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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2020
IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 dicembre 2020
La centrale di Krsko torna a pieno regime «controlli ok»
Zagabria. Nessun impatto dalle scosse di assestamento di ieri all'alba, né
da quella di martedì mattina. E impianto pronto a "riaccendere" il reattore e a
produrre energia elettrica come prima del sisma. Lo ha annunciato ieri il
management della centrale nucleare di Krsko (Nek), in Slovenia. Krsko era
entrata in «shutdown automatico», procedura standardizzata di arresto in
sicurezza del reattore che, prevista dai sistemi di controllo, si era attivata
dopo il sisma di martedì. Per tutta la giornata di ieri l'equipaggiamento della
centrale è stato «ispezionato in maniera sistematica» ed è stato così verificato
che l'impianto «non ha subìto alcun danno e i sistemi controllati funzionano
correttamente». Da qui la decisione di iniziare le procedure di riconnessione di
Krsko alla rete nazionale slovena, già in programma per ieri sera, con il
ritorno entro oggi «a pieno regime». Martedì l'Autorità di sicurezza nucleare
slovena aveva reso noto l'avvenuto arresto automatico rassicurando che non vi
erano state anomalie. La Iaea (International Atomic Energy Agency) ha reso noto
- riferisce dall'Italia l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e
radioprotezione - che «l'evento non ha determinato, almeno dal punto di vista
radiologico, impatti sull'ambiente». In Italia intanto continuano le prese di
posizione. Per il consigliere comunale di Trieste Bruno Marini (Forza Italia),
«il terremoto dimostra che il pericolo è reale. Va rilanciata una azione
diplomatica forte a livello di governo e della Regione Fvg per arrivare, se non
alla chiusura dell'impianto, a misure che garantiscano sicurezza totale».
st.g.
SEGNALAZIONI - Centrale nucleare - Krsko va chiusa non raddoppiata
Lunedì 3 agosto 2020 Il Piccolo titolava in prima pagina "Krsko 2, il piano del raddoppio - Croazia pronta a co-finanziare il secondo reattore della centrale slovena che si trova a soli 110 chilometri dal Friuli Venezia Giulia". Dopo il violento sisma dei giorni scorsi che ha sconvolto la Croazia e distrutto Petrinja, la centrale atomica slovena è stata posta in stand by per controlli. Ritengo che il governo italiano, oltre a offrire il supporto immediato della Protezione civile per le prime necessità alle popolazioni colpite, dovrebbe con voce chiara e forte chiedere ai due vicini Paesi, Slovenia e Croazia, cui la Centrale di Krsko appartiene, di predisporre un piano per la chiusura definitiva di quell'impianto che ripetute segnalazioni da parte di esperti geologi italiani hanno evidenziato, già da diversi anni, sorgere in zona a elevato rischio sismico. Mi chiedo inoltre come questi Paesi possano sperare di accedere ai fondi che la Commissione europea elargirà nell'ambito del Green Deal europeo, volendo finanziare il raddoppio di una centrale atomica obsoleta, gravata da rischi sismici chiaramente evidenziati dal terremoto. L'energia atomica legata alla fissione non rientra tra le energie rinnovabili previste dal Green Deal. Anche i progettisti giapponesi della Centrale di Fukushima giuravano sulla sicurezza di quell'impianto, sorto in un territorio a elevata sismicità. Abbiamo visto com'è andata. Auspico quindi che le forze politiche italiane trovino la determinazione e il coraggio di chiedere ai vicini Stati confinanti e alla Commissione europea non solo di abbandonare il progetto del raddoppio del reattore di Krsko, ma di programmare la chiusura definitiva di quell'impianto nucleare, potenziale pericolo non solo per i territori sloveno e croato ma per ampie aree di quello italiano.
Sergio de Luyk
La Contea torna in campo contro il terminal gnl di Veglia
Komadina si schiera con il Comune sul tema dell'inquinamento acustico e
sul "caso bora": «Tre rimorchiatori per evitare che la nave prendesse il largo»
VEGLIA. Nella vicenda del rigassificatore galleggiante di Castelmuschio
(Omisalj), sull'isola quarnerina di Veglia, scende in campo anche il governatore
della Regione del Quarnero e Gorski kotar, il socialdemocratico Zlatko Komadina.
Avversato dagli enti locali fin dalla fase progettuale, il terminal metanifero è
entrato nel mirino da ultimo a causa del rumore prodotto durante le operazioni
di sperimentazione, e non solo. Ma andiamo con ordine. Komadina, da sempre
contrario all'impianto offshore in quanto collocato in un'area importante dal
punto di vista turistico, si è schierato in conferenza stampa con il Comune di
Castelmuschio dichiarando che vi si affiancherà nella misurazione dei decibel
prodotti dalla nave. «Lo studio di impatto ambientale - ha ricordato Komadina -
non ha trattato questo problema e anzi nel documento si sostiene che la nave
Fsru lavorerà in modo sostanzialmente silenzioso, anche in questa prima fase. Ma
non è così, come si è visto in queste settimane in cui la sindaca di
Castelmuschio, Mirela Ahmetovic, e i suoi più stretti collaboratori sono stati
tempestati dalle telefonate di protesta di residenti di quella e di altre
località, come Costrena e Portore'». Il governatore si è poi soffermato su un
altro aspetto emerso nei giorni scorsi, quando l'isola e tutto l'Alto Adriatico
sono stati sferzati da forte bora: «È servito l'intervento di tre rimorchiatori
- ha attaccato - per evitare che l'ex metaniera prendesse il largo. Dunque
avevamo ragione noi nel sostenere che si doveva costruire il rigassificatore
sulla terraferma e non in mare, a pochi metri dalla costa». Il terminal
galleggiante a questo punto «deve essere collocato in mare aperto e non a breve
distanza dalla riva», ha concluso Komadina: «Purtroppo non ci rallegra l'avere
avuto ragione nella posizione che abbiamo assunto, in quanto prevediamo altre
turbolenze nell'attività dell'impianto».Sul "caso bora" ha rincarato la dose la
sindaca Ahmetovic: «Mi chiedo cosa succederà in presenza di bora ciclonica, più
intensa di quella che abbiamo visto alcuni giorni fa. Lo Studio di impatto
ambientale si è basato sui dati della stazione meteorologica di Cosala, a Fiume,
benché ci siano anemometri posizionati anche al vicino aeroporto di Veglia e
presso l'Oleodotto adriatico». Secondo Ahmetovic però non sarebbero stati «presi
in considerazione», ha concluso la prima cittadina puntando esplicitamente il
dito contro il partito di governo a Zagabria, «l'Hdz, e contro il ministro
dell'Economia e Sviluppo sostenibile, Tomislav Coric».Hrvoje Krhen, direttore di
Lng Hrvatska, l'azienda pubblica che gestisce l'impianto, non ha voluto
commentare l'episodio legato al vento, limitandosi a sostenere che domani,
quando è in programma l'avvio dell'attività vera e propria del rigassificatore,
l'inquinamento acustico che ne ha caratterizzato la fase sperimentale
scomparirà.
Andrea Marsanich
Pescatori, da domani un mese di fermo - stabilito da Zagabria
FIUME. Ancora oggi le pescherie istriane, fiumane e dalmate potranno vendere
pesce azzurro fresco di taglia minuscola: dalla mezzanotte scatterà il fermo
biologico per sardelle, alici e papaline. Il divieto è stato stabilito dal
ministero dell'Agricoltura e Pesca ormai una quindicina di anni fa, fra
polemiche puntuali. Quest'anno Zagabria però ha permesso ai pescatori
professionisti con reti da circuizione di rimanere in attività non fino al 24
dicembre, ma fino a fine anno. Il fermo biologico resterà in vigore sino a fine
gennaio, anche se già ieri il pesce fresco ha scarseggiato sia perché la
categoria era ormai abituata a non uscire in mare nell'ultima settimana
dell'anno, sia perché vari titolari di imbarcazioni da pesca hanno usufruito del
cosiddetto Covid-fermo biologico, lanciato dal governo croato per tutto il mese
di dicembre. In base a questo provvedimento i proprietari dei pescherecci
rimasti fermi e i componenti degli equipaggi sono stati risarciti con fondi Ue.
A prendere il largo poi potevano essere solo le barche che non avevano superato
la quota di prelievo di dicembre, fissata a 100 tonnellate per ciascun
motopesca. In questo periodo poi, sempre causa Covid, sono mancati i clienti che
solitamente arrivavano dall'Italia. I pescatori croati potranno tornare in mare
da febbraio ad aprile, mentre maggio sarà il mese del secondo fermo previsto,
con cui dopo decenni di ipersfruttamento si cerca di tutelare l'ambiente.
a.m.
Rosolen: «Ferriera, ora basta propaganda» - l'intervento nella polemica
M5S-Scoccimarro
L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro «non è credibile quando
si attribuisce meriti non suoi sulla chiusura della Ferriera: non sono stati
certo quattro comunicati di contrarietà allo stabilimento o una letterina
inviata ad Arvedi in cui auspicava la chiusura a convincere un imprenditore a
rivedere il piano industriale». Lo afferma, in una nota, il consigliere
regionale del M5s Andrea Ussai: «Crediamo che il merito di questo obiettivo
raggiunto vada attribuito alle associazioni e ai cittadini che si sono battute
per la chiusura, anche e soprattutto al ministro Patuanelli che ha reso
possibile un nuovo Accordo di programma». E sul tema in serata ecco il
comunicato dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, che predica toni
più bassi, a quanto si capisce anche nei confronti del collega di giunta, e
prende «le distanze da chi fa propaganda sulla pelle delle persone. Non è una
gara tra governo, Regione e Comune. Certe rivendicazioni abbattono il livello di
credibilità delle istituzioni».
Comitato Dolci - Marcia della Pace domani su Fb
Il Comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci invita a partecipare
alla Marcia della Pace, che si tiene tradizionalmente il primo gennaio, ma che
domani per ragioni legati alla pandemia si svolgerà in un'inedita modalità
"virtuale". Chi vuole può inviare «un post o un video con un pensiero e la
adesione dalle 16 alle 19 al profilo Fb Comitato Dolci Trieste. Staremo tutti
insieme testimoniando il nostro desiderio di pace con l'augurio per un anno
migliore».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2020
Gli ambientalisti alla Regione: «Vasche dei pesci, altri test»
LA RICHIESTA ALL'ENTE DI UNA PROCEDURA DI "VIA" PER L'IMPIANTO DI DUINO
DUINO AURISINA. Avviare una "Via", una procedura di "Valutazione di impatto
ambientale", per approfondire le problematiche che comporta la presenza, nelle
acque di Duino Aurisina, delle strutture per l'allevamento intensivo del pesce
della Valle Ca' Zuliani. È questa la richiesta che il gruppo "Salute e Ambiente
Fvg" di Duino ha formulato in questi giorni alla Direzione centrale Ambiente
della Regione. L'obiettivo è «completare un'approfondita verifica di tutti gli
aspetti che incidono sull'ambiente naturale e sul contesto generale» in
conseguenza dell'attività delle 58 "vasche" . Il testo con il quale il portavoce
del gruppo Danilo Antoni si è rivolto all'amministrazione regionale è in realtà
una replica alla risposta che la stessa Regione ha dato a una precedente
richiesta di "Salute e Ambiente", con la quale gli ambientalisti duinesi avevano
espresso notevoli perplessità sull'attività di pesca intensiva nel golfo,
facendo esplicito riferimento all'aumento da 52 a 58 del numero di vasche
presenti. La Regione ha dato incarico all'Arpa di approfondire la questione,
arrivando a fornire questa risposta conclusiva: «In base agli elementi a
disposizione - si legge nella lettera indirizzata allora dalla Regione a "Salute
e Ambiente" il primo dicembre - a meno di dimostrate ulteriori evidenze
dell'impatto determinato dall'ampliamento di sei vasche, non si ravvede la
necessità di rivedere le valutazioni autorizzative già espresse, inerenti
l'ampliamento dell'impianto». «Contestiamo numerosi aspetti delle conclusioni
notificateci - sottolinea Antoni nell'ultimo documento inviato - e in
particolare il fatto che le gabbie posizionate per prime, circa 30 anni fa, non
sono mai state analizzate sotto il profilo dell'impatto ambientale. Inoltre la
grande concentrazione di elementi o materia organica nell'allevamento risulta
dannosa per l'ecosistema marino».-
Ugo Salvini
Centrale di Krsko - Blocco automatico, scattati i controlli dopo il
terremoto.
L'Agenzia slovena conferma il fermo dell'impianto - Ma si riaccende la
polemica sull'ipotesi del raddoppio
Trieste. La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, si è spenta
automaticamente dopo il terremoto che ha colpito la Croazia. Non si registrano
danni, ma torna d'attualità il tema del futuro dell'impianto, con un'esponente
del governo austriaco che ne auspica la chiusura e la Regione Fvg che esprime
forti perplessità sul possibile raddoppio della centrale. L'Agenzia per
l'ambiente della Repubblica di Slovenia ha confermato che il terremoto di
Petrinja ha causato l'arresto automatico della centrale di Krsko, situata a soli
80 chilometri a est dall'epicentro della scossa più forte registrata in Croazia
alle 12.19. Pochi minuti dopo peraltro, alle 12.24, è stata registrata una
scossa di terremoto di magnitudo 4,1 e stavolta con epicentro a Hinje, in
Slovenia, 60 km a est dalla centrale stessa. Il reattore è stato posto
immediatamente in sicurezza dal personale che ha iniziato subito a eseguire le
procedure avviando al contempo le ispezioni sugli impianti. Non si sono
registrati impatti sull'ambiente. L'Ispettorato nazionale per la sicurezza
nucleare e la radioprotezione italiano ha subito verificato le condizioni della
centrale contattando la Snsa (Slovenian nuclear safety administration) e
ricevendo conferma dell'arresto automatico dell'impianto. Intanto, a intervenire
via twitter sul futuro della centrale è stata Leonore Gewessler, ministro delle
Infrastrutture e ambiente del governo austriaco, la quale ha ricordato che Krsko
si trova in una zona sismica: «Il nucleare - ha scritto - resta un rischio
altissimo per l'Austria. Ecco perché la mia linea non cambia: raus aus atom
(esci dall'atomo, nda)». Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, ha
contattato Danijel Levicar, amministratore delegato di Gen Skupina, la società
slovena che detiene il 50% della centrale mentre l'altra metà è della croata
Hrvatska elektroprivreda. Levicar «mi ha rassicurato riguardo il blocco
preventivo causa il terremoto - dice Scoccimarro -: non vi sarebbero danni
strutturali né tantomeno alterazioni sulla misurazione della radioattività
rilevati in loco a Krsko ed in regione da Arpa. Se da un lato sono rassicurato
dai rapporti ufficiali oltre a quelli interpersonali - aggiunge l'assessore
della giunta Fedriga - dall'altro non posso che manifestare ancora una volta
preoccupazione per una centrale nucleare non di ultima generazione a 130
chilometri dal nostro confine, e per l'ipotesi di raddoppio con tanto di
sponsorizzazione economica degli Usa, che se non sbaglio distano più di 7.000
km». Il raddoppio di Krsko ipotizzato nei mesi scorsi dalla Slovenia - con la
Croazia pronta a cooperare - potrebbe costare 7 miliardi: i due Paesi ne
avrebbero parlato anche nei mesi scorsi, ma al momento non ci sono atti
ufficiali. Intanto ieri i consiglieri regionali del M5S invitano la Regione a
riflettere «su un'azione di moral suasion nei confronti della Slovenia per
arrivare allo spegnimento di quella centrale, magari puntando sulle fonti
rinnovabili. Scoccimarro voleva entrare nella società per controllarla da
dentro, ben sapendo che la stessa è costruita in territorio soggetto a
terremoti. Noi continuiamo a chiedere che si lavori per la chiusura anche
dell'attuale reattore, non solo per oggi e domani, ma per sempre. Altro che
raddoppio», dicono i pentastellati in una nota. L'ex consigliere regionale
Giulio Lauri chiede invece al governatore Massimiliano Fedriga di intervenire
con il ministero degli Esteri per un controllo attento della centrale. Elena
Grandi e Matteo Badiali, esponenti di Europa Verde, e il portavoce di Sinistra
italiana Nicola Fratoianni invocano un intervento di Roma e della Ue annotando
la pericolosità dell'impianto.
Andrea Pierini
SEGNALAZIONI - Monfalconese. Scempio ambientale lungo il litorale Marina Julia, Alberoni e Punta Barene, effetto Hiroshima.
È stato definitivamente cancellato quel bel, piccolo, ecosistema di grande biodiversità ed unico nella zona, che alloggiava nella superficie inclinata e rasoterra dell'argine che va da Marina Julia passando per Alberoni, arriva al marina di Punta Barene. Questa folta vegetazione accoglieva d'estate, con la sua densa ombra, il pedone e il ciclista che e d'inverno riparava i medesimi dalla bora e dallo scirocco. Si trattava di vegetazione spontanea, molti bellissimi alberetti già grandi e cespugli di varie essenze. Bastava con una sapiente selezione sfoltire, potare, curare eventualmente eliminando gli alberi troppo invadenti e pericolosi e tagliando quelli secchi. Vi erano persino alberelli da frutto. Essendo state tolte persino le radici, non ci sarà neppure la possibilità di ricrescita. Il colpo d'occhio è devastante, una vera pugnalata al cuore. Nella parte superiore dell'argine pedonale e nella inferiore ciclabile si sarebbero potuto ottenere ugualmente lo stesso risultato senza attuare l'ennesimo insulto alla natura. Come nel caso della Val Rosandra di Trieste, queste cose accadono in silenzio senza che vengano coinvolte e quindi possano intervenire le associazioni protezionistiche della natura.
Furio Mantani
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 dicembre 2020
Binari istriani da rilanciare con la carta del cicloturismo
Intesa siglata fra le Ferrovie e l'Agenzia di sviluppo regionale
nell'ambito di un programma transfrontaliero Italia-Croazia per la mobilità
sostenibile
Pola. Dopo aver assicurato che non ci sarà alcuna riduzione dei collegamenti
lungo la rete ferroviaria istriana, la direzione delle Ferrovie croate gioca la
carta del cicloturismo per il rilancio del trasporto su rotaia, impiegando fondi
messi a disposizione dall'Unione Europea.Il presidente della direzione delle
Ferrovie per il trasporto passeggeri Zeljko Ukic ha firmato con il direttore
dell'Agenzia di sviluppo regionale Boris Sabatti un contratto di collaborazione
per l'incremento del trasporto ferroviario in territorio istriano incentrato
appunto sul cicloturismo: con la sottoscrizione dell'intesa le due parti
diventano partner nei progetti Icarus e Mimosa nell'ambito del programma di
cooperazione transfrontaliera Italia - Croazia che mira a promuovere la mobilità
sostenibile a livello locale, regionale e transfrontaliero e a offrire
collegamenti multimodali. «In termini concreti - ha spiegato Sabatti - entro
l'inizio della stagione turistica 2021 alcuni vagoni in servizio sulla ferrovia
istriana verranno adibiti al trasporto di biciclette. Nelle stazioni verranno
poi collocati pannelli informativi e punti di ricarica per le bici elettriche,
il che di riflesso comporterà vantaggi per l'economia locale in particolare nei
territori di Pisino, Parenzo, Rovigno, Canfanaro e Lupogliano». L'Agenzia
solleciterà anche la collaborazione degli enti turistici locali. Intanto la
Città di Rovigno e il comune di Canfanaro hanno già compiuto i primi passi
annunciando la trasformazione in pista ciclabile della ferrovia che un tempo
collegava le due località. Si tratta dunque dei primi, timidi segnali per
tentare di rilanciare la ferrovia istriana costruita nel 1876 ai tempi
dell'impero austroungarico, ed entrata in progressivo degrado con la nascita
della Croazia come stato indipendente. A causa delle locomotrici Diesel
piuttosto vetuste - l'età media supera i 40 anni - e quindi soggette a frequenti
guasti, succede non di rado ai passeggeri di dover salire sui bus sostitutivi
lungo la linea Pola-Pinguente che conta 18 collegamenti giornalieri. A oggi la
linea è un segmento isolato dal mondo: da Pola si può raggiungere fino a
Pinguente e da qui occorre prendere il pullman per raggiungere la stazione
slovena di Divaccia. Ai tempi della Jugoslavia il collegamento era diretto, ma
con la nascita degli Stati indipendenti il confine si è dimostrato insuperabile.
La linea conobbe il momento di maggior splendore alla metà degli anni Otta nta
del secolo scorso, quando il numero annuo di passeggeri era di 900.000. La
penisola però non è mai stata collegata con Fiume: oggi il treno in partenza da
Pola si ferma a Lupogliano e per raggiungere il capoluogo quarnerino bisogna
proseguire in autobus.
Valmer Cusma
Insulti a Ciriani per il caso Val Rosandra, assolti
Cadute le accuse nei confronti di due triestini che avevano definito
"luridi" e "schifosi" l'ex assessore e i suoi collaboratori
Trieste. "Luridi" e "schifosi". Così sui social due triestini avevano
definito nel 2018 il parlamentare di Fratelli d'Italia Luca Ciriani e altri
esponenti regionali, commentando la notizia dell'annullamento da parte della
Corte di Cassazione della sentenza di condanna della Corte d'Appello di Trieste
per il taglio degli alberi in Val Rosandra nel marzo 2012, eseguito quando
Ciriani era assessore regionale ad Ambiente e Protezione civile. L'ex
vicepresidente della giunta Tondo, in seguito approdato in Senato, aveva subito
querelato la coppia. Querela sporta anche nei confronti di altri sei cittadini,
autori di ulteriori contenuti pubblicati su Facebook e da lui ritenuti
diffamatori. Nel loro caso, però, la vicenda non era finita in Tribunale, ma si
era conclusa con un risarcimento in via stragiudiziale da parte degli autori dei
post offensivi e con la successiva remissione della querela da parte di Ciriani.
Risarcimento poi devoluto in beneficenza. Per quei "luridi" e "schifosi" invece
la battaglia legale è andata avanti. Nei giorni scorsi il verdetto. Il Tribunale
di Trieste ha deciso di non procedere nei confronti dei due cittadini querelati
dall'ex assessore - difesi dagli avvocati Letizia Pascutto e Stefano Briscik -.
Il giudice Francesco Antoni ha emesso nei loro confronti una sentenza di
assoluzione per la particolare tenuità del fatto. Si aprono comunque ora le
porte per un eventuale procedimento civile. Nessun risarcimento bis dunque per
il senatore Ciriani - difeso dall'avvocato Lorenzo Presot -, che nel 2017 era
stato condannato in secondo grado, assieme al capo della Protezione civile
Guglielmo Berlasso e ai funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin, per
presunta distruzione di un habitat protetto. Un esito che ribaltava
completamente quello di primo grado, che aveva assolto invece gli imputati. Il
processo era stato innescato da un esposto di Legambiente sui lavori di
deforestazione della Val Rosandra, ritenuti troppo invasivi ed eseguiti dai
volontari della Protezione civile tra il 24 e il 25 marzo del 2012 nell'ambito
della pulizia di sponde arginali, del taglio di piante pericolanti in
corrispondenza degli argini e dell'eliminazione dalle sponde di vegetazione
infestante. È in questo contesto dunque che hanno preso il via i commenti di
tanti utenti Facebook sulla pagina del Piccolo, in cui era stato pubblicato
l'articolo che dava notizia appunto della sentenza di annullamento della Corte
di Cassazione, che ancora una volta ribaltava il risultato giudiziario.
Benedetta Moro
Si riapre l'asta per l'ex Obelisco - Un doppio rilancio blocca la vendita
La cessione del complesso di Opicina era cosa fatta. Poi al fotofinish
nuove offerte da due sfidanti. Verdetto a marzo
Un Obelisco carsolino che si è messo a svettare incontenibile. Il mondo
economico, compreso quello immobiliare, è veramente imperscrutabile: l'ambizioso
albergo anni Settanta, disegnato da Gae Aulenti su una vecchia stazione di posta
risalente alla prima metà del XIX secolo, rapidamente andato a ramengo poco dopo
la costruzione e fermo da una quarantina d'anni, è diventato di moda dopo
innumerevoli tentativi d'asta andati deserti, che ne avevano abbassato il valore
a un milione e 125 mila euro. Adesso invece per comprarlo occorrono un paio di
milioni abbondanti e a fare da "lepre" è la famiglia Andretta, una stirpe di
albergatori e campeggiatori lignanesi. Nel giro di un anno, tra l'inverno 2020 e
quello 2021 ben tre tornate di gara hanno interessato e interesseranno il grande
complesso alle porte di Opicina, che sembrava ormai avviato a essere un reperto
di autopsia immobiliare. La terza prova fissata dalla milanese Sivag indica il
termine ultimo di partecipazione alle ore 12.30 del 15 marzo, si parte da un
prezzo-base di un milione e 950 mila euro, il rilancio minimo è di di 25 mila
euro: le modalità sono a cura del collegio dei curatori del fallimento Gladstone,
formato dai professionisti meneghini Patrizia de Cesari, Giorgio Canova, Andrea
Zonca.Finalmente è più chiaro il quadro di chi ha gareggiato e chi gareggia.
Seguiamo l'ordine cronologico. Il primo a ottenere l'aggiudicazione provvisoria
dell'Obelisco per un milione e 125 mila euro fu lo scorso febbraio la "Fur
Veicolo 4 srl", dietro la quale agisce la Ferret del terzetto giulio-friulano
Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone, Alberto Diasparra. Ma pochi giorni dopo
giunse ai curatori un'offerta migliorativa per il 10%, si andò in gara a metà
settembre e, dopo una serie di rilanci, prevalse la Matt srl di Stefano
Campestrini, con sede in via Torre Bianca 10 a Trieste, azienda specializzata in
operazioni immobiliari: la spuntò a un milione e 765 mila euro, mentre
Ritossa-Pedone-Diasparra ritennero di fermarsi prima. Tutto fatto? Eh no, perchè
una decina di giorni più tardi, quando siamo al 26 settembre, al collegio
curatoriale arrivò un'ulteriore proposta migliorativa, anch'essa del 10%, pari a
un milione e 950 mila euro, regolarmente cauzionata da un bonifico di 98 mila
euro equivalente al 5% dell'offerta. Allora i curatori, avvalendosi
dell'articolo 107, comma 4, della Legge fallimentare, fermarono la vendita alla
Matt e riaprirono il torneo fino alle Idi di marzo. A presentare la proposta
stavolta, come anticipato, è la famiglia Andretta: il padre Mario Enrico e il
figlio Marco gestiscono attività imprenditoriali in ambito turistico, che
comprendono i camping "Sabbiadoro" a Lignano e "Punta Spin" a Grado, l'hotel
"Città di Parenzo" in via degli Artisti a Trieste, gli alberghi "Adria" e
"Gloria" a Lignano, gli hotel "Kovacine" e "Kimen" a Cherso. Per superare
l'offerta degli Andretta per l'Obelisco servono, come minimo, due milioni e 145
mila euro: Gabriele Ritossa ha già detto, a nome dei soci, "nein danke". Gli
Andretta confermano il blitz carsolino e fanno sapere di valutare possibili 2-3
ipotesi di riqualificazione, che saranno approfondite solo dopo l'esito di
marzo. Il compendio dell'Obelisco presenta misure notevoli: siamo a 340 metri
sul livello del mare, l'area complessiva di albergo-giardini-impianti sportivi
sfiora i 62 mila metri quadrati. La perizia, redatta dall'architetto milanese
Giuseppe Agresta, risale al giugno 2010 e stimava il bene quattro milioni e 573
mila euro: dire che il mercato era già depresso...
Massimo Greco
Scoccimarro: «Ferriera? Senza di noi sarebbe lì» - la risposta al
pentastellato Menis
«Ho lavorato alla chiusura della Ferriera dal primo giorno del mio
insediamento». L'assessore regionale all'Ambiente di Fratelli d'Italia Fabio
Scoccimarro replica a muso duro al consigliere comunale pentastellato Paolo
Menis, che nei giorni scorsi aveva dichiarato che «l'unico a cui va riconosciuto
il merito di aver riconvertito» l'area della Ferriera in un anno «è il ministro
Stefano Patuanelli».Menis commentava a sua volta le affermazioni del sindaco
Roberto Dipiazza, che avocava a sé il merito della chiusura. Interviene ora
Scoccimarro: «Debbo rispondere alle bizzarre dichiarazioni di Menis. Ricordo a
tutti che appena insediato, il 15 luglio 2018, ricevetti la diffida da un legale
dell'azienda perché avevo parlato di riconversione e chiusura». Scoccimarro
prosegue poi snocciolando le date degli incontri da lui fatti per arrivare
all'obbiettivo: «Nella primavera del 2019 ho iniziato un percorso di confronto
con l'azienda, incontrando Arvedi a Cremona. Quel processo è culminato poi il 26
luglio successivo nella lettera di collaborazione inviata al presidente
dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. A fine agosto chiesi ufficialmente, su
delega del presidente Fedriga, all'azienda a dismettere l'area a caldo e a
condividere un programma per la riconversione dell'area». Lettera a cui
l'azienda risponde, Scoccimarro esibisce tutti i documenti anche in un video
pubblicato su Facebook: «Nella loro risposta c'è la prima ufficiale e formale
"presa d'atto della volontà politica e disponibilità a discutere
costruttivamente la proposta avanzata"». Conclude: «Appena settimane dopo si
insediava il ministro Patuanelli. Ha convocato un tavolo e ha fatto quello che
non aveva fatto Di Maio, sbloccando i fondi per le industrie impattanti. Ha
detto bene Dipiazza, se non ci fossero stati un sindaco e una Regione a guida
centrodestra, oggi avremmo ancora Servola imbrattata».
Nel 2021 la bolletta dei rifiuti a Medea sarà calcolata in base agli
svuotamenti oltre ai metri quadrati e agli occupanti - il microchip sul mastello
giallo
MEDEA. Lo slogan è "Più differenzi e meno paghi". Dal 1 gennaio 2021 verrà
introdotto a Medea il nuovo sistema di calcolo della bolletta dei rifiuti a
tariffa puntuale. L'obiettivo è quello di far pagare il servizio agli utenti in
base alla quantità di rifiuti conferiti e ai servizi richiesti. Le componenti
che contribuiscono a calcolare l'importo della bolletta saranno la quota fissa
(a superficie in metri quadri dell'immobile), la quota variabile (numero di
occupanti dell'immobile) e la quota puntuale (numero di svuotamenti).Ecco come
funzionerà. Attraverso un sistema di digitalizzazione e geolocalizzazione è
possibile registrare ogni svuotamento richiesto dal cittadino grazie a un codice
univoco che lo identifica: questo sistema perfeziona l'attuale metodo di calcolo
della bolletta basato su una presunzione di conferimento di rifiuti. Grazie a un
codice identificativo inserito nel mastello (che è quello già in consegna ai
cittadini dal 2016 con il coperchio giallo) tramite il TAG Rfid, ogni utente
dispone di un proprio contenitore da usare per il conferimento del rifiuto secco
residuo, che viene letto al momento del suo svuotamento. Ogni mastello è
abbinato a un solo utente; per evitare di confonderlo o scambiarlo si consiglia
di renderlo subito riconoscibile personalizzandolo con il proprio nome o con
altro segno distintivo. Ogni svuotamento del mastello viene registrato e
contribuisce al calcolo finale della bolletta: selezionando al meglio si evita
di inserire nel mastello materiali riciclabili, riducendo al massimo il numero
di esposizioni. Le regole della raccolta non cambiano: il rifiuto secco va
esposto la sera prima del suo prelevamento nelle giornate previste dal
calendario. «La strada intrapresa con il "porta a porta"- dice il sindaco Igor
Godeas - segna una tappa fondamentale del suo percorso, forse la più importante
e ambita: l'introduzione della tariffa puntuale. Confortati dal crescente
impegno dei cittadini, dimostrato nel corso degli ultimi anni e dai risultati
eccellenti in termini percentuali raggiunti da Medea nella raccolta
differenziata (76% nel 2019), siamo convinti sia arrivato il momento di
riconoscere ai residenti virtuosi lo sforzo che compiono ogni giorno. Il
meccanismo del nuovo sistema di calcolo della tariffa rifiuti ricalca per molti
aspetti la metodologia applicata alle bollette di acqua, gas ed energia
elettrica, settori che correlano l'importo delle forniture all'effettiva
fruizione del servizio».
Marco Silvestri
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 dicembre 2020
Soldi dalla Regione per ripulire i boschi «E si muova Roma»
L'assessore Roberti conferma il "chip" per la bonifica di rifiuti e vestiti
abbandonati dai migranti della rotta balcanica «Ma ora tocca al governo»
TRIESTE. Un segnale di vita da Roma. È quanto chiede Pierpaolo Roberti,
assessore regionale alla Sicurezza, riferendosi ai 150 mila euro approvati nella
legge di stabilità del Fvg a sostegno dei comuni che fanno i conti con i rifiuti
e i vestiti abbandonati sul loro territorio dai migranti in arrivo dalla rotta
balcanica. Nella lista delle località destinatarie dei fondi a tutela
dell'ambiente compare anche a Trieste, accanto a Monrupino, Muggia, Sgonico e
San Dorligo della Valle. Ed è proprio da quest'ultimo comune che, ormai diverso
tempo fa, era partita la prima richiesta di sostegno finanziario alla cura del
paesaggio. «Il fenomeno che sta rendendo i nostri boschi un immondezzaio lo
conosciamo bene: dopo aver attraversato il confine i migranti si disfano di
vestiti, scontrini, qualsiasi traccia che possa costare loro la riammissione in
Slovenia», così Roberti: «In alcuni casi l'amministrazione di San Dorligo della
Valle, che ha sul suo territorio la Riserva naturale della Val Rosandra, ha
fatto tutto da sola, mettendo in atto operazioni di pulizia che coinvolgevano la
Protezione civile o associazioni di volontariato. La richiesta di un aiuto
strutturale è partita da lì». E la Regione, appunto, l'ha accolta, estendendo il
programma di sostegno al resto dei comuni che condividono lo stesso problema. Le
risorse, ammette lo stesso Roberti, «non sono così ingenti ma sono comunque
emblematiche per far capire che il fenomeno migratorio influenza anche la sfera
della tutela ambientale». E ora che un piccolo passo dalla Regione è stato
avanzato, l'assessore tiene a sottolineare che pure Palazzo Chigi dovrebbe
assumersi la sua parte di responsabilità: «Oggi ci facciamo carico di
quest'onere. Ma pretendiamo che Roma batta un colpo e si accorga che il Fvg non
può addossarsi, oltre ai costi sociali e sanitari, anche quelli ecologici che
derivano dalla rotta balcanica. Pretendiamo che il nostro territorio venga
salvaguardato e che finalmente ci sia un risveglio davanti al problema
dell'immigrazione irregolare. È legittimo - ancora Roberti - che il governo
abbia, sul tema dell'accoglienza, visioni diverse dall'amministrazione
regionale, ma di quelle visioni non può essere il Fvg a pagare il dazio».
Linda Caglioni
Rigassificatore di Veglia al via - Nuove proteste dei residenti
Lamentele per rumori e vibrazioni. L'azienda: test in corso, a regime
normale gli inconvenienti cesseranno. Il sindaco: pronti a denunciare i problemi
a Zagabria
VEGLIA. Se il buon giorno si vede dal mattino, è allora scontato che la
strada dei rapporti tra il rigassificatore offshore dell'isola di Veglia e la
popolazione locale sarà lastricata da incomprensioni, malcontento e proteste
assortite. Del resto fin dalla prima fase del progetto era stato chiaro a tutti
che la coabitazione tra i residenti dell'area - con i loro rappresentanti
municipali e regionali - e il terminal sarebbe stata difficile: dal Comune alla
Regione litoraneo-montana fino al fronte dei sindaci, erano state nette le prese
di posizione contro il rigassificatore. La contrarietà - era stato ribadito da
più parti - non riguardava l'infrastruttura in sé ma la decisione presa da
Zagabria di collocarla appunto in mare e non sulla terraferma, come era sembrato
inizialmente. Il fronte della protesta non ha però fermato il progetto,
spalleggiato peraltro dagli Stati Uniti in funzione di limitazione del monopolio
russo. Intanto, le prime settimane di attività sperimentale del rigassificatore
sono segnate da nuove polemiche. Dall'impianto si sprigionano infatti - secondo
quanto segnalato dai residenti - rumori fastidiosi anche di notte. L'azienda
pubblica alla quale è stata affidata la gestione del rigassificatore, la Lng
Hrvatska, ha subito emesso una nota per fare il punto, premettendo che in questi
giorni si stanno testando tutti i sistemi tecnologici della nave Fsru e delle
componenti sulla terraferma del terminal: «Controlli il cui rumore prodotto -
asserisce Lng Hrvatska - è stato ridotto ai minimi termini». L'azienda ricorda
come fin dall'arrivo della ex metaniera Lng Croatia nelle acque di Castelmuschio
(Omisalj), agli inizi di dicembre, «sono stati avviati i test per verificare il
funzionamento dei sistemi tecnologici dell'unità e delle strutture di terra». E
«i controlli in queste settimane - precisa l'azienda - coinvolgono anche quei
sistemi da attivare solo in caso di estrema necessità, e che generano una
determinata perturbazione sonora». Quando dunque il rigassificatore offshore
opererà in condizioni normali - il via è previsto per l'1 gennaio - quei sistemi
«non saranno in funzione. È certo che la nostra impresa - conclude la nota - si
sta adoperando per garantire una coabitazione di qualità tra i residenti
dell'area e il nostro impianto».Intanto però la sindaca socialdemocratica di
Castelmuschio, Mirela Ahmetovic, ha dichiarato all'agenzia di stampa croata Hina
di ricevere ogni giorno, sia dagli abitanti del suo comune che da quelli delle
vicine località di Njivice, Malinska, Costrena e Portorè, lamentele per i rumori
e per le vibrazioni generati dal terminal. Il tutto mentre «secondo lo Studio di
impatto ambientale nessun rumore è previsto, neanche durante l'attività
sperimentale. Ma sta succedendo il contrario». Non solo: «In tanti a
Castelmuschio dicono che da quando è entrato in funzione l'impianto di
rigassificazione la qualità della vita è peggiorata, mentre è diminuito anche il
valore degli immobili dell'area». Da qui l'ultimatum lanciato dalla sindaca: se
non ci saranno miglioramenti, la Municipalità è pronta a denunciare il problema
alle autorità competenti croate ma anche all'opinione pubblica internazionale.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 dicembre 2020
Trasloco all'ex Meccanografico per gli uffici dell'area Welfare
Il progetto illustrato durante i lavori della seconda commissione
consiliare - Sul piatto anche un rimborso da 137 mila euro chiesto dall'Uti
Gli uffici del Welfare comunale puntano a trasferirsi da Palazzo Galatti
all'ex Meccanografico, assieme a quelli di Esatto. È quanto emerso in seconda
commissione consiliare, presieduta da Roberto Cason della Lista Dipiazza, dove
si è discusso un debito fuori bilancio da quasi 137mila euro. Si tratta del
rimborso che l'Uti giuliana, ormai dismessa, ha chiesto al Comune di Trieste
proprio per l'utilizzo di Palazzo Galatti nel 2019. Tale cifra, a carico del
bilancio municipale 2020, riguarda pulizie, bollette, vigilanza e simili. Ma una
parte della somma, in teoria, dovrebbe rientrare. Per altri motivi il Municipio
è infatti creditore di circa 80mila euro nei confronti di Uti ed Ente di
decentramento regionale (Edr): in fase di liquidazione ci sarà un conguaglio in
cassa comunale. Resta il problema di dove mettere gli uffici di Carlo Grilli:
«Palazzo Galatti è inadatto - ha spiegato l'assessore alle Politiche sociali -
perché poco accessibile, tra i vari motivi. Andremo in affitto per un paio
d'anni, fino a quando sarà pronto l'ex Meccanografico». Quanto al debito,
«incredibile - ha detto Paolo Menis del M5s - che Comune e Uti non si siano
messi d'accordo prima, creando tale marasma amministrativo». «È amaro constatare
- ha aggiunto Antonella Grim di Italia Viva - queste difficoltà, da parte di
tutti noi che negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato all'architettura
istituzionale». Michele Babuder ha ricordato che dal 2019 Forza Italia chiede
che Palazzo Galatti torni di proprietà del Comune, in quanto considerato parte
del patrimonio cittadino da tutelare. Ha poi ribadito il ruolo del
centrosinistra nella creazione delle Uti. Ne è nato un acceso dibattito, cui
Cason ha posto fine invitando Grim a non fare «considerazioni politiche», poiché
«in commissione si esaminano atti tecnici con uffici e assessori». A quel punto
Grim ha lasciato indignata la videoconferenza: «Se non posso fare considerazioni
politiche in aula - ha fatto sapere a margine - allora non vedo dove. È il
solito modus operandi di questa maggioranza che depaupera i consiglieri del loro
ruolo».
l.g.
Passa tra le polemiche il "piano rifiuti" di Duino Aurisina
Ratificata la gestione 2020 da 1,5 milioni. Le opposizioni: «Troppo
cara». La giunta: «Il contratto ereditato da voi»
DUINO AURISINA. È stato approvato dall'ultimo Consiglio comunale di Duino
Aurisina, con una previsione di spesa pari a un milione e 545 mila euro, il
Piano finanziario per la gestione dei rifiuti per l'esercizio 2020. La relativa
deliberazione ha ricevuto il sì della maggioranza e il no compatto
dell'opposizione, con l'unica eccezione dell'astensione da parte del consigliere
della Lista per il golfo Stefano Sacher, in quanto la sua nomina alla carica è
recentissima. La discussione in aula è stata molto vivace. Dopo la relazione del
vicesindaco e assessore ai Tributi Walter Pertot - il quale ha dapprima
sottolineato che «la spesa per la gestione dei rifiuti è stata sensibilmente
ridotta nell'anno in corso in quanto nel 2019 era stata pari a un milione e 639
mila euro», rilevando poi che «sono state mantenute inalterate le agevolazioni
di cui sono destinatari i cittadini in condizioni di difficoltà» - è iniziato
infatti uno scambio dai toni molto sostenuti fra le diverse forze politiche.
Lorenzo Celic del M5s ha definito «pessimo il modo con il quale l'esecutivo
gestisce un servizio che risulta insufficiente per i cittadini», spiegando che
«nel vicino Comune di Ronchi dei Legionari, con il quale ho cercato di fare un
paragone perché di dimensione simile al nostro, alcuni costi sono più bassi'».
Il pentastellato ha poi rincarato la dose, accusando la giunta di «non
rispondere alla richieste che arrivano dalla cittadinanza, preferendo
indirizzarle direttamente alla Isontina ambiente, che gestisce il servizio per
conto del Comune».Sulla stessa linea anche Igor Gabrovec della Lista Insieme, il
quale ha osservato che, «pur in presenza di una riduzione della produzione dei
rifiuti, non c'è stato un proporzionale netto calo dei costi a carico dei
cittadini».Immediata la replica da parte del sindaco Daniela Pallotta: «Questa
maggioranza - ha affermato - subisce un contratto firmato con la Isontina
ambiente dalla precedente amministrazione, che io non avrei mai sottoscritto a
queste condizioni». La capogruppo di maggioranza Chiara Puntar ha respinto con
forza l'accusa di Celic, in relazione al presunto disinteresse dell'esecutivo
rispetto alle domande dei cittadini: «Li abbiamo invece sempre ascoltati con
attenzione», ha detto, annunciando poi per il 19 gennaio una seduta della
Commissione Ambiente «alla quale - ha precisato - parteciperanno i
rappresentanti della Isontina ambiente per cercare soluzioni più adeguate alle
varie esigenze». Massimo Romita, assessore ai Servizi sul territorio, ha
accennato alla «necessità di migliorare la differenziata, oggi ferma al 54%, che
risulta così la più bassa rispetto ai Comuni vicini». Anche Romita ha insistito
sul fatto che «il contratto in essere è stato firmato da chi ha governato prima
di noi».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 dicembre 2020
Al posto dell'ovovia rifacciamo "el tram de Barcola" fino a Miramar - la lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente Triestebella
Il progetto di ovovia ha sollevato varie critiche che l'associazione Triestebella condivide: non servirebbe come trasporto urbano perché non collegherebbe con Trieste il centro di Opicina, ma una sua parte periferica e non garantirebbe un servizio continuativo tutto l'anno a causa della bora. È poi improbabile che si sostenga fungendo da attrazione turistica: gli impianti di risalita montani, che hanno tariffe molto superiori al costo di un biglietto di bus urbano, hanno ben altri flussi di turisti e, anche se sono in deficit, sono ricompensati dal giro di affari di alberghi e ristoranti che senza di essi non potrebbero esistere. Si può invece pensare a un sistema di trasporto lungo il Porto Vecchio sperando che quest'area diventi il nuovo centro direzionale della cultura, della scienza e del tempo libero che merita di essere: un tram da piazza Libertà a Barcola, utilizzando le rotaie esistenti, che vedremmo a due piani, di cui il secondo scoperto come nei bus dei giri turistici delle città. Avremmo insomma el tram de Barcola. Se poi si potessero portare le rotaie fino al castello di Miramare (cosa non semplice, ma si può studiare) avremmo el tram de Miramar che sopperirebbe anche alla carenza di parcheggi del parco collegandolo con un parcheggio in Porto Vecchio.
Scoperta dei biologi: le nacchere di mare non si sono estinte - In Dalmazia
FIUME. Una notizia che ha riscaldato i cuori a biologi marini, ambientalisti
e a tutti coloro che amano il mare e le sue creature. La professoressa Goranka
Ivankovic di Porta Perenta (Metkovic), in Dalmazia, ha rivelato pubblicamente
che durante un'immersione nelle settimane scorse ha notato numerose nacchere di
mare o pinne nobilis ancora vive, scoperta fatta nelle acque della foce del
fiume Narenta. La Ivankovic non ha perso tempo, contattando il Bio portale per
la tutela della natura. «Ora mi attendo una pronta risposta degli esperti
dell'Istituto per la salvaguardia ambientale. Posso dire che quando ho visto
quella colonia di molluschi bivalvi ancora viva e vegeta, mi sono sentita felice
come un bambino. Si trovano su un fondale basso ed ho voluto toccare ogni
nacchera, registrando che erano ben dure e si chiudevano immediatamente al primo
contatto, segno della loro vitalità». Secondo la Ivankovic, la colonia rinvenuta
per caso dove la Narenta sfocia nell'Adriatico è composta da un centinaio di
esemplari. Se la notizia dovesse venire prossimamente confermata, sarà un evento
unico considerato che questo grande mollusco bivalve nel Mediterraneo (può
raggiungere i 120 centimetri di lunghezza) praticamente estinto nei mari
mediterranei, Adriatico compreso. A sterminare le nacchere è stato un terribile
mix, composto dal parassita Haplosporidium pinnae e dal batterio della specie
Mycobacterium, con le prime morti registrate nel 2016 in Spagna. Tre anni dopo
l'epidemia in acque spagnole, la malattia ha fatto breccia nelle acque
adriatiche, annientando le pinne nobilis in soli 18 mesi.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 dicembre 2020
Gli abbonamenti del bike sharing prorogati a marzo - la Novità di BiTs
BiTS, il servizio di bike sharing in città, proroga automaticamente gli
abbonamenti già effettuati, fino al 24 marzo 2021. La comunicazione è stata
inviata ieri a tutti gli utenti iscritti. «Visto il difficile periodo di
emergenza sanitaria purtroppo ancora in corso - si legge nella nota - ti
informiamo delle nuove decisioni del Comune di Trieste in merito ai costi del
servizio di bike sharing cittadino. Gli abbonamenti acquistati prima del 24
settembre 2020 saranno prorogati gratuitamente fino al 24 marzo 2021. Quelli
presi dopo il 24 settembre 2020 non subiranno variazioni». Sarà ancora valida
fino al 24 marzo la tariffa promozionale, che consente l'acquisto di un nuovo
abbonamento semestrale a 3 euro, con 3 euro di ricarica inclusi. Una notizia che
di sicuro farà felici i tanti utenti, sempre più numerosi, che si spostano in
città utilizzando la bici.
MI.B.
SEGNALAZIONI - Urbanistica - Rive pedonalizzate ottima idea
L'ovovia della Bora, il Parco del mare senza alberi, la spiaggia di Barcola: ma ai politici vengono in mente solo idee a mio parere assurde? Piuttosto propongo di interrare il traffico in una galleria sotterranea, dalla Capitaneria al Mercato ortofrutticolo. Avere le Rive, anzi come piace definirle ai politici il "waterfront" pedonali e ciclabili, quelli sì secondo me sarebbero soldi spesi con intelligenza, con un ritorno importante nel turismo!
Marco Moro
Nei boschi di Doberdò la cattura di Pepe
Al giovane sciacallo dorato è stato messo il collare satellitare - Per la
prima volta usata una trappola a cassa in legno
DOBERDO'. Nella notte tra domenica e lunedì in territorio comunale di
Doberdò del Lago, i ricercatori dell'Università di Udine hanno catturato Pepe,
uno sciacallo dorato (Canis aureus) maschio di circa due anni di età e del peso
di 13,1 chili. Dopo averne verificato lo stato di salute e aver eseguito gli
esami fisiologici, i rilievi biometrici e le analisi genetiche, si è proceduto
all'apposizione del radiocollare e quindi alla liberazione. Pepe - diminutivo di
Giuseppe nel dialetto sloveno dell'altopiano carsico - è, dall'aprile 2019, il
quinto sciacallo monitorato attraverso collari satellitari e radio dai
ricercatori e tecnici dell'Ateneo friulano. «I dati raccolti mediante telemetria
satellitare - spiega Stefano Filacorda, del Dipartimento di Scienze ambientali e
animali e responsabile per l'Università di Udine dei progetti sulla fauna
selvatica - saranno di grande utilità nell'acquisizione di informazioni in
merito all'ecologia spaziale e nutrizionale di questa specie, oltre a capire
quali sono gli spostamenti compiuti dall'animale in relazione all'alta mortalità
stradale, in particolare in un'area antropizzata come quella del carso
Goriziano. Questi studi si svolgono in un contesto di collaborazione
internazionale con Paesi in cui la specie è presente e studiata, ovvero
Slovenia, Ungheria, Serbia e Austria. La trappola a cassa in legno a chiusura
automatica - precisa Filacorda - si è rivelata utile e funzionale alla cattura
dello sciacallo. Si tratta della prima cattura realizzata avvalendosi di questo
metodo su tutto il territorio nazionale e nei confronti di questa specie». Lo
sciacallo dorato è una specie gregaria che forma branchi di 5-6 individui. I
primi avvistamenti in Friuli Venezia Giulia risalgono al 1984.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 dicembre 2020
Il "no" ambientalista all'ovovia finisce sul tavolo di tre ministri
Lettera di 11 realtà sociali e civiche al triestino Patuanelli (Sviluppo
economico) e ai suoi colleghi Costa (Ambiente) e De Micheli (Trasporti): «Opera
dannosa»
Riuniti sotto la bandiera del "no all'ovovia", gli ecologisti triestini si
rivoltano nuovamente contro l'amministrazione comunale. E stavolta lo fanno
appellandosi direttamente al governo giallorosso. Undici tra associazioni e
realtà civiche hanno infatti indirizzato una lettera aperta al premier Giuseppe
Conte nonché ai ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo economico), Sergio Costa
(Ambiente) e Paola De Micheli (Trasporti). Cosa c'è nel mirino di volontari e
attivisti della città? Non solo il noto progetto di trasporto funicolare tra
Trieste e Opicina ma più in generale il Pums, ovvero il documento d'indirizzo
sulle politiche di mobilità sostenibile immaginate dalla giunta Dipiazza.
Documento che andrà in Consiglio comunale a gennaio, dopo un iter partito nel
2019. «Il Parlamento europeo l'8 ottobre 2020 ha stabilito di ridurre del 60% le
emissioni di gas serra entro il 2030. Ciò impone di prendere provvedimenti
radicali a tutti i livelli di competenza». È quanto si legge nel testo firmato
dal gruppo cittadino di Fridays For Future nonché da Luca Mastropasqua (Fiab
Trieste Ulisse), Riccardo Laterza (Tryeste), Andrea Wehrenfennig (Legambiente
Trieste Circolo Verdeazzurro), Diego Manna (Spiz-Associazione di promozione
sociale), Tiziana Cimolino (Prodes- Forum dei beni comuni), Mario Goliani
(Università delle Liberetà-Auser-Camminatrieste), Alessio Carecci (Zeno), Elena
Debetto (Uisp Fvg), Giulia Massolino (Adesso Trieste) e Sergio Senni (BioEst).
Secondo la rete dei firmatari, aspetti fondamentali saranno «la transizione ai
mezzi elettrici e un ampio programma di utilizzo del fotovoltaico, da abbinare
all'efficientamento energetico degli stabili», prosegue la missiva: «Il Pums (il
Piano urbano della mobilità sostenibile, ndr) del Comune di Trieste dichiara
tuttavia di voler mantenere invariate le proprie emissioni del 2019 fino al
2030. Il che è inaccettabile». Si passa poi all'attacco dell'ovovia: «In
quest'ottica va letta l'ipotesi di spendere circa 45 milioni (30 milioni se si
considerano solo i lavori, come sottolinea da sempre il Comune, ndr) di fondi
statali per un'opera dannosa per ambiente e paesaggio: si parla di ettari da
disboscare. Avrebbe costi irragionevoli rispetto ai bisogni e correrebbe su aree
verdi tutelate, senza connessioni con la rete degli autobus. Non è prevista dal
Piano regolatore comunale né dal Piano regionale del trasporto pubblico locale.
Sul tema non esiste un pronunciamento ufficiale della Soprintendenza». E ancora:
«Secondo noi, i fondi stanziati dal governo per i sistemi di trasporto rapido di
massa devono servire tutta la popolazione, non solo una piccola parte di essa o
i turisti. I problemi della mobilità quotidiana a Trieste riguardano soprattutto
i quartieri, passando anche per il centro storico. Solo in seconda battuta
coinvolgono l'afflusso quotidiano dei pendolari, che andrebbe facilitato con
l'uso del treno». In alternativa si rilancia l'idea di usare la somma per
«finanziare una linea di tram moderno che colleghi l'asse cittadino da piazza
Foraggi alla stazione e al Porto vecchio. Da estendersi poi fino a Muggia».
L'apposita petizione su Change.org nel giro di due mesi ha già raccolto quasi 2.
900 firme.
Lilli Goriup
Piscina in Porto vecchio, investimento da 30 milioni
La "squadra" formata da Terme Fvg e Icop, l'ultima rimasta in gara per
realizzare la nuova sede dell'Aquamarina, svela la bozza del progetto nell'ex
quartiere Ford
Sulla "nuova" piscina terapeutica in Porto vecchio vuole prendere la parola in diretta il sindaco: entro la fine dell'anno l'unica concorrente rimasto in gara, ovvero Terme Fvg in collaborazione con il gruppo Icop della famiglia Petrucco, presenterà un progetto più dettagliato, un piano economico-finanziario e un prospetto della compagine societaria che intende realizzare l'impianto. Un'operazione ambiziosa - sottolinea Roberto Dipiazza - il cui valore complessivo, comprendendo Iva e sicurezza, viaggia verso i 30 milioni di euro. Dal punto di vista tecnico, si tratterà di un project financing, come esplicitamente richiesto dall'avviso comunale, che porterà alla costruzione - lo ha ribadito il primo cittadino - di un compendio natatorio dotato di vasca riabilitativa e di vasche ludiche (più piccole), di una "spa", di un luogo di ristorazione. Il sito individuato sorge alle spalle del "28-bis", il più recente edificio del centro congressi: sono a disposizione cinque vecchi magazzini afferenti al cosiddetto ex quartiere Ford, per un totale di 12.000 metri quadrati, ma pare che l'unico candidato rimasto in lizza si accontenti di sfruttarne un paio. Nonostante la decisione della magistratura di fissare al 12 aprile l'udienza per togliere o meno i sigilli alla piscina in Sacchetta, Dipiazza ha comunque colto l'occasione per rilanciare sul possibile recupero di Aquamarina, la "vecchia" piscina terapeutica il cui tetto crollò un anno e mezzo fa. Ogni altra considerazione deve ora attendere una più precisa narrazione che verrà fornita nelle prossime settimane. Certo Dipiazza, che vede avvicinarsi l'appuntamento elettorale primaverile e che vorrebbe irrobustire il campionario di opere da mostrare alla platea votante, è desideroso di accelerare il dossier. Terme Fvg, con il supporto di Icop, è rimasta l'ultima interlocutrice nella collana dei nove soggetti che in agosto avevano risposto al messaggio comunale. Ricordiamoli: la catalana Supera, la mantovana A&T Europe, la milanese Siram, la bergamasca Fer-Cos, la napoletana Traco, l'austriaca Lorenz Ateliers, le triestine Monticolo & Foti e Rosso. Si erano sfilati abbastanza rapidamente quasi tutti, essendo rimasti in pista, oltre a Terme Fvg, Supera e Monticolo & Foti. Ulteriore cernita: Supera chiedeva di spostare la realizzazione al Magazzino 30" (il mancato fishmarket), mentre Monticolo rilanciava - attraverso l'alleanza con il Mediocredito del Trentino Alto Adige - quella formula del "leasing in costruendo" che la dirigenza comunale aborrisce in quanto ritenuto oneroso dal punto di vista finanziario. Monticolo aveva tentato di proporlo al Municipio anche per il mercato ortofrutticolo in via Ressel e per il mercato coperto in via Carducci: invano. Terme Fvg è una "srl" partecipata a maggioranza da Eutonia, la società privata cui fa capo il Sanatorio Triestino di via Rossetti. Una rispettabile quota minoritaria pari al 30% è in mano a Git, la gerente degli impianti turistici gradesi (controllo a Turismo Fvg per l'86,2%). In portafoglio anche le terme carniche di Arta. Amministratore delegato è Salvatore Guarneri.
Massimo Greco
Da San Vito a Borgo San Sergio restyling per dieci aree verdi - la fotografia scattata in commissione
Una mozione per sollecitare la giunta ad incrementare giardini e "aree di prossimità" a disposizione delle famiglie. Il testo, presentato dal consigliere comunale del Partito democratico Giovanni Barbo e sottoscritto da tutto il centrosinistra, è stato dibattuto ieri in sesta commissione insieme all'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi che, a sua volta, ha condiviso l'iniziativa dem. «Concordo con questa mozione - ha spiegato l'assessore ed esponente di Fratelli d'Italia - perché è importante creare aree di svago rionali e perciò vicine a casa. Per questo motivo stiamo lavorando per trovare nuovi spazi disponibili». Quelli attualmente esistenti, fra centro e periferia cittadina, sono 54. «Ciò che devo evidenziare purtroppo è l'aumento degli atti vandalici - ha sottolineano Lodi -, fattore che porta via molte risorse da destinare al ripristino dei manufatti danneggiati». Sono una decina gli interventi realizzati e in fase di completamento da parte dell'amministrazione municipale nei giardini pubblici che hanno comportato un costo per le casse comunali superiore ai 700 mila euro. Già ultimato quello nell'area verde di via Boccaccio, mentre sono ancora in fase di ultimazione i lavori di rifacimento dell'area verde di via Forti a Borgo San Sergio. Sono di prossimo avvio gli interventi ai giardini "Marcello Mascherini" di piazza Carlo Alberto (203 mila euro), l'implementazione dell'area fitness sempre a Borgo San Sergio grazie a nuovi manufatti donati dal RotarAct, l'area gioco di Guardiella (70 mila), la realizzazione di una nuova area gioco in vicolo dell'Edera, la sostituzione dei giochi presenti in piazzale Rosmini (50 mila) e infine il restauro di alcune strutture situate nell'area verde di villa Engelmann in via Rossetti (95 mila). Licenziata dalla sesta commissione, infine, la seconda mozione all'ordine del giorno proposta dal consigliere comunale del Movimento Cinquestelle Gianrossano Rossini inerente la creazione di comunità energetiche e di autoconsumo, utili a ridurre i costi in bolletta alla cittadinanza.
l.d.
Puzza in varie zone della citta': cause ignote - il fenomeno ciclico
Le cause potrebbero essere legate alla pressione atmosferica e all'umidità, mescolate agli sfiati delle petrolieri in rada o agli scarichi di impianti di riscaldamento con derivati del petrolio. La fonte del forte odore di idrocarburi che si sente a sprazzi in questi giorni in alcune zone della città non è stata ancora individuata, nonostante i controlli di Arpa, Vigili del fuoco e Capitaneria. I pompieri, a seguito di alcune segnalazioni, hanno monitorato l'aria con strumenti "ad hoc" senza però identificarne l'origine. Dall'Arpa arriva invece la richiesta ai cittadini di effettuare segnalazioni "geolocalizzate" attraverso i contatti sul sito, per permettere ai tecnici di attivarsi per cercare appunto la possibile origine. Gli strumenti non hanno comunque evidenziato criticità. Proprio ieri mattina, peraltro, i tecnici erano alla Siot per le verifiche post- sversamento della scorsa settimana. Pure la Guardia costiera ha fatto dei controlli senza rilevare nulla.
Andrea Pierini
Slitta al primo gennaio il fermo pesca deciso per il pesce azzurro - fino al
15 FEBBRAIO 2021
FIUME. Il ministero dell'Agricoltura e Pesca ha deciso che il fermo pesca
per il pesce azzurro di piccola taglia durerà dal 1 gennaio al 15 febbraio 2021.
La proroga di una settimana rispetto alla scadenza iniziale, probabilmente è
stata decisa per venire incontro alle esigenze dei consumatori. Ma c'è
malcontento fra i proprietari dei pescherecci che hanno dovuto fermare i motori
a causa del blocco imposto dal governo di Zagabria in vigore tutto il mese di
dicembre per la pandemia. Barche ferme, dunque, con i ristori garantiti
dall'Unione Europea. È questa la causa principale dell'impoverimento
dell'offerta nelle pescherie istriane, dalmate e quarnerine (anche
dell'entroterra) riguardante il pesce azzurro di taglia minuscola. Ora la
presenza di sardelle, acciughe e papaline (condizioni meteo permettendo)
dovrebbe essere garantita fino al termine di quest'anno. In questi giorni, nella
pescheria centrale a Fiume le sardelle vengono vendute a 20 kune (2 euro e 65
centesimi) il chilo, mentre per un chilo di alici si devono sborsare 30 e anche
40 kune, cioè fra i 4 e i 5 euro. Purtroppo, rispetto al passato, i mercati
ittici dell'Alto Adriatico - Fiume in primis - si fanno segnalare per l'assenza
di acquirenti italiani, fermati dal coronavirus e tradizionalmente attratti dai
sardoni o mincioni, come vengono chiamati rispettivamente in Istria e nel
Quarnero. Il dicastero croato ha inoltre diramato la notizia sul prolungamento
del fermo biologico nelle acque della Fossa di Pomo (Jabuka in croato), in mezzo
all'Adriatico. Il divieto per i pescherecci con reti a strascico, relativo sia
ai pescatori italiani che a quelli croati, era stato stabilito nel 2017 e
avrebbe dovuto durare 3 anni, fino al 31 agosto 2020. Si era optato invece per
uno slittamento fino al termine di quest'anno, mentre ora il fermo pesca è stato
esteso fino al 31 dicembre dell'anno prossimo. I pescatori croati si sono
dichiarati d'accordo con la decisione.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 dicembre 2020
Meno auto in giro per colpa del lockdown - E il "tesoretto" delle multe cala
del 30%
Attesi nelle casse comunali 5,2 milioni contro i 7,2 del 2019. Giù anche
gli introiti di posteggi sulle Rive e Park San Giusto
Tante spese da affrontare con minori entrate. È un leit motiv che
quest'anno, più degli altri, la pubblica amministrazione deve considerare. Anche
il Comune di Trieste, al lavoro ora sul bilancio 2021-23, ricco di voci con
segno negativo o comunque con importi di gran lunga inferiori rispetto al
passato: dai musei alla Tari, passando per le sanzioni stradali. Solo queste
ultime, a causa di una minore circolazione di veicoli durante il lockdown ma
anche dopo, valgono due milioni di euro in meno in rapporto al 2019 con un calo
di quasi il 30 per cento. È il comandante della Polizia locale Walter Milocchi a
riportare i conti di fine anno. Nel 2019 le violazioni al Codice della strada
erano state per l'esattezza 84.005 e avevano fruttato 7 milioni e 198mila euro.
Nel 2020, secondo i dati aggiornati al 30 novembre, sono 51.312 i verbali
sottoscritti per un controvalore di 5 milioni e 259mila euro. Nel dettaglio,
quindi, il 27 per cento in meno. A queste cifre potrebbero mancare alcune
violazioni di divieto di sosta in assenza del trasgressore, ancora non inserite
a sistema. Non grandi numeri, però. Bisogna poi aggiungere una piccola somma,
pari a un undicesimo abbondante del totale, che potrebbe derivare dal mese di
dicembre. Centinaia di migliaia di euro, comunque, che rientrano nel cassetto
del cosiddetto ammontare "accertato", che cioè non è per forza ancora stato
incassato: bisogna tenere conto di utenti morosi e dei ricorsi. Circa metà del
"tesoretto" da poco più di 5 milioni di euro - come previsto da una legge
nazionale del 1992 - sarà destinata alla manutenzione stradale. Con una
differenza quindi di almeno un milione di euro in meno rispetto all'anno scorso.
L'assessore al Bilancio nonché vicesindaco Paolo Polidori è consapevole della
situazione precaria. «C'è una fase di difficoltà dovuta al Covid, - ammette -:
sono tanti i mancati introiti riguardanti voci che sono nella parte corrente e
che creano difficoltà nel bilancio, ma che vedremo di risolvere». Dobbiamo
aspettarci quindi più buche e marciapiedi rotti? «No - rassicura Polidori -, sul
piano delle opere non ci saranno problemi, non si riduce la manutenzione, anzi,
si andrà a implementare le piccole opere». Si dovrebbe tamponare anche il
secondo milione di euro mancante per l'altra metà di risorse derivanti dalle
sanzioni e impegnata in spese di vario genere. Ma di mancati incassi soffrono
anche le società che gestiscono i parcheggi in città. Su quello che in termini
di bilancio viene definito il "semiconsolidato", a novembre 2020 il calo
complessivo rispetto al 2019 per Trieste Terminal Passeggeri, che ha in
concessione Molo IV e Rive, si attesta a un - 36,22%. La perdita è più marcata
per il Molo IV, fa sapere l'amministratore delegato Francesco Palmiro Mariani,
che risente evidentemente dell'assenza di soste dei croceristi e anche delle
soste lunghe dei lavoratori in smart working. «Ovviamente il fatturato è ben al
di sotto del punto di break even (pareggio tra entrate e uscite, ndr) - spiega
-. Ciò, nonostante gli sforzi profusi da Ttp nel calmierare, per quanto
possibile, i costi di struttura, e la sensibilità dell'Autorità portuale nel
riconoscere le difficoltà oggettive ed esogene che sta vivendo la società,
attraverso un ristorno importante dei canoni concessori dell'anno. La società,
certa di poter riprendere a pieno regime nel futuro le proprie attività, sta nel
contempo cercando di preservare ed accrescere il know how del personale e
pertanto mantenendo l'organico ottimale. Inoltre può avvalersi di una politica
oculata dei soci che hanno sempre devoluto gli utili a riserva. Quindi è ben
patrimonializzata».Anche Park San Giusto di via del Teatro Romano patisce un
decremento di entrate. Eccetto gli ultimi due weekend natalizi, la capienza è
rimasta ai minimi storici, tanto da coprire a mala pena le spese vive, spiega
Franco Sergas, rappresentante e consulente di Interparcking italia srl, che ha
acquisito il contenitore nel maggio 2017: «Ma dal primo lockdown ad adesso
Interparking, eccetto una cassa integrazione a intermittenza, ha assolto tutti
gli obblighi e ha mantenuto l'intero personale: nessuno è stato licenziato».
Diversa la situazione per Esatto. Afferma il presidente Andrea Polacco: «A parte
il mese di aprile (lockdown totale), non abbiamo registrato significative
riduzioni rispetto all'anno scorso».
Benedetta Moro
Dieci strade da ripristinare - Obiettivo le periferie Sud - stanziati 800.000
euro
Interventi di manutenzione straordinaria e di risanamento per un
investimento di 800.000 euro (Iva compresa) dedicati a 10 obiettivi puntuali,
coincidenti con alcuni degli snodi più frequentati del traffico urbano. Ecco i
nomi delle zone interessate al refitting organizzato dal responsabile comunale
del settore, Andrea De Walderstein: Strada di Fiume tra via Marchesetti e salita
al Monbeu; via Caboto; via dei Giaggioli; via dell'Istria tra il Burlo e via
Orsera; via Orsera; via Flavia di fronte al PalaTrieste; via Follatoio dietro
via Flavia; via Brigata Casale; via Rossetti tra via Pascoli e via dell'Eremo
(dove è situato il Sanatorio Triestino); passeggio Sant'Andrea. L'operazione,
per quanto di ampio raggio, ha una sua leggibilità strategica: è la parte sud
della città, soprattutto nelle periferie, a risultare più direttamente
coinvolta. San Giacomo, la Zona industriale e le vie che recano ad essa,
appaiono in primo piano nella "mappa" dei tecnici comunali. Solo via dei
Giaggioli, laterale di via Commerciale, e via Rossetti escono dal perimetro
periferico meridionale, dove si addensano le attività economico-produttive, dove
c'è il flusso da/per i valichi confinari, dove il passaggio dei mezzi pesanti
lascia un segno più pesante. E allora avanti con l'infinita routine
riqualificativa: rifacimento della pavimentazione, pulizia delle vasche delle
caditoie, sollevamento dei chiusini di fognatura e delle griglie di raccolta
delle acque meteoriche, rifacimento della segnaletica orizzontale, trattamenti
con una speciale geomembrana ad alta resistenza nei tratti particolarmente
ammalorati.Tra i principali interventi in corso, che hanno un'incidenza sul
traffico urbano soprattutto in questo anomalo periodo pre-festivo, ricordiamo le
4 fasi nell'area di piazza Foraggi, che si protrarranno fino al 31 gennaio
dell'anno entrante. Il consorzio reggiano Cfc è stato incaricato da
AcegasApsamga di dismettere e sostituire le vecchie condotte gas in ghisa
grigia. Le fasi operative attorno a piazza Foraggi (vie Signorelli, Vergerio,
D'Annunzio) e in via della Tesa dovrebbero essere prossime all'ultimazione, c'è
ancora tempo invece per via del Destriero e viale Ippodromo.
Magr
Il Pd attacca: «Trasporto pubblico da migliorare ma non siamo ascoltati» -
amministrazione municipale nel mirino
«È da ottobre che stiamo attendendo la terza commissione per trattare la
questione delle nuove linee e delle modifiche di orari del Trasporto pubblico
locale che sta creando disagi e scontento soprattutto per quando concerne le
linee sull'Altopiano». Lo affermano in una nota i consiglieri del Pd, lamentando
l'inerzia dell'amministrazione comunale. «Abbiamo sollecitato il presidente
della III Commissione consiliare - premettono - sull'urgenza del tema e in
ottobre abbiamo anticipato, in armonia con le richieste del presidente Codarin e
nello spirito di massima collaborazione, una lista di temi da trattare con Tpl
Fvg. Ci dispiace constatare che dopo la revoca della convocazione di fine
ottobre, le criticità sollevate da molti utenti non sono state ancora trattate».
I consiglieri hanno segnalato al sindaco «l'inefficienza del servizio
sull'Altopiano», poiché la riorganizzazione delle linee 39 e 51 «non corrisponde
alle esigenze dei cittadini, lavoratori e studenti in primo luogo, e richiede un
monitoraggio continuo da parte di Trieste Trasporti, che consenta il riassetto
delle linee anche in vista della riapertura delle scuole».Per i consiglieri del
Pd «è necessario che il Comune si occupi della questione, gli utenti vanno
tutelati e non devono essere costretti a viaggiare in condizioni pericolose per
la salute in un periodo di grave emergenza sanitaria». «Da tempo - concludono -
denunciamo la mancanza di una strategia della mobilità nella città, ora è più
urgente che mai organizzare il servizio del trasporto pubblico, garantendo
sicurezza e utenti e lavoratori e migliorando il servizio».
SEGNALAZIONI - Tram di Opicina La prossima gara sia "coraggiosa"
La notizia in merito all'ennesima interruzione dei lavori per il ripristino del collegamento tra Opicina e Trieste del nostro tram ci ha lasciato sgomenti. Al di là di quella che sembra ormai una maledizione legata al ritornello, che lo vorrebbe "nato disgrazià", qualche riflessione si impone. Il micidiale iter burocratico che tanti danni sta causando al nostro Paese in tutti i settori, dove la parola "tempo" non ha nessun valore, ci costringe a chiederci se l'iter d'assegnazione lavori sia stato quello giusto. Troppe volte siamo stati testimoni inascoltati di percorsi simili e via via superati per accorgerci finalmente, dopo lunghe gare, ricorsi, blocchi e ripartenze dei lavori di ogni genere, che l'assegnatario, il più delle volte un subappaltatore, era privo dei requisiti richiesti. Un esempio classico e non ultimo è quello dei lavori interrotti all'Ospedale di Cattinara che sta facendo lievitare i costi ben oltre il 50% nonché i tempi di fine lavori. Nel caso del "nostro povero tram" la vicenda sembra debba ripetersi. Infatti, chi ha vinto l'appalto ha subappaltato i lavori ad una società che ora pare non sia in grado di completarli. Siccome l'Ado (Associazione difesa di Opicina) presume che ci sarà una prossima "gara", si spera indetta quanto prima, suggerisce di ricorrere al "beauty contest", dove vige il principio che all'aggiudicazione partecipino unicamente aziende altamente qualificate e vincolate all'esecuzione dei lavori. Si sottolinea comunque che tutto ciò priverà Opicina chissà per quanto tempo ancora del "suo" tram e dell'apporto turistico che lo stesso garantiva alle entrate di commercianti ed esercenti locali. Vogliamo fortemente sperare che la prossima gara venga eseguita con maggiore coraggio, attenzione e le più ampie garanzie di serietà.
Dario Vremec, presidente Associazione per la Difesa di Opicina
SEGNALAZIONI - Ovovia / 1 - Numeri non verosimili
Assistiamo a un'altra immaginifica "girandola" di numeri che riguardano la creazione della ipotizzata ovovia che dovrebbe collegare la costa con il Carso. Mi piacerebbe che qualcuno spiegasse nei dettagli come si è arrivati a queste cifre e a supporre che tale impianto sia frequentato da 3,5 milioni di utenti nell'arco di 12 mesi. A priori, sono già previsti 30 giorni di fermo per condizioni meteo avverse. Tralasciando i giorni di manutenzione, fanno 11 mesi. Provatevi a suddividere 3,5 milioni per 11 mesi prima e per 30 giorni poi e ancora per le 24 ore del giorno. Vi risparmio la fatica, fanno 442 persone/ora che dovrebbero servirsi di questo rivoluzionario sistema di trasporto urbano. Non mi è noto se l'impianto funzionerebbe anche in orario notturno. Di conseguenza la densità di utenti pro ora sarebbe diversa e molto più elevata. Permettetemi di nutrire qualche dubbio ma non sulla fattibilità del progetto, bensì piuttosto sulla realtà dei numeri.
Nevio Poclen
SEGNALAZIONI - Ovovia / 2 Fornite cifre troppo ottimistiche
Nell'articolo del 20 dicembre scorso sull'ovovia sospesa tra Mare e Carso (nella foto), vengono forniti dei dati che per me sono abbastanza incomprensibili. Si prevede di trasportare 3,5 milioni di persone l'anno con 30 giorni di chiusura a causa bora e in generale condizioni meteo avverse. I 3,5 milioni in 330 giorni sono 10.600 persone ogni giorno, un numero decisamente considerevole. Per spiegarmi meglio: se immaginiamo un'apertura dell'impianto di 10 ore al giorno, otteniamo un "traffico" di 1.060 persone all'ora. Non vi sembra una stima un po' troppo ottimista?
Giuliano Brancolini
«Sforzi comuni transfrontalieri sull'energia» - progetto FVG
«Nell'incontro a Trieste tra i Ministri degli Esteri di Italia, Croazia e
Slovenia si è discusso anche della necessità di un approccio integrato per
salvaguardare l'ambiente. Bene, si lavori allora per una strategia energetica
comune e il governo Italiano si faccia in tal senso parte attiva». Così Giorgio
Cecco, referente per l'ambiente di Progetto Fvg all'indomani del summit sulla
pesca in Alto Adriatico. «Roma - prosegue - coinvolga pure la Regione, per
esempio su situazioni come il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, in
modo da valutare la sostenibilità non solo economica, ma anche ambientale e per
la sicurezza, con un progetto generale che tenga conto di tutti gli impianti
esistenti o previsti».
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 dicembre 2020
L'ovovia "appesa" all'allarme sanitario: il verdetto sui fondi rischia lo
stallo
Roma sta valutando l'ennesimo rinvio del bando sui progetti sostenibili:
le risposte potrebbero slittare dopo il voto 2021
La terza ondata della pandemia si avvicina e il ministero dei Trasporti
valuta un nuovo rinvio del bando con cui la giunta Dipiazza conta di ottenere il
finanziamento da 30 milioni necessario alla costruzione dell'ovovia annunciata a
maggio. Se arrivasse un nuovo posticipo, la campagna elettorale per le comunali
potrebbe concludersi senza che arrivi una risposta definitiva da Roma, ma
l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli continua ad attendere fiduciosa,
convinta che l'opera abbia «ottime possibilità di essere finanziata visto che ci
risultano solo due proposte in gara». L'esponente della giunta Dipiazza si gode
intanto il secondo posto appena ricevuto nell'ambito del premio Go Slow,
dedicato alla mobilità sostenibile. La medaglia non inciderà ad ogni modo sulle
decisioni riguardanti i fondi statali. Il termine per la consegna delle proposte
era stato fissato inizialmente al 31 dicembre 2019 ma, di proroga in proroga, il
ministero ha spostato la scadenza al 15 gennaio 2021 e da Roma arrivano ora voci
di un nuovo possibile rinvio dovuto alla pandemia. Come noto, il progetto
prevede la realizzazione di un sistema di trasporto a fune fra Trieste e
Opicina, dove sarebbe creato un nuovo parcheggio da 800 posti. L'operazione
costa 30 milioni e punta a trasportare 3,5 milioni di persone in 12 mesi, con
meno di 30 giorni di chiusura a causa della Bora. Il Comune stima utili per 500
mila euro all'anno e promette tariffe agevolate per i residenti. La giunta aveva
inoltrato la sua proposta, venendo allo scoperto nel maggio scorso, quando nel
bel mezzo del lockdown Dipiazza e Polli hanno annunciato la possibilità di
ricevere il finanziamento milionario del ministero dei Trasporti per realizzare
un sistema di mobilità urbana via cavo, capace di collegare Molo IV, Porto
vecchio e Opicina in 13 minuti, passando attraverso i magazzini dell'antico
scalo, con l'asserito intento di risolvere il problema dell'accesso al centro
città per chi arriva da fuori. Non si sono fatti però i conti con i tempi della
burocrazia, ulteriormente azzoppata dal Covid. Dopo essere stato pubblicato il
19 maggio 2019, con scadenza al 31 dicembre dello stesso anno, il bando
"Trasporto rapido di massa ad impianti fissi" è stato prorogato prima al primo
giugno 2020, poi al 30 ottobre e, ancora, al 15 gennaio. Ora la deadline
potrebbe essere spostata un'altra volta con la terza ondata della pandemia in
avvicinamento, data la relativa priorità della questione in piena emergenza
Covid. Polli non può che attendere: «Non abbiamo notizia di rinvii. I fondi
comunque sono vincolati e bastano per finanziare più di un progetto. Proprio
l'ultimo posticipo ha permesso al Comune di Roma di aggiungersi per una proposta
simile di funivia. Da quanto mi risulta, i progetti in gara sono solo questi due
e potranno dunque essere finanziati entrambi. Attendiamo con fiducia. Se non ci
saranno rinvii, dovrebbe bastare un mese per la valutazione. In caso di
vittoria, si dovrà poi fare la gara per la progettazione. Tempi di
realizzazione? Non sono un tecnico e non mi esprimo». Polli sottolinea inoltre
la medaglia d'argento assegnata dal premio nazionale Go Slow: «La giuria era
composta da professionisti della progettazione innovativa e sostenibile. La cosa
non riguarda il bando del Mit ma fa ben sperare sulla qualità dell'ovovia».
Diego D'Amelio
Tappa a San Giovanni per Adesso Trieste partendo dall'ex Opp
L'iniziativa prosegue: passaggio pure al Narodni dom rionale - Presenti
lo psichiatra Rotelli e il presidente della Cna Carena
Dall'ex manicomio al Narodni dom di San Giovanni. Proseguono le passeggiate
di Adesso Trieste alla riscoperta delle periferie della città. Quella di ieri ha
esplorato il rione che fu teatro della rivoluzione di Franco Basaglia. Alcune
decine di persone hanno risposto all'appello del gruppo rappresentato da Giulia
Massolino e Riccardo Laterza, facendo capolino all'appuntamento all'interno del
parco. Qui lo psichiatra Franco Rotelli ha ripercorso la storia dell'ex ospedale
psichiatrico, che da luogo di detenzione e orrore per tante persone è arrivato
in tempi più recenti a ospitare una delle collezioni di rose più importanti
d'Italia. A questo proposito Giancarlo Carena (attuale presidente della Cna
nonché ex infermiere psichiatrico ed ex presidente dell'Agricola Monte San
Pantaleone, nata proprio dalla deistituzionalizzazione dell'ospedale) ha
raccontato il percorso di riqualificazione del roseto e il progetto di
rigenerazione urbana che vorrebbe esportarne i fiori pure in altri quartieri
della città, riecheggiando indirettamente lo slogan "vogliamo il pane ma anche
le rose". Ferruccio But ha presentato il piccolo museo Mini Mu, in questi giorni
al centro delle polemiche a causa dello sfratto imposto dalla Regione. Antonella
Farina ha raccontato il progetto di Nati Per Leggere. La carrellata è proseguita
con Renato La Rosa di Legambiente e con Patrizia Di Lorenzo, che fa parte
dell'assemblea sull'ecologia di Adesso Trieste. Lei ha fatto il punto sulle aree
sgambamento cani, considerate insufficienti, e sulla colonia felina del
quartiere: il movimento vuole dare attenzione alle famiglie in cui sono presenti
animali e battersi per il diritto alla salute di tutti, pelosi compresi. Il
presidente dell'Anpi provinciale, Fabio Vallon, ha ricordato la storia del
Narodni dom rionale, iniziata nel 1903, e che sarebbe dovuta sfociare nell'avvio
dei lavori di riqualificazione da parte della Regione entro il 2020. Il filo
conduttore del tutto? «Le realtà del territorio - spiega Massolino -, come si
sono sviluppate finora e come possono essere migliorate, pensando al 2030».
Lilli Goriup
In piazza per Giulio e Zaki contro i silenzi complici e la vendita delle armi
- La manifestazione del Comitato Dolci
«L'omicidio di Giulio Regeni è il triste esempio di come gli intrighi e gli
interessi economici vengano troppo spesso messi davanti alla difesa dei principi
e al rispetto della vita. Siamo qui per esortare il governo a pretendere
chiarezza sulla vicenda». È questo il messaggio che Luciano Ferluga, del
comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci, ha espresso ieri in piazza
dell'Unità, in occasione della manifestazione organizzata in collaborazione con
Rete Dasi Fvg per pretendere, una volta di più, verità sull'omicidio del
ricercatore di Fiumicello e libertà per Patrick Zaki. Gli obiettivi che il
Comitato ha sottolineato hanno chiamato in causa anche le relazioni commerciali
strette tra Italia ed Egitto negli anni: «Pretendiamo che l'ambasciatore
italiano venga richiamato dal Paese in cui Giulio è stato barbaramente ucciso.
Ma pretendiamo anche la cancellazione degli accordi di cooperazione e vendita di
armi che l'Italia ha maturato con il regime di al-Sisi», ha sottolineato
Ferluga, senza dimenticare un accenno alla vendita all'Egitto di due fregate
militari da parte del governo italiano, mossa commerciale che il Comitato
pretende di veder revocata. «Il luogo scelto per chiedere al governo di
rispettare questi diritti non è stato casuale - ha concluso -. Abbiamo deciso di
organizzare questa manifestazione sotto i balconi dello stesso municipio da cui,
molto tempo fa, è stato tolto lo striscione di Giulio. La scelta era fatta da
Dipiazza, convinto non fosse più un argomento su cui concentrare l'attenzione.
Maledettamente, i fatti ci hanno dimostrato che l'uccisione di Regeni resta un
caso attuale».
l.c.
IL PICCOLO - SABATO, 19 dicembre 2020
Riconversione dell'area a caldo di Servola - Via libera della Corte dei conti
all'Accordo
Nessuna obiezione sui 70 milioni stanziati dal Mise. Ora il ministero
dell'Ambiente potrà far partire le bonifiche con i privati
C'è voluto più tempo del previsto, ma la Corte dei conti ha dato il suo
beneplacito all'Accordo di programma per la riconversione dell'area a caldo
della Ferrieraa. L'organo che vigila sulle operazioni che prevedono il
coinvolgimento finanziario dello Stato non ha sollevato obiezioni sui 70 milioni
stanziati dal ministero dello Sviluppo economico per sostenere la trasformazione
di altoforno e cokeria. Il passo è decisivo, perché permette ora al ministero
dell'Ambiente di avviare il confronto con i private sulle opere di messa in
sicurezza dei terreni inquinati, il cui progetto è stato presentato allo stesso
ministero il 29 settembre. Il piano riguardante le demolizioni è stato invece
depositato il 27 luglio e già approvato: al momento Arvedi sta procedendo con lo
smantellamento dell'impiantistica e delle parti di metallo, mentre Icop si
occuperà successivamente di abbattere le strutture e rimuovere i detriti, prima
di procedere alla realizzazione dei piazzali, per la quale serve una nuova
intesa con l'Ambiente. La bollinatura della Corte dei conti è giunta nei giorni
scorsi a firma dell'Ufficio di controllo sugli atti del Mise. Il visto sarebbe
dovuto arrivare in estate, ma la procedura è stata avviata solo il 2 novembre.
L'esito è ad ogni modo quello sperato: «Si ammette a registrazione con esclusivo
riferimento ai contenuti dell'Accordo di programma del 26 giugno 2020 approvati
dal ministero per lo Sviluppo economico». Non si sollevano obiezioni
sull'impegno economico deciso da Stefano Patuanelli per convincere il gruppo
Arvedi a chiudere l'area a caldo, aumentare la capacità produttiva del
laminatoio a freddo e spostarvi buona parte delle maestranze un tempo operanti
in altoforno, cokeria, agglomerato e macchina a colare. Come noto, il Mise
verserà ad Arvedi 70 milioni: 45 per Trieste (inclusi i 15 stanziati anni fa per
l'area di crisi complessa di Trieste) e 25 per Cremona. Mentre Arvedi prosegue i
lavori di piccola demolizione delle strutture, il ritardo della registrazione da
parte dell'Ufficio di controllo aveva fatto temere lo slittamento della
realizzazione dei piazzali del nuovo terminal merci da parte di Icop, firmataria
dell'Adp per conto di Piattaforma logistica Trieste. Senza bollinatura, non
sarebbe potuto partire il confronto con l'Ambiente da cui dipendono le
autorizzazioni. La procedura si era incagliata per alcuni mesi tanto che, prima
il 27 agosto e poi il 10 novembre, il ministero dell'Ambiente aveva dovuto a
sollecitare lo Sviluppo economico, affinché trasmettesse copia dell'Accordo di
programma debitamente registrata dagli organi di controllo, sottolineando
l'urgenza legata appunto alla necessità di approvare la documentazione inviata
da Icop in estate. Ora che l'ok della Corte è arrivato, il ministero
dell'Ambiente potrà avviare l'iter, che si concluderà con una conferenza dei
servizi cui spetterà la ratifica del progetto con cui Icop si propone di
demolire le strutture, asportare i materiali, realizzare i nuovi piazzali e
attuare le misure necessarie per il trattamento delle acque di falda. Secondo il
cronoprogramma, le opere sarebbero dovute cominciare a marzo ma è presumibile
che il tutto parta a giugno. La conferenza dei servizi avrebbe infatti dovuto
essere convocata entro novembre, ma le cose slitteranno all'inizio del 2021.
Prima di poter operare, Icop dovrà inoltre perfezionare la permuta tra aree
demaniali e private prevista dall'Adp e poi ottenere la concessione dei terreni
di competenza da parte dell'Autorità portuale. Il disco verde della magistratura
contabile consente all'Agenzia del demanio di attivarsi in tal senso, oltre a
permettere a Invitalia di avviare le pratiche per impiegare i 41 milioni da
tempo stanziati per le opere di barrieramento a mare affidate alla parte
pubblica.
Diego D'Amelio
Camini e operai ritratti nel murales per Toffa - l'opera realizzata su un
muro del rione
Ritrae un operaio al lavoro in altoforno e, sullo sfondo, il fumo che esce
da un camuno il murales realizzato sulla parete dell'edificio in via di Servola
88, dedicato a Nadia Toffa, l'inviata de Le Iene, che per anni si è battuta per
le problematiche del rione legate alla Ferriera. Si intitola "Look up" è
realizzato dall'artista Gabriele Bonato e sta per essere finito. A illustrare i
dettagli un cartello. «Il nome - si legge - evoca i concetti di verticale e
verità, la stessa verità cercata da Nadia Toffa, cui l'opera è dedicata. La
Ferriera spicca con i suoi accumuli di metallo; camini ruggine simboleggiano il
degrado e l' effimero del mondo, destinato a perire come accade al ferro
lasciato in balia della natura. Un braccio meccanico, simile a un fiore di
acciaio, si eleva verso l'alto e su di esso si posa uno splendido volatile,
Nadia, nome che significa speranza». Il progetto rientra nell'ambito di "Chromopolis-La
Città del Futuro".
mi.b.
"Gabbie" a Duino, chiesta una proroga al 2033
La Ca' Zuliani punta al prolungamento della concessione per gli impianti
d'allevamento dei pesci. Le obiezioni ambientaliste
DUINO AURISINA. Poter sfruttare le acque del golfo fino al 31 dicembre 2033.
Va in questa direzione la richiesta formulata in questi giorni alla Regione
dalla Ca' Zuliani, l'azienda proprietaria delle contestate gabbie per
l'allevamento intensivo dei pesci, installate di fronte al castello di Duino.
Tecnicamente, la srl ha presentato una domanda di proroga della concessione
demaniale. Di fatto si tratta della volontà, da parte dell'azienda che fa capo
all'amministratore delegato Oliver Martini, di continuare nell'attività di
allevamento che da tempo è al centro di vivaci polemiche. Del resto, è
facilmente comprensibile che, visti i notevoli risultati ottenuti, anche in
conseguenza degli ingenti investimenti effettuati, la Ca' Zuliani voglia
proseguire nell'attività intrapresa. Non più tardi di qualche mese fa, la srl si
era impegnata a illustrare gli strumenti utilizzati per preservare l'integrità
delle acque del golfo. «La durata della richiesta di prolungamento della
concessione - spiega Stefano Caberlotto, responsabile della produzione della Ca'
Zuliani - si giustifica nel senso che il ritorno degli investimenti fatti non
può essere immediato in un mercato come quello che ci caratterizza. È perciò
naturale che si vada nella direzione di una richiesta di un accentuato
prolungamento di tale concessione, anche perché siamo legati ai contributi
legati all'attività, che richiedono per l'appunto una programmazione di lunga
gittata».Sul tema è immediata la contestazione di cui si fa interprete il
movimento "Salute e ambiente". «Sono numerosi gli aspetti trascurati dalle
competenti autorità su questa vicenda - sottolinea il portavoce Danilo Antoni -
innanzitutto perché, nella concessione originaria, non è stata rispettata la
norma che prevede di tenere in considerazione il cumulo con altri progetti. In
secondo luogo - prosegue Antoni - è stato trascurato l'elemento che riguarda il
paesaggio, perché chiunque avrebbe potuto constatare che gabbie di allevamento
in mare di questo genere, di dimensione variabile dai 12 ai 16 metri e sporgenti
dal livello del mare con strutture di plastica gialla alte più di un metro,
davanti a un castello non potevano certo valorizzare il paesaggio. Queste
gabbie, di fatto, formano un'isola di plastica gialla di circa di cinque
ettari».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 18 dicembre 2020
Rifiuti, cresce la differenziata ma si ricicla soltanto a meta' - il rapporto annuale ISPRA
ROMA. L'ultima edizione del rapporto Rifiuti Urbani di Ispra - l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell'Ambiente - fotografa l'Italia nel 2019, ultimo anno pre-Covid. I rifiuti urbani nel complesso diminuiscono rispetto all'anno precedente dello 0,3% (-80.000 tonnellate). Siamo a 30,1 milioni di tonnellate, eravamo a 32,5 milioni nel 2006/2007. La curva sembra dunque stabilizzarsi. I rifiuti aumentano nel Nord Italia e si riducono nel Centro e nel Sud, dato che forse ci fornisce indicazioni preziose sui differenziali regionali di recupero dalla crisi economica degli ultimi 12 anni. Buone notizie sul fronte raccolte differenziate. Nel complesso arriviamo al 61,3% di media nazionale, oltre 18 milioni di tonnellate che i cittadini consegnano diligentemente ai circuiti del riciclo. L'obiettivo nazionale del 65% è ormai vicino, raggiunto già da 8 regioni e dal 60% dei Comuni. Il recupero energetico si attesta sul 19% del totale, +1,4% ma valore ancora distante da quel 25/35% atteso nello scenario descritto dalla Direttiva europea. Gli impianti si riducono costantemente, sono 37 (38 nel 2018, 39 nel 2017), e non se ne costruiscono di nuovi ormai da anni. La discarica si riduce arrivando al 21% del totale dei rifiuti urbani (-3,3%), valore che andrà almeno dimezzato da qui al 2035, per raggiungere l'obiettivo europeo del 10%. Si aggrava il fenomeno dell'esportazione dei rifiuti urbani, che verso i Paesi esteri è aumentata del 10%. Un dato preoccupante che testimonia la fragilità impiantistica nazionale specie per quanto riguarda il compostaggio e l'incenerimento. In generale, il quadro è di progressivo miglioramento con due criticità che devono essere affrontate: la mancanza di impianti di termovalorizzazione e riciclaggio, per chiudere il ciclo e i forti differenziali regionali.
Alfredo De Girolamo
Canoni d'affitto più bassi per chi utilizza a Borgo gli orti urbani delle
Piane - la decisione della giunta
«Anche a Borgo San Sergio gli orti urbani delle Piane vedranno adeguati al
ribasso i canoni annuali d'affitto». È l'annuncio fatto ieri da Lorenzo Giorgi,
assessore al Patrimonio, che ha voluto illustrare proprio sul posto la nuova
delibera approvata dalla giunta sulle tariffe di ogni terreno comunale ad uso
d'orto urbano. «Questo è il più grande dei quattro orti che abbiamo a Trieste -
ha affermato Giorgi -. Le Piane sono utilizzate da molti anni da cittadini ed
associazioni». Vista l'importante funzione sociale dell'orto-giardino, la giunta
ha deciso di ridurre il costo dell'affitto facendolo scendere da 3,43 a 1 euro
al metro quadro. Anche per i pensionati che si dedicano a quest'attività il
prezzo scende da 1,31 a 1 euro. «È importante che si paghi poco - ha spiegato
l'assessore al Patrimonio - ma che ci sia, al tempo stesso, un impegno da parte
del cittadino nella cura dello spazio pubblico. Ci sono stati problemi di
abusivismo in alcuni lotti liberi e, da poco, abbiamo messo nuovi lucchetti:
attualmente qui abbiamo ancora 6 lotti a disposizione». Dopo la campagna
lanciata dal Comune, al termine dell'estate, e a seguito dell'opera di
risistemazione della zona delle Piane, le persone si sono riavvicinate all'idea
di coltivare carote e zucchine in città. «Alcuni triestini usano questi spazi da
tanto tempo - ha aggiunto Giorgi -. C'è chi è qui dagli anni '70. È vero che c'è
ancora il problema dell'allacciamento dell'acqua: esistono solo due attacchi e
la pressione è bassa. Ci impegniamo a portarne di più, ma voglio fare un appello
ad Acegas vista l'importante funzione sociale del sito. Abbiamo avuto degli
incontri, ma i preventivi sono un po' alti per i futuri lavori». Si parte da una
spesa di 80 mila euro secondo il Comune. «Siamo pronti ad intervenire - ha
concluso l'assessore - ma se trovassimo più attenzione per abbassare i costi e
collaborare ulteriormente ne sarei felice». Oltre a Le Piane altri orti urbani
sono in strada di Fiume, a "Le Mandrie" di Opicina e in via Navali-Dandolo a San
Vito. Per il futuro ne è in arrivo uno nuovo nel 2021.
Lorenzo Mansutti
SEGNALAZIONI - Porto vecchio - La scelta antistorica della Regione Fvg
Negli anni abbiamo assistito ad ogni sorta di proposta per il recupero del Porto Vecchio: da terminal marittimo del turismo con l'imprenditore Pierluigi Maneschi recentemente scomparso, a polo museale, zona turistica e residenziale, cuore pulsante di "outlet in città" per il critico d'arte e politico Vittorio Sgarbi con presunti acquirenti sempre disponibili all'investimento e ora sede di un "Pirellone" della Regione Fvg. In cambio di 26 milioni di euro al Comune per la viabilità e le infrastrutture. I fondi del Recovery Fund non sono ancora arrivati e già la Regione ha pensato di investirne una cospicua fetta (da 150 milioni) per spostare tutti i suoi uffici dalle sedi sparse in centro al Porto Vecchio, nei magazzini della storica "cittadella Greensisam", lasciando vuoti in città numerosi edifici ancora freschi di restauro. In un momento in cui si pensa al lavoro agile e a nuove modalità non solo per le aziende, ma anche e soprattutto per il mondo della Pubblica amministrazioni, gli edifici sedi delle grandi compagnie nel mondo si svuotano. La Regione Friuli Venezia Giulia con il Comune di Trieste vuole quindi fare una scelta antistorica, raccontandola come un'operazione che avrà benefici sulla spesa e sul risparmio e coerente con i requisiti per la richiesta dei fondi europei: un progetto definito green e che persegue l'obiettivo della digitalizzazione. Mi spiace dirlo, ma sebbene sia necessario recuperare gli edifici di Porto Vecchio e riportarli al loro splendore, risparmiandoli al degrado, questo progetto riproporrebbe sempre lo stesso problema: spazi vuoti in città difficilmente ricollocabili sul mercato e un uso di spazi nel porto con parcellizzazione della proprietà senza avere un piano complessivo dell'area che faccia davvero prendere vento verso il futuro alla nostra città.
Tiziana Cimolino
Un incontro su Langer ricordando Marino Vocci
«Alex Langer» ha scritto Marino Vocci in "Fughe e approdi" «è stato l'uomo politico che ho amato di più. Uomo di frontiera, ma oltre i confini, amico dell'Istria e di queste nostre difficili ed affascinanti regioni e del mondo, che credeva veramente nella diversità come ricchezza e risorsa». Per questo Articolo 21 Fvg e l'associazione "Tina Modotti" hanno pensato di ricordare Marino Vocci nel terzo anniversario della morte presentando l'ultimo libro di Alexander Langer "Quei ponti sulla Drina. Idee per un'Europa di pace" (Infinito Edizioni), un'antologia di testi scritti tra il 1989 e il 1995. Perché entrambi credevano nel dialogo interetnico come strumento di contrasto all'acuirsi di nazionalismi e nel ruolo dell'Ue. All'incontro, in diretta oggi alle 16.30 dalla pagina Fb del Caffè San Marco, parteciperanno Fabiana Martini, Gianluca Paciucci, Sabina Langer, Gianni Tamino, Martina Vocci. Sarà ricordata anche Lidia Menapace.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 17 dicembre 2020
UNDICI ASSOCIAZIONI TRIESTINE SCRIVONO AL GOVERNO: SI FINANZINO I TRAM E NON
L'OVOVIA!
Undici associazioni triestine, ambientaliste e civiche, da tempo impegnate
con proposte per una mobilità sostenibile, hanno inviato al Governo italiano
(presidente del consiglio, ministri dell'ambiente, dei trasporti, dello sviluppo
economico) una lettera nella quale evidenziano come l'attuale amministrazione
cittadina stia ignorando le direttive europee e nazionali relative ad un netto
taglio delle emissioni di gas serra. Anzi, come intenda usare finanziamenti
statali (circa 45 milioni di Euro) per realizzare un percorso di ovovia che
attraverserebbe in orizzontale tutto il Porto vecchio per poi salire,
affiancando il Faro della Vittoria, da Barcola Bovedo fino al ciglione carsico,
trasformando un bosco in 840 posti macchina.
