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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2021
IL PICCOLO - VENERDI',
31 dicembre 2021
No all'ovovia e cura delle periferie - Le mosse di At per il nuovo anno
Il capogruppo Laterza e i consiglieri Massolino e Nicolini rilanciano i
propositi di Adesso Trieste. Aperto il "casting" per il coordinamento
No all'ovovia, decentramento amministrativo, salute territoriale e microaree.
Sono i temi per i quali Adesso Trieste si batterà all'interno dell'assemblea di
piazza Unità e delle singole circoscrizioni nell'anno a venire, come è stato
spiegato dai rappresentanti di At in Consiglio comunale Riccardo Laterza, Giulia
Massolino e Kevin Nicolini, ieri, in occasione di una conferenza stampa
convocata in piazza Libertà, all'aperto. «La campagna più importante del 2022
sarà quella contro l'ovovia - ha annunciato Laterza come capogruppo - con
l'appoggio alle associazioni ecologiste nel proporre il referendum per bloccare
la realizzazione dell'opera». Non solo proposte "contro", però, nell'agenda di
At: l'impegno sarà anche quello di spingere in tutte le sedi per la
realizzazione di un processo di decentramento amministrativo verso le
circoscrizioni e di partecipazione alle scelte da parte dei cittadini,
«Proporremo i temi relativi alle comunità energetiche - ancora Laterza - come
strumento concreto per contrastare il rincaro dei prezzi di luce e gas che il
Comune può incentivare con la creazione di un'apposita società in house. Ma
solleciteremo anche la necessità di trovare nuove forme di coordinamento tra
microaree, servizi educativi e commercio di prossimità nei rioni, nell'ottica
della "città dei 15 minuti". Siamo consapevoli che queste proposte avranno
qualche chance soltanto se, in parallelo con la nostra azione istituzionale,
riusciremo a costruire una mobilitazione in tutta la città». Nel frattempo At
inizia il "casting" per la ricerca di nuovi volti per il proprio coordinamento
politico, da eleggere nel corso di un'assemblea alla fine di gennaio. «C'è la
possibilità, per chi lo volesse, di presentare la propria candidatura per vari
ruoli all'interno del coordinamento», ha sottolineato Deborah Borca, membro
della presidenza uscente del movimento: «Sarà necessario un grande entusiasmo
per continuare in questo percorso di attivismo attraverso il lavoro sul
territorio da portare avanti nelle assemblee tematiche».
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Cabinovia - Meglio altri progetti
Egregio direttore, da tempo in più sedi sono in corso la discussione e l'analisi
sull'argomento: cabinovia si, cabinovia no. Ora, alla luce del finanziamento
previsto, che dovrebbe sopportare i costi di realizzazione dell'impianto, mi
chiedo se non sarebbe più ragionevole, e sensato, optare per una soluzione
diversa stante che i numeri relativi all'utenza che se ne servirebbe, che sono
solamente teorici. Come è stato già detto, una cosa è la capacità totale
dell'impianto - e questo è un dato tecnico certo - un'altra cosa sono i numeri
di potenziali utenti - e questo è un dato ipotetico. Personalmente vedrei molto
volentieri un prolungamento della linea del tram lungo le rive fino a Campo
Marzio, o l'introduzione di una linea di filobus dal bivio di Barcola fino a
Muggia. In entrambi i casi stiamo parlando di due mezzi estremamente ecologici.
Nel secondo caso con filobus ibridi, addirittura più versatili e più
convenienti, e ad impatto ambientale prossimo a zero. E sempre a favore di
questi ultimi, ci sono i relativi costi di realizzazione. Il costo
dell'armamento di una linea di filobus è stimato in circa due milioni di euro al
chilometro, contro gli otto di una linea tranviaria. Dato che entrambe le
soluzioni sono praticabili, perché non approfittare di questa occasione
veramente unica per la città?
Nevio Poclen
Piattaforma affondata al largo di Pola - Un dossier accusa: rischi
ambientali
La struttura per l'estrazione del metano "Ivana D" era stata distutta dal
maltemo alla fine del 2020
Lo scrive il settimanale zagabrese Nacional, che da una fonte austriaca non
precisata avrebbe ottenuto documenti riservati e relativi alla piattaforma
metanifera Ivana D, adagiatasi sul fondale dell'Adriatico alla fine del 2020,
schiantata da moto ondoso e vento. La struttura, che ora si trova ad una
profondità di 40 metri e a circa 50 chilometri al largo di Pola,
rappresenterebbe un grave pericolo perchè potrebbe essere la causa di una
fuoriuscita di metano in mare, tanto inarrestabile quanto dannosa per l'ambiente
marino e soprattutto per l'impatto che avrebbe sul clima e sul riscaldamento
globale. Prima di Natale, il Nacional sostiene di avere ricevuto un dossier
contenente anche il video girato per conto della compagnia petrolifera croato -
ungherese Ina (proprietaria della piattaforma) da parte dell'azienda lombarda
Breda Energia. Nel filmato, che dovrebbe risultare rigorosamente segreto, si
evidenziano quelle che sono state definite lesioni drammatiche subite
dall'affondata Ivana D, danni che potrebbero far precipitare la situazione,
peraltro già nel mirino degli ambientalisti di Greenpeace. Finora il governo
croato e l'Ina tengono un profilo estremamente basso sulla vicenda, preferendo
non sbottonarsi e attendere i risultati dell'inchiesta tuttora in corso. Gli
esiti, a detta di voci ufficiose, si avranno non prima di qualche mese. Intanto
il Nacional ha promesso che nel prossimo numero rivelerà tutti i dettagli di
documenti che potrebbero risultare scottanti e che, scrive il settimanale,
sarebbero stati inviati all'attenzione del presidente della Repubblica, Zoran
Milanovic e di una lunga serie di deputati di tutto l'arco parlamentare croato.
Intanto la piattaforma metanifera giace in fondo al mare da ormai più di un
anno, periodo in cui ciclicamente l'opinione pubblica e gli ecologisti chiedono
e si chiedono se la chiusura del pozzo della struttura metallica sia poi così
ermetica come affermato dalle autorità. Alcuni mesi fa, Greenpeace aveva dato
vita a Fiume ad una pacifica manifestazione di protesta intitolata "Il profitto
al business del gas, i rifiuti all'Adriatico", rilevando che dopo l'incidente i
rischi per l'ambiente sarebbero molto alti. «Siamo sicuri che non ci saranno
fughe di metano in mare dal relitto della piattaforma - è quanto aveva chiesto
Petra Andric, portavoce dell'organizzazione croata di Greenpeace - la
preoccupazione è tanta e le rassicurazioni non ci bastano. Servono fatti
concreti». L'Ina aveva risposto che la piattaforma era stata messa in sicurezza
dopo il cedimento, non rappresentando un pericolo per il mare e la navigazione.
Era stato inoltre sottolineato che i costi di costruzione avevano toccato i 12
milioni di dollari, con Ivana D entrata in funzione nel 2001 e regolarmente
controllata. Non ci fosse stato l'affondamento, la piattaforma sarebbe rimasta
in attività per altri vent'anni.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI',
30 dicembre 2021
Cabinovia, il "nodo" Comunella al centro dell'ultimo Consiglio
Esproprio, ricorso o modifica del progetto le ipotesi al vaglio
dell'amministrazione affrontate nel consiglio online. Altre schermaglie tra
maggioranza e opposizione
Sotto l'auspicio di riunirsi in presenza nel 2022, da parte del sindaco Roberto
Dipiazza, ieri si è svolto l'ultimo Consiglio comunale dell'anno, ancora una
volta in videoconferenza. Durante il question time, Dipiazza ha risposto
all'interrogazione di Kevin Nicolini (At) sull'atto Asugi, l'assessore ai Lavori
pubblici Elisa Lodi a quella di Stefano Ukmar (Pd) su cabinovia e comunella di
Opicina. «La stazione non tocca le particelle della Comunella», ha spiegato
Lodi: «Potrebbe invece interferire il parcheggio, la cui locazione non è però
definitiva. Il Comune intende impugnare la sentenza (che sancisce la proprietà
della comunella sull'area in questione), valutare gli aspetti di possibile
esproprio ai sensi del Dpr 327/2001 e al contempo avviare un dialogo con la
comunella». Lodi ha sottolineato che il progetto, preliminare, può essere
modificato, anche nel tracciato. Né Nicolini né Ukmar sono soddisfatti delle
risposte. «La sentenza sulla Comunella li ha colti di sorpresa», commenta Ukmar:
«L'esproprio è improponibile, perché si dovrebbe pagare al prezzo di terreno
edificabile. Non hanno alternative e rischiamo di perdere il finanziamento».
Approvati poi alcuni atti di ordinaria amministrazione, tra cui la ratifica
della variante al Piano regolatore per rifunzionalizzare lo scalo di Campo
Marzio. Ciò avendo cura, ha specificato l'assessore Michele Lobianco facente le
veci della collega Sandra Savino, di coprire i rumori derivanti dalle nuove
infrastrutture ferroviarie. Su proposta di Dipiazza, rinviata invece la
discussione della delibera sulla convenzione con la Pallacanestro Trieste. È
andato a vuoto un nuovo tentativo di eleggere il vicepresidente dell'aula
(solito schema: centrosinistra compatto sulla dem Laura Famulari, il 3v Ugo
Rossi propone se stesso, il centrodestra li respinge entrambi). Non sono mancate
schermaglie tra maggioranza e opposizione. All'inizio, Gabriele Cinquepalmi (Fdi)
ha chiesto di svolgere i lavori in italiano, dopo che alcuni consiglieri del Pd
avevano risposto all'appello in sloveno. «Ci aspettiamo dal presidente dell'aula
Francesco Panteca una risposta più illuminata rispetto a questo oscurantismo»,
protesta a margine il capogruppo Pd Giovanni Barbo: «Grave anche che Dipiazza,
di solito assente, abbia votato contro Famulari, invece che astenersi per
opportunità istituzionale». La giunta ha infine fatto propria la mozione di
Corrado Tremul (Fdi) per realizzare un murale commemorativo per Mattia Montenesi,
il giovane ballerino triestino di recente scomparso all'età di 15 anni, a
seguito di un grave male: «Con il suo sorriso e lo sport ha portato alto il nome
di Trieste in tutta Italia», ha detto Tremul. «Mattia rappresenta un modello di
impegno e dedizione cui le nuove generazioni possono ispirarsi», così
l'assessore alle Politiche giovanili Nicole Matteoni: «Ringrazio il consigliere
Tremul e il gruppo di Fdi per aver presentato la mozione».
Lilli Goriup
SEGNALAZIONI - Cabinovia - Le opere in cantiere
Dicono che i triestini abbiano come motto il "no se pol". Una volta tanto lo
cambiamo in "no se vol". La maggioranza dei triestini, da quel che si
percepisce, sarebbe contraria all'entrata in esercizio di una cabinovia che
dovrebbe portarci dal Porto vecchio al Carso. Forse sarebbe più opportuno fare
le cose che sono già programmate e di cui non si vede una soluzione in tempi
sicuri e definiti come per esempio il grande incompiuto che si chiama tram di
Opicina che ci tiriamo avanti da non so quanto. Aggiungiamo anche la messa in
sicurezza dei ponti sul Canale di Ponterosso di cui si vede non la fine ma
neanche il principio, visto che anche questo ha le sue varianti. In ultima
analisi a mio avviso bisognerebbe ultimare le opere in cantiere ed opportune e
lasciare perdere quelle inutili e dispendiose che probabilmente non
comporterebbero un ritorno economico che giustificherebbe la spesa.
Silvano Ceriesa
Ricompaiono le ruspe e gli operai ai piedi dell'ospedale di Cattinara
La maxi-riqualificazione si sta rilanciando dalle opere preliminari Non si
placano le proteste contro l'abbattimento della vicina pineta
I primi mezzi edili sono arrivati a Cattinara. Come annunciato in questi giorni,
il cantiere per la riqualificazione dell'ospedale sta ripartendo dagli
interventi stralciati rispetto al progetto principale, per il quale mancano
ancora le autorizzazioni definitive. Regione, Asugi e Rizzani de Eccher,
l'impresa subentrata a Clea, avevano deciso infatti nei mesi scorsi di rivedere
il cronoprogramma in modo da accelerare la ripartenza dopo il lungo stallo a
causa della mancata approvazione del progetto esecutivo dell'impresa veneta. Le
prime ruspe sono arrivate ieri nella zona di via del Botro, dove verrà creato il
"prolungamento" di via Valdoni. Nell'area è prevista la creazione di un
parcheggio per i dipendenti con sopra una palazzina laboratori, opere
considerate preliminari e dunque cantierabili. Si tratta di un passaggio
fondamentale per poter procedere poi con la costruzione del nuovo Burlo, che
sorgerà proprio dove oggi c'è l'area di sosta per i lavoratori e che dovrà
dunque essere liberata. Una volta che Vigili del fuoco, Commissione sismica ed
ente di validazione indipendente (lo studio Rina) avranno dato il via libera al
progetto esecutivo si potrà procedere con gli interventi sulle due torri e la
creazione della torre di collegamento. Non si placano intanto le polemiche
sull'abbattimento degli alberi della pineta di Cattinara. Tiziana Cimolino dei
Verdi spiega che, «mentre tutto il resto del progetto versa ancora
nell'incertezza, gli alberi verranno abbattuti subito. Cattinara è un ospedale
che ormai possiamo considerare superato dai tempi nella sua struttura
architettonica». Duro anche il commento del Comitato spontaneo per la pineta di
Cattinara: «Regione, Asugi e Rizzani De Eccher ignorano i nostri accorati
appelli e tirano dritto. Precedenza assoluta in gennaio all'autosilo sotterraneo
e in estate al soprastante nuovo Burlo. I 440 alberi della pineta - spiega il
portavoce Paolo Radivo - e i 79 dell'attiguo parcheggio dipendenti ringraziano i
loro solerti giustizieri. Ma i cittadini di Trieste permetteranno questo nuovo
"albericidio"?».
Andrea Pierini
Turriaco - Nuovo sghiaiamento lungo il fiume Isonzo - Il no di
Legambiente
TURRIACO. Legambiente Monfalcone si schiera contro il prelievo di 72 mila metri
cubi di ghiaia dall'Isonzo, nel tratto di Turriaco, da parte della monfalconese
Adriastrade. Per la quantità di materiale e il tempo richiesto, l'intervento,
per l'associazione, non potrà non avere ripercussioni negative in un ambiente a
ridosso di una riserva fluviale, già fortemente deturpato e manomesso. Per
Legambiente serve una moratoria a tutti gli interventi di asporto delle ghiaie,
un aggiornato studio sulla situazione e interventi progettati dalla Regione che
tengano conto della riqualificazione fluviale per la sicurezza idraulica.
L'associazione si esprime a fronte della norma e delle decisioni assunte dalla
giunta regionale, che nel 2013 ha classificato il fiume «a ricarica alterata»,
in cui non sarebbero ammessi interventi di estrazione intensivi, ma solo
«interventi localizzati, per la conservazione e ripristino delle sezioni di
deflusso che comportano un'estrazione non superiore a 10.000 metri cubi solo nel
caso di evidenti e puntuali situazioni di dissesto causate da accumulo di
sedimenti» per possono causare problemi di sicurezza. L'Isonzo tra il 2003 e il
2013 ha visto invece il prelievo di 28.901 metri cubi di ghiaie, oltre ai 75
mila concessi dalla Regione a Cave Giuliane nel 2016 a Turriaco e ai 72 mila che
ora saranno prelevati sempre a Turriaco da Adriastrade. «L'escamotage si chiama
riqualificazione fluviale, per il quale l'asporto può essere autorizzato ad un
privato, purché presenti un progetto atto a riqualificare il fiume e paghi a
Regione e Comuni il canone demaniale - dice l'associazione - in barba agli studi
che gli enti pubblici hanno commissionato». E senza una connessione con il
progetto di messa in sicurezza del tratto fluviale tra i due ponti ferroviari,
nel territorio confinante di San Canzian, chiesta dalle Ferrovie dello Stato:
«Anche qui è previsto il rimodellamento dell'alveo, senza però asportare le
ghiaie».
La. Bl.
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
29 dicembre 2021
"Un referendum sulla cabinovia" - Il Comune la difende "sostenibile".
Ambientalisti a caccia di firme per indire la consultazione contro l'opera.
La maggioranza fa quadrato.
Il dibattito sulla cabinovia pare destinato a non acquietarsi. Accanto alle 17
mila firme raccolte su change.org iniziano a sorgere comitati di residenti,
contrari alla grande opera perché ne temono l'impatto idrogeologico, mentre le
associazioni intendono dare battaglia per fermarne la costruzione attraverso un
referendum cittadino. Intanto gli uffici del Comune difendono la bontà del
progetto, forte del fatto di aver già incassato il sostegno dell'amministratore
delegato di Trieste Trasporti, durante il recente convegno in Porto vecchio.
Specularmente prosegue anche la discussione politica. William Starc, architetto
ed ex dirigente pubblico, spiega: «Associazioni come Legambiente, Fiab o Cammina
Trieste faranno nascere un comitato referendario, con l'obiettivo di bocciare il
progetto così com'è. Il comitato sarà apartitico, servirà semmai da stimolo
esterno ai vari partiti, perché l'occasione dei 48 milioni del Pnrr non si
ripeterà: bisogna trovare un modo migliore per impiegarli a beneficio della
città, coinvolgendo anche il Consiglio comunale. Allo stato attuale il progetto
non mi sembra sostenibile dal punto di vista finanziario né ambientale». Il
referendum, che sarà istituito se saranno autenticate 12 mila firme, ha il
supporto di Adesso Trieste, oltre che del consigliere comunale Pd Francesco
Russo. «La nostra proposta di tram-treno, liquidata come una fake news, affronta
seriamente il problema dell'accesso a Trieste da nord», afferma il capogruppo di
At Riccardo Laterza: «I pendolari utilizzerebbero un solo mezzo, pulito,
efficiente e sicuro per attraversare tutta la città arrivando da Ronchi,
Monfalcone o Sistiana, senza abbattere un albero né sprecare risorse per
costruire un'infrastruttura slegata dal resto della rete del trasporto pubblico.
La tre giorni in Porto vecchio è stata pura propaganda, e anche il sito internet
comunale dedicato all'ovovia è fazioso». Dal canto loro, gli uffici comunali
obiettano che il progetto, preliminare, è stato condiviso nell'ambito della
variante di Porto vecchio, del Piano della mobilità sostenibile (Pums) e del
Piano di azione per l'energia sostenibile e il clima (Paesc). Si basa su modelli
matematici di pianificazione dei trasporti, valutando flussi di traffico
sistematici e turistici: si prevedono oltre 3 milioni di viaggiatori annui,
contando che una linea principale della Trieste Trasporti ne fa oltre 2 milioni,
per un totale complessivo di quasi 70. Se le previsioni dovessero risultare
sovrastimate, vi sarebbe margine per mantenere comunque la gestione in attivo,
anche perché non serve ammortizzare il costo di realizzazione. Sempre per i
tecnici, la cabinovia ha inoltre il vantaggio di essere a ciclo continuo (non va
attesa in fermata) e di intercettare così una parte delle 15 mila auto
quotidianamente in ingresso in città da nord. Sarebbe integrata da un sistema di
navette bus sul Carso, da studiare in fase definitiva con Trieste Trasporti, e
da parcheggi gratuiti accanto alle stazioni di Opicina e Bovedo. «La cabinovia
s'ha da fare», afferma Salvatore Porro di Fratelli d'Italia, presidente della
Sesta commissione consiliare, competente su urbanistica, traffico e ambiente. «A
gennaio convocherò la commissione per ascoltare i tecnici del Comune e
successivamente anche la cittadinanza, affinché ci siano la più ampia
informazione e diffusa consapevolezza», continua Porro: «Lavoreremo assieme
nell'interesse generale di tutti cittadini e della mobilità futura di Trieste.
Faccio presente che l'indimenticabile Primo Rovis aveva a cuore il progetto di
una funivia tra Barcola e Montegrisa». Così il consigliere circoscrizionale
dipiazzista Giorgio Cecco, anche in qualità di coordinatore regionale di
FareAmbiente Fvg: «L'idea della funivia nasce da lontano. Ora con le nuove
tecnologie si possono coniugare opportunità di sviluppo turistico, servizi ai
cittadini e rispetto del territorio. Comprensibili necessità di contestualizzare
gli interventi e perplessità, rispetto cui il Comune si mostra disponibile a
fare chiarezza. No a strumentalizzazioni politiche e no se pol per partito
preso».
Lilli Goriup
Pineta di Cattinara, Ussai (M5s) «La Regione ascolti i cittadini»
Il consigliere pentastellato: «Riccardi aveva aperto all'idea di risparmiare
lo spazio verde ma in aula hanno bocciato la nostra proposta per salvarla»
«La giunta regionale ignora i cittadini e i consiglieri che chiedevano un
confronto sul progetto relativo all'ospedale di Cattinara e sulla tutela della
pineta». Lo afferma il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Andrea
Ussai.«A ottobre abbiamo chiesto di convocare la Commissione sanità per
conoscere nel dettaglio il progetto di riqualificazione del comprensorio di
Cattinara e di realizzazione della nuova sede dell'Irccs Burlo Garofolo -
ricorda Ussai -. A settembre avevamo anche presentato una richiesta di accesso
agli atti, rimasta inevasa perché il progetto non era stato ancora approvato,
per conoscere i volumi e l'impatto sulla mobilità e sul verde». Dopo le
sollecitazioni dell'opposizione, prosegue «Riccardi si era detto possibilista
per quanto riguarda la salvaguardia della pineta di Cattinara, per la quale si è
costituito anche un apposito Comitato spontaneo, nato per tutelare un'area verde
in una zona altamente urbanizzata - sottolinea il portavoce M5S -. Ma, in
occasione della legge di bilancio recentemente approvata, è stato bocciato un
nostro ordine del giorno che impegnava la Giunta regionale a presentare il
progetto esecutivo in Commissione e fornire una relazione dettagliata sulle
alternative al vaglio per scongiurare l'abbattimento della pineta». Conclude
Ussai: «Oggi leggiamo sulla stampa che si stanno già spostando le ruspe e che a
gennaio si partirà con la prima parte dell'intervento, tagliando fuori i
cittadini che si sono mobilitati e la Commissione competente. È intollerabile
che, se tutto andrà bene, se ne discuterà a cose già fatte».
IL PICCOLO - MARTEDI',
28 dicembre 2021
Firma per il primo lotto di Cattinara Rizzani de Eccher apre il cantiere
Regione e impresa confermano l'arrivo del visto ai lavori preliminari, ma
continuano le verifiche sul resto del progetto
Trieste. «Stiamo lavorando per arrivare alla consegna delle aree entro fine
anno». Di più Marco de Eccher non dice, ma tanto basta per avere conferma che il
presidente dell'impresa di costruzioni e il direttore generale di Asugi Antonio
Poggiana hanno firmato l'addendum che domani consentirà alla Rizzani de Eccher
di prendere possesso del cantiere per il rifacimento dell'ospedale di Cattinara.
Dopo molte false partenze, le bocche sono serrate ma stavolta sembra quella
buona per rimettere in moto lavori fermi ormai da tre anni. Azienda sanitaria,
Regione e appaltatore hanno dovuto fare i conti con i tempi lunghi delle
autorizzazioni rispetto alle modifiche al progetto originario della cooperativa
Clea, mai approvato per carenze sul fronte dell'antisismica. In attesa che
Vigili del fuoco, Commissione sismica ed ente di validazione indipendente (lo
studio Rina) completino l'iter assieme al costruttore, a ottobre Asugi e
appaltatore hanno optato per stralciare una serie di lavori preliminari che
permettessero di ripartire con qualche mese di anticipo. Quel momento pare
arrivato. Per cantierare il lotto in questione mancava solo il via libera del
Rina e il vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi spiega che «le carte
arriveranno fra alcuni giorni: l'esame dello stralcio da parte del Rina è giunto
a conclusione e questo consente l'avvio della prima parte delle opere». Con
l'ultimo visto praticamente in tasca, la Rizzani de Eccher porterà domani i
primi mezzi di lavoro sul posto. Da gennaio prenderà dunque le mosse il primo
lotto del cantiere, che prevede la costruzione del nuovo parcheggio da 770 posti
per dipendenti e a ruota quella della sede dove si trasferirà il Burlo a lavori
conclusi. L'edificazione del nuovo ospedale infantile ha già ricevuto le
autorizzazioni e potrà partire in estate, se sarà rispettato il cronoprogramma,
che contiene la contemporanea edificazione di un fabbricato alle spalle delle
due torri, con altri quattro piani di parcheggi e altrettanti per ambulatori.
Tra gli interventi figurano ancora l'ultimazione del tunnel per l'impiantistica
(cominciato da Clea ma mai portato a termine), la creazione del nuovo reparto di
medicina iperbarica (sempre esterno alle torri) e un'isola ecologica. Sarà
ripensata infine la viabilità che porta al polo cardiologico, per la quale la
Regione ha stanziato 2,3 milioni in finanziaria. Fin qui si parla di 20 milioni
di lavori preliminari, nell'ambito di un appalto che è partito da 140 milioni e
potrebbe concludersi con una spesa di ulteriori 25-30 milioni, a causa delle
integrazioni al progetto iniziale. Per poter avviare la parte più importante del
cantiere - cioè il rifacimento delle due torri di Cattinara, la creazione di una
terza torre di collegamento e la costruzione del Burlo - Rizzani de Eccher e
Asugi dovranno attendere che gli enti di valutazione diano il proprio benestare
dopo quasi un anno di ritardo sulle previsioni. L'approvazione del progetto
esecutivo è vincolata alla soddisfazione di un'ulteriore serie di prescrizioni
richieste da Vigili del fuoco e Commissione sismica fra settembre e dicembre:
«Speriamo - dice Riccardi - che il progettista possa adempiere e ottenere
l'approvazione dell'intero esecutivo entro l'inizio della primavera, in modo da
poter avviare tutte le parti della ristrutturazione». I tempi non saranno brevi:
«Parliamo di un'opera con 6-7 anni di lavoro davanti», continua l'assessore alla
Salute, che sta esaminando con l'appaltatore «la possibilità di comprimere la
tempistica».
Diego D'Amelio
L'impegno - Ok in primavera
Il via libera mancante al primo lotto arriverà «fra alcuni giorni», assicura il
vicepresidente Riccardi, secondo cui «l'esame dello stralcio da parte del Rina è
giunto a conclusione e questo consente l'avvio della prima parte delle opere».
Il progetto esecutivo complessivo attende però ancora l'ok degli organismi di
valutazione. «Speriamo - dice Riccardi - che il progettista possa adempiere e
ottenere l'approvazione dell'intero esecutivo entro l'inizio della primavera, in
modo da poter avviare tutte le parti della ristrutturazione».
La protesta - Gli alberi tagliati
Il lotto che sta per partire a Cattinara provocherà l'abbattimento di una parte
della pineta collocata fra l'ospedale e il polo cardiologico sottostante. Il
taglio degli alberi ha suscitato le proteste dei residenti e delle associazioni
ambientaliste, che hanno organizzato alcuni presidi nell'area. Anche la giunta
Dipiazza ha espresso la propria contrarietà. Per bilanciare la perdita di verde,
il progetto prevede la piantumazione di alberi a nord del parcheggio e la
Rizzani de Eccher assicura che le nuove piante saranno più di quelle tagliate.
SEGNALAZIONI - Ovovia - Carosello insegna
Nino Manfredi, nell'era di Carosello; pronunciava la frase: "Fusse che fusse la
vorta bbona". Prendo a prestito la battuta per utilizzarla nell'ambito del
dibattito concernente il progetto dell'ovovia. Avendo una giunta a Trieste e
Muggia di centrodestra finalmente i residenti vedrebbero realizzata la famosa
metropolitana. Che seppur non da promessa elettorale, se ne parla da decenni. Sì
anche se il progetto fosse approvato, da dove si troverebbero i soldi? Non
realizzando l'ovovia! Provate ad immaginare quante macchine e quanto
inquinamento di meno nel relativo percorso. Certo, leggiamo delle proposte di
utilizzo dei tram con i più svariati percorsi; turisticamente parlando potrebbe
essere il prolungamento del tram di Opicina. Con direzione Grotta Gigante; e già
che ci siamo, mi voglio rovinare. Proporrei ancora, magari, una corsa del tram
che una volta arrivato all'Obelisco faccia una deviazione, per arrivare fino al
Santuario di Monte Grisa. Immaginatevi che spettacolo per i turisti lungo la
Napoleonica usufruendo di un biglietto privilegiato contenente l'ingresso alla
Grotta. Non dimenticando che i residenti potrebbero utilizzarlo per scendere in
città o rincasare. Ovviamente, le corse verso queste mete a mio parere avrebbero
una percorrenza limitata all'orario di apertura dei siti. "Se pol"? Volendo si!
Basta dirottare i fondi dell'ovovia. Perché sinceramente, immaginare tutte
quelle preventivate utenze mi sembra un "sogno di una notte di mezza estate".
Del resto, se non sbaglio, la proposta dell'ovovia era di quel periodo.
Michele Marolla
«Il nucleare? Un business morto la Germania non torna indietro»
Parla Nikolaus Valerius, responsabile del piano per la dismissione delle
centrali atomiche tedesche: «Il solare costa meno della metà»
«Il nucleare è un business economicamente morto». Nikolaus Valerius,
responsabile del ramo nucleare di Rwe, primo colosso tedesco dell'energia, ha
programmi per Capodanno: «Sarò a Gundremmingen, dopo 37 anni sarà l'ultimo
giorno di vita della centrale della Baviera». Tra tre giorni, tre dei sei
reattori ancora attivi in Germania verranno spenti. Gli ultimi, tassativamente
l'anno prossimo. E mentre l'Ue vuole discutere l'inserimento del nucleare tra le
energie verdi, Macron promette trionfante nuovi impianti oltre ai 56 già in
funzione, lo stesso Finlandia e Regno Unito, il governo di Berlino invece non
indietreggia: via dall'atomo nel 2011, dopo Fukushima. Avanti con le
rinnovabili, con l'aiuto del gas. Scontro di strategie, Germania contro tutti,
ma obiettivo comune: la neutralità climatica entro metà del secolo. Attualmente
ci sono 442 reattori nel mondo, età media 31 anni, 53 nuovi sono in costruzione,
18 dei quali in Cina. Valerius, come spiega questo Rinascimento del nucleare? Ed
è possibile?«Distinguiamo subito Europa e mondo, perché nell'Ue sono altamente
nuclearizzate solo Francia e Inghilterra. Ma non ci sono copiosi investimenti
privati in questa energia: gli Stati devono supportare le centrali, con costi
elevatissimi. Per noi tedeschi, la strada è molto chiara e sempre quella dal
2011: è deciso che si debba uscire dal nucleare e ci si debba concentrare sulle
rinnovabili. Il nucleare è un business economicamente morto. Perché dovrei
costruire centrali nucleari se posso raccogliere l'energia del sole a meno della
metà del prezzo?».Molti governi pensano sia la strada più veloce per combattere
il cambiamento climatico. Come rispondete?«È la strada sbagliata per ragioni di
costi, di tempi e di deposito di scorie nucleari. Partiamo da una simulazione
che hanno fatto i britannici: hanno calcolato che, a centrale costruita, e ci
vogliono decenni per edificarla, per produrre un Megawatt/h di elettricità con
il nucleare si spendono tra i 90 e i 100 euro, contro i 45-50 euro di un parco
eolico in mare. Il vantaggio delle rinnovabili è netto e non ha bisogno di
sussidi statali. Inoltre, non si calcolano i costi di smantellamento». A quanto
ammontano?«Ci vogliono tra i 500 milioni e un miliardo di euro e da 10 a 15
anni, come sta capitando a noi. La gente pensa che le centrali siano solo
questione di scorie nucleari: invece il materiale di scarto nucleare è il 5%,
mentre il 95% sono materiali riciclabili come metallo e rame, che possono essere
reintrodotti sul mercato». Dunque non è così oneroso chiuderle.«Non direi
proprio. Perché oltre al puro smantellamento, ci sono i costi per lo stoccaggio
delle scorie, specialmente quelle altamente radioattive». Che significa
riconvertire un colosso dal nucleare alle rinnovabili, senza perdere posti di
lavoro? «Oggi, investiamo 5 miliardi di euro lordi l'anno, per raggiungere i 50
miliardi entro il 2030, aumentando la nostra capacità di 2,5 Gigawatt l'anno con
il solare e l'eolico offshore e onshore, più l'idrogeno. È come se nascessero
ogni anno due nuove centrali nucleari. Sul fronte dei posti di lavoro, dal 2011
abbiamo avuto il tempo di effettuare le necessarie riduzioni di personale in
modo socialmente accettabile, riconvertendolo. Il piano della nuova coalizione
di Scholz è molto ambizioso, ma è questo il momento giusto per cambiare economia
e politica energetica».
Letizia Tortello
IL PICCOLO - LUNEDI',
27 dicembre 2021
La cabinovia divide la città - Il no verso le 17 mila firme Spunta anche
un comitato
Cresce il fronte degli oppositori al progetto dopo la "tre giorni" in Porto
vecchio Un gruppo di residenti di strada del Friuli si organizza e scrive una
lettera aperta
Il dibattito sulla cabinovia continua a tenere banco. Da un lato cresce il
fronte d'opposizione: in strada del Friuli sta nascendo un apposito comitato di
residenti. Nel frattempo viaggia verso le 17 mila firme la petizione su
change.org "Trieste ha voglia di tram, non di ovovia". Il consigliere comunale e
regionale del Pd, ex candidato sindaco alle elezioni d'autunno Francesco Russo,
annuncia a sua volta che a gennaio lancerà il promesso referendum cittadino
sull'ovovia. Dall'altro lato il presidente della Commissione Lavori pubblici del
Consiglio comunale, il forzista Michele Babuder, invita invece a non giudicare
l'opera in maniera aprioristica e ribadisce la propria disponibilità al
confronto con la cittadinanza (si leggano le interviste qui accanto). Veniamo al
costituendo comitato, che dietro ha alcune famiglie residenti appunto nelle zone
interessate dal progetto. Dopo il convegno di tre giorni organizzato dal Comune
in Porto vecchio, hanno attivato un indirizzo mail (nocabinovia.ts@gmail. com)
dove chiunque può chiedere informazioni e inviare testimonianze. Elena Declich,
una delle promotrici, spiega che l'iniziativa nasce dalla constatazione che la
popolazione non sa molto dell'argomento. Di qui il tentativo di entrare in
contatto con il vicinato e iniziare a fare "massa critica", rivolgendosi anche a
chi non è della zona. Questo gruppo di cittadini ha inoltre scritto una lettera
aperta, di cui pubblichiamo alcuni stralci. Declich sottolinea che si tratta di
iniziative spontanee, dal basso, prive di un cappello politico. «Il clima del
convegno è stato autoreferenziale», si legge nella lettera: «Il progetto
presenta criticità. Innanzitutto sembra una proposta poco appetibile per
turisti, lavoratori e studenti diretti verso il centro. Si è parlato poi di
impatto ambientale e inquinamento acustico ridotti. Ma quale sarà l'esatta
ubicazione dei sette piloni inseriti nel terreno individuato a sostegno in
salita verso Campo Romano? Il Faro della Vittoria è un monumento nazionale. I
piloni gareggerebbero con lui in grandezza e richiederebbero l'abbattimento di
cedri secolari che si trovano lì sotto». E ancora: «Non si sono affrontati gli
aspetti geologici e idrogeologici da Bovedo a Opicina, dove è presente flysch
spesso degradato. La zona prossima al Faro è instabile. In strada del Friuli,
all'altezza del civico 116, nel 2021 è crollato il muro di contenimento del
versante a valle di via Braidotti. Negli anni passati, in via dei Righetti, ci
fu un gravoso cedimento e tutta strada del Friuli, fino al colle di Contovello,
è da sempre soggetta a smottamenti del terreno. Il tratto di ciglione carsico da
Monfalcone a Trieste è considerato uno dei più problematici dell'intera rete
ferroviaria italiana, quanto a stabilità». Timori anche per quanto riguarda
impatto acustico e diboscamento: «I piloni, alti anche 20 metri, richiederebbero
il diboscamento di diversi ettari di verde. I passaggi sugli snodi dei piloni
difficilmente sarebbero silenziosi. Inoltre, nei pressi del civico 169, è
presente un corso d'acqua, il classico "patok", vincolato da norme ambientali.
Risalendo il colle di Monteradio, nei pressi della fascia interessata dal
tracciato, si estende Bosco Bovedo con il suo caratteristico stagno anch'esso
soggetto a vincolo». Alle voci critiche ora si aggiunge così anche quella di
questo gruppo di residenti. Intanto la petizione (lanciata un anno fa da Fiab,
Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For
Future e Uisp Fvg) non si è fermata. E pure ieri ha raccolto delle nuove firme:
ora sono oltre 16.800.
Lilli Goriup
Russo (PD) si prepara a catalizzare il dissenso "Da gennaio
raccoglieremo le firme per il referendum"
«A gennaio parte la raccolta firme per istituire il referendum sull'ovovia». Lo
annuncia il consigliere comunale del Pd Francesco Russo. Come raccoglierà le 12
mila firme necessarie? «Tramite una grande chiamata cittadina. Assieme ad Adesso
Trieste, M5s e Punto Franco, proporrò di creare un contenitore unico per
mobilitare il dissenso, invitando anche le associazioni, i comitati spontanei
che stanno nascendo. Organizzeremo banchetti sul territorio, nell'ottica di un
più generale rilancio dei temi legati ai rioni. Sono fiducioso».Che idea si è
fatto sul convegno in Porto vecchio? «È la dimostrazione che il centrodestra
vuole agire da solo. Non mi ritengo soddisfatto da quanto ho sentito. Manca una
visione complessiva che giustifichi l'investimento: non sappiamo quante persone
si muoveranno da e per Porto vecchio. La bora è un problema oggettivo: secondo i
dati di quest'anno, i giorni di potenziale stop sono saliti a 40. Ci sono i
diboscamenti, i passaggi accanto alle case, le autorizzazioni date per scontate
ma di fatto non ancora ottenute da Regione e Soprintendenza».Esiste
un'alternativa possibile? «Mi sono informato con il ministero. Si può modificare
il progetto realizzandone un altro di mobilità sostenibile, sia con fondi Pnrr
che ministeriali ordinari. È ora di metterci attorno a un tavolo per trovare una
soluzione alternativa all'accesso Nord della città. C'è ad esempio la
possibilità di potenziare il tram, da piazza Oberdan fino a Porto vecchio. Sfido
il sindaco ad avviare un reale confronto su questi temi in Consiglio comunale,
dato che c'è pure il rischio che l'aula sia esautorata nel caso la cabinovia
venisse trattata tramite un Accordo di programma»
l.g.
Babuder (FI) pronto a occasioni di confronto. "No a strumentalizzazioni.
Serve un approccio laico"
«Di qui in poi servirà un'informazione capillare, da parte del Comune, per far
capire il progetto». Il presidente della Commissione Lavori pubblici del
Consiglio comunale Michele Babuder (Fi) ha un approccio laico alla cabinovia.
Circolano inesattezze? «L'opera è stata vittima di una comunicazione
inizialmente sbagliata: l'ha presentata come un'opera sensazionalistica durante
una delle fasi peggiori della pandemia». Il tram di Opicina può sostituire la
cabinovia?«No, sono due cose profondamente diverse. Il progetto della cabinovia
nasce per alleggerire l'ingresso Nord della città: parliamo di 15 mila auto al
giorno, spesso posteggiate in Porto vecchio, senza ricadute nella cassa
comunale. Ma all'antico scalo si vorrebbe dare un'impronta ciclo-pedonale. E il
park previsto nell'ultima variazione di bilancio può liberarlo in questo senso:
sono tutti aspetti da valutare».E il referendum cittadino? «Non si può dire no a
priori a un progetto, prima di averlo approfondito in commissione, e prima di
conoscerne la versione definitiva. Ma alcuni consiglieri comunali e
circoscrizionali di opposizione, invece di informarsi con gli uffici come da
loro prerogativa, hanno tolto spazio ai cittadini, intervenendo durante il
dibattito in Porto vecchio. Quel momento era tuttavia pensato per la
cittadinanza».E adesso?Da presidente di commissione non voglio schierarmi a
priori pro o contro l'opera, ma dare il mio contributo imparziale affinché le
persone si formino un'opinione informata: è ancora presto. Se davvero l'opera
danneggiasse il Bosco Bovedo, da barcolano sarei il primo a dirlo. La mia
commissione è a disposizione di categorie e associazioni. Presto incontrerò
l'architetto William Starc».
l.g.
Ferriera di Servola - Ultime demolizioni nell'area a caldo autorizzate
da Roma-
Attesa finita: i ministeri consentono di abbattere le palazzine. Ora manca
la fumata bianca su piazzali e permuta di terreni
Un regalo di Natale per la riconversione della Ferriera. Era atteso da marzo ed
è arrivato a ridosso delle feste il via dei ministeri della Transizione
ecologica e dello Sviluppo economico alla demolizione delle strutture in
muratura nel comprensorio di Servola. Il benestare permetterà alla società Icop
di abbattere gli edifici ancora in piedi nell'ex area a caldo. Il passo avanti
nel processo di riqualificazione è importante, ma servono altre due firme
ministeriali per concludere il complesso iter delle autorizzazioni, che ha
accumulato un anno di ritardo sulle previsioni. La prima parte delle demolizioni
ha riguardato le strutture di metallo ed è andata a grande velocità. Lo skyline
di Servola è radicalmente mutato dopo la cancellazione dei due altoforni, ma poi
le cose si sono fermate. L'ok al secondo step sembrava essersi impantanato:
nonostante la firma del direttore generale del Mise fosse stata apposta a marzo,
non erano infatti mai arrivati gli autografi dei ministri. Che ora ci sono. La
burocrazia ci ha messo nove mesi per passare dalla firma del direttore a quella
dei ministri, ma il costruttore Vittorio Petrucco, presidente di Icop e socio di
minoranza della società che gestisce l'attigua Piattaforma logistica, non lo
considera tempo buttato: «In questi mesi abbiamo potuto rivedere
l'organizzazione dell'area. Rfi ha dato un contributo importante per definire un
layout più razionale per il passaggio dei binari e Hhla Plt ha avuto modo di
ragionare con calma sul terminal. Questo tempo è stato perfino utile a
migliorare l'Accordo di programma, ma ora non se ne deve perdere altro, perché
il progetto è maturo». La Icop può demolire ciò che resta di cokeria e
agglomerato. Ma per procedere, alla società serve ancora l'autorizzazione alla
cosiddetta messa in sicurezza permanente, relativa alla realizzazione della
nuova pavimentazione dei piazzali che ospiteranno il terminal portuale e la
stazione merci di Servola, per la quale Autorità portuale e Rfi hanno intanto
definito l'intesa su progetto e costruzione. Il decreto di Misp è legato a
quello per la demolizione, perché norma il processo di trattamento e riutilizzo
dei detriti dello smantellamento, che saranno impiegati per livellare le quote
del comprensorio. Petrucco spiega che «entro questa settimana presenteremo al
Mite il progetto definitivo di Misp, dopo i chiarimenti forniti a maggio
rispetto alla prima versione sottoposta al ministero. Speriamo si proceda
speditamente, anche perché vanno considerate le scadenze del Pnrr: fondi che non
possono essere persi» e che tra nuova stazione di Servola e messa in sicurezza
dei terreni prevedono quasi un centinaio di milioni di euro. Lo Stato ne mette
altri 41 per il consolidamento della linea di costa, sbloccati in seguito alla
visita agostana del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. La
gara d'appalto dovrebbe essere bandita a breve da Invitalia, con l'obiettivo di
creare una barriera in muratura per consolidare la costa e arginare i terreni
inquinati. Se la riconversione a uso portuale ha accumulato un anno di ritardo
rispetto a quanto previsto, procede secondo i piani il potenziamento del
laminatoio a freddo da parte di Arvedi, che conta di mettere in funzione i
macchinari nell'autunno 2022. Anche qui, manca tuttavia ancora la definizione
della permuta di terreni pubblici e privati fra società dell'acciaio, Autorità
portuale e Demanio. Anche questo confronto sta richiedendo un anno in più del
previsto e l'ad Mario Caldonazzo aveva scritto un'accorata richiesta d'aiuto al
governatore Massimiliano Fedriga. Ora i nodi più complessi sembrano sciolti e si
spera di firmare in primavera, consentendo ad Arvedi di avere un quadro certo
sulla proprietà dei terreni del laminatoio e ad Icop di conoscere con esattezza
i confini delle aree utilizzate da Hhla come terminal del Molo VIII.
Diego D'Amelio
Con il via libera addio a cokeria e agglomerato
- il percorso
Tre immagini del comprensorio dell'area a caldo della Ferriera di Servola al
termine della prima fase di demolizione. Cockeria e agglomerato attendono da
mesi l'abbattimento, che nel caso della ciminiera dovrebbe avvenire con
l'impiego di una carica di esplosivo. Dopo la demolizione, i detriti
riutilizzabili saranno bonificati con appositi macchinari e impiegati come fondo
su cui realizzare i piazzali in calcestruzzo. La parte di macerie non
riciclabile sarà invece smaltita in discarica.
IL PICCOLO - VENERDI',
24 dicembre 2021
Efficienza energetica: oltre il 50% delle case fuori norma in regione.
Si cambia nel 2030
La UE fa retromarcia sul divieto di vendere o affittare gli immobili nelle
classi basse, ma pone delle scadenze per i lavori di miglioria
La Commissione europea fa un passo indietro sulla proposta di direttiva
sull'efficienza energetica degli immobili, depennando dalla bozza circolata
nelle ultime settimane il divieto di affittare e vendere gli immobili più
inefficienti dal punto di vista energetico. Un sospiro di sollievo per i
proprietari di immobili della nostra regione, dove oltre il 50 per cento degli
edifici residenziali ricade nei valori di classificazione più bassi. Ma
l'obiettivo della Ue di migliorare l'efficienza energetica, classificata secondo
una scala dalla A4 (più efficiente) alla G (meno efficiente), permane. A questo
proposito, Bruxelles propone che il 15% del patrimonio edilizio con le peggiori
prestazioni di ciascun Paese membro, debba passare, per quanto riguarda gli
edifici pubblici e non residenziali, dalla classe G alla classe F entro il 2027
e alla classe E entro il 2030. Gli edifici residenziali avranno invece tempo
fino al 2030 per portare il proprio certificato a livello F e fino al 2033 per
portarlo alla classe E. Per comprendere la portata della proposta, è bene tenere
in considerazione come l'Enea, elaborando i dati della Regione e del catasto
degli Ape (attestato prestazione energetica) regionali, riferisca di due terzi
degli immobili nella fascia meno green. La fotografia racconta come, degli
attestati per classe energetica acquisiti tra il 2016 e il 2019, in Friuli
Venezia Giulia solo il 2,06% faccia riferimento alla A4; oltre il 50% ricade
invece in classe G (27,79%) o F (23,60%), il 17,22% nella E.Una situazione,
quella della nostra regione, più rosea rispetto ad altre zone del nostro Paese,
ma che comunque dovrebbe imporsi una fitta road map di interventi per adeguare
gli edifici con le peggiori prestazioni energetiche. La direttiva prevede delle
esenzioni per tutti quegli edifici che sono considerati storici, dedicati al
culto, protetti o inferiori a 50 metri quadrati come estensione. «Il bonus 110%,
con la cessione del credito, va in questa direzione, risponde già a queste
dinamiche e dimostra come il Governo abbia avuto una visione intelligente -
constata il presidente regionale di Fiaip Stefano Nursi -. Ai proprietari
immobiliari bisogna ormai far capire - aggiunge - che gli incentivi fiscali
vanno colti per avere una casa che vale di più e consuma meno». Il presidente di
Fiaip Trieste Filippo Avanzini, sollevato dal cambio di marcia della Commissione
europea, valuta come «la classe energetica andrà d'ora in poi a incidere sempre
di più sulla valutazione commerciale degli immobili», e ricorda che comunque
«esiste già l'obbligo di esibire l'Ape persino per commercializzare un
immobile». Filippo Avanzini indica inoltre che il 65-70 per cento degli immobili
presenti nella provincia di Trieste ricade nelle ultime tre classi energetiche.
Il costruttore Donato Riccesi va cauto, preferisce attendere l'approvazione
definitiva della normativa europea, ma illustra come «al di là del centro
storico, dove sui palazzi insistono anche vincoli di diverso tipo, nelle nostre
periferie ci sono per lo più condomini degli anni Cinquanta e Sessanta
classificati in classe G e F. Il bonus 110%, che consente il salto di due classi
energetiche, va nella giusta direzione, ma - aggiunge ancora il costruttore - va
strutturato al meglio e non gestito con proroghe di tre mesi in tre mesi,
creando così - conclude Donato Riccesi - grande confusione e incertezza».
Laura Tonero
Gestione dei rifiuti ad "alta tecnologia" Si punta al Pnrr - la delibera di giunta
Nel corso dell'ultima riunione della giunta comunale di Trieste, presieduta dal
sindaco, su proposta dell'assessore alle Politiche del Territorio Sandra Savino,
è stata approvata la delibera sulle proposte di progetto relative alla gestione
dei rifiuti urbani che potranno essere finanziati dal Pnrr.«Le proposte
individuate la Comune attraverso la proposta tecnica di AcegasApsAmga prevedono
- ha spiegato l'assessore Savino - la realizzazione di nuovo centro di raccolta
nella zona sud-est della città (450.000 euro) ipotizzando tre aree limitrofe
all'ex inceneritore di via di Giarizzole; il progetto sperimentale Smarty con l'
introduzione alla raccolta stradale intelligente (primo lotto obbligatorio,
investimento un milione) attraverso contenitori smart automatici, con sistema di
riconoscimento dell'utenza; isole interrate (un milione), nell'ottica
dell'avviata riprogettazione totale di piazza Sant'Antonio che elimini l'isola
di via San Spiridione. Infine Big Belly (investimento 280.000), con
l'introduzione di 15 batterie da 3 cestini compattanti smart a ricarica solare».
Assegnati i premi sugli ecosistemi ai nuovi laureati - la premiazione
Dopo gli incontri, i confronti e gli approfondimenti, e dopo la realizzazione
dei cartelloni che impreziosiscono alcuni itinerari sul territorio, il premio di
laurea. Si è concluso così il progetto "Gli ecosistemi e le acque
dell'Isontino", finanziato da Coop Alleanza 3.0 e coordinato da Legambiente, che
ha visto come partner d'eccezione in questi ultimi due anni Irisacqua, Consorzio
di bonifica Vg, Associazione fiume Judrio e Università di Udine. E proprio
l'ateneo friulano ha proposto di istituire il premio rivolto a brillanti
laureati e alle loro tesi, che arricchisce un percorso che ha portato nel tempo
alla realizzazione di 4 incontri sul tema degli ecosistemi acquatici, del
cambiamento climatico, della natura e della storia di alcuni corsi d'acqua
dell'Isontino, ma anche alla collocazione di ben 9 cartelloni naturalistici e
storici, di cui 4 già posizionati nella Piana del Preval. Il premio di laurea,
invece, voleva valorizzare i lavori degli studenti sulle tematiche vicine al
progetto.Il primo premio, da 1.000 euro, è andato alla tesi magistrale di
Alessia Pizzutti, neodottoressa in Scienze e tecnologie per l'ambiente e il
territorio, che ha proposto uno studio degli effetti idrologici dei cambiamenti
d'uso del suolo nel bacino del Torre dal 1957 al 1984. Un premio da 500 euro è
andato invece a Silvia Clinori, laureatasi in Scienze per l'ambiente e la natura
(triennale) e autrice della tesi su "Accumulo di mercurio in orzo cresciuto in
suoli contaminati". Menzioni speciali, assieme ad un cesto di Natale con
prodotti Fiorfiore Coop, sono state assegnate invece a Marta Pieri (laurea
triennale in Scienze Agrarie), Silvia Tirel (laurea magistrale in Gestione del
turismo culturale e degli eventi) e Dorian Dervishi e Jacopo Santarossa (neo
dottori in Architettura).Alle premiazioni hanno preso parte il ricercatore e
docente di Uniud Francesco Boscutti, il coordinatore del progetto Luca Cadez, il
presidente regionale di Legambiente Sandro Cargnelutti e il membro del cda di
Coop Alleanza 3.0 Mauro Grion.
M.B.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
23 dicembre 2021
Dissequestrata la piscina terapeutica
Dipiazza "Chiederò la disponibilità della struttura per pulirla dalle
macerie e verificarne la recuperabilità tecnica"
Un insistito aneddoto narra che Napoleone volesse accanto a sè solo generali
fortunati: con il còrso, Dipiazza avrebbe fatto la carriera di Murat o di Ney o
di Massena. Un borgomastro formato "Gastone", come il personaggio baciato dalla
dea bendata creato da Walt Disney, chiude il 2021 con un filotto vincente: il
gip Massimo Tomassini ha infatti proceduto al dissequestro della piscina
terapeutica "Acquamarina", la cui parte superiore crollò rovinosamente lunedì 29
luglio 2019. C'è da ringraziare l'Onnipotente che fosse un lunedì, perché era
giornata di chiusura. A distanza di due anni e mezzo da quel drammatico evento -
che ha privato Trieste di una struttura molto frequentata in particolare da
un'utenza interessata ad attività riabilitative - si riapre la prospettiva di un
recupero dell'impianto situato in Sacchetta: adesso Dipiazza dispone di 5
milioni di euro, frutto della somma di 1 milione comunale, di 2 milioni
regionali, di 2 freschi milioni statali provenienti da un emendamento forzista
alla Finanziaria passato in commissione Bilancio al Senato. Il dissequestro
veniva considerato imminente ma si riteneva transitasse nell'anno nuovo, invece
il magistrato lo ha accelerato. «Avevo interpellato il giudice un mese fa -
racconta Dipiazza euforico - mi fa piacere che abbia assunto una decisione che
renderà più rapido l'esame relativo alle condizioni dell'edificio». Il sindaco
abbozza un cronoprogramma abbastanza artigianale: «Una volta ottenuta
l'autorizzazione all'ingresso nello stabile, farò sgomberare le macerie e darò
disposizione ai tecnici comunali di verificare la recuperabilità della
struttura. Qualora si confermi tale recuperabilità, uno dei primi interventi
riguarderà l'impiantistica, che sarà rifatta con tubazioni esterne, per evitare
che accada quello che è accaduto con quelle previste dal progetto
originario».Per Dipiazza il recupero della terapeutica in Sacchetta è una
soluzione ponte, in attesa che si concretizzi la "grande" piscina in Porto
vecchio. «Trieste, con una popolazione di 200.000 abitanti - argomenta il
sindaco - può permettersi due impianti, così da assorbire la clientela che oggi
deve recarsi in Slovenia. La terapeutica in Sacchetta è piuttosto modesta, ma
abbiamo un contratto fino al 2029, firmato ai tempi della giunta Illy, e lo
rispetteremo». Su quello che dovrebbe essere realizzato in Porto vecchio,
Dipiazza non ha grandi novità: si procede con i due progetti concorrenti, che
sono quello del trinomio Petrucco-Tria-Terme Fvg e quello della spagnola Supera,
il primo dal valore di 35 milioni e il secondo da 15 milioni. Sullo stato
progettuale e sui tempi uno scorrevole «stiamo lavorando». Il fascicolo penale
sul crollo della terapeutica è seguito dal pm Pietro Montrone, che ha iscritto
18 persone nel registro degli indagati. In ottobre era stato reso noto il
contenuto della cosiddetta perizia "bis", redatta - come la prima - da Gaetano
Russo, ordinario di Tecnica delle costruzioni nell'Università di Udine. Esito
impietoso: errori nei calcoli in fase di progettazione e gravi violazioni delle
norme tecniche nell'ultimo intervento di manutenzione.
Massimo Greco
«Ora serve concretezza per dare risposte a oltre 4 mila utenti» -
il coordinamento guidato da Verin
«È una grande notizia, ora però ci aspettiamo concretezza da parte delle
istituzioni per dare risposta agli oltre 4 mila utenti che usufruivano della
struttura». Federica Verin, portavoce del Coordinamento Nuova Piscina
Terapeutica, sorride alla notizia del dissequestro di Acquamarina, arrivato a
quasi due anni e mezzo dal crollo del tetto. «Il primo passo fondamentale -
spiega Verin - è un tavolo del Comune con l'Autorità portuale, il Demanio
marittimo e il Coordinamento per rivedere la scadenza della concessione
dell'area visto che l'attuale terminerà nel 2029 e dobbiamo ragionare su un
investimento sulla salute che sia duraturo nel tempo. Poi, vista l'attesa di
oltre due anni, ci aspettiamo un confronto e una condivisione sulla
progettazione della nuova struttura che dovrà rispondere concretamente alle
necessità in termini di servizi e di numero di utenti. Siamo rimasti in strada
per un lunghissimo periodo e abbiamo raccolto oltre 8 mila firme già depositate,
ora vogliamo una struttura adeguata da ogni punto di vista. L'amministrazione
deve decidere se percorrere insieme questa strada». Oltre 10 mila gli ingressi
annui e le liste d'attesa erano particolarmente lunghe, dall'anno e mezzo per
gli ambulatori ad un anno per alcuni corsi. «È giusto fare una riflessione su
possibili spazi aggiuntivi - sottolinea Verin - anche alla luce di quelle che
potrebbero essere le nuove necessità legate al long Covid». Un recupero di
Acquamarina non esclude l'impianto in Porto vecchio, «anzi, vista la grande
domanda da parte dell'utenza», conclude Verin.
Andrea Pierini
Lubiana studia il raddoppio di Krsko La proposta di Tondo: «Entriamo in
società» - il caso Trieste
Il deputato suggerisce di investire nell'opera Il consigliere Morettuzzo:
«No al nucleare»
Vista la vicinanza, tanto vale provare a guadagnarci qualcosa, e non limitarsi a
correre i rischi. È questo, in sintesi, il pensiero del deputato di Noi con
l'Italia Renzo Tondo, intervenuto in Aula sul raddoppio della centrale nucleare
di Krsko. «Stanno cercando finanziamenti per potenziale la centrale - le parole
dell'ex governatore -; perché non pensare di partecipare in società
all'investimento?». Dichiarazioni che non devono essere andate giù ad altri
esponenti politici in regione, come il consigliere regionale del Fvg del Patto
per l'Autonomia Massimo Moretuzzo, che ha messo subito le mani avanti: «Gli
italiani sul nucleare si sono già espressi, contrariamente», quindi meglio
tenersene alla larga, anche perché la notizia del raddoppio «è molto
preoccupante». Il dibattito sull'atomo, in particolare in un momento di alti
costi dell'energia, accende sempre il dibattito in una regione come il Fvg, che
dista poco dal paese sloveno che ospita il reattore (poco più di 180 chilometri
da Trieste). Secondo Tondo, considerato che l'impianto sloveno, che è
partecipato da Lubiana e Zabagria, «non ha mai dato problemi, occupa 600
persone, garantisce 100 milioni di euro all'anno di redditività ai governi
sloveno e croato, e visto che l'energia pre Covid in Slovenia costa il 28 per
cento in meno», l'Italia «potrebbe partecipare al processo di potenziamento
della centrale». Secondo Tondo «sarebbe un'ipotesi importante dal punto di vista
economico e la nostra presenza sarebbe ulteriore garanzia di sicurezza». Come
detto, la vede molto diversamente Massimo Moretuzzo, che invita «le istituzioni
statali e locali ad avviare tutte le azioni necessarie affinché, fuori e dentro
i confini dello Stato italiano, le centrali nucleari non rappresentino una
minaccia per la sicurezza delle nostre comunità. Accogliendo la mozione del
Patto per l'Autonomia, che chiedeva alla Giunta di prendere posizione contro il
raddoppio dell'impianto vicino a Trieste, la Regione - aggiunge - ha espresso la
netta contrarietà alla costruzione del secondo reattore». Moretuzzo menziona
anche «i rischi conclamati rappresentati dalla presenza della centrale di Krsko,
a partire dall'elevato rischio sismico».
El. Col.
SEGNALAZIONI - Trasporti - Due tranvie anziché l'ovovia
Egregio direttore, mi aggancio al brillante intervento di Roberto Barocchi per
ricordare che l'assessore comunale competente riguardo all'ovovia dichiarò al
Piccolo che ci vorrebbero almeno 3 milioni di passeggeri l'anno per tenere in
equilibrio economico questo impianto. Dove pensa di trovare 3.000.000 di persone
l'anno, ogni anno? Forse dispone di un programma magico che richiami tutti
questi passeggeri? Mi pare che parlare di 18.000 utenze giornaliere sia
semplicemente fantascientifico e privo di supporto concreto. Quindi una tramvia
prolungata magari fino a Barcola e una verso Servola sarebbero molto più utili e
ben accette dai cittadini. Trieste ne guadagnerebbe nella lotta all'inquinamento
centrando i programmi dell'Unione europea. Che poi l'Ue ci stanzi denari per
un'ovovia mi pare solo frutto di mancanza totale di conoscenza del territorio e
delle necessità cittadine. Non ci resta altro che sperare nelle Comunelle per
salvare quel poco di verde che ci rimane sul ciglione carsico.
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
22 dicembre 2021
Interventi per 6 milioni nell'edilizia scolastica a partire da via
Forlanini.
Il cantiere più impegnativo in termini di risorse, 2,5 milioni, ripartirà a
giugno dopo il via della scorsa estate. Manutenzioni e adeguamenti dai nidi alle
medie.
Quasi sei milioni di euro per l'edilizia scolastica. Il piano di interventi, che
vanno di qui al 2022, è stato illustrato dagli assessori comunali Elisa Lodi
(Lavori pubblici) e Nicole Matteoni (Educazione e Famiglia) ieri in conferenza
stampa in Sala della giunta. Gli interventi coinvolgono complessivamente circa
35 edifici di ogni grado di competenza municipale, dai nidi d'infanzia alle
scuole medie. Riguardano manutenzioni straordinarie e adeguamenti di varia
natura, anche alla luce delle nuove esigenze spaziali imposte dall'era
pandemica. E, negli auspici dell'amministrazione comunale, rappresentano un
tassello all'interno di un mosaico più ampio. All'orizzonte ci sono infatti i
bandi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), in scadenza a fine
febbraio.
Via Forlanini
«La volontà di intervenire sui plessi scolastici è in continuità con quanto già
impostato dall'amministrazione di centrodestra nella scorsa legislatura», ha
spiegato Lodi: «I lavori sono stati avviati quest'estate, ad agosto,
compatibilmente con l'attività didattica. In generale sono volti a effettuare
manutenzioni straordinarie, ad adeguare gli spazi alle esigenze della didattica
e a quelle della normativa in costante evoluzione, specie in epoca di pandemia.
La principale voce di spesa riguarda risanamento ambientale e consolidamento
strutturale del complesso scolastico di via Forlanini».Qui sono stati stanziati
2 milioni 530 mila euro, ha spiegato ancora Lodi, derivanti da fondi statali del
bando periferie. I lavori, cominciati appunto quest'estate su alcuni gruppi di
aule, sono stati interrotti per permettere l'avvio dell'anno scolastico;
riprenderanno a giugno 2022, per completarsi entro l'avvio del nuovo anno
scolastico. Li esegue l'impresa Tecnica e Restauri srl.
Nidi e materne
A parte via Forlanini, il resto delle opere sarà finanziato da fondi del Comune.
Più nel dettaglio, un secondo blocco di spesa da 1 milione 750 mila euro è
destinato soprattutto ad asili nido e materne: le ditte esecutrici sono Impre,
Alpina, Riadattare, Cramer e Dibetta. Al suo interno rientra ad esempio un lotto
da 500 mila euro per realizzare lo spogliatoio del personale al Delfino Blu,
rifare i bagni degli alunni e il manto di copertura con nuova guaina alle Stelle
alpine, sostituire i serramenti esterni e pitturare le aule alla Stella marina.
Altri 500 mila euro serviranno alla messa in sicurezza dei solai nelle scuole
primarie Lona, Marin, Roli. Nei nidi Primi amici e Bosco magico saranno eseguiti
i lavori di prevenzione incendi, mentre all'Acquerello saranno motorizzate le
tapparelle e ulteriori manutenzioni straordinarie saranno fatte ai Frutti di
bosco, Colibrì, Isola felice, Elmer, La barchetta, Luna allegra, Verdenido e
Zucchero filato. Coinvolte anche le scuole dell'infanzia Cok, Don Marzari,
Sergio Laghi e Scuola del Sole.
Elementari e medie
Il terzo blocco di spesa (1 milione 600 mila euro) spetta a scuole elementari e
medie: coinvolge le imprese Ilse, Omnia, Innocente e Stipanovich, Benussi e
Tomasetti. Anche qui saranno eseguiti vari interventi di manutenzione
straordinaria, adeguamento alle esigenze didattiche e alle norme vigenti in
continua evoluzione. Il lotto principale di spesa riguarda l'adeguamento degli
spazi didattici della scuola Brunner (700 mila euro). Saranno toccate anche le
scuole Collodi, Battistig, Dardi, Levstik, Marin, Morpurgo, Roli, Stock,
Tarabocchia, Trubar, Venezian, Zupancich. Accanto a tutto ciò, in previsione ci
sono degli interventi minori, di manutenzione ordinaria, su altrettante
strutture scolastiche, in global service. E non solo.
Uno sguardo al PNRR
Sempre in ambito di edilizia scolastica, il Comune sta lavorando per partecipare
ai bandi di finanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in
scadenza a fine febbraio: da questo potrebbero derivare cifre e quindi
operazioni importanti.«Ringrazio i Lavori pubblici e l'assessore Lodi per
l'impegno profuso in questo importante settore d'intervento», ha affermato
Matteoni: «Ma i soldi non bastano mai. Infatti confidiamo molto nell'arrivo dei
fondi regionali promessi in questa legge finanziaria dall'assessore regionale
competente». Al contempo «stiamo lavorando con gli uffici dei Lavori pubblici
per partecipare ai bandi Pnrr in scadenza a fine febbraio. In corso un grande
lavoro di progettazione, da parte del Comune, che ci vede impegnati anche negli
incontri promossi da Ministero e Anci per capire come presentare al meglio la
domanda. L'auspicio è di eseguire interventi sia di nuova costruzione che di
manutenzione a beneficio dei nostri bambini e ragazzi».
Lilli Goriup
Da Roma in arrivo 2 milioni per la piscina Acquamarina
Approvato in Commissione bilancio del Senato l'emendamento di Dal Mas (Fi)
L'assessore Savino: «Passo per la ristrutturazione in attesa del dissequestro»
Da Roma sono in arrivo due milioni di euro per «interventi di manutenzione su
impianti sportivi e terapeutici». Tradotto: il ripristino della piscina
Acquamarina. Questo grazie a un emendamento presentato da Forza Italia alla
legge di Bilancio nazionale 2022. Nel frattempo a Palazzo Cheba circola la voce
di un possibile dissequestro del sito, imminente, nei primi mesi del prossimo
anno. Ieri ha superato l'esame da parte della commissione Bilancio del Senato la
manovra, che adesso in teoria deve passare al vaglio dell'aula di Palazzo
Madama, prima di Natale, e quindi approdare alla Camera entro la fine dell'anno.
Tra i vari emendamenti a raffica, è stato approvato pure quello presentato dal
senatore forzista pordenonese, Franco Dal Mas, a proposito della struttura della
Sacchetta triestina. A ispirare l'iniziativa è stata invece la sua collega di
partito triestina Sandra Savino, deputata, coordinatrice regionale e ora anche
assessore comunale a Urbanistica e Politiche del Territorio. «Si tratta di una
positiva sorpresa natalizia per Trieste e per i triestini», spiega Savino:
«Soprattutto per coloro che giustamente attendono la riapertura della piscina
Acquamarina a due anni dal crollo. Una struttura riabilitativa di grande
importanza per la fisioterapia delle persone con disabilità, che offre anche
attività acquatiche per le gestanti e corsi di riabilitazione in generale. Siamo
ancora in attesa del dissequestro della piscina del Molo Fratelli Bandiera. Ma
nel frattempo, anche grazie a questo contributo, iniziamo a mettere i mattoni
per la ristrutturazione, non appena saranno tolti i sigilli». Savino si dice
«particolarmente orgogliosa dell'intervento, perché porterà beneficio alla città
intera: non era scontata l'approvazione, ma il risultato è stato raggiunto
grazie alla perseveranza della delegazione parlamentare di Forza Italia Fvg.
L'importante era portare a casa il risultato: ringrazio il senatore Dal Mas per
la grande collaborazione dimostrata». Infine il commento squisitamente politico.
«L'Acquamarina era stata argomento di campagna elettorale», conclude Savino:
«Questa è una risposta concreta. A chi poi mi ha criticato insinuando che io sia
un assessore part-time a causa del mio impegno romano, faccio notare come questa
sia invece la prova dell'importanza di avere dei buoni rapporti parlamentari,
per ottenere risultati altrimenti difficilmente raggiungibili». La notizia in
arrivo dal Parlamento ieri pomeriggio ha fatto irruzione in Consiglio comunale,
dove contemporaneamente si stava ratificando una variazione di bilancio
municipale, all'interno della quale allo scopo sono già previsti tre milioni di
euro. Il capogruppo di Forza Italia, Alberto Polacco, ha sottolineato il ruolo
del suo partito nell'ottenere il finanziamento statale. A margine ha poi
spiegato alcuni tecnicismi: l'emendamento è stato presentato da Dal Mas non solo
perché l'iter della finanziaria in questo momento si trova in Senato, ma anche
perché quella di ieri era l'ultima occasione utile. Dopo che Palazzo Madama avrà
dato l'ok al lavoro della Commissione Bilancio, la manovra passerà alla Camera,
diventando de facto non modificabile dai singoli parlamentari, poiché sarà
presentato un maxiemendamento riassuntivo da parte del governo con voto di
fiducia. L'assessore alle Politiche finanziarie, il leghista Everest Bertoli, ha
aggiunto che, benché in maniera ufficiosa, si parla di un possibile dissequestro
dell'Acquamarina a inizio 2022.
l. gor.
La Cgil rilancia l'ipotesi di un referendum sul tema del laminatoio
- la consultazione tra gli iscritti
MUGGIA. La consultazione sul laminatoio che la Cgil aveva lanciato il 13
novembre rivolgendosi ai suoi 1.300 iscritti nel territorio non ha sortito
l'effetto sperato: sono giunti solo 252 questionari compilati. L'hanno riferito
l'altro giorno a Muggia i sindacalisti Spi- Cgil Nicola Del Magro e Gianni
Menegazzi. Per Menegazzi «resta comunque la soddisfazione di aver portato a
termine un lavoro svolto nell'interesse della comunità per il suo futuro. Devo
constatare però che il tema, superate le elezioni, si è un po' assopito». Dal
Magro ha evidenziato come siano emersi dai questionari «quattro punti
fondamentali: la volontà di partecipazione democratica dei cittadini nelle
scelte di carattere economico-industriale da parte della pubblica
amministrazione, il valore dell'ambiente e dei controlli sul territorio,
l'attenzione al buon lavoro e alla buona occupazione e i giudizi sulle
amministrazioni regionale e comunale. La stragrande maggioranza dei rispondenti
- ha chiarito Dal Magro - ha sostanzialmente richiesto al Comune un referendum
prima che venga presa qualsiasi decisione sul progetto. Noi presentiamo al
sindaco questa richiesta. Coloro che hanno risposto si sono dichiarati
favorevoli alla creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani e
i disoccupati». Sul tema del ruolo delle istituzioni il passaggio è apparso più
complicato: «Giudizio negativo - ancora Dal Magro - è stato espresso nei
confronti dell'operato della Regione, per l'assenza di prese di posizione sulla
questione. Sull'amministrazione comunale la maggior parte non ha espresso un
giudizio univoco, ma è stata richiesta più trasparenza e partecipazione».
Presenti all'incontro il consigliere della Lista Bussani Dejan Tic, che si è
detto «più scettico sulla questione laminatoio di quanto lo sia il mio
schieramento», e quello del Comitato Noghere Sergio Filippi, che ha segnalato
«il disboscamento di un'ampia area di fronte alla Barilla, in cui secondo il
rendering del nuovo impianto dovrebbero sorgere l'area di stoccaggio e parte
dell'impianto di laminazione».
LU.PU.
Rischio crisi energetica. La Slovenia non esclude di anticipare Krsko2.
L'annuncio del numero uno del colosso statale Gen-Energija: possibile
un'accelerazione sul reattore bis per contenere i costi. La decisione definitiva
attesa inizialmente per il 2027.
Belgrado. Non solo non c'è alcuna retromarcia. Ma, al contrario, viene evocata
anche una possibile accelerazione, se la crisi energetica col conseguente
aumento dei prezzi dovesse subire nuove escalation in futuro. È lo scenario
nella vicina Slovenia, dove continua a tenere banco il tema del nucleare con il
programma di un secondo reattore all'impianto di Krsko. A ravvivarlo, è stata in
questi giorni una fonte autorevole all'interno di Gen-Energija, il colosso
statale sloveno che, assieme alla croata Hrvatska elektroprivreda (Hep),
controlla la centrale nucleare. Si tratta di Danijel Levicar, "chief operating
officer" di Gen-Energija, che ha confermato ai media che Lubiana «prenderà una
decisione definitiva sull'investimento» per il secondo reattore a Krsko entro il
2027, ha riferito il portale economico specializzato SeeNews. Fin qui nessuna
novità, dato che già in passato Lubiana - in testa il ministero delle
Infrastrutture - aveva stabilito proprio quella data come momento chiave per
chiarire il futuro dell'impianto e del secondo reattore. Ma Levicar si è spinto
oltre, fornendo nuovi e più attuali dettagli. La decisione, infatti, potrebbe
addirittura essere anticipata, tenendo conto degli scenari globali sempre più
foschi sul fronte dell'energia. «Se le cose diventano più difficili, allora
saremo sotto pressione per prendere quella decisione» ben prima, forse già in un
vicino «domani», ha aggiunto Levicar. Il secondo reattore, ha aggiunto l'alto
funzionario, è indubbiamente - nella visione di Lubiana - la soluzione più
logica e azzeccata, perché «ridurrebbe notevolmente i prezzi dell'elettricità» e
soprattutto diminuirebbe la dipendenza energetica dall'estero. E questo è un
plus da non sottovalutare, non solo per Lubiana, ma in genere per tutti i
Balcani e l'Europa centro-orientale. E darebbe respiro anche alla vicina
Croazia, dove «un singolo reattore», quello di Krsko condiviso con la Slovenia,
«non basta a soddisfare la crescente domanda di energia», ha specificato SeeNews.
Certo, si tratta di un progetto a lungo termine, ma fare una centrale è come
«piantare alberi, un progetto intergenerazionale con i figli e nipoti che ne
godranno i frutti», ha fatto osservare Levicar, citato dal Delo. Parole, quelle
dell'importante manager di Gen-Energija, che confermano che la Slovenia fa sul
serio. D'altronde i segnali c'erano tutti. Quello più importante era arrivato
solo a metà luglio, quando il ministero delle Infrastrutture aveva concesso il
permesso energetico per la costruzione del secondo reattore, una mossa- chiave
per permettere a Gen-Energija di indirizzarsi sulla strada per la realizzazione
di "Krsko-2". Permesso che darà avvio «al più ampio dibattito possibile» sul
nucleare, aveva aggiunto ai tempi il titolare del dicastero, Jernej Vrtovec,
mentre il suo ministero, è emerso a novembre, è impegnato nel prolungare la vita
dell'impianto esistente fino al 2043. Se tutto andrà come da programma, Lubiana
potrebbe avere la seconda unità tra il 2033 e il 2034, un progetto «ambizioso ma
fattibile», ha detto sempre Vrtovec il mese scorso, forte del consenso che
sembra esserci in Slovenia, tra istituzioni, imprese ed esperti, sulla necessità
di perseverare sulla scelta del nucleare, sostenuta tra gli altri anche dal
presidente della Repubblica Borut Pahor. Ma fuori dai confini nazionali gli
umori sono ben diversi, in particolare in Austria, dove organizzazioni
ecologiste hanno raccolto decine di migliaia di firme contro Krsko e dove le
stesse autorità sembrano assai poco felici di continuare ad avere una centrale a
un tiro di schioppo.
Stefano Giantin
Tra i paesi dell'Est scatta la corsa all'atomo. Asse Serbia-Russia per
un nuovo impianto.
Forte interesse da Romania, Bulgaria e Polonia. Il governo di Belgrado firma
accordi preliminari con i vertici di Rosatom.
Non solo la Slovenia. Anche un Paese balcanico ancora fuori dalla Ue e
tradizionalmente dipendente dal gas russo e dal carbone autoctono, mai entrato
nel "club dell'atomo", sta a sorpresa guardando al nucleare. Con sempre maggiore
interesse. È la Serbia, dove da settimane tiene banco l'ipotetica e alquanto
controversa questione di una centrale nucleare da costruire direttamente nel
Paese. A tratteggiare l'inedito scenario è stato lo stesso presidente serbo,
Aleksandar Vucic, che ha evocato la possibilità che Belgrado costruisca una
piccola centrale nucleare modulare, nuova tecnologia relativamente più
economica, che garantirebbe l'indipendenza energetica alla Serbia. Di questo la
Serbia starebbe parlando attivamente con Rosatom, il colosso statale russo
dell'energia atomica, ha aggiunto Vucic, richiamando per la prima volta nella
storia lo scenario di una centrale nucleare in Serbia. Le perplessità sono
tuttavia tantissime e riguardano soprattutto i costi. A mettere le mani avanti è
stato lo stesso leader serbo, che ha ammesso che «ci sono delle questioni
relative al finanziamento» di un impianto del genere. I costi in effetti enormi.
Si parla di circa dieci miliardi di euro, una cifra insostenibile per un Paese
dove il governo, per legge, non può spendere troppo, portando il livello del
debito pubblico sopra la soglia del 60% del pil. In ogni caso, il tema non è
archiviato e la Serbia «sta discutendo con Rosatom sui prossimi passi» da
compiere, ha detto Vucic, che in precedenza aveva messo sul tavolo l'idea della
Serbia partecipante alla realizzazione della centrale nucleare magiara di Paks
II, in fase di realizzazione sempre con l'aiuto di Mosca, per garantirsi una
partnership nell'impianto. Da parte sua, il potentissimo direttore di Srbijagas,
il gigante serbo del gas, Dusan Bajatovic, gli ha dato corda: «Dobbiamo avere la
nostra centrale nucleare». Questo perché l'attuale crisi dell'energia non finirà
a breve. Invece, «durerà a lungo, non sarà risolta in un mese o due e la Serbia
non è immune», ha aggiunto. Qualcosa, anche se non di esplosivo, si è mosso, in
questo senso. Rosatom e Belgrado hanno infatti firmato un accordo che prevede,
per il momento, la costruzione di un "Centro per la scienza e la tecnologia
nucleare" (Cnst) nell'arco dei prossimi tre anni. Via libera al Centro, pensato
soprattutto per le ricerche scientifiche e mediche, che rappresenta un passo
«storico nelle relazioni tra Serbia e Russia», ha assicurato il ministro serbo
per l'Innovazione, Nenad Popovic. Ma non c'è solo la Serbia, a Est, a guardare
al nucleare con interesse sempre maggiore, in quella che è anche una battaglia
strategica tra Occidente da una parte, Russia e Cina dall'altra. A rivolgersi a
Ovest è stata sicuramente la Romania, che nel 2020 ha deciso di voltare le
spalle a Pechino - con cui aveva raggiunto precedenti accordi - per la
realizzazione di due nuovi reattori alla centrale di Cernavoda. Romania che ha
invece siglato una nuova intesa per la realizzazione di piccoli reattori
modulari (small modular reactor, Smr) di produzione americana. Parliamo di una
«cooperazione chiave», ha sottolineato il Dipartimento di Stato Usa, riferendosi
al cambio di rotta di Bucarest. Di nucleare si discute anche in Bulgaria, tra i
quattro partiti di diversissima estrazione che compongono il nuovo governo, con
posizione ancora inconciliabili sull'uso di reattori di produzione russa, già
consegnati, per la centrale di Kozloduy. Partiti che stanno discutendo con
asprezza se Sofia deve o meno continuare sulla via del nucleare. «Non possiamo
rimanere senza energia dall'atomo», ha messo le mani avanti il partito
"Continuiamo nel cambiamento", vincitore alle urne e guidato dal neo-premier
Kiril Petkov. Ma sono un po' tutte le capitali dell'Est, da Bratislava a
Varsavia, a guardare al nucleare, la via "verde" - secondo loro - per sottrarsi
al giogo del carbone.
st.g.
Manca l'energia, riaccese in via provvisoria Monfalcone e La Spezia
Emergenza dovuta al freddo e allo stop di 4 impianti in Francia
Il metano costa sempre più caro: sotto l'azione combinata del Generale Inverno,
della crisi ucraina e del ritardo nella certificazione del gasdotto
russo-tedesco Nord Stream 2, il prezzo di riferimento in Europa (contratto Ttf
olandese) ha fatto un balzo del 22% fissando in chiusura il nuovo record di
180,34 euro per MegaWatt/ora (e durante le contrattazioni ha toccato quota
187,20). Intanto la transizione verso le energie verdi fa due passi avanti e uno
indietro: non è un processo lineare, procede a strappi. Così in questi giorni in
Italia sono state riaccese temporaneamente, per necessità di sistema, due
centrali elettriche alimentate a carbone e messe "in sonno", cioè quella
dell'Enel a La Spezia e quella del gruppo A2A a Monfalcone (Gorizia); da notare
che per entrambe è già prevista la riconversione a gas, e nel caso di La Spezia
l'addio definitivo al carbone è fissato a scadenza brevissima, addirittura il
prossimo 31 dicembre, mentre A2A ha avviato l'iter autorizzativo per passare al
metano e completerà l'operazione in una data non ancora determinabile, da qui al
2025, quando tutte le centrali italiane a carbone dovranno essere spente. Come
mai in questi giorni è stato necessario riavviare due impianti a carbone, grandi
produttori di CO2? La società Terna, che gestisce le linee elettriche italiane
ad alta e altissima tensione ed è responsabile dell'equilibrio complessivo del
sistema, ha sondato la disponibilità delle compagnie elettriche, chiedendo loro
di rendere disponibile, per precauzione, un po' di potenza supplementare, in
vista di una possibile ondata di freddo (che aumenta i consumi di energia) e in
previsione dello spegnimento per manutenzione di 4 centrali elettriche in
Francia, nostra fornitrice abituale di elettricità. Enel e A2A hanno risposto a
questa specie di chiamata alle armi rendendo disponibili gli impianti di La
Spezia e Monfalcone. Per quanto il caso di queste due centrali sia circoscritto
e giustificato da cause contingenti, è tutto il sistema-Italia che si sta
allontanando dagli obiettivi della decarbonizzazione, secondo quanto emerge da
un rapporto dell'Enea (l'agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e
lo sviluppo economico sostenibile). Lo studio denuncia un netto peggioramento
(-35%) dell'indice Ispred, elaborato dall'ente per misurare il ritmo della
transizione verde. Francesco Gracceva, il ricercatore dell'Enea che ha curato
l'analisi, dice che «l'andamento molto negativo del nostro indice è legato
principalmente all'incremento delle emissioni, per il maggior utilizzo di fonti
fossili, soprattutto nei trasporti e negli edifici, e mette in luce
l'allontanamento dell'Italia dalla traiettoria di decarbonizzazione e dai nuovi
obiettivi Ue (emissioni di anidride carbonica -55% entro il 2030), con consumi
di energia ed emissioni che nel 2021 crescono più del doppio rispetto alla media
degli aumenti nell'Eurozona». In parte questo era scontato. visto che è in corso
un rimbalzo economico post-pandemia, che comporta (inevitabilmente) anche una
risalita dei consumi energetici, ma non è fisiologico che le nostre emissioni si
discostino così tanto dalla media europea.Le aziende industriali italiane, e in
particolare quelle che consumano più energia, pur se impegnate nell'obiettivo di
tagliare le emissioni a medio/lungo termine si pongono, in questi giorni, un
problema di sopravvivenza immediato, legato ai prezzi dell'elettricità e del gas
che rischiano di strangolarle. Ieri Alessandro Banzato, presidente della
Federacciai (l'associazione delle imprese siderurgiche italiane) si è espresso
così sul caro-energia: «La situazione del nostro settore è molto critica, tanto
che diverse aziende sono a rischio chiusura. Se non si interviene subito per
provare a mitigare un costo dell'energia ormai insostenibile, non solo per le
famiglie ma anche e soprattutto per le imprese, il grande rischio è che molte si
fermino, e che non si riesca ad agganciare la ripresa, come stiamo provando a
fare. Urge che il presidente del Consiglio Mario Draghi apra un tavolo di lavoro
per trovare al più presto delle soluzioni efficaci». -
Luigi Grassia
Meno vincoli Ue per gli aiuti di Stato con obiettivi green - la commissione
La Commissione europea allenta i vincoli sugli aiuti di Stato, purché gli
investimenti servano a sostenere gli obiettivi del Green Deal che prevedono di
ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030 e di azzerarle entro il 2050.
Gli interventi pubblici finalizzati ad agevolare la transizione ecologica
avranno maggiori possibilità di ottenere l'ok di Bruxelles, mentre il sostegno
statale ai combustibili fossili non sarà autorizzato. Un trattamento particolare
sarà riservato al gas naturale, che rappresenta una fonte cruciale nel mix
energetico italiano. La Commissione lo considera «un ponte verso le energie
rinnovabili», ma - come ha spiegato la vicepresidente Margrethe Vestager -
«sappiamo che i ponti non sono una destinazione, per questo l'obiettivo finale
l'eliminazione graduale delle fonti fossili, gas compreso». Il sostegno pubblico
a interventi nel gas dovrà dunque rispettare alcune condizioni per essere
autorizzato dall'Ue bisognerà dimostrare che gli investimenti sono compatibili
con gli obiettivi climatici dell'Ue, che facilitano la transizione dai
combustibili più inquinanti e che non ostacolano lo sviluppo di soluzioni più
ecosostenibili.
MA. BRE.
IL PICCOLO - MARTEDI',
21 dicembre 2021
Cabinovia, Legambiente insiste: «Insostenibile sotto ogni aspetto»
Dall'impatto sul paesaggio fino alle stime sui futuri passeggeri Nulla
convince l'associazione dopo la tre giorni promossa al Tcc
Una bocciatura sotto tutti i profili: dalle previsioni di utilizzo a quelle
geologiche. Andrea Wehrenfennig, presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente
Trieste, per conto del Consiglio direttivo dell'associazione, torna all'attacco
della cabinovia che il Comune vorrebbe realizzare dal Molo IV a Opicina,
passando per il park del Bovedo, alla luce della chiusura della "tre giorni" al
Tcc dedicata al progetto. In una nota viene infatti definito «inammissibile
l'attraversamento del Porto Vecchio: con incroci di cabine 10 metri sopra le
teste, 16 piloni a reggerle e tre edifici di stazione di tre piani. Il tutto è
in contrasto con la bellezza storica, tutelata della zona». L'associazione
contesta duramente anche le stime sul futuro utilizzo dell'impianto da parte dei
pendolari: «La media di 2,5 passeggeri per automobile posteggiata prevista dal
progetto è il doppio del cofficiente medio di riempimento in Italia, che è di
1,2 passeggeri per automobile». Legambiente considera sballati inoltre i dati
legati ai tempi di attesa: «I 511 passeggeri previsti nell'ora di punta per la
tratta Opicina-Bovedo potrebbero aspettare anche 18 minuti. Il che può
scoraggiare chi, arrivato in città, dovrà comunque ricorrere a un altro mezzo di
trasporto». L'aspetto economico viene poi definito «insostenibile» visto che
progetti simili, in città ben più popolose, non hanno dato i risultati che sono
invece previsti a Trieste. «Pesanti» anche gli impatti sulla "popolazione" degli
alberi che dovranno essere abbattuti. E le operazioni sul terreno nella zona da
Campo Romano al Bovedo richiederebbero «fondamenta profonde». Legambiente
fornisce così delle alternative, oltre al tram di Opicina: «La nostra proposta è
di favorire l'arrivo da Nord con la rete ferroviaria, per esempio rendendo
gratuito per i pendolari il parcheggio presso l'aeroporto. L'idea alternativa
per investire quei 48,7 milioni destinati al trasporto pubblico in una linea
tramviaria permetterebbe di realizzare una mobilità sostenibile, elettrica e
pubblica, sul principale asse cittadino, dalla Stazione a piazza Foraggi. Con
ampie potenzialità di sviluppo verso Muggia e Capodistria, e verso Barcola e
Miramare».
an.pi.
#ovovia; #cabinovia; #mobilita
Le Falesie perdono un altro pezzo Si stacca un lastrone di venti metri
Le rocce di una delle cosiddette "Tre placche piccole" si sono in parte
fermate e in parte inabissate
DUINO AURISINA. Le Falesie di Duino hanno perso un altro pezzo. Dopo il crollo
in mare del cosiddetto "Capel", avvenuto esattamente un anno fa, un'enorme
lastra di roccia - alta una ventina di metri, larga una decina e profonda in
alcuni tratti circa 120 centimetri, facente parte del gruppo che i residenti
chiamano da sempre le "Tre placche piccole" - si è staccata dalla parete che
sovrasta la baia di Sistiana, precipitando per una settantina di metri.
Scivolando verso il mare - lungo la parete pressoché verticale che dal "Rilke"
arriva alla spiaggia, a circa 350 metri dal castello di Duino in direzione di
Sistiana - il lastrone, oltre a travolgere alcuni alberi, sradicandoli, si è
rotto in vari pezzi. Alcuni si sono fermati lungo il percorso, perché bloccati
dalle irregolarità della parete rocciosa e da altre barriere naturali di pietra,
altri sono arrivati addirittura al mare, inabissandosi. È accaduto di notte. Se
n'è accorto il giorno dopo Vladimiro Mervic, presidente della Comunella di Duino
e da sempre attento osservatore della zona. «Controllando la parete dalla quale
il lastrone è precipitato - spiega Mervic - si nota che esso era attaccato solo
in alcune sue parti. Sono visibili infatti vari punti sui quali c'è terra
asciutta, che evidentemente erano protetti e coperti dalla lastra stessa. Lo
stacco e la conseguente frana devono essere stati fenomeni molto spettacolari,
ai quali tuttavia nessuno ha potuto assistere».Alla pari del "Capel", che molte
generazioni di duinesi ricordano perché quel pezzo di roccia, molto vicino al
mare, era diventato una sorta di trampolino naturale dal quale tuffarsi, anche
le "Tre placche piccole" costituiscono un elemento che fa parte della storia
locale. «Poco meno di mezzo secolo fa - rammenta sempre Mervic - quelle tre
grandi lastre erano, per noi ragazzini del posto, una specie di palestra
naturale sulla quale imparavamo ad arrampicare».Per quanto riguarda le possibili
cause dell'evento che ha riguardato ora una delle "Tre placche piccole" e, un
anno fa, "El Capel", la spiegazione scientifica è sempre la stessa. E la
fornisce il geologo triestino Giulio Lauri: «Premesso che è sempre difficile
individuare i motivi di natura scientifica di questo fenomeni, in assenza di
elementi certi e di analisi approfondite che richiederebbero del tempo, va
intanto ricordato che le Falesie, come in generale tutte le rocce del Carso,
sono instabili, perché caratterizzate da molti spuntoni verticali, quasi sempre
inclinati, in maniera più o meno accentuata, sensibili perciò a tutti gli agenti
esterni. È poi notorio che le rocce di questo tipo presentano spesso cavità
nelle quali durante la stagione fredda - prosegue Lauri - l'acqua che si
deposita può ghiacciare e, dilatandosi, allargare le fessure preesistenti. In
questa maniera si creano fenomeni di degradazione delle strutture che possono
culminare in frane e cedimenti». Considerando poi che in geologia la misurazione
del tempo assume una connotazione molto diversa da quella che utilizziamo tutti
i giorni nel vivere quotidiano, il fatto che questi due fenomeni si siano
verificati a distanza di una dozzina di mesi l'uno dall'altro va considerato del
tutto casuale. In base ad alcuni studi scientifici, l'età del Carso è
collocabile fra i 25 e i 30 milioni di anni. E un pezzo che cade ogni tanto fa
parte della "normalità".
Ugo Salvini
Stoccaggio e cattura di CO2 non bastano a frenare l'aumento delle
temperature
Le conclusioni di una ricerca sul riscaldamento globale firmata da Fermeglia,
Massi Pavan e Mio di UniTS
Le tecnologie di cattura e stoccaggio della Co2 nel sottosuolo non sono una
soluzione conveniente dal punto di vista energetico, economico e ambientale per
fermare il riscaldamento globale. Perciò non avrebbe senso stanziare 150 milioni
di euro del Pnrr per la realizzazione di un maxi deposito di Co2 all'interno di
giacimenti esauriti del mare Adriatico: l'operazione sarebbe, come l'hanno
definita 51 ricercatori in una lettera aperta a Mattarella e Draghi, "un
doloroso e insensato accanimento terapeutico". Le stesse conclusioni, in linea
con altre analisi riportate di recente in letteratura, vengono da uno studio
realizzato dai ricercatori dell'Università di Trieste Maurizio Fermeglia,
Alessandro Massi Pavan e Andrea Mio e dell'Università di Padova Alberto Bertucco
ed Elena Barbera, pubblicato dalla rivista scientifica Energy Conversion and
Management. L'articolo ha visto la partecipazione dei gruppi di ricerca del
Molecular Biology and Nanotechnology Laboratory e del Centro Interdipartimentale
Giacomo Ciamician, in collaborazione con il Centro Interdipartimentale Levi
Cases dell'Università di Padova. Il lavoro si è concentrato sull'ipotesi di
cattura e stoccaggio di Co2 dall'uscita delle ciminiere di una centrale
termoelettrica a gas naturale, e ha analizzato, attraverso un dettagliato
processo di simulazione, i costi, l'efficienza energetica e l'impronta
ambientale di questa operazione.Per fermare il riscaldamento globale l'Ue si è
posta due obiettivi molto ambiziosi: entro il 2030 abbattere le emissioni di Co2
del 55% rispetto al 1990, che significa far meglio nei prossimi dieci anni di
quanto fatto negli ultimi trenta; entro il 2050 azzerare le emissioni nette per
raggiungere la neutralità climatica. Ma da quanto risulta da questo studio la
Carbon capture & storage (Ccs) non è uno strumento utile per contribuire al
raggiungimento di questi obiettivi. «Aggiungere un impianto di Ccs a una
centrale a gas ha altissimi costi energetici, perché l'energia netta prodotta da
un impianto da 560Mw cala tra il 56% e il 70% e comporta un extra costo che
varia tra i 53 e i 100 euro/Mwh», spiega Andrea Mio. Quanto all'impatto
ambientale l'unico parametro che migliora, del 40%, è l'emissione di Co2, ma
peggiorano tutti gli altri indicatori legati alle emissioni totali nel ciclo di
vita della centrale: «Nel caso di energia ottenuta da un impianto solare o
eolico la diminuzione di Co2 è superiore al 90%. E in generale gli impatti sul
clima sono più contenuti», evidenzia il ricercatore. Per diminuire le emissioni
di Co2 con un sistema di Ccs in un impianto a gas non solo è necessario bruciare
più gas per fornire il surplus di energia necessario alla cattura della Co2, con
maggiori emissioni di altri tipi di inquinanti, ma si devono anche usare
solventi ad alto impatto ambientale per separare dal resto l'anidride carbonica.
La sconvenienza è su tutta la linea: non a caso l'unico tentativo di Ccs su
larga scala, l'impianto di Petra Nova in Texas, è fallito e verrà chiuso fra
pochi mesi. E' una questione di migliorare la tecnologia? Secondo Mio non si
tratta di questo: la Ccs rappresenta un alibi per continuare a bruciare
combustibili fossili e anche l'ipotesi di pompaggio e stoccaggio di Co2 in
giacimenti petroliferi in esaurimento, non può che compromettere un serio
percorso di decarbonizzazione del sistema di produzione e consumo.
Giulia Basso
Per un futuro sostenibile bisogna puntare su energie rinnovabili - le
risorse in campo
Energie rinnovabili, reti intelligenti ed elettrificazione del sistema
energetico e trasportistico sono le soluzioni per un futuro sostenibile. Sarebbe
meglio dunque investire sul perfezionamento dei processi di conversione di
questo tipo di energie, in un'ottica di maggiore efficienza e di minor dispendio
di materie prime. E sul miglioramento dei processi estrattivi di quest'ultime.
Vanno inoltre sfatati alcuni luoghi comuni, come l'idea che, a causa della
disponibilità intermittente delle rinnovabili, ci sia la necessità di stoccare
grandi quantità di queste energie. "In realtà ci sono altre strade - spiega il
ricercatore Alessandro Massi Pavan -. Come non dipendere da una sola, ma da un
mix di fonti rinnovabili. E poi l'utilizzo di reti intelligenti e comunità
energetiche, che permettano la stabilità del sistema, dirottando i flussi
laddove servono e staccando dalla rete i carichi non prioritari quando
necessario. Anche se la disponibilità di impianti a gas rimarrà strategica nei
prossimi anni, le emissioni di Co2 diminuiranno. E non dimentichiamo infine il
risparmio energetico.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI',
20 dicembre 2021
Legambiente : dalla “tre giorni” sulla cabinovia emergono tutti le
criticità e i dubbi dei cittadini
Dalle osservazioni proposte da cittadini e associazioni nella “tre giorni”
che l’Amministrazione comunale ha indetto per illustrare l'ipotesi di cabinovia
“Mare-Carso” (finanziata perché dovrebbe favorire una mobilità sostenibile) sono
emersi numerosi punti di criticità. Ne elenchiamo alcuni.
- L’inammissibile attraversamento del Porto Vecchio, con
incroci di cabine dieci metri sopra le teste, 16 piloni a reggerle e tre edifici
di stazione di tre piani, è quantomeno in contrasto con la bellezza storica,
tutelata, del luogo, e serve solo a consentire l’arrivo delle cabine tra i
magazzini 2 e 2A (non certo in piazza Libertà, che è il vero hub intermodale).
Un tram moderno su binari - che in Porto ci sono da sempre - farebbe molto
meglio lo stesso servizio.
- Si dovrebbero eliminare centinaia di alberi (risparmiando
solo i cespugli!) lungo tutta la fascia “di esbosco” di 14 metri nel tratto in
pendenza tra Campo Romano e Bovedo e nel parcheggio per 820 vetture a Campo
Romano. Tra l'altro, la media di 2,5 passeggeri per automobile posteggiata
prevista dal progetto è il doppio del coefficiente medio di riempimento in
Italia, che è di 1,2 passeggeri per auto.
- Se gli 820 posti auto venissero riempiti dai pendolari nell'ora di
punta, persone che di solito ritornano a casa nel pomeriggio o sera, gli
ulteriori utenti non potrebbero avere accesso alla cabinovia.
- Nel lodare la rapidità della discesa, si dimenticano i tempi di attesa:
per i 511 passeggeri previsti nell'ora di punta per la tratta
Opicina-Bovedo, che devono andare al lavoro o a scuola in città, quanto tempo
devono aspettare con la capacità prevista, cioè di circa 1500 passeggeri/ora per
direzione (150 ogni 6 minuti)? Qualcuno (un centinaio?) potrebbe aspettare anche
18 minuti, il che può scoraggiare chi, arrivato in città, dovrà comunque
ricorrere a un altro mezzo di trasporto dopo essere sceso alla stazione tra i
magazzini 2 e 2A.
- Lungo il pendio da Campo Romano a Bovedo la geologia del suolo passa
dal calcare al flysch: i piloni collocati su questa seconda parte
avrebbero bisogno di scavi profondi per garantire la sicurezza alla cabinovia.
La tavola della zonizzazione geologica allegata al progetto nulla dice
sul rischio idrogeologico e sulla franosità, ben nota agli abitanti dell'area
attorno al Faro della Vittoria.
- Non è nota la rumorosità dell’impianto, garantito
“silenzioso”: è un’opinione. Vorremmo dei numeri, in decibel (dBa), perché sono
numerose le abitazioni “accarezzate” dall’impianto (via Righetti, strada del
Friuli, via Pertsch, via Perarolo…). Impianti totalmente silenziosi non
esistono, e l'hanno appreso a loro spese gli abitanti di Bolzano che abitano nei
pressi della nuova funivia del Renon.
