Home chi e dove news agenda documenti rassegna stampa links

 

 

RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2020

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 dicembre 2020

 

 

La centrale di Krsko torna a pieno regime «controlli ok»
Zagabria. Nessun impatto dalle scosse di assestamento di ieri all'alba, né da quella di martedì mattina. E impianto pronto a "riaccendere" il reattore e a produrre energia elettrica come prima del sisma. Lo ha annunciato ieri il management della centrale nucleare di Krsko (Nek), in Slovenia. Krsko era entrata in «shutdown automatico», procedura standardizzata di arresto in sicurezza del reattore che, prevista dai sistemi di controllo, si era attivata dopo il sisma di martedì. Per tutta la giornata di ieri l'equipaggiamento della centrale è stato «ispezionato in maniera sistematica» ed è stato così verificato che l'impianto «non ha subìto alcun danno e i sistemi controllati funzionano correttamente». Da qui la decisione di iniziare le procedure di riconnessione di Krsko alla rete nazionale slovena, già in programma per ieri sera, con il ritorno entro oggi «a pieno regime». Martedì l'Autorità di sicurezza nucleare slovena aveva reso noto l'avvenuto arresto automatico rassicurando che non vi erano state anomalie. La Iaea (International Atomic Energy Agency) ha reso noto - riferisce dall'Italia l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e radioprotezione - che «l'evento non ha determinato, almeno dal punto di vista radiologico, impatti sull'ambiente». In Italia intanto continuano le prese di posizione. Per il consigliere comunale di Trieste Bruno Marini (Forza Italia), «il terremoto dimostra che il pericolo è reale. Va rilanciata una azione diplomatica forte a livello di governo e della Regione Fvg per arrivare, se non alla chiusura dell'impianto, a misure che garantiscano sicurezza totale».

st.g.

 

SEGNALAZIONI - Centrale nucleare - Krsko va chiusa non raddoppiata

Lunedì 3 agosto 2020 Il Piccolo titolava in prima pagina "Krsko 2, il piano del raddoppio - Croazia pronta a co-finanziare il secondo reattore della centrale slovena che si trova a soli 110 chilometri dal Friuli Venezia Giulia". Dopo il violento sisma dei giorni scorsi che ha sconvolto la Croazia e distrutto Petrinja, la centrale atomica slovena è stata posta in stand by per controlli. Ritengo che il governo italiano, oltre a offrire il supporto immediato della Protezione civile per le prime necessità alle popolazioni colpite, dovrebbe con voce chiara e forte chiedere ai due vicini Paesi, Slovenia e Croazia, cui la Centrale di Krsko appartiene, di predisporre un piano per la chiusura definitiva di quell'impianto che ripetute segnalazioni da parte di esperti geologi italiani hanno evidenziato, già da diversi anni, sorgere in zona a elevato rischio sismico. Mi chiedo inoltre come questi Paesi possano sperare di accedere ai fondi che la Commissione europea elargirà nell'ambito del Green Deal europeo, volendo finanziare il raddoppio di una centrale atomica obsoleta, gravata da rischi sismici chiaramente evidenziati dal terremoto. L'energia atomica legata alla fissione non rientra tra le energie rinnovabili previste dal Green Deal. Anche i progettisti giapponesi della Centrale di Fukushima giuravano sulla sicurezza di quell'impianto, sorto in un territorio a elevata sismicità. Abbiamo visto com'è andata. Auspico quindi che le forze politiche italiane trovino la determinazione e il coraggio di chiedere ai vicini Stati confinanti e alla Commissione europea non solo di abbandonare il progetto del raddoppio del reattore di Krsko, ma di programmare la chiusura definitiva di quell'impianto nucleare, potenziale pericolo non solo per i territori sloveno e croato ma per ampie aree di quello italiano.

Sergio de Luyk

 

 

La Contea torna in campo contro il terminal gnl di Veglia
Komadina si schiera con il Comune sul tema dell'inquinamento acustico e sul "caso bora": «Tre rimorchiatori per evitare che la nave prendesse il largo»
VEGLIA. Nella vicenda del rigassificatore galleggiante di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola quarnerina di Veglia, scende in campo anche il governatore della Regione del Quarnero e Gorski kotar, il socialdemocratico Zlatko Komadina. Avversato dagli enti locali fin dalla fase progettuale, il terminal metanifero è entrato nel mirino da ultimo a causa del rumore prodotto durante le operazioni di sperimentazione, e non solo. Ma andiamo con ordine. Komadina, da sempre contrario all'impianto offshore in quanto collocato in un'area importante dal punto di vista turistico, si è schierato in conferenza stampa con il Comune di Castelmuschio dichiarando che vi si affiancherà nella misurazione dei decibel prodotti dalla nave. «Lo studio di impatto ambientale - ha ricordato Komadina - non ha trattato questo problema e anzi nel documento si sostiene che la nave Fsru lavorerà in modo sostanzialmente silenzioso, anche in questa prima fase. Ma non è così, come si è visto in queste settimane in cui la sindaca di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic, e i suoi più stretti collaboratori sono stati tempestati dalle telefonate di protesta di residenti di quella e di altre località, come Costrena e Portore'». Il governatore si è poi soffermato su un altro aspetto emerso nei giorni scorsi, quando l'isola e tutto l'Alto Adriatico sono stati sferzati da forte bora: «È servito l'intervento di tre rimorchiatori - ha attaccato - per evitare che l'ex metaniera prendesse il largo. Dunque avevamo ragione noi nel sostenere che si doveva costruire il rigassificatore sulla terraferma e non in mare, a pochi metri dalla costa». Il terminal galleggiante a questo punto «deve essere collocato in mare aperto e non a breve distanza dalla riva», ha concluso Komadina: «Purtroppo non ci rallegra l'avere avuto ragione nella posizione che abbiamo assunto, in quanto prevediamo altre turbolenze nell'attività dell'impianto».Sul "caso bora" ha rincarato la dose la sindaca Ahmetovic: «Mi chiedo cosa succederà in presenza di bora ciclonica, più intensa di quella che abbiamo visto alcuni giorni fa. Lo Studio di impatto ambientale si è basato sui dati della stazione meteorologica di Cosala, a Fiume, benché ci siano anemometri posizionati anche al vicino aeroporto di Veglia e presso l'Oleodotto adriatico». Secondo Ahmetovic però non sarebbero stati «presi in considerazione», ha concluso la prima cittadina puntando esplicitamente il dito contro il partito di governo a Zagabria, «l'Hdz, e contro il ministro dell'Economia e Sviluppo sostenibile, Tomislav Coric».Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska, l'azienda pubblica che gestisce l'impianto, non ha voluto commentare l'episodio legato al vento, limitandosi a sostenere che domani, quando è in programma l'avvio dell'attività vera e propria del rigassificatore, l'inquinamento acustico che ne ha caratterizzato la fase sperimentale scomparirà.

Andrea Marsanich

 

 

Pescatori, da domani un mese di fermo - stabilito da Zagabria
FIUME. Ancora oggi le pescherie istriane, fiumane e dalmate potranno vendere pesce azzurro fresco di taglia minuscola: dalla mezzanotte scatterà il fermo biologico per sardelle, alici e papaline. Il divieto è stato stabilito dal ministero dell'Agricoltura e Pesca ormai una quindicina di anni fa, fra polemiche puntuali. Quest'anno Zagabria però ha permesso ai pescatori professionisti con reti da circuizione di rimanere in attività non fino al 24 dicembre, ma fino a fine anno. Il fermo biologico resterà in vigore sino a fine gennaio, anche se già ieri il pesce fresco ha scarseggiato sia perché la categoria era ormai abituata a non uscire in mare nell'ultima settimana dell'anno, sia perché vari titolari di imbarcazioni da pesca hanno usufruito del cosiddetto Covid-fermo biologico, lanciato dal governo croato per tutto il mese di dicembre. In base a questo provvedimento i proprietari dei pescherecci rimasti fermi e i componenti degli equipaggi sono stati risarciti con fondi Ue. A prendere il largo poi potevano essere solo le barche che non avevano superato la quota di prelievo di dicembre, fissata a 100 tonnellate per ciascun motopesca. In questo periodo poi, sempre causa Covid, sono mancati i clienti che solitamente arrivavano dall'Italia. I pescatori croati potranno tornare in mare da febbraio ad aprile, mentre maggio sarà il mese del secondo fermo previsto, con cui dopo decenni di ipersfruttamento si cerca di tutelare l'ambiente.

a.m.

 

 

Rosolen: «Ferriera, ora basta propaganda» - l'intervento nella polemica M5S-Scoccimarro
L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro «non è credibile quando si attribuisce meriti non suoi sulla chiusura della Ferriera: non sono stati certo quattro comunicati di contrarietà allo stabilimento o una letterina inviata ad Arvedi in cui auspicava la chiusura a convincere un imprenditore a rivedere il piano industriale». Lo afferma, in una nota, il consigliere regionale del M5s Andrea Ussai: «Crediamo che il merito di questo obiettivo raggiunto vada attribuito alle associazioni e ai cittadini che si sono battute per la chiusura, anche e soprattutto al ministro Patuanelli che ha reso possibile un nuovo Accordo di programma». E sul tema in serata ecco il comunicato dell'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, che predica toni più bassi, a quanto si capisce anche nei confronti del collega di giunta, e prende «le distanze da chi fa propaganda sulla pelle delle persone. Non è una gara tra governo, Regione e Comune. Certe rivendicazioni abbattono il livello di credibilità delle istituzioni».

 

 

Comitato Dolci - Marcia della Pace domani su Fb
Il Comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci invita a partecipare alla Marcia della Pace, che si tiene tradizionalmente il primo gennaio, ma che domani per ragioni legati alla pandemia si svolgerà in un'inedita modalità "virtuale". Chi vuole può inviare «un post o un video con un pensiero e la adesione dalle 16 alle 19 al profilo Fb Comitato Dolci Trieste. Staremo tutti insieme testimoniando il nostro desiderio di pace con l'augurio per un anno migliore».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 dicembre 2020

 

 

Gli ambientalisti alla Regione: «Vasche dei pesci, altri test»

LA RICHIESTA ALL'ENTE DI UNA PROCEDURA DI "VIA" PER L'IMPIANTO DI DUINO
DUINO AURISINA. Avviare una "Via", una procedura di "Valutazione di impatto ambientale", per approfondire le problematiche che comporta la presenza, nelle acque di Duino Aurisina, delle strutture per l'allevamento intensivo del pesce della Valle Ca' Zuliani. È questa la richiesta che il gruppo "Salute e Ambiente Fvg" di Duino ha formulato in questi giorni alla Direzione centrale Ambiente della Regione. L'obiettivo è «completare un'approfondita verifica di tutti gli aspetti che incidono sull'ambiente naturale e sul contesto generale» in conseguenza dell'attività delle 58 "vasche" . Il testo con il quale il portavoce del gruppo Danilo Antoni si è rivolto all'amministrazione regionale è in realtà una replica alla risposta che la stessa Regione ha dato a una precedente richiesta di "Salute e Ambiente", con la quale gli ambientalisti duinesi avevano espresso notevoli perplessità sull'attività di pesca intensiva nel golfo, facendo esplicito riferimento all'aumento da 52 a 58 del numero di vasche presenti. La Regione ha dato incarico all'Arpa di approfondire la questione, arrivando a fornire questa risposta conclusiva: «In base agli elementi a disposizione - si legge nella lettera indirizzata allora dalla Regione a "Salute e Ambiente" il primo dicembre - a meno di dimostrate ulteriori evidenze dell'impatto determinato dall'ampliamento di sei vasche, non si ravvede la necessità di rivedere le valutazioni autorizzative già espresse, inerenti l'ampliamento dell'impianto». «Contestiamo numerosi aspetti delle conclusioni notificateci - sottolinea Antoni nell'ultimo documento inviato - e in particolare il fatto che le gabbie posizionate per prime, circa 30 anni fa, non sono mai state analizzate sotto il profilo dell'impatto ambientale. Inoltre la grande concentrazione di elementi o materia organica nell'allevamento risulta dannosa per l'ecosistema marino».-

Ugo Salvini

 

 

Centrale di Krsko - Blocco automatico, scattati i controlli dopo il terremoto.
L'Agenzia slovena conferma il fermo dell'impianto - Ma si riaccende la polemica sull'ipotesi del raddoppio
Trieste. La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, si è spenta automaticamente dopo il terremoto che ha colpito la Croazia. Non si registrano danni, ma torna d'attualità il tema del futuro dell'impianto, con un'esponente del governo austriaco che ne auspica la chiusura e la Regione Fvg che esprime forti perplessità sul possibile raddoppio della centrale. L'Agenzia per l'ambiente della Repubblica di Slovenia ha confermato che il terremoto di Petrinja ha causato l'arresto automatico della centrale di Krsko, situata a soli 80 chilometri a est dall'epicentro della scossa più forte registrata in Croazia alle 12.19. Pochi minuti dopo peraltro, alle 12.24, è stata registrata una scossa di terremoto di magnitudo 4,1 e stavolta con epicentro a Hinje, in Slovenia, 60 km a est dalla centrale stessa. Il reattore è stato posto immediatamente in sicurezza dal personale che ha iniziato subito a eseguire le procedure avviando al contempo le ispezioni sugli impianti. Non si sono registrati impatti sull'ambiente. L'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione italiano ha subito verificato le condizioni della centrale contattando la Snsa (Slovenian nuclear safety administration) e ricevendo conferma dell'arresto automatico dell'impianto. Intanto, a intervenire via twitter sul futuro della centrale è stata Leonore Gewessler, ministro delle Infrastrutture e ambiente del governo austriaco, la quale ha ricordato che Krsko si trova in una zona sismica: «Il nucleare - ha scritto - resta un rischio altissimo per l'Austria. Ecco perché la mia linea non cambia: raus aus atom (esci dall'atomo, nda)». Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, ha contattato Danijel Levicar, amministratore delegato di Gen Skupina, la società slovena che detiene il 50% della centrale mentre l'altra metà è della croata Hrvatska elektroprivreda. Levicar «mi ha rassicurato riguardo il blocco preventivo causa il terremoto - dice Scoccimarro -: non vi sarebbero danni strutturali né tantomeno alterazioni sulla misurazione della radioattività rilevati in loco a Krsko ed in regione da Arpa. Se da un lato sono rassicurato dai rapporti ufficiali oltre a quelli interpersonali - aggiunge l'assessore della giunta Fedriga - dall'altro non posso che manifestare ancora una volta preoccupazione per una centrale nucleare non di ultima generazione a 130 chilometri dal nostro confine, e per l'ipotesi di raddoppio con tanto di sponsorizzazione economica degli Usa, che se non sbaglio distano più di 7.000 km». Il raddoppio di Krsko ipotizzato nei mesi scorsi dalla Slovenia - con la Croazia pronta a cooperare - potrebbe costare 7 miliardi: i due Paesi ne avrebbero parlato anche nei mesi scorsi, ma al momento non ci sono atti ufficiali. Intanto ieri i consiglieri regionali del M5S invitano la Regione a riflettere «su un'azione di moral suasion nei confronti della Slovenia per arrivare allo spegnimento di quella centrale, magari puntando sulle fonti rinnovabili. Scoccimarro voleva entrare nella società per controllarla da dentro, ben sapendo che la stessa è costruita in territorio soggetto a terremoti. Noi continuiamo a chiedere che si lavori per la chiusura anche dell'attuale reattore, non solo per oggi e domani, ma per sempre. Altro che raddoppio», dicono i pentastellati in una nota. L'ex consigliere regionale Giulio Lauri chiede invece al governatore Massimiliano Fedriga di intervenire con il ministero degli Esteri per un controllo attento della centrale. Elena Grandi e Matteo Badiali, esponenti di Europa Verde, e il portavoce di Sinistra italiana Nicola Fratoianni invocano un intervento di Roma e della Ue annotando la pericolosità dell'impianto.

Andrea Pierini

 

 

SEGNALAZIONI - Monfalconese. Scempio ambientale lungo il litorale Marina Julia, Alberoni e Punta Barene, effetto Hiroshima.

È stato definitivamente cancellato quel bel, piccolo, ecosistema di grande biodiversità ed unico nella zona, che alloggiava nella superficie inclinata e rasoterra dell'argine che va da Marina Julia passando per Alberoni, arriva al marina di Punta Barene. Questa folta vegetazione accoglieva d'estate, con la sua densa ombra, il pedone e il ciclista che e d'inverno riparava i medesimi dalla bora e dallo scirocco. Si trattava di vegetazione spontanea, molti bellissimi alberetti già grandi e cespugli di varie essenze. Bastava con una sapiente selezione sfoltire, potare, curare eventualmente eliminando gli alberi troppo invadenti e pericolosi e tagliando quelli secchi. Vi erano persino alberelli da frutto. Essendo state tolte persino le radici, non ci sarà neppure la possibilità di ricrescita. Il colpo d'occhio è devastante, una vera pugnalata al cuore. Nella parte superiore dell'argine pedonale e nella inferiore ciclabile si sarebbero potuto ottenere ugualmente lo stesso risultato senza attuare l'ennesimo insulto alla natura. Come nel caso della Val Rosandra di Trieste, queste cose accadono in silenzio senza che vengano coinvolte e quindi possano intervenire le associazioni protezionistiche della natura.

Furio Mantani

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 dicembre 2020

 

 

Binari istriani da rilanciare con la carta del cicloturismo
Intesa siglata fra le Ferrovie e l'Agenzia di sviluppo regionale nell'ambito di un programma transfrontaliero Italia-Croazia per la mobilità sostenibile
Pola. Dopo aver assicurato che non ci sarà alcuna riduzione dei collegamenti lungo la rete ferroviaria istriana, la direzione delle Ferrovie croate gioca la carta del cicloturismo per il rilancio del trasporto su rotaia, impiegando fondi messi a disposizione dall'Unione Europea.Il presidente della direzione delle Ferrovie per il trasporto passeggeri Zeljko Ukic ha firmato con il direttore dell'Agenzia di sviluppo regionale Boris Sabatti un contratto di collaborazione per l'incremento del trasporto ferroviario in territorio istriano incentrato appunto sul cicloturismo: con la sottoscrizione dell'intesa le due parti diventano partner nei progetti Icarus e Mimosa nell'ambito del programma di cooperazione transfrontaliera Italia - Croazia che mira a promuovere la mobilità sostenibile a livello locale, regionale e transfrontaliero e a offrire collegamenti multimodali. «In termini concreti - ha spiegato Sabatti - entro l'inizio della stagione turistica 2021 alcuni vagoni in servizio sulla ferrovia istriana verranno adibiti al trasporto di biciclette. Nelle stazioni verranno poi collocati pannelli informativi e punti di ricarica per le bici elettriche, il che di riflesso comporterà vantaggi per l'economia locale in particolare nei territori di Pisino, Parenzo, Rovigno, Canfanaro e Lupogliano». L'Agenzia solleciterà anche la collaborazione degli enti turistici locali. Intanto la Città di Rovigno e il comune di Canfanaro hanno già compiuto i primi passi annunciando la trasformazione in pista ciclabile della ferrovia che un tempo collegava le due località. Si tratta dunque dei primi, timidi segnali per tentare di rilanciare la ferrovia istriana costruita nel 1876 ai tempi dell'impero austroungarico, ed entrata in progressivo degrado con la nascita della Croazia come stato indipendente. A causa delle locomotrici Diesel piuttosto vetuste - l'età media supera i 40 anni - e quindi soggette a frequenti guasti, succede non di rado ai passeggeri di dover salire sui bus sostitutivi lungo la linea Pola-Pinguente che conta 18 collegamenti giornalieri. A oggi la linea è un segmento isolato dal mondo: da Pola si può raggiungere fino a Pinguente e da qui occorre prendere il pullman per raggiungere la stazione slovena di Divaccia. Ai tempi della Jugoslavia il collegamento era diretto, ma con la nascita degli Stati indipendenti il confine si è dimostrato insuperabile. La linea conobbe il momento di maggior splendore alla metà degli anni Otta nta del secolo scorso, quando il numero annuo di passeggeri era di 900.000. La penisola però non è mai stata collegata con Fiume: oggi il treno in partenza da Pola si ferma a Lupogliano e per raggiungere il capoluogo quarnerino bisogna proseguire in autobus.

Valmer Cusma

 

 

Insulti a Ciriani per il caso Val Rosandra, assolti
Cadute le accuse nei confronti di due triestini che avevano definito "luridi" e "schifosi" l'ex assessore e i suoi collaboratori
 Trieste. "Luridi" e "schifosi". Così sui social due triestini avevano definito nel 2018 il parlamentare di Fratelli d'Italia Luca Ciriani e altri esponenti regionali, commentando la notizia dell'annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza di condanna della Corte d'Appello di Trieste per il taglio degli alberi in Val Rosandra nel marzo 2012, eseguito quando Ciriani era assessore regionale ad Ambiente e Protezione civile. L'ex vicepresidente della giunta Tondo, in seguito approdato in Senato, aveva subito querelato la coppia. Querela sporta anche nei confronti di altri sei cittadini, autori di ulteriori contenuti pubblicati su Facebook e da lui ritenuti diffamatori. Nel loro caso, però, la vicenda non era finita in Tribunale, ma si era conclusa con un risarcimento in via stragiudiziale da parte degli autori dei post offensivi e con la successiva remissione della querela da parte di Ciriani. Risarcimento poi devoluto in beneficenza. Per quei "luridi" e "schifosi" invece la battaglia legale è andata avanti. Nei giorni scorsi il verdetto. Il Tribunale di Trieste ha deciso di non procedere nei confronti dei due cittadini querelati dall'ex assessore - difesi dagli avvocati Letizia Pascutto e Stefano Briscik -. Il giudice Francesco Antoni ha emesso nei loro confronti una sentenza di assoluzione per la particolare tenuità del fatto. Si aprono comunque ora le porte per un eventuale procedimento civile. Nessun risarcimento bis dunque per il senatore Ciriani - difeso dall'avvocato Lorenzo Presot -, che nel 2017 era stato condannato in secondo grado, assieme al capo della Protezione civile Guglielmo Berlasso e ai funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin, per presunta distruzione di un habitat protetto. Un esito che ribaltava completamente quello di primo grado, che aveva assolto invece gli imputati. Il processo era stato innescato da un esposto di Legambiente sui lavori di deforestazione della Val Rosandra, ritenuti troppo invasivi ed eseguiti dai volontari della Protezione civile tra il 24 e il 25 marzo del 2012 nell'ambito della pulizia di sponde arginali, del taglio di piante pericolanti in corrispondenza degli argini e dell'eliminazione dalle sponde di vegetazione infestante. È in questo contesto dunque che hanno preso il via i commenti di tanti utenti Facebook sulla pagina del Piccolo, in cui era stato pubblicato l'articolo che dava notizia appunto della sentenza di annullamento della Corte di Cassazione, che ancora una volta ribaltava il risultato giudiziario.

Benedetta Moro

 

 

Si riapre l'asta per l'ex Obelisco - Un doppio rilancio blocca la vendita
La cessione del complesso di Opicina era cosa fatta. Poi al fotofinish nuove offerte da due sfidanti. Verdetto a marzo
Un Obelisco carsolino che si è messo a svettare incontenibile. Il mondo economico, compreso quello immobiliare, è veramente imperscrutabile: l'ambizioso albergo anni Settanta, disegnato da Gae Aulenti su una vecchia stazione di posta risalente alla prima metà del XIX secolo, rapidamente andato a ramengo poco dopo la costruzione e fermo da una quarantina d'anni, è diventato di moda dopo innumerevoli tentativi d'asta andati deserti, che ne avevano abbassato il valore a un milione e 125 mila euro. Adesso invece per comprarlo occorrono un paio di milioni abbondanti e a fare da "lepre" è la famiglia Andretta, una stirpe di albergatori e campeggiatori lignanesi. Nel giro di un anno, tra l'inverno 2020 e quello 2021 ben tre tornate di gara hanno interessato e interesseranno il grande complesso alle porte di Opicina, che sembrava ormai avviato a essere un reperto di autopsia immobiliare. La terza prova fissata dalla milanese Sivag indica il termine ultimo di partecipazione alle ore 12.30 del 15 marzo, si parte da un prezzo-base di un milione e 950 mila euro, il rilancio minimo è di di 25 mila euro: le modalità sono a cura del collegio dei curatori del fallimento Gladstone, formato dai professionisti meneghini Patrizia de Cesari, Giorgio Canova, Andrea Zonca.Finalmente è più chiaro il quadro di chi ha gareggiato e chi gareggia. Seguiamo l'ordine cronologico. Il primo a ottenere l'aggiudicazione provvisoria dell'Obelisco per un milione e 125 mila euro fu lo scorso febbraio la "Fur Veicolo 4 srl", dietro la quale agisce la Ferret del terzetto giulio-friulano Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone, Alberto Diasparra. Ma pochi giorni dopo giunse ai curatori un'offerta migliorativa per il 10%, si andò in gara a metà settembre e, dopo una serie di rilanci, prevalse la Matt srl di Stefano Campestrini, con sede in via Torre Bianca 10 a Trieste, azienda specializzata in operazioni immobiliari: la spuntò a un milione e 765 mila euro, mentre Ritossa-Pedone-Diasparra ritennero di fermarsi prima. Tutto fatto? Eh no, perchè una decina di giorni più tardi, quando siamo al 26 settembre, al collegio curatoriale arrivò un'ulteriore proposta migliorativa, anch'essa del 10%, pari a un milione e 950 mila euro, regolarmente cauzionata da un bonifico di 98 mila euro equivalente al 5% dell'offerta. Allora i curatori, avvalendosi dell'articolo 107, comma 4, della Legge fallimentare, fermarono la vendita alla Matt e riaprirono il torneo fino alle Idi di marzo. A presentare la proposta stavolta, come anticipato, è la famiglia Andretta: il padre Mario Enrico e il figlio Marco gestiscono attività imprenditoriali in ambito turistico, che comprendono i camping "Sabbiadoro" a Lignano e "Punta Spin" a Grado, l'hotel "Città di Parenzo" in via degli Artisti a Trieste, gli alberghi "Adria" e "Gloria" a Lignano, gli hotel "Kovacine" e "Kimen" a Cherso. Per superare l'offerta degli Andretta per l'Obelisco servono, come minimo, due milioni e 145 mila euro: Gabriele Ritossa ha già detto, a nome dei soci, "nein danke". Gli Andretta confermano il blitz carsolino e fanno sapere di valutare possibili 2-3 ipotesi di riqualificazione, che saranno approfondite solo dopo l'esito di marzo. Il compendio dell'Obelisco presenta misure notevoli: siamo a 340 metri sul livello del mare, l'area complessiva di albergo-giardini-impianti sportivi sfiora i 62 mila metri quadrati. La perizia, redatta dall'architetto milanese Giuseppe Agresta, risale al giugno 2010 e stimava il bene quattro milioni e 573 mila euro: dire che il mercato era già depresso...

Massimo Greco

 

 

Scoccimarro: «Ferriera? Senza di noi sarebbe lì» - la risposta al pentastellato Menis
«Ho lavorato alla chiusura della Ferriera dal primo giorno del mio insediamento». L'assessore regionale all'Ambiente di Fratelli d'Italia Fabio Scoccimarro replica a muso duro al consigliere comunale pentastellato Paolo Menis, che nei giorni scorsi aveva dichiarato che «l'unico a cui va riconosciuto il merito di aver riconvertito» l'area della Ferriera in un anno «è il ministro Stefano Patuanelli».Menis commentava a sua volta le affermazioni del sindaco Roberto Dipiazza, che avocava a sé il merito della chiusura. Interviene ora Scoccimarro: «Debbo rispondere alle bizzarre dichiarazioni di Menis. Ricordo a tutti che appena insediato, il 15 luglio 2018, ricevetti la diffida da un legale dell'azienda perché avevo parlato di riconversione e chiusura». Scoccimarro prosegue poi snocciolando le date degli incontri da lui fatti per arrivare all'obbiettivo: «Nella primavera del 2019 ho iniziato un percorso di confronto con l'azienda, incontrando Arvedi a Cremona. Quel processo è culminato poi il 26 luglio successivo nella lettera di collaborazione inviata al presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. A fine agosto chiesi ufficialmente, su delega del presidente Fedriga, all'azienda a dismettere l'area a caldo e a condividere un programma per la riconversione dell'area». Lettera a cui l'azienda risponde, Scoccimarro esibisce tutti i documenti anche in un video pubblicato su Facebook: «Nella loro risposta c'è la prima ufficiale e formale "presa d'atto della volontà politica e disponibilità a discutere costruttivamente la proposta avanzata"». Conclude: «Appena settimane dopo si insediava il ministro Patuanelli. Ha convocato un tavolo e ha fatto quello che non aveva fatto Di Maio, sbloccando i fondi per le industrie impattanti. Ha detto bene Dipiazza, se non ci fossero stati un sindaco e una Regione a guida centrodestra, oggi avremmo ancora Servola imbrattata».

 

 

Nel 2021 la bolletta dei rifiuti a Medea sarà calcolata in base agli svuotamenti oltre ai metri quadrati e agli occupanti - il microchip sul mastello giallo
MEDEA. Lo slogan è "Più differenzi e meno paghi". Dal 1 gennaio 2021 verrà introdotto a Medea il nuovo sistema di calcolo della bolletta dei rifiuti a tariffa puntuale. L'obiettivo è quello di far pagare il servizio agli utenti in base alla quantità di rifiuti conferiti e ai servizi richiesti. Le componenti che contribuiscono a calcolare l'importo della bolletta saranno la quota fissa (a superficie in metri quadri dell'immobile), la quota variabile (numero di occupanti dell'immobile) e la quota puntuale (numero di svuotamenti).Ecco come funzionerà. Attraverso un sistema di digitalizzazione e geolocalizzazione è possibile registrare ogni svuotamento richiesto dal cittadino grazie a un codice univoco che lo identifica: questo sistema perfeziona l'attuale metodo di calcolo della bolletta basato su una presunzione di conferimento di rifiuti. Grazie a un codice identificativo inserito nel mastello (che è quello già in consegna ai cittadini dal 2016 con il coperchio giallo) tramite il TAG Rfid, ogni utente dispone di un proprio contenitore da usare per il conferimento del rifiuto secco residuo, che viene letto al momento del suo svuotamento. Ogni mastello è abbinato a un solo utente; per evitare di confonderlo o scambiarlo si consiglia di renderlo subito riconoscibile personalizzandolo con il proprio nome o con altro segno distintivo. Ogni svuotamento del mastello viene registrato e contribuisce al calcolo finale della bolletta: selezionando al meglio si evita di inserire nel mastello materiali riciclabili, riducendo al massimo il numero di esposizioni. Le regole della raccolta non cambiano: il rifiuto secco va esposto la sera prima del suo prelevamento nelle giornate previste dal calendario. «La strada intrapresa con il "porta a porta"- dice il sindaco Igor Godeas - segna una tappa fondamentale del suo percorso, forse la più importante e ambita: l'introduzione della tariffa puntuale. Confortati dal crescente impegno dei cittadini, dimostrato nel corso degli ultimi anni e dai risultati eccellenti in termini percentuali raggiunti da Medea nella raccolta differenziata (76% nel 2019), siamo convinti sia arrivato il momento di riconoscere ai residenti virtuosi lo sforzo che compiono ogni giorno. Il meccanismo del nuovo sistema di calcolo della tariffa rifiuti ricalca per molti aspetti la metodologia applicata alle bollette di acqua, gas ed energia elettrica, settori che correlano l'importo delle forniture all'effettiva fruizione del servizio».

Marco Silvestri

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 dicembre 2020

 

 

Soldi dalla Regione per ripulire i boschi «E si muova Roma»

L'assessore Roberti conferma il "chip" per la bonifica di rifiuti e vestiti abbandonati dai migranti della rotta balcanica «Ma ora tocca al governo»
TRIESTE. Un segnale di vita da Roma. È quanto chiede Pierpaolo Roberti, assessore regionale alla Sicurezza, riferendosi ai 150 mila euro approvati nella legge di stabilità del Fvg a sostegno dei comuni che fanno i conti con i rifiuti e i vestiti abbandonati sul loro territorio dai migranti in arrivo dalla rotta balcanica. Nella lista delle località destinatarie dei fondi a tutela dell'ambiente compare anche a Trieste, accanto a Monrupino, Muggia, Sgonico e San Dorligo della Valle. Ed è proprio da quest'ultimo comune che, ormai diverso tempo fa, era partita la prima richiesta di sostegno finanziario alla cura del paesaggio. «Il fenomeno che sta rendendo i nostri boschi un immondezzaio lo conosciamo bene: dopo aver attraversato il confine i migranti si disfano di vestiti, scontrini, qualsiasi traccia che possa costare loro la riammissione in Slovenia», così Roberti: «In alcuni casi l'amministrazione di San Dorligo della Valle, che ha sul suo territorio la Riserva naturale della Val Rosandra, ha fatto tutto da sola, mettendo in atto operazioni di pulizia che coinvolgevano la Protezione civile o associazioni di volontariato. La richiesta di un aiuto strutturale è partita da lì». E la Regione, appunto, l'ha accolta, estendendo il programma di sostegno al resto dei comuni che condividono lo stesso problema. Le risorse, ammette lo stesso Roberti, «non sono così ingenti ma sono comunque emblematiche per far capire che il fenomeno migratorio influenza anche la sfera della tutela ambientale». E ora che un piccolo passo dalla Regione è stato avanzato, l'assessore tiene a sottolineare che pure Palazzo Chigi dovrebbe assumersi la sua parte di responsabilità: «Oggi ci facciamo carico di quest'onere. Ma pretendiamo che Roma batta un colpo e si accorga che il Fvg non può addossarsi, oltre ai costi sociali e sanitari, anche quelli ecologici che derivano dalla rotta balcanica. Pretendiamo che il nostro territorio venga salvaguardato e che finalmente ci sia un risveglio davanti al problema dell'immigrazione irregolare. È legittimo - ancora Roberti - che il governo abbia, sul tema dell'accoglienza, visioni diverse dall'amministrazione regionale, ma di quelle visioni non può essere il Fvg a pagare il dazio».

Linda Caglioni

 

 

Rigassificatore di Veglia al via - Nuove proteste dei residenti
Lamentele per rumori e vibrazioni. L'azienda: test in corso, a regime normale gli inconvenienti cesseranno. Il sindaco: pronti a denunciare i problemi a Zagabria
VEGLIA. Se il buon giorno si vede dal mattino, è allora scontato che la strada dei rapporti tra il rigassificatore offshore dell'isola di Veglia e la popolazione locale sarà lastricata da incomprensioni, malcontento e proteste assortite. Del resto fin dalla prima fase del progetto era stato chiaro a tutti che la coabitazione tra i residenti dell'area - con i loro rappresentanti municipali e regionali - e il terminal sarebbe stata difficile: dal Comune alla Regione litoraneo-montana fino al fronte dei sindaci, erano state nette le prese di posizione contro il rigassificatore. La contrarietà - era stato ribadito da più parti - non riguardava l'infrastruttura in sé ma la decisione presa da Zagabria di collocarla appunto in mare e non sulla terraferma, come era sembrato inizialmente. Il fronte della protesta non ha però fermato il progetto, spalleggiato peraltro dagli Stati Uniti in funzione di limitazione del monopolio russo. Intanto, le prime settimane di attività sperimentale del rigassificatore sono segnate da nuove polemiche. Dall'impianto si sprigionano infatti - secondo quanto segnalato dai residenti - rumori fastidiosi anche di notte. L'azienda pubblica alla quale è stata affidata la gestione del rigassificatore, la Lng Hrvatska, ha subito emesso una nota per fare il punto, premettendo che in questi giorni si stanno testando tutti i sistemi tecnologici della nave Fsru e delle componenti sulla terraferma del terminal: «Controlli il cui rumore prodotto - asserisce Lng Hrvatska - è stato ridotto ai minimi termini». L'azienda ricorda come fin dall'arrivo della ex metaniera Lng Croatia nelle acque di Castelmuschio (Omisalj), agli inizi di dicembre, «sono stati avviati i test per verificare il funzionamento dei sistemi tecnologici dell'unità e delle strutture di terra». E «i controlli in queste settimane - precisa l'azienda - coinvolgono anche quei sistemi da attivare solo in caso di estrema necessità, e che generano una determinata perturbazione sonora». Quando dunque il rigassificatore offshore opererà in condizioni normali - il via è previsto per l'1 gennaio - quei sistemi «non saranno in funzione. È certo che la nostra impresa - conclude la nota - si sta adoperando per garantire una coabitazione di qualità tra i residenti dell'area e il nostro impianto».Intanto però la sindaca socialdemocratica di Castelmuschio, Mirela Ahmetovic, ha dichiarato all'agenzia di stampa croata Hina di ricevere ogni giorno, sia dagli abitanti del suo comune che da quelli delle vicine località di Njivice, Malinska, Costrena e Portorè, lamentele per i rumori e per le vibrazioni generati dal terminal. Il tutto mentre «secondo lo Studio di impatto ambientale nessun rumore è previsto, neanche durante l'attività sperimentale. Ma sta succedendo il contrario». Non solo: «In tanti a Castelmuschio dicono che da quando è entrato in funzione l'impianto di rigassificazione la qualità della vita è peggiorata, mentre è diminuito anche il valore degli immobili dell'area». Da qui l'ultimatum lanciato dalla sindaca: se non ci saranno miglioramenti, la Municipalità è pronta a denunciare il problema alle autorità competenti croate ma anche all'opinione pubblica internazionale.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 dicembre 2020

 

 

Trasloco all'ex Meccanografico per gli uffici dell'area Welfare
Il progetto illustrato durante i lavori della seconda commissione consiliare - Sul piatto anche un rimborso da 137 mila euro chiesto dall'Uti
Gli uffici del Welfare comunale puntano a trasferirsi da Palazzo Galatti all'ex Meccanografico, assieme a quelli di Esatto. È quanto emerso in seconda commissione consiliare, presieduta da Roberto Cason della Lista Dipiazza, dove si è discusso un debito fuori bilancio da quasi 137mila euro. Si tratta del rimborso che l'Uti giuliana, ormai dismessa, ha chiesto al Comune di Trieste proprio per l'utilizzo di Palazzo Galatti nel 2019. Tale cifra, a carico del bilancio municipale 2020, riguarda pulizie, bollette, vigilanza e simili. Ma una parte della somma, in teoria, dovrebbe rientrare. Per altri motivi il Municipio è infatti creditore di circa 80mila euro nei confronti di Uti ed Ente di decentramento regionale (Edr): in fase di liquidazione ci sarà un conguaglio in cassa comunale. Resta il problema di dove mettere gli uffici di Carlo Grilli: «Palazzo Galatti è inadatto - ha spiegato l'assessore alle Politiche sociali - perché poco accessibile, tra i vari motivi. Andremo in affitto per un paio d'anni, fino a quando sarà pronto l'ex Meccanografico». Quanto al debito, «incredibile - ha detto Paolo Menis del M5s - che Comune e Uti non si siano messi d'accordo prima, creando tale marasma amministrativo». «È amaro constatare - ha aggiunto Antonella Grim di Italia Viva - queste difficoltà, da parte di tutti noi che negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato all'architettura istituzionale». Michele Babuder ha ricordato che dal 2019 Forza Italia chiede che Palazzo Galatti torni di proprietà del Comune, in quanto considerato parte del patrimonio cittadino da tutelare. Ha poi ribadito il ruolo del centrosinistra nella creazione delle Uti. Ne è nato un acceso dibattito, cui Cason ha posto fine invitando Grim a non fare «considerazioni politiche», poiché «in commissione si esaminano atti tecnici con uffici e assessori». A quel punto Grim ha lasciato indignata la videoconferenza: «Se non posso fare considerazioni politiche in aula - ha fatto sapere a margine - allora non vedo dove. È il solito modus operandi di questa maggioranza che depaupera i consiglieri del loro ruolo».

l.g.

 

 

Passa tra le polemiche il "piano rifiuti" di Duino Aurisina
Ratificata la gestione 2020 da 1,5 milioni. Le opposizioni: «Troppo cara». La giunta: «Il contratto ereditato da voi»
DUINO AURISINA. È stato approvato dall'ultimo Consiglio comunale di Duino Aurisina, con una previsione di spesa pari a un milione e 545 mila euro, il Piano finanziario per la gestione dei rifiuti per l'esercizio 2020. La relativa deliberazione ha ricevuto il sì della maggioranza e il no compatto dell'opposizione, con l'unica eccezione dell'astensione da parte del consigliere della Lista per il golfo Stefano Sacher, in quanto la sua nomina alla carica è recentissima. La discussione in aula è stata molto vivace. Dopo la relazione del vicesindaco e assessore ai Tributi Walter Pertot - il quale ha dapprima sottolineato che «la spesa per la gestione dei rifiuti è stata sensibilmente ridotta nell'anno in corso in quanto nel 2019 era stata pari a un milione e 639 mila euro», rilevando poi che «sono state mantenute inalterate le agevolazioni di cui sono destinatari i cittadini in condizioni di difficoltà» - è iniziato infatti uno scambio dai toni molto sostenuti fra le diverse forze politiche. Lorenzo Celic del M5s ha definito «pessimo il modo con il quale l'esecutivo gestisce un servizio che risulta insufficiente per i cittadini», spiegando che «nel vicino Comune di Ronchi dei Legionari, con il quale ho cercato di fare un paragone perché di dimensione simile al nostro, alcuni costi sono più bassi'». Il pentastellato ha poi rincarato la dose, accusando la giunta di «non rispondere alla richieste che arrivano dalla cittadinanza, preferendo indirizzarle direttamente alla Isontina ambiente, che gestisce il servizio per conto del Comune».Sulla stessa linea anche Igor Gabrovec della Lista Insieme, il quale ha osservato che, «pur in presenza di una riduzione della produzione dei rifiuti, non c'è stato un proporzionale netto calo dei costi a carico dei cittadini».Immediata la replica da parte del sindaco Daniela Pallotta: «Questa maggioranza - ha affermato - subisce un contratto firmato con la Isontina ambiente dalla precedente amministrazione, che io non avrei mai sottoscritto a queste condizioni». La capogruppo di maggioranza Chiara Puntar ha respinto con forza l'accusa di Celic, in relazione al presunto disinteresse dell'esecutivo rispetto alle domande dei cittadini: «Li abbiamo invece sempre ascoltati con attenzione», ha detto, annunciando poi per il 19 gennaio una seduta della Commissione Ambiente «alla quale - ha precisato - parteciperanno i rappresentanti della Isontina ambiente per cercare soluzioni più adeguate alle varie esigenze». Massimo Romita, assessore ai Servizi sul territorio, ha accennato alla «necessità di migliorare la differenziata, oggi ferma al 54%, che risulta così la più bassa rispetto ai Comuni vicini». Anche Romita ha insistito sul fatto che «il contratto in essere è stato firmato da chi ha governato prima di noi».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 dicembre 2020

 

 

Al posto dell'ovovia rifacciamo "el tram de Barcola" fino a Miramar   -   la lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente Triestebella

Il progetto di ovovia ha sollevato varie critiche che l'associazione Triestebella condivide: non servirebbe come trasporto urbano perché non collegherebbe con Trieste il centro di Opicina, ma una sua parte periferica e non garantirebbe un servizio continuativo tutto l'anno a causa della bora. È poi improbabile che si sostenga fungendo da attrazione turistica: gli impianti di risalita montani, che hanno tariffe molto superiori al costo di un biglietto di bus urbano, hanno ben altri flussi di turisti e, anche se sono in deficit, sono ricompensati dal giro di affari di alberghi e ristoranti che senza di essi non potrebbero esistere. Si può invece pensare a un sistema di trasporto lungo il Porto Vecchio sperando che quest'area diventi il nuovo centro direzionale della cultura, della scienza e del tempo libero che merita di essere: un tram da piazza Libertà a Barcola, utilizzando le rotaie esistenti, che vedremmo a due piani, di cui il secondo scoperto come nei bus dei giri turistici delle città. Avremmo insomma el tram de Barcola. Se poi si potessero portare le rotaie fino al castello di Miramare (cosa non semplice, ma si può studiare) avremmo el tram de Miramar che sopperirebbe anche alla carenza di parcheggi del parco collegandolo con un parcheggio in Porto Vecchio.

 

 

Scoperta dei biologi: le nacchere di mare non si sono estinte - In Dalmazia
FIUME. Una notizia che ha riscaldato i cuori a biologi marini, ambientalisti e a tutti coloro che amano il mare e le sue creature. La professoressa Goranka Ivankovic di Porta Perenta (Metkovic), in Dalmazia, ha rivelato pubblicamente che durante un'immersione nelle settimane scorse ha notato numerose nacchere di mare o pinne nobilis ancora vive, scoperta fatta nelle acque della foce del fiume Narenta. La Ivankovic non ha perso tempo, contattando il Bio portale per la tutela della natura. «Ora mi attendo una pronta risposta degli esperti dell'Istituto per la salvaguardia ambientale. Posso dire che quando ho visto quella colonia di molluschi bivalvi ancora viva e vegeta, mi sono sentita felice come un bambino. Si trovano su un fondale basso ed ho voluto toccare ogni nacchera, registrando che erano ben dure e si chiudevano immediatamente al primo contatto, segno della loro vitalità». Secondo la Ivankovic, la colonia rinvenuta per caso dove la Narenta sfocia nell'Adriatico è composta da un centinaio di esemplari. Se la notizia dovesse venire prossimamente confermata, sarà un evento unico considerato che questo grande mollusco bivalve nel Mediterraneo (può raggiungere i 120 centimetri di lunghezza) praticamente estinto nei mari mediterranei, Adriatico compreso. A sterminare le nacchere è stato un terribile mix, composto dal parassita Haplosporidium pinnae e dal batterio della specie Mycobacterium, con le prime morti registrate nel 2016 in Spagna. Tre anni dopo l'epidemia in acque spagnole, la malattia ha fatto breccia nelle acque adriatiche, annientando le pinne nobilis in soli 18 mesi.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 dicembre 2020

 

 

Gli abbonamenti del bike sharing prorogati a marzo - la Novità di BiTs
BiTS, il servizio di bike sharing in città, proroga automaticamente gli abbonamenti già effettuati, fino al 24 marzo 2021. La comunicazione è stata inviata ieri a tutti gli utenti iscritti. «Visto il difficile periodo di emergenza sanitaria purtroppo ancora in corso - si legge nella nota - ti informiamo delle nuove decisioni del Comune di Trieste in merito ai costi del servizio di bike sharing cittadino. Gli abbonamenti acquistati prima del 24 settembre 2020 saranno prorogati gratuitamente fino al 24 marzo 2021. Quelli presi dopo il 24 settembre 2020 non subiranno variazioni». Sarà ancora valida fino al 24 marzo la tariffa promozionale, che consente l'acquisto di un nuovo abbonamento semestrale a 3 euro, con 3 euro di ricarica inclusi. Una notizia che di sicuro farà felici i tanti utenti, sempre più numerosi, che si spostano in città utilizzando la bici.

MI.B.

 

SEGNALAZIONI - Urbanistica - Rive pedonalizzate ottima idea

L'ovovia della Bora, il Parco del mare senza alberi, la spiaggia di Barcola: ma ai politici vengono in mente solo idee a mio parere assurde? Piuttosto propongo di interrare il traffico in una galleria sotterranea, dalla Capitaneria al Mercato ortofrutticolo. Avere le Rive, anzi come piace definirle ai politici il "waterfront" pedonali e ciclabili, quelli sì secondo me sarebbero soldi spesi con intelligenza, con un ritorno importante nel turismo!

Marco Moro

 

 

Nei boschi di Doberdò la cattura di Pepe
Al giovane sciacallo dorato è stato messo il collare satellitare - Per la prima volta usata una trappola a cassa in legno
DOBERDO'. Nella notte tra domenica e lunedì in territorio comunale di Doberdò del Lago, i ricercatori dell'Università di Udine hanno catturato Pepe, uno sciacallo dorato (Canis aureus) maschio di circa due anni di età e del peso di 13,1 chili. Dopo averne verificato lo stato di salute e aver eseguito gli esami fisiologici, i rilievi biometrici e le analisi genetiche, si è proceduto all'apposizione del radiocollare e quindi alla liberazione. Pepe - diminutivo di Giuseppe nel dialetto sloveno dell'altopiano carsico - è, dall'aprile 2019, il quinto sciacallo monitorato attraverso collari satellitari e radio dai ricercatori e tecnici dell'Ateneo friulano. «I dati raccolti mediante telemetria satellitare - spiega Stefano Filacorda, del Dipartimento di Scienze ambientali e animali e responsabile per l'Università di Udine dei progetti sulla fauna selvatica - saranno di grande utilità nell'acquisizione di informazioni in merito all'ecologia spaziale e nutrizionale di questa specie, oltre a capire quali sono gli spostamenti compiuti dall'animale in relazione all'alta mortalità stradale, in particolare in un'area antropizzata come quella del carso Goriziano. Questi studi si svolgono in un contesto di collaborazione internazionale con Paesi in cui la specie è presente e studiata, ovvero Slovenia, Ungheria, Serbia e Austria. La trappola a cassa in legno a chiusura automatica - precisa Filacorda - si è rivelata utile e funzionale alla cattura dello sciacallo. Si tratta della prima cattura realizzata avvalendosi di questo metodo su tutto il territorio nazionale e nei confronti di questa specie». Lo sciacallo dorato è una specie gregaria che forma branchi di 5-6 individui. I primi avvistamenti in Friuli Venezia Giulia risalgono al 1984.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 dicembre 2020

 

 

Il "no" ambientalista all'ovovia finisce sul tavolo di tre ministri
Lettera di 11 realtà sociali e civiche al triestino Patuanelli (Sviluppo economico) e ai suoi colleghi Costa (Ambiente) e De Micheli (Trasporti): «Opera dannosa»
Riuniti sotto la bandiera del "no all'ovovia", gli ecologisti triestini si rivoltano nuovamente contro l'amministrazione comunale. E stavolta lo fanno appellandosi direttamente al governo giallorosso. Undici tra associazioni e realtà civiche hanno infatti indirizzato una lettera aperta al premier Giuseppe Conte nonché ai ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo economico), Sergio Costa (Ambiente) e Paola De Micheli (Trasporti). Cosa c'è nel mirino di volontari e attivisti della città? Non solo il noto progetto di trasporto funicolare tra Trieste e Opicina ma più in generale il Pums, ovvero il documento d'indirizzo sulle politiche di mobilità sostenibile immaginate dalla giunta Dipiazza. Documento che andrà in Consiglio comunale a gennaio, dopo un iter partito nel 2019. «Il Parlamento europeo l'8 ottobre 2020 ha stabilito di ridurre del 60% le emissioni di gas serra entro il 2030. Ciò impone di prendere provvedimenti radicali a tutti i livelli di competenza». È quanto si legge nel testo firmato dal gruppo cittadino di Fridays For Future nonché da Luca Mastropasqua (Fiab Trieste Ulisse), Riccardo Laterza (Tryeste), Andrea Wehrenfennig (Legambiente Trieste Circolo Verdeazzurro), Diego Manna (Spiz-Associazione di promozione sociale), Tiziana Cimolino (Prodes- Forum dei beni comuni), Mario Goliani (Università delle Liberetà-Auser-Camminatrieste), Alessio Carecci (Zeno), Elena Debetto (Uisp Fvg), Giulia Massolino (Adesso Trieste) e Sergio Senni (BioEst). Secondo la rete dei firmatari, aspetti fondamentali saranno «la transizione ai mezzi elettrici e un ampio programma di utilizzo del fotovoltaico, da abbinare all'efficientamento energetico degli stabili», prosegue la missiva: «Il Pums (il Piano urbano della mobilità sostenibile, ndr) del Comune di Trieste dichiara tuttavia di voler mantenere invariate le proprie emissioni del 2019 fino al 2030. Il che è inaccettabile». Si passa poi all'attacco dell'ovovia: «In quest'ottica va letta l'ipotesi di spendere circa 45 milioni (30 milioni se si considerano solo i lavori, come sottolinea da sempre il Comune, ndr) di fondi statali per un'opera dannosa per ambiente e paesaggio: si parla di ettari da disboscare. Avrebbe costi irragionevoli rispetto ai bisogni e correrebbe su aree verdi tutelate, senza connessioni con la rete degli autobus. Non è prevista dal Piano regolatore comunale né dal Piano regionale del trasporto pubblico locale. Sul tema non esiste un pronunciamento ufficiale della Soprintendenza». E ancora: «Secondo noi, i fondi stanziati dal governo per i sistemi di trasporto rapido di massa devono servire tutta la popolazione, non solo una piccola parte di essa o i turisti. I problemi della mobilità quotidiana a Trieste riguardano soprattutto i quartieri, passando anche per il centro storico. Solo in seconda battuta coinvolgono l'afflusso quotidiano dei pendolari, che andrebbe facilitato con l'uso del treno». In alternativa si rilancia l'idea di usare la somma per «finanziare una linea di tram moderno che colleghi l'asse cittadino da piazza Foraggi alla stazione e al Porto vecchio. Da estendersi poi fino a Muggia». L'apposita petizione su Change.org nel giro di due mesi ha già raccolto quasi 2. 900 firme.

Lilli Goriup

 

 

Piscina in Porto vecchio, investimento da 30 milioni
La "squadra" formata da Terme Fvg e Icop, l'ultima rimasta in gara per realizzare la nuova sede dell'Aquamarina, svela la bozza del progetto nell'ex quartiere Ford

Sulla "nuova" piscina terapeutica in Porto vecchio vuole prendere la parola in diretta il sindaco: entro la fine dell'anno l'unica concorrente rimasto in gara, ovvero Terme Fvg in collaborazione con il gruppo Icop della famiglia Petrucco, presenterà un progetto più dettagliato, un piano economico-finanziario e un prospetto della compagine societaria che intende realizzare l'impianto. Un'operazione ambiziosa - sottolinea Roberto Dipiazza - il cui valore complessivo, comprendendo Iva e sicurezza, viaggia verso i 30 milioni di euro. Dal punto di vista tecnico, si tratterà di un project financing, come esplicitamente richiesto dall'avviso comunale, che porterà alla costruzione - lo ha ribadito il primo cittadino - di un compendio natatorio dotato di vasca riabilitativa e di vasche ludiche (più piccole), di una "spa", di un luogo di ristorazione. Il sito individuato sorge alle spalle del "28-bis", il più recente edificio del centro congressi: sono a disposizione cinque vecchi magazzini afferenti al cosiddetto ex quartiere Ford, per un totale di 12.000 metri quadrati, ma pare che l'unico candidato rimasto in lizza si accontenti di sfruttarne un paio. Nonostante la decisione della magistratura di fissare al 12 aprile l'udienza per togliere o meno i sigilli alla piscina in Sacchetta, Dipiazza ha comunque colto l'occasione per rilanciare sul possibile recupero di Aquamarina, la "vecchia" piscina terapeutica il cui tetto crollò un anno e mezzo fa. Ogni altra considerazione deve ora attendere una più precisa narrazione che verrà fornita nelle prossime settimane. Certo Dipiazza, che vede avvicinarsi l'appuntamento elettorale primaverile e che vorrebbe irrobustire il campionario di opere da mostrare alla platea votante, è desideroso di accelerare il dossier. Terme Fvg, con il supporto di Icop, è rimasta l'ultima interlocutrice nella collana dei nove soggetti che in agosto avevano risposto al messaggio comunale. Ricordiamoli: la catalana Supera, la mantovana A&T Europe, la milanese Siram, la bergamasca Fer-Cos, la napoletana Traco, l'austriaca Lorenz Ateliers, le triestine Monticolo & Foti e Rosso. Si erano sfilati abbastanza rapidamente quasi tutti, essendo rimasti in pista, oltre a Terme Fvg, Supera e Monticolo & Foti. Ulteriore cernita: Supera chiedeva di spostare la realizzazione al Magazzino 30" (il mancato fishmarket), mentre Monticolo rilanciava - attraverso l'alleanza con il Mediocredito del Trentino Alto Adige - quella formula del "leasing in costruendo" che la dirigenza comunale aborrisce in quanto ritenuto oneroso dal punto di vista finanziario. Monticolo aveva tentato di proporlo al Municipio anche per il mercato ortofrutticolo in via Ressel e per il mercato coperto in via Carducci: invano. Terme Fvg è una "srl" partecipata a maggioranza da Eutonia, la società privata cui fa capo il Sanatorio Triestino di via Rossetti. Una rispettabile quota minoritaria pari al 30% è in mano a Git, la gerente degli impianti turistici gradesi (controllo a Turismo Fvg per l'86,2%). In portafoglio anche le terme carniche di Arta. Amministratore delegato è Salvatore Guarneri.

Massimo Greco

 

 

Da San Vito a Borgo San Sergio restyling per dieci aree verdi - la fotografia scattata in commissione

Una mozione per sollecitare la giunta ad incrementare giardini e "aree di prossimità" a disposizione delle famiglie. Il testo, presentato dal consigliere comunale del Partito democratico Giovanni Barbo e sottoscritto da tutto il centrosinistra, è stato dibattuto ieri in sesta commissione insieme all'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi che, a sua volta, ha condiviso l'iniziativa dem. «Concordo con questa mozione - ha spiegato l'assessore ed esponente di Fratelli d'Italia - perché è importante creare aree di svago rionali e perciò vicine a casa. Per questo motivo stiamo lavorando per trovare nuovi spazi disponibili». Quelli attualmente esistenti, fra centro e periferia cittadina, sono 54. «Ciò che devo evidenziare purtroppo è l'aumento degli atti vandalici - ha sottolineano Lodi -, fattore che porta via molte risorse da destinare al ripristino dei manufatti danneggiati». Sono una decina gli interventi realizzati e in fase di completamento da parte dell'amministrazione municipale nei giardini pubblici che hanno comportato un costo per le casse comunali superiore ai 700 mila euro. Già ultimato quello nell'area verde di via Boccaccio, mentre sono ancora in fase di ultimazione i lavori di rifacimento dell'area verde di via Forti a Borgo San Sergio. Sono di prossimo avvio gli interventi ai giardini "Marcello Mascherini" di piazza Carlo Alberto (203 mila euro), l'implementazione dell'area fitness sempre a Borgo San Sergio grazie a nuovi manufatti donati dal RotarAct, l'area gioco di Guardiella (70 mila), la realizzazione di una nuova area gioco in vicolo dell'Edera, la sostituzione dei giochi presenti in piazzale Rosmini (50 mila) e infine il restauro di alcune strutture situate nell'area verde di villa Engelmann in via Rossetti (95 mila). Licenziata dalla sesta commissione, infine, la seconda mozione all'ordine del giorno proposta dal consigliere comunale del Movimento Cinquestelle Gianrossano Rossini inerente la creazione di comunità energetiche e di autoconsumo, utili a ridurre i costi in bolletta alla cittadinanza.

l.d.

 

 

Puzza in varie zone della citta': cause ignote - il fenomeno ciclico

Le cause potrebbero essere legate alla pressione atmosferica e all'umidità, mescolate agli sfiati delle petrolieri in rada o agli scarichi di impianti di riscaldamento con derivati del petrolio. La fonte del forte odore di idrocarburi che si sente a sprazzi in questi giorni in alcune zone della città non è stata ancora individuata, nonostante i controlli di Arpa, Vigili del fuoco e Capitaneria. I pompieri, a seguito di alcune segnalazioni, hanno monitorato l'aria con strumenti "ad hoc" senza però identificarne l'origine. Dall'Arpa arriva invece la richiesta ai cittadini di effettuare segnalazioni "geolocalizzate" attraverso i contatti sul sito, per permettere ai tecnici di attivarsi per cercare appunto la possibile origine. Gli strumenti non hanno comunque evidenziato criticità. Proprio ieri mattina, peraltro, i tecnici erano alla Siot per le verifiche post- sversamento della scorsa settimana. Pure la Guardia costiera ha fatto dei controlli senza rilevare nulla.

Andrea Pierini

 

 

Slitta al primo gennaio il fermo pesca deciso per il pesce azzurro - fino al 15 FEBBRAIO 2021
FIUME. Il ministero dell'Agricoltura e Pesca ha deciso che il fermo pesca per il pesce azzurro di piccola taglia durerà dal 1 gennaio al 15 febbraio 2021. La proroga di una settimana rispetto alla scadenza iniziale, probabilmente è stata decisa per venire incontro alle esigenze dei consumatori. Ma c'è malcontento fra i proprietari dei pescherecci che hanno dovuto fermare i motori a causa del blocco imposto dal governo di Zagabria in vigore tutto il mese di dicembre per la pandemia. Barche ferme, dunque, con i ristori garantiti dall'Unione Europea. È questa la causa principale dell'impoverimento dell'offerta nelle pescherie istriane, dalmate e quarnerine (anche dell'entroterra) riguardante il pesce azzurro di taglia minuscola. Ora la presenza di sardelle, acciughe e papaline (condizioni meteo permettendo) dovrebbe essere garantita fino al termine di quest'anno. In questi giorni, nella pescheria centrale a Fiume le sardelle vengono vendute a 20 kune (2 euro e 65 centesimi) il chilo, mentre per un chilo di alici si devono sborsare 30 e anche 40 kune, cioè fra i 4 e i 5 euro. Purtroppo, rispetto al passato, i mercati ittici dell'Alto Adriatico - Fiume in primis - si fanno segnalare per l'assenza di acquirenti italiani, fermati dal coronavirus e tradizionalmente attratti dai sardoni o mincioni, come vengono chiamati rispettivamente in Istria e nel Quarnero. Il dicastero croato ha inoltre diramato la notizia sul prolungamento del fermo biologico nelle acque della Fossa di Pomo (Jabuka in croato), in mezzo all'Adriatico. Il divieto per i pescherecci con reti a strascico, relativo sia ai pescatori italiani che a quelli croati, era stato stabilito nel 2017 e avrebbe dovuto durare 3 anni, fino al 31 agosto 2020. Si era optato invece per uno slittamento fino al termine di quest'anno, mentre ora il fermo pesca è stato esteso fino al 31 dicembre dell'anno prossimo. I pescatori croati si sono dichiarati d'accordo con la decisione.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 dicembre 2020

 

 

Meno auto in giro per colpa del lockdown - E il "tesoretto" delle multe cala del 30%
Attesi nelle casse comunali 5,2 milioni contro i 7,2 del 2019. Giù anche gli introiti di posteggi sulle Rive e Park San Giusto
Tante spese da affrontare con minori entrate. È un leit motiv che quest'anno, più degli altri, la pubblica amministrazione deve considerare. Anche il Comune di Trieste, al lavoro ora sul bilancio 2021-23, ricco di voci con segno negativo o comunque con importi di gran lunga inferiori rispetto al passato: dai musei alla Tari, passando per le sanzioni stradali. Solo queste ultime, a causa di una minore circolazione di veicoli durante il lockdown ma anche dopo, valgono due milioni di euro in meno in rapporto al 2019 con un calo di quasi il 30 per cento. È il comandante della Polizia locale Walter Milocchi a riportare i conti di fine anno. Nel 2019 le violazioni al Codice della strada erano state per l'esattezza 84.005 e avevano fruttato 7 milioni e 198mila euro. Nel 2020, secondo i dati aggiornati al 30 novembre, sono 51.312 i verbali sottoscritti per un controvalore di 5 milioni e 259mila euro. Nel dettaglio, quindi, il 27 per cento in meno. A queste cifre potrebbero mancare alcune violazioni di divieto di sosta in assenza del trasgressore, ancora non inserite a sistema. Non grandi numeri, però. Bisogna poi aggiungere una piccola somma, pari a un undicesimo abbondante del totale, che potrebbe derivare dal mese di dicembre. Centinaia di migliaia di euro, comunque, che rientrano nel cassetto del cosiddetto ammontare "accertato", che cioè non è per forza ancora stato incassato: bisogna tenere conto di utenti morosi e dei ricorsi. Circa metà del "tesoretto" da poco più di 5 milioni di euro - come previsto da una legge nazionale del 1992 - sarà destinata alla manutenzione stradale. Con una differenza quindi di almeno un milione di euro in meno rispetto all'anno scorso. L'assessore al Bilancio nonché vicesindaco Paolo Polidori è consapevole della situazione precaria. «C'è una fase di difficoltà dovuta al Covid, - ammette -: sono tanti i mancati introiti riguardanti voci che sono nella parte corrente e che creano difficoltà nel bilancio, ma che vedremo di risolvere». Dobbiamo aspettarci quindi più buche e marciapiedi rotti? «No - rassicura Polidori -, sul piano delle opere non ci saranno problemi, non si riduce la manutenzione, anzi, si andrà a implementare le piccole opere». Si dovrebbe tamponare anche il secondo milione di euro mancante per l'altra metà di risorse derivanti dalle sanzioni e impegnata in spese di vario genere. Ma di mancati incassi soffrono anche le società che gestiscono i parcheggi in città. Su quello che in termini di bilancio viene definito il "semiconsolidato", a novembre 2020 il calo complessivo rispetto al 2019 per Trieste Terminal Passeggeri, che ha in concessione Molo IV e Rive, si attesta a un - 36,22%. La perdita è più marcata per il Molo IV, fa sapere l'amministratore delegato Francesco Palmiro Mariani, che risente evidentemente dell'assenza di soste dei croceristi e anche delle soste lunghe dei lavoratori in smart working. «Ovviamente il fatturato è ben al di sotto del punto di break even (pareggio tra entrate e uscite, ndr) - spiega -. Ciò, nonostante gli sforzi profusi da Ttp nel calmierare, per quanto possibile, i costi di struttura, e la sensibilità dell'Autorità portuale nel riconoscere le difficoltà oggettive ed esogene che sta vivendo la società, attraverso un ristorno importante dei canoni concessori dell'anno. La società, certa di poter riprendere a pieno regime nel futuro le proprie attività, sta nel contempo cercando di preservare ed accrescere il know how del personale e pertanto mantenendo l'organico ottimale. Inoltre può avvalersi di una politica oculata dei soci che hanno sempre devoluto gli utili a riserva. Quindi è ben patrimonializzata».Anche Park San Giusto di via del Teatro Romano patisce un decremento di entrate. Eccetto gli ultimi due weekend natalizi, la capienza è rimasta ai minimi storici, tanto da coprire a mala pena le spese vive, spiega Franco Sergas, rappresentante e consulente di Interparcking italia srl, che ha acquisito il contenitore nel maggio 2017: «Ma dal primo lockdown ad adesso Interparking, eccetto una cassa integrazione a intermittenza, ha assolto tutti gli obblighi e ha mantenuto l'intero personale: nessuno è stato licenziato». Diversa la situazione per Esatto. Afferma il presidente Andrea Polacco: «A parte il mese di aprile (lockdown totale), non abbiamo registrato significative riduzioni rispetto all'anno scorso».

Benedetta Moro

 

Dieci strade da ripristinare - Obiettivo le periferie Sud - stanziati 800.000 euro
Interventi di manutenzione straordinaria e di risanamento per un investimento di 800.000 euro (Iva compresa) dedicati a 10 obiettivi puntuali, coincidenti con alcuni degli snodi più frequentati del traffico urbano. Ecco i nomi delle zone interessate al refitting organizzato dal responsabile comunale del settore, Andrea De Walderstein: Strada di Fiume tra via Marchesetti e salita al Monbeu; via Caboto; via dei Giaggioli; via dell'Istria tra il Burlo e via Orsera; via Orsera; via Flavia di fronte al PalaTrieste; via Follatoio dietro via Flavia; via Brigata Casale; via Rossetti tra via Pascoli e via dell'Eremo (dove è situato il Sanatorio Triestino); passeggio Sant'Andrea. L'operazione, per quanto di ampio raggio, ha una sua leggibilità strategica: è la parte sud della città, soprattutto nelle periferie, a risultare più direttamente coinvolta. San Giacomo, la Zona industriale e le vie che recano ad essa, appaiono in primo piano nella "mappa" dei tecnici comunali. Solo via dei Giaggioli, laterale di via Commerciale, e via Rossetti escono dal perimetro periferico meridionale, dove si addensano le attività economico-produttive, dove c'è il flusso da/per i valichi confinari, dove il passaggio dei mezzi pesanti lascia un segno più pesante. E allora avanti con l'infinita routine riqualificativa: rifacimento della pavimentazione, pulizia delle vasche delle caditoie, sollevamento dei chiusini di fognatura e delle griglie di raccolta delle acque meteoriche, rifacimento della segnaletica orizzontale, trattamenti con una speciale geomembrana ad alta resistenza nei tratti particolarmente ammalorati.Tra i principali interventi in corso, che hanno un'incidenza sul traffico urbano soprattutto in questo anomalo periodo pre-festivo, ricordiamo le 4 fasi nell'area di piazza Foraggi, che si protrarranno fino al 31 gennaio dell'anno entrante. Il consorzio reggiano Cfc è stato incaricato da AcegasApsamga di dismettere e sostituire le vecchie condotte gas in ghisa grigia. Le fasi operative attorno a piazza Foraggi (vie Signorelli, Vergerio, D'Annunzio) e in via della Tesa dovrebbero essere prossime all'ultimazione, c'è ancora tempo invece per via del Destriero e viale Ippodromo.

Magr

 

Il Pd attacca: «Trasporto pubblico da migliorare ma non siamo ascoltati» - amministrazione municipale nel mirino
«È da ottobre che stiamo attendendo la terza commissione per trattare la questione delle nuove linee e delle modifiche di orari del Trasporto pubblico locale che sta creando disagi e scontento soprattutto per quando concerne le linee sull'Altopiano». Lo affermano in una nota i consiglieri del Pd, lamentando l'inerzia dell'amministrazione comunale. «Abbiamo sollecitato il presidente della III Commissione consiliare - premettono - sull'urgenza del tema e in ottobre abbiamo anticipato, in armonia con le richieste del presidente Codarin e nello spirito di massima collaborazione, una lista di temi da trattare con Tpl Fvg. Ci dispiace constatare che dopo la revoca della convocazione di fine ottobre, le criticità sollevate da molti utenti non sono state ancora trattate». I consiglieri hanno segnalato al sindaco «l'inefficienza del servizio sull'Altopiano», poiché la riorganizzazione delle linee 39 e 51 «non corrisponde alle esigenze dei cittadini, lavoratori e studenti in primo luogo, e richiede un monitoraggio continuo da parte di Trieste Trasporti, che consenta il riassetto delle linee anche in vista della riapertura delle scuole».Per i consiglieri del Pd «è necessario che il Comune si occupi della questione, gli utenti vanno tutelati e non devono essere costretti a viaggiare in condizioni pericolose per la salute in un periodo di grave emergenza sanitaria». «Da tempo - concludono - denunciamo la mancanza di una strategia della mobilità nella città, ora è più urgente che mai organizzare il servizio del trasporto pubblico, garantendo sicurezza e utenti e lavoratori e migliorando il servizio».

 

SEGNALAZIONI - Tram di Opicina La prossima gara sia "coraggiosa"

La notizia in merito all'ennesima interruzione dei lavori per il ripristino del collegamento tra Opicina e Trieste del nostro tram ci ha lasciato sgomenti. Al di là di quella che sembra ormai una maledizione legata al ritornello, che lo vorrebbe "nato disgrazià", qualche riflessione si impone. Il micidiale iter burocratico che tanti danni sta causando al nostro Paese in tutti i settori, dove la parola "tempo" non ha nessun valore, ci costringe a chiederci se l'iter d'assegnazione lavori sia stato quello giusto. Troppe volte siamo stati testimoni inascoltati di percorsi simili e via via superati per accorgerci finalmente, dopo lunghe gare, ricorsi, blocchi e ripartenze dei lavori di ogni genere, che l'assegnatario, il più delle volte un subappaltatore, era privo dei requisiti richiesti. Un esempio classico e non ultimo è quello dei lavori interrotti all'Ospedale di Cattinara che sta facendo lievitare i costi ben oltre il 50% nonché i tempi di fine lavori. Nel caso del "nostro povero tram" la vicenda sembra debba ripetersi. Infatti, chi ha vinto l'appalto ha subappaltato i lavori ad una società che ora pare non sia in grado di completarli. Siccome l'Ado (Associazione difesa di Opicina) presume che ci sarà una prossima "gara", si spera indetta quanto prima, suggerisce di ricorrere al "beauty contest", dove vige il principio che all'aggiudicazione partecipino unicamente aziende altamente qualificate e vincolate all'esecuzione dei lavori. Si sottolinea comunque che tutto ciò priverà Opicina chissà per quanto tempo ancora del "suo" tram e dell'apporto turistico che lo stesso garantiva alle entrate di commercianti ed esercenti locali. Vogliamo fortemente sperare che la prossima gara venga eseguita con maggiore coraggio, attenzione e le più ampie garanzie di serietà.

Dario Vremec, presidente Associazione per la Difesa di Opicina

 

SEGNALAZIONI - Ovovia / 1 - Numeri non verosimili

Assistiamo a un'altra immaginifica "girandola" di numeri che riguardano la creazione della ipotizzata ovovia che dovrebbe collegare la costa con il Carso. Mi piacerebbe che qualcuno spiegasse nei dettagli come si è arrivati a queste cifre e a supporre che tale impianto sia frequentato da 3,5 milioni di utenti nell'arco di 12 mesi. A priori, sono già previsti 30 giorni di fermo per condizioni meteo avverse. Tralasciando i giorni di manutenzione, fanno 11 mesi. Provatevi a suddividere 3,5 milioni per 11 mesi prima e per 30 giorni poi e ancora per le 24 ore del giorno. Vi risparmio la fatica, fanno 442 persone/ora che dovrebbero servirsi di questo rivoluzionario sistema di trasporto urbano. Non mi è noto se l'impianto funzionerebbe anche in orario notturno. Di conseguenza la densità di utenti pro ora sarebbe diversa e molto più elevata. Permettetemi di nutrire qualche dubbio ma non sulla fattibilità del progetto, bensì piuttosto sulla realtà dei numeri.

Nevio Poclen

 

SEGNALAZIONI - Ovovia / 2 Fornite cifre troppo ottimistiche

Nell'articolo del 20 dicembre scorso sull'ovovia sospesa tra Mare e Carso (nella foto), vengono forniti dei dati che per me sono abbastanza incomprensibili. Si prevede di trasportare 3,5 milioni di persone l'anno con 30 giorni di chiusura a causa bora e in generale condizioni meteo avverse. I 3,5 milioni in 330 giorni sono 10.600 persone ogni giorno, un numero decisamente considerevole. Per spiegarmi meglio: se immaginiamo un'apertura dell'impianto di 10 ore al giorno, otteniamo un "traffico" di 1.060 persone all'ora. Non vi sembra una stima un po' troppo ottimista?

Giuliano Brancolini

 

 

«Sforzi comuni transfrontalieri sull'energia» - progetto FVG
«Nell'incontro a Trieste tra i Ministri degli Esteri di Italia, Croazia e Slovenia si è discusso anche della necessità di un approccio integrato per salvaguardare l'ambiente. Bene, si lavori allora per una strategia energetica comune e il governo Italiano si faccia in tal senso parte attiva». Così Giorgio Cecco, referente per l'ambiente di Progetto Fvg all'indomani del summit sulla pesca in Alto Adriatico. «Roma - prosegue - coinvolga pure la Regione, per esempio su situazioni come il raddoppio della centrale nucleare di Krsko, in modo da valutare la sostenibilità non solo economica, ma anche ambientale e per la sicurezza, con un progetto generale che tenga conto di tutti gli impianti esistenti o previsti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 dicembre 2020

 

 

L'ovovia "appesa" all'allarme sanitario: il verdetto sui fondi rischia lo stallo
Roma sta valutando l'ennesimo rinvio del bando sui progetti sostenibili: le risposte potrebbero slittare dopo il voto 2021
La terza ondata della pandemia si avvicina e il ministero dei Trasporti valuta un nuovo rinvio del bando con cui la giunta Dipiazza conta di ottenere il finanziamento da 30 milioni necessario alla costruzione dell'ovovia annunciata a maggio. Se arrivasse un nuovo posticipo, la campagna elettorale per le comunali potrebbe concludersi senza che arrivi una risposta definitiva da Roma, ma l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli continua ad attendere fiduciosa, convinta che l'opera abbia «ottime possibilità di essere finanziata visto che ci risultano solo due proposte in gara». L'esponente della giunta Dipiazza si gode intanto il secondo posto appena ricevuto nell'ambito del premio Go Slow, dedicato alla mobilità sostenibile. La medaglia non inciderà ad ogni modo sulle decisioni riguardanti i fondi statali. Il termine per la consegna delle proposte era stato fissato inizialmente al 31 dicembre 2019 ma, di proroga in proroga, il ministero ha spostato la scadenza al 15 gennaio 2021 e da Roma arrivano ora voci di un nuovo possibile rinvio dovuto alla pandemia. Come noto, il progetto prevede la realizzazione di un sistema di trasporto a fune fra Trieste e Opicina, dove sarebbe creato un nuovo parcheggio da 800 posti. L'operazione costa 30 milioni e punta a trasportare 3,5 milioni di persone in 12 mesi, con meno di 30 giorni di chiusura a causa della Bora. Il Comune stima utili per 500 mila euro all'anno e promette tariffe agevolate per i residenti. La giunta aveva inoltrato la sua proposta, venendo allo scoperto nel maggio scorso, quando nel bel mezzo del lockdown Dipiazza e Polli hanno annunciato la possibilità di ricevere il finanziamento milionario del ministero dei Trasporti per realizzare un sistema di mobilità urbana via cavo, capace di collegare Molo IV, Porto vecchio e Opicina in 13 minuti, passando attraverso i magazzini dell'antico scalo, con l'asserito intento di risolvere il problema dell'accesso al centro città per chi arriva da fuori. Non si sono fatti però i conti con i tempi della burocrazia, ulteriormente azzoppata dal Covid. Dopo essere stato pubblicato il 19 maggio 2019, con scadenza al 31 dicembre dello stesso anno, il bando "Trasporto rapido di massa ad impianti fissi" è stato prorogato prima al primo giugno 2020, poi al 30 ottobre e, ancora, al 15 gennaio. Ora la deadline potrebbe essere spostata un'altra volta con la terza ondata della pandemia in avvicinamento, data la relativa priorità della questione in piena emergenza Covid. Polli non può che attendere: «Non abbiamo notizia di rinvii. I fondi comunque sono vincolati e bastano per finanziare più di un progetto. Proprio l'ultimo posticipo ha permesso al Comune di Roma di aggiungersi per una proposta simile di funivia. Da quanto mi risulta, i progetti in gara sono solo questi due e potranno dunque essere finanziati entrambi. Attendiamo con fiducia. Se non ci saranno rinvii, dovrebbe bastare un mese per la valutazione. In caso di vittoria, si dovrà poi fare la gara per la progettazione. Tempi di realizzazione? Non sono un tecnico e non mi esprimo». Polli sottolinea inoltre la medaglia d'argento assegnata dal premio nazionale Go Slow: «La giuria era composta da professionisti della progettazione innovativa e sostenibile. La cosa non riguarda il bando del Mit ma fa ben sperare sulla qualità dell'ovovia».

Diego D'Amelio

 

 

Tappa a San Giovanni per Adesso Trieste partendo dall'ex Opp
L'iniziativa prosegue: passaggio pure al Narodni dom rionale - Presenti lo psichiatra Rotelli e il presidente della Cna Carena
Dall'ex manicomio al Narodni dom di San Giovanni. Proseguono le passeggiate di Adesso Trieste alla riscoperta delle periferie della città. Quella di ieri ha esplorato il rione che fu teatro della rivoluzione di Franco Basaglia. Alcune decine di persone hanno risposto all'appello del gruppo rappresentato da Giulia Massolino e Riccardo Laterza, facendo capolino all'appuntamento all'interno del parco. Qui lo psichiatra Franco Rotelli ha ripercorso la storia dell'ex ospedale psichiatrico, che da luogo di detenzione e orrore per tante persone è arrivato in tempi più recenti a ospitare una delle collezioni di rose più importanti d'Italia. A questo proposito Giancarlo Carena (attuale presidente della Cna nonché ex infermiere psichiatrico ed ex presidente dell'Agricola Monte San Pantaleone, nata proprio dalla deistituzionalizzazione dell'ospedale) ha raccontato il percorso di riqualificazione del roseto e il progetto di rigenerazione urbana che vorrebbe esportarne i fiori pure in altri quartieri della città, riecheggiando indirettamente lo slogan "vogliamo il pane ma anche le rose". Ferruccio But ha presentato il piccolo museo Mini Mu, in questi giorni al centro delle polemiche a causa dello sfratto imposto dalla Regione. Antonella Farina ha raccontato il progetto di Nati Per Leggere. La carrellata è proseguita con Renato La Rosa di Legambiente e con Patrizia Di Lorenzo, che fa parte dell'assemblea sull'ecologia di Adesso Trieste. Lei ha fatto il punto sulle aree sgambamento cani, considerate insufficienti, e sulla colonia felina del quartiere: il movimento vuole dare attenzione alle famiglie in cui sono presenti animali e battersi per il diritto alla salute di tutti, pelosi compresi. Il presidente dell'Anpi provinciale, Fabio Vallon, ha ricordato la storia del Narodni dom rionale, iniziata nel 1903, e che sarebbe dovuta sfociare nell'avvio dei lavori di riqualificazione da parte della Regione entro il 2020. Il filo conduttore del tutto? «Le realtà del territorio - spiega Massolino -, come si sono sviluppate finora e come possono essere migliorate, pensando al 2030».

Lilli Goriup

 

In piazza per Giulio e Zaki contro i silenzi complici e la vendita delle armi - La manifestazione del Comitato Dolci
«L'omicidio di Giulio Regeni è il triste esempio di come gli intrighi e gli interessi economici vengano troppo spesso messi davanti alla difesa dei principi e al rispetto della vita. Siamo qui per esortare il governo a pretendere chiarezza sulla vicenda». È questo il messaggio che Luciano Ferluga, del comitato Pace Convivenza e Solidarietà Danilo Dolci, ha espresso ieri in piazza dell'Unità, in occasione della manifestazione organizzata in collaborazione con Rete Dasi Fvg per pretendere, una volta di più, verità sull'omicidio del ricercatore di Fiumicello e libertà per Patrick Zaki. Gli obiettivi che il Comitato ha sottolineato hanno chiamato in causa anche le relazioni commerciali strette tra Italia ed Egitto negli anni: «Pretendiamo che l'ambasciatore italiano venga richiamato dal Paese in cui Giulio è stato barbaramente ucciso. Ma pretendiamo anche la cancellazione degli accordi di cooperazione e vendita di armi che l'Italia ha maturato con il regime di al-Sisi», ha sottolineato Ferluga, senza dimenticare un accenno alla vendita all'Egitto di due fregate militari da parte del governo italiano, mossa commerciale che il Comitato pretende di veder revocata. «Il luogo scelto per chiedere al governo di rispettare questi diritti non è stato casuale - ha concluso -. Abbiamo deciso di organizzare questa manifestazione sotto i balconi dello stesso municipio da cui, molto tempo fa, è stato tolto lo striscione di Giulio. La scelta era fatta da Dipiazza, convinto non fosse più un argomento su cui concentrare l'attenzione. Maledettamente, i fatti ci hanno dimostrato che l'uccisione di Regeni resta un caso attuale».

l.c.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 dicembre 2020

 

 

Riconversione dell'area a caldo di Servola - Via libera della Corte dei conti all'Accordo
Nessuna obiezione sui 70 milioni stanziati dal Mise. Ora il ministero dell'Ambiente potrà far partire le bonifiche con i privati
C'è voluto più tempo del previsto, ma la Corte dei conti ha dato il suo beneplacito all'Accordo di programma per la riconversione dell'area a caldo della Ferrieraa. L'organo che vigila sulle operazioni che prevedono il coinvolgimento finanziario dello Stato non ha sollevato obiezioni sui 70 milioni stanziati dal ministero dello Sviluppo economico per sostenere la trasformazione di altoforno e cokeria. Il passo è decisivo, perché permette ora al ministero dell'Ambiente di avviare il confronto con i private sulle opere di messa in sicurezza dei terreni inquinati, il cui progetto è stato presentato allo stesso ministero il 29 settembre. Il piano riguardante le demolizioni è stato invece depositato il 27 luglio e già approvato: al momento Arvedi sta procedendo con lo smantellamento dell'impiantistica e delle parti di metallo, mentre Icop si occuperà successivamente di abbattere le strutture e rimuovere i detriti, prima di procedere alla realizzazione dei piazzali, per la quale serve una nuova intesa con l'Ambiente. La bollinatura della Corte dei conti è giunta nei giorni scorsi a firma dell'Ufficio di controllo sugli atti del Mise. Il visto sarebbe dovuto arrivare in estate, ma la procedura è stata avviata solo il 2 novembre. L'esito è ad ogni modo quello sperato: «Si ammette a registrazione con esclusivo riferimento ai contenuti dell'Accordo di programma del 26 giugno 2020 approvati dal ministero per lo Sviluppo economico». Non si sollevano obiezioni sull'impegno economico deciso da Stefano Patuanelli per convincere il gruppo Arvedi a chiudere l'area a caldo, aumentare la capacità produttiva del laminatoio a freddo e spostarvi buona parte delle maestranze un tempo operanti in altoforno, cokeria, agglomerato e macchina a colare. Come noto, il Mise verserà ad Arvedi 70 milioni: 45 per Trieste (inclusi i 15 stanziati anni fa per l'area di crisi complessa di Trieste) e 25 per Cremona. Mentre Arvedi prosegue i lavori di piccola demolizione delle strutture, il ritardo della registrazione da parte dell'Ufficio di controllo aveva fatto temere lo slittamento della realizzazione dei piazzali del nuovo terminal merci da parte di Icop, firmataria dell'Adp per conto di Piattaforma logistica Trieste. Senza bollinatura, non sarebbe potuto partire il confronto con l'Ambiente da cui dipendono le autorizzazioni. La procedura si era incagliata per alcuni mesi tanto che, prima il 27 agosto e poi il 10 novembre, il ministero dell'Ambiente aveva dovuto a sollecitare lo Sviluppo economico, affinché trasmettesse copia dell'Accordo di programma debitamente registrata dagli organi di controllo, sottolineando l'urgenza legata appunto alla necessità di approvare la documentazione inviata da Icop in estate. Ora che l'ok della Corte è arrivato, il ministero dell'Ambiente potrà avviare l'iter, che si concluderà con una conferenza dei servizi cui spetterà la ratifica del progetto con cui Icop si propone di demolire le strutture, asportare i materiali, realizzare i nuovi piazzali e attuare le misure necessarie per il trattamento delle acque di falda. Secondo il cronoprogramma, le opere sarebbero dovute cominciare a marzo ma è presumibile che il tutto parta a giugno. La conferenza dei servizi avrebbe infatti dovuto essere convocata entro novembre, ma le cose slitteranno all'inizio del 2021. Prima di poter operare, Icop dovrà inoltre perfezionare la permuta tra aree demaniali e private prevista dall'Adp e poi ottenere la concessione dei terreni di competenza da parte dell'Autorità portuale. Il disco verde della magistratura contabile consente all'Agenzia del demanio di attivarsi in tal senso, oltre a permettere a Invitalia di avviare le pratiche per impiegare i 41 milioni da tempo stanziati per le opere di barrieramento a mare affidate alla parte pubblica.

Diego D'Amelio

 

Camini e operai ritratti nel murales per Toffa - l'opera realizzata su un muro del rione
Ritrae un operaio al lavoro in altoforno e, sullo sfondo, il fumo che esce da un camuno il murales realizzato sulla parete dell'edificio in via di Servola 88, dedicato a Nadia Toffa, l'inviata de Le Iene, che per anni si è battuta per le problematiche del rione legate alla Ferriera. Si intitola "Look up" è realizzato dall'artista Gabriele Bonato e sta per essere finito. A illustrare i dettagli un cartello. «Il nome - si legge - evoca i concetti di verticale e verità, la stessa verità cercata da Nadia Toffa, cui l'opera è dedicata. La Ferriera spicca con i suoi accumuli di metallo; camini ruggine simboleggiano il degrado e l' effimero del mondo, destinato a perire come accade al ferro lasciato in balia della natura. Un braccio meccanico, simile a un fiore di acciaio, si eleva verso l'alto e su di esso si posa uno splendido volatile, Nadia, nome che significa speranza». Il progetto rientra nell'ambito di "Chromopolis-La Città del Futuro".

mi.b.

 

 

"Gabbie" a Duino, chiesta una proroga al 2033
La Ca' Zuliani punta al prolungamento della concessione per gli impianti d'allevamento dei pesci. Le obiezioni ambientaliste
DUINO AURISINA. Poter sfruttare le acque del golfo fino al 31 dicembre 2033. Va in questa direzione la richiesta formulata in questi giorni alla Regione dalla Ca' Zuliani, l'azienda proprietaria delle contestate gabbie per l'allevamento intensivo dei pesci, installate di fronte al castello di Duino. Tecnicamente, la srl ha presentato una domanda di proroga della concessione demaniale. Di fatto si tratta della volontà, da parte dell'azienda che fa capo all'amministratore delegato Oliver Martini, di continuare nell'attività di allevamento che da tempo è al centro di vivaci polemiche. Del resto, è facilmente comprensibile che, visti i notevoli risultati ottenuti, anche in conseguenza degli ingenti investimenti effettuati, la Ca' Zuliani voglia proseguire nell'attività intrapresa. Non più tardi di qualche mese fa, la srl si era impegnata a illustrare gli strumenti utilizzati per preservare l'integrità delle acque del golfo. «La durata della richiesta di prolungamento della concessione - spiega Stefano Caberlotto, responsabile della produzione della Ca' Zuliani - si giustifica nel senso che il ritorno degli investimenti fatti non può essere immediato in un mercato come quello che ci caratterizza. È perciò naturale che si vada nella direzione di una richiesta di un accentuato prolungamento di tale concessione, anche perché siamo legati ai contributi legati all'attività, che richiedono per l'appunto una programmazione di lunga gittata».Sul tema è immediata la contestazione di cui si fa interprete il movimento "Salute e ambiente". «Sono numerosi gli aspetti trascurati dalle competenti autorità su questa vicenda - sottolinea il portavoce Danilo Antoni - innanzitutto perché, nella concessione originaria, non è stata rispettata la norma che prevede di tenere in considerazione il cumulo con altri progetti. In secondo luogo - prosegue Antoni - è stato trascurato l'elemento che riguarda il paesaggio, perché chiunque avrebbe potuto constatare che gabbie di allevamento in mare di questo genere, di dimensione variabile dai 12 ai 16 metri e sporgenti dal livello del mare con strutture di plastica gialla alte più di un metro, davanti a un castello non potevano certo valorizzare il paesaggio. Queste gabbie, di fatto, formano un'isola di plastica gialla di circa di cinque ettari».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 dicembre 2020

 

 

Rifiuti, cresce la differenziata ma si ricicla soltanto a meta' - il rapporto annuale ISPRA

ROMA. L'ultima edizione del rapporto Rifiuti Urbani di Ispra - l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell'Ambiente - fotografa l'Italia nel 2019, ultimo anno pre-Covid. I rifiuti urbani nel complesso diminuiscono rispetto all'anno precedente dello 0,3% (-80.000 tonnellate). Siamo a 30,1 milioni di tonnellate, eravamo a 32,5 milioni nel 2006/2007. La curva sembra dunque stabilizzarsi. I rifiuti aumentano nel Nord Italia e si riducono nel Centro e nel Sud, dato che forse ci fornisce indicazioni preziose sui differenziali regionali di recupero dalla crisi economica degli ultimi 12 anni. Buone notizie sul fronte raccolte differenziate. Nel complesso arriviamo al 61,3% di media nazionale, oltre 18 milioni di tonnellate che i cittadini consegnano diligentemente ai circuiti del riciclo. L'obiettivo nazionale del 65% è ormai vicino, raggiunto già da 8 regioni e dal 60% dei Comuni. Il recupero energetico si attesta sul 19% del totale, +1,4% ma valore ancora distante da quel 25/35% atteso nello scenario descritto dalla Direttiva europea. Gli impianti si riducono costantemente, sono 37 (38 nel 2018, 39 nel 2017), e non se ne costruiscono di nuovi ormai da anni. La discarica si riduce arrivando al 21% del totale dei rifiuti urbani (-3,3%), valore che andrà almeno dimezzato da qui al 2035, per raggiungere l'obiettivo europeo del 10%. Si aggrava il fenomeno dell'esportazione dei rifiuti urbani, che verso i Paesi esteri è aumentata del 10%. Un dato preoccupante che testimonia la fragilità impiantistica nazionale specie per quanto riguarda il compostaggio e l'incenerimento. In generale, il quadro è di progressivo miglioramento con due criticità che devono essere affrontate: la mancanza di impianti di termovalorizzazione e riciclaggio, per chiudere il ciclo e i forti differenziali regionali.

Alfredo De Girolamo

 

 

Canoni d'affitto più bassi per chi utilizza a Borgo gli orti urbani delle Piane - la decisione della giunta
«Anche a Borgo San Sergio gli orti urbani delle Piane vedranno adeguati al ribasso i canoni annuali d'affitto». È l'annuncio fatto ieri da Lorenzo Giorgi, assessore al Patrimonio, che ha voluto illustrare proprio sul posto la nuova delibera approvata dalla giunta sulle tariffe di ogni terreno comunale ad uso d'orto urbano. «Questo è il più grande dei quattro orti che abbiamo a Trieste - ha affermato Giorgi -. Le Piane sono utilizzate da molti anni da cittadini ed associazioni». Vista l'importante funzione sociale dell'orto-giardino, la giunta ha deciso di ridurre il costo dell'affitto facendolo scendere da 3,43 a 1 euro al metro quadro. Anche per i pensionati che si dedicano a quest'attività il prezzo scende da 1,31 a 1 euro. «È importante che si paghi poco - ha spiegato l'assessore al Patrimonio - ma che ci sia, al tempo stesso, un impegno da parte del cittadino nella cura dello spazio pubblico. Ci sono stati problemi di abusivismo in alcuni lotti liberi e, da poco, abbiamo messo nuovi lucchetti: attualmente qui abbiamo ancora 6 lotti a disposizione». Dopo la campagna lanciata dal Comune, al termine dell'estate, e a seguito dell'opera di risistemazione della zona delle Piane, le persone si sono riavvicinate all'idea di coltivare carote e zucchine in città. «Alcuni triestini usano questi spazi da tanto tempo - ha aggiunto Giorgi -. C'è chi è qui dagli anni '70. È vero che c'è ancora il problema dell'allacciamento dell'acqua: esistono solo due attacchi e la pressione è bassa. Ci impegniamo a portarne di più, ma voglio fare un appello ad Acegas vista l'importante funzione sociale del sito. Abbiamo avuto degli incontri, ma i preventivi sono un po' alti per i futuri lavori». Si parte da una spesa di 80 mila euro secondo il Comune. «Siamo pronti ad intervenire - ha concluso l'assessore - ma se trovassimo più attenzione per abbassare i costi e collaborare ulteriormente ne sarei felice». Oltre a Le Piane altri orti urbani sono in strada di Fiume, a "Le Mandrie" di Opicina e in via Navali-Dandolo a San Vito. Per il futuro ne è in arrivo uno nuovo nel 2021.

Lorenzo Mansutti

 

 

SEGNALAZIONI - Porto vecchio - La scelta antistorica della Regione Fvg

Negli anni abbiamo assistito ad ogni sorta di proposta per il recupero del Porto Vecchio: da terminal marittimo del turismo con l'imprenditore Pierluigi Maneschi recentemente scomparso, a polo museale, zona turistica e residenziale, cuore pulsante di "outlet in città" per il critico d'arte e politico Vittorio Sgarbi con presunti acquirenti sempre disponibili all'investimento e ora sede di un "Pirellone" della Regione Fvg. In cambio di 26 milioni di euro al Comune per la viabilità e le infrastrutture. I fondi del Recovery Fund non sono ancora arrivati e già la Regione ha pensato di investirne una cospicua fetta (da 150 milioni) per spostare tutti i suoi uffici dalle sedi sparse in centro al Porto Vecchio, nei magazzini della storica "cittadella Greensisam", lasciando vuoti in città numerosi edifici ancora freschi di restauro. In un momento in cui si pensa al lavoro agile e a nuove modalità non solo per le aziende, ma anche e soprattutto per il mondo della Pubblica amministrazioni, gli edifici sedi delle grandi compagnie nel mondo si svuotano. La Regione Friuli Venezia Giulia con il Comune di Trieste vuole quindi fare una scelta antistorica, raccontandola come un'operazione che avrà benefici sulla spesa e sul risparmio e coerente con i requisiti per la richiesta dei fondi europei: un progetto definito green e che persegue l'obiettivo della digitalizzazione. Mi spiace dirlo, ma sebbene sia necessario recuperare gli edifici di Porto Vecchio e riportarli al loro splendore, risparmiandoli al degrado, questo progetto riproporrebbe sempre lo stesso problema: spazi vuoti in città difficilmente ricollocabili sul mercato e un uso di spazi nel porto con parcellizzazione della proprietà senza avere un piano complessivo dell'area che faccia davvero prendere vento verso il futuro alla nostra città.