Per questo le associazioni richiamano l'attenzione del Governo sull'assoluta
inadeguatezza del Piano comunale per la Mobilità Sostenibile adottato
dall'attuale Giunta. Il PUMS è lo strumento amministrativo col quale si
dovrebbe, in dieci anni, ridurre di almeno il 60% le emissioni di CO2, il gas di
scarico responsabile, assieme al metano, dell'effetto serra, ovvero del
drammatico riscaldamento globale. Invece il Piano testè varato immagina che la
riduzione di CO2 possa derivare dalla costruzione dell'ovovia, che dovrebbe
essere usata da circa 1500 pendolari provenienti da nord. (A costoro andrebbe
invece riservato un buon servizio ferroviario, com'era già evidenziato dal
progetto Adria-A, colpevolmente abbandonato).
A Trieste serve un sistema di trasporto urbano di massa, cioè una moderna rete
tramviaria che la colleghi lungo gli assi principali. Si può iniziare, con
analoga spesa, con una linea Stazione - piazza Foraggi, prolungabile poi nel
Porto Vecchio fino a Barcola, e verso Muggia e oltre.
Son già quasi tremila i triestini e le triestine che stanno sottoscrivendo
questa proposta su Change.org, cui vanno aggiunte le altre migliaia che da anni
chiedono il ripristino dello storico "Tram de Opcina".
Per questo le sottoscritte Associazioni confidano che il Governo saprà ben
distinguere fra le proposte di buon senso e quella dell'ovovia, inutile,
insensata, molto impattante, economicamente insostenibile. E poi, per dirla
tutta: "a Trieste xe la Bora!"
le associazioni:
FIAB Trieste Ulisse presidente Luca Mastropasqua
Tryeste referente Riccardo Laterza
Legambiente Trieste Circolo Verdeazzurro presidente Andrea Wehrenfennig
Spiz Associazione di Promozione Sociale vicepresidente Diego Manna
Università delle Liberetà – AUSER Trieste – Camminatrieste responsabile Mario
Goliani
Zeno presidente Alessio Carecci
Fridays For Future Trieste
Uisp Fvg presidente Elena Debetto
Adesso Trieste referente Giulia Massolino
BioEst presidente Sergio Senni
Prodes – Forum dei Beni Comuni presidente Tiziana Cimolino
Recapiti:
FIAB Trieste Ulisse: info@ulisse-fiab.org
Tryeste: tryeste.tryeste@gmail.com
Legambiente Trieste: info@legambientetrieste.it
Lettera aperta al Governo Italiano - Al Presidente del Consiglio - ai
Ministri dei Trasporti, dello Sviluppo Economico, dell'Ambiente
Trieste, 17 dicembre 2020
Signor Presidente,
La recente decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 2020 di ridurre del
60% le emissioni di gas con effetto serra entro il 2030 impone di prendere
provvedimenti assolutamente radicali a tutti i livelli di competenza. Occorre
perciò una netta e urgente direttiva che obblighi ogni singola Amministrazione a
operare in questa direzione, indispensabile e urgentissima.
Un aspetto è certamente l’incremento e l’efficientemento del trasporto pubblico,
con una rapida transizione ai mezzi elettrici e un ampio programma di utilizzo
del fotovoltaico quale sorgente, abbinato all’efficientamento energetico degli
stabili.
Al contrario, il PUMS testé adottato dal Comune di Trieste dichiara di voler
mantenere invariate le proprie emissioni 2019 fino al 2030, il che è decisamente
inaccettabile!
Anche in questo quadro va esaminata, in particolare, l'ipotesi dell’attuale
Giunta comunale di spendere circa 45 milioni di fondi statali per un'Ovovia
oggettivamente dannosa per l'ambiente e il paesaggio (ettari disboscati), costi
irragionevoli rispetto ai bisogni (1500 pendolari), prevista su aree verdi
tutelate e inadatte e priva di connessioni col trasporto pubblico locale. Il
progetto non è previsto dal Piano Regolatore Comunale vigente, e nemmeno dal
Piano Regionale del Trasporto Pubblico Locale. Non esiste neppure un
pronunciamento ufficiale della locale Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e
Paesaggio.
Con tale somma, invece, si può finanziare una linea di tram moderno che colleghi
velocemente e comodamente l'asse cittadino principale, da Piazza dei Foraggi
alla Stazione Centrale, da estendersi poi a tutto il Porto Vecchio e
successivamente verso Muggia (e oltre).
Secondo noi, i fondi stanziati dal Governo per i sistemi di trasporto rapido di
massa devono servire a tutta la popolazione, e non venir sprecati per una
piccola frazione di essa o per i turisti. Il collegamento Opicina-Park
Bovedo-Porto Vecchio tramite l’ovovia non incide sui problemi della mobilità
quotidiana a Trieste, che riguarda soprattutto quella tra i quartieri e passa
per il centro storico, e solo in seconda battuta riguarda l'afflusso quotidiano
dei pendolari (cui va facilitato l’utilizzo del treno).
Per completezza alleghiamo lo studio da noi svolto che evidenzia la fattibilità
e l'economicità della proposta di una o due linee di tram moderno, nonché le
precisazioni sulle criticità dell'assurda ipotesi di un'Ovovia.
le associazioni:
FIAB Trieste Ulisse presidente Luca Mastropasqua Tryeste referente Riccardo
Laterza
Legambiente Trieste Circolo Verdeazzurro presidente Andrea Wehrenfennig Spiz
Associazione di Promozione Sociale vicepresidente Diego Manna
Università delle Liberetà – AUSER Trieste – Camminatrieste responsabile Mario
Goliani Zeno presidente Alessio Carecci
Fridays For Future Trieste
Uisp Fvg presidente Elena Debetto
Adesso Trieste referente Giulia Massolino
BioEst presidente Sergio Senni
Prodes – Forum dei Beni Comuni presidente Tiziana Cimolino
PS: è in corso una petizione per il tram e contro l'ovovia che in breve tempo ha
già superato le 2800 firme.
Recapiti:
FIAB Trieste Ulisse: info@ulisse-fiab.org
Tryeste: tryeste.tryeste@gmail.com
Legambiente Trieste: info@legambientetrieste.it
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2020
Perdita di greggio da una condotta nell'area della Siot - subito contenuto lo
sversamento nel terreno
Perdita di petrolio riscontrata ieri mattina sulla condotta che via terra
trasferisce il greggio dal Terminale marino della Società italiana per
l'oleodotto transalpino (Siot) al Parco serbatoi. È stata prontamente tamponata
dal personale di Tal, il gruppo che si occupa della pipeline diretta verso il
Centro Europa anche nel tratto italiano. La fuoriuscita è stata individuata
durante delle normali operazioni di carotaggio (il prelevamento di campioni di
terreno per l'analisi chimica), avviate in un terreno vicino a via Errera, nella
zona industriale nei pressi del Canale navigabile. Il piano di emergenza Siot -
Tal è stato immediatamente attivato e 15 minuti dopo l'accaduto sono iniziate le
operazioni di recupero e di contenimento. La situazione è apparsa fin da subito
sotto controllo. In primo luogo è stato disposto il blocco del pompaggio lungo
la condotta interessata, quindi la depressurizzazione della stessa, avvenuta
inizialmente con lo svuotamento via autobotte e a seguire con la realizzazione
di un bypass, che è entrato in funzione alle 14 e ha avviato il greggio in una
diversa linea dell'oleodotto. L'attività di riparazione della tubazione è stata
predisposta tra ieri pomeriggio e questa notte e prenderà il via stamattina. La
funzionalità dell'Oleodotto Transalpino, fanno sapere da Tal, non è mai stata
interrotta e prosegue lungo le altre tre linee di trasferimento. «Stiamo
operando con il massimo impegno per ripristinare la conduttura nel più breve
tempo possibile - ha dichiarato il presidente della Siot e general manager del
gruppo Tal Alessio Lilli - e nel contempo abbiamo avviato i necessari
approfondimenti per verificare la dinamica di quanto accaduto e stimare l'entità
dello sversamento nel terreno circostante la condotta, che ci risulta contenuta
grazie all'immediato intervento. Il ringraziamento va alle squadre coinvolte e
agli operatori dell'indotto di Siot. Il nostro impegno è focalizzato al
ripristino delle condizioni ottimali e alla riparazione del danno mantenendo al
contempo informato il pubblico».
B.M.
CNA - Focus su incentivi legati ad ecobonus e superbonus 110%
Sfruttare al meglio le opportunità degli incentivi fiscali in ambito
ecobonus, sismabonus e superbonus 110%, introdotto dal Dl Rilancio. È questo
l'obiettivo dell'accordo stipulato tra Cna Costruzioni, Eni gas e luce e Harley&Dikkinson
di cui si parlerà oggi alle 17, in un evento online (per iscriversi: cna@cnatrieste.com).
Interverranno il presidente di Cna Trieste Giancarlo Carena, che introdurrà i
lavori, il presidente di Cna Trieste Edili Lorenzo Cerbone, l'ad responsabile
Harley&Dikkinson Consulting S.r.l. Alessandro Ponti, il responsabile Relazioni e
iniziative di sviluppo servizi energetici, Eni gas e luce Francesco Santangelo,
la responsabile Marketing Harley&Dikkinson Consulting S.r.l. Annalisa Ferrazzi e
il responsabile Cna Costruzioni Mario Turco, che trarrà le conclusioni.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 dicembre 2020
Caserme in vendita sull'altipiano carsico: il Demanio ci riprova
Da Basovizza a Gropada - Poi c'è l'ex posto di confine di Lipizza. E
nell'elenco ancora un appartamento a Sistiana e un terreno a Muggia
TRIESTE. Certo che se il Demanio pensa di ossigenare le casse statali con il
campionario delle ultime aste, sarà bene preparare una zattera e predisporsi a
una perigliosa navigazione. Sul territorio triestino la direzione regionale
mette in vendita 12-beni-12, di cui 5 situati nella parte carsica del capoluogo
e in altri due comuni dell'ex provincia. Il valore complessivo della "sporca
dozzina" naviga poco sotto i 900.000 euro, ma si tratta di un valore nominale
difficilmente compatibile con le esigenze e la reale situazione di mercato.
Comunque, se qualche coraggioso o qualche bastian contrario vuol farsi sotto,
avanti entro mezzogiorno del 18 marzo 2021: l'indirizzo è via Gorghi 18 a Udine.
Alle ore 10 del giorno 22 saranno aperte le offerte. Ciò premesso, diamo
un'occhiata alla merce. Si diceva dei 5 beni situati in Carso e in provincia.
Tre di questi riguardano il Comune triestino: l'ex caserma dei Carabinieri di
Basovizza, l'ex caserma della Benemerita di Gropada, l'ex posto di confine della
Polizia di frontiera al valico di Lipizza. Chi è appassionato del genere, sarà
già caduto in dèja vu. Sono anni che si cerca di cedere questi semi-ruderi senza
venirne a capo, forse bisognerebbe aggiornare la modalità e riflettere sulle
recondite ragioni che possono spingere un investitore ad acquistare decrepite ex
strutture militari al confine di Stato. Stato dell'arte e prezzo: il primo
immobile ha una superficie di circa 2.100 metri quadrati tra coperta e scoperta,
il livello manutentivo è classificato "mediocre", la quotazione è di 125.442
euro. Il secondo va ancora peggio: lo stato manutentivo è "pessimo", gli edifici
sono due, la superficie complessiva cuba circa 2.500 metri quadrati, la stima
sfiora i 180.000 euro. Il terzo è ancor più incredibile: era la struttura
metallica utilizzata a Lipizza dalla Polizia di frontiera, che, compreso il
piazzale, ha un'estensione di oltre 2.300 metri quadrati; lo stato manutentivo è
considerato dagli stessi venditori "pessimo" e sono chiesti 64.520,79 euro. C'è
poi un appartamento a Sistiana, che vanta 90 mq di superficie. Qui andiamo
meglio: il grado di conservazione è "buono", l'ente si sviluppa al pianoterra di
uno stabile su due livelli, possiede un piano interrato, vi si accede attraverso
una via carrabile interna, c'è un posto auto. Per chiudere la rassegna
extra-urbana, ecco un terreno di 335 metri quadrati a Muggia, vicino
all'incrocio tra via Frausin e via Matteotti; è circondato da mura di altezza
variabile tra 1,50 e 3 metri; il fondo è sterrato; le destinazioni precedenti
erano quella di lavatoio e di verde pubblico. A completare il quadro provvedono
i 7 beni in vendita a Trieste città. Un appartamento, risalente al Gma, in via
Gorizia è offerto a 42.000 euro per 67 metri quadrati. Un alloggio in buone
condizioni in via Udine è proposto a 188.500 euro per 173 metri quadrati. Un
locale da ristorazione, sempre in via Udine, sfiora i 100 mq, per i quali si
domandano poco più - di 60.000 euro. Un box in via Canciani a Longera è
acquistabile per 18.600 euro. In vicolo dei Gattorno, non lontano da Salita
Trenovia, c'è un terreno di 67 metri quadrati per quasi 2.000 euro: interessante
il pozzo di aerazione dell'ex rifugio anti-aereo Belvedere. Un bilocale da 43 mq
in via Pirano lo si può portare a casa per 43.000 euro. Infine, 2.000 metri
quadrati in via Caboto sono avvicinabili con 15.000 euro.
Massimo Greco
SEGNALAZIONI - Coronavirus - L'ex caserma venga riconvertita
La diffusione del Covid-19 nelle case di riposo ha dimostrato il rischio di concentrare tante persone in ambienti ristretti e l'inadeguatezza di autorizzare la trasformazione in residenze per anziani di semplici appartamenti cittadini dotati dei minimi servizi prescritti dalla legge ma privi di sufficienti ambienti di sfogo e soprattutto di giardini e spazi all'aperto. Un'area che ci appare come più che idonea per tale utilizzo è l'ex tenuta Burgstaller di Banne, nel 1934 trasformata nella Caserma Monte Cimone e nel 1992, con la caduta della "cortina di ferro", abbandonata dall'Esercito benchè appena ristrutturata e dotata di moderni servizi sanitari e di ristorazione: una superficie di circa 240.000 mq tenuta a parco, con campi sportivi e ampi spazi alberati, villa padronale e altri stabili di servizio. Trasferita al Comune di Trieste, alla fine degli Anni '90 si trovava ancora in buone condizioni: la giunta ne previde l'utilizzo come centro sportivo anche con campo da golf ma i costi non erano affrontabili. La giunta successiva voleva ricoverarvi i profughi che stavano giungendo dall'Est ma incontrò la recisa opposizione degli abitanti di Banne. Ad ogni modo l'area naturale non è mutata e un'amministrazione attenta al benessere dei cittadini anziani non dovrebbe trascurare l'occasione di trasformarla in un istituto modello per anziani autosufficienti e non. Eventualmente col concorso dell'Ater creare una realtà di co-housing con famiglie giovani, secondo esperienze ormai usuali in tutta Europa. Il Covid-19 che ancora incombe non deve ostacolare, ma anzi spronare l'amministrazione comunale e regionale a prevedere soluzioni più idonee e aggiornate per il benessere dei cittadini anziani.
Lucio Vilevich - Ada-Uil Pensionati Fvg
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 dicembre 2020
Esperti a confronto su e-mobility e guida autonoma - oggi alle 9.30
Esperti, manager, esponenti del mondo della ricerca, dell'industria,
dell'innovazione e delle professioni a confronto nel corso del seminario "Le
frontiere della e-mobility: guida autonoma, sistemi manned-unmanned", che si
terrà oggi, alle 9.30, sulla piattaforma GoToMeeting per iniziativa di Aeit Fvg,
Atena Fvg e D-Etef. Iscrizione libera fino a esaurimento dei posti disponibili
tramite il portale nazionale Aeit online.
Fascino e potenza di vette e grotte in due concorsi per "docu" e film
Apre la 31.a edizione di "Alpi Giulie Cinema" dedicata alla montagna e
alla speleologia
La cultura della montagna e il fascino della speleologia, il tutto
raccontato attraverso la forza del cinema e della visione documentaristica. La
rassegna "Alpi Giulie Cinema", progetto organizzato dall'associazione Monte
Analogo, in collaborazione con Arci Servizio Civile, apre i battenti della sua
31.a edizione e lancia i suoi due concorsi denominati "Premio La Scabiosa
Trenta" e " Hells Bells Speleo Award". "La Scabiosa Trenta" approda alla sua
27.a edizione confermando il suo copione abituale, quello di un concorso
riservato alle produzioni cinematografiche firmate da autori originari dei
versanti alpini della Carinzia, Slovenia e Friuli Venezia Giulia. Anche i temi
delle opere rispecchiano la consolidata tradizione della manifestazione e
riguardano il racconto della montagna attraverso le sue varie sfaccettature,
dall'epica della conquista alla tutela ambientale, passando per i contesti
sportivi e i riflessi narrativi di luoghi e personaggi. Da definire le date
delle cerimonie di premiazione e in cantiere al momento anche l'allestimento
della giuria, destinata come sempre a formarsi con tecnici, scrittori e
comunicatori della cultura montana. Una curiosità. Il nome del concorso è
ispirato dal mitico fiore invocato nei racconti e nelle missioni di Julius Kugy,
storico alpinista sloveno, una sorta di "Santo Graal" delle vette e che qui,
anno dopo anno, si presta anche alla rilettura da parte di un artista della
regione impegnato nel campo della scultura o della grafica. L'altra parte della
rassegna "Alpi Giulie Cinema 2021" si avvale del concorso dedicato al mondo
della speleologia, percorso in auge dal 2012, dal titolo "Hells Bells Speleo
Award", progetto organizzato in collaborazione con la Commissione Grotte
"Eugenio Boegan" Società Alpina delle Giulie, Sezione Cai di Trieste. Qui il
focus è naturalmente rivolto alle grotte e dintorni, ma tramite le cifre
narrative dei documentari, dei reportage e della fiction. Il termine ultimo per
la partecipazione a entrambi i concorsi è fissato per la giornata del 25 gennaio
del 2021. I moduli di iscrizione sono scaricabili dal sito www.monteanalogo.net.
Ulteriori informazioni scrivendo a info@monteanalogo.net o ai numeri 040/761683
e 33552792319.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 dicembre 2020
Gara a tre per acquistare il palazzo di Autovie Venete
Lo stabile tra via Lazzaretto vecchio e via Economo in vendita a 3,1
milioni di euro - In corsa due società triestine e un gruppo da fuori provincia.
Previsti alloggi e box
Autovie Venete è a un passo dalla vendita del palazzo al civico 26 di via
del Lazzaretto Vecchio, all'angolo con via Economo. Sarebbero tre le proposte di
acquisto pervenute agli uffici entro i termini prestabiliti. L'immobile,
destinato un tempo ad uffici direzionali, è in ottimo stato. Si sviluppa su
quattro piani, e dispone anche di oltre 24 posti auto e cinque posti per le
moto. In tutto 1.839 metri quadrati, oltre a parti comuni e corte per 258 metri
quadrati e archivi e magazzini per altri 226. Le proposte di acquisto dovevano
essere trasmesse entro lo scorso 9 dicembre, e da indiscrezioni, sembra ne siano
arrivate sul tavolo della direzione due da società triestine già ampiamente
impegnate nel campo immobiliare, e una da una società non locale. Il prezzo di
vendita è stato fissato a 3 milioni e 150 mila euro. Sono ammesse e valutate
solo le proposte di importo pari o superiore. Solo qualora non sia pervenute
proposte con offerte di importo pari o superiore al prezzo di vendita, Autovie
Venete si riserva di valutare le eventuali proposte comunque pervenute con un
prezzo offerto inferiore a quello di vendita. La spa, come noto concessionaria
dell'autostrada A4, ora analizzerà le offerte, e si riserverà di chiedere
integrazioni o chiarimenti. Nel caso di più proposte d'acquisto di pari importo
si riserva, a proprio insindacabile giudizio, di individuare la migliore
proposta sulla base della data entro cui il proponente si impegna a stipulare il
rogito notarile. L'intenzione di alienare il palazzo di via Lazzaretto Vecchio
era emersa già agli inizi del 2019, quando la società aveva deciso
contestualmente di acquistare da Friulia anche il terzo piano del palazzo di via
Locchi, dove la società ha già sede ufficiale. La cessione dell'immobile
sembrava essere già ad un passo dalla firma lo scorso anno, ma poi la trattativa
si è arenata. Se tra le proposte appena inviate almeno una corrisponderà ai
parametri indicati, verosimilmente l'aggiudicazione avverrà agli inizi del
prossimo anno. Ma cosa diventerà quell'immobile? Il piano regolatore consente
oltre alla destinazione residenziale, anche quella alberghiera. Sembra però
tramontata questa ultima ipotesi, mentre si fa largo quella della realizzazione
di appartamenti, con annesso box auto o moto. Va tenuto conto che attorno alla
zona ruotano diversi progetti. E la trasformazione dell'area oggi occupata
dall'Ortofrutticolo, la costruzione del Parco del mare e la riqualificazione
della Stazione di Campo Marzio aumentano le quotazioni di quell'immobile.
Laura Tonero
Con "Un'altra città" si discute su Zoom di ambiente e diritti
Oggi alle 18 nuovo incontro virtuale aperto a tutti. «Perché il sogno è
creare uno spazio dove ognuno si senta protagonista della vita politica»
L'appuntamento è oggi alle 18 sulla piazza virtuale di Zoom al link https://us02web.zoom.us/j/9779772179.
Lì Giovanni Carrosio, docente universitario di Sociologia, Guido Pesante,
professore di Filosofia, Loredana Casali, ricercatrice, animeranno l'incontro
promosso dall'associazione Un'altra città dal titolo "Più ambiente, meno
povertà", che potrà essere seguito anche sulla pagina Facebook del gruppo e sul
relativo canale Youtube. Un'altra città spera così di aprire un dialogo, con il
desiderio di accogliere bisogni, idee e visioni. L'associazione sogna infatti
una realtà dove tutti si sentano partecipi della vita politica, delle decisioni
e del futuro dell'intera comunità. «Siamo convinti - precisano i fondatori - che
oggi sia possibile immaginare cittadini, gruppi, piccole comunità disposti ad
animare uno spazio politico e culturale che affronti le sfide del presente con
lo sguardo rivolto al futuro, anche alla luce delle elezioni del 2021. In vista
di un anno che prevediamo ricco di incontri e appassionate discussioni per
parlare di Trieste: una città, la nostra, che la pandemia ha reso ancora più
vulnerabile». «Avvertiamo insieme a tanti - continuano gli animatori di Un'altra
città - l'urgenza di ridisegnare una città inclusiva che abbia cura del bene
comune e valorizzi la ricchezza del territorio - dal mare al Carso, dal porto
alle osmize -, come volano di sviluppo per creare una società coesa, sana, meno
vulnerabile, attenta all'ambiente, alla salute, alle disuguaglianze. Una città
che si fondi sull'educazione come elemento unificante, potenzi le scuole specie
nelle periferie e promuova la cultura e lo spettacolo per il benessere di tutte
le fasce d'età. Una città che cura delle sue radici e della ricchezza del suo
passato, che sa valorizzare l'opportunità del Porto Vecchio e sappia diventare
un luogo dove lavorare con coraggio e generare ottimismo, anche per le giovani
generazioni».
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 dicembre 2020
L'ascensore per San Giusto pronto a partire sotto Natale
Domani un incontro tecnico, poi verrà chiesto alla Regione di fare il
collaudo. I due impianti potranno essere utilizzati dalle 7 alle 23
Franco Sergas, consulente di Interparking, ci crede, perché il tragitto
burocratico sembra essere terminato: domani lunedì 14 incontro tra i tecnici
coinvolti nell'operazione, a seguire richiesta alla Regione affinché si proceda
al collaudo. Se il test avverrà a stretto giro di posta, l'impegno assunto a
fine ottobre potrà essere centrato: prima di Natale l'ascensore del Park San
Giusto diventerà un mezzo di trasporto pubblico e trasporterà il
cittadino-turista da via del Teatro Romano fin sotto il monumento ai caduti
opera di Attilio Selva a metà anni Trenta. Il sindaco Roberto Dipiazza segue la
partita da vicino, perché molto ci tiene a che cittadini & turisti sfruttino
l'elevatore per risparmiarsi intemperie e calori nel dislivello tra l'area
dietro piazza Unità e il Colle. Ci tengono anche Urbanistica e Lavori pubblici,
perché l'ascensore costituirebbe una primizia nelle modalità alternative all'uso
della vettura in città, di cui al Piano urbano della mobilità sostenibile (più
rapidamente Pums). Gli elevatori sono due, finora, perlomeno ufficialmente,
erano fruibili solo dalla clientela del parcheggio. Ogni giorno i due impianti
si fanno 700 corse, 350 a testa. Sergas aveva calcolato che in un anno i due
montacarichi, costruiti nel 2015, potrebbero salire/scendere un milione di
passeggeri. Un passo fondamentale è stato in ottobre la concessione a Park San
Giusto dell'esercizio fino al 2047. Una volta ottenuto il definitivo benestare
della Regione, gli ascensori entreranno in azione. Secondo Sergas, ci sarebbe la
disponibilità della Soprintendenza a "tollerare" la fermata della simpatica
coppia sul Colle. Park San Giusto ha provveduto a un progetto per trasformare
l'attuale rifugio anti-aereo in un'entrata/uscita per tempi di pace. L'utilizzo
non sarà senza regole. Innanzitutto l'orario dalle 7 alle 23, salvo chiamata
notturna in portineria. Poi bisognerà capire in quanti potranno salire sugli
ascensori, in questo periodo condizionato dalle limitazioni legate al Covid.
Magr
Orti a Borgo San Sergio in concessione gratuita ai residenti che li usano -
la proposta di Progetto FVG
Dare in concessione ai residenti che ne usufruiscono le cosiddette "piane di
Borgo San Sergio", veri e propri orti che il Comune ormai da anni è solito
assegnare in comodato d'uso ai cittadini che li vogliono utilizzare per la
coltivazione diretta. È quanto chiede Progetto Fvg - e la Settima Circoscrizione
tutta - per la zona in questione, con un piano d'azione presentato nei mesi
scorsi nel parlamentino, contenente alcune azioni urgenti da intraprendere per
riqualificare il territorio posto dietro gli immobili Ater soprannominati "case
dei Puffi". Una serie di richieste presentate da Progetto Fvg e fatte proprie
successivamente da tutto il consiglio circoscrizionale. «Abbiamo voluto portare
sotto i riflettori la situazione delle Piane di Borgo San Sergio - sottolinea
Alice Tessarolo, consigliera circoscrizionale di Progetto Fvg, firmataria della
mozione e redattrice del piano - attraverso la quale chiediamo al sindaco di
assegnare in via gratuita le concessioni dei lotti per un anno, in modo da dare
respiro a quelle famiglie che li usano per integrare il proprio sostentamento
alimentare, oltre che per incentivare le eventuali nuove concessioni, visti i
diversi lotti in disuso». Una proposta corredata dalla richiesta di riprendere
in mano, da parte del Comune, il progetto di riqualificazione anche utilizzando
lo strumento della sponsorizzazione. Non solo concessione gratuita però: il
parlamentino della settima circoscrizione chiede anche che, al fine di evitare
l'abbandono al quale parte di questi orti sono oggetto, il Comune provveda a
fornire gli stessi di allacciamento all'acqua corrente, illuminazione e una
certa messa in sicurezza. «Abbiamo trovato grande attenzione da parte del
sindaco Dipiazza su questi interventi - così Giorgio Cecco, coordinatore
provinciale di Progetto Fvg -, allo stesso tempo crediamo siano importanti le
proposte che arrivano direttamente dai rappresentanti sul territorio».
l.d.
«Report San Giovanni, inutile spreco di soldi» - l'attacco di Fratelli
d'Italia
Un inutile spreco di denaro pubblico. Così il consigliere della VI
Circoscrizione Paolo Perini, esponente di Fratelli d'Italia, bolla l'iniziativa
promossa dalla presidente del parlamentino, la pentastellata Alessandra Richetti,
insieme a Legambiente per sondare le opinioni e le richieste degli abitanti di
San Giovanni, e di quanti lavorano nella zona, in relazione alla vivibilità del
rione. Con un'attenzione particolare a verde pubblico e viabilità in area
rotonda del Boschetto. «L'operazione è costata 1.500 euro di soldi pubblici
inseriti nelle disponibilità della Circoscrizione - attacca Perini -. Fondi che
avrebbero potuto essere impiegati meglio visto che quel progetto non porta
nessuna novità e conclude le stesse cose che vado dicendo io da almeno tre anni
e per le quali ho anche raccolto 600 firme per un progetto ben avviato».
Cinghiali tra i vigneti, la Regione non risponde all'Sos dei coltivatori
Trieste. Continuano a rimanere inascoltati, da parte della Regione, gli appelli dei proprietari di terreni del Carso e di altre zone del territorio adibiti a coltivazioni e vigneti, sempre più spesso bersaglio delle invasioni di cinghiali spinti vicino alla cinta urbana dalla necessità di trovare cibo. Anche la recente interrogazione del consigliere regionale Igor Gabrovec del Pd, presentata per illustrare i danni provocati «ai vigneti giunti a maturazione per la produzione del vino», in cui l'esponente di opposizione ha ricordato anche «l'esiguità degli indennizzi previsti dall'amministrazione regionale per i viticoltori che hanno subito danneggiamenti alle colture», non ha trovato una risposta adeguata. Dalla Regione infatti è stato ribadito soltanto che esiste il «Piano di controllo quadriennale del cinghiale, in base al quale gli agricoltori possono chiedere di poter abbattere sui propri terreni i cinghiali, in deroga alle normative in materia, per contribuire allo sfoltimento di questi animali. Sono stati inoltre concessi - continua il testo di risposta all'interrogazione di Gabrovec - i piani di prelievo per l'attività venatoria, in tempo per l'inizio della stagione, facendo sì che le riserve di caccia possano svolgere le loro attività in modo regolare». Una disposizione che non trova riscontro nella realtà. «Alla mia richiesta in tal senso - è la testimonianza di Vincenzo Ferluga, agricoltore della zona di Piscianzi, sopra Roiano, bersagliato dalle invasioni notturne degli ungulati, da tempo in conflitto con l'amministrazione regionale - la Regione continua a dire di no. Nel mio terreno - continua - l'unica cosa che sono riuscito a ottenere è stato il posizionamento di un recinto trappola per la cattura dei cinghiali e nulla più. Pure la gestione di tale struttura - prosegue - non è stata pari alle attese, anzi i risultati sono stati molto scarsi. Per questo - conclude l'agricoltore di Piscianzi - ho chiesto il permesso di poter operare con l'abbattimento in deroga, ma l'esito è stato negativo, perciò la situazione non è cambiata e i danni a mio carico sono sempre più rilevanti, a fronte dei quali gli indennizzi sono veramente ridicoli, insufficienti per permettere il ripristino delle coltivazioni».
u.s.
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 12 dicembre 2020
Rotonda del Boschetto: le proposte di Legambiente
Il Circolo triestino di Legambiente ha recepito nel tempo svariate
segnalazioni da parte degli abitanti di San Giovanni, che mettevano in evidenza
lo stato di degrado e di difficile fruizione del verde esistente e la richiesta
di potenziare piccole aree attualmente prive di utilizzazioni proprie. Per
meglio tastare il polso dei residenti, abbiamo coinvolto la Presidente della VI
Circoscrizione, Alessandra Richetti, che si è resa subito partecipe portando in
Consiglio una delibera di Progettazione partecipata per poter approfondire il
tema. Ne è nata la Ricerca realizzata dall’Architetto Johanna Riva, ricca di
analisi e spunti progettuali, in buona parte analoghi a quanto elaborato dal
nostro Circolo.
Il primo aspetto che salta agli occhi osservando il giardinetto di Guardiella,
oltre al chiosco di frutta e verdura che da anni lo caratterizza, è l’imponenza
di alcuni alberi secolari “orfani” del loro Boschetto. Peggio, separati,
espulsi, ripudiati! Quel giardino, “tagliato fuori” del suo contesto, stretto
fra tre strade e un condominio, pendente e inadatto ai giochi, sconnesso negli
attraversamenti, utile ormai solo allo sgambamento dei cani, si è via via
degradato, attraendo persone emarginate come lui.
Per questo l’unico intervento risolutivo è riportarlo a casa, ri-unirlo alla
famiglia tagliando quel tratto di Salita al Cacciatore che diviene area verde
attrezzata e rimboschita, base per accedere ai sentieri del Boschetto, fino
all’Orto botanico, al Ferdinandeo, a Villa Revoltella.
Ma non solo: tutta quella fascia verde, fino all’area della Circoscrizione, ha
bisogno di un restyling. L’insieme della nostra proposta si può così
schematizzare:
>Riqualificazione del giardino di Guardiella riunendolo al Boschetto;
>Realizzazione di aree giochi nel cortile/giardino della Circoscrizione;
>Miglioramento della mobilità pedonale;
>Salvaguardia degli alberi secolari;
>Miglioramento della viabilità carrabile con riduzione dell’inquinamento;
>Aumento degli stalli di parcheggio;
Realizzare un unicum tra la parte centrale del Giardino di Guardiella e le
pendici del Boschetto, oltre a salvaguardare il suo patrimonio arboreo, risolve
molti problemi. La viabilità pedonale inerente la scuola Codermatz,
l’ampliamento planiziale del giardino e relativa attrezzabilità, la
riconsiderazione radicale della sua funzione: non più anonimo spazio fra tre
strade, ma importante base di partenza per escursioni, con un “Centro visite del
Parco urbano del Bosco Farneto” fornito di mappe e pannelli fotografici.
Tale ristrutturazione comporta la trasformazione degli assi viari attuali con
snellimento della percorribilità: alla separazione di viale al Cacciatore con
via Pindemonte si supplisce con una nuova bretella verso strada di Guardiella
posta nella parte a est dell’attuale giardinetto, mentre l’uscita di via
Pindemonte riprende il suo tracciato originario, tuttora presente, con
immissione diretta sulla Rotonda. Così si rende ben più sicuro e agevole il
raggiungimento della scuola.
L’Area di Verde Pubblico interna al recinto della Circoscrizione, isolata dalle
strade, va arredata con giochi per bambini e panchine e tavoli per adulti. È un
luogo protetto ed alberato che, per la sua posizione centrale, potrebbe
interessare un’area maggiore dell’abitato. Così per il posteggio esterno, che va
reso area pedonale verde, valorizzando la scalinata storica.
Si può anche rendere più sicura e celere l’immissione da Strada di Guardiella
nella Rotonda, allargando quel tratto della rotatoria e delineando due corsie: a
destra verso strada di Guardiella; diritti verso viale Sanzio.
Nuovi parcheggi potrebbero essere individuati lungo viale al Cacciatore con
l’utilizzo di stalli a pettine, dato l’oggettivo inutilizzo del marciapiede.
Andrea Wehrenfennig - presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste - cell. 3887219510
IL PICCOLO - SABATO, 12 dicembre 2020
SAN GIOVANNI - Progetto di Legambiente e VI Circoscrizione - Residenti e negozianti "ridisegnano" il rione
Dai questionari compilati dai cittadini sono giunte proposte per
ripensare verde e viabilità. Ora il report arriva in Comune
Un progetto di riqualificazione del giardino di San Giovanni, accanto alla
rotonda del Boschetto, che potrebbe portare a tre risultati in un colpi solo:
sistemazione del verde, riorganizzazione della viabilità e riassetto dei
percorsi pedonali. Sono le tre proposte lanciate dai residenti e da chi lavora
nella zona, sondati dalla VI circoscrizione attraverso una serie di questionari.
Un'idea nata da Legambiente, e subito condivisa dal parlamentino, avviata lo
scorso anno e sfociata ora in un'idea concreta. Lo studio è stato poi realizzato
dall'architetto Johanna Riva, che si è messa a disposizione per fornire un
supporto professionale ai cittadini. Tutto sarà presentato al Comune la prossima
settimana. «Il report finale - si legge nel documento che sarà portato in
Municipio - è il frutto di una ricerca di progettazione partecipata rivolta agli
abitanti e alle realtà del rione di San Giovanni, con l'obiettivo di sviluppare
osservazioni e proposte per la riqualificazione del giardino pubblico situato
tra strada di Guardiella e viale al Cacciatore. L'indagine si è svolta tra gli
ultimi mesi del 2019 e l'inizio del 2020. Sono stati elaborati tre scenari
progettuali come risposta alle possibili trasformazioni del luogo, tre
trasformazioni definite minima, media e generale». In ogni caso c'è la
riqualificazione del giardino e delle aree limitrofe, per migliorare la qualità
dell'ambiente e dei percorsi di attraversamento. L'obiettivo principale è quello
di "popolare" l'area verde, teatro più volte, in passato, di episodi di degrado.
Tra i risultati da raggiungere la cura delle piante, sfruttando i dislivelli
naturali, l'installazione di un parco giochi attrezzato anche per attività di
trekking, e ancora la creazione di percorsi sensoriali e scivoli protetti, oltre
alla costruzione di un gazebo per la sosta, sedute, altri arredi urbani e
un'isola per la raccolta differenziata. «Vogliamo far capire che si tratta di
una zona che la gente ama e che vorrebbe poter fruire al meglio, uno spazio che
nel tempo ha avuto problemi, relativi alle frequentazioni, e che è stato in
parte dimenticato - ricorda la presidente della circoscrizione Alessandra
Richetti - abbiamo voluto ripensarlo insieme alla gente, che lo vive e lo
conosce. Inserire solo qualche panchina o qualche gioco, come già fatto anni fa,
non avrebbe risolto le difficoltà esistenti, ecco perché è arrivata l'idea di un
progetto che prospetti scenari più completi, un progetto - sottolinea la
presidente - non calato dall'alto ma discusso insieme a chi questo rione lo
frequenta ogni giorno. Credo sia un'ottima possibilità per San Giovanni, per far
rivivere al meglio il piccolo parco. La prossima settimana porteremo le proposte
al Comune, speriamo di trovare una risposta positiva».
Micol Brusaferro
Dopo 9 anni di attese e intoppi "riemerge" l'operazione Silos
Accordo di programma in dirittura d'arrivo. Manca l'ok al riassetto della
stazione delle corriere. Il progetto? Quello originario con hotel, negozi e
centro congressi
Manca solo l'ok di Tpl, il consorzio che raggruppa le aziende del trasporto
regionale, per chiudere l'accordo di programma delineato ben nove anni fa, con
il compito di definire le sorti dei magazzini del Silos. È una questione
tecnica, una delle tante sollevate in questi anni, a poter finalmente sbloccare
(almeno sulla carta) il restauro dei due grande edifici da 50 mila metri
quadrati ubicati a lato della stazione, di proprietà della Silos spa, società
del gruppo Coop Alleanza 3.0. Se l'accordo di programma verrà chiuso, potrà
essere finalmente venduto e quindi riqualificato l'enorme spazio valutata
attorno ai 120 milioni di euro, diventato nel frattempo sede privilegiata di
senzatetto e ricovero di fortuna di migranti di passaggio. Il punto è, però,
proprio questo: chi comprerà quei grandi immobili a pochi passi dagli
altrettanto grandi magazzini del Porto vecchio, nel frattempo restituito alla
città e ora, in un certo senso, "su piazza"? Negli anni scorsi pareva in pole
position un fondo inglese che, però, con la crisi pandemica si è tirato
indietro. Da Silos spa fanno sapere che «l'area è oggetto comunque di grande
interesse da parte di investitori esteri».Oltre a individuare il compratore,
andrà però come detto anche perfezionato e chiuso l'accordo di programma. Ed è
proprio in questi giorni che gli enti coinvolti nella trattativa (tra cui
Regione, Comune e Silos spa) si sono riuniti per parlare dell'ultima modifica al
progetto dell'architetto Aldo Pavoni, voluto dalla proprietà, modificato nel
2015, ma risalente al 2003, quando il sindaco Roberto Dipiazza era al suo primo
mandato. Tutti questi anni sono stati oggetto di varianti e attese di ogni tipo,
ma anche di nuove esigenze avanzate dalla proprietà, tra cui l'aumento della
superficie commerciale, che aveva iniziato delle opere di consolidamento per
nove milioni di euro. Si sono aggiunte modifiche alle planimetrie e rincorse
alle norme vigenti. Va ricordato che circa due anni fa la Regione aveva dato
parere favorevole a una modifica riguardante il nuovo assetto della stazione
delle corriere previsto nel progetto. Modifica richiesta, spiega l'architetto
Pavoni, «dopo l'entrata in vigore del nuovo piano sul trasporto pubblico». Tale
variante deve ora ottenere il placet di Tpl, che pare sia già stato spronato in
questo senso, ma finora senza grande fortuna. Il gestore del bus deve quindi
confermare o meno se vanno bene ad esempio il dimensionamento degli stalli e il
ricovero dei mezzi. Intanto Silos spa conferma di voler mantenere comunque il
progetto originario, che prevede, oltre a hotel, negozi, ristoranti, centro
fitness (non più con Virgin Active, con cui le trattative sono ferme dal 2013),
anche una sala convegni da 900 persone. Questo, nonostante sia stato appena
inaugurato il centro congressi in Porto vecchio. «L'intento è quello poi di
lavorare in sinergia con le altre realtà congressuali», spiega Pavoni. Entro
gennaio si attende quindi la tanto attesa firma per l'accordo di programma.
Intanto Silos spa fa precisa di «mantenere costantemente in sicurezza il sito,
anche ripristinando, quando necessario, le recinzioni che sono state in alcune
occasioni divelte da intrusi, e di provvedere a installare un apposito accesso
per le forze dell'ordine per consentire loro di effettuare agevolmente le
attività di controllo». Ricordati infine dalla proprietà i vari interventi di
manutenzione compreso «quello operato sui ponteggi lato stazione dei treni».
Benedetta Moro
La rabbia degli abitanti di Strada del Friuli per l'albero abbattuto - Dopo
il taglio di un ippocastano secolare
Un vecchio ippocastano viene tagliato e i residenti si indignano. La
segnalazione arriva da Strada del Friuli. «Un ippocastano secolare, ultimo
baluardo del verde in un piccolo complesso residenziale con annessi parcheggi,
era stato insperabilmente risparmiato - racconta una signora - già se n'erano
andati, qualche anno prima e qualche metro più in là, due tigli secolari e un
pozzo, anch'esso storico. Quell'albero, però, valorizzava la proprietà con la
sua bellezza, l'ombra delle sue chiome e la solidità che con le estese e robuste
radici assicurava al terreno sottostante compromesso dallo sbancamento operato
per realizzare il parcheggio; il costruttore l'aveva capito e non aveva esitato
a rinunciare a un posto macchina in cambio degli evidenti vantaggi, e gli aveva
asfaltato lo spazio intorno, circondandolo con una griglia di protezione
abbastanza comoda da permettergli di respirare, ricevere la pioggia e continuare
a vivere per un altro centinaio di anni». La storia insomma sembrava indirizzata
verso il lieto fine ma, invece, ha subito una svolta inaspettata. L'ippocastano
viene eliminato. «Un albero sano sopra i 2,2 metri di circonferenza o i 15 metri
di altezza, non può essere abbattuto senza l'autorizzazione dell'ufficio
comunale del verde pubblico, incluse le proprietà private. Ma dall'ufficio ci
hanno detto che è il via libera è arrivato dalla relazione di un tecnico». Ma
gli abitanti non si fermano e, dopo aver contattano corpo forestale, 112,
Polizia municipale e Comune, annunciano ancora battaglia per denunciare quello
che considerano uno scempio.
m.b.
IL PICCOLO - VENERDI', 11 dicembre 2020
La Regione blinda gli 8 milioni promessi per il Parco del mare
Bini, dopo aver nicchiato all'inizio dell'esame della finanziaria,
conferma i fondi - Insorgono Pd e M5s: «Soldi pubblici per un progetto privato.
Pagano i cittadini»
La giunta Fedriga stanzierà otto milioni per la realizzazione del Parco del
mare di Trieste, già all'interno dell'imminente legge di stabilità. L'annuncio è
stato dato ieri dall'assessore regionale al Turismo Sergio Bini, in risposta a
un'interrogazione del consigliere regionale Francesco Russo. L'ente pubblico
metterà a disposizione i fondi che, assieme ad altrettanti milioni già pronti da
parte della Camera di commercio, sbloccheranno il progetto delle imprese
private, che si sono dette pronte a investire 24 milioni sulla realizzazione del
nuovo acquario. Parlando in Consiglio regionale durante il question time, Bini
ha sottolineato «l'interesse della giunta nei confronti di questa importante
opera. Adesso il progetto è stato definito e, come detto dal presidente Fedriga
e dall'assessore Roberti, l'interesse c'è e si concretizzerà in modo importante:
otto milioni di euro nella prossima stabilità». La giunta di centrodestra lancia
un assist importante in vista della campagna elettorale di Roberto Dipiazza,
perché i 26 milioni promessi per il Porto vecchio e gli otto per il Parco del
mare rappresentano una manifestazione di interesse verso Trieste. Gli otto
milioni saranno frutto del ricorso all'indebitamento che la giunta approverà con
ogni probabilità nella seduta di stamani. Il presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti incassa e porta a casa, dopo aver temuto che
l'iniziale titubanza di Bini durante la discussione della finanziaria in
Commissione potesse riservare brutte sorprese. «Nel ringraziare la giunta - dice
Paoletti - guardo con fiducia a questo ulteriore passo in avanti verso la
definizione dell'architettura finanziaria pubblica, che andrà ad affiancare i 24
milioni di investimento privati di Icop, Icrrea e Costa Edutainment. Un progetto
per complessivi 44 milioni che creerà occupazione e ricadute dirette sul
territorio regionale, fin dall'avvio dei lavori. Dalla presentazione del
progetto, c'è un crescente interesse verso Trieste, testimoniato anche
dall'interesse di media nazionali e stranieri: una promozione territoriale che
attrarrà ulteriori investimenti nei settori alberghiero e della ristorazione,
nel commercio e nei servizi». Il Pd boccia l'investimento della Regione con la
segretaria Laura Famulari: «Trieste è in una dura crisi economica e sociale,
pezzi di città sono in totale abbandono e i fondi della Regione piovono su
progetti fortemente discussi su cui la popolazione è già divisa o si sta
dividendo. C'è da chiedersi se la spinta decisiva l'abbia data l'incipiente
campagna elettorale. Quegli otto milioni pubblici per un'opera d'iniziativa
privata, se non personale, avrebbero altri e più utili impieghi». E se Italia
Viva ha manifestato invece in questi giorni il favore al progetto con Antonella
Grim, il M5s spara contro la giunta con Cristian Sergo e Paolo Menis: «Dopo il
"Pirellone di Porto vecchio" e il ponte sul Meduna arriva il Parco del mare.
Purtroppo però a pagare la festa, per i privati, saranno sempre e solo i
cittadini. Non possono essere commercianti e artigiani di questa regione a
supportare tale finanziamento. Si tratta inoltre di un progetto vecchio,
sorpassato, diseducativo. Una montagna di soldi pubblici gettati al vento, che
potrebbero venir meglio impiegati nel supportare gli imprenditori locali in
questo difficilissimo periodo di crisi».
Diego D'Amelio
Dal verde ai servizi - La rinascita di Servola in un piano di 35 punti
La lista delle "cose da fare" di sindacato e associazioni presentata alla
Settima circoscrizione e inviata in Comune
«La presente serie di richieste dovrebbe essere parte integrante di un
progetto organico, che tenga anche conto di quanto predisposto in anni passati e
non ancora realizzato nel rione di Servola». Inizia così, con una leggera vis
polemica, quello che può essere definito il glossario delle proposte per la
rinascita del rione di Servola. Ne sono state redatte 35, cui si aggiunge
l'ipotesi di un Piano del traffico: sono state presentate l'altra alla Settima
circoscrizione. Il lavoro è stato realizzato in primis dallo Spi Cgil con il
segretario della Lega Est Stefano Borini, assieme ad Alessandro Radovini,
presidente del Circolo Arci Falisca. Vi hanno collaborato Mario Debernardi,
presidente dell'Associazione Maschere Servolane Lalo, e Tatjana Masala, del
Circolo culturale Ivan Grbec. Il sindaco Roberto Dipiazza ne ha ricevuto copia
affinché il Comune provveda a una sua valutazione. E poi, si spera, alla
concretizzazione, partendo dalla promessa di un sopralluogo. Dall'urbanistica al
sociale, il ventaglio di idee tocca molteplici aspetti del quartiere, a partire
dall'ex cinema, che ha di recente riaperto grazie all'impegno dell'Asd Servolana
Basket, che ne occupa alcuni spazi. Si va subito al sodo: il Comune, per
favorirne l'intero riutilizzo, si dovrebbe assumere «gli oneri e la titolarità
delle utenze». Ma la rinascita di Servola passa come detto anche per una
viabilità prudente, con una verifica della fattibilità del Piano del traffico
offerto. La lista prosegue poi con la necessità di riaprire via del Ponticello,
chiusa a causa di un muro pericolante, da sistemare da quasi un anno. Ci sono
poi marciapiedi da rifare e dissuasori da posizionare. Anche la chiesa storica
di San Lorenzo Martire avrebbe bisogno di un restauro, come il cimitero, in
particolare il muro di cinta. Spazio pure a nuovi alberi in via di Servola e a
una manutenzione straordinaria in Pineta Miniussi. Urge poi eliminare gli odori
provenienti dalle vasche di liquami del depuratore tra Ferriera Scalo legnami.
Bello sarebbe, insiste il "glossario", anche trasformare gli spazi dismessi
vicino alla Ferriera in aree verdi. Si passa poi alla sanità - con la richiesta
del ripristino del Servizio Adulti nell'Unità operativa territoriale, trasferito
in via Locchi, e quella del consolidamento del punto di medicina di gruppo - e
quindi al commercio: si reclamano una «politica di difesa dei pubblici esercizi
esistenti» e il reinserimento di un'edicola (ce n'erano tre fino a pochi anni
fa) del servizio bancomat, e anche dell'ufficio postale. Il programma non
dimentica infine scuola, storia e cultura. «Nell'incontro in circoscrizione c'è
stato interesse verso il programma. Sono stati fatti i complimenti per il
lavoro, comprensivo di proposte dietro alle quali c'è un anno di lavoro»,
spiegano Radovini e Borini: «Però è mancata un po' la definizione su come
proseguire, nonostante alcuni consiglieri abbiano comunque proposto dei
sopralluoghi». Il consigliere Corrado Tremul (Fdi), che ritiene che l'incontro
sia stato «molto utile», specifica: «Ci siamo lasciati con la richiesta di
vederci appena possibile per affrontare la richiesta».-
Benedetta Moro
"Pirellone" del Fvg in Porto vecchio - Luci e ombre di una partita milionaria
Comune "allettato" dai 26 milioni per le opere di urbanizzazione. Ma la
Regione deve vendere prima alcuni pezzi da 90
Spostare un pezzo del centro città in Porto vecchio? L'annuncio dello sbarco
della Regione nell'antico scalo infiamma il dibattito politico e i temi non
mancano. Da un lato il piano punta a "sbloccare" da Sud il Porto vecchio con
investimenti da decine di milioni. Dall'altro consente alla Regione di
accentrare le sue sedi in un unico punto, mettendo sul mercato parti del suo
patrimonio che verrebbero a liberarsi. Un'operazione di vasta portata, insomma,
per i suoi obiettivi come per i possibili i risvolti sul tessuto socioeconomico
e sul mercato immobiliare cittadino. Il piano della regione - Il giorno dopo
l'annuncio dell'assessore al Patrimonio Sebastiano Callari, gli obiettivi di
piazza Unità si fanno più definiti. Il progetto Porto vecchio fa parte di un
piano triennale da 300 milioni in opere pubbliche predisposto in bilancio dalla
giunta e annunciato ieri dal presidente Massimiliano Fedriga. Sul tema, e
sull'opportunità di tirare in ballo il Recovery Fund, si è dibattuto a lungo in
aula e fuori (si legga a destra, ndr). Ripercorriamo l'operazione per sommi
capi: il primo passaggio è la cessione del Comune alla Regione dei magazzini 2 e
4, in seguito alla quale la Regione presta 26 milioni di euro al Comune, che si
impegna a una restituzione pluriennale. L'ente locale ha poi due anni di tempo
per urbanizzare l'area impiegando quei fondi: palazzo Cheba ottiene così sonanti
i denari che gli servono per attrezzare lo scalo con strade, fognature,
allacciamenti. Un prerequisito per mettere sul mercato gli altri magazzini.La
seconda fase interessa propriamente gli interventi diretti della Regione: i due
magazzini vengono ricostruiti internamente venendo a ospitare una buona parte
dei servizi dell'ente a Trieste. La capienza dovrebbe essere di ottocento
persone (laddove i dipendenti regionali sono non meno di 1.500). In questo modo
l'ente conta di risparmiare decine di milioni in consumi energetici e
manutenzione delle tante sedi sparse in città: secondo l'assessore Callari i
soli risparmi di queste due voci sarebbero sufficienti a coprire le spese per i
due magazzini (si veda ancora l'articolo a destra, ndr). L'investimento è di 155
milioni di euro, compresa l'urbanizzazione e la digitalizzazione dell'area, e
una serie di interventi ulteriori, tra cui un centro di ricerca. Spostando il
proprio baricentro in Porto vecchio, la Regione conta di dare un impulso, anche
in termini di consumi, allo sviluppo di un tessuto economico in loco. Le sedi in
vendita - Ma tutto questo significa anche che l'ente e una bella fetta della sua
massa di dipendenti abbandoneranno molte sedi. Da mesi gli uffici stanno
redigendo una valutazione di tutti gli edifici: quanto servono, che valore
avrebbero sul mercato. Nel Patrimonio ci sono alcune prelibatezze: palazzo
Vucetich sulle Rive, sede della Salute, avrebbe già riscontrato degli interessi.
Ma anche la sede dell'assessorato del Lavoro, progettata già in origine a fine
residenziale, è una tra le sedi che potrebbero trovare un acquirente più
facilmente di altri. Lo screening degli uffici è quasi concluso, e l'ente conta
di avere a breve un quadro completo. Resta fuori discussione, ovviamente, la
sede principale di piazza Unità. La partita Greensisam - Dal punto di vista del
Comune l'operazione scioglierebbe nodi irrisolti da tempo. Il magazzino 2 e il
magazzino 4 sono la seconda fila della concessione Greensisam, alle spalle degli
edifici 1A e 3, che danno sul mare, e del magazzino 2A. La concessione di fatto
non è mai decollata a causa del contenzioso su chi si debba far carico delle
spese di urbanizzazione, valutate tra i 10 e gli 11 milioni di euro. La società
guidata da Antonio Maneschi, erede di Pierluigi, manifesta da tempo la volontà
di risolvere la questione: non ha ambizioni immobiliari e paga ogni anno mezzo
milione di affitto. L'intervento della Regione offre una via d'uscita: i 26
milioni risolvono il problema dell'urbanizzazione di tutta l'area, e a questo
punto a Greensisam resta la possibilità di tenere i due magazzini fronte mare,
mentre per il 2A si parla della possibile realizzazione di un parcheggio da
parte di Trieste terminal passeggeri. Il punto tecnico è la risoluzione della
concessione, ma il Comune è forte di alcune vittorie in sede di ricorso e tra
gli addetti ai lavori l'accordo è dato in via di definizione. La partita è parte
della discussione sull'accordo di programma, la cui firma è prevista entro
l'anno.
Giovanni Tomasin
Dal M5s ai dem, si compatta il fronte del no «Puro e inutile spreco di denaro
pubblico»
La difesa della responsabile Bilancio: «Il piano, oltre a rilanciare le
sedi, punta anche su digitalizzazione e ricerca»
TRIESTE. Un caso di «scarsissima visione strategica» come dice il
consigliere regionale di Open Fvg Furio Honsell o «il rilancio complessivo del
Porto vecchio» di cui parla l'assessore regionale al Bilancio Barbara Zilli? Il
progetto annunciato dalla Regione attrae le critiche dell'opposizione e trova la
giunta a difesa, nell'atmosfera già elettrica della campagna elettorale. Nell'aula
di piazza Oberdan il consigliere e segretario dem Cristiano Shaurli bolla come
un «brutto scivolone» il comunicato di ieri, in cui l'assessore Sebastiano
Callari presentava il progetto tra le richieste della Regione per il Recovery
Fund: «Sappiamo che quei fondi sono vincolati alla transizione verde e digitale
- ha detto Shaurli -, se la prima notizia che diamo che chiediamo 155 milioni
per portare uffici in Porto vecchio non incontriamo la simpatia del tessuto
economico regionale né diamo prova di grande prospettiva». L'iniziativa è stata
criticata da diversi consiglieri d'opposizione. Per Honsell «non solo sarebbe
stato opportuno presentare tutti i progetti, se ce ne sono altri, ma se ci si
voleva concentrare sul Porto Vecchio andavano discussi progetti di
elettrificazione di banchine e logistica avanzata che tutelasse l'ambiente in
chiave 4.0».A Trieste l'ex sindaco di Trieste Roberto Cosolini scrive: «Spero
però che non si pensi veramente di usare i fondi del Recovery Plan
per...trasferire uffici della Regione. Se la Regione vuol farlo, lo faccia con
risorse proprie. Ma se il Recovery Plan entrerà in Porto vecchio ci entri per
sostenere progetti innovativi, capaci di creare economia evoluta e posti di
lavoro di qualità per i giovani».Il consigliere 5 Stelle Paolo Menis commenta:
«Un'inutile operazione di facciata, uno spreco di denaro pubblico per spostare
degli uffici. Dopo quest'anno la Regione avrebbe dovuto semmai a organizzare il
lavoro in remoto piuttosto che pensare a operazioni del genere». I portavoce di
Adesso Trieste Giulia Massolino e Riccardo Laterza dichiarano: «La proposta
dell'assessore Callari è di "investire" 150 milioni di euro per spostare gli
Uffici della Regione nel Porto vecchio - peraltro nelle aree in concessione a
Greensisam, sulle quali ancora grava un contenzioso tra Comune e concessionario
in relazione alle opere di urbanizzazione - generando altrettanti vuoti
immobiliari nel centro e sperperando le risorse destinate al bene della
cittadinanza».L'assessore regionale al Bilancio Barbara Zilli risponde ai
critici in Consiglio regionale: «Questa non è un'operazione immobiliare fine a
sé stessa, come ha detto Honsell, ma è uno dei tanti progetti che la Regione ha
formalizzato sul Recovery Fund e che prevede un rilancio complessivo del Porto
vecchio, oltre alle sedi, le opere di urbanizzazione, digitalizzazione e un
centro di ricerca». Aggiunge l'assessore Callari: «Quel progetto nasce un anno e
mezzo fa, prima del Covid e del Recovery Fund. Da qui al 2030 per le sedi
odierne spenderemmo 40 milioni in manutenzioni, altri 30 in spese energetiche.
Queste ultime in una sede unica ci costerebbero il 10%. Questi risparmi bastano
a coprire i costi dell'intervento dei magazzini. È un'operazione di vasta
portata».
G.TOM.
Trasporti: meno bus, più biciclette e passeggiate
In epoca Covid-19 crollo dell'utilizzo dei mezzi pubblici (-26,5%):
l'analisi del docente Danielis e dell'assegnista Scorrano
Anche nel caso di Trieste l'emergenza sanitaria ha alterato sensibilmente le
scelte della cittadinanza in materia di trasporto urbano. La paura del contagio
ha avuto un impatto fortemente negativo sull'utilizzo dei mezzi pubblici,
spostando gli utenti verso modalità private, sia motorizzate che non. E' quanto
risulta da un'indagine targata Università di Trieste e recentemente pubblicata
sulla Rivista di economia e politica dei trasporti. Realizzata da Mariangela
Scorrano, assegnista di ricerca del Deams e parte del gruppo di ricerca del
professore Romeo Danielis, che si occupa di economia dei trasporti, l'indagine
raccoglie e sintetizza i risultati di un questionario online sottoposto, anche
grazie al supporto de Il Piccolo, a 315 intervistati prima e durante la pandemia
di Covid-19 per indagare le loro preferenze negli spostamenti urbani. «Le
distanze limitate e l'elevata densità abitativa rendono la passeggiata a piedi
una delle modalità preferite per accedere al centro cittadino», evidenzia
Scorrano. Una scelta ideale anche in epoca pandemica, tanto che se prima era
preferita dal 33,3% degli intervistati, durante l'emergenza il dato è salito al
52,5%. C'è stato un crollo verticale invece nell'utilizzo dell'autobus, che se
prima della pandemia era il mezzo preferito dal 35,7% dei cittadini, in questo
periodo è stato utilizzato solo dal 9,2% degli intervistati. Gli altri utenti si
sono spostati verso forme di mobilità attiva: gli spostamenti a piedi hanno
registrato l'incremento maggiore (cioè +19.2%), seguiti a distanza dall'uso
della bicicletta, di proprietà o in sharing, passato dal 7,2 al 9,3% (+2,4%).
Una buona notizia per l'ambiente? Solo in parte, perché anche l'uso
dell'automobile privata ha registrato un significativo incremento, passando dal
16,7 al 22,8% (+6,1%). Il problema non è soltanto di carattere infrastrutturale:
«Le nostre stime ci dicono che, se ci fossero più piste ciclabili a
disposizione, la bici verrebbe impiegata per sostituire alcuni viaggi
attualmente effettuati a piedi: perciò la riduzione di motorini e auto in
circolazione, e del conseguente inquinamento, non sarebbe significativa»,
sottolinea Scorrano.«Eppure ci sono città dove la creazione di piste ciclabili,
anche provvisorie, ha consentito in questi mesi una mobilità diversa - commenta
Danielis -. A Trieste invece finora non è si lavorato molto su questo tema:
creare nuove piste ciclabili significa togliere parcheggi, con conseguenti
resistenze da parte di chi li utilizza. Però la transizione verso modalità di
trasporto più sane, pulite e sicure è l'unica strada possibile per ridurre
l'inquinamento».Questo non è l'unico aspetto legato alla mobilità che questa
pandemia ha evidenziato. Il nodo del trasporto pubblico e della sicurezza per
chi utilizza bus e treni, soprattutto per quanto riguarda l'ambito studentesco,
è un tema su cui si è ragionato in tutt'Italia e anche all'estero: «Ma finora
nessuna città, né in Italia né altrove, ha trovato una soluzione al problema: le
reti di trasporto pubblico sono complesse e rigide per natura», dice il
docente.«Ora abbiamo appena avviato un nuovo progetto di ricerca, che sempre
attraverso un questionario mira a valutare le prospettive di mercato degli
scooter elettrici, analizzando il caso Trieste, città dove il tasso di utilizzo
dello scooter a benzina è elevato - racconta Scorrano -. Invitiamo i lettori de
Il Piccolo e chiunque viva a Trieste a partecipare allo studio, rispondendo alle
domande online».
Giulia Basso
IL QUESTIONARIO - L'alternativa? Usare uno scooter elettrico
In base a quali parametri hai scelto il tuo motorino? E che ne pensi dei nuovi scooter elettrici che iniziano a essere offerti sul mercato? Sono alcune delle domande a cui si propone di rispondere il progetto di ricerca appena avviato da Mariangela Scorrano, del dipartimento di Scienze economiche, aziendali, matematiche e statistiche dell'Università degli Studi di Trieste.Si tratta di un questionario (compilabile online al link https://forms.gle /88d7HGpbc1b8zvLr9 , il collegamento lo trovate anche sul sito de Il Piccolo) che mira a valutare le prospettive di mercato degli scooter (motorini) elettrici, focalizzandosi anche in questo caso sulla città di Trieste, dove la mobilità su due ruote motorizzate è parecchio diffusa. Il questionario, la cui compilazione richiede 10/15 minuti, è rivolto a tutti coloro che vivono a Trieste, sia che siano residenti, sia che si tratti di fuori sede che lavorano o studiano nella città giuliana, o di chi vi soggiorna durante la settimana. Più nel dettaglio, le domande a cui si vorrebbe rispondere sono: qual è il grado di conoscenza degli scooter elettrici? Quali le preferenze dei consumatori tra scooter convenzionali (a benzina) e scooter elettrici? Quali le principali determinanti nella scelta di uno scooter (prezzo d'acquisto, autonomia, potenza, consumo di carburante/energia, costo di bollo e assicurazione, paese di produzione, possibilità di estrarre la batteria dallo scooter elettrico)? In che modo la conoscenza e/o esperienza (diretta o indiretta) con uno scooter elettrico e la sensibilità verso temi ambientali influenzano le decisioni di scelta?
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 dicembre 2020
"Pirellone" della Regione in Porto vecchio - Nel mirino 150 milioni del
Recovery Fund
L'amministrazione Fvg punta sulla "cittadella Greensisam". In cambio 26
milioni al Comune per viabilità e infrastrutture
La Regione punta a 150 milioni del Recovery Fund per spostare tutti i suoi
servizi dalle sedi sparse in centro in Porto vecchio. In quest'ottica prevede di
anticipare al Comune di Trieste 26 milioni di euro per la viabilità e le
infrastrutture dell'area, in cambio dei magazzini 2 e 4, nella storica
"cittadella Greensisam", in cui realizzare quello che l'assessore regionale al
Patrimonio Sebastiano Callari definisce «un Pirellone» per il Friuli Venezia
Giulia. La questione dell'accordo e della sua copertura è stata affrontata ieri
dalla giunta e dovrebbe chiudersi nella prossima riunione d'esecutivo venerdì.
La Regione anticiperà i fondi previa la cessione della proprietà dei due
magazzini nei pressi del molo IV. Il Comune avrà poi due anni di tempo per
impiegare i fondi nella realizzazione delle opere di urbanizzazione che, spiega
il comunicato della Regione, includeranno reti idriche, di distribuzione del gas
e dell'energia elettrica, gli impianti idraulici di scarico e le infrastrutture
digitali ma anche l'intera viabilità e i parcheggi. I due magazzini dovrebbero
poi diventare la sede centrale della Regione, un complesso autosufficiente dal
punto di vista energetico, con tanto di auditorium vista mare e viale alberato
attraverso l'antico scalo. Il piano, battezzato "progetto Porto vecchio", è
stato presentato ieri proprio da Callari. La Regione aveva in pancia il piano
«da molto tempo», spiega: «Ci pensiamo da ben prima del Recovery Fund e del
Covid. Fin dall'inizio del mio mandato ho creduto che la Regione potesse avere
un ruolo nel rilancio del Porto vecchio». Prosegue l'assessore: «L'intervento
parte, in particolare, dall'adeguamento e dalla ristrutturazione dei due
magazzini numero 2 e numero 4 nel pieno rispetto di tutti i vincoli storici e
architettonici. Costruiti alla fine del 1800, gli edifici sono oggi fortemente
deteriorati e non più agibili». I due magazzini rimodernati, dice Callari,
potranno ospitare circa 800 persone: «Lì saranno collocati tutti gli uffici
della Regione che adesso sono sparsi in modo irrazionale in diverse zone di
Trieste: i cittadini avranno un unico edificio a fare da riferimento per la
Regione, e l'operazione avrà benefici in termini di razionalizzazione della
spesa e del risparmio, in primis, quello energetico». Cosa succederà ai tanti
palazzi su cui si struttura la presenza della Regione in città, alcuni di fresco
restauro? «Tanti immobili possono esser messi sul mercato».Il progetto richiede
però un certo quantitativo di danaro: «Sono 150 milioni di euro circa», spiega
Callari, secondo il quale il progetto ha tutte le carte per essere finanziato
attraverso il Recovery Fund: «Abbiamo presentato le richieste alle commissioni
competenti ancora ad ottobre. È uno dei progetti che la Regione ha presentato,
senz'altro quello principale. C'è l'ambiente, la digitalizzazione, ci sono tutti
i requisiti di accesso».Il sindaco Roberto Dipiazza commenta: «Stiamo prendendo
vento verso il futuro della città nel verso senso della parola. Con il
contributo della Regione, e poi con quello che potrebbe arrivare con il Recovery
Fund, potremo fare un ulteriore passo in avanti interessante». L'accordo fra
Regione e Comune è stato messo a punto durante gli incontri per la definizione
dell'accordo di programma, spiega il primo cittadino, la cui conclusione è
attesa entro la fine dell'anno. La deadline fissata nelle settimane scorse dal
presidente regionale Massimiliano Fedriga. In origine la firma era prevista per
settembre. Commenta Dipiazza: «È stato un anno folle in negativo - dice - ma
arriviamo alla fine con una serie di belle notizie: c'è l'impegno della Regione,
noi abbiamo approvato in giunta il piano urbano di mobilità sostenibile, il
piano particolareggiato del centro storico e presto anche il piano regolatore
del Porto vecchio. Tutte iniziative mie, se posso dire. A quel punto anche i
privati potranno iniziare a investire, e i candidati non mancano».
Giovanni Tomasin
Porte murate e ruderi: gli edifici "fantasma" nel parco a San Giovanni
-
gli edifici da ristrutturare
Dall'ex lavanderia alla Casa Dominicale: viaggio fra le palazzine
abbandonate - Nell'area proprietà principalmente suddivise fra Asugi, Università
e Regione
Palazzine dimenticate, edifici fatiscenti, fabbricati semi crollati, alcuni
ridotti a ruderi. Il parco di San Giovanni nasconde piccoli e grandi tesori
abbandonati, ma si prepara a una nuova vita. La prima, radicale, trasformazione
è quella degli anni Settanta quando diventa un simbolo di cambiamento, di quella
rivoluzione nel campo della psichiatria targata Franco Basaglia grazie alla
quale ospedale e comprensorio si aprono alla città, i pazienti sono liberi di
uscire, così come i cittadini di entrare. La seconda esistenza è ormai iniziata
da qualche anno, con il rinnovo degli edifici, diventati scuole, laboratori,
distretti sanitari, uffici e spazi di inclusione. Ora un nuovo, ulteriore
capitolo: alcune palazzine, ridotte a un colabrodo da tempo, attendono a breve
importanti interventi di ristrutturazione. Il parco, inaugurato nel 1908, al
momento vede la compresenza di diverse proprietà, principalmente Asugi,
Università di Trieste e Regione. Il viaggio tra gli edifici abbandonati inizia
dalla parte più bassa dell'area. Il primo, e il più grande in assoluto, è il
padiglione Gregoretti, di fronte all'omonima casa di riposo. I segni del degrado
sono evidenti da anni: finestre rotte, infissi caduti, insieme a mattoni e
cornicioni. Tutti gli ingressi del primo livello sono stati più volte murati,
per scongiurare l'accesso da parte delle gente, in una struttura che necessita
di una radicale sistemazione. Dall'esterno si notano, dietro ad alcuni vetri, i
mobili ammassati e quel che resta del vecchio vano dell'ascensore. Sulla
facciata principale l'edera e il verde incolto hanno divorato terrazzini e la
balconata più grande. Salendo, superata la grande scalinata, lo spiazzo davanti
al teatro mostra altri due fabbricati mal ridotti. Il primo, più vicino alla
strada principale, con grandi cartelli che segnalano il pericolo di crolli,
accoglieva un tempo la grande lavanderia del parco. Qui parte del tetto è
collassata, i vetri sono stati rotti e lungo il perimetro è stata fissata
un'alta recinzione in ferro, anche in questo caso per evitare che le persone
possano entrarci. Sbirciando da alcune aperture si notano enormi ambienti, con
una vasca, alcuni rubinetti e qualche sedia rimasta nel vuoto delle grandi
stanze, dall'esterno sono ben visibili anche i servizi igienici, ai quali,
probabilmente, si poteva accedere anche da fuori. Proprio davanti al teatro
invece ecco le ex cucine. Qui, come per il padiglione Gregoretti, tutti gli
accessi sono stati murati. Salendo lungo via Weiss, percorsi solo pochi metri,
si trova forse una delle palazzine più affascinanti, il padiglione F. Davanti
una grande veranda resiste ancora, solo leggermente scalfita dal tempo e dalle
intemperie, ma sono soprattutto la parte retrostante e quella laterale a
mostrare cedimenti considerevoli, con cumuli di tegole cadute, pezzi di
grondaia, di infissi, intonaci e muratura.Percorrendo poi via de Pastrovich,
delle quattro strutture catalogate come residenze, quella rivolta verso la
strada principale è l'unica ancora in disuso, ma mantiene il suo fascino, con il
grande patio esterno, circondato dai giardini. Proseguendo lungo l'arteria
interna, verso la chiesa e poi in direzione del roseto, su una stradina pedonale
si distingue a fatica un vero e proprio rudere, quasi senza tetto e con i soli
muri perimetrali ancora in piedi, invaso dalle erbacce. In alcune mappe non
figura nemmeno. Forse si trattava di un deposito o di un locale accessorio. Per
Gregoretti, ex lavanderia, ex cucine e padiglione F si prospettano cantieri a
breve e lungo termine. Non è così, almeno per ora, per due fabbricati, nella
parte finale del parco: l'ex cappella, sempre più fatiscente, e l'ex Casa
Dominicale, che un tempo ospitava il personale del manicomio. Quest'ultima di
recente ha visto ulteriori crolli, dopo i cedimenti pesanti registrati già nel
2019 e proseguiti quest'anno. Il tetto non esiste più, alcune finestre sono
"rotolate" fino alla recinzione che delimita l'area, caratterizzata da grandi
ammassi di detriti.
Micol Brusaferro
Ex cucine e fabbricato F verso la rinascita - Lavori da gennaio per sedi,
laboratori, aule
Il piano dell'Ateneo: primo passo da 7,3 milioni nel 2021. Scuola per
interpreti al padiglione Gregoretti: tempi lunghi
Sarà l'Università di Trieste il motore delle grandi modifiche nel parco,
alcune previste a breve. A ricordare i vari progetti è il rettore dell'ateneo,
Roberto Di Lenarda, che nei giorni scorsi ha fornito i dettagli dei cantieri in
partenza. Le ristrutturazioni del padiglione F e delle ex cucine sono state
oggetto di gara, aggiudicata lo scorso febbraio. Il primo edificio è destinato a
diventare sede di strutture amministrative periferiche, dipartimenti
dell'Università e laboratori di ricerca. Il secondo verrà ripensato per ospitare
aule e spazi di studio a favore dei ragazzi. «A seguito degli adempimenti di
progetto resi necessari per l'allineamento agli aggiornamenti normativi
intervenuti nel frattempo - spiega il rettore - sarà possibile aprire il
cantiere e avviare i lavori a gennaio 2021. L'importo dell'opera è pari a
7.388.783,91 euro, di cui circa 340 mila euro derivati da un finanziamento Miur
e la rimanenza con un finanziamento regionale. Il termine degli interventi è
fissato in 22 mesi dalla consegna del cantiere». Per l'ex lavanderia, anche
questa di proprietà dell'Università, nel 2021 sarà affidato lo studio di
fattibilità tecnico-economica «per l'inserimento dell'opera - precisa Di Lenarda
- nel Piano triennale di Ateneo, con proposta di finanziamento a valere su fondi
dell'Università di Trieste o attraverso altre forme previste dalle norme
vigenti, negli esercizi finanziari successivi al 2021. Anche questo edificio,
nel quale è prevista la realizzazione di una biblioteca tecnico-scientifica e di
una sala di lettura, è destinato a diventare uno spazio dedicato agli studenti».
Ancora prematuro in questo caso definire cifre precise: «L'Università degli
Studi di Trieste - prosegue - al fine di agevolare la cantierizzazione di
ulteriori progetti edili, e considerato il consistente aumento degli
immatricolati, ha assoluta necessità di identificare nuovi spazi, in primis nel
comprensorio di San Giovanni, per poter garantire e continuare a svolgere
compiutamente i propri fini istituzionali in modo sempre più efficiente e
adeguato alle esigenze di studenti, docenti e personale tecnico amministrativo».
I vari fabbricati si preparano quindi a una completa ristrutturazione e
modificheranno radicalmente il volto di un'area colpita anche da atti vandalici
e utilizzata spesso per scaricare rifiuti, in particolare nei pressi della
lavanderia e delle cucine. Discorso più complesso invece per il futuro del
padiglione Gregoretti, che sarà la nuova sede della Scuola per interpreti, per
cui l'iter è partito, anche se le tempistiche non saranno brevi. «Dopo il
protocollo d'intesa firmato in estate, in concomitanza con la visita a Trieste
dei due capi di Stato di Italia e Slovenia, Sergio Mattarella e Borut Pahor, si
è deciso che qui potrà trovare posto la scuola. Il Demanio sta procedendo con la
definizione del valore degli edifici - aggiunge ancora Di Lenarda -, servirà poi
un atto legislativo che determini il passaggio della palazzina all'Università.
Servono inoltre i finanziamenti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca per la trasformazione. Penso ci vorranno diversi anni, quanti al
momento non è possibile ipotizzare con precisione. Per ora siamo fermi,
attendiamo in particolare quel "passaggio di proprietà" che ci permetterà di
proseguire con l'obiettivo prefissato. Il progetto quindi c'è - conclude -, si
tratta solo di aspettare un po'».
MI.B.
Interventi in 54 aree da gioco da San Vito a Villa Engelmann
Approvato il piano di manutenzione straordinaria dell'assessore ai Lavori
Lodi - Coinvolte sia le zone del centro che quelle più periferiche. Si parte ad
aprile
Dalla Pineta di Barcola a Villa Cosulich, il Comune si prepara a mettere in
campo 54 interventi su aree verdi attrezzate per bambini in tutta la città. È
l'operazione di manutenzione straordinaria delle aree di gioco varata
dall'assessorato ai Lavori pubblici, guidato da Elisa Lodi: gli interventi
principali saranno quelli di piazzale Rosmini e villa Engelmann, ma i cantieri
andranno a interessare un po' tutta la città, per una spesa complessiva di 200
mila euro. Saranno collocate anche due nuove aree, in via Virgilio e via Vicolo
delle Rose. Il progetto prevede sia interventi di recupero che la collocazione
di nuovi giochi e di arredo urbano, con le idonee pavimentazioni antitrauma,
nelle le aree attrezzate di proprietà comunale. Sarà ripristinato dove
necessario il manto verde; saranno collocati elementi di arredo quali panchine,
cestini, fontanelle. «Particolare attenzione sarà data - scrivono gli uffici -
alla manutenzione di tutte le attrezzature ludiche di competenza
dell'amministrazione comunale». Saranno eliminate tutte le potenziali fonti di
pericolo (pavimentazioni inidonee, strutture obsolete, cordoli pericolosi) e -
dove possibile - «saranno rimossi tutti gli ostacoli che impediscono la totale
fruizione delle aree gioco da pare dei disabili». Saranno anche restaurate tutte
le attrezzature ludiche oggetto di vandalismi o degradate a causa del naturale
decadimento dei materiali. L'idea del piano è nata da una constatazione: lo
stato di degrado dell'area giochi del giardino Luchetta, Ota, D'Angelo e
Hrovatin di piazzale Rosmini, decisamente provato dal tempo, dall'uso e dai
vandali. L'intervento comunale in Rosmini sarà il primo, a essere avviato dal
Comune: dovrebbe iniziare ad aprile e durare 120 giorni. Si prevede la
sostituzione della struttura ludica principale ormai degradata e la posa in
opera della pavimentazione anti trauma in gomma colata. Il secondo grande
intervento prevede la sostituzione delle numerose strutture ludiche del giardino
di villa Engelmann a causa del loro degrado, pavimentando in gomma colata anti
trauma l'area. Anche questo intervento durerà 120 giorni e dovrebbe durare da
giugno a settembre. Tutti gli altri interventi, 54 nel loro complesso, verranno
messi realizzati fra agosto e gennaio. Queste almeno le linee fissate dal
cronoprogramma del Comune. Tutte le aree oggetto dell'intervento sono proprietà
del Comune, ad eccezione della Pineta di Barcola (attualmente data in
concessione dal Demanio Marittimo), dell'area giochi della parrocchia di S.
Agostino in via Correggio 2 a Sottolongera e dell'area gioco della parrocchia di
Santa Maria Maddalena in via Pagano 7. Il Comune ha stipulato per entrambe una
apposita convenzione con le due parrocchie, proprietarie delle relative aree. Le
strutture da gioco che il Comune piazzerà nelle aree verdi sono state scelte per
la loro resistenza alle intemperie come agli atti vandalici: «La tipologia delle
strutture ludiche nuove è stata scelta anche compatibilmente con le esigenze di
tutela dagli atti vandalici e di resistenza dei manufatti nel corso degli anni
alle intemperie ed agli altri agenti deterioranti». Manca all'elenco uno spazio
in via Archi, dove un gruppo di genitori del locale plesso scolastico ha rivolto
al Comune un appello perché venga creata un'area gioco all'aperto. Una mozione
sul tema è stata depositata in Consiglio dal dem Giovanni Barbo.
Giovanni Tomasin
MONFALCONE - Il Comune ha dichiarato guerra alle piante "aliene" sul Carso
L'ailanto, invasivo, e il senecio nordafricano, tossico per gli animali,
minano gli habitat naturali. Necessaria maggior informazione
A Monfalcone si dichiara ufficialmente guerra alle piante "aliene" che hanno
colonizzato il Carso, minacciandone in modo sempre più serio la biodiversità e
la conservazione delle specie autoctone e diventando un rischio anche per la
salute, di persone e animali. Nel mirino dell'amministrazione che, su spinta
dell'assessore all'Ambiente Sabina Cauci, ha già avviato degli interventi nel
corso del 2019 e di quest'anno, c'è innanzitutto l'ailanto, arrivato dalla Cina
e dimostratosi superinvasivo, seguito dal senecio sudafricano, molto tossico per
gli animali che lo ingeriscono, dalla brussonetia papyrifera, dai pollini
altamente allergenici, come l'ambrosia, e dalla robinia pseudoacacia, importata
dal nord America. Con un atto di indirizzo l'amministrazione comunale si è
quindi impegnata a farsi promotrice di azioni di contenimento ed eradicazione di
piante aliene invasive sia in zone naturalisticamente protette sia in ambiti
cittadini pubblici o privati. L'ente locale non nasconde come si tratti di
un'attività molto impegnativa, soprattutto per quel che riguarda l'ailanto, una
pianta che mette in atto "strategie" diversificate per non essere eliminata
dall'ambiente, e che richiede interventi ripetuti e continuativi. L'intenzione è
quindi quella di coinvolgere nell'operazione associazioni ambientaliste come
l'associazione Eugenio Rosmann, ma anche i semplici cittadini che, se
opportunamente guidati, potrebbero contribuire a una battaglia, difficile, a
favore della biodiversità e conservazione dell'ambiente naturale. L'obiettivo è
di preservare dalle specie aliene infestanti innanzitutto le zone Habitat Natura
2000 e tutti gli habitat protetti accedendo anche a fondi regionali o statali,
effettuando azioni di monitoraggio e di ripristino ambientale. «Una delle azioni
di contrasto all'ailanto da testare è di "occupare" la zona da cui è stato
eradicato con piante autoctone», spiega Cauci. Oltre a sensibilizzare e
informare i cittadini attraverso depliant, i social media e il portale del
Comune, la volontà è quindi quella di avviare un'azione di sensibilizzazione
della Regione, affinché siano emanate direttive e linee guida in materia ed
erogati fondi specifici.
La.Bl.
CONFERENZA - Futuro senza carbone
Oggi, alle 18.30, videoconferenza su Zoom tenuta da Maurizio Fermeglia, dell'Università di Trieste, Dipartimento di Ingegneria e Architettura, dal titolo: "Decarbonizzazione e digitalizzazione: il futuro che ci attende". La conferenza è organizzata dal Collegio universitario Luciano Fonda. Richiedere via e-mail invito Zoom con i dati per connettersi a: ingrid.pellis@collegiofonda.it.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 dicembre 2020
Un piano da dieci anni di interventi per "liberare" i torrenti cittadini
Investimenti per 4-5 milioni. Obiettivo scongiurare i rischi
idrogeologici legati al deposito di materiali
"Piano coordinato di interventi finalizzato alla prevenzione del rischio
idraulico nel bacino idrografico del torrente Chiave e dei suoi affluenti": il
titolo sarebbe già bastevole a illustrare le preoccupate ragioni dell'accordo di
programma, approvato nei giorni scorsi dalla giunta comunale. Accordo che dovrà
essere sottoscritto anche dalla Regione, dall'Autorità portuale, dall'Autorità
unica per i servizi idrici e rifiuti; vi partecipa AcegasApsAmga in qualità del
gestore del sistema idrico-integrato (fino al 2027) e stazione appaltante dei
lavori previsti dal documento. L'operazione di difesa del territorio, da
svolgersi nell'arco di dieci anni (due trienni e un quadriennio), prevede un
investimento stimabile tra i 4 e i 5 milioni di euro, due dei quali stanziati
già un anno fa dalla Regione. La scansione delle attività si articola su 7 fasi:
asporto e smaltimento dei depositi sedimentati a mare (il cosiddetto
"mammellone" di cui parleremo a breve); asporto e smaltimento dei depositi che
ostruiscono la sezione del Chiave; sistemazione idraulica-forestale dell'alveo a
cielo aperto sul versante Farneto-Catullo e analogamente sul versante
Settefontane; potenziamento della capacità di deflusso del Chiave e del Farneto;
laminazione delle piene; diversione delle acque. I primi quattro punti assumono
una rilevanza prioritaria, gli altri tre seguiranno e saranno cantierati dopo
l'analisi del rischio. Il Chiave, dopo aver fatto ammattire gli automobilisti
triestini per un anno e mezzo sulla chicane di via Carducci, torna
prepotentemente di moda. Ma non si tratta più di un bisturi d'urgenza per
evitare che le volte ottocentesche collassino, stavolta viene affrontata la
situazione idrica nel suo complesso, da afferrare prima che il rischio non si
trasformi in emergenza: allora riflettori accesi sul Romagna, sul Catullo, sul
Settefontane, sul Farneto, sul Brandalese, sul Marchesetti, sul San Pelagio, sul
Timignano, sullo Scorcola.Gli accumuli di materiale ligneo-litico generati
durante le piene, la conseguente ridotta capacità di deflusso delle acque, la
presenza di edifici e il transito veicolare adiacenti/sovrastanti i torrenti
possono provocare in prospettiva seri problemi di tenuta idrogeologica. «Il
torrente Chiave con i suoi affluenti - scrive a proposito il testo dell'accordo
- è il canale tombato dove si può attendere un maggior rischio idraulico a causa
della particolare vulnerabilità delle aree potenzialmente coinvolte da fenomeni
di allagamento». Come il centro storico, per essere chiari. Ai problemi connessi
al sistema idroambientale triestino, si aggiungono l'accresciuta frequenza di
eventi meteo critici e l'innalzamento del livello del mare. «Questa dinamica
terra/mare - puntualizza ancora l'accordo di programma - determinerà un
progressivo aumento della criticità idraulica sul territorio se non
opportunamente governato».In agenda una «pluralità di interventi». Al primo
posto l'eliminazione del "mammellone" alla foce del Chiave in Porto vecchio,
leggermente a nord del Molo IV, in pratica all'altezza del "villaggio
Greensisam" costituito dai cinque magazzini in concessione ad Antonio Maneschi.
Questo curioso soprannome cela un fetente rigonfiamento di detriti, che ostacola
l'uscita in mare del Chiave e crea problemi ai natanti. Sarà la prima occasione
nella quale la collaborazione tra i pubblici soggetti sottoscrittori
dell'accordo verificherà la sua operativa efficacia, tanto più che il "caso
mammellone" troneggia da non meno di una quindicina d'anni tra gli adempimenti
inadempiuti. Uno stadio preliminare, sul quale pianificare gli interventi
definendo le priorità, riguarda la mappatura della pericolosità e del rischio
idraulici, la valutazione della vulnerabilità del territorio. Infine sarà il
Comitato tecnico di coordinamento, convocato dalla Regione e formato dai
responsabili nominati da ciascun soggetto, a pilotare sul campo l'attuazione del
programma.
Massimo Greco
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 dicembre 2020
Trieste priorità nel "Recovery" con l'incognita Porto vecchio
Carte ancora coperte sull'impiego dei fondi Ue. Blindata
l'elettrificazione dei moli, da decifrare l'accenno all'antico scalo mentre
l'alta velocità con Venezia pare fuori
Il governo avanza non senza fatica sul percorso del Recovery Plan, ma ancora
non svela le carte sui finanziamenti al porto di Trieste. I sessanta progetti di
sviluppo sono rimasti coperti nella riunione di ieri del Consiglio dei ministri.
A circolare è solo la bozza presentata dal premier Giuseppe Conte per illustrare
gli assi generali, dove si cita lo scalo in merito a progetti infrastrutturali e
di elettrificazione delle banchine. Il documento fa anche un fugace riferimento
al Porto vecchio, mentre fra le tratte ferroviarie da velocizzare non parla
della Trieste-Venezia. Sono le prime indiscrezioni su ciò che il piano
comunitario da 209 miliardi potrebbe fare per Trieste. In ambito marittimo, la
relazione sottolinea l'esigenza di fortificare il cosiddetto "ultimo miglio",
cioè il collegamento tra porti e ferrovia. E qui potrebbero magari fare capolino
fondi per finanziare la nuova stazione di Servola e la connessione della
Piattaforma logistica. L'altro obiettivo è la sostenibilità ambientale, puntando
sulla riduzione del traffico su gomma e sul cold ironing, che permetterà alle
navi ormeggiate di spegnere i motori e alimentarsi con l'elettricità dei moli.
Il porto di Trieste è nominato più volte all'interno della missione
Infrastrutture, che ammonta a quasi 28 miliardi. Lo scalo rientra nella linea di
finanziamento "Intermodalità e logistica integrata". Trieste e Genova sono gli
unici due «porti interessati dall'intervento», perché «snodi strategici per
l'Italia e il commercio nel Mediterraneo per i quali si prevede lo sviluppo
delle infrastrutture portuali e delle infrastrutture terrestri di
interconnessione». A questo si aggiungono «interventi per elettrificazione delle
banchine e digitalizzazione dei sistemi logistici». In linea generale si parla
anche di potenziamento delle Zone economiche speciali, ma non ci sono
riferimenti al regime triestino di Porto franco. Il piano annuncia inoltre opere
di velocizzazione delle ferrovie poste sui corridoi europei. Si legge che «le
opere ferroviarie al Nord sono sinergiche con gli investimenti previsti sui
porti di Genova e Trieste (aumenteranno la capacità di trasporto merci su ferro
dai porti verso l'Europa centrale)». Non si cita tuttavia esplicitamente la
Trieste-Venezia, che attende da anni i quasi due miliardi annunciati, bensì le
tratte «Milano-Venezia, Verona-Brennero, Liguria-Alpi e Torino-Lione,
migliorando i collegamenti con i porti di Genova e Trieste», che sono di nuovo
gli unici due scali richiamati. Il documento sarà oggi al centro di una nuova
riunione del Consiglio dei ministri, dopo il burrascoso inizio del confronto
nella maggioranza giallo-rossa. Solo quando arriverà il dettaglio dei piani
specifici sarà possibile capire quali investimenti andranno a beneficio del
Friuli Venezia Giulia e di Trieste. E se sulle infrastrutture si può ben
sperare, bisognerà decifrare invece il significato dell'unico rimando al Porto
vecchio, incluso nei paragrafi introduttivi tra una decina di «grandi attrattori
turistico-culturali», su cui intervenire per «valorizzare il patrimonio
culturale nazionale, massimizzandone i benefici economici, sociali e culturali
per le comunità locali». Il Comune ha presentato un piano da 67 milioni al
ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e nel Recovery Plan potrebbe
esserci la risposta.
Diego D'Amelio
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 dicembre 2020
Differenziata in Carso al 54% - Comanda Sgonico con il 73%
I dati resi noti da Isontina Ambiente, l'utility che gestisce il sistema
di raccolta dei rifiuti in tre comuni dell'altipiano triestino
Duino Aurisina al 51%, Monrupino al 54%, Sgonico al 73%. Sono le percentuali
della raccolta differenziata raggiunta nei comuni del Carso triestino dove la
gestione dei rifiuti è in mano a Isontina Ambiente, che ha presentato il suo
Bilancio integrato 2019. Nel report della utility viene messo in luce il fatto
che dopo tre anni e mezzo di gestione da parte di Isa, è possibile raccogliere i
risultati ottenuti a seguito delle strategie adottate al fine di incrementare
appunto la raccolta differenziata che, rispetto all'anno di avvio (2016), ha
guadagnato oltre 22 punti percentuali, raggiungendo il valore medio del
54%.«Nell'analisi dell'andamento del servizio e dell'attività di raccolta
emerge, in particolare, l'importanza, ai fini del miglioramento della raccolta
differenziata, dell'introduzione del sistema di raccolta "porta a porta" del
rifiuto indifferenziato, con il mastello da 50 litri, nei Comuni di Monrupino e
Sgonico», spiega nel Bilancio integrato la stessa Isontina Ambiente.«Tale
modifica al sistema di raccolta - si legge nella documentazione della società di
gestione dei rifiuti - è stata attivata a fine 2017 e pare evidente l'impatto
positivo che ha ottenuto sulla riduzione della produzione di rifiuto secco
indifferenziato». Se si prendono ad esame i soli Comuni triestini, si
evidenziano flessioni per ciò che riguarda i rifiuti ingombranti ed i rifiuti
conferiti nei centri di raccolta. Quanto alle performance generali di anno in
anno, Isa rileva una crescita di tutte le frazioni di rifiuto, ad esclusione dei
rifiuti organici e della carta. I maggiori incrementi riguardano rispettivamente
gli imballaggi misti in plastica e metalli (+7%), il vetro (+2 %), il legno
(+25%), i metalli (+24%). Si evidenziano, inoltre, le seguenti variazioni medie
calcolate nell'intero bacino territoriale: frigoriferi (+7%) e piccoli
elettrodomestici (+9%), oli vegetali (+25%), vernici (+2 %), medicinali (+6%),
pile (+17%), pneumatici (+4%). Ma c'è anche la sensibilizzazione e Isontina
Ambiente - tiene a sottolineare nel proprio report - si fa promotrice, con le
varie amministrazioni comunali, dello studio e dell'avvio di ottimizzazioni e
azioni correttive dei sistema di raccolta differenziata, con l'obiettivo di fare
il salto di qualità che oggi è richiesto, considerando che la normativa europea,
in tema di rifiuti, impone il raggiungimento, entro il 2035, del 65% di recupero
di materia, corrispondente al 76% circa di raccolta differenziata. «Da
sottolineare che, diversamente da quanto è avvenuto negli scorsi anni, molte
scuole hanno finalmente deciso di rispondere positivamente alla proposta di Isa
di accogliere all'interno delle proprie strutture le dotazioni offerte dalla
società onde adeguare i contenitori a quelli che gli studenti già usano a casa
propria», fa sapere la società.
fr.fa.
Raccolta differenziata al 69% - Dati in crescita ma senza picchi -
i dati
Cresce la sensibilità ambientale sia nella Destra sia nella Sinistra
Isonzo - Attardati i Comuni triestini: Duino al 51 e Monrupino al 54. Bene
Sgonico (73%)
Tutte le case sono state riempite di contenitori di colori diversi. E i
terrazzini sono diventate piccole isole ecologiche. Con i cittadini che
selezionano i rifiuti con grande maestria e conoscono ormai a memoria il
calendario della raccolta. La gran parte dei goriziani, animati dal sacro
rispetto delle regole, hanno subito applicato alla lettera i (rigidi) dettami
della raccolta differenziata. Lo hanno fatto con serietà e impegno. E i
risultati si vedono: il valore medio dei Comuni della provincia di Gorizia si
attesta a quota 68,71 per cento (+1% rispetto l'anno prima). A rivelarlo
Isontina Ambiente nel Bilancio integrato 2019. LE PERFORMANCE - Per quanto
riguarda le prestazioni (ovverosia le performance) nella raccolta differenziata
dei Comuni, si rileva una crescita di tutte le frazioni di rifiuto, ad
esclusione dei rifiuti organici e della carta. I maggiori incrementi riguardano
rispettivamente gli imballaggi misti in plastica e metalli +7%, il vetro +2%, il
legno +13% e +25%, i metalli +11% e +24%. Si evidenziano, inoltre, le seguenti
variazioni medie calcolate nell'intero bacino territoriale: frigoriferi +7%, e
piccoli elettrodomestici +9%, gli oli vegetali +25%, le vernici +2%, i
medicinali +6%, le pile +17%, gli pneumatici +4%.I dati confermano che «nei
Comuni dove persiste un sistema di raccolta del rifiuto secco indifferenziato
con contenitori stradali, ovvero dove non è stato avviato il sistema di raccolta
con contenitori dotati di microchip, i miglioramenti annuali in termini di
raccolta differenziata sono meno sensibili - spiega Isontina Ambiente nella
relazione di bilancio - ed ancorano gli indicatori ambientali ai valori
raggiunti nei primissimi anni di attivazione di nuove modalità di raccolta porta
a porta o di ottimizzazione dei sistemi dei sistemi vigenti. In termini di
percentuale di raccolta differenziata, i risultati tendono a non superare il
valore del 65%». I COMUNI TRIESTINI - Con riferimento ai Comuni triestini (Duino
Aurisina è al 51%, Monrupino al 54, Sgonico al 73), dopo tre anni e mezzo circa
di gestione da parte di Isa, è possibile raccogliere i risultati ottenuti a
seguito delle strategie adottate al fine di incrementare la raccolta
differenziata che, rispetto l'anno di avvio (2016), ha guadagnato oltre 22 punti
percentuali, raggiungendo il valore medio di circa 54%. «Nell'analisi
dell'andamento del servizio e dell'attività di raccolta emerge, in particolare,
l'importanza, ai fini del miglioramento della raccolta differenziata,
dell'introduzione del sistema di raccolta "porta a porta" del rifiuto
indifferenziato, con il mastello da 50 litri, attuata nei Comuni di Monrupino e
Sgonico - spiega Isontina Ambiente -. Tale modifica al sistema di raccolta è
stata attivata a fine 2017 e, dai grafici sotto riportati, pare evidente
l'impatto positivo che ha ottenuto sulla riduzione della produzione di rifiuto
secco indifferenziato».Se si prendono ad esame i soli Comuni triestini, si
evidenziano flessioni per ciò che riguarda i rifiuti ingombranti ed i rifiuti
conferiti presso i centri di raccolta comunali. LE SCUOLE - Ma c'è anche la
sensibilizzazione e Isontina Ambiente si fa promotrice, con le amministrazioni
comunali, dello studio e dell'avvio di ottimizzazioni e azioni correttive dei
sistema di raccolta differenziata, con l'obiettivo di fare il salto di qualità
che oggi è richiesto, considerando che la normativa europea, in tema di rifiuti,
impone il raggiungimento, entro il 2035, del 65% di recupero di materia,
corrispondente al 76% circa di raccolta differenziata. «Da sottolineare che,
diversamente da quanto è avvenuto negli scorsi anni, molte scuole hanno
finalmente deciso di rispondere positivamente alla proposta di Isa di accogliere
all'interno delle proprie strutture le dotazioni offerte dalla società onde
adeguare i contenitori a quelli che gli studenti già usano a casa propria», fa
sapere la società.
Francesco Fain
SEGNALAZIONI - Rifiuti urbani - La differenziata retrodatata
Una breve nota a margine della "Lettera del giorno" del 6 dicembre in cui l'assessore Polli motiva, da diversi punti di vista, la non altissima percentuale di raccolta differenziata raggiunta a Trieste. Ne condivido le argomentazioni e naturalmente l'auspicio per un costante miglioramento della qualità del servizio di raccolta, supportata da una convinta e partecipata adesione dei cittadini. Mi resta una curiosità. Per quale motivo nell'evidenziare i risultati raggiunti l'assessore confronta il dato della differenziata del 2013 con quello del 2019? Avesse fatto ancora un piccolo passo indietro, sarebbe potuta arrivare al 2011 quando la differenziata superava di poco il 20% e si gettarono le basi per la raccolta della frazione umida (a dire il vero avversata da quella che allora era l'opposizione). Avrebbe in tal modo potuto portare a vanto del Comune, senza riguardo al colore dell'amministrazione, un aumento del 24% in 9 anni, di poco meno di tre punti all'anno.
Umberto Laureni
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 dicembre 2020
Ecco come si muoverà Trieste nel 2030 - Ring pedonale in centro e scale
mobili
Individuate 14 aree di intervento. "Cerniere" periferiche d'interscambio,
novità ascensori. Trasporto pubblico rivoluzionato
Pums, Pums! Uno scoppiettìo di idee, di proposte, di suggestioni per
pianificare/immaginare come si muoveranno i triestini negli scenari urbani sui
quali è presumibile che si assesterà il prossimo decennio di vita sociale ed
economica della città. Qualche esempio. Scendi dal Carso o arrivi da fuori
Trieste e non vuoi impelagarti nel traffico del centro? Potrai lasciare la
vettura in una delle "cerniere" d'interscambio attorno alla città e salire su
una comoda navetta: Cava Faccanoni, Cattinara, Opicina, Barcola-Bovedo tessono
la cintura delle opportunità extra-urbane. Devi salire all'Università? Non
intasare via Fabio Severo, prendi piuttosto un mezzo "meccanico" - scala mobile,
ascensore - dalle parti di via Giulia. Hai un appuntamento a San Giovanni e stai
tornando in città? Parcheggia a Cava Faccanoni, acchiappa anche in questo caso
un ascensore o una scala mobile e scendi verso la tua destinazione nel pieno
rispetto ecoambientale. Ancora: come disincentivare l'eccessiva circolazione
automobilistica in centro? Istituendo un ring, che utilizza le direttrici
obbligate di via Roma e di via San Spiridione, ma che pedonalizza tutte le
strade laterali, dove le vetture saranno bandite. Ti piacerebbe viaggiare da una
sede universitaria all'altra senza cambiare carrozza? Basterà allungare la 17
fino alla Stazione Rogers oppure godere della nuova corsa da via Alfonso Valerio
a Cattinara. Ti va di sfidare il "Delfino Verde" sulla rotta terrestre? Lo
potrai fare con la nuova linea ad alta mobilità Muggia-Bovedo. Ti è venuto in
mente che hai un impegno in Barriera Vecchia ma sei a Chiarbola? Non
innervosirti, perché la galleria D'Alviano-Mioni ti verrà in soccorso.
