalizzazione ce lo impone. Dipiazza ha ragione:
Sant’Antonio va fatto. Ho visto uno dei progetti, non è invasivo, ha due
ingressi ed è ad almeno sei metri di distanza degli edifici. La sua
realizzazione, inoltre, ci consentirebbe di intervenire anche in piazza
Ponterosso, eliminando quegli orribili parcheggi di superficie e riportando
tutta l’area a mercato, come prevede il progetto del collega Rovis, che
condivido. Di sicuro non possiamo più ritardare, perché ho la sensazione che gli
elettori ce la farebbero pagare».
Al momento, i progetti in effetti sembrano essere due. La prima a presentarne
uno, un paio d’anni fa, fu la società Carena. Prevedeva, come conferma il
responsabile triestino, Alberto Modugno, una struttura interrata che al primo
piano sotterraneo avrebbe dovuto ospitare un centro commerciale che prendeva la
luce direttamente dal soffitto, trasparente. «Il progetto è sempre là – ammette
quasi sconsolato Modugno – ma tra il dire e il fare... Comunque non sono
pessimista neanche per San Giusto, della cui cordata facciamo parte. Di sicuro i
ritardi non dipendono mai dai costruttori, semmai dal Comune».
Il secondo progetto è stato invece elaborato da un gruppo di imprese che
comprende nomi come Riccesi, Venuti, Mecasol e Palazzo Ralli e, stando alle
prime indiscrezioni, sarebbe decisamente più spartano. «Dal punto di vista
tecnico – racconta Donato Riccesi dell’omonima società – Sant’Antonio è più
semplice degli altri da realizzare. Si scaverebbe in un posto dove il canale è
stato interrato, e dunque per la massima parte su sedime di riempimento,
attraversato da pochissime quote tecnologiche, senza problemi di allagamenti e
esterno alle strade, tanto che entrata e uscita graverebbero sulla sola via San
Spiridione, che è già pedonale su tre lati. Sarebbe un’opera ancora più semplice
di quella realizzata in piazza Vittorio Veneto». «L’ipotesi Sant’Antonio ha
gambe per camminare, ed è forse l’unica», commenta l’assessore Paolo Rovis, che
gestisce direttamente il project financing. Qualcosa più di una dichiarazione
d’intenti.
FURIO BALDASSI
Posteggi in Foro Ulpiano, via libera al raddoppio - Ma
in superficie restano i 290 stalli in piazza Oberdan e davanti al liceo Dante
Una vera partita a poker, quella che contrappone il Comune
ai gestori, o aspiranti tali, di parcheggi in città. Il primo fronte, si fa per
dire, di crisi, è quello con la Saba Italia, che nel «pacchetto» legato al
raddoppio del posteggio sotterraneo di Foro Ulpiano - project financing da dieci
milioni, compresa la pedonalizzazione di via Giustiniano, a fronte di una
concessione fino al 2085, per far quadrare il suo piano d’investimento chiede
una royalty da 298 nuovi posti blu a pagamento in superficie sulla cintura delle
vie Fabio Severo, Coroneo e Carducci, fino a via San Francesco, o in subordine
verso Borgo Teresiano. Una richiesta che aveva fatto capolino in giunta con un
documento di indirizzo, respinto al mittente davanti alle perplessità espressa
dagli assessori. Rivista a freddo, ha messo allo scoperto più di qualche limite,
dei quali si fa testimone l’assessore Bandelli.
«È indubbio che Foro Ulpiano, assieme alle Rive e a Sant’Antonio – commenta
Bandelli – sia uno dei punti di forza del piano parcheggi in città. È anche
vero, però, che non si possono cassare continuamente gli abitanti della zona.
Per questo stiamo pensando di mantenere attivi quantomeno i posti di superficie,
circa 290, che dovevano sparire una volta realizzato il prolungamento di Foro
Ulpiano, per riservarli proprio ai residenti». La cosa dovrebbe tradursi in un
nuovo accordo con la Saba, che in pratica otterrebbe il via libera al raddoppio
che le sta tanto a cuore, a fronte però di una modifica del progetto che
consenta di preservare i preziosi posti macchina anche in superficie.
(f.b.)
Interparking: «Su Park Audace stiamo trattando col
Comune» - PRESENTATO UN RICORSO AL TAR
Sulla scia del parcheggio di Sant’Antonio potrebbe riprendere quota, a breve, tra incontri di riavvicinamento e schermaglie davanti al Tar, un altro progetto: quello del park Audace, la megastruttura interrata sulle Rive da 662 posti e 24 milioni d’investimento Iva esclusa, immaginata fra palazzo Carciotti e il Teatro Verdi. Un confronto tra i referenti della Interparking Italia di Venezia, costola dell’omonimo colosso belga, e quelli del Municipio sarebbe in agenda per inizio maggio. Obiettivo: trovare un compromesso sulle superfici da sventrare dalla banchina lato mare verso l’asse viario delle Rive, recuperando così la fattibilità di un’opera che l’amministrazione Dipiazza considera necessaria e che Interparking vuole realizzare. Questo mentre al Tar risulta depositato da alcuni giorni un ricorso della stessa Interparking contro l’invito a riformulare la proposta progettuale arrivata da Comune e Regione a ottobre. Un ricorso tutto da interpretare perché, un secondo progetto, Interparking l’aveva già riproposto a gennaio - con una bretella provvisoria verso la banchina, interna al cantiere, per decongestionare il traffico durante i lavori - incassando un altro no dal Municipio a fine marzo. Allora il Consiglio comunale ha ribadito il parere negativo d’impatto ambientale in quanto lo scavo, che si prenderebbe sei metri al di là delle aiuole, «potrebbe comportare pericoli di dissesto statico» verso «Palazzo Carciotti, la Chiesa greco-ortodossa e il Teatro Verdi». «Il ricorso - chiarisce l’ingegner Angelo Giglio, referente triestino della cordata con la Amg Sas - è un atto dovuto in quanto la legge impone il rispetto di certi tempi entro cui impugnare gli atti». Ne arriverà allora un secondo? «Stiamo parlando con l’amministrazione - ammette Giglio - per cercare di trovare una soluzione. C’è una nuova volontà di venirsi incontro. Ci sarà un incontro tecnico in cui chiariremo che non c’è alcun problema di stabilità, il progetto è stato redatto per la parte geologica dallo studio Zini di Udine e per quella strutturale dal Politecnico di Milano, il meglio in circolazione». «Magari su qualche modifica, su una riduzione d’impronta si può ragionare - chiude Giglio - ma l’orientamento è quello di trovare un’intesa. Il parcheggio s’ha da fare, c’è la volontà di Interparking e c’è la consapevolezza che la città ne ha bisogno».
(pi.ra.)
«I molluschi dell’Adriatico a rischio biotossine» -
APPELLO DEL MINISTERO DELLA PESCA A RISTORATORI, TURISTI E PESCATORI
I più colpiti dalla fioritura primaverile possono
essere cozze, ostriche, telline e lumache di mare
Una nuova legge non prevede più l’obbligatorietà dei controlli veterinari
FIUME Scattato in Croazia, soprattutto lungo la costa, l’allarme biotossine
marine. È stato il ministero dell’Agricoltura, Foreste e Pesca a lanciare un
appello in cui si invitano cittadini, turisti e titolari dei centri di
ristorazione a prestare la massima attenzione ai consumi di molluschi bivalvi,
uova e lumache di mare.
Il pericolo è legato ad una possibile intossicazione, che potrebbe rivelarsi
anche grave e la cui origine è stata spiegata nell’appello del dicastero: in
questi ultimi tempi, diverse zone dell’Adriatico stanno avendo una consistente
fioritura di alghe fitoplancton, contenenti biotossine, di cui si nutrono le su
esposte specie. Il rischio di essere intossicati c’è, è reale e dunque vanno
prese tutte le precauzioni possibili.
Si deve stare attenti quando si ordinano cozze, ostriche, capesante, mussoli,
dondoli (i tartufi di mare), vongole ed anche lumache e uova di mare, tutte
delizie di cui molte persone vanno ghiotte, ma che potrebbero nascondere
l’insidia delle biotossime. Secondo i responsabili del ministero, non bisogna
scherzare soprattutto con le uova di mare (microcosmus sulcatus), che –
filtrando quotidianamente enormi quantità di acqua – si pappano le alghe
tossiche, costituendo pertanto un pericolo per la salute dell’uomo.
In questo senso va detto che l’uovo di mare è un prodotto molto ricercato negli
ultimi anni, che viene offerto in diversi ristoranti della riviera istro –
quarnerino – dalmata e che vede in prima fila quali consumatori i clienti
italiani. Il microcosmus sulcatus, ritenuto il più potente afrodisiaco tra gli
organismi marini, può dunque fare spedire coloro che lo consumano diritto
all’ospedale, con grado di intossicazione che dipende da tipo e quantitativo di
biotossine ingerite.
Non c’è da scherzare dunque, con i cittadini e i proprietari di ristoranti e
trattorie che vengono invitati ad acquistare i frutti di mare esclusivamente
presso i rivenditori autorizzati. I prodotti devono inoltre possedere il
regolare contrassegno, mentre i commercianti hanno l’obbligo di avere la
documentazione concernente la compravendita.
«Coloro che acquistano molluschi bivalvi, ricci, lumache e uova di mare
direttamente dai raccoglitori o comunque da persone non autorizzate – così nel
documento diffuso dal ministero – lo fanno a proprio rischio e pericolo». A
complicare la situazione, sostengono i veterinari croati, è la nuova
disposizione di legge – scattata agli inizi del mese scorso – in base alla quale
non sono più obbligatori i controlli veterinari sui pescherecci, che in pasato
venivano effettuati prima che pesci, molluschi e crostacei finissero sul
mercato.
Al posto dei controlli, sono gli stessi pescatori a dovere compilare un
documento in cui garantiscono che il prodotto da loro pescato e messo in
commercio è idoneo dal punto di vista igienico – sanitario. Va rilevato che un
paio di giorni dopo l’entrata in vigore della nuova regola, in una trattoria di
Laurana vi è stato un caso di intossicazione per consumo di pesce azzurro.
«Mangiare pesci, molluschi bivalvi e crostacei – questa l’ opinione degli
operatori veterinari croati – è diventato purtroppo molto rischioso, per l’
assurdità di una disposizione che andrebbe assolutamente cambiata».
ANDREA MARSANICH
A Sebenico sorgeranno due centrali eoliche e
una solare - IN DALMAZIA SI PUNTA SULL’ENERGIA PULITA. DIFFICOLTÀ PER L’IMPIANTO
FOTOVOLTAICO DOVUTA ALLE MINE
FIUME Tra due o tre anni l’area di Sebenico potrebbe
funzionare principalmente a sole e vento. Nel senso che buona parte dell’energia
elettrica necessaria alla zona verrebbe fornita da impianti alternativi: una
centrale fotovoltaica e altre due eoliche.
Una di quest’ultime si appresta a entrare in funzione, mentre per la seconda in
questi giorni sono in fase di montaggio su una spianata collinare in località
Trtar gli ultimi due generatori dell’impianto che avrà una potenza installata di
9,6 megawatt e sarà in grado di sopperire ai consumi di circa 7 mila utenti. La
centrale eolica di Trtar, con la sua batteria di undici generatori, dovrebbe
cominciare il ciclo di collaudo nella seconda metà di maggio. A «far girare le
eliche» per prima dovrebbe comunque essere la centrale sistemata sulla collina
di Orlice, anche questa con undici generatori ma con un potenziale superiore (12
MW) e in grado di alimentare sulle 8-9 mila utenze. Entrambi gli impianti – che
a detta dei tecnici potranno contare su condizioni microclimatiche pressochè
ideali –fanno capo alla tedesca «EnerSys GmbH» di Bissingem, società leader
nella progettazione, realizzazione e finanziamento di centrali eoliche, già
presente, oltre che in Germania, in Bulgaria, Lettonia e Lituania. Il costo
dell’intero progetto si aggira intorno ai 12 milioni di euro.
Alternativo eolico a parte, la grossa novità che viene segnalata in questi
giorni dall’amministrazione regionale di Sebenico è tuttavia un’altra: l’avvio
dei preliminari «cartacei» per una centrale fotovoltaica che sarebbe non
soltanto un inedito assoluto in Croazia, ma anche un impianto di riferimento
europeo. La serietà e concretezza del progetto è dimostrata dal fatto che nel
piccolo comune di Promina, immediatamente alle spalle di Sebenico e a un
migliaio di metri di altitudine, per fare spazio all’impianto a pannelli solari
si è già provveduto a modificare il piano regolatore. Per la futura centrale
fotovoltaica è stata riservata un’area di 250 ettari. Si tratta di una brulla
estensione carsica delle Dinariche (massiccio del Velebit) con un unico difetto:
la zona non è stata ancora interamente bonificata dalle mine che costituiscono
lo spiacevole e pericoloso retaggio della guerra in Croazia nei primi anni
Novanta. Per la realizzazione del progetto, di cui si occupa il fondo
d’investimenti «Nexus», sarà quindi giocoforza procedere allo sminamento e alla
messa in sicurezza dell’area. Oltrechè provvedere poi a tutti gli allacciamenti
e infrastrutture necessarie. Secondo il progetto di massima, ai circa 250 ettari
di pannelli solari corrisponderebbe una potenza installata di una sessantina di
megawatt. La centrale fotovoltaica, unita alle due eoliche prossime a entrare in
funzione, dovrebbero far diventare quella di Sebenico la regione leader in
Croazia e in tutto il sudest Europa in quanto a energia da fonti alternative.
Per la centrale «solare» di Promina, da realizzarsi in capo a due anni e con
impiantistica in gran parte di produzione nazionale, il preventivo calcola una
spesa intorno agli 80 milioni di euro.
(f.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 aprile 2009
Antenna in via del Veltro, Roma dice sì - SENTENZA DEL
CONSIGLIO DI STATO, CHIESTO L’INTERVENTO DI MENIA
Dura mazzata per gli abitanti di via del Veltro che -
contro la presenza di un traliccio, all’interno di un’area delle Ferrovie,
destinato a ospitare un’antenna per la telefonia mobile - avevano sperato in una
sentenza favorevole del Consiglio di Stato. Il ricorso contro il pronunciamento
del Tar, presentato dal Comune, assieme alla Soprintendenza e il Ministero dei
beni culturali, ha dato ancora una volta ragione alle Ferrovie. Appello contro
le antenne GSM-R respinto, quindi, e conferma del pronunciamento del Tar.
Nella sostanza il pronunciamento, pur puntualizzando il valore del vincolo
paesaggistico esistente in alcune zone della rete ferroviaria, afferma la
priorità della sicurezza dei treni e delle comunicazioni di cui il sistema di
infrastrutture è garante. Ma i cittadini non vogliono arrendersi. Anzi,
intendono coinvolgere il sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto
Menia, affinché dopo un sopralluogo in via del Veltro si attivi per modificare
la norma del 2006 che dà carta bianca alle Ferrovie sulle antenne Gsm-r.
«Il punto cruciale è che le Ferrovie affermano di poter collocare le loro
antenne anche in presenza di vincolo paesaggistico. Noi sosteniamo che tali
collocazioni dovrebbero avere un’autorizzazione da parte del Comune e della
Sopritendenza», spiega l’avvocato Oreste Danese, legale del Comune assieme ai
colleghi Maria Serena Giraldi e Domenico Vicini. E aggiunge, dopo la missione a
Roma: «Purtroppo il Consiglio di Stato, come in precedenza il Tar, hanno dato
priorità alla sicurezza, rispetto la tutela del paesaggio in quanto c’è anche
una norma che lo prevede».
Un ricorso andato male, dunque, ma che aveva visto anche l’opposizione
schierarsi al fianco della scelta della giunta Dipiazza. Dal consigliere Roberto
Decarli (Cittadini) all’esponente dei Verdi, Alfredo Racovelli, pronto a
contestare ancora quell’antenna. «L’emendamento di legge del governo Prodi,
inserito nella finanziaria 2006, scavalcando i permessi dei Comuni e delle
Sopritendenze, ha dato in pratica carta bianca alle Ferrovie per tralicci e
antenne, che sorgono come funghi e non sempre in stato di effettiva necessità -
dice Racovelli - Ma non disperiamo, anche perché il ricorso triestino, il primo
a livello nazionale, potrebbe fare da apri pista ad altri Comuni italiani.
Inoltre gli abitanti intendono sollecitare nelle sedi opportune la modifica
della norma governativa del 2006». I residenti di via del Veltro, ma a
protestare sono anche quelli di via dei Baiardi, sono pronti a chiedere un
incontro urgente al sottosegretario Roberto Menia.
Daria Camillucci
San Dorligo, addio al microchip per la tariffa rifiuti
- CONSIGLIO COMUNALE QUASI UNANIME: UN NO E UN’ASTENSIONE
SAN DORLIGO Il regolamento sulla tariffa dei rifiuti è
stato al centro della seduta del consiglio comunale di San Dorligo ieri mattina.
Il calcolo degli svuotamenti con il microchip viene abbandonato, e continua solo
per fini statistici. I dati raccolti dallo scorso gennaio con il micrichip sono
infatti ancora troppo pochi per essere attendibili
Di conseguenza la parte variabile della tariffa verrà calcolata, come nel 2008,
suddividendo la spesa complessiva fra tutte le famiglie. Non cambia nulla per la
parte fissa della tariffa, che continuerà ad essere conteggiata in base al
numero dei componenti la famiglia e alla superificie della casa.
Votata favorevolmente da tutto il consiglio, eccezion fatta per l’astensione di
Elisabetta Sormani (capogruppo dei Cittadini, maggioranza) e per il no di Boris
Gombac (capogruppo di Uniti nelle Tradizioni, opposizione), la delibera ha di
fatto abolito le «tecniche di calibratura della quantità di apporti individuali
specificabile in chilogrammi», sostituendole con l’applicazione del «sistema
presuntivo riferito alla produzione media comunale pro capite», desumibile dalle
tabelle predisposte dalla sezione regionale del catasto dei rifiuti.
La richiesta di abbandonare il chip transponder e, quindi, il conteggio del
numero di prelievi era partita inizialmente dai quattro consiglieri
d’opposizione Roberto Drozina (Rinnovamento di Centro), Roberto Jercog (Oltre il
Polo), Roberto Massi (Oltre il Polo) e Sergio Rudini (Lega Nord).
«È un ottimo risultato essere riusciti a condurre in porto questa battaglia,
anche perché il microchip concretamente non era mai riuscito a dare benefici
positivi», ha commentato Drozina.
Di diversa visione l’analisi del consigliere Boris Gombac, che a sua volta ha
presentato una proposta di ritiro della delibera: «Secondo il regolamento
comunale mancano le firme dei singoli consiglieri. Ora chiederò il parere
dell’ufficio legale della Regione, confidando che la delibera venga annullata».
Il consigliere Elisabetta Sormani (Cittadini), come detto, ha invece ha
preferito astenersi. La spiegazione l’ha fornita lei stessa: «Non entro nei
meriti tecnici della delibera. La commissione riunitasi nei giorni precedenti
non ha espresso un documento condiviso da tutte le parti, ma solamente
un’imposizione da parte del centrodestra».
(r.t.)
La megattera «Boby» emerge a Punta Olmi - Avvistata da
alcuni surfisti a 50 metri da terra. È rimasta nella zona per mezz’ora
MUGGIA «Boby», la megattera avvistata e seguita un mese fa
davanti alle coste di Grado, è riapparsa ieri a poca distanza da Muggia, dopo
che un quindicina di giorni fa era stata vista da pescatori di Marano a qualche
miglio al largo di Porto Buso.
Il nuovo avvistamento è avvenuto verso le 10 davanti a Punta Olmi. A notare il
caratteristico spruzzo, seguito dall’emersione del grande mammifero, sono stati
alcuni surfisti del gruppo «Barcoletta».
«Eravamo in attesa del vento – racconta Michele Rocco – quando a una cinquantina
di metri dalla riva abbiamo notato emergere la balena, che poi si è diretta
verso Punta Sotttile. L’abbiamo seguita da terra ed è emersa altre due volte,
per poi andare in direzione di Capodistria. Il tutto è durato una mezz’ora».
Che si tratti della balena avvistata a Grado è confermato dai segni notati sulla
pinna dorsale. Ma le immagini scattate dai surfisti fanno pensare a una nuova
ipotesi: le megattere potrebbero essere due. «In ciascuna immagine – precisa
Rocco – c’è una sola balena, ma una sembra più piccola, il che ci fa pensare che
possano essere due».
Una possibilità che non viene esclusa da Antonio Tortora, comandante delle
imbarcazioni dell’Arpa, che davanti a Grado ha seguito per la prima volta,
assieme ad alcuni ricercatori dell’ente, l’ormai famosa megattera. «In effetti –
commenta – una quindicina di giorni fa la balena è stata vista da pescatori al
largo di Porto Buso, e il giorno prima un’altra megattera era stata avvistata a
Rovigno. Nel golfo potrebbero quindi essercene due».
Oggi l’imbarcazione dell’Arpa sarà proprio nelle acque di San Bartolomeo, a poca
distanza da Punta Sottile, per effettuare alcuni campionamenti di molluschi,
operazione che sarà ripetuta al largo di Grignano. «Sarà un’occasione per
perlustrare la zona – commenta Tortora – chissà che non si riesca a rivedere la
megattera».
Il primo avvistamento, quello davanti a Grado, è rimasto ben impresso nella
memoria di Tortora. «L’abbiamo seguita da Grado fin quasi a Monfalcone –
racconta – perchè disponevamo di un catamarano che non produce molta onda e
quindi disturba poco l’animale. Viaggiava a una bella velocità, attorno ai 10
nodi. Era lunga sui 12 metri e risaliva in superficie circa ogni due minuti.
Avevamo paura che potesse arenarsi; invece quando la profondità dell’acqua si
riduceva a quattro, cinque metri tornava verso il largo».
(gi. pa.)
Rigassificatore di Aquilinia, le tante buone ragioni
per opporsi a un progetto molto poco sicuro
In merito alla ventilata possibilità di realizzazione del
tanto discusso rigassificatore di Gas natural in località Aquilinia - Trieste,
desidero ribadire, come la stragrande maggioranza della popolazione, la più
netta contrarietà per le motivazioni qui di seguito espresse.
La provincia di Trieste, piccola per estensione territoriale, per quanto attiene
all’ambiente è la più disastrata d’Italia. Qui infatti sono concentrate le
strutture più inquinanti, per citarne alcune: il sito inquinato nazionale dell’Ezit,
l’ex raffineria Aquila con i vari depositi, la discarica di Scalo Legnami
(qualche mese fa la stampa locale parlava di catastrofe ambientale e arresto dei
responsabili), l’oleodotto con il via vai di petroliere, la Ferriera,
l’inceneritore che disperde diossina e varie discariche di amianto sparse qua e
là, ecc. dinnanzi a tale scempio in questi anni non è stato fatto assolutamente
nulla.
Come è noto, il protocollo di Kyoto e le Direttive europee impongono agli Stati
membri di ridurre le emissioni di anidride carbonica; qui, in controtendenza, su
un territorio tanto provato, si vuole dare corso alla realizzazione del suddetto
rigassificatore.
Penso che non esista da nessuna parte, né in Italia, né all’estero che un’opera
di impatto così devastante e alto rischio, venga realizzata in centro abitato in
un contesto più che negativo. Il golfo di Trieste è un catino chiuso alle
correnti, con una profondità media di 15-20 metri (ci vuole un mese per il
ricambio completo di acqua), la bora soffia raggiungendo raffiche che superano
spesso i 150 km orari, nei dintorni ci sono fonti infiammabili e inoltre c’è il
continuo traffico di petroliere che vanno ad alimentare l’oleodotto e percorrono
lo stesso tratto di mare.
Le norme di sicurezza di altri Paesi prevedono che dette strutture siano
collocate a 18-20 km dalla costa se posizionate a mare o, se a terra, in zona
disabitata.
Il fronte del no (in base a stampa locale: Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Sos
Muggia, Comitato per la salvaguardia del Golfo, Greenaction Transnational,
Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle) si è adoperato in tutti i
modi e continua la propria opposizione per segnalare la non fattibilità di detto
progetto e scongiurarne la realizzazione intraprendendo anche le vie giudiziarie
per varie irregolarità e manipolazioni riscontrate nella stesura dello stesso.
Le nostre Istituzioni, a seconda della loro competenza territoriale,
intervengono sempre a disastro compiuto: dopo che i soffitti sono caduti sugli
studenti, dopo che le frane annunciate hanno seppellito migliaia di innocenti
(vedi Vajont, Autostrade ecc.). Qui si colloca sopra la testa della popolazione
residente una bomba ad altissima potenzialità, infatti l’impianto avrà la
capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma noi cittadini da chi
siamo tutelati?
Pertanto dinnanzi a una gestione del territorio condotta da anni in maniera
scandalosa e irresponsabile, chiedo l’intervento del Ministero dell’Interno
quale organo preposto alla sicurezza del territorio, e l’intervento della
Magistratura per l’accantonamento definitivo di tale progetto al fine della
salvaguardia della vita della popolazione residente nella zona interessata.
Licia Micheli
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 aprile 2009
RICONVERSIONE DELLA FERRIERA. FIRMATO IL PROTOCOLLO PER
LA CENTRALE TERMOELETTRICA - Via libera all’altoforno 3 dalla Regione
Ma la ripresa dell’attività a giugno resta in forse, è
fermo il mercato
«Delle centomila tonnellate di ghisa accumulate in surplus che ci hanno
costretti a ricorrere alla cassa integrazione, ne abbiamo vendute 25 mila,
mentre 75 mila tonnellate rimangono da piazzare ai clienti. Di conseguenza non
siamo ancora in grado di dire se a giugno potremo riprendere la produzione».
Parole preoccupanti quelle pronunciate ieri da Francesco Rosato direttore della
Ferriera di Servola a margine della cerimonia che ha sancito l’avvio del
programma di riconversione dello stabilimento siderurgico e dell’iter per la
realizzazione della megacentrale termoelettrica.
È il mercato ora l’unico ostacolo alla ripresa dell’attività della Ferriera, dal
momento che, come ha riferito lo stesso Rosato, la Regione ha dato un
sostanziale nulla osta all’accensione dell’altoforno numero 3 dopo che l’azienda
era stata diffidata a utilizzare l’Afo 2, fuori norma. «Abbiamo comunicato per
lettera - specifica l’assessore all’ambiente Vanni Lenna - che la modifica fatta
non è sostanziale per cui non è necessario riottenere l’Aia (Autorizzazione
integrata ambientale. Basterà rifare il decreto spostando il nulla osta dall’Afo
2 all’Afo 3 dal momento che sono analoghi».
In aprile intanto la cassa integrazione sta interessando 170 operai a rotazione,
in totale 300. Ma tutti e 540 i dipendenti restano con il fiato sospeso anche se
ieri i sindacalisti «accerchiando» il direttore hanno ottenuto la promessa di un
incontro per i primi di maggio durante il quale dovrebbe venir detta la parola
definitiva sulla ripresa dell’attività.
Ieri in Regione il presidente Renzo Tondo, la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat, il sindaco Roberto Dipiazza, l’amministratore delegato di
Lucchini spa Hervè Marie Kebrat e l’amministratore unico di Lucchini energia
Francesco Rosato hanno firmato il protocollo d’intesa sulla realizzazione della
nuova centrale a metano da oltre 400 Mw che produrrà energia elettrica e vapore
e sorgerà nell’area ex Esso e più precisamente su parte dell’area dell’ex
discarica di via Errera prospiciente il canale navigabile. L’investimento
previsto è di 300 milioni di euro e la centrale dovrebbe entrare in funzione nel
2013.
«Non bisogna certo considerarla l’alternativa occupazione alla Ferriera - ha
detto a margine Rosato - dal momento che saranno solo 30-50 le persone impiegate
in modo diretto alle quali potrebbe aggiungersi un indotto di 80-100 unità».
Accanto alla centrale, come ha ribadito anche ieri il sindaco Dipiazza vanno
considerati la Piattaforma logistica per la quale domani il presidente
dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà in audizione al Cipe, il
rigassificatore di Gas Natural di cui si attende a settimane il decreto di via
libera da parte del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e la fabbrica
di funi d’acciaio della stessa Severstal. Realizzazione sulle quali si registra
unità d’intenti da parte delle principali amministrazioni, non così netta
unitarietà tra i sindacati dove alcune frange sono contrarie al rigassificatore
e altre sono per la permanenza sine die di un comparto siderurgico.
Ieri Luca Visentini della Uil e Luciano Bordin della Cisl hanno tentato di
mettere spalle al muro il presidente Tondo: «Vogliamo uscire da questa riunione
con un percorso tracciato dalle istituzioni verso la realizzazione di 4-5
strutture in grado di assorbire mille posti di lavoro». «Non è questo il ruolo
del presidente della Regione - ha replicato Tondo - altrimenti qui dovremmo
parlare anche della Caffaro e della Safilo. Va creato un Tavolo ristretto della
riconversione, una cabina di regia composta da un numero minimo di
rappresentanti delle istituzioni, della proprietà e dei sindacati».
Frattanto con la firma del Protocollo d’intesa si avvia la procedura
autorizzativa per la centrale termoelettrica. «Tra l’11 e il 15 maggio - ha
annunciato Rosato - presenteremo il progetto a Roma». La procedura autorizzativa
sarà regolata da una Conferenza dei servizi istituita presso il ministero dello
Sviluppo economico.
Nel protocollo, tra l’altro si legge che «la Lucchini ha promosso alcune
iniziative per lo sviluppo di nuove attività nella meccanica, nel settore della
logistica e delle infrastrutture energetiche, anche con lo scopo di rendere
minimi gli impatti socio-economici e di sostenibilità correlati alla
diversificazione produttiva il cui avvio è previsto non prima di cinque-sei
anni, essendo collegata alla ricollocazione certa delle risorse umane
attualmente impiegate nel ciclo siderurgico e in attività a esso connesse».
SILVIO MARANZANA
Severstal-Lucchini, concessione in scadenza per la
banchina ma sarà rinnovata per 4 anni - «Intendiamo investire a Trieste per fare
i terminalisti»
La Lucchini ha anche avviato le procedure per l’acquisto
di una gru di banchina con un investimento di oltre 4 milioni di euro. Anche
questo annuncio è stato fatto ieri dal direttore della Ferriera di Servola,
Francesco Rosato. «Intendiamo intensificare a Trieste anche il ramo logistico
dell’azienda con un incremento dei traffici operando da terminalisti soprattutto
per conto terzi», ha specificato.
Mentre lo stabilimento è collocato quasi completamente su terreno di proprietà,
la concessione della banchina alla Lucchini-Severstal, come ha rilevato il
segretario generale dell’Autorità portuale Martino Conticelli, scade al 31
dicembre «ma sarà certamente rinnovata». Secondo quanto afferma lo stesso
Conticelli «i volumi di traffico previsti, attorno ai due milioni di tonnellate
all’anno, sono stati egregiamente mantenuti», per cui l’Authority non ha nulla
da eccepire sulla prosecuzione dell’attività, che anzi contribuisce allo
sviluppo del porto.
L’azienda sta ora predisponendo un progetto di rafforzamento dell’attività, come
dimostrato già ora dalla nuova gru, e dinanzi ad esso e agli investimenti
effettuati e che presumibilmente saranno fatti anche in futuro, il rinnovo della
concessione potrebbe essere superiore ai quattro anni. Per lo Scalo Legnami il
contratto ancora in trattativa tra Autorità portuale e General cargo terminal è
di quindici anni. «Comunque - afferma Conticelli - nella trattativa per il
rinnovo e per la sua durata non potranno subentrare considerazioni di carattere
politico neanche per quanto concerne la riconversione dell’area, in quanto
l’attività della Ferriera e quella del terminal possono essere anche
completamente indipendenti una dall’altra».
(s.m.)
No Tav, la protesta parte da San Dorligo - AFFOLLATO
INCONTRO AL TEATRO DI BAGNOLI SUL PROGETTO PER LA TRIESTE-DIVACCIA
Il 1° maggio a San Giacomo una manifestazione con la
partecipazione dei comitati regionali
SAN DORLIGO Il movimento No Tav è pronto a sbarcare a Trieste. L’annuncio è
stato divulgato ieri, attraverso un volantinaggio davanti al teatro comunale
Presveren di Bagnoli della Rosandra, sede dell’incontro pubblico sul Corridoio 5
indetto dal Comune di San Dorligo della Valle.
Il primo maggio a Trieste, in Campo San Giacomo, il popolo contro l’alta
velocità scenderà per la prima volta in piazza per protestare contro la «folle
logica della sottrazione di soldi pubblici da investire per il miglioramento e
l’ammodernamento della rete ferroviaria esistente». Alla manifestazione hanno
annunciato la loro presenza i comitati No Tav del Friuli Venezia Giulia.
Un teatro Presveren stracolmo ha intanto visto, come si diceva, l’incontro
pubblico per analizzare lo studio di fattibilità della linea ad alta velocità,
che dovrebbe coinvolgere ampiamente il territorio di San Dorligo della Valle.
«Il silenzio che avvolge il progetto del Corridoio 5 e del tratto
Trieste-Divaccia è funzionale alla maggior spesa possibile di denaro pubblico:
oggi più che mai abbiamo dunque il dovere civile di essere preoccupati e di
vigilare su questo progetto che attualmente non è certo frutto di un processo
democratico». Paolo Rumiz ha aperto così l’incontro, al quale hanno partecipato
diversi tecnici delle Ferrovie, esperti nel settore dei trasporti, geologi e
ambientalisti.
A spiegare per primo le ragioni di questa criticità è stato Dario Predonzan,
responsabile energia e trasporti del Wwf regionale: «Attualmente i fondi
necessari per la tratta Venezia-Trieste-Divaccia corrispondono solo all’1,24%
del costo totale di questa folle opera, sulla quale per altro non esistono studi
unitari. Una strategia in realtà per distogliere l’attenzione sul progetto
finale, che concretamente non porterebbe nulla di positivo per i cittadini».
Francesco Magro, esperto nazionale nel settore trasporti, ha ribadito
sostanzialmente il concetto: «Facendo un analisi del costo/beneficio di questa
opera ci rendiamo conto di quanto sia in dubbio l’utilità e la funzionalità
dell’alta velocità in quest’area».
Il referente trasporti di Legambiente Fvg, Andrea Wehrenfennig, ha ricordato
invece come «rendere efficienti le ferrovie attuali sarebbe un intervento
prioritario rispetto al Corridoio 5», mentre il vicedirettore del Dipartimento
di Scienze della Terra Peter Suhadolc, sismologo, ha puntato l’attenzione sulle
vibrazioni che potrebbero verificarsi, che però «nei terreni duri come il
calcare non dovrebbero essere troppo amplificate».