- La Bora: “previsto uno stop di 20 giornate: quelle in cui la
velocità del vento supera gli 80 Km/ora”. Già, è notorio che la Bora avverte
prima di sparare raffiche a 100, 120, 150… E la sua presenza (a causa delle
variazioni climatiche) è sempre maggiore. Ma già a 60-70 Km/ora le oscillazioni
potrebbero rendere spiacevole questo viaggio...
- Per il consumo giornaliero no-stop di energia elettrica, per un costo previsto
di 821.000 Euro all'anno, si potrebbe prevedere una riduzione delle
emissioni di CO2 solamente se fosse garantito l'impiego di energia prodotta da
fonti rinnovabili, in caso contrario si spostano soltanto le emissioni
dalle auto alle centrali termoelettriche.
- Da città la veduta del Faro della Vittoria (monumento
tutelato) sarà caratterizzata dal continuo attraversamento delle cabine:
“pazienza, se serve…”. Ma se non serve?
- Infatti, un punto controverso è il risultato dell'applicazione di modelli di
previsione del traffico, cioè di quanti automobilisti provenienti da nord
effettivamente rinuncerebbero a quell’ultimo tratto di strada, fra Opicina e
Trieste, a favore della cabinovia. Gli attuali utenti del trasporto pubblico
(bus e tram di Opicina) dovrebbero – secondo il progetto – passare quasi tutti
alla cabinovia, altrimenti i conti non tornano. Ma quanti lavoratori e/o
studenti rinunceranno a usare il (vero) hub di Piazza Oberdan per il (finto) hub
tra i magazzini 2 e 2a? E sempre con l'obbligo di andare in auto o bus a Campo
Romano, invece di salire direttamente sui bus per Trieste alle numerose fermate
di Opicina! Il grosso degli utenti provenienti da Monfalcone dovrebbe
parcheggiare a Bovedo proveniendo dalla Strada Costiera, e non possiamo sapere
se accetteranno di fermarsi lì, salire al secondo piano della stazione Bovedo e
scendere tra i magazzini 2 e 2 A, invece di dirigersi direttamente alla loro
meta in auto o, meglio, usare il treno e poi la fitta rete del trasporto
pubblico.
- Una cosa è molto chiara: la cabinovia come trasporto pubblico serve a
tutto ma non alla mobilità interna al Porto Vecchio: le stazioni sono
troppo distanziate per avere la funzione di trasporto pubblico locale – servirà
un bus o un tram – e chi vorrà salire e scendere dalla cabinovia, se può usare
un bus sullo stesso percorso?
- Il Comune sostiene che con 12mila passeggeri/giorno la
cabinovia farà un utile di un milione all’anno. Con l'eccezione delle megalopoli
dell'America Latina, dove le cabinovie hanno una funzione sociale essenziale, i
dati ci dicono che nelle cabinovie urbane finora costruire nel mondo, spesso
nelle capitali o nelle metropoli con milioni di abitanti, rarissimamente
si superano le 10mila percorrenze! Quella di Ankara, con capacità
doppia rispetto alla “nostra”, trasporta solo 8.200 passeggeri/giorno, in una
capitale di 6 milioni di abitanti! La cabinovia di Rio de Janeiro, con una
capacità di 2.800 passeggeri/ora/direzione, che trasportava 10.000 passeggeri al
giorno, è stata chiusa perché il governo non riusciva a ripianare il deficit!
- Quindi, quand’anche fosse bella e non impattante, c'è da attendersi che la
nostra cabinovia sia insostenibile economicamente!
- Ricordiamo infine che, ad ora, siamo di fronte soltanto uno
"Studio di fattibilità", privo di molti dati e procedure:
approvazione paesaggistica da parte della Sovraintendenza; indagine
idrogeologica per l'insediamento dei piloni; valutazione del rumore; valutazione
d'incidenza per le zone SIC e ZPS; Valutazione d'Impatto Ambientale.
- Quanto alle alternative, proposte a più voci dalla sala,
alcuni relatori hanno considerato come alternativa alla cabinovia il
ripristino del Tram di Opicina. È ovvio che sono impianti ben diversi,
sia in negativo che in positivo e richiedono uno specifico confronto di
valutazioni. Il tram deve riprendere la sua attività regolare, ma servono
anche un migliore accesso da Nord e una migliore rete di trasporto in
città, che permetta di ridurre l'uso dei mezzi privati e quindi le
emissioni di CO2, insieme a tutti gli altri inquinanti.
- La nostra proposta è di favorire l’arrivo da nord con la rete
ferroviaria, per esempio rendendo gratuito per i pendolari il
parcheggio presso l’aeroporto (molti treni in transito fermano lì, con buona
frequenza e certezza di orari, anche se c’è la Bora).
- L’idea alternativa di investire quei 48.700 milioni destinati al trasporto
pubblico in una linea tramviaria permetterebbe di realizzare
una mobilità sostenibile (cioè elettrica e pubblica) sul principale asse
cittadino, dalla Stazione a piazza Foraggi. Con ampie
potenzialità di sviluppo verso Muggia e Koper/Capodistria, e verso Barcola e
Miramare.
- Vogliamo finalmente e seriamente parlarne? Lo chiedono i cittadini e le
autorità devono dare delle risposte.
per il Direttivo del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste il
presidente Andrea Wehrenfennig
IL PICCOLO - LUNEDI',
20 dicembre 2021
SEGNALAZIONI - Il dibattito continua - Due linee di tram al posto
dell'ovovia
È stato già fatto notare che la Bora, così come ha rovesciato il tram di
Opicina, ancora più facilmente farà volare l'ovovia verso Grignano. Vogliamo
spendere saggiamente i soldi pubblici? Alziamo un po' gli occhi e osserviamo
l'area cittadina. Si notano due percorsi adatti per una moderna, efficiente e
silenziosa tramvia. Il primo: da San Giovanni verso via Giulia, via Battisti,
via Carducci, stazione centrale, Porto vecchio. Il secondo: porto nuovo, Rive,
stazione centrale, Porto vecchio, viale Miramare, Barcola, castello di Miramare.
La sede tramviaria va progettata con corsia preferenziale per rispettare il
traffico automobilistico. Si possono individuare più punti per i parcheggi-auto
in Porto vecchio e porto nuovo, nei siti per i capannoni (rimesse per i tram) e
officine. Una serie di pannelli fotovoltaici aiuterebbe ad alleggerire il costo
energetico. La spesa complessiva è elevata, ma con i risparmi della soppressione
di diversi autobus e una gestione attenta (al rapporto tra risorse e priorità
dell'opera), in pochi anni si ridarebbe alla città un sevizio utilissimo ed
estremamente ecologico. Questa proposta era già stata fatta tramite il Piccolo
qualche decennio fa. Allora non è stata recepita. Oggi, in tempi di cambiamenti
climatici che obbligano ad abbandonare le benzine, si spera che trovi il
Consiglio comunale più recettivo e attento. Grazie
Armando Scafa
SEGNALAZIONI - Per salvare la Pineta - Ampliamo Cattinara in via
Rossetti
Egregio direttore, avrebbe senso trasferire in qualcuno dei 15 edifici dell'ex
caserma di via Rossetti le succursali del Petrarca e del Galilei. Ma a cosa
servirebbe portare lì quasi tutte le scuole superiori triestine? Perché non
possono rimanere dove sono? Che ne sarebbe degli attuali edifici? Quanto tempo
ci vorrebbe per venderli, nel mentre resterebbero vuoti? Da questa ardita
operazione immobiliare ci si guadagnerebbe o ci si perderebbe? Nei 197mila metri
cubi del comprensorio ex castrense ora di proprietà demaniale potrebbero invece
trovare spazio strutture dell'ospedale di Cattinara già esistenti o ancora da
costruire, comprese quelle universitarie. Essendo l'area già edificata e
infrastrutturata, si tratterebbe solo di adeguarla alle nuove esigenze. I tempi
e i costi necessari sarebbero modesti. In tal modo si eviterebbe di tagliare
centinaia di alberi nel comprensorio ospedaliero di Cattinara per costruire
nuovi fabbricati, autosilo e strade. Ci si asterrebbe dal cementificare e
dall'asfaltare nel nome della salute. Al contempo la Regione risparmierebbe
denaro pubblico e avrebbe molto prima a disposizione quanto si prefigge.
Peraltro il sito di via Rossetti è molto meno periferico, meglio servito dagli
autobus e a minor rischio di gelo invernale. Dunque migliore da ogni punto di
vista rispetto a Cattinara. Basta nuovi inutili scempi! Salviamo quanto resta
degli alberi di Cattinara e concepiamo un nuovo polo ospedaliero-universitario
nell'ex caserma di via Rossetti! O altrimenti nei magazzini del Porto vecchio
dove la Regione intende(va?) trasferire propri uffici...
Paolo Radivo, comitato pineta di Cattinara
IL PICCOLO - DOMENICA,
19 dicembre 2021
Pedaggi in autostrada: Autovie chiede a Roma rincari del 2% dal 2022.
Pressing sul ministero delle Infrastrutture per ritoccare all'insù le
tariffe congelate da 4 anni. Resta però da sciogliere il nodo del rinnovo della
concessione della A4 scaduta a marzo 2017.
Autovie Venete ha chiesto al ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità
sostenibile un incremento pari al 2,03% delle tariffe a partire da inizio 2022.
Un atto dovuto, precisa la concessionaria autostradale, perché previsto nel
piano transitorio con il Mits, ma che non è affatto scontato trovi attuazione
dal momento che lo stesso piano non è stato ancora approvato. Le interlocuzioni
con il governo per il passaggio di consegne da Autovie, la cui concessione è
scaduta a marzo 2017, ad Autostrade Alto Adriatico continuano; la strada però
non è ancora ben definita. E così, per il quarto anno consecutivo - l'ultimo
aumento si registrò il primo gennaio 2018 -, le tariffe potrebbero restare
congelate. L'incremento chiesto da Autovie, come negli anni precedenti, tiene
conto dell'inflazione (1,50%) e di un parametro sulla qualità e sul
miglioramento delle manutenzioni delle pavimentazioni (0,53%) sulla base di
quanto fatto rispetto al 2020. Per l'utente automobilista significherebbe un
aumento di 5-10 centesimi a seconda delle tratte. Un rincaro da aggiungere agli
attuali 2,50 euro del ticket da Lisert a Villesse, ai 4,10 fino a Udine Sud,
agli 11,20 in uscita a Venezia Est. Ma, a quanto pare, pure stavolta si potrebbe
non arrivare al ritocco, in presenza di questioni burocratiche ancora da
risolvere con il ministero. Nel frattempo, Autovie continua il suo impegno nel
completamento della terza corsia, anche in altre opere di non secondaria
importanza. A cominciare dal Lisert. La società ricorda che la struttura
commissariale per l'emergenza in A4 ha aggiudicato l'appalto del restyling del
casello (alla società cooperativa Consorzio Integra di Bologna in raggruppamento
temporaneo d'impresa con la Deon di Belluno, importo a base di gara di quasi 9,4
milioni per un'opera che costerà complessivamente 16,5 milioni e verrà
completata entro il primo semestre del 2023), con contestuale richiesta di
proroga per il decreto di compatibilità ambientale al ministero. Un'istanza che
prevede il coinvolgimento di diverse commissioni e che ha già visto arrivare i
primi pareri favorevoli. Tra gli altri progetti in corso, anche l'installazione
di nuove barriere spartitraffico Redipuglia-Lisert, la realizzazione di due aree
di sosta di circa 100 posti per i mezzi pesanti a Fratta Nord e Fratta Sud,
l'adeguamento del casello di Portogruaro, l'ampliamento di quello di San Donà,
oltre al completamento degli espropri e delle interferenze nel secondo e terzo
sub lotto del secondo lotto (Portogruaro-San Donà), propedeutiche alla
predisposizione della documentazione di gara per la costruzione della terza
corsia in quel tratto. Sullo sfondo, questione non certo di dettaglio, c'è però
il nodo del rinnovo della concessione. I punti di vista sono diversi. Per
evitare la gara europea si è individuata la soluzione del passaggio di consegne
da Autovie alla "in house" interamente pubblica Newco Alto Adriatico (Regione
Friuli Venezia Giulia con il 67% delle quote e Regione Veneto con il restante
33%), ma i tempi lunghi della burocrazia, con tanto di necessario visto di
registrazione della Corte dei conti, non hanno consentito sin qui di chiudere la
partita. E c'è pure da liquidare i soci privati di Autovie, con non meno di 150
milioni di euro. All'inizio della prossima settimana si dovrebbe tenere una
riunione al Cipess che potrebbe portare all'accordo di cooperazione: un
ulteriore passo in avanti verso il trasferimento di Autovie ad Alto Adriatico,
ma la questione rimane non poco complessa.
Marco Ballico
Terza corsia, la fine dei lavori slitta al 2026. Priorità alla
Portogruaro - Alvisopoli. -
lo stato di avanzamento dei lavori
La società rivede il cronoprogramma alla luce di stop legati alla pandemia e
caro materiali. Paniz: avanti con decisione.
Il presidente di Autovie Venete Maurizio Paniz dice di non sapere se il
ministero delle Infrastrutture darà il via libera all'aumento delle tariffe per
il 2022, ma assicura che la terza corsia verrà completata con i ricavi da
pedaggio. «Non distribuiamo utili - ricorda l'avvocato bellunese - e tutto
quello che incassiamo lo investiamo in opere. Continueremo così. E nel rispetto
dei tempi». Significa che, al netto di possibili rallentamenti da burocrazia
quando si concretizzerà il passaggio societario alla Newco Alto Adriatico, e
considerato che la pandemia allungherà il cronoprogramma di almeno un anno,
l'ultimo taglio del nastro si dovrebbe concretizzare nel 2027.Paniz, nell'attesa
che Roma decida se far scattare o meno i rincari al casello, fa il punto della
situazione su un'opera sin qui realizzata per 49 dei 95 chilometri del progetto
iniziale, da Quarto d'Altino a Villesse, vale a dire il 52%, con un investimento
da parte della concessionaria di più di 800 milioni di euro, di cui 151 di
contributi statali. Nel giugno scorso il presidente di Autovie, in audizione in
Consiglio regionale, chiarì che per completare le tratte venete dell'opera
servono 440 milioni. Ma, posto che nel Pnrr finanziamenti non sono inseriti, la
società dovrà necessariamente recuperare denaro dai ticket dell'utente. Sforzo
che non preoccupa Paniz («Non si è mai posto un problema di risorse») e che si
inserisce nel percorso del piano finanziario, vale a dire la terza corsia
disponibile anche sui quasi 34 chilometri da San Donà ad Alvisopoli e sugli 11
da Palmanova a Villesse nel 2027, tenuto conto di un anno in più causa Covid. La
mappa aggiornata è quella dei sub-lotti che hanno dato la svolta alla questione
della copertura finanziaria dopo che tra il 2011 e il 2014 erano stati
realizzati i 18,5 chilometri del primo lotto Quarto d'Altino-San Donà di Piave.
A settembre 2020 è stato portato a termine il terzo lotto Alvisopoli-Gonars da
26 chilometri, mentre il primo sub-lotto del quarto lotto (4,7 chilometri del
complessivo quarto lotto Gonars-Villesse da complessivi 15,8 chilometri), ovvero
il tratto tra Gonars e Nodo di Palmanova - un nodo viabilistico fondamentale
perché attraversato da tutte le direttrici del traffico da e verso il Nord
Italia, l'Austria e il Centro Est Europa - è stato reso percorribile a fine
luglio 2021. All'appello mancano quindi il secondo e il terzo sub-lotto del
quarto lotto, ma l'attenzione è ora puntata sul tratto veneto, ovvero sul
secondo lotto, dove nemmeno i fattori pandemia e caro materiali giocano a favore
della continuazione dei lavori. A marzo 2020, proprio in coincidenza con il
primo lockdown, sono iniziati (e si sono subito interrotti per poi riprendere) i
lavori da 152 milioni di euro per il primo sub-lotto del secondo lotto
(Portogruaro-Alvisopoli), 8,8 chilometri di terza corsia in cui è previsto il
rifacimento, tra l'altro, di otto sottopassi, otto scatolari, cinque cavalcavia
- tra cui lo svincolo di Portogruaro, su cui si sta operando in questi giorni
con la ridefinizione delle rampe - e tre ponti. I lavori scontano i disagi da
emergenza, ma comunque termineranno nei primi mesi del 2023, assicura Autovie,
dunque in linea con il cronoprogramma. La concessionaria in questa fase è poi
impegnata nella definizione degli espropri con i privati e nel confronto con gli
enti per le modalità di spostamento delle interferenze (reti gas, elettricità,
fibre) nel restante tratto tra Portogruaro e San Donà. Per il rifacimento dei
cavalcavia (il progetto esecutivo c'è già) serviranno una cinquantina di
milioni. Dare avvio a queste opere consentirebbe di agire successivamente con
più velocità nell'allargamento delle carreggiate nel primo e secondo sub lotto
del secondo lotto (25 km).
m.b.
IL PICCOLO - SABATO,
18 dicembre 2021
«E se la spostassimo verso il Cedas?» La città si interroga sulla
cabinovia -
le FAQ del Comune
Pareri contrastanti fra i visitatori della mostra sul progetto nell'ultimo
atto della "tre giorni" di eventi in Porto vecchio
Curiosità, speranza, ma anche perplessità. Perplessità sulla necessità di
portare effettivamente a compimento un'operazione di simili proporzioni a
Trieste. Nel pomeriggio dell'ultimo dei tre giorni di "full immersion" dedicati
al progetto della cabinovia tra mare e Carso, l'atto conclusivo degli eventi di
divulgazione sul tema promossi dal Comune tra mercoledì e ieri, emergono stati
d'animo contrastanti fra i triestini presenti alla mostra allestita
nell'auditorium di Tcc, in Porto vecchio, a pochi metri rispetto a dove dovrebbe
transitare in futuro la nuova funicolare. È il momento delle riflessioni
personali, dopo giorni di input. «Al primo impatto è un'opera turistica dal
forte carattere attrattivo - è l'opinione di Roberto Mandler, che è pure il
coordinatore della Commissione urbanistica della Circoscrizione Altipiano Ovest
- ma rimango dubbioso per quanto riguarda l'utilità in termini di mobilità. Non
so se un domani chi lavora in centro e proviene da fuori città deciderà di
prendere l'ovovia per raggiungere il posto di lavoro, piuttosto che il bus o
l'auto. Inoltre il parcheggio da realizzare a Campo Romano potrà avere
dimensioni importanti che andranno a impattare fortemente sul verde presente in
zona. Per quanto riguarda la parte cittadina della linea, secondo me sarebbe da
valutarne l'impatto visivo anche alla luce di un eventuale prolungamento sulle
Rive. Anche come Circoscrizione stiamo valutando il progetto in tutte le sue
sfaccettature prima di esprimere un parere che non possa risultare ideologico».
Chi è nettamente contrario in partenza è invece Mario Riservato: «A mio parere
si tratterebbe di una spesa inutile, che potrebbe essere dirottata piuttosto
verso altre opere. Secondo me per rendere più fluida la mobilità dall'altipiano
al centro basterebbe implementare la linea 64, creando un circuito che unisca
Prosecco, Fernetti, Monrupino e la Grotta Gigante. Per quanto riguarda la
mobilità interna cittadina mi piacerebbe veder sviluppata la galleria di
circonvallazione con l'apertura al traffico passeggeri». Fa eco Antonella
Lucchini, che si sofferma soprattutto sull'impatto ambientale che deriverebbe
dalla costruzione di una simile opera. «Certo si tramuterebbe in un'entrata in
città in più, ma a mio avviso un progetto del genere comporta più problematiche
che soluzioni. Perché invece non si spendono i soldi per aprire la Transalpina
anche per i passeggeri, con treni-spola da Campo Marzio a Opicina? E poi ho il
terrore, vivendo in Italia, che lavori del genere inizino per non concludersi
più». Renato Venica, al contrario, vede nella nuova ovovia un impulso
all'innovazione: «È una cosa da fare, anche se non so cosa possa dare in più
alla città da un punto di vista turistico. Di certo è un'opportunità che ci dà
l'Ue e della quale o ne approfittiamo adesso oppure rischiamo di non poterlo
fare mai più».«Tendenzialmente favorevole», ma con una forte dose di perplessità
sul tracciato, è a propria volta Alessandro, che tiene per sé il cognome per
questioni personali di riservatezza: «Forse sarebbe meglio spostarla di qualche
chilometro. Ci sono recenti studi che dimostrano come, creandone una nella zona
del Cedas o in quella del Bivio, la cabinovia potrebbe avere una funzione
maggiormente turistica. Il tutto inserendo ovviamente anche una spiaggia vera
lungo il litorale di Barcola. Trovo carente la parte che riguarda la
multi-modalità, ancora tutta da concepire, ma capisco che si tratta ancora di un
progetto preliminare. Da valutare anche il rapporto che avrà con il futuro del
Porto Vecchio: se questo sarà recuperato e avrà un forte impulso, forse avrebbe
più senso ripensare al cosiddetto "tubone" di Franzutti». Il riferimento è al
collegamento in galleria da Prosecco al Porto Vecchio proposto 20 anni fa
dall'assessore della giunta Tondo.Anche Paolo Arocchi avalla maggiormente l'idea
di una teleferica spostata più verso Miramare: «Dal Cedas a Monte Grisa avrebbe
più senso. C'è da tenere in considerazione poi l'impatto ambientale. Se il
progetto passerà, sarà necessario deforestare la linea e c'è il problema che la
stessa ovovia rasenterà alcune case. Non so quanti dei residenti ne saranno
contenti».Marco Slavich è un giovane studente di Architettura e per lui la
parola d'ordine è «perplessità»: «Non sono contrario ma perplesso. Forse è
meglio capire prima cosa si vuole fare esattamente del Porto Vecchio, perché
spendere 49 milioni per risolvere il problema di appena una parte di quel 15% di
lavoratori che arriva da fuori Trieste credo sia sproporzionato».
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Un tram innovativo al posto dell'ovovia - La proposta
L'ingegner Bernetti ha detto che con un biglietto da 1,35 euro la cabinovia sarà
in attivo. Il biglietto della Teleferica per il Montjuic di Barcellona, lunga
700 metri (meno di un sesto della cabinovia) costa 8,88 euro, 12,50 andata e
ritorno. Sul Montjiuic ci sono l'università, il castello, parchi, musei vari,
Barcellona ha 8 volte gli abitanti di Trieste e turisti in proporzione. La
cabinovia partirà dal Porto vecchio, meno centrale di piazza Oberdan, per
arrivare con due tratte a Campo Romano, cambiando a Barcola. Come arriveranno a
Opicina gli utenti, in bus? Non farebbe concorrenza al tram di Opicina? Bernetti
dice che con la cabinovia ci vorrà meno tempo, ma si partirà da un punto meno
centrale di Trieste e si arriverà in un punto distante dal centro di Opicina. La
cabinovia dovrà essere ferma mediamente 25 giorni all'anno neanche potendo
prevedere quali. Prevedono che la cabinovia eliminerà da Trieste centinaia di
auto all'ora, gran parte delle quali dovrà posteggiare per diverse ore a Campo
Romano. Quante migliaia di posti macchina occorreranno? Quanti ettari di bosco
dovranno essere tagliati? E siamo sicuri che, trattandosi in parte di proprietà
della Comunella, sarà facile acquisire i terreni? Dobbiamo sperare nel ricorso
fatto dal Comune avverso alla sentenza favorevole alle comunelle? La cabinovia
non toccherà gli arbusti sul suo percorso. Il sommaco sarà salvo, ma sotto
l'ovovia nelle aree boscate dovrà essere fatta e mantenuta una visibilissima
tagliata lunga un chilometro e mezzo e larga 14,3 metri, per un totale di oltre
2 ettari. Come si può dire che non avrà un impatto ambientale? Non sarebbe molto
meno costoso un tram che utilizzi i binari esistenti e vada almeno fino al
parcheggio nel terrapieno di Barcola (possibilmente fino a Barcola come il tram
di una volta) e magari, un giorno, arrivi a Miramare? Non avrebbe bisogno di
stazioni ingombranti in Porto vecchio come i tre edifici a tre piani con rampe
di scale e ascensori: basterebbe un cartello o al più una piccola tettoia con
sedili a ogni fermata. E di fermate se ne potrebbero fare quante se ne vuole,
come per i bus, non solo due in Porto vecchio distanti circa 1200 metri l'una
dall'altra. Il tram non collegherebbe la città con il Carso ma la collegherebbe
con il parcheggio di Barcola, dove chi viene da fuori può lasciare la macchina.
Per realizzare un collegamento veloce dal Carso alla città meglio allora il
tunnel proposto anni fa fino al terrapieno di Barcola, ove potrebbe venire
ampliato il parcheggio. Fu contestato dagli abitanti di strada del Friuli
secondo la reazione "non nel mio giardino" (in questo caso non sotto casa mia),
ma sarebbe da ripensarci. Il tunnel costerebbe molto. Anche la galleria di
Cattinara è costata molto, ma è stata realizzata.
Roberto Barocchi, presidente di Triestebella
Cantiere ex Polstrada: il nuovo nido di Roiano pronto a settembre
Dipiazza e Lodi sul posto per un nuovo punto sui lavori «Lavori spediti, da
lunedì si parte con la copertura dell'asilo»
Il nido d'infanzia pronto a settembre, in vista dell'avvio del nuovo anno
scolastico. Il parcheggio seminterrato, l'area gioco e il bosco urbano
completati subito dopo. Sono queste le prospettive del cantiere aperto a Roiano
nell'area un tempo occupata dalla Polizia stradale, in via Montorsino, in
prossimità del quale il sindaco Roberto Dipiazza e l'assessore ai Lavori
pubblici Elisa Lodi hanno effettuato ieri mattina un sopralluogo per verificare
lo stato di avanzamento dei lavori affidati all'Iti Impresa generale Spa di
Modena. «Siamo molto soddisfatti - ha detto Dipiazza - sia per la velocità di
esecuzione sia per la precisione con la quale si sta procedendo». Le opere, per
un valore complessivo di cinque milioni di euro, che faranno dell'area dell'ex
caserma un punto funzionale capace pure di abbellire il cuore di un rione
popolare e popoloso come Roiano, riguardano un'area di quasi ottomila metri
quadrati. «L'intervento è stato avviato ad aprile - ha ricordato Lodi - e
prevede un asilo nido per 60 bambini, con un giardino interno di 600 metri
quadrati. Sono stati portati avanti gli interventi di elevazione dell'edificio
centrale - ha aggiunto - mentre lunedì si inizierà con la copertura del nuovo
asilo». Di estremo interesse per la zona, nella quale la carenza di posteggi è
cronica, è pure la realizzazione del parcheggio capace di 99 posti, con ingresso
da via Moreri e uscita verso via Montorsino, che permetterà anche una miglior
gestione del traffico nel quartiere. Sulla copertura dell'autorimessa è prevista
quindi la realizzazione di un'area verde attrezzata. Per quando riguarda lo
stato di avanzamento dei lavori per il parcheggio, finora è stata eseguita la
palificata propedeutica alla realizzazione del piano interrato. Proseguono ora
gli scavi della parte interrata, per poter raggiungere a breve il piano
fondazionale. A seguire saranno costruite le fondazioni della parte interrata.
Risulta già completata, intanto, la vasca di raccolta delle acque piovane, che
saranno riutilizzate per l'irrigazione del parco urbano. In primavera inizierà
la posa degli elementi prefabbricati della struttura in elevazione. Si andrà poi
a valorizzare ulteriormente la zona con un'area verde attrezzata, sistemando le
aree esterne, creando percorsi di collegamento pedonali e ciclabili, sicuri e e
di facile accessibilità, con l'individuazione appunto degli spazi gioco e la
delimitazione di un'area dedicata ai cani. A lavori conclusi - hanno insistito
Dipiazza e Lodi - tutto il comprensorio sarà dunque facilmente accessibile, in
quanto pure saranno abbattuti i muri di recinzione della vecchia caserma.
Ugo Salvini
Tre "EcoGames" per rilanciare la differenziata - l'iniziativa dell'ACEGAS
AcegasApsAmga rilancia in occasione delle festività l'iniziativa digitale degli
"EcoGames", ovvero tre diversi giochi per smartphone, tablet e desktop
progettati per sollecitare, in modo divertente, la raccolta differenziata. Per
il Natale alle porte - fa sapere la multiutility - è stata creata una nuova
grafica invernale e anche i rifiuti sono a tema. Per avvicinare ancora di più
gli utenti all'intrattenimento virtuale, inoltre, fino al 31 dicembre sono in
palio pure dei premi per i partecipanti. Per ogni territorio è prevista infatti
una classifica e chi sarà in testa potrà aggiudicarsi un gadget "green": uno
zaino contenente una shopper di cotone riciclato, una felpa, una t-shirt, semi
di basilico o prezzemolo, una pianta di girasole e un adesivo laminato.
(mi.br.)
IL PICCOLO - VENERDI',
17 dicembre 2021
Gestione della cabinovia: Trieste Trasporti apre - Tutti i numeri
dell'opera
L'ad dell'azienda Semplice: «Siamo robusti tecnicamente e sul piano
economico. Se il Comune lo vorrà, ci saremo». I dettagli su frequenza, velocità
e passeggeri
Trieste Trasporti dice sì alla cabinovia e si candida a gestirla.
L'amministratore delegato dell'azienda, Aniello Semplice, ieri è intervenuto al
Centro congressi di Porto vecchio, dove è andata in scena la seconda puntata del
confronto sulla grande opera tra pubblico e amministrazione comunale. Tecnici ed
esperti sono stati i protagonisti della fitta giornata, che anche stavolta ha
registrato un buon afflusso di spettatori.
L'INTERVENTO DEL MANAGER - «Alcuni si sono chiesti chi gestirà la cabinovia», ha
detto Semplice: «Trieste Trasporti è un soggetto da 800 dipendenti, 1.100
contando l'indotto, un giro d'affari da 100 milioni di euro l'anno, che tra
stipendi e altro restituisce al territorio 60-70 milioni. Siamo robusti dal
punto di vista tecnico ed economico-finanziario, avendo per il 40% alle spalle
il colosso Deutsche Bahn. Abbiamo anche dimostrato la nostra credibilità ogni
giorno sul campo, tramite capillarità e qualità del servizio». Così ancora l'ad
dell'azienda del trasporto pubblico locale: «Io credo nel confronto ma non è
vero che uno vale uno, che tutti possono parlare di tutto, come fossimo in
un'assemblea dell'antica Atene. A un certo punto bisogna stringere. Il percorso
sarà lungo, cominciamo questo viaggio, noi ci saremo, se il Comune lo vorrà». Se
per una candidatura ufficiale sembra troppo presto, dal momento che il progetto
è alle fasi preliminari, l'interesse dell'azienda è senz'altro manifesto.
ALCUNI NUMERI - Subito dopo Semplice è intervenuto l'ingegner Andrea Cervia,
direttore di esercizio impianti fissi e a fune Trieste Trasporti Spa. Ha fornito
un dettagliato approfondimento tecnico sugli impianti a fune in ambito urbano.
Dati alla mano, ha istituito un confronto tra cabinovia e tramvia di Opicina,
volto a dimostrare che in sintesi le due infrastrutture non si "calpesteranno i
piedi" a vicenda ma formeranno un sistema integrato, che aumenterà e
diversificherà le modalità di spostamento offerte dal trasporto pubblico locale.
Entrambe sono panoramiche e possono essere usate sia a fini turistici che di
ordinaria quotidianità, ma con numeri e velocità diverse. La storica tramvia del
1902 è lunga 5,2 chilometri, ha tre vetture, una frequenza di 20 minuti e tempi
di percorrenza di 30. Può trasportare 300 persone l'ora per verso. La cabinovia
sarà invece un «collegamento innovativo». Avrà un percorso di 4,2 chilometri e
94 cabine da 10 posti l'una. La frequenza sarà di 20 secondi, il tempo di
percorrenza 15 minuti, per una capacità di 1.800 persone all'ora per verso.
Cervia ha inoltre ricordato che i due ascensori che collegano il centro al colle
di San Giusto sono di recente passati al trasporto pubblico. Analogamente la
cabinovia porterà in dote alla città 10 ascensori e 10 scale mobili, anch'essi
in servizio pubblico, sempre nell'ottica di un sistema integrato. Citata anche
la creazione di «hub intermodali».
LA GIORNATA - Il contesto era quello della fitta scaletta degli interventi di
giornata, moderati da Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio,
Economia, Ambiente e Mobilità del Comune. Poco dopo le 14.30 hanno esordito
portando i saluti istituzionali gli assessori comunali Elisa Lodi (Lavori
pubblici e Grandi opere) ed Everest Bertoli (Bilancio e Programmazione
finanziaria). A seguire il contributo della presidente dell'Ordine degli
architetti, Graziella Bloccari, e del presidente dell'Ordine degli ingegneri
Giovanni Basilisco. Nel panel successivo, si è quindi parlato di pianificazione
della mobilità sostenibile: sono intervenuti Vittorio Torbianelli (segretario
generale dell'Authority portuale), i già citati Semplice e Cervia per Tt,
Giovanni Longo (professore di Pianificazione dei Trasporti all'Università di
Trieste) e Roberto Camus (professore ordinario di Trasporti). A metà pomeriggio,
dopo una pausa, ulteriore tranche di interventi sul tema specifico della
cabinovia: hanno preso la parola Fabio Lamanna (ingegnere e consulente del
Comune), Gianandrea Gei (direttore di esercizio impianti a fune e docente di
Trasporti Speciali) e Andrea Gobber (direttore di esercizio e progettista Studi
Monplan Ingegneria). La serata si è conclusa con un dibattito caratterizzato
dalle domande del pubblico. ingegneri, architetti e pubblico L'Ordine degli
architetti ha lanciato un sondaggio tra i suoi iscritti, chiedendo se sono
favorevoli alla cabinovia, quale tracciato dovrebbe avere se sì, e se invece in
caso di contrarietà pensano che serva comunque un'alternativa. Il 5% dei
partecipanti al questionario si è detto possibilista, il 25% favorevole e il 70%
contrario. Tutte le argomentazioni sono articolate: gli architetti invitano
Bernetti a essere loro ospite per un futuro confronto specialistico. Tramite il
presidente Basilisco, gli ingegneri invece non si dicono contrari, ma
disponibili a contribuire al dibattito, chiedendo di approfondire i temi del
bacino di utenza dell'impianto, delle sue conseguenze sul traffico, delle
alternative nei giorni di stop. Durante le domande del pubblico è poi emerso che
è al vaglio l'ipotesi di una fermata intermedia all'altezza della Sissa. Un
architetto ha fatto notare che la cabinovia di Londra ha 3.500 passeggeri al
giorno: molti meno di quelli immaginati per la struttura triestina. Il confronto
tra cittadini e Comune continuerà online, sul nuovo sito dedicato al progetto (cabinoviametropolitana.comune.trieste.it),
tramite cui è possibile inoltrare domande.
Lilli Goriup
Opposizioni unite su Cattinara: «Si salvi la pineta»
Adesso Trieste, Pd, 5 Stelle e Punto Franco chiedono al Comune di
intervenire con la Regione per rivedere l'accordo di programma
«Chiediamo al Comune di intervenire presso la Regione Fvg per la revisione
dell'accordo di programma che prevede l'abbattimento della pineta di Cattinara».
A ribadirlo, ieri, le forze d'opposizione con una conferenza stampa congiunta
dove è stata presentata una mozione unitaria sottoscritta da Adesso Trieste, Pd,
Lista Punto Franco e Movimento 5 stelle, contro il previsto riordino della
struttura ospedaliera di Cattinara. «Secondo il piano delle opere - denuncia il
consigliere di At, Riccardo Laterza -, a Cattinara dovrebbe essere trasferito il
Burlo Garofolo. Ciò comporterebbe una serie di interventi a cascata quali la
realizzazione di nuovi parcheggi, per creare i quali si renderà necessario
disboscare la piccola pineta di Cattinara. Si tratterebbe dell'ennesimo sfregio
a un quartiere che ha già pagato a carissimo prezzo lo sviluppo della città, con
la costruzione prima dell'ospedale e poi della superstrada». La mozione urgente
verrà sottoposta oggi alla riunione dei capigruppo. Presenti, assieme a Laterza,
anche i consiglieri comunali Alessandra Richetti del M5s, Luca Salvati del Pd,
la consigliera circoscrizionale di At Lucia Vazzoler e Paolo Radivo del Comitato
spontaneo per la pineta di Cattinara. «L'assessore alla Sanità Riccardo Riccardi
un mese fa aveva aperto ad alcune modifiche del progetto - queste le parole di
Richetti - rispondendo a una specifica interrogazione del consigliere Andrea
Ussai. Vogliamo che questa promessa venga mantenuta». La mobilitazione per
salvare la pineta di Cattinara è iniziata un anno e mezzo fa con una raccolta
firme, prima cartacea e successivamente online, che aveva visto in pochi giorni
più di duemila sottoscrizioni.
Lorenzo Degrassi
Servizio civile: 814 posti disponibili a livello regionale
A Trieste ne sono in "palio" ben 222. I giovani tra i 18 e i 28 anni possono
presentare le loro candidature entro il 26 gennaio 2022
Mai così tanti posti per il servizio civile, in Fvg ne sono previsti ben 814:
183 a Gorizia, 125 a Pordenone, 222 a Trieste e 279 a Udine. Al via infatti il
bando per i giovani tra i 18 e i 28 anni, che dovranno presentare le relative
domande entro le 14 del 26 gennaio 2022. Risultano a disposizione tanti progetti
per poter realizzare un percorso di crescita in diversi settori. Le informazioni
sono pubblicate su www.infoserviziocivile.it, dove sono presenti tutte le
"istruzioni" necessarie per inoltrare le candidature. Alberto Meli, coordinatore
infoserviziocivile Fvg, rileva che l'aumento di volontari «accade un po' in
tutta Italia, perché a livello governativo sono state assegnate più risorse, in
parte anche attraverso il Pnrr, ma anche perché, finalmente, il servizio è
riconosciuto trasversalmente come un'esperienza significativa per i giovani.
Inoltre, nella nostra regione, gli enti si stanno professionalizzando sempre
più, con progetti di grande qualità. E sono gli stessi ragazzi a raccontarlo,
come emergerà dal report che presenteremo a gennaio».Il servizio civile
universale ha una durata flessibile tra gli otto e i 12 mesi e l'orario di
attività è stabilito in relazione alla natura dell'iniziativa proposta, con un
impegno settimanale non inferiore alle 25 ore oppure un "monte" di 1.145 ore
nell'arco dei dodici mesi. Al volontario viene riconosciuto un assegno mensile
di 444,30 euro, oltre a 80 ore di formazione, crediti formativi e un attestato
di partecipazione. Il bagaglio di competenze acquisite viene infine valutato nei
concorsi pubblici con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio
prestato nella pubblica amministrazione e può valere come titolo di preferenza.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - GIOVEDI',
16 dicembre 2021
Cabinovia centro-Carso Si accende il dibattito tra favorevoli e contrari
Il Comune spiega perché la ritiene ideale per togliere traffico dall'accesso
nord In sala, dagli interventi della platea critiche e richieste di soluzioni
alternative
Forse non sappiamo se toglierà auto dal centro, ma di certo la cabinovia è
servita a riempire il centro congressi: il primo giorno dell'esperimento di
confronto fra amministrazione e cittadinanza sull'ipotetica linea sospesa ha
visto un effettivo scambio di informazioni e opinioni con toni quasi sempre
contenuti alle buone maniere. Due punti di vista in prima fila. Da un lato il
Comune, presentatosi con un progetto già approvato da Roma con 48 milioni di
euro, sicuro che la linea sia la soluzione per togliere traffico dall'accesso
Nord alla città, e al contempo che sia una scommessa turistica vincente.
Dall'altra, le associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile, in
maggioranza critiche o contrarie: tante le osservazioni tecniche, ma critica più
diffusa è all'opportunità dell'opera, rispetto a un ritorno del tram su una rete
urbana. A condurre la giornata è Vittorio Sgueglia Della Marra, capo di
gabinetto del sindaco e direttore del servizio open government del Comune, che
inaugura la presentazione proiettando nello spazione brutalista del centro
congressi un disegno del ricreatorio Stuparich che nel 2016 vinse il concorso
"Oggi mi muovo così, e domani come?". I ragazzi avevano immaginato una rete di
cabinovie (simili in realtà al tram di Opicina) fra città e altipiano. Tocca poi
al video in cui un drone ripercorre l'ipotetico percorso dell'opera,
inframmezzato da dati: chiusa, applausi. Salgono sul palco l'assessore regionale
Pierpaolo Roberti e il sindaco Roberto Dipiazza per saluti istituzionali e
considerazioni (vedi box). Tocca poi al presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino,
nella sua veste di Consorzio Ursus, che dice la sua sul Porto vecchio: «Anch'io
apprezzo tanto un momento come questo, perché non è semplice ragionare di Porto
vecchio. Altre realtà come Amburgo e Buenos Aires avevano alte potenzialità di
domanda. Lì basta costruire e arrivano le idee. Qui va fatto un ragionamento più
complesso e queste giornate sono necessarie, a partire dall'idea che si sta già
costruendo (e guarda all'architetto Andreas Kipar)». In un mondo volatile è più
importante governare i flussi dell'area che fare profezie su chi vi si
insedierà, ragiona D'Agostino, quindi è bene confrontarsi sui trasporti: «Il
vero patrimonio di quest'area è il sistema di binari che aveva in quanto porto,
la sua capacità di creare flussi fra mare e ferrovia». Segue quindi l'architetto
Andreas Kipar, che presenta nuovamente le sue linee guida sul Porto vecchio
spiegando perché la cabinovia calza: «Vi prego non focalizzarvi su un solo
aspetto ma sul progetto nel suo complesso. Il Porto vecchio è nuovissimo perché
vi si inseriscono funzioni nuovissime di cui creiamo le condizioni». Tocca
quindi all'ingegner Giulio Bernetti, dirigente dei lavori pubblici, esporre le
linee portanti dell'idea e poi rispondere alla martellante fase di domande.
Sintetizzando in estremo: il Comune, sulla base degli studi fatti sui flussi,
ritiene la cabinovia sia la soluzione più ecologica ed efficace, in termini di
portata, al collo di bottiglia dell'ingresso nord. Un'operazione che ritiene
impossibile via ferrovia («già satura di traffici») o via tram, i cui ritmi non
sarebbero comunque concorrenziali. Inizia poi il lungo dibattito, sia con
domande per iscritto che al microfono. La presidente nazionale di Italia nostra
Antonella Caroli, che esprime i suoi dubbi sul prolungamento della cabinovia
sopra il Porto vecchio: «Trovo un po' troncato il collegamento Bovedo-piazza
Libertà. Bisognerebbe arrivare almeno alla Lanterna, quindi escludere la
cabinovia dal Porto vecchio. Si possono trovare altre soluzioni». Sulla raffica
di osservazioni di Federico Zadnich il sindaco Dipiazza abbandona la sala. «Il
Pnrr ha finanziato 22 progetti tutti tram e filobus - dice Zadnich -, Trieste è
l'unica ovovia. Forse il tram poteva essere una soluzione per una mobilità
urbana non periferica. Padova ha avuto 238 milioni di euro per due linee». Dà
voce anche a temi che torneranno poi in tutto il dibattito: la bora, per cui si
stimano 20 giorni di chiusura, cui va sommata la manutenzione, il mancato
confronto su un progetto del 2020, il parcheggio davanti alla Marittima. Oggi
un'altra giornata, a fondo sui dettagli tecnici.
Giovanni Tomasin
Tutte le informazioni sull'opera disponibili su un sito e in mostra
- Il portale e la polemica sulle "fake
news"
Tutto sulla cabinovia: il Comune ha messo online un sito apposito (cabinoviametropolitana.online.trieste.it)
con molte informazioni sul progetto, dalla filosofia generale a risposte alle
critiche più diffuse. È su questa piattaforma che verrà creata, in seguito al
dibattito, una sezione con domande e risposte avvenute durante le giornate al
Centro congressi. Sul sito si trova anche il filmato proiettato ieri, che
ripercorre attraverso un drone il percorso della cabinovia. In sintesi, il
progetto prevede oltre quattromila metri di linea con quattro stazioni: Opicina,
Bovedo, Porto vecchio, Trieste. Gli uffici contano di raggiungere una media di
1.800 passeggeri l'ora, per un tragitto medio dalla prima all'ultima stazione in
un minutaggio attorno al quarto d'ora (che fossero 14 o 16 minuti è stato uno
dei temi dibattuti ieri). Le cabine dovrebbero avere posto per dieci persone,
accessibili anche ad anziani, disabili, famiglie con passeggini e ciclisti. I
contenuti del sito sono esposti anche in una "mostra" a grandi pannelli in
esposizione al Tcc. La sezione del sito dedicata alle "fake news" smentisce
alcune delle affermazioni diffuse online sull'opera, ma si è guadagnata una
rampognata dal consigliere Alberto Pasino, ieri, che ha osservato: «Bollate come
"fake news" anche semplici opinioni contrarie. Così si finisce al muro contro
muro».
g.tom.
La protesta delle realtà ambientaliste: «Grave il mancato invito al
tavolo dei relatori»
Legambiente, Fiab, Cammina Trieste, Zeno e Tryeste assieme nel punto dove
potrebbe sorgere la prima stazione del collegamento
Dopo aver raccolto 16.700 firme contrarie al progetto della cabinovia le
associazioni ambientaliste Fiab, Legambiente, Cammina Trieste, Zeno e Tryeste,
hanno organizzato una conferenza stampa, ieri mattina, all'imbocco del Porto
vecchio. Là dove un domani potrebbe sorgere la prima stazione della cabinovia:
da lì hanno protestato per non esser state invitate al tavolo dei relatori al
convegno di "Ascolto della città" sull'ovovia. Il presidente di Legambiente
Trieste Andrea Wehrenfennig ha spiegato le sue ragioni: «Sarebbe meglio usare il
termine propaganda anziché ascolto, riteniamo molto grave che le organizzazioni
della società civile siano state tenute fuori dal tavolo. È stata concessa loro
solo la partecipazione tra il pubblico con la possibilità di intervenire solo
nella parte conclusiva del dibattito senza poter esporre in modo pieno e
completo con numeri, immagini e video le motivazioni della nostra contrarietà al
progetto». Tiziana Ugo di Fiab Trieste ha rincarato la dose, spiegando come
l'orario lavorativo non favorisse la partecipazione dei cittadini. Va detto che
le posizioni contrarie hanno avuto ampio spazio nel dibattito del pomeriggio.
Tra le voci critiche c'era quella dello stesso Wehrenfennig, che fra i vari
appunti ha espresso i suoi dubbi sulla gestione: «Non ho trovato chi gestirà la
struttura. Sarà il Comune o qualcun altro? Dubito che Trieste trasporti se ne
faccia carico senza entrate garantite. Rischiamo di fare un secondo tram di
Opicina come deficit potenziale». Sempre nel dibattito del pomeriggio, tra le
voci critiche si segnalano quella dell'architetto William Starc, che ha
contestato la posizione del Comune secondo cui un tram «taglierebbe»
eccessivamente lo spazio pubblico con la sua infrastruttura: «Non è un treno,
non mancano esempi in Europa di luoghi in cui si può camminare senza barriere né
orpelli. Quel che continua a non convincermi della cabinovia, invece, è che
davvero dreni il traffico dalla città». L'architetta Gabriella Robba ha chiesto
di ottenere lo studio di fattibilità (che il Comune si è offerto di inviarle):
«Conosco impianti di questo genere nel resto del mondo e le cabinovie spesso
hanno mostrato problemi di gestione, manutenzione ed economicità soprattutto sul
lungo tempo. Ora abbiamo i soldi per costruirla ma stiamo attenti ad averli
anche per manutenerla, con la giusta quantità di persone ogni giorno». Tra i
critici anche la consigliera dem Laura Famulari: «Il dibattito è stato molto
interessante e mi dispiace che non sia stato registrato. Mi congratulo per
l'iniziativa, per quanto un po' in ritardo, l'importante è replicarla. Chiedo
però qui che lo stesso principio di comunicazione venga applicato al Consiglio
comunale, perché l'aula ha avuto una relativa partecipazione in tutto questo
processo. Chiedo quindi alla parte politica di non tagliare fuori il Consiglio».
Famulari ha poi chiesto un chiarimento: «Mi preoccupa un provvedimento del Pnrr
per cui la data ultima per la realizzazione sarebbe il 23 novembre 2024. Mi par
di capire che in quel caso rinunceremmo al progetto, come procediamo?». Il
Comune ha spiegato che il ministero deve ancora notificare il finanziamento, ma
che la deadline prevista sarebbe un più potabile 2026.
g.tom.
#ovovia; #cabinovia; #mobilita
SEGNALAZIONI -Verde a Cattinara - Eradicare la pineta fa male all'uomo
La discussione emersa sulla scelta, vecchia di un quarto di secolo, di rasare al
suolo e cementificare la pur piccola Pineta di Cattinara fa emergere
problematiche più d'insieme, di salute pubblica e dell'ambiente, strettamente
collegate alla presenza del verde urbano. Le più recenti evidenze scientifiche,
infatti, mettono in relazione la presenza di vegetazione con una serie di
benefici per la salute: aspettativa di vita più lunga, minori problemi di salute
mentale, meno malattie cardiovascolari, migliore funzionamento cognitivo nei
bambini e negli anziani, bambini più sani. Aiuta anche a mitigare l'inquinamento
atmosferico, i livelli di calore e rumore, e offre opportunità di esercizio
fisico e interazione sociale. La non accessibilità a spazi verdi, viceversa,
causa danni alla salute, anche gravi. Basandosi su questi studi l'Oms ha emanato
una Raccomandazione affinché sia garantito l'accesso universale agli spazi
verdi: ogni abitazione dovrebbe fruire, entro 300 metri, di almeno mezzo ettaro
di area verde. Il Barcelona Institute for Global Health (www.isglobalranking.org)
ha svolto una ricerca sulla mortalità attribuibile alla mancanza di spazio verde
su oltre mille città europee: risulta che se fossero rispettate le
Raccomandazioni dell'Oms si potrebbero prevenire fino a 43.000 morti ogni anno.
Il dato che ci tocca più da vicino è che proprio Trieste è al primo posto per
tasso di mortalità associato al basso indice di vegetazione (Ndvi). Il 74% dei
cittadini di Trieste vive in condizioni ambientali insufficienti, al punto che
ben 145 decessi all'anno sono associati a tale fattore.Appare quindi in tutta la
sua tragica assurdità il paradosso per cui si vuol costruire un presidio di
salute a Cattinara danneggiando la salute. È ciò che si farebbe distruggendo
quella pineta (e le alberature dell'adiacente posteggio) per costruirvi il nuovo
Burlo col nuovo parcheggio. Ma non meno importante è il ruolo equilibratore che
quei 500 alberi svolgono. Usando il sistema di calcolo del servizio forestale
Usa, abbiamo stimato che assorbono annualmente circa 170 tonnellate di Co2:
abbatterli equivale a produrle, permanentemente. Vi sono poi le tonnellate di
Co2, polveri sottili e gas inquinanti generati da anni di cantiere (betoniere e
mezzi di movimentazione e scavo) e dalle edificazioni: ogni quintale di cemento
prodotto genera un quintale di Co2, e lì di quintali ne serviranno centinaia.
Gli accordi internazionali e le relative normative (e il senso di
responsabilità) indicano che dobbiamo ridurre le emissioni climalteranti del 55%
nei prossimi otto anni e azzerarle entro il 2050. Bisogna, cioè, stoppare la
produzione della Co2 e riassorbirla con piantumazioni. La strategia dell'Unione
europea include tra i suoi obiettivi principali di piantare "almeno 3 miliardi
di alberi in più nell'UE entro il 2030, nel pieno rispetto dei principi
ecologici", seguendo una dettagliata tabella di marcia. Considerando che
l'Italia ha un'area pari al 6,73% della UE ne dovremmo piantare fra i 200 e i
500 milioni (https://www.federforeste.it/).Dovremo, insomma, cambiare
radicalmente il nostro stile di vita complessivo, passando dal dominio espansivo
del mercato a una "Economia dell'indispensabile" perché continuando così si
ammazza il Pianeta, noi compresi. I produttori di gas serra dovranno, sin da
subito, convertire le loro attività in direzione opposta, e gli amministratori
pubblici devono spingere solo in questa direzione. Nel nostro caso, non si può
far finta che non siano passati vent'anni o più dal progetto iniziale e che il
contesto è ora del tutto diverso e presenta problemi di sostenibilità ambientale
che all'epoca venivano ignorati. Gli impegni internazionali e il Patto dei
sindaci per la limitazione delle emissioni impongono di cambiare rotta e
cambiare il progetto. Intanto rinviandone l'esecuzione.
Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
15 dicembre 2021
Legambiente: «Non c'è nessuna emergenza energetica»
Per i comitati cittadino e regionale bisogna invece puntare «sulle
rinnovabili uniche fonti in grado di liberare da fossili e inquinanti»
Nessuna emergenza energetica, la potenza elettrica installata in Italia è
ampiamente in grado di sopperire al fabbisogno di elettricità. È quanto
affermano Legambiente Fvg e di Monfalcone a fronte della riaccensione della
centrale termoelettrica e rispondendo ai commenti delle organizzazioni
sindacali. «È infatti quanto certifica lo studio del Centre for research on
energy and clean air, un'organizzazione di ricerca indipendente che sostiene che
ci sono 8,7 Giga watt di potenza da fossili in più rispetto a quanto necessario
a soddisfare la domanda di picco più una riserva aggiuntiva del 15%», afferma
l'associazione ambientalista, ribadendo come invece si sia già «nel pieno di una
crisi climatica che, con mille difficoltà e contraddizioni, le Nazioni Unite,
nella recente Cop 26 sui cambiamenti climatici, cercano di arginare». E l'Italia
a Glasgow, ricorda Legambiente, «ha sottoscritto, tra gli altri, un accordo con
il quale si impegna a non usare più denaro pubblico per sostenere i combustibili
fossili entro il 2022».Per calmierare i costi dell'energia e calmierare i
sovrapprezzi nella bolletta elettrica, «dovuti all'aver puntato in modo ottuso
sul gas», l'associazione invita quindi ministero della Transizione ecologica,
sindacati, Confindustria e partiti a spingere invece sulle rinnovabili, le
uniche fonti ritenute in grado di liberare l'Italia dalla dipendenza e dalle
importazioni di fonti fossili e inquinanti.«Invece si continua a pensare solo a
interventi di emergenza come quelli sugli oneri di sistema, sicuramente
necessari in questa fase e non solo per le ragioni di aumento attuale dei
prezzi, senza pensare a politiche strutturali e risolutive», aggiunge
Legambiente, che anche per il sito di Monfalcone vorrebbe vedere in campo una
progettualità alternativa.Il Mite in questo contesto per l'associazione dovrebbe
quindi di avere il ruolo di stimolare Regione, Autorità portuale e la stessa A2A
a pianificare con lungimiranza una diversificazione di attività sull'intera area
interessata. «Gli investimenti negli impianti a gas, oltre che superflui e
incentivati dal capacity market, ci farebbero restare dipendenti da questa fonte
- afferma l'associazione, richiamandosi anche alla posizione dell'ad di Enel
Francesco Starace - e dunque esposti a rincari dei prezzi come quelli che stiamo
vivendo in questo periodo. Un'autentica transizione ecologica richiederebbe di
fermare subito le nuove centrali a gas, senza se e senza ma». --LA. BL.
Rilancio del Mercato coperto - Dipiazza punta al gestore unico
Contatti del sindaco con 4-5 operatori di livello nazionale: chi vincerà fra
questi dovrà richiamare decine di esercenti che organizzeranno dei corner di
golosità
Ecco l'idea da seguire per ridare linfa e senso al Mercato coperto di via
Carducci. Contatti in corso con 4-5 operatori extra-triestini di calibro
nazionale, individuazione di un vincitore all'interno di questo mazzo di
campioni, il prescelto fungerà da gestore "pivot" per attrarre e selezionare
esercenti in grado di condurre tanti "corner" dove ammannire specialità
enogastronomiche, possibilmente legate al territorio. Non è detto che la loro
presenza (quella degli esercenti corner) debba essere perpetua, nel senso che
potrebbe essere addirittura auspicabile un certo ricambio, per rinfrescare
l'habitat con nuove proposte. E sia ben chiaro, come già lo è stato con casa
Francol: non si parla di project financing, un'espressione che a Roberto
Dipiazza in genere produce l'orticaria. Dunque, abbiamo trasmesso il menu del
sindaco per scuotere l'ottantacinquenne struttura mercatale da un declino
difficilmente rimontabile in assenza di una sferzata di novità. Dipiazza, che
gioca in casa da vecchio imprenditore di spazi commerciali, segue personalmente
il fascicolo. Quanto tempo, signor sindaco, per mettere in pratica queste
direttrici, peraltro abbastanza generiche? «Ci sto lavorando», replica il
borgomastro, che su nomi-numeri-date tende ormai a svicolare come un capitone. A
Dipiazza non sfugge che il Mercato coperto è stato un argomento ricorrente delle
opposizioni durante la campagna elettorale e che ancora adesso, soprattutto
Adesso Trieste, non mollino l'ormeggio tematico. Per cui preferisce restare un
po' nel vago, senza chiarire - per esempio - se le candidature primaverili di
Despar e Lidl, cioè di grandi realtà della grande distribuzione, siano
definitivamente naufragate o se invece attendano venti favorevoli. Quando queste
anticipazioni emersero dall'ex assessore Lorenzo Giorgi, l'apparizione dei brand
"gdo" provocò reazioni vivaci, miranti a evitare che gli spazi di via Carducci
venissero fagocitati da grandi firme, già molto presenti sulla piazza, a
svantaggio del piccolo commercio e della produzione locale (salumi, formaggi,
vini, ecc). Quindi vedremo anche per quale procedura Dipiazza vorrà optare nella
scelta del gestore. L'attenzione sul Mercato coperto, progettato da Camillo Iona
e inaugurato nel 1936, venne risvegliata nell'inverno 2019-2020 quando
l'accoppiata composta da Monticolo & Foti e dalla Sgm consulting propose al
Comune un project financing piuttosto ambizioso per un importo globale di 6
milioni di euro, da investire fifty-fifty: 3.000 metri quadrati rivoltati come
un calzino, operatività dalle ore 8 alle 22, recupero del rifugio anti-aereo
costruito durante la Seconda guerra, interno ripensato su due livelli, la
terrazza da 1.500 mq rieditata come un piccolo parco urbano. La civica
amministrazione, che seguiva il dossier con l'indimenticato direttore Enrico
Conte, ci girò attorno per alcuni mesi, poi in estate emise il fatal verdetto:
colpevole perché troppo oneroso. Andrea Monticolo ci soffrì.
Massimo Greco
Cabinovia sì o no? Al via tre giorni di dibattito.
Esperti a confronto sulla mobilità sostenibile e una mostra ad accesso
libero sul progetto tra Molo IV, park Bovedo e Opicina.
Si alza ufficialmente il sipario sul progetto della cabinovia destinata, nelle
intenzioni dell'amministrazione comunale, a collegare in futuro il Molo IV con
il park Bovedo e Opicina. Prende infatti il via oggi una "tre giorni" di
incontri, con annessa una mostra, che ha l'obiettivo di raccontare alla
cittadinanza nei dettagli il controverso progetto voluto fortemente dal Comune.
Dalle 9 alle 13 di stamattina, nell'auditorium principale del Trieste Convention
Center in Porto vecchio, sarà anzitutto possibile visitare la mostra, ad accesso
libero, con i rendering del progetto stesso. Nel pomeriggio, dalle 14.30, e
sempre al Tcc, andrà invece in scena "L'ascolto della città", un incontro aperto
alla cittadinanza i cui posti sono già esauriti in quanto era necessaria una
prenotazione a numero chiuso a causa delle norme anti-Covid. A introdurre i
lavori saranno in questo caso le autorità con in testa il governatore
Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità
portuale Zeno D'Agostino. Dalle 15 inizierà la sessione di lavori con
l'intervento dell'architetto Andreas Kipar di Land Srl, che partirà dalla
visione del futuro dell'area con l'intervento "Spazi aperti nel Porto Vecchio".
Sarà poi la volta di Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio,
Economia, Ambiente e Mobilità del Comune, il quale andrà a spiegare la scelta
della cabinovia entrando nel dettaglio de "Il modello di trasporto per la
mobilità sostenibile a Trieste". Alle 16.30 spazio all'ascolto e al dibattito
fino alle 17.45, quando si terrà la presentazione del video a conclusione dei
lavori della giornata. Domani mattina sarà possibile rivisitare la mostra dalle
9 alle 13: l'accesso resta libero. Nel pomeriggio, invece, si terrà un evento a
invito con gli esperti a confronto. I lavori saranno introdotti in questo caso
dall'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi da quello a Bilancio e Porto
vecchio Everest Bertoli. Dalle 15 sarà la volta di Graziella Bloccari e Giovanni
Basilisco, presidenti degli ordini degli Architetti e degli Ingegneri, i quali
si confronteranno sulla progettualità della nuova cabinovia e, più in generale,
della mobilità cittadina. La sessione proseguirà poi con una tavola rotonda
sulla mobilità sostenibile alla presenza di Vittorio Torbianelli, segretario
generale dell'Autorità portuale, Aniello Semplice, ad di Trieste Trasporti,
Andrea Cervia, direttore d'esercizio "impianti fissi e a fune" della stessa
Trieste Trasporti, Giovanni Longo, professore di Pianificazione dei trasporti
all'Università, e Roberto Camus, ordinario di Trasporti in ateneo. Prima del
dibattito aperto, che chiuderà la giornata, ci sarà pure il confronto tra Fabio
Lamanna, ingegnere consulente del Comune, Gianandrea Gei, direttore d'esercizio
"impianti a fune" e docente di Trasporti speciali, e Andrea Gobber, dello studio
Monpaln Ingegneria, che ha redatto il progetto della cabinovia di Trieste.
Venerdì dalle 10 alle 18 sarà invece possibile visitare, per l'ultimo giorno, la
mostra a ingresso libero.
Andrea Pierini
IL PICCOLO - MARTEDI',
14 dicembre 2021
«All'ex inceneritore di Giarizzole un centro di raccolta dei rifiuti»
Sopralluogo della Sesta commissione Il presidente Porro ufficializza la
proposta
L'ex inceneritore di Giarizzole potrebbe diventare un centro di raccolta per
rifiuti ingombranti. La proposta arriva dal presidente della Sesta commissione
consiliare, Salvatore Porro (Fratelli d'Italia), che ieri ha organizzato un
apposito sopralluogo con i suoi commissari all'interno del sito dismesso.
«L'inceneritore fu inaugurato nel 1972 e chiuso alla fine del 1999», spiega
Porro: «Si potrebbe realizzare qui un nuovo centro di raccolta di rifiuti
ingombranti, per servire i rioni di Borgo San Sergio, Altura, Servola, Valmaura
e Poggi Paese: la circoscrizione ha un totale di oltre 40 mila abitanti,
equivale a una città delle dimensioni di Gorizia». Così ancora Porro: «Abbiamo
constatato che l'edificio è totalmente abbandonato ed è stato trasformato in un
deposito di lastre di arenaria, materiale edile vario, sacchi bianchi contenenti
cubetti di porfido. La grande vasca rettangolare che raccoglieva i rifiuti
urbani è piena di acqua piovana. Abbiamo convenuto che per realizzare il quinto
centro di raccolta cittadino (gli altri si trovano a San Giacomo, Roiano,
Opicina e Campo Marzio) basterebbe sgomberare il piazzale, posizionare quattro o
cinque grandi cassoni carrabili per la raccolta di mobili, elettrodomestici,
ferro ed elettronica». Esiste infine anche un edificio posizionato all'ingresso
della struttura: «Ospitava il custode e quindi le funzioni di vigilanza. Si
potrebbe ripristinarlo a controllo dei cittadini che entrano per depositare i
rifiuti, per mezzo di una cifra sostenibile da parte del Comune in
collaborazione con AcegasApsAmga».
Lilli Goriup
Confronto sul progetto della cabinovia sull'asse Genova-Trieste -
L'assessore Cenci ricevuta in municipio
La repubblica marinara e il porto che fu di Vienna. L'estremo ovest e l'estremo
est d'Italia, accomunati dalla cabinovia. L'assessore all'Urbanistica del Comune
di Genova, vale a dire l'architetto Simonetta Cenci, ieri è stata ricevuta in
Municipio dal sindaco Roberto Dipiazza. Tra i temi trattati appunto le varie
declinazioni del progetto di funicolare, sulla cui realizzazione le due città
collaboreranno, stando a quanto riferito da Dipiazza a margine dell'incontro.
Proprio in questi mesi autunnali il Comune di Genova ha pubblicato il bando per
affidare la progettazione e l'esecuzione dei lavori, che serviranno a costruire
la nuova cabinovia di collegamento tra le località Stazione Marittima e Forte
Begato. Tornando a Trieste, domani invece comincia una tre giorni di dibattito,
sul futuro collegamento tra Opicina, Barcola e il centro (le iscrizioni si sono
chiuse ieri). L'appuntamento si svolgerà nell'auditorium Generali di Porto
vecchio. Nel frattempo, nel corso dell'incontro a Palazzo Cheba, il primo
cittadino ha illustrato all'assessore Cenci lo sviluppo previsto per l'area di
Porto vecchio, gli investimenti e l'interesse attualmente manifestato da
numerosi investitori per Trieste, città che sta vivendo un momento
«straordinario», tanto da essersi guadagnata proprio ieri il primo posto nella
classifica del Sole 24 ore per la qualità della vita. L'assessore Cenci
(architetto partner e direttore generale dell'Atelier Alfonso Femia
Genova-Milano-Parigi, con cui ha maturato una vasta esperienza in campo
nazionale e internazionale, sia come progettista che come manager) ha dimostrato
grande interesse per l'evoluzione delle opportunità nel capoluogo giuliano. Ha
inoltre riferito che Genova si sta muovendo concretamente in ambito portuale, ad
esempio per realizzare attraverso un apposito studio l'elettrificazione delle
banchine.
l.g.
IL PICCOLO - LUNEDI',
13 dicembre 2021
Legambiente propone nuove aree protette fra Grado e Marano - il presidente Cargnelutti alla Regione
UDINE. La Laguna di Grado e Marano, il Carso, le Prealpi Carniche e la foresta
di Tarvisio possono traghettare il Friuli Venezia Giulia verso una dimensione
ambientale europea portando la superficie di parchi, riserve e biotopi
dall'attuale 7 al 10 per cento. Legambiente ne è convinta e in occasione dei 30
anni della legge nazionale sui parchi, la 349/91, propone alla Regione
l'istituzione «di nuove aree protette dove la tutela è parte integrante della
sostenibilità declinata nella sua componente ambientale, economica e sociale».
Il presidente regionale di Legambiente, Sandro Cargnelutti, si sofferma sul
parco regionale della laguna di Grado e Marano: «Soddisfa l'esigenza, sempre più
presente, di una governance rafforzata per indirizzare, coordinare e
razionalizzare al meglio le azioni di conservazione delle riserve naturali e dei
siti Natura 2000. Rappresenta un'opportunità di immagine coordinata dell'area e
caratterizzata da una scelta "green"». Le caratteristiche ci sono tutte per
guardare alla tutela ambientale come a una fonte di sviluppo.«Proprio perché i
parchi concorrono allo sviluppo sostenibile del territorio, devono discendere
dalle zone impervie dove sono ora confinati per coinvolgere nella loro gestione
cittadini e amministratori che già guardano con favore a politiche territoriali
di questo tipo» continua Cargnelutti, secondo il quale «bisogna fare in modo che
la tutela della biodiversità, che ha riflessi sulla salute, sul benessere delle
persone e sulla funzionalità degli ecosistema, venga vista come politica
trasversale nelle azioni di governo di Regione e Comuni». L'obiettivo si può
raggiungere, però, solo se «l'estensione delle aree protette va di pari passo
alla realizzazione della Rete ecologia regionale, delineata nel Piano
paesaggistico regionale», se si dedica maggiore attenzione alle «aree di pianura
e ai corsi d'acqua, alle fasce perifluviali a una gestione attenta della
vegetazione, che spesso risente di vecchie logiche imperniate sulla sicurezza
idraulica».
Giacomina Pellizzari
Dal Pnrr 30 milioni per andare in bicicletta da Trieste a Venezia
La "ciclovia delle Lagune" dovrà essere realizzata entro il giugno del 2026:
sarà coinvolta la Costiera. Punti di riferimento operativi la Regione e Fvg
Strade
Verrà il giorno in cui sarà possibile partire in bicicletta da casa propria,
percorrere la Costiera, fare rotta verso la laguna di Grado e di Marano,
raggiungere Lignano, "guadare" il Tagliamento, reimmergersi in un'altra laguna
lungo la quale avvicinarsi alla meta veneziana. Ad agosto l'assessore regionale
Graziano Pizzimenti aveva annunciato la redazione del progetto di fattibilità
tecnico-economica nonché lo studio dei collegamenti con i poli intermodali
Latisana-Palazzolo-San Giorgio di Nogaro. Ma adesso il ministero delle
Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, retto da Enrico Giovannini, ha
indicato le risorse disponibili che ammontano per questa ridente pedalata
alto-adriatica a 30 milioni di euro. Si tratta di un capitolo del Piano
nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finalizzato alla realizzazione di
1.235 chilometri di piste per velocipedi, metà delle quali nel Mezzogiorno. Nel
centro-nord da segnalare la Venezia-Torino (il che implicherà per il turista
triestino su due ruote la possibilità di accamparsi sul Po nella capitale
sabauda!), la ciclovia del Garda, la Verona-Firenze. Il ministero, pena la
decadenza delle assegnazioni finanziarie, ha fissato il giugno 2026 come data
entro la quale costruire le piste. Riferimento dell'operazione è la Regione Fvg,
destinataria di 275.000 euro per il progetto e di 8 milioni per la realizzazione
del primo lotto funzionale. La fiammata d'interesse per le ciclabili ha
contagiato anche il Comune triestino, che guarda con interesse cosa Fvg Strade
intenderà fare con la Costiera. Intanto vuole concludere il discorso che era
rimasto aperto sulla Campo Marzio-Orlandini, armato con un finanziamento
complessivo di 500.000 euro proveniente da più sorgenti (Regione, alienazione di
partecipazioni, avanzo vincolato). Il progetto di ampliamento della ciclovia è
stato messo a punto da un professionista esterno, l'ingegnere Fredi Luchesi. I
rilievi geologici sono affidati a Italspurghi. Il dirigente del servizio strade,
Andrea De Walderstein, valuta il consueto percorso buro-amministrativo: bisogna
attendere i pareri della Soprintendenza, del Genio civile, dell'Anas, delle
Ferrovie, per poi procedere alla stesura dell'esecutivo. Insomma, la gara
potrebbe essere bandita in primavera. Il costoso nodo della questione sta
dirimpetto alla piscina Bianchi, dove si imbocca la Grande viabilità. Per
garantire al ciclista di pedalare in sicurezza in direzione di Campi Elisi è
necessario - spiega De Walderstein - costruire una "passerella" affacciata verso
il parco ferroviario al servizio del Porto nuovo. Sembra facile, come diceva
l'omino con i baffi della pubblicità Bialetti: tra il piano di viale Campi Elisi
e l'area ferroviaria insiste un dislivello di 9 metri, per cui l'esecuzione
dell'opera deve tener conto dal punto di vista tecnico delle pendenze della
scarpata e dell'esiguità del sito ove lavorare. Si erano prospettate due
soluzioni - spiega la relazione allegata al progetto - e alla fine è stato
scelto il percorso "a due livellette" in grado di assecondare maggiormente le
quote del terreno, differenziandosi a seconda delle pendenze. Risultato finale:
una parte avrà pavimentazione posata sulla strada, una seconda parte sarà invece
realizzata su micropali.
Massimo Greco
IL PICCOLO - DOMENICA,
12 dicembre 2021
«Buona idea la cabinovia Vanno pesati benefici e svantaggi ambientali»
Il parere da osservatore esterno dell'ingegner Kastlunger, laureato a
Trieste e oggi gestore di un impianto sciistico sul Plan de Corones. «La bora?
Ci sono diverse soluzioni da adottare»
«Introdurre una cabinovia a Trieste è una buona idea. La città si presta a
questo mezzo, l'importante è analizzare a monte un bilancio che tenga conto dei
benefici e degli svantaggi che la costruzione della struttura comporta da un
punto di vista ambientale». Si può riassumere così la riflessione di Zeno
Kastlunger, gestore di un impianto sciistico sul Plan de Corones, laureato in
Ingegneria a Trieste, in merito al progetto del Comune sulla cabinovia che con
un finanziamento di 49 milioni del Pnrr collegherà Barcola e Opicina. Ingegnere,
tenendo conto delle caratteristiche del paesaggio dell'area triestina, lei vede
delle criticità per la realizzazione della cabinovia? Premettendo che non ho
visionato il progetto, trovo che sia un mezzo che solitamente viene usato in
città densamente popolate e con un territorio esteso, caratteristiche che mi
pare corrispondano a Trieste. La realizzazione di una cabinovia è utile perché
viene consumata una minima parte del territorio e si risolvono diverse criticità
che causano altri mezzi su strada, quali smog e traffico. Nella soluzione di
Trieste l'idea è di fatto quella di collegare due zone eliminando quindi parte
del traffico. Questo anche grazie alla realizzazione di un parcheggiano nella
zona alta, scelta azzeccata, per poi scendere. Io personalmente trovo che sia
una soluzione molto futuristica e futuribile oltre che intelligente. La vedrei
come un arricchimento per la città e un'attrazione. Riscontra anche degli
svantaggi in questo progetto? Magari i futuri vicini della cabinovia si
troveranno davanti l'impianto che potrà avere un impatto visivo negativo, ma ci
sono città che hanno fatto della cabinovia un fiore all'occhiello più che un
disturbo. Trieste deve fare i conti però anche con la bora. Quale soluzione
tecnica si può adottare? Esistono diverse tipologie di cabinovia. Quella
semplice ha un'unica fune. Però ci sono soluzioni cosiddette a 2 o 3S. Nel primo
caso si tratta di una struttura che ha una fune portante, sempre ferma, e una
fune traente, che tira le cabine: queste due funi danno molta più stabilità in
caso di vento. Si tratta di cabinovie che con un vento fino a 70 chilometri
orari funzionano senza riduzione di velocità. Nella soluzione a 3S due funi sono
ferme, e quindi portanti, e una è traente. In questo caso si possono realizzare
anche delle campate (la distanza tra un pilone e l'altro) molto lunghe. I piloni
sono di dimensioni più importanti, ma ne servono molti di meno. Prima però
ovviamente bisogna vedere bene qual è il percorso deciso, se è in battuta di
vento oppure no. Il progetto a Trieste è stato anche criticato. Per questo è
stata avviata una petizione che in particolare punta il dito contro il possibile
abbattimento di alberi per far posto al parcheggio e ai piloni. Che ne pensa? Il
consumo del territorio è un tema, per questo ci deve essere sempre un bilancio:
il taglio di alberi dovrebbe essere contenuto e in cambio la realizzazione del
parcheggio e della cabinovia dovrebbe comportare meno traffico, smog e consumo
di benzina in città. Spero si valuti un bilancio. Immagino che chi ha proposto
il progetto ci avrà pensato.
Benedetta Moro
Sopralluogo ambientalista nelle discariche abusive di Savogna e di via
Aquileia
Dopo il rogo dell'ex Bertolini guardia alta sui materiali ancora stoccati
nell'Isontino «Le aree vanno sgombrate dai rifiuti pericolosi»
L'Osservatorio civico contro le illegalità del Friuli Venezia Giulia ha
effettuato ieri mattina una breve visita al sito di Malnisce. L'Osservatorio,
peraltro, non sta monitorando da oggi, ma da una ventina d'anni, la situazione
dell'enorme cumulo di rifiuti, la cui storia risale proprio alla fine degli anni
Novanta.La visita di ieri, «giro turistico» come l'ha definito, si proponeva
quindi di notare eventuali cambiamenti intervenuti in tempi recenti. Non è stato
trovato nulla di nuovo a Malnisce: restano tuttavia oltre 10 mila metri cubi su
2 mila metri quadri di rifiuti classificati come pericolosi (per lo più
rivestimenti interni di automobili), pur il terreno non risultando inquinato.
Alla visita ha partecipato il referente dell'Osservatorio, Marino Visintini, che
poi ha effettuato analogo giro turistico a Gorizia, precisamente all'esterno di
un capannone di via Aquileia, dove risultano stoccati altri rifiuti contenenti
materiali plastici.«Per quanto riguarda il sito di Malnisce siamo stati
rassicurati dal sindaco di Savogna Luka Pisk e dall'assessore all'Ambiente
Alenka Florenin - afferma Marino Visintini -. Entrambi hanno ben chiara la
potenziale pericolosità del sito in caso di incendio. Tuttavia, la situazione
più a rischio è certamente quella di Gorizia, data anche la vicinanza con una
stazione di servizio e con l'ospedale. Occorre quindi, e quanto prima, evitare
per una molteplicità di motivi (in primo luogo per la tutela della salute
pubblica e dell'ambiente) che si verifichi una situazione analoga a quella
dell'ex Bertolini, a Mossa». «Davvero non comprendo quali difficoltà ci siano
per sgombrare le aree che, appunto, potrebbero generare problemi non di poco
conto: è infatti assai abbondante, in tali aree, la presenza di materiali
infiammabili. Del resto, l'abbandono di cumuli di rifiuti si è verificato più
volte e in più comuni del Friuli Venezia Giulia, negli ultimi vent'anni: molte
volte si è riusciti a risolvere il problema con finanziamenti regionali per le
opportune operazioni di sgombero. È necessario quindi provvedere alla stessa
maniera anche a Malnisce e a Gorizia, ma pure ad Aiello che sta vivendo analogo
problema».«La situazione di Malnisce è sempre stata sotto controllo - afferma
l'assessore Florenin -. Non abbiamo mai avuto avvisaglia di azioni o eventi
riguardanti il sito che potessero creare pericoli al territorio. Abbiamo
naturalmente la ferma intenzione di proseguire nella ricerca di soluzioni che
possano portare allo sgombero dei rifiuti. È una storia, quella di Malnisce, che
sta diventando troppo lunga. Allo stesso modo, ci rendiamo conto che le risorse
per l'operazione sono parecchie: parliamo di 3. 773. 173 euro, stimati da
esperti nel 2011 dopo che la Regione già aveva stanziato 499 mila euro per la
caratterizzazione del sito e la sua messa in sicurezza. Sarebbe quindi opportuno
fare un incontro con i soggetti preposti, Regione in primis, per trovare una
soluzione adeguata al problema».
Alex Pessotto
IL PICCOLO - SABATO,
11 dicembre 2021
Dal park in Porto vecchio alla piscina terapeutica 52 milioni di
investimenti
Variazione di bilancio sulla spinta di nuovi contributi regionali e risorse
private. Il progetto più costoso sarà il multipiano nel Magazzino dell'ex
Greensisam
Una variazione di bilancio "natalizia" da 39,6 milioni di euro è stata
presentata dagli assessori Elisa Lodi (Lavori pubblici) ed Everest Bertoli
(Politiche finanziarie) ieri in conferenza stampa congiunta. Inciderà sul Piano
triennale delle opere 2021-2023, facendone un'operazione complessiva da 52
milioni. Nello specifico la variazione deriva dalla somma di 21,4 milioni di
contributi regionali, appena stanziati, e altri 18,2 milioni di investimenti
privati, che si prevede entreranno in cassa tramite project financing.L'intero
project servirà a finanziare la costruzione di un parcheggio multipiano
all'interno del Magazzino 2a, che fa parte del cosiddetto "villaggio Greensisam"
all'inizio di Porto vecchio. Questo nuovo "park" è la voce più consistente della
manovra: ai 18,2 milioni previsti da privati se ne aggiungono altri 7,3 della
Regione, per un totale di 25,5 milioni. Ieri è stata considerata prematura, da
parte dell'amministrazione, qualsivoglia anticipazione su chi potrebbe essere
l'investitore: dopo le feste il Comune pubblicherà una manifestazione
d'interesse, che evidentemente considera appetibile, dal momento che ci fa
affidamento. Passando ai capitoli successivi, è confermata la riqualificazione,
annunciata durante la campagna elettorale estiva, di Palazzo Biserini (11,2
milioni) in piazza Hortis: non solo emeroteca ma anche nuovo Museo della
Letteratura, con tanto di servizi bibliotecari implementati, in ossequio alla
sede originaria della Hortis. Aumentano poi i fondi per il ripristino
dell'Acquamarina. «Gira voce che il dissequestro sia imminente», ha detto
Bertoli: «In vista di quel momento avevamo già messo a disposizione due milioni
"nostri" per il ripristino della struttura in loco. Adesso se ne aggiunge un
altro, grazie ai contributi regionali, per un totale di tre milioni pronti per
l'uso. Quanto invece all'ipotesi di una seconda piscina in Porto vecchio, in
un'altra occasione, non sarà finanziata con soldi pubblici ma tramite un
apposito project financing. In generale la variazione, pensata per anticipare i
tempi di realizzazione di tutti gli interventi, è il frutto di una stretta
sinergia alla quale d'ora in poi vogliamo improntare i due assessorati». Lodi ha
sottolineato che il piano «non prevede solo grandi opere ma anche interventi
manutentivi su scuole e mercati, che stanno a cuore all'amministrazione.
Presentiamo il tutto in meno di un mese dall'insediamento della nuova giunta».
Tra scuola Bergamas e asilo nido Semi di mela, in tutto andranno infatti 3,5
milioni, per l'adeguamento antincendio dei rispettivi impianti, più 250 mila
euro sui mercati. Altri 2,2 milioni serviranno a completare l'impianto
polisportivo di San Giovanni: gara prevista entro inizio 2022. Un milione è
previsto per la riqualificazione e per gli scavi archeologici da effettuare
sull'area antistante Casa Francol, in Cittavecchia. C'è poi in agenda la
demolizione della Sala Tripcovich, che costerà 920 mila euro: «Seguirà la
riqualificazione di quella piazza. Intanto la demolizione va messa a gara
subito». Spazio anche ai musei: quello di Storia naturale e il de Henriquez
saranno sistemati, grazie a un contributo - tutto regionale - complessivo di 900
mila euro. Ulteriori 200 mila euro serviranno a restaurare le sale storiche e
migliorare gli impianti del Revoltella. Infine gli interventi extra. Fuori dal
piano delle opere, sono previsti ristrutturazione e ampliamento dell'Acquario
comunale, nonché interventi conservativi sui bagni comunali Topolini, Lanterna e
Veronese (totale 300 mila euro, da spendere a stretto giro). Ciò per poter
appaltare e cantierare subito i lavori sui bagni a inizio 2022, ha spiegato
ancora Lodi, prima quindi della stagione estiva, che a Trieste inizia con largo
anticipo rispetto ad altrove. Prima ancora di essere presentata in conferenza
stampa, ieri mattina la manovra è stata discussa in commissione consiliare. Le
opposizioni hanno sollevato alcune perplessità (vedi box nella pagina qui a
destra). La proposta di deliberazione sarà nuovamente esaminata lunedì, durante
l'apposita riunione della Seconda commissione. -
Lilli Goriup
Paoletti lancia il 5° mandato «Il Parco del mare si farà lavori al via
entro un mese»
Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia indica le
priorità da qui al 2026 «Il Covid ha cambiato la città: vanno riqualificate le
periferie per offrire servizi sotto casa»
Il Parco del mare si farà. Il presidente della Camera di commercio della Venezia
Giulia, Antonio Paoletti, inaugura il mandato 2021-2026.I principali obiettivi
del suo quinto mandato al vertice della Cciaa?«Consolidare quanto seminato,
seguendo le nostre direttive di sviluppo (vedi box in alto a sinistra). Lo
scorso mandato è stato il primo alla guida della Venezia Giulia: non si deve più
parlare di Trieste e Gorizia come realtà separate. Un esempio? Lo scorso anno
abbiamo ceduto il porto di Monfalcone all'Authority portuale del Mare Adriatico
orientale, anche per dotare Trieste di un retroporto importante, come già
avviene con le navi da crociera. Va creata una piattaforma logistica della
Venezia Giulia, di peso sul piano regionale. Abbiamo appena stanziato un aumento
di capitale di 986 mila su Interporto Trieste per sviluppare infrastrutture atte
ad attrarre investimenti. Al contempo l'alta società in house Venezia Giulia
Sviluppo Plus sta realizzando nell'Autoporto Sdag di Gorizia una scuola di alta
formazione per lavoratori e imprese portuali e non». Gli altri settori? «Appunto
tutti quelli compresi nelle direttive di sviluppo. Si va dall'agroalimentare al
mare (solo sulla pesca gestiamo 3 milioni di contributi), fino alla
digitalizzazione dei servizi alle imprese. Tramite la in house Infocamere,
stiamo diventando sempre più il braccio operativo della Regione». Le imprese in
pandemia?«Tramite Confidi Venezia Giulia, abbiamo permesso a chi era in
difficoltà di accedere a una somma complessiva di 24 milioni di euro, attraverso
lo strumento delle garanzie: bonus per aziende, finanziamenti ad hoc per
professionisti e molto altro (vedi box in alto a destra). Il Covid tuttavia ha
cambiato le vite e le città. Con lo smart working serviranno meno le attività
nate negli ultimi 50-60 anni per accogliere i lavoratori che confluivano in
centro. Occorrerà invece riqualificare le periferie per offrire servizi sotto
casa. Ma che ne sarà delle sale riunioni? Degli alberghi business che stanno
perdendo fatturati perché non c'è più turismo d'affari?».L'impatto
dell'e-commerce?«Sta desertificando i territori. Se i prodotti, uscendo dalle
fabbriche, si vendono sulle piattaforme digitali, matematicamente tagliano fuori
gli altri rivenditori. Unica eccezione? I piccoli commercianti di nicchia. Chi
compra online deve sapere che contribuisce non solo a questo ma anche a far
mancare i posti lavoro che ruotano attorno alle attività che chiudono: dal
rappresentante di merci all'artigiano che restaura un negozio. Se indietro non
si torna, i colossi dovrebbero almeno pagare le tasse sui territori dove
vendono».Il Parco del mare si farà? «La pandemia ha rallentato l'iter. Entro un
mese partiranno i lavori per demolire i vecchi manufatti pericolosi e mettere in
sicurezza l'area di Porto Lido. In seguito tramite la società Venezia Giulia
Sviluppo Plus costruiremo i bandi per creare il Parco. Speriamo di obliterare il
primo biglietto entro tre anni». -
Lilli Goriup
Dibattito su cabinovia e mobilità sostenibile. Tre giorni per discuterne
con mostra e convegni
Appuntamento dal 15 al 17 dicembre nell'auditorium Generali. In primo piano
il futuro dei collegamenti tra il centro e il Carso
Tre giorni di dibattito, per discutere della cabinovia che il Comune intende
realizzare fra Barcola e Opicina. Cabinovia e non ovovia: questa la
denominazione più appropriata secondo l'amministrazione municipale che ha
programmato per le giornate del 15, 16 e 17 dicembre delle occasioni di
confronto pubblico sul progetto, finanziato dal Piano nazionale di ripresa e
resilienza (Pnrr): invitati a partecipare cittadini, esperti e portatori di
interesse. Titolo dell'appuntamento, che si svolgerà nell'auditorium Generali in
Porto Vecchio, è "Carso - Porto Vecchio - Centro Città: La nuova mobilità
sostenibile a Trieste". Le tre giornate si articoleranno su una mostra e due
convegni. «Questo progetto - ha detto il sindaco, Roberto Dipiazza - è stato
finanziato dal Pnrr, a dimostrazione della bontà dell'idea che va verso una
mobilità sostenibile. Vogliamo presentarlo con la massima trasparenza, basandoci
su dati, fatti e prospettive concrete, per migliorare il collegamento nord alla
città, avviare un modello di mobilità green, che si interfacci con i vari piani
legati alla mobilità che abbiamo già predisposto e per rinforzare il potenziale
attrattivo di Trieste sotto il profilo turistico». «La cabinovia - ha
sottolineato Elisa Lodi, assessore per i Lavori pubblici - rappresenta una
soluzione di trasporto sostenibile con specifico riferimento alla connessione
tra il centro città, l'area del Porto Vecchio e l'altipiano carsico». «Con la
cabinovia - ha osservato l'assessore alle Politiche finanziarie, Everest Bertoli
- Trieste avrà l'opportunità di adeguarsi ai tempi». Il direttore del competente
Dipartimento, Giulio Bernetti, ha sostenuto che «il progetto è stato redatto con
il supporto di professionisti esperti». Per iscriversi e partecipare, fino a
esaurimento posti, è necessario essere in possesso del green pass e inviare una
e mail a monica.goina@comune.trieste.it entro le ore 10 di lunedì 13.
Ugo Salvini
Legambiente contro il parco fotovoltaico sul prato stabile al confine
tra Gradisca e Mariano del Friuli
Mariano. «Troppo impattante l'ipotizzato parco fotovoltaico di Mariano». È
Legambiente Gorizia ad esternare perplessità in merito al progetto che dovrebbe
portare alla realizzazione di una vasta area per la produzione di energia
elettrica tramite pannelli solari. Il progetto inizialmente avrebbe dovuto
coinvolgere i comuni di Mariano (per un buon 80%) e Gradisca (20%), trovandosi
l'area a cavallo fra i due centri. In realtà la municipalità della Fortezza non
ha concesso le autorizzazioni alla ditta (di fuori regione) che ha proposto
l'insediamento, in quanto «non coerente» con le indicazioni del Prgc: la
porzione interessata avrebbe infatti riguardato un'area con vincolo agricolo.
Diverso il discorso per Mariano, in quanto il contesto urbanistico sarebbe già
potenzialmente adatto a un simile insediamento. Ma Legambiente non ci sta.
«L'impianto della potenza di 5,9 MW che verrà realizzato in un grande prato
circondato da piccoli boschi, fra Mariano e Gradisca - nota Legambiente -
andrebbe ad insediarsi in un'area estremamente interessante dal punto di vista
paesaggistico e naturale. Qui sono state osservate 78 specie di uccelli, molte
delle quali piuttosto esigenti nella scelta dell'habitat, tra le quali: la
quaglia, il falco pecchiaiolo, il lodolaio, l'albanella reale, l'albanella
minore, il falco cuculo, la tortora selvatica, il torcicollo, la cappellaccia,
l'allodola, la passera scopaiola, il saltimpalo, il beccafico, la sterpazzola,
il luì verde, l'averla piccola e lo strillozzo. È evidente che l'impatto sarà
notevole sul prato polifita e sulla comunità ornitica del sito, in quanto
diverse specie tipiche degli ambienti ecotonali di pianura abbandoneranno l'area
quando l'impianto sarà realizzato. L'area è composta da un mosaico di habitat
diversi (cave abbandonate, prati stabili, boschetti, frutteti, vigneti, zone
industriali occupate e abbandonate)». Il cuore dell'area è proprio il prato
stabile dove si vuole realizzare il parco fotovoltaico, per questo
l'associazione, pur favorevole alle fonti rinnovabili, chiede che l'impianto non
venga realizzato.
Fondazione Luchetta Curati 19 bambini in fuga da Africa, Afghanistan e
Iraq
La pandemia non ha fermato l'attività del sodalizio e la sede di via Valussi
è quasi piena. Avanti anche i progetti all'estero
«Dopo il periodo difficile legato alla pandemia, dalla fine del 2021 l'attività
è tornata gradualmente alla normalità, e la sede di via Valussi è quasi piena,
l'ultima famiglia arriverà a breve». La presidente Daniela Luchetta ha aperto
così ieri la relazione sul bilancio morale 2021 della fondazione Luchetta Ota
D'Angelo Hrovatin, sottolineando una ripresa degli interventi di assistenza
sanitaria internazionale. «Il viaggio a Trieste ha restituito la speranza - ha
aggiunto - e la possibilità concreta di sopravvivere nel corso dell'anno a 19
bambini provenienti da Afghanistan, Costa D'Avorio, Eritrea e Iraq, accompagnati
da 29 familiari, con permanenza media di 84 giorni per ogni nucleo familiare, e
quindi per 4042 giorni complessivi di ospitalità». Tra le tante storie che hanno
caratterizzato il 2021, sono state citate due in particolare. «A gennaio - ha
ricordato la presidente - il giornalista Rai Nico Piro ci ha segnalato la
vicenda di una giovane madre afghana, bloccata nel campo migranti sull'isola di
Lesbo insieme al figlio gravemente malato, partiti dall'Iran in cerca di cure.
Oggi è seguito dall'ospedale di Udine». E ancora una mamma con 6 figli, che ha
perso il marito, con una bambina affetta da un tumore al cervello, «portata in
Italia grazie a una serie di lunghi passaggi, operata a Udine, viene seguita dal
Cro di Aviano ed è in fase di recupero». Un altro nucleo familiare è in arrivo
dall'Afghanistan, il Paese che più di altri registra in questo momento
situazioni di emergenza. Ma anche durante i mesi di attività ridotta delle case
di assistenza, come nel periodo successivo al lockdown, la presidente ha
spiegato come sia stato avviato un aiuto importante a 120 famiglie in difficoltà
economica, con la distribuzione di cibo, iniziativa attuata anche attraverso il
centro di raccolta Elide, che ha dato sostegno in particolare a migranti di
passaggio o richiedenti asilo. È proseguito il progetto in Albania di
collaborazione con la clinica sanitaria "Salus" di Tirana, per l'accoglienza di
bambini con patologie. Si è invece interrotto il progetto di collaborazione con
Atmo (Fundacion para el Transplante de Medula osea) in Venezuela, a causa delle
condizioni critiche del Paese. Dal 1998 ad oggi - è stato ricordato - grazie
alla fondazione sono stati assistiti 795 bambini non curabili nei luoghi di
provenienza, ospitando anche dei familiari al seguito: 1960 finora accolti. Tre
le sedi messe a disposizione nel tempo, oggi con 68 posti letto complessivi, ci
sono via Valussi e via Chiadino, e a Sgonico-Bristie la ristrutturata Casa
Steffè. Un appello dalla Luchetta è stato rivolto alle istituzioni cittadine e
regionali per salvare proprio Casa Steffè a rischio chiusura a causa dello stop
del progetto Sai-Siproimi e della rinuncia del Comune di Sgonico ai
finanziamenti Spar erogati dal Ministero. «Il Comune non riesce a occuparsi
dell'organizzazione - ha rimarcato - perché si tratta di un progetto molto
farraginoso a livello burocratico e contabile. Per aiutare l'integrazione dei
richiedenti asilo è necessario arrivare a procedure più semplici. Il centro è
ancora operativo ma a breve anche l'ultima famiglia sarà trasferita. Speriamo in
un intervento delle istituzioni». Arriva infine il video che racconta l'impegno
della fondazione, con le testimonianze di tre amici: tre importanti nomi del
giornalismo, che alla fondazione Luchetta hanno dedicato un saluto speciale, a
cominciare da Riccardo Iacona, volto notissimo di tante inchieste e conduttore
di Presa Diretta su Rai3, e poi Nico Piro e Alessio Zucchini, anchorman del Tg1.
Il video sarà sul sito e i social della Fondazione. Dettagli su
fondazioneluchetta.eu.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - VENERDI',
10 dicembre 2021
Nuovo Museo del mare: luce e percorso verticale con partenza dall'alto
I dettagli del progetto per il Magazzino 26 svelati dall'architetto che l'ha
firmato, il sivigliano Vazquez Consuegra: «Soluzioni nuove convivranno con
l'esistente»
Spazi inondati di luce naturale e privi di barriere architettoniche, per un
grande museo il cui percorso espositivo si svilupperà in verticale, recuperando
grazie alla verticalità la visione del suo elemento portante, il mare, cui
Trieste deve il suo sviluppo. Sono queste le idee cardine su cui l'architetto
Guillermo Vazquez Consuegra ha costruito il progetto di quello che si appresta a
diventare il luogo espositivo simbolo della città, il futuro Museo del mare che
troverà spazio, rinnovandolo, all'interno del Magazzino 26. «Non si tratta
soltanto di un recupero storico, con la riqualificazione di un edificio, ma di
una reinvenzione, una riattivazione dell'antico per un utilizzo contemporaneo,
un'architettura nuova che conviva con naturalezza con l'esistente», ha spiegato
ieri l'architetto, rispondendo indirettamente ai dubbi manifestati da alcuni
sull'opportunità di fare una gara internazionale per un progetto tutto sommato
"conservativo" su un edificio già restaurato. L'occasione di illustrare il
progetto nei minimi dettagli gli è stata offerta dal convegno che il Comune ha
organizzato ieri in Sala Luttazzi, dedicato proprio alla presentazione del piano
architettonico del «nuovo grande attrattore culturale transfrontaliero di
Trieste», di cui l'archistar è stato l'indubbio protagonista. Per realizzare
questo progetto del valore di 33 milioni di euro e che interesserà uno spazio di
38 mila metri quadrati, ha spiegato il 76enne Vazquez Consuegra, si sarebbero
potuti adottare approcci agli antipodi, dal mimetismo alla discontinuità. «Noi
abbiamo scelto una terza via, cercando i fondamenti di un'architettura nuova e
innestandola nell'esperienza esistente. In modo che il linguaggio innovativo
della modernità e il linguaggio consolidato della storia non siano antitetici,
ma entrino in risonanza e divengano complementari», ha evidenziato, presentando
altre sue realizzazioni basate sullo stesso presupposto. Per recuperare il
rapporto diretto con il mare in un edificio che non è sul waterfront, la cui
visuale è parzialmente coperta dai Magazzini 24 e 25, l'escamotage del
professionista sivigliano è stato quello di dare vita a uno sviluppo verticale
da innestare sul corpo centrale: al corpo "basso" del vecchio edificio verrà
aggiunta una struttura leggera, trasparente, vetrata, l'ormai celebre "mirador",
che consentirà una vista aperta sul mare e sulla città e sarà dotato di terrazze
panoramiche. Una scala elicoidale e ascensori vetrati garantiranno il
collegamento con gli altri livelli. Sarà un museo che si visiterà partendo
dall'alto, e dalla visuale del mare, per poi ridiscendere. Nella parte inferiore
del "mirador" troverà spazio un ristorante, che non supererà in altezza le
torrette, e da cui si potrà scorgere la biblioteca, posta al terzo piano,
insieme ad alcune sale espositive e a un auditorium. Al secondo piano il corpo
centrale ospiterà sale per l'esposizione permanente e, nel corpo laterale, un
centro di ricerca, formazione e studi. Al primo piano saranno ospitate altre
sale, pensate per l'esposizione permanente, un'area relax, un deposito chiuso e
spazi per uffici, al piano terra invece si troveranno sale per mostre
temporanee, il foyer, un deposito a vista e spazi per le attività laboratoriali.
Nel seminterrato i servizi per lo staff e il guardaroba. Grazie all'apertura di
un lucernario la luce naturale inonderà le aree espositive e il foyer: «Portare
la luce naturale all'interno dell'edificio era un obiettivo indispensabile per
riqualificare gli spazi, ampi ma molto oscuri, all'interno del Magazzino 26. Con
la luce e i nuovi materiali che introdurremo, che si sposeranno con i materiali
esistenti, vogliamo intensificare la specificità di questo luogo», sottolinea
l'architetto. Per trasformare il magazzino in museo, saranno costruite al suo
interno quattro fasce con scale, servizi e impianti. Le pareti delle sale
rimarranno così come sono e verranno introdotti semplici pannelli di cemento
armato per le divisioni degli spazi interni laddove necessario. All'esterno
davanti al Museo troverà spazio una linea di alberi, per avvicinare architettura
e natura, e affinché il museo si riappropri dello spazio esterno verranno
utilizzati per le panchine e le griglie degli alberi gli stessi materiali con
cui verranno costruite internamente le rampe. Saranno questi gli ingredienti di
un museo che Vazquez Consuegra immagina inclusivo, accessibile a tutti perché
privo di barriere, un grande contenitore che, oltre a essere attrattore
culturale, favorisca l'interazione sociale.