Tiziana Cimolino

 

 

Un incontro su Langer ricordando Marino Vocci

«Alex Langer» ha scritto Marino Vocci in "Fughe e approdi" «è stato l'uomo politico che ho amato di più. Uomo di frontiera, ma oltre i confini, amico dell'Istria e di queste nostre difficili ed affascinanti regioni e del mondo, che credeva veramente nella diversità come ricchezza e risorsa». Per questo Articolo 21 Fvg e l'associazione "Tina Modotti" hanno pensato di ricordare Marino Vocci nel terzo anniversario della morte presentando l'ultimo libro di Alexander Langer "Quei ponti sulla Drina. Idee per un'Europa di pace" (Infinito Edizioni), un'antologia di testi scritti tra il 1989 e il 1995. Perché entrambi credevano nel dialogo interetnico come strumento di contrasto all'acuirsi di nazionalismi e nel ruolo dell'Ue. All'incontro, in diretta oggi alle 16.30 dalla pagina Fb del Caffè San Marco, parteciperanno Fabiana Martini, Gianluca Paciucci, Sabina Langer, Gianni Tamino, Martina Vocci. Sarà ricordata anche Lidia Menapace.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 17 dicembre 2020

 

 

UNDICI ASSOCIAZIONI TRIESTINE SCRIVONO AL GOVERNO: SI FINANZINO I TRAM E NON L'OVOVIA!
Undici associazioni triestine, ambientaliste e civiche, da tempo impegnate con proposte per una mobilità sostenibile, hanno inviato al Governo italiano (presidente del consiglio, ministri dell'ambiente, dei trasporti, dello sviluppo economico) una lettera nella quale evidenziano come l'attuale amministrazione cittadina stia ignorando le direttive europee e nazionali relative ad un netto taglio delle emissioni di gas serra. Anzi, come intenda usare finanziamenti statali (circa 45 milioni di Euro) per realizzare un percorso di ovovia che attraverserebbe in orizzontale tutto il Porto vecchio per poi salire, affiancando il Faro della Vittoria, da Barcola Bovedo fino al ciglione carsico, trasformando un bosco in 840 posti macchina.
Per questo le associazioni richiamano l'attenzione del Governo sull'assoluta inadeguatezza del Piano comunale per la Mobilità Sostenibile adottato dall'attuale Giunta. Il PUMS è lo strumento amministrativo col quale si dovrebbe, in dieci anni, ridurre di almeno il 60% le emissioni di CO2, il gas di scarico responsabile, assieme al metano, dell'effetto serra, ovvero del drammatico riscaldamento globale. Invece il Piano testè varato immagina che la riduzione di CO2 possa derivare dalla costruzione dell'ovovia, che dovrebbe essere usata da circa 1500 pendolari provenienti da nord. (A costoro andrebbe invece riservato un buon servizio ferroviario, com'era già evidenziato dal progetto Adria-A, colpevolmente abbandonato).
A Trieste serve un sistema di trasporto urbano di massa, cioè una moderna rete tramviaria che la colleghi lungo gli assi principali. Si può iniziare, con analoga spesa, con una linea Stazione - piazza Foraggi, prolungabile poi nel Porto Vecchio fino a Barcola, e verso Muggia e oltre.
Son già quasi tremila i triestini e le triestine che stanno sottoscrivendo questa proposta su Change.org, cui vanno aggiunte le altre migliaia che da anni chiedono il ripristino dello storico "Tram de Opcina".
Per questo le sottoscritte Associazioni confidano che il Governo saprà ben distinguere fra le proposte di buon senso e quella dell'ovovia, inutile, insensata, molto impattante, economicamente insostenibile. E poi, per dirla tutta: "a Trieste xe la Bora!"
le associazioni:
FIAB Trieste Ulisse presidente Luca Mastropasqua
Tryeste referente Riccardo Laterza
Legambiente Trieste Circolo Verdeazzurro presidente Andrea Wehrenfennig
Spiz Associazione di Promozione Sociale vicepresidente Diego Manna
Università delle Liberetà – AUSER Trieste – Camminatrieste responsabile Mario Goliani
Zeno presidente Alessio Carecci
Fridays For Future Trieste
Uisp Fvg presidente Elena Debetto
Adesso Trieste referente Giulia Massolino
BioEst presidente Sergio Senni
Prodes – Forum dei Beni Comuni presidente Tiziana Cimolino
Recapiti:
FIAB Trieste Ulisse: info@ulisse-fiab.org
Tryeste: tryeste.tryeste@gmail.com
Legambiente Trieste: info@legambientetrieste.it
 

 

Lettera aperta al Governo Italiano - Al Presidente del Consiglio  - ai Ministri dei Trasporti, dello Sviluppo Economico, dell'Ambiente
Trieste, 17 dicembre 2020
Signor Presidente,
La recente decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 2020 di ridurre del 60% le emissioni di gas con effetto serra entro il 2030 impone di prendere provvedimenti assolutamente radicali a tutti i livelli di competenza. Occorre perciò una netta e urgente direttiva che obblighi ogni singola Amministrazione a operare in questa direzione, indispensabile e urgentissima.
Un aspetto è certamente l’incremento e l’efficientemento del trasporto pubblico, con una rapida transizione ai mezzi elettrici e un ampio programma di utilizzo del fotovoltaico quale sorgente, abbinato all’efficientamento energetico degli stabili.
Al contrario, il PUMS testé adottato dal Comune di Trieste dichiara di voler mantenere invariate le proprie emissioni 2019 fino al 2030, il che è decisamente inaccettabile!
Anche in questo quadro va esaminata, in particolare, l'ipotesi dell’attuale Giunta comunale di spendere circa 45 milioni di fondi statali per un'Ovovia oggettivamente dannosa per l'ambiente e il paesaggio (ettari disboscati), costi irragionevoli rispetto ai bisogni (1500 pendolari), prevista su aree verdi tutelate e inadatte e priva di connessioni col trasporto pubblico locale. Il progetto non è previsto dal Piano Regolatore Comunale vigente, e nemmeno dal Piano Regionale del Trasporto Pubblico Locale. Non esiste neppure un pronunciamento ufficiale della locale Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.
Con tale somma, invece, si può finanziare una linea di tram moderno che colleghi velocemente e comodamente l'asse cittadino principale, da Piazza dei Foraggi alla Stazione Centrale, da estendersi poi a tutto il Porto Vecchio e successivamente verso Muggia (e oltre).
Secondo noi, i fondi stanziati dal Governo per i sistemi di trasporto rapido di massa devono servire a tutta la popolazione, e non venir sprecati per una piccola frazione di essa o per i turisti. Il collegamento Opicina-Park Bovedo-Porto Vecchio tramite l’ovovia non incide sui problemi della mobilità quotidiana a Trieste, che riguarda soprattutto quella tra i quartieri e passa per il centro storico, e solo in seconda battuta riguarda l'afflusso quotidiano dei pendolari (cui va facilitato l’utilizzo del treno).
Per completezza alleghiamo lo studio da noi svolto che evidenzia la fattibilità e l'economicità della proposta di una o due linee di tram moderno, nonché le precisazioni sulle criticità dell'assurda ipotesi di un'Ovovia.
le associazioni:
FIAB Trieste Ulisse presidente Luca Mastropasqua Tryeste referente Riccardo Laterza
Legambiente Trieste Circolo Verdeazzurro presidente Andrea Wehrenfennig Spiz Associazione di Promozione Sociale vicepresidente Diego Manna
Università delle Liberetà – AUSER Trieste – Camminatrieste responsabile Mario Goliani Zeno presidente Alessio Carecci
Fridays For Future Trieste
Uisp Fvg presidente Elena Debetto
Adesso Trieste referente Giulia Massolino
BioEst presidente Sergio Senni
Prodes – Forum dei Beni Comuni presidente Tiziana Cimolino
PS: è in corso una petizione per il tram e contro l'ovovia che in breve tempo ha già superato le 2800 firme.
Recapiti:
FIAB Trieste Ulisse: info@ulisse-fiab.org
Tryeste: tryeste.tryeste@gmail.com
Legambiente Trieste: info@legambientetrieste.it
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 dicembre 2020

 

 

Perdita di greggio da una condotta nell'area della Siot - subito contenuto lo sversamento nel terreno
Perdita di petrolio riscontrata ieri mattina sulla condotta che via terra trasferisce il greggio dal Terminale marino della Società italiana per l'oleodotto transalpino (Siot) al Parco serbatoi. È stata prontamente tamponata dal personale di Tal, il gruppo che si occupa della pipeline diretta verso il Centro Europa anche nel tratto italiano. La fuoriuscita è stata individuata durante delle normali operazioni di carotaggio (il prelevamento di campioni di terreno per l'analisi chimica), avviate in un terreno vicino a via Errera, nella zona industriale nei pressi del Canale navigabile. Il piano di emergenza Siot - Tal è stato immediatamente attivato e 15 minuti dopo l'accaduto sono iniziate le operazioni di recupero e di contenimento. La situazione è apparsa fin da subito sotto controllo. In primo luogo è stato disposto il blocco del pompaggio lungo la condotta interessata, quindi la depressurizzazione della stessa, avvenuta inizialmente con lo svuotamento via autobotte e a seguire con la realizzazione di un bypass, che è entrato in funzione alle 14 e ha avviato il greggio in una diversa linea dell'oleodotto. L'attività di riparazione della tubazione è stata predisposta tra ieri pomeriggio e questa notte e prenderà il via stamattina. La funzionalità dell'Oleodotto Transalpino, fanno sapere da Tal, non è mai stata interrotta e prosegue lungo le altre tre linee di trasferimento. «Stiamo operando con il massimo impegno per ripristinare la conduttura nel più breve tempo possibile - ha dichiarato il presidente della Siot e general manager del gruppo Tal Alessio Lilli - e nel contempo abbiamo avviato i necessari approfondimenti per verificare la dinamica di quanto accaduto e stimare l'entità dello sversamento nel terreno circostante la condotta, che ci risulta contenuta grazie all'immediato intervento. Il ringraziamento va alle squadre coinvolte e agli operatori dell'indotto di Siot. Il nostro impegno è focalizzato al ripristino delle condizioni ottimali e alla riparazione del danno mantenendo al contempo informato il pubblico».

B.M.

 

 

CNA - Focus su incentivi legati ad ecobonus e superbonus 110%
Sfruttare al meglio le opportunità degli incentivi fiscali in ambito ecobonus, sismabonus e superbonus 110%, introdotto dal Dl Rilancio. È questo l'obiettivo dell'accordo stipulato tra Cna Costruzioni, Eni gas e luce e Harley&Dikkinson di cui si parlerà oggi alle 17, in un evento online (per iscriversi: cna@cnatrieste.com). Interverranno il presidente di Cna Trieste Giancarlo Carena, che introdurrà i lavori, il presidente di Cna Trieste Edili Lorenzo Cerbone, l'ad responsabile Harley&Dikkinson Consulting S.r.l. Alessandro Ponti, il responsabile Relazioni e iniziative di sviluppo servizi energetici, Eni gas e luce Francesco Santangelo, la responsabile Marketing Harley&Dikkinson Consulting S.r.l. Annalisa Ferrazzi e il responsabile Cna Costruzioni Mario Turco, che trarrà le conclusioni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 dicembre 2020

 

 

Caserme in vendita sull'altipiano carsico: il Demanio ci riprova
Da Basovizza a Gropada - Poi c'è l'ex posto di confine di Lipizza. E nell'elenco ancora un appartamento a Sistiana e un terreno a Muggia
TRIESTE. Certo che se il Demanio pensa di ossigenare le casse statali con il campionario delle ultime aste, sarà bene preparare una zattera e predisporsi a una perigliosa navigazione. Sul territorio triestino la direzione regionale mette in vendita 12-beni-12, di cui 5 situati nella parte carsica del capoluogo e in altri due comuni dell'ex provincia. Il valore complessivo della "sporca dozzina" naviga poco sotto i 900.000 euro, ma si tratta di un valore nominale difficilmente compatibile con le esigenze e la reale situazione di mercato. Comunque, se qualche coraggioso o qualche bastian contrario vuol farsi sotto, avanti entro mezzogiorno del 18 marzo 2021: l'indirizzo è via Gorghi 18 a Udine. Alle ore 10 del giorno 22 saranno aperte le offerte. Ciò premesso, diamo un'occhiata alla merce. Si diceva dei 5 beni situati in Carso e in provincia. Tre di questi riguardano il Comune triestino: l'ex caserma dei Carabinieri di Basovizza, l'ex caserma della Benemerita di Gropada, l'ex posto di confine della Polizia di frontiera al valico di Lipizza. Chi è appassionato del genere, sarà già caduto in dèja vu. Sono anni che si cerca di cedere questi semi-ruderi senza venirne a capo, forse bisognerebbe aggiornare la modalità e riflettere sulle recondite ragioni che possono spingere un investitore ad acquistare decrepite ex strutture militari al confine di Stato. Stato dell'arte e prezzo: il primo immobile ha una superficie di circa 2.100 metri quadrati tra coperta e scoperta, il livello manutentivo è classificato "mediocre", la quotazione è di 125.442 euro. Il secondo va ancora peggio: lo stato manutentivo è "pessimo", gli edifici sono due, la superficie complessiva cuba circa 2.500 metri quadrati, la stima sfiora i 180.000 euro. Il terzo è ancor più incredibile: era la struttura metallica utilizzata a Lipizza dalla Polizia di frontiera, che, compreso il piazzale, ha un'estensione di oltre 2.300 metri quadrati; lo stato manutentivo è considerato dagli stessi venditori "pessimo" e sono chiesti 64.520,79 euro. C'è poi un appartamento a Sistiana, che vanta 90 mq di superficie. Qui andiamo meglio: il grado di conservazione è "buono", l'ente si sviluppa al pianoterra di uno stabile su due livelli, possiede un piano interrato, vi si accede attraverso una via carrabile interna, c'è un posto auto. Per chiudere la rassegna extra-urbana, ecco un terreno di 335 metri quadrati a Muggia, vicino all'incrocio tra via Frausin e via Matteotti; è circondato da mura di altezza variabile tra 1,50 e 3 metri; il fondo è sterrato; le destinazioni precedenti erano quella di lavatoio e di verde pubblico. A completare il quadro provvedono i 7 beni in vendita a Trieste città. Un appartamento, risalente al Gma, in via Gorizia è offerto a 42.000 euro per 67 metri quadrati. Un alloggio in buone condizioni in via Udine è proposto a 188.500 euro per 173 metri quadrati. Un locale da ristorazione, sempre in via Udine, sfiora i 100 mq, per i quali si domandano poco più  - di 60.000 euro. Un box in via Canciani a Longera è acquistabile per 18.600 euro. In vicolo dei Gattorno, non lontano da Salita Trenovia, c'è un terreno di 67 metri quadrati per quasi 2.000 euro: interessante il pozzo di aerazione dell'ex rifugio anti-aereo Belvedere. Un bilocale da 43 mq in via Pirano lo si può portare a casa per 43.000 euro. Infine, 2.000 metri quadrati in via Caboto sono avvicinabili con 15.000 euro.

Massimo Greco

 

SEGNALAZIONI - Coronavirus - L'ex caserma venga riconvertita

La diffusione del Covid-19 nelle case di riposo ha dimostrato il rischio di concentrare tante persone in ambienti ristretti e l'inadeguatezza di autorizzare la trasformazione in residenze per anziani di semplici appartamenti cittadini dotati dei minimi servizi prescritti dalla legge ma privi di sufficienti ambienti di sfogo e soprattutto di giardini e spazi all'aperto. Un'area che ci appare come più che idonea per tale utilizzo è l'ex tenuta Burgstaller di Banne, nel 1934 trasformata nella Caserma Monte Cimone e nel 1992, con la caduta della "cortina di ferro", abbandonata dall'Esercito benchè appena ristrutturata e dotata di moderni servizi sanitari e di ristorazione: una superficie di circa 240.000 mq tenuta a parco, con campi sportivi e ampi spazi alberati, villa padronale e altri stabili di servizio. Trasferita al Comune di Trieste, alla fine degli Anni '90 si trovava ancora in buone condizioni: la giunta ne previde l'utilizzo come centro sportivo anche con campo da golf ma i costi non erano affrontabili. La giunta successiva voleva ricoverarvi i profughi che stavano giungendo dall'Est ma incontrò la recisa opposizione degli abitanti di Banne. Ad ogni modo l'area naturale non è mutata e un'amministrazione attenta al benessere dei cittadini anziani non dovrebbe trascurare l'occasione di trasformarla in un istituto modello per anziani autosufficienti e non. Eventualmente col concorso dell'Ater creare una realtà di co-housing con famiglie giovani, secondo esperienze ormai usuali in tutta Europa. Il Covid-19 che ancora incombe non deve ostacolare, ma anzi spronare l'amministrazione comunale e regionale a prevedere soluzioni più idonee e aggiornate per il benessere dei cittadini anziani.

Lucio Vilevich - Ada-Uil Pensionati Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 dicembre 2020

 

 

Esperti a confronto su e-mobility e guida autonoma - oggi alle 9.30
Esperti, manager, esponenti del mondo della ricerca, dell'industria, dell'innovazione e delle professioni a confronto nel corso del seminario "Le frontiere della e-mobility: guida autonoma, sistemi manned-unmanned", che si terrà oggi, alle 9.30, sulla piattaforma GoToMeeting per iniziativa di Aeit Fvg, Atena Fvg e D-Etef. Iscrizione libera fino a esaurimento dei posti disponibili tramite il portale nazionale Aeit online.

 

Fascino e potenza di vette e grotte in due concorsi per "docu" e film
Apre la 31.a edizione di "Alpi Giulie Cinema" dedicata alla montagna e alla speleologia
La cultura della montagna e il fascino della speleologia, il tutto raccontato attraverso la forza del cinema e della visione documentaristica. La rassegna "Alpi Giulie Cinema", progetto organizzato dall'associazione Monte Analogo, in collaborazione con Arci Servizio Civile, apre i battenti della sua 31.a edizione e lancia i suoi due concorsi denominati "Premio La Scabiosa Trenta" e " Hells Bells Speleo Award". "La Scabiosa Trenta" approda alla sua 27.a edizione confermando il suo copione abituale, quello di un concorso riservato alle produzioni cinematografiche firmate da autori originari dei versanti alpini della Carinzia, Slovenia e Friuli Venezia Giulia. Anche i temi delle opere rispecchiano la consolidata tradizione della manifestazione e riguardano il racconto della montagna attraverso le sue varie sfaccettature, dall'epica della conquista alla tutela ambientale, passando per i contesti sportivi e i riflessi narrativi di luoghi e personaggi. Da definire le date delle cerimonie di premiazione e in cantiere al momento anche l'allestimento della giuria, destinata come sempre a formarsi con tecnici, scrittori e comunicatori della cultura montana. Una curiosità. Il nome del concorso è ispirato dal mitico fiore invocato nei racconti e nelle missioni di Julius Kugy, storico alpinista sloveno, una sorta di "Santo Graal" delle vette e che qui, anno dopo anno, si presta anche alla rilettura da parte di un artista della regione impegnato nel campo della scultura o della grafica. L'altra parte della rassegna "Alpi Giulie Cinema 2021" si avvale del concorso dedicato al mondo della speleologia, percorso in auge dal 2012, dal titolo "Hells Bells Speleo Award", progetto organizzato in collaborazione con la Commissione Grotte "Eugenio Boegan" Società Alpina delle Giulie, Sezione Cai di Trieste. Qui il focus è naturalmente rivolto alle grotte e dintorni, ma tramite le cifre narrative dei documentari, dei reportage e della fiction. Il termine ultimo per la partecipazione a entrambi i concorsi è fissato per la giornata del 25 gennaio del 2021. I moduli di iscrizione sono scaricabili dal sito www.monteanalogo.net. Ulteriori informazioni scrivendo a info@monteanalogo.net o ai numeri 040/761683 e 33552792319.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 dicembre 2020

 

 

Gara a tre per acquistare il palazzo di Autovie Venete
Lo stabile tra via Lazzaretto vecchio e via Economo in vendita a 3,1 milioni di euro - In corsa due società triestine e un gruppo da fuori provincia. Previsti alloggi e box
Autovie Venete è a un passo dalla vendita del palazzo al civico 26 di via del Lazzaretto Vecchio, all'angolo con via Economo. Sarebbero tre le proposte di acquisto pervenute agli uffici entro i termini prestabiliti. L'immobile, destinato un tempo ad uffici direzionali, è in ottimo stato. Si sviluppa su quattro piani, e dispone anche di oltre 24 posti auto e cinque posti per le moto. In tutto 1.839 metri quadrati, oltre a parti comuni e corte per 258 metri quadrati e archivi e magazzini per altri 226. Le proposte di acquisto dovevano essere trasmesse entro lo scorso 9 dicembre, e da indiscrezioni, sembra ne siano arrivate sul tavolo della direzione due da società triestine già ampiamente impegnate nel campo immobiliare, e una da una società non locale. Il prezzo di vendita è stato fissato a 3 milioni e 150 mila euro. Sono ammesse e valutate solo le proposte di importo pari o superiore. Solo qualora non sia pervenute proposte con offerte di importo pari o superiore al prezzo di vendita, Autovie Venete si riserva di valutare le eventuali proposte comunque pervenute con un prezzo offerto inferiore a quello di vendita. La spa, come noto concessionaria dell'autostrada A4, ora analizzerà le offerte, e si riserverà di chiedere integrazioni o chiarimenti. Nel caso di più proposte d'acquisto di pari importo si riserva, a proprio insindacabile giudizio, di individuare la migliore proposta sulla base della data entro cui il proponente si impegna a stipulare il rogito notarile. L'intenzione di alienare il palazzo di via Lazzaretto Vecchio era emersa già agli inizi del 2019, quando la società aveva deciso contestualmente di acquistare da Friulia anche il terzo piano del palazzo di via Locchi, dove la società ha già sede ufficiale. La cessione dell'immobile sembrava essere già ad un passo dalla firma lo scorso anno, ma poi la trattativa si è arenata. Se tra le proposte appena inviate almeno una corrisponderà ai parametri indicati, verosimilmente l'aggiudicazione avverrà agli inizi del prossimo anno. Ma cosa diventerà quell'immobile? Il piano regolatore consente oltre alla destinazione residenziale, anche quella alberghiera. Sembra però tramontata questa ultima ipotesi, mentre si fa largo quella della realizzazione di appartamenti, con annesso box auto o moto. Va tenuto conto che attorno alla zona ruotano diversi progetti. E la trasformazione dell'area oggi occupata dall'Ortofrutticolo, la costruzione del Parco del mare e la riqualificazione della Stazione di Campo Marzio aumentano le quotazioni di quell'immobile.

Laura Tonero

 

 

Con "Un'altra città" si discute su Zoom di ambiente e diritti
Oggi alle 18 nuovo incontro virtuale aperto a tutti. «Perché il sogno è creare uno spazio dove ognuno si senta protagonista della vita politica»
L'appuntamento è oggi alle 18 sulla piazza virtuale di Zoom al link https://us02web.zoom.us/j/9779772179. Lì Giovanni Carrosio, docente universitario di Sociologia, Guido Pesante, professore di Filosofia, Loredana Casali, ricercatrice, animeranno l'incontro promosso dall'associazione Un'altra città dal titolo "Più ambiente, meno povertà", che potrà essere seguito anche sulla pagina Facebook del gruppo e sul relativo canale Youtube. Un'altra città spera così di aprire un dialogo, con il desiderio di accogliere bisogni, idee e visioni. L'associazione sogna infatti una realtà dove tutti si sentano partecipi della vita politica, delle decisioni e del futuro dell'intera comunità. «Siamo convinti - precisano i fondatori - che oggi sia possibile immaginare cittadini, gruppi, piccole comunità disposti ad animare uno spazio politico e culturale che affronti le sfide del presente con lo sguardo rivolto al futuro, anche alla luce delle elezioni del 2021. In vista di un anno che prevediamo ricco di incontri e appassionate discussioni per parlare di Trieste: una città, la nostra, che la pandemia ha reso ancora più vulnerabile». «Avvertiamo insieme a tanti - continuano gli animatori di Un'altra città - l'urgenza di ridisegnare una città inclusiva che abbia cura del bene comune e valorizzi la ricchezza del territorio - dal mare al Carso, dal porto alle osmize -, come volano di sviluppo per creare una società coesa, sana, meno vulnerabile, attenta all'ambiente, alla salute, alle disuguaglianze. Una città che si fondi sull'educazione come elemento unificante, potenzi le scuole specie nelle periferie e promuova la cultura e lo spettacolo per il benessere di tutte le fasce d'età. Una città che cura delle sue radici e della ricchezza del suo passato, che sa valorizzare l'opportunità del Porto Vecchio e sappia diventare un luogo dove lavorare con coraggio e generare ottimismo, anche per le giovani generazioni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 dicembre 2020

 

 

L'ascensore per San Giusto pronto a partire sotto Natale

Domani un incontro tecnico, poi verrà chiesto alla Regione di fare il collaudo. I due impianti potranno essere utilizzati dalle 7 alle 23
Franco Sergas, consulente di Interparking, ci crede, perché il tragitto burocratico sembra essere terminato: domani lunedì 14 incontro tra i tecnici coinvolti nell'operazione, a seguire richiesta alla Regione affinché si proceda al collaudo. Se il test avverrà a stretto giro di posta, l'impegno assunto a fine ottobre potrà essere centrato: prima di Natale l'ascensore del Park San Giusto diventerà un mezzo di trasporto pubblico e trasporterà il cittadino-turista da via del Teatro Romano fin sotto il monumento ai caduti opera di Attilio Selva a metà anni Trenta. Il sindaco Roberto Dipiazza segue la partita da vicino, perché molto ci tiene a che cittadini & turisti sfruttino l'elevatore per risparmiarsi intemperie e calori nel dislivello tra l'area dietro piazza Unità e il Colle. Ci tengono anche Urbanistica e Lavori pubblici, perché l'ascensore costituirebbe una primizia nelle modalità alternative all'uso della vettura in città, di cui al Piano urbano della mobilità sostenibile (più rapidamente Pums). Gli elevatori sono due, finora, perlomeno ufficialmente, erano fruibili solo dalla clientela del parcheggio. Ogni giorno i due impianti si fanno 700 corse, 350 a testa. Sergas aveva calcolato che in un anno i due montacarichi, costruiti nel 2015, potrebbero salire/scendere un milione di passeggeri. Un passo fondamentale è stato in ottobre la concessione a Park San Giusto dell'esercizio fino al 2047. Una volta ottenuto il definitivo benestare della Regione, gli ascensori entreranno in azione. Secondo Sergas, ci sarebbe la disponibilità della Soprintendenza a "tollerare" la fermata della simpatica coppia sul Colle. Park San Giusto ha provveduto a un progetto per trasformare l'attuale rifugio anti-aereo in un'entrata/uscita per tempi di pace. L'utilizzo non sarà senza regole. Innanzitutto l'orario dalle 7 alle 23, salvo chiamata notturna in portineria. Poi bisognerà capire in quanti potranno salire sugli ascensori, in questo periodo condizionato dalle limitazioni legate al Covid.

Magr

 

 

Orti a Borgo San Sergio in concessione gratuita ai residenti che li usano - la proposta di Progetto FVG
Dare in concessione ai residenti che ne usufruiscono le cosiddette "piane di Borgo San Sergio", veri e propri orti che il Comune ormai da anni è solito assegnare in comodato d'uso ai cittadini che li vogliono utilizzare per la coltivazione diretta. È quanto chiede Progetto Fvg - e la Settima Circoscrizione tutta - per la zona in questione, con un piano d'azione presentato nei mesi scorsi nel parlamentino, contenente alcune azioni urgenti da intraprendere per riqualificare il territorio posto dietro gli immobili Ater soprannominati "case dei Puffi". Una serie di richieste presentate da Progetto Fvg e fatte proprie successivamente da tutto il consiglio circoscrizionale. «Abbiamo voluto portare sotto i riflettori la situazione delle Piane di Borgo San Sergio - sottolinea Alice Tessarolo, consigliera circoscrizionale di Progetto Fvg, firmataria della mozione e redattrice del piano - attraverso la quale chiediamo al sindaco di assegnare in via gratuita le concessioni dei lotti per un anno, in modo da dare respiro a quelle famiglie che li usano per integrare il proprio sostentamento alimentare, oltre che per incentivare le eventuali nuove concessioni, visti i diversi lotti in disuso». Una proposta corredata dalla richiesta di riprendere in mano, da parte del Comune, il progetto di riqualificazione anche utilizzando lo strumento della sponsorizzazione. Non solo concessione gratuita però: il parlamentino della settima circoscrizione chiede anche che, al fine di evitare l'abbandono al quale parte di questi orti sono oggetto, il Comune provveda a fornire gli stessi di allacciamento all'acqua corrente, illuminazione e una certa messa in sicurezza. «Abbiamo trovato grande attenzione da parte del sindaco Dipiazza su questi interventi - così Giorgio Cecco, coordinatore provinciale di Progetto Fvg -, allo stesso tempo crediamo siano importanti le proposte che arrivano direttamente dai rappresentanti sul territorio».

l.d.

 

«Report San Giovanni, inutile spreco di soldi» - l'attacco di Fratelli d'Italia
Un inutile spreco di denaro pubblico. Così il consigliere della VI Circoscrizione Paolo Perini, esponente di Fratelli d'Italia, bolla l'iniziativa promossa dalla presidente del parlamentino, la pentastellata Alessandra Richetti, insieme a Legambiente per sondare le opinioni e le richieste degli abitanti di San Giovanni, e di quanti lavorano nella zona, in relazione alla vivibilità del rione. Con un'attenzione particolare a verde pubblico e viabilità in area rotonda del Boschetto. «L'operazione è costata 1.500 euro di soldi pubblici inseriti nelle disponibilità della Circoscrizione - attacca Perini -. Fondi che avrebbero potuto essere impiegati meglio visto che quel progetto non porta nessuna novità e conclude le stesse cose che vado dicendo io da almeno tre anni e per le quali ho anche raccolto 600 firme per un progetto ben avviato».

 

 

Cinghiali tra i vigneti, la Regione non risponde all'Sos dei coltivatori

Trieste. Continuano a rimanere inascoltati, da parte della Regione, gli appelli dei proprietari di terreni del Carso e di altre zone del territorio adibiti a coltivazioni e vigneti, sempre più spesso bersaglio delle invasioni di cinghiali spinti vicino alla cinta urbana dalla necessità di trovare cibo. Anche la recente interrogazione del consigliere regionale Igor Gabrovec del Pd, presentata per illustrare i danni provocati «ai vigneti giunti a maturazione per la produzione del vino», in cui l'esponente di opposizione ha ricordato anche «l'esiguità degli indennizzi previsti dall'amministrazione regionale per i viticoltori che hanno subito danneggiamenti alle colture», non ha trovato una risposta adeguata. Dalla Regione infatti è stato ribadito soltanto che esiste il «Piano di controllo quadriennale del cinghiale, in base al quale gli agricoltori possono chiedere di poter abbattere sui propri terreni i cinghiali, in deroga alle normative in materia, per contribuire allo sfoltimento di questi animali. Sono stati inoltre concessi - continua il testo di risposta all'interrogazione di Gabrovec - i piani di prelievo per l'attività venatoria, in tempo per l'inizio della stagione, facendo sì che le riserve di caccia possano svolgere le loro attività in modo regolare». Una disposizione che non trova riscontro nella realtà. «Alla mia richiesta in tal senso - è la testimonianza di Vincenzo Ferluga, agricoltore della zona di Piscianzi, sopra Roiano, bersagliato dalle invasioni notturne degli ungulati, da tempo in conflitto con l'amministrazione regionale - la Regione continua a dire di no. Nel mio terreno - continua - l'unica cosa che sono riuscito a ottenere è stato il posizionamento di un recinto trappola per la cattura dei cinghiali e nulla più. Pure la gestione di tale struttura - prosegue - non è stata pari alle attese, anzi i risultati sono stati molto scarsi. Per questo - conclude l'agricoltore di Piscianzi - ho chiesto il permesso di poter operare con l'abbattimento in deroga, ma l'esito è stato negativo, perciò la situazione non è cambiata e i danni a mio carico sono sempre più rilevanti, a fronte dei quali gli indennizzi sono veramente ridicoli, insufficienti per permettere il ripristino delle coltivazioni».

u.s.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 12 dicembre 2020

 

 

Rotonda del Boschetto: le proposte di Legambiente
Il Circolo triestino di Legambiente ha recepito nel tempo svariate segnalazioni da parte degli abitanti di San Giovanni, che mettevano in evidenza lo stato di degrado e di difficile fruizione del verde esistente e la richiesta di potenziare piccole aree attualmente prive di utilizzazioni proprie. Per meglio tastare il polso dei residenti, abbiamo coinvolto la Presidente della VI Circoscrizione, Alessandra Richetti, che si è resa subito partecipe portando in Consiglio una delibera di Progettazione partecipata per poter approfondire il tema. Ne è nata la Ricerca realizzata dall’Architetto Johanna Riva, ricca di analisi e spunti progettuali, in buona parte analoghi a quanto elaborato dal nostro Circolo.
Il primo aspetto che salta agli occhi osservando il giardinetto di Guardiella, oltre al chiosco di frutta e verdura che da anni lo caratterizza, è l’imponenza di alcuni alberi secolari “orfani” del loro Boschetto. Peggio, separati, espulsi, ripudiati! Quel giardino, “tagliato fuori” del suo contesto, stretto fra tre strade e un condominio, pendente e inadatto ai giochi, sconnesso negli attraversamenti, utile ormai solo allo sgambamento dei cani, si è via via degradato, attraendo persone emarginate come lui.
Per questo l’unico intervento risolutivo è riportarlo a casa, ri-unirlo alla famiglia tagliando quel tratto di Salita al Cacciatore che diviene area verde attrezzata e rimboschita, base per accedere ai sentieri del Boschetto, fino all’Orto botanico, al Ferdinandeo, a Villa Revoltella.
Ma non solo: tutta quella fascia verde, fino all’area della Circoscrizione, ha bisogno di un restyling. L’insieme della nostra proposta si può così schematizzare:
>Riqualificazione del giardino di Guardiella riunendolo al Boschetto;
>Realizzazione di aree giochi nel cortile/giardino della Circoscrizione;
>Miglioramento della mobilità pedonale;
>Salvaguardia degli alberi secolari;
>Miglioramento della viabilità carrabile con riduzione dell’inquinamento;
>Aumento degli stalli di parcheggio;
Realizzare un unicum tra la parte centrale del Giardino di Guardiella e le pendici del Boschetto, oltre a salvaguardare il suo patrimonio arboreo, risolve molti problemi. La viabilità pedonale inerente la scuola Codermatz, l’ampliamento planiziale del giardino e relativa attrezzabilità, la riconsiderazione radicale della sua funzione: non più anonimo spazio fra tre strade, ma importante base di partenza per escursioni, con un “Centro visite del Parco urbano del Bosco Farneto” fornito di mappe e pannelli fotografici.
Tale ristrutturazione comporta la trasformazione degli assi viari attuali con snellimento della percorribilità: alla separazione di viale al Cacciatore con via Pindemonte si supplisce con una nuova bretella verso strada di Guardiella posta nella parte a est dell’attuale giardinetto, mentre l’uscita di via Pindemonte riprende il suo tracciato originario, tuttora presente, con immissione diretta sulla Rotonda. Così si rende ben più sicuro e agevole il raggiungimento della scuola.
L’Area di Verde Pubblico interna al recinto della Circoscrizione, isolata dalle strade, va arredata con giochi per bambini e panchine e tavoli per adulti. È un luogo protetto ed alberato che, per la sua posizione centrale, potrebbe interessare un’area maggiore dell’abitato. Così per il posteggio esterno, che va reso area pedonale verde, valorizzando la scalinata storica.
Si può anche rendere più sicura e celere l’immissione da Strada di Guardiella nella Rotonda, allargando quel tratto della rotatoria e delineando due corsie: a destra verso strada di Guardiella; diritti verso viale Sanzio.
Nuovi parcheggi potrebbero essere individuati lungo viale al Cacciatore con l’utilizzo di stalli a pettine, dato l’oggettivo inutilizzo del marciapiede.

Andrea Wehrenfennig - presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste - cell. 3887219510

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 dicembre 2020

 

 

SAN GIOVANNI - Progetto di Legambiente e VI Circoscrizione - Residenti e negozianti "ridisegnano" il rione

Dai questionari compilati dai cittadini sono giunte proposte per ripensare verde e viabilità. Ora il report arriva in Comune
Un progetto di riqualificazione del giardino di San Giovanni, accanto alla rotonda del Boschetto, che potrebbe portare a tre risultati in un colpi solo: sistemazione del verde, riorganizzazione della viabilità e riassetto dei percorsi pedonali. Sono le tre proposte lanciate dai residenti e da chi lavora nella zona, sondati dalla VI circoscrizione attraverso una serie di questionari. Un'idea nata da Legambiente, e subito condivisa dal parlamentino, avviata lo scorso anno e sfociata ora in un'idea concreta. Lo studio è stato poi realizzato dall'architetto Johanna Riva, che si è messa a disposizione per fornire un supporto professionale ai cittadini. Tutto sarà presentato al Comune la prossima settimana. «Il report finale - si legge nel documento che sarà portato in Municipio - è il frutto di una ricerca di progettazione partecipata rivolta agli abitanti e alle realtà del rione di San Giovanni, con l'obiettivo di sviluppare osservazioni e proposte per la riqualificazione del giardino pubblico situato tra strada di Guardiella e viale al Cacciatore. L'indagine si è svolta tra gli ultimi mesi del 2019 e l'inizio del 2020. Sono stati elaborati tre scenari progettuali come risposta alle possibili trasformazioni del luogo, tre trasformazioni definite minima, media e generale». In ogni caso c'è la riqualificazione del giardino e delle aree limitrofe, per migliorare la qualità dell'ambiente e dei percorsi di attraversamento. L'obiettivo principale è quello di "popolare" l'area verde, teatro più volte, in passato, di episodi di degrado. Tra i risultati da raggiungere la cura delle piante, sfruttando i dislivelli naturali, l'installazione di un parco giochi attrezzato anche per attività di trekking, e ancora la creazione di percorsi sensoriali e scivoli protetti, oltre alla costruzione di un gazebo per la sosta, sedute, altri arredi urbani e un'isola per la raccolta differenziata. «Vogliamo far capire che si tratta di una zona che la gente ama e che vorrebbe poter fruire al meglio, uno spazio che nel tempo ha avuto problemi, relativi alle frequentazioni, e che è stato in parte dimenticato - ricorda la presidente della circoscrizione Alessandra Richetti - abbiamo voluto ripensarlo insieme alla gente, che lo vive e lo conosce. Inserire solo qualche panchina o qualche gioco, come già fatto anni fa, non avrebbe risolto le difficoltà esistenti, ecco perché è arrivata l'idea di un progetto che prospetti scenari più completi, un progetto - sottolinea la presidente - non calato dall'alto ma discusso insieme a chi questo rione lo frequenta ogni giorno. Credo sia un'ottima possibilità per San Giovanni, per far rivivere al meglio il piccolo parco. La prossima settimana porteremo le proposte al Comune, speriamo di trovare una risposta positiva».

Micol Brusaferro

 

Dopo 9 anni di attese e intoppi "riemerge" l'operazione Silos
Accordo di programma in dirittura d'arrivo. Manca l'ok al riassetto della stazione delle corriere. Il progetto? Quello originario con hotel, negozi e centro congressi
Manca solo l'ok di Tpl, il consorzio che raggruppa le aziende del trasporto regionale, per chiudere l'accordo di programma delineato ben nove anni fa, con il compito di definire le sorti dei magazzini del Silos. È una questione tecnica, una delle tante sollevate in questi anni, a poter finalmente sbloccare (almeno sulla carta) il restauro dei due grande edifici da 50 mila metri quadrati ubicati a lato della stazione, di proprietà della Silos spa, società del gruppo Coop Alleanza 3.0. Se l'accordo di programma verrà chiuso, potrà essere finalmente venduto e quindi riqualificato l'enorme spazio valutata attorno ai 120 milioni di euro, diventato nel frattempo sede privilegiata di senzatetto e ricovero di fortuna di migranti di passaggio. Il punto è, però, proprio questo: chi comprerà quei grandi immobili a pochi passi dagli altrettanto grandi magazzini del Porto vecchio, nel frattempo restituito alla città e ora, in un certo senso, "su piazza"? Negli anni scorsi pareva in pole position un fondo inglese che, però, con la crisi pandemica si è tirato indietro. Da Silos spa fanno sapere che «l'area è oggetto comunque di grande interesse da parte di investitori esteri».Oltre a individuare il compratore, andrà però come detto anche perfezionato e chiuso l'accordo di programma. Ed è proprio in questi giorni che gli enti coinvolti nella trattativa (tra cui Regione, Comune e Silos spa) si sono riuniti per parlare dell'ultima modifica al progetto dell'architetto Aldo Pavoni, voluto dalla proprietà, modificato nel 2015, ma risalente al 2003, quando il sindaco Roberto Dipiazza era al suo primo mandato. Tutti questi anni sono stati oggetto di varianti e attese di ogni tipo, ma anche di nuove esigenze avanzate dalla proprietà, tra cui l'aumento della superficie commerciale, che aveva iniziato delle opere di consolidamento per nove milioni di euro. Si sono aggiunte modifiche alle planimetrie e rincorse alle norme vigenti. Va ricordato che circa due anni fa la Regione aveva dato parere favorevole a una modifica riguardante il nuovo assetto della stazione delle corriere previsto nel progetto. Modifica richiesta, spiega l'architetto Pavoni, «dopo l'entrata in vigore del nuovo piano sul trasporto pubblico». Tale variante deve ora ottenere il placet di Tpl, che pare sia già stato spronato in questo senso, ma finora senza grande fortuna. Il gestore del bus deve quindi confermare o meno se vanno bene ad esempio il dimensionamento degli stalli e il ricovero dei mezzi. Intanto Silos spa conferma di voler mantenere comunque il progetto originario, che prevede, oltre a hotel, negozi, ristoranti, centro fitness (non più con Virgin Active, con cui le trattative sono ferme dal 2013), anche una sala convegni da 900 persone. Questo, nonostante sia stato appena inaugurato il centro congressi in Porto vecchio. «L'intento è quello poi di lavorare in sinergia con le altre realtà congressuali», spiega Pavoni. Entro gennaio si attende quindi la tanto attesa firma per l'accordo di programma. Intanto Silos spa fa precisa di «mantenere costantemente in sicurezza il sito, anche ripristinando, quando necessario, le recinzioni che sono state in alcune occasioni divelte da intrusi, e di provvedere a installare un apposito accesso per le forze dell'ordine per consentire loro di effettuare agevolmente le attività di controllo». Ricordati infine dalla proprietà i vari interventi di manutenzione compreso «quello operato sui ponteggi lato stazione dei treni».

Benedetta Moro

 

 

La rabbia degli abitanti di Strada del Friuli per l'albero abbattuto - Dopo il taglio di un ippocastano secolare
Un vecchio ippocastano viene tagliato e i residenti si indignano. La segnalazione arriva da Strada del Friuli. «Un ippocastano secolare, ultimo baluardo del verde in un piccolo complesso residenziale con annessi parcheggi, era stato insperabilmente risparmiato - racconta una signora - già se n'erano andati, qualche anno prima e qualche metro più in là, due tigli secolari e un pozzo, anch'esso storico. Quell'albero, però, valorizzava la proprietà con la sua bellezza, l'ombra delle sue chiome e la solidità che con le estese e robuste radici assicurava al terreno sottostante compromesso dallo sbancamento operato per realizzare il parcheggio; il costruttore l'aveva capito e non aveva esitato a rinunciare a un posto macchina in cambio degli evidenti vantaggi, e gli aveva asfaltato lo spazio intorno, circondandolo con una griglia di protezione abbastanza comoda da permettergli di respirare, ricevere la pioggia e continuare a vivere per un altro centinaio di anni». La storia insomma sembrava indirizzata verso il lieto fine ma, invece, ha subito una svolta inaspettata. L'ippocastano viene eliminato. «Un albero sano sopra i 2,2 metri di circonferenza o i 15 metri di altezza, non può essere abbattuto senza l'autorizzazione dell'ufficio comunale del verde pubblico, incluse le proprietà private. Ma dall'ufficio ci hanno detto che è il via libera è arrivato dalla relazione di un tecnico». Ma gli abitanti non si fermano e, dopo aver contattano corpo forestale, 112, Polizia municipale e Comune, annunciano ancora battaglia per denunciare quello che considerano uno scempio.

m.b.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 dicembre 2020

 

 

La Regione blinda gli 8 milioni promessi per il Parco del mare
Bini, dopo aver nicchiato all'inizio dell'esame della finanziaria, conferma i fondi - Insorgono Pd e M5s: «Soldi pubblici per un progetto privato. Pagano i cittadini»
La giunta Fedriga stanzierà otto milioni per la realizzazione del Parco del mare di Trieste, già all'interno dell'imminente legge di stabilità. L'annuncio è stato dato ieri dall'assessore regionale al Turismo Sergio Bini, in risposta a un'interrogazione del consigliere regionale Francesco Russo. L'ente pubblico metterà a disposizione i fondi che, assieme ad altrettanti milioni già pronti da parte della Camera di commercio, sbloccheranno il progetto delle imprese private, che si sono dette pronte a investire 24 milioni sulla realizzazione del nuovo acquario. Parlando in Consiglio regionale durante il question time, Bini ha sottolineato «l'interesse della giunta nei confronti di questa importante opera. Adesso il progetto è stato definito e, come detto dal presidente Fedriga e dall'assessore Roberti, l'interesse c'è e si concretizzerà in modo importante: otto milioni di euro nella prossima stabilità». La giunta di centrodestra lancia un assist importante in vista della campagna elettorale di Roberto Dipiazza, perché i 26 milioni promessi per il Porto vecchio e gli otto per il Parco del mare rappresentano una manifestazione di interesse verso Trieste. Gli otto milioni saranno frutto del ricorso all'indebitamento che la giunta approverà con ogni probabilità nella seduta di stamani. Il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti incassa e porta a casa, dopo aver temuto che l'iniziale titubanza di Bini durante la discussione della finanziaria in Commissione potesse riservare brutte sorprese. «Nel ringraziare la giunta - dice Paoletti - guardo con fiducia a questo ulteriore passo in avanti verso la definizione dell'architettura finanziaria pubblica, che andrà ad affiancare i 24 milioni di investimento privati di Icop, Icrrea e Costa Edutainment. Un progetto per complessivi 44 milioni che creerà occupazione e ricadute dirette sul territorio regionale, fin dall'avvio dei lavori. Dalla presentazione del progetto, c'è un crescente interesse verso Trieste, testimoniato anche dall'interesse di media nazionali e stranieri: una promozione territoriale che attrarrà ulteriori investimenti nei settori alberghiero e della ristorazione, nel commercio e nei servizi». Il Pd boccia l'investimento della Regione con la segretaria Laura Famulari: «Trieste è in una dura crisi economica e sociale, pezzi di città sono in totale abbandono e i fondi della Regione piovono su progetti fortemente discussi su cui la popolazione è già divisa o si sta dividendo. C'è da chiedersi se la spinta decisiva l'abbia data l'incipiente campagna elettorale. Quegli otto milioni pubblici per un'opera d'iniziativa privata, se non personale, avrebbero altri e più utili impieghi». E se Italia Viva ha manifestato invece in questi giorni il favore al progetto con Antonella Grim, il M5s spara contro la giunta con Cristian Sergo e Paolo Menis: «Dopo il "Pirellone di Porto vecchio" e il ponte sul Meduna arriva il Parco del mare. Purtroppo però a pagare la festa, per i privati, saranno sempre e solo i cittadini. Non possono essere commercianti e artigiani di questa regione a supportare tale finanziamento. Si tratta inoltre di un progetto vecchio, sorpassato, diseducativo. Una montagna di soldi pubblici gettati al vento, che potrebbero venir meglio impiegati nel supportare gli imprenditori locali in questo difficilissimo periodo di crisi».

Diego D'Amelio

 

Dal verde ai servizi - La rinascita di Servola in un piano di 35 punti
La lista delle "cose da fare" di sindacato e associazioni presentata alla Settima circoscrizione e inviata in Comune
«La presente serie di richieste dovrebbe essere parte integrante di un progetto organico, che tenga anche conto di quanto predisposto in anni passati e non ancora realizzato nel rione di Servola». Inizia così, con una leggera vis polemica, quello che può essere definito il glossario delle proposte per la rinascita del rione di Servola. Ne sono state redatte 35, cui si aggiunge l'ipotesi di un Piano del traffico: sono state presentate l'altra alla Settima circoscrizione. Il lavoro è stato realizzato in primis dallo Spi Cgil con il segretario della Lega Est Stefano Borini, assieme ad Alessandro Radovini, presidente del Circolo Arci Falisca. Vi hanno collaborato Mario Debernardi, presidente dell'Associazione Maschere Servolane Lalo, e Tatjana Masala, del Circolo culturale Ivan Grbec. Il sindaco Roberto Dipiazza ne ha ricevuto copia affinché il Comune provveda a una sua valutazione. E poi, si spera, alla concretizzazione, partendo dalla promessa di un sopralluogo. Dall'urbanistica al sociale, il ventaglio di idee tocca molteplici aspetti del quartiere, a partire dall'ex cinema, che ha di recente riaperto grazie all'impegno dell'Asd Servolana Basket, che ne occupa alcuni spazi. Si va subito al sodo: il Comune, per favorirne l'intero riutilizzo, si dovrebbe assumere «gli oneri e la titolarità delle utenze». Ma la rinascita di Servola passa come detto anche per una viabilità prudente, con una verifica della fattibilità del Piano del traffico offerto. La lista prosegue poi con la necessità di riaprire via del Ponticello, chiusa a causa di un muro pericolante, da sistemare da quasi un anno. Ci sono poi marciapiedi da rifare e dissuasori da posizionare. Anche la chiesa storica di San Lorenzo Martire avrebbe bisogno di un restauro, come il cimitero, in particolare il muro di cinta. Spazio pure a nuovi alberi in via di Servola e a una manutenzione straordinaria in Pineta Miniussi. Urge poi eliminare gli odori provenienti dalle vasche di liquami del depuratore tra Ferriera Scalo legnami. Bello sarebbe, insiste il "glossario", anche trasformare gli spazi dismessi vicino alla Ferriera in aree verdi. Si passa poi alla sanità - con la richiesta del ripristino del Servizio Adulti nell'Unità operativa territoriale, trasferito in via Locchi, e quella del consolidamento del punto di medicina di gruppo - e quindi al commercio: si reclamano una «politica di difesa dei pubblici esercizi esistenti» e il reinserimento di un'edicola (ce n'erano tre fino a pochi anni fa) del servizio bancomat, e anche dell'ufficio postale. Il programma non dimentica infine scuola, storia e cultura. «Nell'incontro in circoscrizione c'è stato interesse verso il programma. Sono stati fatti i complimenti per il lavoro, comprensivo di proposte dietro alle quali c'è un anno di lavoro», spiegano Radovini e Borini: «Però è mancata un po' la definizione su come proseguire, nonostante alcuni consiglieri abbiano comunque proposto dei sopralluoghi». Il consigliere Corrado Tremul (Fdi), che ritiene che l'incontro sia stato «molto utile», specifica: «Ci siamo lasciati con la richiesta di vederci appena possibile per affrontare la richiesta».-

Benedetta Moro

 

 

"Pirellone" del Fvg in Porto vecchio - Luci e ombre di una partita milionaria
Comune "allettato" dai 26 milioni per le opere di urbanizzazione. Ma la Regione deve vendere prima alcuni pezzi da 90
Spostare un pezzo del centro città in Porto vecchio? L'annuncio dello sbarco della Regione nell'antico scalo infiamma il dibattito politico e i temi non mancano. Da un lato il piano punta a "sbloccare" da Sud il Porto vecchio con investimenti da decine di milioni. Dall'altro consente alla Regione di accentrare le sue sedi in un unico punto, mettendo sul mercato parti del suo patrimonio che verrebbero a liberarsi. Un'operazione di vasta portata, insomma, per i suoi obiettivi come per i possibili i risvolti sul tessuto socioeconomico e sul mercato immobiliare cittadino. Il piano della regione - Il giorno dopo l'annuncio dell'assessore al Patrimonio Sebastiano Callari, gli obiettivi di piazza Unità si fanno più definiti. Il progetto Porto vecchio fa parte di un piano triennale da 300 milioni in opere pubbliche predisposto in bilancio dalla giunta e annunciato ieri dal presidente Massimiliano Fedriga. Sul tema, e sull'opportunità di tirare in ballo il Recovery Fund, si è dibattuto a lungo in aula e fuori (si legga a destra, ndr). Ripercorriamo l'operazione per sommi capi: il primo passaggio è la cessione del Comune alla Regione dei magazzini 2 e 4, in seguito alla quale la Regione presta 26 milioni di euro al Comune, che si impegna a una restituzione pluriennale. L'ente locale ha poi due anni di tempo per urbanizzare l'area impiegando quei fondi: palazzo Cheba ottiene così sonanti i denari che gli servono per attrezzare lo scalo con strade, fognature, allacciamenti. Un prerequisito per mettere sul mercato gli altri magazzini.La seconda fase interessa propriamente gli interventi diretti della Regione: i due magazzini vengono ricostruiti internamente venendo a ospitare una buona parte dei servizi dell'ente a Trieste. La capienza dovrebbe essere di ottocento persone (laddove i dipendenti regionali sono non meno di 1.500). In questo modo l'ente conta di risparmiare decine di milioni in consumi energetici e manutenzione delle tante sedi sparse in città: secondo l'assessore Callari i soli risparmi di queste due voci sarebbero sufficienti a coprire le spese per i due magazzini (si veda ancora l'articolo a destra, ndr). L'investimento è di 155 milioni di euro, compresa l'urbanizzazione e la digitalizzazione dell'area, e una serie di interventi ulteriori, tra cui un centro di ricerca. Spostando il proprio baricentro in Porto vecchio, la Regione conta di dare un impulso, anche in termini di consumi, allo sviluppo di un tessuto economico in loco. Le sedi in vendita - Ma tutto questo significa anche che l'ente e una bella fetta della sua massa di dipendenti abbandoneranno molte sedi. Da mesi gli uffici stanno redigendo una valutazione di tutti gli edifici: quanto servono, che valore avrebbero sul mercato. Nel Patrimonio ci sono alcune prelibatezze: palazzo Vucetich sulle Rive, sede della Salute, avrebbe già riscontrato degli interessi. Ma anche la sede dell'assessorato del Lavoro, progettata già in origine a fine residenziale, è una tra le sedi che potrebbero trovare un acquirente più facilmente di altri. Lo screening degli uffici è quasi concluso, e l'ente conta di avere a breve un quadro completo. Resta fuori discussione, ovviamente, la sede principale di piazza Unità. La partita Greensisam - Dal punto di vista del Comune l'operazione scioglierebbe nodi irrisolti da tempo. Il magazzino 2 e il magazzino 4 sono la seconda fila della concessione Greensisam, alle spalle degli edifici 1A e 3, che danno sul mare, e del magazzino 2A. La concessione di fatto non è mai decollata a causa del contenzioso su chi si debba far carico delle spese di urbanizzazione, valutate tra i 10 e gli 11 milioni di euro. La società guidata da Antonio Maneschi, erede di Pierluigi, manifesta da tempo la volontà di risolvere la questione: non ha ambizioni immobiliari e paga ogni anno mezzo milione di affitto. L'intervento della Regione offre una via d'uscita: i 26 milioni risolvono il problema dell'urbanizzazione di tutta l'area, e a questo punto a Greensisam resta la possibilità di tenere i due magazzini fronte mare, mentre per il 2A si parla della possibile realizzazione di un parcheggio da parte di Trieste terminal passeggeri. Il punto tecnico è la risoluzione della concessione, ma il Comune è forte di alcune vittorie in sede di ricorso e tra gli addetti ai lavori l'accordo è dato in via di definizione. La partita è parte della discussione sull'accordo di programma, la cui firma è prevista entro l'anno.

Giovanni Tomasin

 

Dal M5s ai dem, si compatta il fronte del no «Puro e inutile spreco di denaro pubblico»
La difesa della responsabile Bilancio: «Il piano, oltre a rilanciare le sedi, punta anche su digitalizzazione e ricerca»
TRIESTE. Un caso di «scarsissima visione strategica» come dice il consigliere regionale di Open Fvg Furio Honsell o «il rilancio complessivo del Porto vecchio» di cui parla l'assessore regionale al Bilancio Barbara Zilli? Il progetto annunciato dalla Regione attrae le critiche dell'opposizione e trova la giunta a difesa, nell'atmosfera già elettrica della campagna elettorale. Nell'aula di piazza Oberdan il consigliere e segretario dem Cristiano Shaurli bolla come un «brutto scivolone» il comunicato di ieri, in cui l'assessore Sebastiano Callari presentava il progetto tra le richieste della Regione per il Recovery Fund: «Sappiamo che quei fondi sono vincolati alla transizione verde e digitale - ha detto Shaurli -, se la prima notizia che diamo che chiediamo 155 milioni per portare uffici in Porto vecchio non incontriamo la simpatia del tessuto economico regionale né diamo prova di grande prospettiva». L'iniziativa è stata criticata da diversi consiglieri d'opposizione. Per Honsell «non solo sarebbe stato opportuno presentare tutti i progetti, se ce ne sono altri, ma se ci si voleva concentrare sul Porto Vecchio andavano discussi progetti di elettrificazione di banchine e logistica avanzata che tutelasse l'ambiente in chiave 4.0».A Trieste l'ex sindaco di Trieste Roberto Cosolini scrive: «Spero però che non si pensi veramente di usare i fondi del Recovery Plan per...trasferire uffici della Regione. Se la Regione vuol farlo, lo faccia con risorse proprie. Ma se il Recovery Plan entrerà in Porto vecchio ci entri per sostenere progetti innovativi, capaci di creare economia evoluta e posti di lavoro di qualità per i giovani».Il consigliere 5 Stelle Paolo Menis commenta: «Un'inutile operazione di facciata, uno spreco di denaro pubblico per spostare degli uffici. Dopo quest'anno la Regione avrebbe dovuto semmai a organizzare il lavoro in remoto piuttosto che pensare a operazioni del genere». I portavoce di Adesso Trieste Giulia Massolino e Riccardo Laterza dichiarano: «La proposta dell'assessore Callari è di "investire" 150 milioni di euro per spostare gli Uffici della Regione nel Porto vecchio - peraltro nelle aree in concessione a Greensisam, sulle quali ancora grava un contenzioso tra Comune e concessionario in relazione alle opere di urbanizzazione - generando altrettanti vuoti immobiliari nel centro e sperperando le risorse destinate al bene della cittadinanza».L'assessore regionale al Bilancio Barbara Zilli risponde ai critici in Consiglio regionale: «Questa non è un'operazione immobiliare fine a sé stessa, come ha detto Honsell, ma è uno dei tanti progetti che la Regione ha formalizzato sul Recovery Fund e che prevede un rilancio complessivo del Porto vecchio, oltre alle sedi, le opere di urbanizzazione, digitalizzazione e un centro di ricerca». Aggiunge l'assessore Callari: «Quel progetto nasce un anno e mezzo fa, prima del Covid e del Recovery Fund. Da qui al 2030 per le sedi odierne spenderemmo 40 milioni in manutenzioni, altri 30 in spese energetiche. Queste ultime in una sede unica ci costerebbero il 10%. Questi risparmi bastano a coprire i costi dell'intervento dei magazzini. È un'operazione di vasta portata».

G.TOM.

 

 

Trasporti: meno bus, più biciclette e passeggiate
In epoca Covid-19 crollo dell'utilizzo dei mezzi pubblici (-26,5%): l'analisi del docente Danielis e dell'assegnista Scorrano
Anche nel caso di Trieste l'emergenza sanitaria ha alterato sensibilmente le scelte della cittadinanza in materia di trasporto urbano. La paura del contagio ha avuto un impatto fortemente negativo sull'utilizzo dei mezzi pubblici, spostando gli utenti verso modalità private, sia motorizzate che non. E' quanto risulta da un'indagine targata Università di Trieste e recentemente pubblicata sulla Rivista di economia e politica dei trasporti. Realizzata da Mariangela Scorrano, assegnista di ricerca del Deams e parte del gruppo di ricerca del professore Romeo Danielis, che si occupa di economia dei trasporti, l'indagine raccoglie e sintetizza i risultati di un questionario online sottoposto, anche grazie al supporto de Il Piccolo, a 315 intervistati prima e durante la pandemia di Covid-19 per indagare le loro preferenze negli spostamenti urbani. «Le distanze limitate e l'elevata densità abitativa rendono la passeggiata a piedi una delle modalità preferite per accedere al centro cittadino», evidenzia Scorrano. Una scelta ideale anche in epoca pandemica, tanto che se prima era preferita dal 33,3% degli intervistati, durante l'emergenza il dato è salito al 52,5%. C'è stato un crollo verticale invece nell'utilizzo dell'autobus, che se prima della pandemia era il mezzo preferito dal 35,7% dei cittadini, in questo periodo è stato utilizzato solo dal 9,2% degli intervistati. Gli altri utenti si sono spostati verso forme di mobilità attiva: gli spostamenti a piedi hanno registrato l'incremento maggiore (cioè +19.2%), seguiti a distanza dall'uso della bicicletta, di proprietà o in sharing, passato dal 7,2 al 9,3% (+2,4%). Una buona notizia per l'ambiente? Solo in parte, perché anche l'uso dell'automobile privata ha registrato un significativo incremento, passando dal 16,7 al 22,8% (+6,1%). Il problema non è soltanto di carattere infrastrutturale: «Le nostre stime ci dicono che, se ci fossero più piste ciclabili a disposizione, la bici verrebbe impiegata per sostituire alcuni viaggi attualmente effettuati a piedi: perciò la riduzione di motorini e auto in circolazione, e del conseguente inquinamento, non sarebbe significativa», sottolinea Scorrano.«Eppure ci sono città dove la creazione di piste ciclabili, anche provvisorie, ha consentito in questi mesi una mobilità diversa - commenta Danielis -. A Trieste invece finora non è si lavorato molto su questo tema: creare nuove piste ciclabili significa togliere parcheggi, con conseguenti resistenze da parte di chi li utilizza. Però la transizione verso modalità di trasporto più sane, pulite e sicure è l'unica strada possibile per ridurre l'inquinamento».Questo non è l'unico aspetto legato alla mobilità che questa pandemia ha evidenziato. Il nodo del trasporto pubblico e della sicurezza per chi utilizza bus e treni, soprattutto per quanto riguarda l'ambito studentesco, è un tema su cui si è ragionato in tutt'Italia e anche all'estero: «Ma finora nessuna città, né in Italia né altrove, ha trovato una soluzione al problema: le reti di trasporto pubblico sono complesse e rigide per natura», dice il docente.«Ora abbiamo appena avviato un nuovo progetto di ricerca, che sempre attraverso un questionario mira a valutare le prospettive di mercato degli scooter elettrici, analizzando il caso Trieste, città dove il tasso di utilizzo dello scooter a benzina è elevato - racconta Scorrano -. Invitiamo i lettori de Il Piccolo e chiunque viva a Trieste a partecipare allo studio, rispondendo alle domande online».

Giulia Basso

 

IL QUESTIONARIO - L'alternativa? Usare uno scooter elettrico

In base a quali parametri hai scelto il tuo motorino? E che ne pensi dei nuovi scooter elettrici che iniziano a essere offerti sul mercato? Sono alcune delle domande a cui si propone di rispondere il progetto di ricerca appena avviato da Mariangela Scorrano, del dipartimento di Scienze economiche, aziendali, matematiche e statistiche dell'Università degli Studi di Trieste.Si tratta di un questionario (compilabile online al link https://forms.gle /88d7HGpbc1b8zvLr9 , il collegamento lo trovate anche sul sito de Il Piccolo) che mira a valutare le prospettive di mercato degli scooter (motorini) elettrici, focalizzandosi anche in questo caso sulla città di Trieste, dove la mobilità su due ruote motorizzate è parecchio diffusa. Il questionario, la cui compilazione richiede 10/15 minuti, è rivolto a tutti coloro che vivono a Trieste, sia che siano residenti, sia che si tratti di fuori sede che lavorano o studiano nella città giuliana, o di chi vi soggiorna durante la settimana. Più nel dettaglio, le domande a cui si vorrebbe rispondere sono: qual è il grado di conoscenza degli scooter elettrici? Quali le preferenze dei consumatori tra scooter convenzionali (a benzina) e scooter elettrici? Quali le principali determinanti nella scelta di uno scooter (prezzo d'acquisto, autonomia, potenza, consumo di carburante/energia, costo di bollo e assicurazione, paese di produzione, possibilità di estrarre la batteria dallo scooter elettrico)? In che modo la conoscenza e/o esperienza (diretta o indiretta) con uno scooter elettrico e la sensibilità verso temi ambientali influenzano le decisioni di scelta?

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 dicembre 2020

 

 

"Pirellone" della Regione in Porto vecchio - Nel mirino 150 milioni del Recovery Fund
L'amministrazione Fvg punta sulla "cittadella Greensisam". In cambio 26 milioni al Comune per viabilità e infrastrutture
La Regione punta a 150 milioni del Recovery Fund per spostare tutti i suoi servizi dalle sedi sparse in centro in Porto vecchio. In quest'ottica prevede di anticipare al Comune di Trieste 26 milioni di euro per la viabilità e le infrastrutture dell'area, in cambio dei magazzini 2 e 4, nella storica "cittadella Greensisam", in cui realizzare quello che l'assessore regionale al Patrimonio Sebastiano Callari definisce «un Pirellone» per il Friuli Venezia Giulia. La questione dell'accordo e della sua copertura è stata affrontata ieri dalla giunta e dovrebbe chiudersi nella prossima riunione d'esecutivo venerdì. La Regione anticiperà i fondi previa la cessione della proprietà dei due magazzini nei pressi del molo IV. Il Comune avrà poi due anni di tempo per impiegare i fondi nella realizzazione delle opere di urbanizzazione che, spiega il comunicato della Regione, includeranno reti idriche, di distribuzione del gas e dell'energia elettrica, gli impianti idraulici di scarico e le infrastrutture digitali ma anche l'intera viabilità e i parcheggi. I due magazzini dovrebbero poi diventare la sede centrale della Regione, un complesso autosufficiente dal punto di vista energetico, con tanto di auditorium vista mare e viale alberato attraverso l'antico scalo. Il piano, battezzato "progetto Porto vecchio", è stato presentato ieri proprio da Callari. La Regione aveva in pancia il piano «da molto tempo», spiega: «Ci pensiamo da ben prima del Recovery Fund e del Covid. Fin dall'inizio del mio mandato ho creduto che la Regione potesse avere un ruolo nel rilancio del Porto vecchio». Prosegue l'assessore: «L'intervento parte, in particolare, dall'adeguamento e dalla ristrutturazione dei due magazzini numero 2 e numero 4 nel pieno rispetto di tutti i vincoli storici e architettonici. Costruiti alla fine del 1800, gli edifici sono oggi fortemente deteriorati e non più agibili». I due magazzini rimodernati, dice Callari, potranno ospitare circa 800 persone: «Lì saranno collocati tutti gli uffici della Regione che adesso sono sparsi in modo irrazionale in diverse zone di Trieste: i cittadini avranno un unico edificio a fare da riferimento per la Regione, e l'operazione avrà benefici in termini di razionalizzazione della spesa e del risparmio, in primis, quello energetico». Cosa succederà ai tanti palazzi su cui si struttura la presenza della Regione in città, alcuni di fresco restauro? «Tanti immobili possono esser messi sul mercato».Il progetto richiede però un certo quantitativo di danaro: «Sono 150 milioni di euro circa», spiega Callari, secondo il quale il progetto ha tutte le carte per essere finanziato attraverso il Recovery Fund: «Abbiamo presentato le richieste alle commissioni competenti ancora ad ottobre. È uno dei progetti che la Regione ha presentato, senz'altro quello principale. C'è l'ambiente, la digitalizzazione, ci sono tutti i requisiti di accesso».Il sindaco Roberto Dipiazza commenta: «Stiamo prendendo vento verso il futuro della città nel verso senso della parola. Con il contributo della Regione, e poi con quello che potrebbe arrivare con il Recovery Fund, potremo fare un ulteriore passo in avanti interessante». L'accordo fra Regione e Comune è stato messo a punto durante gli incontri per la definizione dell'accordo di programma, spiega il primo cittadino, la cui conclusione è attesa entro la fine dell'anno. La deadline fissata nelle settimane scorse dal presidente regionale Massimiliano Fedriga. In origine la firma era prevista per settembre. Commenta Dipiazza: «È stato un anno folle in negativo - dice - ma arriviamo alla fine con una serie di belle notizie: c'è l'impegno della Regione, noi abbiamo approvato in giunta il piano urbano di mobilità sostenibile, il piano particolareggiato del centro storico e presto anche il piano regolatore del Porto vecchio. Tutte iniziative mie, se posso dire. A quel punto anche i privati potranno iniziare a investire, e i candidati non mancano».

Giovanni Tomasin

 

 

Porte murate e ruderi: gli edifici "fantasma" nel parco a San Giovanni - gli edifici da ristrutturare
Dall'ex lavanderia alla Casa Dominicale: viaggio fra le palazzine abbandonate - Nell'area proprietà principalmente suddivise fra Asugi, Università e Regione
Palazzine dimenticate, edifici fatiscenti, fabbricati semi crollati, alcuni ridotti a ruderi. Il parco di San Giovanni nasconde piccoli e grandi tesori abbandonati, ma si prepara a una nuova vita. La prima, radicale, trasformazione è quella degli anni Settanta quando diventa un simbolo di cambiamento, di quella rivoluzione nel campo della psichiatria targata Franco Basaglia grazie alla quale ospedale e comprensorio si aprono alla città, i pazienti sono liberi di uscire, così come i cittadini di entrare. La seconda esistenza è ormai iniziata da qualche anno, con il rinnovo degli edifici, diventati scuole, laboratori, distretti sanitari, uffici e spazi di inclusione. Ora un nuovo, ulteriore capitolo: alcune palazzine, ridotte a un colabrodo da tempo, attendono a breve importanti interventi di ristrutturazione. Il parco, inaugurato nel 1908, al momento vede la compresenza di diverse proprietà, principalmente Asugi, Università di Trieste e Regione. Il viaggio tra gli edifici abbandonati inizia dalla parte più bassa dell'area. Il primo, e il più grande in assoluto, è il padiglione Gregoretti, di fronte all'omonima casa di riposo. I segni del degrado sono evidenti da anni: finestre rotte, infissi caduti, insieme a mattoni e cornicioni. Tutti gli ingressi del primo livello sono stati più volte murati, per scongiurare l'accesso da parte delle gente, in una struttura che necessita di una radicale sistemazione. Dall'esterno si notano, dietro ad alcuni vetri, i mobili ammassati e quel che resta del vecchio vano dell'ascensore. Sulla facciata principale l'edera e il verde incolto hanno divorato terrazzini e la balconata più grande. Salendo, superata la grande scalinata, lo spiazzo davanti al teatro mostra altri due fabbricati mal ridotti. Il primo, più vicino alla strada principale, con grandi cartelli che segnalano il pericolo di crolli, accoglieva un tempo la grande lavanderia del parco. Qui parte del tetto è collassata, i vetri sono stati rotti e lungo il perimetro è stata fissata un'alta recinzione in ferro, anche in questo caso per evitare che le persone possano entrarci. Sbirciando da alcune aperture si notano enormi ambienti, con una vasca, alcuni rubinetti e qualche sedia rimasta nel vuoto delle grandi stanze, dall'esterno sono ben visibili anche i servizi igienici, ai quali, probabilmente, si poteva accedere anche da fuori. Proprio davanti al teatro invece ecco le ex cucine. Qui, come per il padiglione Gregoretti, tutti gli accessi sono stati murati. Salendo lungo via Weiss, percorsi solo pochi metri, si trova forse una delle palazzine più affascinanti, il padiglione F. Davanti una grande veranda resiste ancora, solo leggermente scalfita dal tempo e dalle intemperie, ma sono soprattutto la parte retrostante e quella laterale a mostrare cedimenti considerevoli, con cumuli di tegole cadute, pezzi di grondaia, di infissi, intonaci e muratura.Percorrendo poi via de Pastrovich, delle quattro strutture catalogate come residenze, quella rivolta verso la strada principale è l'unica ancora in disuso, ma mantiene il suo fascino, con il grande patio esterno, circondato dai giardini. Proseguendo lungo l'arteria interna, verso la chiesa e poi in direzione del roseto, su una stradina pedonale si distingue a fatica un vero e proprio rudere, quasi senza tetto e con i soli muri perimetrali ancora in piedi, invaso dalle erbacce. In alcune mappe non figura nemmeno. Forse si trattava di un deposito o di un locale accessorio. Per Gregoretti, ex lavanderia, ex cucine e padiglione F si prospettano cantieri a breve e lungo termine. Non è così, almeno per ora, per due fabbricati, nella parte finale del parco: l'ex cappella, sempre più fatiscente, e l'ex Casa Dominicale, che un tempo ospitava il personale del manicomio. Quest'ultima di recente ha visto ulteriori crolli, dopo i cedimenti pesanti registrati già nel 2019 e proseguiti quest'anno. Il tetto non esiste più, alcune finestre sono "rotolate" fino alla recinzione che delimita l'area, caratterizzata da grandi ammassi di detriti.

Micol Brusaferro

 

Ex cucine e fabbricato F verso la rinascita - Lavori da gennaio per sedi, laboratori, aule
Il piano dell'Ateneo: primo passo da 7,3 milioni nel 2021. Scuola per interpreti al padiglione Gregoretti: tempi lunghi
Sarà l'Università di Trieste il motore delle grandi modifiche nel parco, alcune previste a breve. A ricordare i vari progetti è il rettore dell'ateneo, Roberto Di Lenarda, che nei giorni scorsi ha fornito i dettagli dei cantieri in partenza. Le ristrutturazioni del padiglione F e delle ex cucine sono state oggetto di gara, aggiudicata lo scorso febbraio. Il primo edificio è destinato a diventare sede di strutture amministrative periferiche, dipartimenti dell'Università e laboratori di ricerca. Il secondo verrà ripensato per ospitare aule e spazi di studio a favore dei ragazzi. «A seguito degli adempimenti di progetto resi necessari per l'allineamento agli aggiornamenti normativi intervenuti nel frattempo - spiega il rettore - sarà possibile aprire il cantiere e avviare i lavori a gennaio 2021. L'importo dell'opera è pari a 7.388.783,91 euro, di cui circa 340 mila euro derivati da un finanziamento Miur e la rimanenza con un finanziamento regionale. Il termine degli interventi è fissato in 22 mesi dalla consegna del cantiere». Per l'ex lavanderia, anche questa di proprietà dell'Università, nel 2021 sarà affidato lo studio di fattibilità tecnico-economica «per l'inserimento dell'opera - precisa Di Lenarda - nel Piano triennale di Ateneo, con proposta di finanziamento a valere su fondi dell'Università di Trieste o attraverso altre forme previste dalle norme vigenti, negli esercizi finanziari successivi al 2021. Anche questo edificio, nel quale è prevista la realizzazione di una biblioteca tecnico-scientifica e di una sala di lettura, è destinato a diventare uno spazio dedicato agli studenti». Ancora prematuro in questo caso definire cifre precise: «L'Università degli Studi di Trieste - prosegue - al fine di agevolare la cantierizzazione di ulteriori progetti edili, e considerato il consistente aumento degli immatricolati, ha assoluta necessità di identificare nuovi spazi, in primis nel comprensorio di San Giovanni, per poter garantire e continuare a svolgere compiutamente i propri fini istituzionali in modo sempre più efficiente e adeguato alle esigenze di studenti, docenti e personale tecnico amministrativo». I vari fabbricati si preparano quindi a una completa ristrutturazione e modificheranno radicalmente il volto di un'area colpita anche da atti vandalici e utilizzata spesso per scaricare rifiuti, in particolare nei pressi della lavanderia e delle cucine. Discorso più complesso invece per il futuro del padiglione Gregoretti, che sarà la nuova sede della Scuola per interpreti, per cui l'iter è partito, anche se le tempistiche non saranno brevi. «Dopo il protocollo d'intesa firmato in estate, in concomitanza con la visita a Trieste dei due capi di Stato di Italia e Slovenia, Sergio Mattarella e Borut Pahor, si è deciso che qui potrà trovare posto la scuola. Il Demanio sta procedendo con la definizione del valore degli edifici - aggiunge ancora Di Lenarda -, servirà poi un atto legislativo che determini il passaggio della palazzina all'Università. Servono inoltre i finanziamenti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per la trasformazione. Penso ci vorranno diversi anni, quanti al momento non è possibile ipotizzare con precisione. Per ora siamo fermi, attendiamo in particolare quel "passaggio di proprietà" che ci permetterà di proseguire con l'obiettivo prefissato. Il progetto quindi c'è - conclude -, si tratta solo di aspettare un po'».

MI.B.

 

 

Interventi in 54 aree da gioco da San Vito a Villa Engelmann
Approvato il piano di manutenzione straordinaria dell'assessore ai Lavori Lodi - Coinvolte sia le zone del centro che quelle più periferiche. Si parte ad aprile
Dalla Pineta di Barcola a Villa Cosulich, il Comune si prepara a mettere in campo 54 interventi su aree verdi attrezzate per bambini in tutta la città. È l'operazione di manutenzione straordinaria delle aree di gioco varata dall'assessorato ai Lavori pubblici, guidato da Elisa Lodi: gli interventi principali saranno quelli di piazzale Rosmini e villa Engelmann, ma i cantieri andranno a interessare un po' tutta la città, per una spesa complessiva di 200 mila euro. Saranno collocate anche due nuove aree, in via Virgilio e via Vicolo delle Rose. Il progetto prevede sia interventi di recupero che la collocazione di nuovi giochi e di arredo urbano, con le idonee pavimentazioni antitrauma, nelle le aree attrezzate di proprietà comunale. Sarà ripristinato dove necessario il manto verde; saranno collocati elementi di arredo quali panchine, cestini, fontanelle. «Particolare attenzione sarà data - scrivono gli uffici - alla manutenzione di tutte le attrezzature ludiche di competenza dell'amministrazione comunale». Saranno eliminate tutte le potenziali fonti di pericolo (pavimentazioni inidonee, strutture obsolete, cordoli pericolosi) e - dove possibile - «saranno rimossi tutti gli ostacoli che impediscono la totale fruizione delle aree gioco da pare dei disabili». Saranno anche restaurate tutte le attrezzature ludiche oggetto di vandalismi o degradate a causa del naturale decadimento dei materiali. L'idea del piano è nata da una constatazione: lo stato di degrado dell'area giochi del giardino Luchetta, Ota, D'Angelo e Hrovatin di piazzale Rosmini, decisamente provato dal tempo, dall'uso e dai vandali. L'intervento comunale in Rosmini sarà il primo, a essere avviato dal Comune: dovrebbe iniziare ad aprile e durare 120 giorni. Si prevede la sostituzione della struttura ludica principale ormai degradata e la posa in opera della pavimentazione anti trauma in gomma colata. Il secondo grande intervento prevede la sostituzione delle numerose strutture ludiche del giardino di villa Engelmann a causa del loro degrado, pavimentando in gomma colata anti trauma l'area. Anche questo intervento durerà 120 giorni e dovrebbe durare da giugno a settembre. Tutti gli altri interventi, 54 nel loro complesso, verranno messi realizzati fra agosto e gennaio. Queste almeno le linee fissate dal cronoprogramma del Comune. Tutte le aree oggetto dell'intervento sono proprietà del Comune, ad eccezione della Pineta di Barcola (attualmente data in concessione dal Demanio Marittimo), dell'area giochi della parrocchia di S. Agostino in via Correggio 2 a Sottolongera e dell'area gioco della parrocchia di Santa Maria Maddalena in via Pagano 7. Il Comune ha stipulato per entrambe una apposita convenzione con le due parrocchie, proprietarie delle relative aree. Le strutture da gioco che il Comune piazzerà nelle aree verdi sono state scelte per la loro resistenza alle intemperie come agli atti vandalici: «La tipologia delle strutture ludiche nuove è stata scelta anche compatibilmente con le esigenze di tutela dagli atti vandalici e di resistenza dei manufatti nel corso degli anni alle intemperie ed agli altri agenti deterioranti». Manca all'elenco uno spazio in via Archi, dove un gruppo di genitori del locale plesso scolastico ha rivolto al Comune un appello perché venga creata un'area gioco all'aperto. Una mozione sul tema è stata depositata in Consiglio dal dem Giovanni Barbo.

Giovanni Tomasin

 

 

 

MONFALCONE - Il Comune ha dichiarato guerra alle piante "aliene" sul Carso
L'ailanto, invasivo, e il senecio nordafricano, tossico per gli animali, minano gli habitat naturali. Necessaria maggior informazione
A Monfalcone si dichiara ufficialmente guerra alle piante "aliene" che hanno colonizzato il Carso, minacciandone in modo sempre più serio la biodiversità e la conservazione delle specie autoctone e diventando un rischio anche per la salute, di persone e animali. Nel mirino dell'amministrazione che, su spinta dell'assessore all'Ambiente Sabina Cauci, ha già avviato degli interventi nel corso del 2019 e di quest'anno, c'è innanzitutto l'ailanto, arrivato dalla Cina e dimostratosi superinvasivo, seguito dal senecio sudafricano, molto tossico per gli animali che lo ingeriscono, dalla brussonetia papyrifera, dai pollini altamente allergenici, come l'ambrosia, e dalla robinia pseudoacacia, importata dal nord America. Con un atto di indirizzo l'amministrazione comunale si è quindi impegnata a farsi promotrice di azioni di contenimento ed eradicazione di piante aliene invasive sia in zone naturalisticamente protette sia in ambiti cittadini pubblici o privati. L'ente locale non nasconde come si tratti di un'attività molto impegnativa, soprattutto per quel che riguarda l'ailanto, una pianta che mette in atto "strategie" diversificate per non essere eliminata dall'ambiente, e che richiede interventi ripetuti e continuativi. L'intenzione è quindi quella di coinvolgere nell'operazione associazioni ambientaliste come l'associazione Eugenio Rosmann, ma anche i semplici cittadini che, se opportunamente guidati, potrebbero contribuire a una battaglia, difficile, a favore della biodiversità e conservazione dell'ambiente naturale. L'obiettivo è di preservare dalle specie aliene infestanti innanzitutto le zone Habitat Natura 2000 e tutti gli habitat protetti accedendo anche a fondi regionali o statali, effettuando azioni di monitoraggio e di ripristino ambientale. «Una delle azioni di contrasto all'ailanto da testare è di "occupare" la zona da cui è stato eradicato con piante autoctone», spiega Cauci. Oltre a sensibilizzare e informare i cittadini attraverso depliant, i social media e il portale del Comune, la volontà è quindi quella di avviare un'azione di sensibilizzazione della Regione, affinché siano emanate direttive e linee guida in materia ed erogati fondi specifici.

La.Bl.

 

 

CONFERENZA - Futuro senza carbone

Oggi, alle 18.30, videoconferenza su Zoom tenuta da Maurizio Fermeglia, dell'Università di Trieste, Dipartimento di Ingegneria e Architettura, dal titolo: "Decarbonizzazione e digitalizzazione: il futuro che ci attende". La conferenza è organizzata dal Collegio universitario Luciano Fonda. Richiedere via e-mail invito Zoom con i dati per connettersi a: ingrid.pellis@collegiofonda.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 dicembre 2020

 

 

Un piano da dieci anni di interventi per "liberare" i torrenti cittadini
Investimenti per 4-5 milioni. Obiettivo scongiurare i rischi idrogeologici legati al deposito di materiali
"Piano coordinato di interventi finalizzato alla prevenzione del rischio idraulico nel bacino idrografico del torrente Chiave e dei suoi affluenti": il titolo sarebbe già bastevole a illustrare le preoccupate ragioni dell'accordo di programma, approvato nei giorni scorsi dalla giunta comunale. Accordo che dovrà essere sottoscritto anche dalla Regione, dall'Autorità portuale, dall'Autorità unica per i servizi idrici e rifiuti; vi partecipa AcegasApsAmga in qualità del gestore del sistema idrico-integrato (fino al 2027) e stazione appaltante dei lavori previsti dal documento. L'operazione di difesa del territorio, da svolgersi nell'arco di dieci anni (due trienni e un quadriennio), prevede un investimento stimabile tra i 4 e i 5 milioni di euro, due dei quali stanziati già un anno fa dalla Regione. La scansione delle attività si articola su 7 fasi: asporto e smaltimento dei depositi sedimentati a mare (il cosiddetto "mammellone" di cui parleremo a breve); asporto e smaltimento dei depositi che ostruiscono la sezione del Chiave; sistemazione idraulica-forestale dell'alveo a cielo aperto sul versante Farneto-Catullo e analogamente sul versante Settefontane; potenziamento della capacità di deflusso del Chiave e del Farneto; laminazione delle piene; diversione delle acque. I primi quattro punti assumono una rilevanza prioritaria, gli altri tre seguiranno e saranno cantierati dopo l'analisi del rischio. Il Chiave, dopo aver fatto ammattire gli automobilisti triestini per un anno e mezzo sulla chicane di via Carducci, torna prepotentemente di moda. Ma non si tratta più di un bisturi d'urgenza per evitare che le volte ottocentesche collassino, stavolta viene affrontata la situazione idrica nel suo complesso, da afferrare prima che il rischio non si trasformi in emergenza: allora riflettori accesi sul Romagna, sul Catullo, sul Settefontane, sul Farneto, sul Brandalese, sul Marchesetti, sul San Pelagio, sul Timignano, sullo Scorcola.Gli accumuli di materiale ligneo-litico generati durante le piene, la conseguente ridotta capacità di deflusso delle acque, la presenza di edifici e il transito veicolare adiacenti/sovrastanti i torrenti possono provocare in prospettiva seri problemi di tenuta idrogeologica. «Il torrente Chiave con i suoi affluenti - scrive a proposito il testo dell'accordo - è il canale tombato dove si può attendere un maggior rischio idraulico a causa della particolare vulnerabilità delle aree potenzialmente coinvolte da fenomeni di allagamento». Come il centro storico, per essere chiari. Ai problemi connessi al sistema idroambientale triestino, si aggiungono l'accresciuta frequenza di eventi meteo critici e l'innalzamento del livello del mare. «Questa dinamica terra/mare - puntualizza ancora l'accordo di programma - determinerà un progressivo aumento della criticità idraulica sul territorio se non opportunamente governato».In agenda una «pluralità di interventi». Al primo posto l'eliminazione del "mammellone" alla foce del Chiave in Porto vecchio, leggermente a nord del Molo IV, in pratica all'altezza del "villaggio Greensisam" costituito dai cinque magazzini in concessione ad Antonio Maneschi. Questo curioso soprannome cela un fetente rigonfiamento di detriti, che ostacola l'uscita in mare del Chiave e crea problemi ai natanti. Sarà la prima occasione nella quale la collaborazione tra i pubblici soggetti sottoscrittori dell'accordo verificherà la sua operativa efficacia, tanto più che il "caso mammellone" troneggia da non meno di una quindicina d'anni tra gli adempimenti inadempiuti. Uno stadio preliminare, sul quale pianificare gli interventi definendo le priorità, riguarda la mappatura della pericolosità e del rischio idraulici, la valutazione della vulnerabilità del territorio. Infine sarà il Comitato tecnico di coordinamento, convocato dalla Regione e formato dai responsabili nominati da ciascun soggetto, a pilotare sul campo l'attuazione del programma.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 dicembre 2020

 

 

Trieste priorità nel "Recovery" con l'incognita Porto vecchio
Carte ancora coperte sull'impiego dei fondi Ue. Blindata l'elettrificazione dei moli, da decifrare l'accenno all'antico scalo mentre l'alta velocità con Venezia pare fuori
Il governo avanza non senza fatica sul percorso del Recovery Plan, ma ancora non svela le carte sui finanziamenti al porto di Trieste. I sessanta progetti di sviluppo sono rimasti coperti nella riunione di ieri del Consiglio dei ministri. A circolare è solo la bozza presentata dal premier Giuseppe Conte per illustrare gli assi generali, dove si cita lo scalo in merito a progetti infrastrutturali e di elettrificazione delle banchine. Il documento fa anche un fugace riferimento al Porto vecchio, mentre fra le tratte ferroviarie da velocizzare non parla della Trieste-Venezia. Sono le prime indiscrezioni su ciò che il piano comunitario da 209 miliardi potrebbe fare per Trieste. In ambito marittimo, la relazione sottolinea l'esigenza di fortificare il cosiddetto "ultimo miglio", cioè il collegamento tra porti e ferrovia. E qui potrebbero magari fare capolino fondi per finanziare la nuova stazione di Servola e la connessione della Piattaforma logistica. L'altro obiettivo è la sostenibilità ambientale, puntando sulla riduzione del traffico su gomma e sul cold ironing, che permetterà alle navi ormeggiate di spegnere i motori e alimentarsi con l'elettricità dei moli. Il porto di Trieste è nominato più volte all'interno della missione Infrastrutture, che ammonta a quasi 28 miliardi. Lo scalo rientra nella linea di finanziamento "Intermodalità e logistica integrata". Trieste e Genova sono gli unici due «porti interessati dall'intervento», perché «snodi strategici per l'Italia e il commercio nel Mediterraneo per i quali si prevede lo sviluppo delle infrastrutture portuali e delle infrastrutture terrestri di interconnessione». A questo si aggiungono «interventi per elettrificazione delle banchine e digitalizzazione dei sistemi logistici». In linea generale si parla anche di potenziamento delle Zone economiche speciali, ma non ci sono riferimenti al regime triestino di Porto franco. Il piano annuncia inoltre opere di velocizzazione delle ferrovie poste sui corridoi europei. Si legge che «le opere ferroviarie al Nord sono sinergiche con gli investimenti previsti sui porti di Genova e Trieste (aumenteranno la capacità di trasporto merci su ferro dai porti verso l'Europa centrale)». Non si cita tuttavia esplicitamente la Trieste-Venezia, che attende da anni i quasi due miliardi annunciati, bensì le tratte «Milano-Venezia, Verona-Brennero, Liguria-Alpi e Torino-Lione, migliorando i collegamenti con i porti di Genova e Trieste», che sono di nuovo gli unici due scali richiamati. Il documento sarà oggi al centro di una nuova riunione del Consiglio dei ministri, dopo il burrascoso inizio del confronto nella maggioranza giallo-rossa. Solo quando arriverà il dettaglio dei piani specifici sarà possibile capire quali investimenti andranno a beneficio del Friuli Venezia Giulia e di Trieste. E se sulle infrastrutture si può ben sperare, bisognerà decifrare invece il significato dell'unico rimando al Porto vecchio, incluso nei paragrafi introduttivi tra una decina di «grandi attrattori turistico-culturali», su cui intervenire per «valorizzare il patrimonio culturale nazionale, massimizzandone i benefici economici, sociali e culturali per le comunità locali». Il Comune ha presentato un piano da 67 milioni al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e nel Recovery Plan potrebbe esserci la risposta.

Diego D'Amelio

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 dicembre 2020

 

 

Differenziata in Carso al 54% - Comanda Sgonico con il 73%
I dati resi noti da Isontina Ambiente, l'utility che gestisce il sistema di raccolta dei rifiuti in tre comuni dell'altipiano triestino
Duino Aurisina al 51%, Monrupino al 54%, Sgonico al 73%. Sono le percentuali della raccolta differenziata raggiunta nei comuni del Carso triestino dove la gestione dei rifiuti è in mano a Isontina Ambiente, che ha presentato il suo Bilancio integrato 2019. Nel report della utility viene messo in luce il fatto che dopo tre anni e mezzo di gestione da parte di Isa, è possibile raccogliere i risultati ottenuti a seguito delle strategie adottate al fine di incrementare appunto la raccolta differenziata che, rispetto all'anno di avvio (2016), ha guadagnato oltre 22 punti percentuali, raggiungendo il valore medio del 54%.«Nell'analisi dell'andamento del servizio e dell'attività di raccolta emerge, in particolare, l'importanza, ai fini del miglioramento della raccolta differenziata, dell'introduzione del sistema di raccolta "porta a porta" del rifiuto indifferenziato, con il mastello da 50 litri, nei Comuni di Monrupino e Sgonico», spiega nel Bilancio integrato la stessa Isontina Ambiente.«Tale modifica al sistema di raccolta - si legge nella documentazione della società di gestione dei rifiuti - è stata attivata a fine 2017 e pare evidente l'impatto positivo che ha ottenuto sulla riduzione della produzione di rifiuto secco indifferenziato». Se si prendono ad esame i soli Comuni triestini, si evidenziano flessioni per ciò che riguarda i rifiuti ingombranti ed i rifiuti conferiti nei centri di raccolta. Quanto alle performance generali di anno in anno, Isa rileva una crescita di tutte le frazioni di rifiuto, ad esclusione dei rifiuti organici e della carta. I maggiori incrementi riguardano rispettivamente gli imballaggi misti in plastica e metalli (+7%), il vetro (+2 %), il legno (+25%), i metalli (+24%). Si evidenziano, inoltre, le seguenti variazioni medie calcolate nell'intero bacino territoriale: frigoriferi (+7%) e piccoli elettrodomestici (+9%), oli vegetali (+25%), vernici (+2 %), medicinali (+6%), pile (+17%), pneumatici (+4%). Ma c'è anche la sensibilizzazione e Isontina Ambiente - tiene a sottolineare nel proprio report - si fa promotrice, con le varie amministrazioni comunali, dello studio e dell'avvio di ottimizzazioni e azioni correttive dei sistema di raccolta differenziata, con l'obiettivo di fare il salto di qualità che oggi è richiesto, considerando che la normativa europea, in tema di rifiuti, impone il raggiungimento, entro il 2035, del 65% di recupero di materia, corrispondente al 76% circa di raccolta differenziata. «Da sottolineare che, diversamente da quanto è avvenuto negli scorsi anni, molte scuole hanno finalmente deciso di rispondere positivamente alla proposta di Isa di accogliere all'interno delle proprie strutture le dotazioni offerte dalla società onde adeguare i contenitori a quelli che gli studenti già usano a casa propria», fa sapere la società.

fr.fa.

 

Raccolta differenziata al 69% - Dati in crescita ma senza picchi - i dati
Cresce la sensibilità ambientale sia nella Destra sia nella Sinistra Isonzo - Attardati i Comuni triestini: Duino al 51 e Monrupino al 54. Bene Sgonico (73%)
Tutte le case sono state riempite di contenitori di colori diversi. E i terrazzini sono diventate piccole isole ecologiche. Con i cittadini che selezionano i rifiuti con grande maestria e conoscono ormai a memoria il calendario della raccolta. La gran parte dei goriziani, animati dal sacro rispetto delle regole, hanno subito applicato alla lettera i (rigidi) dettami della raccolta differenziata. Lo hanno fatto con serietà e impegno. E i risultati si vedono: il valore medio dei Comuni della provincia di Gorizia si attesta a quota 68,71 per cento (+1% rispetto l'anno prima). A rivelarlo Isontina Ambiente nel Bilancio integrato 2019. LE PERFORMANCE - Per quanto riguarda le prestazioni (ovverosia le performance) nella raccolta differenziata dei Comuni, si rileva una crescita di tutte le frazioni di rifiuto, ad esclusione dei rifiuti organici e della carta. I maggiori incrementi riguardano rispettivamente gli imballaggi misti in plastica e metalli +7%, il vetro +2%, il legno +13% e +25%, i metalli +11% e +24%. Si evidenziano, inoltre, le seguenti variazioni medie calcolate nell'intero bacino territoriale: frigoriferi +7%, e piccoli elettrodomestici +9%, gli oli vegetali +25%, le vernici +2%, i medicinali +6%, le pile +17%, gli pneumatici +4%.I dati confermano che «nei Comuni dove persiste un sistema di raccolta del rifiuto secco indifferenziato con contenitori stradali, ovvero dove non è stato avviato il sistema di raccolta con contenitori dotati di microchip, i miglioramenti annuali in termini di raccolta differenziata sono meno sensibili - spiega Isontina Ambiente nella relazione di bilancio - ed ancorano gli indicatori ambientali ai valori raggiunti nei primissimi anni di attivazione di nuove modalità di raccolta porta a porta o di ottimizzazione dei sistemi dei sistemi vigenti. In termini di percentuale di raccolta differenziata, i risultati tendono a non superare il valore del 65%». I COMUNI TRIESTINI - Con riferimento ai Comuni triestini (Duino Aurisina è al 51%, Monrupino al 54, Sgonico al 73), dopo tre anni e mezzo circa di gestione da parte di Isa, è possibile raccogliere i risultati ottenuti a seguito delle strategie adottate al fine di incrementare la raccolta differenziata che, rispetto l'anno di avvio (2016), ha guadagnato oltre 22 punti percentuali, raggiungendo il valore medio di circa 54%. «Nell'analisi dell'andamento del servizio e dell'attività di raccolta emerge, in particolare, l'importanza, ai fini del miglioramento della raccolta differenziata, dell'introduzione del sistema di raccolta "porta a porta" del rifiuto indifferenziato, con il mastello da 50 litri, attuata nei Comuni di Monrupino e Sgonico - spiega Isontina Ambiente -. Tale modifica al sistema di raccolta è stata attivata a fine 2017 e, dai grafici sotto riportati, pare evidente l'impatto positivo che ha ottenuto sulla riduzione della produzione di rifiuto secco indifferenziato».Se si prendono ad esame i soli Comuni triestini, si evidenziano flessioni per ciò che riguarda i rifiuti ingombranti ed i rifiuti conferiti presso i centri di raccolta comunali. LE SCUOLE - Ma c'è anche la sensibilizzazione e Isontina Ambiente si fa promotrice, con le amministrazioni comunali, dello studio e dell'avvio di ottimizzazioni e azioni correttive dei sistema di raccolta differenziata, con l'obiettivo di fare il salto di qualità che oggi è richiesto, considerando che la normativa europea, in tema di rifiuti, impone il raggiungimento, entro il 2035, del 65% di recupero di materia, corrispondente al 76% circa di raccolta differenziata. «Da sottolineare che, diversamente da quanto è avvenuto negli scorsi anni, molte scuole hanno finalmente deciso di rispondere positivamente alla proposta di Isa di accogliere all'interno delle proprie strutture le dotazioni offerte dalla società onde adeguare i contenitori a quelli che gli studenti già usano a casa propria», fa sapere la società.

Francesco Fain

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti urbani - La differenziata retrodatata

Una breve nota a margine della "Lettera del giorno" del 6 dicembre in cui l'assessore Polli motiva, da diversi punti di vista, la non altissima percentuale di raccolta differenziata raggiunta a Trieste. Ne condivido le argomentazioni e naturalmente l'auspicio per un costante miglioramento della qualità del servizio di raccolta, supportata da una convinta e partecipata adesione dei cittadini. Mi resta una curiosità. Per quale motivo nell'evidenziare i risultati raggiunti l'assessore confronta il dato della differenziata del 2013 con quello del 2019? Avesse fatto ancora un piccolo passo indietro, sarebbe potuta arrivare al 2011 quando la differenziata superava di poco il 20% e si gettarono le basi per la raccolta della frazione umida (a dire il vero avversata da quella che allora era l'opposizione). Avrebbe in tal modo potuto portare a vanto del Comune, senza riguardo al colore dell'amministrazione, un aumento del 24% in 9 anni, di poco meno di tre punti all'anno.