Il direttore del Dipartimento di Scienze geologiche, ambientali e marine
dell’Università di Trieste, Franco Cucchi, ha poi delineato scenari inquietanti
inerenti «ai battenti d’acqua che potrebbero aprirsi improvvisamente nel
sottosuolo causando l’allagamento delle gallerie».
Il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, ha portsato il discorso sul piano
politico, ricordando che «l’assessore regionale di competenza continua a negare
un incontro sulla questione della Trieste-Divaccia, nonostante le ripetute
richieste formulate da diverse settimane».
L’assessore comunale all’Ambiente e ai Progetti europei, Laura Riccardi
Stravisi, ha infine annunciato che l’8 maggio si terrà un altro incontro
pubblico. Al teatro Presveren porteranno le proprie testimonianze i sindaci
della Val di Susa e del Mugello.
RICCARDO TOSQUES
Scontro in Consiglio sulla Commissione paesaggio -
ESAMINATI A TARDA NOTTE ANCHE LA PEDONALIZZAZIONE DI VIA CASSA DI
RISPARMIO E IL PIANO DEHORS
Bocciata la richiesta di rinvio dell’opposizione. Il
nuovo organismo passa con i soli voti della maggioranza
L’iter della nuova Commissione locale per il paesaggio ha infiammato ieri
sera gli animi dei consiglieri comunali. Ad accendere la miccia è stato il
rifiuto opposto dal sindaco alla richiesta di rinvio dell’approvazione della
delibera che istituisce il nuovo organismo. Richiesta avanzata dall’opposizione
per poter valutare con maggior attenzione il materiale relativo ai compiti e
alle funzioni della Commissione, arrivato nelle mani dei consiglieri solo
giovedì scorso. Roberto Dipiazza, però, non ha voluto sentir ragioni. «È una
delibera squisitamente tecnica che dev’essere approvata con urgenza - ha tuonato
il primo cittadino -. Qualsiasi discussione equivale ad una perdita di tempo».
Frase interpretata dal centrosinistra come un tentativo di svilire il ruolo
dell’aula e mettere il bavaglio ai consiglieri.
La risposta dell’opposizione non si è fatta attendere: ostruzionismo in piena
regola e discussione, lenta e dettagliata, di ventiquattro emendamenti. Nessuno,
alla fine, è passato, mentre è stato accolto un ordine del giorno, presentato da
Piero Camber e firmato da tutti i capigruppo di maggioranza, che prevede per la
Commissione paesaggio l’obbligo di coinvolgere la Consulta dei disabili nelle
valutazioni dei progetti pubblici e privati di interesse pubblico.
Il lungo dibattito sul nuovo organismo municipale - che alla fine è stato
approvato con 24 voti favorevoli, quelli della sola maggioranza, e 14 contrari
-, ha giocoforza fatto ritardare di molto l’esame delle altre questioni sul
tappeto. Prima tra tutte la riqualificazione e pedonalizzazione di piazza della
Borsa e via Cassa di Risparmio. Anche su questo fronte si è registrata una netta
spaccatura tra i due schieramenti. L’opposizione ha manifestato contrarietà al
progetto, contestando con decisione anche un secondo tassello legato
all’iniziativa: l’installazione del ponte sul Canale di Ponterosso. Canale
definito senza mezzi termini «un obbrobrio». Nessun cedimento, invece, tra le
fila della maggioranza, che ha sposato compatta l’operazione di restlyng voluta
dalla giunta. Discusso a tarda notte anche il regolamento del piano dehors,
arricchito di un nuovo risvolto: la previsione, nelle zone del centro
identificate come sensibili (viale XX settembre, piazza Unità etc.) di ulteriori
piani di dettaglio, che dovranno essere stilati su proposta della maggioranza
degli esercenti della zona.
AMBIENTE - Riciclaggio trascurato
Desidero far presente un fatto riguardante la raccolta
differenziata. Il giorno 9 aprile, alle ore 13.45 mi sono recato al piazzale
sottostante il comprensorio scolastico di Melara, in via Forlanini, per vuotare
i miei raccoglitori con i quali differenzio la carta, la plastica, il vetro e
l’alluminio. Mentre introducevo la carta, arrivò un piccolo motocarro di una
nota cooperativa cittadina, che si posizionò presso l’altro bottino per la
raccolta della carta e vi scaricò con il ribaltabile il suo carico.
Immediatamente notai che oltre alla carta vi erano altri materiali che si
potevano benissimo separare e altri che erano comuni rifiuti che di regola
andrebbero posti negli appositi cassonetti.
Vedendo ciò sono rimasto malissimo, io che solitamente prima di differenziare la
carta tolgo i punti metallici e il nastro d’imballo, ma giustifico questo fatto
(che non è uno isolato) con la scusa che forse vi sono persone che non sanno
leggere, altrimenti perché in un contenitore dove campeggia la scritta «carta,
non introdurre altri materiali» si introduce tutto fuorché il materiale
indicato? Sarà per pigrizia, negligenza? Chissà? La cosa certa è la mancanza di
senso civico e di rispetto per l’ambiente.
Mauro Ulcigrai
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 aprile 2009
Tav, i mille segreti di un progetto che rischia di
sventrare il Carso
Lo scavo di più gallerie significa più spese e più
danni ambientali Uno scempio di fronte al quale è giusto allarmarsi e protestare
Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si rassegnino. Per
avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territorio - l'opera pubblica più
ciclopica del dopoguerra nel Friuli-Venezia Giulia - dovranno rivolgersi al
piccolo Comune di Dolina. Dovranno farlo, perché il resto è silenzio. Sul
percorso ad altissimo impatto ambientale si vocifera da quasi due anni, ma
Regione, Provincia e Comune capoluogo non hanno mai voluto fornire notizie. Come
non hanno ritenuto di coinvolgere gli elettori in fase di progetto, ora non
ritengono di doverli informare a cose definite. Qualcuno fa il pesce in barile,
e dice di non saperne nulla. E già questo dovrebbe inquietare.
La realizzazione dell’imponente opera mette a repentaglio l’equilibrio del Carso
La sola finestra in questo anomalo riserbo è l'assemblea aperta indetta dal
Comune di cui sopra, oggi alle 18.30, nel teatro di Bagnoli della Rosandra -
Boljunec. È un'occasione speciale che si offre a tutti gli abitanti tra il
confine sloveno e Monfalcone: tanto più che gli uffici tecnici municipali hanno
avuto la bontà di inserire i tabulati del progetto nel sito
www.comune.san-dorligo-della-valle.ts.it, per consentire al pubblico di
intervenire meglio nel dibattito. Consiglio vivamente di darvi un'occhiata.
Basta cliccare in alto a sinistra la voce "Documenti riguardanti il corridoio
5", poi cercare "studio di fattibilità" nel riquadro di sinistra. Dopo la
descrizione, in basso a destra c'è il simbolo dell'Excel (33Kb), cliccando sul
quale compaiono 62 disegni e relazioni.
Dieci minuti sono sufficienti per capire. Ciò che si supponeva è confermato. Il
tragitto della Tav, anziché prendere diagonalmente quota sul Carso per
raggiungere il nodo di Divaccia ("gate" per la direttrice Lubiana-Budapest),
sprofonda in galleria parallelamente alla costa - Santa Croce, via del Pucino,
Gretta, San Giovanni - e sfiora Trieste per poi risalire, avvitandosi attorno
alla Val Rosandra, con un sistema di curve decisamente anomale per un percorso
ad alta velocità. Un percorso che comporta il doppio di gallerie necessarie e
pare avere l'unico scopo di agganciare con più facilità il porto di Capodistria,
con una bretella lautamente finanziata dall'Unione Europea.
Tutti sanno che più gallerie significano più spese e più rischi ambientali. Lo
si è visto nel percorso della Tav tra Bologna e Firenze, in tunnel per il 90 per
cento, costato il quintuplo del previsto alle nostre tasche, e cifre
incalcolabili in termini di dissesto idrogeologico. Settecentocinquanta milioni
di euro, secondo la valutazione del tribunale di Firenze, per non parlare delle
cave rimaste aperte e dell'inquinamento da scorretto smaltimento dei materiali
di scavo. Di fronte a un simile scempio è giusto e necessario allarmarsi e
chiedersi come mai un'opera così importante per l'economia del Nord-Est sia
portata avanti con una segretezza che - visto il terreno - potremmo quasi
definire "carsica".
Vi sono tante domande in sospeso su questa storia della Tav, ma la prima di
tutte è: perché questa scelta? Perché un tragitto che comporta lo scavo di ben
7,75 milioni di metri cubi di roccia in terreno carsico - dunque ricco d'acqua e
imprevedibile - e non sembra offrire significativi vantaggi né alla città né al
suo porto? Perché non un percorso più semplice, più superficiale e distante da
Trieste, ma collegabile alla città con un servizio navetta dalle parti di
Opicina? A chi giova davvero tutto questo, aziende edilizie a parte? Ma è solo
l'inizio di una serie di domande da cui è difficile scappare.
Per esempio: quale voce in capitolo hanno avuto gli esperti del terreno? Tra
Firenze e Bologna quasi nulla. I geologi, che avevano avvertito dei rischi di
quel tragitto, sono stati ignorati dal direttore del lavori (poi ministro)
Pietro Lunardi, coi risultati che si vedono: novanta corsi d'acqua, risorgive e
pozzi ridotti al minimo o scomparsi per sempre. Ora il rischio è che accada
anche qui, se è vero che nella stessa relazione si ammette che lo studio è stato
compiuto solo "sulla base di dati disponibili in letteratura" e "senza un
riscontro puntuale sul campo". Col risultato, si conclude, che alcune
alterazioni sull'habitat "potrebbero risultare irreversibili".
Altra domanda: come mai la Regione ha potuto consentire che il grosso dei lavori
si concentrasse nell'unica vera grande riserva naturale della Provincia, la
forra della Val Rosandra, la più straordinaria cattedrale di roccia del
Friuli-Venezia Giulia, sede di un acquedotto romano ancora intatto e punto di
passaggio di fauna selvatica di ogni tipo? Che senso della programmazione ha una
Regione che chiede per la Val Rosandra la tutela del programma europeo "Natura
Duemila" e poi ne consente lo smantellamento?
E ancora: come mai il grosso dei lavori di sbancamento si concentra in un Comune
- Dolina - che ha sofferto più di qualsiasi altro in termini di grandi opere?
Perché ora anche la Tav in un territorio già piagato da enormi cave mai
ripristinate, dagli sbancamenti per la Grandi Motori e dagli espropri di terreni
agricoli per i serbatoi della Siot? Perché portare al collasso uno spazio già
sfiancato da espropri, sbancamenti e oleodotti, col rischio di creare una
protesta popolare simile a quella della Valsusa? Ma soprattutto: perché non se
ne parla? Perché bisogna rivolgersi al Comune di Dolina per cavare il ragno dal
buco?
Si parla tanto di federalismo, e allora cosa vi è di più federale del
coinvolgimento delle popolazioni interessate nel progetto di grandi opere? In
gioco, con la Tav attorno al nodo di Trieste, è l'essenza stessa del rapporto
democratico fra il Centro e il territorio. Una partita, questa, che va giocata
responsabilmente da tutti, nella speranza che al centro vi sia la pubblica
utilità e non l'interesse di alcuni. Saperlo, è indispensabile, affinché a
vincere, nella definizione del percorso, non siano semplicemente quelli che
urlano di più.
Il treno veloce è indispensabile a togliere Trieste dal suo binario morto e a
ricollegarla al suo Hinterland naturale. Ma siamo in Italia, e ahimè molte opere
di pubblica utilità, come le centrali eoliche e le grandi discariche, sono
dislocate non sulla base di priorità o piani concordati, ma sulla base delle
"minori resistenze" del territorio. Una grande azienda si presenta con molti
soldi a piccoli Comuni in bolletta e contratta con loro una grande opera
pubblica senza l'apertura di un tavolo regionale. Chiaramente è una partita
senza storia, in assenza di garanti all'altezza. Non vorremmo accadesse anche da
noi, e soprattutto non vorremmo accorgercene solo a cose fatte.
PAOLO RUMIZ
Una giornata col Wwf a Miramare nelle stanze segrete
degli Asburgo - Aperti gli uffici della Riserva, immutati dai tempi di
Massimiliano e Carlotta
MOLTI I PARTECIPANTI ALLE VISITE
Nonostante il cielo plumbeo sono tanti i triestini che hanno deciso di
trascorrere la domenica esplorando i lati nascosti dell’area marina di Miramare
grazie alle visite guidate «dietro le quinte», che il Wwf ha organizzato in
occasione della Giornata delle oasi 2009.
«Pensavamo che il maltempo avrebbe rovinato l’iniziativa – dice Sara Famiani del
Wwf – invece fin dalla prima visita abbiamo registrato più di trenta persone». I
visitatori hanno potuto conoscere parti dell’area marina protetta normalmente
non accessibili al pubblico, perché riservate alla ricerca o ad attività
didattiche con le scuole.
L’itinerario parte dalla spiaggia Ducale, punto balenare privilegiato
dell’arciduca Massimiliano e della principessa Carlotta, dal quale ancora oggi
si gode una prospettiva inconsueta del castello. Tra i partecipanti sono
numerose le famiglie: i bambini hanno imparato a riconoscere la fauna ittica del
golfo grazie ai puzzle didattici realizzati dal Wwf.
«L’intento delle aree marine protette – spiega la guida, Michele – non è di
chiudere spazi al pubblico, ma anzi quello di rendere partecipe la popolazione
della conservazione dell’ambiente».
La visita prosegue all’interno del Castelletto di Miramare, sede odierna degli
uffici e dei laboratori dell’area. L’edificio ospita al piano terra una serie di
sale con acquari che imitano i fondali del golfo. Al piano superiore si trovano
gli uffici del Wwf, collocati in quattro stanze spettacolari in cui arredamento
e decorazioni sono pressoché immutati rispetto al tempo in cui Massimiliano e
Carlotta le abitarono, attendendo la realizzazione del castello, e all’epoca in
cui Carlotta vi si rifugiò dopo la morte del marito in Messico.
Una grande stanza decorata con motivi floreali su legno scuro è motivo
d’interesse anche scientifico: «Qualche anno fa venne qui uno studioso tedesco –
racconta Michele – che ci disse che alcune delle specie di fiori ritratte qui
sono ormai estinte, e che quindi possono essere studiate solamente sui disegni
d’epoca». A riprova dell’attenzione dimostrata da Massimiliano per la realtà
multietnica dell’Impero, una delle stanze è decorata in stile moresco con
versetti coranici.
Roberto Pizzutti, presidente regionale del Wwf, ha spiegato ai partecipanti il
senso dell’iniziativa: «Queste visite sono parte di un movimento che a livello
nazionale mobilita migliaia di persone, portandole alla scoperta delle aree
protette del Wwf: si tratta di territori preziosi che, senza il nostro
intervento, sarebbero stati distrutti dalle speculazioni e dall’inquinamento».
La Giornata delle oasi Wwf si svolge ogni anno in aprile e coinvolge oltre cento
oasi: Miramare è l’unica area marina protetta in Italia a essere gestita dal Wwf,
e in quanto tale è inserita nel novero delle oasi. Le visite guidate si sono
ripetute nel corso della giornata al ritmo di una all’ora: accanto a «Miramare
dietro le quinte», il Wwf ha organizzato una seconda escursione della durata di
due ore che, partendo da Castelletto risaliva il cosiddetto «Sentiero dei
pescatori» per arrivare allo stagno di Contovello, esempio singolare di un
ecosistema in parte naturale e in parte artificiale.
GIOVANNI TOMASIN
Il Servizio civile è aperto ai minorenni - La Regione
tra le prime a offrire quest’esperienza a ragazzi tra i sedici e i diciotto anni
Il Friuli Venezia Giulia è tra le prime regioni italiane
in cui verrà introdotto il servizio civile per i ragazzi che non hanno ancora
compiuto i 18 anni. Una novità che interessa moltissimi giovani, che già hanno
chiesto informazioni e desiderano avviare un'esperienza spesso propedeutica a un
lavoro vero e proprio.
Lo scorso 1° aprile la giunta regionale ha approvato il «Documento di
programmazione del servizio civile regionale e solidale» per gli anni 2009-2011,
che di fatto ha dato il via a quello che viene definito «Servizio civile
solidale» per ragazzi tra i 16 e i 18 anni, che potranno essere impiegati per
240 ore durante i mesi estivi o 360 distribuite nell'arco dell'anno scolastico.
«Visto che si tratta di studenti, potranno tranquillamente aderire una volta
conclusa la scuola, nel periodo di vacanze, o disporre le ore nel tempo libero
negli altri mesi», spiega Alberto Meli, referente dell'Info Servizio Civile
della regione. «L'apertura del servizio anche ai minorenni è molto importante,
perchè le attività sono un'esperienza di alto valore sociale ed educativo e le
richieste non mancano, abbiamo già tanti contatti».
Gli ambiti di impiego sono fissati nella legge 11/07 e sono educazione e
promozione culturale, educazione alla pratica sportiva, difesa ecologica, tutela
e incremento del patrimonio forestale, tutela e salvaguardia del patrimonio
storico, artistico, culturale e ambientale, politiche della pace e diritti
umani.
Molti i ragazzi che hanno aderito negli ultimi anni alle iniziative promosse
dagli enti. Spesso si tratta di universitari, che seguono un progetto attinente
agli studi in atto o già portati a termine. Altre volte sono giovani che
desiderano tentare un primo approccio al mondo del lavoro, mettendosi alla prova
con responsabilità, orari e impegni. Ogni ente può richiedere un numero massimo
di tre volontari per progetto, che saranno presentati entro la seconda metà di
maggio, quando è fissata la scadenza. Tutti possono visionare le iniziative e
gli ambiti a disposizione, scegliere ciò che più interessa e presentare la
propria domanda di adesione. È previsto un compenso.
«Tra le novità introdotte in merito al Servizio Civile – aggiunge Meli – anche
la sburocratizzazione dell'iter, snellito e velocizzato, in modo da rendere più
breve il tempo che intercorre tra la presentazione del progetto e la sua
successiva approvazione e partenza». Considerando i tempi tecnici di valutazione
e via libera, il bando per i volontari dovrebbe uscire la prima settimana di
giugno e i giovani avranno due settimane di tempo per presentare domanda agli
enti.
Informazioni sono disponibili sui siti www.fvgsolidale.regione.fvg.it e
www.infoserviziocivile.it. In tutto il Friuli Venezia Giulia sono 340 i ragazzi
che attualmente stanno partecipando al Servizio Civile, 180 solo a Trieste.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 aprile 2009
Corridoio 5, dibattito a San Dorligo - DOMANI NELL’AULA
DEL CONSIGLIO
SAN DORLIGO Corridoio 5 nuovamente in primo piano. Per
domani alle 18.30, nella sala consiliare, il Comune ha indetto una tavola
rotonda per discutere dell’impatto ambientale sul territorio del progetto
ferroviario Trieste-Divaccia. L’incontro vedrà la partecipazione di diversi
tecnici, che analizzeranno lo studio di fattibilità elaborato da Rete
ferroviaria italiana. Parteciperanno al dibattito il direttore del Dipartimento
di Scienze geologiche e ambientali dell’Università Franco Cucchi, il
vicedirettore del Dipartimento di scienze della Terra Peter Suhadolc, il
responsabile del settore energia e trasporti del Wwf regionale Dario Predonzan,
il referente trasporti di Legambiente Fvg Andrea Wehrenfennig e l’esperto di
trasporti Francesco Magro. A moderare il dibattito interverrà il giornalista
Paolo Rumiz. Aperto al pubblico, l’incontro vedrà anche la presenza anche del
sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin e dell’assessore all’Ambiente Laura
Riccardi Stravisi.
(r.t.)
Sulla spiaggia del «Bagno Ducale» - VISITE E
PASSEGGIATE A MIRAMARE NELLA GIORNATA DELLE OASI WWF
Oggi l’Oasi di Miramare partecipa alla festa nazionale del
Wwf aprendo il suo Centro Visite al pubblico e organizzando cinque eventi
speciali gratuiti.
Ecco le iniziative per il pubblico: alle 10 e alle 15 «Fuori e dentro Miramare:
scorci e riflessioni sul Sentiero Natura» in collaborazione con il Civico Museo
di Storia naturale di Trieste. Dal Castelletto si parte per per un'escursione
guidata dal Parco di Miramare allo stagno di Contovello attraverso il Sentiero
Natura. Lo staff di Miramare sarà affiancato da alcuni collaboratori del Museo
per condurre i partecipanti alla scoperta del ciglione carsico e della costiera,
con un approfondimento verso gli aspetti faunistici (alla mattina, grazie alla
partecipazione di Nicola Bressi) e verso gli aspetti geologici e paleontologici
(nel pomeriggio, grazie all'intervento di Deborah Arbulla). L’escursione durerà
circa due ore con un dislivello in salita di circa 250 metri e nessun punto di
ristoro durante il tragitto. È consigliabile dotarsi di scarpe comode adatte
all'escursionismo in ambiente carsico.
Alle 11 e alle 16 «Miramare dietro le quinte», a cura dello staff di Miramare.
Ritrovo al Castelletto per una visita inusuale alle strutture dell'Area Marina
solitamente chiuse al pubblico per esigenze operative. In via eccezionale i
partecipanti verranno accompagnati alla spiaggia del Bagno Ducale (solitamente
chiusa al pubblico) dove vengono svolte le attività didattiche e di monitoraggio
e dove partono le attività subacquee, e i laboratori didattici adibiti a
ospitare i lavori delle scolaresche, e infine gli spazi del primo piano del
Castelletto, ora adibiti a uffici. La visita si concluderà con il giro del
Centro Visite dove lo staff sarà a disposizione per aiutare i visitatori a
riconoscere gli organismi marini presenti negli acquari.
Durante tutta la giornata odierna sarà possibile ritirare dietro al versamento
di un contributo minimo i biglietti per partecipare al sorteggio dei premi messi
a disposizione dalla Riserva. Sarà possibile ritirare i biglietti al Centro
Visite dalle 10 alle 17,30. L'estrazione e la premiazione avverranno alle 17.45
al Castelletto. Se i possessori dei numeri vincenti non saranno presenti alla
premiazione avranno tempo una settimana (fino a domenica 26 compresa) per
ritirare i premi. I numeri dei biglietti vincenti saranno pubblicati da domani
sul sito della Amp.
Megacentrale elettrica, prima firma in Regione -
FERRIERA VERSO LA RICONVERSIONE
Domani la sigla dell’intesa con Comune, Provincia e
Lucchini-Severstal: investimento da 300 milioni
Si mette improvvisamente in moto, almeno sulla carta, e con inattesa unità
d’intenti, tutta l’area Est della provincia che costituirà il futuro
economico-occupazionale di Trieste. Domani Lucchini-Severstal, Regione,
Provincia e Comune di Trieste firmeranno il protocollo d’intesa per la nuova
megacentrale termoelettrica da 420 Mw del gruppo bresciano, primo nucleo per la
riconversione della Ferriera. Mercoledì, come si evidenzia in questa stessa
pagina, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli sarà al Cipe che
gli renderà noto l’ammontare dei finanziamenti per la Piattaforma logistica e
nello stesso giorno la Commissione urbanistica del Comune invierà al Consiglio
per il voto del 27 aprile le intese con il Piano regolatore del porto.
L’appuntamento di lunedì è fissato alle 15 in Regione. «È una firma importamente
che rafforza il procedimento autorizzativo per la realizzazione dell’impianto -
ha commentato ieri Francesco Semino, direttore delle relazioni esterne della
Lucchini-Severstal - va ribadito però che lunedì non si avvia l’iter per la
dismissione della Ferriera, ma si mette solo il primo tassello per andare verso
una certa direzione».
L’entrata in funzione della centrale, per la cui realizzazione il gruppo ha
stabilito ben 300 milioni di investimento, non è però prevista prima del 2012.
L’impianto occuperà una superficie di 30 mila metri quadrati oggi in concessione
al Comune di Trieste, accanto al termovalorizzatore. A regime occuperà 150
persone tra dipendenti diretti e indotto. Il nuovo impianto (420 Mw) sarà di
potenza ben superiore alle centrali tradizionali (170 megawatt), funzionerà
esclusivamente a metano e produrrà energia elettrica e vapore.
Secondo quanto è trapelato, il testo del protocollo definisce la centrale
elettrica come una risorsa per il territorio, riconosce il progetto come
importante occasione di riconversione produttiva e impegna i firmatari a porre
in essere le azioni necessarie all’emissione del decreto autorizzativo del
ministero dello Sviluppo economico e a promuovere il progetto presso tutti gli
enti interessati.
Attualmente è in fase di stesura il progetto della centrale per la quale,
all’interno dello stesso protocollo, la Lucchini-Severstal si impegna a mettere
in atto le più efficaci misure per la salvaguardia ambientale. Il protocollo
accoglie anche un emendamento avanzato della Provincia e al posto
dell’Osservatorio ambientale che avrebbe dovuto essere creato presso il Comune,
sarà costituito un Osservatorio socio-ambientale che terrà conto anche della
situazione occupazionale e che sarà collocato presso la Provincia che ha
competenza su entrambe queste materie. Per la gestione dell’impianto il Gruppo
ha già annunciato la creazione di una società ad hoc, ”Lucchini energia”, con
sede a Trieste e quindi con ricadute economiche e fiscali a vantaggio della
città.
Lunedì, dopo l’appuntamento per la firma, sempre in Regione si svolgerà
l’incontro convocato dal presidente Renzo Tondo con i rappresentanti sindacali,
oltre che con gli stessi amministratori locali, per monitorare l’andamento della
cassa integrazione alla Ferriera che entro la fine di questo mese dovrebbe
riguardare ben 180 dipendenti. «L’Arpa sta facendo le analisi per
l’autorizzazione all’attivazione dell’altoforno numero 3», ha detto ieri
l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna. Ma qualche giorno fa il
direttore dello stabilimento Francesco Rosato ha fatto crescere l’allarme:
«Vedremo a giugno se ci sono le condizioni di mercato per attivarlo».
SILVIO MARANZANA
Grado, via alla raccolta differenziata porta a porta -
SI INIZIA CON RISTORANTI E ALBERGHI, POI SI PASSERA’ ALLE FAMIGLIE
Parte domani la raccolta differenziata, limitata alla
cosiddetta frazione ”umida”, con un servizio porta a porta riservato unicamente
alle grandi utenze. Il rifiuto organico (umido) comprende, ad esempio, scarti di
cucina, fondi di caffè, filtri da tè, resti alimentari (carne, formaggio, pesce,
uova, pasta, verdura, dolci, pizza, frutta, ecc), pane vecchio, salviette di
carta unte, piccole ossa, gusci di cozze, terriccio da vaso, ceneri spente di
caminetto. Non sono ammessi, invece, erba e ramaglie, materiali secchi
(imballaggi, cocci di ceramica, mozziconi di sigaretta, ecc.), rifiuti
riciclabili (vetro, plastica, alluminio, ecc.), stracci anche se bagnati,
pannolini e assorbenti.
Il servizio interesserà ristoranti, alberghi, mense, supermercati, campeggi e
agriturismi. Complessivamente, sono previste 120 postazioni dotate di
biopattumiera, di bidoncini carrellati di 120 litri l’uno o, per utenze
particolarmente importanti, cassonetti da mille litri. Domani debutta il
servizio inizialmente per una quarantina di utenze. Dal 16 maggio se ne
aggiungeranno un’altra cinquantina. Fino a fine settembre il servizio di
raccolta sarà giornaliero, comprese le domeniche e le giornate festive. Tutti i
bidoncini verranno, invece, vuotati a giornate fisse con frequenza
tri-settimanale (lunedì, giovedì e sabato) da gennaio a marzo e da ottobre a
dicembre. Questo particolare servizio ”porta a porta” per le grandi utenze
dovrebbe consentire di incrementare la raccolta complessiva della differenziata
che nell’arco di un anno è mediamente del 30%, portandola fino almeno al 42%,
con un ulteriore possibile incremento quando sarà a pieno regime.
È stato calcolato che durante i periodi invernali, da novembre a marzo la
raccolta differenziata effettuata unicamente dai gradesi raggiunge addirittura
il 50%. Ciò significa che l’abbassamento della media annuale è derivata da
quanti utilizzano le seconde case e dagli operatori delle varie attività
economiche estive.
Se saranno raggiunti i risultati auspicati, è intenzione del Comune, ha spiegato
l’assessore Giorgio Marin, estendere il servizio anche a tutti gli altri
esercizi pubblici e in seguito ai residenti. Il progetto è finalizzato a ridurre
la quantità di rifiuti da portare in discarica.
IL PICCOLO - SABATO,18 aprile 2009
Rigassificatore, via libera alla petizione -
COMMISSIONE UE: RICEVIBILE IL DOCUMENTO DI GREENACTION - Contestazioni
sull’impatto ambientale
La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha
dichiarato «ricevibile» la petizione presentata dall'associazione ambientalista
Greenaction in relazione al progetto per il rigassificatore di Zaule, petizione
che ora proseguirà il suo iter.
Nel documento vengono affrontati non solo gli aspetti della sicurezza
dell’impianto ma anche quelli relativi all’impatto ambientale e alla procedura
autorizzativa.
Greenaction contesta in particolare la violazione della procedura di Via
(Valutazione impatto ambientale) che ha visto «l’esclusione di fatto della
popolazione dal processo decisionale, non essendo stati garantiti i diritti di
informazione e di ricorso come previsto dalle direttive comunitarie», e la
violazione della procedura Vas (Valutazione ambientale strategica) in quanto,
sempre secondo l’associazione ambientalista, il progetto del rigassificatore si
troverebbe in conflitto con il piano regolatore del porto.
Assieme a questa petizione Greenaction ne ha presentata una sulla violazione
della legge Seveso nella provincia di Trieste. in quanto gli argomenti trattati
sono strettamente connessi.
In questa seconda petizione si ricorda che le normative comunitarie impongono
per gli impianti industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei
disastri attraverso piani d’emergenza per la popolazione e altre cautele «che a
Trieste risultano disattese».
Gli impianti indicati nella petizione, specifica l’assocciazione ambientalista.
sono in particolare serbatoi industriali di liquidi e gas fortemente esplosivi
e/o tossici, concentrati nella Zona industriale, a breve distanza da Muggia e
dal confine italo-sloveno.
Le sostanze pericolose, rileva Greenaction, vanno dagli idrocarburi al gpl,
all’ossigeno liquido, all’ammoniaca anidra, alla formaldeide, e «sono
immagazzinate a distanze così ridotte che un’esplosione incidentale o per atti
di terrorismo (già verificatisi nel 1972) potrebbe innescare effetti a catena,
interessando anche aree della Slovenia».
Il progettato inserimento di un rigassificatore nella stessa area, prosegue
l’associazione ambientalista, moltiplicherebbe in misura esponenziale questi
rischi, totalmente ignorati nelle valutazioni d’impatto.
«La Ferriera si può chiudere subito» - Il Circolo Miani:
«Ricorrere a fondi Ue per far lavorare tutti nell’opera di bonifica»
Altro che deadline fissata al 2015. Altro che tavoli
d’accompagnamento verso la riconversione. Il Circolo Miani, dal suo quartier
generale di Valmaura affacciato su una Ferriera che oggi sbuffa neanche a mezzo
servizio, ha rilanciato ieri - per voce del suo leader morale Maurizio Fogar -
la propria ricetta «per salvare ambiente e lavoro», alla faccia di una «classe
politica incapace, tanto a Destra quanto a Sinistra, che continua a perdere le
occasioni». Non una terapia a lunga scadenza, ma una cura da cavallo, a
prescindere da quanto succederà a giugno, a chiusura del contingente di cassa
integrazione. Per il Circolo Miani la chiusura dello stabilimento - «che è una
struttura morta e sepolta non per la diffida della Regione ma per la crisi,
prevedibile, della siderurgia» - sarebbe percorribile da subito mutuando il
modello del complesso industriale napoletano di Bagnoli. Là dove è stato creato
«un gruppo di studio tecnico-giuridico per individuare una marea di fondi
comunitari per la dismissione della produzione a caldo».
A quel punto, secondo Fogar, sarebbe possibile istituire «un consorzio misto a
capitale pubblico con partecipazione di privati, a cominciare da Lucchini e
dalla concessionaria di Scalo Legnami (la General Cargo Terminal, ndr), che
assuma i dipendenti della Ferriera, quelli della Sertubi e altre centinaia di
lavoratori per smantellare la Ferriera, ripulire l’area e avviare l’operazione
di bonifica, attraverso una massiccia tombatura in cemento armato con
l’obiettivo di destinare tutta l’area alla Piattaforma logistica, convogliando
nelle vasche di colmata pure i grandi blocchi di inerti derivati dagli scavi
della Gvt». E per massiccia s’intende «200-300 metri verso il largo, unico
procedimento possibile se non si vuole smuovere lo strato melmoso e tossico
delle aree marine, disperdendo l’inquinamento per l’Alto Adriatico, e se si
vogliono per davvero accorciare tempi e costi».
Già, i tempi. Da sempre la grande incognita. «Eppure il 31 dicembre 2009 -
ribatte Fogar - scade la concessione demaniale a Lucchini. In quel caso si
vedrebbe se esiste o meno una volontà politica di cambiare rotta».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - VENERDI', 17 aprile 2009
«Rigassificatore di Zaule, violate le norme europee» -
RECLAMO DEGLI AMBIENTALISTI
Il Wwf, assieme alla Legambiente, a Italia Nostra, al
Comitato Sos Muggia, a Greenaction Transnational e al Comitato Salvaguardia
Golfo di Trieste, ha presentato un reclamo inviato alla Commissione Europea per
la mancata applicazione della normativa comunitaria sul rigassificatore di Zaule.
Il reclamo segue due esposti presentati alla Procura. Le associazioni puntano il
dito contro il governo reo, a loro avviso, di non aver predisposto un programma
in tema di infrastrutture energetiche.