Giulia Basso
Dalle reti al parco verde destinato finora un totale di 159 milioni di
euro al rilancio dell'area
Gli interventi nel comprensorio riassunti dall'ingegner Bernetti
Sottolineata l'intesa fra gli uffici comunali e il professionista andaluso
Valgono 159 milioni gli interventi del Comune sull'area di Porto vecchio: un
investimento di grande peso, che con la variante urbanistica che dal varco di
Porto vecchio dietro al Silos porterà alla futura sede del Museo del mare e
verso l'area congressuale, definirà l'assetto complessivo del territorio. A
presentare il Museo del mare nello sviluppo di Porto vecchio è stato ieri
l'ingegnere Giulio Bernetti, che ha riassunto, a partire dall'Accordo di
programma (Adp), i piani per questo pezzo importante di città. All'interno del
Porto vecchio, partendo dal varco dietro al Silos, l'Adp prevede quattro
sistemi: un'area dedicata a moli e attività marittime sul fronte mare, con
dietro un'area per insediamenti misti, l'area per musei umanistico-scientifici e
congressuale, dove sono situati il Magazzino 26 e il Centro congressi, e
un'ultima area dedicata al divertimento e allo sport. Tra gli interventi di
maggior portata spiccano quelli per le reti tecnologiche, i servizi e la
viabilità, con uno stanziamento di 15 milioni di euro. Per il sito inquinato
sono 5 i milioni di euro stanziati, per il Park Bovedo mezzo milione di euro,
per il Viale monumentale 21 milioni, per il "Parco lineare", la parte verde di
Porto vecchio, sono stati allocati 19 milioni. Sono 18 i milioni di euro
destinati al Centro congressi, 48,5 quelli per la cabinovia, meglio nota ai
triestini come ovovia, 5 milioni per il primo lotto di infrastrutture e 9
milioni per il secondo. Infine il Museo del mare, che vale 33 milioni e i cui
lavori, dice Bernetti, partiranno a breve. Tornando al MuMa, degli allestimenti
interni per ora si sa poco: Patrizia Fasolato, del Servizio musei e biblioteche,
ha potuto solo evidenziare come il cosiddetto "storyboard", che descrive lo
sviluppo tematico negli spazi del Magazzino 26, sia stato realizzato in costante
collaborazione con Guillermo Vazquez Consuegra. Poi bocca cucita, perché «per le
attività istruttorie e le procedure di gara in corso non si può dire molto, se
non ciò che già è noto», ovvero che il percorso museale è stato preparato dalla
Fondazione Luigi Micheletti. Quanto al lavoro di squadra, che ha visto
coprotagonisti i funzionari comunali e l'archistar andalusa, da ambedue le parti
si dichiara soddisfazione. «Finora con il Comune abbiamo lavorato molto bene:
l'architetto Lucia Iammarino ha seguito tutto il processo e ci siamo aggiornati
con riunioni continue - commenta Vazquez Consuegra -. Vedremo come andrà avanti,
perché per me è importante avere l'incarico della direzione artistica: nel mio
modo d'intendere l'architettura il pensiero e il fare sono concetti
assolutamente indivisibili». Quanto alla prima bocciatura del suo "mirador" da
parte della Soprintendenza, con la richiesta di abbassarlo, l'archistar non
nutre rancori: «L'idea del "mirador" era condivisa, il problema era la forma di
questo elemento, che la Soprintendenza nel mio progetto ha ritenuto troppo
iconica. Ma l'abbiamo risolta con una copertura piana, che dà maggiore
neutralità alla struttura».
G.B.
Le ex officine Holt passano ufficialmente al Gruppo Fracasso
In via gambini l'imprenditore veneziano realizzerà 25 appartamenti e 50
posti auto
La Cassa Depositi e Prestiti ha ceduto al Gruppo Fracasso le ex officine Holt di
via Gambini. Ieri il cambio di proprietà è avvenuto a una cifra considerata in
linea con il valore di mercato dell'immobile, il quale è passato così da un
fondo gestito dalla stessa Cdp (nello specifico la Cdp Immobiliare Sgr)
all'imprenditore veneziano. Non trapelano ulteriori dettagli sull'operazione, né
è dato conoscere il prezzo d'acquisto delle ex officine. È confermato invece il
progetto di riconversione del sito da parte di Francesco Fracasso e del suo
gruppo, che nel futuro dell'area vedono residenze e posti auto per il quartiere.
Il Gruppo Fracasso è lo stesso che ha firmato il recupero dell'ex "Lavoratore"
in corso Saba, dell'ex concessionario Dino Conti in strada della Rosandra e, da
ultimo, il complesso dell'ex Maddalena in via dell'Istria. Più nel dettaglio, il
progetto per la struttura di via Gambini prevede la realizzazione di 25
appartamenti e 50 posti auto. L'investimento complessivo sarà di circa 10
milioni di euro, con una quotazione al metro quadrato dei futuri box e
appartamenti che si aggirerà sui 3.000 euro. Secondo gli obiettivi fissati già a
giugno, dal nuovo proprietario, l'avvio del cantiere dovrebbe avvenire entro
fine 2022.L'edificio che ospitava le officine Holt è costituito da un unico
corpo di fabbrica dalla superficie di 3.700 metri quadrati commerciali. Fu
edificato intorno alla metà del 19 esimo secolo. Nella prima metà del '900 fu
quindi adibito a caserma e, a partire dagli anni '50, fu utilizzato come
ricovero collettivo e mensa comunale. Le facciate sono tuttora sottoposte a
vincolo di interesse storico artistico da parte dell'allora Ministero per i beni
e le attività culturali. L'immobile è appartenuto al patrimonio comunale fino al
2015 quando, nell'ultimo anno dell'amministrazione Cosolini, fu ceduto alla
Cassa Depositi e Prestiti per un milione di euro, dopo che tre aste erano andate
deserte. Sempre l'amministrazione di centrosinistra aveva pensato di ospitarvi
il centro islamico, ma la comunità musulmana allo storico edificio di via
Gambini preferì l'attuale sede di via Maiolica. La storia dello stabile è
appunto antica e affonda le sue radici nella prima metà del 1800, quando Trieste
si trovava nel pieno dell'impulso industriale alimentato dalle possibilità che
il porto franco offriva. All'epoca era ancora estrema periferia l'area dove oggi
sorge il rudere della fabbrica, oggetto del futuro risanamento. Fu proprio in
quella zona che nel 1839 l'inglese Thomas Holt, nato a Manchester nel 1816,
decise di aprire una ditta di costruzioni macchine. La prima sede si trovava in
realtà in via della Madonnina, per poi spostarsi in quella che ai tempi era
denominata via della Ferriera, l'attuale via Gambini. La fabbrica invece si
chiamava "Fabbrica macchine e caldaie Thomas Holt", produceva macchine a vapori
e motori a "gas povero". Nel 1860 l'industriale inglese fece brevettare una
particolare caldaia, detta generatore Holt, che funzionava con risparmio di
combustibile, applicabile sia alle navi che alle locomotive a vapore. Tali
caldaie furono utilizzate ad esempio sulla nave "Ammiraglio Tegethoff", ma anche
nel contesto della spedizione polare a firma austroungarica del 1872-'74, che
portò alla scoperta della Terra di Francesco Giuseppe, una serie di isole
artiche che ancora oggi portano il nome dell'imperatore Asburgo.
Lorenzo Degrassi
«Mozione sul laminatoio solo una bandierina»
- la Lista "Muggia" spiega l'astensione di Fogar
MUGGIA. Del laminatoio delle Noghere «se ne riparlerà a febbraio 2022 se e
quando emergeranno novità, a voler essere assai ottimisti. E il confronto
avverrà specificatamente sulle questione tecniche e sul forte impatto
ambientale. Per tali ragioni il consigliere comunale della lista civica Muggia
si è astenuto nelle votazioni sulle tre mozioni discusse in Consiglio comunale».
Questo, in sintesi, il contenuto di una nota diramata dalla lista "Muggia", in
risposta alle accuse velate rivolte al proprio rappresentante in Consiglio
comunale, Maurizio Fogar, dall'eletto del Comitato No Laminatoio, Sergio
Filippi. La mozione Filippi-Tarlao «non era funzionale - così la nota - a
risolvere la questione e a porre le basi per un ampio coinvolgimento del Comune
a tutela dei muggesani» ma «una bandierina piantata per testimoniare la propria
esistenza in vita. Un gesto politicamente controproducente ai fini di tutelare
salute, menzionata una sola volta di sfuggita nel lungo testo, qualità della
vita ed interessi dei cittadini».
LU.PU.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
9 dicembre 2021
La disputa delle scorie nucleari prodotte dalla centrale a Krsko -
destinate in Bosnia ma i cittadini si oppongono
BELGRADO. La Croazia accelera, in Bosnia crescono rabbia e paura. E nel cuore
dei Balcani si prepara un nuovo conflitto. Non sarà una guerra armata, ma
provocherà sicuramente grande tensione la questione della quota croata dei
rifiuti radioattivi della centrale nucleare di Krsko - la cui proprietà è divisa
in parti eque tra Lubiana e Zagabria - scorie che la Croazia pianifica di
sistemare in un sito a un tiro di schioppo dal confine con la Bosnia. Sito,
quello dell'area dell'ex caserma di Cerkezovac, sulla Trgovska Gora, dove in
questi giorni sono ufficialmente iniziati i lavori di esplorazione geologica,
passo propedeutico alla sistemazione nella zona dei rifiuti radioattivi a media
e bassa intensità prodotti dall'impianto di Krsko. Si tratta di un passaggio
fondamentale. Si parla infatti di «perforazioni» in profondità, fino a 180 metri
e di altre ricerche a profondità inferiori, che permetteranno di raccogliere
dati «geofisici e sismici» sul sito e di acquisire conoscenze precise sugli
aspetti idrogeologici dell'area, ha specificato sul suo sito ufficiale il Fondo
croato incaricato di gestire la gestione del combustile nucleare utilizzato a
Krsko. L'obiettivo principale, quello di «determinare la composizione geologica
del suolo» nel sito selezionato da Zagabria per lo stoccaggio dei rifiuti di
Krsko. Movimenti, quelli sul fronte croato, che hanno immediatamente allarmato
molti, in Bosnia. Bosnia dove, ricordiamo, da anni si organizzano proteste
contro il sito a Trgovska Gora. Secondo critici e ambientalisti, un deposito di
rifiuti radioattivi nell'area sarebbe una vera e propria bomba a orologeria,
collocata in una delle zone più preziose dal punto di vista naturalistico, a
ridosso dei fiumi Una, Krka e Unac, nel cuore di un parco nazionale e a ridosso
della cittadina di Novi Grad, 30 mila abitanti sul piede di guerra. E la
situazione potrebbe precipitare a breve. «Non abbiamo il permesso di avvicinarci
a Trgovska Gora», ha denunciato ieri un esperto del team governativo bosniaco
che monitora le mosse croate, mentre tra Sarajevo e Banja Luka ricominciano a
levarsi appelli affinché lo Stato agisca, anche con iniziative diplomatiche, per
fermare i progetti di Zagabria . La cittadinanza è «. reoccupata», ha confermato
il sindaco di Novi Grad, Miroslav Drljaca, commentando anche le voci sull'arrivo
di container carichi di rifiuti radioattivi. E nuove proteste e tensioni tra i
due Paesi, già a breve, non sono affatto escluse, come osservato in passato.
Stefano Giantin
Mozione anti laminatoio Filippi attacca Fogar - l'atto bocciato in aula a Muggia
MUGGIA«La nostra mozione che ribadiva il nostro no deciso e convinto al
laminatoio, messa ai voti, è stata respinta dal centrodestra e dal
centrosinistra e c'è da registrare un voto ininfluente d'astensione». Lo afferma
il consigliere comunale del Comitato No Laminatoio, Sergio Filippi. Filippi
punta il dito contro il consigliere astenutosi, Maurizio Fogar, della civica
Muggia: «Certe dichiarazioni sulla nostra mozione me le sarei aspettate da
tutti, ma non certamente da chi gridava per piazze e giardini il suo no senza se
e senza ma al laminatoio».
lu.pu.
L'archistar Consuegra racconta il futuro Museo del Mare - il convegno
L'architetto Guillermo Vazquez Consuegra stamattina andrà in scena nella Sala
Luttazzi del Magazzino 26 di Porto vecchio. Alle 9 inizierà un convegno sul
futuro Museo del Mare che si protrarrà fino a ora di pranzo. Il sindaco Roberto
Dipiazza inaugurerà la scaletta, seguito dagli assessori Elisa Lodi (Patrimonio
immobiliare) e Giorgio Rossi (Cultura e Turismo). Interverranno anche i
dirigenti degli uffici comunali coinvolti e l'architetto dell'Università di
Trieste Giovanni Fraziano. Ma il protagonista sarà appunto il sivigliano
Consuegra, che ha progettato la trasformazione del "26" in nuovo Museo del Mare.
Un'operazione da 22 milioni di euro.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI',
8 dicembre 2021
A 30 anni dalla legge sui parchi, Legambiente FVG propone di
istituirne di nuove in regione
I 30 anni della legge nazionale sui parchi, la L. 394/91, è stata l’occasione
per una riflessione di Legambiente sul tema delle aree protette anche in
relazione alla strategia europea sulla biodiversità che prevede al 2030 il 30%
del territorio e del mare protetto. Nella nostra regione la superficie di
parchi, riserve e biotopi raggiunge nel complesso circa il 7%, l’obiettivo da
perseguire per adempiere alle indicazioni concordate a livello di UE è il 10%.
Nel loro insieme le aree protette comprensive dei Siti Natura 2000, designati
specificamente per tutelare aree che rivestono un'importanza cruciale per specie
e habitat ritenuti di rilevanza comunitaria, coprono il 20% del territorio e
quindi dovranno aumentare al 30% per il 2030. Allargando lo sguardo, il declino
della biodiversità è uno dei maggiori problemi ambientali che l’umanità si trova
ad affrontare, insieme al cambiamento climatico e alle disuguaglianze sociali.
L’impatto antropico ha trasformato il 75% degli ambienti naturali delle terre
emerse e il 66% degli ecosistemi marini, messo a rischio almeno un milione di
specie animali e vegetali dopo averne cancellato per sempre un numero
imprecisato. Appare oramai evidente che la salute e il benessere umano, la
produzione di cibo sono strettamente legati alla vitalità e alla resilienza dei
sistemi naturali, per questo è importante considerare la salute come un unicum
che riguarda la connessione tra la dimensione umana e quella ambientale.
Legambiente FVG, ha messo nero su bianco alcune proposte che riguardano
l’istituzione in Regione di nuove aree protette dove la tutela è parte
integrante della sostenibilità declinata nella sua componente ambientale,
economica e sociale e riproposto alcune traiettorie gestionali. Le proposte di
istituzione di nuovi parchi riguardano: 1. Parco regionale della Laguna di
Grado e Marano. Soddisfa l’esigenza, sempre più presente, di una governance
rafforzata per indirizzare, coordinare e razionalizzare al meglio le azioni di
conservazione delle Riserve naturali e dei Siti Natura 2000 ivi presenti.
Rappresenta un’importante opportunità di immagine coordinata dell’area e
caratterizzata da una sccelta “green”; 2. Parco regionale del Carso, già
previsto dalla L.R. 42/96; anche qui, come nella foresta di Tarvisio, l’area
protetta può convivere con l’esperienza delle “Comunelle”, delle proprietà
collettive e usi civici, diventandone quasi un fattore distintivo e originale
della gestione; 3. Parco regionale delle Alpi Carniche, che può
rappresentare, nel territorio, una opportunità di tutela rafforzata e di
sviluppo di economie sostenibili fondata sulle molteplici esperienze di
valorizzazione in atto e sulla bellezza dei luoghi; senza dimenticare la
proprietà regionali su buona parte dell’area e le relazioni transfrontaliere;
4. Riserva regionale del Tarvisiano (comprensiva della foresta e delle
proprietà regionali di Fusine), collocata all’interno della costruenda Riserva
della Biosfera MAB UNESCO trinazionale (Triglav, Dobratsch, Alpi Giulie),
mediante un accordo con lo stato. Tutela della biodiversità, gestione
sostenibile della foresta, sua certificazione e mantenimento degli usi civici
presenti ne costituiscono gli ingredienti essenziali. Se i parchi concorrono
anche allo sviluppo sostenibile del territorio devono discendere dalle zone
impervie dove sono attualmente confinati e coinvolgere nella loro gestione
cittadini ed amministratori che già oggi guardano con favore ed aspettative
crescenti a politiche territoriali di questo tipo. Ma ciò non basta. Bisogna
fare in modo che la tutela della biodiversità, che ha importanti riflessi sulla
salute, il benessere delle persone e la funzionalità degli ecosistemi (in città
come nelle aree naturali) venga vista come politica trasversale nelle azioni del
governo regionale e delle istituzioni locali. Di fatto una leva fondamentale per
avviare, guidare, gestire e monitorare l’integrazione della sostenibilità nelle
politiche, nei piani e nei progetti a diverse scale. L’estensione delle aree
protette deve però andare di pari passo con la realizzazione della Rete
Ecologica Regionale, delineata nel Piano Paesaggistico Regionale che concorre a
salvaguardare la biodiversità connettendo le aree protette esistenti e future,
togliendole dall’isolamento con uno sforzo congiunto e sinergico a livello
regionale e locale. Maggiore attenzione va dedicata alle aree di pianura e ai
corsi d’acqua, alle fasce perifluviali a una gestione attenta della vegetazione,
che spesso risente di vecchie logiche imperniate unicamente sulla sicurezza
idraulica e motivo di diversi conflitti territoriali. Bisogna evitare il taglio
delle piantagioni di pianura costituite con i contributi del regolamento 2080/92
che dopo 20 anni non godono più dei benefici economici comunitari ma trasformate
in boschi veri o a boschi radi che condividono lo spazio con il prato
sottostante. Uno sforzo particolare dovrà essere rivolto ai prati stabili
tutelati, i quali sono scrigni di biodiversità e rappresentano di frequente
l’unica presenza naturale in contesti intensamente coltivati. Sono circa 8.200 i
prati protetti dalla legge regionale per una superficie pari a 9.437 ettari di
cui purtroppo una parte importante manifesta evidenti segni di declino
qualitativo causati dalla progressiva riduzione delle specie caratteristiche.
Questo fatto già preoccupante di per se stesso, in quanto strettamente legato al
declino della diversità biologica, desta ulteriore allarme in quanto la metà
della superficie prativa tutelata è interna alle aree Rete Natura 2.000 ,
cardine delle politiche comunitarie per la tutela della biodiversità. Non di
minor importanza è la porzione presente all’esterno della rete natura 2.000 in
quanto anche ad essa affidiamo, come previsto dalla rete ecologica regionale del
Piano Paesaggistico Regionale, la fondamentale funzione di connessione ecologica
degli ambiti di tutela. Non si può inoltre parlare di biodiversità senza una
norma che azzeri entro il 2030 il consumo di suolo, rafforzi le risorse umane
dedicate al tema e il regime dei controlli sul territorio. Legambiente su ognuno
di questi capitoli dedicherà i suoi sforzi di approfondimento, critiche e
proposta, interlocuzione e ricerca di alleanze nei prossimi anni. È un
contributo alla strategia regionale per lo sviluppo sostenibile che dopo il
lancio iniziale è scomparsa dall’orizzonte delle strategie regionali.
Legambiente Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
8 dicembre 2021
Parte la trasformazione dell'ex sede delle Fs in piazza Vittorio Veneto
Lunedì 13 si comincia dal restauro degli esterni che prevedono un anno di
lavori L'imprenditore Holler: «A settembre conto di aprire il cantiere per gli
interni»
Lunedì 13 dicembre decollerà la riqualificazione dell'ex "compartimentale" delle
Ferrovie dello Stato, acquistato un anno fa per circa 10 milioni di euro dagli
imprenditori austriaci Ivan Holler e Michael Mitterdorfer attraverso il vettore
societario Pvv (acronimo di piazza Vittorio Veneto, quasi una nemesi della
sconfitta asburgica di 103 anni fa ...). E decollerà con il più immediato e
logico degli interventi, ovvero il restauro delle facciate, che fasciano il
grande edificio in via Galatti, in piazza Vittorio Veneto, in via Milano, in via
Filzi. Al cantiere provvederà una cordata di imprese edili composta dalla
teatina Dino Di Vincenzo, dalla trevigiana Genesio Setten, dalla triestina
Innocente & Stipanovich: è stata chiesta al Comune un'ordinanza di viabilità
della durata di un anno, che prevede divieti di sosta e restringimento di
carreggiata in via Galatti. In parallelo con il maquillage esterno - precisa lo
stesso Ivan Holler - si procederà al cosiddetto "strip out", la tecnica edilizia
che in italiano si rende con "demolizione selettiva", ovvero l'eliminazione di
materiali estranei al riassetto dello stabile. Holler, ieri a Trieste per
colloqui di affari e per un incontro con il sindaco Roberto Dipiazza, oltre che
annunciare l'avvio del refitting esterno, ha scandito le auspicabili tappe che
dovrebbero consentire l'inaugurazione del complesso nell'autunno 2024.Il
progetto definitivo, relativo alla futura missione dei quasi 18.000 metri
quadrati suddivisi su cinque piani, sarà redatto nel primo quadrimestre del
prossimo anno, con l'obiettivo di ottenere le autorizzazioni necessarie alla
trasformazione di un edificio nato nel 1895 su disegno di Raimondo Sagors per
ospitare l'Istituto pensioni degli impiegati del Lloyd austriaco. Holler spera
che i "nulla osta" amministrativi giungano attorno a fine estate/inizi autunno
2022, così da attivare il cantiere riqualificativo, che dovrebbe protrarsi per
un paio di anni. L'imprenditore austro-ungarico, nel senso stretto in quanto
motivato dalle origini magiare, ha pianificato un investimento complessivo pari
a 50 milioni di euro, che sarà seguito dall'architetto veneziano Luciano Parenti
- già al lavoro sugli hotel Danieli e Monaco nella città lagunare - e dal
collega viennese Erich Bernhardt, che si concentrerà sul design e
sull'arredamento. Se questo cronoprogramma verrà rispettato, nell'autunno 2024
Holler conta di consegnare "chiavi in mano" un hotel quattro stelle lifestyle da
120-130 stanze a un gestore di caratura internazionale: sono in piedi alcune
trattative cui si dedica il socio Michael Mitterdorfer, direttore della viennese
J&P Hospitality. Ma c'è spazio per ottenere in quel ben di Dio anche 80-100
appartamenti, la cui campagna di vendita avrà come riferimenti la Gabetti
triestina, guidata da Filippo Avanzini, e J&P dell'area centro-europea, diretta
da Martin Müller. Si rammenta che J&P è un'importante realtà immobiliare
austriaca, che in un quarto di secolo ha seguito 450 progetti. A rifinire
l'operazione, ecco i negozi al pianoterra e una terrazza all'ultimo piano
frequentabile da chi non è ospite dell'albergo. Forse si riuscirà a rendere
piazza Vittorio Veneto un po' meno triste di quanto l'abbiano modellata la
spiccata vocazione burocratico-amministrativa (Poste, Regione, ex Provincia) e
la mesta riedizione a cura di Boris Podrecca. A Trieste, come anticipato, Holler
sta monitorando altre opportunità di investimento. In passato si era accennato a
un interesse per palazzo Carciotti, sul quale l'imprenditore glissa
accuratamente. Conferma invece la linea di attenzione su Venezia, dove ha già
realizzato un "distretto" di 5 alberghi vicino alla stazione di Mestre, e dove
trasformerà i gasometri di Castello in appartamenti. È infine sbarcato anche al
Lido dove ha rilevato un hotel.
Massimo Greco
SOS Ambiente - Accordo italo-croato per ridurre i rumori sui fondali
adriatici - I risultati dell'Interreg Soundscape
FIUME. I risultati del progetto Interreg Italia-Croazia "Soundscape" non
lasciano spazio a dubbi: l'inquinamento acustico sottomarino nell'Adriatico
settentrionale, causato dall'azione dell'uomo, è un problema molto serio, che
non va sottovalutato perché mette a rischio la biodiversità di questo ambiente
marino così vulnerabile. Alla Casa di cultura croata a Susak (Fiume) sono stati
presentati i risultati di tre anni di monitoraggio e studio, attuati in nove
siti e congiuntamente da esperti italiani e croati, in rappresentanza di
ministero croato dell'Ambiente, Arpa Friuli Venezia Giulia, Cnr-Ismar di
Venezia, Fondazione Cetacea, Regione Marche, Mondo blu di Lussino, Istituto di
Oceanografia e Pesca di Spalato e Istituto per la Salute pubblica di Fiume.
Monitoraggio e misurazione sono stati attuati grazie a boe dotate di idrofoni
(installati per la prima volta) che hanno evidenziato quanto praticamente già si
sapeva: l'Alto Adriatico è un'area molto colpita dall'aumento dei traffici
marittimi, turismo, pesca, ricerche sismologiche, attività in campo militare.
Un'area dunque molto suscettibile a questi impatti, in grado di provocare forti
rumori, a tutto danno della fauna marina e dell'ecosistema. Grazie a Soundscape
è stata creata la prima rete regionale e transfrontaliera di monitoraggio del
mare per l'inquinamento acustico sottomarino. Tramite il progetto, del valore di
2, 1 milioni di euro, è stata potenziata la collaborazione tecnica, scientifica
e istituzionale tra i due Paesi adriatici, che ha quale traguardo la tutela
della biodiversità marina, sviluppando contemporaneamente l'uso sostenibile
degli ecosistemi e delle risorse marine e costiere. In tale contesto, le misure
di mitigazione del fenomeno dell'inquinamento acustico sottomarino risulteranno
di straordinaria importanza per l'ambiente. Nel corso dei tre anni di controlli
e analisi, le attenzioni si sono concentrate su due specie: il delfino Tursiops
truncatus e la tartaruga marina Caretta caretta, animali estremamente sensibili
nei riguardi delle attività umane. Di risultati si partirà per porre in atto
tutte le misure necessarie per ridurre il "rumore" nei fondali dell'Alto
Adriatico.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - Tram di Opicina. Linee ampliate dopo la ripartenza
È apparsa sul Piccolo del 29 scorso la notizia del progetto di una linea
tramviaria all'interno del Porto vecchio, presentato da un gruppo di tecnici ed
esperti del settore. Assieme all'amico e collega ingegner Marco Simic, cui va il
ringraziamento di tutta la città per essere riuscito, qualche anno fa, a mettere
sotto tutela della Soprintendenza la storica linea del tram di Opicina, abbiamo
da parte nostra ideato un progetto più ampio. Siamo partiti dalla constatazione
che, una volta fatto ripartire il servizio, lo stesso corra forti rischi di un
nuovo stop dovuto all'obsolescenza delle vetture sulle quali - oltretutto - si è
voluto sostituire alla meccanica originale un impianto elettronico costato
400mila euro a pezzo. L'idea sarebbe quella di sostituirle con altre di nuova
costruzione, identiche nella struttura, che costerebbero circa 700mila al pezzo
(naturalmente mantenendo le originali ma non a utilizzo quotidiano). Raggiunto
il capolinea di piazza Oberdan il tram dovrebbe proseguire verso il Porto
vecchio, optando il percorso tra le vie della Geppa o Ghega per raggiungere,
infine, la Centrale idrodinamica e fare poi il percorso inverso. Nel progetto
abbiamo presentato alcune varianti: una linea dall'Obelisco verso il Santuario
di Monte Grisa (possibile verso la Grotta Gigante) e il prolungamento lungo la
via di Prosecco fino alla stazione di Villa Opicina. Buona parte del tutto
abbiamo stimato circa 15 quindici milioni di euro. Lo scorso febbraio abbiamo
chiesto e cortesemente ottenuto un incontro con l'assessore regionale Pizzimenti,
cui abbiamo illustrato progetto. Si è dimostrato interessato ma ci ha invitato a
illustrare la materia al Comune di Trieste. Cosa che abbiamo fatto incontrando
l'assessore ai Lavori pubblici Lodi in presenza del dirigente ingegner Bernetti
e altri tecnici. Ora il progetto giace nel posto pertinente: siamo convinti che,
qualora venisse esaminato a fondo, potrebbe ottenere il finanziamento, non
eccessivo, da parte regionale rientrando, oltretutto, nei capitoli di spesa
previsti per gli impianti a fune nell'ambito regionale. Dotando così la città di
una formidabile struttura al servizio della cittadinanza e del turismo.
Gianpaolo Penco
IL PICCOLO - MARTEDI',
7 dicembre 2021
Ambiente - «Salviamo la
pineta evitando di spostare il Burlo a Cattinara»
L'appello del Comitato contro lo scempio causato dal trasloco dell'ospedale
infantile
«Salviamo gli alberi della pineta di Cattinara. No allo scempio di nuove strade
e nuovo traffico. Lasciamo l'Irccs Burlo Garofolo in via dell'Istria». Il
comitato spontaneo per la pineta di Cattinara ha inviato un appello accorato e
lungo ai vertici di Regione e Comune e ai Consiglieri regionali e comunali per
chiedere una revisione del progetto di rifacimento dell'ospedale che prevede
anche la creazione della nuova sede dell'Irccs pediatrico e di un maxi
parcheggio sotterraneo di tre piani nell'area dove attualmente c'è il park
dipendenti e destinato ad arrivare fino a oltre la pineta che verrà abbattuta.
L'invito alle istituzioni è di rivedere interamente tutto il progetto con
l'obiettivo di «preservare integralmente sia la pineta di Cattinara sia gli
alberi dell'attiguo parcheggio visitatori». Il riferimento è al piccolo viale
alberato in strada di Fiume tra le fermate bus e il park dipendenti, area che
verrà ridisegnato con una rotonda per semplificare gli accessi ai nuovi
parcheggi. La seconda richiesta è di «modificare il cronoprogramma del progetto
esecutivo, desistendo dal voler costruire il nuovo Burlo a Cattinara e
rimettendo al primo posto il rifacimento del monoblocco centrale, ancora in alto
mare». Qua l'appello è a rifare la sede di via dell'Istria adeguandola alle
necessità dell'Irccs. Per quanto concerne Cattinara, invece, il comitato invita
la Regione e l'Azienda sanitaria a individuare una nuova sede «più idonea
dell'attuale e da destinare a polo ospedaliero-universitario: ad esempio l'ex
caserma di via Rossetti, di proprietà demaniale, o i magazzini del Porto vecchio
più prossimi al Molo IV, ora di proprietà comunale ma che la Regione Fvg
intende(va?) acquisire per trasferirvi molti dei propri uffici».
Andrea Pierini
Percorso ideato dall'esperto Negri per il nuovo Museo del mare
La Fondazione Luigi Micheletti svela il nome dell'autore dell'allestimento
al Magazzino 26
La Fondazione Luigi Micheletti si presenta. È l'organizzazione di Brescia
incaricata nello scorso mandato, con determina dirigenziale dell'allora
direttrice Laura Fanfogna, di allestire il futuro Museo del mare. Di recente
alcuni attori culturali triestini avevano chiesto di poter conoscere il progetto
espositivo. Ma il Comune, tramite determina della p.o. Patrizia Fasolato, aveva
risposto che la documentazione è al momento riservata. Su questo fronte si
attende qualche novità giovedì. Nella scaletta del convegno al Magazzino 26, con
protagonista l'architetto Consuegra, è previsto infatti anche un intervento
della dottoressa Fasolato sullo storyboard del nuovo museo. Nel frattempo il
direttore della Micheletti, Giovanni Sciola, fa sapere: «Ideatore e autore del
percorso è uno dei maggiori esperti di museologia europei, il professor Massimo
Negri, attuale direttore scientifico della European museum academy. La
fondazione olandese è specializzata nella ricerca sull'innovazione museale in
Europa, abbiamo coinvolto alcuni suoi esperti. L'arco cronologico
dell'esposizione muoverà dall'età classica e un'impostazione museografica per
moduli consentirà ulteriori modifiche e sviluppi».«Accanto ai nostri
"tradizionali" filoni di ricerca sul Novecento, da metà anni '80 ci occupiamo di
archeologia industriale e recupero di monumenti di storia industriale,
intessendo collaborazioni scientifiche internazionali», prosegue Sciola: «Nel
2005 si è costituito il Museo dell'industria e del lavoro (Musil), con reperti
raccolti da noi e allestiti in varie sedi della provincia di Brescia. Ci
sentiamo pienamente legittimati ad avanzare proposte articolate nell'ambito
della conservazione museale e della valorizzazione del patrimonio industriale».
E ancora: «Organizziamo il Luigi Micheletti Award, prestigioso premio europeo
giunto alla 25.a edizione, cui hanno partecipato musei navali europei di
eccellenza, di cui abbiamo approfondito adeguatamente le diverse impostazioni
progettuali. È un errore di miopia credere che, poiché ci occupiamo
principalmente del patrimonio materiale e immateriale di 20° e 21° secolo, noi
potremmo pensare di "far cominciare la storia di Trieste dal '900"». Proprio su
questo vertevano alcuni dei dubbi di recente sollevati dall'ex funzionario
comunale nonché esperto di storia marittima Enrico Mazzoli, con il supporto di
Club touristi triestini, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione e
Società Maria Theresia. Questo è ora il commento di Mazzoli: «Avevamo chiesto al
Comune un accesso agli atti, per sapere con quali realtà locali la Micheletti si
è confrontata, nel ricostruire la storia marinara di Trieste, e suggerire
eventuali migliorie. C'è stato ad esempio un confronto con l'Accademia nautica?
Qual è il comitato scientifico di esperti triestini interpellati? È una
legittima richiesta di trasparenza. Non dubitiamo che la fondazione possa aver
fatto un ottimo lavoro. Giovedì lo conosceremo».
Lilli Goriup
SEGNALAZIONI - Animali - Errore prendersela con i cormorani
Il Partito animalista italiano sezione di Trieste è fortemente contrario alla
mozione presentata dalla consigliera Mara Piccin per il contenimento del
Phalacrocorax carbo, colpevolizzandolo di minacciare le popolazioni ittiche
mangiando una quantità sproporzionata di pesci. Pare assurdo che per colpa di
altri fattori ci debbano rimettere sempre gli animali. Demonizzare il cormorano,
facendo passare questo placido uccello per un famelico predatore, accusarlo di
aver invaso i vari territori e le acque interne, la dicono tutta sulla pochezza
di profondità delle argomentazioni di chi preferisce prendersela con la natura
pur di non fare un po' di sana e costruttiva autocritica. Partendo da un punto
certo su cui l'intero mondo scientifico è d'accordo, vale a dire che
l'impoverimento, cioè la ridotta pescosità in questo caso delle acque interne e
non solo, non è dovuta a un flagello esterno come viene dipinto questo povero e
simpatico uccello marino, bensì alla eccessiva attività predatoria dell'uomo.
Insomma, non è colpa del bipede alato di appena tre chili di peso che mangia
"pescetti" da milioni di anni se il suo territorio di caccia da qualche secolo è
invaso e seviziato da un insaziabile bipede senza ali e con poco senno che pensa
che tutto gli è dovuto e che non rispettando le leggi della natura pensa che sia
questa a doversi sottomettere al suo volere. Va detto che, contrariamente a come
vuol fare intendere chi auspica lo sterminio di questa specie - attraverso una
decimazione da attuare sia attraverso il loro inserimento fra le specie
cacciabili che campagne di abbattimento sistematico - che i cormorani non sono
bestie assatanate che si ingozzano all'inverosimile ma mangiano lo stretto
necessario, passando il resto del giorno a godersi pigri il sole. Inoltre non
pochi studiosi sostengono, dati alla mano, che l'abbattimento sistematico di
esemplari di una certa specie, considerata predatoria, per far aumentare la
fauna ittica, nel caso dei cormorani, essendo una specie nostrana e non
importata dall'uomo non sortirebbe alcun effetto pratico. Essendo infatti una
specie coloniale, il vuoto lasciato dagli esemplari uccisi, sarebbe subito
colmato da altri esemplari, che si aggregherebbero al gruppo per venire a
svernare sulle nostre coste, attratti dalle risorse che madre natura mette a
disposizione di tutte le sue creature e non solo dell'uomo, che si erge a
padre-padrone della natura stessa. Pensare che possano essere causa o concausa
della riduzione del pesce e fingere che non siano sufficienti reti e dissuasori
per evitare che vadano a nutrirsi nei bacini dove vengono allevate specie
ittiche a scopo alimentare, non ha alcun fondamento dal momento che la quantità
di pesce che possono ingerire è paragonabile a una goccia nell'oceano.
L'aumentata presenza dei cormorani non sembra aver determinato un impatto sulla
comunità ittica delle acque interne, tanto meno sulle specie di interesse
conservazionistico. L'eventuali cause dell'impoverimento delle comunità ittiche
sono da ricercarsi piuttosto nella perdita di habitat (deflussi minimi
insufficienti, opere idrauliche che ostacolano la risalita dei torrenti, qualità
delle acque, artificializzazione degli alvei). L'impatto del cormorano sulle
specie di pesci a rischio quali il temolo e la trota marmorata deve essere
valutato attraverso un progetto di analisi delle borre degli uccelli ittiofagi
da cui è possibile verificare e quantificare l'eventuale impatto sui pesci. In
assenza di tale analisi qualsiasi proposta risulta pretestuosa e inutile. Anche
dopo una rilevazione puntuale sull'eventuale impatto è tutto da dimostrare che
l'abbattimento di esemplari di cormorano svernanti possa migliorare lo stato di
conservazione dei pesci autoctoni a rischio. Migliorare gli habitat delle acque
interne riducendo, con cognizione scientifica, gli impatti delle attività umane
è il percorso prioritario per la conservazione degli ecosistemi acquatici e
delle specie presenti. Il nostro invito è di rivalutare il piano di contenimento
del Phalacrocorax carbo, in quanto la violenza sugli animali è il maggior
impedimento alla edificazione di una società migliore dell'attuale.
Fabio Rabakcoord. Partito animalista
IL PICCOLO - LUNEDI',
6 dicembre 2021
Caroli presidente nazionale di Italia nostra "E ora Porto vecchio
priorità pure a Roma"
La studiosa triestina eletta alla guida dell'associazione impegnata dal '55
nella tutela dei siti storici del Bel Paese
È il sedicesimo presidente nazionale di Italia nostra, l'associazione impegnata
dal '55 nella tutela dei siti storici, artistici, naturali del Bel Paese. Ed è
il primo triestino/a ad assumere questo incarico. Tra i suoi predecessori ci
furono Giorgio Bassani e Carlo Ripa di Meana. Ma quando Antonella Caroli
scenderà nella sede romana sull'elegante viale Liegi tra Pinciano e Parioli, non
dimenticherà Trieste e, soprattutto, il Porto vecchio: «Ne faremo una delle
cinque priorità nazionali», è il suo impegno. Settant'anni, laurea in
architettura al Politecnico torinese, insegnante al Volta e al Nautico,
segretario generale dell'Autorità portuale durante la presidenza Maresca, Caroli
ha dedicato molti scritti e molta attività promozionale ai 65 ettari che vanno
dal Molo IV a Barcola. Presidente, perchè il Porto vecchio deve diventare una
delle cinque priorità programmatiche di Italia nostra?«Perchè è un patrimonio di
vaste dimensioni unico al mondo. Perchè è un brano di città, quasi una "Trieste
due", impostato come una città nelle strade parallele, nella disposizione dei
moli e della diga. Perchè queste particolarità ci permettono relazioni,
confronti, contatti di respiro europeo, specialmente con uno scalo della
rilevanza storico-economica come Amburgo». Porto vecchio ha bisogno di una
ribalta nazionale perchè le sue peculiarità non sono ancora sufficientemente
note?«Italia nostra triestina ha già lavorato molto in questo senso ma c'è
parecchia strada da percorrere. Detto francamente, a livello centrale Italia
nostra mi è parsa spesso disattenta nei confronti del Nordest. Ma se il Porto
vecchio non è stato saccheggiato, lo si deve alla battaglia per i vincoli che
venne combattuta vent'anni fa. E continueremo il nostro pressing sul ministero
dei Beni culturali affinchè vengano evitati errori». D'accordo con le linee di
sviluppo impostate dal Comune?«Al momento sì, anche perchè coincidono con il
masterplan che avevamo preparato. Ricordo che la delibera Cipe 2016 aveva
esplicitamente citato la nostra attività, anche se la politica tende a non
riconoscere il ruolo svolto da Italia nostra e s'impadronisce di ogni merito.
Seguiamo con attenzione il lavoro di Andreas Kipar, cui va dato atto di un
encomiabile intento collaborativo, che non è di tutti». Cioè?«Cioè non tutti
ascoltano, discutono, si confrontano con un'associazione che conta al suo
interno professionisti tecnici di valore e che quindi può essere d'aiuto,
soprattutto per chi non è triestino e ha una conoscenza limitata del territorio.
Parlando sempre con franchezza, l'architetto Vazquez Consuegra non ci aveva
ascoltato, quando avevamo contestato il "mirador" in vetro che aveva progettato
sul Magazzino 26, perchè siamo contrari alla contaminazione del luogo e
dell'architettura. E la Soprintendenza, invece, ci ha ascoltato». Le piace il
Centro congressi Tcc?«No, sono due capannoni rimessati in modo anomalo rispetto
al contesto. Una rottura dello spazio che li circonda». Nell'ambito di Porto
vecchio quali sono le priorità di salvaguardia?«Direi senz'altro l'ex quartiere
Ford alle spalle del Centro congressi. Abbiamo ottenuto il vincolo sul 27b, che
rischiava di essere abbattuto. Ma il 133, il 32, il 34 meritano anch'essi un
destino riqualificativo e sono memoria di una presenza industriale in ambito
portuale che andrebbe altrimenti dimenticata. Attenzione, una presenza di un
gruppo internazionale delle dimensioni della Ford». Il Comune ci vorrebbe
realizzare la piscina terapeutica, cosa ne pensa?«Bah, per me non c'è lo spazio
adatto. Sarei più incline a posizionare un "fish marketing", con qualche
ristorantino che conferisca all'area sapore di mare». Sul Museo del mare al
Magazzino 26?«Credo che abbiano ragione Mazzoli ed Eliseo riguardo il percorso,
che dovrebbe essere incentrato su porto e marineria». Dal Porto vecchio alla
Sacchetta. D'accordo sul Parco del mare?«No, così pensato altera l'identità
storica del sito, con la Lanterna e lo squero. Meglio sarebbe un Parco della
navigazione storica sul modello di Danzica».
Massimo Greco
Pinna nobilis, il ritrovamento che conforta gli esperti - la scoperta
FIUME. Un rinvenimento che tiene accesa la fiammella della speranza, quella per
cui biologi, subacquei e volontari si stanno adoperando a fondo, intenzionati a
riportare nell'habitat marino la morente Pinna nobilis o nacchera. Parliamo del
più grande mollusco bivalve nel Mediterraneo, quasi del tutto annientato negli
ultimi anni da parassiti e batteri. Giorni fa è stato comunicato che in uno dei
collettori è stato trovato un esemplare allo stato giovanile, lungo non più di
un centimetro e mezzo, scoperta che ha parecchio rallegrato gli esperti
dell'Istituto pubblico quarnerino di Fiume.
SEGNALAZIONI - Pineta da salvare - Non c'è alcun bisogno del park a
Cattinara
Gentile direttore,dalla stampa apprendo che partiranno a breve i lavori per la
costruzione di un nuovo parcheggio al posto della pineta esistente nell'area
adiacente l'Ospedale di Cattinara in via Valdoni. Nella stessa via Valdoni vi è
un parcheggio a due piani normalmente vuoto. Perchè non ampliare il parcheggio
esistente invece di abbattere oltre 500 alberi che danno rifugio a passeri,
cardellini, cinciallegre, fringuelli, merli, codirossi spazzacamini e
contribuiscono a creare un microclima favorevole per umani e animali? L'Europa e
le Nazioni Unite ci richiamano alla tutela del suolo, del patrimonio ambientale,
del paesaggio, al riconoscimento del valore del capitale naturale e ci chiedono
di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, di allinearlo alla crescita
demografica e di non aumentare il degrado del territorio entro il 2030.I
rapporti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del
Ministero dell'ambiente inchiodano negativamente il Friuli Venezia Giulia al
terzo posto in Italia per cementificazione e consumo di suolo in rapporto alla
popolazione residente. A farne le spese più di tutti sono i territori della
Bassa Friulana, la zona dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari e la città di
Trieste che vede "sparire" parecchi chilometri quadrati di superficie.I
cambiamenti climatici e il degrado ambientale sono una minaccia enorme per il
mondo, per l'Unione europea e per l'Italia in particolare. Il Green Deal europeo
punta a rendere l'Europa climaticamente neutra entro il 2050, rilanciare
l'economia grazie alla tecnologia verde, creare industrie e trasporti
sostenibili e ridurre l'inquinamento.Cementificazione e abbattimento di alberi
sono in chiara controtendenza. La necessità politica di nuove infrastrutture che
"spazzano" letteralmente via aree verdi e suolo, progettate ormai più di dieci
anni fa, va ripensata in chiave verde e rispettosa dell'ambiente e in funzione
delle necessità attuali. Che bisogno c'è di costruire ora un nuovo parcheggio a
Cattinara?
Alessandro Marassi
IL PICCOLO - DOMENICA,
5 dicembre 2021
«Ovovia non solo inutile ma anche dannosa» Legambiente al Circolo Rc di Prosecco
Opicina. È un secco "no" all'ovovia quello dichiarato dal presidente di
Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, nel corso del primo pubblico dibattito
sul progetto che prevede il collegamento fra Barcola e Opicina, attraverso
l'utilizzo di cabine che viaggiano sospese a un cavo. Partecipando a un incontro
organizzato a Prosecco dal Circolo di Rifondazione comunista "Kras altipiano -
Goat", al quale hanno partecipato una cinquantina di persone, a conferma che
sull'argomento c'è notevole curiosità e, come si è visto in questa occasione,
anche estrema perplessità, Wehrenfennig ha spiegato che «la realizzazione di
tale struttura prevede innanzitutto una falcidie di alberi, in quanto dovrebbero
essere eliminati tutti quelli presenti lungo il percorso previsto dal mare al
ciglione carsico, all'interno di una fascia larga 14 metri. Non va poi
dimenticato che molte aree attraversate dalla linea e sulle quali dovrebbero
essere costruiti i piloni di sostegno sono di proprietà delle Comunelle locali,
che potrebbero opporsi all'esproprio, allungando a dismisura i tempi del
contenzioso». Il presidente di Legambiente ha poi evidenziato che «si renderebbe
poi indispensabile costruire due grandi stazioni ai capolinea, alte almeno due
piani, con un grave impatto visivo. Tutto questo senza scordare che entrambe
dovrebbero sorgere in aree attualmente scollegate dalla rete di trasporto
pubblico urbano. Altro problema la temperatura che d'estate dovrebbero
sopportare i passeggeri a bordo delle cabine, in quanto le stesse avrebbero i
vetri sigillati. Quanto si parla di costi - ha osservato ancora il presidente di
Legambiente - bisognerebbe tener presente che i finanziamenti ministeriali sono
sì pronti per la realizzazione dell'ovovia, ma nessuno tiene conto del
successivo notevole impegno di risorse indispensabile per la manutenzione di un
impianto particolarmente complesso. Se l'obiettivo è quello di alimentare il
turismo, offrendo l'ovovia va segnalato che non è detto che essa sia preferita
al tram di Opicina».
Ugo Salvini
D'Agostino traccia la via della doppia sostenibilità "Banchine ma non
solo. E' anche l'ora dei fondali"
Il presidente dell'Authority è intervenuto in videocollegamento all'incontro
al Miela sulle movimentazioni viste da prospettive inedite
Il futuro del porto? Passa per una serie di tematiche chiave quali «energia,
transizione, innovazione e sostenibilità. E le ultime due sono le facce di una
stessa medaglia. Noi vogliamo essere innovativi attraverso due modalità diverse:
la classica innovazione incrementale e un totale cambio di paradigma, ossia una
visione in negativo della portualità, dalla prospettiva di ciò che è sotto gli
specchi acquei, per una connessione con i propri fondali». Parola del presidente
dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, intervenuto ieri pomeriggio in
collegamento online all'incontro "Fronte del porto, falsi movimenti", andato in
scena al Teatro Miela- che ha visto la partecipazione di Giovanni Fraziano,
professore di Composizione architettonica e urbana all'Università di Trieste e
presidente di Stazione Rogers, di Thomas Bisiani, docente di Modellazione
avanzata dell'architettura allo stesso ateneo triestino, e di Nico Costa,
consigliere di amministrazione Coop Alleanza 3.0 - prologo dello spettacolo
multimediale "Waterfront - Storie di uomini, di porti e di città", sulle
attività del porto viste da prospettive inedite. D'Agostino ha affrontato,
pungolato dagli interventi dei tre relatori, il passato, il presente ma
soprattutto il futuro del porto triestino, anche alla luce degli sviluppi dello
scalo attesi sulla base delle dotazioni previste dal Pnrr, il Piano nazionale di
ripresa e resilienza, che su Trieste dirotterà oltre 400 milioni di euro:
«L'innovazione incrementale, che poi è fondamentalmente quella in cui si resta
all'interno di un certo paradigma tecno-economico, si realizza quando, al suo
interno, si aggiungono vari elementi di innovazione restando pur sempre
all'interno del paradigma. Il che significa, rispetto a quello che stiamo
cercando di fare in porto, che noi vogliamo continuare a pensare che lo scalo
triestino debba crescere e per crescere, essendo un porto in area urbana come
tanti altri, lo deve fare in maniera sostenibile». E un assist, appunto, sarà
offerto dal Pnrr: «Oggi - secondo il presidente dell'Authority - abbiamo la
possibilità, attraverso ad esempio l'elettrificazione delle banchine, di
permettere alle navi di spegnere i motori, eliminando le emissioni delle navi in
porto e in città, quindi di innovare con sostenibilità. Innovazione incrementale
significa intendere il porto così come è stato inteso da chiunque finora, ossia
come un luogo sul mare o meglio sull'acqua, in cui arrivano imbarcazioni che
caricano e scaricano merci e persone. Insomma, un paradigma». Ma la vera sfida
per D'Agostino è dunque quella di «pensare che il porto possa uscire da quel
paradigma tradizionale affermando una cosa semplice ma che crea complessità,
ossia che il porto non è il luogo in cui il protagonista è il trasporto ma che è
un luogo sul mare e che oggi sul mare possiamo fare tante altre cose differenti
da quelle sempre fatte». E allora ecco che «si cambia paradigma e subentra un
elemento invisibile a chi di solito lavora nei porti, ma che invece ritengo che
sarà uno degli elementi cardine dello sviluppo futuro della portualità, cioè la
necessità di prendere in esame tutto ciò che è sott'acqua. E a Trieste qualcosa
abbiamo cominciato a fare: parlando di Porto vecchio, noi siamo forse l'unica
Autorità portuale ad aver dato una concessione subacquea, un'area rettangolare
di un chilometro per trecento metri, a Saipem, esternamente alla diga, per
creare, a 13 metri di profondità, un playground dove vengono testati droni
sottomarini utilizzati, ad esempio, per posare pipeline e cavi sottomarini.
Quindi abbiamo già iniziato ad approcciare questo mondo invisibile portuale».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO,
4 dicembre 2021
Cattinara, al via il piano di restyling dei park per visitatori e
dipendenti
Sedici mesi per l'ammodernamento delle aree fra Pronto soccorso e via
Valdoni. Ecco le future tariffe
Il rinnovamento del park per i visitatori ai piedi dell'ospedale, con una
pavimentazione completamente rifatta rispetto a quella di oggi. Un maquillage
dell'impianto multipiano di via Valdoni. E lo spostamento delle fermate dei bus,
per lasciare spazio alla futura rotatoria tra strada di Fiume e la nuova ala
destinata a ospitare il Burlo. Gli attuali parcheggi di Cattinara, gestiti dalla
Abaco Srl dal 2013, si preparano a un importante intervento di rinnovamento - e
a un'altra gestione - in vista della riqualificazione dell'ospedale, con il maxi
cantiere che dovrebbe ripartire a brevissimo proprio con la realizzazione, dove
oggi c'è il parcheggio riservato ai dipendenti, di un nuovo park multipiano
sotterraneo di tre livelli da 770 posti auto sotto la sede del Burlo, la cui
costruzione verrà cantierata subito dopo. Due sono le aree di sosta a pagamento
attualmente esistenti, che verranno appunto rinnovate. Una riguarda i 166 stalli
del parcheggio del Poliambulatorio, cui si accede da strada di Fiume vicino alla
rampa del Pronto Soccorso. L'altra porta ai 307 stalli ricavati nell'impianto
multipiano di via Valdoni. Con il completamento del maxi cantiere di Cattinara
il totale dei posti auto è destinato a salire fino a quota duemila. Ma i tempi
di realizzazione, come è noto, restano ancora lontani. Gli attuali parcheggi
verranno intanto riqualificati sulla base di un cronoprogramma da 14 mesi cui
vanno aggiunti circa due mesi di tempi tecnici per l'assegnazione del bando, i
cui termini per la presentazione delle buste si chiudono il 10 dicembre. Il
percorso in questione era stato avviato dall'Asugi, all'epoca ancora Asuits, nel
2019, quando a settembre era stato presentato un avviso esplorativo per la
presentazione di una proposta di project financing, vinto dalla Saba Italia Spa
di Roma. L'intervento "minore" sarà quello di via Valdoni, dove la società
vincitrice dovrà mettere mano su una superficie di 7.450 metri quadrati, dove
attualmente sono presenti al piano superiore 135 stalli, di cui 10 per disabili,
a pagamento (un euro per tutto il giorno) e altri 172 al piano inferiore,
riservati in questo caso ai dipendenti: posti che, verosimilmente, saranno
trasferiti nel multipiano sotterraneo una volta che questo sarà completato.
Oltre alle opere di risanamento dei muri, dovranno essere installate anche
quattro colonnine per i mezzi elettrici. Nel progetto Saba, traccia per il
bando, il costo della sosta è quantificato in 50 centesimi per ogni ora nella
fascia dalle 6 alle 20, e di 30 centesimi all'ora dalle 20 alle 24. Resta
gratuita la prima mezz'ora, così come la fascia dalla mezzanotte alle 6. Saranno
previsti inoltre pacchetti da un minimo di quattro euro per due giorni a un
massimo di 15 euro per sette giorni. Decisamente più importanti i lavori al park
del poliambulatorio, che dovranno essere svolti garantendo contestualmente
l'accessibilità ad almeno il 50% dei parcheggi. I posti passeranno dagli attuali
161 a 134, di cui 10 dedicati ai disabili. Accesso e uscita saranno vicini alla
rampa del Pronto soccorso e sarà creato un sistema che bloccherà il transito
delle auto quando arrivano le ambulanze. Verranno poi completamente rifatte
pavimentazione e illuminazione e, soprattutto, verranno create delle fermate bus
provvisorie in strada di Fiume per sette mezzi, con tanto di maxi pensilina e
isola pedonale, dove verrà anche spostata l'edicola. Qua il costo della sosta,
sempre gratuita nella prima mezz'ora e dalla mezzanotte alle 6, sarà di 80
centesimi nella prima ora e di un euro a seguire nella fascia 6-20 e 50
centesimi in quella 20-24.In entrambi i parcheggi saranno installate le
piattaforme per l'accesso, oltre che con il classico ticket con cassa
automatica, con il Telepass, con la lettura targhe per la prenotazione da remoto
e con tessere a scalare. Il costo per gli interventi edili è quantificato in 858
mila euro, comprensivi di Iva e sicurezza. La convenzione per la gestione dei
due parcheggi è fissata in 14 anni a partire dalla sottoscrizione del contratto,
al costo di 3,6 milioni di euro totali.
Andrea Pierini
Da Trieste tre treni veloci al giorno per raggiungere Milano e Roma
Altre due "Frecce" collegheranno Udine. Confermate le corse transfrontaliere
dirette a Lubiana
Continuano a mancare, rispetto al periodo pre pandemia, due collegamenti diretti
via Freccia da Trieste a Milano, ma per il resto l'offerta di Trenitalia
nell'orario invernale, dal 12 dicembre, rimane inalterata. Anzi, c'è pure una
novità, in collaborazione con Trieste Trasporti: il Muggia Link, uno speciale
servizio treno+battello che consentirà di raggiungere il porticciolo. Nel
presentare il nuovo orario, con l'ad e dg Lugi Corradi, Trenitalia ribadisce
«l'attenzione ai principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance»
e l'obiettivo di garantire gli spostamenti quotidiani in treno per studenti e
lavoratori, ma anche di consolidare la ripartenza del turismo nelle settimane
delle festività natalizie e in un inverno che si spera non più di tanto
penalizzato dal Covid. In Friuli Venezia Giulia viene innanzitutto confermata
l'attuale offerta per Regionali, Frecce e Intercity. Rimangono dunque operativi
i collegamenti veloci diretti da Trieste a Roma (partenza alle 6.42- arrivo alle
12) e da Trieste a Milano (6-9.55, 17.05-21.15), come pure i singoli Udine-Roma
(6.47-12.25) e Udine-Milano (6.15-10.15), un totale di cinque tratte, due in
meno a causa della prolungata emergenza pandemica. Nel "pacchetto" delle
conferme anche i quattro transfrontalieri Trieste-Lubiana, due dei quali
prolungati a Udine, i servizi a favore del cicloturismo con "Alpe Adria Line"
sulla linea Trieste-Udine-Tarvisio e il "Trenobici delle Lagune" fra Trieste e
Venezia, con 12 collegamenti durante il periodo estivo, grazie a una carrozza
attrezzata al trasporto di 64 biciclette. Si continua pure con l'intermodale
treno+bus "Lignano Link" e l'interscambio a Udine con i treni di Ferrovie Udine
Cividale. Come di consueto, l'offerta verrà potenziata in occasione delle
principali manifestazioni di interesse regionale: Friuli Doc, Gusti di
Frontiera, Barcolana e Festa della Zucca. Trenitalia ha poi illustrato le
promozioni. Tra le altre, la promo "Weekend Insieme" a 22 ore (regionali senza
limiti nei fine settimana dal 18 dicembre al 27 marzo, biglietto gratuito per
gli under 15 con la "Junior Weekend" se accompagnati da un over 25 pagante) e
l'"Italia in Tour" (tre giorni senza limiti sui regionali della penisola a 29
euro per 3 giorni e a 49 euro per 5 giorni, per i ragazzi si scende a 15 e 25
euro). Intanto, in quarta commissione presieduta da Mara Piccin, Forza Italia
propone un tavolo permanente con Rfi e Comuni e, con il capogruppo Giuseppe
Nicoli, non fa mancare una nota polemica: «L'assessore alle Infrastrutture
Pizzimenti non risolverà certo i problemi con un'audizione in commissione, tra
l'altro neppure richiesta da lui, ma dal sottoscritto». Graziano Pizzimenti,
senza replicare, si limita a informare della «totale condivisione sulla proposta
di audizione di Rfi».
Marco Ballico
Intesa fra i porti alto adriatici ridurrà l'impatto ambientale
Italia, Croazia e Slovenia firmano protocollo per la cooperazione
transfrontaliera Il ministro Giovannini: «Un accordo che sarà importante per il
resto del mondo»
VENEZIA. Promuovere e rafforzare la cooperazione sul fronte dell'efficienza
energetica tra i porti di Italia, Croazia e Slovenia. Ieri a Venezia gli scali
dell'Alto Adriatico aderenti all'associazione Napa-North Adriatic Ports
Association (Venezia e Chioggia, con Fulvio Lino Di Blasio presidente
dell'Autorità portuale, Trieste e Monfalcone, con il presidente dell'Autorità
portuale Zeno D'Agostino, Ravenna, Capodistria e Fiume) hanno sottoscritto un
accordo alla presenza della commissaria europea ai Trasporti Adina Valean e del
ministro italiano Enrico Giovannini. In linea con gli obiettivi stabiliti dal
Green Deal Europeo e dal pacchetto legislativo approvato dalla Commissione
Europea "Fit for 55", l'accordo stabilisce che i porti Napa si impegnino ad una
cooperazione transfrontaliera permanente volta a minimizzare gli impatti
ambientali delle operazioni portuali nell'area del Nord Adriatico. «Il Napa è
uno degli esempi migliori di cooperazione transfrontaliera in Europa - ha
dichiarato la commissaria europea -. La vostra dichiarazione ha gli stessi
obiettivi dell'Ue e rafforzare il settore marittimo. Il Napa è fondamentale per
i corridoi europei e offre la rotta più breve per tutta l'Europa». E annuncia lo
stanziamento di 5 miliardi - inserito nel Pnrr italiano - per rafforzare i
collegamenti ferroviari italiani lungo la dorsale adriatica. Il ministro delle
Infrastrutture Giovannini ha voluto sottolineare come l'accordo rafforzi «l'idea
che Italia, Slovenia e Croazia credono nell'importanza di affrontare insieme le
sfide dei tempi, in particolare quelle associate al cambiamento climatico.
Ritengo molto importante che si collabori come un'unità, e sono convinto che
questo sarà importante per tutto il resto del mondo». Molte sono già le
iniziative in corso, come ad esempio quelle co-finanziate dall'Unione Europea,
quali i progetti Clean Berth e Susport (Interreg Italia-Slovenia e
Italia-Croazia) il progetto Ealing (Connecting Europe Facility), e dalle azioni
pilota comuni tra tutti i porti. Rientrano in quest'ultime l'implementazione di
misure e interventi per l'efficientamento energetico delle operazioni portuali,
l'installazione di impianti per l'utilizzo di fonti energetiche alternative e
per il monitoraggio del livello di rumore, della qualità dell'aria e dell'acqua
in ambito portuale, nonché studi di pre-investimento per l'elettrificazione
delle banchine. «C'è un unico ecosistema nell'Alto Adriatico per affrontare le
sfide future e la sostenibilità del mare - ha ricordato il ministro delle
Infrastrutture sloveno Jernej Vrtovec -. I nostri progetti congiunti hanno
riflessi positivi nei nostri Paesi. Siamo più forti se stiamo insieme». Mentre
il ministro per gli Affari marittimi della Croazia, Oleg Butkovic, ha
commentato: «Nell'Alto Adriatico c'è un traffico intenso e un ecosistema
delicato, serve un'azione comune su logistica e infrastrutture. Il futuro è la
totale decarbonizzazione dei porti, ma serve collaborazione di tutti gli
attori». Ad aprire la conferenza è stato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro
che ha sottolineato come «il Mare Adriatico deve continuare ad essere un unico
Mare e che bisogna essere sempre più competitivi».
Nicola Brillo
IL PICCOLO - VENERDI',
3 dicembre 2021
«Risposta insufficiente» I dem chiedono un accesso ai documenti
sull'ovovia - dopo la replica del ministero all'interrogazione del deputato
Gariglio
L'ovovia si tinge di giallo. Il ministero delle Infrastrutture ha risposto
all'interrogazione che l'onorevole Davide Gariglio, deputato del Partito
democratico ferrato in materia di trasporti, ha presentato in merito al progetto
di cabinovia finanziato da Roma con 48 milioni dal Pnrr. Ma nella risposta del
ministero, osserva Gariglio, mancano i dati sulla sostenibilità di gestione da
lui richiesti nello specifico: «Quindi abbiamo avviato (ieri) un'istanza di
accesso per avere la documentazione, speriamo che il ministero sia
collaborativo». L'interrogazione, presentata nei giorni scorsi, chiedeva conto
di diversi aspetti dell'opera: «Ci sono una serie di problemi tecnici
evidenziati anche nel progetto - chiedeva Gariglio al governo -. Il più noto è
quello della bora. Lo stesso progetto presentato dal Comune prevede, infatti, la
chiusura dell'impianto per circa 30 giorni l'anno». Inoltre, prosegue, «in tale
"fascicolo intervento", a quanto consta all'interrogante manca l'allegato della
sostenibilità di gestione, che è il dato più significativo, e la relazione
esplicativa di costi e proventi derivanti». Nell'allegato, ragiona il deputato,
ci sono «elementi fondamentali per avere un quadro completo dell'opera e della
sua sostenibilità dal punto di vista finanziario, considerato anche il rilevante
impatto che l'opera avrà sull'ambiente». Le risorse stanziate, ragiona ancora il
dem, «sono destinate in generale al piano della mobilità e non esisterebbe
alcuna difficoltà nel dirottarle eventualmente verso un progetto diverso se il
Comune decidesse di elaborarne a breve uno nuovo». Gariglio conclude chiedendo
«quali siano i dati relativi alla sostenibilità di gestione dell'opera di cui in
premessa e se intenda fornire chiarimenti in merito ai costi e ai proventi
derivanti dalla stessa». Il ministero risponde che la valutazione
dell'intervento «è stata fatta sulla base del progetto di fattibilità
tecnico-economica della cabinovia, dell'analisi trasportistica e dell'analisi
costi-benefici, nonché sulla verifica della sostenibilità dell'esercizio». La
bora non sarà un problema, prosegue, poiché sono previsti 20-30 giorni di
chiusura al massimo. Arriviamo poi alla questione sostenibilità: «Relativamente
al documento sulla sostenibilità di gestione - scrive il ministero -, si segnala
che lo stesso è contenuto nell'apposita relazione allegata all'istanza inviata
alla predetta Direzione generale, come richiesto ai sensi del citato avviso,
nella quale si dà evidenza dei dati utilizzati per l'analisi della sostenibilità
finanziaria dell'investimento». Il ministero aggiunge poi che per la verifica
della copertura dei costi d'esercizio sono stati utilizzati i dati già impiegati
per l'analisi costi-benefici, e cioè: la domanda di progetto, stimata in circa 3
milioni 600 mila passeggeri annui; le percorrenze chilometriche, che per le
nuove funivie sono di circa 7 milioni 200 mila veicoli l'anno contro i 90 mila
della rete bus; i costi di esercizio, che per il funiviario sono pari a 0,49
euro/veicolo chilometro, mentre per il bus ammontano a 5,47. Conclude il
ministero: «Il rapporto tra variazione di ricavi e variazione di costi è
risultato pari al 115%». Il tutto non convince Gariglio: «Non siamo soddisfatti
perché quella del ministero non è una risposta. Ci dice che ci sono questi dati
nella valutazione allegata, ma non ci dice nulla nel merito. Ecco perché abbiamo
avviato un'istanza di accesso alla documentazione. Anche perché non si capisce
come mai una risposta così burocratica, non è un tema di particolare
riservatezza».
g. tom.
Muggia, bocciate in Consiglio le tre mozioni sul laminatoio
le due istanze su viabilità e social hanno invece trovato sintonia
bipartisan
MUGGIA. Si è conclusa l'altro giorno a Muggia anche la seconda parte dell'ultimo
Consiglio comunale, quella lasciata in sospeso lo scorso lunedì sera: si sono
così potute discutere nell'occasione le cinque mozioni presentate
dall'opposizione. In apertura il sindaco Paolo Polidori ha voluto chiarire i
perché della sospensione del 29 novembre che aveva dato il là a una serie di
polemiche: «Dispiace che non si sia colta la motivazione che ha spinto il
consigliere (della Lega) Giulio Ferluga a chiedere la sospensione del Consiglio.
Motivazione dettata dal fatto di poter permettere un confronto sereno sulle
mozioni presentate. È stata una cortesia istituzionale che evidentemente non è
stata compresa. Ma tant'è». Dopo l'esame dei primi due dei cinque documenti in
scaletta - quello sulla viabilità per le scuole, diventato una raccomandazione,
e quello sul canale Telegram, fatto proprio dalla maggioranza - l'attenzione si
è spostata sulla questione laminatoio. Le due mozioni con le quali i capigruppo
Francesco Bussani per il Pd e Cristina Surian per la Lista Bussani chiedevano al
sindaco e alla giunta di riferire al Consiglio ogni evoluzione, notizia,
preoccupazione relativa al progetto, ma anche di informare la popolazione
muggesana sono state bocciate dalla maggioranza. Stessa sorte per quella
presentata da Sergio Filippi del Comitato no laminatoio, che chiedeva l'impegno
del Comune a trovare strade alternative green nell'area e ad abbandonare il
protocollo d'intesa. Per Polidori, tenuto conto di quanto illustrato nelle linee
di governo e di quanto detto nel corso della campagna elettorale, si è trattato
di mozioni dai «contenuti desueti». Da segnalare l'astensione sulle tre mozioni
di Maurizio Fogar della civica Muggia: «La mozione Filippi - ha spiegato Fogar -
è scritta malissimo, con sprovvedutezza e ignoranza delle questioni tecniche, e
con una premessa suicida, ossia quella di richiamarsi a G20 e Cop26, due totali
fallimenti come riconosciuto dai promotori e dalla stampa internazionale». Per
Bussani «le mozioni chiedevano semplicemente trasparenza sul tema anche alla
luce degli annunci a favore dell'insediamento fatti dalla Regione. Spiace che
l'apertura al dialogo annunciata dal centrodestra sia stata smentita dai fatti
alla prima occasione».
Luigi Putignano
SEGNALAZIONI - Ambiente - Schizofrenia sul clima
La schizofrenia ha preso corpo nella Cop26, quando il documento del summit
mondiale dei Sapiens sembra rivolgersi non a noi stessi ma al pianeta Terra: "Mi
raccomando, non devi scaldarti più di 1,5°". Schizofrenia folle, perché condita
da una serie di promesse e annunci fumosi e inconcludenti. Restiamo ancora
lontanissimi dall'indispensabile riduzione delle emissioni totali dei gas serra
del 55% entro il 2030! Intanto la crisi climatica sta causando cambiamenti
drammatici, in terra e in mare, con impatti devastanti sulla vita delle persone
e la biodiversità. I governi hanno il dovere di attivare impegni precisi:
arrestare il consumo di suolo, rendere effettiva ed efficace la tassa sul
carbonio, favorire i risparmi materiali, un nuovo sistema idrico,
autosufficienza alimentare, più oggetti riciclabili. E la politica deve
convincere chi ancora non capisce o non sa, e mediare con la macchina
dell'economia. Se si lascerà libertà al business, le temperature potrebbero
salire di ben 5° C: un disastro definitivo. Anche in Italia non risulta alcun
aggiornamento del Piano per l'energia e il clima, strumento essenziale per
abbattere le emissioni nocive oltre il 50%. Va considerata una banale e
drammatica evidenza: il Pianeta è limitato! Per dimezzare le emissioni entro
otto anni (circa 25 gigatonnellate l'anno) dobbiamo tendere (adesso) a una
"economia dell'indispensabile". Se non ora, quando?
Paolo Angiolini, Legambiente Trieste
IL PICCOLO - GIOVEDI',
2 dicembre 2021
Piano anti rumore di Duino: primo via libera della giunta
Prescrizioni da rispettare e zone del territorio divise in tre categorie:
ora la palla passa a Consiglio comunale, Regione, Arpa e Azienda sanitaria per
la ratifica
DUINO AURISINA. Duino Aurisina avrà il suo piano acustico territoriale. Uno
strumento indispensabile per delineare le aree in cui si potranno svolgere le
feste popolari e le sagre, con relativi accompagnamenti musicali, quelle in cui
sarà invece necessario rispettare determinati parametri, evitando di superare
una certa rumorosità, e ancora le cosiddette "zone cuscinetto", che andranno
individuate fra le prime e le seconde. Il piano conterrà poi una serie di
prescrizioni e rilievi, utili per garantire a tutti una buona vivibilità sotto
il profilo acustico. Fondamentale anche il rilievo di questo documento in
relazione alla presenza sul territorio di grandi aziende, come per esempio la
Cartiera e i cantieri navali. È stata infatti approvata qualche giorno fa dalla
giunta guidata dal sindaco Daniela Pallotta, su proposta dell'assessore
all'Ambiente Massimo Romita, la delibera riferita al Piano comunale di
classificazione acustica (Pcca), che sarà ora sottoposto alle verifiche di
assoggettabilità alla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) e di
significatività dell'Incidenza, di competenza dell'Arpa. Tutto questo ovviamente
è avvenuto prima della caotica seduta del Consiglio di martedì, nel corso della
quale si sono evidenziate, come non era mai accaduto in precedenza, le latenti
divergenze da tempo esistenti all'interno dell'esecutivo, con protagonisti
proprio gli stessi Pallotta e Romita. Ma tant'è, l'attività amministrativa
prosegue, nell'attesa di chiarimenti a livello politico. «L'approvazione in
giunta - spiega infatti Romita - è il risultato di un lungo e articolato lavoro
fatto di incontri con la comunità locale, i Comitati di quartiere, i tecnici
specializzati e le competenti Commissioni consiliari, attraverso la
collaborazione con i rispettivi presidenti, Chiara Puntar e Sergio Milos. Questo
- ha aggiunto Romita - è un importante documento, frutto di un lungo percorso,
nel corso del quale ho potuto beneficiare anche dei preziosi consigli del
collega Lorenzo Pipan, artefice di suggerimenti di modifica e integrazioni alle
schede del piano. L'approvazione del Piano in giunta non è il punto di arrivo -
ha concluso - ma un'importante tappa per avere un territorio disciplinato sotto
il profilo della rumorosità». Va ricordato che il territorio di Duino Aurisina
si allunga dal Lisert al Carso ed è attraversato sia da alcuni chilometri di
raccordo autostradale, sia da linee ferroviarie, tutte fonti di rumorosità
accusata in particolare in alcune frazioni, come quella di Visogliano, i cui
residenti si sono più volte lamentati. «Proprio per questo - osserva la
presidente Puntar - siamo stati particolarmente attenti nel sentire tutte le
comunità coinvolte, gli abitanti delle aree maggiormente sottoposte a
sollecitazione da rumore, condividendo con i consiglieri di opposizione pareri e
analisi». Il Piano, che dovrà naturalmente passare anche l'esame del Consiglio
comunale, sarà poi inviato a una serie di soggetti pubblici, titolari di
competenza ambientale per il procedimento in esame, e cioè il Servizio di
Biodiversità e quello di Pianificazione paesaggistica territoriale e strategica,
entrambi della Regione, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e
l'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
1 dicembre 2021
La babele delle tariffe per la raccolta dei rifiuti. Da un comune
all'altro importi sei volte più salati. -
La
Tari nel FVG
Indagine delle associazioni di consumatori sul peso della Tari. Per un
nucleo di tre persone in 100 mq si va da 55 a 317 euro
Udine. Famiglia di tre persone e abitazione da 100 metri quadrati: in Friuli
Venezia Giulia, a seconda del Comune in cui si ha la residenza, la tassa sui
rifiuti (Tari), può pesare addirittura fino a 6 volte in più. Cioè da un minimo
di 55,20 euro a un massimo di 317,64 euro. E le differenze sostanziali, che
incidono sul portafoglio, possono verificarsi anche tra realtà territoriali
limitrofe. Situazione simile se, al posto di un'utenza domestica, puntiamo i
riflettori su una commerciale. Anche in questo caso - per le categorie prese in
esame, alberghi con ristorante, bar, distributori di benzina, negozi di
abbigliamento e supermercati - gli importi da pagare per la Tari sono fortemente
differenziati da Comune a Comune. A sollevare il problema sono le associazioni
di consumatori Comitato utenti Ausir, Federconsumatori, Adiconsum e Forum
consumatori-imprese che hanno commissionato un'indagine all'istituto di ricerca
Ircaf. Il sondaggio si è basato utilizzando le delibere relative alla Tari
approvate nel 2020 in tutti e 215 Comuni della regione. Da una prima lettura
l'indagine evidenzia una situazione di generale diversità di tariffe applicate
agli utenti, sia domestici che commerciali: praticamente ogni Comune ha
un'imposta differente. Diversità aggravate dal fatto che la differenza tra la
tariffa più onerosa (applicata a esempio per una famiglia di 3 persone con una
casa di 100 metri quadrati) è di quasi 6 volte superiore a quella più bassa (la
più alta 317,64 euro, la più bassa 55,20 euro). Le stesse differenze persistono
nell'ambito della stessa provincia, nel contesto dello stesso gestore, tra i
comuni piccoli, tra quelli medi e anche fra quelli più grandi. «Questa
situazione di disomogeneità dei costi per gli utenti - evidenziano i promotori
della ricerca - non è facilmente giustificabile e comunque è incomprensibile e
inaccettabile per i cittadini. È venuto il momento di cambiare formula». Per le
attività commerciali le Tari applicate alle 5 categorie prese in esame -
alberghi con ristorante, bar, distributori di benzina, negozi di abbigliamento e
supermercati - sono, come nel caso del domestico e in alcuni casi anche di più,
fortemente differenziate da comune a comune anche limitrofo. «Questa situazione,
stigmatizzata in diverse occasioni anche dalle associazioni di categoria -
scrivono i consumatori - , crea tra l'altro elementi, non del tutto
trascurabili, di distorsione della concorrenza. Spetterà sicuramente in primo
luogo ai Comuni e ai gestori fornire le adeguate motivazioni di ciò, sia ai
cittadini consumatori che ai titolari delle attività commerciali e produttive,
fornendo adeguate spiegazioni su tutto il percorso che riguarda l'efficienza e
la qualità dell'attività svolta, il piano dei costi e la ripartizione tra i
comuni, la formazione dei piani economico finanziari e quindi la definizione
delle tariffe». La ricerca Ircaf analizza pure i costi medi applicati nei Comuni
dove si effettua la raccolta porta-porta, confrontati con quelli che utilizzano
ancora i cassonetti stradali e quelli con sistema misto. Nel primo caso il costo
medio (sempre applicato per una famiglia di 3 persone con una abitazione di 100
mq) è pari a 177,53 euro l'anno; nel secondo caso a 193,13 euro; e infine nel
terzo caso a 182,68 euro. Questi dati confermerebbero che il sistema di raccolta
porta-porta, non soltanto è molto più efficiente in termini di quantità e
qualità della raccolta stradale ma è anche meno costoso, con un risparmio medio
di 16 euro a famiglia.
Maurizio Cescon
Pronto il progetto per un park sotterraneo davanti alla Marittima
Lo propone il gruppo belga Interparking. Dipiazza è d'accordo perchè
contribuisce a liberare le Rive dalle auto. D'Agostino è d'accordo se il Comune
condivide
«E adesso Sergas vai avanti con il progetto». Roberto Dipiazza ci crede,
nonostante la tipologia progettuale appartenga a quelle eterne utopie che così
spesso hanno connotato la storia amministrativa triestina: sul tappeto verde
della solita sfida a resistenze & pigrizie campeggia stavolta il parcheggio
sotterraneo sulle Rive, davanti alla Marittima. Si gioca sul terreno
dell'Autorità portuale, perchè l'area è demaniale, per dipiù data in concessione
a Trieste terminal passeggeri (Ttp) fino al 2032. Il presidente Zeno D'Agostino
sembra acconsentire e messaggia che si tratta di un'iniziativa da condividere
con il Comune, «se c'è il loro consenso, a noi va bene». E, come abbiamo visto,
il sindaco ha chiaramente comunicato che il consenso municipale c'è, eccome.
Assunto che Comune e Autorità vedono di buon occhio lo spunto, vediamo come esso
potrebbe svilupparsi. Innanzitutto il Sergas evocato dal primo cittadino è il
dottor Franco, in passato uno dei protagonisti della costruzione di Park San
Giusto e oggi consulente del gruppo belga Interparking, dal 2017 gestore della
"caverna" in via del Teatro romano. A più riprese i belgi avevano dichiarato il
loro interesse a investire a Trieste, tant'è che ancora aleggiava l'idea,
risalente allo scorso decennio, di un park da farsi davanti al Carciotti, vicino
al molo Audace. Saba, altro imprenditore del ramo, aveva pensato invece di
bucare l'asfalto davanti alla Marittima, nei pressi del Nazario Sauro opera di
Tristano Alberti. Un anno e mezzo fa il quadro è cambiato: Interparking ha
sposato il sito davanti alla Marittima e ha già preparato buona parte del
percorso. Di recente Sergas ha accompagnato l'amministratore delegato di
Interparking, Roland Cracco, a parlare con Dipiazza. Perchè si accarezza un
vecchio sogno del sindaco: liberare le Rive dagli stalli in superficie. Come
fare? Ovvio, mettere le auto sottoterra. In un contenitore da 350 vetture previo
investimento di 20 milioni di euro necessario per uno scavo di 10 metri dove
sorgeranno tre piani di parcheggi. Sergas calcola che, tra una cosa e l'altra,
per andare a regime ci vorranno quattro anni dal momento in cui decolleranno i
lavori, quindi parliamo della seconda metà dell'attuale decennio. E mette le
mani avanti a fronte di possibili obiezioni: il sotterraneo della Marittima non
sarà affatto incompatibile con il parcheggio preannunciato da Dipiazza al posto
dell'Ortofrutticolo in campo Marzio, quando il mercato sarà trasferito all'ex
Manifattura tabacchi. Argomento ripreso dal sindaco: «Con la disponibilità del
Molo IV, con il futuro serbatoio di Campo Marzio, con il sotterraneo alla
Marittima, riusciremo ad affrancare le Rive dai parcheggi, in modo tale da non
creare disagi alla cittadinanza e alle crociere». Ultimo ma non ultimo, qualora
andasse a buon fine la "devoluzione" Greensisam all'inizio di Porto vecchio, uno
dei cinque magazzini, quello prossimo al varco di largo Città di Santos, sarebbe
destinato a parking. Troppa grazia Sant'Antonio! A questo punto, avendo
incassato l'avallo di Dipiazza, Sergas può mettersi in marcia verso la Torre del
Lloyd e avviare le pratiche concessorie. Intuibile la sensibilità di Ttp per una
partita che potrebbe sottrarle la gestione delle Rive: l'Autorità detiene una
quota del 40% nel capitale sociale e sarà sicuramente in grado di svolgere un
ruolo di mediazione. Sergas è all'opera anche su Park San Giusto, per completare
la parte superiore dell'infrastruttura, in sostanza il capolinea dell'ascensore
(che la scorsa estate ha portato fino a 2000 persone al giorno) sul colle di San
Giusto. Il gestore belga ci mette più di 200.000 euro per dare dignità a quello
che attualmente sembra l'uscita di un rifugio anti-aereo. Ci sono ancora un po'
di pratiche amministrative da chiudere - spiega il manager - e i lavori, a cura
di Kone, dovrebbero iniziare in primavera.
Massimo Greco
Il Pd porta alla Camera il caso della cabinovia tra il mare e il Carso
I dem interpellano il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Domani
un convegno di Rifondazione e Legambiente sul tema
L'ovovia arriva alla Camera. Non si tratta di un fantascientifico prolungamento
del tragitto, ma di un'interrogazione approntata dal Partito democratico in
merito all'opera che, nelle intenzioni della giunta Dipiazza, dovrebbe collegare
il centro e l'altipiano. L'interrogazione è rivolta al ministero delle
Infrastrutture e ha per oggetto la "cabinovia metropolitana Trieste-Porto
vecchio-Carso". Sui contenuti del testo, almeno fino alla sua presentazione in
aula, i dem mantengono un cauto silenzio. La risposta del dicastero, però, è
attesa a breve giro: il tema non è di poco conto perché l'opera è stata
finanziata dal governo con uno stanziamento da 49 milioni di euro, una delle
principali opere in programma della nuova amministrazione guidata da Roberto
Dipiazza. L'idea continua ad accendere gli animi di sostenitori e detrattori.
Tra questi ultimi possiamo senza dubbio annoverare anche il partito della
Rifondazione comunista-Sinistra Europea - circolo "Altipiano-Kras -Goat" - che
domani alle 20 organizzerà nello spazio della Casa della cultura a Prosecco
l'incontro pubblico intitolato "Al Carso non serve l'ovovia, ma migliori
collegamenti con la città". I perché del "no" al progetto verranno esposti da
Andrea Wehrenfennig e Lino Santoro, esponenti di Legambiente Trieste.
g.tom.
Il cantiere di Roiano procede spedito «Tutto pronto in estate»
L'assessore Lodi: «A Natale finita la copertura del nuovo asilo» A breve i
lavori per le fondazioni dell'autorimessa da 99 stalli
«I lavori a Roiano procedono senza intoppi. Entro Natale contiamo di realizzare
la copertura dell'asilo nido». L'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi,
tornata in possesso della sua delega dal mandato precedente, fa il punto
sull'andamento del cantiere roianese, dove nell'area dell'ex Caserma della
Polizia stradale sta nascendo una nuova piazza cittadina. L'intervento, del
valore di circa 4 milioni di euro, è stato aggiudicato nel febbraio scorso alla
Iti Impresa Generale Spa di Modena: i lavori sono partiti alla fine di aprile,
il giorno 26 per la precisione: la durata contrattuale è di 380 giorni naturali.
L'estate scorsa il sindaco Roberto Dipiazza vaticinava una possibile conclusione
per il luglio prossimo, e oggi l'assessore Lodi conferma che i lavori "si stanno
svolgendo regolarmente, senza imprevisti". Il progetto, che attendeva nei
cassetti del Comune di Trieste praticamente da un ventennio, prevede la
costruzione di un asilo nido per 60 bambini nella zona adiacente via Villan de
Bachino, e la realizzazione di un'autorimessa seminterrata per 99 posti auto,
con ingresso da via Moreri e uscita su via Montorsino. Sono previste,
all'interno dello spazio verde, un'area giochi e una destinata ai cani. A che
punto è il cantiere dell'autorimessa? Risponde Lodi: "Fino ad ora è stata
eseguita tutta la palificata propedeutica alla realizzazione del piano
interrato, e sono stati eseguiti i relativi scavi. A breve inizieranno i lavori
delle opere fondazionali - aggiunge l'esponente di Fratelli d'Italia - e nella
prossima primavera inizierà la posa degli elementi prefabbricati della struttura
in elevazione, con conclusione prevista in aprile del 2022".Quanto invece
all'asilo nido, questo è l'aggiornamento sullo stato delle cose: "Dopo aver
realizzato le opere fondazionali e il muro di contenimento verso via Villan de
Bachino e di via Montorsino, sono in corso le opere di elevazione (muri
perimetrali e pilastri in cemento armato). Entro Natale è prevista la
realizzazione del solaio di copertura". Commenta infine Lodi: "Premesso che
questa è un'opera che ho a cuore perché ho iniziato a seguirla già con la
precedente consigliatura, voglio dire che a Roiano stiamo facendo una grande
opera di riqualificazione che finalmente darà una piazza a questo rione". Una
piazza tanto attesa, visto che correva l'anno 2002 quando la prima giunta
Dipiazza recuperò i finanziamenti del Programma di riqualificazione e sviluppo
destinati all'opera, impostata dalla giunta precedente, quella di Riccardo Illy.
Da allora, però, il cantiere non si è mosso di un solo millimetro per una
ragione molto semplice: la Polstrada era saldamente insediata all'interno della
caserma e, prima di poter pensare di mettere mano all'area, era necessario
trovare una nuova destinazione per quelle forze dell'ordine. Ci son voluti quasi
quindici anni perché finalmente, un lustro fa, la Polstrada si spostasse nella
nuova sede di via Mascagni: giusto in tempo per il Dipiazza ter, quindi, che in
primavera è riuscito finalmente a far partire il cantiere e - se tutto va bene -
entro la prossima estate il Dipiazza quater potrà tagliare l'ultimo dei nastri.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - MARTEDI',
30 novembre 2021
Ogs pronto allo sbarco al magazzino 24 e il Comune si riprende il
compendio dei Filtri
Accordo tra Ursus e Agenzia delle entrate che valuterà in dieci mesi un
totale di 32 immobili all'interno del perimetro del comprensorio
L'Osservatorio geofisico (Ogs) pensa di trasferire i laboratori di biochimica e
biologia, afferenti alla sezione di oceanografia, dall'attuale sede di Santa
Croce in via Auguste Picard (ai "Filtri" per intenderci) all'hangar 24 del Porto
vecchio, in un passato ormai lontano utilizzato dalla Tomaso Prioglio a mo' di
stalla dove veniva imbarcato il bestiame est-europeo alla volta dei porti
medio-orientali. Infatti il "24" si affaccia, insieme al finitimo "25", sul
cosiddetto Bacino "0": alle loro spalle si estende l'imponente mole del
Magazzino 26. Ad anticipare la notizia il sindaco Roberto Dipiazza, soddisfatto
perché «è giusto valorizzare la presenza dell'Ogs a Trieste, che in questo modo
avrà un sito vicino al centro cittadino, di più agevole accesso, al quale tra
l'altro potrà ormeggiare la nave esploratrice "Laura Bassi"». Ormeggio dove ora
si trovano le due unità dell'ex flotta Napp ancora da vendere. Il disimpegno del
castelletto ai "Filtri", un compendio di alcuni edifici realizzati tra la metà
dell'Ottocento e i primi del Novecento per la captazione delle sorgenti idriche,
consentirà al Comune - ha sottolineato il primo cittadino - di sfruttare la
proprietà in fondo a via Picard, detenuta fin dal 1919: «Ci vedo un bellissimo
albergo in riva al mare», sogna il borgomastro. Dipiazza ha glissato sui tempi e
sul valore dell'operazione - Ogs acquisterà il "24" -, ha però inquadrato
l'arrivo dell'istituzione in un contesto culturale-scientifico, dove il "23"
custodisce il "tappo" anti-inquinamento petrolifero della Saipem e dove il "26"
si candida a grande contenitore museale incentrato sul mare. Il sindaco non lo
ha detto esplicitamente, ma la cessione del "24" gli risolve un mezzo problema,
cioè quello di capire cosa fare dei due hangar a bordo banchina: va infatti
ricordato che ancora nel 2018 il duo "24-25" era indicato come sito per il museo
del mare, poi, tramontata quella prospettiva, ci fu una ridda di voci che
oscillava tra l'interesse di Fincantieri e l'ipotesi di un marina. Un'altra
novità su Porto vecchio riguarda le procedure di vendita del patrimonio
immobiliare. Giulio Bernetti, direttore dipartimentale di Lavori pubblici e
urbanistica comunali, nonché presidente di Ursus (consorzio per la
valorizzazione dell'antico scalo) informa che in ottobre, con decorrenza da fine
novembre, è stato firmato l'accordo tra lo stesso Ursus e la direzione regionale
dell'Agenzia delle entrate. L'obiettivo è valutare 32 immobili, suddivisi in 5
lotti, situati nell'area del Porto vecchio. Firmatari dell'intesa Bernetti e il
direttore giulio-friulano Guido Isolabella. L'agreement prevede che l'attività
dell'Agenzia si svolga nei prossimi dieci mesi con un rimborso dei costi
sostenuti pari a circa 85.000 euro. Queste stime costituiranno la base per
fissare il prezzo del bene da mettere all'asta. Ricordiamo che Ursus è
controllato al 52% dal Comune, mentre il restante 48% è suddiviso tra l'Autorità
portuale e la Regione Fvg, rappresentati nel consiglio di amministrazione
rispettivamente dalla vicepresidente del Coselag, Sandra Primiceri, e dal
dirigente Luciano Zanelli.
Massimo Greco
Progetto Museo del mare Arriva l'architetto Vazquez Consuegra - il 9 dicembre in sala Luttazzi al "26"
Giovedì 9 dicembre nella sala Luttazzi al Magazzino 26 di Porto vecchio andrà in
scena l'architetto Guillermo Vazquez Consuegra, il professionista sivigliano che
ha progettato la trasformazione del "26" in museo del mare. Verrà presentato
alla platea triestina da Giulio Bernetti e da Lucia Iammarino, la dirigente
comunale che ha seguito più da vicino il progetto. Progetto da 22 milioni di
euro (Iva compresa) la cui esecuzione è stata messa in gara e le sette offerte
sono al vaglio di una commissione formata dalla dirigente comunale Lea Randazzo,
dall'ingegnere Marco Karel Huisman e dall'architetto Andrea Benedetti. Le sette
offerte sono state presentate da cordate che alleano 13 aziende a livello
nazionale: 3 campane, 3 lombarde, 2 laziali, 2 regionali, 1 abruzzese, 1
toscana, 1 veneta. Nessuna triestina in campo, Ici coop di Ronchi e Ed Impianti
di Campoformido i "campioni" giulio-friulani. Vazquez Consuegra aveva vinto la
gara nel 2019 e il progetto era stato al centro di un lungo braccio di ferro con
la Soprintendenza, che alla fine l'aveva spuntata e la torretta di vetro,
disegnata dall'architetto andaluso, era stata espunta perché svettava troppo sul
tetto del "26". Molti i dubbi sull'operazione negli ambienti professionali
triestini, dove ci si chiede che senso aveva fare una gara internazionale con
nomi illustri per un progetto tutto sommato "conservativo" su un edificio già
restaurato. Di recente si era registrata anche una polemica tra alcuni esperti
di cultura marittima triestini e il Comune, che aveva secretato il percorso
museale preparato dalla fondazione Micheletti di Brescia.
magr
E nel laghetto del Collio spunta una rara specie di anatra Fistione
Turco - l'area umida Bosc di Sot
Si chiama Fistione Turco e ha eletto l'area umida di Bosc di Sot come sua nuova
casa. Si tratta di una particolare e rara specie di anatra, avvistata negli
ultimi tempi nella zona dei laghetti alle porte di Cormons. E ora Legambiente
chiede di tutelare l'ambiente dove l'animale ha scelto di stabilirsi. Le prime
apparizioni del Fistione Turco sono della scorsa primavera quando alcuni
naturalisti hanno notato l'arrivo di questa specie di anatra dal piumaggio
variopinto. I maschi, più appariscenti delle mimetiche femmine, presentano una
grossa testa di colore arancione, il becco rosso e il petto e la nuca neri. «Il
Fistione Turco - spiega la sezione goriziana di Legambiente - è considerato
specie "vulnerabile" dalla Lista rossa degli uccelli nidificanti in Italia del
2019. Questa nuova presenza, seppure occasionale, aggiunge ulteriore valore alla
ricca biodiversità non solo avifaunistica del sito con 33 specie finora
contate». L'ex comprensorio estrattivo di Bosc di Sot ha già assunto una valenza
naturalistica di livello nazionale, essendo stato inserito quest'anno fra le
Aree di rilevanza erpetologica nazionale per l'abbondanza di anfibi e rettili.
L'associazione ambientalista è preoccupata: «Siamo felici che i nuovi
proprietari e l'amministrazione comunale cormonese abbiano pubblicamente
manifestato - aggiunge Legambiente - la volontà di preservare la naturalità del
sito e le sue qualità di habitat di rifugio e riproduzione per molte specie
animali al fine di realizzarvi un'oasi naturalistica sul modello della Riserva
della Cona. Tuttavia proprio in questi giorni sono state tagliate molte
alberature morte all'interno del lago principale, elementi che rappresentano
rifugio e riparo per anatre e aironi». Pur trattandosi di una proprietà privata
l'associazione ricorda come il proprietario «deve eseguire un ripristino
ambientale a beneficio della collettività, come previsto dal decreto
autorizzativo dell'ex cava e per il quale è stata depositata una fideiussione di
circa 500 mila euro a favore del Comune di Cormons».
Matteo Femia
«Il sito della centrale è di A2A con la quale bisogna confrontarsi»
- la CGIL replica a Legambiente
La Cgil provinciale, sentitasi chiamare in causa da Legambiente, che ha
organizzato il convegno al Kinemax nel quale si è discusso sul futuro energetico
e sul progetto di turbogas per la centrale di A2A, interviene con una serie di
argomentazioni. «Innanzitutto, la Cgil non ritiene di aver perso alcuna
occasione di "ascoltare molte cose interessanti" come sostenuto da Legambiente,
tanto più in un convegno chiaramente indirizzato verso la sola posizione di
contrarietà. Ci sono anche esperti e studiosi con opinioni diverse sul futuro
energetico e sulla transizione, sul loro orizzonte temporale e la loro effettiva
sostenibilità». La Cgil si sofferma sulle argomentazioni «contradditorie a
favore del NO: da un lato la centrale non serve, è mera speculazione finanziaria
grazie al capacity market, la si costruirà non perché serve energia ma per
tenerla ferma... ci verrebbe da obiettare che una centrale ferma non inquina.
Dall'altro se inquina vuol dire che lavora e che quell'energia serve!». E le
alternative per il sito «ad oggi non ci sono. Quella di cui si dibatte è un'area
privata, discutere di futuri assetti che prevedano portualità, uso di banchine,
attività di qualsiasi altra natura è inutile se non viene fatto in accordo con
chi su quelle aree detiene diritti e proprietà. Lo smantellamento dell'attuale
impianto e della ciminiera potrà avvenire, temiamo, solo per mano di A2A, in un
accordo di programma che la vincoli a farsi carico degli ingenti costi
derivanti». Quanto all'occupazione dice: «Ricordiamo che Cgil Cisl Uil hanno
siglato con A2A un accordo che prevede la salvaguardia di tutti i livelli
occupazionali e la potenziale espansione tramite attività correlate,
comprendenti economie circolari e attività legate alla retro portualità ed alla
concessione dell'uso della banchina. Riteniamo che la riconversione del sito sia
ad oggi l'unica vera alternativa percorribile».
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 novembre 2021
Tram ecologico in Porto vecchio: progetto depositato in Comune
Un team di tecnici ed esperti del settore fa sapere di aver presentato e
lasciato in Municipio una bozza di lavoro per una mobilità alternativa
Ovovia o tranvia? È il dilemma amletico che incarna il dibattito, politico e
non, sul futuro della mobilità cittadina, con particolare riferimento al Porto
Vecchio. Creare un collegamento rapido, sicuro ed ecologico nell'antico scalo è
infatti una necessità che si sta avvertendo sempre di più, ora che l'iter per la
riqualificazione del sito sembra finalmente decollare. E, in tempi recenti, c'è
anche chi ha pure lasciato in via ufficiale negli uffici del Municipio una vera
e propria bozza di progetto. La proposta per allestire un impianto tranviario
proviene in particolare da un gruppo di tecnici ed esperti del settore,
rappresentati tra gli altri dall'ex capodeposito del tram di Opicina Paolo
Buzzi, che propongono appunto la rinascita di una linea tranviaria urbana per
una lunghezza di circa 2,5 chilometri. Ma perché proprio una linea tranviaria in
Porto vecchio? «La nostra idea - afferma Buzzi - prende spunto dalla singolare
iniziativa lanciata nel 2016 da Autorità portuale e Trieste Trasporti con il
supporto di FerStoria quando venne istituito il TramWay: un collegamento
ferroviario fra Molo IV e Magazzino 26 con due carrozze e altrettanti locomotori
diesel in trazione simmetrica, sfruttando i binari esistenti». Ben presto i fumi
della trazione diesel risultarono poco graditi e il servizio, complice pure il
cambio di colore dell'amministrazione comunale, ebbe vita breve. Ora però,
sostengono i responsabili di questo nuovo progetto, le dinamiche sono cambiate e
l'antico scalo sta mutando fisionomia, e si può pensare di poter disporre un
mezzo nuovo, idoneo, possibilmente ecologico. La proposta prevede l'utilizzo di
quattro vetture storiche (di cui tre motrici a carrelli, una a due assi e anche
un rimorchio), ossia i vecchi tram dell'ex rete urbana dell'Acegat attualmente
esposti nell'area del Museo ferroviario di Campo Marzio, che risultano di
proprietà del Comune. Ma un'idea del genere è fattibile? In varie città italiane
come a Roma e Milano, è la replica degli esperti, circolano per il servizio
ordinario tram con oltre 60 anni di vita e a Torino un vecchio tram di Trieste è
stato completamente restaurato e rimesso in servizio. «I rotabili - specifica
Roberto Chiandussi, cultore della materia di Udine - dovrebbero essere
sottoposti a revisione generale per quanto riguarda sia la cassa che per
l'adeguamento delle nuove tecnologie da installare. Un intervento che potrebbe
essere realizzato da aziende locali». Ma la parte interessante, insistono gli
addetti ai lavori coinvolti, riguarda quale sistema di alimentazione utilizzare.
«Abbiamo pensato - prosegue Daniele De Anna, un altro promotore del progetto -
che si potrebbe dar corrente con il classico filo aereo sorretto da pali, che
potrebbero fungere da fanali stile Belle Epoque anche per illuminare i viali del
Porto vecchio. Oppure si potrebbe dotare i veicoli del sistema "Primove",
realizzato dalla Bombardier: esso prevede la posa sotto il manto stradale di una
"serpentina" che per induzione magnetica alimenta i motori e ricarica gli
accumulatori montati sul veicolo. È un sistema diverso da quello adottato da
Stream». «Tale sistema - conclude Chiandussi - è già in uso sulla rete
tranviaria di Nanjing in Cina ed è stato sperimentato in Germania sulla tranvie
di Augsburg e in altre città tedesche. La nostra terza ipotesi invece propone il
sistema "Rampini Italia" realizzato con Siemens, che prevede un punto di
ricarica rapida degli accumulatori al capolinea utilizzando un pantografo alzato
all'occorrenza, sotto ad un tratto di "bifilare", come per i bus Rampini in
servizio a Vienna». Per completare l'impianto, ovviamente, andrebbero ricercate
altre vetture e bisognerebbe individuare l'area o un edificio che possano
ospitare il deposito e l'officina, tenendone il servizio staccato da quello del
tram di Opicina.