L'assessore Luisa Polli ha illustrato in giunta il Piano urbano della mobilità
sostenibile (acronimo Pums), che a gennaio atterrerà sui banchi del Consiglio.
Un lavoro iniziato nel gennaio 2019, che ha richiesto uno sforzo quasi biennale:
è stato redatto dall'associazione temporanea di impresa formata dalla perugina
Sintagma, dalla romana Fit Consulting, dallo studio triestino Honsell &
Catalano. Il Pums partecipa all'europrogetto Portis nel quadro del programma
Horizon. I contenuti sono organizzati in 14 ambiti lungo una durata decennale
che distingue interventi di breve-medio-lungo periodo: rete
stradale-ferroviaria, trasporto pubblico, cerniere di mobilità, sistemi
ettometrici (dall'ovovia Opicina-Porto vecchio agli ascensori), mobilità "dolce"
(percorsi ciclo-pedonali), "città accessibile", sistema della sosta,
circolazione regolata, qualità urbana, city logistics, e-commerce, smart
mobility, turismo, infomobilità. Di acqua non si parla. La Polli mette subito le
mani avanti: «Si tratta di indirizzi strategici, di visioni, di proposte che non
debbono tradursi obbligatoriamente e immediatamente in atti amministrativi.
Abbiamo individuato alcune priorità: la graduale pedonalizzazione del centro ma
anche di alcune aree periferiche, i parcheggi di interscambio, la revisione del
trasporto pubblico, l'eliminazione dei parcheggi dalle Rive quando tornerà e si
consoliderà il traffico crocieristico e avremo tre toccate alla settimana».
Concorda il direttore dipartimentale Giulio Bernetti, che ha studiato e lavorato
da ingegnere trasportista: «Lavoro prezioso, che ci consegna un importante
patrimonio di analisi per aggiornare il piano del traffico. Abbiamo scoperto,
per esempio, che è sparita la fase di "morbida", cioè la città è costantemente
sotto pressione di traffico, senza tregua. Sarà inoltre utile per rivedere le
linee dei bus. E per recuperare finanziamenti da puntare su singoli progetti».
Massimo Greco
Le nove piste ciclabili e il recupero edilizio per agevolare la sosta - le
soluzioni inserite nel documento
Quanti furgoni riempiono impuniti strade e marciapiedi: bisognerà ripensare
anche la logistica, ricorrendo alla rottura di carico tra zone periferiche di
prima consegna e distribuzione urbana. Il Pums cerca sintesi tra direttrici di
azione già codificate e nuove proposte: per esempio, in tema di reti
stradali-ferroviarie, il piano recepisce il sistema di rotatorie
Cimitero-Brigata Casale-Campi Elisi-piazza Foraggi-Revoltella, ma aggiunge il
collegamento tra il futuro Molo VIII e la Grande Viabilità, la riattivazione del
binario per l'area ex Aquila e della rotaia area Wärtsilä. Sono previsti 9
itinerari ciclabili: Mare, San Giusto, shopping, Cottur, Boschetto, Panorama,
Carso, vigneti, borgo Teresiano. Si pensa a un piano specifico per i soggetti a
ridotta mobilità. Per attenuare il problema della sosta urbana si rilanciano
l'ex Silos, Campo Marzio, Università: ma s'immagina il recupero di edifici
dismessi, come il fantasma che svetta tra le gallerie Sandrinelli e San Vito. Se
si parla di circolazione, il Pums propone il doppio anello a partire dalla fine
di corso Italia: a destra galleria Sandrinelli in senso unico, piazza Sansovino,
via Bramante, via San Michele; a sinistra piazza Goldoni e via Carducci. Indica
l'alternativa galleria San Vito-Bramante-Segantini-Navali per non sovraccaricare
piazza Goldoni.
Magr
«Trieste differenzia meno i rifiuti a causa della sua morfologia»
la lettera del giorno di Luisa Polli, assessore Città Territorio Urbanistica
e Ambiente del Comune di Trieste
In relazione all'articolo
pubblicato su "Il Piccolo" di martedì 1 dicembre, dal titolo: "Sulla
differenziata la regione cresce e Trieste arranca", l'amministrazione comunale
desidera innanzitutto ringraziare per i suggerimenti: nell'impegno quotidiano
che Comune e AcegasApsAmga rivolgono al miglioramento del decoro cittadino e
della raccolta differenziata, è importante ogni contributo a favore di uno
sviluppo sempre più green e circolare della città di Trieste e del territorio
regionale. Nel caso specifico della raccolta differenziata triestina, pur
risultando più bassa rispetto alla media del Friuli Venezia Giulia, deve essere
considerata nel contesto specifico della città che per estensione e densità
abitativa non può essere confrontata con gli altri capoluoghi di provincia
regionali. A ciò si aggiungono le caratteristiche morfologiche, urbanistiche e
meteorologiche di Trieste che richiedono metodologie specifiche per la
realizzazione della raccolta. Ciò non di meno, grazie agli sforzi congiunti di
Amministrazione comunale, AcegasApsAmga e cittadini, è stato possibile assistere
a una rapida crescita della raccolta differenziata a Trieste che dal 27,99% del
2013 ha raggiunto il 44,18% del 2019. Si tratta di una crescita di più di 16
punti percentuali in soli 7 anni: oltre a corrispondere a una crescita media di
più di 2 punti percentuali all'anno, il dato evidenzia un miglioramento costante
e in continuo aumento della raccolta differenziata triestina. Risulta inoltre
utile un confronto con gli altri capoluoghi italiani con una popolazione
superiore ai 200 mila abitanti: i dati ISPRA relativi al 2018 mostrano una media
di raccolta differenziata del 40,72% in cui Trieste si colloca positivamente con
il 42,11%. Comune e AcegasApsAmga stanno impegnandosi inoltre attivamente non
solo nella crescita della raccolta, ma anche nel miglioramento della qualità
della differenziata, grazie a costanti attività di ingaggio dei cittadini
soprattutto verso i Centri di Raccolta. Si ricordano tra queste i Sabati
Ecologici attivi dal 2014, Operazione Recupero svoltasi nel 2019 e le campagne
di advertising volte alla sensibilizzazione dei cittadini realizzate
annualmente. Nell'ottica di proporre un sempre migliore servizio alla
cittadinanza Comune e AcegasApsAmga sono sempre disponibili alla collaborazione
per valutare soluzioni di raccolta più evolute e che si adattino al meglio alle
necessità di Trieste.
IL PICCOLO - SABATO, 5 dicembre 2020
Dopo le rose i nuovi orti - I volontari rilanciano il verde di via Orlandini
- l'area di Ponziana dedicata alla natura
Una rosa in ogni periferia. È l'auspicio di Trieste Altruista e delle altre
realtà del Terzo settore che nel corso del tempo hanno riqualificato l'area
verde di via Orlandini, nel rione di Ponziana. E che, dopo aver piantato tanti
fiori, proprio oggi inaugureranno due nuovi orti rialzati. A fornire l'occasione
è la Giornata internazionale del volontariato, celebrata ovunque il 5 dicembre
di ogni anno. Come si accennava, 12 varietà di rose hanno appena messo radici in
un'aiuola del giardino di via Orlandini, la cui riqualificazione era iniziata
nel 2018 nell'ambito del progetto "PonzianAltruista". Le rose messe nel terreno
negli scorsi giorni si ispirano all'atmosfera del Parco di San Giovanni, dove
cresce il secondo roseto d'Italia, famoso per ospitare oltre 4.500 tipologie del
bel fiore dotato di spine: la nuova aiuola di via Orlandini vuole rappresentarne
a tutti gli effetti una porzione "delocalizzata". Dal punto di vista dei
volontari di Ponziana, il significato dell'iniziativa «è fortemente simbolico e
racchiude in sé l'idea della trasformazione e della riqualificazione degli
spazi, allo scopo di generare nuova bellezza e di conseguenza salute e
benessere. Proprio come avvenuto esattamente 11 anni fa nel parco dell'ex
ospedale psichiatrico. Chissà se questo evento potrà diventare l'inizio della
creazione di una "rete" di roseti, in tutti i nostri giardini comunali? ».A
partire da oggi, come si è detto, il giardino di via Orlandini sarà inoltre
arricchito da «due orti rialzati, che creeranno nuove opportunità di
condivisione», proseguono i volontari: «La gestione sarà affidata alle due
scuole di Ponziana e agli abitanti del quartiere, che volontariamente si
impegneranno a seguire e curare le specie di piante e di erbe aromatiche che
verranno seminate. Il volontariato alimenta la catena virtuosa del volontariato,
insomma».Il progetto "PonzianAltruista" è portato avanti dall'associazione
Trieste Altruista in collaborazione con Habitat Microaree, Asugi, Comune, Ater,
La Quercia, Kallipolis e Ics.
Lilli Goriup
IL PICCOLO - VENERDI', 4 dicembre 2020
Mercurio oltre i limiti nel suolo - Bonifica in sei aree pubbliche
Arrivato a San Canzian attraverso il fiume Isonzo dalle zone delle
miniere di Idria - Fondo di 42 mila euro della Regione al Comune per ripulire i
terreni contaminati
SAN CANZIAN. Sono sei i punti, tutti su suolo pubblico, che a San Canzian
d'Isonzo saranno interessati da una bonifica dello strato di terreno con
mercurio sopra i limiti previsti. A effettuare l'intervento, a fronte
dell'azione di monitoraggio e valutazione dell'inquinamento effettuata dalla
Regione in seguito al Piano di bonifica dei siti contaminati del Fvg, sarà il
Comune, che dall'ente regionale ha ricevuto le risorse necessarie. I 42 mila
euro sono stati inseriti nel bilancio di previsione 2020 con l'ultima variazione
e saranno quindi impiegati nell'arco dei prossimi mesi, sempre seguendo le
indicazioni regionali.«Un'area si trova vicino il campo sportivo di San Canzian
e altre più a ridosso del fiume, ma tutte in aree di proprietà pubblica»,
afferma il sindaco Claudio Fratta. La verifica ha riguardato una situazione con
cui il territorio di San Canzian e quello degli altri Comuni affacciati
sull'Isonzo convivono quasi da sempre, visto che il distretto minerario sloveno
di Idria, uno dei più importanti centri di estrazione di mercurio, è stato in
attività per oltre 500 anni. Un periodo in cui sono state scavate 12 milioni di
tonnellate di roccia, portando alla produzione di considerevoli quantità di
mercurio metallico e durante le operazioni di lavorazione i residui venivano
depositati sulle sponde dell'Idrijca, affluente di destra dell'Isonzo.Il
mercurio è stato ed è tuttora trasportato dalle acque dell'Isonzo, che l'hanno
diffuso nel processo di costruzione della pianura isontina, come si rileva nel
Piano regionale di bonifica dei siti contaminati. Proprio alla luce di questa
presenza "diffusa" la Regione ha ritenuto opportuno avviare uno studio dei
valori di concentrazione dei metalli nei suoli in collaborazione con Arpa per
fornire sia una conoscenza approfondita sulla presenza del mercurio nell'area
indagata sia di dare un supporto tecnico per la gestione del territorio. Nell'ambito
delle attività previste dal piano di indagine, Arpa ha prelevato, in
corrispondenza di 131 punti in aree pubbliche, 254 campioni di suolo
rappresentativi di uno strato di suolo superficiale e più profondo. Gli esiti
dello studio hanno evidenziato che la zona caratterizzata dall'anomala presenza
di mercurio è individuabile in una fascia di territorio che si sviluppa lungo
gli argini dell'Isonzo e che i valori più alti si riscontrano comunque nella
zona di Fossalon.
Laura Blasich
Firme slittate di 3 mesi e milioni in arrivo - Porto vecchio aspetta la
svolta fra i rebus
Fedriga: «Accordo di programma sottoscritto entro fine anno». E promette
risorse. Dipiazza: «Questione di settimane»
La nuova scadenza indicativa per la firma "triplice" dell'accordo di
programma sul Porto vecchio è ricollocata «nelle prossime settimane» secondo il
sindaco Roberto Dipiazza ed «entro la fine dell'anno» secondo il governatore
Massimiliano Fedriga, che annuncia l'inserimento nella legge di bilancio
(«ancora non c'è una cifra definitiva - spiega il presidente della Regione -, ma
si parla di decine di milioni di euro») delle risorse per gli interventi
infrastrutturali in grado di far decollare da subito la riqualificazione. Il
tutto mentre la Regione sta ancora vagliando con i propri tecnici le bozze -
stilate dal Comune - dell'accordo di programma e dello statuto del consorzio
"Ursus" che diventerà il braccio operativo. Ecco l'ultimo aggiornamento sulle
tappe di un iter che sembrava ormai vicinissimo al traguardo all'inizio di
questa estate, ma che evidentemente richiederà ancora quantomeno alcune
settimane: dunque un ritardo di mesi rispetto alla road map indicata da Dipiazza
lo scorso giugno quando era approdata in giunta la delibera, a firma del
sindaco, per il via libera alla proposta di variante al Piano regolatore e al
documento con la Valutazione ambientale strategica. In quell'occasione il
pronostico del primo cittadino era stato il seguente: firma entro fine settembre
dell'accordo di programma tra Comune, Regione e Authority, l'atto finale
necessario - assieme alla nascita formale del consorzio - per passare alla fase
operativa, quella in cui gli investitori presenteranno le offerte, con le prime
gare, per acquisire le strutture e insediare attività. Sono passati settembre,
ottobre, novembre e ora, con le feste che incombono, la nuova previsione. Ci
saranno ulteriori slittamenti o sarà la volta buona? Certo, Dipiazza nei mesi
scorsi ha più volte sottolineato di aver avuto poco tempo a disposizione per
portare avanti la complessa procedura propedeutica al rilancio degli storici
magazzini («il Porto vecchio - ha ribadito spesso - mi è stato consegnato di
fatto non prima del giugno 2017»), ma l'accordo per avviare la costituzione
della società di gestione era stato annunciato addirittura nell'aprile del
2019.«Il Comune avrà il 52% delle quote, Regione e Authority il 24% ciascuna.
Stiamo remando tutti nella stessa direzione - assicura Dipiazza -. A breve
vedremo i risultati e si potranno concretizzare i primi progetti per il Porto
vecchio». Secondo Fedriga le risorse che saranno inserite nella legge di
bilancio «renderanno da subito l'area utilizzabile e più appetibile per gli
investitori».Nella sede dell'Authority portuale si attendono sviluppi, col
segretario generale uscente Mario Sommariva, che fungeva da "trait d'union"
nella procedura, ormai diretto a La Spezia dove diventerà presidente del Porto.
E intanto, a livello politico, sono le forze d'opposizione ad affilare le armi
paventando una strada ancora lunga prima di vedere concretizzato l'avvio della
riqualificazione, in particolare il Pd col consigliere regionale Francesco
Russo, candidato sindaco "in pectore". «Dopo tanti annunci non si capisce se
abbiano davvero tutta questa voglia di far partire una società che faccia fare
un salto di qualità alla riqualificazione - attacca Russo -. Anzitutto sarebbe
interessante sapere a quanto ammonteranno le risorse che metterà realmente a
disposizione la Regione e dove è finito il milione che feci approvare ai tempi
del Senato per la società di gestione. Anche qualora si arrivasse a breve alle
firme, non sembra ci siano i presupposti perché il consorzio sia operativo da
subito». «L'impressione - aggiunge - è che finirà per trattarsi di un'operazione
pre-elettorale, non in grado di portare al salto di qualità auspicato,
soprattutto se non si investiranno soldi per attirare professionisti e manager
di livello internazionale, con competenze specifiche. Per gestire una partita
così importante, da centinaia di milioni di euro di investimenti, non bastano
competenze interne dei tre enti. Dipiazza può legittimamente pensare di fare il
presidente ma il direttore dovrebbe essere una figura manageriale di spicco. Col
sindaco avevamo lavorato per un consiglio di saggi tra i quali aveva dato la
disponibilità l'ad di Fincantieri Bono, ma non se n'è fatto nulla».
Piero Tallandini
SEGNALAZIONI - Rifiuti urbani - I ritardi della raccolta differenziata
Ma siamo veramente così bravi nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani? Il recente rapporto di AcegasApsAmga non fornisce dati per i singoli Comuni serviti. Dal quotidiano "Il Piccolo" apprendiamo che si definisce la quota raggiunta a Trieste "buona" ma a noi di Legambiente Trieste non sembra tanto buona. Il dato di Arpa Friuli Venezia Giulia per la quota del Comune di Trieste nel 2019 è del 44,18 per cento, molto lontana dai livelli raggiunti dagli altri capoluoghi: Gorizia 65,2 per cento, Udine 65,39 per cento e lo "stratosferico" 86,11 per cento di Pordenone.Riteniamo che i motivi del ritardo storico di Trieste sia la partenza molto tardiva della raccolta dell'umido e la mancanza del porta a porta (avanza con successo negli altri comuni del Triestino).Reputiamo che solo col porta a porta potremmo raggiungere l'obiettivo del 65% (fissato dalla legge italiana per il 2012) e il meno ambizioso 55% dell'Ue per il 2025. La responsabilità dello scarso risultato è di AcegasApsAmga o del Comune di Trieste? Dai dati vediamo che in altre città, paragonabili a Trieste, le aziende del Gruppo Hera/AcegasApmAmga ottengono risultati migliori, anche grazie al porta a porta: a Padova, a Bologna.Ma, come dimostrano Pordenone e tanti comuni del Pordenonese, si può fare molto di più. Nel Comune di Treviso un'altra azienda ha raccolto in modo differenziato l'86,1 per cento dei rifiuti nel 2019. In sintesi, riteniamo che AcegasApsAmga possa migliorare la raccolta a Trieste, a esempio servendo meglio aree cittadine ancora sprovviste dei contenitori per la differenziata, ma è il Comune di Trieste che deve cambiare rotta e prendere atto del ritardo culturale e politico, che comporta anche maggiori costi per i cittadini (tasse più alte e risultati peggiori: oltre al danno, la beffa!).Si può introdurre il porta a porta anche per aree e gradualmente, ma bisogna decidere e iniziare subito!
Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 dicembre 2020
Il Parco del mare incassa nuove critiche da Pd e Un'altra città - il discusso progetto nell'area della Lanterna
«Confermiamo i dubbi e le riserve sul Parco del mare. Sempre slegato da un'idea di sviluppo della città, il progetto non si può nemmeno valutare: ne conosciamo solo il video pubblicitario o poco più. Attendiamo che nelle sedi istituzionali siano portati tutti i documenti, a partire dal dettaglio del piano industriale. E vogliamo vedere finalmente un progetto per rilanciare il tessuto produttivo manifatturiero di Trieste in grave crisi». È la linea emersa nella riunione della direzione provinciale del Pd, illustrata ieri dalla segretaria Laura Famulari. «La filiera politica a sostegno del progetto è rimasta la stessa di sempre ma noi - spiega la segretaria dem - non ne facciamo una questione di principio bensì d'interesse della città. Per questo chiediamo di verificare il progetto sulla base del business plan e dello studio di fattibilità. Restano molti gli interrogativi: dalla garanzia della quota di finanziamento pubblico necessaria a far partire il progetto alla capacità attrattiva di una struttura figlia di una concezione oramai vecchia. Ricordiamoci che il parco di Miramare, gratuito, richiama 800 mila all'anno. Davvero - conclude Famulari - ne verranno 600 mila visitatori all'anno per 20 anni al Parco del mare?».Ad esprimere netta contrarietà sono anche gli esponenti di Un'altra città che, nel corso della presentazione della loro piattaforma, avevano usato le "armi" dell'ironia, definendo «ottimo il progetto del presidente a vita della Cciaa, solo nelle due prime righe: il nome, parco del mare; il sito, area della Lanterna. Tutto il resto è inutile». Un'ironia che non tutti, però, hanno colto (e che anche Il Piccolo ha equivocato). «Ma su questo punto non c'è spazio per i dubbi - afferma per conto del network Maria Grazia Cogliati Dezza -. La nostra posizione è stata più volte detta ed è contraria al progetto sia per quanto riguarda possibili localizzazioni sia per l'idea ormai anacronistica di costruire una prigione per pesci. Quanto poi alla riqualificazione dell'area della Lanterna, Un'altra città ha una visione completamente diversa dall'attuale giunta sullo sviluppo turistico fatto di qualità e non di quantità».
Rigassificatore di Veglia Ormeggiata la nave arrivata col primo carico -
partita la produzione sperimentale
VEGLIA. Il bestione, lungo quasi come tre campi di calcio, è apparso nelle
acque del golfo di Fiume ed è stato ormeggiato per la prima volta in quella che
sarà la sua sede futura e permanente. Il rigassificatore offshore Lng Croatia,
ex metaniera acquistata e modificata in Cina, è stato posizionato (tutto è
filato liscio malgrado la bora) di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj),
sull'isola di Veglia, dove è arrivato dallo scalo di Sagunto, nelle vicinanze
della spagnola Valencia: qui nelle scorse settimane l'unità aveva prelevato il
primo quantitativo di gas liquefatto. La produzione sperimentale, con il metano
riportato allo stato gassoso, è così cominciata ieri. È stata una giornata
fondamentale per la Croazia nel settore energetico: ne deriveranno importanti
riflessi, ricordano gli esperti. In primo luogo Zagabria conquisterà la tanto
agognata autonomia energetica per il gas a uso industriale e domestico,
ponendosi al riparo da eventuali brutte sorprese (già occorse in passato) legate
ai rifornimenti che arrivano dall'Est europeo. Inoltre è possibile che il prezzo
del metano, dopo l'entrata in funzione del terminal di Veglia, possa subire una
flessione. Comunque sia, l'arrivo della nave (lunga 280 metri, larga 43 e alta
38 metri) ha portato praticamente a conclusione il progetto voluto fortemente
dalla Croazia, in sinergia con Unione europea e Stati Uniti: il rigassificatore
è costato 230 milioni di euro. Una parte sostanziosa dell'investimento è stata
garantita a fondo perduto dall'Ue, che ha destinato all'impianto nordadriatico
101 milioni e 400 mila euro come concordato già tre anni fa. Proprio a
sottolineare la caratura del progetto, ad attendere l'ex metaniera allo scalo di
Veglia è stato il ministro croato dell'Economia e Sviluppo sostenibile, Tomislav
Coric: «Non solo la Croazia ha ottenuto l'autosufficienza relativa alla
distribuzione del metano, ma saprà nei prossimi decenni garantire una regolare
erogazione di gas ai Paesi mitteleuropei», ha dichiarato ricordando che la
Croazia sta inseguendo il progetto di un impianto simile dal 1993 e che
l'impianto stesso, «è certo», ha sottolineato Coric - «inciderà positivamente
sul prezzo di questo combustibile in Croazia, con ricadute benefiche per le
utenze a domicilio e per l'economia nazionale». L'impianto metanifero sin dal
primo momento è stato avversato da Regione quarnerino - montana, comuni di
Veglia, partiti politici e ambientalisti giacché è stato progettato per essere
situato in un'area a forte vocazione turistica, ma Zagabria non ha prestato
ascolto a critiche e proteste. La movimentazione annuale prevista ora è fino a
2,6 miliardi di metri cubi di gas. Coric e Hrvoje Krhen, direttore generale di
Lng Hrvatska, l'azienda statale che gestisce il rigassificatore, hanno
confermato che Lng Croatia avrà a bordo un equipaggio composto da 60 persone,
tutti cittadini croati, che opereranno su due turni con 30 addetti ciascuno. Da
ricordare che è stato raggiunto il "sold out" produttivo per il triennio
2021-2023, con buona parte del metano vegliota acquistata fino all'anno 2030. È
stato infine ricordato che la croata Plinacro ha portato a compimento il
gasdotto (sul quale sono stati investiti 57 milioni di euro) che allaccerà il
rigassificatore e il metanodotto Pola - Karlovac.
Andrea Marsanich
Via libera di Bruxelles alla pesca delle vongole di 22 mm in Adriatico
Roma. Arriva il via libera dell'Europarlamento a poter pescare in Italia
vongole di 22 millimetri contro i 25 mm imposti nel resto di Europa. Lo fa
sapere Coldiretti Impresapesca, secondo la quale la decisione di ridurre la
taglia minima «salva la flotta italiana». I cambiamenti climatici, infatti,
hanno modificato i tempi di crescita delle vongole esponendo i pescatori a
sequestri e multe, fino al blocco totale dell'attività. Di fatto, fa sapere la
Coldiretti, non ci sono state obiezioni all'atto delegato che autorizza i
pescherecci italiani a pescare e commercializzare vongole più piccole di quanto
previsto dagli standard Ue. Il lavoro da fare, secondo l'associazione, è rendere
definitiva la deroga per evitare stress inutili al settore e dare certezze nella
programmazione delle attività. In gioco, sottolinea la Coldiretti, c'è una
flotta di 710 imprese in Italia e oltre 1600 addetti, con un indotto di altre
300 realtà di commercializzazione all'ingrosso e mille addetti. La durata del
provvedimento è fissata fino al 31 dicembre 2022, ma non interessa tutti i tipi
di vongole ma solamente il lupino, specie autoctona presente in mare aperto
soprattutto in Adriatico, la cui produzione è di circa 30 mila tonnellate. Una
perdita secca di fatturato di almeno 15 milioni di euro all'Italia della pesca,
con danni per pescatori e consumatori. È il conto da pagare intanto se dovesse
andare in porto la proposta della Commissione europea che punta a ridurre nel
2021, di un ulteriore 15%, l'attività di pesca nel Mediterraneo Occidentale per
i sistemi a traino praticati in Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria,
Sicilia nord. A fare per la prima volta i conti del provvedimento è
Fedagripesca-Confcooperative.Secondo Fedagripesca questo pericolo riguarda anche
la Spagna e la Francia. Il primo risul tato tangibile è un'invasione nelle
tavole di prodotti importati, come gamberi tigre,vongole del Pacifico e pangasio
e meno merluzzi, gamberi rosa, triglie naselli e scampi.
Ronchi dei Legionari - Differenziata, quasi 80% Tre milioni di rifiuti su 5
sono stati dati al riciclo
RONCHI. Raccolta differenziata sempre al top, a Ronchi dei Legionari. Così,
nel periodo che va da gennaio ad ottobre ha raggiunto la media del 77,72%, con
il massimo raggiunto nel mese di agosto quando si è arrivati al 79,82. Poco
sotto la soglia dell'80% che è l'obiettivo dell'amministrazione comunale. Da
gennaio ad ottobre, dunque, sono stati raccolti 5 milioni 155.090 chilogrammi di
rifiuti e, di questi, solo 1 milione 125.994 di indifferenziati. La maggior
parte, ovvero 3 milioni 928.747 kg, vanno al riciclo e, quindi, rappresentano
una grande risorsa, mentre 100.349 sono i chilogrammi di altre frazioni di
rifiuto. Sono 424,63 i chilogrammi di rifiuti pro-capite prodotti in questo
periodo dai ronchesi: 92,14 di secco indifferenziato, 53,96 di umido, 28,81 di
plastica e metalli, 45,57 di carta e cartone, 32,40 di vetro e 6,06 di Raee,
ovvero di elettrodomestici e parti di elettrodomestici. Vengono differenziati
anche gli inerti che, fortunatamente, non tutti abbandonano in aperta campagna o
sul Carso. Complessivamente 199.549 chilogrammi che sono stati conferiti
nell'area ecologica di via del Lavoro Artigiano. La pulizia delle strade ha
permesso di raccogliere 125.060 chili di spazzatura, mentre gli ingombranti,
spesso raccolti da Isa Ambiente direttamente a casa dell'utente su chiamata,
hanno raggiunto quota 130.090 chili. Tra il materiale meno conosciuto che viene
raccolto separatamente ci sono i rifiuti biodegradabili prodotti da cucine e
mense, ben 713.750 chilogrammi, gli imballaggi (343.010), il legno (212.390), ma
anche le apparecchiature elettriche, con 44.020 chili. E, ancora, carta e
cartone (542.570), imballaggi di vetro (372.840) e le vernici (9. 010). La
collaborazione con Isa Ambiente è stretta e molto puntuale.«Certo, c'è ancora
molto da fare sul fronte degli abbandoni di rifiuti - dice il sindaco Livio
Vecchiet, soddisfatto dell'impegno dei cittadini nella raccolta differenziata -
e proprio per questo è sempre più vasta l'azione della nostra polizia locale che
cerca con ogni mezzo di smascherare atti illeciti. Non è facile, ma ci
proviamo». Da un lato, infatti, c'è chi fa le cose per bene e permette a Ronchi
dei Legionari di arrivare a traguardi importanti e dall'altro chi non si
preoccupa minimamente e continua ad abbandonare i rifiuti sul territorio.
Lu. Pe.
Capriva mette in rete le piste ciclopedonali
L'opera realizzata con 400 mila euro stanziati dalla Regione Il sindaco
Sergon: «Strategica per Spessa, Russiz e Preval» Judrio, Versa e Collio
CAPRIVA. Via libera alla variante sulla nuova ciclabile tra Judrio, Versa e
Collio e messa a nuovo del municipio. Quello riunitosi nella serata di lunedì a
Capriva è stato un Consiglio comunale svolto in presenza, nella sala del centro
civico: niente assise civica online dunque, come scelto da altre
amministrazioni, visti gli ampi spazi che permettevano una riunione in piena
sicurezza sotto il profilo delle normative anti-Covid. Tutti i punti analizzati
sono passati all'unanimità: due su tutti quelli che hanno accentrato
l'attenzione di maggioranza e opposizione. Uno degli argomenti portanti è stato
quello relativo alla ciclabile: il contributo di 400 mila euro stanziato dalla
Regione all'Uti prevede il collegamento delle piste ciclabili Judrio-Versa con
quella del marketing del Collio. «Per noi - specifica il primo cittadino - è
importante perché collegherà tutti i nostri punti turistici più strategici: da
Spessa a Russiz, da Budignacco al Preval, saranno valorizzate così tutte le
nostre località più belle e rilevanti sotto il profilo storico». Un territorio
che contempla anche i bunker risalenti a dopo il secondo conflitto mondiale,
durante la cosiddetta guerra fredda fra Usa e Urss.Accanto alla definizione
della pista ciclopedonale, l'aula ha approvato i lavori del municipio di Capriva
che dovrebbero iniziare entro la fine del 2021: l'iter, infatti, è stato avviato
con l'approvazione della Regione di un finanziamento di 200 mila euro, ai quali
il Consiglio comunale ha deliberato l'aggiunta della compartecipazione all'opera
per ulteriori 100 mila euro.«In tutto l'intervento sul municipio costerà 300
mila euro - conferma il sindaco Daniele Sergon - speriamo di avere entro fine
gennaio il progetto esecutivo per andare poi in gara. Gli interventi saranno di
tre tipi: efficientamento energetico con la realizzazione di un cappotto, di
nuovi serramenti e di pompe di calore, miglioramento da un punto di vista
sismico, visto che l'edificio risale al 1972, e superamento delle barriere
architettoniche».
Matteo Femia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 dicembre 2020
Area a caldo della Ferriera chiusa 8 mesi fa - Polveri sottili abbattute del
30% a Servola
Continua il miglioramento della qualità dell'aria. Nella zona è diminuito
anche il livello dell'idrocarburo benzopirene
A otto mesi dalla chiusura dell'area a caldo della Ferriera, l'Agenzia
regionale per la protezione ambientale (Arpa) pubblica dei nuovi dati sulla
qualità dell'aria nell'area di Servola. Dal report riguardante il quartiere
cittadino che più ha patito la presenza dell'industria, entrata in funzione 123
anni fa, si scopre che i recenti valori confermano come prosegua il trend di
"miglioramento significativo" già evidenziato in un report pubblicato la scorsa
estate riguardante il periodo aprile-giugno. Ecco dunque che i livelli
d'inquinamento dell'area di Servola s'avvicinano sempre più a quelli osservati
in altre aree urbane della città. Il primo elemento che conferma l'andamento
positivo post chiusura è un -30% di emissioni di polveri sottili (Pm10),
annotato dalla stazione Rfi, quella più prossima all'ex stabilimento
siderurgico. C'è un grafico che dimostra come la media giornaliera annuale delle
polveri sottili sia scesa di 4 punti, passando da 28 a 24 microgrammi per metro
cubo nei mesi successivi alla chiusura. Anche la media giornaliera nel periodo
ottobre 2019-ottobre 2020 segue il medesimo calo: i picchi di emissioni visibili
fino alla fine di marzo non sono più presenti a partire da aprile. Da
sottolineare però che i parametri previsti dalle normative ai fini della
definizione della qualità dell'aria sono stati ampiamente rispettati sia prima
che dopo lo stop. Infatti il numero di giorni in cui le polveri sottili hanno
superato le soglie ammesse (70 microgrammi/metrocubo in area industriale o 50 in
area urbana) è sempre stato inferiore ai 35 giorni massimi. Da sottolineare
inoltre il fatto che le polveri sottili, evidenziano dall'Arpa, sono in generale
più elevate in inverno che in estate. E a proposito di eventi meteorologici,
saltano all'occhio i numeri comparsi durante le operazioni di spegnimento
dell'area a caldo: tra il 27 e il 29 marzo si è rilevato infatti un picco pari a
180 mg/m3. Il motivo, dicono gli esperti, è legato a una perturbazione che
portava con sé le sabbie provenienti dal Caucaso e che ha interessato tutta
l'alta Italia. Da marzo ad agosto è sceso di tre decimi anche il livello
dell'idrocarburo Benzopirene. La soglia massima consentita dalla normativa
nazionale è pari a un nanogrammo per metro cubo. Dopo l'intervento di
riqualificazione avviato dalla proprietà Arvedi, il valore si era g ià abbassato
a 0,8: il limite dunque non è mai stato oltrepassato. I grafici mostrano ad
agosto un'ulteriore diminuzione fino a -0,5 nanogrammi, che presumibilmente
continuerà, fanno sapere dall'Arpa, ma non raggiungerà mai lo zero, poiché in
questo caso a incidere è l'inquinamento urbano.Rientrano nello studio poi pure
le polveri grossolane. Che cosa sono? Alcuni esempi: le particelle che si alzano
al passaggio di un camion oppure quelle di carbone che si disperdono nell'aria.
In questo ambito sia le polveri all'interno del perimetro dello stabilimento
(Palazzina qualità e Palazzina operai) sia quelle in aree al di fuori
dell'impianto siderurgico (via Carpineto, via Pitacco, via Ponticello, via
Rossi), da settembre 2019 a settembre 2020, sono diminuite, anche se sia prima
che dopo la chiusura di cokeria e altoforno non avevano mai sforato i limiti
previsti.
Benedetta Moro
Gruppo di residenti da Dipiazza: «Un piano per il nostro rione» - IL
DOCUMENTO CON RICHIESTE E PROPOSTE
Servola ha bisogno di una riqualificazione. Ne è convinta la delegazione di
residenti che ha esposto nelle scorse settimane al sindaco Roberto Dipiazza 35
richieste e due proposte sul piano del traffico e parcheggi, che verranno
presentate nei prossimi giorni in VII Circoscrizione. Alessandro Radovini,
presidente del Circolo Arci Falisca, Mario Debernardi, presidente
dell'Associazione Maschere Servolane Lalo, Tatjana Masala, rappresentante del
Circolo culturale Ivan Grbec e Stefano Borini dello Spi Cgil hanno palesato al
primo cittadino le loro idee. «Nel corso dell'incontro - fanno sapere i
proponenti in un comunicato stampa - è stato illustrato al sindaco il documento
preparato, contenente le richieste per la riqualificazione del rione di Servola.
Dipiazza ha manifestato interesse per il lavoro fatto e ha chiesto di poter
vagliare attentamente con i suoi collaboratori le proposte in modo da entrare
nel dettaglio dei punti». Ma il primo cittadino «ha inoltre riconosciuto che il
rione di Servola ha un credito di attenzione da parte del Comune - sottolineano
- e per questo motivo ha dichiarato che le richieste dei servolani dovranno
essere affrontate concretamente». Ci sarà per questo un nuovo appuntamento «al
fine di proseguire il lavoro e avere le prime risposte, anche prevedendo un
utile sopralluogo nel rione». «L'iniziativa - conclude la delegazione - è
partita. Potremo esprimere giudizi e valutazioni solo dopo aver visto i fatti
concreti, tuttavia oggi possiamo ben dire di aver posto con forza all'attenzione
dell'amministrazione comunale i bisogni dei cittadini di Servola, auspicando che
il lavoro fatto insieme sia foriero di una migliore vivibilità per tutti».
B.M.
Il parco del Carso non si allarga a Est - Respinta l'idea osmiza alle
baracche
Approvata in Consiglio la variante al Piano senza i rilievi dell'ex
assessore all'Urbanistica Nicoli di FI
Il Piano comunale del Carso di Monfalcone non si allarga al Lisert, dove
pure sono presenti le sue propaggini, anche se ridotte quasi al silenzio dalla
crescita della zona industriale. In vista c'è, però, un tavolo con tutti i
portatori di interesse per arrivare a tutelare le aree di interesse
naturalistico inserite tra fabbriche e porto. L'assicurazione
dell'amministrazione comunale di voler avviare un percorso ad hoc, in modo tale
che, inoltre, come spiegato dal sindaco Anna Cisint, la Regione sia parte attiva
di alcune scelte, non è bastata alla minoranza che, compatta, in Consiglio
comunale lunedì pomeriggio aveva portato una mozione per ampliare il parco a sud
della linea ferroviaria, nell'ambito della discussione sulla variante al piano
per la tutela, valorizzazione e fruizione delle colline carsiche. Non solo il
Lisert, comunque, andrebbe incluso nei confini del parco, per centrosinistra,
gruppo misto e pentastellati, ma anche le zone urbane sottocoppe da Selz fino
alla fine di via Romana. «Senza rendersi conto dei vincoli che si imporrebbero a
chi vi abita», ha ribattuto il consigliere di Fi Giuseppe Nicoli, che da
vicesindaco e assessore all'Urbanistica aveva avviato il lavoro sulla variante e
in aula non ha portato "rilievi" al prodotto finito. «Diverse indicazioni sono
state già recepite - ha detto - e altre lo saranno negli strumenti di
pianificazione più adatti». Come la previsione dell'interramento degli
elettrodotti o la cancellazione della previsione del passaggio della linea ad
Alta capacità-Alta velocità che la minoranza ha chiesto di mettere nero su
bianco nella variante al Piano del parco del Carso, ma che, invece, come ha
ribattuto il sindaco, saranno temi affrontati dal Piano regolatore generale, con
cui si potranno porre dei vincoli. Nonostante sia pressoché quasi del tutto
compresso tra linea ferroviaria e autostrada A4, il parco avrebbe per
centrosinistra e M5s lo spazio sufficiente per accogliere attività agricole (la
reintroduzione di vite e olivo) e agrituristiche. L'idea? Quella di aprire un'
osmiza nelle baracche che si trovano oltre il sottopasso della ferrovia, alla
fine di salita Mocenigo. «Francamente, se l'obiettivo primario è e deve restare
quello della tutela ambientale, farei attenzione a inserire attività di
somministrazione all'interno del parco», ha ribattuto sempre Nicoli al
pentastellato Gualtiero Pin. Il piano non a caso prevede che le strutture
possano essere riutilizzate solo come infopoint e punto di appoggio per gli
escursionisti. Bocciata infine dalla maggioranza anche la richiesta di andare a
una nuova procedura di Valutazione ambientale strategica, «così da coinvolgere
al massimo la comunità"». A Vas è stato già sottoposto il piano nella sua fase
di redazione, nel 2014, e pure il Piano paesaggistico regionale, le cui
indicazioni la variante ha recepito, non modificando peraltro le previsioni
originarie e quindi gli impatti sull'ambiente, come ha rilevato la giunta
decidendo a novembre la non assoggettabilità alla procedura. «Prima di redigere
la variante sono stati sentiti tutti i portatori di interesse e i suggerimenti
sono stati accolti - ha affermato il sindaco -. La grande scelta è quella che la
regia del parco resti pubblica e su questo sono d'accordo con Nicoli».
Laura Blasich
Lavoro, ambiente, teatro e periferie nella piattaforma di Un'altra città - il
programma del network civico
A pochi mesi dalle amministrative, il network civico Un'altra città ha
presentato le idee «per dare un forte contributo al governo» della Trieste che
verrà. Una piattaforma operativa con 68 punti e 57 "follow up" collegati al
territorio. In tutto, quindi, 125 spunti per stimolare la riflessione e la
creatività civica dei triestini. «Ci proponiamo di alzare il livello del
dibattito - ha affermato Loredana Casalis, fisica e ricercatrice - e abbiamo
pronto un programma con alcuni punti attuativi insieme ad altri più generali».
Nei prossimi anni Trieste dovrà valorizzarsi attraverso il lavoro di qualità e
l'economia legata al mare, facendo leva sui presidi culturali e scientifici che
sono già la sua ricchezza. «Non c'è però interesse a fare un partito - ha
aggiunto Casalis -, ma c'è voglia di dibattere con i cittadini dei rioni per
infondere fiducia e raccogliere più pareri possibili in vista d'una politica che
torni collettiva». Un primo appuntamento ci sarà il 14 dicembre prossimo: sempre
sul web. Un'altra città ha previsto una conferenza stampa aperta al pubblico a
cui è possibile partecipare scrivendo a Unaltracitta.trieste@gmail.com. «Oggi
tutte le città stanno cambiando - ha detto l'architetto Roberto Dambrosi -. Un
cambiamento frutto della tecnologia, che è strettamente legata all'economia e
agli aspetti geomorfologici. I modi in cui conviviamo e le attività produttive
mutano: a ciò s'è sommato il Covid 19 che è giunto come un'ultima chiamata».
Ambiente, diritti umani e salute sono sempre più interconnessi: ridurre gli
inquinanti, prevedere piani del verde e, al tempo stesso, aumentare la mobilità
sostenibile sono passaggi ineludibili nei centri urbani. «Persone più influenti
di me - ha precisato Dambrosi - sostengono che avremo grosse perdite di tempo e
denaro se non ci adegueremo». Arrestare gli sviluppi abitativi in favore delle
ristrutturazioni è un altro punto cruciale. «Chiedo ad amministratori e tecnici
d'abbandonare l'idea di Porto vecchio come quarto borgo perchè, in passato, ha
dato ricchezza a tutta Trieste. Non è lottizzabile, ma potrebbe essere
l'incubatore scientifico da portare fino a Bruxelles». Il Porto vecchio dunque
come un'eccellenza da non svilire a colpi di parcheggi e centri-conferenze
vuoti. E il Parco del mare ? «È un ottimo progetto a costi bassissimi per l'area
della Lanterna». La crisi ambientale potrà aprire a nuove possibilità, anche di
lavoro.«L'innovazione delle imprese e i ceti meno ricchi - ha affermato Carrosio,
docente di Sociologia dell'Ambiente dell'Università di Trieste - vanno messi al
centro senza contrapporre ambiente e lavoro. Sarebbe utile un disegno strategico
per economia circolare ed efficientamento energetico. Tra 20/30 anni, poi, anche
Trieste avrà problemi per l'innalzamento dei mari». Il futuro passa anche
attraverso «i cambiamenti sociali - ha sottolineato Gianfranco Schiavone,
presidente dell'Ics -, quindi anche per l'immigrazione che l'amministrazione
guarda con ostilità». Infine l'arte e il teatro. «Strade da sempre importanti da
sempre - ha concluso Marcela Serli, attrice e drammaturga - per conoscere ciò
che è nuovo o estraneo: la cultura dovrà raggiungere di più le nostre
periferie».
Lorenzo Mansutti
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 dicembre 2020
«Sulla differenziata la regione cresce e Trieste arranca» - Legambiente
contesta la lettura di Acegas
Passi avanti a Trieste sul fronte della raccolta differenziata come indicato
nell'ultimo report di AcegasApsAmga? Legambiente non ci sta e contesta la
lettura ricordando che i dati dell'Arpa sulla differenziata collocano Trieste in
fondo alla classifica regionale. «La nostra regione è una realtà virtuosa nel
settore dell'economia circolare - afferma Tiziana Cimolino di Legambiente
Trieste -. Assieme alla Lombardia e al Trentino Alto Adige viene portata ad
esempio nazionale da amministratori, ricercatori, tecnici e imprenditori del
settore della raccolta differenziata e del riciclo. È infatti tra le tre regioni
italiane che centrano per tempo gli obiettivi di economia circolare 2035, con
una percentuale della raccolta differenziata che raggiunge almeno il 65% e di
almeno il 10 per cento dei rifiuti trattati in discarica». Un conto però sono le
performance della regione e un altro quelle di Trieste. «Se guardiamo i dati
Arpa Fvg sulla raccolta differenziata 2019 vediamo che Trieste sta messa
piuttosto male - prosegue Cimolino -. Con una popolazione stimata a livello
comunale di 203.234 abitanti, qui abbiamo prodotto 96.727,862 tonnellate di
rifiuti urbani con 53.991, 539 tonnellate di indifferenziata, differenziandone
cioè 42.736,323 pari al 44 %: uno dei valori più bassi della regione. Nella ex
provincia di Trieste ci superano tutti: la più virtuosa è San Dorligo con il
73,79 % seguita da Sgonico (73,40 %), Muggia - che fa un balzo in avanti con il
67,57 % - e Monrupino con 54,23 %. Un po' meno virtuosa, ma sempre meglio di
noi, risulta Duino Aurisina con il 50,84 %. Quanto al resto del Fvg, a Udine la
differenziata è al 65,39%, a Gorizia al 66,20 %, mentre Pordenone è di nuovo in
vetta con ben il doppio di noi: l'86,11 %. Insomma - conclude - il Fvg è una
terra virtuosa, il suo capoluogo non ne è all'altezza».
Museo del mare, no della Soprintendenza alla torretta di vetro ideata
dall'archistar
Il progetto licenziato dopo mesi di confronto: il "segno" distintivo di
Vazquez Consuegra svettava troppo sul Magazzino 26
La torretta di vetro sul Magazzino 26, che rappresentava il segno
caratteristico esterno del progetto elaborato dall'architetto sivigliano
Guillermo Vazquez Consuegra per il futuro Museo del mare, è sparita dai disegni
autorizzati dalla Soprintendenza, disegni che ora i tecnici del Comune stanno
trasformando in "definitivo" prima di passare alla formulazione "esecutiva".Ma
non si tratta dell'ennesima pellicola ambientata in Porto vecchio, è
semplicemente l'esito di un confronto durato mesi tra Comune e Soprintendenza,
che pare non abbia soddisfatto Vazquez Consuegra e neppure la committenza
municipale. Infine Palazzo Economo ha "licenziato" il progetto del
professionista sivigliano, avendo però imposto l'eliminazione della vitrea
creazione che Vazquez aveva immaginato sulla sommità centrale della grande mole
in cui si staglia il "26". Enrico Conte, direttore dei Lavori pubblici comunali,
avrebbe preferito mantenere il tocco dell'archistar, ma la Soprintendenza ha
obiettato l'eccessivo slancio dell'aggiunta. Gli uffici comunali valutano che
l'esame del progetto abbia accumulato cinque mesi di ritardo sul cronoprogramma.
Come accennato, lo staff di largo Granatieri sta procedendo al definitivo, poi
sarà la volta dell'esecutivo, successivamente sarà bandita la gara per
individuare la società di validazione (come accadde per il Centro congressi).
Alla luce di questo sgranarsi di tappe, Conte ritiene plausibile che la gara per
l'aggiudicazione dei lavori verrà fatta tra un anno, nell'autunno 2021: allora
sarà in palio un appalto da ben 33 milioni, pari ai due terzi dello stanziamento
che il ministero dei Beni culturali aveva messo a disposizione di una prima
riqualificazione di Porto vecchio (le altre poste finanziano i sistemi di strade
e di reti, nonchè il recupero del pontone Ursus). L'obiettivo è di realizzare il
Museo del mare entro 31 dicembre 2025.Nell'agosto 2019 Vazquez Consuegra aveva
vinto la sfida tra 16 importanti studi nazionali ed europei (in verità sarebbero
stati 17 ma la fiorentina Archea fu esclusa per difetto di documentazione),
avendo superato di un'attaccatura il genovese Alfonso Femia e avendo relegato al
terzo posto la proposta di David Chipperfield. A far lievitare le azioni
dell'architetto andaluso aveva contribuito in modo decisivo l'entità del
ribasso, che invece aveva condizionato in negativo le proposte di Chipperfield e
di Rem Koolhas. Al quarto posto si era piazzato lo studio Tectoo di Susanna
Scarabicchi.Vazquez Consuegra, "accompagnato" a Trieste dallo studio Mads, ha 75
anni e ha insegnato nelle Università di Siviglia, Buenos Aires, Losanna,
Bologna, Venezia. In Italia è noto soprattutto per aver curato la
ristrutturazione di Galata, sede del Museo del mare genovese, inaugurato nel
2004. La parcella, prevista per il lavoro triestino, si aggira attorno al
milione e mezzo.
Massimo Greco
I paletti delle Belle arti che raffreddano la sintonia col Comune
"C'eravamo tanto amati", il film di Ettore Scola girato a metà degli anni
'70, potrebbe adattarsi anche all'evolversi/involversi dei rapporti tra Comune e
Soprintendenza. Fino a un anno fa le relazioni tra palazzo Economo e Piazza
Unità sembravano improntati a cordiale, continua collaborazione. Non che poi ci
sia stata dichiarazione di guerra tra le parti - intendiamoci - ma la
Soprintendenza pare molto attenta a puntualizzare le proprie prerogative in
ordine ad alcune operazioni che hanno coinvolto il Municipio. In Comune
ritengono che alla base di questo cambio di passo vi sia la clamorosa smentita
piombata un anno fa dal ministero riguardo la vicenda di sala Tripcovich, quando
la soprintendente Simonetta Bonomi aveva avallato la decisione di Roberto
Dipiazza favorevole all'abbattimento dell'ex stazione autocorriere. Da allora,
dopo la dura lettera vergata dal direttore generale Federica Galloni, palazzo
Economo è parso più incline ad adottare una politica vincolatoria nei confronti
degli asset comunali: è successo in Porto vecchio con riferimento al Magazzino
27/bis e al Magazzino 133 (piscina terapeutica). Il vincolo è già arrivato per
il primo, è stato solo annunciato - nello stupore dei comunali - per il secondo.
La Soprintendenza ha infine provveduto a vincolare tre edifici nell'area del
Broletto, passata dal Comune a Trieste Trasporti: quasi coetanei di sala
Tripcovich.
MAGR.
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 novembre 2020
Il Parco del Carso per Legambiente non deve diventare «un'area giochi»
L'associazione guarda a un equilibrio tra tutela della natura e sviluppo:
strutture non impattanti e fruizione leggera
Il Parco comunale del Carso monfalconese metta assieme tutela della natura e
sviluppo locale, senza diventare, però, un "parco giochi" cittadino. Lo dice
Legambiente nel presentare le sue osservazioni alla variante al piano del Parco,
che, secondo l'associazione ambientalista, dovrebbe abbracciare la zona del
Lisert, ricca di biodiversità, punto di passaggio dalla costa alta e rocciosa
della costiera triestina ai litorali sabbiosi della laguna di Grado, con, alle
spalle, l'altopiano carsico. Senza dimenticare lo "stagno Enel", di origine
artificiale, ma rinaturalizzatosi. «Abbiamo inviato all'ufficio competente del
Comune delle osservazioni dettagliate alla variante - afferma il circolo locale
Ignazio Zanutto -, che in più passaggi pare in equilibrio precario tra la
necessità di tutela e l'acconsentire, invece, a modalità di fruizione turistica
troppo invasive per l'ambiente naturale».Se da una parte si prevedono gli
auspicati interventi di restauro e valorizzazione dei Castellieri e il
completamento del Parco tematico della Grande Guerra, dall'altro si progettano
varie strutture secondo Legambiente non necessarie e che rendono troppo
permeabile l'area carsica. Nulla da dire sull'info-point previsto in via
Mocenigo, con la ristrutturazione degli edifici esistenti e l'annesso
parcheggio, mentre suscita perplessità quello programmato nell'ex cava di via
Romana, che verrebbe adibita a palestra di arrampicata-roccia e area di sosta e
ricreazione con varie attrezzature e parcheggio. «A nostro parere qui deve
essere ammessa, invece, solo una fruizione "leggera", riducendo al minimo le
attrezzature fisse, dedicando l'area all'addestramento e alla formazione della
Protezione Civile, valorizzando, laddove possibile, la rinaturalizzazione in
atto», dice Legambiente. Allo stesso modo l'associazione non ritiene necessaria
la ristrutturazione dell'ex casermetta di Sablici, da «abbattere e rimuovere,
anche per evitare inutili e poco gestibili punti di attrazione nelle aree più
interne del parco e non ai suoi margini». Anche la possibilità di realizzare
aree di sosta attrezzate per tende, barbecue e pic-nic ai margini dell'ampio
parcheggio che verrà realizzato in via dei Laghi, a ridosso della Riserva
naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa, è per Legambiente «un'ipotesi
assolutamente evitabile per l'eccessiva antropizzazione che si determinerebbe».
In definitiva, Legambiente concorda con la Relazione tecnico-illustrativa, per
cui è importante conciliare l'esigenza dello sviluppo locale con la tutela del
patrimonio ambientale e naturalistico, ma «la prima non dev'essere a scapito
della seconda».
Laura Blasich
Cisint: «Sulla centrale A2A all'idrogeno non c'è alcun progetto al ministero»
L'amministrazione non è convinta e «i vertici dell'azienda hanno
confermato che al vaglio c'è solo il piano del turbogas»
L'apertura di A2A Energiefuture all'idrogeno, al centro delle ricerche
finalizzate alla produzione di energia pulita, non convince il Comune: troppe le
incognite e poca chiarezza sul nuovo progetto, nessun elemento concreto sui
rischi per la sicurezza, vaga indicazione di quando tecnicamente potrebbe
esserci un'integrazione piena della produzione a idrogeno, viso che A2A non
intende modificare il progetto attuale che prevede la realizzazione della
centrale a turbogas. Infine, è pure incerta la percentuale di gas mixato in
arrivo all'impianto cittadino, fornito tramite il gasdotto della Snam,
sicuramente sotto il 20 per cento, forse addirittura al 2 per cento. Tutte
questioni sulle quali il Comune ha voluto andare a fondo. Anche in occasione di
un recente incontro che il sindaco Anna Maria Cisint, assieme all'assessore
all'Ambiente, Sabina Cauci, l'ingegner Eva Porciani e Lucio Gregoretti, con i
vertici del Gruppo aziendale, a partire dall'amministratore delegato Renato
Mazzoncini. E ora Cisint esprime una certezza: «Ad oggi - afferma - in carico al
ministero dell'Ambiente c'è il progetto legittimamente presentato da A2A
Energiefuture per la realizzazione di un impianto a metano da 840 megawatt, per
il quale sono state inoltrate le osservazioni da parte del Comune di Monfalcone
e di altri soggetti. Il procedimento è in fase di valutazione. Non ci risulta,
come abbiamo avuto conferma dai vertici di A2A, che sia stata presentata alcuna
modifica integrativa al progetto di turbogas, né che ve ne sia eventuale
intenzione».Le perplessità però sono scaturite a fronte degli interrogativi
posti durante l'incontro con i vertici del Gruppo. «Nel corso dell'incontro
abbiamo voluto approfondire l'argomento in ordine al tema idrogeno - prosegue
Cisint -. All'amministratore delegato è stata richiesta una serie di
chiarimenti, al fine di capire i termini della questione nell'ambito delle
valutazioni aziendali, anche quindi in proiezione futura».Sul tappeto le
eventuali tempistiche circa l'utilizzo dell'idrogeno, il tasso percentuale di
miscelazione con il metano, fino a considerare l'attuale tipologia delle
condotte Snam, sulla scorta del fatto che, secondo le informazioni e gli
elementi tecnici acquisiti dall'amministrazione comunale, viene ritenuta
necessaria un'opportuna valutazione circa gli aspetti legati alla sicurezza,
considerata l'alta proprietà corrosiva e di infiammabilità dell'idrogeno.
Chiarimenti inoltre sul prospettato Centro di ricerca avanzata sul gas definito
pulito.«Alle nostre domande non abbiamo ricevuto risposte precise - osserva il
primo cittadino -. Trattandosi di un argomento complesso e delicato, riteniamo
che sia essenziale un'analisi chiara ed esaustiva, contestualizzata nell'ambito
delle caratteristiche del nostro territorio, e del sito dell'attuale centrale
termoelettrica posta in area urbana. Insomma, tempi e dati certi non sono
pervenuti», ha chiosato Cisint. Con l'assessore Cauci, da parte sua, a
osservare: «Snam ha reso noto che nel 2030 verrebbe inserito nella rete di
distribuzione del gas fino ad un massimo del 2% di idrogeno», evidenziando un
approccio più «realistico» sia in ordine alle tempistiche che all'utilizzo
dell'elemento che «non è presente in natura, ma dev'essere prodotto, ricavato
mediante trattamenti che consumano energia».Perplessità e interrogativi aperti.
Intanto l'amministrazione comunale continua a perseguire il progetto alternativo
al turbogas. «Abbiamo le idee molto chiare sulla mission del nostro territorio -
spiega il sindaco -. Ci stiamo progressivamente avviando verso l'attrattività
dell'economia del mare, attraverso mirate scelte urbanistiche e pianificazioni
di investimento, ma anche scelte condivise con enti come il Consorzio per lo
sviluppo economico del monfalconese e la Camera di commercio. La linea è quella
di uno sviluppo compatibile alla nostra realtà, avvalendosi di opportunità come
la logistica, la nautica e la portualità. Una valida prospettiva economica da
affiancare alla navalmeccanica». Cisint ribadisce: «La direttiva del Piano
regolatore comunale esclude la presenza di un polo energetico in città. Certo,
siamo di fronte ad un'area di proprietà di A2A, ma manteniamo la nostra visione
del futuro, corroborata dallo specifico studio elaborato da soggetti competenti.
Uno studio che comporta un beneficio diretto dell'area in questione, a fronte di
un'occupazione decisamente maggiore. Continuo a ritenere che qualsiasi scelta di
riconversione della centrale con tecnologie spinte abbia invece bisogno di pochi
lavoratori, sull'ordine della trentina. La nostra idea ha numeri più
consistenti, sotto tutti i punti di vista».
Laura Borsani
Incontro con i vertici dell'azienda
Il sindaco Cisint assieme all'assessore Cauci ha incontrato i vertici dell'azienda:«Ad oggi non l'unico progetto al vaglio del ministero è quello relativo alla realizzazione del turbogas. L'azienda ha confermato che non è stata presentata alcuna integrazione, nè che ve ne sia eventuale intenzione».
Domande aperte e le perplessità
Il sindaco Cisint ha spiegato che rispetto alle domande e alle richieste di chiarimento in merito al tema idrogeno, non sono state date risposte chiare: «Nessuna indicazione su tempi e dati»
Le ipotesi della Snam sull'uso del'idrogeno
L'assessore Sabina Cauci ha spiegato: «Snam ha reso noto che nel 2030 verrà inserito nella rete di distribuzione del gas fino ad un massimo del 2 per cento di idrogeno». L'amministrazione comunale, ha ribadito Cisint, continua invece a sostenere il progetto alternativo al turbogas.
L'ASSESSORE ALL'AMBIENTE - Cauci: «Produzione inefficiente e alti costi per
ricavarlo»
L'assessore Cauci si sofferma su una serie di aspetti tecnici relativi
all'idrogeno e al suo utilizzo per la produzione di energia. Lo fa in qualità di
chimico. «L'idrogeno - spiega - è scarsamente presente in natura e deve quindi
essere ottenuto dai numerosissimi prodotti che lo compongono, principalmente da
acqua e metano. Il gas si combina con l'ossigeno formando acqua e liberando
molta energia. Questo processo viene sfruttato quindi per usare l'idrogeno come
combustibile per produrre energia "pulita", ossia senza rilascio di anidride
carbonica. Tra i vantaggi l'emissione finale di vapore acqueo. L'idrogeno,
pertanto, non essendo una fonte primaria di energia, come ad esempio il metano o
il petrolio, dev'essere prodotto artificialmente, e la sua produzione comporta
un consumo di energia maggiore rispetto a quella ottenibile poi attraverso la
sua combustione ad acqua. Da punto di vista termodinamico, il ciclo comprendente
la produzione e poi l'utilizzo del gas idrogeno è inefficiente, non comporta
alcun guadagno energetico». In altre parole l'opera di recupero dell'idrogeno
consumerebbe più energia rispetto a quella che poi viene prodotta. L'assessore
all'Ambiente quindi continua: «L'unico modo efficiente sarebbe quello di
ottenere l'idrogeno attraverso specie viventi come alghe o batteri, definito
bioidrogeno». In sostanza, l'idrogeno attualmente ottenuto dall'elettrolisi
dell'acqua (per separazione dall'ossigeno), da fondi solari o biologiche,
continua Cauci, «ha un costo di produzione molto più elevato rispetto
all'energia ottenibile dalla sua combustione. In base alle tecnologie attuali,
l'idrogeno andrebbe considerato come "vettore energetico", cioè come mezzo per
immagazzinare e trasportare l'energia. Un'ipotesi di Snam sarebbe quella di
produrlo in Nord Africa e trasportarlo in Italia ed eventualmente in Europa.
Tuttavia il costo delle infrastrutture necessarie, ossia gli idrogenodotti,
sarebbe molto elevato. Sono necessarie infatti condutture composte da acciai
speciali, per la proprietà corrosiva di questo gas». Cauci riporta i metodi di
produzione: «L'idrogeno verde è ottenuto attraverso le energie rinnovabili e
l'idrolisi dell'acqua, il costo stimato è dai 5,5 agli 11 euro al chilo; oltre
ad essere molto caro, la quantità ricavata non sarebbe sufficiente per la
produzione di energia. L'idrogeno blu viene ottenuto dal metano, e l'anidride
carbonica liberata nel processo viene intrappolata, il costo stimato è dai 3 ai
4 euro al chilo. Infine l'idrogeno grigio si ottiene dal metano o da altri
idrocarburi, ma l'anidride carbonica viene liberata in aria, come sottoprodotto
del processo. Si ricorda che per eventuali fughe di gas l'idrogeno a
concentrazioni superiori al 4% in aria può esplodere o bruciare in modo
incontrollato. Secondo l'amministratore delegato di Snam, Marco Alverà,
l'idrogeno grigio andrebbe abolito per le emissioni dell'anidride carbonica, non
presentando alcun vantaggio ambientale rispetto all'uso diretto del metano»
Pneumatici, scarti edili, vestiti, mobili: le discariche nascoste di San Giovanni
All'interno del Parco fra la vegetazione, dietro fabbricati abbandonati o in
qualche rudere spuntano tracce di inciviltà
Pneumatici, televisori, cucine, vestiario, mobili, ferraglia, tubi e scarti
edili. Il Parco di San Giovanni nasconde varie discariche abusive, in punti dove
le persone, indisturbate, scaricano un po' di tutto. Succede dietro alcune
palazzine, tra la boscaglia, o tra recinzioni e fabbricati in disuso, ma anche
all'interno di qualche rudere dimenticato. Dietro l'edificio che contiene alcuni
vani tecnici, accanto al grande camino, nella parte superiore del comprensorio,
ecco il primo segno di incivilità, non lontano dalla strada, un luogo
raggiungibile facilmente, attraverso un sentiero o alcune scalette. Qui sono
stati portati un mobile da cucina, con forno e fornelli, un vecchio televisore,
un paio di finestre, due sacchi neri pieni di calcinacci, pneumatici, bottiglie
di plastica, una piccola tanica di olio, detersivi e uno scatolone che
all'interno conteneva altri rifiuti, ormai non più riconoscibili. Alcune
immondizie si sono quasi fuse con il terreno, tra le piante e un fitto tappeto
di foglie cadute. Distanti pochi metri tubi tagliati, di diverse misure e
colori, in plastica, anche questi gettati nel verde. E c'è pure un grande
trolley quasi nuovo, e vuoto. Oltrepassando la carreggiata, l'edificio che una
volta conteneva le cucine, con evidenti cartelli di "pericolo crolli" e
limitazioni in ferro lungo tutto il perimetro, è pieno di scarti di ogni tipo,
proprio tra la recinzione e il muro. Scarpe, abiti, anche qui un televisore,
vari pezzi di ferro, compresa una sorta di portiera di un mezzo, ormai
arrugginita. Si notano poi alcune borse e uno zaino, in buone condizioni: che
siano stati rubati, svuotati e buttati lì? E ancora spuntano scarpe, un
carrello, uno stendino della biancheria semi distrutto, borse di plastica,
bottiglie di birra, polistirolo e, pure in questo punto, c'è chi si è liberato
di ciò che restava di qualche cantiere edile. Continuando il giro tra sentieri e
vialetti si arriva nell'area del roseto, una zona riqualificata negli ultimi
anni, anche sul fronte degli edifici tutto attorno alla chiesa. Tranne uno,
ridotto a un rudere, con grandi porzioni di tetto crollato, con l'edera che
ricopre gran parte dei muri, e con alcuni ambienti ancora in piedi, con gli
accessi completamente aperti. Dentro si vedono cumuli di pietre, calcinacci,
vecchi vasi, ma anche vestiti di tutti i tipi tra maglioni, giacche, scarpe e
poi avanzi di bibite e cibo, frutto forse di qualche bivacco nascosto. Scendendo
verso la prima parte del parco invece, il degrado contraddistingue l'area
attorno a uno degli edifici più grandi, davanti alla casa di riposo Gregoretti.
Qui, sempre a poca distanza dalla strada, dove è facile parcheggiare i mezzi
accanto a una staccionata in legno che evita intrusioni nel fabbricato, in tanti
hanno buttato oltre la recinzione vecchi pneumatici. Difficile capire di chi sia
la responsabilità delle varie discariche e della sporcizia, considerando che
tutto il comprensorio è gestito da diversi soggetti, tra i quali Università e
Asugi, che però si occupano delle zone già restaurate e utilizzate. Secondo
alcuni fruitori del parco servirebbe un sistema di videosorveglianza, in grado
di individuare chi scarica rifiuti ingombranti e soprattutto inquinanti.
Micol Brusaferro
Vicino al teatro: lattine, cartoni di pizza e bottiglie post ritrovi
Soprattutto la zona tra i due edifici abbandonati nel piazzale davanti al teatro del Parco di San Giovanni, è un punto di ritrovo abituale di chi evidentemente beve, mangia o si apparta, anche durante la giornata. A terra si notano bottiglie, lattine, cartoni di pizza, ma anche fazzoletti e le immancabili mascherine usate.
Le delimitazioni: transenne e recinzioni vecchie e rovinate
Molti degli edifici pericolanti o comunque in pessime condizioni, sono circondati da transenne o reti in ferro vecchie e rovinate. Alcuni tratti delle recinzioni sono stati tagliati, forse da chi ha provato a introdursi all'interno dei fabbricati che mostrano finestre e porte rotte e aperte.
«Niente soldi pubblici per il Parco del mare» - Lista futura all'attacco
«In piena emergenza Covid ci sembra inopportuno impegnare risorse pubbliche
nel Parco del mare». Lo affermano Franco Bandelli e Michele Sacellini, della
lista civica Futura, in una nota congiunta: «Ammonta a 20 milioni l'investimento
ipotizzato da Regione e Camera di Commercio per quel progetto. Ma sarebbe meglio
utilizzare una simile cifra per sostenere le categorie economiche più colpite
dalle conseguenze della pandemia. Sembra inoltre che tali risorse, a livello
regionale, non siano state nemmeno stanziate: andranno ricercate nelle pieghe di
bilancio. E saranno di conseguenza sottratte a un potenziale impiego nel
sostegno delle attività in crisi, appunto». Pur constatando con piacere il fatto
che «Trieste risulta essere una città appetibile agli investitori privati», il
movimento politico Futura ritiene che una simile manovra economica dovrebbe
essere perlomeno posticipata di un anno, allo scopo di reindirizzare i fondi
disponibili nell'immediato «verso azioni più incisive nel supportare categorie e
persone». E in ogni caso «ci sembrerebbe eventualmente più urgente ripristinare
la piscina terapeutica - concludono Bandelli e Sacellini -. Peraltro pure al
nuovo Centro congressi sembrano mancare i fondi necessari a terminare le opere.
Apprezziamo lo strumento del "project financing", che sembra essere la corretta
soluzione alla strutturale carenza di fondi pubblici da investire sul
territorio, ma adesso bisogna dare priorità al superamento dell'emergenza».
li.go.
SEGNALAZIONI - Nuovo acquario - La follia lockdown del Parco del mare
Lockdown. Ci siamo passati tutti eppure non riusciamo ad empatizzare con chi vive una vita di reclusione e costruiamo l'ennesima prigione per animali: Il Parco del Mare. Un progetto anacronistico ed inutile perché il parco del mare ce l'abbiamo già ed è il bellissimo Golfo di Trieste. A chi vuole imparare a conoscerlo, rispettarlo ed amarlo consiglio una visita con il Wwf all'Area Marina Protetta di Miramare che e un'attività sicuramente più educativa, etica e sostenibile. In uno dei vari articoli in merito ho letto: «L'acquario sarà essenzialmente un "laboratorio vivente" che esprime l'impegno di Trieste per la scienza e la conservazione del mare». Questa frase è quanto di più antropocentrico e contraddittorio si possa dire. Conservazione non può essere sinonimo di zoo o acquario, libertà e natura non possono essere sinonimi di gabbia e vasca. Indipendentemente dalle specie che ci saranno o meno (ancora non ci è dato saperlo ma non si spendono 44 milioni di euro per quattro occhiate e due branzini), bisogna sottolineare che già diversi paesi come l'Austria, l'India e nel 2019 il Canada hanno ad esempio vietato di tenere i cetacei in cattività. Questo forte segnale sta ad indicare che la percezione e l'accettazione di questi parchi a tema sta drasticamente cambiando. Con il Parco del Mare si sta portando avanti un modello obsoleto e non al passo con la morale attuale. Invito pertanto il presidente della Regione Fedriga, il sindaco Dipiazza, il presidente della Camera di Commercio Paoletti, il Presidente dell'Autorità di Sistema portuale D'Agostino e l'ad di Costa Edutainment a guardare i documentari "Blackfish", "The Cove" e "The Walrus and the Whistleblower" per rendersi conto che aprire un acquario oggi è un'idea fuori dal tempo. Vuol dire costruire una cattedrale nel deserto.
Martina Pluda
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2020
Rinascita di Porto vecchio verso la Fase 2 - Dalle luci alle aiuole, lavori
per 9 milioni
Il Comune fissa l'obiettivo: mettere in gara i progetti esecutivi in
gennaio. Il cantiere durerà poi fino alla fine del 2022
Quasi pronta la Fase 2 dei lavori di infrastrutturazione e di
riqualificazione del Porto vecchio, eseguibili nelle parti in cui il Comune è
oggi in grado di intervenire con opere finanziate. Traduzione: il Municipio
aveva destinato 14 dei 50 milioni, stanziati dal governo, a lavori di
urbanizzazione dell'area. Un primo lotto di 5 milioni è stato compiuto, adesso
si passa a un secondo lotto assai più corposo e costoso perché è in programma un
cantiere da 9 milioni di euro che coinvolgerà 20.000 metri quadrati. La
progettazione esecutiva è praticamente approntata e l'iter è approdato ai pareri
(Soprintendenza, commissione paesaggistica) che accompagnano lo sprint finale.
Rispetto alle previsioni di primavera, c'è uno scarto temporale di un abbondante
semestre. Giulio Bernetti, che in qualità di direttore dipartimentale è anche il
pianificatore di Porto vecchio, conta di portare in gara la Fase 2 in gennaio.
Se così sarà, il cantiere (o meglio i cantieri) potrebbe essere aperto già in
primavera, poco prima delle elezioni comunali: sarà necessario un anno e mezzo
di benna-reti-asfalto ecc., per cui la Fase 2 avrà ragionevole completamento
entro la fine del 2022. Cosa contiene questo ulteriore sforzo indispensabile per
la vivibilità di un luogo che era stato lasciato ai confini della selvatichezza?
A livello di infrastrutturazione, avanti con le reti di acqua, luce, gas,
fognature, servizi tecnologici (cablatura). Scavi e posa interesseranno la parte
anteriore e posteriore del Magazzino 26, il futuro Museo del mare. In questo
modo sarà servita anche l'accoppiata costituita dai Magazzini 24-25, che si
affaccia sul Bacino 0 e che aveva visto limitato il suo fascino commerciale
dalla mancanza di opere di urbanizzazione. A livello di riqualificazione,
l'obiettivo è congiungere il Magazzino 26 e il polo culturale-espositivo
(Centrale idrodinamica, Tcc) con la Stazione ferroviaria e con largo Città di
Santos. L'attuale nastro stradale, farcito di dissuasori e di rotaie, sarà
ridisegnato nella carreggiata mantenuta a due corsie, nei percorsi
ciclo-pedonali e nella parte dedicata al verde. Marciapiedi, piste, aiuole si
addosseranno verso il muro di cinta che segna il confine con le Ferrovie, poiché
si ritiene non abbia un gran senso mettere mano al limite con la zona dei
magazzini, quando non si conosce l'esito delle decine di edifici che saranno
messi all'asta, prima o poi. Uno dei più importanti tasselli di Fase 2
riguarderà la pubblica illuminazione, che, in considerazione dell'isolamento e
delle frequentazioni notturne nel sito, ne diventa un ingrediente indispensabile
in termini di sicurezza e di percorribilità. Questo ventaglio di opere - precisa
Bernetti - si coordina con la pianificazione che governa Porto vecchio, dal Pums
(mobilità sostenibile) alla cabinovia, fino alla Variante. Variante che fa parte
dell'accordo di programma da sottoscrivere insieme a Regione e Autorità
portuale: il sì giuntale alla Valutazione ambientale strategica (Vas) consente a
Dipiazza di firmare l'intesa, che attende comunque anche gli autografi di
Fedriga e di D'Agostino. Infine Bernetti, a futuro monito, ricorda che sono tre
i fattori con cui misurarsi nello sviluppo dei 65 ettari di Porto vecchio: il
costo delle ristrutturazioni, la realizzazione delle infrastrutture (sulle quali
si è incartata la prospettiva Greensisam), l'attuazione della Variante lungo i 4
sistemi previsti (ludico-sportivo, culturale-espositivo, misto
residenziale-turistico-commerciale, moli).
Massimo Greco
Accordo di programma: l'elenco di immobili che resteranno proprieta' pubblica
L'accordo di programma Comune-Regione-Autorità individuerà quali asset resteranno di pubblica proprietà all'interno del Porto vecchio. Si tratta dei cosiddetti "indisponibili": Magazzino 26, servizi a rete, centrale idrodinamica, sottostazione elettrica, Magazzini 20-27-28-30, varchi monumentali, Park Bovedo, viabilità, corso Cavour 2/2 (Urban Center).
Le partite aperte nell'area - L'ex quartiere Ford e i magazzini 24-25 e 30
ancora in attesa di conoscere il loro destino
Oltre ai lavori infrastrutturali e riqualificativi di cui sopra, il Comune è
impegnato a trovare una nuova identità ad alcuni ex magazzini situati
nell'ambito del cosiddetto "sistema culturale-espositivo". È la parte più
"evoluta" dei 65 ettari di Porto vecchio, quella dove si è concentrata tutta
l'attività restaurativa fin qui svolta (Magazzini 26, 27-28, Centrale
idrodinamica, sottostazione elettrica).Va detto subito che c'è molto di
incompiuto e forse difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti. La porzione
più promettente pare essere quella dell'ex quartiere Ford, alle spalle del
Centro congressi: il Comune attende una risposta da Terme Fvg riguardo la
realizzazione della nuova piscina terapeutica, che dovrebbe estendersi nei
magazzini 32-33-133-34-34/1. È il sito per il polo natatorio, che il Municipio
vuole sia articolato tra attività riabilitativa e iniziative ludiche. Sempre
alle spalle del Centro congressi, è visibile il 27/bis, sul quale è scattato il
vincolo della Soprintendenza: l'idea è quella di salvaguardarne l'esterno e di
trasformarne l'interno in un parking. Nello stesso "spicchio" di terreno insiste
l'ex rimessa ferroviaria, che sarà raggiunta dai lavori
infrastrutturali-riqualificativi della Fase 2. L'accoppiata Magazzini 24-25, con
vista mare sul Bacino 0, sembrava al centro di molte attenzioni: si parlava di
Fincantieri e di una cordata interessata a realizzarvi uno scalo diportistico
insieme a un albergo. Ma trasformare le ex stalle del terminal "animali vivi",
ancora prive di acqua-gas-elettricità-fogne, è un sogno affascinante da
rimandare a tempi più favorevoli. Sul lato nord dello stesso Bacino 0 è visibile
un roseo bonbon, un colore piuttosto insolito per il sito: si tratta del
Magazzino 30, anch'esso veleggiante in un destino imprecisato. Pareva dovesse
accogliere il "fishmarket", che piaceva al sindaco Dipiazza, ma le due
candidature emerse sono rimaste al palo. Era stato poi rispolverato dalla
catalana Supera, come alternativa all'ex Ford per farci la terapeutica: il
Comune non ci ha sentito.
Magr
Passi avanti in citta' sulla differenziata. Ma resta tanto da fare - Le abitudini dei triestini nel report Acegas
Dove finisce tutto ciò che entra a far parte della raccolta differenziata a cui i cittadini contribuiscono utilizzando gli appositi contenitori ? L'economia circolare è la principale risposta a questa domanda e "Sulle tracce dei rifiuti" è il titolo che AcegasApsAmga ha dato al report sulla qualità della raccolta differenziata fatta a Trieste. Dati quantitativi e qualitativi insieme spiegano qual è la situazione aggiornata al 2019: secondo l'XI edizione del report ogni triestino raccoglie in un anno 169 kg di rifiuti differenziati. Un aumento a testa del 20% rispetto all'anno prima. Oggi lo smaltimento separato degli scarti è arrivato quasi al 45% del totale dei rifiuti del capoluogo regionale e il dato è una buona notizia tanto per l'ambiente che per l'economia. «Il riciclo dei rifiuti - sottolinea la spa - contribuisce a generare un ritorno per la collettività grazie ai contributi che il consorzio Conai riconosce ai Comuni che riescono a garantire una raccolta differenziata di qualità». Se la percentuale raggiunta è buona, volendo però vedere il bicchiere mezzo vuoto, risulta evidente che la maggioranza dell'immondizia non entra nel processo di recupero previsto dall'economia circolare: lo scopo finale di quest'ultima è la rigenerazione dei materiali per arrivare alla fine dello spreco di oggetti e prodotti che invece vanno all'incenerimento. «C'è quindi ancora molto margine di miglioramento - continua i AcegasApsAmga -. Il tasso di riciclo è uno dei nuovi parametri fissati dall'Ue per la promozione e lo sviluppo dell'economia circolare: l'obiettivo da raggiungere entro il 2025 è stato stabilito al 55%». Lo studio è disponibile alla consultazione sul sito della multiutility del Gruppo Hera (www.acegasapsamga.it) e rileva come il miglioramento da un anno all'altro superi i 3 punti percentuali attestandosi al 44,75%. Non tutti i rifiuti vengono però raccolti nel migliore dei modi: secondo il report solo rifiuto organico, plastica e ferro sono recuperati al 100%. Un banale esempio sono gli scontrini fiscali di centri commerciali, negozi e ristoranti: il loro conferimento giusto non è nel contenitore della carta ma in quello del rifiuto indifferenziato.
Lorenzo Mansutti
«Il Parco del mare, innegabile spartiacque tra passato e futuro»
La lettera del giorno Manlio Romanelli (Confcommercio), Roberto Cividin (Agenzie di viaggio), Guerrino Lanci (Federalberghi), Stefano Ogrisek (Confcommercio), Andrea Oliva (agenti immobiliari), Elena Pellaschiar (Confcommercio), Federica Suban (ristoratori, Fipe) e Franco Sterpin Rigutti (Confcommercio)
A fronte del dibattito in atto in questi giorni, riteniamo sia doveroso far conoscere anche l'opinione delle associazioni di categoria economiche che rappresentiamo in merito alla realizzazione del Parco del mare, progetto finalmente cantierabile. Un'infrastruttura resa possibile anche grazie al contributo delle imprese locali alle quali, per tale scopo, sono stati richiesti 17 euro annui, per un totale di 119 euro in sette anni e dei quali solo il 60% è stato accantonato a tale scopo. Un Parco che, sotto diversi aspetti, aprirebbe nuove e non poche prospettive per diversi comparti produttivi, a cominciare da quello dell'ospitalità in quanto destagionalizzerebbe i flussi turistici e sarebbe una preziosa cartina tornasole nella fidelizzazione dei visitatori che, grazie al Parco, avrebbero l'opportunità di affacciarsi sulle molte ed eterogenee peculiarità che offre la città. Inoltre, non va dimenticato che la struttura influenzerebbe anche le dinamiche di investimento degli altri stackholder del settore, con probabili ricadute positive pure per i collegamenti tra il resto del Paese ed una Trieste oggi in verità piuttosto isolata. Una realtà, quella del Parco del mare, dal quale giungerebbero ricadute positive, e non è aspetto da poco, per Pil regionale ed occupazione, con un rafforzamento a tutto campo. Non va scordato pure che le città con forti poli attrattori sono oggetto di investimenti nel settore immobiliare anche importanti, sia in termini di case vacanza che di uso residenziale, con evidenti benefici per il territorio. Una tendenza, questa, peraltro già in atto da tempo a Trieste e che il Parco contribuirebbe a rafforzare sensibilmente. Altro aspetto da valutare il fatto tale investimento, non solo fungerebbe da collante tra le diverse eccellenze, di carattere culturale e scientifico, che il comprensorio locale ospita ed il mondo produttivo, ma pure si tradurrebbe in occasione di sviluppo di start up giovanili e green, anche ad alto livello di specializzazione. È facilmente prevedibile, a nostro avviso, che il Parco sia propulsore di un meccanismo virtuoso di nuove realtà imprenditoriali anche nel mondo dei servizi, specie tecnologici, di comunicazione e di promozione che beneficerebbero di numerose opportunità grazie a manifestazioni, eventi e iniziative correlati alla struttura che sorgerà nell'area della Lanterna. La struttura arrecherebbe giovamento, cosa scontata, a commercio, pubblici esercizi, attività dei servizi che sono le componenti portanti del territorio quanto a rappresentatività imprenditoriale e, soprattutto, occupazione. Un progetto che costituisce un innegabile spartiacque tra passato e futuro e che ha tutte le carte in regola per divenire, in base a quanto esposto sopra, tassello essenziale per il domani della città e delle sue imprese.
IL PICCOLO - SABATO, 28 novembre 2020
Gradisca baricentro delle Pm10 - Saranno installate le centraline
Il passaggio del traffico veicolare nella Fortezza la fa inserire nel
progetto Genki assieme anche a Staranzano per valutare dati e andamento delle
polveri sottili
GRADISCA. C'è anche Gradisca fra i tre comuni regionali a essere interessati
da un progetto di studio della qualità dell'aria. Ad annunciarlo, nei giorni
scorsi, è stata Legambiente Fvg, che ha definito il varo di una sperimentazione
- in sinergia con l'Associazione Allergie e Pneumopatie Infantili (Alpi) ed
Eurotech spa - denominata Genki, e che vede anche la collaborazione di altri
enti come l'Università di Udine. Tra gli obiettivi c'è quello di svolgere
attività tecniche di analisi dei dati con dispositivi di monitoraggio forniti da
Eurotech - in grado di rilevare 11 parametri di qualità dell'aria - nelle scuole
e con l'università, sensibilizzando i giovani sul tema. Il progetto coinvolge
sei istituti scolastici e si sta sviluppando ulteriormente con nuove centraline
di monitoraggio che saranno installate, oltre che a Gradisca d'Isonzo, anche a
Staranzano e Spilimbergo. Una notizia accolta positivamente dall'amministrazione
comunale, che fra il 2016 ed il 2017 aveva dato vita, nell'ambito del progetto
Micorohabitat, a un progetto analogo in sinergia con l'allora Provincia di
Gorizia e con Arpa. «Ben vengano iniziative di questo tipo sul nostro territorio
- commenta l'assessore all'Ambiente, Alessandro Pagotto - che si pongono in
qualche modo in continuità con quanto sperimentato in passato: agli enti
preposti demmo la disponibilità a effettuare nuove rilevazioni. Un ruolo nella
scelta di Gradisca lo avrà certamente giocato anche la posizione baricentrica
della nostra cittadina, che pur non contando su insediamenti industriali di
rilievo, è percorsa quotidianamente da migliaia di automobili, trovandosi a
cavallo di arterie regionali ad alta percorrenza e di un tratto autostradale.
Siamo pronti - assicura Pagotto - a mettere a disposizione i dati in nostro
possesso per incrociarli con quelli che emergeranno dai nuovi test, in modo da
avere un'istantanea sull'evoluzione della situazione nel corso degli anni».Dal
progetto Microhabitat emerse una Gradisca tutto sommato in salute. A suo tempo
le centraline per le rilevazioni vennero installate nei rioni noti come Borgo
Basiol e Borgo Trevisan. Sotto la lente erano finiti l'eventuale inquinamento
elettromagnetico indotto dalle alte frequenze, le analisi della qualità
dell'aria e della presenza di Pm10, e infine l'inquinamento acustico. Quanto
all'inquinamento elettromagnetico, le centraline di Multiproject si erano
spostate in 10 diversi punti, compresi in un triangolo fra la trattoria La
Baracheta, la Sme e in via Borgo Trevisan. Tutti i dati rilevati hanno
dimostrato la presenza di valori inferiori quasi di 10 volte rispetto agli
obbiettivi di qualità stabiliti dal Dcm del 2003 in materia: vale a dire un
picco massimo di 0.7 volt/metro (registrato soprattutto in orario compreso fra
le 17 e le 19) rispetto al limite di 6 fissato dalle normative. Tutto ok anche
per quanto riguardava le analisi sullo stato di salute dell'aria, che destava
preoccupazione in particolare per l'attività di movimentazione inerti nello
stabilimento dell'ex cava Mattiroli. Le analisi rilevarono valori rassicuranti
relativamente alla presenza nell'aria di polveri sottili, Pm10, Pm2. 5, nitrati,
solfati, benzene, anidride carbonica. Ora si vedrà.
Luigi Murciano
Legambiente classifica l'Isontino "sufficiente" - il rapporto
Un recente rapporto di Legambiente, che chiede di intervenire, sulla qualità
dell'aria secondo i parametri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
classifica i capoluoghi di provincia del Friuli Venezia Giulia "insufficienti",
con l'eccezione di Gorizia e dell'Isontino considerate "sufficienti".
L. M.
La sfida verso il 2021 di Adesso Trieste: ciclabili, orti urbani e porta a
porta
Il nuovo soggetto politico lancia il suo forum tematico sull'ecologia:
«Anche a Trieste si sottovaluta la crisi climatica. Si deve intervenire subito»
Puntare su piste ciclabili, orti urbani e raccolta dei rifiuti "porta a
porta". Ecco le prime proposte avanzate in materia di ambiente e territorio da
Adesso Trieste, il nuovo soggetto politico di cui si fanno portavoce Giulia
Massolino e Riccardo Laterza in vista delle amministrative del 2021. Ieri sulla
pagina Fb dell'associazione si è infatti svolto il lancio della cosiddetta
"assemblea ecologia": il primo dei tavoli tematici attraverso i quali gli
attivisti laterziani intendono costruire un'agenda elettorale condivisa con la
cittadinanza. All'evento online ha preso parte anche la portavoce regionale dei
Verdi, Tiziana Cimolino, ma nell'occasione per lo più in veste di rappresentante
dell'Associazione Bioest nonché del progetto Urbi et Horti, a quanto è stato
fatto capire. Contattata a margine, ha infatti specificato che alle prossime
comunali i Verdi rimangono dell'idea di correre da soli con il proprio simbolo,
ribadendo anche il "niet" all'ipotesi di riproporre il tandem del 2016 con i
socialisti. Tornando ad Adesso Trieste, coordinatori dell'assemblea dedicata
all'ecologia la stessa Massolino (ingegnera, specializzata in comunicazione
della scienza, specializzanda in previsione sociale e studi di futuro nonché
appassionata di partecipazione pubblica, mobilità e ambiente) e Federico
Zadnich, storico rappresentante dei ciclisti urbani di Fiab Ulisse. Per
Massolino e Zadnich, il Comune finora «ha reagito alla crisi climatica sminuendo
o nascondendo i problemi. In questo modo sono state ritardate scelte che pure a
livello locale andrebbero prese con urgenza. La vita della città dev'essere resa
compatibile con l'ambiente. Il che è inoltre un'occasione per migliorare il
benessere delle persone». Di qui l'idea di contattare alcuni esperti in materia,
non solo triestini, dalle cui esperienze poter trarre spunto. Oltre a Cimolino,
ieri sono intervenuti l'architetto Valerio Montieri, attivo a Milano, e
Francesco Giraldi, direttore dell'azienda municipalizzata Asa Tivoli. Cimolino
ha raccontato la storia, iniziata nel 2011, degli orti urbani a Trieste,
considerati come emblema di "buona pratica" tra amministrazione comunale,
cittadini e associazioni. A maggior ragione in era Covid, poiché favoriscono
l'attività all'aria aperta. Montieri ha spiegato come il Comune di Milano abbia
avviato una rivoluzione della mobilità urbana, puntando sulla realizzazione di
pedonalizzazioni e piste ciclabili, proprio a seguito della pandemia. Giraldi ha
parlato dati alla mano: stando a quanto riferito, grazie all'introduzione del
"porta a porta", Tivoli ha fatto diminuire il costo della Tari del 20% in cinque
anni. Infine Massolino ha annunciato che il 5 dicembre sarà organizzata una
«passeggiata conoscitiva» per tutti coloro che vorranno avvicinarsi
all'assemblea. Il 16 dicembre seguirà quindi un incontro tecnico sulle
«possibilità di azione dell'amministrazione comunale». Dopodiché sarà avviata
una fase partecipata di approfondimento.
Lilli Goriup
LO DICO AL PICCOLO - Se proprio si vuole l'acquario, lo si faccia al salone degli incanti
Se proprio si vuole puntare, per rilanciare Trieste, sull'iperbole (la vasca di pesci più grande d'Europa), invece di valorizzare le sue specificità culturali e naturali, si usi lo spazio del Salone degli Incanti. La vecchia Pescheria è molto più alta e capiente del nuovo Parco del mare, giustamente ridimensionato per moderare l'impatto ambientale; oltretutto è attigua al vecchio acquario, quindi rappresenta il sito più logico e più abbordabile per la nuova impresa, perché il contenitore sarebbe già pronto. Nella sede di Porto Lido, invece, ci si potrà sbizzarrire con progetti relativi alla nautica, vista anche la contiguità con la Lega navale. Posto che detto Salone è uno spazio veramente sovrabbondante (e infatti decisamente sottoutilizzato) per ospitare mostre d'arte, che non vanno certo cancellate ma solo spostate in un sede più idonea, sarebbe perfetto per contenere pesci anche giganteschi, magari un esemplare solo: la balena più grande del mondo! Questo per chi ragiona solo a suon di primati e sottovaluta il potere delle caratteristiche particolari che possono dare risalto all'immagine di una città.
Giorgetta Dorfles
IL PICCOLO - VENERDI', 27 novembre 2020
Il Parco del mare "ignoto" in Regione
Dal delegato al Turismo Bini nessun chiarimento in Consiglio all'avvio
dei lavori sulla finanziaria da cui sono attesi 8 milioni
Il Parco del mare questo sconosciuto. Comincia in modo piuttosto
interlocutorio il dibattito sul finanziamento regionale all'acquario voluto
dalla Camera di commercio. Ieri è iniziato l'iter della legge di bilancio, che
secondo gli auspici del presidente Antonio Paoletti dovrebbe contenere gli otto
milioni promessi dal governatore Massimiliano Fedriga, ma l'assessore al Turismo
Sergio Bini ammette candidamente di non avere elementi per valutare l'opera.
Sono Pd e M5s a chiedere lumi a Bini durante la seduta della Seconda commissione
del Consiglio regionale, riunitasi per valutare i primi contenuti della manovra.
I consiglieri Cristian Sergo e Sergio Bolzonello domandano se i fondi per il
Parco del mare saranno previsti in finanziaria, se il progetto dei privati è
solido e cosa si pensa di fare per le altre zone del Friuli Venezia Giulia. È
l'assessore al Bilancio Barbara Zilli a essere incaricata da Fedriga di reperire
le risorse, ma Bini ammette di non aver esaminato la pratica. «Non ho elementi
certi in mio possesso - esordisce l'assessore - e non posso rispondere in modo
puntuale. Non entro nei numeri perché non sono preparato, o meglio non ho ancora
contezza dell'intera operazione». Ma Bini dice di considerare l'opera in grado
di «portare beneficio a tutto il Fvg e a Trieste: l'acquario di Genova funziona
molto bene e dà ritorni economici importanti». Bolzonello incalza: «Chi è
l'assessore competente allora? Non sono scettico sull'attrattività
dell'acquario, ma vogliamo capire se i numeri stanno in piedi, perché il
progetto precedente non si reggeva. E inoltre: cosa farà la Regione per Gorizia,
Udine e Pordenone?». I dem attaccano anche con Francesco Russo: «Il project
financing non va avanti senza il contributo della Regione e stupisce che a
cadere beatamente dalle nuvole sia l'assessore cui spetterebbe il maggiore
impegno per quello che sarebbe il più importante investimento turistico dei
prossimi anni a Trieste».Il M5s va giù duro con Cristian Sergo: «Assurdo che
Bini e Zilli non abbiano saputo dire nulla. Delle risorse promesse non sappiamo
nulla, come dei presunti vantaggi. Chiediamo al presidente Fedriga di spiegare
come intenda intervenire. Ancor più sconcertante è che, in uno scenario come
l'attuale, le risorse promesse dalla Regione e quelle messe in campo dalla
Camera di commercio farebbero più comodo agli imprenditori per fronteggiare
l'emergenza». A commissione finita, Bini aggiusta il tiro: «Il progetto è molto
valido ed è un'operazione che ha dietro imprese robuste. Ma sono abituato a
ragionare con tabelle e numeri certi, che ancora non ho visto. Risorse? Non
sparo cifre a caso. Se ne occupano le Finanze, ma io posso certificare la bontà
strategica dell'iniziativa, che ha alle spalle analisi approfondite ed è
sostenibile. Avanti tutta, noi faremo convintamente la nostra parte». È quello
che chiede con una nota Confcommercio Trieste, presieduta dal multiforme
Paoletti: «Il Parco del mare è volano di sviluppo, espansione occupazionale,
avvio di start up, attrazione di nuovi investimenti. L'infrastruttura è resa
possibile grazie al contributo delle imprese locali a cui, per tale scopo, sono
stati richiesti 119 euro in sette anni, di cui solo il 60% è stato accantonato a
tale scopo». L'appoggio arriva da Federalberghi, Fiavet (agenzie di viaggio),
Fimaa (agenti immobiliari) e Fipe.
Diego D'Amelio
Adesso Trieste - Parte il forum tematico dedicato all'ecologia
Adesso Trieste lancia l'assemblea tematica sull'ecologia. L'appuntamento di
presentazione è in programma oggi alle 18 in diretta Fb e YouTube. «Fino a oggi
- così i coordinatori dell'assemblea tematica Giulia Massolino e Federico
Zadnich - l'amministrazione ha reagito alla crisi climatica sminuendo o
nascondendo i problemi e ritardando le scelte urgenti che dovrebbero essere
prese anche a livello locale». Link evento Fb: www.facebook.com/events/125632
0228074007. Streaming YouTube: www.youtube.com/ channel/UCLEHhMqpEmDe0_yARwomL9A.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 novembre 2020
Avvistati i primi cuccioli nati dalle linci carpatiche - Ripopolamento sostenuto da Bruxelles
Fauna - Primi, incoraggianti successi per il progetto di ripopolamento delle linci in Croazia e Slovenia, avviato due anni fa e sostenuto dall'Unione europea. Il piano, atto a salvaguardare una specie a forte rischio di estinzione e denominato Life Lynx, ha portato finora all'introduzione nelle aree boschive e montane dei due Paesi di diversi esemplari di linci carpatiche, provenienti dalla Romania. Grazie alle fototrappole, come confermato da Ira Toplicanec, di Life Lynx, gli sloveni sono riusciti a riprendere la lince chiamata a suo tempo Teja, esemplare autoctono, mentre si aggirava assieme ai suoi due cuccioli. Mesi prima, Teja era stata fotografata assieme a un altro cucciolo, il primo nato grazie all'incrocio con lince carpatica. Poco tempo dopo le prime istantanee, questo giovane esemplare aveva lasciato la madre, dirigendosi verso il settentrione della Slovenia. Gli esperti che si occupano del progetto hanno motivo di credere che il padre sia Goru, giunto dalla Romania e rilasciato nel Paese subalpino nei primi mesi del 2019. Gli altri due predatori, introdotti invece in Croazia, sono Doru, una femmina liberata nel parco nazionale del Risnjak (a 15 chilometri in linea d'aria da Fiume), nel territorio del Gorski kotar; e Alojzije, un maschio che - catturato nella catena montuosa dei Carpazi - è stato rimesso in libertà nel parco nazionale Paklenica, sul massiccio del Velebit (Alpi Bebie).L'obiettivo di questo progetto è quello di ridare linfa a una specie che, soprattutto in Slovenia (dove c'erano una ventina di esemplari in tutto), aveva e ha bisogno di una campagna di ripopolamento. La situazione in Croazia non è ancora del tutto allarmante, con il Gorski kotar che può comunque vantare una sessantina di linci: in questo caso si è però deciso di agire in via preventiva. Oltre all'accrescimento di una delle tre specie di grandi predatori europei (assieme a orso e lupo), gli esperti hanno quale obiettivo il rimescolamento genetico delle linci presenti nell'area dinarica di Slovenia e Croazia, per rendere più residenti questi felini.
a.m.
Vivere a spreco zero: svolta a portata di tutti -
Tornare alle radici: è così per l'ottava edizione del Premio Vivere a #sprecozero
torna da dove è partita: alla prima edizione tenuta a battesimo, nel settembre
2013, dal festival Trieste Next. Un orizzonte sulle buone pratiche in tema di
spreco alimentare, idrico, energetico, di mobilità sostenibile e iniziative a
360 gradi proiettate sul futuro, e sulla cruna dell'ago che ci permetterà di
conquistarlo. La fiera delle buone pratiche - D'altra parte, Vivere a spreco
zero è «una rivoluzione alla portata di tutti», come scrivevo proprio nel 2013
per Marsilio, indicando più di cento soluzioni per il nostro quotidiano, dai
sindaci ai cittadini. E infatti, nel tempo, il nostro annuale Osservatorio sulle
bestpractice italiane si è focalizzato per categorie, ha illuminato l'attività
di enti pubblici e imprese, delle scuole, poi via via di associazioni e
cittadini: perché è solo attraverso la condivisione dei saperi e una svolta
culturale "virale" - questo è il virus che dobbiamo trasmettere - che
diffonderemo i comportamenti virtuosi nella nostra quotidianità. Crocevia dello
sviluppo. Quest'anno il Premio abbraccia tante azioni positive, e a molti
livelli: mi piace sottolineare, nel 2020 pandemico eletto a crocevia dello
sviluppo sostenibile, la consolidata consapevolezza che, in attesa di vaccino #liberatutti
- speriamo prima possibile - è il cibo il primo presidio della nostra salute.
Dieta mediterranea, ortofrutta, biodiversità sono coordinate cartesiane dei
comportamenti che vogliamo incoraggiare: per scoprire - come è avvenuto
quest'anno - che la prevenzione degli sprechi del pane si può associare persino
alla produzione di una birra, incrociando l'intuizione di quattro studenti
universitari e lo spirito imprenditoriale di una start up che è già impresa
sostenibile, Ibrida. E l'economia circolare può transitare dai nostri abiti,
attraverso un format dedicato all'abbigliamento sostenibile che trasforma i
vecchi indumenti in un nuovo filato a km 0, grazie alla sapienza e alle tecniche
degli artigiani del territorio. Buone pratiche, vi chiederete: un'ossessione da
"primo della classe"? Non proprio. Se sono le Nazioni Unite a indicarci
affannosamente 17 obiettivi imperdibili di sostenibilità, da raggiungere entro
il 2030, significa che siamo piuttosto indietro sulle tabelle di marcia dei
nostri "compiti". Esiste anche uno strumento, adesso, di cui l'Onu si è dotato:
la piattaforma l'Hlpf (High-level Political Forum on Sustainable Development) di
cui fanno parte tutti gli Stati membri, un format nato proprio per valutare i
risultati e i progressi in atto nei Paesi del mondo, per «facilitarne la
condivisione».Anche a livello globale, dunque, un monitoraggio capillare di
azioni, progetti e iniziative intraprese in direzione del 2030 a ogni latitudine
del mondo. Il Green Deal, a occhio e croce, assomiglia a una grande
ricostruzione, di quelle che si programmano dopo guerre devastanti: e non c'è
dubbio che il braccio di ferro dell'uomo con la natura sia sempre più simile a
un conflitto, che non a una pacifica e rispettosa convivenza. L'appuntamento -
Per questo, in direzione ostinata e coerente, rinnoviamo in questo 2020 il
nostro appuntamento con il Premio Vivere a #sprecozero e i buoni esempi, che
fanno futuro. Ci potrete seguire questa sera, dalle 18, su piattaforma digitale
accessibile a tutti (i dettagli su sprecozero.it), insieme alla nostra
Ambasciatrice 2020 di buone pratiche, Veronica Pivetti. Distanziati ma vicini,
in attesa di ritrovarci fianco a fianco, con il favore del vaccino e lo
stemperarsi del virus. Magari, perché no, ancora una volta a Trieste.