«La mancanza di un quadro di riferimento complessivo – osserva per il Wwf Dario
Predonzan – non consente ai cittadini di farsi un’opinione e perciò di
esprimersi in merito, come prevede la direttiva europea sulla Valutazione
ambientale strategica (Vas)». Nel reclamo viene evidenziata la mancata
assunzione delle irregolarità riscontrate da ambientalisti, enti locali e
Regione sullo studio di impatto ambientale (Via) realizzato da Gas Natural, con
riferimento all’inizio della pratica il 3 marzo del 2006. In quel frangente gli
ambientalisti evidenziavano l’assenza di riferimenti al metanodotto di
collegamento tra il nuovo impianto e la rete già esistente. Ulteriori mancanze
riguardano l’«inadeguata valutazione» dell’impatto delle acque di scarico del
terminale Gnl e dell’utilizzo del cloro sull’ambiente marino della baia
muggesana. (ma.lo.)
«Porto San Rocco costruito nella legalità» - GLI
AMBIENTALISTI: «VOGLIONO CHIEDERCI I DANNI PER GLI ESPOSTI? NESSUNA PAURA»
Dipiazza: lo garantisco come ex sindaco di Muggia.
Nesladek alla proprietà: un patto per ripartire
«Porto San Rocco è stato realizzato nella massima legalità, lo garantisce il
sindaco di Muggia di allora, cioè il sottoscritto. Contro la proprietà c’è un
accanimento terapeutico da paura». Roberto Dipiazza - dopo la reazione di 24 ore
fa della proprietà, che ha definito Porto San Rocco «in ginocchio» per le
inchieste della magistratura - prende posizione e si dice pronto a metterci la
mano sul fuoco. «Trovo vergognoso - si scalda Dipiazza - che davanti a un
investimento da 160 miliardi di lire, che anzi ha bonificato un’area altamente
inquinata, si faccia la pulce e a sproposito per una minima parte di quei 15
ricevuti con l’Obiettivo 2. È da cinque anni che partono esposti e indagini
perché si presume di aver trovato l’inquinatore. La proprietà è sempre più
nauseata e se a un certo punto se ne andrà chi avrà perso? Il nostro territorio.
E i prelievi del caso Aquario? Sarebbe bene ricordare come siano stati fatti
davanti alla Ferriera...». «Degli errori del passato - frena l’attuale sindaco
di Muggia Nerio Nesladek - ci sarebbe da discutere, e lo faremo. Ma ora mi preme
che Porto San Rocco non vada in rovina. Alla proprietà chiedo di sottoscrivere
un patto con la città, con l’obiettivo di ripartire senza più intendere Porto
San Rocco come un’isola: un’impostazione che non ha pagato. E poi se ritiene di
aver ragione, persegua i ”calunniatori”». Il riferimento è agli ex Amici della
Terra, oggi Greenaction Transnational, autori degli esposti. «Se dalla Porto San
Rocco Spa dicono, senza citarci, che ci chiederanno i danni, per noi non è un
problema, tutte le nostre azioni sono state puntualmente verificate», rileva
Roberto Giurastante. Che rilancia: «Abbiamo letto che l’esposto del caso
Acquario sarebbe stato archiviato, ma non abbiamo al momento ricevuto notifiche,
che per prime spettano ai denuncianti. Quanto agli imputati del processo
Acquario, sappiamo che ne è stato assolto uno solo, gli altri hanno beneficiato
della prescrizione dei reati commessi». «Metalli pesanti e idrocarburi non
volano, è evidente che qualcuno li ha scaricati», è la chiosa di Dario Predonzan
dal Wwf.
(pi.ra.)
Contributi regionali al ”Miani” Fogar rinviato a
giudizio - Il presidente del Circolo accusato di truffa e falso:
secondo la Procura incassò 100mila euro senza diritto
LA DIFESA: SOLO ASPETTI FORMALI
Negli anni 2005 e 2006 il Circolo Miani ha ricevuto contributi per 100 mila
euro dalla Regione ma - secondo la Procura - non ne aveva il diritto. Maurizio
Fogar, il presidente dell’associazione, che in questi anni ha promosso
iniziative popolari sul caso della Ferriera di Servola, è stato rinviato a
giudizio con l’accusa di truffa e falso. Comparirà davanti al giudice
monocratico il prossimo 4 maggio. A chiedere e ottenere il giudizio è stato il
pm Giuseppe Lombardi che nel capo di imputazione ha definito lo stesso Fogar
«apparente presidente» in quanto non risulterebbe mai essere stato formalmente
eletto.
L’indagine condotta dai finanzieri della sezione di pg della Procura è durata
molti mesi. È nata da un esposto relativo a presunte irregolarità contabili
all’interno del Circolo. Esposto che era stato archiviato, ma dopo l’opposizione
era tornato a essere oggetto di indagine. In pratica, secondo gli accertamenti
della Guardia di finanza, sarebbero stati utilizzati i nomi di Giorgio Decola,
Luciana Scherna, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio Montecalvo come
componenti del consiglio direttivo dell’associazione quando non c’erano né
verbali né altri documenti che confermassero l’avvenuta elezione o la nomina
ufficiale. Questo sarebbe avvenuto per ottenere - sempre secondo la Procura - i
contributi regionali erogati a fronte della presentazione di indicazioni
ritenute dagli investigatori false sulla composizione del consiglio direttivo
del Circolo Miani e anche dei bilanci ritenuti altrettanto irregorari.
Ma per la difesa, rappresentata dall’avvocato Guido Fabbretti, si è trattato
solo di un aspetto formale: non c’è stato alcun illecito. La prova, per il
difensore, è rappresentata dal fatto che la stessa Guardia di finanza non ha
accertato alcuna uscita di denaro illegittima dalle casse dell’associazione di
Maurizio Fogar. Non solo. Le assemblee sono state convocate regolarmente ma
proprio per la natura popolare dell’associazione stessa non è mai stato redatto
alcun verbale. Lo ha confermato durante il primo interrogatorio lo stesso Fogar
che ha spiegato come gli incarichi di responsabilità fossero stati attribuiti
sulla base delle decisioni dell’assemblea dell’associazione composta da oltre
300 persone.
(c.b.)
Parte la raccolta mirata delle lattine - LA
DIFFERENZIATA PRO CAPITE DELL’ALLUMINIO È DI SOLO 116 GRAMMI
C’è una nuova parola d’ordine per l’estate che si
avvicina: gettare le lattine di bibite e birra nelle campane della raccolta
differenziata. A lanciare l’appello, che sembra banale e ha invece un importante
significato ecologico e di risparmio energetico, è il Comune. L’amministrazione
di piazza Unità, di concerto con AcegasAps, che coordina la raccolta rifiuti in
città e il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo dell’alluminio, ha
organizzato la campagna “Obiettivo alluminio”. Quest’ultimo è l’ingrediente
fondamentale per un gran numero di imballaggi che si utilizzano quotidianamente:
oltre alle lattine ci sono le bombolette spray, le scatolette, le vaschette.
«Fra le sue proprietà – hanno spiegato gli esperti del ”Cial” – c’è quella,
importantissima, della riciclabilità al cento per cento, processo che si può
completare senza che l’alluminio perda le sue caratteristiche originali». Da qui
la richiesta ai cittadini: «È fondamentale che la popolazione ricordi di gettare
le lattine e tutti i contenitori in alluminio nelle campane verdi – ha spiegato
Paolo Dal Maso, direttore della Divisione Ambiente di AcegasAps – perché questo
permette al nostro termovalorizzatore di via Errera di razionalizzare i processi
di produzione di energia attraverso la combustione dei rifiuti».
Nel 2008 a Trieste il recupero di alluminio pro capite è stato di 116 grammi: un
numero che può facilmente essere migliorato. «Va ricordato – ha aggiunto
l’assessore comunale Paolo Rovis – che il 13 per cento del consumo di energia
elettrica della città è prodotto dal termovalorizzatore. Se si raccoglie
l’alluminio nella differenziata – ha proseguito – si crea spazio per incenerire
altre sostanze non riciclabili».
Nel contesto della campagna nazionale, Trieste è stata inserita, assieme ad
altri nove capoluoghi di provincia, nel lotto di città dove, per sensibilizzare
i più giovani alla raccolta differenziata, si svolgerà un concorso riservato
alle scuole superiori. Gli studenti triestini potranno concorrere, con foto e
articoli, sul tema del riciclo dell’alluminio: i vincitori, uno per provincia,
saranno ospiti del Film festival per ragazzi “Giffoni”.
(u.s.)
PUNTO INFORMATICO - GIOVEDI', 16 aprile 2009
Spazio, ultima frontiera delle energie rinnovabili
Roma - Prima di arrivare sulla Terra, l'energia solare
attraversa lo spazio che divide il nostro pianeta dal Sole, viene filtrata
dall'atmosfera e nel tragitto perde una parte non trascurabile del suo
potenziale. La possibilità di raccoglierla e spedirla al suolo prima che tale
potenziale vada perduto è una teoria in circolazione da decenni, ma la prima
applicazione concreta si vedrà solo nel 2016 quando Pacific Gas & Electric
metterà in funzione il primo, vero impianto di energia solare "spaziale" in
California.
PG&E, la più importante utility energetica dello stato USA, ha messo sotto
contratto la società Solaren Corp per la realizzazione di un network di
satelliti permanenti in orbita intorno al Pianeta con il compito di raccogliere
i raggi solari, convertirli in onde radio ad alta energia e poi spedirli sulla
Terra nella stazione ricevente di Fresno, dove verranno infine convertiti in
corrente elettrica e immessi direttamente nel network di fornitura alla
popolazione.
L'energia solare raccolta nello spazio offre parecchi vantaggi, pochi (e a
quanto pare risolti) problemi: la quantità di energia che è possibile produrre
con un tale sistema ammonterebbe a un carico di 200 megawatt costanti, e
l'assoluta mancanza di fattori ostacolanti quali atmosfera, alternarsi del
giorno e della notte e le diverse condizioni climatiche dettate dal ciclo delle
stagioni garantirebbero un funzionamento 24 ore al giorno, ogni singolo giorno,
per tutta la durata della vita del satellite ricevente.
Le celle solari impiegate nello spazio sono poi in grado di ricevere, con le
tecnologie attuali, dalle 8 alle 10 volte la quantità di energia oggi ricavata
dal fotovoltaico qui sulla Terra. Il sistema di trasmissione e ricezione
funziona a ciclo continuo, non c'è bisogno di batterie di backup per supportarlo
quando il Sole non c'è: nello spazio il Sole c'è sempre e le difficoltà
immobiliari sono pari a zero.
Solaren Corp sostiene che per il 2016 sarà pronta a lanciare in orbita il
network satellitare, i problemi connessi all'impresa (alte energie dei raggi
solari non filtrati dall'atmosfera inclusi) sono stati risolti e la società ha
tutto l'expertise che occorre per mandare nello spazio 25 tonnellate di metallo
per ogni singolo satellite.
Il progetto di Solaren risolverebbe poi le controindicazioni poste da uno studio
del Pentagono del 2007 che, accanto alla relativa facilità di implementazione
del "fotovoltaico spaziale" basato sulla rodata tecnologia delle comunicazioni
satellitari, metteva il costo significativamente più alto dei prezzi di mercato
"terrestri", per lo meno all'inizio. Il sistema di Solaren dovrebbe invece
essere "competitivo sia in termini di performance che di costi con le altre
fonti di produzione energetica", secondo quanto sostiene il CEO dell'azienda
Gary Spirnak.
In attesa che il fotovoltaico spaziale rivoluzioni il campo delle energie
rinnovabili, a ogni modo, la ricerca procede anche sul fotovoltaico terrestre,
in particolare con la realizzazione di piccoli galleggianti potenziati con
nanotubi di carbonio in grado di attivarsi e riscaldare l'acqua attorno a essi
direttamente con i raggi solari.
Al contrario dei sistemi attuali per la produzione di energia solare, quello a
cui stanno lavorando i ricercatori della University of California, Berkeley
elimina l'esigenza di un componente "intermediario" per la conversione da fotoni
a energia spendibile per alimentare la rete elettrica, rendendo (in teoria)
ancora più conveniente e competitivo il ricorso alle fonti rinnovabili una volta
che si sarà provata l'effettiva scalabilità della tecnologia e la sua reale
utilità in applicazioni concrete.
Alfonso Maruccia
IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 aprile 2009
Rigassificatore, due petizioni oggi all’esame di
Bruxelles - AL PARLAMENTO EUROPEO
Oggi a Bruxelles la Commissione per le petizioni del
Parlamento Europeo discuterà la petizione sulla violazione della Legge Seveso
nella provincia di Trieste (483/07) e quella (1147/2008) sul progetto del
terminale di rigassificazione della società Gas Natural nel porto di Trieste,
precisamente nella zona di Zaule. Entrambe sono state presentate da Roberto
Giurastante, coordinatore di Greenaction, e accorpate perché gli argomenti
trattati sono connessi. Nella petizione 0483/07 viene affrontata la presunta
violazione della Legge Seveso: le norme comunitarie impongono per gli impianti
industriali a rischio la prevenzione e la limitazione dei disastri con piani
d’emergenza per la popolazione ed altre cautele che a Trieste - secondo
Greenaction - risultano disattese. L’inserimento di un rigassificatore nell’area
di Zaule - sempre stando alla petizione - moltiplicherebbe in misura
esponenziale questi rischi.
Nell’altro documento, si affrontano gli aspetti della sicurezza del progetto del
terminal gas stesso, e si contestano quelli relativi all’impatto ambientale e
alla procedura autorizzativa.
PIAZZA LIBERTA' - Dal 2011 solo bus davanti alla
Stazione - Cambia il restyling della piazza: salvo il giardino. Cantiere a fine
estate
Il passaggio tra l’ingresso della stazione e il giardino
di Sissi sta per scrollarsi di dosso quel fisiologico tasso di pericolosità
confermato dall’incidente di ieri. È atteso per fine estate, infatti, il via al
megacantiere da 12-14 mesi che porterà all’annunciata rivoluzione di piazza
Libertà, con il fronte-stazione senza più passaggi di macchine e scooter e il
flusso del traffico allungato verso via Ghega. Rivoluzione annunciata, sì, ma
con un paio di freschi aggiustamenti - una corsia in meno lato via Ghega,
recuperata con un’altra preferenziale per i bus a tagliare lo stesso
fronte-stazione - decisi dall’amministrazione comunale rispetto al progetto
originale. Un progetto attorno al quale l’anno scorso si erano scatenate furiose
polemiche per un riassetto viario «spinto» sotto i palazzi e per il sacrificio
di alcuni alberi storici, oggetto di una guerra di numeri tra Municipio e
ambientalisti e di una raccolta di diecimila firme per la loro tutela. Quegli
aggiustamenti - assicura l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, senza
sbilanciarsi in cifre - «tendono a salvaguardare una quota maggiore di piante,
in quanto recepiscono il vincolo della Soprintendenza di mantenere com’è
l’attuale perimetrazione del giardino storico». Le modifiche spuntate nel
progetto definitivo, che proprio domani gli uffici comunali invieranno alla
Soprintendenza per l’ok decisivo, riguardano come detto la contrazione della
batteria di corsie dietro il giardino, lato via Ghega. Erano sette, diventano
sei. Quella di troppo viene dirottata, ma solo solo per i mezzi pubblici, là
dove oggi esistono le fermate e i passaggi dei bus rasenti il lato stazione del
giardino di Sissi. «In fase di progetto definitivo - puntualizza Bandelli - i
nostri uffici sono riusciti a ricavare questa corsia preferenziale, in modo da
rispettare le dimensioni della porzione retrostante del giardino storico. Le
proiezioni dicono che lì ci passerà un autobus ogni tre minuti. Dunque la
continuità di prospettiva e di assenza di traffico, dalla stazione verso il
giardino stesso, nella sostanza viene mantenuta». Un escamotage necessario,
questo, per spianare la strada a una partita colossale che deve partire per
forza: sono in ballo tre milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila
del Ministero delle Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati
però a una rendicontazione entro l’anno. «Venerdì (domani, ndr) il progetto
definitivo ”parte” per la Soprintendenza - chiude Bandelli - e al termine dei
novanta giorni di legge siamo certi che arriverà il via libera. A quel punto,
per il progetto esecutivo, sarà sufficiente una determina dirigenziale e subito
dopo bandiremo la gara. È lecito ipotizzare che il cantiere potrà aprirsi tra
settembre e ottobre». Durata indicativa «12-14 mesi». Sulla carta, quindi, il
nuovo volto di piazza Libertà potrebbe essere realtà a fine 2010, alla vigilia
del taglio del nastro del nuovo Silos targato Coop Nordest.
PIERO RAUBER
Corridoio V: via libera alla progettazione della
Trieste-Divaccia - L’OPERA COSTERA’ 2,4 MILIARDI DI EURO
Istituito l’ufficio tecnico che sarà il braccio
operativo della Commissione italo-slovena che dovrà realizzare la tratta da 35
chilometri
TRIESTE Via libera alla progettazione preliminare della tratta ferroviaria
Trieste-Divaccia del Corridoio V. Il passo – burocratico, ma decisivo – è stato
infatti compiuto ieri, con l’istituzione del Ceb (Common executive body): un
ufficio tecnico, composto da sette membri (tre italiani, altrettanti sloveni e
un rappresentante dell’Ue), che sarà il braccio operativo della Commissione
intergovernativa Italia-Slovenia (Cig) nella realizzazione di quest’opera da
35,6 chilometri e 2,4 miliardi di euro. La decisione presa ieri durante una
riunione in Regione, alla presenza di tutti i soggetti coinvolti, permette così
di uscire dall’impasse causato dalla contrarietà della Slovenia di seguire il
normale iter (adottato dall’Italia con la Francia e con l’Austria
rispettivamente per i collegamenti della Torino-Lione e del Brennero) che
prevede l’istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico (Geie).
Sembrano dettagli tecnici, ma in realtà non lo sono. Infatti, pur avendo in mano
uno studio di fattibilità e i finanziamenti europei per avviare la progettazione
di questo complesso intreccio di rotaie (74,7 milioni di euro), fino a ieri era
impossibile procedere, proprio perché mancava un contenitore giuridico adeguato
e avvallato da entrambe le parti, Italia e Slovenia.
Lubiana aveva sempre mostrato perplessità sull’istituzione del Geie, sostenendo
di non essere ancora in grado di adattare i propri procedimenti normativi a
quelli previsti dal Geie.
Ora questo contenitore c’è, cioè è stato concretamente stabilito quale sarà il
“team” supervisore della fase preliminare di progettazione (il Ceb, appunto, in
cui ci saranno un rappresentante della Regione, del ministero dei Trasporti e di
Rfi). Si può quindi partire, ma non senza un lieve ritardo. Anche se l’assessore
regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, che ha definito l’accordo “un grande
passo in avanti”, ha garantito che “resta confermata la previsione di concludere
l'iter progettuale entro la fine del 2013”, proprio a causa delle lungaggini
burocratiche degli ultimi mesi, ieri le parti in causa hanno constatato un
evidente ritardo, che renderà necessario lo slittamento dell’utilizzo della
prima parte dei finanziamenti comunitari. Si tratta di 12 milioni di euro
previsti da Bruxelles sul 2009, di cui quasi certamente 9 o 10 milioni verranno
fatti slittare al prossimo anno, per l’impossibilità di spenderli entro la fine
del 2009.
Tutto ciò è emerso ieri, durate la prima riunione della Commissione
intergovernativa Italia-Slovenia dopo l'approvazione unanime da parte della
stessa Cig dello studio di fattibilità della tratta ferroviaria Trieste-Divaccia.
Erano presenti esponenti dei Governi di Roma e Lubiana, dell’Ue, di Rete
ferroviaria italiana e Trenitalia.
Tra gli argomenti all’ordine del giorno c’era anche il progetto Adria-A, che
coinvolge, in seno all’Ince, numerose realtà territoriali di Friuli Venezia
Giulia, Veneto e Slovenia (enti locali, porti e aeroporti), che dovrebbero
essere collegate (i tempi saranno lunghi, visto che solo per la progettazione si
parla di circa tre anni) da una rete ferroviaria per soli passeggeri: una sorta
di maxi metropolitana leggera. “Abbiamo presentato questo progetto ai
rappresentanti del Governo italiano e sloveno – ha spiegato Riccardi – che ci
hanno mostrato grande interesse. Attendiamo quindi di sapere se questa
iniziativa potrà godere della partecipazione dei due rispettivi ministeri”.
ELISA COLONI
Risparmio energetico a casa propria: dibattito con gli
esperti oggi a Bagnoli - ORGANIZZAZIONE CONGIUNTA MUGGIA-SAN DORLIGO
SAN DORLIGO Come ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico della propria casa? Questo sarà solo uno degli argomenti che saranno trattati questo pomeriggio nell’incontro pubblico organizzato al Teatro Preseren di Bagnoli dall’inequivocabile titolo «Risparmio energetico: cosa possono fare i cittadini?». Inserito nel nuovo percorso di agenda 21 locale «PartecipAssieme – Sodeluj Skupaj», la tavola rotonda organizzata congiuntamente dai Comuni di San Dorligo della Valle e Muggia inizierà alle 17 con l’intervento del direttore scientifico del Sincrotone di Trieste Renzo Rosei sul tema «Il problema energetico», che sarà seguito da quello della ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria civile Claudia Fedrigo con una relazione sugli «Interventi per il risparmio energetico nelle abitazioni». Il direttore del servizio disciplina tecnica edilizia e strutture a supporto residenza del Fvg Luciano Pozzecco presenterà poi un elenco di suggerimenti invece su come «Ottenere finanziamenti finalizzati al risparmio energetico». Alle 19 alcuni cittadini di San Dorligo racconteranno infine le loro esperienza in tema di energia. Presenzieranno all’incontro il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e l’assessore ai Lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi. Intanto il Comune di San Dorligo ha indetto per lunedì alle 18.30 in Municipio una tavola rotonda sul tema del Corridoio 5. All’incontro aperto al pubblico prenderanno parte esperti in varie discipline attinenti alle problematiche relative all’impatto che il tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia potrebbe comportare per il territorio circostante.
(r.t.)
Inquinamento e sviluppo, un esempio dai nostri Comuni minori
Nel recente sondaggio della SWG è emerso chiaramente che i
nostri concittadini desiderano innanzitutto veder valorizzate le peculiarità del
proprio territorio e una prima risposta l’hanno data dimostrando bassa
propensione per gli insediamenti industriali che non è da intendersi come
negazione, frutto di mentalità retrograda, bensì invito a prendere in
considerazione lo sfruttamento dell’energia alternativa e ciò a tutela
dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Una risposta dettata da una cultura
che si sta facendo strada lentamente ma che avanza inesorabilmente.
Non c’è ormai chi non sia a conoscenza che l’effetto serra è provocato
principalmente da anidride carbonica, cloro fluorocarburi, metano, ossido di
azoto, azoto troposferico con gravi conseguenze sul riscaldamento globale del
pianeta. Come del pari si sa che l’80% delle emissioni di anidride carbonica
proviene dalla combustione del carbone, del petrolio e del metano. E cosa si fa
per contenere queste emissioni, per arrestarle?
Un esempio concreto ce lo stanno dando i comuni minori: Duino-Aurisina, Muggia,
San Dorligo della Valle che, assieme, hanno dato vita all’associazione “Mare e
Carso” per la valorizzazione del turismo sostenibile e la definizione di
strategie per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili stimolando
l’apporto del privato cittadino e interrogandosi su ciò che deve fare la
pubblica amministrazione.
A questa concreta campagna di educazione e promozione si sono uniti Sgonico e
Monrupino, mentre le comunelle di Trebiciano e Banne, con l’aiuto della
Forestale, hanno portato a termine degli importanti lavori di ripulitura e
manutenzione di due vecchi sentieri carsici per renderli sicuri e accessibili a
tutti
Un altro esempio concreto ci viene dal Sud d’Italia, da Benevento, dove una
vecchia fabbrica inquinante è stata trasformata in un moderno impianto per la
produzione di pannelli fotovoltaici. La svolta della nostra economia potrebbe
derivare proprio dall’inserimento in questo mercato energetico. In questo
contesto potrebbe inserirsi la riconversione della Ferriera, con beneficio di
chi vi lavora, degli abitanti del luogo, dell’intera città.
La nostra città non si piange addosso ed ha espresso chiaramente i suoi
intendimenti che sono poi quelli di garantire il rispetto delle regole e delle
persone stimolandone i valori e i talenti contro i privilegi e le illegalità;
valorizzare le piccole e medie imprese, azzerare la burocrazia. Una città che
guarda al suo mare in cui si riflette e in cui ci crede, che sta restituendo ciò
che era stato sottratto.
La richiesta di ”identità di un segno visibile all’esterno” che dovrebbe
provenire dalla valorizzazione della peculiarità del territorio s’è alzata
unanime: a livello individuale e locale.
Luisa Nemez
ENERGIA - Purezza e inquinamento
L’on. Menia, sottosegretario all’ambiente, dichiara (v. Il
Piccolo del 3 aprile) che l’Italia deve lavorare affinché il suo fabbisogno
energetico derivi per il 25% dal nucleare (con un altro 25 dalle fonti
rinnovabili e il restante 50 dalle fonti fossili), definito «energia pulita».
Il sottosegretario non precisa entro quanto tempo dovrà essere raggiunto questo
obiettivo, né se si riferisca all’energia in tutte le sue forme, oppure alla
sola elettricità: sono molti, ahimè, i politici che confondono le due cose. Va
ricordato che le centrali nucleari producono soltanto elettricità, la quale
copre all’incirca un 20% dei consumi complessivi di energia. Supponendo che
Menia parli solo di questa, l’obiettivo indicato tecnicamente non sarebbe
impossibile da raggiungere: una volta in funzione le quattro centrali di terza
generazione che il governo italiano si è impegnato a comprare dalla Francia
(senza rivelarne il costo), si potrebbero produrre circa 51 mila GWh (gigawattora),
a fronte di un consumo complessivo che nel 2007 è stato pari a circa 315 mila
GWh. Ipotizzando che i consumi non aumentino, basterebbero quindi due reattori
in più per raggiungere il 25% del totale.
Prima di arrivarci andrebbero però risolti - oltre a quello non secondario dei
costi - altri problemi, tra cui il destino delle scorie radioattive, che è ben
lungi dall’essere risolto anche nei Paesi di più lunga esperienza nel settore
come la Francia. Si aggiunga che il nucleare richiede una serie di lavorazioni
(dall’estrazione all’arricchimento dell’uranio, cui vanno aggiunti la
costruzione dell’impianto e il suo smantellamento a fine vita, fino alla
gestione delle scorie), le quali implicano elevatissimi consumi di energia in
varie forme, con le conseguenti emissioni di «gas serra». Le stime più
accreditate indicano che tali emissioni, man mano che si dovrà ricorrere
all’uranio ricavato da graniti anziché da giacimenti sabbiosi, cresceranno in
misura esponenziale, fino a superare quelle di una centrale convenzionale a gas.
In effetti, la disponibilità di uranio è limitata, come quella di combustibili
fossili, a qualche decina d'anni, il che spiega perché il suo costo sia
aumentato di 10 volte tra il 2003 e il 2007.
Anche volendo sorvolare sulla radioattività liberata in normali condizioni di
funzionamento e sul sempre possibile verificarsi di incidenti con rilascio di
radioattività nell’ambiente, appare perciò avventata la definizione dell’on.
Menia sul nucleare come «energia pulita».
Senza dimenticare che, come accennato prima, una seria politica energetica
dovrebbe occuparsi anche dell’80% di consumi energetici non coperti
dall’elettricità: quelli per i trasporti, per esempio, o quelli per il
riscaldamento, ancora in prevalenza coperti con gli idrocarburi (derivati del
petrolio e gas). Gli studi più aggiornati dimostrano che il potenziale di
risparmio è enorme, anche in Italia.
Limitandosi all’elettricità, per esempio, uno studio del Politecnico di Milano
indica che l’Italia potrebbe ridurre di oltre il 40% i propri consumi,
semplicemente sostituendo le apparecchiature attualmente impiegate con quelle
più efficienti già disponibili sul mercato.
Potenziali di risparmio analoghi esistono negli altri usi energetici
(riscaldamento, trasporti, ecc.) e c’è già chi ha dimostrato che è non solo
possibile, ma anche conveniente, costruire edifici completamente «passivi», cioè
in grado di soddisfare il proprio fabbisogno energetico senza alcun apporto di
combustibili fossili o elettricità dall’esterno, ma combinando tecniche di
risparmio e fonti rinnovabili. Particolarmente interessante, in questo senso,
l'esperienza avviata da qualche anno in Provincia di Bolzano con l’Agenzia «Casa
clima».
Nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia (sezione documenti, sottosezione
"energia") è disponibile il recentissimo studio "Cambiamenti climatici, ambiente
ed energia", al quale hanno contribuito alcuni dei maggiori esperti italiani
della materia. Vi viene delineato uno scenario che prevede - a parità di servizi
resi agli utenti - la riduzione dei consumi energetici del 20 % entro il 2020 e
del 50 % entro il 2030, mediante un ricorso massiccio alle fonti rinnovabili ed
alle tecnologie per l'efficienza energetica, integrate in un sistema di
incentivi e sostegni normativi, senza ricorrere al nucleare.
Certo, bisognerebbe adottare un approccio attento alla globalità degli usi
energetici, che tenga conto della necessità di ridurre sul serio le emissioni di
"gas serra" (l'Ipcc raccomanda una riduzione del 60-85% entro il 2050) e sia
pensato in funzione delle esigenze dei cittadini-utenti e non di quelle dei
venditori di energia e dei costruttori di mega-impianti (com'è invece purtroppo
tradizione in Italia).
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 aprile 2009
Commissione europea, archiviato l’esposto sul caso
Acquario - MUGGIA. DELUSI GLI AMBIENTALISTI
La Direzione generale per l’ambiente della Commissione europera ha
archiviato la denuncia presentata nel 2003 dagli Amici della Terra contro
l’allora amministrazione comunale, accusata di irregolarità nella gestione del
«caso» dell’interramento di Acquario, il terrapieno realizzato in passato fra
Punta Olmi e Punta Sottile.
Nel loro esposto, i vertici dell’associazione ambientalista imputavano
all’esecutivo muggesano, in quegli anni retto dal forzista Lorenzo Gasperini, di
aver «utilizzato in modo illecito finanziamenti comunitari inseriti
nell’Obbiettivo 2 per un progetto», appunto l’interramento di Acquario,
«realizzato in violazione delle direttive comunitarie sulla tutela ambientale».
Sulla base di quei rilievi la Commissione europea aveva aperto una procedura (la
numero 2003/4983 ndr) che ieri, appunto, è stata definitivamente chiusa. A
distanza di sei anni dall’avvio della pratica, infatti, i funzionari di
Bruxelles non hanno ravvisato gli estremi dell’utilizzo illecito di fondi
comunitari e hanno disposto l’archiviazione del caso. proprio come fatto per per
altre situazioni italiani portate all’attenzione della Commissione: il Mose di
Venezia, un’area del porto di Genova, una zona delle Marche interessata da una
querelle sulla gestione dei servizi idrici.
Della vicenda Acquario si parla ormai da anni, da quando cioè, a seguito di
alcuni esposti presentati dagli ambientalisti, la Procura di Trieste incaricò i
carabinieri del Noe di prelevare campioni nel terrapieno tra Punta Olmi e Punta
Sottile. Le analisi effettuate dall’Arpa rivelarono la presenza nel terreno di
idrocarburi e di altri inquinanti (piombo, cadmio, mercurio) in misura superiore
ai limiti previsti dalla legge per l’uso dell’area a verde pubblico. L’inchiesta
condotta dal pm Maddalena Chergia portò davanti al tribunale cinque persone:
Manlio Romanelli, già amministratore unico della società che aveva promosso
l’interramento di Acquario; Aldo Mazzocco, già al vertice della società Marina
Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori d’interramento; Corrado Del Ben,
già vicepresidente di Acquario; Ervino Leghissa, legale rappresentante della
società Duino Scavi. Nel tempo tutti e cinque gli imputati sono stati
prosciolti.
Isontino: 20mila euro contro l’inquinamento creato
dalla luce
CORMONS Stop all’inquinamento luminoso. L’amministrazione
provinciale ha inserito nel bilancio di previsione un progetto ad hoc che
riguarda l’attuazione delle attività relative all’applicazione della legge
regionale 15 del 18 giugno 2007: normativa denominata «Misure urgenti in tema di
contenimento dell’inquinamento luminoso per il risparmio energetico nelle
illuminazioni per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta
dagli osservatori astronomici».
Le competenze che riguardano le Province sono relative all’articolo 4: gli enti
intermedi devono esercitare in primis il controllo sul corretto e razionale uso
dell’energia elettrica negli impianti di illuminazione esterna e devono
provvedere a diffondere i principi dettati dalla presente legge anche attraverso
la stipula di accordi di programma con i Comuni. Concetti che sono scritti a
chiare lettere nella relazione previsionale. «Le Province, poi, individuano
entro un anno dall’entrata in vigore della legge gli impianti di grande
inquinamento luminoso rispetto ai quali prevedere, entro un ulteriore anno, le
priorità di bonifica anche su segnalazione degli osservatori astronomici o delle
associazioni che si occupano della protezione del cielo notturno».
Sulla scorta di questi concetti, ai fini di dare attuazione all’indirizzo di
legge verrà individuata una consulenza specialistica «per analizzare le
caratteristiche di inquinamento sul territorio provinciale ai fini della
formalizzazione della parte di pianificazione illuminotecnica. Ai fini della
raccolta dei dati, nella prima fase di analisi occorre altresì coinvolgere i
Comuni per comprendere lo stato di fatto relativamente alle sorgenti di
inquinamento relative a vie, aree e gli impianti esistenti (tipologie di corpi
illuminanti). In una seconda fase, dedicata alla descrizione dei risultati, si
deve procedere alla verifica e all’attività di pianificazione».
Per tale progetto sono stati stanziati dall’ente guidato da Enrico Gherghetta
20mila euro.
Lubiana ha deciso di abbattere 70 orsi e 10 lupi - La
scelta del governo «per mantenere l’equilibrio delle popolazioni». Proteste del
Wwf italiano
LUBIANA In Slovenia, entro la fine dell’anno, saranno
abbattuti 70 esemplari di orso bruno e 10 di lupo. Lo ha stabilito il governo,
per mantenere l’equilibrio della popolazione di queste due specie protette.
Una decisione che preoccupa il Wwf italiano ma che secondo i promotori rientra
nelle normali campagne di contenimento degli esemplari di queste specie da parte
della Slovenia. Il decreto, in vigore dall’11 aprile, è stato firmato nei giorni
scorsi dal ministro all’Ambiente Karl Erjavec. Prevede specifiche finestre
temporali durante le quali i cacciatori potranno abbattere gli animali previsti.