Andrea Di Matteo
IL PICCOLO - DOMENICA,
28 novembre 2021
MONFALCONE - Il PD "Consiglio comunale su A2A con la presenza della
Regione" - il dibattito sul polo energetico
La richiesta dei Dem: "La giunta Fedriga chiarisca la sua posizione. La
centrale lasci spazio al porto"
La transizione dell'area della centrale A2A da polo energetico ad hub per la
crocieristica, o comunque a polmone per l'espansione del porto, impone di
ritenere chiuso il tempo delle barricate. Il Pd monfalconese se da un lato apre
a un lavoro congiunto con l'amministrazione comunale per bloccare il progetto di
nuovo impianto a gas presentato dalla società termoelettrica, di cui sono
azionisti di controllo i Comuni di Milano e Brescia, dall'altro, però, chiede
che si apra un confronto in Consiglio comunale, presente la Regione. «C'è la
necessità di svelare la reale posizione dell'amministrazione regionale, che ha
già raggiunto un'intesa sul progetto nell'ambito del decreto di compatibilità
ambientale del Ministero della Transizione ecologica» ha spiegato ieri la
capogruppo consigliare Lucia Giurissa in un incontro nell'ex pretura, segnalando
l'incoerenza tra il rifiuto di qualsiasi confronto pubblico a Monfalcone da
parte dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro e la creazione di un
Comitato per i cambiamenti climatici Fvg. Nella riunione di mercoledì dei
capigruppo in vista della prossima seduta dell'assemblea la rappresentante dem
rinnoverà quindi la richiesta di dedicare una seduta al confronto su un «tema
delicato, mai dibattuto nelle appropriate sedi», invitandovi gli assessori
regionali all'Ambiente Scoccimarro e alle Attività produttive Sergio Bini. La
richiesta verrà avanzata a fronte non solo degli ultimi sviluppi (la sentenza
favorevole del Tar Fvg al diritto del Comune di Monfalcone di effettuare
depianificazione anche per l'area di proprietà di A2A, le azioni intraprese
dalle associazioni ambientaliste), ma anche della mozione presentata dal partito
a giugno. Con il documento il Pd punta a stimolare il sindaco Anna Cisint e
l'amministrazione comunale a promuovere una concertazione interistituzionale
«finalizzata a creare le condizioni per le quali A2A venda all'Autorità portuale
il sito che così si trasformerebbe da energetico a portuale, con ricadute ben
superiori per l'occupazione». Sindaco e giunta per il Pd dovrebbero anche
attivarsi nei confronti della Regione perché si modifichi il Piano energetico
regionale per armonizzarlo con la Strategia energetica nazionale e quindi con un
futuro che ormai punta all'abbandono delle fonti fossili. «È in ogni caso
indispensabile che il Comune di Monfalcone metta mano al Piano regolatore, fermo
alla fotografia scattata nel 2014 - ha osservato ieri il consigliere comunale
Fabio Del Bello -, armonizzandolo con le previsioni dell'Autorità di sistema
portuale e sapendo che il dialogo sul futuro dell'area non può prescindere dal
dialogo con gli operatori portuali». Al tavolo, però, il consigliere Paolo Fogar
vorrebbe vedere tutti gli attori coinvolti dal progetto, che per Legambiente,
come per l'amministrazione comunale, è giustificato solo dal meccanismo del
Capacity market. «Ognuno ha la sua motivazione, in questa vicenda, ma tutti
devono tenere conto - ha aggiunto - dei cambiamenti climatici già in atto e dei
danni subiti innanzitutto dal rione Enel e dai suoi abitanti». Se i problemi da
affrontare sono quelli ambientali, della proprietà, delle bonifiche e degli
investitori sull'area, allora «al tavolo devono venirci il Governo, la Regione,
A2A, il Comune, sindacati, associazioni ambientaliste, Confindustria. Il Pd
monfalconese è pronto a fare la sua parte per fare in modo il tavolo si crei»,
hanno assicurato tutti i consiglieri dem .
Laura Blasich
LA REPLICA - Il sindaco sono vittime di contrasti al loro interno
In merito alle istanza del Pd sulla vicenda della centrale ecco la replica del
sindaco Cisint: «Il Pd ha avuto due occasioni per dare il proprio contributo e
in entrambe ha perso l'occasione di pronunciarsi in modo chiaro nell'interesse
della città a causa delle contraddizioni interne. L'assemblea cittadina si è
pronunciata in modo inequivocabile con la delibera dell'8 marzo nella quale si
manifesta la volontà del territorio di non essere più polo energetico. La
maggioranza ha votato compatta a favore, Morsolin e Maccarini contro mentre i Pd
Del Bello e Giurissa si sono astenuti. Sulla base di quel pronunciamento è stata
adottata la norma di salvaguardia urbanistica, a cui si è opposta A2A con un
ricorso al Tar, che nella sostanza ha dato ragione al Comune. Ovvio che ora il
Pd è spiazzato. Anche perché il loro segretario provinciale Moretti si è
schierato a favore del nuovo impianto. Il Pd non è in grado di dire in modo
univoco cosa intende proporre. È stato Franceschini, con Cingolani, a porre la
firma sulla valutazione ministeriale favorevole: cosa ha fatto il Pd ai vari
livelli di governo? Se il Pd decide di essere contrario alla rigassificazione
ben venga anche il loro pronunciamento. Nel frattempo, non c'è alcuna ragione
perché la maggioranza cambi le decisioni assunte».
IL PICCOLO - SABATO,
27 novembre 2021
"Le sedi di Esatto e Welfare, il recupero della Terapeutica e il
trasloco dell'Ortofrutta" - La Sacchetta verso il rilancio
Il sindaco con l'assessore Lodi all'ex Meccanografico, dove sono iniziati i
lavori di riqualificazione del rudere. "E all'ex Cartubi il Parco del mare"
Roberto Dipiazza si guarda in giro mentre presidia l'ingresso del rudere che tra
un anno e mezzo diventerà la sede di Esatto e di una parte del Welfare
municipale. Siamo all'ex Meccanografico in via Ottaviano Augusto. Il braccio del
sindaco volteggia: «All'ex Cartubi nascerà il Parco del mare (vedi Camera di
commercio), davanti spero che la Terapeutica venga dissequestrata a fine gennaio
così da vagliare la recuperabilità della struttura. A fianco trasferiremo
l'Ortofrutta all'ex Manifattura tabacchi e in un primo tempo l'area sarà
destinata a parcheggio dei crocieristi, a sgravio delle Rive». E rammenta la
riqualificazione della confinante stazione di Campo Marzio. Sui tempi
realizzativi di questo domino edile-urbanistico il borgomastro gigioneggia: «Ho
tempo fino alla primavera 2027, preferisco non fare pronostici. Qui all'ex
Meccanografico abbiamo aspettato quasi vent'anni!». Gli chiedono se non era
meglio fare un albergo o qualcosa di più attrattivo dal punto di vista turistico
piuttosto che una sede di uffici: «Ogni tanto bisogna pensare al comfort dei
cittadini - replica- costretti per troppi anni a soffrire le difficoltà
logistiche di piazza Sansovino. Qui in Sacchetta troveranno ampio parcheggio e
sportelli modernamente organizzati». Infatti c'è già un'idea di massima su come
redimere tutto quel cemento armato che dal 1986 ha resistito eroicamente a
sbagli e incuria. La illustra l'assessore Elisa Lodi insieme al presidente di
Esatto, Andrea Polacco, assistiti dai dirigenti comunali Lucia Iammarino e Mauro
Silla. La disponibilità è piuttosto ampia, con 800 metri quadrati distribuiti su
ognuno dei tre piani per un totale di 2.400 metri quadrati.All'interno Esatto,
con una quarantina di dipendenti, comanderà al pianterreno e nella porzione
occidentale del primo piano. I 70 dipendenti del Welfare municipali occuperanno
il lato orientale del primo piano e l'intero secondo piano dell'edificio.
All'esterno si provvederà al completamento della copertura, alla sistemazione
delle facciate con un cappotto esterno per migliorare le prestazioni termiche,
alla probabile costruzione di una nuova scala nel lato B dello stabile, dove si
allarga un cortile il cui futuro è ancora al vaglio degli inquirenti.
L'assessore Lodi ha ribadito il quadro economico dell'intervento, che ammonta a
4,6 milioni. Riccesi (presente all'evento l'architetto Donato) e Balsamini, che
hanno vinto l'appalto edile e impiantistico, avevano proposto un ribasso del 7%
a 3,6 milioni. Soddisfatto Polacco, che finalmente, dopo un lungo pellegrinare
tra tante ipotesi (da Casa Francol alla Cassa di risparmio), ha trovato una baia
dove mettere a riparo uffici, archivio, sportelli. «Cambiamento di vita
epocale», ha detto con un filo di commozione riandando al disagio provocato
dalle attuali tre sedi (Sansovino, Revoltella, D'Alviano). La presenza di Mauro
Silla, che andrà in pensione mercoledì primo dicembre, ha attestato che gli
uffici comunali a essere colà trasferiti sono quelli del Welfare al momento
allestiti in via della Scalinata nella cosiddetta "casa blu", proprietà della
Fondazione Ananian presa in affitto alla cifra di 78 mila euro annui mediante un
contratto valido fino al 2027. Si tratta di due servizi, "anziani" e "adulti".
L'ex Meccanografico inizia la sua terza esistenza: la prima sbocciò nelle
tecnologie delle Ferrovie, la seconda naufragò nelle illusioni museali di Era e
Alinari. L'Immaginario scientifico scelse il Magazzino 26. Lo stabile fu messo
in vendita dalla civica amministrazione che poi ci ripensò a uso personale.
Massimo Greco
Rifiuti ferrosi fuorilegge e 140 milioni "fantasma": chiesto il processo
per 32 - l'inchiesta - L'operazione della Dda tra Friuli e Veneto
Centomila tonnellate di rifiuti ferrosi smaltiti in violazione degli obblighi
ambientali, 140 milioni "invisibili" per il fisco, 32 indagati tra imprenditori,
titolari di imprese di trasporti, commercianti di materiali ferrosi e autisti.
Un lavoro di indagine partito nel 2013, quello della Finanza di Pordenone,
condensato nella richiesta di rinvio a giudizio a vario titolo per associazione
a delinquere, traffico illecito di rifiuti e frode fiscale da parte della
Direzione distrettuale antimafia di Trieste. Coinvolte appunto 32 persone di
Pordenone, Venezia, Treviso, Belluno, Verona e Padova: ieri si sono costituite
le parti a Trieste, con udienza rinviata al 24 gennaio. L'operazione "Via della
seta" ipotizzava un patto tra criminalità italiana e cinese. I sanvitesi Stefano
Cossarini, 46 anni, Roger Donati, 48, e Fabrizio Palombi, 43, secondo la Procura
antimafia, avrebbero ideato un'associazione a delinquere per l'emissione e
l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Nel mirino anche Guido
Masciello e Cristiano Altan, 47 e 48 anni, domiciliati a San Michele al
Tagliamento, e Giuseppe Farano, 52, domiciliato a Gradisca: secondo la Procura
sono amministratori e prestanome delle società fittizie create allo scopo. Oltre
a Cossarini (revocati i domiciliari), Donati e Palombi (misura cautelare
ridimensionata in obbligo di dimora), Masciello (revoca misura cautelare), Altan
(revoca obbligo di firma) e Farano, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio
per il pordenonese Stevan Simonato, i padovani Luca Cavaliere e Alberto Mozzo, i
trevigiani Ginetto Dal Bo', Lamberto Dal Pos, Luca Da Rios, Alessandro De Zan,
Matteo De Zan, Dalibor Durdevic, Rudi Gaiotto, Valter Giacomin, Regina Giotto,
Giuseppe Marconato, Fabrizio Modolo, Antonio Riccio, Andrea Segat, Alberto
Soligon, Marika Verdani, Roberto Vettorel, Amar Wade e M'Hamed Zakri, i
bellunesi Siro Golin, Roberto Pellizzari e Stefano Pellizzari, il veneziano
Guido Michielon e il veronese Graziano Romellini.
«Funicolare città-Carso al posto dell'ovovia»
- la controproposta del circolo PD altipiano est
TRIESTE. Una funicolare al posto dell'ovovia «impossibile da realizzare, perché
insisterebbe su un'area tutelata dalla legge». È questa la proposta del Circolo
Pd dell'Altipiano Est. «Mentre l'amministrazione si impegna su un'opera che
cozza contro la legge - si legge nella nota del Pd - non mancano proposte
concrete per ridisegnare il trasporto pubblico fra il Carso e la città, come
indicato dal consigliere comunale Stefano Ukmar. La funicolare - continua il
testo del circolo dem - è una modalità di trasporto terrestre che appartiene
alla categoria dei trasporti a fune. Gli impianti funicolari - si precisa - sono
adatti al superamento di dislivelli in ambiti montuosi, ma sono applicabili
anche su terreni pianeggianti. In questo modo si offrirebbe un tracciato
esistente per una linea dotata di moderne navette, capaci di collegare in meno
di un quarto d'ora il centro di Opicina con Trieste e viceversa».
U.SA.
Gli ambientalisti sul turbogas di A2A: «È una bufala l'uso
dell'idrogeno»
«Verrà costruito il ciclo aperto pagato con il capacity market mentre il
ciclo combinato resterà nel cassetto per mancanza di richiesta»
Le dichiarazioni di Cgil e Confindustria a sostegno della riconversione a gas
della centrale A2a sono ancorate al passato. A dirlo sono Legambiente del Friuli
Venezia Giulia e di Monfalcone che, dopo il convegno organizzato una settimana
fa al Kinemax, ribadiscono come «la transizione ecologica è urgente e non ha
bisogno dei combustibili fossili». «La decarbonizzazione, tanto decantata in
ogni occasione, è imprescindibile, urgente e riguarda tutti i combustibili
fossili, gas naturale compreso - afferma l'associazione ambientalista -; una
prospettiva diversa per l'area ora occupata dalla centrale di A2a non è
un'opzione, bensì una necessità vera e propria per Monfalcone e per l'intero
sistema regionale». Al convegno, se vi avesse partecipato, come la Regione,
«pure essa invitata e clamorosamente assente», la Cgil, secondo Legambiente,
«avrebbe potuto ascoltare molte cose interessanti, che anche Confindustria non
dovrebbe sottovalutare». A partire dal fatto che «la potenza elettrica
disponibile in Italia è sovrabbondante, quindi non servono nuove centrali» e che
a «rendere conveniente l'investimento per la realizzazione della centrale è il
Capacity Market, un sistema di remunerazione delle aziende elettriche per tenere
ferme le loro centrali ed essere pronte ad entrare in servizio in caso di
richiesta della rete». Il problema della variabilità di richiesta elettrica è
reale, riconosce Legambiente, rilevando, però, come emerso nel convegno, che la
compensazione si può ottenere sfruttando i pompaggi da impianti idroelettrici
(da strutture già esistenti su tutto l'arco alpino) e da stazioni di accumulo
elettrochimico con batterie. La centrale in progetto prevede inoltre un ciclo
aperto turbogas (che verrà pagato con il capacity market) e un ciclo combinato.
«Come da fasi progettuali note, verrà costruito per primo il turbogas e,
azzardando una facile profezia, il ciclo combinato resterà nel cassetto per
mancanza di richiesta - aggiunge Legambiente -. Questo fa ben comprendere quanto
sia una bufala il dichiarato utilizzo dell'idrogeno». Quindi l'occupazione. «A
regime, la centrale darebbe impiego a poco più di 30 addetti, ma se consideriamo
l'aleatorietà relativa alla realizzazione del ciclo combinato, potrebbero essere
anche di meno», dice Legambiente ribadendo come un'alternativa di sviluppo del
sito, legata alla portualità, ma non solo, sia possibile, con «la cooperazione
dei diversi soggetti istituzionali ed economici per affrontare concretamente il
futuro».
LA. BL.
IL PICCOLO - VENERDI',
26 novembre 2021
Dalle casse comunali altri 250 mila euro per il tram di Opicina
Pronti ulteriori fondi per lavori aggiuntivi tra rotaie e deviatoi E ora si
attende la fornitura degli ultimi 200 metri di binari
Mentre i lavori continuano, con l'arrivo a breve degli ultimi 200 metri di
binari, il Comune stanzia ancora 250 mila euro per il tram di Opicina.
L'obiettivo è apportare ulteriori migliorie alla linea, che secondo il sindaco
Roberto Dipiazza sarà nuovamente operativa nei primi mesi del prossimo anno. Si
tratta, nel dettaglio, del progetto di fattibilità tecnico-economica di alcuni
interventi complementari, approvato dalla giunta nei giorni scorsi con apposita
delibera. In sintesi i nuovi lavori previsti, come chiarisce l'assessore ai
Lavori Pubblici Elisa Lodi, serviranno al rinnovamento di deviatoio con totale
ricambio delle traverse, traversoni e massicciata, la manutenzione straordinaria
dell'armamento in alcuni tratti, l'eventuale saldatura delle rotaie in
corrispondenza dei tagli in precedenza eseguiti e la revisione completa delle
casse di manovra. Revisione e rinnovamento dovranno coinvolgere i deviatoi:
Vetta Scorcola, Cologna, Conconello, Banne e Campo Romano. Tra le voci della
delibera, 140 mila euro vengono indicati per l'importo dei lavori, 26 mila
servono per la fornitura delle traverse, ci sono poi oneri legati alla sicurezza
e altri capitoli di spesa necessari. Un programma di opere aggiuntive, che si
sommano a quelle del cantiere già in corso, per cui l'assessore rassicura come
stiano proseguendo secondo i tempi previsti, «nei giorni scorsi - spiega - «gli
operai lavoravano sul tratto di via commerciale, stanno eseguendo le saldature
su vari tratti della linea, attendiamo la fornitura del ultimi 200 metri di
binari e relativa minuteria. Si va avanti, con la massima attenzione -
sottolinea - affinché la ditta completi i lavori così da ottenere quanto prima
le autorizzazioni dall'Ustif. A conferma della volontà della giunta di far
ripartire uno dei nostri simboli di Trieste». E sull'obiettivo di riportare in
tempi brevi la storica carrozza in attività era intervenuto alcune settimane fa
anche il sindaco Roberto Dipiazza, che ai microfoni di Telequattro aveva
annunciato la ripresa delle corse il prossimo 1 febbraio. E intanto ieri la
giunta comunale si è riunita con l'attenzione diretta al settore della cultura e
allo sport. Tra i diversi provvedimenti approvati, su proposta del vicesindaco e
assessore ai Teatri Serena Tonel, viene stanziato un contributo di 50 mila euro
per il Teatro Stabile La Contrada a sostegno delle attività per l'anno 2021, il
contributo annuale ordinario al Teatro Stabile Sloveno e la fissazione della
quota annua di contributo a copertura delle spese di esercizio della sala
teatrale. Mentre su proposta dell'assessore Lodi, è stata approvata la spesa
complessiva di 200 mila euro per la tribunetta del campo sportivo di Costalunga.
Micol Brusaferro
Al via i centri di raccolta e riciclo delle capsule di caffè usate
Iniziativa della Regione in collaborazione con illycaffè, Nestlé e Acegas
Riciclare le capsule di caffè. È l'obiettivo del progetto ReCap, acronimo che
sta a significare proprio "recupero capsule" e che è entrato da ieri nella sua
fase operativa. Un'iniziativa portata avanti dalla Regione Fvg in collaborazione
con due grandi aziende del settore come illycaffè e Nestlé e con i gestori dei
rifiuti urbani AcegasApsAmga, Net e A&T 2000. «Siamo i primi in Europa ad aver
messo in campo un progetto reale di economia circolare - spiega l'assessore
regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro - e oggi passiamo dalla fase di
progettazione alla sua realizzazione concreta». A vedere il progetto diventare
realtà saranno all'inizio solo quattro comuni della Regione (Trieste, Udine,
Campoformido e Pasian di Prato) per la durata di tre mesi, ognuno con modalità
diverse di conferimento delle capsule esauste. Per quanto riguarda il capoluogo
regionale, le stesse saranno raccolte in un sacchetto specifico, appositamente
confezionato e messo a disposizione dei cittadini, che potrà essere ritirato
nell'ufficio relazioni con il pubblico della Regione di piazza dell'Unità 1
assieme a un piccolo contenitore per la raccolta in casa. Questo, una volta
riempito di capsule usate, potrà essere conferito nei quattro centri
AcegasApsAmga di via Carbonara 3, via Valmartinaga 10, Strada per Vienna 84 e
via Giulio Cesare 10.Il riciclo si potrà effettuare per tutte le marche
disponibili in commercio di caffè in capsule. «Questo ci permetterà di essere
leader nel recupero di plastica ad elevatissima qualità e di alto valore di
mercato - prosegue Scoccimarro -, consentendo un vero sviluppo sostenibile ed
evitando così di depauperare ulteriori risorse naturali. Il progetto potrà
essere finanziato con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza perché
risponde ai criteri di sostenibilità dello stesso Pnrr».
Lorenzo Degrassi
Il traffico illecito di rifiuti a Mossa «Accordo per l'uso del
capannone»
Di Nardo e Pellizon avevano dato il «consenso al deposito» a Dalla Santa.
Profitto di 200 mila euro
MOSSA. «L'attività di ricerca di capannoni dismessi, nell'interesse dei fratelli
Dalla Santa, non era stato un fatto isolato, bensì la protrazione di una
condotta illecita risalente al settembre 2018, che aveva coinvolto lo stesso
capannone di Mossa, dove fino al marzo 2019 era stata effettuata una serie
reiterata di scarichi di rifiuti, tra loro collegati da un nesso di abitualità,
con gestione abusiva degli stessi rifiuti». È uno dei passaggi contenuti nelle
motivazioni alla sentenza pronunciata dal giudice Concetta Bonasia lo scorso 2
novembre, di condanna nei confronti di Giuliano Di Nardo, 49 anni, partenopeo
residente in Campania, Piero Pellizon, 41, di Gorizia, e Alessio Dalla Santa,
45, di Belluno, nonché, ai fini della responsabilità delle persone giuridiche,
delle società Promogestimm Di Nardo Srl e Piero Pellizon Immobiliare Srl. Il
reato è quello di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (452
quaterdecies Cp), in concorso (110 Cp). Rifiuti costituiti da residui plastici,
gestiti senza autorizzazione amministrativa, al fine di trarne profitto. Con ciò
«raggiungendo un accordo» per la «sistematica utilizzazione del capannone di via
Isonzo», realizzando modifiche strutturali per consentire l'accesso degli
autotreni carichi di rifiuti.Il periodo considerato è da settembre 2018 fino al
28 marzo 2019, quando i carabinieri avevano sorpreso in flagranza alcuni
soggetti intenti a effettuare operazioni di scarico. Il capannone era stato
posto sotto sequestro. Il giudice ha disposto la confisca, assieme a mezzi e
attrezzature utilizzati per commettere il reato. A metà novembre il magazzino ex
Bertolini è stato avvolto dalle fiamme, un vasto incendio con pericoli sotto il
profilo dell'inquinamento.Tornando alle motivazioni alla sentenza, si fa
riferimento alle indagini fino al blitz dei carabinieri, che avevano riscontrato
un quantitativo di rifiuti stimato in 4.346 tonnellate stoccate nel capannone.
Una quantità ridimensionata in 770,205 tonnellate dal perito incaricato
nell'ambito del processo a fornire un'analisi sul materiale posto sotto
sequestro, ritenuta attendibile dal giudice e comunque considerata «ingente».
«Del resto che il quantitativo di rifiuti rinvenuto nel capannone di Mossa fosse
ingente, risulta provato dalla circostanza che, per portarlo a destinazione,
erano stati necessari numerosi viaggi», argomenta il giudice che definisce
«provata oltre ogni ragionevole dubbio anche l'integrazione di quella
"abitualità", che costituisce requisito imprescindibile del delitto in esame».
Nelle 47 pagine di motivazioni alla sentenza, vengono ripercorsi le indagini e
il dibattimento, tra testimonianze, tabulati relativi a una serie di
intercettazioni telefoniche, dati anche avvalendosi di tre aziende specializzate
del settore dei rifiuti, che avevano visionato le "ecoballe" presenti nel
capannone, per fornire una valutazione economica in termini di oneri di gestione
dei rifiuti, al fine di quantificare il profitto del reato, calcolato in
202.303,38 euro. In base alle indagini, come testimoniato in dibattimento, il
coinvolgimento dei tre imputati è stato schematizzato in questi termini: Alessio
Dalla Santa aveva inviato i rifiuti rinvenuti nel marzo 2019 al capannone di via
Isonzo, messo a disposizione da Di Nardo e Pellizon. Erano stati eseguiti i
lavori di adattamento per facilitare l'ingresso dei Tir, nonché la modifica alla
muratura del capannone e la realizzazione di una rampa di accesso laterale. Il
giudice afferma che «risulta provata la sussistenza di un'attività organizzata
per il traffico illecito di un ingente quantitativo di rifiuti». Nell'analizzare
gli elementi di prova a carico di Dalla Santa, il giudice conclude che «aveva
pienamente contribuito alla realizzazione del fatto di reato», nell'avvalersi di
intermediari per individuare il capannone di Mossa, e facendo eseguire i lavori
sull'immobile, con l'invio dei primi Tir. Di Nardo e Pellizon «pur di incamerare
il canone di locazione promesso da Dalla Santa, «avevano dato il consenso al
deposito illecito dei rifiuti». Si parla di un "accordo" concluso con Dalla
Santa nell'ottobre del 2018. Di «piena consapevolezza» da parte di Di Nardo e
Pellizon su «cosa Dalla Santa dovesse realmente scaricare» nel sito. La
questione era in sostanza legata al pagamento del canone di locazione. E se i
due soci s'erano alterati per il deposito di quei rifiuti, minacciando di
chiamare le forze dell'ordine, era perché il conferimento era avvenuto «senza
che Dalla Santa avesse pagato il canone, come si erano invece accordati». Per il
giudice «l'intera condotta di Di Nardo e Pellizon era stata sorretta da dolo,
intenzionale e specifico».
Laura Borsani
Legambiente dopo il rogo vuole essere parte civile
Legambiente ha nominato l'avvocato Daniela Moreale di Udine, affinché la assista
nel procedimento penale che scaturirà dall'incendio dello stabilimento ex
Bertolini a Mossa quale parte offesa. La Procura deve ancora definire i contorni
(il fascicolo è per incendio). «Chiediamo di valutare se ci sono ricadute
dell'inquinamento sul suolo e nelle acque di falda e procedere alla bonifica del
sito» dice Anna Maria Tomasich del Circolo di Gorizia.
Russian: «Smaltire al più presto ciò che rimane della plastica»
L'appello del sindaco a eliminare quanto rimane del materiale illegale Il
Comune impegnato su tutti i fronti per scongiurare ogni tipo di rischio
Mossa. «Chiedo fermamente agli organi preposti che venga smaltito il più
velocemente possibile tutto ciò che resta dei rifiuti incendiati nella ex
Bertolini. Ed è imprescindibile la realizzazione di approfondite analisi sul
percolato e sul suolo per fugare ogni dubbio sulla eventuale presenza di
sostanze inquinanti e potenzialmente dannose per la salute. Confido che queste
analisi vengano fatte il prima possibile e di ricevere subito le risposte alle
mie richieste al fine di togliere le limitazioni ancora in vigore». È ancora
angosciato il sindaco di Mossa, Emanuela Russian, ad una decina di giorni
dall'incendio che ha distrutto l'ex fabbrica Bertolini. Da quel giorno tutta la
struttura comunale è impegnata in modo continuo e senza sosta, sia dal punto di
vista operativo sia burocratico, per fronteggiare ogni possibile rischio. Dal
Comune di Mossa sono state emanate ordinanze specifiche, restrittive nei
confronti della popolazione, vocate a fronteggiare l'emergenza e, operando
secondo i principi della massima cautela e prudenza, tutelare il più possibile
la salute e l'incolumità di tutti.«Questi organismi, Arpa e Asugi in primis,
hanno collaborato attivamente con il Comune - afferma il sindaco - rispondendo
alle missive da noi inviate e fornendo informazioni e dati importanti per poter
fare scelte appropriate. Oltre alla ricerca di Pm10 nell'aria, con analisi
effettuate fin dalla sera dell'incendio, abbiamo richiesto ulteriori
approfondimenti in merito alla possibile presenza di fibre di amianto e di
diossine. Arpa ha fatto pervenire, a partire dal 18 novembre, note che hanno
evidenziato l'assenza di impatto ambientale. La proroga della prima ordinanza si
è resa necessaria in quanto non vi erano ancora informazioni circa la possibile
presenza di amianto e diossine nell'aria. Con nota del 19 novembre ci è stata
comunicata dall'Arpa la non rilevabilità di fibre-amianto e di problematiche
inerenti alle diossine. Anche l'Asugi ha inviato un suo parere evidenziando che
non si ravvisa un potenziale rischio per l'incolumità della salute pubblica».
«Continueremo inoltre a collaborare con tutte le autorità, le istituzioni e gli
enti interessati da questa vicenda - prosegue il sindaco - con l'intenzione di
comprendere le cause dell'incendio».
Francesco Fain
Danieli, asse di ferro con Metinvest per l'acciaio green puntando a
Trieste
Entro gennaio gli ucraini devono decidere se investire 700 milioni
nell'impianto di Muggia. Bini: «Lavoriamo con i soggetti coinvolti
TRIESTE. La necessità di rendere più sostenibile la produzione di acciaio,
azzerando l'impiego del carbone e abbattendo le emissioni di CO2, mantenendo la
competitività, è uno dei "motori" della crescita, già avviata e destinata ad
aumentare in futuro, del Gruppo Danieli, tra i principali produttori al mondo di
impianti siderurgici. Il business passa certamente dalla costruzione di nuove
acciaierie, ma anche dall'ammodernamento di quelle esistenti attraverso
l'utilizzo di tecnologie che consentano, ad esempio, il passaggio dal carbone al
gas e, in prospettiva, all'idrogeno, o trovando modalità di compensazione della
CO2 che viene emessa, per ridurre la Carbon tax che pesa, anch'essa, sulla
competitività del prodotto. In questa direzione vanno tre accordi che Danieli ha
appena siglato con alcuni big dell'acciaio: l'ucraina Metinvest, la russa Pjsc
Mmk, e l'indiana Tata steel. L'impegno con Metinvest, in attesa della decisione
del gruppo ucraino su dove collocare il nuovo impianto da 600/700 milioni di
euro (sul cui investimento il board ha già deliberato) tra i potenziali siti
individuati, e sono tre di cui due in Italia, tra cui Trieste, e uno in un altro
Paese che si affaccia sull'Adriatico, riguarda l'implementazione di tecnologie
per la produzione di "acciaio verde" sia negli stabilimenti operativi del gruppo
in Ucraina che nei Paesi Ue. Rispetto alla decisione sulla sede del nuovo
laminatoio, nulla si sa ancora, ad eccezione del fatto che «la Regione - spiega
l'assessore alle Attività produttive, Sergio Bini - sta lavorando insieme agli
altri soggetti coinvolti. È assoluto interesse del Fvg attrarre questi grandi
investimenti anche per le ricadute occupazionali sul territorio». È noto che il
Gruppo ucraino intende costruire un nuovo laminatoio e se la scelta cadrà sul
Fvg, l'area interessata è quella delle Noghere nel comune di Muggia. Un'altra
intesa Danieli l'ha siglata con i russi di Mmk e anche questa ha l'obiettivo di
identificare le tecnologie utili al processo di decarbonizzazione degli
impianti, con conseguente migliore sostenibilità ambientale e riduzione delle
emissioni. Stessi impegni con Tata steel. «L'obiettivo che abbiamo in comune -
spiega il presidente di Danieli, Gianpietro Benedetti - è quello di accelerare
il percorso del mondo dell'acciaio verso la sostenibilità. Le strade per
raggiungerlo sono diverse come diversi sono gli impianti oggi in esercizio. Da
qui la necessità di studi approfonditi su ogni singolo impianto per costruire
soluzioni taylor made, ovvero su misura. Laddove sono presenti gli altiforni, la
prima tappa è quella di ridurre, grazie alla tecnologia sviluppata da Danieli
Corus, le emissioni di CO2 dal 14 al 35%, la seconda prevede la sostituzione del
carbone con il gas, per arrivare, quando sarà disponibile, all'utilizzo
dell'idrogeno e al risultato finale che sarà il Net zero». Un percorso che
richiede investimenti ai produttori di acciaio, ma che prevede penalizzazioni
per chi non lo avvia. «La tassa sulle emissioni di CO2 (oggi sopra i 50 euro a
tonnellata) è destinata a crescere significativamente - ricorda Benedetti - e
produrre acciaio in modo non sostenibile rischia di essere penalizzante. Una
valutazione ragionata deve dunque tenere conto che il costo di produzione (Opex)
non è più solo il costo di trasformazione per tonnellata più il costo degli
ammortamenti, ma deve tenere conto anche della tassa sulla CO2 per tonnellata di
prodotto». Infine, a completare il quadro, c'è anche la normativa europea allo
studio che istituisce la tassa sulle emissioni di CO2 dei prodotti importati:
una sorta di "dazio alla frontiera" destinato a penalizzare maggiormente chi più
inquina.
Elena Del Giudice
Mediterraneo sostenibile e sicuro: premio internazionale all'Ogs - IL
RICONOSCIMENTO
Primo posto per il progetto dell'istituto fra 54 elaborati in lizza
Il progetto BlueSkills dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica
sperimentale - Ogs, che promuove lo sviluppo di nuove competenze dei giovani
talenti nel settore marino e marittimo, si è classificato al primo posto nella
categoria "Skill Development and Circulation" del WestMed Project Awards,
risultando anche il vincitore finale dell'edizione 2021 dell'omonimo premio.
Premio che, alla prima edizione, ha lo scopo di identificare i migliori progetti
in grado di fornire soluzioni innovative e replicabili in accordo con la visione
dell'iniziativa WestMed per il Mediterraneo occidentale. Al concorso hanno
partecipato 54 progetti provenienti da entrambe le sponde del bacino
mediterraneo, tra i quali la commissione esaminatrice ha individuato cinque
progetti «di grande interesse e valore» che hanno ricevuto il conseguente
riconoscimento internazionale. «Il progetto BlueSkills, che ha ricevuto il
riconoscimento da parte dell'Unione per il Mediterraneo, promuove proprio le
opportunità di carriera nei vari settori dell'economia blu sostenibile», precisa
Mounir Ghribi, direttore della Cooperazione internazionale dello stesso Ogs.
«Grazie alle attività del progetto, l'Ogs favorisce lo sviluppo delle competenze
dei più giovani, promuovendo lo scambio di conoscenze e valorizzando la ricerca
per un Mediterraneo più sostenibile», conclude Ghribi, che è anche coordinatore
del progetto BlueSkills, finanziato grazie al ministero per l'Università e la
Ricerca. La cerimonia di premiazione - si legge in un comunicato diffuso ieri -
è avvenuta a Roma lo scorso 9 novembre, nel corso della WestMed Stakeholder
Conference, organizzata dalla co-presidenza italo-libica della WestMed
Initiative, per approfondire per l'appunto il tema dell'economia blu sostenibile
nella regione mediterranea. La WestMed Initiative è promossa dall'Unione per il
Mediterraneo grazie al supporto della Commissione Europea per aumentare la
sicurezza marittima, promuovere la crescita blu sostenibile e preservare gli
ecosistemi e la biodiversità.
IL PICCOLO - GIOVEDI',
25 novembre 2021
Centrale A2A e disastro ambientale. L'udienza preliminare salta subito.
L'azienda eccepisce il vizio di notifica di conclusione indagini: primo atto
di una lunga battaglia legale
Un vizio formale di notifica ha portato all'annullamento del decreto di
fissazione dell'udienza, che a questo punto riporta sostanzialmente all'inizio,
ossia all'avviso di conclusione delle indagini. Non è dunque "decollato" il
procedimento preliminare in relazione alla centrale di Monfalcone che vede
indagato l'ex direttore dell'impianto termoelettrico, ingegner Roberto Scottoni,
47 anni, in ordine al reato di disastro ambientale (articolo 452 quater, comma
1, numero 2, e comma 2 del Codice penale), nonché la società A2A EnergieFuture
Spa, quale persona giuridica, ai fini della responsabilità amministrativa
(articolo 25 undecies, decreto legislativo 231/01). L'udienza fissata dal Gup
Carlo Isidoro Colombo, ieri mattina s'è aperta e nel giro di una decina di
minuti si è chiusa proprio in virtù del difetto di notifica nei confronti della
stessa società. L'avvocato Ferro, presente in aula in sostituzione dell'avvocato
Saponara, entrambi del Foro di Milano, ha subito sollevato l'eccezione inerente
la mancata ricezione dell'avviso di conclusione delle indagini, in base
all'articolo 415 bis del Codice di procedura penale. L'avviso contiene la
sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge
che si assumono violate, l'avvertimento che la documentazione relativa alle
indagini espletate è depositata presso la segreteria del pm e che l'indagato e
il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estarne copia, come si
evince dall'art. 415 bis Cpp. Un aspetto di non poco conto, nel permettere in
questa fase la possibilità di visionare gli atti del pm, al fine di istruire
l'indagine difensiva. Il Gup Colombo ha quindi rilevato che l'eccezione
sollevata era fondata, restituendo gli atti al pubblico ministero, che
provvederà alla rinotifica dell'avviso di conclusione delle indagini. Va da sè
che il giudice delle indagini preliminari procederà poi a rifissare l'udienza.
Un vizio formale, ma che di fatto lede il diritto ad una compiuta attività
difensiva. E per un procedimento che chiama in causa il presunto inquinamento
della centrale di Monfalcone nei termini ipotizzati del disastro ambientale, il
difetto di notifica assume una valenza di particolare peso. Dà anche la misura
dell'imponenza della questione, per la quale c'è da prospettare un confronto
delle parti senza esclusione di colpi. A2A, dunque, ha eccepito la nullità di
notifica, nei termini del 415 bis, e conseguentemente viene annullato anche
l'atto di convocazione dell'udienza preliminare. L'ente chiamato a rispondere
della responsabilità amministrativa peraltro non è "equiparabile" all'indagato,
che in questo caso ha invece ricevuto correttamente l'avviso di conclusione
delle indagini, da qui la rimessione degli atti da parte del Gup, ai fini della
relativa regolarizzazione. A rappresentare l'ingegner Scottoni ieri, erano
l'avvocato e professore Piermaria Corso, del Foro di Milano, assieme
all'avvocato Manuela Tortora. Per la Procura c'era il sostituto procuratore
Laura Collini. Persone offese individuate nel procedimento sono Anna Maria
Cisint che nel suo ruolo di sindaco rappresenta anche il Comune di Monfalcone
(avvocato Giulia Martellos), l'associazione ambientalista Eugenio Rosmann
(avvocato Paolo Coppo), la Lepanto Yachting Service Srl (quest'ultima non era
presente ieri in aula). In sede di udienza preliminare possono presentarsi
ulteriori soggetti ai fini della richiesta di costituzione di parte civile.
Resta il fatto che il Gup ha accolto l'eccezione e gli atti sono ritornati al pm.
Laura Borsani
Ministero - La competenza
Il Comune di Monfalcone ha avuto un ruolo attivo nella battaglia nei confronti
della centrale, ai fini degli ipotizzati danni ambientali. La legge comunque
riserva al ministero dell'Ambiente la competenza esclusiva a richiedere il
risarcimento per il danno ambientale. All'esito dell'annullamento dell'udienza
preliminare di ieri, rimane evidentemente aperta la possibilità per tutti gli
enti, quindi anche il Ministero e la Regione, di costituirsi parte civile. --
Indagini - Le 37 mila pagine
Le indagini condotte dalla Procura, coordinate all'epoca dal pm Valentina Bossi,
hanno preso in esame il periodo tra il 2015 e il 2020. Il risultato è un faldone
di ben 37 mila pagine. Le contestazioni fanno riferimento a «compromissioni» di
tipo ambientale, dai fondali marini nel tratto di mare antistante la banchina di
A2A, all'«aria derivante dalle emissioni prodotte dalla centrale». Si parla poi
di «incongruità» dei dati in ordine alle misurazioni eseguite dall'azienda.
La riconversione piace ad Agrusti «Un'occasione l'addio al carbone»
Il presidente di Confindustria Alto-Adriatico dal palco di Top 100 parla di
energia e ambiente affrontando la questione Monfalcone
Transizione ecologica sì, ma non a tutti i costi e saltando le tappe.
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto-Adriatico, sulla svolta
green che è ormai un mantra, tanto per le istituzioni, quanto per le aziende e i
cittadini, frena e dal palco di Top 100, l'evento organizzato da Nordest
Economia andato in scena martedì all'aeroporto di Ronchi dei Legionari,
incalzato dal direttore del Piccolo e del Messaggero Veneto, Omar Monestier,
ribadisce la sua posizione. Eccentrica tanto quanto granitica: «Una dittatura
green non l'accetterò mai» sentenzia, spezzando una lancia a favore del metano,
che non sarà la panacea di tutti i mali ma che qualcheduno, vedasi lo smog nelle
grandi città italiane, ha contribuito a ridimensionarlo, e della riconversione
della centrale A2A di Monfalcone. «Siamo a Ronchi, a un passo dalla centrale,
che un tempo veniva alimentata a carbone proveniente, mi pare proveniente dal
Venezuela, tanto a dire quanto lunga fosse la traccia che lasciava
dall'estrazione all'uso». Ora A2A si prepara a spendere 400 milioni per
riconvertirla portandola a una potenza di 850 megawatt, un rendimento elettrico
del +63% e una riduzione del 100% di ossidi di zolfo e polveri, del -76% di
quelle di azoto e del -64% di Co2. Un passo avanti per Agrusti, non per il
sindaco di Monfalcone, Anna Cisint, né per Legambiente. «Oggi - continua il
leader della Confindustria Alto Adriatico - gli ambientalisti sono contrari al
metano: essendo fonte fossile, dicono, inquina». Torna alla carica il
pordenonese. «Fin qui ci hanno tutti spiegato che convertire a metano il
riscaldamento delle nostre città è servito ad abbattere lo smog».Convinzione che
ha spinto la metanizzazione. Per altro in pieno corso. «Non dimentichiamo che
stiamo costruendo grandi metanodotti» ricorda ancora Agrusti che incalzato dal
direttore, a proposito di centrali nucleari, alza l'asticella: «Sono un
nuclearista convinto. L'Italia ha una storia importante legata al nucleare,
abbiamo fatto le centrali più evolute al mondo, salvo poi fuoriuscire. E mentre
Macron, in Francia, dove di centrali nucleari ce ne sono ben 54, annuncia con
grande sincerità ai francesi la costruzione di 7 nuove centrali, senza sollevare
obiezioni, in Italia ci raccontiamo che l'energia che ci serve la facciamo con
le pale eoliche o i pannelli fotovoltaici». Che non solo, secondo Agrusti, non
bastano, ma nemmeno si fanno: «Perché c'è sempre qualche comitato o qualche
sindaco - conclude amaro - pronto a mettersi di traverso».
Maura Delle Case
All'ex Meccanografico è la giornata del via al cantiere del recupero
Il rudere in Sacchetta diventerà la sede di Esatto e costerà in tutto 4,6
milioni. I lavori termineranno nell'estate 2023
Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: caro ex Meccanografico delle
Ferrovie, domiciliato in Sacchetta davanti alla "fuit" piscina terapeutica, eri
nato come innovazione tecnologica delle Fs, poi come museo scientifico e
fotografico (Era, Alinari) e nessuno di quei progetti ambiziosi andò in porto.
Oggi, assai più semplicemente ma forse più concretamente, cominci la tua terza
vita, stavolta come sede di Esatto e di uffici comunali in via di
identificazione. Se non resterai vittima di un sortilegio che ti impedisce di
venire alla luce, nell'estate 2023 sarai in grado di espletare la novella
missione. Perché stamane la triestina Riccesi e la sacilese Balsamini avviano
finalmente un cantiere atteso perlomeno da vent'anni, cioè da quando il Comune
acquistò il crudo manufatto cementizio dalle Ferrovie. Per festeggiare questo
autentico evento dell'edilizia municipale, domani venerdì alle ore 11.30 si
daranno convegno a fianco della stazione Campo Marzio il sindaco Roberto
Dipiazza, l'assessore Elisa Lodi, il presidente di Esatto Andrea Polacco. Ad
annunciare l'arrivo di madama betoniera, essendo trascorsi i regolamentari 35
giorni di "stand still", è la stessa Lodi, che ricorda gli importanti numeri
dell'operazione: Riccesi e Balsamini vinsero l'appalto l'estate scorsa con un
ribasso del 7% a 3,6 milioni su un quadro economico complessivo di 4,6 milioni;
erano state invitate 11 imprese ma parteciparono solo in 6.Il finanziamento -
spiega l'assessore - è garantito da risorse municipali e da denari tratti dall'Uti.
Secondo Elisa Lodi, si tratta di una buona scelta per Esatto, da anni a caccia
di una tana, che potrà disporre di ampio parcheggio e di buoni collegamenti bus
per i 50.000 utenti che ogni anno si appellano agli sportelli della maggiore
controllata comunale. In un primo tempo sembrava che affluissero i servizi
finanziari, poi contrordine con una parte del Welfare, quello temporaneamente
riallestito in via della Scalinata tra piazza Garibaldi e piazza Puecher. Ormai
il destino amministrativo dell'ex Meccanografico sembra segnato, perché Dipiazza
avrebbe definitivamente chiuso la porta alla Fondazione Fs, che sperava di
inglobare il rudere nella riqualificazione museale della vicina stazione Campo
Marzio. «Troppo tardi», aveva commentato il sindaco a fronte di una lettera
speditagli dal direttore Luigi Cantamessa. E adesso che si muove l'ex
Meccanografico, si muoveranno anche il Parco del mare, la terapeutica, il
mercato ortofrutticolo? Ecco un quesito per il Dipiazza di domani.
Massimo Greco
IL PICCOLO - MERCOLEDI',
24 novembre 2021
San Dorligo dichiara in via definitiva i petardi fuorilegge - il nuovo
provvedimento sulla sicurezza cittadina
Il Regolamento di Polizia urbana approvato bandisce il materiale pirotecnico
proibito finora occasionalmente
SAN DORLIGO. Dalle ordinanze occasionali al regolamento definitivo: niente
petardi, in occasione delle festività di Natale e fine anno, nel territorio di
San Dorligo della Valle. Il Consiglio comunale - fa sapere infatti
l'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun - ha approvato il nuovo
Regolamento di Polizia urbana teso a disciplinare comportamenti e attività dei
cittadini con l'obiettivo di «salvaguardare la convivenza civile», nonché di
«tutelare la qualità della vita e dell'ambiente». Fra le disposizioni si
annovera appunto lo specifico provvedimento che impedisce di utilizzare i
cosiddetti «manufatti pirotecnici». Negli ultimi anni il sindaco Klun, per
vietare lo sparo di petardi fra Natale e Capodanno, aveva emesso delle ordinanze
ad hoc, alle quali alcuni cittadini, in particolare i commercianti del settore,
si erano opposti. Così ora, per evitare discussioni e ribadire con ancor più
forza il divieto, la maggioranza dell'aula ha inserito il provvedimento nel
nuovo Regolamento di Polizia urbana. «Si tratta di uno strumento normativo -
spiega Klun - adatto a offrire una soluzione alle problematiche che sono emerse
sia dall'esperienza diretta sul territorio sia da numerose richieste e
segnalazioni inoltrate dai cittadini. Il regolamento interviene in diversi
ambiti: dalla tutela degli spazi e delle aree pubbliche al mantenimento della
quiete nei luoghi pubblici e privati sino ai comportamenti esplicitamente
vietati, come per esempio i divieti di campeggio. Fra le norme che interessano
direttamente i cittadini si citano quindi le disposizioni relative al verde
privato e al decoro urbano. I proprietari dei terreni ne sono infatti
responsabili e devono provvedere a potare le piante che sporgono oltre il
confine della proprietà».Alcune disposizioni, per inciso, riprendono i contenuti
delle ordinanze comunali adottate negli anni passati, in particolare quelle
relative all'accensione di fuochi e, come detto, di materiale pirotecnico.Molto
severe anche le sanzioni. A seconda del tipo e della gravità della violazione,
il Regolamento di Polizia urbana prevede multe che variano dai 25 a tremila
euro. Il provvedimento in questione, in altre parole, prevede una specifica
disciplina che permetterà di assicurare, sia nel periodo delle festività, sia in
tutti i mesi dell'anno, un maggiore rispetto delle più elementari regole della
convivenza civile. In un territorio come quello di San Dorligo della Valle,
all'interno del quale ci sono molte aree verdi, spesso coltivate e/o adibite a
giardino, la necessità di vietare comportamenti che possano mettere a rischio i
residenti e la natura circostante, è ritenuta, a livello generale, fondamentale.
E l'amministrazione si è dunque impegnata in tal senso, creando un quadro
normativo che si propone di assicurare più tranquillità e sicurezza a tutti i
cittadini.
Ugo Salvini
Adesso Trieste «Le dieci criticità per cui dire no al progetto ovovia»
Adesso Trieste stila un elenco di dieci motivi per dire no al progetto
dell'ovovia. «Che - si legge in una nota di At -, è sempre più evidente,
presenta diverse criticità anche dal punto di vista del rispetto di vincoli
paesaggistici e delle destinazioni d'uso delle aree interessate
dall'infrastruttura. Il progetto, oltretutto, ha una lacuna di base: non ha
visto il minimo coinvolgimento della cittadinanza e delle comunità locali».
SEGNALAZIONI - Trasporti - Anziché l'ovovia due linee tranviarie
Egregio direttore, facciamo un po' di aritmetica, infatti qui non serve la
matematica per capire che l'ovovia non regge alla conta dei 3 milioni di
passaggi giornalieri previsti statisticamente dall'assessore competente.
Facciamo un breve calcolo pensando che ci sia una costante frequenza giornaliera
annua per 330 giorni tralasciando quelli per bora, festività, forte maltempo e
manutenzione. Dividiamo questi 3 milioni di supposti frequentatori per 330 ed
otteniamo 9.090 utenti quotidiani che divisi per 2 ci danno 4.545 persone che
scendono e salgono da Trieste ad Opicina e viceversa. Ipotizziamo la durata del
viaggio in almeno 10 minuti a tratta e che su ogni ovetto possano salire 10
persone troviamo che in 1 ora 60 persone sono movimentate e che ci vogliono
almeno 76 ovetti distanziati a 78 secondi l'uno dall'altro per trasportarle
tutte sempre rispettando le clausole di sicurezza. Ma il problema principe sta
nel numero dei supposti partecipanti a questa movimentazione di massa
quotidiana, ci sono quasi 5.000 abitanti di Opicina che scendono in città
giornalmente? O altrettanti triestini che vanno in gita in Carso ogni santo
giorno? Facciamo pure 50-50 ma le cifre paiono comunque improbabili e
impossibili. Ma dove stanno tutti questi supposti fruitori? Non sarebbe stato
più opportuno avere richiesto i fondi messi a disposizione in questi ultimi 4
anni per un paio di percorsi tramviari come esistono in tutte le città ben
funzionanti d'Italia e d'Europa? Uno da San Giovanni a Barcola, l'ex N. 6 e
l'altro da San Giovanni fin sotto Servola, la vecchia linea 2. Risparmio
energetico, riduzione degli inquinanti, aria più pulita e salute per i
cittadini. Traffico automobilistico e dei bus ridotto. Pare che con il nuovo
Pnnr queste riconversioni all'elettrico nei trasporti pubblici siano richieste.
Cosa si poteva chiedere di più? Invece niente di tutto questo è stato fatto, il
motivo era forse inventarsi un' inutile ovovia?
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - MARTEDI',
23 novembre 2021
Un tiglio al posto dell'ippocastano ai Giardini Europa
La giovane essenza è stata piantata su iniziativa di Legambiente: prenderà
il posto dell'antico fusto tagliato poiché molto malridotto
MUGGIA. È stato piantato da Legambiente ieri mattina ai Giardini Europa, alla
presenza dei bambini della primaria "De Amicis" del comprensivo "Lucio", un
nuovo albero - un tiglio di circa otto anni - destinato a sostituire lo storico
grande ippocastano, abbattuto perché ormai molto malridotto. La nota
associazione ambientalista, dopo un incontro col nuovo assessore al Verde
pubblico del Comune di Muggia Tullio Pantaleo, ha deciso infatti di offrire alla
cittadinanza una nuova pianta in occasione della Giornata nazionale degli
alberi, per ricordare a tutti che il verde urbano è fondamentale per combattere
il cambiamento climatico e i suoi effetti. Erano presenti oltre allo stesso
Pantaleo anche colei che lo ha preceduto in giunta, Laura Litteri, e il
presidente del Circolo Verdeazzurro Trieste Andrea Wehrenfennig, che insieme al
socio Renato La Rosa ha spiegato ai ragazzi le motivazioni che hanno portato
alla nascita della Giornata nazionale dedicata a quelli che possiamo considerare
i "polmoni" della Terra. Inizialmente prevista accanto al tronco
dell'ippocastano tagliato a raso, si è preferito successivamente piantare la
nuova essenza in un punto più idoneo. Con non pochi problemi, in quanto uno dei
tre pali previsti per sostenere il giovane albero ha incontrato, durante la
perforazione del terreno, degli ostacoli difficili da superare. Alla fine si è
proceduto a ricoprire il buco occupato dalla radice del tiglio con del compost.
Un'operazione che ha suscitato l'interesse dei ragazzi e delle insegnanti, Erica
Verzier, Luisa Marzona ed Elisabetta Viezzoli, che hanno eseguito una lezione
"open air" di botanica e climatologia per i 42 ragazzi presenti, 24 della IV A e
19 della IV B. I quali sono stati investiti di un importante ruolo, ossia quello
di "guardiani" del piccolo albero. Al quale nei prossimi giorni daranno un nome.
LU.PU.
San Dorligo, ok al Piano di sviluppo della Val Rosandra
Dalle attività agricole all'accesso alle grotte: via libera del Consiglio al
nuovo documento di gestione della Riserva
SAN DORLIGO. La Val Rosandra va tutelata e valorizzata. E qualsiasi azione la
riguardi, in ogni caso, va condotta all'interno dei rigorosi limiti di rispetto
concordati con la Regione. È questo lo spirito che caratterizza il Piano di
conservazione e sviluppo della Riserva naturale della Val Rosandra, di cui si è
discusso nel corso dell'ultimo Consiglio comunale di San Dorligo, durante il
quale sono state esaminate le osservazioni e le opposizioni al Piano stesso.
L'iter procedurale prevede infatti che al Piano definito dal Comune, in quanto
ente gestore della Val Rosandra, possano essere apportate modifiche, correzioni
e integrazioni sulla base di osservazioni e opposizioni presentate dai cittadini
e dai portatori di interesse, entro un determinato termine. Essendo scaduto tale
termine, l'aula ha affrontato la discussione sui contenuti della quarantina di
documenti pervenuti. «Alcuni sono stati accolti, altri sono stati respinti»,
spiega l'assessore Davide Stokovac: «Il criterio che ha animato la nostra
analisi è quello definito d'intesa con la Regione, che è la proprietaria della
Riserva, e che prevede appunto che non si snaturi la Val Rosandra, considerata
bene prezioso e di grande valenza. Abbiamo per esempio accolto la proposta che
prevede la continuità delle attività agricole nella zona di Draga Sant'Elia e
che si possano vendere i prodotti del territorio. Abbiamo anche previsto una
specifica disciplina per l'accesso alle grotte, sempre nel pieno rispetto
dell'ambiente esistente. Nel nostro lavoro d'aula è stato fondamentale
rispettare i limiti che la Regione aveva già indicato, presentando 17 pareri
vincolanti di cui tener conto all'atto della redazione del Piano». Il Piano,
integrato con le osservazioni approvate, passerà ora alla Regione per il sì
definitivo.
Ugo Salvini
Eeco Check, un controllore della gestione dei rifiuti - Ideato
dall'azienda Elimos che opera in area Science Park.
Le tecnologie 4.0 rivoluzionano anche il mondo della gestione dei rifiuti. Sono
sempre di più i Comuni, le multiutility e le aziende che si affidano a
tecnologie avanzate per la gestione del conferimento dei rifiuti, con l'utilizzo
di software all'avanguardia che consentono di controllare il processo e di
ottenere una grande quantità di dati relativi alle pratiche di conferimento. E'
il caso del sistema Eeco Check, presentato recentemente alla fiera Ecomondo
2021, punto di riferimento nazionale per i temi legati all'ecologia, e
sviluppato da Elimos, azienda insediata in Area Science Park. Il sistema è già
in uso in più di quaranta impianti, piattaforme ecologiche o aree di
conferimento, nel nord Italia, e serve più di mezzo milione di utenti, anche
grazie alla facilità di installazione e alla possibilità di personalizzarlo
secondo le esigenze dei gestori.«E' un sistema nato sette anni fa, su impulso di
uno degli enti di gestione rifiuti della regione Lombardia, che poi si è evoluto
con l'aggiunta di nuove funzionalità anche grazie a un contributo a un nostro
progetto di ricerca, ottenuto nell'ultimo anno e mezzo dalla regione Friuli
Venezia Giulia», racconta Piergiorgio Menia, presidente e direttore tecnico di
Elimos. Si tratta di un sistema che utilizza un processo integrato di
identificazione dell'utente, autorizzazione all'accesso, pesatura dei rifiuti e
gestione via web dei flussi attraverso un portale cloud. «L'identificazione del
cittadino, che avviene tramite l'utilizzo della carta regionale servizi o della
tessera sanitaria, consente ai Comuni di controllare chi conferisce i rifiuti
sul loro territorio e gestire remotamente i diritti di accesso, stabilendo per
esempio fasce orarie e giornate, o fissando un numero di accessi massimi a
utenza per un determinato periodo temporale. Nei sistemi più imponenti Eeco
Check è dotato di pese in ingresso e in uscita, che consentono di misurare la
quantità di rifiuti conferiti. Tramite il totem della differenziata, inoltre, il
cittadino e l'ente gestore possono avere contezza della quantità di rifiuti
conferiti in base alla tipologia, dalla plastica al vetro». Con questo sistema
non solo si ha la garanzia che gli accessi al sito siano solo dei cittadini del
Comune di riferimento, ed evitare di pagare lo smaltimento per chi vive altrove,
ma si può anche verificare che i cittadini paghino la tassa rifiuti e si possono
mettere in atto meccanismi premiali, come uno sconto sulla Tari per chi produce
una minore quantità di immondizia. Tutti i dati che si ricavano consentono al
gestore delle piazzole ecologiche o delle aree di conferimento di tenere
monitorati costantemente i flussi e decidere eventuali misure per migliorarne la
gestione. Elimos, società di integrazione di sistemi di automazione industriale,
realizza anche impianti per il controllo della combustione nei
termovalorizzatori, attivi per esempio a Piacenza e Torino, e sistemi di
preallerta del pericolo di incendi su territori boschivi o su impianti
industriali.
G.B.
IL FATTO QUOTIDIANO- LUNEDI', 22 novembre 2021
Trieste, ambientalisti contro il progetto ovovia: ‘Alberi abbattuti e il
traffico non diminuisce’. Sindaco: ‘Polemica politica, 48 milioni da Pnrr’
Il progetto, presentato a maggio dal Comune comporta la realizzazione di un
impianto lungo 4,2 chilometri, con una portata che può arrivare fino ai 1.830
passeggeri all'ora e attinge, per la sua realizzazione, dai finanziamenti
pubblici destinati dal ministero. Ma una petizione online contraria ha già
raggiunto le 16mila firme. Le opposizioni: "Chiederemo un referendum abrogativo"
Il ministero delle Infrastrutture ha dato il via libera al finanziamento da 48
milioni per la costruzione di un impianto di cabinovia metropolitana che,
a Trieste, collegherà il Molo IV con l’altopiano carsico. Negli stessi giorni, una petizione
online critica verso il progetto raggiunge le 16mila firme: “L’opera
è inutile e costosa, danneggia l’ambiente e deturpa il paesaggio. Meglio
investire su una moderna linea di tram“. Il progetto, presentato a maggio dal
Comune e voluto dall’attuale Sindaco Roberto Dipiazza (centrodestra), comporta
la realizzazione di un impianto lungo 4,2 chilometri, con una portata che può
arrivare fino ai 1.830 passeggeri all’ora e attinge, per la sua realizzazione,
dai finanziamenti pubblici destinati dal ministero alle Regioni nell’ambito
del Pnrr. “Abbiamo presentato al ministero un progetto di massima – dichiara a Ilfattoquotidiano.it Dipiazza
–, siamo riusciti a portare a casa 48 milioni di euro, un risultato non da
poco”. Sulla petizione contraria all’ovovia commenta: “Si sono scatenati, è più
politica che altro”, ed elenca le città in cui un impianto di risalita esiste
già: “Sarajevo, Barcellona, Dubrovnik, Porto, Madrid, Rio, Londra, Berlino,
Portland, Hong Kong, New York“. Il Sindaco non esclude la possibilità di
modifiche al progetto presentato (“solo i paracarri restano sempre fermi”) e
apre alla discussione: “Ora ci confronteremo con la popolazione, sono convinto
che l’ovovia potrebbe essere una grande attrazione turistica, oltre che un
servizio alla mobilità cittadina”. L’entusiasmo non viene però condiviso dalle
diverse associazioni locali che su Change.org hanno lanciato una petizione in
grado di raggiungere le 16mila firme, la gran parte delle quali arrivate negli
ultimi giorni: “All’inizio la popolazione triestina pensava che l’ovovia fosse
uno scherzo di Dipiazza – spiega al Ilfattoquotidiano.it Andrea
Wehrenfennig di Legambiente, tra le realtà promotrici dell’iniziativa – In
questi ultimi giorni, in cui tutti si sono resi conto che la questione è reale,
stiamo ricevendo una forte risposta dalla città”. Le criticità sollevate dalle
associazioni partono dall’utilità del progetto: “L’ovovia non serve al trasporto
urbano e non toglie le automobili dal centro, in quanto collega due zone
periferiche della città – spiega Wehrenfennig – E non è nemmeno un servizio al
Porto Vecchio che in futuro dovrebbe vedere aprire uffici, in quanto tra il Park
Bovedo e la stazione ferroviaria ci saranno soltanto due fermate”. Il testo
della petizione si sofferma anche sui possibili danni ambientali e
paesaggistici: “Per la costruzione della stazione di Opicina e del previsto
parcheggio verrebbero abbattuti centinaia di alberi del bosco di Campo Romano.
Il tragitto in discesa dal Carso dell’ovovia determina una striscia disboscata
larga almeno 14 metri con relativi piloni. Le cabine passerebbero a poche decine
di metri dal Faro della Vittoria. L’ovovia sorvolerebbe il percorso pedonale che
attraverserà il Porto Vecchio che sarebbe rovinato dalla presenza 12 piloni e
dagli enormi volumi delle due stazioni intermedie”. Tra i punti critici
sollevati non poteva mancare la Bora, il vento caratteristico di Trieste in
grado di raggiungere i 200 chilometri orari: “Il progetto prevede che a causa
del vento vi saranno venti giorni all’anno di chiusura totale del servizio e
dieci di chiusura parziale”, una stima che nel futuro potrebbe aumentare “con il
surriscaldamento globale e l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi”. Dati
questi presupposti, il bilancio resterà in attivo? Secondo il progetto
preliminare, realizzato da MonPlan Ingegneria, i costi dell’impianto per gli
anni successivi al primo sono stimati nell’ordine dei 3,5 milioni di euro
all’anno, mentre si prevede dalla vendita dei biglietti un incasso totale di
circa 4,5 milioni di euro l’anno. La stima non viene però ritenuta realistica
dai promotori della petizione: “Per giustificare la spesa – ancora Wehrenfennig
– le grandi opere vengono in genere sovrastimate nel numero di clienti, mentre
si sottostimano i danni ambientali. Nello studio in questione la quota di
pendolari è sovrastimata, mentre non possiamo sapere quanti saranno i turisti”.
Critiche al progetto giungono anche dalle forze di opposizione in Consiglio
comunale. Francesco Russo (Pd) propone di lanciare un referendum: a Trieste
“abbiamo pochi treni (e lenti), un tram fermo da cinque anni ma poco importa.
Con grande lungimiranza si sceglie di investire su un progetto che i triestini
non vogliono e che avrà impatti pesanti sull’ambiente. Sono convinto che la
maggioranza dei cittadini sia contraria all’ovovia, ecco perché ho intenzione di
promuovere un referendum abrogativo“. A sostegno della petizione si muove, dai
banchi dell’opposizione, anche la lista civica Adesso Trieste: “Supportiamo le
associazioni che già si sono organizzate e mobilitate sul tema per valutare
l’ipotesi di costituire un comitato per un referendum indetto dai cittadini –
afferma la lista in una nota – Faremo richiesta di accesso agli atti per rendere
pubblico il progetto presentato al ministero”, contestualmente “chiederemo al
Consiglio comunale di realizzare un nuovo studio comparativo che metta a
confronto i costi e benefici dell’ovovia con quelli di un’infrastruttura di
trasporto rapido di massa inserita nel tessuto urbano e atta a collegare il
Porto Vecchio con la città”.
Stefano Tieri |
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 novembre 2021
Ex campo profughi di Padriciano Il Comune "aspetta" l'Università
Il comprensorio è destinato all'ateneo in uso gratuito trentennale ma sulla
bozza di convenzione inviata dal municipio all'inizio del mese ancora nessuna
risposta
Che fine ha fatto l'ex Campo profughi di Padriciano? Ma non sarebbe dovuto
andare in uso gratuito trentennale all'Università allo scopo di trasformare otto
edifici del comprensorio in un'area didattica e laboratoriale, fruendo di
finanziamenti provenienti dal Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), filtrati da
un bando del Miur? Negli uffici comunali cominciano a chiederselo in tanti, dal
momento che ai primi del mese è stata trasmessa all'Ateneo una bozza di
convenzione rimasta finora senza riscontro. Il rettore Roberto Di Lenarda,
interpellato nelle giornate scorse, ha dapprima glissato poi si è eclissato. A
passo Costanzi qualcuno si è seccato, perché in estate sembrava che vi fosse una
grande fretta di concludere l'accordo e che quindi servisse accelerare l'iter
(con delibera consiliare), adesso invece sul campus carsolino è calato uno
strano silenzio. Si era verificato anche qualche distinguo di carattere politico
in sede di approvazione, proprio per l'urgenza della procedura sotto-elezioni:
in commissione l'allora assessore Lorenzo Giorgi aveva detto che erano in ballo
50 milioni, per ottenere i quali l'Università aveva bisogno della celere
disponibilità del sito. La bozza di convenzione comunale non pare un campo
minato: si tratta di un documento-tipo, che precisa come la manutenzione
ordinaria, quella straordinaria, la custodia, la pulizia, gli allacciamenti alle
reti, le migliorie (da effettuarsi previa autorizzazione comunale) siano sul
borderò dell'Alma Mater. Cosa succede allora all'Università che non sembra aver
più il sacro furore realizzativo? Dov'è il bando del ministero
Istruzione-Università-Ricerca da cui sarebbe dovuta sgorgare la limpida risorsa?
Martedì Di Lenarda aveva rapidamente accennato alla volontà di pensare prima di
rispondere alla domanda su cosa avrebbe collocato nel comprensorio di
Padriciano. Aleggia il probabile timore che appetiti e ambizioni insoddisfatti
determinino tensioni all'interno dell'accademia, quindi Di Lenarda preferisca
non esporsi. Anche ad agosto si era tenuto sulle generiche, accennando
all'ipotesi di un polo di fisica. Al Comune proprietario però bisognerà
rispondere. Roberto Dipiazza era apparso molto contento della prospettiva
universitaria. L'ex Campo profughi era giunto nel patrimonio comunale in seguito
alla devoluzione delle Province, ma l'ampiezza e le condizioni del comprensorio
richiederebbero un investimento riqualificativo non inferiore ai 30 milioni. Per
cui largo all'Ateneo. Il campo nacque nel secondo dopoguerra prima per ospitare
le truppe alleate, poi per alloggiare i profughi provenienti da Istria e
Dalmazia. Venne chiuso negli anni Settanta.
Massimo Greco
IL PICCOLO - DOMENICA,
21 novembre 2021
Gli ambientalisti e il Comune uniti contro il turbogas - Assente la
Regione
Tonzar: «Chiederemo un incontro a Fedriga». Si punta a coinvolgere Milano e
Brescia, azionisti di controllo di A2A
Mondo ambientalista e Comune di Monfalcone sono dallo stesso lato della
barricata nella battaglia contro la realizzazione della nuova centrale a gas
progettata da A2A. Pur con qualche distinguo, rispetto soprattutto al possibile
uso dell'area, Legambiente e amministrazione comunale hanno confermato
nell'incontro promosso ieri al Kinemax dall'associazione ambientalista di voler
continuare con le azioni per contrastare il progetto. Basato solo su una logica
finanziaria, ha ribadito il sindaco Anna Cisint, e fuori da qualsiasi
prospettiva di sviluppo del mercato energetico a fronte degli obiettivi imposti
dall'Unione europea, delle decisione prese dalla Cop 26 a Glasgow e dei
cambiamenti climatici già in atto, come ha chiarito Katiuscia Eroe, responsabile
Energia di Legambiente nazionale, preannunciando una mobilitazione nazionale
contro i nuovi impianti a gas. Dall'appuntamento di ieri la Regione, però, si è
sfilata, pur invitata. «Chiederemo un incontro al presidente Massimiliano
Fedriga per presentare la nostra proposta rispetto a un riutilizzo dell'area
compatibile con il contesto attuale e del prossimo futuro», ha chiarito Michele
Tonzar, di Legambiente regionale, che ieri ha coordinato l'incontro. Dopo aver
vinto un primo round al Tar, che ha riconosciuto al Comune di Monfalcone il
diritto alla pianificazione, anche dell'area occupata dalla centrale,
l'amministrazione locale continuerà a «essere parte attiva per fare in modo che
la città possa avere il futuro cui ha diritto», come ha chiarito il sindaco Anna
Cisint. Pur non entrando nel dettaglio delle future mosse, almeno sul piano
giuridico-legale, Cisint ha preannunciato che coinvolgerà nella vicenda i primi
cittadini di Milano Giuseppe Sala e di Brescia Emilio Del Bono, cioè dei due
Comuni azionisti di controllo di A2A. La convinzione del Comune di Monfalcone
che il progetto della società abbia una ragione finanziaria e non legata alle
necessità del mercato è stata condivisa ieri non solo da Katiuscia Eroe, ma
anche da Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club e della
rivista Qualenergia, e Alex Sorokin, ingegnere, consulente energetico
internazionale. Dati e analisi, di Terna, gestore della rete, ma anche di
organismi europei e internazionali, alla mano, i due esperti hanno definito
sovrabbondanti gli impianti a gas esistenti in Italia a fronte delle direttive
sulla crescita delle rinnovabili e dei sistemi a disposizione per la
stabilizzazione della rete. Com'è un impianto a batterie di accumulo, che
Legambiente propone di realizzare nell'area della centrale, mantenendone la
vocazione energetica, come ha spiegato l'ingegner Fabio Morea, di Legambiente
Monfalcone. L'ipotesi di insediare anche un'attività di riciclo di batterie
esauste dovrebbe essere però valutata con attenzione, secondo l'assessore
all'Ambiente Sabina Cauci, mentre la consigliere comunale Cristiana Morsolin ha
chiesto pure cautela, ma rispetto allo sviluppo della crocieristica nel porto di
Monfalcone. Nessun dubbio sul fatto che la crocieristica rappresenti
un'opportunità da cogliere l'ha espresso invece l'ex presidente dell'Azienda
speciale per il porto di Monfalcone Paolo Maschio. «La crocieristica apre
prospettive di indubbio interesse, se accompagnate da un adeguamento delle
infrastrutture portuali e da un impegno sinergico del territorio», ha
sottolineato Maschio. L'area e la banchina in concessione ad A2A rappresentano
quindi per il porto un'opportunità di espansione e di crescita e per il
territorio di occupazione.
Laura Blasich
Cisint: «Al Tar vittoria campale». I dubbi di Morsolin - il dibattito:
Verzegnassi della lega bacchetta Moretti
«La sentenza del Tar che ha dato ragione alla correttezza delle scelte
urbanistiche del Comune rappresenta non solo uno dei tanti passaggi nella
vicenda A2A, ma un vero e proprio spartiacque perché chiama a scegliere da che
parte ci si vuole collocare: un futuro senza una centrale in casa o altri
trent'anni di condizionamento e rischi per la salute». Anzi Anna Cisint,
sindaco, non esita a definirla «la madre di tutte le battaglie successive»,
pertanto «chi minimizza o sottovaluta il valore della scelta fatta è consapevole
che questa è oggi la trincea che può ostacolare il progetto di un nuovo impianto
a combustibile fossile dentro la città». «Lo ha capito talmente bene la società
lombarda da avventurarsi, con uno staff di legali di prim'ordine, a opporsi alla
delibera comunale - prosegue - sapendo che ciò poteva rappresentare un
boomerang. Altro che provvedimenti insignificanti. E chi oggi attacca il sindaco
per l'atto di salvaguardia urbanistica, sa bene il peso delle affermazioni del
Tar laddove evidenzia che il potere di governo del territorio può essere
esercitato dal Comune anche per dirigere la localizzazione di impianti e
attività che impattino su una molteplicità di interessi della comunità locale,
come quelli attinenti alla materia ambientale e tutela della salute». «Il
sindaco e la maggioranza - rileva - hanno chiaro da che parte stare: pensiamo di
interpretare le reali aspirazioni di una comunità che allo sviluppo economico
sregolato ha già pagato un costo inaccettabile». Pertanto «l'interrogativo da
porsi è perché, tolta la maschera dell'ambiguità, stanno scendendo apertamente
in campo i sostenitori del progetto di A2A, Moretti e Nicoli in prima fila in
questa gara di sottomissione». A dire la sua c'è però anche Cristiana Morsolin
della Sinistra, che in merito all'adozione delle direttive al Prgc ricorda una
storia diversa, non proprio un trionfo della maggioranza, tant'è che alla prima
seduta vi fu il capitombolo del numero legale, con rinvio del punto al giorno
seguente e lo strappo clamoroso del forzista Giuseppe Nicoli, avverso allo
specifico indirizzo delle salvaguardie e che con il suo intervento si giocò di
fatto l'adesione alla maggioranza, venendo da lì in avanti fatto fuori. «Saremmo
molto contenti - così Morsolin - se la sentenza del Tar impedisse la costruzione
di A2A, ma non riusciamo a capire come eviti all'azienda di realizzare la
centrale a gas e l'utilizzo dei combustibili fossili una volta ottenuta
l'Autorizzazione unica. L'entusiasmo della sindaca è perché la centrale non si
farà o la vittoria giova alla sua immagine, ma rischia di illudere i
cittadini?». L'esponente dell'opposizione si chiede «come mai Cisint non abbia
trovato un accordo con la Regione di Fedriga, alleata su tanti versanti, ma su
questo completamente d'accordo con la riconversione a gas». «Purtroppo -
conclude - chi amministra dovrebbe sapere che non basta cambiare il Prgc per
bloccare una grande opera, altrimenti i sindaci di Val di Susa avrebbero da
tempo trovato la soluzione ai loro problemi». A dar manforte a Cisint arriva
però il segretario provinciale della Lega Fabio Verzegnassi: «La vicenda di A2A
consente di fare chiarezza fra chi ha a cuore gli interessi del territorio e chi
pur di contrastare il centrodestra porta avanti azioni che danneggiano
profondamente la comunità. Un campione della logica del tanto peggio tanto
meglio è il consigliere regionale Diego Moretti che, al pari del Pd, vive oramai
come fosse un incubo personale il lavoro di risanamento della città del sindaco
e si espone a sostenere le tesi più irragionevoli, tanto che anche la sua base
politica locale comincia a chiedergli di astenersi da azzardate prese di
posizione». Per Verzegnassi quello al Tar è dunque «un successo indiscutibile di
Cisint e maggioranza». Invece «per Moretti e alcuni altri esponenti locali
separati dal comune sentire dei cittadini pare siano più importanti gli
interessi del gigante energetico che il bene della città».
Ti. Ca.
Alberi protagonisti fra esperimenti, passeggiata verde, piante da
adottare
Oggi a Miramare e all'Immaginario. L'iniziativa di ZeroCO2. Appello di
Legambiente al sindaco
Oggi si celebra la Giornata nazionale dell'albero e a Trieste sono tante le
iniziative promosse, con l'intento di valorizzare la tutela del verde, così come
in molte altre città del Paese. Questa mattina Wwf Amp Miramare, in
collaborazione con il Museo Storico e il Parco del Castello, organizza una
passeggiata, nelle diverse zone del giardino botanico, tra sequoie, cedri, pini
e aceri campestri, adatta ad adulti, famiglie e bambini dagli 8 anni. L'evento,
guidato da un esperto naturalista, è previsto alle 10, è gratuito, grazie al
contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, ma la prenotazione è
obbligatoria a info@ampmiramare.it indicando nomi e cognomi e un recapito
telefonico. L'Immaginario scientifico di Trieste celebra la giornata con
dimostrazioni ed esperimenti, in programma alle 11 e alle 16, consigliata la
prenotazione, sul sito www.immaginarioscientifico.it. Legambiente intanto nei
giorni scorsi, proprio in vista della ricorrenza, ha scritto al sindaco Roberto
Dipiazza, chiedendo l'impegno a finanziare un piano di interventi di recupero
necessari per proteggere le funzioni ecosistemiche degli alberi in stato di
degrado. A Muggia invece il circolo di Legambiente, da tempo attivo in città con
proposte e iniziative sul tema del verde urbano, invita i cittadini a
partecipare alle operazioni di collocazione di un nuovo tiglio nei Giardini
Europa domani alle 9, in sostituzione del grande ippocastano che il Comune ha
dovuto abbattere. L'azienda sociale ZeroCO2 srl, insieme alla cooperativa
sociale Agricola Monte San Pantaleone, permette invece di adottare 30 alberi che
aspettano di essere messi a dimora a Trieste e in provincia, alle prime persone
che contatteranno la cooperativa, attraverso chiamate o whatsapp, al numero
388-1214369, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16, o che scriveranno a
info@montepanta.it. ZeroCO2 e Agricola seguiranno la crescita delle piante
attraverso un sistema di tracciamento e trasparenza.
Micol Brusaferro
Sommozzatori in mare a pulire il Mandracchio da lattine e pneumatici
Protagonisti i volontari dell'associazione Scuba Tortuga Recuperati anche
pezzi di ferro, bottiglie di vetro e corde
Muggia. Cinque sommozzatori volontari, tra i quali una donna, della società
sportiva dilettantistica "Scuba Tortuga" di Muggia, nel corso della mattinata di
ieri hanno ripulito il Mandracchio da decine di rifiuti ingombranti,
accumulatisi nel caratteristico specchio d'acqua in oltre due anni. Sì, perché
la precedente azione di pulizia risaliva al 2019, operazione che aveva visto
coinvolto, oltre ai sub della società muggesana, anche personale della Guardia
costiera. E ieri alla fine dell'operazione di recupero sono stati riempiti due
cassonetti di materiale vario, da diversi pneumatici a materiali ferrosi tra i
più svariati, oltre alle immancabili centinaia di bottiglie di vetro e lattine,
nasse e cordame vario. Portato in superficie anche un corpo morto abusivo, di
forma cilindrica lungo più di un metro e pieno di cemento. L'intervento,
autorizzato dalla Capitaneria di porto di Trieste, è durato oltre due ore.
Presenti sul posto l'ex assessore all'Ambiente, Laura Litteri, da cui è partita
l'iniziativa con l'adesione del Comune di Muggia al progetto regionale "aMare
Fvg", e l'attuale assessore Elisabetta Steffè che lo ha ereditato: «Ringraziamo
i volontari della società sportiva dilettantistica - così Steffè - per aver
svolto un intervento certamente necessario al lavoro dei pescatori ma anche per
il decoro del Mandracchio, e per l'eliminazione di rifiuti nocivi per
l'ecosistema marino. Che poi è la "mission" del progetto». «I nostri
sommozzatori - ha spiegato Luciano Agapito, socio di Scuba Tortuga - hanno
effettuato un corso specifico per capire cosa raccogliere, perché non tutti i
rifiuti possono essere prelevati in quanto alcuni potrebbero essere
"colonizzati"». Grande attenzione è stata posta dai volontari all'eventuale
presenza di piccoli esemplari, tra i 6 e i 7 centimetri, di "Pinna nobilis", la
cui presenza è stata segnalata dalla Riserva marina di Miramare anche nel
Vallone di Muggia. «Ora procederemo - ha ricordato il presidente del sodalizio,
Marco Russo - a ripulire gli altri tre siti, ossia Acquario, spiaggetta di Porto
San Rocco e Lungomare Venezia».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - SABATO,
20 novembre 2021
Dai magazzini Greensisam fino a villa Haggiconsta: rebus alienazioni a
palazzo
Entro fine mese il piano va aggiornato. Per due dei cinque edifici di Porto
vecchio dialogo aperto con la Regione. E che ne sarà poi del Carciotti e di casa
Francol?
C'è un'incombenza da sbrigare entro il 30 novembre, non di poco conto:
l'aggiornamento del Piano di alienazioni. Ovvero quali e quanti immobili il
Comune abbia intenzione di mettere sul mercato. Il piano - Un documento spesso
suonato "a fisarmonica", che nel precedente mandato ha aggiunto e tolto a
seconda degli umori della pubblica opinione. Ma se fino a qualche mese fa c'era
l'alibi del confronto elettorale a smorzare la voglia di fare a cazzotti, adesso
emerge una serie di punti nodali difficile da rimettere sotto il tappeto.
L'assessore Elisa Lodi (Fratelli d'Italia) ha abbinato ai Lavori pubblici
l'Immobiliare, che fino a ottobre era appannaggio del forzista Lorenzo Giorgi.
Dovrà incontrare nei prossimi giorni il dirigente del servizio, Luigi Leonardi,
che ha pronto l'elenco delle grane: i magazzini Greensisam in Porto vecchio, le
residenze storiche come villa Cosulich e villa Haggiconsta, i nuovi inserimenti
come casa Francol, fascicoli delicati come palazzo Carciotti, la proprietà della
tranvia...In Porto vecchio - Partite che coinvolgeranno sicuramente il sindaco
Roberto Dipiazza, perché gli aspetti politico-istituzionali sono di tutta
evidenza, ma che intanto vanno istruite. In testa alle preoccupazioni municipali
c'è la vicenda Greensisam: sembrava certo l'accordo con la Regione, che avrebbe
acquistato due dei cinque edifici, oggi in concessione all'azienda di Antonio
Maneschi, per riversarvi i propri uffici. Il problema è però scoppiato quando al
Comune sono pervenute le nuove stime redatte dal professor Stefano Stanghellini,
uno dei maggiori esperti di estimo a livello nazionale, che in pratica
raddoppiavano a 9,4 milioni quelle precedenti su cui si basava l'agreement tra i
due lati di piazza Unità. Il governatore Massimiliano Fedriga si era stizzito e
Dipiazza aveva ritenuto prudente sfilare i cinque magazzini dal piano di
alienazioni. Ma adesso bisogna chiudere l'operazione: che fare? Confermare le
quotazioni Stanghellini? E se la Regione s'impunta e non vuole rivedere i valori
aggiornati? Salta l'accordo e si devono trovare altri acquirenti, mentre
Maneschi continua a pagare 513.000 euro annui di locazione? Le altre partite -
Non è l'unica "molotov" a rischio di essere gettata nel fienile
dell'Immobiliare. Ci sono - come si diceva - villa Haggiconsta e villa Cosulich
(stima scesa da 1,9 milioni a 905.000 euro), per entrambe l'ex Giorgi aveva
tentato la strada dell'asta. Con due difficoltà: la problematica sociale nel
primo caso (che aveva impietosito anche parte del centrodestra) e l'attacco
della Soprintendenza nel secondo, poiché palazzo Economo aveva eccepito che
sull'edificio pendeva un finanziamento pubblico per la riqualificazione
inutilizzato dal Comune. Risultato: anche i due stabili erano stati ablati dalla
lista dei beni alienabili. Casa Francol e Carciotti - Su casa Francol Dipiazza è
stato chiaro: no al project financing, sì alla vendita diretta ai privati.
Infine, decisione da prendere su palazzo Carciotti: ancora sul mercato a 14,9
milioni di euro?
Massimo Greco
Nuovi motori per le navi a emissioni ridotte - La rivoluzione green è
"made in Trieste"
A sviluppare e testare la riconversione dal diesel al Gpl e poi a miscele
sempre meno inquinanti è stata la Divisione Wärtsilä 2 Stroke Services
È "made in Trieste" la rivoluzione green che porterà alla riconversione dei
motori delle navi del settore mercantile dal diesel al Gpl e poi a nuovi
combustibili ancor meno inquinanti. Il gruppo Wärtsilä ha appena annunciato
infatti il lancio, nel primo trimestre del 2022, del "Two-stroke Future Fuel
Conversion". Tale innovazione prevede la progressiva modifica degli attuali
motori diesel, installati oggi sulle 27 mila navi in circolazione, di cui la
maggioranza portacontainer.«Siamo estremamente orgogliosi di essere protagonisti
nella realizzazione di questa soluzione tecnologica - dichiara in proposito il
presidente di Wärtsilä Italia Andrea Bochicchio - in cui abbiamo avuto un ruolo
centrale. La tecnologia implementata da Wärtsilä prevede un'installazione rapida
e "poco invasiva" sulle navi attualmente in uso, una sosta cantiere breve per la
conversione, maggiore efficienza, risparmio nel lungo periodo nonché
l'allungamento della vita delle flotte, anche in relazione alle future
regolamentazioni sul fronte ambientale». A sviluppare e testare la nuova
tecnologia è stata soprattutto la Divisione Wärtsilä 2 Stroke Services di San
Dorligo della Valle, dove si è lavorato su ricerca, test e validazione. «La
soluzione che abbiamo sviluppato - spiega Stefano Lippi, direttore delle
Attività di sviluppo Fs&Ws e 2 Tempi di Wärtsilä Italia - garantisce alta
flessibilità in termini di cicli operativi e tipologie di combustibili. Verranno
installati un serbatoio addizionale e un set di componenti che permettono di
innalzare la pressione del gas e diminuirne la temperatura in maniera molto
efficiente utilizzando l'energia cinetica del motore. L'innovativo sistema di
iniezione, brevettato, consente di iniettare il gas a bassa temperatura, sotto
zero, garantendo un ciclo di combustione ottimale evitando di disperdere gas
incombusto». In un secondo momento la stessa modifica consentirà di usare
metanolo, ammonia o miscele simili a bassissimo impatto ambientale. Gli
investimenti del gruppo hanno superato i cinque milioni di euro. A seguire
quest'evoluzione c'è anche Msc, che installerà su una propria portacontainer la
nuova tecnologia. «Msc - aggiunge Prabhat Jha, ceo e amministratore delegato del
gruppo Msc Shipmanagement - ha seguito con grande interesse lo sviluppo di
questa soluzione innovativa, un elemento di supporto nella transizione di Msc
verso la decarbonizzazione e il raggiungimento delle zero emissioni entro il
2050». «Questo è un progetto pionieristico», conclude Roger Holm, presidente
Marine Power & Evp Wärtsilä Corporation: «Il primo passo verso l'adozione
dell'uso dei combustibili futuri ora può essere concretamente fatto, sapendo che
l'investimento non diventerà obsoleto. I vantaggi, sia economici che ambientali,
sono significativi».
Andrea Pierini
COMUNICATO STAMPA - VENERDI',
19 novembre 2021
GIORNATA NAZIONALE DEGLI ALBERI: IL COMUNE SI IMPEGNI A CURARE E
RISANARE GLI ALBERI ESISTENTI IN DIFFICOLTA' (OLTRE A PIANTARNE DI NUOVI)
Con una Lettera Aperta, Legambiente invita il Sindaco a onorare la Giornata Nazionale degli Alberi finanziando un piano di interventi per salvaguardare e risanare gli alberi esistenti.
Come noto, l'articolo 1 della Legge 10 del 2013 ha istituito la Giornata nazionale degli alberi il 21 novembre di ogni anno con lo scopo di promuovere la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio arboreo e boschivo attraverso iniziative di educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche locali. Quest'anno la Giornata nazionale degli alberi assume un particolare significato, venendo poco dopo il G20 di Roma e la COP26 di Glasgow sui cambiamenti climatici, in cui è stata sancita l'importanza del patrimonio arboreo e forestale per la mitigazione delle emissioni di CO2 e per l'adattamento ai cambiamenti climatici nelle aree urbanizzate, fissando l'obiettivo di piantare 1.000 miliardi di alberi e di porre fine alla deforestazione entro il 2030. Considerato lo stato di incuria in cui versano molti alberi della nostra città, Legambiente ha scritto al Sindaco di Trieste una lettera aperta chiedendo, per coerenza con l'obiettivo di educazione al rispetto degli alberi posto dal legislatore, l'impegno a finanziare un piano di interventi di recupero necessari per proteggere le funzioni ecosistemiche degli alberi in stato di degrado e di onorare la Giornata nazionale degli alberi eseguendo in tale occasione alcuni interventi di recupero degli esemplari segnalati.
In
allegato: la lettera aperta di Legambiente al Sindaco di TriesteCircolo Verdeazzurro Legambiente Trieste il presidente Andrea Wehrenfennig
IL PICCOLO - VENERDI', 19 novembre 2021
Ricorso in Cassazione o altra stazione a monte per salvare l'ovovia
Vertice tra i dirigenti, l'Avvocatura civica e la delegata di giunta Lodi per cercare delle possibili soluzioni alla sentenza che vincola Campo Romano alla Comunella
Non è definitiva la sentenza cui è appeso il filo dell'ovovia. Questa la notizia emersa ieri dalla riunione tra l'assessore al Patrimonio immobiliare Elisa Lodi, l'Avvocatura civica e i dirigenti comunali. Potenzialmente Palazzo Cheba potrebbe dunque fare ricorso, contro la decisione che attribuisce alla Comunella di Opicina la proprietà dell'area di Campo Romano, dove dovrebbe sorgere la futura stazione teleferica. Si tratta di terreni a destinazione agro-silvo-pastorale, di cui il Comune allo stato attuale non può rivendicare l'utilizzo, tantomeno per altri scopi. «La riunione è stata tecnica e preliminare, le valutazioni sono in corso», fa sapere Lodi: «Nel 2018 la Cassazione ha enunciato un principio di diritto, rimettendo alla Corte di Appello il compito di stabilire se è applicabile al caso specifico. La recente sentenza di appello resta quindi impugnabile, può tornare in Cassazione. È solo una delle strade percorribili. Siamo consapevoli che il tema è delicato e lo stiamo affrontando con attenzione. Ricordo inoltre che il progetto di fattibilità non è quello esecutivo». Il Comune potrebbe cioè anche elaborare delle alternative progettuali, compreso lo spostamento della stazione carsica, una volta fatte le verifiche del caso. Il che non è immediato, poiché la sentenza di appello elenca una cinquantina di particelle catastali, di cui verificare le precise collocazioni una per una. Nel frattempo una nota di pessimismo circa il destino dell'opera sembra unire i suoi sostenitori e i suoi detrattori. Il forzista Michele Babuder ricorda che, durante la commissione consiliare da lui presieduta nello scorso mandato, un'alternativa era stata valutata e quindi scartata perché visivamente troppo impattante. All'epoca Roberto De Gioia voleva che la funivia partisse da piazzale Monte Grisa, ma così sarebbe passata sopra le case, e proprio per questo si arrivò all'idea attuale. «Serve un punto di vista tecnico, non può darlo la politica», dice Babuder: «Il progetto purtroppo paga lo scotto di essere stato presentato in piena pandemia, suscitando reazioni negative. Ma serve ad alleggerire il traffico all'ingresso Nord, prima ancora che a fini turistici. Peraltro questa sentenza potrebbe inficiare pure un progetto più semplice, cui sto lavorando da anni: la riqualificazione della vedetta panoramica Ortensia. Consentirebbe di recuperare diversi tratti ciclabili sul Carso, creare un'attrattiva turistica in zona Napoleonica, coinvolgendo il Gal».Particolare il punto di vista del consigliere Pd Stefano Ukmar, sia perché da ex presidente di comunella un po' ne mastica, sia perché l'idea della cabinovia non gli dispiace, a differenza della sua coalizione. «Ho parlato con dei giuristi in via informale», afferma Ukmar: «Il Comune potrebbe presentare ricorso, sollevando dei cavilli, per prendere tempo e trovare una soluzione. La sentenza non è ancora stata notificata al Comune: a partire da quel momento ci saranno sei mesi per fare ricorso. A mio avviso però il giudizio è chiuso di fatto. Meglio sarebbe cercare un'altra idea di mobilità sostenibile tra Carso e città. Massima disponibilità a collaborare da parte mia. O al limite si può cercare un accordo di gestione e finanziario con la Comunella: c'è il precedente del 2005 di Contovello. La strada dell'esproprio mi sembra invece impercorribile. Di solito lo fa lo Stato, non un Comune che ha appena perso una causa. Ad ogni modo il tema è delicato. Non sono proprietà collettive dell'Unione sovietica, ma derivanti da antichi vincoli medievali». Che ne pensano i diretti interessati? «Non ci esprimiamo, finora non abbiamo ricevuto comunicazioni dal Comune», sostiene il vicepresidente della Comunella di Opicina, Drago Vremec: «Il Comune negli anni ha voluto proseguire la causa a tutti i costi. Ma la sentenza afferma che il monte è quasi tutto nostro, quindi a uso agro-silvo-pastorale, dall'Obelisco al confine con la comunella di Contovello. Non saprei dove potrebbero trovare lo spazio per costruire la stazione e i parcheggi». Infine il capogruppo di Adesso Trieste Riccardo Laterza: «Il fatto che la stazione e il mega parcheggio insistano su un terreno vincolato a usi agricoli, di pascolo e forestali è solo la ciliegina su una torta indigeribile, dal punto di vista economico e ambientale. Il Comune avvii una trattativa con il ministero per deviare gli stanziamenti su una moderna linea tranviaria, come fanno le altre città d'Italia. Le associazioni hanno già raccolto oltre 16 mila firme contro l'ovovia: presto ci saranno novità».
Lilli Goriup
Tar-A2A, l'opposizione attacca In casa del Pd è fronda interna
Moretti ritiene una «vittoria di Pirro» la sentenza che ha dato ragione al Comune ma viene criticato da Delbello che annuncia le barricate contro la nuova centrale
Una specie di nemesi. Il giorno dopo il punto messo sullo scacchiere della partita energetica, con l'annuncio dell'amministrazione comunale della vittoria sul "gigante" A2A, che si è vista dichiarare dal Tar «inammissibile» il ricorso contro le direttive al piano regolatore che vietano la «riconversione di impianti di produzione di energia esistenti che impiegano risorse fossili» e «la messa in opera di gasdotti nel territorio carsico monfalconese», è un fuoco di fila dell'opposizione sull'esecutivo a traino Lega. E pure dell'ex alleata Forza Italia con Giuseppe Nicoli. Opposizione che, comunque, la stessa Cisint il giorno prima aveva tirato per la giacchetta, rimarcando l'«operato corretto» della maggioranza che con 18 voti, contro i 5 contrari dei consiglieri Paolo Fogar, Lucia Giurissa, Elisabetta Maccarini, Cristiana Morsolin e Nicoli appunto, aveva adottato gli indirizzi nella massima assise del 31 maggio. Comincia il capogruppo regionale del Pd Diego Moretti, a detta del sindaco ispiratore dei voti avversi in aula: «È ossessionata da me. Io, per carità, c'ho i miei difetti, ma non quello di essere un suggeritore occulto, come invece usa fare lei con i suoi. Nella pomposa conferenza stampa si è dimenticata di menzionare la sentenza che invece ha visto soccombere contro A2A Comune e Regione per l'inserimento delle osservazioni della Conferenza dei servizi nell'ambito della procedura Aia, dunque come si può capire la materia è delicata e complessa». Per Moretti questa è «una vittoria di Pirro», poiché «l'Autorizzazione unica fa variante e se verrà rilasciata sovrasterà le direttive comunali». «Cisint - dice Moretti - dovrebbe prendersela solo con la Regione che ha dato l'ok con le 11 prescrizioni». Si muove anche il consigliere comunale dem Fabio Delbello, che però finisce con l'ingenerare un battibecco con il suo segretario provinciale: «I consiglieri regionali del Pd sono "pregati" di astenersi per sempre dall'intervenire sulla questione A2A, nonché sull'escavo e Terme. Il sindaco, con cui ci si deve congratulare per la fortuna di un regalo derivante da un ricorso inutile e arrogante, si decida invece a portare in massima assise gli assessori regionali competenti, ovvero Scoccimarro e Bini, e metta in discussione la mozione proposta e da me depositata a giugno». «Altrimenti - aggiunge - potremo mettere in atto una plateale protesta come quelle del Partito radicale. Il problema è che da troppo tempo manca un monfalconese doc di centrosinistra in Consiglio regionale: qui infatti si produce il 60% del Pil provinciale e si concentra il 90% delle criticità isontine, quindi è ora di finirla, perché neanche noi democratici monfalconesi siamo fessi». Secca la replica di Moretti: «Rispetto la sua opinione, ma ha perso un'occasione per tacere. Sulla difesa del territorio isontino nella sua globalità e non solo nel luogo di elezione non accetto lezioni da Cisint e tantomeno da Delbello, che forse dormiva mentre svolgevo la mia attività». «Veramente patetico - conclude - e sbaglia mira. O forse farà parte di una strategia». Omar Greco di Art 1, invece, accusa l'amministrazione di «fare per l'ennesima volta propaganda, pur su una cosa seria come una sentenza della magistratura». «Il Comune - rileva - non ha vinto alcuna battaglia contro A2A, infatti la partita è ancora tutta da giocare: i giudici hanno solo esplicitato l'inammissibilità del ricorso». E il dispositivo «certifica che le direttive emanate dall'ente sulla centrale sono assolutamente inutili, poiché non incidono sulle autorizzazioni che la proprietà ha chiesto a Roma». In cauda venum, Giuseppe Nicoli di FI: «C'è poco da rallegrarsi rispetto alla sentenza del Tar su A2A e il sindaco che si esalta a fare conferenze stampa trionfalistiche si faccia un esame di coscienza sul fallimento dell'azione politica che sta esercitando a Monfalcone». Scrive poi: «Ha perpetrato un inutile inquinamento delle nuove direttive al Prgc improvvisando modifiche che nemmeno lontanamente condizionano il percorso di un'eventuale conversione della centrale». Sempre Nicoli parla di «carenza di visione urbanistica del sindaco per lo sviluppo futuro», mentre «il varo del nuovo piano regolatore è fermo ormai da tre anni».