Andrea Segre (agronomo, economista fondatore di Spreco Zero)
SEGNALAZIONI - Parco del mare / 1 - In questo caso consultate i cittadini
Mi associo all'intervento del signor Sodomaco del 23 novembre su un possibile referendum sul Parco del mare. Personalmente, sono contrario ad un uso smodato dello strumento referendario, perchè quando si elegge un politico si sa che maneggerà molto denaro pubblico, puntando su progetti che potrebbero anche non piacere. Ci si dovrebbe ricordare di ciò quando si torna a votare. Ma poiché la memoria di noi elettori è tendenzialmente a breve termine, forse sentire il parere della comunità su questa come su altre possibili infrastrutture (come la mitica ovovia) sarebbe ideale, per la elevata quantità di fondi pubblici (cioè nostri) da investire, per le a mio giudizio fin troppo ottimistiche previsioni sugli introiti da parte di chi caldeggia il progetto e per l'impatto anche ambientale che esso potrebbe avere.
Michele Senna
SEGNALAZIONI - Parco del mare / 2 - Facciamo progettare il futuro ai nipoti
Fino al secolo scorso tutte le grandi capitali europee gareggiavano a quale avesse lo zoo più bello e ricco di animali. Spesso erano progettati da famose "archistar". Oggi sono in gran parte abbandonati o ridotti a tristi luoghi di appuntamento per badanti e baby sitter, o peggio per spacciatori. L'ho pensato vedendo e ascoltando canuti progettisti illustrare il Parco del mare entusiasti come bambini di fronte a un bel plastico di trenini elettrici. Forse saranno nostalgici di una Trieste "ponterosso" attrattiva, nei gloriosi '70, di folle provenienti dai Balcani fino all'Asia Minore. Forse non ancora soddisfatti di come un certo turismo di massa abbia devastato centri storici e artistici o località naturalistiche uniche al mondo, sperano che dopo la catastrofica pandemia tutto tornerà come prima. Temo che per i ricordi saranno sufficienti le panchine dei parchi che riusciranno a riaprire. Perché non lasciare finalmente progettare il futuro ai nipoti?
Fabrizio Bonfigli
SEGNALAZIONI - Parco del mare / 3 - Va considerato il volere popolare
Qualche considerazione sul Parco del mare. Alcuni giorni fa la politica cittadina e regionale e la Camera di commercio si sono autocelebrate alla presentazione in pompa magna dell'erigendo Parco del Mare. Faccio notare che si è cominciato a parlare di questo progetto nel 2005, cioè ben 15 anni fa. Ebbene, nel mondo di oggi che corre a velocità incredibile, chi si sognerebbe di auspicare un nuovo giardino zoologico, oppure la presenza nelle nostre città di un circo tradizionale con animali ammaestrati? Si può ancora pensare di rinchiudere animali in acquari e vasche? Tralascio poi gli enormi costi di gestione che verrebbero controbilanciati da un numero di visitatori stimati in cifre irreali (almeno 600 mila l'anno).Se Trieste vuole essere la città dell'innovazione e della scienza non deve a mio giudizio realizzare progetti del passato (l'Acquario di Genova fu inaugurato nel 1992) e, ricordando che gran parte degli acquari del mondo sono in passivo, deve concepire un progetto alternativo e moderno realizzando una struttura architettonica che non ospiti gli animali marini, bensì li rappresenti con ologrammi e realtà virtuale. Ciò già avviene in altre poli museali, come a esempio nel Museo di Storia naturale di Londra. È auspicabile, vista la contrarietà di tanti triestini e associazioni, che vi sia una riconversione del progetto originale verso un altro veramente ecologico e sostenibile economicamente.
Lucio D'Incecco, Loredana Lepore e altre 17 firme
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2020
Legambiente boccia il piano di riconversione della centrale - il gas al posto
del carbone
Legambiente, regionale e monfalconese, boccia il piano di A2A di
sostituzione del carbone con una centrale a gas, perché «la decarbonizzazione
non passa per un'altra fonte fossile». «È un "compromesso" che non fa bene né
all'ambiente né alla salute del pianeta», afferma l'associazione, rilevando come
al plauso raccolto dal progetto da parte di organizzazioni sindacali,
industriali e politici si contrapponga l'atteggiamento non del tutto chiaro del
Comune e l'assenza di un parere della Regione. Per Legambiente un quadro «poco
rassicurante e focalizzato più a mantenere a qualsiasi costo una produzione di
energia che a considerare e studiare nuovi sviluppi per l'area». L'associazione
giudica inoltre il possibile utilizzo dell'idrogeno «una sorta di cavallo di
Troia per calare su Monfalcone una megacentrale da 850 megawatt a gas naturale
da far operare a pieno regime per ammortizzarne il costo il prima possibile». A
fronte, come rileva Legambiente, di una sovrabbondanza di potenza di generazione
a gas: il parco impianti esistente ammonta a 115 mila megawatt, quasi il doppio
rispetto alla domanda massima sulla rete (58.219 megawatt nel luglio 2019, fonte
Terna). Più che realizzare nuovi impianti, per l'associazione basterebbe
aumentare le ore medie annue di esercizio delle centrali a gas esistenti
passando da 3.261 a 4 mila ore annue.Uno scenario però comunque poco auspicabile
per Legambiente, perché, se da una parte permetterebbe di compensare la mancata
produzione di energia generata dal carbone, dall'altra richiederebbe un aumento
dei consumi di metano, che ha un impatto sull'effetto serra. L'uso futuro
dell'idrogeno come vettore energetico non viene cassato, ma «solo se prodotto
con il contributo di energia rinnovabile, altrimenti il saldo ambientale, in
termini di emissioni di CO2, è assolutamente negativo». Se c'è un'urgenza è
quindi quella di investire sulle fonti rinnovabili. «A questo punto, vista
l'ostinazione di A2A a non accantonare il ricorso ai combustibili fossili e a
non allinearsi agli orientamenti che provengono dall'Ue - dice Legambiente -, il
Comune e soprattutto la Regione, dovrebbero recuperare protagonismo in questa
penosa vicenda, verificando se A2a può considerarsi un'azienda in grado di
offrire risposte per economia e sostenibilità».
LA. BL.
Pioggia di dubbi in commissione sul progetto ovovia
La seduta fra perplessità e quesiti - l dem Toncelli: «Chi sarà il
gestore?»
Chi gestirà l'ovovia? Perché la partenza è prevista da Opicina e non da
Monte Grisa? E ancora: nella stima dei 500 mila euro di utili sono già stati
inseriti i costi di manutenzione degli impianti? I quesiti che ruotano attorno
al progetto triestino che punta a collegare il Carso al mare attraverso il maxi
impianto di risalita sono ancora parecchi. Alcuni sono stati avanzati ieri dalle
opposizioni durante la seduta online della Sesta commissione del Consiglio.
«Quella dell'attuale amministrazione è una scelta politica, non tecnica - ha
sostenuto la consigliera del Pd Laura Famulari - perché ci vuole un atto di fede
per credere che chi arriva in città decida di scegliere quella soluzione invece
di continuare fino al centro in macchina». «Ci sono dubbi sulla sostenibilità
ambientale, sollevati anche dalle associazioni ambientaliste - ha specificato
Sabrina Morena di Open -, sul versante paesaggistico: l'impatto di 12 piloni in
Porto vecchio non sarà cosa da poco». La capogruppo del M5s Elena Danielis ha
contestato che «non siano state valutate soluzioni diverse per risolvere le
criticità del traffico in arrivo da Nord». Altro nodo da risolvere, posto dal
consigliere Pd Marco Toncelli, è: chi gestirà l'ovovia? «Non è escluso sia Tpl,
ma neppure che sia un soggetto speciale a parte», ha spiegato il direttore del
Dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità, Giulio Bernetti,
indicando che «i 500 mila euro di utile sono frutto di stime sulla domanda di
mobilità con appositi modelli e su costi di manutenzione e di personale molto
cautelativi». Il 15 gennaio, salvo rinvii, Roma deciderà se finanziare il
progetto. «Come si risolverà il problema del traffico se il finanziamento non
sarà approvato?», ha chiesto Antonella Grim (Italia Viva). «La Costiera è
soggetta a continui interventi di messa in sicurezza in relazione al rischio
idrogeologico - così l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, l'obiettivo è
renderla una strada turistica, con corsia ciclopedonale».
L.T.
Il Parco del mare? Meglio un acquario virtuale in Porto vecchio - la Lettera
del giorno di Paolo Radivo
Ho seguito la presentazione all'opinione pubblica del progetto definitivo
del Parco del mare. Giudico positivamente le demolizioni degli edifici
fatiscenti e dei capannoni abbandonati circostanti, meglio però sarebbe a mio
avviso demolirne anche altri. Sufficiente il mio "voto" sul percorso pedonale e
la "piazza Pedocin": dimensioni modeste, poco verde, mancato recupero degli
storici masegni.Lo stesso vale per la piazza panoramica sul mare: piccolina e
con gradoni scomodi in particolare per le persone a ridotta o impedita capacità
motoria o sensoriale. Ritengo negativi i prospettati numerosi posti-auto, poiché
così si destina troppo spazio ai veicoli invece che ai pedoni e agli alberi,
nonostante la prevista conversione del Mercato ortofrutticolo a parcheggio
pubblico. Questa a mio parere non è rigenerazione urbana. Male la collocazione
del Parco del mare nel Porto Lido: attirerebbe lì notevole traffico aggiuntivo,
intasando ancora di più le rive. Male l'area di carico-scarico passeggeri bus
urbani e turistici tra lo Stabilimento balneare Lanterna e l'"Ausonia":
minuscola e discosta. Per favorire l'uso dei mezzi pubblici si potrebbe
ricavarne una ben più estesa, comoda e attrezzata tra via Ottaviano Augusto e
Molo Fratelli Bandiera, eliminando posteggi. Esprimo un giudizio molto negativo
sugli edifici progettati: stile modernista contrastante con quello neoclassico
della Lanterna e delle Rive, quello liberty del "Pedocin", della Stazione
ferroviaria di Campo Marzio e della Stazione marittima o quello eclettico della
Pescheria e dell'Adriaco. Sarebbero visti da lontano e coprirebbero più di oggi
la visione della Lanterna dal mare e da Barcola, invece di valorizzarla. Perché
non fare piuttosto un acquario virtuale in Porto vecchio?
Motociclista contro cinghiale - Torna l'allarme fauna selvatica
L'investimento che si è verificato sulla Ss55 è soltanto l'ultimo di una
lunga serie - Il coprifuoco e il traffico ridotto spingono gli animali ad uscire
dalla boscaglia
Savogna. Il cinghiale attraversa la strada all'improvviso, sbucando
dalla vegetazione proprio mentre arriva una veicolo, e il conducente non può
fare nulla per evitare l'impatto con l'animale. Risultato: danni al veicolo e
cinghiale morto. In questi giorni, in seguito al coprifuoco e al ridotto
traffico sulle strade, la scena si è ripetuta più volte e con frequenza maggiore
rispetto al solito. L'ultimo episodio è stato registrato l'altra sera, poco
prima delle 22, sul Vallone in località Ferletti, nel territorio comunale di
Doberdò del Lago. Protagonisti, loro malgrado, sono stati un motociclista e un
cinghiale di 150 chilogrammi. Come da copione, l'animale si è parato di fronte
alla due ruote e il conducente non ha potuto fare nulla per evitarlo. Lo ha
centrato e ucciso. La moto è andata distrutta, ma lui se l'è cavata con una
visita in ospedale per accertamenti. Le sue condizioni non risultano gravi. Sul
posto per ricostruire la dinamica sono intervenuti i carabinieri della Compagnia
di Monfalcone e per rimuovere la carcassa i vigili del fuoco di Gorizia. Ma
appunto quello dell'altra sera non è un episodio isolato. Giovedì sera, intorno
alle 20 una Ford Fiesta era uscita di strada alle porte di Borgnano dopo
l'impatto con un cinghiale. Anche in quel caso l'animale era sbucato
all'improvviso mentre l'utilitaria procedeva da Mariano e anche in quel caso
danni ingenti all'utilitaria. Incolume per fortuna l'automobilista che però è
rimasto scioccato dall'episodio. È stato registrato sempre sul Vallone - ma la
settimana prima e all'altezza dell'incrocio tra la Ss55 e la strada che da
Devetachi sale verso Opacchiasella in Slovenia - il rinvenimento della carcassa
di un cinghiale in mezzo alla carreggiata. Anche in quel caso si trattava di un
animale di grandi dimensioni. Rimane però un mistero chi lo abbia investito. Ad
allertare i vigili del fuoco, in quel caso, era stato un automobilista che se lo
è trovato di fronte già morto ed è riuscito a frenare prima di travolgerlo. A
tutto questo si aggiunge poi il video girato questo sabato nelle campagne tra
Plessiva e il Preval che documenta l'incontro ravvicinato avuto da un lettore
del Piccolo con una famiglia di otto cinghiali. Il branco corre senza paura
verso di lui attraversando i campi. Lui rimane immobile e con sangue freddo
riprende la scena attraverso il suo smartphone. Quando arrivano a pochi metri da
lui, per fortuna, gli animali cambiano direzione piegando all'improvviso alla
loro sinistra per poi proseguire la loro corsa verso chissà dove come se nulla
fosse successo perché, in effetti, per loro non era successo niente. Siamo noi
che dobbiamo fare attenzione a loro, non viceversa. Anche se poi ad subire le
conseguenze peggiori sono li stessi animali.
Stefano Bizzi
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 novembre 2020
Fumolo (Pd Grado) - «Richieste all'Isola assurde rispetto al Parco del
mare»
In questi giorni a Trieste è stato lanciato il progetto del Parco del Mare
di Trieste e il segretario del Circolo di Grado del Pd, Rudy Fumolo, prende la
palla al balzo per porre un interrogativo: «Nuove terme o parco del mare?». Dopo
aver ricordato che del parco del mare triestino se ne parla da 16 anni, Fumolo
arriva a dire del progetto «in cui oltre al sostanzioso contributo pubblico, di
cui peraltro si richiede un ulteriore cospicuo apporto alla Regione, è indicato
chiaramente chi sarà il soggetto che si occuperà della gestione della struttura,
che, oggettivamente, prevede un numero di visitatori alquanto difficile da
raggiungere».«A quanto ne sappiamo - aggiunge -, per ora, la società che andrà a
gestire la struttura, che varrà 44 milioni non ha chiesto al Comune di Trieste
di gestire i parcheggi delle "rive" o aree demaniali tanto per arrotondare gli
incassi e garantire la sostenibilità del futuro parco del mare, questo fa capire
quanto assurde e inaccettabili siano le richieste che arrivano al Comune di
Grado, all'interno di un progetto che prevede solo capitale pubblico».
AN.BO.
SEGNALAZIONI - Il nuovo acquario - Il Parco del Mare non è educativo
Nessun insegnante potrebbe mai lodare la nuova costruzione di uno zoo o di un acquario. Se c'è rispetto vero per gli animali, non si può alimentare il business di acquari e simili. Pensare di fare un ingente investimento per costruire una nuova prigione dove rinchiudere pesci è un concetto superato e anti didattico. I percorsi per le scuole e le visite d'istruzione si realizzano benissimo con le nuove tecnologie che riprendono vita e caratteristiche degli animali nel loro ambiente naturale. L'educazione ambientale infatti prevede di dover trasmettere alle nuove generazioni il rispetto verso l'ambiente, le cose e tutti gli esseri viventi, cercando di difendere la loro libertà e la possibilità di mantenerli nel loro habitat naturale. I nostri giovani hanno bisogno di altro non di esempi di tal genere. Luoghi di cultura, di aggregazione, di lettura, cinema solo per ragazzi, ambienti didattici dove si può osservare anche l'ambiente marino come caratteristica del nostro territorio ma non di guardare sguardi tristi di animali costretti in gabbie o in vasche. Ci possono essere diversi modi e investimenti per potenziare la formazione delle nuove generazioni, ma non credo che nel comitato incaricato dalla Cciaa, sia stato compreso il contributo di un educatore o di un insegnante. Come dire di proporre un grande impianto idraulico senza chiedere cosa ne pensa il professionista della categoria.
Maria Luisa Paglia
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 novembre 2020
La Regione plaude allo stop sloveno sulla ferrovia bis - dopo la lettera dei
verdi d'oltreconfine
Trieste. «È un bene che anche gli ambientalisti sloveni abbiano colto la
gravità del pericolo al quale sono esposti la Val Rosandra e il suo ecosistema a
causa al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia e delle relative
gallerie sotterranee, che rischia di portare al prosciugamento dei torrenti
Rosandra e Ospo. Un pericolo concreto che la Regione ha più volte evidenziato
negli ultimi due anni esprimendo la propria contrarietà all'opera, come ha fatto
anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a
esprime parere negativo sull'opera». Lo ha dichiarato l'assessore regionale alla
Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, dopo l'invio anche alla Regione di una
lettera da parte dei Verdi della Slovenia che chiede il blocco dei cantieri per
il raddoppio della linea ferroviaria. Scoccimarro ha rimarcato che tale missiva
più che alla Regione avrebbe dovuto essere inviata ai gruppi ecologisti operanti
in Fvg, che paiono poco sensibili a questo tema» e ha evidenziato che
«nonostante gli accordi internazionali prevedano per questo tipo di opera il
parere favorevole anche del nostro Paese, le autorità slovene hanno comunque
dato il via ai cantieri. È quindi prioritario che il nostro governo, il
parlamento e i nostri deputati a Bruxelles spronino le autorità slovene, nelle
rispettive sedi di competenza, per ottenere la sospensione e la revisione di
quest'opera fortemente impattante». L'assessore regionale ha ricordato infine
che «la contrarietà al cantiere da parte dell'amministrazione del Friuli Venezia
Giulia è stata confermata anche nel corso dell'incontro bilaterale tra il
governo sloveno e la Regione svoltasi a Capodistria nel novembre del 2019».
Appello a Zagabria: stop alle reti a strascico o l'Adriatico morirà -
l'associazione croata amici degli animali
Fiume. «Divieto permanente di attività nelle acque croate dell'Adriatico per
i pescherecci con reti a strascico». È la richiesta che l'associazione Amici
degli Animali ha inviato al ministero croato dell'Agricoltura e Pesca,
sottolineando come le reti in questione contribuiscono da decenni a questa parte
a impoverire gravemente il patrimonio ittico dell'area adriatica, portando un
grave squilibrio per l'ambiente marino e la sua biodiversità. L'Associazione
croata, nata nel 2001 a Zagabria, si è rivolta al dicastero con una lettera
aperta rilevando innanzitutto che l'azione di recupero delle risorse di questo
mare non sarà mai possibile se le leggi permetteranno alle reti di arare in modo
indiscriminato il fondale, distruggendo molte forme di vita e senza alcuna
conseguenza per i responsabili dello scempio: le norme - sottolinea
l'associazione - vengono quasi sempre aggirate calando le reti anche in zone
vietate. Sono del resto numero i pescatori professionisti croati contrari alle
reti a strascico, che ritengono la causa principale del depauperamento del mare,
che - assieme alle conseguenze dei cambiamenti climatici - ha visto negli ultimi
anni la scomparsa in Adriatico e nel Mediterraneo occidentale di circa il 50%
delle specie animali e vegetali. L'associazione, che da due anni sta conducendo
la campagna "Rispettiamo il nostro mare" in collaborazione con l'organizzazione
Eurogroup for Animals, ha portato un esempio: lungo il canale di Pasman, nelle
vicinanze di Zara, le reti a strascico hanno quasi distrutto flora e fauna. Il
canale e il vicino mare dell'isola di Murter sono considerati una delle aree
strategiche per la riproduzione della fauna ittica nella Dalmazia centrale. I
pescatori locali, quelli che non usano reti a strascico, lamentano che il 70-80%
del loro pescato riguarda gli avannotti morti, gettati in mare dagli equipaggi
dei pescherecci con quel tipo di rete.
a.m.
Sequestrati 4 quintali di cozze a Rabuiese
Uscivano da un allevamento della zona. Il camion, sovraccarico, non
entrava in galleria e così è stato fermato al confine
MUGGIA. Erano completamente prive di etichette le casse contenenti gli oltre
quattro quintali di cozze che ieri sono stati sequestrati dal Nucleo Pesca della
Capitaneria di porto di Trieste sul confine sloveno di Rabuiese. Il carico, si è
scoperto in seguito, arrivava da un allevamento di mitili di Muggia ed era così
voluminoso, oltre che pesante, che il camion frigorifero che le trasportava, per
le dimensioni, non poteva nemmeno passare all'interno della piccola galleria di
Muggia. Per questo dal Lazzaretto il mezzo ha dovuto allungare il percorso,
sconfinando in Slovenia per poi rientrare in Italia e attraversare il valico di
Rabuiese, dove è avvenuta la "retata" durante i normali controlli sulla filiera
che gli ispettori svolgono abitualmente. Sul valico questi ultimi hanno fermato
e ispezionato il mezzo di trasporto con targa italiana, che non è stato
sanzionato in quanto «il trasportatore fungeva solo da vettore mentre l'unico
responsabile è in questo caso il concessionario», spiega il maresciallo Nicola
Bavila, capo del nucleo. La sanzione amministrativa alquanto salata, pari a 1500
euro, è stata dunque comminata ai concessionari degli impianti di miticoltura da
cui provenivano i molluschi. Questo perché è stata violata la normativa vigente
in materia di tracciabilità dei prodotti ittici (art.58 del Regolamento ce
1224/2009 - decreto legislativo 4/2012). I 4250 chilogrammi di cozze non avevano
in pratica nessuna delle etichette previste, che devono contenere tutti gli
elementi informativi per la catena di vendita e, in ultimo, per il consumatore
finale, elemento fondamentale per garantire la sicurezza alimentare. I mitili,
allevati nel golfo di Trieste, sarebbero stati trasportati prima a Chioggia,
«una piattaforma di smistamento», aggiunge il maresciallo Bavila. Una volta
giunti in Veneto, parte poi delle cozze sarebbe stata trasportata fino alla
Puglia. Resta rilevante infatti la richiesta di pescato che in questo periodo
avanzano soprattutto le pescherie, visto che a causa del Covid in tutta la
penisola i ristoranti sono aperti solo parzialmente o nelle zone rosse
addirittura chiusi. Il quantitativo richiesto potrebbe poi aumentare con
l'avvicinarsi del Natale e sarà quindi necessario sempre un maggior numero di
controlli da parte delle Capitanerie di porto dell'intero paese. Le cozze ieri
intanto sono state appunto sequestrate e saranno esaminate nella giornata di
oggi dal servizio veterinario dell'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano
Isontina (Asugi), che ne deciderà il rigetto in mare, se ancora vive o comunque
utili per l'ecosistema, o la distruzione. O ancora il carico di mitili potrebbe
essere dissequestrato per essere immesso nuovamente in commercio, se verrà
determinata l'effettiva tracciabilità eseguita in concomitanza tra Asugi e la
Capitaneria.
Benedetta Moro
SEGNALAZIONI - Parco del Mare-1 - Su un tema simile ora serve un referendum
Alla fine sembra che i fautori del Parco del Mare siano riusciti a farlo partire, promettendo grandi risultati, come, ad esempio, la presenza di 600 mila visitatori all'anno, il che significa circa una media di duemila al giorno; dove li troveremo? Dove posteggeremo i loro mezzi di trasporto? Chi pagherà per il costo di realizzazione, visto che i proponenti avevano parlato di un costo di 40 milioni, dei quali dovevano essere sostenuti per 30 milioni dai privati, ma ora sembra che i privati ne tireranno fuori solo 23, mentre gli altri dovranno essere sborsati dal settore pubblico, cioè da noi. I promotori si sono documentati su quanto è il deficit dell'acquario di Genova, che pure gode di grande pubblicità sui mezzi di informazione, cosa che dubito si verificherebbe per il nostro Parco in progetto. Perché non viene fatto un referendum tra i cittadini per sapere se il progetto è gradito dalla maggioranza? Temo che i cittadini non contino niente. Non era più semplice ampliare l'acquario già esistente, invece di creare il cosiddetto Salone degli Incanti di cui nessuno conosce il bilancio? Immagino che questa mia non sarà degnata di risposta, come al solito, quando si criticano certe scelte pubbliche. Bruno Sodomaco
SEGNALAZIONI - Parco del Mare-2 - Piuttosto un Museo della tecnica marina
Gentili lettori e lettrici de Il Piccolo, nel dibattito sul nuovo acquario che egemonizza l'attenzione della nostra comunità mi permetto di dire la mia piccolissima opinione. Dal punto di vista "ideologico", passatemi il termine, tra tutti i modi di cui Trieste dispone per enfatizzare il proprio rapporto col mare, un contenitore di habitat e specie marine mi sembra il più mortificante. Strutture di questo tipo ce ne sono moltissime in diverse città italiane ed europee (anche Vienna, giusto per nominarne una poco lontana). Trieste può - secondo me deve - puntare su un Museo della Scienza e della Tecnica del Mare, raccogliendo e rilanciando la vocazione scientifica che la nostra città non valorizza mai abbastanza. C'è solo l'imbarazzo della scelta su quello che il nostro territorio può disporre, provo a fare un elenco, per quanto incompleto, delle categorie: meccanica marina (qui Josef Ressel brevettò la prima elica, il dipartimento di Ingegneria Navale, uno dei più prestigiosi d'Italia, potrebbe collaborare con reciproco vantaggio), cantieristica (Fincantieri), portualità (Ursus, centrale idrodinamica, porto vecchio), regatistica (Barcolana), storica (Repubblica marinara di Venezia, l'Audace, gli affondamenti dei Mas, partenza migranti italiani), ricerca (il battiscafo Trieste che per primo toccò il fondo della Fossa delle Marianne, una collaborazione con l'Ogs), pesca (le tonnare nel nostro golfo, le saline in Borgo Teresiano e quelle di Sicciole), mondo subacqueo (ricordo la proposta di fare della diga un'area turistica per immersioni), le arti (la stazione marittima come Ellis Island ne Il padrino), cucina di mare, le assicurazioni fiorite con la navigazione e chi più ne ha più ne metta. Al momento non mi viene in mente una struttura nella nostra città che riesca a mettere insieme e valorizzare così tanti capitoli del passato e dell'ingegno del nostro angolo di Adriatico. Non si tratterebbe soltanto di un'operazione nostalgica dei bei tempi che furono, un simile museo potrebbe fare da volano a molte realtà locali per generare profitti nel tempo a venire. Esporre i frutti dei nostri centri di ricerca vorrebbe dire metterli in vetrina e valorizzarli. Ma soprattutto vorrebbe dire che nella mia città non voglio creare un espositore senza senso di pesci presi da ogni angolo del pianeta ma preferisco creare un palcoscenico dove posso esporre le nostre eccellenze, perché ne sono orgoglioso e perché voglio che diventino sempre più importanti insieme a Trieste.
Lorenzo Pellizzari
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 novembre 2020
Il ritorno del fronte del no: «Parco del mare illogico»
Le associazioni ambientaliste in coro: «Ennesimo spot da campagna
elettorale» - Lega Navale e Italia nostra: «Si crei una scuola vela d'altura con
servizi annessi»
Prigione del mare, progetto nato morto, trovata circense. Sono solo alcuni
degli epiteti lanciati in questi giorni all'indirizzo del Parco del mare dai
detrattori. Ambientalisti, associazioni, sindacati, imprenditori contrari
all'investimento della Camera di commercio si schierano ancora una volta contro
il progetto dell'acquario, che ritengono non sostenibile e lontano dalle
necessità di Trieste. La politica si è già espressa: il centrodestra a favore,
il M5s radicalmente contrario e il Pd passato dal no a una posizione di
prudenza, in attesa di vedere i numeri del piano. A tornare in campo sono adesso
i sodalizi che si battono per il rispetto dei vincoli paesaggistici.
Legambiente, Wwf, Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella,
Unaltracittà e Adesso Trieste definiscono la presentazione del Parco del mare
«ennesimo spot da campagna elettorale. Esof ha lanciato la proposta di creare in
città un importante istituto per studiare la sostenibilità ambientale e qui si
ripropone un tipo di museo abbandonato in molte parti del mondo, mentre con le
nuove tecnologie è possibile garantire un'interazione con la natura senza
costringere animali a vivere in cattività». Le organizzazioni attaccano la
Soprintendenza: «La modifica del vincolo sull'area non solo elimina il divieto
di edificare nel raggio di 130 metri dal vecchio faro ma, caso unico in Italia,
elimina l'inedificabilità in un'area di grande pregio ambientale e
paesaggistico, seppur mai fatto rispettare, con la possibilità di incrementare
ulteriormente le volumetrie. Nulla si sa sul futuro della vicina piscina
terapeutica e sulla destinazione dell'ex centro meccanografico». Il proprietario
del Caffè San Marco Alexandros Delithanassis ha lanciato la petizione per
chiedere al presidente camerale Antonio Paoletti di dirottare a beneficio delle
aziende del commercio e del turismo gli otto milioni accantonati dall'ente per
il Parco: «È una follia e il pubblico metterà le risorse promesse? Bisogna darsi
una scadenza per capire se i fondi arriveranno dopo 15 anni di parole. Dopodiché
Paoletti dovrà usare lo stanziamento per altre finalità di rilancio del
commercio e del turismo, piegati in due dalla crisi. Paoletti ha minacciato di
mandarmi gli avvocati perché ho un'idea diversa dalla sua: non li ho visti.
Parliamo di un presidente che si avvia a ricoprire il quinto mandato. Sarebbero
25 anni, serve ricambio: si faccia avanti qualcuno che rappresenti porto,
industria o turismo». Il segretario provinciale della Cgil Michele Piga
ribadisce «la totale contrarietà: è un progetto in antitesi con l'aumentata
sensibilità ecologica e i numeri sulla sostenibilità economica lasciano
perplessi, quando tutti gli acquari in giro per l'Europa sono da tempo in
difficoltà. Siamo dentro la peggior crisi nazionale e i fondi della Camera vanno
indirizzati a riprogettare il sistema del turismo e del commercio. Intanto le
categorie economiche tacciono, mentre Paoletti e Dipiazza non parlano con
nessuno del futuro della città». Il progetto non riguarda la piscina
terapeutica, crollata a poca distanza dal sito che dovrebbe ospitare il Parco.
Federica Verin coordina le associazioni che hanno raccolto settemila firme per
realizzare la nuova Acquamarina e la vede dal suo angolo di prospettiva: «L'area
di Porto Lido ha bisogno di una riqualificazione e non siamo contro opere che
portano turismo e lavoro, ma sorprende che le istituzioni non abbiano preteso
che il piano consideri un impianto più generale e dunque anche la piscina. La
concessione del bene scade nel 2028, quando l'edificio crollato andrà restituito
all'Autorità portuale in perfette condizioni. Bisogna tenerne conto. Poi se
l'occasione sarà fornita dall'acquario, questa è valutazione della politica». La
Lega navale ha sede nell'area e, assieme a Italia nostra, propone un'alternativa
all'acquario, considerato «un lusso che non ci possiamo permettere», davanti
alla crisi delle categorie e al crollo della piscina. Per le due associazioni il
Parco «stravolgerebbe l'identità storica del sito». Meglio allora una «scuola
vela d'altura, con stazione meteorologica, officine di rimessaggio e un luogo di
ristoro», con attenzione ai mondi della disabilità e delle barche storiche.
Diego D'Amelio
Divaccia-Capodistria: «Linea ferroviaria bis - in pericolo i torrenti»
Nel testo inviato anche alla Regione Fvg si sottolineano i rischi per
l'ambiente: «Rosandra e Ospo prosciugati» -
SAN DORLIGO Bloccare subito il progetto che prevede il raddoppio della linea
ferroviaria Divaccia - Capodistria, la cui realizzazione «potrebbe comportare il
totale prosciugamento dei torrenti Ospo e Rosandra». È questa la forte richiesta
indirizzata in questi giorni da parte dei Verdi della Slovenia, affiancati da
avvocati, tecnici dell'ambiente e gruppi spontanei di cittadini sempre sloveni,
ai ministeri italiani competenti per le problematiche ambientali e
infrastrutturali, al presidente della giunta regionale Massimiliano Fedriga e ai
suoi assessori. «Le conseguenze del progetto sloveno 2Tdk intrapreso dalla
Repubblica di Slovenia, che prevede la seconda linea ferroviaria fra le due
località slovene e che in due punti si avvicina al territorio italiano,
arrivando in alcuni tratti a meno di 300 metri dalla frontiera - scrivono - non
ha tenuto conto e non ha applicato la direttiva Vas dell'Unione europea. I
progettisti inoltre - aggiungono - non hanno eseguito in modo opportuno la
Valutazione di impatto ambientale, la cosiddetta Via, che deve invece tenere
propriamente conto dell'incidenza della costruzione e dello scavo delle
gallerie. Specialmente quest'ultimo intervento - precisano nel testo i firmatari
- perforerà la falda acquifera di Beka, drenando le acque a sud di Crni Kal. Di
conseguenza, i torrenti Ospo e Rosandra, che scorrono nel territorio italiano,
si prosciugheranno, con gravi conseguenze sulla flora e la fauna della Riserva
naturale della Val Rosandra e dei biotipi del fiume Ospo. Il non aver seguito la
direttiva Vas - insistono - comporterà gravi danni di natura socio economica e
ambientali per ampie parti del territorio italiano». Esaurita la parte critica,
i firmatari del documento inviato alle competenti istituzioni italiane,
suggeriscono anche il da farsi. Oltre a ribadire la necessità di «fermare il
progetto», chiedono che si proceda con la «corretta attuazione dell'articolo 7
della direttiva Vas e dell'articolo 10 del protocollo Unece da parte della
Repubblica di Slovenia» e di «prevedere un eventuale risarcimento da parte della
Slovenia all'Italia per i danni ambientali, economici, sociali che potrebbero
originarsi». Su questi argomenti i Verdi sloveni e coloro che li sostengono
hanno già chiesto chiarimenti al governo di Lubiana sull'effettivo stato di
attuazione della direttiva Vas, sulla Via e sulla corretta applicazione delle
leggi slovene in riferimento al progetto 2Tdk. Per sottolineare le loro ragioni,
hanno predisposto un documento sullo stato di fatto e sulle conseguenze del
progetto 2Tdk, sulle componenti ambientali, sociali ed economiche, e sui
progetti alternativi esistenti all'opera in esame, redatto da ingegneri,
scienziati, economisti e politici sloveni.
Ugo Salvini
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 21 novembre 2020
Presentazione del “Parco del Mare” : la risposta delle associazioni
Ieri abbiamo assistito all'ennesimo spot da campagna elettorale organizzato
da parte di soggetti che ricoprono posizioni importanti nelle istituzioni della
città. Quest'anno a Trieste si è svolto il festival ESOF, nel quale è stato
evidenziato il limite del modello di sviluppo in cui viviamo e ipotizzato di
insediare nella nostra città un importante Istituto per studiare la
sostenibilità ambientale, e qui al contrario si ripropone un tipo di museo
abbandonato in molte parti del mondo. Grazie alle nuove tecnologie è possibile
ora garantire un'interazione con la natura senza costringere essere viventi del
mondo animale a vivere in cattività. Il voler ostinarsi a proporre, pur se in
dimensioni diverse, il progetto dell'Acquario Parco del Mare dopo 15 anni dalla
prima presentazione, costringe ancora una volta le sottoscritte Associazioni e
Comitati ad intervenire per ribadire la totale contrarietà al progetto di
costruire un Acquario e riproporre la restituzione alla piena fruizione pubblica
di tutta l'area della Lanterna una volta rimossi gli edifici precari ed abusivi
con un intervento di minima per la sua messa in sicurezza. Nella presentazione
di ieri, senza contraddittorio come evidentemente piace al Presidente Paoletti,
sono stati evidenziati alcuni dati in merito ai tempi di esecuzione dell'opera,
dei costi e dei finanziamenti, delle superfici e dei volumi da realizzare, del
nuovo assetto urbanistico dell'area. Si è però taciuto sul fatto che il
progetto, per essere approvato e avviato, ha necessità di avere a monte uno
strumento attuativo, come prescritto dalla Regione approvando la Variante al
Piano Regolatore del Porto. Questo significa che i tempi per predisporre i
provvedimenti progettuali ed autorizzativi non saranno brevi, posto che dovranno
essere valutati attentamente gli impatti ambientali e paesaggistici come le
normative in vigore prescrivono. Per quanto riguarda i costi da sostenere, gli
scarsi elementi forniti non consentono al momento di analizzare il piano
finanziario, l'unica cosa certa è che la parte pubblica concorrerà con 20
milioni di euro su una spesa prevista di 45. E' stato affermato che la
sostenibilità della spesa per la realizzazione del progetto e la sua gestione
saranno garantite solo con un afflusso di 600.000 visitatori. Come si può
rilevare i numeri ogni volta cambiano anche se il contesto geografico e
demografico rimane sempre lo stesso e i flussi turistici sono soggetti a
variazioni notevoli in un settore che, non solo causa la pandemia ma soprattutto
per la situazione economica, presenta grande discontinuità. Va rilevato che il
Provvedimento di modifica del vincolo esistente sull'area della Lanterna,
predisposto dalla Soprintendenza, non solo elimina il divieto di edificare nel
raggio di 130 m dal vecchio Faro, ma consente che i volumi degli edifici oggi
presenti, per un totale di 31.000 mc, mai autorizzati e quindi abusivi,
concorrano alla nuova costruzione, che a sua volta aggiunge ulteriori 15.000 mc.
Siamo molto preoccupati dal modo di operare della Soprintendenza, che, caso
unico in Italia, elimina un vincolo di inedificabilità in un'area di grande
pregio ambientale e paesaggistico, seppur mai fatto rispettare, con la
possibilità di incrementare ulteriormente le volumetrie. Se questo è il suo modo
di procedere, cosa succederà in Porto Vecchio, dove già si vedono proposte di
stravolgimento del paesaggio con la proposta della Ovovia in mezzo ad edifici di
grande pregio architettonico e modifica delle prospettive nell'ambito ex
portuale e del versante collinare con i cavi, piloni e le cabine che passeranno,
bora permettendo, a pochi metri dal Faro della Vittoria. In merito all'assetto
urbanistico dell'area in oggetto, che presenta un degrado notevole anche per le
parti contigue al molo F.lli Bandiera, al di là di una diversa sistemazione dei
parcheggi e dell'accesso, nulla si sa sul futuro della piscina terapeutica e
sulla definitiva destinazione dell'ex centro meccanografico ora di proprietà del
Comune. E' stato annunciata dal Sindaco la costruzione di un nuovo parcheggio
sotterraneo davanti alla Stazione Marittima, sotto la statua di Nazario Sauro, e
un altro sotto l'ex Mercato ortofrutticolo, riproponendo così una soluzione per
eliminare la sosta delle auto sulle rive. Precedenti proposte di parcheggi
sotterranei in piazza Unità, e davanti il teatro Verdi, sono rimaste sulla
carta: oltre a presentare criticità dovute ai mutamenti climatici con maree
sempre più alte e a creare grossi problemi di stabilità agli edifici
circostanti, i parcheggi sono attrattori di traffico e ciò mal si concilia con
la necessità di ricongiungere l'edificato sul fronte mare con il mare stesso.
Una ultima considerazione riguarda l'operato della Presidenza della Camera di
Commercio Giuliana, che a fronte di una consistente disponibilità finanziaria,
derivante dai proventi del Fondo benzina e dalla sovrattassa agli iscritti, non
ha ritenuto di partecipare ad altre iniziative in favore della città. L'impiego
delle risorse finanziarie per il Parco del Mare, invece di costruire un
ulteriore Acquario (quello esistente è in fase di manutenzione straordinaria),
dovrebbero essere impiegate a supporto delle categorie economiche che stanno
subendo una crisi devastante che una volta terminata, ci consegnerà una città
diversa nel suo assetto di botteghe artigianali, negozi, bar, osterie, tutti
servizi di vicinato, probabilmente per sempre chiusi, modificando profondamente
le relazioni e i rapporti sociali nei quartieri compromettendo la qualità della
vita di tantissime persone. C'è ancora tempo per ripensare al modello di
sviluppo di questo territorio che si deve basare su parametri di sviluppo che
premiano la qualità e non la quantità, impiegando le risorse finanziarie
disponibili per progetti che si inseriscano in un'economia che persegua
obiettivi di sostenibilità.
Comitato La Lanterna - CamminaTrieste - Triestebella - Legambiente - WWF -
Unaltracittà - Adesso Trieste
(per informazioni: Andrea Wehrenfennig 3887219510; arch. William Starc
3489022201)
IL PICCOLO - SABATO, 21 novembre 2020
Obiettivo aprile 2024 per il Parco del mare da 600 mila visitatori
Fissati il traguardo per la consegna dell'opera e il flusso annuale di
ingressi - A regime 120 posti di lavoro. Investimento da 44 milioni, 20 dal
pubblico
La promessa è di consegnarlo per l'aprile 2024. Nei disegni dei progettisti
il nuovo Parco del mare sarà un volume bianco, largo e piatto, affacciato sul
mare alle spalle della Lanterna, in fondo alla Sacchetta. Ci vorranno un
investimento da 44 milioni e poi un flusso di 600 mila turisti all'anno, perché
l'acquario voluto dalla Camera di commercio possa essere costruito ed essere
sostenibile sul piano economico. Dopo lo sblocco dei vincoli da parte della
Soprintendenza e l'acquisto della società Trieste Navigando (con annessa
concessione sull'area di Porto Lido), il presidente camerale Antonio Paoletti
decide di svelare il progetto delle imprese Icop e Costa Edutainment, che
propongono alla città un piano di riqualificazione dell'area della Lanterna:
abbattimento degli edifici fatiscenti che precedono l'antico faro, realizzazione
di una passeggiata e rifacimento dell'accesso al "Pedocin". I privati sono
pronti a impegnarsi per 24 milioni e gli altri venti saranno a carico della mano
pubblica, tra Camera di commercio e Regione. «Abbiamo voluto presentare il
progetto - esordisce Paoletti - in un momento drammatico, per dare una speranza
e visione di futuro e sviluppo turistico». Il presidente è emozionato e gli
scappa l'iperbole: «Abbiamo lavorato ogni giorno per 15 anni e ora costruiamo il
futuro del Friuli Venezia Giulia. Icop costruirà, Costa gestirà e Iccrea
finanzierà». Alle sue spalle è appena passato un video che illustra il degrado
dei luoghi e le simulazioni di ciò che potrebbe essere. Gli studi di
architettura Cosestudi (gli americani Ginette Castro e Michael Oleksak) e
Archest (Annamaria Coccolo) hanno immaginato un edificio alto 12 metri (che
diventano 7,5 in prossimità del mare), costruito attorno a una «vasca oceanica»
da oltre tre milioni di litri e dotato di una grande terrazza, affacciata in
pendenza sul mare e accessibile grazie a una scalinata, che sembra un perfetto
luogo di ritrovo per le serate estive. Il progetto si basa sulla demolizione
degli edifici posti sul lato del Pedocin, mentre rimarrà al suo posto buona
parte dei volumi che oggi soffocano la Lanterna. Negli spazi ricavati sarà
realizzato un viale che condurrà all'acquario e che i progettisti considerano
una piazza allungata, anche se la camminata sarà affiancata non troppo
diversamente da oggi da una serie di parcheggi a raso, né il piano considera le
modifiche che interverranno per il rifacimento della piscina Acquamarina. Gli
interni del Parco acquatico prevedono una superficie di cinquemila metri quadri
su tre livelli, per ospitare vasche, mostre multimediali e attrezzature. Il
tutto sarà creato in 24 mesi di lavori, che seguiranno gara di evidenza pubblica
e autorizzazioni di rito. «Speriamo che le istituzioni accelerino le procedure
permettendoci la consegna nella primavera 2024», sottolinea Paoletti. A regime
l'attrazione promette di dare occupazione a 120 addetti fra diretti e indiretti,
molti dei quali ad alta specializzazione sotto il piano tecnico e veterinario.
Ma il numero più importante sono i seicentomila turisti all'anno, che le due
società reputano indispensabili per rendere il Parco sostenibile sul piano
economico e che rappresentano una notevole riduzione del milione di biglietti
considerato necessario dai progetti precedenti. Il presidente di Icop Vittorio
Petrucco assicura di non aver lasciato nulla al caso: «Ci abbiamo impiegato due
anni per costruire questa proposta e ci siamo candidati a finanziare, costruire,
gestire e mantenere l'acquario per vent'anni, rivolgendoci a studi
specializzati. Il nostro progetto è dimensionato su seicentomila presenze, con
un investimento da 44 milioni di cui venti garantiti dalla parte pubblica. Ci
siamo chiesti se fosse giusto ipotizzare questo investimento in un periodo nel
genere, ma bisogna guardare al futuro e l'acquario occuperà cento persone più
l'indotto: è una grande opportunità di sviluppo. L'auspicio è ripetere quanto
successo a Servola con la Piattaforma logistica: vorremmo che il Parco fosse un
altro pezzo di puzzle per la riqualificazione di Trieste». Il presidente di
Costa Edutainement Giuseppe Costa dice di «essere venuto per la prima volta in
città a parlare di acquario nel 1998: ci abbiamo provato diverse volte». Oggi la
società gestisce strutture simili a Genova, Cattolica, Livorno e Malta. Per
Costa, «nel 1992 l'acquario ha cambiato la storia di Genova, facendola diventare
città turistica e facendo salire le quotazioni degli immobili dell'area. Ovunque
abbiamo rigenerato edifici cadenti e mettiamo a disposizione un'attrazione che è
anche cultura scientifica, perché non tutti possono andare sul Mar Rosso e sulle
barriere coralline».
Diego D'Amelio
Era il riscatto per l'Expo perso nel 2004 - Diventò la "chimera" infinita
della città
Sedici anni di Parco del mare. Il progetto gironzola per Trieste dal 2004,
anno in cui il presidente della Camera di commercio (allora solo triestina)
Antonio Paoletti lo propose come una sorta di ricompensa morale alla città
subito dopo la brutta delusione della perdita dell'Expo 2008 nella finale di
Parigi tra le candidature. In principio l'idea era alquanto magniloquente,
Paoletti parlava di costruire «il più grande acquario del Mediterraneo, una
struttura da insediare proprio nel sito previsto per l'Expo, da qualche parte
tra Barcola e il Porto vecchio, e da far lavorare 365 giorni su 365. Un acquario
superiore anche a quello di Genova».La prima ipotesi di collocazione era il
terrapieno di Barcola, purtroppo poi sequestrato per inquinamento. Nel 2006
arriva l'idea del Mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, a due passi dall'area
della Lanterna. Se ne parla per un paio d'anni, poi finisce nel dimenticatoio
per complicazioni varie. Nel 2008 l'acquario si ritrova sulle Rive, tra il
Salone degli Incanti, il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. Ci sono dei
contatti fra le istituzioni interessate e i proprietari dell'area, ma a metà
2009 il progetto subisce uno stop a causa di uno studio del Comune (sindaco
ancora Roberto Dipiazza) che pone forti dubbi sulla sostenibilità economica del
Parco. Nella primavera del 2010 il sindaco suona quelle che tutti interpretano
come campane a morto per il progetto: «La soluzione è piazzare delle vasche per
i pesci all'interno del Salone degli Incanti senza mettersi a costruire
mega-strutture insostenibili. Trieste può sopportare un acquario da 200, 300
mila visitatori l'anno, non un Parco del mare da un milione di presenze con
costi di manutenzione folli». Nel 2011 arriva il sindaco di centrosinistra
Roberto Cosolini, che l'anno successivo propone di rilanciare l'ipotesi Campo
Marzio. Meno di un anno dopo, nel giugno 2013, spunta una nuova proposta: i
magazzini 3 e 4 del Porto vecchio, in mano a Greensisam. Non se ne fa nulla. Nel
frattempo cambia la giunta regionale e nel giugno del 2014 il vicepresidente
Sergio Bolzonello (giunta Serracchiani) mette la pietra tombale: «Neanche un
euro, progetto inattuabile». Inutile dire, ancora una volta poi la Regione
cambierà idea. La svolta arriva nell'ottobre 2014, quando Paoletti tira fuori la
destinazione di Porto Lido. Nel settembre del 2015 il progetto viene presentato
alla Regione: lo firma l'architetto statunitense Peter Chermayeff, autore degli
interventi all'acquario di Genova e dei parchi acquatici di Boston, Osaka,
Baltimora e Lisbona. Il disegno iniziale, piuttosto grandioso, verrà poi ridotto
per venire incontro alle esigenze di contenimento di costi e spazi. Nel dicembre
dello stesso anno la Fondazione CRTrieste comunica che si rende disponibile a
stanziare l'importo complessivo di altri nove milioni di euro per la
realizzazione del progetto, in aggiunta alle risorse già investite. Una cifra
che poi ritirerà, costringendo la Camera di Commercio a rifare i conti di un
progetto da 44 milioni di euro. Nello stesso anno arriva infine l'interessamento
di Icop Spa: i costruttori friulani impegnati nella realizzazione della
Piattaforma logistica, in testa Vittorio Petrucco, prendono contatto con la
Camera di Commercio per valutare la possibilità di avere un ruolo nella
realizzazione dell'opera. Un contatto che in questi giorni arriva a compimento,
aprendo così un nuovo capitolo nella storia infinita del Parco del mare.
Ma per la tenuta dei conti è decisiva la Regione con la posta da 8 milioni
La promessa fatta da Fedriga prima dell'allarme pandemia
impegna adesso l'assessore Zilli a reperire i fondi necessari a far partire la
gara dopo il disimpegno della Fondazione CRTrieste
Ora la palla passa alla Regione. La giunta Fedriga si è impegnata a
contribuire al Parco del mare con una posta da otto milioni, da cui dipende il
via alla gara per la costruzione dell'acquario. La promessa del governatore è
arrivata dopo il sopralluogo fatto a inizio anno assieme al presidente della
Camera di Commercio Antonio Paoletti e al sindaco Roberto Dipiazza. La visita
avveniva poche settimane prima dell'esplodere della pandemia: sembra un secolo
fa e non sarà semplice mettere mano al portafogli con i bilanci in ginocchio dal
Covid. Ma Paoletti è ottimista: «Ci sono poste messe a bilancio dai presidenti
Tondo e Serracchiani», che hanno assicurato in passato due milioni a testa per
la costruzione dell'acquario. Presente alla conferenza in sostituzione di
Fedriga, l'assessore Pierpaolo Roberti rassicura: «Ci sono già poste a bilancio
messe da amministrazioni di diverso colore politico. Nel momento in cui ce ne
sarà bisogno, si metteranno le altre risorse: faremo le valutazioni dopo
l'analisi del progetto, ma l'impegno politico c'è». Dalla Regione fanno tuttavia
sapere che i fondi prospettati in passato non sono mai stati iscritti a bilancio
e dunque non esiste alcun accantonamento. Toccherà all'assessore al Bilancio
Barbara Zilli reperire le risorse: «La pratica è sul tavolo», assicura. Gli otto
milioni sono indispensabili per permettere all'opera di sbloccarsi e valgono
esattamente quanto aveva promesso la Fondazione CrTrieste, che poi si era però
impegnata su altri fronti. Si completerebbe così la dotazione economica del
progetto da 44 milioni: 24 messi dalla cordata Icop-Costa grazie a un'operazione
di leasing in costruendo impostata con Banca Iccrea, nove conservati per anni
dalla Camera di commercio e otto della Regione. Mancano all'appello per la
verità altri tre milioni, ma le parti sono convinte di poter abbattere
leggermente i costi in fase di capitolato. «La cifra definitiva non è ancora
questa», sottolinea non a caso Paoletti, che dal Parco del mare ricaverà poi 300
mila euro all'anno di affitto. La Regione comunque ci crede, nonostante il
Covid-19. «Proprio in fasi drammatiche come quella che stiamo vivendo - dice in
un videomessaggio il presidente Massimiliano Fedriga - è il momento di guardare
al futuro, alla creazione di nuove occasioni di sviluppo per il Friuli Venezia
Giulia. Il progetto del Parco del mare ha il supporto della Regione».A
rappresentare la giunta fisicamente c'era appunto l'ex vicesindaco Roberti: «Il
lockdown ha causato un doppio rammarico, perché Trieste stava vivendo una grande
fase di sviluppo. Ma quelle potenzialità non sono cambiate e, quando la
mascherina che indossiamo sarà un brutto ricordo, le sfide di sviluppo che oggi
stiamo cogliendo ci permetteranno di guardare di nuovo a un futuro di crescita».
Il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino promette di «fare di tutto»
per sostenere l'acquario, «ad esempio attraverso la nostra partecipata Ttp», per
generare flussi tra le navi da crociera e il Parco. Il sindaco Dipiazza
ringrazia «Antonio a nome della città per non aver mai mollato. Nel 2019 abbiamo
avuto un milione di turisti, poi è arrivato il 2020, ma è ora che bisogna
investire». La soprintendente ai Beni architettonici Simonetta Bonomi benedice:
«I progettisti hanno fatto uno sforzo raffinato per un luogo che è in uno stato
insopportabile di degrado».Chiusura netta invece del M5s, che reputa non
credibile il numero di visitatori stimato: «Lascia perplessi la sostenibilità di
una "prigione del mare" che nulla ha a che fare con la cultura marinaresca che
Trieste può veicolare».
d.d.a.
La rivoluzione verde dello shipping: verso l'addio al carbone
Il trasporto marittimo si pone l'obiettivo di una riduzione entro il 2030
del 40 per cento delle emissioni di CO2
Genova. «Il Gnl oggi è l'unica soluzione nel breve e medio termine per la
transizione verso la decarbonizzazione dello shipping. Ci sono 3 miliardi nel
recovery fund per lo sviluppo della mobilità a idrogeno in Italia, ma non sarà
una soluzione pronta nei prossimi dieci anni». Stefano Messina, presidente di
Assarmatori, sottolinea parlando al convegno «Il Gnl nel corridoio Euro
Mediterraneo» l'impegno degli armatori per raggiungere gli obiettivi che
prevedono nel trasporto marittimo la riduzione entro il 2030 del 40% delle
emissioni di CO2 rispetto al 2008 e entro il 2050 emissioni di gas serra
inferiori del 50% rispetto al 2008. «Sono stati già fatti grandi passi avanti»
sottolinea Messina, e l'armamento italiano «spinge per il rinnovamento della
flotta» e investe sul naviglio.«La rivoluzione verde è occasione
imprescindibile, dobbiamo definire un piano di intervento che sia un
facilitatore, un acceleratore di rinnovamento della flotta e in questo
coinvolgere la cantieristica che è eccellenza del nostro Paese» dice il
presidente di Confitarma Mario Mattioli, invocando un lavoro «in sinergia».
«L'efficientamento della flotta non basta per se stesso - spiega - serve una
volontà politica per sviluppare nuovi carburanti per rendere lo shipping
industria a zero emissioni. Quindi serve sinergia». Un primo risultato si vedrà
intanto a fine anno, dopo che da gennaio è scattato l'obbligo di utilizzare
combustibili con tenore di zolfo non superiore allo 0,50%. Ora ci sono le navi a
Gnl (e si dovrà investire in Italia e in Liguria che è un crocevia, sulle
infrastrutture di bunkeraggio) ma per raggiungere l'obiettivo finale serviranno
nuove tecnologie. «Il numero di navi e il carico trasportato saranno
esageratamente più grandi nel 2030 e 2050, questo significa che le navi dovranno
contenere le emissioni, quindi essere meno inquinanti di circa il 75%-80% per
singola unità nave» evidenzia Mattioli.
IL PICCOLO - VENERDI', 20 novembre 2020
La svolta per il Parco del mare - Paoletti sicuro: «Stavolta si fa»
Il presidente camerale gongola. Oggi la presentazione del progetto di
Icop e Costa - Dipiazza: «Ci ho sempre creduto». Russo: «Prima voglio vedere
carte e numeri»
«Questa volta si fa, non c'è dubbio». Il presidente della Camera di
commercio Venezia Giulia Antonio Paoletti gongola davanti a quello che ritiene
lo sblocco definitivo al progetto del Parco del mare. E festeggia pure il
sindaco Roberto Dipiazza, mentre Francesco Russo assicura un approccio laico,
chiedendo di esaminare i piani prima di pronunciarsi. Ma l'uomo del giorno è
Paoletti, che stamani aprirà la conferenza di presentazione della proposta di
Icop e Costa Edutainment. «Abbiamo creato i presupposti - dice il presidente - e
c'è una cordata privata. Ci sarà comunque un bando a evidenza pubblica. Ora non
dipende più dalla Camera». Dipende però dai fondi della Regione, dopo che la
Fondazione CrTrieste ha deviato le sue risorse su altri progetti. «Il pubblico
aiuta - continua Paoletti - come per tutte le grandi infrastrutture. Il primo
impegno della Regione risale a Tondo, proseguito poi da Serracchiani e Fedriga».
L'attuale governatore ha promesso otto milioni subito prima dello scoppio della
pandemia, ma Paoletti è ottimista: «I fondi non vanno tirati fuori domani e il
Covid passerà. I soldi ci saranno». Il presidente camerale si toglie qualche
sasso dalle scarpe: «Anni di botte in testa, ma Costa ci ha sempre creduto.
Fosse dipeso da noi avremmo già finito, ma siamo stati spostati da altri siti
non per nostra volontà. Abbiamo dovuto comprare una concessione per partire.
Sostenibilità economica? Se una cordata di privati finanzia, costruisce e
gestisce significa che ha fatto bene i suoi calcoli. Ora il progetto andrà
valutato dagli organi competenti. E ringrazio la Soprintendenza che, rivedendo
il vincolo, permetterà di rigenerare l'area». Dipiazza va subito all'incasso del
potenziale dividendo da spendere in campagna elettorale: «Paoletti ha trovato
tutte le forche caudine possibili, ma è riuscito a chiudere la partita. Io sono
sempre stato positivo e vedo che il progetto è portato avanti da imprese
significative: la Icop di Petrucco ha appena costruito la Piattaforma logistica
e Costa gestisce l'acquario di Genova. Dopo il benestare della Soprintendenza,
ci siamo e tutta quella zona degradata può diventare bellissima: spostamento del
mercato ortofrutticolo, restauro della stazione di Campo Marzio e arrivo di
Esatto o Ferrovie al Meccanografico». A Dipiazza gli acquari piacciono molto:
«Sono stato a Genova, Valencia e Lisbona, dove è stato straordinario accarezzare
la pancia alle lontre. Sarà una grande attrazione: al museo ci vai una volta,
all'acquario ci porti la famiglia nel weekend, gli amici che vengono da fuori».
Il sindaco non è preoccupato dalla sostenibilità di una struttura che ha bisogno
di un milione di turisti all'anno e già pensa a dove metterli: «Il programma
elettorale prevede due mega parcheggi. Quello sotterraneo sotto il mercato
ortofrutticolo e quello in Molo IV. Cui si aggiunge quello davanti alla Stazione
marittima, sempre sottoterra». Il possibile sfidante Russo vuole vederci chiaro
ma non boccia l'idea in partenza: «Bisogna essere pragmatici. Attendo di vedere
le novità del progetto, per capire se possono essere superate le critiche
arrivate in passato su sostenibilità economica e aspetti logistici. Il progetto
deve rispondere alla visione della città della prossima amministrazione: in
maniera molto laica aspetto di vedere carte e numeri, ma la presenza di privati
qualificati è una buona notizia». Russo va nel concreto: «Serve un numero
importante di visite, che oggi non ci sono e bisogna ragionare su come attrarre
almeno 700 mila persone all'anno, facendolo inoltre senza ingolfare le Rive, per
non creare disagio ai triestini. Dopo queste valutazioni, capiremo se si tratta
di un progetto su cui merita investire». L'esponente Pd chiama in causa la
giunta Fedriga: «Mi risulta che il progetto necessiti di un investimento di
circa 10 milioni della Regione, che a oggi non vedo in bilancio. Vedremo se in
tempi di Covid sarà possibile aprire un capitolo di spesa dedicato già nella
prossima legge di bilancio». Boccia subito «la trovata circense senza strategia»
la lista civica Adesso Trieste, che in una nota dice di non vedere «il vantaggio
per la città, i triestini e gli animali. I fondi accantonati per la costruzione
dalla Camera di Commercio dovrebbero ritornare a coloro che li hanno versati,
perché oggi ne hanno particolarmente bisogno, come hanno ribadito con una
petizione da più di 1.300 firme».
Diego D'Amelio
Abbraccia l'albero preferito per salvare il verde urbano - Domani
l'iniziativa di Legambiente in sinergia con Il Ponte e Bioest
Un abbraccio finalmente non virtuale. Ma da dare singolarmente, per evitare
assembramenti. Destinatari delle affettuose attenzioni, tutti gli alberi
cittadini. In occasione della Festa dell'Albero che si svolge anche a Trieste
domani nell'ambito della Giornata Nazionale degli Alberi, istituita nel 2013 con
una legge che disciplina il verde urbano e rende effettivo l'obbligo per i
Comuni di piantare un albero per ogni nuovo nato, Legambiente Trieste, in
sinergia con le associazioni Il Ponte e Bioest, invita tutti a rendere omaggio
al patrimonio arboreo cittadino. L'invito è a spedire una cartolina virtuale ad
amici e parenti per sensibilizzarli sull'importanza di boschi e foreste e il
loro fondamentale ruolo di polmone verde e/o di inviare via mail una o più foto
(massimo tre) - scattate abbracciati al proprio albero preferito, anche per
segnalarne lo stato di salute - a: info@legambientetrieste.it. Gli scatti
saranno inseriti in una sezione dedicata e andranno poi a comporre un collage
che verrà presentato il 28 novembre (misure anti Covid permettendo) durante un
"Percorso sensoriale di foliage". Tutto questo in attesa di un concorso
fotografico sul verde urbano che verrà indetto prossimamente. La "Festa
dell'Albero" è la campagna di Legambiente per la tutela del verde e del
territorio. Ogni anno, il 21 novembre, sulla scia di una delle più antiche
cerimonie forestali che si realizza fin dal 1898, l'associazione promuove
infatti una giornata di eventi per ricordare l'indispensabile contributo degli
alberi alla vita del pianeta. Usualmente prevede iniziative pubbliche con la
presenza delle scuole, la messa a dimora di nuovi alberi, conferenze a tema e
letture dedicate. «Quest'anno - spiega Tiziana Cimolino del locale circolo di
Legambiente - il contesto sanitario ci porta invece a modificare la modalità
della celebrazione, intendendo comunque sottolineare l'importanza degli alberi
nel contesto urbano, anche e soprattutto in un anno difficile come questo,
attraverso un'iniziativa virtuale. Non potendo festeggiare in comunità, la
richiesta è di scattare delle foto, che resteranno come ricordo della festa
2020, approfittando della bellissima colorazione che il fogliame presenta in
questo periodo. Grazie al contributo degli amici dell'albero che invieranno le
loro immagini riusciremo a realizzare un collage rappresentativo del patrimonio
arboreo della nostra città». Ulteriori informazioni al 3287908116.
Gianfranco Terzoli
Le sfide per migliorare il pianeta al centro della Notte dei ricercatori
Focus su ambiente e salute. Incontri in diretta streaming sul sito del
Piccolo, media partner dell'evento
C'è anche Trieste tra le centinaia di città europee pronte ad ospitare una
nuova edizione, l'undicesima, della Notte dei Ricercatori. Un evento in
programma dal 26 al 28 novembre e inserito nell'ambito del progetto "Sharper",
Sharing Researchers' Passion for Evolving Responsibilities. Ad organizzare la
tre giorni triestina sarà l'Immaginario Scientifico insieme al Comune e agli
enti scientifici che hanno sottoscritto il protocollo d'intesa "Trieste Città
della Conoscenza", e con il contributo del Piccolo in qualità di mediapartner.
Incontri con i ricercatori, tour virtuali, giochi e collegamenti online
riempiranno le giornate promosse dalla Commissione europea all'insegna dei 17
obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu. L'obiettivo finale? Portare pace e
prosperità a più persone possibili entro il 2030. «È con vero piacere che saluto
l'avvio della Notte dei Ricercatori - ha affermato l'assessore all'Educazione
Angela Brandi durante la presentazione di ieri -. Uno di quegli avvenimenti che,
con Esof, Next e FabLab, dimostrano quanto la ricerca scientifica sia vivace e
viva a Trieste». Chiunque potrà seguire le iniziative in live streaming su
www.immaginarioscientifico.it e www.ilpiccolo.it. Al primo evento, giovedì 26
alle 18, "Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale: scenari attuali e
futuribili" parteciperanno Alessandro Delfante dell'Università di Toronto e
Guido Moradei, presidente di Aidb, l'Associazione italiana documentalisti
brevettuali. «Poco più di un mese fa - ha detto Serena Mizzan, direttrice
dell'Immaginario Scientifico - abbiamo inaugurato la nuova sede al Magazzino 26.
Gran parte delle attività di questi giorni si svolgeranno qui e il pubblico
potrà seguirci nella maratona che coinvolgerà i ricercatori supportati dai
mediatori scientifici, oltre ad assistere online alle visite ai Centri di
ricerca prenotabile su Zoom. Sarà anche possibile prendere parte ai giochi di
scienza e ad un tour all'interno del Cern». Sincrotrone, Icgeb e Inaf saranno
visitabili online anche dalle scuole che volessero collegarsi via web per
scoprire, ad esempio, i segreti della macchina di luce Elettra e i tesori
dell'Osservatorio astronomico. Venerdì 27, dalle 15.20, partirà l'evento
principale della Notte: "A tu per tu con la ricerca: inseguendo gli obiettivi",
il ciclo di quindici incontri brevi in cui ricercatrici e ricercatori
spiegheranno com'è possibile costruire un mondo più giusto, sicuro e sostenibile
con gli strumenti della scienza. Si parlerà di sovrapopolamento e scarsità
dell'acqua, dell'Agenda dell'Onu 2030, delle migrazioni forzate e della ricerca
in campo medico, della prevenzione nello studio dei tumori, delle nostre scelte
alimentari e dell'inquinamento dei mari, dell'esplorazione dello spazio, di
astrofisica e di molto altro. In Italia alla Notte dei Ricercatori, oltre a
Trieste, hanno aderito anche Ancona, Cagliari, Camerino, Catania, L'Aquila,
Macerata, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia, Terni e Torino.
Lorenzo Mansutti
Premio "E. Rosmann" sui temi dell'ambiente - Aperte le iscrizioni
C'è tempo fino al primo dicembre per partecipare al quarto premio ambientale "E. Rosmann", rivolto a studenti neo laureati e ricercatori e dedicato a tesi di laurea e altri studi accademici in materia ambientale e della sua salvaguardia. A promuoverlo è l'associazione ambientalista "Eugenio Rosmann", di Monfalcone, per valorizzare le professionalità di giovani laureati che hanno manifestato un particolare interesse nella ricerca e approfondimento di tematiche ambientali e naturalistiche. L'importo destinato al premio è di mille euro per il primo classificato e di cinquecento euro per il secondo, oltre a eventuali attestati per ulteriori lavori che saranno ritenuti meritevoli di menzione in base al giudizio della giuria. I premi sono resi possibili dal contributo dell'associazione Eugenio Rosmann, della Banca di credito cooperativo di Staranzano e Villesse e del comune di Monfalcone. In quest'edizione è stato aggiunto un premio di 300 euro promosso dal Club alpino italiano di Monfalcone, dedicato a una delle tesi candidate che abbia a oggetto la tutela dell'ambiente montano. L'ambito del concorso verte sul valore naturalistico e ambientale nel contesto territoriale, comprendendo anche gli aspetti scientifici, economici, sociali, urbanistici e della legislazione, con un focus particolare - ma non esclusivo - sulle regioni del Triveneto. Il bando e tutti i dettagli qui: www.ambientalistimonfalcone.it
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 novembre 2020
L'ente camerale compra Trieste Navigando e accelera sull'operazione Parco del
mare
Rilevata la concessione demaniale dell'area della Sacchetta. Domani si
svela il progetto. Icop, Costa e Iccrea nella partita
La pratica si era inabissata per mesi, ma ora un nuovo scossone riaccende le
luci sulla realizzazione del Parco del mare. Con un rapido uno-due, la Camera di
commercio ha acquistato la società Trieste Navigando, rilevando la concessione
demaniale nell'area della Sacchetta, dopo che Soprintendenza e ministero dei
Beni culturali hanno sbloccato i vincoli sull'edificazione dell'acquario
nell'area della Lanterna. Il presidente Antonio Paoletti ha organizzato per
domani la presentazione del progetto di costruzione della creatura che si è
coccolato per oltre 15 anni e che ora potrebbe essere messa in cantiere
dall'impresa friulana di costruzioni Icop e da Costa Edutainment, che gestisce
l'acquario di Genova. Per l'aggiudicazione dei lavori servirà un bando di gara,
ma al momento quella di IcopCosta è l'unica manifestazione d'interesse. Il
ticket era uscito allo scoperto a inizio 2018 e negli ultimi mesi ha lavorato
per dare corpo al piano, che sarà svelato appunto domani. Ci saranno anche i
dirigenti di Banca Iccrea, disponibile a prestare le risorse per il project
financing dei privati. «Esiste il sito ed esiste il finanziatore», gongolano
dalle parti della Camera, che assapora ancora una volta la possibilità di far
partire un'opera di cui si parla dal 2004. Dopo le polemiche sul mancato impiego
degli otto milioni accantonati in questi anni dalla Camera di commercio, il
Parco del mare potrebbe diventare l'asso nella manica di Paoletti, presidente
alla ricerca del quinto mandato alla guida dell'ente. La società pubblica
Trieste Navigando (controllata da Invitalia attraverso Italia Navigando) avrebbe
voluto realizzare in Sacchetta un porticciolo turistico denominato Porto lido,
di cui si sono perse le tracce. Aveva ottenuto regolare concessione demaniale,
che ora viene assunta di fatto dalla Camera di commercio. Non è ancora dato ha
sapere quanto l'ente abbia speso per l'operazione, che il mese scorso ha
condotto in gran segreto all'acquisto di Trieste Navigando, di cui Paoletti
dovrà coprire anche debiti per oltre un milione. Come spiega il presidente,
«abbiamo creato i presupposti per poter ricevere un progetto da un
raggruppamento privato». Può allora rimettersi in moto il piano di costruire un
grande acquario nell'area ex Cartubi, oggi in condizioni di abbandono in fondo
alla Sacchetta. Fondamentale sarà lo sblocco dei vincoli, che dal 1961
impediscono di edificare attorno alla storica Lanterna, di cui si dovrà capire
quale sarebbe l'inserimento nel nuovo contesto urbanistico. Proprio il venir
meno dei divieti paesaggistici (che avevano spento gli annunci di Paoletti su
lavori pronti a cominciare a fine 2018) ha permesso alla Camera di rimettere
mano all'acquisizione di Trieste Navigando, pianificata più di due anni fa.
Resta il nodo della sostenibilità economica dell'acquario, che secondo i vecchi
studi di fattibilità necessita di un milione di visitatori all'anno per non fare
passivo. Il nodo dovrà essere sciolto dal piano di Icop-Costa. Se si
aggiudicassero la gara, le imprese si incaricherebbero di realizzare e gestire
il nuovo contenitore turistico. Alle loro spalle c'è la rete delle banche
cooperative capitanata da Iccrea, che finanzierà l'opera con un prestito
imponente e che ha erogato il mutuo da trenta milioni grazie al quale Icop ha
costruito la Piattaforma logistica in porto. Il Parco del mare costa più di
quaranta milioni: otto messi dalla Camera e quattro promessi dalle giunte
Serracchiani e Fedriga, mentre mancano all'appello i nove milioni che CRTrieste
aveva prima impegnato e poi ritirato. Se non interverranno sorprese, per i
privati si tratterebbe di un investimento da una trentina di milioni. Il Parco
del mare è andato incontro negli anni a una tormenta di polemiche. L'ultima in
ordine di tempo è di un gruppo di imprenditori, che hanno raccolto 1.300 firme
per chiedere alla Camera di commercio di distribuire ai propri iscritti gli otto
milioni accantonati, dando così un po' di respiro alle categorie in difficoltà
per la crisi Covid. Contrari sono stati finora il centrosinistra e associazioni
come Wwf e Legambiente, avversi all'edificazione di una struttura che prima
della Sacchetta era stata immaginata sul terrapieno di Barcola, al posto del
mercato ortofrutticolo, accanto al Salone degli Incanti e in Porto vecchio. A
luglio Legambiente ha perfino assegnato la non invidiabile "Onda nera" alla
Camera di commercio. Un sondaggio del Piccolo mostra a sua volta una città
polarizzata: metà a favore e metà contro. Paoletti accarezza l'idea dal 2004,
quando propose il Parco del mare per dare una sferzata di ottimismo dopo la
fallita candidatura di Trieste a sede dell'Expo. A gennaio il progetto è stato
nuovamente appoggiato dal sindaco Roberto Dipiazza e dal governatore
Massimiliano Fedriga. Saranno presenti entrambi domani, in quella che si
annuncia come una conferenza in pompa magna, con gli interventi del presidente
di Icop Vittorio Petrucco, del presidente di Costa Edutainment Giuseppe Costa,
del direttore generale di Iccrea Carlo Napoleoni, della soprintendente Simonetta
Bonomi e del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Un parterre de
roi: Paoletti si ricandiderà per la quinta volta alla guida della Camera della
Venezia Giulia e rilanciarsi col Parco del mare potrebbe essere il modo per
ravvivare la propria immagine dopo vent'anni al timone dell'ente.
Diego D'Amelio
«Il vincolo del '61 è stato rivisto ma la Lanterna resta sotto tutela»
La soprintendente regionale Bonomi conferma l'aggiornamento della norma
che impediva nuove costruzioni nel raggio di 130 metri
Il caso«Il vincolo è stato aggiornato un anno fa. Non c'è più quello del
1961 che del resto è stato pesantemente disatteso. In quell'area si è costruito
di tutto e di più. Il nuovo vincolo tiene conto dello stato di fatto». Simonetta
Bonomi, soprintendente ai Beni artistici e architettonici del Fvg, parteciperà
domani alla presentazione del Parco del mare promossa dalla Camera di commercio
della Venezia Giulia. Quello che è certo è che il Parco del mare non dovrà più
fare i conti con il vincolo di 59 anni fa che proibiva di edificare in un'area
di circa 130 metri attorno al faro della Lanterna. «Non è diventata una zona di
libera edificazione. C'è comunque un'area di rispetto attorno alla Lanterna, che
non può essere soffocata. E ci sono altri limiti a partire dalle altezze. È
stata fatta una revisione approfondita del vincolo», aggiunge la soprintendente,
che assicura di non aver ancora visto il progetto del Parco del mare. «Sono
molto curiosa di cosa ci faranno vedere venerdì (domani, ndr)», ammette Bonomi.L'aggiornamento
del vincolo, dopo oltre mezzo secolo, era annunciato ed era un atto dovuto visto
che nessuno o quasi l'ha rispettato. Il 13 giugno del 1961 il sottosegretario
alla Pubblica istruzione Maria Maddaloni, su sollecitazione dell'architetto
Benedetto Civiletti, allora alla guida della Soprintendenza di Trieste, firmò un
decreto che impediva qualsiasi nuova edificazione nel raggio appunto di 130
metri dalla Lanterna. L'anno prima erano stati completati i lavori della Caserma
Fratelli Bandiera della Finanza e probabilmente si volevano impedire nuove
cementificazioni che andassero a soffocare la Lanterna. Cosa che non è accaduta.
Il faro realizzato nel 1833 da Matteo Pertsch si trova assediato da pessime
costruzioni. A scoprire il vincolo era stato due anni fa il presidente del Wwf
giuliano, l'avvocato Alessandro Giadrossi. Ma ora il vincolo del 1961 è stato
"svincolato" da Roma e non è più un ostacolo sulla via del Parco del mare. «La
Lanterna stessa, che venne realizzata proprio dalla allora Deputazione di Borsa,
verrà valorizzata attraverso la realizzazione del Parco del mare», assicura il
presidente camerale Antonio Paoletti. A questo punto non resta che credergli.
Gli scogli burocratici frenano la riconversione della Ferriera
Il ministero dell'Ambiente sollecita il Mise a trasmettere l'Accordo di
programma con il timbro della Corte dei conti: senza quello, niente conferenza
dei servizi
I lavori di piccola demolizione dell'area a caldo della Ferriera da parte di
Arvedi proseguono, ma la burocrazia potrebbe mettere lo zampino sul
cronoprogramma della riconversione dello stabilimento di Servola. Servirà una
rapida triangolazione fra due ministeri e la Corte dei conti o slitteranno le
autorizzazioni necessarie per procedere con la messa in sicurezza dei terreni e
la creazione dei piazzali del terminal che sostituirà altoforno e cokeria dopo
il loro abbattimento. Lo spettro si affaccia con una lettera inviata il 10
novembre dal ministero dell'Ambiente a quello dello Sviluppo economico. Il
ministero dell'Ambiente chiede al Mise di trasmettere copia dell'Accordo di
programma «debitamente registrata dagli organi di controllo». Si tratta della
bollinatura di rito dalla Corte dei conti, che evidentemente manca. La richiesta
dell'Ambiente è stata spedita la prima volta il 27 agosto e due mesi dopo il
ministero sollecita «la trasmissione dell'Adp ovvero di informazioni sulle
tempistiche». Il ministero ha «urgenza», perché la vidimatura del testo firmato
da Arvedi, Icop-Plt, Regione, Comune e Autorità portuale «costituisce
presupposto per l'approvazione della documentazione progettuale già pervenuta».
Senza la pezza d'appoggio, l'Ambiente non potrà cioè convocare la conferenza dei
servizi che deve dare l'ok al percorso di riqualificazione che spetta a Icop.
L'inghippo non viene negato dal Mise: la conferenza dei servizi doveva essere
indetta entro fine novembre, ma ad ora risulta solo una riunione telematica
convocata nei prossimi giorni dai funzionari del Mise per affrontare il nodo del
ritardo. Il mancato via libera della magistratura contabile blocca anche
Invitalia, che dovrà mettere in circolo i 41 milioni necessari per le opere di
barrieramento a mare affidate alla parte pubblica. La Regione si sfila da ogni
responsabilità: la palla è dei ministeri e l'assessore all'Ambiente Fabio
Scoccimarro assicura di voler «comprimere i tempi al minimo. Nonostante qualche
ritardo a Roma, i miei uffici hanno avviato l'iter per la modifica dell'Aia,
relativo alla gestione dei rifiuti dello smantellamento dell'area a caldo, che
dovrebbe concludersi entro l'anno». Ritardi si segnalano anche sulla nomina dei
componenti del comitato tecnico previsto dall'Adp per verificare l'andamento
della riconversione. Lo denunciano i sindacati che, stavolta unitariamente dopo
mesi di schermaglie, chiedono «la convocazione del tavolo per valutare il piano
industriale di Arvedi relativo a smantellamento, riconversione della centrale,
cessione delle attività di banchina, ampliamento dell'area freddo e
riqualificazione delle maestranze». Secondo Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e
Usb ci sono «assordanti silenzi e ritardi sullo sviluppo dell'Adp» e ciò
alimenta «le preoccupazioni dei lavoratori sulle tempistiche previste» per
l'ingrandimento del laminatoio e la formazione conseguente del personale.
Diego D'Amelio
Albo degli alberi monumentali - Entrano i due cedri di Gradisca
Oltre alle due piante della Spianata c'è anche un platano del parco della
Rotonda - Il riconoscimento dello Stato dà diritto anche a una somma per le
manutenzioni
GRADISCA. Ci sono anche tre essenze arboree gradiscane fra i 380 nuovi
alberi monumentali "certificati" dal ministero dell'Agricoltura nell'anno in
corso. Si tratta dei due celebri cedri dell'Himalaya che troneggiano al parco
della Spianata e di un imponente platano sito al parco della Rotonda, per i
quali gli esperti hanno stabilito esserci tutte le caratteristiche di storicità,
importanza storico culturale e rilevanza arborea necessarie per entrare
nell'esclusivo "club" delle piante monumentali riconosciute.«Un'appartenenza che
non sarà solo simbolica - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica,
Alessandro Pagotto -: il riconoscimento dà diritto anche a una somma, garantita
con continuità negli anni, che lo Stato gira ai Comuni per la manutenzione degli
alberi monumentali. Credo sia un bel riconoscimento per il patrimonio
paesaggistico della città, in particolare per quanto concerne i cedri che sono
un po' il biglietto da visita dei nostri parchi». Con oltre 80 mila metri
quadrati di parchi e giardini, la cittadina della Fortezza conta su un
patrimonio ineguagliabile. Ben oltre un migliaio di essenze arboree, in prati e
giardini, molti dei quali pubblici: la Rotonda, la Spianata, la Pineta,
impreziosite dai tipici ippocastani e pini secolari.Un tempo erano tre i cedri
della Spianata di piazza Unità d'Italia. Ma uno venne dolorosamente sacrificato
nel 2009, gravemente malato a causa di un'infezione fungina. Le piante dominano
i giardini dal lontano 1908. Proprio nell'anno del loro genetliaco numero 110,
invece, uno dei due alberi superstiti venne colpito da un fulmine. Quest'anno,
in pieno lockdown, erano stati invece interessati da un delicato lavoro
manutentivo: ne erano state sfoltite le chiome e si era provveduto a sostituire
fasce e funi che fungono da tiranti per dare stabilità alle due essenze arboree,
in quanto ormai "rilassate" e usurate nel tempo. Un problema di sicurezza e, a
questo punto, anche di tutela di un patrimonio storico e culturale.Intanto,
sempre sul fronte della manutenzione del verde pubblico, la giunta Tomasinsig ha
deciso per un aggiornamento del "Piano comunale del verde" lanciato ormai 5 anni
or sono. Aggiornamento reso necessario, oltre che dallo scorrere del tempo,
anche dalle conseguenze del maltempo di quest'estate che aveva evidenziato la
criticità di molte piante. «Con una somma complessiva di 30 mila euro andremo ad
aggiornare il piano con una ditta specializzata - spiega Pagotto - e a prevedere
eventuali potature, abbattimenti e rigenerazioni. Partiremo dai punti più
critici: Mercaduzzo, parte iniziale di via Aquileia e sue laterali». Lo studio
metterà sotto i riflettori decine e decine di essenze arboree, stabilendone lo
stato di salute, la stabilità, il grado di pericolosità.
Luigi Murciano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 novembre 2020
AMBIENTE - Il grifone salvato a Cherso vive a Plitvice
FIUME. È stato salvato nel luglio del 2019 mentre stava annegando nel braccio di mare di fronte l'isola di Cherso. Ad evitargli la tragica fine erano stati alcuni pescasportivi che poi avevano saggiamente portato il giovane esemplare al Centro recupero grifoni di Caisole (Beli), sull'isola di Cherso. In questa struttura, Fojiska, uno splendido avvoltoio dalla testa bianca, è rimasto fino allo scorso mese di maggio, per poi riottenere la libertà. Dotato di gps, il maestoso volatile - simbolo della citata isola quarnerina - ha vissuto per qualche settimana nei cieli di Sarajevo, capitale della Bosnia - Erzegovina, per poi stabilirsi in Lika, la selvaggia regione a est di Fiume, per la precisione nel Parco nazionale dei Laghi di Plitvice, dove l'ultimo grifone era stato avvistato 21 anni fa, nel 1999. Il direttore del parco, Tomislav Kovacevic, si è detto orgoglioso della presenza del rapace in quest' area.
A.M.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 novembre 2020
Altre casette dell'acqua in città - Dopo Roiano, ecco Valmaura
Fino al 25 novembre per fruire dei nuovi erogatori non servirà pagare
nulla, dopo il costo sarà di sei euro al litro. A breve ne sorgerà uno anche in
via Locchi
Cresce il numero di casette dell'acqua in giro per la città. Dopo la recente
installazione avvenuta a Roiano, in via dei Moreri, da oggi anche il rione di
Valmaura sarà dotato di una di queste strutture per l'erogazione dell'acqua a
costo minimale, in un percorso che nel breve tempo vedrà sorgere altri impianti
in giro per la città. «Ultimata una prima fase sperimentale che ha visto
l'installazione di tre erogatori fra Borgo San Sergio, Rozzol Melara e San
Giovanni - spiega l'assessore Elisa Lodi - prosegue il previsto piano comunale
relativo alla posa di ulteriori tre casette dell'acqua». La fornitura sarà della
ditta ProAcqua Group srl di Rovereto (Tn) e vedrà, nelle prossime settimane, la
realizzazione di una nuova casetta anche in via Locchi.L'acqua sarà disponibile
a un costo molto vantaggioso, di sei centesimi al litro. Fino al prossimo 25
novembre, però, sia nella casetta dell'acqua di via dei Moreri che nella sua
gemella di via Valmaura 7, l'acqua verrà erogata in modo del tutto gratuito,
microfiltrata, naturale o gasata, sempre gradevolmente fresca. Trascorso questo
periodo, l'acqua potrà essere prelevata acquistando una tessera negli esercizi
commerciali adiacenti al mini-impianto. Con la stessa tessera i cittadini
potranno prelevare l'acqua anche dalle oltre 200 fontane ProAcqua sparse sul
territorio italiano. Per trovarle basterà scaricare l'app "ProAcqua" su
telefonini o tablet. «L'iniziativa vuole promuovere la qualità e la sicurezza
dell'acqua pubblica - sottolinea Lodi - esaltandone le caratteristiche di
qualità e sicurezza. Inoltre punta a ridurre il consumo e lo smaltimento delle
bottiglie di plastica, consentendo anche di diminuire le emissioni inquinanti
dovute al trasporto dell'acqua nelle bottiglie». Ogni mese, infatti, le singole
casette gestite dalla ProAcqua City erogano una media di 30 mila litri d'acqua,
che consentono così un risparmio di 800 chili di plastica, pari a 20 mila
bottiglie di pet, evitando l'immissione in atmosfera di 250 chili di anidride
carbonica per la produzione delle stesse e di ulteriori 750 chili per la loro
movimentazione.
Lorenzo Degrassi
«Il mio campo resta vittima dei cinghiali» Il frutticoltore Ferluga ribussa in Regione
«Sono cacciatore ma non posso abbatterli. Ristori offerti irrisori» La replica: «Pronto un recinto trappola ma lui ha cambiato il lucchetto d'accesso al terreno»
TRIESTE. È sempre guerra con i cinghiali per Vincenzo Ferluga, ultimo superstite, nella zona di Pisc'anzi, sopra Roiano, di una categoria ormai in via di estinzione, quella dei frutticoltori. Da anni questi animali, sempre più aggressivi, gli distruggono gli alberi da frutta. Ferluga si è rivolto in più occasioni alla Regione, che ha la competenza per le aree agricole. «Ho chiesto di poter procedere in autonomia al loro abbattimento visto che sono cacciatore - spiega Ferluga - ma mi hanno risposto di no. Ho allora domandato un risarcimento, perché ogni anno perdo dai 40 ai 60 alberi a causa dei cinghiali, ma le cifre che mi hanno proposto non esito a definirle irrisorie e fuori mercato».Da mezzo secolo Ferluga lavora un appezzamento di terra dotato di circa 600 piante da frutta, che danno soprattutto susine e amoli, ereditato da uno zio che, prima di lui, faceva lo stesso lavoro. «Oramai - evidenzia Ferluga, oggi 68enne - sono all'ordine del giorno gli attacchi alle mia piante da parte dei cinghiali, che si avvicinano alla città sempre di più, anche perché si moltiplicano a dismisura. Ed essendo molto numerosi sul territorio, sono di conseguenza costretti a cercare il poco cibo che c'è in giro nel circondario di Trieste, assaltando anche i miei terreni».Dalla Regione però arrivano le spiegazioni di Dario Colombi, vicecapo del Servizio caccia e risorse ittiche: «La legge non ammette deroghe per quanto riguarda l'abbattimento, riservato esclusivamente alla Guardia forestale, perciò la qualifica di cacciatore non legittima Ferluga a esercitare quest'attività. Ricordo poi - aggiunge Colombi - che avevamo predisposto un recinto trappola nel terreno di Ferluga, proprio su sua richiesta, capace di ingabbiare anche una ventina di cinghiali alla volta, ma a un certo punto, per ragioni che non conosciamo, lo stesso Ferluga ha cambiato il lucchetto all'ingresso, impedendoci di fatto di entrare e rifiutando di spiegare il perché di tale suo comportamento. Per quanto concerne infine l'entità dei risarcimenti che Ferluga contesta - conclude il funzionario regionale - non possiamo fare altro che applicare la legge, che ne definisce l'ammontare, perciò le sue proteste al riguardo sono inutili, perché la Regione nulla può sull'argomento».
U.SA.
Rabuiese, Noghere e Vignano ripulite grazie ai volontari - iniziativa di
Mujaveg con amici delle nutrie e comune
MUGGIA. Grandi pulizie sabato scorso a Muggia - in particolare nei pressi
del torrente che attraversa la zona commerciale di Rabuiese, dei laghetti delle
Noghere e della zona del bosco di Vignano - da parte dei volontari
dell'associazione MujaVeg, con la partecipazione di alcuni membri del gruppo che
alimenta la pagina Facebook dedicata alle nutrie del Rio Ospo e con la
collaborazione dello stesso Comune di Muggia. Gli interventi di pulizia si sono
realizzati in due momenti della giornata: uno la mattina e l'altro nel
pomeriggio. Risultato: trenta sacchi di rifiuti riempiti e "sottratti" alla
natura. «La mattina siamo intervenuti nella zona del centro commerciale
Arcobaleno di Rabuiese - spiega Christian Bacci, attivista di MujaVeg - in un
tratto del torrente omonimo, dove abbiamo raccolto sostanzialmente guanti e
sacchetti». Nel primo pomeriggio il gruppo si è spostato verso i laghetti delle
Noghere e il bosco di Vignano, per raccogliere vestiti e zaini lasciati dai
migranti in transito. L'iniziativa è stata realizzata, come detto, con il
supporto del Comune di Muggia, che ha messo a disposizione la piazzola ecologica
per i materiali riciclabili e alcuni contenitori stradali per il secco residuo.
L'occasione è stata quindi utilizzata anche per una rapido saluto tra i
volontari con un rinfresco, ovviamente vegano, tenuto conto delle ultime
restrizioni. «Ancora una volta - rimarca il sindaco Laura Marzi - il
volontariato interviene nel prendersi cura della città con un gesto che è
testimonianza dello spirito che anima i nostri concittadini e che è per tutti
noi motivo di orgoglio. Una solidarietà dei fatti, non delle parole, quella di
persone normali che, ancor più in questo difficile periodo, danno dimostrazione
dell'importante senso di comunità che sta alla base della nostra Muggia».
Luigi Putignano
MONFALCONE - Trovati idrocarburi pesanti e un serbatoio un metro sotto la
centrale termoelettrica
Individuati da A2A durante verifiche preliminari per la realizzazione del
Turbogas. In campo l'Arpa per l'iter della bonifica
Idrocarburi pesanti nel sottosuolo della centrale termoelettrica cittadina.
La scoperta è avvenuta nel corso di indagini preliminari alla progettazione
esecutiva della opere civili relative al nuovo impianto Turbogas. L'evento di
inquinamento è stato rilevato in particolare nel terreno corrispondente al
serbatoio 2, a circa un metro di profondità. La circostanza ha richiesto un
approfondimento delle indagini, e quindi un necessario ampliamento della
procedura legata all'attività di bonifica. In campo, dunque, l'Arpa Fvg, l'iter
è tuttora aperto, proseguendo con le opportune verifiche. L'azienda aveva
infatti comunicato alle autorità e istituzioni preposte che nell'ambito degli
interventi nell'area era stato notato l'inquinamento del sottosuolo. Da qui il
coinvolgimento di Arpa che, attraverso i propri tecnici, aveva eseguito un
sopralluogo alla centrale e avviato i relativi prelievi al fine di accertare la
tipologia di inquinamento e la concentrazione dell'elemento inquinante. Durante
il sopralluogo era emerso che l'inquinamento in questione si trovava a circa un
metro di profondità nel terreno, ricoperto di cemento; appariva uno strato
scuro, l'odore riconducibile a idrocarburi. L'esito delle analisi aveva
confermato la presenza nel sottosuolo degli idrocarburi pesanti, per i quali
erano stati accertati valori superiori ai limiti di legge. Le misurazioni e le
analisi effettuate dai tecnici di Arpa sono avvenute "in parallelo" con quelle
della stessa A2A Energiefuture, tramite i propri operatori specializzati. Una
duplice attività ai fini del confronto tra le indagini dell'ente pubblico e
dell'azienda proprietaria del sito. I dati prodotti da Arpa e da A2A erano
risultati concordi. È pertanto seguito l'ampliamento della procedura dovendo
intervenire con ulteriori sondaggi volti a stabilire l'estensione effettiva
dell'inquinamento e le relative caratteristiche, utili ad una bonifica completa
del terreno interessato dalla presenza degli idrocarburi. L'attività di bonifica
dell'area ha riservato un ulteriore imprevisto. Nel corso del sopralluogo da
parte dei tecnici di Arpa Fvg nella zona corrispondente al serbatoio 2, è stato
visionato un serbatoio interrato del quale prima della effettuazione dei
sondaggi si ignorava la presenza, la stessa A2A Energiefuture non ne era a
conoscenza. Potrebbe trattarsi di un vecchio serbatoio adibito a riserva di
gasolio, ma sarà Arpa Fvg a implementare le verifiche anche in questo caso, al
fine di approfondire la situazione, dalla valutazione circa le dimensioni del
serbatoio alla presenza di elementi o tracce inquinanti, allo stato del fondo
del terreno sul quale poggia il deposito, e quindi se sia necessaria o meno la
relativa bonifica. Il tutto sempre "in parallelo" con le stesse indagini da
parte dei tecnici specializzati dei quali si è dotata l'azienda, a titolo di
confronto. Certo è che le ulteriori "espansioni" della procedura comportano
prolungamenti delle tempistiche, ma anche ulteriori costi a carico di A2A.Di
tutti questi aspetti è stato messo al corrente anche il Comune di Monfalcone.
L'assessore all'Ambiente, Sabina Cauci, ha osservato: «Le indagini avviate sono
da considerarsi importanti e significative, perché permettono un'opera di
bonifica più attenta e approfondita. Ritengo pertanto che l'impegno assunto
dall'azienda A2A nell'eseguire le verifiche nella propria area produttiva
interna vada riconosciuto. Sono procedure che richiedono tempi lunghi, e costi,
ma rappresentano una garanzia di rispetto e tutela».Il rilevamento di
idrocarburi nel sottosuolo non è il primo evento di inquinamento riscontrato
nell'ambito dell'attività di bonifica dell'area della centrale termoelettrica.
Altre indagini suppletive si erano rese necessarie infatti a seguito della
presenza di vanadio individuata sotto il serbatoio 5 (il vanadio è presente
naturalmente negli idrocarburi) in concentrazioni superiori alla soglia massima
consentita che interessavano una superficie di circa mille metri quadrati,
ricoperta di calcestruzzo, per le quali erano state attivate le necessarie
procedure. A2A, presente a Monfalcone dal luglio 2009, aveva chiuso l'attività
produttiva che utilizzava gli impianti alimentati ad olio combustibile già nel
2012 (Gruppi 3 e 4). L'azienda aveva istruito la procedura culminata nel marzo
2019 nel progetto di bonifica, che era stata effettuata tra settembre dello
scorso anno fino a febbraio 2020.
Laura Borsani
Gli ambientalisti: «Troppe incognite sul futuro del sito» - l'associazione
Rosmann
«Siamo gli ultimi in Italia a bruciare carbone (anche se la centrale - non
strategica per Terna - è ferma da mesi e sottoutilizzata da anni), tra 25/30
anni, a fine ciclo della nuova centrale, saremo gli ultimi a bruciare gas.
Un'opzione sul futuro che legherebbe il monfalconese a un modello di industria
pesante tipica del secolo scorso, con scarse prospettive verso forme economiche
più moderne e sostenibili». Lo sostiene l'associazione ambientalista "Eugenio
Rosmann", che aggiunge: «Il mantenimento di un grande polo energetico a
Monfalcone sarebbe di ostacolo ad attività come turismo, diportistica, termalità,
portualità, che potrebbero equilibrare il tessuto economico cittadino troppo
sbilanciato verso il settore industriale». E ancora: «Se il progetto
ottimisticamente si propone di "ridurre a quasi un terzo le emissioni di
anidride carbonica (t di CO2/MWhe), grazie alla maggiore efficienza", con
l'aumento di potenza del 256% rispetto all'assetto attuale si può dire che la
quantità di CO2 sarà pressoché invariata. Ciò in netto contrasto con gli impegni
dello Stato in materia di riduzione delle emissioni climalteranti. In aggiunta
si è prospettata l'ipotesi della co-combustione dell'idrogeno insieme al gas che
pone molte altre domande.
Chiazza oleosa lunga 300 metri - Interdetto il Canale Est Ovest - l'ordinanza
urgente
Una scia di materiale oleoso, con ogni probabilità idrocarburi, lunga quasi
come tre campi di calcio messi uno vicino all'altro, ha provocato da domenica e
fino a ieri alle 17 il blocco della navigazione sul canale Est Ovest.
