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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2018
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2018
Vetro e botti vietati, piazza Unità blindata per la festa e il concertone di Capodanno
Quattro i varchi di accesso all'area dell'evento. Controlli a borse e zaini. Stop anche agli spray al peperoncino. Rive chiuse.
Dalle precauzioni di semplice buon senso - gli spray al peperoncino vanno lasciati a casa, la cronaca delle ultime settimane non ha bisogno di altre spiegazioni - alle vere e proprie misure anti terrorismo, con lo stop al transito dei tir, ad esempio. Una direttiva, questa, ormai pienamente in vigore nei centri urbani in occasione dei grandi eventi. Ma anche chiusure al traffico e modifiche agli orari degli autobus. A Trieste, per la festa di piazza Unità, sarà un Capodanno con non pochi accorgimenti, quasi "blindato" in buona sostanza, in modo da garantire divertimento e sicurezza. Bottiglie e spray - In questi giorni il Comune di Trieste ha diramato una serie di restrizioni per l'evento di questa sera in piazza Unità. L'ordinanza "anti vetro", in particolare, dispone che dalle 20 di oggi alle 2 del 1° gennaio i locali che si trovano nell'area interessata dallo spettacolo (ad esempio Caffè degli Specchi, Duchi d'Aosta, Mandracchio, Pep's) non possono vendere bevande per asporto in vetro. Al Caffè degli Specchi e ai Duchi d'Aosta è permesso somministrare all'esterno dei rispettivi locali (ma limitatamente alle aree pubbliche concesse) bevande di qualsiasi tipo e quindi anche in bicchieri di vetro. L'ordinanza comunale è però ben più stringente: a chiunque è vietato portare in piazza Unità lattine, bottiglie o altri contenitori di vetro, così come offrire o consumare alcolici di gradazione superiore a 6 gradi. Vietati quindi anche spumanti o altri drink da stappare a mezzanotte, almeno sulla piazza. Dovrà restare rigorosamente fuori dal perimetro del concerto, inoltre, qualsiasi oggetto «atto a offendere» o comunque pericoloso. Vale a dire ombrelli, seggiolini pieghevoli e aste da selfie, ad esempio. Nell'elenco rientrano pure gli spray al peperoncino. Stop ai botti - Tema a lungo dibattuto, questo, tra chi ama inaugurare il nuovo anno con i botti, e chi invece preferisce più quiete e rispetto per gli animali che, notoriamente, temono il caos e i rumori forti. La linea è chiara: pur mantenendo il divieto generale di accendere e far scoppiare petardi o simili in tutta la città (ciò vale per Trieste e i territori comunali di Muggia e Duino Aurisina), proprio a tutela dei pericoli, del diritto al riposo e degli amici a quattro zampe, per il Capodanno è però prevista una specifica deroga. Eccola: l'accensione di materiale pirotecnico (i fuochi d'artificio e le "fontanelle", ad esempio) è permessa limitatamente alla fascia oraria che va dalle 9 di questa sera alle 2 del 1° gennaio. Resta esclusa da questa deroga, per ovvi motivi di sicurezza, l'intera area del concerto (piazza Unità e zone limitrofe). Va sottolineato che nel resto della città è sì consentito l'utilizzo del materiale pirotecnico, come detto, ma non lo sparo di petardi e simili; per questi permane ovunque il divieto. Non mancherà, allo scoccare della mezzanotte, uno spettacolo pirotecnico ad hoc dal Molo Audace. I varchi - I punti in cui è possibile passare per accedere all'area concerto di piazza Unità sono quattro: via dell'Orologio, Passo Fratelli Fonda Savio e i due varchi sulle Rive; quest'ultimi sono quelli antistanti la piazza (lato Palazzo della Regione e lato Prefettura). L'invito del Comune è di non attendere l'ultimo momento per recarsi in piazza, ma di andare un po' prima dell'inizio dello spettacolo, fissato alle 22.30, in modo da evitare calche. Ai varchi non mancheranno i controlli, anche con l'utilizzo dei metal detector. Saranno esaminati zaini e borse. La zona off-limits - Il Comune ha preso provvedimenti pure sulla viabilità. Proprio per creare un'area protetta attorno all'evento di piazza Unità, dalle 8 di stasera e fino alle 2 del 1° gennaio, è vietato transitare sulle Rive in entrambi i sensi di marcia. La zona off-limits va da piazza Tommaseo a via Mercato Vecchio. Ma per tutti i mezzi di portata superiore a 7,5 tonnellate (in pratica i tir) non è possibile avvicinarsi sull'intero asse delle Rive. In questo caso il cordone di protezione è più esteso e va da piazza della Libertà a via Ottaviano Augusto. Vietato anche sostare e parcheggiare nelle aree portuali, cioè in Riva III Novembre, Riva del Mandracchio (dal varco della Capitaneria alla Scala Reale e nel tratto successivo fino all'altezza di via Mercato Vecchio) e alla base del Molo Audace. Il provvedimento, va ricordato, è in vigore dalle 20 alle 8 di domani. Gli autobus - A Capodanno gli orari degli autobus sono modificati: il servizio avrà inizio alle 7 e non saranno operative le linee 2/, 7, 12, 50 e 52. Il servizio serale (linee A, B, C e D) comincia alle ore 20:30.