Per gli orsi bruni si va dal 1.o gennaio al 30 aprile e dal 1.o ottobre al 31
dicembre. Per i lupi, invece, dal 1.o gennaio al 28 febbraio e, ancora, dal 1.o
ottobre al 31 dicembre. Secondo il ministro Erjavec, le popolazioni delle due
specie protette in questione godono di ottima salute. Gli orsi bruni, in
particolare, si concentrano soprattutto nelle zone a Sudest della Slovenia, al
confine con la Croazia. La presenza di lupi invece pare sia più sparsa sul
territorio. Attualmente, secondo le stime, in Slovenia vivono 430 esemplari di
orso bruno. I lupi invece si attesterebbero tra le 70 e le 100 unità. Il dato è
meno preciso, mancando un adeguato metodo di censimento di questi animali.
«Questi animali – così Erjavec – hanno spazio a sufficienza e un habitat
adeguato. Ma non hanno nemici naturali». Da qui, la necessità di provvedere alla
limitazione annua del loro numero. La quantità massima di animali da uccidere è
stata tuttavia ridotta in questi ultimi anni, per adeguarsi a specifiche
normative europee in materia. «Questo decreto è legato alla necessità di
mantenere il giusto equilibrio ecologico – ha tenuto a precisare il ministro -.
Non ha nulla a che fare con i danni che questi animali possono causare». E in
effetti, molti agricoltori hanno a che fare ogni anno con «visite» inaspettate e
non volute di questi animali, che causano danni soprattutto a coltivazioni e
allevamenti (rarissimi gli attacchi all’uomo). Nel corso del 2008 sono stati
1494 i danni totali causati da esemplari di specie protette, di cui 609 dovuti
agli orsi. Il governo ha erogato risarcimenti per un totale di oltre 520 mila
euro (164 mila solo per danni causati da orsi). Il decreto è stato giudicato
«tardivo» dai rappresentanti dei guardaboschi sloveni, che ritengono infatti che
entro la prima scadenza (il 30 aprile) non si riusciranno a uccidere molti orsi
e quindi si rischiano maggiori danni nel periodo estivo.
Dal Ministero, invece, replicano che le scorrerie estive sono legate alla
presenza di cibo che attira i plantigradi e non al loro numero.
Dalla Facoltà di biotecnica dell’Università di Lubiana, giunge inoltre la
rassicurazione che la popolazione di orsi in Slovenia è ben seguita e che le
misure finora adottate per mantenerne l’equilibrio in natura hanno funzionato
bene.
Ben diversa la posizione Oltreconfine. Nonostante le rassicurazioni del governo
di Lubiana, il Wwf italiano teme che questa «caccia all’orso» sia motivata solo
dai danni arrecati da questi animali e giudica eccessivo il numero di esemplari
da abbattere. Propone quindi di permettere agli orsi una maggiore libertà di
movimento anche verso altre zone del Paese e d’istituire una nuova area a loro
dedicata nei pressi di Tarvisio.
PORTO - Ripensiamo la viabilità
All’inaugurazione del monumento a Massimiliano spiccava un
cartello che non poteva restare inosservato: 10.000 firme contro il «mostro» di
piazza Libertà, che prevede un percorso tipo «Indianapolis» attorno a piazza
della Stazione, con l’inutile e faraonico progetto di ben 8 corsie per lato.
Tale sistemazione renderà difficile la percorrenza della piazza e dintorni
rischiando di far saltare i nervi a qualsiasi automobilista che non sia
Schumacher, e forse anche all’asso tedesco.
Cerchiamo ora, cari responsabili, di pensare un po’ più in grande e superare
quel tabù che è il Porto Vecchio, dove un tempo il piano regolatore prevedeva
una vera e propria autostrada che partiva dall’ex Silos per arrivare in viale
Miramare, da dove una rampa si collegava alla Grande viabilità di Barcola, non
si è ovviamente costruita, basterebbe aprire quello squallido portone poco prima
del ponte della ferrovia di viale Miramare e immettervi le vetture che passando
per il Porto Vecchio usufruirebbero di una comoda bretella, del tipo di quelle
costruite a suo tempo in Porto Nuovo, per penetrare in via Cavour, rendendo
inutile l’allucinante progetto attorno al giardino, salvando nel contempo
parecchi alberi dalla distruzione, come pure la Sala Tripcovich, che verrebbe
giustamente valorizzata come lo è stata finora.
Oltretutto, con questa soluzione, ovviamente più semplice, si potrebbe togliere
una bella fetta di traffico da viale Miramare, liberando, nel contempo, almeno
in parte, il rione di Roiano dall’assedio delle auto. Concludendo, mi auguro che
il Comune riprenda in esame il progetto proposto per aprire un dialogo positivo
coi cittadini.
Gianni Cavicchi
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 aprile 2009
Centro forestale: boom di visitatori - PASQUETTA A
BASOVIZZA - Dall’inizio del 2009 duemila presenze nella nuova struttura
BASOVIZZA Boom di presenze a Pasquetta al Centro didattico
forestale di Basovizza, uno dei punti di riferimento per eccellenza per gli
escursionisti e gli appassionati del complesso e variegato mondo carsico. Già
dal primo mattino la nuova struttura del Dipartimento forestale, collocata alle
porte della frazione carsolina, era stata letteralmente presa d’assalto non solo
dai triestini ma soprattutto da tanti forestieri. Molti di loro hanno
approfittato della bella giornata per conoscere un centro visite che, per ogni
amante della natura, rappresenta un ausilio per approfondire la conoscenza del
singolare mondo carsolino, rappresentato e divulgato dai Forestali attraverso
specifici diorami, installazioni e altri supporti culturali di profilo moderno e
didattico.
Dall’inizio del 2009 sono state oltre duemila le visite al nuovo centro, in
particolare di scolaresche di ogni ordine e grado, provenienti non solo dalla
regione ma anche dalle nazioni vicine, Austria compresa. Ad accompagnare gli
ospiti un gruppo collaudato di Guardie forestali. Nel nuovo centro visite,
vengono organizzate pure delle mostre temporanee e delle presentazioni di testi
attinenti alle tematiche ambientali. Tra questi, vale la pena citare quel «Camminaboschi.fvg»,
agile volumetto realizzato dagli stessi Forestali che propone ai lettori una
serie di 10 itinerari nei boschi più affascinanti della nostra regione. Connesse
all’attività del Centro didattico, le escursioni guidate nel vicino bosco «Igouza»
(dove si trova il sentiero attrezzato Ressel) e nei boschi regionali triestini «Bazzoni»
e «Salzer». Per informazioni e prenotazioni, è possibile telefonare allo
040-3773677 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, l’email è
didatticonaturalistico.agrifor@regione.fvg.it.
Maurizio Lozei
TRAFFICO - Solo promesse
Piano del traffico e Piano dei parcheggi dovevano essere
due priorità già nel programma elettorale del primo mandato del sindaco Dipiazza:
significa che siamo ancora a discutere, dal 2001, sul nulla. Solo chiacchiere e
propaganda.
Diciotto progetti sono stati annunciati da questa amministrazione nel 2007,
diciotto progetti inseriti con orgoglio nel Piano dei parcheggi, e finora quello
che vediamo è il nulla. Tra l'altro, i circa seimila posti auto che si
verrebbero a creare con il Piano, se mai vedrà la luce, non coprirebbero nemmeno
la metà di quanto serve: a Trieste mancano infatti 12mila posteggi per le
quattro ruote (che sono 160mila) e 21mila parcheggi per le due ruote, peraltro
nemmeno prese in considerazione dal Piano stesso. E comunque in questo Piano non
c'è alcuna attenzione per le periferie né per i borghi carsici, come se anche
quelle zone di Trieste non risentissero della lotta al posto auto.
E poi c'è l'altro capitolo insoluto, il Piano del traffico, che probabilmente
non vedrà mai la luce viste le baruffe all'interno del centrodestra. Per non
parlare, ancora, di un altro progetto fondamentale per questa città che dovrebbe
procedere di pari passo al Piano del traffico e a quello dei posteggi, e cioè il
Piano regolatore generale, che dopo dodici anni meriterebbe di essere rivisto.
Il futuro urbanistico della città ha bisogno di una cabina di regia unica. Ma
questa non c'è. Ci sono soltanto esperimenti, interventi spot e tanta marcia
indietro.
Sergio Lupieri - consigliere regionale Partito democratico
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 aprile 2009
Trenitalia-Regione, multe da oltre 3 milioni - I
disservizi dei treni costeranno cari alle Ferrovie. L’assessore Riccardi:
«Accordo entro aprile»
TRIESTE Sanzioni massime che possono superare i tre
milioni di euro, proporzionate alla «gravità del fatto» e differenziate a
seconda che si parli di ritardi, mancata informazione ai viaggiatori o altri
disservizi. Non per le pulizie, però: perchè in tal caso si ovvierà garantendo
servizi gratuiti. Questi sono i dettagli del sistema sanzionatorio del nuovo
contratto Trenitalia-Regione che sarà in firma a breve: secondo l’assessore ai
Trasporti Riccardo Riccardi, entro la fine del mese: gli elementi principali
infatti sono già stati fissati ed elaborati.
I DISSERVIZI L'elemento più curioso riguarda sicuramente il sistema di sanzioni,
che per la prima volta «puniranno» Trenitalia nel caso in cui sulle linee
ferroviarie avvengano dei disservizi. Le sanzioni in questione riguardano
diversi possibili problemi, tra i quali i ritardi nei collegamenti, le
soppressioni, la mancata informazione alle utenze, e anche la mancata pulizia.
Se le Ferrovie verranno ritenute carenti in uno di questi particolari campi,
ecco scattare il sistema di sanzioni che servirà a garantire ai passeggeri un
servizio migliore.
LE SANZIONI Secondo quanto previsto nel contratto che sarà firmato a breve, le
sanzioni potranno arrivare a un importo massimo che potrà arrivare al valore del
10 per cento dell'intero contratto, calcolato attorno ai 36 milioni di euro. Il
che significa che, in caso di gravissime carenze, Trenitalia potrà essere
condannata a pagare alle Regione multe fino a 3,6 milioni di euro. Si tratta
chiaramente di un caso limite, che, specifica la Regione, «ci auguriamo non
avvenga mai». Una particolarità riguarda le pulizie, che non sono inserite tra
le operazioni «sanzionabili» in senso monetario: si è preferito prevedere invece
che le eventuali carenze in tale campo vengano recuperate in «azioni di pulizia
aggiuntiva». A controllare che tutto vada secondo le regole, poi, come già
anticipato dallo stesso assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi, saranno
appositi «controllori regionali» che gireranno sulle linee della regione a
controllare puntualità, pulizia e informazioni agli utenti. «Abbiamo puntato,
come priorità, al rispetto di tre elementi fondamentali: pulizia, puntualità, e
qualità del servizio, cioè eventuali soppressioni di corse, informazioni alla
clientela, attività di manutenzione» ha spiegato Riccardi. E per verificare il
rispetto degli standard, la Regione deve prevedere un sistema di controllo, che
non può certo essere demandato ai pendolari, che pure avranno un loro ruolo
centrale e riconosciuto. Ecco perchè nel contratto si prevedono una serie di
controlli a random sulle linee regionali, effettuati da appositi ispettori
regionali che faranno ispezioni e compileranno i verbali sulla base dei quali
poi sarà valutato il servizio.
IL CONTRATTO Come spiega Riccardi, «ormai il documento è pronto nei suoi
elementi fondamentali, mancano solo alcuni particolari da rivedere ma contiamo
comunque di poterlo chiudere entro la fine del mese». L'accordo comporterà un
investimento di 100 milioni di euro, 74 a carico della Regione e 29 di
Trenitalia, per l'acquisto di un nuovo parco rotabile.
Elena Orsi
Pista ciclabile, lavori sul ponte di via dell’Istria -
Tra San Giacomo e Draga Sant’Elia
L’assessore provinciale Tommasini: «Senza intoppi, la inaugureremo a metà giugno»
Sono entrati nella fase decisiva i lavori per la
realizzazione della pista ciclabile destinata a collegare San Giacomo e Draga
Sant’Elia. È iniziato infatti l’intervento più delicato, quello che riguarda il
posizionamento dei pannelli per la carenatura sotto il ponte di via dell’Istria,
proprio di fronte all’ospedale infantile «Burlo Garofolo», dove una volta
sorgeva il ponte della ferrovia.
Questi lavori «se non ci si metterà di mezzo il maltempo», spiega l’assessore
provinciale con delega ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini, dovrebbero finire
entro maggio. «A quel punto – aggiunge ancora Tommasini – basterà sistemare il
tratto della pista che attraversa il rione di Campanelle, lungo il quale ci sono
ancora carcasse di vecchie automobili, abbandonate da una depositeria che oggi
non è più attiva».
«Se tutto andrà per il verso giusto – conclude l’assessore provinciale –,
rispetteremo i tempi previsti per l’inaugurazione, che dovrebbe essere fissata
nella seconda metà di giugno». Per poter procedere allo sgombero delle carcasse,
l’amministrazione ha dovuto preventivamente risolvere alcune problematiche di
natura giuridica.
Recentemente è stato asfaltato il tratto che va dal punto informativo di via
Orlandini al parcheggio dell’ospedale infantile, la prima parte del quale, fino
alla palestra dei Salesiani, è già percorribile.
L’intervento in atto sul ponte viene eseguito senza chiudere la strada al
traffico, ma istituendo il solo senso unico alternato, assicurando così un
minimo di scorrevolezza alla circolazione, in quel punto spesso molto intensa.
Una volta ultimata la rimozione dei materiali delle automobili abbandonate, i
vari tratti del percorso potranno essere collegati tra loro. Servirà soltanto un
intervento finale per l’eliminazione delle erbacce che naturalmente crescono
lungo il tragitto e di pulizia generale del percorso.
Tornando al ponte sulla via dell’Istria, la sua superficie sarà ricoperta con lo
stesso materiale della pista ciclabile, mentre lateralmente ci saranno le lastre
di vetro trasparente che garantiranno agli utenti sicurezza e protezione dal
vento. La lunghezza complessiva dell’intero percorso della pista è di oltre
dodici chilometri.
La struttura, una volta inaugurata, non sarà utile solo per le escursioni
domenicali, che tutti prevedono saranno frequenti e caratterizzate dalla
presenza di numerosi ciclisti, soprattutto nei primi tempi di apertura, vista la
novità assoluta, ma anche per la mobilità quotidiana.
La Provincia di Trieste punta all’inserimento del tracciato ciclabile nei
circuiti internazionali e italiani degli amanti della bicicletta, come «Ferrovie
dismesse», specializzato proprio nei tratti ferroviari recuperati. In futuro
l’opera potrebbe essere collegata con i circuiti sloveni e la «dorsale carsica
ciclabile».
(u.s.)
IL PICCOLO - SABATO,11 aprile 2009
Muggia, si potenzia la differenziata - AUMENTANO ISOLE
ECOLOGICHE E PORTA A PORTA
Novità: in distribuzione anche grandi contenitori per
olio da cucina
MUGGIA Novità nell'asporto rifiuti a Muggia. Entro fine mese, alle attuali
tipologie di raccolta differenziata si aggiungeranno la frazione umida e l'olio
da cucina. Alle famiglie che ne faranno richiesta verranno distribuite 100
compostiere per il trattamento della frazione umida e mille contenitori per olio
da cucina da cinque litri, mentre un centinaio da 25 litri sarà affidato ad
altrettanti esercizi pubblici. Aumenterà anche il numero dei contenitori per la
raccolta indifferenziata (di 30 unità), quello delle isole ecologiche (da 70 a
80) e raddoppierà il numero dei cassonetti per il verde (da 40 a 80). Le due
iniziative sperimentali hanno l'obiettivo di incrementare la raccolta
differenziata e il recupero dei rifiuti prodotti con la conseguente riduzione
dei costi per il conferimento al termovalorizzatore. Gli olii raccolti dovranno
essere successivamente consegnati dai singoli utenti al centro di raccolta di
Vignano. Lo smaltimento dell'olio da cucina non è un problema da poco. Uno
scorretto conferimento porta infatti a conseguenze gravi per l'ambiente: basti
considerare che se gettato nel lavandino, un litro di olio di frittura ricopre
con una pellicola di un millimetro un chilometro quadrato di acqua marina. La
distribuzione dei contenitori agli interessati sarà gratuita e verrà effettuata
presso il centro lunedì, martedì, mercoledì e giovedì dalle 8.30 alle 14.30 e
venerdì e sabato dalle 10 alle 16. Per informazioni ci si può rivolgere allo
0403360421 o 040232391.
Si sta concludendo intanto anche la sostituzione dei vecchi contenitori di
Ecoverde con i nuovi di Italspurghi Ecologia. Il Comune, dopo l'affidamento a
Italspurghi Ecologia del servizio di asporto rifiuti dal primo febbraio, si
propone il raggiungimento del 40% di raccolta differenziata al sesto mese e del
55% al nono. Si prevede in un prossimo futuro il miglioramento della raccolta
differenziata porta a porta presso 120 utenti (negozi e pubblici esercizi).
Verrà potenziata pure la raccolta porta a porta dei cartoni da imballaggio,
passando da 33 a 45 utenti. Entro fine mese le isole ecologiche diverranno 80,
con il posizionamento in tutti i punti di raccolta di nuovi cassonetti da 3.200
litri per carta e plastica e nuove campane per vetro e lattine. Le campane
attualmente utilizzate verranno sostituite con dei cassonetti gialli per la
plastica e bianchi per la carta. Attualmente sono presenti sul territorio 185
cassonetti da 1.100 litri per la raccolta indifferenziata, e 210 (70 per
tipologia) per la raccolta di carta, plastica, vetro e lattine.
Gianfranco Terzoli
Ripuliti due sentieri sul Carso - A CURA DELLE
COMUNELLE DI TREBICIANO E BANNE
TRIESTE Le comunelle di Trebiciano e Banne hanno da
qualche giorno portato a termine dei consistenti lavori di manutenzione a due
vecchi sentieri carsici. Grazie all’asporto dei rifiuti e al taglio delle
ramaglie,i sentieri sono ora accessibili a tutti. «Ci siamo impegnati per il
recupero di un antico sentiero che dalle porte della nostra borgata porta alla «Labarnica»,
l’abisso di Trebiciano. Un passaggio boschivo - spiega David Malalan, presidente
della Comunella/Jus di Trebiciano - che da tempo risultava inselvatichito e
impraticabile. Ora chi vuole provare una nuova via nei nostri boschi può
finalmente percorrerla senza problemi e fatica». I volontari della Comunella di
Trebiciano si sono ritrovati a lavorare di domenica durante l’inverno. Attrezzi
alla mano, sotto l’attento controllo della Forestale, hanno ridotto i rami e gli
alberi pericolanti, tagliato le sterpaglie, rimosso i rifiuti. Analogo lavoro
hanno prodotto i volontari della Comunella di Banne lungo il sentiero che porta
al vecchio stagno posto nei dintorni della Scuola locale, a fianco della
Provinciale 1. «Ci siamo impegnati per completare il lavoro iniziato due anni
orsono - afferma per la comunella locale Guglielmo Husu - e oltre al taglio di
arbusti e alberi malati abbiamo dovuto impegnarci a fondo per l’asporto dei
numerosi rifiuti e inerti abbandonati». Si tratta di vecchi copertoni d’auto,
centinaia di bottiglie vuote, altri rifiuti metallici e ingombranti. Sino a
qualche anno fa anche questo sentiero veniva utilizzato per raggiungere una
vicina discarica. «Oltre al recupero delle immondizie - riprende Husu - abbiamo
provveduto a triturare le ramaglie raccolte, un’operazione costosa ma
importante, visto che l’abbandono dei rami può essere causa di incendio». La
pulizia e la manutenzione dei sentieri non rappresenta solo un valore aggiunto
per gli escursionisti, ma un importante mezzo per la prevenzione degli incendi
boschivi, consentendo ai mezzi di soccorso, in caso di bisogno, di raggiungere i
focolai.
Maurizio Lozei
VIABILITÀ - Quel treno per Grado
Riguardo ai lavori di realizzazione della pista ciclabile
Cervignano-Grado, nasce spontanea una riflessione sull’ennesimo scempio
ferroviario o, per meglio dire, sull’ennesima occasione mancata di migliorare il
sistema dei trasporti regionale. Il fatto che questa ex ferrovia sia dismessa
dal 1946, non significa che non possa avere una sua funzione anche nel XXI
secolo; se infatti è venuto meno il motivo della sua costruzione, ossia portare
a svernare a Grado la ricca aristocrazia mitteleuropea d’inizio ’900, avrebbe
invece un potenziale enorme come linea locale a servizio tanto dei pendolari
quanto dei turisti, soprattutto in estate.
È vero che essa si fermava a Belvedere, ma dato che verrà realizzato un nuovo
rilevato per giungere fino a Grado con la bici, non sarebbe stato impossibile
costruirlo per il treno. Bisogna inoltre considerare che i ciclisti sportivi
utilizzano poco questi percorsi preconfezionati, con la mountain bike si va in
fuoristrada, mentre il cosiddetto cicloturismo non muove certo enormi masse di
persone specialmente d’inverno; riguardo ai friulani, poi, se può essere
appetibile per un cervignanese andare al mare in bici, non credo che chi
proviene da Udine o da più lontano sia disposto a pedalare per decine di
chilometri per un bagno al mare. Ma questa non è certo una campagna contro la
bicicletta, tutt’altro. Prendiamo a esempio la provincia di Bolzano: in Val
Venosta hanno riattivato la linea Merano-Malles chiusa dalle Fs nel ’90,
dimostrando la validità di questa scelta con oltre un milione di passeggeri
l’anno; a fianco della stessa corre la pista ciclabile, con noleggio bici nelle
stazioni, dando un esempio di cosa sia la vera intermodalità turistica. Se
questa scelta fosse stata presa anche per la Cervignano-Grado oltre che per la
Carnia-Tolmezzo, oggi si potrebbe andare dalla montagna al mare e viceversa con
un unico mezzo veloce, sicuro ed ecologico.
Invece siamo costretti a incolonnarci con le auto in micidiali e puzzolenti
ingorghi, o impiegare molto più tempo con le corriere costrette nei medesimi
incolonnamenti; senza dimenticare che la linea Udine-Cervignano è chiusa nei
giorni festivi, dimostrando la totale arrendevolezza delle nostre ferrovie. Il
fatto poi, che in mezza Italia, come nel resto d’Europa, si stanno rimettendo i
tram laddove furono tolti cinquant’anni orsono, è la palese dimostrazione che
quelle degli anni ’50-’60 furono decisioni scellerate, anche alla luce del fatto
che proprio in questi giorni si torna a parlare dell’ennesimo blocco del
traffico causa inquinamento. Invece i nostri amministratori locali ci riempiono
le orecchie di facile demagogia su strade intasate e pericolose, oltre che sulle
polveri sottili, inneggiando al riequilibrio strada-rotaia, ma poi di fatto
finanziando solo e esclusivamente opere stradali pensate sostanzialmente per il
traffico pesante. Non c’è da stupirsi in una regione che non ha mai amato il
treno, con le tariffe ferroviarie tra le più alte d’Italia, dove si continua a
scontare la benzina e dove, a dettar legge, sono le potentissime lobby del
trasporto su gomma. Se mai ci si renderà conto degli errori commessi, sarà ormai
troppo tardi!
Claudio Canton - seguono 14 firme
IL PICCOLO - VENERDI', 10 aprile 2009
«Non è detto che a giugno riapriamo la Ferriera» -
Aperta solo la cokeria che lavora al 50% delle sue potenzialità. In aprile 180
gli operai a casa
LO SOSTIENE IL DIRETTORE DELL’IMPIANTO DI SERVOLA DATA
LA DIFFICILE SITUAZIONE DI MERCATO
«Stiamo adeguando l’altoforno 3 come previsto, però a giugno vedremo se ci
sono o meno le condizioni di mercato per riattivarlo come previsto. Siamo di
fronte a una crisi molto particolare e perdurante, abbiamo perso il 65% del
mercato e per ora non si vedono spiragli di ripresa, le nostre vendite residue
sono del 30-35%». Lo ha affermato ieri l’amministratore delegato della Ferriera,
Rosato, da Brescia dove ha partecipato a riunioni nella sede centrale della
Lucchini. Che cosa significa non riaprire quell’altoforno? Che la fabbrica di
fatto interrompe l’attività.
Con il 40% dei dipendenti in cassa integrazione, destinati ad aumentare in
questo mese, aperta e in funzione è attualmente solo la cokeria, che produce
però al 50% delle sue potenzialità. Un crollo verticale, dunque. E dove va il
coke prodotto? Da nessuna parte. «Neanche Piombino lo può assorbire - prosegue
il direttore della fabbrica -, anche lì l’attività è gravemente compromessa, tra
poco faremo il piano commerciale per il prossimo trimestre e solo allora avremo
un quadro più chiaro della situazione di aprile».
Intanto a giorni sarà un mese da che è scattata la cassa integrazione: «Per ora
ne sono interessati 80-90 dipendenti - spiega Rosato -, entro aprile credo che
raddoppieremo il numero a 170-180, a maggio vedremo com’è la situazione, ma
certo non toccheremo il numero massimo, di oltre 300, per i quali avevamo
chiesto l’autorizzazione». In pratica adesso sta a casa, a rotazione, appunto il
40% dei dipendenti.
Intanto per il 20 aprile il presidente della Giunta, Tondo, ha ufficialmente
convocato proprietà, istituzioni e sindacati all’apertura del tavolo di
negoziazione sulla Ferriera di Servola, per avviare la discussione concreta sui
passi da intraprendere in vista della concordata chiusura nel 2015 dell’attività
siderurgica e del «trapasso» ad altre produzioni e aziende in loco. La Provincia
ha già inviato in Regione un proprio documento per sottolineare come all’ordine
del giorno siano state inserite con troppa evidenza le questioni ambientali,
mentre è necessario - dice la presidente Maria Teresa Bassa Poropat -
indirizzare i lavori «soprattutto sulla questione occupazionale».
A Servola, attorno alla fabbrica praticamente spenta, senza più nuvole di fumo
dai camini, le centraline segnalano basse emissioni di Pm10, ma guardando i dati
dell’Arpa anche di marzo non si notano grandissime differenze: a Ferriera ancora
attiva, e cioé all’inizio del mese scorso, i valori registrati dal mezzo mobile
di San Lorenzo in Selva ondeggiavano sempre al di sotto del limite di 50
microgrammi. Un superamento casomai è stato registrato il 7 aprile in via
Carpineto (52 microgrammi) e in via Svevo (51). Al contrario, dati molto bassi
hanno segnalato le centraline in via Pitacco l’8 e 9 marzo, a fuochi ancora
accesi: 14 e 12 microgrammi.
L’azienda comunque lavora alle modifiche sull’altoforno 3, quello che aveva
chiesto alla Regione di riattivare dopo lunga sosta, al posto dell’impianto già
indicato nel testo dell’Autorizzazione integrata ambientale, nonostante le
pesanti incertezze. È solo per una coincidenza di diversi motivi, sottolinea
Rosato, che chiusura dell’altoforno e cassa integrazione sono avvenute quasi in
contemporanea: «È la crisi economica che ci ha indotto a rallentare l’attività,
anche senza chiusura dell’altoforno saremmo stati ugualmente costretti».
Quanto alla nuova azienda produttrice di cavi metallici che la russa Severstal,
socio di Lucchini, ha confermato l’altro giorno, potrebbe avere qualche
rilevanza per l’attività della Ferriera? «No, è un’iniziativa che nasce fuori
dalla Lucchini stessa - ribadisce Rosato -, appartiene a un’azienda socia di
Severstal, noi siamo dunque solo dei loro vicini, ma vicini per così dire ’’alla
lontana’’».
GABRIELLA ZIANI
Bonifiche, contributi camerali per 1,5 milioni -
Imprese convocate il 20 aprile per dare il proprio assenso alla nuova ipotesi di
accordo
ANNUNCI DEL PRESIDENTE PAOLETTI FIDUCIOSO SU
UN’ACCELERAZIONE DELL’ITER
Un milione e mezzo della Camera di commercio a favore delle imprese del Sito
inquinato che saranno sottoposte a esborsi non indifferenti nel quadro del nuovo
accordo di programma sulle bonifiche. Lo annuncia il presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti il quale rilevando come l’ente camerale abbia svolto
«una notevole mole di lavoro per giungere a una soluzione» entri direttamente in
campo anche con un contributo finanziario nel momento in cui, data soprattutto
la crisi economica, l’accesso al credito risulti particolarmente difficoltoso.
Il danno ambientale che le imprese dovranno pagare oscilla tra i 160 e i 200
milioni. Nella nuova bozza di riparto inserita dalla Regione nel documento
politico programmatico che sarà allegato all’accordo di programma, il 70 per
cento della cifra (circa 140 milioni) sarà a carico delle imprese definite
impattanti e superimpattanti, il 20 per cento (circa 40 milioni) andrà pagato in
proporzione della durata della proprietà del terreno. Un 10 per cento infine
(circa 20 milioni) dipenderà dalle dimensioni del terreno stesso. In quest’ultimo
caso è stata stabilita una spesa di 3,6 euro al metro quadrato per qualsiasi
tipo di impresa.
Le aziende sarano chiamate a esprimere il proprio parere su questa nuova bozza
nell’ambito dell’incontro che la stessa Camera di commercio ha convocato per
lunedì 20 aprile. «Ammmesso che vi sia il via libera da parte dell’azienda - ha
sostenuto ieri Paoletti - a maggior ragione non vi saranno ostacoli da parte
delle varie amministrazioni e l’iter procederà spedito. Alla resa dei conti non
si sarà perso tempo eccessivo».
I passaggi burocratici e politici però sono ancora numerosi. Come ha rilevato
l’assessore regionale Vanni Lenna, dopo l’approvazione dell’accordo i
rappresentanti della Regione e degli enti locali nel comitato di indirizzo e
controllo dovranno discutere il documento politico-programmatico con il soggetto
governativo deputato all’attuazione dell’accordo. E per il fatto che la stessa
bozza d’accordo è stata modificata per alcune richieste degli enti locali il
documento dovrà essere riportato all’attenzione della Regione, del Consiglio
provinciale, dei Consigli comunali di Trieste e di Muggia, dell’Ezit, del
Comitato portuale. L’intesa sbloccherà anche il vincolo che impedisce alle
imprese del Sito inquinato di espandersi.
(s.m.)
DELIBERA DELLA GIUNTA DIPIAZZA - Magazzini Silos:
imminente il via - “Pedibus, Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”
La giunta comunale ha acquisito ieri i necessari pareri
espressi dalle autorità ambientali e che sono parte integrante dell’accordo di
programma per la realizzazione dei Magazzini del Silos, in via Flavio Gioia, a
lato della Stazione ferroviaria. Sull’intervento per complessivi 120 milioni di
euro che come rileva l’assessore allo sviluppo economico Paolo Rovis è il
secondo per entità finanziaria dopo la Grande viabilità, si stanno susseguendo
le Conferenze dei servizi. I lavori preparatori di demolizione e consolidamento,
che sono stati stimati in 6-7 milioni, potranno partire già prima della firma
dell’accordo di programma e presumibilmente entro l’estate.
La maxistruttura progettata da Coop Nordest prevede tra l’altro la realizzazione
di un ipermercato, un centro commerciale, un’area per il benessere e il tempo
libero, una grande sala polifunzionale e un albergo di prestigio.
La giunta comunale ieri ha approvato anche lo studio planivolumetrico necessario
per la realizzazione della copertura del campo da tennis del Circolo marina
mercantile “Nazario Sauro”.
Su proposta dell’assessore all’Educazione, università e ricerca Giorgio Rossi è
stato inoltre espresso parere positivo per l’adesione all’iniziativa “Pedibus,
Bicibus e servizi affini di mobilità alternativa”, finanziata dalla giunta
regionale del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste”. Il progetto
partirà il prossimo anno scolastico e punta a favorire la crescita di alcuni
significativi aspetti educativi come il rispetto dell’ambiente, l’importanza
dell’attività motoria, la condivisione di un percorso la socializzazione tra i
ragazzi. In pratica si darà la possibilità ai ragazzi di ritrovarsi alle 7.30
del mattino in determinati punti della città e, accompagnati da un
educatore-guida, di fare insieme a piedi uno specifico percorso, toccando le
diverse sedi scolastiche da raggiungere.
Dopo le festività pasquali, la giunta comunale tornerà a riunirsi già a metà
della prossima settimana.
Scuole, interventi per 2,2 milioni - I LAVORI DI
MANUTENZIONE A CARICO DEL COMUNE
Il Comune sta attuando una serie di interventi per la
manutenzione delle scuole cittadine di competenza, tra le quali ci sono anche la
Biagio Marin-Foschiatti, il ricreatorio De Amicis, l’asilo Piccoli Passi e la
materna Arcobaleno. La spesa complessiva per gli interventi manutentivi del 2009
è di 2,2 milioni di euro.
Gli interventi sono stati illustrati ieri nel dettaglio dall’assessore ai Lavori
pubblici Franco Bandelli e commentati dal collega all’Educazione giovanile,
Giorgio Rossi, nel corso di una seduta della quinta commissione-scuola,
presieduta da Manuela Declich, che ha recepito anche un ordine del giorno del
consigliere di opposizione Roberto Decarli.
Per quanto riguarda il ricreatorio De Amicis di via Colautti sono stati riparati
i danni per infiltrazioni di acqua dell’edificio sovrastante e sostituiti i
controsoffitti dell’aula computer, risanati i servizi igienici della palestra e
del piano superiore e fatti adeguamenti di legge per la sicurezza, montati
corrimano e una nuova recinzione sulla via Ressel. Entro l’anno verrà anche
messo in sicurezza l’edifico andato a fuoco tempo fa e messi dispositivi
antipiccione. Nell’incontro De Carli ha sollecitato l’intervento per la pulizia
degli spazi esterni del complesso, che lasciano molto a desiderare.
La Declich si è impegnata a fare una ulteriore seduta della quinta per
illustrare il problema all’assessore competente Paolo Rovis. Proseguendo
l’elenco degli interventi, nella scuola elementare Marin di via Marco Praga sono
state eliminate le infiltrazioni del tetto e rimesso in funzione l’ascensore,
che era in disuso, con la sostituzione del quadro di manovra. Nella scuola la
quinta commissione farà presto un nuovo sopralluogo, con la presenza
dell’assessore allo Sport paris Lippi, per verificare la possibilità dell’uso
rionale di alcuni spazi esterni.