L'interdizione è avvenuta per ordinanza sindacale, dopo che si è reso evidente
la difficoltà di contenere lo sversamento accertato sabato mattina, per il quale
non sono state sufficienti le panne assorbenti in dotazione alla Protezione
civile monfalconese, chiamata - come prassi - a intervenire per arginare il
pericolo e impedire lo sfocio a mare dell'ampia chiazza. Difficile, rifletteva
ieri mattina il comandante della Polizia locale Rudi Bagatto, accorsa alla
periferia est dopo la segnalazione dell'inquinamento sulle acque interne
cittadine, quantificare con precisione l'entità del materiale trovato su quegli
specchi acquei. Si sa però che la scia, in lunghezza, raggiunge tranquillamente
i trecento metri. E resta ignoto il responsabile dell'accaduto, ma le indagini
sono state avviate dagli agenti del comando di via Rosselli, per risalire alla
sua identità. L'Arpa è stata chiamata a rilevare ed esaminare il materiale
oleoso rinvenuto in mare, dunque si attendono gli esiti dei prelievi. A ogni
modo una delle ipotesi formulate dagli esperti tenderebbe a ricondurre lo
sversamento a operazioni di lavaggio della sentina, «che però ovviamente non si
possono condurre nel canale», precisa il comandante Bagatto. L'altra eventualità
presuppone un guasto accidentale del motore di un'imbarcazione, per ora appunto
sconosciuta. In ogni caso un danno non da poco, anche perché per il contenimento
della macchia si è dovuto ricorrere a una ditta privata specializzata di
Trieste: le panne della Protezione civile, solitamente sufficienti ad arginare
situazioni come questa, stavolta non sono bastate. Per consentire le operazioni
di bonifica il sindaco ha emesso domenica specifica ordinanza, di carattere
contingibile e urgente, per interdire la navigazione lungo il canale, ripresa
ieri alle 17. «Se individuato - conclude Bagatto - il responsabile sarà chiamato
a rispondere di inquinamento ambientale, colposo o doloso, a seconda che il
fatto sia di natura accidentale, dovuto per esempio a un guasto, o meno».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 novembre 2020
Recovery Fund per il Porto vecchio - In ballo sette progetti per 67 milioni
Il Comune punta su cinque immobili e due spazi aperti per incassare i
fondi tramite il ministero: risposte decisive a gennaio
I soldi del Recovery Fund per il Porto vecchio di Trieste. Si tratta di un
sogno per il momento stimato in 67 milioni di euro, al quale si sta lavorando a
più livelli: governativo, parlamentare e locale. In questi mesi la deputata del
Pd Debora Serracchiani si è resa parte attiva con il ministro dei Beni
culturali, Dario Franceschini, affinché l'area rientri nella "top ten" delle
attrazioni turistiche italiane che potrebbero beneficiare del fondo europeo per
la ripresa: «Franceschini sta lavorando a un grande progetto che riguarda una
decina di siti, considerati attrattori turistico-culturali di livello nazionale
- spiega la parlamentare -. L'Arsenale di Venezia, ad esempio, o l'ex
Manifattura Tabacchi di Palermo. È un'ipotesi di lavoro. Con il ministro ci
stiamo adoperando per farvi rientrare pure il Porto vecchio». Per questo motivo
gli uffici del sindaco, Roberto Dipiazza, nei giorni scorsi hanno presentato una
bozza preliminare a Roma: se sarà accettata, a gennaio 2021 il Comune avvierà la
progettazione definitiva, mentre il cantiere si dovrebbe svolgere tra il 2023 e
il 2026. «Mi ha telefonato Franceschini - racconta Dipiazza - e mi ha chiesto se
avevo pronto un progetto, dal momento che ci potrebbero essere dei fondi
disponibili. Ho risposto di sì: quello che avevo già sottoposto a Serracchiani
quando è venuta la commissione da Roma a farci i complimenti per come abbiamo
usato i 50 milioni (stanziati dallo stesso Franceschini nel 2016, con
Serracchiani governatrice, ndr)». Il sindaco si riferisce a un episodio avvenuto
a novembre 2019: subito dopo, a marzo 2020, Dipiazza aveva chiesto all'esecutivo
una cifra analoga, sempre per il Porto vecchio. Adesso potrebbe arrivare. «È un
progetto di questi ultimi mesi - prosegue Dipiazza -. Con Serracchiani sono
sempre rimasto in rapporti di collaborazione: per me è importante che le cose si
facciano. Ho messo a disposizione il mio uomo di fiducia, Giulio Bernetti
(direttore del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità del
Comune, ndr). Aspettiamo i risultati». Bernetti spiega di aver appena inviato a
Roma un progetto preliminare, che prevede innanzitutto la riqualificazione di
cinque immobili considerati alla stregua di beni culturali: la vecchia locanda,
la rimessa locomotive, i Magazzini 19 e 20 nonché i varchi monumentali
all'ingresso di largo Città di Santos. Sono messi in conto pure interventi su
due spazi aperti: il viale monumentale e il cosiddetto parco lineare. Il primo,
detto anche «viale dei congressi», corre tra i magazzini del nuovo centro
congressuale completato per Esof, partendo dalla rotatoria di Barcola. Qui si
vogliono costruire una pista ciclabile e due ampi marciapiedi pedonali, da far
correre tra la prima e la seconda fila di edifici, proseguendo fino all'altro
capo del Porto vecchio, in modo da mettere in comunicazione Barcola e il centro
città. Saranno inoltre recuperati i binari e piantati nuovi alberi. Il parco
lineare passa invece tra la seconda e la terza fila di edifici: si chiama così
perché è di fatto un parco, di forma inusualmente allungata, dove si vuole
creare una vera e propria area verde attrezzata per l'attività sportiva, che a
sua volta collegherà Barcola e città. Le infrastrutture saranno dotate di fibra
ottica e luminarie. Intanto Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio
regionale e candidato in pectore del centrosinistra per le amministrative del
2021 a Trieste, ha ottenuto rassicurazioni sull'arrivo dei finanziamenti: «A
Roma (la scorsa settimana, ndr) ho incontrato il ministro Franceschini e la
ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. Ho chiesto garanzie sull'uso del
Recovery Fund anche per il nostro territorio. De Micheli mi ha detto che una
parte importante dei 4 miliardi assegnati al suo dicastero sarà dedicata a
portualità e logistica di Trieste e del Fvg. Franceschini ha confermato
l'impegno a intervenire nuovamente sul Porto vecchio: restano da definire
quantum e specifiche della progettualità. Perché l'Europa accetti la richiesta,
bisogna rispettare parametri ben precisi. Ma manca ancora una visione
complessiva per il fronte mare, che tenga conto di sostenibilità energetica e
così via: ora maggioranza e opposizione prendano un impegno assieme».
Lilli Goriup
E la Regione prepara il suo piano per intercettare gli aiuti europei
Nella settimana di commissioni online in seno al Consiglio regionale è
prevista un'informativa dell'assessore Zilli sullo strumento dell'Ue
Nella settimana dedicata alle commissioni per i consiglieri regionali del
Friuli Venezia Giulia, con sedute in modalità telematica (la loro pubblicità
sarà garantita grazie alla diretta streaming audio-video sul sito web del
Consiglio stesso), si parlerà anche di finanza e Recovery Fund oltre che di
studio universitario e porto di Monfalcone. L'appuntamento è per giovedì, quando
si riunirà la Prima Commissione presieduta da Alessandro Basso (Fdi),
inizialmente integrata dai presidenti delle altre commissioni e convocata alle
10 per l'approvazione del Bilancio consolidato della Regione 2019, mentre nella
sua composizione regolare verrà chiamata ad ascoltare un'informativa
dell'assessore regionale alle Finanze Barbara Zilli proprio in merito al
Recovery Fund e ai progetti strategici da finanziare. Subito dopo, la
commissione esprimerà un parere sulla delibera di giunta concernente le
modifiche al Regolamento del 2004 sull'organizzazione dell'amministrazione e
degli enti regionali.«Nel contesto di uno spirito di leale collaborazione, per
questa amministrazione è prioritario il coinvolgimento degli enti locali, oltre
che di tutte le forze politiche rappresentate nelle istituzioni del territorio,
nel processo finalizzato alla redazione del Piano progettuale da presentare al
governo per il Recovery Fund. In quest'ottica, inoltre, è altrettanto importante
per la giunta che al lavoro iniziato dalle direzioni si affianchi l'essenziale
contributo della competente commissione consiliare», la prima dichiarazione
programmatica di Zilli a fine settembre. In preparazione di una prima proposta
di documento regionale, è stato dato mandato alle direzioni centrali di
raccordarsi con i propri interlocutori privilegiati sul territorio in modo da
esprimere progetti di investimento di ampia portata, condivisi con il
partenariato e che presentino le caratteristiche di adeguata maturità
progettuale e avanzato livello di progettazione, al fine di garantire le
tempistiche fissate dalla Commissione europea, che prevedrebbero impegni entro
il 2023 e la spesa entro il 2026. «La prima versione della proposta regionale -
ha spiegato Zilli - dovrà necessariamente contenere pochi progetti ma di elevata
strategicità e impatto».
L'ok ambientale in giunta accelera il patto con Regione e Authority
Il via libera alla Vas legittima il sindaco a firmare l'accordo di
programma sulla gestione dell'area
La giunta comunale approva la Valutazione ambientale strategica (Vas) sul
Porto vecchio e il sindaco Roberto Dipiazza è legittimato a firmare l'accordo di
programma, che, d'intesa con Regione Fvg e Autorità portuale, definisce la
"governance" dei 65 ettari tra il Molo IV e il terrapieno di Barcola. Il punto
cardine della riqualificazione è l'articolazione del grande spazio in quattro
sistemi: procedendo dal centro verso Nord troviamo la zona mista (residenziale-turistica-commerciale),
la zona dei moli (che resta competenza dell'Autorità), la zona
espositivo-culturale, la zona ludico-sportiva. Avanti allora - spiega il
direttore dipartimentale Giulio Bernetti - con variante urbanistica, distinzione
tra proprietà pubblica e quella alienabile, statuto del consorzio (controllato
al 52% dal Municipio): finalmente scopriremo quanti posti ci saranno nel cda.Ma
se Dipiazza ha ottenuto il via libera, dovrà comunque coordinarsi con gli
autografi di Massimiliano Fedriga e di Zeno D'Agostino. L'accordo di programma,
una volta firmato dal primo cittadino, sarà ratificato (o meno) entro 30 giorni
dal Consiglio comunale, senza dibattito. Il procedimento di Vas era stato
avviato nel settembre del 2019, avendo coinvolto nell'iter Arpa, Soprintendenza,
Azienda sanitaria. A giugno una prima recezione da parte della giunta comunale,
poi, una volta pubblicato in luglio nel bollettino della Regione, nei 60 giorni
a disposizione della cittadinanza il documento ha attirato 14 osservazioni. A
presentarle Roberto Dambrosi per "Un'altra città", Italia nostra, Giulio Taccheo,
Territorio libero di Trieste, Regione Fvg (Ambiente), Stefano Caprin, Nicola
Falconetti, Laura Famulari come segretario provinciale del Pd, Arpa, Gianfranco
Depinguente per Italia viva Fvg, Ordine degli architetti, Studio Metroarea.
Qualcuna è stata recepita, la gran parte no. Frequenti le richieste di ottenere
ulteriore tempo per l'analisi delle carte. Trasportistica in primo piano:
ricorrente l'attenzione (perlopiù critica) alla cosiddetta "ovovia", l'impianto
a fune che nei desiderata comunali dovrebbe collegare centro, Porto vecchio,
Opicina. Evidenze inoltre sull'utilizzo della ferrovia all'interno del compendio
e sugli impatti producibili dal traffico rotaia/mare. Chiarimenti poi sulla
prestazione energetica degli edifici, sui rumori, sulla gestione dei rifiuti.
Interessa dal punto di vista tecnico-progettuale la possibilità dei cosiddetti
"collegamenti aerei" tra gli stabili. Il Tlt, oltre che sul presupposto
giuridico dell'area, ha obiettato sull'ampiezza della zona inquinata e sulla
rete fognaria. Non sono mancati momenti più leggeri, come la conversione della
"vecchia locanda" in ristorante-caffetteria-bistrot con infopoint. Strepitosa la
richiesta, a cura del Servizio valutazioni ambientali della Regione, di un
adeguato monitoraggio dedicato alla presenza dei chirotteri, che potremmo
tradurre nel più divulgabile pipistrelli.
Massimo Greco
Il progetto dell'ovovia torna in commissione - La seduta
Secondo atto in Sesta commissione, alle 10 di martedì 24 novembre, per il
progetto dell'ovovia Opicina - Bovedo. Il presidente della commissione Salvatore
Porro ha convocato per quel giorno un'altra seduta online dedicata all'argomento
dopo quella svoltasi di recente, in cui tecnici e giunta hanno illustrato il
progetto. La seconda seduta permetterà ai consiglieri di approfondire la
questione con domande e interventi.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 novembre 2020
Vanno a pesca di calamari e avvistano un Pesce Luna che corteggia la loro
barca
Raro esemplare incontrato da due cormonesi a 6 miglia dall'isola:
«Pensavamo fosse una verdesca, gli abbiamo dato degli scampi»
Grado. Non volevano credere ai loro occhi. E quando si sono accorti che, sì,
quello di fronte a loro era davvero un rarissimo esemplare di Pesce Luna,
l'emozione li ha travolti e hanno accompagnato il loro singolare visitatore per
un po' offrendogli anche degli scampi."Guarda che luna, guarda che mare" cantava
Fred Buscaglione, e potrebbero essere proprio queste note quelle perfette per
raccontare quanto accaduto a pochi chilometri da Grado. La scena che il
cormonese Marco Tami e l'amico Filippo Tagliafierro hanno vissuto e ripreso con
un cellulare l'altra mattina al largo dell'isola è stata davvero da raccontare
ai posteri. «Stavamo pescando calamari a circa 6 miglia a Sud-Sud/Ovest di Grado
- racconta Tami - quando abbiamo visto una pinna dorsale fuori dal pelo
dell'acqua ipotizzando uno squalo/verdesca, ma poi si è avvicinato e ha compiuto
due giri completi a meno di un metro attorno alla barca, placido e tranquillo:
era uno splendido esemplare di Pesce Luna, lungo circa due metri e dal peso
stimato di 200 chilogrammi».Nel video si vede l'animale avvicinarsi alla barca e
girarci lentamente intorno: sembra quasi accompagnare i due pescatori, che non
credono ai loro occhi nel poter osservare così da vicino un esemplare splendido.
«Il Pesce Luna - continua Tami - è il più grande nonché uno dei più pesanti tra
i pesci ossei: gli adulti possono superare i mille chilogrammi, arrivando anche
a duemila in taluni casi». La particolarità dell'avvistamento avvenuto l'altro
ieri al largo di Grado sta tutta nel fatto che il Pesce Luna sia un animale che
ha il suo habitat preferito nelle acque tropicali del Su ed in quelle temperate:
«Ma può anche arrivare in mari più freddi in certi casi - sottolinea Tami -. È
un pesce che ha inoltre un'altra caratteristica particolare: è estremamente
longevo». Si ritiene infatti che possa superare i cento anni d'età.La visione
del grande pesce originario di mari più caldi fa il paio con un altro
avvistamento avvenuto qualche giorno fa al largo di Trieste, quando alcuni
ricercatori di Morigenos avevano filmato due splendide balenottere pinna, tra
gli animali più grandi del pianeta. Insomma, l'Alto Adriatico conferma di essere
luogo amato da diverse specie marine. Ora, dopo le balenottere, il Pesce Luna,
il cui nome scientifico è "Mola mola". In inglese anche "sunfish" per il fatto
che durante le giornate di sole tende a salire alla superficie dell'acqua. E
così, può farsi ammirare nella sua bellezza.
Matteo Femia
IL PICCOLO - SABATO, 14 novembre 2020
«Non si snaturi la storia del Porto vecchio» - l'appello di Italia Nostra
Il Porto vecchio rappresenta «un patrimonio storico» che bisogna a tutti i
costi proteggere da interventi che non siano coerenti con la sua evoluzione. È
il cuore dell'appello lanciato da Italia Nostra, la realtà che si prefigge la
difesa dei beni culturali e dell'ambiente e che vede con preoccupazione le
continue richieste avanzate all'amministrazione comunale di inserire «opere,
targhe, statue che nulla vi hanno a che fare». Secondo i membri
dell'associazione «la toponomastica di un territorio deve seguire un percorso
preciso - si legge nel comunicato di Italia Nostra -. La denominazione di nuove
aree di circolazione deve essere legata a fatti, personaggi e avvenimenti
sociali, culturali e politici della storia cittadina, nazionale o
internazionale, che siano in qualche modo connessi al Porto vecchio».Tutelare
l'identità dell'antico scalo, ancora oggi oggetto di studio ben oltre i confini
nazionali, è, secondo Italia Nostra, un obbligo morale: «È essenziale che
vengano ricordati i nomi dei personaggi che l'hanno ideato e costruito, ma non
quelli di chi non ha alcuna relazione con la sua storia. Né possiamo - conclude
Italia Nostra - disseminarvi opere effimere che pensano di rimanere nella
storia».
li.ca.
Scatta la riqualificazione delle sponde del Timavo a San Giovanni di Duino
L'iter è coperto da 185 mila euro di fondi della Protezione civile - I
lavori si chiuderanno in primavera, emergenza sanitaria permettendo
DUINO AURISINA. Saranno rifatte le sponde del Timavo in prossimità delle
foci del fiume, a due passi dalla chiesa medievale di San Giovanni in Tuba,
recentemente crollate. Ad annunciare l'avvio del cantiere è l'assessore ai
Lavori pubblici del Comune di Duino Aurisina Lorenzo Pipan: «La Protezione
civile ha a disposizione per questo intervento 185 mila euro, che ci
permetteranno, finalmente, di sistemare un'area che preoccupava non poco.
L'opera sarà eseguita dal Consorzio di bonifica Pianura Isontina - aggiunge -
nell'ambito dello stesso accordo che ha portato all'ultimazione del mini Mose.
La precedente giunta di centrodestra - ricorda Pipan - aveva avviato, parecchi
anni fa, lo sminamento del Timavo, progetto che, dalla seconda guerra mondiale,
nessuna amministrazione era riuscita a portare a termine. In quella fase -
precisa l'assessore - si erano presentate le varie richieste per la
riqualificazione dell'area, che partiva ovviamente dalla messa in sicurezza
degli argini. Allora si era riusciti a ottenere il finanziamento di 185 mila
euro, sempre attraverso la Protezione civile, ma, nel maggio del 2012, era
cambiata la giunta. Così, dopo anni di immobilismo, con il serio rischio di
perdere quel contributo, ora siamo riusciti a cantierare anche quest'opera.
Purtroppo - conclude Pipan - nel frattempo la situazione è peggiorata e la
giunta attuale, con il sindaco Daniela Pallotta in testa, si impegnerà per
ricevere ulteriori contributi e poter così mettere in sicurezza le sponde».Il
cronoprogramma dell'intervento prevede, in linea di massima, la conclusione dei
lavori entro la primavera del 2021. Ovviamente il tutto è condizionato
dall'evolversi dell'emergenza sanitaria che, in casi come questi, può
condizionare negativamente lo svilupparsi del cantiere. Pipan coglie l'occasione
per chiarire anche lo stato di avanzamento del piano di riqualificazione di
Castelreggio, dove sorgeranno le sedi nautiche di tre sodalizi locali, Cupa,
Diporto nautico e Sistiana '89. «Essendo l'area interessata un bene demaniale -
spiega - per il nostro Comune sarà sufficiente la registrazione del contratto di
concessione recentemente siglato dalla Regione per dare il via all'intervento.
Se le tre società avranno poi bisogno di inscrivere lo stesso contratto sulle
particelle all'Ufficio tavolare per loro necessità amministrative, questo non
riguarderà l'amministrazione. Di fatto - chiude Pipan - l'Ufficio tavolare non
ha pratiche in piedi su tale fronte».
Ugo Salvini
Presunto sversamento nell'Isonzo ad Anhovo (Slovenia) - Ma l'Arpa Fvg
rassicura
«Ad Anhovo, in Slovenia, c'è stato un nuovo sversamento di sostanze chimiche
nell'Isonzo segnalatoci dai colleghi dell'associazione di tutela ambientale
EkoAnhovo». A prendere carta e penna il circolo di Gorizia di Legambiente che ha
scritto anche al Comune di Gorizia e all'assessorato all'Ambiente per segnalare
l'accaduto. «Un tanto - si legge in una brevissima nota del sodalizio ambientale
- per chiedervi di attivarvi con le autorità slovene e chiedere chiarimenti in
un'ottica di piena collaborazione». Legambiente Gorizia ritiene «che, anche dopo
quanto successo questa estate (ci fu un altro sversamento di olio anche se di
modesta entità) avere contezza di potenziali rischi maggiori di natura
industriale sia fondamentale».In serata, l'Arpa ha rassicurato: nessuna evidenza
di idrocarburi in Italia.
IL PICCOLO - VENERDI', 13 novembre 2020
Approvato il progetto del terzo lotto del Parco dell'Isonzo - una partita da
700 mila euro
Prosegue l'iter per arrivare alla realizzazione, entro la prossima
primavera, dell'itinerario ciclabile e pedonale del parco transfrontaliero
sull'Isonzo promosso nell'ambito del GectGo. In questi giorni è stato approvato
il progetto definitivo relativo al Lotto3, cofinanziato dal Programma di
cooperazione territoriale Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020 e a cura della
Rtp Stradivarie Architetti Associati che ha previsto un quadro economico
complessivo per le opere del lotto da 700 mila euro. In questi ultimi mesi sono
stati sentiti vari soggetti per procedere alla stesura del piano che ha ottenuto
una serie di pareri favorevoli che, a breve, consentiranno l'avvio dei lavori
(si tratta di Acegas Aps Amga, Regione Fvg, Ispettorato forestale di Trieste,
Consorzio di Bonifica Pianura Isontina, Insiel e Wind Telecomunicazioni). Si è
conclusa positivamente anche la Conferenza di servizi decisoria. Complesso il
piano dei lavori che prevede diverse concessioni ed espropri. L'iniziativa
porterà all'attesa rete transfrontaliera comune di percorsi ciclabili e pedonali
lungo l'Isonzo che formerà un parco urbano tra Gorizia, Sempeter-Vrtojba e Nova
Gorica, con la predisposizione di infrastrutture ricreative che valorizzeranno
il territorio anche dal punto di vista turistico. Entro il 2021 verranno
realizzati consistenti lavori infrastrutturali che miglioreranno la fruibilità
dell'area per i cittadini e per i cicloturisti. I lavori previsti all'interno
del progetto Isonzo-Soca sono divisi in quattro lotti. Il primo ha portato alla
realizzazione di un'area verde attrezzata con parcheggi per i camper a Vrtojba.
Il secondo riguarda la costruzione di una passerella sull'Isonzo a Salcano e a
delle piste ciclabili di collegamento con la ciclabile proveniente da
Salcano-Plave e questo percorso proseguirà poi fino al confine di San Mauro. Il
Lotto3 riguarda invece un itinerario ciclabile e pedonale tra Salcano, via degli
Scogli e Kolodvorska pot, sul lato sloveno. Questo tratto attraverserà la piazza
della Transalpina per estendersi fino alla Erjavceva cesta di Nova Gorica e a
via San Gabriele. Il Lotto4 prevede, infine, percorsi pedonali e ciclabili lungo
l'Isonzo da via degli Scogli al Parco di Piuma e fino a Straccis, oltre che
lungo l'asse trasversale dallo stesso Parco a via San Gabriele. Si tratta di un
itinerario ciclopedonale lungo l'Isonzo e di uno trasversale che collega via San
Gabriele al Ponte del Torrione.
Emanuela Masseria
Ovovia, secondo atto in Sesta commissione - Il progetto
Secondo atto in Sesta commissione, a partire dalle 10 di martedì 24
novembre, per il progetto dell'ovovia di collegamento tra Opicina e il Bovedo.
Il presidente della commissione Salvatore Porro ha convocato infatti per quel
giorno un'altra seduta dedicata all'argomento dopo quella svoltasi all'inizio di
questa settimana, in cui tecnici e giunta hanno illustrato il progetto. La
seconda seduta permetterà ai consiglieri di approfondire la questione con
domande e interventi.
TRIESTEALLNEWS - GIOVEDI', 12 novembre 2020
Trieste, gettano materiale edile nell’indifferenziata, multati un operaio ed
il titolare
12.11.2020 – 10:30 – Nel tardo pomeriggio di Martedì 10 Novembre, una
pattuglia della Polizia Locale di Trieste, notava in Via Molino a Vento un
giovane in abiti da lavoro, gettare a fatica nel cassonetto della raccolta
indifferenziata un grande sacco nero da 110 litri. Gli agenti hanno quindi
deciso di intervenire accertando che il sacco conteneva vario materiale di
risulta edile come pezzi di intonaco, secchi di pittura, cartoni sporchi di
polveri, malte e pezzi di piastrelle. Per tanto hanno contestato all’uomo una
sanzione di 500 euro per aver gettato rifiuti speciali in un normale cassonetto
urbano.
Infine, la medesima sanzione è stata notificata anche al titolare della ditta
presso la quale il giovane lavorava, per non aver vigilato sul corretto
smaltimento dei rifiuti prodotti dalla propria attività.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 novembre 2020
Ex Fiera, ridisegnata la viabilità - Via Rossetti si sdoppia alla fine
Il gruppo carinziano Mid presenterà a breve gli elaborati al Comune.
Investimento da 6-7 milioni con rotatorie e piste ciclabili. Spazio verde in
piazzale De Gasperi
In attesa di partire entro una ventina di giorni con il programma
trimestrale di demolizioni (che avrebbero dovuto iniziare già a ottobre), il
progetto di riconversione dell'ex Fiera procede con la progettazione esecutiva
dedicata alla viabilità che circonda il compendio. Il punto di caduta resta
confermato: il futuro centro commerciale sarà approntato entro la fine del 2022.
Un capitolo non secondario quello stradale, sia per incidenza urbanistica che
per investimento finanziario, nel futuro assetto dell'area che si svolge tra via
Rossetti, piazzale De Gasperi, via Settefontane, via Revoltella. Proprio a metà
novembre di tre anni fa l'operazione, iniziata nella primavera del 2017 con
l'acquisto dell'ex Fiera, venne presentata in Salotto azzurro dall'imprenditore
carinziano Walter Mosser, patron del gruppo Mid con sede a Klagenfurt.
Divertimenti per bambini, negozi, ristoranti, bar, botteghe artigianali e studi
professionali: un lavoro da 100 milioni di euro, forse il più grande cantiere
triestino. Cantiere che procede lentamente tra modifiche richieste dalla
Regione, ritrovamento di amianto, effetto Covid, procedure amministrative da
chiudere: l'Urbanistica comunale attende il cosiddetto piano attuativo, quello
che una volta si chiamava "particolareggiato", nell'ambito del quale ci sarà
anche la convenzione pubblico-privata. La variante è già passata al vaglio
consiliare, per cui il piano attuativo andrà in aula solo se richiesto da un
quarto dell'assise. Ma torniamo, con l'ausilio del progettista monfalconese
Francesco Morena, al tema della viabilità. Tra un paio di settimane Mid porterà
gli elaborati tecnici in largo Granatieri: piazzale De Gasperi, oggi piuttosto
degradato, sarà trasformato in uno spazio verde, la parte finale di via Rossetti
verrà sdoppiata e l'attuale fila di ippocastani segnerà la linea di mezzerìa.
Saranno realizzati, in direzione di viale Ippodromo, percorsi ciclabili e
rotatorie, che governeranno la circolazione stradale. Morena stima che
ridisegnare il traffico attorno al futuro centro commerciale costerà al gruppo
carinziano 6-7 milioni di euro. Per il resto Morena conferma il quadro numerico
su cui si svilupperà l'operazione: superficie coperta di 30.000 metri quadrati,
superficie del parking di 36.000 mq, 1.500 stalli per auto. Punta di diamante
saranno i 5.000 mq messi a disposizione di un parco-giochi indoor. La previsione
occupazionale pronostica 200 assunzioni. Il bacino potenziale di clientela,
richiamabile dal nuovo centro, viene calcolato in 400.000 persone. Dal punto di
vista operativo per ora si è provveduto solo al cosiddetto strip-out, ovvero
allo smontaggio selettivo di infissi e serramenti. Vista dall'esterno, l'ex
Fiera sembra sia stata oggetto di un attentato. Ma bisogna cominciare con le
demolizioni che non sono una passeggiata: 130.000 metri cubi di cemento da
abbattere e da macinare in gran parte sul posto per ottenere materia prima. Poi
lo scavo da 90.000 metri cubi da eseguire con mille attenzioni ambientali, dalle
acque sotterranee al via-vai dei camion che trasporteranno i detriti.
Massimo Greco
Parchi cittadini da riscoprire grazie a video foto e diaporama
"Mappatura multimediale" del verde pubblico - Protagonisti i soci del
Club cinematografico
Filmare o fotografare uno dei tanti parchi cittadini presenti a Trieste (ben
36, la cui mappa è presente sul sito verdepubblico.comune.trieste.it), spesso
sconosciuti e magari vicini alla propria abitazione. È la proposta lanciata ai
propri soci dal Club Cinematografico Triestino che chiede loro di documentare
con un breve video (5 minuti), un diaporama (4 minuti) o con sei foto singole un
parco urbano, ma anche un giardino storico oppure attrezzato del territorio
comunale, inviando i lavori entro giovedì 26 novembre a mezzo wetransfer a un
indirizzo dedicato. L'intera iniziativa sarà gestita online, mentre la serata
finale è in via di definizione sulla base dell'evoluzione sanitaria. «Ci siamo
ritrovati a dover affrontare anche noi il problema che ben conosciamo e che
accomuna tutto il mondo - spiega il presidente del Club, Giorgio Colombetta -,
ma per fortuna siamo abbastanza attrezzati per poter gestire l'attività anche
online: nonostante non si potesse farlo in presenza, siamo riusciti comunque a
riunirci a distanza una volta la settimana, proponendo varie rassegne sul web
grazie alla nostra e alla passione di alcuni soci che hanno portato alla nostra
attenzione filmati di qualità interessante». «In considerazione del fatto che
c'è la possibilità di frequentare i giardini urbani in sicurezza (l'operazione è
infatti individuale e non presenta occasione di assembramento) abbiamo pensato -
continua Colombetta - di proporre questo tema per invogliare i soci a
partecipare e inviare i propri brevi contributi in forma di film, foto e
diaporami che saranno poi resi disponibili al pubblico per la visione online sul
sito. Oggi, grazie a dei semplici e comuni programmi di montaggio che si possono
avere sul proprio pc, è possibile infatti realizzare cose molto interessanti
anche a livello hobbistico e casalingo». «La partecipazione a questa iniziativa
- precisa il vicepresidente, Giulio Salvador - è stata limitata ai soci perché
poi bisognerà preparare tutto il materiale pervenuto per la visualizzazione nel
corso di una serata, che sarà quasi sicuramente virtuale: di questi tempi fare
programmi più dettagliati è difficile. Accontentiamoci quindi delle splendide
condizioni meteo di questi giorni per girare i video». Il bando - aperto solo ai
soci, ma poi tutti potranno vedere le opere partecipanti in una sezione del sito
- è presente all'indirizzo web www.clubcinematograficotriestino.it, dove sono
presenti anche archivi di filmati "storici" visibili online e si può
ripercorrere la storia del club.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 novembre 2020
A gennaio il verdetto di Roma sull'ovovia Opicina-Park Bovedo
A inizio 2021 il ministero dei Trasporti deciderà se finanziare il maxi
progetto da 30 milioni
Il 15 gennaio, salvo ulteriori rinvii, Roma deciderà se finanziare il
progetto dell'ovovia di Trieste, il sistema di trasporto a fune che dovrebbe
collegare Opicina - dove nei pressi della nuova stazione verrebbe realizzato un
parcheggio da 800 posti - al Park Bovedo, per consentire ai suoi fruitori di
raggiungere il Porto vecchio e il centro storico. A competere con il progetto
caldeggiato dall'amministrazione Dipiazza - anche se non è escluso che il
ministero dei Trasporti decida di finanziare entrambi - c'è quello della funivia
Casalotti-Boccea di Roma e voluto della sindaca Virginia Raggi. Il progetto
triestino che punta a collegare il Carso al mare è stato al centro ieri della
seduta online della Sesta commissione del Consiglio comunale. A illustrarlo
l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli e il direttore del Dipartimento che
racchiude Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità, Giulio Bernetti.
L'opposizione, è bene dirlo subito, avanza forti perplessità. Ma da cosa nasce
la necessità di valutare un trasporto su fune? Uno studio dello scorso anno ha
analizzato i movimenti in arrivo con diversi mezzi di trasporto da 154
destinazioni. Si sono considerati in particolare tre aspetti: il futuro sviluppo
del Porto vecchio, l' aumento e, soprattutto, le criticità della cosiddetta
penetrazione da Nord, «con una Costiera - ha specificato Bernetti - che
evidenzia dei problemi di tenuta. Non riesce più a reggere a livello statico
quella portata di traffico». E qui si inserisce per l'appunto il progetto
dell'ovovia, che, se approvato, verrebbe interamente finanziato dal ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti. Costo: oltre 30 milioni. Il traffico
stimato è di circa 3,5 milioni di passeggeri all'anno. L'utile stimato è di 500
mila euro all'anno, con tariffe agevolate, simili a quelle per viaggiare in
autobus, per i residenti. L'impianto sarebbe anche a prova di Bora, e sulla base
di un'analisi storica resterebbe chiuso al massimo 25 giorni all'anno. Ad oggi
il progetto alternativo resta il "tubone" sottomarino dal Porto vecchio a Campo
Marzio, che però non risolverebbe il problema della Costiera. «Il tram non è in
competizione con questo progetto», ha sottolineato Bernetti: «Quello è un
trasporto turistico a bassa capacità e non risolve il problema di accesso da
Nord». Polli ha parlato a propria volta di un impianto «con solide basi
progettuali, sicuro, volto all'innovazione, ecologicamente sostenibile. Le ditte
italiane che progettano questo tipo di impianti hanno realizzato trasporti
volanti per città come Berlino, Barcellona, ma pure Perugia e Erice. Anche sulle
Dolomiti, patrimonio Unesco, sono consentiti impianti di questo tipo, anche in
punti di vento forte come Plan de Corones, in cui vengo fatti dei fermi impianto
per raffiche forti». L'opposizione solleva forti dubbi. La commissione di ieri
però, per mancanza di tempo, non ha lasciato spazio agli interventi dei singoli
consiglieri. Così il presidente della Sesta commissione Salvatore Porro ha
assicurato che convocherà una nuova seduta con il medesimo ordine del giorno
entro fine mese. «Se da un lato capisco la necessità di rafforzare la
penetrazione da Nord - spiega la capogruppo del Pd Fabiana Martini - dall'altro
mi chiedo perché si sia puntato tutto su questo progetto, senza valutarne di
alternativi, con minor impatto ambientale. Nutro delle perplessità anche sulla
sostenibilità economica, ma sospendo il giudizio in attesa di ulteriori
dettagli». «Se il parcheggio prevede 800 posti - si chiede il pentastellato
Paolo Menis - e le stime sulla fruibilità del tratto Opicina-Bovedo raccontano
che ogni ora saliranno a bordo dell'ovovia circa 511 persone, in quanto tempo si
riempiranno quei posti macchina? Ci sono delle incongruenze». Nello specifico,
il problema del parcheggio lascia perplesso anche Roberto De Gioia di Trieste
Futura. «Sono favorevole a un collegamento via fune Carso-mare - premette - ma
dove parcheggeranno le automobili dei fruitori dell'ovovia? A Monte Sacro? In
quale area e come sarà sorretta lì la viabilità? Proprio perché avevo già
rilevato queste criticità io in passato avevo proposto che la funivia arrivasse
a Monte Grisa dove ci sono già a disposizione un ampio parcheggio e l'uscita di
Prosecco».
Laura Tonero
La costa di Duino perde un pezzo di storia: finita in mare la roccia chiamata
"El Capel"
Caduta l'inconfondibile punta tra le falesie da cui si tuffavano i
ragazzi. Era anche un riferimento per pescatori e velisti
DUINO AURISINA. Per i duinesi è come se fosse stato tolto loro un pezzetto
di storia, perché da quella piccola piattaforma naturale, incastonata in mezzo
alle falesie, si sono tuffate in mare intere generazioni. Ma la natura fa il suo
corso e improvvisamente quello che gli autoctoni chiamavano "El Capel'', proprio
perché la forma di quella roccia ricordava vagamente un berretto, si è staccato
ed è precipitato nelle acque del golfo, ed è ora visibile ai subacquei che sono
già accorsi numerosi a fotografarlo, come se si trattasse di un tesoro sommerso.
A conferma che il legame fra i duinesi e quello spuntone di roccia così
particolare era particolarmente forte.«Eravamo affezionati tutti a quella sorta
di trampolino naturale - spiega Vladimiro Mervic, riconosciuto custode delle
tradizioni locali - al quale risultano legati ricordi di ogni tipo. Più o meno
tutti in paese, da ragazzi, siamo andati a tuffarci da lassù. Ma "El Capel" era
anche un punto di riferimento per i tanti che vanno per mare: pescatori,
diportisti, atleti della vela e del canottaggio. Se non si era troppo distanti
da riva e si guardava verso la costa - sottolinea l'ex consigliere comunale -
era impossibile non notarlo. Ci mancherà».Raccontata la vicenda recente, ricca
di venature romantiche, resta da capire chiaramente quale possa essere stata la
causa di questa improvvisa frattura della roccia. «È sempre molto difficile
fornire spiegazioni di natura scientifica in assenza di elementi certi e di
analisi approfondite che richiederebbero del tempo - esordisce il geologo Giulio
Lauri - ma va intanto ricordato che le falesie, come in generale tutte le rocce
del Carso, sono instabili, perché caratterizzate da molti spuntoni verticali,
quasi sempre più o meno inclinati, sensibili perciò a tutti gli agenti esterni.
È poi notorio che le rocce di questo tipo presentano spesso cavità nelle quali,
durante la stagione fredda - prosegue lo stesso Lauri - l'acqua che si deposita
può ghiacciare e, dilatandosi, allargare le fessure preesistenti. In questa
maniera - evidenzia ancora il geologo - si creano fenomeni di degradazione delle
strutture che possono culminare in frane e cedimenti».Le rocce del Carso sono
poi famose proprio per la loro propensione alla dissoluzione e allo stabilirsi
di particolari forme di corrosione, tanto sulla superficie esterna quanto lungo
le fenditure che conducono l'acqua al loro interno.A dare il colpo decisivo a
"El Capel'', che probabilmente stava perdendo la sua stabilità da tempo
immemorabile, potrebbe essere stato l'ultimo fortissimo terremoto il cui
epicentro è stato individuato nel mare Egeo.«Anche su questa ipotesi bisogna
essere molto cauti - conclude Lauri - per quanto sia utile considerarla fra le
possibili cause».Della caduta de "El Capel" hanno annunciato che si occuperanno
nelle prossime settimane anche altri studiosi
Ugo Salvini
Riserve naturali, ecco come si può accedere Valle Cavanata, Cona, Gradina
STARANZANO. Per l'emergenza Covid 19 la riserva naturale regionale della Valle Cavanata ha ufficializzato le condizioni di accesso nell'area protetta. Il centro visite rimarrà chiuso fino a nuova comunicazione. Verrà interrotta anche l'organizzazione delle visite guidate. L'accesso alla riserva è consentito in autonomia. Anche nella riserva dei laghi di Doberdò e Pietrarossa, sono state ridotte le attività. In primo luogo è stato annullato con effetto immediato il corso di fotografia previsto anche il 15 novembre. Il bar del centro visite Gradina sarà regolarmente aperto venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18. Si può visitare il museo su richiesta. Anche per i visitatori dell'Isola della Cona valgono le stesse regole. Previsto l'accesso al bar "Il Pettirosso".
CI. VI.
Smog, nuova mazzata per l'Italia - La Corte Ue: «Violata la direttiva»
I giudici europei: «Pm10 sistematicamente sopra i limiti». Il ministro
Costa: «Verdetto giusto»
BRUXELLES. Dal 2008 al 2017 l'Italia ha violato in maniera «sistematica e
continuativa» la direttiva sulla qualità dell'aria. Lo hanno stabilito i giudici
della Corte di Giustizia europea, accogliendo il ricorso presentato nel 2018
dalla Commissione Ue per il superamento dei limiti di Pm10. Un verdetto che non
sorprende affatto il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa: «I dati sono
incontrovertibili alla prova dei fatti - ammette - e indicano un problema che
purtroppo non è ancora risolto». I giudici non hanno inflitto sanzioni
all'Italia ma, spiegano dalla Corte, «la Commissione, qualora ritenga che lo
Stato membro non si sia ancora conformato alla sentenza, può proporre un altro
ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie». Nonostante i continui sforamenti, in
particolar modo nelle aree del Nord attorno alla Pianura Padana, Costa assicura
che il governo è al lavoro per cercare di limitare le emissioni di polveri
sottili: «Sin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli
strumenti possibili, in accordo con le regioni, per affrontare il tema della
qualità dell'aria». Il ministro ha ricordato che «ogni anno sono 80mila le
vittime dovute a questa problematica che investe soprattutto il Bacino Padano,
ma non solo».Condanna «inevitabile» anche per Legambiente, che in un recente
rapporto aveva redatto un bilancio decennale del fenomeno in Italia, prendendo
in esame la situazione in 67 città che avevano sforato almeno una volta i
limiti. Secondo l'associazione ambientalista, il 28% delle città esaminate nel
decennio ha sforato i limiti tutti gli anni e il 9% lo ha fatto in 9 anni su
dieci. Tra le città sulla lista nera nel report di Legambiente ci sono Torino,
Milano, Alessandria, Asti, Vicenza e Frosinone.Il caso esaminato ieri dai
giudici della Corte si trascina dal 2014, anno in cui la Commissione aveva
avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell'Italia per aver
superato i valori limite giornalieri e annuali per quanto riguarda la
concentrazione di particelle di Pm10, in modo particolare per non aver adottato
misure appropriate per evitarlo. Il botta e risposta è proseguito per 4 anni,
dopodiché - a ottobre del 2018 - Bruxelles aveva deciso di portare l'Italia
davanti alla Corte «ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti» dal governo.
Roma aveva provato a difendersi, dicendo che lo smog era dovuto a diverse fonti
di inquinamento o alle particolarità topografiche e climatiche delle zone
interessate. Obiezioni che sono state però respinte: la responsabilità è
comunque dell'esecutivo. Così come è stata respinta la circostanza, sollevata
dall'Italia, della «limitata estensione» delle zone inquinate rispetto al
territorio nazionale: secondo la Corte «il superamento dei valori limiti fissati
per le particelle Pm10, anche nell'ambito di una sola zona, è di per sé
sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento alle disposizioni della
direttiva Ue sulla qualità dell'aria».Al momento sono tre i procedimenti aperti
dall'Ue nei confronti del nostro Paese per la qualità dell'aria: oltre a quello
relativo alla sentenza di ieri, sul tavolo della Corte c'è anche l'accusa di
aver superato i livelli di ossido di azoto e recentemente la Commissione ha
aperto una procedura per gli sforamenti di polveri ultrasottil i Pm2,5.
Marco Bresolin
Sgravi, meno emissioni e Kerry per una svolta sul clima
La prima mossa dopo l'insediamento: rientrare nell'Accordo di Parigi -
Senza maggioranza al Senato difficili grandi riforme sull'ambiente
L'America di Joe Biden tornerà a far parte dell'Accordo sul clima di Parigi.
La richiesta di rientrare nel club dei firmatari sarà il primo atto formale
dell'Amministrazione democratica. Da quel momento - 20 gennaio, data di
insediamento - scatteranno 30 giorni di attesa prima del rientro a tutti gli
effetti. Passaggio semplice e fortemente simbolico che rimetterà l'America fra i
Paesi leader nel tentativo di imprimere una svolta globale alle politiche sul
clima. Anche per questo Biden potrebbe chiamare in campo John Kerry, vero
artefice degli accordi parigini del 2015. Lo scorso anno l'ex segretario di
Stato aveva lanciato una sorta di "Coalition contro il cambiamento climatico", a
dimostrazione di quanto il tema gli sia caro. Kerry è stato il primo a
considerare il clima come una questione di sicurezza nazionale. Per lui Biden
potrebbe ricavare un nuovo incarico nel governo americano, una sorta di "Secretary
for Climate Change", staccato dal ministero dell'Ambiente. Più operativo. Ma è
quel che succederà dopo il ritorno Usa nell'Accordo sul clima, il vero banco di
prova. Rispettare gli impegni di Parigi - in sintesi, riduzione delle emissioni
drastico entro il 2050, taglio dei gas serra e riduzione della temperatura sul
globo entro il trend di crescita di 1,5 gradi - richiede specifiche e concrete
scelte politiche. Sono passati ormai 5 anni e Trump ha smantellato a colpi di
"ordini esecutivi" diverse norme lasciando ai giganti dell'energia campo libero.
Biden, se dovesse fallire nell'obiettivo di prendere il controllo del Senato (si
vota in Georgia il 5 gennaio) e quindi dell'intero Congresso, non potrà fare
riforme di ampio respiro. Tuttavia Karen Pinkus, docente alla Cornell University
e già consulente del governo Usa, spiega che l'Amministrazione democratica potrà
avere un sentiero virtuoso da seguire. «Qualcosa può essere fatto anche senza
avere il controllo del Congresso, ad esempio a livello di finanziamenti per
rendere più green i processi produttivi». D'altronde - spiega - «dove va il
lavoro, va il clima». Il senso, precisano fonti democratiche - è quello di
replicare - pur con tutti i distinguo - il piano verde della Commissione europea
di Ursula von Der Leyen. Se il verde garantisce sviluppo e posti di lavoro, è il
ragionamento, sarà più facile spingere gli americani ad accettare svolte
ambientali. E quindi anche avere l'appoggio di Mitch McConnell, capo dei
repubblicani al Senato. L'energia pulita e rinnovabile potrebbe trovare spazio
nelle legislazioni legate a progetti infrastrutturali, nelle fabbriche,
nell'edilizia. Il terreno più semplice restano gli sgravi fiscali per quei
progetti tecnologici che riducono le emissioni o e assorbono carbon fossile.
Biden potrà rendere più rigorosi i limiti per le emissioni di auto e aerei. Una
strada c'è. Il lavoro dietro le quinte, con piccoli aggiustamenti sulle norme
esistenti potrebbe essere l'opzione necessaria per Biden. E non è detto
perdente.
alb.sim.
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 novembre 2020
Legambiente dà i voti ai capoluoghi italiani - Trieste conquista la maglia
nera in regione -
IL REPORT
Pubblicato il report "Ecosistema urbano". Città bocciata per numero di
alberi e trasparenza. Bene i consumi idrici
Promossa su consumi idrici e tasso di motorizzazione, bocciata sulla
quantità di alberi e soprattutto sulla trasparenza, Trieste perde dieci
posizioni (da trentesima a quarantesima) nella classifica di "Ecosistema
Urbano", il report 2020 sulle performance ambientali dei capoluoghi italiani
presentato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24
ore. Quella del capoluogo è la posizione più bassa in regione (il punteggio è di
57,70), con Pordenone sul podio (terzo posto, più uno, con 76,71, alle spalle di
Trento e Mantova), Udine ventiseiesima (meno otto, 62,18) e Gorizia
trentatreesima (meno quattro, 59,71). Ma c'è di più. Trieste, informa
l'associazione, non ha inviato i dati 2019 e pertanto i valori evidenziati negli
indicatori del report fanno riferimento al 2018 fatta eccezione per quelli
raccolti da fonte Ispra, Aci e Istat. «Dispiace - commenta il presidente
regionale Sandro Cargnelutti - perché è stato il solo Comune a non collaborare
all'indagine». "Ecosistema Urbano" fotografa le prestazioni ambientali del Paese
attraverso l'analisi di cinque principali componenti presenti in una città:
aria, acque, rifiuti, mobilità, energia. I punteggi da 0 a 100 assegnati da
Legambiente ai 18 indicatori individuati identificano il tasso di sostenibilità
della città reale rispetto a una città ideale. La pagella triestina risente però
appunto di alcune verifiche mancanti ed è in ogni caso peggiorata rispetto a un
anno fa. Per quanto riguarda la qualità dell'aria c'è un'alternanza di
situazioni un po' in tutta la regione, Trieste compresa, si legge nel report: a
fronte di leggeri miglioramenti per il biossido di azoto e l'ozono si registra
un innalzamento dei livelli di polveri sottili. Su un dato 2018, il capoluogo,
con 140 litri giornalieri per abitante, è invece il comune con il minor consumo
idrico, in un contesto in cui il valore medio regionale (159,5 l/giorno pro
capite), pur abbassandosi di circa l'1,5% rispetto all'anno precedente, e del
4,8% rispetto al 2017, resta superiore al valore medio italiano, pari a 148
litri. Quanto alla dispersione della rete (ovvero la differenza tra l'acqua
immessa e quella consumata), Trieste si conferma, al contrario, il territorio
con il primato delle perdite (40,7% a fronte di un dato inferiore al 15% a
Pordenone). La capacità di depurazione, vale a dire la percentuale di
popolazione servita da rete fognaria delle acque reflue urbane, vede però
Trieste, Gorizia e Udine sopra il 90%, mentre Pordenone conferma l'incremento
sostanziale fatto registrare nel 2017 (dal 62% del 2016 al 76% del 2017), ma
rientra tra le undici città che non raggiungono l'80%. Dati superati in città
anche per la produzione di rifiuti urbani, che continua a crescere in tutti i
capoluoghi, ma vede Trieste, nel 2018, a 479 chilogrammi pro capite, sotto la
media regionale di 517 e quella nazionale di 530. In leggera crescita la
percentuale della raccolta differenziata che raggiunge un valore medio Fvg di
64,25%, poco distante dall'obiettivo di legge del 65% fissato per il 2012, ma
con sostanziali differenze tra le quattro città e Trieste ultima, sempre su dati
2018, con il 41%.Nel capitolo disponibilità di alberi in area di proprietà
pubblica ogni 100 abitanti, il capoluogo non supera il 10, contro una media
regionale di 23,75 (Gorizia è a 26), mentre sul verde fruibile in città Trieste
è a 66,8 metri quadrati per abitante, terza dietro a Gorizia (137) e Pordenone
(111,4). Nell'ambito infine della motorizzazione, Trieste ha 53 auto circolanti
ogni 100 abitanti, il tasso più basso in regione (68 a Gorizia) e sotto la media
nazionale di 64,6.
Marco Ballico
Il Piano del centro storico passa a maggioranza nel Consiglio "a distanza"
Il nuovo strumento urbanistico permetterà di intervenire sui sottotetti
degli edifici, di installare ascensori e di costruire dei parcheggi
Dopo 40 anni Trieste manda in soffitta (e i sottotetti sono una delle novità
introdotte) il Piano per il centro storico firmato nel 1980 dall'architetto
Luciano Semerani. Il nuovo Piano particolareggiato del centro storico è stato
adottato ieri sera a maggioranza alle ore 19.03 in modalità digitale da un
Consiglio comunale riunitosi a distanza dopo tre ore di dibattito e discussione
su 11 emendamenti di cui uno solo fatto proprio dalla giunta (e proprio sui
sottotetti da unificare firmato da Marco Gabrielli e Andrea Cavazzini). Sui 39
votanti: 24 favorevoli, 14 contrari e un astenuto. Ora ci sono i 30 giorni per
le eventuali osservazioni, poi l'ultimo passaggio decisivo. Il nuovo piano non è
riuscito a sedurre l'opposizione che con toni diversi ha respinto quello che è
«un piano che non troppo aggiunge e non troppo toglie al precedente piano di
Semerani» (Elena Danielis, M5s), «un piano immobile che fotografa quello che
c'è» (Sabrina Morena, Open), «un piano senza un progetto di sviluppo» (Laura
Famulari, Pd). Al piano Semerani, pur datato con 40 anni di onorato servizio
sulle spalle, è stato reso da tutti l'onore delle armi. «Ha consentito il
mantenimento della qualità architettonica del nostro centro storico», riconosce
in effetti l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli che ora, con il nuovo
strumento messo a punto dagli uffici comunali (gruppo di lavoro coordinato
dall'architetto Beatrice Micovilovich), vuole valorizzare e riqualificare il
patrimonio adeguandolo alle esigenze contemporanee. Sottotetti, tetti piani,
corpi scala e ascensori, terrazze e terrazzini, parcheggi e fori commerciali: il
piano punta ad ampliare i margini di intervento sull'edificio, così da stimolare
e promuovere gli investimenti in modo da sfruttare i bonus governativi («Un
volano per l'economia per far lavorare progettisti e imprese», sostiene
l'assessore). «I lacci e laccioli di mezzo secolo fa non vanno bene per oggi»,
dice Polli. Il piano divide in quattro grandi famiglie i 1.621 edifici schedati:
il 5% è da rispettare integralmente dentro e fuori (sono in maggioranza chiese e
palazzi governativi), il 47% è da rispettare all'esterno ma con una certa
flessibilità di ristrutturazione sugli spazi interni, il 31% va salvaguardato
all'esterno ma è interamente ridisegnabile all'interno, il 17% è demolibile e
sostituibile da nuove costruzioni (si tratta di quelli più recenti). Tra
quest'ultimi, l'esempio arriva dell'assessore Polli, rientra il grattacielo di
Campo Marzio, che potrebbe essere completamente raso al suolo e interamente
ricostruito. Il centro storico triestino, che è il più grande della regione,
ingloba la città "murata", i tre borghi imperiali (Teresiano, Giuseppino,
Franceschino), via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via Pietà. Tra le
novità più rilevanti: il recupero dei sottotetti (con l'elevazione di 40
centimetri della linea di colmo) per evitare il consumo di suolo, la costruzione
di parcheggi sotterranei per togliere le auto dalla strada, la possibilità del
verde sui tetti e del verde pensile sulle terrazze. All'opposizione che denuncia
la mancanza di visione strategica e l'esclusione di Porto vecchio e area della
Lanterna, l'assessore risponde: «È un piano di dettaglio che risponde alla
visione del Piano regolatore generale varato dall'amministrazione Cosolini».
Visioni di ritorno.
Fabio Dorigo
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 novembre 2020
Centro storico, il nuovo piano approda oggi in Consiglio
Al momento cinque gli emendamenti presentati in vista della prima
valutazione - Si punta ad approvarlo fra fine anno e inizio 2021. Schedati in
tutto 1.621 edifici
Non è del tutto fuori luogo definirlo un momento storico, se non altro per
mere ragioni cronologiche: oggi pomeriggio alle 15.30 approda all'esame del
Consiglio comunale il Piano particolareggiato del Centro storico, accompagnato
per ora da 5 emendamenti. Storico perchè l'ultimo strumento urbanistico,
chiamato a governare il cuore della città, risale al 1980 e reca la
denominazione ufficiosa di "piano Semerani", dal nome del professionista che lo
redasse. Prima del deflagrare del Covid, gli uffici competenti speravano di
chiudere la partita in settembre, ma la pandemia ha condizionato la tempistica.
Adesso, dopo un ventennio trascorso nell'inconcludenza, l'aula è chiamata a una
prima valutazione del lavoro svolto dall'Urbanistica comunale. Affrontati
dibattito e voto della civica assise, vi saranno 30 giorni per la presentazione
di osservazioni da parte della cittadinanza. Quindi, attorno a metà dicembre,
una volta pesato e sistemato il volume di appunti presumibilmente espresso dalla
"gente" (ma si tratterà in buona parte di professionisti e di stakeholders),
andrà in onda un nuovo e definitivo passaggio consiliare. L'assessore Luisa
Polli e il direttore dipartimentale Giulio Bernetti contano su un'approvazione
tra la fine dell'anno e l'immediato avvio del 2021. Perchè concorre un aspetto
molto pratico, ovvero l'opportunità di far coincidere i bonus governativi sulle
varie tipologie riqualificative con le innovazioni introdotte dal nuovo Piano.
Sottotetti, tetti piani, ascensori, corpi scala: secondo gli estensori del
documento, si amplia il margine di intervento sull'edificio, così da stimolare e
promuovere gli investimenti secondo un criterio di "rifunzionalizzazione" dello
stabile. Con una graduazione di attività che classifica in quattro grandi
famiglie i 1621 edifici schedati: il 5% è da rispettare dentro e fuori, il 45% è
da restaurare all'esterno ma all'interno presenta una certa flessibilità di
ristrutturazione, il 30% va salvaguardato all'esterno ma è sventrabile
all'interno, infine il 20% è demolibile e sostituibile da nuove costruzioni che
dovranno comunque rispettare ecosostenibilità e spazi verdi.Il Centro storico
triestino è il più grande della regione. Congloba la città "murata", i tre
borghi imperiali (Teresiano, Giuseppino, Franceschino), via Udine, l'asse tra
viale XX Settembre e via della Pietà. Censimento e linee portanti del Piano sono
stati messi a punto da un gruppo di lavoro coordinato dall'architetto Beatrice
Micovilovich e formato da Ezio Golini, Michele Grison, Mauro Pennone e Andrea
Zacchigna (recentemente scomparso). Costante - precisano in Comune - il
coinvolgimento della Soprintendenza. Come si diceva, il varo del Piano ha atteso
vent'anni. Professionisti e imprenditori si sono fatti sentire con Roberto
Dipiazza, per evitare che l'approvazione dello strumento sconfinasse nel nuovo
mandato amministrativo. Di centro storico da ripensare si parlò fin dai tempi di
Riccardo Illy, che volle interessare un urbanista di fama come Leonardo
Benevolo. Poi iniziò l'era Dipiazza, che individuò un nuovo interlocutore nel
docente veneziano Alberto Cecchetto. Il faldone venne ereditato da Roberto
Cosolini e il lavoro preparatorio fu proseguito dall'assessore Elena Marchegiani.
Ora andrà in scena l'atto finale. O semifinale.
Massimo Greco
Trieste al centro della guerra delle frequenze
Radio Maria impugna in Appello una decisione del Tribunale di Gorizia
ritenuta salomonica sulle interferenze Italia-Slovenia
Una partita internazionale che si gioca in campo triestino. In settimana i
legali di Radio Maria, una delle più ascoltate emittenti nazionali perchè capace
di farsi sentire anche nei luoghi più remoti con i suoi 850 ripetitori, si
recheranno in Corte d'Appello, per impugnare una sentenza del Tribunale
goriziano che ritengono non abbia del tutto soddisfatto le ragioni del loro
cliente. In ballo, come spesso è accaduto negli ultimi anni, è il contenzioso su
frequenze e interferenze relative al segnale radio tra Italia e Slovenia. Il
fascicolo è seguito dall'avvocato Felice Vaccaro, che dal suo studio di Firenze
si occupa fin dagli anni Ottanta di questi argomenti. In questa partita
giulio-friulana sarà coadiuvato dai colleghi Piero Gerin e Carlo Del Torre. È lo
stesso Vaccaro che al telefono illustra sinteticamente i motivi di
insoddisfazione verso la pronuncia goriziana. Il Tribunale isontino - a giudizio
del legale fiorentino - avrebbe deciso che le parti, Radio Maria e Radio
Capodistria, dovessero reciprocamente eliminare le "invasioni" nei territori
confinanti. Ma, a giudizio di Vaccaro, c'è una notevole differenza qualitativa
tra le due emissioni. Radio Maria utilizza un ripetitore a Porzus, luogo di
tragica memoria storica, il cui segnale si limita al cosiddetto "debordo" poco
oltre il confine con la vicina Slovenia.Ben diversa è la potenza emessa dal
ripetitore di Radio Capodistria collocato sul monte Nanos, che penetra in
territorio italiano fin quasi alla periferia di Venezia e copre il 70% del
Friuli Venezia Giulia. La posizione capodistriana è appoggiata da Apek,
l'agenzia slovena delle telecomunicazioni, e dal governo di Lubiana. Quindi -
secondo i l patrocinio di Radio Maria - la decisione goriziana sarebbe solo in
apparenza salomonica, in quanto il merito tecnico del confronto vedrebbe una
sensibile disparità, documentata tra l'altro da una specifica consulenza.
Ricapitolando: Radio Maria "deborda", Radio Capodistria "interferisce".Poi il
duello dissolve la tonalità tecnica e si appunta sugli argomenti giuridici. In
particolare, Vaccaro insiste sul concetto di pre-uso, ovvero gli impianti di
Radio Maria sono stati censiti dal competente ministero italiano e funzionano
sulla base di una concessione risalente al 1994. La parte slovena farebbe
riferimento all'iscrizione al registro internazionale ginevrino, sul cui valore
giuridico si esprimono forti perplessità. Il contenzioso italo-sloveno dura
ormai da una quindicina di anni, le decisioni della magistratura italiana
(competente perchè il danno si è verificato in territorio italiano) hanno dato
ragione alle radio italiane. Tribunale di Trieste, Tribunale di Treviso, Corte
d'Appello di Trieste, Corte di Cassazione a sezioni unite. Oltre a Radio Maria,
anche Dance e E-Sphera sono state interessate alla questione delle interferenze.
Nell'estate dello scorso anno, l'avvocato Gerin evidenziò la volontà slovena di
portare il dossier nelle sedi istituzionali.
Massimo Greco
Una seconda vita per stoffe e vestiti usati - La sfida di Francesca per
un'economia "green"
L'idea è di una trentunenne triestina da sempre amante della moda che ha
aperto un laboratorio-negozio dal nome evocativo: Pezzo Unico
Un laboratorio e un negozio dove riciclare stoffe e vecchi vestiti, per
un'economia "green" anche sul fronte dell'abbigliamento. È l'idea di Francesca
Giassi, 31 anni, triestina, che lo scorso 4 novembre ha aperto Pezzo Unico, in
via Torrebianca 43. «Finora ho fatto tutt'altro - racconta - ma lavorare nel
campo della moda è un sogno che coltivo fin da ragazzina, dai tempi del liceo
Nordio che ho frequentato. In realtà ho già portato avanti qualche progetto,
legato sempre all'idea di cercare il bello nel riutilizzo di oggetti, adesso
però credo sia arrivata l'ora di provare a far diventare questa passione un
impiego a tempo pieno».Il nome del punto vendita è ispirato al fatto che ogni
capo realizzato non avrà eguali. «Sarà sempre un pezzo unico, che deriverà da
stoffe ancora in buono stato, che possono essere ripensate, per dar vita, ad
esempio, a un vestito. O ancora capi magari rovinati o che non si mettono più,
che è un peccato considerare rifiuto. Prima del lockdown, volevo chiamare il
negozio "2020", poi - scherza - ho pensato di cambiare, visto che non mi sembra
un anno particolarmente fortunato. È un periodo che mi ha messo anche a dura
prova, mi sono fatta molte domande, se era giusto aprire in un momento di così
grande incertezza, poi ho pensato che volevo comunque provare». E dopo alcuni
post pubblicati sui social nei mesi scorsi, che annunciavano la prossima
apertura, e la filosofia del negozio, alcune persone le hanno già consegnato
capi da rivisitare. «Ho ricevuto, ad esempio, una giacca in finta pelle,
danneggiata, che diventerà nuovamente riutilizzabile. Il tema ambientale, anche
nel settore dell'abbigliamento, è sempre più presente. Molti grandi magazzini e
anche famosi brand spingono sempre più i clienti a riportare gli abiti usati o
comunque a non buttarli. Spero di diventare un punto di riferimento in tal senso
a Trieste».La volontà è, insomma, di non eliminare ciò che ancora si può salvare
o, con un pizzico di fantasia, si può reinventare. Da Pezzo Unico si possono
portare stoffe o capi d'abbigliamento di vario tipo, sarà poi la titolare a
valutare ogni singolo capo e a suggerire un possibile riutilizzo, sempre con
l'intento di conservare, quanto più possibile, l'abito a cui magari il
proprietario è affezionato. Qualche giorno fa ecco l'annuncio su Facebook del
via ufficiale: «Apertura un po' in sordina, ma col cuore pieno di gioia. Pur non
potendo fare un'inaugurazione vera e propria per ovvi motivi - scrive - sarò
felice di vedervi se vi va di passare per un saluto. Desidero infine ringraziare
di cuore e di pancia le persone che mi hanno aiutata a dare vita a questo
progetto, nato in un periodo strano e incerto, che non sappiamo dove ci porterà
e come potrà cambiarci. Con voi, amici miei, tutto questo si è trasformato in un
momento di coraggio, un momento per dimostrare ancora di più la forza che può
avere un sogno. Grazie».
Micol Brusaferro
Sbarca in città la Banca del Tempo per l'inclusione
Trenta studenti delle superiori e dieci coetanei con disabilità
condivideranno un'esperienza formativa grazie a I Bambini delle Fate e Oltre
quella Sedia
Un progetto dedicato all'inclusione sociale. È quanto verrà presentato
domani all'istituto Da Vinci - Carli - Sandrinelli di via Veronese
dall'associazione I Bambini delle Fate, in collaborazione con l'onlus Oltre
quella Sedia. La Banca del Tempo Sociale, questo il nome dell'iniziativa,
prevede che 10 ragazzi con disabilità e 30 delle scuole superiori vivano
un'esperienza formativa, dedicando del tempo in modo organizzato e strutturato,
gli uni assieme agli altri. Come compenso per questo impegno, a chi vi
parteciperà verranno riconosciuti crediti formativi e consegnati dei premi, come
dei buoni per l'acquisto di libri o di articoli sportivi mentre, ai più
meritevoli, verranno assegnate delle borse di studio. «L'associazione I Bambini
delle Fate sta portando avanti questo progetto di socializzazione in tutta
Italia - spiega Marco Tortul, fondatore e presidente della onlus Oltre quella
Sedia - per lo sviluppo del quale si appoggiano a una scuola superiore e a
un'associazione della città a cui si rivolgono». A Trieste hanno chiesto per
l'appunto l'aiuto dell'associazione Oltre quella Sedia, realtà resasi
protagonista negli anni di significative azioni di rivitalizzazione di aree
degradate della città. I Bambini delle Fate, invece, è un'associazione fondata
dal veneto Franco Antonello, papà del ragazzo autistico che ha ispirato
Salvatores per il film "Tutto il mio folle amore". Il percorso condiviso con i
ragazzi delle superiori, però, partirà solo tra gennaio e febbraio. Un modo,
questo, anche per prendere tempo e valutare come gestire la compresenza in tempi
di distanziamenti dovuti al coronavirus. «Nell'incontro di presentazione -
prosegue Tortul - individueremo i 30 alunni del triennio finale che
collaboreranno con noi. Abbiamo scelto questa fascia d'età in modo che siano il
più possibile coetanei dei nostri ragazzi». Gli alunni della scuola verranno poi
coinvolti in gruppi, in modo da superare il rapporto "uno a uno" che troppo
spesso punta i riflettori solo sulla persona che necessita d'aiuto.
Lorenzo Degrassi
Serbia, guerra dell'oro bianco tra ambientalisti e Rio Tinto - i preziosi giacimenti di litio a loZnica
BELGRADO. Da una parte un colosso minerario, che si frega le mani in vista dell'imminente sfruttamento di un giacimento potenzialmente preziosissimo. Al suo fianco, il governo locale, che gongola immaginando sostanziose nuove entrate nelle casse statali, nuovi investimenti - forse fino a 1,5 miliardi di dollari - e nuovi posti di lavoro. Dall'altra, una minoranza che cresce ma che è già rumorosa e promette battaglia contro un possibile disastro ambientale. Sono questi i protagonisti della "guerra dell'oro bianco", il litio - fondamentale per la produzione delle moderne batterie e ricercatissimo dall'industria dell'auto e da quella della strumentistica elettronica. Guerra che si sta preparando in Serbia, Paese balcanico che nasconderebbe enormi riserve del ricercatissimo minerale, nelle profondità dei terreni attorno all'area di Loznica, nel Nordovest. Ad aver messo gli occhi da anni sull'affare è stato il colosso anglo-australiano Rio Tinto, ormai sempre più vicino all'estrazione e allo sfruttamento del litio della Serbia, Paese che custodirebbe il 10% delle riserve globali. Nei prossimi diciotto mesi, infatti, il gigante minerario opererà le ultime esplorazioni e completerà gli esami dei materiali estratti dall'area di Jadar, a qualche decina di chilometri da Loznica, dove nel 2004 è stata scoperta la "jadarite", un metallo da cui ricavare il litio. Non si tratta di un progetto secondario, per Rio Tinto, che in primavera ha confermato di aver ormai investito circa 200 milioni di dollari in Serbia.Ma non tutti, in Serbia, guardano ora al progetto con favore. Non lo fanno sicuramente i sempre più numerosi ambientalisti e residenti dell'area di Loznica che nei giorni scorsi hanno cominciato a far sentire la propria voce, anche scendendo in strada. «Dobbiamo comprendere gli effetti a lungo termine del progetto, non solo per la gente del posto ma per l'intera Serbia», Rio Tinto «non sa dove è arrivata, difenderemo le nostre case e l'ambiente», ha assicurato Marija Alimpic, fra gli attivisti che si oppongono oggi allo sfruttamento della jadarite. «A noi il veleno, a voi il litio», «difendiamo l'intera Serbia», «Rio Tinto, torna a casa», alcuni dei cartelli issati da residenti dell'area durante una recente protesta. Dalla futura miniera «usciranno ogni giorno milioni di litri di veleni che finiranno nel fiume Jadar», ha denunciato anche Aleksandar Jovanovic, di una Ong in prima fila nella difesa dei fiumi in Serbia, confermano simili posizioni esperti indipendenti. Proteste che sono solo destinate a salire d'intensità. E che - seppur ancora non massicce - sembrano preoccupare il colosso minerario. Che questa settimana ha tenuto a precisare che i materiali residuali delle sfruttamento del futuro impianto non avranno alcun impatto negativo sull'ambiente e che tutto si svolgerà nel rispetto di natura e residenti.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 novembre 2020
Confindustria Alto Adriatico: piano per l'addio al carbone
Dalla riconversione della centrale termoelettrica di Monfalcone fino alla
elettrificazione delle banchine del porto di Trieste: tutti i progetti in campo
TRIESTE. Sostenibilità, decarbonizzazione, transizione energetica, uso
efficiente delle risorse, nuove infrastrutture sostenibili. Confindustria Alto
Adriatico scende in campo sui nodi della transizione energetica e ambientale del
Friuli Venezia Giulia. Una ventina di imprese dell'Associazione aderenti alla
filiera dell'energia si sono confrontate a Trieste in forma ibrida online nella
sala del consiglio di AcegasApsAmga. «Il ruolo di Confindustria è quello di
contribuire attivamente alla definizione delle politiche a livello europeo e
nazionale, per accompagnare le imprese italiane verso la transizione energetica
- ha affermato Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico
- noi dobbiamo agevolare un cambiamento culturale affinché quello della
sostenibilità diventi un approccio condiviso dalle imprese, che rappresentano il
volano di sviluppo per il Paese. La sostenibilità non è una moda - ha
sottolineato Agrusti -, ma un modo per rispondere alle sfide poste dal mercato
di oggi e domani». Sono quattro in particolare i progetti di transizione
energetica per il Fvg presentati nel corso dell'incontro e che, a detta della
filiera energetica di Confindustria, potrebbero avere un elevato impatto nei
prossimi anni: lo sviluppo delle infrastrutture elettriche al servizio del porto
di Trieste, la riconversione della centrale termoelettrica di Monfalcone, una
nuova interconnessione elettrica transfrontaliera fra Italia e Slovenia e
iniziative che prevedano investimenti sulla rete di media e bassa tensione.
L'elettrificazione delle banchine del porto di Trieste è un progetto presentato
da AcegasApsAmga, volto a favorire una sensibile riduzione delle emissioni di
CO² delle attività portuali e della mobilità urbana, civile e commerciale,
grazie alla riorganizzazione delle reti di trasporto e alla distribuzione
dell'energia elettrica nelle aree portuali tramite lo sfruttamento di energia
solare e di fonti rinnovabili. La riconversione della centrale di Monfalcone in
impianto per la trasformazione in gas naturale è il progetto di
A2A.Energiefuture ha già presentato a dicembre 2019 le richieste di
autorizzazione per la realizzazione di un nuovo ciclo combinato alimentato a gas
e per la costruzione di un tratto di metanodotto da collegarsi alla rete di Snam
Rete Gas. Il nuovo impianto consentirà di raggiungere un rendimento elettrico
del 62% rispetto all'attuale 35%, la riduzione delle emissioni specifiche di
anidride carbonica, una significativa riduzione delle emissioni e l'annullamento
delle emissioni SO² e polveri. È di Adrialink (società equamente partecipata da
Enel Produzione ed Hera Trading) il doppio progetto relativo
all'interconnessione elettrica transfrontaliera fra Italia e Slovenia per
complessivi 2100 GWh/anno nominali (circa il 20% del fabbisogno regionale) nei
tratti Redipuglia-Vertoiba e Dekani-Zaule, linee da 150 MW cadauna. Entrambi i
progetti sono autorizzati alla costruzione e all'esercizio sia in Italia che in
Slovenia. Enel-E-distribuzione, infine, ha presentato progetti di Smart Grid e
resilienza delle reti. Si tratta di iniziative che prevedono investimenti sulla
rete di media e bassa tensione del territorio regionale per il telecontrollo
delle linee e delle cabine di trasformazione, la gestione da remoto, la tesatura
dei cavi isolati, la magliatura della rete elettrica e l'interramento delle
linee esistenti.
Lorenzo Degrassi
Scompare uno dei simboli della Ferriera - È l'ora della demolizione del
gasometro
Imprese specializzate al lavoro per smontare l'enorme cilindro costruito
nel '64 e in funzione fino allo stop dell'area a caldo
Uno dei simboli della Ferriera, che i triestini e non solo loro notavano
passando sulla sopraelevata e che aveva un ruolo importante nello stabilimento,
sta per sparire. È giunta l'ora infatti dello smantellamento del gasometro,
l'imponente struttura in ferro realizzata nel 1964. Prosegue quindi l'opera di
dismissione dell'area a caldo e di alcune strutture un tempo funzionali al
comprensorio ma che d'ora in poi non serviranno più. Sono stati in tanti in
questi giorni a notare le operazioni in corso, che hanno dapprima visto i pezzi
mancanti su un lato della "gabbia" e poi si sono domandati se davvero fosse
arrivato il momento della demolizione. Ad aiutare a ricostruire la storia del
gasometro c'è chi ha seguito per anni da vicino le vicende legate allo storico
stabilimento siderurgico. «Io sono fuori dall'impianto da aprile - precisa
Thomas Trost, Rsu Fiom - ma so che ci sono varie ditte che stanno operando
all'interno, e alcune in particolare che, con cesoie idrauliche e altri
macchinari adeguati, stanno demolendo gran parte delle strutture che ormai non
saranno più utili al futuro della zona. E tra queste c'è pure il gasometro.
Credo si stia procedendo in modo molto rapido. Quella struttura - prosegue Trost
- aveva diverse funzioni, ed era una delle più grandi e importanti dello
stabilimento. E doveva essere costantemente monitorata, considerando anche il
fatto che si trovava a poca distanza dal centro abitato. C'era quindi una
manutenzione costante e molto attenta. E, nei periodi di maggior lavoro, vi
veniva impiegata una quarantina di persone». Negli anni sono stati tanti gli
operai e i tecnici utilizzati per il funzionamento dell'impianto, che serviva
per proprio raccogliere e immagazzinare il gas. «Salvo situazioni particolari
c'erano tre turni diversi con una quindicina di dipendenti impiegati», aggiunge
Cristian Prella della Failms Cisal: «Conteneva il gas afo, un mix di aria della
cockeria e dell'altoforno. Chi si occupava del gasometro in pratica regolava il
flusso che serviva per la pressione del forno, per alzare o abbassare la
temperatura e per mantenere una pressione costante. Era quindi importante per la
produzione e la sicurezza». Il gasometro è citato anche tra i passi previsti
nell'accordo di programma per l'attuazione del piano di riconversione dell'area.
Ultimo dei punti nell'elenco di interventi finalizzati allo smantellamento, dopo
la dismissione di cokeria, agglomerato e macchina a colare. «Credo che molti
cambiamenti si vedano ora anche dal mare - aggiunge Prella - perché si sta
abbassando quella linea di strutture che per anni tutti siamo stati abituati a
vedere. Penso che stiano procedendo secondo quanto era stato stabilito, con
l'obiettivo di consegnare l'area a febbraio. Molto materiale fronte mare è stato
asportato. C'è un impatto visivo che credo colpisca soprattutto chi, per tanti
anni, ha lavorato lì».
Micol Brusaferro
In corso la formazione che darà a 51 ex operai nuove "piste" di lavoro - il
programma di riqualificazione del personale
I primi quattro corsi di formazione per riqualificare i lavoratori dell'ex
area a caldo della Ferriera di Servola sono partiti a metà ottobre e coinvolgono
51 persone. Dureranno tra le 200 e le 250 ore. Sono quattro i profili che
verranno formati, in accordo con Arvedi: pulpitisti specialisti, manutentori,
movimentatori e una quarta figura ibrida, intermedia tra le tre
specializzazioni. «Sono stati messi in campo tutti gli strumenti e le misure
possibili, attingendo anche dal Fondo Sociale Europeo per assecondare le
richieste della proprietà e agevolare Arvedi nella pianificazione del lavoro»,
spiega l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Ma non basta. «Dei 66
lavoratori interinali dell'area a caldo della Ferriera 52 risultano occupati e i
14 disoccupati sono stati contattati per svolgere un percorso di presa in carico
finalizzato all'inserimento lavorativo. Dei disoccupati 12 per l'appunto sono
stati presi in carico dal Centro per l'impiego (di questi otto hanno intrapreso
un percorso di riqualificazione nel settore navale) e soltanto due non hanno
aderito al percorso di presa in carico e risultano inattive», ha fatto sapere
l'assessore rispondendo recentemente a una interrogazione consiliare. «È stata
la Regione da ottobre 2018 a intervenire in maniera diretta presso Arvedi -
insiste la stessa Rosolen - perché i contratti dei lavoratori a tempo
determinato e dei somministrati venissero mantenuti in essere».
Salvati (Pd) «Sesta circoscrizione, si attivi il bike sharing»
«La giunta provveda a realizzare alcune stazioni di bike sharing in Sesta Circoscrizione, e precisamente alla Rotonda del Boschetto, in piazzale Gioberti, in Villa Engelmann e al Ferdinandeo. La sperimentazione troverebbe buona accoglienza soprattutto se accompagnata dall'installazione di sistemi di videosorveglianza». Lo chiede, richiamando una mozione approvata dalla Sesta Circoscrizione, il capogruppo Pd Luca Salvati.
IL PICCOLO - SABATO, 7 novembre 2020
«La riconversione di A2A prima a gas e poi idrogeno è una sfida da sostenere»
Per il presidente Agrusti il ruolo dell'associazione sarà quello di
agevolare il cambiamento culturale non solo delle imprese ma anche dell'opinione
pubblica
La conversione della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone a gas e poi
anche all'idrogeno è uno dei cardini principali delle quattro aree di
transizione energetica che saranno di elevato impatto ambientale nei prossimi
anni per il Friuli Venezia Giulia. A ribadirlo è stato il presidente di
Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti in un recente convegno
(Transizione Energetica e Ambientale del Friuli Venezia Giulia) in cui ha
ribadito l'attenzione e l'appoggio di Confindustria nel processo di
decarbonizzazione verso la transizione energetica che in regione porterà oltre
che vantaggi ambientali anche economici oltre che occupazionali. In questo
processo la riconversione a gas e poi anche a idrogeno della centrale A2A di
Monfalcone riveste un ruolo di grandissima rilevanza. «In quella che è una
sfida, per sostenere la decarbonizzazione, la transizione energetica e passare
dall'economia lineare all'economia circolare, il ruolo di Confindustria Alto
Adriatico è quello di contribuire attivamente alla definizione delle politiche a
livello europeo e nazionale per accompagnare le imprese italiane verso questa
evoluzione»: ha ribadito Agrusti. «Il ruolo della nostra associazione - ha
aggiunto - è anche agevolare un cambiamento culturale affinché non solo per le
imprese ma anche per l'opinione pubblica, quello della sostenibilità diventi un
approccio condiviso e che questo cambiamento aiuti a superare un certo
pregiudizio verso le imprese, che rappresentano il volano di sviluppo per il
Paese e per le quali la sostenibilità è già diventato un elemento
imprescindibile per il futuro. La sostenibilità riguarda tutti e pertanto tutti
devono avere la chiara consapevolezza che il clima richiede attenzione, che le
risorse mondiali sono scarse e lo sviluppo futuro non può non passare attraverso
processi di transizione energetica e un approccio di economia circolare, che
faccia leva su riciclo, riuso e recupero». Proprio recentemente A2A ha
presentato il bilancio di sostenibilità territoriale: ammonta a 25 milioni il
valore economico distribuito nel Fvg, a 6 milioni l'investimento per mantenere
gli impianti. Una realtà che dà lavoro a 147 lavoratori e di questi il 94%
residenti.
Giulio Garau
Le mascherine chirurgiche "usa e getta" possono essere riciclate - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino, Medici per l'Ambiente
La pandemia ha portato a un incremento nell'uso di materiale usa e getta in tutto il pianeta così come nel nostro Paese che già ha gravi problemi di smaltimento dei rifiuti a tutela dell'ambiente e, troppo spesso, a vantaggio delle ecomafie. Per proteggersi dal Covid-19 la popolazione tutti noi stiamo utilizzando le mascherine di comunità lavabili ad alte temperature oppure quelle chirurgiche usa e getta.. Secondo i dati del Ministero, agli studenti delle scuole di tutti gli ordini e gradi vengono fornite 11 milioni di mascherine al giorno, a cui si aggiungono le dotazioni distribuite a tutto il personale. Il rapporto dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) sulla presenza e i danni della plastica nel Mediterraneo, pubblicato il 27 ottobre scorso, denuncia come l'Italia risulti essere tra i Paesi del bacino maggiormente responsabile dell'inquinamento con ben 34 mila tonnellate, secondo solo all'Egitto. Le mascherine chirurgiche sono composte di polipropilene, materiale già abitualmente riciclato e venduto a 355 euro a tonnellata. Il polipropilene è lavorato a quasi 200 gradi Celsius che sono sufficienti a sanificare il ciclo di produzione che lo utilizza e riutilizza. Pertanto, non sembrano esserci problemi tecnici per il suo riuso tranne che gli aspetti logistici legati alla sua raccolta in sicurezza. La Federazione dei Verdi propone a livello nazionale e dunque, nella nostra regione al presidente Fedriga che venga attivato un tavolo di confronto con le aziende del settore ed un altro con i rappresentanti dei Comuni e l'Anci per organizzare una raccolta separata e specifica che preveda l'identificazione di luoghi opportuni presso aziende, scuole, uffici pubblici, farmacie, isole ecologiche. Nei casi, invece, delle mascherine di comunità si può scegliere di attivare i canali di comunicazione noti per illustrare le tecniche più opportune per la loro sanificazione come da indicazioni del Ministero della Salute. In entrambe le ipotesi, la filiera produttiva del riciclo e del riuso delle mascherine può creare ulteriori opportunità di impiego e, quindi, nuovi posti di lavoro. La green economy è un'opzione concreta e anche la sola gestione ecosostenibile di un problema comune ne è una dimostrazione.
IL PICCOLO - VENERDI', 6 novembre 2020
Due balenottere in "marcia" verso Trieste - Eccezionale avvistamento al largo
di Pirano
Sono state seguite dai ricercatori Morigenos, allertati da alcuni
pescatori. L'appello affinché le navi non si avvicinino
È un avvistamento che è stato definito eccezionale, e che ieri ha emozionato
i ricercatori sloveni e italiani e ha fatto impazzire i social. Due esemplari di
balenottera comune (Balaenoptera Physalus) sono stati infatti fotografati in
golfo, al largo delle acque slovene, diretti verso Trieste. A catturare scatti e
video, anche con il supporto di un drone, al largo di Pirano, è stato il team di
Morigenos, che si occupa di tutelare e controllare l'ambiente marino, allertato
da alcuni pescatori. «Si tratta del secondo animale più grande al mondo, che può
raggiungere anche i 22 metri di lunghezza e le 50 tonnellate di peso», così
Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare: «È molto raro vedere
queste balenottere, ed è un fenomeno ancora più speciale perché sono in due. Si
distinguono facilmente visto che presentano una pinna molto evidente sul dorso,
quando si immergono. Non sono pericolose, certo va ricordato a tutti che non
vanno avvicinate. Devono essere lasciate in pace. Stanno nuotando verso Trieste
- osservava ieri lo stesso Spoto - ma non è detto che, trovandosi al largo,
cambino idea. Comunque continueremo a monitorare anche noi la situazione».Le
immagini delle balenottere ieri hanno fatto il giro dei social, condivise e
commentate da tantissime persone. Che sperano anche di poterle osservare dal
vivo, magari dalla riva, e più vicino a Trieste. Ma sempre su Facebook arriva il
monito, anche da parte dei ricercatori sloveni, a prestare attenzione agli
animali, soprattutto da parte delle navi più grandi e da quelle che si muovono
in modo rapido. Il rischio è di ferirle. «I ricercatori della società Morigenos
hanno rintracciato e monitorato le due Balaenoptera physalus sulla base di una
notifica di un pescatore sloveno. Si nutrono principalmente di gamberetti e
pesce. Le principali minacce di questa specie nel Mediterraneo - scrivono sempre
i ricercatori - sono le navi veloci, il rumore subacqueo, l'inquinamento chimico
e le microplastiche. Entrambe le balene sono state fotografate e filmate. Sulla
base delle foto, saremo in grado di scoprire se sono già state identificate
altrove e i video aerei in particolare ci permetteranno di determinare la loro
condizione fisica. Siamo molto lieti - raccontano o sempre sui social quelli di
Morigenos - di poter contare su una grande collaborazione con i pescatori
locali, poiché senza di loro non saremmo in grado di raccogliere i dati sopra
menzionati. Invitiamo tutti quelli che si trovano in mare in questi giorni a
informarci il prima possibile, in caso di avvistamento, per aiutarci a
raccogliere importanti informazioni sul movimento e sullo stato di questi
animali. Allo stesso tempo chiediamo agli armatori di non avvicinarsi alle
balene, di restare oltre i 200 metri e di ridurre il potenziale impatto negativo
su di esse».
il casoMicol Brusaferro
Ambiente - Il gruppo Marevivo Fvg si "allea" con l'ateneo
La Delegazione Fvg di Marevivo ha stipulato un accordo di collaborazione a carattere continuativo con l'Università di Trieste nel quale attività di studio e formazione di reciproco interesse possano integrarsi e coordinarsi reciprocamente. A siglare l'intesa Maria Cristina Pedicchio, capo della Delegazione, e il rettore Roberto Di Lenarda. È stato così delineato un percorso che prevede la collaborazione dei due enti nell'ottica di un percorso comune volto alla diffusione, formazione e implementazione delle tematiche ambientali, con attività rivolte a tutte le fasce d'età.
Il Comitato - Pineta di Cattinara, riparte la protesta
Il "Comitato per la difesa della Pineta di Cattinara" ha organizzato per mercoledì prossimo alle 18 un incontro pubblico in via Valdoni, proprio di fronte alla storica area verde di cui è stata annunciata la distruzione, per far posto a un parcheggio sotterraneo, collegato ai lavori di ampliamento dell'ospedale cittadino, con lo spostamento del Irccs "Burlo Garofolo".«Vogliamo ribadire - spiegano i promotori dell'incontro - che porteremo avanti la battaglia a tutela di questa area verde, unico "spazio" rimasto alla piccola frazione di Cattinara».
Piscina terapeutica: firme a quota novemila - le associazioni in pressing sul
comune
Certezze sulla tipologia di piscina che vedrà la luce in Porto Vecchio.
E'quanto chiedono gli oltre duemila utenti che, a più di un anno dal crollo del
soffitto dell'Acquamarina, ancora non possono beneficiare delle cure
terapeutico-riabilitative che quella piscina garantiva. «La struttura di Grado è
per molti troppo lontana - denunciano le associazioni di volontariato in una
conferenza stampa svoltasi ieri mattina al Caffè San Marco - mentre alla Pineta
del Carso di Aurisina gli utenti con disabilità fisica hanno ricevuto il diniego
ad utilizzare la piscina termale, consentita solamente ai 40 utenti con autismo
e agli altri 25 iscritti all'attività di bocce». Per tutti loro rimaneva
l'opzione Ancarano, ma con la chiusura dei confini a causa della pandemia, anche
quest'ultima piscina risulta ora inaccessibile. Da qui la richiesta delle
associazioni che la città si doti al più presto di uno - se non addirittura due
- nuovi impianti terapeutici. A tal proposito sono state raccolte già seimila
firme e altre tremila verranno presentate al Comune nei prossimi giorni. La
richiesta delle associazioni di volontariato, però, non si limita alla
costruzione di una piscina termale qualunque, bensì «di una struttura che offra
effettivamente i servizi già presenti nella piscina della Sacchetta, necessari
alle persone con particolari carenze nelle capacità di movimento». Per questo
motivo le associazioni di volontariato chiedono di venire convocate dal Comune,
in modo da avere certezze sulla tipologia di impianto che, come promesso
ripetutamente da sindaco e giunta, sorgerà in Porto Vecchio.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 novembre 2020
Il rigassificatore di Veglia a pieno regime da gennaio
In fase di ultimazione l'infrastruttura a terra e il gasdotto Pola-Karlovac L'ex metaniera Lng Croatia salperà il 20 per prelevare il primo carico in Grecia
FIUME. Alle battute finali la realizzazione del progetto del rigassificatore galleggiante nell'Alto Adriatico. A lavori di rifinitura conclusi, l'ex metaniera Lng Croatia - destinata a divenire il rigassificatore offshore nelle acque di fronte la località di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia - lascerà il cantiere navale Viktor Lenac di San Martino di Liburnia, nei pressi di Fiume, per raggiungere la Grecia. La partenza è fissata per il 20 novembre, con la nave che attraccherà in uno scalo ellenico (al momento imprecisato) dal quale preleverà il primo quantitativo di metano da riportare allo stato gassoso nel nuovo terminal isolano. Il rientro dell'unità a Castelmuschio è previsto nella prima quindicina di dicembre, dopo di che comincerà subito l'operazione sperimentale. A rendere noti i prossimi passaggi è stato Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska, l'azienda alla quale lo Stato croato ha affidato la gestione dell'impianto galleggiante, peraltro fortemente avversato - ma non è servito a nulla - da ambientalisti, forze politiche, dalla stessa Regione quarnerino-montana e da autonomie locali. L'ex metaniera si trova già da due settimane al Viktor Lenac, per i lavori conclusivi e per testare i sistemi di bordo: tutte operazioni necessarie prima dell'attività sperimentale. Il terminal metanifero sarà a pieno regime a partire dal prossimo 1 gennaio ed avrà una capacità di movimentazione annua di 2,6 miliardi di metri cubi.«I lavori procedono senza problemi di sorta», ha dichiarato Krhen, confermando che «è in fase di conclusione la costruzione sia dell'infrastruttura dislocata sulla terraferma, sia del gasdotto che allaccerà Lng Croatia e il metanodotto Pola-Karlovac». Krhen ha ricordato che «siamo riusciti a vendere tutta quanta la nostra capacità operativa per il triennio 2021-2023. Per il periodo che va fino al 2027, Lng Hrvatska è riuscita a piazzare più di 8 miliardi di metri cubi. L'impresa non si è però fermata qui, vendendo circa 3,3 miliardi per il lasso di tempo compreso tra il 2027 e il 2030». Occorre movimentare almeno 1,1 miliardi di metri cubi all'anno - ha ribadito il direttore di Lng Hrvatska - «per non generare perdite e non dover pagare l'indennizzo relativo alla sicurezza per l'approvvigionamento del gas, penale che ricade su tutte le utenze in Croazia».Il direttore di Lng Hrvatska ha precisato che i maggiori acquirenti sono in questo momento le aziende Mfgk Croatia, Power Globe Qatar e Met Croatia Energy Trade. Anche le imprese statali croate, la petrolifera Ina e l'elettrodistributiva Hep, hanno dato una mano, rilevando circa mezzo miliardo di metri cubi. Ora sulla nave agisce un equipaggio misto, formato da marittimi croati e d'oltreconfine, ma non appena Lng Croazia verrà ormeggiata dinanzi a Castelmuschio i lavoratori saranno tutti croata: è quanto prevede l'accordo di cofinanziamento del progetto, firmato da Zagabria e dall'Unione europea. Il rigassificatore offshore vegliota, nel complesso della infrastruttura, ha richiesto un investimento di 233 milioni di euro, 101 dei quali stanziati a fondo perduto da Bruxelles. La nave è venuta a costare poco meno di 160 milioni di euro, cifra che ha compreso pure i lavori di riconversione della metaniera, trasformata in rigassificatore. La riconversione è stata realizzata in un cantiere navale nei pressi di Shangai, in Cina: al termine dei lavori in Oriente la Lng Croatia era salpata per Fiume nella seconda metà dello scorso settembre.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 novembre 2020
Il San Giusto d'Oro ad Andrea Segrè per la sua battaglia contro lo spreco
Premiato l'impegno pluriennale per il recupero del cibo. Targa speciale alla giornalista Rai Botteri
La lotta allo spreco alimentare e l'impegno al servizio della verità. Andrea Segrè vince il San Giusto d'Oro numero cinquantaquattro mentre alla giornalista Rai Giovanna Botteri va la targa speciale. Se tutto andrà bene la cerimonia di premiazione si terrà a dicembre nella sala del Consiglio regionale. L'annuncio è stato dato ieri dai vertici dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia che, in collaborazione con il Comune e il sostegno della Fondazione CRTrieste, tradizionalmente conferisce il riconoscimento. A chi? Di anno in anno vengono scelti triestini che si sono distinti per aver tenuto alto il nome della città agli occhi del resto d'Italia e del mondo. I nomi abitualmente escono il giorno del patrono giuliano, San Giusto appunto. Ecco che l'edizione 2020 vede dunque premiato innanzitutto il professor Segrè: «Ha contribuito a fare di difesa dell'ambiente e lotta agli sprechi alimentari un tema di rilievo internazionale», motiva Carlo Muscatello, presidente dell'Assostampa regionale. «È partito da un dato: a fronte di oltre 800 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame, quasi un terzo del cibo prodotto viene sprecato prima di arrivare in tavola, alimentando il surriscaldamento globale. L'intuizione di Segrè, figlia degli insegnamenti ricevuti in famiglia dalla nonna lussignana e in sintonia con il magistero di Papa Francesco, assume ulteriore valore durante la pandemia, che porta con sé un'emergenza anche economica e sociale». Classe 1961, Segrè è professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata nell'ateneo bolognese e ha insegnato Economia circolare all'Università di Trento. È fondatore del progetto di ricerca Last Minute Market-impresa sociale, ideatore della campagna Spreco Zero e direttore scientifico dell'osservatorio Waste Watcher per l'economia circolare e lo sviluppo sostenibile. Presiede la Fondazione F.I.CO (Fabbrica Italiana Contadina) per l'educazione alimentare e alla sostenibilità nonché il Centro agroalimentare di Bologna. Il 29 settembre, durante l'evento organizzato dalle Nazioni Unite e dalla Fao in occasione della prima Giornata internazionale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, è stato l'unico relatore italiano a intervenire: un riconoscimento globale per l'impegno profuso in tanti anni di ricerca e iniziative concrete.«Con la targa speciale a Giovanna Botteri invece - prosegue Muscatello - premiamo il lavoro di una collega che, partendo da Trieste, è stata testimone dei grandi avvenimenti internazionali degli ultimi decenni. Giornalista dell'anno e volto tv popolare in questo drammatico 2020, ha sempre raccontato i fatti con sensibilità, senza protagonismi, ponendosi dalla prospettiva della gente comune. E con quel tocco di femminile triestinità di chi ha girato il mondo ma non ha dimenticato le proprie origini». Laureata in Filosofia, come inviata ha seguito il crollo dell'Unione Sovietica, l'inizio della guerra nella ex Jugoslavia nel 1991, la Bosnia e l'assedio di Sarajevo dal 1992 al 1996, poi Algeria, Sudafrica, Iran, Albania, Kosovo. Nel 2001 è a Genova per il G8. Tra il 2001 e il 2005 segue i conflitti in Afghanistan e Iraq. Nel 2006 è in Libano, con il contingente di pace italiano, e in Siria, per l'inizio della rivolta contro Assad. Nel 2007 diventa corrispondente e poi capo dell'ufficio Rai dagli Stati Uniti. Dal 2019 è capo dell'ufficio di corrispondenza Rai per il Sudest asiatico, con base a Pechino. È uno dei rari corrispondenti occidentali testimoni dell'inizio della pandemia.
Lilli Goriup
Nuovo centro rifiuti a Vignano: la giunta Marzi dà il via alla gara
MUGGIA. È stata avviata la procedura negoziata per l'affidamento dei lavori di realizzazione di un nuovo centro di raccolta comunale dei rifiuti urbani in territorio muggesano, in località Vignano, alle Noghere.La durata prevista dei lavori stessi è indicata in 100 giorni consecutivi dalla data di affidamento. La data limite per la presentazione delle offerte è stata stabilita alle 12 del prossimo 27 novembre, mentre quella della prima seduta pubblica per l'analisi delle buste è stata a propria volta fissata alle 10.30 del successivo lunedì 30 novembre, nella sala del Consiglio comunale del palazzo municipale di piazza Marconi.Le opere da realizzare riguardano la formazione di un sistema fognario per lo smaltimento delle acque del piazzale e di quelle meteoriche, la fornitura e la posa del sistema di trattamento delle acque dei piazzali, la realizzazione di fondazione e pavimentazione in calcestruzzo per le aree destinate a deposito dei rifiuti otre che dei piazzali adibiti alla viabilità. Infine la fornitura e la posa di tettoie per la copertura delle aree di deposito dei rifiuti differenziati. L'importo complessivo di quest'appalto, comprensivo degli oneri per la sicurezza, è pari a 199.912,61 euro, dei quali 191.877,80 euro per i lavori, 4.736,65 euro per oneri legati alla sicurezza ordinaria e 3.298,16 euro per oneri relativi alla sicurezza speciale. Si tratta di un'opera importante per il territorio muggesano in quanto, ad oggi, i rifiuti indifferenziati vengono conferiti in un'area, sempre in località Vignano, di proprietà privata e per la quale il Comune di Muggia paga un canone. Quindi disporre di un'area attrezzata di proprietà comunale per lo smaltimento porterà certamente sollievo alle casse del Comune rivierasco.
LU.PU.
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 novembre 2020
Cala la popolazione, aumentano le auto - E un abitante su cinque ha uno
scooter
Trieste si conferma ai primi posti in Italia per numero di veicoli in
circolazione. I mezzi totali sono il doppio di quelli di Udine
I residenti nel nostro Comune diminuiscono, ma il parco veicolare in
circolazione cresce. Senza contare che Trieste si conferma una delle città
italiane con la più alta concentrazione di motocicli: ogni cinque residenti c'è
uno scooter o una moto che sfreccia tra le vie cittadine. La fotografia emerge
dai dati forniti dall'ufficio statistiche dell'Automobile Club che riferiscono
di un parco veicolare triestino composto in totale da 165.019 mezzi (Udine ne
conta 82.969), a fronte di un "esercito" di motorini pari a 42.315 unità, quando
erano 41.188 nel 2015 e non superavano i 40 mila nel 2013. Tenendo conto che in
regione i motocicli sono in totale 145.315, significa che quasi il 30 per cento
di questi mezzi a due ruote è di un triestino. Una concentrazione difficile da
rilevare in altre località a livello nazionale, - l'Italia detiene anche il
record europeo di motocicli immatricolati -. Numeri più alti li sfoggiano
soltanto il Comune di Livorno e quello di Genova. Del resto basta dare
un'occhiata agli stalli in città, con le file interminabili di scooter e moto
infilati ovunque, per averne riscontro. La tendenza all'uso delle due ruote è
ormai consolidata negli anni, e conta una crescita importante e un impiego
trasversale in termini di età. Un mercato quindi florido che alimenta di
conseguenza anche quello dedicato agli accessori come caschi, teli ripara
pioggia e vento, guanti e bauletti. Passando ai dati delle statistiche Aci
relativi invece alle automobili, le immatricolazioni raccontano che nel solo
Comune di Trieste sono 108.381 le 4 ruote, mentre nel 2015 erano 105.693. Di
queste oltre 87 mila sono alimentate a benzina, 8.323 sono Euro 0, ovvero
immatricolate prima del 1992, mentre il numero maggiore (31.518) sono Euro 4.
Sono 24.179 le più recenti Euro 6. Numeri che, ancora una volta, fanno emergere
l'anzianità dei veicoli circolanti sul territorio. Sulla consistenza del nostro
parco veicolare, Enrico Lena, uno dei quattro consiglieri dell'Automobile Club
Trieste, fa alcune considerazioni. «Ad incidere sul dato numerico c'è certamente
l'elevata concentrazione dei motocicli - osserva -, ma anche la tendenza di
molte famiglie ad acquistare due, a volte tre automobili. Inoltre in città
resiste una fetta sostanziosa di collezionisti. Un collezionismo non ricco, -
specifica Lena - ma importante per numero di veicoli mantenuti dagli
appassionati» .Vista la costante crescita dei mezzi in città, resta attuale la
necessità di nuovi parcheggi. «È un tema costantemente alla nostra attenzione -
assicura l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, come testimonia l'impegno
sul raddoppio in itinere nel Park Bovedo. Proseguono inoltre le trattative per
realizzare un parcheggio in Porto vecchio nell'area della concessione
Greensisam». L'assessore ricorda anche come, ad esempio, in occasione delle
festività natalizie, venga incentivato l'utilizzo dei mezzi pubblici con
promozioni sui parcheggi coperti più periferici. Infine qualche curiosità: in
regione l'automobile più diffusa è la Fiat Panda 1.2 Sp, se ne contano ben
19.267. A seguire la Fiat Punto 1.2 Sp (8.441)). Sui mezzi a due ruote domina la
Piaggio. Va considerato, infine, che il netto aumento di vendite delle
biciclette - oggi dalle 9 sarà operativa tra l'altro la piattaforma on-line del
Bonus bici, creata dal ministero dell'Ambiente e necessaria per richiedere il
bonus mobilità, l'incentivo all'acquisto di bici, e-bike e monopattini -
potrebbe nel tempo incidere sul parco veicolare, a sfavore delle moto.
Laura Tonero
La Regione rimpolpa il budget per l'acquisto di vetture green
Stanziati nell'ultimo assestamento due milioni di euro per il 2020 -
Verranno evase tutte le domande 2019 e le prime di quest'anno
Nuove risorse dalla Regione per le auto ecologiche. In assestamento di
bilancio, infatti, la giunta Fedriga ha destinato all'acquisto di questo tipo di
veicoli 2 milioni e 70 mila euro per il 2020, prevedendo con il bilancio
armonizzato altri 2,6 milioni di euro nei prossimi due anni. Verranno evase
tutte le richieste di contributo del 2019 e si inizieranno ad erogare i
contributi del 2020. «Nessuno poteva immaginare un boom del mercato
post-lockdown - ha precisato a questo proposito l'assessore all'Ambiente Fabio
Scoccimarro - basti pensare che in meno di un anno, i modelli ibridi ed
elettrici sul mercato sono più che raddoppiati e alcune case automobilistiche
che non le avevano previste, ora hanno iniziato a mettere in commercio vetture
ecologiche». In attesa di ricevere eventuali fondi del Recovery Fund,
Scoccimarro spiega che «è stata predisposta la proroga della graduatoria da 2 a
5 anni per garantire il contributo a chi ha presentato la domanda e deciso di
redigere comunque un nuovo regolamento che tenga conto delle nuove dinamiche di
mercato».Ulteriori 2 milioni di euro sono stati inoltre garanti per il super
sconto carburanti per l'Area 1 fino al 31 dicembre prossimo. Nel complesso a
questo scopo nel 2020 sono stati destinati 37 milioni. «Nel frattempo - aggiunge
l'esponente dell'esecutivo Fedriga - speriamo si riesca a trovare un accordo con
il governo, così da ricevere una indispensabile compartecipazione da parte dello
Stato, unico vero beneficiario, oltre ai cittadini, di questa misura». Per non
penalizzare ulteriormente i residenti del Friuli Venezia Giulia si è deciso poi
di confermare lo sconto per i prossimi due anni anche ai possessori di vetture
da Euro 0 a Euro 4 «che sono quelli che meno di altri possono permettersi di
cambiare auto, anche se - ha ribadito l'esponente di Giunta - cercheremo di
sostenere ancora di più chi guida vetture poco inquinanti o, meglio, a zero
emissioni».
l.t.