Tiziana Carpinelli
Scatta la pulizia dei fondali in 4 tappe settimanali da domani all'11 dicembre - Le operazioni finanziate dalla Regione
Muggia. Il Comune di Muggia è tra gli enti locali che hanno aderito al "Progetto aMare Fvg" (insieme ai comuni di Monfalcone, Staranzano, Marano Lagunare, Grado, Lignano, San Dorligo e Duino Aurisina) approvato e finanziato dalla Regione. Per Muggia sono stati stanziati 11.416 euro. "Mission" è quella di combattere l'inquinamento da plastica dell'ecosistema marino: anche le coste regionali sono colpite in maniera esponenziale, come tutto l'Adriatico, dal fenomeno del "marine litter". I dati dicono che nello 0,8% di costa monitorata da Arpa Fvg ogni anno vengono raccolti 250 chili di rifiuti spiaggiati. Per la realizzazione del progetto, lungo il litorale muggesano saranno organizzate quattro giornate di attività di pulizia dei fondali, che permetteranno di raccogliere e smaltire rifiuti dispersi in mare e di ripristinare, per lo meno in quei tratti, un ambiente marino "incontaminato". I partner del progetto sono la locale Società Scuba Tortuga e la Net, che si occupa della raccolta dei rifiuti a Muggia. Gli operatori subacquei provvederanno a ripulire gli specchi acquei dai rifiuti marini secondo il seguente calendario. Domani toccherà al Mandracchio, uno dei crucci del neosindaco Paolo Polidori, sito che non è possibile ripulire in maniera massiva poiché è incluso del perimetro a mare del Sin, e quindi qui è impossibile rimuovere i fanghi accumulatisi sui fondali. Il 27 novembre sarà la volta delle acque antistanti il Parco Acquario. Il 4 dicembre si andrà invece sulla "spiaggia cittadina" dei muggesani rappresentata dal Lungomare Venezia. L'11 dicembre ultima tappa nel mare antistante la spiaggia di Porto San Rocco. Durante le operazioni nelle aree indicate la navigazione sarà interdetta dalle 10 alle 13 per consentire le operazioni di raccolta dei "marine litter" in totale sicurezza, nel rispetto delle norme vigenti e dell'apposita autorizzazione che sarà rilasciata dalla Capitaneria di Trieste.
lu.pu.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 novembre 2021
A2A perde il ricorso al Tar contro il Comune
Giudicata «inammissibile» la determinazione dell'azienda di annullare i vincoli di salvaguardia sulla riconversione della centrale
Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza pubblicata martedì, ha dichiarato «inammissibile» il ricorso depositato il 20 settembre da A2A Energiefuture spa contro gli indirizzi varati dal Comune in materia di riconversione. I legali della società Fabio Todarello e Francesco Schiano Di Cola avevano richiesto, oltre alla sospensiva in prima battuta, l'annullamento della deliberazione numero 22 del Consiglio comunale, votata il 31 maggio, con la quale l'amministrazione (che si è opposta con l'avvocato Teresa Billiani) aveva approvato le direttive urbanistiche per la predisposizione del nuovo Piano regolatore. In particolare ponendo un «vincolo di salvaguardia», ai sensi di legge (articolo 63 ter, comma 2, della legge regionale 5 del 2007), per «vietare la riconversione di impianti di produzione di energia esistenti che impiegano risorse fossili» e «la messa in opera di gasdotti nel territorio carsico monfalconese». Un atto passato in massima assise con i 13 voti favorevoli della maggioranza e i 5 contrari dei consiglieri Paolo Fogar, Lucia Giurissa, Elisabetta Maccarini, Cristiana Morsolin e Giuseppe Nicoli, quest'ultimo di area centrodestra. Il contenzioso, ignoto fino a ieri per lo stretto riserbo mantenuto dall'ente e pure dalla società ricorrente, è venuto a galla nella conferenza stampa indetta alle 11 in municipio, dove il sindaco Anna Cisint, alla luce degli esiti, ha rivendicato la correttezza dell'operato del Consiglio, interpretando come ingerenza sul terreno prettamente amministrativo e un «tentativo di mettere il bavaglio al Comune» l'azione di A2A. La sentenza è appellabile. E chissà se questo è solo il primo round. Nella sentenza del Tar, presieduto da Oria Settesoldi (consigliere Manuela Siligoi, estensore Luca Emanuele Ricci) si pone l'accento, a suffragare l'inammissibilità del ricorso, sulla «carenza di interesse» dell'azienda. I giudici non individuano «un pregiudizio attuale e concreto in capo ad A2A che possa integrare l'interesse ad agire con questa azione». In camera di consiglio l'azienda aveva posto in evidenza la rilevanza economica dell'investimento in ballo, correlandola dunque all'esigenza di chiarire quanto prima il quadro giuridico, pure sotto il profilo urbanistico, ai fini dell'intervento in questione. Ma stando al Tar «la circostanza si colloca però su un piano eminentemente fattuale e appare inidonea a integrare l'interesse ad agire». Quanto al fatto, sostenuto sempre da A2A, che «il Comune avrebbe illegittimamente utilizzato i poteri urbanistici per finalità a essi estranee e cioè per impedire la riconversione» i giudici scrivono che «ogni intervento su impianti come quello oggetto di giudizio è sottoposto a una Autorizzazione unica, il cui rilascio ha effetto di variante urbanistica». Dunque le direttive urbanistiche per la predisposizione del nuovo Prgc verrebbero superate, cioè sarebbero del tutto ininfluenti, qualora A2A ottenesse il via libera. E ancora: «Tutte le valutazioni sono pertanto effettuate all'interno di un unico procedimento di competenza del Ministero dello sviluppo economico, pur nell'ottica di un dialogo con le amministrazioni interessate». Ne consegue che l'ente «ha agito in radicale carenza di potere». Tradotto: non si può imputare all'amministrazione Cisint il presunto eccesso di potere. Nella sentenza è stato altresì sottolineato che il potere di governo del territorio, in ogni caso, «può essere esercitato dal Comune anche per dirigere la localizzazione di impianti e attività che impattino su una molteplicità di interessi della comunità locale, come quelli attinenti alla materia ambientale e alla tutela della salute». Parole ritenute significative dal sindaco. Ora la delibera sulle direttive è effettivamente valida (a meno di eventuali rovesciamenti in Consiglio di Stato, nell'ipotesi di un appello del gruppo energetico) ed è lecito supporre che il parere del Comune nell'ambito dell'Autorizzazione unica si fonderà anche su quelle linee urbanistiche, evidentemente nette. L'azienda, con una nota arrivata in serata, ha precisato in merito alle parole del Comune che il «ricorso non è stato rigettato, ma dichiarato inammissibile per carenza di interesse» e che la sentenza ha accertato come «l'iniziativa giudiziale di A2A possa "essere giustificata per l'apparenza giuridica comunque determinatasi"». Difatti i giudici hanno ritenuto «equo» disporre la compensazione delle spese di lite. Per l'azienda il Tar «ha chiaramente e favorevolmente riconosciuto che l'intervento che A2A intende realizzare è disciplinato unicamente dal procedimento autorizzatorio unico, il cui esito favorevole comporterebbe "comunque la neutralizzazione delle direttive e del relativo regime di salvaguardia"».
Tiziana Carpinelli
La rabbia di Cisint: volevano mettere il bavaglio al Consiglio A2A: opportunità per l'ambiente
L'amministrazione parla di «sentenza esemplare» e rivendica la legittimità dell'operato. L'avvocato Billiani: «Indirizzo valido»
C'è un po' di tutto, nell'intervento-fiume di Anna Cisint sul verdetto del Tar favorevole all'ente. Dal paragone di A2A a un gigante, un «re Leone» mentre l'ente-«formichina» vi si oppone come forse nessuno avrebbe mai fatto, alla metafora del capitano in mare, passando per i proverbi napoletani. Mentre l'azienda, nella sua nota, ha inteso mettere in evidenzia i processi di dismissione in ottica ambientale: «L'abbandono dell'utilizzo del carbone entro il 2025 è un obiettivo europeo che A2A ha scelto di anticipare avviando un percorso virtuoso di riconversione delle centrali a carbone, come quella di Monfalcone. Questa trasformazione rappresenta un'opportunità per l'ambiente e per i cittadini che potranno contare su fonti energetiche sostenibili, a dimostrazione dell'attenzione del gruppo nei confronti dei territori in cui opera, salvaguardando, al contempo, i livelli occupazionali e contribuendo alla transizione energetica del Paese». Agguerrito, invece, il commento alla vicenda giuridica del sindaco: «A2A ha impugnato all'ultimo minuto utile le nostre direttive con salvaguardia per farle annullare, ma il Tar, con una sentenza esemplare, dice che il Comune ha ben agito e deve poter pianificare. Il "bavaglio" che hanno tentato di metterci non è stato ritenuto accettabile dal giudice amministrativo». Quindi una sentenza «che ci dà soddisfazione, perché il Comune di Monfalcone continua a dimostrare coraggio, serietà, competenza, impegno a portare avanti l'interesse dei cittadini in ordine a salute, ambiente e prospettive di lavoro». E poi: «Quando sono salita su questa barca ho voluto tenere il timone su scelte a volte anche impopolari». Ma il Tar «ha detto a chiare lettere che l'ente è legittimamente nella posizione di poter pianificare». Con atti che «non sono il libro dei sogni, ma volontà concrete e reali», ha chiarito in sindaco, affiancata ieri dagli assessori Antonio Garritani (Mondo produttivo) e Sabina Cauci (Ambiente), oltre che dai funzionari. «E mi dispiace - sempre Cisint - che un'azienda con capitale pubblico non stia dimostrando responsabilità sociale d'impresa, al punto da chiedere al giudice di "zittire" il Comune sulla volontà di pianificazione». Diritto a immaginare il futuro: un mantra ripetuto a più riprese. Fino a sfoderare un inedito idioma partenopeo - «Ccà nisciuno è fesso» - per ribadire il titolo dell'ente a dire la propria sul suo territorio. Mentre l'azione di A2A è stata vissuta come «un tentativo di delegittimare l'ente». Insomma, una Cisint apparsa a tutti come l'esondazione di un torrente, incontenibile, prodromo delle lotte che senz'altro si scateneranno sulla centrale. E se in conferenza non si è rivolta agli avversari politici a margine, però, non ha mancato di sottolineare come tra coloro che avevano votato in senso avverso al documento sulle direttive vi fossero anche esponenti dem. «Come mai? Il Pd non è contrario alla centrale? Forse c'era Moretti a suggerire loro come muoversi...», ha buttato lì, dopo essersi invece congratulata con i suoi per la capacità di fare squadra e lavorare su una materia complessa e delicata. Si è invece attenuta ovviamente al tecnico l'avvocato del Comune Teresa Billiani:«La delibera è valida ed efficace». Ma«A2A ha ritenuto che il Comune in quella materia non potesse pronunciarsi, sollevando eccezioni preliminari che il Tar invece non ha accolto».
Ti.Ca.
«Museo del mare, no ai segreti» Lettera aperta di 3 associazioni
Touristi, Istituto di storia e Società Maria Theresia scrivono al sindaco rilanciando la richiesta di trasparenza sul percorso espositivo dell'ex funzionario Mazzoli
Come sarà allestito il nuovo Museo del mare al Magazzino 26? Le associazioni culturali ribadiscono la domanda di «trasparenza» sollevata l'altro giorno da Enrico Mazzoli, ex funzionario comunale del settore. I loro dubbi mettono radici nello scorso mandato, quando una determina dell'allora dirigente Laura Fanfogna affidò l'incarico di ideare il percorso espositivo alla Fondazione Luigi Micheletti, con sede a Brescia e specializzata in storia del '900. Il cantiere per la revisione complessiva del "26", nell'ambito del progetto Consuegra, non sarà avviato prima del 2022. Intanto Mazzoli, avendo concluso la sua carriera proprio al vecchio Museo del mare di Campo Marzio, era tuttavia curioso di conoscere lo storyboard narrativo che bolle nella pentola della Fondazione Micheletti. Per questo ha avanzato una richiesta agli uffici comunali. I quali gli hanno risposto, tramite una determina della "p.o." Patrizia Fasolato, che la documentazione sarà disponibile dopo la pubblicazione della gara per la realizzazione dello stesso allestimento progettato dalla Micheletti. Ciò per ragioni di riservatezza. Qui entrano in scena Club touristi triestini, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione e Società Maria Theresia, che scrivono infatti una lettera aperta al sindaco. «In ossequio alla trasparenza, ci associamo alla richiesta di Mazzoli di mostrare alla cittadinanza la visione e la progettazione sottese», si legge nella lettera: «Non vediamo motivo di tale riservatezza, poiché, se lo storyboard fosse reso noto, sarebbe a disposizione di tutti i potenziali concorrenti che saranno chiamati ad allestirlo tramite gara, senza determinare vantaggio o svantaggio per alcuno. Inoltre la Micheletti sul proprio sito web si dice specializzata nel far conoscere "le ideologie del lungo '900, le guerre, l'ambivalenza del progresso tecnico, l'industrializzazione, le voci e i volti del lavoro, l'avvento dei consumi, la crisi ambientale"». Aspetto ancora più curioso, andando a sbirciare sul sito si nota che gli ultimi eventi organizzati dalla fondazione lombarda s'intitolano "Popolo, classe operaia, masse. Il Pci e la società italiana nel '900", "Il Pci e l'ambiente, una dialettica fertile ma faticosa", "Comunisti! Simboli e volti di un'appartenenza". Prosegue la lettera: «A Trieste raccontare il mare equivale a raccontare la storia della città, che nasce e si sviluppa prima del '900, il quale anzi conosce momenti di declino». Le associazioni insomma temono «si faccia cominciare la storia di Trieste dal '900» e auspicano un coinvolgimento di soggetti locali nell'elaborazione storico-culturale del futuro percorso museale. L'assessore alla Cultura Giorgio Rossi spiega che la scelta della Micheletti non lo coinvolse, ma fu puramente tecnico-dirigenziale, e si impegna a incontrare Mazzoli (si faccia riferimento all'intervista qui sotto).
Lilli Goriup
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 novembre 2021
La sentenza sui terreni di Opicina che minaccia il progetto dell'ovovia
Per la Corte d'appello di Roma il Comune non può modificare in modo arbitrario l'uso di 460 ettari della comunella. Problema per la stazione di Campo Romano
Un'antica vicenda giudiziaria minaccia l'ovovia. La Corte di appello di Roma dà ragione alla comunella di Opicina, che rivendica la proprietà collettiva di una porzione di Carso contro Comune e Regione. Il consigliere comunale Stefano Ukmar (Pd) avverte che proprio là in mezzo dovrebbero sorgere la stazione teleferica di Campo Romano e i contigui parcheggi. A tal proposito Ukmar ha presentato un'interrogazione a sindaco e giunta, in cui paventa la perdita dei 48 milioni di euro veicolati dal governo, qualora la realizzazione della cabinovia fosse irrimediabilmente compromessa dal fatto che quel terreno deve restare a uso agro-pastorale, e chiede se esistano piani B. Per il sindaco Roberto Dipiazza il progetto di massima presentato a Roma potrà essere rivisto durante il confronto con popolazione e territorio che intende avviare, mentre l'assessore al Patrimonio immobiliare Elisa Lodi ha già richiesto una riunione con avvocatura e uffici tecnici per approfondire le implicazioni della sentenza (vedi box qui a sinistra).Veniamo appunto alla sentenza. Il 21 luglio 2021 la Corte di appello ha ribadito di rinvio quanto già stabilito dalla Cassazione e uscito sui giornali nel 2018. C'è una serie di terreni carsici sui quali il Comune di Trieste non può avanzare la pretesa di «usi civici». Non può cioè modificarne la destinazione d'utilizzo in maniera arbitraria. Ciò accade dal momento che questi terreni appartengono come «dominio collettivo» alla comunella di Opicina e quindi alle «famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo». Si tratta di circa 460 ettari sparsi tra i comuni censuari (suddivisioni territoriali risalenti al catasto austriaco) di Opicina e, in misura minore, di Gabrovizza e Rupingrande. Basandosi su un precedente provvedimento degli anni Venti, nel 1955 il Comune aveva pubblicato sull'albo pretorio un bando commissariale in cui dichiarava la natura demaniale di quei terreni, escludendo così che essi fossero proprietà esclusiva della comunella, la quale all'epoca nemmeno aveva personalità giuridica. Passarono i decenni. All'inizio degli anni Duemila il consorzio autoctono di Opicina, formalizzata la natura della propria esistenza, avviò un lungo e complesso contenzioso, impugnando il bando commissariale contro il Comune e la Regione allo scopo di far valere i propri diritti atavici. I primi gradi di giudizio avevano inizialmente respinto le istanze della comunella. Nel 2018 la Cassazione pronunciò dunque la decisione, considerata storica sull'altipiano, incaricando la Corte di appello di emettere la successiva sentenza riassuntiva. Si arriva così al 2021: «I suddetti beni appartengono esclusivamente ai consorti della Comunella di Opicina» e su di loro «non gravano diritti di uso civico o di demanio comunale a vantaggio di terzi e in particolare dei cives del Comune di Trieste». Per Ukmar, che peraltro è una voce fuori dal coro del centrosinistra dal momento che si è detto possibilista sull'ovovia, questo è un bel grattacapo. «Stando a quanto uscito finora sui media, sembra che la stazione di Opicina e i relativi parcheggi della cabinovia ricadano sulla proprietà della comunella, la cui destinazione d'uso è esclusivamente agro-pastorale», afferma Ukmar: «Prima di chiedere il finanziamento, l'amministrazione comunale ha valutato lo status giuridico delle aree interessate dall'intervento? Esistono progetti alternativi di mobilità sostenibile, in grado di garantire i finanziamenti previsti, se l'intervento risultasse irrealizzabile?». Gli fa eco il collega di partito Francesco Russo: «Sono lieto che il consigliere Ukmar abbia preso atto di questi ulteriori elementi che rendono il progetto ancora più inverosimile e campato in aria. Spero che d'ora in poi si possa lavorare di comune accordo, e coinvolgendo i migliori esperti, per trovare un'alternativa. Perdere il finanziamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (veicolato tramite apposito provvedimento dell'attuale Ministero delle Infrastrutture) sarebbe un delitto».
Lilli Goriup
Orsetto entra nel cuore di Gorizia Impaurito si rifugia su un albero
In quindici per prenderlo: è al centro faunistico di Terranova. Il forestale Benedetti: «Presto libero»
Era solo, spaesato e spaventato. Di certo più lui degli umani che lo guardavano e fotografavano incuriositi, in un luogo così diverso dal suo habitat naturale. Già, perché si è spinto sin quasi in centro città a Gorizia il cucciolo di orso - un esemplare maschio tra i 9 e i 10 mesi di età, del peso di circa 35 chili - prima segnalato e poi recuperato nella tarda serata di lunedì in via Giustiniani, proprio alle spalle del colle del Castello e all'altezza del parcheggio all'incrocio con via Bombi. Giunto fin lì chissà come e chissà esattamente da dove (anche se segnalazioni piuttosto precise dicono che il giovane plantigrado era monitorato già da una settimana oltreconfine, nei suoi spostamenti lungo la valle del Vipacco), si è visto improvvisamente scoperto da un gruppo di giovani, che hanno subito informato le autorità e fatto scattare il recupero. Terrorizzato, non ha trovato di meglio da fare che arrampicarsi su uno degli alberelli che costeggiano via Giustiniani, e lì è rimasto nascosto, per quanto ha potuto celare la sua mole, fino all'arrivo dell'imponente struttura attivatasi per il recupero. Una quindicina di persone circa, a partire dal funzionario del Corpo forestale regionale (esperto di orsi) Paolo Benedetti, assieme a vigili del fuoco, carabinieri, polizia, esercito e uomini della ditta specializzata Arca, impegnata proprio in questo genere di situazioni che riguardano gli animali selvatici.«Onestamente al momento della chiamata credevo che sarei tornato a casa in poco tempo, perché pensavo che la segnalazione si sarebbe rivelata errata, e che l'animale in questione non fosse certo un orso, visto il luogo del ritrovamento, in città - racconta Benedetti -. Invece era tutto vero. Prima di iniziare l'operazione di recupero ho effettuato un sopralluogo per capire se nei paraggi potesse esserci la madre del cucciolo, circostanza che avrebbe reso l'intervento molto pericoloso: così non era, e abbiamo potuto procedere». Tesa con l'aiuto del personale presente una rete da cattura sotto l'albero (e l'arrivo dei vigili del fuoco è stato provvidenziale per riuscire a raggiungere l'altezza dove l'animale si era rifugiato), l'orsetto è stato catturato con uno speciale frustone da accalappiacani, e poi immediatamente avvolto in una coperta per limitare il più possibile lo stress al cucciolo, evidentemente spaventato da tutto quel trambusto e da presenze alle quali davvero non poteva essere abituato. Da Gorizia, il cucciolo di orso è stato trasportato immediatamente al Centro di recupero della fauna selvatica di Terranova a San Canzian d'Isonzo, dove è stato sistemato in un apposito box e nella mattinata di ieri è stato visitato dal veterinario Stefano Pesaro e da una equipe specializzata. L'orsetto sta bene, stando alle prime analisi, e potrebbe essere rimesso in libertà forse già nella giornata di oggi, anche se su momento, luogo e modalità del ritorno nella natura per tutta la giornata di ieri si sono confrontati gli esperti locali e quelli del Parco Nazionale d'Abruzzo e del Trentino. Territori dove ritrovamenti simili sono decisamente più consueti. «L'idea sarebbe quella di liberarlo il prima possibile, proprio per limitare al massimo i contatti con gli umani, vista anche la sua giovane età - spiega ancora Benedetti -, e paradossalmente non si fosse trovato in città, rappresentando possibile elemento di allarme e pericolo, l'avremmo liberato anche subito. Ma ci sono dei protocolli da rispettare in questi casi, e tutto verrà fatto per tutelare le condizioni e la salute dell'animale». Se, dunque, presto l'orsetto ritroverà i boschi e i silenzi della natura, restano al momento misteriose le circostanze che lo hanno portato a spingersi fin quasi nel centro storico di Gorizia. Il Bosco del Panovec, in Slovenia, dista poche centinaia di metri, ma altrettante e ancora meno è lontana piazza Vittoria, oltre Galleria Bombi: «Stiamo cercando di ricostruire la sua storia, anche attraverso i colleghi sloveni - conclude Benedetti -. Sono situazioni rare ma che possono capitare, specie con animali giovani, che per loro natura sono più curiosi, imprudenti e intraprendenti negli spostamenti».
Marco Bisiach
Segnalato nella Valle del Vipacco «Forse ha perso madre e fratelli»
L'ipotesi del professor Filacorda: «Un caso analoga ad Aidussina» Il veterinario Pesaro: «Sta bene, già a 7 mesi se la cavano da soli»
Dietro quegli occhi profondi, che fissano diffidenti l'obiettivo della fotocamera che, impertinente, lo immortala nel suo box al Centro di Terranova, possiamo solo immaginare la giovane storia del cucciolo d'orso arrivato fin quasi nel cuore di Gorizia. Una storia non consueta, ma che non sorprende del tutto gli esperti, che per mestiere hanno spesso a che fare con animali di questo genere. «Da quanto risulta anche dalle segnalazioni dei cacciatori, questo esemplare era stato individuato e monitorato da almeno una settimana nei suoi movimenti in Slovenia, nella Valle del Vipacco - dice Stefano Filacorda, docente dell'Università di Udine e coordinatore del progetto di studi sulla fauna selvatica regionale -. Un'ipotesi può essere allora che l'orsetto fosse assieme alla madre e ad altri cuccioli, e che magari non sia riuscito a tenere il ritmo durante uno spostamento, forse alla ricerca di una tana per il letargo, e che quindi si sia perso. Non sappiamo da quanto tempo fosse solo, forse anche qualche settimana. Poi, nel suo vagare, è arrivato fino in città. Non sono situazioni comuni, ma accadono, e sappiamo ad esempio di un caso analogo in passato ad Aidussina». Ieri a visitare il giovane plantigrado a Terranova è stato il veterinario Stefano Pesaro, che lo ha trovato in condizioni rassicuranti. «Il cucciolo è attivo, sta bene, ma per essere ancor più tranquilli abbiamo stabilito una serie di analisi anche in collaborazione con colleghi specializzati che si occupano di orsi», spiega Pesaro, che si è premurato di tenere l'animale al riparo da eccessivi contatti umani, per evitare che patisse uno stress maggiore di quello che già ha dovuto sopportare nel corso di questa sua disavventura. Abitualmente i cuccioli di orso restano con la madre fin quasi i 2 anni di età, ma, fanno sapere i due esperti, ricerche e statistiche dimostrano che già una volta compiuti i 7 o 8 mesi i piccoli possono essere in grado di cavarsela da soli. Ed è anche per questo che verrà liberato quanto prima, in base ai protocolli e alle valutazione effettuate in queste ore. Certo, alle porte c'è l'inverno, in libertà ci sono i predatori, e l'orsetto di via Giustiniani dovrà crescere in fretta. Ma, in fondo, questa è la natura.
M. B.
In autostrada vicino al Tiare poi l'incontro di Sagrado - i precedenti
Qualche anno fa, era il 2015, un grosso plantigrado era stato avvistato nei pressi del centro commerciale "Tiare Shopping", a Villesse, a due passi dal negozio Ikea, e anche lo scorso anno un orso aveva terrorizzato un porta pizze che lo aveva incrociato, incredulo, mentre era in sella al suo scooter lungo la strada provinciale tra Savogna d'Isonzo e Sagrado. Ora l'incontro ravvicinato di via Giustiani, a due passi dal centro storico, senz'altro l'episodio più clamoroso di una serie che dimostra, però, quanto gli animali selvatici siano in fondo vicini a noi. A memoria non si ricorda un avvistamento simile nella nostra città.«In tutta l'area attorno a Goriziano a differenza di quanto si possa magari pensare le zone boschive sono in espansione, e creano nuovi spazi per la fauna - commenta l'assessore comunale all'Ambiente Francesco Del Sordi, che ringrazia tutto il personale intervenuto in via Giustiniani -. Ciò che come cittadini dobbiamo assolutamente tenere a mente, è che incontri di questo genere, per quanto eccezionali, possono verificarsi, e che gli animali selvatici sono per definizione potenzialmente pericolosi. Tutti, a prescindere dalle dimensioni, dall'età e dalla tipologia, che si parli di un orso, di un tasso, o di un capriolo... E questo perché sono imprevedibili nei loro comportamenti». Ecco allora che è importante sapere come comportarsi. «In caso di avvistamento bisogna subito avvisare il 112, e non prendere iniziative personali - dice Del Sordi -. Semmai può essere utile monitorare a distanza gli spostamenti dell'animale, per fornire le indicazioni del caso a chi interverrà».
M. B.
"Zoomare", la lotta ai rifiuti si risolve con un click - Iniziativa di Sissa Medialab
La coordinatrice del progetto Valentina Megarelli: "Così tutta la comunità può vedere le foto caricate e serve agli scienziati per avere dati"
Per combattere l'inquinamento marino da rifiuti, una delle grandi emergenze ambientali dei nostri giorni, c'è bisogno del contributo di ciascuno di noi. Oltre a non renderci complici del problema, evitando di abbandonare rifiuti nell'ambiente, possiamo fornire anche un aiuto prezioso agli scienziati impegnati nel monitoraggio dell'inquinamento del nostro Golfo. Come? Con qualche semplice click. Si chiama Zoomare il progetto di citizen science ideato da Sissa Medialab per coinvolgere cittadine e cittadini nel monitoraggio di nove stazioni del litorale triestino particolarmente soggette all'accumulo di rifiuti a causa di peculiari condizioni meteomarine. «Lo vediamo anche quando passeggiamo sul molo Audace: ci sono giornate in cui notiamo parecchi rifiuti, principalmente plastiche, che si ammassano nelle acque circostanti, e giornate in cui invece le acque appaiono pulite», racconta Valentina Mengarelli, coordinatrice del progetto. «Zoomare, che già dal nome indica l'idea di buttare l'occhio, zoomando, sul nostro mare, è un progetto di raccolta dati pensato per tutte le età. Contribuire è molto semplice e si può fare tranquillamente dal proprio smartphone o tablet mentre si passeggia sul nostro litorale». Collegandosi al sito www.zoomare.it si possono vedere, su una mappa, le nove stazioni di rilevamento identificate dal progetto. A questo punto basta scattare una foto nei pressi di una di queste stazioni, laddove il mare incontra la terra, e cliccando sulla stazione all'interno della mappa caricare la propria foto, indicando, se il caricamento avviene a posteriori, data e orario dello scatto. «E' un progetto che consente a tutta la comunità di vedere le fotografie caricate e che serve agli scienziati per ottenere dati preziosi sulla condizione del mare nei punti di monitoraggio nelle diverse giornate e ore del giorno. Non è richiesta nessuna registrazione, è semplicissimo da usare, e grazie ai dati raccolti gli scienziati possono studiare la correlazione tra condizioni del vento e correnti e presenza di rifiuti a mare", spiega Mengarelli. Così si perseguono due obiettivi: quello di rendere partecipe la cittadinanza alla ricerca scientifica e avvicinare le persone alla scienza, e quello di incoraggiarle a guardarsi intorno e aumentare la consapevolezza che ciascuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza per preservare l'ambiente in cui viviamo. Oltre al Molo Audace, ci sono altre tre stazioni di rilevamento "cittadine", una sul molo Fratelli Bandiera, una sul molo dei Bersaglieri, una sul molo IV, e altre cinque stazioni sul lungomare tra Barcola e Grignano. Al progetto, che terminerà il 31 gennaio, si può partecipare un numero illimitato di volte: l'obiettivo è ovviamente raccogliere più dati possibili. Zoomare è solo una piccola parte di un progetto europeo, Phereclos, che punta a migliorare e incrementare, attraverso modelli d'insegnamento innovativi e interdisciplinari, l'accesso all'istruzione superiore dei più giovani, offrendo benefici a tutta la cittadinanza.
G. B.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 novembre 2021
Confronto enti-esperti sulla ghiacciaia di Draga - il primo incontro nell'ambito del piano di recupero
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Parte oggi, con il primo incontro finalizzato a una progettazione partecipata, il piano di recupero e valorizzazione della storica ghiacciaia con annesso stagno a Draga Sant'Elia, nell'area della Riserva naturale della Val Rosandra. L'appuntamento (dalle 11 alle 16 al Centro visite della Riserva) ha come obiettivo l'elaborazione di linee guida condivise per la gestione delle infrastrutture verdi transfrontaliere e sarà il primo dei due focus promossi dal Comune di San Dorligo. Vi parteciperanno rappresentanti di istituzioni locali e comunità regionali e transfrontaliere, esperti, gestori delle aree protette e operatori turistici. Il Comune di San Dorligo è presente in questo contesto nell'ambito del Programma di cooperazione Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020, dal titolo "Potenziamento delle infrastrutture verdi nell'ambiente transfrontaliero di Italia e Slovenia", di cui è capofila la società del Parco delle grotte di San Canzian, in Slovenia. A questo progetto partecipano inoltre in qualità di partner anche l'Università del Litorale di Capodistria e il Gal della Venezia Orientale di Portogruaro. Il progetto è attivo dall'aprile 2020 e sta realizzando complessivamente 17 attività pilota per il rinnovo delle infrastrutture verdi, 32 eventi promozionali, otto focus group e 16 incontri educativo-formativi. L'intervento per il recupero della ghiacciaia ha lo scopo di conservare e migliorare le condizioni di un manufatto per lungo tempo abbandonato.
u.sa.
SEGNALAZIONI - Preferire il tram all'ovovia
Verranno erogati 49 milioni per costruire l'ovovia di Monte Grisa (Molo IV-campo Romano). La cittadinanza potrà esprimere il suo parere. Intendiamoci il progetto dell'ovovia non è in se sbagliato, ritengo l'impatto sul territorio ridotto ma ci sono dei ma che fanno propendere almeno a mio avviso per un'altra soluzione. Il primo dato negativo è che l'uso dell'ovovia non può essere quotidiano a causa della bora. Il secondo che il costo del biglietto, che penso sarà giornaliero (andata-ritorno), potrebbe arrivare a 20 euro: una famiglia di 4 persone che arriva con l'auto a Campo romano pagherà il posteggio giornaliero, comunque superiore ai 10 euro e poi 80 euro per l'ovovia. Se invece arriva in città da viale Miramare pagherà il solo biglietto del silos o del posteggio del Molo IV. Terzo dato negativo l'alto costo di gestione, ritengo per il cambio cavi in tempi molto ravvicinati. La soluzione del tram al posto dell'ovovia a mio avviso è migliore. Si può disporre di vetture articolate con posti a sedere ben superiori all'ovovia. Costo di gestione ben inferiore perché l'armamento si logora meno. Si usufruisce dei binari rimasti del Porto vecchio, può essere prolungato oltre il piazzale del Molo IV fino alla radice del Molo Audace e quindi in piazza Unità. Dal terrapieno dell'ex scalo ferroviario di Barcola sale in pendenza con cremagliera in galleria dentro il Colle di Gretta sotto il Faro (tutta arenaria) e poi con galleria elicoidale in terreno calcareo fino a Campo romano. Potrebbe essere prolungato fino alla stazione ferroviaria di Opicina o anche fino Borgo Grotta Gigante. Il costo del biglietto potrebbe essere doppio o triplo di quello di Trieste Trasporti, come per le linee marittime. Quindi grande capienza passeggeri e corse giornaliere. Potremmo così disporre di due collegamenti tranviari, quest'ultimo moderno, e l'altro a funicolare per il turista con vetture degli Anni '30. Forse sarà il caso di fare una raccolta firme per la soluzione tranviaria.
Piero Zanon
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 novembre 2021
Cop26, flop sul clima ma le colpe non sono soltanto dell'India
Si chiude nello scontento la conferenza: ricatti sul carbone Gli accordi tra Usa e Ue i veri responsabili dell'intesa al ribasso
GLASGOW. Il nuovo giorno del Patto sul clima di Glasgow inizia sotto un cielo grigio e un persistente senso di sconforto. Tocca al primo ministro britannico Boris Johnson e al presidente della Cop26, Alok Sharma, serrare le fila e tentare di convincere il mondo che sì, la Cop26 è stata una «successo», «un risultato storico, il momento in cui si sono «suonate le campane a morto per l'energia a carbone». Come un mantra Johnson ripete più e più volte che l'obiettivo di limitare a 1,5° l'innalzamento della temperatura "è stato mantenuto». La Cop26, dice, ha messo «il mondo nella giusta direzione» nella lotta ai cambiamenti climatici, a dispetto dei «compromessi necessari per ottenere l'approvazione di 197 Stati». È vero: la partita da oggi si gioca su campo aperto e gli Stati verranno chiamati a sottoporre i propri piani nazionali per ridurre le emissioni ogni anno, anche se sarà la Cop di Sharm-el-Sheik 2022 a raccoglierne i frutti, se mai ce ne saranno. Ma nella sala di Downing Street è l'India il convitato di pietra. Senza nominarla mai, parlando dell'annacquamento dell'ultimo minuto della risoluzione sul carbone («riduzione» e non più «eliminazione»), Johnson pare tentennare, ma poi rivendica: «Possiamo fare pressioni, possiamo blandire, possiamo incoraggiare ma non possiamo costringere le nazioni sovrane a fare ciò che non desiderano». Il riferimento è al clamoroso colpo di scena di sabato sera, quando l'assemblea plenaria era pronta a firmare il Patto di Glasgow e a «relegare il carbone nella Storia», ma ha dovuto cedere al «ricatto» dell'India e modificare, al ribasso, il testo sui combustibili fossili. Da quel momento in avanti il mondo ha avuto il cattivo contro cui puntare il dito. Sono le parole di Alok Sharma ad aprire una finestra su chi sono i cattivi e chi i buoni della storia, quando spiega il degli occhi vicini alle lacrime dopo l'exploit dell'India: «Ho sentito il peso del mondo sulle mie spalle», dice, e «il motivo per cui ho chiesto scusa non è stato perché pensavo che non avessimo avuto un risultato storico, è perché il mondo pensava che la procedura fosse stata opaca». Ecco, la procedura opaca a cui si riferiva Sharma sono stati i negoziati «laterali» portati avanti nell'ombra dalle grandi economie mondiali (i grandi inquinatori) a scapito dei Paesi poveri - e del clima-, che alla fine hanno spedito l'India a fare la parte del «poliziotto cattivo», mentre Cina e Stati Uniti facevano i poliziotti buoni, con Sudafrica e sauditi silenti nelle retrovie. Ben prima dello strappo di sabato sera il compromesso al ribasso era già stato avallato dagli altri due principali inquinatori mondiali, Cina e Stati Uniti, che nel loro accordo bilaterale, avevano sì promesso di potenziare l'azione sul clima», ma «gradualmente», motivo per cui l'India è poi finita sul banco degli imputati. L'ultimo intervento in plenaria della Cina, pochi secondi prima dell'annuncio di New Delhi, ora assume un significato più chiaro: «Urlare slogan potrebbe provocare impatti negativi». Slogan tipo «stop ai combustibili fossili». La nuova intesa con Pechino-Washington, inoltre, conteneva un messaggio chiave, dicono fonti Usa: «Devi ridurre il carbone prima di potere eliminare il carbone». Ma l'opposizione indiana ha avuto diversi altri sponsor, ciascuno con un proprio movente: dall'Iran, alla Russia e l'Australia. Con il passare delle ore, del resto, anche molti osservatori hanno puntato esplicitamente il dito contro i potenti che si sono fatti scudo dell'India. Come Brandon Wu, di Action Aid Usa: «Il problema non è l'India; il problema sono gli Stati Uniti e i Paesi ricchi che si rifiutano di fissare l'uscita dai combustibili fossili nel contesto di un'equità globale». E ce n'è per tutti: anche l'Europa ha qualche peccato, e non di poco conto. Alla Cop il G77+Cina (alcuni Paesi in via di sviluppo più la Cina) aveva proposto la creazione del «Loss and damage facility», un fondo attraverso cui finanziare gli interventi per contenere i danni causati dalla crisi climatica. Sono stati Ue e Usa a opporsi, dopo un accordo sancito a porte chiuse.
Monica Perosino
Green&Blue - Clima - Che cosa cambierà dopo Cop26?
Domani a Roma l'evento organizzato dal content hub del gruppo Gedi All'Open Summit il confronto con i protagonisti del vertice di Glasgow
Cerchiamo sognatori. È questo l'obiettivo del primo Open Summit di Green&Blue, il content hub del gruppo Gedi dedicato ad ambiente e sostenibilità. Ad un anno dal lancio Green&Blue torna con un evento dal vivo in un momento unico: subito dopo la fine di Cop26. Come è andata davvero? Che ruolo ha avuto l'Italia? Cosa dobbiamo fare adesso? A queste domande l'Open Summit prova a rispondere dando voce a tutti i protagonisti: a quelli che erano a Glasgow nei palazzi dove si negoziavano gli accordi fra Stati (come il plenipotenziario americano John Kerry e il ministro Cingolani); ma anche agli attivisti che erano nelle piazze per reclamare "giustizia climatica"; ai ragazzi che raccontano la sostenibilità sui social (i famosi influencer) e a quelli che invece per contrastare il clima hanno lanciato una startup che proverà a diventare leader nel mondo nuovo che stiamo costruendo; agli scrittori che hanno scelto di combattere questa battaglia con le loro parole, come Jonathan Safran Foer e Amitav Ghosh, e agli artisti che ne fanno una bandiera come Alessandro Gassmann e gli Eugenio in via di Gioia. Ma un ruolo fondamentale all'Open Summit lo avranno gli scienziati, su tutti il premio Nobel per la Fisica 2021 Giorgio Parisi che davanti a quasi cento studenti, alle dieci in punto, farà una lezione eccezionale sul cambiamento climatico "spiegato ai ragazzi e ai loro genitori". Sarà quello forse il momento più emozionante dell'evento, ma non certo l'unico di rilievo: con la sottosegretaria Barbara Floridia si parlerà della mobilitazione verde nelle scuole promossa dal ministero; con Paola Mercogliano scopriremo gli scenari per l'Italia nel caso il riscaldamento globale non venga fermato; con Giovanna Melandri ed Ermete Realacci di come i capitali si stiano spostando verso la sostenibilità e delle aziende che già da tempo hanno fatto seriamente questa scelta (e a questo proposito Annalisa Muccioli e Katia Riva racconteranno come questa fase si vive dentro Eni e Atlantia; mentre l'amministratore delegato di Snam Marco Alverà ragionerà sul ruolo dei gas rinnovabili nella transizione energetica); infine il ministro Enrico Giovannini verrà a presentare il piano mobilità e il nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che ha appena annunciato di voler creare una struttura ad hoc, parlerà di come Roma diventerà una capitale "green and blue". E i sognatori? Saranno i veri protagonisti dell'evento che come video di lancio ha il formidabile discorso pronunciato da David Attenborough a Glasgow in occasione di Cop26, in particolare il passaggio quando ha detto che questa partita la vinceremo "con la speranza e non con la paura". Per questo anche Green&Blue ha deciso di provare a fare la sua parte lanciando due iniziative che puntano a favorire e a sostenere la nascita di startup che abbiano come obiettivo il contrasto al cambiamento climatico. La prima iniziativa è una partnership con Junior Achievement, 102 anni di storia, la più importante organizzazione no profit al mondo dedicata a far crescere l'imprenditorialità già fra i banchi di scuola. E quindi migliaia di studenti dell'ultimo anno di superiori nei prossimi mesi potranno partecipare ad una "climate challenge" per progettare la startup che intendono lanciare dopo la scuola. La seconda iniziativa guarda al mondo delle università e in particolare al Premio Nazionale Innovazione PNI Cube, da diciannove anni il punto di arrivo di una gara per startup che coinvolge tutte le università su base regionale attraverso delle Start Cup. Ai quattro tradizionali premi il prossimo anno verrà aggiunta una quinta categoria "Green&Blue" per le startup universitarie che proveranno a usare la tecnologia per contrastare il cambiamento climatico. Come ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi aprendo Cop26: "I soldi non sono un problema". Servono le idee. Cerchiamo sognatori.
RICCARDO LUNA
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 novembre 2021
Patto in Adriatico Italia-Croazia pesca vietata in un'area di 130 km
È una zona vitale per la riproduzione di moltissime specie ittiche. I limiti vanno dall'isola di Zirje a Ortona, e fulcro nella Fossa di Pomo. Ambientalisti soddisfatti
Spalato. Un'ottima notizia per i pescatori professionisti italiani e croati e per coloro che hanno a cuore le sorti dell'Adriatico: la Commissione generale per la Pesca nel Mediterraneo ha deciso che l'attuale sistema restrittivo e provvisorio per le attività alieutiche nella Fossa di Pomo abbia durata permanente. È quanto comunicato dall'organizzazione World Wildlife Fund, che ha salutato quanto deliberato dalla Commissione per questa vasta area del mare Adriatico, compresa tra l'isola croata di Zirje e la città italiana di Ortona, per una lunghezza di 130 chilometri. Si tratta di una zona di importanza vitale per la riproduzione di diverse specie, come naselli, scampi, rane pescatrici, moscardini e altri pesci, molluschi e crostacei, che le autorità italiane e croate hanno voluto giustamente - e saggiamente - tutelare dalla pesca intensiva, ottenendo splendidi risultati in capo ad un paio d'anni. Lo ha sottolineato all'agenzia croata Hina il rappresentante Wwf presso la predetta Commissione generale, l'ambientalista croato Mosor Prvan. «Il regime di pesca introdotto alcuni anni or sono - ha detto - si sta rivelando fondamentale per gli stock di varie specie nelle acque di Pomo. Abbiamo una crescita consistente della biomassa di scampi e naselli, per la soddisfazione dei pescatori di entrambi i Paesi. Il giro di vite voluto tempo fa ha giovato anche ad altre specie presenti intorno all'isolotto e dunque la tutela permanente ordinata nella 44esima seduta della Commissione generale per la Pesca nel Mediterraneo è stata una mossa logica e bene accetta da tutte le parti in causa». Ha aggiunto che quest'area transfrontaliera tra Italia e Croazia riuscirà anche in futuro a sfornare sicuramente risultati incoraggianti per i pescatori in azione nelle zone contermini della Fossa. Nella riunione dell'organismo facente parte della Fao sono stati inoltre approvati i piani pluriennali di prelievo sostenibile delle risorse marine, in primis dei piccoli stock bentonici e pelagici in Adriatico. In merito c'è stato un comunicato di Wwf Adria (ne fa parte lo stesso Prvan), che ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito ad emanare regolamenti atti a proteggere le ricchezze dell'Adriatico, mare messo a dura prova negli ultimi decenni da una pesca insostenibile. «Soltanto grazie a comportamenti responsabili, a decisioni severe ma preziose nei tempi che verranno, potremo continuare a prendere dall'Adriatico parte del suo patrimonio faunistico, permettendo che le sue biomasse si rigenerino. Solo agendo così, si potrà anche rispettare la grande tradizione alieutica dei croati. La collaborazione tra autorità ed esperti di Italia e Croazia in merito alla Fossa di Pomo dovrebbe essere da esempio anche per altre zone del Mediterraneo», ha concluso Wwf Adria.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - OVOVIA - Il progetto - Meglio altre soluzioni
L'associazione Triestebella concorda con l'ingegner Bernetti sul fatto che le cabine dell'ovovia sarebbero molto più frequenti di un bus o del tram: si attenderebbe da 0 a 20 secondi rispetto a un tempo di attesa da 0 a 20 minuti, salvo casi di grande afflusso, avendo le cabine una capienza limitata. Ci rende perplessi l'affermazione che non sarebbero tagliati degli alberi: di norma sotto i percorsi delle cabinovie sono fatte delle tagliate eliminando gli alberi per una larga fascia, con un effetto non bello paesaggisticamente e con una riduzione di superficie boscata. Un'altra area boscata dovrebbe sparire per far posto alla stazione di arrivo e al parcheggio. L'ovovia, dopo un lento percorso che piacerebbe ai turisti, ma meno a chi l'userebbe come mezzo di trasporto, arriverebbe a Campo Romano, fuori di Opicina. Come avverrebbe il collegamento fra Opicina e Campo Romano? Con un bus ogni 20 minuti? Va poi considerato che la stazione di partenza dell'ovovia sarebbe dentro il Porto vecchio, non esattamente in centro, mentre le partenze della linea 2 e del tram sono più centrali. La Teleferica di Barcellona, che con un percorso di 750 metri porta sul Montjuic, costa 8,90 euro sola andata e 13,50 andata e ritorno! Quanto costerà un biglietto della nostra ovovia? E che servizio pubblico può dare l'ovovia dovendo restare ferma nei giorni di bora stimati in 25 all'anno? Noi pensiamo che sarebbe più utile ripristinare il simpatico trenino del Porto vecchio o istituire un tram e sarebbe bello se arrivasse sino a Barcola come era una volta. Sperando che nel frattempo il tram de Opcina riprenda a funzionare.
Roberto Barocchi, associazione Triestebella
SEGNALAZIONI - Trasporti - L'alternativa all'ovovia
È una bella idea quella dell'ovovia, ma non per Trieste. A Barcellona c'è un bell'esempio di teleferica che va dal porto alla collina di Montjuic. Serve per i turisti. Ma Barcellona non ha la bora. La corrente di vento adiabatica scende impetuosa giù dal costone fino al mar e addio cabina. Poi come rilevato passerebbe per il Porto vecchio ad una altezza di una decina di metri tra edifici-magazzini con un rumore di carrucole e cavi fastidioso per i futuri residenti. È poi scarsa la convenienza economica e l'affluenza, e anche Campo romano è una spianata in piena bora. Destiniamo la quarantina di milioni per qualche altro progetto per esempio una linea tranviaria monorotaia che colleghi Trieste a Muggia passante per la città, come a Padova o a Mestre, un giusto coronamento per il nostro attuale sindaco e che lo fu anche di Muggia. Se si vuole collegare l'Altipiano Ovest con la città, perché non una nuova linea tranviaria con tratto elicoidale in galleria e che atterri a Barcola e prosegua nel Porto vecchio fino al Molo quarto? Ecco esistono più idee. Si scelga.
Piero Zanon
IL PICCOLO - SABATO, 13 novembre 2021
Clima, l'attivista Segantin: «A Glasgow aperto un dialogo con la politica» - L'incontro dell'Accri ieri sera al Knulp
Si è parlato di ambiente nel tardi pomeriggio di ieri al bar Knulp. Organizzato dall'Accri (Associazione di Cooperazione Cristiana Internazionale), l'incontro ha visto la presenza della scrittrice e attivista ecologica Sara Segantin, di ritorno direttamente dal Cop26 di Glasgow, e di Dario Gasparo, biologo e docente triestino. Partendo dalle loro esperienze, i due hanno raccontato ai numerosi giovani accorsi quanto sia importante prendere una posizione per promuovere la salvaguardia ambientale. «Grazie ai viaggi e ai confronti ai quali ho assistito - spiega Sara Segantin - mi sono resa conto di quanto sia necessario comprendere che il problema del clima è sì globale ma anche territoriale». Lucida la sua analisi sul risultato dell'incontro sul clima: «La politica e noi attivisti partiamo da strade radicalmente diverse, ma almeno adesso si inizia a parlare di trovare delle soluzioni. È tardi ma è un significativo passo in avanti rispetto al non riconoscere nemmeno il problema del cambiamento climatico». La serata è proseguita con la descrizione delle iniziative di Dario Gasparo anni, sia a Trieste che nel resto della Regione.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - VENERDI', 12 novembre 2021
Miramare, due giorni di festa per i 35 anni della Riserva
La ricorrenza sarà celebrata nel weekend con laboratori "speciali" dedicati alle famiglie
L'Area marina protetta di Miramare taglia un importante traguardo. La primogenita delle riserve marine italiane compie infatti 35 anni. E la festa di compleanno, a cui sono invitate tutte le famiglie, durerà due giorni, scanditi da laboratori creativi per bambini, giochi per ragazzi, passeggiate, visite guidate e percorsi a tema (il programma completo sul sito www.ampmiramare.it). Era il 12 novembre 1986, infatti, quando nel Golfo di Trieste sorgeva la prima delle aree protette, insieme a quella di Ustica, ad essere istituita dal Ministero dell'Ambiente che ne affidò la gestione al Wwf Italia. In tre decenni e mezzo il parco marino nato per preservare un fazzoletto di mare ad altissima biodiversità ha raggiunto lo status d'istituzione riconosciuta a livello nazionale e mediterraneo. «Oggi - commenta il direttore dell'Amp, Maurizio Spoto - pur con la dovuta attenzione alla sicurezza e le necessarie limitazioni, questi 35 anni abbiamo proprio voglia di festeggiarli. Perché sono stati anni intensi, dedicati alla conservazione della spiaggia, degli habitat sommersi e delle tantissime specie che li popolano; al monitoraggio costante e alle attività scientifiche svolte in collaborazione con enti di ricerca e istituzioni scientifiche e, soprattutto, all'educazione e alla divulgazione, con laboratori, centri estivi ed escursioni che ci hanno permesso di raccontare il mare a generazioni di studenti, bambini e ragazzi transitati dal nostro Centro di educazione ambientale, prima in Castelletto e poi alle Scuderie di Miramare. Per celebrare la ricorrenza, l'Amp ha organizzato una serie di appuntamenti, gratuiti grazie al sostegno della Regione. Nella mattina di domani è in programma una passeggiata per adulti alla scoperta dei marangoni dal ciuffo che proprio in questi giorni hanno iniziato i corteggiamenti in previsione della partenza per l'Istria e Dalmazia dove andranno a nidificare. Quindi i bambini dai 5 anni andranno alla ricerca di spunti musicali offerti dalla natura capaci di ispirare una melodia da suonare con strumenti realizzati con oggetti di recupero e materiali naturali. È prevista poi una visita al BioMa per adulti e famiglie (che verrà riproposta nel pomeriggio di domenica) nel corso della quale sarà possibile "immergersi" negli ambienti del golfo, tra ricostruzioni della scogliera e dei fondali, animali a grandezza naturale, docce acustiche, un tunnel del mare caratterizzato dal fenomeno della bioluminescenza e un acquario "touch tank". Nel pomeriggio, in un laboratorio i bambini dai 6 ai 10 anni impareranno a conoscere le specie che popolano la riserva e, per conservare un ricordo dell'estate, ricostruiranno una riserva in scatola usando cartoncino, forbici e colla. Al BioMa si parlerà infine di mimetismo degli organismi marini con adulti e famiglie. Nella giornata di domenica, invece, i bambini dai 5 ai 10 anni dovranno scattare una foto ricordo nella spiaggetta da custodire in una cornice decorata a tema marino realizzata con materiale di recupero. Un percorso in BioMa per adulti e famiglie sarà poi incentrato sugli organismi velenosi, tossici o addirittura mortali, che popolano il nostro mare. Partecipando a una partita a squadre per famiglie con bambini dagli 8 anni a GnAmp, il nuovo ecogioco di carte realizzato dall'Amp, si potrà capire infine come funziona una catena alimentare marina. Tutte le attività sono gratuite, ma la prenotazione obbligatoria, inviando una richiesta a info@ampmiramare.it entro oggi alle 15. Da rimarcare infine che per tutto questo intenso fine settimana l'accesso al BioMa (obbligatorio esibire la certificazione del Green pass) sarà gratuito negli orari 9.30-13.30 e 14-18.
Gianfranco Terzoli
Il centro didattico - la struttura
Archiviata la ventennale esperienza al Castelletto, sede del primo Centro visite della riserva, nel 2018 è stato aperto al pubblico il Biodiversitario marino. Museo immersivo dedicato alla biodiversità di habitat e specie del golfo, il BioMa è soprattutto un centro didattico per le scuole che aderiscono ai progetti educativi dell'Area marina protetta e per gli snorkeling estivi dedicati alla ricca scoperta della biodiversità sommersa di queste zone.
La "Pinna nobilis" - la specie a rischio
Una delle specie oggetto dell'azione di monitoraggio e conservazione dell'Amp è il grande mollusco bivalve Pinna nobilis, vittima da alcuni anni di un'epidemia che rischia di condurlo all'estinzione. Alle campagne periodiche di monitoraggio svolte dai ricercatori della riserva in tutto il golfo si sta affiancando ora l'avvio di azioni di allevamento in stabulario e successiva reintroduzione in natura di questa specie endemica del Mediterraneo.
La riforestazione - il progetto
Monitoraggi, ricerca e ripristino: sono queste le azioni condotte dalla riserva per la ricostruzione delle foreste marine a Cystoseira, un'alga bruna da alcuni anni in forte regressione in tutto il golfo. Con il progetto RocPop-Life i ricercatori di Miramare, insieme all'Università di Trieste e ad altre istituzioni scientifiche, hanno avviato un'azione per riforestare i fondali della riserva, ripristinando habitat fondamentali per l'intero ecosistema marino.
"MareDireFare" - il festival
Raccontare il mare in tutte le sue sfaccettature, utilizzando i linguaggi della scienza, dell'arte e della letteratura. Con l'avvio del Decennio degli oceani proclamato dall'Organizzazione delle Nazioni unite, sia l'Amp che l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale hanno lanciato quest'anno il festival "MareDireFare", organizzando eventi diffusi in città e a Miramare. La seconda edizione si svolgerà nella primavera del prossimo anno.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 novembre 2021
L'opposizione boccia Dipiazza sulle opere e sul Porto vecchio
M5s, Partito democratico e Adesso Trieste all'attacco del piano del sindaco Nel mirino la bassa partecipazione e la mancanza di programmazione
«Inconcludente». L'opposizione in Consiglio comunale boccia il prospetto delle opere dei prossimi mesi fatto dal sindaco Roberto Dipiazza sulle pagine de Il Piccolo. Per il Partito democratico lamenta la «mancanza assoluta di una programmazione seria», mentre Adesso Trieste chiede un vero percorso di partecipazione per gli interventi a Servola e San Giovanni, ma chiede anche che il Comune faccia un passo indietro rispetto all'idea del nuovo "Pirellone" regionale in Porto vecchio. Su questo tema il Movimento 5 Stelle ricorda la sua ferma contrarietà all'idea. Il capogruppo di Adesso Trieste Riccardo Laterza solleva, tra gli altri, due punti critici. Il primo riguarda i progetti che hanno visto arrivare finanziamenti statali ed europei per i rioni di San Giovanni e Servola: «Ci aspettiamo un coinvolgimento reale della cittadinanza, esattamente ciò che non è avvenuto per l'inutile e insostenibile progetto dell'ovovia. Il rischio altrimenti è quello di fare danni più che migliorare la qualità della vita delle persone». Laterza commenta anche l'impasse in cui Comune e Regione si trovano dopo l'accantonamento dell'accordo che prevedeva il passaggio dei magazzini 3 e 4 all'ente regionale: «L'opzione del trasferimento della Regione in Porto Vecchio si rivela, com'è sempre stata, illogica non solo da un punto di vista strategico ma anche economico. Il Comune faccia un passo indietro e apra un reale confronto sul futuro dell'area». La segretaria provinciale e consigliera comunale del Partito democratico Laura Famulari commenta: «Sarebbe bellissimo riuscire a credere a Dipiazza, inforcare i suoi occhiali magici e vedere il mondo che ci racconta. Purtroppo la realtà presenta il conto e l'inconcludenza del suo primo mandato non dice niente di buono su quello che comincia ora». Secondo Famulari i problemi in tavole al momento non sono sul punto di risolversi, tanto meno per merito del Comune: «Bastano un paio di casi esemplari, la piscina terapeutica, il tram, la galleria, per capire che Dipiazza continuerà a improvvisare, a cambiare idea, e sui temi strategici ad andare a rimorchio, salvo poi vantarsi di aver fatto tutto lui. La mancanza assoluta di una programmazione seria fa sì che gli elenchi delle opere di Dipiazza siano la lista dei suoi desideri. E poi magari finisce che fa un parcheggio. Ma i soldi non servono solo a fare piloni e gettate di cemento». L'invito della segretaria dem è quindi a colmare le carenze nell'organico dell'ente così da migliorarne l'efficienza: «Il sindaco pensi a risolvere il problema della mancanza di personale, assuma e faccia funzionare una macchina comunale sempre più esausta, e poi si dia precise priorità e obiettivi chiari per la città come sistema». Famulari conclude con un ultimo esempio: «Le scuole di Trieste. I ragazzi attendono ancora di essere trasferiti in via Tigor. Sarebbe un dramma se, con tanti soldi, Dipiazza continuasse a tirare a campare». La consigliera pentastellata Alessandra Richetti, già candidata sindaco all'ultima tornata elettorale, dice: «A proposito delle opere: Dipiazza è ormai solito fare annunci trionfalistici e autocelebrativi per ogni cantiere che apre, che puntualmente si interrompe e non si conclude! Inutile fare l'ennesimo elenco delle opere irrisolte, ma è opportuno ricordare i tanti bandi persi per mancanza di progettualità e l'imbarazzante spostamento di fondi da un capitolo di spesa all'altro utile soltanto a farsi pubblicità più volte». Quanto all'Antico scalo, Richetti ricorda: «L'operazione della Regione in Porto vecchio ci aveva visto contrari, specialmente se si riduce a svuotare un edificio creando un nuovo "buco nero" in città».
Giovanni Tomasin
Piazza Unità sott'acqua entro la fine del secolo e le arance sul Carso per effetto del clima
Alcuni scenari ipotizzati ieri nel convegno nel palazzo della Regione alla presenza del climatologo dell'Ictp Premio Nobel Filippo Giorgi
Piazza Unità sott'acqua, ma anche Grado e Lignano mentre in Carso si coltiveranno le arance anziché l'uva. Sono le nefaste conseguenze che a lungo andare il cambiamento climatico eserciterà anche sul territorio del Friuli Venezia Giulia. Ne hanno dato conto gli esperti riuniti ieri all'incontro "COP26: da Glasgow al Friuli Venezia Giulia, gli effetti del cambiamento climatico sul nostro mare" , organizzato dalla Regione Fvg assieme ad Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Fvg (Arpa) e l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) nel palazzo della Regione. Ospite d'eccellenza il climatologo Premio Nobel Filippo Giorgi. Le soluzioni, per il direttore della sezione di Fisica della Terra del Centro Internazionale di Fisica Teorica, esistono, bisogna metterle in atto attraverso un sostanziale cambio di rotta. Ovvero: decarbonizzare ed elettrificare il sistema energetico, attuare un'economia circolare e a chilometro zero, ridurre gli sprechi alimentari e gli allevamenti intensivi oltre a promuovere la riforestazione e prima ancora bloccare la deforestazione. Il suo discorso rappresenta anche un monito ai big della Terra: il percorso verso l'obiettivo zero netto di emissioni entro il 2050 deve essere attuato con gradualità, perché, ha sottolineato «conta la traiettoria, altrimenti sarà più difficile il traguardo». Stessi big della Terra che ora sono riuniti a Glasgow, alle prese con la bozza della Conferenza delle parti numero 26, a un tavolo cui però Giorgi crede poco: «Tante promesse spesso non sono state mantenute dopo queste iniziative». Prima Parigi, e ora Glasgow, sono invece per l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro - che ha aperto i lavori prima dei saluti del sindaco Roberto Dipiazza - lo spunto per organizzare «gli "Stati Generali dello sviluppo sostenibile dell'alto Adriatico e del centro Europa'", l'evento in cui riunire anche i Paesi vicini e arrivare alla firma del "Memorandum di Trieste" nel settembre 2022. «Solo attraverso un confronto con le Regioni e gli Stati limitrofi della Mitteleuropa - ha detto - potremo delineare una visione di sviluppo integrata su temi quali l'energia, il clima, la lotta all'inquinamento marino, la difesa della biodiversità e dell'ambiente in generale, considerato che l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e le alterazioni degli ecosistemi, non conoscono confini». Nell'attesa del documento d'intesa bisogna alzare la guardia, perché i fenomeni ad alto impatto per la terra sono già in corso, anche in regione. A partire dalla siccità, come ha spiegato Andrea Cicogna, dell'osservatorio meteorologico di Arpa Fvg. Ma ci sono anche le gelate anticipate. «Nel corso di questi ultimi sessant'anni - ha spiegato - le colture da frutto tendono a risvegliarsi prima, con una proiezione di un anticipo di quattro giorni ogni dieci anni, fino a un mese entro il 2100,- perché gli inverni sono più miti». Con la conseguenza che il Carso sarà più adatto per la coltivazione di arance anziché di uva. E poi c'è il capitolo «piogge intense, sempre in aumento, soprattutto nelle zone delle Prealpi Giulie e carniche». Per la glaciologa dell'Ogs Florence Colleoni il problema, causa aumento di temperature, è invece lo scioglimento dell'Antartide e della Groenlandia, che provoca l'innalzamento del livello del mare: a Trieste le proiezioni parlano, come scenario peggiore, di un aumento fino a 70 centimetri entro il 21esimo secolo che si traduce in molo Audace sotto acqua e piazza Unità allagate con sempre più frequenza. Non resta indenne dal cambiamento climatico ovviamente il mare. L'ecologo Cosimo Solidoro, direttore della sezione di Oceanografia dell'Ogs, ha parlato di alterazioni importanti dell'ecosistema marino, in parte già osservabili con la presenza di nuove specie.
Benedetta Moro
Legambiente punta il dito sul trasporto pubblico e sui pochi pannelli solari
Ombre ma anche luci dal rapporto 2021 sull'ecosistema urbano Dalla buona dotazione di aree verdi all'inquinamento transfrontaliero
«L'offerta di trasporto pubblico (km-vettura/abitante/anno) è rimasta pressoché stazionaria dal 2004, risultando la più bassa della regione».È solo una delle criticità emerse dal rapporto annuale di Legambiente sullo stato dell'ambiente a Gorizia: i dati raccolti riguardano il 2020, e la relazione parla di «luci e ombre», laddove di positivo c'è la discreta qualità dell'aria in centro, sebbene non siano stati forniti dati riguardanti quelli che Legambiente definisce «i quartieri periferici problematici», nonché la buona dotazione di alberi e di aree verdi pubbliche per abitante. Non ci siamo invece su diversi altri punti: dispersione idrica, mancanza di un Piano urbano per la mobilità sostenibile, raccolta differenziata sotto la media nazionale, scarsi impianti solari su edifici comunali e peggioramento dell'indice di efficienza dell'uso del suolo a fronte di una popolazione in calo. Non mancano anche problematiche di natura transnazionale, e Legambiente chiede l'istituzione all'interno del Gect di un «tavolo tecnico transfrontaliero per discutere di problematiche ambientali di interesse comune quali inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo e odori molesti di provenienza ignota». La realtà associativa inoltre chiede che l'amministrazione comunale si faccia carico di iniziative a favore della lotta contro il cambiamento climatico riprendendo in mano il Patto dei sindaci per il clima e l'energia sottoscritto dall'allora primo cittadino Ettore Romoli e poi, sempre secondo Legambiente, «rimasto lettera morta». Il dato generale per il 2020 è in chiaroscuro: Gorizia da un lato sale di un punto nella classifica ambientale generale passando dal 33° al 32° posto, ma dall'altro resta quarta a livello regionale, dietro Pordenone, 5, Trieste, 12° e Udine, 13°. Come a dire: il piccolo passo in avanti fatto non può bastare. Tra i 18 indici calcolati nella graduatoria, Legambiente evidenzia come per quel che riguarda la qualità dell'aria i valori di ozono sono rimasti «sempre al di sotto dei limiti indicati dall'Oms»", un risultato positivo ottenuto «probabilmente grazie ai lunghi periodi di lockdown», mentre «la concentrazione di polveri sottili invece è risultata in lieve aumento». La produzione di rifiuti vede un aumento di 14 chilogrammi procapite, arrivando alla quota di 493/kg/abitante, poco sotto la media italiana di 514/kg/ab. Insoddisfazione da parte di Legambiente per la percentuale di raccolta differenziata, pari al 64, 3%" che «rimane al di sotto del 65% fissato come obiettivo di legge». Sul fronte mobilità, detto dell'offerta di trasporto pubblico sostanzialmente immutata dal 2004, migliora l'estensione dei percorsi ciclabili, salita di 0, 40 metri equivalenti per cento abitanti arrivando a 7, 25 metri equivalenti, livello ritenuto da Legambiente «comunque molto basso». Le isole pedonali, calcolate in metri quadri per abitante, sono restate invariate. Cresciuto lievemente, da 137 a 139, 6 mq/abitante, il verde fruibile in città.
Matteo Femia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 novembre 2021
Opere, Dipiazza accelera «Abbiamo da spendere fondi per 200 milioni»
Il sindaco fa il punto nave dell'inizio mandato. Roiano e Centro di calcolo tra le note positive. Galleria Foraggi: «Ho convocato la ditta, bisogna partire»
Il quarto mandato ha ormai ingranato la marcia, la giunta è pronta, e Roberto Dipiazza ha molto da fare. I soldi per le opere non mancano - «abbiamo 200 milioni cash da spendere per la città, è qualcosa di inedito», dice - come non mancano le beghe da superare: l'eterno Tram, che il sindaco spera di poter presentare ai cittadini a febbraio, i lavori alla galleria di piazza Foraggi, ora piagati pure dal rincaro delle materie prime, o il passaggio dei magazzini 2 e 4 del Porto vecchio alla Regione, su cui incombe il nodo non trascurabile dei soldi necessari ad acquistarli. È, insomma, il momento per un punto nave con il primo cittadino. Il sindaco siede nel suo ufficio di piazza Unità, l'umore piuttosto euforico. Sulla scrivania c'è un inserto del Corriere della Sera con un pezzo dedicato a lui medesimo, lo mostra: «Ormai siamo una notizia nazionale, ci cercano tutti i media», commenta Dipiazza, poi chiede al suo capo di gabinetto: «Quante telefonate hai ricevuto solo stamattina?». «Dodici», risponde quello dal divanetto. Tanta attenzione è meritata, prosegue il sindaco: «Fra Pnrr, Porto vecchio, i lavori in città da Foraggi a Roiano, abbiamo 170 milioni pronti da spendere in opere». L'elenco è lungo, e include tra gli altri i 33 milioni per il Museo del Mare, i 10 per la strada in Porto vecchio, uno per i campi da Paddle, 5 per Roiano, 9 per la galleria di piazza Foraggi, 2 per il Tram, uno per la Tripcovich, 5 per l'ex meccanografico, 2 per la palestra di San Giovanni, 12 per la biblioteca di palazzo Biserini, 48 d'ovovia e 40 del Pnrr per l'infrastrutturazione del Porto vecchio. Chiosa il sindaco: «Se aggiungiamo gli altri 30 avuti per le scuole, superiamo i 200 milioni. Poi faremo anche tante altre cose, ma già spendere questi è un mandato intero». Tanti cantieri sono ormai in stato avanzato, spiega il primo cittadino: «Quello dell'ex caserma della stradale di Roiano mi dà molta soddisfazione, procedono a passo molto spedito, ormai siamo ai mattoni». Altri stanno partendo proprio in questi giorni: «Abbiamo aggiudicato l'appalto per la nuova sede di Esatto all'ex Meccanografico di Campo Marzio: lavori da cinque milioni, ha vinto Riccesi. Parte adesso. Stiamo anche facendo le riunioni per spostare l'ortofrutticolo, perché quella diventa un'area di alto pregio». Altri lavori continuano invece a dare dei problemi. La speranza del Comune è di aver risolto la rogna del Tram (vedi box), ma per galleria Foraggi arrivano nuovi inconvenienti: il rincaro delle materie prime ha fatto aumentare in modo rilevante il costo dell'intera operazione. Siccome è ormai prossima la consegna della prima tranche da due milioni alla ditta appaltatrice da parte del Comune, Dipiazza ha convocato i responsabili della società: «Voglio che il cantiere proceda, vediamo cosa mi dicono». Il primo cittadino conta di poter sbloccare anche altre due partite, attualmente ferme in Regione. La prima è quella del comprensorio della Fiera, acquisito per 12 milioni dal gruppo austriaco Mid Holding nel 2017. Dovrebbe diventare uno spazio commerciale, ma è ancora ferma: «Oltre i 1500 metri quadrati la pratica deve passare in Regione - dice Dipiazza - ma siamo vicini allo sblocco». Stessa questione si applica al tema del Silos, alle soglie dell'antico scalo: «Stiamo andando avanti, mancano ormai le ultime pratiche per mettere Coop in condizione di venderlo».Dipiazza alza le spalle di fronte alle critiche sul tema dell'ovovia: «Il consigliere Pd Stefano Ukmar fa notare che opere simili ci sono a Barcellona, Dubrovnik, Porto, Madrid eccetera, mentre a Trieste come al solito non si può. Mi sembra una posizione intelligente la sua. Al di là delle polemiche, ora l'importante è presentare bene il progetto alla popolazione e confrontarsi, poi decideremo il da farsi». E poi ci sono ancora mille altri temi: i rioni (vedi box), la terapeutica (vedi box), il Consorzio Ursus e chi più ne ha più ne metta. Lavoro ce n'è, ma Dipiazza si sente che 'sto mandato parte bene: «È un momento buono perché ma possiamo fare molto da subito. Io voglio impostare tutto all'inizio, poi anin che varin fortune», ride.
Giovanni Tomasin
In vendita ex caserme ma anche case e locali
Le strutture militari abbandonate e prese di mira dai vandali si trovano fra Aurisina, Monrupino, Pese e Muggia- gli immobili messi all'asta dal Demanio
Nuova infornata di beni in vendita da parte del Demanio in provincia di Trieste. Tra questi ex caserme che nelle tornate precedenti non erano state messe sul mercato, sei in tutto, per un valore complessivo di oltre un milione di euro. Agli ex spazi militari si aggiungono due appartamenti, un locale, un box auto e un terreno, per ulteriori 445mila euro circa. Gli annunci sono stati pubblicati lunedì scorso, la scadenza per le offerte è fissata a metà dicembre. Un mese circa a disposizione per chi punta ad accaparrarsi beni che molto spesso sono in disuso da tempo. Partendo dalle caserme c'è quella della Guardia di Finanza di Aurisina Cave, 700 metri quadrati interni più spazi esterni, al costo di 227mila euro, in uno stato manutentivo definito pessimo. Anche l'edificio in vendita a Muggia, in via Flavia di Stramare, veniva utilizzato dalla Guardia di Finanza, un comprensorio costituito da un edificio principale, da un garage e da un deposito, per circa 1300 metri quadrati, oltre a un giardino, e anche qui lo stato dell'immobile è indicato come pessimo. Prezzo di base 199.400 euro. In località Pese un'altra caserma ancora attende un nuovo acquirente, anche questa volta apparteneva alla Gdf e comprende due unità immobiliari con accessi separati ma facenti parti di un unico corpo di fabbrica e un'area scoperta di pertinenza, 919 metri quadrati a 141mila euro. Era adibito a caserma della Polizia di Frontiera il fabbricato di Draga Sant'Elia da 877 metri quadrati, a 166.230 euro, con una zona all'aperto e pure qui, come i casi citati prima, con ingenti lavori di ristrutturazione necessari. Su strada della Rosandra ecco in vendita un altro spazio ex Gdf, 1170 metri quadrati a 252.690 euro, caserma più un'autorimessa e un ampio ambiente esterno. Quella che versa in condizioni peggiori, osservando le foto pubblicate sull'annuncio di vendita, è quella di Monrupino, pesantemente danneggiata sia fuori che dentro, 866 metri quadrati a 184.115 euro. Era una casera dei Carabinieri. In molti immobili è richiesto al futuro proprietario un aggiornamento catastale e l'eventuale rimozione degli oggetti ancora rimasti all'interno, anche se quasi tutti gli edifici ormai risultano vuoti. Ma se le caserme sono abbandonate da anni, alle volte prese di mira anche dai vandali, si trovano in condizioni migliori gli altri immobili di diverso tipo che finiranno all'asta alla fine dell'anno. È il caso di un appartamento in via Udine, da 188.500 euro, uno a Duino, da 126.500 euro e un altro in via Pirano, da 43.050. C'è anche un terreno a Muggia, in via Frausin, a poco più di 7mila euro, un box auto in via Canciani, da 18.600 euro, e un ex locale in via Udine, composto da locale bar, cucina, sala da pranzo e wc, a 61.550 e all'interno dalle immagini si vedono ancora tutti gli arredi rimasti.
Micol Brusaferro
Strade più sicure a San Vito con lavori per mezzo milione
Il primo intervento del neoassessore comunale Savino interessa la zona di via Locchi. «Aiuole spartitraffico e attraversamenti protetti»
Mezzo milione di euro per migliorare la sicurezza delle strade e soprattutto quella dei pedoni nel rione di San Vito. È il primo atto del neo assessore comunale Sandra Savino, in base alle deleghe a pianificazione territoriale, strade e viabilità. I primi lavori sono già iniziati su via Locchi nei giorni scorsi, con nuove aiuole spartitraffico, per la realizzazione di attraversamenti protetti, e si concluderanno a breve. Saranno utili in particolare ai tanti bambini e ragazzi che si spostano nella zona, tra il grande plesso scolastico di Campi Elisi e il vicino ricreatorio De Amicis. Aree simili, per agevolare il passaggio delle persone in tutta tranquillità sulla strada, sono già presenti in diverse vie della città, come sulla stessa via Locchi, all'altezza del supermercato, ma anche in via Revoltella o in viale Miramare. «Gli interventi lungo la via Locchi e la via Carli - precisa Savino - rientrano nel "Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro" finanziato in parte dal Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del Mare e in parte dal Comune di Trieste. Il progetto prevede 13 interventi finalizzati a migliorare, dal punto di vista della sicurezza, le attuali condizioni di mobilità e circolazione veicolare lungo le strade comunali». I lavori avviati e quelli programmati sono stati individuati sulla base dell'analisi delle richieste e delle segnalazioni pervenute all'amministrazione comunale, come ad esempio quelle inoltrate dalle circoscrizioni territoriali, dai cittadini, dai residenti e commercianti presenti nella zona interessata dai cantieri. «Si è tenuto conto - spiega Savino - delle verifiche di fattibilità tecnica degli interventi e dell'opportunità di accoglimento delle sopraccitate richieste». La spesa complessiva prevista ammonta, come detto, a 500mila euro. Nel dettaglio delle opere, in via Locchi, in corrispondenza di via Maestri del lavoro, è in fase di costruzione un'isola spartitraffico centrale alla carreggiata, finalizzata a creare uno spazio protetto per i pedoni. «L'attraversamento pedonale - aggiunge l'assessore - sarà di tipo sfalsato. Saranno realizzati gli abbassamenti dei marciapiedi con l'intento di abbattere le barriere architettoniche e introdurre le pavimentazioni tattilo plantari. È prevista l'apposizione di segnaletica verticale, con segnali di localizzazione degli attraversamenti pedonali con luci lampeggianti». Sempre in via Locchi, ma all'incrocio con via Carli, è già a buon punto un'isola spartitraffico centrale alla carreggiata, sempre con l'obiettivo di creare uno spazio protetto per i pedoni. «L'attraversamento pedonale - sottolinea Savino - sarà di tipo lineare. Anche in questo caso saranno realizzati gli abbassamenti dei marciapiedi per l'abbattimento delle barriere architettoniche e le pavimentazioni tattilo plantari, e segnali di localizzazione attraversamenti pedonali con luci lampeggianti». Infine è previsto il rifacimento del marciapiede della via Carli nel tratto tra la via Locchi e la via Ressel e della stessa via Ressel, dal lato d'ingresso del ricreatorio. Qui si sviluppa il percorso del Pedibus, seguito dagli alunni che si spostano dalla scuola Morpurgo al De Amicis. I lavori si concluderanno già in questi giorni, mentre la segnaletica orizzontale sarà ultimata nelle prossime settimane.
Micol Brusaferro
Via libera dell'Asugi a parte delle cozze locali - la Revoca progressiva dei divieti in diverse zone
MUGGIA. Revocato dal Dipartimento di prevenzione dell'Asugi il divieto di raccolta e immissione sul mercato di molluschi bivalvi, i famosi "pedoci", ricadenti nell'area contrassegnata come "02Ts", in quanto i requisiti sanitari sono risultati nuovamente conformi alla normativa alimentare. Questo è ciò che è emerso dai risultati di due test consecutivi e che in entrambi i casi hanno segnato un valore inferiore rispetto ai limiti prescritti. Il primo campionamento è stato registrato il 27 settembre, il secondo il 18 ottobre, e sono stati eseguiti entrambi dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie e da cui è risultato che il parametro di acido okadaico presente nei molluschi, motivo della chiusura, è rientrato nella norma. Resta, invece, chiusa, dalla fine di settembre, l'altra zona muggesana, quella a ridosso del confine con la Slovenia, la "01Ts" di Lazzaretto. L'acido okadaico è una tossina che si accumula nelle spugne e nei molluschi. È causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi, dovuta appunto all'ingestione di molluschi contaminati. Questo il motivo per cui il Dipartimento di prevenzione periodicamente emette ordinanze di chiusura a tutela dei consumatori. Prima dei "pedoci" muggesani avevano avuto il via libera quelli allevati nelle zone "06Ts" di Santa Croce, "10Ts" di Duino, e "05Ts" di Grignano.
l.p.
Dalla federazione vela - Un premio all'Adriaco per la tutela ambientale
Grande soddisfazione per lo Yacht Club Adriaco che, oltre ai numerosi risultati sportivi conquistati in questa stagione dai propri atleti e soci, ha ottenuto un importante riconoscimento dalla Federazione Italiana Vela per l'impegno nella salvaguardia ambientale. Lo Yacht Club Adriaco è stato scelto dalla Commissione Sostenibilità FIV (composta da Flavia Tartaglini, Donatella Bianchi, Francesca Clapcich, Mauro Pelaschier e Matteo Sangiorgi) tra i primi due Club (con il Centro Velico 3V) più virtuosi a livello nazionale nella pratica e adozione di azioni e progetti rivolti all'ambiente e al mare. Il Club triestino è da anni in prima linea, con particolare attenzione alle nuove generazioni, nell'impegno teso a comunicare e sensibilizzare circa la necessità di adottare, costantemente e in ogni ambito, buone pratiche a tutela dell'ambiente marino. Un impegno che si è sviluppato e proseguirà attraverso molteplici collaborazioni con enti e associazioni locali.
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 novembre 2021
Verde pubblico e bus trainano Trieste al 12.mo posto fra le città più vivibili - L'INDAGINE
Il report "Ecosistema urbano" di Legambiente: balzo in avanti di 28 posizioni rispetto all'anno precedente - i dati principali
Una "dote" di ben 102 alberi nelle aree verdi pubbliche ogni 100 abitanti. E un'offerta di trasporto pubblico capillare, caratterizzata da un utilizzo sistematico da parte degli utenti.Sono alcuni dei punti di forza di Trieste che emergono dal report "Ecosistema urbano 2021" sulla vivibilità nelle città italiane in base a una serie di "ecoparametri", stilato da Legambiente e Ambiente Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Il rapporto evidenzia infatti un deciso balzo in avanti per la stessa Trieste: dal 40.mo al 12.mo posto tra le 105 città capoluogo, per un guadagno di 28 posizioni rispetto allo scorso anno. Udine è appena dietro, 13. ma. La classifica tiene conto di 18 parametri raggruppati per aree: aria, acqua, rifiuti, mobilità e ambiente. Ma andiamo per ordine. La quantità di alberi pubblici rispetto al numero di abitanti vede Trieste al terzo posto. Se invece si rileva il verde pubblico complessivo rapportato sempre al numero di abitanti il capoluogo regionale si piazza 16. mo con 61, 7 metri quadrati di verde urbano per singola persona. Settima la posizione, quindi, per uso efficiente del suolo. Languono invece le ciclabili: qui si contano 2,1 metri di piste riservate alle bici ogni cento abitanti, e con questo dato la città non va oltre il 76.mo posto. Ci rifacciamo però con l'efficienza del trasporto pubblico locale. Partendo dal fatto che a Trieste circolano meno auto che altrove, 54 ogni 100 abitanti, Trieste è dietro solo a Milano e Roma per percorrenza dei mezzi pubblici, e risulta sesta per l'utilizzo che i cittadini fanno degli autobus: in media 200 viaggi all'anno pro capite. Prendendo in esame i dati sulla qualità dell'aria, invece, il capoluogo regionale è 44. mo per concentrazione media annua di biossido di azoto, 19.mo per quella delle Pm10, e 54.mo per giorni di superamento dei livelli medi di ozono. Legambiente, a livello nazionale, con il crollo del trasporto pubblico dettato dalla pandemia puntava a un miglioramento dell'aria più significativo. In merito alla diffusione di "solare pubblico" e fotovoltaico sugli edifici pubblici, invece, il rapporto indica Trieste 59.ma. Siamo inoltre al 27. mo posto nel rapporto tra residenti e metri quadrati di isole pedonali. La pagella sulla gestione dell'acqua vede poi il capoluogo regionale 79.mo per consumo idrico domestico, con l'utilizzo di ben 163,7 litri d'acqua al giorno per abitante. Per avere un parametro, i più virtuosi sono i residenti di Catania con 90,8 litri pro capite. Sotto l'aspetto della raccolta dei rifiuti, ogni triestino produce in media 468,8 chili di immondizia l'anno, il che colloca la nostra città al 33.mo posto. Non raggiunge ancora livelli soddisfacenti la differenziata: negli ultimi anni c'è stato sì un incremento, ma con il 44, 9% registrato da Legambiente i risultati non sono ancora soddisfacenti: Trieste è 84.ma, mentre Pordenone addirittura terza, con l'86,4%.
Laura Tonero
SEGNALAZIONI - Cortei - Meglio impegnarsi sul clima
Caro direttore, come vorrei che sabato scorso a sfilare per le vie della mia città ci fossero state migliaia di giovani preoccupati per il clima, preoccupati per il loro futuro, di vivere in un pianeta già sfregiato da uno sfruttamento selvaggio. Invece mi sono trovato, per l'ennesima volta, la città occupata da migliaia di persone che protestavano contro un provvedimento di legge che, per ragioni sanitarie, dev'essere presentato quando ci si trovi per qualsiasi ragione in un luogo pubblico. Un corteo di persone male informate, come emerge dalle interviste sentite in vari programmi radio, che mi hanno fatto vergognare di essere triestino (gli intervistati, non i programmi); un corteo di narcisisti armati di cellulari per immortalarsi mentre protestano e basta, non volendo tenere conto che stanno facendo danni enormi a quelli che contageranno, agli esercenti e ai commercianti che hanno costretto a chiudere o a ridurre gli orari di lavoro. Protestano e non vogliono sentire ragioni perché qualsiasi sforzo di convincerli che i numeri dei contagiati, prima e dopo le vaccinazioni, indicano la loro validità, non serve. A parte qualche frangia ragionevole, la gran parte di questi esaltati vive ormai in un mondo parallelo (in cui vengono fuori folli narrazioni di un complotto mondiale per ridurre la popolazione, di microchip che vengono inoculati col vaccino e via discorrendo in un crescendo rossiniano di sciocchezze) e non si rendono conto di essere manovrati da chi sa bene come utilizzare i social. Menti raffinatissime, direbbe Sciascia che, dopo ave sparso tutto il veleno possibile sui vaccini e i loro sostenitori fino ad arrivare ad accusarli di essere nazisti (tutti ricordiamo la disgustosa manifestazione di Novara), rovesciano la frittata lamentando di essere vittime di campagne d'odio, lamentando che la loro libertà viene violata, che non c'è più la possibilità di manifestare. Ma santo cielo! Sono settimane che manifestano! Sono settimane che condizionano la vita di migliaia di persone! Sono settimane che fanno perdere soldi a chi lavora. E sono riusciti pure a rallentare i traffici del porto, appena rilanciato da (san) Zeno d'Agostino. Perché parte proprio dai portuali questa protesta immotivata. Doppiamente immotivata perché i portuali, categoria operaia privilegiata, avevano già ottenuto il tampone gratuito. Tanto che sembra siano riusciti a far arrabbiare pure Draghi. No, non gli è bastato il tampone gratuito hanno voluto la protesta per la protesta, presentando richieste "à fin de non recevoir" (spiego: affinché siano respinte) con un No a tutto quello che veniva loro offerto. E che cosa hanno ottenuto: hanno attratto, come le mosche, qui da noi tutte le più diverse, colorate e colorite (soprattutto di nero) frange protestatarie rendendo questa sciagurata città la "capitale della protesta". Direi che è ora di dire: basta! Insomma le manifestazioni, tutte, a mio avviso vanno proibite finchè dura questa emergenza, perché altrimenti non ne veniamo fuori. Trieste deve diventare off limits, caro signor Puzzer. E no vax, no pass, no fax e via discorrendo protestino quanto vogliono invocando una libertà che non è la libertà intesa in senso proprio ma che è la licenza di fare quel che vogliono.
Pierluigi Sabatti
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 8 novembre 2021
Rapporto Ecosistema Urbano 2021 - Dati e note su capoluoghi di provincia della Regione FVG
Legambiente con l’istituto di ricerca Ambiente Italia e con la collaborazione de Il Sole 24 Ore ha redatto la 28^ edizione del rapporto “Ecosistema Urbano” che traccia la fotografia delle prestazioni ambientali del Paese attraverso una analisi dei dati dei capoluoghi di provincia (in questa edizione sono in totale 105). L’insieme degli indicatori selezionati per la graduatoria copre sei principali componenti ambientali presenti in città: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Vengono così valutati tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale.
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 novembre 2021
Mobilità - Polidori stronca la ciclabile "Grossolani errori nel tratto lungo l'Ospo" - il nuovo sindaco si dice pronto a rimediare
Muggia. Continua a tenere banco il tratto di ciclabile bidirezionale in fase di realizzazione nell'area del Parco del rio Ospo. Polemica, ricordiamo, partita dal referente Fiab di Muggia, Jacopo Rothenaisler, che nei giorni scorsi aveva sottolineato l'inutilità dell'opera e lo sperpero di denaro pubblico. Affermazioni pesanti a cui ieri ha risposto l'ex assessore ai lavori pubblici, Francesco Bussani. Ha voluto dire la sua sulla questione anche il neo sindaco Paolo Polidori. «Intervengo relativamente ai lavori della ciclabile lungo il tratto parco dell'Ospo e molo Balota - ha esordito il sindaco leghista -. Siamo entrati ormai nella fase esecutiva dei lavori, e qualsiasi decisione su un eventuale blocco degli stessi da parte della giunta attuale porterebbe a pesanti responsabilità contrattuali con il committente. Sta di fatto che quest'opera, deliberata dalla giunta precedente, pone in essere una serie di perplessità che rendono inconcepibile per certi versi l'approvazione di questo progetto: concordo infatti con le critiche della Fiab, soprattutto per quanto riguarda gli attraversamenti stradali, che sarebbero estremamente pericolosi sulla via Trieste, strada principale di ingresso e di uscita da Muggia, e sul fatto che la consuetudine di costruire dei tratti a se stanti e scollegati tra loro, non è certamente frutto di una politica lungimirante né tantomeno strategica». Il sindaco ha spiegato che nonostante i lavori in essere, «stiamo cercando con i tecnici del Comune di Muggia, di rimediare ai grossolani errori commessi dalla politica, inserendo anche questo tratto in un progetto che possa dare continuità ad una ciclabile fino al centro di Muggia, il più possibile in continuità col contesto della Venezia - Lignano - Trieste, per poi un giorno collegarsi in uscita con la Parenzana. Questa è programmazione».
l.p.
Cimolino in aula a San Dorligo «All'opposizione come Kermac»
L'ex candidata sindaco a Trieste è entrata in Consiglio comunale «Mi batterò contro il raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia»
SAN DORLIGO. «Continueremo nella lotta alla realizzazione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, che mette a rischio l'equilibrio dell'intera Val Rosandra, ma affronteremo con rigore anche l'esame del Piano dello sviluppo rurale». Sono state queste le prime parole di Tiziana Cimolino, all'atto del suo insediamento, quale nuova esponente dei Verdi, in seno al Consiglio comunale di San Dorligo della Valle. La sua nomina è stata approvata nel corso della più recente seduta dell'assemblea, presieduta dal sindaco, Sandy Klun. Il voto favorevole alla nuova consigliera è stato unanime, con l'unica eccezione dell'esponente di opposizione, Boris Gombac, che ha scelto di astenersi, motivando la sua decisione, facendo riferimento a presunte irregolarità formali nella procedura seguita dall'amministrazione nell'iter di surroga del consigliere uscente Alen Kermac, Come si ricorderà, Kermac aveva motivato le sue dimissioni, spiegando di essere contrario alla normativa che prevede l'obbligo di esibire il Certificato verde (Green pass) da parte di coloro che esercitano funzioni pubbliche, all'atto di entrare in edifici come il Municipio, aggiungendo di essere intenzionato ad abbandonare anche l'Italia, per trasferirsi all'estero. Prima destinazione possibile, la Slovenia. Cimolino, candidata sindaco a Trieste lo scorso ottobre, nella vita di ogni giorno è medico e vanta un'esperienza maturata nel consiglio comunale di Trieste, dove faceva parte del gruppo del Pd: ha detto che si attiverà «per incontrare i rappresentanti delle Comunelle che, in un Comune come quello di San Dorligo, svolgono un'importante funzione in tema di tutela del territorio. Si tratterà di occuparci di argomenti come quello legati alla difesa del paesaggio - ha proseguito - e dei beni comuni. In ogni caso il mio intento è di proseguire nell'opera di Kermac che, facendo parte dell'opposizione nell'aula di San Dorligo, esercitava un controllo sull'operato dell'amministrazione». Cimolino sarà anche capogruppo, in quanto unica rappresentante dei Verdi.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 novembre 2021
Dipiazza rimette all'asta il Carciotti e vuole recuperare la terapeutica
Il palazzo neoclassico tornerà sul mercato a 14,9 milioni. Il primo cittadino: «C'è molto interesse»
Roberto Dipiazza, dopo la scorpacciata di politica elettorale e post-elettorale, riassapora il ritorno alla apprezzata quotidianità amministrativa, aggiorna l'agenda alla luce del nuovo mandato e delle vecchie "incompiute". Tra i dossier irrisolti trasferiti dal terzo al quarto Dipiazza, tre le priorità: riguardano palazzo Carciotti, la piscina terapeutica, casa Francol. Sulla base di approcci relativamente nuovi o comunque avvicendati rispetto alla penultima edizione: perchè il Carciotti torna in asta, la "terapeutica" ricomincia dalle rovine della primigenia crollata nell'estate '19, casa Francol viene svincolata dal project financing per essere venduta nuda e cruda. Su questa triade il sindaco, che comunque non disdegna le retromarce quando gli convengono, sembra al momento aver maturato posizioni abbastanza definite. Al primo posto c'è il Carciotti. Venerdì pomeriggio Dipiazza ha incontrato una delegazione di potenziali investitori, ma in generale nota un certo interesse attorno al più prelibato piatto dell'immobiliare comunale. Questa attenzione, che si è manifestata finora con richiesta di informazioni e di sopralluoghi, motiva la volontà del sindaco di riportare sul mercato l'edificio neoclassico, mantenendo la quotazione a 14,9 milioni dopo quattro aste andate deserte. «Sotto non posso e non voglio scendere», osserva Dipiazza.Può darsi che il primo cittadino abbia segnali che non ritiene di divulgare, vero è che in quattro anni il Carciotti non ha attirato una sola offerta scritta: l'unico a mandare una proposta nell'autunno '19 fu un imprenditore austriaco, Gehrard Fleissner, che però nella busta mise una caparra di molto inferiore a quella prevista dal bando. Chi si è avvicinato (anche un grande operatore pubblico come Invimit), si è poi allontanato preoccupato dall'impegno di un cantiere da svariate decine di milioni ulteriori rispetto alla cifra d'acquisto. Si ritiene però che il nuovo Piano particolareggiato del Centro storico, dotato di una certa flessibilità, possa invogliare gli investitori. L'altro fascicolo, che Dipiazza non ha chiuso la scorsa volta, è la piscina terapeutica. «Come primo passo - imposta il sindaco - chiederò un incontro al presidente del Tribunale per fare il punto sui tempi occorrenti al dissequestro dell'impianto in Sacchetta». L'idea è quella di utilizzare 3 milioni di euro già in cassetto per recuperare lo stabile tramortito dalla caduta del tetto avvenuta nell'estate 2019. Contestualmente alla ricostruzione della vecchia piscina, si procederà con la scelta di uno dei due progetti superstiti mirati a realizzare l'impianto in Porto vecchio. La spagnola Supera guarda al Magazzino 30, il trio Terme Fvg-Petrucco-Tria ha invece ripreso l'indicazione comunale favorevole alla riqualificazione degli edifici ex Ford alle spalle del centro congressi. Insomma, quello di Dipiazza è un orientamento bifasico: si comincia salvando il rudere in Sacchetta per garantire una prima risposta ai molti utenti della terapeutica, si prosegue con il progetto "bello" in Porto vecchio. Il terzo faldone è dedicato a un abituale cliente dei fallimenti municipali. Casa Francol è un vecchio edificio risalente al XVII secolo entrato nella proprietà comunale nel 1981. E' ubicato in una zona strategica, a pochi metri da via del Teatro romano, nel corner disegnato da via Crosada e via dei Capitelli. E' stato candidato a varie destinazioni, da palazzo delle associazioni a sede di Esatto. Poi è rimasto languente finquando i Lavori pubblici municipali non hanno estratto dal cilindro dei denari non spesi 1,4 milioni rinvenenti dal programma Urban della seconda metà anni Novanta. Era l'autunno 2017 e Dipiazza si raccomandò che il progetto di recupero servisse a incassare qualche soldo. Dopo una manifestazione di interesse, che sortì la risposta da parte di 5 privati, gli uffici decisero di adottare un project financing che ridisegnava l'intera zona. I privati interessati avrebbero agganciato 3,2 milioni ai soldi comunali. I tentativi andarono deserti. Oggi Dipiazza scuote il capo: «Non era un'operazione da finanza di progetto, casa Francol andava venduta come singolo asset. La inseriremo nell'elenco dei beni alienabili».
Massimo Greco
«Troppe bufale messe in giro sull'ovovia»
Il manager Bernetti: «I passeggeri non saranno 8 milioni ma 3,5. Nessun problema ambientale e il tram non c'entra»
L'ovovia cova lo scontro. Non solo politico, anche tecnico. Difatti le obiezioni, avanzate da Francesco Russo e dalle associazioni ambientaliste, vengono contrate, sul versante comunale, dal direttore dipartimentale nonché anima dell'operazione Giulio Bernetti. Il quale stende un vero e proprio verbale su quelle che ritiene "false notizie" circolanti sull'argomento mediante canali social. Bernetti, che da un punto di vista formativo è un ingegnere trasportista, contesta innanzitutto che l'ovovia vada ad assorbire l'11% del trasporto pubblico locale (tpl) e a inghiottire 8 milioni di passeggeri: ne veicolerà - insiste il manager municipale - 3,5 milioni e rappresenterà il 5% del tpl. Bernetti diventa torrentizio: «Il cittadino tenga presente che una linea di bus solida, assai frequentata come la "6", muove ogni anno 2 milioni di utenti». Seconda manche: Bernetti nega che si voglia diserbare il Carso. «Tuteleremo l'area verde, la vegetazione tipica - scandisce - perché la realizzazione dell'impianto non richiede consumo di suolo superiore ai siti dove saranno installati i piloni. La modalità è ecologica, silenziosa e consente il trasporto delle biciclette». Non a caso si è piazzato al secondo posto nel premio nazionale "Go slow" sulla mobilità sostenibile. Un altro capitolo, che surriscalda l'ingegnere, è il rapporto con il tram. «Sono due temi completamente diversi - spiega - il tram è un mezzo che passa ogni 20 minuti, quando la cabina dell'ovovia transiterà ogni 20 secondi. Non è quindi un trasporto rapido. La linea bus sostitutiva, la "2", è decisamente più veloce rispetto ai vagoni, che rientrano in una logica paesaggistica e turistica che merita un altro approccio». Bernetti riepiloga infine che la linea collegherà campo Romano a Opicina con tre fermate in Porto vecchio, il parcheggio Barcola-Bovedo, l'Adria terminal, il Molo IV. Il dibattito politico ha visto ancora in azione Francesco Russo, secondo cui i 48 milioni stanziati per l'ovovia sono destinabili a un altro progetto. Il sottosegretario leghista Vania Gava non è affatto d'accordo, perché questi fondi sono vincolati tant'è che il cantiere deve essere aperto entro il 2023 e chiuso nel 2026. Il riconfermato assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi sottolinea che esiste un progetto di fattibilità altrimenti il progetto non sarebbe stato finanziato. Il circolo Miani, pur con numerosi dubbi sulla concretezza dei risultati, ritiene che lo strumento referendario possa risultare utile a patto che dietro non vi siano esponenti di partito o sigle di comodo.
Massimo Greco
Bussani replica alla Fiab sulle piste ciclabili «Accolte le loro istanze - la replica a Rothenhaisler
Muggia. «Capisco la voglia di visibilità, ma a tutto c'è un limite. Quel tratto di ciclabile, per altro realizzato a doppio senso di marcia come richiesto dalla Fiab stessa durante un incontro di qualche anno fa, costituisce, da un lato, il naturale collegamento con la passerella sul Rio Ospo e, dall'altro, con la ciclabile che l'Ufficio Lavori pubblici sta progettando per entrare a Muggia». Così l'ex assessore ai Lavori pubblici di Muggia, il dem Francesco Bussani, che risponde alle critiche di Jacopo Rothenaisler, fiduciario Fiab di Muggia, in tema di piste ciclabili. Bussani aggiunge che «la passerella sul Rio Ospo, peraltro, è stata indicata più volte alla giunta Fedriga, essendo il tratto di competenza regionale, quale opera indispensabile sia per la sicurezza sia per la concreta attuazione di percorsi ciclopedonali di continuità, ma sfortunatamente senza che le richieste ad oggi siano state prese in considerazione. Forse grazie ai finanziamenti del Pnrr la necessità potrà essere presa in considerazione, si spera. Tutto questo Rothenhaisler non lo ricorda o finge di non ricordarlo.