All’asilo Piccoli Passi e alla scuola materna Arcobaleno di via Frescobaldi,
invece, è stata sostituita la guaina del tetto (zona nido) e revisionati i
lucernari. Per l’asilo La Mongolfiera inoltre è già stato progettato un nuovo
impianto di condizionamento, pronto per il prossimo settembre (costo 60 mila
euro). Per quanto riguarda la elementare Foschiatti di via Benussi, invece, sono
stati appena sostituiti i pavimenti in 3 aule e recuperata ad uso scolastico
l’ex cucina. Programmata la riparazione dei marciapiedi esterni. Nella lunga
lista di lavori ci sono anche quelli per le materne Sorelle Agazzi, don Marzari
di Opicina e Barchetta.
(d. c.)
Agenzia per l’ambiente, sede unica a Udine - Gli
obiettivi: meno spese, più uomini sul territorio e meno impiegati. Un solo
laboratorio unificato
L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE TONDO
UDINE Più uomini sul territorio, meno in ufficio. Con l’obiettivo di essere
più efficiente e meno costosa, l’Arpa del commissario Paolo Basaglia rivede la
sua missione. In particolare, il personale diventerà più tecnico e meno
amministrativo e dei quattro laboratori provinciali sin qui operanti se ne farà
uno solo, con sede a Udine. Per Renzo Tondo e Vanni Lenna “è una rivoluzione”.
CRITICITA’ A Palmanova, in conferenza stampa, il presidente della Regione e
l’assessore competente, assieme a Basaglia, spiegano il nuovo assetto. Partendo
dalle premesse. All’insediamento, lo scorso settembre, del commissario, non
mancavano le criticità: bilancio di previsione non approvato e 2,3 milioni non
assegnati, mancato rispetto del patto di stabilità, stesse attività di
laboratorio nelle quattro sedi dipartimentali, debolezza dei servizi
territoriali, squilibrio nella distribuzione del personale (su 360 dipendenti
40% di amministrativi), necessità di rinnovo tecnologico, pratiche e fascicoli
pendenti alla Procura della Corte dei conti.
IL PRIMO RIASSETTO Basaglia, riferiscono Tondo e Lenna, ha già iniziato a
cambiare faccia all’Arpa. Il bilancio di previsione 2008 è stato approvato a
dicembre con l’impiego di riserve pari a 890mila euro, 1.470.000 in meno
rispetto al previsto, e si è poi adottata in giunta la previsione 2009 (pareggio
a 23,6 milioni). IL PERSONALE Quanto al personale, ferma restando la dotazione
complessiva, è in previsione, con la stabilizzazione di una quarantina di
precari e l’assunzione nel corso dell’anno di 16 tecnici, la riduzione degli
amministrativi dal 40 al 10%. I restanti lavoratori verranno distribuiti tra
servizi territoriali e sistemi ambientali (40%), laboratorio unico regionale
(30%) e settore tecnico-scientifico e Osmer (30%).
LABORATORIO UNICO Un’altra novità è quella del laboratorio centralizzato, la cui
realizzazione (a Udine, probabilmente nell’area alle spalle dell’ospedale Sant’Osvaldo)
richiederà un investimento di 10 milioni di euro (di cui 6 già disponibili) e
quattro anni di tempo. Nella fase transitoria i laboratori provinciali saranno
gestiti da un coordinatore, successivamente le sedi di Trieste, Gorizia e
Pordenone, che non verranno soppresse e non subiranno spostamento di personale,
vedranno modificate le loro funzioni. Ma è certo, assicura l’assessore, che
l’operatività sul territorio “verrà incrementata”, mentre in Alto Friuli si
avvierà un nuovo servizio.
SPESE CENTRALIZZATE E ancora nel piano di lavoro di Basaglia è già stata
stipulata una convenzione con il Csc per l’acquisto dei beni e servizi necessari
all’Agenzia per la protezione dell’ambiente (dalle procedure di gara agli
acquisti in economia). Molte cose in divenire ma Tondo è già più che
soddisfatto: “La squadra formata dall’assessore Lenna, dal commissario Basaglia
e dai direttori Carlo Temporale e Giorgio Mattassi, oltre alla direzione
centrale Ambiente, ha rivoluzionato questa Agenzia trasformandola in uno
strumento agile e attivo, implementandone la presenza sul territorio. E’ stato
intrapreso un percorso davvero virtuoso per cambiare una situazione che era
realmente in sofferenza. La nuova Arpa può diventare un modello per una Regione
più leggera".
RIFORMA RADICALE “Da quando ci siamo insediati – spiega Lenna – abbiamo
individuato sin da subito la necessità di porre rimedio a una situazione che
necessitava una riforma radicale del sistema. I principi chiave sono lo
snellimento, il controllo della spesa e il risparmio.
Coniugare questi elementi con le esigenze del personale non è stato facile, ma
siamo riusciti a trovare una congiunzione tra i due aspetti, mantenendo chi già
operava in Arpa all'interno dell'Agenzia e stabilizzando pure i precari”.
Insomma, quello che era un “carrozzone” diventa “strumento agile e operativo per
assicurare al Friuli Venezia Giulia un sempre migliore equilibrio ambientale”.
MARCO BALLICO
Monfalcone, analisi per decidere come salvare il golfo
di Panzano - MONITORAGGIO DELLE ACQUE
MONFALCONE Il monitoraggio ordinario sulla qualità delle
acque marine ai fini della concessione o della revoca della balneabilità è
ripreso la scorsa settimana. Anche nello specchio di Marina Julia, che non può
quindi non attendere con ansia i risultati delle analisi. L’esito del
campionamento dovrebbe essere reso noto a giorni e da esso dipende, assieme a
quello del monitoraggio che sarà effettuato nella seconda metà del mese, il
ritorno alla balneazione, negato dalla Regione a dicembre. Lo ha sottolineato
ieri l’assessore all’Ambiente Paolo Frittitta, presentando assieme alla
responsabile dell’Arpa di Gorizia Ketty Cettul il completamento dello studio
commissionato dal Comune nel 2007 all’agenzia per definire le cause
dell’inquinamento del golfo di Panzano e le strategie da attuare. Lo studio
diventa quindi uno strumento fondamentale per pianificare gli interventi più
urgenti, oltre a quelli già realizzati a Marina Julia, e chiederne l’inclusione
nel Piano per la qualità delle acque che la Regione si è impegnata a varare
entro fine anno, stabilendo le risorse finanziarie per attuarlo. Come ha
sottolineato ieri anche Franco Sturzi dell’Arpa, che ha coordinato lo studio,
sono già disponibili i fondi necessari a realizzare il Piano d’ambito dell’Atoo
attraverso Irisacqua, ma non quelli per attuare le azioni aggiuntive delineate
dall’analisi condotta sulle acque interne, principali responsabili, a iniziare
dall’Isonzo, dell’inquinamento del golfo. Se Nova Gorica, 50mila abitanti
equivalenti che scaricano nel Corno, si doterà di un depuratore entro fine 2011
grazie ai finanziamenti Ue, rimangono da collegare gli scarichi di 10mila
abitanti equivalenti di Gorizia.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 aprile 2009
Ambientalisti: più poteri alle Soprintendenze - A
TUTELA DEL PATRIMONIO
Per proteggere il patrimonio ambientale e culturale
triestino occorre ridare autorevolezza e potenziare l’organizzazione delle
Soprintendenze per i Beni architettonici. Solo così si potrà frenare quel
lassismo di enti e istituzioni che sta producendo disastri al territorio e al
suo paesaggio.
Così la pensano le associazioni ambientaliste – Wwf, Italia Nostra, Legambiente,
Greenaction Transnational, Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, il
Capofonte, Camminacittà, Comitato Trieste Vivibile – che ieri hanno presentato
un dossier sul degrado del territorio triestino. Il documento, sottoscritto
anche dagli studiosi Margherita Hack e Livio Poldini e dal giornalista Paolo
Rumiz e dai presidenti nazionali di Wwf e Italia Nostra, è stato inviato al
ministero per i Beni culturali, alle commissioni parlamentari, alla giunta
regionale e ai sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina.
«La principale risorsa per il nostro Paese è rappresentata dai beni culturali e
ambientali – ha detto per il Wwf Dario Predonzan – eppure da anni enti e
istituzioni continuano a non tutelarli a vantaggio degli interessi speculativi».
«È per l’interesse di pochi – ha continuato Giulia Giacomich, presidente
provinciale di Italia Nostra – che si rischia, per esempio, di stravolgere
piazza della Libertà».
Sui dissesti e sullo scempio che tocca diverse parti del territorio costiero si
è soffermato invece il presidente di Greenaction Transnational Roberto
Giurastante. L’appello degli ambientalisti triestini rivolto alle autorità
nazionali è di rafforzare le strutture periferiche del ministero con le sue
autonomie, congiuntamente a un maggiore controllo sulle scelte degli enti locali
nella gestione del territorio.
Maurizio Lozei
Bonifiche, il 70% del danno a carico di chi inquina -
Ma si pagherà anche in rapporto alla superficie e agli anni di proprietà del
terreno
La proposta del riparto inserita dalla Regione in un
documento politico Nuova bozza dell’accordo di programma: necessario il voto
degli enti
Il danno ambientale che le imprese del Sito inquinato dovranno pagare –
cifra non ben definita, ma compresa fra i 160 e i 200 milioni – sarà ripartito
in ragione del tipo di attività, della durata della proprietà dell’area e delle
sue dimensioni. Una proposta in questo senso è stata inserita dalla Regione nel
documento politico-programmatico che sarà allegato all’accordo di programma.
I contenuti del documento sono stati illustrati ieri ai rappresentanti dei
Comuni di Trieste e Muggia, della Provincia e dell’Ezit (reinserito nella bozza
di accordo) dagli assessori regionali all’Ambiente e al Bilancio, Lenna e
Savino.
Quanto al riparto, il 20% (circa 60 milioni) andrà pagato in proporzione alla
durata della proprietà del terreno. Un 10% (circa 20 milioni) dipenderà dalle
dimensioni del terreno stesso (è stata stimata una spesa di 3,6 euro al metro
quadro per qualsiasi tipo di impresa). Il 70% (circa 140 milioni) sarà invece a
carico delle imprese definite impattanti e super-impattanti (situazioni da
definire attraverso analisi approfondite).
Si tratta per ora solo di una proposta. «Dopo l’approvazione dell’accordo –
spiega l’assessore regionale Vanni Lenna – i rappresentanti della Regione e
degli enti locali nel comitato di indirizzo e controllo dovranno discutere il
documento politico-programmatico con il soggetto governativo deputato
all’attuazione dell’accordo stesso».
Ma nell’incontro di ieri la Regione ha presentato anche una nuova bozza
dell’accordo, che vede inserite alcune richieste degli enti locali. Modifiche
che comportano però nuovi e lunghi passaggi. «L’accordo – precisa Vanni Lenna –
andrà ora concordato con i tre ministeri (Ambiente, Sviluppo economico e
Infrastrutture, ndr), e poi dovrà essere votato dalla giunta regionale, oltre
che dai consigli degli enti firmatari». I Comuni di Trieste e Muggia, come la
Provincia, dovranno così riportare il testo in aula. L’Ezit dovrà farlo rivotare
dal consiglio di amministrazione, cosi come dovrà fare l’Ap in sede di comitato
portuale.
Tornando al documento politico-programmatico, nel testo sono ribaditi gli
obiettivi dell’accordo di programma. «E’ un testo che rafforza l’accordo –
precisa l’assessore Savino – e che è stato in gran parte condiviso dagli enti».
Piuttosto nutrito l’elenco degli obiettivi dell’intesa, a cominciare dallo
sblocco del vincolo all’espansione delle imprese nel Sito inquinato, per
proseguire con il completamento delle caratterizzazioni e con la restituzione
all’uso dei terreni risultanti non inquinati. Punti peraltro già noti, come pure
il trattamento delle acque di falda in un apposito depuratore (da costruire), e
il potenziamento del depuratore di Servola.
GIUSEPPE PALLADINI
Esce di casa, i cinghiali la puntano - DISAVVENTURA IN
VIA COMMERCIALE ALTA
«Mi sono trovata accerchiata da un branco di cinghiali. Ho
cercato di fuggire ma uno di questi, probabilmente spaventato, mi è venuto
addosso con il muso e mi ha colpito a una gamba. Non ho riportato lesioni se non
un ematoma ma la paura è stata forte».
Le parole sono di Federica Broili, impiegata dell’Allianz-Lloyd Adriatico.
L’altra sera dopo essere uscita da casa nella parte alta di via Commerciale, se
l’è proprio vista brutta ed è tornata spaventata nella sua abitazione. «Forse
avevano fame. Erano sei cinghiali che all’improvviso si sono avvicinati con
intenzioni non credo benevole». E aggiunge: «Abito nella zona di via Commerciale
da molti anni e non è la prima volta che incontro dei cinghiali, ma in questo
caso, ripeto, ho avuto proprio paura. Perché uno mi ha puntato cercando di farmi
cadere a terra. Credo che si siano spinti fino in via Commerciale anche perché
molta gente che abita da queste parti dà loro da mangiare. Così gli animali
girano tranquillamente in tutta la zona. È chiaro che se non trovano cibo si
innervosiscono e possono anche spaventarsi tentando di aggredire qualcuno come è
accaduto a me».
Pochi mesi fa il sindaco Roberto Dipiazza aveva firmato un’ordinanza per vietare
di dare da mangiare ai cinghiali. Si era parlato di eccezionalità del fenomeno,
prospettando la necessità di abbattere una parte degli esemplari che negli
ultimi mesi stanno proliferando alle porte della città. Recentemente Walter
Godina, vicepresidente della Provincia, aveva confermato la riduzione forzata
del numero dei cinghiali è in corso. «Entro la fine di maggio verrà attuato e
completato il piano di abbattimento dei cinghiali», aveva detto.
Il progetto verrà affiancato da altre iniziative meno cruente ma altrettanto
importanti. Saranno posizionati dei «pastori elettrici» (fili a bassa tensione
spesso rintracciabili nelle zone di montagna) e dei dissuasori olfattivi. In
entrambi i casi l’obiettivo è di evitare che gli animali si avvicinino troppo al
centro abitato. «Dove possibile cercheremo di catturare i cinghiali e
trasferirli in un altro luogo – aveva aggiunto Godina – anche se sappiamo che
questa operazione è piuttosto difficile, perché i cinghiali tendono a tornare
nei luoghi di origine». Nei casi estremi, comunque, come riconosciuto dalla
Regione, il sovrapopolamento dei cinghiali andrà ridimensionato con
l’abbattimento.
(c. b.)
I tedeschi puntano al rigassificatore di Veglia -
Berlino chiede un’accelerazione dei lavori durante l’incontro tra Sanader e la
Merkel
IL PROGETTO FA CAPO ALLA EON RUHRGAS E ALLA ERW GAS AG.
MA C’È LA CONCORRENZA RUSSA
FIUME Pur non essendo enumerato esplicitamente nell’agenda dei colloqui, è
tuttavia certo che il rigassificatore previsto a Castelmuschio (Omisalj),
sull’isola di Veglia (Krk), è stato uno dei temi trattati ieri a Berlino nei
colloqui fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier croato Ivo
Sanader. Stando a quanto è trapelato in via ufficiosa, pare che da parte tedesca
sia stato sollecitato un impegno più efficace del governo di Zagabria nella
realizzazione di un impianto che dovrebbe far approdare in riva al Quarnero le
metaniere con il gas naturale «alternativo» a quello delle forniture russe. Il
progetto relativo al rigassificatore di Veglia – terminal Lng secondo l’acronimo
inglese o Gnl nella traduzione italiana – fa capo a un conglomerato
transnazionale in cui sono proprio le tedesche Eon Ruhrgas ed Erw Gas Ag a
guidare la cordata, che vede peraltro far parte della spedizione anche membri di
Austria (Omv), Francia (Total), Ungheria (Mol), Cechia (Transgas) e Slovenia (Geoplin).
Una squadra variegata, quindi, ma accomunata da un unico interesse: quello di
potersi avvalere di una fonte di approvvigionamento che non dipenda
esclusivamente dai chiaroscuri di luna sopra il Cremlino.
Per la realizzazione del rigassificatore di Castelmuschio, dove l’area per
l’impianto è stata già predisposta e dove sembrano in gran parte superate anche
le resistenze degli ecologisti, sotto la spinta delle due predetti componenti
tedesche la cordata trasnazionale ha già provveduto alla fondazione di Adria Lng,
una joint venture con sede a Zagabria e nella quale Eon Ruhrgas ed Rwe avrebbero
rispettivamente il 22,5 e l’ 11,5 dello stock azionario. Alla rappresentanza
croata in seno ad Adria LNG spetterebbe una fetta azionaria del 25 per cento.
Sennonchè adesso è proprio la struttura della fetta azionaria croata a frenare
tutto. Il fatto è che la componente croata vedrebbe al primo posto la compagnia
petrolifera Ina, della quale, passo dopo passo, la magiara Mol è diventata
azionista di maggioranza relativa, con una partecipazione che sfiora ormai il 50
per cento. E, guardacaso, proprio della Mol nelle ultime settimane è entrata di
prepotenza (acquistando per circa 1,5 miliardi di dollari le azioni possedute
dall’austriaca Omv) il gruppo russo Surgutneftegaz, nel quale uno dei principali
azionisti sarebbe nientemeno che l’ex presidente e ora premier russo Putin. Il
compendio di questo gulasch russo-balcanico sarebbe dunque questo: ora il
Cremlino può pilotare Mol e quest’ultima può fare lo stesso con Ina, quantomeno
rallentando la marcia di Adria Lng verso il rigassificatore quarnerino. Una
manovra più che comprensibile, da parte degli oligarchi del gas e del petrolio
russi, tantopiù che al terminal di Castelmuschio dovrebbe sbarcare il metano
proveniente da un’area estrattiva non sotto il loro controllo, diretto o
indiretto che sia.
Il metano dovrebbe infatti arrivare a Veglia principalmente dal Qatar, a sua
volta interessato alla realizzazione del progetto e dove di recente Ruhrgas ha
partorito una propria affiliata. Da quanto sopra emerge un quadro estremamente
complesso, fatto di interessi particolari e condizionamenti incrociati, nel
quale non sono esclusi nuovi colpi di scena. A prescindere da quanto si siano
detti o possano avere concluso ieri a Berlino la Merkel e Sanader, una cosa
sembra abbastanza sicura. Che l’interesse per il rigassificatore è ben presente
e che il progetto, magari con un avvicendamento di partner, dovrebbe potersi
realizzare. Magari con una più massiccia partecipazione tedesca (a Berlino si
vorrebbe il via ai lavori l’anno prossimo e l’entrata in funzione dell’impianto
3-4 anni dopo). Il rigassificatore di Veglia richiederebbe di mettere sul piatto
una puntata minima di 800 milioni di euro. Che garantirebbero al centro-sud
Europa un flusso «alternativo» di 10 e più probabilmente 15 miliardi di metri
cubi di gas all’anno.
(f.r.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 aprile 2009
FERRIERA - Centrale elettrica non prima del 2013 -
Palazzo Galatti e Municipio dicono sì all’accordo con Regione e Lucchini
L’entrata in funzione della centrale elettrica da 420 Mw,
che il gruppo Lucchini Severstal intende realizzare accanto al
termovalorizzatore, non avverrà prima del 2013. E il suo avvio sarò legato alla
disponibilità di gas, il che fa capire come si attenda la costruzione del
rigassificatore di Gas Natural.
Il dato emerge dalla bozza del protocollo d’intesa in fase di elaborazione tra
Regione, Comune, Provincia e Lucchini Severstal, per la messa a punto del quale
un incontro è previsto a fine mese.
Il sindaco Dipiazza e la presidente della Provincia Bassa Poropat hanno dato
ieri il rispettivo parere favorevole. «Con la centrale elettrica – rimarca
Dipiazza – si eviterà che il rigassificatore scarichi acqua fredda nel vallone
di Muggia. La centrale produce infatti acqua calda, che serve al
rigassificatore. Si potrebbe scambiare acqua calda e fredda fra i due impianti,
senza scaricare nulla nel golfo».
La presidente della Provincia, condividendo l’impostazione generale del
protocollo, ha anche inviato alla Regione alcune integrazioni. «Ho chiesto
innanzitutto – spiega – che si tenga conto delle ricadute sul territorio in tema
di abbattimento delle tariffe energetiche e della cessione del calore residuo.
Quanto all’osservatorio ambientale che dovrebbe essere creato al Comune di
Trieste, ho domandato che si pensi a un osservatorio socio-ambientale, che tenga
conto della situazione occupazionale. E, infine, che lo stesso osservatorio sia
posto presso la Provincia, che ha competenze sia in tema di ambiente sia di
lavoro».
Il testo del protocollo parla della centrale elettrica come una risorsa per il
territorio, riconosce il progetto come importante occasione di riconversione
produttiva, e impegna i firmatari a porre in essere le azioni necessarie
all’emissione del decreto autorizzativo del ministero dello Sviluppo economico e
a promuovere il progetto presso tutti gli enti interessati.
La centrale è in fase di progettazione. In proposito, nello stesso documento la
Lucchini Severstal si impegna a meettere in atto le migliori misure in campo
ambientale. E’ previsto inoltre che la sede legale della società di gestione sia
a Trieste, con le relative ricadute sul piano fiscale.
(gi. pa.)
I russi raddoppiano, arriva la nuova fabbrica - Entro
fine anno Severstal avvierà la produzione di cavi d’acciaio nello stabilimento
sul canale industriale
INVESTIMENTO INIZIALE DI 5 MILIONI, PREVISTA UNA
QUARANTINA DI POSTI DI LAVORO
Sbarcheranno tra poche settimane. Forse fra meno di un mese. E così la
produzione di funi giganti d’acciaio, utilizzate anche nel rimorchio e
nell’ormeggio delle trivelle petrolifere off-shore, sarà pronta a partire nel
giro di qualche mese. Trasformando Trieste - queste sembrano essere le
intenzioni - nel primo polo mondiale del settore.
Il riferimento va ai delegati e ai tecnici del gruppo Severstal, già presente in
città e abbinato alla Lucchini nella gestione della Ferriera di Servola. La
volontà del colosso russo è infatti quella di raddoppiare il suo impegno sul
territorio. Per farlo ha rilevato nemmeno un anno fa il pacchetto azionario
della «Redaelli Tecna», storica produttrice di funi d’acciaio in Val Trompia,
leader europeo nel settore, con cui sta perfezionando il progetto Trieste.
Il lancio avverrà concretamente tramite la controllata Metiz. «Entro la fine
dell’anno l’attività partirà. Hanno ottenuto tutte le autorizzazioni e stanno
rispettando i tempi annunciati», conferma Francesco Semino, responsabile delle
relazioni esterne della Lucchini-Severstal, dopo i contatti con i responsabili
del gruppo guidato dal magnate russo Alexei Mordashov.
«Questo è il loro cronoprogramma», aggiunge Semino, «e nelle prossime settimane,
in un’area all’imbocco del canale industriale, inizieranno ad arrivare i
materiali necessari per la realizzazione del basamento di cemento e della
piattaforma all’interno del canale. Sulla struttura verrà poi sistemato il
macchinario dal quale usciranno le maxi-funi».
La nuova realtà industriale avrà sede sul versante sud del canale industriale,
in un capannone già adibito ad attività industriale, e accoglierà, secondo
quanto previsto dal progetto iniziale, 15-20 addetti. Ma, successivamente, i
posti di lavoro garantiti diventeranno almeno una quarantina. Inizialmente,
l’investimento della proprietà ammonterà a 5 milioni di euro.
Le funi d’acciaio prodotte avranno una resistenza meccanica garantita di 600
tonnellate, grazie anche al cospicuo utilizzo di carbonio e di soluzioni
tecnologiche d’avanguardia per la loro realizzazione. In particolare, il
particolare tipo di acciaio richiesto arriverà da fuori Trieste, e a seconda
delle caratteristiche potrà essere prodotto dallo stesso gruppo
Lucchini-Severstal ma anche essere acquistato da altri produttori.
Soddisfatto per questo nuovo insediamento il sindaco Roberto Dipiazza, il quale
rileva «la scelta logistica dell’azienda che imbarcherà direttamente le funi
prodotte, con economie di scala che faranno diventare competitiva la fabbrica».
L’impatto sull’indotto marittimo viene sottolineato dal direttore di
Assindustria Paolo Battilana: «Con questa azienda – osserva – ci sarà uno
sviluppo delle attività portuali legate alla produzione manufatturiera».
Sia Battilana sia il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, osservano poi come in
quell’area il problema della bonifica sia stato risolto di fronte all’importanza
dell’insediamento industriale, e come ciò costituisca un piccolo segnale di
inversione di tendenza nel complesso problema del Sito inquinato.
MATTEO UNTERWEGER e GIUSEPPE PALLADINI
Il futuro sta nello sviluppo del Porto - I triestini lo
giudicano più importante di altri settori. Ferriera, la vuole chiusa il 56%
I politici si azzuffano? I cittadini non più. Gli
schieramenti tirano la propria rete? I triestini sembrano aver scelto la terza
via: basta accapigliarsi. Quel che serve è già chiaro. Restano sfumature di
giudizio, opzioni predilette o neglette, ma la «città divisa» per definizione
sembra tramontata con l’inverno, almeno sulle grandi questioni. Lo sviluppo
della città è nel porto: consenso generale, molto più ampio che per altri
settori, al 34% (era del 21% nel ’97). Lo pensano il centrodestra (34%), il
centrosinistra (31%), il centro (29%) e i non collocati politicamente (39%). Poi
la Ferriera: meglio chiuderla. Lo dice in media il 56% dei cittadini, con un
picco nel centro (67%) e a destra (62%), col centrosinistra al 52% e i non
collocati al 50.
Prima di tutto, i cittadini però vogliono «una gestione della cosa pubblica
onesta e trasparente». Quasi un plebiscito. Allo stesso modo, miglior gestione
dei rifiuti, sostegno all’economia, meno traffico e più parcheggi, più
attenzione ai giovani.
Ecco la seconda parte del sondaggio realizzato dalla Swg lo scorso marzo su
impulso di un gruppo che potremmo definire di «elementi sparsi di classe
dirigente». I quali volevano appunto capire i desideri e gli interessi della
gente, distinti da quelli dei politici. La Swg ha fatto precedere l’analisi da
un paio di domande relative al gradimento del sindaco Dipiazza e come si sa ne è
uscito un consenso del 66%, superiore a quello che Berlusconi raccoglie a
livello locale (39%).
Ma in questa seconda parte di interviste si legge in controluce quel che a
Trieste si pensa su commercio e cultura, sicurezza e crociere, fabbriche e
scienza. E prima di entrare nello specifico, si segnalano alcune peculiarità: il
commercio è più di centrodestra, la scienza più di centrosinistra, le sagre e le
fiere sono più di centrosinistra, la nautica da diporto di centrodestra. Il
centrodestra, poi, avversa l’alta velocità e in campo culturale non ha alcun
interesse per i festival del cinema (ghiottoneria invece per i non collocati).
La cosa strana è che, avendo Swg distinto i propri intervistati in tre aree di
orientamento politico, in mezzo ci sta appunto il «centro». In questa pancia
molte sorprese. A cominciare dal fatto che il segmento è l’unico a dare «zero»
consensi alla nautica da diporto come motore dello sviluppo turistico, e pone
invece ai vertici l’offerta alberghiera e di ristoro, che non appassiona invece
né a destra né a sinistra. Un’altra singolare convergenza si ha sulla scienza:
per favorirne lo sviluppo il 60% del campione pensa, in media, che sia
necessario che le imprese utilizzino di più la ricerca. A centrosinistra il
risultato sale al 65%, nel centrodestra sta alla pari, col 63%, tra i «non
collocati» è al 58%. Il centro si ferma al 17%, ma punta sul «dare maggiore
visibilità ai centri di ricerca scientifica» con 89% di risposte, che scendono
62% nel centrodestra e al 58% nel centrosinistra (media del 56%). Così questo di
«centro» è l’unico segmento molto d’accordo sul «creare un coordinamento
regionale delle attività scientifiche». Che significa collaborare con Udine. Lo
vota l’81%. E si trova accanto però solo il 5% del centrodestra (il 21% del
centrosinistra). Di contro, dal «centro» si vede malissimo un coordinamento con
Paesi confinanti: sì solo dal 7%. Il centrodestra sta al 18%, preferisce
l’estero al Friuli. Il centrosinistra spicca col 53%: l’estero piace.
GABRIELLA ZIANI
Dimezzati i fondi al Servizio civile - IL PRESIDENTE
DELL’ARCI - «A Trieste 142 volontari ma nel 2009 si prevede una mazzata sui
progetti»
Nel 2007 erano 45 mila i giovani volontari nel Servizio
civile. Nel 2009 inizieranno quest’esperienza appena in 25 mila. Una «forbice»
numerica inequivocabile, dovuta alla mazzata sui fondi statali. L’anno scorso
furono 266 milioni di euro, quest’anno saranno 211 milioni, «di cui 40 - fa
sapere il presidente nazionale Arci Servizio Civile, Licio Palazzini - si devono
al grande impegno del sottosegretario Giovanardi. Se non si fosse dato da fare,
con i 171 milioni messi a disposizione dallo Stato, nel 2009 non sarebbe partito
alcun volontario. I progetti, infatti, si avviano tra ottobre e novembre, quindi
il grosso della spesa viene sostenuto l’anno successivo. I soldi, in pratica,
sarebbero bastati solo per finanziare i volontari entrati in servizio nel 2008.
Dall’estero ci guardano con curiosità: avevamo fatto una cosa buona e ora,
mentre Stati Uniti e Francia aumentano i fondi, noi precipitiamo».
Palazzini ha spiegato ieri numeri e aspettative al consiglio regionale dell’Arci
Servizio Civile del Friuli Venezia Giulia, riunito a Trieste. «Progetti per 25
mila giovani - insiste - a fronte di 105 mila presentati in Italia. È la cosa
ancor più peccaminosa è che di questi, 13 mila saranno gestiti dall’Ufficio
nazionale di Roma, 12 mila dalle 21 Regioni, con un’inutile moltiplicazione
della burocrazia».
In regione sono 316 i volontari attualmente in servizio, attivi in campo
ambientale, archeologico, assistenziale e sportivo. Percepiscono 433 euro al
mese. Trieste ne conta il numero maggiore, 142, contro gli 80 di Udine, i 53 di
Pordenone e i 41 di Gorizia.
Il taglio dei fondi si è già fatto sentire pesantemente. Nel 2008 l’Arci ha
registrato un calo del 40% e quindi un «congelamento» a 316 del tetto dei
volontari. Nel 2007 erano 416, 398 nel 2006 e, nel 2005, primo anno di avvio del
servizio, 262. Quest’anno - testimonia Giuliano Gelci, presidente regionale - a
Trieste è rimasta indietro una decina di domande. E le prospettive sono ancora
più incerte.
Entro maggio il governo dovrebbe scoprire le carte della riforma dell’intero
sistema del Servizio civile. «Noi vorremmo che fosse indicato il numero minimo
di giovani - spiega Palazzini - quindi l’introduzione di un elemento di
stabilità economica. Poi vorremmo che si decidesse ”a che cosa serve” il
servizio civile. Se il messaggio non è chiaro, i giovani si sentono come ”forza
lavoro aggiuntiva” non come i destinatari di un’esperienza formativa. E
l’equivoco genera diffidenza. Valuteremo le proposte del governo e poi
decideremo: nel 2008 abbiamo raccolto diecimila firme on-line contro gli
”attentati” al Servizio civile. Queste riunioni che tengo a livello territoriale
servono proprio a questo: a rimanere allenati».
(ar. bor.)
Torna la ”grande puzza”, decine di segnalazioni - IERI
MATTINA IN GRAN PARTE DELLA CITTÀ È STATO AVVERTITO UN FORTE ODORE DI GAS
Verifiche affidate a pompieri, tecnici AcegasAps Arpa e
motovedette della Capitaneria
Chi credeva che avesse ormai definitivamente lasciato la città ha dovuto
ricredersi: la ”grande puzza”, come ormai sono abituati a chiamarla molti
triestini, è tornata a farsi sentire.
Ad avvertire quel fortissimo e persistente odore di gas, ieri mattina, sono
stati i residenti di mezza Trieste: da Barcola a Roiano, da piazza Oberdan fino
a Servola e Valmaura. Gli stessi che hanno poi intasato di telefonate i
centralini dei vigili del fuoco e del servizio emergenze dell’AcegasAps,
avanzando come di consueto le più disparate ipotesi sull’origine delle zaffate
maleodoranti.
C’è chi ha dato la colpa alla Ferriera, chi a qualche nave ormeggiata in rada, e
anche chi ha attribuito l’episodio alla decomposizione di corposi banchi di
alghe nel golfo.
Per tentare di dare, almeno questa volta, una spiegazione al fastidioso
fenomeno, sono scese in strada ieri delle autentiche task-force di esperti.
Coinvolti pompieri, tecnici dell’Arpa, squadre dell’ex municipalizzata, uomini
della Capitaneria di porto. Quest’ultima in particolare, vista la possibilità
che a provocare la fuoriuscita di gas fosse stata proprio qualche imbarcazione,
ha effettuato addirittura due tranche di controlli: la prima da parte dei
responsabili del servizio sicurezza della navigazione, la seconda affidata ad
una vedetta che ha fatto un vero e proprio tour completo in rada.
Le verifiche della Guardia costiera hanno però intanto escluso ogni tipo di
responsabilità a carico degli equipaggi: all’origine dei miasmi, garantiscono
infatti dalla Capitaneria, non c’è stata alcuna operazione di sfiatamento di
gas, peraltro non proibita dalla legge dal momento che serve ad evitare la
formazione di pressioni troppo elevate all’interno delle cisterne.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e
dell’AcegasAps - questi ultimi hanno accertato l’assenza di perdite nella rete
del gas -, così come i sopralluoghi degli stessi sopralluoghi dei vigili del
fuoco. Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente
torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha
fatta franca e non ha trovato spiegazioni.
Spiegazioni che avrebbero permesso forse di tranquillizzare i consiglieri
regionali turbati a tal punto dalla presenza dell’ondata maleodorante da non
riuscire a concentrarsi sui lavori dell’aula. Per buona parte della mattinata
infatti la discussione, più che da articolate riflessioni sulla bontà
dell’operazione ronde prevista dal ddl sulla sicurezza, è stata monopolizzata
dalle illazioni sull’origine della puzza. Puzza che molti eletti non triestini,
evidentemente, sperimentavano per la prima volta.