Sgonico dichiara guerra ai pannolini "usa e getta" - Contributi per i
lavabili - il provvedimento
SGONICO. Un ritorno all'antico, per attuare una moderna politica dei
rifiuti, che guardi al risparmio e alla razionalizzazione. Va in questa
direzione la scelta fatta dall'amministrazione comunale di Sgonico, che ha
stanziato 500 euro, una «cifra per ora simbolica - precisa il sindaco Monica
Hrovatin - ma suscettibile di incremento se, come speriamo, avremo una buona
risposta dalla popolazione», per dare contributi economici ai cittadini che
acquisteranno pannolini ecologici lavabili. In sostanza, per combattere
l'utilizzo dei pannolini "usa e getta", «la cui diffusione è oramai capillare -
sottolinea Hrovatin - e si traduce nella copiosa produzione di rifiuti che vanno
nell'indifferenziata, aumentando considerevolmente i costi per la conseguente
eliminazione, abbiamo deciso di incentivare l'acquisto di quelli lavabili».Nel
testo del provvedimento approvato dalla giunta si legge appunto che «il Comune
di Sgonico, al fine di stimolare comportamenti ambientali virtuosi ed
economicamente vantaggiosi, volti a favorire la riduzione dei rifiuti, assegnerà
un contributo economico a chi utilizzerà i pannolini ecologici lavabili».Con
questo provvedimento, Sgonico si qualifica come il primo e per ora unico comune
del territorio provinciale di Trieste ad adottare una scelta così netta in
materia. «Mi risulta che ci siano dei precedenti solo in Emilia Romagna - spiega
ancora la stessa Hrovatin - e cioè una regione che, su questo fronte, è sempre
all'avanguardia».Le domande si possono presentare fino alle ore 12 del 30
novembre. L'avviso e il modulo di richiesta del contributo sono pubblicati sul
sito istituzionale www.comune.sgonico.ts.it. Eventuali chiarimenti potranno
essere richiesti alla segreteria del Comune di Sgonico, chiamando i numeri 040
229150 e 040 229101, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12, oppure scrivendo
all'indirizzo protocollo@com -sgonico.regione.fvg.it.
u.sa.
Reati contro gli animali, in un anno 42 processi - il report della LAV
Quarantadue procedimenti penali e 18 indagati. Sono i numeri del fenomeno
reati contro gli animali commessi a Trieste lo scorso anno secondo il Rapporto
Zoomafia stilato ogni anno dalla Lav sulla base delle informazioni fornite dalle
Procure. Nel dettaglio 17 processi con due indagati sono stati istruiti per il
reato di uccisione di animali; 18 procedimenti e 10 indagati per maltrattamento;
4 procedimenti e 5 indagati per abbandono o detenzione di animali in condizioni
incompatibili; 3 procedimenti e 1 indagato per reati venatori o relativi alla
fauna selvatica. Rispetto ai dati 2018, il 2019 ha registrato un calo
complessivo del -33% delle denunce (passate da 63 a 42) e del 51% per quanto
riguarda gli indagati (passati da 37 a 18). «La diminuzione delle denunce -
commenta il criminologo Ciro Troiano, responsabile nazionale dell'Osservatorio
Zoomafie - non va letta come un semplice calo del fenomeno; i reati denunciati
sono solo una parte di quelli effettivamente compiuti».Quanto al resto della
regione, in Fvg sono stati registrati 358 procedimenti per reati a danno di
animali, all'incirca il 3,77% di quelli nazionali, e 166 indagati, più o meno il
2,84% di quelli nazionali.
Nicole Cherbancich
Virus più letale nelle zone a rischio smog
Uno studio cui partecipa anche Andrea Pozzer dell'Ictp sostiene che il
15% dei decessi era evitabile con un'aria più pulita
In media circa il 15% dei decessi in tutto il mondo da Covid-19 avrebbe
potuto essere evitato con un'aria più pulita e salubre. È la stima che risulta
da una ricerca che per la prima volta ha tentato di quantificare l'effetto di
un'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico sulla mortalità da
Coronavirus. Lo studio, pubblicato su Cardiovascular Research e reso
consultabile anche in open access per volontà dei suoi autori, è firmato anche
da Andrea Pozzer, scienziato della sezione di Fisica del sistema terra dell'Ictp,
che ha guidato la collaborazione con gli scienziati del Max Planck Institute for
Chemistry e dello giuliasity Medical Center di Mainz, in Germania. Sul legame
tra smog e Covid-19 si è discusso fin dall'inizio della pandemia, prima con
l'ipotesi, non ancora confermata, che le polveri sottili potessero veicolare il
virus, poi con diverse ricerche che hanno dimostrato come nelle zone più
inquinate del pianeta (e d'Italia) aumenti il rischio di contrarre l'infezione e
di subirne le conseguenze più gravi. Con questo studio si tenta di quantificare
questo rischio, o meglio, scrivono gli autori, si tenta di stimare "la
percentuale di morti che potrebbe essere evitata se la popolazione fosse esposta
a livelli inferiori di inquinamento atmosferico". "Lo studio è un'estensione a
livello globale di quanto già dimostrato in un'altra ricerca dalla biostatista
di Harvard Francesca Dominici, che ha stimato come a un aumento di un
microgrammo per metro cubo di particolato fine (PM 2. 5) corrisponda un
incremento dell'8% del tasso di mortalità da Sars-Cov-2 - spiega Pozzer -. Qui
abbiamo utilizzato dati epidemiologici e dati satellitari per capire la
distribuzione del particolato fine nelle diverse zone del mondo. Ne è risultato
che in media circa il 15% dei decessi globali da Covid-19 potrebbe essere
attribuito all'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico, con
percentuali diverse a seconda della zona considerata. In Europa la proporzione è
di circa il 19%, in Nord America del 17% e in Asia orientale del 27%.
Dettagliando l'analisi per stati, il peso maggiore si rileva in Repubblica Ceca
(29%), in Cina (27%) e in Germania (26%), mentre l'Italia si allinea alla media
globale con il 15%, pure in questo caso con differenze consistenti tra, per
esempio, la Pianura Padana e le metropoli, e il meridione e i piccoli paesi di
campagna". Valori più bassi si hanno per Israele (6%), Australia (3%) e Nuova
Zelanda (1%). Oltre ad aver dimostrato la correlazione tra smog e mortalità da
Coronavirus, gli scienziati, con l'aiuto di pneumologi e cardiologi, hanno
ipotizzato anche alcuni meccanismi per cui questa correlazione si verifica. "È
noto che l'inquinamento aumenta la possibilità di sviluppare malattie
cardiovascolari e polmonari, causando stress a cuore e polmoni. Su un sistema
immunitario già affaticato il Covid-19 potrebbe dunque avere un effetto
devastante", conclude Pozzer. Su Cardiovascular Research il cardiologo Thomas
Münzel, dello University Medical Center di Mainz, si spinge ancora oltre, con
un'ipotesi che però esula da questo studio: "Il particolato atmosferico sembra
aumentare l'attività di un recettore sulla superficie delle cellule, chiamato
Ace2, che favorisce l'accesso del coronavirus nelle cellule - sostiene Münzel -.
L'inquinamento dell'aria quindi, oltre a danneggiare i polmoni, favorisce
l'attività di Ace2, che a sua volta porta a un aumentato assorbimento del virus
da parte dei polmoni e probabilmente anche dei vasi sanguigni e del cuore"
Giulia Basso
Mare e coste, i regali della biodiversità da proteggere
Il 6 novembre su Zoom ne parleranno gli esperti di Ogs e Wwf Amp di
Miramare
"Regali di biodiversità". Materie prime, cibo, ossigeno, ma anche protezione
dai disastri naturali, mitigazione del clima, sequestro del carbonio. Sono i
benefici che ci derivano dal mare e dagli ambienti costieri, i cosiddetti
"servizi ecosistemici". Anche se non ce ne accorgiamo, sono essenziali per il
nostro benessere. Da qui, la necessità di non compromettere le risorse marine
con attività di pesca eccessive, che metterebbero a repentaglio tutto
l'ecosistema e quindi la nostra stessa sopravvivenza. E proprio questi servizi,
tanto essenziali quanto "invisibili", saranno al centro di un webinar gratuito
(per docenti ed educatori in primis, ma anche per i curiosi di ecologia,
conservazione ambientale e sviluppo sostenibile), organizzato da Wwf Amp
Miramare e Ogs, che si terrà il 6 novembre dalle 16 alle 18 sulla piattaforma
Zoom. Simone Libralato, ricercatore di Ogs, parlerà di percorsi di sostenibilità
della pesca e Fabrizio Bulgarini, naturalista esperto in tutela della
biodiversità e Marco Paparot dello staff Wwf presenteranno i nuovi prodotti
divulgativi realizzati da Amp Miramare. I materiali didattici verranno poi resi
disponibili per i partecipanti, a cui verranno inoltre presentati il gioco da
tavolo "Fish&Ships" (sviluppato da Ogs con il supporto di White Cocal Press per
il progetto Fairsea) e il discussion game, il cui scopo è far comprendere come
il mantenimento del patrimonio naturale passi attraverso la cooperazione tra
diversi attori e la sensibilizzazione della popolazione. «Tra i vari benefici
che la natura ci fornisce continuamente - anticipa Paparot - i primi a venire in
mente sono quelli materiali ed economici, ma esiste un'infinità di servizi senza
i quali non potremmo esistere. Ad esempio, quelle che chiamiamo comunemente
alghe, in realtà sono vere e proprie piante sottomarine. E non immaginiamo
neanche che la presenza delle praterie marine, fortemente minacciate, fornisca
molti e importantissimi servizi ecosistemici: mantengono pulite le acque,
proteggono la costa, offrono un "asilo nido" per gli animali appena nati.
Producono poi ossigeno e contribuiscono a diminuire gli effetti del "global
change". Negli alberi possiamo trovare altrettanti benefici: proteggono dai
disastri naturali, migliorano la qualità dell'aria e il benessere psicologico
delle persone, oltre a fornire frutta, sostanze medicinali, ossigeno e molto
altro». Per partecipare registrarsi su: https://zoom.us/webinar/register/WN_PkJi31MVRESaWkHOU4tNMg
e connettersi all'ora dell'evento.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 novembre 2020
Progetto FVG - «Una nuova mobilità e più sostegno alle imprese»
«In considerazione della situazione che si prospetta con l'emergenza covid e
la contrazione economica che mette a rischio la vita di molte imprese triestine
e i posti di lavoro, è importante rivedere e programmare di conseguenza il
tessuto della città, in ambito sociale, economico e urbano». Così Giorgio Cecco,
referente del coordinamento triestino di Progetto Fvg.«Ferma restando la grande
attenzione per la sicurezza sanitaria - sottolinea l'esponente del movimento
civico -, esprimiamo piena solidarietà a imprenditori e lavoratori di tutti i
settori fortemente penalizzati dall'ultimo Dpcm. Detto questo sarà fondamentale
ricalibrare il piano di sviluppo della città e mantenere nel tempo alcuni
interventi di supporto alle attività economiche », prosegue il coordinatore
provinciale di Progetto Fvg per una Regione speciale.« Alcune misure di sostegno
che il Comune ha messo in atto come l'ampliamento delle aree esterne per le
attività commerciali sarebbe utile che diventino strutturate. È il caso di
ulteriori corsie preferenziali per il trasporto pubblico, in modo da velocizzare
i tempi e quindi diminuire il carico di passeggeri. Si prendano in mano quindi
gli strumenti pianificatori come il piano del traffico - conclude Giorgio Cesso
- e poi si rivedano, insieme alle associazioni di categoria le nuove necessità
del comparto economico e gli spazi pubblici per le attività culturali e
sportive».
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 novembre 2020
Mobili e rifiuti abbandonati: discarica abusiva sequestrata
Scoperto dai Carabinieri della Stazione di Opicina un piazzale che veniva
usato come deposito illegale di immondizie. Denunciato un 54enne: gestiva
l'"attività"
Elettrodomestici, divani, sedie e poltrone abbandonati, calcinacci, evidente
residuo di opere di demolizione, vestiti, elementi di arredo, specchi sporchi e
rotti. È un autentico campionario degli orrori quello che è stato messo sotto
sequestro dai Carabinieri della Stazione di Villa Opicina, in un piazzale
situato sul lato sud della strada provinciale 35, qualche centinaio di metri
prima dell'ingresso del campeggio residence "Pian del Grisa" in direzione di
Prosecco, adibito a vera e propria discarica a cielo aperto. L'area era da tempo
nel mirino dei militari che, al termine di indagini condotte proprio esaminando
i rifiuti, hanno denunciato a piede libero un pregiudicato 54enne per attività
di gestione dei rifiuti non autorizzata con deposito sul suolo e invasione di
terreni. I Carabinieri hanno svolto accertamenti sui materiali rinvenuti e
diversi servizi di osservazione per identificare gli autori dello scempio
ecologico. In breve tempo sono così arrivati a individuare il responsabile, un
pregiudicato di origini napoletane, residente a Trieste, specializzato nello
sgombero delle cantine, lavoro che completava velocemente e senza eccessive
formalità, probabilmente in maniera abusiva. Oltre a non utilizzare i documenti
obbligatori per chi svolge attività di smaltimento e trasporto di rifiuti,
infatti, gettava in maniera indiscriminata la spazzatura, i vecchi arredi e i
calcinacci nello spiazzo, al punto da trasformare l'area in una discarica
abusiva a cielo aperto. Il piazzale, leggermente discosto rispetto alla strada e
circondato da alberi, un tempo ospitava, nella bella stagione, i tavoli per la
ristorazione all'aperto di una tavola calda, operativa nella vicina costruzione,
di cui oggi rimane ancora visibile la scritta "La cucina casalinga". Poi
l'attività fu chiusa, nessuno subentrò e l'area divenne nel tempo terra di
nessuno, rifugio per animali e malintenzionati. La massa di immondizie negli
ultimi tempi è cresciuta a dismisura, diventando visibile anche da chi passa
velocemente con l'automobile. Da ciò la segnalazione e l'intervento dei
Carabinieri. Ad accentuare la gravità della situazione il fatto che, a poche
centinaia di metri, ci sono alcuni impianti sportivi utilizzati da atleti e
ragazzi. Lo stato dei luoghi sarà a breve ripristinato grazie all'intervento del
Comune di Trieste, nella cui giurisdizione rientra l'area oggetto di sequestro,
che provvederà a ripulire il sito. Purtroppo sull'altipiano triestino non è
infrequente imbattersi in discariche di questo tipo. Oltre a Opicina, anche nei
territori comunali di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino capita ogni tanto di
imbattersi in cumuli di immondizie, abbandonate nottetempo da chi non ha
rispetto delle regole e dell'ambiente.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 31 ottobre 2020
Strage di Pinna Nobilis, morti 9 esemplari su 10
L'allarme lanciato dagli esperti riuniti a confronto sullo stato di
salute del Nord Adriatico. Le speranze riposte nella ricerca
È strage di Pinna Nobilis nel golfo di Trieste. L'epidemia che da qualche
anno sta decimando le pinne in tutto il Mediterraneo, ora ha steso anche a
queste latitudini il suo drappo nero. A fare il punto sullo stato di salute
della specie a livello Mediterraneo e sull'area dello stesso golfo, un convegno
tecnico-scientifico, organizzato dall'Area marina protetta di Miramare e
condotto dal direttore della Riserva marina Maurizio Spoto. Al meeting hanno
partecipato funzionari e ricercatori della Direzione generale per il mare e le
coste del Ministero dell'Ambiente, dell'Ispra, delle Università di Napoli
Parthenope, di Teramo e di Trieste, del Servizio Biodiversità della Regione, di
Ogs e Arpa Fvg.Dal 90% al 100%: sono queste le percentuali di mortalità di Pinna
Nobilis nel nord Adriatico, secondo quanto emerso dai monitoraggi compiuti dall'Amp
Miramare negli ultimi mesi. «Il più grande mollusco del Mediterraneo è vicino
all'estinzione - fa sapere Spoto - e l'unica speranza è ormai che i pochi
esemplari attualmente sani resistano all'epidemia che sta decimando la specie in
tutto il mar Mediterraneo». La moria nel nostro territorio ha iniziato a
manifestarsi circa un anno fa, sulle trezze di Grado, per poi evolversi
all'interno del Golfo. Così, se a gennaio Miramare era al 50% di mortalità,
mentre Barcola e Grignano erano all'80%, alla fine dell'estate la situazione era
già cambiata. Gli ultimi campionamenti effettuati a inizio ottobre hanno infatti
evidenziato una mortalità intorno al 95% nella zona della costiera triestina.
«La Pinna Nobilis è il più grande mollusco presente nel Mediterraneo - spiega la
direttrice dell'Ogs, Paola Del Negro - e in quanto tale funge da punto di
ancoraggio per le tante specie animali esistenti nel mare. Ha un ruolo fisico ma
anche ecologico, perché fa da connessione fra la parte bentonica (i fondali) e
plantonica (ossia gli organismi che navigano all'interno della colonna d'acqua)
del tessuto marino». La speranza per la sua salvaguardia arriva, oltre
all'auspicata naturale resilienza della specie, anche dalla ricerca. Sono
diversi i soggetti scientifici, non ultima l'AMP di Miramare, che stanno
studiando possibili azioni di ricolonizzazione dei fondali marini tramite
tecniche di ripopolamento in grado di ricreare uno stock di molluschi a partire
dagli individui che hanno sviluppato una resistenza al parassita. In questi
giorni a raccontare la moria del più grande mollusco del Mediterraneo c'è anche
un'iniziativa molto particolare, #Art4Fan, un percorso di divulgazione a cavallo
tra Arte e Scienza promosso dall'AMP Miramare con la collaborazione di 15
giovani artisti. Le opere sono esposte fino a domenica 1° novembre, dalle 15
alle 18, presso la sala Xenia, in Riva 3 Novembre
Lorenzo Degrassi
Ambiente e rifiuti, schiaffo UE - Due procedure contro l'Italia - le negligenze nella sostenibilità
Bruxelles. Italia e lotta all'inquinamento, un binomio tutt'altro che perfetto. Per qualità dell'aria e smaltimento dei rifiuti, Roma si conferma carente e in ritardo, e il sistema Paese viene punito con due nuove procedure d'infrazione. L'Ue giudica l'aria che si respira nello Stivale ancora irrespirabile. I dati in possesso della Commissione europea dicono che ci sono troppe polveri ultrasottili (le PM 2,5). «Dal 2015 il valore limite non è stato rispettato in diverse città della pianura Padana», tra cui Venezia, Padova e vicino a Milano. A questo si accompagnano «misure non sufficienti» a garantire sforamenti il più breve possibile. Già nel 2006 l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia dell'Ue per eccesso di polveri sottili (PM10), nel 2017 ha rischiato una max-imulta per l'inquinamento urbano, evitata grazie a un piano utile a sanare la situazione a Nord. La procedura resta pendente. Ci sono progressi sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx), ma c'è ancora molto da fare, e resta il problema delle PM 2,5. A complicare le cose c'è il contesto politico mutato col "green deal", la strategia per la sostenibilità che ha come obiettivo l'inquinamento zero, a vantaggio di salute pubblica e ambiente. Ora si rischia meno indulgenza. Il governo ha due mesi di tempo per convincere Bruxelles a non procedere oltre. Giorni delicati, visto che si dovrà sbrogliare anche una seconda matassa: un'altra procedura d'infrazione aperta sempre a carico dell'Italia. Inquinamento per il Paese è sinonimo anche di rifiuti e loro gestione. L'Italia non è a norma nel trattamento degli scarti radioattivi. Si doveva recepire la direttiva per lo stoccaggio di rifiuti radiologici, di ricerca, industriali e agricoli entro il 23 agosto 2013, e notificare i piani nazionali entro il 23 agosto 2015. Bruxelles ora chiede conto. Sui rifiuti l'Italia è già stata condannata a multe salate per carenze nella gestione delle acque di scarico (2018) e dell'emergenza in Campania (2015), e per la non chiusure delle discariche abusive.
Emanuele Bonini
IL PICCOLO - VENERDI', 30 ottobre 2020
GORIZIA - Legambiente cambia i vertici - Tomasich subentra a Cadez
Sarà una donna a guidare la sezione di Gorizia dell'associazione «Onorata
per la fiducia. C'è tanto lavoro da fare»
Luca Cadez non è più presidente di Legambiente Gorizia. Aò vertice
dell'associazione è stata eletta Anna Maria Tomasich, mentre Cadez è rimasto
all'interno del Consiglio come vicepresidente. Gli altri membri eletti sono
Barbara Cosolo (segretaria), Tadej Devetak (tesoriere), Daniel Baissero, Marco
Culot, Monica Iacumin, Sergio Pratali Maffei e Sonia Kucler. Il sodalizio
ambientalista opera in città oramai da oltre 10 anni ma raccoglie l'eredità del
primo circolo avviato a inizio anni '90 e chiuso nel 2001.Moltissimi i progetti
sviluppati negli anni, in primis la salvaguardia del fiume Isonzo, l'attenzione
per il verde urbano, la mobilità sostenibile e, negli ultimi due anni, le
attività sull'inquinamento dell'aria. Senza trascurare alcune tra le campagna
storiche di Legambiente, tra cui "Puliamo il mondo". «Ringrazio tutti veramente
per la fiducia. Ho accettato con coraggio la candidatura alla presidenza del
circolo: ci sarà tanto da fare e tanto da imparare, seguire le istanze,
vertenze, obiettivi di quest'associazione legate all'ambiente - esodisce la
neopresidente -. Cercherò di mettere a frutto questa nuova sfida con forza ed
entusiasmo, ci aspetta un gran lavoro. A mio avviso, c'è bisogno di sinergia fra
i gruppi che hanno a cuore l'ambiente e spero che si possa rafforzare questa
ottica. C'è una nuova consapevolezza, in termine di ambientalismo, oggi più che
mai c'è bisogno di spingere e di forzare questa visione assieme alle
persone».Anna Maria Tomasich passa, quindi, ai ringraziamenti. «Un grazie a Luca
Cadez per le sue conoscenze, competenze e capacità, e a tutti i componenti del
consiglio direttivo e gli iscritti. Legambiente avrà bisogno del lavoro di tutti
per salvaguardare il nostro territorio. Ma c'è necessità anche di nuove persone,
giovani e non, con nuove idee. Vi aspettiamo. Il Circolo funziona grazie al
lavoro volontario dei soci, e siamo interessati a trovare persone disponibili a
darci una mano».Per avere informazioni si può scrivere a gorizia@legambientefvg.
it, sul sito https: //www. legambientefvg. it/circoli/gorizia o seguendoci su
Facebook.
Fra.Fa.
Parco di Villa Necker da riaprire al pubblico per 8 cittadini su dieci
Indagine di Ixè sul futuro del polmone verde sotto San Vito - L'82% degli
interpellati chiede al Comune di insistere
L'82% dei residenti vuole che il Comune intervenga affinché il demanio
militare riapra ai cittadini il parco di Villa Necker. Una maggioranza scontata,
ma che il comitato Ritorno al Parco ha voluto quantificare commissionando
un'indagine all'istituto di ricerca Ixè. Un'iniziativa che rientra in un più
ampio progetto volto a sensibilizzare i triestini sul destino di quel polmone
verde ai piedi del colle di San Vito. A breve, infatti, partiranno anche una
raccolta di firme, la distribuzione di brochure che ne raccontino la storia e
dei banchetti informativi che daranno ancora più forza alla richiesta di
spalancare i cancelli dell'ampio parco che circonda la villa. Tornado
all'indagine di Ixè - svolta telefonicamente dal 9 al 14 ottobre scorsi su un
campione di 700 persone maggiorenni residenti a Trieste -, le domande poste
hanno voluto mettere anche in luce il rapporto tra i residenti e i parchi
pubblici. «Complessivamente - spiegano da Ixé - i cittadini triestini "vivono" i
giardini urbani con una buona intensità: mediamente oltre 5 visite al mese,
ovvero più di una volta a settimana; c'è un segmento pari al 18% dei cittadini
che vi si reca ogni giorno o più volte a settimana». Il 34%, invece, li
frequenta una volta al mese o anche di meno. A fruire più spesso dei giardini
sono mamme con bambini e persone anziane, meno i giovani. Nelle risposte a una
serie di domande che pesano il giudizio dei triestini sul verde cittadino,
emerge come il 58% valuti come adeguata l'attenzione che il Comune riserva ai
parchi e ai giardini pubblici, per il 38% invece è inadeguata. L'indagine,
entrando nel dettaglio su Villa Necker e il suo parco, rivela che il 63% degli
intervistati «ne ha sentito parlare», il 31% non conosce quel sito, il 6%
racconta che in passato frequentava quel parco. Sui motivi che spingono, come
accennato, l'82% delle persone contattate a ritenere che il Comune dovrebbe
intervenire per fare in modo che il demanio miliare ceda quel parco ai
cittadini, il 30% lo sostiene in base al generale principio che gli spazi vadano
utilizzati in modo proficuo e non siano abbandonati al degrado. Un'altra quota
consistente, del 21%, sostiene il principio della "cosa pubblica", ovvero dei
diritti di una comunità, mentre il 15% è critico soprattutto verso lo spreco e
l'incuria dei militari nella gestione di quel parco. «Quali attività le
piacerebbe venissero fatte nel parco?», è stato chiesto agli intervistati dando
loro la possibilità di esprimere più di un'indicazione. Il 74% ha dichiarato che
sarebbe favorevole alla realizzazione di aree gioco per i più piccoli, il 43% a
percorsi di jogging e passeggiate, il 41% ci vedrebbe bene la sistemazione di
attrezzi per fare ginnastica. Gradite al 27% delle aree dedicate ai cani, il 37%
vedrebbe di buon occhio la realizzazione in quegli spazi di orti urbani. Sulla
gestione del parco, metà del campione sondato da Ixè sostiene andrebbe affidata
al Comune insieme ad associazioni di cittadini, per il 32% esclusivamente al
Comune.
Laura Tonero
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 ottobre 2020
Più parcheggi per gli scooter - In arrivo 161 nuovi stalli
"Mappa" spalmata fra il centro, San Vito, San Giacomo, Rozzol, Barriera,
Servola e strada di Fiume. Gli obiettivi: migliorare la visibilità agli incroci
e la sicurezza
Dodici punti della città, a diverso modo nevralgici per la circolazione
veicolare e per la sosta, sono stati scelti dal Comune per situarvi o ampliarvi
parcheggi per le due ruote (che non siano biciclette). Sono in tutto 161 gli
stalli aggiuntivi che due ordinanze permanenti del capo-urbanistica Giulio
Bernetti, la 28 e la 29, hanno programmato su un vasto fronte urbano, che
comprende centro e periferia. Ecco l'elenco di strade e piazze su cui verrà
spalmata la nuova dotazione: a San Vito via Catraro con 20 stalli suddivisi in
due parti; in centro corso Italia con 9 stalli vicino a largo Riborgo; lo stesso
largo Riborgo con 6 stalli; in zona Foraggi via Vergerio con 12 stalli nei
pressi di via Ghirlandaio; a Servola via Banelli con 12 stalli; tra San Vito e
Cittavecchia via San Daniele con una schiera di ben 32 stalli; via Coroneo in
Barriera nuova (senza specifica numerica); via Vespucci (6) e via Colombo (12)
sull'asse di via San Marco a San Giacomo; via Cantù, che a Scorcola corre sotto
l'Università, avrà 16 stalli; in Barriera vecchia via Parini ne ottiene 8 vicino
all'intersezione con via Pascoli davanti alla Telecom; strada di Fiume, vicino
alla scuola "Sergio Laghi", sarà servita con 28 stalli. I criteri di scelta -
spiega l'assessore Luisa Polli - sono un cocktail di varie esigenze. Si può
trattare di richieste provenienti da Trieste Trasporti, perchè i bus manovrano
male in certi punti e hanno bisogno di maggiore spazio. Altre volte è la Polizia
Locale che segnala difficoltà. «Garantire la corretta visibilità negli incroci e
nelle intersezioni - precisa la Polli - e mettere in sicurezza i passaggi
pedonali sono gli obiettivi di questi interventi». «Trovare posto agli scooter -
conclude - consente inoltre di dare maggiore ordine al parcheggio delle due
ruote, che spesso risulta caotico. Registriamo una domanda di sosta per le due
ruote in costante aumento».In alcuni punti il parking creato per le moto
coincide con altre misure a loro volte finalizzate a ottenere più sicurezza
sulle strade, come nel caso degli attraversamenti pedonali "zebrati" in via
Ghirlandaio e in via Parini.In altre situazioni nuovi pedonali e rallentatori
ottici vengono istituiti indipendentemente dalle aree di sosta: via Gaspara
Stampa e via del Monte in centro, via Manzoni e via Pascoli in Barriera vecchia,
via Forlanini a Rozzol, alla fine di via Pindemonte dove è la scuola Codermatz.
Le ordinanze-Bernetti cercano di coordinare anche le nuove disposizioni che
regolamentano le soste dei veicoli: divieti permanenti vengono varati per via
Comici a San Giovanni, per via Costalunga all'altezza dei civici 78-80, per
strada di Fiume dove opera la scuola "Laghi".Un'ultima informazione riguarda i
lavori di ristrutturazione nell'edificio di via Ginnastica 9, non lontano da
largo Santorio. Due mesi di attenzione, da fine ottobre a fine anno, per gli
automobilisti che percorrono il rettifilo in direzione di via Carducci: c'è un
restringimento di carreggiata lungo una quindicina di metri
Massimo Greco
Ore 18.30 - La salute del mare
Oggi, alle 18.30, nella sala conferenze dell'ex Ospedale Militare (via F. Savero 40) e sulla piattaforma Zoom, conferenza di Maria Cristina Pedicchio del Dipartimento di Matematica e Geoscienze su "Con l'acqua alla gola: qual è la salute del nostro mare?", promossa dal Collegio universitario Luciano Fonda.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 ottobre 2020
Dal centro al colle di San Giusto - Ascensori "per tutti" da Natale
Ok della Regione al pubblico esercizio dei due elevatori del parcheggio:
potranno far salire un milione di persone all'anno tra clienti, cittadini e
soprattutto turisti
Un milione di passeggeri all'anno trasportati da due ascensori costruiti nel
2015, che ogni santo giorno si fanno cadauno 350 corse su/giù tra via Teatro
Romano e il Colle di San Giusto. Franco Sergas, che Park San Giusto ha visto
nascere e che è consulente dell'attuale proprietario Interparking, fa due conti
al volo e ipotizza una milionata di fruitori per un servizio che non sarà più
appannaggio dei clienti del parcheggio, ma che si accinge a diventare trasporto
pubblico.Cioè, il cittadino e il turista potranno entrare nell'antro del Park,
incamminarsi in discesa per qualche decina di metri, superare una porta
tagliafuoco e salire su uno dei due elevatori che lo isserà fin sotto il
monumento ai caduti scolpito da Attilio Selva e inaugurato nel 1935 sul Colle
alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Si configura così il secondo
impianto "a fune" in funzione sul territorio triestino: l'altro è il tram di
Opicina. Sergas e Enrico Conte, direttore dei Lavori pubblici comunali, sperano
di raccogliere entro Natale il risultato di un paziente lavoro "a tre" condotto
da parecchi mesi in collaborazione con la Regione. Intanto un primo concreto
riscontro: la direzione attività produttive della Regione, con un decreto a
firma del direttore Magda Uliana, ha concesso a Park San Giusto l'esercizio
dell'impianto fino al 2047. Nel contesto di un percorso misto pedonale
meccanizzato fra il Teatro romano e il Colle di San Giusto. Comincia a prendere
forma l'accordo con il Comune, per cui, in cambio di 18 stalli in via Cadorna,
il Park San Giusto consente l'utilizzo dei due ascensori anche ai viandanti che
non abbiano depositato la loro vettura nel multipiano. Conte e Sergas ritengono
possibile effettuare il collaudo, con il timbro della Regione, entro la fine di
novembre. Poi serviranno cartelli, sistemi di video-controllo ecc. per evitare
che si verifichino quegli atti di vandalismo di cui il Park è rimasto spesso
vittima. Sarà inoltre necessario dosare la presenza sugli ascensori stante il
rinnovato allarme Covid: in teoria ogni lift è autorizzato a portare una decina
abbondante di persone, un numero difficilmente compatibile con le odierne misure
di profilassi. Infine, la partenza operativa, che a base di buona volontà, come
si diceva al principio, coinciderebbe con Natale. Apertura prevista dalle 7 alle
23, ma, essendoci un addetto notturno di presidio, è possibile suonare e
ottenere un ingresso, che sarà consentito a visitatori "presentabili". In un
secondo tempo, a spese del Park, verrà risistemato il "capolinea" sul Colle, il
cui aspetto è oggi assimilabile a quella di un rifugio anti-aereo. Si sbarca
dall'ascensore, ci si inerpica su una rude gradinata e si sbuca sullo
striminzito spiazzo quasi all'angolo con via Castello, dove opera il ricreatorio
Toti. Il Park ha messo a punto un progetto per ingentilire l'arrivo con una
copertura vitrea: al sindaco Dipiazza è piaciuto, adesso dovrà piacere anche
alla Soprintendenza. Sergas un po' si lamenta perchè, tra la parte edile e
quella tecnica, è fischiato un inatteso preventivo da 200.000 euro: cosa non si
fa per Trieste turistica (quando tornerà).
Massimo Greco
«Pedibus, volontari tra chi percepisce il reddito antipovertà» - l'ipotesi
M5S per Rozzol esaminata in commissione
È targata 5 Stelle la mozione che rivendica maggiore sicurezza per il
pedibus degli studenti del comprensorio Tiziana Weiss: la proposta, presentata
ieri in una seduta della sesta commissione consiliare, chiede ulteriore
applicazione per l'ordinanza comunale che "in via sperimentale" inibiva il
traffico della strada di Rozzol e di via Lucano negli d'accesso mattutini alla
scuola. Nello specifico, la consigliera pentastellata Elena Danielis, firmataria
della mozione, invoca il Puc, ossia "Progetto Utile alla Collettività",
un'attività, nell'ambito dei patti per il lavoro e dell'inclusione sociale, che
i percettori del reddito di cittadinanza sono obbligati a svolgere nel proprio
comune di residenza. Poiché il tratto di strada nelle adiacenze dell'istituto
risulta privo di marciapiedi, il Comune ha disposto una sospensione del traffico
che permette agli studenti di entrare a scuola in sicurezza nell'ora in cui gli
ingressi vengono scaglionati (da lunedì a venerdì dalle 7.30 alle 8.30).
Tuttavia, in mancanza di personale che faccia applicare l'ordinanza, la
situazione viene ad oggi gestita da volontari che «non è pensabile svolgano
questo servizio per tutta la durata dell'anno scolastico». La soluzione di
Danielis è dunque quella di ricorrere al Puc, affinché i percettori del reddito
di cittadinanza possano sopperire a «queste mancanze di ruolo: sono obbligati a
contribuire per 16 ore settimanali, pena la perdita del Rdc», ha spiegato la
consigliera. Tramite il ramo sociale del comune, gestito dall'assessore Carlo
Grilli, e con l'ausilio del vicesindaco Paolo Polidori, l'amministrazione si è
detta «disposta ad impegnarsi per raggiungere l'obiettivo». «La questione va
certamente posta anche attraverso l'attivazione del Puc, perché nella zona la
viabilità è complessa - ha commentato il vicesindaco durante la seduta - bisogna
però scontrarsi con la normativa nazionale che è molto farraginosa; il fatto che
queste persone ripaghino parzialmente ciò che ricevono, è cosa buona e giusta».
La mozione, presa dunque in carico dall'amministrazione e licenziata dalla lista
di discussione in aula, verrà implementata con un'interrogazione.
Stefano Cerri
Resta misterioso l'acquirente dell'ex hotel Obelisco
L'albergo in disarmo è stato venduto all'asta a settembre ma bisognerà
attendere l'aggiudicazione definitiva per conoscerne l'identità
Resta l'alone di mistero sul destino dell'hotel Obelisco di Opicina. Il 16
settembre scorso l'antica locanda, riattata nei decenni ad albergo
all'avanguardia e poi finita in rovina, è stata venduta per un milione e 765
mila euro all'asta del Tribunale di Milano, ove operano i curatori fallimentari.
Da allora, in attesa dell'aggiudicazione definitiva del bene a sciogliere ogni
enigma, il mondo dell'economia e della politica triestina si arrovellano
sull'identità dell'acquirente: pare improbabile sia triestino, visto che ha
dovuto ritirarsi la triade composta da Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone e
Alberto Diasparra, soci paritari della Ferret, che aveva vinto provvisoriamente
l'asta di febbraio. Tra gli addetti ai lavori si è parlato di un possibile
acquirente in un imprenditore che opera a Lignano e che di recente è sbarcato a
Trieste, ma i diretti interessati smentiscono. Chiunque risulti essere
l'acquirente, avrà in mano un edificio con una lunga storia. Le prime menzioni
della struttura, una locanda, risalgono alla fine del '700. Ma è dagli anni '70
del secolo successivo che il Grand Hotel Obelisque diventa una meta di
villeggiatura, tanto per la borghesia triestina e imperiale, quanto per
viaggiatori di passaggio. È fatto conosciuto che nella locanda l'esploratore
britannico sir Richard Francis Burton abbia tradotto in inglese "Le mille e una
notte". Distrutto alla fine della Seconda guerra mondiale, l'hotel ha riaperto
negli anni '50, fino al grande rilancio 20 anni dopo, grazie a un avveniristico
progetto firmato da Gae Aulenti. Ma il prestigio non basta e nel 1985 anche
l'ultima proprietà, la Gladstone, fallisce. Dal 2010 il terzetto dei curatori
fallimentari, Patrizia De Cesari, Giorgio Canova e Andrea Carlo Zonca, tenta di
piazzare all'asta il bene, senza successo. Nel 2015 il nuovo Piano regolatore
varato dalla giunta Cosolini ha anche reso più gustoso il piatto, concedendo un
appezzamento da 8.500 metri quadrati edificabili in più nel bosco retrostante
all'albergo.
GRADO - Un cumulo di rifiuti scoperto nel bosco poco dopo la Pineta
Televisori, bombole, un materasso e anche eternit -Tutto ripulito dagli
allievi del Marco Polo con Legambiente
GRADO. Televisori, bombole di gas, un materasso e diverse lastre di eternit
tra i rifiuti abbandonati che sono stati raccolti e smaltiti. Non vicino ai
cassonetti come avviene spesso, ma in mezzo al bosco, poco dopo la Pineta. Fatti
di inciviltà che contrastano col tentativo di incrementare la percentuale di
raccolta differenziata poiché per lo smaltimento c'è la grande piazzola
ecologica. C'è anche la possibilità, ma a pagamento, che il personale comunale
venga a ritirare il materiale in strada dinnanzi alle abitazioni. Ma l'inciviltà
diventa maggiore quando lo smaltimento abusivo avviene in posti nascosti, nelle
zone boschive in particolare. Fortunatamente ogni anni ci sono delle
associazioni che promuovono la pulizia di certe zone dell'isola. Sono in diversi
a promuoverle e tra queste Legambiente che nel contesto dell'iniziativa Puliamo
il mondo ha pulito un'area di bosco di fronte all'ex inceneritore. Con i
volontari di Legambiente hanno partecipato all'iniziativa anche una trentina di
ragazzi dell'Istituto comprensivo Marco Polo di Grado, tutti muniti di
mascherina e accompagnati dai loro insegnanti, che hanno raggiunto in bicicletta
la zona prescelta: un'area che porta verso il mare, prima dei campeggi di facile
accesso grazie a una strada bianca. «Sembrava impossibile - raccontano i
responsabili del Circolo Zanutto di Legambiente di Monfalcone - che, tra la
vegetazione, in mezzo agli arbusti o sotto ai pini potesse trovare alloggio una
tale quantità di rifiuti, che i ragazzi, insieme ai volontari di Legambiente,
hanno provveduto a togliere dall'all'ambiente naturale». Infatti, sono stati
raccolti e poi smaltiti da personale comunale, un gran numero materiali di ogni
tipo: due televisori, due bombole del gas, materassi, boe, una batteria e una
ruota di automobile, oltre a plastica. Inoltre, già semisommerse dalla
vegetazione, sono state scoperte numerose lastre di cemento amianto (eternit),
che è stato prontamente segnalato alla vigilessa che ha scortato i ragazzi dalla
scuola, per procedere a una corretta rimozione. La vice presidente del circolo
monfalconese di Legambiente, Valentina Tortul, ha spiegato ai ragazzi la natura
della campagna "Puliamo il Mondo" e l'importanza di ridurre i rifiuti eliminando
progressivamente la plastica.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 ottobre 2020
Interventi straordinari al verde: pronti da investire 200 mila euro - le
opere di sfalcio da via Carnaro a strada per Opicina
L'amministrazione comunale ha deciso di tagliare i rami secchi. Nel senso di
sfrondare il verde che gravita su strade e centri abitati. La giunta Dipiazza ha
stanziato 200 mila euro per la manutenzione straordinaria del patrimonio arboreo
comunale presente nei principali assi viari cittadini, nei borghi carsici, e
ancora in aree verdi, parcheggi e lungo le banchine della viabilità pubblica.
Interventi finalizzati alla messa in sicurezza delle alberature presenti, in
modo da evitare situazioni di pericolosità e al contempo per migliorare il
decoro degli spazi verdi. In particolare sono previsti lavori di potatura e di
alleggerimento, eventuali abbattimenti in caso di alberi ritenuti potenzialmente
pericolosi, con contestuale messa a dimora di alberi più adatti all'ambiente
locale ed eventuali espianti di ceppaie. Stanziati i fondi, la giunta nei giorni
scorsi ha varato il programma dettagliato di intervento e le tempistiche. I
lavori dovrebbero partire al termine dell'inverno: emergenze e quarantene
permettendo il via sarà dato a marzo 2021, per terminare entro i successivi 420
giorni. Tre le fasi degli interventi, ognuna delle quali suddivisa in
altrettanti trimestri, durante i quali verranno effettuate potature, spalcature,
concimazioni, messa a dimora di piante e sfalci. Il principale ambito
d'intervento sarà via Carnaro, che presenta estesi tratti di banchine occupate
da una rigogliosa vegetazione tra arbusti ed erbe infestanti, il tutto
gravitante sulla strada. La presenza di questa vegetazione, spesso a ridosso dei
guard-rail, nel tempo ha determinato una riduzione della visibilità agli innesti
con altre strade, quali via Brigata Casale, strada di Fiume e strada di
Cattinara, ai danni della segnaletica stradale laterale. Diversi punti luce,
inoltre, sono ormai parzialmente coperti dalle foglie, con relative conseguenze
sulla sicurezza della circolazione stradale e pedonale. «L'intento
dell'amministrazione - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi
- è quello di dare prosecuzione agli interventi eseguiti nel 2019, grazie ai
quali si è provveduto alla messa in sicurezza di ampie fasce a ridosso di via
Carnaro, con l'abbattimento di alberi infestanti e pericolanti». Ulteriori
ambiti di intervento saranno strada nuova per Opicina, nel tratto di competenza
del Comune, via Flavia, nei bordi strada a monte tra l'incrocio con strada della
Rosandra e quello con strada di Montedoro, e tutti i tratti di strada di
competenza comunale presenti nelle frazioni dell'altipiano. Come già avvenuto in
passato, verranno eseguite potature anche lungo la viabilità urbana minore,
spesso interessata dalla presenza di piante e arbusti spontanei, a volte
infestanti, causa di numerose interferenze con la circolazione e con la
segnaletica stradale. Grazie a questi interventi i tecnici del Comune potranno
anche provvedere a sostituire alcuni degli alberi abbattuti negli anni
precedenti. Gli interventi di abbattimento delle infestanti saranno proceduti da
trattamenti endoterapici, per l'uccisione dei parassiti e da altri di
devitalizzazione, al fine di evitare il proliferare dei cosiddetti ricacci.
Lorenzo Degrassi
Piano illuminazione da 1.300 punti luce da Barcola a Servola: via alla fase
finale
Operazione da 3,7 milioni di euro complessivi. Tecnologia a led per
rinnovare gli impianti. Fra le tappe c'è corso Cavour
Da Barcola a via Giulia, da piazza della Libertà a Opicina, passando per
Porto vecchio, viale D'Annunzio e viale dell'Ippodromo: sono numerose le zone
del territorio di Trieste coinvolte, dall'inizio del 2020, dalla sostituzione
dei punti luce - finora sono 810 quelli sostituiti - per una spesa totale di 2
milioni 300 mila euro. Spesa a cui si aggiungono i 270 mila euro occorrenti per
le sostituzioni, nelle prossime settimane, di altri 175 punti luce tra Servola,
via Toffani e il palazzo in corso Cavour destinato a ospitare l'Urban center.
Poi ne arriveranno altri 285, che porteranno la spesa complessiva a 3,7 milioni
e il totale dei nuovi punti luce a quasi 1.300. Questo è quanto emerso dalla
presentazione ieri mattina a palazzo Gopcevich del piano per la riqualificazione
dell'illuminazione pubblica e per l'efficientamento energetico, alla quale è
intervenuta l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, che ha ricordato come
«finora tra riqualificazioni e integrazioni dell'illuminazione sono stati
realizzati oltre 810 punti luce, prevalentemente a led, e a breve sono previste
oltre 460 installazioni, con un risparmio energetico del 50% rispetto alle luci
sostituite». Infatti «entro la fine del 2020 o al più tardi entro il primo
trimestre del prossimo anno», ha evidenziato Lodi, con un investimento ulteriore
di un milione 400 mila euro, «interverremo su altri punti luce» che
interesseranno anche la zona dell'ex faro Lanterna, San Giacomo con uno degli
assi viari principali del popoloso quartiere, ossia via dell'Istria, il
quartiere di San Vito, il giardino pubblico "de Tommasini" e altre aree, per un
totale appunto di ulteriori 460 punti luce. Alla fine, ha confermato
l'assessore, «saranno quasi 1.300 i corpi illuminanti riqualificati con
tecnologia a led in tutto il territorio comunale, per un totale di oltre 4
milioni di euro di spesa». Oltre all'installazione di apparati più nuovi,
l'utilizzo della tecnologia a led porterà una riduzione del 50% dei consumi
energetici oltre che di Co2, in quanto, come spiegato ieri mattina da Diego
Radin di Hera Luce, società a cui il Comune di Trieste ha affidato la gestione
della pubblica illuminazione, «la tecnologia a led è in grado di ottimizzare i
consumi energetici e di ridurre l'inquinamento luminoso garantendo al contempo
la qualità dell'illuminazione, in termini di uniformità e di comfort visivo, in
quanto incrementa la percezione dei colori, e che di anno in anno, grazie ai
progressi tecnologici in questo campo, migliora costantemente». Basti pensare
che alcuni vecchi punti luce cittadini sono ancora dotati di lampade con
tecnologia obsoleta per la presenza di mercurio. «Tutti i punti luce - ha
aggiunto Radin - sono realizzati con un'alta percentuale di materiali
riciclabili che permettono il recupero della maggior parte delle materie prime
al termine della vita utile degli impianti. Si migliora poi l'impatto ambientale
con l'interramento delle reti quando possibile e si riduce la possibilità di
guasti grazie all'uniformità degli impianti, anche dal punto di vista
dell'arredo urbano». Attenzione, infine, è stata posta sul potenziamento
dell'illuminazione all'altezza degli attraversamenti pedonali delle strade a
percorrenza più rapida, come via De Marchesetti o anche viale dei Campi Elisi.
Luigi Putignano.
STARANZANO - Associazione CONA, tre incontri on line
L'associazione naturalistica Co.Na. (conservazione della natura) organizza un ciclo mensile di conferenze online. Si comincia venerdì alle 20.30 con la guida naturalistica Nicoletta Perco che parlerà su "Il ritorno dell'ibis eremita in Europa". Perco è la referente per l'Italia del progetto Life+ e opera nel Waldrappteam (waldrapp in tedesco significa Ibis eremita). Il Waldrappteam ha sede in Austria e si occupa della promozione di progetti scientifici per la conservazione e la reintroduzione dell'Ibis eremita. Secondo appuntamento venerdì 20 novembre alle 20.30. Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione Liberi di volare, parlerà su "Liberi di volare, il sogno di un Cras diventato realtà". Infine venerdì 18 dicembre alle 20.30 l'ornitologo Enrico Benussi parlerà su "I Rondoni, viaggio in un mondo di instancabili volatori". Verrà utilizzata la piattaforma Skype. Gli interessati alla conferenza di venerdì sono invitati a mandare una e-mail a info@associazionecona.it entro mercoledì per ricevere il link di collegamento.
CI. VI.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 ottobre 2020
Ex Maddalena: via libera in giunta al progetto con negozi, uffici, case
Nell'area da 20.000 metri quadrati anche parcheggi privati e pubblici.
Obiettivo lavori dalla primavera
Dove oggi c'è una voragine rinforzata e ripulita affinché la situazione non
precipitasse, sorgeranno due fabbricati dotati di ampi parcheggi privati e
pubblici. L'area, che attornia il cantiere, sarà riqualificata nell'assetto
viario, nell'illuminazione pubblica, nelle reti idrico-fognarie ed elettrica.
Ventimila metri quadrati, laddove una volta operava il comprensorio ospedaliero
della Maddalena, vivranno una seconda vita. Finalmente, visto che, nel rispetto
di una certa flemma triestina, la storia post-ospedaliera era iniziata nella
primavera 2001 con un accordo di programma "a quattro" tra Regione, Comune,
Azienda sanitaria. Adesso Francesco Fracasso, l'imprenditore veneto esperto di
"rigenerazioni urbane", ha lo strumento amministrativo che legittima
l'operazione di recupero: la giunta comunale, presieduta dall'assessore
"anziano" Lobianco in assenza del sindaco e del suo vice, ha detto sì alla
ridefinizione del programma realizzativo. Parola all'assessore Luisa Polli: il
nuovo accordo non comporta variante al Piano regolatore, quindi non abbisogna
della ratifica consiliare. Dovrà essere firmato, oltre che dal privato Htm Nord
Est (alias Fracasso) e dal Municipio, anche dalle "confinanti" Azienda sanitaria
e Ater. Htm dovrà predisporre la progettazione esecutiva, poi potrà aprire il
cantiere. Fracasso, che causa Covid aveva visto slittare il cronoprogramma di
partenza, conta di brindare a una prima inaugurazione nella primavera 2021. Il
quadro edilizio complessivo richiede un investimento superiore ai 30 milioni di
euro. È perimetrato da via dell'Istria, via Giuseppe Marenzi, strada di Fiume,
via dei Molini, via Costalunga. L'accordo di programma codifica quanto
l'imprenditore veneto aveva anticipato la scorsa estate. La parte fabbricata si
articola in due edifici per un totale di 5.000 metri quadrati commerciali, 2.400
mq direzionali, 2.000 mq residenziali. Il primo, su 1.850 mq, sarà dedicato alla
vendita al dettaglio di generi alimentari e sarà dotato di un parcheggio "a
cielo aperto" e di tre piani parking seminterrati-interrati. Il secondo
coltiverà una triplice vocazione: 3.150 mq spetteranno alla vendita al dettaglio
di generi "non" alimentari, un piano di 2.400 mq al direzionale (saranno uffici
dell'Azienda sanitaria?), un ultimo piano di 2.000 mq al residenziale. Proprio
il residenziale, con una previsione di 16 unità abitative, rappresenta la novità
di maggiore rilievo, novità a cui Fracasso aveva già accennato a fine giugno,
essendosi però riservato una valutazione più precisa. Allora il "rigeneratore
urbano" aveva parlato di un numero limitato di alloggi "customizzati"
(realizzati su misura per l'acquirente). In precedenza, Fracasso aveva
cancellato del tutto la dimensione residenziale, avendo ritenuto sconsigliabile
ampliare il già consistente stock di invenduto. Insomma, ora può partire la
terza scommessa in cui Fracasso si è lanciato nell'economia triestina durante il
quinquennio 2015-20. Le prime due si sono concluse con un buon esito: Center
Casa in corso Saba (7,5 milioni) e Obi (18 milioni) al posto del concessionario
auto Dino Conti. L'ex Maddalena non è roba da dilettanti: un paio di anni fa
l'imprenditore ha risolto l'impasse creato dalla crisi di General Giulia 2, la
cordata formata da Riccesi-Cogg, Cividin, palazzo Ralli, Carena, Platon. La fase
economica non è delle più entusiasmanti: comunque Fracasso ha alle spalle un
portafoglio di 150 operazioni "rigenerative" e ha in mente altri due blitz
triestini, sui quali ha mantenuto un assoluto riserbo.
Massimo Greco
Legambiente - Con Puliamo il mondo Romans ha raccolto due quintali di rifiuti
Romans. Anche quest'anno si è tenuto a Romans d'Isonzo, il tradizionale
appuntamento con "Puliamo il Mondo", la giornata di sensibilizzazione ambientale
organizzata dall'amministrazione comunale e promossa da Legambiente.Nonostante
l'emergenza sanitaria, una ventina di volontari hanno aderito all'iniziativa,
fornendo un valido contributo per la pulizia e la cura del territorio. Una
dozzina di giovani e diverse famiglie si sono ritrovati e, sotto il
coordinamento dell'Aps Royoung!, sono stati divisi in 3 gruppi che - muniti di
sacchi, guanti e pettorina con il logo Legambiente - hanno iniziato a pulire
aree prestabilite. La zona limitrofa al bocciodromo, la pista ciclopedonale che
collega Romans con Versa e Fratta, un tratto di via Forans e il parco
didattico-archeologico longobardo di via del Molino, sono stati i punti focali
dell'operazione. L'impegno ambientalista dei partecipanti si è rivelato
efficace: sono stati raccolti circa 200 kg di rifiuto indifferenziato. Oltre ai
numerosissimi mozziconi di sigaretta e agli innumerevoli rifiuti di plastica, le
scoperte più curiose sono state un copertone di auto, un tavolo di legno e
alcuni delineatori di margine scovati in via Forans. L'attività si è concluso al
bocciodromo dove il gruppo Alpini "Barnaba" ha offerto un piccolo pasto. La
giornata è proseguita poi nel pomeriggio con un'originale raccolta di giocattoli
usati promossa dal Centro di aggregazione giovanile Meet You, nel Centro del
riuso "Robononis" di via Pedret. La comunità ha risposto in modo positivo
all'iniziativa: sono stati raccolti numerosi giochi per l'infanzia, puzzle,
bambole e macchinine: verranno posti in quarantena e poi sanificati.
Edo Calligaris
Code lungo la provinciale er godere lo spettacolo dei fenicotteri rosa
Da qualche giorno centinaia di esemplari sostano in valle Artalina
richiamando l'attenzione degli appassionati del birdwatching
GRADO. Inconsapevoli promotori del turismo ambientale dell'Isola sono in
questi giorni i fenicotteri rosa. Spettacolo affascinante che si ripete da
qualche giorno tanto che il numero di persone che sosta lungo la provinciale
Grado-Monfalcone, di fronte alla Valle Artalina (sullo sfondo c'è
l'isola-santuario della Madonna di Barbana) è in continuo aumento. Centinaia di
fenicotteri rosa che per nutrirsi si spostano in varie zone della laguna
(soprattutto valle Cavanata) e in questi giorni in valle Artalina. I fenicotteri
rosa sono un richiamo non solo per gli appassionati di birdwatching. Ma a Grado,
nonostante il fenomeno si ripeta regolarmente, non si è ancora pensato a creare
un'oasi strutturata per far sostare i fenicotteri in modo che diventino un vero
e proprio richiamo turistico. Spiegano gli esperti che in altre parti d'Europa
ma anche in Italia, pur di farli rimanere a frequentare, ci sono enti o
amministrazioni comunali che pensano a procurare loro il cibo del quale hanno
necessità. I fenicotteri rosa si nutrono di gamberi, alghe e anche piccoli
molluschi. Per trovare il cibo utilizzano le loro zampe per rimescolare il fango
per poi risucchiare l'acqua attraverso il becco per filtrare il cibo. Certo non
si appostano mai a ridosso della gente perché sono molto paurosi e scapperebbero
via subito al primo rumore, ma con i teleobiettivi non ci sono problemi. Con i
telefonini è invece decisamente un po' più difficile rendere lo spettacolo che
si riprende. Scenari incredibili con queste macchie bianco-rosa che si spostano
e si fanno anche sentire (si confondono col verso delle oche che è ancor più
forte specialmente quando sono in volo) che rendono maggiormente suggestivi i
già caratteristici scenari naturali, della laguna di Grado. E ancor di più
quando la giornata è grigia, come quella di sabato, che consente di mettere
ancor più in risalto la bellezza e i colori di questi uccelli. La voce della
loro presenza si sta ormai spargendo tanto che gli appassionati di questi
avvistamenti si stanno organizzando (qualcuno l'ha già fatto) per arrivare a
Grado munito di teleobiettivi di ogni genere. E le foto con queste incredibile
macchine professionali risultano indubbiamente spettacolari poiché si riescono a
catturare particolari che diversamente non si riescono nemmeno a notare. Il
problema di questo ennesimo avvistamento è che lungo quel tratto di provinciale
ci si imbatte spesso di fronte a tante autovetture in sosta in entrambi i lati
della trafficata strada. Almeno per queste particolari occasioni sarebbe
necessario individuare un'area parcheggio nelle vicinanze anche perché così si
fermerebbe sicuramente un maggior numero di automobilisti che oggi solamente
rallenta (a passo d'uomo rallentando il traffico veicolare) per godere comunque
dell'affascinante spettacolo.
AN.BO.
Acquisto bici elettriche tornano i contributi - entro il 30 novembre
Sono stati riaperti i termini per la presentazione della domanda di
contributo per l'acquisto delle biciclette a pedalata assistita, secondo le
stesse modalità e condizioni indicate dal disciplinare tecnico. Il nuovo termine
per la presentazione delle domande scadrà il 30 novembre 2020.
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 ottobre 2020
Oltre 2 mila adesioni alla petizione sul web contro l'ovovia - la raccolta di
firme
Ha superato quota duemila adesioni la petizione online "Trieste ha voglia di
tram, non di ovovia", lanciata alcuni giorni fa da un gruppo di associazioni.
L'iniziativa, che mette in evidenza le criticità dell'impianto annunciato dal
Comune, tra Porto vecchio e Opicina, propone un progetto alternativo: una rete
di tram, realizzabile con lo stesso investimento previsto per l'ovovia, 45
milioni di euro. Uno degli assi fondamentali sarebbe quello dalla Stazione
centrale a piazza Foraggi. Inoltre, nel documento pubblicato online, viene
chiesta a Comune, Regione e Governo la possibilità di effettuare uno studio di
fattibilità per un'infrastruttura di trasporto rapido di massa, inserita nel
tessuto urbano, integrata anche con la ferrovia. La raccolta firme è proposta da
Fiab, Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays
For Future e Uisp Fvg. I vari sodalizi coinvolti nell'iniziativa puntano ora a
toccare le tremila adesioni. La petizione è consultabile e firmabile sul sito
www.change.org.
Micol Brusaferro
Plasticocene la mostra sul male del mare - in galleria
Inaugurata ieri alla galleria di piazza Cavour la mostra "Plasticocene-l'antropizzazione
del mare" a cura dell'artista Elisabetta Milan. La mostra sarà aperta fino al 1
novembre sabato e domenica 10.30-12.30 e 16.30-18.30 e venerdì 30 ottobre
16.30-18.30. Visita guidata oggi alle alle 11 e alle 17.30 e venerdì 30 ottobre
alle 17.30. Durata: circa 50 minuti, per adulti e bambini dagli 8 anni.
IL PICCOLO - SABATO, 24 ottobre 2020
Nodo parcheggi in commissione per il Piano del centro storico
"Spaventano" autorimesse interrate ed eventuali impianti al piano - La
replica: «Ma così togliamo le macchine dalle strade»
Ancora qualche matassa da sbrogliare per arrivare al varo del nuovo Piano
particolareggiato del centro storico di Trieste: l'altro giorno la Sesta
commissione consiliare si è riunita insieme all'assessore Luisa Polli e ai
tecnici del Comune per analizzare e approfondire alcune questioni sollevate in
particolare dalla minoranza. Il recente progetto, che andrà a sostituire il
datato piano Semerani, punta al «mantenimento della qualità architettonica e
immobiliare della città vecchia», introducendo «una riqualificazione che
migliori il quadro urbano» e di cui «beneficino anche le attività economiche in
loco. L'ambizioso progetto, già discusso in una prima ripresa consiliare, non ha
però convinto tutti. «La possibilità di realizzare autorimesse interrate anche
nel centro storico mi preoccupa - ha fatto presente la pentastellata Elena
Danielis - soprattutto in relazione ai giardini interni che hanno una valenza
storico-artistica. Ma anche i parcheggi sviluppati su interi stabili non
incentiverebbero certo una limitazione del traffico». Tempestiva la
puntualizzazione della "controparte": «Nel rispetto del verde e in sicurezza»,
la realizzazione di questi parcheggi, intesi come pertinenze rispetto ad
abitazioni private, può dare «respiro al centro storico, togliendo le macchine
dei residenti dalle strade». E «l'opera di interramento serve proprio a
preservare i giardini storici». Ma non è tutto. Sabrina Morena di Open ha
avanzato la proposta di «aumentare la parte del verde pubblico, inserendo
alberature in più, a fronte anche dei cambiamenti climatici». La disponibilità
appare oggi tuttavia limitata da condizioni di strutturali, poiché ad esempio
tutte le zone interrate e "rubate" al mare (come i palazzi sul canale di
Ponterosso) mostrano problemi di staticità. La seduta ha toccato anche la
"questione" Porto Vecchio, area non inclusa nella perimetrazione del centro
storico e trattata dunque come "rione" a sé stante.
Stefano Cerri
Il progetto dell'ovovia in Sesta commissione - la convocazione
La Sesta commissione consiliare del Comune di Trieste, presieduta da Salvatore Porro (Fratelli d'Italia), è convocata per il 10 novembre in videoconferenza. L'appuntamento è fissato alle 9. Sarà trattato un tema che nell'ultimo periodo ha innescato in città un vivace dibattito: verrà illustrato infatti, alla presenza dell'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli, il progetto dell'ovovia con cui la giunta Dipiazza vorrebbe collegare Opicina al centro città, con una stazione a Barcola nella zona del Park Bovedo. Come si ricorderà, nelle scorse settimane un gruppo di associazioni - composto da Fiab, Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For Future e Uisp Fvg - ha proposto, al posto dell'ovovia stessa, l'attivazione di una rete di tram moderni a beneficio della mobilità cittadina, una soluzione che - hanno sottolineato i proponenti - andrebbe ad abbattere anche l'inquinamento atmosferico.
Tossine nei limiti - Riabilitate tre zone dedicate alle cozze - OK PER
LAZZARETTO, GRIGNANO E SANTA CROCE
Muggia. Fine del divieto. È stata revocata dal Dipartimento di prevenzione
dell'Asugi la proibizione di raccolta e immissione sul mercato di molluschi
bivalvi, i famosi "pedoci", ricadenti nell'area contrassegnata come "01Ts", che
interesserebbe gli allevamenti presenti a Lazzaretto. Ferma ancora invece quella
più vicina alla cittadina, che è contrassegnata dalla sigla "02Ts". È stato dato
il via libera alla zona di produzione confinaria in quanto i requisiti sanitari
sono risultati nuovamente conformi alla normativa alimentare. Questo è ciò che è
emerso dai risultati di due test consecutivi, effettuati ad almeno 48 ore di
distanza, che in entrambi i casi hanno segnato un valore inferiore rispetto ai
limiti prescritti. Il primo campionamento è stato registrato il 29 settembre, il
secondo il 13 ottobre, e sono stati eseguiti entrambi dall'Istituto
zooprofilattico delle Venezie e da cui è risultato che il parametro di acido
okadaico presente nei molluschi, motivo della chiusura, è rientrato nella norma.
L'acido okadaico è una tossina che si accumula nelle spugne e nei molluschi. È
causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi, dovuta appunto
all'ingestione di molluschi contaminati. Le tossine che causano la sindrome
diarroica Dsp, acronimo di Diarrhetic shellfish poisoning, sono stabili al
calore, sebbene l'ebollizione prolungata possa diminuire la concentrazione di
acido okadaico all'interno dei molluschi. Questo il motivo per cui il
Dipartimento di prevenzione periodicamente emette ordinanze di chiusura a tutela
dei consumatori. Insieme ai "pedoci" di Lazzaretto hanno avuto il via libera
quelli allevati nella zona "06Ts" di Santa Croce, e "05Ts" di Grignano.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - VENERDI', 23 ottobre 2020
Le analisi promuovono l'acqua del rubinetto «A Trieste buona al 100%»
I risultati dei test sulla rete idrica AcegasApsAmga: non è solo una
questione di qualità ma anche di risparmio e di attenzione all'ambiente
L'acqua che sgorga dai rubinetti della città di Trieste esce promossa a
pieni voti dal report 2019 di AcegasApsAmga, che da 12 anni fornisce un
resoconto annuale per riassumere i controlli chimici e microbiologici effettuati
sugli oltre 900 chilometri di rete idrica che sono nelle mani della società.
Secondo i dati elencati all'interno di "In buone acque", come è stato
ribattezzato lo studio, l'acqua della rete triestina risulta infatti «conforme
al 100% ai parametri fissati per legge». Un esito, emerso da un monitoraggio
basato su decine di analisi quotidiane, che la multiutility definisce
lusinghiero. E che offre un assist alla questione ambientalista: la bontà
dell'acqua del nostro rubinetto è infatti un motivo in più per lasciarsi alle
spalle l'abitudine dell'acquisto dell'acqua nelle bottiglie di plastica, che
vede ancora oggi l'Italia detenere il terzo posto nella classifica mondiale per
consumo pro capite di bottigliette . Il report mette in luce nel dettaglio le
caratteristiche chimiche delle acque erogate dall'azienda AcegasApsAmga,
classificate oligominerali e iposodiche. Scorrendo quei numeri, si scopre che
ciò che esce dai rubinetti triestini proviene per l'80% dalle falde artesiane
della bassa Pianura isontina e per il restante 20% dalle risorgive del Sardos.
La sua qualità appare molto elevata, grazie al rapporto di miscelazione tra le
acque prelevate nei diversi punti.Oltre che ecologica, buona e sicura, l'acqua
del rubinetto - aggiunge Acegas nel comunicato - presenta un altro vantaggio
inequivocabile: garantisce un risparmio economico. Calcolatrice alla mano, si
stima infatti che mille litri d'acqua minerale in bottiglia pesino in media
sulle tasche dei consumatori circa 280 euro, mentre la stessa quantità prelevata
dalla rete idrica ha un costo nettamente inferiore: 2,1 euro. Nel report
completo, che è possibile consultare sul sito della multiutility, si può inoltre
accedere a due video youtube di AcegasApsAmga, in cui viene mostrato il percorso
compiuto dall'acqua: dalla loro captazione, attraverso l'acquedotto, e fino ai
rubinetti delle case, continuando poi verso il depuratore, fino al ritorno al
mare.
Linda Caglioni
Il palazzo delle Ferrovie di piazza Vittorio Veneto venduto per 10 milioni
Ad acquistare all'asta l'enorme stabile è stata una cordata di
investitori di Vienna intenzionati a ricavare 165 camere d'albergo e una
novantina di appartamenti
Ha trovato finalmente un'acquirente l'imponente palazzo di proprietà delle
Ferrovie dello Stato di piazza Vittorio Veneto. Ad aggiudicarsi l'immobile da
19.500 metri quadrato nel corso di un'asta tenutasi una decina di giorni fa in
uno studio notarile di Mestre, è stata una cordata di investitori austriaci, con
a capo il Gruppo JP Immobilien. L'offerta, che ruota intorno ai 10 milioni di
euro, ha superato quella avanzata da altri tre concorrenti. Ieri da Vienna la
comunicazione che ufficializza l'acquisizione del palazzo realizzato nel 1895
dall'architetto Giacomo Sagors e sviluppato su cinque piani più un sottotetto,
in vendita dal 2015. Allora la base d'asta era stata fissata a 15 milioni e 237
euro. I nuovi acquirenti mettono in campo un investimento da circa 40 milioni di
euro per trasformare la struttura in un grande albergo con una novantina di
appartamenti e con al piano terra un ristorante con bar e gelateria che si
affaccerà sulla piazza. Gli spazi che un tempo, al suo interno, ospitavano una
sala cinematografica verranno declinati ad area eventi per la città. Gli
investitori, come detto, sono tutti austriaci. JP Immobilien, in particolare,
investe sul mercato immobiliare viennese da oltre 25 anni e conta circa 450
progetti sviluppati tra Germania ed estero. Del gruppo fanno parte Daniel
Jelitzka, cofondatore del gruppo JP Immobilien e Ivan Holler, un investitore
immobiliare austro-ungherese molto attivo in questi anni a Venezia (vedi pezzo a
lato). Michael Mitterdorfer, ex membro del consiglio di amministrazione della
più grande fondazione immobiliare austriaca, è responsabile del coordinamento
delle attività del gruppo di investitori a livello locale. Nel progetto
elaborato dal gruppo di investitori il palazzo del Borgo Teresiano ospiterà
9.159 mq di attività ricettiva; 1.845 metri quadri di commerciale; 8.551 metri
quadri di residenziale. La previsione è di realizzare 165 camere d'albergo e
almeno 86 appartamenti. Sul palazzo esiste un vincolo per interesse culturale
(la nota del ministero della Cultura è datata 2013). «Da tempo stavamo valutando
lo sviluppo di progetti immobiliari nel Nord Italia - sottolinea Jelitzka - e
questo è il risultato. È il primo passo nell'attuazione della nostra strategia a
lungo termine. Con circa 40 milioni di euro, rivitalizzeremo completamente
questo magnifico palazzo nel centro di Trieste e lo aiuteremo a risplendere».
L'obiettivo è quello di trasformare l'edificio in «un grande spazio moderno e
polifunzionale - aggiunge Jelitzka - che abbia una grande forza di attrazione
per tutta la zona». I nuovi proprietari hanno già avviato un confronto con
l'amministrazione comunale, per definire al meglio il progetto che trasformerà
quel palazzo. «Alcune proposte relative all'utilizzo dell'edificio sono già sul
tavolo, lavoriamo in forte sintonia con la città per sviluppare e realizzare al
meglio il progetto, con un'attenzione particolare al settore dell'ospitalità»,
spiega Ivan Holler. L'investitore da tempo lavora su Mestre e Venezia con
un'altra società di investitori austriaci, la Mtk, impegnata prettamente nel
settore alberghiero. Per la progettazione del recupero del palazzo triestino
delle Ferrovie, è stato coinvolto l'architetto veneziano Luciano Parenti con cui
il gruppo collabora da anni. L'idea di fondo è di attrarre turisti austriaci a
soggiornare ma anche a prendere casa a Trieste, città simbolo della cultura
mitteleuropea. Anche se i tempi sono incerti e complicati, causa pandemia, nel
Nord Italia e anche a Trieste si avvertono dei segnali di ripresa. «Qui c'è
ancora molto potenziale - ribadisce Michael Mitterdorfer - è una città
studentesca in via di sviluppo che svolge un ruolo di primo piano, con una
realtà portale tra le più importanti del Mediterraneo, e per la quale è previsto
un ulteriore sviluppo negli prossimi anni. C'è ancora molto da fare in questo
settore - conclude - e il nostro impegno mira anche a rafforzare il ruolo
centrale che Trieste sta assumendo nel contesto del Friuli Venezia Giulia e
dell'interno Nordest italiano».
Mitia Chiarine e Laura Tonero
Il finanziere austriaco innamorato dell'Italia e ormai di casa in
laguna
A Mestre ha già costruito quattro alberghi e avviato l'iter per un quinto
- A Venezia punta alla bonifica dell'area ex Gasometri in centro storico
Il finanziere austriaco Ivan Holler torna ad investire a Nordest. E stavolta
punta su Trieste, città che ama quanto Venezia, dove da anni è praticamente di
casa. «Abbiamo di fronte a noi un impegno per i prossimi due anni e mezzo. Con
la speranza tra 2023 e 2024 di riportare alla sua bellezza il palazzo
compartimentale di piazza Vittorio Veneto. Ci vorranno dalle prime stime almeno
due anni di lavoro pieno per il cantiere e i primi sei mesi, per lo meno,
saranno dedicati al confronto con l'amministrazione e i permessi». Holler da
anni è di casa in laguna. A Mestre con la società MTK ha realizzato quattro
hotel del nuovo distretto alberghiero a pochi passi dalla stazione ferroviaria.
E da alcune settimane è stato avviato il cantiere del quinto albergo, un Tribe.
Progettista di fiducia l'architetto veneziano Luciano Parenti che ora è stato
coinvolto anche nel progetto di piazza Vittorio Veneto a Trieste. Mtk a Venezia
è impegnata anche nella bonifica dell'area ex Gasometri nel centro storico
veneziano, spazio acquisito nel 2013. Dal 2018 propongono al Comune un cambio di
destinazione d'uso per realizzare un albergo a quattro stelle. L'alternativa
sono delle residenze di lusso, ma il confronto è serrato anche con il comitato
cittadino nato contro l'ipotesi di una nuova struttura ricettiva nella città di
Venezia e a cui non pare bastare il progetto di palestra per gli studenti degli
istituti superiori. Il gruppo austriaco Mtk ha proseguito la sua "campagna
acquisti" in Italia partecipando alle aste delle Ferrovie. A luglio 2020, Fs
Sistemi Urbani ha venduto agli investitori austriaci il lotto C1 di Roma
Tiburtina, settemila metri quadri, dove realizzare una struttura alberghiera e
un nuovo parcheggio pubblico in posizione strategica visto quello è il secondo
hub intermodale della capitale. Con un gruppo completamente diverso di
investitori, adesso Holler punta ora su Trieste, mescolando alberghiero e
residenziale, convinto, spiega, «che in Austria esiste un mercato di persone che
sognano non solo di venire in vacanza ma di prendere casa a Trieste», sia per la
vicinanza, sia per la storia, sia per la bellezza della città di confine.
m.c.
Da Borgo San Sergio fino a Guardiella, scatta il restyling dei giardini
pubblici - la tabella di marcia del comune
Proseguono con la stesura di un rivestimento in gomma sintetica colorata
EPDM i lavori nel giardino pubblico "Fumaneri" di Borgo San Sergio. Un
intervento che comporterà anche il rifacimento della pavimentazione antitrauma,
con la sostituzione di alcuni scivoli e giochi, per un valore complessivo di 70
mila euro. Un impegno, quello sul verde pubblico e sulle aree svago, che sta
coinvolgendo l'amministrazione comunale anche in altre parti della città, con
interventi attualmente in piedi, dal valore complessivo di oltre 560 mila euro.
Cifre e investimenti che sono stati snocciolati ieri mattina dall'assessore
Elisa Lodi. «Questo - afferma l'assessore - è solo uno dei molti interventi di
manutenzione sulle aree giochi già avviati dall'amministrazione». È di poche
settimane fa, infatti, l'ultimazione dei lavori al giardino "Leonor Fini" di via
Boccaccio (45 mila euro il valore complessivo), dov'è stato sostituito il
vecchio gioco "aereo" con una nuova giostra multifunzionale a cinque torri in
alluminio. Sempre in questo ambito vanno ricordati altri interventi in fase di
avvio, come il restauro del pergolato e la nuova recinzione del campetto di
calcio nel giardino Mascherini di piazza Carlo Alberto, del valore di 203 mila
euro, intervento di rimessa a punto dopo recenti atti vandalici. Sempre a Borgo
San Sergio sono state implementate le attrezzature dell'area fitness
prospicienti il campo del Trieste Calcio (intervento di 21 mila euro). Verrà
rimosso e sostituito il gioco e la torretta multifunzionale nel giardino
pubblico de Tommasini (valore dell'opera di 102 mila euro), area ludica che in
precedenza era stata preclusa al pubblico dai pompieri a causa della sua
pericolosità. Altri significativi interventi riguarderanno infine la
riqualificazione dell'area gioco di Guardiella (70 mila euro) dove verrà
allargato il giardino, ed è anche allo studio la realizzazione di un settore
dedicato ai cani. Infine altri lavori riguarderanno il giardino di vicolo
dell'Edera dove, anche qui, il Comune conta di realizzare una nuova area giochi
per un valore di 50 mila euro. «Il Comune - ha ricordato re Lodi - gestisce
complessivamente ben 54 aree gioco, che sono monitorate costantemente.
L'amministrazione comunale vuole che queste aree dedicate ai bambini siano
sicure e ben mantenute, soprattutto in un periodo difficile come l'attuale con
l'emergenza Covid. Questo che parte da Borgo San Sergio è un intervento
manutentivo importante. Mi appello però al senso civico di tutti i cittadini
affinché queste aree giochi siano tenute bene, evitando danni e atti vandalici».
Lorenzo Degrassi
"Diffusione del virus: i fattori ambientali" - Simposio virtuale con il fisiologo Buoite Stella
Alex Buoite Stella, fisiologo assegnista di ricerca nell'équipe della Clinica Neurologica diretta dal professor Paolo Manganotti del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell'Università di Trieste, sarà uno dei relatori invitati per il simposio "Temperature and Environmental Factors in COVID-19" (Temperature e fattori ambientali nel Covid-19), in occasione del convegno internazionale "Physiology and Pharmacology of Temperature Regulation" (vPPTR2020), punto di ritrovo biennale dei maggiori esperti mondiali nell'ambito della termoregolazione, che si terrà in modalità virtuale dal 26 al 29 ottobre (https://pptr2020.com/). Il dottor Buoite Stella presenterà i rischi che i cambiamenti climatici e le alte temperature possono arrecare alle persone affette da patologie neurologiche, specialmente nel contesto di fragilità e di isolamento fisico e sociale dell'era Covid-19, come evidenziato dall'ufficio clima e salute dell'Oms con cui i ricercatori triestini sono in contatto. Recentemente Manganotti e Buoite Stella, assieme al dottor Giovanni Furlanis e ai colleghi della Clinica Neurologica, e in collaborazione con il dottor Milos Ajcevic del Dia, hanno dato vita ad un'intensa attività di ricerca nell'ambito dello studio della termoregolazione e dei disturbi autonomici a essa associati, che ha già ricevuto il supporto e l'apprezzamento di Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Beneficentia Stiftung, e del prestigioso premio nazionale "Merck in Neurologia 2019.
MONFALCONE - Via a Plasticocene per salvare il mare - mostra nella galleria
di piazza Cavour
Si apre domani Plasticocene, l'esposizione nell'ambito della campagna di
protezione del mare dall'inquinamento della plastica. Il Comune ha assegnato
alla cooperativa Shoreline l'intervento di monitoraggio e la realizzazione del
portale geospaziale del progetto Saspas di tutela marino e rilancia le
iniziative legate alla campagna volta a contrastare il deterioramento marino per
l'abbandono della plastica con un'esposizione alla galleria di piazza Cavour.
L'obiettivo è la sensibilizzazione per le gravissime conseguenze sulla flora e
sulla fauna e di promozione dei comportamenti virtuali.La rassegna Plasticocene,
che sarà inaugurata domani alle 10, curata da Elisabetta Milan, è frutto della
collaborazione, assieme alla Regione e a Fincantieri, con l'Area Marina Protetta
di Miramare, i Civici Musei di Udine, il Museo Friulano di Storia Naturale, Eco
Fvg, il Wwf. Il percorso espositivo si apre con una canoa, in essenza di pioppo,
proveniente da una collezione privata del XVIII secolo interamente scavata a
fuoco, con innesti a coda di rondine e chiodi in bosso e prosegue con un
percorso illustrativo e altre installazioni, fra le quali un pannello didattico
realizzato dalla Riserva di Miramare, di grande impatto visivo, in cui vengono
evidenziate sei tematiche integrate da materiale fornito dal Museo Friulano di
Storia Naturale, fra cui i banchi di pesce azzurro, lo zooplancton, la medusa
luminosa pelagia noctiluca, la tartaruga carretta, i delfinidi, che
caratterizzano la ricca biodiversità dei nostri mari e altre immagini di grande
impatto e attualità in cui si evidenziano i danni causati dall'uomo all'ambiente
marino.L'evento espositivo rientra nell'ambito del progetto denominato Saspas,
di cui il Comune di Monfalcone è capofila, che ha ottenuto un finanziamento
europeo di oltre due milioni di euro, con l'obiettivo di promuovere interventi
di riduzione dell'inquinamento del mare, dell'erosione costiera, della perdita
di zone umide e di tutela della biodiversità, attraverso attività di
salvaguardia, ripopolamento e di posizionamento di sistemi naturali. In questo
contesto, sono state completate in questi giorni le procedure di affidamento per
la realizzazione di un portale informativo web con diversi livelli di accesso,
che consentirà la rappresentazione geografica e l'analisi geospaziale dei dati
raccolti nelle attività progettuali e l'attuazione di un programma di gestione
integrata di salvaguardia delle praterie di fanerogame con la predisposizione
delle linee guida per la gestione e tutela.L'intervento per una spesa di oltre
39 mila euro è stato assegnato alla cooperativa Shoreline, che ha sede all'Area
di ricerca triestina, dove cura anche il laboratorio sulla qualità dell'ambiente
marino e costiero, CeRQuAM.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 ottobre 2020
Il sole che ride va a caccia di alleanze tra tandem socialisti ed emuli di
Greta
Dopo la "diaspora" del passato, in vista del voto 2021 i Verdi sondano
possibili intese con forze dalla sensibilità green
Nel mondo "green" c'è fermento. A livello globale come locale. Nell'anno in
cui Greta Thunberg arriva a essere candidata al Premio Nobel per la pace, i
cavalli di battaglia ambientalisti ed ecologisti saranno senz'altro presenti
anche nella campagna elettorale per le elezioni comunali 2021. Resta da capire
però da quali candidati e quali formazioni politiche saranno sostenuti. Non va
dimenticato, infatti, che nel 2016 ad essere eletto sotto le insegne del sole
che ride, storico simbolo Verdi, fu l'ex socialista di lungo corso Roberto De
Gioia, poi passato nello schieramento di centrodestra e ora in corsa con la
nuova creatura politica di Ferruccio Saro, dopo una breve militanza in Progetto
Fvg. Il movimento dei Verdi, seppur ridimensionato rispetto ai numeri e ai fasti
del passato, sarà comunque presente alle prossime amministrative, puntando a
catalizzare attorno a sé le forze con simili sensibilità. Forze numericamente
non sono enormi, ma variegate e trasversali: ci sarà quindi bisogno di mettersi
d'accordo. A sostenere i Verdi c'è sicuramente la federazione triestina del
Partito socialista italiano, animale raro nella storia della sinistra locale.
Poi c'è l'incognita Volt, il partito dei giovani e giovanissimi ambientalisti
paneuropei. Esistono infine una serie di realtà - dai comitati civici a Fridays
For Future - che non parteciperanno alla competizione elettorale ma la cui mera
presenza in città testimonia l'attenzione sul tema.«Stiamo valutando eventuali
alleanze con l'obiettivo di creare una lista "verde", un po' come abbiamo fatto
alle ultime europee», spiega la portavoce regionale dei Verdi, Tiziana Cimolino:
«I nostri interlocutori sono tutti quei soggetti che non si sentono
rappresentati dal Pd né dal centrodestra uscente, e che ovviamente sono in
sintonia con i nostri temi». I Verdi possono andare d'accordo ad esempio con le
varie anime comuniste così come con Open Fvg, Tryeste, +Europa e Patto per
l'Autonomia. Bisognerà tuttavia vedere se forze così diverse tra loro
riusciranno realisticamente a trovare la quadra. Come detto nel 2016 i Verdi nel
2016 si erano presentati in tandem con il Psi a sostegno del candidato sindaco
dem Roberto Cosolini, facendo eleggere appunto De Gioia. Stavolta tuttavia
vorrebbero mantenere autonomo il Sole che ride. Diversa invece la posizione del
Psi triestino, guidato da Gianfranco Orel, che ha sempre rappresentato una
realtà un po' a sé, storicamente troppo "patriota" per la sinistra comunista
(nel secolo scorso le logiche erano segnate dalla prossimità del confine
jugoslavo) ma più "castrista" del partito nazionale (a Trieste esiste
un'associazione "Italia Cuba" di matrice socialista). In vista del 2021 i
socialisti monitorano sì i movimenti di Saro, ma vollero soprattutto riproporre
la bicicletta con i Verdi, considerati l'alleato «più naturale», per dirla con
Orel. In alternativa vedrebbero di buon occhio una coalizione di tutte le forze
minori che si sono schierate per il No al referendum sul taglio ai parlamentari:
saranno i Verdi a dover sciogliere le riserve e in ogni caso vale la regola «mai
con il centrodestra». Infine Volt. Il partito, che nel Parlamento Ue siede nel
gruppo dei Verdi Europei, è presente a Trieste da circa un anno e mezzo e conta
una dozzina di attivisti, che nelle ultime settimane a loro volta si sono
interfacciati con le forze minori già citate. Anche i giovani ambientalisti
paneuropei ora dovranno decidere il da farsi: «Per noi importante è la
concretezza. Auspichiamo di creare una lista civica», afferma il coordinatore
cittadino, Daniele Ziegler.
Lilli Goriup
Gli outsider - i mini gruppi
Il gruppo triestino di Fridays For Future non parteciperà alla campagna
elettorale, poiché il movimento è per costituzione apartitico. Auspica che
chiunque governerà la città si concentrerà sulla mobilità sostenibile (tema caro
pure a realtà associative come Bora.La, Zeno, Fiab, Cammina Trieste, Uisp) ed
eviterà di costruire l'ovovia. Rimane fuori dalle logiche partitiche, per
scelta, pure il Comitato "No smog" nato attorno alla Ferriera di Servola.
L'associazione ambientalista "Planet 2084" valuterà un'eventuale lista unitaria
della sinistra radicale.
Argini a Staranzano e la pulizia «Strage di alberi ingiustificata»
Cittadini e ambientalisti all'attacco per le opere tra Marina Julia e
Bosco Alberoni - Il Comune: «Noi all'oscuro». Ma il Consorzio di bonifica: «Era
tutto concordato»
STARANZANO. «Una strage di alberi che non ha alcuna giustificazione. Un
taglio insensato e indiscriminato di piante sane che per riaverle così bisognerà
attendere mezzo secolo».È cominciata tra le polemiche la sistemazione
dell'argine del Consorzio di bonifica della Pianura Isontina dal confine di
Marina Julia fino al Bosco degli Alberoni e Punta Barene. Protestano gli
ambientalisti del Circolo di Legambiente Ignazio Zanutto di Monfalcone che, su
segnalazione di alcuni cittadini, hanno effettuato un sopralluogo con Michele
Tonzar del direttivo, il quale ha testimoniato anche con una serie di fotografie
ciò che sta accadendo. «È una situazione molto grave - afferma Tonzar - in
quanto ci troviamo in piena Riserva naturale regionale della Foce Isonzo e non è
possibile giustificare questo scempio di piante. Capisco che bisogna fare una
pulizia di rovi e sfrondare la vegetazione, ma fare tabula rasa di pioppi
bianchi e pioppi neri che hanno una base di 50 centimetri è veramente un
delitto».Il Comune di Staranzano con l'assessore all'Ambiente Andrea Corà,
sostiene che gli accordi presi con il Consorzio erano altri. «Intanto - afferma
Corà - non è arrivata in Comune alcuna comunicazione di inizio lavori. I patti
erano che prima di cominciare si doveva concordare con gli esperti botanici
della Stazione biologica dell'Isola della Cona, quali dovevano essere le piante
da tagliare. Ovviamente domani faremo un accertamento per capire cosa sia
realmente accaduto e perché hanno cominciato a tagliare senza poi avvisare
dell'apertura del cantiere».«Non si può andare avanti così - aggiunge Michele
Tonzar - perché questo andazzo va avanti in tutti i Comuni, da Sagrado ad
Aquileia. Succede dappertutto il taglio indiscriminato di piante "indifese" e
senza ragioni plausibili. Sono tagli incomprensibili e nessuno si dota di un
Piano del verde che possa autorizzare tali interventi. Non vogliamo fare
integralismi in quanto dove bisogna intervenire per motivi di pericoli di
ingombri nessun problema. Ma non vediamo la ragione di questo accanimento che
avviene continuamente sul verde».«È inutile dire - afferma ancora Tonzar - che è
stato concordato di eliminare piante per poi sostituirle in quanto ce ne vuole
di anni prima che possano raggiungere dimensioni di prima. Nel mondo in cui
viviamo, oggi e sempre dobbiamo difendere il verde che ci circonda, specie se
urbano».Il Consorzio di bonifica Pianura Isontina spiega che l'intervento
finanziato dalla Regione per l'importo complessivo di 950 mila euro, prevede la
sicurezza idraulica, la manutenzione, la gestione corretta del verde e il
miglioramento delle capacità di deflusso di vari manufatti idraulici presenti.
Inoltre la sistemazione e il ripristino delle sponde di alcuni canali di
bonifica ceduti a causa dell'azione invasiva di nutrie e del gambero rosso della
Luisiana.«Il primo passo - spiega il Consorzio in una nota - prevede il taglio
di tutta la vegetazione impropriamente cresciuta in forma spontanea e
incontrollata a sommità dell'argine. Farà seguito il consolidamento della
sezione arginale attualmente soggetta da diversi smottamenti. L'attività ha
ottenuto le autorizzazioni dei Servizi Regionali Pianificazione Paesaggistica,
di biodiversità, di difesa del suolo e dell'Organo gestore della Riserva
naturale Foce dell'Isonzo. Un intervento, quindi, pianificato e concordato con
tutti gli organi preposti alla sorveglianza ambientale. L'argine oggi assieme
all'idrovora Sacchetti, difende tutti i territori della bassa monfalconese di
quasi un migliaio di ettari, l'intero abitato di Marina Julia e parte del parco
della Riserva».
Ciro Vitiello
CON il mensile COOP Consumatori ott-nov 2020 - MERCOLEDI', 21 ottobre 2020
L'impronta ecologica e il paese che invecchia
Sul numero di dicembre 2019 di questa rivista avevamo parlato di
sovrappopolazione mondiale e di come sia saggio contenere la crescita
demografica con mezzi culturali: educazione ed emancipazione delle donne nei
paesi poveri. Ma quando si guarda all'Italia, paese che invecchia sempre più,
l'atteggiamento è opposto: si sente dire che bisognerebbe fare più figli e
tornare a crescere, per ringiovanire la cittadinanza, per avere nuove braccia
che paghino le pensioni, per salvaguardare la cultura nazionale dall'avanzata
dell'immigrazione straniera. Sono visioni che hanno senso in termini economici e
sociali, ma che non tengono conto della realtà ambientale e delle risorse
fisiche nazionali, della nostra "biocapacità". L'Italia è già ora un Paese
sovrappopolato che vive al di sopra delle proprie risorse interne. L'impronta
ecologica degli oltre 60 milioni di italiani è l'insieme dei prelievi di materie
prime, dall'agricoltura ai pesci, dal legname ai minerali, e della produzione di
rifiuti, incluse le emissioni di gas serra. Ebbene, i dati elaborati dal Global
Footprint Network ci dicono che nel 2019 gli Italiani hanno utilizzato risorse
naturali 4,5 volte al di sopra delle proprie possibilità, ovvero occorrerebbero
più di quattro Italie per soddisfare il nostro tenore di vita. Le tre Italie
virtuali che ci mancano sono prelevate dalle importazioni di energia fossile, di
materie prime e di cibo. In queste condizioni di profondo debito ecologico, far
crescere ulteriormente la popolazione significherebbe aumentare la nostra
vulnerabilità e peggiorare la nostra condizione fisica: più consumi di risorse,
più cementificazione, più rifiuti, più gas a effetto serra, con conseguenze
sempre più pesanti proprio per le giovani generazioni che le subiranno! Si pone
dunque la delicata questione di mitigare la fragilità ambientale del nostro
Paese diminuendo l'esposizione al debito ecologico: da un lato questo si può
fare con soluzioni tecnologiche, energie rinnovabili, riduzione degli sprechi,
riciclo rifiuti, ma dall'altro sarebbe importante considerare anche una
riduzione della popolazione, così se fossimo meno numerosi avremmo a
disposizione più risorse, mentre più siamo più la fetta di torta per persona si
riduce e si diviene sempre più deboli rispetto alle forniture esterne. Infatti,
poiché la popolazione globalmente continua a crescere, potrebbe arrivare il
momento in cui le risorse che acquistiamo aumenteranno di prezzo o potrebbero
perfino scarseggiare, ecco perché dipendere dall'estero per tre quarti del
proprio benessere non è una buona strategia e sarebbe opportuno diminuire la
nostra dipendenza da beni che non abbiamo. E come rimediare a una società di
anziani e alle pensioni da pagare? Sono questioni difficili da affrontare, ma
meno rispetto ai limiti fisici invalicabili. Le pensioni si possono riformare,
l'ambiente no. Assecondando l'attuale condizione di decrescita della natalità,
superata una fase transitoria di invecchiamento della società, nei prossimi
decenni potremmo stabilizzarci per esempio a 50 milioni di abitanti, quanti
eravamo nel 1960, e lì rimanere stabilmente, mantenendo il tasso di fertilità di
sostituzione, pari a circa due figli per donna. E vissero felici e resilienti.
Luca Mercalli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 ottobre 2020
Il futuro di Porto vecchio tra "logiche pattumiera" e l'assenza di strategie
- l'affondo di Un'altra Città
Un approfondimento pubblico sugli scenari legati al recupero del Porto
vecchio e alla sua incidenza nello sviluppo socio-economico cittadino. Il tema è
di quelli particolarmente attuali vista la portata dell'operazione. Ad
affrontarlo ieri mattina al Caffè San Marco il movimento "Un'altra città" che ha
condensato in un rapporto dal titolo "Una strategia per il recupero del Porto
vecchio e il futuro della città" alcuni spunti proposti da un centinaio di
cittadini nei tavoli di partecipazione promossi dal movimento tra novembre 2019
e febbraio 2020. Nell'incontro di ieri, che è riuscito a riunire buona parte
della sinistra locale, sono quindi pervenute riflessioni e proposte per come
riutilizzare l'antico scalo cittadino. E non sono mancate le critiche nei
confronti dell'amministrazione locale, accusata di non aver dato spazio
all'opposizione nel dibattito sul futuro del porto e di gestire l'area come una
«pattumiera» (definizione data dalla consigliera di open Fvg, Sabrina Morena)
nella quale inserire tutto ciò che non trova altra destinazione. La
controproposta offerta dal movimento "Un'altra città" è quella di dotare l'area
di una strategia più complessa rispetto a quella finora utilizzata, e di
predisporre uno spazio pubblico nel quale poter discutere il suo futuro. Un
dibattito, quello di ieri, giocoforza limitato ai presenti, ma che verrà
sviluppato il prossimo martedì 27 ottobre in un evento, rigorosamente digitale
in considerazione del periodo, promosso sulla piattaforma Zoom e che verrà
trasmesso in diretta Facebook dalle 18, sempre su iniziativa dell'associazione
"Un'altra città". All'evento online sono invitati anche i rappresentanti
istituzionali del Comune, della Regione e dell'Autorità portuale, le categorie
sociali, economiche e ambientaliste, in modo da confrontarsi intorno a uno dei
temi cruciali per il futuro di Trieste, ma anche di tutto il Nordest d'Italia.
«Autorità alle quali abbiamo chiesto più volte di avere dei confronti - ha
affermato l'architetto e attivista della rete, Roberto Dambrosi - , che però non
ci sono mai stati concessi. Speriamo che almeno martedì possa essere l'occasione
per un confronto costruttivo».Punto fermo del dibattito di martedì sarà la
necessità per la città di dotarsi di una strategia più complessa rispetto a
quella finora adottata dalle amministrazioni coinvolte nell'accordo di programma
per il recupero del Porto vecchio. «Il dato demografico è sotto gli occhi di
tutti - ha sottolineato Ambrosi - dal 1991 al giugno 2020 sono stati persi, a
Trieste, 29.250 abitanti. La trasformazione di un'area "poderosa" come quella
del comprensorio dell'ex Porto vecchio può essere chiave di volta per invertire
un trend che ha avuto conseguenze economiche penalizzanti».Per riuscirci, però,
secondo "Un'altra città" è necessario fare un passo in più rispetto al semplice
riutilizzo degli immobili dismessi, proponendo prospettive e scelte politiche
precise, relazionate all'interesse della collettività e delle generazioni
attuali e future. Per partecipare all'evento digitale di martedì 27 ottobre e
per avere informazioni e dettagli, è possibile consultare la pagina facebook
https://www.facebook.com/unaltracittatrieste
Lorenzo Degrassi
Sciacallo dorato ucciso in Carso da una fucilata L'ombra dei bracconieri -
tra Opicina e Monrupino
Monrupino. L'hanno trovato così, con una ferita da arma da fuoco al costato.
Morto, sul ciglio di una strada sterrata che da Opicina porta verso la foiba 149
di Monrupino, nei pressi del gasdotto. Era uno sciacallo dorato, inizialmente
scambiato per una volte di grossa taglia e, prima ancora, per un cane o un lupo.
È stata una coppia che abita in zona a rinvenire ieri mattina la carcassa
dell'animale. Si tratta di Riccardo Zanellotti, direttore dell'Hotel Savoia, e
di Samantha Ballam. Marito e moglie stavano passeggiando con il cane. Ed ecco, a
un certo punto, l'agghiacciante sorpresa. «Sì, era un animale piuttosto grosso»,
spiega Zanellotti. «Io e mia moglie stavamo portando il cane, come facciamo ogni
mattina, e ci siamo imbattuti in quell'animale per terra. L'hanno uccisa...
povera creatura. Qualcuno, un criminale, si è divertito a sparlarle addosso».Il
foro del proiettile e il sangue, come si coglie dalla foto scattata dalla
coppia, sono ben visibili sul fianco della bestiola. «Deve essere successo di
notte o di mattina presto - racconta ancora Zanellotti - perché ieri (l'altro
ieri, ndr), quando eravamo passati, non c'era. È stata mia moglie ad avvisare
un'associazione che si occupa di animali che c'era una volpe uccisa in Carso».
L'associazione è l'Arca, che lavora per conto della Regione per il recupero
della fauna selvatica. Ma quando uno dei volontari è andato per prendere la
carcassa, non l'ha trovata. «Non c'era», conferma Sergio Clacia. «Ho guardato in
lungo e in largo tutta la zona, ma niente». È mistero su chi abbia ucciso lo
sciacallo dorato e chi ne abbia poi fatto sparire il cadavere.
Gianpaolo Sarti
SEGNALAZIONI - Tram di Opicina - Costi altissimi e turisti dimenticati
Leggo con una certa sorpresa dei costi esorbitanti che gravano sulla gestione del tram di Opicina e di come questi debbano venire ripartiti tra Comune e Azienda Trasporti (Il Piccolo del 20 novembre). D'altra parte ho notato l'utile immissione in linea dell'autobus n.2 per giungere sino a Opicina, oltre all'ultima più recente, la n. 64, per Opicina Centro. Mentre ignoravo che ci fosse un servizio taxi-navetta per quanti abitano in via Romagna. Prendendo spunto da ciò, mi permetto di sottoporre agli addetti ai lavori di entrambi gli enti alcuni spunti di riflessione, con particolare riguardo sia alla voce "turismo" quanto alla necessaria "rapidità di Sistema". Ritengo anacronistico, quasi inattuabile e inaffidabile in caso di bora nonché poco remunerativo (anzi, costoso) il progetto del Comune di fare costruire una funivia con cabina. Per raggiungere l'Altopiano molto meglio sarebbe a mio parere aumentare le corse del tram, alternandole con corse dirette Trieste-Opicina-Trieste, agevolando e sveltendo così l'affluenza delle persone, lasciando ovviamente inalterato quanto già in atto oggi. Specialmente nei mesi estivi, ritengo ci sarebbe da parte dei turisti una forte richiesta di tale servizio, tanto più se, come ventilato da Trieste Trasporti o dal Comune, altri benefit venissero proposti agli utenti. Inoltre, ritengo sarebbe molto utile investire il denaro previsto per la funivia nella costruzione di alcuni sovrappassi pedonali lungo il viale Miramare, sino al cosiddetto "Bivio" per raggiungere il Castello. Ciò potrebbe ridurre di molto i rallentamenti del traffico, con conseguenti possibili incidenti o investimenti, che ogni estate coinvolgono automobilisti e pedoni in attraversamento. In merito è utile anche ricordare come vada evitato e proibito il transito di biciclette e monopattini che zigzagano tra brandine e asciugamani lungo la passeggiata a mare.