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2018
Marcia per la pace e la fratellanza da San Giovanni a Ponterosso - Comitato Dolci
In cammino per celebrare i valori ideali della politica al servizio della pace. È il tema che ispira l'appuntamento abituale di inizio anno a cura del Comitato Pace Convivenza "Danilo Dolci", organizzatore dell'incontro del 1° gennaio aperto alla cittadinanza, una marcia tra le vie cittadine per attestare che "solo nella pace sono possibili diritti per tutti". Il manifesto parla chiaro e si collega alle tematiche espresse anche da papa Bergoglio, per il quale «la buona politica è al servizio della pace», un messaggio che il pontefice ha trasmesso in occasione della celebrazione della Giornata mondiale per la pace e su cui il corteo del Comitato "Danilo Dolci" intende insistere. La marcia per la pace partirà dal parco di San Giovanni, già teatro quest'anno delle celebrazioni per il 70° della Dichiarazione dei diritti umani e del 40° dall'entrata in vigore della legge Basaglia. Il raduno è fissato alle 15.30 nell'area di Villa Renner, storica sede di lavoro dell'equipe guidata dallo stesso Franco Basaglia ai tempi della riforma psichiatrica, una zona situata nei pressi dell'albero dei cachi di Nagasaki e della rosa di Hiroshima.Il percorso prevede il transito per via Giulia e via Kandler sino alla prima sosta in via Cologna, al cospetto degli stabili 6 e 8. Il corteo proseguirà quindi alla volta di via Battisti, via Carducci, via Valdirivo e via XXX Ottobre, con epilogo in piazza Sant'Antonio alle 17.45, poco prima quindi della celebrazione della messa (alle 18) da parte del vescovo di Trieste, monsignor Crepaldi. La manifestazione include anche la consegna del Premio "E. Ugolini-Ulivo d'argento", assegnato a don Pierluigi Dipiazza, responsabile del Centro Balducci di Zugliano.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2018
«Le capre in Val Rosandra? Un pericolo. Abbattiamole»
Il primo piccolo gregge giunto 10 anni fa dalla Slovenia. Oggi se ne contano 80 Gli esperti Bressi e Dolce: «Mangiano gli alberi e provocano frane. Si intervenga»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - «Le capre della Val Rosandra sono dannose per l'ecosistema e pericolose per gli esseri umani: bisogna intervenire quanto prima, anche attraverso l'abbattimento». Nicola Bressi e Sergio Dolce, naturalisti ed ex direttori del Museo di Storia naturale, hanno lanciato l'allarme alla recente conferenza"Chiacchierata sulla Val Rosandra". Tra i tanti punti affrontati, quello più delicato ha riguardato proprio le capre che popolano la Riserva. La presenza delle prime capre in Val Rosandra erano state segnalate dall'indimenticato naturalista Thomas De Marchi tra il 2010 e il 2011. Nel 2013 un video dello stesso De Marchi pubblicato sulla pagina web del Piccolo immortalò gli animali presenti sui pendii del monte Stena. Da un nucleo iniziale di 10 capi, il numero è cresciuto sino a raggiungere le attuali 80 unità. Non vi è certezza sulla provenienza di questi animali, anche se si ritiene che alcune capre, poco meno di una decina anni fa, siano sfuggite (forse consapevolmente) al controllo dei proprietari dalla zona dell'Altipiano sloveno di Beka e Ocizla per trovare rifugio in Valle. Oggi è facile notarle anche sul monte Carso e nelle vicinanze del torrente. Una presenza apparentemente innocua, ma che a detta dei naturalisti sta creando degli oggettivi danni all'ecosistema della Valle.«Le capre stanno letteralmente desertificando la Val Rosandra. Già ai tempi dell'Austria non vi era il permesso di far pascolare questi animali per un semplice motivo: scortecciano gli alberi, soprattutto frassini e carpini, che senza corteccia finiscono per morire», il monito di Bressi. Essendo una specie invasiva è stato riscontrato come la presenza di questi animali sia dannosa anche nei confronti degli uccelli, soprattutto quelli che nidificano a terra. Ma non solo. Le capre rischiano seriamente di minare l'incolumità degli esseri umani: «Con i loro zoccoli provocano delle frane che mettono a rischio soprattutto gli escursionisti che frequentano la ciclopedonale, tanto che ci chiediamo se non sarebbe meglio dotare, soprattutto i bambini, di caschetti di protezione per evitare di ricevere in testa qualche pietra. Inoltre, come accade anche per i cinghiali, sono animali che in presenza di cuccioli possono essere molto protettivi. Ricevere una incornata da un animale di 100 chili lanciato a 30 all'ora risulterebbe letale su un dirupo».Qualcuno ha ipotizzato la loro cattura e il loro reinserimento in qualche allevamento, ma da un punto di vista sanitario sono a tutti gli effetti degli animali selvatici. «Oltre ai costi di cattura, sfido un allevatore ad investire su animali selvatici per metterli in quarantena, eseguire esami e vaccinazioni di legge», ancora Bressi. Da qui il ricorso all'abbattimento come ultima spiaggia: «Il Comune potrebbe richiedere un provvedimento straordinario, visto che le capre sono considerate animali domestici. È una situazione ingarbugliata, ma si deve fare qualcosa. Dolce e io suggeriamo di organizzare il prima possibile una Conferenza di servizi per affrontare il problema».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2018
LA REPLICA DI ACEGASAPSAMGA - «I soffiatori sono usati solo in caso di necessità»
«AcegasApsAmga e Comune hanno da tempo concordato di sospendere l'utilizzo dei soffiatori a Servola» e «attualmente i soffiatori vengono utilizzati il minimo indispensabile in altre zone al solo scopo di spostare i rifiuti, successivamente raccolti manualmente o con spazzatrice, presenti al di sotto degli automezzi parcheggiati, evitando ai cittadini il disagio di dover rimuovere le proprie auto». Lo precisa in una nota la stessa AcegasApsAmga in risposta alle critiche sull'uso dei soffiatori mosse da Legambiente: «La tecnica dello sweepy jet richiede un costante apporto d'acqua», il che «non risulta adatta a città come Trieste dove non sarebbe utilizzabile durante i mesi invernali per il rischio ghiaccio o in caso di Bora», scrive ancora AcegasApsAmga, che, «al fine di fornire un servizio sempre migliore continuerà a monitorare e valutare soluzioni alternative».