Per tentare di chiarire l’arcano e riportare un po’ d’ordine all’interno
dell’assemblea di piazza Oberdan ha dovuto prendere la parola addirittura il
presidente Edouard Ballaman. Un intervento, il suo, che se da un lato è riuscito
a tranquillizzare gli animi, dall’altro non ha impedito che passassero di bocca
in bocca freddure e battute di spirito sull’origine del poco simpatico fenomeno.
(m.r.)
Elettricità pulita, accordo tra Wwf e Terna - MENO
IMPATTO SU MIRAMARE
Sviluppo sostenibile e tutela ambientale sono gli elementi
cardine che hanno portato alla sigla di un protocollo d'intesa tra il Wwf e
Terna Spa, il gestore della rete elettrica nazionale.
Si tratta del primo protocollo d'intesa di questo genere volto alla difesa è
finalizzato a uno sviluppo sostenibile della rete con particolare riguardo alla
riduzione dell'impatto ambientale delle grandi linee elettriche di trasmissione
ed alla tutela della biodiversità, nei confronti delle Oasi naturalistiche, in
particolare quella di Miramare.
A sottoscrivere il documento Enzo Venini, presidente Wwf Italia, e Flavio
Cattaneo, ad di Terna che ha sottolineato come «la collaborazione con il Wwf ci
permetterà di utilizzare, fin dal processo di pianificazione, le competenze
specifiche maturate da una delle associazioni più rappresentative a livello
internazionale in ambito di tutela ambientale».
Rigassificatore a Capodistria, presentato il progetto
tedesco - Nessuna autorità locale presente. Un evento fallimentare
L’impianto costerebbe 1 milione di dollari ma creerebbe
solo 150 posti di lavoro
CAPODISTRIA Nessun esponente delle autorità locali, pochi imprenditori, un
solo rappresentante delle associazioni ecologiste. È stata quasi completamente
ignorata la presentazione del progetto di un rigassificatore e di una centrale
elettrica nel porto di Capodistria, organizzata ieri nella città costiera dalla
società tedesca «TGE Gas Engineering», che ormai da due anni – per ora senza
grande successo - tenta di promuovere l'idea di un impianto di rigassificazione
da costruire nell'area portuale. Così come si è dichiarata sempre contraria ai
rigassificatori nel golfo di Trieste – sia a quello sulla terraferma che a
quello «off-shore» - Capodistria sembra decisa a respingere anche l'idea di un
rigassificatore in casa propria. Anche ieri i responsabili della TGE hanno
sottolineato tutti i vantaggi di un progetto definito tecnologicamente
all'avanguardia, ma alla presentazione delle «Nuove opportunità di sviluppo
energetico» - come è stato titolato l'appuntamento, è mancato quello che nelle
intenzioni degli organizzatori doveva essere il principale destinatario delle
informazioni, il pubblico.
Il progetto, come noto, prevede la costruzione, in prossimità dei preesistenti
impianti di stoccaggio di carburanti liquidi ai piedi del colle di Sermino e a
2,5 chilometri dall'attracco delle navi cisterna, di due contenitori in acciaio
da 150.000 metri cubi, dell'impianto di rigassificazione e della centrale
elettrica. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di
gas all'anno. La centrale elettrica, caratterizzata da una potenza di circa 240
Mw, sopperirebbe a buona parte del fabbisogno della regione litoranea. Per il
riscaldamento del GNL – questo il principale vantaggio della tecnologia proposta
– non sarebbe utilizzata l'acqua marina, ma parte dell'energia sprigionata dalla
centrale, che a sua volta sarebbe alimentata a gas. Le perdite energetiche e i
danni ambientali, in altre parole, sarebbero ridotti al minimo. «Ci rendiamo
contro – ha dichiarato il consulente della TGE Gas Engineering, Janko Puklavec –
che per portare avanti un simile progetto ci vuole la collaborazione della
popolazione e degli imprenditori locali. Il valore del progetto è stimato a
circa 1 miliardo di dollari. Se dovesse decollare, si creerebbero 150 posti di
lavoro per personale altamente specializzato, con un indotto complessivo di
altri 600 posti in regione». Sono stime, ha spiegato Puklavec, basate su uno
studio fatto nel 2007 dall'Istituto economico della Facoltà di giurisprudenza di
Lubiana. La tecnologia a basse temperature che sarebbe impiegata in questo
progetto, secondo il professor Peter Novak, membro del Comitato scientifico
dell'Agenzia europea per l'ambiente, offre nuove opportunita' anche ai settori
della ricerca e dell'istruzione.
È giusto che si facciano tutti gli studi ambientali necessari, ha sottolineato
invece il professor Stojan Petelin della Facoltà di Marineria di Portorose, ma è
comunque impossibile aspettarsi una sicurezza assoluta per quanto riguarda
impianti energetici, in nessuna parte del mondo. I responsabili della TGE si
sono detti ad ogni modo disponibili a sottoporre il loro progetto – che non
dispone ancora dei permessi necessari per poter essere avviato – a tutte le
verifiche. Le presentazioni continueranno.
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 aprile 2009
Nella Contea di Fiume nuovi impianti eolici - Già
iniziato il monitoraggio sull’altura di Jelenje. Via libera delle autorità anche
per Fuzine
TRE O QUATTRO STRUTTURE
FIUME La Contea litoraneo-montana di Fiume potrebbe diventare la
regione-leader in Croazia in quanto a sfruttamento dell’energia eolica. Tra
qualche anno nell’area di Fiume gli impianti per l’utilizzo della forza del
vento per trarne energia elettrica potrebbero essere addirittura tre o quattro.
È iniziato il monitoraggio su un’altura disabitata in zona Jelenje, pochi
chilometri alle spalle del capoluogo quarnerino, dove si pianifica l’ubicazione
di un «parco eolico» con una batteria di 28 turbine e una potenza installata di
56 megawatt. Ora si apprende che una centrale eolica simile potrebbe essere
piazzata anche nelle vicinanze di Fuzine, nell’area montana del Gorski Kotar,
sovrastante il Golfo del Quarnero. Anche nel caso di Fuzine le cose sembrano
procedere abbastanza speditamente, almeno per quanto attiene la piena
disponibilità delle autorità municipali e di quelle regionali nei riguardi del
potenziale investitore, la svizzera Res Spa, che si avvale della «Elettrostudio»
di Mestre (come nel caso di Jelenje) e si appoggia in loco all’affiliata «Prodomo».
Proprio nei giorni scorsi i rappresentanti di quest’ultima, unitamente a Carlo
Drago, di «Elettrostudio» hanno avuto un incontro con il sindaco di Fuzine
Kauzlaric, per mettere a punto la road map del progetto. Un incontro dall’esito
positivo.
Tanto che al termine è stato reso noto che il monitoraggio dell’area prescelta e
la stesura di uno studio d’impatto ambientale verranno avviati entro l’anno. Il
nullaosta del Ministero dell’economia è già stato rilasciato, così come il
placet dell’Istituto regionale alla pianificazione territoriale. L’ubicazione
della centrale eolica di Fuzine è in zona Zvirjak. Anche in questo caso si
tratta di un’area sopraelevata e disabitata, per la quale le indicazioni avute
dall’Istituto meteorologico nazionale croato paiono più che propizie. Posto che
il monitoraggio dell’intensità e direzione dei venti prevalenti dovrà protrarsi
per circa un anno, la realizzazione del progetto non sarà possibile prima di 2-3
anni. Per la centrale eolica di Fuzine si prevede un investimento dell’ordine di
un centinaio di milioni di euro.
(f.r.)
Rigassificatore: il presidente regionale Tondo si
esprime come fosse in preda a una forza estranea
Il calendario astronomico dice che stiamo vivendo
nell’anno 2009. In molti Paesi del mondo la civiltà si è fortemente sviluppata e
le libertà democratiche sembrano aver eradicato l’assolutismo dei potenti e la
vocazione maligna d’infergere alle moltitudini l’umiliazione della sopraffazione
e dei diritti negati. Tuttavia in troppe latitudini della Terra, i soprusi e le
sofferenze per fame e gravi malattie continuano a mietere milioni di vittime
innocenti che, per gran parte, sono dovute al potere degli Stati
tecnologicamente avanzati e per di più «ingordi». Ci illudevamo che l’Italia
fosse diventato un luogo di benessere diffuso, una sorta di Patria del diritto
largamente applicato e che il suo popolo non avesse motivi d’impoverire la mente
con ricordi storici di travagli da autoritarismo e d’improvvide imposizioni di
antiche memorie.
Ciò malgrado, dei «diktat» di vago ricordo dittatoriale, sono stati
improvvidamente schizzati sui triestini con un’intervista rilasciata dal
presidente Tondo in data 31 marzo. È stato un brusco risveglio, una
folgorazione, perché eravamo abituati ad un uomo mansueto, equilibrato,
disponibile al dialogo pacato. Ci siamo trovati, invece, sotto un torrente di
rabbia; un torrente di verbi, aggettivi e sostantivi sparati con inconsueto
livore, che non era impeto politico, ma qualcosa di oscuro, come se il
linguaggio udito non appartenesse alla persona che lo usava, ma ad una forza
estranea che lo aveva carpito alla realtà.
Alcune delle dichiarazioni estrapolate da quell’intervista: «Energia, basta con
le malinconie». «Subito elettrodotti e rigassificatore». «Rigassificatore: il sì
di Tondo». «Il tempo dei dubbi è finito». «La gente deve lavorare, basta fare
gli schizzinosi». «Basta perdere tempo, sì al rigassificatore». Viene poi
sollecitato dall’intervistatore a parlare dei rapporti transfrontalieri con la
Slovenia. Gli viene ricordato che la Slovenia non vuole il rigassificatore nel
sito di Zaule (baia di Muggia) in seguito ad una ponderosa Valutazione di
impatto ambientale sviluppata da una commissione scientifica (altamente
qualificata). Ciò che Tondo risponde può pacificamente essere interpretato per
un «chissenefrega!»: «Ma noi sì! Supereremo queste posizioni. Certi dubbi sul
progetto non sono più all’ordine del giorno». Il Tondo, poi, richiama alla
memoria dei giuliani il disastroso terremoto che squassò il Friuli nel ’76.
Tondo dimentica di parlare dei tanti morti che ci sono stati e delle
responsabilità oggettive dei poteri tecnico-amministrativi e di quelli politici
del tempo che, per ignavia o menefreghismo, hanno lasciato sviluppare
un’edilizia su un territorio notoriamente sismico, privo, quasi totalmente,
delle regole sul calcestruzzo armato, così come dimentica di parlare delle diga
del Vajont. Ma le rassicurazioni sulla sicurezza, come quelle di oggi su Zaule e
Muggia, si sprecarono e le segnalazioni disinteressate, ostinatamente poste in
evidenza, furono disattese e ritenute perfino offensive. Tondo dovrebbe fare un
bagno di umiltà e tornare ad essere l’uomo libero e onesto che conoscevamo.
Considerazioni conclusive: in tutta questa vena di sentore predicatorio in cui
il male verrebbe sconfitto dalla «regola friulana del fare», pone in evidenza
che gli ordini sono ordini che non vanno discussi. Dimentica il Tondo di tenersi
aggiornato o di farsi aggiornare da un ufficio capace di renderlo edotto di ciò
che sta accadendo nel mondo! Se tale metodo informativo adottasse, saprebbe
dell’intervento dell’ing. Bruno Agricola, d.g. Salvaguardia ambientale del
ministero all’Ambiente e coordinatore in Sottocommissione Via a Roma.
L’intervento, rilasciato in conferenza alla rivista specializzata Staffetta
Quotidiana del 27 marzo scorso, tra le varie problematiche afferenti agli iter
autorizzativi, due ne pone in evidenza che direttamente interessano Trieste.
1) Il d.g. Agricola lamenta: «Spesso, insieme alle commissioni sono state
cambiate anche le regole. Con l’ultimo cambiamento, consolidando una tendenza
già presente, si è impoverita la Commissione di professionalità tecniche
specifiche e si è arricchita di professionalità tecniche-amministrative. Il
ministro è stato avvertito! Qui, l’Agricola, rimarca le critiche che il nostro
comitato espresse in fase di Via sul rigassificatore di Zaule «...si è
impoverita la commissione di professionalità tecniche specifiche ...» sta a
significare che le Commissioni vengono costituite in maggior parte da
commercialisti e avvocati, con un tasso di preparazione di cultura specifica
zero! E costoro decidono sulla compatibilità ambientale di un sito!
2) Di geopolitica. Quando all’ing. Agricola viene chiesto di esprimersi sulla
Via transfrontaliera, così egli risponde: «...quando non c’è accordo politico i
tempi si dilatano. Per esempio il ministro Frattini ha detto che senza il
consenso politico della Slovenia a Trieste non si fa niente, e non si possono
guastare le relazioni politiche con un Paese per fare un rigassificatore».
Precisazioni: non vorremmo che l’ing. Agricola fosse considerato uno che rema
contro, anzi, è colui che richiama il ministro competente a ricostituire una
Commissione Via fatta di persone competenti! Tutto ciò specificato, al
presidente Tondo diciamo: non sono i progetti a non essere più all’ordine del
giorno, ma il rigassificatore di Zaule.
Arnaldo Scrocco - addetto stampa Comitato per la salvaguardia del Golfo di
Trieste
CIVILTÀ - Pratiche e prediche
Da anni ormai con le nostre scarse forze stiamo cercando
di intervenire per portare un po’ di civiltà e vivibilità nella vita quotidiana
della nostra città; ma come possiamo sperare di ottenere qualche risultato
quando uno dei nostri amministratori, e non certo l’ultimo per importanza, uno
cioè di coloro che dovrebbero aiutarci in quest’opera ed essere di esempio e
guida ai cittadini, fa, nell’ordine, queste cose: dichiara di "scendere a cento
all'ora per via Commerciale", ordina di distruggere panchine e tavoli nelle
poche zone di verde attrezzato della nostra città, ed infine sbraita e minaccia
contro i vigili urbani che trovano la sua auto parcheggiata sulle strisce
pedonali. E poi si ha il coraggio di parlare di sicurezza!
Vogliamo sperare che questi comportamenti non trovino consenso tra la
popolazione, e questo ovviamente si vedrà al momento del voto, ma qualora si
verificasse che i cittadini approvano tutto ciò, non crediamo che si possa
parlare di democrazia, bensì di quella forma di governo che Cicerone con termine
greco definiva "oclocrazia", cioè il governo dei peggiori, il contrario
dell'aristocrazia; peggiori che godono del consenso dei peggiori, cioè di coloro
che si fanno un vanto di rendere la città invivibile ed insicura per tutti.
Noi ci auguriamo però ancora che, con uno scatto di orgoglio, Trieste voglia
dimostrare di essere ancora quello che un tempo si vantava di essere: una città
civile.
Il direttivo del Circolo Legambiente di Trieste
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 aprile 2009
G8 Ambiente, servono 400 miliardi all’anno - FORUM DI
TRIESTE - L’Enea: bisogna cambiare stile di vita per combattere il riscaldamento
globale
TRIESTE La Banca Mondiale chiede più investimenti sulle
energie rinnovabili, l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea) pone l'accento
sul miglioramento dell'efficienza energetica: sono i principali temi emersi nel
Forum G8 sull'ambiente, chiuso ieri a Trieste dopo tre giorni di incontri.
L'appuntamento triestino, incentrato sulle tecnologie a bassa emissione di
carbonio, è stato organizzato dal Ministero dell'Ambiente in vista del G8
Ambiente di Siracusa. Al Forum, che si è tenuto all'Area Science Park
sull'altipiano carsico, hanno partecipato delegazioni di 19 Paesi. Un documento
finale di sintesi, che tiene in considerazione i rapporti di Banca Mondiale e
Iea, e il dibattito di questi giorni, sarà inviato al vertice G8 Ambiente di
Siracusa in agenda dal 22 al 24 aprile prossimi, al G8 Energia di Roma del 24
maggio e al vertice G8 della Maddalena, che si terrà dall'8 al 10 luglio.
In particolare, sarà ribadita la richiesta della Banca Mondiale a uno stimolo
fiscale «verde» da 400 miliardi di dollari all'anno, mentre la Iea stima il 36%
di riduzione delle emissioni e prevede, nei prossimi 10 anni, una spesa in
tecnologie che si aggira sui 14 mila miliardi di dollari. Il 2009 è un anno
chiave per le politiche globali sul cambiamento climatico: nell'incontro
triestino si è ricordato che a dicembre, a Copenhagen, la comunità
internazionale dovrà adottare un trattato sul riscaldamento climatico globale
che succederà a quello di Kyoto.
Adattare lo stile di vita a un nuovo modello energetico e tecnologico: è la
sfida da intraprendere, secondo l'Enea, per far fronte al riscaldamento globale.
«Bisogna trovare gli strumenti idonei - ha detto Artale, ricercatore e membro
dell'Ipcc - perchè gli stili di vita si adattino e cambino in funzione di un
nuovo modello energetico e tecnologico. Bisogna intervenire nella società e
sviluppare strumenti idonei, incentivare i trasporti pubblici, costruire le case
in modo più efficiente. La prima persona che deve chiedere una rivoluzione
energetica - ha aggiunto - deve essere il cittadino».
Per l'abbattimento della Co2, ha precisato Artale, «la soluzione più concreta è
la raccolta, il cosiddetto ”storage”. Ci sono i primi esperimenti per
conservarla sotto terra: è una tecnologia molto costosa, e l'Enea - ha concluso
- la sta sperimentando in Sardegna».
Kemiplas, verso l’ok alla produzione - Probabile
sentenza a favore dell’azienda chimica ora ferma per la crisi
Nella causa intentata dal Comune di Capodistria escluse
audizioni di dipendenti
CAPODISTRIA Al Tribunale di Capodistria si è conclusa l'udienza principale
nella causa promossa dal Comune di Capodistria – anche a nome di 220 suoi
abitanti - contro la fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani. La
sentenza sarà pronunciata a giorni ma è quasi certo che la «fabbrica dei veleni»
- come la chiamano gli abitanti del posto - potrà continuare con la produzione,
ora sospesa per problemi legati alla crisi economica.
Il Tribunale ha infatti respinto la richiesta dei rappresentanti del Comune di
Capodistria - gli avvocati Franci Matoz e Bogomir Horvat - di ascoltare le
testimonianze di ex e attuali dipendenti dell’azienda, così come dei residenti,
che avrebbero dovuto raccontare - per gli avvocati - quanto in realtà sia
pericolosa la produzione, quali sono i danni che provoca all'ambiente e come si
possano di fatto alterare le misurazioni delle emissioni nocive, finora
risultate sempre entro i limiti consentiti. I due legali si sono detti sorpresi
della decisione dei giudici: «I tribunali sloveni non hanno esperienza con le
cause ecologiche e in questo caso hanno trattato la vicenda come fosse una
questione solo economica». È un errore, sostiene Horvat: nelle cause di natura
economica si deve provare l'esistenza di un danno, mentre in quelle ecologiche è
sufficiente dimostrare che esiste il rischio di un danno per l'ambiente o le
persone. I due legali del Comune di Capodistria contrariati anche per il rifiuto
del Tribunale di predisporre una perizia sulla situazione reale negli impianti
di produzione e sulla possibilità di «dosare» la produzione in modo da rientrare
nei parametri consentiti di emissione di sostanze nocive. Hanno già annunciato
eventuali ricorsi. Di tutt'altro umore il direttore della «Kemiplas» Muharem
Kadic: «Credo che siamo riusciti a provare che la fabbrica lavora rispettando
tutte le norme ambientali. Non è vero che abbiamo adeguato la produzione alle
misurazioni delle emissioni e che provochiamo danni ambientali».
Riciclaggio rifiuti, Trieste fanalino di coda -
STUDENTI DI BIOLOGIA IN VISITA AL TERMOVALORIZZATORE ACEGAS
Desidero segnalarvi che la scorsa settimana un gruppo di
26 studenti del Dipartimento di Biologia dell'Università di Trieste è stato
ospite delle strutture del Termovalorizzatore dell'Acegas nell'ambito del corso
di Economia e Gestione Ambientale tenuto dal prof. Dario Gasparo dell'Università
degli Studi di Trieste. L'incontro, che viene proposto da qualche anno, ha avuto
la particolarità di essere l'ultimo condotto da Lucio Del Conte, che per
l'Ufficio relazioni esterne e comunicazione coordina le attività didattiche e le
visite; infatti il tecnico da questa settimana sarà in pensione. Ci auguriamo
che l'azienda prosegua nella direzione della comunicazione e del coinvolgimento
dei giovani in questa rilevantissima e importante attività: non solo perché gli
studenti abbiano l'opportunità di "toccare con mano" quello che è un problema
enorme (la gestione dei rifiuti) e le quantità in gioco (ben 500 tonnellate di
immondizie smaltite e bruciate ogni giorno!) ma anche perché essi possano
coinvolgere altre persone con l'obiettivo di portarle a produrre meno scarti(1,2
Kg a testa al giorno) e ad essere più consapevoli dell'inquinamento prodotto. È
avvilente infatti scoprire che nella nostra provincia non si raggiunga nemmeno
il 20% del riciclato (l'obiettivo del Decreto Ronchi era del 35%) ma è
importante imparare come si può trattare rifiuti quali gli olii esausti e quali
siano le modalità più corrette per lo smaltimento delle batterie o delle
plastiche, argomenti poco pubblicizzati e sui quali il cittadino sa ben poco. Lo
sa il cittadino che a Trieste vengono conferiti e bruciati anche i rifiuti di
Gorizia e Pordenone? Lo sa che l'energia prodotta (15 MWatt) è sufficiente al
fabbisogno di 30 mila cittadini? Che gli scarti residui viaggiano fino in
Austria e in Germania per essere smaltiti nelle miniere di sale? Che è più
dannoso versare l'olio della frittura nel water piuttosto che in una bottiglia
di plastica depositata nel cassonetto?
Dario Gasparo
Frane e prevenzione
In relazione alle notizie riportate recentemente dagli
organi d'informazione sui movimenti franosi che si susseguono a Trieste (via
Udine, via del Timo, strada del Friuli, Strada Costiera, ecc.) è necessario
rilevare che le frane sono state recepite dai triestini, almeno fino a qualche
anno fa, come eventi calamitosi che non riguardano il nostro territorio. In
questo senso l'episodio di via Brandesia dell'inizio degli anni 70 dello scorso
secolo è stato considerato come un caso isolato e non ha scalfito il triestino
medio nella sua certezza di immunità dai fenomeni franosi.
In realtà non è proprio così e più o meno dal 2001 ne stiamo prendendo coscienza
tutti a causa dei dissesti franosi che si stanno ripetendo con sempre maggior
frequenza; basti pensare agli eventi che si sono manifestati nell'area tra Santa
Croce e Grignano e lungo la via del Pucino, talvolta associati al degrado dei
vecchi muri a secco di sostegno degli antichi pastini. Nella prima periferia e
nel contesto urbano si sono poi rilevati crolli ripetuti di massi lungo la parte
alta di strada del Friuli; il fenomeno di instabilità geostatica di salita di
Gretta nel 2002 che ha comportato la chiusura per un periodo di tempo non breve
di questa importante arteria; il dissesto del pendio di vicolo dell'Edera (2003)
con gravi problemi di stabilità per l'edificio della scuola materna; smottamenti
lungo la salita al Cacciatore (meglio conosciuta come la strada del Boschetto);
dissesti di minore entità nel rione di Gretta e lungo vicolo delle Rose, per
finire, almeno per ora, con le frane di strada del Friuli e di via Udine dove si
sta intervenendo per la bonifica e il risanamento del versante.
Come si vede non siamo di fronte a casi isolati bensì ad una situazione
abbastanza generalizzata dovuta principalmente alle caratteristiche geologiche
del territorio triestino dove non esiste unicamente il solido calcare carsico,
ma anche il "flysch", con proprietà geomeccaniche non proprio ottimali, che in
situazioni meteoclimatiche avverse può dar luogo a dissesti di dimensioni non
rilevanti ma comunque gravi per le implicazioni che comportano sul tessuto
urbano e sulla viabilità.
A questi fattori naturali, purtroppo, deve aggiungersi una concausa non
irrilevante, consistente negli interventi antropici sul territorio che sempre
più spesso sono decisamente disinvolti.
Certamente non si può dire che l'Amministrazione comunale non stia operando
attivamente in questo settore; a mio avviso però è necessaria una maggiore
incisività basata su una urgente programmazione ed esecuzione di interventi
mirati a mantenere la sicurezza idrogeologica del territorio a livelli
accettabili. Infatti, anche se può sembrare banale, gli interventi di
manutenzione ordinaria costituiscono un'azione fondamentale per la conservazione
dell'equilibrio idrogeologico.
In tal senso un segnale non certo positivo e a mio avviso poco lungimirante, da
parte della maggioranza di centrodestra, è stato il non accoglimento degli
emendamenti che ho presentato con il collega Carmi in sede di discussione del
bilancio preventivo 2009 per anticipare a quest'anno l'esecuzione degli
interventi di manutenzione del territorio previsti nel piano triennale delle
opere.
Infine, in previsione del nuovo piano regolatore generale, ormai prossimo, è
indispensabile che le aree franose vengano accuratamente individuate e
perimetrate, provvedendo all'aggiornamento dello specifico documento tecnico già
esistente a corredo del piano regolatore vigente; un tanto ai fini
dell'imposizione dei vincoli pianificatori necessari per la salvaguardia del
territorio e la tutela della pubblica incolumità.
Mario Ravalico - (cons. com. Pd).
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 aprile 2009
Sigoni: Rc favorevole a un comitato no Tav - Decisa
presa di posizione del vicesindaco di San Dorligo all’incontro curato da
Rifondazione
DOMIO «Siamo favorevoli alla nascita di un comitato No Tav
a San Dorligo della Valle, per evitare il rischio di devastazione di un
territorio che ha già subito 50 anni di martiri e saccheggi». Maurizio Sigoni (Rc),
vicesindaco di San Dorligo, ha risposto così al progetto della linea ferroviaria
Trieste-Divaccia – inserita nel più ampio contesto del Corridoio 5 – tema
cardine della tavola rotonda organizzata al centro «A. Ukmar Miro» di Domio
dalla sezione locale di Rifondazione comunista.
Coordinata dal consigliere regionale di Rifondazione Igor Kocijancic, la
riunione, alla quale ha partecipato anche l’europarlamentare comunista Roberto
Musacchio, è stata l’occasione per discutere della situazione del progetto del
Corridoio 5 e in particolare del tratto che dovrebbe passare attraverso gran
parte del comune di San Dorligo.
Tra i presenti è intervenuto anche il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo
Vizintin: «La linea ferroviaria esistente nelle nostre aree è sottoutilizzata, e
in generale la rete italiana è un disastro. Perché dunque non investire qui,
invece che prevedere un progetto di finto progresso e di finto sviluppo che
comporterebbe soltanto danni ambientali?».
Sulla stessa lunghezza d’onda il rappresentante di Legambiente Fvg, Andrea
Wehrenfennig: «A un progetto come quello della Trieste-Divaccia e al mito della
Tav, la risposta più concreta è il miglioramento dei collegamenti dei porti con
il retroterra, ma anche il potenziamento delle reti ferroviarie attuali».
A smorzare parzialmente i toni è stato l’eurodeputato Roberto Musacchio: «La
situazione non è ancora compromessa: i costi della struttura sono ingentissimi,
i fondi invece pochi. Inoltre non sono previsti finanziamenti da parte
dell’Unione Europea per opere che hanno un forte impatto ambientale. Nonostante
ciò – ha aggiunto Musacchio – occorre vigilare a tutti i livelli: sia da parte
degli amministratori, ma anche da parte dei cittadini».
A conclusione del dibattito hanno ribadito il loro «no alla Tav» sia l’assessore
ai Lavori pubblici di San Dorligo Laura Stravisi Riccardi, che ha sottolineato
come «il Comune debba fungere da collettore perché il progetto di un’opera
simile nel nostro territorio appare quanto meno drammatica», sia il sindaco
Fulvia Premolin, la quale ha affermato «di aver chiesto più volte un incontro
con l’assessore regionale alle Infrastrutture per discutere di questo argomento,
senza mai essere stata ascoltata». Il primo cittadino ha infine annunciato i
prossimi incontri pubblici sulla Trieste-Divaccia in programma al teatro
comunale Preseren: il 20 aprile con alcuni tecnici, e il 7 maggio assieme ai
sindaci della Val di Susa e del Mugello.
Riccardo Tosques
G8, Trieste capofila per lo sviluppo sostenibile
SOTTOSCRITTO UN PROTOCOLLO PER LA PROMOZIONE DI
TECNOLOGIE A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia e Trieste diventano capofila dello sviluppo
sostenibile. È questo il significato del Protocollo sottoscritto ieri, alla
Prefettura del capoluogo regionale, dai rappresentanti del ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Corrado Clini, e della
Regione Friuli Venezia Giulia, l'assessore alle Risorse economiche e
finanziarie, Sandra Savino. Il documento, intitolato «Sviluppo sostenibile e
promozione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio», è finalizzato a
favorire l’utilizzo di energia pulita. «Risparmiare energia è una delle sfide
più importanti – ha detto Roberto Menia, il deputato triestino che ricopre la
carica di sottosegretario all’Ambiente – e questo è uno degli strumenti per
centrare l’obiettivo».
Cinque sono le iniziative previste: promozione di un programma strategico di
interesse nazionale per la mobilità sostenibile delle merci e delle persone;
realizzazione di un «distretto rinnovabile» nelle zone montane della provincia
di Udine, con l’impiego di biomasse, di piccoli impianti idroelettrici e di
energia solare per la generazione di elettricità e calore; sviluppo di un
programma di efficienza energetica negli edifici pubblici della Regione e del
Comune di Trieste, con la diagnosi energetica e la successiva applicazione di
tecnologie efficaci; promozione del turismo sostenibile nella zona costiera di
Duino-Aurisina; realizzazione di un sistema transfrontaliero che coinvolga
Italia e Slovenia per la gestione integrata e sostenibile delle risorse idriche.
Il protocollo, della durata di tre anni, rinnovabili, indica in 90 giorni il
tempo per preparare i progetti e avvia un programma «molto concreto e
impegnativo – ha detto Clini - dal quale ci si aspetta interessanti esiti».
(u.s.)
Contatori digitali, sostituzioni a rilento - PER ALCUNI
CITTADINI CON IL NUOVO SISTEMA LA LUCE SALTA PIÙ SPESSO. ACEGAS: NON È VERO
Meno di un terzo del totale i nuovi contatori per
l’energia elettrica impiantati nelle case dei triestini. Le sostituzioni sono
state finora 46 mila sulle 141 mila necessarie e AcegasAps è in difficoltà nel
prevedere la fine della complessa operazione: molta gente, avvertita col
classico foglietto sulla porta, spesso non si fa trovare in casa (o non può
organizzare una presenza). Ma intanto c’è chi, col nuovo contatore già in casa,
tutto elettronico, a display, dove premendo pulsanti si ottengono notizie sul
contratto e sui consumi, già protesta.
Il motivo? Sembra che il moderno misuratore, che tra l’altro funziona con un
sistema di lettura a distanza e quindi fa finalmente sparire i «consumi stimati»
e i successivi «conguagli», abbia una minore tolleranza sui consumi che eccedono
il limite stabilito per le case di residenza, pari a 3 kilowattora. In buona
sostanza, si dice che la luce «salta» molto facilmente, si resta al buio e
bisogna riattivare l’energia dal contatore. Che se è condominale costringe a
scendere al pianoterra.
«Non è vero - risponde per l’Acegas il responsabile delle relazioni esterne,
Roberto Lisjak -, la tolleranza sul consumo superiore arriva fino al 10% come
prima, è il tipo di misurazione che è cambiato, quindi se il consumo è molto
eccedente, e in modo improvviso, il contatore si blocca. Altrimenti la
tolleranza dura fino a 182 minuti».
I vecchi contatori hanno un sistema di controllo del consumo più artigianale,
attraverso una lamella metallica che si surriscalda via via che la troppa
energia fluisce. Fino al punto di calore che fa «saltare la luce».
Il cambio del contatore è completamente gratuito per i cittadini. Il nuovo
apparecchio viene installato nella stessa posizione del precedente. In casa se
era in casa e in un vano condominiale collettivo se si tratta di nuova
costruzione. «Sono cambiamenti imposti alle aziende distributrici dall’Authority
per l’energia elettrica - prosegue Lisjak -, che agisce sempre dalla parte del
cliente. Ne è una prova il fatto che con questi contatori sarà misurabile e
visibile anche dall’utente la durata di ogni interruzione di energia elettrica,
ci sono ’’multiutility’’ che non avendo garantito un veloce ripristino di
erogazione sono state pesantemente multate».
Quanto costa ad AcegasAps l’operazione contatore? «Svariati milioni di euro». La
cifra esatta non può essere comunicata a semplice domanda perché si tratta di
un’azienda quotata in Borsa, «che di soldi può parlare solo seguendo precise
regole di garanzia». In futuro con questi contatori sarà possibile anche
scegliere diverse tariffazioni orarie, orientandosi quindi al risparmio
(energetico ed economico). Lo si apprende dal manuale che gli addetti
all’installazione consegnano, e dove si trova anche un interessante dettaglio
sui consumi dei comuni elettrodomestici. Chi è il più «mangione»? L’asciugabiancheria,
da 3000 watt, con la lavastoviglie (tra 2000 e 3000). E il più risparmioso? La
radio: ne brucia solo 10. Il computer sta a 200 e la tv tra 100 e 600.
(g. z.)
Cipolletta ai pendolari: servizi non adeguati - IL
PRESIDENTE DELLE FERROVIE: «COMPETIZIONE INIQUA IN EUROPA»
CERNOBBIO Chiede scusa ai pendolari per «il servizio non
adeguato» e disegna, come «nuova frontiera», un'offerta migliore anche per chi
non viaggia con l'alta velocità ma con i treni regionali e interregionali. Il
presidente delle Ferrovie, Innocenzo Cipolletta, al Workshop Finanza di
Ambrosetti, parla diretto e dice: «Per noi è qualcosa che fa male al cuore
offrire un servizio non adeguato ai cittadini e ai pendolari». Cipolletta
sceglie così la strada dell'autocritica e annuncia che le Ferrovie dello Stato
stanno «trattando con le Regioni per contratti più lunghi, di almeno sei anni,
da scontare in banca per investire in treni e carrozze» perchè «il traguardo» di
un servizio efficiente per i pendolari - afferma - «è la nostra nuova
frontiera».