L. P.
IL PICCOLO - SABATO, 6 novembre 2021
Russo lancia il referendum contro l'ovovia mare-Carso. Dipiazza "E' prevenuto"
L'ex candidato del centrosinistra pronto a una consultazione popolare. Ribatte il primo cittadino "Ora ci sono i fondi, parlerò con i cittadini"
«Un referendum cittadino per abrogare l'ovovia». Francesco Russo ha perso la battaglia per lo scranno del sindaco ma non la grinta, e propone una consultazione dei cittadini sul progetto che il Comune è riuscito a finanziare con oltre 48 milioni dal Pnrr. Dal canto suo il sindaco Roberto Dipiazza rivendica i fondi ottenuti - «che sono solo una parte dei 170 milioni che abbiamo a disposizione ora» - e dice: «Ora mi confronterò con la popolazione». Partiamo dal referendum di Russo: «La necessità di collegare Porto vecchio all'altipiano c'è - premette l'ex candidato sindaco -, ma questo progetto conferma la mancanza di visione generale dello sviluppo della città. Il sindaco ora dice che sentirà i cittadini, ma andavano coinvolti prima della richiesta dei fondi. Avrebbe scoperto che preferiscono il prolungamento del tram verso il Porto vecchio». Ecco quindi che il consigliere del Pd, oltre ad aderire alla petizione online lanciata da Legambiente e Fiab, rilancia con la proposta di un referendum comunale. Si tratta di uno strumento consultivo, che può essere attivato tramite mozione consigliare o circoscrizionale, oppure per iniziativa dei cittadini. In quest'ultimo caso, quello che Russo pensa di percorrere, servono firme pari al 6% degli aventi diritto al voto: «Circa 12 mila firme, che in tempi di Spid penso non avremo problemi a raccogliere in tempi brevi - dice Russo -. Anticipo già le possibili critiche: non dico che bisogna rinunciare ai fondi, ci siamo informati con Roma e il Comune può destinarli a un progetto diverso». Ribatte il primo cittadino: «Se abbiamo preso 48 milioni di euro, credo che tutta la città debba essere soddisfatta. In tutto ora abbiamo 170 milioni cash da spendere, e sono frutto di lavoro, progettazione e visione, quella che Russo mi accusa di non avere». Quanto all'ovovia: «Genova ha chiesto 70 milioni per farla, la vuole anche Napoli, mentre a Trieste no se pol. E invece io sono quel del se pol. Difatti la gente ha votato me e non lui». Quanto alla possibilità di dirottare i fondi su altri progetti, Dipiazza risponde: «Adesso intanto mi confronterò con la popolazione, ma se uno dice di no a priori, davvero, è un problema suo. Io ero contrario al tubone sottomarino di Illy ma non mi son messo a far battaglie, poi con quei soldi ho fatto le Rive». L'assessore al Bilancio Everest Bertoli aggiunge: «Russo sostiene che i 48 milioni siano stati assegnati per il trasporto rapido di massa in generale, ma qua prende il primo granchio: i milioni sono stati assegnati espressamente per la cabinovia. Con questa proposta dimostra la sua chiusura a qualsiasi volontà di collaborazione». Riccardo Laterza racconta che succede, nel frattempo, in Adesso Trieste: «Assieme alle associazioni che hanno promosso la petizione stiamo valutando anche l'opportunità del referendum, tra i vari strumenti. Lunedì alle 18 faremo un'assemblea del nostro gruppo ecologia, aperta a chiunque. Valuteremo come procedere, anche assieme alle associazioni». L'ecologista e consigliere a Muggia Maurizio Fogar rilancia l'idea di spostare la stazione di arrivo del tram di Opicina «in Porto Vecchio alla Centrale Idrodinamica, accanto ai musei, dietro il futuribile Terminal Crociere all'Adriaterminal, da cui far ripartire pure il Trenino portuale con tappa prima a Barcola ed in futuro estendibile alla Stazioncina di Miramare». In Consiglio regionale, il capogruppo del Patto per l'Autonomia Massimo Morettuzzo commenta: «Il progetto dell'ovovia a Trieste è costosissimo e dannoso, totalmente inutile per affrontare in modo serio i nodi della mobilità sostenibile in città».
Giovanni Tomasin
Lucia KrasovecLlucas: «Impatti sottovalutati soprattutto nello scalo»
«Penso sia una scelta un po' avventata». Lucia Krasovec-Lucas è la presidente dell'Aidia (sodalizio delle donne ingegneri e architetti) di Trieste: «Non si è tenuto conto degli aspetti pesanti dell'impatto dell'opera, soprattutto in Porto vecchio - commenta -. Uno dei due viali principali sarà occupato da questa struttura, sotto la quale per legge ci dev'essere uno spazio di sicurezza sgombro, anche se nel render dell'amico Kipar, del quale ho grande stima, questo non figura». Un altro punto è il rumore: «Chiunque sia andato a sciare sa che le corde di questo genere di strutture producono un sibilo continuo, e i blocchi di edifici che stanno su quell'asse ne risentiranno». Conclude: «Penso che l'amministrazione possa aprirsi e ascoltare la città e le sue competenze, costituire assieme a tutti gli stakeholders cittadini una commissione che ragioni sulle opportunità di sviluppo».
g.tom.
Sei le cordate in corsa per costruire strade e reti in Porto vecchio: partita da nove milioni
Le buste in Municipio: coinvolte dieci aziende di cui nove del Triveneto Due di queste sono triestine: si tratta di Rosso e Mari Mazzaroli
Ciclabili, verde pubblico, reti di servizi (acqua, energia elettrica, gas, fognature) dall'Idrodinamica fino al varco di largo città di Santos: il Porto vecchio è giunto alla seconda puntata con l'infrastrutturazione necessaria a conferire vivibilità ai 65 ettari dell'area. Il Comune aveva finalmente lanciato il bando poco più di un mese fa, una delle operazioni più importanti a livello di Municipio in quanto dotato di un budget da 9 milioni Iva compresa. Nella tarda mattinata di ieri, allo scadere del termine, Riccardo Vatta, dirigente di gare e appalti della civica amministrazione, ha preso atto che sono arrivate sei offerte per la realizzazione delle opere, che prevedono venti mesi abbondanti di cantiere. Il direttore dipartimentale Giulio Bernetti spera ardentemente di iniziare nei primi mesi del prossimo anno, dopo l'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e nell'auspicio non via siano grane con la giustizia amministrativa. Come anticipato, hanno risposto al bando comunale sei cordate, che coinvolgono dieci aziende, cinque delle quali regionali nel cui ambito ci sono due triestine. A queste si aggiungono tre venete e una altoatesina. Fuori dal Triveneto solo una beneventana. Diamo una scorsa alle formazioni in campo. Raggruppamento temporaneo d'impresa composto dalla trevigiana Brussi, dalla triestina Rosso, dalla pordenonese Ghiaie Ponte Rosso; la bolzanina Emaprice; la ronchese Ici coop; la sannita Consorzio stabile medil; il raggruppamento temporaneo tra le trevisane Mac costruzioni e Facco; un altro raggruppamento temporaneo che allea la triestina Mari Mazzaroli e la latisanese Adriacos. Le buste saranno aperte lunedì prossimo poi sarà costituita una commissione esaminatrice che valuterà il merito delle proposte. A proposito di commissioni esaminatrici in Porto vecchio, lunedì pomeriggio si riunirà il "triumvirato" incaricato di pesare le 7 offerte riguardanti la trasformazione del Magazzino 26 in Museo del mare, secondo il progetto di Guillermo Vazquez Consuegra, l'architetto sivigliano che ha disegnato il futuro contenitore culturale. E' il più ambizioso intervento programmato dalle opere pubbliche municipali: compresa l'Iva, sono in palio 22 milioni di euro. Gli esaminatori sono la dirigente comunale Lea Randazzo, l'architetto Andrea Benedetti, l'ingegnere Marco Karel Huisman (direttore tecnico della Mhk). A correre 13 aziende: 3 campane, tre lombarde, 2 laziali, 2 giulio-friulane, 1 abruzzese, 1 toscana, 1 veneta.
Massimo Greco
Ciclabile sull'Ospo, lavori al via E scattano le prime polemiche
La Fiab contesta il cantiere per la creazione di una pista indipendente nel parco «Opera pericolosa e costosa: meriterebbe l'attenzione della Corte dei conti»
MUGGIA. Partono i lavori per la nuova ciclabile "su sede propria" destinata ad attraversare il parco del Rio Ospo. E insieme ad essi partono anche le prime polemiche. A farsene carico è il fiduciario muggesano della Fiab Jacopo Rothenaisler: «Un segmento ciclabile che obbliga i ciclisti a ben due attraversamenti stradali, di cui uno pericolosissimo nel mezzo di due curve veloci, aumenta, anziché diminuire, il pericolo. Inoltre costa la follia di quasi 350 euro al metro, ossia 150 mila euro per fare 400 metri di ciclabile. Una cifra che sarebbe stata sufficiente per 40 chilometri di nuove corsie ciclabili". Rothenaisler evidenzia inoltre come l'opera si risolva di fatto in «un segmento che non collega nulla, esattamente come tutti gli interventi degli ultimi 15 anni a trazione Nesladek - Marzi - Bussani: 350 metri verso i laghetti delle Noghere, mille metri sull'Ospo, 950 metri di Parenzana, 300 metri al molo a T. Tutti progetti che per il fiduciario Fiab di Muggia sono «senza continuità perché figli della stessa idea, ossia quella secondo cui le ciclabili devono essere separate dal traffico automobilistico. Siccome non è mai possibile per l'intero percorso ma solo in piccoli tratti, il risultato è lo sperpero di denaro pubblico in opere inutili, non funzionali e pericolose». Rothenaisler rimarca infine il fatto che «il progetto è incredibilmente privo di qualsiasi riferimento normativo, a parere mio non casualmente, poiché non rispondente rispetto alle norme che prevedono oggi continuità, riconoscibilità, sicurezza ed economicità dei percorsi. Per queste ragioni mi sono battuto anche come responsabile Fiab per convincere l'amministrazione comunale a cancellare l'opera. La cui ormai prossima realizzazione, invece, ritengo degna dell'attenzione della Corte dei conti».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - VENERDI', 5 novembre 2021
Ovovia mare-Carso, da Roma 48 milioni - LA SVOLTA
Via libera dal ministero delle Infrastrutture, nell'ambito del Pnrr, al finanziamento dell'impianto proposto dal Comune
Con un apposito stanziamento di 48 milioni, il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile ha dato il via libera al finanziamento per la costruzione della cabinovia metropolitana - nota ai più come l'ovovia tra mare e Carso - destinata a collegare il Molo IV e l'altipiano. Il progetto era stato presentato dal Comune a maggio dello scorso anno e rientrava nel Piano della mobilità sostenibile e della valorizzazione turistica. Il sindaco Roberto Dipiazza e l'ormai ex assessore Luisa Polli avevano più volte sottolineato che l'opera si sarebbe fatta solo se a costo zero per l'amministrazione, confidando proprio in una risposta positiva rispetto alla partecipazione del bando ministeriale per poter attingere ai necessari fondi statali. «Avvieremo ora un confronto con la popolazione - spiega il primo cittadino - ma non posso negare la soddisfazione per il momento e per le risorse che stanno arrivano a Trieste. Esistevano, alcuni anni fa, dei progetti per collegare Barcola con Monte Grisa, ora sono arrivati anche i fondi e il confronto servirà per realizzare un percorso che non disturbi nessuno». Il progetto è stato predisposto dal Dipartimento territorio, economia, ambiente e mobilità del Comune, diretto da Giulio Bernetti - in collaborazione con Monplan, studio di ingegneria di Trento specializzato nella realizzazione di questo tipo di impianti - e ha ottenuto il secondo posto in Italia al premio "Go Slow" assegnato dalle associazioni di turismo e mobilità sostenibile. L'impianto, sulla cui realizzazione a questo punto ci sono ben pochi dubbi, avrà una lunghezza di 4,2 chilometri: i capolinea saranno al Molo IV e a Campo Romano, sul Carso. Il tragitto dal centro città all'altipiano, nel progetto tecnico, prevede una durata di 13 minuti, con stazioni intermedie al Magazzino 26 e al Bovedo. La portata sarà fra i 1.600 e i 1.800 passeggeri l'ora. La realizzazione della funicolare rientra nel Pums e ha come obiettivo quello di valorizzare i parcheggi di interscambio fuori dal centro, come appunto il Bovedo e soprattutto quello di Opicina, che con l'attuale trasporto pubblico locale, bus e tram, richiede tempi troppo lunghi per essere pienamente sfruttato dai pendolari. La fermata al Magazzino 26, dove sta prendendo vita e forma il polo museale, potrebbe anche essere strategica per il terminal crociere che dovrebbe nascere proprio all'Adriaterminal. A ciò, inoltre, questa è l'intenzione, si aggiunge la possibilità di rendere la Costiera pienamente turistica con piste ciclabili e precisi limiti di velocità. E l'ovovia sarebbe anche un tassello aggiuntivo per eliminare i parcheggi sulle Rive. Cabine e stazioni - assicura il progetto - saranno senza barriera architettoniche, a misura di tutti i cittadini. Sarà inoltre possibile trasportare le bici. I piloni nella zona del Porto vecchio saranno progettati in accordo con la Soprintendenza e, verosimilmente, non supereranno l'altezza degli edifici esistenti, per non avere impatto sulla skyline. L'impianto, sulla cui gestione verrà fatta appunto una riflessione al momento della stesura del progetto definitivo, potrebbe creare una trentina di posti di lavoro, tra tecnici e addetti alla biglietteria. Il costo del biglietto verrà valutato in futuro ma dovrebbero essere proposte diverse linee di tagliandi tra residenti e turisti. I 48 milioni destinati all'ovovia triestina fanno parte del riparto di 3,6 miliardi veicolati dal ministero alle Regioni nell'ambito del Pnrr, che ha assorbito il bando per il trasporto sostenibile a cui aveva partecipato l'amministrazione comunale. In regione una cifra simile, 41 milioni di euro, è stata stanziata per interventi infrastrutturali e tecnologici sulla linea ferroviaria Udine-Cividale.
Andrea Pierini
LA STORIA - La prima idea risale addirittura al '37: una funivia verso la Napoleonica
Il primo progetto per collegare la città con l'altipiano risale addirittura al 1937 e porta la firma del professor Marino Zorzini, che voleva collegare i 730 metri da Barcola alla Napoleonica, dove doveva sorgere un complesso turistico, con una funivia. Da allora più volte l'idea di un impianto a fune è stata presentata dalla politica. Se ne ricordano in particolare quelle di Roberto De Gioia e, nel 2005, del gruppo consiliare di Forza Italia, con Piero Camber, il quale aveva raccolto il progetto dell'architetto Giulio Marini che nel 1994 era stato bocciato dalla Regione: non più un collegamento dal Cedas a una struttura turistica ma con il tempio mariano di Monte Grisa. Giorgio Rossi, all'epoca assessore all'Urbanistica, definì «geniale» la proposta, aggiungendo però un profetico «servirà del tempo».
(an.pi.)
Le opposizioni non si arrendono: «Opera inutile. Anzi, dannosa»
L'arrivo ai fondi statali annunciato dai parlamentari della Lega L'assessore Lodi: «L'ok del governo ne certifica la validità»
Soddisfazione nella maggioranza. E bocciatura dalle opposizioni. Il via libera del ministero al finanziamento del progetto della cabinovia dal Molo IV all'altipiano è stato annunciato ieri pomeriggio dal gruppo parlamentare regionale della Lega composto da Mario Pittoni, Maurizio Panizzut, Daniele Moschioni, Raffaella Marin ed Edoardo Rixi, responsabile nazionale Infrastrutture: «Un obiettivo raggiunto - spiegano - anche grazie all'impegno del viceministro Alessandro Morelli». Panizzut aggiunge che «si tratta di un'opera innovativa che esiste in altre città europee come Berlino o Lisbona. È una sfida, un progetto che va a rivoluzionare anche un modo di pensare». Elisa Lodi, neoassessore alle Grandi opere, conferma che «progetto e cronoprogramma verranno presentati nella maniera migliore alla cittadinanza. Il finanziamento del ministero ne conferma la validità sia dal punto di vista turistico che da quello della mobilità sostenibile. E stanno procedendo anche i lavori del tram di Opicina, che riteniamo fondamentale per Trieste». Critiche arrivano invece dalle opposizioni. Francesco Russo parla di «una risposta sbagliata a un problema reale: quello dell'accesso alla città, che in questo modo non verrà risolto. Abbiamo pochi treni e lenti, e un tram fermo da cinque anni, ma poco importa. Con grande lungimiranza si sceglie di investire su un progetto che i triestini non vogliono e che avrà impatti pesanti sull'ambiente». Russo conferma la disponibilità a creare un asse con Adesso Trieste, raccogliendo «la contrarietà della maggioranza dei triestini all'ovovia». «Le richieste dei portatori di interesse - aggiunge Riccardo Laterza - sono state ignorate ancora una volta, tanto a livello locale quanto a livello nazionale. La realizzazione dell'opera provocherà danni irreversibili dal punto di vista economico, urbanistico e ambientale, senza risolvere alcuno dei problemi di mobilità». Laura Famulari, segretaria provinciale Pd, parla di «scandalo: 48 milioni per un'opera inutile, impattante e che non vuole nessuno, più di quanto si prevede di spendere per realizzare il Museo del mare al Magazzino 26. La nuova Giunta non si è ancora insediata e si stanno già avverando le nostre peggiori previsioni».
an.pi.
Le pecore disperse nella zona di Draga sono tornate all'ovile - Recuperate in Slovenia 16 su 23
SAN DORLIGO. Stanche, terrorizzate, alcune addirittura ferite in seguito all'incontro con altri animali. Ma tornate, finalmente, al loro ovile. Sono state recuperate, nei pressi della località slovena di Mihele, 16 delle 23 pecore dell'azienda "Il piccolo pastore" di Draga Sant'Elia, fuggite un paio di settimane fa, dopo che ignoti avevano tagliato, di notte, i fili elettrificati del recinto. Dopo affannose ricerche, alle quali hanno partecipato le Guardie forestali italiane e slovene, Emanuele Frascatore, marito della titolare dell'azienda, Francesca Mari, è riuscito nell'arduo compito di riportarle sulla strada di casa. «Il problema principale, che ci ha messo in difficoltà per giorni - spiega - è stato il fatto che le pecore, abituate a vivere tranquille nel loro recinto, una volta trovatesi in aperta campagna, erano spaventatissime e ogni nostro sforzo per raccoglierle in gregge e indirizzarle verso Draga Sant'Elia risultava vano. Alla fine, utilizzando il sistema dell'accerchiamento e gettando sul terreno un po' di mangime - precisa - siamo riusciti a farle tornare alla loro dimora abituale». Subito è stato chiesto l'intervento di un veterinario, che ha predisposto per le pecore un trattamento a base di antibiotici. «Torneranno presto nel loro stato di salute originario - ha garantito Frascatore - perché fortunatamente sono sane, anche se molto provate da questa esperienza». Adesso si attende l'esito delle indagini delle forze dell'ordine, per capire chi possa essere stato a portare a termine un'azione di difficile comprensione. L'indizio più chiaro è rappresentato dall'enigmatica scritta "Hello" scavata nella terra, lasciata come firma a pochi passi dal punto in cui erano stati tagliati i fili. Nell'attesa, Frascatore e Mari riprenderanno la loro normale attività, che consiste nel cercare di ricreare una landa carsica da destinare a pascolo per ovini nei cinque ettari sui quali si estende l'azienda "Il Piccolo pastore", dove sono state fatte crescere le pecore di razza istriana, specie in via di estinzione.
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - Ippocastani abbattuti - Insensibilità verso gli alberi
Gentile direttore, mentre leggevo la notizia di un giovane tedesco che nel 2018 ha ricevuto la medaglia al merito dal presidente Steinmeyer per aver ottenuto l'incredibile successo di far piantare nel mondo un milione di alberi, il mio pensiero è andato ai due ippocastani ultracentenari abbattuti davanti alla nostra casa senza che potessimo impedirlo e posso dire come scrisse Rigoni Stern quando vide abbattuto l'abete bianco plurisecolare nel suo bosco: "A noi ora manca qualcosa". Gli alberi non hanno vita facile nelle città. Vengono abbattuti senza tanti scrupoli per le cause più diverse come per esempio per far posto a un condominio come i due ippocastani davanti alla nostra casa, anche se la loro presenza poteva essere invece un'attrazione, una ricchezza per il nuovo condominio. Ci sono per fortuna invece luoghi dove gli alberi riescono a invecchiare fino a raggiungere più di 400 anni di vita, come nella foresta protetta tra Toscana e Romagna. Ci riescono perché vivono lontano dall'uomo a quote alte, impervie. Sono faggi con grande capacità di adattamento e sono ormai patrimonio dell'Unesco. Continuo a pensare a quel ragazzo tedesco Felix Finkbeiner che era riuscito ancora ragazzino nel 2007 a iniziare una campagna di propaganda in un paesino della Baviera. Voleva piantare un milione di alberi. Il primo lo piantò insieme ai suoi compagni nel cortile della sua scuola. Fondò una pagina web "Plant for the Planet" e già tre anni dopo l'obiettivo era raggiunto. Un vero miracolo. Vorrei che succedesse lo stesso per i due nostri ippocastani che la ditta di costruzioni ha promesso di sostituire quanto prima. Ma a questo proposito continuo ad avere grossi dubbi.
Francesca Manzoni
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 novembre 2021
Fianona 2, la centrale a carbone verso la riconversione "green"
Stoppati i contestati progetti per la costruzione del terzo impianto nell'area Prosegue la trasformazione della prima struttura all'uso delle biomasse
POLA. Fino a qualche tempo fa il Governo croato spingeva al massimo per la costruzione della terza centrale termoelettrica a carbone nel Golfo di Fianona rispondendo alle contestazioni degli ambientalisti e dell'opinione pubblica che grazie ai moderni sistemi di filtraggio delle emissioni, l'inquinamento sarebbe risultato notevolmente al di sotto dei limiti consentiti. Ora non solo il progetto è stato cestinato ma in seguito ai drammatici appelli dalla conferenza sul clima di Glasgow si è deciso di agire subito e radicalmente per ridurre l'emissione di gas serra e quindi Zagabria valuta seriamente la possibilità di chiudere con molto anticipo la Fianona 2, rimasta l'unica centrale termoelettrica a carbone nel Paese. La sua potenza è di 210 MegaWatt. In pratica la Croazia si allinea ai paesi occidentali più sviluppati per i quali la messa al bando dei combustibili fossili rappresenta il primo passo importante per ridurre le emissioni di Co2 e quindi prevenire i cambiamenti climatici. Lo scrivono alcuni portali croati richiamandosi a fonti ufficiose altolocate all'interno dell'Azienda elettrica di stato Hep e del governo stesso. La centrale Fianona 2 lo ricordiamo era stata inaugurata nel 2000 e al momento copre il 10 percento del fabbisogno energetico in Croazia. Al momento della sua entrata in funzione era stata pure definita la sua durata: fino al 2040, un termine che ora appare lontanissimo tenuto conto dell'urgenza di agire per salvare il pianeta. Il suo destino dunque sembra segnato con largo anticipo, ma chiusura non significa necessariamente smantellamento. Da Zagabria arrivano indicazioni che si stanno valutando soluzioni alternative in fatto di alimentazione, una di queste sarebbe l'impiego del gas naturale, proveniente dai giacimenti sottomarini nell'Adriatico. Proprio dalle parti di Fianona passa il gasdotto che rifornisce la Croazia continentale. L'opzione però incontra pareri molto discordanti: c'è chi sostiene che nell'area non ci sono acquirenti interessati all'acquisto dell'energia termica quale sottoprodotto del processo tecnologico mentre secondo altre valutazioni la riconversione dell'impianto avrebbe costi proibitivi. Forse qualche risposta in tal senso arriverà dalla riconversione della vecchia Fianona 1 costruita nel 1970 e chiusa definitivamente 4 anni fa. Ora è in fase di stesura il progetto per la sua capillare ricostruzione per venir alimentata a biomassa o a combustibile ricavato dal trattamento delle immondizie. Ad ogni modo la messa al bando del carbone significherà per la Croazia almeno per un periodo di transizione valutabile in decenni, l'aumento dell'importazione di energia elettrica da Paesi terzi, che già ora si aggira tra 400 e 500 milioni di euro all'anno. E bisogna pure tener presente che la domanda di energia elettrica cresce di giorno in giorno in seguito allo sviluppo delle infrastrutture, delle attività economiche con in primo piano il turismo.
Valmer Cusma
Comitato Noghere: «Non molliamo sul laminatoio così poco green»
Prima riunione del direttivo per fare il punto dopo le elezioni. Anche altri nodi da sciogliere
Muggia. Lo scorso 2 novembre si è riunito il direttivo del Comitato Noghere No Laminatoio per esaminare la situazione post elettorale ed incominciare a mettere sul tavolo le questioni urgenti da affrontare. «Pur non essendo l'unico argomento della discussione ha spiegato Filippi, consigliere comunale del Comitato - il nostro focus resta incentrato sulla questione No Laminatoio, per quale siamo sempre più convinti ed intenzionati a portare avanti la nostra battaglia per il no. Anche Muggia deve dare il suo contributo a proteggere il clima e non a inquinarlo ancora di più. Il progetto del laminatoio a metano combustibile fossile non è "ripresa Green" e va contro lo sforzo mondiale per ridurre le emissioni di Co2, sforzo che si sta concretizzando in questi giorni anche nella sede del Cop26». Ma non solo di laminatoio si è parlato nell'incontro: si è discusso di sicurezza idro-geologica del territorio: «Bisogna - ha proseguito Filippi - verificare e rafforzare la manutenzione ordinaria dei canali di scolo, delle caditoie e quant'altro utile allo smaltimento delle acque piovane, e allo stesso tempo valutare e procedere al loro significativo potenziamento dove necessario. La nostra cittadina e le nostre case devono essere al sicuro da allagamenti e smottamenti». Altro tema il verde pubblico e le aree ricreative che «il piano regolatore di Muggia prevede e che non sono state mai attuate». Infine si è discusso del terminal ungherese: «chiediamo alla nuova giunta quali sono le novità ci sono su AdriaPort? C'è sulla questione un silenzio assordante. Aspettiamo con impazienza e sollecitiamo la prossima convocazione del Consiglio comunale, sarà l'occasione per discutere con tutte le forze sulla loro posizione su laminatoio e insediamento ungherese, che chiunque abbia un minimo di buon senso giudica per quello che sono, ossia una vera e propria iattura».
Luigi Putignano
Il raro Ibis calvo sbaglia migrazione e plana a Grobnico - alle spalle di Fiume
Un errore di rotta, oppure la necessità di sfamarsi o forse qualcosa di diverso e inspiegabile. Fatto sta che sulla piana di Grobnico, pochi chilometri a nord-est di Fiume, è planato venerdì scorso un volatile estintosi nel territorio dell' attuale Croazia nel 18esimo secolo. Il Quarnero ha dato ospitalità nientemeno che ad un ibis calvo migratore, specie di cui si contano in tutto il mondo non più di 250 esemplari e che ha il suo habitat nell'Africa settentrionale e in alcuni Paesi del Medio Oriente. La presenza a Grobnico dell'ibis calvo ha suscitato le giustificate attenzioni dei media e degli ambienti scientifici, in primis quelli ornitologici, affascinati dallo zampettare del rarissimo uccello che alle spalle di Fiume ha banchettato con insetti e probabilmente con lucertole e piccoli roditori. Lungo una settantina di centimetri, con il capo appunto privo di peli e un becco molto lungo e di colore rosso, l'uccello è stato visto e fotografato dal buccarano Dorijan Curac. Va rilevato che l'ultima colonia di ibis calvo, prima di scomparire, viveva e nidificava tre secoli fa nel territorio di Pola.
A.M.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 novembre 2021
Il futuro dell'ex Distretto militare: Ritossa sceglie gli alloggi di lusso
L'imprenditore vuole ricavare dall'edificio 40-50 appartamenti a oltre 3.000 euro al metro quadrato
Gabriele Ritossa, il pirotecnico imprenditore che spazia dalle case di riposo ai birrifici, ha sciolto la riserva. Non al 100% - come gli piace dire per mantenere acceso un minimo di thrilling - ma per un abbondante 90%: l'ex Distretto militare, l'antico edificio in via del Castello a poche decine di metri dall'arce capitolina e dalla cattedrale di San Giusto, sarà trasformato in un condominio destinato a una clientela che può permettersi una quotazione da oltre 3.000 euro al metro quadrato. La scorsa estate Ritossa - che nel 2017 ha acquistato tramite l'holding Sarafin il vecchio stabile militare da Cassa depositi e prestiti per 2,3 milioni di euro - aveva già espresso dubbi su quella che era stata l'idea iniziale, ovvero riconvertire l'ex distretto in un albergo. E aveva dato appuntamento a ottobre per chiarire quale sarebbe stato il destino di quell'investimento, al quale si era aggiunto un edificio contiguo in via dell'Ospitale, comprato stavolta all'asta dal Comune per 530.000 euro. Ritossa, raggiunto al telefono, non se l'è svignata: «Ormai propendo sempre più decisamente verso il residenziale, che in questa fase sembra dare soddisfazioni. È andata bene con l'ex Filodrammatico, proviamoci ancora». L'imprenditore pensa a un complesso da 40-50 appartamenti progettati per una fascia di mercato medio-alta. Rispetto ai disegni preparati per la tramontata ipotesi alberghiera, si mantiene la terrazza vista-mare da 900 metri quadrati equipaggiata di piscina. L'investimento circola attorno ai 10 milioni di euro, più o meno equivalente a quello che sarebbe occorso per l'hotel "quattro stelle" da 70 camere inizialmente previsto. Il cantiere, se non vi saranno complicanze buro-amministrative, dovrebbe essere aperto il prossimo anno. Insomma, Ritossa si è sottratto all'«albergomania» che negli ultimi anni ha segnato il settore turistico-immobiliare. Ha ragionato sul fatto che di hotel cominciano a essercene un bel po' tra quelli costruiti e in costruzione: ex Hilton, ex Intendenza di finanza, ex Filoxenia, palazzo Kalister... La risposta commerciale dell'ex Filodrammatico in via degli Artisti - che Ritossa aveva acquistato con i soci Alessandro Pedone e Alberto Diasparra dal crac Cierre per quasi 1,9 milioni - era stata invece incoraggiante: ad agosto l'imprenditore triestino segnalava la vendita di 30 appartamenti su 35 e di 90 posti auto su 110. Per gli appartamenti media al metro quadrato tra i 3.000 e i 3.200 euro. Alla luce di questa tendenza, Ritossa si è al fine risolto a favore dell'esito residenziale. Tornando infine all'asset di via del Castello per il consueto riepilogo storico, lo stabile in questione divenne distretto solo quando Trieste si ammantò di tricolore, nel 1933. Prima aveva svolto altri incarichi. Fu sede vescovile dal XIV al XVIII secolo, l'ultimo presule che vi abitò fu Antonio Ferdinando di Heberstein, in seguito trasferitosi a palazzo Brigido, poi a palazzo Mauroner e infine a palazzo Vicco. L'edificio venne trasformato a fine '700 in un ospedale e nel 1841 divenne un ospizio per gli alienati. Poi il Comune vi installò una scuola di Agraria e nel 1852 il vescovo Bartolomeo Legat creò il Seminario dei chierici. Non era finita, ecco insediarsi l'Istituto magistrale femminile. Sede dei Vigili urbani, fu teatro dell'uccisione della guardia Angelo Cattaruzza, avvenuta il 31 dicembre 1925 per mano di rapinatori che gli sottrassero le buste paga dei colleghi.
Massimo Greco
Due operazioni irrisolte sul tavolo della nuova giunta, nell'area tra via Crosada e via Capitelli
Il rebus Ex Ardiss e casa Francol, confinanti e ancora senza certezze - le incompiute
Altre due "incompiute" aspettano che la giunta si insedi per ottenere ascolto e attenzione: si tratta delle ex case Erdisu-Ardiss e di casa Francol. In realtà sono fascicoli distinti, anche sotto il profilo delle competenze amministrative, ma sono accomunate dallo stesso contesto, ovvero il piano Urban e il centro storico. Soprattutto sorgono a pochi metri l'uno dall'altro, quindi presupporrebbero un approccio coordinato. L'area è di sicura suggestione, tra via Crosada e via Capitelli, a breve distanza dallo scavo archeologico. Cominciamo dal caso apparentemente più semplice, cioè quello delle ex case Erdisu-Ardiss, costruite dall'edilizia universitaria poi trasferite al Municipio quando sindaco era Roberto Cosolini. In uno scacchiere delimitato dalle vie Capitelli, Trauner, della Corte, confinante con i recenti spiazzi Cecovini e Spaccini, commotate dal frequentato "Cemut", ecco sei palazzine che contengono 33 mini-appartamenti per circa 1.700 metri quadrati: aspettano che il Comune trovi un gestore. La scorsa primavera sembrava quasi fatta e il bando di gara era pronto a spiccare il volo in giunta: concessione di 9 anni, fatturato ipotizzato di 2,8 milioni durante questo periodo, canone annuo da versare al Comune pari a 30.000 euro a partire dal terzo anno. Da tempo c'è un pretendente, la So.Ges. che gestisce l'ex Ospedale militare: la società è diretta da Alberto Galardi e appartiene al gruppo milanese DoveVivo, uno dei brand di punta nel settore co-living. Ma il bando rimase nei computer degli uffici, s'incagliò nelle tensioni tra Lavori pubblici e Immobiliare, dove verrà trovato dalla futura giunta: il suo lancio dovrebbe essere una delle cose più semplici per riaccendere i motori deliberativi. Assai più complesso il caso Francol. Il rudere era stato rispolverato dalla giunta Dipiazza dopo che l'ex direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte, aveva ripescato 1,4 milioni inutilizzati dalle risorse Urban. Dipiazza aveva insistito per investire su un bene dal quale ricavare un po' di soldi. Casa Francol sarebbe stata trasformata in una sorta di casa-vacanze in un quadro di project financing da 4,5 milioni. Ma non si è trovato alcun privato disposto a metterci oltre 3 milioni.
Magr
Staffetta a San Dorligo tra Kermac e Cimolino - il consiglio online di venerdì
SAN DORLIGO DELLA VALLE. È stata fissata per dopodomani, venerdì, con inizio alle 9 e in modalità online, a causa delle restrizioni dovute all'emergenza pandemica, la seduta straordinaria del Consiglio comunale di San Dorligo, che prevede, all'ordine del giorno, la surroga del dimissionario Alen Kermac, capogruppo dei Verdi. Nel corso dei lavori si procederà con la convalida della nomina a consigliere, al posto di Kermac, di Tiziana Cimolino, che, alle recenti amministrative del capoluogo, si era presentata come candidata sindaco.Kermac, come noto, ha dato le dimissioni annunciando, al contempo, la volontà di abbandonare l'Italia, dove opera nel mondo dell'istruzione, per recarsi a lavorare e a vivere all'estero, con ogni probabilità in Slovenia, per la sua «impossibilità di adeguarsi alle normative anti- Covid. In Italia non potrei continuare a svolgere normalmente le mie attività».
u.sa.
Un volume sul clima realizzato dai giovani - Col Museo della Bora
"CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi" è il progetto con cui l'Associazione Museo della Bora punta a sensibilizzare i giovani del Friuli Venezia Giulia sui temi dell'emergenza climatica e della sostenibilità ambientale. Sul sito cambiaventi.museobora.org gli studenti sono invitati a condividere contenuti sul tema, che diventeranno un libro di carta, partecipato, in uscita nel mese di febbraio 2022. L'iniziativa prevede tre fasi: i ragazzi possono assistere a webinar informativi sull'ambiente, possono poi condividere foto e storie del clima che c'era e quello che verrà, sul sito www.museobora.org. Questi materiali poi andranno a formare il libro che sarà pubblicato nel 2022. «Siamo una piccola associazione - spiega il presidente del Museo della Bora Rino Lombardi - ma abbiamo un grande entusiasmo. Siamo ottimisti per natura e crediamo che ognuno nel suo piccolo possa fare qualcosa per ridurre la febbre del pianeta. Di certo, dobbiamo dare tutti una mano. Proviamo a far cambiare il vento. Insieme!».
MI.B.
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 novembre 2021
MONFALCONE - Gli ambientalisti chiedono al Comune di fare ricorso contro il turbogas
Le associazioni ambientaliste di Monfalcone fanno fronte comune contro la nuova centrale a gas progettata da A2A e di fatto "autorizzata" dal ministero della Transizione ecologica di concerto con il ministero della Cultura. Comitato Rione Enel, Circolo Legambiente Ignazio Zanutto, Associazione ambientalista Eugenio Rosmann e Gruppo San Valentino-Cittadini per la salute hanno chiesto mercoledì al Comune di Monfalcone, con la lettera inviata al sindaco Anna Cisint, di «porre in essere ogni possibile iniziativa per scongiurare la realizzazione di una nuova mega centrale alimentata da fonti fossili sul sedime della vecchia centrale». Le associazioni sottolineano che l'incontro on line tenuto il 7 ottobre, con la partecipazione degli esperti nazionali per l'energia di Legambiente e Wwf Italia, ha messo «chiaramente in evidenza come non vi sia alcuna necessità di nuovi impianti a gas».Nel forum on line è emerso in modo altrettanto evidente per le associazioni che "l'urgenza di affrontare la crisi climatica richiede di procedere speditamente verso la transizione ecologica con una rapida decarbonizzazione del sistema di produzione, e che l'investimento non sarebbe per nulla sostenibile se non fosse per il meccanismo del Capacity market, ovvero il sostegno dello Stato». Gli ambientalisti rilevano come contro il decreto ministeriale è ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al Tar entro 60 giorni e, in alternativa, ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni. Un impegno troppo gravoso per delle piccole realtà di volontariato, ma non per l'amministrazione comunale che gli ambientalisti ritengono in grado di sostenere l'azione, invitandola a valutare questa possibilità. «Nel ricorso da proporre, crediamo sia importante valutare la correttezza dei dati riportati nello Studio d'impatto ambientale - dicono le associazioni -, soprattutto dove si confrontano gli impatti della futura centrale turbogas con quelli del vecchio impianto, considerato che nella richiesta di rinvio a giudizio dell'ex direttore della centrale, e di A2A Energie future spa per la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, si ipotizza la mancanza di dati relativi alle emissioni e la scarsa affidabilità dei dati comunicati. Queste ipotesi, avanzate dalla Procura di Gorizia, pongono in dubbio la correttezza dello Studio d'impatto ambientale presentato nella procedura di Valutazione d'impatto ambientale al ministero per la Transizione ecologica». Le associazioni si sono messe a disposizione del Comune per fornire nominativi di legali ed esperti che «possono fornire contributi qualificati a sostegno della causa».
Laura Blasich
Assonave - Appello per la legge «Salvamare»
Federazione del mare, Assonave, Assoporti, Confindustria Nautica, Confitarma, Federpesca e altri hanno lanciato un appello per l'approvazione della legge Salvamare. La legge prevede che i pescatori possano portare a terra la plastica pescata con le reti, che ora devono lasciare in mare per non commettere il reato di trasporto illecito di rifiuti, installando sistemi di raccolta per intercettare la plastica prima che arrivi in mare.
I volontari ripuliscono i boschi attorno al Sentiero della Salvia
Riempita una decina di sacchi con le immondizie recuperate Tante le bottiglie di plastica e le lattine. Trovata pure una tagliola
DUINO AURISINA. Una decina di sacchi, colmi di immondizie. È questo il risultato della raccolta effettuata l'altro giorno, nel territorio comunale di Duino Aurisina, fra il Sentiero 1, noto come quello della Salvia, e la palestra, da una trentina di volontari che hanno risposto all'invito lanciato da Lions Club Trieste Host, Lions Club Satellite Trieste Audace, Leo Club di Trieste e Lions Club Duino Aurisina, con i quali ha collaborato il Sistiana 89, sodalizio sportivo molto attivo sul territorio anche nella cura dell'ambiente. Fra i vari oggetti rinvenuti, ha provocato un certo scalpore il ritrovamento, nei pressi della palestra, di una tagliola. Molto numerose le bottiglie di plastica e le lattine, a conferma del disinteresse di troppo gitanti nei confronti delle più elementari regole del vivere civile. Al momento della partenza del gruppo, che si è formato nel piazzale del Municipio, ad Aurisina Cave, è intervenuto l'assessore all'Ambiente e al Turismo Massimo Romita, il quale ha espresso apprezzamento per il fatto che «sono sempre più frequenti le escursioni sul nostro territorio». Chiara Puntar, presidente della Commissione comunale Ambiente, ha invitato tutti a «cercare di educare il prossimo nel mantenere l'ambiente e il territorio puliti e integri. Spesso percorro i sentieri vicino a casa, come quelli delle Cave, dei Pescatori o della Salvia, per poi rientrare ad Aurisina, percorsi che permettono di ammirare meravigliosi paesaggi. Bisogna impegnarci tutti - ha aggiunto - nel garantirne la migliore conservazione». A condurre il gruppo è stato Saimon Ferfoglia, guida naturalistica dell'associazione Estplore, che ha descritto l'ambiente visitato nel corso della prima parte della giornata, illustrando l'importanza della pietra per il territorio e spiegando la lavorazione del marmo, mentre i partecipanti osservavano dall'alto le cave di marmo. Nella seconda parte dell'escursione, lungo il Sentiero 1, è stata la stessa Puntar a fungere da guida. «Abbiamo ottenuto un risultato molto positivo», è stato il suo commento: «Lo abbiamo festeggiato con un brindisi finale».
u.sa.
Sempre più cinghiali «Non vanno lasciati scarti di cibo in giro»
In aumento le segnalazioni nei quartieri vicini alle aree verdi Rischio smottamenti sul ciglione carsico per i loro passaggi
In 40 anni i cinghiali selvatici in Italia sono passati da 50 mila esemplari a due milioni. E ogni anno causano 10 mila incidenti stradali e provocano danni all'agricoltura per 60 milioni di euro. Un problema che riguarda da vicino anche la cintura carsica e pure i quartieri della città a ridosso di boschi e aree verdi, da Roiano a San Giovanni, dove negli ultimi tempi si è registrata una recrudescenza delle segnalazioni riguardanti "incontri ravvicinati" con questi ungulati. «Quello dei cinghiali è un problema di carattere mondiale e strettamente collegato all'inquinamento climatico - spiega Nicola Bressi, zoologo e naturalista del Museo di storia naturale cittadino - come ha sottolineato un recente studio dell'università di Brisbane, in Australia». I cinghiali, infatti, smuovendo il terreno, sollevano pure l'anidride carbonica presente nel sottosuolo. «Più ce ne sono e più ne viene sollevata», prosegue Bressi: «Si tratta di un contributo minimo, ma comunque legato ai troppi cinghiali in circolazione in tutto il mondo». Fondamentale a questo punto, secondo l'esperto, è capire come ogni singolo cittadino possa contribuire a rallentare la loro riproduzione. «Innanzitutto è necessario fare una premessa, sfatando il mito secondo il quale i nostri cinghiali siano o meno autoctoni», sottolinea Bressi: «Essendo scomparsa la sottospecie preesistente, ora non può valere la teoria del "teniamoci l'originale e cacciamo la varietà attuale" perché questa è ormai l'unica presente nei nostri territori. E va abbattuto anche il mito secondo il quale la caccia faccia aumentare il loro numero, perché questo è vero solo nel caso in cui a essere cacciati siano prevalentemente i maschi». Il terzo mito da sfatare, insiste Bressi, riguarda la possibilità di contenere la riproduzione dei cinghiali attraverso la sterilizzazione delle femmine. «Si tratta di una pratica assolutamente impossibile da realizzare in natura - secondo il naturalista - perché è impensabile dare la pillola a ogni femmina nella giusta dose in una popolazione selvatica». Da qui l'obiettivo di sensibilizzare la popolazione, facendo leva su piccoli ma importanti comportamenti che possono, a lungo andare, modificare l'attuale trend di sovrappopolamento. «È fondamentale - spiega Bressi - non dar loro da mangiare, né direttamente né indirettamente. Lasciare del cibo per altre specie animali, ad esempio in occasione di gite sul Carso, è un ragionamento completamente sbagliato perché i cinghiali, avendo un fiuto migliore, saranno i primi ad accaparrarselo. Allo stesso tempo è necessario eliminare il rifiuto indiretto, ovvero l'immondizia fuori dai cassonetti. La stessa cosa vale per i cibi lasciati per le colonie feline. È necessario verificare che siano i gatti a mangiare quanto lasciato dagli essere umani, in modo da evitare che il cinghiale si mangi il loro cibo. Serve insomma che la gente comprenda - conclude Bressi - che se i cinghiali aumentano diminuiscono al contempo le altre specie, come i topolini di campagna, i bruchi e quindi le farfalle, i bombi, che costruiscono i propri favi nel sottosuolo, le lucertole, le testuggini. È la cruda legge della natura. Se una specie aumenta di numero le altre diminuiscono, e così si danneggia la biodiversità». I cinghiali, infine, creano nel lungo periodo anche un dissesto idrogeologico: «Basti pensare al ciglione carsico, da Bagnoli ad Aurisina. È assai eroso perché, con il loro grufolare, i cinghiali strappano l'erba, lasciando così la roccia nuda e creando i presupposti per smottamenti, una certa desertificazione e un conseguente maggiore inquinamento climatico, perché a lungo andare gli alberi non crescono più».
Lorenzo Degrassi
I laghetti delle Noghere ostaggio del degrado - la denuncia del neoconsigliere Fogar
MUGGIA. I laghetti delle Noghere, "biotopo" di grande importanza per l'area alle porte di Muggia, versa in condizioni deplorevoli. Lo denuncia il neoconsigliere della civica Muggia Maurizio Fogar: «Questa sarebbe la "biodiversità" decantata da Bussani, Tarlao, Polidori and company? Il degrado totale dell'area verde tra Noghere, Zaule e Ospo. Pulizie inesistenti, di manutenzioni neanche l'ombra da anni: il tutto a rappresentare il vero volto di questa politica incapace». E ancora: panchine da pic-nic danneggiate, segnaletica indicante le caratteristiche del luogo del tutto illeggibili, sfalci di ramaglie abbandonati da tempo, staccionate divelte ma anche indumenti abbandonati da immigrati di passaggio e benne colme di immondizia. Questo insomma, insiste Fogar, è quello che si presenta al visitatore di un "biotopo" naturale formato da otto laghetti artificiali, dove è facile trovare rane, qualche serpente, tartarughe, anatre. Anche su Tripadvisor l'unica recensione è inclemente: "Sconosciuto alla maggioranza degli autoctoni, il posto è molto trascurato. Vestiti e immondizia ovunque. Le indicazioni sono pressoché inesistenti. Un vero peccato". E questo nonostante, ricorda Fogar, sia stata migliorata la fruibilità grazie ai recenti lavori che hanno riguardato il percorso sterrato, costati 110.410 euro.
lu.pu.
Scatta la Conferenza generale Twas: la città chiama, il pianeta risponde
Da ieri fino a giovedì l'evento online dell'Accademia mondiale delle scienze che qui ha sede A confronto 400 luminari tra clima, Covid e gap digitale
La scienza non ha confini: è indipendente da qualsiasi sistema, religioso o politico, e il suo spirito, critico e razionale, insieme all'approccio basato sulle evidenze, è di fondamentale importanza per plasmare il futuro dell'umanità. Sono alcuni dei concetti espressi nella lezione "Passi verso la vita: Chimica!", tenuta dal professor Jean-Marie Lehn, premio Nobel per la chimica nel 1987. L'eminente scienziato francese è stato tra i principali protagonisti della prima giornata della 15.ma Conferenza generale della Twas, cioè l'Accademia mondiale delle scienze, organismo dell'Unesco che ha sede a Trieste. Organizzata in partnership con la King Abdullah University of Science and Technology e con la Islamic Development Bank, entrambe con sede a Jedda, in Arabia Saudita, la conferenza, che durerà fino al 4 novembre, vedrà la partecipazione in modalità telematica di oltre 400 scienziati di tutto il mondo, ministri e consiglieri scientifici. Promuovere la scienza di frontiera, la tecnologia e l'innovazione per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo è il tema cardine del congresso, che è anche l'occasione per premiare ricerche originali dal forte impatto socio-economico. Aperta dal discorso di benvenuto del presidente della Twas Mohamed H.A. Hassan, che ha sottolineato la necessità di affrontare i maggiori problemi della contemporaneità, dalla pandemia al cambiamento climatico, con un approccio globale e cooperativo, la conferenza ieri ha visto la partecipazione, per l'Italia, del viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Marina Sereni. Sereni ha ribadito il sostegno italiano alla Twas, che «continuerà a giocare un ruolo cruciale per lo sviluppo globale». Ieri l'iniziativa ha ospitato inoltre le premiazioni di oltre 20 ricercatori di tutto il mondo che, con il loro lavoro, stanno imprimendo una svolta positiva alle rispettive comunità. Fra i temi trattati ricerche sulle cellule staminali, nanoparticelle, aerosol e qualità dell'aria e onde gravitazionali. La giornata di oggi si aprirà con una sessione ministeriale, tra i cui partecipanti figurerà Eric Lander, consulente scientifico di Joe Biden. In ambito agronomico saranno presentati gli studi della microbiologa Mariangela Hungria (Brasile) e dell'esperto di genetica vegetale Li Jiayang (Cina), vincitori ex-aequo del Premio Twas-Lenovo: Hungria ha individuato batteri benefici che possono sostituire i fertilizzanti azotati, Li Jiayang ha aumentato la resa dei raccolti di riso migliorandone la qualità. Mercoledì 3 ad aprire i lavori sarà il simposio "Il mondo di fronte al Covid-19", in cui saranno messe a confronto le prospettive africana, asiatica e sudamericana ed esaminate le lezioni che la pandemia ha insegnato al mondo. Infine, nella giornata conclusiva del 4, sarà affrontato il tema dell'inclusione digitale e del divario fra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 novembre 2021
Città più inquinate del pianeta - Belgrado in cima alla classifica
La capitale serba riconquista il triste primato. Pesano dipendenza da carbone e auto molto vecchie
Belgrado la settimana scorsa al primo posto al mondo, con un indice di 179 a segnalare un'aria mefitica, piena di particolato e dunque «non sana», seguita da metropoli asiatiche celebri per l'atmosfera malsana, come Delhi, Karachi e Mumbai. Nella triste top ten, anche Sarajevo, poi balzata in testa nel weekend, sorte condivisa con Skopje e persino Zagabria. Anno nuovo, ma nessun passo avanti compiuto nei vicini Balcani sul fronte inquinamento dell'aria, uno dei problemi cronici di una regione che, malgrado promesse e rassicurazioni, continua a produrre energia elettrica usando la sporca lignite, si riscalda con stufe a legna o a carbone e guida, causa tasche vuote, vecchie auto inquinanti, soprattutto obsoleti diesel. Il risultato? «Belgrado di nuovo la città più inquinata al mondo», hanno denunciato allarmati in questi giorni i media serbi, informando che anche altre cittadine più piccole sono entrate in «zona rossa» per lo smog. Tra esse, Nis, Novi Sad, Pancevo, Novi Pazar, Uzice, Cacak.Sui social, allarmi simili. «Attenzione, lo smog è estremamente alto e quasi tutte le stazioni di misurazione danno notizia del pericolo», ha avvisato il movimento Ne davimo Beograd, che ha attaccato il governo perché «non fa nulla per risolvere questo problema». «Nei prossimi giorni ci sarà vento e pioggia e lo smog calerà, per poi risalire, continuiamo ad avere problemi con sistemi di riscaldamento, traffico, industrie e lo Stato deve risolverli», ha rincarato Milenko Jovanovic, ex numero uno dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente in Serbia. Stato che però continua a fare orecchie da mercante. L'inquinamento in Serbia «è presente da decenni, solo che prima non se ne parlava a sufficienza», ha sostenuto la ministra serba per l'Ambiente, Irena Vujovic, promettendo a breve un piano d'azione per il miglioramento della qualità dell'aria. Il processo sarà «lungo» e complesso, ha confermato alla Tv pubblica il climatologo Vladimir Djurdjevic. Nel frattempo, si cercano altre soluzioni. Una è la «fuga da città come Sarajevo», assediata da foschia e smog, ha raccontato l'agenzia Anadolu, postando foto della capitale bosniaca praticamente nascosta da una fitta, venefica, nebbia prodotta dai fumi di auto e riscaldamento. Tutto indica che si riprodurrà anche quest'anno lo scenario degli anni passati e dell'inverno del 2020 in particolare, quando in praticamente il 90% delle giornate sono stati superati tutti i limiti relativi all'inquinamento, ha evidenziato in questi giorni uno studio svedese sullo smog in Bosnia. «Quasi la metà delle particelle di Pm 2,5 deriva dall'uso di stufe a legna, pellet, carbone e dalla guida di automobili» spesso antiquate, mentre il 25% dello smog arriva in Bosnia dalle nazioni vicine, veicolato dai venti che trasportano i fumi delle centrali a carbone, si legge nello studio. Non si può stare tranquilli neppure in Kosovo, dove secondo stime della Banca Mondiale ogni anno muoiono quasi 800 persone a causa dello smog, ma proiezioni Ue parlano addirittura di 4.000 decessi correlati. Per la Bosnia, sempre secondo stime Ue, sono 5.100, in Albania 5.000, in Macedonia del Nord 3.000, nel piccolo Montenegro 640. E in Serbia addirittura 14.600. Sono tutti Paesi balcanici e di quell'Est Europa che, secondo l'ultimo World Air Quality Report per il 2020, fanno parte della regione «con i più alti livelli di Pm 2,5 in Europa». Maglie nere, Bosnia, Macedonia del Nord e Bulgaria.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 ottobre 2021
Intesa tra i grandi della Terra sulla minimum tax Restano ampie distanze sulla riduzione della CO2 Draghi punta al fondo mondiale per le emergenze
ROMA. Il sole dell'ottobrata romana e l'invito del padrone di casa Mario Draghi a lasciarsi indietro «protezionismo, unilateralismo e nazionalismo» non sono bastati. Il vertice dei venti capi di Stato più influenti del pianeta non porterà ad una svolta sul tema più urgente che c'è: la lotta ai cambiamenti climatici. Le cronache della giornata alla Nuvola di Fuksas sono un profluvio di strette di mano, incontri bilaterali, passeggiate delle first lady fra le bellezze della città eterna. Poi c'è la realtà - mai facile - dei negoziati. Il premier sperava di poter chiudere il vertice con un comunicato che facesse da volano alla conferenza Onu sul clima che si apre oggi a Glasgow. Le bozze che circolavano ieri sera non promettevano nulla di buono. Pur essendo confermato l'impegno a ridurre il surriscaldamento globale di un grado e mezzo, il testo non dettaglia gli strumenti necessari a raggiungerlo. La bozza si limita a parlare genericamente di «azioni significative ed efficaci» da intraprendere. Non c'è traccia nemmeno della deadline del 2050, che verrebbe sostituita da un più vago «entro la metà del secolo». La decisione del cinese Xi Jinping di non essere a Roma, e l'esito deludente del bilaterale di venerdì fra Draghi e l'indiano Narendra Modi dimostrano che la buona volontà di Europa e Stati Uniti non possono molto se la battaglia contro il surriscaldamento del Pianeta non viene presa sul serio dagli altri due grandi inquinatori, e in particolare da Pechino, che da sola emette il trenta per cento delle emissioni globali, il doppio dell'America. Nel suo intervento a distanza il cinese ha ribadito il principio delle responsabilità «comuni ma differenziate». Ha invitato i Paesi occidentali «a dare il buon esempio» e a fare proprie «le particolari difficoltà e preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo». Fonti europee e di Palazzo Chigi ieri sera ci tenevano ad apparire comunque ottimiste. «Le bozze finora trapelate sono solo bozze, e ci resta la notte per strappare un risultato migliore». Se il risultato dovesse essere magro, la trattativa di Glasgow potrebbe finire persino peggio. Nell'impossibilità di ottenere risultati cogenti sugli obiettivi, i negoziatori europei ed americani stanno premendo per ottenere un aumento delle risorse destinate ad un fondo mondiale contro i cambiamenti climatici. L'inglese Boris Johnson, che da domani sarà padrone di casa di quel vertice, lo definisce «il cilindro» che Draghi tirerà fuori del cappello per scongiurare il flop. La delusione sul clima è però solo la parte più visibile di un G20 che comunque lascerà il segno su altre tre questioni: l'introduzione di una tassa minima globale, l'abolizione di alcune tariffe sull'acciaio europeo introdotte da Donald Trump, l'impegno comune a garantire l'immunità da Covid al settanta per cento della popolazione mondiale entro la fine dell'anno prossimo. L'accordo sulla minimum tax, se effettivamente implementato, avrebbe un impatto senza precedenti nella lotta all'evasione globale. Si tratta dell'ultimo sigillo politico all'accordo firmato al G20 di Venezia dai ministri finanziari e confermato in sede Ocse, l'organizzazione che raccoglie i trenta Paesi più ricchi del mondo. La tassa minima globale è stata fissata al quindici per cento e colpirà in particolare i colossi dell'elettronica e del web. Secondo le stime Ocse, una volta applicata farebbe emergere 60 miliardi di dollari di tasse evase all'erario americano, e almeno altri 125 nel resto del mondo.
Alessandro Barbera
Draghi teme il flop sulle emissioni e promette più risorse per l'ambiente
Il premier italiano vuole andare oltre i 100 miliardi di euro annunciati nel 2009 ai Paesi in via di sviluppo
Roma. Mario Draghi potrebbe veder frantumarsi il sogno del multilateralismo proprio nel giorno in cui è tornato, ancora una volta, a celebrarlo. Per tutta la lunga prima giornata di G20 mentre stringe le mani, accoglie gli ospiti venuti da tutto il mondo, si regala ai flash e presiede le due sessioni del summit, il presidente del Consiglio italiano nasconde benissimo la preoccupazione che lo tiene sulle spine: «Come sta andando?» chiede ai collaboratori sui negoziatori che da due giorni ormai lavorano per assicurarsi la parvenza di un accordo nel comunicato finale del vertice. È la premessa per non pregiudicare la conferenza sul clima della Nazioni Unite che oggi si aprirà a Glasgow. Ma il successo di questo G20 a guida italiana, per Draghi, è contenuto anche in una formula che rappresenterebbe la svolta dopo anni di promesse tradite e che il premier vorrebbe annunciare oggi al termine dei lavori. Andare oltre i 100 miliardi di euro promessi nel 2009 ai Paesi in via di sviluppo, risorse necessarie a tenerli distanti dalla facile seduzione delle energie fossili e a spingerli sulla strada della transizione ecologica e delle rinnovabili. Al momento l'impegno non è stato rispettato, molti contributi sono stati inferiori e spesso erogati sotto forma di prestito. Draghi punta a incrementare le risorse e, d'accordo con Joe Biden e con l'Unione europea, è pronto a dare l'esempio aumentando la quota dell'Italia, attualmente ferma a 500 milioni di euro. Le cifre che ufficiosamente circolavano ieri si spingerebbero fino a oltre 2 miliardi di euro. Quando i medici, gli operatori sanitari, i soccorritori della Croce Rossa, ognuno con il proprio camice e la propria divisa, si mescolano ai capi di Stato e di governo per la foto di gruppo iniziale, l'applauso che scatta è davvero commosso. Draghi osserva soddisfatto. Dentro il Nuovo Palazzo dei Congressi dell'Eur, sotto la teca che contiene la Nuvola di Fuksas, il premier intende riaffermare la fine dell'era di Donald Trump che il destino ha voluto venisse chiusa dalla pandemia e dal lockdown globale. Un distanziamento sociale che è stato l'epilogo di anni in cui «abbiamo affrontato il protezionismo, l'unilateralismo e il nazionalismo». Errori da non ripetere, sostiene durante la prima sessione dei lavori che sancisce la decisione di fissare una tassazione minima per le grandi multinazionali: «Il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi. Per molti versi - è la conclusione solenne - è l'unica soluzione possibile». Il conseguente «modello economico» edificato sui piani di ripresa post-Covid è fatto di più crescita, meno diseguaglianze, più sostenibilità. Ma poggia su una contraddizione, nella parallela lotta al surriscaldamento globale, che potrebbe rivelare la fragilità del paradigma già al suo primo test. Gli sherpa restano inchiodati alle sedie tutta la notte, inseguendo un compromesso accettabile per il comunicato finale. Si lavora sulle parole e su target infilzati di volta in volta dai veti di India, Cina, Indonesia, Australia. Al tavolo delle trattative per il governo italiano c'è Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico del premier. Nella prima bozza che filtra, pubblicata dalle agenzie Bloomberg e Reuters, non ci sono buone notizie. Scompare il riferimento al 2050, la deadline che era stata contratta in precedenza entro la quale portare e zero le emissioni di gas serra. Al suo posto un generico «metà secolo» come chiesto dalla Cina che non intende schiodarsi dall'obiettivo fissato al 2060. Traballa anche l'impegno a limitare a 1,5 gradi centigradi l'innalzamento delle temperature entro la fine del secolo, come previsto dagli accordi di Parigi del 2015.Oggi il G20 passa il testimone a Cop26, la conferenza sul clima che presiedono insieme Italia e Regno Unito. Un negoziato al ribasso ottenuto a Roma potrebbe decretare il fallimento del vertice sul cambiamento climatico. Il rischio è chiarissimo a tutti i leader. Solo se le conclusioni dei Venti saranno all'altezza della sfida climatica allora sarà possibile trattare su obiettivi ambiziosi in Scozia. Boris Johnson è preoccupato tanto quanto Draghi e nel primo bilaterale della mattina non lo nasconde: «Dobbiamo aumentare gli impegni finanziari, eliminare il carbone, tenere in vita l'obiettivo di 1,5 gradi. Dobbiamo - dice - fare tutti uno sforzo in più».
Ilario Lombardo
IL PICCOLO - SABATO, 30 ottobre 2021
Con l'Ortofrutticolo all'ex Manifattura park per crocieristi in Campo Marzio
Il sindaco Dipiazza punta a chiudere l'operazione in un anno Incontro con Fracasso, proprietario dell'area in via Malaspina
Trascorsi pochi giorni dalla riconferma, Roberto Dipiazza riprende l'ordito dei progetti principali rimasti disinnescati ed ereditati dal precedente mandato. Uno, in particolare, sembra avere un prioritario lasciapassare: il trasferimento dei mercati all'ingrosso. L'altro giorno, "scortato" dal vicesegretario generale Fabio Lorenzut e dal direttore dell'urbanistica Giulio Bernetti, ha incontrato Francesco Fracasso, l'imprenditore veneziano che ha curato il recupero dell'ex Lavoratore, dell'ex Dino Conti, dell'ex Maddalena. Al centro del dibattito l'ex Manifattura Tabacchi vicino al Canale navigabile, edificio da 50.000 metri quadrati che Fracasso ha acquistato da Cassa depositi e prestiti. L'idea, che aleggia da tempo e che Dipiazza ha ribadito in campagna elettorale, è di traslocare il mercato ortofrutticolo all'ingrosso dall'attuale sede in Campo Marzio nell'ex fabbrica di sigarette. Frutta & verdura verrebbero poi seguite dal mercato ittico, che, per la gioia dell'Autorità portuale, lascerebbe finalmente l'ex Gaslini onde raggiungere anch'esso l'ex Manifattura. Dipiazza ha fretta perché vuole il più rapidamente possibile reimpossessarsi della vasta area in Campo Marzio, proprietà comunale: in un primo tempo diventerebbe un parcheggio "a raso" destinato ai crocieristi, poi si vedrà. Questa è un po' una novità in quanto finora, sia pure genericamente, si era ipotizzato un utilizzo fitness di quegli spazi. Il sindaco ha indicato anche un tempo per realizzare l'operazione da condurre in tre mosse, allestendo l'ex Manifattura, trasferendovi l'ortofrutta, demolendo le vecchie strutture mercatali tra riva Ottaviano Augusto e via Giulio Cesare: un anno da oggi. Cioè, nell'autunno 2022 i fruttivendoli triestini - se le cose prenderanno la piega auspicata dal sindaco - andranno ad approvvigionarsi in via Malaspina. Da un punto di vista logistico e viario, pare una buona soluzione. Ma il progetto va studiato con attenzione, dal punto di vista amministrativo e finanziario. Non sarà un project financing, servirà un accordo di programma, l'ex Manifattura Tabacchi non è un bene municipale. Troppo presto per parlare di cifre: Fracasso ricorda l'ingente superficie di 50.000 metri quadrati a disposizione, di cui un terzo potrebbe essere quella utilizzata per i due mercati ortofrutticolo e ittico. E quali sarebbero gli sviluppi negli altri 30.000 mq? L'imprenditore veneziano, specializzato in "rigenerazioni urbane", dichiara di avere più contatti in piedi. Ma uno sembra colpirlo più degli altri: si tratta di una realtà francese, espressione governativa, che si chiama "Pole europeen pour l'innovation la transition energique et l'environement", acronimo Pepitee. Il direttore è Albert Cavalli, con un curriculum incentrato sui settori industriali "maturi" come la metallurgia e il tessile. I francesi avrebbero prospettato a Fracasso un insediamento dedicato alla realizzazione di nuove tipologie di container frigo.
Massimo Greco
Sui bus tutto il giorno a un euro dai park di Opicina e Bovedo
Torna la formula dei biglietti "low cost" dal primo al 3 novembre in occasione del ponte di Ognissanti. Disponibili 56 posti in Carso e 40 in Porto vecchio
Torna per il ponte di Ognissanti "Park&Bus", l'iniziativa del Comune e di Trieste Trasporti finalizzata a incentivare l'uso dei mezzi pubblici. Dal primo al 3 novembre 96 posti in tutto, tra i parcheggi del quadrivio di Opicina (56) e del Bovedo in Porto vecchio (40) saranno riservati a chi deciderà di lasciarvi l'auto per poi andare in centro in bus con un apposito biglietto da soltanto un euro. "Park&bus" viene promosso in occasione dei grandi eventi come la Barcolana o le settimane di Natale e riesce a riscuotere sempre un grande successo anche tra i turisti. Ai due park il personale di Trieste Trasporti consegnerà i biglietti speciali che consentiranno di viaggiare su tutte le linee e fino alla mezzanotte del giorno di convalida al costo, appunto, di un euro. I biglietti saranno in vendita dal lunedì al mercoledì dalle 10 alle 20. I tagliandi "Park&Bus" daranno inoltre diritto a uno sconto sui biglietti del servizio turistico "HopOn HopOff", previa prenotazione del posto a sedere, per scoprire Trieste in autobus. E sono tante le iniziative organizzate in questi giorni in città: durante il ponte i Musei storici e artistici e i Musei scientifici saranno aperti con orario festivo. Mercoledì 3 l'accesso sarà gratuito anche nei musei a pagamento. E in deroga all'eventuale turno di chiusura resteranno aperti anche martedì 2, unico giorno in cui saranno invece aperti pure i Musei letterari. Il Salone degli Incanti ospiterà invece da oggi Trieste Antiqua, l'evento dedicato al mondo dell'antiquariato organizzato dalla Camera di Commercio in collaborazione con l'amministrazione comunale. E in occasione di San Giusto, piazza Unità ospiterà alle 9.30 e alle 17 l'alza e l'ammaina bandiera, mentre alle 16.30 verrà deposta una corona al monumento del Bersagliere sulla Scala reale per ricordare lo sbarco in città in occasione del 103.mo anniversario della prima redenzione.
Andrea Pierini
Taranto, Bar e Valona Porti ecopuliti - al via accordo transadriatico
BAR. Tagliare le emissioni di carbonio e avere maggiore efficienza energetica: sono i due principali obiettivi di un progetto presentato dall'Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, porto di Taranto, insieme ad altri partner. L'Authority del Mar Ionio è il soggetto capofila. Sono coinvolti inoltre i porti di Valona in Albania e di Bar in Montenegro.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 ottobre 2021
Le due testuggini ferite e ora curate tornano in mare a Brioni - L'opera del Centro di recupero di Pola
POLA. La restituzione al mare di due testuggini ferite e curate è avvenuta sulla spiaggia di Brioni Maggiore. È stato scelto questo sito per la cerimonia poiché le tartarughe hanno trascorso un periodo di convalescenza nell'apposita piscina sull'isola, gestita dal Centro per il recupero e la riabilitazione di questa specie ubicata nella Fortezza austroungarica di Verudella. Erano comunque presenti i rappresentanti del Parco nazionale di Brioni e dell'Acquario di Pola, dove è ubicato il centro. E poi per cosi dire, i genitori adottivi dei due animali, i tedeschi Brigitte ed Heinz Ernst e la slovena Tisa ospiti delle Isole che ne hanno seguito il periodo di convalescenza. La prima a prendere felicemente la via del mare è stata Ella-Ravka. L'animale era stato rinvenuto nel giugno del 2020 nell'insenatura di Jazine poco lontano da Zara. Versava in condizioni disperate: il carapace risultava lacerato in diversi punti in seguito all'investimento di una barca a motore. Erano seguiti mesi e mesi di cure a base di antibiotici e medicazioni giornaliere. La terapia alla fine ha dato il risultato sperato tanto che Ella-Ravka è tornata in perfetta salute per cui era giunto il momento di restituirla al suo ambiente naturale. L'altra tartaruga è Martin, soccorsa nell'insenatura di San Martino sull'Isola di Lussinpiccolo. Era stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva del centro nell'aprile scorso con un grosso amo da pesca conficcato nell'esofago. Era stato subito operato e la rimarginazione della ferita è stata molto veloce anche grazie alla sua giovane età.
Valmer Cusma
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 ottobre 2021
Tecnologico, green e personalizzato - Ecco il futuro del Tpl
Uno studio anticipa i progetti delle realtà di trasporto pubblico mezzi elettrici e a idrogeno, servizi a chiamata e monopattini
Trieste. Un miliardo e 217 milioni di euro. È il beneficio per l'economia del Friuli Venezia Giulia che si potrebbe concretizzare fino al 2026 investendo in modo adeguato nel trasporto pubblico locale, sotto forma di risparmi da mancate emissioni e maggiori ricavi per i gestori. Un risultato raggiungibile puntando su mezzi più ecologici e su una digitalizzazione in grado di rendere il trasporto pubblico sempre più aderente alle esigenze degli utenti, anche con servizi a chiamata e personalizzati. Già si lavora, ad esempio, su un'applicazione che consentirà di spostarsi sul territorio del Friuli Venezia Giulia integrando autobus, treno, scooter e monopattini elettrici. Le risorse ci sono: 180 milioni, messi a disposizione principalmente dal Piano di ripresa e resilienza, da destinare a investimenti in digitalizzazione, intermodalità, personalizzazione del servizio e acquisto di mezzi a basso impatto. Le previsioni sono il frutto dalla ricerca commissionata da Arriva Italia a The European House - Ambrosetti, presentata ieri a Trieste all'hotel Savoia. LA BASE DI PARTENZA - Investire: ecco la parola chiave. Il messaggio rilanciato ieri è che per accelerare la ripresa di un settore fortemente colpito dalla pandemia è indispensabile un piano di investimenti adeguato in grado di stimolare un ritorno più veloce ai livelli pre-Covid e, possibilmente, superare addirittura i numeri del 2019. Una sfida alla portata di un territorio regionale che già può partire da una base importante, come rimarcato ieri nel corso del convegno: il Friuli-Venezia Giulia ha un parco bus più "giovane" della media (3,6 anni a Trieste, 5,5 a Gorizia, 6,1 a Pordenone e 6,6 Udine contro un dato nazionale pari a 12,3 anni), ma che necessita ora di investimenti consistenti in mezzi a propulsione alternativa. Sostenibilità ambientale - Programmata a livello regionale la sostituzione di 330 mezzi entro il 2026, di cui il 45 % a propulsione alternativa (elettrica, metano e idrogeno), che consentirà di ridurre le emissioni di CO2 del 18% nell'arco dei prossimi cinque anni. Trieste Trasporti avvierà una linea a trazione elettrica di 18 chilometri che attraverserà l'intera città (direttrice nord-sud) con autobus lunghi 18 metri, e sperimenterà anche autobus a idrogeno. Apt Gorizia è impegnata nel progetto di produzione e utilizzo di idrogeno per la mobilità nell'aeroporto di Ronchi. Arriva Udine punta su trazione a biometano e metano per le tratte extraurbane, mentre Atap introdurrà 15 mezzi urbani a metano liquefatto. Inclusività e servizi a chiamata - Trieste Trasporti e Arriva Udine hanno dotato l'intera flotta urbana e 120 bus extraurbani di accessi facilitati per disabilità motorie. La flotta triestina è dotata di tecnologie all'avanguardia per favorire il dialogo vocale con i bastoni dei non vedenti, in arrivo a breve anche nel capoluogo friulano. Arriva Udine attiverà entro l'anno servizi a chiamata su prenotazione che valorizzeranno il ruolo delle associazioni locali, elemento di congiunzione con le aree isolate, in particolare montane. Saranno servizi ampliabili su base stagionale, ad esempio nel periodo sciistico. Monopattini nella rete del tpl - Uno dei concetti chiave per lo sviluppo delle quattro aziende regionali è il "Mobility as a service" (Maas). Un nuovo modo di concepire il servizio, basato su una piattaforma digitale che consenta la condivisione di più modalità di trasporto da utilizzare per ottimizzare il proprio percorso e soddisfare le esigenze personali di mobilità. In base al tragitto l'utente potrà scegliere - attraverso un'applicazione sulla cui realizzazione si sta già lavorando -, se spostarsi in auto, bus, treno, scooter, tram, monopattini e così via, grazie alla partnership di operatori privati e pubblici, all'insegna di una maggiore intermodalità. La digitalizzazione - Il futuro del Tpl nella nostra regione sarà sempre più digitale e la rivoluzione tecnologica è già cominciata come dimostra l'introduzione del biglietto unico integrato. Il pagamento può avvenire con carta di credito o credito telefonico, senza nessuna obliterazione. Tecnologia significa anche rete wi-fi: a Trieste completata l'installazione sull'intera flotta e a breve toccherà a Gorizia, Udine e Pordenone. Trieste Trasporti ha avviato un programma di integrazione sperimentale con altre forme di trasporto e di servizi turistici: ferrovia, bike sharing, trasporto marittimo. Le prospettive tra pubblico e privato - Secondo Aniello Semplice, amministratore delegato di Trieste Trasporti, sarà essenziale «un efficace equilibrio tra ruolo del pubblico e del privato» oltre a «rafforzare il ruolo della Regione come cabina di regia della mobilità collettiva». Angelo Costa, amministratore delegato di Arriva Italia, ha sottolineato che «alla politica è richiesta una pianificazione sugli indirizzi futuri, mentre il privato dovrà supportare tale pianificazione con le migliori soluzioni sostenibili». A illustrare i risultati dello studio sono stati ieri durante il convegno anche Lorenzo Tavazzi e Jonathan Donadonibus di European House - Ambrosetti.
Piero Tallandini
Crescono le ibride ma siamo ancora troppo motorizzati - gli automobilisti
Trieste. Dallo studio commissionato da Arriva Italia a The European House - Ambrosetti emerge che la nostra regione si posiziona ancora sopra le media nazionale per numero di auto private circolanti: 678 ogni mille residenti contro 662. Negli ultimi 5 anni il tasso di motorizzazione in Friuli Venezia Giulia è cresciuto del 6 % passando da 638 auto private ogni mille abitanti alle attuali 678. Una buona notizia, dal punto di vista dell'ecosostenibilità, è che il Friuli Venezia Giulia risulta sopra la media per diffusione di auto ibride ed elettriche: 10,8 vetture ogni mille circolanti contro una media nazionale di 9,1.La regione ha un elevato tasso di pendolarismo che coinvolge il 60% della popolazione. Di questo il 70% sono lavoratori mentre il 30% studenti. La pandemia ha inevitabilmente avuto un impatto notevole sul trasporto pubblico. Dallo studio risulta che dal 2019 al 2020 il numero di passeggeri si è ridotto di più di un terzo. «Nel prossimo futuro - conclude la ricerca di The European House - Ambrosetti - cambierà il ruolo dell'auto, che per le nuove generazioni sta perdendo la valenza di bene da possedere, diventando semplice mezzo di trasporto (il 58% di chi usa il car sharing in Italia ha meno di 35 anni). Cambia anche il modo di percepire l'ambiente, essendo oggi la sostenibilità prerogativa essenziale per la popolazione e i governi stessi».
Ogni giorno 47 analisi sulla qualità dell'acqua della rete cittadina - il report di AcegasApsAmga
È online la 13esima edizione del report "In Buone Acque" sul sito di AcegasApsAmga, che rendiconta i dati quantitativi e qualitativi delle analisi effettuate sulle acque della rete triestina e di tutto il territorio servito dall'azienda nel 2020. In sintesi vengono elencati i risultati dei controlli chimici e microbiologici svolti quotidianamente: 17.015 analisi complessive lo scorso anno.Chi vuole esaminare tutte le informazioni nel dettaglio può collegarsi al sito www.acegasapsamga.it, cliccando su "responsabilità sociale". Nel documento è presente anche una sezione dedicata ai cinque motivi per i quali conviene bere l'acqua di rubinetto in confronto a quella in bottiglia. La prima, viene rimarcato, è ecologica, perché evita l'utilizzo di plastica, ed è economica, consentendo a una famiglia di tre persone, di risparmiare quasi 460 euro l'anno. Inoltre, «l'acqua di Trieste è buona in quanto è oligominerale - si sottolinea in una nota diffusa da AcegasApsAmga - e a basso contenuto di sodio, è sicura perché controllata con una media di 47 analisi al giorno ed è comoda, in quanto sgorga direttamente dal rubinetto di casa». Nelle indicazioni online si possono scorrere anche alcuni consigli, tra i quali quello per rendere ancora più buona l'acqua di casa. Nel 2020 AcegasApsAmga ha investito 34,9 milioni di euro per la gestione dei 2.968 km di rete di acquedotto di sua competenza, per gli impianti di potabilizzazione, la rete fognaria e gli impianti di depurazione dei reflui. Il report ricorda anche gli altri canali attivi per l'utenza, come l'app Acquologo.
MI.B.
Salvato al largo di Spalato un grosso delfino impigliato in una rete - Il cetaceo, lungo 2 metri, era allo stremo
Spalato. La motovedetta Split della Polizia marittima di Spalato si stava dirigendo verso il confine marittimo italo- croato, all'altezza dell'isola di Lissa, quando i tre agenti a bordo sono stati invitati a mutare rotta, puntando la prua verso l'isoletta di Bua (Ciovo), dove era stata la presenza di grosso delfino in grosse difficoltà. Senza esitare un attimo, i poliziotti (allertati da un gruppo di pescatori) hanno raggiunto la piccola isola dalmata. E lì hanno visto un esemplare lungo 2 metri, e pesante una settantina di chili, impigliato nella rete di un pescatore. Il comandante della motovedetta, Mate Mercep e i suoi due colleghi, Marko Tadic e Jure Katavic, hanno capito immediatamente che il cetaceo sarebbe morto se non fossero state tagliate le corde che lo avvolgevano. «La rete era lunga una cinquantina di metri e non c'era tempo da perdere. Abbiamo impiegato una quarantina di minuti in quest'opera di salvataggio, ma alla fine ce l'abbiamo fatta e il delfino è stato liberato. Serve dire che eravamo contenti come bambini?». Così impigliato, il delfino è stato accostato alla motovedetta grazie al mezzo marinaio, poi sono state tagliate le funi per non ferire l'animale. «Durante le manovre lui non si è mosso, quasi sapesse che lo stavamo tirando fuori dai guai. Difficile dire quanto sia rimasto in queste condizioni, forse un paio di ore o forse un paio di giorni. In ogni caso era stremato».
a.m.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 ottobre 2021
«Ci si mobiliti per salvare la pineta di Cattinara» - l'appello
«Serve un'ampia mobilitazione civile a difesa della pineta di Cattinara». Lo sostiene il consigliere regionale del Gruppo misto Walter Zalukar, evidenziando che «Legambiente fa sentire la sua importante voce per salvare la pineta. A maggior ragione dopo i recenti annunci di Asugi, sul fatto di voler riprendere i lavori a Cattinara per fare spazio al Burlo, iniziando proprio dal taglio di centinaia di alberi. Intanto si moltiplicano le perplessità sulla convenienza di traslocare il Burlo». Questa la chiosa: «L'idea dello spostamento risale ad almeno vent'anni fa, ma il progetto è ancora valido? L'assessore regionale alla Salute ci ha lasciato un barlume di speranza. Per ora le sue sono soltanto parole, ma pronunciate in Consiglio regionale».
La scommessa di Hera sul riciclo dei rifiuti - I TARGET RAGGIUNTI ILLUSTRATI A ECOMONDO A RIMINI
Il Gruppo Hera, di cui fa parte anche la multiutility di casa AcegasApsAmga, rilancia la sfida sul fronte del riciclo dei rifiuti e della cosiddetta economia circolare. Ieri a Ecomondo - l'evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica, in programma a Rimini - i vertici del gruppo hanno spiegato infatti, si legge in una nota, come la raccolta differenziata nei territori serviti abbia «ormai raggiunto una media del 65,3%, arrivando a superare anche l'85% in centri abitati di dimensioni significative come Ferrara». E sono stati pure evidenziati i risultati in forza dei quali l'area servita da Hera è oggi «in largo anticipo» sui target comunitari relativi al tasso di riciclo dei rifiuti urbani (già raggiunto il 55% fissato per il 2025) e al riciclo degli imballaggi, settore nel quale a fronte di un obiettivo che Bruxelles ha fissato al 70% entro il 2030 Hera nel 2020 era già al 73%.
Sbranate dai lupi alcune pecore di Draga - GLI OVINI FUGGITI LA SCORSA SETTIMANA
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Sono state ritrovate in territorio sloveno, sbranate dai lupi, alcune delle pecore del "Piccolo pastore", l'azienda agricola di Draga Sant'Elia, località da dove la scorsa settimana erano fuggite, dopo che ignoti vandali avevano tagliato i fili elettrificati del recinto nel quale erano normalmente custodite. Lo ha comunicato ieri Emanuele Frascatore, contitolare dell'azienda agricola: «Purtroppo - ha spiegato - le guardie forestali slovene che ci stanno aiutando nel tentativo di riportare a Draga Sant'Elia le pecore ci hanno segnalato che alcune sono state aggredite dai lupi. Nei prossimi giorni - ha annunciato - procederemo con un intervento di accerchiamento, per cercare di indirizzarle verso la nostra azienda».
U.SA.
Il colosso dell'energia Wartsila diventerà carbon-free «entro il 2030»
Milano. Tamara de Gruyter, presidente di Wärtsilä Marine Systems, ha annunciato che il gruppo finlandese punta a diventare carbon free entro il 2030. Un obiettivo in linea con gli standard della grande industria energetica che punta a rispettare gli obiettivi europei di contenimento ambientale. Nel terzo trimestre balzo degli utili di Wärtsilä a quota 87 milioni (+43%) grazie all'aumento dei volumi di vendita. Gli ordini sono aumentati del 21%, trainati in gran parte da un rimbalzo nel segmento delle spedizioni Il colosso produttore di tecnologie navali e centrali elettriche ha dovuto fronteggiare nel 2020 il forte calo degli ordini, in particolare dal settore marittimo, a causa delle paralisi dei traffici legate alla pandemia. Sebbene le condizioni del mercato abbiano iniziato a migliorare con l'allentamento delle restrizioni, i rinvii degli investimenti nelle centrali elettriche hanno comportato una ulteriore frenata durante la prima metà del 2021. «Anche se le condizioni di mercato rimangono incerte, prevediamo che l'ambiente della domanda per la nostra offerta nel quarto trimestre sarà notevolmente migliore rispetto all'anno scorso», ha dichiarato l'ad Hakan Agnevall.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 ottobre 2021
Legambiente: «Si salvi la pineta di Cattinara» - l'appello del circolo Verdeazzurro
Legambiente interviene a difesa della pineta di Cattinara: «Sin qui salvata dai ripetuti e pesanti interventi di urbanizzazione che l'hanno circondata di cemento, va mantenuta ben viva». «"Ma sono soltanto 440 alberi", dicono i progettisti del parcheggio - prosegue una nota firmata da Paolo Angiolini per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste -, da costruire proprio lì, "e sono previste compensazioni". Già, alberi sulla scarpata che impiegheranno almeno vent'anni per raggiungere le dimensioni adulte, bora permettendo...». «La nostra città - conclude l'associazione -, non unica, purtroppo, sembrerebbe non amare gli alberi, se dopo 29 anni dalla Legge 113/92 (un nuovo albero per ogni nato) si devono ancora individuare le aree di piantumazione. Questa mentalità va immediatamente cambiata».
«Orridi quegli alberi diventati moncherini» - l'intervento di Fogar
Muggia. È un Maurizio Fogar dispensatore di consigli quello che ieri ha augurato il suo personale «buon lavoro» al duo composto dall'assessore al verde Tullio Pantaleo e dal sindaco Paolo Polidori. Il neoconsigliere della civica Muggia ha voluto dire la sua sul concetto di «cittadinanza attiva», erroneamente declinato, a detta di Fogar, «nell'affidare ai privati la manutenzione di aiuole, cosa che non ha nulla a che vedere con il vero e fin qui unico significato del termine. Esso sta ad indicare invece la partecipazione "attiva" dei cittadini alla vita pubblica e istituzionale»: «La questione dei privati che curano aiuole è l'ultimo degli esempi da citare. Ecco, forse l'invito di "cittadinanza attiva" in questo caso andrebbe trasformato in "Comune attivo"». Lo stesso Fogar ha assicurato inoltre di condividere «appieno» il giudizio di Pantaleo «sulle orride capitozzature che hanno trasformato tanti alberi in dei poveri moncherini, mettendone a repentaglio la sopravvivenza».
lu.pu.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 25 ottobre 2021
LETTERA APERTA SULLA PINETA DI CATTINARA
Sulla Pineta di Cattinara, spicchio di natura dove rilassarsi e portare l’amico cane e dove si fanno lezioni agli alunni della vicina scuola, che i residenti della zona difendono con determinazione dall’abbattimento, si è aperto un doveroso e ampio dibattito. Per Legambiente quell'Oasi Verde, minimale ma l’ultima ancora presente nella zona, sin qui salvata dai ripetuti e pesanti interventi di urbanizzazione che l’hanno circondata di cemento, va mantenuta ben viva. “Ma sono soltanto 440 alberi”, dicono i progettisti del parcheggio, da costruire proprio lì, “e sono previste compensazioni”. Già, alberi sulla scarpata che impiegheranno almeno vent’anni per raggiungere le dimensioni adulte, bora permettendo… Chi ha facoltà di decidere sull'uso dei territori sa che per impedire la catastrofe climatica, l’Italia ha sottoscritto l'obiettivo giuridicamente vincolante dell'azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050. Il progetto europeo LifeTerra, basato su dati scientifici di sequestro naturale di CO2, indica l’obiettivo della messa a dimora di 3 miliardi di alberi entro il 2030, di cui 500 milioni in Italia. La nostra città, non unica, purtroppo, sembrerebbe non amare gli alberi, se dopo 29 anni dalla Legge 113/92 (un nuovo albero per ogni nato) si devono ancora individuare le aree di piantumazione! Ecco, questa mentalità, che ogni minuto ruba alla Natura aree pari a quattro campi di calcio, va immediatamente cambiata: è in gioco la vita sul pianeta!
Per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste - Paolo Angiolini
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 ottobre 2021
Pronta la nuova mappa dei distributori elettrici - dove ricaricare a Trieste
Scatta il piano di rafforzamento della rete delle ricariche per i veicoli ecologici Individuati otto nuovi hub. Nell'operazione ruolo chiave per la slovena Petrol
Trieste. si doterà di innovativi "hub" di ricarica per veicoli elettrici. Il Comune ha appena definito la mappa dei primi otto, anche per dare un segnale di continuità politica e amministrativa nel periodo post-voto. A breve inizieranno i sopralluoghi da parte dei tecnici del Comune assieme a quelli dell'Acegas e della Petrol, che avrà un ruolo chiave in questa partita. L'operazione rientra infatti all'interno di un progetto europeo in cui la compagnia slovena ha coinvolto anche Trieste. Se non ci saranno intoppi gli "hub" saranno dunque edificati nei prossimi mesi, a partire da alcuni snodi strategici della città, allargandosi successivamente ai rioni. Il direttore dipartimentale di Urbanistica e Lavori pubblici, ingegner Giulio Bernetti, spiega che non si tratterà di semplici punti di ricarica energetica ma di veri e propri "hub": spazi capaci di ospitare da otto a dieci macchine ciascuno, nell'ottica di evitare di spalmare le auto sui marciapiedi. Vi si potranno rifornire di energia sia veicoli elettrici normali che "fast", ricaricabili nel giro di mezz'ora. La mappa? Quattro "hub" sorgeranno tra Miramare (nei pressi dello slargo prima del castello) e il Porto vecchio (parcheggi Bovedo e del Centro congressi), passando inoltre per piazzale 11 settembre a Barcola. Un altro sarà in zona stazione, nello specifico all'altezza della bretella di piazza della Libertà. Nel centro cittadino si prevede la realizzazione di un centro di ricarica elettrica in via del Teatro romano. Altri due troveranno posto a Sant'Andrea, in largo Irneri, e in piazzale Europa, zona università nuova. Successivamente saranno dunque individuati ulteriori punti strategici nei rioni. Gli "hub" andranno a sommarsi così ai colonnini di ricarica elettrica esistenti: i principali si trovano in largo Granatieri, in via Stuparich nei pressi dell'ospedale Maggiore, in via Giulia all'altezza della rotonda del Boschetto e al quadrivio di Opicina. Dal punto di vista dei costi ciò è reso possibile appunto da un progetto europeo della Petrol, che negli ultimi anni sta investendo con forza nell'ambito delle tecnologie verdi, sperimentando soluzioni a minore impatto ambientale rispetto alla benzina. Il tutto accade inoltre nel solco della collaborazione avviata nel 2018 tra il presidente della medesima compagnia energetica slovena Tomaz Berlocnik, dal sindaco Roberto Dipiazza e dal suo allora collega capodistriano Boris Popovic. Si erano incontrati tutti e tre nel Salotto azzurro di Palazzo Cheba. Berlocnik aveva elaborato un progetto per la creazione di infrastrutture (colonnine di ricarica ultraveloci e distributori) su un'area che va da Venezia a Spalato e Lubiana. Contestualmente si era ipotizzato di comprendere nella progettualità una nuova linea bus transfrontaliera Trieste-Capodistria fornita da Petrol, che per il momento resta da approfondire.
Lilli Goriup
Una lezione contro le mafie dal capannone di Mossa pieno di rifiuti pericolosi - Il convegno di libera
Mossa. Il sequestro del capannone di Mossa dove erano stipati rifiuti pericolosi, ma anche il lavoro di monitoraggio di un gruppo di cittadini di Gorizia e Legambiente sugli odori provenienti probabilmente da oltreconfine e l'idea di Libera nata nel corso di un convegno organizzato dal Siulp in città alla presenza del giudice Falcone e di don Ciotti. Sono stati tanti gli argomenti affrontati ieri nel corso del convegno "Mafia e criminalità nell'Isontino" organizzato da Libera assieme a diverse associazioni. A parlare era un parterre qualificato: la giornalista Luana De Francisco, il procuratore della Repubblica di Trieste Antonio De Nicolo, la referente Ceag Fvg di Legambiente Daniela Moreale ed il segretario regionale del sindacato di polizia Siulp Roberto Declich. De Francisco ha sottolineato come «nel Nordest l'immagine del mafioso non è più quella di un tempo, con coppola e lupara e morti nelle strade»: «Adesso ha il colletto bianco e condiziona l'economia. Sul territorio la criminalità organizzata arriva non con la forza ma coi soldi». Tra i problemi principali con cui la magistratura deve fare i conti sul nostro territorio ci sono anche quelli legati all'ambiente. La stessa De Francisco ha citato un caso locale recente: «La Dda di Trieste - ha detto - nel 2020 ha sequestrato a Mossa un capannone dove erano stati stipati rifiuti pericolosi». A solleticare l'appetito delle mafie, ha sottolineato De Nicolo, è il porto di Trieste: «La nostra preoccupazione maggiore - ha spiegato - riguarda i tanti soldi europei che arriveranno coi fondi post-Covid. Questo susciterà indubbiamente l'interesse della criminalità organizzata anche perché Trieste è sempre più un crocevia portuale fondamentale per il Continente: tanti investimenti sono stati spostati qui da Amburgo per motivi di risparmio di tempistiche per le merci provenienti da sud». Poi c'è il capitolo appalti e subappalti («Dovremo tenere ben aperti gli occhi») e quello della crisi del piccolo commercio («A Trieste - ha sottolineato ancora De Nicolo - a volte un imprenditore in crisi viene avvicinato da un investitore cinese che gli compra il negozio in contanti. Ma spesso quei soldi sono frutto di attività illecite, e quell'acquisto serve solo per riciclare quel denaro»). Moreale ha snocciolato invece alcuni dati: «In tutta Italia nel 2019 sono stati accertati 34.668 reati ambientali, di cui 544 nel solo Friuli Venezia Giulia, dove queste attività illecite sono aumentate del 35,4% rispetto al 2018: c'è di che preoccuparsi, anche perché ben 203 sequestri hanno riguardato eco-reati. Legambiente monitora costantemente il territorio assieme ai cittadini, come sta facendo a Gorizia per alcuni odori provenienti probabilmente da oltreconfine. È consistente inoltre la quota di reati subiti dagli animali, da affezione e non». Infine, Declich ha ricordato come «l'idea di fondare Libera sia nata da un convegno svolto nei primissimi anni '90 a Gorizia dal Siulp a cui parteciparono il giudice Falcone e don Ciotti. Le mafie nei nostri territori? Un uomo dei Casalesi a domanda specifica durante un processo ha risposto che investono nel Nordest perché "lì sono disonesti più che da noi"». Un concetto, quello dell'onestà nei piccoli gesti quotidiani, che è stato ribadito come fondamentale da tutti i relatori del convegno, anticipato dalla nomina come referente provinciale di Libera di Francesca Giglione al posto di Max Bressan.
Matteo Femia
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 ottobre 2021
Piantata una Pawlonia che assorbe più Co2 simbolo dei volontari - donata dall'AVO
Un esemplare di Pawlonia è stato donato al Comune e messo a dimora ieri dalla sezione monfalconese dell'Associazione volontari ospedalieri nel giardino pubblico di via Fermi. Alla piccola cerimonia hanno preso parte la presidente della sezione locale Irene Cristin e il direttivo dell'associazione, l'assessore all'Ambiente Sabina Cauci e il vicesindaco e assessore alle Politiche sociali Michele Luise. La pianta è stata donata dall'Avo in occasione della tredicesima giornata nazionale dell'associazione, quest'anno dedicata al tema L'albero che resiste rifiorisce. La sezione ha aderito all'iniziativa lanciata a livello nazionale e che ha scelto l'albero come «simbolo reale e vivente dell'essere volontari e della voglia di tornare a crescere donando ombra, pace, serenità». La Pawlonia è un albero molto utilizzato per i programmi di riforestazione, in quanto è quello che cresce più velocemente (5-6 metri in un anno) e che assorbe più anidride carbonica, responsabile dell'effetto serra e del cambiamento climatico.
LA. BL.
IL PICCOLO - SABATO, 23 ottobre 2021
ISTRIA - Orso devasta le arnie e i campi a Grizane - paura tra gli abitanti
FIUME. Dapprima i cinghiali e poi anche la scorribanda di un orso, che a Grizane, località una trentina di chilometri a sud-est di Fiume, si è mangiato un paio di mele cotogne e quindi ha rivolto le sue attenzioni verso le arnie del più vecchio apicoltore della zona, il 95enne Ivan Marusic. Con le conseguenze del caso, ovvero tante cassette distrutte e l'impianto messo a soqquadro. Di Grizane, centro dell'entroterra costiero, si era parlato un paio di settimane fa quando, in ore notturne, un branco di cinghiali era entrato nel cimitero locale, distruggendo o danneggiando numerose tombe, protesi com'erano alla ricerca di radici. L'episodio, unico nel suo genere, aveva scioccato gli abitanti di Grizane e di tutta la Regione del Quarnero. Adesso però l'arrivo dell'orso rende la situazione ancora più pericolosa per gli abitanti locali.
A.M.
IL PICCOLO - VENERDI', 22 ottobre 2021
Sub e volontari al lavoro per ripulire i fondali da rifiuti gettati in mare - azione del WWF Adria
FIUME. La Croazia ha una costa meravigliosa, un mare ancora sufficientemente pulito e pescoso, ma deve fare i conti con la scarsa coscienza ecologica di parte dei suoi abitanti, che scaricano di tutto in acqua. Proprio per tale motivo, negli ultimi tempi si sono moltiplicate lungo le coste istriane, quarnerine e dalmate le operazioni di pulizia dei fondali, sovente di natura internazionale e che vedono puntualmente aderire centinaia di persone. L'ultima azione ha riguardato le acque dell'isola dalmata di Lagosta (Lastovo in croato), dove l'iniziativa è stata promossa dalla Wwf. In pochi giorni dai fondali di questa affascinante isola, posizionata in mezzo all'Adriatico (è l'isola abitata più lontana dalla terraferma croata) è stata rimossa addirittura una tonnellata di attrezzature da pesca in plastica. Sono trappole mortali per gli organismi marini, che i pescatori smarriscono e che per decenni continuano a costituire un grave rischio per pesci, crostacei e molluschi che - rimanendo impigliati - muoiono dopo lunga agonia. «Le reti da pesca, anche quando si spezzano in una moltitudine di parti, continuano ad essere un tragico pericolo per l'ambiente marino e le sue creature, con quest'ultime che finiscono per ingerire la microplastica - ha affermato Fabijan Peronja di Wwf Adria - posso confermare che grazie alla collaborazione tra pescatori e subacquei, finora a Lagosta siamo riusciti a ripulire 23 delle 30 aree inquinate da attrezzi da pesca in plastica. Siamo ancora lontani dall'obiettivo finale, ma intanto stiamo ottenendo risultati concreti, a beneficio del mare e dei suoi organismi». Giorni fa circa 160 sub hanno partecipato alla rimozione di immondizia dai fondali di Novalja e dintorni. Parliamo di una tra le località di villeggiatura più note in Croazia. In due giorni sono stati estratti dai fondali circa 10 metri cubi di rifiuti di vario tipo, gomme d'auto, bottiglie di plastica e quant'altro. Oltre all' encomiabile azione, a Novalja si sono tenuti laboratori per bambini dedicati al mare.
Andrea Marsanich
All'isola della Cona operazione pulizia con pranzo al sacco
Domani l'appuntamento alle 9 e si parte dal Centro visite muniti di stivali di gomma L'invito a partecipare è rivolto solo agli adulti
STARANZANO. «Puliamo insieme la Riserva e approfittiamo dell'occasione per non farci mancare tante osservazioni sulle migliaia di volatili e sugli abitanti di questa splendida area protetta. Voi portate guanti, stivali e tanta voglia di fare al pranzo ed alla buona compagnia ci pensiamo noi». E' l'invito agli ambientalisti e a tutti gli amanti della natura della Società Cooperativa Rogos che ha in gestione la Riserva naturale della Foce Isonzo-Isola della Cona, per domani mattina con ritrovo alle 9 davanti al Centro Visite della Riserva, dove ci sarà la composizione dei gruppi di lavoro, poi si partirà per le attività di pulizia verso l'osservatorio di "Punta Spigolo", il più lontano dall'area del ripristino. Data la grande quantità di immondizie arrivate dal mare, sostengono gli organizzatori e la potenziale difficoltà di accesso ad alcune zone, la pulizia è riservata soltanto a persone adulte. Il pranzo al sacco verrà offerto dalla Cooperativa Rogos a tutti i partecipanti alle 13, mentre le operazioni di pulizia proseguiranno fino alle 16. Viene raccomandato di indossare abbigliamento e calzature adeguati, in particolare stivali di gomma per proteggersi da inevitabili zone fangose. Tutti coloro che arriveranno dopo le 9 e vorranno unirsi alle operazioni di pulizia, potranno ottenere indicazioni su come raggiungere i gruppi al Centro visite della Riserva. Nel rispetto delle normative relative all'emergenza Covid-19 l'evento è organizzato a numero chiuso, è obbligatorio l'uso della mascherina e il rispetto della distanza di sicurezza. La partecipazione all'evento è gratuita ed è possibile solo su prenotazione. Per aderire inviare una mail all'indirizzo info@rogos.it con il proprio nominativo e un recapito telefonico. La prenotazione è effettiva al ricevimento della conferma da parte dello staff della Rogos.