«Capodanno senza petardi» Scatta l'offensiva animalista
Appello di 43 gruppi per mettere definitivamente al bando fuochi e mortaretti «Il grado di civiltà di una società si misura anche dal rispetto verso i più indifesi»
Una mobilitazione in grande stile, con 43 associazioni animaliste, ambientaliste e culturali firmatarie di un manifesto nel quale si chiede di mettere al bando i botti di fine anno. È partita così, con un'adesione molto ampia e trasversale, che comprende sia realtà che operano a livello nazionale e internazionale, come Wwf, Legambiente, Lav, Lipu, sia altre di caratura locale, quali Fare Ambiente e il Gattile, la campagna tutta triestina che punta a cancellare dalla notte di San Silvestro petardi, fuochi d'artificio e tutto ciò che può disturbare prima di tutto gli animali, ma anche tante persone. L'iniziativa è nata sotto l'egida del "Trieste Animal Day", gruppo locale capace di calamitare l'attenzione e l'approvazione di una serie di associazioni pronte a firmare una lettera che è stata poi consegnata ai sindaci del territorio, cioè Trieste, Muggia, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino. «Chiediamo - si legge nel testo - che sia emanata un'ordinanza ai fini della tutela della pubblica incolumità, intesa come integrità fisica della popolazione, che garantisca il benessere degli animali d'affezione e della fauna selvatica, nonché per la sicurezza urbana, ai fini del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile, che vieti, senza deroga alcuna, per tutto il periodo delle festività natalizie e, in particolare, nei giorni 31 dicembre e 1 gennaio, l'accensione, il lancio e lo sparo di petardi e mortaretti e comunque l'utilizzo di materiale pirotecnico da parte di privati sull'intero territorio della provincia. Constatato - continua la nota - il grave spavento e danno che ogni anno è provocato agli animali domestici e alla fauna selvatica durante tutto il periodo delle feste del Natale, chiediamo ai sindaci di agire, come già molti altri sindaci italiani hanno fatto, per tutelare l'incolumità delle persone e degli animali e per preservare il patrimonio architettonico". Una richiesta peraltro già accolta, in quanto i sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina hanno provveduto al riguardo, mentre a Sgonico e Monrupino sembra che il problema non sussista, viste le abitudini estremamente tranquille dei residenti, per quanto riguarda i festeggiamenti di fine anno. Portavoce dell'intero movimento è Fabio Rabak, presidente del Trieste Animal Day. «La crescita della società civile - dice - trae origine da scelte consapevoli dei singoli rispettosi e sensibili nei confronti delle forme di vita più deboli e indifese. I botti - sottolinea - spaventano tanti bambini, che talvolta non si liberano del timore di un rumore improvviso neanche da adulti, causano ferimenti, anche gravi, oltre che ustioni ad adulti e giovani, terrorizzano, anche a morte, gli animali domestici e selvatici, inquinano l'ambiente e possono essere causa di incendi. Diventiamo esempio di responsabilità e sensibilità - conclude Rabak - e rinunciamo a un divertimento così pericoloso». I promotori dell'iniziativa hanno anche predisposto una locandina a tema, che sarà diffusa sui social per sensibilizzare il cittadino a non usare i botti «che nuociono all'uomo, all'ambiente e sopratutto agli animali - questo il contenuto - e che non sono altro che uno spreco di denaro inutile».
Ugo Salvini
Le altre città - L'onda lunga delle limitazioni da Milano a Bari
Da Milano a Bari, da Torino a Venezia e giù fino a Catania. Sono tante le grandi città italiane dove sarà in vigore il divieto di sparare petardi e fuochi d'artificio nell'ultima notte dell'anno. Una prassi che si estende a macchia d'olio ogni anno che passa. Quello dei botti è un tema che divide ormai da tempo il Paese. Le richieste di amanti degli animali e di coloro che chiedono di poter festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo senza rischi hanno spinto numerose amministrazioni ad adottare provvedimenti a riguardo. Oltre a quelle citate anche a Firenze, Brescia, Genova, Imola, Modena, Macerata, Pesaro, Trento, e Terni i fuochi saranno banditi. Manca all'appello Roma, dove la giunta Raggi deve ancora decidere il da farsi.
U.S.
Lampade storiche, led e tecnologia abbatti-consumi nel piano luci 2019
Approvati dalla giunta comunale progetti per oltre 3,7 milioni Interessate molte zone: da Barcola fino a viale D'Annunzio
"Fiat lux". Nel 2019 Trieste rifà le luci della città. E si illuminerà a Led. Sono stati infatti approvati di recente dalla giunta comunale, su proposta dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, due progetti esecutivi da 3 milioni 748 mila euro (1.874.000 ciascuno) relativi a una serie di interventi di manutenzione straordinaria agli impianti di illuminazione pubblica stradale del Comune di Trieste. La vetustà dei lampioni di Trieste è sotto gli occhi di tutti. Il mega piano, affidato da contratto a Hera Luce srl, è stato finanziato il 27 novembre 2017 con la vendita di azioni Hera, i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione e una serie di avanzi derivanti dalla riduzione di mutui. I progetti, che hanno ottenuto a fine ottobre e inizio dicembre il via libera da parte della Soprintendenza regionale delle Belle arti, riguardano gli impianti di illuminazione pubblica dell'intera città con interventi specifici nelle zone di Barcola Cerreto, Opicina (Giardino Carsia e Vitulli), lungomare Grignano, via Pigafetta, Giardino de Tommasini, via Capodistria, Strada Nuova per Opicina, via Toffani, viale D'Annunzio, viale Miramare (percorso ciclo-pedonale), Scalinata Ciamician. L'intervento