Umberto Laureni

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 dicembre 2020

 

 

Ecco come si muoverà Trieste nel 2030 - Ring pedonale in centro e scale mobili
Individuate 14 aree di intervento. "Cerniere" periferiche d'interscambio, novità ascensori. Trasporto pubblico rivoluzionato
Pums, Pums! Uno scoppiettìo di idee, di proposte, di suggestioni per pianificare/immaginare come si muoveranno i triestini negli scenari urbani sui quali è presumibile che si assesterà il prossimo decennio di vita sociale ed economica della città. Qualche esempio. Scendi dal Carso o arrivi da fuori Trieste e non vuoi impelagarti nel traffico del centro? Potrai lasciare la vettura in una delle "cerniere" d'interscambio attorno alla città e salire su una comoda navetta: Cava Faccanoni, Cattinara, Opicina, Barcola-Bovedo tessono la cintura delle opportunità extra-urbane. Devi salire all'Università? Non intasare via Fabio Severo, prendi piuttosto un mezzo "meccanico" - scala mobile, ascensore - dalle parti di via Giulia. Hai un appuntamento a San Giovanni e stai tornando in città? Parcheggia a Cava Faccanoni, acchiappa anche in questo caso un ascensore o una scala mobile e scendi verso la tua destinazione nel pieno rispetto ecoambientale. Ancora: come disincentivare l'eccessiva circolazione automobilistica in centro? Istituendo un ring, che utilizza le direttrici obbligate di via Roma e di via San Spiridione, ma che pedonalizza tutte le strade laterali, dove le vetture saranno bandite. Ti piacerebbe viaggiare da una sede universitaria all'altra senza cambiare carrozza? Basterà allungare la 17 fino alla Stazione Rogers oppure godere della nuova corsa da via Alfonso Valerio a Cattinara. Ti va di sfidare il "Delfino Verde" sulla rotta terrestre? Lo potrai fare con la nuova linea ad alta mobilità Muggia-Bovedo. Ti è venuto in mente che hai un impegno in Barriera Vecchia ma sei a Chiarbola? Non innervosirti, perché la galleria D'Alviano-Mioni ti verrà in soccorso. L'assessore Luisa Polli ha illustrato in giunta il Piano urbano della mobilità sostenibile (acronimo Pums), che a gennaio atterrerà sui banchi del Consiglio. Un lavoro iniziato nel gennaio 2019, che ha richiesto uno sforzo quasi biennale: è stato redatto dall'associazione temporanea di impresa formata dalla perugina Sintagma, dalla romana Fit Consulting, dallo studio triestino Honsell & Catalano. Il Pums partecipa all'europrogetto Portis nel quadro del programma Horizon. I contenuti sono organizzati in 14 ambiti lungo una durata decennale che distingue interventi di breve-medio-lungo periodo: rete stradale-ferroviaria, trasporto pubblico, cerniere di mobilità, sistemi ettometrici (dall'ovovia Opicina-Porto vecchio agli ascensori), mobilità "dolce" (percorsi ciclo-pedonali), "città accessibile", sistema della sosta, circolazione regolata, qualità urbana, city logistics, e-commerce, smart mobility, turismo, infomobilità. Di acqua non si parla. La Polli mette subito le mani avanti: «Si tratta di indirizzi strategici, di visioni, di proposte che non debbono tradursi obbligatoriamente e immediatamente in atti amministrativi. Abbiamo individuato alcune priorità: la graduale pedonalizzazione del centro ma anche di alcune aree periferiche, i parcheggi di interscambio, la revisione del trasporto pubblico, l'eliminazione dei parcheggi dalle Rive quando tornerà e si consoliderà il traffico crocieristico e avremo tre toccate alla settimana». Concorda il direttore dipartimentale Giulio Bernetti, che ha studiato e lavorato da ingegnere trasportista: «Lavoro prezioso, che ci consegna un importante patrimonio di analisi per aggiornare il piano del traffico. Abbiamo scoperto, per esempio, che è sparita la fase di "morbida", cioè la città è costantemente sotto pressione di traffico, senza tregua. Sarà inoltre utile per rivedere le linee dei bus. E per recuperare finanziamenti da puntare su singoli progetti».

Massimo Greco

 

Le nove piste ciclabili e il recupero edilizio per agevolare la sosta - le soluzioni inserite nel documento
Quanti furgoni riempiono impuniti strade e marciapiedi: bisognerà ripensare anche la logistica, ricorrendo alla rottura di carico tra zone periferiche di prima consegna e distribuzione urbana. Il Pums cerca sintesi tra direttrici di azione già codificate e nuove proposte: per esempio, in tema di reti stradali-ferroviarie, il piano recepisce il sistema di rotatorie Cimitero-Brigata Casale-Campi Elisi-piazza Foraggi-Revoltella, ma aggiunge il collegamento tra il futuro Molo VIII e la Grande Viabilità, la riattivazione del binario per l'area ex Aquila e della rotaia area Wärtsilä. Sono previsti 9 itinerari ciclabili: Mare, San Giusto, shopping, Cottur, Boschetto, Panorama, Carso, vigneti, borgo Teresiano. Si pensa a un piano specifico per i soggetti a ridotta mobilità. Per attenuare il problema della sosta urbana si rilanciano l'ex Silos, Campo Marzio, Università: ma s'immagina il recupero di edifici dismessi, come il fantasma che svetta tra le gallerie Sandrinelli e San Vito. Se si parla di circolazione, il Pums propone il doppio anello a partire dalla fine di corso Italia: a destra galleria Sandrinelli in senso unico, piazza Sansovino, via Bramante, via San Michele; a sinistra piazza Goldoni e via Carducci. Indica l'alternativa galleria San Vito-Bramante-Segantini-Navali per non sovraccaricare piazza Goldoni.

Magr

 

 

«Trieste differenzia meno i rifiuti a causa della sua morfologia»

la lettera del giorno di Luisa Polli, assessore Città Territorio Urbanistica e Ambiente del Comune di Trieste
In relazione all'articolo pubblicato su "Il Piccolo" di martedì 1 dicembre, dal titolo: "Sulla differenziata la regione cresce e Trieste arranca", l'amministrazione comunale desidera innanzitutto ringraziare per i suggerimenti: nell'impegno quotidiano che Comune e AcegasApsAmga rivolgono al miglioramento del decoro cittadino e della raccolta differenziata, è importante ogni contributo a favore di uno sviluppo sempre più green e circolare della città di Trieste e del territorio regionale. Nel caso specifico della raccolta differenziata triestina, pur risultando più bassa rispetto alla media del Friuli Venezia Giulia, deve essere considerata nel contesto specifico della città che per estensione e densità abitativa non può essere confrontata con gli altri capoluoghi di provincia regionali. A ciò si aggiungono le caratteristiche morfologiche, urbanistiche e meteorologiche di Trieste che richiedono metodologie specifiche per la realizzazione della raccolta. Ciò non di meno, grazie agli sforzi congiunti di Amministrazione comunale, AcegasApsAmga e cittadini, è stato possibile assistere a una rapida crescita della raccolta differenziata a Trieste che dal 27,99% del 2013 ha raggiunto il 44,18% del 2019. Si tratta di una crescita di più di 16 punti percentuali in soli 7 anni: oltre a corrispondere a una crescita media di più di 2 punti percentuali all'anno, il dato evidenzia un miglioramento costante e in continuo aumento della raccolta differenziata triestina. Risulta inoltre utile un confronto con gli altri capoluoghi italiani con una popolazione superiore ai 200 mila abitanti: i dati ISPRA relativi al 2018 mostrano una media di raccolta differenziata del 40,72% in cui Trieste si colloca positivamente con il 42,11%. Comune e AcegasApsAmga stanno impegnandosi inoltre attivamente non solo nella crescita della raccolta, ma anche nel miglioramento della qualità della differenziata, grazie a costanti attività di ingaggio dei cittadini soprattutto verso i Centri di Raccolta. Si ricordano tra queste i Sabati Ecologici attivi dal 2014, Operazione Recupero svoltasi nel 2019 e le campagne di advertising volte alla sensibilizzazione dei cittadini realizzate annualmente. Nell'ottica di proporre un sempre migliore servizio alla cittadinanza Comune e AcegasApsAmga sono sempre disponibili alla collaborazione per valutare soluzioni di raccolta più evolute e che si adattino al meglio alle necessità di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 dicembre 2020

 

 

Dopo le rose i nuovi orti - I volontari rilanciano il verde di via Orlandini - l'area di Ponziana dedicata alla natura
Una rosa in ogni periferia. È l'auspicio di Trieste Altruista e delle altre realtà del Terzo settore che nel corso del tempo hanno riqualificato l'area verde di via Orlandini, nel rione di Ponziana. E che, dopo aver piantato tanti fiori, proprio oggi inaugureranno due nuovi orti rialzati. A fornire l'occasione è la Giornata internazionale del volontariato, celebrata ovunque il 5 dicembre di ogni anno. Come si accennava, 12 varietà di rose hanno appena messo radici in un'aiuola del giardino di via Orlandini, la cui riqualificazione era iniziata nel 2018 nell'ambito del progetto "PonzianAltruista". Le rose messe nel terreno negli scorsi giorni si ispirano all'atmosfera del Parco di San Giovanni, dove cresce il secondo roseto d'Italia, famoso per ospitare oltre 4.500 tipologie del bel fiore dotato di spine: la nuova aiuola di via Orlandini vuole rappresentarne a tutti gli effetti una porzione "delocalizzata". Dal punto di vista dei volontari di Ponziana, il significato dell'iniziativa «è fortemente simbolico e racchiude in sé l'idea della trasformazione e della riqualificazione degli spazi, allo scopo di generare nuova bellezza e di conseguenza salute e benessere. Proprio come avvenuto esattamente 11 anni fa nel parco dell'ex ospedale psichiatrico. Chissà se questo evento potrà diventare l'inizio della creazione di una "rete" di roseti, in tutti i nostri giardini comunali? ».A partire da oggi, come si è detto, il giardino di via Orlandini sarà inoltre arricchito da «due orti rialzati, che creeranno nuove opportunità di condivisione», proseguono i volontari: «La gestione sarà affidata alle due scuole di Ponziana e agli abitanti del quartiere, che volontariamente si impegneranno a seguire e curare le specie di piante e di erbe aromatiche che verranno seminate. Il volontariato alimenta la catena virtuosa del volontariato, insomma».Il progetto "PonzianAltruista" è portato avanti dall'associazione Trieste Altruista in collaborazione con Habitat Microaree, Asugi, Comune, Ater, La Quercia, Kallipolis e Ics.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 dicembre 2020

 

 

Mercurio oltre i limiti nel suolo - Bonifica in sei aree pubbliche
Arrivato a San Canzian attraverso il fiume Isonzo dalle zone delle miniere di Idria - Fondo di 42 mila euro della Regione al Comune per ripulire i terreni contaminati
SAN CANZIAN. Sono sei i punti, tutti su suolo pubblico, che a San Canzian d'Isonzo saranno interessati da una bonifica dello strato di terreno con mercurio sopra i limiti previsti. A effettuare l'intervento, a fronte dell'azione di monitoraggio e valutazione dell'inquinamento effettuata dalla Regione in seguito al Piano di bonifica dei siti contaminati del Fvg, sarà il Comune, che dall'ente regionale ha ricevuto le risorse necessarie. I 42 mila euro sono stati inseriti nel bilancio di previsione 2020 con l'ultima variazione e saranno quindi impiegati nell'arco dei prossimi mesi, sempre seguendo le indicazioni regionali.«Un'area si trova vicino il campo sportivo di San Canzian e altre più a ridosso del fiume, ma tutte in aree di proprietà pubblica», afferma il sindaco Claudio Fratta. La verifica ha riguardato una situazione con cui il territorio di San Canzian e quello degli altri Comuni affacciati sull'Isonzo convivono quasi da sempre, visto che il distretto minerario sloveno di Idria, uno dei più importanti centri di estrazione di mercurio, è stato in attività per oltre 500 anni. Un periodo in cui sono state scavate 12 milioni di tonnellate di roccia, portando alla produzione di considerevoli quantità di mercurio metallico e durante le operazioni di lavorazione i residui venivano depositati sulle sponde dell'Idrijca, affluente di destra dell'Isonzo.Il mercurio è stato ed è tuttora trasportato dalle acque dell'Isonzo, che l'hanno diffuso nel processo di costruzione della pianura isontina, come si rileva nel Piano regionale di bonifica dei siti contaminati. Proprio alla luce di questa presenza "diffusa" la Regione ha ritenuto opportuno avviare uno studio dei valori di concentrazione dei metalli nei suoli in collaborazione con Arpa per fornire sia una conoscenza approfondita sulla presenza del mercurio nell'area indagata sia di dare un supporto tecnico per la gestione del territorio. Nell'ambito delle attività previste dal piano di indagine, Arpa ha prelevato, in corrispondenza di 131 punti in aree pubbliche, 254 campioni di suolo rappresentativi di uno strato di suolo superficiale e più profondo. Gli esiti dello studio hanno evidenziato che la zona caratterizzata dall'anomala presenza di mercurio è individuabile in una fascia di territorio che si sviluppa lungo gli argini dell'Isonzo e che i valori più alti si riscontrano comunque nella zona di Fossalon.

Laura Blasich

 

 

Firme slittate di 3 mesi e milioni in arrivo - Porto vecchio aspetta la svolta fra i rebus
Fedriga: «Accordo di programma sottoscritto entro fine anno». E promette risorse. Dipiazza: «Questione di settimane»
La nuova scadenza indicativa per la firma "triplice" dell'accordo di programma sul Porto vecchio è ricollocata «nelle prossime settimane» secondo il sindaco Roberto Dipiazza ed «entro la fine dell'anno» secondo il governatore Massimiliano Fedriga, che annuncia l'inserimento nella legge di bilancio («ancora non c'è una cifra definitiva - spiega il presidente della Regione -, ma si parla di decine di milioni di euro») delle risorse per gli interventi infrastrutturali in grado di far decollare da subito la riqualificazione. Il tutto mentre la Regione sta ancora vagliando con i propri tecnici le bozze - stilate dal Comune - dell'accordo di programma e dello statuto del consorzio "Ursus" che diventerà il braccio operativo. Ecco l'ultimo aggiornamento sulle tappe di un iter che sembrava ormai vicinissimo al traguardo all'inizio di questa estate, ma che evidentemente richiederà ancora quantomeno alcune settimane: dunque un ritardo di mesi rispetto alla road map indicata da Dipiazza lo scorso giugno quando era approdata in giunta la delibera, a firma del sindaco, per il via libera alla proposta di variante al Piano regolatore e al documento con la Valutazione ambientale strategica. In quell'occasione il pronostico del primo cittadino era stato il seguente: firma entro fine settembre dell'accordo di programma tra Comune, Regione e Authority, l'atto finale necessario - assieme alla nascita formale del consorzio - per passare alla fase operativa, quella in cui gli investitori presenteranno le offerte, con le prime gare, per acquisire le strutture e insediare attività. Sono passati settembre, ottobre, novembre e ora, con le feste che incombono, la nuova previsione. Ci saranno ulteriori slittamenti o sarà la volta buona? Certo, Dipiazza nei mesi scorsi ha più volte sottolineato di aver avuto poco tempo a disposizione per portare avanti la complessa procedura propedeutica al rilancio degli storici magazzini («il Porto vecchio - ha ribadito spesso - mi è stato consegnato di fatto non prima del giugno 2017»), ma l'accordo per avviare la costituzione della società di gestione era stato annunciato addirittura nell'aprile del 2019.«Il Comune avrà il 52% delle quote, Regione e Authority il 24% ciascuna. Stiamo remando tutti nella stessa direzione - assicura Dipiazza -. A breve vedremo i risultati e si potranno concretizzare i primi progetti per il Porto vecchio». Secondo Fedriga le risorse che saranno inserite nella legge di bilancio «renderanno da subito l'area utilizzabile e più appetibile per gli investitori».Nella sede dell'Authority portuale si attendono sviluppi, col segretario generale uscente Mario Sommariva, che fungeva da "trait d'union" nella procedura, ormai diretto a La Spezia dove diventerà presidente del Porto. E intanto, a livello politico, sono le forze d'opposizione ad affilare le armi paventando una strada ancora lunga prima di vedere concretizzato l'avvio della riqualificazione, in particolare il Pd col consigliere regionale Francesco Russo, candidato sindaco "in pectore". «Dopo tanti annunci non si capisce se abbiano davvero tutta questa voglia di far partire una società che faccia fare un salto di qualità alla riqualificazione - attacca Russo -. Anzitutto sarebbe interessante sapere a quanto ammonteranno le risorse che metterà realmente a disposizione la Regione e dove è finito il milione che feci approvare ai tempi del Senato per la società di gestione. Anche qualora si arrivasse a breve alle firme, non sembra ci siano i presupposti perché il consorzio sia operativo da subito». «L'impressione - aggiunge - è che finirà per trattarsi di un'operazione pre-elettorale, non in grado di portare al salto di qualità auspicato, soprattutto se non si investiranno soldi per attirare professionisti e manager di livello internazionale, con competenze specifiche. Per gestire una partita così importante, da centinaia di milioni di euro di investimenti, non bastano competenze interne dei tre enti. Dipiazza può legittimamente pensare di fare il presidente ma il direttore dovrebbe essere una figura manageriale di spicco. Col sindaco avevamo lavorato per un consiglio di saggi tra i quali aveva dato la disponibilità l'ad di Fincantieri Bono, ma non se n'è fatto nulla».

Piero Tallandini

 

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti urbani - I ritardi della raccolta differenziata

Ma siamo veramente così bravi nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani? Il recente rapporto di AcegasApsAmga non fornisce dati per i singoli Comuni serviti. Dal quotidiano "Il Piccolo" apprendiamo che si definisce la quota raggiunta a Trieste "buona" ma a noi di Legambiente Trieste non sembra tanto buona. Il dato di Arpa Friuli Venezia Giulia per la quota del Comune di Trieste nel 2019 è del 44,18 per cento, molto lontana dai livelli raggiunti dagli altri capoluoghi: Gorizia 65,2 per cento, Udine 65,39 per cento e lo "stratosferico" 86,11 per cento di Pordenone.Riteniamo che i motivi del ritardo storico di Trieste sia la partenza molto tardiva della raccolta dell'umido e la mancanza del porta a porta (avanza con successo negli altri comuni del Triestino).Reputiamo che solo col porta a porta potremmo raggiungere l'obiettivo del 65% (fissato dalla legge italiana per il 2012) e il meno ambizioso 55% dell'Ue per il 2025. La responsabilità dello scarso risultato è di AcegasApsAmga o del Comune di Trieste? Dai dati vediamo che in altre città, paragonabili a Trieste, le aziende del Gruppo Hera/AcegasApmAmga ottengono risultati migliori, anche grazie al porta a porta: a Padova, a Bologna.Ma, come dimostrano Pordenone e tanti comuni del Pordenonese, si può fare molto di più. Nel Comune di Treviso un'altra azienda ha raccolto in modo differenziato l'86,1 per cento dei rifiuti nel 2019. In sintesi, riteniamo che AcegasApsAmga possa migliorare la raccolta a Trieste, a esempio servendo meglio aree cittadine ancora sprovviste dei contenitori per la differenziata, ma è il Comune di Trieste che deve cambiare rotta e prendere atto del ritardo culturale e politico, che comporta anche maggiori costi per i cittadini (tasse più alte e risultati peggiori: oltre al danno, la beffa!).Si può introdurre il porta a porta anche per aree e gradualmente, ma bisogna decidere e iniziare subito!

Andrea Wehrenfennig, presidente Legambiente Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 dicembre 2020

 

 

Il Parco del mare incassa nuove critiche da Pd e Un'altra città - il discusso progetto nell'area della Lanterna

«Confermiamo i dubbi e le riserve sul Parco del mare. Sempre slegato da un'idea di sviluppo della città, il progetto non si può nemmeno valutare: ne conosciamo solo il video pubblicitario o poco più. Attendiamo che nelle sedi istituzionali siano portati tutti i documenti, a partire dal dettaglio del piano industriale. E vogliamo vedere finalmente un progetto per rilanciare il tessuto produttivo manifatturiero di Trieste in grave crisi». È la linea emersa nella riunione della direzione provinciale del Pd, illustrata ieri dalla segretaria Laura Famulari. «La filiera politica a sostegno del progetto è rimasta la stessa di sempre ma noi - spiega la segretaria dem - non ne facciamo una questione di principio bensì d'interesse della città. Per questo chiediamo di verificare il progetto sulla base del business plan e dello studio di fattibilità. Restano molti gli interrogativi: dalla garanzia della quota di finanziamento pubblico necessaria a far partire il progetto alla capacità attrattiva di una struttura figlia di una concezione oramai vecchia. Ricordiamoci che il parco di Miramare, gratuito, richiama 800 mila all'anno. Davvero - conclude Famulari - ne verranno 600 mila visitatori all'anno per 20 anni al Parco del mare?».Ad esprimere netta contrarietà sono anche gli esponenti di Un'altra città che, nel corso della presentazione della loro piattaforma, avevano usato le "armi" dell'ironia, definendo «ottimo il progetto del presidente a vita della Cciaa, solo nelle due prime righe: il nome, parco del mare; il sito, area della Lanterna. Tutto il resto è inutile». Un'ironia che non tutti, però, hanno colto (e che anche Il Piccolo ha equivocato). «Ma su questo punto non c'è spazio per i dubbi - afferma per conto del network Maria Grazia Cogliati Dezza -. La nostra posizione è stata più volte detta ed è contraria al progetto sia per quanto riguarda possibili localizzazioni sia per l'idea ormai anacronistica di costruire una prigione per pesci. Quanto poi alla riqualificazione dell'area della Lanterna, Un'altra città ha una visione completamente diversa dall'attuale giunta sullo sviluppo turistico fatto di qualità e non di quantità».

 

 

Rigassificatore di Veglia Ormeggiata la nave arrivata col primo carico - partita la produzione sperimentale
VEGLIA. Il bestione, lungo quasi come tre campi di calcio, è apparso nelle acque del golfo di Fiume ed è stato ormeggiato per la prima volta in quella che sarà la sua sede futura e permanente. Il rigassificatore offshore Lng Croatia, ex metaniera acquistata e modificata in Cina, è stato posizionato (tutto è filato liscio malgrado la bora) di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia, dove è arrivato dallo scalo di Sagunto, nelle vicinanze della spagnola Valencia: qui nelle scorse settimane l'unità aveva prelevato il primo quantitativo di gas liquefatto. La produzione sperimentale, con il metano riportato allo stato gassoso, è così cominciata ieri. È stata una giornata fondamentale per la Croazia nel settore energetico: ne deriveranno importanti riflessi, ricordano gli esperti. In primo luogo Zagabria conquisterà la tanto agognata autonomia energetica per il gas a uso industriale e domestico, ponendosi al riparo da eventuali brutte sorprese (già occorse in passato) legate ai rifornimenti che arrivano dall'Est europeo. Inoltre è possibile che il prezzo del metano, dopo l'entrata in funzione del terminal di Veglia, possa subire una flessione. Comunque sia, l'arrivo della nave (lunga 280 metri, larga 43 e alta 38 metri) ha portato praticamente a conclusione il progetto voluto fortemente dalla Croazia, in sinergia con Unione europea e Stati Uniti: il rigassificatore è costato 230 milioni di euro. Una parte sostanziosa dell'investimento è stata garantita a fondo perduto dall'Ue, che ha destinato all'impianto nordadriatico 101 milioni e 400 mila euro come concordato già tre anni fa. Proprio a sottolineare la caratura del progetto, ad attendere l'ex metaniera allo scalo di Veglia è stato il ministro croato dell'Economia e Sviluppo sostenibile, Tomislav Coric: «Non solo la Croazia ha ottenuto l'autosufficienza relativa alla distribuzione del metano, ma saprà nei prossimi decenni garantire una regolare erogazione di gas ai Paesi mitteleuropei», ha dichiarato ricordando che la Croazia sta inseguendo il progetto di un impianto simile dal 1993 e che l'impianto stesso, «è certo», ha sottolineato Coric - «inciderà positivamente sul prezzo di questo combustibile in Croazia, con ricadute benefiche per le utenze a domicilio e per l'economia nazionale». L'impianto metanifero sin dal primo momento è stato avversato da Regione quarnerino - montana, comuni di Veglia, partiti politici e ambientalisti giacché è stato progettato per essere situato in un'area a forte vocazione turistica, ma Zagabria non ha prestato ascolto a critiche e proteste. La movimentazione annuale prevista ora è fino a 2,6 miliardi di metri cubi di gas. Coric e Hrvoje Krhen, direttore generale di Lng Hrvatska, l'azienda statale che gestisce il rigassificatore, hanno confermato che Lng Croatia avrà a bordo un equipaggio composto da 60 persone, tutti cittadini croati, che opereranno su due turni con 30 addetti ciascuno. Da ricordare che è stato raggiunto il "sold out" produttivo per il triennio 2021-2023, con buona parte del metano vegliota acquistata fino all'anno 2030. È stato infine ricordato che la croata Plinacro ha portato a compimento il gasdotto (sul quale sono stati investiti 57 milioni di euro) che allaccerà il rigassificatore e il metanodotto Pola - Karlovac.

Andrea Marsanich

 

 

Via libera di Bruxelles alla pesca delle vongole di 22 mm in Adriatico
Roma. Arriva il via libera dell'Europarlamento a poter pescare in Italia vongole di 22 millimetri contro i 25 mm imposti nel resto di Europa. Lo fa sapere Coldiretti Impresapesca, secondo la quale la decisione di ridurre la taglia minima «salva la flotta italiana». I cambiamenti climatici, infatti, hanno modificato i tempi di crescita delle vongole esponendo i pescatori a sequestri e multe, fino al blocco totale dell'attività. Di fatto, fa sapere la Coldiretti, non ci sono state obiezioni all'atto delegato che autorizza i pescherecci italiani a pescare e commercializzare vongole più piccole di quanto previsto dagli standard Ue. Il lavoro da fare, secondo l'associazione, è rendere definitiva la deroga per evitare stress inutili al settore e dare certezze nella programmazione delle attività. In gioco, sottolinea la Coldiretti, c'è una flotta di 710 imprese in Italia e oltre 1600 addetti, con un indotto di altre 300 realtà di commercializzazione all'ingrosso e mille addetti. La durata del provvedimento è fissata fino al 31 dicembre 2022, ma non interessa tutti i tipi di vongole ma solamente il lupino, specie autoctona presente in mare aperto soprattutto in Adriatico, la cui produzione è di circa 30 mila tonnellate. Una perdita secca di fatturato di almeno 15 milioni di euro all'Italia della pesca, con danni per pescatori e consumatori. È il conto da pagare intanto se dovesse andare in porto la proposta della Commissione europea che punta a ridurre nel 2021, di un ulteriore 15%, l'attività di pesca nel Mediterraneo Occidentale per i sistemi a traino praticati in Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia nord. A fare per la prima volta i conti del provvedimento è Fedagripesca-Confcooperative.Secondo Fedagripesca questo pericolo riguarda anche la Spagna e la Francia. Il primo risul tato tangibile è un'invasione nelle tavole di prodotti importati, come gamberi tigre,vongole del Pacifico e pangasio e meno merluzzi, gamberi rosa, triglie naselli e scampi.

 

 

Ronchi dei Legionari - Differenziata, quasi 80% Tre milioni di rifiuti su 5 sono stati dati al riciclo
RONCHI. Raccolta differenziata sempre al top, a Ronchi dei Legionari. Così, nel periodo che va da gennaio ad ottobre ha raggiunto la media del 77,72%, con il massimo raggiunto nel mese di agosto quando si è arrivati al 79,82. Poco sotto la soglia dell'80% che è l'obiettivo dell'amministrazione comunale. Da gennaio ad ottobre, dunque, sono stati raccolti 5 milioni 155.090 chilogrammi di rifiuti e, di questi, solo 1 milione 125.994 di indifferenziati. La maggior parte, ovvero 3 milioni 928.747 kg, vanno al riciclo e, quindi, rappresentano una grande risorsa, mentre 100.349 sono i chilogrammi di altre frazioni di rifiuto. Sono 424,63 i chilogrammi di rifiuti pro-capite prodotti in questo periodo dai ronchesi: 92,14 di secco indifferenziato, 53,96 di umido, 28,81 di plastica e metalli, 45,57 di carta e cartone, 32,40 di vetro e 6,06 di Raee, ovvero di elettrodomestici e parti di elettrodomestici. Vengono differenziati anche gli inerti che, fortunatamente, non tutti abbandonano in aperta campagna o sul Carso. Complessivamente 199.549 chilogrammi che sono stati conferiti nell'area ecologica di via del Lavoro Artigiano. La pulizia delle strade ha permesso di raccogliere 125.060 chili di spazzatura, mentre gli ingombranti, spesso raccolti da Isa Ambiente direttamente a casa dell'utente su chiamata, hanno raggiunto quota 130.090 chili. Tra il materiale meno conosciuto che viene raccolto separatamente ci sono i rifiuti biodegradabili prodotti da cucine e mense, ben 713.750 chilogrammi, gli imballaggi (343.010), il legno (212.390), ma anche le apparecchiature elettriche, con 44.020 chili. E, ancora, carta e cartone (542.570), imballaggi di vetro (372.840) e le vernici (9. 010). La collaborazione con Isa Ambiente è stretta e molto puntuale.«Certo, c'è ancora molto da fare sul fronte degli abbandoni di rifiuti - dice il sindaco Livio Vecchiet, soddisfatto dell'impegno dei cittadini nella raccolta differenziata - e proprio per questo è sempre più vasta l'azione della nostra polizia locale che cerca con ogni mezzo di smascherare atti illeciti. Non è facile, ma ci proviamo». Da un lato, infatti, c'è chi fa le cose per bene e permette a Ronchi dei Legionari di arrivare a traguardi importanti e dall'altro chi non si preoccupa minimamente e continua ad abbandonare i rifiuti sul territorio.

Lu. Pe.

 

 

Capriva mette in rete le piste ciclopedonali
L'opera realizzata con 400 mila euro stanziati dalla Regione Il sindaco Sergon: «Strategica per Spessa, Russiz e Preval» Judrio, Versa e Collio
CAPRIVA. Via libera alla variante sulla nuova ciclabile tra Judrio, Versa e Collio e messa a nuovo del municipio. Quello riunitosi nella serata di lunedì a Capriva è stato un Consiglio comunale svolto in presenza, nella sala del centro civico: niente assise civica online dunque, come scelto da altre amministrazioni, visti gli ampi spazi che permettevano una riunione in piena sicurezza sotto il profilo delle normative anti-Covid. Tutti i punti analizzati sono passati all'unanimità: due su tutti quelli che hanno accentrato l'attenzione di maggioranza e opposizione. Uno degli argomenti portanti è stato quello relativo alla ciclabile: il contributo di 400 mila euro stanziato dalla Regione all'Uti prevede il collegamento delle piste ciclabili Judrio-Versa con quella del marketing del Collio. «Per noi - specifica il primo cittadino - è importante perché collegherà tutti i nostri punti turistici più strategici: da Spessa a Russiz, da Budignacco al Preval, saranno valorizzate così tutte le nostre località più belle e rilevanti sotto il profilo storico». Un territorio che contempla anche i bunker risalenti a dopo il secondo conflitto mondiale, durante la cosiddetta guerra fredda fra Usa e Urss.Accanto alla definizione della pista ciclopedonale, l'aula ha approvato i lavori del municipio di Capriva che dovrebbero iniziare entro la fine del 2021: l'iter, infatti, è stato avviato con l'approvazione della Regione di un finanziamento di 200 mila euro, ai quali il Consiglio comunale ha deliberato l'aggiunta della compartecipazione all'opera per ulteriori 100 mila euro.«In tutto l'intervento sul municipio costerà 300 mila euro - conferma il sindaco Daniele Sergon - speriamo di avere entro fine gennaio il progetto esecutivo per andare poi in gara. Gli interventi saranno di tre tipi: efficientamento energetico con la realizzazione di un cappotto, di nuovi serramenti e di pompe di calore, miglioramento da un punto di vista sismico, visto che l'edificio risale al 1972, e superamento delle barriere architettoniche».

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 dicembre 2020

 

 

Area a caldo della Ferriera chiusa 8 mesi fa - Polveri sottili abbattute del 30% a Servola
Continua il miglioramento della qualità dell'aria. Nella zona è diminuito anche il livello dell'idrocarburo benzopirene
A otto mesi dalla chiusura dell'area a caldo della Ferriera, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) pubblica dei nuovi dati sulla qualità dell'aria nell'area di Servola. Dal report riguardante il quartiere cittadino che più ha patito la presenza dell'industria, entrata in funzione 123 anni fa, si scopre che i recenti valori confermano come prosegua il trend di "miglioramento significativo" già evidenziato in un report pubblicato la scorsa estate riguardante il periodo aprile-giugno. Ecco dunque che i livelli d'inquinamento dell'area di Servola s'avvicinano sempre più a quelli osservati in altre aree urbane della città. Il primo elemento che conferma l'andamento positivo post chiusura è un -30% di emissioni di polveri sottili (Pm10), annotato dalla stazione Rfi, quella più prossima all'ex stabilimento siderurgico. C'è un grafico che dimostra come la media giornaliera annuale delle polveri sottili sia scesa di 4 punti, passando da 28 a 24 microgrammi per metro cubo nei mesi successivi alla chiusura. Anche la media giornaliera nel periodo ottobre 2019-ottobre 2020 segue il medesimo calo: i picchi di emissioni visibili fino alla fine di marzo non sono più presenti a partire da aprile. Da sottolineare però che i parametri previsti dalle normative ai fini della definizione della qualità dell'aria sono stati ampiamente rispettati sia prima che dopo lo stop. Infatti il numero di giorni in cui le polveri sottili hanno superato le soglie ammesse (70 microgrammi/metrocubo in area industriale o 50 in area urbana) è sempre stato inferiore ai 35 giorni massimi. Da sottolineare inoltre il fatto che le polveri sottili, evidenziano dall'Arpa, sono in generale più elevate in inverno che in estate. E a proposito di eventi meteorologici, saltano all'occhio i numeri comparsi durante le operazioni di spegnimento dell'area a caldo: tra il 27 e il 29 marzo si è rilevato infatti un picco pari a 180 mg/m3. Il motivo, dicono gli esperti, è legato a una perturbazione che portava con sé le sabbie provenienti dal Caucaso e che ha interessato tutta l'alta Italia. Da marzo ad agosto è sceso di tre decimi anche il livello dell'idrocarburo Benzopirene. La soglia massima consentita dalla normativa nazionale è pari a un nanogrammo per metro cubo. Dopo l'intervento di riqualificazione avviato dalla proprietà Arvedi, il valore si era g ià abbassato a 0,8: il limite dunque non è mai stato oltrepassato. I grafici mostrano ad agosto un'ulteriore diminuzione fino a -0,5 nanogrammi, che presumibilmente continuerà, fanno sapere dall'Arpa, ma non raggiungerà mai lo zero, poiché in questo caso a incidere è l'inquinamento urbano.Rientrano nello studio poi pure le polveri grossolane. Che cosa sono? Alcuni esempi: le particelle che si alzano al passaggio di un camion oppure quelle di carbone che si disperdono nell'aria. In questo ambito sia le polveri all'interno del perimetro dello stabilimento (Palazzina qualità e Palazzina operai) sia quelle in aree al di fuori dell'impianto siderurgico (via Carpineto, via Pitacco, via Ponticello, via Rossi), da settembre 2019 a settembre 2020, sono diminuite, anche se sia prima che dopo la chiusura di cokeria e altoforno non avevano mai sforato i limiti previsti.

Benedetta Moro

 

Gruppo di residenti da Dipiazza: «Un piano per il nostro rione» - IL DOCUMENTO CON RICHIESTE E PROPOSTE
Servola ha bisogno di una riqualificazione. Ne è convinta la delegazione di residenti che ha esposto nelle scorse settimane al sindaco Roberto Dipiazza 35 richieste e due proposte sul piano del traffico e parcheggi, che verranno presentate nei prossimi giorni in VII Circoscrizione. Alessandro Radovini, presidente del Circolo Arci Falisca, Mario Debernardi, presidente dell'Associazione Maschere Servolane Lalo, Tatjana Masala, rappresentante del Circolo culturale Ivan Grbec e Stefano Borini dello Spi Cgil hanno palesato al primo cittadino le loro idee. «Nel corso dell'incontro - fanno sapere i proponenti in un comunicato stampa - è stato illustrato al sindaco il documento preparato, contenente le richieste per la riqualificazione del rione di Servola. Dipiazza ha manifestato interesse per il lavoro fatto e ha chiesto di poter vagliare attentamente con i suoi collaboratori le proposte in modo da entrare nel dettaglio dei punti». Ma il primo cittadino «ha inoltre riconosciuto che il rione di Servola ha un credito di attenzione da parte del Comune - sottolineano - e per questo motivo ha dichiarato che le richieste dei servolani dovranno essere affrontate concretamente». Ci sarà per questo un nuovo appuntamento «al fine di proseguire il lavoro e avere le prime risposte, anche prevedendo un utile sopralluogo nel rione». «L'iniziativa - conclude la delegazione - è partita. Potremo esprimere giudizi e valutazioni solo dopo aver visto i fatti concreti, tuttavia oggi possiamo ben dire di aver posto con forza all'attenzione dell'amministrazione comunale i bisogni dei cittadini di Servola, auspicando che il lavoro fatto insieme sia foriero di una migliore vivibilità per tutti».

B.M.

 

 

Il parco del Carso non si allarga a Est - Respinta l'idea osmiza alle baracche
Approvata in Consiglio la variante al Piano senza i rilievi dell'ex assessore all'Urbanistica Nicoli di FI
Il Piano comunale del Carso di Monfalcone non si allarga al Lisert, dove pure sono presenti le sue propaggini, anche se ridotte quasi al silenzio dalla crescita della zona industriale. In vista c'è, però, un tavolo con tutti i portatori di interesse per arrivare a tutelare le aree di interesse naturalistico inserite tra fabbriche e porto. L'assicurazione dell'amministrazione comunale di voler avviare un percorso ad hoc, in modo tale che, inoltre, come spiegato dal sindaco Anna Cisint, la Regione sia parte attiva di alcune scelte, non è bastata alla minoranza che, compatta, in Consiglio comunale lunedì pomeriggio aveva portato una mozione per ampliare il parco a sud della linea ferroviaria, nell'ambito della discussione sulla variante al piano per la tutela, valorizzazione e fruizione delle colline carsiche. Non solo il Lisert, comunque, andrebbe incluso nei confini del parco, per centrosinistra, gruppo misto e pentastellati, ma anche le zone urbane sottocoppe da Selz fino alla fine di via Romana. «Senza rendersi conto dei vincoli che si imporrebbero a chi vi abita», ha ribattuto il consigliere di Fi Giuseppe Nicoli, che da vicesindaco e assessore all'Urbanistica aveva avviato il lavoro sulla variante e in aula non ha portato "rilievi" al prodotto finito. «Diverse indicazioni sono state già recepite - ha detto - e altre lo saranno negli strumenti di pianificazione più adatti». Come la previsione dell'interramento degli elettrodotti o la cancellazione della previsione del passaggio della linea ad Alta capacità-Alta velocità che la minoranza ha chiesto di mettere nero su bianco nella variante al Piano del parco del Carso, ma che, invece, come ha ribattuto il sindaco, saranno temi affrontati dal Piano regolatore generale, con cui si potranno porre dei vincoli. Nonostante sia pressoché quasi del tutto compresso tra linea ferroviaria e autostrada A4, il parco avrebbe per centrosinistra e M5s lo spazio sufficiente per accogliere attività agricole (la reintroduzione di vite e olivo) e agrituristiche. L'idea? Quella di aprire un' osmiza nelle baracche che si trovano oltre il sottopasso della ferrovia, alla fine di salita Mocenigo. «Francamente, se l'obiettivo primario è e deve restare quello della tutela ambientale, farei attenzione a inserire attività di somministrazione all'interno del parco», ha ribattuto sempre Nicoli al pentastellato Gualtiero Pin. Il piano non a caso prevede che le strutture possano essere riutilizzate solo come infopoint e punto di appoggio per gli escursionisti. Bocciata infine dalla maggioranza anche la richiesta di andare a una nuova procedura di Valutazione ambientale strategica, «così da coinvolgere al massimo la comunità"». A Vas è stato già sottoposto il piano nella sua fase di redazione, nel 2014, e pure il Piano paesaggistico regionale, le cui indicazioni la variante ha recepito, non modificando peraltro le previsioni originarie e quindi gli impatti sull'ambiente, come ha rilevato la giunta decidendo a novembre la non assoggettabilità alla procedura. «Prima di redigere la variante sono stati sentiti tutti i portatori di interesse e i suggerimenti sono stati accolti - ha affermato il sindaco -. La grande scelta è quella che la regia del parco resti pubblica e su questo sono d'accordo con Nicoli».

Laura Blasich

 

 

Lavoro, ambiente, teatro e periferie nella piattaforma di Un'altra città - il programma del network civico
A pochi mesi dalle amministrative, il network civico Un'altra città ha presentato le idee «per dare un forte contributo al governo» della Trieste che verrà. Una piattaforma operativa con 68 punti e 57 "follow up" collegati al territorio. In tutto, quindi, 125 spunti per stimolare la riflessione e la creatività civica dei triestini. «Ci proponiamo di alzare il livello del dibattito - ha affermato Loredana Casalis, fisica e ricercatrice - e abbiamo pronto un programma con alcuni punti attuativi insieme ad altri più generali». Nei prossimi anni Trieste dovrà valorizzarsi attraverso il lavoro di qualità e l'economia legata al mare, facendo leva sui presidi culturali e scientifici che sono già la sua ricchezza. «Non c'è però interesse a fare un partito - ha aggiunto Casalis -, ma c'è voglia di dibattere con i cittadini dei rioni per infondere fiducia e raccogliere più pareri possibili in vista d'una politica che torni collettiva». Un primo appuntamento ci sarà il 14 dicembre prossimo: sempre sul web. Un'altra città ha previsto una conferenza stampa aperta al pubblico a cui è possibile partecipare scrivendo a Unaltracitta.trieste@gmail.com. «Oggi tutte le città stanno cambiando - ha detto l'architetto Roberto Dambrosi -. Un cambiamento frutto della tecnologia, che è strettamente legata all'economia e agli aspetti geomorfologici. I modi in cui conviviamo e le attività produttive mutano: a ciò s'è sommato il Covid 19 che è giunto come un'ultima chiamata». Ambiente, diritti umani e salute sono sempre più interconnessi: ridurre gli inquinanti, prevedere piani del verde e, al tempo stesso, aumentare la mobilità sostenibile sono passaggi ineludibili nei centri urbani. «Persone più influenti di me - ha precisato Dambrosi - sostengono che avremo grosse perdite di tempo e denaro se non ci adegueremo». Arrestare gli sviluppi abitativi in favore delle ristrutturazioni è un altro punto cruciale. «Chiedo ad amministratori e tecnici d'abbandonare l'idea di Porto vecchio come quarto borgo perchè, in passato, ha dato ricchezza a tutta Trieste. Non è lottizzabile, ma potrebbe essere l'incubatore scientifico da portare fino a Bruxelles». Il Porto vecchio dunque come un'eccellenza da non svilire a colpi di parcheggi e centri-conferenze vuoti. E il Parco del mare ? «È un ottimo progetto a costi bassissimi per l'area della Lanterna». La crisi ambientale potrà aprire a nuove possibilità, anche di lavoro.«L'innovazione delle imprese e i ceti meno ricchi - ha affermato Carrosio, docente di Sociologia dell'Ambiente dell'Università di Trieste - vanno messi al centro senza contrapporre ambiente e lavoro. Sarebbe utile un disegno strategico per economia circolare ed efficientamento energetico. Tra 20/30 anni, poi, anche Trieste avrà problemi per l'innalzamento dei mari». Il futuro passa anche attraverso «i cambiamenti sociali - ha sottolineato Gianfranco Schiavone, presidente dell'Ics -, quindi anche per l'immigrazione che l'amministrazione guarda con ostilità». Infine l'arte e il teatro. «Strade da sempre importanti da sempre - ha concluso Marcela Serli, attrice e drammaturga - per conoscere ciò che è nuovo o estraneo: la cultura dovrà raggiungere di più le nostre periferie».

Lorenzo Mansutti

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 dicembre 2020

 

 

«Sulla differenziata la regione cresce e Trieste arranca» - Legambiente contesta la lettura di Acegas
Passi avanti a Trieste sul fronte della raccolta differenziata come indicato nell'ultimo report di AcegasApsAmga? Legambiente non ci sta e contesta la lettura ricordando che i dati dell'Arpa sulla differenziata collocano Trieste in fondo alla classifica regionale. «La nostra regione è una realtà virtuosa nel settore dell'economia circolare - afferma Tiziana Cimolino di Legambiente Trieste -. Assieme alla Lombardia e al Trentino Alto Adige viene portata ad esempio nazionale da amministratori, ricercatori, tecnici e imprenditori del settore della raccolta differenziata e del riciclo. È infatti tra le tre regioni italiane che centrano per tempo gli obiettivi di economia circolare 2035, con una percentuale della raccolta differenziata che raggiunge almeno il 65% e di almeno il 10 per cento dei rifiuti trattati in discarica». Un conto però sono le performance della regione e un altro quelle di Trieste. «Se guardiamo i dati Arpa Fvg sulla raccolta differenziata 2019 vediamo che Trieste sta messa piuttosto male - prosegue Cimolino -. Con una popolazione stimata a livello comunale di 203.234 abitanti, qui abbiamo prodotto 96.727,862 tonnellate di rifiuti urbani con 53.991, 539 tonnellate di indifferenziata, differenziandone cioè 42.736,323 pari al 44 %: uno dei valori più bassi della regione. Nella ex provincia di Trieste ci superano tutti: la più virtuosa è San Dorligo con il 73,79 % seguita da Sgonico (73,40 %), Muggia - che fa un balzo in avanti con il 67,57 % - e Monrupino con 54,23 %. Un po' meno virtuosa, ma sempre meglio di noi, risulta Duino Aurisina con il 50,84 %. Quanto al resto del Fvg, a Udine la differenziata è al 65,39%, a Gorizia al 66,20 %, mentre Pordenone è di nuovo in vetta con ben il doppio di noi: l'86,11 %. Insomma - conclude - il Fvg è una terra virtuosa, il suo capoluogo non ne è all'altezza».

 

 

Museo del mare, no della Soprintendenza alla torretta di vetro ideata dall'archistar
Il progetto licenziato dopo mesi di confronto: il "segno" distintivo di Vazquez Consuegra svettava troppo sul Magazzino 26
La torretta di vetro sul Magazzino 26, che rappresentava il segno caratteristico esterno del progetto elaborato dall'architetto sivigliano Guillermo Vazquez Consuegra per il futuro Museo del mare, è sparita dai disegni autorizzati dalla Soprintendenza, disegni che ora i tecnici del Comune stanno trasformando in "definitivo" prima di passare alla formulazione "esecutiva".Ma non si tratta dell'ennesima pellicola ambientata in Porto vecchio, è semplicemente l'esito di un confronto durato mesi tra Comune e Soprintendenza, che pare non abbia soddisfatto Vazquez Consuegra e neppure la committenza municipale. Infine Palazzo Economo ha "licenziato" il progetto del professionista sivigliano, avendo però imposto l'eliminazione della vitrea creazione che Vazquez aveva immaginato sulla sommità centrale della grande mole in cui si staglia il "26". Enrico Conte, direttore dei Lavori pubblici comunali, avrebbe preferito mantenere il tocco dell'archistar, ma la Soprintendenza ha obiettato l'eccessivo slancio dell'aggiunta. Gli uffici comunali valutano che l'esame del progetto abbia accumulato cinque mesi di ritardo sul cronoprogramma. Come accennato, lo staff di largo Granatieri sta procedendo al definitivo, poi sarà la volta dell'esecutivo, successivamente sarà bandita la gara per individuare la società di validazione (come accadde per il Centro congressi). Alla luce di questo sgranarsi di tappe, Conte ritiene plausibile che la gara per l'aggiudicazione dei lavori verrà fatta tra un anno, nell'autunno 2021: allora sarà in palio un appalto da ben 33 milioni, pari ai due terzi dello stanziamento che il ministero dei Beni culturali aveva messo a disposizione di una prima riqualificazione di Porto vecchio (le altre poste finanziano i sistemi di strade e di reti, nonchè il recupero del pontone Ursus). L'obiettivo è di realizzare il Museo del mare entro 31 dicembre 2025.Nell'agosto 2019 Vazquez Consuegra aveva vinto la sfida tra 16 importanti studi nazionali ed europei (in verità sarebbero stati 17 ma la fiorentina Archea fu esclusa per difetto di documentazione), avendo superato di un'attaccatura il genovese Alfonso Femia e avendo relegato al terzo posto la proposta di David Chipperfield. A far lievitare le azioni dell'architetto andaluso aveva contribuito in modo decisivo l'entità del ribasso, che invece aveva condizionato in negativo le proposte di Chipperfield e di Rem Koolhas. Al quarto posto si era piazzato lo studio Tectoo di Susanna Scarabicchi.Vazquez Consuegra, "accompagnato" a Trieste dallo studio Mads, ha 75 anni e ha insegnato nelle Università di Siviglia, Buenos Aires, Losanna, Bologna, Venezia. In Italia è noto soprattutto per aver curato la ristrutturazione di Galata, sede del Museo del mare genovese, inaugurato nel 2004. La parcella, prevista per il lavoro triestino, si aggira attorno al milione e mezzo.

Massimo Greco

 

I paletti delle Belle arti che raffreddano la sintonia col Comune
"C'eravamo tanto amati", il film di Ettore Scola girato a metà degli anni '70, potrebbe adattarsi anche all'evolversi/involversi dei rapporti tra Comune e Soprintendenza. Fino a un anno fa le relazioni tra palazzo Economo e Piazza Unità sembravano improntati a cordiale, continua collaborazione. Non che poi ci sia stata dichiarazione di guerra tra le parti - intendiamoci - ma la Soprintendenza pare molto attenta a puntualizzare le proprie prerogative in ordine ad alcune operazioni che hanno coinvolto il Municipio. In Comune ritengono che alla base di questo cambio di passo vi sia la clamorosa smentita piombata un anno fa dal ministero riguardo la vicenda di sala Tripcovich, quando la soprintendente Simonetta Bonomi aveva avallato la decisione di Roberto Dipiazza favorevole all'abbattimento dell'ex stazione autocorriere. Da allora, dopo la dura lettera vergata dal direttore generale Federica Galloni, palazzo Economo è parso più incline ad adottare una politica vincolatoria nei confronti degli asset comunali: è successo in Porto vecchio con riferimento al Magazzino 27/bis e al Magazzino 133 (piscina terapeutica). Il vincolo è già arrivato per il primo, è stato solo annunciato - nello stupore dei comunali - per il secondo. La Soprintendenza ha infine provveduto a vincolare tre edifici nell'area del Broletto, passata dal Comune a Trieste Trasporti: quasi coetanei di sala Tripcovich.

MAGR.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 30 novembre 2020

 

 

Il Parco del Carso per Legambiente non deve diventare «un'area giochi»
L'associazione guarda a un equilibrio tra tutela della natura e sviluppo: strutture non impattanti e fruizione leggera
Il Parco comunale del Carso monfalconese metta assieme tutela della natura e sviluppo locale, senza diventare, però, un "parco giochi" cittadino. Lo dice Legambiente nel presentare le sue osservazioni alla variante al piano del Parco, che, secondo l'associazione ambientalista, dovrebbe abbracciare la zona del Lisert, ricca di biodiversità, punto di passaggio dalla costa alta e rocciosa della costiera triestina ai litorali sabbiosi della laguna di Grado, con, alle spalle, l'altopiano carsico. Senza dimenticare lo "stagno Enel", di origine artificiale, ma rinaturalizzatosi. «Abbiamo inviato all'ufficio competente del Comune delle osservazioni dettagliate alla variante - afferma il circolo locale Ignazio Zanutto -, che in più passaggi pare in equilibrio precario tra la necessità di tutela e l'acconsentire, invece, a modalità di fruizione turistica troppo invasive per l'ambiente naturale».Se da una parte si prevedono gli auspicati interventi di restauro e valorizzazione dei Castellieri e il completamento del Parco tematico della Grande Guerra, dall'altro si progettano varie strutture secondo Legambiente non necessarie e che rendono troppo permeabile l'area carsica. Nulla da dire sull'info-point previsto in via Mocenigo, con la ristrutturazione degli edifici esistenti e l'annesso parcheggio, mentre suscita perplessità quello programmato nell'ex cava di via Romana, che verrebbe adibita a palestra di arrampicata-roccia e area di sosta e ricreazione con varie attrezzature e parcheggio. «A nostro parere qui deve essere ammessa, invece, solo una fruizione "leggera", riducendo al minimo le attrezzature fisse, dedicando l'area all'addestramento e alla formazione della Protezione Civile, valorizzando, laddove possibile, la rinaturalizzazione in atto», dice Legambiente. Allo stesso modo l'associazione non ritiene necessaria la ristrutturazione dell'ex casermetta di Sablici, da «abbattere e rimuovere, anche per evitare inutili e poco gestibili punti di attrazione nelle aree più interne del parco e non ai suoi margini». Anche la possibilità di realizzare aree di sosta attrezzate per tende, barbecue e pic-nic ai margini dell'ampio parcheggio che verrà realizzato in via dei Laghi, a ridosso della Riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa, è per Legambiente «un'ipotesi assolutamente evitabile per l'eccessiva antropizzazione che si determinerebbe». In definitiva, Legambiente concorda con la Relazione tecnico-illustrativa, per cui è importante conciliare l'esigenza dello sviluppo locale con la tutela del patrimonio ambientale e naturalistico, ma «la prima non dev'essere a scapito della seconda».

Laura Blasich

 

 

Cisint: «Sulla centrale A2A all'idrogeno non c'è alcun progetto al ministero»
L'amministrazione non è convinta e «i vertici dell'azienda hanno confermato che al vaglio c'è solo il piano del turbogas»
L'apertura di A2A Energiefuture all'idrogeno, al centro delle ricerche finalizzate alla produzione di energia pulita, non convince il Comune: troppe le incognite e poca chiarezza sul nuovo progetto, nessun elemento concreto sui rischi per la sicurezza, vaga indicazione di quando tecnicamente potrebbe esserci un'integrazione piena della produzione a idrogeno, viso che A2A non intende modificare il progetto attuale che prevede la realizzazione della centrale a turbogas. Infine, è pure incerta la percentuale di gas mixato in arrivo all'impianto cittadino, fornito tramite il gasdotto della Snam, sicuramente sotto il 20 per cento, forse addirittura al 2 per cento. Tutte questioni sulle quali il Comune ha voluto andare a fondo. Anche in occasione di un recente incontro che il sindaco Anna Maria Cisint, assieme all'assessore all'Ambiente, Sabina Cauci, l'ingegner Eva Porciani e Lucio Gregoretti, con i vertici del Gruppo aziendale, a partire dall'amministratore delegato Renato Mazzoncini. E ora Cisint esprime una certezza: «Ad oggi - afferma - in carico al ministero dell'Ambiente c'è il progetto legittimamente presentato da A2A Energiefuture per la realizzazione di un impianto a metano da 840 megawatt, per il quale sono state inoltrate le osservazioni da parte del Comune di Monfalcone e di altri soggetti. Il procedimento è in fase di valutazione. Non ci risulta, come abbiamo avuto conferma dai vertici di A2A, che sia stata presentata alcuna modifica integrativa al progetto di turbogas, né che ve ne sia eventuale intenzione».Le perplessità però sono scaturite a fronte degli interrogativi posti durante l'incontro con i vertici del Gruppo. «Nel corso dell'incontro abbiamo voluto approfondire l'argomento in ordine al tema idrogeno - prosegue Cisint -. All'amministratore delegato è stata richiesta una serie di chiarimenti, al fine di capire i termini della questione nell'ambito delle valutazioni aziendali, anche quindi in proiezione futura».Sul tappeto le eventuali tempistiche circa l'utilizzo dell'idrogeno, il tasso percentuale di miscelazione con il metano, fino a considerare l'attuale tipologia delle condotte Snam, sulla scorta del fatto che, secondo le informazioni e gli elementi tecnici acquisiti dall'amministrazione comunale, viene ritenuta necessaria un'opportuna valutazione circa gli aspetti legati alla sicurezza, considerata l'alta proprietà corrosiva e di infiammabilità dell'idrogeno. Chiarimenti inoltre sul prospettato Centro di ricerca avanzata sul gas definito pulito.«Alle nostre domande non abbiamo ricevuto risposte precise - osserva il primo cittadino -. Trattandosi di un argomento complesso e delicato, riteniamo che sia essenziale un'analisi chiara ed esaustiva, contestualizzata nell'ambito delle caratteristiche del nostro territorio, e del sito dell'attuale centrale termoelettrica posta in area urbana. Insomma, tempi e dati certi non sono pervenuti», ha chiosato Cisint. Con l'assessore Cauci, da parte sua, a osservare: «Snam ha reso noto che nel 2030 verrebbe inserito nella rete di distribuzione del gas fino ad un massimo del 2% di idrogeno», evidenziando un approccio più «realistico» sia in ordine alle tempistiche che all'utilizzo dell'elemento che «non è presente in natura, ma dev'essere prodotto, ricavato mediante trattamenti che consumano energia».Perplessità e interrogativi aperti. Intanto l'amministrazione comunale continua a perseguire il progetto alternativo al turbogas. «Abbiamo le idee molto chiare sulla mission del nostro territorio - spiega il sindaco -. Ci stiamo progressivamente avviando verso l'attrattività dell'economia del mare, attraverso mirate scelte urbanistiche e pianificazioni di investimento, ma anche scelte condivise con enti come il Consorzio per lo sviluppo economico del monfalconese e la Camera di commercio. La linea è quella di uno sviluppo compatibile alla nostra realtà, avvalendosi di opportunità come la logistica, la nautica e la portualità. Una valida prospettiva economica da affiancare alla navalmeccanica». Cisint ribadisce: «La direttiva del Piano regolatore comunale esclude la presenza di un polo energetico in città. Certo, siamo di fronte ad un'area di proprietà di A2A, ma manteniamo la nostra visione del futuro, corroborata dallo specifico studio elaborato da soggetti competenti. Uno studio che comporta un beneficio diretto dell'area in questione, a fronte di un'occupazione decisamente maggiore. Continuo a ritenere che qualsiasi scelta di riconversione della centrale con tecnologie spinte abbia invece bisogno di pochi lavoratori, sull'ordine della trentina. La nostra idea ha numeri più consistenti, sotto tutti i punti di vista».

Laura Borsani

 

Incontro con i vertici dell'azienda

Il sindaco Cisint assieme all'assessore Cauci ha incontrato i vertici dell'azienda:«Ad oggi non l'unico progetto al vaglio del ministero è quello relativo alla realizzazione del turbogas. L'azienda ha confermato che non è stata presentata alcuna integrazione, nè che ve ne sia eventuale intenzione».

 

Domande aperte e le perplessità

Il sindaco Cisint ha spiegato che rispetto alle domande e alle richieste di chiarimento in merito al tema idrogeno, non sono state date risposte chiare: «Nessuna indicazione su tempi e dati»

 

Le ipotesi della Snam sull'uso del'idrogeno

L'assessore Sabina Cauci ha spiegato: «Snam ha reso noto che nel 2030 verrà inserito nella rete di distribuzione del gas fino ad un massimo del 2 per cento di idrogeno». L'amministrazione comunale, ha ribadito Cisint, continua invece a sostenere il progetto alternativo al turbogas.

 

L'ASSESSORE ALL'AMBIENTE - Cauci: «Produzione inefficiente e alti costi per ricavarlo»
L'assessore Cauci si sofferma su una serie di aspetti tecnici relativi all'idrogeno e al suo utilizzo per la produzione di energia. Lo fa in qualità di chimico. «L'idrogeno - spiega - è scarsamente presente in natura e deve quindi essere ottenuto dai numerosissimi prodotti che lo compongono, principalmente da acqua e metano. Il gas si combina con l'ossigeno formando acqua e liberando molta energia. Questo processo viene sfruttato quindi per usare l'idrogeno come combustibile per produrre energia "pulita", ossia senza rilascio di anidride carbonica. Tra i vantaggi l'emissione finale di vapore acqueo. L'idrogeno, pertanto, non essendo una fonte primaria di energia, come ad esempio il metano o il petrolio, dev'essere prodotto artificialmente, e la sua produzione comporta un consumo di energia maggiore rispetto a quella ottenibile poi attraverso la sua combustione ad acqua. Da punto di vista termodinamico, il ciclo comprendente la produzione e poi l'utilizzo del gas idrogeno è inefficiente, non comporta alcun guadagno energetico». In altre parole l'opera di recupero dell'idrogeno consumerebbe più energia rispetto a quella che poi viene prodotta. L'assessore all'Ambiente quindi continua: «L'unico modo efficiente sarebbe quello di ottenere l'idrogeno attraverso specie viventi come alghe o batteri, definito bioidrogeno». In sostanza, l'idrogeno attualmente ottenuto dall'elettrolisi dell'acqua (per separazione dall'ossigeno), da fondi solari o biologiche, continua Cauci, «ha un costo di produzione molto più elevato rispetto all'energia ottenibile dalla sua combustione. In base alle tecnologie attuali, l'idrogeno andrebbe considerato come "vettore energetico", cioè come mezzo per immagazzinare e trasportare l'energia. Un'ipotesi di Snam sarebbe quella di produrlo in Nord Africa e trasportarlo in Italia ed eventualmente in Europa. Tuttavia il costo delle infrastrutture necessarie, ossia gli idrogenodotti, sarebbe molto elevato. Sono necessarie infatti condutture composte da acciai speciali, per la proprietà corrosiva di questo gas». Cauci riporta i metodi di produzione: «L'idrogeno verde è ottenuto attraverso le energie rinnovabili e l'idrolisi dell'acqua, il costo stimato è dai 5,5 agli 11 euro al chilo; oltre ad essere molto caro, la quantità ricavata non sarebbe sufficiente per la produzione di energia. L'idrogeno blu viene ottenuto dal metano, e l'anidride carbonica liberata nel processo viene intrappolata, il costo stimato è dai 3 ai 4 euro al chilo. Infine l'idrogeno grigio si ottiene dal metano o da altri idrocarburi, ma l'anidride carbonica viene liberata in aria, come sottoprodotto del processo. Si ricorda che per eventuali fughe di gas l'idrogeno a concentrazioni superiori al 4% in aria può esplodere o bruciare in modo incontrollato. Secondo l'amministratore delegato di Snam, Marco Alverà, l'idrogeno grigio andrebbe abolito per le emissioni dell'anidride carbonica, non presentando alcun vantaggio ambientale rispetto all'uso diretto del metano»

 

 

Pneumatici, scarti edili, vestiti, mobili: le discariche nascoste di San Giovanni

All'interno del Parco fra la vegetazione, dietro fabbricati abbandonati o in qualche rudere spuntano tracce di inciviltà
Pneumatici, televisori, cucine, vestiario, mobili, ferraglia, tubi e scarti edili. Il Parco di San Giovanni nasconde varie discariche abusive, in punti dove le persone, indisturbate, scaricano un po' di tutto. Succede dietro alcune palazzine, tra la boscaglia, o tra recinzioni e fabbricati in disuso, ma anche all'interno di qualche rudere dimenticato. Dietro l'edificio che contiene alcuni vani tecnici, accanto al grande camino, nella parte superiore del comprensorio, ecco il primo segno di incivilità, non lontano dalla strada, un luogo raggiungibile facilmente, attraverso un sentiero o alcune scalette. Qui sono stati portati un mobile da cucina, con forno e fornelli, un vecchio televisore, un paio di finestre, due sacchi neri pieni di calcinacci, pneumatici, bottiglie di plastica, una piccola tanica di olio, detersivi e uno scatolone che all'interno conteneva altri rifiuti, ormai non più riconoscibili. Alcune immondizie si sono quasi fuse con il terreno, tra le piante e un fitto tappeto di foglie cadute. Distanti pochi metri tubi tagliati, di diverse misure e colori, in plastica, anche questi gettati nel verde. E c'è pure un grande trolley quasi nuovo, e vuoto. Oltrepassando la carreggiata, l'edificio che una volta conteneva le cucine, con evidenti cartelli di "pericolo crolli" e limitazioni in ferro lungo tutto il perimetro, è pieno di scarti di ogni tipo, proprio tra la recinzione e il muro. Scarpe, abiti, anche qui un televisore, vari pezzi di ferro, compresa una sorta di portiera di un mezzo, ormai arrugginita. Si notano poi alcune borse e uno zaino, in buone condizioni: che siano stati rubati, svuotati e buttati lì? E ancora spuntano scarpe, un carrello, uno stendino della biancheria semi distrutto, borse di plastica, bottiglie di birra, polistirolo e, pure in questo punto, c'è chi si è liberato di ciò che restava di qualche cantiere edile. Continuando il giro tra sentieri e vialetti si arriva nell'area del roseto, una zona riqualificata negli ultimi anni, anche sul fronte degli edifici tutto attorno alla chiesa. Tranne uno, ridotto a un rudere, con grandi porzioni di tetto crollato, con l'edera che ricopre gran parte dei muri, e con alcuni ambienti ancora in piedi, con gli accessi completamente aperti. Dentro si vedono cumuli di pietre, calcinacci, vecchi vasi, ma anche vestiti di tutti i tipi tra maglioni, giacche, scarpe e poi avanzi di bibite e cibo, frutto forse di qualche bivacco nascosto. Scendendo verso la prima parte del parco invece, il degrado contraddistingue l'area attorno a uno degli edifici più grandi, davanti alla casa di riposo Gregoretti. Qui, sempre a poca distanza dalla strada, dove è facile parcheggiare i mezzi accanto a una staccionata in legno che evita intrusioni nel fabbricato, in tanti hanno buttato oltre la recinzione vecchi pneumatici. Difficile capire di chi sia la responsabilità delle varie discariche e della sporcizia, considerando che tutto il comprensorio è gestito da diversi soggetti, tra i quali Università e Asugi, che però si occupano delle zone già restaurate e utilizzate. Secondo alcuni fruitori del parco servirebbe un sistema di videosorveglianza, in grado di individuare chi scarica rifiuti ingombranti e soprattutto inquinanti.

Micol Brusaferro

 

Vicino al teatro: lattine, cartoni di pizza e bottiglie post ritrovi

Soprattutto la zona tra i due edifici abbandonati nel piazzale davanti al teatro del Parco di San Giovanni, è un punto di ritrovo abituale di chi evidentemente beve, mangia o si apparta, anche durante la giornata. A terra si notano bottiglie, lattine, cartoni di pizza, ma anche fazzoletti e le immancabili mascherine usate.

 

Le delimitazioni: transenne e recinzioni vecchie e rovinate

Molti degli edifici pericolanti o comunque in pessime condizioni, sono circondati da transenne o reti in ferro vecchie e rovinate. Alcuni tratti delle recinzioni sono stati tagliati, forse da chi ha provato a introdursi all'interno dei fabbricati che mostrano finestre e porte rotte e aperte.

 

 

 

 

«Niente soldi pubblici per il Parco del mare» - Lista futura all'attacco
«In piena emergenza Covid ci sembra inopportuno impegnare risorse pubbliche nel Parco del mare». Lo affermano Franco Bandelli e Michele Sacellini, della lista civica Futura, in una nota congiunta: «Ammonta a 20 milioni l'investimento ipotizzato da Regione e Camera di Commercio per quel progetto. Ma sarebbe meglio utilizzare una simile cifra per sostenere le categorie economiche più colpite dalle conseguenze della pandemia. Sembra inoltre che tali risorse, a livello regionale, non siano state nemmeno stanziate: andranno ricercate nelle pieghe di bilancio. E saranno di conseguenza sottratte a un potenziale impiego nel sostegno delle attività in crisi, appunto». Pur constatando con piacere il fatto che «Trieste risulta essere una città appetibile agli investitori privati», il movimento politico Futura ritiene che una simile manovra economica dovrebbe essere perlomeno posticipata di un anno, allo scopo di reindirizzare i fondi disponibili nell'immediato «verso azioni più incisive nel supportare categorie e persone». E in ogni caso «ci sembrerebbe eventualmente più urgente ripristinare la piscina terapeutica - concludono Bandelli e Sacellini -. Peraltro pure al nuovo Centro congressi sembrano mancare i fondi necessari a terminare le opere. Apprezziamo lo strumento del "project financing", che sembra essere la corretta soluzione alla strutturale carenza di fondi pubblici da investire sul territorio, ma adesso bisogna dare priorità al superamento dell'emergenza».

li.go.

 

SEGNALAZIONI - Nuovo acquario - La follia lockdown del Parco del mare

Lockdown. Ci siamo passati tutti eppure non riusciamo ad empatizzare con chi vive una vita di reclusione e costruiamo l'ennesima prigione per animali: Il Parco del Mare. Un progetto anacronistico ed inutile perché il parco del mare ce l'abbiamo già ed è il bellissimo Golfo di Trieste. A chi vuole imparare a conoscerlo, rispettarlo ed amarlo consiglio una visita con il Wwf all'Area Marina Protetta di Miramare che e un'attività sicuramente più educativa, etica e sostenibile. In uno dei vari articoli in merito ho letto: «L'acquario sarà essenzialmente un  "laboratorio vivente" che esprime l'impegno di Trieste per la scienza e la conservazione del mare». Questa frase è quanto di più antropocentrico e contraddittorio si possa dire. Conservazione non può essere sinonimo di zoo o acquario, libertà e natura non possono essere sinonimi di gabbia e vasca. Indipendentemente dalle specie che ci saranno o meno (ancora non ci è dato saperlo ma non si spendono 44 milioni di euro per quattro occhiate e due branzini), bisogna sottolineare che già diversi paesi come l'Austria, l'India e nel 2019 il Canada hanno ad esempio vietato di tenere i cetacei in cattività. Questo forte segnale sta ad indicare che la percezione e l'accettazione di questi parchi a tema sta drasticamente cambiando. Con il Parco del Mare si sta portando avanti un modello obsoleto e non al passo con la morale attuale. Invito pertanto il presidente della Regione Fedriga, il sindaco Dipiazza, il presidente della Camera di Commercio Paoletti, il Presidente dell'Autorità di Sistema portuale D'Agostino e l'ad di Costa Edutainment a guardare i documentari "Blackfish", "The Cove" e "The Walrus and the Whistleblower" per rendersi conto che aprire un acquario oggi è un'idea fuori dal tempo. Vuol dire costruire una cattedrale nel deserto.

Martina Pluda

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 29 novembre 2020

 

 

Rinascita di Porto vecchio verso la Fase 2 - Dalle luci alle aiuole, lavori per 9 milioni
Il Comune fissa l'obiettivo: mettere in gara i progetti esecutivi in gennaio. Il cantiere durerà poi fino alla fine del 2022
Quasi pronta la Fase 2 dei lavori di infrastrutturazione e di riqualificazione del Porto vecchio, eseguibili nelle parti in cui il Comune è oggi in grado di intervenire con opere finanziate. Traduzione: il Municipio aveva destinato 14 dei 50 milioni, stanziati dal governo, a lavori di urbanizzazione dell'area. Un primo lotto di 5 milioni è stato compiuto, adesso si passa a un secondo lotto assai più corposo e costoso perché è in programma un cantiere da 9 milioni di euro che coinvolgerà 20.000 metri quadrati. La progettazione esecutiva è praticamente approntata e l'iter è approdato ai pareri (Soprintendenza, commissione paesaggistica) che accompagnano lo sprint finale. Rispetto alle previsioni di primavera, c'è uno scarto temporale di un abbondante semestre. Giulio Bernetti, che in qualità di direttore dipartimentale è anche il pianificatore di Porto vecchio, conta di portare in gara la Fase 2 in gennaio. Se così sarà, il cantiere (o meglio i cantieri) potrebbe essere aperto già in primavera, poco prima delle elezioni comunali: sarà necessario un anno e mezzo di benna-reti-asfalto ecc., per cui la Fase 2 avrà ragionevole completamento entro la fine del 2022. Cosa contiene questo ulteriore sforzo indispensabile per la vivibilità di un luogo che era stato lasciato ai confini della selvatichezza? A livello di infrastrutturazione, avanti con le reti di acqua, luce, gas, fognature, servizi tecnologici (cablatura). Scavi e posa interesseranno la parte anteriore e posteriore del Magazzino 26, il futuro Museo del mare. In questo modo sarà servita anche l'accoppiata costituita dai Magazzini 24-25, che si affaccia sul Bacino 0 e che aveva visto limitato il suo fascino commerciale dalla mancanza di opere di urbanizzazione. A livello di riqualificazione, l'obiettivo è congiungere il Magazzino 26 e il polo culturale-espositivo (Centrale idrodinamica, Tcc) con la Stazione ferroviaria e con largo Città di Santos. L'attuale nastro stradale, farcito di dissuasori e di rotaie, sarà ridisegnato nella carreggiata mantenuta a due corsie, nei percorsi ciclo-pedonali e nella parte dedicata al verde. Marciapiedi, piste, aiuole si addosseranno verso il muro di cinta che segna il confine con le Ferrovie, poiché si ritiene non abbia un gran senso mettere mano al limite con la zona dei magazzini, quando non si conosce l'esito delle decine di edifici che saranno messi all'asta, prima o poi. Uno dei più importanti tasselli di Fase 2 riguarderà la pubblica illuminazione, che, in considerazione dell'isolamento e delle frequentazioni notturne nel sito, ne diventa un ingrediente indispensabile in termini di sicurezza e di percorribilità. Questo ventaglio di opere - precisa Bernetti - si coordina con la pianificazione che governa Porto vecchio, dal Pums (mobilità sostenibile) alla cabinovia, fino alla Variante. Variante che fa parte dell'accordo di programma da sottoscrivere insieme a Regione e Autorità portuale: il sì giuntale alla Valutazione ambientale strategica (Vas) consente a Dipiazza di firmare l'intesa, che attende comunque anche gli autografi di Fedriga e di D'Agostino. Infine Bernetti, a futuro monito, ricorda che sono tre i fattori con cui misurarsi nello sviluppo dei 65 ettari di Porto vecchio: il costo delle ristrutturazioni, la realizzazione delle infrastrutture (sulle quali si è incartata la prospettiva Greensisam), l'attuazione della Variante lungo i 4 sistemi previsti (ludico-sportivo, culturale-espositivo, misto residenziale-turistico-commerciale, moli).

Massimo Greco

 

Accordo di programma: l'elenco di immobili che resteranno proprieta' pubblica

L'accordo di programma Comune-Regione-Autorità individuerà quali asset resteranno di pubblica proprietà all'interno del Porto vecchio. Si tratta dei cosiddetti "indisponibili": Magazzino 26, servizi a rete, centrale idrodinamica, sottostazione elettrica, Magazzini 20-27-28-30, varchi monumentali, Park Bovedo, viabilità, corso Cavour 2/2 (Urban Center).

 

Le partite aperte nell'area - L'ex quartiere Ford e i magazzini 24-25 e 30 ancora in attesa di conoscere il loro destino
Oltre ai lavori infrastrutturali e riqualificativi di cui sopra, il Comune è impegnato a trovare una nuova identità ad alcuni ex magazzini situati nell'ambito del cosiddetto "sistema culturale-espositivo". È la parte più "evoluta" dei 65 ettari di Porto vecchio, quella dove si è concentrata tutta l'attività restaurativa fin qui svolta (Magazzini 26, 27-28, Centrale idrodinamica, sottostazione elettrica).Va detto subito che c'è molto di incompiuto e forse difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti. La porzione più promettente pare essere quella dell'ex quartiere Ford, alle spalle del Centro congressi: il Comune attende una risposta da Terme Fvg riguardo la realizzazione della nuova piscina terapeutica, che dovrebbe estendersi nei magazzini 32-33-133-34-34/1. È il sito per il polo natatorio, che il Municipio vuole sia articolato tra attività riabilitativa e iniziative ludiche. Sempre alle spalle del Centro congressi, è visibile il 27/bis, sul quale è scattato il vincolo della Soprintendenza: l'idea è quella di salvaguardarne l'esterno e di trasformarne l'interno in un parking. Nello stesso "spicchio" di terreno insiste l'ex rimessa ferroviaria, che sarà raggiunta dai lavori infrastrutturali-riqualificativi della Fase 2. L'accoppiata Magazzini 24-25, con vista mare sul Bacino 0, sembrava al centro di molte attenzioni: si parlava di Fincantieri e di una cordata interessata a realizzarvi uno scalo diportistico insieme a un albergo. Ma trasformare le ex stalle del terminal "animali vivi", ancora prive di acqua-gas-elettricità-fogne, è un sogno affascinante da rimandare a tempi più favorevoli. Sul lato nord dello stesso Bacino 0 è visibile un roseo bonbon, un colore piuttosto insolito per il sito: si tratta del Magazzino 30, anch'esso veleggiante in un destino imprecisato. Pareva dovesse accogliere il "fishmarket", che piaceva al sindaco Dipiazza, ma le due candidature emerse sono rimaste al palo. Era stato poi rispolverato dalla catalana Supera, come alternativa all'ex Ford per farci la terapeutica: il Comune non ci ha sentito.

Magr

 

 

Passi avanti in citta' sulla differenziata. Ma resta tanto da fare - Le abitudini dei triestini nel report Acegas

Dove finisce tutto ciò che entra a far parte della raccolta differenziata a cui i cittadini contribuiscono utilizzando gli appositi contenitori ? L'economia circolare è la principale risposta a questa domanda e "Sulle tracce dei rifiuti" è il titolo che AcegasApsAmga ha dato al report sulla qualità della raccolta differenziata fatta a Trieste. Dati quantitativi e qualitativi insieme spiegano qual è la situazione aggiornata al 2019: secondo l'XI edizione del report ogni triestino raccoglie in un anno 169 kg di rifiuti differenziati. Un aumento a testa del 20% rispetto all'anno prima. Oggi lo smaltimento separato degli scarti è arrivato quasi al 45% del totale dei rifiuti del capoluogo regionale e il dato è una buona notizia tanto per l'ambiente che per l'economia. «Il riciclo dei rifiuti - sottolinea la spa - contribuisce a generare un ritorno per la collettività grazie ai contributi che il consorzio Conai riconosce ai Comuni che riescono a garantire una raccolta differenziata di qualità». Se la percentuale raggiunta è buona, volendo però vedere il bicchiere mezzo vuoto, risulta evidente che la maggioranza dell'immondizia non entra nel processo di recupero previsto dall'economia circolare: lo scopo finale di quest'ultima è la rigenerazione dei materiali per arrivare alla fine dello spreco di oggetti e prodotti che invece vanno all'incenerimento. «C'è quindi ancora molto margine di miglioramento - continua i AcegasApsAmga -. Il tasso di riciclo è uno dei nuovi parametri fissati dall'Ue per la promozione e lo sviluppo dell'economia circolare: l'obiettivo da raggiungere entro il 2025 è stato stabilito al 55%». Lo studio è disponibile alla consultazione sul sito della multiutility del Gruppo Hera (www.acegasapsamga.it) e rileva come il miglioramento da un anno all'altro superi i 3 punti percentuali attestandosi al 44,75%. Non tutti i rifiuti vengono però raccolti nel migliore dei modi: secondo il report solo rifiuto organico, plastica e ferro sono recuperati al 100%. Un banale esempio sono gli scontrini fiscali di centri commerciali, negozi e ristoranti: il loro conferimento giusto non è nel contenitore della carta ma in quello del rifiuto indifferenziato.

Lorenzo Mansutti

 

 

«Il Parco del mare, innegabile spartiacque tra passato e futuro»

La lettera del giorno Manlio Romanelli (Confcommercio), Roberto Cividin (Agenzie di viaggio), Guerrino Lanci (Federalberghi), Stefano Ogrisek (Confcommercio), Andrea Oliva (agenti immobiliari), Elena Pellaschiar (Confcommercio), Federica Suban (ristoratori, Fipe) e Franco Sterpin Rigutti (Confcommercio)

A fronte del dibattito in atto in questi giorni, riteniamo sia doveroso far conoscere anche l'opinione delle associazioni di categoria economiche che rappresentiamo in merito alla realizzazione del Parco del mare, progetto finalmente cantierabile. Un'infrastruttura resa possibile anche grazie al contributo delle imprese locali alle quali, per tale scopo, sono stati richiesti 17 euro annui, per un totale di 119 euro in sette anni e dei quali solo il 60% è stato accantonato a tale scopo. Un Parco che, sotto diversi aspetti, aprirebbe nuove e non poche prospettive per diversi comparti produttivi, a cominciare da quello dell'ospitalità in quanto destagionalizzerebbe i flussi turistici e sarebbe una preziosa cartina tornasole nella fidelizzazione dei visitatori che, grazie al Parco, avrebbero l'opportunità di affacciarsi sulle molte ed eterogenee peculiarità che offre la città. Inoltre, non va dimenticato che la struttura influenzerebbe anche le dinamiche di investimento degli altri stackholder del settore, con probabili ricadute positive pure per i collegamenti tra il resto del Paese ed una Trieste oggi in verità piuttosto isolata. Una realtà, quella del Parco del mare, dal quale giungerebbero ricadute positive, e non è aspetto da poco, per Pil regionale ed occupazione, con un rafforzamento a tutto campo. Non va scordato pure che le città con forti poli attrattori sono oggetto di investimenti nel settore immobiliare anche importanti, sia in termini di case vacanza che di uso residenziale, con evidenti benefici per il territorio. Una tendenza, questa, peraltro già in atto da tempo a Trieste e che il Parco contribuirebbe a rafforzare sensibilmente. Altro aspetto da valutare il fatto tale investimento, non solo fungerebbe da collante tra le diverse eccellenze, di carattere culturale e scientifico, che il comprensorio locale ospita ed il mondo produttivo, ma pure si tradurrebbe in occasione di sviluppo di start up giovanili e green, anche ad alto livello di specializzazione. È facilmente prevedibile, a nostro avviso, che il Parco sia propulsore di un meccanismo virtuoso di nuove realtà imprenditoriali anche nel mondo dei servizi, specie tecnologici, di comunicazione e di promozione che beneficerebbero di numerose opportunità grazie a manifestazioni, eventi e iniziative correlati alla struttura che sorgerà nell'area della Lanterna. La struttura arrecherebbe giovamento, cosa scontata, a commercio, pubblici esercizi, attività dei servizi che sono le componenti portanti del territorio quanto a rappresentatività imprenditoriale e, soprattutto, occupazione. Un progetto che costituisce un innegabile spartiacque tra passato e futuro e che ha tutte le carte in regola per divenire, in base a quanto esposto sopra, tassello essenziale per il domani della città e delle sue imprese.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 28 novembre 2020

 

 

Gradisca baricentro delle Pm10 - Saranno installate le centraline
Il passaggio del traffico veicolare nella Fortezza la fa inserire nel progetto Genki assieme anche a Staranzano per valutare dati e andamento delle polveri sottili
GRADISCA. C'è anche Gradisca fra i tre comuni regionali a essere interessati da un progetto di studio della qualità dell'aria. Ad annunciarlo, nei giorni scorsi, è stata Legambiente Fvg, che ha definito il varo di una sperimentazione - in sinergia con l'Associazione Allergie e Pneumopatie Infantili (Alpi) ed Eurotech spa - denominata Genki, e che vede anche la collaborazione di altri enti come l'Università di Udine. Tra gli obiettivi c'è quello di svolgere attività tecniche di analisi dei dati con dispositivi di monitoraggio forniti da Eurotech - in grado di rilevare 11 parametri di qualità dell'aria - nelle scuole e con l'università, sensibilizzando i giovani sul tema. Il progetto coinvolge sei istituti scolastici e si sta sviluppando ulteriormente con nuove centraline di monitoraggio che saranno installate, oltre che a Gradisca d'Isonzo, anche a Staranzano e Spilimbergo. Una notizia accolta positivamente dall'amministrazione comunale, che fra il 2016 ed il 2017 aveva dato vita, nell'ambito del progetto Micorohabitat, a un progetto analogo in sinergia con l'allora Provincia di Gorizia e con Arpa. «Ben vengano iniziative di questo tipo sul nostro territorio - commenta l'assessore all'Ambiente, Alessandro Pagotto - che si pongono in qualche modo in continuità con quanto sperimentato in passato: agli enti preposti demmo la disponibilità a effettuare nuove rilevazioni. Un ruolo nella scelta di Gradisca lo avrà certamente giocato anche la posizione baricentrica della nostra cittadina, che pur non contando su insediamenti industriali di rilievo, è percorsa quotidianamente da migliaia di automobili, trovandosi a cavallo di arterie regionali ad alta percorrenza e di un tratto autostradale. Siamo pronti - assicura Pagotto - a mettere a disposizione i dati in nostro possesso per incrociarli con quelli che emergeranno dai nuovi test, in modo da avere un'istantanea sull'evoluzione della situazione nel corso degli anni».Dal progetto Microhabitat emerse una Gradisca tutto sommato in salute. A suo tempo le centraline per le rilevazioni vennero installate nei rioni noti come Borgo Basiol e Borgo Trevisan. Sotto la lente erano finiti l'eventuale inquinamento elettromagnetico indotto dalle alte frequenze, le analisi della qualità dell'aria e della presenza di Pm10, e infine l'inquinamento acustico. Quanto all'inquinamento elettromagnetico, le centraline di Multiproject si erano spostate in 10 diversi punti, compresi in un triangolo fra la trattoria La Baracheta, la Sme e in via Borgo Trevisan. Tutti i dati rilevati hanno dimostrato la presenza di valori inferiori quasi di 10 volte rispetto agli obbiettivi di qualità stabiliti dal Dcm del 2003 in materia: vale a dire un picco massimo di 0.7 volt/metro (registrato soprattutto in orario compreso fra le 17 e le 19) rispetto al limite di 6 fissato dalle normative. Tutto ok anche per quanto riguardava le analisi sullo stato di salute dell'aria, che destava preoccupazione in particolare per l'attività di movimentazione inerti nello stabilimento dell'ex cava Mattiroli. Le analisi rilevarono valori rassicuranti relativamente alla presenza nell'aria di polveri sottili, Pm10, Pm2. 5, nitrati, solfati, benzene, anidride carbonica. Ora si vedrà.

Luigi Murciano

 

Legambiente classifica l'Isontino "sufficiente" - il rapporto
Un recente rapporto di Legambiente, che chiede di intervenire, sulla qualità dell'aria secondo i parametri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità classifica i capoluoghi di provincia del Friuli Venezia Giulia "insufficienti", con l'eccezione di Gorizia e dell'Isontino considerate "sufficienti".

L. M.

 

 

La sfida verso il 2021 di Adesso Trieste: ciclabili, orti urbani e porta a porta
Il nuovo soggetto politico lancia il suo forum tematico sull'ecologia: «Anche a Trieste si sottovaluta la crisi climatica. Si deve intervenire subito»
Puntare su piste ciclabili, orti urbani e raccolta dei rifiuti "porta a porta". Ecco le prime proposte avanzate in materia di ambiente e territorio da Adesso Trieste, il nuovo soggetto politico di cui si fanno portavoce Giulia Massolino e Riccardo Laterza in vista delle amministrative del 2021. Ieri sulla pagina Fb dell'associazione si è infatti svolto il lancio della cosiddetta "assemblea ecologia": il primo dei tavoli tematici attraverso i quali gli attivisti laterziani intendono costruire un'agenda elettorale condivisa con la cittadinanza. All'evento online ha preso parte anche la portavoce regionale dei Verdi, Tiziana Cimolino, ma nell'occasione per lo più in veste di rappresentante dell'Associazione Bioest nonché del progetto Urbi et Horti, a quanto è stato fatto capire. Contattata a margine, ha infatti specificato che alle prossime comunali i Verdi rimangono dell'idea di correre da soli con il proprio simbolo, ribadendo anche il "niet" all'ipotesi di riproporre il tandem del 2016 con i socialisti. Tornando ad Adesso Trieste, coordinatori dell'assemblea dedicata all'ecologia la stessa Massolino (ingegnera, specializzata in comunicazione della scienza, specializzanda in previsione sociale e studi di futuro nonché appassionata di partecipazione pubblica, mobilità e ambiente) e Federico Zadnich, storico rappresentante dei ciclisti urbani di Fiab Ulisse. Per Massolino e Zadnich, il Comune finora «ha reagito alla crisi climatica sminuendo o nascondendo i problemi. In questo modo sono state ritardate scelte che pure a livello locale andrebbero prese con urgenza. La vita della città dev'essere resa compatibile con l'ambiente. Il che è inoltre un'occasione per migliorare il benessere delle persone». Di qui l'idea di contattare alcuni esperti in materia, non solo triestini, dalle cui esperienze poter trarre spunto. Oltre a Cimolino, ieri sono intervenuti l'architetto Valerio Montieri, attivo a Milano, e Francesco Giraldi, direttore dell'azienda municipalizzata Asa Tivoli. Cimolino ha raccontato la storia, iniziata nel 2011, degli orti urbani a Trieste, considerati come emblema di "buona pratica" tra amministrazione comunale, cittadini e associazioni. A maggior ragione in era Covid, poiché favoriscono l'attività all'aria aperta. Montieri ha spiegato come il Comune di Milano abbia avviato una rivoluzione della mobilità urbana, puntando sulla realizzazione di pedonalizzazioni e piste ciclabili, proprio a seguito della pandemia. Giraldi ha parlato dati alla mano: stando a quanto riferito, grazie all'introduzione del "porta a porta", Tivoli ha fatto diminuire il costo della Tari del 20% in cinque anni. Infine Massolino ha annunciato che il 5 dicembre sarà organizzata una «passeggiata conoscitiva» per tutti coloro che vorranno avvicinarsi all'assemblea. Il 16 dicembre seguirà quindi un incontro tecnico sulle «possibilità di azione dell'amministrazione comunale». Dopodiché sarà avviata una fase partecipata di approfondimento.

Lilli Goriup

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Se proprio si vuole l'acquario, lo si faccia al salone degli incanti

Se proprio si vuole puntare, per rilanciare Trieste, sull'iperbole (la vasca di pesci più grande d'Europa), invece di valorizzare le sue specificità culturali e naturali, si usi lo spazio del Salone degli Incanti. La vecchia Pescheria è molto più alta e capiente del nuovo Parco del mare, giustamente ridimensionato per moderare l'impatto ambientale; oltretutto è attigua al vecchio acquario, quindi rappresenta il sito più logico e più abbordabile per la nuova impresa, perché il contenitore sarebbe già pronto. Nella sede di Porto Lido, invece, ci si potrà sbizzarrire con progetti relativi alla nautica, vista anche la contiguità con la Lega navale. Posto che detto Salone è uno spazio veramente sovrabbondante (e infatti decisamente sottoutilizzato) per ospitare mostre d'arte, che non vanno certo cancellate ma solo spostate in un sede più idonea, sarebbe perfetto per contenere pesci anche giganteschi, magari un esemplare solo: la balena più grande del mondo! Questo per chi ragiona solo a suon di primati e sottovaluta il potere delle caratteristiche particolari che possono dare risalto all'immagine di una città.

Giorgetta Dorfles

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 27 novembre 2020

 

 

Il Parco del mare "ignoto" in Regione
Dal delegato al Turismo Bini nessun chiarimento in Consiglio all'avvio dei lavori sulla finanziaria da cui sono attesi 8 milioni
Il Parco del mare questo sconosciuto. Comincia in modo piuttosto interlocutorio il dibattito sul finanziamento regionale all'acquario voluto dalla Camera di commercio. Ieri è iniziato l'iter della legge di bilancio, che secondo gli auspici del presidente Antonio Paoletti dovrebbe contenere gli otto milioni promessi dal governatore Massimiliano Fedriga, ma l'assessore al Turismo Sergio Bini ammette candidamente di non avere elementi per valutare l'opera. Sono Pd e M5s a chiedere lumi a Bini durante la seduta della Seconda commissione del Consiglio regionale, riunitasi per valutare i primi contenuti della manovra. I consiglieri Cristian Sergo e Sergio Bolzonello domandano se i fondi per il Parco del mare saranno previsti in finanziaria, se il progetto dei privati è solido e cosa si pensa di fare per le altre zone del Friuli Venezia Giulia. È l'assessore al Bilancio Barbara Zilli a essere incaricata da Fedriga di reperire le risorse, ma Bini ammette di non aver esaminato la pratica. «Non ho elementi certi in mio possesso - esordisce l'assessore - e non posso rispondere in modo puntuale. Non entro nei numeri perché non sono preparato, o meglio non ho ancora contezza dell'intera operazione». Ma Bini dice di considerare l'opera in grado di «portare beneficio a tutto il Fvg e a Trieste: l'acquario di Genova funziona molto bene e dà ritorni economici importanti». Bolzonello incalza: «Chi è l'assessore competente allora? Non sono scettico sull'attrattività dell'acquario, ma vogliamo capire se i numeri stanno in piedi, perché il progetto precedente non si reggeva. E inoltre: cosa farà la Regione per Gorizia, Udine e Pordenone?». I dem attaccano anche con Francesco Russo: «Il project financing non va avanti senza il contributo della Regione e stupisce che a cadere beatamente dalle nuvole sia l'assessore cui spetterebbe il maggiore impegno per quello che sarebbe il più importante investimento turistico dei prossimi anni a Trieste».Il M5s va giù duro con Cristian Sergo: «Assurdo che Bini e Zilli non abbiano saputo dire nulla. Delle risorse promesse non sappiamo nulla, come dei presunti vantaggi. Chiediamo al presidente Fedriga di spiegare come intenda intervenire. Ancor più sconcertante è che, in uno scenario come l'attuale, le risorse promesse dalla Regione e quelle messe in campo dalla Camera di commercio farebbero più comodo agli imprenditori per fronteggiare l'emergenza». A commissione finita, Bini aggiusta il tiro: «Il progetto è molto valido ed è un'operazione che ha dietro imprese robuste. Ma sono abituato a ragionare con tabelle e numeri certi, che ancora non ho visto. Risorse? Non sparo cifre a caso. Se ne occupano le Finanze, ma io posso certificare la bontà strategica dell'iniziativa, che ha alle spalle analisi approfondite ed è sostenibile. Avanti tutta, noi faremo convintamente la nostra parte». È quello che chiede con una nota Confcommercio Trieste, presieduta dal multiforme Paoletti: «Il Parco del mare è volano di sviluppo, espansione occupazionale, avvio di start up, attrazione di nuovi investimenti. L'infrastruttura è resa possibile grazie al contributo delle imprese locali a cui, per tale scopo, sono stati richiesti 119 euro in sette anni, di cui solo il 60% è stato accantonato a tale scopo». L'appoggio arriva da Federalberghi, Fiavet (agenzie di viaggio), Fimaa (agenti immobiliari) e Fipe.

Diego D'Amelio

 

 

Adesso Trieste - Parte il forum tematico dedicato all'ecologia
Adesso Trieste lancia l'assemblea tematica sull'ecologia. L'appuntamento di presentazione è in programma oggi alle 18 in diretta Fb e YouTube. «Fino a oggi - così i coordinatori dell'assemblea tematica Giulia Massolino e Federico Zadnich - l'amministrazione ha reagito alla crisi climatica sminuendo o nascondendo i problemi e ritardando le scelte urgenti che dovrebbero essere prese anche a livello locale». Link evento Fb: www.facebook.com/events/125632 0228074007. Streaming YouTube: www.youtube.com/ channel/UCLEHhMqpEmDe0_yARwomL9A.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 novembre 2020

 

 

Avvistati i primi cuccioli nati dalle linci carpatiche - Ripopolamento sostenuto da Bruxelles

Fauna - Primi, incoraggianti successi per il progetto di ripopolamento delle linci in Croazia e Slovenia, avviato due anni fa e sostenuto dall'Unione europea. Il piano, atto a salvaguardare una specie a forte rischio di estinzione e denominato Life Lynx, ha portato finora all'introduzione nelle aree boschive e montane dei due Paesi di diversi esemplari di linci carpatiche, provenienti dalla Romania. Grazie alle fototrappole, come confermato da Ira Toplicanec, di Life Lynx, gli sloveni sono riusciti a riprendere la lince chiamata a suo tempo Teja, esemplare autoctono, mentre si aggirava assieme ai suoi due cuccioli. Mesi prima, Teja era stata fotografata assieme a un altro cucciolo, il primo nato grazie all'incrocio con lince carpatica. Poco tempo dopo le prime istantanee, questo giovane esemplare aveva lasciato la madre, dirigendosi verso il settentrione della Slovenia. Gli esperti che si occupano del progetto hanno motivo di credere che il padre sia Goru, giunto dalla Romania e rilasciato nel Paese subalpino nei primi mesi del 2019. Gli altri due predatori, introdotti invece in Croazia, sono Doru, una femmina liberata nel parco nazionale del Risnjak (a 15 chilometri in linea d'aria da Fiume), nel territorio del Gorski kotar; e Alojzije, un maschio che - catturato nella catena montuosa dei Carpazi - è stato rimesso in libertà nel parco nazionale Paklenica, sul massiccio del Velebit (Alpi Bebie).L'obiettivo di questo progetto è quello di ridare linfa a una specie che, soprattutto in Slovenia (dove c'erano una ventina di esemplari in tutto), aveva e ha bisogno di una campagna di ripopolamento. La situazione in Croazia non è ancora del tutto allarmante, con il Gorski kotar che può comunque vantare una sessantina di linci: in questo caso si è però deciso di agire in via preventiva. Oltre all'accrescimento di una delle tre specie di grandi predatori europei (assieme a orso e lupo), gli esperti hanno quale obiettivo il rimescolamento genetico delle linci presenti nell'area dinarica di Slovenia e Croazia, per rendere più residenti questi felini.

a.m.

 

 

Vivere a spreco zero: svolta a portata di tutti -
Tornare alle radici: è così per l'ottava edizione del Premio Vivere a #sprecozero torna da dove è partita: alla prima edizione tenuta a battesimo, nel settembre 2013, dal festival Trieste Next. Un orizzonte sulle buone pratiche in tema di spreco alimentare, idrico, energetico, di mobilità sostenibile e iniziative a 360 gradi proiettate sul futuro, e sulla cruna dell'ago che ci permetterà di conquistarlo. La fiera delle buone pratiche - D'altra parte, Vivere a spreco zero è «una rivoluzione alla portata di tutti», come scrivevo proprio nel 2013 per Marsilio, indicando più di cento soluzioni per il nostro quotidiano, dai sindaci ai cittadini. E infatti, nel tempo, il nostro annuale Osservatorio sulle bestpractice italiane si è focalizzato per categorie, ha illuminato l'attività di enti pubblici e imprese, delle scuole, poi via via di associazioni e cittadini: perché è solo attraverso la condivisione dei saperi e una svolta culturale "virale" - questo è il virus che dobbiamo trasmettere - che diffonderemo i comportamenti virtuosi nella nostra quotidianità. Crocevia dello sviluppo. Quest'anno il Premio abbraccia tante azioni positive, e a molti livelli: mi piace sottolineare, nel 2020 pandemico eletto a crocevia dello sviluppo sostenibile, la consolidata consapevolezza che, in attesa di vaccino #liberatutti - speriamo prima possibile - è il cibo il primo presidio della nostra salute. Dieta mediterranea, ortofrutta, biodiversità sono coordinate cartesiane dei comportamenti che vogliamo incoraggiare: per scoprire - come è avvenuto quest'anno - che la prevenzione degli sprechi del pane si può associare persino alla produzione di una birra, incrociando l'intuizione di quattro studenti universitari e lo spirito imprenditoriale di una start up che è già impresa sostenibile, Ibrida. E l'economia circolare può transitare dai nostri abiti, attraverso un format dedicato all'abbigliamento sostenibile che trasforma i vecchi indumenti in un nuovo filato a km 0, grazie alla sapienza e alle tecniche degli artigiani del territorio. Buone pratiche, vi chiederete: un'ossessione da "primo della classe"? Non proprio. Se sono le Nazioni Unite a indicarci affannosamente 17 obiettivi imperdibili di sostenibilità, da raggiungere entro il 2030, significa che siamo piuttosto indietro sulle tabelle di marcia dei nostri "compiti". Esiste anche uno strumento, adesso, di cui l'Onu si è dotato: la piattaforma l'Hlpf (High-level Political Forum on Sustainable Development) di cui fanno parte tutti gli Stati membri, un format nato proprio per valutare i risultati e i progressi in atto nei Paesi del mondo, per «facilitarne la condivisione».Anche a livello globale, dunque, un monitoraggio capillare di azioni, progetti e iniziative intraprese in direzione del 2030 a ogni latitudine del mondo. Il Green Deal, a occhio e croce, assomiglia a una grande ricostruzione, di quelle che si programmano dopo guerre devastanti: e non c'è dubbio che il braccio di ferro dell'uomo con la natura sia sempre più simile a un conflitto, che non a una pacifica e rispettosa convivenza. L'appuntamento - Per questo, in direzione ostinata e coerente, rinnoviamo in questo 2020 il nostro appuntamento con il Premio Vivere a #sprecozero e i buoni esempi, che fanno futuro. Ci potrete seguire questa sera, dalle 18, su piattaforma digitale accessibile a tutti (i dettagli su sprecozero.it), insieme alla nostra Ambasciatrice 2020 di buone pratiche, Veronica Pivetti. Distanziati ma vicini, in attesa di ritrovarci fianco a fianco, con il favore del vaccino e lo stemperarsi del virus. Magari, perché no, ancora una volta a Trieste.