Vladimiro Marella
Commissione - Il piano della mobilità in Trasparenza
La commissione Trasparenza del Comune di Trieste è convocata alle 12 di martedì 27 ottobre, in videoconferenza, per affrontare il tema del Piano urbano della mobilità sostenibile, con particolare riferimento a Biciplan, Peba e alla documentazione relativa all'impatto dello sviluppo del Porto vecchio sulla mobilità cittadina.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 ottobre 2020
Il tram fermo costa 1,3 milioni ogni anno tra mancati introiti e affitto
della trenovia
Nonostante lo stop, le spese per Trieste Trasporti corrono. Pesa anche il
canone da versare al Comune per la linea
Un "buco" pari a più di un milione e 300 mila euro annui tra mancati
introiti e soldi da versare comunque nelle casse del Comune per il canone di
locazione della trenovia, che è di proprietà municipale. Il tram di Opicina è
fermo ormai dal giorno dello scontro frontale (16 agosto 2016), ma per Trieste
Trasporti i costi continuano a correre, generando un impatto finanziario che
potrà essere calcolato ufficialmente solo in sede di stesura del bilancio: ma
moltiplicando i numeri per quattro anni i conti sono presto fatti. «Stiamo
parlando di milioni di euro per un servizio fermo dall'estate del 2016 -
sottolinea il presidente di Trieste Trasporti, Pier Giorgio Luccarini - e quando
il bilancio sarà pronto potremo avere un'idea precisa di qualche effetto abbia
avuto questo stop prolungato sulle nostre finanze». A pesare di più sono i gli
incassi mancanti, ovvero i biglietti non venduti: «Basti pensare che la media
annua era superiore ai 600 mila passeggeri - premette Luccarini -. Considerando
che il costo del biglietto era di 1,50 euro, si arriva a toccare il milione di
euro di introiti persi ogni anno rispetto al periodo in cui il servizio era
operativo». Poi ci sono le spese di locazione della tranvia: sebbene la linea
sia inutilizzata da più di quattro anni, la società concessionaria del trasporto
pubblico locale continua a corrispondere al Comune un canone di 330 mila euro.
«Chiaramente il fatto di dover versare ugualmente il canone contribuisce ad
aumentare la perdita secca - puntualizza il presidente di Trieste Trasporti -.
Aggiungiamoci anche il costo, pur non elevato, del servizio taxi da garantire a
chi risiede in via Romagna. Insomma, questo tram fermo ci costa più di un
milione e 300 mila euro ogni anno». «Va ricordato che se non riusciamo a fare
utili ci perde anche il Comune, perché si riescono a fare meno investimenti sul
territorio - continua Luccarini -. È il classico cane che si morde la coda. A
lungo andare questa rischia di essere una situazione pericolosa. Non è escluso
che, con l'ente municipale, si possa ragionare su un'ipotesi di dilazione del
pagamento per venire incontro a queste difficoltà finanziarie, ma adesso la
priorità è che i lavori vadano avanti il prima possibile in modo che il tram sia
in grado di ripartire entro la prima metà del 2021». «Con l'amministrazione
comunale abbiamo un rapporto all'insegna dell'intesa e della comprensione -
aggiunge il presidente -. L'ente non è solo un socio, per noi. E va rimarcato
che è stato necessario far fronte a imprevisti legali, ovvero i ricorsi». Sul
Comune ricade la competenza per la manutenzione straordinaria e il mese scorso
sono iniziati i lavori per la messa in sicurezza della trenovia: un investimento
da 800 mila euro per la sostituzione di due chilometri di traversine e binari e
il rifacimento dei marciapiedi delle fermate.
Piero Tallandini
Zero rincari sui ticket - Tariffe e pacchetti a misura di turista - verso la
ripartenza
L'obiettivo è far ripartire il servizio tra la fine della primavera e
l'inizio dell'estate del prossimo anno, ma intanto si pensa anche al tariffario
e alle proposte per la valorizzazione in chiave turistica del tram. «Il costo
del biglietto normale dovrebbe restare invariato e fa comunque parte integrante
della rete del trasporto pubblico locale - spiega il presidente di Trieste
Trasporti Luccarini -, mentre per attirare chi arriva da fuori città si penserà
a tariffe che includano anche dei pacchetti con servizi aggiuntivi, ad esempio
bus navetta. Questi anni di stop non hanno intaccato il potenziale turistico del
nostro tram. Anzi».Di iniziative legate alla ripartenza della trenovia si è
parlato due settimane fa anche in occasione della riunione della terza
commissione. Tra le proposte allo studio c'è in particolare l'allestimento di
una mostra fotografica dedicata alla storia del tram. La sede ideale per
ospitarla è già stata individuata: si tratta di palazzo Gopcevich Tornando
all'incidente del 16 agosto 2016 e ai suoi effetti, i danni riportati dalle
vetture coinvolte sono stati quantificati in 273 mila euro e sono stati
risarciti dall'assicurazione. Lo scontro si era verificato nei pressi di
Conconello tra le vetture 405 e la 404. Sempre entro la metà del prossimo anno è
attesa la sentenza del processo ai due conducenti imputati.
P.T.
"Corridoi" verdi e un anfiteatro smontabile - La sfida di Un'Altra Città sul
Porto vecchio
Oggi la presentazione del progetto di recupero: «Questa non è una pratica
amministrativa ma un'opportunità storica»
Una strategia per il Porto vecchio. È quanto invocato a gran voce dagli
attivisti di Un'Altra Città in un omonimo documento. Frutto di oltre un anno e
mezzo di confronto, il testo ha 18 pagine e sarà presentato oggi. L'appuntamento
è a mezzogiorno all'Antico Caffè San Marco, la formula scelta è quella di una
conferenza stampa corale. Oltre che i media sono infatti invitati a intervenirvi
i vertici dell'amministrazione cittadina, a partire dal sindaco Roberto Dipiazza
e da alcuni suoi assessori, e i capigruppo di ogni forza rappresentata in
Consiglio comunale. Ma anche l'Authority portuale, i sindacati, le associazioni
di categoria, le realtà ambientaliste e così via. Inizialmente si era pensato a
un evento con grande partecipazione di pubblico, che però ora sarebbe
impossibile. Così invece, grazie anche al dehors esterno del San Marco, sarà
garantito il rispetto delle precauzioni anti- Covid.Il titolo esteso del dossier
è "Porto vecchio, impresa collettiva. Una strategia per il recupero del Porto
vecchio e per il futuro della città". Al suo interno sono riportati appunto i
risultati del tavolo di lavoro "Qualità dell'ambiente urbano e Porto vecchio",
promosso dalla rete civica nata nel 2018 da ambienti basagliani e post-
basagliani. A riguardo si ricorderanno gli incontri pubblici che si sono svolti
nella Sala Giubileo di Riva Tre Novembre e al Teatro Miela. «Gli amministratori
di questa città grazie al Porto vecchio avranno la possibilità di dimostrarsi
statisti, se penseranno oltre il termine del mandato di cinque anni», commenta
l'architetto William Starc, tra i principali animatori dell'iniziativa:
«Purtroppo però le politiche portate avanti dalla giunta comunale sono
insufficienti. Non c'è inoltre alcun dibattito pubblico: è sorprendente che la
città sia silente. Il Porto vecchio viene trattato come un problema di carattere
amministrativo e nessuno pare consapevole della portata storica di questa
opportunità».Di qui l'idea di sintetizzare in un documento i temi che, secondo i
suoi "contributor", dovrebbero essere presenti in una discussione sullo sviluppo
della città di cui si auspica l'avvio. «Tante cose si stanno muovendo attorno a
Trieste e il Porto vecchio potrebbe diventarne il laboratorio, il centro
ideale», prosegue Starc: «È lo scalo dismesso più grande dell'Adriatico. Ma
senza una strategia gli operatori internazionali, quelli che muovono capitali,
non investiranno qui. Spostare gli uffici della Regione: sarebbe questa la
novità? La priorità è l'ovovia? Nel frattempo non c'è un progetto che colleghi
Porto vecchio e Porto oppure che unifichi le Rive, dalla Lanterna a Miramare».Il
report prende le mosse da un'analisi del contesto che tiene conto di fattori
quali salute, ambiente e qualità della vita, ma anche della necessità di
invertire il trend demografico negativo o del panorama internazionale. Si
passano poi in rassegna visioni e obiettivi considerati prioritari per lo
sviluppo della città, a partire da una mobilità più sostenibile. Si auspicano
inoltre una maggiore integrazione di «spazi pubblici e privati» interconnessi
grazie a «corridoi verdi», si legge nel testo, oltre che una valorizzazione del
«dialogo tra le diverse anime europee attraverso scienza e cultura». Si
propongono infine alcune «prime azioni concrete» per lo specifico del Porto
vecchio. La prima? Realizzare «nuovi percorsi ciclopedonali e corridoi verdi»
che lo connettano al resto della città. Si vuole poi la costruzione di un
«anfiteatro smontabile all'aperto» per ospitare eventi culturali e scientifici.
Infine c'è la «concessione gratuita temporanea di spazi» per insediarvi ad
esempio piccoli laboratori artigianali e altre attività economiche innovative.
Lilli Goriup
Torrente Settefontane liberato da ferraglie e oltre 200 pneumatici
Volontari in azione per ripulire l'alveo del corso d'acqua - Recuperati
pure due boiler, polistiroli e altri rifiuti di ogni tipo
Oltre 200 pneumatici, circa dieci metri cubi di ferraglie, bidoni in ferro,
oltre una ventina di sacchi neri pieni di rifiuti di ogni tipo. E ancora quattro
batterie d'automobile e due boiler. Le squadre di Sos Carso sono tornate in
azione, questa volta per ripulire il torrente Settefontane. Quel corso d'acqua
che nasce a Cattinara nel solco tra via Forlanini e via Carnaro, scorre in
superficie per un tratto oramai breve, fino alla campagna nei pressi del
piazzale in fondo a via Cumano, dove fa ingresso in un collettore. Lo scorso
settembre alcuni dei volontari avevano già ispezionato un tratto del torrente,
circa un chilometro, rilevando la presenza di importanti quantitativi di
materiale abbandonato. Negli ultimi due mesi, in piccoli gruppetti, i
sostenitori di Sos Carso si sono dedicati ad accatastare una parte dei rifiuti
rinvenuti, in moda da agevolarne poi l'asporto. Domenica scorsa l'associazione-
che da circa quattro anni opera attivamente, a titolo gratuito, per la
salvaguardia dell'altipiano carsico triestino -, è passata all'azione, sfidando
il fango, salite, scalinate, per un'operazione di pulizia radicale di quegli
ampi spazi. «Tutta la zona attorno al torrente si trovava da decenni in
condizioni scandalose - raccontano i volontari - con rifiuti di tutti i tipi,
polistiroli, ferraglie e moltissimi pneumatici anche di camion: Ma con l'uscita
di ieri si può dire che almeno una parte dell'area che scorre per circa 200
metri lungo il torrente, è stata ripulita. Rimane ancora moltissimo da fare». È
bene tenere in considerazione «che il torrente Settefontane - aggiungono -
partendo dalle alture di Cattinara e raccogliendo le acque piovane carsiche,
sfocia poi nei pressi del Porto vecchio, per cui una bottiglietta buttata a
Cattinara magicamente e in poco tempo si potrebbe ritrovare a Barcola».
L'iniziativa di Sos Carso è stata supportata da 25 volontari di ogni età.
«L'ampia operazione di pulizia è stata possibile anche grazie alla cooperativa
sociale "I Girasoli" - sottolineano da Sos Carso -, Trieste senza sprechi, Hera
Amga (che ha dato disponibilità dei cassoni per la raccolta), la Società
Adriatica di Spele logia e anche alcuni residenti».
Laura Tonero
Rifiuti in fiamme a Muggia: pompieri ancora in azione - Rinforzi in arrivo da
Udine - NELLA ZONA DELLE NOGHERE - il rogo scoppiato sabato notte
È proseguito senza sosta, anche nella giornata di ieri, il lavoro dei Vigili
del fuoco che dalle 22.30 di sabato scorso stanno tentando di domare nel
territorio di Muggia l'incendio divampato nel centro di compostaggio gestito
dalla "Verde Noghere" - azienda che si occupa di trattamento dei rifiuti verdi
quali sfalci, potature, abbattimenti e della vendita del derivato compost -, il
cui spegnimento si sta rivelando più ostico del previsto. Gli sfalci e le
ramaglie accatastati, da cui si dipanano in vari punti rivoli di fumo
biancastro, che in realtà è vapore acqueo dovuto al contatto dei vegetali
combusti con l'acqua sparata da ore da varie maniche posizionate dai Vigili del
fuoco intorno agli stessi cumuli di materiale, sono certamente soggette a facile
combustione. Ma, come ha evidenziato Matteo Quarantotto, amministratore delegato
di Verde Noghere, «in questi sei anni che operiamo in questa struttura non è mai
successa una cosa del genere, neanche in estate con il vento, in condizioni
climatiche che sono certamente più favorevoli al processo di autocombustione. Se
poi teniamo conto del fatto che nei giorni scorsi ha piovuto spesso, non riesco
a capacitarmi di come possa essere successo». Il dubbio che la causa sia
riconducibile a un atto doloso, quindi, si fa sempre più strada. Anche se il
problema resta la mancanza di una qualsiasi prova che avvalori anche la più
remota tesi che a scatenare le fiamme nel centro di compostaggio sia stato un
atto doloso, magari causato da un mozzicone di sigaretta lanciato oltre la
recinzione, oppure un atto vandalico come ce ne sono già stati nel territorio
muggesano nel corso di quest'anno. A un superficiale sopralluogo nell'area,
verificando il posizionamento delle telecamere installate negli insediamenti
confinanti e dirimpettai al centro di compostaggio, pare non ci siano "occhi"
che possano aver ripreso nella direzione dell'incendio. «Noi - ha detto
Quarantotto - non abbiamo telecamere, anche perché mai avrei immaginato di
imbattermi in una cosa del genere». Certo è che ci vorrà ancora del tempo prima
di riposizionare le maniche nei mezzi dei Vigili del fuoco (raggiunti ieri dai
colleghi di Udine specializzati nella movimentazione dei terreni). Dopo di che
sarà la volta della conta dei danni: «Per adesso - ha constatato il titolare
dell'azienda - non sappiamo cosa aspettarci: so con certezza che ci sarà tanto
da fare, come, ad esempio, rimettere in sesto la recinzione che si è dovuto
giocoforza sfondare in alcune parti, risistemare le strade interne e pensare
cosa fare del materiale bruciato. Non posso quantificare ora come ora il danno
economico. Per fortuna tutti i macchinari sono salvi. Adesso la cosa più
importante è che l'incendio si spenga del tutto».
Luigi Putignano
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 ottobre 2020
Quaranta volontari in azione per ripulire il "Boschetto" - l'iniziativa della
sesta circoscrizione
Anche quest'anno, in occasione del "Sabato ecologico" autunnale, la Sesta
circoscrizione ha riproposto l'iniziativa di pulizia del parco del Farneto
denominata "Netemo el Boschetto". Ha risposto all'appello - si legge nel
comunicato stampa diffuso ieri dalla presidente del "parlamentino" di quartiere
Alessandra Richetti, del Movimento 5 Stelle - una quarantina di persone
appartenenti al mondo associativo in rappresentanza di diverse realtà del
territorio fra cui Legambiente, Gruppo speleologico Sas e Associazione "I Miti"
ma anche singoli cittadini di età compresa tra gli 8 e gli over "anta". In
questa edizione, ha spiegato ancora Richetti, è stato scelto di non coinvolgere
le scuole perché sono alle prese con l'organizzazione di un anno scolastico
davvero impegnativo. Alla fine è stato raccolto un volume di rifiuti pari alla
capacità di tre furgoni tra vestiario, materiali edili, materassi, un enorme
quantità di bottiglie e i purtroppo immancabili manufatti plastici abbandonati
in mezzo a quest'oasi di verde cittadina. «Mi è stato chiesto - così Richetti -
del perché è stata organizzata una proposta di questo genere, quando ci sono già
gruppi di volontari che si impegnano in tal senso. Ho risposto che restituire le
aree degradate delle nostre città alla fruizione comune e sensibilizzare i
cittadini sull'abbandono dei rifiuti fanno sicuramente parte del compito di
un'istituzione ma le figure istituzionali devono mettersi pure al servizio in
prima persona per infondere coraggio al cittadino che cerca di prendersi cura
del "bene comune"». La Sesta circoscrizione ha garantito, grazie la
collaborazione con AcegasApsAmga e gli uffici comunali, la fornitura degli
strumenti per la raccolta dei rifiuti e la copertura assicurativa.
Rifiuti a fuoco, maxi incendio alle Noghere
Pompieri in azione tutto il giorno per domare un rogo divampato sabato
sera nell'impianto di compostaggio di via Canneto
MUGGIA. Un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato nella tarda serata
di sabato intorno alle 22.30 all'interno dell'impianto di compostaggio dei
rifiuti in via del Canneto nella zona delle Noghere in territorio di Muggia. Sul
posto sono intervenuti i Vigili del fuoco del Comando di Trieste e dello stesso
Distaccamento di Muggia. L'incendio si è sviluppato in una piazzola di scarico
dei rifiuti destinata per l'appunto al compostaggio. Fortunatamente i rifiuti
che sono andati bruciati non sono pericolosi in quanto di origine naturale e,
peraltro, nelle immediate vicinanze dell'area non ci sono abitazioni. Solo
l'odore acre ha allarmato la popolazione muggesana ma anche triestina. Sui vari
gruppi social è partito un tam-tam di segnalazioni relative proprio alla
presenza di un forte odore acre riconducibile a del fumo proveniente dalla zona
in questione. Chi percorreva ieri la sopraelevata all'altezza della deviazione
per Lacotisce e fino allo svincolo per Muggia, l'odore di penetrante lo poteva
sentire distintamente. Fortunatamente, come si diceva, si tratta di fumo frutto
di combustione di arbusti, di rifiuti di origine vegetale, quindi non nocivo.
Durante l'intera giornata di ieri si è riusciti a circoscrivere il rogo, ma non
a domarlo del tutto: «Ci vorrà del tempo per arrivare al completo spegnimento -
ha detto Furio Cocolet del Comando dei Vigili del fuoco di Trieste - dato che
sono varie le benne interessate dall'incendio e la tipologia del materiali,
sterpaglie e ramaglie avviate al compostaggio, favorisce la combustione. È
addirittura possibile che l'incendio covasse da ore prima di manifestarsi
completamente».Quanto alla ricerca delle cause per ora non sono stati
rintracciati segni che potessero indicare una pista dolosa. È un anno questo
decisamente da dimenticare per il territorio di Muggia sul fronte incendi, a
cominciare da quello doloso della benna di Darsella San Bartolomeo - poi
rimossa, che doveva ospitare esclusivamente sterpaglie e ramaglie, e che a
giugno scorso è stata oggetto di un intervento operato sempre dai Vigili del
fuoco a causa di un incendio sviluppatosi al suo interno che aveva coinvolto
anche i rifiuti abbandonati intorno, tra cui materiale infiammabile e
potenzialmente esplosivo. Lo scorso agosto, nel giro di poche ore, erano andati
a fuoco alcuni cassonetti condominiali in viale XXV Aprile e altri ancora in
località Montedoro, che avevano causato la liquefazione del materiali con cui
sono realizzati, oltre alla combustione di rifiuti non differenziati, pure
questi potenzialmente nocivi e pericolosi per la salute. Atti di vandalismo che
il sindaco Laura Marzi, allora, non aveva esitato a definire «criminali e
incivili», soprattutto per la presenza, nella vicenda dell'incendio della benna
di Darsella San Bartolomeo, di due bombole.
Luigi Putignano
Raccoglie di frodo 81 chili di oloturie - Fermato dalla polizia - specie protetta nell'adriatico
FIUME. È diventato da anni un commercio che frutta bene, abusivo fin quanto si vuole, ma che vede un crescente numero di raccoglitori illegali entrare nelle acque che bagnano l'Istria, la Dalmazia e il Quarnero per prendere di frodo le oloturie o cetrioli di mare e venderli ad acquirenti pronti a piazzarli sui mercati turco e asiatico. L'altro giorno a tentare (inutilmente) la fortuna è stato un cittadino di 51 anni, domiciliato a Fiume, pizzicato dagli agenti nei pressi della località costiera di Versi, nell'entroterra di Zara. Il quarnerino aveva a bordo della sua Mercedes cinque secchi contenenti ben 81 chili e 340 grammi di questo echinoderma, protetto in Croazia da leggi e regolamenti molto severi e la cui pesca è illecita. Infatti, questo animale bentonico - molto importante per l'equilibrio dell'ambiente marino - è tutelato da fermo biologico permanente, esteso a tutte le sue specie. In collaborazione tra polizia e ispettorato nazionale alla pesca, è stato appurato che l'uomo non possiede la licenza per esercitare l'attività di pesca professionale. Prima del fermo, avvenuto nel primo pomeriggio, il 51enne era stato per alcune ore in mare nelle vicinanze di Versi, raccogliendo in modo abusivo le oloturie, nel chiaro intento di venderle e intascare una somma non indifferente. Stando al regolamento croato che fissa l'ammontare del rimborso per i danni causati al pesci e agli altri organismi marini, un chilo di cetrioli di mare costa sulle 500 kune, che al cambio sono circa 66 euro. Il fiumano è stato denunciato, con le forze dell'ordine che gli hanno sequestrato la muta e l'attrezzatura subacquea impiegata. Dato che gli organismi al momento dell'arresto del raccoglitore erano ormai morti, sono stati successivamente smaltiti in un'apposita area, senza creare danni all'ambiente. Di tanto in tanto si ha notizia in Croazia dell'avvenuto fermo di pescatori di frodo, colti in flagrante con quantitativi più o meno rilevanti di cetrioli di mare.
Andrea Marsanich
Visite guidate "Il mare la nostra vita"
L'Unione dei Circoli Culturali Sloveni - Zveza slovenskih kulturnih drustev (Zskd) organizza una serie di visite guidate alla mostra "Il mare - la nostra vita: memorie di una famiglia di pescatori di Aurisina" al Magazzino 26 del Porto vecchio. Le visite saranno tenute dall'antropologa Jasna Simoneta, collaboratrice del progetto. Prenotazione al numero 040-635626 (Zskd - Unione dei Circoli Culturali Sloveni) dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, o via mail all'info@zskd.eu. Prossime visite, in lingua slovena alle 16, il 21, 22, 28 e 29 ottobre.Alle 16 e 21
Un'altra città svela il "suo" Porto vecchio
Domani alle 12 al Caffè San Marco si terrà la «presentazione alla stampa, agli amministratori della città e ai portatori d'interesse» di un progetto a cura di "Un'altra città" riguardante la «strategia per il recupero del Porto vecchio e il futuro della città», come si legge nella presentazione dell'evento, denominato «Porto vecchio, impresa collettiva». «Nel documento - continua l'annuncio - si afferma la necessità di dotarsi di una strategia più complessa rispetto a quella finora adottata nell'accordo di programma per il recupero».
Il 25 ottobre in bici tra mare e Carso alla scoperta di luoghi e sapori
Organizzano Comune e Gal, il via da Sistiana - A disposizione mezzi con
pedalata assistita
L'ex provincia di Trieste è la patria della Bianchera (Bielica in sloveno),
un cultivar autoctono specifico, e di un olio, il Tergeste Dop, tra i più
settentrionali del Mediterraneo. Peculiarità che ben si sposano con l'evento, a
carattere nazionale, che vedrà coinvolti i territori comunali di Trieste, Duino
Aurisina, San Dorligo della Valle e Muggia, il 25 ottobre. Il Comune di Trieste,
in collaborazione con il Gal Carso, organizza una pedalata in bici in occasione
della "Camminata tra gli olivi", mettendo a disposizione dei partecipanti 30
e-bike. Il percorso, ideato dal Gal, è stato studiato per far apprezzare a
residenti e turisti il meglio del peculiare territorio che va dal Carso alla
pittoresca cittadina istro-veneta di Muggia. Si partirà alle 9.30, dall'Info
Point di Sistiana, percorrendo il percorso Gemina, da dove sarà possibile
ammirare la landa carsica. Alle 11 si giungerà nella località Prosecco, dove ci
sarà la prima tappa presso un'azienda agricola, con breve degustazione dell'olio
abbinato a formaggio e vino locale con spettacolare vista sul golfo di Trieste.
Dopo la degustazione si proseguirà verso il centro di Trieste, con arrivo
previsto per le 12 circa. Nel capoluogo regionale due guide turistiche, munite
di bicicletta, accompagneranno i partecipanti in un breve tragitto tra i
magazzini del Porto Vecchio. Seguirà una tappa nel centro storico, alla scoperta
delle tracce dell'antica produzione olivicola risalente all'epoca preromana.
Basti pensare che tutt'oggi è visibile un frantoio per olive realizzato nel V
secolo riutilizzando un blocco decorato appartenuto a un monumento funerario del
I secolo, a testimonianza di come il riciclo sia un'arte antica e comune a ogni
epoca. Dopo la sosta a Trieste, dal quartiere di San Giacomo si imboccherà la
ciclopedonale Cottur, che collega Trieste con la Slovenia lungo il tracciato di
una storica ferrovia, per poi passare nella valle del Breg, dove trova dimora il
66% dell'olivicoltura triestina. Alle 13.30 all'azienda agricola Sancin è
previsto un picnic in uliveto, con prodotti locali. Dal borgo di Bagnoli si
proseguirà verso Muggia. All'arrivo, previsto all'Info Point di Caliterna per le
14.30, è in programma un brindisi conclusivo. Infine alle 15 ci sarà il
trasferimento in autobus da Muggia a Sistiana. La lunghezza del percorso, che
presenta una difficoltà media, è di 60 chilometri, per un tempo di percorrenza
totale di 5 ore e mezza.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 ottobre 2020
Come cambia piazza Sant'Antonio - Restyling solo sulle fasce laterali
Dalle vie Paganini e Ponchielli fino a via San Spiridione. Cantiere da 1
milione, partenza nel 2021
Un ritocco a piazza Sant'Antonio. Lo si potrebbe definire un intervento "di
minima", parziale, quasi un antipasto in attesa di un seguito più consistente.
Comunque, si va avanti con quello che c'è: il piano delle opere 2020 evidenzia
una posta dedicata pari a 1 milione di euro, che consentirà di rifare le fasce
laterali della piazza - soprannominate in Comune "baffi" - dalle vie Ponchielli
e Paganini fino a via San Spiridione. Al posto dell'attuale copertura in asfalto
atterreranno i masegni, così da conferire coerenza al lavoro svolto in
Ponterosso e lungo le sponde del Canale. La parte centrale della piazza, quella
occupata dalla piscina per intenderci, non viene per ora toccata: i commercianti
di frutta-verdura-formaggi-miele, che la popolano dal martedì al sabato, non
dovrebbero essere interessati dal cantiere, a meno che il Municipio non ne
disponga il trasloco in Ponterosso. Discorso diverso per gli esercenti delle
fasce laterali, che dovranno convivere con l'attività riqualificativa, così come
accadde alcuni anni orsono ai loro colleghi di via Rossini e di via Bellini. Lo
stringato racconto di Giulio Bernetti, che sotto la sua guida ha raccolto anche
le strade e quindi il parziale rifacimento del centralissimo spazio, termina
qui, perché la progettazione dell'intervento è in corso e non si escludono
evoluzioni-variazioni sul tema. Bernetti si dice certo che il cantiere sarà
aperto nel 2021 ma l'abile dirigente ha dribblato sul fatto se ciò avverrà prima
o dopo la cesura elettorale. Insomma, è prevalsa la logica assai prudente di
Roberto Dipiazza, che, nell'approssimarsi delle urne, vuole accuratamente
scansare possibili occasioni di scontro, di protesta, di malumori, di petizioni,
di comitati. Di conseguenza, si mette mano all'area ma senza eccedere. Il
sindaco, anche per esperienza personale, non ama avventurarsi sul capitolo delle
piazze: dalla piazza Vittorio Veneto disegnata da Boris Podrecca al monumento di
piazza Goldoni, da piazza Venezia all'illuminazione di piazza Unità, ogni
qualvolta si è pensata una modifica delle situazioni urbanistiche, si è
verificato un po' di maltempo. Infatti, onde evitar onde, Dipiazza indisse una
sorta di pronuncia popolare sui progetti affidati a Maurizio Bradaschia.
L'architetto-professore ebbe l'incarico nell'autunno del 2018 e fu subito
tempesta, perché la pubblicazione di alcuni rendering venne equivocata da
qualcuno che ritenne si fosse trattato di proposte definitive. A Bradaschia
Dipiazza aveva dato un ordine perentorio: non si sarebbe dovuto nemmeno parlare
di riportare l'acqua di Canal Grande davanti alla chiesa di Sant'Antonio. La
parte del Canale da via San Spiridione al sagrato venne interrata negli anni
Trenta e durante la giunta Cosolini, soprattutto per ispirazione dell'assessore
Andrea Dapretto, si tornò a prendere in considerazione la riapertura acquea.
Venne bandito un concorso di idee, i cui risultati vennero accantonati una volta
che Dipiazza riconquistò il Municipio. Un quartetto di progetti fu sottoposto al
pubblico giudizio web nell'estate dello scorso anno. Parteciparono 2.271 utenti
ma non si capì mai bene quale idea avesse prevalso: Dipiazza trasse comunque
l'auspicio che i partecipanti anelassero a una piazza «verde e vivibile».
Massimo Greco
Ripulito il canale di Ponterosso - Sui fondali c'era pure un drone
Tra i rifiuti portati a terra decine di bottiglie, stoviglie, sedie,
tavoli e vasi di fiori - Allarme per la presenza di tanti teloni delle
bancarelle usate negli eventi in zona
L'oggetto più curioso ripescato è un drone, ma sott'acqua è spuntato anche
un grande peso da bilanciere, come quelli che si usano in palestra, oltre a una
ventina di teloni utilizzati dai venditori ambulanti e che rappresentano uno dei
più grandi pericoli per l'ambiente. E ancora tante immondizie, tra vetro,
plastica, latta e ferro. È il risultato della pulizia dei fondali di una parte
del canale di Ponterosso, effettuata ieri mattina davanti a tante persone che
hanno assistito alle operazioni. L'iniziativa rientra nell'ambito del progetto
pilota "aMare Fvg", attraverso il quale la Regione supporta la raccolta di
rifiuti dal mare. L'evento, organizzato dalla Società Velica di Barcola e
Grignano, ha coinvolto una rete di associazioni, fa parte delle manifestazioni
collaterali della Barcolana e lo scorso 3 ottobre era stato rinviato a causa del
maltempo. Circa 70 le persone coinvolte, quasi tutti volontari, tra questi una
quindicina di sommozzatori. Presenti anche i Cani salvataggio Sics. Dall'acqua
sono emerse bottiglie di vetro e plastica, bicchieri, piatti, posate, taniche,
sedie e tavolini, spesso finiti nel canale nelle giornate di bora, come le
guaine dei tetti o i vasi di fiori. E ancora, tra le curiosità, un binocolo, una
bandiera italiana e alcuni segnali stradali. Appartiene invece a qualche
sventurato amante di foto e video dall'alto il drone bianco recuperato,
precipitato durante un sorvolo della zona. Difficile invece capire come sia
finito lì un peso da palestra. Lo scorso anno tra le stranezze erano stati
trovati parecchi cellulari e alcune dentiere. «Ma l'aspetto più grave
dell'inquinamento è legato ai tanti teloni di plastica adagiati sul fondale
fangoso - spiega Adriano Toffoli, coordinatore dell'evento - che uccidono gli
organismi presenti, e che appartengono alle bancarelle delle fiere organizzate
in questa zona. Credo serva maggior attenzione per evitare che questo fenomeno
continui. Di buono - aggiunge - c'è che ho visto tante famiglie presenti oggi, e
di sicuro la giornata servirà a sensibilizzare la gente». «Questa iniziativa è
importante perché rappresenta in concreto la volontà con cui l'amministrazione
regionale pone in primo piano la difesa dell'ambiente - sottolinea l'assessore
regionale allo Sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro -, non a caso il Fvg è
candidato a diventare regione pilota per la sperimentazione della strategia
europea che mira a raggiungere un'economia con emissioni zero di gas a effetto
serra entro il 2050». L'intervento è stato realizzato con la partnership del
Comune. «Un ringraziamento va ai tanti volontari - dice l'assessore comunale al
Territorio Luisa Polli -: è un messaggio importante di educazione ambientale».
Micol Brusaferro
Muggia - Passeggiate tra gli ulivi per scoprire territorio e tradizioni
millenarie
Riprenderanno a breve a Muggia i corsi su agricoltura e territorio 2020,
tradizionalmente organizzati dal Comune, che negli ultimi anni sono stati molto
apprezzati superando, nelle edizioni scorse, i 250 iscritti. «Tra fine ottobre e
novembre - ha annunciato il vicesindaco Francesco Bussani - si svolgeranno tre
lezioni anche se quest'anno siamo stati costretti a ridimensionare l'iniziativa
e due dei tre appuntamenti si svolgeranno all'aperto con lezioni pratiche».Non
solo corsi ma anche rilancio dell'attività turistica, con l'appuntamento del 25
ottobre con la "Camminata tra gli olivi", per «valorizzare - ha proseguito
Bussani - il nostro territorio e la produzione locale, senza sottovalutare il
fatto che appuntamenti come questo sono anche un modo per promuovere il turismo
dell'olio e rilanciare l'economia di comunità come la nostra, che è forte di
questa coltura». Sono previste passeggiate tra gli ulivi a piedi e in bici alla
scoperta del paesaggio olivicolo e dell'olio nuovo, con l'obiettivo di
ristabilire un legame tra i cittadini e la propria terra e una tradizione,
quella della coltivazione dell'olivo, che a Muggia ha radici millenarie. Con la
collaborazione della sezione del Cai di Muggia e delle aziende agricole Lenardon,
Scheriani e Urizio - Vigna sul mar, «siamo riusciti - ha proseguito il
vicesindaco - a organizzare una passeggiata che permetterà di conoscere questa
parte del territorio istriano e di entrare in contatto con tre realtà produttive
locali che ora sono impegnate nella raccolta». Il percorso avrà un andamento
circolare tra i monti muggesani, con inizio e arrivo al confine di Lazzaretto.
Per iscrizioni: suap@comunedimuggia.ts.it
IL PICCOLO - SABATO, 17 ottobre 2020
Grado diventa a energia smart - Impianti sostenibili a fine anno
Il progetto di E-Distribuzione, del Gruppo Enel, gestore della rete
elettrica ha previsto il rinnovamento tecnologico, nuove linee e contatori
"intelligenti"
GRADO. Sviluppo della rete, automazione e innovazione tecnologica sono le
tre leve del progetto E-Grid 2020 che E-Distribuzione, la società del Gruppo
Enel che gestisce la rete elettrica di media e bassa tensione, porterà a termine
entro fine anno per assicurare a Grado un servizio di eccellenza e
trasformandola in città smart dal punto di vista elettrico. Il piano, che
prevede il restyling e la digitalizzazione degli impianti con attenzione
particolare all'innovazione e alla sostenibilità, è stato illustrato da Davide
Marini, Responsabile della Zona di Udine-Monfalcone-Pordenone di
E-Distribuzione, e Riccardo Semenzato, referente Affari Istituzionali e
Sostenibilità in Friuli Venezia Giulia di Enel Italia, all'incontro con
l'amministrazione comunale di Grado. La rete elettrica della città conta oggi
oltre 200 chilometri di linee elettriche e 120 cabine di trasformazione,
necessari ad alimentare oltre 14.000 clienti. Gli impianti esistenti presentano
già oggi un alto tasso di automazione, ma E-Distribuzione è da tempo impegnata a
incidere significativamente sull'ulteriore miglioramento degli standard di
qualità del servizio, rispetto ai quali la regione Friuli Venezia Giulia si
colloca su livelli di eccellenza in ambito nazionale. Le attività previste,
avviate lo scorso anno e che si concluderanno nel 2020, comprendono il
rinnovamento tecnologico integrale di alcuni importanti snodi della rete; la
realizzazione di nuove linee e il rifacimento di alcuni tratti già esistenti
utilizzando cavi di ultima generazione; l'implementazione di ulteriori
telecontrolli che consentiranno la gestione da remoto delle attività
direttamente dal Centro Operativo di Udine; l'installazione di 14.000 Open Meter,
i contatori di seconda generazione e vero e proprio abilitatore per la
consapevolezza dei consumi. L'insieme di queste azioni consentirà di realizzare
una rete elettrica più affidabile e più resiliente a fenomeni accidentali che
non possono essere previsti, ma rispetto ai quali sarà possibile intervenire in
tempi rapidissimi ripristinando il servizio in automatico o da remoto in
pochissimo tempo, limitando l'intervento dei tecnici a un numero contenuto di
casi.«Per raggiungere l'obiettivo di una miglior qualità del servizio -
sottolinea Marini - possiamo contare su una molteplicità di soluzioni,
sostenibili e tecnologicamente avanzate che ci permettono di identificare e
sviluppare progetti dedicati alle esigenze specifiche di cittadini e imprese.
Grado è una città di per sé importante ma che assume un ruolo importante per la
sua attrattiva turistica che genera indotti significativi per tutto il
territorio. Con questi investimenti puntiamo ad assicurare una rete affidabile,
in linea con le aspettative di chi vive e lavora a Grado, creando le condizioni
ideali per rispondere alla propria vocazione».
IL PICCOLO - VENERDI', 16 ottobre 2020
SEGNALAZIONI -Trasporti Le Ferrovie Italiane mortificano Trieste
Dalla "faretra" delle Ferrovie dello Stato, poche Frecce e molte lacune colpiscono e isolano Trieste e il Friuli Venezia Giulia. Fs-Trenitalia ha un'offerta di collegamenti diretti viaggiatori decisamente insufficiente per il servizio interno e inesistente per quello internazionale: una sola Freccia Rossa (senza cambio di convoglio) in partenza alle 6.45 da Trieste Centrale con arrivo alle 12 a Roma Termini (5h 15' di percorrenza); una sola Freccia Rossa (senza cambio) in partenza alle 17.05 da Trieste con arrivo alle 21.15 a Milano Centrale (4h 10').Sottolineo la necessità di un cambio in partenza alle 8.52 da Trieste Centrale per raggiungere Vienna alle 17.35 (8h 43' di percorrenza); necessità di 2 cambi in partenza alle 5.50 da Trieste per Monaco di Baviera alle 20.25 (14h 35' di percorrenza).Ancora nessuna soluzione trovata per chi si ostina a cercare un treno per Lubiana. Fs-Trenitalia, con la propria "offerta", è diventata la migliore promotrice di FlixBus, potrei dire paradossalmente. È stato così interpretato dalle Ferrovie dello Stato italiane il messaggio del Progetto '80 ("Dal coordinamento all'integrazione dei trasporti con la riconversione modale a favore della rotaia") che non prevedeva certamente di isolare Trieste dall'Europa.Mentre il Porto di Trieste, con la "cura del ferro", ha dimostrato che si può fare un salto di qualità nel traffico merci internazionale, Trenitalia s'incarica di negare che la "cura del ferro" sia decisiva anche per il servizio viaggiatori europeo. Invece reputo che oggi più che mai Trieste, la più europea delle città italiane, abbia assoluto bisogno di collegamenti ferroviari diretti con Monaco di Baviera, Vienna e Lubiana.
Luigi Bianchi, presidente CamminaTrieste
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 15 ottobre 2020
Trieste ha bisogno di un’ovovia? - (leggi comunicato stampa)
Dieci associazioni triestine lanciano una petizione popolare contro il
progetto inutile e dannoso dell'ovovia e per una rete di tram moderni a Trieste.
L’infrastruttura , bloccata più di un mese all’anno dal vento, è
insostenibile dal punto di vista economico. Le associazioni lanciano una
controproposta attraverso una raccolta firme che chiede di finanziare la
realizzazione di un moderno tram.
Un’ovovia nella città della Bora. Negli ultimi tempi si è parlato molto della
possibilità di realizzare una simile infrastruttura aerea che colleghi Opicina
alle Rive. Un gruppo di esperti di associazioni triestine (FIAB, Tryeste,
Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina Trieste e AIDIA) hanno studiato a
lungo il progetto di cui hanno riscontrato enormi criticità e contraddizioni.
Dall’insostenibilità economica e paesaggistica, alla mancata integrazione con
l’attuale trasporto pubblico urbano. Per questo, le associazioni hanno lanciato
una raccolta firme che sostenga con forza una controproposta ben più
ragionevole: utilizzare i 45 milioni di finanziamento previsti per realizzare
una moderna linea di tram. La petizione può essere sottoscritta a questo link:
www.change.org/TriestehavogliadiTramnondiOvovia
La Giunta Dipiazza ha recentemente adottato la Variante N. 6 al Piano Regolatore
Comunale che contiene la previsione di realizzare un’Ovovia che colleghi Opicina
alle Rive con solo due stazioni intermedie (Bovedo e Porto Vecchio). L’ovovia,
con una portata di 2000 persone all’ora, avrebbe cabine da 10 posti che
partirebbero ogni 20 secondi e che in 13 minuti arriverebbero sulle Rive. Entro
dicembre il Comune deve presentare la documentazione per chiedere al Governo il
finanziamento di questa infrastruttura.
L’analisi del gruppo di esperti delle associazioni ha riscontrato numerose
criticità e contraddizioni. Per prima cosa c’è l’insostenibilità economica dei
più di 3 milioni di euro di costi annui di gestione ordinaria che sarebbero
pareggiabili ipotizzando la cifra poco ragionevole di 7 milioni di passeggeri
all’anno (21mila al giorno!) I problemi legati al vento, inoltre, impedirebbero
il suo utilizzo per almeno 30 giorni all’anno, il che la renderebbe un’opzione
poco appetibile per un pendolarismo quotidiano. Inaccettabile anche l’impatto
ambientale dovuto al taglio del bosco di Campo Romano per realizzare la stazione
di partenza e il nuovo parcheggio da 780 posti auto, all’impatto paesaggistico
dovuto al passaggio a poche decine di metri dal Faro della Vittoria
all’attraversamento del Porto Vecchio tra gli edifici. Infine, non vi è
chiarezza riguardo al soggetto gestore, alla responsabilità della manutenzione e
soprattutto alla poca integrazione, se non addirittura competizione, che
l’ovovia avrebbe con il resto del trasporto pubblico triestino.
Le associazioni non si fermano alla critica ma propongono al posto dell’ovovia
una moderna linea tram. Con lo stesso investimento di 45 milioni di euro si
collegherebbe un asse fondamentale del trasporto pubblico cittadino: la Stazione
con piazza Foraggi. La proposta delle associazioni si inserirebbe all’interno di
una visione di trasporto pubblico su ferro più ampia che prevede 2 linee di
tram: una costiera da Barcola a Campo Marzio e una che penetrerebbe il tessuto
urbano cittadino dalla Stazione a Borgo Sergio. Un punto di forza di questa
proposta è che si creerebbe una sinergia con la ricca rete ferroviaria
esistente, aprendo la possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro
con dei tram-treno sia verso nord fino al Trieste Airport, sia verso sud fino a
Muggia e in prospettiva anche a Capodistria.
COSTI E SOVRASTIMA DEI PASSEGGERI
Il costo di questa infrastruttura viene quantificato (nel progetto preliminare!)
in 44.782.000 euro con un costo annuo stimato in 3.306.790 euro, “coperto” da un
utilizzo che prevede un totale di 7.868.732 passeggeri anno (di cui 7.081.859
locali e 926.873 turisti). Queste “previsioni”, più che un auspicio sono pura
fantasia. L’intera rete di Trieste Trasporti (66 linee urbane per un totale di
340 km di rete e 1.400 fermate, per un monte chilometri/anno pari a 12,7
milioni) trasporta in un anno 67.482.016 passeggeri (da bilancio TT 2018). La
sola Ovovia dovrebbe raggiungere più del 11% delle persone trasportate dal TPL
nell’intera Provincia. Anche il milione di turisti all’anno è del tutto
irrealistico. Quindi, per coprire i 3 milioni e mezzo di costo annuo, occorrono
7 milioni di passeggeri annui, pari a 21 mila al giorno! È un’evidente
insostenibilità economica che ci ricorda le peggiori pagine degli innumerevoli
progetti di opere pubbliche che hanno devastato l’economia senza consegnare ai
cittadini un servizio degno di questo nome. Nella valutazione si spinge a un
limite inverosimile l’utenza potenziale e si sottostimano i costi.
VENTO
Un’Ovovia nella città della Bora! Il progetto stesso (molto ottimista) prevede
che a causa del vento vi saranno 20 giorni all’anno di chiusura totale del
servizio e 10 di chiusura parziale. Ma con il surriscaldamento globale e
l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi è verosimile che nei prossimi anni
questi giorni di chiusura aumenteranno di molto. Non è sostenibile che un
servizio di trasporto pubblico abbia questo genere di incognite: un pendolare
deve avere la garanzia di poter raggiungere il posto di lavoro puntuale senza
dover ogni mattina consultare le previsioni del vento o sperare che durante le
giornata non salga la Bora per poter ritornare a casa.
INGIUSTIFICABILE IMPATTO AMBIENTALE E PAESAGGISTICO
Per la costruzione della stazione di Opicina e del previsti parcheggii di
servizio (di 40 e 780 posti auto) verrebbero abbattuti centinaia di alberi del
bosco di Campo Romano. Il tragitto dell’Ovovia determina una striscia disboscata
larga almeno 14 metri con relativi piloni, il tutto in una zona protetta (ZPS
IT3340002 “Aree Carsiche della Venezia Giulia” e ZSC IT3341006 “Carso Triestino
e Goriziano”). Le cabine passerebbero a poche decine di metri dal Faro della
Vittoria e in Porto Vecchio, stante il parere della Sovrintendenza che ha
richiesto che la linea non superi l’altezza degli edifici esistenti, l’Ovovia
sorvolerebbe il percorso pedonale che attraverserà il Porto Vecchio. Il percorso
pedonale sarebbe rovinato dalla presenza 12 piloni, e dagli enormi volumi delle
due stazioni intermedie e dall’incombente presenza delle cabine sopra le loro
teste. I veicoli transiterebbero sul percorso uno ogni 10 secondi a 22 Km/h
all’altezza dei primi piani degli edifici, tanto che i passeggeri potranno
guardare all’interno delle finestre degli edifici.
SOGGETTO GESTORE E MANCANZA DI INTEGRAZIONE CON IL TRASPORTO PUBBLICO
Il progetto dell’Ovovia non ha alcun rapporto con il vigente piano del trasporto
pubblico locale di Trieste. Si tratta di una nuova linea che viene proposta
quale alternativa al trasporto su gomma e al tram di Opicina, coi quali sarà in
concorrenza. Nel progetto preliminare non vi è chiarezza riguardo al soggetto
gestore, alle responsabilità della manutenzione (ulteriori costi e fermi). Andrà
fatta quindi una gara per la conduzione di questo nuovo servizio. Di certo
l’infrastruttura sarà di proprietà del Comune che dovrà quindi far fronte alle
spese di manutenzione straordinaria dell’impianto. Le vicissitudini del Tram di
Opicina sono un forte monito a valutare con estrema prudenza questi complessi e
costosissimi aspetti.
Una non attenta valutazione rischia di farci restare tra qualche anno (oltre che
senza tram) con un ecomostro sospeso, fermo e inutilizzabile, dagli enormi costi
di smantellamento e ripristino.
UN’OVOVIA PRIVA DI COMODITA’
Il progetto prevede cabine vetrate prive di sistema di condizionamento e di
riscaldamento: d’estate i viaggiatori dovranno subire il calore dei raggi solari
diretti con un effetto serra probabilmente simile a quello di un’auto ferma
sotto il sole; in inverno la temperatura interna alla cabina sarà poco superiore
a quella esterna. In queste condizioni di così scarso comfort, risulterà
certamente difficile fidelizzare l’utenza locale.
LA NOSTRA PROPOSTA ALTERNATIVA AL SERVIZIO DELLA COLLETTIVITÀ
Le associazioni FIAB, Tryeste, Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina Trieste
e Aidia (già note per le richieste inerenti la mobilità sostenibile) non si
fermano alla critica ma propongono di dirottare i 45 milioni previsti per
l’Ovovia a favore di una moderna linea tram che colleghi la Stazione a piazza
Foraggi. A titolo esemplificativo abbiamo stimato in 48 milioni il costo di
massima: 42 milioni per l’infrastruttura più 6 milioni per i tram. Cifre quindi
parificabili con i 45 milioni di euro previsti per la realizzazione dell’Ovovia
(con costi di esercizio ben inferiori).
Un primo passo questo inquadrato in una più ampia visione di trasporto pubblico
su ferro (non inquinante!), che prevede due linee urbane con modalità tram: una
sulla linea di costa, da Barcola a Campo Marzio, e l’altra che penetrerebbe il
tessuto urbano cittadino, dalla Stazione a Borgo San Sergio (il tratto Stazione
– piazza Foraggi sopra proposto ne costituisce il primo passo).
Un punto di forza di questa proposta è che si creerebbe una sinergia con la
ricca rete ferroviaria esistente sul territorio triestino, aprendo la
possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro sia verso nord, fino
al Trieste Airport, sia verso sud, fino a Muggia o anche a Capodistria.
A parità di risorse, dunque, un progetto più sostenibile, veramente a servizio
della cittadinanza, capace di incidere profondamente nella qualità del sistema
di mobilità urbano, anche a favore degli utenti deboli come anziani o persone
con disabilità, che favorisce l’indispensabile passaggio dal trasporto privato
(costoso, inquinante, ingombrante) a quello pubblico (economico, pulito,
gradevole).
Noi chiediamo all’Amministrazione comunale e a quella regionale di procedere a
una stima pesata di questo progetto, che consenta di fare un’analisi comparativa
in termini di costi e benefici tra l’Ovovia e le linee tramviarie, per
individuare qual è la soluzione che meglio risponde ai bisogni della città
nell’ottica di una mobilità più moderna e ecosostenibile, anche in ottemperanza
alle sempre più stringenti (e urgenti) direttive nazionali e europee.
Le associazioni FIAB, Tryeste, Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina
Trieste, Aidia, Fridays For Future e Uisp Fvg
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 ottobre 2020
La Romania chiude le porte a Pechino - La centrale atomica sarà targata Usa
Bucarest alla fine ha firmato un accordo intergovernativo aprendo nuovi
scenari nella geopolitica dell'energia
BELGRADO. Via Pechino, dentro Washington, in un affare potenzialmente
miliardario che potrebbe avere serie ripercussioni su tutta l'Europa
centro-orientale che ancora punta sul nucleare, Slovenia inclusa. Affare che ha
come protagonista la Romania, che dopo aver cancellato precedenti accordi con la
Cina, ha deciso di rivolgersi agli Stati Uniti per potenziare la sua unica
centrale nucleare, quella di Cernavoda, costruendo due nuovi reattori. Che tutto
vada in questa direzione è stato confermato da una «bozza di accordo
intergovernativo» tra Bucarest e Washington, firmata nella capitale Usa dal
segretario di Stato all'Energia americano, Dan Brouillette, e dal ministro
dell'Economia e dell'Energia romeno, Virgil Popescu. Parliamo di un fatto
«storico» che spiana la strada all'utilizzo di «esperienza e tecnologie
americane per la costruzione dei reattori 3 e 4 a Cernavoda», oltre che alla
modernizzazione del reattore numero 1, ha puntualizzato il Dipartimento Usa per
l'Energia. «Il nucleare è cruciale per assicurare alla Romania fonti energetiche
affidabili, economiche e prive di emissioni», da conquistare grazie «alla
tecnologia americana» - e non attraverso il coinvolgimento russo o cinese - ha
specificato Brouillette. Romania che «ha compiuto un gran passo nello sviluppo
di una partnership strategica con gli Usa», gli ha fatto eco Popescu. Non sono
parole vuote, a commento di un accordo privo di importanza reale. L'intesa, ha
infatti rimarcato l'ambasciatore americano a Bucarest, Adrian Zuckerman, dà luce
verde all'arrivo in Romania di «una grande compagnia statunitense, la AECom, che
guiderà un progetto da otto miliardi di dollari, assistita da aziende romene,
canadesi, francesi». Progetto che non è solo energetico. Ma anche e soprattutto
politico - anzi, geopolitico - ha ammesso la stessa feluca americana. Sottolinea
infatti, almeno in Romania, il colpo durissimo inferto «all'influenza maligna»
che la Cina, a detta di Washington, avrebbe voluto e potuto esercitare in
Romania. Si tratta di un riferimento alle mosse della potentissima China General
Nuclear Power Corporation (Cgn), che aveva raggiunto sei anni fa un'intesa con
la Romania per i reattori 3 e 4, poi annullata da Bucarest, con la motivazione
che la Romania vuole partner "euro-atlantici" per il mega-progetto Cernavoda. E
ora li ha avuti. Mossa corretta e condivisibile, quella romena, perché «il
partito comunista cinese» controllerebbe «ogni azienda cinese, in patria e
all'estero e ciò presuppone un pericolo esistenziale», ha rimarcato Zuckerman.
Sono parole pesanti, che però collimano con le posizioni ufficiali Usa. Come ha
ricordato l'agenzia francese Afp, Washington ha infatti inserito la Cgn «sulla
blacklist americana» che include aziende straniere «che hanno tentato di
sottrarre tecnologia Usa per usi militari». Non accadrà nulla del genere, in
Romania, ormai lanciatissima nel "resuscitare" il mega-progetto Cernavoda con
l'aiuto degli alleati occidentali. Una mossa che potrebbe essere copiata anche
da altri Paesi dell'area che continuano a guardare al nucleare. Come la
Slovenia, più volte negli ultimi anni corteggiata da Washington proprio affinché
adotti tecnologia Usa per una eventuale Krsko 2. L'ultimo abboccamento
importante c'era stato ad agosto, con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo che
aveva assicurato che gli Stati Uniti sono pronti a dare una mano a Lubiana nel
progetto Krsko-2. Nell'occasione, Pompeo - come poi fatto da Brouillette nel
caso romeno - aveva vantato il know-how Usa per produrre «energia pulita,
affidabile, diversificata». In precedenza, Washington aveva messo sul tavolo
anche mini reattori modulari per la Slovenia, forse la soluzione più economica e
adatta per Lubiana.
Stefano Giantin
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 ottobre 2020
«Una rete di tram nel centro cittadino al posto dell'ovovia voluta dal
Comune» -
la proposta
La proposta di un gruppo di associazioni, da Tryeste a Fiab «Tante
criticità nell'idea municipale». Via alla raccolta firme
Al posto dell'ovovia una rete di tram moderni, a beneficio della mobilità
cittadina, una soluzione che andrebbe ad abbattere anche l'inquinamento
atmosferico. A proporre la novità è un gruppo di associazioni che ieri, in una
conferenza stampa, ha presentato l'alternativa all'impianto che dovrebbe
collegare Opicina con Barcola proposto di recente dal Comune. Fiab, Tryeste,
Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For Future e
Uisp Fvg hanno studiato il progetto riscontrando criticità e contraddizioni. Dai
costi troppo elevati alla mancata integrazione con l'attuale trasporto pubblico
urbano. Per questo hanno lanciato una raccolta firme che sostenga una
controproposta: utilizzare i 45 milioni di finanziamento previsti per una
moderna linea di tram. La petizione è online www.change.org/TriestehavogliadiTramnondiOvovia.«Per
prima cosa - spiegano le associazioni - c'è l'insostenibilità economica dei più
di 3 milioni di euro di costi annui di gestione ordinaria e poi i problemi
legati al vento, che impedirebbero il suo utilizzo per almeno 30 giorni
all'anno, il che la renderebbe un'opzione poco appetibile per un pendolarismo
quotidiano. Inaccettabile anche l'impatto ambientale dovuto al taglio del bosco
di Campo Romano per realizzare la stazione di partenza e il nuovo parcheggio da
780 posti auto, oltre all'attraversamento del Porto vecchio tra gli edifici. E
non vi è chiarezza riguardo al soggetto gestore, alla responsabilità della
manutenzione e soprattutto alla poca integrazione, se non addirittura
competizione, che l'ovovia avrebbe con il resto del trasporto pubblico». I vari
sodalizi chiedono quindi che l'investimento previsto sia dirottato su una
moderna linea tram. «Con i 45 milioni di euro si collegherebbe un asse
fondamentale del trasporto pubblico cittadino: la Stazione ferroviaria con
piazza Foraggi. La nostra proposta - proseguono - si inserirebbe all'interno di
una visione di trasporto pubblico su ferro più ampia, che prevede due linee di
tram: una costiera da Barcola a Campo Marzio e una che penetrerebbe il tessuto
urbano cittadino dalla Stazione appunto, fino a Borgo San Sergio. Si creerebbe
una sinergia con la ricca rete ferroviaria esistente, aprendo anche la
possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro con dei tram-treno sia
verso nord fino al Trieste Airport, sia verso sud, fino a Muggia, e in
prospettiva anche a Capodistria».
Micol Brusaferro
Duino, vasche dei pesci promosse dagli esperti
Per tecnici "di parte" e istituzionali l'impianto è regolare - Le
opposizioni restano diffidenti: «Servono più controlli»
DUINO AURISINA. Esperti e istituzioni dicono sì alle gabbie per
l'allevamento intensivo di pesci nel golfo, ma l'opposizione resta critica.
Questo l'esito della seduta che la Commissione Ambiente di Duino Aurisina,
presieduta da Chiara Puntar, ha dedicato ieri ai discussi impianti della Valle
Ca' Zuliani, operativi nello specchio d'acqua di fronte al castello di Duino. La
gestione della srl è stata giudicata positivamente dagli esperti. Pasquale
Romagno, della Nic-al, che fornisce la consulenza di laboratorio, ha detto
infatti che «il prodotto che arriva sulle tavole è sicuro. L'allevamento
rispetta regole precise - ha aggiunto - e l'interesse dell'azienda è di far
stare bene i pesci per non doverli trattare. Inoltre - ha precisato -
controlliamo sempre lo stato di salute del pesce». Stefano Caburlotto, biologo
dell'azienda, ha ricordato che "Siamo sottoposti a controlli a sorpresa sempre
superati al meglio. Ogni giorno - ha proseguito - i subacquei verificano lo
stato delle gabbie. La recente morìa - ha concluso - era dovuta a movimenti
macroclimatici». Oliver Martini, ad dell'azienda, ha sottolineato che «la Coop,
per la quale lavoriamo, pretende allevamenti controllati».E apprezzamenti sono
stati espressi anche e soprattutto da Franco Manzi, della Direzione regionale
per le Risorse ittiche, dal veterinario Andrea Fabis, da Maria Teresa Colasanto,
dirigente dell'Asugi («I nostri prelievi - ha osservato - hanno confermato la
qualità della gestione»), e da Claudia Orlandi dell'Arpa. Il sindaco Daniela
Pallotta ha parlato a sua volta di «necessità di tutelare sia l'ambiente sia i
posti di lavoro», mentre l'assessore Massimo Romita ha evidenziato «l'impegno
dell'amministrazione nella difesa dell'equilibrio naturale». Critica resta,
però, l'opposizione. «Rimane prioritaria - ha detto Igor Gabrovec della Lista
Insieme - la nostra richiesta di un costante monitoraggio su questa attività,
perché il golfo è patrimonio comune della collettività». Lorenzo Celic (M5S) ha
espresso forti perplessità sull'«uso di antibiotici», chiedendo inoltre
«certezze sul fatto che le gabbie non alterino l'equilibrio naturale nella
colonna d'acqua». Vladimiro Mervic (Lista Golfo) ha definito la seduta «inutile,
perché era tutto già deciso. L'uso degli antibiotici è stato confermato - ha
aggiunto - e i controlli sono troppo rari».«Sono rimasta delusa - ha replicato
Chiara Puntar - perché dei consiglieri di opposizione il solo Gabrovec ha
partecipato alla visita agli impianti che ha seguito la seduta e, come sempre,
sui social sono poi comparse comunicazioni falsate».
Ugo Salvini
Giorgi: «Diminuiscono le emissioni di gas serra»
Il climatologo dell'Ictp sarà premiato per i suoi studi a Motumundi in
occasione del festival dedicato all'ambiente
A Esof 2020 ha parlato di "pandemia ambientale", perché ci sono molte
similarità tra ciò che sta accadendo con il Covid-19 a livello mondiale e la
crisi, anch'essa globale, legata al clima e all'ambiente. Per il climatologo
dell'Ictp Filippo Giorgi sono almeno quattro le similitudini tra questi due
problemi: stanno entrambi accelerando secondo un andamento esponenziale; sono
iniziati in zone circoscritte per poi diffondersi in tutto il pianeta; sono
processi che, superate determinate soglie, possono portare a un punto di non
ritorno; e necessitano entrambi, per ottenere dei risultati, di una politica
coordinata a livello internazionale. Giorgi, membro del board del comitato
vincitore del premio Nobel per la Pace Ipcc 2007 insieme ad Al Gore e unico
scienziato italiano presente nell'organo esecutivo del Comitato intergovernativo
per i cambiamenti climatici dell'Onu, sarà premiato per il suo lavoro a
Motumundi, il festival su clima e ambiente che si svolgerà dal 15 al 18 ottobre
in Toscana. L'evento, alla sua prima edizione, è ideato e promosso
dall'associazione culturale triestina Vitale Onlus. Un riconoscimento alla sua
battaglia scientifica che sta conducendo con grande passione.«Nei due mesi in
cui quasi tutto il mondo si è trovato in lockdown le emissioni sono
drasticamente diminuite, ma stiamo già tornando al regime di prima, con il
rischio che oltre alla pandemia il 2020 segni un altro record nell'aumento delle
temperature. Servono soluzioni di carattere sistemico: per questo su questo
giornale qualche mese fa ho scritto insieme ad alcuni colleghi auspicando una
ripartenza verde. Potrebbe essere questa l'opportunità da cogliere». Ma qualche
passo in avanti è stato fatto per il raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo
sostenibile fissati dall'Onu nell'Agenda 2030? «Dal punto di vista climatico e
ambientale in Europa ci sono stati passi in avanti, anche se non rapidi quanto
necessario: le emissioni di gas serra stanno diminuendo, così come
l'inquinamento, grazie alle tante regolamentazioni introdotte in materia. «E
anche negli Stati Uniti, nonostante certe posizioni governative, le emissioni
sono in diminuzione: la green economy ora è conveniente dal punto di vista
economico. Ma c'è il problema dei paesi emergenti: per far sì che possano
svilupparsi senza inquinare servirebbe un forte trasferimento di tecnologie
green. Poi c'è un'altra questione, l'eliminazione della povertà. «Va peggio e lo
abbiamo visto anche con quest'emergenza epidemiologica: a morire, sia nel caso
del virus che dei cambiamenti climatici, sono soprattutto i più poveri. Eppure è
un discorso di ecosistema: con una migliore distribuzione delle risorse il
sistema è più resiliente». Ma i negazionisti del cambiamento climatico paiono
essere gli stessi che sono scettici nel valutare l'impatto del Covid-19. «Pare
che lo scetticismo abbia pure un colore politico, e di questo proprio non mi
capacito. Perché sono problemi che con la politica non hanno niente a che fare.
E' un approccio assurdo, che va cambiato con la cultura, l'istruzione, una
comunicazione corretta. «Su questo i media hanno un ruolo importante: non
dovrebbero inseguire l'opinione controcorrente solo perché fa più notizia,
quanto dare un'informazione onesta ed equilibrata».
Giulia Basso
Riciclare le scarpe da ginnastica - Suole preziose per i parchi gioco
Isambiente allarga il progetto ai 25 Comuni dell'Isontino. La visita agli
impianti diventa virtuale
Isontina Ambiente spinge sull'acceleratore delle raccolte "di nicchia".
L'ultima frontiera per l'azienda cui fanno riferimento i 25 Comuni dell'ex
provincia di Gorizia e tre dell'area triestina è quella del recupero delle "sneakers"
e delle altre scarpe per lo sport con la suola di gomma. Un materiale che,
eliminato il resto delle calzature, può essere riconvertito in mattonelle
anticaduta da utilizzare nei parchi giochi e per realizzare impianti sportivi.
Già presente in 15 scuole dell'Isontino, il contenitore per la raccolta delle
scarpe da running o da basket che siano Isa punta a sistemarlo non solo in più
plessi possibile, ma anche nei palazzi municipali, come già avvenuto a Turriaco,
dove un altro punto di deposito si trova nella primaria, e in strutture
pubbliche di proprietà comunale. La società è intenzionata ad avanzare la sua
proposta agli enti locali, dopo averla già ripresentata agli istituti
comprensivi e superiori insediati nel territorio servito, assieme al resto del
pacchetto pensato per le scuole, dalle materne in su.«Il progetto, il cui
catalogo invieremo questi giorni anche in cartaceo agli istituti, ha subito
degli adattamenti, com'era inevitabile visto il perdurare dell'emergenza
sanitaria - spiega Stefano Russo, responsabile della comunicazione della società
-. Noi, però, vogliamo esserci anche quest'anno, dando continuità all'attività
di educazione ambientale che portiamo avanti dal 2003, effettuando tra i 130 e i
150 interventi all'anno». Isambiente sta quindi ultimando il video che
consentirà la visita virtuale dei suoi due impianti di Moraro, affiancata da una
serie di giochi interattivi, mentre è già a disposizione la versione "a
distanza" del laboratorio "Da un oggetto mille informazioni". Nel primo caso gli
alunni di primarie e medie porteranno come sempre da casa 5 rifiuti da far
analizzare, ma l'attività sarà condotta da un operatore in remoto. La stessa
modalità verrà impiegata anche per i laboratori "La vita di un oggetto" e "Il
grande quiz della sostenibilità", che metterà alla prova i ragazzi tra giochi e
indovinelli, permettendo loro di imparare aspetti meno conosciuti della filiera
del riciclo. I più piccoli, dell'infanzia e del primo anno delle primarie,
potranno invece ballare e cantare con il video di Capitan Eco, il personaggio
nato per rendere la materia meno ostica, ma Isa propone anche video letture,
sempre di breve durata e arricchiti da disegni e oggetti creativi, per le
elementari e "pillole didattiche", sempre per immagini, per i più grandi. Ci
sono poi i laboratori "vicini ma all'aria", pensati, e realizzati anche in
lingua slovena, per condurre le nuove generazioni a scoprire cosa si può celare
nel giardino di casa o della propria città. Si parla di micro-rifiuti, ma anche
di biodiversità, come tra i laboratori da svolgere in classe ci sono anche
quelli che insegnano a creare colori da sostanze naturali o di scarto, come le
bustine del the, e a diventare dei veri e propri maestri cartai.
Laura Blasich
La nave gasiera Lng Croatia apre l'era del rigassificatore
Era salpata da Shangai, dove si trovava per subire lavori di
riconversione - Il suo destino è quello di diventare la base del futuro impianto
offshore
FIUME. In anticipo rispetto al termine previsto (20 ottobre), la nave
gasiera riadattata Lng Croatia è arrivata ieri mattina nel golfo di Fiume.
Proveneniva dal porto cinese di Shangai, dove l'ex metaniera era stata
sottoposta a lavori di riconversione. Quello che sarà il futuro rigassificatore
offshore (costato 159,6 milioni di euro), da piazzare di fronte alla località di
Castelmuschio (Omisalj in croato) sull'isola di Veglia, raggiungerà oggi il
vicino cantiere navale di San Martino di Liburnia (Martinscica). Qui l'unità
Fsru verrà ulteriormente controllata prima di poter dare il via al lavoro
sperimentale. «Tra un paio di settimane la nave raggiungerà un determinato punto
dell' Adriatico, dove avverrà il primo prelievo di gas liquefatto da un'altra
unità», rivela Hrvoje Krhen, direttore Lng Hrvatska, l'impresa cui è stata
affidata la gestione del rigassificatore: «Il metano a bordo della Lng Croatia
tornerà allo stato gassoso. Una specie di prova generale prima dell'attività
vera e propria». Dopo l'attività sperimentale, il rigassificatore galleggiante
sarà sistemato definitivamente nel tratto di mare che bagna Castelmuschio,
operazione in programma a fine novembre o inizio dicembre. Il primo gennaio 2021
si avrà dunque l'inaugurazione ufficiale del terminal, fortemente voluto da
Zagabria (e dagli Stati Uniti per contrastare le forniture russe) e avversato
dalle autonomie locali, dalla Regione quarnerino-montana, da ambientalisti,
lavoratori turistici e in generale dall'opinione pubblica quarnerina e istriana.
Non poteva andare diversamente poiché Lng Croatia - posizionata in un'area ad
alto richiamo turistico - è lunga 280 metri, larga 43 e alta 38; è considerata
un potenziale pericolo per l'ambiente, come pure un pugno nell'occhio a causa
della sua enorme mole. L'impianto metanifero, compresa tutta l'infrastruttura,
costerà complessivamente 233 milioni di euro, con 101 milioni stanziati a fondo
perduto dall'Unione europea. Avrà a pieno regime una capacità di movimentazione
annua pari a 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi di gas, grazie a serbatoi
che possono ospitarne fino a 140 mila metri cubi. In pratica riuscirà a
trasformare da liquidi in gassosi circa 300 mila metri cubi l'ora: cifra che
garantisce appunto la movimentazione di 2,6 miliardi di metri cubi in un anno.
L'intera capacità del terminal è stata rilevata per i prossimi 3 anni, mentre
fino al 2027 è stata acquistata nella misura dell'80%. «È la prova della bontà
del progetto, fortemente voluto dallo Stato croato che così si assicura
autonomia energetica per il periodo a venire - sottolinea Krhen -. Posso
confermare che al terminal vegliota potranno attraccare metaniere le cui
capacità potranno andare da un minimo di 3.500 a un massimo di 265 mila metri
cubi». Proprio per ridurre al minimo l'impatto ambientale (la gigantesca nave
sarà comunque ben visibile da tutto il golfo fiumano), il rigassificatore è
stato verniciato di bianco nella parte superiore, mentre lo scafo sarà di colore
blu.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 ottobre 2020
Campo Marzio "bella a metà" - Servono ancora 12 milioni
Finiti i lavori sulla facciata, il cantiere si sposta all'interno. Ma per
il restyling totale mancano fondi: il capo della Fondazione Fs Cantamessa si
appella agli enti locali
Concluso il primo lotto dei lavori di ristrutturazione della Stazione di
Campo Marzio. Nuova veste dunque per la parte esterna, mentre gli interventi si
sono ora spostati all'interno. Le prime stanze del museo saranno fruibili entro
la fine dell'anno, dopo la chiusura di un cantiere da circa sei milioni di euro.
Ma per realizzare interamente il nuovo volto di tutto il comprensorio, ci
vorrebbero ancora 12 milioni. Ad annunciarlo è Luigi Cantamessa, direttore
generale della Fondazione Fs, proprietaria dell'immobile.«Al momento le
impalcature sono state tolte e gli esterni sono completati - spiega - con un
restauro che ha garantito ottimi risultati sia dal punto di vista estetico sia
da quello funzionale, con l'utilizzo di materiali particolari, resistenti ad
esempio alla salsedine. Ciò che purtroppo i cittadini vedono già in questi
giorni è che il rifacimento delle facciate si è fermato all'edificio all'angolo.
Manca quindi tutta la parte fronte mare, perché i soldi sono finiti. Il
finanziamento infatti, derivato - ricorda - da Regione, ministero dei Beni
cultrali e Gruppo Fs Italiane, si è esaurito per i primi lotti, quello già
concluso e quello in atto per sistemare le stanze interne e tutti gli
allestimenti museali. Probabilmente entro la fine del 2020 riapriremo le prime
stanze. Ma per proseguire - sottolinea - serve una nuova iniezione di fondi».
Secondo Cantamessa completare l'opera sarebbe un volano importante per la città.
«Diventerebbe un attrattore straordinario. Per questo mi appello agli enti
locali, alla Regione in primis. Il cantiere potrebbe rimanere sul posto, senza
un'ulteriore gara, procedendo nei lavori sempre in accordo con la
Soprintendenza, come fatto finora». A livello nazionale ci sarebbe già
l'impegno, secondo Cantamessa, a un sostegno economico, ma è a livello locale
che si attende un primo segnale. «Certo anche la Fondazione Fs farà la sua
parte, ma speriamo che la Regione, e magari anche il Comune, si facciano avanti.
In quei 12 milioni circa, che servono a sistemare tutta l'area, rientra anche la
realizzazione della grande copertura metallica originaria, una parte
meravigliosa, che darebbe un valore aggiunto alla stazione. E ancora il cortile
interno e, come detto, tutta la parte fronte mare, che adesso dovrà per forza
restare allo stato attuale. Questo sito ha moltissime potenzialità. Ho girato
tutta Europa e un luogo così non ha eguali. Rappresenta una grande occasione per
la città, che spero Trieste non si lasci scappare».
Micol Brusaferro
Terrazza panoramica sopra un albergo con stanze vista mare - il progetto
complessivo
Il progetto completo porterebbe a Trieste un museo unico nel suo genere in
tutta Europa. Così Cantamessa ricorda lo scenario finale, qualora si riuscissero
a reperire i finanziamenti necessari. Sulla parte fronte mare troverebbe posto
un hotel, con un design già pensato da un noto studio di architetti di Milano.
Uno spazio panoramico sarebbe garantito da una cupola e da una terrazza
affacciata sui binari e i treni storici. Le stanze consentirebbero una vista sia
verso il mare sia verso gli ambienti interni. Il range di budget necessario va
in realtà dai 12 ai 18 milioni, se si aggiungono anche tutti gli arredi per
l'allestimento dell'albergo. Dalla stazione partirebbe una tratta di convogli a
beneficio soprattutto dei turisti, che sempre da Campo Marzio potrebbero poi
raggiungere anche altri luoghi caratteristici della città, come Miramare.
Previsto inoltre un bar, che renderebbe la piazza un luogo di ritrovo non solo
per i turisti ma anche per i triestini, tanto più se si riuscisse a completare
la copertura. E al centro della stazione treni storici da ammirare e da
utilizzare. Dai costi poi è esclusa la gestione vera e propria della parte
ricettiva, che andrebbe affidata dopo una gara specifica.«Recuperare la parte
frontale della stazione e trasformarla in albergo è un'idea vincente - commenta
anche Roberto Carollo, ingegnere e direttore del museo ferroviario -. Sarebbe un
caso unico nel suo genere: un museo ferroviario ospitato in una stazione di
testa, che comprende anche un hotel. Per gli appassionati del settore un luogo
speciale, ma penso anche ai turisti in generale, che arriverebbero in città con
un treno storico, e che poi potrebbero facilmente raggiungere il centro a piedi,
in poco tempo. Penso anche a un possibile collegamento con le navi da crociera,
che ormai sono sempre più frequenti a Trieste. La linea ferroviaria inoltre non
impegnerebbe quella centrale, un grosso vantaggio per gli spostamenti su rotaia.
Per il momento il progetto nel suo complesso resta un grande sogno - conclude
Carollo - che spero davvero prima o poi si possa realizzare».
MI.B.
Richiesta bis al Comune per il pedibus di Rozzol all'istituto Weiss
Nuovo appello al Comune da parte dei genitori degli iscritti all'istituto
comprensivo Tiziana Weiss e della circoscrizione. Manca ancora il personale
richiesto per il servizio di pedibus, che quest'anno, visto l'orario allungato,
considerando gli ingressi scaglionati, non può essere gestito solo da mamme e
papà, come accadeva fino allo scorso anno. Intanto si procede grazie all'aiuto
dei volontari. Nei giorni scorsi passaggio di consegne tra il gruppo che ha dato
una mano finora all'iniziativa e chi è già operativo da ieri, alla presenza di
alcune famiglie, del comitato genitori della scuola, e dei consiglieri del
consiglio d'istituto, oltre ai volontari uscenti ed entranti. Resta aperta la
richiesta al Comune di poter contare su un supporto al più presto, per garantire
la chiusura al traffico della strada, al passaggio quotidiano dei bambini.
LO DICO AL PICCOLO - Troppe e anche inutili le cementificazioni nel Piano della Mobilita'
Il Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums), adottato dalla giunta comunale il 23 luglio 2020, mi pare nel complesso insostenibile, malgrado alcune misure ragionevoli. Infatti disbosca, asfalta e cementifica zone verdi per realizzarvi opere costose e superflue ma impattanti come l'ovovia Opicina-Porto Vecchio, le cerniere di mobilità di Opicina, Cava Faccanoni, Cattinara, Ippodromo e Via Flavia, il parcheggio di relazione di piazzale Europa - via Cologna - vicolo dell'Edera, la galleria di largo Mioni - via D'Alviano, il sottopasso di piazza Unità, le scale mobili (o ascensori verticali?) di piazzale Europa - via Giulia, cava Faccanoni - San Giovanni, Longera-Cattinara, via Teatro Romano - San Giusto e via Pellico - San Giusto.Eppure basterebbe usare meglio aree pubbliche asfaltate ma abbandonate come quelle ai valichi di Fernetti, Rabuiese e Pesek o parcheggi pubblici esistenti come quelli di piazzale delle Puglie, via Carli, Area Science Park e piazza Foraggi, ma anche ottimizzare autorimesse private come quelle del Centro commerciale Il Giulia o delle Torri d'Europa. Per contro il Pums non libera i marciapiedi dai veicoli, non allarga tutti quelli fuori norma, non crea quelli mancanti, non prevede nuove pedonalizzazioni, vie accessibili ai soli residenti e rotatorie, non istituisce abbastanza corsie preferenziali e sensi unici, esclude dalle Zone 30 vaste aree, non potenzia a sufficienza il trasporto pubblico e la mobilità elettrica, non promuove il trasporto passeggeri sui binari adibiti unicamente alle merci. Il Pums non potrà nemmeno raggiungere i suoi pur modesti obiettivi, poiché la giunta comunale ha rinviato a data da destinarsi sia il Biciplan sia il Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (Peba), pur dichiarando che ne costituiscono parte integrante. Ritengo che ci vorrebbe molto più coraggio.
Paolo Radivo
Tonno da due quintali pescato a Porto Albona - L'impresa di un pescasportivo
fiumano
ALBONA. Quattro giornate di pesca buttate a mare, si potrebbe dire, senza
neanche un esemplare degno di nota. Poi sul finire del quinto giorno, prima di
tornare a Fiume, l'agognato strike. Igor Felker, pescasportivo fiumano da un
paio di decenni, ha preso alcuni giorni fa un tonno di 200 chili, per la
precisione 201 chili, e lungo ben 227 centimetri. L'eccezionale cattura è
avvenuta nelle acque antistanti la località di villeggiatura istriana di Porto
Albona (Rabaz), nell'Albonese, zona sempre più frequentata dai cacciatori di
tonni perché ritenuta molto pescosa e in grado di garantire grosse
soddisfazioni. Esperto di traina (dentici, ricciole e lecce sono le sue prede
abituali), Felker ha voluto raccontare al giornale fiumano Novi list quanto
avvenuto nel canale tra l'Istria orientale e l'isola di Cherso: «Con l'amico
Danijel Jurkovic, sono salito su una barca Merry Fischer 655, di proprietà del
negozio di attrezzatura da pesca Rogi ribaru (l'augurio ai pescatori in croato)
di Icici, nell'Abbaziano. Dopo che il pesce ha abboccato, per una quindicina di
minuti ho creduto trattarsi di un tonno di circa 60 chili. Poi è cominciata la
battaglia, durata un'ora e mezzo e alla fine sono riuscito ad aver ragione di
questo stupendo esemplare».
A. M.
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 ottobre 2020
Avvistate due balene nel tratto di mare tra Lussino e Sansego
Un altro cetaceo si trova invece nella baia di Novegradi: era stato
notato per la prima volta all'inizio di settembre
FIUME. Non ci sono solo pagelli, calamari, dentici, tonni, sgombri, palamite
e pesce azzurro di piccola taglia nel canale alto-adriatico che scorre tra le
isole di Lussino e di Sansego. Vi si trovano anche balene. E di dimensioni
ragguardevoli. Nel braccio di mare in questione qualche giorno fa sono infatti
apparsi due cetacei. Trattasi quasi certamente di una coppia di balenottere
comuni (Balaenoptera physalus). Ad avvistarle e fotografarle sono stati alcuni
pescatori e diportisti, i quali hanno poi inviato le immagini al Blue world
institute (Istituto mondo blu). L'ente ha sede a Lussingrande e i suoi biologi
si occupano principalmente di studiare e di tutelare la fauna marina presente
nelle acque dell'arcipelago chersino-lussignano, in particolare la colonia di
delfini autoctoni, che comprende circa duecento esemplari. I due mammiferi sono
stati avvistati mentre procedevano tranquillamente in un mare che non si poteva
definire esattamente in bonaccia, dando spettacolo con i loro grandi corpi
semi-sommersi e con gli spruzzi dai loro sfiatatoi. Sono stati seguiti dagli
esseri umani per qualche centinaio di metri e quindi lasciate in pace, come
d'altronde è giusto fare in occasioni del genere. Più a meridione, nella baia di
Novegradi (dunque nello Zaratino), è stata inoltre confermata in questi giorni
la presenza di una balenottera comune, che era stata notata per la prima volta
il 6 settembre. L'enorme esemplare, lungo una quindicina di metri, è stato
fotografato e ripreso con un drone, mentre un team di esperti ha provveduto a
effettuare un prelievo bioptico dal tessuto cutaneo del mammifero. Dopo la sua
prima apparizione l'animale era scomparso per alcuni giorni, per poi essere
nuovamente avvistato due settimane fa, mentre navigava placidamente nel mare di
Novegradi. Alla fine della settimana scorsa la balena ha dunque deciso di
avventurarsi addirittura nel mare di Carino: il tratto interno della stessa baia
di Novegradi, in altre parole, lungo due chilometri e mezzo, largo uno e
profondo tra i 10 e i 20 metri. Un gruppo di biologi ha deciso di seguire la
balena in questo tratto poco profondo, poiché temevano che corresse il rischio
di trovarsi in difficoltà oppure cacciarsi in qualche guaio. Il suo
comportamento tuttavia non ha denotato alcun disagio, né ha lasciato trasparire
segnali di nervosismo o panico. «Il cetaceo ci è apparso in condizioni più che
discrete, ha visitato in lungo e in largo il mare di Carino», hanno fatto sapere
i ricercatori del Blue world attraverso la pagina Fb del centro: «Non ha bisogno
di alcun aiuto e prossimamente riuscirà a trovare da solo la via d'uscita. L'
importante è che non sia importunato ma lasciato tranquillo, perché è in grado
di arrangiarsi da solo e dunque di riprendere il mare aperto». Negli ultimi
decenni l'avvistamento di balene nelle acque istriane, quarnerine e dalmate è un
fenomeno tutt'altro che raro, per la gioia dei biologi così come dei diportisti
e più in generale degli amanti del mare. Anche nell'estate del 2017 - sempre nel
canale tra Lussino e Sansego - erano state avvistate due balene, mentre una
ventina d' anni fa un cetaceo lungo circa 10 metri era addirittura entrato nelle
acque del porto di Fiume. Fortunatamente era poi riuscito a trovare la via d'
uscita.
Andrea Maranich
All'Area Marina - Splastichiamo il mare, un ecopercorso a Miramare
TRIESTE. "Splastichiamo il mare" è l'iniziativa presentata venerdì scorso
alla presenza degli assessori con delega all'ambiente Fabio Scoccimarro per la
Regione e Luisa Polli per il Comune di Trieste, dell'ad del gruppo Hera Stefano
Venier, del presidente di Barcolana Mitja Gialuz e del direttore dell'Area
Marina di Miramare Maurizio Spoto, oltre all'ammiraglio Vitale in rappresentanza
della Capitaneria di Porto. Il progetto si pone come uno dei punti d'arrivo di
un percorso iniziato diversi anni fa che ha portato Barcolana, Hera e la Riserva
di Miramare con la presenza delle amministrazioni locali a dialogare sulla
sensibilizzazione ambientale da tradursi in azioni concrete per preservare il
grande patrimonio costituito dal mare. Splastichiamo il mare è un eco-percorso
modulato su sedici tappe che parte dal porticciolo di Barcola per raggiungere il
Bio.ma. dell'Area marina alle le antiche scuderie del Castello di Miramare.
Ciascun cartello è stato posizionato in punti d'uso del litorale (scale di
discesa al mare, docce, fontana della pineta) e affronta temi come il percorso
dei rifiuti, le isole di plastica che si stanno ampliando negli oceani (ma anche
nei mari più chiusi come il Mediterraneo e in particolare l'Adriatico), oltre a
consigli di educazione alla sostenibilità e ulteriori eco-consigli. Per
approfondire ciascun contenuto si può inquadrare il codice QR posizionato sul
cartello o attivare una nota audio che aiuta i tanti runner che frequentano la
zona a continuare la loro corsa aumentando al contempo le proprie conoscenze.
F.P.
Il lago di Vrana rischia di evaporare a causa del cambiamento climatico - il
parere dell'esperto
CHERSO Il lago di Vrana è e continuerà a essere a lungo l'unica riserva
d'acqua potabile dell'intero arcipelago di Cherso e Lussino. Ma attenzione: non
si andrà avanti così in eterno. La situazione è destinata a peggiorare a causa
del riscaldamento globale, che potrebbe avere conseguenze drammatiche per il
lago e per chi dipende da esso. Lo ha spiegato Josip Rubinic, docente della
facoltà di Ingegneria edile di Fiume, che nell'antico palazzo Moise a Cherso ha
tenuto una conferenza dedicata a passato, presente e futuro dello specchio
d'acqua. Trattasi di un bacino naturale da cui si diramano 200 chilometri di
tubature idriche: le uniche zone in cui l'acquedotto non arriva sono quelle a
nord di Cherso città, il villaggio di Vidovic e le isole di Unie, Sansego,
Canidole grande e Canidole piccola. Rubinic ha spiegato che sin d'ora le
autorità dovrebbero avere pronto un piano alternativo, nell'eventualità che si
verifichi qualcosa di estremamente negativo. A lungo termine l' innalzamento
delle temperature potrebbe infatti causare una forte evaporazione del lago: ciò
permetterebbe l' infiltrazione del mare, alzando il tasso di salinità delle
acque lacustri, che non potrebbero più essere sfruttate.
a.m.
IL PICCOLO - SABATO, 10 ottobre 2020
In crescita il numero di morti sulle strade - Raddoppiati gli incidenti sul
raccordo
Cala nel complesso il dato dei feriti, come quello totale dei botti tra
veicoli. L'Aci: «Serve più attenzione da parte di tutti»
Cala il numero degli incidenti e dei feriti, ma cresce quello dei deceduti.
Questo, in estrema sintesi, il quadro degli incidenti stradali verificatisi nel
territorio della provincia di Trieste, nel raffronto fra il 2018 e il 2019, reso
noto dalla Delegazione cittadina dell'Aci. Due anni fa, gli incidenti erano
stati 980, lo scorso anno sono stati 919. In flessione anche i feriti: erano
stati 1.196 nel 2018, sono stati 1.125 nel 2019. In aumento invece il dato dei
morti: si è passati dagli 11 del 2018 ai 15 del 2019. Un segnale che indica che,
con ogni probabilità, l'attenzione di chi sta alla guida è assorbita sempre di
più da fattori che, con la conduzione del veicolo, hanno poco a che fare: si va
dall'utilizzo spropositato e incauto del telefonino allo sguardo costantemente
puntato sullo schermo del computer di bordo, dalla ricerca della stazione radio
preferita a quella dell'immancabile sigaretta. Un dato confermato dal fatto che,
dei 15 morti per incidente, ben 6 sono pedoni, 3 dei quali ritenuti del tutto
passivi, mentre altrettanti sono stati giudicati solo parzialmente
corresponsabili. I COMUNI CON PIU' INCIDENTI Dei 6 comuni che compongono il
territorio provinciale, ancora una volta sono Sgonico e Duino Aurisina quelli in
cui si registra, rispetto al numero di residenti e ai mezzi circolanti, la
maggior quantità di incidenti: complessivamente 48 su 919. Un elemento
facilmente spiegabile in quanto i due territori sono attraversati da strade
molto intensamente trafficate, a cominciare dalla bretella autostradale che
porta dal Lisert a Basovizza e poi già alla zona industriale e al porto. Duino
Aurisina inoltre ha giurisdizione su un lungo tratto della costiera. Sgonico
vanta il poco ambito primato di registrare, sulle proprie strade, un
coefficiente di incidentalità dello 0,5 per cento rispetto alla popolazione
residente, Duino Aurisina dello 0,43, entrambi superiori a Trieste, dove il
coefficiente si attesta sullo 0,41 per cento. Staccati gli altri comuni: San
Dorligo della Valle 0,24 per cento, Muggia 0,11, Monrupino 0. TUTTI AL VOLANTE
Un popolo di guidatori. Non possono essere definiti altrimenti i triestini. Nel
raffronto fra il 2018 e il 2019, che evidenzia un calo della popolazione, seppur
modesto, dalle 234.638 unità di due anni fa alle 233.276 del 2019, per contrario
si nota un aumento del numero dei mezzi in circolazione. Si è passati dai
193.322 veicoli in strada del 2018 ai 195.053 dello scorso anno. Siamo alle
soglie del rapporto di parità: tolti i minori e le persone molto anziane, in
sostanza ogni triestino ha a disposizione almeno un mezzo di trasporto, che sia
una vettura, uno scooter, una moto. AUTOSTRADA PERICOLOSA È sul tratto
autostradale che attraversa la provincia che si registra un sensibile aumento
degli incidenti. Nel 2018 erano stati 14, lo scorso anno sono arrivati a 31. Un
ulteriore segnale che conferma che si corre di più e che si è sempre più
distratti al volante. IL PARERE DELL'ACI «Sicuramente dobbiamo continuare a
sensibilizzare tutti a un maggior rispetto delle regole - dice Maura Lenhardt,
direttore della Delegazione Aci di Trieste - perché i costi sociali degli
incidenti sono altissimi. E quelli umani svelano tragedie di cui non vorremmo
più sentir parlare. È evidente - aggiunge - che l'ambiente in cui ci muoviamo è
diverso. Basta guardare la popolazione e il parco circolante: se escludiamo i
bimbi, chi non guida e chi non guida più, sulle nostre strade possiamo dire che
il rapporto è quasi di uno ad uno. Ogni giorno tutti ci muoviamo.«E siamo tutti
responsabili - sottolinea Lenhardt - come conducenti, e parliamo sia del momento
in cui ci viene affidata una macchina, sia quando impugniamo il manubrio di uno
scooter o di una bicicletta. Dobbiamo sempre avere la consapevolezza che i
pedoni possono commettere errori, in quanto tutti possono sbagliare. Non
dobbiamo dare per scontato il comportamento corretto dei pedoni. Può darsi che
non siano consapevoli, che abbiano limitate capacità di percezione o siano
assorti in altri pensieri. «Il fatto che un pedone non stia osservando il nostro
veicolo, quale esso sia - continua -, dovrebbe essere per noi motivo di allarme.
Allo stesso modo, da pedoni, dobbiamo essere consapevoli che i conducenti tutti
possono commettere degli errori. Distrazione, stress, emozioni e molti altri
motivi possono provocare reazioni imprevedibili da parte dei conducenti -
conclude -, quindi non corriamo rischi e calcoliamo un ampio spazio per
eventuali comportamenti scorretti. Chiediamo più attenzione da parte di tutti.
Non costa nulla e paga moltissimo».
Ugo Salvini
Appelli e una foresta di colori nel nome dell'ambiente - la manifestazione di
fridays for future
Fridays For Future, il movimento mondiale che punta l'attenzione sulla
tutela ambientale, è sceso ieri nelle piazze con manifestazioni e iniziative. A
Trieste appuntamento in piazza Unità d'Italia, nel pomeriggio, con una lunga
serie di interventi al microfono e un'opera realizzata sul posto dai
bambini.Sotto il Municipio è stato montato un "climate clock", un orologio con
un termine ultimo. Scadenza tra 7 anni, 83 giorni e 20 ore. «Quando non ci sarà
più tempo per tornare indietro - spiega un gruppo di giovani -. È una data
simbolica, per fare capire a tutti che bisogna agire subito».A terra è stata
allestita una grande tela bianca, dove i bambini hanno dipinto alberi, per
creare una grande foresta. E uno dei tempi ripresi più volte al microfono è
stato quello del verde, l'esigenza di preservare la natura. E ancora
sottolineata l'esigenza di abbattere, al più presto, le emissioni di Co2, di
promuovere la diffusione di trasporti "green" e di rendere i mezzi pubblici
gratuiti, a favore di una mobilità sostenibile. Tra gli interventi ieri quello
di Nicola Bressi, naturalista e zoologo. «Per capire i cambiamenti climatici in
atto basta guardare alle temperature registrate negli ultimi 30 anni a Trieste,
dati che sono a noi vicini e che vanno al di là delle immagini dei ghiacciai che
si sciolgono, un problema che comunque esiste. Un esempio concreto di come i
valori stiano aumentando è il vigneto da poco avviato a Sappada. Abbiamo messo
in moto un ingranaggio complesso, di cui non sappiamo le conseguenze, ma stiamo
sicuramente prendendo una strada che ci porterà a uno scenario in via di
costante peggioramento». «Ora si parla sempre di Covid ma ricordo - ha poi
sottolineato Filippo Giorgi, climatologo - che la crisi climatica non è mai
cessata. Settembre ha fatto segnare un record sul fronte del caldo registrato e
così anche il 2020 in generale. Il surriscaldamento sta correndo ancora di più
di quanto si pensava, e stiamo assistendo anche a fenomeni catastrofici. Tutti
segnali preoccupanti. Anche i cambiamenti climatici - aggiunge - vanno chiamati
pandemia vista la gravità di ciò che sta accadendo».
Micol Brusaferro
Muggia - Riprende la cattura delle nutrie dell'Ospo per la sterilizzazione
Muggia. Ieri è ripresa, dopo la pausa estiva, la cattura per la
sterilizzazione delle nutrie "domiciliate" nella zona del Rio Ospo. Lo rendono
noto i volontari dell'Associazione MujaVeg che da tempo si occupano di
salvaguardare questi animali che preso dimora nel torrente muggesano. «I nostri
volontari - così sulla pagina Facebook "Le nutrie del Rio Ospo" - dopo un'oretta
di attesa, sono riusciti a prendere un bellissimo esemplare adulto, che è stato
subito portato all'Enpa di Trieste, per procedere con l'intervento di
sterilizzazione". Per la cattura l'associazione MujaVeg, che poco più di un anno
fa avevano fatto partire la "caccia" alle nutrie nelle ore serali, utilizza
delle esche di verdura per spingere gli animali a entrare nelle gabbie e per poi
avviarli, con il decisivo supporto dell'Enpa, appunto alla sterilizzazione.
Sterilizzazioni iniziate a novembre scorso e riprese con successo subito dopo la
pausa natalizia. Poi è arrivata la pandemia di Covid-10 e si è fermato tutto.
Anche se in realtà un inaspettato e complicato intervento di liberazione di una
nutria a Muggia durante l'emergenza Covid-19 c'è stato intorno al 21 aprile, con
un esemplare, ospite dell'Enpa per alcune cure, completamente ristabilita e
pronta per esser reintrodotta nel suo ambiente naturale dopo essere stata
sterilizzata chirurgicamente, come previsto dal progetto. L'animale, una
femmina, è stata liberata in pieno periodo di quarantena, con i volontari che
per non allontanarsi dai propri comuni di residenza, si sono passati la nutria
ai margini dei territori comunali di Trieste e Muggia, in una particolare
staffetta. Dopo la ripresa di giugno e la pausa estiva, quindi, i volontari di
MujaVeg, sono rientrati in azione, sempre con l'obiettivo di proseguire nel
progetto NutriAmoSperanze, promosso oltre che dall'associazione, da Enpa e
Comune di Muggia, per la riduzione del numero di esemplari presenti sul
territorio comunale con metodi ecologici e non cruenti.
Luigi Putignano
IL PICCOLO - VENERDI', 9 ottobre 2020
Binari sotto il Carso, frena pure la Slovenia - spunta un'alternativa per il raddoppio della Capodistria-Divaccia
Ingegneri e docenti d'oltreconfine lanciano un progetto meno impattante di quello destinato a "bucare" la Val Rosandra
SAN DORLIGO. Prende corpo anche in Slovenia la contrarietà alla realizzazione del progetto per il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, destinato a lambire la Riserva naturale della Val Rosandra, con danni che - sostengono ambientalisti ed esperti - potrebbero essere considerevoli per l'equilibrio naturale della zona. Un gruppo di ingegneri dell'unione slovena di categoria e alcuni docenti dell'Università di Lubiana hanno rotto finalmente il silenzio che aleggiava in Slovenia attorno all'operazione, predisponendo un documento con il quale lanciano un'idea alternativa, molto meno impattante rispetto al progetto iniziale predisposto dalla T2DK. Quest'ultima, che è la società statale slovena incaricata della gestione del progetto della nuova ferrovia destinata a collegare il porto di Capodistria e l'hub di Divaccia, aveva presentato un piano che prevede un percorso di 27,1 chilometri complessivi, con ben 41 chilometri di gallerie, misura maggiore perché bisogna prevedere il transito nei due sensi. Nel progetto alternativo invece il percorso totale si allunga sì leggermente, arrivando a 24,8 chilometri, ma con tragitto in galleria limitato a 9,2 chilometri, ottenuto realizzando un doppio binario. Sostanzialmente diverso anche l'aspetto economico: il progetto della T2DK prevede una spesa complessiva di 2,188 miliardi, quello alternativo non arriva al miliardo. «Ma per noi - spiegano Alen Kermac, capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale a San Dorligo della Valle, e Rossano Bibalo, storico esponente dei Verdi a Trieste - è fondamentale l'aspetto ambientale. Con il progetto degli ingegneri e dei docenti sloveni - precisano - si limiterebbe di molto l'utilizzo della preziosa zona costiera, si proteggerebbero molto meglio le risorse idriche, le gallerie sarebbero più piccole e quindi i tempi di costruzione si ridurrebbero considerevolmente».«Il progetto originario - incalza Bibalo - potrebbe comportare gravi conseguenze per i corsi d'acqua sotterranei, danneggiando i torrenti Rosandra e Ospo. Senza pensare alle conseguenze che provocherebbero le esplosioni di mine lungo il percorso, necessarie per spianare le rocce. Ciò che chiediamo è che si faccia tutto in maniera trasparente. Finora non c'è stato dibattito pubblico, nonostante le nostre ripetute richieste. Sappiamo che la Slovenia sta chiedendo finanziamenti ad hoc all'Unione europea - conclude Bibalo - per poter procedere con l'opera, incurante del fatto che il nostro ministero dell'Ambiente ha chiesto lumi sull'intervento. Intervento che la Slovenia, guarda caso, è stata ben attenta a tenere lontano dal torrente Risano».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 ottobre 2020
Nuovo Piano del centro storico - Via al "rush finale" di tre mesi
Iter vertiginoso tra giunta, commissione, aula e osservazioni della
cittadinanza - Intanto le tre circoscrizioni coinvolte hanno espresso il loro
parere favorevole
L'obiettivo è santificare una festa, potrebbe essere Natale o San Silvestro.
Tutto dipende da quanto si riuscirà a rispettare del cronoprogramma dettato
dall'Urbanistica municipale. Su una griglia bollente è appoggiata una delle mete
del mandato, il Piano particolareggiato del centro storico, che, a distanza di
quarant'anni dal precedente firmato da Luciano Semerani, ha buone probabilità di
andare in onda prima che Roberto Dipiazza termini il suo terzo giro e si
proponga per il quarto. L'assessore Luisa Polli, di concerto con il
capo-struttura Giulio Bernetti, articola una sequenza piuttosto serrata e ricca
di tornanti, un po' diversa da quella anticipata a metà agosto. E comunque
sottoposta alla costante briscola del Covid, che potrebbe condizionare i tempi
dell'iter. Intanto l'esecutivo municipale ha già incassato un primo risultato,
cioè il parere favorevole delle Circoscrizioni interessate, che sono la III, la
IV, la V. Questo step consente di effettuare già la prossima settimana un
passaggio giuntale. A seguire, la parola toccherà alla IV commissione
consiliare, presieduta dal forzista Michele Babuder, che preparerà la strada al
confronto in aula. Dal dibattito in sede politica partirà il cronometro dei
trenta giorni utilizzabili per presentare osservazioni al Piano. Allo scadere
dei trenta giorni, il documento, avendo recepito quanto emerso dalle varie fasi
di esame, ritorna all'attenzione degli uffici, che debbono riordinare il
materiale e conferire ad esso coerenza. Una volta che lo staff di Bernetti,
coordinato da Beatrice Micovilovich, ha terminato questo compito, il faldone
Centro storico ripassa in giunta e in consiglio. La Polli è fiduciosa di farcela
entro la fine del 2020 o, alla maledetta, al principio del 2021. Vuole farcela
anche perchè spera che il nuovo Piano partecipi al rilancio del settore edile,
in concomitanza con i provvedimenti governativi Superbonus e Sismabonus, che
favoriscono gli interventi di riqualificazione (soprattutto enegetica). Il Piano
del Centro storico, frutto di un'ampia schedatura che ricomprende 1.621 edifici,
inquadra città murata, i tre borghi imperiali, via Udine, l'asse tra viale XX
Settembre e via della Pietà. Il messaggio, che ne esce, intende stimolare
proprietà immobiliare e imprenditori del comparto: possibilità di intervenire
nei sottotetti, sui tetti piani, con ascensori e corpi scala. In un'ottica di
rifunzionalizzazione dello stabile. I 1.621 edifici "schedati" distinguono
quelli solo restaurabili (5%), quelli restaurabili all'esterno con margini di
ristrutturazione interna (45%), quelli da rispettare all'esterno ma sventrabili
all'interno (30%), quelli che possono essere demoliti e sostituiti con nuove
costruzioni (20%).