più consistente è quello relativo a Barcola Cerreto per 461 mila euro, il meno oneroso quello per la Scalinata Ciamician che impegna solo 5 mila 291 euro. L'intera operazione si ispira a un ammodernamento degli impianti nel segno del risparmio energetico. «Per tutte le zone di intervento sono state scelte apparecchiature con sorgenti ad elevata efficienza luminosa rappresentate da lampade con tecnologia a Led» si legge nella relazione tecnica. Ma non solo. È prevista inoltre l'adozione dei sistemi di regolazione del flusso luminoso nelle ore notturne in modo da ridurre al minimo i consumi. I numeri della lista della spesa del piano di illuminazione pubblica sono interessanti: 44 pali in ferro del tipo conico con alimentazione sotterranea (46.446 euro), 44 pali in ferro di tipo rastremato o in cemento per sostento di tesate o campate di alimentazioni aeree (108.990 euro), 220 corpi illuminanti su pali o su bracciali a muro (107.318 euro), 110 corpi illuminanti con tecnologia a Led (115.258 euro), 44 corpi illuminanti su tesata (93.364 euro) e 44 corpi illuminanti storici del tipo "Trieste" in rame e ottone lavorato (52.584 euro), i preferiti dal sindaco Roberto Dipiazza. Previsti inoltre la messa in opera di 6 chilometri di linee di alimentazione sia in cunicoli sotterranei che su pali e testate per 129.426 euro e 132 interventi su singole campate o linee esistenti per 66.964 euro. Sono 11, invece, i quadri di comando dei circuiti che verranno sostituiti con l'installazione di apparecchiature di nuova tecnologia predisposte per il telecontrollo. Nell'ambito, invece, dell'efficientamento energetico sono previsti l'installazione di quattro regolatori di flusso luminoso (36.648 euro) e 80 interruttori orari astronomici per il costante controllo dell'accensione degli impianti (16.156 euro).Nel piano sono previste anche 88 modifiche di impianti di illuminazione pubblica su richiesta di amministrazioni stabili, imprese o artigiani (54.258 euro) durante gli interventi di restauro di edifici. E soprattutto è prevista l'installazione di nuovi punti luce per un importo massimo di quasi 200 mila euro per far fronte a specifiche richieste avanzate dai cittadini nel corso dell'ultimo esercizio. Nei progetti sono incluse anche 30 esecuzioni di scavi isolati in occasione di guasti o modifiche di impianto per la cifra di 12.204 euro oltre a 20 sostituzioni dei chiusini in ghisa sui pozzetti esistenti (7.512 euro) che risultino sfondati o danneggiati e quindi pericolosi per la circolazione stradale e pedonale. Ma non basta. È prevista, infatti, un'opera di verifica impiantistica straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica finalizzata alla messa in sicurezza provvisoria, in attesa delle necessarie future attività di manutenzione straordinaria. A questa attività preventiva è destinata la bellezza di 288 mila euro.
Fabio Dorigo
LA MAPPA DEGLI INTERVENTI - La scalinata di via Ciamician cambia stile E Riva Massimiliano e Carlotta si accende
Dal lungomare Massimiliano e Carlotta di Grignano alla scalinata più fotografata di Trieste (quella di via Ciamician). Eppoi i giardini e i viali storici. Trieste, nell'ambito del progetto da 3 milioni e 748 mila euro, interviene su alcune suggestive zone d'ombra della città. Nella zona "Barcola Cerreto" è prevista la sostituzione dei vetusti impianti di illuminazione stradale in via del Boveto, via del Cerreto, via Bonafata, via Moncolano, via Illersberg. Verranno installati 78 nuovi punti luce (con alimentazione sotterranea) in sostituzione degli attuali 54 esistenti con lampade Led (461.713 euro). Un altro intervento riguarda invece la ciclopedonale di Barcola lungo viale Miramare dal cavalcavia ferroviario fino all'incrocio con via del Boveto: saranno installati 33 nuovi punti luce a Led sui pali già esistenti (32.746 euro) per illuminare la pista ciclabile. Cambia anche l'illuminazione del giardino pubblico Muzio de Tommasini. Verrà praticamente demolito e sostituito l'intero impianto di illuminazione (lampioni e relative lanterne). Quaranta i nuovi sostegni dei corpi illuminanti di tipo decorativo storico per una spesa pari a 175.956 euro. In viale D'Annunzio saranno, invece, sostituiti tutti i 134 corpi illuminanti: dalle lampade sodio ad alta pressione si passerà a lampade Led (87.565 euro).In via Pigafetta è prevista la sostituzione di tutti gli impianti di illuminazione pubblica stradale: verranno installati 16 nuovi punti luce con lampade a Led (58.588 euro). In via Toffani 5 nuovi punti luce su un nuovo impianto di tipo stradale (43.878 euro). In via Capodistria, invece, è prevista la sostituzione di 5 punti luce su tesata e 2 punti luce su sostegni rastremati in acciaio (intervento da 30.393 euro).Nel giardino Carsia di Opicina in via dei Fiordalisi, sarà realizzato invece un nuovo impianto di illuminazione decorativo urbano. Saranno installati 4 nuovi punti luce per il costo di 48.805 euro. Stessa cosa per il Giardino Vitulli di Opicina in via Santa Fosca: tre nuovi punti luce di tipo decorativo urbano per 21.292 euro. Avrà, invece, un impianto di illuminazione nuovo di zecca Strada Nuova per Opicina nel tratto di competenza comunale con l'installazione di 36 nuovi punti luce (intervento da 119.565 euro). Attualmente la strada non è servita da alcun impianto di illuminazione pubblica. Il progetto prevede poi la sostituzione degli impianti di illuminazione di Riva Massimiliano e Carlotta nel porticciolo di Grignano. Verranno complessivamente installati 39 nuovi punti luce in sostituzione degli attuali 5. Anche qui i corpi illuminanti saranno a Led. Un lungomare turistico rimasto praticamente al buio in tutti questi anni. E, ultima ma non ultima, sarà modificata la tipologia di impianto di illuminazione della scalinata di via Ciamician. Saranno rimossi i due punti luce su palo di tipo stradale e verranno installate a parete 2 lanterne su mensola in ghisa di tipo storico (modello Trieste) con lampade a Led (5.291 euro). Un cambio radicale che non mancherà di far discutere.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2018