Andrea Segre (agronomo, economista fondatore di Spreco Zero)

 

 

SEGNALAZIONI - Parco del mare / 1 - In questo caso consultate i cittadini

Mi associo all'intervento del signor Sodomaco del 23 novembre su un possibile referendum sul Parco del mare. Personalmente, sono contrario ad un uso smodato dello strumento referendario, perchè quando si elegge un politico si sa che maneggerà molto denaro pubblico, puntando su progetti che potrebbero anche non piacere. Ci si dovrebbe ricordare di ciò quando si torna a votare. Ma poiché la memoria di noi elettori è tendenzialmente a breve termine, forse sentire il parere della comunità su questa come su altre possibili infrastrutture (come la mitica ovovia) sarebbe ideale, per la elevata quantità di fondi pubblici (cioè nostri) da investire, per le a mio giudizio fin troppo ottimistiche previsioni sugli introiti da parte di chi caldeggia il progetto e per l'impatto anche ambientale che esso potrebbe avere.

Michele Senna

 

SEGNALAZIONI - Parco del mare / 2 - Facciamo progettare il futuro ai nipoti

Fino al secolo scorso tutte le grandi capitali europee gareggiavano a quale avesse lo zoo più bello e ricco di animali. Spesso erano progettati da famose "archistar". Oggi sono in gran parte abbandonati o ridotti a tristi luoghi di appuntamento per badanti e baby sitter, o peggio per spacciatori. L'ho pensato vedendo e ascoltando canuti progettisti illustrare il Parco del mare entusiasti come bambini di fronte a un bel plastico di trenini elettrici. Forse saranno nostalgici di una Trieste "ponterosso" attrattiva, nei gloriosi '70, di folle provenienti dai Balcani fino all'Asia Minore. Forse non ancora soddisfatti di come un certo turismo di massa abbia devastato centri storici e artistici o località naturalistiche uniche al mondo, sperano che dopo la catastrofica pandemia tutto tornerà come prima. Temo che per i ricordi saranno sufficienti le panchine dei parchi che riusciranno a riaprire. Perché non lasciare finalmente progettare il futuro ai nipoti?

Fabrizio Bonfigli

 

SEGNALAZIONI - Parco del mare / 3 - Va considerato il volere popolare

Qualche considerazione sul Parco del mare. Alcuni giorni fa la politica cittadina e regionale e la Camera di commercio si sono autocelebrate alla presentazione in pompa magna dell'erigendo Parco del Mare. Faccio notare che si è cominciato a parlare di questo progetto nel 2005, cioè ben 15 anni fa. Ebbene, nel mondo di oggi che corre a velocità incredibile, chi si sognerebbe di auspicare un nuovo giardino zoologico, oppure la presenza nelle nostre città di un circo tradizionale con animali ammaestrati? Si può ancora pensare di rinchiudere animali in acquari e vasche? Tralascio poi gli enormi costi di gestione che verrebbero controbilanciati da un numero di visitatori stimati in cifre irreali (almeno 600 mila l'anno).Se Trieste vuole essere la città dell'innovazione e della scienza non deve a mio giudizio realizzare progetti del passato (l'Acquario di Genova fu inaugurato nel 1992) e, ricordando che gran parte degli acquari del mondo sono in passivo, deve concepire un progetto alternativo e moderno realizzando una struttura architettonica che non ospiti gli animali marini, bensì li rappresenti con ologrammi e realtà virtuale. Ciò già avviene in altre poli museali, come a esempio nel Museo di Storia naturale di Londra. È auspicabile, vista la contrarietà di tanti triestini e associazioni, che vi sia una riconversione del progetto originale verso un altro veramente ecologico e sostenibile economicamente.

Lucio D'Incecco, Loredana Lepore e altre 17 firme

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 novembre 2020

 

 

Legambiente boccia il piano di riconversione della centrale - il gas al posto del carbone
Legambiente, regionale e monfalconese, boccia il piano di A2A di sostituzione del carbone con una centrale a gas, perché «la decarbonizzazione non passa per un'altra fonte fossile». «È un "compromesso" che non fa bene né all'ambiente né alla salute del pianeta», afferma l'associazione, rilevando come al plauso raccolto dal progetto da parte di organizzazioni sindacali, industriali e politici si contrapponga l'atteggiamento non del tutto chiaro del Comune e l'assenza di un parere della Regione. Per Legambiente un quadro «poco rassicurante e focalizzato più a mantenere a qualsiasi costo una produzione di energia che a considerare e studiare nuovi sviluppi per l'area». L'associazione giudica inoltre il possibile utilizzo dell'idrogeno «una sorta di cavallo di Troia per calare su Monfalcone una megacentrale da 850 megawatt a gas naturale da far operare a pieno regime per ammortizzarne il costo il prima possibile». A fronte, come rileva Legambiente, di una sovrabbondanza di potenza di generazione a gas: il parco impianti esistente ammonta a 115 mila megawatt, quasi il doppio rispetto alla domanda massima sulla rete (58.219 megawatt nel luglio 2019, fonte Terna). Più che realizzare nuovi impianti, per l'associazione basterebbe aumentare le ore medie annue di esercizio delle centrali a gas esistenti passando da 3.261 a 4 mila ore annue.Uno scenario però comunque poco auspicabile per Legambiente, perché, se da una parte permetterebbe di compensare la mancata produzione di energia generata dal carbone, dall'altra richiederebbe un aumento dei consumi di metano, che ha un impatto sull'effetto serra. L'uso futuro dell'idrogeno come vettore energetico non viene cassato, ma «solo se prodotto con il contributo di energia rinnovabile, altrimenti il saldo ambientale, in termini di emissioni di CO2, è assolutamente negativo». Se c'è un'urgenza è quindi quella di investire sulle fonti rinnovabili. «A questo punto, vista l'ostinazione di A2A a non accantonare il ricorso ai combustibili fossili e a non allinearsi agli orientamenti che provengono dall'Ue - dice Legambiente -, il Comune e soprattutto la Regione, dovrebbero recuperare protagonismo in questa penosa vicenda, verificando se A2a può considerarsi un'azienda in grado di offrire risposte per economia e sostenibilità».

LA. BL.

 

 

Pioggia di dubbi in commissione sul progetto ovovia
La seduta fra perplessità e quesiti - l dem Toncelli: «Chi sarà il gestore?»
Chi gestirà l'ovovia? Perché la partenza è prevista da Opicina e non da Monte Grisa? E ancora: nella stima dei 500 mila euro di utili sono già stati inseriti i costi di manutenzione degli impianti? I quesiti che ruotano attorno al progetto triestino che punta a collegare il Carso al mare attraverso il maxi impianto di risalita sono ancora parecchi. Alcuni sono stati avanzati ieri dalle opposizioni durante la seduta online della Sesta commissione del Consiglio. «Quella dell'attuale amministrazione è una scelta politica, non tecnica - ha sostenuto la consigliera del Pd Laura Famulari - perché ci vuole un atto di fede per credere che chi arriva in città decida di scegliere quella soluzione invece di continuare fino al centro in macchina». «Ci sono dubbi sulla sostenibilità ambientale, sollevati anche dalle associazioni ambientaliste - ha specificato Sabrina Morena di Open -, sul versante paesaggistico: l'impatto di 12 piloni in Porto vecchio non sarà cosa da poco». La capogruppo del M5s Elena Danielis ha contestato che «non siano state valutate soluzioni diverse per risolvere le criticità del traffico in arrivo da Nord». Altro nodo da risolvere, posto dal consigliere Pd Marco Toncelli, è: chi gestirà l'ovovia? «Non è escluso sia Tpl, ma neppure che sia un soggetto speciale a parte», ha spiegato il direttore del Dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità, Giulio Bernetti, indicando che «i 500 mila euro di utile sono frutto di stime sulla domanda di mobilità con appositi modelli e su costi di manutenzione e di personale molto cautelativi». Il 15 gennaio, salvo rinvii, Roma deciderà se finanziare il progetto. «Come si risolverà il problema del traffico se il finanziamento non sarà approvato?», ha chiesto Antonella Grim (Italia Viva). «La Costiera è soggetta a continui interventi di messa in sicurezza in relazione al rischio idrogeologico - così l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, l'obiettivo è renderla una strada turistica, con corsia ciclopedonale».

L.T.

 

 

Il Parco del mare? Meglio un acquario virtuale in Porto vecchio - la Lettera del giorno di Paolo Radivo
Ho seguito la presentazione all'opinione pubblica del progetto definitivo del Parco del mare. Giudico positivamente le demolizioni degli edifici fatiscenti e dei capannoni abbandonati circostanti, meglio però sarebbe a mio avviso demolirne anche altri. Sufficiente il mio "voto" sul percorso pedonale e la "piazza Pedocin": dimensioni modeste, poco verde, mancato recupero degli storici masegni.Lo stesso vale per la piazza panoramica sul mare: piccolina e con gradoni scomodi in particolare per le persone a ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale. Ritengo negativi i prospettati numerosi posti-auto, poiché così si destina troppo spazio ai veicoli invece che ai pedoni e agli alberi, nonostante la prevista conversione del Mercato ortofrutticolo a parcheggio pubblico. Questa a mio parere non è rigenerazione urbana. Male la collocazione del Parco del mare nel Porto Lido: attirerebbe lì notevole traffico aggiuntivo, intasando ancora di più le rive. Male l'area di carico-scarico passeggeri bus urbani e turistici tra lo Stabilimento balneare Lanterna e l'"Ausonia": minuscola e discosta. Per favorire l'uso dei mezzi pubblici si potrebbe ricavarne una ben più estesa, comoda e attrezzata tra via Ottaviano Augusto e Molo Fratelli Bandiera, eliminando posteggi. Esprimo un giudizio molto negativo sugli edifici progettati: stile modernista contrastante con quello neoclassico della Lanterna e delle Rive, quello liberty del "Pedocin", della Stazione ferroviaria di Campo Marzio e della Stazione marittima o quello eclettico della Pescheria e dell'Adriaco. Sarebbero visti da lontano e coprirebbero più di oggi la visione della Lanterna dal mare e da Barcola, invece di valorizzarla. Perché non fare piuttosto un acquario virtuale in Porto vecchio?

 

 

Motociclista contro cinghiale - Torna l'allarme fauna selvatica
L'investimento che si è verificato sulla Ss55 è soltanto l'ultimo di una lunga serie - Il coprifuoco e il traffico ridotto spingono gli animali ad uscire dalla boscaglia
 Savogna. Il cinghiale attraversa la strada all'improvviso, sbucando dalla vegetazione proprio mentre arriva una veicolo, e il conducente non può fare nulla per evitare l'impatto con l'animale. Risultato: danni al veicolo e cinghiale morto. In questi giorni, in seguito al coprifuoco e al ridotto traffico sulle strade, la scena si è ripetuta più volte e con frequenza maggiore rispetto al solito. L'ultimo episodio è stato registrato l'altra sera, poco prima delle 22, sul Vallone in località Ferletti, nel territorio comunale di Doberdò del Lago. Protagonisti, loro malgrado, sono stati un motociclista e un cinghiale di 150 chilogrammi. Come da copione, l'animale si è parato di fronte alla due ruote e il conducente non ha potuto fare nulla per evitarlo. Lo ha centrato e ucciso. La moto è andata distrutta, ma lui se l'è cavata con una visita in ospedale per accertamenti. Le sue condizioni non risultano gravi. Sul posto per ricostruire la dinamica sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Monfalcone e per rimuovere la carcassa i vigili del fuoco di Gorizia. Ma appunto quello dell'altra sera non è un episodio isolato. Giovedì sera, intorno alle 20 una Ford Fiesta era uscita di strada alle porte di Borgnano dopo l'impatto con un cinghiale. Anche in quel caso l'animale era sbucato all'improvviso mentre l'utilitaria procedeva da Mariano e anche in quel caso danni ingenti all'utilitaria. Incolume per fortuna l'automobilista che però è rimasto scioccato dall'episodio. È stato registrato sempre sul Vallone - ma la settimana prima e all'altezza dell'incrocio tra la Ss55 e la strada che da Devetachi sale verso Opacchiasella in Slovenia - il rinvenimento della carcassa di un cinghiale in mezzo alla carreggiata. Anche in quel caso si trattava di un animale di grandi dimensioni. Rimane però un mistero chi lo abbia investito. Ad allertare i vigili del fuoco, in quel caso, era stato un automobilista che se lo è trovato di fronte già morto ed è riuscito a frenare prima di travolgerlo. A tutto questo si aggiunge poi il video girato questo sabato nelle campagne tra Plessiva e il Preval che documenta l'incontro ravvicinato avuto da un lettore del Piccolo con una famiglia di otto cinghiali. Il branco corre senza paura verso di lui attraversando i campi. Lui rimane immobile e con sangue freddo riprende la scena attraverso il suo smartphone. Quando arrivano a pochi metri da lui, per fortuna, gli animali cambiano direzione piegando all'improvviso alla loro sinistra per poi proseguire la loro corsa verso chissà dove come se nulla fosse successo perché, in effetti, per loro non era successo niente. Siamo noi che dobbiamo fare attenzione a loro, non viceversa. Anche se poi ad subire le conseguenze peggiori sono li stessi animali.

Stefano Bizzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 24 novembre 2020

 

 

Fumolo (Pd Grado) - «Richieste all'Isola  assurde rispetto al Parco del mare»
In questi giorni a Trieste è stato lanciato il progetto del Parco del Mare di Trieste e il segretario del Circolo di Grado del Pd, Rudy Fumolo, prende la palla al balzo per porre un interrogativo: «Nuove terme o parco del mare?». Dopo aver ricordato che del parco del mare triestino se ne parla da 16 anni, Fumolo arriva a dire del progetto «in cui oltre al sostanzioso contributo pubblico, di cui peraltro si richiede un ulteriore cospicuo apporto alla Regione, è indicato chiaramente chi sarà il soggetto che si occuperà della gestione della struttura, che, oggettivamente, prevede un numero di visitatori alquanto difficile da raggiungere».«A quanto ne sappiamo - aggiunge -, per ora, la società che andrà a gestire la struttura, che varrà 44 milioni non ha chiesto al Comune di Trieste di gestire i parcheggi delle "rive" o aree demaniali tanto per arrotondare gli incassi e garantire la sostenibilità del futuro parco del mare, questo fa capire quanto assurde e inaccettabili siano le richieste che arrivano al Comune di Grado, all'interno di un progetto che prevede solo capitale pubblico».

AN.BO.

 

SEGNALAZIONI - Il nuovo acquario - Il Parco del Mare non è educativo

Nessun insegnante potrebbe mai lodare la nuova costruzione di uno zoo o di un acquario. Se c'è rispetto vero per gli animali, non si può alimentare il business di acquari e simili. Pensare di fare un ingente investimento per costruire una nuova prigione dove rinchiudere pesci è un concetto superato e anti didattico. I percorsi per le scuole e le visite d'istruzione si realizzano benissimo con le nuove tecnologie che riprendono vita e caratteristiche degli animali nel loro ambiente naturale. L'educazione ambientale infatti prevede di dover trasmettere alle nuove generazioni il rispetto verso l'ambiente, le cose e tutti gli esseri viventi, cercando di difendere la loro libertà e la possibilità di mantenerli nel loro habitat naturale. I nostri giovani hanno bisogno di altro non di esempi di tal genere. Luoghi di cultura, di aggregazione, di lettura, cinema solo per ragazzi, ambienti didattici dove si può osservare anche l'ambiente marino come caratteristica del nostro territorio ma non di guardare sguardi tristi di animali costretti in gabbie o in vasche. Ci possono essere diversi modi e investimenti per potenziare la formazione delle nuove generazioni, ma non credo che nel comitato incaricato dalla Cciaa, sia stato compreso il contributo di un educatore o di un insegnante. Come dire di proporre un grande impianto idraulico senza chiedere cosa ne pensa il professionista della categoria.

Maria Luisa Paglia

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 23 novembre 2020

 

 

La Regione plaude allo stop sloveno sulla ferrovia bis - dopo la lettera dei verdi d'oltreconfine
Trieste. «È un bene che anche gli ambientalisti sloveni abbiano colto la gravità del pericolo al quale sono esposti la Val Rosandra e il suo ecosistema a causa al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia e delle relative gallerie sotterranee, che rischia di portare al prosciugamento dei torrenti Rosandra e Ospo. Un pericolo concreto che la Regione ha più volte evidenziato negli ultimi due anni esprimendo la propria contrarietà all'opera, come ha fatto anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a esprime parere negativo sull'opera». Lo ha dichiarato l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, dopo l'invio anche alla Regione di una lettera da parte dei Verdi della Slovenia che chiede il blocco dei cantieri per il raddoppio della linea ferroviaria. Scoccimarro ha rimarcato che tale missiva più che alla Regione avrebbe dovuto essere inviata ai gruppi ecologisti operanti in Fvg, che paiono poco sensibili a questo tema» e ha evidenziato che «nonostante gli accordi internazionali prevedano per questo tipo di opera il parere favorevole anche del nostro Paese, le autorità slovene hanno comunque dato il via ai cantieri. È quindi prioritario che il nostro governo, il parlamento e i nostri deputati a Bruxelles spronino le autorità slovene, nelle rispettive sedi di competenza, per ottenere la sospensione e la revisione di quest'opera fortemente impattante». L'assessore regionale ha ricordato infine che «la contrarietà al cantiere da parte dell'amministrazione del Friuli Venezia Giulia è stata confermata anche nel corso dell'incontro bilaterale tra il governo sloveno e la Regione svoltasi a Capodistria nel novembre del 2019».

 

 

Appello a Zagabria: stop alle reti a strascico o l'Adriatico morirà - l'associazione croata amici degli animali
Fiume. «Divieto permanente di attività nelle acque croate dell'Adriatico per i pescherecci con reti a strascico». È la richiesta che l'associazione Amici degli Animali ha inviato al ministero croato dell'Agricoltura e Pesca, sottolineando come le reti in questione contribuiscono da decenni a questa parte a impoverire gravemente il patrimonio ittico dell'area adriatica, portando un grave squilibrio per l'ambiente marino e la sua biodiversità. L'Associazione croata, nata nel 2001 a Zagabria, si è rivolta al dicastero con una lettera aperta rilevando innanzitutto che l'azione di recupero delle risorse di questo mare non sarà mai possibile se le leggi permetteranno alle reti di arare in modo indiscriminato il fondale, distruggendo molte forme di vita e senza alcuna conseguenza per i responsabili dello scempio: le norme - sottolinea l'associazione - vengono quasi sempre aggirate calando le reti anche in zone vietate. Sono del resto numero i pescatori professionisti croati contrari alle reti a strascico, che ritengono la causa principale del depauperamento del mare, che - assieme alle conseguenze dei cambiamenti climatici - ha visto negli ultimi anni la scomparsa in Adriatico e nel Mediterraneo occidentale di circa il 50% delle specie animali e vegetali. L'associazione, che da due anni sta conducendo la campagna "Rispettiamo il nostro mare" in collaborazione con l'organizzazione Eurogroup for Animals, ha portato un esempio: lungo il canale di Pasman, nelle vicinanze di Zara, le reti a strascico hanno quasi distrutto flora e fauna. Il canale e il vicino mare dell'isola di Murter sono considerati una delle aree strategiche per la riproduzione della fauna ittica nella Dalmazia centrale. I pescatori locali, quelli che non usano reti a strascico, lamentano che il 70-80% del loro pescato riguarda gli avannotti morti, gettati in mare dagli equipaggi dei pescherecci con quel tipo di rete.

a.m.

 

Sequestrati 4 quintali di cozze a Rabuiese
Uscivano da un allevamento della zona. Il camion, sovraccarico, non entrava in galleria e così è stato fermato al confine
MUGGIA. Erano completamente prive di etichette le casse contenenti gli oltre quattro quintali di cozze che ieri sono stati sequestrati dal Nucleo Pesca della Capitaneria di porto di Trieste sul confine sloveno di Rabuiese. Il carico, si è scoperto in seguito, arrivava da un allevamento di mitili di Muggia ed era così voluminoso, oltre che pesante, che il camion frigorifero che le trasportava, per le dimensioni, non poteva nemmeno passare all'interno della piccola galleria di Muggia. Per questo dal Lazzaretto il mezzo ha dovuto allungare il percorso, sconfinando in Slovenia per poi rientrare in Italia e attraversare il valico di Rabuiese, dove è avvenuta la "retata" durante i normali controlli sulla filiera che gli ispettori svolgono abitualmente. Sul valico questi ultimi hanno fermato e ispezionato il mezzo di trasporto con targa italiana, che non è stato sanzionato in quanto «il trasportatore fungeva solo da vettore mentre l'unico responsabile è in questo caso il concessionario», spiega il maresciallo Nicola Bavila, capo del nucleo. La sanzione amministrativa alquanto salata, pari a 1500 euro, è stata dunque comminata ai concessionari degli impianti di miticoltura da cui provenivano i molluschi. Questo perché è stata violata la normativa vigente in materia di tracciabilità dei prodotti ittici (art.58 del Regolamento ce 1224/2009 - decreto legislativo 4/2012). I 4250 chilogrammi di cozze non avevano in pratica nessuna delle etichette previste, che devono contenere tutti gli elementi informativi per la catena di vendita e, in ultimo, per il consumatore finale, elemento fondamentale per garantire la sicurezza alimentare. I mitili, allevati nel golfo di Trieste, sarebbero stati trasportati prima a Chioggia, «una piattaforma di smistamento», aggiunge il maresciallo Bavila. Una volta giunti in Veneto, parte poi delle cozze sarebbe stata trasportata fino alla Puglia. Resta rilevante infatti la richiesta di pescato che in questo periodo avanzano soprattutto le pescherie, visto che a causa del Covid in tutta la penisola i ristoranti sono aperti solo parzialmente o nelle zone rosse addirittura chiusi. Il quantitativo richiesto potrebbe poi aumentare con l'avvicinarsi del Natale e sarà quindi necessario sempre un maggior numero di controlli da parte delle Capitanerie di porto dell'intero paese. Le cozze ieri intanto sono state appunto sequestrate e saranno esaminate nella giornata di oggi dal servizio veterinario dell'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi), che ne deciderà il rigetto in mare, se ancora vive o comunque utili per l'ecosistema, o la distruzione. O ancora il carico di mitili potrebbe essere dissequestrato per essere immesso nuovamente in commercio, se verrà determinata l'effettiva tracciabilità eseguita in concomitanza tra Asugi e la Capitaneria.

Benedetta Moro

 

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare-1 - Su un tema simile ora serve un referendum

Alla fine sembra che i fautori del Parco del Mare siano riusciti a farlo partire, promettendo grandi risultati, come, ad esempio, la presenza di 600 mila visitatori all'anno, il che significa circa una media di duemila al giorno; dove li troveremo? Dove posteggeremo i loro mezzi di trasporto? Chi pagherà per il costo di realizzazione, visto che i proponenti avevano parlato di un costo di 40 milioni, dei quali dovevano essere sostenuti per 30 milioni dai privati, ma ora sembra che i privati ne tireranno fuori solo 23, mentre gli altri dovranno essere sborsati dal settore pubblico, cioè da noi. I promotori si sono documentati su quanto è il deficit dell'acquario di Genova, che pure gode di grande pubblicità sui mezzi di informazione, cosa che dubito si verificherebbe per il nostro Parco in progetto. Perché non viene fatto un referendum tra i cittadini per sapere se il progetto è gradito dalla maggioranza? Temo che i cittadini non contino niente. Non era più semplice ampliare l'acquario già esistente, invece di creare il cosiddetto Salone degli Incanti di cui nessuno conosce il bilancio? Immagino che questa mia non sarà degnata di risposta, come al solito, quando si criticano certe scelte pubbliche. Bruno Sodomaco

 

SEGNALAZIONI - Parco del Mare-2 - Piuttosto un Museo della tecnica marina

Gentili lettori e lettrici de Il Piccolo, nel dibattito sul nuovo acquario che egemonizza l'attenzione della nostra comunità mi permetto di dire la mia piccolissima opinione. Dal punto di vista "ideologico", passatemi il termine, tra tutti i modi di cui Trieste dispone per enfatizzare il proprio rapporto col mare, un contenitore di habitat e specie marine mi sembra il più mortificante. Strutture di questo tipo ce ne sono moltissime in diverse città italiane ed europee (anche Vienna, giusto per nominarne una poco lontana). Trieste può - secondo me deve - puntare su un Museo della Scienza e della Tecnica del Mare, raccogliendo e rilanciando la vocazione scientifica che la nostra città non valorizza mai abbastanza. C'è solo l'imbarazzo della scelta su quello che il nostro territorio può disporre, provo a fare un elenco, per quanto incompleto, delle categorie: meccanica marina (qui Josef Ressel brevettò la prima elica, il dipartimento di Ingegneria Navale, uno dei più prestigiosi d'Italia, potrebbe collaborare con reciproco vantaggio), cantieristica (Fincantieri), portualità (Ursus, centrale idrodinamica, porto vecchio), regatistica (Barcolana), storica (Repubblica marinara di Venezia, l'Audace, gli affondamenti dei Mas, partenza migranti italiani), ricerca (il battiscafo Trieste che per primo toccò il fondo della Fossa delle Marianne, una collaborazione con l'Ogs), pesca (le tonnare nel nostro golfo, le saline in Borgo Teresiano e quelle di Sicciole), mondo subacqueo (ricordo la proposta di fare della diga un'area turistica per immersioni), le arti (la stazione marittima come Ellis Island ne Il padrino), cucina di mare, le assicurazioni fiorite con la navigazione e chi più ne ha più ne metta. Al momento non mi viene in mente una struttura nella nostra città che riesca a mettere insieme e valorizzare così tanti capitoli del passato e dell'ingegno del nostro angolo di Adriatico. Non si tratterebbe soltanto di un'operazione nostalgica dei bei tempi che furono, un simile museo potrebbe fare da volano a molte realtà locali per generare profitti nel tempo a venire. Esporre i frutti dei nostri centri di ricerca vorrebbe dire metterli in vetrina e valorizzarli. Ma soprattutto vorrebbe dire che nella mia città non voglio creare un espositore senza senso di pesci presi da ogni angolo del pianeta ma preferisco creare un palcoscenico dove posso esporre le nostre eccellenze, perché ne sono orgoglioso e perché voglio che diventino sempre più importanti insieme a Trieste.

Lorenzo Pellizzari

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 22 novembre 2020

 

 

Il ritorno del fronte del no: «Parco del mare illogico»
Le associazioni ambientaliste in coro: «Ennesimo spot da campagna elettorale» - Lega Navale e Italia nostra: «Si crei una scuola vela d'altura con servizi annessi»
Prigione del mare, progetto nato morto, trovata circense. Sono solo alcuni degli epiteti lanciati in questi giorni all'indirizzo del Parco del mare dai detrattori. Ambientalisti, associazioni, sindacati, imprenditori contrari all'investimento della Camera di commercio si schierano ancora una volta contro il progetto dell'acquario, che ritengono non sostenibile e lontano dalle necessità di Trieste. La politica si è già espressa: il centrodestra a favore, il M5s radicalmente contrario e il Pd passato dal no a una posizione di prudenza, in attesa di vedere i numeri del piano. A tornare in campo sono adesso i sodalizi che si battono per il rispetto dei vincoli paesaggistici. Legambiente, Wwf, Comitato La Lanterna, CamminaTrieste, Triestebella, Unaltracittà e Adesso Trieste definiscono la presentazione del Parco del mare «ennesimo spot da campagna elettorale. Esof ha lanciato la proposta di creare in città un importante istituto per studiare la sostenibilità ambientale e qui si ripropone un tipo di museo abbandonato in molte parti del mondo, mentre con le nuove tecnologie è possibile garantire un'interazione con la natura senza costringere animali a vivere in cattività». Le organizzazioni attaccano la Soprintendenza: «La modifica del vincolo sull'area non solo elimina il divieto di edificare nel raggio di 130 metri dal vecchio faro ma, caso unico in Italia, elimina l'inedificabilità in un'area di grande pregio ambientale e paesaggistico, seppur mai fatto rispettare, con la possibilità di incrementare ulteriormente le volumetrie. Nulla si sa sul futuro della vicina piscina terapeutica e sulla destinazione dell'ex centro meccanografico». Il proprietario del Caffè San Marco Alexandros Delithanassis ha lanciato la petizione per chiedere al presidente camerale Antonio Paoletti di dirottare a beneficio delle aziende del commercio e del turismo gli otto milioni accantonati dall'ente per il Parco: «È una follia e il pubblico metterà le risorse promesse? Bisogna darsi una scadenza per capire se i fondi arriveranno dopo 15 anni di parole. Dopodiché Paoletti dovrà usare lo stanziamento per altre finalità di rilancio del commercio e del turismo, piegati in due dalla crisi. Paoletti ha minacciato di mandarmi gli avvocati perché ho un'idea diversa dalla sua: non li ho visti. Parliamo di un presidente che si avvia a ricoprire il quinto mandato. Sarebbero 25 anni, serve ricambio: si faccia avanti qualcuno che rappresenti porto, industria o turismo». Il segretario provinciale della Cgil Michele Piga ribadisce «la totale contrarietà: è un progetto in antitesi con l'aumentata sensibilità ecologica e i numeri sulla sostenibilità economica lasciano perplessi, quando tutti gli acquari in giro per l'Europa sono da tempo in difficoltà. Siamo dentro la peggior crisi nazionale e i fondi della Camera vanno indirizzati a riprogettare il sistema del turismo e del commercio. Intanto le categorie economiche tacciono, mentre Paoletti e Dipiazza non parlano con nessuno del futuro della città». Il progetto non riguarda la piscina terapeutica, crollata a poca distanza dal sito che dovrebbe ospitare il Parco. Federica Verin coordina le associazioni che hanno raccolto settemila firme per realizzare la nuova Acquamarina e la vede dal suo angolo di prospettiva: «L'area di Porto Lido ha bisogno di una riqualificazione e non siamo contro opere che portano turismo e lavoro, ma sorprende che le istituzioni non abbiano preteso che il piano consideri un impianto più generale e dunque anche la piscina. La concessione del bene scade nel 2028, quando l'edificio crollato andrà restituito all'Autorità portuale in perfette condizioni. Bisogna tenerne conto. Poi se l'occasione sarà fornita dall'acquario, questa è valutazione della politica». La Lega navale ha sede nell'area e, assieme a Italia nostra, propone un'alternativa all'acquario, considerato «un lusso che non ci possiamo permettere», davanti alla crisi delle categorie e al crollo della piscina. Per le due associazioni il Parco «stravolgerebbe l'identità storica del sito». Meglio allora una «scuola vela d'altura, con stazione meteorologica, officine di rimessaggio e un luogo di ristoro», con attenzione ai mondi della disabilità e delle barche storiche.

Diego D'Amelio

 

 

Divaccia-Capodistria: «Linea ferroviaria bis - in pericolo i torrenti»
Nel testo inviato anche alla Regione Fvg si sottolineano i rischi per l'ambiente: «Rosandra e Ospo prosciugati» -
SAN DORLIGO Bloccare subito il progetto che prevede il raddoppio della linea ferroviaria Divaccia - Capodistria, la cui realizzazione «potrebbe comportare il totale prosciugamento dei torrenti Ospo e Rosandra». È questa la forte richiesta indirizzata in questi giorni da parte dei Verdi della Slovenia, affiancati da avvocati, tecnici dell'ambiente e gruppi spontanei di cittadini sempre sloveni, ai ministeri italiani competenti per le problematiche ambientali e infrastrutturali, al presidente della giunta regionale Massimiliano Fedriga e ai suoi assessori. «Le conseguenze del progetto sloveno 2Tdk intrapreso dalla Repubblica di Slovenia, che prevede la seconda linea ferroviaria fra le due località slovene e che in due punti si avvicina al territorio italiano, arrivando in alcuni tratti a meno di 300 metri dalla frontiera - scrivono - non ha tenuto conto e non ha applicato la direttiva Vas dell'Unione europea. I progettisti inoltre - aggiungono - non hanno eseguito in modo opportuno la Valutazione di impatto ambientale, la cosiddetta Via, che deve invece tenere propriamente conto dell'incidenza della costruzione e dello scavo delle gallerie. Specialmente quest'ultimo intervento - precisano nel testo i firmatari - perforerà la falda acquifera di Beka, drenando le acque a sud di Crni Kal. Di conseguenza, i torrenti Ospo e Rosandra, che scorrono nel territorio italiano, si prosciugheranno, con gravi conseguenze sulla flora e la fauna della Riserva naturale della Val Rosandra e dei biotipi del fiume Ospo. Il non aver seguito la direttiva Vas - insistono - comporterà gravi danni di natura socio economica e ambientali per ampie parti del territorio italiano». Esaurita la parte critica, i firmatari del documento inviato alle competenti istituzioni italiane, suggeriscono anche il da farsi. Oltre a ribadire la necessità di «fermare il progetto», chiedono che si proceda con la «corretta attuazione dell'articolo 7 della direttiva Vas e dell'articolo 10 del protocollo Unece da parte della Repubblica di Slovenia» e di «prevedere un eventuale risarcimento da parte della Slovenia all'Italia per i danni ambientali, economici, sociali che potrebbero originarsi». Su questi argomenti i Verdi sloveni e coloro che li sostengono hanno già chiesto chiarimenti al governo di Lubiana sull'effettivo stato di attuazione della direttiva Vas, sulla Via e sulla corretta applicazione delle leggi slovene in riferimento al progetto 2Tdk. Per sottolineare le loro ragioni, hanno predisposto un documento sullo stato di fatto e sulle conseguenze del progetto 2Tdk, sulle componenti ambientali, sociali ed economiche, e sui progetti alternativi esistenti all'opera in esame, redatto da ingegneri, scienziati, economisti e politici sloveni.

Ugo Salvini

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 21 novembre 2020

 

 

Presentazione del “Parco del Mare” : la risposta delle associazioni
Ieri abbiamo assistito all'ennesimo spot da campagna elettorale organizzato da parte di soggetti che ricoprono posizioni importanti nelle istituzioni della città. Quest'anno a Trieste si è svolto il festival ESOF, nel quale è stato evidenziato il limite del modello di sviluppo in cui viviamo e ipotizzato di insediare nella nostra città un importante Istituto per studiare la sostenibilità ambientale, e qui al contrario si ripropone un tipo di museo abbandonato in molte parti del mondo. Grazie alle nuove tecnologie è possibile ora garantire un'interazione con la natura senza costringere essere viventi del mondo animale a vivere in cattività. Il voler ostinarsi a proporre, pur se in dimensioni diverse, il progetto dell'Acquario Parco del Mare dopo 15 anni dalla prima presentazione, costringe ancora una volta le sottoscritte Associazioni e Comitati ad intervenire per ribadire la totale contrarietà al progetto di costruire un Acquario e riproporre la restituzione alla piena fruizione pubblica di tutta l'area della Lanterna una volta rimossi gli edifici precari ed abusivi con un intervento di minima per la sua messa in sicurezza. Nella presentazione di ieri, senza contraddittorio come evidentemente piace al Presidente Paoletti, sono stati evidenziati alcuni dati in merito ai tempi di esecuzione dell'opera, dei costi e dei finanziamenti, delle superfici e dei volumi da realizzare, del nuovo assetto urbanistico dell'area. Si è però taciuto sul fatto che il progetto, per essere approvato e avviato, ha necessità di avere a monte uno strumento attuativo, come prescritto dalla Regione approvando la Variante al Piano Regolatore del Porto. Questo significa che i tempi per predisporre i provvedimenti progettuali ed autorizzativi non saranno brevi, posto che dovranno essere valutati attentamente gli impatti ambientali e paesaggistici come le normative in vigore prescrivono. Per quanto riguarda i costi da sostenere, gli scarsi elementi forniti non consentono al momento di analizzare il piano finanziario, l'unica cosa certa è che la parte pubblica concorrerà con 20 milioni di euro su una spesa prevista di 45. E' stato affermato che la sostenibilità della spesa per la realizzazione del progetto e la sua gestione saranno garantite solo con un afflusso di 600.000 visitatori. Come si può rilevare i numeri ogni volta cambiano anche se il contesto geografico e demografico rimane sempre lo stesso e i flussi turistici sono soggetti a variazioni notevoli in un settore che, non solo causa la pandemia ma soprattutto per la situazione economica, presenta grande discontinuità. Va rilevato che il Provvedimento di modifica del vincolo esistente sull'area della Lanterna, predisposto dalla Soprintendenza, non solo elimina il divieto di edificare nel raggio di 130 m dal vecchio Faro, ma consente che i volumi degli edifici oggi presenti, per un totale di 31.000 mc, mai autorizzati e quindi abusivi, concorrano alla nuova costruzione, che a sua volta aggiunge ulteriori 15.000 mc. Siamo molto preoccupati dal modo di operare della Soprintendenza, che, caso unico in Italia, elimina un vincolo di inedificabilità in un'area di grande pregio ambientale e paesaggistico, seppur mai fatto rispettare, con la possibilità di incrementare ulteriormente le volumetrie. Se questo è il suo modo di procedere, cosa succederà in Porto Vecchio, dove già si vedono proposte di stravolgimento del paesaggio con la proposta della Ovovia in mezzo ad edifici di grande pregio architettonico e modifica delle prospettive nell'ambito ex portuale e del versante collinare con i cavi, piloni e le cabine che passeranno, bora permettendo, a pochi metri dal Faro della Vittoria. In merito all'assetto urbanistico dell'area in oggetto, che presenta un degrado notevole anche per le parti contigue al molo F.lli Bandiera, al di là di una diversa sistemazione dei parcheggi e dell'accesso, nulla si sa sul futuro della piscina terapeutica e sulla definitiva destinazione dell'ex centro meccanografico ora di proprietà del Comune. E' stato annunciata dal Sindaco la costruzione di un nuovo parcheggio sotterraneo davanti alla Stazione Marittima, sotto la statua di Nazario Sauro, e un altro sotto l'ex Mercato ortofrutticolo, riproponendo così una soluzione per eliminare la sosta delle auto sulle rive. Precedenti proposte di parcheggi sotterranei in piazza Unità, e davanti il teatro Verdi, sono rimaste sulla carta: oltre a presentare criticità dovute ai mutamenti climatici con maree sempre più alte e a creare grossi problemi di stabilità agli edifici circostanti, i parcheggi sono attrattori di traffico e ciò mal si concilia con la necessità di ricongiungere l'edificato sul fronte mare con il mare stesso. Una ultima considerazione riguarda l'operato della Presidenza della Camera di Commercio Giuliana, che a fronte di una consistente disponibilità finanziaria, derivante dai proventi del Fondo benzina e dalla sovrattassa agli iscritti, non ha ritenuto di partecipare ad altre iniziative in favore della città. L'impiego delle risorse finanziarie per il Parco del Mare, invece di costruire un ulteriore Acquario (quello esistente è in fase di manutenzione straordinaria), dovrebbero essere impiegate a supporto delle categorie economiche che stanno subendo una crisi devastante che una volta terminata, ci consegnerà una città diversa nel suo assetto di botteghe artigianali, negozi, bar, osterie, tutti servizi di vicinato, probabilmente per sempre chiusi, modificando profondamente le relazioni e i rapporti sociali nei quartieri compromettendo la qualità della vita di tantissime persone. C'è ancora tempo per ripensare al modello di sviluppo di questo territorio che si deve basare su parametri di sviluppo che premiano la qualità e non la quantità, impiegando le risorse finanziarie disponibili per progetti che si inseriscano in un'economia che persegua obiettivi di sostenibilità.
Comitato La Lanterna - CamminaTrieste - Triestebella - Legambiente - WWF - Unaltracittà - Adesso Trieste
(per informazioni: Andrea Wehrenfennig 3887219510; arch. William Starc 3489022201)

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 21 novembre 2020

 

 

Obiettivo aprile 2024  per il Parco del mare da 600 mila visitatori
Fissati il traguardo per la consegna dell'opera e il flusso annuale di ingressi - A regime 120 posti di lavoro. Investimento da 44 milioni, 20 dal pubblico
La promessa è di consegnarlo per l'aprile 2024. Nei disegni dei progettisti il nuovo Parco del mare sarà un volume bianco, largo e piatto, affacciato sul mare alle spalle della Lanterna, in fondo alla Sacchetta. Ci vorranno un investimento da 44 milioni e poi un flusso di 600 mila turisti all'anno, perché l'acquario voluto dalla Camera di commercio possa essere costruito ed essere sostenibile sul piano economico. Dopo lo sblocco dei vincoli da parte della Soprintendenza e l'acquisto della società Trieste Navigando (con annessa concessione sull'area di Porto Lido), il presidente camerale Antonio Paoletti decide di svelare il progetto delle imprese Icop e Costa Edutainment, che propongono alla città un piano di riqualificazione dell'area della Lanterna: abbattimento degli edifici fatiscenti che precedono l'antico faro, realizzazione di una passeggiata e rifacimento dell'accesso al "Pedocin". I privati sono pronti a impegnarsi per 24 milioni e gli altri venti saranno a carico della mano pubblica, tra Camera di commercio e Regione. «Abbiamo voluto presentare il progetto - esordisce Paoletti - in un momento drammatico, per dare una speranza e visione di futuro e sviluppo turistico». Il presidente è emozionato e gli scappa l'iperbole: «Abbiamo lavorato ogni giorno per 15 anni e ora costruiamo il futuro del Friuli Venezia Giulia. Icop costruirà, Costa gestirà e Iccrea finanzierà». Alle sue spalle è appena passato un video che illustra il degrado dei luoghi e le simulazioni di ciò che potrebbe essere. Gli studi di architettura Cosestudi (gli americani Ginette Castro e Michael Oleksak) e Archest (Annamaria Coccolo) hanno immaginato un edificio alto 12 metri (che diventano 7,5 in prossimità del mare), costruito attorno a una «vasca oceanica» da oltre tre milioni di litri e dotato di una grande terrazza, affacciata in pendenza sul mare e accessibile grazie a una scalinata, che sembra un perfetto luogo di ritrovo per le serate estive. Il progetto si basa sulla demolizione degli edifici posti sul lato del Pedocin, mentre rimarrà al suo posto buona parte dei volumi che oggi soffocano la Lanterna. Negli spazi ricavati sarà realizzato un viale che condurrà all'acquario e che i progettisti considerano una piazza allungata, anche se la camminata sarà affiancata non troppo diversamente da oggi da una serie di parcheggi a raso, né il piano considera le modifiche che interverranno per il rifacimento della piscina Acquamarina. Gli interni del Parco acquatico prevedono una superficie di cinquemila metri quadri su tre livelli, per ospitare vasche, mostre multimediali e attrezzature. Il tutto sarà creato in 24 mesi di lavori, che seguiranno gara di evidenza pubblica e autorizzazioni di rito. «Speriamo che le istituzioni accelerino le procedure permettendoci la consegna nella primavera 2024», sottolinea Paoletti. A regime l'attrazione promette di dare occupazione a 120 addetti fra diretti e indiretti, molti dei quali ad alta specializzazione sotto il piano tecnico e veterinario. Ma il numero più importante sono i seicentomila turisti all'anno, che le due società reputano indispensabili per rendere il Parco sostenibile sul piano economico e che rappresentano una notevole riduzione del milione di biglietti considerato necessario dai progetti precedenti. Il presidente di Icop Vittorio Petrucco assicura di non aver lasciato nulla al caso: «Ci abbiamo impiegato due anni per costruire questa proposta e ci siamo candidati a finanziare, costruire, gestire e mantenere l'acquario per vent'anni, rivolgendoci a studi specializzati. Il nostro progetto è dimensionato su seicentomila presenze, con un investimento da 44 milioni di cui venti garantiti dalla parte pubblica. Ci siamo chiesti se fosse giusto ipotizzare questo investimento in un periodo nel genere, ma bisogna guardare al futuro e l'acquario occuperà cento persone più l'indotto: è una grande opportunità di sviluppo. L'auspicio è ripetere quanto successo a Servola con la Piattaforma logistica: vorremmo che il Parco fosse un altro pezzo di puzzle per la riqualificazione di Trieste». Il presidente di Costa Edutainement Giuseppe Costa dice di «essere venuto per la prima volta in città a parlare di acquario nel 1998: ci abbiamo provato diverse volte». Oggi la società gestisce strutture simili a Genova, Cattolica, Livorno e Malta. Per Costa, «nel 1992 l'acquario ha cambiato la storia di Genova, facendola diventare città turistica e facendo salire le quotazioni degli immobili dell'area. Ovunque abbiamo rigenerato edifici cadenti e mettiamo a disposizione un'attrazione che è anche cultura scientifica, perché non tutti possono andare sul Mar Rosso e sulle barriere coralline».

Diego D'Amelio

 

Era il riscatto per l'Expo perso nel 2004 - Diventò la "chimera" infinita della città
Sedici anni di Parco del mare. Il progetto gironzola per Trieste dal 2004, anno in cui il presidente della Camera di commercio (allora solo triestina) Antonio Paoletti lo propose come una sorta di ricompensa morale alla città subito dopo la brutta delusione della perdita dell'Expo 2008 nella finale di Parigi tra le candidature. In principio l'idea era alquanto magniloquente, Paoletti parlava di costruire «il più grande acquario del Mediterraneo, una struttura da insediare proprio nel sito previsto per l'Expo, da qualche parte tra Barcola e il Porto vecchio, e da far lavorare 365 giorni su 365. Un acquario superiore anche a quello di Genova».La prima ipotesi di collocazione era il terrapieno di Barcola, purtroppo poi sequestrato per inquinamento. Nel 2006 arriva l'idea del Mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, a due passi dall'area della Lanterna. Se ne parla per un paio d'anni, poi finisce nel dimenticatoio per complicazioni varie. Nel 2008 l'acquario si ritrova sulle Rive, tra il Salone degli Incanti, il Magazzino vini e l'area ex Bianchi. Ci sono dei contatti fra le istituzioni interessate e i proprietari dell'area, ma a metà 2009 il progetto subisce uno stop a causa di uno studio del Comune (sindaco ancora Roberto Dipiazza) che pone forti dubbi sulla sostenibilità economica del Parco. Nella primavera del 2010 il sindaco suona quelle che tutti interpretano come campane a morto per il progetto: «La soluzione è piazzare delle vasche per i pesci all'interno del Salone degli Incanti senza mettersi a costruire mega-strutture insostenibili. Trieste può sopportare un acquario da 200, 300 mila visitatori l'anno, non un Parco del mare da un milione di presenze con costi di manutenzione folli». Nel 2011 arriva il sindaco di centrosinistra Roberto Cosolini, che l'anno successivo propone di rilanciare l'ipotesi Campo Marzio. Meno di un anno dopo, nel giugno 2013, spunta una nuova proposta: i magazzini 3 e 4 del Porto vecchio, in mano a Greensisam. Non se ne fa nulla. Nel frattempo cambia la giunta regionale e nel giugno del 2014 il vicepresidente Sergio Bolzonello (giunta Serracchiani) mette la pietra tombale: «Neanche un euro, progetto inattuabile». Inutile dire, ancora una volta poi la Regione cambierà idea. La svolta arriva nell'ottobre 2014, quando Paoletti tira fuori la destinazione di Porto Lido. Nel settembre del 2015 il progetto viene presentato alla Regione: lo firma l'architetto statunitense Peter Chermayeff, autore degli interventi all'acquario di Genova e dei parchi acquatici di Boston, Osaka, Baltimora e Lisbona. Il disegno iniziale, piuttosto grandioso, verrà poi ridotto per venire incontro alle esigenze di contenimento di costi e spazi. Nel dicembre dello stesso anno la Fondazione CRTrieste comunica che si rende disponibile a stanziare l'importo complessivo di altri nove milioni di euro per la realizzazione del progetto, in aggiunta alle risorse già investite. Una cifra che poi ritirerà, costringendo la Camera di Commercio a rifare i conti di un progetto da 44 milioni di euro. Nello stesso anno arriva infine l'interessamento di Icop Spa: i costruttori friulani impegnati nella realizzazione della Piattaforma logistica, in testa Vittorio Petrucco, prendono contatto con la Camera di Commercio per valutare la possibilità di avere un ruolo nella realizzazione dell'opera. Un contatto che in questi giorni arriva a compimento, aprendo così un nuovo capitolo nella storia infinita del Parco del mare.

 

Ma per la tenuta dei conti è decisiva la Regione con la posta da 8 milioni
La promessa fatta da Fedriga prima dell'allarme pandemia impegna adesso l'assessore Zilli a reperire i fondi necessari a far partire la gara dopo il disimpegno della Fondazione CRTrieste
Ora la palla passa alla Regione. La giunta Fedriga si è impegnata a contribuire al Parco del mare con una posta da otto milioni, da cui dipende il via alla gara per la costruzione dell'acquario. La promessa del governatore è arrivata dopo il sopralluogo fatto a inizio anno assieme al presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti e al sindaco Roberto Dipiazza. La visita avveniva poche settimane prima dell'esplodere della pandemia: sembra un secolo fa e non sarà semplice mettere mano al portafogli con i bilanci in ginocchio dal Covid. Ma Paoletti è ottimista: «Ci sono poste messe a bilancio dai presidenti Tondo e Serracchiani», che hanno assicurato in passato due milioni a testa per la costruzione dell'acquario. Presente alla conferenza in sostituzione di Fedriga, l'assessore Pierpaolo Roberti rassicura: «Ci sono già poste a bilancio messe da amministrazioni di diverso colore politico. Nel momento in cui ce ne sarà bisogno, si metteranno le altre risorse: faremo le valutazioni dopo l'analisi del progetto, ma l'impegno politico c'è». Dalla Regione fanno tuttavia sapere che i fondi prospettati in passato non sono mai stati iscritti a bilancio e dunque non esiste alcun accantonamento. Toccherà all'assessore al Bilancio Barbara Zilli reperire le risorse: «La pratica è sul tavolo», assicura. Gli otto milioni sono indispensabili per permettere all'opera di sbloccarsi e valgono esattamente quanto aveva promesso la Fondazione CrTrieste, che poi si era però impegnata su altri fronti. Si completerebbe così la dotazione economica del progetto da 44 milioni: 24 messi dalla cordata Icop-Costa grazie a un'operazione di leasing in costruendo impostata con Banca Iccrea, nove conservati per anni dalla Camera di commercio e otto della Regione. Mancano all'appello per la verità altri tre milioni, ma le parti sono convinte di poter abbattere leggermente i costi in fase di capitolato. «La cifra definitiva non è ancora questa», sottolinea non a caso Paoletti, che dal Parco del mare ricaverà poi 300 mila euro all'anno di affitto. La Regione comunque ci crede, nonostante il Covid-19. «Proprio in fasi drammatiche come quella che stiamo vivendo - dice in un videomessaggio il presidente Massimiliano Fedriga - è il momento di guardare al futuro, alla creazione di nuove occasioni di sviluppo per il Friuli Venezia Giulia. Il progetto del Parco del mare ha il supporto della Regione».A rappresentare la giunta fisicamente c'era appunto l'ex vicesindaco Roberti: «Il lockdown ha causato un doppio rammarico, perché Trieste stava vivendo una grande fase di sviluppo. Ma quelle potenzialità non sono cambiate e, quando la mascherina che indossiamo sarà un brutto ricordo, le sfide di sviluppo che oggi stiamo cogliendo ci permetteranno di guardare di nuovo a un futuro di crescita». Il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino promette di «fare di tutto» per sostenere l'acquario, «ad esempio attraverso la nostra partecipata Ttp», per generare flussi tra le navi da crociera e il Parco. Il sindaco Dipiazza ringrazia «Antonio a nome della città per non aver mai mollato. Nel 2019 abbiamo avuto un milione di turisti, poi è arrivato il 2020, ma è ora che bisogna investire». La soprintendente ai Beni architettonici Simonetta Bonomi benedice: «I progettisti hanno fatto uno sforzo raffinato per un luogo che è in uno stato insopportabile di degrado».Chiusura netta invece del M5s, che reputa non credibile il numero di visitatori stimato: «Lascia perplessi la sostenibilità di una "prigione del mare" che nulla ha a che fare con la cultura marinaresca che Trieste può veicolare».

d.d.a.

 

 

La rivoluzione verde dello shipping: verso l'addio al carbone
Il trasporto marittimo si pone l'obiettivo di una riduzione entro il 2030 del 40 per cento delle emissioni di CO2
G
enova. «Il Gnl oggi è l'unica soluzione nel breve e medio termine per la transizione verso la decarbonizzazione dello shipping. Ci sono 3 miliardi nel recovery fund per lo sviluppo della mobilità a idrogeno in Italia, ma non sarà una soluzione pronta nei prossimi dieci anni». Stefano Messina, presidente di Assarmatori, sottolinea parlando al convegno «Il Gnl nel corridoio Euro Mediterraneo» l'impegno degli armatori per raggiungere gli obiettivi che prevedono nel trasporto marittimo la riduzione entro il 2030 del 40% delle emissioni di CO2 rispetto al 2008 e entro il 2050 emissioni di gas serra inferiori del 50% rispetto al 2008. «Sono stati già fatti grandi passi avanti» sottolinea Messina, e l'armamento italiano «spinge per il rinnovamento della flotta» e investe sul naviglio.«La rivoluzione verde è occasione imprescindibile, dobbiamo definire un piano di intervento che sia un facilitatore, un acceleratore di rinnovamento della flotta e in questo coinvolgere la cantieristica che è eccellenza del nostro Paese» dice il presidente di Confitarma Mario Mattioli, invocando un lavoro «in sinergia». «L'efficientamento della flotta non basta per se stesso - spiega - serve una volontà politica per sviluppare nuovi carburanti per rendere lo shipping industria a zero emissioni. Quindi serve sinergia». Un primo risultato si vedrà intanto a fine anno, dopo che da gennaio è scattato l'obbligo di utilizzare combustibili con tenore di zolfo non superiore allo 0,50%. Ora ci sono le navi a Gnl (e si dovrà investire in Italia e in Liguria che è un crocevia, sulle infrastrutture di bunkeraggio) ma per raggiungere l'obiettivo finale serviranno nuove tecnologie. «Il numero di navi e il carico trasportato saranno esageratamente più grandi nel 2030 e 2050, questo significa che le navi dovranno contenere le emissioni, quindi essere meno inquinanti di circa il 75%-80% per singola unità nave» evidenzia Mattioli.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 20 novembre 2020

 

 

La svolta per il Parco del mare - Paoletti sicuro: «Stavolta si fa»
Il presidente camerale gongola. Oggi la presentazione del progetto di Icop e Costa - Dipiazza: «Ci ho sempre creduto». Russo: «Prima voglio vedere carte e numeri»
«Questa volta si fa, non c'è dubbio». Il presidente della Camera di commercio Venezia Giulia Antonio Paoletti gongola davanti a quello che ritiene lo sblocco definitivo al progetto del Parco del mare. E festeggia pure il sindaco Roberto Dipiazza, mentre Francesco Russo assicura un approccio laico, chiedendo di esaminare i piani prima di pronunciarsi. Ma l'uomo del giorno è Paoletti, che stamani aprirà la conferenza di presentazione della proposta di Icop e Costa Edutainment. «Abbiamo creato i presupposti - dice il presidente - e c'è una cordata privata. Ci sarà comunque un bando a evidenza pubblica. Ora non dipende più dalla Camera». Dipende però dai fondi della Regione, dopo che la Fondazione CrTrieste ha deviato le sue risorse su altri progetti. «Il pubblico aiuta - continua Paoletti - come per tutte le grandi infrastrutture. Il primo impegno della Regione risale a Tondo, proseguito poi da Serracchiani e Fedriga». L'attuale governatore ha promesso otto milioni subito prima dello scoppio della pandemia, ma Paoletti è ottimista: «I fondi non vanno tirati fuori domani e il Covid passerà. I soldi ci saranno». Il presidente camerale si toglie qualche sasso dalle scarpe: «Anni di botte in testa, ma Costa ci ha sempre creduto. Fosse dipeso da noi avremmo già finito, ma siamo stati spostati da altri siti non per nostra volontà. Abbiamo dovuto comprare una concessione per partire. Sostenibilità economica? Se una cordata di privati finanzia, costruisce e gestisce significa che ha fatto bene i suoi calcoli. Ora il progetto andrà valutato dagli organi competenti. E ringrazio la Soprintendenza che, rivedendo il vincolo, permetterà di rigenerare l'area». Dipiazza va subito all'incasso del potenziale dividendo da spendere in campagna elettorale: «Paoletti ha trovato tutte le forche caudine possibili, ma è riuscito a chiudere la partita. Io sono sempre stato positivo e vedo che il progetto è portato avanti da imprese significative: la Icop di Petrucco ha appena costruito la Piattaforma logistica e Costa gestisce l'acquario di Genova. Dopo il benestare della Soprintendenza, ci siamo e tutta quella zona degradata può diventare bellissima: spostamento del mercato ortofrutticolo, restauro della stazione di Campo Marzio e arrivo di Esatto o Ferrovie al Meccanografico». A Dipiazza gli acquari piacciono molto: «Sono stato a Genova, Valencia e Lisbona, dove è stato straordinario accarezzare la pancia alle lontre. Sarà una grande attrazione: al museo ci vai una volta, all'acquario ci porti la famiglia nel weekend, gli amici che vengono da fuori». Il sindaco non è preoccupato dalla sostenibilità di una struttura che ha bisogno di un milione di turisti all'anno e già pensa a dove metterli: «Il programma elettorale prevede due mega parcheggi. Quello sotterraneo sotto il mercato ortofrutticolo e quello in Molo IV. Cui si aggiunge quello davanti alla Stazione marittima, sempre sottoterra». Il possibile sfidante Russo vuole vederci chiaro ma non boccia l'idea in partenza: «Bisogna essere pragmatici. Attendo di vedere le novità del progetto, per capire se possono essere superate le critiche arrivate in passato su sostenibilità economica e aspetti logistici. Il progetto deve rispondere alla visione della città della prossima amministrazione: in maniera molto laica aspetto di vedere carte e numeri, ma la presenza di privati qualificati è una buona notizia». Russo va nel concreto: «Serve un numero importante di visite, che oggi non ci sono e bisogna ragionare su come attrarre almeno 700 mila persone all'anno, facendolo inoltre senza ingolfare le Rive, per non creare disagio ai triestini. Dopo queste valutazioni, capiremo se si tratta di un progetto su cui merita investire». L'esponente Pd chiama in causa la giunta Fedriga: «Mi risulta che il progetto necessiti di un investimento di circa 10 milioni della Regione, che a oggi non vedo in bilancio. Vedremo se in tempi di Covid sarà possibile aprire un capitolo di spesa dedicato già nella prossima legge di bilancio». Boccia subito «la trovata circense senza strategia» la lista civica Adesso Trieste, che in una nota dice di non vedere «il vantaggio per la città, i triestini e gli animali. I fondi accantonati per la costruzione dalla Camera di Commercio dovrebbero ritornare a coloro che li hanno versati, perché oggi ne hanno particolarmente bisogno, come hanno ribadito con una petizione da più di 1.300 firme».

Diego D'Amelio

 

 

Abbraccia l'albero preferito per salvare il verde urbano - Domani l'iniziativa di Legambiente in sinergia con Il Ponte e Bioest
Un abbraccio finalmente non virtuale. Ma da dare singolarmente, per evitare assembramenti. Destinatari delle affettuose attenzioni, tutti gli alberi cittadini. In occasione della Festa dell'Albero che si svolge anche a Trieste domani nell'ambito della Giornata Nazionale degli Alberi, istituita nel 2013 con una legge che disciplina il verde urbano e rende effettivo l'obbligo per i Comuni di piantare un albero per ogni nuovo nato, Legambiente Trieste, in sinergia con le associazioni Il Ponte e Bioest, invita tutti a rendere omaggio al patrimonio arboreo cittadino. L'invito è a spedire una cartolina virtuale ad amici e parenti per sensibilizzarli sull'importanza di boschi e foreste e il loro fondamentale ruolo di polmone verde e/o di inviare via mail una o più foto (massimo tre) - scattate abbracciati al proprio albero preferito, anche per segnalarne lo stato di salute - a: info@legambientetrieste.it. Gli scatti saranno inseriti in una sezione dedicata e andranno poi a comporre un collage che verrà presentato il 28 novembre (misure anti Covid permettendo) durante un "Percorso sensoriale di foliage". Tutto questo in attesa di un concorso fotografico sul verde urbano che verrà indetto prossimamente. La "Festa dell'Albero" è la campagna di Legambiente per la tutela del verde e del territorio. Ogni anno, il 21 novembre, sulla scia di una delle più antiche cerimonie forestali che si realizza fin dal 1898, l'associazione promuove infatti una giornata di eventi per ricordare l'indispensabile contributo degli alberi alla vita del pianeta. Usualmente prevede iniziative pubbliche con la presenza delle scuole, la messa a dimora di nuovi alberi, conferenze a tema e letture dedicate. «Quest'anno - spiega Tiziana Cimolino del locale circolo di Legambiente - il contesto sanitario ci porta invece a modificare la modalità della celebrazione, intendendo comunque sottolineare l'importanza degli alberi nel contesto urbano, anche e soprattutto in un anno difficile come questo, attraverso un'iniziativa virtuale. Non potendo festeggiare in comunità, la richiesta è di scattare delle foto, che resteranno come ricordo della festa 2020, approfittando della bellissima colorazione che il fogliame presenta in questo periodo. Grazie al contributo degli amici dell'albero che invieranno le loro immagini riusciremo a realizzare un collage rappresentativo del patrimonio arboreo della nostra città». Ulteriori informazioni al 3287908116.

Gianfranco Terzoli

 

Le sfide per migliorare il pianeta al centro della Notte dei ricercatori
Focus su ambiente e salute. Incontri in diretta streaming sul sito del Piccolo, media partner dell'evento
C'è anche Trieste tra le centinaia di città europee pronte ad ospitare una nuova edizione, l'undicesima, della Notte dei Ricercatori. Un evento in programma dal 26 al 28 novembre e inserito nell'ambito del progetto "Sharper", Sharing Researchers' Passion for Evolving Responsibilities. Ad organizzare la tre giorni triestina sarà l'Immaginario Scientifico insieme al Comune e agli enti scientifici che hanno sottoscritto il protocollo d'intesa "Trieste Città della Conoscenza", e con il contributo del Piccolo in qualità di mediapartner. Incontri con i ricercatori, tour virtuali, giochi e collegamenti online riempiranno le giornate promosse dalla Commissione europea all'insegna dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu. L'obiettivo finale? Portare pace e prosperità a più persone possibili entro il 2030. «È con vero piacere che saluto l'avvio della Notte dei Ricercatori - ha affermato l'assessore all'Educazione Angela Brandi durante la presentazione di ieri -. Uno di quegli avvenimenti che, con Esof, Next e FabLab, dimostrano quanto la ricerca scientifica sia vivace e viva a Trieste». Chiunque potrà seguire le iniziative in live streaming su www.immaginarioscientifico.it e www.ilpiccolo.it. Al primo evento, giovedì 26 alle 18, "Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale: scenari attuali e futuribili" parteciperanno Alessandro Delfante dell'Università di Toronto e Guido Moradei, presidente di Aidb, l'Associazione italiana documentalisti brevettuali. «Poco più di un mese fa - ha detto Serena Mizzan, direttrice dell'Immaginario Scientifico - abbiamo inaugurato la nuova sede al Magazzino 26. Gran parte delle attività di questi giorni si svolgeranno qui e il pubblico potrà seguirci nella maratona che coinvolgerà i ricercatori supportati dai mediatori scientifici, oltre ad assistere online alle visite ai Centri di ricerca prenotabile su Zoom. Sarà anche possibile prendere parte ai giochi di scienza e ad un tour all'interno del Cern». Sincrotrone, Icgeb e Inaf saranno visitabili online anche dalle scuole che volessero collegarsi via web per scoprire, ad esempio, i segreti della macchina di luce Elettra e i tesori dell'Osservatorio astronomico. Venerdì 27, dalle 15.20, partirà l'evento principale della Notte: "A tu per tu con la ricerca: inseguendo gli obiettivi", il ciclo di quindici incontri brevi in cui ricercatrici e ricercatori spiegheranno com'è possibile costruire un mondo più giusto, sicuro e sostenibile con gli strumenti della scienza. Si parlerà di sovrapopolamento e scarsità dell'acqua, dell'Agenda dell'Onu 2030, delle migrazioni forzate e della ricerca in campo medico, della prevenzione nello studio dei tumori, delle nostre scelte alimentari e dell'inquinamento dei mari, dell'esplorazione dello spazio, di astrofisica e di molto altro. In Italia alla Notte dei Ricercatori, oltre a Trieste, hanno aderito anche Ancona, Cagliari, Camerino, Catania, L'Aquila, Macerata, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia, Terni e Torino.

Lorenzo Mansutti

 

 

Premio "E. Rosmann" sui temi dell'ambiente - Aperte le iscrizioni

C'è tempo fino al primo dicembre per partecipare al quarto premio ambientale "E. Rosmann", rivolto a studenti neo laureati e ricercatori e dedicato a tesi di laurea e altri studi accademici in materia ambientale e della sua salvaguardia. A promuoverlo è l'associazione ambientalista "Eugenio Rosmann", di Monfalcone, per valorizzare le professionalità di giovani laureati che hanno manifestato un particolare interesse nella ricerca e approfondimento di tematiche ambientali e naturalistiche. L'importo destinato al premio è di mille euro per il primo classificato e di cinquecento euro per il secondo, oltre a eventuali attestati per ulteriori lavori che saranno ritenuti meritevoli di menzione in base al giudizio della giuria. I premi sono resi possibili dal contributo dell'associazione Eugenio Rosmann, della Banca di credito cooperativo di Staranzano e Villesse e del comune di Monfalcone. In quest'edizione è stato aggiunto un premio di 300 euro promosso dal Club alpino italiano di Monfalcone, dedicato a una delle tesi candidate che abbia a oggetto la tutela dell'ambiente montano. L'ambito del concorso verte sul valore naturalistico e ambientale nel contesto territoriale, comprendendo anche gli aspetti scientifici, economici, sociali, urbanistici e della legislazione, con un focus particolare - ma non esclusivo - sulle regioni del Triveneto. Il bando e tutti i dettagli qui: www.ambientalistimonfalcone.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 novembre 2020

 

 

L'ente camerale compra Trieste Navigando e accelera sull'operazione Parco del mare
Rilevata la concessione demaniale dell'area della Sacchetta. Domani si svela il progetto. Icop, Costa e Iccrea nella partita
La pratica si era inabissata per mesi, ma ora un nuovo scossone riaccende le luci sulla realizzazione del Parco del mare. Con un rapido uno-due, la Camera di commercio ha acquistato la società Trieste Navigando, rilevando la concessione demaniale nell'area della Sacchetta, dopo che Soprintendenza e ministero dei Beni culturali hanno sbloccato i vincoli sull'edificazione dell'acquario nell'area della Lanterna. Il presidente Antonio Paoletti ha organizzato per domani la presentazione del progetto di costruzione della creatura che si è coccolato per oltre 15 anni e che ora potrebbe essere messa in cantiere dall'impresa friulana di costruzioni Icop e da Costa Edutainment, che gestisce l'acquario di Genova. Per l'aggiudicazione dei lavori servirà un bando di gara, ma al momento quella di IcopCosta è l'unica manifestazione d'interesse. Il ticket era uscito allo scoperto a inizio 2018 e negli ultimi mesi ha lavorato per dare corpo al piano, che sarà svelato appunto domani. Ci saranno anche i dirigenti di Banca Iccrea, disponibile a prestare le risorse per il project financing dei privati. «Esiste il sito ed esiste il finanziatore», gongolano dalle parti della Camera, che assapora ancora una volta la possibilità di far partire un'opera di cui si parla dal 2004. Dopo le polemiche sul mancato impiego degli otto milioni accantonati in questi anni dalla Camera di commercio, il Parco del mare potrebbe diventare l'asso nella manica di Paoletti, presidente alla ricerca del quinto mandato alla guida dell'ente. La società pubblica Trieste Navigando (controllata da Invitalia attraverso Italia Navigando) avrebbe voluto realizzare in Sacchetta un porticciolo turistico denominato Porto lido, di cui si sono perse le tracce. Aveva ottenuto regolare concessione demaniale, che ora viene assunta di fatto dalla Camera di commercio. Non è ancora dato ha sapere quanto l'ente abbia speso per l'operazione, che il mese scorso ha condotto in gran segreto all'acquisto di Trieste Navigando, di cui Paoletti dovrà coprire anche debiti per oltre un milione. Come spiega il presidente, «abbiamo creato i presupposti per poter ricevere un progetto da un raggruppamento privato». Può allora rimettersi in moto il piano di costruire un grande acquario nell'area ex Cartubi, oggi in condizioni di abbandono in fondo alla Sacchetta. Fondamentale sarà lo sblocco dei vincoli, che dal 1961 impediscono di edificare attorno alla storica Lanterna, di cui si dovrà capire quale sarebbe l'inserimento nel nuovo contesto urbanistico. Proprio il venir meno dei divieti paesaggistici (che avevano spento gli annunci di Paoletti su lavori pronti a cominciare a fine 2018) ha permesso alla Camera di rimettere mano all'acquisizione di Trieste Navigando, pianificata più di due anni fa. Resta il nodo della sostenibilità economica dell'acquario, che secondo i vecchi studi di fattibilità necessita di un milione di visitatori all'anno per non fare passivo. Il nodo dovrà essere sciolto dal piano di Icop-Costa. Se si aggiudicassero la gara, le imprese si incaricherebbero di realizzare e gestire il nuovo contenitore turistico. Alle loro spalle c'è la rete delle banche cooperative capitanata da Iccrea, che finanzierà l'opera con un prestito imponente e che ha erogato il mutuo da trenta milioni grazie al quale Icop ha costruito la Piattaforma logistica in porto. Il Parco del mare costa più di quaranta milioni: otto messi dalla Camera e quattro promessi dalle giunte Serracchiani e Fedriga, mentre mancano all'appello i nove milioni che CRTrieste aveva prima impegnato e poi ritirato. Se non interverranno sorprese, per i privati si tratterebbe di un investimento da una trentina di milioni. Il Parco del mare è andato incontro negli anni a una tormenta di polemiche. L'ultima in ordine di tempo è di un gruppo di imprenditori, che hanno raccolto 1.300 firme per chiedere alla Camera di commercio di distribuire ai propri iscritti gli otto milioni accantonati, dando così un po' di respiro alle categorie in difficoltà per la crisi Covid. Contrari sono stati finora il centrosinistra e associazioni come Wwf e Legambiente, avversi all'edificazione di una struttura che prima della Sacchetta era stata immaginata sul terrapieno di Barcola, al posto del mercato ortofrutticolo, accanto al Salone degli Incanti e in Porto vecchio. A luglio Legambiente ha perfino assegnato la non invidiabile "Onda nera" alla Camera di commercio. Un sondaggio del Piccolo mostra a sua volta una città polarizzata: metà a favore e metà contro. Paoletti accarezza l'idea dal 2004, quando propose il Parco del mare per dare una sferzata di ottimismo dopo la fallita candidatura di Trieste a sede dell'Expo. A gennaio il progetto è stato nuovamente appoggiato dal sindaco Roberto Dipiazza e dal governatore Massimiliano Fedriga. Saranno presenti entrambi domani, in quella che si annuncia come una conferenza in pompa magna, con gli interventi del presidente di Icop Vittorio Petrucco, del presidente di Costa Edutainment Giuseppe Costa, del direttore generale di Iccrea Carlo Napoleoni, della soprintendente Simonetta Bonomi e del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. Un parterre de roi: Paoletti si ricandiderà per la quinta volta alla guida della Camera della Venezia Giulia e rilanciarsi col Parco del mare potrebbe essere il modo per ravvivare la propria immagine dopo vent'anni al timone dell'ente.

Diego D'Amelio

 

«Il vincolo del '61 è stato rivisto ma la Lanterna resta sotto tutela»
La soprintendente regionale Bonomi conferma l'aggiornamento della norma che impediva nuove costruzioni nel raggio di 130 metri
Il caso«Il vincolo è stato aggiornato un anno fa. Non c'è più quello del 1961 che del resto è stato pesantemente disatteso. In quell'area si è costruito di tutto e di più. Il nuovo vincolo tiene conto dello stato di fatto». Simonetta Bonomi, soprintendente ai Beni artistici e architettonici del Fvg, parteciperà domani alla presentazione del Parco del mare promossa dalla Camera di commercio della Venezia Giulia. Quello che è certo è che il Parco del mare non dovrà più fare i conti con il vincolo di 59 anni fa che proibiva di edificare in un'area di circa 130 metri attorno al faro della Lanterna. «Non è diventata una zona di libera edificazione. C'è comunque un'area di rispetto attorno alla Lanterna, che non può essere soffocata. E ci sono altri limiti a partire dalle altezze. È stata fatta una revisione approfondita del vincolo», aggiunge la soprintendente, che assicura di non aver ancora visto il progetto del Parco del mare. «Sono molto curiosa di cosa ci faranno vedere venerdì (domani, ndr)», ammette Bonomi.L'aggiornamento del vincolo, dopo oltre mezzo secolo, era annunciato ed era un atto dovuto visto che nessuno o quasi l'ha rispettato. Il 13 giugno del 1961 il sottosegretario alla Pubblica istruzione Maria Maddaloni, su sollecitazione dell'architetto Benedetto Civiletti, allora alla guida della Soprintendenza di Trieste, firmò un decreto che impediva qualsiasi nuova edificazione nel raggio appunto di 130 metri dalla Lanterna. L'anno prima erano stati completati i lavori della Caserma Fratelli Bandiera della Finanza e probabilmente si volevano impedire nuove cementificazioni che andassero a soffocare la Lanterna. Cosa che non è accaduta. Il faro realizzato nel 1833 da Matteo Pertsch si trova assediato da pessime costruzioni. A scoprire il vincolo era stato due anni fa il presidente del Wwf giuliano, l'avvocato Alessandro Giadrossi. Ma ora il vincolo del 1961 è stato "svincolato" da Roma e non è più un ostacolo sulla via del Parco del mare. «La Lanterna stessa, che venne realizzata proprio dalla allora Deputazione di Borsa, verrà valorizzata attraverso la realizzazione del Parco del mare», assicura il presidente camerale Antonio Paoletti. A questo punto non resta che credergli.

 

 

Gli scogli burocratici frenano la riconversione della Ferriera
Il ministero dell'Ambiente sollecita il Mise a trasmettere l'Accordo di programma con il timbro della Corte dei conti: senza quello, niente conferenza dei servizi
I lavori di piccola demolizione dell'area a caldo della Ferriera da parte di Arvedi proseguono, ma la burocrazia potrebbe mettere lo zampino sul cronoprogramma della riconversione dello stabilimento di Servola. Servirà una rapida triangolazione fra due ministeri e la Corte dei conti o slitteranno le autorizzazioni necessarie per procedere con la messa in sicurezza dei terreni e la creazione dei piazzali del terminal che sostituirà altoforno e cokeria dopo il loro abbattimento. Lo spettro si affaccia con una lettera inviata il 10 novembre dal ministero dell'Ambiente a quello dello Sviluppo economico. Il ministero dell'Ambiente chiede al Mise di trasmettere copia dell'Accordo di programma «debitamente registrata dagli organi di controllo». Si tratta della bollinatura di rito dalla Corte dei conti, che evidentemente manca. La richiesta dell'Ambiente è stata spedita la prima volta il 27 agosto e due mesi dopo il ministero sollecita «la trasmissione dell'Adp ovvero di informazioni sulle tempistiche». Il ministero ha «urgenza», perché la vidimatura del testo firmato da Arvedi, Icop-Plt, Regione, Comune e Autorità portuale «costituisce presupposto per l'approvazione della documentazione progettuale già pervenuta». Senza la pezza d'appoggio, l'Ambiente non potrà cioè convocare la conferenza dei servizi che deve dare l'ok al percorso di riqualificazione che spetta a Icop. L'inghippo non viene negato dal Mise: la conferenza dei servizi doveva essere indetta entro fine novembre, ma ad ora risulta solo una riunione telematica convocata nei prossimi giorni dai funzionari del Mise per affrontare il nodo del ritardo. Il mancato via libera della magistratura contabile blocca anche Invitalia, che dovrà mettere in circolo i 41 milioni necessari per le opere di barrieramento a mare affidate alla parte pubblica. La Regione si sfila da ogni responsabilità: la palla è dei ministeri e l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro assicura di voler «comprimere i tempi al minimo. Nonostante qualche ritardo a Roma, i miei uffici hanno avviato l'iter per la modifica dell'Aia, relativo alla gestione dei rifiuti dello smantellamento dell'area a caldo, che dovrebbe concludersi entro l'anno». Ritardi si segnalano anche sulla nomina dei componenti del comitato tecnico previsto dall'Adp per verificare l'andamento della riconversione. Lo denunciano i sindacati che, stavolta unitariamente dopo mesi di schermaglie, chiedono «la convocazione del tavolo per valutare il piano industriale di Arvedi relativo a smantellamento, riconversione della centrale, cessione delle attività di banchina, ampliamento dell'area freddo e riqualificazione delle maestranze». Secondo Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb ci sono «assordanti silenzi e ritardi sullo sviluppo dell'Adp» e ciò alimenta «le preoccupazioni dei lavoratori sulle tempistiche previste» per l'ingrandimento del laminatoio e la formazione conseguente del personale.

Diego D'Amelio

 

 

Albo degli alberi monumentali - Entrano i due cedri di Gradisca
Oltre alle due piante della Spianata c'è anche un platano del parco della Rotonda - Il riconoscimento dello Stato dà diritto anche a una somma per le manutenzioni
GRADISCA. Ci sono anche tre essenze arboree gradiscane fra i 380 nuovi alberi monumentali "certificati" dal ministero dell'Agricoltura nell'anno in corso. Si tratta dei due celebri cedri dell'Himalaya che troneggiano al parco della Spianata e di un imponente platano sito al parco della Rotonda, per i quali gli esperti hanno stabilito esserci tutte le caratteristiche di storicità, importanza storico culturale e rilevanza arborea necessarie per entrare nell'esclusivo "club" delle piante monumentali riconosciute.«Un'appartenenza che non sarà solo simbolica - spiega l'assessore comunale all'Urbanistica, Alessandro Pagotto -: il riconoscimento dà diritto anche a una somma, garantita con continuità negli anni, che lo Stato gira ai Comuni per la manutenzione degli alberi monumentali. Credo sia un bel riconoscimento per il patrimonio paesaggistico della città, in particolare per quanto concerne i cedri che sono un po' il biglietto da visita dei nostri parchi». Con oltre 80 mila metri quadrati di parchi e giardini, la cittadina della Fortezza conta su un patrimonio ineguagliabile. Ben oltre un migliaio di essenze arboree, in prati e giardini, molti dei quali pubblici: la Rotonda, la Spianata, la Pineta, impreziosite dai tipici ippocastani e pini secolari.Un tempo erano tre i cedri della Spianata di piazza Unità d'Italia. Ma uno venne dolorosamente sacrificato nel 2009, gravemente malato a causa di un'infezione fungina. Le piante dominano i giardini dal lontano 1908. Proprio nell'anno del loro genetliaco numero 110, invece, uno dei due alberi superstiti venne colpito da un fulmine. Quest'anno, in pieno lockdown, erano stati invece interessati da un delicato lavoro manutentivo: ne erano state sfoltite le chiome e si era provveduto a sostituire fasce e funi che fungono da tiranti per dare stabilità alle due essenze arboree, in quanto ormai "rilassate" e usurate nel tempo. Un problema di sicurezza e, a questo punto, anche di tutela di un patrimonio storico e culturale.Intanto, sempre sul fronte della manutenzione del verde pubblico, la giunta Tomasinsig ha deciso per un aggiornamento del "Piano comunale del verde" lanciato ormai 5 anni or sono. Aggiornamento reso necessario, oltre che dallo scorrere del tempo, anche dalle conseguenze del maltempo di quest'estate che aveva evidenziato la criticità di molte piante. «Con una somma complessiva di 30 mila euro andremo ad aggiornare il piano con una ditta specializzata - spiega Pagotto - e a prevedere eventuali potature, abbattimenti e rigenerazioni. Partiremo dai punti più critici: Mercaduzzo, parte iniziale di via Aquileia e sue laterali». Lo studio metterà sotto i riflettori decine e decine di essenze arboree, stabilendone lo stato di salute, la stabilità, il grado di pericolosità.

Luigi Murciano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 novembre 2020

 

 

AMBIENTE - Il grifone salvato a Cherso vive a Plitvice

FIUME. È stato salvato nel luglio del 2019 mentre stava annegando nel braccio di mare di fronte l'isola di Cherso. Ad evitargli la tragica fine erano stati alcuni pescasportivi che poi avevano saggiamente portato il giovane esemplare al Centro recupero grifoni di Caisole (Beli), sull'isola di Cherso. In questa struttura, Fojiska, uno splendido avvoltoio dalla testa bianca, è rimasto fino allo scorso mese di maggio, per poi riottenere la libertà. Dotato di gps, il maestoso volatile - simbolo della citata isola quarnerina - ha vissuto per qualche settimana nei cieli di Sarajevo, capitale della Bosnia - Erzegovina, per poi stabilirsi in Lika, la selvaggia regione a est di Fiume, per la precisione nel Parco nazionale dei Laghi di Plitvice, dove l'ultimo grifone era stato avvistato 21 anni fa, nel 1999. Il direttore del parco, Tomislav Kovacevic, si è detto orgoglioso della presenza del rapace in quest' area.

A.M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 17 novembre 2020

 

Altre casette dell'acqua in città - Dopo Roiano, ecco Valmaura
Fino al 25 novembre per fruire dei nuovi erogatori non servirà pagare nulla, dopo il costo sarà di sei euro al litro. A breve ne sorgerà uno anche in via Locchi
Cresce il numero di casette dell'acqua in giro per la città. Dopo la recente installazione avvenuta a Roiano, in via dei Moreri, da oggi anche il rione di Valmaura sarà dotato di una di queste strutture per l'erogazione dell'acqua a costo minimale, in un percorso che nel breve tempo vedrà sorgere altri impianti in giro per la città. «Ultimata una prima fase sperimentale che ha visto l'installazione di tre erogatori fra Borgo San Sergio, Rozzol Melara e San Giovanni - spiega l'assessore Elisa Lodi - prosegue il previsto piano comunale relativo alla posa di ulteriori tre casette dell'acqua». La fornitura sarà della ditta ProAcqua Group srl di Rovereto (Tn) e vedrà, nelle prossime settimane, la realizzazione di una nuova casetta anche in via Locchi.L'acqua sarà disponibile a un costo molto vantaggioso, di sei centesimi al litro. Fino al prossimo 25 novembre, però, sia nella casetta dell'acqua di via dei Moreri che nella sua gemella di via Valmaura 7, l'acqua verrà erogata in modo del tutto gratuito, microfiltrata, naturale o gasata, sempre gradevolmente fresca. Trascorso questo periodo, l'acqua potrà essere prelevata acquistando una tessera negli esercizi commerciali adiacenti al mini-impianto. Con la stessa tessera i cittadini potranno prelevare l'acqua anche dalle oltre 200 fontane ProAcqua sparse sul territorio italiano. Per trovarle basterà scaricare l'app "ProAcqua" su telefonini o tablet. «L'iniziativa vuole promuovere la qualità e la sicurezza dell'acqua pubblica - sottolinea Lodi - esaltandone le caratteristiche di qualità e sicurezza. Inoltre punta a ridurre il consumo e lo smaltimento delle bottiglie di plastica, consentendo anche di diminuire le emissioni inquinanti dovute al trasporto dell'acqua nelle bottiglie». Ogni mese, infatti, le singole casette gestite dalla ProAcqua City erogano una media di 30 mila litri d'acqua, che consentono così un risparmio di 800 chili di plastica, pari a 20 mila bottiglie di pet, evitando l'immissione in atmosfera di 250 chili di anidride carbonica per la produzione delle stesse e di ulteriori 750 chili per la loro movimentazione.

Lorenzo Degrassi

 

 

«Il mio campo resta vittima dei cinghiali» Il frutticoltore Ferluga ribussa in Regione

«Sono cacciatore ma non posso abbatterli. Ristori offerti irrisori» La replica: «Pronto un recinto trappola ma lui ha cambiato il lucchetto d'accesso al terreno»

TRIESTE. È sempre guerra con i cinghiali per Vincenzo Ferluga, ultimo superstite, nella zona di Pisc'anzi, sopra Roiano, di una categoria ormai in via di estinzione, quella dei frutticoltori. Da anni questi animali, sempre più aggressivi, gli distruggono gli alberi da frutta. Ferluga si è rivolto in più occasioni alla Regione, che ha la competenza per le aree agricole. «Ho chiesto di poter procedere in autonomia al loro abbattimento visto che sono cacciatore - spiega Ferluga - ma mi hanno risposto di no. Ho allora domandato un risarcimento, perché ogni anno perdo dai 40 ai 60 alberi a causa dei cinghiali, ma le cifre che mi hanno proposto non esito a definirle irrisorie e fuori mercato».Da mezzo secolo Ferluga lavora un appezzamento di terra dotato di circa 600 piante da frutta, che danno soprattutto susine e amoli, ereditato da uno zio che, prima di lui, faceva lo stesso lavoro. «Oramai - evidenzia Ferluga, oggi 68enne - sono all'ordine del giorno gli attacchi alle mia piante da parte dei cinghiali, che si avvicinano alla città sempre di più, anche perché si moltiplicano a dismisura. Ed essendo molto numerosi sul territorio, sono di conseguenza costretti a cercare il poco cibo che c'è in giro nel circondario di Trieste, assaltando anche i miei terreni».Dalla Regione però arrivano le spiegazioni di Dario Colombi, vicecapo del Servizio caccia e risorse ittiche: «La legge non ammette deroghe per quanto riguarda l'abbattimento, riservato esclusivamente alla Guardia forestale, perciò la qualifica di cacciatore non legittima Ferluga a esercitare quest'attività. Ricordo poi - aggiunge Colombi - che avevamo predisposto un recinto trappola nel terreno di Ferluga, proprio su sua richiesta, capace di ingabbiare anche una ventina di cinghiali alla volta, ma a un certo punto, per ragioni che non conosciamo, lo stesso Ferluga ha cambiato il lucchetto all'ingresso, impedendoci di fatto di entrare e rifiutando di spiegare il perché di tale suo comportamento. Per quanto concerne infine l'entità dei risarcimenti che Ferluga contesta - conclude il funzionario regionale - non possiamo fare altro che applicare la legge, che ne definisce l'ammontare, perciò le sue proteste al riguardo sono inutili, perché la Regione nulla può sull'argomento».

U.SA.

 

 

Rabuiese, Noghere e Vignano ripulite grazie ai volontari - iniziativa di Mujaveg con amici delle nutrie e comune
MUGGIA. Grandi pulizie sabato scorso a Muggia - in particolare nei pressi del torrente che attraversa la zona commerciale di Rabuiese, dei laghetti delle Noghere e della zona del bosco di Vignano - da parte dei volontari dell'associazione MujaVeg, con la partecipazione di alcuni membri del gruppo che alimenta la pagina Facebook dedicata alle nutrie del Rio Ospo e con la collaborazione dello stesso Comune di Muggia. Gli interventi di pulizia si sono realizzati in due momenti della giornata: uno la mattina e l'altro nel pomeriggio. Risultato: trenta sacchi di rifiuti riempiti e "sottratti" alla natura. «La mattina siamo intervenuti nella zona del centro commerciale Arcobaleno di Rabuiese - spiega Christian Bacci, attivista di MujaVeg - in un tratto del torrente omonimo, dove abbiamo raccolto sostanzialmente guanti e sacchetti». Nel primo pomeriggio il gruppo si è spostato verso i laghetti delle Noghere e il bosco di Vignano, per raccogliere vestiti e zaini lasciati dai migranti in transito. L'iniziativa è stata realizzata, come detto, con il supporto del Comune di Muggia, che ha messo a disposizione la piazzola ecologica per i materiali riciclabili e alcuni contenitori stradali per il secco residuo. L'occasione è stata quindi utilizzata anche per una rapido saluto tra i volontari con un rinfresco, ovviamente vegano, tenuto conto delle ultime restrizioni. «Ancora una volta - rimarca il sindaco Laura Marzi - il volontariato interviene nel prendersi cura della città con un gesto che è testimonianza dello spirito che anima i nostri concittadini e che è per tutti noi motivo di orgoglio. Una solidarietà dei fatti, non delle parole, quella di persone normali che, ancor più in questo difficile periodo, danno dimostrazione dell'importante senso di comunità che sta alla base della nostra Muggia».

Luigi Putignano

 

 

MONFALCONE - Trovati idrocarburi pesanti e un serbatoio un metro sotto la centrale termoelettrica
Individuati da A2A durante verifiche preliminari per la realizzazione del Turbogas. In campo l'Arpa per l'iter della bonifica
Idrocarburi pesanti nel sottosuolo della centrale termoelettrica cittadina. La scoperta è avvenuta nel corso di indagini preliminari alla progettazione esecutiva della opere civili relative al nuovo impianto Turbogas. L'evento di inquinamento è stato rilevato in particolare nel terreno corrispondente al serbatoio 2, a circa un metro di profondità. La circostanza ha richiesto un approfondimento delle indagini, e quindi un necessario ampliamento della procedura legata all'attività di bonifica. In campo, dunque, l'Arpa Fvg, l'iter è tuttora aperto, proseguendo con le opportune verifiche. L'azienda aveva infatti comunicato alle autorità e istituzioni preposte che nell'ambito degli interventi nell'area era stato notato l'inquinamento del sottosuolo. Da qui il coinvolgimento di Arpa che, attraverso i propri tecnici, aveva eseguito un sopralluogo alla centrale e avviato i relativi prelievi al fine di accertare la tipologia di inquinamento e la concentrazione dell'elemento inquinante. Durante il sopralluogo era emerso che l'inquinamento in questione si trovava a circa un metro di profondità nel terreno, ricoperto di cemento; appariva uno strato scuro, l'odore riconducibile a idrocarburi. L'esito delle analisi aveva confermato la presenza nel sottosuolo degli idrocarburi pesanti, per i quali erano stati accertati valori superiori ai limiti di legge. Le misurazioni e le analisi effettuate dai tecnici di Arpa sono avvenute "in parallelo" con quelle della stessa A2A Energiefuture, tramite i propri operatori specializzati. Una duplice attività ai fini del confronto tra le indagini dell'ente pubblico e dell'azienda proprietaria del sito. I dati prodotti da Arpa e da A2A erano risultati concordi. È pertanto seguito l'ampliamento della procedura dovendo intervenire con ulteriori sondaggi volti a stabilire l'estensione effettiva dell'inquinamento e le relative caratteristiche, utili ad una bonifica completa del terreno interessato dalla presenza degli idrocarburi. L'attività di bonifica dell'area ha riservato un ulteriore imprevisto. Nel corso del sopralluogo da parte dei tecnici di Arpa Fvg nella zona corrispondente al serbatoio 2, è stato visionato un serbatoio interrato del quale prima della effettuazione dei sondaggi si ignorava la presenza, la stessa A2A Energiefuture non ne era a conoscenza. Potrebbe trattarsi di un vecchio serbatoio adibito a riserva di gasolio, ma sarà Arpa Fvg a implementare le verifiche anche in questo caso, al fine di approfondire la situazione, dalla valutazione circa le dimensioni del serbatoio alla presenza di elementi o tracce inquinanti, allo stato del fondo del terreno sul quale poggia il deposito, e quindi se sia necessaria o meno la relativa bonifica. Il tutto sempre "in parallelo" con le stesse indagini da parte dei tecnici specializzati dei quali si è dotata l'azienda, a titolo di confronto. Certo è che le ulteriori "espansioni" della procedura comportano prolungamenti delle tempistiche, ma anche ulteriori costi a carico di A2A.Di tutti questi aspetti è stato messo al corrente anche il Comune di Monfalcone. L'assessore all'Ambiente, Sabina Cauci, ha osservato: «Le indagini avviate sono da considerarsi importanti e significative, perché permettono un'opera di bonifica più attenta e approfondita. Ritengo pertanto che l'impegno assunto dall'azienda A2A nell'eseguire le verifiche nella propria area produttiva interna vada riconosciuto. Sono procedure che richiedono tempi lunghi, e costi, ma rappresentano una garanzia di rispetto e tutela».Il rilevamento di idrocarburi nel sottosuolo non è il primo evento di inquinamento riscontrato nell'ambito dell'attività di bonifica dell'area della centrale termoelettrica. Altre indagini suppletive si erano rese necessarie infatti a seguito della presenza di vanadio individuata sotto il serbatoio 5 (il vanadio è presente naturalmente negli idrocarburi) in concentrazioni superiori alla soglia massima consentita che interessavano una superficie di circa mille metri quadrati, ricoperta di calcestruzzo, per le quali erano state attivate le necessarie procedure. A2A, presente a Monfalcone dal luglio 2009, aveva chiuso l'attività produttiva che utilizzava gli impianti alimentati ad olio combustibile già nel 2012 (Gruppi 3 e 4). L'azienda aveva istruito la procedura culminata nel marzo 2019 nel progetto di bonifica, che era stata effettuata tra settembre dello scorso anno fino a febbraio 2020.

Laura Borsani

 

Gli ambientalisti: «Troppe incognite sul futuro del sito» - l'associazione Rosmann
«Siamo gli ultimi in Italia a bruciare carbone (anche se la centrale - non strategica per Terna - è ferma da mesi e sottoutilizzata da anni), tra 25/30 anni, a fine ciclo della nuova centrale, saremo gli ultimi a bruciare gas. Un'opzione sul futuro che legherebbe il monfalconese a un modello di industria pesante tipica del secolo scorso, con scarse prospettive verso forme economiche più moderne e sostenibili». Lo sostiene l'associazione ambientalista "Eugenio Rosmann", che aggiunge: «Il mantenimento di un grande polo energetico a Monfalcone sarebbe di ostacolo ad attività come turismo, diportistica, termalità, portualità, che potrebbero equilibrare il tessuto economico cittadino troppo sbilanciato verso il settore industriale». E ancora: «Se il progetto ottimisticamente si propone di "ridurre a quasi un terzo le emissioni di anidride carbonica (t di CO2/MWhe), grazie alla maggiore efficienza", con l'aumento di potenza del 256% rispetto all'assetto attuale si può dire che la quantità di CO2 sarà pressoché invariata. Ciò in netto contrasto con gli impegni dello Stato in materia di riduzione delle emissioni climalteranti. In aggiunta si è prospettata l'ipotesi della co-combustione dell'idrogeno insieme al gas che pone molte altre domande.