Ma il presidente delle Fs richiama anche ad un cambio di rotta nella politica
dei trasporti italiana con un'incentivazione del trasporto su rotaie ai danni di
quello su gomma, anche attraverso un inasprimento del bollo e delle tariffe
autostradali per camion e Tir. «Portare più merci sulle rotaie ha come
condizione necessaria la costruzione di infrastrutture - spiega - ma questo non
è sufficiente: le merci continueranno a viaggiare su gomma fino a che le strade
saranno congestionate». E questo perchè «per motivi di ordine politico in Italia
- spiega - sono sempre stati sussidiati i trasporti su gomma» come è avvenuto
anche recentemente in occasione «dell'impennata del prezzo del petrolio».
In tal senso il presidente delle Ferrovie illustra alcune anticipazioni dei
lavori dell'advisory board voluto da Trenitalia sul tema della 'liberalizzazione
e competizionè. Il quadro che emerge è di un'Italia in cui il trasporto merci su
gomma è pari al 90,1% contro l'81,4% della Francia e al 65,7% della Germania.
Ma Cipolletta critica anche le «asimmetrie» nella concorrenza in Europa in tema
di trasporti ferroviari e auspica un «processo di equilibrio». «Il nostro
sistema - dice - è il più aperto d'Europa, l'Italia ha un mercato molto più
contendibile che in Francia e Germania: mi auguro - aggiunge - che le asimmetrie
siano corrette aprendo i mercati».
IL PICCOLO - SABATO, 4 aprile 2009
Scuole con più di 35 anni, record in Friuli Venezia
Giulia - Rapporto di Legambiente: «In Italia sono il 55 per cento, da voi
addirittura l’80»
UDINE Il Friuli Venezia Giulia si colloca in una posizione
«abbastanza buona» nella graduatoria di «Ecosistema scuola 2009», il nono
rapporto di Legambiente sull’edilizia e sui servizi scolastici in Italia. Ma
Trieste è in coda alla classifica. E le scuole sono mediamente più vecchie che
nel resto d’Italia. Lo ha affermato ieri, in una conferenza stampa a Udine, la
responsabile nazionale scuola e formazione di Legambiente, Vanessa Pallucchi.
Subito dopo, però, la Pallucchi ha evidenziato la grossa differenza che emerge
tra una Provincia e l’altra e «che andrebbe colmata anche attraverso la
pianificazione regionale»: Pordenone e Gorizia si situano in una posizione
medio-alta della graduatoria, Udine si colloca a metà, mentre Trieste si ritrova
in coda. Pallucchi ha anche sottolineato che, mentre la media nazionale degli
edifici scolastici costruiti prima del 1974 ammonta al 55%, la media regionale
del Friuli Venezia Giulia è decisamente più alta: circa l’80% delle scuole hanno
più di 35 anni. I motivi? «Quello principale è il fatto che in Friuli Venezia
Giulia - ha risposto la Pallucchi - la scolarizzazione è stata precedente
rispetto alle altre regioni italiane. Ne deriva che il patrimonio edilizio
scolastico abbisogna sicuramente di riqualificazione». Altri dati emersi dal
rapporto di Legambiente, sono quello del 38% di edifici che hanno necessità di
manutenzione urgente e quello del 16% di edifici che utilizzano le energie
rinnovabili. «Sotto questo aspetto - ha concluso Pallucchi - c’è ancora un
grosso lavoro da fare, perchè quella energetica è una riqualificazione
necessaria e che può portare a sconti economici importanti».
Da Roma 3 milioni per spingere sull’energia pulita -
FORUM G8 AMBIENTE: OGGI LA SIGLA DELL’INTESA TRA MINISTERO, REGIONE E COMUNE
I fondi annui serviranno anche a promuovere il turismo
sostenibile a Duino
I primi riverberi dei dibattiti sollevati con il Forum internazionale del G8
ambiente sulle Tecnologie a basse emissioni di carbonio, inaugurato ieri
all’Area science park, si registreranno già oggi, quando in Prefettura ministero
dell’Ambiente, Regione e Comune sigleranno un protocollo d’intesa per
incentivare il ricorso all’energia pulita. L’obiettivo del documento, che
porterà a una prima tranche di finanziamento governativo da 3 milioni di euro
l’anno, è triplice: incrementare lo sviluppo di tecnologie innovative per le
risorse alternative (come solare e biomasse), realizzare una rete elettrica
alimentata da fonti rinnovabili per servire i comuni montani della Carnia;
promuovere il turismo sostenibile nelle aree che denotano questa vocazione, a
cominciare dalla zona di Duino Aurisina.
Ad annunciare l’accordo è stato ieri il sottosegretario all’Ambiente, Roberto
Menia, che ha sottolineato come da queste sessioni «emergeranno risultati
fondamentali per la discussione politica prevista al G8 Ambiente di Siracusa».
«La sfida è duplice – ha commentato -: perseguire la salvaguardia ambientale e
sviluppare nuove tecnologie contro l’effetto serra, per ridurre del 50% le
emissioni di Co2 entro il 2040. Dobbiamo intraprendere la strada per la
decarbonizzazione nell’ambito dell’economia globale. L’indirizzo è quello
dell’energia pulita, affinché vengano progressivamente commercializzati modelli
oggi sperimentali. Abbiamo gli strumenti per superare l’attuale crisi e questi
vanno appunto individuati nello sviluppo ecosostenibile, volano di crescita per
l’economia globale e locale».
«Il protocollo – così Corrado Clini, direttore generale del ministero
dell’Ambiente - prevede di partire con un finanziamento annuale non inferiore a
3 milioni, cui la Regione aggiungerà la sua parte. Allo sviluppo dei progetti
concorreranno istituzioni pubbliche e private: i primi dovranno coprire i costi
aggiuntivi per ricerca e sviluppo, le aziende gli investimenti per la
realizzazione». A livello globale invece lo sviluppo di tecnologie innovative
implica un minimo di 14 mila miliardi di dollari in 15 anni e di oltre 45 mila
miliardi in 35-40 anni. Il governatore Renzo Tondo ha reso noto l’investimento
di 3,5 milioni per lo sviluppo dell'energia dal fotovoltaico, mentre sulle
biomasse ha ricordato che le energie rinnovabili di origine agricola e forestale
sono trattate nel Programma di sviluppo rurale 2007-2013, con oltre 240 milioni
di euro di fondi pubblici. «Occorre sviluppare tutte le potenzialità che
abbiamo, senza essere ideologici», ha aggiunto. Per Tondo, questo protocollo
permette di «sviluppare tutte le opportunità, fino a una sinergia con centrale
nucleare di Krsko in Slovenia, con cui auspico di poter collaborare. Nell'ambito
della cooperazione territoriale europea e, di conseguenza, anche del progetto
Euroregione - ha concluso - il Friuli Venezia Giulia è impegnato a individuare
soluzioni per migliorare la sostenibilità ambientale del sistema dei trasporti».
Sergio Garribba, consigliere per l’energia del ministro dello Sviluppo economico
Claudio Scajola, ha detto che «gli investimenti in queste tecnologie devono
essere parte delle politiche anticrisi dei Paesi sviluppati»: «L’Italia è stata
citata» per «il bonus alla sostituzione di veicoli vecchi, più inquinanti, e la
defiscalizzazione sulle ristrutturazioni edilizie. Investimenti interessanti
perché in grado di riconvertire una parte della forza lavoro uscita dal mercato
causa la recessione. Se ne è discusso anche al G20 di Londra».
Il vertice, organizzato dai ministeri di Ambiente e Sviluppo economico, vede
riuniti i rappresentanti di 19 Paesi di tutto il mondo.
Tiziana Carpinelli
Dall’Ue 4 milioni per il bio-gasolio - A SCIENZE
FARMACEUTICHE
Il Dipartimento di scienze farmaceutiche dell’Università
ha ottenuto un finanziamento europeo di 4 milioni di euro per un progetto della
durata di tre anni denominato Irene che ha prestigiosi partner (tra i primi
l’Agenzia della federazione russa per la scienza e l’innovazione, l’Università
di Mosca e le Accademie delle scienze di Mosca e San Pietroburgo) e un intento
di grande portata: estrarre enzimi, trasformarli attraverso processi di
biotecnologia e rimetterli a funzionare nella chimica per produrre bio-gasolio,
prodotti farmaceutici, alimentari, di cosmetica e di chimica fine sostenibili
dal punto di vista ambientale.
Una soddisfazione davvero grande per Lucia Gardossi, coordinatrice scientifica
del progetto, presentato ieri nell’aula Cammarata dell’ateneo anche dal rettore
Francesco Peroni, che ha messo molto in evidenza il fatto che sia «sempre
l’università il polmone strategico della ricerca», e che finanziamenti di simile
portata «si ottengono solo di fronte a proposte di alto valore».
Particolare non di poco conto, questo lavoro viene sviluppato da un ampio gruppo
di borsisti e dottorandi, cioé di «atipici» della ricerca e solo da due docenti
di ruolo: la stessa Gardossi e Cynthia Ebert.
A questa indagine collaboreranno anche Stoccolma, Copenaghen, il politecnico di
Delft, un’università di Taskent e la più importante ditta europea (anche questa
danese) che attualmente lavora con gli enzimi per creare processi chimici
«naturali». «L’Europa in questo campo - ha sottolineato Gardossi - non accetta
alcun progetto che non abbia una destinazione finale concreta e un effettivo
impatto sulla vita dei cittadini». Più di 20 anni di ricerche, ha aggiunto la
docente, stanno dietro al lusinghiero risultato ottenuto dall’Università di
Trieste, che per questo lavoro (oltre 100 pagine di descrizione) non assocerà a
sè l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologie, avendo già partner a
sufficienza.
Il finanziamento porterà a Trieste «tre contrattisti e mezzo» ha detto la
docente. E Peroni ha speso parole calde e non rassegnate sulla situazione della
ricerca: «I risultati si reggono moltissimo sul lavoro in strutture pubbliche di
persone non strutturate, ma a fronte di finanziamenti insufficienti fa specie il
sacrificio che viene chiesto a giovani brillanti, che poi non ricevono
trattamento e considerazione proporzionati. E questo ci allarma».
(g.z.)
Commissione paesaggio operativa già a fine mese ma i 5
componenti verranno scelti solo dalla giunta - RILASCERÀ PARERI SUGLI INTERVENTI
EDILIZI
Esprimere pareri consultivi sulla conformità paesaggistica
degli interventi sul territorio. È il compito che sarà chiamata a svolgere la
Commissione paesaggio, l’organismo che, in linea con quanto previsto dal Codice
dei beni culturali e paesaggistici, prenderà il posto della «vecchia»
commissione edilizia del Comune.
La nuova realtà dovrebbe diventare operativa in tempi brevi, forse già entro la
fine di aprile. Approvata l’altro giorno in giunta, le delibera relativa
all’istituzione della Commissione passerà ora all’attenzione delle
Circoscrizioni, che avranno 10 giorni di tempo per esprimere eventuali parere, e
della Commissione Urbanistica. Successivamente, probabilmente nella seduta del
20 aprile, a pronunciarsi sarà il consiglio comunale.
In caso di voto favorevole, il giorno successivo la giunta tornerà a riunirsi
per scegliere i componenti tra la rosa di nomi che verranno indicati dagli
Ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri, periti e geologi) e dai
presidi delle Facoltà con insegnamenti attinenti alla sfera edilizia. Della
Commissione paesaggio faranno parte quattro tecnici ai quali si aggiungerà un
presidente «interno», cioè selezionato tra i dirigenti municipali, a fronte dei
9 componenti della vecchia commissione edilizia.
La scelta dei designati spetterà unicamente alla giunta. Il consiglio infatti
non avrà voce in capitolo e potrà esprimersi soltanto sull’istituzione del nuovo
organismo. Una formula che suscita più di qualche dubbio tra gli esponenti
dell’opposizione. «Della nuova commissione finora non abbiamo saputo nulla -
commenta Roberto De Carli -. Ci auguriamo però, vista la delicatezza dei temi in
discussione, che la partita sia gestita con la massima trasparenza». Dal canto
suo l’assessore Franco Bandelli invita a guardare con ottimismo alla novità
«perché consentirà di accorciare finalmente i tempi il rilascio delle
concessioni».
Gradisca: «Quel depuratore inquina l’Isonzo» -
L’impianto incriminato è sotto sequestro ma è rimasto egualmente in funzione
INDAGINE DELLA FORESTALE REGIONALE
GRADISCA Rimane ancora sotto sequestro penale il depuratore di Gradisca
d’Isonzo gestito da Irisacqua, la società che gestisce il ciclo integrato
dell’acqua.
Alcune settimane fa, infatti, il Nucleo operativo per l’attività di vigilanza
ambientale del Corpo forestale regionale e della Stazione forestale di
Monfalcone era entrato in azione in seguito alle segnalazioni di privati
cittadini riguardanti la presenza, alla bocca dello scaricatore del depuratore,
di ampie chiazze di sostanze maleodoranti e melmose. Era partita un’indagine che
- protrattasi per alcuni mesi - ha avuto come momento culminante il sequestro
dell’impianto.
A quanto si è potuto apprendere, all’imbocco dello scaricatore del depuratore,
si sarebbe formata una vasta superficie stagnante di sostanza maleodorante e
melmosa che rischia (questa è la tesi dell’accusa) di inquinare le acque del
fiume Isonzo.
Nei prossimi giorni, con l’ausilio di personale tecnico incaricato dalla
Procura, si cercherà di accertare se effettivamente il depuratore di Gradisca
rappresenti una fonte di inquinamento per il corso del fiume Isonzo e se questo
scarico, contribuisca ad alterare le caratteristiche di balneabilità delle acque
del golfo di Panzano presso Monfalcone, dove il fiume riversa le sue acque,
problematica recentemente al centro di studi e ricerche da parte delle
amministrazioni pubbliche interessate.
Accertamenti ed indagini sono tuttora in corso anche per verificare se
l’impianto è dotato di tutte le autorizzazioni necessarie e se gli enti preposti
a rilasciarle e ad effettuare le analisi sugli scarichi, si siano mai
preoccupate della massa melmosa che si era formata allo scarico. Va ricordato
cha anche su queste pagine, più volte il problema era stato sollevato, ospitando
segnalazioni di cittadini, cacciatori e pescatori, che lamentavano lo stato di
degrado a valle dello scaroco del depuratore.
Nel settembre dello scorso anno, dubbi sul corretto funzionamento dell’attuale
depuratore erano stati avanzati da un gruppo di cacciatori della locale riserva,
che si erano affrettati a segnalare le condizioni della zona fluviale sita al
confine fra i comuni di Gradisca e Villesse, non lontano dal dismesso ponte
ferroviario. È una zona di difficile accesso: dopo l’ingresso da via Gramsci,
l’area è raggiungibile solo attraverso una lunga strada sterrata che è quasi
completamente invasa dalla boscaglia. Lì a un certo punto ricompare l’Isonzo, ad
alcune centinaia di metri in linea d’aria dal depuratore. E lì che il collettore
principale dell’impianto scarica le acque reflue.
È già partita però la gara europea per la progettazione del nuovo depuratore di
Gradisca, che rappresenta l’opera maggiore prevista nel Piano d’ambito.
CENTRALE NUCLEARE - Lavori a Krsko - CENTRALE FERMA
KRSKO - La centrale nucleare di Krsko è ferma, per la regolare manutenzione annuale. Sarà rimessa in funzione e riattaccata alla rete di distribuzione di corrente elettrica alla fine di aprile.
Si è infatti
concluso il 23.esimo «ciclo di combustibile» e l'impianto, attualmente in fase
di raffreddamento, ha dovuto essere fermato per sostituire le barre di uranio
esaurite, complessivamente 56, revisionare tutto il sistema e fare alcune
modifiche. È un'operazione complessa che, oltre all'intero personale, 600
dipendenti, coinvolge in varie fasi altri 1500 lavoratori altamente
specializzati. Lo scopo dei lavori e' quello di garantire la sicurezza ma anche
di aumentare l'efficacia della centrale.
E se a salvare la Terra fosse, per assurdo, la febbre
da smog? - Scontro pessimisti-ottimisti sulle regole da stabilire per salvare il
nostro pianeta
Perché si gridano slogan pro o contro la firma del
cosiddetto protocollo di Kyoto sulla limitazione delle emissioni in atmosfera?
Perché il temuto aumento della temperatura globale finisce per mettere in
discussione le nostre responsabilità nei confronti delle generazioni a venire.
Perché limitare le emissioni di gas in atmosfera è oneroso e l’Occidente non
vuole alzare i propri costi industriali di fronte all’insostenibile concorrenza
di Cina, India, eccetera. Perché mutamenti climatici e paura della catastrofe
toccano le nostre corde emotive. E infine perché non è facile per gli scienziati
dire una parola definitiva in merito.
I pessimisti osservano che nel nostro emisfero le temperature medie hanno
cominciato ad aumentare dall’inizio dello sviluppo industriale in Europa e Nord
America, ossia dalla metà del secolo XIX. Gli ottimisti replicano che iniziò
proprio allora un ciclo naturale di riscaldamento dopo il freddo dei secoli
precedenti. Dicono che è stata l’attività solare a causare sia la fase calda nel
Medioevo che quella fredda dei secoli XIV-XVIII, con l’avanzata dei ghiacciai di
cui rimane traccia anche in alcuni affreschi svizzeri e del Tirolo.
Spesso dimentichiamo che, durante l’ultima glaciazione (circa 20 mila anni fa),
i ghiacciai arrivavano poco a nord di Udine e l’Alto Adriatico emerso era terra
di pascolo. E’ stato negli ultimi 10 mila anni che il mare si è alzato, di 20
metri, e continua a crescere. Rilievi austroungarici alla mano, a Trieste nel
corso del ‘900 il livello marino è cresciuto di poco meno di 20 cm,
perfettamente in armonia con il tasso di innalzamento naturale. Altro che
effetto serra! Protestano gli ottimisti.
Viceversa, la maggioranza degli studiosi del clima concorda che l’insieme delle
emissioni in atmosfera di gas prodotti dall’uomo provoca l’aumento dell’effetto
serra - anche se alcune emissioni inquinanti tendono a ridurlo - ma nessuno sa
di quanto esattamente.
I pessimisti sono affascinati da una serie di interessantissimi articoli del
gruppo di Gerald Meehl, del Centro Nazionale di Ricerca Atmosferica del Colorado
(USA), il quale ha dimostrato in modo convincente che l’effetto serra sta
aumentando significativamente soprattutto dal 1960. Ma sorvolano sui dubbi dello
stesso Meehl, che dichiara di non sapersi spiegare l’aumento globale di
temperatura dal 1900 al 1940, apparentemente non dovuto alle emissioni di gas
“pericolosi”. Quattro mesi fa, l’Associazione Geofisica Americana ha intitolato
così una sessione del suo congresso: «Sono state le variazioni dell’attività
solare le cause dominanti dei cambiamenti climatici durante l’era industriale?».
E i due coordinatori hanno risposto: «L’analisi dei dati disponibili indica che
la variabilità solare ha un ruolo importante, forse dominante».
Siamo insomma ancora prigionieri di quel “forse”. Non resta quindi che fare come
gli economisti, che non sanno mai che pesci pigliare: ipotizzare scenari. Quello
peggiore vive su tre “se”. Se l’impennata delle temperature in questi ultimi
decenni è stata effettivamente conseguenza dello sviluppo industriale, se
dovremo continuare a bruciare idrocarburi e carbone, se non si fermerà lo
sviluppo demografico dei grandi paesi emergenti, ebbene a queste condizioni
andremo incontro a problemi climatici globali davvero seri. E ciò perché, anche
se riuscissimo a ridurre le nostre emissioni, nessuno potrà obbligare Cina,
India, Brasile, Malesia etc. a fare altrettanto.
Scenario così-così: continua il riscaldamento naturale, ma riusciamo a trovare
nuove fonti di energia e il tasso di crescita demografica rallenta. Allora, si
verificherà comunque un aumento naturale del livello del mare e delle
temperature, ma meno drammatico.
Infine, gli ottimisti tutti d’un pezzo possono attaccarsi agli astronomi che
accreditano il raggiungimento di un “grande massimo” da parte dell’attività
solare. Date le periodicità degli ultimi 400 mila anni, il riscaldamento
naturale starebbe per diminuire e si andrebbe verso una piccola glaciazione. A
questo punto, per assurdo, l’aumento delle temperature ipoteticamente generato
dalla nostra attività potrebbe rivelarsi utile, contrastando il raffreddamento.
Salvati dalla nostra stessa avventatezza. Per chi vuole crederci.
LIVIO SIROVICH
IL PICCOLO - VENERDI', 3 aprile 2009
Una commissione per il paesaggio - URBANISTICA - NUOVO
ORGANISMO
Via la vecchia commissione edilizia, arriva la commissione
locale per il paesaggio. Lo ha deciso la giunta comunale, che nel corso della
seduta di ieri ha approvato, su proposta del sindaco (nonché assessore
all’urbanistica) Roberto Dipiazza, la delibera che istituisce e disciplina
appunto la commissione locale per il Paesaggio, nuovo organismo in cui
siederanno cinque componenti ed esperti in materia di tutela ambientale e
paesaggistica, scelti dall'amministrazione comunale «fra una rosa proposta dagli
ordini e collegi professionali e dall'Università», come precisa una nota
dell’amministrazione municipale.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 148 del decreto legislativo 42/2004, il
nuovo organismo andrà così a sostituire la vecchia commissione edilizia che era
composta da nove rappresentanti. La delibera di giunta approderà ora in
consiglio comunale per la sua definitiva applicazione.
«Con questo atto - è il commento di Dipiazza - si istituisce un organismo più
agile e di notevole valenza tecnica, che consente dare un apporto sempre più
qualificato sotto il profilo paesaggistico, venendo incontro alle giuste
esigenze dei cittadini e di quanti operano in questo specifico settore».
«Bonifiche, niente storno di fondi» - MENIA CORREGGE IL
TIRO
TRIESTE «Non c'è alcuno storno di fondi dalle bonifiche
dei siti inquinati verso i lavori per il ponte di Messina»: lo ha detto ieri il
sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia durante la presentazione di questo
Forum.
«A proposito della delibera Cipe che aveva ingenerato polemiche nei giorni
scorsi - ha spiegato Menia - si tratta di fondi che sono stati prelevati dalla
disponibilità di alcuni ministeri e portati in capo alla Presidenza del
Consiglio, che li utilizzerà poi per scopi strategici».
Menia ha aggiunto che «è una banalizzazione dire che questi fondi serviranno per
il ponte di Messina» e ha precisato che «i fondi per le bonifiche dei siti
inquinati arriveranno non da singoli ministeri, ma dalla Presidenza del
Consiglio».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 aprile 2009
Sito inquinato, meno soldi per le bonifiche - Il Cipe
ha trasferito finanziamenti dei ministeri in un fondo strategico della
presidenza del Consiglio
COLPO DI SCENA NELL’ANNOSA VICENDA DELLE AREE DA
RISANARE
Il sottosegretario Menia: «I soldi per la prima fase sono al sicuro. Si poteva
chiudere l’accordo qualche mese fa ma ci sono state obiezioni»
Meno soldi per le bonifiche. La delibera con cui il Cipe ha destinato oltre
3 miliardi destinati alle bonifiche in diverse zone d’Italia al «Fondo
strategico per il Paese», vale a dire il piano delle grandi opere varato dal
governo (fra cui anche il ponte di Messina), giunge come una doccia fredda nel
momento in cui è pronto il documento «alternativo» alla bozza di accordo
ministero-Regione, elaborato dalle categorie attraverso la commissione creata
alla Camera di commercio. Documento che proprio in questi giorni dovrebbe essere
illustrato dal presidente camerale Paoletti al sottosegretario Menia e
all’assessore regionale Lenna.
I fondi previsti per la prima fase dell’accordo (circa 130 milioni) non sono in
pericolo. A precisarlo è lo stesso sottosegretario all’Ambiente («Sono già stati
trasferiti dal ministero alle Regione, e quindi sono disponibili»), il quale a
proposito del fondo strategico rileva che «sarà più difficile attingervi. Sarà
la presidenza del Consiglio – spiega – a decidere quali saranno le opere
strategiche o e quali no. Anche la bonifica può essere strategica se c’è un
percorso ben definito e che porta a determinati risultati».
Menia parla comunque di «depotenziamento» dei ministeri dell’Ambiente e dello
Sviluppo economico, a seguito della delibera del Cipe, che in altri termini
significa che risorse assegnate finora ai due dicasteri sono state «prelevate» e
dirottate nel fondo strategico.
Il sottosegretario all’Ambiente non nasconde poi un certo fastidio per la
risposta locale alla bozza dell’accordo di programma siglata tra ministero e
Regione a fine dicembre. «Abbiamo diviso l’accordo in due fasi – ricorda – e si
poteva chiuderlo subito con i fondi disponibili. La via era praticabile, c’era
anche la disponibilità degli industriali. Invece qualcuno, come la Provincia, ha
sollevato obiezioni sui contenuti. Se si vuole la luna nel pozzo...».
Sui contenuti del nuovo testo elaborato dalla commissione della Camera di
commercio, Menia non si sbilancia: «Non lo conosco. Se conterrà delle migliorie
le adotteremo».
Ma proprio su questo testo interviene il presidente dell’Assindustria, Corrado
Antonini, che per superare l’impasse ha voluto alcune settimane fa quella
riunione di tutte le categorie economiche da cui è scaturita la commissione che
ha prodotto il nuovo documento.
«Il testo – rileva Antonini – è il risultato di un percorso coerente di tutte le
categorie economiche, che va a salvaguardare le realtà imprenditoriali che non
hanno inquinato. Il discorso fatto in sede di Camera di commercio – aggiunge –
ha apportato milgioramenti alla bozza dell’accordo, ma ciò non toglie che vanno
trovate le risorse per attuare gli interventi di bonifica».
Si tratta di risorse, prosegue il presidente di Assindustria, che devono
riguardare tutti i siti inquinati, e quindi anche quello di Trieste, dove la
situazione di impasse sta bloccando da anni lo sviluppo economico e sociale del
territorio. «Auspico – conclude Antonini – che si facciano al più presto i passi
necessari all’approvazione dell’accordo, così come è stato modificato in sede
camerale. Dev’essere però un’intesa che preveda i fondi necessari alle
bonifiche».
GIUSEPPE PALLADINI
Ansaldo punta su una centrale eolica nel Golfo -
Fornirebbe energia sufficiente a 10mila famiglie e darebbe lavoro a un centinaio
di operai specializzati
PROGETTO PRESENTATO INSIEME A SOCIETÀ BULLONERIA
EUROPEA (SBE) DI MONFALCONE
TRIESTE Un impianto di produzione di energia eolica potrebbe sorgere nel
golfo di Trieste con lo stabilimento per realizzarne i componenti situato a
Monfalcone. Il progetto è stato illustrato ieri dai responsabili della Ansaldo
Sistemi Industriali e della Società Bulloneria Europea al presidente della
commissione infrastrutture del Consiglio regionale, Alessandro Colautti.
Si tratta di piattaforme off-shore, per certi aspetti simili a quelle
petrolifere, che consentirebbero la produzione totale di 30 megawatt di energia
(il corrispettivo del consumo annuo di circa 10 mila famiglie) che verrebbero
immessi nella rete distributiva parallelamente a quelli prodotti con le fonti
tradizionali. Le piattaforme , consistenti in una base da cui si erge una
«torre» che capta il vento tramite un’elica, verrebbe realizzato a terra nello
stabilimento monfalconese per poi venire trasportato al largo dove la base viene
sommersa sott’acqua lasciando emersa soltanto la «torre». «L’impianto verrebbe
installato ad almeno 15 miglia dalla costa – spiega il vicepresidente di Ansaldo
Sistemi Industriali, Ferdinando Piazza – con un impatto visivo quindi non
particolarmente significativo e potrebbe rappresentare un punto di riferimento
per tutta l’area dell’Adriatico, compresi i Paesi vicini».
Il progetto prevede un investimento di circa 5-6 milioni di euro per quanto
concerne il sistema di infrastrutture legate alla produzione e di 30-40 milioni
relativi alla realizzazione della piattaforma eolica vera e propria. La scelta
di Monfalcone come possibile luogo dove installare un impianto di questo tipo è
legata alle buone condizioni di vento che si registrano in quella particolare
area del golfo di Trieste. «Abbiamo dei vantaggio competitivi notevoli per la
realizzazione di questo impianto – sostiene il presidente di Sbe, Alessandro
Vescovini – relativi alla presenza di una banchina, al raccordo ferroviario già
esistene ed alla contiguità degli stabilimenti».
La presenza dell’impianto di energia eolica comporterebbe, secondo i promotori
del progetto, la possibilità di occupare un centinaio di operai specializzati
«già presenti in questa zona considerata la vocazione cantieristica». Oltre al
progetto illustrato ieri, Ansaldo sta lavorando, insieme alle Università di
Trieste e Udine, alla realizzazione di un prototipo di generatore a magneti
permanenti da 50 tonnellate e 4 metri di diametro per la produzione di energia
eolica da 2,5 megawatt che verrà presentato ad ottobre e che punta al mercato
mondiale: «Si tratta di un settore in forte espansione – sostiene Piazza – e
riteniamo significativo che in un periodo di crisi come quello che stiamo
attraversando si vada a fare uno sforzo per investire in maniera decisa
sull’innovazione».
Quello di ieri è stato soltanto il primo contatto tra le aziende che intendono
portare avanti il progetto e le istituzioni ma l’atteggiamento di Colautti è di
apertura. «Naturalmente ci vogliono tutti gli approfondimenti del caso, siamo
soltanto ad una fase di approccio rispetto al progetto. Tuttavia – afferma
l’esponente del Pdl – si tratta di un’ipotesi indubbiamente interessante che va
nella direzione che vogliamo seguire per quanto concerne le politiche
energetiche, ovvero la ricerca di fonti alternative e rinnovabili». Il progetto,
che è stato illustrato a Colautti attraverso una simulazione al computer, viene
considerato dal consigliere regionale «non particolarmente impattante sul piano
ambientale e paesaggistico. Ci sono sicuramente prospettive interessanti sia sul
piano della produzione che, in un secondo momento, anche della vendita di
energia».
Colautti ha assicurato che si farà portavoce del progetto nei confronti della
giunta regionale e nei prossimi mesi potrebbe organizzare un ciclo di audizioni
in commissione per illustrarlo al Consiglio.
Roberto Urizio
Forum sull’ambiente domani a Trieste - La sfida si
gioca sugli investimenti in tecnologie a basso contenuto di carbonio
- IN VISTA DEL G8 ALLA MADDALENA
TRIESTE Si apre domani all’Area Science Park di Padriciano
(ore 9) il «Forum internazionale sulle tecnologie a basse emissioni e a basso
contenuto di carbonio», organizzato dal ministero dell’Ambiente in
collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e Area Science Park di
Trieste. Al Forum, tappa fondamentale in vista del «Summit G8» del luglio
prossimo alla Maddalena e delle riunioni preparatorie «G8 Ambiente» del 22
aprile a Siracusa e «G8 Energia» del 24 maggio a Roma, si discuterà sulle
prospettive dello sviluppo e della disponibilità dei combustibili alternativi e
delle nuove tecnologie in grado di assicurare entro i prossimi 20-30 anni una
risposta adeguata alla crescente domanda di energia senza aumentare le emissioni
di anidride carbonica. Partecipano i rappresentanti di 17 Paesi di tutto il
mondo ed esponenti di Commissione europea, Ocse, Agenzia internazionale
dell’energia, Unido, Banca mondiale, Banca europea e asiatica degli investimenti
e delle maggiori imprese dell’energia e dell’auto.
Corrado Clini direttore generale del ministero dell’Ambiente che introdurrà i
lavori del Forum, ha rilevato che la riunione di Trieste riveste un ruolo
importante anche in vista della Conferenza sui cambiamenti climatici di fine
anno a Copenaghen, che dovrebbe stabilire un accordo più ampio e impegnativo del
protocollo di Kyoto. «Secondo il Panel intergovernativo sui cambiamenti
climatici – osserva Clini – le emissioni globali dovrebbero essere ridotte di
almeno il 50% entro i prossimi 30 anni, mentre il trend attuale fa prevedere una
crescita di oltre il 60%». «D’altra parte - aggiunge - la domanda d’energia
cresce in Asia e Sud America per assicurare alla popolazione ed all’economia la
disponibilità di energia, chiave essenziale per lo sviluppo sostenibile e
l’uscita dalla povertà». Dunque, «la sfida dei cambiamenti climatici – secondo
Clini - si può vincere se la comunità internazionale saprà individuare misure
finalizzate a sostenere gli investimenti in tecnologie a basso contenuto di
carbonio, accompagnate da regole globali». Il Forum discuterà due documenti base
preparati dall’Agenzia internazionale dell’energia sullo sviluppo delle nuove
tecnologie energetiche e dalla Banca mondiale sui meccanismi di finanziamento
per assicurare lo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche. Domani alle 9,
prima dell’inizio dei lavori, l’intervento di Roberto Menia, sottosegretario
all’Ambiente. Oggi alle 12 nella ex Pescheria, presenti il sindaco Dipiazza e
Corrado Clini, sarà illustrato il libro «Design italiano per la sostenibilità»,
pubblicazione promossa dal ministero dell’Ambiente e finalizzata a mettere in
evidenza una selezione di prodotti realizzati da aziende italiane che hanno
saputo integrare il rispetto dell’ambiente con l’innovazione e il design. La
presentazione sarà accompagnata da una mostra sul design italiano, aperta fino
al 14 aprile.
Il parcheggio si paga anche con il telefonino -
Iniziativa di Amt che ai primi 500 abbonati praticherà uno sconto di 7 euro
Basta con i parchimetri. È finita l’era della ricerca
spasmodica della monetina per far durare più a lungo la sosta. Il parcheggio, da
lunedì 6 aprile, si pagherà anche con il telefonino, almeno per quanto riguarda
quelli gestiti dall’Azienda per la mobilità territoriale (Amt). Un salto nella
tecnologia che vede Trieste tra le prime, in compagnia di una ventina di altri
comuni italiani, ad aver adottato un sistema che si distingue anche per la sua
estrema semplicità. Lo hanno illustrato ieri mattina i vertici dell’azienda,
affiancati per l’occasione dall’assessore Paolo Rovis.