Via ai cantieri in Porto vecchio con la prima gara da 3,7 milioni
La rotatoria e la viabilità al servizio del Polo museale le priorità indicate nel bando Previsto un anno di lavori. Il tempo stringe: buste entro le 12.30 di San Silvestro
Primo round di lavori per rendere più accogliente e funzionale il Porto Vecchio: si comincia dal Polo museale (Magazzino 26, Centrale idrodinamica, Sottostazione e futuro centro congressi). Viabilità e infrastrutturazione in gara per oltre 3,7 milioni di euro. Il Comune ha pubblicato pochi giorni fa il bando riguardante il cosiddetto "lotto I", che ha, come responsabile del procedimento, lo stesso direttore dell'Urbanistica Giulio Bernetti. Tempi compressi, fine d'anno al fotofinish: le offerte vanno presentate in effetti entro le 12.30 di lunedì 31 dicembre e saranno aperte alle 10 di venerdì 4 gennaio 2019. Se le imprese interessate hanno domande da fare, potranno far pervenire i loro quesiti entro oggi, giovedì 27 dicembre, e avranno risposta sul sito il giorno seguente. Chi intende partecipare alla fortunata lotteria, sappia che la cauzione è di 75 mila euro, equivalente al 2% dell'appalto. Il punteggio premia la qualità tecnica della proposta con un massimale di 80 riconoscimenti, mentre la parte economica arriva a quota 20. La porzione ammissibile di subappalto arriva al 30% dell'importo complessivo. Il cronoprogramma delle opere prevede 300 giorni di attività spalmati su 14 tipologie di intervento: allestimento del cantiere, sondaggi, demolizione di tre edifici, viabilità provvisoria, rotatoria, viabilità interna, lampioni luce e arredo urbano fino al rassicurante sbaraccamento. Si può ritenere che questa prima fase dovrebbe concludersi nei primi mesi del prossimo anno. Planimetrie, quadri economici, mappe: la documentazione, allegata alla determina "madre", ammonta a oltre cinquanta atti. Le opere più visibili e più interessanti per l'utenza riguardano la viabilità, che interesserà due zone adiacenti all'interno di Porto Vecchio, il terrapieno Barcola-Bovedo e il Molo 0. Con due obiettivi prioritari: il collegamento al Polo museale e la rotatoria chiamata a regolare i flussi tra viale Miramare e la rete interna al Porto Vecchio. Allo spirare del 2018 il Comune ha impostato la griglia di indirizzi e di provvedimenti per iniziare la riqualificazione di Porto Vecchio. Vediamo le ultime mosse. Il bando per il primo lotto segue infatti la delibera di indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari, dalla quale si evince che l'amministrazione potrebbe essere in grado di mettere all'asta una quarantina di magazzini "disponibili" già nell'estate 2019.Lo scambio di discariche con l'Autorità portuale consentirà al Comune di bonificare il terrapieno di Barcola, fruendo di una tranche di 5, 5 milioni trasferiti dalla Regione all'Uti.Il Magazzino 26 ospiterà il Museo del mare (ma non solo), finanziato da 33 milioni di origine ministeriale. Al 31 dicembre si attendono infine le manifestazioni di interesse per trasformare il Magazzino 30 nel nuovo Mercato ittico all'ingrosso, compresi ristorante vista-golfo e angolo per la musica jazz.
Massimo Greco
I volontari "liberano" la Grotta Azzurra da acqua e immondizie
Sos Carso in azione nella cavità naturale di Samatorza Svuotati 15 mila litri. Via anche batterie, bottiglie e barattoli
SGONICO - Circa 15 mila litri d'acqua svuotati. È stato un lavoro non indifferente quello compiuto dai volontari di Sos Carso all'interno della Grotta Azzurra, lo splendido antro naturale di Samatorza.Il gruppo ambientalista si è occupato di ripulire la vasca della grotta utilizzata durante la Prima guerra mondiale dai militari austroungarici come ricovero per 500 uomini e riserva d'acqua. La vasca e la condotta idrica ancora presenti (e funzionanti) nel lato sinistro della galleria d'accesso risalgono al 1917. «Ci abbiamo pensato su parecchio, per poter operare al meglio. Bisogna premettere che una settimana prima l'altezza dell'acqua nella vasca superava i 160 centimetri ed era impossibile entrarci senza adeguate attrezzature specifiche. Dopo aver fatto alcune prove, immergendo un tubo e pompando aria con una pompa manuale, abbiamo visto che scendendo nella parte più bassa della grotta, con 30 metri di tubo, l'acqua fuoriusciva dal tubo abbastanza bene e così in un paio di giorni siamo riusciti a portare il livello a circa 30, 40 centimetri, in modo da poter entrare in sicurezza», racconta Cristian Bencich, portavoce del gruppo. Nella vasca era stata segnalata la possibile presenza di una colonia di gamberetti. «Dopo aver visionato attentamente non abbiamo visto nulla e forse la loro scomparsa è dovuta al fatto che abbiamo trovato in zona parecchie batterie, che possono aver rilasciato piccole quantità di acido», spiega ancora Bencich. Un'operazione non semplice visto lo svuotamento di circa 15 mila litri d'acqua (quattro metri per 2,5 le misure della vasca per un metro e 60 d'altezza dell'acqua) e visti anche i rifiuti trovati. «Abbiamo fatto tre uscite nella grotta e recuperato dalla vasca sei batterie stilo, una quindicina di bottiglie e sette barattoli, tra cui uno in perfette condizioni». L'operazione dei volontari di Sos Carso si inserisce all'interno di una serie di lavori di pulizia che i triestini hanno iniziato nel territorio dell'altipiano già dallo scorso anno. Attualmente gli ambientalisti sono impegnati con un grosso lavoro di pulizia in una dolina di Basovizza, a circa 800 metri di distanza dal Pozzo dei Colombi, tristemente noto per la presenza di idrocarburi. Un lavoro, questo, che dovrebbe concludersi entro fine inverno.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2018