 

 

Chiazza oleosa lunga 300 metri - Interdetto il Canale Est Ovest - l'ordinanza urgente
Una scia di materiale oleoso, con ogni probabilità idrocarburi, lunga quasi come tre campi di calcio messi uno vicino all'altro, ha provocato da domenica e fino a ieri alle 17 il blocco della navigazione sul canale Est Ovest. L'interdizione è avvenuta per ordinanza sindacale, dopo che si è reso evidente la difficoltà di contenere lo sversamento accertato sabato mattina, per il quale non sono state sufficienti le panne assorbenti in dotazione alla Protezione civile monfalconese, chiamata - come prassi - a intervenire per arginare il pericolo e impedire lo sfocio a mare dell'ampia chiazza. Difficile, rifletteva ieri mattina il comandante della Polizia locale Rudi Bagatto, accorsa alla periferia est dopo la segnalazione dell'inquinamento sulle acque interne cittadine, quantificare con precisione l'entità del materiale trovato su quegli specchi acquei. Si sa però che la scia, in lunghezza, raggiunge tranquillamente i trecento metri. E resta ignoto il responsabile dell'accaduto, ma le indagini sono state avviate dagli agenti del comando di via Rosselli, per risalire alla sua identità. L'Arpa è stata chiamata a rilevare ed esaminare il materiale oleoso rinvenuto in mare, dunque si attendono gli esiti dei prelievi. A ogni modo una delle ipotesi formulate dagli esperti tenderebbe a ricondurre lo sversamento a operazioni di lavaggio della sentina, «che però ovviamente non si possono condurre nel canale», precisa il comandante Bagatto. L'altra eventualità presuppone un guasto accidentale del motore di un'imbarcazione, per ora appunto sconosciuta. In ogni caso un danno non da poco, anche perché per il contenimento della macchia si è dovuto ricorrere a una ditta privata specializzata di Trieste: le panne della Protezione civile, solitamente sufficienti ad arginare situazioni come questa, stavolta non sono bastate. Per consentire le operazioni di bonifica il sindaco ha emesso domenica specifica ordinanza, di carattere contingibile e urgente, per interdire la navigazione lungo il canale, ripresa ieri alle 17. «Se individuato - conclude Bagatto - il responsabile sarà chiamato a rispondere di inquinamento ambientale, colposo o doloso, a seconda che il fatto sia di natura accidentale, dovuto per esempio a un guasto, o meno».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 16 novembre 2020

 

 

Recovery Fund per il Porto vecchio - In ballo sette progetti per 67 milioni
Il Comune punta su cinque immobili e due spazi aperti per incassare i fondi tramite il ministero: risposte decisive a gennaio
I soldi del Recovery Fund per il Porto vecchio di Trieste. Si tratta di un sogno per il momento stimato in 67 milioni di euro, al quale si sta lavorando a più livelli: governativo, parlamentare e locale. In questi mesi la deputata del Pd Debora Serracchiani si è resa parte attiva con il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, affinché l'area rientri nella "top ten" delle attrazioni turistiche italiane che potrebbero beneficiare del fondo europeo per la ripresa: «Franceschini sta lavorando a un grande progetto che riguarda una decina di siti, considerati attrattori turistico-culturali di livello nazionale - spiega la parlamentare -. L'Arsenale di Venezia, ad esempio, o l'ex Manifattura Tabacchi di Palermo. È un'ipotesi di lavoro. Con il ministro ci stiamo adoperando per farvi rientrare pure il Porto vecchio». Per questo motivo gli uffici del sindaco, Roberto Dipiazza, nei giorni scorsi hanno presentato una bozza preliminare a Roma: se sarà accettata, a gennaio 2021 il Comune avvierà la progettazione definitiva, mentre il cantiere si dovrebbe svolgere tra il 2023 e il 2026. «Mi ha telefonato Franceschini - racconta Dipiazza - e mi ha chiesto se avevo pronto un progetto, dal momento che ci potrebbero essere dei fondi disponibili. Ho risposto di sì: quello che avevo già sottoposto a Serracchiani quando è venuta la commissione da Roma a farci i complimenti per come abbiamo usato i 50 milioni (stanziati dallo stesso Franceschini nel 2016, con Serracchiani governatrice, ndr)». Il sindaco si riferisce a un episodio avvenuto a novembre 2019: subito dopo, a marzo 2020, Dipiazza aveva chiesto all'esecutivo una cifra analoga, sempre per il Porto vecchio. Adesso potrebbe arrivare. «È un progetto di questi ultimi mesi - prosegue Dipiazza -. Con Serracchiani sono sempre rimasto in rapporti di collaborazione: per me è importante che le cose si facciano. Ho messo a disposizione il mio uomo di fiducia, Giulio Bernetti (direttore del dipartimento Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità del Comune, ndr). Aspettiamo i risultati». Bernetti spiega di aver appena inviato a Roma un progetto preliminare, che prevede innanzitutto la riqualificazione di cinque immobili considerati alla stregua di beni culturali: la vecchia locanda, la rimessa locomotive, i Magazzini 19 e 20 nonché i varchi monumentali all'ingresso di largo Città di Santos. Sono messi in conto pure interventi su due spazi aperti: il viale monumentale e il cosiddetto parco lineare. Il primo, detto anche «viale dei congressi», corre tra i magazzini del nuovo centro congressuale completato per Esof, partendo dalla rotatoria di Barcola. Qui si vogliono costruire una pista ciclabile e due ampi marciapiedi pedonali, da far correre tra la prima e la seconda fila di edifici, proseguendo fino all'altro capo del Porto vecchio, in modo da mettere in comunicazione Barcola e il centro città. Saranno inoltre recuperati i binari e piantati nuovi alberi. Il parco lineare passa invece tra la seconda e la terza fila di edifici: si chiama così perché è di fatto un parco, di forma inusualmente allungata, dove si vuole creare una vera e propria area verde attrezzata per l'attività sportiva, che a sua volta collegherà Barcola e città. Le infrastrutture saranno dotate di fibra ottica e luminarie. Intanto Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio regionale e candidato in pectore del centrosinistra per le amministrative del 2021 a Trieste, ha ottenuto rassicurazioni sull'arrivo dei finanziamenti: «A Roma (la scorsa settimana, ndr) ho incontrato il ministro Franceschini e la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. Ho chiesto garanzie sull'uso del Recovery Fund anche per il nostro territorio. De Micheli mi ha detto che una parte importante dei 4 miliardi assegnati al suo dicastero sarà dedicata a portualità e logistica di Trieste e del Fvg. Franceschini ha confermato l'impegno a intervenire nuovamente sul Porto vecchio: restano da definire quantum e specifiche della progettualità. Perché l'Europa accetti la richiesta, bisogna rispettare parametri ben precisi. Ma manca ancora una visione complessiva per il fronte mare, che tenga conto di sostenibilità energetica e così via: ora maggioranza e opposizione prendano un impegno assieme».

Lilli Goriup

 

E la Regione prepara il suo piano per intercettare gli aiuti europei

Nella settimana di commissioni online in seno al Consiglio regionale è prevista un'informativa dell'assessore Zilli sullo strumento dell'Ue
Nella settimana dedicata alle commissioni per i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia, con sedute in modalità telematica (la loro pubblicità sarà garantita grazie alla diretta streaming audio-video sul sito web del Consiglio stesso), si parlerà anche di finanza e Recovery Fund oltre che di studio universitario e porto di Monfalcone. L'appuntamento è per giovedì, quando si riunirà la Prima Commissione presieduta da Alessandro Basso (Fdi), inizialmente integrata dai presidenti delle altre commissioni e convocata alle 10 per l'approvazione del Bilancio consolidato della Regione 2019, mentre nella sua composizione regolare verrà chiamata ad ascoltare un'informativa dell'assessore regionale alle Finanze Barbara Zilli proprio in merito al Recovery Fund e ai progetti strategici da finanziare. Subito dopo, la commissione esprimerà un parere sulla delibera di giunta concernente le modifiche al Regolamento del 2004 sull'organizzazione dell'amministrazione e degli enti regionali.«Nel contesto di uno spirito di leale collaborazione, per questa amministrazione è prioritario il coinvolgimento degli enti locali, oltre che di tutte le forze politiche rappresentate nelle istituzioni del territorio, nel processo finalizzato alla redazione del Piano progettuale da presentare al governo per il Recovery Fund. In quest'ottica, inoltre, è altrettanto importante per la giunta che al lavoro iniziato dalle direzioni si affianchi l'essenziale contributo della competente commissione consiliare», la prima dichiarazione programmatica di Zilli a fine settembre. In preparazione di una prima proposta di documento regionale, è stato dato mandato alle direzioni centrali di raccordarsi con i propri interlocutori privilegiati sul territorio in modo da esprimere progetti di investimento di ampia portata, condivisi con il partenariato e che presentino le caratteristiche di adeguata maturità progettuale e avanzato livello di progettazione, al fine di garantire le tempistiche fissate dalla Commissione europea, che prevedrebbero impegni entro il 2023 e la spesa entro il 2026. «La prima versione della proposta regionale - ha spiegato Zilli - dovrà necessariamente contenere pochi progetti ma di elevata strategicità e impatto».

 

 

L'ok ambientale in giunta accelera il patto con Regione e Authority
Il via libera alla Vas legittima il sindaco a firmare l'accordo di programma sulla gestione dell'area
La giunta comunale approva la Valutazione ambientale strategica (Vas) sul Porto vecchio e il sindaco Roberto Dipiazza è legittimato a firmare l'accordo di programma, che, d'intesa con Regione Fvg e Autorità portuale, definisce la "governance" dei 65 ettari tra il Molo IV e il terrapieno di Barcola. Il punto cardine della riqualificazione è l'articolazione del grande spazio in quattro sistemi: procedendo dal centro verso Nord troviamo la zona mista (residenziale-turistica-commerciale), la zona dei moli (che resta competenza dell'Autorità), la zona espositivo-culturale, la zona ludico-sportiva. Avanti allora - spiega il direttore dipartimentale Giulio Bernetti - con variante urbanistica, distinzione tra proprietà pubblica e quella alienabile, statuto del consorzio (controllato al 52% dal Municipio): finalmente scopriremo quanti posti ci saranno nel cda.Ma se Dipiazza ha ottenuto il via libera, dovrà comunque coordinarsi con gli autografi di Massimiliano Fedriga e di Zeno D'Agostino. L'accordo di programma, una volta firmato dal primo cittadino, sarà ratificato (o meno) entro 30 giorni dal Consiglio comunale, senza dibattito. Il procedimento di Vas era stato avviato nel settembre del 2019, avendo coinvolto nell'iter Arpa, Soprintendenza, Azienda sanitaria. A giugno una prima recezione da parte della giunta comunale, poi, una volta pubblicato in luglio nel bollettino della Regione, nei 60 giorni a disposizione della cittadinanza il documento ha attirato 14 osservazioni. A presentarle Roberto Dambrosi per "Un'altra città", Italia nostra, Giulio Taccheo, Territorio libero di Trieste, Regione Fvg (Ambiente), Stefano Caprin, Nicola Falconetti, Laura Famulari come segretario provinciale del Pd, Arpa, Gianfranco Depinguente per Italia viva Fvg, Ordine degli architetti, Studio Metroarea. Qualcuna è stata recepita, la gran parte no. Frequenti le richieste di ottenere ulteriore tempo per l'analisi delle carte. Trasportistica in primo piano: ricorrente l'attenzione (perlopiù critica) alla cosiddetta "ovovia", l'impianto a fune che nei desiderata comunali dovrebbe collegare centro, Porto vecchio, Opicina. Evidenze inoltre sull'utilizzo della ferrovia all'interno del compendio e sugli impatti producibili dal traffico rotaia/mare. Chiarimenti poi sulla prestazione energetica degli edifici, sui rumori, sulla gestione dei rifiuti. Interessa dal punto di vista tecnico-progettuale la possibilità dei cosiddetti "collegamenti aerei" tra gli stabili. Il Tlt, oltre che sul presupposto giuridico dell'area, ha obiettato sull'ampiezza della zona inquinata e sulla rete fognaria. Non sono mancati momenti più leggeri, come la conversione della "vecchia locanda" in ristorante-caffetteria-bistrot con infopoint. Strepitosa la richiesta, a cura del Servizio valutazioni ambientali della Regione, di un adeguato monitoraggio dedicato alla presenza dei chirotteri, che potremmo tradurre nel più divulgabile pipistrelli.

Massimo Greco

 

 

Il progetto dell'ovovia torna in commissione - La seduta
Secondo atto in Sesta commissione, alle 10 di martedì 24 novembre, per il progetto dell'ovovia Opicina - Bovedo. Il presidente della commissione Salvatore Porro ha convocato per quel giorno un'altra seduta online dedicata all'argomento dopo quella svoltasi di recente, in cui tecnici e giunta hanno illustrato il progetto. La seconda seduta permetterà ai consiglieri di approfondire la questione con domande e interventi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 15 novembre 2020

 

 

Vanno a pesca di calamari e avvistano un Pesce Luna che corteggia la loro barca
Raro esemplare incontrato da due cormonesi a 6 miglia dall'isola: «Pensavamo fosse una verdesca, gli abbiamo dato degli scampi»
Grado. Non volevano credere ai loro occhi. E quando si sono accorti che, sì, quello di fronte a loro era davvero un rarissimo esemplare di Pesce Luna, l'emozione li ha travolti e hanno accompagnato il loro singolare visitatore per un po' offrendogli anche degli scampi."Guarda che luna, guarda che mare" cantava Fred Buscaglione, e potrebbero essere proprio queste note quelle perfette per raccontare quanto accaduto a pochi chilometri da Grado. La scena che il cormonese Marco Tami e l'amico Filippo Tagliafierro hanno vissuto e ripreso con un cellulare l'altra mattina al largo dell'isola è stata davvero da raccontare ai posteri. «Stavamo pescando calamari a circa 6 miglia a Sud-Sud/Ovest di Grado - racconta Tami - quando abbiamo visto una pinna dorsale fuori dal pelo dell'acqua ipotizzando uno squalo/verdesca, ma poi si è avvicinato e ha compiuto due giri completi a meno di un metro attorno alla barca, placido e tranquillo: era uno splendido esemplare di Pesce Luna, lungo circa due metri e dal peso stimato di 200 chilogrammi».Nel video si vede l'animale avvicinarsi alla barca e girarci lentamente intorno: sembra quasi accompagnare i due pescatori, che non credono ai loro occhi nel poter osservare così da vicino un esemplare splendido. «Il Pesce Luna - continua Tami - è il più grande nonché uno dei più pesanti tra i pesci ossei: gli adulti possono superare i mille chilogrammi, arrivando anche a duemila in taluni casi». La particolarità dell'avvistamento avvenuto l'altro ieri al largo di Grado sta tutta nel fatto che il Pesce Luna sia un animale che ha il suo habitat preferito nelle acque tropicali del Su ed in quelle temperate: «Ma può anche arrivare in mari più freddi in certi casi - sottolinea Tami -. È un pesce che ha inoltre un'altra caratteristica particolare: è estremamente longevo». Si ritiene infatti che possa superare i cento anni d'età.La visione del grande pesce originario di mari più caldi fa il paio con un altro avvistamento avvenuto qualche giorno fa al largo di Trieste, quando alcuni ricercatori di Morigenos avevano filmato due splendide balenottere pinna, tra gli animali più grandi del pianeta. Insomma, l'Alto Adriatico conferma di essere luogo amato da diverse specie marine. Ora, dopo le balenottere, il Pesce Luna, il cui nome scientifico è "Mola mola". In inglese anche "sunfish" per il fatto che durante le giornate di sole tende a salire alla superficie dell'acqua. E così, può farsi ammirare nella sua bellezza.

Matteo Femia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 14 novembre 2020

 

 

«Non si snaturi la storia del Porto vecchio» - l'appello di Italia Nostra
Il Porto vecchio rappresenta «un patrimonio storico» che bisogna a tutti i costi proteggere da interventi che non siano coerenti con la sua evoluzione. È il cuore dell'appello lanciato da Italia Nostra, la realtà che si prefigge la difesa dei beni culturali e dell'ambiente e che vede con preoccupazione le continue richieste avanzate all'amministrazione comunale di inserire «opere, targhe, statue che nulla vi hanno a che fare». Secondo i membri dell'associazione «la toponomastica di un territorio deve seguire un percorso preciso - si legge nel comunicato di Italia Nostra -. La denominazione di nuove aree di circolazione deve essere legata a fatti, personaggi e avvenimenti sociali, culturali e politici della storia cittadina, nazionale o internazionale, che siano in qualche modo connessi al Porto vecchio».Tutelare l'identità dell'antico scalo, ancora oggi oggetto di studio ben oltre i confini nazionali, è, secondo Italia Nostra, un obbligo morale: «È essenziale che vengano ricordati i nomi dei personaggi che l'hanno ideato e costruito, ma non quelli di chi non ha alcuna relazione con la sua storia. Né possiamo - conclude Italia Nostra - disseminarvi opere effimere che pensano di rimanere nella storia».

li.ca.

 

 

Scatta la riqualificazione delle sponde del Timavo a San Giovanni di Duino
L'iter è coperto da 185 mila euro di fondi della Protezione civile - I lavori si chiuderanno in primavera, emergenza sanitaria permettendo
DUINO AURISINA. Saranno rifatte le sponde del Timavo in prossimità delle foci del fiume, a due passi dalla chiesa medievale di San Giovanni in Tuba, recentemente crollate. Ad annunciare l'avvio del cantiere è l'assessore ai Lavori pubblici del Comune di Duino Aurisina Lorenzo Pipan: «La Protezione civile ha a disposizione per questo intervento 185 mila euro, che ci permetteranno, finalmente, di sistemare un'area che preoccupava non poco. L'opera sarà eseguita dal Consorzio di bonifica Pianura Isontina - aggiunge - nell'ambito dello stesso accordo che ha portato all'ultimazione del mini Mose. La precedente giunta di centrodestra - ricorda Pipan - aveva avviato, parecchi anni fa, lo sminamento del Timavo, progetto che, dalla seconda guerra mondiale, nessuna amministrazione era riuscita a portare a termine. In quella fase - precisa l'assessore - si erano presentate le varie richieste per la riqualificazione dell'area, che partiva ovviamente dalla messa in sicurezza degli argini. Allora si era riusciti a ottenere il finanziamento di 185 mila euro, sempre attraverso la Protezione civile, ma, nel maggio del 2012, era cambiata la giunta. Così, dopo anni di immobilismo, con il serio rischio di perdere quel contributo, ora siamo riusciti a cantierare anche quest'opera. Purtroppo - conclude Pipan - nel frattempo la situazione è peggiorata e la giunta attuale, con il sindaco Daniela Pallotta in testa, si impegnerà per ricevere ulteriori contributi e poter così mettere in sicurezza le sponde».Il cronoprogramma dell'intervento prevede, in linea di massima, la conclusione dei lavori entro la primavera del 2021. Ovviamente il tutto è condizionato dall'evolversi dell'emergenza sanitaria che, in casi come questi, può condizionare negativamente lo svilupparsi del cantiere. Pipan coglie l'occasione per chiarire anche lo stato di avanzamento del piano di riqualificazione di Castelreggio, dove sorgeranno le sedi nautiche di tre sodalizi locali, Cupa, Diporto nautico e Sistiana '89. «Essendo l'area interessata un bene demaniale - spiega - per il nostro Comune sarà sufficiente la registrazione del contratto di concessione recentemente siglato dalla Regione per dare il via all'intervento. Se le tre società avranno poi bisogno di inscrivere lo stesso contratto sulle particelle all'Ufficio tavolare per loro necessità amministrative, questo non riguarderà l'amministrazione. Di fatto - chiude Pipan - l'Ufficio tavolare non ha pratiche in piedi su tale fronte».

Ugo Salvini

 

Presunto sversamento nell'Isonzo ad Anhovo (Slovenia) - Ma l'Arpa Fvg rassicura
«Ad Anhovo, in Slovenia, c'è stato un nuovo sversamento di sostanze chimiche nell'Isonzo segnalatoci dai colleghi dell'associazione di tutela ambientale EkoAnhovo». A prendere carta e penna il circolo di Gorizia di Legambiente che ha scritto anche al Comune di Gorizia e all'assessorato all'Ambiente per segnalare l'accaduto. «Un tanto - si legge in una brevissima nota del sodalizio ambientale - per chiedervi di attivarvi con le autorità slovene e chiedere chiarimenti in un'ottica di piena collaborazione». Legambiente Gorizia ritiene «che, anche dopo quanto successo questa estate (ci fu un altro sversamento di olio anche se di modesta entità) avere contezza di potenziali rischi maggiori di natura industriale sia fondamentale».In serata, l'Arpa ha rassicurato: nessuna evidenza di idrocarburi in Italia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 13 novembre 2020

 

 

Approvato il progetto del terzo lotto del Parco dell'Isonzo - una partita da 700 mila euro
Prosegue l'iter per arrivare alla realizzazione, entro la prossima primavera, dell'itinerario ciclabile e pedonale del parco transfrontaliero sull'Isonzo promosso nell'ambito del GectGo. In questi giorni è stato approvato il progetto definitivo relativo al Lotto3, cofinanziato dal Programma di cooperazione territoriale Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020 e a cura della Rtp Stradivarie Architetti Associati che ha previsto un quadro economico complessivo per le opere del lotto da 700 mila euro. In questi ultimi mesi sono stati sentiti vari soggetti per procedere alla stesura del piano che ha ottenuto una serie di pareri favorevoli che, a breve, consentiranno l'avvio dei lavori (si tratta di Acegas Aps Amga, Regione Fvg, Ispettorato forestale di Trieste, Consorzio di Bonifica Pianura Isontina, Insiel e Wind Telecomunicazioni). Si è conclusa positivamente anche la Conferenza di servizi decisoria. Complesso il piano dei lavori che prevede diverse concessioni ed espropri. L'iniziativa porterà all'attesa rete transfrontaliera comune di percorsi ciclabili e pedonali lungo l'Isonzo che formerà un parco urbano tra Gorizia, Sempeter-Vrtojba e Nova Gorica, con la predisposizione di infrastrutture ricreative che valorizzeranno il territorio anche dal punto di vista turistico. Entro il 2021 verranno realizzati consistenti lavori infrastrutturali che miglioreranno la fruibilità dell'area per i cittadini e per i cicloturisti. I lavori previsti all'interno del progetto Isonzo-Soca sono divisi in quattro lotti. Il primo ha portato alla realizzazione di un'area verde attrezzata con parcheggi per i camper a Vrtojba. Il secondo riguarda la costruzione di una passerella sull'Isonzo a Salcano e a delle piste ciclabili di collegamento con la ciclabile proveniente da Salcano-Plave e questo percorso proseguirà poi fino al confine di San Mauro. Il Lotto3 riguarda invece un itinerario ciclabile e pedonale tra Salcano, via degli Scogli e Kolodvorska pot, sul lato sloveno. Questo tratto attraverserà la piazza della Transalpina per estendersi fino alla Erjavceva cesta di Nova Gorica e a via San Gabriele. Il Lotto4 prevede, infine, percorsi pedonali e ciclabili lungo l'Isonzo da via degli Scogli al Parco di Piuma e fino a Straccis, oltre che lungo l'asse trasversale dallo stesso Parco a via San Gabriele. Si tratta di un itinerario ciclopedonale lungo l'Isonzo e di uno trasversale che collega via San Gabriele al Ponte del Torrione.

Emanuela Masseria

 

 

Ovovia, secondo atto in Sesta commissione - Il progetto
Secondo atto in Sesta commissione, a partire dalle 10 di martedì 24 novembre, per il progetto dell'ovovia di collegamento tra Opicina e il Bovedo. Il presidente della commissione Salvatore Porro ha convocato infatti per quel giorno un'altra seduta dedicata all'argomento dopo quella svoltasi all'inizio di questa settimana, in cui tecnici e giunta hanno illustrato il progetto. La seconda seduta permetterà ai consiglieri di approfondire la questione con domande e interventi.

 

 

 

 

TRIESTEALLNEWS - GIOVEDI', 12 novembre 2020

 

 

Trieste, gettano materiale edile nell’indifferenziata, multati un operaio ed il titolare
12.11.2020 – 10:30 – Nel tardo pomeriggio di Martedì 10 Novembre, una pattuglia della Polizia Locale di Trieste, notava in Via Molino a Vento un giovane in abiti da lavoro, gettare a fatica nel cassonetto della raccolta indifferenziata un grande sacco nero da 110 litri. Gli agenti hanno quindi deciso di intervenire accertando che il sacco conteneva vario materiale di risulta edile come pezzi di intonaco, secchi di pittura, cartoni sporchi di polveri, malte e pezzi di piastrelle. Per tanto hanno contestato all’uomo una sanzione di 500 euro per aver gettato rifiuti speciali in un normale cassonetto urbano.
Infine, la medesima sanzione è stata notificata anche al titolare della ditta presso la quale il giovane lavorava, per non aver vigilato sul corretto smaltimento dei rifiuti prodotti dalla propria attività.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 novembre 2020

 

 

Ex Fiera, ridisegnata la viabilità - Via Rossetti si sdoppia alla fine
Il gruppo carinziano Mid presenterà a breve gli elaborati al Comune. Investimento da 6-7 milioni con rotatorie e piste ciclabili. Spazio verde in piazzale De Gasperi
In attesa di partire entro una ventina di giorni con il programma trimestrale di demolizioni (che avrebbero dovuto iniziare già a ottobre), il progetto di riconversione dell'ex Fiera procede con la progettazione esecutiva dedicata alla viabilità che circonda il compendio. Il punto di caduta resta confermato: il futuro centro commerciale sarà approntato entro la fine del 2022. Un capitolo non secondario quello stradale, sia per incidenza urbanistica che per investimento finanziario, nel futuro assetto dell'area che si svolge tra via Rossetti, piazzale De Gasperi, via Settefontane, via Revoltella. Proprio a metà novembre di tre anni fa l'operazione, iniziata nella primavera del 2017 con l'acquisto dell'ex Fiera, venne presentata in Salotto azzurro dall'imprenditore carinziano Walter Mosser, patron del gruppo Mid con sede a Klagenfurt. Divertimenti per bambini, negozi, ristoranti, bar, botteghe artigianali e studi professionali: un lavoro da 100 milioni di euro, forse il più grande cantiere triestino. Cantiere che procede lentamente tra modifiche richieste dalla Regione, ritrovamento di amianto, effetto Covid, procedure amministrative da chiudere: l'Urbanistica comunale attende il cosiddetto piano attuativo, quello che una volta si chiamava "particolareggiato", nell'ambito del quale ci sarà anche la convenzione pubblico-privata. La variante è già passata al vaglio consiliare, per cui il piano attuativo andrà in aula solo se richiesto da un quarto dell'assise. Ma torniamo, con l'ausilio del progettista monfalconese Francesco Morena, al tema della viabilità. Tra un paio di settimane Mid porterà gli elaborati tecnici in largo Granatieri: piazzale De Gasperi, oggi piuttosto degradato, sarà trasformato in uno spazio verde, la parte finale di via Rossetti verrà sdoppiata e l'attuale fila di ippocastani segnerà la linea di mezzerìa. Saranno realizzati, in direzione di viale Ippodromo, percorsi ciclabili e rotatorie, che governeranno la circolazione stradale. Morena stima che ridisegnare il traffico attorno al futuro centro commerciale costerà al gruppo carinziano 6-7 milioni di euro. Per il resto Morena conferma il quadro numerico su cui si svilupperà l'operazione: superficie coperta di 30.000 metri quadrati, superficie del parking di 36.000 mq, 1.500 stalli per auto. Punta di diamante saranno i 5.000 mq messi a disposizione di un parco-giochi indoor. La previsione occupazionale pronostica 200 assunzioni. Il bacino potenziale di clientela, richiamabile dal nuovo centro, viene calcolato in 400.000 persone. Dal punto di vista operativo per ora si è provveduto solo al cosiddetto strip-out, ovvero allo smontaggio selettivo di infissi e serramenti. Vista dall'esterno, l'ex Fiera sembra sia stata oggetto di un attentato. Ma bisogna cominciare con le demolizioni che non sono una passeggiata: 130.000 metri cubi di cemento da abbattere e da macinare in gran parte sul posto per ottenere materia prima. Poi lo scavo da 90.000 metri cubi da eseguire con mille attenzioni ambientali, dalle acque sotterranee al via-vai dei camion che trasporteranno i detriti.

Massimo Greco

 

 

Parchi cittadini da riscoprire grazie a video foto e diaporama
"Mappatura multimediale" del verde pubblico - Protagonisti i soci del Club cinematografico
Filmare o fotografare uno dei tanti parchi cittadini presenti a Trieste (ben 36, la cui mappa è presente sul sito verdepubblico.comune.trieste.it), spesso sconosciuti e magari vicini alla propria abitazione. È la proposta lanciata ai propri soci dal Club Cinematografico Triestino che chiede loro di documentare con un breve video (5 minuti), un diaporama (4 minuti) o con sei foto singole un parco urbano, ma anche un giardino storico oppure attrezzato del territorio comunale, inviando i lavori entro giovedì 26 novembre a mezzo wetransfer a un indirizzo dedicato. L'intera iniziativa sarà gestita online, mentre la serata finale è in via di definizione sulla base dell'evoluzione sanitaria. «Ci siamo ritrovati a dover affrontare anche noi il problema che ben conosciamo e che accomuna tutto il mondo - spiega il presidente del Club, Giorgio Colombetta -, ma per fortuna siamo abbastanza attrezzati per poter gestire l'attività anche online: nonostante non si potesse farlo in presenza, siamo riusciti comunque a riunirci a distanza una volta la settimana, proponendo varie rassegne sul web grazie alla nostra e alla passione di alcuni soci che hanno portato alla nostra attenzione filmati di qualità interessante». «In considerazione del fatto che c'è la possibilità di frequentare i giardini urbani in sicurezza (l'operazione è infatti individuale e non presenta occasione di assembramento) abbiamo pensato - continua Colombetta - di proporre questo tema per invogliare i soci a partecipare e inviare i propri brevi contributi in forma di film, foto e diaporami che saranno poi resi disponibili al pubblico per la visione online sul sito. Oggi, grazie a dei semplici e comuni programmi di montaggio che si possono avere sul proprio pc, è possibile infatti realizzare cose molto interessanti anche a livello hobbistico e casalingo». «La partecipazione a questa iniziativa - precisa il vicepresidente, Giulio Salvador - è stata limitata ai soci perché poi bisognerà preparare tutto il materiale pervenuto per la visualizzazione nel corso di una serata, che sarà quasi sicuramente virtuale: di questi tempi fare programmi più dettagliati è difficile. Accontentiamoci quindi delle splendide condizioni meteo di questi giorni per girare i video». Il bando - aperto solo ai soci, ma poi tutti potranno vedere le opere partecipanti in una sezione del sito - è presente all'indirizzo web www.clubcinematograficotriestino.it, dove sono presenti anche archivi di filmati "storici" visibili online e si può ripercorrere la storia del club.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 novembre 2020

 

 

A gennaio il verdetto di Roma sull'ovovia Opicina-Park Bovedo
A inizio 2021 il ministero dei Trasporti deciderà se finanziare il maxi progetto da 30 milioni
Il 15 gennaio, salvo ulteriori rinvii, Roma deciderà se finanziare il progetto dell'ovovia di Trieste, il sistema di trasporto a fune che dovrebbe collegare Opicina - dove nei pressi della nuova stazione verrebbe realizzato un parcheggio da 800 posti - al Park Bovedo, per consentire ai suoi fruitori di raggiungere il Porto vecchio e il centro storico. A competere con il progetto caldeggiato dall'amministrazione Dipiazza - anche se non è escluso che il ministero dei Trasporti decida di finanziare entrambi - c'è quello della funivia Casalotti-Boccea di Roma e voluto della sindaca Virginia Raggi. Il progetto triestino che punta a collegare il Carso al mare è stato al centro ieri della seduta online della Sesta commissione del Consiglio comunale. A illustrarlo l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli e il direttore del Dipartimento che racchiude Territorio, Economia, Ambiente e Mobilità, Giulio Bernetti. L'opposizione, è bene dirlo subito, avanza forti perplessità. Ma da cosa nasce la necessità di valutare un trasporto su fune? Uno studio dello scorso anno ha analizzato i movimenti in arrivo con diversi mezzi di trasporto da 154 destinazioni. Si sono considerati in particolare tre aspetti: il futuro sviluppo del Porto vecchio, l' aumento e, soprattutto, le criticità della cosiddetta penetrazione da Nord, «con una Costiera - ha specificato Bernetti - che evidenzia dei problemi di tenuta. Non riesce più a reggere a livello statico quella portata di traffico». E qui si inserisce per l'appunto il progetto dell'ovovia, che, se approvato, verrebbe interamente finanziato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Costo: oltre 30 milioni. Il traffico stimato è di circa 3,5 milioni di passeggeri all'anno. L'utile stimato è di 500 mila euro all'anno, con tariffe agevolate, simili a quelle per viaggiare in autobus, per i residenti. L'impianto sarebbe anche a prova di Bora, e sulla base di un'analisi storica resterebbe chiuso al massimo 25 giorni all'anno. Ad oggi il progetto alternativo resta il "tubone" sottomarino dal Porto vecchio a Campo Marzio, che però non risolverebbe il problema della Costiera. «Il tram non è in competizione con questo progetto», ha sottolineato Bernetti: «Quello è un trasporto turistico a bassa capacità e non risolve il problema di accesso da Nord». Polli ha parlato a propria volta di un impianto «con solide basi progettuali, sicuro, volto all'innovazione, ecologicamente sostenibile. Le ditte italiane che progettano questo tipo di impianti hanno realizzato trasporti volanti per città come Berlino, Barcellona, ma pure Perugia e Erice. Anche sulle Dolomiti, patrimonio Unesco, sono consentiti impianti di questo tipo, anche in punti di vento forte come Plan de Corones, in cui vengo fatti dei fermi impianto per raffiche forti». L'opposizione solleva forti dubbi. La commissione di ieri però, per mancanza di tempo, non ha lasciato spazio agli interventi dei singoli consiglieri. Così il presidente della Sesta commissione Salvatore Porro ha assicurato che convocherà una nuova seduta con il medesimo ordine del giorno entro fine mese. «Se da un lato capisco la necessità di rafforzare la penetrazione da Nord - spiega la capogruppo del Pd Fabiana Martini - dall'altro mi chiedo perché si sia puntato tutto su questo progetto, senza valutarne di alternativi, con minor impatto ambientale. Nutro delle perplessità anche sulla sostenibilità economica, ma sospendo il giudizio in attesa di ulteriori dettagli». «Se il parcheggio prevede 800 posti - si chiede il pentastellato Paolo Menis - e le stime sulla fruibilità del tratto Opicina-Bovedo raccontano che ogni ora saliranno a bordo dell'ovovia circa 511 persone, in quanto tempo si riempiranno quei posti macchina? Ci sono delle incongruenze». Nello specifico, il problema del parcheggio lascia perplesso anche Roberto De Gioia di Trieste Futura. «Sono favorevole a un collegamento via fune Carso-mare - premette - ma dove parcheggeranno le automobili dei fruitori dell'ovovia? A Monte Sacro? In quale area e come sarà sorretta lì la viabilità? Proprio perché avevo già rilevato queste criticità io in passato avevo proposto che la funivia arrivasse a Monte Grisa dove ci sono già a disposizione un ampio parcheggio e l'uscita di Prosecco».

Laura Tonero

 

 

La costa di Duino perde un pezzo di storia: finita in mare la roccia chiamata "El Capel"
Caduta l'inconfondibile punta tra le falesie da cui si tuffavano i ragazzi. Era anche un riferimento per pescatori e velisti
DUINO AURISINA. Per i duinesi è come se fosse stato tolto loro un pezzetto di storia, perché da quella piccola piattaforma naturale, incastonata in mezzo alle falesie, si sono tuffate in mare intere generazioni. Ma la natura fa il suo corso e improvvisamente quello che gli autoctoni chiamavano "El Capel'', proprio perché la forma di quella roccia ricordava vagamente un berretto, si è staccato ed è precipitato nelle acque del golfo, ed è ora visibile ai subacquei che sono già accorsi numerosi a fotografarlo, come se si trattasse di un tesoro sommerso. A conferma che il legame fra i duinesi e quello spuntone di roccia così particolare era particolarmente forte.«Eravamo affezionati tutti a quella sorta di trampolino naturale - spiega Vladimiro Mervic, riconosciuto custode delle tradizioni locali - al quale risultano legati ricordi di ogni tipo. Più o meno tutti in paese, da ragazzi, siamo andati a tuffarci da lassù. Ma "El Capel" era anche un punto di riferimento per i tanti che vanno per mare: pescatori, diportisti, atleti della vela e del canottaggio. Se non si era troppo distanti da riva e si guardava verso la costa - sottolinea l'ex consigliere comunale - era impossibile non notarlo. Ci mancherà».Raccontata la vicenda recente, ricca di venature romantiche, resta da capire chiaramente quale possa essere stata la causa di questa improvvisa frattura della roccia. «È sempre molto difficile fornire spiegazioni di natura scientifica in assenza di elementi certi e di analisi approfondite che richiederebbero del tempo - esordisce il geologo Giulio Lauri - ma va intanto ricordato che le falesie, come in generale tutte le rocce del Carso, sono instabili, perché caratterizzate da molti spuntoni verticali, quasi sempre più o meno inclinati, sensibili perciò a tutti gli agenti esterni. È poi notorio che le rocce di questo tipo presentano spesso cavità nelle quali, durante la stagione fredda - prosegue lo stesso Lauri - l'acqua che si deposita può ghiacciare e, dilatandosi, allargare le fessure preesistenti. In questa maniera - evidenzia ancora il geologo - si creano fenomeni di degradazione delle strutture che possono culminare in frane e cedimenti».Le rocce del Carso sono poi famose proprio per la loro propensione alla dissoluzione e allo stabilirsi di particolari forme di corrosione, tanto sulla superficie esterna quanto lungo le fenditure che conducono l'acqua al loro interno.A dare il colpo decisivo a "El Capel'', che probabilmente stava perdendo la sua stabilità da tempo immemorabile, potrebbe essere stato l'ultimo fortissimo terremoto il cui epicentro è stato individuato nel mare Egeo.«Anche su questa ipotesi bisogna essere molto cauti - conclude Lauri - per quanto sia utile considerarla fra le possibili cause».Della caduta de "El Capel" hanno annunciato che si occuperanno nelle prossime settimane anche altri studiosi

Ugo Salvini

 

Riserve naturali, ecco come si può accedere Valle Cavanata, Cona, Gradina

STARANZANO. Per l'emergenza Covid 19 la riserva naturale regionale della Valle Cavanata ha ufficializzato le condizioni di accesso nell'area protetta. Il centro visite rimarrà chiuso fino a nuova comunicazione. Verrà interrotta anche l'organizzazione delle visite guidate. L'accesso alla riserva è consentito in autonomia. Anche nella riserva dei laghi di Doberdò e Pietrarossa, sono state ridotte le attività. In primo luogo è stato annullato con effetto immediato il corso di fotografia previsto anche il 15 novembre. Il bar del centro visite Gradina sarà regolarmente aperto venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18. Si può visitare il museo su richiesta. Anche per i visitatori dell'Isola della Cona valgono le stesse regole. Previsto l'accesso al bar "Il Pettirosso".

CI. VI.

 

 

Smog, nuova mazzata per l'Italia - La Corte Ue: «Violata la direttiva»
I giudici europei: «Pm10 sistematicamente sopra i limiti». Il ministro Costa: «Verdetto giusto»
BRUXELLES. Dal 2008 al 2017 l'Italia ha violato in maniera «sistematica e continuativa» la direttiva sulla qualità dell'aria. Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Giustizia europea, accogliendo il ricorso presentato nel 2018 dalla Commissione Ue per il superamento dei limiti di Pm10. Un verdetto che non sorprende affatto il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa: «I dati sono incontrovertibili alla prova dei fatti - ammette - e indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto». I giudici non hanno inflitto sanzioni all'Italia ma, spiegano dalla Corte, «la Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia ancora conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie». Nonostante i continui sforamenti, in particolar modo nelle aree del Nord attorno alla Pianura Padana, Costa assicura che il governo è al lavoro per cercare di limitare le emissioni di polveri sottili: «Sin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le regioni, per affrontare il tema della qualità dell'aria». Il ministro ha ricordato che «ogni anno sono 80mila le vittime dovute a questa problematica che investe soprattutto il Bacino Padano, ma non solo».Condanna «inevitabile» anche per Legambiente, che in un recente rapporto aveva redatto un bilancio decennale del fenomeno in Italia, prendendo in esame la situazione in 67 città che avevano sforato almeno una volta i limiti. Secondo l'associazione ambientalista, il 28% delle città esaminate nel decennio ha sforato i limiti tutti gli anni e il 9% lo ha fatto in 9 anni su dieci. Tra le città sulla lista nera nel report di Legambiente ci sono Torino, Milano, Alessandria, Asti, Vicenza e Frosinone.Il caso esaminato ieri dai giudici della Corte si trascina dal 2014, anno in cui la Commissione aveva avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell'Italia per aver superato i valori limite giornalieri e annuali per quanto riguarda la concentrazione di particelle di Pm10, in modo particolare per non aver adottato misure appropriate per evitarlo. Il botta e risposta è proseguito per 4 anni, dopodiché - a ottobre del 2018 - Bruxelles aveva deciso di portare l'Italia davanti alla Corte «ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti» dal governo. Roma aveva provato a difendersi, dicendo che lo smog era dovuto a diverse fonti di inquinamento o alle particolarità topografiche e climatiche delle zone interessate. Obiezioni che sono state però respinte: la responsabilità è comunque dell'esecutivo. Così come è stata respinta la circostanza, sollevata dall'Italia, della «limitata estensione» delle zone inquinate rispetto al territorio nazionale: secondo la Corte «il superamento dei valori limiti fissati per le particelle Pm10, anche nell'ambito di una sola zona, è di per sé sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento alle disposizioni della direttiva Ue sulla qualità dell'aria».Al momento sono tre i procedimenti aperti dall'Ue nei confronti del nostro Paese per la qualità dell'aria: oltre a quello relativo alla sentenza di ieri, sul tavolo della Corte c'è anche l'accusa di aver superato i livelli di ossido di azoto e recentemente la Commissione ha aperto una procedura per gli sforamenti di polveri ultrasottil i Pm2,5.

Marco Bresolin

 

 

Sgravi, meno emissioni e Kerry per una svolta sul clima
La prima mossa dopo l'insediamento: rientrare nell'Accordo di Parigi - Senza maggioranza al Senato difficili grandi riforme sull'ambiente
L'America di Joe Biden tornerà a far parte dell'Accordo sul clima di Parigi. La richiesta di rientrare nel club dei firmatari sarà il primo atto formale dell'Amministrazione democratica. Da quel momento - 20 gennaio, data di insediamento - scatteranno 30 giorni di attesa prima del rientro a tutti gli effetti. Passaggio semplice e fortemente simbolico che rimetterà l'America fra i Paesi leader nel tentativo di imprimere una svolta globale alle politiche sul clima. Anche per questo Biden potrebbe chiamare in campo John Kerry, vero artefice degli accordi parigini del 2015. Lo scorso anno l'ex segretario di Stato aveva lanciato una sorta di "Coalition contro il cambiamento climatico", a dimostrazione di quanto il tema gli sia caro. Kerry è stato il primo a considerare il clima come una questione di sicurezza nazionale. Per lui Biden potrebbe ricavare un nuovo incarico nel governo americano, una sorta di "Secretary for Climate Change", staccato dal ministero dell'Ambiente. Più operativo. Ma è quel che succederà dopo il ritorno Usa nell'Accordo sul clima, il vero banco di prova. Rispettare gli impegni di Parigi - in sintesi, riduzione delle emissioni drastico entro il 2050, taglio dei gas serra e riduzione della temperatura sul globo entro il trend di crescita di 1,5 gradi - richiede specifiche e concrete scelte politiche. Sono passati ormai 5 anni e Trump ha smantellato a colpi di "ordini esecutivi" diverse norme lasciando ai giganti dell'energia campo libero. Biden, se dovesse fallire nell'obiettivo di prendere il controllo del Senato (si vota in Georgia il 5 gennaio) e quindi dell'intero Congresso, non potrà fare riforme di ampio respiro. Tuttavia Karen Pinkus, docente alla Cornell University e già consulente del governo Usa, spiega che l'Amministrazione democratica potrà avere un sentiero virtuoso da seguire. «Qualcosa può essere fatto anche senza avere il controllo del Congresso, ad esempio a livello di finanziamenti per rendere più green i processi produttivi». D'altronde - spiega - «dove va il lavoro, va il clima». Il senso, precisano fonti democratiche - è quello di replicare - pur con tutti i distinguo - il piano verde della Commissione europea di Ursula von Der Leyen. Se il verde garantisce sviluppo e posti di lavoro, è il ragionamento, sarà più facile spingere gli americani ad accettare svolte ambientali. E quindi anche avere l'appoggio di Mitch McConnell, capo dei repubblicani al Senato. L'energia pulita e rinnovabile potrebbe trovare spazio nelle legislazioni legate a progetti infrastrutturali, nelle fabbriche, nell'edilizia. Il terreno più semplice restano gli sgravi fiscali per quei progetti tecnologici che riducono le emissioni o e assorbono carbon fossile. Biden potrà rendere più rigorosi i limiti per le emissioni di auto e aerei. Una strada c'è. Il lavoro dietro le quinte, con piccoli aggiustamenti sulle norme esistenti potrebbe essere l'opzione necessaria per Biden. E non è detto perdente.

alb.sim.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 10 novembre 2020

 

 

Legambiente dà i voti ai capoluoghi italiani - Trieste conquista la maglia nera in regione - IL REPORT
Pubblicato il report "Ecosistema urbano". Città bocciata per numero di alberi e trasparenza. Bene i consumi idrici
Promossa su consumi idrici e tasso di motorizzazione, bocciata sulla quantità di alberi e soprattutto sulla trasparenza, Trieste perde dieci posizioni (da trentesima a quarantesima) nella classifica di "Ecosistema Urbano", il report 2020 sulle performance ambientali dei capoluoghi italiani presentato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ore. Quella del capoluogo è la posizione più bassa in regione (il punteggio è di 57,70), con Pordenone sul podio (terzo posto, più uno, con 76,71, alle spalle di Trento e Mantova), Udine ventiseiesima (meno otto, 62,18) e Gorizia trentatreesima (meno quattro, 59,71). Ma c'è di più. Trieste, informa l'associazione, non ha inviato i dati 2019 e pertanto i valori evidenziati negli indicatori del report fanno riferimento al 2018 fatta eccezione per quelli raccolti da fonte Ispra, Aci e Istat. «Dispiace - commenta il presidente regionale Sandro Cargnelutti - perché è stato il solo Comune a non collaborare all'indagine». "Ecosistema Urbano" fotografa le prestazioni ambientali del Paese attraverso l'analisi di cinque principali componenti presenti in una città: aria, acque, rifiuti, mobilità, energia. I punteggi da 0 a 100 assegnati da Legambiente ai 18 indicatori individuati identificano il tasso di sostenibilità della città reale rispetto a una città ideale. La pagella triestina risente però appunto di alcune verifiche mancanti ed è in ogni caso peggiorata rispetto a un anno fa. Per quanto riguarda la qualità dell'aria c'è un'alternanza di situazioni un po' in tutta la regione, Trieste compresa, si legge nel report: a fronte di leggeri miglioramenti per il biossido di azoto e l'ozono si registra un innalzamento dei livelli di polveri sottili. Su un dato 2018, il capoluogo, con 140 litri giornalieri per abitante, è invece il comune con il minor consumo idrico, in un contesto in cui il valore medio regionale (159,5 l/giorno pro capite), pur abbassandosi di circa l'1,5% rispetto all'anno precedente, e del 4,8% rispetto al 2017, resta superiore al valore medio italiano, pari a 148 litri. Quanto alla dispersione della rete (ovvero la differenza tra l'acqua immessa e quella consumata), Trieste si conferma, al contrario, il territorio con il primato delle perdite (40,7% a fronte di un dato inferiore al 15% a Pordenone). La capacità di depurazione, vale a dire la percentuale di popolazione servita da rete fognaria delle acque reflue urbane, vede però Trieste, Gorizia e Udine sopra il 90%, mentre Pordenone conferma l'incremento sostanziale fatto registrare nel 2017 (dal 62% del 2016 al 76% del 2017), ma rientra tra le undici città che non raggiungono l'80%. Dati superati in città anche per la produzione di rifiuti urbani, che continua a crescere in tutti i capoluoghi, ma vede Trieste, nel 2018, a 479 chilogrammi pro capite, sotto la media regionale di 517 e quella nazionale di 530. In leggera crescita la percentuale della raccolta differenziata che raggiunge un valore medio Fvg di 64,25%, poco distante dall'obiettivo di legge del 65% fissato per il 2012, ma con sostanziali differenze tra le quattro città e Trieste ultima, sempre su dati 2018, con il 41%.Nel capitolo disponibilità di alberi in area di proprietà pubblica ogni 100 abitanti, il capoluogo non supera il 10, contro una media regionale di 23,75 (Gorizia è a 26), mentre sul verde fruibile in città Trieste è a 66,8 metri quadrati per abitante, terza dietro a Gorizia (137) e Pordenone (111,4). Nell'ambito infine della motorizzazione, Trieste ha 53 auto circolanti ogni 100 abitanti, il tasso più basso in regione (68 a Gorizia) e sotto la media nazionale di 64,6.

Marco Ballico

 

 

Il Piano del centro storico passa a maggioranza nel Consiglio "a distanza"
Il nuovo strumento urbanistico permetterà di intervenire sui sottotetti degli edifici, di installare ascensori e di costruire dei parcheggi
Dopo 40 anni Trieste manda in soffitta (e i sottotetti sono una delle novità introdotte) il Piano per il centro storico firmato nel 1980 dall'architetto Luciano Semerani. Il nuovo Piano particolareggiato del centro storico è stato adottato ieri sera a maggioranza alle ore 19.03 in modalità digitale da un Consiglio comunale riunitosi a distanza dopo tre ore di dibattito e discussione su 11 emendamenti di cui uno solo fatto proprio dalla giunta (e proprio sui sottotetti da unificare firmato da Marco Gabrielli e Andrea Cavazzini). Sui 39 votanti: 24 favorevoli, 14 contrari e un astenuto. Ora ci sono i 30 giorni per le eventuali osservazioni, poi l'ultimo passaggio decisivo. Il nuovo piano non è riuscito a sedurre l'opposizione che con toni diversi ha respinto quello che è «un piano che non troppo aggiunge e non troppo toglie al precedente piano di Semerani» (Elena Danielis, M5s), «un piano immobile che fotografa quello che c'è» (Sabrina Morena, Open), «un piano senza un progetto di sviluppo» (Laura Famulari, Pd). Al piano Semerani, pur datato con 40 anni di onorato servizio sulle spalle, è stato reso da tutti l'onore delle armi. «Ha consentito il mantenimento della qualità architettonica del nostro centro storico», riconosce in effetti l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli che ora, con il nuovo strumento messo a punto dagli uffici comunali (gruppo di lavoro coordinato dall'architetto Beatrice Micovilovich), vuole valorizzare e riqualificare il patrimonio adeguandolo alle esigenze contemporanee. Sottotetti, tetti piani, corpi scala e ascensori, terrazze e terrazzini, parcheggi e fori commerciali: il piano punta ad ampliare i margini di intervento sull'edificio, così da stimolare e promuovere gli investimenti in modo da sfruttare i bonus governativi («Un volano per l'economia per far lavorare progettisti e imprese», sostiene l'assessore). «I lacci e laccioli di mezzo secolo fa non vanno bene per oggi», dice Polli. Il piano divide in quattro grandi famiglie i 1.621 edifici schedati: il 5% è da rispettare integralmente dentro e fuori (sono in maggioranza chiese e palazzi governativi), il 47% è da rispettare all'esterno ma con una certa flessibilità di ristrutturazione sugli spazi interni, il 31% va salvaguardato all'esterno ma è interamente ridisegnabile all'interno, il 17% è demolibile e sostituibile da nuove costruzioni (si tratta di quelli più recenti). Tra quest'ultimi, l'esempio arriva dell'assessore Polli, rientra il grattacielo di Campo Marzio, che potrebbe essere completamente raso al suolo e interamente ricostruito. Il centro storico triestino, che è il più grande della regione, ingloba la città "murata", i tre borghi imperiali (Teresiano, Giuseppino, Franceschino), via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via Pietà. Tra le novità più rilevanti: il recupero dei sottotetti (con l'elevazione di 40 centimetri della linea di colmo) per evitare il consumo di suolo, la costruzione di parcheggi sotterranei per togliere le auto dalla strada, la possibilità del verde sui tetti e del verde pensile sulle terrazze. All'opposizione che denuncia la mancanza di visione strategica e l'esclusione di Porto vecchio e area della Lanterna, l'assessore risponde: «È un piano di dettaglio che risponde alla visione del Piano regolatore generale varato dall'amministrazione Cosolini». Visioni di ritorno.

Fabio Dorigo

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 9 novembre 2020

 

 

Centro storico, il nuovo piano approda oggi in Consiglio
Al momento cinque gli emendamenti presentati in vista della prima valutazione - Si punta ad approvarlo fra fine anno e inizio 2021. Schedati in tutto 1.621 edifici
Non è del tutto fuori luogo definirlo un momento storico, se non altro per mere ragioni cronologiche: oggi pomeriggio alle 15.30 approda all'esame del Consiglio comunale il Piano particolareggiato del Centro storico, accompagnato per ora da 5 emendamenti. Storico perchè l'ultimo strumento urbanistico, chiamato a governare il cuore della città, risale al 1980 e reca la denominazione ufficiosa di "piano Semerani", dal nome del professionista che lo redasse. Prima del deflagrare del Covid, gli uffici competenti speravano di chiudere la partita in settembre, ma la pandemia ha condizionato la tempistica. Adesso, dopo un ventennio trascorso nell'inconcludenza, l'aula è chiamata a una prima valutazione del lavoro svolto dall'Urbanistica comunale. Affrontati dibattito e voto della civica assise, vi saranno 30 giorni per la presentazione di osservazioni da parte della cittadinanza. Quindi, attorno a metà dicembre, una volta pesato e sistemato il volume di appunti presumibilmente espresso dalla "gente" (ma si tratterà in buona parte di professionisti e di stakeholders), andrà in onda un nuovo e definitivo passaggio consiliare. L'assessore Luisa Polli e il direttore dipartimentale Giulio Bernetti contano su un'approvazione tra la fine dell'anno e l'immediato avvio del 2021. Perchè concorre un aspetto molto pratico, ovvero l'opportunità di far coincidere i bonus governativi sulle varie tipologie riqualificative con le innovazioni introdotte dal nuovo Piano. Sottotetti, tetti piani, ascensori, corpi scala: secondo gli estensori del documento, si amplia il margine di intervento sull'edificio, così da stimolare e promuovere gli investimenti secondo un criterio di "rifunzionalizzazione" dello stabile. Con una graduazione di attività che classifica in quattro grandi famiglie i 1621 edifici schedati: il 5% è da rispettare dentro e fuori, il 45% è da restaurare all'esterno ma all'interno presenta una certa flessibilità di ristrutturazione, il 30% va salvaguardato all'esterno ma è sventrabile all'interno, infine il 20% è demolibile e sostituibile da nuove costruzioni che dovranno comunque rispettare ecosostenibilità e spazi verdi.Il Centro storico triestino è il più grande della regione. Congloba la città "murata", i tre borghi imperiali (Teresiano, Giuseppino, Franceschino), via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via della Pietà. Censimento e linee portanti del Piano sono stati messi a punto da un gruppo di lavoro coordinato dall'architetto Beatrice Micovilovich e formato da Ezio Golini, Michele Grison, Mauro Pennone e Andrea Zacchigna (recentemente scomparso). Costante - precisano in Comune - il coinvolgimento della Soprintendenza. Come si diceva, il varo del Piano ha atteso vent'anni. Professionisti e imprenditori si sono fatti sentire con Roberto Dipiazza, per evitare che l'approvazione dello strumento sconfinasse nel nuovo mandato amministrativo. Di centro storico da ripensare si parlò fin dai tempi di Riccardo Illy, che volle interessare un urbanista di fama come Leonardo Benevolo. Poi iniziò l'era Dipiazza, che individuò un nuovo interlocutore nel docente veneziano Alberto Cecchetto. Il faldone venne ereditato da Roberto Cosolini e il lavoro preparatorio fu proseguito dall'assessore Elena Marchegiani. Ora andrà in scena l'atto finale. O semifinale.

Massimo Greco

 

 

Trieste al centro della guerra delle frequenze
Radio Maria impugna in Appello una decisione del Tribunale di Gorizia ritenuta salomonica sulle interferenze Italia-Slovenia
Una partita internazionale che si gioca in campo triestino. In settimana i legali di Radio Maria, una delle più ascoltate emittenti nazionali perchè capace di farsi sentire anche nei luoghi più remoti con i suoi 850 ripetitori, si recheranno in Corte d'Appello, per impugnare una sentenza del Tribunale goriziano che ritengono non abbia del tutto soddisfatto le ragioni del loro cliente. In ballo, come spesso è accaduto negli ultimi anni, è il contenzioso su frequenze e interferenze relative al segnale radio tra Italia e Slovenia. Il fascicolo è seguito dall'avvocato Felice Vaccaro, che dal suo studio di Firenze si occupa fin dagli anni Ottanta di questi argomenti. In questa partita giulio-friulana sarà coadiuvato dai colleghi Piero Gerin e Carlo Del Torre. È lo stesso Vaccaro che al telefono illustra sinteticamente i motivi di insoddisfazione verso la pronuncia goriziana. Il Tribunale isontino - a giudizio del legale fiorentino - avrebbe deciso che le parti, Radio Maria e Radio Capodistria, dovessero reciprocamente eliminare le "invasioni" nei territori confinanti. Ma, a giudizio di Vaccaro, c'è una notevole differenza qualitativa tra le due emissioni. Radio Maria utilizza un ripetitore a Porzus, luogo di tragica memoria storica, il cui segnale si limita al cosiddetto "debordo" poco oltre il confine con la vicina Slovenia.Ben diversa è la potenza emessa dal ripetitore di Radio Capodistria collocato sul monte Nanos, che penetra in territorio italiano fin quasi alla periferia di Venezia e copre il 70% del Friuli Venezia Giulia. La posizione capodistriana è appoggiata da Apek, l'agenzia slovena delle telecomunicazioni, e dal governo di Lubiana. Quindi - secondo i l patrocinio di Radio Maria - la decisione goriziana sarebbe solo in apparenza salomonica, in quanto il merito tecnico del confronto vedrebbe una sensibile disparità, documentata tra l'altro da una specifica consulenza. Ricapitolando: Radio Maria "deborda", Radio Capodistria "interferisce".Poi il duello dissolve la tonalità tecnica e si appunta sugli argomenti giuridici. In particolare, Vaccaro insiste sul concetto di pre-uso, ovvero gli impianti di Radio Maria sono stati censiti dal competente ministero italiano e funzionano sulla base di una concessione risalente al 1994. La parte slovena farebbe riferimento all'iscrizione al registro internazionale ginevrino, sul cui valore giuridico si esprimono forti perplessità. Il contenzioso italo-sloveno dura ormai da una quindicina di anni, le decisioni della magistratura italiana (competente perchè il danno si è verificato in territorio italiano) hanno dato ragione alle radio italiane. Tribunale di Trieste, Tribunale di Treviso, Corte d'Appello di Trieste, Corte di Cassazione a sezioni unite. Oltre a Radio Maria, anche Dance e E-Sphera sono state interessate alla questione delle interferenze. Nell'estate dello scorso anno, l'avvocato Gerin evidenziò la volontà slovena di portare il dossier nelle sedi istituzionali.

Massimo Greco

 

 

Una seconda vita per stoffe e vestiti usati - La sfida di Francesca per un'economia "green"
L'idea è di una trentunenne triestina da sempre amante della moda che ha aperto un laboratorio-negozio dal nome evocativo: Pezzo Unico
Un laboratorio e un negozio dove riciclare stoffe e vecchi vestiti, per un'economia "green" anche sul fronte dell'abbigliamento. È l'idea di Francesca Giassi, 31 anni, triestina, che lo scorso 4 novembre ha aperto Pezzo Unico, in via Torrebianca 43. «Finora ho fatto tutt'altro - racconta - ma lavorare nel campo della moda è un sogno che coltivo fin da ragazzina, dai tempi del liceo Nordio che ho frequentato. In realtà ho già portato avanti qualche progetto, legato sempre all'idea di cercare il bello nel riutilizzo di oggetti, adesso però credo sia arrivata l'ora di provare a far diventare questa passione un impiego a tempo pieno».Il nome del punto vendita è ispirato al fatto che ogni capo realizzato non avrà eguali. «Sarà sempre un pezzo unico, che deriverà da stoffe ancora in buono stato, che possono essere ripensate, per dar vita, ad esempio, a un vestito. O ancora capi magari rovinati o che non si mettono più, che è un peccato considerare rifiuto. Prima del lockdown, volevo chiamare il negozio "2020", poi - scherza - ho pensato di cambiare, visto che non mi sembra un anno particolarmente fortunato. È un periodo che mi ha messo anche a dura prova, mi sono fatta molte domande, se era giusto aprire in un momento di così grande incertezza, poi ho pensato che volevo comunque provare». E dopo alcuni post pubblicati sui social nei mesi scorsi, che annunciavano la prossima apertura, e la filosofia del negozio, alcune persone le hanno già consegnato capi da rivisitare. «Ho ricevuto, ad esempio, una giacca in finta pelle, danneggiata, che diventerà nuovamente riutilizzabile. Il tema ambientale, anche nel settore dell'abbigliamento, è sempre più presente. Molti grandi magazzini e anche famosi brand spingono sempre più i clienti a riportare gli abiti usati o comunque a non buttarli. Spero di diventare un punto di riferimento in tal senso a Trieste».La volontà è, insomma, di non eliminare ciò che ancora si può salvare o, con un pizzico di fantasia, si può reinventare. Da Pezzo Unico si possono portare stoffe o capi d'abbigliamento di vario tipo, sarà poi la titolare a valutare ogni singolo capo e a suggerire un possibile riutilizzo, sempre con l'intento di conservare, quanto più possibile, l'abito a cui magari il proprietario è affezionato. Qualche giorno fa ecco l'annuncio su Facebook del via ufficiale: «Apertura un po' in sordina, ma col cuore pieno di gioia. Pur non potendo fare un'inaugurazione vera e propria per ovvi motivi - scrive - sarò felice di vedervi se vi va di passare per un saluto. Desidero infine ringraziare di cuore e di pancia le persone che mi hanno aiutata a dare vita a questo progetto, nato in un periodo strano e incerto, che non sappiamo dove ci porterà e come potrà cambiarci. Con voi, amici miei, tutto questo si è trasformato in un momento di coraggio, un momento per dimostrare ancora di più la forza che può avere un sogno. Grazie».

Micol Brusaferro

 

Sbarca in città la Banca del Tempo per l'inclusione
Trenta studenti delle superiori e dieci coetanei con disabilità condivideranno un'esperienza formativa grazie a I Bambini delle Fate e Oltre quella Sedia
Un progetto dedicato all'inclusione sociale. È quanto verrà presentato domani all'istituto Da Vinci - Carli - Sandrinelli di via Veronese dall'associazione I Bambini delle Fate, in collaborazione con l'onlus Oltre quella Sedia. La Banca del Tempo Sociale, questo il nome dell'iniziativa, prevede che 10 ragazzi con disabilità e 30 delle scuole superiori vivano un'esperienza formativa, dedicando del tempo in modo organizzato e strutturato, gli uni assieme agli altri. Come compenso per questo impegno, a chi vi parteciperà verranno riconosciuti crediti formativi e consegnati dei premi, come dei buoni per l'acquisto di libri o di articoli sportivi mentre, ai più meritevoli, verranno assegnate delle borse di studio. «L'associazione I Bambini delle Fate sta portando avanti questo progetto di socializzazione in tutta Italia - spiega Marco Tortul, fondatore e presidente della onlus Oltre quella Sedia - per lo sviluppo del quale si appoggiano a una scuola superiore e a un'associazione della città a cui si rivolgono». A Trieste hanno chiesto per l'appunto l'aiuto dell'associazione Oltre quella Sedia, realtà resasi protagonista negli anni di significative azioni di rivitalizzazione di aree degradate della città. I Bambini delle Fate, invece, è un'associazione fondata dal veneto Franco Antonello, papà del ragazzo autistico che ha ispirato Salvatores per il film "Tutto il mio folle amore". Il percorso condiviso con i ragazzi delle superiori, però, partirà solo tra gennaio e febbraio. Un modo, questo, anche per prendere tempo e valutare come gestire la compresenza in tempi di distanziamenti dovuti al coronavirus. «Nell'incontro di presentazione - prosegue Tortul - individueremo i 30 alunni del triennio finale che collaboreranno con noi. Abbiamo scelto questa fascia d'età in modo che siano il più possibile coetanei dei nostri ragazzi». Gli alunni della scuola verranno poi coinvolti in gruppi, in modo da superare il rapporto "uno a uno" che troppo spesso punta i riflettori solo sulla persona che necessita d'aiuto.

Lorenzo Degrassi

 

 

Serbia, guerra dell'oro bianco tra ambientalisti e Rio Tinto - i preziosi giacimenti di litio a loZnica

BELGRADO. Da una parte un colosso minerario, che si frega le mani in vista dell'imminente sfruttamento di un giacimento potenzialmente preziosissimo. Al suo fianco, il governo locale, che gongola immaginando sostanziose nuove entrate nelle casse statali, nuovi investimenti - forse fino a 1,5 miliardi di dollari - e nuovi posti di lavoro. Dall'altra, una minoranza che cresce ma che è già rumorosa e promette battaglia contro un possibile disastro ambientale. Sono questi i protagonisti della "guerra dell'oro bianco", il litio - fondamentale per la produzione delle moderne batterie e ricercatissimo dall'industria dell'auto e da quella della strumentistica elettronica. Guerra che si sta preparando in Serbia, Paese balcanico che nasconderebbe enormi riserve del ricercatissimo minerale, nelle profondità dei terreni attorno all'area di Loznica, nel Nordovest. Ad aver messo gli occhi da anni sull'affare è stato il colosso anglo-australiano Rio Tinto, ormai sempre più vicino all'estrazione e allo sfruttamento del litio della Serbia, Paese che custodirebbe il 10% delle riserve globali. Nei prossimi diciotto mesi, infatti, il gigante minerario opererà le ultime esplorazioni e completerà gli esami dei materiali estratti dall'area di Jadar, a qualche decina di chilometri da Loznica, dove nel 2004 è stata scoperta la "jadarite", un metallo da cui ricavare il litio. Non si tratta di un progetto secondario, per Rio Tinto, che in primavera ha confermato di aver ormai investito circa 200 milioni di dollari in Serbia.Ma non tutti, in Serbia, guardano ora al progetto con favore. Non lo fanno sicuramente i sempre più numerosi ambientalisti e residenti dell'area di Loznica che nei giorni scorsi hanno cominciato a far sentire la propria voce, anche scendendo in strada. «Dobbiamo comprendere gli effetti a lungo termine del progetto, non solo per la gente del posto ma per l'intera Serbia», Rio Tinto «non sa dove è arrivata, difenderemo le nostre case e l'ambiente», ha assicurato Marija Alimpic, fra gli attivisti che si oppongono oggi allo sfruttamento della jadarite. «A noi il veleno, a voi il litio», «difendiamo l'intera Serbia», «Rio Tinto, torna a casa», alcuni dei cartelli issati da residenti dell'area durante una recente protesta. Dalla futura miniera «usciranno ogni giorno milioni di litri di veleni che finiranno nel fiume Jadar», ha denunciato anche Aleksandar Jovanovic, di una Ong in prima fila nella difesa dei fiumi in Serbia, confermano simili posizioni esperti indipendenti. Proteste che sono solo destinate a salire d'intensità. E che - seppur ancora non massicce - sembrano preoccupare il colosso minerario. Che questa settimana ha tenuto a precisare che i materiali residuali delle sfruttamento del futuro impianto non avranno alcun impatto negativo sull'ambiente e che tutto si svolgerà nel rispetto di natura e residenti.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 8 novembre 2020

 

 

Confindustria Alto Adriatico: piano per l'addio al carbone
Dalla riconversione della centrale termoelettrica di Monfalcone fino alla elettrificazione delle banchine del porto di Trieste: tutti i progetti in campo
TRIESTE. Sostenibilità, decarbonizzazione, transizione energetica, uso efficiente delle risorse, nuove infrastrutture sostenibili. Confindustria Alto Adriatico scende in campo sui nodi della transizione energetica e ambientale del Friuli Venezia Giulia. Una ventina di imprese dell'Associazione aderenti alla filiera dell'energia si sono confrontate a Trieste in forma ibrida online nella sala del consiglio di AcegasApsAmga. «Il ruolo di Confindustria è quello di contribuire attivamente alla definizione delle politiche a livello europeo e nazionale, per accompagnare le imprese italiane verso la transizione energetica - ha affermato Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico - noi dobbiamo agevolare un cambiamento culturale affinché quello della sostenibilità diventi un approccio condiviso dalle imprese, che rappresentano il volano di sviluppo per il Paese. La sostenibilità non è una moda - ha sottolineato Agrusti -, ma un modo per rispondere alle sfide poste dal mercato di oggi e domani». Sono quattro in particolare i progetti di transizione energetica per il Fvg presentati nel corso dell'incontro e che, a detta della filiera energetica di Confindustria, potrebbero avere un elevato impatto nei prossimi anni: lo sviluppo delle infrastrutture elettriche al servizio del porto di Trieste, la riconversione della centrale termoelettrica di Monfalcone, una nuova interconnessione elettrica transfrontaliera fra Italia e Slovenia e iniziative che prevedano investimenti sulla rete di media e bassa tensione. L'elettrificazione delle banchine del porto di Trieste è un progetto presentato da AcegasApsAmga, volto a favorire una sensibile riduzione delle emissioni di CO² delle attività portuali e della mobilità urbana, civile e commerciale, grazie alla riorganizzazione delle reti di trasporto e alla distribuzione dell'energia elettrica nelle aree portuali tramite lo sfruttamento di energia solare e di fonti rinnovabili. La riconversione della centrale di Monfalcone in impianto per la trasformazione in gas naturale è il progetto di A2A.Energiefuture ha già presentato a dicembre 2019 le richieste di autorizzazione per la realizzazione di un nuovo ciclo combinato alimentato a gas e per la costruzione di un tratto di metanodotto da collegarsi alla rete di Snam Rete Gas. Il nuovo impianto consentirà di raggiungere un rendimento elettrico del 62% rispetto all'attuale 35%, la riduzione delle emissioni specifiche di anidride carbonica, una significativa riduzione delle emissioni e l'annullamento delle emissioni SO² e polveri. È di Adrialink (società equamente partecipata da Enel Produzione ed Hera Trading) il doppio progetto relativo all'interconnessione elettrica transfrontaliera fra Italia e Slovenia per complessivi 2100 GWh/anno nominali (circa il 20% del fabbisogno regionale) nei tratti Redipuglia-Vertoiba e Dekani-Zaule, linee da 150 MW cadauna. Entrambi i progetti sono autorizzati alla costruzione e all'esercizio sia in Italia che in Slovenia. Enel-E-distribuzione, infine, ha presentato progetti di Smart Grid e resilienza delle reti. Si tratta di iniziative che prevedono investimenti sulla rete di media e bassa tensione del territorio regionale per il telecontrollo delle linee e delle cabine di trasformazione, la gestione da remoto, la tesatura dei cavi isolati, la magliatura della rete elettrica e l'interramento delle linee esistenti.

Lorenzo Degrassi

 

 

Scompare uno dei simboli della Ferriera - È l'ora della demolizione del gasometro
Imprese specializzate al lavoro per smontare l'enorme cilindro costruito nel '64 e in funzione fino allo stop dell'area a caldo
Uno dei simboli della Ferriera, che i triestini e non solo loro notavano passando sulla sopraelevata e che aveva un ruolo importante nello stabilimento, sta per sparire. È giunta l'ora infatti dello smantellamento del gasometro, l'imponente struttura in ferro realizzata nel 1964. Prosegue quindi l'opera di dismissione dell'area a caldo e di alcune strutture un tempo funzionali al comprensorio ma che d'ora in poi non serviranno più. Sono stati in tanti in questi giorni a notare le operazioni in corso, che hanno dapprima visto i pezzi mancanti su un lato della "gabbia" e poi si sono domandati se davvero fosse arrivato il momento della demolizione. Ad aiutare a ricostruire la storia del gasometro c'è chi ha seguito per anni da vicino le vicende legate allo storico stabilimento siderurgico. «Io sono fuori dall'impianto da aprile - precisa Thomas Trost, Rsu Fiom - ma so che ci sono varie ditte che stanno operando all'interno, e alcune in particolare che, con cesoie idrauliche e altri macchinari adeguati, stanno demolendo gran parte delle strutture che ormai non saranno più utili al futuro della zona. E tra queste c'è pure il gasometro. Credo si stia procedendo in modo molto rapido. Quella struttura - prosegue Trost - aveva diverse funzioni, ed era una delle più grandi e importanti dello stabilimento. E doveva essere costantemente monitorata, considerando anche il fatto che si trovava a poca distanza dal centro abitato. C'era quindi una manutenzione costante e molto attenta. E, nei periodi di maggior lavoro, vi veniva impiegata una quarantina di persone». Negli anni sono stati tanti gli operai e i tecnici utilizzati per il funzionamento dell'impianto, che serviva per proprio raccogliere e immagazzinare il gas. «Salvo situazioni particolari c'erano tre turni diversi con una quindicina di dipendenti impiegati», aggiunge Cristian Prella della Failms Cisal: «Conteneva il gas afo, un mix di aria della cockeria e dell'altoforno. Chi si occupava del gasometro in pratica regolava il flusso che serviva per la pressione del forno, per alzare o abbassare la temperatura e per mantenere una pressione costante. Era quindi importante per la produzione e la sicurezza». Il gasometro è citato anche tra i passi previsti nell'accordo di programma per l'attuazione del piano di riconversione dell'area. Ultimo dei punti nell'elenco di interventi finalizzati allo smantellamento, dopo la dismissione di cokeria, agglomerato e macchina a colare. «Credo che molti cambiamenti si vedano ora anche dal mare - aggiunge Prella - perché si sta abbassando quella linea di strutture che per anni tutti siamo stati abituati a vedere. Penso che stiano procedendo secondo quanto era stato stabilito, con l'obiettivo di consegnare l'area a febbraio. Molto materiale fronte mare è stato asportato. C'è un impatto visivo che credo colpisca soprattutto chi, per tanti anni, ha lavorato lì».

Micol Brusaferro

 

In corso la formazione che darà a 51 ex operai nuove "piste" di lavoro - il programma di riqualificazione del personale
I primi quattro corsi di formazione per riqualificare i lavoratori dell'ex area a caldo della Ferriera di Servola sono partiti a metà ottobre e coinvolgono 51 persone. Dureranno tra le 200 e le 250 ore. Sono quattro i profili che verranno formati, in accordo con Arvedi: pulpitisti specialisti, manutentori, movimentatori e una quarta figura ibrida, intermedia tra le tre specializzazioni. «Sono stati messi in campo tutti gli strumenti e le misure possibili, attingendo anche dal Fondo Sociale Europeo per assecondare le richieste della proprietà e agevolare Arvedi nella pianificazione del lavoro», spiega l'assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen. Ma non basta. «Dei 66 lavoratori interinali dell'area a caldo della Ferriera 52 risultano occupati e i 14 disoccupati sono stati contattati per svolgere un percorso di presa in carico finalizzato all'inserimento lavorativo. Dei disoccupati 12 per l'appunto sono stati presi in carico dal Centro per l'impiego (di questi otto hanno intrapreso un percorso di riqualificazione nel settore navale) e soltanto due non hanno aderito al percorso di presa in carico e risultano inattive», ha fatto sapere l'assessore rispondendo recentemente a una interrogazione consiliare. «È stata la Regione da ottobre 2018 a intervenire in maniera diretta presso Arvedi - insiste la stessa Rosolen - perché i contratti dei lavoratori a tempo determinato e dei somministrati venissero mantenuti in essere».

 

 

Salvati (Pd) «Sesta circoscrizione, si attivi il bike sharing»

«La giunta provveda a realizzare alcune stazioni di bike sharing in Sesta Circoscrizione, e precisamente alla Rotonda del Boschetto, in piazzale Gioberti, in Villa Engelmann e al Ferdinandeo. La sperimentazione troverebbe buona accoglienza soprattutto se accompagnata dall'installazione di sistemi di videosorveglianza». Lo chiede, richiamando una mozione approvata dalla Sesta Circoscrizione, il capogruppo Pd Luca Salvati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 7 novembre 2020

 

 

«La riconversione di A2A prima a gas e poi idrogeno è una sfida da sostenere»
Per il presidente Agrusti il ruolo dell'associazione sarà quello di agevolare il cambiamento culturale non solo delle imprese ma anche dell'opinione pubblica
La conversione della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone a gas e poi anche all'idrogeno è uno dei cardini principali delle quattro aree di transizione energetica che saranno di elevato impatto ambientale nei prossimi anni per il Friuli Venezia Giulia. A ribadirlo è stato il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti in un recente convegno (Transizione Energetica e Ambientale del Friuli Venezia Giulia) in cui ha ribadito l'attenzione e l'appoggio di Confindustria nel processo di decarbonizzazione verso la transizione energetica che in regione porterà oltre che vantaggi ambientali anche economici oltre che occupazionali. In questo processo la riconversione a gas e poi anche a idrogeno della centrale A2A di Monfalcone riveste un ruolo di grandissima rilevanza. «In quella che è una sfida, per sostenere la decarbonizzazione, la transizione energetica e passare dall'economia lineare all'economia circolare, il ruolo di Confindustria Alto Adriatico è quello di contribuire attivamente alla definizione delle politiche a livello europeo e nazionale per accompagnare le imprese italiane verso questa evoluzione»: ha ribadito Agrusti. «Il ruolo della nostra associazione - ha aggiunto - è anche agevolare un cambiamento culturale affinché non solo per le imprese ma anche per l'opinione pubblica, quello della sostenibilità diventi un approccio condiviso e che questo cambiamento aiuti a superare un certo pregiudizio verso le imprese, che rappresentano il volano di sviluppo per il Paese e per le quali la sostenibilità è già diventato un elemento imprescindibile per il futuro. La sostenibilità riguarda tutti e pertanto tutti devono avere la chiara consapevolezza che il clima richiede attenzione, che le risorse mondiali sono scarse e lo sviluppo futuro non può non passare attraverso processi di transizione energetica e un approccio di economia circolare, che faccia leva su riciclo, riuso e recupero». Proprio recentemente A2A ha presentato il bilancio di sostenibilità territoriale: ammonta a 25 milioni il valore economico distribuito nel Fvg, a 6 milioni l'investimento per mantenere gli impianti. Una realtà che dà lavoro a 147 lavoratori e di questi il 94% residenti.

Giulio Garau

 

 

Le mascherine chirurgiche "usa e getta" possono essere riciclate - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino, Medici per l'Ambiente

La pandemia ha portato a un incremento nell'uso di materiale usa e getta in tutto il pianeta così come nel nostro Paese che già ha gravi problemi di smaltimento dei rifiuti a tutela dell'ambiente e, troppo spesso, a vantaggio delle ecomafie. Per proteggersi dal Covid-19 la popolazione tutti noi stiamo utilizzando le mascherine di comunità lavabili ad alte temperature oppure quelle chirurgiche usa e getta.. Secondo i dati del Ministero, agli studenti delle scuole di tutti gli ordini e gradi vengono fornite 11 milioni di mascherine al giorno, a cui si aggiungono le dotazioni distribuite a tutto il personale. Il rapporto dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) sulla presenza e i danni della plastica nel Mediterraneo, pubblicato il 27 ottobre scorso, denuncia come l'Italia risulti essere tra i Paesi del bacino maggiormente responsabile dell'inquinamento con ben 34 mila tonnellate, secondo solo all'Egitto. Le mascherine chirurgiche sono composte di polipropilene, materiale già abitualmente riciclato e venduto a 355 euro a tonnellata. Il polipropilene è lavorato a quasi 200 gradi Celsius che sono sufficienti a sanificare il ciclo di produzione che lo utilizza e riutilizza. Pertanto, non sembrano esserci problemi tecnici per il suo riuso tranne che gli aspetti logistici legati alla sua raccolta in sicurezza. La Federazione dei Verdi propone a livello nazionale e dunque, nella nostra regione al presidente Fedriga che venga attivato un tavolo di confronto con le aziende del settore ed un altro con i rappresentanti dei Comuni e l'Anci per organizzare una raccolta separata e specifica che preveda l'identificazione di luoghi opportuni presso aziende, scuole, uffici pubblici, farmacie, isole ecologiche. Nei casi, invece, delle mascherine di comunità si può scegliere di attivare i canali di comunicazione noti per illustrare le tecniche più opportune per la loro sanificazione come da indicazioni del Ministero della Salute. In entrambe le ipotesi, la filiera produttiva del riciclo e del riuso delle mascherine può creare ulteriori opportunità di impiego e, quindi, nuovi posti di lavoro. La green economy è un'opzione concreta e anche la sola gestione ecosostenibile di un problema comune ne è una dimostrazione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 6 novembre 2020

 

 

Due balenottere in "marcia" verso Trieste - Eccezionale avvistamento al largo di Pirano
Sono state seguite dai ricercatori Morigenos, allertati da alcuni pescatori. L'appello affinché le navi non si avvicinino
È un avvistamento che è stato definito eccezionale, e che ieri ha emozionato i ricercatori sloveni e italiani e ha fatto impazzire i social. Due esemplari di balenottera comune (Balaenoptera Physalus) sono stati infatti fotografati in golfo, al largo delle acque slovene, diretti verso Trieste. A catturare scatti e video, anche con il supporto di un drone, al largo di Pirano, è stato il team di Morigenos, che si occupa di tutelare e controllare l'ambiente marino, allertato da alcuni pescatori. «Si tratta del secondo animale più grande al mondo, che può raggiungere anche i 22 metri di lunghezza e le 50 tonnellate di peso», così Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare: «È molto raro vedere queste balenottere, ed è un fenomeno ancora più speciale perché sono in due. Si distinguono facilmente visto che presentano una pinna molto evidente sul dorso, quando si immergono. Non sono pericolose, certo va ricordato a tutti che non vanno avvicinate. Devono essere lasciate in pace. Stanno nuotando verso Trieste - osservava ieri lo stesso Spoto - ma non è detto che, trovandosi al largo, cambino idea. Comunque continueremo a monitorare anche noi la situazione».Le immagini delle balenottere ieri hanno fatto il giro dei social, condivise e commentate da tantissime persone. Che sperano anche di poterle osservare dal vivo, magari dalla riva, e più vicino a Trieste. Ma sempre su Facebook arriva il monito, anche da parte dei ricercatori sloveni, a prestare attenzione agli animali, soprattutto da parte delle navi più grandi e da quelle che si muovono in modo rapido. Il rischio è di ferirle. «I ricercatori della società Morigenos hanno rintracciato e monitorato le due Balaenoptera physalus sulla base di una notifica di un pescatore sloveno. Si nutrono principalmente di gamberetti e pesce. Le principali minacce di questa specie nel Mediterraneo - scrivono sempre i ricercatori - sono le navi veloci, il rumore subacqueo, l'inquinamento chimico e le microplastiche. Entrambe le balene sono state fotografate e filmate. Sulla base delle foto, saremo in grado di scoprire se sono già state identificate altrove e i video aerei in particolare ci permetteranno di determinare la loro condizione fisica. Siamo molto lieti - raccontano o sempre sui social quelli di Morigenos - di poter contare su una grande collaborazione con i pescatori locali, poiché senza di loro non saremmo in grado di raccogliere i dati sopra menzionati. Invitiamo tutti quelli che si trovano in mare in questi giorni a informarci il prima possibile, in caso di avvistamento, per aiutarci a raccogliere importanti informazioni sul movimento e sullo stato di questi animali. Allo stesso tempo chiediamo agli armatori di non avvicinarsi alle balene, di restare oltre i 200 metri e di ridurre il potenziale impatto negativo su di esse».

il casoMicol Brusaferro

 

Ambiente - Il gruppo Marevivo Fvg si "allea" con l'ateneo

La Delegazione Fvg di Marevivo ha stipulato un accordo di collaborazione a carattere continuativo con l'Università di Trieste nel quale attività di studio e formazione di reciproco interesse possano integrarsi e coordinarsi reciprocamente. A siglare l'intesa Maria Cristina Pedicchio, capo della Delegazione, e il rettore Roberto Di Lenarda. È stato così delineato un percorso che prevede la collaborazione dei due enti nell'ottica di un percorso comune volto alla diffusione, formazione e implementazione delle tematiche ambientali, con attività rivolte a tutte le fasce d'età.

 

 

 Il Comitato - Pineta di Cattinara, riparte la protesta

Il "Comitato per la difesa della Pineta di Cattinara" ha organizzato per mercoledì prossimo alle 18 un incontro pubblico in via Valdoni, proprio di fronte alla storica area verde di cui è stata annunciata la distruzione, per far posto a un parcheggio sotterraneo, collegato ai lavori di ampliamento dell'ospedale cittadino, con lo spostamento del Irccs "Burlo Garofolo".«Vogliamo ribadire - spiegano i promotori dell'incontro - che porteremo avanti la battaglia a tutela di questa area verde, unico "spazio" rimasto alla piccola frazione di Cattinara».

 

 

Piscina terapeutica: firme a quota novemila - le associazioni in pressing sul comune
Certezze sulla tipologia di piscina che vedrà la luce in Porto Vecchio. E'quanto chiedono gli oltre duemila utenti che, a più di un anno dal crollo del soffitto dell'Acquamarina, ancora non possono beneficiare delle cure terapeutico-riabilitative che quella piscina garantiva. «La struttura di Grado è per molti troppo lontana - denunciano le associazioni di volontariato in una conferenza stampa svoltasi ieri mattina al Caffè San Marco - mentre alla Pineta del Carso di Aurisina gli utenti con disabilità fisica hanno ricevuto il diniego ad utilizzare la piscina termale, consentita solamente ai 40 utenti con autismo e agli altri 25 iscritti all'attività di bocce». Per tutti loro rimaneva l'opzione Ancarano, ma con la chiusura dei confini a causa della pandemia, anche quest'ultima piscina risulta ora inaccessibile. Da qui la richiesta delle associazioni che la città si doti al più presto di uno - se non addirittura due - nuovi impianti terapeutici. A tal proposito sono state raccolte già seimila firme e altre tremila verranno presentate al Comune nei prossimi giorni. La richiesta delle associazioni di volontariato, però, non si limita alla costruzione di una piscina termale qualunque, bensì «di una struttura che offra effettivamente i servizi già presenti nella piscina della Sacchetta, necessari alle persone con particolari carenze nelle capacità di movimento». Per questo motivo le associazioni di volontariato chiedono di venire convocate dal Comune, in modo da avere certezze sulla tipologia di impianto che, come promesso ripetutamente da sindaco e giunta, sorgerà in Porto Vecchio.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 novembre 2020

 

 

Il rigassificatore di Veglia a pieno regime da gennaio

In fase di ultimazione l'infrastruttura a terra e il gasdotto Pola-Karlovac L'ex metaniera Lng Croatia salperà il 20 per prelevare il primo carico in Grecia

FIUME. Alle battute finali la realizzazione del progetto del rigassificatore galleggiante nell'Alto Adriatico. A lavori di rifinitura conclusi, l'ex metaniera Lng Croatia - destinata a divenire il rigassificatore offshore nelle acque di fronte la località di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia - lascerà il cantiere navale Viktor Lenac di San Martino di Liburnia, nei pressi di Fiume, per raggiungere la Grecia. La partenza è fissata per il 20 novembre, con la nave che attraccherà in uno scalo ellenico (al momento imprecisato) dal quale preleverà il primo quantitativo di metano da riportare allo stato gassoso nel nuovo terminal isolano. Il rientro dell'unità a Castelmuschio è previsto nella prima quindicina di dicembre, dopo di che comincerà subito l'operazione sperimentale. A rendere noti i prossimi passaggi è stato Hrvoje Krhen, direttore di Lng Hrvatska, l'azienda alla quale lo Stato croato ha affidato la gestione dell'impianto galleggiante, peraltro fortemente avversato - ma non è servito a nulla - da ambientalisti, forze politiche, dalla stessa Regione quarnerino-montana e da autonomie locali. L'ex metaniera si trova già da due settimane al Viktor Lenac, per i lavori conclusivi e per testare i sistemi di bordo: tutte operazioni necessarie prima dell'attività sperimentale. Il terminal metanifero sarà a pieno regime a partire dal prossimo 1 gennaio ed avrà una capacità di movimentazione annua di 2,6 miliardi di metri cubi.«I lavori procedono senza problemi di sorta», ha dichiarato Krhen, confermando che «è in fase di conclusione la costruzione sia dell'infrastruttura dislocata sulla terraferma, sia del gasdotto che allaccerà Lng Croatia e il metanodotto Pola-Karlovac». Krhen ha ricordato che «siamo riusciti a vendere tutta quanta la nostra capacità operativa per il triennio 2021-2023. Per il periodo che va fino al 2027, Lng Hrvatska è riuscita a piazzare più di 8 miliardi di metri cubi. L'impresa non si è però fermata qui, vendendo circa 3,3 miliardi per il lasso di tempo compreso tra il 2027 e il 2030». Occorre movimentare almeno 1,1 miliardi di metri cubi all'anno - ha ribadito il direttore di Lng Hrvatska - «per non generare perdite e non dover pagare l'indennizzo relativo alla sicurezza per l'approvvigionamento del gas, penale che ricade su tutte le utenze in Croazia».Il direttore di Lng Hrvatska ha precisato che i maggiori acquirenti sono in questo momento le aziende Mfgk Croatia, Power Globe Qatar e Met Croatia Energy Trade. Anche le imprese statali croate, la petrolifera Ina e l'elettrodistributiva Hep, hanno dato una mano, rilevando circa mezzo miliardo di metri cubi. Ora sulla nave agisce un equipaggio misto, formato da marittimi croati e d'oltreconfine, ma non appena Lng Croazia verrà ormeggiata dinanzi a Castelmuschio i lavoratori saranno tutti croata: è quanto prevede l'accordo di cofinanziamento del progetto, firmato da Zagabria e dall'Unione europea. Il rigassificatore offshore vegliota, nel complesso della infrastruttura, ha richiesto un investimento di 233 milioni di euro, 101 dei quali stanziati a fondo perduto da Bruxelles. La nave è venuta a costare poco meno di 160 milioni di euro, cifra che ha compreso pure i lavori di riconversione della metaniera, trasformata in rigassificatore. La riconversione è stata realizzata in un cantiere navale nei pressi di Shangai, in Cina: al termine dei lavori in Oriente la Lng Croatia era salpata per Fiume nella seconda metà dello scorso settembre.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 novembre 2020

 

 

Il San Giusto d'Oro ad Andrea Segrè per la sua battaglia contro lo spreco

Premiato l'impegno pluriennale per il recupero del cibo. Targa speciale alla giornalista Rai Botteri

La lotta allo spreco alimentare e l'impegno al servizio della verità. Andrea Segrè vince il San Giusto d'Oro numero cinquantaquattro mentre alla giornalista Rai Giovanna Botteri va la targa speciale. Se tutto andrà bene la cerimonia di premiazione si terrà a dicembre nella sala del Consiglio regionale. L'annuncio è stato dato ieri dai vertici dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia che, in collaborazione con il Comune e il sostegno della Fondazione CRTrieste, tradizionalmente conferisce il riconoscimento. A chi? Di anno in anno vengono scelti triestini che si sono distinti per aver tenuto alto il nome della città agli occhi del resto d'Italia e del mondo. I nomi abitualmente escono il giorno del patrono giuliano, San Giusto appunto. Ecco che l'edizione 2020 vede dunque premiato innanzitutto il professor Segrè: «Ha contribuito a fare di difesa dell'ambiente e lotta agli sprechi alimentari un tema di rilievo internazionale», motiva Carlo Muscatello, presidente dell'Assostampa regionale. «È partito da un dato: a fronte di oltre 800 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame, quasi un terzo del cibo prodotto viene sprecato prima di arrivare in tavola, alimentando il surriscaldamento globale. L'intuizione di Segrè, figlia degli insegnamenti ricevuti in famiglia dalla nonna lussignana e in sintonia con il magistero di Papa Francesco, assume ulteriore valore durante la pandemia, che porta con sé un'emergenza anche economica e sociale». Classe 1961, Segrè è professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata nell'ateneo bolognese e ha insegnato Economia circolare all'Università di Trento. È fondatore del progetto di ricerca Last Minute Market-impresa sociale, ideatore della campagna Spreco Zero e direttore scientifico dell'osservatorio Waste Watcher per l'economia circolare e lo sviluppo sostenibile. Presiede la Fondazione F.I.CO (Fabbrica Italiana Contadina) per l'educazione alimentare e alla sostenibilità nonché il Centro agroalimentare di Bologna. Il 29 settembre, durante l'evento organizzato dalle Nazioni Unite e dalla Fao in occasione della prima Giornata internazionale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, è stato l'unico relatore italiano a intervenire: un riconoscimento globale per l'impegno profuso in tanti anni di ricerca e iniziative concrete.«Con la targa speciale a Giovanna Botteri invece - prosegue Muscatello - premiamo il lavoro di una collega che, partendo da Trieste, è stata testimone dei grandi avvenimenti internazionali degli ultimi decenni. Giornalista dell'anno e volto tv popolare in questo drammatico 2020, ha sempre raccontato i fatti con sensibilità, senza protagonismi, ponendosi dalla prospettiva della gente comune. E con quel tocco di femminile triestinità di chi ha girato il mondo ma non ha dimenticato le proprie origini». Laureata in Filosofia, come inviata ha seguito il crollo dell'Unione Sovietica, l'inizio della guerra nella ex Jugoslavia nel 1991, la Bosnia e l'assedio di Sarajevo dal 1992 al 1996, poi Algeria, Sudafrica, Iran, Albania, Kosovo. Nel 2001 è a Genova per il G8. Tra il 2001 e il 2005 segue i conflitti in Afghanistan e Iraq. Nel 2006 è in Libano, con il contingente di pace italiano, e in Siria, per l'inizio della rivolta contro Assad. Nel 2007 diventa corrispondente e poi capo dell'ufficio Rai dagli Stati Uniti. Dal 2019 è capo dell'ufficio di corrispondenza Rai per il Sudest asiatico, con base a Pechino. È uno dei rari corrispondenti occidentali testimoni dell'inizio della pandemia. 

Lilli Goriup

 

 

Nuovo centro rifiuti a Vignano: la giunta Marzi dà il via alla gara

MUGGIA. È stata avviata la procedura negoziata per l'affidamento dei lavori di realizzazione di un nuovo centro di raccolta comunale dei rifiuti urbani in territorio muggesano, in località Vignano, alle Noghere.La durata prevista dei lavori stessi è indicata in 100 giorni consecutivi dalla data di affidamento. La data limite per la presentazione delle offerte è stata stabilita alle 12 del prossimo 27 novembre, mentre quella della prima seduta pubblica per l'analisi delle buste è stata a propria volta fissata alle 10.30 del successivo lunedì 30 novembre, nella sala del Consiglio comunale del palazzo municipale di piazza Marconi.Le opere da realizzare riguardano la formazione di un sistema fognario per lo smaltimento delle acque del piazzale e di quelle meteoriche, la fornitura e la posa del sistema di trattamento delle acque dei piazzali, la realizzazione di fondazione e pavimentazione in calcestruzzo per le aree destinate a deposito dei rifiuti otre che dei piazzali adibiti alla viabilità. Infine la fornitura e la posa di tettoie per la copertura delle aree di deposito dei rifiuti differenziati. L'importo complessivo di quest'appalto, comprensivo degli oneri per la sicurezza, è pari a 199.912,61 euro, dei quali 191.877,80 euro per i lavori, 4.736,65 euro per oneri legati alla sicurezza ordinaria e 3.298,16 euro per oneri relativi alla sicurezza speciale. Si tratta di un'opera importante per il territorio muggesano in quanto, ad oggi, i rifiuti indifferenziati vengono conferiti in un'area, sempre in località Vignano, di proprietà privata e per la quale il Comune di Muggia paga un canone. Quindi disporre di un'area attrezzata di proprietà comunale per lo smaltimento porterà certamente sollievo alle casse del Comune rivierasco.

LU.PU.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 3 novembre 2020

 

 

Cala la popolazione, aumentano le auto - E un abitante su cinque ha uno scooter
Trieste si conferma ai primi posti in Italia per numero di veicoli in circolazione. I mezzi totali sono il doppio di quelli di Udine
I residenti nel nostro Comune diminuiscono, ma il parco veicolare in circolazione cresce. Senza contare che Trieste si conferma una delle città italiane con la più alta concentrazione di motocicli: ogni cinque residenti c'è uno scooter o una moto che sfreccia tra le vie cittadine. La fotografia emerge dai dati forniti dall'ufficio statistiche dell'Automobile Club che riferiscono di un parco veicolare triestino composto in totale da 165.019 mezzi (Udine ne conta 82.969), a fronte di un "esercito" di motorini pari a 42.315 unità, quando erano 41.188 nel 2015 e non superavano i 40 mila nel 2013. Tenendo conto che in regione i motocicli sono in totale 145.315, significa che quasi il 30 per cento di questi mezzi a due ruote è di un triestino. Una concentrazione difficile da rilevare in altre località a livello nazionale, - l'Italia detiene anche il record europeo di motocicli immatricolati -. Numeri più alti li sfoggiano soltanto il Comune di Livorno e quello di Genova. Del resto basta dare un'occhiata agli stalli in città, con le file interminabili di scooter e moto infilati ovunque, per averne riscontro. La tendenza all'uso delle due ruote è ormai consolidata negli anni, e conta una crescita importante e un impiego trasversale in termini di età. Un mercato quindi florido che alimenta di conseguenza anche quello dedicato agli accessori come caschi, teli ripara pioggia e vento, guanti e bauletti. Passando ai dati delle statistiche Aci relativi invece alle automobili, le immatricolazioni raccontano che nel solo Comune di Trieste sono 108.381 le 4 ruote, mentre nel 2015 erano 105.693. Di queste oltre 87 mila sono alimentate a benzina, 8.323 sono Euro 0, ovvero immatricolate prima del 1992, mentre il numero maggiore (31.518) sono Euro 4. Sono 24.179 le più recenti Euro 6. Numeri che, ancora una volta, fanno emergere l'anzianità dei veicoli circolanti sul territorio. Sulla consistenza del nostro parco veicolare, Enrico Lena, uno dei quattro consiglieri dell'Automobile Club Trieste, fa alcune considerazioni. «Ad incidere sul dato numerico c'è certamente l'elevata concentrazione dei motocicli - osserva -, ma anche la tendenza di molte famiglie ad acquistare due, a volte tre automobili. Inoltre in città resiste una fetta sostanziosa di collezionisti. Un collezionismo non ricco, - specifica Lena - ma importante per numero di veicoli mantenuti dagli appassionati» .Vista la costante crescita dei mezzi in città, resta attuale la necessità di nuovi parcheggi. «È un tema costantemente alla nostra attenzione - assicura l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli -, come testimonia l'impegno sul raddoppio in itinere nel Park Bovedo. Proseguono inoltre le trattative per realizzare un parcheggio in Porto vecchio nell'area della concessione Greensisam». L'assessore ricorda anche come, ad esempio, in occasione delle festività natalizie, venga incentivato l'utilizzo dei mezzi pubblici con promozioni sui parcheggi coperti più periferici. Infine qualche curiosità: in regione l'automobile più diffusa è la Fiat Panda 1.2 Sp, se ne contano ben 19.267. A seguire la Fiat Punto 1.2 Sp (8.441)). Sui mezzi a due ruote domina la Piaggio. Va considerato, infine, che il netto aumento di vendite delle biciclette - oggi dalle 9 sarà operativa tra l'altro la piattaforma on-line del Bonus bici, creata dal ministero dell'Ambiente e necessaria per richiedere il bonus mobilità, l'incentivo all'acquisto di bici, e-bike e monopattini - potrebbe nel tempo incidere sul parco veicolare, a sfavore delle moto.

Laura Tonero

 

La Regione rimpolpa il budget per l'acquisto di vetture green
Stanziati nell'ultimo assestamento due milioni di euro per il 2020 - Verranno evase tutte le domande 2019 e le prime di quest'anno
Nuove risorse dalla Regione per le auto ecologiche. In assestamento di bilancio, infatti, la giunta Fedriga ha destinato all'acquisto di questo tipo di veicoli 2 milioni e 70 mila euro per il 2020, prevedendo con il bilancio armonizzato altri 2,6 milioni di euro nei prossimi due anni. Verranno evase tutte le richieste di contributo del 2019 e si inizieranno ad erogare i contributi del 2020. «Nessuno poteva immaginare un boom del mercato post-lockdown - ha precisato a questo proposito l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - basti pensare che in meno di un anno, i modelli ibridi ed elettrici sul mercato sono più che raddoppiati e alcune case automobilistiche che non le avevano previste, ora hanno iniziato a mettere in commercio vetture ecologiche». In attesa di ricevere eventuali fondi del Recovery Fund, Scoccimarro spiega che «è stata predisposta la proroga della graduatoria da 2 a 5 anni per garantire il contributo a chi ha presentato la domanda e deciso di redigere comunque un nuovo regolamento che tenga conto delle nuove dinamiche di mercato».Ulteriori 2 milioni di euro sono stati inoltre garanti per il super sconto carburanti per l'Area 1 fino al 31 dicembre prossimo. Nel complesso a questo scopo nel 2020 sono stati destinati 37 milioni. «Nel frattempo - aggiunge l'esponente dell'esecutivo Fedriga - speriamo si riesca a trovare un accordo con il governo, così da ricevere una indispensabile compartecipazione da parte dello Stato, unico vero beneficiario, oltre ai cittadini, di questa misura». Per non penalizzare ulteriormente i residenti del Friuli Venezia Giulia si è deciso poi di confermare lo sconto per i prossimi due anni anche ai possessori di vetture da Euro 0 a Euro 4 «che sono quelli che meno di altri possono permettersi di cambiare auto, anche se - ha ribadito l'esponente di Giunta - cercheremo di sostenere ancora di più chi guida vetture poco inquinanti o, meglio, a zero emissioni».

l.t.