Il presidente di Amt, Rocco Lobianco, ha messo l’accento sul fatto che tra i
vantaggi del nuovo metodo c’è quello di non dover prevedere la durata della
sosta. In pratica il cliente notifica, chiamando un numero telefonico a costo
zero, l’inizio della sua sosta e fa lo stesso quando la sosta si conclude,
pagando dunque a consuntivo, e computando l’esatto prolungarsi della sosta. «Con
questo nuovo sistema, che si affianca a quelli già in atto e operativi come l’Europark
– ha osservato l’assessore Paolo Rovis - si potrà pagare il parcheggio della
propria autovettura per il tempo effettivamente occupato, in maniera comoda,
rapida e senza costi aggiuntivi».
Il direttore di Amt ha invece posto l’accento sulle peculiarità tecniche del
nuovo sistema. A iniziare dalle modalità di pagamento. Per utilizzare il
Telepark è necessario munirsi di un kit di attivazione al costo di 10 euro
(comprensivo di 3 euro di sosta) che è disponibile presso gli uffici Amt di via
d’Alviano 15, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13, o negli altri punti
vendita convenzionati (via cassa di Risparmio, ma altri ne seguiranno). Ai primi
500 abbonati l’attivazione (del costo di 7 euro), ha ricordato Davide Fermo,
sarà effettuata gratuitamente.
Quindi si compiono, una volta soltanto, le procedure di attivazione chiamando il
numero 0893080 e seguendo le istruzioni della voce guida. Di pari passo si
colloca sotto il parabrezza dell’auto lo sticker adesivo, fornito sempre da Amt,
o, qualora si utilizzino altre autovetture, si lascia sul cruscotto la Parkcard
con il codice ID di dieci cifre rivolto ben visibile verso l’esterno.
Più facile a farsi che a dirsi, in effetti. L’unico possibile «fastidio»,
riguarda la consultazione dei cartelli posti nelle varie zone di sosta, il cui
codice di quattro cifre va aggiunto al numero digitato. Per capirsi meglio: ad
inizio sosta si chiama il numero 089308xxxx (xxxx è il codice dell’area di
sosta, riportato sotto le tabelle segnaletiche della zona dove si parcheggia,
differenti anche per tariffa, ad esempio quindi 0893080755) e si attende la
connessione (bastano al massimo tre squilli, senza nessuna risposta e con nessun
costo telefonico). A fine sosta invece si chiama il numero 0893089990, si
attende che il sistema chiuda la connessione (anche in questo caso bastano tre
squilli e non c’è alcun costo telefonico).
Rapido e indolore. E in grado, come ha punteggiato ironicamente Rovis, anche di
farla finita definitivamente con quei «furbetti» che amavano «dimenticare» la
macchina nelle ultime ore serali, quando il limite era ancora in vigore e
lasciarla lì fino alle prime ore della mattina dopo, evitando di pagare almeno
una parte del pedaggio.
(f.b.)
Arrivano i tedeschi con l’automobile sul treno - Oggi
il primo convoglio di Deutsche Bahn, in estate saranno quattro alla settimana
Dalla Germania fino a Trieste dopo aver caricato la
macchina sul treno. È la prospettiva già aperta per i turisti tedeschi
soprattutto, ma anche per quelli olandesi, belgi e addirittura scandinavi. Treni
tedeschi in arrivo da oggi fino all’inizio di ottobre sul binario 1 della
Stazione centrale dai quali già nel corso di questa stagione potrebbero sbarcare
complessivamente 18 mila persone. Treni di Deutsche Bahn, ma non qualsiasi,
bensì del tipo «Autozug». Ogni convoglio può trasportare una cinquantina di
automobili, o in alternativa moto in numero più cospicuo, caricate su cinque
carri. Ogni treno è completato da 4-5 carrozze con cuccette, un vagone
ristorante e 2-3 carrozze letto dotate di doccia o addirittura di vasca da
bagno.
Trieste, abbandonata dalle crociere marittime e dai traghetti, tenta così una
piccola rivincita, proponendosi come home-port per questi «traghetti» ferroviari
anche se è chiaro che la destinazione finale per la grande maggioranza di questi
viaggiatori del Centro e Nord Europa saranno le spiagge della Dalmazia e
dell’Istria. Negli intenti della Regione che promuove l’operazione, la nuova
rotta potrebbe incrementare i soggiorni balneari nelle tradizionali mete di
Grado e Lignano. «Il Comune di Trieste ha inviato a Deutsche Bahn materiale
illustrativo sulla città – spiega l’assessore al Turismo Paolo Rovis – mentre
Promotrieste ha fornito informazioni su pacchetti preformati che prevedono
itinerari, visite e soggiorni in provincia. Questa iniziativa, affiancata al
recupero di alcune navi bianche e ai nuovi voli su Ronchi, dovrebbe farci
resistere sul fronte turistico anche in tempo di crisi».
Deutsche Bahn, il cui nome era filtrato come possibile candidato nella gara per
il gestore unico del trasporto in regione che avrebbe voluto la giunta Illy ma
che questa amministrazione ha abbandonato, inserisce ora Trieste come terminal «Autozug»,
affiancandola ai capolinea italiani già esistenti a Verona, Bolzano e
Alessandria. I treni su Trieste saranno, nella maggior parte del periodo, ben
quattro alla settimana: uno da Berlino, uno da Dusseldorf che imbarcherà
automobili anche a Francoforte, e due da Amburgo.
Una famiglia di tre persone da Berlino dovrebbe pagare 250 euro per lo
scompartimento con tre letti e 149 per la macchina. È stato anche calcolato che
quattro persone sul tratto Amburgo-Trieste, scegliendo in treno le soluzioni più
economiche, possono risparmiare fino a 230 euro totali. L’operazione va in
direzione del turismo ecosostenibile levando le automobili dalle autostrade
tedesche, austriache e italiane, eliminando lo stress della guida e delle code e
i rischi di incidenti stradali, ma non privando i turisti della possibilità di
fruire della propria macchina nella località di vacanza. Un’alternativa
evidentemente anche più economica rispetto al binomio aereo-auto a noleggio. Da
verificare invece la risposta, sicuramente più contenuta, da parte di potenziali
turisti italiani diretti in Germania.
Stamattina alle 10.15 il primo treno che giungerà da Berlino, e che avrà a bordo
anche autorità e giornalisti tedeschi, sarà accolto dalle autorità regionali e
locali con una cerimonia di benvenuto da parte di Agenzia Turismo Fvg: omaggi
floreali alle signore, buffet con prodotti tipici del territorio e banda
musicale.
SILVIO MARANZANA
In via Gioia park con 120 posti - APRIRÀ A GIORNI
In via Flavio Gioia l’area tra la Stazione centrale e il
Silos si sta trasformando in una prima vera e propria zona di scambio
intermodale. È stata in particolare costruita una rampa per permettere lo sbarco
e l’imbarco delle auto e delle moto dai treni «Autozug» di Deutsche Bahn che da
oggi fino a ottobre arriveranno a Trieste anche quattro volte alla settimana sul
binario 1. Personale di Trenitalia effettuerà le operazioni, delicate quasi
quanto quelle che si svolgono sui traghetti marittimi.
In via Gioia è stata anche creata un’area di sosta per complessivi 120 posti
auto e tra qualche giorno diverrà operativo il parcheggio che sarà gestito dalla
Metropark, società, controllata da Rete ferroviaria italiana, alla quale sono
affidate progettazione, realizzazione e gestione di parcheggi su aree di
proprietà delle Ferrovie. La tariffa oraria dovrebbe essere di 0,80 euro, quella
giornaliera di 3 euro e quella mensile di 45 ridotti a 30 per chi ha
l’abbonamento ferroviario.
Con la creazione dei Magazzini Silos e la riqualificazione di piazza Libertà
tutta l’area fungerà da zona di scambio intermodale includendo le Stazioni dei
treni e delle autocorriere, il terminal traghetti sul Molo Quarto, i capolinea
di molti autobus urbani e servizi di autonoleggio oltre ai parcheggi per le
automobili.
(s.m.)
Konrad n. 145 - Aprile 2009 - pag. 4 di Dario Predonzan
Faraoniche velleità - La megalomania irrazionale delle
Grandi Opere
Anche in Friuli Venezia Giulia, come nel resto del Paese,
da anni la classe politica – senza sostanziali differenze tra gli schieramenti –
e le principali categorie economiche (sindacati compresi) insistono sulla
necessità di alcune grandi infrastrutture, cioè autostrade e TAV.
Si tratta della terza corsia per la A4 (ma c’è chi vorrebbe progettare già la
quarta corsia, poi verrà probabilmente la quinta…) dell’adeguamento del raccordo
Villesse-Gorizia, senza dimenticare la Carnia–Cadore (allacciamento tra A23 e
A27 attraverso l’alta valle del Tagliamento e quella del Piave) e la
Sequals-Gemona. Piatto forte, la TAV Venezia-Trieste-Lubiana, che si vorrebbe
far arrivare prima o poi al confine ucraino e magari anche oltre.
Costi e progetti
Il tutto costerebbe una barca di quattrini. Circa un miliardo e mezzo di Euro la
terza corsia della A4 e la Villesse-Gorizia (da finanziare ovviamente con i
pedaggi), 2,2 miliardi invece la Carnia-Cadore, per la quale spingono
soprattutto gli industriali del Bellunese pronti a realizzare il tratto veneto
in project financing (lavori a carico di privati, che incasserebbero poi per
qualche decennio i pedaggi). Per le prime due i progetti definitivi sono già
pronti, mentre per la Carnia-Cadore esiste soltanto uno studio di fattibilità.
Per la Sequals-Gemona la Regione pensa a caratteristiche autostradali,
probabilmente anche qui con il ricorso al project financing.
Quanto alla TAV, lo studio di fattibilità italo-sloveno per la tratta
Trieste-Divaccia prevede un costo complessivo di circa 2,5 miliardi di Euro:
sommati ai 6,129 miliardi delle tratte Venezia-Ronchi e Ronchi sud-Trieste,
fanno oltre 8,6 miliardi.
Buio pesto sul come trovare questa montagna di soldi: finora, infatti, sono
stati acquisiti solo i fondi per le progettazioni, 48 milioni di Euro per la
Ronchi sud-Trieste e circa 102 per la Trieste-Divaccia, la metà dei quali da
contributi europei. Fanno 150 milioni, pari all’1,75% del totale...
Lo stato della progettazione è il seguente:
- sulla tratta Venezia-Ronchi sud esiste soltanto – dal 2007 - un progetto
preliminare della tratta tra Portogruaro e Ronchi sud, che non ha mai cominciato
la procedura di VIA per le critiche al tracciato avanzate dalla Regione Friuli
Venezia Giulia e dai Comuni della Bassa Friulana, mentre la progettazione della
tratta Venezia-Portogruaro è bloccata per il dissenso manifestato sul tracciato
dalla Regione Veneto;
- sulla tratta Ronchi sud-Trieste il progetto preliminare nel 2003 aveva
cominciato la procedura VIA, per essere poi sonoramente bocciato dal ministero
dei beni culturali e dalla Commissione speciale VIA del ministero dell’ambiente,
tanto da imporne il ritiro; un nuovo progetto, più volte annunciato, non risulta
sia stato ancora redatto;
- per la tratta Trieste-Divaccia, come detto, esiste soltanto uno studio di
fattibilità, e la progettazione preliminare è agli inizi.
Mistero anche sui tempi necessari per il completamento di queste progettazioni e
per l’espletamento della procedura VIA (valutazione dell’impatto ambientale).
La costruzione di una Grande Opera richiede infatti un progetto preliminare, che
va sottoposto alla VIA; soltanto se l’esito di quest’ultima è positivo, si
procede con la stesura del progetto definitivo e quindi di quello esecutivo.
Appena dopo si possono appaltare i lavori. Sempre che, nel frattempo, siano
saltati fuori i quattrini, naturalmente.
Problema tipicamente italiano è l’inattendibilità delle stime sui costi delle
opere: come ha sottolineato anche la Corte dei Conti, è “normale” che tra la
progettazione iniziale e la fine dei lavori i costi lievitino tre o quattro
volte (ma ci sono casi di opere costate dieci volte il preventivato!), a causa
delle varianti successive o degli imprevisti tecnici e geologici. I quali a loro
volta sono indice di progettazioni scadenti.
Per la Ronchi-Trieste e la Trieste-Divaccia si prevedono complessivamente oltre
60 km di doppie o triple gallerie sotto il Carso: gli “imprevisti” certo non
mancherebbero. Basta pensare alla grotta “Impossibile” (nel senso che non
avrebbe dovuto esserci), scoperta durante i ben più modesti scavi per le
gallerie della Grande Viabilità Triestina tra Cattinara e Padriciano. Senza
contare che i costi per km delle linee TAV finora realizzate in Italia sono
risultati in media tre o quattro volte superiori a quelli delle analoghe linee
francesi e spagnole.
C’è poi il problema dei materiali di risulta dallo scavo delle gallerie: circa 7
milioni di metri cubi secondo il progetto della Ronchi sud-Trieste, più altri
9,3 milioni di metri cubi secondo lo studio della Trieste-Divaccia. Assai vaghe
le idee su come e dove smaltire queste enormi quantità. Si accenna alla
costruzione di un’isola artificiale in mare, tra le Isola e Capodistria (!), che
comunque assorbirebbe soltanto 1,5 milioni di metri cubi: il resto è mistero.
Non meraviglia, perciò, che di fronte a proposte del genere tra le comunità
locali cresca l’allarme. Il Consiglio comunale di S. Dorligo della valle –
Dolina ha infatti già approvato all’unanimità due mozioni molto critiche sullo
studio per la Trieste-Divaccia. Quel Comune è peraltro l’unico che si sia finora
preoccupato di approfondire l’argomento. Trieste, invece, brilla per la più
totale inerzia.
Il rischio è insomma che tutto finisca per ridursi alla spartizione di una
grande torta di studi e progettazioni (150 milioni, di questi tempi, non sono
certo bruscolini…), protratti per anni ma senza portare ad alcuna realizzazione
concreta. Mentre intanto, ovvio, le autostrade si faranno!
Eppure l’unico studio “strategico” esistente sulla TAV in Friuli Venezia Giulia,
realizzato nel 2007 su incarico dell’InCE (Iniziativa Centro Europea),
costruisce le proprie stime dando per scontato il completamento dell’intero
Corridoio 5 (da Lione al confine ucraino) nel 2015(!), ovviamente glissando sul
problema del reperimento dei fondi.
La pianificazione rovesciata
Un tocco di genio: la legge regionale n. 16 del 2008 istituisce il “Sistema
delle infrastrutture di trasporto, della mobilità e della logistica”. In pratica
un elenco di tutte le opere viarie, ferroviarie, portuali, ecc. – grandi e
piccole – ritenute necessarie dalla Giunta regionale (in base a quali criteri di
valutazione, non è dato sapere). Logica e buon senso vorrebbero che la
programmazione delle infrastrutture sia inclusa nella pianificazione del
territorio o preceduta da questa. Anche perché la sostenibilità ambientale di
strade e ferrovie non è valutabile in assenza di un serio quadro di riferimento
sulla tutela del paesaggio e degli ecosistemi naturali, sulla struttura dei
centri abitati, e così via. Secondo la legge sarà invece il contrario: è il
sistema delle infrastrutture che sarà “recepito nello strumento di
pianificazione generale regionale” e quindi le esigenze di coerenza urbanistica
e sostenibilità ambientale vengono subordinate alle (pesanti) modificazioni
introdotte con le nuove opere. Il mondo alla rovescia.
Un’impostazione coerente, però, con il mantra recitato da tempo a tutti i
livelli, secondo il quale bisogna investire in nuove infrastrutture per uscire
dalla crisi economica, stimolando i comparti produttivi con un cospicuo flusso
di denaro pubblico e creando così posti di lavoro. Via quindi alla “legge
Obiettivo” con le sue Grandi Opere: TAV, autostrade, Ponte sullo Stretto e chi
più ne ha più ne metta (Bossi è arrivato a chiedere “100 nuovi aeroporti”…
perché evidentemente non ce ne sono già abbastanza!). Grandi Opere nel contempo
totem della “politica del fare” e risposta propagandistica alla crisi economica:
ovvio quindi che prescindano da qualsiasi tentativo di valutazione razionale e
pianificazione.
Viene accantonato, così, il problema di dove siano i quattrini per realizzarle,
in un Paese che vede aumentare – anziché diminuire – il suo già mostruoso debito
pubblico. Né si pensa a valutare seriamente se le nuove infrastrutture si
giustifichino dal punto di vista economico. Potrebbero infatti arrivare delle
brutte sorprese: il gruppo del prof. Marco Ponti, al Politecnico di Milano, ha
sottoposto ad analisi costi-benefici le principali opere della “Legge
Obiettivo”, con esito disastrosamente negativo per quasi tutte, Ponte sullo
Stretto in primis.
Cosa servirebbe davvero
Di fronte all’aggravarsi della crisi, intanto, anche gli industriali cominciano
a chiedere di sbloccare le “piccole opere”: costruzione di rotonde stradali,
ripavimentazione di strade e marciapiedi, messa in sicurezza delle scuole
(questa sì, com’è noto, un’esigenza seria) e così via. Interventi semplici, con
progetti spesso già pronti, per i quali servono soldi veri, da spendere subito.
Per un sistema dei trasporti sostenibile, invece, TAV e Grandi Opere sono
deleterie, perché distolgono risorse umane e fondi dagli impieghi davvero utili.
Occorrerebbero semmai interventi limitati e graduali per eliminare i “colli di
bottiglia” sulla rete ferroviaria esistente e poche nuove opere (come il
raccordo - 6 km di ferrovia “normale” - tra i porti di Trieste e Capodistria),
ma soprattutto scelte lungimiranti per eliminare le disfunzioni organizzative,
normative e tariffarie che penalizzano il trasporto su ferro a vantaggio di
quello su gomma. Il che significa anche rinunciare ai progetti di nuove
autostrade.
Governo e Regioni sembrano però ancora prigionieri del mito delle
mega-infrastrutture, in un delirio insieme allarmante (per le sorti delle
finanze pubbliche) e ridicolo (per la sproporzione tra l’entità di quanto si
vorrebbe realizzare e la pochezza di chi vorrebbe gestire il tutto): faraoniche
velleità, appunto.
Dario Predonzan
altro materiale sull’argomento nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia
sezione “documenti” - lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia è
disponibile nel sito www.sandorligo-dolina.it
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
Il Friuli spinge sul fotovoltaico.
La Regione Friuli incentiva la produzione di energia
mediante l'installazione di pannelli fotovoltaici nei pressi degli edifici
scolastici. Per questo motivo è stato sottoscritto un accordo quadro fra
l'Assessore regionale alla Pianificazione territoriale Federica Segnanti e i
sindaci dell'associazione che ha Cividale (Udine) quale capofila e comprende i
comuni di Buttrio, Corno di Rosazzo, Manzano, Moimacco, Pavia di Udine,
Pradamano, Premariacco, Remanzacco e San Giovanni al Natisone. La Regione
concorrerà alla spesa complessiva di 2 milioni di euro con 1 milione e 600 mila
euro (il resto della cifra sarà a carico dei Comuni). L'accordo è in linea con
quanto previsto a livello nazionale da normative che incoraggiano
l'installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e la sua
attuazione e consentirà ai Comuni non solo un risparmio, ma addirittura un
ritorno economico a partire dal quinto anno dall'installazione degli impianti.
Il sindaco di Cividale, Attilio Vuga, ha dichiarato che "è già stata fatta tutta
l'attività propedeutica all'avvio dei lavori" per cui a breve saranno promulgati
i bandi che consentiranno l'assegnazione degli appalti per l'installazione,
durante le vacanze scolastiche, di impianti fotovoltaici di potenza nominale
compresa tra i 9 ed i 20 kWp. Vuga ha quindi sottoposto all'assessore Seganti un
altro progetto mirato al risparmio energetico ed al contenimento della spesa a
vantaggio dei bilanci comunali: l'installazione di impianti di illuminazione a
Led che consentono di ottimizzare i consumi e, a parità di resa, un abbattimento
della spesa di circa 60 per cento.
LA REPUBBLICA - MERCOLEDI', 1 aprile 2009
INIZIATIVA REPUBBLICA.IT-WWF - Dal tetrapak ai mattoni
- l'anima verde dei materiali
L'esperto ambientale risponde alle domande dei lettori
su come smaltire imballaggi particolari e come realizzare un'abitazione a prova
di ondata di calore
ROMA - Cartoni di latte, confezioni di pelati, succhi di frutta da bere con la
cannuccia. Oggetti di uso quotidiano, di cui sappiamo però molto poco. L'esperto
del Wwf Massimiliano Varriale risponde ai quesiti dei lettori di Repubblica.it
sulla sostenibilità di questi imballaggi e le loro modalità di smaltimento.
Attraverso le risposte alle altre domande, tanti suggerimenti sulle scelte
edilizie per isolare correttamente casa da caldo e freddo, con enormi vantaggi
per ambiente e portafoglio.
Con questa seconda tranche si chiude il capitolo dedicato a rifiuti e risparmio
domestico. L'argomento del prossimo mese sarà il verde urbano, la protezione
degli animali e della biodiversità. Tutti temi che il piano casa del governo, la
nuova proposta di legge sulla caccia e le vittime dei cani randagi hanno
riportato di grandissima attualità. A rispondere sarà l'esperto del Wwf Fabrizio
Bulgarini. I quesiti possono essere inviati via email all'indirizzo v.gualerzi@repubblica.it
Tempo fa la società tetrapak ha reclamizzato la riciclabilità di questo
materiale composito. E' vero che il procedimento di riciclaggio del tetrapak è
fattibile solo con un enorme dispendio di energie? Inoltre ho sentito dire che
in Italia vi è un'unica cartiera in grado di riciclare questo materiale. Potete
confermarmi anche questa notizie?
Jacopo Zurlo
E' più sostenibile il latte nella bottiglia di plastica o quello nel
tetrapak?
Sergio
Il Tetra Pak è un imballaggio cosiddetto poliaccoppiato, vale a dire
costituto da più materiali (75% carta, 20% polietilene e 5% alluminio), uniti
insieme grazie al film di polietilene colato a caldo, il tutto quindi senza fare
uso di collanti. Il fatto di non essere un monomateriale rende sicuramente più
complesso il processo di riciclaggio e recupero. Il Tetra Pak può essere
conferito nei contenitori destinati alla raccolta differenziata di carta e
cartone solo dove le Cartiere hanno dato il loro consenso a Comieco (Consorzio
Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) e il Comune
abbia attivato una specifica campagna informativa. In altri casi questi
imballaggi sono conferiti nei contenitori della raccolta differenziata multi
materiale.
Il numero di Comuni in cui oggi è di fatto attivo un servizio di raccolta del
Tetra Pak è ancora piuttosto limitato. Gli imballi in Tetra Pak raccolti in
maniera differenziata sono portati alle cartiere di riferimento dove vengono
introdotti in un apposito un macchinario (pulper) che li spappola anche grazie
all'aggiunta di acqua calda: il rilascio delle fibre di cellulosa in acqua porta
al distacco delle lamine di polietilene e alluminio.
La cellulosa così estratta è di ottima qualità e viene impiegata per realizzare
imballaggi specifici. La frazione costituita da polietilene/alluminio è
trasformata in Ecoallene, un materiale con cui si realizzano gadget e altri
manufatti (non entro qui nel merito di quanto questi siano realmente utili e di
quanto possano essere effettivamente ulteriormente riciclati).
Dal momento che circa il 95% dei materiali che compongono il Tetra Pak sono in
carta e plastica, ossia dotati di buon potere calorifico, esiste una certo
interesse a conferire questi imballaggi agli impianti di incenerimento con
recupero energetico: una pratica ambientalmente poco vantaggiosa (per non dire
assai dannosa) che si sostiene solo grazie ai finanziamenti statali.
Stabilire poi cosa sia più sostenibile tra un contenitore in plastica o uno in
Tetra Pak non è affatto semplice giacché occorrerebbe eseguire una attenta
analisi del ciclo di vita (LCA) di entrambi: dalle fasi produttive a quelle di
smaltimento. Ad esempio è assai diverso se una bottiglia di plastica può essere
recuperata come materia o se è inviata a un impianto d'incenerimento. Ogni kg di
plastica richiede, infatti, mediamente 14.000 Kcal di energia per essere
prodotto e quando noi lo andiamo a bruciare in un inceneritore con recupero
energetico recuperiamo solo una parte del suo potere calorifico: in pratica,
ammettendo un rendimento elettrico del 25%, considerato un potere calorifico
inferiore (pci) medio delle plastiche di circa 7.800 Kcal/kg, si recupereranno
soltanto meno di 2.000 kcal delle 14.000 originariamente spese...
Tramite il riciclaggio, finalizzato al recupero di materia, sarebbe invece
possibile un vantaggio energetico oltre 5 volte superiore rispetto
all'incenerimento: nelle operazioni di riciclaggio si consumano solo 2.000
Kcal/kg e, quindi, si recuperano (risparmiano) quasi 12.000 Kcal/kg. Ancora più
vantaggioso appare il riutilizzo dei contenitori. Il consiglio che posso dare è
quindi di orientare gli acquisti verso imballaggi meno problematici e più
facilmente riciclabili, meglio ancora se direttamente riutilizzabili mediante un
meccanismo di "vuoto a rendere" così come avviene in alcuni casi con le
bottiglie di vetro.
Si sente dire continuamente che un modo per risparmiare energia è azionare gli
elettrodomestici (lavapiatti e lavatrice) la sera. La mia domanda può sembrare
banale, ma io vorrei sapere cosa si intende esattamente per sera. In altri
termini, a partire da che ora è bene mettere in funzione questi elettrodomestici
perché ci sia un effettivo risparmio energetico?
Agnese Lombardo
Purtroppo non è vero che azionare gli elettrodomestici la sera (o nelle ore
notturne) consenta di risparmiare energia. I kWh consumati da un
elettrodomestico, infatti, non cambiano secondo l'orario cui noi decidiamo di
farlo funzionare. Facciamo un esempio per meglio comprendere la questione. Una
moderna ed efficiente lavatrice (classe A+), consuma meno di 0,85 kWh per ciclo
di lavaggio (lavaggio cotone a 60°C, lavatrice da 5 kg); quest'apparecchio
consumerà la stessa quantità di energia elettrica (cioè gli stessi kWh) a
prescindere dall'orario di utilizzo, diurno o notturno che sia: il consumo è,
infatti, un parametro strettamente connesso alle caratteristiche tecniche
(prestazioni) dell'apparecchio utilizzato e alle modalità del suo utilizzo (es.
scelta della temperatura di lavaggio).
Il suggerimento, di alcune aziende fornitrici di elettricità, di accendere gli
elettrodomestici durante la notte, risponde più che altro alle loro esigenze di
gestione dei carichi orari e alla possibilità di acquistare energia da altri
paesi: durante le ore diurne sono infatti richieste dalla rete (e quindi dalle
diverse utenze) potenze di ben oltre 40.000 MW (40.000 milioni di Watt, ossia 40
milioni di kW) di energia, con punte che possono superare i 55.000 MW, durante
la notte ne occorrono mediamente 30.000 MW o anche meno. Queste fluttuazioni
sono connesse al fatto che durante la notte molte aziende sono chiuse e la
maggior parte delle persone dorme, quindi le richieste di energia sono
inferiori.
In sostanza per le compagnie elettriche è vantaggioso riuscire a spostare quota
parte dei consumi nelle ore notturne perché permette loro di usare impianti di
produzione relativamente più economici. In realtà la questione è ancora più
complessa: durante la notte i nostri operatori energetici preferiscono tenere
spente molte centrali elettriche e importare una quota di energia prodotta dalle
centrali nucleari francesi o svizzere. Questi Paesi di notte sono
sostanzialmente costretti a esportare l'energia prodotta dalle loro centrali
nucleari che, funzionando a ciclo continuo, non possono essere accese e spente a
piacere. Nelle ore notturne, quindi, in cui la domanda è assai minore, Francia e
Svizzera, al fine di garantire la stabilità del proprio sistema elettrico, hanno
l'esigenza di cedere elettricità ai paesi limitrofi. In pratica acquistando
energia nucleare dalla Francia (o dalla Svizzera) stiamo facendo loro un favore.
Ho in programma di costruire una villetta unifamiliare nella campagna toscana.
Ovviamente, vorrei garantire alla mia famiglia un comfort abitativo sia nei mesi
caldi d'estate che in quelli freddi dell'inverno e, inoltre, ottenere un buon
risultato estetico. E' possibile raggiungere insieme questi diversi obiettivi?
Quali materiali potrebbe suggerire per le esigenze espresse?
Giorgio
Si tratta di una domanda complessa che necessita di una risposta piuttosto
articolata. Premesso che la scelta dei materiali può incidere notevolmente sulla
qualità dell'edificio, occorre tener presente, però, che la costruzione di una
casa è un progetto complesso e che il risultato ottenuto dipende da numerose
variabili, quali: il corretto orientamento, il rapporto superficie/volume, la
distribuzione degli interni, la scelta delle soluzioni di involucro e dei
relativi materiali, la qualità dell'esecuzione. E' inoltre importante osservare
che non tutti i materiali da costruzione sono idonei dal punto di vista
ambientale, nonostante siano molti i prodotti in edilizia capaci di assicurare
elevate prestazioni energetiche. In generale un materiale edile che sia "buono"
anche per l'ambiente dovrebbe non essere di origine sintetica, non contenere
additivi chimici, non subire trasformazioni lunghe ed energivore, non essere
importato da lontano, essere duraturo e non presentare difficoltà di
smaltimento, o meglio poter essere recuperato per impieghi analoghi o di altro
genere.
La prima considerazione da fare, alla luce dell'esigenza di comfort estivo ed
invernale, certamente associati ad un basso consumo energetico, è quella di
riferirsi ad una modalità costruttiva cosiddetta massiva che, per effetto
dell'elevata inerzia termica, contribuisce ad un significativo risparmio nei
consumi, soprattutto nel periodo estivo, assicurando favorevoli condizioni di
comfort, senza dover ricorrere a costosi ed energivori impianti di
climatizzazione. E' bene ricordare che il nostro è un paese caratterizzato da un
clima mediterraneo, dove la protezione dall'irraggiamento solare in estate e la
capacità di accumulo dell'energia diurna costituiscono elementi importanti nella
progettazione di edifici residenziali, e non solo.
La forte crescita degli ultimi anni dei consumi energetici estivi, per effetto
di un uso smodato dei condizionatori d'aria, indica chiaramente come il problema
del raffrescamento estivo sia spesso ignorato in fase progettuale, adottando
soluzioni costruttive inadeguate. Recenti ricerche universitarie (Politecnico di
Milano) hanno dimostrato che due abitazioni, a parità di condizioni (isolamento,
esposizione, cubatura, modalità di utilizzazione, ecc.) ma con differente massa
dell'involucro esterno ("leggera" e "pesante"), possono avere una differenza nei
consumi energetici annuali fino al 30% a favore della soluzione massiva.
Altro aspetto da considerare è indubbiamente la garanzia di durata nel lungo
periodo del materiale e delle sue prestazioni senza dover ricorrere a pesanti
interventi di manutenzione nel tempo, che potrebbero annullare inesorabilmente
le "strabilianti" perfomance promesse inizialmente, che possono nel breve
periodo superare addirittura gli stessi costi iniziali di costruzione. Soluzioni
intonacate sono indubbiamente più vulnerabili rispetto a soluzioni in laterizio
faccia a vista che non richiedono praticamente manutenzione e risolvono di fatto
l'esigenza estetica a cui si fa riferimento nella domanda. Senza confondere,
però, quest'ultimo aspetto con la qualità architettonica che, invece, dipende
strettamente dalla capacità creativa del progettista.
Le città storiche di cui è ricca la sua Toscana, caratterizzate da una
continuità estetica urbanistica e paesaggistica, ne sono un esempio lampante. La
scelta dei materiali, deve tenere conto, come premesso, delle ricadute
ambientali legate al loro impiego, che si aggiungono alle priorità già elencate.
I prodotti selezionati devono cioè essere facilmente reperibili in ambito locale
(il trasporto impatta molto sull'ambiente), in sintonia con le costruzioni
esistenti, collaudati e perfettamente conosciuti dalle maestranze, riciclabili
al termine della vita utile della costruzione in cui sono stati utilizzati. In
tal senso, un materiale come il laterizio, già preferito per le sue qualità
estetiche, può costituire una garanzia di sostenibilità dell'edificio.
Anche la sicurezza, infine, riveste una sua importanza, spesso sottostimata,
soprattutto per quanto concerne la qualità dell'aria interna (assenza di gas o
sostanze volatili emesse da solventi o simili) delle abitazioni in cui
trascorriamo molto del nostro tempo e, in condizioni eccezionali, ma tutt'altro
che rare, come ad esempio l'incendio: è bene ricordare a tale riguardo che le
vittime causate da avvenimenti di questo tipo sono state principalmente
provocate dall'emanazione di gas tossici che hanno impedito la fuga delle
persone coinvolte.
Vorrei capire meglio cosa sono massa e sfasamento di cui sempre più spesso sento
parlare in giro. A cosa servono?
La ringrazio per la sua domanda che ci permette di affrontare un interessante
argomento con implicazioni sul modo di costruire e quindi sul nostro modello di
vita attuale ma anche futuro, e che mette in risalto la necessità di ridurre
drasticamente anche i consumi per il condizionamento estivo. Da alcuni anni,
oramai, il picco di consumo di energia elettrica si è spostato dalla stagione
invernale a quella estiva, questo a causa del sempre maggior numero di
condizionatori installati, con forti criticità soprattutto, nelle regioni del
centro-sud dell'Italia. Non a caso le tipiche e tradizionali costruzioni
dell'area mediterranea sono identificate con la terminologia "massive": basti
pensare ai trulli, alle tholos ed ai nuraghi.
L'idea di massa, del "peso", richiama alla memoria le costruzioni in muratura di
una volta: chiese, palazzi, case rurali, ecc., dove ci si rifugiava quando la
calura estiva diveniva difficilmente sopportabile. Purtroppo questo aspetto è
sempre stato trattato marginalmente dalla normativa in materia. Gli stessi
recenti decreti legislativi 192/05 e 311/06, che recepiscono la direttiva
europea in tema di risparmio energetico e del contenimento delle dispersioni
termiche, hanno di fatto privilegiato soprattutto il contenimento dei consumi
invernali, anche se è da apprezzare l'introduzione del concetto di massa per
l'involucro esterno che deve essere superiore, in determinate condizioni
climatiche, a 230 kg/m2.
Il ricorso a soluzioni con una massa importante permette non solo di raggiungere
idonei valori d'isolamento termico (riducendo i consumi energetici per la
climatizzazione degli ambienti interni) ma, contemporaneamente, di avere ottimi
risultati sul fronte dell'isolamento acustico (altro argomen