Famiglie, fisco, appalti: cosa cambia I Verdi: «Così svendono le spiagge»
L'ok al maxi-emendamento dopo una notte di bagarre Dalla proroga per gli ambulanti della direttiva Bolkestein fino ai tagli sulle pensioni
Roma. Dalle concessioni delle spiagge libere, alle novità per famiglie, pensioni, ambulanti e appalti. In attesa della definizione delle due misure simbolo, reddito di cittadinanza e pensioni, ecco le novità della manovra approvata dopo una notte di bagarre al Senato. Spiagge e ambulanti - La denuncia è del leader storico dei Verdi, Angelo Bonelli. Nella manovra, sottolinea, «non solo è prevista la proroga alla direttiva Bolkestein di 15 anni, ma anche il via libera a nuove concessioni demaniali sulle spiagge italiane, il salvataggio di ville, cottage residenziali sulle spiagge e il mantenimento delle strutture che per legge dovrebbero essere eliminate. Le ultime spiagge libere sopravvissute al cemento verranno così sottoposte ad una ulteriore cementificazione e privatizzazione». Esultano dall'altro lato gli ambulanti, le cui concessioni non saranno messe all'asta. Famiglie - Cambiano i congedi per i neo papà: cinque giorni diventano obbligatori e uno facoltativo (se compensato con uno della mamma). La vera novità però è proprio delle mamme: potranno rimanere al lavoro fino al nono mese, godendo di tutti e 5 i mesi di congedo dopo il parto. Dopo il terzo figlio alle famiglie numerose arriva in regalo un appezzamento di terreno. Il bonus per gli asili passa da 1.000 a 1.500 euro. Viene stanziato 1 milione di euro per agevolazioni all'acquisto - obbligatorio - dei seggiolini antiabbandono sia nel 2019 che nel 2020. Pensioni - In attesa di quota 100 le novità non mancano: la rivalutazione automatica degli assegni in base all'inflazione viene ridotta per garantire risparmi all'Erario, con tagli che vanno dai 250 milioni agli 1,2 miliardi nel triennio. Si tradurrà in una riduzione che oscilla tra i 37 centesimi e gli 11,53 euro. La scure sulle pensioni d'oro promessa da Luigi Di Maio sale dal 15 al 40% per gli assegni (pochissimi) sopra i 500.000 euro. Per i pensionati stranieri o italiani rimpatriati che scelgono di risiedere al Sud arriva infine una flat tax al 7%. Il mini- condono - Non è la pace annunciata ma la Lega porta a casa la sanatoria sui debiti fiscali e contributivi per chi è in difficoltà economica (o in liquidazione) e ha un Isee sotto i 20.000 euro. Tre le aliquote con cui estinguere i debiti: 16%, 20% e 25%. La misura porta gettito nel 2019 e nel 2020 ma in 5 anni costa mezzo miliardo. Più appalti senza gara - Il tema caro alla Lega è stato inserito e stralciato dalle bozze di vari testi. Ora trova finalmente la sua collocazione. La soglia sarà doppia: la Pubblica amministrazione potrà cioè affidare lavori diretti nelle opere tra 40 mila e 150 mila euro. Tra 150 e 350 mila sarà invece possibile procedere «previa consultazione di tre o più operatori economici».
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2018
Pd e alleati alzano le barricate per salvare la Sala Tripcovich
Mentre la Diocesi si schiera per la demolizione
«Per la Tripcovich il miglior investimento è demolirla», twitta don Ettore Malnati, vicario del vescovo. Eppure non è mai stata un luogo di perdizione da radere al suolo. Ha visto, per esempio, il debutto del direttore cinese Lü Jia con la Messa in si minore di Bach. Contro la demolizione, ora che la Sala è tornata in possesso del Comune (grazie alla permuta di fine anno con il Verdi dei laboratori teatrali delle Noghere), si schiera compatto il Pd assieme a Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Sabrina Morena (Sel). La partita si riapre. «Ora che il titolare della Sala è di nuovo il Comune si può ridiscutere del futuro della sala teatrale», attacca Giovanni Barbo. Il partito non ha digerito il modo in cui è stata portata in Consiglio la delibera, tra "non detti", numero legale e "ricatto" finale da parte dei lavoratori del Verdi. «Sono state dette parecchie falsità. L'amministrazione ha gestito in modo superficiale tutta la vicenda. La questione patrimoniale del Verdi, per esempio, è entrata in gioco solo all'ultimo momento», spiega la capogruppo Fabiana Martini. Sono le reticenze della giunta a far pensare male all'opposizione. «Abbiamo fatto diverse commissioni e persino un sopralluogo. Abbiamo chiesto un'analisi dei costi di demolizione rispetto alla rimessa a norma della Tripcovich. Dati mai avuti. Stiamo ancora aspettando», aggiunge Bassa Poropat. «La precedente amministrazione ha salvato il Verdi donando il 12 dicembre 2012 alla Fondazione la Tripcovich con i voti contrari dell'attuale maggioranza, e anche del Movimento 5 Stelle», precisa la consigliera e segretaria provinciale Laura Famulari. Che fare allora? «Andrebbe resa agibile, almeno finché non c'è un'altra sala in Porto Vecchio. Non dovrebbe costare troppo visto che nella permuta il Verdi dichiara che la sala ha l'impianto elettrico e termico a norma», aggiunge Valentina Repini, «La Tripcovich è una sala che funziona, un teatro che suona bene, fatto con i soldi di un benefattore. Per questo deve rimanere patrimonio della città, un presidio culturale in piazza Libertà, un luogo di aggregazione», afferma Morena che è anche regista teatrale. Alla faccia del Verdi che l'ha dismessa e della Diocesi che vorrebbe raderla al suolo.
IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2018
Depuratore, emergenza finita Bruxelles chiude la procedura
Il governo ha informato AcegasApsAmga: il funzionamento dell'impianto ha archiviato un dossier ambientale che si era aperto quasi vent'anni fa
Il Buon Natale può essere augurato anche da un luogo insolito come il depuratore di Servola. Perchè il 2018 si chiude non solo per AcegasApsAmga ma per l'intero contesto istituzionale triestino con una lieta notizia attesa - a seconda dei punti di vista - da 9 o da 19 anni: il governo italiano, attraverso il ministero dell'Ambiente, ha annunciato l'uscita dell'«agglomerato triestino» dalla procedura di infrazione Ue. In parole povere, il caso Servola è chiuso, l'Italia (e il territorio triestino) non è più inadempiente e non rischia più di essere sanzionata. Il nuovo depuratore, entrato gradualmente in funzione dall'inizio di quest'anno, è stato a più riprese oggetto di ispezione da parte dei funzionari di Bruxelles, dai quali alla fine è arrivato "disco verde" sul dossier Trieste. L'informazione è ancora ufficiosa ma la fonte è attendibile: è stato infatti lo stesso direttore generale di AcegasApsAmga, Roberto Gasparetto, ad anticiparla. Si diceva una storia lunga 9/19 anni. Perchè il problema depurativo si pose fin dal 1999, quando la normativa nazionale recepì quella comunitaria, che prevedeva il trattamento biologico fosse svolto "a terra" e non dalla condotta sottomarina di 7 km. Esattamente dieci anni dopo, correva il 2009, scattò la procedura d'infrazione. La macchina amministrativo-finanziaria si mise allora in moto: prima per trovare i 52 milioni di euro indispensabili alla realizzazione del nuovo impianto, poi per aprire nel 2014 il grande cantiere da 34500 metri quadrati organizzato da AcegasApsAmga, capace di trattare fino a 100 mila metri cubi di acqua/giorno e di servire 190 mila abitanti. Poco meno di quattro anni per recuperare il tempo perduto: bonifica, appalto integrato aggiudicato all'ati Veolia-Cmb-Suez-Riccesi, scavi di fondazione, strutture murarie, impiantistica, fino all'esercizio provvisorio. Il depuratore servolano è il più grande della regione, superiore a quelli di Lignano, Tolmezzo, Udine. Il meccanismo di ingegneria biologica, messo a punto dai progettisti, dosa l'intensità della depurazione al fabbisogno di elementi nutrienti "richiesto" dal mare. Sono stati assunti 6 addetti ad alta specializzazione. Laboratorio e direzione divisionale idrica trasferiti nella palazzina-uffici dell'impianto .In verità la svolta di Servola è la premessa della strategia disegnata da Gasparetto, mirata a mettere Trieste in super-sicurezza su gas, elettricità, acqua, ambiente. Parole d'ordine: continuità e straordinarietà della performance. Gasparetto vuole un'azienda in grado di soddisfare le esigenze di un territorio abitato da oltre 300 mila persone. Ma Trieste e provincia non ne hanno solo 230 mila? Appunto. Alzare l'asticella dell'efficienza e della reattività a quota 1,5. L'obiettivo è allora duplice. Innanzitutto prevenire le sempre meno prevedibili mutevolezze climatiche, che possono creare seri problemi al servizio: Gasparetto è rimasto colpito dagli effetti dei recenti nubifragi in Veneto e in Friuli, dove l'utility triestina è intervenuta con impianti mobili di potabilizzazione idrica in aiuto a Rocca Pietore nel Bellunese. Eppoi accrescere il livello di attrazione economica dell'area giuliana, perchè l'investitore esterno è attento al funzionamento complessivo del sistema territoriale: Porto vecchio e turismo sono due banchi di prova.Su questo progetto di "città resiliente" AcegasApsAmga punterà nel 2019 40 milioni di euro, il 10% in più rispetto all'anno uscente. Possibilità di interruzioni, azioni di "remediation", il "business disaster recovery plan" per far fronte a eventuali scenari di indisponibilità. Dall'autobotte al generatore. Senza mai dimenticare che Trieste è zona sismica. Gasparetto ha davanti modelli da protezione civile, per prevenire e affrontare quello che definisce "rischio residuo", ovvero l'emergenza causata da fattori extra-manuale. Al punto che ha nominato un "comitato di crisi" composto da 15 tra dirigenti e quadri, convocabile quando le situazioni superassero la soglia di ordinaria preoccupazione. "Città resiliente" su tutta la linea. Risanamento dei tubi di ghisa, inserimento delle nuove valvole idriche, interventi sulla condotta sotto-marina, rinnovamento degli interruttori nelle 4 cabine elettriche primarie. E restyling delle colonne gas montanti nei condominii più anziani: 150 stabili con 4 mila famiglie.