 

 

Sgonico dichiara guerra ai pannolini "usa e getta" - Contributi per i lavabili - il provvedimento
SGONICO. Un ritorno all'antico, per attuare una moderna politica dei rifiuti, che guardi al risparmio e alla razionalizzazione. Va in questa direzione la scelta fatta dall'amministrazione comunale di Sgonico, che ha stanziato 500 euro, una «cifra per ora simbolica - precisa il sindaco Monica Hrovatin - ma suscettibile di incremento se, come speriamo, avremo una buona risposta dalla popolazione», per dare contributi economici ai cittadini che acquisteranno pannolini ecologici lavabili. In sostanza, per combattere l'utilizzo dei pannolini "usa e getta", «la cui diffusione è oramai capillare - sottolinea Hrovatin - e si traduce nella copiosa produzione di rifiuti che vanno nell'indifferenziata, aumentando considerevolmente i costi per la conseguente eliminazione, abbiamo deciso di incentivare l'acquisto di quelli lavabili».Nel testo del provvedimento approvato dalla giunta si legge appunto che «il Comune di Sgonico, al fine di stimolare comportamenti ambientali virtuosi ed economicamente vantaggiosi, volti a favorire la riduzione dei rifiuti, assegnerà un contributo economico a chi utilizzerà i pannolini ecologici lavabili».Con questo provvedimento, Sgonico si qualifica come il primo e per ora unico comune del territorio provinciale di Trieste ad adottare una scelta così netta in materia. «Mi risulta che ci siano dei precedenti solo in Emilia Romagna - spiega ancora la stessa Hrovatin - e cioè una regione che, su questo fronte, è sempre all'avanguardia».Le domande si possono presentare fino alle ore 12 del 30 novembre. L'avviso e il modulo di richiesta del contributo sono pubblicati sul sito istituzionale www.comune.sgonico.ts.it. Eventuali chiarimenti potranno essere richiesti alla segreteria del Comune di Sgonico, chiamando i numeri 040 229150 e 040 229101, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12, oppure scrivendo all'indirizzo protocollo@com -sgonico.regione.fvg.it.

u.sa.

 

 

Reati contro gli animali, in un anno 42 processi - il report della LAV
Quarantadue procedimenti penali e 18 indagati. Sono i numeri del fenomeno reati contro gli animali commessi a Trieste lo scorso anno secondo il Rapporto Zoomafia stilato ogni anno dalla Lav sulla base delle informazioni fornite dalle Procure. Nel dettaglio 17 processi con due indagati sono stati istruiti per il reato di uccisione di animali; 18 procedimenti e 10 indagati per maltrattamento; 4 procedimenti e 5 indagati per abbandono o detenzione di animali in condizioni incompatibili; 3 procedimenti e 1 indagato per reati venatori o relativi alla fauna selvatica. Rispetto ai dati 2018, il 2019 ha registrato un calo complessivo del -33% delle denunce (passate da 63 a 42) e del 51% per quanto riguarda gli indagati (passati da 37 a 18). «La diminuzione delle denunce - commenta il criminologo Ciro Troiano, responsabile nazionale dell'Osservatorio Zoomafie - non va letta come un semplice calo del fenomeno; i reati denunciati sono solo una parte di quelli effettivamente compiuti».Quanto al resto della regione, in Fvg sono stati registrati 358 procedimenti per reati a danno di animali, all'incirca il 3,77% di quelli nazionali, e 166 indagati, più o meno il 2,84% di quelli nazionali.

Nicole Cherbancich

 

 

Virus più letale nelle zone a rischio smog
Uno studio cui partecipa anche Andrea Pozzer dell'Ictp sostiene che il 15% dei decessi era evitabile con un'aria più pulita
In media circa il 15% dei decessi in tutto il mondo da Covid-19 avrebbe potuto essere evitato con un'aria più pulita e salubre. È la stima che risulta da una ricerca che per la prima volta ha tentato di quantificare l'effetto di un'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico sulla mortalità da Coronavirus. Lo studio, pubblicato su Cardiovascular Research e reso consultabile anche in open access per volontà dei suoi autori, è firmato anche da Andrea Pozzer, scienziato della sezione di Fisica del sistema terra dell'Ictp, che ha guidato la collaborazione con gli scienziati del Max Planck Institute for Chemistry e dello giuliasity Medical Center di Mainz, in Germania. Sul legame tra smog e Covid-19 si è discusso fin dall'inizio della pandemia, prima con l'ipotesi, non ancora confermata, che le polveri sottili potessero veicolare il virus, poi con diverse ricerche che hanno dimostrato come nelle zone più inquinate del pianeta (e d'Italia) aumenti il rischio di contrarre l'infezione e di subirne le conseguenze più gravi. Con questo studio si tenta di quantificare questo rischio, o meglio, scrivono gli autori, si tenta di stimare "la percentuale di morti che potrebbe essere evitata se la popolazione fosse esposta a livelli inferiori di inquinamento atmosferico". "Lo studio è un'estensione a livello globale di quanto già dimostrato in un'altra ricerca dalla biostatista di Harvard Francesca Dominici, che ha stimato come a un aumento di un microgrammo per metro cubo di particolato fine (PM 2. 5) corrisponda un incremento dell'8% del tasso di mortalità da Sars-Cov-2 - spiega Pozzer -. Qui abbiamo utilizzato dati epidemiologici e dati satellitari per capire la distribuzione del particolato fine nelle diverse zone del mondo. Ne è risultato che in media circa il 15% dei decessi globali da Covid-19 potrebbe essere attribuito all'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico, con percentuali diverse a seconda della zona considerata. In Europa la proporzione è di circa il 19%, in Nord America del 17% e in Asia orientale del 27%. Dettagliando l'analisi per stati, il peso maggiore si rileva in Repubblica Ceca (29%), in Cina (27%) e in Germania (26%), mentre l'Italia si allinea alla media globale con il 15%, pure in questo caso con differenze consistenti tra, per esempio, la Pianura Padana e le metropoli, e il meridione e i piccoli paesi di campagna". Valori più bassi si hanno per Israele (6%), Australia (3%) e Nuova Zelanda (1%). Oltre ad aver dimostrato la correlazione tra smog e mortalità da Coronavirus, gli scienziati, con l'aiuto di pneumologi e cardiologi, hanno ipotizzato anche alcuni meccanismi per cui questa correlazione si verifica. "È noto che l'inquinamento aumenta la possibilità di sviluppare malattie cardiovascolari e polmonari, causando stress a cuore e polmoni. Su un sistema immunitario già affaticato il Covid-19 potrebbe dunque avere un effetto devastante", conclude Pozzer. Su Cardiovascular Research il cardiologo Thomas Münzel, dello University Medical Center di Mainz, si spinge ancora oltre, con un'ipotesi che però esula da questo studio: "Il particolato atmosferico sembra aumentare l'attività di un recettore sulla superficie delle cellule, chiamato Ace2, che favorisce l'accesso del coronavirus nelle cellule - sostiene Münzel -. L'inquinamento dell'aria quindi, oltre a danneggiare i polmoni, favorisce l'attività di Ace2, che a sua volta porta a un aumentato assorbimento del virus da parte dei polmoni e probabilmente anche dei vasi sanguigni e del cuore"

Giulia Basso

 

 

Mare e coste, i regali della biodiversità da proteggere
Il 6 novembre su Zoom ne parleranno gli esperti di Ogs e Wwf Amp di Miramare
"Regali di biodiversità". Materie prime, cibo, ossigeno, ma anche protezione dai disastri naturali, mitigazione del clima, sequestro del carbonio. Sono i benefici che ci derivano dal mare e dagli ambienti costieri, i cosiddetti "servizi ecosistemici". Anche se non ce ne accorgiamo, sono essenziali per il nostro benessere. Da qui, la necessità di non compromettere le risorse marine con attività di pesca eccessive, che metterebbero a repentaglio tutto l'ecosistema e quindi la nostra stessa sopravvivenza. E proprio questi servizi, tanto essenziali quanto "invisibili", saranno al centro di un webinar gratuito (per docenti ed educatori in primis, ma anche per i curiosi di ecologia, conservazione ambientale e sviluppo sostenibile), organizzato da Wwf Amp Miramare e Ogs, che si terrà il 6 novembre dalle 16 alle 18 sulla piattaforma Zoom. Simone Libralato, ricercatore di Ogs, parlerà di percorsi di sostenibilità della pesca e Fabrizio Bulgarini, naturalista esperto in tutela della biodiversità e Marco Paparot dello staff Wwf presenteranno i nuovi prodotti divulgativi realizzati da Amp Miramare. I materiali didattici verranno poi resi disponibili per i partecipanti, a cui verranno inoltre presentati il gioco da tavolo "Fish&Ships" (sviluppato da Ogs con il supporto di White Cocal Press per il progetto Fairsea) e il discussion game, il cui scopo è far comprendere come il mantenimento del patrimonio naturale passi attraverso la cooperazione tra diversi attori e la sensibilizzazione della popolazione. «Tra i vari benefici che la natura ci fornisce continuamente - anticipa Paparot - i primi a venire in mente sono quelli materiali ed economici, ma esiste un'infinità di servizi senza i quali non potremmo esistere. Ad esempio, quelle che chiamiamo comunemente alghe, in realtà sono vere e proprie piante sottomarine. E non immaginiamo neanche che la presenza delle praterie marine, fortemente minacciate, fornisca molti e importantissimi servizi ecosistemici: mantengono pulite le acque, proteggono la costa, offrono un "asilo nido" per gli animali appena nati. Producono poi ossigeno e contribuiscono a diminuire gli effetti del "global change". Negli alberi possiamo trovare altrettanti benefici: proteggono dai disastri naturali, migliorano la qualità dell'aria e il benessere psicologico delle persone, oltre a fornire frutta, sostanze medicinali, ossigeno e molto altro». Per partecipare registrarsi su: https://zoom.us/webinar/register/WN_PkJi31MVRESaWkHOU4tNMg e connettersi all'ora dell'evento.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 2 novembre 2020

 

 

Progetto FVG - «Una nuova mobilità e più sostegno alle imprese»
«In considerazione della situazione che si prospetta con l'emergenza covid e la contrazione economica che mette a rischio la vita di molte imprese triestine e i posti di lavoro, è importante rivedere e programmare di conseguenza il tessuto della città, in ambito sociale, economico e urbano». Così Giorgio Cecco, referente del coordinamento triestino di Progetto Fvg.«Ferma restando la grande attenzione per la sicurezza sanitaria - sottolinea l'esponente del movimento civico -, esprimiamo piena solidarietà a imprenditori e lavoratori di tutti i settori fortemente penalizzati dall'ultimo Dpcm. Detto questo sarà fondamentale ricalibrare il piano di sviluppo della città e mantenere nel tempo alcuni interventi di supporto alle attività economiche », prosegue il coordinatore provinciale di Progetto Fvg per una Regione speciale.« Alcune misure di sostegno che il Comune ha messo in atto come l'ampliamento delle aree esterne per le attività commerciali sarebbe utile che diventino strutturate. È il caso di ulteriori corsie preferenziali per il trasporto pubblico, in modo da velocizzare i tempi e quindi diminuire il carico di passeggeri. Si prendano in mano quindi gli strumenti pianificatori come il piano del traffico - conclude Giorgio Cesso - e poi si rivedano, insieme alle associazioni di categoria le nuove necessità del comparto economico e gli spazi pubblici per le attività culturali e sportive».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 1 novembre 2020

 

 

Mobili e rifiuti abbandonati: discarica abusiva sequestrata
Scoperto dai Carabinieri della Stazione di Opicina un piazzale che veniva usato come deposito illegale di immondizie. Denunciato un 54enne: gestiva l'"attività"
Elettrodomestici, divani, sedie e poltrone abbandonati, calcinacci, evidente residuo di opere di demolizione, vestiti, elementi di arredo, specchi sporchi e rotti. È un autentico campionario degli orrori quello che è stato messo sotto sequestro dai Carabinieri della Stazione di Villa Opicina, in un piazzale situato sul lato sud della strada provinciale 35, qualche centinaio di metri prima dell'ingresso del campeggio residence "Pian del Grisa" in direzione di Prosecco, adibito a vera e propria discarica a cielo aperto. L'area era da tempo nel mirino dei militari che, al termine di indagini condotte proprio esaminando i rifiuti, hanno denunciato a piede libero un pregiudicato 54enne per attività di gestione dei rifiuti non autorizzata con deposito sul suolo e invasione di terreni. I Carabinieri hanno svolto accertamenti sui materiali rinvenuti e diversi servizi di osservazione per identificare gli autori dello scempio ecologico. In breve tempo sono così arrivati a individuare il responsabile, un pregiudicato di origini napoletane, residente a Trieste, specializzato nello sgombero delle cantine, lavoro che completava velocemente e senza eccessive formalità, probabilmente in maniera abusiva. Oltre a non utilizzare i documenti obbligatori per chi svolge attività di smaltimento e trasporto di rifiuti, infatti, gettava in maniera indiscriminata la spazzatura, i vecchi arredi e i calcinacci nello spiazzo, al punto da trasformare l'area in una discarica abusiva a cielo aperto. Il piazzale, leggermente discosto rispetto alla strada e circondato da alberi, un tempo ospitava, nella bella stagione, i tavoli per la ristorazione all'aperto di una tavola calda, operativa nella vicina costruzione, di cui oggi rimane ancora visibile la scritta "La cucina casalinga". Poi l'attività fu chiusa, nessuno subentrò e l'area divenne nel tempo terra di nessuno, rifugio per animali e malintenzionati. La massa di immondizie negli ultimi tempi è cresciuta a dismisura, diventando visibile anche da chi passa velocemente con l'automobile. Da ciò la segnalazione e l'intervento dei Carabinieri. Ad accentuare la gravità della situazione il fatto che, a poche centinaia di metri, ci sono alcuni impianti sportivi utilizzati da atleti e ragazzi. Lo stato dei luoghi sarà a breve ripristinato grazie all'intervento del Comune di Trieste, nella cui giurisdizione rientra l'area oggetto di sequestro, che provvederà a ripulire il sito. Purtroppo sull'altipiano triestino non è infrequente imbattersi in discariche di questo tipo. Oltre a Opicina, anche nei territori comunali di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino capita ogni tanto di imbattersi in cumuli di immondizie, abbandonate nottetempo da chi non ha rispetto delle regole e dell'ambiente.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 31 ottobre 2020

 

 

Strage di Pinna Nobilis, morti 9 esemplari su 10
L'allarme lanciato dagli esperti riuniti a confronto sullo stato di salute del Nord Adriatico. Le speranze riposte nella ricerca
È strage di Pinna Nobilis nel golfo di Trieste. L'epidemia che da qualche anno sta decimando le pinne in tutto il Mediterraneo, ora ha steso anche a queste latitudini il suo drappo nero. A fare il punto sullo stato di salute della specie a livello Mediterraneo e sull'area dello stesso golfo, un convegno tecnico-scientifico, organizzato dall'Area marina protetta di Miramare e condotto dal direttore della Riserva marina Maurizio Spoto. Al meeting hanno partecipato funzionari e ricercatori della Direzione generale per il mare e le coste del Ministero dell'Ambiente, dell'Ispra, delle Università di Napoli Parthenope, di Teramo e di Trieste, del Servizio Biodiversità della Regione, di Ogs e Arpa Fvg.Dal 90% al 100%: sono queste le percentuali di mortalità di Pinna Nobilis nel nord Adriatico, secondo quanto emerso dai monitoraggi compiuti dall'Amp Miramare negli ultimi mesi. «Il più grande mollusco del Mediterraneo è vicino all'estinzione - fa sapere Spoto - e l'unica speranza è ormai che i pochi esemplari attualmente sani resistano all'epidemia che sta decimando la specie in tutto il mar Mediterraneo». La moria nel nostro territorio ha iniziato a manifestarsi circa un anno fa, sulle trezze di Grado, per poi evolversi all'interno del Golfo. Così, se a gennaio Miramare era al 50% di mortalità, mentre Barcola e Grignano erano all'80%, alla fine dell'estate la situazione era già cambiata. Gli ultimi campionamenti effettuati a inizio ottobre hanno infatti evidenziato una mortalità intorno al 95% nella zona della costiera triestina. «La Pinna Nobilis è il più grande mollusco presente nel Mediterraneo - spiega la direttrice dell'Ogs, Paola Del Negro - e in quanto tale funge da punto di ancoraggio per le tante specie animali esistenti nel mare. Ha un ruolo fisico ma anche ecologico, perché fa da connessione fra la parte bentonica (i fondali) e plantonica (ossia gli organismi che navigano all'interno della colonna d'acqua) del tessuto marino». La speranza per la sua salvaguardia arriva, oltre all'auspicata naturale resilienza della specie, anche dalla ricerca. Sono diversi i soggetti scientifici, non ultima l'AMP di Miramare, che stanno studiando possibili azioni di ricolonizzazione dei fondali marini tramite tecniche di ripopolamento in grado di ricreare uno stock di molluschi a partire dagli individui che hanno sviluppato una resistenza al parassita. In questi giorni a raccontare la moria del più grande mollusco del Mediterraneo c'è anche un'iniziativa molto particolare, #Art4Fan, un percorso di divulgazione a cavallo tra Arte e Scienza promosso dall'AMP Miramare con la collaborazione di 15 giovani artisti. Le opere sono esposte fino a domenica 1° novembre, dalle 15 alle 18, presso la sala Xenia, in Riva 3 Novembre

Lorenzo Degrassi

 

 

Ambiente e rifiuti, schiaffo UE - Due procedure contro l'Italia - le negligenze nella sostenibilità

Bruxelles. Italia e lotta all'inquinamento, un binomio tutt'altro che perfetto. Per qualità dell'aria e smaltimento dei rifiuti, Roma si conferma carente e in ritardo, e il sistema Paese viene punito con due nuove procedure d'infrazione. L'Ue giudica l'aria che si respira nello Stivale ancora irrespirabile. I dati in possesso della Commissione europea dicono che ci sono troppe polveri ultrasottili (le PM 2,5). «Dal 2015 il valore limite non è stato rispettato in diverse città della pianura Padana», tra cui Venezia, Padova e vicino a Milano. A questo si accompagnano «misure non sufficienti» a garantire sforamenti il più breve possibile. Già nel 2006 l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia dell'Ue per eccesso di polveri sottili (PM10), nel 2017 ha rischiato una max-imulta per l'inquinamento urbano, evitata grazie a un piano utile a sanare la situazione a Nord. La procedura resta pendente. Ci sono progressi sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx), ma c'è ancora molto da fare, e resta il problema delle PM 2,5. A complicare le cose c'è il contesto politico mutato col "green deal", la strategia per la sostenibilità che ha come obiettivo l'inquinamento zero, a vantaggio di salute pubblica e ambiente. Ora si rischia meno indulgenza. Il governo ha due mesi di tempo per convincere Bruxelles a non procedere oltre. Giorni delicati, visto che si dovrà sbrogliare anche una seconda matassa: un'altra procedura d'infrazione aperta sempre a carico dell'Italia. Inquinamento per il Paese è sinonimo anche di rifiuti e loro gestione. L'Italia non è a norma nel trattamento degli scarti radioattivi. Si doveva recepire la direttiva per lo stoccaggio di rifiuti radiologici, di ricerca, industriali e agricoli entro il 23 agosto 2013, e notificare i piani nazionali entro il 23 agosto 2015. Bruxelles ora chiede conto. Sui rifiuti l'Italia è già stata condannata a multe salate per carenze nella gestione delle acque di scarico (2018) e dell'emergenza in Campania (2015), e per la non chiusure delle discariche abusive.

Emanuele Bonini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 ottobre 2020

 

 

GORIZIA - Legambiente cambia i vertici - Tomasich subentra a Cadez
Sarà una donna a guidare la sezione di Gorizia dell'associazione «Onorata per la fiducia. C'è tanto lavoro da fare»
Luca Cadez non è più presidente di Legambiente Gorizia. Aò vertice dell'associazione è stata eletta Anna Maria Tomasich, mentre Cadez è rimasto all'interno del Consiglio come vicepresidente. Gli altri membri eletti sono Barbara Cosolo (segretaria), Tadej Devetak (tesoriere), Daniel Baissero, Marco Culot, Monica Iacumin, Sergio Pratali Maffei e Sonia Kucler. Il sodalizio ambientalista opera in città oramai da oltre 10 anni ma raccoglie l'eredità del primo circolo avviato a inizio anni '90 e chiuso nel 2001.Moltissimi i progetti sviluppati negli anni, in primis la salvaguardia del fiume Isonzo, l'attenzione per il verde urbano, la mobilità sostenibile e, negli ultimi due anni, le attività sull'inquinamento dell'aria. Senza trascurare alcune tra le campagna storiche di Legambiente, tra cui "Puliamo il mondo". «Ringrazio tutti veramente per la fiducia. Ho accettato con coraggio la candidatura alla presidenza del circolo: ci sarà tanto da fare e tanto da imparare, seguire le istanze, vertenze, obiettivi di quest'associazione legate all'ambiente - esodisce la neopresidente -. Cercherò di mettere a frutto questa nuova sfida con forza ed entusiasmo, ci aspetta un gran lavoro. A mio avviso, c'è bisogno di sinergia fra i gruppi che hanno a cuore l'ambiente e spero che si possa rafforzare questa ottica. C'è una nuova consapevolezza, in termine di ambientalismo, oggi più che mai c'è bisogno di spingere e di forzare questa visione assieme alle persone».Anna Maria Tomasich passa, quindi, ai ringraziamenti. «Un grazie a Luca Cadez per le sue conoscenze, competenze e capacità, e a tutti i componenti del consiglio direttivo e gli iscritti. Legambiente avrà bisogno del lavoro di tutti per salvaguardare il nostro territorio. Ma c'è necessità anche di nuove persone, giovani e non, con nuove idee. Vi aspettiamo. Il Circolo funziona grazie al lavoro volontario dei soci, e siamo interessati a trovare persone disponibili a darci una mano».Per avere informazioni si può scrivere a gorizia@legambientefvg. it, sul sito https: //www. legambientefvg. it/circoli/gorizia o seguendoci su Facebook.

Fra.Fa.

 

 

Parco di Villa Necker da riaprire al pubblico per 8 cittadini su dieci
Indagine di Ixè sul futuro del polmone verde sotto San Vito - L'82% degli interpellati chiede al Comune di insistere
L'82% dei residenti vuole che il Comune intervenga affinché il demanio militare riapra ai cittadini il parco di Villa Necker. Una maggioranza scontata, ma che il comitato Ritorno al Parco ha voluto quantificare commissionando un'indagine all'istituto di ricerca Ixè. Un'iniziativa che rientra in un più ampio progetto volto a sensibilizzare i triestini sul destino di quel polmone verde ai piedi del colle di San Vito. A breve, infatti, partiranno anche una raccolta di firme, la distribuzione di brochure che ne raccontino la storia e dei banchetti informativi che daranno ancora più forza alla richiesta di spalancare i cancelli dell'ampio parco che circonda la villa. Tornado all'indagine di Ixè - svolta telefonicamente dal 9 al 14 ottobre scorsi su un campione di 700 persone maggiorenni residenti a Trieste -, le domande poste hanno voluto mettere anche in luce il rapporto tra i residenti e i parchi pubblici. «Complessivamente - spiegano da Ixé - i cittadini triestini "vivono" i giardini urbani con una buona intensità: mediamente oltre 5 visite al mese, ovvero più di una volta a settimana; c'è un segmento pari al 18% dei cittadini che vi si reca ogni giorno o più volte a settimana». Il 34%, invece, li frequenta una volta al mese o anche di meno. A fruire più spesso dei giardini sono mamme con bambini e persone anziane, meno i giovani. Nelle risposte a una serie di domande che pesano il giudizio dei triestini sul verde cittadino, emerge come il 58% valuti come adeguata l'attenzione che il Comune riserva ai parchi e ai giardini pubblici, per il 38% invece è inadeguata. L'indagine, entrando nel dettaglio su Villa Necker e il suo parco, rivela che il 63% degli intervistati «ne ha sentito parlare», il 31% non conosce quel sito, il 6% racconta che in passato frequentava quel parco. Sui motivi che spingono, come accennato, l'82% delle persone contattate a ritenere che il Comune dovrebbe intervenire per fare in modo che il demanio miliare ceda quel parco ai cittadini, il 30% lo sostiene in base al generale principio che gli spazi vadano utilizzati in modo proficuo e non siano abbandonati al degrado. Un'altra quota consistente, del 21%, sostiene il principio della "cosa pubblica", ovvero dei diritti di una comunità, mentre il 15% è critico soprattutto verso lo spreco e l'incuria dei militari nella gestione di quel parco. «Quali attività le piacerebbe venissero fatte nel parco?», è stato chiesto agli intervistati dando loro la possibilità di esprimere più di un'indicazione. Il 74% ha dichiarato che sarebbe favorevole alla realizzazione di aree gioco per i più piccoli, il 43% a percorsi di jogging e passeggiate, il 41% ci vedrebbe bene la sistemazione di attrezzi per fare ginnastica. Gradite al 27% delle aree dedicate ai cani, il 37% vedrebbe di buon occhio la realizzazione in quegli spazi di orti urbani. Sulla gestione del parco, metà del campione sondato da Ixè sostiene andrebbe affidata al Comune insieme ad associazioni di cittadini, per il 32% esclusivamente al Comune.

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 ottobre 2020

 

 

Più parcheggi per gli scooter - In arrivo 161 nuovi stalli
"Mappa" spalmata fra il centro, San Vito, San Giacomo, Rozzol, Barriera, Servola e strada di Fiume. Gli obiettivi: migliorare la visibilità agli incroci e la sicurezza
Dodici punti della città, a diverso modo nevralgici per la circolazione veicolare e per la sosta, sono stati scelti dal Comune per situarvi o ampliarvi parcheggi per le due ruote (che non siano biciclette). Sono in tutto 161 gli stalli aggiuntivi che due ordinanze permanenti del capo-urbanistica Giulio Bernetti, la 28 e la 29, hanno programmato su un vasto fronte urbano, che comprende centro e periferia. Ecco l'elenco di strade e piazze su cui verrà spalmata la nuova dotazione: a San Vito via Catraro con 20 stalli suddivisi in due parti; in centro corso Italia con 9 stalli vicino a largo Riborgo; lo stesso largo Riborgo con 6 stalli; in zona Foraggi via Vergerio con 12 stalli nei pressi di via Ghirlandaio; a Servola via Banelli con 12 stalli; tra San Vito e Cittavecchia via San Daniele con una schiera di ben 32 stalli; via Coroneo in Barriera nuova (senza specifica numerica); via Vespucci (6) e via Colombo (12) sull'asse di via San Marco a San Giacomo; via Cantù, che a Scorcola corre sotto l'Università, avrà 16 stalli; in Barriera vecchia via Parini ne ottiene 8 vicino all'intersezione con via Pascoli davanti alla Telecom; strada di Fiume, vicino alla scuola "Sergio Laghi", sarà servita con 28 stalli. I criteri di scelta - spiega l'assessore Luisa Polli - sono un cocktail di varie esigenze. Si può trattare di richieste provenienti da Trieste Trasporti, perchè i bus manovrano male in certi punti e hanno bisogno di maggiore spazio. Altre volte è la Polizia Locale che segnala difficoltà. «Garantire la corretta visibilità negli incroci e nelle intersezioni - precisa la Polli - e mettere in sicurezza i passaggi pedonali sono gli obiettivi di questi interventi». «Trovare posto agli scooter - conclude - consente inoltre di dare maggiore ordine al parcheggio delle due ruote, che spesso risulta caotico. Registriamo una domanda di sosta per le due ruote in costante aumento».In alcuni punti il parking creato per le moto coincide con altre misure a loro volte finalizzate a ottenere più sicurezza sulle strade, come nel caso degli attraversamenti pedonali "zebrati" in via Ghirlandaio e in via Parini.In altre situazioni nuovi pedonali e rallentatori ottici vengono istituiti indipendentemente dalle aree di sosta: via Gaspara Stampa e via del Monte in centro, via Manzoni e via Pascoli in Barriera vecchia, via Forlanini a Rozzol, alla fine di via Pindemonte dove è la scuola Codermatz. Le ordinanze-Bernetti cercano di coordinare anche le nuove disposizioni che regolamentano le soste dei veicoli: divieti permanenti vengono varati per via Comici a San Giovanni, per via Costalunga all'altezza dei civici 78-80, per strada di Fiume dove opera la scuola "Laghi".Un'ultima informazione riguarda i lavori di ristrutturazione nell'edificio di via Ginnastica 9, non lontano da largo Santorio. Due mesi di attenzione, da fine ottobre a fine anno, per gli automobilisti che percorrono il rettifilo in direzione di via Carducci: c'è un restringimento di carreggiata lungo una quindicina di metri

Massimo Greco

 

 

Ore 18.30 - La salute del mare

Oggi, alle 18.30, nella sala conferenze dell'ex Ospedale Militare (via F. Savero 40) e sulla piattaforma Zoom, conferenza di Maria Cristina Pedicchio del Dipartimento di Matematica e Geoscienze su "Con l'acqua alla gola: qual è la salute del nostro mare?", promossa dal Collegio universitario Luciano Fonda.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 ottobre 2020

 

 

Dal centro al colle di San Giusto - Ascensori "per tutti" da Natale
Ok della Regione al pubblico esercizio dei due elevatori del parcheggio: potranno far salire un milione di persone all'anno tra clienti, cittadini e soprattutto turisti
Un milione di passeggeri all'anno trasportati da due ascensori costruiti nel 2015, che ogni santo giorno si fanno cadauno 350 corse su/giù tra via Teatro Romano e il Colle di San Giusto. Franco Sergas, che Park San Giusto ha visto nascere e che è consulente dell'attuale proprietario Interparking, fa due conti al volo e ipotizza una milionata di fruitori per un servizio che non sarà più appannaggio dei clienti del parcheggio, ma che si accinge a diventare trasporto pubblico.Cioè, il cittadino e il turista potranno entrare nell'antro del Park, incamminarsi in discesa per qualche decina di metri, superare una porta tagliafuoco e salire su uno dei due elevatori che lo isserà fin sotto il monumento ai caduti scolpito da Attilio Selva e inaugurato nel 1935 sul Colle alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Si configura così il secondo impianto "a fune" in funzione sul territorio triestino: l'altro è il tram di Opicina. Sergas e Enrico Conte, direttore dei Lavori pubblici comunali, sperano di raccogliere entro Natale il risultato di un paziente lavoro "a tre" condotto da parecchi mesi in collaborazione con la Regione. Intanto un primo concreto riscontro: la direzione attività produttive della Regione, con un decreto a firma del direttore Magda Uliana, ha concesso a Park San Giusto l'esercizio dell'impianto fino al 2047. Nel contesto di un percorso misto pedonale meccanizzato fra il Teatro romano e il Colle di San Giusto. Comincia a prendere forma l'accordo con il Comune, per cui, in cambio di 18 stalli in via Cadorna, il Park San Giusto consente l'utilizzo dei due ascensori anche ai viandanti che non abbiano depositato la loro vettura nel multipiano. Conte e Sergas ritengono possibile effettuare il collaudo, con il timbro della Regione, entro la fine di novembre. Poi serviranno cartelli, sistemi di video-controllo ecc. per evitare che si verifichino quegli atti di vandalismo di cui il Park è rimasto spesso vittima. Sarà inoltre necessario dosare la presenza sugli ascensori stante il rinnovato allarme Covid: in teoria ogni lift è autorizzato a portare una decina abbondante di persone, un numero difficilmente compatibile con le odierne misure di profilassi. Infine, la partenza operativa, che a base di buona volontà, come si diceva al principio, coinciderebbe con Natale. Apertura prevista dalle 7 alle 23, ma, essendoci un addetto notturno di presidio, è possibile suonare e ottenere un ingresso, che sarà consentito a visitatori "presentabili". In un secondo tempo, a spese del Park, verrà risistemato il "capolinea" sul Colle, il cui aspetto è oggi assimilabile a quella di un rifugio anti-aereo. Si sbarca dall'ascensore, ci si inerpica su una rude gradinata e si sbuca sullo striminzito spiazzo quasi all'angolo con via Castello, dove opera il ricreatorio Toti. Il Park ha messo a punto un progetto per ingentilire l'arrivo con una copertura vitrea: al sindaco Dipiazza è piaciuto, adesso dovrà piacere anche alla Soprintendenza. Sergas un po' si lamenta perchè, tra la parte edile e quella tecnica, è fischiato un inatteso preventivo da 200.000 euro: cosa non si fa per Trieste turistica (quando tornerà).

Massimo Greco

 

«Pedibus, volontari tra chi percepisce il reddito antipovertà» - l'ipotesi M5S per Rozzol esaminata in commissione
È targata 5 Stelle la mozione che rivendica maggiore sicurezza per il pedibus degli studenti del comprensorio Tiziana Weiss: la proposta, presentata ieri in una seduta della sesta commissione consiliare, chiede ulteriore applicazione per l'ordinanza comunale che "in via sperimentale" inibiva il traffico della strada di Rozzol e di via Lucano negli d'accesso mattutini alla scuola. Nello specifico, la consigliera pentastellata Elena Danielis, firmataria della mozione, invoca il Puc, ossia "Progetto Utile alla Collettività", un'attività, nell'ambito dei patti per il lavoro e dell'inclusione sociale, che i percettori del reddito di cittadinanza sono obbligati a svolgere nel proprio comune di residenza. Poiché il tratto di strada nelle adiacenze dell'istituto risulta privo di marciapiedi, il Comune ha disposto una sospensione del traffico che permette agli studenti di entrare a scuola in sicurezza nell'ora in cui gli ingressi vengono scaglionati (da lunedì a venerdì dalle 7.30 alle 8.30). Tuttavia, in mancanza di personale che faccia applicare l'ordinanza, la situazione viene ad oggi gestita da volontari che «non è pensabile svolgano questo servizio per tutta la durata dell'anno scolastico». La soluzione di Danielis è dunque quella di ricorrere al Puc, affinché i percettori del reddito di cittadinanza possano sopperire a «queste mancanze di ruolo: sono obbligati a contribuire per 16 ore settimanali, pena la perdita del Rdc», ha spiegato la consigliera. Tramite il ramo sociale del comune, gestito dall'assessore Carlo Grilli, e con l'ausilio del vicesindaco Paolo Polidori, l'amministrazione si è detta «disposta ad impegnarsi per raggiungere l'obiettivo». «La questione va certamente posta anche attraverso l'attivazione del Puc, perché nella zona la viabilità è complessa - ha commentato il vicesindaco durante la seduta - bisogna però scontrarsi con la normativa nazionale che è molto farraginosa; il fatto che queste persone ripaghino parzialmente ciò che ricevono, è cosa buona e giusta». La mozione, presa dunque in carico dall'amministrazione e licenziata dalla lista di discussione in aula, verrà implementata con un'interrogazione.

Stefano Cerri

 

 

Resta misterioso l'acquirente dell'ex hotel Obelisco
L'albergo in disarmo è stato venduto all'asta a settembre ma bisognerà attendere l'aggiudicazione definitiva per conoscerne l'identità
Resta l'alone di mistero sul destino dell'hotel Obelisco di Opicina. Il 16 settembre scorso l'antica locanda, riattata nei decenni ad albergo all'avanguardia e poi finita in rovina, è stata venduta per un milione e 765 mila euro all'asta del Tribunale di Milano, ove operano i curatori fallimentari. Da allora, in attesa dell'aggiudicazione definitiva del bene a sciogliere ogni enigma, il mondo dell'economia e della politica triestina si arrovellano sull'identità dell'acquirente: pare improbabile sia triestino, visto che ha dovuto ritirarsi la triade composta da Gabriele Ritossa, Alessandro Pedone e Alberto Diasparra, soci paritari della Ferret, che aveva vinto provvisoriamente l'asta di febbraio. Tra gli addetti ai lavori si è parlato di un possibile acquirente in un imprenditore che opera a Lignano e che di recente è sbarcato a Trieste, ma i diretti interessati smentiscono. Chiunque risulti essere l'acquirente, avrà in mano un edificio con una lunga storia. Le prime menzioni della struttura, una locanda, risalgono alla fine del '700. Ma è dagli anni '70 del secolo successivo che il Grand Hotel Obelisque diventa una meta di villeggiatura, tanto per la borghesia triestina e imperiale, quanto per viaggiatori di passaggio. È fatto conosciuto che nella locanda l'esploratore britannico sir Richard Francis Burton abbia tradotto in inglese "Le mille e una notte". Distrutto alla fine della Seconda guerra mondiale, l'hotel ha riaperto negli anni '50, fino al grande rilancio 20 anni dopo, grazie a un avveniristico progetto firmato da Gae Aulenti. Ma il prestigio non basta e nel 1985 anche l'ultima proprietà, la Gladstone, fallisce. Dal 2010 il terzetto dei curatori fallimentari, Patrizia De Cesari, Giorgio Canova e Andrea Carlo Zonca, tenta di piazzare all'asta il bene, senza successo. Nel 2015 il nuovo Piano regolatore varato dalla giunta Cosolini ha anche reso più gustoso il piatto, concedendo un appezzamento da 8.500 metri quadrati edificabili in più nel bosco retrostante all'albergo.

 

 

GRADO - Un cumulo di rifiuti scoperto nel bosco poco dopo la Pineta
Televisori, bombole, un materasso e anche eternit -Tutto ripulito dagli allievi del Marco Polo con Legambiente
GRADO. Televisori, bombole di gas, un materasso e diverse lastre di eternit tra i rifiuti abbandonati che sono stati raccolti e smaltiti. Non vicino ai cassonetti come avviene spesso, ma in mezzo al bosco, poco dopo la Pineta. Fatti di inciviltà che contrastano col tentativo di incrementare la percentuale di raccolta differenziata poiché per lo smaltimento c'è la grande piazzola ecologica. C'è anche la possibilità, ma a pagamento, che il personale comunale venga a ritirare il materiale in strada dinnanzi alle abitazioni. Ma l'inciviltà diventa maggiore quando lo smaltimento abusivo avviene in posti nascosti, nelle zone boschive in particolare. Fortunatamente ogni anni ci sono delle associazioni che promuovono la pulizia di certe zone dell'isola. Sono in diversi a promuoverle e tra queste Legambiente che nel contesto dell'iniziativa Puliamo il mondo ha pulito un'area di bosco di fronte all'ex inceneritore. Con i volontari di Legambiente hanno partecipato all'iniziativa anche una trentina di ragazzi dell'Istituto comprensivo Marco Polo di Grado, tutti muniti di mascherina e accompagnati dai loro insegnanti, che hanno raggiunto in bicicletta la zona prescelta: un'area che porta verso il mare, prima dei campeggi di facile accesso grazie a una strada bianca. «Sembrava impossibile - raccontano i responsabili del Circolo Zanutto di Legambiente di Monfalcone - che, tra la vegetazione, in mezzo agli arbusti o sotto ai pini potesse trovare alloggio una tale quantità di rifiuti, che i ragazzi, insieme ai volontari di Legambiente, hanno provveduto a togliere dall'all'ambiente naturale». Infatti, sono stati raccolti e poi smaltiti da personale comunale, un gran numero materiali di ogni tipo: due televisori, due bombole del gas, materassi, boe, una batteria e una ruota di automobile, oltre a plastica. Inoltre, già semisommerse dalla vegetazione, sono state scoperte numerose lastre di cemento amianto (eternit), che è stato prontamente segnalato alla vigilessa che ha scortato i ragazzi dalla scuola, per procedere a una corretta rimozione. La vice presidente del circolo monfalconese di Legambiente, Valentina Tortul, ha spiegato ai ragazzi la natura della campagna "Puliamo il Mondo" e l'importanza di ridurre i rifiuti eliminando progressivamente la plastica.

Antonio Boemo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 ottobre 2020

 

 

Interventi straordinari al verde: pronti da investire 200 mila euro - le opere di sfalcio da via Carnaro a strada per Opicina
L'amministrazione comunale ha deciso di tagliare i rami secchi. Nel senso di sfrondare il verde che gravita su strade e centri abitati. La giunta Dipiazza ha stanziato 200 mila euro per la manutenzione straordinaria del patrimonio arboreo comunale presente nei principali assi viari cittadini, nei borghi carsici, e ancora in aree verdi, parcheggi e lungo le banchine della viabilità pubblica. Interventi finalizzati alla messa in sicurezza delle alberature presenti, in modo da evitare situazioni di pericolosità e al contempo per migliorare il decoro degli spazi verdi. In particolare sono previsti lavori di potatura e di alleggerimento, eventuali abbattimenti in caso di alberi ritenuti potenzialmente pericolosi, con contestuale messa a dimora di alberi più adatti all'ambiente locale ed eventuali espianti di ceppaie. Stanziati i fondi, la giunta nei giorni scorsi ha varato il programma dettagliato di intervento e le tempistiche. I lavori dovrebbero partire al termine dell'inverno: emergenze e quarantene permettendo il via sarà dato a marzo 2021, per terminare entro i successivi 420 giorni. Tre le fasi degli interventi, ognuna delle quali suddivisa in altrettanti trimestri, durante i quali verranno effettuate potature, spalcature, concimazioni, messa a dimora di piante e sfalci. Il principale ambito d'intervento sarà via Carnaro, che presenta estesi tratti di banchine occupate da una rigogliosa vegetazione tra arbusti ed erbe infestanti, il tutto gravitante sulla strada. La presenza di questa vegetazione, spesso a ridosso dei guard-rail, nel tempo ha determinato una riduzione della visibilità agli innesti con altre strade, quali via Brigata Casale, strada di Fiume e strada di Cattinara, ai danni della segnaletica stradale laterale. Diversi punti luce, inoltre, sono ormai parzialmente coperti dalle foglie, con relative conseguenze sulla sicurezza della circolazione stradale e pedonale. «L'intento dell'amministrazione - spiega l'assessore comunale ai Lavori Pubblici Elisa Lodi - è quello di dare prosecuzione agli interventi eseguiti nel 2019, grazie ai quali si è provveduto alla messa in sicurezza di ampie fasce a ridosso di via Carnaro, con l'abbattimento di alberi infestanti e pericolanti». Ulteriori ambiti di intervento saranno strada nuova per Opicina, nel tratto di competenza del Comune, via Flavia, nei bordi strada a monte tra l'incrocio con strada della Rosandra e quello con strada di Montedoro, e tutti i tratti di strada di competenza comunale presenti nelle frazioni dell'altipiano. Come già avvenuto in passato, verranno eseguite potature anche lungo la viabilità urbana minore, spesso interessata dalla presenza di piante e arbusti spontanei, a volte infestanti, causa di numerose interferenze con la circolazione e con la segnaletica stradale. Grazie a questi interventi i tecnici del Comune potranno anche provvedere a sostituire alcuni degli alberi abbattuti negli anni precedenti. Gli interventi di abbattimento delle infestanti saranno proceduti da trattamenti endoterapici, per l'uccisione dei parassiti e da altri di devitalizzazione, al fine di evitare il proliferare dei cosiddetti ricacci.

Lorenzo Degrassi

 

 

Piano illuminazione da 1.300 punti luce da Barcola a Servola: via alla fase finale
Operazione da 3,7 milioni di euro complessivi. Tecnologia a led per rinnovare gli impianti. Fra le tappe c'è corso Cavour
Da Barcola a via Giulia, da piazza della Libertà a Opicina, passando per Porto vecchio, viale D'Annunzio e viale dell'Ippodromo: sono numerose le zone del territorio di Trieste coinvolte, dall'inizio del 2020, dalla sostituzione dei punti luce - finora sono 810 quelli sostituiti - per una spesa totale di 2 milioni 300 mila euro. Spesa a cui si aggiungono i 270 mila euro occorrenti per le sostituzioni, nelle prossime settimane, di altri 175 punti luce tra Servola, via Toffani e il palazzo in corso Cavour destinato a ospitare l'Urban center. Poi ne arriveranno altri 285, che porteranno la spesa complessiva a 3,7 milioni e il totale dei nuovi punti luce a quasi 1.300. Questo è quanto emerso dalla presentazione ieri mattina a palazzo Gopcevich del piano per la riqualificazione dell'illuminazione pubblica e per l'efficientamento energetico, alla quale è intervenuta l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, che ha ricordato come «finora tra riqualificazioni e integrazioni dell'illuminazione sono stati realizzati oltre 810 punti luce, prevalentemente a led, e a breve sono previste oltre 460 installazioni, con un risparmio energetico del 50% rispetto alle luci sostituite». Infatti «entro la fine del 2020 o al più tardi entro il primo trimestre del prossimo anno», ha evidenziato Lodi, con un investimento ulteriore di un milione 400 mila euro, «interverremo su altri punti luce» che interesseranno anche la zona dell'ex faro Lanterna, San Giacomo con uno degli assi viari principali del popoloso quartiere, ossia via dell'Istria, il quartiere di San Vito, il giardino pubblico "de Tommasini" e altre aree, per un totale appunto di ulteriori 460 punti luce. Alla fine, ha confermato l'assessore, «saranno quasi 1.300 i corpi illuminanti riqualificati con tecnologia a led in tutto il territorio comunale, per un totale di oltre 4 milioni di euro di spesa». Oltre all'installazione di apparati più nuovi, l'utilizzo della tecnologia a led porterà una riduzione del 50% dei consumi energetici oltre che di Co2, in quanto, come spiegato ieri mattina da Diego Radin di Hera Luce, società a cui il Comune di Trieste ha affidato la gestione della pubblica illuminazione, «la tecnologia a led è in grado di ottimizzare i consumi energetici e di ridurre l'inquinamento luminoso garantendo al contempo la qualità dell'illuminazione, in termini di uniformità e di comfort visivo, in quanto incrementa la percezione dei colori, e che di anno in anno, grazie ai progressi tecnologici in questo campo, migliora costantemente». Basti pensare che alcuni vecchi punti luce cittadini sono ancora dotati di lampade con tecnologia obsoleta per la presenza di mercurio. «Tutti i punti luce - ha aggiunto Radin - sono realizzati con un'alta percentuale di materiali riciclabili che permettono il recupero della maggior parte delle materie prime al termine della vita utile degli impianti. Si migliora poi l'impatto ambientale con l'interramento delle reti quando possibile e si riduce la possibilità di guasti grazie all'uniformità degli impianti, anche dal punto di vista dell'arredo urbano». Attenzione, infine, è stata posta sul potenziamento dell'illuminazione all'altezza degli attraversamenti pedonali delle strade a percorrenza più rapida, come via De Marchesetti o anche viale dei Campi Elisi.

Luigi Putignano.

 

 

STARANZANO - Associazione CONA, tre incontri on line

L'associazione naturalistica Co.Na. (conservazione della natura) organizza un ciclo mensile di conferenze online. Si comincia venerdì alle 20.30 con la guida naturalistica Nicoletta Perco che parlerà su "Il ritorno dell'ibis eremita in Europa". Perco è la referente per l'Italia del progetto Life+ e opera nel Waldrappteam (waldrapp in tedesco significa Ibis eremita). Il Waldrappteam ha sede in Austria e si occupa della promozione di progetti scientifici per la conservazione e la reintroduzione dell'Ibis eremita. Secondo appuntamento venerdì 20 novembre alle 20.30. Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione Liberi di volare, parlerà su "Liberi di volare, il sogno di un Cras diventato realtà". Infine venerdì 18 dicembre alle 20.30 l'ornitologo Enrico Benussi parlerà su "I Rondoni, viaggio in un mondo di instancabili volatori". Verrà utilizzata la piattaforma Skype. Gli interessati alla conferenza di venerdì sono invitati a mandare una e-mail a info@associazionecona.it entro mercoledì per ricevere il link di collegamento.

CI. VI.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 ottobre 2020

 

 

Ex Maddalena: via libera in giunta al progetto con negozi, uffici, case
Nell'area da 20.000 metri quadrati anche parcheggi privati e pubblici. Obiettivo lavori dalla primavera
Dove oggi c'è una voragine rinforzata e ripulita affinché la situazione non precipitasse, sorgeranno due fabbricati dotati di ampi parcheggi privati e pubblici. L'area, che attornia il cantiere, sarà riqualificata nell'assetto viario, nell'illuminazione pubblica, nelle reti idrico-fognarie ed elettrica. Ventimila metri quadrati, laddove una volta operava il comprensorio ospedaliero della Maddalena, vivranno una seconda vita. Finalmente, visto che, nel rispetto di una certa flemma triestina, la storia post-ospedaliera era iniziata nella primavera 2001 con un accordo di programma "a quattro" tra Regione, Comune, Azienda sanitaria. Adesso Francesco Fracasso, l'imprenditore veneto esperto di "rigenerazioni urbane", ha lo strumento amministrativo che legittima l'operazione di recupero: la giunta comunale, presieduta dall'assessore "anziano" Lobianco in assenza del sindaco e del suo vice, ha detto sì alla ridefinizione del programma realizzativo. Parola all'assessore Luisa Polli: il nuovo accordo non comporta variante al Piano regolatore, quindi non abbisogna della ratifica consiliare. Dovrà essere firmato, oltre che dal privato Htm Nord Est (alias Fracasso) e dal Municipio, anche dalle "confinanti" Azienda sanitaria e Ater. Htm dovrà predisporre la progettazione esecutiva, poi potrà aprire il cantiere. Fracasso, che causa Covid aveva visto slittare il cronoprogramma di partenza, conta di brindare a una prima inaugurazione nella primavera 2021. Il quadro edilizio complessivo richiede un investimento superiore ai 30 milioni di euro. È perimetrato da via dell'Istria, via Giuseppe Marenzi, strada di Fiume, via dei Molini, via Costalunga. L'accordo di programma codifica quanto l'imprenditore veneto aveva anticipato la scorsa estate. La parte fabbricata si articola in due edifici per un totale di 5.000 metri quadrati commerciali, 2.400 mq direzionali, 2.000 mq residenziali. Il primo, su 1.850 mq, sarà dedicato alla vendita al dettaglio di generi alimentari e sarà dotato di un parcheggio "a cielo aperto" e di tre piani parking seminterrati-interrati. Il secondo coltiverà una triplice vocazione: 3.150 mq spetteranno alla vendita al dettaglio di generi "non" alimentari, un piano di 2.400 mq al direzionale (saranno uffici dell'Azienda sanitaria?), un ultimo piano di 2.000 mq al residenziale. Proprio il residenziale, con una previsione di 16 unità abitative, rappresenta la novità di maggiore rilievo, novità a cui Fracasso aveva già accennato a fine giugno, essendosi però riservato una valutazione più precisa. Allora il "rigeneratore urbano" aveva parlato di un numero limitato di alloggi "customizzati" (realizzati su misura per l'acquirente). In precedenza, Fracasso aveva cancellato del tutto la dimensione residenziale, avendo ritenuto sconsigliabile ampliare il già consistente stock di invenduto. Insomma, ora può partire la terza scommessa in cui Fracasso si è lanciato nell'economia triestina durante il quinquennio 2015-20. Le prime due si sono concluse con un buon esito: Center Casa in corso Saba (7,5 milioni) e Obi (18 milioni) al posto del concessionario auto Dino Conti. L'ex Maddalena non è roba da dilettanti: un paio di anni fa l'imprenditore ha risolto l'impasse creato dalla crisi di General Giulia 2, la cordata formata da Riccesi-Cogg, Cividin, palazzo Ralli, Carena, Platon. La fase economica non è delle più entusiasmanti: comunque Fracasso ha alle spalle un portafoglio di 150 operazioni "rigenerative" e ha in mente altri due blitz triestini, sui quali ha mantenuto un assoluto riserbo.

Massimo Greco

 

 

Legambiente - Con Puliamo il mondo Romans ha raccolto due quintali di rifiuti
Romans. Anche quest'anno si è tenuto a Romans d'Isonzo, il tradizionale appuntamento con "Puliamo il Mondo", la giornata di sensibilizzazione ambientale organizzata dall'amministrazione comunale e promossa da Legambiente.Nonostante l'emergenza sanitaria, una ventina di volontari hanno aderito all'iniziativa, fornendo un valido contributo per la pulizia e la cura del territorio. Una dozzina di giovani e diverse famiglie si sono ritrovati e, sotto il coordinamento dell'Aps Royoung!, sono stati divisi in 3 gruppi che - muniti di sacchi, guanti e pettorina con il logo Legambiente - hanno iniziato a pulire aree prestabilite. La zona limitrofa al bocciodromo, la pista ciclopedonale che collega Romans con Versa e Fratta, un tratto di via Forans e il parco didattico-archeologico longobardo di via del Molino, sono stati i punti focali dell'operazione. L'impegno ambientalista dei partecipanti si è rivelato efficace: sono stati raccolti circa 200 kg di rifiuto indifferenziato. Oltre ai numerosissimi mozziconi di sigaretta e agli innumerevoli rifiuti di plastica, le scoperte più curiose sono state un copertone di auto, un tavolo di legno e alcuni delineatori di margine scovati in via Forans. L'attività si è concluso al bocciodromo dove il gruppo Alpini "Barnaba" ha offerto un piccolo pasto. La giornata è proseguita poi nel pomeriggio con un'originale raccolta di giocattoli usati promossa dal Centro di aggregazione giovanile Meet You, nel Centro del riuso "Robononis" di via Pedret. La comunità ha risposto in modo positivo all'iniziativa: sono stati raccolti numerosi giochi per l'infanzia, puzzle, bambole e macchinine: verranno posti in quarantena e poi sanificati.

Edo Calligaris

 

 

Code lungo la provinciale er godere lo spettacolo dei fenicotteri rosa
Da qualche giorno centinaia di esemplari sostano in valle Artalina richiamando l'attenzione degli appassionati del birdwatching
GRADO. Inconsapevoli promotori del turismo ambientale dell'Isola sono in questi giorni i fenicotteri rosa. Spettacolo affascinante che si ripete da qualche giorno tanto che il numero di persone che sosta lungo la provinciale Grado-Monfalcone, di fronte alla Valle Artalina (sullo sfondo c'è l'isola-santuario della Madonna di Barbana) è in continuo aumento. Centinaia di fenicotteri rosa che per nutrirsi si spostano in varie zone della laguna (soprattutto valle Cavanata) e in questi giorni in valle Artalina. I fenicotteri rosa sono un richiamo non solo per gli appassionati di birdwatching. Ma a Grado, nonostante il fenomeno si ripeta regolarmente, non si è ancora pensato a creare un'oasi strutturata per far sostare i fenicotteri in modo che diventino un vero e proprio richiamo turistico. Spiegano gli esperti che in altre parti d'Europa ma anche in Italia, pur di farli rimanere a frequentare, ci sono enti o amministrazioni comunali che pensano a procurare loro il cibo del quale hanno necessità. I fenicotteri rosa si nutrono di gamberi, alghe e anche piccoli molluschi. Per trovare il cibo utilizzano le loro zampe per rimescolare il fango per poi risucchiare l'acqua attraverso il becco per filtrare il cibo. Certo non si appostano mai a ridosso della gente perché sono molto paurosi e scapperebbero via subito al primo rumore, ma con i teleobiettivi non ci sono problemi. Con i telefonini è invece decisamente un po' più difficile rendere lo spettacolo che si riprende. Scenari incredibili con queste macchie bianco-rosa che si spostano e si fanno anche sentire (si confondono col verso delle oche che è ancor più forte specialmente quando sono in volo) che rendono maggiormente suggestivi i già caratteristici scenari naturali, della laguna di Grado. E ancor di più quando la giornata è grigia, come quella di sabato, che consente di mettere ancor più in risalto la bellezza e i colori di questi uccelli. La voce della loro presenza si sta ormai spargendo tanto che gli appassionati di questi avvistamenti si stanno organizzando (qualcuno l'ha già fatto) per arrivare a Grado munito di teleobiettivi di ogni genere. E le foto con queste incredibile macchine professionali risultano indubbiamente spettacolari poiché si riescono a catturare particolari che diversamente non si riescono nemmeno a notare. Il problema di questo ennesimo avvistamento è che lungo quel tratto di provinciale ci si imbatte spesso di fronte a tante autovetture in sosta in entrambi i lati della trafficata strada. Almeno per queste particolari occasioni sarebbe necessario individuare un'area parcheggio nelle vicinanze anche perché così si fermerebbe sicuramente un maggior numero di automobilisti che oggi solamente rallenta (a passo d'uomo rallentando il traffico veicolare) per godere comunque dell'affascinante spettacolo.

AN.BO.

 

 

Acquisto bici elettriche tornano i contributi - entro il 30 novembre
Sono stati riaperti i termini per la presentazione della domanda di contributo per l'acquisto delle biciclette a pedalata assistita, secondo le stesse modalità e condizioni indicate dal disciplinare tecnico. Il nuovo termine per la presentazione delle domande scadrà il 30 novembre 2020.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 ottobre 2020

 

 

Oltre 2 mila adesioni alla petizione sul web contro l'ovovia - la raccolta di firme
Ha superato quota duemila adesioni la petizione online "Trieste ha voglia di tram, non di ovovia", lanciata alcuni giorni fa da un gruppo di associazioni. L'iniziativa, che mette in evidenza le criticità dell'impianto annunciato dal Comune, tra Porto vecchio e Opicina, propone un progetto alternativo: una rete di tram, realizzabile con lo stesso investimento previsto per l'ovovia, 45 milioni di euro. Uno degli assi fondamentali sarebbe quello dalla Stazione centrale a piazza Foraggi. Inoltre, nel documento pubblicato online, viene chiesta a Comune, Regione e Governo la possibilità di effettuare uno studio di fattibilità per un'infrastruttura di trasporto rapido di massa, inserita nel tessuto urbano, integrata anche con la ferrovia. La raccolta firme è proposta da Fiab, Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For Future e Uisp Fvg. I vari sodalizi coinvolti nell'iniziativa puntano ora a toccare le tremila adesioni. La petizione è consultabile e firmabile sul sito www.change.org.

Micol Brusaferro

 

 

Plasticocene la mostra sul male del mare - in galleria
Inaugurata ieri alla galleria di piazza Cavour la mostra "Plasticocene-l'antropizzazione del mare" a cura dell'artista Elisabetta Milan. La mostra sarà aperta fino al 1 novembre sabato e domenica 10.30-12.30 e 16.30-18.30 e venerdì 30 ottobre 16.30-18.30. Visita guidata oggi alle alle 11 e alle 17.30 e venerdì 30 ottobre alle 17.30. Durata: circa 50 minuti, per adulti e bambini dagli 8 anni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 ottobre 2020

 

 

Nodo parcheggi in commissione per il Piano del centro storico
"Spaventano" autorimesse interrate ed eventuali impianti al piano - La replica: «Ma così togliamo le macchine dalle strade»
Ancora qualche matassa da sbrogliare per arrivare al varo del nuovo Piano particolareggiato del centro storico di Trieste: l'altro giorno la Sesta commissione consiliare si è riunita insieme all'assessore Luisa Polli e ai tecnici del Comune per analizzare e approfondire alcune questioni sollevate in particolare dalla minoranza. Il recente progetto, che andrà a sostituire il datato piano Semerani, punta al «mantenimento della qualità architettonica e immobiliare della città vecchia», introducendo «una riqualificazione che migliori il quadro urbano» e di cui «beneficino anche le attività economiche in loco. L'ambizioso progetto, già discusso in una prima ripresa consiliare, non ha però convinto tutti. «La possibilità di realizzare autorimesse interrate anche nel centro storico mi preoccupa - ha fatto presente la pentastellata Elena Danielis - soprattutto in relazione ai giardini interni che hanno una valenza storico-artistica. Ma anche i parcheggi sviluppati su interi stabili non incentiverebbero certo una limitazione del traffico». Tempestiva la puntualizzazione della "controparte": «Nel rispetto del verde e in sicurezza», la realizzazione di questi parcheggi, intesi come pertinenze rispetto ad abitazioni private, può dare «respiro al centro storico, togliendo le macchine dei residenti dalle strade». E «l'opera di interramento serve proprio a preservare i giardini storici». Ma non è tutto. Sabrina Morena di Open ha avanzato la proposta di «aumentare la parte del verde pubblico, inserendo alberature in più, a fronte anche dei cambiamenti climatici». La disponibilità appare oggi tuttavia limitata da condizioni di strutturali, poiché ad esempio tutte le zone interrate e "rubate" al mare (come i palazzi sul canale di Ponterosso) mostrano problemi di staticità. La seduta ha toccato anche la "questione" Porto Vecchio, area non inclusa nella perimetrazione del centro storico e trattata dunque come "rione" a sé stante.

Stefano Cerri

 

Il progetto dell'ovovia in Sesta commissione - la convocazione

La Sesta commissione consiliare del Comune di Trieste, presieduta da Salvatore Porro (Fratelli d'Italia), è convocata per il 10 novembre in videoconferenza. L'appuntamento è fissato alle 9. Sarà trattato un tema che nell'ultimo periodo ha innescato in città un vivace dibattito: verrà illustrato infatti, alla presenza dell'assessore comunale all'Urbanistica Luisa Polli, il progetto dell'ovovia con cui la giunta Dipiazza vorrebbe collegare Opicina al centro città, con una stazione a Barcola nella zona del Park Bovedo. Come si ricorderà, nelle scorse settimane un gruppo di associazioni - composto da Fiab, Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For Future e Uisp Fvg - ha proposto, al posto dell'ovovia stessa, l'attivazione di una rete di tram moderni a beneficio della mobilità cittadina, una soluzione che - hanno sottolineato i proponenti - andrebbe ad abbattere anche l'inquinamento atmosferico.

 

 

Tossine nei limiti - Riabilitate tre zone dedicate alle cozze - OK PER LAZZARETTO, GRIGNANO E SANTA CROCE
Muggia. Fine del divieto. È stata revocata dal Dipartimento di prevenzione dell'Asugi la proibizione di raccolta e immissione sul mercato di molluschi bivalvi, i famosi "pedoci", ricadenti nell'area contrassegnata come "01Ts", che interesserebbe gli allevamenti presenti a Lazzaretto. Ferma ancora invece quella più vicina alla cittadina, che è contrassegnata dalla sigla "02Ts". È stato dato il via libera alla zona di produzione confinaria in quanto i requisiti sanitari sono risultati nuovamente conformi alla normativa alimentare. Questo è ciò che è emerso dai risultati di due test consecutivi, effettuati ad almeno 48 ore di distanza, che in entrambi i casi hanno segnato un valore inferiore rispetto ai limiti prescritti. Il primo campionamento è stato registrato il 29 settembre, il secondo il 13 ottobre, e sono stati eseguiti entrambi dall'Istituto zooprofilattico delle Venezie e da cui è risultato che il parametro di acido okadaico presente nei molluschi, motivo della chiusura, è rientrato nella norma. L'acido okadaico è una tossina che si accumula nelle spugne e nei molluschi. È causa della sindrome diarroica da molluschi bivalvi, dovuta appunto all'ingestione di molluschi contaminati. Le tossine che causano la sindrome diarroica Dsp, acronimo di Diarrhetic shellfish poisoning, sono stabili al calore, sebbene l'ebollizione prolungata possa diminuire la concentrazione di acido okadaico all'interno dei molluschi. Questo il motivo per cui il Dipartimento di prevenzione periodicamente emette ordinanze di chiusura a tutela dei consumatori. Insieme ai "pedoci" di Lazzaretto hanno avuto il via libera quelli allevati nella zona "06Ts" di Santa Croce, e "05Ts" di Grignano.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 ottobre 2020

 

 

Le analisi promuovono l'acqua del rubinetto «A Trieste buona al 100%»
I risultati dei test sulla rete idrica AcegasApsAmga: non è solo una questione di qualità ma anche di risparmio e di attenzione all'ambiente
L'acqua che sgorga dai rubinetti della città di Trieste esce promossa a pieni voti dal report 2019 di AcegasApsAmga, che da 12 anni fornisce un resoconto annuale per riassumere i controlli chimici e microbiologici effettuati sugli oltre 900 chilometri di rete idrica che sono nelle mani della società. Secondo i dati elencati all'interno di "In buone acque", come è stato ribattezzato lo studio, l'acqua della rete triestina risulta infatti «conforme al 100% ai parametri fissati per legge». Un esito, emerso da un monitoraggio basato su decine di analisi quotidiane, che la multiutility definisce lusinghiero. E che offre un assist alla questione ambientalista: la bontà dell'acqua del nostro rubinetto è infatti un motivo in più per lasciarsi alle spalle l'abitudine dell'acquisto dell'acqua nelle bottiglie di plastica, che vede ancora oggi l'Italia detenere il terzo posto nella classifica mondiale per consumo pro capite di bottigliette . Il report mette in luce nel dettaglio le caratteristiche chimiche delle acque erogate dall'azienda AcegasApsAmga, classificate oligominerali e iposodiche. Scorrendo quei numeri, si scopre che ciò che esce dai rubinetti triestini proviene per l'80% dalle falde artesiane della bassa Pianura isontina e per il restante 20% dalle risorgive del Sardos. La sua qualità appare molto elevata, grazie al rapporto di miscelazione tra le acque prelevate nei diversi punti.Oltre che ecologica, buona e sicura, l'acqua del rubinetto - aggiunge Acegas nel comunicato - presenta un altro vantaggio inequivocabile: garantisce un risparmio economico. Calcolatrice alla mano, si stima infatti che mille litri d'acqua minerale in bottiglia pesino in media sulle tasche dei consumatori circa 280 euro, mentre la stessa quantità prelevata dalla rete idrica ha un costo nettamente inferiore: 2,1 euro. Nel report completo, che è possibile consultare sul sito della multiutility, si può inoltre accedere a due video youtube di AcegasApsAmga, in cui viene mostrato il percorso compiuto dall'acqua: dalla loro captazione, attraverso l'acquedotto, e fino ai rubinetti delle case, continuando poi verso il depuratore, fino al ritorno al mare.

Linda Caglioni

 

 

Il palazzo delle Ferrovie di piazza Vittorio Veneto venduto per 10 milioni
Ad acquistare all'asta l'enorme stabile è stata una cordata di investitori di Vienna intenzionati a ricavare 165 camere d'albergo e una novantina di appartamenti
Ha trovato finalmente un'acquirente l'imponente palazzo di proprietà delle Ferrovie dello Stato di piazza Vittorio Veneto. Ad aggiudicarsi l'immobile da 19.500 metri quadrato nel corso di un'asta tenutasi una decina di giorni fa in uno studio notarile di Mestre, è stata una cordata di investitori austriaci, con a capo il Gruppo JP Immobilien. L'offerta, che ruota intorno ai 10 milioni di euro, ha superato quella avanzata da altri tre concorrenti. Ieri da Vienna la comunicazione che ufficializza l'acquisizione del palazzo realizzato nel 1895 dall'architetto Giacomo Sagors e sviluppato su cinque piani più un sottotetto, in vendita dal 2015. Allora la base d'asta era stata fissata a 15 milioni e 237 euro. I nuovi acquirenti mettono in campo un investimento da circa 40 milioni di euro per trasformare la struttura in un grande albergo con una novantina di appartamenti e con al piano terra un ristorante con bar e gelateria che si affaccerà sulla piazza. Gli spazi che un tempo, al suo interno, ospitavano una sala cinematografica verranno declinati ad area eventi per la città. Gli investitori, come detto, sono tutti austriaci. JP Immobilien, in particolare, investe sul mercato immobiliare viennese da oltre 25 anni e conta circa 450 progetti sviluppati tra Germania ed estero. Del gruppo fanno parte Daniel Jelitzka, cofondatore del gruppo JP Immobilien e Ivan Holler, un investitore immobiliare austro-ungherese molto attivo in questi anni a Venezia (vedi pezzo a lato). Michael Mitterdorfer, ex membro del consiglio di amministrazione della più grande fondazione immobiliare austriaca, è responsabile del coordinamento delle attività del gruppo di investitori a livello locale. Nel progetto elaborato dal gruppo di investitori il palazzo del Borgo Teresiano ospiterà 9.159 mq di attività ricettiva; 1.845 metri quadri di commerciale; 8.551 metri quadri di residenziale. La previsione è di realizzare 165 camere d'albergo e almeno 86 appartamenti. Sul palazzo esiste un vincolo per interesse culturale (la nota del ministero della Cultura è datata 2013). «Da tempo stavamo valutando lo sviluppo di progetti immobiliari nel Nord Italia - sottolinea Jelitzka - e questo è il risultato. È il primo passo nell'attuazione della nostra strategia a lungo termine. Con circa 40 milioni di euro, rivitalizzeremo completamente questo magnifico palazzo nel centro di Trieste e lo aiuteremo a risplendere». L'obiettivo è quello di trasformare l'edificio in «un grande spazio moderno e polifunzionale - aggiunge Jelitzka - che abbia una grande forza di attrazione per tutta la zona». I nuovi proprietari hanno già avviato un confronto con l'amministrazione comunale, per definire al meglio il progetto che trasformerà quel palazzo. «Alcune proposte relative all'utilizzo dell'edificio sono già sul tavolo, lavoriamo in forte sintonia con la città per sviluppare e realizzare al meglio il progetto, con un'attenzione particolare al settore dell'ospitalità», spiega Ivan Holler. L'investitore da tempo lavora su Mestre e Venezia con un'altra società di investitori austriaci, la Mtk, impegnata prettamente nel settore alberghiero. Per la progettazione del recupero del palazzo triestino delle Ferrovie, è stato coinvolto l'architetto veneziano Luciano Parenti con cui il gruppo collabora da anni. L'idea di fondo è di attrarre turisti austriaci a soggiornare ma anche a prendere casa a Trieste, città simbolo della cultura mitteleuropea. Anche se i tempi sono incerti e complicati, causa pandemia, nel Nord Italia e anche a Trieste si avvertono dei segnali di ripresa. «Qui c'è ancora molto potenziale - ribadisce Michael Mitterdorfer - è una città studentesca in via di sviluppo che svolge un ruolo di primo piano, con una realtà portale tra le più importanti del Mediterraneo, e per la quale è previsto un ulteriore sviluppo negli prossimi anni. C'è ancora molto da fare in questo settore - conclude - e il nostro impegno mira anche a rafforzare il ruolo centrale che Trieste sta assumendo nel contesto del Friuli Venezia Giulia e dell'interno Nordest italiano».

Mitia Chiarine e Laura Tonero

 

 Il finanziere austriaco innamorato dell'Italia e ormai di casa in laguna
A Mestre ha già costruito quattro alberghi e avviato l'iter per un quinto - A Venezia punta alla bonifica dell'area ex Gasometri in centro storico
Il finanziere austriaco Ivan Holler torna ad investire a Nordest. E stavolta punta su Trieste, città che ama quanto Venezia, dove da anni è praticamente di casa. «Abbiamo di fronte a noi un impegno per i prossimi due anni e mezzo. Con la speranza tra 2023 e 2024 di riportare alla sua bellezza il palazzo compartimentale di piazza Vittorio Veneto. Ci vorranno dalle prime stime almeno due anni di lavoro pieno per il cantiere e i primi sei mesi, per lo meno, saranno dedicati al confronto con l'amministrazione e i permessi». Holler da anni è di casa in laguna. A Mestre con la società MTK ha realizzato quattro hotel del nuovo distretto alberghiero a pochi passi dalla stazione ferroviaria. E da alcune settimane è stato avviato il cantiere del quinto albergo, un Tribe. Progettista di fiducia l'architetto veneziano Luciano Parenti che ora è stato coinvolto anche nel progetto di piazza Vittorio Veneto a Trieste. Mtk a Venezia è impegnata anche nella bonifica dell'area ex Gasometri nel centro storico veneziano, spazio acquisito nel 2013. Dal 2018 propongono al Comune un cambio di destinazione d'uso per realizzare un albergo a quattro stelle. L'alternativa sono delle residenze di lusso, ma il confronto è serrato anche con il comitato cittadino nato contro l'ipotesi di una nuova struttura ricettiva nella città di Venezia e a cui non pare bastare il progetto di palestra per gli studenti degli istituti superiori. Il gruppo austriaco Mtk ha proseguito la sua "campagna acquisti" in Italia partecipando alle aste delle Ferrovie. A luglio 2020, Fs Sistemi Urbani ha venduto agli investitori austriaci il lotto C1 di Roma Tiburtina, settemila metri quadri, dove realizzare una struttura alberghiera e un nuovo parcheggio pubblico in posizione strategica visto quello è il secondo hub intermodale della capitale. Con un gruppo completamente diverso di investitori, adesso Holler punta ora su Trieste, mescolando alberghiero e residenziale, convinto, spiega, «che in Austria esiste un mercato di persone che sognano non solo di venire in vacanza ma di prendere casa a Trieste», sia per la vicinanza, sia per la storia, sia per la bellezza della città di confine.

m.c.

 

 

Da Borgo San Sergio fino a Guardiella, scatta il restyling dei giardini pubblici - la tabella di marcia del comune
Proseguono con la stesura di un rivestimento in gomma sintetica colorata EPDM i lavori nel giardino pubblico "Fumaneri" di Borgo San Sergio. Un intervento che comporterà anche il rifacimento della pavimentazione antitrauma, con la sostituzione di alcuni scivoli e giochi, per un valore complessivo di 70 mila euro. Un impegno, quello sul verde pubblico e sulle aree svago, che sta coinvolgendo l'amministrazione comunale anche in altre parti della città, con interventi attualmente in piedi, dal valore complessivo di oltre 560 mila euro. Cifre e investimenti che sono stati snocciolati ieri mattina dall'assessore Elisa Lodi. «Questo - afferma l'assessore - è solo uno dei molti interventi di manutenzione sulle aree giochi già avviati dall'amministrazione». È di poche settimane fa, infatti, l'ultimazione dei lavori al giardino "Leonor Fini" di via Boccaccio (45 mila euro il valore complessivo), dov'è stato sostituito il vecchio gioco "aereo" con una nuova giostra multifunzionale a cinque torri in alluminio. Sempre in questo ambito vanno ricordati altri interventi in fase di avvio, come il restauro del pergolato e la nuova recinzione del campetto di calcio nel giardino Mascherini di piazza Carlo Alberto, del valore di 203 mila euro, intervento di rimessa a punto dopo recenti atti vandalici. Sempre a Borgo San Sergio sono state implementate le attrezzature dell'area fitness prospicienti il campo del Trieste Calcio (intervento di 21 mila euro). Verrà rimosso e sostituito il gioco e la torretta multifunzionale nel giardino pubblico de Tommasini (valore dell'opera di 102 mila euro), area ludica che in precedenza era stata preclusa al pubblico dai pompieri a causa della sua pericolosità. Altri significativi interventi riguarderanno infine la riqualificazione dell'area gioco di Guardiella (70 mila euro) dove verrà allargato il giardino, ed è anche allo studio la realizzazione di un settore dedicato ai cani. Infine altri lavori riguarderanno il giardino di vicolo dell'Edera dove, anche qui, il Comune conta di realizzare una nuova area giochi per un valore di 50 mila euro. «Il Comune - ha ricordato re Lodi - gestisce complessivamente ben 54 aree gioco, che sono monitorate costantemente. L'amministrazione comunale vuole che queste aree dedicate ai bambini siano sicure e ben mantenute, soprattutto in un periodo difficile come l'attuale con l'emergenza Covid. Questo che parte da Borgo San Sergio è un intervento manutentivo importante. Mi appello però al senso civico di tutti i cittadini affinché queste aree giochi siano tenute bene, evitando danni e atti vandalici».

Lorenzo Degrassi

 

 

"Diffusione del virus: i fattori ambientali" - Simposio virtuale con il fisiologo Buoite Stella

Alex Buoite Stella, fisiologo assegnista di ricerca nell'équipe della Clinica Neurologica diretta dal professor Paolo Manganotti del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell'Università di Trieste, sarà uno dei relatori invitati per il simposio "Temperature and Environmental Factors in COVID-19" (Temperature e fattori ambientali nel Covid-19), in occasione del convegno internazionale "Physiology and Pharmacology of Temperature Regulation" (vPPTR2020), punto di ritrovo biennale dei maggiori esperti mondiali nell'ambito della termoregolazione, che si terrà in modalità virtuale dal 26 al 29 ottobre (https://pptr2020.com/). Il dottor Buoite Stella presenterà i rischi che i cambiamenti climatici e le alte temperature possono arrecare alle persone affette da patologie neurologiche, specialmente nel contesto di fragilità e di isolamento fisico e sociale dell'era Covid-19, come evidenziato dall'ufficio clima e salute dell'Oms con cui i ricercatori triestini sono in contatto. Recentemente Manganotti e Buoite Stella, assieme al dottor Giovanni Furlanis e ai colleghi della Clinica Neurologica, e in collaborazione con il dottor Milos Ajcevic del Dia, hanno dato vita ad un'intensa attività di ricerca nell'ambito dello studio della termoregolazione e dei disturbi autonomici a essa associati, che ha già ricevuto il supporto e l'apprezzamento di Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Beneficentia Stiftung, e del prestigioso premio nazionale "Merck in Neurologia 2019.

 

MONFALCONE - Via a Plasticocene per salvare il mare - mostra nella galleria di piazza Cavour
Si apre domani Plasticocene, l'esposizione nell'ambito della campagna di protezione del mare dall'inquinamento della plastica. Il Comune ha assegnato alla cooperativa Shoreline l'intervento di monitoraggio e la realizzazione del portale geospaziale del progetto Saspas di tutela marino e rilancia le iniziative legate alla campagna volta a contrastare il deterioramento marino per l'abbandono della plastica con un'esposizione alla galleria di piazza Cavour. L'obiettivo è la sensibilizzazione per le gravissime conseguenze sulla flora e sulla fauna e di promozione dei comportamenti virtuali.La rassegna Plasticocene, che sarà inaugurata domani alle 10, curata da Elisabetta Milan, è frutto della collaborazione, assieme alla Regione e a Fincantieri, con l'Area Marina Protetta di Miramare, i Civici Musei di Udine, il Museo Friulano di Storia Naturale, Eco Fvg, il Wwf. Il percorso espositivo si apre con una canoa, in essenza di pioppo, proveniente da una collezione privata del XVIII secolo interamente scavata a fuoco, con innesti a coda di rondine e chiodi in bosso e prosegue con un percorso illustrativo e altre installazioni, fra le quali un pannello didattico realizzato dalla Riserva di Miramare, di grande impatto visivo, in cui vengono evidenziate sei tematiche integrate da materiale fornito dal Museo Friulano di Storia Naturale, fra cui i banchi di pesce azzurro, lo zooplancton, la medusa luminosa pelagia noctiluca, la tartaruga carretta, i delfinidi, che caratterizzano la ricca biodiversità dei nostri mari e altre immagini di grande impatto e attualità in cui si evidenziano i danni causati dall'uomo all'ambiente marino.L'evento espositivo rientra nell'ambito del progetto denominato Saspas, di cui il Comune di Monfalcone è capofila, che ha ottenuto un finanziamento europeo di oltre due milioni di euro, con l'obiettivo di promuovere interventi di riduzione dell'inquinamento del mare, dell'erosione costiera, della perdita di zone umide e di tutela della biodiversità, attraverso attività di salvaguardia, ripopolamento e di posizionamento di sistemi naturali. In questo contesto, sono state completate in questi giorni le procedure di affidamento per la realizzazione di un portale informativo web con diversi livelli di accesso, che consentirà la rappresentazione geografica e l'analisi geospaziale dei dati raccolti nelle attività progettuali e l'attuazione di un programma di gestione integrata di salvaguardia delle praterie di fanerogame con la predisposizione delle linee guida per la gestione e tutela.L'intervento per una spesa di oltre 39 mila euro è stato assegnato alla cooperativa Shoreline, che ha sede all'Area di ricerca triestina, dove cura anche il laboratorio sulla qualità dell'ambiente marino e costiero, CeRQuAM.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 ottobre 2020

 

 

Il sole che ride va a caccia di alleanze tra tandem socialisti ed emuli di Greta
Dopo la "diaspora" del passato, in vista del voto 2021 i Verdi sondano possibili intese con forze dalla sensibilità green
Nel mondo "green" c'è fermento. A livello globale come locale. Nell'anno in cui Greta Thunberg arriva a essere candidata al Premio Nobel per la pace, i cavalli di battaglia ambientalisti ed ecologisti saranno senz'altro presenti anche nella campagna elettorale per le elezioni comunali 2021. Resta da capire però da quali candidati e quali formazioni politiche saranno sostenuti. Non va dimenticato, infatti, che nel 2016 ad essere eletto sotto le insegne del sole che ride, storico simbolo Verdi, fu l'ex socialista di lungo corso Roberto De Gioia, poi passato nello schieramento di centrodestra e ora in corsa con la nuova creatura politica di Ferruccio Saro, dopo una breve militanza in Progetto Fvg. Il movimento dei Verdi, seppur ridimensionato rispetto ai numeri e ai fasti del passato, sarà comunque presente alle prossime amministrative, puntando a catalizzare attorno a sé le forze con simili sensibilità. Forze numericamente non sono enormi, ma variegate e trasversali: ci sarà quindi bisogno di mettersi d'accordo. A sostenere i Verdi c'è sicuramente la federazione triestina del Partito socialista italiano, animale raro nella storia della sinistra locale. Poi c'è l'incognita Volt, il partito dei giovani e giovanissimi ambientalisti paneuropei. Esistono infine una serie di realtà - dai comitati civici a Fridays For Future - che non parteciperanno alla competizione elettorale ma la cui mera presenza in città testimonia l'attenzione sul tema.«Stiamo valutando eventuali alleanze con l'obiettivo di creare una lista "verde", un po' come abbiamo fatto alle ultime europee», spiega la portavoce regionale dei Verdi, Tiziana Cimolino: «I nostri interlocutori sono tutti quei soggetti che non si sentono rappresentati dal Pd né dal centrodestra uscente, e che ovviamente sono in sintonia con i nostri temi». I Verdi possono andare d'accordo ad esempio con le varie anime comuniste così come con Open Fvg, Tryeste, +Europa e Patto per l'Autonomia. Bisognerà tuttavia vedere se forze così diverse tra loro riusciranno realisticamente a trovare la quadra. Come detto nel 2016 i Verdi nel 2016 si erano presentati in tandem con il Psi a sostegno del candidato sindaco dem Roberto Cosolini, facendo eleggere appunto De Gioia. Stavolta tuttavia vorrebbero mantenere autonomo il Sole che ride. Diversa invece la posizione del Psi triestino, guidato da Gianfranco Orel, che ha sempre rappresentato una realtà un po' a sé, storicamente troppo "patriota" per la sinistra comunista (nel secolo scorso le logiche erano segnate dalla prossimità del confine jugoslavo) ma più "castrista" del partito nazionale (a Trieste esiste un'associazione "Italia Cuba" di matrice socialista). In vista del 2021 i socialisti monitorano sì i movimenti di Saro, ma vollero soprattutto riproporre la bicicletta con i Verdi, considerati l'alleato «più naturale», per dirla con Orel. In alternativa vedrebbero di buon occhio una coalizione di tutte le forze minori che si sono schierate per il No al referendum sul taglio ai parlamentari: saranno i Verdi a dover sciogliere le riserve e in ogni caso vale la regola «mai con il centrodestra». Infine Volt. Il partito, che nel Parlamento Ue siede nel gruppo dei Verdi Europei, è presente a Trieste da circa un anno e mezzo e conta una dozzina di attivisti, che nelle ultime settimane a loro volta si sono interfacciati con le forze minori già citate. Anche i giovani ambientalisti paneuropei ora dovranno decidere il da farsi: «Per noi importante è la concretezza. Auspichiamo di creare una lista civica», afferma il coordinatore cittadino, Daniele Ziegler.

Lilli Goriup

 

Gli outsider - i mini gruppi
Il gruppo triestino di Fridays For Future non parteciperà alla campagna elettorale, poiché il movimento è per costituzione apartitico. Auspica che chiunque governerà la città si concentrerà sulla mobilità sostenibile (tema caro pure a realtà associative come Bora.La, Zeno, Fiab, Cammina Trieste, Uisp) ed eviterà di costruire l'ovovia. Rimane fuori dalle logiche partitiche, per scelta, pure il Comitato "No smog" nato attorno alla Ferriera di Servola. L'associazione ambientalista "Planet 2084" valuterà un'eventuale lista unitaria della sinistra radicale.

 

 

Argini a Staranzano e la pulizia «Strage di alberi ingiustificata»
Cittadini e ambientalisti all'attacco per le opere tra Marina Julia e Bosco Alberoni - Il Comune: «Noi all'oscuro». Ma il Consorzio di bonifica: «Era tutto concordato»
STARANZANO. «Una strage di alberi che non ha alcuna giustificazione. Un taglio insensato e indiscriminato di piante sane che per riaverle così bisognerà attendere mezzo secolo».È cominciata tra le polemiche la sistemazione dell'argine del Consorzio di bonifica della Pianura Isontina dal confine di Marina Julia fino al Bosco degli Alberoni e Punta Barene. Protestano gli ambientalisti del Circolo di Legambiente Ignazio Zanutto di Monfalcone che, su segnalazione di alcuni cittadini, hanno effettuato un sopralluogo con Michele Tonzar del direttivo, il quale ha testimoniato anche con una serie di fotografie ciò che sta accadendo. «È una situazione molto grave - afferma Tonzar - in quanto ci troviamo in piena Riserva naturale regionale della Foce Isonzo e non è possibile giustificare questo scempio di piante. Capisco che bisogna fare una pulizia di rovi e sfrondare la vegetazione, ma fare tabula rasa di pioppi bianchi e pioppi neri che hanno una base di 50 centimetri è veramente un delitto».Il Comune di Staranzano con l'assessore all'Ambiente Andrea Corà, sostiene che gli accordi presi con il Consorzio erano altri. «Intanto - afferma Corà - non è arrivata in Comune alcuna comunicazione di inizio lavori. I patti erano che prima di cominciare si doveva concordare con gli esperti botanici della Stazione biologica dell'Isola della Cona, quali dovevano essere le piante da tagliare. Ovviamente domani faremo un accertamento per capire cosa sia realmente accaduto e perché hanno cominciato a tagliare senza poi avvisare dell'apertura del cantiere».«Non si può andare avanti così - aggiunge Michele Tonzar - perché questo andazzo va avanti in tutti i Comuni, da Sagrado ad Aquileia. Succede dappertutto il taglio indiscriminato di piante "indifese" e senza ragioni plausibili. Sono tagli incomprensibili e nessuno si dota di un Piano del verde che possa autorizzare tali interventi. Non vogliamo fare integralismi in quanto dove bisogna intervenire per motivi di pericoli di ingombri nessun problema. Ma non vediamo la ragione di questo accanimento che avviene continuamente sul verde».«È inutile dire - afferma ancora Tonzar - che è stato concordato di eliminare piante per poi sostituirle in quanto ce ne vuole di anni prima che possano raggiungere dimensioni di prima. Nel mondo in cui viviamo, oggi e sempre dobbiamo difendere il verde che ci circonda, specie se urbano».Il Consorzio di bonifica Pianura Isontina spiega che l'intervento finanziato dalla Regione per l'importo complessivo di 950 mila euro, prevede la sicurezza idraulica, la manutenzione, la gestione corretta del verde e il miglioramento delle capacità di deflusso di vari manufatti idraulici presenti. Inoltre la sistemazione e il ripristino delle sponde di alcuni canali di bonifica ceduti a causa dell'azione invasiva di nutrie e del gambero rosso della Luisiana.«Il primo passo - spiega il Consorzio in una nota - prevede il taglio di tutta la vegetazione impropriamente cresciuta in forma spontanea e incontrollata a sommità dell'argine. Farà seguito il consolidamento della sezione arginale attualmente soggetta da diversi smottamenti. L'attività ha ottenuto le autorizzazioni dei Servizi Regionali Pianificazione Paesaggistica, di biodiversità, di difesa del suolo e dell'Organo gestore della Riserva naturale Foce dell'Isonzo. Un intervento, quindi, pianificato e concordato con tutti gli organi preposti alla sorveglianza ambientale. L'argine oggi assieme all'idrovora Sacchetti, difende tutti i territori della bassa monfalconese di quasi un migliaio di ettari, l'intero abitato di Marina Julia e parte del parco della Riserva».

Ciro Vitiello

 

 

 

 

 

CON il mensile COOP Consumatori ott-nov 2020 - MERCOLEDI', 21 ottobre 2020

 

 

L'impronta ecologica e il paese che invecchia
Sul numero di dicembre 2019 di questa rivista avevamo parlato di sovrappopolazione mondiale e di come sia saggio contenere la crescita demografica con mezzi culturali: educazione ed emancipazione delle donne nei paesi poveri. Ma quando si guarda all'Italia, paese che invecchia sempre più, l'atteggiamento è opposto: si sente dire che bisognerebbe fare più figli e tornare a crescere, per ringiovanire la cittadinanza, per avere nuove braccia che paghino le pensioni, per salvaguardare la cultura nazionale dall'avanzata dell'immigrazione straniera. Sono visioni che hanno senso in termini economici e sociali, ma che non tengono conto della realtà ambientale e delle risorse fisiche nazionali, della nostra "biocapacità". L'Italia è già ora un Paese sovrappopolato che vive al di sopra delle proprie risorse interne. L'impronta ecologica degli oltre 60 milioni di italiani è l'insieme dei prelievi di materie prime, dall'agricoltura ai pesci, dal legname ai minerali, e della produzione di rifiuti, incluse le emissioni di gas serra. Ebbene, i dati elaborati dal Global Footprint Network ci dicono che nel 2019 gli Italiani hanno utilizzato risorse naturali 4,5 volte al di sopra delle proprie possibilità, ovvero occorrerebbero più di quattro Italie per soddisfare il nostro tenore di vita. Le tre Italie virtuali che ci mancano sono prelevate dalle importazioni di energia fossile, di materie prime e di cibo. In queste condizioni di profondo debito ecologico, far crescere ulteriormente la popolazione significherebbe aumentare la nostra vulnerabilità e peggiorare la nostra condizione fisica: più consumi di risorse, più cementificazione, più rifiuti, più gas a effetto serra, con conseguenze sempre più pesanti proprio per le giovani generazioni che le subiranno! Si pone dunque la delicata questione di mitigare la fragilità ambientale del nostro Paese diminuendo l'esposizione al debito ecologico: da un lato questo si può fare con soluzioni tecnologiche, energie rinnovabili, riduzione degli sprechi, riciclo rifiuti, ma dall'altro sarebbe importante considerare anche una riduzione della popolazione, così se fossimo meno numerosi avremmo a disposizione più risorse, mentre più siamo più la fetta di torta per persona si riduce e si diviene sempre più deboli rispetto alle forniture esterne. Infatti, poiché la popolazione globalmente continua a crescere, potrebbe arrivare il momento in cui le risorse che acquistiamo aumenteranno di prezzo o potrebbero perfino scarseggiare, ecco perché dipendere dall'estero per tre quarti del proprio benessere non è una buona strategia e sarebbe opportuno diminuire la nostra dipendenza da beni che non abbiamo. E come rimediare a una società di anziani e alle pensioni da pagare? Sono questioni difficili da affrontare, ma meno rispetto ai limiti fisici invalicabili. Le pensioni si possono riformare, l'ambiente no. Assecondando l'attuale condizione di decrescita della natalità, superata una fase transitoria di invecchiamento della società, nei prossimi decenni potremmo stabilizzarci per esempio a 50 milioni di abitanti, quanti eravamo nel 1960, e lì rimanere stabilmente, mantenendo il tasso di fertilità di sostituzione, pari a circa due figli per donna. E vissero felici e resilienti.
Luca Mercalli

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 ottobre 2020

 

 

Il futuro di Porto vecchio tra "logiche pattumiera" e l'assenza di strategie - l'affondo di Un'altra Città
Un approfondimento pubblico sugli scenari legati al recupero del Porto vecchio e alla sua incidenza nello sviluppo socio-economico cittadino. Il tema è di quelli particolarmente attuali vista la portata dell'operazione. Ad affrontarlo ieri mattina al Caffè San Marco il movimento "Un'altra città" che ha condensato in un rapporto dal titolo "Una strategia per il recupero del Porto vecchio e il futuro della città" alcuni spunti proposti da un centinaio di cittadini nei tavoli di partecipazione promossi dal movimento tra novembre 2019 e febbraio 2020. Nell'incontro di ieri, che è riuscito a riunire buona parte della sinistra locale, sono quindi pervenute riflessioni e proposte per come riutilizzare l'antico scalo cittadino. E non sono mancate le critiche nei confronti dell'amministrazione locale, accusata di non aver dato spazio all'opposizione nel dibattito sul futuro del porto e di gestire l'area come una «pattumiera» (definizione data dalla consigliera di open Fvg, Sabrina Morena) nella quale inserire tutto ciò che non trova altra destinazione. La controproposta offerta dal movimento "Un'altra città" è quella di dotare l'area di una strategia più complessa rispetto a quella finora utilizzata, e di predisporre uno spazio pubblico nel quale poter discutere il suo futuro. Un dibattito, quello di ieri, giocoforza limitato ai presenti, ma che verrà sviluppato il prossimo martedì 27 ottobre in un evento, rigorosamente digitale in considerazione del periodo, promosso sulla piattaforma Zoom e che verrà trasmesso in diretta Facebook dalle 18, sempre su iniziativa dell'associazione "Un'altra città". All'evento online sono invitati anche i rappresentanti istituzionali del Comune, della Regione e dell'Autorità portuale, le categorie sociali, economiche e ambientaliste, in modo da confrontarsi intorno a uno dei temi cruciali per il futuro di Trieste, ma anche di tutto il Nordest d'Italia. «Autorità alle quali abbiamo chiesto più volte di avere dei confronti - ha affermato l'architetto e attivista della rete, Roberto Dambrosi - , che però non ci sono mai stati concessi. Speriamo che almeno martedì possa essere l'occasione per un confronto costruttivo».Punto fermo del dibattito di martedì sarà la necessità per la città di dotarsi di una strategia più complessa rispetto a quella finora adottata dalle amministrazioni coinvolte nell'accordo di programma per il recupero del Porto vecchio. «Il dato demografico è sotto gli occhi di tutti - ha sottolineato Ambrosi - dal 1991 al giugno 2020 sono stati persi, a Trieste, 29.250 abitanti. La trasformazione di un'area "poderosa" come quella del comprensorio dell'ex Porto vecchio può essere chiave di volta per invertire un trend che ha avuto conseguenze economiche penalizzanti».Per riuscirci, però, secondo "Un'altra città" è necessario fare un passo in più rispetto al semplice riutilizzo degli immobili dismessi, proponendo prospettive e scelte politiche precise, relazionate all'interesse della collettività e delle generazioni attuali e future. Per partecipare all'evento digitale di martedì 27 ottobre e per avere informazioni e dettagli, è possibile consultare la pagina facebook https://www.facebook.com/unaltracittatrieste

Lorenzo Degrassi

 

 

Sciacallo dorato ucciso in Carso da una fucilata L'ombra dei bracconieri - tra Opicina e Monrupino
Monrupino. L'hanno trovato così, con una ferita da arma da fuoco al costato. Morto, sul ciglio di una strada sterrata che da Opicina porta verso la foiba 149 di Monrupino, nei pressi del gasdotto. Era uno sciacallo dorato, inizialmente scambiato per una volte di grossa taglia e, prima ancora, per un cane o un lupo. È stata una coppia che abita in zona a rinvenire ieri mattina la carcassa dell'animale. Si tratta di Riccardo Zanellotti, direttore dell'Hotel Savoia, e di Samantha Ballam. Marito e moglie stavano passeggiando con il cane. Ed ecco, a un certo punto, l'agghiacciante sorpresa. «Sì, era un animale piuttosto grosso», spiega Zanellotti. «Io e mia moglie stavamo portando il cane, come facciamo ogni mattina, e ci siamo imbattuti in quell'animale per terra. L'hanno uccisa... povera creatura. Qualcuno, un criminale, si è divertito a sparlarle addosso».Il foro del proiettile e il sangue, come si coglie dalla foto scattata dalla coppia, sono ben visibili sul fianco della bestiola. «Deve essere successo di notte o di mattina presto - racconta ancora Zanellotti - perché ieri (l'altro ieri, ndr), quando eravamo passati, non c'era. È stata mia moglie ad avvisare un'associazione che si occupa di animali che c'era una volpe uccisa in Carso». L'associazione è l'Arca, che lavora per conto della Regione per il recupero della fauna selvatica. Ma quando uno dei volontari è andato per prendere la carcassa, non l'ha trovata. «Non c'era», conferma Sergio Clacia. «Ho guardato in lungo e in largo tutta la zona, ma niente». È mistero su chi abbia ucciso lo sciacallo dorato e chi ne abbia poi fatto sparire il cadavere.

Gianpaolo Sarti

 

 

SEGNALAZIONI - Tram di Opicina - Costi altissimi e turisti dimenticati

Leggo con una certa sorpresa dei costi esorbitanti che gravano sulla gestione del tram di Opicina e di come questi debbano venire ripartiti tra Comune e Azienda Trasporti (Il Piccolo del 20 novembre). D'altra parte ho notato l'utile immissione in linea dell'autobus n.2 per giungere sino a Opicina, oltre all'ultima più recente, la n. 64, per Opicina Centro. Mentre ignoravo che ci fosse un servizio taxi-navetta per quanti abitano in via Romagna. Prendendo spunto da ciò, mi permetto di sottoporre agli addetti ai lavori di entrambi gli enti alcuni spunti di riflessione, con particolare riguardo sia alla voce "turismo" quanto alla necessaria "rapidità di Sistema". Ritengo anacronistico, quasi inattuabile e inaffidabile in caso di bora nonché poco remunerativo (anzi, costoso) il progetto del Comune di fare costruire una funivia con cabina. Per raggiungere l'Altopiano molto meglio sarebbe a mio parere aumentare le corse del tram, alternandole con corse dirette Trieste-Opicina-Trieste, agevolando e sveltendo così l'affluenza delle persone, lasciando ovviamente inalterato quanto già in atto oggi. Specialmente nei mesi estivi, ritengo ci sarebbe da parte dei turisti una forte richiesta di tale servizio, tanto più se, come ventilato da Trieste Trasporti o dal Comune, altri benefit venissero proposti agli utenti. Inoltre, ritengo sarebbe molto utile investire il denaro previsto per la funivia nella costruzione di alcuni sovrappassi pedonali lungo il viale Miramare, sino al cosiddetto "Bivio" per raggiungere il Castello. Ciò potrebbe ridurre di molto i rallentamenti del traffico, con conseguenti possibili incidenti o investimenti, che ogni estate coinvolgono automobilisti e pedoni in attraversamento. In merito è utile anche ricordare come vada evitato e proibito il transito di biciclette e monopattini che zigzagano tra brandine e asciugamani lungo la passeggiata a mare.