Massimo Greco
Gorizia è entrata nella top 15 per la miglior qualità dell'aria
È l'unica città della regione ad ottenere la sufficienza nel report di
Legambiente - Pochi sforamenti di Pm10. In cima alla classifica nazionale si è
piazzata Sassari
Un risultato incoraggiante. Che evidenzia come Gorizia sia ancora un'isola
felice sotto il profilo dell'inquinamento e della presenza di polveri sottili,
le famigerate Pm10. Gorizia, infatti, è l'unica città del Friuli Venezia Giulia
ad aver ottenuto la sufficienza per la qualità dell'aria secondo l'ultima
indagine di Legambiente.Fra le 97 città prese in esame nell'ultimo quinquennio
(2014-2018) solo 15 hanno raggiunto un voto superiore al 6 e, fra queste, c'è il
capoluogo isontino. In cima alla classifica si piazza Sassari, seguita da
Macerata, Enna, Campobasso, Catanzaro, Grosseto, Nuoro, Verbania e Viterbo che
hanno ottenuto un voto superiore al 7 ma hanno raggiunto la sufficienza anche
L'Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano e Trapani, oltre a Gorizia.La pagella è stata
stilata elaborando i nuovi dati raccolti da Legambiente nel report "Mal'aria,
edizione speciale" nel quale l'associazione ha confrontato le concentrazioni
medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) e del biossido di azoto (No2)
con i rispettivi limiti suggeriti dall'Organizzazione mondiale della sanità.«Non
può che farmi piacere questo dato - sottolinea il sindaco di Gorizia, Rodolfo
Ziberna-, perché mai come oggi, nelle città, dobbiamo puntare a un miglioramento
della qualità della vita anche attraverso un controllo dell'inquinamento
atmosferico e, più in generale, attraverso una nuova e più marcata sensibilità
ambientale. Non è facile ma dobbiamo provarci e impegnarci fortemente su questo
fronte. Va detto che questo dato conferma quanto diciamo da tempo, ovvero che
Gorizia è la città ideale in cui vivere, con servizi assolutamente
all'avanguardia, per le diverse fasce della popolazione, con ottime scuole per
bambini e giovani, tantissime iniziative culturali e sociali arrivando alle
eccellenti strutture e forme assistenziali domiciliari per gli anziani. È una
città piccola, a dimensione d'uomo, con tanto verde, dove in pochi minuti, si
possono raggiungere strutture fondamentali, dall'ospedale alla questura, dal
Comune agli uffici postali. Ben venga, quindi, questo nuova conferma
sull'elevata qualità della vita a Gorizia - conclude il sindaco - che cercheremo
di migliorare ulteriormente».Ma se Gorizia sorride, il resto d'Italia piange
perché - spiega Legambiente nel rapporto - «è in emergenza cronica da
inquinamento atmosferico: sono 54 le città che nel 2019 hanno superato il limite
previsto per le polveri sottili (Pm10) o per l'ozono (O3), stabiliti
rispettivamente in 35 e 25 giorni nell'anno solare: Torino ha raggiunto le 147
giornate "fuorilegge" (86 per il Pm10 e 61 per l'ozono), seguita da Lodi con 135
(55 per Pm10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli
inquinanti). E sono ben 19 le città (il 36% del totale) che hanno registrato
nelle centraline Arpa oltre 100 giorni di superamento dei limiti giornalieri
mentre 14 città hanno oltrepassato i 50 giorni complessivi. Le prime 25
posizioni sono tutte occupate da città del bacino padano mentre al 26mo posto si
trova Frosinone con 68 giorni di superamento dovuti esclusivamente al
superamento dei limiti per le polveri sottili».«Molte città del Sud sono
coinvolte per i soli superamenti dei limiti per l'ozono come Caserta (52
giorni), Enna e Potenza (50) e Avellino (46). Ma anche molte città del centro
Italia sono afflitte dalle alte concentrazioni di ozono nei periodi estivi,
collezionando superamenti continui: Terni (47), Chieti (45), Lucca (44),
Grosseto (37), Pescara (34), Firenze (30), Macerata (28), Roma (27)».Conclude
l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi. «I dati di Gorizia non
sorprendono perché, da sempre, viaggiamo su quei parametri. Qui, non ci sono
fabbriche particolarmente inquinanti. Chiaro, uno potrebbe opinare che abbiamo
preso appena la sufficienza ma si tratta pur di un ottimo risultato visto ciò
che accade anche nel resto del Paese».
Francesco Fain
Il lago di Doberdò resta senza fondi per realizzare i micro sbarramenti
Speleologi e docenti battono cassa in Regione per realizzare le opere di
monitoraggio ambientale
Gorizia. Anche il progetto di salvaguardia del lago di Doberdò (in provincia
di Gorizia) è al momento tra le vittime del Covid-19. I fondi assicurati ancora
all'inizio di marzo dalla Regione sia al Consorzio di bonifica per la
realizzazione di micro sbarramenti attorno agli inghiottitoi del lago, in modo
da mantenere un certo livello dell'acqua anche nei momenti di magra, sia al
Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste per uno studio
sulla vegetazione sembra siano stati dirottati in seguito all'emergenza
sanitaria. È quanto emerso martedì sera a Jamiano, nella sede dell'associazione
Kremenjak, durante un incontro organizzato dal gruppo formato da speleologi,
docenti e studenti universitari, professori e allievi dell'Isis Brignoli di
Gradisca che da tre anni si sta occupando di studiare lo specchio d'acqua così
da individuare gli strumenti per evitare che scompaia. L'azione non si è fermata
del tutto, grazie all'impegno e alla passione del gruppo di lavoro, ma la
costruzione delle opere di sbarramento nel lago rimane per ora congelata. «Non
abbiamo al momento alcun finanziamento per procedere seriamente con lo studio,
ma stiamo comunque continuando il lavoro di analisi attraverso le immagini
satellitari - spiega Alfredo Altobelli che con Miris Castello, entrambi del
Dipartimento di Scienze della vita, segue da tempo la situazione vegetazionale
dell'area -, grazie anche alla disponibilità di un tesista di laurea
magistrale».Capire le reazioni del mondo vegetale è però fondamentale per
stabilire l'altezza delle dighe, sperimentate con successo un anno fa, nel mese
di ottobre, grazie all'intervento del Consorzio di bonifica in seguito ai tre
tracciamenti delle acque del lago effettuati dagli speleologi assieme al
Dipartimento di Matematica e Geoscienze. È quanto sottolineato anche Luca Zini,
docente del Dipartimento di Matematica e Geoscienze, impegnato da subito nel
progetto, che il gruppo interdisciplinare Acque carsiche isontine si prepara a
proseguire a fine mese con un quarto tracciamento delle acque. Questa volta
l'operazione interesserà l'inghiottitoio a metà della sponda meridionale e in un
regime di media portata, che richiederà una dispersione in immersione di un
quantitativo maggiore di fluorescina. «L'obiettivo questa volta è di capire se
il tracciante e quindi le acque del lago, alimentato in parte dall'Isonzo,
quando la portata è maggiore, escono anche a Pietrarossa - dice Zini -, non
prendendo solo una direzione sudorientale e andando a confluire anche nel
Timavo. Tant'è che nei periodi di piena del Timavo il livello del lago pare
alzarsi».Il quarto tracciamento delle acque, in programma salvo condizioni meteo
proibitive, dovrebbe quindi essere realizzato tra un paio di settimane, con
prelevamento di campioni lungo il canale di entrata e di uscita dal lago di
Pietrarossa, ma anche negli altri punti già sottoposti a monitoraggio nelle
precedenti tre campagne di studio, cioè Sablici, Sardos, Timavo, Moschenizze
Nord, oltre che grotta di Comarie e Klarici (coinvolgendo quindi sempre il
Servizio geologico e gli speleologi sloveni. Pare che in questo caso ci siano
dei fondi regionali a coprire i costi vivi dell'operazione per i volontari. E
sono stati 72 quelli coinvolti nel terzo tracciamento delle acque, svolto a
luglio del 2019 con oltre 300 campioni raccolti in due settimane e che ha
confermato come le acque del lago prendono più direzioni, anche se poco meno del
50% finisce nel terzo ramo del Timavo. Il resto però si divide tra la zona a
Sud, verso il Lisert a Monfalcone, e la zona a Est verso la Slovenia (Klarici).
Laura Blasich
Più di 2 mila firme raccolte per salvare gli alberi della pineta di Cattinara
Alle oltre 800 sottoscrizioni su carta se ne aggiungono 1.200 arrivate su
change.org I promotori: «È il nostro bosco Lo difenderemo a tutti i costi»
Nuova mobilitazione per salvare la pineta di Cattinara, il piccolo bosco di
una cinquantina di alberi situato tra via Valdoni - la strada che porta al Polo
cardiologico - e il parcheggio per i dipendenti dell'ospedale. Un'area che,
secondo l'allarme lanciato da alcuni residenti, rischia di essere distrutto per
far posto a un posteggio sotterraneo. Per scongiurare questa eventualità, nei
mesi scorsi è partita una petizione, da parte del Comitato per la difesa della
Pineta di Cattinara, le cui sottoscrizioni allegate sono state depositate lo
scorso lunedì all'Ufficio atti del Comune. Sono 843 le firme cartacee raccolte e
quasi 1.200 quelle arrivate via internet, attraverso la piattaforma change.org.
Il Comitato, formato appunto da cittadini del sobborgo cittadino, si appella a
tutte le istituzioni affinché venga ritirato il progetto che prevede - incalzano
i promotori della protesta - la distruzione della pineta e affinché si provveda
al ripristino in sicurezza della stessa, dopo i lavori di trivellazione
effettuati lo scorso luglio, che avrebbero provocato già alcuni danni
all'abetaia. Dalla costruzione dell'ospedale di Cattinara, avvenuta nei primi
anni '80 del secolo scorso, ai lavori per il nuovo Polo sanitario che prevede
anche la costruzione del nuovo Burlo - sostengono i fautori del Comitato - la
zona ha subìto continui disagi, rumori, inquinamento e traffico. In tempi
recenti - ricordano - c'è stata anche la realizzazione della galleria della
superstrada. Più di due anni di lavori, con grandi frese in azione anche di
notte nel sottosuolo, che hanno comportato anche l'abbattimento di una casa
mentre altre sono state lesionate e i proprietari mai risarciti, con gente
addirittura allontanata dalle proprie abitazioni. «Ora vogliono toglierci la
nostra pineta - afferma Paola Snidersich, una delle anime del Comitato - cioè
l'unico spazio verde dove possiamo portare a spasso i nostri cani e far fare una
passeggiata ai nostri anziani. È un bosco piccolo, ma lo difenderemo a tutti i
costi». I più anziani del posto ricordano già come nel corso della guerra le
truppe tedesche avessero tentato di abbattere la pineta, dove pensavano fosse
situata un'antica polveriera. Medesimo tentativo - sempre secondo gli abitanti
più longevi - venne fatto durante il Governo Militare Alleato. Senza successo.
«Dove non poterono la guerra e il dopoguerra, ci sta riuscendo la modernità»,
chiosa Snidersich: «Ma sta a noi e alle istituzioni venirci incontro per
salvaguardare il nostro piccolo polmone verde».
Lorenzo Degrassi
Studenti e insegnanti domani in piazza Unità per il futuro del clima - la manifestazione
Mobilitazione in piazza dell'Unità prevista domani per discutere di cambiamenti climatici. Un evento in favore dell'ambiente promosso da Fridays for Future e Teachers for Future, che nel comunicato scrivono come «In questi mesi di pandemia si è molto discusso della relazione che lega la salute del pianeta e la nostra. Dobbiamo discutere di come sia possibile agire come comunità». E per farlo, richiedono la partecipazione di bambini, giovani, cittadini impegnati a «incontrarci per lanciare un segnale e discutere assieme di quel che possiamo fare per cambiare le cose».La giornata di manifestazione in favore del clima prevede le attività del laboratorio artistico "Insieme siamo Foresta", a partire dalle 15, rivolto ai più giovani, che si protrarrà per tre ore circa. Con l'aiuto dell'illustratrice Sara Not ogni bambino disegnerà su un unico grande foglio il proprio albero che, assieme agli altri, andrà a formare una foresta. Nel corso della manifestazione è previsto l'intervento di alcuni esperti: tra gli altri, il professore Filippo Giorgi (climatologo del Centro Internazionale di Fisica Teorica e membro del gruppo Ipcc-Onu) e il professore Maurizio Fermeglia (già rettore dell'Università di Trieste).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 ottobre 2020
Comune e vertici Ater dichiarano guerra all'abbandono di auto - lotta al
degrado
Un protocollo per ridurre i tempi per ottenere la certificazione di auto
abbandonata come rifiuto speciale. Lo hanno firmato ieri Comune e l'Ater, per
dare un segnale concreto alla lotta al degrado e all'abbandono indiscriminato di
automobili nelle zone di proprietà della locale azienda per l'edilizia
residenziale. Sono oltre 150, infatti, le vetture abbandonate nei rioni più o
meno periferici della città, alcune delle quali da oltre vent'anni. Mezzi che
costituiscono fattore di rischio per chi vive nelle aree condominiali presenti
attorno a quelli che, in alcuni casi, sono dei veri e propri cimiteri di
autoveicoli. «Con questo accordo si snellisce la procedura che permette di
eliminare il parco macchine abbandonato - queste le parole del presidente
dell'Ater Riccardo Novacco -. Sappiamo che non sarà facile eliminare tutti i
mezzi, ma l'importante era iniziare».Il documento - che ha una durata biennale
ed è rinnovabile - impegna da parte sua l'Ater ad adottare tutte le misure di
vigilanza attiva e di controllo, segnalando tempestivamente abbandoni impropri
di mezzi considerati a quel punto alla stregua di veri e propri rifiuti. Da
parte sua il Comune, attraverso la Polizia locale, effettuerà sopralluoghi e
accertamenti - in alcuni casi già avviati - per verificare la presenza di
veicoli abbandonati e fuori uso, attivando prontamente tutte le procedure
normative e le possibili sanzioni previste per contrastare l'abbandono e
impedire il degrado ambientale. Per gestire queste situazioni, i due attori
opereranno attraverso un tavolo tecnico operativo congiunto. Una situazione,
quella degli autoveicoli abbandonati, segnalata a più riprese da stampa e
cittadinanza, nel corso degli ultimi anni e che a detta dell'assessore
all'Ambiente Luisa Polli «era già stata sottoposta alla precedente giunta, la
quale - è un dato di fatto - nulla aveva fatto per provare a contrastare questo
problema. Noi avremmo voluto iniziare prima, ma per vari motivi non è stato
possibile. Ora non ci resta che recuperare il tempo perduto». D'ora in avanti,
grazie alla firma di questo protocollo, la Polizia Locale ha maggiore manovra
d'intervento, tanto che le rimozioni sono già iniziate. «Per chi abbandona
l'auto per anni trasformandola così in rifiuto - avverte il comandante della
Polizia locale Walter Milocchi - sono 600 euro di contravvenzione». Una cifra
che può addirittura triplicare, qualora il proprietario non demolisca la vettura
a seguito di verbale.
l.d.
GRADO. Migliaia di "sture" spiaggiate - La moria dovuta a un parassita -
specie a rischio
GRADO. Nelle ultime giornata di maltempo, il moto ondoso, prima lo
sciroccale e poi la libecciata, ha letteralmente scaraventato nella spiaggia
della Costa Azzurra un migliaio di "sture" (così chiamate in dialetto gradese)
che ufficialmente sono conosciute come Pinna nobilis o nacchere. Un fenomeno non
raro che si è ripetuto in maniera significativa anche in questa occasione. Le
Pinna nobilis spiaggiate erano tutte morte: la causa precisa della moria non è
stata ancora accertata, ma si ipotizza che si tratti del parassita
Haplosporidium pinnae.Gli esperti dell'Area marina protetta di Miramare stanno
monitorando il fenomeno già da tempo tanto da aver affermato, nel febbraio
scorso, che mentre nell'area dell'intero golfo si può parlare della moria del
60-70% di esemplari, nella laguna di Grado questa sfiora addirittura il 100%. Le
foto scattate con i telefonini dalle tante persone transitate per la spiaggia
della Costa Azzurra, mostrano con evidenza quanto è accaduto. Fra questi anche
l'ingegner Luciano Cicogna, studioso, che ha fatto arrivare al giornale la foto
che pubblichiamo e ha precisato che negli ultimi anni c'è stata una
proliferazione di Pinna nobilis nell'alto Adriatico, inclusa la laguna di
Grado.«Forse la loro elevata densità, unitamente all'innalzamento della
temperatura media del mare sono causa di questa infezione, che è stata
precedentemente rilevata dal 2016 in Spagna e Grecia, mentre nelle nostre acque
il parassita è arrivato da un anno circa». Una moria significativa che rischia
di far estinguere le "pinne" in tutto il Mediterraneo tanto che proprio da
Miramare gli esperti hanno ipotizzato di conservarne un numero sufficiente in
ambiente protetto per poi reintrodurli in mare a passato pericolo.
AN. BO.
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 ottobre 2020
Legambiente - Il bosco di Bagnoli ripulito dai volontari
Una ventina di giovani volontari di Legambiente, Trieste Altruista ed E&Y -
guidati dall'assessore all'ambiente di San Dorligo Davide Stokovac - hanno
contribuito l'altro giorno alla riuscita di "Puliamo il Mondo", l'edizione
italiana di "Clean Up the World", il più grande appuntamento di volontariato
ambientale del mondo, organizzata da Legambiente. I volontari si sono divisi in
tre gruppi: uno ha battuto il Sentiero dell'Amicizia, verso Botazzo, trovando
pochi rifiuti, gli altri due che hanno percorso i sentieri nel bosco tra Bagnoli
e Dolina hanno riempito molti sacchi tra immondizie e vestiti abbandonati dai
migranti di passaggio.
Legambiente sul litorale di Staranzano - Recuperati quintali di plastica
Nella prima edizione "bisiaca" di Puliamo il mondo ripulito dai volontari di
Legambiente parte del litorale di Staranzano. Il presidente Sponza riassume il
risultato dell'iniziativa: «Abbiamo trovato tantissimo polistirolo, bottiglie e
vari oggetti di plastica, "calze" di plastica utilizzate in mitilicoltura,
legname derivato dallo sfasciume di imbarcazioni e resti di casoni». Hanno
collaborato i giovani della sezione monfalconese della Cri, gli ambientalisti di
NOPlanetB, del Cisv di Gorizia, i volontari di Ourbeachcleanup.
SEGNALAZIONI - Legambiente - I perché di un brutto voto
Il voto 3/10 assegnato a Trieste emerge dalla lettura dall'edizione speciale di "Mal'aria", ricerca presentata da Legambiente mettendo a confronto le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) e del biossido di azoto (No2) degli ultimi cinque anni (2014-2018) con i rispettivi limiti suggeriti dall'Oms. La classificazione, risultante dal prevalente mancato rispetto del limite suggerito per il Pm2.5, è molto lontana da quelle di alcune città che raggiungono un voto superiore alla sufficienza quali a esempio Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Nuoro, Verbania, Grosseto e Viterbo (7), L'Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6).C'è da augurarsi che la chiusura dell'impianto a caldo della Ferriera contribuirà a un miglioramento della qualità dell'aria. Tuttavia il rapporto, grazie anche alle risultanze delle osservazioni sulla qualità dell'aria durante il lockdown, evidenza come il maggior rilascio di particolato sia dovuto alla circolazione delle auto. Per questo, obiettivi quali il miglioramento della qualità dell'aria e il contenimento dei rischi per la salute umana potranno essere perseguiti solo grazie a soluzioni di mobilità innovative quali ad esempio la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale. Per Trieste riteniamo che l'occasione per misurarsi con questa sfida sia il Pums (Piano urbano di mobilità sostenibile).All'amministrazione di Trieste Legambiente chiede di dimostrare coerenza e decisione nell'interesse dei propri amministrati. L'alternativa, riteniamo, è quella di rimanere nella lista dei Comuni "bocciati" su tale tema.
Mario Mearelli, Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
Alle 16 - Passeggiata a Basovizza
Tre passeggiate sul Carso vestito d'autunno: evento organizzato dalle associazioni Bioest, il Ponte, Legambiente Trieste. Appuntamento oggi con ritrovo alle 16 al laghetto di Basovizza. Con la naturalista Sasa Don si percorrerà un tratto di circa due chilometri per imparare a riconoscere le erbe spontanee della landa carsica. Per informazioni e iscrizione: Elena 340846 1096, Tiziana 328790 8116.
Corso Tutela dell'ambiente per docenti
Aperte le iscrizioni al corso per docenti "Insieme per l'Ambiente! Sensibilizziamo le nuove generazioni sulla giustizia climatica", promosso da Focsiv e da Accri. Il corso, in collaborazione con LaRea dell'Arpa, è rivolto agli insegnanti delle scuole secondarie di I e II grado. Iscrizioni online sul sito dell'Accri. Info: 040/307899, biblio@accri.it.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 5 ottobre 2020
“Puliamo il Mondo”: ripuliti i sentieri della Val Rosandra e del Comune di S.
Dorligo-Dolina
Puliamo il Mondo è l'edizione italiana di Clean Up the World, il più grande
appuntamento di volontariato ambientale del mondo. Dal 1993, Legambiente ha
assunto il ruolo di comitato organizzatore in Italia ed è presente su tutto il
territorio nazionale grazie all'instancabile lavoro di oltre 1000 gruppi di
"volontari dell'ambiente", che organizzano l'iniziativa a livello locale in
collaborazione con associazioni, comitati e amministrazioni cittadine.
Ottimo successo di "Puliamo il Mondo" in Val Rosandra e nel Comune di S.
Dorligo-Dolina sabato 3 ottobre: una ventina di volontari - in maggioranza
giovani - ha raccolto parecchi sacchi di rifiuti in una mattinata caratterizzata
da tempo instabile e pioggia.
I volontari di Legambiente Trieste, dell'associazione Trieste Altruista e
dell'azienda E&Y, guidati dall'assessore all'ambiente del Comune, Davide
Štokovac, si sono divisi in tre gruppi: quello che ha battuto il Sentiero
dell'Amicizia, verso Botazzo, ha trovato pochi rifiuti; invece quelli che hanno
percorso i sentieri nel bosco tra Bagnoli e Dolina hanno raccolto molti sacchi
di rifiuti o vestiti abbandonati, probabilmente dai migranti di passaggio, che
sono stati accumulati per il prelievo da parte degli addetti comunali.
L'arrivo della pioggia ha costretto a concludere l'azione (poco) prima del
termine previsto, ma i risultati sono stati molto positivi (come si può vedere
dalle foto allegate).
Andrea Wehrenfennig (presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente
Trieste)
Italia Viva «Nel piano mobilità spazio a bici e pedoni»
«Ora è il tempo di programmare nuove corsie ciclabili e pedonali, coinvolgendo tutti gli "utilizzatori della strada"». È l'appello di Antonella Grim, esponente di Italia Viva, in vista dell'approdo in Consiglio del piano della mobilità dell'amministrazione Dipiazza.
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 ottobre 2020
«L'itticoltura intensiva danneggia l'ambiente» - l'esperto al castello di
Duino
DUINO AURISINA. La produzione di alti livelli di rifiuti organici, come
feci, residui di cibo, metaboliti, «in grado di portare forti squilibri
ambientali», innesca «fenomeni di eutrofizzazione», con conseguenze negative per
l'ambiente circostante, soprattutto nei fondali. Sono gli effetti collaterali
che possono derivare da un'acquacoltura intensiva secondo Francesco Biancuzzi,
docente di Scienze a Gorizia, nel corso del suo intervento al Castello di Duino,
nell'ambito di un incontro promosso dal gruppo "Salute e ambiente" alla presenza
del principe Dimitri della Torre e Tasso: «Una rigida disciplina sull'uso dei
medicinali, il miglioramento delle tecniche di allevamento, il trattamento
adeguato dei rifiuti e lo sviluppo del settore verso situazioni sempre meno
intensive sono l'unica soluzione».
u.sa.
Natura - Scienza e arte uniscono le forze per salvare le "pinne" del golfo
Al via #Art4Fun, progetto ideato dal Wwf per raccontare i progressi della ricerca
Un gruppo di artisti alle prese con la biologia marina e i suoi modelli di ecologia naturale. Succede all'interno di #Art4Fun, percorso ideato dal Wwf Riserva marina di Miramare, diretta da Maurizio Spoto, che vede Il Piccolo come media partner. È allestito all'interno del progetto di ricerca targato "Restorfan", l'iniziativa scientifica indirizzata alla tutela e al monitoraggio della "Pinna Nobile" (Pinna Nobilis), meglio conosciuta come "cozza comune" o "stura", il maggiore mollusco bivalve esistente nell'area del Mediterraneo, una specie attualmente a rischio in quanto vittima di un batterio protozoo che ne sta causando una grave moria. La "Pinna Nobilis" va quindi salvata e allo stesso tempo studiata nell'ambito del suo importante ruolo legato all'ecologia, nello specifico sul piano di indicatore dello stato di inquinamento marino. In questa missione entra in campo anche l'arte, proponendo un originale percorso di approfondimento e di narrazione affidato a 12 giovani artisti provenienti dalle più svariate specialità. Un viaggio che si avvale anche della collaborazione dell'Università di Trieste e dell'Ogs e che inizia nella mattinata di oggi nella sede del BioMa (il Biodiversitario Marino in viale Miramare 345), teatro della fase che consiste in un primo approccio al "modello" da descrivere. Nel pomeriggio gli artisti si trasferiranno nel "ReeFugio", l'aula attrezzata esterna del BioMa, dove iniziare a concepire le tracce e ad abbozzare le fonti d'ispirazione individuate assieme agli stessi ricercatori. Da questa prima valutazione nasceranno così le tracce, le basi su cui realizzare le opere destinate a raccontare i progressi della ricerca e che verranno poi esposte nell'ambito di una mostra programmata dal 27 ottobre al primo novembre nella sede della Sala "Xenia" in Riva III Novembre 9. L'esposizione verrà inoltre abbinata a un evento scientifico, il 30 ottobre. Chi sono quindi gli interpreti chiamati a evocare lo stato dell'arte della "Pinna Nobilis"? La scultura si affida a Nicolò Argenti, Greta Vettori, Valerie Cortellazzi e Mattia Cassaro; Isacco Alberti è il pittore di #Art4Fun; il fotografo è invece Lorenzo Peter Castelletto. E, ancora, Manuela Ceresoli interpreta la grafica vettoriale; Damiano Avoledo, Massimo Spadari e Silvia Patricia Mantoani prediligono la grafica d'arte, mentre Elena Perco e Giada Tonello puntano sul tratto classico del disegno (www.riservamarinamiramare.it).
Francesco Cardella
L'associazione Ecosocialisti: tappa in citta' sui rischi dell'ambiente
Solo una decina di anni. Questa è la finestra temporale per adottare misure che consentano di non crollare nel precipizio idrogeologico. A ribadirlo è l'associazione ecosocialista nazionale Planet 2084, realtà ambientalista approdata anche a Trieste con il Decologo, un elenco di punti e proposte per sensibilizzare sulle sorti ecologiche, dell'Italia e del mondo. Con tanto di dati alla mano, a offrire una panoramica dell'ipotetico futuro ci hanno pensato Ugo Poce e Marco Carraro, coordinatori nazionali di Planet 2084, intervenuti in videoconferenza davanti alla platea radunata in sala in via Valdirivo: «L'aumento della temperatura media è preoccupante - ha detto Poce -. Gli incendi, lo sfaldamento della Groenlandia, sono solo alcune delle più gravi emergenze che dovrebbero spingerci a correre ai ripari». Durante l'incontro, molti i temi toccati per fare luce su quella che è sì una crisi ambientale ma che si è già trasformata in uno squilibrio sociale. Secondo i dati, i rifugiati climatici nel 2018 erano circa 17 milioni. Ma potrebbero arrivare a 50 milioni entro pochi decenni, a causa dei problemi economici causati dal surriscaldamento. Anche per questo la questione del lavoro e della precarietà hanno un vasto spazio nel Decologo, in cui, tra gli obiettivi, c'è quello di «privilegiare produzioni agricole di piccola scala» e di «sradicare la pratica del caporalato».
Linda Caglioni
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 ottobre 2020
LEGAMBIENTE TRIESTE - Qualità dell’aria - Trieste bocciata
Il voto 3/10 è il risultato che emerge dalla lettura dall’edizione
speciale di
Mal’aria, presentata da Legambiente mettendo a
confronto le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) e
del biossido di azoto (NO2) degli ultimi cinque anni (2014-2018) con i
rispettivi limiti suggeriti dall’OMS.
La classificazione, risultante dal prevalente mancato rispetto del limite
suggerito per il Pm2.5, è molto lontano dalle quello di alcune città che
raggiungono un voto superiore alla sufficienza quali ad esempio Sassari (voto
9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Nuoro, Verbania, Grosseto e
Viterbo (7), L’Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6).
C’è da augurarsi che la chiusura dell’impianto a caldo della Ferriera
contribuirà ad un miglioramento della qualità dell’aria. Tuttavia il rapporto,
grazie anche alle risultanze delle osservazioni sulla qualità dell’aria durante
il Lockdown, evidenza come il maggior rilascio di particolato sia dovuto alla
circolazione delle auto. Per questo, obiettivi quali il miglioramento della
qualità dell’aria e il contenimento dei rischi per la salute umana potranno
essere perseguiti solo grazie a soluzioni di mobilità innovative quali ad
esempio la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale. Per
Trieste l’occasione per misurarsi con questa sfida è il PUMS (Piano Urbano di
Mobilità Sostenibile). All’amministrazione di Trieste Legambiente chiede di
dimostrare coerenza e decisione nell’interesse dei propri amministrati.
L’alternativa è quella di rimanere nella lista dei comuni bocciati.
Prof. Mario Mearelli - Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 2 ottobre 2020
Vasche dei pesci - È botta e risposta in Regione
Gabrovec dell'Unione slovena contesta in aula la risposta dell'assessore
Scoccimarro alla sua interrogazione «Si vigili di più sull'itticoltura»
TRIESTE. Botta e risposta sul tema dell'itticoltura in atto di fronte a
Duino, in Consiglio regionale, fra il rappresentante dell'Unione slovena Igor
Gabrovec e l'assessore Fabio Scoccimarro. Rispondendo a un'interrogazione
presentata proprio da Gabrovec inerente l'impatto di tali attività, in cui il
consigliere aveva parlato di «reflui organici prodotti dalle specie ittiche
concentrate in uno spazio ridotto rispetto agli equilibri naturali e dai
depositi di mangime non consumato», suggerendo la localizzazione delle vasche in
mare aperto, «dove i fondali profondi e le correnti marine favoriscono una
maggior dispersione dei reflui», Scoccimarro ha risposto citando un articolo
scientifico del 2005. «In esso - ha sottolineato l'assessore - la comunità
bentonica non sembra subire forti impatti dall'attività di acquacoltura. In base
ai dati dell'Arpa - ha aggiunto - lo stato ecologico del mare in quella zona è
classificato "buono". Non buone invece - ha osservato - sono le analisi chimiche
dell'acqua, che rilevano composti organostannici e mercurio. La causa dei primi
sono le vernici antivegetative di navi e natanti, mentre il mercurio lo porta
l'Isonzo, perché la Slovenia - ha concluso - non è attenta alle proprie attività
lungo il fiume, come pure sul fronte del cantiere della nuova linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia». «L'articolo peraltro vecchio - ha replicato Gabrovec -
riporta una condizione di forte arricchimento organico, una riduzione di specie
marine e la loro sostituzione con specie diverse. Conclusioni che confermano un
notevole impatto sul fondale marino e sulla comunità bentonica. Rimane quindi
alta la nostra attenzione, unita alla necessità di sviluppare uno studio che
parta dall'introdurre parametri aggiuntivi nel monitoraggio dell'attività di
itticoltura».
Ugo Salvini
RONCHI DEI LEGIONARI - Differenziata verso quota 80% calerà la tassa
L'impegno del sindaco alla luce dell'ottimo trend - Ogni ronchese produce
335 chilogrammi di rifiuti
RONCHI. Dal 74,98% del 2017, al 75,17% del 2018, passando per il 76,12% del
2019, la raccolta differenziata dei rifiuti a Ronchi dei Legionari nei primi
otto mesi di quest'anno decolla ed arriva a quota 77,77%. «Un ottimo risultato -
commenta il sindaco, Livio Vecchiet - che è il frutto, in primis, del
virtuosismo di molti cittadini, ma anche dell'impegno profuso
dall'amministrazione comunale, in collaborazione con Isa Ambiente, per offrire
sempre maggiori strumenti utili per arrivare all'obiettivo che ci siamo
prefissi: raggiungere l'80% della differenziata e far calare ancora le tasse».
Da gennaio ad agosto sono stati raccolti 4 milioni 80.415 chilogrammi di rifiuti
e, di questi, solo 887.799 di indifferenziati. La maggior parte, ovvero 3
milioni 105.568, sono andati al riciclo e, quindi, rappresentano una grande
risorsa, mentre 87.048 sono i chilogrammi di altre frazioni di rifiuto. E,
ancora, ammontano a 355 i chilogrammi di rifiuti pro-capite prodotti in questo
periodo dai ronchesi: 71,43 di secco indifferenziato, 48,08 di umido, 22,84 di
plastica e metalli, 35,71 di carta e cartone, 25,26 di vetro e 4,81 di Raee,
ovvero di elettrodomestici e parti di elettrodomestici. Vengono differenziati
anche gli inerti che, fortunatamente, non tutti abbandonano in aperta campagna o
sul Carso come avviene. Complessivamente 166.408 kg che sono stati conferiti
nell'area ecologica di via del Lavoro Artigiano. La pulizia delle strade ha
permesso di raccogliere 112.450 chili di spazzatura; gli ingombranti, spesso
raccolti da Isa Ambiente direttamente a casa dell'utente su chiamata, hanno
raggiunto quota 99.770 kg. Tra il materiale che viene raccolto separatamente ci
sono i rifiuti biodegradabili prodotti da cucine e mense, ben 572.400
chilogrammi, gli imballaggi (271.850), il legno (158.020), ma anche le
apparecchiature elettriche, con 42.520 chili. E, ancora, carta e cartone
(425.060), imballaggi di vetro (292.720), il vetro fatto di bottiglie e simili
(7.960) e le vernici (5.670).
LU.PE.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 ottobre 2020
Il principe Dimitri: «Vasche da eliminare al largo di Duino» - TORRE E TASSO
CONTRO GLI ALLEVAMENTI DI PESCE
DUINO AURISINA«Orribili sotto il profilo estetico, mentre sono tutte da
verificare le conseguenze che possono comportare, con la loro presenza,
sull'ambiente circostante». A parlare così delle discusse vasche di allevamento
della Valle Ca' Zuliani, l'azienda proprietaria degli impianti per la
piscicoltura sistemati al largo del castello di Duino, è il principe Dimitri,
attuale proprietario, attraverso una sua società, dello storico maniero del
casato della Torre e Tasso. «Sono contrario a questa collocazione - precisa -
perché non è chiaro quali danni queste strutture possano causare ai fondali del
nostro golfo. Ultimamente - aggiunge - è stata diffusa la notizia di una
notevole morìa di pesci, che si sarebbe verificata in quelle vasche. Sarebbe
utile sapere che cosa l'ha provocata, quali medicinali sono stati usati per
cercare di salvare i pesci e, soprattutto, cos'è stato fatto delle migliaia di
esemplari morti in tale circostanza. I pesci - prosegue il principe Dimitri -
fanno parte della nostra catena alimentare, perciò mi sembra sia doveroso, da
parte delle autorità che hanno, per loro competenza, la responsabilità di
garantire la salute del mare, prestare molta attenzione a tutte le vicende che
riguardano questi impianti». Il principe della Torre e Tasso lancia anche una
proposta: «Bisognerebbe spostare molto più al largo queste vasche, perché nella
loro collocazione attuale sono a meno di un chilometro dalla costa, che è
frequentata da bagnanti, diportisti, amanti della pesca. A mio avviso - continua
- andrebbero eliminate. Spero che qualcuno ascolti il mio appello - conclude - e
che si faccia una volta per tutte un'approfondita valutazione su tutti gli
aspetti di questo allevamento intensivo». In questa sua battaglia, Dimitri della
Torre e Tasso non è solo: il gruppo ambientalista locale "Salute e ambiente" ha
formulato spesso, soprattutto negli ultimi mesi, le stesse valutazioni, mentre
il Comune di Duino Aurisina ha convocato per domani una seduta della Commissione
Ambiente che sarà dedicata proprio all'argomento.
Ugo Salvini
Il futuro dell'acacia a rischio taglio andrà in assemblea di condominio
Dopo la mobilitazione a San Giovanni, ora parla la società Trilumi
C'è qualche speranza per l'acacia di via del Pinturicchio. In teoria il suo
eventuale abbattimento sarà discusso nella prossima assemblea del condominio nel
cui cortile il vecchio albero affonda le radici. Portare il tema sul tavolo del
consesso condominiale è infatti l'intenzione resa nota dalla società Trilumi,
anche a seguito della mobilitazione dei residenti di San Giovanni. Gli abitanti
del quartiere nei giorni scorsi avevano allertato la Polizia locale per impedire
un tentativo di recisione della pianta, da parte della ditta che esegue i lavori
di riqualificazione sullo stabile in questione. Gli agenti avevano rilevato
l'assenza dei permessi necessari per procedere al taglio, bloccandolo di
conseguenza. Quanto a Trilumi, a livello locale segue il Fondo Alloro Trieste
(di cui fa parte la palazzina di via del Pinturicchio) per conto della
proprietà, riconducibile alla società di gestione risparmio "Savills Investment
Management Sgr". Adesso Trilumi fa appunto sapere di non aver ordinato
l'abbattimento dell'albero: c'era stata sì una valutazione tecnica, sul fatto
che l'acacia copre la facciata dell'edificio e, se cadesse, potrebbe pure
compromettere la sicurezza della zona. Ma sempre secondo Trilumi il passaggio
all'atto, senza permessi, è stato un'iniziativa spontanea della ditta
esecutrice. Anche alla luce dell'attenzione suscitata dall'episodio, ora la
società rimette ai condomini la decisione sul taglio. Molti appartamenti non
risultano infatti più in mano ai soggetti che li hanno messi sul mercato, ma
sono già stati acquistati da privati cittadini, che evidentemente esprimeranno
la loro opinione a riguardo. In particolare risulta che l'albero rientra nella
proprietà di un alloggio sito al piano terra, al momento vuoto: sugli eventuali
futuri acquirenti ricadrà la responsabilità dell'acacia, sia per quanto riguarda
la sua manutenzione che per potenziali danni che potrebbero derivarne.
Lilli Goriup
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 settembre 2020
Buonuscite da 28 mila euro per gli operai della Ferriera - il confronto Arvedi-sindacati
La trattativa sulla buonuscita per i lavoratori della Ferriera si chiude con l'azienda inamovibile. Lo scivolo resterà di 28 mila euro lordi e i sindacati lamentano intanto che il gruppo Arvedi stia cambiando le carte in tavola sui livelli occupazionali della centrale elettrica: l'Accordo di programma prevedeva 41 addetti per la produzione di energia, ma la società ha comunicato che il numero verrà ridotto a 25, mentre le restanti 16 unità resteranno a disposizione della società in altri ambiti. Il tavolo fra impresa e sindacati è stato riconvocato ieri, chiudendo l'accordo sull'incentivazione delle uscite volontarie. Nonostante le pressioni, Arvedi ha mantenuto il bonus a 28 mila euro lordi per tutti i dipendenti, inclusi quelli della banchina che stanno per passare alla newco e successivamente a Piattaforma logistica. Non viene prevista inoltre nessuna differenziazione della cifra sulla base dell'anzianità e dunque i 28 mila spetteranno sia ai dipendenti prossimi alla pensione che ai neoassunti intenzionati a lasciare il posto per ragioni personali. L'azienda non esclude trattative individuali sulla base dell'anzianità e delle mansioni ricoperte. Sempre ieri è stata siglata l'intesa sui lavoratori della banchina, che verrà scorporata dal gruppo Arvedi, diventando una società separata (Società logistica giuliana) che sarà poi rilevata da Plt. In questo caso la proprietà ha assicurato il mantenimento di tutti i diritti normativi ed economici acquisiti. I sindacati denunciano invece un nuovo scoglio legato alla centrale elettrica. L'Adp prevede 41 addetti, ma Arvedi ha informato le rappresentanze che 16 di essi resteranno a disposizione per mansioni diverse. Le sigle hanno chiesto la sospensione del confronto: le parti si riaggiorneranno. Come spiega Antonio Rodà (Uilm), «abbiamo richiamato l'azienda al rispetto degli accordi: auspichiamo che la proprietà torni sui suoi passi e sia fedele alle intese siglate».Nel corso delle interrogazioni in Consiglio regionale, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha chiarito intanto che 52 dei 66 ex lavoratori interinali della Ferriera risultano occupati a tempo indeterminato nelle rispettive agenzie e che 8 dei 14 disoccupati hanno cominciato un percorso di riqualificazione nel settore navale. Per Rosolen, «è stata la Regione a intervenire presso Arvedi perché i contratti dei lavoratori a tempo determinato e dei somministrati venissero mantenuti fino alla firma dell'Adp». Per l'interrogante Francesco Russo, consigliere regionale del Partito democratico, tuttavia, «si possono riconoscere gli sforzi, ma la Regione è stata garante della riconversione e ha sempre sbandierato che ci sarebbero stati zero esuberi: vigileremo finché questa promessa sarà stata interamente mantenuta».
D.D.A.
Albero a rischio taglio, il rione dice no
L'acacia vicina a una casa in ristrutturazione condannata
all'abbattimento: i residenti chiamano la Polizia locale e la salvano
È in pericolo l'acacia di via del Pinturicchio, nel rione di San Giovanni.
Si tratta di un vecchio albero, cresciuto nel cortile di un condominio ed
evidentemente molto amato dagli abitanti della zona. L'edificio che lo ospita è
soggetto a lavori di manutenzione straordinaria, che hanno portato a un
tentativo di abbattimento dell'albero da parte della ditta esecutrice. Sul posto
è intervenuta la Polizia locale, allertata dai residenti. Una versione
dell'accaduto è riferita da Antonio Dainese, appunto residente in zona, tramite
un post su Fb da oltre 150 like: «Questa mattina (l'altro ieri per chi legge,
ndr) di fronte casa ci accorgiamo che un piccolo esercito di operai sta per
tagliare un albero di acacia di oltre 10 metri e di almeno mezzo secolo. È in
corso da mesi un restauro di quel condominio. Scendo in strada. "Cosa state
facendo? Non vorrete mica tagliare l'albero?". Viene fuori che la multinazionale
che ha comprato tutto lo stabile vuole tagliarlo per ragioni commerciali, così
ci spiegano».Prosegue il racconto di Dainese: «Altri cittadini si uniscono alla
protesta, alcuni di loro vivono nell'edificio da decenni e non gradiscono
affatto che l'albero venga abbattuto. "Mi fate vedere il permesso?". Non ci
fanno vedere il permesso. Volano paroloni. Chiamo la Polizia. Mentre sono al
telefono il piccolo esercito si affretta a mettere via tutti gli attrezzi e poi,
alla velocità della luce, spariscono tutti e rimane solo il capo cantiere». E
ancora: «Come mai sono spariti tutti? Arriva la Polizia locale. L'agente chiede
al capocantiere semplicemente: "Avete il permesso di tagliare quest'albero?".
"No". Fine della storia. L'albero è ancora lì, con qualche ramo in meno, ma è
ancora lì. Abbiamo scritto al Comune e vigileremo insieme ai vicini, tutti
scandalizzati come noi». Risulta che l'intervento della Polizia locale ci sia
stato davvero: è confermato che gli agenti hanno rilevato l'assenza dei permessi
necessari all'abbattimento, bloccandolo di conseguenza. Quanto alla proprietà
dell'immobile, un cartello affisso sullo stesso stabile porta ad Alloro Trieste,
marchio di riferimento per il patrimonio immobiliare ex Allianz, a sua volta
collegato a Trilumi. Nonostante i tentativi telefonici, a ieri sera non era
risultato possibile conoscere la versione della società. Resta da capire che ne
sarà ora dell'acacia. Da un lato il regolamento sul Verde pubblico,
nell'articolo dedicato agli alberi di pregio, afferma che è «vietato su tutto il
territorio comunale ogni intervento di abbattimento, modifica sostanziale della
chioma e dell'apparato radicale di alberi con circonferenza del fusto, misurato
a 130 centimetri dal suolo, superiore a 155 centimetri, oppure superiore a 220
centimetri se misurato al colletto; stesse prescrizioni valgono per tutti gli
alberi con altezza superiore a 15 metri (tranne Acero negundo, Ailanto,
Broussonezia, Indaco bastardo e Robinia, considerati infestanti, ndr)». Tutti
gli alberi, indipendentemente dalla proprietà? Le speranze dei residenti vanno
in questo senso, poiché l'acacia di via del Pinturicchio sembra rientrare in
tali criteri. D'altro canto Elisa Lodi, assessore comunale con delega al Verde
pubblico, rileva tuttavia che l'acacia non è considerata di per sé come un
albero di pregio. Lodi si impegna inoltre a verificare con i suoi uffici la
questione inerente le autorizzazioni e l'intervento della Polizia locale.
Lilli Goriup
Il Nobel Chu: «Le due buone abitudini che ci aiuteranno a salvare la Terra»
La sfida è consumare meno e in modo smart, favorendo le aziende più
virtuose. Il sogno di "inscatolare" l'energia
Questo testo è una sintesi dell'intervista al fisico statunitense Steven Chu, premio Nobel per la fisica, realizzata per il lancio di Green&Blue.
Non possiamo evitare di utilizzare risorse preziose: idealmente bisognerebbe riciclare tutto, ma siamo ancora lontani da una simile prospettiva. Ecco perché la sostenibilità va contestualizzata. Prendiamo ad esempio l'energia: oltre ai carburanti fossili ci sono tanti altri materiali e metalli, ma anche questi non sono infiniti. Andiamo oltre: possiamo sviluppare nuove modalità di utilizzo della plastica e possiamo anche utilizzare risorse che derivano dalle piante, le cosiddette "bio-risorse". Basteranno? No. C'è anche l'idrogeno, che è a mio avviso una soluzione parziale, pur avendo un vantaggio rispetto alle batterie perché non genera energia in eccesso. Il punto è: la sostenibilità presuppone un uso di tutte queste risorse in un'ottica di maggiore circolarità. Lo stiamo facendo? La buona notizia è che stiamo iniziando a prenderci cura del Pianeta. Negli ultimi anni tante persone hanno iniziato a interrogarsi seriamente sul tema della sostenibilità e altrettanto hanno fatto alcuni governi. C'è una pressione notevole di entrambi i fronti sull'industria. Non si tratta però di uno scontro ma appunto di una vera e propria pressione verso nuove modalità di riciclo dei materiali e design dei prodotti. Su questo fronte molto si muove e le nuove tecnologie sono fondamentali. Pensiamo alle batterie agli ioni di litio per le auto elettriche e in particolare al riciclo delle stesse. È un punto fondamentale, non solo perché tocca una voce importante del costo materiale dei veicoli, ma anche perché riguarda l'ambiente. Pensiamo anche all'agricoltura e ricordiamo come siamo arrivati a rovinare un po' le nostre abitudini tra la creazione dei fertilizzanti artificiali e l'avvento dei macchinari meccanici, che ha ridotto la capacità dei terreni di mantenere il carbonio. Noi come possiamo contribuire? Ci sono due cose che possiamo fare. La prima è rivalutare le nostre abitudini e le nostre scelte personali, che si riflettono sui consumi e dunque sui produttori. Io, nel mio piccolo, sto cercando di viaggiare meno e quindi di limitare l'uso dei mezzi di trasporto, anche se sono fortunato a vivere vicino al luogo di lavoro. Le scelte personali sono importanti perché ci fanno guardare allo specchio e ci fanno prendere coscienza del nostro contributo. La seconda chance che abbiamo è la pressione sulle aziende. Se troviamo un'azienda che si orienta al futuro e che è davvero sincera nel cercare di ridurre le emissioni sul Pianeta, ha senso favorirla acquistandone i prodotti. Direi che dobbiamo iniziare da noi stessi chiedendoci: cosa stiamo facendo nella nostra vita quotidiana con le nostre scelte personali? Quello che facciamo oggi influirà sulle generazioni future in modo critico.E per l'immediato futuro? Il sogno sarebbe iniziare a risalire la catena energetica, partendo di nuovo dall'anidride carbonica e dall'acqua. La buona notizia è che, man mano che l'energia rinnovabile diventa sempre meno costosa, si possono immaginare modelli di immagazzinamento compatti ed economici. La sfida più importante della ricerca è lo stoccaggio dell'energia. Mettere l'energia in una scatola.
STEVEN CHU
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 settembre 2020
Rifiuti e scarti di cibo nel canale - Ecco il lascito delle bancarelle
Un mare di immondizie in acqua a Ponterosso all'indomani della chiusura
dell'International street food. Ma Tonel minimizza: «Tutta colpa del vento»
Grandi sacchi colorati sulla superficie dell'acqua, che contenevano patatine
fritte surgelate, una lunga serie di bottigliette, piatti e contenitori di
plastica, così come bicchieri impilati e cartoni, che anche in questo caso
contenevano cibo. Il canale di Ponterosso si è presentato così ieri mattina a
chi passeggiava nella parte pedonale vicina, all'indomani della chiusura
dell'International Street Food Trieste. Una serie di immondizie tra le
imbarcazioni ma ben visibili anche al centro dello stesso canale. Tante in
particolare le bottiglie, ma anche le confezioni di cibo, e ancora bicchieri di
plastica impilati, sacchetti di varie dimensioni e imballaggi, sempre in
plastica. Qua e là anche qualche mascherina e guanti di lattice. Secondo il
Comune di Trieste la colpa, in questo caso, è soprattutto del vento. «L'area
dove si svolgeva la manifestazione di Street Food dei giorni scorsi è stata
completamente pulita - spiega Serena Tonel, assessore comunale alle Attività
Economiche - di sicuro c'è che tutto è stato fatto secondo le regole. Per ogni
manifestazione vengono effettuate convenzioni specifiche con AcegasApsAmga in
cui sono ben chiare le disposizioni in termini di pulizia. E anche questa volta
sono state portate a termine come negli altri appuntamenti che si sono svolti.
Lunedì alle 9.48 abbiamo ricevuto un report - aggiunge - e tutto risultata
pulito sulla superficie dove si trovavano le bancarelle». Possibile quindi che
l'area fosse sgombera ma che, probabilmente per il vento forte che soffiava
nella notte tra domenica e lunedì, qualcosa sia fuoriuscito dai bidoni. Non è
escluso poi che, vista la grande affluenza delle persone agli stand domenica
sera, ci sia stato anche qualche episodio di inciviltà. «In ogni manifestazione
una delle prescrizioni che gli organizzatori devono rispettare è l'accordo con
l'AcegasApsAmga - ribadisce Tonel - che comporta l'asporto dei materiali e la
pulizia finale. E questa volta, a differenza di altre, la situazione ci è
sembrata migliore, visto che non abbiamo ricevuto nessuna segnalazione o
lamentela nella zona. Sono stati aggiunti anche bidoni delle immondizie in più,
come si fa di solito in presenza di eventi legati al food. Poi c'è da
considerare la variante vento o anche la maleducazione delle persone. Al di là
di sensibilizzare la cittadinanza ad avere comportamenti civili durante
appuntamenti di questo tipo, serve comunque ribadire a tutti l'importanza del
rispetto per l'ambiente - conclude - sempre e ovunque».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 settembre 2020
La centrale A2A da riconvertire a idrogeno ma prima il carbone blindato con
un muro
Pareti alte 3 metri per una lunghezza di 250. Impianto spento dal 6
febbraio, gli operai sono impiegati nelle manutenzioni
Entro un anno dal rilascio della nuova Autorizzazione integrata ambientale
complessiva, concessa ad A2A Energiefuture Spa lo scorso 27 febbraio, in ordine
alla centrale termoelettrica, dovrà essere realizzata la "blindatura" del parco
carbone, al fine di evitare le dispersioni delle polveri nell'area urbana del
rione Enel. L'azienda, in ottemperanza alle prescrizioni Aia, ha recentemente
attivato la relativa procedura amministrativa. Si tratta dell'iter in ordine al
rilascio delle autorizzazioni, in particolare quella paesaggistica, per la
realizzazione di un muro di contenimento dall'altezza di 3 metri e dalla
lunghezza di 250 metri, sul lato interno del parco carbone, a completamento
della barriera già esistente. A lavori ultimati, quindi, i cumuli di carbone
dovranno avere un'altezza massima di 2,50 metri, a fronte di un livello
inferiore pari al 20% rispetto al muro di contenimento. Insomma, prima della
riconversione della centrale da carbone a idrogeno, come annunciato dall'azienda
a seguito dell'accordo con la Snam in vista del 2024, bisognerà comunque
ottemperare a una serie di indicazioni e prescrizioni dell'Aia. Procedura dunque
avviata da parte di A2A Energiefuture, nell'ambito delle prescrizioni relative
alle cosiddette «emissioni non convogliate», ossia che non avvengono attraverso
il camino della centrale termoelettrica, e che ne contemplano l'attivazione
entro 6 mesi dal rilascio dell'Aia e quindi la realizzazione entro i 12 mesi.
Una "blindatura" congrua rispetto alla situazione attuale, considerando peraltro
che l'impianto termoelettrico risulta spento dallo scorso 6 febbraio, i
dipendenti sono impiegati comunque nelle opere di manutenzione. Uno scenario
evidentemente diverso rispetto al passato, quando i cumuli di carbone avevano
raggiunto livelli di altezza anche fino a dieci metri. L'innalzamento del muro
di contenimento del parco carbone ha rappresentato una delle richieste poste con
forza dall'amministrazione di Monfalcone, nel corso dell'istruzione della nuova
Aia. Ciò proprio al fine di migliorare la gestione delle «emissioni non
convogliate», permettendo quindi di ridurre il fenomeno, da anni segnalato dai
monfalconesi, della dispersione delle polveri, che incide in modo particolare
durante le giornate sferzate dalla bora. L'Aia prevede la «costante
implementazione e il miglioramento del programma di riduzione delle emissioni
diffuse, anche mediante il mantenimento del sistema di scarico, stoccaggio e
trasporto di carbone, ceneri e gessi». Tecnicamente vengono indicate specifiche
modalità. Oltre alla presenza di una barriera che «superi almeno il 20%
l'altezza dei cumuli, lungo il perimetro del carbonile», l'impiego di «sistemi a
spruzzo d'acqua della massa di combustibile», nonché di «adeguati agenti
incrostanti/filmanti (biodegradabili)» e «l'implementazione di un programma di
manutenzione periodica finalizzata all'individuazione di perdite e alla
riparazione».L'Autorizzazione integrata ambientale contiene inoltre l'obbligo da
parte dell'azienda, come ottenuto dall'amministrazione comunale, di implementare
le campagne di monitoraggio annuale circa le polveri depositate in ordine al
dosaggio di carbone elementare, organico, e dei metalli (Arsenico, Piombo,
Cadmio, Nickel, Vanadio, Rame, Cromo, Manganese, Mercurio, Tallio), oltre agli
Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) cancerogeni, diossine, furani. Campagne
da eseguire, in accordo con Arpa e Amministrazione comunale, due volte l'anno,
l'una nella stagione calda l'altra in quella fredda. L'azienda ha fornito una
prima proposta indicando i periodi novembre-dicembre 2020 e agosto-settembre
2021, avvalendosi di quattro deposimetri da collocare due a Monfalcone, gli
altri a Ronchi dei Legionari e a Doberdò del Lago. Il Comune ha richiesto la
revisione, a fronte dei periodi gennaio-febbraio e giugno-luglio, prevedendo i
deposimetri nelle aree del territorio monfalconese dove negli anni si sono
registrate le maggiori segnalazioni di polvere di carbone depositato su
davanzali e pavimentazioni.
Laura Borsani
La missione europea per tutelare mari e oceani del pianeta - il dibattito con
OGS protagonista
«Come sta il nostro mare? Sta male»: così ieri pomeriggio ha esordito Maria
Cristina Pedicchio, membro del cda dell'Istituto nazionale di oceanografia e di
geofisica sperimentale - Ogs, nonché docente di Algebra all'Università di
Trieste, intervenendo all'evento "Con l'acqua alla gola - Come sta il nostro
mare? La missione "Stella di mare" della Commissione europea per la salvaguardia
di mari e oceani", nell'ambito di Trieste Next 2020. «Il nostro pianeta, la
"biglia blu" - ha proseguito - è coperto per il 71% da mari e oceani, tanto che
sarebbe stato più corretto chiamarlo "Oceano" anziché "Terra"». Introduzione,
questa, per ricordare l'importanza, a livello globale, del mare. «Ed è per
questo che la missione "Starfish 2030" - ha spiegato Francesco Regoli, direttore
del dipartimento di Scienze della vita e dell'ambiente dell'Università
Politecnica delle Marche e direttore di Marine Environmental Research -
italianizzata in "Stella di mare" è così importante. Ispirata alla forma delle
stelle marine, la missione ha cinque obiettivi generali per il 2030: colmare le
conoscenze e il divario emotivo, rigenerare gli ecosistemi marini e d'acqua
dolce, inquinamento zero, decarbonizzare il nostro oceano e le acque e, infine,
rinnovare la governance». La mission di Starfish 2030 è quella di consentire il
ripristino del ciclo dell'acqua nel suo complesso. A intervenire anche Sigi
Gruber, head of Marin Resources Unit, Research and Innovation della Commissione
europea, collegata in remoto da Bruxelles.
L.P.
Tre premi ambientali Rosmann ai giovani laureati e ricercatori
Quest'anno alle migliori tesi 1.000, 500 e 300 euro studiate per
valorizzare le professionalità di chi punta su tematiche naturalistiche
L'Associazione Eugenio Rosmann promuove la quarta edizione dei due premi
ambientali rivolti agli studenti neolaureati e ai ricercatori universitari per
le loro tesi di laurea, master o dottorato e alle pubbliche amministrazioni che
si siano distinte con azioni virtuose a favore della natura. Quest'anno al primo
premio di 1.000 euro per la migliore tesi e di 500 al secondo si aggiunge un
riconoscimento di 300 euro promosso dal Cai di Monfalcone e dedicato a una delle
tesi che abbia come oggetto la tutela dell'ambiente montano. I premi ambientali
sono realizzati grazie ai contributi del cinque per mille dell'Associazione
ambientalista Rosmann, della Bcc di Staranzano e Villesse, del Comune di
Monfalcone, oltre che del Cai, e hanno ottenuto il patrocinio dell'Università di
Trieste e dell'Università di Udine e, tra gli altri, del Comune di Gorizia,
Ater, di Irisacqua. Il premio ha lo scopo di promuovere e valorizzare le
professionalità di giovani laureati che hanno manifestato un particolare
interesse nella ricerca e approfondito tematiche ambientali e naturalistiche
utili alla conservazione e al miglioramento dell'ambiente e della naturalità. Il
concorso comprende comunque non solo gli aspetti scientifici, ma anche quelli
economici, sociali, urbanistici e della legislazione, con un focus particolare,
ma non esclusivo, sulle regioni del Triveneto. La partecipazione al concorso è
riservata a tutti coloro che abbiano conseguito un titolo di laurea o altro
titolo universitario nel periodo dall'1 gennaio 2018 all'1 dicembre di
quest'anno, purché non già presentate nei due bandi precedenti. Le domande
dovranno pervenire entro il termine dell'1 dicembre via mail all'indirizzo
concorsomonfalcone@gmail.com e l'elaborato della tesi di laurea-master anche in
formato cartaceo all'indirizzo dell'Associazione ambientalista Eugenio Rosmann
in viale San Marco 9 a Monfalcone. Il Premio Populus alba, realizzato
dall'artista Cristiano Leban, è rivolto invece alle pubbliche amministrazioni e
mira alla valorizzazione di azioni e comportamenti virtuosi, volti alla tutela
dell'ambiente e dei suoi contenuti naturalistici e alla manutenzione e gestione
del territorio, a promuovere buone pratiche per la difesa della biodiversità e
per la conservazione e il miglioramento del nostro ambiente naturale. Anche per
le amministrazioni in bando scade l'1 dicembre (la documentazione va inviata
sempre alla mail concorsomonfalcone@gmail. com). Entrambi i bandi di concorso
sono pubblicati sul sito dell'associazione www.ambientalistimonfalcone.it. Le
premiazioni sono in programma il 13 dicembre.
LA. BL.
Alle 10 - Dibattito online sull'ambiente
Per il Festival dello sviluppo sostenibile 2020 oggi si terrà l'evento "Dalle strategie globali alle strategie locali: la strategia regionale di sviluppo sostenibile della Regione Fvg e gli obiettivi di sviluppo sostenibile per le comunità locali". L'incontro, che è organizzato dall'Università di Trieste, si terrà online oggi alle 10 sulla piattaforma Teams - https://teams.microsoft.com/l/team/19%3aa2c155f431d6483bb19ebd41d062f582.
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 settembre 2020
Gite, letture, cibo erbe e artigianato - Torna oggi "Draga in festa"
Il borgo carsico apre le porte alla creatività con produzioni locali ed
escursioni nel bosco
Escursioni alle "iazere" e passeggiate per famiglie con giochi ed esperienze
sensoriali ispirate alla pedagogia del bosco, raccolta delle erbe, letture sui
prati alla presenza degli autori, incontri culturali, laboratori creativi
ispirati all'autunno, installazioni con materiale povero riciclato, animazione
per i più piccoli, tiro con l'arco, esposizione d'arte contemporanea di artisti
locali. E una novità: la prima edizione del concorso Orto Fai Da Te "Master
Kontadin", che premia le esperienze di autoproduzione orticola. Oggi (in caso di
maltempo il 4 ottobre) dalle 10 alle 18 torna per il sesto anno, nel rispetto
delle misure anti-covid, "Draga in Festa", una giornata "Open Day" di
agricoltura sostenibile, alimentazione, ambiente e società con il patrocinio del
Comune di San Dorligo della Valle nel corso della quale i residenti aprono al
pubblico i loro cortili, offrendo i prodotti della loro creatività. Nel
parcheggio della Locanda "Mario" per tutta la giornata saranno allestiti dei
banchetti informativi e un mercatino di attività artigianali locali. Nuovissimo
il concorso a partecipazione gratuita "Master Kontadin" (alle 12), organizzato
da Bioest - Urbi et Horti, che intende promuovere iniziative di gestione
partecipata del verde cittadino dando risalto a tutte le esperienze di
agricoltura urbana presenti. Tra le novità 2020 pure i laboratori di detergenti
naturali per la casa a cura di Fervide Menti (alle 16.30), la presentazione
(alle 11) della BibliotEqua a cura di associazione Senza Confini-Brez Meja e,
alle 15, "Incontriamoci #abassavoce a Draga in festa", spazio di lettura
bilingue per famiglie con bambini da 3 a 6 anni con i volontari di "Nati per
Leggere. Saranno presenti anche i volontari di Arci Servizio Civile nell'ambito
di "Trieste on Sight 2020". Informazioni al 3287908116. «L'obiettivo di questa
vera e propria festa - spiega Tiziana Cimolino di Bioest e Urbi et Horti - è
quello di avvicinare le persone di tutte le età alla realtà di questo borgo
carsico, riprendendo in un momento particolarmente difficile la convivialità e
la condivisione, arricchite da attività ludiche e informative curate dalle
associazioni del territorio»."Draga in Festa" è promossa da Arci Servizio
Civile, Bioest, Legambiente Trieste, #MaiDireMai-#NikoliReciNikoli, Urbi et
Horti e Usi-Ait.
Gianfranco Terzoli
Arriva un'alleanza con Sesana per il geoparco transfrontaliero
Prima riunione operativa in Slovenia. Deve essere preparato il dossier e
il piano di gestione con un esempio pilota di valorizzazione del patrimonio
RONCHI dei legionari. Anche l'amministrazione comunale di Ronchi dei
Legionari partecipa all'istituzione del geoparco transfrontaliero sul Carso,
previsto dal piano Interreg tra Italia e Slovenia. Un progetto, questo,
finanziato dal fondo europeo di sviluppo regionale.Una prima riunione operativa
si è svolta nei giorni scorsi a Sesana ed a ribadire l'impegno della
municipalità ronchese, delegato dal sindaco, LivioVecchiet, è stato il
consigliere comunale, Renato Chittaro. Obiettivo del progetto è quello
rafforzare la capacità della cooperazione istituzionale attraverso la promozione
dell'area del Carso classico con la progettazione di soluzioni congiunte alle
sfide comuni. Tra i partner del progetto anche la Regione.Primi atti dello
stesso la redazione dell'atto di istituzione del geoparco transfrontaliero e
predisposizione del dossier per la candidatura dello stesso alla rete globale
dei geoparchi Unesco. Con questo intento verranno elaborati il piano di gestione
del geoparco transfrontaliero ed un esempio pilota di valorizzazione innovativa
del patrimonio geologico, per una governance più efficace.Per raggiungere
l'obiettivo sono previste diverse attività quali la definizione di un marchio
territoriale condiviso, la redazione di linee guida per una certificazione di
qualità, la realizzazione di esempi di programmi didattici, divulgativi e
geo-turistici, di un sistema informativo integrato, un codice di comportamento
per i visitatori del geoparco, nonché l'incentivazione di nuove idee
imprenditoriali, la formazione di guide geo-turistiche qualificate e la
creazione di nuovi geo-percorsi. Ronchi punta con forza a valorizzare il Carso e
tutte le sue peculietà, sia naturalistiche, siano essere storiche e di proposta
turistica ed enogastronomica.Il geoparco stimola la cooperazione, contribuisce a
migliorare l'ambiente e le condizioni di vita dei suoi abitanti e ha un ruolo
attivo nella promozione dello sviluppo economico del territorio puntando in
particolare sul geoturismo. «Il Geoparco - spiega il sindaco, Livio Vecchiet -
rappresenta una grande opportunità di sviluppo turistico per tutti i Comuni
appartenenti all'area carsica e proprio per questo è importante che la strategia
di marketing nasca, fin dal principio, da una condivisione che parte dal basso,
dagli operatori e dalle associazioni locali attraverso la raccolta di proposte
ed idee concrete».L'area carsica, anche a Ronchi dei Legionari, deve essere
salvaguardata e valorizzata. Si tratta, dunque, di procedere alla realizzazione
di un vero e proprio sistema organico delle zone a verde, come può essere la
landa carsica o come sono quelle umide dei laghetti, al fine di migliorarne
l'accessibilità e la fruizione pubblica.
LU. PE.
I fondali di Barcola ripuliti dalla plastica al porticciolo Cedas
Operazione fondali puliti ieri mattina al porticciolo del Cedas a Barcola
grazie a "Splastichiamo il mare" (a cura di Ogs e Area protetta di Miramare
nell'ambito del secondo giorno di Trieste Next) che ha visto i sub volontari
recuperare appunto molti rifiuti dai fondali del porticcolo stesso.
Domani - Dibattito online sull'ambiente
Per il Festival dello sviluppo sostenibile 2020 domani si terrà l'evento "Dalle strategie globali alle strategie locali: la strategia regionale di sviluppo sostenibile della Regione Fvg e gli obiettivi di sviluppo sostenibile per le comunità locali". L'incontro si terrà domani alle 10 su Teams - https://teams.microsoft.com/l/team/19%3aa2c155f431d6483bb19ebd41d062f582.
IL PICCOLO - SABATO, 26 settembre 2020
Recuperata sui fondali del golfo una tonnellata di reti "fantasma"
Operazione della Capitaneria di porto. Oltre 100 sanzioni in estate
nell'operazione Mare sicuro
Cinque reti "fantasma", per una tonnellata di peso e circa 3 km di
lunghezza, adagiate sui fondali di Trieste e in particolare di Grado: è questo
il "bottino" che ha rintracciato il Primo Nucleo subacquei della Guardia
costiera di San Benedetto del Tronto nel corso di questa settimana. Sei
operatori provenienti dal comune marchigiano si sono focalizzati soprattutto su
questa attività, avviata per la prima volta in Fvg, nell'ambito di un'operazione
condotta a livello nazionale dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie a
tutela dell'ecosistema marino. ll materiale è già stato destinato allo
smaltimento come rifiuto speciale a opera dei Comuni delle due città. L'attività
proseguirà nei prossimi mesi anche nelle altre aree della regione.Per quanto
riguarda Grado, dove a un miglio e mezzo dall'imboccatura del porto sono state
tirate su quattro reti, sono state le unità di diving private a segnalare alla
Capitaneria locale i possibili luoghi in cui trovare il materiale da pesca. Il
recupero di una rete inoltre, a causa della pesantezza dovuta pure ai piombi
presenti, è stato effettuato grazie al verricello di un peschereccio. A Trieste
invece il campanello d'allarme è stato lanciato dall'Area Marina protetta di
Miramare, vicino alla quale sono stati trovati quattro spezzoni di rete di circa
5-6 metri quadrati. Nonostante sia difficile stabilire da quanto tempo
permanessero in mare, si può affermare che le reti risalgono comunque a tempi
recenti: in alcune infatti è stato trovato anche del pesce incagliato.«Queste
reti rappresentano delle vere e proprie trappole per i pesci - ha sottolineato
il capitano di Corvetta Gianni Dessì, che dirige il nucleo -, perché con il moto
della corrente sottomarina si aprono e si chiudono, oltre a costituire parte
dell'inquinamento marino dei fondali». Il materiale da pesca rintracciato, in
quantità maggiore di quanto inizialmente preventivato, in queste zone viene di
solito perso accidentalmente dai pescatori. «Qui si capisce che il fenomeno
della pesca abusiva è molto limitato rispetto ad altre aree - ha evidenziato
Dessì -, dove si trovano per esempio le "spadare" (che sono illegali, ndr)».Per
quanto riguarda l'operazione "Mare sicuro 2020" (avviata a giungo e conclusasi a
metà settembre), ieri è stato inoltre diffuso il bilancio consuntivo
dell'attività, che riguarda l'intera regione. Sono stati effettuati più di
11.582 controlli e rilevate un centinaio di infrazioni (quindi meno di un
controllo su 100). Di queste, 102 sono illeciti amministrativi e quattro
illeciti penali (ambiente, sicurezza della navigazione e demanio). Sono state
infine soccorse 120 persone e 41 unità navali. «A fronte anche di una nostra
presenza costante che funge da deterrente - ha commentato Vincenzo Vitale,
comandante della Capitaneria di porto di Trieste -, abbiamo riscontrato una
coscienza civica e una cultura marittima molto elevate. E questo vuol dire
sicurezza. Con i comuni costieri lavorerò questo inverno per perfezionare e
aumentare i presìdi sul fronte balneazione».
Benedetta Moro
La centrale A2A a idrogeno «Dal 2024 emissioni zero»
Firmato un accordo con la Snam. L'amministratore delegato Mazzoncini:
«Subito la sperimentazione mista con il gas, poi soltanto green»
MONFALCONE. Non c'è solo il gas nel futuro, ormai prossimo, della nuova
centrale elettrica di Monfalcone nel 2024, ma l'idrogeno e la produzione di
energia potrà diventare a emissioni zero. Spariglia il campo e toglie il terreno
a qualsiasi "contrario" l'amministratore delegato Renato Mazzoncini che dalla
direzione della centrale Monfalconese, in anteprima, annuncia la svolta del
gruppo verso l'energia green. Ieri pomeriggio, poi, a Trieste, al Festival della
ricerca scientifica Trieste Next, alla presenza del ministro allo sviluppo
economico Stefano Patuanelli, la firma del memorandum di cooperazione
tecnologica tra A2A e Snam, siglato dallo stesso Mazzoncini e l'omologo della
Snam Marco Alverà. Un progetto sperimentale per verificare l'utilizzo di
idrogeno e accelerare la transizione della produzione elettrica a sistemi ad
emissioni zero, senza Co2.«Per la sfida del climate change non c'è soltanto la
strada dell'accumulo dell'idrogeno per le nuove batterie a cella - spiega
Mazzoncini - l'altra soluzione è utilizzare l'idrogeno, che è un gas,
inizialmente miscelato assieme al metano per far funzionare le centrali
termoelettriche. Gli impianti hanno già le turbine che funzionano a gas ad alta
efficienza con il metano. Con il mix andiamo a ridurre le emissioni di Co2
proporzionalmente alla percentuale di utilizzo, arrivando auspicabilmente anche
all'utilizzo di idrogeno puro, dunque a emissioni zero». Ci sono già alcune
centrali termoelettriche che potranno essere adattate alla produzione mista
metano/idrogeno e inizierà da subito la sperimentazione dopo l'accordo con la
Snam. Ma per Monfalcone, che nel 2024 ha progettato una nuova centrale, la
svolta si annuncia radicale. «A Monfalcone si può immaginare un revamping
(riavvio, ndr) dove nel capitolato di gara si preveda una centrale a ciclo
combinato a gas già pronta per funzionare a idrogeno - spiega l'amministratore
delegato -. Considerando i tempi di progettazione e costruzione la data di avvio
per noi è quella del 2024: stiamo andando avanti con la parte autorizzativa, che
speriamo di risolvere a breve. Ma la prospettiva non è quella di avere una
centrale utile per la sola fase di transizione energetica, quindi per i prossimi
20 anni, ma grazie alla prospettiva a idrogeno la centrale può essere
definitivamente una componente essenziale del sistema elettrico del Fvg. Da qui
al 2024 potremo iniziare a sperimentare da subito in nostri impianti
termoelettrici a gas che possono già accettare una percentuale di idrogeno. Un
impianto nuovo, sperimentale, per arrivare in futuro all'iutilizzo del 100% di
idrogeno e alle emissioni zero».Sul progetto di riconversione della centrale di
Monfalcone è tutto confermato, circa 400 milioni di finanziamento da parte di
A2A, una potenza di 850 megawatt e impianti a corollario, quali fotovoltaici o
"compensatori sincroni" se utili alla stabilità complessiva del sistema. Come
anche la connessione alla rete del gas con un tubo lungo meno di 2 chilometri
che si collegherà alla cabina del Lisert poco distante dall'autostrada. Ma che
un domani potrebbe essere tramutato in condotta per l'idrogeno. «Noi saremo gli
utilizzatori, la Snam distribuirà l'idrogeno - aggiunge Mazzoncini - e l'accordo
con loro serve per avviare la sperimentazione. Questa collaborazione può
rappresentare un'importante opportunità per valorizzare una filiera italiana di
infrastrutture chiave per raggiungere l'obiettivo europeo di emissioni zero al
2050».Secondo l'ad di A2A l'Italia come il resto dei paesi vedrà un forte
aumento della richiesta di energia elettrica. «Siamo in guerra per vincere la
sfida del climate change - ribadisce - l'obiettivo della transizione è arrivare
al 2050 con un consumo zero delle risorse fossili. È un errore di valutazione
dire che non servirà più elettricità, non possiamo immaginare una
deindustrializzazione. L'energia serve all'industria, alle abitazioni e alla
mobilità che nel futuro sarà tutta elettrica. Lo dicono tutte le stime
economiche».E Monfalcone, che è una centrale strategica per tutto il Nord
Italia, potrebbe diventare la prima, forse, tutta a idrogeno. È un momento
storico e un grande impulso arriverà anche dai fondi del recovery fund.
Giulio Garau
Posti "blindati" e l'elettricita' per i due porti
«La collaborazione con A2A è un primo passo per testare le potenzialità dell'idrogeno nella decarbonizzazione della produzione di elettricità e delle reti di distribuzione gas». A dichiararlo l'amministratore delegato della Snam, Marco Alverà. «Oltre a lavorare per rendere le infrastrutture di Snam hydrogen ready, - insiste l'ad - vogliamo mettere a disposizione le nostre competenze e fare sistema per accelerare l'introduzione dell'idrogeno verde nel settore energetico italiano. L'obiettivo è sviluppare una filiera nazionale che, in linea con quanto previsto dalla Hydrogen Strategy europea, possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del Green Deal e alla creazione di nuove opportunità di sviluppo e occupazione nel nostro Paese». Per la centrale di Monfalcone questo accordo prelude non solo alla riconferma dei circa 100 occupati. Ma anche all'aumento dell'occupazione se la sperimentazione lo richiederà. Tra le altre prospettive per Monfalcone e Trieste la fornitura di energia a km zero per le banchine dei due porti che saranno elettrificate. Su questo discuteranno in un prossimo incontro l'ad di A2A Renato Mazzoncini e il presidente dell'Autorità di sistema Zeno D'Agostino.
Marco Frittella a GeoGrafie: «Nessuno ci crede ma siamo un Paese "green"»
Oggi a Monfalcone il giornalista presenta il suo nuovo libro
sull'economia sostenibile a colloquio con il direttore de "Il Piccolo" Enrico
Grazioli
Monfalcone. Non è un libro per esperti: non tabelle o grafici, non una
teoria sull'economia circolare, ma storie con tanto di nomi e cognomi per
raccontare quei cittadini del nostro Paese che, in materia di ambiente e
sostenibilità, lasciano un segno profondo. "Italia green" (Rai Libri, pagg. 240,
euro 18) porta la firma di Marco Frittella, che oggi, alle 11.30, in un
appuntamento realizzato in collaborazione con il festival Leali delle Notizie,
sarà per Geografie in piazza della Repubblica a Monfalcone o, in caso di
maltempo, alla Biblioteca Comunale. A dialogare con il conduttore del Tg1 e
quest'anno anche di Unomattina, sarà il direttore de "IlPiccolo", Enrico
Grazioli. Frittella, l'Italia è un Paese "green"?«Siamo oppressi da molti
problemi, come la Terra dei Fuochi e le ecomafie, ma crediamo che siano la parte
prevalente del panorama nazionale. Invece c'è un'Italia virtuosa sotto il
profilo ambientale e dello sviluppo sostenibile, al punto che siamo primo Stato
in Europa per quanto riguarda l'economia circolare: la nostra media di raccolta
differenziata è il doppio di quella europea, molto superiore a quella tedesca,
francese, inglese e spagnola».Significa che siamo più bravi?«Significa che
abbiamo sviluppato più di altri i meccanismi produttivi legati a quel tipo di
economia, attraverso un reticolo di aziende di consorzi, di start up, di ricerca
e tecnologia per cui il riuso di prodotti utilizzati e consumati è molto più
ampio che in altri Paesi. Tanto è vero che, considerando tutti gli elementi che
definiscono un'economia circolare, l'Enea, su base Eurostat, dà all'Italia un
indice di circolarità pari a 100, mentre quello della Germania è di 89. È un
dato sorprendente e il 51% degli italiani non ci crede».Dove nasce questa
cultura "green"? Dalla politica, dai cittadini? «Riguardo l'aspetto normativo
abbiamo una serie di problemi, di lentezze, ma anche di virtù, perché abbiamo
adottato alcuni provvedimenti in materia prima di altri, penso alla plastica
monouso. Siamo stati apripista in Europa. Comunque, sì, riguardo le norme
abbiamo più problemi di altri. Invece, l'elemento molto importante è la dinamica
socioeconomica: l'insieme di aziende, istituti di ricerca, consorzi,
associazioni, singoli cittadini produce un'ecosostenibilità molto forte. Non
dimentichiamoci che in quest'ambito c'è il green business: molte aziende
italiane si sono rese conto prima di altre che soddisfare la richiesta di
"green" del consumatore le aiuta a svilupparsi, fa loro conquistare fette di
mercato».Il problema normativo è soprattutto di tipo burocratico?«La burocrazia
si limita ad applicare più o meno bene le norme che ci sono, ma è solo la parte
terminale del problema. Se c'è una giungla normativa, se c'è una stratificazione
pluridecennale di leggi tra loro contraddittorie, è un problema, appunto,
normativo e legislativo. E noi ci siamo complicati la vita in una foresta
inestricabile di norme che frenano la dinamica di cui parlo. Ma non la fermano».
Alex Pessotto
IL PICCOLO - VENERDI', 25 settembre 2020
Bike sharing in Porto vecchio - Pronte le due nuove stazioni
Una si trova davanti al Magazzino 28, l'altra vicino alla rotonda di
viale Miramare - L'invito dell'assessore Polli: «Grandi aziende e alberghi
creino ulteriori stalli»
Due nuove stazioni di bike sharing inaugurate ieri nella zona del Porto
vecchio e l'invito del Comune, rivolto a privati, a grandi aziende e hotel
soprattutto, all'acquisto di ulteriori postazioni, utili ad ampliare la rete
cittadina. Al momento sono oltre 8.700 gli iscritti al servizio BiTs e
dall'avvio a febbraio 2020 si contano finora 65 mila viaggi, con una media di
430 spostamenti al giorno. La stazione più utilizzata in assoluto è quella di
piazza Libertà, seguono Teatro Romano, Teatro Rossetti e via Cumano. Da ieri
quindi sono operative due nuove aree, attraverso il progetto Civitas Portis, che
punta ad avvicinare le persone a nuove soluzioni di mobilità. I due stalli,
ciascuno dotato di dieci biciclette, si trovano uno di fronte al Magazzino 28 e
uno nei pressi della nuova rotatoria che collega viale Miramare al Porto
vecchio. Sale a 12 quindi il numero complessivo dei punti dove prelevare i mezzi
in città. «Le ultime stazioni sono state aperte non a caso prima della Barcolana
- ha spiegato ieri l'assessore comunale all'Urbanistica e all'Ambiente Luisa
Polli - perché si trovano vicino al grande parcheggio Bovedo, che tanti potranno
utilizzare per lasciare l'automobile, spostandosi poi verso il centro pedalando.
In più - aggiunge - faccio un appello a tutte le grandi aziende presenti in
città, dove ad esempio ci sono tanti uffici, per installare autonomamente nuove
stazioni di bike sharing, che garantirebbero un duplice vantaggio: potrebbero
rappresentare per i dipendenti un modo comodo per muoversi, un'alternativa
all'auto ad esempio, e potrebbero ampliare la rete di bike sharing già presente.
Allo stesso modo invito anche gli alberghi a pensarci, perché si tratta
sicuramente di un valore aggiunto per i clienti». Tutti i viaggi sotto i 30
minuti restano gratuiti, e grazie alla proroga del periodo promozionale, fino al
31 dicembre è possibile acquistare un abbonamento semestrale al prezzo simbolico
di 3 euro. L'utilizzo del sistema è spiegato attraverso i cartelli presenti in
ogni postazione o semplicemente collegandosi al sito dedicato. Il modo più
comodo per accedere al servizio è scaricare l'app ed effettuare l'iscrizione
online. Tanti i triestini che, soprattutto negli ultimi mesi, hanno cominciato a
usufruire abitualmente delle bici. «Siamo felici che i cittadini abbiano accolto
con entusiasmo il servizio BiTs - commenta in una nota Gianluca Pin, direttore
commerciale di BicinCittà - e che si stia consolidando l'abitudine a usare il
bike sharing per gli spostamenti brevi in città». Ma con l'aumento degli utenti
sono tanti anche gli episodi di danneggiamenti. «Ricordo a tutti di rispettare i
mezzi - ha sottolineato ieri Polli - che spesso, purtroppo, sono stati
vandalizzati».
Micol Brusaferro
Trieste Trasporti - «Nessuna criticità a bordo dei bus»
Secondo la Trieste Trasporti non ci sarebbero situazioni di criticità a
bordo dei mezzi. A dimostrazione della situazione sotto controllo, l'azienda
fornisce i dati, «certificati», che mostrano solo poche volte il superamento
50-55% del carico massimo. La linea 6 risulta la più utilizzata al momento, con
il raggiungimento del 52,94% il 15 settembre, salito al 56,86% il 17 settembre,
giornata in cui comunque su una capienza massima di 102 passeggeri, le persone a
bordo sono state 58. Anche la linea 42 per Opicina ha segnato un dato del 50%
con 44 utenti a bordo, a fronte di un massimo di 88. Un po' più affollata la
linea 14 direzione via Cantù, con un 53,41% e 47 persone a bordo a fronte di una
capienza massima di 88.Tutte le altre tratte non evidenziano un superamento del
50% nei giorni scorsi. Tra i più utilizzati il bus che parte da piazza Libertà,
diretto a Cattinara, ma anche in questo caso capienza sotto controllo, 47,73%,
42 persone sulle 88 possibili.
Domenica - Litorale staranzanese ripulito da Legambiente
STARANZANO Riparte Puliamo il Mondo, la campagna di pulizia del litorale
promossa dal circolo Zanutto della Legambiente di Monfalcone. L'appuntamento è
per domenica alle 9 a Punta Barene a Staranzano. Verrà ripulita dai rifiuti una
parte del litorale a est della pista ciclabile che porta dal bosco degli
Alberoni all'isola della Cona. Un appello viene rivolto a tutti gli appassionati
che difendono la natura da parte dell'organizzazione e dal presidente di
Legambiente Michele Tonzar a partecipare in tanti, poiché più partecipanti ci
sono, maggiore sarà la zona che si riuscirà a liberare dai rifiuti. Legambiente
fornirà i guanti (portarli pure se ci sono quelli personali e nel caso di
partecipazione dei bambini procurarsi la misura adatta), poi il cappellino e la
pettorina e l'assicurazione per i volontari. Sono consigliate scarpe robuste e
una borraccia d'acqua. Legambiente ringrazia il Comune di Staranzano che
sostiene da decenni l'iniziativa e i giovani volontari della Cri di Monfalcone,
i giovani ambientalisti di NOPlanetB, il Cisv Gorizia, il gruppo di volontari di
Ourbeachcleanup Project e Isontina Ambiente. Si consiglia l'iscrizione tramite
l'e-mail del circolo: monfalcone@legambientefvg.it oppure chiamare al cell.
328/3648063.
CI.VI.
TRIESTE NEXT - Alverà: «La scommessa ambientale sui gas verdi come
l'idrogeno»
Le strategie dell'ad di Snam per ridurre le emissioni di CO2: «L'Italia è
stata la prima ad attivarsi»
Si dice ottimista Marco Alverà, 44 anni, amministratore delegato di Snam,
una delle principali società di infrastrutture energetiche al mondo. È uno dei
Ceo italiani più influenti sui social media e crede, con convinzione, che la
lotta ai cambiamenti climatici sia la sfida chiave, da vincere con uno sforzo
comune di istituzioni, imprese e cittadini. Interverrà a Trieste Next questo
pomeriggio. Alverà, le attuali scelte politiche, nazionali ed europee, possono
dare un apporto significativo per ridurre le emissioni CO2?Sono fiducioso. Il
Green Deal europeo è un ottimo segnale: con investimenti di mille miliardi di
euro in dieci anni è una sorta di nuovo piano Marshall. Insieme al Recovery Fund
potrà sostenere concretamente la transizione energetica e il rilancio
dell'economia. L'Italia è ben posizionata. Oltre alla questione tecnologica, ce
n'è anche una culturale. Come si può incentivare una maggiore consapevolezza
rispetto alla necessità della transizione energetica?È importante che
all'energia della protesta si affianchi una narrativa positiva e costruttiva per
incentivare il cambiamento. La paura crea paralisi, la speranza genera azione.
L'ottimismo è alla base dei due libri che abbiamo scritto sull'argomento per
contribuire al dibattito: Rivoluzione Idrogeno, che propone un piano in dieci
mosse per sviluppare l'economia dell'idrogeno, e Zhero, un racconto per
adolescenti nel quale tre ragazzi a Venezia si mettono all'opera per salvare il
pianeta. Quale strada state percorrendo come Snam?Crediamo nel potenziale dei
gas verdi, in particolare dell'idrogeno. Siamo stati tra i primi al mondo a
immetterlo nella nostra rete di trasmissione gas. Oltre ad affiancare
l'elettricità rinnovabile come soluzione per la decarbonizzazione, soprattutto
nell'industria, nel trasporto pesante e nel riscaldamento, l'idrogeno può
contribuire a creare un modello di sviluppo più equo, perché anche paesi oggi
privi di fonti come petrolio e gas ma ricchi di risorse naturali come sole e
vento potranno essere più autosufficienti dal punto di vista energetico. Quali
sono i vantaggi dell'idrogeno e come può essere utilizzato?L'idrogeno è
l'elemento più abbondante dell'universo. Se prodotto da fonti rinnovabili, non
rilascia emissioni di CO2. Permette di trasformare l'energia solare ed eolica in
un combustibile efficiente, facile da trasportare, stoccare, distribuire e
utilizzare. Tra cinque anni, secondo le nostre stime, potrebbe diventare
competitivo con i combustibili fossili in alcune applicazioni. A che punto si
trova l'Italia rispetto all'uso dell'idrogeno?L'Italia ha un vantaggio temporale
perché siamo stati tra i primi a partire nonché un vantaggio dovuto alla
tradizione manifatturiera. Inoltre disponiamo dell'infrastruttura di gas più
capillare d'Europa che stiamo rendendo pronta a trasportare idrogeno. Infine
abbiamo un vantaggio geografico per diventare un hub continentale dell'idrogeno
verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa. Secondo uno studio recente
di Ambrosetti e Snam, la filiera italiana dell'idrogeno può generare fino a
1.500 miliardi di euro di valore cumulato della produzione e dare vita a mezzo
milione di nuovi posti di lavoro nei prossimi 30 anni. Come ha influito la
pandemia da Covid-19 sulla transizione energetica?L'emergenza Covid ha
dimostrato che non si può vincere la sfida climatica fermando tutto. Ciò che
occorre è un intervento massiccio e strutturale di decarbonizzazione planetaria,
con un approccio sovranazionale e trasversale dei vari comparti energetici, in
grado al tempo stesso di promuovere il lavoro, le attività economiche e
migliorare gli standard di vita.
EMILY MENGUZZATO
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 settembre 2020
Via ai lavori di bonifica dal vinil-amianto alla materna di Fonderia
MUGGIA. Sono stati affidati, e sono in partenza, i lavori per la
manutenzione straordinaria della materna "Giardino dell'Infanzia" di Fonderia, a
Muggia. Si interverrà infatti sulla struttura scolastica del popolare quartiere
in quanto prescelta dal Comune quale destinataria di un contributo ministeriale
di 90 mila euro. Una cifra, questa, messa a disposizione precisamente dalla
Direzione centrale della Finanza locale del Dipartimento degli Affari interni e
territoriali del ministero dell'Interno per i comuni con una popolazione
compresa tra 10 mila e 20 mila abitanti - come Muggia appunto - e finalizzata a
investimenti destinati a opere pubbliche in materia di efficientamento
energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Con una recente deliberazione di
giunta è stato approvato il progetto definitivo ed esecutivo dell'intervento in
questione, redatto a inizio agosto dall'ingegner Luciano Zarattini, della Atec
Engineering di Trieste. L'intervento straordinario, che riguarda come detto la
scuola di via Carpentieri, prevede nello specifico l'esecuzione di interventi
per l'asportazione dei pavimenti in vinil-amianto, con colla contenente amianto.
Un lavoro di bonifica per il quale è necessario che l'operatore incaricato sia
iscritto in una categoria apposita, la numero 10, dell'Albo dei gestori
ambientali. La presenza di pavimenti in vinil-amianto è ancora molto diffusa nel
nostro Paese. Tra gli anni '60 e '80 era stato largamente usato soprattutto per
la pavimentazione di edifici pubblici come scuole, palestre e ospedali e anche
di alloggi popolari. La produzione dei pavimenti in vinil-amianto avveniva
miscelando cariche inerti, Pvc e, appunto, amianto, che serviva a migliorare le
proprietà di resistenza meccanica, al calore e alla corrosione. Il risultato era
un rivestimento molto simile al linoleum, con il quale spesso questo tipo di
rivestimento veniva confuso. D'altro canto in questi anni sono numerosi gli
istituti e gli enti che stanno procedendo alla bonifica di pavimentazioni nelle
quali è presente amianto. L'importo a base d'asta per l'esecuzione delle opere è
pari a 55.438,49 euro più Iva, cui vanno aggiunti altri 7.320,60 euro per oneri
della sicurezza non soggetti a ribasso. Per l'intervento alla materna di
Fonderia, assegnato attraverso affidamento diretto, è stata individuata la
Cerbone Giovanni & figlio di San Dorligo della Valle, iscritta nell'apposita
categoria dell'Albo dei gestori ambientali.
Luigi Putignano
Il Carso chiede via social più autobus per chi va in città
TRIESTE. Mancanza di collegamenti fra Carso e centro cittadino, coincidenze
poco utili per chi lavora e va a scuola, orari male assortiti. È sempre viva la
protesta dei residenti dell'altipiano riguardo le novità del trasporto pubblico
locale. In base a un sondaggio lanciato sui social dal gruppo Facebook "Vivere
Opicina e l'Altipiano", le lamentele e le richieste di modifica sono in
crescita. «Dalle risposte che abbiamo ricevuto da coloro che abitano sul Carso -
spiega l'amministratore del gruppo Diego Pangher - risulta che sarebbe utile una
modifica dell'orario della linea 51 che, rispetto alla 39 che ha sostituito,
garantisce un minor numero di corse. C'è poi la critica al fatto che la nuova 57
da Aurisina a San Giovanni offre, nell'arco dell'intera giornata, solo una corsa
di andata e una di ritorno. I cittadini chiedono poi un rafforzamento del
collegamento con l'ospedale di Cattinara e di quello fra Opicina e Prosecco,
oltre a quello con la stazione dei treni di Villa Opicina». Proseguendo
nell'elenco delle richieste, ecco la forte domanda di una corsa aggiuntiva al
mattino da Villa Carsia che possa portare verso le 7.45 in piazza Libertà e «di
cui beneficerebbero - precisa Pangher - gli studenti che vivono sull'altipiano e
frequentano le scuole del centro. Si garantirebbe anche un migliore
distanziamento». Dello stesso tenore la richiesta di una corsa aggiuntiva, al
pomeriggio, in direzione Opicina «che parta da piazza Libertà alle 14.45 per gli
studenti che rientrano da scuola. In alcuni istituti infatti le lezioni
finiscono alle 14.30. Sempre pensando ai ragazzi si richiede , ancora, un bus
con partenza alle 16.15 da Villa Carsia, per permettere agli alunni di Banne di
poter tornare a casa. Sarebbe utile infine - conclude Pangher - modificare la
partenza da Villa Carsia delle 13.50 di cinque minuti, per gli alunni della
scuola de Tommasini di Opicina e di Banne».
U.SA.
Duino Aurisina - Una mostra per aiutare il mondo "sopra e sotto" contro l'inquinamento
Si inaugura questa mattina nella sala Grotte del castello di Duino, la mostra intitolata "Rispettiamo il mondo sopra e sotto", dedicata in particolare alle problematiche dell'inquinamento ambientale, soprattutto l'inquinamento causato dalle plastiche. La mostra sarà preceduta da una conferenza, che inizierà alle 10.30 e che si svolgerà nel vicino Centro congressi, promossa dal Sistiana Diving, con il supporto scientifico del Wwf Area marina protetta di Miramare e il patrocinio e il contributo del Comune di Duino Aurisina. Nell'ambito dell'inaugurazione della mostra sono previsti interventi di Daniela Pallotta e Massimo Romita, rispettivamente sindaco e assessore comunale per l'Ambiente di Duino Aurisina, Fabio Scoccimarro, assessore regionale per l'Ambiente, Andrea Sauro del Diving Sistiana, Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare, Leonardo Marcuzzi e Marco Mallardi, i due studenti che hanno recentemente creato la app per salvare gli oceani dalla plastica e che hanno lanciato un'iniziativa per raccogliere fondi da destinare a tale scopo. Moderatore dell'incontro il giornalista Silvio Maranzana.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 settembre 2020
Colosso del gas fa causa alla Slovenia
Perché lo Stato ha chiesto la valutazione di impatto ambientale
sull'attività estrattiva. Anche accuse di lungaggini
LUBIANA. La Slovenia è sotto pressione per mano della potente società
britannica Ascent Resources che minaccia di portarla in tribunale. Compatta e
forte la reazione di tutte le ong ambientaliste del Paese: lo Stato non deve
cedere alle pressioni di Ascent Resources, che ha annunciato una causa contro la
Slovenia dovuta alla decisione dell'Agenzia per l'ambiente della Repubblica di
Slovenia (Arso) di richiedere una valutazione di impatto ambientale per il loro
progetto a Petisovsko polje. Lo Stato si impegni a proteggere l'ambiente e la
salute umana, dicono all'unisono le ong. Ascent basa la causa annunciata sulla
base del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato,
il cosiddetto meccanismo Isds (Investor state dispute settlement), il cui
pericolo è stato reso noto da molti anni dalle organizzazioni non governative.«È
oltraggioso citare in giudizio la Slovenia per l'attuazione delle nostre leggi e
regolamenti per la protezione dell'ambiente e della salute umana. Gli effetti
del fracking sono così pericolosi per l'ambiente e la salute umana che molti
Paesi europei, tra cui Irlanda, Francia e Bulgaria, lo hanno completamente
bandito», ha affermato Lidija Zivcic di Focus, un'associazione per lo sviluppo
sostenibile, in un comunicato stampa. «Ascent Resources è probabilmente
consapevole di come la valutazione del danno ambientale sarebbe terminata a
causa della nocività del fracking, e quindi hanno fatto ricorso all'unica
opzione rimasta per evitarlo», ha aggiunto. Andrej Gnezda di Umanotera ritiene
che la Slovenia dovrebbe immediatamente ritirarsi da tutti gli accordi di libero
scambio o altri accordi internazionali che includono il controverso meccanismo
Isds o la sua forma riformata. «Solo in questo modo - ha sostenuto - la Slovenia
potrà attuare la propria legislazione e proteggere l'ambiente e i suoi abitanti,
senza essere minacciata da cause multimilionarie in tribunali arbitrali
speciali». Secondo le organizzazioni non governative, ora è anche il momento
giusto per il governo sloveno di sostenere attivamente a Bruxelles la modifica
del Trattato sulla Carta dell'energia, che contiene anche il meccanismo
controverso. Sono attualmente in corso le trattative per il rinnovo del suddetto
contratto. In caso contrario, alla Slovenia non resta altra scelta che ritirarsi
completamente dal trattato sulla carta dell'energia, seguendo l'esempio
dell'Italia. Nel marzo 2019 Arso ha deciso che per ottenere un'autorizzazione
ambientale per la produzione di gas stimolando i pozzi nel Petisovsko polje,
deve essere effettuata una valutazione dell'impatto ambientale. A causa della
suddetta richiesta, che descrive come politica, Ascent Resources ha annunciato
una causa contro la Slovenia. L'azienda britannica, con diverse filiali
internazionali, accusa anche le autorità slovene di procedure decisionali troppo
lunghe.
Mauro Manzin
Energie Rinnovabili - A Pago sta per partire la costruzione di un impianto
eolico
PAGO La Croazia pare avere finalmente capito l'importanza dell'entrata in
funzione di centrali eoliche e solari, potendo contare su fonti energetiche
rinnovabili abbondanti. Dopo la recente inaugurazione dell'impianto fotovoltaico
nell'isola di Lissa, prossimamente comincerà la costruzione di una centrale
solare a Novalja, sull'isola altoadriatica di Pago, dove sole e venti (specie la
bora) sono di casa. Il progetto comporterà un investimento importante, sui 10
milioni di euro, con la struttura che annualmente produrrà 25 GWh, quanto basta
per coprire il fabbisogno di buona parte degli abitanti di quella che viene
definita come l'isola più lunga dell'Adriatico. La centrale verrà costruita
dall'impresa Rp Global, già fattasi valere in Croazia per progetti similari.
Infatti pochi anni fa le sue maestranze hanno costruito due impianti eolici in
Dalmazia: il Danilo, nell'entroterra di Sebenico e il Rudine, situato lungo le
coste del Raguseo. Dato che l'impianto fotovoltaico immetterà cifre consistenti
nelle casse comunali di Novalja, per l'esattezza 250 mila kune (33,1 mila euro)
l'anno, le autorità locali non hanno perso tempo, provvedendo ad emendare il
Piano regolatore della Regione della Lika e di Segna, contea in cui si trova la
località di villeggiatura di Novalja. «La mia impresa e l'amministrazione
municipale - ha dichiarato Bojan Rescec, direttore di Rp Global e vice
presidente dell'Associazione per le energie rinnovabili in seno alla Camera
d'Economia croata - hanno trovato subito un'intesa. Posso confermare che gran
parte della forza lavoro in questa centrale sarà di Novalja e immediati
dintorni. Oltre alle 250 mila kune annue, Novalja e l'isola di Pago avranno
altri benefit derivanti dall'impianto».La centrale fotovoltaica isolana, ha
rivelato Rescec, è solo una parte dell'ambizioso progetto energetico di Rp
Global per la contea della Lika e di Segna, che contempla l'approntamento di una
serie di impianti solari ed eolici che potrebbero far diventare la regione una
sorta di progetto pilota nella diversificazioni delle fonti energetiche a
livello nazionale. Uno sprone per rendere la Croazia un Paese più green e
rispettoso dell'ambiente meraviglioso di cui è costituita, soprattutto lungo il
mare Adriatico.