CI. VI.
Licheni strumento ambientale usati già alla Ferriera di Servola - l'ateneo triestino ha iniziato gli studi 10 anni fa
Ora proprio il capoluogo giuliano ospiterà nel 2026 il prossimo congresso dell'International Association for Lichenology, premio per la sua salvaguardia
Oggi i licheni vengono usati in tutto il mondo per stimare la qualità ambientale e dell'aria: in Europa questo approccio è stato normato una decina di anni fa ed è in uso all'Ispra (l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per monitorare gli ambienti, soprattutto le zone industrializzate. Ma non tutti sanno che questi studi sono nati decenni fa a Trieste: i licheni sono stati impiegati per la prima volta qui per monitorare l'inquinamento dell'aria causato dalla Ferriera e l'Università giuliana, con il professor Pier Luigi Nimis, ha fatto da apripista per il loro utilizzo nei lavori di biomonitoraggio e bioaccumulo.«La storia della lichenologia a Trieste dura da almeno tre decenni: era il 1987 quando i professori Nimis e Tretiach fondarono la Società italiana di lichenologia, che oggi conta più di 150 soci», racconta Lucia Muggia, biologa, docente dell'Università di Trieste e segretaria della Società internazionale di lichenologia. «Non è un caso se per il prossimo congresso dell'International Association for Lichenology, che si terrà nel 2026, è stata scelta come sede Trieste: in questo campo abbiamo una storia importante alle spalle». I licheni sono organismi vegetali particolari, il risultato di una simbiosi tra funghi e alghe. Questa simbiosi mutualistica fa sì che possano crescere anche negli ambienti più estremi, dai deserti antartici alle foreste tropicali. A livello mondiale si stima ne esistano quasi 17 mila specie differenti: finora ne sono state classificate 15 mila. In Italia la scuola di lichenologia di Trieste svolge un ruolo leader nella ricerca, mettendo a disposizione il più ricco erbario lichenologico del Paese, con più di 42 mila campioni identificati e registrati digitalmente, che rendono la flora lichenica italiana una delle meglio conosciute al mondo. Solo sul Carso sono 650 le specie classificate nel sistema Dryades, risorsa online sviluppata in seno a UniTs che mette a disposizione del pubblico tutte le conoscenze sulla biodiversità. I licheni, come si diceva, sono ottimi indicatori della qualità ambientale e dell'aria, che vengono stimate attraverso due metodologie: il biomonitoraggio e il bioaccumulo. Gli studi di biomonitoraggio vanno a definire il livello di inquinamento in base alla quantità e biodiversità dei licheni presenti in una determinata area: «Quando la Ferriera era molto attiva, nella zona circostante i licheni erano scomparsi. L'area si è ripopolata con la diminuzione delle attività più impattanti e l'introduzione di filtri antinquinamento», racconta Muggia. Le ricerche sul bioaccumulo invece sfruttano il fatto che il lichene sia un organismo aperto, che come tale assorbe anche i metalli pesanti presenti nell'aria, consentendo di rilevarne la presenza. Ma i licheni sono una specie di vaso di Pandora: si studiano anche per i tanti microrganismi che vivono al loro interno e possono venire impiegati come paleomonitor in studi sul cambiamento climatico: in base alle specie presenti, alla loro numerosità e alla loro migrazione sul territorio si può comprendere l'entità dei cambiamenti di temperatura o umidità.
G.B.
Avvistate oltre il confine le pecore perse a Draga - gli animali in fuga dopo il blitz nel recinto
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Avvistate in territorio sloveno, nelle campagne di Pesek, ma ancora non recuperate. È stata una giornata di svolta quella di ieri sull'altipiano, dove, da qualche giorno, Francesca Mari, titolare dell'azienda agricola "Il Piccolo pastore", assieme al marito, Emanuele Frascatore, e alle Guardie forestali italiane e slovene, stavano cercando una ventina di pecore di loro proprietà, che ignoti avevano fatto fuggire dal recinto in cui vivevano, in località Draga Sant'Elia, tagliando i fili elettrificati. Dopo un paio di giorni di ricerche senza esito, ieri mattina finalmente un pastore sloveno le ha avvistate, dandone subito notizia alle autorità del suo paese. Frascatore e la moglie si sono subito recati, assieme alle Guardie forestali, nel punto del ritrovamento, ma hanno constatato che, essendo le pecore molto spaventate, perché non abituate alla transumanza, era impossibile avvicinarle. »Ritenteremo domani (oggi, ndr) - ha detto Frascatore - con l'ausilio dei cani pastore e creando un percorso, mettendo a terra del mangime».
U.sa.
Fossalon - Domani sveglia all'alba in valle Cavanata per osservare gli uccelli
GRADO. Sveglia all'alba per osservare la migrazione degli uccelli alla riserva naturale regionale della Valle Cavanata di Fossalon. L'appuntamento è per domani, alla stazione di cattura e inanellamento a scopo scientifico. L'inanellamento è una tecnica di ricerca basata sul marcaggio individuale degli uccelli e rappresenta uno dei metodi più efficaci per studiare la biologia, l'ecologia, il comportamento, i movimenti, la produttività delle popolazioni e la demografia. Una rete di stazioni di monitoraggio, coordinate dai Centri Nazionali, è alla base della gestione delle attività di inanellamento in Europa. Spiegano i responsabili della cooperativa Rogos che gestiscono l'oasi per conto del Comune di Grado, che la Stazione opera nell'ambito del Progetto MonITRing, coordinato da Ispra. Le attività vengono svolte per mezzo di sessioni regolari di cattura durante tutto l'arco dell'anno da parte di personale altamente specializzato.«Questo progetto, oltre ad aumentare la conoscenza dell'avifauna, ci permette di ottenere importanti informazioni sul ruolo della Riserva naturale Valle Cavanata come scrigno di biodiversità». Nel periodo 2009-2018 presso la Stazione sono stati catturati circa 5.000 individui appartenenti a oltre 60 specie diverse. Ecco perché è stata organizzata una mattinata (inizio alle 8 per una durata di 2 ore) in compagnia degli inanellatori che accompagneranno a vedere le reti che vengono utilizzate per fare i monitoraggi e condivideranno con importanti consigli su come svolgere con soddisfazione e nel rispetto delle specie osservate l'attività di birdwatching. Nel rispetto delle normative relative all'emergenza Covid-19 l'evento è organizzato a numero chiuso. La partecipazione è possibile solo su prenotazione e con Green pass valido. Per aderire inviate una mail all'indirizzo info.educazionecavanata@gmail.com con il vostro nominativo e un recapito telefonico. La prenotazione è effettiva al ricevimento della conferma da parte dello staff della Riserva naturale Valle Cavanata. La partecipazione all'evento è gratuita. Per partecipare è obbligatorio l'uso della mascherina e il rispetto della distanza di sicurezza.
AN.BO.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 ottobre 2021
Draga, sparite le pecore uscite dall'allevamento dopo il blitz
GLI ESEMPLARI RISULTANO STRANAMENTE IRRINTRACCIABILI
SAN DORLIGO. Svanite nel nulla. Le pecore dell'azienda di Draga Sant'Elia "Il piccolo pastore" di cui è titolare Francesca Mari - fuggite nella notte tra lunedì e martedì dopo che ignoti vandali avevano tranciato di netto i fili elettrificati del recinto - sembrano volatilizzate. Erano in tutto una ventina. Le forze dell'ordine allertate dalla stessa Mari e da suo marito Emanuele Frascatore - in particolare le Guardie forestale italiane e slovene che si occupano dell'area a cavallo del confine - non hanno trovato alcuna traccia. Una situazione molto strana perché, se qualche esemplare fosse stato ad esempio sbranato da dei lupi, se ne ritroverebbe la carcassa. E se si fossero semplicemente disperse sul Carso, qualcuna dovrebbe essere comunque già stata avvistata.«Siamo preoccupati - spiega Frascatore, che ieri si è rivolto anche ai vigili urbani, mentre i carabinieri erano stati già avvisati - perché a questo punto ogni ipotesi potrebbe rivelarsi valida». Una delle possibilità cui aveva accennato l'altro ieri il marito della titolare puntava su «alcuni animalisti che recentemente ci hanno palesato la loro totale contrarietà al tipo di attività che pratichiamo». A supporto della sua idea Frascatore aveva diffuso la fotografia scattata nell'appezzamento di terreno vicino al recinto, sul quale è stata tracciata la scritta "Hello". «Ricordo - ribadisce Frascatore - che tempo fa questa denominazione era riferita a un gruppo di animalisti dalla visione radicale e intransigente». Una certezza però c'è: «Posso affermare che il taglio dei fili è opera della mano dell'uomo - sottolinea Frascatore - perché, se fosse stato un grosso animale a invadere il recinto, avrebbe fatto danni di altro tipo. È evidente che dietro quest'azione vandalica c'è qualcuno che non ama gli allevamenti come il nostro oppure un vero e proprio ladro di pecore. Sotto questo profilo siamo tranquilli, perché le nostre pecore hanno marchiato sull'orecchio il simbolo dell'azienda». L'obiettivo de "Il piccolo pastore" - ribadiscono i gestori - è di ridare vita, attraverso le pecore, alla landa carsica: esse infatti, cibandosi di piante infestanti, depurano il territorio, lasciando crescere soltanto le specie autoctone.-
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 ottobre 2021
Sei campi da padel in Porto vecchio: in settimana la scelta fra quattro offerte
In ballo uno spazio da 3.220 metri quadrati totali all'interno dell'area ferroviaria abbandonata. Investimenti per 1 milione
Il termine padel è spagnolo, perché a inventarsi il gioco fu, alla fine degli anni Sessanta, il messicano Enrique Corcuera, che in pratica, a fronte della ristrettezza degli spazi disponibili, si adattò a praticare nel cortile di casa una sorta di tennis che utilizzava anche le mura delle vicine abitazioni. La nuova disciplina, che in Italia rientra nel perimetro della Fit, ebbe poi notevole successo nel mondo ispanofono, soprattutto in Argentina e in Spagna: sarebbero 4 milioni le persone che si dilettano in questa particolare modalità tennistica. Negli anni Novanta il padel sbarcò in Italia, dove sta ottenendo un crescente seguito, tanto che si censiscono circa 500.000 praticanti, soprattutto in Emilia, nella Capitale e nelle città più grandi. Ma lo dimostra anche il caso triestino all'attenzione del Comune che proprio in questi giorni dovrà scegliere a chi dare in concessione 3.220 metri quadrati in Porto vecchio, con ingresso in viale Miramare, a sud del terrapieno di Barcola all'interno dell'area ferroviaria abbandonata. Infatti il Municipio, con i suoi uffici urbanistici, aveva emesso una manifestazione di interesse lo scorso 17 agosto richiedendo una risposta per il 31 dello stesso mese: in passo Costanzi ne sono arrivate quattro, triestine ed extra-regionali. Non è un impegno da poco: si tratta di realizzare perlomeno 6 campi dotati di spogliatoi, a fronte di una concessione dalla durata quinquennale. L'investimento - secondo fonti comunali - potrebbe trottare verso la milionata di euro. Il canone annuo, da versare alla civica amministrazione, ammonta a poco più di 21.000 euro, quindi il futuro concessionario, alla scadenza fissata nel 2026, avrà versato oltre 105.000 euro. Dal punto di vista urbanistico la collocazione è coerente, perché è quella zona di Porto vecchio destinata alle attività ludico-sportive e non è distante dal bagno ferroviario. Anche il neo-confermato sindaco Roberto Dipiazza era stato officiato affinché promuovesse l'interesse della macchina amministrativa verso questo sport in rapida ascesa. A muovere le acque - racconta la determina preparatoria dell'avviso - era stata in giugno la società sportiva dilettantistica Gs Padel, che aveva chiesto un'area in Porto vecchio. Vi furono anche altre proposte, per cui il Comune decise di attivare una procedura selettiva, che è giunta ormai al momento fatidico, tanto che il direttore dipartimentale Giulio Bernetti sarebbe tentato di chiuderla entro la settimana. Che la disciplina stia diventando sempre più attrattiva, è dimostrato anche dal fatto che Trieste campus, la "cittadella" sportiva promossa da Enrico Samer in via Locchi nell'ambito di un project financing con il Comune, l'ha inserita tra le attività praticabili all'esterno sul tetto del parking Sant'Andrea. Dai siti si apprende che il padel si gioca a coppie in un campo rettangolare e chiuso da pareti su quattro lati. Strumento fondamentale è una racchetta dal piatto rigido con cui ci si scambia una pallina esternamente identica a quella da tennis, ma con una pressione interna inferiore, che permette un maggior controllo dei colpi e dei rimbalzi sulle sponde.
Massimo Greco
Un centinaio di biciclette in sette nuove "stazioni" da Barriera a foro Ulpiano
Il Municipio investe 272 mila euro per rafforzare il servizio bike sharing gestito da Trieste trasporti. Stalli in Rotonda del boschetto e via Battisti
«Ma dove vai Trieste in bicicletta?», sull'onda del motivetto che all'inizio degli anni Cinquanta cantava Silvana Pampanini. Adesso che la città ha scoperto le due ruote a trazione umana, sembra che non riesca più a scendere dal sellino. Il Comune avverte l'impellenza velocipede e partecipa al movimento: avanti con sette nuove ciclostazioni per un totale di 95 mezzi. La relazione di Silvia Fonzari e di Sara Borgogna precisa l'entità del rinforzo al servizio esistente: 16 ciclostalli saranno posizionati in largo Barriera, 15 in piazza Foraggi, 12 in foro Ulpiano, 16 in largo Sonnino, 14 in via Battisti, 12 in Rotonda del boschetto, 10 in viale Campi elisi nel parcheggio ex distributore prima della Pam. Come è facile rilevare, alcuni "presidi" saranno allestiti in zone non propriamente turistiche, a presumibile supporto della mobilità autoctona. Il Municipio investe su questa scommessa dedicata al "bike sharing" 272.000 euro e concede dalla firma del contratto 90 giorni all'affidatario Trieste trasporti per provvedere alla fornitura e alla posa in opera: ricordiamo che l'azienda del trasporto pubblico locale si occuperà del bike sharing fino alla fine dell'anno, avendo iniziato a seguirlo a marzo. È presumibile che Trieste trasporti gestirà il servizio fino a quando il Comune sarà in grado di bandire una gara per trovare un soggetto dedicato. I risultati - secondo quanto aveva fatto sapere l'azienda - si sono rivelati soddisfacenti: in giugno 190 "prelievi" al giorno con punte di 250 nei fine-settimana. Le "sette sorelle" si aggiungono a quelle già operanti in piazza Libertà, in piazza Oberdan, in via Teatro romano, in Riva del Mandracchio, in piazza Hortis, in riva Ottaviano Augusto, a Barcola, al teatro Rossetti, in via Cumano (musei di Storia naturale e De Henriquez), al park Bovedo in viale Miramare, in Porto vecchio. La vicenda Covid, con la necessità di sfruttare quanto possibile le opportunità "open air", ha contribuito a un'ulteriore accelerazione delle pedalate urbane. L'attuale sistema tariffario individua tre fasce, ovvero l'utente "sistematico", l'occasionale, il turista. Per registrarsi e poter utilizzare le due ruote comunali, occorre collegarsi al sito bicincittà.com o scaricare l'app Bicincittà.
Magr
L'app "Il Rifiutologo" scaricata sui cellulari 1.600 volte in città
I dati diffusi da AcegaApsAmga: un migliaio le segnalazioni inviate sul decoro urbano
I triestini sono sempre più sensibili ai temi ambientali. A testimoniarlo, i numeri de "Il Rifiutologo", l'app che consente di informarsi, direttamente sul proprio cellulare, sul corretto conferimento dei rifiuti differenziati e segnalare eventuali criticità in merito ai servizi ambientali, migliorando il decoro urbano, che nei primi sei mesi del 2021 è stata scaricata circa 1.600 volte a Trieste. L'app, creata nel 2011 dal Gruppo Hera, è stata promossa da AcegasApsAmga sui territori serviti come strumento digitale per avvicinare cittadino e azienda, creando un dialogo semplice e diretto. Dal 2020, inoltre, è attiva la sua versione anche per Alexa, assistente vocale di Amazon. Un investimento che ha portato a brillanti risultati, come dimostrano i dati dell'ultimo semestre riguardanti l'utilizzo di questi strumenti a Trieste. Il Rifiutologo è disponibile, oltre che come skill di Alexa, per dispositivi mobili Android ed Ios. E sono state circa mille le segnalazioni pervenute all'azienda tramite l'app sul decoro urbano: 550 per avvisare sull'abbandono di rifiuti, 150 le richieste di svuotamento dei contenitori, 126 le richieste per la pulizia delle strade, circa 100 per lo svuotamento di cestini e cassonetti, 60 le segnalazioni di danneggiamento del contenitore. Segnale evidente del dialogo attivo tra AcegasApsAmga e cittadini: grazie a questo canale diretto infatti la multiutility può intervenire puntualmente sulle segnalazioni, risolvendole in breve tempo e comunque entro 48 ore. Il Rifiutologo è stato utilizzato poi oltre 26 mila volte per la ricerca di dove conferire correttamente i propri rifiuti.
Insulti via post sui social a Ciriani Dovrà risarcirlo con 5 mila euro
Un commento inserito sotto l'articolo sull'assoluzione in Cassazione dell'ex vicepresidente Fvg per l'intervento in Val Rosandra del 2012
È costatato caro ad una cinquantenne monfalconese il commento con contenuti diffamatori nei confronti del senatore Luca Ciriani, pubblicato su Facebook nel febbraio del 2018. Il giudice del tribunale di Gorizia, Fabrizia De Vincenzi, ha infatti condannato la donna a 1.000 euro di multa, 5.000 di risarcimento danni, oltre al pagamento delle spese legali. Al centro del caso, un messaggio inserito a margine della notizia dell'annullamento da parte della Cassazione della sentenza di condanna della Corte d'Appello, risalente al 14 febbraio 2017, nei confronti dell'ex vicepresidente della Regione Luca Ciriani, dell'allora capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso e dei funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin per l'intervento, avvenuto nel marzo 2012, in Val Rosandra che si era concluso con il taglio di decine di alberi e cespugli in un habitat protetto. Il 9 febbraio del 2018, Il Piccolo dava notizia dell'annullamento della sentenza, pubblicando un post anche sulla sua pagina Facebook. È in calce a quel post che la monfalconese aveva inserito il suo commento scrivendo, nello specifico: «Che schifo...quando si tratta di certa gente, si parano il c... a vicenda anche in torto marcio». Al suo commento facevano seguito anche quelli di altri lettori, che i legali di Ciriani, gli avvocati Caterina Belletti e Lorenzo Presot, presentando querela, hanno ritenuto rappresentino «un evidente comportamento diffamatorio» nei confronti del loro assistito, «insultato e infamato senza ragione - scrivono nella querela - per il solo fatto di essere stato assolto dalla Corte di Cassazione dopo il terzo grado di giudizio ed aver esercitato i legittimi diritti che il nostro sistema giuridico riconosce ad ogni soggetto sottoposto ad un procedimento penale; in uno (proprio il commento della monfalconese) con l'accusa addirittura di collusione con i giudici di legittimità per l'ottenimento di una sentenza favorevole». I giudici hanno dato loro ragione, condannando l'autrice del messaggio ad una pena pecuniaria, a risarcire Ciriani e al pagamento delle spese legali. L'avvocato Belletti precisa che «specularmente alle altre volte l'importo del risarcimento sarà interamente devoluto in beneficenza».
L.T.
Blitz nel pascolo vicino a Draga: le pecore spariscono nei boschi
Ignoti hanno tagliato i fili elettrificati del recinto dell'azienda "Il piccolo pastore" scrivendo "Hello" nella terra. Forestali italiani e sloveni impegnati nelle ricerche
SAN DORLIGO. Hanno fatto fuggire nei boschi una ventina di pecore, custodite in un recinto nei pressi di Draga Sant'Elia, tagliando i fili elettrificati che lo delimitavano e lasciando, come firma, l'enigmatica scritta "Hello" scavata nella terra. È questa l'inedita azione portata a termine da ignoti a danno dell'azienda "Il piccolo pastore" di Francesca Mari che, assieme al marito, Emanuele Frascatore, qualche anno fa aveva preso in carico cinque ettari di terreno disboscato per creare una landa carsica da destinare a pascolo per ovini, in particolare - per l'appunto - alle pecore di razza istriana, una specie in via di estinzione, ripristinando così un'antica tradizione pastorizia del Carso. «Quando abbiamo scoperto il recinto vuoto e i fili a terra - spiega Frascatore - siamo rimasti allibiti, perché mai avremmo pensato che qualcuno potesse avercela con noi fino a questo punto. È vero - ammette - che negli ultimi mesi siamo stati oggetto di accuse sui social, ma mai avremmo immaginato che si potesse arrivare a tanto».La funzione delle pecore, in quel fazzoletto di terra situato fra Draga e San Lorenzo, nel territorio comunale di San Dorligo della Valle, vicino all'inizio del sentiero che porta sul monte Stena da cui si gode di una magnifica vista sul golfo di Trieste, è molto precisa: «Cibandosi di piante infestanti - riprende Frascatore - depurano il territorio, lasciando crescere soltanto le specie autoctone, creando così i presupposti per la conservazione della landa carsica, obiettivo al quale puntiamo». Frascatore, un'ipotesi, si sente comunque di formularla: «Non vorrei che a compiere questo gesto siano stati quegli animalisti che ci accusano di utilizzare le pecore in una maniera da loro disapprovata e che invece riteniamo utile sia per gli stessi animali, che trattiamo benissimo, sia per il territorio nel quale operiamo. La sctitta "Hello" - prosegue Frascatore - mi ricorda qualcosa, ma in ogni caso lascio che le conclusioni le traggano le forze dell'ordine alle quali ci siamo subito rivolti con una denuncia». Nella ricerca degli esemplari scomparsi si stanno impegnando sia la Guardia forestale italiana sia quella slovena, perché le pecore, spaventate, potrebbero essere scappate sui monti della vicina Repubblica. «Se non dovessimo ritrovarle - conclude Frascatore - il danno si aggirerebbe complessivamente sui duemila euro, perché ogni capo costa circa 100 euro, ma è il gesto che ci ha lasciati sconcertati». Le pecore del "Piccolo pastore" sono comunque tutte con l'anello all'orecchio, perciò rintracciabili. Il rischio è però che, prima di essere ritrovate, possano essere preda dei lupi. All'iniziativa promossa dal "Piccolo pastore" si era interessata anche l'Università di Lubiana, particolarmente attenta alla conservazione delle pecore istriane.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 ottobre 2021
"Referendum" Cgil sul laminatoio C'è tempo fino al 21
I circa 1.400 tesserati coinvolti con una serie di quesiti sull'approccio da tenere in merito al futuro impianto industriale
Muggia. Slitta a giovedì 21 ottobre il termine per la consegna, da parte dei 1.400 iscritti alla Cgil nel territorio di Muggia, del questionario sul laminatoio alle Noghere. I moduli inviati ai tesserati recano sette domande in merito alla possibilità che il Comune di Muggia si faccia promotore di una consultazione popolare sul probabile insediamento industriale alle porte della cittadina muggesana, sul coinvolgimento della popolazione da parte della Regione e sulla gestione dell'affaire laminatoio da parte della Regione stessa e del Comune di Muggia. La decisione di posticipare i termini per la consegna dei moduli è stata confermata dal coordinatore della Cgil Muggia e segretario della categoria Nidil Cgil Nicola Dal Magro. Nel corso della campagna elettorale avevano aderito al confronto chiesto dal sindacato tre candidati su quattro, ossia il dem Francesco Bussani e i due civici Roberta Tarlao e Maurizio Fogar. Non vi aveva partecipato, per attriti con il sindacato, il leghista Paolo Polidori, a cui non era andato giù l'attacco a lui rivolto dal segretario provinciale Michele Piga, secondo cui a Trieste, durante la sua vicesindacatura, non sarebbe avvenuto alcun confronto. «Riteniamo importante - così Dal Magro - dare risposte ai cittadini rispetto a temi che interessano da vicino la loro vita nei prossimi cinque anni». Lo stesso Piga, in occasione della presentazione dei questionari, aveva manifestato la «necessità di un confronto chiaro e trasparente tra aziende coinvolte, organi di controllo e cittadinanza, che deve essere informata rispetto a tutte le fasi di avanzamento del progetto. Finora da Danieli non abbiamo mai ricevuto alcun segnale». Stando a quanto trapelato sinora, la costruzione del futuro laminatoio è prevista nel 2027.
lu.pu.
Perdita sospetta da un container Intervengono i nuclei speciali - l'allarme su una nave
Ieri i Vigili del fuoco del Comando provinciale con i colleghi dell'Nbcr, il Nucleo Biologico Chimico Radiologico, hanno operato in Porto nuovo su una nave portacontainer a seguito della segnalazione di una perdita sospetta da un container da 40 piedi che trasportava 12 fusti da 200 litri ciascuno di un composto organico identificato come "cianammide", utilizzato in agricoltura e nella produzione di farmaci.
SEGNALAZIONI - Il cemento a Cattinara - Compensazione del verde ridicola
Se il Ministero della salute darà il suo benestare, a Cattinara con il primo stralcio si avvierebbe la costruzione di cinque strutture: 1) parcheggio sotterraneo del nuovo Istituto infantile Burlo; 2) padiglione servizi C; 3) tunnel per l'impiantistica; 4) nuovo reparto di Medicina iperbarica; 5) isola ecologica; 5) bretella di collegamento tra superstrada e Polo cardiologico. Dopo il via libera ministeriale continuerebbero i lavori su queste cinque opere e ne inizierebbero quelli per altre quattro: 1) costruzione del nuovo "Burlo"; 2) costruzione della terza torre; 3) ristrutturazione di un primo segmento delle due torri; 4) edificazione del "cubone" o "torre Covid". Ma solo la ristrutturazione delle due torri sembra davvero urgente e non realizzabile altrove. Tutte le altre opere o non sono necessarie o potrebbero venire costruite in siti più adatti di Cattinara a mio avviso. Secondo l'articolo, il nuovo parcheggio "ospiterà le auto dei dipendenti finora sistemate nell'area in cui dovrà sorgere il nuovo Ospedale infantile Burlo". In base però al progetto definitivo del 2014, l'autosilo sotterraneo da 728 stalli servirebbe sia i visitatori sia i dipendenti del "Burlo", attraendo ulteriore traffico cioè inquinamento atmosferico e acustico. Sopra parte di esso verrebbe edificato l'ospedale materno infantile. Ma il progetto definitivo prevede di tagliare 440 alberi della pineta, ossia circa tre quarti, e tutti i 79 del parcheggio dipendenti. La pineta è situata non "fra ospedale e polo cardiologico", bensì fra il tratto superiore di via Valdoni a Est, il parcheggio dipendenti a Ovest, l'asilo sloveno a Nord e l'asilo dipendenti a Sud. L'articolo dice ancora: "per rispondere alle proteste di residenti e associazioni ambientaliste, unita alla contrarietà espressa dalla giunta comunale attraverso l'assessore Luisa Polli, è stata stabilita la piantumazione di nuovi alberi a Nord del parcheggio. L'Azienda sanitaria assicura che alla fine ne saranno piantati più di quanti cadranno a causa del cantiere". Ma dove troverebbero posto nuovi alberi "a Nord del parcheggio", dato che questo confinerebbe a Nord con l'asilo sloveno, la chiesa e la nuova viabilità d'accesso da strada di Fiume? Ci si riferisce forse all'area tra Polo cardiologico e via del Botro, disboscata nel 2017-2018 e dove l'Accordo di programma prevede un edificio didattico con park sotterraneo da 267 posti? Il "cubone" o "torre Covid" nel piazzale tra le torri e il poliambulatorio non era contemplato né dall'Accordo di programma, né dal progetto preliminare, né da quello definitivo, né dal progetto esecutivo della Cooperativa Clea. Per giunta impedirebbe di realizzare il giardino voluto dal progetto definitivo come una delle compensazioni al taglio dei 519 alberi. Bisognerebbe allora individuare un'area equivalente. Ma non certo a Nord del futuro "Burlo", dove mancherebbe lo spazio. Comunque la vegetazione compensativa ci metterebbe decenni per crescere come l'attuale e verrebbe piantata perlopiù fuori dal contesto originario. Gli abitanti di Cattinara e gli amanti della natura chiedono di preservare tutti gli attuali alberi, con i quali hanno un rapporto anche affettivo, che verrebbe troncato. No dunque ad abbattimenti e aleatorie compensazioni! Secondo il progetto definitivo, il padiglione servizi C, da 8.200 mq con 335 posti auto su quattro livelli interrati, sorgerebbe fra l'aula magna e l'anatomia patologica, eliminando la vegetazione e "mangiandosi" un tratto inferiore di via Valdoni. Inoltre la nuova bretella tra la superstrada, via Alpi Giulie e il Polo cardiologico devasterebbe il lato scosceso verso Altura, richiamando da Sud nuovo traffico. Il Polo ospedaliero di Cattinara è già saturo. Non voglio nuovo cemento e asfalto. Voglio ricordare anche che quasi tutti gli alberi piantati dal Comune essendo di piccole dimensione ne sono sopravvissuti pochissimi, come quelli piantati all'inizio del Parco Farneto (al Ferdinandeo): soltanto uno su cinque.
Claudio Di Marino
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 ottobre 2021
Ecologia e solidarietà - Turriaco lancia il riciclo per i tappi di sughero
TURRIACO. Ora si possono riciclare anche i tappi di sughero a Turriaco, dopo l'olio di cucina e le scarpe da ginnastica, la cui raccolta già è andata ad affiancare una differenziata sempre più spinta con la conseguente introduzione della tariffa puntuale. Il sughero è una materia prima naturale, riciclabile al 100%, ma ogni anno nel mondo ne vengono buttate nella spazzatura decine di migliaia di tonnellate, con uno spreco enorme di materiale e risorse. «Come Comune - dice il sindaco Enrico Bullian -, ci associamo quindi a TappoDivino, il progetto territoriale ideato da Roberta Masat, per salvare dalle discariche i tappi usati». Grazie al riuso dei tappi che diventeranno granina per la bioedilizia, la comunità contribuirà a finanziare realtà sociali che realizzeranno così i loro progetti a supporto della collettività. L'iniziativa sostiene realtà operanti in ambito oncologico, "Le vie di Natale" del Cro di Aviano e grazie ai referenti per l'Isontino di TappoDivino, Alessandro Leghissa e Cristina Suligoj, a Turriaco è stata concordata una capillare raccolta dei tappi, che sarà effettuata nel municipio, nelle due scuole, nei bar, ristoranti, agriturismi, aziende agricole, chioschi (come quello del Turriaco calcio) che aderiscono all'iniziativa. Nei prossimi giorni verrà consegnato a tutti un raccoglitore e i volontari dell'Auser, con il supporto dell'assessore Massimo Merlo, effettueranno la consegna.
LA. BL.
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 ottobre 2021
FERRIERA - Sito di Servola - il piano di Arvedi
Arvedi torna a parlare dei suoi investimenti triestini e lo fa con una nota con la quale precisa che ad oggi l'ordine di cui si è scritto nei giorni scorsi nelle pagine del Piccolo «riguarda solo una linea di zincatura ed una linea di verniciatura». L'investimento -è scritto in una nota-, «come più volte ribadito dal presidente della Società negli incontri sindacali tenutisi a Trieste, nonché negli incontri istituzionali nelle sedi locali e nazionali, l'ordine della seconda linea di zincatura che comporterà l'assunzione di 50 nuovi addetti, è subordinato al rilascio delle relative autorizzazioni, al completamento delle attività di sdemanializzazione e permuta e all'ottenimento di agevolazioni in grado di sostenere la redditività dell'investimento». La Direzione di Acciaieria Arvedi è intervenuta ieri dopo aver letto che «la commessa era nell'aria, prevista dal piano di investimenti di Arvedi su Servola, ma oggi è arrivato l'ordine. Acciaierie Arvedi ha infatti commissionato al Gruppo Danieli di Buttrio la fornitura e installazione di due nuove linee per la zincatura a caldo destinate al sito triestino». L'investimento si farà, ma alle note condizioni.
L'impegno per l'ambiente. Il lungomare di Barcola pulito da CRI e Leo club.
Un pomeriggio dedicato alla raccolta dei rifiuti sparsi a terra nella Pineta di Barcola, per sensibilizzare i cittadini verso temi come il rispetto dell'ambiente e la raccolta differenziata. È quanto proposto ieri dai volontari della Croce rossa italiana che, assieme ai giovani Lions di Trieste, si sono incontrati sul lungomare e, armati di guanti da lavoro, hanno riempito diversi sacchi della spazzatura. Duplice l'obiettivo: combattere l'inquinamento e promuovere la responsabilità sociale. «Ovviamente - spiega Eugenio Montagner del comitato Cri Trieste - non abbiamo scelto questa zona della città perché sia particolarmente sporca. Il nostro desiderio è, piuttosto, quello di far capire l'importanza di proteggere e tutelare l'ambiente, soprattutto per le generazioni future. Vogliamo invitare la popolazione a comportamenti consapevoli e per questo offriremo altre iniziative di cittadinanza attiva». Quello che hanno trovato i volontari, circa una trentina, sono stati per lo più cartacce, tappi di bottiglia e mozziconi di sigaretta. «Tutto materiale - incalza Joel Giangrande, presidente del Leo Club - che un cittadino perbene non dovrebbe lasciare a terra: a pochi metri dal luogo in cui vengono gettati questi rifiuti ci sono diversi cassonetti. Tutto sta nell'educazione delle persone. Credo che il punto sia proprio questo: formiamo i giovani e avremo una società migliore».
Martina Seleni
I sub ripuliscono i fondali del porticciolo di Sistiana - L'intervento stagionale promosso dall'S89
DUINO AURISINA. Operazione di pulizia dei fondali ieri a Sistiana organizzata dalle associazioni sub di Trieste con l'obiettivo di rimuovere i rifiuti dal porticciolo e promossa dal Sistiana S89 in collaborazione con Area 51, i Lions club Trieste Host, Audace e Duino Aurisina, con il patrocinio del Comune di Duino Aurisina e l'aiuto della Protezione civile. Presenti anche l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, l'assessore comunale Massimo Romita e l'"ambasciatore" ambientale del Fvg Alessandro De Rose. «Facciamo ogni anno questo lavoro - ha detto il presidente del Sistiana 89 Federico Giorgi - e anche stavolta abbiamo trovato di tutto in mare». «Vogliamo eccellere in sensibilità e cultura ambientale», così Scoccimarro: «Le acque del Fvg sono pulite, la balneabilità è garantita, i controlli sono efficaci. Su questo fronte si sta rivelando vincente anche il nostro progetto "aMare Fvg'".
U.SA.
IL PICCOLO - SABATO, 16 ottobre 2021
«Commissione Gect sull'inquinamento» - Cernic risponde a Legambiente
Il Gect Go è già pronto a varare anche una nuova commissione dedicata proprio all'ambiente e all'inquinamento transfrontaliero. A rassicurare Legambiente e Ekostandrez, che avevano auspicato la nascita di un gruppo di lavoro transfrontaliero su questi temi, è Mara Cernic, componente dell'assemblea del Gect Go che fin dal momento dell'insediamento aveva chiesto proprio l'attivazione di un comitato dedicato all'ambiente. «Una proposta rimasta in sospeso perché andavano prima risolte altre questioni tecniche come l'approvazione dei bilanci e l'elezione del nuovo presidente - spiega - ma la volontà c'è già da tempo e spero che presto la nuova commissione possa trovare concretezza. L'ambiente è per definizione un qualcosa che non conosce confini».
M.B.
IL PICCOLO - VENERDI', 15 ottobre 2021
Arvedi investe ancora in Fvg - Nuova commessa per Danieli
Firmato l'ordine per due linee di zincatura da installare entro il 2022 a Servola Con questo ordine il valore del contratto con il Gruppo di Buttrio sale a 250 milioni
Trieste. La commessa era nell'aria, prevista dal piano di investimenti di Arvedi su Servola, ma oggi è arrivato l'ordine. Acciaierie Arvedi ha infatti commissionato al Gruppo Danieli di Buttrio la fornitura e installazione di due nuove linee per la zincatura a caldo destinate al sito triestino. Con questo ulteriore contratto complessivamente sale a circa 250 milioni di euro il valore delle commesse assegnate da Arvedi a Danieli, compresi i macchinari destinati al sito di Cremona. In dettaglio le due nuove linee di zincatura avranno, come "cuore" un forno di notevoli dimensioni - e a basse emissioni - in grado di recuperare il calore generato nel corso della lavorazione e riutilizzarlo per scaldare l'acqua necessaria ad alimentare la zona di pulizia del nastro. A caratterizzare l'investimento un forte contenuto di automazione e di digitalizzazione, ad esempio sarà un robot ad occuparsi della rimozione delle scorie di zinco superficiali garantendo in questo modo la sicurezza degli operatori, e grazie al sistema Q3 Intelligence, il funzionamento degli impianti sarà costantemente monitorato mentre il sistema di qualità predittiva di Danieli assicurerà un controllo costante di ogni fase de processo per garantire ad una produzione di elevata qualità. Entrambi gli impianti saranno dotati delle migliori tecnologie disponibili, come previsto dal Green Deal per la riqualificazione dell'area di Servola. Le linee di zincatura saranno in grado di lavorare 200.000 tonnellate l'anno di bobine di peso superiore a 30 tonnellate, con una velocità di processo che raggiungerà i 200 metri al minuto - L'entrata in esercizio delle nuove linee è prevista per la fine del 2022.«Questo ordine di Arvedi - spiega Gianpietro Benedetti, presidente del Gruppo Danieli - segna un ulteriore fase di espansione del progetto che sta interessando il sito di Servola e che, sommando anche la zincatura, arricchirà l'offerta di prodotti da proporre al mercato». Settori di riferimento saranno senz'altro le costruzioni ma anche l'automotive, dove il processo della zincatura della lamiera viene ormai sempre più richiesto. Gli investimenti di Arvedi in Friuli Venezia Giulia, quindi, aumentano, grazie alla visione di un Gruppo, qual è Acciaierie Arvedi, che si sta strutturando per essere in grado di rispondere ad una domanda di acciaio che si stima continuerà ad essere sostenuta anche nei prossimi due anni. Ed è una crescita che - se verrà confermata la scelta di Trieste - si arricchirà di un laminatoio ex novo di Metinvest. Gli ucraini - che pare abbiano già deciso circa l'opportunità di un investimento da effettuarsi a breve in un'area ritenuta strategica - non hanno invece ancora sciolto la riserva sul "dove" insediare l'impianto, cosa che però dovrebbe avvenire a breve. Se l'opzione Fvg diventasse realtà, ecco che nascerebbe in questa regione un polo siderurgico di rilievo europeo, in grado di tenere insieme sia la produzione a caldo che a freddo, e completamente green, "scippando" il primato oggi detenuto dalla Lombardia.
Elena Del Giudice
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 ottobre 2021
Foca monaca ricompare nelle acque di Pago - l'eccezionale avvistamento - Era successo 10 anni fa
FIUME. È stata vista da diversi pescatori mentre scivolava leggiadra in acqua, sottraendosi agli sguardi curiosi di chi non ha mai visto un esemplare di foca monaca o di chi ne ricorda solo apparizioni lontane nel tempo. Nei giorni scorsi gli avvistamenti si sono moltiplicati e hanno riguardato diverse aree dell'isola nordadriatica di Pago, come Punta San Nicola e la cosiddetta Paska uvala (Valle di Pago), nelle acque a contatto con il Canale del Velebit o Alpi Bebie. L'ultimo avvistamento a Pago si era avuto nel 2011, e aveva riguardato il mare che bagna la piccola località di Proboj. Da allora più niente, con il mammifero marino che è ricomparso la settimana scorsa, regalando un'enorme soddisfazione ad ambientalisti, biologi e a tutti coloro che amano una natura ancora ben conservata e sufficientemente selvaggia. Saranno gli esperti a dare una risposta alla domanda cui si pongono gli isolani: la foca monaca è giunta a Pago da chissà quale areale, oppure vi risiede stabilmente?
A. M.
GORIZIA - Un gruppo di lavoro transfrontaliero sull'inquinamento - a richiederlo Legambiente e EkoStandrez
Un gruppo di lavoro transfrontaliero, magari gestito dal Gect Go, per monitorare l'inquinamento transfrontaliero. È quanto chiedono Legambiente Gorizia ed EkoStandrez, manifestando preoccupazione per le diverse forme di inquinamento dell'aria, del terreno e dell'acqua rilevate oltreconfine dalle istituzioni slovene in seguito alle segnalazioni dei cittadini di "Civilna inciativa" di Vrtojba. In seguito ai campionamenti effettuati, spiega Legambiente in una nota, sono state rilevate quantità importanti di idrocarburi policromatici aromatici, sostanze chimiche classificate come cancerogene. «Considerando che l'aria non ha confini, la preoccupazione è lecita anche per il territorio italiano», spiegano gli ambientalisti, ricordando come da 3 anni ormai i residenti di Sant'Andrea segnalino disagi a causa di forti odori. Un gruppo di volontari (19 persone) contribuiranno ad un monitoraggio sperimentale che, iniziato nei giorni scorsi, durerà fino al 31 dicembre, ma questo secondo Legambiente non basta. «È necessario un monitoraggio dell'aria con adeguata strumentazione in maniera continua, magari creando un gruppo di lavoro transfrontaliero. Per quale motivo il Gect non è mai stato coinvolto su questi temi? È urgente la creazione di un comitato».
M.B.
SEGNALAZIONI - Cemento a Cattinara - Troppo caro il prezzo stabilito per il verde
Gentile direttore, il Comitato spontaneo per la Pineta di Cattinara ringrazia per la pubblicazione a pagina 26 della notizia che lo riguarda nell'articolo del 10 ottobre scorso dal titolo "Sinistra Italiana ufficializza il suo appoggio allo sfidante - Lui intanto si schiera per la pineta di Cattinara". Nell'ultima frase leggiamo però che «in quell'area è prevista la costruzione di un nuovo parcheggio sotterraneo». In realtà i 440 alberi della pineta e i 79 del parcheggio dipendenti, che il progetto definitivo del 2014 prevede di tagliare, verrebbero abbattuti per costruire non solo l'autosilo sotterraneo del nuovo Istituto Burlo Garofolo ma il "Burlo" stesso. Nella lettera-appello del 28 settembre, allegata al comunicato stampa di venerdì 8 ottobre 2021 e cui Francesco Russo ha risposto, avevo specificato quanto segue: «Il progetto definitivo del 2014 stabilisce che il nuovo "Burlo" avrebbe una volumetria complessiva di 235.000 metri cubi, di cui 125.000 interrati o seminterrati e 110.000 fuori terra. L'edificio misurerebbe 79.967 metri quadrati su 5 livelli superficiali. Sorgerebbe sopra l'attuale parcheggio dipendenti e il settore occidentale della pineta, tra la torre chirurgica, la palazzina di Anatomia patologica e Medicina legale e la piastra servizi sanitari da un lato e la scuola e la chiesa dall'altro. L'autosilo che si vuole realizzare al servizio del nuovo Ospedale pediatrico Burlo Garofolo richiederebbe lo scavo di 130mila metri cubi di materiale, occuperebbe due piani sotterranei e offrirebbe 728 posti macchina. Il suo perimetro risulterebbe alla fine più che doppio rispetto a quello dell'edificio. Si svilupperebbe sotto gran parte della pineta, risparmiandone solo il settore meridionale e, a Nord, una striscia retrostante l'asilo». Il Comitato chiede quindi che nel comprensorio ospedaliero di Cattinara non venga costruito né il nuovo "Burlo Garofolo" né il relativo parcheggio interrato, né alcun altro edificio sanitario a scapito del verde.
Paolo Radivo - Comitato spontaneo per la Pineta di Cattinara
Sabato e domenica insieme al Fai per riscoprire il Winckelmann l'appuntamento
Le Giornate d'autunno offrono la possibilità di un'esplorazione archeologica urbana all'Orto lapidario e alle iscrizioni aquileiesi
Finalmente ripartono le giornate Fai d'autunno: sabato 16 e domenica 17 ottobre i volontari del Gruppo giovani, supportati dalla Delegazione provinciale, accompagneranno il pubblico in un angolo della città forse poco noto, ma di enorme valore culturale. Il percorso, a tema archeologico, si snoderà in cima al Colle di San Giusto, nella parte esterna del Civico museo d'antichità Winckelmann. «I visitatori - spiega il neo responsabile dei giovani Giuliano Merola - potranno ammirare l'Orto lapidario tergestino, che espone rilievi ed iscrizioni aquileiesi assieme a reperti istriani di epoca romana, il tempietto in stile classico con il Cenotafio di Winckelmann e il Giardino del Capitano, che conserva le torri e le mura quattro-cinquecentesche della città». «Vedremo anche i resti del basamento e della scalinata del propileo del I secolo dopo Cristo, in parte incastonato nelle murature medievali del campanile di San Giusto, e i resti dell'antico tempio capitolino che si trovava sul colle».Questo percorso, fruibile da tutti, permetterà ai partecipanti di toccare con mano ciò che il Fai fa da decenni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico del Paese. Sarà invece riservata ai soli soci la possibilità di conoscere l'interno della torre campanaria della Cattedrale, dalla quale si potrà osservare la città da un punto di vista speciale. «Organizzare eventi di questo tipo - ricorda la presidente Tiziana Sandrinelli - richiede mesi di lavoro, e i nostri volontari lo hanno svolto in una situazione di grande incertezza: a causa del Covid non si sapeva se le Giornate d'autunno sarebbero state effettivamente possibili. Per questo, il loro impegno vale il doppio. Un encomio particolare va anche ai giovani: ragazzi che dedicano il loro tempo libero a un progetto di interesse collettivo, sperimentando il valore del volontariato». Il coinvolgimento attivo degli studenti nella vita sociale, culturale ed economica della comunità è molto importante per la Fondazione. «Per questo - aggiunge Eugenia Fenzi, capo delegazione di Trieste - il Fai porta avanti il progetto "Apprendisti Ciceroni": i ragazzi che desiderano aderire vengono formati ad accompagnare il pubblico alla scoperta delle bellezze del proprio territorio.» Le visite, della durata di tre quarti d'ora, avranno inizio alle 10 e partiranno ogni 20 minuti, fino all'ultima prevista alle 16. È consigliabile la prenotazione sul sito www.giornatefai.it ma ci si potrà anche presentare direttamente e iscriversi nei banchetti in loco. Verranno richiesti il Green Pass e l'utilizzo della mascherina.
Martina Seleni
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 ottobre 2021
Ciò che non va - E' questa la cura del verde? E gli alberi promessi? - (Roberto Decarli)
Che fine hanno fatto le delibere giuntali, come la n°132 del 10 aprile 2017, "Messa a dimora di alberi per i nuovi nati nel territorio comunale"?
Alle 20 - Cambiamenti climatici al Club Soroptimist
Oggi, alle 20, al Savoia Excelsior Palace (Riva del Mandracchio 4), si terrà la prima riunione conviviale del Club di Trieste del Soroptimist International. Relatore Filippo Giorgi, fisico e climatologo, il quale tratterà il tema dei "Cambiamenti climatici".
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 ottobre 2021
Patrimonio archeologico subacqueo da tutelare: varato il nuovo protocollo - Capitaneria e Soprintendenza assieme
Il primo protocollo in regione e in Italia per riuscire a rendere permanenti delle operazioni a tutela del patrimonio archeologico subacqueo. Così, a bordo del pattugliatore Dattilo, dove ha fatto visita nei giorni scorsi il comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, ammiraglio ispettore capo Nicola Carlone, la Capitaneria di porto e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, rispettivamente rappresentati dal comandante della Guardia costiera, l'ammiraglio Vincenzo Vitale, e dalla soprintendente Simonetta Bonomi, hanno firmato un documento che suggella questo intento. «È un esperimento che abbiamo avviato con l'ammiraglio Vitale che prevede, in parallelo agli accordi istituzionali della Guardia costiera - ha spiegato Bonomi -, una collaborazione per gli aspetti che riguardano la tutela del patrimonio archeologico sommerso». Ci sono infatti tantissime memorie dei conflitti bellici, sia della prima sia della seconda guerra mondiale. «Sono ben da indagare - ha detto Bonomi -, molto più di quanto uno possa immaginare. E poi sono da indagare altri reperti nelle acque interne di Grado». Le segnalazioni arrivano principalmente da pescatori e appassionati sub. Per individuarli «ci avvaliamo principalmente del nucleo Tutela Patrimonio culturale dei Carabinieri e in altri casi della Guardia costiera - ha continuato il soprintendente -: abbiamo bisogno dei mezzi degli altri, perché noi non ne abbiamo». Il protocollo firmato ieri, cui farà seguito un programma di collaborazione pianificato con la Soprintendenza, prevede appunto un contributo dei militari marittimi. La competenza del Corpo in questo ambito nasce nel 1989, come ha spiegato Vitale. «L'allora ministero della Marina mercantile con il ministero dei Beni culturali siglò un decreto che diede vita a questa funzione, facendo nascere il nucleo sommozzatori di San Benedetto del Tronto. Ora nasce questo accordo a livello regionale con l'impiego diretto del nucleo di San Benedetto, che - ha aggiunto Vitale - si sposterà non solo per azioni di carattere ambientale ma d'ora in poi l'impiego sarà finalizzato anche alla tutela archeologica».
BE.MO.
Oggi alle 17. La tropicalizzazione del mare Adriatico
Cosa succede nel mare? Gli effetti della tropicalizzazione. Dalle specie aliene all'innalzamento delle acque. Oggi, alle 17, appuntamento su Zoom per il secondo webinar del progetto "CambiaVenti", con Saul Ciriaco (Area Marina Protetta di Miramare Wwf) e Florence Colleoni (Ogs-Istituto Nazionale di Oceanografia e di geofisica sperimentale). Per iscrizioni al webinar: museobora@iol.it
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 ottobre 2021
Immobili in stallo da 6 anni - Pressing sulla Paritetica
Il Comune aspetta il trasferimento della pineta di Barcola, dell'ex caserma Duca delle Puglie in via Cumano e dell'ex Direzione di artiglieria in Campo Marzio
Tra i fascicoli che saranno presi in carico dalla futura giunta comunale, uno è tanto interessante quanto lento: si tratta del trasferimento di alcuni beni immobili dal Demanio al Comune. Istanza che balla sul tavolo della Commissione paritetica da sei anni, dall'ormai lontano agosto 2015, quando presidente del Consiglio era Matteo Renzi, il presidente della Regione Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini. Allo scorso luglio risale un garbato sollecito del Municipio, firmato dal dirigente dell'Immobiliare Luigi Leonardi, e al primo settembre un altrettanto cortese posta elettronica di Roberta Volponi, funzionario della Regione Fvg, riscontrava che il presidente Fedriga ritiene il trasferimento dei beni immobili una delle tematiche da affrontare dalla Paritetica in via prioritaria. Paritetica che - giova ricordare - si è insediata, una volta "neocostituita", il 12 luglio. Ma perché il Comune mostra questo interesse per il passaggio di beni immobili? Perché ha tre importanti partite aperte che si chiamano ex caserma Duca delle Puglie, ex Direzione di artiglieria, Pineta di Barcola. Sono tre asset sui quali la civica amministrazione corrisponde un canone al Demanio, per un totale di 174.537,10 euro all'anno. Frutto dell'addizione di 100.000 euro riguardanti l'ex caserma, 35.519,08 collegati alla Pineta barcolana, 38.810,08 agganciati all'ex Direzione di artiglieria.È bene tradurre in attività amministrativa concreta le ragioni di questi canoni: in via Cumano la Duca delle Puglie ospita il museo De Henriquez; in Campo Marzio l'ex Direzione di artiglieria aveva accolto il Museo del mare, che rinascerà al Magazzino 26 di Porto vecchio; la Pineta di Barcola si commenta da sé. Da puntualizzare - come ha fatto Leonardi nella sua missiva - che il Comune non sta versando la locazione della Duca delle Puglie (dove tra l'altro il contratto è scaduto) in quanto vi ha svolto lavori per un valore superiore ai 2 milioni. Infatti è in corso l'istruttoria del Demanio volta all'azzeramento dei canoni. Da chiarire - a giudizio del Municipio - anche l'indennità di occupazione relativa all'ex Direzione di artiglieria, dal momento che il "vecchio" Museo del mare è stato chiuso il 1° aprile 2019 e le collezioni trasferite nel Magazzino 26. La Pineta di Barcola è "coperta" da un contratto a valere dal 1° giugno scorso fino al 31 maggio 2027 per un canone annuo ricognitorio pari a 212,75 euro. Per conseguire l'invarianza finanziaria dell'operazione su Barcola, il Comune - scrive ancora Leonardi - potrebbe rinunciare a ottenere la proprietà dei chioschi. Nella stessa epistola, proprio al termine della terza cartella, il dirigente comunale completa le richieste ribadendo l'interesse ad acquisire a titolo gratuito, sempre mediante la Paritetica, due ulteriori compendi: la caserma Monte Cimone ex tenuta Burgstaller a Banne e il parco di villa Necker in via dell'Università. A proposito della Paritetica, a fine maggio il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, aveva firmato il decreto di nomina dei componenti di rappresentanza statale nell'ambito della commissione. Ecco scorrere i nomi di Sandra Savino, deputata di Forza Italia, Elena D'Orlando, direttrice del Dipartimento giuridico dell'Università di Udine, e Ivo Rossi, dirigente della Presidenza del consiglio dei ministri in pensione e già componente della Commissione paritetica per la Regione Val d'Aosta. I tre componenti di indicazione governativa si aggiungevano ai tre "regionali", Teresa Billiani, Renato Carlantoni e Salvatore Spitaleri.
Massimo Greco
Due imprenditori interessati ad acquistare l'ex "don Marzari"
Sono operatori del settore case di riposo che debbono rafforzare la capacità recettiva delle loro strutture. Perizia da aggiornare
L'ex casa di riposo intitolata a don Edoardo Marzari, situata a borgo San Nazario non lontano da Prosecco, ha trovato degli estimatori. Il bene, da anni nella lista dei beni comunali alienabili, interessa due imprenditori che operano nel settore delle residenze per anziani. Hanno mandato una "pec" agli uffici comunali per manifestare la volontà di procedere all'acquisto. Fonti municipali spiegano che si tratta di operatori i quali, in seguito alla riclassificazione delle strutture di accoglienza, si trovano nella necessità di ampliare la loro capacità ricettiva. La civica amministrazione è in procinto di affidare gli incarichi - come è recentemente accaduto in altri casi relativi ad asset in vendita - a professionisti esterni affinché perizino lo stabile, allo scopo di ottenere una stima aggiornata agli odierni valori di mercato. Nel 2018 era stato inserito nell'elenco a un prezzo di 1,6 milioni, tagliato di un buon terzo rispetto ai 2,4 milioni quotati nel 2011.La "don Marzari" è ferma dal 2007, quando il secondo Dipiazza decise di chiudere la struttura e di ricoverare gli ospiti in altri civici istituti. Da allora si sono rincorse varie ipotesi di riutilizzo, con particolare evidenza a un possibile reimpiego di carattere sanitario poliambulatoriale al servizio di una porzione di territorio carsico dove vivono 1.400 residenti. Sarebbe francamente ora che il complesso, dopo 14 anni allo stato brado, trovasse una nuova ragione di vita. Se non altro per limitare gli atti vandalici, che hanno convinto gli ignoti visitatori a sottrarre persino i termosifoni. Dal punto di vista dimensionale il compendio vanta misure importanti: 15.000 metri quadrati coperti, cui si sommano 5.000 mq di parco. Senza contare una vista mare giudicata assai attraente. La prima versione dell'edificio risale agli anni '50-'60 e venne realizzata dall'Opera per l'assistenza ai profughi giuliani e dalmati. Lo stabile fu poi convertito in casa di riposo organizzata a seconda delle condizioni degli ospiti: al primo livello le persone non autosufficienti, al secondo le parzialmente autonome, al terzo gli autosufficienti.
magr
Parco del Castello e rive dell'Isonzo ripulite dai volontari - La doppia iniziativa
Legambiente e Amici del parco al lavoro con il supporto anche di gruppi di richiedenti asilo e minorenni non accompagnati. Plauso dall'assessore Del Sordi
Entro il 2050 tra i 25 milioni e il miliardo di persone potrebbero essere costrette a spostarsi per criticità indotte, anche, dai cambiamenti climatici. Stress ambientali e conflitti sono causa o concausa della fuga dal proprio Paese per circa il 70% dei migranti giunti in Italia negli ultimi 4anni.La campagna "Puliamo il mondo dai pregiudizi" intende essere non solo un momento di collaborazione finalizzata alla rimozione dei rifiuti abbandonati e alla diffusione di comportamenti rispettosi dell'ambiente, ma anche la promozione di una positiva convivenza tra le persone che abitano lo stesso territorio. Questo lo sfondo dell'iniziativa di Legambiente, patrocinata dal Comune di Gorizia, che si è svolta ieri mattina e ha portato i volontari a ripulire il Parco del Castello. «Ha partecipato all'iniziativa anche una decina di minori non accompagnati ospitati dal San Luigi - spiega l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi -. L'importanza di questi interventi è legata al fatto che fanno risparmiare tre volte l'amministrazione comunale: queste campagne permettono di differenziare meglio; l'ente pubblico non deve pagare la rimozione della spazzatura; Legambiente svolge anche un'attività di sensibilizzazione. Per questo, non posso che rivolgere un ringraziamento sincero ai volontari che sono intervenuti».La riappropriazione collettiva dei luoghi - fa eco l'associazione ambientalista - è la chiave per ricostruire le relazioni sociali, «perché un mondo diverso è possibile solo se lo si costruisce senza muri di alcun tipo: sociali, etnici e religiosi, fisici e mentali». In contemporanea, gli "Amici del parco di Campagnuzza" hanno effettuato un'iniziativa simile sulle rive dell'Isonzo, coinvolgendo anche un gruppo di richiedenti asilo.
Fra.Fa.
Domani - La tropicalizzazione del mare Adriatico
Cosa succede nel mare? Gli effetti della tropicalizzazione. Dalle specie aliene all'innalzamento delle acque. Domani, alle 17, appuntamento su Zoom per il secondo webinar del progetto "CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi", con Saul Ciriaco (Area Marina Protetta di Miramare Wwf) e Florence Colleoni (Ogs). Incontro riservato ai giovani tra i 15 e i 35 anni d'età e ai docenti. Per iscrizioni al webinar: museobora@iol.it Info: www.museobora.org
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 ottobre 2021
Differenziata e strade da pulire: tre milioni in più in quattro anni
Il piano punta a migliorare la raccolta con 114 batterie ecologiche in 51 strade Servizio rafforzato nelle zone pedonali, in quelle ex Ezit e in Porto Vecchio
Nel quadriennio 2022-25 il Comune di Trieste investirà 2,9 milioni di euro in più per migliorare la qualità ambientale urbana. Lo farà attraverso una serie di interventi che riguardano la raccolta differenziata, le aree pedonali, gli spazi della "movida", lo spazzamento delle strade ex Ezit e del Porto vecchio (nelle zone aperte al passaggio), alcune zone verdi. Le variazioni di spesa - contenute nel Piano preparato da AcegasApsAmga e recepito dalla civica amministrazione attraverso una delibera giuntale recentemente illustrata dall'assessore Luisa Polli - richiedono stanziamenti arrotondati di 690.000 euro nel '22, di 705.000 euro nel '23, di 765.000 euro nel '24 e nel '25. Dal servizio ambiente & energia del Comune avvertono che per gli ultimi due anni si tratta di ipotesi di lavoro da sottoporre a ulteriore verifica. AcegasApsAmga ha trasmesso proprio in questi giorni il documento all'Ausir (Autorità unica per i servizi idrici e i rifiuti). Tra l'altro il piano prevede un aumento delle competenze annue, per una somma di oltre 61.000 euro, dovute all'authority per il suo funzionamento (50 centesimi per ogni abitante servito).Torniamo al merito del programma. Il capitolo più importante, che assorbe circa 300.000 euro all'anno, è dedicato all'incremento della raccolta differenziata, anche perchè il governo italiano ha recepito due direttive europee che vincolano il nostro Paese a raggiungere entro il 2025 una quota pari al 55% di riciclo. Il piano Comune-Acegas coinvolge 51 strade, in genere viabilità laterale di zone residenziali, con 114 "batterie" ecologiche. Prevista l'installazione di 200 cassonetti al servizio della differenziata: secondo il documento, questo rafforzamento produrrà un aumento pari al 2%.Oltre 70.000 euro annui andranno a incrementare la proposta nelle zone pedonali: 15 nuove "batterie" (cinque contenitori), simili a quelle già funzionanti al molo Audace e in via Torino, richiameranno 27.500 vuotature nei dodici mesi, attività da eseguirsi quotidianamente. In qualche modo agganciata a questo punto del programma è l'intensificazione delle vuotature dei cestini in centro: da piazza Venezia al borgo Teresiano ce ne sono 148, il piano mette in preventivo 2700 interventi in più al mese. Oltre a via Torino, le strade maggiormente interessate sono Cavana, piazzetta Barbacan, la zona Urban, le piazze Unità e Borsa, via Cassa di risparmio, via San Nicolò, piazza sant'Antonio, via XXX Ottobre, via Trento. Dal centro alle aree periferiche o semi-periferiche. Innanzitutto le vie ex Ezit passate sotto il Comune: si tratta di 130.000 metri quadrati di superficie e di 18,5 km di asfalto. Acegas imposterà un servizio con spazzatrice e operatore a terra equipaggiato con soffiatore. Attività analoga è pensata per quelle superfici di Porto vecchio "aperte", cioè il polo museale-espositivo (centrale idrodinamica, centro congressi, magazzino 26, bretella con largo città di Santos): interessati 61.000 metri quadrati e 2,7 chilometri di strade. Ultimo paragrafo sulle aree verdi. La riapertura di alcuni giardini interdetti per inquinamento, vedi il Tommasini e San Nazario, richiedono una riprogettazione degli interventi, che riguardano la pulizia dei sentieri e dei cestini. Nelle annate 2024-25 il servizio dovrebbe estendersi anche a Villa Necker e in via Marenzi dove è in atto la riqualificazione dell'ex Maddalena.
Massimo Greco
Conficoni (Pd)«A Trieste negativo il bilancio rifiuti»
«La comunicazione e la sensibilizzazione dei cittadini per l'aumento della raccolta differenziata dei rifiuti è sicuramente un fatto positivo, ma insufficiente per incidere concretamente su situazioni come quella di Trieste, rimasta decisamente indietro con il 44%, ben al di sotto della media regionale che sfiora il 70%. La Regione può e deve fare di più, per esempio legando i ristori a favore dei Comuni al raggiungimento di determinati obiettivi». Lo afferma il consigliere regionale Nicola Conficoni (Pd).
I ragazzi della Weiss puliscono il Parco Farneto con Legambiente
Si è svolta Ieri la grande giornata di pulizia del Parco Farneto di Trieste organizzata da Vallelata e Legambiente al termine di "Puliamo il tuo parco!". Alla giornata di pulizia hanno partecipato anche gli studenti dell'Istituto Comprensivo Tiziana Weiss abbinato al Parco. Agli studenti è andato in premio un percorso didattico sulle tematiche green tenuto dagli esperti di Legambiente.
Bambini e adulti uniti a Fernetti per la natura - la pulizia dai rifiuti
Un gruppo di una trentina di persone, fra piccoli alunni della scuola Alojz Gadrnik e operatori della Protezione civile locale, ha dato vita l'altro giorno a Fernetti alla manifestazione "Puliamo il mondo" su iniziativa di Legambiente, consentendo di liberare l'area dalle immondizie abbandonate.
(u.sa.)
SEGNALAZIONI - Piazzale Rosmini - Scelte incredibili nella gestione
Rivolgo alcune osservazioni sullo stato di piazzale Rosmini. La zona giochi del piazzale è stata recintata per sostituire i giochi vari e probabilmente per rifare la pavimentazione. Ottimo salvo che per un importo di 121.000 euro il giardino resterà chiuso per un anno? Inoltre il nuovo parco giochi non avrà le altalene. È evidente che chi ha fatto un tale progetto e chi lo ha approvato, non hanno né bambini e tantomeno nipoti. Ma come si fa chiudere un parco giochi per un anno? Lo trovo del tutto errato. Giorni fa una commissione circoscrizionale si è presentata nel giardino manifestando l'idea di realizzare un parco per cani. La loro motivazione è stata che alle 8 c'erano solo cani in giro con relativi padroni. Ma questi signori hanno pensato che alla mattina i bambini o sono a scuola o sono all'asilo? Ma dove vivono? Inoltre i bambini corrono e saltano su quello che rimane delle aiuole dove anche i suddetti cani fanno i loro bisogni, che non sempre vengono raccolti. Questo problema va risolto, è la salute dei nostri bambini. Sotto la scarpata, dietro la case Ater, c'è un terreno incolto abbandonato e infestato da ailanto e altre essenze spontanee. Ecco dove si potrà realizzare un parco per i cani. Basta pensare un poco. Grazie alla giunta Cosolini che aveva decretato che il giardino era contaminato fu chiuso e poi riaperto senza alcuna opera di risanamento adducendo strane teorie sull'inquinamento. Allora fu suggerito di ascoltare gli anziani della zona, quelli che nel 1945 assistettero ai bombardamenti del porto di Trieste. Gli anziani confermeranno che il terrapieno del giardino, che era una scarpata, fu realizzato con le macerie della fabbrica macchine Fmsa. Ecco da dove, a distanza di anni, sono saltati fuori gli inquinanti.
Giampaolo Rigutto
SKY TG24- SABATO, 9 ottobre 2021
Città e spazi verdi, Trieste e Torino le peggiori in Europa. La classifica
Secondo uno studio dell'ISGlobal di Barcellona, sono circa 43mila i morti che ogni anno si potrebbero evitare con più parchi e giardini in città. Tra i centri urbani peggiori anche Blackpool (Regno Unito) e Bruxelles (Belgio). La ricerca è stata effettuata in 31 Paesi europei, per un totale di 978 città e 49 aree metropolitane
IL PICCOLO - SABATO, 9 ottobre 2021
Porto e Capitaneria in prima linea per ridurre le emissioni inquinanti
Siglata un'intesa per convincere le compagine di navigazione a diminuire le concentrazioni di zolfo nei carburanti sia all'interno dello scalo sia in golfo
Trieste. Ridurre l'inquinamento da combustibile fossile per rendere il traffico delle navi meno impattante sul golfo di Trieste. È con questo obiettivo che Autorità portuale e Capitaneria di porto hanno firmato ieri il "Blue agreement", con cui puntano a convincere le compagnie di navigazione a diminuire la quantità di zolfo contenuta nel carburante non solo durante le operazioni in porto, come previsto dalla legge, ma dalle quattro miglia di distanza dalla costa fino all'attracco. L'intesa è stata siglata fra il presidente dell'Authority Zeno D'Agostino, il comandante del Porto di Trieste Vincenzo Vitale e il rappresentante degli agenti marittimi Paolo Spada, a conclusione della tavola rotonda organizzata al Barcolana Sea Summit sul tema dell'innovazione dei porti e della loro sostenibilità ambientale. «L'iniziativa - ha spiegato D'Agostino -è già applicata nei porti di Genova e Savona. Vogliamo incentivare l'utilizzo di carburanti a basso impatto, coinvolgendo armatori e agenti. L'adesione sarà volontaria, ma pubblicizzeremo molto chi lo sottoscriverà e chi no». Gli aspetti tecnici sono stati illustrati da Vitale: «L'obiettivo è convincere gli armatori a passare da un tenore di zolfo a 0, 1 anziché a 0, 5 non soltanto in porto ma anche entro le 4 miglia dalla costa. Questo riduce di molto l'impatto ambientale». L'asse per la sostenibilità fra Autorità e Capitaneria è stato ufficializzato a conclusione del dibattito sui porti del futuro, in cui D'Agostino ha raccontato dei «50 milioni a disposizione fra Trieste e Monfalcone per elettrificare le banchine», auspicando che gli scali diventino anche «produttori di energia, magari con sistemi fotovoltaici ed eolici off shore» e anticipando «la creazione di un mini impianto eolico sulla diga» che protegge i moli. L'ad di Acegas Roberto Gasparetto guarda le cose dal punto di vista di chi distribuisce l'elettricità: «Serve un approccio olistico che metta insieme porti e città. Dobbiamo fare in modo che l'accelerazione del Pnrr non sia traumatica: serve un potenziamento della connessione con le reti nazionali e un sistema elettrico che supporti le discontinuità che deriveranno dall'arrivo di una nave da crociera, che consuma da sola un sesto dell'intera città». Per la transizione si propone anche Snam con la controllata Renovit, il cui ad Cristian Acquistapace evidenzia la possibilità di dare il proprio contributo con «una riqualificazione profonda degli edifici nei porti, illuminazione efficiente e applicazione del fotovoltaico su parcheggi e coperture» .Non mancano però i problemi. Il presidente e ad dell'oleodotto Siot Alessio Lilli si è chiesto «quando passeremo da 40 a 20 milioni di tonnellate di greggio trasportato, quali saranno le alternative del porto per continuare a generare valore? Siamo chiamati ovunque a un salto quantico per ridisegnare il paradigma energetico, ma continuo a vedere scarsa immaginazione». Il presidente dell'Autorità portuale di Genova Paolo Emilio Signorini ha sottolineato quanto «la sostenibilità sia fondamentale per porti inurbati come Genova e Trieste. Giusto lavorare su gnl, elettricità e idrogeno, ma ogni intervento del genere costa decine di milioni e l'obsolescenza è relativamente rapida. La battaglia contro i combustibili fossili complica le cose». Il ragionamento è stato ripreso da Vitale, secondo cui «non c'è transizione senza passaggio momentaneo al gas liquido che ci porti verso i combustibili non fossili. Trieste ha un rigassificatore a pochi chilometri (a Veglia) che dovrebbe essere la nostra mucca». Un approccio pragmatico è stato suggerito anche dal presidente di Alpe Adria Maurizio Maresca, che ha invitato a ragionare anzitutto sulla ferrovia: «L'elettrificazione delle banchine va bene, ma è centrale l'ottimo lavoro sul fronte ferroviario che si sta facendo a Trieste: questo è il contributo che si può dare davvero all'ambiente, trasferendo i camion sui treni. Un lavoro che Genova deve ancora fare».
Diego D'Amelio
L'impegno del Governo per far viaggiare insieme sviluppo e sostenibilità
Trieste. «Cambiare i porti, in molti casi, vuol dire cambiare le città». Ed è quanto dovrà avvenire nei prossimi anni in Italia, «dove i porti sono inseriti nelle città», per rispondere alle sfide della transizione ecologica. Lo ha spiegato ieri il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, aprendo la sessione di lavoro dedicata proprio al tema dei porti verdi e delle città verdi del Barcolana Sea Summit. Nel nostro paese, «per molti le parole "infrastrutture" e "sostenibilità" non possono andare insieme», cosa che non succede a livello internazionale: «il cambio di nome del ministero è un segno della volontà del governo di muoversi su questa strada». Il governo, ha detto Giovannini, sta affrontando la questione «con uno stanziamento senza precedenti» grazie ai fondi del Pnrr, al fondo complementare italiano e a parte delle dotazioni del suo ministero. Ai porti sono destinati 4,2 miliardi di euro che si inseriscono «in un quadro più complessivo di transizione di tutti i nostri sistemi di trasporto: il 70% dei 632 miliardi assegnati al ministero sono infatti contributi alla lotta al cambiamento climatico». Questi investimenti, secondo Giovannini, «hanno a che fare non solo con il potenziamento e il rinnovo della flotta, ma anche con un'ampia operazione di elettrificazione delle banchine - che consentirà alle navi di spegnere i loro motori quando soo in porto e di ridurre l'inquinamento nelle nostre città - e con progetti per favorire l'uso di combustibili meno inquinanti e la ricerca di soluzioni più avanzate per le navi, come ad esempio l'idrogeno». Proprio la riduzione delle emissioni nel settore marittimo - assieme a quello del trasporto aereo e del riscaldamento delle abitazioni - «è centrale nel piano dell'Ue "Fit for 55", che prevede di ridurre del 55% la CO2 immessa in atmosfera entro il 2030», ha aggiunto il ministro. «Sappiamo - ha spiegato - che gli armatori e la ricerca stanno provando ad accelerare questa transizione, ma non tutte le soluzioni sono già disponibili: l'importante, però, è avere chiaro l'obiettivo». Il processo di transizione, ha detto ancora Giovannini, «non avviene solo vicino al mare: abbiamo bisogno di connettere i porti con le vie di comunicazione di terra, e il nostro piano su questo fronte è stato giudicato a livello europeo come il più avanzato, innovativo e sistemico». Grazie al Pnrr, ha concluso Giovannini, «connetteremo 11 porti, oltre a 11 aeroporti e 9 centri di scambio intermodale. Anche questo è un investimento senza precedenti, e abbiamo bisogno di utilizzare questa occasione per un ripensamento profondo della dell'intermodalità e della logistica: occorre capire il futuro dei nostri porti e cercare di operare in un ottica sempre più sistemica e non competitiva».
Daniele Lettig
Troppe barche abbandonate o in discarica - Progetto per creare una filiera del riciclo
Confindustria e Area Science Park insieme per risolvere il problema del fine vita dei natanti in vetroresina
Trieste. Ci sono fin troppe barche abbandonate nei prati e nei giardini del Carso, e sono solo la punta visibile di un iceberg. Dei sei milioni di barche, prevalentemente piccole, che compongono il parco nautico italiano ogni anno sono 80 mila quelle a fine vita e solo 2.000 vengono riciclate. Sono i numeri che fanno comprendere come sia indispensabile costruire una filiera che affronti, trasformandolo, l'intero processo che va dalla costruzione al fine vita delle imbarcazioni, con l'obiettivo di creare un sistema di economia circolare. È il tema che ha tenuto banco ieri al Barcolana Sea Summit, con una serie di sessioni dedicate al recupero e al riutilizzo dei materiali impiegati per la nautica, dalla fibra di carbonio alla più comune vetroresina. Il fine vita delle barche in vetroresina, che se non vengono abbandonate finiscono in discarica nel 90% dei casi, è un problema che va affrontato subito da tutti gli attori del processo produttivo, dalla ricerca e dai legislatori, chiamati a produrre norme ad hoc. Per affrontare la questione Confindustria Nautica - ha spiegato una sua rappresentante, l'imprenditrice Barbara Amerio - sta creando un Comitato per la sostenibilità che coinvolga il mondo della nautica nell'individuazione di soluzioni, che vanno dalla ricerca su nuovi biocompositi a quella sul riciclaggio, passando per una completa revisione del processo di progettazione, che deve orientarsi su barche che possano essere disassemblate. A fronte di un'industria che si sia fermando per mancanza di materie prime lo sviluppo di un'economia circolare è fondamentale, e per l'Italia la nautica dev'essere tra i settori che trainano il processo, sostiene Marcello Guaiana, tecnologo di Area Science Park. Proprio nel parco scientifico è stato avviato il programma di ricerca Refiber, che studia la fattibilità tecnico-economica e legislativa di una filiera del riciclo. Da Roberto Neglia, responsabile dei rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, arrivano un ammonimento e due suggerimenti. Il primo: negli ultimi anni ci si è concentrati molto sui procedimenti chimico fisici per trattare il materiale, che sono a buon punto, «ma rappresentano solo l'ultimo miglio: bisogna pensare alla navigazione d'avvicinamento». Due le proposte: l'istituzione di un'assicurazione per il fine vita del natante, da pagare annualmente così che il costo venga spalmato sui diversi proprietari, magari con un bonus per le barche il cui costo di smaltimento è inferiore; e un finanziamento, che potrebbe venire dai fondi del Pnrr, ai Comuni, per un piano di pulizia delle piccole barche abbandonate nei porti e nei litorali. Così si metterebbe in piedi un'industria del disassemblaggio. Le conclusioni a Gialuz: «Non esiste un piano B, dobbiamo strambare e assumerci tutti una responsabilità. Ma la tecnologia e la digitalizzazione hanno accelerato i processi, e ci saranno d'aiuto nell'accelerare la riconversione sostenibile».
Giulia Basso
Ferriera - Arvedi conferma 50 assunzioni oltre le 417 previste dagli accordi
Trieste. La conferma di 50 assunzioni in più rispetto alle 417 previste dall'Accordo di programma e la volontà di riportare tutti i cassaintegrati al lavoro entro settembre 2022. Sono gli impegni assunti dal gruppo Arvedi in un incontro tenutosi con le organizzazioni sindacali alla presenza dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. L'appuntamento è servito al consulente della società Mario Caldonazzo per fare il punto sugli aspetti occupazionali della riconversione. Oggi su 366 lavoratori della Ferriera, la società conta 235 unità al lavoro e 131 in cigs, cui vanno sommati i 31 dipendenti di Logistica giuliana (la branca che si occupa della banchina), 37 della centrale elettrica e 3 della controllata Siderurgica triestina, tutti in attività. L'impegno è riportare al lavoro entro settembre prossimo gli operai in cassa: saranno 116 su 131, perché 15 usciranno con prepensionamenti e incentivi. Se tutto andrà come promesso, il totale degli occupati a settembre farà 422: 5 in più di quanto previsto. I 116 saranno formati entro maggio (per una trentina il corso sta per cominciare). Arvedi ha confermato anche l'investimento di 7,5 milioni sulla banchina con i lavori di consolidamento della stessa e l'acquisto di due nuove gru. Caldonazzo ha spiegato che il completamento del piano industriale allegato all'Adp resta confermato per settembre 2022, quando entrerà in funzione il laminatoio potenziato. Ma l'area a freddo è destinata a un ulteriore incremento, grazie a un investimento da 100 milioni deciso dopo la firma dell'Accordo: l'azienda auspica che arrivino presto le autorizzazioni per realizzare il nuovo capannone con le ulteriori linee produttive, che permetteranno 50 assunzioni aggiuntive nel 2023. Caldonazzo ha assicurato che le maestranze saranno individuate rivolgendosi in primo luogo agli interinali cui non è stato rinnovato il contratto dopo la scelta di riconvertire la Ferriera. L'azienda si è detta fiduciosa sui tempi della sdemanializzazione, pur essendo ancora in attesa di questa procedura e delle firme ministeriali necessarie allo smantellamento definitivo di ciò che resta dell'area a caldo. In una nota congiunta Fim, Fiom, Uilm, Failms e Usb «giudicano l'andamento del piano positivamente. Auspichiamo si proceda velocemente sulla realizzazione della seconda linea di zincatura affinché l'ulteriore incremento occupazionale diventi acquisito». Come dice il segretario della Uilm Antonio Rodà, «non possiamo che chiedere a tutti gli enti di rilasciare quanto prima le autorizzazioni». Soddisfatta l'assessore Rosolen: «Arvedi garantisce la tenuta di tutto l'organico. È stato un incontro molto sereno».
Diego D'Amelio
IL PICCOLO - VENERDI', 8 ottobre 2021
L'appello degli scienziati per salvare mari e oceani «Il tempo sta per scadere»
Cambiamenti climatici e inquinamento da plastiche minacciano gli ecosistemi Sollecitate risposte rapide dai governi e scelte consapevoli da parte dei privati
Trieste. La drammatica accelerazione dei cambiamenti climatici e dei loro effetti sugli ecosistemi marini e terrestri richiede un'enorme accelerazione nelle risposte. E serve fare presto anche per contenere i pesantissimi danni prodotti dall'inquinamento e dalla dispersione di quantità allarmanti di plastiche. È il monito lanciato da ricercatori e scienziati intervenuti ieri a Trieste alla sessione di lavoro del Barcolana Sea Summit dedicata allo stato di salute di mari e oceani. Dal convegno internazionale, però, sono arrivate anche delle buone notizie: nel Pnrr sono previste infatti misure importanti per la tutela e la valorizzazione della risorsa marina, a partire da un grande progetto per il monitoraggio del nostro mare. «L'Italia è impegnata da tempo nella realizzazione di sistemi di osservazione marini e costieri con satelliti e in situ - spiega Stefano La Porta, presidente dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale -. La mappatura degli habitat marini e costieri verrà portata avanti fino al 2022 con le navi a disposizione e dal 2024 con navi di nuova generazione. Bisognerà lavorare molto per colmare le nostre grosse lacune per ciò che riguarda la conoscenza dei fondali e degli habitat marini di profondità. Solo così si potrà avere una maggiore efficacia dei progetti di ripristino degli ecosistemi marini e mettere a punto una serie di interventi per limitare le pressioni antropiche». Il 71% del nostro Pianeta è ricoperto d'acqua, rappresentata dagli oceani per il 97%: «Dobbiamo riuscire a comprendere come questo sistema funzioni e si alteri, o avremo perso molte delle nostre capacità di sopravvivenza», afferma Paola Del Negro, dirigente dell'Ogs. Il mare è una sorta di brodo primordiale, composto da miliardi di microorganismi che contribuiscono alla vita del sistema: la perdita di biodiversità riguarda spesso la vita microscopica. Ma ci sono anche elementi visibili a occhio nudo che si possono monitorare: «In quest'ambito un grosso contributo al lavoro dei ricercatori e alle loro campagne e stazioni di rilevamento può venire dai cittadini: un valido esempio è Avvistapp, l'applicazione per smartphone messa a punto dall'Ogs per segnalare in modo georeferenziato la presenza di specie aliene come la noce di mare. Solo con informazioni capillari e regolari nel tempo possiamo ipotizzare scenari futuri, e su questo Trieste, come Napoli, ha messo a punto dei sistemi efficaci che andrebbero esportati in altre zone costiere», afferma Del Negro. Perché il Pnrr e la strategia marina prevista dalla Comunità europea nel 2008 possano essere efficaci serve però uno sforzo notevole per mettere a sistema le forze dei diversi Paesi, uniformando protocolli e metodologie di monitoraggio e incrementando la condivisione dei dati sulla base di obiettivi comuni, sostiene Erika Magaletti dell'Ispra. Sono gli esseri umani, del resto, i principali responsabili dei problemi che affliggono il nostro mare: al Barcolana Sea Summit si è parlato di plastiche, inquinamento e diminuzione della biodiversità. La produzione di plastica continua ad aumentare di anno in anno: per attenuarne l'impatto ambientale, sostiene Francesca Ronchi dell'Ispra, serve che i governi regolamentino, con misure come la direttiva Ue che vieta la plastica monouso, che il mondo della ricerca studi nuove soluzioni, come le plastiche green, che la società civile faccia scelte di acquisto e consumo più consapevoli, e che il settore privato venga supportato nella riconversione dei processi produttivi, per esempio in direzione di imballaggi biodegradabili. Anche nel caso dei rifiuti di plastica che finiscono a mare e spesso s'incastrano nelle reti dei pescatori, servono degli incentivi perché vengano rilasciati a terra e non rigettati in mare. Tra gli inquinanti di cui si parla poco ci sono anche le creme e i prodotti solari, e in generale il mondo dei cosmetici. Ma anche qui c'è una buona notizia, e la porta Fabrizio Zago, certificatore Ecolabel: grazie ai big data e a modelli matematici ad hoc è assolutamente possibile ottenere prodotti efficaci che inquinino meno.
Giulia Basso
I dati Ispra - Rifiuti in spiaggia
Nel 2019 sono state 368 milioni le tonnellate di plastica prodotte, di cui circa il 50% per imballaggi. L'Ispra, che monitora i rifiuti sulle spiagge, rileva in media circa 400 oggetti su cento metri lineari: di questi circa 161 sono rifiuti di plastica. Siamo ben lontani dal limite massimo stabilito dalla Comunità europea, fissato in 20 oggetti ogni cento metri. Quanto ai rifiuti a mare, in Adriatico sono circa 300 al chilometro.
I criteri Ecolabel - I filtri solari
Ecolabel UE è il marchio europeo usato per certificare, in base a criteri scientifici, il ridotto impatto ambientale di prodotti o servizi. Sono appena stati adottati i nuovi criteri Ecolabel per i cosmetici, che includono anche creme e affini. Nel caso dei solari va fatta attenzione al fattore ambientale: ogni anno vengono immesse 14 mila tonnellate di filtri solari nell'ambiente, con danni alla fauna terrestre e marina.
Grande distribuzione - Bottiglie green
Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia, ha illustrato gli obiettivi di riduzione della plastica del leader della grande distribuzione. «Chiederemo all'industria di marca di usare plastica riciclata con una percentuale almeno del 25% entro il 2024: solo così le loro bottiglie entreranno negli scaffali dei nostri supermercati» a fianco di quelle a marchio Coop, realizzate in plastica 100% riciclata».
Le grandi imprese - Dal riciclo al biometano Le soluzioni sostenibili in cui credono le aziende
Trieste. Gli sforzi contro la crisi climatica e per un mondo più sostenibile non riguardano soltanto il settore pubblico, ma anche le compagnie private, che anzi devono esserne protagoniste, anche per renderne conto ai loro clienti, partner e azionisti: è quanto hanno messo in luce i rappresentanti di diverse realtà del mondo imprenditoriale, che si sono alternati ieri sul palco della seconda giornata del Barcolana Sea Summit. La prima in ordine di tempo, al mattino, è stata l'amministratrice delegata di Coop Italia, Maura Latini, che ha illustrato i nuovi obiettivi di riduzione della plastica di uno dei leader della grande distribuzione: «Coop - ha detto Latini - è un punto di convergenza tra il consumatore finale e il produttore iniziale, e perciò abbiamo una duplice responsabilità e un duplice obiettivo: incentivare e stimolare azioni di scelta e di acquisto consapevoli, e indirizzare i nostri fornitori verso produzioni sostenibili». Per questo, ha aggiunto, in base alle indicazioni della Pledging Campaign dell'UE, che mira a far crescere il mercato della plastica riciclata, «chiederemo all'industria di marca di usare plastica riciclata con una percentuale almeno del 25% entro il 2024: solo così le loro bottiglie entreranno negli scaffali dei nostri supermercati» a fianco di quelle a marchio Coop, realizzate in plastica 100% riciclata. Lucia Silva, Head of Sustainability and Social Responsibility di Generali, ha invece spiegato come il gruppo assicurativo abbia superato l'obiettivo di «investire 4,5 miliardi entro il 2021 in attività sostenibili» che si era posto nel precedente piano strategico, e ora si sta impegnando «sia come assicuratori che come investitori, a raggiungere la neutralità climatica legata ai nostri portafogli entro il 2050, il che comporta ripensare profondamente il modo in cui lavoriamo». Anche UniCredit - ha detto poi Roberta Marracino, Head of Group Strategy & Impact banking della banca - «si è strutturata per accompagnare propri clienti, in particolar modo le piccole e medie imprese, nelle loro traiettorie di transizione ecologica. Abbiamo rilevato sul campo come sia fondamentale instaurare un rapporto di collaborazione con i nostri clienti, parlando di obiettivi comuni su ambiente e ricadute sociali, e offrendo loro una consulenza orientata a un diverso modello di business». Su un fronte diverso è impegnata infine Snam, come ha ricordato il suo CEO Office Manager, Paolo Testini: «L'idrogeno e il biometano - ha spiegato - possono giocare un ruolo chiave per la decarbonizzazione dei porti, e Snam sta lavorando in questa direzione studiando soluzioni per il bunkeraggio e l'alimentazione delle navi ferme in banchina, progetti di mobilità sostenibile interna ed esterna ai porti, e azioni mirate di efficientamento degli edifici portuali».
Daniele Lettig
Se le sarde perdono peso la pesca deve farsi un "esame di coscienza"
Trieste. Dieci anni fa, le sardine del golfo di Trieste erano più grandi di oggi. Perché hanno perso così peso? Perché la pesca non sostenibile ha superato la pesca sostenibile. Questa situazione allarmante, delineata dal direttore generale dell'Ogs Paola Del Negro, può essere risolta solo dall'unione di scienza, pescatori e settore manifatturiero. Ieri sera nella sede della Capitaneria di porto si è discusso di "Sostenibilità ambientale nel settore della pesca e dell'intera filiera ittica", questo il titolo dell'incontro organizzato nell'ambito Barcolana e moderato dalla giornalista e conduttrice televisiva Donatella Bianchi, alla presenza anche del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli e del padrone di casa, il direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia Vincenzo Vitale. Il ruolo della Guardia costiera, che controlla la filiera ittica dalla pesca alla vendita (12 milioni di euro di sanzioni e 400 chilometri di reti illegali raccolte nel 2020), è solo un tassello di un enorme sistema che va però in parte ritarato oggi con nuove soluzioni affinché la sostenibilità venga messo al centro di tutto. Ma qual è la ricetta per una pesca sostenibile? Introdurre sempre più strumenti d'innovazione ha sottolineato il capo reparto di piani e operazioni del Comando Generale, l'ammiraglio Giuseppe Aulicino. Ma sono molti altri gli spunti emersi in questa occasione a tal proposito. «Sperimentare delle azioni pilota su base geografica - ha suggerito Giampaolo Buonfiglio, presidente dell'Alleanza Cooperative pesca -, formulate già in aree extra Mediterraneo: ad esempio stabilire delle quote di sforzo pesca e prodotto per nave». Il consumatore va educato all'acquisto ed è necessaria anche una formazione, ha sottolineato Bianchi. E se una delle soluzioni, a proposito di consumi, è mangiare più pesce allevato in modo sostenibile, il mangime stesso deve esserlo. Sul tema il ministro Patuanelli ha evidenziato che «un quinto del pescato viene trasformato per i mangimi usati per gli allevamenti». «Ecco quindi - ha detto - che l'innovazione dei mangimi avviene oggi utilizzando le proteine dagli insetti, le farine vegetali e altri ingredienti che dobbiamo rafforzare con delle politiche economiche a sostegno della ricerca e dello sviluppo. E proprio sostenere ricerca e innovazione - ha concluso l'esponente Cinquestelle del governo Draghi - è il miglior modo per incentivare la sostenibilità». A conclusione dell'evento sono intervenuti anche i rappresentanti della filiera dell'enogastroturismo. Con loro si è discusso delle rotte sensoriali della cucina circolare e della sostenibilità ambientale, per poi fare visita al pattugliatore Dattilo, ormeggiato a Trieste in occasione della Barcolana.
b.m.
Stazione ferroviaria nell'area di Servola Raggiunto l'accordo tra Authority e Rfi
Definita l'intesa per realizzare lo snodo al servizio di Molo VIII e futuri insediamenti industriali. Previsti fino a dieci binari
Trieste. Autorità portuale e Rete ferroviaria italiana hanno trovato l'intesa per l'accordo di partenariato legato alla realizzazione della nuova stazione di Servola, che occuperà parte dell'area a caldo in fase di smantellamento, mettendosi a servizio della Piattaforma logistica e dei nuovi comprensori che stanno sorgendo fra Aquilinia, Noghere e Bagnoli della Rosandra. Entro dicembre verrà definito il processo di attuazione per l'impiego dei 400 milioni del Pnrr destinati al porto di Trieste. In vista di quel passaggio, Authority e Rfi sigleranno un accordo simile a quello già stretto per il rifacimento della stazione di Campo Marzio. Il layout dello snodo di Servola è stato definito negli ultimi mesi, anche alla luce delle necessità espresse dal terminalista Hhla Plt e della consulenza tecnica dell'Università di Trieste. Per quanto riguarda l'area dell'ex Ferriera si tratta di realizzare il collegamento su ferro e lo svincolo autostradale che collegherà il comprensorio alla grande viabilità. Il confronto con l'Anas è anch'esso in svolgimento. I punti dell'intesa sono stati concordati nelle scorse settimane dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino con Anna Masutti e Vera Fiorani, rispettivamente presidente e ad di Rfi. La progettazione non verrà esternalizzata ma condotta dai due enti pubblici. A Rfi spetterà anche una parte dei lavori di costruzione, per i quali ci sarà una gara con affidamenti esterni. Ultimare i lavori richiederà tempo: l'obiettivo è il 2026 fissato dal Pnrr, ma anche con la corsia veloce decisa dal governo per le autorizzazioni bisognerà andare avanti a razzo. L'ipotesi più accreditata prevede al momento la realizzazione di 10 binari, con possibilità di formare convogli da 750 metri, la massima lunghezza oggi prevista. Servola diventerà lo snodo a servizio di Molo VIII, laminatoio Arvedi e Depositi costieri, ma anche l'infrastruttura da cui passeranno i treni provenienti dalle nuove aree di sviluppo del porto, come la banchina ungherese, l'impianto appena annunciato dalla multinazionale del tabacco Bat e il possibile laminatoio Metinvest, se mai il gruppo ucraino prenderà la decisione di insediarsi a Trieste. Se per Servola si progetta, a Campo Marzio le cose sono già in movimento sul terreno. A gennaio cominceranno i lavori sui binari della stazione, mentre per quelli lato porto si comincerà a metà dell'anno prossimo. L'obiettivo è terminare le due opere entro il 2023, automatizzando le manovre e riducendone i tempi. La road map fissa invece al 2025 l'unificazione delle due sale di controllo attuali (con gestione congiunta Ap-Rfi) e l'abbattimento del muro che oggi divide il doppio fascio di binari. Il regime di punto franco sarà in questo modo esteso a tutta Campo Marzio, che conterà a quel punto 16 binari di arrivo e partenza. La stazione continuerà a gestire i traffici ro-ro di Riva Traiana e dei moli V e VI, ma la sala operativa diventerà il cervellone dell'intero sistema, controllando anche i traffici dei nodi di Servola e Aquilinia. I programmi prevedono inoltre lo scavo di una galleria da 30 metri per garantire un nuovo accesso diretto dal Molo VII alla stazione. Il piano per Campo Marzio vale da solo 112 milioni, di cui 77 stanziati dall'Autorità portuale e il resto da Rfi, con un impegno assunto già prima del Pnrr. La parte a carico dell'Ap sarà coperta con una quota dei 180 milioni che il Fondo complementare del Pnrr prevede per lo sviluppo ferroviario e la riconversione di Servola. Gli altri 100 milioni serviranno per i costi della bonifica dell'area a caldo della Ferriera (30 milioni che i privati si vedranno restituire attraverso lo sconto sui canoni di concessione), la realizzazione di una cassa di colmata sotto la Piattaforma logistica e l'infrastrutturazione del terminal di terra di Servola, con la creazione dello snodo ferroviario e dello svincolo autostradale. Procedono intanto i lavori di Rfi per la rimessa in funzione della stazione di Aquilinia (costo 35 milioni: 27 a carico di Rfi e 8 di Ap), con termine previsto nei primi mesi del 2024. Lo snodo avrà 4 binari di arrivo e partenza. L'elettrificazione del binario da Servola fino ad Aquilinia è cominciata, poi da lì si procederà con locomotore diesel verso il terminal ungherese e i capannoni di FreeEste a Bagnoli, su binari che spetta all'Autorità portuale rimettere in funzione. Le opere sulla tratta per FreeEste dovrebbero partire entro un paio di mesi e concludersi entro il 2022. Ci vorrà un anno in più per il segmento che conduce alla futura banchina di Adria Port ad Aquilinia e da cui si diparte un ulteriore segmento che collega realtà come Illycaffè e Pacorini: l'Autorità sta valutando di ripristinare anche questo. Parte del sistema farà infine il binario che collega la zona delle Noghere.
Diego D'Amelio
«Bisogna agire su tutta la linea che dalla città arriva in Europa» - l'esperto di trasporti su rotaia Giovanni Longo
«Bisogna agire su tutta la linea ferroviaria che da Trieste arriva in Europa o i fondamentali investimenti sul porto non daranno i loro frutti». Giovanni Longo, docente dell'Università di Trieste esperto di trasporto su ferro, sottolinea che il raddoppio della capacità ferroviaria del porto è fondamentale per garantire il futuro dello scalo, ma che bisogna ragionare in ottica regionale per consentire ai treni di viaggiare spediti verso Austria e Slovenia, riuscendo a far convivere i convogli merci con quelli passeggeri. Lei ha applicato i suoi modelli ad Hhla Plt per lo sviluppo del nodo ferroviario di Servola. Cosa accadrà?«La nuova stazione potrà gestire 30 treni al giorno fra entrata e uscita. Sono molti da aggiungere in un sistema che ha già un carico importante di treni passeggeri e una linea risalente al 1857. Siamo partiti dalle stime di traffico della Piattaforma e abbiamo calcolato il totale dei movimenti ferroviari su base giornaliera e annuale, dimensionando la stazione di conseguenza. La stazione sarà un cuscinetto che permetterà di far partire i treni al momento giusto, senza intasare le linee o il terminal». Treni merci e passeggeri: come si fa a farli convivere?«Il Porto sta agendo in modo coordinato. C'è un'intensa interlocuzione tra Autorità portuale e Rfi per potenziare anche la linea fuori dal porto, intervenendo sulla linea di Aurisina, sui nodi di Cervignano e Udine, sulla Pontebbana. Va tutto messo in fila perché il sistema possa reggere l'incremento di traffico che Trieste attende. I modelli su cui lavoriamo permettono di individuare i colli di bottiglia e capire come rimuoverli». Cosa serve fare?«Non ha senso intervenire in un solo punto, il porto ad esempio. Bisogna agire su tutto il percorso che da Trieste porta verso l'Europa centrale o i soldi rischiano di essere gettati via. Se intervengo su tutta la linea accompagno la crescita dei traffici. Il dialogo con Rfi punta ad attuare al meglio i canali di finanziamento destinati a migliorare lo scorrimento dell'infrastruttura: servono potenziamenti tecnologici in tutto il territorio regionale, a cominciare dall'uso di nuovi sistemi di segnalamento che permettono una gestione efficace del traffico, riducendo il distanziamento fra un convoglio e l'altro. Altro lavoro va fatto per consentire il passaggio di treni più lunghi: oggi lo standard massimo è di 750 metri, che sono circa 150 metri di vagoni in più rispetto ai treni che partono oggi dal porto. Per farlo bisogna attrezzare alcune stazioni con un binario capace di ospitare un treno di questa lunghezza, in modo tale che possa accostare per far passare i treni passeggeri più veloci quando c'è questa necessità». Trieste saprà convincere Rfi a intervenire anche altrove?«Trieste ha le idee molto chiare su dove andare coi traffici e questo la rende credibile ai tavoli nazionali quando si parla delle cose da fare sul resto della linea. Le esigenze del traffico sono evidenti e l'arrivo di player come Amburgo dimostrano che il traffico c'è ed è garantito: questo dà credibilità al porto e sicurezze a Rfi per gli investimenti».
d.d.a.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 ottobre 2021
Cingolani al Sea Summit: piano anti-inquinamento per tutte le coste italiane
Il ministro intervenuto a Trieste con un videomessaggio: «Il mare risorsa primaria per assorbire la CO2. Per i porti puntiamo su rinnovabili e banchine elettrificate»
Trieste. Il mar Mediterraneo «è una delle più grandi riserve di biodiversità in assoluto» e per questo «ha necessità di una cura speciale per preservarlo dall'inquinamento e dalle catastrofi ambientali»: parola del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto ieri pomeriggio con un messaggio in video all'inaugurazione della prima edizione del Barcolana Sea Summit, l'evento collaterale alla regata di domenica dedicato alla sostenibilità degli ecosistemi acquatici. Dopo i saluti introduttivi di Mitja Gialuz, presidente del circolo velico Barcola-Grignano, del sindaco di Trieste e del presidente del Friuli Venezia Giulia, Roberto Dipiazza e Massimiliano Fedriga, dell'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, e del prefetto di Trieste, Valerio Valenti, nel suo breve saluto Cingolani - scusandosi di non poter essere presente a causa dell'intenso lavoro di preparazione in vista della conferenza sul clima COP26 che si terrà a Glasgow, in Scozia, il mese prossimo - ha raccontato che cosa sta facendo il governo «nell'ambito della pianificazione del Piano di ripresa e resilienza». La strategia messa in atto per centrare gli obiettivi concordati nell'accordo sul clima di Parigi - contenere l'aumento della temperatura terrestre entro +1,5 °C rispetto all'era pre-industriale - si basa su tre pilastri, ha detto il ministro. «Il primo - ha spiegato - è cambiare radicalmente il modo di produzione dell'energia, passando dalle fonti fossili alle rinnovabili: è certamente la cosa più semplice e immediata da fare, ma può aiutare soprattutto in settori come manifattura e mobilità, in cui per far muovere un sistema si utilizza carburante». Il secondo riguarda invece «la riduzione semi-attiva dell'anidride carbonica, cioè quello che comunemente viene chiamato "approccio circolare": riutilizzare e dare una seconda, terza, quarta vita ai prodotti, il che consente sia di risparmiare tanto la materia prima che la CO2 legata al processo di produzione». Il terzo, infine, è quello più vicino ai temi che saranno affrontati nel Sea Summit: «la riduzione passiva della CO2, cioè quella che riguarda la capacità del sistema naturale di assorbirla. Ciò significa tenere in buona salute il mare, la terra e le foreste, tre sistemi che garantiscono una formidabile cattura della CO2 e bilanciano le nostre emissioni». Il processo di transizione ecologica metterà assieme in modo equilibrato questi tre pilastri, su ciascuno dei quali il governo prevede di investire «una ventina di miliardi di euro», ha detto Cingolani. «Il mare - secondo il ministro - ha un ruolo importante» nell'ultimo dei tre, l'assorbimento della CO2: per questo, ha aggiunto, presto «lanceremo un programma che riguarda le coste italiane, che in tutto sono lunghe 8.800 chilometri» e rappresentano il principale sistema di cattura della CO2 del nostro paese. Sono inoltre previste diverse azioni sui porti, veri e propri «hotspot d'inquinamento», nell'ambito di un programma chiamato "Green ports", che prevede fra l'altro la creazione di «sorgenti di energia rinnovabile all'interno dei porti, la digitalizzazione delle operazioni, la creazione di isole di pannelli fotovoltaici sulle dighe foranee e l'elettrificazione delle banchine». Altre iniziative, ha concluso Cingolani, riguardano «la salvaguardia e il ripristino dell'alveo dei fiumi, anch'essi molto importanti sia per la biodiversità che per «la capacità di essere autostrade di trasporto». La prima riguarderà il Po, che attraversa la pianura padana, una delle aree più critiche del Paese, già oggetto di una procedura d'infrazione europea per l'inquinamento dell'aria. Lungo il suo corso, ha spiegato il ministro della Transizione ecologica, «sarà condotto un progetto di "rinaturazione", teso a ripristinare l'ambiente naturale» e a ridurre l'inquinamento provocato dai trasporti e dagli scarichi nelle città che attraversa.