Vladimiro Marella

 

Commissione - Il piano della mobilità in Trasparenza

La commissione Trasparenza del Comune di Trieste è convocata alle 12 di martedì 27 ottobre, in videoconferenza, per affrontare il tema del Piano urbano della mobilità sostenibile, con particolare riferimento a Biciplan, Peba e alla documentazione relativa all'impatto dello sviluppo del Porto vecchio sulla mobilità cittadina.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 ottobre 2020

 

 

Il tram fermo costa 1,3 milioni ogni anno tra mancati introiti e affitto della trenovia
Nonostante lo stop, le spese per Trieste Trasporti corrono. Pesa anche il canone da versare al Comune per la linea
Un "buco" pari a più di un milione e 300 mila euro annui tra mancati introiti e soldi da versare comunque nelle casse del Comune per il canone di locazione della trenovia, che è di proprietà municipale. Il tram di Opicina è fermo ormai dal giorno dello scontro frontale (16 agosto 2016), ma per Trieste Trasporti i costi continuano a correre, generando un impatto finanziario che potrà essere calcolato ufficialmente solo in sede di stesura del bilancio: ma moltiplicando i numeri per quattro anni i conti sono presto fatti. «Stiamo parlando di milioni di euro per un servizio fermo dall'estate del 2016 - sottolinea il presidente di Trieste Trasporti, Pier Giorgio Luccarini - e quando il bilancio sarà pronto potremo avere un'idea precisa di qualche effetto abbia avuto questo stop prolungato sulle nostre finanze». A pesare di più sono i gli incassi mancanti, ovvero i biglietti non venduti: «Basti pensare che la media annua era superiore ai 600 mila passeggeri - premette Luccarini -. Considerando che il costo del biglietto era di 1,50 euro, si arriva a toccare il milione di euro di introiti persi ogni anno rispetto al periodo in cui il servizio era operativo». Poi ci sono le spese di locazione della tranvia: sebbene la linea sia inutilizzata da più di quattro anni, la società concessionaria del trasporto pubblico locale continua a corrispondere al Comune un canone di 330 mila euro. «Chiaramente il fatto di dover versare ugualmente il canone contribuisce ad aumentare la perdita secca - puntualizza il presidente di Trieste Trasporti -. Aggiungiamoci anche il costo, pur non elevato, del servizio taxi da garantire a chi risiede in via Romagna. Insomma, questo tram fermo ci costa più di un milione e 300 mila euro ogni anno». «Va ricordato che se non riusciamo a fare utili ci perde anche il Comune, perché si riescono a fare meno investimenti sul territorio - continua Luccarini -. È il classico cane che si morde la coda. A lungo andare questa rischia di essere una situazione pericolosa. Non è escluso che, con l'ente municipale, si possa ragionare su un'ipotesi di dilazione del pagamento per venire incontro a queste difficoltà finanziarie, ma adesso la priorità è che i lavori vadano avanti il prima possibile in modo che il tram sia in grado di ripartire entro la prima metà del 2021». «Con l'amministrazione comunale abbiamo un rapporto all'insegna dell'intesa e della comprensione - aggiunge il presidente -. L'ente non è solo un socio, per noi. E va rimarcato che è stato necessario far fronte a imprevisti legali, ovvero i ricorsi». Sul Comune ricade la competenza per la manutenzione straordinaria e il mese scorso sono iniziati i lavori per la messa in sicurezza della trenovia: un investimento da 800 mila euro per la sostituzione di due chilometri di traversine e binari e il rifacimento dei marciapiedi delle fermate.

Piero Tallandini

 

Zero rincari sui ticket - Tariffe e pacchetti a misura di turista - verso la ripartenza
L'obiettivo è far ripartire il servizio tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate del prossimo anno, ma intanto si pensa anche al tariffario e alle proposte per la valorizzazione in chiave turistica del tram. «Il costo del biglietto normale dovrebbe restare invariato e fa comunque parte integrante della rete del trasporto pubblico locale - spiega il presidente di Trieste Trasporti Luccarini -, mentre per attirare chi arriva da fuori città si penserà a tariffe che includano anche dei pacchetti con servizi aggiuntivi, ad esempio bus navetta. Questi anni di stop non hanno intaccato il potenziale turistico del nostro tram. Anzi».Di iniziative legate alla ripartenza della trenovia si è parlato due settimane fa anche in occasione della riunione della terza commissione. Tra le proposte allo studio c'è in particolare l'allestimento di una mostra fotografica dedicata alla storia del tram. La sede ideale per ospitarla è già stata individuata: si tratta di palazzo Gopcevich Tornando all'incidente del 16 agosto 2016 e ai suoi effetti, i danni riportati dalle vetture coinvolte sono stati quantificati in 273 mila euro e sono stati risarciti dall'assicurazione. Lo scontro si era verificato nei pressi di Conconello tra le vetture 405 e la 404. Sempre entro la metà del prossimo anno è attesa la sentenza del processo ai due conducenti imputati.

P.T.

 

 

"Corridoi" verdi e un anfiteatro smontabile - La sfida di Un'Altra Città sul Porto vecchio
Oggi la presentazione del progetto di recupero: «Questa non è una pratica amministrativa ma un'opportunità storica»
Una strategia per il Porto vecchio. È quanto invocato a gran voce dagli attivisti di Un'Altra Città in un omonimo documento. Frutto di oltre un anno e mezzo di confronto, il testo ha 18 pagine e sarà presentato oggi. L'appuntamento è a mezzogiorno all'Antico Caffè San Marco, la formula scelta è quella di una conferenza stampa corale. Oltre che i media sono infatti invitati a intervenirvi i vertici dell'amministrazione cittadina, a partire dal sindaco Roberto Dipiazza e da alcuni suoi assessori, e i capigruppo di ogni forza rappresentata in Consiglio comunale. Ma anche l'Authority portuale, i sindacati, le associazioni di categoria, le realtà ambientaliste e così via. Inizialmente si era pensato a un evento con grande partecipazione di pubblico, che però ora sarebbe impossibile. Così invece, grazie anche al dehors esterno del San Marco, sarà garantito il rispetto delle precauzioni anti- Covid.Il titolo esteso del dossier è "Porto vecchio, impresa collettiva. Una strategia per il recupero del Porto vecchio e per il futuro della città". Al suo interno sono riportati appunto i risultati del tavolo di lavoro "Qualità dell'ambiente urbano e Porto vecchio", promosso dalla rete civica nata nel 2018 da ambienti basagliani e post- basagliani. A riguardo si ricorderanno gli incontri pubblici che si sono svolti nella Sala Giubileo di Riva Tre Novembre e al Teatro Miela. «Gli amministratori di questa città grazie al Porto vecchio avranno la possibilità di dimostrarsi statisti, se penseranno oltre il termine del mandato di cinque anni», commenta l'architetto William Starc, tra i principali animatori dell'iniziativa: «Purtroppo però le politiche portate avanti dalla giunta comunale sono insufficienti. Non c'è inoltre alcun dibattito pubblico: è sorprendente che la città sia silente. Il Porto vecchio viene trattato come un problema di carattere amministrativo e nessuno pare consapevole della portata storica di questa opportunità».Di qui l'idea di sintetizzare in un documento i temi che, secondo i suoi "contributor", dovrebbero essere presenti in una discussione sullo sviluppo della città di cui si auspica l'avvio. «Tante cose si stanno muovendo attorno a Trieste e il Porto vecchio potrebbe diventarne il laboratorio, il centro ideale», prosegue Starc: «È lo scalo dismesso più grande dell'Adriatico. Ma senza una strategia gli operatori internazionali, quelli che muovono capitali, non investiranno qui. Spostare gli uffici della Regione: sarebbe questa la novità? La priorità è l'ovovia? Nel frattempo non c'è un progetto che colleghi Porto vecchio e Porto oppure che unifichi le Rive, dalla Lanterna a Miramare».Il report prende le mosse da un'analisi del contesto che tiene conto di fattori quali salute, ambiente e qualità della vita, ma anche della necessità di invertire il trend demografico negativo o del panorama internazionale. Si passano poi in rassegna visioni e obiettivi considerati prioritari per lo sviluppo della città, a partire da una mobilità più sostenibile. Si auspicano inoltre una maggiore integrazione di «spazi pubblici e privati» interconnessi grazie a «corridoi verdi», si legge nel testo, oltre che una valorizzazione del «dialogo tra le diverse anime europee attraverso scienza e cultura». Si propongono infine alcune «prime azioni concrete» per lo specifico del Porto vecchio. La prima? Realizzare «nuovi percorsi ciclopedonali e corridoi verdi» che lo connettano al resto della città. Si vuole poi la costruzione di un «anfiteatro smontabile all'aperto» per ospitare eventi culturali e scientifici. Infine c'è la «concessione gratuita temporanea di spazi» per insediarvi ad esempio piccoli laboratori artigianali e altre attività economiche innovative.

Lilli Goriup

 

 

Torrente Settefontane liberato da ferraglie e oltre 200 pneumatici
Volontari in azione per ripulire l'alveo del corso d'acqua - Recuperati pure due boiler, polistiroli e altri rifiuti di ogni tipo
Oltre 200 pneumatici, circa dieci metri cubi di ferraglie, bidoni in ferro, oltre una ventina di sacchi neri pieni di rifiuti di ogni tipo. E ancora quattro batterie d'automobile e due boiler. Le squadre di Sos Carso sono tornate in azione, questa volta per ripulire il torrente Settefontane. Quel corso d'acqua che nasce a Cattinara nel solco tra via Forlanini e via Carnaro, scorre in superficie per un tratto oramai breve, fino alla campagna nei pressi del piazzale in fondo a via Cumano, dove fa ingresso in un collettore. Lo scorso settembre alcuni dei volontari avevano già ispezionato un tratto del torrente, circa un chilometro, rilevando la presenza di importanti quantitativi di materiale abbandonato. Negli ultimi due mesi, in piccoli gruppetti, i sostenitori di Sos Carso si sono dedicati ad accatastare una parte dei rifiuti rinvenuti, in moda da agevolarne poi l'asporto. Domenica scorsa l'associazione- che da circa quattro anni opera attivamente, a titolo gratuito, per la salvaguardia dell'altipiano carsico triestino -, è passata all'azione, sfidando il fango, salite, scalinate, per un'operazione di pulizia radicale di quegli ampi spazi. «Tutta la zona attorno al torrente si trovava da decenni in condizioni scandalose - raccontano i volontari - con rifiuti di tutti i tipi, polistiroli, ferraglie e moltissimi pneumatici anche di camion: Ma con l'uscita di ieri si può dire che almeno una parte dell'area che scorre per circa 200 metri lungo il torrente, è stata ripulita. Rimane ancora moltissimo da fare». È bene tenere in considerazione «che il torrente Settefontane - aggiungono - partendo dalle alture di Cattinara e raccogliendo le acque piovane carsiche, sfocia poi nei pressi del Porto vecchio, per cui una bottiglietta buttata a Cattinara magicamente e in poco tempo si potrebbe ritrovare a Barcola». L'iniziativa di Sos Carso è stata supportata da 25 volontari di ogni età. «L'ampia operazione di pulizia è stata possibile anche grazie alla cooperativa sociale "I Girasoli" - sottolineano da Sos Carso -, Trieste senza sprechi, Hera Amga (che ha dato disponibilità dei cassoni per la raccolta), la Società Adriatica di Spele logia e anche alcuni residenti».

Laura Tonero

 

Rifiuti in fiamme a Muggia: pompieri ancora in azione - Rinforzi in arrivo da Udine - NELLA ZONA DELLE NOGHERE - il rogo scoppiato sabato notte
È proseguito senza sosta, anche nella giornata di ieri, il lavoro dei Vigili del fuoco che dalle 22.30 di sabato scorso stanno tentando di domare nel territorio di Muggia l'incendio divampato nel centro di compostaggio gestito dalla "Verde Noghere" - azienda che si occupa di trattamento dei rifiuti verdi quali sfalci, potature, abbattimenti e della vendita del derivato compost -, il cui spegnimento si sta rivelando più ostico del previsto. Gli sfalci e le ramaglie accatastati, da cui si dipanano in vari punti rivoli di fumo biancastro, che in realtà è vapore acqueo dovuto al contatto dei vegetali combusti con l'acqua sparata da ore da varie maniche posizionate dai Vigili del fuoco intorno agli stessi cumuli di materiale, sono certamente soggette a facile combustione. Ma, come ha evidenziato Matteo Quarantotto, amministratore delegato di Verde Noghere, «in questi sei anni che operiamo in questa struttura non è mai successa una cosa del genere, neanche in estate con il vento, in condizioni climatiche che sono certamente più favorevoli al processo di autocombustione. Se poi teniamo conto del fatto che nei giorni scorsi ha piovuto spesso, non riesco a capacitarmi di come possa essere successo». Il dubbio che la causa sia riconducibile a un atto doloso, quindi, si fa sempre più strada. Anche se il problema resta la mancanza di una qualsiasi prova che avvalori anche la più remota tesi che a scatenare le fiamme nel centro di compostaggio sia stato un atto doloso, magari causato da un mozzicone di sigaretta lanciato oltre la recinzione, oppure un atto vandalico come ce ne sono già stati nel territorio muggesano nel corso di quest'anno. A un superficiale sopralluogo nell'area, verificando il posizionamento delle telecamere installate negli insediamenti confinanti e dirimpettai al centro di compostaggio, pare non ci siano "occhi" che possano aver ripreso nella direzione dell'incendio. «Noi - ha detto Quarantotto - non abbiamo telecamere, anche perché mai avrei immaginato di imbattermi in una cosa del genere». Certo è che ci vorrà ancora del tempo prima di riposizionare le maniche nei mezzi dei Vigili del fuoco (raggiunti ieri dai colleghi di Udine specializzati nella movimentazione dei terreni). Dopo di che sarà la volta della conta dei danni: «Per adesso - ha constatato il titolare dell'azienda - non sappiamo cosa aspettarci: so con certezza che ci sarà tanto da fare, come, ad esempio, rimettere in sesto la recinzione che si è dovuto giocoforza sfondare in alcune parti, risistemare le strade interne e pensare cosa fare del materiale bruciato. Non posso quantificare ora come ora il danno economico. Per fortuna tutti i macchinari sono salvi. Adesso la cosa più importante è che l'incendio si spenga del tutto».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 ottobre 2020

 

 

Quaranta volontari in azione per ripulire il "Boschetto" - l'iniziativa della sesta circoscrizione
Anche quest'anno, in occasione del "Sabato ecologico" autunnale, la Sesta circoscrizione ha riproposto l'iniziativa di pulizia del parco del Farneto denominata "Netemo el Boschetto". Ha risposto all'appello - si legge nel comunicato stampa diffuso ieri dalla presidente del "parlamentino" di quartiere Alessandra Richetti, del Movimento 5 Stelle - una quarantina di persone appartenenti al mondo associativo in rappresentanza di diverse realtà del territorio fra cui Legambiente, Gruppo speleologico Sas e Associazione "I Miti" ma anche singoli cittadini di età compresa tra gli 8 e gli over "anta". In questa edizione, ha spiegato ancora Richetti, è stato scelto di non coinvolgere le scuole perché sono alle prese con l'organizzazione di un anno scolastico davvero impegnativo. Alla fine è stato raccolto un volume di rifiuti pari alla capacità di tre furgoni tra vestiario, materiali edili, materassi, un enorme quantità di bottiglie e i purtroppo immancabili manufatti plastici abbandonati in mezzo a quest'oasi di verde cittadina. «Mi è stato chiesto - così Richetti - del perché è stata organizzata una proposta di questo genere, quando ci sono già gruppi di volontari che si impegnano in tal senso. Ho risposto che restituire le aree degradate delle nostre città alla fruizione comune e sensibilizzare i cittadini sull'abbandono dei rifiuti fanno sicuramente parte del compito di un'istituzione ma le figure istituzionali devono mettersi pure al servizio in prima persona per infondere coraggio al cittadino che cerca di prendersi cura del "bene comune"». La Sesta circoscrizione ha garantito, grazie la collaborazione con AcegasApsAmga e gli uffici comunali, la fornitura degli strumenti per la raccolta dei rifiuti e la copertura assicurativa.

 

Rifiuti a fuoco, maxi incendio alle Noghere
Pompieri in azione tutto il giorno per domare un rogo divampato sabato sera nell'impianto di compostaggio di via Canneto
MUGGIA. Un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato nella tarda serata di sabato intorno alle 22.30 all'interno dell'impianto di compostaggio dei rifiuti in via del Canneto nella zona delle Noghere in territorio di Muggia. Sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco del Comando di Trieste e dello stesso Distaccamento di Muggia. L'incendio si è sviluppato in una piazzola di scarico dei rifiuti destinata per l'appunto al compostaggio. Fortunatamente i rifiuti che sono andati bruciati non sono pericolosi in quanto di origine naturale e, peraltro, nelle immediate vicinanze dell'area non ci sono abitazioni. Solo l'odore acre ha allarmato la popolazione muggesana ma anche triestina. Sui vari gruppi social è partito un tam-tam di segnalazioni relative proprio alla presenza di un forte odore acre riconducibile a del fumo proveniente dalla zona in questione. Chi percorreva ieri la sopraelevata all'altezza della deviazione per Lacotisce e fino allo svincolo per Muggia, l'odore di penetrante lo poteva sentire distintamente. Fortunatamente, come si diceva, si tratta di fumo frutto di combustione di arbusti, di rifiuti di origine vegetale, quindi non nocivo. Durante l'intera giornata di ieri si è riusciti a circoscrivere il rogo, ma non a domarlo del tutto: «Ci vorrà del tempo per arrivare al completo spegnimento - ha detto Furio Cocolet del Comando dei Vigili del fuoco di Trieste - dato che sono varie le benne interessate dall'incendio e la tipologia del materiali, sterpaglie e ramaglie avviate al compostaggio, favorisce la combustione. È addirittura possibile che l'incendio covasse da ore prima di manifestarsi completamente».Quanto alla ricerca delle cause per ora non sono stati rintracciati segni che potessero indicare una pista dolosa. È un anno questo decisamente da dimenticare per il territorio di Muggia sul fronte incendi, a cominciare da quello doloso della benna di Darsella San Bartolomeo - poi rimossa, che doveva ospitare esclusivamente sterpaglie e ramaglie, e che a giugno scorso è stata oggetto di un intervento operato sempre dai Vigili del fuoco a causa di un incendio sviluppatosi al suo interno che aveva coinvolto anche i rifiuti abbandonati intorno, tra cui materiale infiammabile e potenzialmente esplosivo. Lo scorso agosto, nel giro di poche ore, erano andati a fuoco alcuni cassonetti condominiali in viale XXV Aprile e altri ancora in località Montedoro, che avevano causato la liquefazione del materiali con cui sono realizzati, oltre alla combustione di rifiuti non differenziati, pure questi potenzialmente nocivi e pericolosi per la salute. Atti di vandalismo che il sindaco Laura Marzi, allora, non aveva esitato a definire «criminali e incivili», soprattutto per la presenza, nella vicenda dell'incendio della benna di Darsella San Bartolomeo, di due bombole.

Luigi Putignano

 

 

Raccoglie di frodo 81 chili di oloturie - Fermato dalla polizia - specie protetta nell'adriatico

FIUME. È diventato da anni un commercio che frutta bene, abusivo fin quanto si vuole, ma che vede un crescente numero di raccoglitori illegali entrare nelle acque che bagnano l'Istria, la Dalmazia e il Quarnero per prendere di frodo le oloturie o cetrioli di mare e venderli ad acquirenti pronti a piazzarli sui mercati turco e asiatico. L'altro giorno a tentare (inutilmente) la fortuna è stato un cittadino di 51 anni, domiciliato a Fiume, pizzicato dagli agenti nei pressi della località costiera di Versi, nell'entroterra di Zara. Il quarnerino aveva a bordo della sua Mercedes cinque secchi contenenti ben 81 chili e 340 grammi di questo echinoderma, protetto in Croazia da leggi e regolamenti molto severi e la cui pesca è illecita. Infatti, questo animale bentonico - molto importante per l'equilibrio dell'ambiente marino - è tutelato da fermo biologico permanente, esteso a tutte le sue specie. In collaborazione tra polizia e ispettorato nazionale alla pesca, è stato appurato che l'uomo non possiede la licenza per esercitare l'attività di pesca professionale. Prima del fermo, avvenuto nel primo pomeriggio, il 51enne era stato per alcune ore in mare nelle vicinanze di Versi, raccogliendo in modo abusivo le oloturie, nel chiaro intento di venderle e intascare una somma non indifferente. Stando al regolamento croato che fissa l'ammontare del rimborso per i danni causati al pesci e agli altri organismi marini, un chilo di cetrioli di mare costa sulle 500 kune, che al cambio sono circa 66 euro. Il fiumano è stato denunciato, con le forze dell'ordine che gli hanno sequestrato la muta e l'attrezzatura subacquea impiegata. Dato che gli organismi al momento dell'arresto del raccoglitore erano ormai morti, sono stati successivamente smaltiti in un'apposita area, senza creare danni all'ambiente. Di tanto in tanto si ha notizia in Croazia dell'avvenuto fermo di pescatori di frodo, colti in flagrante con quantitativi più o meno rilevanti di cetrioli di mare.

Andrea Marsanich

 

Visite guidate "Il mare la nostra vita"

L'Unione dei Circoli Culturali Sloveni - Zveza slovenskih kulturnih drustev (Zskd) organizza una serie di visite guidate alla mostra "Il mare - la nostra vita: memorie di una famiglia di pescatori di Aurisina" al Magazzino 26 del Porto vecchio. Le visite saranno tenute dall'antropologa Jasna Simoneta, collaboratrice del progetto. Prenotazione al numero 040-635626 (Zskd - Unione dei Circoli Culturali Sloveni) dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, o via mail all'info@zskd.eu. Prossime visite, in lingua slovena alle 16, il 21, 22, 28 e 29 ottobre.Alle 16 e 21

 

 

Un'altra città svela il "suo" Porto vecchio

Domani alle 12 al Caffè San Marco si terrà la «presentazione alla stampa, agli amministratori della città e ai portatori d'interesse» di un progetto a cura di "Un'altra città" riguardante la «strategia per il recupero del Porto vecchio e il futuro della città», come si legge nella presentazione dell'evento, denominato «Porto vecchio, impresa collettiva». «Nel documento - continua l'annuncio - si afferma la necessità di dotarsi di una strategia più complessa rispetto a quella finora adottata nell'accordo di programma per il recupero».

 

Il 25 ottobre in bici tra mare e Carso alla scoperta di luoghi e sapori
Organizzano Comune e Gal, il via da Sistiana - A disposizione mezzi con pedalata assistita
L'ex provincia di Trieste è la patria della Bianchera (Bielica in sloveno), un cultivar autoctono specifico, e di un olio, il Tergeste Dop, tra i più settentrionali del Mediterraneo. Peculiarità che ben si sposano con l'evento, a carattere nazionale, che vedrà coinvolti i territori comunali di Trieste, Duino Aurisina, San Dorligo della Valle e Muggia, il 25 ottobre. Il Comune di Trieste, in collaborazione con il Gal Carso, organizza una pedalata in bici in occasione della "Camminata tra gli olivi", mettendo a disposizione dei partecipanti 30 e-bike. Il percorso, ideato dal Gal, è stato studiato per far apprezzare a residenti e turisti il meglio del peculiare territorio che va dal Carso alla pittoresca cittadina istro-veneta di Muggia. Si partirà alle 9.30, dall'Info Point di Sistiana, percorrendo il percorso Gemina, da dove sarà possibile ammirare la landa carsica. Alle 11 si giungerà nella località Prosecco, dove ci sarà la prima tappa presso un'azienda agricola, con breve degustazione dell'olio abbinato a formaggio e vino locale con spettacolare vista sul golfo di Trieste. Dopo la degustazione si proseguirà verso il centro di Trieste, con arrivo previsto per le 12 circa. Nel capoluogo regionale due guide turistiche, munite di bicicletta, accompagneranno i partecipanti in un breve tragitto tra i magazzini del Porto Vecchio. Seguirà una tappa nel centro storico, alla scoperta delle tracce dell'antica produzione olivicola risalente all'epoca preromana. Basti pensare che tutt'oggi è visibile un frantoio per olive realizzato nel V secolo riutilizzando un blocco decorato appartenuto a un monumento funerario del I secolo, a testimonianza di come il riciclo sia un'arte antica e comune a ogni epoca. Dopo la sosta a Trieste, dal quartiere di San Giacomo si imboccherà la ciclopedonale Cottur, che collega Trieste con la Slovenia lungo il tracciato di una storica ferrovia, per poi passare nella valle del Breg, dove trova dimora il 66% dell'olivicoltura triestina. Alle 13.30 all'azienda agricola Sancin è previsto un picnic in uliveto, con prodotti locali. Dal borgo di Bagnoli si proseguirà verso Muggia. All'arrivo, previsto all'Info Point di Caliterna per le 14.30, è in programma un brindisi conclusivo. Infine alle 15 ci sarà il trasferimento in autobus da Muggia a Sistiana. La lunghezza del percorso, che presenta una difficoltà media, è di 60 chilometri, per un tempo di percorrenza totale di 5 ore e mezza.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 ottobre 2020

 

 

Come cambia piazza Sant'Antonio - Restyling solo sulle fasce laterali
Dalle vie Paganini e Ponchielli fino a via San Spiridione. Cantiere da 1 milione, partenza nel 2021
Un ritocco a piazza Sant'Antonio. Lo si potrebbe definire un intervento "di minima", parziale, quasi un antipasto in attesa di un seguito più consistente. Comunque, si va avanti con quello che c'è: il piano delle opere 2020 evidenzia una posta dedicata pari a 1 milione di euro, che consentirà di rifare le fasce laterali della piazza - soprannominate in Comune "baffi" - dalle vie Ponchielli e Paganini fino a via San Spiridione. Al posto dell'attuale copertura in asfalto atterreranno i masegni, così da conferire coerenza al lavoro svolto in Ponterosso e lungo le sponde del Canale. La parte centrale della piazza, quella occupata dalla piscina per intenderci, non viene per ora toccata: i commercianti di frutta-verdura-formaggi-miele, che la popolano dal martedì al sabato, non dovrebbero essere interessati dal cantiere, a meno che il Municipio non ne disponga il trasloco in Ponterosso. Discorso diverso per gli esercenti delle fasce laterali, che dovranno convivere con l'attività riqualificativa, così come accadde alcuni anni orsono ai loro colleghi di via Rossini e di via Bellini. Lo stringato racconto di Giulio Bernetti, che sotto la sua guida ha raccolto anche le strade e quindi il parziale rifacimento del centralissimo spazio, termina qui, perché la progettazione dell'intervento è in corso e non si escludono evoluzioni-variazioni sul tema. Bernetti si dice certo che il cantiere sarà aperto nel 2021 ma l'abile dirigente ha dribblato sul fatto se ciò avverrà prima o dopo la cesura elettorale. Insomma, è prevalsa la logica assai prudente di Roberto Dipiazza, che, nell'approssimarsi delle urne, vuole accuratamente scansare possibili occasioni di scontro, di protesta, di malumori, di petizioni, di comitati. Di conseguenza, si mette mano all'area ma senza eccedere. Il sindaco, anche per esperienza personale, non ama avventurarsi sul capitolo delle piazze: dalla piazza Vittorio Veneto disegnata da Boris Podrecca al monumento di piazza Goldoni, da piazza Venezia all'illuminazione di piazza Unità, ogni qualvolta si è pensata una modifica delle situazioni urbanistiche, si è verificato un po' di maltempo. Infatti, onde evitar onde, Dipiazza indisse una sorta di pronuncia popolare sui progetti affidati a Maurizio Bradaschia. L'architetto-professore ebbe l'incarico nell'autunno del 2018 e fu subito tempesta, perché la pubblicazione di alcuni rendering venne equivocata da qualcuno che ritenne si fosse trattato di proposte definitive. A Bradaschia Dipiazza aveva dato un ordine perentorio: non si sarebbe dovuto nemmeno parlare di riportare l'acqua di Canal Grande davanti alla chiesa di Sant'Antonio. La parte del Canale da via San Spiridione al sagrato venne interrata negli anni Trenta e durante la giunta Cosolini, soprattutto per ispirazione dell'assessore Andrea Dapretto, si tornò a prendere in considerazione la riapertura acquea. Venne bandito un concorso di idee, i cui risultati vennero accantonati una volta che Dipiazza riconquistò il Municipio. Un quartetto di progetti fu sottoposto al pubblico giudizio web nell'estate dello scorso anno. Parteciparono 2.271 utenti ma non si capì mai bene quale idea avesse prevalso: Dipiazza trasse comunque l'auspicio che i partecipanti anelassero a una piazza «verde e vivibile».

Massimo Greco

 

 

Ripulito il canale di Ponterosso - Sui fondali c'era pure un drone
Tra i rifiuti portati a terra decine di bottiglie, stoviglie, sedie, tavoli e vasi di fiori - Allarme per la presenza di tanti teloni delle bancarelle usate negli eventi in zona
L'oggetto più curioso ripescato è un drone, ma sott'acqua è spuntato anche un grande peso da bilanciere, come quelli che si usano in palestra, oltre a una ventina di teloni utilizzati dai venditori ambulanti e che rappresentano uno dei più grandi pericoli per l'ambiente. E ancora tante immondizie, tra vetro, plastica, latta e ferro. È il risultato della pulizia dei fondali di una parte del canale di Ponterosso, effettuata ieri mattina davanti a tante persone che hanno assistito alle operazioni. L'iniziativa rientra nell'ambito del progetto pilota "aMare Fvg", attraverso il quale la Regione supporta la raccolta di rifiuti dal mare. L'evento, organizzato dalla Società Velica di Barcola e Grignano, ha coinvolto una rete di associazioni, fa parte delle manifestazioni collaterali della Barcolana e lo scorso 3 ottobre era stato rinviato a causa del maltempo. Circa 70 le persone coinvolte, quasi tutti volontari, tra questi una quindicina di sommozzatori. Presenti anche i Cani salvataggio Sics. Dall'acqua sono emerse bottiglie di vetro e plastica, bicchieri, piatti, posate, taniche, sedie e tavolini, spesso finiti nel canale nelle giornate di bora, come le guaine dei tetti o i vasi di fiori. E ancora, tra le curiosità, un binocolo, una bandiera italiana e alcuni segnali stradali. Appartiene invece a qualche sventurato amante di foto e video dall'alto il drone bianco recuperato, precipitato durante un sorvolo della zona. Difficile invece capire come sia finito lì un peso da palestra. Lo scorso anno tra le stranezze erano stati trovati parecchi cellulari e alcune dentiere. «Ma l'aspetto più grave dell'inquinamento è legato ai tanti teloni di plastica adagiati sul fondale fangoso - spiega Adriano Toffoli, coordinatore dell'evento - che uccidono gli organismi presenti, e che appartengono alle bancarelle delle fiere organizzate in questa zona. Credo serva maggior attenzione per evitare che questo fenomeno continui. Di buono - aggiunge - c'è che ho visto tante famiglie presenti oggi, e di sicuro la giornata servirà a sensibilizzare la gente». «Questa iniziativa è importante perché rappresenta in concreto la volontà con cui l'amministrazione regionale pone in primo piano la difesa dell'ambiente - sottolinea l'assessore regionale allo Sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro -, non a caso il Fvg è candidato a diventare regione pilota per la sperimentazione della strategia europea che mira a raggiungere un'economia con emissioni zero di gas a effetto serra entro il 2050». L'intervento è stato realizzato con la partnership del Comune. «Un ringraziamento va ai tanti volontari - dice l'assessore comunale al Territorio Luisa Polli -: è un messaggio importante di educazione ambientale».

Micol Brusaferro

 

 

Muggia - Passeggiate tra gli ulivi per scoprire territorio e tradizioni millenarie
Riprenderanno a breve a Muggia i corsi su agricoltura e territorio 2020, tradizionalmente organizzati dal Comune, che negli ultimi anni sono stati molto apprezzati superando, nelle edizioni scorse, i 250 iscritti. «Tra fine ottobre e novembre - ha annunciato il vicesindaco Francesco Bussani - si svolgeranno tre lezioni anche se quest'anno siamo stati costretti a ridimensionare l'iniziativa e due dei tre appuntamenti si svolgeranno all'aperto con lezioni pratiche».Non solo corsi ma anche rilancio dell'attività turistica, con l'appuntamento del 25 ottobre con la "Camminata tra gli olivi", per «valorizzare - ha proseguito Bussani - il nostro territorio e la produzione locale, senza sottovalutare il fatto che appuntamenti come questo sono anche un modo per promuovere il turismo dell'olio e rilanciare l'economia di comunità come la nostra, che è forte di questa coltura». Sono previste passeggiate tra gli ulivi a piedi e in bici alla scoperta del paesaggio olivicolo e dell'olio nuovo, con l'obiettivo di ristabilire un legame tra i cittadini e la propria terra e una tradizione, quella della coltivazione dell'olivo, che a Muggia ha radici millenarie. Con la collaborazione della sezione del Cai di Muggia e delle aziende agricole Lenardon, Scheriani e Urizio - Vigna sul mar, «siamo riusciti - ha proseguito il vicesindaco - a organizzare una passeggiata che permetterà di conoscere questa parte del territorio istriano e di entrare in contatto con tre realtà produttive locali che ora sono impegnate nella raccolta». Il percorso avrà un andamento circolare tra i monti muggesani, con inizio e arrivo al confine di Lazzaretto. Per iscrizioni: suap@comunedimuggia.ts.it

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 ottobre 2020

 

 

Grado diventa a energia smart - Impianti sostenibili a fine anno
Il progetto di E-Distribuzione, del Gruppo Enel, gestore della rete elettrica ha previsto il rinnovamento tecnologico, nuove linee e contatori "intelligenti"
GRADO. Sviluppo della rete, automazione e innovazione tecnologica sono le tre leve del progetto E-Grid 2020 che E-Distribuzione, la società del Gruppo Enel che gestisce la rete elettrica di media e bassa tensione, porterà a termine entro fine anno per assicurare a Grado un servizio di eccellenza e trasformandola in città smart dal punto di vista elettrico. Il piano, che prevede il restyling e la digitalizzazione degli impianti con attenzione particolare all'innovazione e alla sostenibilità, è stato illustrato da Davide Marini, Responsabile della Zona di Udine-Monfalcone-Pordenone di E-Distribuzione, e Riccardo Semenzato, referente Affari Istituzionali e Sostenibilità in Friuli Venezia Giulia di Enel Italia, all'incontro con l'amministrazione comunale di Grado. La rete elettrica della città conta oggi oltre 200 chilometri di linee elettriche e 120 cabine di trasformazione, necessari ad alimentare oltre 14.000 clienti. Gli impianti esistenti presentano già oggi un alto tasso di automazione, ma E-Distribuzione è da tempo impegnata a incidere significativamente sull'ulteriore miglioramento degli standard di qualità del servizio, rispetto ai quali la regione Friuli Venezia Giulia si colloca su livelli di eccellenza in ambito nazionale. Le attività previste, avviate lo scorso anno e che si concluderanno nel 2020, comprendono il rinnovamento tecnologico integrale di alcuni importanti snodi della rete; la realizzazione di nuove linee e il rifacimento di alcuni tratti già esistenti utilizzando cavi di ultima generazione; l'implementazione di ulteriori telecontrolli che consentiranno la gestione da remoto delle attività direttamente dal Centro Operativo di Udine; l'installazione di 14.000 Open Meter, i contatori di seconda generazione e vero e proprio abilitatore per la consapevolezza dei consumi. L'insieme di queste azioni consentirà di realizzare una rete elettrica più affidabile e più resiliente a fenomeni accidentali che non possono essere previsti, ma rispetto ai quali sarà possibile intervenire in tempi rapidissimi ripristinando il servizio in automatico o da remoto in pochissimo tempo, limitando l'intervento dei tecnici a un numero contenuto di casi.«Per raggiungere l'obiettivo di una miglior qualità del servizio - sottolinea Marini - possiamo contare su una molteplicità di soluzioni, sostenibili e tecnologicamente avanzate che ci permettono di identificare e sviluppare progetti dedicati alle esigenze specifiche di cittadini e imprese. Grado è una città di per sé importante ma che assume un ruolo importante per la sua attrattiva turistica che genera indotti significativi per tutto il territorio. Con questi investimenti puntiamo ad assicurare una rete affidabile, in linea con le aspettative di chi vive e lavora a Grado, creando le condizioni ideali per rispondere alla propria vocazione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 ottobre 2020

 

 

SEGNALAZIONI -Trasporti Le Ferrovie Italiane mortificano Trieste

Dalla "faretra" delle Ferrovie dello Stato, poche Frecce e molte lacune colpiscono e isolano Trieste e il Friuli Venezia Giulia. Fs-Trenitalia ha un'offerta di collegamenti diretti viaggiatori decisamente insufficiente per il servizio interno e inesistente per quello internazionale: una sola Freccia Rossa (senza cambio di convoglio) in partenza alle 6.45 da Trieste Centrale con arrivo alle 12 a Roma Termini (5h 15' di percorrenza); una sola Freccia Rossa (senza cambio) in partenza alle 17.05 da Trieste con arrivo alle 21.15 a Milano Centrale (4h 10').Sottolineo la necessità di un cambio in partenza alle 8.52 da Trieste Centrale per raggiungere Vienna alle 17.35 (8h 43' di percorrenza); necessità di 2 cambi in partenza alle 5.50 da Trieste per Monaco di Baviera alle 20.25 (14h 35' di percorrenza).Ancora nessuna soluzione trovata per chi si ostina a cercare un treno per Lubiana. Fs-Trenitalia, con la propria "offerta", è diventata la migliore promotrice di FlixBus, potrei dire paradossalmente. È stato così interpretato dalle Ferrovie dello Stato italiane il messaggio del Progetto '80 ("Dal coordinamento all'integrazione dei trasporti con la riconversione modale a favore della rotaia") che non prevedeva certamente di isolare Trieste dall'Europa.Mentre il Porto di Trieste, con la "cura del ferro", ha dimostrato che si può fare un salto di qualità nel traffico merci internazionale, Trenitalia s'incarica di negare che la "cura del ferro" sia decisiva anche per il servizio viaggiatori europeo. Invece reputo che oggi più che mai Trieste, la più europea delle città italiane, abbia assoluto bisogno di collegamenti ferroviari diretti con Monaco di Baviera, Vienna e Lubiana.

Luigi Bianchi, presidente CamminaTrieste

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 15 ottobre 2020

 

 

Trieste ha bisogno di un’ovovia?   -   (leggi comunicato stampa)

Dieci associazioni triestine lanciano una petizione popolare contro il progetto inutile e dannoso dell'ovovia e per una rete di tram moderni a Trieste.
L’infrastruttura , bloccata più di un mese all’anno dal vento, è insostenibile dal punto di vista economico. Le associazioni lanciano una controproposta attraverso una raccolta firme che chiede di finanziare la realizzazione di un moderno tram.
Un’ovovia nella città della Bora. Negli ultimi tempi si è parlato molto della possibilità di realizzare una simile infrastruttura aerea che colleghi Opicina alle Rive. Un gruppo di esperti di associazioni triestine (FIAB, Tryeste, Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina Trieste e AIDIA) hanno studiato a lungo il progetto di cui hanno riscontrato enormi criticità e contraddizioni. Dall’insostenibilità economica e paesaggistica, alla mancata integrazione con l’attuale trasporto pubblico urbano. Per questo, le associazioni hanno lanciato una raccolta firme che sostenga con forza una controproposta ben più ragionevole: utilizzare i 45 milioni di finanziamento previsti per realizzare una moderna linea di tram. La petizione può essere sottoscritta a questo link: www.change.org/TriestehavogliadiTramnondiOvovia
La Giunta Dipiazza ha recentemente adottato la Variante N. 6 al Piano Regolatore Comunale che contiene la previsione di realizzare un’Ovovia che colleghi Opicina alle Rive con solo due stazioni intermedie (Bovedo e Porto Vecchio). L’ovovia, con una portata di 2000 persone all’ora, avrebbe cabine da 10 posti che partirebbero ogni 20 secondi e che in 13 minuti arriverebbero sulle Rive. Entro dicembre il Comune deve presentare la documentazione per chiedere al Governo il finanziamento di questa infrastruttura.
L’analisi del gruppo di esperti delle associazioni ha riscontrato numerose criticità e contraddizioni. Per prima cosa c’è l’insostenibilità economica dei più di 3 milioni di euro di costi annui di gestione ordinaria che sarebbero pareggiabili ipotizzando la cifra poco ragionevole di 7 milioni di passeggeri all’anno (21mila al giorno!) I problemi legati al vento, inoltre, impedirebbero il suo utilizzo per almeno 30 giorni all’anno, il che la renderebbe un’opzione poco appetibile per un pendolarismo quotidiano. Inaccettabile anche l’impatto ambientale dovuto al taglio del bosco di Campo Romano per realizzare la stazione di partenza e il nuovo parcheggio da 780 posti auto, all’impatto paesaggistico dovuto al passaggio a poche decine di metri dal Faro della Vittoria all’attraversamento del Porto Vecchio tra gli edifici. Infine, non vi è chiarezza riguardo al soggetto gestore, alla responsabilità della manutenzione e soprattutto alla poca integrazione, se non addirittura competizione, che l’ovovia avrebbe con il resto del trasporto pubblico triestino.
Le associazioni non si fermano alla critica ma propongono al posto dell’ovovia una moderna linea tram. Con lo stesso investimento di 45 milioni di euro si collegherebbe un asse fondamentale del trasporto pubblico cittadino: la Stazione con piazza Foraggi. La proposta delle associazioni si inserirebbe all’interno di una visione di trasporto pubblico su ferro più ampia che prevede 2 linee di tram: una costiera da Barcola a Campo Marzio e una che penetrerebbe il tessuto urbano cittadino dalla Stazione a Borgo Sergio. Un punto di forza di questa proposta è che si creerebbe una sinergia con la ricca rete ferroviaria esistente, aprendo la possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro con dei tram-treno sia verso nord fino al Trieste Airport, sia verso sud fino a Muggia e in prospettiva anche a Capodistria.
COSTI E SOVRASTIMA DEI PASSEGGERI
Il costo di questa infrastruttura viene quantificato (nel progetto preliminare!) in 44.782.000 euro con un costo annuo stimato in 3.306.790 euro, “coperto” da un utilizzo che prevede un totale di 7.868.732 passeggeri anno (di cui 7.081.859 locali e 926.873 turisti). Queste “previsioni”, più che un auspicio sono pura fantasia. L’intera rete di Trieste Trasporti (66 linee urbane per un totale di 340 km di rete e 1.400 fermate, per un monte chilometri/anno pari a 12,7 milioni) trasporta in un anno 67.482.016 passeggeri (da bilancio TT 2018). La sola Ovovia dovrebbe raggiungere più del 11% delle persone trasportate dal TPL nell’intera Provincia. Anche il milione di turisti all’anno è del tutto irrealistico. Quindi, per coprire i 3 milioni e mezzo di costo annuo, occorrono 7 milioni di passeggeri annui, pari a 21 mila al giorno! È un’evidente insostenibilità economica che ci ricorda le peggiori pagine degli innumerevoli progetti di opere pubbliche che hanno devastato l’economia senza consegnare ai cittadini un servizio degno di questo nome. Nella valutazione si spinge a un limite inverosimile l’utenza potenziale e si sottostimano i costi.
VENTO
Un’Ovovia nella città della Bora! Il progetto stesso (molto ottimista) prevede che a causa del vento vi saranno 20 giorni all’anno di chiusura totale del servizio e 10 di chiusura parziale. Ma con il surriscaldamento globale e l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi è verosimile che nei prossimi anni questi giorni di chiusura aumenteranno di molto. Non è sostenibile che un servizio di trasporto pubblico abbia questo genere di incognite: un pendolare deve avere la garanzia di poter raggiungere il posto di lavoro puntuale senza dover ogni mattina consultare le previsioni del vento o sperare che durante le giornata non salga la Bora per poter ritornare a casa.
INGIUSTIFICABILE IMPATTO AMBIENTALE E PAESAGGISTICO
Per la costruzione della stazione di Opicina e del previsti parcheggii di servizio (di 40 e 780 posti auto) verrebbero abbattuti centinaia di alberi del bosco di Campo Romano. Il tragitto dell’Ovovia determina una striscia disboscata larga almeno 14 metri con relativi piloni, il tutto in una zona protetta (ZPS IT3340002 “Aree Carsiche della Venezia Giulia” e ZSC IT3341006 “Carso Triestino e Goriziano”). Le cabine passerebbero a poche decine di metri dal Faro della Vittoria e in Porto Vecchio, stante il parere della Sovrintendenza che ha richiesto che la linea non superi l’altezza degli edifici esistenti, l’Ovovia sorvolerebbe il percorso pedonale che attraverserà il Porto Vecchio. Il percorso pedonale sarebbe rovinato dalla presenza 12 piloni, e dagli enormi volumi delle due stazioni intermedie e dall’incombente presenza delle cabine sopra le loro teste. I veicoli transiterebbero sul percorso uno ogni 10 secondi a 22 Km/h all’altezza dei primi piani degli edifici, tanto che i passeggeri potranno guardare all’interno delle finestre degli edifici.
SOGGETTO GESTORE E MANCANZA DI INTEGRAZIONE CON IL TRASPORTO PUBBLICO
Il progetto dell’Ovovia non ha alcun rapporto con il vigente piano del trasporto pubblico locale di Trieste. Si tratta di una nuova linea che viene proposta quale alternativa al trasporto su gomma e al tram di Opicina, coi quali sarà in concorrenza. Nel progetto preliminare non vi è chiarezza riguardo al soggetto gestore, alle responsabilità della manutenzione (ulteriori costi e fermi). Andrà fatta quindi una gara per la conduzione di questo nuovo servizio. Di certo l’infrastruttura sarà di proprietà del Comune che dovrà quindi far fronte alle spese di manutenzione straordinaria dell’impianto. Le vicissitudini del Tram di Opicina sono un forte monito a valutare con estrema prudenza questi complessi e costosissimi aspetti.
Una non attenta valutazione rischia di farci restare tra qualche anno (oltre che senza tram) con un ecomostro sospeso, fermo e inutilizzabile, dagli enormi costi di smantellamento e ripristino.
UN’OVOVIA PRIVA DI COMODITA’
Il progetto prevede cabine vetrate prive di sistema di condizionamento e di riscaldamento: d’estate i viaggiatori dovranno subire il calore dei raggi solari diretti con un effetto serra probabilmente simile a quello di un’auto ferma sotto il sole; in inverno la temperatura interna alla cabina sarà poco superiore a quella esterna. In queste condizioni di così scarso comfort, risulterà certamente difficile fidelizzare l’utenza locale.

LA NOSTRA PROPOSTA ALTERNATIVA AL SERVIZIO DELLA COLLETTIVITÀ
Le associazioni FIAB, Tryeste, Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina Trieste e Aidia (già note per le richieste inerenti la mobilità sostenibile) non si fermano alla critica ma propongono di dirottare i 45 milioni previsti per l’Ovovia a favore di una moderna linea tram che colleghi la Stazione a piazza Foraggi. A titolo esemplificativo abbiamo stimato in 48 milioni il costo di massima: 42 milioni per l’infrastruttura più 6 milioni per i tram. Cifre quindi parificabili con i 45 milioni di euro previsti per la realizzazione dell’Ovovia (con costi di esercizio ben inferiori).
Un primo passo questo inquadrato in una più ampia visione di trasporto pubblico su ferro (non inquinante!), che prevede due linee urbane con modalità tram: una sulla linea di costa, da Barcola a Campo Marzio, e l’altra che penetrerebbe il tessuto urbano cittadino, dalla Stazione a Borgo San Sergio (il tratto Stazione – piazza Foraggi sopra proposto ne costituisce il primo passo).
Un punto di forza di questa proposta è che si creerebbe una sinergia con la ricca rete ferroviaria esistente sul territorio triestino, aprendo la possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro sia verso nord, fino al Trieste Airport, sia verso sud, fino a Muggia o anche a Capodistria.
A parità di risorse, dunque, un progetto più sostenibile, veramente a servizio della cittadinanza, capace di incidere profondamente nella qualità del sistema di mobilità urbano, anche a favore degli utenti deboli come anziani o persone con disabilità, che favorisce l’indispensabile passaggio dal trasporto privato (costoso, inquinante, ingombrante) a quello pubblico (economico, pulito, gradevole).
Noi chiediamo all’Amministrazione comunale e a quella regionale di procedere a una stima pesata di questo progetto, che consenta di fare un’analisi comparativa in termini di costi e benefici tra l’Ovovia e le linee tramviarie, per individuare qual è la soluzione che meglio risponde ai bisogni della città nell’ottica di una mobilità più moderna e ecosostenibile, anche in ottemperanza alle sempre più stringenti (e urgenti) direttive nazionali e europee.
Le associazioni FIAB, Tryeste, Legambiente, Zeno, Bora.La, SPIZ, Cammina Trieste, Aidia, Fridays For Future e Uisp Fvg

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 ottobre 2020

 

 

La Romania chiude le porte a Pechino - La centrale atomica sarà targata Usa
Bucarest alla fine ha firmato un accordo intergovernativo aprendo nuovi scenari nella geopolitica dell'energia
BELGRADO. Via Pechino, dentro Washington, in un affare potenzialmente miliardario che potrebbe avere serie ripercussioni su tutta l'Europa centro-orientale che ancora punta sul nucleare, Slovenia inclusa. Affare che ha come protagonista la Romania, che dopo aver cancellato precedenti accordi con la Cina, ha deciso di rivolgersi agli Stati Uniti per potenziare la sua unica centrale nucleare, quella di Cernavoda, costruendo due nuovi reattori. Che tutto vada in questa direzione è stato confermato da una «bozza di accordo intergovernativo» tra Bucarest e Washington, firmata nella capitale Usa dal segretario di Stato all'Energia americano, Dan Brouillette, e dal ministro dell'Economia e dell'Energia romeno, Virgil Popescu. Parliamo di un fatto «storico» che spiana la strada all'utilizzo di «esperienza e tecnologie americane per la costruzione dei reattori 3 e 4 a Cernavoda», oltre che alla modernizzazione del reattore numero 1, ha puntualizzato il Dipartimento Usa per l'Energia. «Il nucleare è cruciale per assicurare alla Romania fonti energetiche affidabili, economiche e prive di emissioni», da conquistare grazie «alla tecnologia americana» - e non attraverso il coinvolgimento russo o cinese - ha specificato Brouillette. Romania che «ha compiuto un gran passo nello sviluppo di una partnership strategica con gli Usa», gli ha fatto eco Popescu. Non sono parole vuote, a commento di un accordo privo di importanza reale. L'intesa, ha infatti rimarcato l'ambasciatore americano a Bucarest, Adrian Zuckerman, dà luce verde all'arrivo in Romania di «una grande compagnia statunitense, la AECom, che guiderà un progetto da otto miliardi di dollari, assistita da aziende romene, canadesi, francesi». Progetto che non è solo energetico. Ma anche e soprattutto politico - anzi, geopolitico - ha ammesso la stessa feluca americana. Sottolinea infatti, almeno in Romania, il colpo durissimo inferto «all'influenza maligna» che la Cina, a detta di Washington, avrebbe voluto e potuto esercitare in Romania. Si tratta di un riferimento alle mosse della potentissima China General Nuclear Power Corporation (Cgn), che aveva raggiunto sei anni fa un'intesa con la Romania per i reattori 3 e 4, poi annullata da Bucarest, con la motivazione che la Romania vuole partner "euro-atlantici" per il mega-progetto Cernavoda. E ora li ha avuti. Mossa corretta e condivisibile, quella romena, perché «il partito comunista cinese» controllerebbe «ogni azienda cinese, in patria e all'estero e ciò presuppone un pericolo esistenziale», ha rimarcato Zuckerman. Sono parole pesanti, che però collimano con le posizioni ufficiali Usa. Come ha ricordato l'agenzia francese Afp, Washington ha infatti inserito la Cgn «sulla blacklist americana» che include aziende straniere «che hanno tentato di sottrarre tecnologia Usa per usi militari». Non accadrà nulla del genere, in Romania, ormai lanciatissima nel "resuscitare" il mega-progetto Cernavoda con l'aiuto degli alleati occidentali. Una mossa che potrebbe essere copiata anche da altri Paesi dell'area che continuano a guardare al nucleare. Come la Slovenia, più volte negli ultimi anni corteggiata da Washington proprio affinché adotti tecnologia Usa per una eventuale Krsko 2. L'ultimo abboccamento importante c'era stato ad agosto, con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo che aveva assicurato che gli Stati Uniti sono pronti a dare una mano a Lubiana nel progetto Krsko-2. Nell'occasione, Pompeo - come poi fatto da Brouillette nel caso romeno - aveva vantato il know-how Usa per produrre «energia pulita, affidabile, diversificata». In precedenza, Washington aveva messo sul tavolo anche mini reattori modulari per la Slovenia, forse la soluzione più economica e adatta per Lubiana.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 ottobre 2020

 

 

«Una rete di tram nel centro cittadino al posto dell'ovovia voluta dal Comune» - la proposta
La proposta di un gruppo di associazioni, da Tryeste a Fiab «Tante criticità nell'idea municipale». Via alla raccolta firme
Al posto dell'ovovia una rete di tram moderni, a beneficio della mobilità cittadina, una soluzione che andrebbe ad abbattere anche l'inquinamento atmosferico. A proporre la novità è un gruppo di associazioni che ieri, in una conferenza stampa, ha presentato l'alternativa all'impianto che dovrebbe collegare Opicina con Barcola proposto di recente dal Comune. Fiab, Tryeste, Legambiente, Bora.La, Spiz, Cammina Trieste, Aidia, Zeno, Fridays For Future e Uisp Fvg hanno studiato il progetto riscontrando criticità e contraddizioni. Dai costi troppo elevati alla mancata integrazione con l'attuale trasporto pubblico urbano. Per questo hanno lanciato una raccolta firme che sostenga una controproposta: utilizzare i 45 milioni di finanziamento previsti per una moderna linea di tram. La petizione è online www.change.org/TriestehavogliadiTramnondiOvovia.«Per prima cosa - spiegano le associazioni - c'è l'insostenibilità economica dei più di 3 milioni di euro di costi annui di gestione ordinaria e poi i problemi legati al vento, che impedirebbero il suo utilizzo per almeno 30 giorni all'anno, il che la renderebbe un'opzione poco appetibile per un pendolarismo quotidiano. Inaccettabile anche l'impatto ambientale dovuto al taglio del bosco di Campo Romano per realizzare la stazione di partenza e il nuovo parcheggio da 780 posti auto, oltre all'attraversamento del Porto vecchio tra gli edifici. E non vi è chiarezza riguardo al soggetto gestore, alla responsabilità della manutenzione e soprattutto alla poca integrazione, se non addirittura competizione, che l'ovovia avrebbe con il resto del trasporto pubblico». I vari sodalizi chiedono quindi che l'investimento previsto sia dirottato su una moderna linea tram. «Con i 45 milioni di euro si collegherebbe un asse fondamentale del trasporto pubblico cittadino: la Stazione ferroviaria con piazza Foraggi. La nostra proposta - proseguono - si inserirebbe all'interno di una visione di trasporto pubblico su ferro più ampia, che prevede due linee di tram: una costiera da Barcola a Campo Marzio e una che penetrerebbe il tessuto urbano cittadino dalla Stazione appunto, fino a Borgo San Sergio. Si creerebbe una sinergia con la ricca rete ferroviaria esistente, aprendo anche la possibilità nel futuro di avere dei collegamenti su ferro con dei tram-treno sia verso nord fino al Trieste Airport, sia verso sud, fino a Muggia, e in prospettiva anche a Capodistria».

Micol Brusaferro

 

 

Duino, vasche dei pesci promosse dagli esperti
Per tecnici "di parte" e istituzionali l'impianto è regolare - Le opposizioni restano diffidenti: «Servono più controlli»
DUINO AURISINA. Esperti e istituzioni dicono sì alle gabbie per l'allevamento intensivo di pesci nel golfo, ma l'opposizione resta critica. Questo l'esito della seduta che la Commissione Ambiente di Duino Aurisina, presieduta da Chiara Puntar, ha dedicato ieri ai discussi impianti della Valle Ca' Zuliani, operativi nello specchio d'acqua di fronte al castello di Duino. La gestione della srl è stata giudicata positivamente dagli esperti. Pasquale Romagno, della Nic-al, che fornisce la consulenza di laboratorio, ha detto infatti che «il prodotto che arriva sulle tavole è sicuro. L'allevamento rispetta regole precise - ha aggiunto - e l'interesse dell'azienda è di far stare bene i pesci per non doverli trattare. Inoltre - ha precisato - controlliamo sempre lo stato di salute del pesce». Stefano Caburlotto, biologo dell'azienda, ha ricordato che "Siamo sottoposti a controlli a sorpresa sempre superati al meglio. Ogni giorno - ha proseguito - i subacquei verificano lo stato delle gabbie. La recente morìa - ha concluso - era dovuta a movimenti macroclimatici». Oliver Martini, ad dell'azienda, ha sottolineato che «la Coop, per la quale lavoriamo, pretende allevamenti controllati».E apprezzamenti sono stati espressi anche e soprattutto da Franco Manzi, della Direzione regionale per le Risorse ittiche, dal veterinario Andrea Fabis, da Maria Teresa Colasanto, dirigente dell'Asugi («I nostri prelievi - ha osservato - hanno confermato la qualità della gestione»), e da Claudia Orlandi dell'Arpa. Il sindaco Daniela Pallotta ha parlato a sua volta di «necessità di tutelare sia l'ambiente sia i posti di lavoro», mentre l'assessore Massimo Romita ha evidenziato «l'impegno dell'amministrazione nella difesa dell'equilibrio naturale». Critica resta, però, l'opposizione. «Rimane prioritaria - ha detto Igor Gabrovec della Lista Insieme - la nostra richiesta di un costante monitoraggio su questa attività, perché il golfo è patrimonio comune della collettività». Lorenzo Celic (M5S) ha espresso forti perplessità sull'«uso di antibiotici», chiedendo inoltre «certezze sul fatto che le gabbie non alterino l'equilibrio naturale nella colonna d'acqua». Vladimiro Mervic (Lista Golfo) ha definito la seduta «inutile, perché era tutto già deciso. L'uso degli antibiotici è stato confermato - ha aggiunto - e i controlli sono troppo rari».«Sono rimasta delusa - ha replicato Chiara Puntar - perché dei consiglieri di opposizione il solo Gabrovec ha partecipato alla visita agli impianti che ha seguito la seduta e, come sempre, sui social sono poi comparse comunicazioni falsate».

Ugo Salvini

 

 

Giorgi: «Diminuiscono le emissioni di gas serra»
Il climatologo dell'Ictp sarà premiato per i suoi studi a Motumundi in occasione del festival dedicato all'ambiente
A Esof 2020 ha parlato di "pandemia ambientale", perché ci sono molte similarità tra ciò che sta accadendo con il Covid-19 a livello mondiale e la crisi, anch'essa globale, legata al clima e all'ambiente. Per il climatologo dell'Ictp Filippo Giorgi sono almeno quattro le similitudini tra questi due problemi: stanno entrambi accelerando secondo un andamento esponenziale; sono iniziati in zone circoscritte per poi diffondersi in tutto il pianeta; sono processi che, superate determinate soglie, possono portare a un punto di non ritorno; e necessitano entrambi, per ottenere dei risultati, di una politica coordinata a livello internazionale. Giorgi, membro del board del comitato vincitore del premio Nobel per la Pace Ipcc 2007 insieme ad Al Gore e unico scienziato italiano presente nell'organo esecutivo del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell'Onu, sarà premiato per il suo lavoro a Motumundi, il festival su clima e ambiente che si svolgerà dal 15 al 18 ottobre in Toscana. L'evento, alla sua prima edizione, è ideato e promosso dall'associazione culturale triestina Vitale Onlus. Un riconoscimento alla sua battaglia scientifica che sta conducendo con grande passione.«Nei due mesi in cui quasi tutto il mondo si è trovato in lockdown le emissioni sono drasticamente diminuite, ma stiamo già tornando al regime di prima, con il rischio che oltre alla pandemia il 2020 segni un altro record nell'aumento delle temperature. Servono soluzioni di carattere sistemico: per questo su questo giornale qualche mese fa ho scritto insieme ad alcuni colleghi auspicando una ripartenza verde. Potrebbe essere questa l'opportunità da cogliere». Ma qualche passo in avanti è stato fatto per il raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall'Onu nell'Agenda 2030? «Dal punto di vista climatico e ambientale in Europa ci sono stati passi in avanti, anche se non rapidi quanto necessario: le emissioni di gas serra stanno diminuendo, così come l'inquinamento, grazie alle tante regolamentazioni introdotte in materia. «E anche negli Stati Uniti, nonostante certe posizioni governative, le emissioni sono in diminuzione: la green economy ora è conveniente dal punto di vista economico. Ma c'è il problema dei paesi emergenti: per far sì che possano svilupparsi senza inquinare servirebbe un forte trasferimento di tecnologie green. Poi c'è un'altra questione, l'eliminazione della povertà. «Va peggio e lo abbiamo visto anche con quest'emergenza epidemiologica: a morire, sia nel caso del virus che dei cambiamenti climatici, sono soprattutto i più poveri. Eppure è un discorso di ecosistema: con una migliore distribuzione delle risorse il sistema è più resiliente». Ma i negazionisti del cambiamento climatico paiono essere gli stessi che sono scettici nel valutare l'impatto del Covid-19. «Pare che lo scetticismo abbia pure un colore politico, e di questo proprio non mi capacito. Perché sono problemi che con la politica non hanno niente a che fare. E' un approccio assurdo, che va cambiato con la cultura, l'istruzione, una comunicazione corretta. «Su questo i media hanno un ruolo importante: non dovrebbero inseguire l'opinione controcorrente solo perché fa più notizia, quanto dare un'informazione onesta ed equilibrata».

Giulia Basso

 

 

Riciclare le scarpe da ginnastica - Suole preziose per i parchi gioco
Isambiente allarga il progetto ai 25 Comuni dell'Isontino. La visita agli impianti diventa virtuale
Isontina Ambiente spinge sull'acceleratore delle raccolte "di nicchia". L'ultima frontiera per l'azienda cui fanno riferimento i 25 Comuni dell'ex provincia di Gorizia e tre dell'area triestina è quella del recupero delle "sneakers" e delle altre scarpe per lo sport con la suola di gomma. Un materiale che, eliminato il resto delle calzature, può essere riconvertito in mattonelle anticaduta da utilizzare nei parchi giochi e per realizzare impianti sportivi. Già presente in 15 scuole dell'Isontino, il contenitore per la raccolta delle scarpe da running o da basket che siano Isa punta a sistemarlo non solo in più plessi possibile, ma anche nei palazzi municipali, come già avvenuto a Turriaco, dove un altro punto di deposito si trova nella primaria, e in strutture pubbliche di proprietà comunale. La società è intenzionata ad avanzare la sua proposta agli enti locali, dopo averla già ripresentata agli istituti comprensivi e superiori insediati nel territorio servito, assieme al resto del pacchetto pensato per le scuole, dalle materne in su.«Il progetto, il cui catalogo invieremo questi giorni anche in cartaceo agli istituti, ha subito degli adattamenti, com'era inevitabile visto il perdurare dell'emergenza sanitaria - spiega Stefano Russo, responsabile della comunicazione della società -. Noi, però, vogliamo esserci anche quest'anno, dando continuità all'attività di educazione ambientale che portiamo avanti dal 2003, effettuando tra i 130 e i 150 interventi all'anno». Isambiente sta quindi ultimando il video che consentirà la visita virtuale dei suoi due impianti di Moraro, affiancata da una serie di giochi interattivi, mentre è già a disposizione la versione "a distanza" del laboratorio "Da un oggetto mille informazioni". Nel primo caso gli alunni di primarie e medie porteranno come sempre da casa 5 rifiuti da far analizzare, ma l'attività sarà condotta da un operatore in remoto. La stessa modalità verrà impiegata anche per i laboratori "La vita di un oggetto" e "Il grande quiz della sostenibilità", che metterà alla prova i ragazzi tra giochi e indovinelli, permettendo loro di imparare aspetti meno conosciuti della filiera del riciclo. I più piccoli, dell'infanzia e del primo anno delle primarie, potranno invece ballare e cantare con il video di Capitan Eco, il personaggio nato per rendere la materia meno ostica, ma Isa propone anche video letture, sempre di breve durata e arricchiti da disegni e oggetti creativi, per le elementari e "pillole didattiche", sempre per immagini, per i più grandi. Ci sono poi i laboratori "vicini ma all'aria", pensati, e realizzati anche in lingua slovena, per condurre le nuove generazioni a scoprire cosa si può celare nel giardino di casa o della propria città. Si parla di micro-rifiuti, ma anche di biodiversità, come tra i laboratori da svolgere in classe ci sono anche quelli che insegnano a creare colori da sostanze naturali o di scarto, come le bustine del the, e a diventare dei veri e propri maestri cartai.

Laura Blasich

 

 

La nave gasiera Lng Croatia apre l'era del rigassificatore
Era salpata da Shangai, dove si trovava per subire lavori di riconversione - Il suo destino è quello di diventare la base del futuro impianto offshore
FIUME. In anticipo rispetto al termine previsto (20 ottobre), la nave gasiera riadattata Lng Croatia è arrivata ieri mattina nel golfo di Fiume. Proveneniva dal porto cinese di Shangai, dove l'ex metaniera era stata sottoposta a lavori di riconversione. Quello che sarà il futuro rigassificatore offshore (costato 159,6 milioni di euro), da piazzare di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj in croato) sull'isola di Veglia, raggiungerà oggi il vicino cantiere navale di San Martino di Liburnia (Martinscica). Qui l'unità Fsru verrà ulteriormente controllata prima di poter dare il via al lavoro sperimentale. «Tra un paio di settimane la nave raggiungerà un determinato punto dell' Adriatico, dove avverrà il primo prelievo di gas liquefatto da un'altra unità», rivela Hrvoje Krhen, direttore Lng Hrvatska, l'impresa cui è stata affidata la gestione del rigassificatore: «Il metano a bordo della Lng Croatia tornerà allo stato gassoso. Una specie di prova generale prima dell'attività vera e propria». Dopo l'attività sperimentale, il rigassificatore galleggiante sarà sistemato definitivamente nel tratto di mare che bagna Castelmuschio, operazione in programma a fine novembre o inizio dicembre. Il primo gennaio 2021 si avrà dunque l'inaugurazione ufficiale del terminal, fortemente voluto da Zagabria (e dagli Stati Uniti per contrastare le forniture russe) e avversato dalle autonomie locali, dalla Regione quarnerino-montana, da ambientalisti, lavoratori turistici e in generale dall'opinione pubblica quarnerina e istriana. Non poteva andare diversamente poiché Lng Croatia - posizionata in un'area ad alto richiamo turistico - è lunga 280 metri, larga 43 e alta 38; è considerata un potenziale pericolo per l'ambiente, come pure un pugno nell'occhio a causa della sua enorme mole. L'impianto metanifero, compresa tutta l'infrastruttura, costerà complessivamente 233 milioni di euro, con 101 milioni stanziati a fondo perduto dall'Unione europea. Avrà a pieno regime una capacità di movimentazione annua pari a 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi di gas, grazie a serbatoi che possono ospitarne fino a 140 mila metri cubi. In pratica riuscirà a trasformare da liquidi in gassosi circa 300 mila metri cubi l'ora: cifra che garantisce appunto la movimentazione di 2,6 miliardi di metri cubi in un anno. L'intera capacità del terminal è stata rilevata per i prossimi 3 anni, mentre fino al 2027 è stata acquistata nella misura dell'80%. «È la prova della bontà del progetto, fortemente voluto dallo Stato croato che così si assicura autonomia energetica per il periodo a venire - sottolinea Krhen -. Posso confermare che al terminal vegliota potranno attraccare metaniere le cui capacità potranno andare da un minimo di 3.500 a un massimo di 265 mila metri cubi». Proprio per ridurre al minimo l'impatto ambientale (la gigantesca nave sarà comunque ben visibile da tutto il golfo fiumano), il rigassificatore è stato verniciato di bianco nella parte superiore, mentre lo scafo sarà di colore blu.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 ottobre 2020

 

 

Campo Marzio "bella a metà" - Servono ancora 12 milioni
Finiti i lavori sulla facciata, il cantiere si sposta all'interno. Ma per il restyling totale mancano fondi: il capo della Fondazione Fs Cantamessa si appella agli enti locali
Concluso il primo lotto dei lavori di ristrutturazione della Stazione di Campo Marzio. Nuova veste dunque per la parte esterna, mentre gli interventi si sono ora spostati all'interno. Le prime stanze del museo saranno fruibili entro la fine dell'anno, dopo la chiusura di un cantiere da circa sei milioni di euro. Ma per realizzare interamente il nuovo volto di tutto il comprensorio, ci vorrebbero ancora 12 milioni. Ad annunciarlo è Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs, proprietaria dell'immobile.«Al momento le impalcature sono state tolte e gli esterni sono completati - spiega - con un restauro che ha garantito ottimi risultati sia dal punto di vista estetico sia da quello funzionale, con l'utilizzo di materiali particolari, resistenti ad esempio alla salsedine. Ciò che purtroppo i cittadini vedono già in questi giorni è che il rifacimento delle facciate si è fermato all'edificio all'angolo. Manca quindi tutta la parte fronte mare, perché i soldi sono finiti. Il finanziamento infatti, derivato - ricorda - da Regione, ministero dei Beni cultrali e Gruppo Fs Italiane, si è esaurito per i primi lotti, quello già concluso e quello in atto per sistemare le stanze interne e tutti gli allestimenti museali. Probabilmente entro la fine del 2020 riapriremo le prime stanze. Ma per proseguire - sottolinea - serve una nuova iniezione di fondi». Secondo Cantamessa completare l'opera sarebbe un volano importante per la città. «Diventerebbe un attrattore straordinario. Per questo mi appello agli enti locali, alla Regione in primis. Il cantiere potrebbe rimanere sul posto, senza un'ulteriore gara, procedendo nei lavori sempre in accordo con la Soprintendenza, come fatto finora». A livello nazionale ci sarebbe già l'impegno, secondo Cantamessa, a un sostegno economico, ma è a livello locale che si attende un primo segnale. «Certo anche la Fondazione Fs farà la sua parte, ma speriamo che la Regione, e magari anche il Comune, si facciano avanti. In quei 12 milioni circa, che servono a sistemare tutta l'area, rientra anche la realizzazione della grande copertura metallica originaria, una parte meravigliosa, che darebbe un valore aggiunto alla stazione. E ancora il cortile interno e, come detto, tutta la parte fronte mare, che adesso dovrà per forza restare allo stato attuale. Questo sito ha moltissime potenzialità. Ho girato tutta Europa e un luogo così non ha eguali. Rappresenta una grande occasione per la città, che spero Trieste non si lasci scappare».

Micol Brusaferro

 

Terrazza panoramica sopra un albergo con stanze vista mare - il progetto complessivo
Il progetto completo porterebbe a Trieste un museo unico nel suo genere in tutta Europa. Così Cantamessa ricorda lo scenario finale, qualora si riuscissero a reperire i finanziamenti necessari. Sulla parte fronte mare troverebbe posto un hotel, con un design già pensato da un noto studio di architetti di Milano. Uno spazio panoramico sarebbe garantito da una cupola e da una terrazza affacciata sui binari e i treni storici. Le stanze consentirebbero una vista sia verso il mare sia verso gli ambienti interni. Il range di budget necessario va in realtà dai 12 ai 18 milioni, se si aggiungono anche tutti gli arredi per l'allestimento dell'albergo. Dalla stazione partirebbe una tratta di convogli a beneficio soprattutto dei turisti, che sempre da Campo Marzio potrebbero poi raggiungere anche altri luoghi caratteristici della città, come Miramare. Previsto inoltre un bar, che renderebbe la piazza un luogo di ritrovo non solo per i turisti ma anche per i triestini, tanto più se si riuscisse a completare la copertura. E al centro della stazione treni storici da ammirare e da utilizzare. Dai costi poi è esclusa la gestione vera e propria della parte ricettiva, che andrebbe affidata dopo una gara specifica.«Recuperare la parte frontale della stazione e trasformarla in albergo è un'idea vincente - commenta anche Roberto Carollo, ingegnere e direttore del museo ferroviario -. Sarebbe un caso unico nel suo genere: un museo ferroviario ospitato in una stazione di testa, che comprende anche un hotel. Per gli appassionati del settore un luogo speciale, ma penso anche ai turisti in generale, che arriverebbero in città con un treno storico, e che poi potrebbero facilmente raggiungere il centro a piedi, in poco tempo. Penso anche a un possibile collegamento con le navi da crociera, che ormai sono sempre più frequenti a Trieste. La linea ferroviaria inoltre non impegnerebbe quella centrale, un grosso vantaggio per gli spostamenti su rotaia. Per il momento il progetto nel suo complesso resta un grande sogno - conclude Carollo - che spero davvero prima o poi si possa realizzare».

MI.B.

 

 

Richiesta bis al Comune per il pedibus di Rozzol all'istituto Weiss
Nuovo appello al Comune da parte dei genitori degli iscritti all'istituto comprensivo Tiziana Weiss e della circoscrizione. Manca ancora il personale richiesto per il servizio di pedibus, che quest'anno, visto l'orario allungato, considerando gli ingressi scaglionati, non può essere gestito solo da mamme e papà, come accadeva fino allo scorso anno. Intanto si procede grazie all'aiuto dei volontari. Nei giorni scorsi passaggio di consegne tra il gruppo che ha dato una mano finora all'iniziativa e chi è già operativo da ieri, alla presenza di alcune famiglie, del comitato genitori della scuola, e dei consiglieri del consiglio d'istituto, oltre ai volontari uscenti ed entranti. Resta aperta la richiesta al Comune di poter contare su un supporto al più presto, per garantire la chiusura al traffico della strada, al passaggio quotidiano dei bambini.

 

LO DICO AL PICCOLO - Troppe e anche inutili le cementificazioni nel Piano della Mobilita'

Il Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums), adottato dalla giunta comunale il 23 luglio 2020, mi pare nel complesso insostenibile, malgrado alcune misure ragionevoli. Infatti disbosca, asfalta e cementifica zone verdi per realizzarvi opere costose e superflue ma impattanti come l'ovovia Opicina-Porto Vecchio, le cerniere di mobilità di Opicina, Cava Faccanoni, Cattinara, Ippodromo e Via Flavia, il parcheggio di relazione di piazzale Europa - via Cologna - vicolo dell'Edera, la galleria di largo Mioni - via D'Alviano, il sottopasso di piazza Unità, le scale mobili (o ascensori verticali?) di piazzale Europa - via Giulia, cava Faccanoni - San Giovanni, Longera-Cattinara, via Teatro Romano - San Giusto e via Pellico - San Giusto.Eppure basterebbe usare meglio aree pubbliche asfaltate ma abbandonate come quelle ai valichi di Fernetti, Rabuiese e Pesek o parcheggi pubblici esistenti come quelli di piazzale delle Puglie, via Carli, Area Science Park e piazza Foraggi, ma anche ottimizzare autorimesse private come quelle del Centro commerciale Il Giulia o delle Torri d'Europa. Per contro il Pums non libera i marciapiedi dai veicoli, non allarga tutti quelli fuori norma, non crea quelli mancanti, non prevede nuove pedonalizzazioni, vie accessibili ai soli residenti e rotatorie, non istituisce abbastanza corsie preferenziali e sensi unici, esclude dalle Zone 30 vaste aree, non potenzia a sufficienza il trasporto pubblico e la mobilità elettrica, non promuove il trasporto passeggeri sui binari adibiti unicamente alle merci. Il Pums non potrà nemmeno raggiungere i suoi pur modesti obiettivi, poiché la giunta comunale ha rinviato a data da destinarsi sia il Biciplan sia il Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (Peba), pur dichiarando che ne costituiscono parte integrante. Ritengo che ci vorrebbe molto più coraggio.

Paolo Radivo

 

 

Tonno da due quintali pescato a Porto Albona - L'impresa di un pescasportivo fiumano
ALBONA. Quattro giornate di pesca buttate a mare, si potrebbe dire, senza neanche un esemplare degno di nota. Poi sul finire del quinto giorno, prima di tornare a Fiume, l'agognato strike. Igor Felker, pescasportivo fiumano da un paio di decenni, ha preso alcuni giorni fa un tonno di 200 chili, per la precisione 201 chili, e lungo ben 227 centimetri. L'eccezionale cattura è avvenuta nelle acque antistanti la località di villeggiatura istriana di Porto Albona (Rabaz), nell'Albonese, zona sempre più frequentata dai cacciatori di tonni perché ritenuta molto pescosa e in grado di garantire grosse soddisfazioni. Esperto di traina (dentici, ricciole e lecce sono le sue prede abituali), Felker ha voluto raccontare al giornale fiumano Novi list quanto avvenuto nel canale tra l'Istria orientale e l'isola di Cherso: «Con l'amico Danijel Jurkovic, sono salito su una barca Merry Fischer 655, di proprietà del negozio di attrezzatura da pesca Rogi ribaru (l'augurio ai pescatori in croato) di Icici, nell'Abbaziano. Dopo che il pesce ha abboccato, per una quindicina di minuti ho creduto trattarsi di un tonno di circa 60 chili. Poi è cominciata la battaglia, durata un'ora e mezzo e alla fine sono riuscito ad aver ragione di questo stupendo esemplare».

A. M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 ottobre 2020

 

 

Avvistate due balene nel tratto di mare tra Lussino e Sansego
Un altro cetaceo si trova invece nella baia di Novegradi: era stato notato per la prima volta all'inizio di settembre
FIUME. Non ci sono solo pagelli, calamari, dentici, tonni, sgombri, palamite e pesce azzurro di piccola taglia nel canale alto-adriatico che scorre tra le isole di Lussino e di Sansego. Vi si trovano anche balene. E di dimensioni ragguardevoli. Nel braccio di mare in questione qualche giorno fa sono infatti apparsi due cetacei. Trattasi quasi certamente di una coppia di balenottere comuni (Balaenoptera physalus). Ad avvistarle e fotografarle sono stati alcuni pescatori e diportisti, i quali hanno poi inviato le immagini al Blue world institute (Istituto mondo blu). L'ente ha sede a Lussingrande e i suoi biologi si occupano principalmente di studiare e di tutelare la fauna marina presente nelle acque dell'arcipelago chersino-lussignano, in particolare la colonia di delfini autoctoni, che comprende circa duecento esemplari. I due mammiferi sono stati avvistati mentre procedevano tranquillamente in un mare che non si poteva definire esattamente in bonaccia, dando spettacolo con i loro grandi corpi semi-sommersi e con gli spruzzi dai loro sfiatatoi. Sono stati seguiti dagli esseri umani per qualche centinaio di metri e quindi lasciate in pace, come d'altronde è giusto fare in occasioni del genere. Più a meridione, nella baia di Novegradi (dunque nello Zaratino), è stata inoltre confermata in questi giorni la presenza di una balenottera comune, che era stata notata per la prima volta il 6 settembre. L'enorme esemplare, lungo una quindicina di metri, è stato fotografato e ripreso con un drone, mentre un team di esperti ha provveduto a effettuare un prelievo bioptico dal tessuto cutaneo del mammifero. Dopo la sua prima apparizione l'animale era scomparso per alcuni giorni, per poi essere nuovamente avvistato due settimane fa, mentre navigava placidamente nel mare di Novegradi. Alla fine della settimana scorsa la balena ha dunque deciso di avventurarsi addirittura nel mare di Carino: il tratto interno della stessa baia di Novegradi, in altre parole, lungo due chilometri e mezzo, largo uno e profondo tra i 10 e i 20 metri. Un gruppo di biologi ha deciso di seguire la balena in questo tratto poco profondo, poiché temevano che corresse il rischio di trovarsi in difficoltà oppure cacciarsi in qualche guaio. Il suo comportamento tuttavia non ha denotato alcun disagio, né ha lasciato trasparire segnali di nervosismo o panico. «Il cetaceo ci è apparso in condizioni più che discrete, ha visitato in lungo e in largo il mare di Carino», hanno fatto sapere i ricercatori del Blue world attraverso la pagina Fb del centro: «Non ha bisogno di alcun aiuto e prossimamente riuscirà a trovare da solo la via d'uscita. L' importante è che non sia importunato ma lasciato tranquillo, perché è in grado di arrangiarsi da solo e dunque di riprendere il mare aperto». Negli ultimi decenni l'avvistamento di balene nelle acque istriane, quarnerine e dalmate è un fenomeno tutt'altro che raro, per la gioia dei biologi così come dei diportisti e più in generale degli amanti del mare. Anche nell'estate del 2017 - sempre nel canale tra Lussino e Sansego - erano state avvistate due balene, mentre una ventina d' anni fa un cetaceo lungo circa 10 metri era addirittura entrato nelle acque del porto di Fiume. Fortunatamente era poi riuscito a trovare la via d' uscita.

Andrea Maranich

 

All'Area Marina - Splastichiamo il mare, un ecopercorso a Miramare
TRIESTE. "Splastichiamo il mare" è l'iniziativa presentata venerdì scorso alla presenza degli assessori con delega all'ambiente Fabio Scoccimarro per la Regione e Luisa Polli per il Comune di Trieste, dell'ad del gruppo Hera Stefano Venier, del presidente di Barcolana Mitja Gialuz e del direttore dell'Area Marina di Miramare Maurizio Spoto, oltre all'ammiraglio Vitale in rappresentanza della Capitaneria di Porto. Il progetto si pone come uno dei punti d'arrivo di un percorso iniziato diversi anni fa che ha portato Barcolana, Hera e la Riserva di Miramare con la presenza delle amministrazioni locali a dialogare sulla sensibilizzazione ambientale da tradursi in azioni concrete per preservare il grande patrimonio costituito dal mare. Splastichiamo il mare è un eco-percorso modulato su sedici tappe che parte dal porticciolo di Barcola per raggiungere il Bio.ma. dell'Area marina alle le antiche scuderie del Castello di Miramare. Ciascun cartello è stato posizionato in punti d'uso del litorale (scale di discesa al mare, docce, fontana della pineta) e affronta temi come il percorso dei rifiuti, le isole di plastica che si stanno ampliando negli oceani (ma anche nei mari più chiusi come il Mediterraneo e in particolare l'Adriatico), oltre a consigli di educazione alla sostenibilità e ulteriori eco-consigli. Per approfondire ciascun contenuto si può inquadrare il codice QR posizionato sul cartello o attivare una nota audio che aiuta i tanti runner che frequentano la zona a continuare la loro corsa aumentando al contempo le proprie conoscenze.

F.P.

 

 

Il lago di Vrana rischia di evaporare a causa del cambiamento climatico - il parere dell'esperto
CHERSO Il lago di Vrana è e continuerà a essere a lungo l'unica riserva d'acqua potabile dell'intero arcipelago di Cherso e Lussino. Ma attenzione: non si andrà avanti così in eterno. La situazione è destinata a peggiorare a causa del riscaldamento globale, che potrebbe avere conseguenze drammatiche per il lago e per chi dipende da esso. Lo ha spiegato Josip Rubinic, docente della facoltà di Ingegneria edile di Fiume, che nell'antico palazzo Moise a Cherso ha tenuto una conferenza dedicata a passato, presente e futuro dello specchio d'acqua. Trattasi di un bacino naturale da cui si diramano 200 chilometri di tubature idriche: le uniche zone in cui l'acquedotto non arriva sono quelle a nord di Cherso città, il villaggio di Vidovic e le isole di Unie, Sansego, Canidole grande e Canidole piccola. Rubinic ha spiegato che sin d'ora le autorità dovrebbero avere pronto un piano alternativo, nell'eventualità che si verifichi qualcosa di estremamente negativo. A lungo termine l' innalzamento delle temperature potrebbe infatti causare una forte evaporazione del lago: ciò permetterebbe l' infiltrazione del mare, alzando il tasso di salinità delle acque lacustri, che non potrebbero più essere sfruttate.

a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 ottobre 2020

 

 

In crescita il numero di morti sulle strade - Raddoppiati gli incidenti sul raccordo
Cala nel complesso il dato dei feriti, come quello totale dei botti tra veicoli. L'Aci: «Serve più attenzione da parte di tutti»
Cala il numero degli incidenti e dei feriti, ma cresce quello dei deceduti. Questo, in estrema sintesi, il quadro degli incidenti stradali verificatisi nel territorio della provincia di Trieste, nel raffronto fra il 2018 e il 2019, reso noto dalla Delegazione cittadina dell'Aci. Due anni fa, gli incidenti erano stati 980, lo scorso anno sono stati 919. In flessione anche i feriti: erano stati 1.196 nel 2018, sono stati 1.125 nel 2019. In aumento invece il dato dei morti: si è passati dagli 11 del 2018 ai 15 del 2019. Un segnale che indica che, con ogni probabilità, l'attenzione di chi sta alla guida è assorbita sempre di più da fattori che, con la conduzione del veicolo, hanno poco a che fare: si va dall'utilizzo spropositato e incauto del telefonino allo sguardo costantemente puntato sullo schermo del computer di bordo, dalla ricerca della stazione radio preferita a quella dell'immancabile sigaretta. Un dato confermato dal fatto che, dei 15 morti per incidente, ben 6 sono pedoni, 3 dei quali ritenuti del tutto passivi, mentre altrettanti sono stati giudicati solo parzialmente corresponsabili. I COMUNI CON PIU' INCIDENTI Dei 6 comuni che compongono il territorio provinciale, ancora una volta sono Sgonico e Duino Aurisina quelli in cui si registra, rispetto al numero di residenti e ai mezzi circolanti, la maggior quantità di incidenti: complessivamente 48 su 919. Un elemento facilmente spiegabile in quanto i due territori sono attraversati da strade molto intensamente trafficate, a cominciare dalla bretella autostradale che porta dal Lisert a Basovizza e poi già alla zona industriale e al porto. Duino Aurisina inoltre ha giurisdizione su un lungo tratto della costiera. Sgonico vanta il poco ambito primato di registrare, sulle proprie strade, un coefficiente di incidentalità dello 0,5 per cento rispetto alla popolazione residente, Duino Aurisina dello 0,43, entrambi superiori a Trieste, dove il coefficiente si attesta sullo 0,41 per cento. Staccati gli altri comuni: San Dorligo della Valle 0,24 per cento, Muggia 0,11, Monrupino 0. TUTTI AL VOLANTE Un popolo di guidatori. Non possono essere definiti altrimenti i triestini. Nel raffronto fra il 2018 e il 2019, che evidenzia un calo della popolazione, seppur modesto, dalle 234.638 unità di due anni fa alle 233.276 del 2019, per contrario si nota un aumento del numero dei mezzi in circolazione. Si è passati dai 193.322 veicoli in strada del 2018 ai 195.053 dello scorso anno. Siamo alle soglie del rapporto di parità: tolti i minori e le persone molto anziane, in sostanza ogni triestino ha a disposizione almeno un mezzo di trasporto, che sia una vettura, uno scooter, una moto. AUTOSTRADA PERICOLOSA È sul tratto autostradale che attraversa la provincia che si registra un sensibile aumento degli incidenti. Nel 2018 erano stati 14, lo scorso anno sono arrivati a 31. Un ulteriore segnale che conferma che si corre di più e che si è sempre più distratti al volante. IL PARERE DELL'ACI «Sicuramente dobbiamo continuare a sensibilizzare tutti a un maggior rispetto delle regole - dice Maura Lenhardt, direttore della Delegazione Aci di Trieste - perché i costi sociali degli incidenti sono altissimi. E quelli umani svelano tragedie di cui non vorremmo più sentir parlare. È evidente - aggiunge - che l'ambiente in cui ci muoviamo è diverso. Basta guardare la popolazione e il parco circolante: se escludiamo i bimbi, chi non guida e chi non guida più, sulle nostre strade possiamo dire che il rapporto è quasi di uno ad uno. Ogni giorno tutti ci muoviamo.«E siamo tutti responsabili - sottolinea Lenhardt - come conducenti, e parliamo sia del momento in cui ci viene affidata una macchina, sia quando impugniamo il manubrio di uno scooter o di una bicicletta. Dobbiamo sempre avere la consapevolezza che i pedoni possono commettere errori, in quanto tutti possono sbagliare. Non dobbiamo dare per scontato il comportamento corretto dei pedoni. Può darsi che non siano consapevoli, che abbiano limitate capacità di percezione o siano assorti in altri pensieri. «Il fatto che un pedone non stia osservando il nostro veicolo, quale esso sia - continua -, dovrebbe essere per noi motivo di allarme. Allo stesso modo, da pedoni, dobbiamo essere consapevoli che i conducenti tutti possono commettere degli errori. Distrazione, stress, emozioni e molti altri motivi possono provocare reazioni imprevedibili da parte dei conducenti - conclude -, quindi non corriamo rischi e calcoliamo un ampio spazio per eventuali comportamenti scorretti. Chiediamo più attenzione da parte di tutti. Non costa nulla e paga moltissimo».

Ugo Salvini

 

 

Appelli e una foresta di colori nel nome dell'ambiente - la manifestazione di fridays for future
Fridays For Future, il movimento mondiale che punta l'attenzione sulla tutela ambientale, è sceso ieri nelle piazze con manifestazioni e iniziative. A Trieste appuntamento in piazza Unità d'Italia, nel pomeriggio, con una lunga serie di interventi al microfono e un'opera realizzata sul posto dai bambini.Sotto il Municipio è stato montato un "climate clock", un orologio con un termine ultimo. Scadenza tra 7 anni, 83 giorni e 20 ore. «Quando non ci sarà più tempo per tornare indietro - spiega un gruppo di giovani -. È una data simbolica, per fare capire a tutti che bisogna agire subito».A terra è stata allestita una grande tela bianca, dove i bambini hanno dipinto alberi, per creare una grande foresta. E uno dei tempi ripresi più volte al microfono è stato quello del verde, l'esigenza di preservare la natura. E ancora sottolineata l'esigenza di abbattere, al più presto, le emissioni di Co2, di promuovere la diffusione di trasporti "green" e di rendere i mezzi pubblici gratuiti, a favore di una mobilità sostenibile. Tra gli interventi ieri quello di Nicola Bressi, naturalista e zoologo. «Per capire i cambiamenti climatici in atto basta guardare alle temperature registrate negli ultimi 30 anni a Trieste, dati che sono a noi vicini e che vanno al di là delle immagini dei ghiacciai che si sciolgono, un problema che comunque esiste. Un esempio concreto di come i valori stiano aumentando è il vigneto da poco avviato a Sappada. Abbiamo messo in moto un ingranaggio complesso, di cui non sappiamo le conseguenze, ma stiamo sicuramente prendendo una strada che ci porterà a uno scenario in via di costante peggioramento». «Ora si parla sempre di Covid ma ricordo - ha poi sottolineato Filippo Giorgi, climatologo - che la crisi climatica non è mai cessata. Settembre ha fatto segnare un record sul fronte del caldo registrato e così anche il 2020 in generale. Il surriscaldamento sta correndo ancora di più di quanto si pensava, e stiamo assistendo anche a fenomeni catastrofici. Tutti segnali preoccupanti. Anche i cambiamenti climatici - aggiunge - vanno chiamati pandemia vista la gravità di ciò che sta accadendo».

Micol Brusaferro

 

 

Muggia - Riprende la cattura delle nutrie dell'Ospo per la sterilizzazione
Muggia. Ieri è ripresa, dopo la pausa estiva, la cattura per la sterilizzazione delle nutrie "domiciliate" nella zona del Rio Ospo. Lo rendono noto i volontari dell'Associazione MujaVeg che da tempo si occupano di salvaguardare questi animali che preso dimora nel torrente muggesano. «I nostri volontari - così sulla pagina Facebook "Le nutrie del Rio Ospo" - dopo un'oretta di attesa, sono riusciti a prendere un bellissimo esemplare adulto, che è stato subito portato all'Enpa di Trieste, per procedere con l'intervento di sterilizzazione". Per la cattura l'associazione MujaVeg, che poco più di un anno fa avevano fatto partire la "caccia" alle nutrie nelle ore serali, utilizza delle esche di verdura per spingere gli animali a entrare nelle gabbie e per poi avviarli, con il decisivo supporto dell'Enpa, appunto alla sterilizzazione. Sterilizzazioni iniziate a novembre scorso e riprese con successo subito dopo la pausa natalizia. Poi è arrivata la pandemia di Covid-10 e si è fermato tutto. Anche se in realtà un inaspettato e complicato intervento di liberazione di una nutria a Muggia durante l'emergenza Covid-19 c'è stato intorno al 21 aprile, con un esemplare, ospite dell'Enpa per alcune cure, completamente ristabilita e pronta per esser reintrodotta nel suo ambiente naturale dopo essere stata sterilizzata chirurgicamente, come previsto dal progetto. L'animale, una femmina, è stata liberata in pieno periodo di quarantena, con i volontari che per non allontanarsi dai propri comuni di residenza, si sono passati la nutria ai margini dei territori comunali di Trieste e Muggia, in una particolare staffetta. Dopo la ripresa di giugno e la pausa estiva, quindi, i volontari di MujaVeg, sono rientrati in azione, sempre con l'obiettivo di proseguire nel progetto NutriAmoSperanze, promosso oltre che dall'associazione, da Enpa e Comune di Muggia, per la riduzione del numero di esemplari presenti sul territorio comunale con metodi ecologici e non cruenti.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 ottobre 2020

 

 

Binari sotto il Carso, frena pure la Slovenia - spunta un'alternativa per il raddoppio della Capodistria-Divaccia

Ingegneri e docenti d'oltreconfine lanciano un progetto meno impattante di quello destinato a "bucare" la Val Rosandra

SAN DORLIGO. Prende corpo anche in Slovenia la contrarietà alla realizzazione del progetto per il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, destinato a lambire la Riserva naturale della Val Rosandra, con danni che - sostengono ambientalisti ed esperti - potrebbero essere considerevoli per l'equilibrio naturale della zona. Un gruppo di ingegneri dell'unione slovena di categoria e alcuni docenti dell'Università di Lubiana hanno rotto finalmente il silenzio che aleggiava in Slovenia attorno all'operazione, predisponendo un documento con il quale lanciano un'idea alternativa, molto meno impattante rispetto al progetto iniziale predisposto dalla T2DK. Quest'ultima, che è la società statale slovena incaricata della gestione del progetto della nuova ferrovia destinata a collegare il porto di Capodistria e l'hub di Divaccia, aveva presentato un piano che prevede un percorso di 27,1 chilometri complessivi, con ben 41 chilometri di gallerie, misura maggiore perché bisogna prevedere il transito nei due sensi. Nel progetto alternativo invece il percorso totale si allunga sì leggermente, arrivando a 24,8 chilometri, ma con tragitto in galleria limitato a 9,2 chilometri, ottenuto realizzando un doppio binario. Sostanzialmente diverso anche l'aspetto economico: il progetto della T2DK prevede una spesa complessiva di 2,188 miliardi, quello alternativo non arriva al miliardo. «Ma per noi - spiegano Alen Kermac, capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale a San Dorligo della Valle, e Rossano Bibalo, storico esponente dei Verdi a Trieste - è fondamentale l'aspetto ambientale. Con il progetto degli ingegneri e dei docenti sloveni - precisano - si limiterebbe di molto l'utilizzo della preziosa zona costiera, si proteggerebbero molto meglio le risorse idriche, le gallerie sarebbero più piccole e quindi i tempi di costruzione si ridurrebbero considerevolmente».«Il progetto originario - incalza Bibalo - potrebbe comportare gravi conseguenze per i corsi d'acqua sotterranei, danneggiando i torrenti Rosandra e Ospo. Senza pensare alle conseguenze che provocherebbero le esplosioni di mine lungo il percorso, necessarie per spianare le rocce. Ciò che chiediamo è che si faccia tutto in maniera trasparente. Finora non c'è stato dibattito pubblico, nonostante le nostre ripetute richieste. Sappiamo che la Slovenia sta chiedendo finanziamenti ad hoc all'Unione europea - conclude Bibalo - per poter procedere con l'opera, incurante del fatto che il nostro ministero dell'Ambiente ha chiesto lumi sull'intervento. Intervento che la Slovenia, guarda caso, è stata ben attenta a tenere lontano dal torrente Risano».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 ottobre 2020

 

 

Nuovo Piano del centro storico - Via al "rush finale" di tre mesi
Iter vertiginoso tra giunta, commissione, aula e osservazioni della cittadinanza - Intanto le tre circoscrizioni coinvolte hanno espresso il loro parere favorevole
L'obiettivo è santificare una festa, potrebbe essere Natale o San Silvestro. Tutto dipende da quanto si riuscirà a rispettare del cronoprogramma dettato dall'Urbanistica municipale. Su una griglia bollente è appoggiata una delle mete del mandato, il Piano particolareggiato del centro storico, che, a distanza di quarant'anni dal precedente firmato da Luciano Semerani, ha buone probabilità di andare in onda prima che Roberto Dipiazza termini il suo terzo giro e si proponga per il quarto. L'assessore Luisa Polli, di concerto con il capo-struttura Giulio Bernetti, articola una sequenza piuttosto serrata e ricca di tornanti, un po' diversa da quella anticipata a metà agosto. E comunque sottoposta alla costante briscola del Covid, che potrebbe condizionare i tempi dell'iter. Intanto l'esecutivo municipale ha già incassato un primo risultato, cioè il parere favorevole delle Circoscrizioni interessate, che sono la III, la IV, la V. Questo step consente di effettuare già la prossima settimana un passaggio giuntale. A seguire, la parola toccherà alla IV commissione consiliare, presieduta dal forzista Michele Babuder, che preparerà la strada al confronto in aula. Dal dibattito in sede politica partirà il cronometro dei trenta giorni utilizzabili per presentare osservazioni al Piano. Allo scadere dei trenta giorni, il documento, avendo recepito quanto emerso dalle varie fasi di esame, ritorna all'attenzione degli uffici, che debbono riordinare il materiale e conferire ad esso coerenza. Una volta che lo staff di Bernetti, coordinato da Beatrice Micovilovich, ha terminato questo compito, il faldone Centro storico ripassa in giunta e in consiglio. La Polli è fiduciosa di farcela entro la fine del 2020 o, alla maledetta, al principio del 2021. Vuole farcela anche perchè spera che il nuovo Piano partecipi al rilancio del settore edile, in concomitanza con i provvedimenti governativi Superbonus e Sismabonus, che favoriscono gli interventi di riqualificazione (soprattutto enegetica). Il Piano del Centro storico, frutto di un'ampia schedatura che ricomprende 1.621 edifici, inquadra città murata, i tre borghi imperiali, via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via della Pietà. Il messaggio, che ne esce, intende stimolare proprietà immobiliare e imprenditori del comparto: possibilità di intervenire nei sottotetti, sui tetti piani, con ascensori e corpi scala. In un'ottica di rifunzionalizzazione dello stabile. I 1.621 edifici "schedati" distinguono quelli solo restaurabili (5%), quelli restaurabili all'esterno con margini di ristrutturazione interna (45%), quelli da rispettare all'esterno ma sventrabili all'interno (30%), quelli che possono essere demoliti e sostituiti con nuove costruzioni (20%).

Massimo Greco

 

 

Gorizia è entrata nella top 15 per la miglior qualità dell'aria
È l'unica città della regione ad ottenere la sufficienza nel report di Legambiente - Pochi sforamenti di Pm10. In cima alla classifica nazionale si è piazzata Sassari
Un risultato incoraggiante. Che evidenzia come Gorizia sia ancora un'isola felice sotto il profilo dell'inquinamento e della presenza di polveri sottili, le famigerate Pm10. Gorizia, infatti, è l'unica città del Friuli Venezia Giulia ad aver ottenuto la sufficienza per la qualità dell'aria secondo l'ultima indagine di Legambiente.Fra le 97 città prese in esame nell'ultimo quinquennio (2014-2018) solo 15 hanno raggiunto un voto superiore al 6 e, fra queste, c'è il capoluogo isontino. In cima alla classifica si piazza Sassari, seguita da Macerata, Enna, Campobasso, Catanzaro, Grosseto, Nuoro, Verbania e Viterbo che hanno ottenuto un voto superiore al 7 ma hanno raggiunto la sufficienza anche L'Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano e Trapani, oltre a Gorizia.La pagella è stata stilata elaborando i nuovi dati raccolti da Legambiente nel report "Mal'aria, edizione speciale" nel quale l'associazione ha confrontato le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) e del biossido di azoto (No2) con i rispettivi limiti suggeriti dall'Organizzazione mondiale della sanità.«Non può che farmi piacere questo dato - sottolinea il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna-, perché mai come oggi, nelle città, dobbiamo puntare a un miglioramento della qualità della vita anche attraverso un controllo dell'inquinamento atmosferico e, più in generale, attraverso una nuova e più marcata sensibilità ambientale. Non è facile ma dobbiamo provarci e impegnarci fortemente su questo fronte. Va detto che questo dato conferma quanto diciamo da tempo, ovvero che Gorizia è la città ideale in cui vivere, con servizi assolutamente all'avanguardia, per le diverse fasce della popolazione, con ottime scuole per bambini e giovani, tantissime iniziative culturali e sociali arrivando alle eccellenti strutture e forme assistenziali domiciliari per gli anziani. È una città piccola, a dimensione d'uomo, con tanto verde, dove in pochi minuti, si possono raggiungere strutture fondamentali, dall'ospedale alla questura, dal Comune agli uffici postali. Ben venga, quindi, questo nuova conferma sull'elevata qualità della vita a Gorizia - conclude il sindaco - che cercheremo di migliorare ulteriormente».Ma se Gorizia sorride, il resto d'Italia piange perché - spiega Legambiente nel rapporto - «è in emergenza cronica da inquinamento atmosferico: sono 54 le città che nel 2019 hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (Pm10) o per l'ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell'anno solare: Torino ha raggiunto le 147 giornate "fuorilegge" (86 per il Pm10 e 61 per l'ozono), seguita da Lodi con 135 (55 per Pm10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli inquinanti). E sono ben 19 le città (il 36% del totale) che hanno registrato nelle centraline Arpa oltre 100 giorni di superamento dei limiti giornalieri mentre 14 città hanno oltrepassato i 50 giorni complessivi. Le prime 25 posizioni sono tutte occupate da città del bacino padano mentre al 26mo posto si trova Frosinone con 68 giorni di superamento dovuti esclusivamente al superamento dei limiti per le polveri sottili».«Molte città del Sud sono coinvolte per i soli superamenti dei limiti per l'ozono come Caserta (52 giorni), Enna e Potenza (50) e Avellino (46). Ma anche molte città del centro Italia sono afflitte dalle alte concentrazioni di ozono nei periodi estivi, collezionando superamenti continui: Terni (47), Chieti (45), Lucca (44), Grosseto (37), Pescara (34), Firenze (30), Macerata (28), Roma (27)».Conclude l'assessore comunale all'Ambiente, Francesco Del Sordi. «I dati di Gorizia non sorprendono perché, da sempre, viaggiamo su quei parametri. Qui, non ci sono fabbriche particolarmente inquinanti. Chiaro, uno potrebbe opinare che abbiamo preso appena la sufficienza ma si tratta pur di un ottimo risultato visto ciò che accade anche nel resto del Paese».

Francesco Fain

 

 

Il lago di Doberdò resta senza fondi per realizzare i micro sbarramenti
Speleologi e docenti battono cassa in Regione per realizzare le opere di monitoraggio ambientale
Gorizia. Anche il progetto di salvaguardia del lago di Doberdò (in provincia di Gorizia) è al momento tra le vittime del Covid-19. I fondi assicurati ancora all'inizio di marzo dalla Regione sia al Consorzio di bonifica per la realizzazione di micro sbarramenti attorno agli inghiottitoi del lago, in modo da mantenere un certo livello dell'acqua anche nei momenti di magra, sia al Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste per uno studio sulla vegetazione sembra siano stati dirottati in seguito all'emergenza sanitaria. È quanto emerso martedì sera a Jamiano, nella sede dell'associazione Kremenjak, durante un incontro organizzato dal gruppo formato da speleologi, docenti e studenti universitari, professori e allievi dell'Isis Brignoli di Gradisca che da tre anni si sta occupando di studiare lo specchio d'acqua così da individuare gli strumenti per evitare che scompaia. L'azione non si è fermata del tutto, grazie all'impegno e alla passione del gruppo di lavoro, ma la costruzione delle opere di sbarramento nel lago rimane per ora congelata. «Non abbiamo al momento alcun finanziamento per procedere seriamente con lo studio, ma stiamo comunque continuando il lavoro di analisi attraverso le immagini satellitari - spiega Alfredo Altobelli che con Miris Castello, entrambi del Dipartimento di Scienze della vita, segue da tempo la situazione vegetazionale dell'area -, grazie anche alla disponibilità di un tesista di laurea magistrale».Capire le reazioni del mondo vegetale è però fondamentale per stabilire l'altezza delle dighe, sperimentate con successo un anno fa, nel mese di ottobre, grazie all'intervento del Consorzio di bonifica in seguito ai tre tracciamenti delle acque del lago effettuati dagli speleologi assieme al Dipartimento di Matematica e Geoscienze. È quanto sottolineato anche Luca Zini, docente del Dipartimento di Matematica e Geoscienze, impegnato da subito nel progetto, che il gruppo interdisciplinare Acque carsiche isontine si prepara a proseguire a fine mese con un quarto tracciamento delle acque. Questa volta l'operazione interesserà l'inghiottitoio a metà della sponda meridionale e in un regime di media portata, che richiederà una dispersione in immersione di un quantitativo maggiore di fluorescina. «L'obiettivo questa volta è di capire se il tracciante e quindi le acque del lago, alimentato in parte dall'Isonzo, quando la portata è maggiore, escono anche a Pietrarossa - dice Zini -, non prendendo solo una direzione sudorientale e andando a confluire anche nel Timavo. Tant'è che nei periodi di piena del Timavo il livello del lago pare alzarsi».Il quarto tracciamento delle acque, in programma salvo condizioni meteo proibitive, dovrebbe quindi essere realizzato tra un paio di settimane, con prelevamento di campioni lungo il canale di entrata e di uscita dal lago di Pietrarossa, ma anche negli altri punti già sottoposti a monitoraggio nelle precedenti tre campagne di studio, cioè Sablici, Sardos, Timavo, Moschenizze Nord, oltre che grotta di Comarie e Klarici (coinvolgendo quindi sempre il Servizio geologico e gli speleologi sloveni. Pare che in questo caso ci siano dei fondi regionali a coprire i costi vivi dell'operazione per i volontari. E sono stati 72 quelli coinvolti nel terzo tracciamento delle acque, svolto a luglio del 2019 con oltre 300 campioni raccolti in due settimane e che ha confermato come le acque del lago prendono più direzioni, anche se poco meno del 50% finisce nel terzo ramo del Timavo. Il resto però si divide tra la zona a Sud, verso il Lisert a Monfalcone, e la zona a Est verso la Slovenia (Klarici).

Laura Blasich

 

 

Più di 2 mila firme raccolte per salvare gli alberi della pineta di Cattinara
Alle oltre 800 sottoscrizioni su carta se ne aggiungono 1.200 arrivate su change.org I promotori: «È il nostro bosco Lo difenderemo a tutti i costi»
Nuova mobilitazione per salvare la pineta di Cattinara, il piccolo bosco di una cinquantina di alberi situato tra via Valdoni - la strada che porta al Polo cardiologico - e il parcheggio per i dipendenti dell'ospedale. Un'area che, secondo l'allarme lanciato da alcuni residenti, rischia di essere distrutto per far posto a un posteggio sotterraneo. Per scongiurare questa eventualità, nei mesi scorsi è partita una petizione, da parte del Comitato per la difesa della Pineta di Cattinara, le cui sottoscrizioni allegate sono state depositate lo scorso lunedì all'Ufficio atti del Comune. Sono 843 le firme cartacee raccolte e quasi 1.200 quelle arrivate via internet, attraverso la piattaforma change.org. Il Comitato, formato appunto da cittadini del sobborgo cittadino, si appella a tutte le istituzioni affinché venga ritirato il progetto che prevede - incalzano i promotori della protesta - la distruzione della pineta e affinché si provveda al ripristino in sicurezza della stessa, dopo i lavori di trivellazione effettuati lo scorso luglio, che avrebbero provocato già alcuni danni all'abetaia. Dalla costruzione dell'ospedale di Cattinara, avvenuta nei primi anni '80 del secolo scorso, ai lavori per il nuovo Polo sanitario che prevede anche la costruzione del nuovo Burlo - sostengono i fautori del Comitato - la zona ha subìto continui disagi, rumori, inquinamento e traffico. In tempi recenti - ricordano - c'è stata anche la realizzazione della galleria della superstrada. Più di due anni di lavori, con grandi frese in azione anche di notte nel sottosuolo, che hanno comportato anche l'abbattimento di una casa mentre altre sono state lesionate e i proprietari mai risarciti, con gente addirittura allontanata dalle proprie abitazioni. «Ora vogliono toglierci la nostra pineta - afferma Paola Snidersich, una delle anime del Comitato - cioè l'unico spazio verde dove possiamo portare a spasso i nostri cani e far fare una passeggiata ai nostri anziani. È un bosco piccolo, ma lo difenderemo a tutti i costi». I più anziani del posto ricordano già come nel corso della guerra le truppe tedesche avessero tentato di abbattere la pineta, dove pensavano fosse situata un'antica polveriera. Medesimo tentativo - sempre secondo gli abitanti più longevi - venne fatto durante il Governo Militare Alleato. Senza successo. «Dove non poterono la guerra e il dopoguerra, ci sta riuscendo la modernità», chiosa Snidersich: «Ma sta a noi e alle istituzioni venirci incontro per salvaguardare il nostro piccolo polmone verde».

Lorenzo Degrassi

 

 

Studenti e insegnanti domani in piazza Unità per il futuro del clima - la manifestazione

Mobilitazione in piazza dell'Unità prevista domani per discutere di cambiamenti climatici. Un evento in favore dell'ambiente promosso da Fridays for Future e Teachers for Future, che nel comunicato scrivono come «In questi mesi di pandemia si è molto discusso della relazione che lega la salute del pianeta e la nostra.  Dobbiamo discutere di come sia possibile agire come comunità». E per farlo, richiedono la partecipazione di bambini, giovani, cittadini impegnati a «incontrarci per lanciare un segnale e discutere assieme di quel che possiamo fare per cambiare le cose».La giornata di manifestazione in favore del clima prevede le attività del laboratorio artistico "Insieme siamo Foresta", a partire dalle 15, rivolto ai più giovani, che si protrarrà per tre ore circa. Con l'aiuto dell'illustratrice Sara Not ogni bambino disegnerà su un unico grande foglio il proprio albero che, assieme agli altri, andrà a formare una foresta. Nel corso della manifestazione è previsto l'intervento di alcuni esperti: tra gli altri, il professore Filippo Giorgi (climatologo del Centro Internazionale di Fisica Teorica e membro del gruppo Ipcc-Onu) e il professore Maurizio Fermeglia (già rettore dell'Università di Trieste).

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 ottobre 2020

 

 

Comune e vertici Ater dichiarano guerra all'abbandono di auto - lotta al degrado
Un protocollo per ridurre i tempi per ottenere la certificazione di auto abbandonata come rifiuto speciale. Lo hanno firmato ieri Comune e l'Ater, per dare un segnale concreto alla lotta al degrado e all'abbandono indiscriminato di automobili nelle zone di proprietà della locale azienda per l'edilizia residenziale. Sono oltre 150, infatti, le vetture abbandonate nei rioni più o meno periferici della città, alcune delle quali da oltre vent'anni. Mezzi che costituiscono fattore di rischio per chi vive nelle aree condominiali presenti attorno a quelli che, in alcuni casi, sono dei veri e propri cimiteri di autoveicoli. «Con questo accordo si snellisce la procedura che permette di eliminare il parco macchine abbandonato - queste le parole del presidente dell'Ater Riccardo Novacco -. Sappiamo che non sarà facile eliminare tutti i mezzi, ma l'importante era iniziare».Il documento - che ha una durata biennale ed è rinnovabile - impegna da parte sua l'Ater ad adottare tutte le misure di vigilanza attiva e di controllo, segnalando tempestivamente abbandoni impropri di mezzi considerati a quel punto alla stregua di veri e propri rifiuti. Da parte sua il Comune, attraverso la Polizia locale, effettuerà sopralluoghi e accertamenti - in alcuni casi già avviati - per verificare la presenza di veicoli abbandonati e fuori uso, attivando prontamente tutte le procedure normative e le possibili sanzioni previste per contrastare l'abbandono e impedire il degrado ambientale. Per gestire queste situazioni, i due attori opereranno attraverso un tavolo tecnico operativo congiunto. Una situazione, quella degli autoveicoli abbandonati, segnalata a più riprese da stampa e cittadinanza, nel corso degli ultimi anni e che a detta dell'assessore all'Ambiente Luisa Polli «era già stata sottoposta alla precedente giunta, la quale - è un dato di fatto - nulla aveva fatto per provare a contrastare questo problema. Noi avremmo voluto iniziare prima, ma per vari motivi non è stato possibile. Ora non ci resta che recuperare il tempo perduto». D'ora in avanti, grazie alla firma di questo protocollo, la Polizia Locale ha maggiore manovra d'intervento, tanto che le rimozioni sono già iniziate. «Per chi abbandona l'auto per anni trasformandola così in rifiuto - avverte il comandante della Polizia locale Walter Milocchi - sono 600 euro di contravvenzione». Una cifra che può addirittura triplicare, qualora il proprietario non demolisca la vettura a seguito di verbale.

l.d.

 

 

GRADO. Migliaia di "sture" spiaggiate - La moria dovuta a un parassita - specie a rischio
GRADO. Nelle ultime giornata di maltempo, il moto ondoso, prima lo sciroccale e poi la libecciata, ha letteralmente scaraventato nella spiaggia della Costa Azzurra un migliaio di "sture" (così chiamate in dialetto gradese) che ufficialmente sono conosciute come Pinna nobilis o nacchere. Un fenomeno non raro che si è ripetuto in maniera significativa anche in questa occasione. Le Pinna nobilis spiaggiate erano tutte morte: la causa precisa della moria non è stata ancora accertata, ma si ipotizza che si tratti del parassita Haplosporidium pinnae.Gli esperti dell'Area marina protetta di Miramare stanno monitorando il fenomeno già da tempo tanto da aver affermato, nel febbraio scorso, che mentre nell'area dell'intero golfo si può parlare della moria del 60-70% di esemplari, nella laguna di Grado questa sfiora addirittura il 100%. Le foto scattate con i telefonini dalle tante persone transitate per la spiaggia della Costa Azzurra, mostrano con evidenza quanto è accaduto. Fra questi anche l'ingegner Luciano Cicogna, studioso, che ha fatto arrivare al giornale la foto che pubblichiamo e ha precisato che negli ultimi anni c'è stata una proliferazione di Pinna nobilis nell'alto Adriatico, inclusa la laguna di Grado.«Forse la loro elevata densità, unitamente all'innalzamento della temperatura media del mare sono causa di questa infezione, che è stata precedentemente rilevata dal 2016 in Spagna e Grecia, mentre nelle nostre acque il parassita è arrivato da un anno circa». Una moria significativa che rischia di far estinguere le "pinne" in tutto il Mediterraneo tanto che proprio da Miramare gli esperti hanno ipotizzato di conservarne un numero sufficiente in ambiente protetto per poi reintrodurli in mare a passato pericolo.

AN. BO.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 ottobre 2020

 

 

Legambiente - Il bosco di Bagnoli ripulito dai volontari
Una ventina di giovani volontari di Legambiente, Trieste Altruista ed E&Y - guidati dall'assessore all'ambiente di San Dorligo Davide Stokovac - hanno contribuito l'altro giorno alla riuscita di "Puliamo il Mondo", l'edizione italiana di "Clean Up the World", il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo, organizzata da Legambiente. I volontari si sono divisi in tre gruppi: uno ha battuto il Sentiero dell'Amicizia, verso Botazzo, trovando pochi rifiuti, gli altri due che hanno percorso i sentieri nel bosco tra Bagnoli e Dolina hanno riempito molti sacchi tra immondizie e vestiti abbandonati dai migranti di passaggio.

 

Legambiente sul litorale di Staranzano - Recuperati quintali di plastica
Nella prima edizione "bisiaca" di Puliamo il mondo ripulito dai volontari di Legambiente parte del litorale di Staranzano. Il presidente Sponza riassume il risultato dell'iniziativa: «Abbiamo trovato tantissimo polistirolo, bottiglie e vari oggetti di plastica, "calze" di plastica utilizzate in mitilicoltura, legname derivato dallo sfasciume di imbarcazioni e resti di casoni». Hanno collaborato i giovani della sezione monfalconese della Cri, gli ambientalisti di NOPlanetB, del Cisv di Gorizia, i volontari di Ourbeachcleanup.

 

 

SEGNALAZIONI - Legambiente - I perché di un brutto voto

Il voto 3/10 assegnato a Trieste emerge dalla lettura dall'edizione speciale di "Mal'aria", ricerca presentata da Legambiente mettendo a confronto le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) e del biossido di azoto (No2) degli ultimi cinque anni (2014-2018) con i rispettivi limiti suggeriti dall'Oms. La classificazione, risultante dal prevalente mancato rispetto del limite suggerito per il Pm2.5, è molto lontana da quelle di alcune città che raggiungono un voto superiore alla sufficienza quali a esempio Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Nuoro, Verbania, Grosseto e Viterbo (7), L'Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6).C'è da augurarsi che la chiusura dell'impianto a caldo della Ferriera contribuirà a un miglioramento della qualità dell'aria. Tuttavia il rapporto, grazie anche alle risultanze delle osservazioni sulla qualità dell'aria durante il lockdown, evidenza come il maggior rilascio di particolato sia dovuto alla circolazione delle auto. Per questo, obiettivi quali il miglioramento della qualità dell'aria e il contenimento dei rischi per la salute umana potranno essere perseguiti solo grazie a soluzioni di mobilità innovative quali ad esempio la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale. Per Trieste riteniamo che l'occasione per misurarsi con questa sfida sia il Pums (Piano urbano di mobilità sostenibile).All'amministrazione di Trieste Legambiente chiede di dimostrare coerenza e decisione nell'interesse dei propri amministrati. L'alternativa, riteniamo, è quella di rimanere nella lista dei Comuni "bocciati" su tale tema.

Mario Mearelli, Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste

 

 

Alle 16 - Passeggiata a Basovizza

Tre passeggiate sul Carso vestito d'autunno: evento organizzato dalle associazioni Bioest, il Ponte, Legambiente Trieste. Appuntamento oggi con ritrovo alle 16 al laghetto di Basovizza. Con la naturalista Sasa Don si percorrerà un tratto di circa due chilometri per imparare a riconoscere le erbe spontanee della landa carsica. Per informazioni e iscrizione: Elena 340846 1096, Tiziana 328790 8116.

 

Corso Tutela dell'ambiente per docenti

Aperte le iscrizioni al corso per docenti "Insieme per l'Ambiente! Sensibilizziamo le nuove generazioni sulla giustizia climatica", promosso da Focsiv e da Accri. Il corso, in collaborazione con LaRea dell'Arpa, è rivolto agli insegnanti delle scuole secondarie di I e II grado. Iscrizioni online sul sito dell'Accri. Info: 040/307899, biblio@accri.it.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 5 ottobre 2020

 

 

“Puliamo il Mondo”: ripuliti i sentieri della Val Rosandra e del Comune di S. Dorligo-Dolina
Puliamo il Mondo è l'edizione italiana di Clean Up the World, il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo. Dal 1993, Legambiente ha assunto il ruolo di comitato organizzatore in Italia ed è presente su tutto il territorio nazionale grazie all'instancabile lavoro di oltre 1000 gruppi di "volontari dell'ambiente", che organizzano l'iniziativa a livello locale in collaborazione con associazioni, comitati e amministrazioni cittadine.
Ottimo successo di "Puliamo il Mondo" in Val Rosandra e nel Comune di S. Dorligo-Dolina sabato 3 ottobre: una ventina di volontari - in maggioranza giovani - ha raccolto parecchi sacchi di rifiuti in una mattinata caratterizzata da tempo instabile e pioggia.
I volontari di Legambiente Trieste, dell'associazione Trieste Altruista e dell'azienda E&Y, guidati dall'assessore all'ambiente del Comune, Davide Štokovac, si sono divisi in tre gruppi: quello che ha battuto il Sentiero dell'Amicizia, verso Botazzo, ha trovato pochi rifiuti; invece quelli che hanno percorso i sentieri nel bosco tra Bagnoli e Dolina hanno raccolto molti sacchi di rifiuti o vestiti abbandonati, probabilmente dai migranti di passaggio, che sono stati accumulati per il prelievo da parte degli addetti comunali.
L'arrivo della pioggia ha costretto a concludere l'azione (poco) prima del termine previsto, ma i risultati sono stati molto positivi (come si può vedere dalle foto allegate).
Andrea Wehrenfennig  (presidente del Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste)

 

 

Italia Viva «Nel piano mobilità spazio a bici e pedoni»

«Ora è il tempo di programmare nuove corsie ciclabili e pedonali, coinvolgendo tutti gli "utilizzatori della strada"». È l'appello di Antonella Grim, esponente di Italia Viva, in vista dell'approdo in Consiglio del piano della mobilità dell'amministrazione Dipiazza.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 ottobre 2020

 

 

«L'itticoltura intensiva danneggia l'ambiente» - l'esperto al castello di Duino
DUINO AURISINA. La produzione di alti livelli di rifiuti organici, come feci, residui di cibo, metaboliti, «in grado di portare forti squilibri ambientali», innesca «fenomeni di eutrofizzazione», con conseguenze negative per l'ambiente circostante, soprattutto nei fondali. Sono gli effetti collaterali che possono derivare da un'acquacoltura intensiva secondo Francesco Biancuzzi, docente di Scienze a Gorizia, nel corso del suo intervento al Castello di Duino, nell'ambito di un incontro promosso dal gruppo "Salute e ambiente" alla presenza del principe Dimitri della Torre e Tasso: «Una rigida disciplina sull'uso dei medicinali, il miglioramento delle tecniche di allevamento, il trattamento adeguato dei rifiuti e lo sviluppo del settore verso situazioni sempre meno intensive sono l'unica soluzione».

u.sa.

 

 

Natura - Scienza e arte uniscono le forze per salvare le "pinne" del golfo

Al via #Art4Fun, progetto ideato dal Wwf per raccontare i progressi della ricerca

Un gruppo di artisti alle prese con la biologia marina e i suoi modelli di ecologia naturale. Succede all'interno di #Art4Fun, percorso ideato dal Wwf Riserva marina di Miramare, diretta da Maurizio Spoto, che vede Il Piccolo come media partner. È allestito all'interno del progetto di ricerca targato "Restorfan", l'iniziativa scientifica indirizzata alla tutela e al monitoraggio della "Pinna Nobile" (Pinna Nobilis), meglio conosciuta come "cozza comune" o "stura", il maggiore mollusco bivalve esistente nell'area del Mediterraneo, una specie attualmente a rischio in quanto vittima di un batterio protozoo che ne sta causando una grave moria. La "Pinna Nobilis" va quindi salvata e allo stesso tempo studiata nell'ambito del suo importante ruolo legato all'ecologia, nello specifico sul piano di indicatore dello stato di inquinamento marino. In questa missione entra in campo anche l'arte, proponendo un originale percorso di approfondimento e di narrazione affidato a 12 giovani artisti provenienti dalle più svariate specialità. Un viaggio che si avvale anche della collaborazione dell'Università di Trieste e dell'Ogs e che inizia nella mattinata di oggi nella sede del BioMa (il Biodiversitario Marino in viale Miramare 345), teatro della fase che consiste in un primo approccio al "modello" da descrivere. Nel pomeriggio gli artisti si trasferiranno nel "ReeFugio", l'aula attrezzata esterna del BioMa, dove iniziare a concepire le tracce e ad abbozzare le fonti d'ispirazione individuate assieme agli stessi ricercatori. Da questa prima valutazione nasceranno così le tracce, le basi su cui realizzare le opere destinate a raccontare i progressi della ricerca e che verranno poi esposte nell'ambito di una mostra programmata dal 27 ottobre al primo novembre nella sede della Sala "Xenia" in Riva III Novembre 9. L'esposizione verrà inoltre abbinata a un evento scientifico, il 30 ottobre. Chi sono quindi gli interpreti chiamati a evocare lo stato dell'arte della "Pinna Nobilis"? La scultura si affida a Nicolò Argenti, Greta Vettori, Valerie Cortellazzi e Mattia Cassaro; Isacco Alberti è il pittore di #Art4Fun; il fotografo è invece Lorenzo Peter Castelletto. E, ancora, Manuela Ceresoli interpreta la grafica vettoriale; Damiano Avoledo, Massimo Spadari e Silvia Patricia Mantoani prediligono la grafica d'arte, mentre Elena Perco e Giada Tonello puntano sul tratto classico del disegno (www.riservamarinamiramare.it).

Francesco Cardella

 

 

L'associazione Ecosocialisti: tappa in citta' sui rischi dell'ambiente

Solo una decina di anni. Questa è la finestra temporale per adottare misure che consentano di non crollare nel precipizio idrogeologico. A ribadirlo è l'associazione ecosocialista nazionale Planet 2084, realtà ambientalista approdata anche a Trieste con il Decologo, un elenco di punti e proposte per sensibilizzare sulle sorti ecologiche, dell'Italia e del mondo. Con tanto di dati alla mano, a offrire una panoramica dell'ipotetico futuro ci hanno pensato Ugo Poce e Marco Carraro, coordinatori nazionali di Planet 2084, intervenuti in videoconferenza davanti alla platea radunata in sala in via Valdirivo: «L'aumento della temperatura media è preoccupante - ha detto Poce -. Gli incendi, lo sfaldamento della Groenlandia, sono solo alcune delle più gravi emergenze che dovrebbero spingerci a correre ai ripari». Durante l'incontro, molti i temi toccati per fare luce su quella che è sì una crisi ambientale ma che si è già trasformata in uno squilibrio sociale. Secondo i dati, i rifugiati climatici nel 2018 erano circa 17 milioni. Ma potrebbero arrivare a 50 milioni entro pochi decenni, a causa dei problemi economici causati dal surriscaldamento. Anche per questo la questione del lavoro e della precarietà hanno un vasto spazio nel Decologo, in cui, tra gli obiettivi, c'è quello di «privilegiare produzioni agricole di piccola scala» e di «sradicare la pratica del caporalato».

Linda Caglioni

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 ottobre 2020

 

 

LEGAMBIENTE TRIESTE - Qualità dell’aria - Trieste bocciata
Il voto 3/10 è il risultato che emerge dalla lettura dall’edizione speciale di Mal’aria, presentata da Legambiente mettendo a confronto le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) e del biossido di azoto (NO2) degli ultimi cinque anni (2014-2018) con i rispettivi limiti suggeriti dall’OMS.
La classificazione, risultante dal prevalente mancato rispetto del limite suggerito per il Pm2.5, è molto lontano dalle quello di alcune città che raggiungono un voto superiore alla sufficienza quali ad esempio Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Nuoro, Verbania, Grosseto e Viterbo (7), L’Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6).
C’è da augurarsi che la chiusura dell’impianto a caldo della Ferriera contribuirà ad un miglioramento della qualità dell’aria. Tuttavia il rapporto, grazie anche alle risultanze delle osservazioni sulla qualità dell’aria durante il Lockdown, evidenza come il maggior rilascio di particolato sia dovuto alla circolazione delle auto. Per questo, obiettivi quali il miglioramento della qualità dell’aria e il contenimento dei rischi per la salute umana potranno essere perseguiti solo grazie a soluzioni di mobilità innovative quali ad esempio la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale. Per Trieste l’occasione per misurarsi con questa sfida è il PUMS (Piano Urbano di Mobilità Sostenibile). All’amministrazione di Trieste Legambiente chiede di dimostrare coerenza e decisione nell’interesse dei propri amministrati. L’alternativa è quella di rimanere nella lista dei comuni bocciati.
Prof. Mario Mearelli - Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 ottobre 2020

 

 

Vasche dei pesci - È botta e risposta in Regione
Gabrovec dell'Unione slovena contesta in aula la risposta dell'assessore Scoccimarro alla sua interrogazione «Si vigili di più sull'itticoltura»
TRIESTE. Botta e risposta sul tema dell'itticoltura in atto di fronte a Duino, in Consiglio regionale, fra il rappresentante dell'Unione slovena Igor Gabrovec e l'assessore Fabio Scoccimarro. Rispondendo a un'interrogazione presentata proprio da Gabrovec inerente l'impatto di tali attività, in cui il consigliere aveva parlato di «reflui organici prodotti dalle specie ittiche concentrate in uno spazio ridotto rispetto agli equilibri naturali e dai depositi di mangime non consumato», suggerendo la localizzazione delle vasche in mare aperto, «dove i fondali profondi e le correnti marine favoriscono una maggior dispersione dei reflui», Scoccimarro ha risposto citando un articolo scientifico del 2005. «In esso - ha sottolineato l'assessore - la comunità bentonica non sembra subire forti impatti dall'attività di acquacoltura. In base ai dati dell'Arpa - ha aggiunto - lo stato ecologico del mare in quella zona è classificato "buono". Non buone invece - ha osservato - sono le analisi chimiche dell'acqua, che rilevano composti organostannici e mercurio. La causa dei primi sono le vernici antivegetative di navi e natanti, mentre il mercurio lo porta l'Isonzo, perché la Slovenia - ha concluso - non è attenta alle proprie attività lungo il fiume, come pure sul fronte del cantiere della nuova linea ferroviaria Capodistria-Divaccia». «L'articolo peraltro vecchio - ha replicato Gabrovec - riporta una condizione di forte arricchimento organico, una riduzione di specie marine e la loro sostituzione con specie diverse. Conclusioni che confermano un notevole impatto sul fondale marino e sulla comunità bentonica. Rimane quindi alta la nostra attenzione, unita alla necessità di sviluppare uno studio che parta dall'introdurre parametri aggiuntivi nel monitoraggio dell'attività di itticoltura».

Ugo Salvini

 

 

RONCHI DEI LEGIONARI - Differenziata verso quota 80% calerà la tassa
L'impegno del sindaco alla luce dell'ottimo trend - Ogni ronchese produce 335 chilogrammi di rifiuti
RONCHI. Dal 74,98% del 2017, al 75,17% del 2018, passando per il 76,12% del 2019, la raccolta differenziata dei rifiuti a Ronchi dei Legionari nei primi otto mesi di quest'anno decolla ed arriva a quota 77,77%. «Un ottimo risultato - commenta il sindaco, Livio Vecchiet - che è il frutto, in primis, del virtuosismo di molti cittadini, ma anche dell'impegno profuso dall'amministrazione comunale, in collaborazione con Isa Ambiente, per offrire sempre maggiori strumenti utili per arrivare all'obiettivo che ci siamo prefissi: raggiungere l'80% della differenziata e far calare ancora le tasse». Da gennaio ad agosto sono stati raccolti 4 milioni 80.415 chilogrammi di rifiuti e, di questi, solo 887.799 di indifferenziati. La maggior parte, ovvero 3 milioni 105.568, sono andati al riciclo e, quindi, rappresentano una grande risorsa, mentre 87.048 sono i chilogrammi di altre frazioni di rifiuto. E, ancora, ammontano a 355 i chilogrammi di rifiuti pro-capite prodotti in questo periodo dai ronchesi: 71,43 di secco indifferenziato, 48,08 di umido, 22,84 di plastica e metalli, 35,71 di carta e cartone, 25,26 di vetro e 4,81 di Raee, ovvero di elettrodomestici e parti di elettrodomestici. Vengono differenziati anche gli inerti che, fortunatamente, non tutti abbandonano in aperta campagna o sul Carso come avviene. Complessivamente 166.408 kg che sono stati conferiti nell'area ecologica di via del Lavoro Artigiano. La pulizia delle strade ha permesso di raccogliere 112.450 chili di spazzatura; gli ingombranti, spesso raccolti da Isa Ambiente direttamente a casa dell'utente su chiamata, hanno raggiunto quota 99.770 kg. Tra il materiale che viene raccolto separatamente ci sono i rifiuti biodegradabili prodotti da cucine e mense, ben 572.400 chilogrammi, gli imballaggi (271.850), il legno (158.020), ma anche le apparecchiature elettriche, con 42.520 chili. E, ancora, carta e cartone (425.060), imballaggi di vetro (292.720), il vetro fatto di bottiglie e simili (7.960) e le vernici (5.670).

LU.PE.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 ottobre 2020

 

 

Il principe Dimitri: «Vasche da eliminare al largo di Duino» - TORRE E TASSO CONTRO GLI ALLEVAMENTI DI PESCE
DUINO AURISINA«Orribili sotto il profilo estetico, mentre sono tutte da verificare le conseguenze che possono comportare, con la loro presenza, sull'ambiente circostante». A parlare così delle discusse vasche di allevamento della Valle Ca' Zuliani, l'azienda proprietaria degli impianti per la piscicoltura sistemati al largo del castello di Duino, è il principe Dimitri, attuale proprietario, attraverso una sua società, dello storico maniero del casato della Torre e Tasso. «Sono contrario a questa collocazione - precisa - perché non è chiaro quali danni queste strutture possano causare ai fondali del nostro golfo. Ultimamente - aggiunge - è stata diffusa la notizia di una notevole morìa di pesci, che si sarebbe verificata in quelle vasche. Sarebbe utile sapere che cosa l'ha provocata, quali medicinali sono stati usati per cercare di salvare i pesci e, soprattutto, cos'è stato fatto delle migliaia di esemplari morti in tale circostanza. I pesci - prosegue il principe Dimitri - fanno parte della nostra catena alimentare, perciò mi sembra sia doveroso, da parte delle autorità che hanno, per loro competenza, la responsabilità di garantire la salute del mare, prestare molta attenzione a tutte le vicende che riguardano questi impianti». Il principe della Torre e Tasso lancia anche una proposta: «Bisognerebbe spostare molto più al largo queste vasche, perché nella loro collocazione attuale sono a meno di un chilometro dalla costa, che è frequentata da bagnanti, diportisti, amanti della pesca. A mio avviso - continua - andrebbero eliminate. Spero che qualcuno ascolti il mio appello - conclude - e che si faccia una volta per tutte un'approfondita valutazione su tutti gli aspetti di questo allevamento intensivo». In questa sua battaglia, Dimitri della Torre e Tasso non è solo: il gruppo ambientalista locale "Salute e ambiente" ha formulato spesso, soprattutto negli ultimi mesi, le stesse valutazioni, mentre il Comune di Duino Aurisina ha convocato per domani una seduta della Commissione Ambiente che sarà dedicata proprio all'argomento.

Ugo Salvini

 

 

Il futuro dell'acacia a rischio taglio andrà in assemblea di condominio
Dopo la mobilitazione a San Giovanni, ora parla la società Trilumi
C'è qualche speranza per l'acacia di via del Pinturicchio. In teoria il suo eventuale abbattimento sarà discusso nella prossima assemblea del condominio nel cui cortile il vecchio albero affonda le radici. Portare il tema sul tavolo del consesso condominiale è infatti l'intenzione resa nota dalla società Trilumi, anche a seguito della mobilitazione dei residenti di San Giovanni. Gli abitanti del quartiere nei giorni scorsi avevano allertato la Polizia locale per impedire un tentativo di recisione della pianta, da parte della ditta che esegue i lavori di riqualificazione sullo stabile in questione. Gli agenti avevano rilevato l'assenza dei permessi necessari per procedere al taglio, bloccandolo di conseguenza. Quanto a Trilumi, a livello locale segue il Fondo Alloro Trieste (di cui fa parte la palazzina di via del Pinturicchio) per conto della proprietà, riconducibile alla società di gestione risparmio "Savills Investment Management Sgr". Adesso Trilumi fa appunto sapere di non aver ordinato l'abbattimento dell'albero: c'era stata sì una valutazione tecnica, sul fatto che l'acacia copre la facciata dell'edificio e, se cadesse, potrebbe pure compromettere la sicurezza della zona. Ma sempre secondo Trilumi il passaggio all'atto, senza permessi, è stato un'iniziativa spontanea della ditta esecutrice. Anche alla luce dell'attenzione suscitata dall'episodio, ora la società rimette ai condomini la decisione sul taglio. Molti appartamenti non risultano infatti più in mano ai soggetti che li hanno messi sul mercato, ma sono già stati acquistati da privati cittadini, che evidentemente esprimeranno la loro opinione a riguardo. In particolare risulta che l'albero rientra nella proprietà di un alloggio sito al piano terra, al momento vuoto: sugli eventuali futuri acquirenti ricadrà la responsabilità dell'acacia, sia per quanto riguarda la sua manutenzione che per potenziali danni che potrebbero derivarne.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 settembre 2020

 

 

Buonuscite da 28 mila euro per gli operai della Ferriera - il confronto Arvedi-sindacati

La trattativa sulla buonuscita per i lavoratori della Ferriera si chiude con l'azienda inamovibile. Lo scivolo resterà di 28 mila euro lordi e i sindacati lamentano intanto che il gruppo Arvedi stia cambiando le carte in tavola sui livelli occupazionali della centrale elettrica: l'Accordo di programma prevedeva 41 addetti per la produzione di energia, ma la società ha comunicato che il numero verrà ridotto a 25, mentre le restanti 16 unità resteranno a disposizione della società in altri ambiti. Il tavolo fra impresa e sindacati è stato riconvocato ieri, chiudendo l'accordo sull'incentivazione delle uscite volontarie. Nonostante le pressioni, Arvedi ha mantenuto il bonus a 28 mila euro lordi per tutti i dipendenti, inclusi quelli della banchina che stanno per passare alla newco e successivamente a Piattaforma logistica. Non viene prevista inoltre nessuna differenziazione della cifra sulla base dell'anzianità e dunque i 28 mila spetteranno sia ai dipendenti prossimi alla pensione che ai neoassunti intenzionati a lasciare il posto per ragioni personali. L'azienda non esclude trattative individuali sulla base dell'anzianità e delle mansioni ricoperte. Sempre ieri è stata siglata l'intesa sui lavoratori della banchina, che verrà scorporata dal gruppo Arvedi, diventando una società separata (Società logistica giuliana) che sarà poi rilevata da Plt. In questo caso la proprietà ha assicurato il mantenimento di tutti i diritti normativi ed economici acquisiti. I sindacati denunciano invece un nuovo scoglio legato alla centrale elettrica. L'Adp prevede 41 addetti, ma Arvedi ha informato le rappresentanze che 16 di essi resteranno a disposizione per mansioni diverse. Le sigle hanno chiesto la sospensione del confronto: le parti si riaggiorneranno. Come spiega Antonio Rodà (Uilm), «abbiamo richiamato l'azienda al rispetto degli accordi: auspichiamo che la proprietà torni sui suoi passi e sia fedele alle intese siglate».Nel corso delle interrogazioni in Consiglio regionale, l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha chiarito intanto che 52 dei 66 ex lavoratori interinali della Ferriera risultano occupati a tempo indeterminato nelle rispettive agenzie e che 8 dei 14 disoccupati hanno cominciato un percorso di riqualificazione nel settore navale. Per Rosolen, «è stata la Regione a intervenire presso Arvedi perché i contratti dei lavoratori a tempo determinato e dei somministrati venissero mantenuti fino alla firma dell'Adp». Per l'interrogante Francesco Russo, consigliere regionale del Partito democratico, tuttavia, «si possono riconoscere gli sforzi, ma la Regione è stata garante della riconversione e ha sempre sbandierato che ci sarebbero stati zero esuberi: vigileremo finché questa promessa sarà stata interamente mantenuta».

D.D.A.

 

 

Albero a rischio taglio, il rione dice no
L'acacia vicina a una casa in ristrutturazione condannata all'abbattimento: i residenti chiamano la Polizia locale e la salvano
È in pericolo l'acacia di via del Pinturicchio, nel rione di San Giovanni. Si tratta di un vecchio albero, cresciuto nel cortile di un condominio ed evidentemente molto amato dagli abitanti della zona. L'edificio che lo ospita è soggetto a lavori di manutenzione straordinaria, che hanno portato a un tentativo di abbattimento dell'albero da parte della ditta esecutrice. Sul posto è intervenuta la Polizia locale, allertata dai residenti. Una versione dell'accaduto è riferita da Antonio Dainese, appunto residente in zona, tramite un post su Fb da oltre 150 like: «Questa mattina (l'altro ieri per chi legge, ndr) di fronte casa ci accorgiamo che un piccolo esercito di operai sta per tagliare un albero di acacia di oltre 10 metri e di almeno mezzo secolo. È in corso da mesi un restauro di quel condominio. Scendo in strada. "Cosa state facendo? Non vorrete mica tagliare l'albero?". Viene fuori che la multinazionale che ha comprato tutto lo stabile vuole tagliarlo per ragioni commerciali, così ci spiegano».Prosegue il racconto di Dainese: «Altri cittadini si uniscono alla protesta, alcuni di loro vivono nell'edificio da decenni e non gradiscono affatto che l'albero venga abbattuto. "Mi fate vedere il permesso?". Non ci fanno vedere il permesso. Volano paroloni. Chiamo la Polizia. Mentre sono al telefono il piccolo esercito si affretta a mettere via tutti gli attrezzi e poi, alla velocità della luce, spariscono tutti e rimane solo il capo cantiere». E ancora: «Come mai sono spariti tutti? Arriva la Polizia locale. L'agente chiede al capocantiere semplicemente: "Avete il permesso di tagliare quest'albero?". "No". Fine della storia. L'albero è ancora lì, con qualche ramo in meno, ma è ancora lì. Abbiamo scritto al Comune e vigileremo insieme ai vicini, tutti scandalizzati come noi». Risulta che l'intervento della Polizia locale ci sia stato davvero: è confermato che gli agenti hanno rilevato l'assenza dei permessi necessari all'abbattimento, bloccandolo di conseguenza. Quanto alla proprietà dell'immobile, un cartello affisso sullo stesso stabile porta ad Alloro Trieste, marchio di riferimento per il patrimonio immobiliare ex Allianz, a sua volta collegato a Trilumi. Nonostante i tentativi telefonici, a ieri sera non era risultato possibile conoscere la versione della società. Resta da capire che ne sarà ora dell'acacia. Da un lato il regolamento sul Verde pubblico, nell'articolo dedicato agli alberi di pregio, afferma che è «vietato su tutto il territorio comunale ogni intervento di abbattimento, modifica sostanziale della chioma e dell'apparato radicale di alberi con circonferenza del fusto, misurato a 130 centimetri dal suolo, superiore a 155 centimetri, oppure superiore a 220 centimetri se misurato al colletto; stesse prescrizioni valgono per tutti gli alberi con altezza superiore a 15 metri (tranne Acero negundo, Ailanto, Broussonezia, Indaco bastardo e Robinia, considerati infestanti, ndr)». Tutti gli alberi, indipendentemente dalla proprietà? Le speranze dei residenti vanno in questo senso, poiché l'acacia di via del Pinturicchio sembra rientrare in tali criteri. D'altro canto Elisa Lodi, assessore comunale con delega al Verde pubblico, rileva tuttavia che l'acacia non è considerata di per sé come un albero di pregio. Lodi si impegna inoltre a verificare con i suoi uffici la questione inerente le autorizzazioni e l'intervento della Polizia locale.

Lilli Goriup

 

 

Il Nobel Chu: «Le due buone abitudini che ci aiuteranno a salvare la Terra»
La sfida è consumare meno e in modo smart, favorendo le aziende più virtuose. Il sogno di "inscatolare" l'energia

Questo testo è una sintesi dell'intervista al fisico statunitense Steven Chu, premio Nobel per la fisica, realizzata per il lancio di Green&Blue.

Non possiamo evitare di utilizzare risorse preziose: idealmente bisognerebbe riciclare tutto, ma siamo ancora lontani da una simile prospettiva. Ecco perché la sostenibilità va contestualizzata. Prendiamo ad esempio l'energia: oltre ai carburanti fossili ci sono tanti altri materiali e metalli, ma anche questi non sono infiniti. Andiamo oltre: possiamo sviluppare nuove modalità di utilizzo della plastica e possiamo anche utilizzare risorse che derivano dalle piante, le cosiddette "bio-risorse". Basteranno? No. C'è anche l'idrogeno, che è a mio avviso una soluzione parziale, pur avendo un vantaggio rispetto alle batterie perché non genera energia in eccesso. Il punto è: la sostenibilità presuppone un uso di tutte queste risorse in un'ottica di maggiore circolarità. Lo stiamo facendo? La buona notizia è che stiamo iniziando a prenderci cura del Pianeta. Negli ultimi anni tante persone hanno iniziato a interrogarsi seriamente sul tema della sostenibilità e altrettanto hanno fatto alcuni governi. C'è una pressione notevole di entrambi i fronti sull'industria. Non si tratta però di uno scontro ma appunto di una vera e propria pressione verso nuove modalità di riciclo dei materiali e design dei prodotti. Su questo fronte molto si muove e le nuove tecnologie sono fondamentali. Pensiamo alle batterie agli ioni di litio per le auto elettriche e in particolare al riciclo delle stesse. È un punto fondamentale, non solo perché tocca una voce importante del costo materiale dei veicoli, ma anche perché riguarda l'ambiente. Pensiamo anche all'agricoltura e ricordiamo come siamo arrivati a rovinare un po' le nostre abitudini tra la creazione dei fertilizzanti artificiali e l'avvento dei macchinari meccanici, che ha ridotto la capacità dei terreni di mantenere il carbonio. Noi come possiamo contribuire? Ci sono due cose che possiamo fare. La prima è rivalutare le nostre abitudini e le nostre scelte personali, che si riflettono sui consumi e dunque sui produttori. Io, nel mio piccolo, sto cercando di viaggiare meno e quindi di limitare l'uso dei mezzi di trasporto, anche se sono fortunato a vivere vicino al luogo di lavoro. Le scelte personali sono importanti perché ci fanno guardare allo specchio e ci fanno prendere coscienza del nostro contributo. La seconda chance che abbiamo è la pressione sulle aziende. Se troviamo un'azienda che si orienta al futuro e che è davvero sincera nel cercare di ridurre le emissioni sul Pianeta, ha senso favorirla acquistandone i prodotti. Direi che dobbiamo iniziare da noi stessi chiedendoci: cosa stiamo facendo nella nostra vita quotidiana con le nostre scelte personali? Quello che facciamo oggi influirà sulle generazioni future in modo critico.E per l'immediato futuro? Il sogno sarebbe iniziare a risalire la catena energetica, partendo di nuovo dall'anidride carbonica e dall'acqua. La buona notizia è che, man mano che l'energia rinnovabile diventa sempre meno costosa, si possono immaginare modelli di immagazzinamento compatti ed economici. La sfida più importante della ricerca è lo stoccaggio dell'energia. Mettere l'energia in una scatola.

STEVEN CHU

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 settembre 2020

 

 

Rifiuti e scarti di cibo nel canale - Ecco il lascito delle bancarelle
Un mare di immondizie in acqua a Ponterosso all'indomani della chiusura dell'International street food. Ma Tonel minimizza: «Tutta colpa del vento»
Grandi sacchi colorati sulla superficie dell'acqua, che contenevano patatine fritte surgelate, una lunga serie di bottigliette, piatti e contenitori di plastica, così come bicchieri impilati e cartoni, che anche in questo caso contenevano cibo. Il canale di Ponterosso si è presentato così ieri mattina a chi passeggiava nella parte pedonale vicina, all'indomani della chiusura dell'International Street Food Trieste. Una serie di immondizie tra le imbarcazioni ma ben visibili anche al centro dello stesso canale. Tante in particolare le bottiglie, ma anche le confezioni di cibo, e ancora bicchieri di plastica impilati, sacchetti di varie dimensioni e imballaggi, sempre in plastica. Qua e là anche qualche mascherina e guanti di lattice. Secondo il Comune di Trieste la colpa, in questo caso, è soprattutto del vento. «L'area dove si svolgeva la manifestazione di Street Food dei giorni scorsi è stata completamente pulita - spiega Serena Tonel, assessore comunale alle Attività Economiche - di sicuro c'è che tutto è stato fatto secondo le regole. Per ogni manifestazione vengono effettuate convenzioni specifiche con AcegasApsAmga in cui sono ben chiare le disposizioni in termini di pulizia. E anche questa volta sono state portate a termine come negli altri appuntamenti che si sono svolti. Lunedì alle 9.48 abbiamo ricevuto un report - aggiunge - e tutto risultata pulito sulla superficie dove si trovavano le bancarelle». Possibile quindi che l'area fosse sgombera ma che, probabilmente per il vento forte che soffiava nella notte tra domenica e lunedì, qualcosa sia fuoriuscito dai bidoni. Non è escluso poi che, vista la grande affluenza delle persone agli stand domenica sera, ci sia stato anche qualche episodio di inciviltà. «In ogni manifestazione una delle prescrizioni che gli organizzatori devono rispettare è l'accordo con l'AcegasApsAmga - ribadisce Tonel - che comporta l'asporto dei materiali e la pulizia finale. E questa volta, a differenza di altre, la situazione ci è sembrata migliore, visto che non abbiamo ricevuto nessuna segnalazione o lamentela nella zona. Sono stati aggiunti anche bidoni delle immondizie in più, come si fa di solito in presenza di eventi legati al food. Poi c'è da considerare la variante vento o anche la maleducazione delle persone. Al di là di sensibilizzare la cittadinanza ad avere comportamenti civili durante appuntamenti di questo tipo, serve comunque ribadire a tutti l'importanza del rispetto per l'ambiente - conclude - sempre e ovunque».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 settembre 2020

 

 

La centrale A2A da riconvertire a idrogeno ma prima il carbone blindato con un muro
Pareti alte 3 metri per una lunghezza di 250. Impianto spento dal 6 febbraio, gli operai sono impiegati nelle manutenzioni
Entro un anno dal rilascio della nuova Autorizzazione integrata ambientale complessiva, concessa ad A2A Energiefuture Spa lo scorso 27 febbraio, in ordine alla centrale termoelettrica, dovrà essere realizzata la "blindatura" del parco carbone, al fine di evitare le dispersioni delle polveri nell'area urbana del rione Enel. L'azienda, in ottemperanza alle prescrizioni Aia, ha recentemente attivato la relativa procedura amministrativa. Si tratta dell'iter in ordine al rilascio delle autorizzazioni, in particolare quella paesaggistica, per la realizzazione di un muro di contenimento dall'altezza di 3 metri e dalla lunghezza di 250 metri, sul lato interno del parco carbone, a completamento della barriera già esistente. A lavori ultimati, quindi, i cumuli di carbone dovranno avere un'altezza massima di 2,50 metri, a fronte di un livello inferiore pari al 20% rispetto al muro di contenimento. Insomma, prima della riconversione della centrale da carbone a idrogeno, come annunciato dall'azienda a seguito dell'accordo con la Snam in vista del 2024, bisognerà comunque ottemperare a una serie di indicazioni e prescrizioni dell'Aia. Procedura dunque avviata da parte di A2A Energiefuture, nell'ambito delle prescrizioni relative alle cosiddette «emissioni non convogliate», ossia che non avvengono attraverso il camino della centrale termoelettrica, e che ne contemplano l'attivazione entro 6 mesi dal rilascio dell'Aia e quindi la realizzazione entro i 12 mesi. Una "blindatura" congrua rispetto alla situazione attuale, considerando peraltro che l'impianto termoelettrico risulta spento dallo scorso 6 febbraio, i dipendenti sono impiegati comunque nelle opere di manutenzione. Uno scenario evidentemente diverso rispetto al passato, quando i cumuli di carbone avevano raggiunto livelli di altezza anche fino a dieci metri. L'innalzamento del muro di contenimento del parco carbone ha rappresentato una delle richieste poste con forza dall'amministrazione di Monfalcone, nel corso dell'istruzione della nuova Aia. Ciò proprio al fine di migliorare la gestione delle «emissioni non convogliate», permettendo quindi di ridurre il fenomeno, da anni segnalato dai monfalconesi, della dispersione delle polveri, che incide in modo particolare durante le giornate sferzate dalla bora. L'Aia prevede la «costante implementazione e il miglioramento del programma di riduzione delle emissioni diffuse, anche mediante il mantenimento del sistema di scarico, stoccaggio e trasporto di carbone, ceneri e gessi». Tecnicamente vengono indicate specifiche modalità. Oltre alla presenza di una barriera che «superi almeno il 20% l'altezza dei cumuli, lungo il perimetro del carbonile», l'impiego di «sistemi a spruzzo d'acqua della massa di combustibile», nonché di «adeguati agenti incrostanti/filmanti (biodegradabili)» e «l'implementazione di un programma di manutenzione periodica finalizzata all'individuazione di perdite e alla riparazione».L'Autorizzazione integrata ambientale contiene inoltre l'obbligo da parte dell'azienda, come ottenuto dall'amministrazione comunale, di implementare le campagne di monitoraggio annuale circa le polveri depositate in ordine al dosaggio di carbone elementare, organico, e dei metalli (Arsenico, Piombo, Cadmio, Nickel, Vanadio, Rame, Cromo, Manganese, Mercurio, Tallio), oltre agli Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) cancerogeni, diossine, furani. Campagne da eseguire, in accordo con Arpa e Amministrazione comunale, due volte l'anno, l'una nella stagione calda l'altra in quella fredda. L'azienda ha fornito una prima proposta indicando i periodi novembre-dicembre 2020 e agosto-settembre 2021, avvalendosi di quattro deposimetri da collocare due a Monfalcone, gli altri a Ronchi dei Legionari e a Doberdò del Lago. Il Comune ha richiesto la revisione, a fronte dei periodi gennaio-febbraio e giugno-luglio, prevedendo i deposimetri nelle aree del territorio monfalconese dove negli anni si sono registrate le maggiori segnalazioni di polvere di carbone depositato su davanzali e pavimentazioni.

Laura Borsani

 

 

La missione europea per tutelare mari e oceani del pianeta - il dibattito con OGS protagonista
«Come sta il nostro mare? Sta male»: così ieri pomeriggio ha esordito Maria Cristina Pedicchio, membro del cda dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs, nonché docente di Algebra all'Università di Trieste, intervenendo all'evento "Con l'acqua alla gola - Come sta il nostro mare? La missione "Stella di mare" della Commissione europea per la salvaguardia di mari e oceani", nell'ambito di Trieste Next 2020. «Il nostro pianeta, la "biglia blu" - ha proseguito - è coperto per il 71% da mari e oceani, tanto che sarebbe stato più corretto chiamarlo "Oceano" anziché "Terra"». Introduzione, questa, per ricordare l'importanza, a livello globale, del mare. «Ed è per questo che la missione "Starfish 2030" - ha spiegato Francesco Regoli, direttore del dipartimento di Scienze della vita e dell'ambiente dell'Università Politecnica delle Marche e direttore di Marine Environmental Research - italianizzata in "Stella di mare" è così importante. Ispirata alla forma delle stelle marine, la missione ha cinque obiettivi generali per il 2030: colmare le conoscenze e il divario emotivo, rigenerare gli ecosistemi marini e d'acqua dolce, inquinamento zero, decarbonizzare il nostro oceano e le acque e, infine, rinnovare la governance». La mission di Starfish 2030 è quella di consentire il ripristino del ciclo dell'acqua nel suo complesso. A intervenire anche Sigi Gruber, head of Marin Resources Unit, Research and Innovation della Commissione europea, collegata in remoto da Bruxelles.

L.P.

 

 

Tre premi ambientali Rosmann ai giovani laureati e ricercatori
Quest'anno alle migliori tesi 1.000, 500 e 300 euro studiate per valorizzare le professionalità di chi punta su tematiche naturalistiche
L'Associazione Eugenio Rosmann promuove la quarta edizione dei due premi ambientali rivolti agli studenti neolaureati e ai ricercatori universitari per le loro tesi di laurea, master o dottorato e alle pubbliche amministrazioni che si siano distinte con azioni virtuose a favore della natura. Quest'anno al primo premio di 1.000 euro per la migliore tesi e di 500 al secondo si aggiunge un riconoscimento di 300 euro promosso dal Cai di Monfalcone e dedicato a una delle tesi che abbia come oggetto la tutela dell'ambiente montano. I premi ambientali sono realizzati grazie ai contributi del cinque per mille dell'Associazione ambientalista Rosmann, della Bcc di Staranzano e Villesse, del Comune di Monfalcone, oltre che del Cai, e hanno ottenuto il patrocinio dell'Università di Trieste e dell'Università di Udine e, tra gli altri, del Comune di Gorizia, Ater, di Irisacqua. Il premio ha lo scopo di promuovere e valorizzare le professionalità di giovani laureati che hanno manifestato un particolare interesse nella ricerca e approfondito tematiche ambientali e naturalistiche utili alla conservazione e al miglioramento dell'ambiente e della naturalità. Il concorso comprende comunque non solo gli aspetti scientifici, ma anche quelli economici, sociali, urbanistici e della legislazione, con un focus particolare, ma non esclusivo, sulle regioni del Triveneto. La partecipazione al concorso è riservata a tutti coloro che abbiano conseguito un titolo di laurea o altro titolo universitario nel periodo dall'1 gennaio 2018 all'1 dicembre di quest'anno, purché non già presentate nei due bandi precedenti. Le domande dovranno pervenire entro il termine dell'1 dicembre via mail all'indirizzo concorsomonfalcone@gmail.com e l'elaborato della tesi di laurea-master anche in formato cartaceo all'indirizzo dell'Associazione ambientalista Eugenio Rosmann in viale San Marco 9 a Monfalcone. Il Premio Populus alba, realizzato dall'artista Cristiano Leban, è rivolto invece alle pubbliche amministrazioni e mira alla valorizzazione di azioni e comportamenti virtuosi, volti alla tutela dell'ambiente e dei suoi contenuti naturalistici e alla manutenzione e gestione del territorio, a promuovere buone pratiche per la difesa della biodiversità e per la conservazione e il miglioramento del nostro ambiente naturale. Anche per le amministrazioni in bando scade l'1 dicembre (la documentazione va inviata sempre alla mail concorsomonfalcone@gmail. com). Entrambi i bandi di concorso sono pubblicati sul sito dell'associazione www.ambientalistimonfalcone.it. Le premiazioni sono in programma il 13 dicembre.

LA. BL.

 

 

Alle 10 - Dibattito online sull'ambiente

Per il Festival dello sviluppo sostenibile 2020 oggi si terrà l'evento "Dalle strategie globali alle strategie locali: la strategia regionale di sviluppo sostenibile della Regione Fvg e gli obiettivi di sviluppo sostenibile per le comunità locali". L'incontro, che è organizzato dall'Università di Trieste, si terrà online oggi alle 10 sulla piattaforma Teams - https://teams.microsoft.com/l/team/19%3aa2c155f431d6483bb19ebd41d062f582.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 settembre 2020

 

 

Gite, letture, cibo erbe e artigianato - Torna oggi "Draga in festa"
Il borgo carsico apre le porte alla creatività con produzioni locali ed escursioni nel bosco
Escursioni alle "iazere" e passeggiate per famiglie con giochi ed esperienze sensoriali ispirate alla pedagogia del bosco, raccolta delle erbe, letture sui prati alla presenza degli autori, incontri culturali, laboratori creativi ispirati all'autunno, installazioni con materiale povero riciclato, animazione per i più piccoli, tiro con l'arco, esposizione d'arte contemporanea di artisti locali. E una novità: la prima edizione del concorso Orto Fai Da Te "Master Kontadin", che premia le esperienze di autoproduzione orticola. Oggi (in caso di maltempo il 4 ottobre) dalle 10 alle 18 torna per il sesto anno, nel rispetto delle misure anti-covid, "Draga in Festa", una giornata "Open Day" di agricoltura sostenibile, alimentazione, ambiente e società con il patrocinio del Comune di San Dorligo della Valle nel corso della quale i residenti aprono al pubblico i loro cortili, offrendo i prodotti della loro creatività. Nel parcheggio della Locanda "Mario" per tutta la giornata saranno allestiti dei banchetti informativi e un mercatino di attività artigianali locali. Nuovissimo il concorso a partecipazione gratuita "Master Kontadin" (alle 12), organizzato da Bioest - Urbi et Horti, che intende promuovere iniziative di gestione partecipata del verde cittadino dando risalto a tutte le esperienze di agricoltura urbana presenti. Tra le novità 2020 pure i laboratori di detergenti naturali per la casa a cura di Fervide Menti (alle 16.30), la presentazione (alle 11) della BibliotEqua a cura di associazione Senza Confini-Brez Meja e, alle 15, "Incontriamoci #abassavoce a Draga in festa", spazio di lettura bilingue per famiglie con bambini da 3 a 6 anni con i volontari di "Nati per Leggere. Saranno presenti anche i volontari di Arci Servizio Civile nell'ambito di "Trieste on Sight 2020". Informazioni al 3287908116. «L'obiettivo di questa vera e propria festa - spiega Tiziana Cimolino di Bioest e Urbi et Horti - è quello di avvicinare le persone di tutte le età alla realtà di questo borgo carsico, riprendendo in un momento particolarmente difficile la convivialità e la condivisione, arricchite da attività ludiche e informative curate dalle associazioni del territorio»."Draga in Festa" è promossa da Arci Servizio Civile, Bioest, Legambiente Trieste, #MaiDireMai-#NikoliReciNikoli, Urbi et Horti e Usi-Ait.

Gianfranco Terzoli

 

 

Arriva un'alleanza con Sesana per il geoparco transfrontaliero
Prima riunione operativa in Slovenia. Deve essere preparato il dossier e il piano di gestione con un esempio pilota di valorizzazione del patrimonio
RONCHI dei legionari. Anche l'amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari partecipa all'istituzione del geoparco transfrontaliero sul Carso, previsto dal piano Interreg tra Italia e Slovenia. Un progetto, questo, finanziato dal fondo europeo di sviluppo regionale.Una prima riunione operativa si è svolta nei giorni scorsi a Sesana ed a ribadire l'impegno della municipalità ronchese, delegato dal sindaco, LivioVecchiet, è stato il consigliere comunale, Renato Chittaro. Obiettivo del progetto è quello rafforzare la capacità della cooperazione istituzionale attraverso la promozione dell'area del Carso classico con la progettazione di soluzioni congiunte alle sfide comuni. Tra i partner del progetto anche la Regione.Primi atti dello stesso la redazione dell'atto di istituzione del geoparco transfrontaliero e predisposizione del dossier per la candidatura dello stesso alla rete globale dei geoparchi Unesco. Con questo intento verranno elaborati il piano di gestione del geoparco transfrontaliero ed un esempio pilota di valorizzazione innovativa del patrimonio geologico, per una governance più efficace.Per raggiungere l'obiettivo sono previste diverse attività quali la definizione di un marchio territoriale condiviso, la redazione di linee guida per una certificazione di qualità, la realizzazione di esempi di programmi didattici, divulgativi e geo-turistici, di un sistema informativo integrato, un codice di comportamento per i visitatori del geoparco, nonché l'incentivazione di nuove idee imprenditoriali, la formazione di guide geo-turistiche qualificate e la creazione di nuovi geo-percorsi. Ronchi punta con forza a valorizzare il Carso e tutte le sue peculietà, sia naturalistiche, siano essere storiche e di proposta turistica ed enogastronomica.Il geoparco stimola la cooperazione, contribuisce a migliorare l'ambiente e le condizioni di vita dei suoi abitanti e ha un ruolo attivo nella promozione dello sviluppo economico del territorio puntando in particolare sul geoturismo. «Il Geoparco - spiega il sindaco, Livio Vecchiet - rappresenta una grande opportunità di sviluppo turistico per tutti i Comuni appartenenti all'area carsica e proprio per questo è importante che la strategia di marketing nasca, fin dal principio, da una condivisione che parte dal basso, dagli operatori e dalle associazioni locali attraverso la raccolta di proposte ed idee concrete».L'area carsica, anche a Ronchi dei Legionari, deve essere salvaguardata e valorizzata. Si tratta, dunque, di procedere alla realizzazione di un vero e proprio sistema organico delle zone a verde, come può essere la landa carsica o come sono quelle umide dei laghetti, al fine di migliorarne l'accessibilità e la fruizione pubblica.

LU. PE.

 

 

I fondali di Barcola ripuliti dalla plastica al porticciolo Cedas
Operazione fondali puliti ieri mattina al porticciolo del Cedas a Barcola grazie a "Splastichiamo il mare" (a cura di Ogs e Area protetta di Miramare nell'ambito del secondo giorno di Trieste Next) che ha visto i sub volontari recuperare appunto molti rifiuti dai fondali del porticcolo stesso.

 

 

Domani - Dibattito online sull'ambiente

Per il Festival dello sviluppo sostenibile 2020 domani si terrà l'evento "Dalle strategie globali alle strategie locali: la strategia regionale di sviluppo sostenibile della Regione Fvg e gli obiettivi di sviluppo sostenibile per le comunità locali". L'incontro si terrà domani alle 10 su Teams - https://teams.microsoft.com/l/team/19%3aa2c155f431d6483bb19ebd41d062f582.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 settembre 2020

 

 

Recuperata sui fondali del golfo una tonnellata di reti "fantasma"
Operazione della Capitaneria di porto. Oltre 100 sanzioni in estate nell'operazione Mare sicuro
Cinque reti "fantasma", per una tonnellata di peso e circa 3 km di lunghezza, adagiate sui fondali di Trieste e in particolare di Grado: è questo il "bottino" che ha rintracciato il Primo Nucleo subacquei della Guardia costiera di San Benedetto del Tronto nel corso di questa settimana. Sei operatori provenienti dal comune marchigiano si sono focalizzati soprattutto su questa attività, avviata per la prima volta in Fvg, nell'ambito di un'operazione condotta a livello nazionale dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie a tutela dell'ecosistema marino. ll materiale è già stato destinato allo smaltimento come rifiuto speciale a opera dei Comuni delle due città. L'attività proseguirà nei prossimi mesi anche nelle altre aree della regione.Per quanto riguarda Grado, dove a un miglio e mezzo dall'imboccatura del porto sono state tirate su quattro reti, sono state le unità di diving private a segnalare alla Capitaneria locale i possibili luoghi in cui trovare il materiale da pesca. Il recupero di una rete inoltre, a causa della pesantezza dovuta pure ai piombi presenti, è stato effettuato grazie al verricello di un peschereccio. A Trieste invece il campanello d'allarme è stato lanciato dall'Area Marina protetta di Miramare, vicino alla quale sono stati trovati quattro spezzoni di rete di circa 5-6 metri quadrati. Nonostante sia difficile stabilire da quanto tempo permanessero in mare, si può affermare che le reti risalgono comunque a tempi recenti: in alcune infatti è stato trovato anche del pesce incagliato.«Queste reti rappresentano delle vere e proprie trappole per i pesci - ha sottolineato il capitano di Corvetta Gianni Dessì, che dirige il nucleo -, perché con il moto della corrente sottomarina si aprono e si chiudono, oltre a costituire parte dell'inquinamento marino dei fondali». Il materiale da pesca rintracciato, in quantità maggiore di quanto inizialmente preventivato, in queste zone viene di solito perso accidentalmente dai pescatori. «Qui si capisce che il fenomeno della pesca abusiva è molto limitato rispetto ad altre aree - ha evidenziato Dessì -, dove si trovano per esempio le "spadare" (che sono illegali, ndr)».Per quanto riguarda l'operazione "Mare sicuro 2020" (avviata a giungo e conclusasi a metà settembre), ieri è stato inoltre diffuso il bilancio consuntivo dell'attività, che riguarda l'intera regione. Sono stati effettuati più di 11.582 controlli e rilevate un centinaio di infrazioni (quindi meno di un controllo su 100). Di queste, 102 sono illeciti amministrativi e quattro illeciti penali (ambiente, sicurezza della navigazione e demanio). Sono state infine soccorse 120 persone e 41 unità navali. «A fronte anche di una nostra presenza costante che funge da deterrente - ha commentato Vincenzo Vitale, comandante della Capitaneria di porto di Trieste -, abbiamo riscontrato una coscienza civica e una cultura marittima molto elevate. E questo vuol dire sicurezza. Con i comuni costieri lavorerò questo inverno per perfezionare e aumentare i presìdi sul fronte balneazione».

Benedetta Moro

 

 

La centrale A2A a idrogeno «Dal 2024 emissioni zero»
Firmato un accordo con la Snam. L'amministratore delegato Mazzoncini: «Subito la sperimentazione mista con il gas, poi soltanto green»
MONFALCONE. Non c'è solo il gas nel futuro, ormai prossimo, della nuova centrale elettrica di Monfalcone nel 2024, ma l'idrogeno e la produzione di energia potrà diventare a emissioni zero. Spariglia il campo e toglie il terreno a qualsiasi "contrario" l'amministratore delegato Renato Mazzoncini che dalla direzione della centrale Monfalconese, in anteprima, annuncia la svolta del gruppo verso l'energia green. Ieri pomeriggio, poi, a Trieste, al Festival della ricerca scientifica Trieste Next, alla presenza del ministro allo sviluppo economico Stefano Patuanelli, la firma del memorandum di cooperazione tecnologica tra A2A e Snam, siglato dallo stesso Mazzoncini e l'omologo della Snam Marco Alverà. Un progetto sperimentale per verificare l'utilizzo di idrogeno e accelerare la transizione della produzione elettrica a sistemi ad emissioni zero, senza Co2.«Per la sfida del climate change non c'è soltanto la strada dell'accumulo dell'idrogeno per le nuove batterie a cella - spiega Mazzoncini - l'altra soluzione è utilizzare l'idrogeno, che è un gas, inizialmente miscelato assieme al metano per far funzionare le centrali termoelettriche. Gli impianti hanno già le turbine che funzionano a gas ad alta efficienza con il metano. Con il mix andiamo a ridurre le emissioni di Co2 proporzionalmente alla percentuale di utilizzo, arrivando auspicabilmente anche all'utilizzo di idrogeno puro, dunque a emissioni zero». Ci sono già alcune centrali termoelettriche che potranno essere adattate alla produzione mista metano/idrogeno e inizierà da subito la sperimentazione dopo l'accordo con la Snam. Ma per Monfalcone, che nel 2024 ha progettato una nuova centrale, la svolta si annuncia radicale. «A Monfalcone si può immaginare un revamping (riavvio, ndr) dove nel capitolato di gara si preveda una centrale a ciclo combinato a gas già pronta per funzionare a idrogeno - spiega l'amministratore delegato -. Considerando i tempi di progettazione e costruzione la data di avvio per noi è quella del 2024: stiamo andando avanti con la parte autorizzativa, che speriamo di risolvere a breve. Ma la prospettiva non è quella di avere una centrale utile per la sola fase di transizione energetica, quindi per i prossimi 20 anni, ma grazie alla prospettiva a idrogeno la centrale può essere definitivamente una componente essenziale del sistema elettrico del Fvg. Da qui al 2024 potremo iniziare a sperimentare da subito in nostri impianti termoelettrici a gas che possono già accettare una percentuale di idrogeno. Un impianto nuovo, sperimentale, per arrivare in futuro all'iutilizzo del 100% di idrogeno e alle emissioni zero».Sul progetto di riconversione della centrale di Monfalcone è tutto confermato, circa 400 milioni di finanziamento da parte di A2A, una potenza di 850 megawatt e impianti a corollario, quali fotovoltaici o "compensatori sincroni" se utili alla stabilità complessiva del sistema. Come anche la connessione alla rete del gas con un tubo lungo meno di 2 chilometri che si collegherà alla cabina del Lisert poco distante dall'autostrada. Ma che un domani potrebbe essere tramutato in condotta per l'idrogeno. «Noi saremo gli utilizzatori, la Snam distribuirà l'idrogeno - aggiunge Mazzoncini - e l'accordo con loro serve per avviare la sperimentazione. Questa collaborazione può rappresentare un'importante opportunità per valorizzare una filiera italiana di infrastrutture chiave per raggiungere l'obiettivo europeo di emissioni zero al 2050».Secondo l'ad di A2A l'Italia come il resto dei paesi vedrà un forte aumento della richiesta di energia elettrica. «Siamo in guerra per vincere la sfida del climate change - ribadisce - l'obiettivo della transizione è arrivare al 2050 con un consumo zero delle risorse fossili. È un errore di valutazione dire che non servirà più elettricità, non possiamo immaginare una deindustrializzazione. L'energia serve all'industria, alle abitazioni e alla mobilità che nel futuro sarà tutta elettrica. Lo dicono tutte le stime economiche».E Monfalcone, che è una centrale strategica per tutto il Nord Italia, potrebbe diventare la prima, forse, tutta a idrogeno. È un momento storico e un grande impulso arriverà anche dai fondi del recovery fund.

Giulio Garau

 

Posti "blindati" e l'elettricita' per i due porti

«La collaborazione con A2A è un primo passo per testare le potenzialità dell'idrogeno nella decarbonizzazione della produzione di elettricità e delle reti di distribuzione gas». A dichiararlo l'amministratore delegato della Snam, Marco Alverà. «Oltre a lavorare per rendere le infrastrutture di Snam hydrogen ready, - insiste l'ad - vogliamo mettere a disposizione le nostre competenze e fare sistema per accelerare l'introduzione dell'idrogeno verde nel settore energetico italiano. L'obiettivo è sviluppare una filiera nazionale che, in linea con quanto previsto dalla Hydrogen Strategy europea, possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del Green Deal e alla creazione di nuove opportunità di sviluppo e occupazione nel nostro Paese». Per la centrale di Monfalcone questo accordo prelude non solo alla riconferma dei circa 100 occupati. Ma anche all'aumento dell'occupazione se la sperimentazione lo richiederà. Tra le altre prospettive per Monfalcone e Trieste la fornitura di energia a km zero per le banchine dei due porti che saranno elettrificate. Su questo discuteranno in un prossimo incontro l'ad di A2A Renato Mazzoncini e il presidente dell'Autorità di sistema Zeno D'Agostino.

 

 

Marco Frittella a GeoGrafie: «Nessuno ci crede ma siamo un Paese "green"»
Oggi a Monfalcone il giornalista presenta il suo nuovo libro sull'economia sostenibile a colloquio con il direttore de "Il Piccolo" Enrico Grazioli
Monfalcone. Non è un libro per esperti: non tabelle o grafici, non una teoria sull'economia circolare, ma storie con tanto di nomi e cognomi per raccontare quei cittadini del nostro Paese che, in materia di ambiente e sostenibilità, lasciano un segno profondo. "Italia green" (Rai Libri, pagg. 240, euro 18) porta la firma di Marco Frittella, che oggi, alle 11.30, in un appuntamento realizzato in collaborazione con il festival Leali delle Notizie, sarà per Geografie in piazza della Repubblica a Monfalcone o, in caso di maltempo, alla Biblioteca Comunale. A dialogare con il conduttore del Tg1 e quest'anno anche di Unomattina, sarà il direttore de "IlPiccolo", Enrico Grazioli. Frittella, l'Italia è un Paese "green"?«Siamo oppressi da molti problemi, come la Terra dei Fuochi e le ecomafie, ma crediamo che siano la parte prevalente del panorama nazionale. Invece c'è un'Italia virtuosa sotto il profilo ambientale e dello sviluppo sostenibile, al punto che siamo primo Stato in Europa per quanto riguarda l'economia circolare: la nostra media di raccolta differenziata è il doppio di quella europea, molto superiore a quella tedesca, francese, inglese e spagnola».Significa che siamo più bravi?«Significa che abbiamo sviluppato più di altri i meccanismi produttivi legati a quel tipo di economia, attraverso un reticolo di aziende di consorzi, di start up, di ricerca e tecnologia per cui il riuso di prodotti utilizzati e consumati è molto più ampio che in altri Paesi. Tanto è vero che, considerando tutti gli elementi che definiscono un'economia circolare, l'Enea, su base Eurostat, dà all'Italia un indice di circolarità pari a 100, mentre quello della Germania è di 89. È un dato sorprendente e il 51% degli italiani non ci crede».Dove nasce questa cultura "green"? Dalla politica, dai cittadini? «Riguardo l'aspetto normativo abbiamo una serie di problemi, di lentezze, ma anche di virtù, perché abbiamo adottato alcuni provvedimenti in materia prima di altri, penso alla plastica monouso. Siamo stati apripista in Europa. Comunque, sì, riguardo le norme abbiamo più problemi di altri. Invece, l'elemento molto importante è la dinamica socioeconomica: l'insieme di aziende, istituti di ricerca, consorzi, associazioni, singoli cittadini produce un'ecosostenibilità molto forte. Non dimentichiamoci che in quest'ambito c'è il green business: molte aziende italiane si sono rese conto prima di altre che soddisfare la richiesta di "green" del consumatore le aiuta a svilupparsi, fa loro conquistare fette di mercato».Il problema normativo è soprattutto di tipo burocratico?«La burocrazia si limita ad applicare più o meno bene le norme che ci sono, ma è solo la parte terminale del problema. Se c'è una giungla normativa, se c'è una stratificazione pluridecennale di leggi tra loro contraddittorie, è un problema, appunto, normativo e legislativo. E noi ci siamo complicati la vita in una foresta inestricabile di norme che frenano la dinamica di cui parlo. Ma non la fermano».

Alex Pessotto

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 settembre 2020

 

 

Bike sharing in Porto vecchio - Pronte le due nuove stazioni
Una si trova davanti al Magazzino 28, l'altra vicino alla rotonda di viale Miramare - L'invito dell'assessore Polli: «Grandi aziende e alberghi creino ulteriori stalli»
Due nuove stazioni di bike sharing inaugurate ieri nella zona del Porto vecchio e l'invito del Comune, rivolto a privati, a grandi aziende e hotel soprattutto, all'acquisto di ulteriori postazioni, utili ad ampliare la rete cittadina. Al momento sono oltre 8.700 gli iscritti al servizio BiTs e dall'avvio a febbraio 2020 si contano finora 65 mila viaggi, con una media di 430 spostamenti al giorno. La stazione più utilizzata in assoluto è quella di piazza Libertà, seguono Teatro Romano, Teatro Rossetti e via Cumano. Da ieri quindi sono operative due nuove aree, attraverso il progetto Civitas Portis, che punta ad avvicinare le persone a nuove soluzioni di mobilità. I due stalli, ciascuno dotato di dieci biciclette, si trovano uno di fronte al Magazzino 28 e uno nei pressi della nuova rotatoria che collega viale Miramare al Porto vecchio. Sale a 12 quindi il numero complessivo dei punti dove prelevare i mezzi in città. «Le ultime stazioni sono state aperte non a caso prima della Barcolana - ha spiegato ieri l'assessore comunale all'Urbanistica e all'Ambiente Luisa Polli - perché si trovano vicino al grande parcheggio Bovedo, che tanti potranno utilizzare per lasciare l'automobile, spostandosi poi verso il centro pedalando. In più - aggiunge - faccio un appello a tutte le grandi aziende presenti in città, dove ad esempio ci sono tanti uffici, per installare autonomamente nuove stazioni di bike sharing, che garantirebbero un duplice vantaggio: potrebbero rappresentare per i dipendenti un modo comodo per muoversi, un'alternativa all'auto ad esempio, e potrebbero ampliare la rete di bike sharing già presente. Allo stesso modo invito anche gli alberghi a pensarci, perché si tratta sicuramente di un valore aggiunto per i clienti». Tutti i viaggi sotto i 30 minuti restano gratuiti, e grazie alla proroga del periodo promozionale, fino al 31 dicembre è possibile acquistare un abbonamento semestrale al prezzo simbolico di 3 euro. L'utilizzo del sistema è spiegato attraverso i cartelli presenti in ogni postazione o semplicemente collegandosi al sito dedicato. Il modo più comodo per accedere al servizio è scaricare l'app ed effettuare l'iscrizione online. Tanti i triestini che, soprattutto negli ultimi mesi, hanno cominciato a usufruire abitualmente delle bici. «Siamo felici che i cittadini abbiano accolto con entusiasmo il servizio BiTs - commenta in una nota Gianluca Pin, direttore commerciale di BicinCittà - e che si stia consolidando l'abitudine a usare il bike sharing per gli spostamenti brevi in città». Ma con l'aumento degli utenti sono tanti anche gli episodi di danneggiamenti. «Ricordo a tutti di rispettare i mezzi - ha sottolineato ieri Polli - che spesso, purtroppo, sono stati vandalizzati».

Micol Brusaferro

 

Trieste Trasporti - «Nessuna criticità a bordo dei bus»
Secondo la Trieste Trasporti non ci sarebbero situazioni di criticità a bordo dei mezzi. A dimostrazione della situazione sotto controllo, l'azienda fornisce i dati, «certificati», che mostrano solo poche volte il superamento 50-55% del carico massimo. La linea 6 risulta la più utilizzata al momento, con il raggiungimento del 52,94% il 15 settembre, salito al 56,86% il 17 settembre, giornata in cui comunque su una capienza massima di 102 passeggeri, le persone a bordo sono state 58. Anche la linea 42 per Opicina ha segnato un dato del 50% con 44 utenti a bordo, a fronte di un massimo di 88. Un po' più affollata la linea 14 direzione via Cantù, con un 53,41% e 47 persone a bordo a fronte di una capienza massima di 88.Tutte le altre tratte non evidenziano un superamento del 50% nei giorni scorsi. Tra i più utilizzati il bus che parte da piazza Libertà, diretto a Cattinara, ma anche in questo caso capienza sotto controllo, 47,73%, 42 persone sulle 88 possibili.

 

 

Domenica - Litorale staranzanese ripulito da Legambiente
STARANZANO Riparte Puliamo il Mondo, la campagna di pulizia del litorale promossa dal circolo Zanutto della Legambiente di Monfalcone. L'appuntamento è per domenica alle 9 a Punta Barene a Staranzano. Verrà ripulita dai rifiuti una parte del litorale a est della pista ciclabile che porta dal bosco degli Alberoni all'isola della Cona. Un appello viene rivolto a tutti gli appassionati che difendono la natura da parte dell'organizzazione e dal presidente di Legambiente Michele Tonzar a partecipare in tanti, poiché più partecipanti ci sono, maggiore sarà la zona che si riuscirà a liberare dai rifiuti. Legambiente fornirà i guanti (portarli pure se ci sono quelli personali e nel caso di partecipazione dei bambini procurarsi la misura adatta), poi il cappellino e la pettorina e l'assicurazione per i volontari. Sono consigliate scarpe robuste e una borraccia d'acqua. Legambiente ringrazia il Comune di Staranzano che sostiene da decenni l'iniziativa e i giovani volontari della Cri di Monfalcone, i giovani ambientalisti di NOPlanetB, il Cisv Gorizia, il gruppo di volontari di Ourbeachcleanup Project e Isontina Ambiente. Si consiglia l'iscrizione tramite l'e-mail del circolo: monfalcone@legambientefvg.it oppure chiamare al cell. 328/3648063.

CI.VI.

 

 

TRIESTE NEXT - Alverà: «La scommessa ambientale sui gas verdi come l'idrogeno»
Le strategie dell'ad di Snam per ridurre le emissioni di CO2: «L'Italia è stata la prima ad attivarsi»
Si dice ottimista Marco Alverà, 44 anni, amministratore delegato di Snam, una delle principali società di infrastrutture energetiche al mondo. È uno dei Ceo italiani più influenti sui social media e crede, con convinzione, che la lotta ai cambiamenti climatici sia la sfida chiave, da vincere con uno sforzo comune di istituzioni, imprese e cittadini. Interverrà a Trieste Next questo pomeriggio. Alverà, le attuali scelte politiche, nazionali ed europee, possono dare un apporto significativo per ridurre le emissioni CO2?Sono fiducioso. Il Green Deal europeo è un ottimo segnale: con investimenti di mille miliardi di euro in dieci anni è una sorta di nuovo piano Marshall. Insieme al Recovery Fund potrà sostenere concretamente la transizione energetica e il rilancio dell'economia. L'Italia è ben posizionata. Oltre alla questione tecnologica, ce n'è anche una culturale. Come si può incentivare una maggiore consapevolezza rispetto alla necessità della transizione energetica?È importante che all'energia della protesta si affianchi una narrativa positiva e costruttiva per incentivare il cambiamento. La paura crea paralisi, la speranza genera azione. L'ottimismo è alla base dei due libri che abbiamo scritto sull'argomento per contribuire al dibattito: Rivoluzione Idrogeno, che propone un piano in dieci mosse per sviluppare l'economia dell'idrogeno, e Zhero, un racconto per adolescenti nel quale tre ragazzi a Venezia si mettono all'opera per salvare il pianeta. Quale strada state percorrendo come Snam?Crediamo nel potenziale dei gas verdi, in particolare dell'idrogeno. Siamo stati tra i primi al mondo a immetterlo nella nostra rete di trasmissione gas. Oltre ad affiancare l'elettricità rinnovabile come soluzione per la decarbonizzazione, soprattutto nell'industria, nel trasporto pesante e nel riscaldamento, l'idrogeno può contribuire a creare un modello di sviluppo più equo, perché anche paesi oggi privi di fonti come petrolio e gas ma ricchi di risorse naturali come sole e vento potranno essere più autosufficienti dal punto di vista energetico. Quali sono i vantaggi dell'idrogeno e come può essere utilizzato?L'idrogeno è l'elemento più abbondante dell'universo. Se prodotto da fonti rinnovabili, non rilascia emissioni di CO2. Permette di trasformare l'energia solare ed eolica in un combustibile efficiente, facile da trasportare, stoccare, distribuire e utilizzare. Tra cinque anni, secondo le nostre stime, potrebbe diventare competitivo con i combustibili fossili in alcune applicazioni. A che punto si trova l'Italia rispetto all'uso dell'idrogeno?L'Italia ha un vantaggio temporale perché siamo stati tra i primi a partire nonché un vantaggio dovuto alla tradizione manifatturiera. Inoltre disponiamo dell'infrastruttura di gas più capillare d'Europa che stiamo rendendo pronta a trasportare idrogeno. Infine abbiamo un vantaggio geografico per diventare un hub continentale dell'idrogeno verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa. Secondo uno studio recente di Ambrosetti e Snam, la filiera italiana dell'idrogeno può generare fino a 1.500 miliardi di euro di valore cumulato della produzione e dare vita a mezzo milione di nuovi posti di lavoro nei prossimi 30 anni. Come ha influito la pandemia da Covid-19 sulla transizione energetica?L'emergenza Covid ha dimostrato che non si può vincere la sfida climatica fermando tutto. Ciò che occorre è un intervento massiccio e strutturale di decarbonizzazione planetaria, con un approccio sovranazionale e trasversale dei vari comparti energetici, in grado al tempo stesso di promuovere il lavoro, le attività economiche e migliorare gli standard di vita.

EMILY MENGUZZATO

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 settembre 2020

 

 

Via ai lavori di bonifica dal vinil-amianto alla materna di Fonderia
MUGGIA. Sono stati affidati, e sono in partenza, i lavori per la manutenzione straordinaria della materna "Giardino dell'Infanzia" di Fonderia, a Muggia. Si interverrà infatti sulla struttura scolastica del popolare quartiere in quanto prescelta dal Comune quale destinataria di un contributo ministeriale di 90 mila euro. Una cifra, questa, messa a disposizione precisamente dalla Direzione centrale della Finanza locale del Dipartimento degli Affari interni e territoriali del ministero dell'Interno per i comuni con una popolazione compresa tra 10 mila e 20 mila abitanti - come Muggia appunto - e finalizzata a investimenti destinati a opere pubbliche in materia di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Con una recente deliberazione di giunta è stato approvato il progetto definitivo ed esecutivo dell'intervento in questione, redatto a inizio agosto dall'ingegner Luciano Zarattini, della Atec Engineering di Trieste. L'intervento straordinario, che riguarda come detto la scuola di via Carpentieri, prevede nello specifico l'esecuzione di interventi per l'asportazione dei pavimenti in vinil-amianto, con colla contenente amianto. Un lavoro di bonifica per il quale è necessario che l'operatore incaricato sia iscritto in una categoria apposita, la numero 10, dell'Albo dei gestori ambientali. La presenza di pavimenti in vinil-amianto è ancora molto diffusa nel nostro Paese. Tra gli anni '60 e '80 era stato largamente usato soprattutto per la pavimentazione di edifici pubblici come scuole, palestre e ospedali e anche di alloggi popolari. La produzione dei pavimenti in vinil-amianto avveniva miscelando cariche inerti, Pvc e, appunto, amianto, che serviva a migliorare le proprietà di resistenza meccanica, al calore e alla corrosione. Il risultato era un rivestimento molto simile al linoleum, con il quale spesso questo tipo di rivestimento veniva confuso. D'altro canto in questi anni sono numerosi gli istituti e gli enti che stanno procedendo alla bonifica di pavimentazioni nelle quali è presente amianto. L'importo a base d'asta per l'esecuzione delle opere è pari a 55.438,49 euro più Iva, cui vanno aggiunti altri 7.320,60 euro per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso. Per l'intervento alla materna di Fonderia, assegnato attraverso affidamento diretto, è stata individuata la Cerbone Giovanni & figlio di San Dorligo della Valle, iscritta nell'apposita categoria dell'Albo dei gestori ambientali.

Luigi Putignano

 

 

Il Carso chiede via social più autobus per chi va in città
TRIESTE. Mancanza di collegamenti fra Carso e centro cittadino, coincidenze poco utili per chi lavora e va a scuola, orari male assortiti. È sempre viva la protesta dei residenti dell'altipiano riguardo le novità del trasporto pubblico locale. In base a un sondaggio lanciato sui social dal gruppo Facebook "Vivere Opicina e l'Altipiano", le lamentele e le richieste di modifica sono in crescita. «Dalle risposte che abbiamo ricevuto da coloro che abitano sul Carso - spiega l'amministratore del gruppo Diego Pangher - risulta che sarebbe utile una modifica dell'orario della linea 51 che, rispetto alla 39 che ha sostituito, garantisce un minor numero di corse. C'è poi la critica al fatto che la nuova 57 da Aurisina a San Giovanni offre, nell'arco dell'intera giornata, solo una corsa di andata e una di ritorno. I cittadini chiedono poi un rafforzamento del collegamento con l'ospedale di Cattinara e di quello fra Opicina e Prosecco, oltre a quello con la stazione dei treni di Villa Opicina». Proseguendo nell'elenco delle richieste, ecco la forte domanda di una corsa aggiuntiva al mattino da Villa Carsia che possa portare verso le 7.45 in piazza Libertà e «di cui beneficerebbero - precisa Pangher - gli studenti che vivono sull'altipiano e frequentano le scuole del centro. Si garantirebbe anche un migliore distanziamento». Dello stesso tenore la richiesta di una corsa aggiuntiva, al pomeriggio, in direzione Opicina «che parta da piazza Libertà alle 14.45 per gli studenti che rientrano da scuola. In alcuni istituti infatti le lezioni finiscono alle 14.30. Sempre pensando ai ragazzi si richiede , ancora, un bus con partenza alle 16.15 da Villa Carsia, per permettere agli alunni di Banne di poter tornare a casa. Sarebbe utile infine - conclude Pangher - modificare la partenza da Villa Carsia delle 13.50 di cinque minuti, per gli alunni della scuola de Tommasini di Opicina e di Banne».

U.SA.

 

 

Duino Aurisina - Una mostra per aiutare il mondo "sopra e sotto" contro l'inquinamento

Si inaugura questa mattina nella sala Grotte del castello di Duino, la mostra intitolata "Rispettiamo il mondo sopra e sotto", dedicata in particolare alle problematiche dell'inquinamento ambientale, soprattutto l'inquinamento causato dalle plastiche. La mostra sarà preceduta da una conferenza, che inizierà alle 10.30 e che si svolgerà nel vicino Centro congressi, promossa dal Sistiana Diving, con il supporto scientifico del Wwf Area marina protetta di Miramare e il patrocinio e il contributo del Comune di Duino Aurisina. Nell'ambito dell'inaugurazione della mostra sono previsti interventi di Daniela Pallotta e Massimo Romita, rispettivamente sindaco e assessore comunale per l'Ambiente di Duino Aurisina, Fabio Scoccimarro, assessore regionale per l'Ambiente, Andrea Sauro del Diving Sistiana, Maurizio Spoto, direttore della Riserva marina di Miramare, Leonardo Marcuzzi e Marco Mallardi, i due studenti che hanno recentemente creato la app per salvare gli oceani dalla plastica e che hanno lanciato un'iniziativa per raccogliere fondi da destinare a tale scopo. Moderatore dell'incontro il giornalista Silvio Maranzana.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 settembre 2020

 

 

Colosso del gas fa causa alla Slovenia
Perché lo Stato ha chiesto la valutazione di impatto ambientale sull'attività estrattiva. Anche accuse di lungaggini
LUBIANA. La Slovenia è sotto pressione per mano della potente società britannica Ascent Resources che minaccia di portarla in tribunale. Compatta e forte la reazione di tutte le ong ambientaliste del Paese: lo Stato non deve cedere alle pressioni di Ascent Resources, che ha annunciato una causa contro la Slovenia dovuta alla decisione dell'Agenzia per l'ambiente della Repubblica di Slovenia (Arso) di richiedere una valutazione di impatto ambientale per il loro progetto a Petisovsko polje. Lo Stato si impegni a proteggere l'ambiente e la salute umana, dicono all'unisono le ong. Ascent basa la causa annunciata sulla base del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, il cosiddetto meccanismo Isds (Investor state dispute settlement), il cui pericolo è stato reso noto da molti anni dalle organizzazioni non governative.«È oltraggioso citare in giudizio la Slovenia per l'attuazione delle nostre leggi e regolamenti per la protezione dell'ambiente e della salute umana. Gli effetti del fracking sono così pericolosi per l'ambiente e la salute umana che molti Paesi europei, tra cui Irlanda, Francia e Bulgaria, lo hanno completamente bandito», ha affermato Lidija Zivcic di Focus, un'associazione per lo sviluppo sostenibile, in un comunicato stampa. «Ascent Resources è probabilmente consapevole di come la valutazione del danno ambientale sarebbe terminata a causa della nocività del fracking, e quindi hanno fatto ricorso all'unica opzione rimasta per evitarlo», ha aggiunto. Andrej Gnezda di Umanotera ritiene che la Slovenia dovrebbe immediatamente ritirarsi da tutti gli accordi di libero scambio o altri accordi internazionali che includono il controverso meccanismo Isds o la sua forma riformata. «Solo in questo modo - ha sostenuto - la Slovenia potrà attuare la propria legislazione e proteggere l'ambiente e i suoi abitanti, senza essere minacciata da cause multimilionarie in tribunali arbitrali speciali». Secondo le organizzazioni non governative, ora è anche il momento giusto per il governo sloveno di sostenere attivamente a Bruxelles la modifica del Trattato sulla Carta dell'energia, che contiene anche il meccanismo controverso. Sono attualmente in corso le trattative per il rinnovo del suddetto contratto. In caso contrario, alla Slovenia non resta altra scelta che ritirarsi completamente dal trattato sulla carta dell'energia, seguendo l'esempio dell'Italia. Nel marzo 2019 Arso ha deciso che per ottenere un'autorizzazione ambientale per la produzione di gas stimolando i pozzi nel Petisovsko polje, deve essere effettuata una valutazione dell'impatto ambientale. A causa della suddetta richiesta, che descrive come politica, Ascent Resources ha annunciato una causa contro la Slovenia. L'azienda britannica, con diverse filiali internazionali, accusa anche le autorità slovene di procedure decisionali troppo lunghe.

Mauro Manzin

 

 

Energie Rinnovabili - A Pago sta per partire la costruzione di un impianto eolico
PAGO La Croazia pare avere finalmente capito l'importanza dell'entrata in funzione di centrali eoliche e solari, potendo contare su fonti energetiche rinnovabili abbondanti. Dopo la recente inaugurazione dell'impianto fotovoltaico nell'isola di Lissa, prossimamente comincerà la costruzione di una centrale solare a Novalja, sull'isola altoadriatica di Pago, dove sole e venti (specie la bora) sono di casa. Il progetto comporterà un investimento importante, sui 10 milioni di euro, con la struttura che annualmente produrrà 25 GWh, quanto basta per coprire il fabbisogno di buona parte degli abitanti di quella che viene definita come l'isola più lunga dell'Adriatico. La centrale verrà costruita dall'impresa Rp Global, già fattasi valere in Croazia per progetti similari. Infatti pochi anni fa le sue maestranze hanno costruito due impianti eolici in Dalmazia: il Danilo, nell'entroterra di Sebenico e il Rudine, situato lungo le coste del Raguseo. Dato che l'impianto fotovoltaico immetterà cifre consistenti nelle casse comunali di Novalja, per l'esattezza 250 mila kune (33,1 mila euro) l'anno, le autorità locali non hanno perso tempo, provvedendo ad emendare il Piano regolatore della Regione della Lika e di Segna, contea in cui si trova la località di villeggiatura di Novalja. «La mia impresa e l'amministrazione municipale - ha dichiarato Bojan Rescec, direttore di Rp Global e vice presidente dell'Associazione per le energie rinnovabili in seno alla Camera d'Economia croata - hanno trovato subito un'intesa. Posso confermare che gran parte della forza lavoro in questa centrale sarà di Novalja e immediati dintorni. Oltre alle 250 mila kune annue, Novalja e l'isola di Pago avranno altri benefit derivanti dall'impianto».La centrale fotovoltaica isolana, ha rivelato Rescec, è solo una parte dell'ambizioso progetto energetico di Rp Global per la contea della Lika e di Segna, che contempla l'approntamento di una serie di impianti solari ed eolici che potrebbero far diventare la regione una sorta di progetto pilota nella diversificazioni delle fonti energetiche a livello nazionale. Uno sprone per rendere la Croazia un Paese più green e rispettoso dell'ambiente meraviglioso di cui è costituita, soprattutto lungo il mare Adriatico.