Daniele Lettig
Danni da smog nei bambini. IRCCS capofila dello studio
C'è il brand del Burlo Garofolo su questa linea di attenzione clinica tradotta in un documento: asma e otiti, obesità, autismo, nascite prima del termine sono gli effetti negativi dell'inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini, ormai confermati da numerose evidenze scientifiche. Possono avere un impatto sulla salute in età adulta ma anche avere effetti trasmessi di generazione in generazione. A proporre azioni per preservare la salute dei più piccoli sono le principali società scientifiche in ambito pediatrico, promotrici di un documento di consenso dal titolo «Inquinamento atmosferico e salute nei 1000 giorni di vita». Il Documento di consenso «è focalizzato sull'inquinamento dell'aria dovuto a particolato atmosferico, biossido di azoto e ozono, prodotte da mezzi di trasporto, riscaldamento domestico e emissioni industriali»: lo spiega Luca Ronfani, dell'Irccs Burlo Garofolo di Trieste e referente scientifico del progetto.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 ottobre 2021
Investimenti ambientali in porto: patto fra Authority, Comune e Arpa - il protocollo
In agenda almeno 30 milioni dal ministero della Transizione ecologica
Per ora sono 30 i milioni stanziati dal ministero della Transizione ecologica, ma non è escluso che la dotazione possa salire fino a quota 40. L'Autorità portuale triestina, nel quadro del bando "green ports", ha già in saccoccia un rispettabile peculio da utilizzare per produzione di energia da fonti rinnovabili, efficienza energetica di edifici portuali, efficienza energetica dei sistemi di illuminazione, acquisto di mezzi elettrici, infrastrutture per la gestione elettrificata delle reti. Obiettivo: «potenziare i profili di sostenibilità ambientale», riassume il segretario generale dell'Authority Vittorio Torbianelli.I progetti dovranno pervenire a Roma entro il 2 novembre. Riguarderanno entrambi gli scali compresi nel perimetro amministrativo dell'Autorità, cioè Trieste e Monfalcone. Nella prospettiva di una gestione condivisa di queste linee di azione di evidente rilevanza nei contesti urbani nei quali sono compresi i porti - aggiunge Torbianelli - è stato ieri sottoscritto un protocollo d'intesa tra la stessa Autorità, il Comune triestino, l'Arpa. Il documento - rileva ancora il segretario generale - mira «a costruire un meccanismo di efficace collaborazione nell'implementazione e nel monitoraggio degli impatti diretti e indiretti degli interventi da realizzare». Sia l'Autorità che il Comune hanno diffuso comunicati per segnalare l'operazione compiuta. L'articolo 2 del protocollo cita, tra le attività cogestibili, il monitoraggio della qualità dell'aria e dei consumi energetici. Il Comune s'impegna soprattutto sul fronte degli atti autorizzativi di competenza - riporta l'articolo 3 - mentre l'Arpa fornirà un duplice supporto, di carattere tecnico per la valutazione comparata riguardante l'efficacia ambientale dei progetti e di carattere formativo per gli enti coinvolti. Referenti nell'attuazione e gestione delle attività sono Eric Marcone (Autorità), Giulio Bernetti (Comune), Stellio Vatta (Arpa).
magr
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 ottobre 2021
La viabilità frena il sì all'operazione Silos
La Regione chiede di aggiornare l'assetto in base allo sviluppo del Porto vecchio. Nuova autostazione all'aperto dietro l'edificio.
Gli urbanisti municipali, guidati dal direttore Giulio Bernetti, speravano fosse possibile fare l'en plein degli accordi di programmi raggiungendo quota tre entro la fine del terzo Dipiazza: dopo il Porto vecchio e l'ex Maddalena, sembrava profilarsi il classico filotto con la chiusura dell'eterna vicenda legata al Silos, che dura dal 1999. Speranza alimentata dall'apertura della conferenza dei servizi avvenuta lunedì 7 giugno. Le iniziative collegate al decollo del progetto vengono quotate oltre 100 milioni di investimenti; il progetto è iscritto nel Piano triennale delle opere per un valore di 17,6 milioni a carico del privato. Da allora nessuna notizia ufficiale mentre adesso emerge un quadro ufficioso: il fascicolo Silos avrà bisogno di alcuni ulteriori mesi per trovare la serenità. Perchè mancano ancora importanti addendi: la Regione Fvg, nel parere inoltrato lo scorso agosto, ha rilevato la necessità di aggiornare il piano della viabilità e di adeguare il progetto al Piano paesaggistico. Inoltre si è in attesa di ricevere le valutazioni di AcegasApsAmga in ordine alle reti di competenza (acqua, luce, fogne, gas).Non si tratta di prescrizioni invalicabili ma implicano un lavoro di parziale riscrizione: la Regione chiede coerenza tra l'assetto viario del Silos e il nuovo contesto urbanistico del Porto vecchio. Perchè il Silos non sarà - quando sarà - solo un grande contenitore di attività commerciali, di hotel, di sale convegni, ma anche un luogo di parcheggio e un terminal di autocorriere. In particolare, la stazione dei pullman non sarà più all'interno del grande hangar tra via Gioia e largo città di Santos, ma funzionerà "open air" sul fianco ovest del grande edificio, in quella zona incolta chiusa da una cadente cancellata che si estende fino al muro perimetrale di Porto vecchio. Non è la prima volta che il trasporto pubblico rallenta il procedimento: era già accaduto nel 2018, quando essendo diventato il Silos centro intermodale di primo livello, occorse adattare il progetto alla nuova normativa. Una volta che lo studio Archea di Latisana avrà apportato gli adeguamenti richiesti, il faldone Silos, per trasformarsi in accordo di programma, dovrà transitare per le aule del consiglio comunale, in quanto variante al Piano regolatore e al Piano del commercio. Coop Alleanza 3.0, che dopo il fallimento di Unieco ha assorbito l'operazione Silos, intende mantenere un profilo prudente, viste le tante disillusioni accumulate in 22 anni di storia progettuale: il gruppo - riporta una nota trasmessa da Bologna - «sta seguendo tutte le procedure indicate dalle istituzioni e confida, nell'ottica della massima collaborazione con le autorità, che l'iter proceda nei tempi previsti». In merito a questi «tempi previsti, Coop Alleanza 3.0 auspica che «ci possano essere le condizioni per avviare i lavori entro il 2022».Insomma, il Silos non smentisce questa sua ultra ventennale vocazione di "riottosità". Come prima accennato, il piatto forte del progetto è rappresentato dal centro commerciale, che vanterà una disponibilità di spazi superiore ai 15.000 metri quadrati di superficie (non solo alimentare). Poi un hotel "quattro stelle" (dirimpettaio del futuro albergo ottenuto all'interno di palazzo Kallister), 800 stalli di parcheggio, tre sale convegni di differenti dimensioni che - insieme al terminal pullman - saranno proprietà comunali.
Massimo Greco
La demolizione della Tripcovich non inciderà sui percorsi dei bus
Due mesi per la definizione del piano d'abbattimento, poi la gara
L'abbattimento della sala Tripcovich non dovrebbe avere ripercussioni sull'assetto viario collegato al Silos. I pullman continueranno a passare da largo Santos, anche col terminal "all'aperto" di fresca edizione. Stessa cosa per i bus di Trieste Trasporti. Giulio Bernetti, direttore dell'Urbanistica municipale, riepiloga il quadro-Tripcovich: incarico allo studio Mads per demolire il manufatto anni Trenta, un paio di mesi per l'elaborazione del progetto, gara da 800.000 euro per la demolizione, poi avanti con il piano Kipar, l'architetto tedesco incaricato di redigere il masterplan del Porto vecchio. Perchè in realtà Kipar esce dai varchi del vecchio scalo per occuparsi delle immediate adiacenze, tra cui rientra largo città di Santos. È quindi probabile che il progetto elaborato un paio di anni fa da Lorenzo Gasperini, nel quale rientrava il trasferimento del monumento a Sissi al posto della Tripcovich, lasci il posto a una nuova elaborazione, che dovrà ottenere il placet della Soprintendenza. È opportuno chiarire che la sequenza prima enunciata da Bernetti è vincolata a una condizione, cioè che Dipiazza rimanga sindaco. In caso contrario, la demolizione dell'ex stazione delle autocorriere riedita in versione teatrale all'inizio del decennio Novanta non è affatto scontata. La questione-Tripcovich è sul tavolo dall'autunno 2018 quando il Comune scambiò con il Verdi un capannone delle Noghere per avere la sala. Dipiazza ha sempre voluto l'abbattimento dell'edificio disegnato da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, nonostante le resistenze ministeriali dell'autunno 2019.
magr
Donati 250 chili di tappi di sughero per sostenere "Via di Natale"
L'iniziativa solidale della famiglia Devetak per ricordare la mamma e nonna Helka
Savogna. Oltre 250 chili di tappi di sughero, ma anche diverse offerte in denaro. È quanto ieri sera la famiglia Devetak di San Michele del Carso, titolare della rinomata Lokanda, ha potuto donare a Tappodivino, che attraverso la raccolta dei tappi sostiene Via di Natale e le sue iniziative benefiche. L'occasione è stata, ancora una volta, la serata organizzata alla Lokanda Devetak 1870 di San Michele del Carso in ricordo dell'amata mamma e nonna Helka, scomparsa a causa di un tumore nel 1998. Dall'anno successivo i suoi cari hanno sempre voluto abbinare al suo ricordo un'azione a favore del prossimo, di chi soffre, organizzando momenti culturali e raccolte di fondi. Così nel parcheggio del locale - rigorosamente distanziati, all'aperto, e nel rispetto delle norme anti Covid - si sono date appuntamento circa quaranta persone, oltre ovviamente ai figli e nipoti di Helka, e ai rappresentanti isontini dell'associazione Tappodivino, Cristina Suligoj e Alessandro Leghissa. A loro due è spettato presentare l'attività del sodalizio, e ricordare come negli anni siano stati raccolti, attraverso i tappi di sughero, ben 100 mila euro, principalmente a favore di Via di Natale. La Lokanda Devetak ne ha conferiti ben 250 chili, raccolti nel corso del tempo in ben 14 sacchi, e anche qualcuno dei presenti ha dato il suo contributo. Altri invece hanno depositato in una cesta un'offerta in denaro. «Per noi è stata una grande soddisfazione, e un bel modo di ricordare Helka», spiega Tatjana Devetak, mentre il padre Avgustin ha ringraziato tra gli altri i donatori di Savogna che hanno contattato Tappodivino, e l'associazione sportiva Soca che ha messo a disposizione il furgone per il trasporto dei sacchi. Ad allietare la piccola cerimonia, poi, la splendida voce di Tjasa Devetak, nipote di Helka, che ha accompagnato il momento in cui i tappi sono stati consegnati.
Marco Bisiach
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 ottobre 2021
Residenti e turisti a scuola di ambiente sulla Trieste-Grado
Le attività di biologi, veterinari e studenti volontari dell'Associazione DelTa a bordo dell'Adriatica grazie alla collaborazione dell'Apt
La Trieste-Grado "cuore" di un progetto di sensibilizzazione sull'ambiente. L'Apt ha rinnovato la collaborazione con l'Associazione DelTa per sensibilizzare appunto i più giovani e non solo sulle caratteristiche e le problematiche del sistema marino. A bordo dell'Adriatica, si legge in un comunicato, turisti e cittadini hanno avuto così la possibilità di partecipare attivamente alle attività proposte segnalando la presenza di cetacei, tartarughe marine, meduse e altre specie "aliene" attraverso l'app "avvistApp" (ideata dall'Ogs nel 2019), e, allo stesso tempo, di confrontarsi su diverse questioni in materia di ambiente marino con i volontari dell'organizzazione, presenti a bordo una volta alla settimana. Da cinque anni, infatti, la DelTa (Delfini e Tartarughe del golfo di Trieste), composta da biologi marini, veterinari e studenti universitari, opera nella divulgazione scientifica e nella tutela dei mari e, grazie alla collaborazione dell'Apt Gorizia, durante la stagione estiva è presente appunto sulla Trieste-Grado. Quest'anno, insieme ad altri 19 enti di ben 11 paesi sul Mediterraneo, la DelTa è stata selezionata anche per il "Mediterranean Action Day 2021", organizzato da Mio-Ecsde con il supporto del programma Life europeo, per promuovere il progetto "Ocean Influencers". L'obiettivo è sviluppare dei contenuti multimediali da diffondere sui social. Un nucleo di giovani selezionati e preventivamente formati è stato incaricato di intervistare la cittadinanza in occasione di grandi eventi (Barcolana, Trieste Next, eccetera), ma anche durante la Trieste-Grado. Vi hanno partecipato un gruppo di allievi delle terze del Deledda- Fabiani, un altro gruppo di futuri biologi ambientali, attuali studenti universitari del corso di laurea in "Ecologia dei cambiamenti globali", e di un terzo gruppo di iscritti al Master in Comunicazione della scienza "Franco Prattico" della Sissa, oltre ad alcune ragazze di Friday for Future Trieste.
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 ottobre 2021
Raccolti al Lido di Staranzano 25 metri cubi di rifiuti - iniziativa di Legambiente
Materassi, pneumatici, sedie, taniche, tantissime bottiglie di plastica, polistirolo oltre a una montagna di rifiuti indifferenziati, pezzi metallici, vetro e una boa grandiosa. È quanto raccolto da oltre 70 persone che si sono presentati ieri mattina al Lido di Staranzano muniti di guanti, scarpe robuste, qualche borraccia d'acqua. Ha avuto successo, dunque, l'iniziativa nell'ambito della campagna "Puliamo il Mondo" promossa da Legambiente circolo Zanutto di Monfalcone e organizzata con il patrocinio del Comune, la Pro loco, i giovani della Croce Rossa Comitato di Monfalcone, le associazioni Attic e NOPlanetB e Isontina Ambiente. "Qualcuno la raccoglierà", il motto di questa 29ª edizione, è stato un messaggio chiaro per la comunità dei volontari intervenuta a eliminare i rifiuti, oltre a essere un gesto di responsabilità per scoraggiare comportamenti incivili. La zona della pulizia è stato un tratto di costa compreso dal Bosco degli Alberoni fino a Punta Barene e l'impegno degli "spazzini dell'ambiente" si è mostrato più gravoso delle previsioni. Sono stati rimossi, infatti, più di 25 metri cubi di rifiuti in un centinaio di sacchi. Spiega Michele Tonzar di Legambiente: «Quello che facciamo adesso lo troviamo 20/30 anni dopo. Poi abbiamo recuperato una ventina di boe e le consegneremo ai proprietari delle coltivazioni di mitili. Quella di oggi è una mobilitazione anche per il clima e un'azione nel segno della concretezza, del buon esempio e dell'inclusione sociale. Nel saluto del sindaco Riccardo Marchesan, dell'assessore all'Ambiente Andrea Corà e dei responsabili delle associazioni abbiamo presentato la giornata ricordando la grande manifestazione dei giovani a Milano con Greta Thunberg e Vanessa Nakate e messo assieme questi comportamenti virtuosi dei giovani perché ne va del loro futuro. Questa seconda giornata di pulizia- afferma Tonzar - ha preceduto quella con i ragazzi delle medie che hanno manifestato passione, interesse e cura dell'ambiente. Un ottimo segnale perché significa che stanno prendendo coscienza della situazione del territorio». Dopo Staranzano altri eventi previsti sono l'8 ottobre a Grado, il 9 a Doberdò e a data da stabilire, a Gradisca.
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - SABATO, 2 ottobre 2021
La Regione su A2A indica la strada. Riconversione con compensazioni - Una risposta all'interrogazione del forzista Nicoli
L'assessore Scoccimarro cita progetto di rigenerazione e aree della centrale a disposizione della città
È Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, a dettare la rotta su quanto accadrà dopo il «giudizio positivo» del Ministero della Transizione ecologica sul procedimento di Via per la riconversione a metano della centrale A2A. Lo fa in replica all'interrogazione con risposta immediata in aula, a Trieste, del capogruppo forzista Giuseppe Nicoli. «Il proponente dovrà confrontarsi con il Comune, il Consorzio di sviluppo economico e l'Autorità di sistema portuale e presentare due o tre soluzioni progettuali di ripristino e recupero ambientale, paesaggistico o produttivo delle aree», scandisce. Nella fase di decarbonizzazione la Commissione Via statale ha imposto un Piano di dismissione di opere e impianti, con la previsione di liberare il fronte mare per renderlo fruibile a nuovi insediamenti. A sua mitigazione, sempre Scoccimarro, interventi di compensazione con un progetto di rigenerazione territoriale, condiviso con gli enti, che renda di fruizione pubblica alcune aree della centrale e quelle immediatamente retrostanti. Sempre in risposta a Nicoli l'assessore ha ricordato che l'amministrazione comunale ha già manifestato l'intenzione di arrivare a un accordo di programma per anticipare la chiusura della centrale a carbone entro il 31 dicembre. A margine, la vicenda dell'escavo portuale: la Regione ha ribadito al Governo, trovando sponda, la necessità di superare l'empasse con uno sforzo sinergico di tutti gli attori. Anche qui con un accordo di programma, ma Scoccimarro attende «da mesi le determinazioni del Provveditorato alle opere pubbliche». Nicoli si è dichiarato «soddisfatto delle risposte esaurienti»: «Alla mia specifica domanda su come si posizionasse la Regione rispetto alle dichiarazioni del Comune, con il sindaco pronta a chiudere la centrale per far spazio alla crocieristica, Scoccimarro ha in sostanza riferito che l'amministrazione Cisint si è presentata a tutti i tavoli di confronto, dove si è espressa concordemente a quelle linee». «Quindi - prosegue - un sindaco di lotta quando si tratta di dichiarazioni alla stampa, di governo quando si trova ai tavoli istituzionali». E ancora: «A maggio la conferenza di servizi ministeriale dove si discutevano gli elementi di modifica del decreto Aia 50 del 2020, che A2A aveva impugnato al Tar, si era conclusa con parere favorevole unanime, Comune compreso». «Resta da capire - conclude l'azzurro - come il progetto di riconversione, all'insegna dell'utilizzo futuro di idrogeno, si possa conciliare con il fantomatico progetto di una stazione croceristica». Invece il sindaco Anna Cisint ribadisce il proprio impegno: «L'amministrazione comunale farà tutto ciò che è legittimamente possibile per scongiurare l'insediamento di un nuovo impianto energetico a combustibile fossile». Con una «linea chiara, coerente e motivata, a differenza di coloro che, in modo ambiguo, improvvisano preoccupazione», dice scagliandosi contro l'opposizione e rammentando che «Moretti non ha mai nascosto l'appoggio al nuovo impianto e ha salutato con soddisfazione la concessione della Via». «Non sono quindi assolutamente credibili - arringa - gli esponenti locali del Pd che ora si ergono a difesa del territorio. E lo stesso vale per il M5S, cui do atto che qui e in Regione si sono sempre ritrovati sulle nostre posizioni, ma non a livello governativo. Patuanelli non si è mai pronunciato in modo chiaro in appoggio all'azione del Comune, pur essendo stato più volte coinvolto». Cisint quindi rinnova il «no del Comune a ogni impianto con carburante fossile» e la «richiesta di dismettere a fine anno il carbone».
Tiziana Carpinelli
Piscina terapeutica: oltre novemila firme
Chiusa la raccolta delle sottoscrizioni da parte del comitato che reclama il ripristino o un impianto "bis" a Campo Marzio
Ha superato quota novemila firme la petizione che reclama il ripristino o la costruzione, meglio se nella stessa zona di Campo Marzio, di una nuova Acquamarina. Il Coordinamento "Nuova piscina terapeutica" concluderà in via definitiva questa mattina la sottoscrizione avviata nel luglio del 2020 a un anno dal crollo del tetto dell'impianto. Il raggiungimento delle novemila sottoscrizioni verrà celebrato dalle 10 alle 12 con un banchetto in piazza della Borsa, nella zona della Camera di Commercio. «È stata una raccolta firme che ha consentito di tenere alta l'attenzione sul tema Acquamarina - spiega la portavoce Federica Verin - rendendolo inoltre centrale in questa campagna elettorale. Un ringraziamento straordinario va alle oltre 20 associazioni che ci hanno delegato. Vogliamo dare metaforicamente un abbraccio ai tanti volontari: ex utenti, genitori e ragazzi con disabilità che quotidianamente si sono impegnati per sostenerci in prima linea. Nulla senza di voi, nulla senza noi tutti insieme. Queste novemila firme sono il risultato di una comunità che su temi così importanti sa essere squadra. Siamo una compagine di persone tutte diverse, con idee differenti in molti ambiti ma tutte accomunate dal desiderio di ridare alla città di Trieste non una piscina qualsiasi ma la piscina terapeutica talassoterapica che ci serve». Nei giorni scorsi si era tenuto anche un incontro tra il comitato e l'attuale sindaco Roberto Dipiazza. Inizialmente, visto il periodo elettorale, la volontà era di mantenere il riserbo sulla riunione, ma la notizia è stata diffusa e resa pubblica in queste ore pre-voto da un candidato al Consiglio comunale. Si tratta di un incontro successivo a quello dello scorso aprile con l'allora dirigente dei Lavori pubblici Enrico Conte, ora in pensione. Verin conferma l'avvenuta riunione: «Ci spiace che ciò sia avvenuto solo a ridosso delle elezioni perché avremo potuto, sin da subito, fare un buon lavoro mettendo a sistema il nostro know-how su temi così delicati». Nel corso dell'incontro, per quanto è dato sapere, è stato ribadito che al momento attuale ci sono due proposte: quella degli spagnoli di Supera e quella di Terme Fvg. «Abbiamo visto dei rendering, alcuni dei quali risalenti ad ottobre 2020 - riferisce in proposito Verin - ma siamo ancora molto lontani da quelle che sono le necessità. Come detto, deve essere un progetto sociale con tariffe popolari e fisiocure convenzionate. Preferiremmo restare nella zona di Campo Marzio, dove insistono diverse aree degradate e certamente riutilizzabili in funzione terapeutica, consentendo ad anziani e persone con disabilità di restare in un'area più centrale rispetto al Porto vecchio. La nostra migliore proposta era ed è il recupero del Mercato ortofrutticolo, ma l'amministrazione ha evidenziato in maniera generica delle criticità di non rapida soluzione. Una riqualificazione completa di Acquamarina e una sua implementazione in termini di spazi, sfruttando il parcheggio esterno alla struttura con rinnovo pluriennale della concessione con l'Autorità portuale, potrebbero essere una buona soluzione a patto che il rilascio dell'area in oggetto, da parte dell'autorità giudiziaria, arrivi nel breve periodo».
Andrea Pierini
Ritorna "Draga in festa" con le letture sul prato e le visite alle "jazere" - Domani dalle 10 alle 18
Escursioni alle "iazere" con Legambiente, passeggiate per famiglie con giochi per bambini ed esperienze sensoriali ispirate alla pedagogia del bosco, Orientwalking, visita a un'azienda agricola, letture sul prato con Susanna Rigutti (autrice de "Le lunghe notti di Efa, la Signora del Lanaro"), laboratori creativi tiro con l'arco, pratiche di yoga e meditazione e musica itinerante con The Holy Smog. Tutto questo e molto altro attende i partecipanti a Draga In Festa, "Open Day in programma domani dalle 10 alle 18 (in caso di maltempo il 10 ottobre). «Il progetto, ideato da Arci Servizio Civile, Bioest, Legambiente e MaiDireMai - spiega Giuliano Gelci - intende promuovere il territorio con attività che mostrano sempre più attenzione all'impatto ecologico e sociale: turismo eco-sostenibile, prodotti a Km0, gruppi di acquisto solidale». L'evento coinvolgerà tutto il paese attraverso l'apertura delle abitazioni private dei residenti che vorranno partecipare offrendo i loro prodotti o illustrando attività di artigianato. Il programma prevede alle 10 un percorso didattico di orienteering e allenamento per iscritti Fiso a cura di Cral TriesteTrasporti (info triesteoweek@gmail.com). Seguirà alle 10.30 una Spasseggiata per famiglie a cura dell'associazione "La Cordata". Alle 11 invito al karate a cura di Shinryukaratetrieste e Action painting su abito con Fedele Boffoli e Raffaella Mates. Si andrà poi alla conoscenza delle piante spontanee. Alle 14, presentazione del progetto "CambiaVenti - L'emergenza climatica e noi" a cura di Museo della Bora e MaiDireMai. E' possibile prenotare pranzi e cene alla Locanda Mario (telefono 040228193). Informazioni al numero 3287908116.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - VENERDI', 1 ottobre 2021
«Tariffe inadeguate ai rincari: Magazzino 26, gara da rifare»
Le categorie edili, rappresentate da Ance Alto Adriatico e Assistal nazionale, contro l'appalto da 22 milioni per il Museo del mare firmato Consuegra
Due grane bollate da parte di edili e costruttori di impianti sull'appalto principale del Dipiazza ter. L'Ance dell'Alto Adriatico e il sodalizio dei costruttori di impianti affiliato a Confindustria, l'Assistal, hanno inviato agli uffici del Comune un invito a rivedere il bando di gara per il polo museale di Porto vecchio: si tratta del colossale appalto da 22 milioni per il progetto dell'architetto sivigliano Vazquez Consuegra al Magazzino 26, che lunedì vede chiudersi i termini di presentazione delle proposte. Le categorie imputano al Comune di non aver tenuto conto del boom dei prezzi delle materie prime e delle loro ripercussioni sul prezziario regionale degli appalti, e chiedono di sospendere o ritardare i termini. La richiesta è attualmente al vaglio degli uffici. La lettera dell'Ance Alto Adriatico, firmata dal presidente Elvis Santin, è stata inviata il 28 settembre agli uffici e per conoscenza al sindaco Roberto Dipiazza e all'assessore Elisa Lodi. Santin fa notare come i prezziari utilizzati siano quelli della Regione del 2020 e quello del Comune (risalente al 2018): «Non tengono ovviamente conto dei noti ed eccezionali aumenti dei prezzi dei materiali da costruzione registrati a partire dagli ultimi mesi del 2020», scrive Santin. L'Ance osserva poi che i progettisti hanno «adottato una riduzione percentuale del 7,10% sui prezzi da loro indicati»: per farlo hanno fatto riferimenti a precedenti appalti comunali con ribassi superiori al 10%. La categoria osserva che si tratta di lavori quasi tutti (escluso uno) eseguiti nel 2019 e nel 2020: «Emerge con palese evidenza come si tratti di precedenti largamente superati alla luce delle nuove condizioni di mercato verificatesi a partire dagli ultimi mesi del 2020, in cui si è dapprima registrata una carenza di materie prime e poi un'impennata clamorosa dei prezzi, tanto da indurre il governo a emanare legislazione emergenziale ad hoc». L'Associazione nazionale di costruttori impianti e servizi di efficienza energetica (Assistal), interviene con una lettera firmata dal presidente Angelo Carlini il giorno successivo: «Diverse imprese associate ci hanno segnalato l'impossibilità di partecipare alla gara de qua a causa di rilevanti, oggettive illecite circostanze contenute nei documenti di gara», scrive. Il testo della lettera ricalca nei temi quella di Ance: «Non v'è chi non veda - vi si legge - come risulti assolutamente incongrua ed illegittima l'osservazione dei prezzi di aggiudicazione di gare precedenti laddove non ricorrevano aumenti di sorta dei prezzi dei materiali medesimi». La categoria chiede quindi al Comune di correggere il tiro, «anche tramite la previsione di una opportuna proroga dei termini per la presentazione delle offerte, onde consentire una pacifica partecipazione da parte degli operatori interessati». La comunicazione è attualmente al vaglio degli uffici comunali: il nuovo prezziario regionale è stato deliberato a fine luglio, pressoché in contemporanea all'ultimazione della gara: il bando era stato pubblicato alla fine di agosto. L'assessore Lodi commenta con un occhio rivolto al voto imminente, conscia del peso dell'opera per la giunta: «Si tratta di un importante appalto per il Comune e le osservazioni contenute nella lettera sono state lette con attenzione. Per questo ho subito chiesto un confronto agli uffici, ma il mio ruolo politico mi impedisce di intervenire direttamente, altrimenti commetterei un reato. Chi promette il contrario (in questo e altri appalti) prende soltanto in giro gli elettori».
Giovanni Tomasin
F2i trasferisce traffici in porto e pensa all'acciaio di Arvedi
Masucci: «Stiamo valutando di dirottare i prodotti a Portorosega», rottami coils e prodotti finiti. In arrivo attrezzature. Trieste anticipa i progetti per lo scalo
F2i holding portuale, emanazione del fondo di investimento F2i Sgr, proprietaria di Compagnia Portuale e MarterNeri nel porto di Monfalcone, è pronta a investire e a portare nuovi traffici e occupazione nello scalo di Portorosega. Mercoledì sera Umberto Masucci e Alessandro Becce, rispettivamente presidente e amministratore delegato di F2i HP, hanno ribadito le intenzioni del network durante l'evento organizzato dal Propeller club di Monfalcone nella sala conferenze del Marina di Lepanto. Già nei mesi scorsi la società controllata dal fondo aveva fatto sapere di puntare in maniera importante su Portorosega, mentre mercoledì sono emersi alcuni dettagli nell'ambito del nuovo quadro macroeconomico descritto dall'ad Becce. «Stiamo valutando di dirottare traffici di Arvedi su Monfalcone» ha detto il presidente Masucci. Come accennato nelle scorse settimane, è probabile che da Marghera si dirottino rottami e coils, ma anche prodotti finiti, che fanno parte dei traffici legati alle acciaierie di Cremona. Non è escluso, peraltro, che si decida di mettere a disposizione il network di F2i per traffici legati al laminatoio a freddo di Trieste». A inizio settembre un grosso carico speciale è stato spostato dalla Liguria al porto di Capodistria a causa dell'intasamento delle autostrade e più di qualche operatore ha iniziato a chiedersi se Portorosega non possa costituire un'alternativa a questo tipo di merce, persistendo le difficoltà nell'area dell'alto Tirreno.«In realtà anche questa è un'ipotesi - ha spiegato l'ad Becce -. Ci stiamo lavorando. Vorremmo portare a Monfalcone project cargo e per questo stiamo per comprare macchinari e attrezzature di banchina necessarie. Non sono operazioni che si fanno in pochi giorni, ci vuole tempo, ma è quello che faremo». Per Monfalcone le buone prospettive derivano anche dalla crescita a livello globale del settore delle rinfuse solide, ma anche del quadro di aggregazioni tra operatori che si sta seguendo nello scalo isontino. Ormai una necessità strategica per il sistema economico italiano che conta 54 scali portuali contro i 25 in Francia e i 40 in Spagna. È proprio il ruolo di F2i HP potrebbe giocare un ruolo decisivo a Monfalcone con due strutture complementari integrate, la crescita di spazi operativi e la gestione del 75% del traffico.«Importiamo materie prime ed esportiamo simboli della competitività italiana, quindi un qualcosa che va al di là del semplice caricare e scaricare navi» ha sottolineato Becce. «Un movimento profondo è in atto e l'area sta diventando attrattiva grazie alla collaborazione di un sistema» ha detto invece Vittorio Torbianelli, segretario generale dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale. «Sono stati fatti grandi passi in avanti, siamo partiti da un porto con grandi professionalità ma caratterizzato anche da problemi di mancati investimenti, da un escavo fermo da vent'anni. Adesso intravvedo opportunità che non coglievo anni addietro» ha detto il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, intervenuta all'incontro. Ieri, intanto, si è tenuto il Comitato di gestione dell'Autorità portuale, a cui ha partecipato anche il sindaco Cisint, durante il quale è stato comunicato che si è deciso di anticipare (al 2021) la progettazione di alcune opere per il porto, come l'elettrificazione delle banchine. Avviate anche le gare per i lavori di manutenzione sugli asfalti, l'illuminazione e il piano della sicurezza, per un importo superiore al milione di euro. La riunione è servita ad approvare l'aggiornamento del Programma triennale dei lavori pubblici 2021/2023 e del programma biennale degli acquisti e forniture.
Riccardo Coretti
Raccolta dei rifiuti in località Rivalunga con Legambiente
Domani l'iniziativa che rientra in "Puliamo il mondo" Ritrovo dei volontari alle 9. Si consiglia l'iscrizione
STARANZANO. A distanza di una settimana, prosegue la campagna "Puliamo il Mondo" sulle coste del litorale promossa dal Legambiente Zanutto di Monfalcone. Domani tocca a Staranzano in località Rivalunga (zona Alberoni) per ripulire una zona quasi sempre abbandonata che si estende verso la località di Punta Barene. L'appuntamento per i volontari è alle 9 per l'accoglienza e la registrazione dei partecipanti, alle 9. 30 iniziano le pulizie e alle 12 conclusione dell'evento. Per motivi organizzativi si consiglia l'iscrizione tramite l'e-mail del Circolo: monfalcone@legambientefvg. it oppure chiamare al cell. 328/3648063. La manifestazione viene organizzata con il patrocinio del Comune in collaborazione con la Pro loco, i giovani della Croce Rossa comitato di Monfalcone, le associazioni Attic e NOPlanetB. L'iniziativa preceduta il venerdì mattina da un'analoga manifestazione dedicata alle scuole di Staranzano sempre nel rispetto delle norme anti Covid. Dalla costa e da una parte del litorale a est della pista ciclabile verranno rimossi rifiuti e raccolto quanto più è possibile immondizie indifferenziate a cominciare alla plastica sino alle lattine e alle bottiglie di vetro, ai mozziconi di sigaretta e quanto viene spiaggiato dal mare. La zona del litorale in questione si estende anche a est della pista ciclabile che porta dal Bosco degli Alberoni all'Isola della Cona. Un appello a partecipare in tanti all'iniziativa viene rivolto a tutti gli appassionati che difendono la natura da parte dell'organizzazione e da uno dei responsabili di Legambiente, Michele Tonzar, poiché più partecipanti ci sono, maggiore sarà la zona che si riuscirà a liberare dai rifiuti. Legambiente fornirà i guanti, il cappellino e la pettorina e l'assicurazione per i volontari e nel caso di partecipazione dei bambini procurarsi la misura adatta. Sono consigliate scarpe robuste e una borraccia d'acqua. I partecipanti, inoltre, dovranno munirsi di mascherina personale. L'associazione ambientalista ringrazia il Comune che sostiene da decenni l'iniziativa, i giovani volontari e quanti parteciperanno alla pulizia del litorale.
Ciro Vitiello
Barche elettriche e mappatura fondali tra i dieci progetti creati dagli studenti
Le idee ammesse alla seconda fase della Business Plan competition per favorire la crescita di giovani imprenditori
Dal progetto per la realizzazione di una barca con motore elettrico al piano per il riutilizzo di rifiuti Rae e ingombranti, dal sistema per il recupero dell'olio esausto alla strategia per la mappatura dei rifiuti presenti sui fondali. Sono alcune delle dieci idee progettuali di studenti dell'Università di Trieste ammesse alla seconda fase della Business plan competition "Insieme per il Blue Growth", che con focus sui temi del mare, della crescita economica e della sostenibilità punta a incentivare lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali e la nascita di nuove aziende in regione. Promossa con il Rotary Club Lignano Tagliamento e collegata al C-Lab, lo spazio di UniTs dedicato all'educazione d'impresa, la competizione è un'occasione "per sostenere l'imprenditoria giovane, promuovere la nascita e la crescita di spin off e start up innovative e diffondere la cultura imprenditoriale nel mondo accademico e nel territorio", evidenzia il rettore dell'Università di Trieste Roberto Di Lenarda. Per i partecipanti che hanno proposto le dieci idee ritenute più promettenti sono stati organizzati dei corsi di cultura imprenditoriale e a ciascuno è stato affiancato un mentor, individuato tra imprenditori, consulenti, manager, business angels, investitori istituzionali e docenti, per aiutarli nella messa a punto del business plan. Tra loro Diego Sardon, Ceo di Prodigy Group, Roberto della Marina, venture capitalist del fondo ITAtech, e Amerigo Borrini, portfolio manager di Hadron Capital LLP. «E' un piacere collaborare con il C-Lab su un tema così importante come lo sviluppo sostenibile - commenta Diego Sardon -: cercherò di contribuire trasferendo ai giovani partecipanti le mie esperienze e conoscenze sulle tecnologie digitali e l'uso dell'intelligenza artificiale, per potenziare i loro progetti». Entro il primo ottobre i dieci selezionati dovranno presentare un business plan, accompagnato da un executive summary e un pitch video. «Ora entriamo nel momento cruciale, perché alla formazione si affianca una fase pratica in cui si fa un vero e proprio stress test delle idee dei ragazzi in rapporto alla sostenibilità e alla possibilità di entrare sul mercato», spiega Salvatore Dore, manager del C-Lab di UniTs. Tra i dieci aspiranti imprenditori saranno selezionati fino a tre vincitori, che riceveranno un premio per supportare la realizzazione della loro idea: 3mila euro per il primo classificato, 2mila per il secondo e 1000 per il terzo. Per Dario Vucinic, studente di ingegneria industriale con il pallino dell'imprenditoria, la business plan competition è un'occasione per mettersi alla prova ed entrare a contatto con esperti nella creazione di nuovi business: «Ho sempre avuto una passione per barche e auto. Come le auto stanno procedendo con convinzione sulla strada della mobilità elettrica, lo stesso principio dovrebbe valere per il mondo della nautica. Il mio progetto mira a realizzare grandi imbarcazioni che integrino l'utilizzo di materiali ecosostenibili, riciclati o riciclabili, e processi manifatturieri a basse emissioni con l'utilizzo di motori elettrici», spiega l'imprenditore in erba. «Il mio mentor, Amerigo Borrini, mi ha riportato con i piedi per terra, aiutandomi a integrare il mio approccio teorico con le sue conoscenze pratiche». Anche per Mariapaola Imbesi, iscritta alla laurea magistrale in ingegneria gestionale per la produzione, con sede a Pordenone, l'iniziativa è un'ottima palestra per far pratica con la concretizzazione di un'idea. «Per limitare la quantità di rifiuti il mio progetto punta a dare vita a un hub di raccolta e riparazione di elettrodomestici, pc, smartphone, per poi rimetterli in commercio a prezzi vantaggiosi. Così da un lato si crea occupazione, magari in collaborazione con il terzo settore, e dall'altro si combatte lo spreco diffondendo la cultura del riutilizzo».
Giulia Basso
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 settembre 2021
L'ipotesi del referendum per la nuova centrale a gas
In città soffia il vento del no. Rione Enel e ambientalisti: "L'impianto è fuori tempo"
Soffia il vento del no, in città. Il tenore degli interventi che si susseguono dopo il «giudizio favorevole» emesso il 24 settembre dal Ministero della Transizione ecologica sulla Via è critico. E c'è chi, rievocando i tempi della Snam, ricavalca, senza girarci troppo intorno, l'ipotesi di un referendum su A2A. Sarebbe il quinto, su temi ambientali, dal dopoguerra a oggi nella città del cantiere, sempre che si rivelasse poi fattibile perché la materia è di preminenza regionale e nazionale. Intanto, dopo una prima zampata, nel 2020 della civica Annamaria Furfaro, seguita dal grillino Gualtiero Pin, ora tocca a La Sinistra di Cristiana Morsolin, rilanciare. Del resto sull'argomento della centrale si giocherà parte della prossima, sempre più vicina, campagna amministrativa, con i partiti a interrogare e interrogarsi sul futuro della città. Un po' come a metà anni '90, con il quesito sulla Snam. «Qualcuno si è chiesto cosa pensano i cittadini? E se i residenti non sono stanchi di essere in balìa di decisioni prese altrove?», incalza Morsolin. «Nel 1996 - prosegue - si tenne un referendum cittadino sul progetto di rigassificazione della Snam. Il sindaco di allora, della stessa cricca di "quelli di prima", pur essendo favorevole si attenne all'esito delle urne e il sito industriale non si realizzò. Fu un buon esempio di democrazia». «Chiediamo - arringa - si faccia pure oggi un referendum e l'esito dovrebbe essere vincolante per le successive azioni». Sul più ampio nodo della convivenza tra abitanti e polo energetico interviene anche il gruppo San Valentino, nato nel 2016 alla notizia del rinnovo dell'Aia alla centrale a carbone, che «esprime preoccupazione e contrarietà» all'«approvazione della nuova mega-centrale». Infatti «anziché prendere atto della straordinarietà del momento in cui viviamo e perseguire politiche virtuose nello sviluppo di fonti energetiche pulite vediamo proporre progetti ormai fuori tempo, basati sulla combustione di fonti fossili». «Ci siamo illusi su possibili sviluppi economici diversificati - conclude il gruppo - non più legati all'industria pesante, bensì a settori a più alto valore aggiunto e contenuto tecnologico, ma la nuova centrale a ridosso dell'abitato ci riporta indietro di decenni». Proprio il quartiere si fa sentire con Antonella Paoletti: «Il sì ministeriale arriva nel giorno di apertura del vertice sul clima di Milano con i giovani da tutto il mondo e che dà ragione a Greta Thumberg quando dice che chi decide fa solo dei "bla bla" senza cambiare radicalmente niente. Nulla infatti cambierà per noi abitanti del rione Enel, di Monfalcone e dei dintorni: la quantità di CO2 sarà la stessa, visto che la potenza della centrale sarà quasi il triplo di quella attuale e al posto di alcune polveri e sostanze che produceva il carbone, subentrerà l'ammoniaca». Il progetto tuttavia parla di un taglio dell'anidride carbonica del 64%. «Tutto questo ce lo respireremo - sottolinea Paoletti - e anche meglio di prima, visto che i camini saranno alti meno della metà dell'odierno. I rumori resteranno. «Ma si aggiunge la pericolosità del gas». «Dopo 56 anni di centrale a carbone - afferma - sarebbe stato il momento giusto per cambiare direzione: purtroppo ancora una volta ha vinto il business, con tanti saluti alla qualità della vita del rione. Certamente noi continueremo la nostra battaglia più convinti che mai». Non sono mancate, poi, le prese di posizione politica, con i dem a parlare attraverso la capogruppo Lucia Giurissa: «Da sempre la Lega al timone della Regione è favorevole alla riconversione a metano-idrogeno di A2A: dalla presentazione del progetto tre anni fa al Savoia di Trieste fino al più recente accordo tra l'azienda e la Snam "benedetto" dalla giunta Fedriga, la stessa che ha dato parere favorevole alla riconversione dell'impianto al governo nazionale». Per contro il Carroccio a Monfalcone «ha negli ultimi anni assunto una posizione contraria per coprire i reali intendimenti del centrodestra regionale: si è anche scivolati nel ridicolo con la presentazione di un disegno, non un progetto, con un ristorante al vertice del camino della centrale». Ma «le due Leghe - sempre Giurissa -, si sono ben guardate dall'acconsentire alla reiterata richiesta dell'opposizione di incontrare Fedriga e Scoccimarro in Consiglio o nelle commissioni. Il castello di menzogne architettato nel gioco delle parti sarebbe subito crollato». Ergo, dopo le ultime notizie, «i monfalconesi sanno chi ringraziare». Si affianca nell'invettiva Riccardo Miniussi di Onda laboratorio civico: «Dobbiamo rilevare che il progetto faraonico lanciato dal sindaco con ristorante sulla sommità della ciminiera copriva un totale disinteresse per la questione, dimostrando l'incapacità a gestire i problemi della città e nel farsi portavoce efficace nei confronti degli enti competenti a decidere il futuro del nostro territorio». Mobilitazione anche dagli ambientalisti con l'associazione Rosmann, stando alla quale «le emissioni di CO2, visto l'aumento dei megawatt da 336 a 860, rimarranno pressoché invariate». «La centrale a gas - ancora il sodalizio - emetterà tra le altre cose polveri sottili, che ricadranno su una popolazione e territorio già provati dal carbone. Il dato più preoccupante è l'emissione di ammoniaca NH3, 45 ton/annue sia nell'Aia previgente che nell'attuale: saliranno a 108 nel ciclo combinato e 95 nel mix aperto/combinato».
Tiziana Carpinelli
Duino, no ambientalista alla riconversione della vicina centrale A2A - la presa di posizione
DUINO AURISINA. «No alla proposta di produzione di energia elettrica in una centrale termoelettrica alimentata a gas metano, con una potenza quasi pari a quella di Krsko, e a quella che prevede di mantenere attiva la centrale a carbone sino al 2025, anno in cui dovrebbe essere dismessa». È un doppio no quello espresso dal gruppo "Salute e ambiente" di Duino, attraverso il portavoce Danilo Antoni, in relazione al procedimento di Valutazione dell'impatto ambientale sul progetto per le modifiche della centrale termoelettrica presentate dalla A2a Energiefuture spa , accolte favorevolmente da Roma. «Lo scorso anno - ricorda Antoni - abbiamo presentato, a titolo di opposizione, le nostre osservazioni, in accordo con altri gruppi di lavoro e associazioni, incentrate sul fatto che l'impianto, che giudichiamo nocivo, è situato nel centro cittadino e a stretto contatto con un luogo sensibile e delicato dal punto di vista archeologico, ambientale, paesaggistico. In questa analisi abbiamo collaborato anche con le amministrazioni di Monfalcone e Duino Aurisina, che hanno espresso anch'esse contrarietà a tale progetto che, a nostro avviso, non garantisce, in un ambiente già saturo di emissioni, che quelle aggiuntive di inquinanti, micro-particelle e metalli pesanti rientrino, combinandosi con le esistenti, nel limite di legge».«In sostanza - conclude l'ambientalista di Duino - tra il centro di Monfalcone e il golfo si avrebbe un'area industriale che non apporterebbe alcun beneficio, ma precluderebbe anzi la possibilità di un futuro sviluppo sostenibile in un intero sistema economico produttivo».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 settembre 2021
Dal ministero via libera al progetto della nuova centrale a metano di A2A
Dal dicastero della Transizione ecologica "giudizio positivo di compatibilità ambientale". Tra tre mesi l'autorizzazione definitiva
Da Roma è arrivato un «giudizio positivo di compatibilità ambientale» per il progetto di riconversione a gas metano della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone che ora funziona a carbone. È un parere importante quello che arriva dal ministero, si tratta della Via (Valutazione di impatto ambientale) firmata dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani «di concerto» con quello della Cultura e beni ambientali Dario Franceschini. A2A ha 5 anni di tempo per realizzare la nuova centrale che sarà molto più ridotta da quella attuale (3 ettari di superficie contro gli attuali 19) e ci sarà anche minor impatto paesaggistico visto che sarà anche demolita la ciminiera alta 150 metri. Ma soprattutto Monfalcone, ed ecco anche perché il via libera, diventerà una delle città chiave per la transizione ecologica: la centrale sarà infatti sede della sperimentazione di un processo misto (in termini tecnici blending) che integrerà l'attività produttiva a metano con quella a idrogeno. Sarà la Snam, grazie a un accordo firmato nel 2020 con A2A con l'obiettivo di ridurre le emissioni di Co2 (un programma nazionale) a portare già miscelato l'idrogeno (al 30% per ora) negli stessi tubi del metano. Ma la cosa che forse non tutti sanno è che quasi certamente questa miscela arriverà anche nelle case dove ci sono le caldaie a metano che dovranno essere "ritarate" in modo semplice per questo nuovo mix (come avviene ora per regolare aria/gas). Un progetto energetico che in queste settimane assume un grande rilievo, soprattutto dopo le notizie sulla crisi energetica con il rischio di aumenti delle bollette sino al 40%. Si tratta, certo, di una crisi strutturale, momentanea, una tempesta economica perfetta (che arriva da lontano dal Sud America che a causa della siccità ha iniziato a bruciare metano visto il vuoto nelle centrali idroelettriche oltre che dalla Cina che consuma sempre di più) ma che ha fatto suonare il campanello di allarme in Italia, un paese che dipende come pochi altri dall'estero per approvvigionamento di energia. Questo sì da Roma comunque non è un via libera definitivo. Il Ministero della transizione ecologica ha dato parere favorevole al Via dopo l'istanza autorizzativa presentata da A2A per il ciclo combinato nel dicembre 2019. Ora entra in gioco un altro strumento che alla fine viene sempre gestito dal ministero: la conferenza dei servizi dove confluiscono tutti i pareri degli enti e delle amministrazioni interessati dal progetto della centrale. A valle di questo Via infatti sarà riaperta (si era aperta all'avvio dell'istanza a dicembre 2019 ma poi è stata chiusa in attesa del Via) per giungere all'Autorizzazione unica.Da adesso infatti dovranno passare altri 75 giorni, durante i quali la conferenza dei servizi dovrà raccogliere ulteriori pareri. Soltanto alla fine del percorso, se tutto si concluderà positivamente (ricorsi permettendo) ci sarà il decreto di Autorizzazione unica definitiva.
Giulio Garau
Cisint: "Ci riserviamo le azioni necessarie" - Il Dem Moretti "Subito lo stop al carbone"
Per l'amministrazione la futura struttura è "inaccettabile". E Legambiente ironizza "Un vero capolavoro del Ministero"
Se il parere ministeriale è favorevole, quello di Anna Cisint prevedibilmente non si sposta di una virgola: bolla infatti come «inaccettabile» l'impianto proposto. Di conseguenza, il passaggio successivo del Comune non può che essere quello di «riservarsi le azioni necessarie», precisando che la Valutazione d'impatto ambientale «è uno degli elementi di un procedimento, non l'unico». Altro, logico, step: l'approfondimento del documento e la valutazione delle prescrizioni previste, in termini di misure tese a prevenire gli impatti. Per il sindaco di Monfalcone «la decisione dei ministri Cingolani e Franceschini sulla Via è parte di una procedura avviata due anni fa da A2A» che «non riduce né inficia le ragioni della contrarietà da parte della nostra amministrazione sull'ipotesi del nuovo impianto, né rappresenta la fase conclusiva della vicenda, dove restano nodi importanti da sciogliere». Il Comune rivendica «solide motivazioni di sostenibilità, economiche e sociali». Di più: gli investimenti di A2A non costituiscono «alcun valore aggiunto per il nostro territorio», anzi rappresentano solo «un vantaggio, legittimo, di carattere finanziario per chi li propone». Toni durissimi. Perché? «L'impianto - sostiene - avrà una potenza praticamente tripla di quello attuale e tripla sarà anche la produzione di Co2». In realtà il piano di sostenibilità della nuova centrale prevede un taglio di queste specifiche emissioni del 64%. «Altro che economia green - rincara Cisint -: si va in senso contrario». Quanto alla «situazione sanitaria, ribadisco: non è tra le più floride». Mentre sotto il profilo occupazionale, si impiegherà «non più di una trentina di addetti». «Abbiamo proposto un'alternativa - ricorda il sindaco - con la valorizzazione della portualità e nautica oltre a un centro di eccellenza per lo studio dell'idrogeno». «La realtà - ancora Cisint - è che la volontà di realizzare la nuova centrale a gas è legata al meccanismo perverso del capacity market, in base al quale, pur se non c'è carenza di energia in Italia, verrà corrisposto un rimborso per la costruzione dell'impianto, grossomodo il doppio dell'investimento, cioè 900 milioni rispetto ai 500 previsti per le opere». «È bene sapere però - conclude - che la decisione ora presa dai ministri, non significa prossimo inizio dei lavori, basti pensare all'escavo portuale: Via concessa 7 anni fa e opere ancora da iniziare». Diametralmente opposte le considerazioni del capogruppo regionale del Pd Diego Moretti, che puntualizza: «Dopo il parere favorevole con prescrizioni della giunta Fedriga di qualche mese fa, il Governo e i ministri competenti non potevano che esprimere un parere altrettanto favorevole con le prescrizioni dei vari enti coinvolti». «Credo che adesso - ribatte - sia corretto procedere al più presto con la chiusura della centrale a carbone e l'avvio della conversione a gas, degli investimenti previsti sul territorio, anche in materia di energia rinnovabile, per quasi 500 milioni, e con il rispetto degli accordi sindacali legati al mantenimento occupazionale». Chiudendo «i contenziosi aperti dal Comune o le sue proposte tanto avveniristiche quanto irrealizzabili, tipo l'ex ciminiera panoramica». «Piuttosto - conclude il dem - con A2A la Regione intavoli subito una seria trattativa affinché Monfalcone diventi polo regionale per la ricerca sull'idrogeno e il territorio abbia quei benefici che con la centrale a carbone non ha mai avuto». Legambiente invece ironizza, definendo il parere «un vero capolavoro», sul ministro per la Transizione ecologica che ha «dimostrato tutta l'inadeguatezza dopo che, a distanza di oltre 7 mesi dall'insediamento, si è distinto per l'endorsement all'agonizzante tecnologia nucleare, le perplessità sulla mobilità elettrica e ora il via libera a riconversioni a gas naturale». «Indietro tutta - rincara -, con buona pace delle centinaia di migliaia di giovani dei Fridays for Future». Per Legambiente «A2A ha preferito adagiarsi su collaudate e obsolete modalità produttive piuttosto che creare nuove opportunità di sviluppo per il territorio». E «la politica non ha aiutato, divisa su una questione dirimente per la città e la regione, le organizzazioni sindacali ancora meno, concentrate a difendere posti di lavoro anziché studiare un modello per creare ancor più occupazione».
Tiziana Carpinelli
Giardino di Guardiella nel degrado Via ai lavori per rimetterlo in sesto
Il rinnovo riguarderà in particolare la zona giochi dedicata ai più piccoli
Tempo di nuovo look per il giardino di Guardiella. Sono partiti ieri i lavori di riqualificazione dell'area, per complessivi mille metri quadrati, compresa fra la via omonima e viale al Cacciatore. L'intervento riguarderà la zona dedicata ai più piccoli, che verrà attrezzata con giochi a carattere inclusivo, destinati anche ai portatori di handicap. Il perimetro del nuovo giardino sarà recintato e illuminato. Nuovi anche il prato, gli accessi e i dissuasori in legno su viale al Cacciatore. Verranno inoltre adottati dei precisi accorgimenti per ridurre l'erosione del terreno a causa delle acque provenienti dallo stesso viale. «Il recupero del giardino di Guardiella fa parte di un complessivo percorso di risistemazione di altre aree verdi e di altri parchi cittadini dall'importo complessivo di 300 mila euro», ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Oltre a Guardiella altri interventi sono previsti nel parco di Villa Revoltella e nei giardini di Villa Cosulich, Fumaneri a Borgo San Sergio e Mascherini in piazza Carlo Alberto. L'amministrazione comunale negli ultimi cinque anni ha investito oltre cinque milioni di euro in aree verdi, a dimostrazione di quanto sia sensibile al tema». I lavori consentiranno la riqualificazione di un'area di cui da anni i residenti auspicavano una sistemazione: un "sentiment" che portò anche a una raccolta firme. «Questo intervento è figlio di due mozioni del 2014 e del 2017 - così il consigliere circoscrizionale Raffaele Tozzi, che ha ricordato come per primo si sia speso per il recupero dell'area - perciò i lavori adesso non possono che fare piacere. Con quest'intervento l'area in questione vedrà la fine di un degrado che stona con il contesto del rione nel quale è situato». Nel corso dell'incontro è stato confermato anche l'avvio, all'interno del giardino pubblico de Tommasini, dell'intervento di posizionamento del nuovo gioco multifunzionale in sostituzione di quello recentemente eliminato a causa della sua vetustà.
Lorenzo Degrassi
SEGNALAZIONI - Scolaresche in azione - Puliamo insieme il nostro mondo
Caro direttore, venerdì 24 settembre scorso abbiamo partecipato all'iniziativa nazionale Puliamo il mondo, organizzata da Legambiente. Per prima cosa ci siamo vestiti con tutto il necessario: i guanti, il cappellino, una pettorina, i sacchetti dell'immondizia. Avevamo anche uno striscione con il logo della manifestazione. Abbiamo ripulito per bene i Giardini Europa di Muggia, dove ci aspettavano gli amici di Legambiente. Quindi, armati dei nostri sacchetti, siamo partiti alla ricerca di tutta la spazzatura sparsa per il giardinetto e abbiamo trovato di tutto! Carta, bottigliette, plastica, sigarette, lattine, mattonelle, ferri, tappi, scarpe, tegole, contenitori dei succhi sono tra gli oggetti asportati. Poi abbiamo vuotato tutti i sacchetti sui teli grandi e, con un gioco, abbiamo fatto la differenziata per poter gettare i rifiuti nei contenitori giusti e poi riciclarli. Abbiamo imparato tante cose sull'ambiente! Non dobbiamo inquinare per proteggere gli animali, le piante, le persone; bisogna gettare le immondizie nei bidoni e non per terra, e possibilmente fare la raccolta differenziata. Abbiamo pensato che non serve tanto pulire, se dopo sei tu che sporchi. Alla fine di questa mattinata, tutti insieme, abbiamo deciso comunque che sarebbe utile rifare una volta al mese questa esperienza e desideriamo invitare anche altre classi. Quindi ci rivedrete all'opera!
I bambini della 4A e 4CScuola De Amicis Ic Lucio Muggia
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 28 settembre 2021
L’approvazione della VIA per la centrale A2A è uno schiaffo per il Clima e per il territorio
Legambiente: per il Ministero, la Transizione Ecologica passa per il gas naturale.
Il Ministero per la Transizione Ecologica ha approvato la VIA per il progetto di trasformazione a gas naturale della centrale a carbone di A2A Energiefuture, dimostrando tutta l’inadeguatezza di un ministro che, a distanza di oltre sette mesi dal suo insediamento, si è distinto per l’endorsement all’agonizzante tecnologia nucleare, per aver espresso perplessità sulla mobilità elettrica e ora per dare il via libera a riconversioni a gas naturale. Un vero capolavoro! Indietro tutta, verrebbe da dire, con buona pace delle centinaia di migliaia dei giovani dei Fridays for Future, scesi in piazza pochi giorni fa per chiedere di fermare le emissioni di gas climalteranti. La drammatica situazione climatica, testimoniata ogni giorno da nuove tragedie causate da eventi climatici estremi (oltre 200 nei soli primi sette mesi di quest’anno!), il rapido espandersi delle tecnologie legate alle fonti rinnovabili di energia (Eolico off shore, Agrivoltaico, sistemi di accumulo elettrochimico sempre più efficienti) tenuti a freno a tutto beneficio delle lobby del petrolio e del gas, sembrano lasciare indifferenti coloro che dovrebbero imprimere una svolta decisa verso la decarbonizzazione. Nel caso specifico di Monfalcone, A2A ha preferito adagiarsi su collaudate e obsolete modalità produttive piuttosto che creare nuove opportunità di sviluppo per il territorio. La politica non ha aiutato, divisa su una questione dirimente per la città e per la Regione stessa, le organizzazioni sindacali ancora meno, concentrati a difendere posti di lavoro senza proporre alcunché di nuovo, anzichè studiare un modello per creare ancora più occupazione. Nel sito si sarebbero potute sviluppare molte opportunità, come abbiamo proposto in questi anni: un Parco Fotovoltaico di alcuni MW di potenza installata e sistemi di acculo elettrochimico; un “Distretto industriale delle Rinnovabili e dell’Idrogeno”, dedicato alla produzione di componenti e sistemi per Fonti Rinnovabili e per la produzione di Idrogeno verde in collaborazione con imprese, università e centri di ricerca; impianti dedicati al recupero di materiali derivanti dalla differenziazione di quei rifiuti che hanno difficoltà a “chiudere il ciclo” per la mancanza di un bacino di produzione adeguato o hanno la necessità di trovare modalità di smaltimento efficienti e sostenibili (raccolta e trattamento dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche- Raee, massimizzando il recupero e la valorizzazione dei materiali). Lo sviluppo delle attività portuali avrebbe, infine, favorito nuovi traffici e garantito un saldo occupazionale decisamente positivo. Naturalmente, l’autorizzazione del progetto non significa automaticamente la realizzazione dell’impianto, nel senso che, mentre la produzione di energia da combustibili fossili non ha più nulla da dire in termini di evoluzione tecnologica ed anzi potrebbe auspicabilmente essere ancora penalizzata da sistemi di tassazione della CO2, il settore delle rinnovabili e degli accumuli è in grande espansione ed a costi sempre più competitivi. L’emergenza climatica è una cosa seria e sarà devastante; purtroppo solo queste condizioni costringeranno la politica a compiere le scelte necessarie. Il rischio è che sarà troppo tardi…
Legambiente del Friuli - Venezia Giulia APS - Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” APS Monfalcone
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 settembre 2021
Ciclabili, verde e reti di servizi dalla stazione all'Idrodinamica per 9 milioni in Porto vecchio
Il Comune lancia il bando per il secondo lotto su viabilità e infrastrutture. Previsti 635 giorni di lavori. Le offerte attese entro il 5 novembre.
la gara - Piste ciclabili, aiuole, verde, acqua, fognature, gas, illuminazione pubblica, reti tecnologiche: tutta la parte di Porto vecchio che va dalla Centrale idrodinamica al varco di largo Città di Santos verrà rivoltata come un calzino. Si è fatto attendere quasi un anno poi si è finalmente appalesato: salvo complicazioni, il Secondo lotto di opere, destinato a realizzare strade e infrastrutture di servizio in Porto vecchio, potrebbe conoscere il cantiere all'inizio del prossimo anno. A spezzare l'incantesimo di una lentezza motivata da un insieme di ragioni burocratiche (compresa una certa flemma del validatore progettuale) e dalla priorità attribuita al primo lotto coincidente con Esof, ecco il bando di gara pubblicato proprio ieri in Albo pretorio, preceduto dalla cosiddetta determina a contrarre, firmata dal direttore dipartimentale Giulio Bernetti, che del Secondo lotto è anche responsabile del procedimento. Il valore dell'operazione è ingente, una cifra più o meno analoga al rifacimento della galleria Montebello Foraggi: 9 milioni di euro, comprensivi di Iva. La sequenza degli atti, secondo Bernetti e il direttore di gare-appalti Riccardo Vatta, è questa: le offerte vanno presentate entro le 12.30 di venerdì 5 novembre per essere aperte il lunedì 8 successivo. Trattandosi di una gara per la quale viene adottato il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, sarà nominata una commissione esaminatrice che dovrebbe essere in grado di adempiere alla missione nel giro di un mese. Se tutto ciò si avverasse, l'aggiudicazione potrebbe avvenire prima di Natale. L'offerta tecnica sarà quotata 80 punti, quella economica 20. Certo, bisogna considerare il periodo di "stand still" e toccare ferro per eventuali ricorsi, ma con un pizzico di ottimismo la cronoprocedura di Bernetti potrà funzionare. Anche perchè il bandola determina prevede 635 giorni di lavori, poco meno di due anni dal 2021 al 2023. In parte coincidenti con la realizzazione del Museo del mare al Magazzino 26, che si trova nelle immediate adiacenze dell'area riguardante il Secondo lotto. Una volta affidato questo cantiere, il Comune avrà completato gran parte della sua competenza rispetto ai 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni culturali per la riqualificazione del Porto vecchio: 5 milioni sono stati investiti sul primo lotto di infrastrutturazione (quello precedente a Esof), 9 saranno impiegati sul secondo come abbiamo appena visto, 22 andranno sulle opere edili del Museo del mare, poi ci sarà un ulteriore tranche di una decina di milioni destinata all'allestimento museale. Sono invece tre milioni quelli dedicati al refitting della gru-pontone Ursus, di cui si occupa - per evidente simmetria - il consorzio Ursus, formato da Comune, Autorità, Regione per promuovere e valorizzare Porto vecchio. Ricordiamo infine che la gara per ottenere la commessa da 22 milioni, incaricata di concretizzare il progetto dell'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra, aspetta le offerte per il prossimo 4 ottobre.
magr
Radar vicino alla Diga contro l'inquinamento - il frutto dell'accordo tra la Lega Navale e l'Arpa
Una doppia firma per la salvaguardia del mare. Ieri, sul Molo Audace, nel quinto appuntamento del ciclo d'incontri organizzato dall'Arpa Fvg in collaborazione con l'Autorità portuale, si sono impegnati in una convenzione la Lega Navale, concessionaria dell'area della Diga vecchia, rappresentata dal presidente Pierpaolo Scubini, e la stessa Arpa Fvg, con il direttore tecnico-scientifico Anna Lutman, per inserire un radar meteo-marino posto proprio vicino alla Diga che permetterà di monitorare le correnti superficiali e l'altezza delle onde. Grazie a questo e altri strumenti, si analizzerà l'evolversi di eventuali sversamenti d'idrocarburi e si contribuirà a ridurre i tempi d'intervento delle autorità, in primis la Capitaneria. Ma ieri sono stati presentati anche tre dei sei progetti europei aderenti al programma Interreg tra Italia e Croazia avviati nell'Alto Adriatico con il coinvolgimento dell'Arpa Fvg. In totale i finanziamenti corrispondono a 33,2 milioni, di cui 1,8 destinati all'agenzia regionale. Diversi i temi: dall'analisi dell'evoluzione dei cambiamenti climatici nell'Adriatico all'aumento della conoscenza dell'ambiente marino fino all'analisi dei rumori subacquei. Presente il comandante della Capitaneria, l'ammiraglio Vincenzo Vitale, che ha lamentato per l'Adriatico «la mancanza di un accordo con i paesi vicini, Slovenia e Croazia», nei casi d'intervento delle forze preposte in mare. A dargli man forte l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, che ha auspicato l'organizzazione il prossimo anno di «una mini conferenza di Parigi per l'area mitteleuropea». Nota positiva: il 6 e il 7 settembre le analisi Arpa hanno confermato la balneabilità di tutti i tratti di costa regionali e delle acque interne dedicate alle attività ricreative.
Benedetta Moro
Area della Rocca piena di rifiuti Legambiente raccoglie 8 sacchi
Dalle immondizie indifferenziate alla plastica sino alle lattine e alle bottiglie di vetro e ai mozziconi di sigaretta. In azione 43 studenti dell'istituto socio sanitario
La zona ai piedi della Rocca continua a restituire rifiuti, confermando di essere un'area amata per picnic tanto estemporanei quanto poco rispettosi dell'ambiente. A distanza di quasi sette mesi dalla pulizia di primavera organizzata dal Comune con il supporto logistico della Protezione civile e al quale hanno aderito alcune associazioni e singoli cittadini, l'azione svolta sabato mattina dal circolo locale di Legambiente assieme a due classi dell'indirizzo sociosanitario dell'Isis Pertini nell'ambito della campagna Puliamo il mondo ha prodotto 2 sacchi di rifiuti indifferenziati, 3 di plastica e lattine da riciclare, 3 di bottiglie di vetro e due monitor. Al raccolto vanno aggiunte anche due bottiglie di mozziconi di sigaretta, in gran parte concentrati nei pressi delle panchine nell'area verde a ridosso del parcheggio ai piedi della fortezza. Sono stati ritrovati inoltre pezzi metallici, un filtro d'olio minerale, una batteria di cellulare. Un buon bottino, secondo Legambiente, considerando che l'area è molto frequentata, viene spesso ripulita dai servizi comunali, ma è anche meta di persone che bivaccano, non sempre attente alla natura che li circonda, nonostante le modifiche introdotte nel regolamento di polizia urbana che vietano di effettuare picnic in zona carsica al di fuori delle zone dedicate. Legambiente ha del resto potuto contare sull'aiuto dei 43 studenti dell'indirizzo sociosanitario, giunti in gran parte al piazzale del parcheggio della Rocca a bordo delle nuove e fiammanti biciclette acquistate dal loro istituto e subito inaugurate per l'occasione, accompagnati dalla Polizia locale. A dare man forte sono poi intervenuti anche altri volontari e soci del Circolo Ignazio Zanutto che insieme, e suddivisi in due squadre, hanno ripulito dai rifiuti sia l'area ad ovest del parcheggio sia la salita della Rocca e l'area circostante. I dati della pulizia contribuiranno inoltre a "monitorare" il territorio, nell'ambito del progetto di Legambiente Fvg "Occhio al Territorio", che ha lo scopo di raccogliere le informazioni ambientali che ne derivano e archiviarle su un apposito sistema informativo geografico per tenere sotto osservazione l'andamento dei fenomeni ed avanzare proposte adeguate. L'iniziativa di sabato mattina si è in ogni caso conclusa con una breve visita alla Rocca, dove la guida Andrea Ferletic ha spiegato agli studenti il contesto storico-archeologico che molti dei ragazzi non conoscevano. I prossimi appuntamenti con Puliamo il mondo sono previsti al Lido di Staranzano venerdì con una mattinata dedicata alle scuole e sabato, con un'azione di salvaguardia ambientale aperta a tutti.
Laura Blasich
Gli "Amici del Parco" si oppongono con forza alla centrale sull'Isonzo
Il comitato "Amici del parco" esprime netta nostra posizione sulla centrale idroelettrica che si intenderebbe costruire nel Parco sull'Isonzo. «Siamo ovviamente favorevoli alle energie rinnovabili, ma siamo fermamente convinti che in questo caso la scelta del sito della centrale (un Parco naturale) sia assolutamente sbagliata», scrivono in una nota. «L'iter di approvazione del progetto presenta decisamente aspetti poco chiari e per certi versi paradossali. Non è dato sapere quali servizi e, a tutt'oggi, sono ignoti sia i dettagli del progetto, sia l'impatto che la centrale avrà sul fiume e sull'habitat naturale del Parco. Ricordiamo che il sito individuato dal progetto per la realizzazione della centrale è uno dei punti più suggestivi dell'area golenale, frequentato dai visitatori che vogliano accedere all'argine e godere la bellezza dell'Isonzo». Il Comitato esprime inoltre profonda delusione per il mancato coinvolgimento dei cittadini e dello stesso Comitato, tenuti all'oscuro del progetto fino alla conclusione dell'iter approvativo. «Chiediamo un deciso cambio di rotta nella gestione del patrimonio naturalistico e delle risorse ambientali pubbliche che appartengono - lo ribadiamo - alla Comunità e alle future generazioni. Attendiamo chiarezza sui dettagli del progetto che valuteremo con la massima attenzione e ci riserviamo di intraprendere ogni possibile azione a tutela e salvaguardia del fiume e del Parco».
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 settembre 2021
I Giardini Europa ripuliti da oltre cinquanta bimbi - A MUGGIA INIZIATIVA DI LEGAMBIENTE
MUGGIA. Più di cinquanta "operatori ecologici" in erba - una bella squadra di allieve e allievi delle classi quarte della scuola De Amicis di Muggia con le loro maestre - hanno ripulito nei giorni scorsi i giardini Europa nel centro cittadino, nell'ambito dell'iniziativa nazionale di Legambiente "Puliamo il Mondo". Bottiglie, lattine, qualche cartone e tanta, tanta plastica: questo il "frutto" di tre ore di lavoro fatto divertendosi e in piena sicurezza, intervallate da "istruzioni ambientali" fornite dall'istruttore di Legambiente, che ha esordito dicendo: «Queste immondizie, molte delle quali riciclabili, sono su questo prato perché tanti "distratti" le hanno buttate. Dobbiamo riflettere sempre su ogni gesto che facciamo». Prosegue fattivamente la collaborazione tra il circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste e l'amministrazione comunale muggesana. Quest'estate ci sono stati cinque incontri con i bambini e i ragazzi che hanno frequentato il "Ricremattina", dedicati al tema della salute del mare e dell'ambiente e centrati sul grave problema dei rifiuti e delle plastiche in mare, con la partecipazione di Andrea Wehrenfennig e Alice Puzzo di Legambiente, che si sono serviti di poster a colori per illustrare gli effetti delle plastiche e delle microplastiche in mare. «Per la salvaguardia dell'ambiente - ha rimarcato l'assessore comunale all'Ambiente, Laura Litteri - ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte, a volte anche con qualche piccolo sacrificio, rinunciando a delle comodità. Per questo è importante che ci sia un'educazione ambientale che inizi dai giovani che sono il terreno fertile nel quale impiantare il seme delle buone pratiche che hanno, poi, effetti positivi per il pianeta in cui viviamo. Ringrazio Legambiente che ancora una volta è stata disponibile a collaborare con il Comune per inculcare nei ragazzi il rispetto dell'ambiente».
Luigi Putignano
L'errato smaltimento dei rifiuti favorisce l'aumento dei cinghiali
Sus scrofa è il suo nome scientifico, animale selvatico progenitore di gran parte delle specie di maiale domestico, ampiamente diffuso sul Continente euroasiatico e sulla porzione settentrionale dell'Africa. Il cinghiale non riscuote particolari simpatie, anzi: molto spesso viene apostrofato come una vera e propria forza distruttrice, soprattutto quando crea danni nel settore dell'agricoltura. A queste accuse gli animalisti controbattono dicendo che, com'è valido per ogni altro selvatico, si comporta in un determinato modo semplicemente perché questa è la sua natura. Negli ultimi 15 anni la quantità degli individui di questa specie è notevolmente aumentata. Condizione che li ha spinti a ricercare nuovi contesti dove potersi nutrire, raggiungendo così campagne e addirittura città. È il caso di Roma che in questi giorni, secondo i media nazionali, è alle prese con una reale invasione di esemplari sempre più confidenti e a proprio agio perfino tra le automobili in sosta. Il portale ufficiale della Regione Lazio, ovvero parchilazio.it, spiega: "Incontrare un cinghiale sulla propria strada quando ci si avventura in passeggiate nei boschi è un'ipotesi da tenere in considerazione. Il cinghiale, così come tutti gli animali selvatici ha un'innata diffidenza nei confronti dell'uomo e la sua prima reazione, anche in branco, sarà sempre quella di allontanarsi da lui". L'ungulato, sempre secondo la regione, potrebbe essere pericoloso solo in due situazioni: qualora si trovi senza vie di fuga e nel caso debba difendere la prole. Ma non solo nella Capitale, la loro presenza viene segnalata anche in altre città d'Italia. Importante è non "invitarli" nei centri abitati: a tale proposito l'Ispra, Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, sul suo sito ufficiale riporta: "Non dare da mangiare ai cinghiali in città. Fornire cibo è una pratica assolutamente sconsigliabile, in quanto favorisce l'abitudine di questi animali all'uomo con potenziali rischi per le persone, come morsi e spinte violente. Facilitando la loro presenza vicino a strade e abitazioni, c'è la concreta possibilità che avvengano incidenti stradali provocati dal loro attraversamento. Si ricorda, infine, che il foraggiamento dei cinghiali è espressamente vietato dalla legge 221/2015 che prevede, per chi contravviene a tale norma, l'arresto da 2 a 6 mesi o l'ammenda da EUR 500 a 2.000". L'errato smaltimento dei rifiuti urbani funge da richiamo, oltre che per gli ungulati, per numerose specie di animali selvatici. L'habitat naturale del cinghiale comprende diverse tipologie di scenari, colonizza praticamente ogni tipo di ambiente, dai rilievi collinari a quelli montani. Onnivoro e dalla dieta variegata, si ciba principalmente di vegetali (ghiande, frutti, tuberi, radici, funghi), ma non disdegna nemmeno la carne (invertebrati, anfibi, rettili, piccoli roditori, talvolta anche carne delle carcasse). Si tratta di un animale dal grande potenziale riproduttivo che, unito alla capacità di spostarsi e adattarsi, gli consente una buona riuscita nella colonizzazione. Il loro accoppiamento si svolge nei mesi invernali, tra novembre e febbraio, e dipende dal clima e da altri fattori ambientali. La gestazione dura 114 giorni e, al suo termine, vedono la luce dai 2 ai 9 cuccioli.
Nicole Cherbancich
Ripresi i lavori sulla Capodistria-Divaccia Avviate opere per due tunnel e un viadotto
Lo stop era stato causato dal ritrovamento di una grotta carsica lungo il tracciato. Il comitato di verifica critica i costi
Trieste. Sono ripresi i lavori per la realizzazione del raddoppio della tratta ferroviaria tra il porto di Capodistria a Divaccia. Dopo lo stop causato dal ritrovamento di una grotta lungo il tracciato, nelle scorse settimane è stato completato un viadotto e sono iniziati gli scavi dei primi due tunnel. Aveva destato qualche preoccupazione la grotta scoperta a inizio agosto nella zona del tunnel T1, tra Divaccia e Corgnale (Lokev). La cavità - fa sapere 2Tdk, la società controllata dallo Stato sloveno che sta gestendo i lavori - è stata studiata dagli esperti dell'Istituto di ricerca sul Carso. L'Istituto ha proposto la chiusura dell'ingresso della grotta e la proposta è stata confermata dall'Istituto per la protezione del patrimonio culturale della Slovenia. L'impresa impegnata nella costruzione (il consorzio di Kolektor Cpg, Yapi Merkezi e Özaltin) si aspetta di trovare numerosi altri sistemi di grotte e tutti i fenomeni carsici scoperti saranno trattati secondo il protocollo utilizzato in Slovenia già da molti anni. Nei giorni scorsi, invece, è iniziato lo scavo dei primi due tunnel previsti lungo il tracciato. Questo intervento è stato preceduto, a cavallo tra il mese di agosto e quello di settembre, da lavori consistenti per la realizzazione del viadotto "Glinscica", opera che misura 215 metri. Particolare attenzione hanno richiesto le colate di calcestruzzo, che solo nella seconda parte hanno visto l'utilizzo di 930 metri cubi di materiale. Sempre nelle scorse settimane, 2Tdk ha dovuto affrontare un altro ostacolo lungo l'iter per la realizzazione del progetto, che velocizzerà i collegamenti ferroviari tra lo scalo sloveno e la rete ferroviaria internazionale. Il Consiglio per la supervisione civile, che vigila sui lavori, aveva mosso alcune pesanti critiche. Si tratta di un organismo con potere consultivo e non vincolante, che aveva avuto da ridire sull'ipotesi (non seguita) di costruire da subito un doppio binario nel tratto dove oggi è previsto un binario singolo e su alcuni capitoli di spesa dell'opera, secondo il Comitato troppo alti. La 2Tdk ribatte spiegando come per il progetto siano state seguite sia la normativa nazionale slovena che quella dell'Unione europea: «2Tdk non ha (ancora) l'autorizzazione legale per le procedure di implementazione del doppio binario. I procedimenti sono guidati dal governo della Repubblica di Slovenia. Quindi chiediamo gentilmente di contattare il ministero delle Infrastrutture o/e il ministero dell'Ambiente e della Pianificazione spaziale», rispondono dalla società in merito a variazioni su un progetto approvato con ampio anticipo sull'inizio dei lavori. Per quanto relativo ai capitoli di spesa, 2Tdk spiega che già a inizio giugno erano state presentate al Comitato di controllo le modifiche del programma d'investimento con l'analisi finanziaria ed economica. Né in quella sede - sostiene la società - né in altre occasioni, sono state chieste informazioni o spiegazioni. Per questo 2Tdk si dice "spiacevolmente sorpresa" di essere venuta a conoscenza di dichiarazioni secondo le quali il metodo utilizzato è stato poco trasparente». L'intera opera è stata sottoposta nei mesi scorsi alle critiche di ambientalisti italiani e sloveni per il rischio che gli scavi e gli sbancamenti possano causare danni ambientali irreparabili. Sotto accusa le conseguenze che i lavori potrebbero portare al sistema idrico che interessa la Val Rosandra.
Riccardo Coretti
Gli ambientalisti - Val Rosandra
Il raddoppio del binario che collega il porto di Capodistria allo snodo di Divacca è stato sottoposto nei mesi scorsi agli attacchi delle associazioni ambientaliste italiane e slovene, secondo cui gli scavi e gli sbancamenti previsti dal progetto possono causare danni irreparabili al territorio e all'ambiente. Sotto accusa, in particolare, le conseguenze che i lavori per il potenziamento dell'infrastruttura potrebbero portare al sistema idrico che interessa la Val Rosandra in provincia di Trieste.
La polemica interna - Spesa eccessiva
Mentre si trovava a dover risolvere la questione sollevata dalla scoperta della grotta, la società costruttrice 2Tdk è stata messa nel mirino dal Consiglio sloveno per la supervisione civile, che ha criticato la compagnia per il costo troppo elevato di alcuni capitoli di spesa. 2Tdk si è detta «spiacevolmente sorpresa di essere venuta a conoscenza di dichiarazioni secondo le quali il metodo utilizzato è stato poco trasparente», dopo che il Consiglio non ha mai sollevato obiezioni dopo aver visionato il progetto a giugno.
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 settembre 2021
Centrale elettrica sul fiume Isonzo - Da Legambiente grandi perplessità
Cadez: «Preoccupati per impatto e gestione delle acque» Successo di Puliamo il mondo: ripulita piazza Sant'Antonio
«La nuova centrale idroelettrica sull'Isonzo? Non convince affatto, siamo preoccupati per la gestione delle acque e per l'impatto del progetto sull'ambiente circostante». L'amara riflessione sul discusso progetto che, come abbiamo raccontato su questa pagine, porterà alla realizzazione di una nuova centrale idroelettrica sulle sponde del fiume color smeraldo a Campagnuzza è dei componenti del comitato goriziano di Legambiente, intervenuti sulla questione ieri mattina a margine della conferenza stampa di bilancio dell'iniziativa ecologica "Puliamo il mondo" che si è svolta nel cuore della città venerdì. C'erano la presidente Anna Maria Tomasich, l'ex numero uno del sodalizio Luca Cadez, i soci Giuseppe Sansone, Romana Leban (in rappresentanza anche del gruppo Ekostandrez) e Giulia Roldo. In particolare le perplessità si concentrano sulla gestione delle acque, per una centrale che viene giudicata «un business basato sugli incentivi». «Cosa accadrà nei momenti di scarsa portata del fiume? - ha detto Cadez -. Quanta acqua verrà lasciata scorrere liberamente e quanta invece verrà prelevata? È vero che è importante puntare sulle energie rinnovabili, ma non sempre queste sono sostenibili». Così, ha annunciato Giuseppe Sansone, Legambiente chiederà alle istituzioni e ai progettisti un incontro per fare chiarezza sul reale impatto della centrale sul fiume ma pure sull'ambiente del parco dell'Isonzo in cui si inserirà. Il sodalizio ha anche parlato dell'importanza della nutrita partecipazione allo Sciopero per il clima promosso da Fridays for Future, sempre venerdì, e parlato delle piccole e grandi azioni che anche a livello locale andrebbero avviate per contrastare il cambiamento climatico. Tra queste sportelli dedicati a tutte le informazioni sull'efficientamento energetico che il Comune potrebbe aprire per informare i cittadini, contribuendo a ridurre consumi ed emissioni. Tornando invece alla giornata ecologica "Puliamo il mondo", vi hanno preso parte oltre una ventina di soci, volontari e scout, che si sono concentrati in questa occasione sulla pulizia dell'area urbana compresa tra piazza Sant'Antonio, il colle di via Alviano e dell'Università, borgo San Rocco e via Lantieri. Il tutto con il sostegno del Comune e di Isontina Ambiente. Come ha spiegato la presidente Tomasich, in diverse ore di lavoro sono stati riempiti quasi dieci sacchi con bottiglie di vetro e lattine, ma anche plastica, cartacce, piccoli rifiuti e mascherine. Persino una vecchia sedia e una scopa. Poi, centinaia e centinaia di mozziconi di sigaretta, tanti da riempire cinque bottiglie di plastica. Una nuova iniziativa di "Puliamo il mondo" è in programma il 10 ottobre, nel Parco del Castello.
Marco Bisiach
NEL GOLFO - Cinquanta imbarcazioni per pulire dalla plastica spiagge, scogliere e mare - Assonautica con le federazioni di settore
Quando l'amore per l'ambiente si traduce in una pulizia in superficie del mare. Via alla prima edizione di "Giornata della pesca alla plastica-Aiutiamo il nostro mare", iniziativa andata ieri in scena nel golfo di Trieste a cura dell'Assonautica Trieste, in collaborazione con Guardia Costiera Ausiliaria, Federazione Pesca e altre sigle del settore come Fiv, Fim e Fipsas. Una cinquantina le imbarcazioni che hanno aderito all'appello per un intervento di bonifica non nei fondali ma tra spiagge, rive, scogliere, moli e su quanto galleggia. Le operazioni sono iniziate nella mattinata e si sono protratte sino al tardo pomeriggio. Hanno visto in primo piano le squadre di "spazzini" del mare provenienti dalle sedi della Lega Navale, della Triestina sport del mare, Centro servizi nautici e Club del Gommone. Tutti a caccia della plastica inquinante, quella soprattutto di bottigliette e sacchetti, gli elementi che hanno costituito il principale bottino di ieri. Gli attrezzi usati? Quelli della tradizione. Nulla di troppo sofisticato quindi ma olio di gomito supportato da canne da pesca, retine e dal classico "mezzo marinaio". I rifiuti raccolti nella serata di ieri sono stati poi affidati alla Pertot, entrata in campo per la fase essenziale della manifestazione, quella del lavoro di smaltimento. «Provvederemo anche alla pesatura del pescato delle immondizie - hanno precisato da Assonautica - ma si tratta di un passaggio simbolico, come simbolica sarà la premiazione».
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 25 settembre 2021
AMBIENTE - Porti di Trieste e Monfalcone pronti alla sfida emissioni zero
I tedeschi dei Hhla International con il progetto Smooth Port puntano a tecnologie volte alla riduzione degli scarichi di CO2. «Siamo pionieri»
Trieste con la piattaforma logistica, ma anche il porto di Monfalcone grazie all'alleanza con Amburgo punta a vincere la sfida della «neutralità delle emissioni» entro il 2040 con la riduzione totale delle emissioni di Co2. Un piano ambizioso quello di Hhla international spiegato da Lennert Dewalelsche ieri a Monfalcone in un incontro dedicato allo sviluppo della portualità e al progetto, Smooth Port, che punta proprio allo sviluppo di tecnologie nello scalo per la riduzione delle emissioni e della Co2 che vede protagonista Monfalcone con il ministero dell'economia e dell'innovazione della città di Amburgo, l'Autorità portuale locale e quella di Saint Nazaire, oltre che quella del mar settentrionale Tirreno. «Hhla con Ala è una delle società pioniere per l'utilizzo dell'idrogeno nel settore marittimo - ha insistito Dewaelsche - e stiamo lavorando per essere i leader nell'abbassamento di emissioni di Co2. Abbiamo una responsabilità sociale e se investiamo oggi vedremo i risultati domani. Abbiamo già ridotto del 30% le nostre quote, la Ue sta implementando i fondi per questi progetti. Questo processo non è gratuito, ma l'elettrificazione non è molto costosa e ci sono molte opportunità da cogliere. Stiamo anche riducendo i tempi di attesa dei Tir per abbassare emissioni e consumo di combustibile». Il rappresentante di Hhla ha ribadito la soddisfazione della presenza a Trieste con gli investimenti sulla piattaforma logistica «Dobbiamo realizzare anche il molo Ottavo, abbiamo finito la progettazione e speriamo di avere l'approvazione prima possibile. Per noi la presenza a Trieste è molto importante perché è un porto nel Centro dell'Europa». Hhla ha già investito sulla piattaforma logistica in attrezzature per la movimentazione a basso consumo e bassa rumorosità. Nell'incontro il segretario dell'Autorità di sistema del mar Adriatico orientale, Vittorio Torbianelli, ha parlato dei progetti per la riduzione delle emissioni negli scali (ci sono già 7 milioni per l'elettrificazione della banchina di Monfalcone), e per il cambio di carburante (meno inquinante) per le navi in arrivo. Tra i progetti già avviati il trasferimento dei traffici su rotaia che nello scalo di Trieste è massiccio. Giuseppe Bortolussi (Interporto Pordenone e Confindustria) ha ribadito la necessità da parte di Rfi di una programmazione più attenta per la logistica e ha confermato la vicinanza dell'Industria al sistema della logistica del Fvg.
Giulio Garau
Fridays a Ponterosso: «Subito una svolta green» - I giovani seguaci di Greta Thunberg in piazza
Serve una svolta. E serve subito. È ciò che reclamano i ragazzi di "Fridays for Future Trieste", che ieri si sono ridati appuntamento in piazza Ponterosso. Al centro dell'incontro slogan sulla tutela dell'ambiente, cartelloni dipinti a mano con messaggi sull'urgenza di salvaguardare la terra e appelli sulla necessità di cambiare un mondo sempre più inquinato. Dal 2018, ogni anno, in moltissime piazze, in scia al movimento d'opinione lanciato da Greta Thunberg, i giovani si ritrovano per protestare in modo pacifico, per ribadire l'importanza di comportamenti incentrati sulla sostenibilità. E così anche ieri, a Ponterosso, i ragazzi si sono alternati al microfono per ricordare i numeri legati all'emergenza ambientale, i rischi più pesanti per il pianeta e le conseguenze dei cambiamenti climatici.«Torniamo a farci sentire - così ieri i partecipanti - dopo un'estate calda, anzi, caldissima. A novembre, a Glasgow, gli stati che nel 2015 hanno firmato gli accordi di Parigi si riuniranno in una conferenza, denominata "Cop26", e discuteranno come ridurre le emissioni di Co2 nei prossimi anni, con l'obiettivo di riunirsi nuovamente nel 2026. Finora poco però è stato fatto. L'unico modo per sperare che cambi qualcosa è farci sentire adesso».
Micol Brusaferro
Greta: «Germania canaglia del clima C'è il voto, ma io non faccio politica»
Colloquio con l'attivista svedese a poche ore dal voto. Ieri sciopero del clima, giornata di mobilitazione internazionale
BERLINO. Sceglie Berlino Greta Thunberg per riportare l'attenzione sull'emergenza climatica, a due giorni dalle «elezioni del secolo» in Germania, come le ha definite l'attivista tedesca Lisa Neubauer. Ma chi sperava in un endorsement diretto al partito dei Verdi è rimasto deluso. È il primo grande raduno dopo due anni di pausa per il coronavirus, e sul prato davanti al Bundestag sono circa in 20.000, riferisce un'agente in divisa a protezione del palazzo del Reichstag. «Sono deliziata di vedere così tante persone, è passato un po' di tempo e non ci sono più abituata» ha esordito la svedese Greta Thunberg, dopo aver salutato la folla di giovani e giovanissimi in tedesco. Poco prima di salire sul palco Greta aveva spiegato a un gruppo di giornalisti perché aveva scelto la capitale tedesca: «Sono a Berlino per partecipare allo sciopero mondiale sul clima ma certamente qui è un po'speciale per via delle elezioni» dice Greta, capelli sciolti, viso abbronzato, pantaloni della tuta viola. È piccolina e quando esce dallo stand bianco che la protegge dagli sguardi dei curiosi, si fatica a credere di avere davanti una 18enne. Dal voto di domenica si augura «che i politici si assumano le loro responsabilità, ma noi dobbiamo continuare ad essere attivisti perché nessuno dei partiti politici ha un programma in linea con l'accordo di Parigi» spiega. Non è qui per fare «campagna elettorale» per alcun partito, spiega, né pensa di entrare in futuro in politica, risponde sorridendo alla domanda. Dei quattro minuti a disposizione per le interviste, Greta ne usa poco più di tre. Sono risposte rapidissime, precise, a voce appena udibile anche a meno di un metro di distanza. Quando sale sul palco e prende il microfono però la sua voce si trasforma. Il timbro diventa forte e profondo, il tono combattivo. «La Germania è il quarto paese al mondo per emissioni di Co2» scandisce dal palco, «oggettivamente è una delle maggiori canaglie in fatto di clima» e «cambiare non è solo possibile, è anche urgente e necessario» aggiunge. La folla la accoglie entusiasta. «Che cosa vi fa tanta paura da venire qui stamattina? » chiediamo a un gruppetto di bambine. «Quando avremo dei figli e loro avranno dei figli dovranno vivere in un mondo molto brutto» dice una ragazzina bionda di 11 anni, mentre la sua amica di 12 spiega che non è qui solo per il clima, ma per la sua sopravvivenza. Sono tanti gli adolescenti, i bambini con i genitori, le mamme con i passeggini, i papà con i bimbi nei marsupi, e le «Nonne per il futuro». In Germania si sono svolte 472 dimostrazioni per lo sciopero mondiale del clima, circa 1.400 in 80 paesi diversi del mondo, diverse in Italia. La candidata dei Verdi Annalena Baerbock ha sfruttato l'occasione per fare un salto alla dimostrazione di Colonia dei Fridays for Future. Ma non è lei la protagonista della giornata. Mentre Greta fa campagna per il clima, la cancelliera Angela Merkel, da Monaco, fa appello «perché la Germania resti un paese stabile». Stabilità o clima. Questi i grandi temi in gioco alle elezioni che si avvicinano, mentre il distacco tra i candidati Spd e Cdu-Csu si sarebbe ridotto a un punto di distanza nei sondaggi (25% Cdu-Csu, 26% Spd), certificando il testa a testa.
Uski Audino
Pulizia rifiuti e plastiche sui sentieri della Rocca - oggi con il Pertini
Da 29 anni Puliamo il Mondo, la campagna di volontariato ambientale, promossa da Legambiente in collaborazione con la Rai, chiama a raccolta cittadini di tutte le età, scuole, associazioni, amministrazioni per ripulire dai rifiuti abbandonati strade, piazze e parchi, ma anche spiagge. Un percorso di cittadinanza attiva costruito negli anni dal circolo "Ignazio Zanutto" di Monfalcone. "Qualcuno la raccoglierà", motto di questa 29ª edizione, è un messaggio chiaro: una grande comunità di volontari pronta a raccogliere i rifiuti. Un gesto di responsabilità con l'obiettivo di scoraggiare comportamenti incivili. Molti gli appuntamenti in calendario, a partire da oggi con la pulizia dei sentieri del Carso alla Rocca, riservato ai ragazzi dell'Istituto "Pertini" che ha aderito alla campagna. Altri eventi l'1 (dedicato alle scuole) e il 2 ottobre (aperto a tutti) sul litorale di Staranzano, l'8 ottobre a Grado, il 9 a Doberdò e, a data da stabilire, a Gradisca. Comune che assieme a Doberdò, Grado e Staranzano hanno aderito.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 24 settembre 2021
Gli scolari e scolare di Muggia ripuliscono le aree verdi del centro di Muggia nell'ambito della campagna "Puliamo il Mondo" di Legambiente
Puliamo il Mondo 2021 si è svolto oggi a Muggia per iniziativa del Comune di Muggia, con la Scuola De Amicis e Legambiente. Una bella squadra di allieve e allievi delle classi quarte della scuola De Amicis di Muggia con le loro maestre. Più di cinquanta "operatori ecologici" in erba hanno ripulito stamane i giardini Europa al centro di Muggia nell'ambito dell'iniziativa nazionale di Legambiente "Puliamo il Mondo". Bottiglie, lattine, qualche cartone e tanta, tanta plastica, anche qui, come ovunque. Tre ore di lavoro fatto divertendosi e in piena sicurezza, intervallate da "istruzioni ambientali" fornite dall'istruttore di Legambiente, che ha esordito dicendo "Queste immondizie, molte riciclabili, sono su questo prato" ha detto "perché tanti "distratti" le hanno buttate! Dobbiamo riflettere sempre su ogni gesto che facciamo"
IL PICCOLO - VENERDI', 24 settembre 2021
Mads progetterà la demolizione della Tripcovich - l'incarico per 31.720 euro
Avviato lo studio di fattibilità tecnico-economica per la demolizione della Sala Tripcovich che - riporta una nota del Comune - consentirà di valorizzare l'accesso sud al Porto Vecchio. La specifica determina, firmata del direttore dipartimentale Giulio Bernetti, ha affidato il compito allo studio Mads & Associati, che avrà 60 giorni di tempo per redigere il relativo progetto, che prevede un investimento di circa 800.000 euro. Il compenso previsto per i professionisti ammonta a complessivi 31.720 euro. Questo progetto - precisa la nota - si realizza in coerenza e nel rispetto con la riqualificazione dell'area del Porto Vecchio, seguendo l'Accordo di Programma firmato il 4 marzo 2021.
Al via il recupero dello storico giardino di vicolo dell'Edera - Opera da 200 mila euro: pronto a gennaio
Dopo più di 20 anni tornerà al suo antico splendore l'angolo verde di vicolo dell'Edera: 2.700 metri quadrati, in stato di abbandono e chiusi al pubblico, fra le case e il nido "Zucchero Filato". Dopo lo sfalcio dell'erba infestante e il taglio di tre alberi pericolanti il piano di recupero (da oltre 200 mila euro, di cui 30 mila per l'area giochi) partirà nei prossimi giorni e si concluderà entro gennaio. I lavori riguarderanno la sistemazione delle recinzioni e dei percorsi pedonali. Saranno quindi realizzati un nuovo ingresso da vicolo dell'Edera, un percorso interno in calcestruzzo drenante eco-compatibile, una nuova linea d'acqua per la messa in opera di due fontane con acqua potabile, un'area giochi e un'altra dedicata ai cani, con relative recinzioni e cancelli, nuove panchine, cestini e pavimentazione antitrauma. «L'amministrazione negli ultimi cinque anni ha investito oltre cinque milioni in aree verdi - così l'assessore Elisa Lodi - intervenendo su 52 aree gioco da Santa Croce a Borgo San Sergio e provvedendo alla piantumazione di cento alberi. È la migliore risposta a chi ci accusa di non aver fatto nulla per valorizzare il verde urbano».
Lorenzo Degrassi
Targa del Comune a Caroli, "paladina" del Porto vecchio - Per Rossi è «nume tutelare dell'antico scalo» - il riconoscimento
«Per la passione, la determinazione e le competenze dimostrate per la salvaguardia del Porto Vecchio». È questa la motivazione incisa sulla targa che ieri mattina l'assessore Giorgio Rossi ha consegnato, a nome di tutta la città, ad Antonella Caroli, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra e già segretario dell'Autorità portuale. «Antonella Caroli - ha detto Rossi, rivolgendosi alle persone che hanno partecipato alla cerimonia, al Magazzino 26 - si è sempre impegnata per la tutela, il recupero e la riqualificazione di quest'area. Penso di poterla definire "nume tutelare" del Porto Vecchio, anche nel processo di riqualificazione della struttura». «Il rapporto che ho vissuto con il Comune in questi anni - ha sottolineato Caroli - è stato eccellente. Mi sono state aperte tutte le porte e spero che si continui a lavorare su questa traccia. In passato era necessario passare per le segreterie dei partiti e questa era una pessima prassi. Di fronte alla cultura infatti non devono esserci ostacoli. Scriverò un libro sulla storia del Porto Vecchio partendo dal 1982, quando iniziai a occuparmi dell'argomento. Il Porto Vecchio è un patrimonio da studiare e valorizzare. Oggi non tutti quelli che ne parlano ne conoscono storia e caratteristiche».
u.sa.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 settembre 2021
Contratto con Trenitalia: base di 60 milioni l'anno
Previsto un significativo aumento di mezzi, ma c'è l'incognita sulle nuove tariffe
TRIESTE. Si era già in proroga dal 2015. Ed è poi arrivata pure la pandemia. Ma adesso che, grazie alla campagna vaccinale, la speranza comune è di ritornare quanto prima a viaggiare in treno al cento per cento della capienza (attualmente non si va oltre l'ottanta), la Regione intende chiudere prima possibile la trattativa con Trenitalia per il rinnovo del contratto di trasporto sul territorio nordestino. Un "pacchetto" di prospettiva decennale che può valere tra i 50 e i 60 milioni di euro all'anno. Mezzo miliardo, insomma, forse 600 milioni. Tanti soldi per un obiettivo che l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti riassume concretamente nel «miglioramento del servizio per l'utente». Si ragiona in termini di qualità: l'esponente della giunta Fedriga anticipa che «è previsto un significativo aumento di nuovi mezzi nell'ottica del ringiovanimento del parco». Mentre, per quel che riguarda le