Massimo Greco
All'asilo di via Pallini un altro abbattimento d'alberi "selvaggio" - la lettera del giorno di Gianfranco Lucatello
Vedendo ciò che si sta verificando nel giardino dell'asilo di via Pallini ritengo doveroso almeno segnalare il fatto. Da 50 anni abito di fronte all'asilo, dove le mie figlie hanno trascorso la loro prima infanzia nel verde del giardino. Fino ad oggi non avevo mai notato che sia stata fatta una manutenzione accurata, tanto meno una potatura degli alberi situati nel giardino stesso. Da qualche giorno tuttavia noto una ditta del Comune che sta intervenendo sugli alberi abbattendoli completamente. Sarà un vero scempio vedere il giardino completamente deserto senza un po' d'ombra che nei periodi caldi proteggeva i bambini dal sole. Ci vorranno anni prima che si riveda una vegetazione rigogliosa come quella della foto che accludo. Mi chiedo se non sarebbe stato sufficiente, in anni passati, fare una potatura e una manutenzione preventive affinché gli alberi non si ammalassero e si irrobustissero, come è stato fatto nel viale di piazza Vico?Purtroppo si constata che a Trieste è molto frequente l'abbattimento di alberi in varie zone della città. Invece di creare nuovi spazi verdi, si distruggono mano a mano quelli esistenti.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2018
Parte la corsa contro il tempo per il nuovo Centro congressi
Dipiazza consegna le chiavi dei Magazzini 27-28 al presidente di Tcc Bravar Nella compagine della società è entrata Generali e farà il suo ingresso la Illy
L'obiettivo, come dicevano i vecchi militari, è indefettibile: farcela per la primavera del 2020, in tempo per accogliere la manifestazione scientifica Esof. Ma non sarà facile, perché realizzare il Centro congressi di Porto vecchio da qui a 15 mesi rappresenta un'autentica corsa contro il tempo. Ieri mattina singing in the rain il sindaco Dipiazza ha consegnato le chiavi dei magazzini 27 e 28 a Diego Bravar, già fondatore di Tbs e attuale presidente di Trieste convention center (Tcc srl), realtà partecipata da 57 tra professionisti e imprese. La cerimonia è proseguita nella zona meno selvatica del Pfv, fruendo degli spazi coperti offerti dalla contigua Idrodinamica. Le linee progettuali del compendio congressuale-fieristico sono quelle ormai note: il "27" e il "28" saranno uniti da un ponte, dietro il "28" sorgerà una struttura completamente nuova, che definiremo per convenzione "28 bis". Proprio questo edificio sarà il più capiente, in quanto arriverà ad accogliere oltre 1800 persone, il "28" ne ospiterà più di 400, il "27" si articolerà su tre sale di dimensioni più ridotte (500 disponibilità) e disporrà persino di un caffè a conduzione Illy. Risultato finale: un auditorium e sale conferenze per un potenziale di 2800 presenze, 9 mila metri quadrati di superficie di cui poco meno di 4 mila a destinazione espositiva. Investimento di quasi 11 milioni (sine Iva), coperto per il 45% dal Comune di Trieste e per il 55% da Tcc srl, che otterrà una concessione ventennale. Ufficiale l'ingresso di Generali nella compagine azionaria di Tcc con una quota del 12%, che in cifra tonda dovrebbe "cubare" attorno ai 250 mila euro. Il presidente della compagnia, Gabriele Galateri di Genola, fa sapere che «questo investimento conferma l'attenzione per Trieste, sede storica di Generali e città con un grande potenziale di crescita». Venerdì 28 corrente mese la società dovrebbe poi dare il benvenuto anche alla Illy. Tra le poche assenze di rilievo in questa grande parata, quella della Fondazione CRTrieste, la quale però, per ragioni normative, può partecipare solo attraverso una share di controllo. Un centinaio di invitati, dalla marcata trasversalità politica (Serracchiani, Cosolini, Russo, metà giunta Dipiazza, il regionale Scoccimarro), ha ascoltato l'illustrazione del progetto. Dipiazza ha inserito il Centro congressi nel quadro delle attività lanciate nella riqualificazione di Porto vecchio. Bravar ha riepilogato le tappe, susseguitesi dal novembre 2017 a oggi, che hanno portato alla creazione di Tcc e all'affidamento dei lavori alla stessa start-up. I tratti essenziali dell'operazione sono stati riassunti dai principali profili tecnico-progettuali: Ermanno Simonati (Mads), Paco Ferrante (Re.te.), Giulio Paladini (MetroArea). Ruolo a parte per Cristiana Fiandra, che, a nome di "The Office", ha precisato gli aspetti qualificanti della futura attività congressuale, ovvero lo sviluppo di eventi di portata internazionale legati ai sistemi di ricerca, alle imprese innovative e culturali. Si auspica che la coazione tra l'arrembante terza corsia, gli aeroporti più o meno zonali (Trieste, Lubiana, Venezia), ferrovia, gli istituti scientifici ne favoriscano il decollo. Già due le "prenotazioni" post-Esof, ma il traguardo è ottenere non meno di 25 appuntamenti all'anno.
Massimo Greco
Una partita cominciata un anno fa
A seguire la cerimonia un po' tutti i protagonisti di una sfida impegnativa, sia nella realizzazione che nella conseguente gestione, partita il 9 novembre 2017. Al lavoro "fisico" su edile e impiantistica provvederanno le ditte Rosso, Monticolo & Foti, Tiepolo, Ranieri. La conduzione tecnico-amministrativa del progetto impegnerà - oltre ai professionisti già citati - Tommaso Tassi, Tazio Di Pretoro, Daniele Alberico, Alberto Cettolin, Stefania Musco. Un supporto fondamentale è quello finanziario, assicurato da un pool di cinque banche, che concederanno credito - ricordava Diego Bravar - per quasi 5 milioni di euro.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2018
L'invito di Legambiente «Abolire i soffiatori per la pulizia stradale» - lettera aperta al sindaco
Abolire i soffiatori lungo le strade del Comune di Trieste. È quanto chiede Legambiente attraverso una lettera aperta al sindaco e con la distribuzione di un opuscolo informativo destinato alla cittadinanza. I soffiatori, molto utilizzati da parte delle società che gestiscono la pulizia stradale per conto di AcegasApsAmga, nel rimuovere con un forte getto d'aria il fogliame e la sporcizia presente anche sotto le automobili, alzano una serie di cumuli di rifiuti estremamente dannosi per la salute della popolazione, sostiene Legambiente. «Quanto sollevato da questi strumenti - a detta del professor Mario Mearelli di Legambiente Trieste - e disperso nell'aria, contiene una notevole quantità di particolato all'interno del quale ci possono essere sostanze nocive per l'uomo quali residui di feci di uccelli, cani, gatti o addirittura di ratti. Questi ultimi, per esempio, sono portatori dell'hantavirus, una speciale infezione virale di diffusione vastissima e trasmessa all'uomo attraverso l'inalazione del virus presente negli escrementi di roditori». Ma non basta: secondo Legambiente fra le sostanze sollevate dai soffiatori vi sono anche pesticidi, erbicidi, elementi di metalli pesanti, allergeni come pollini e muffe, polveri sottili, benzopirene e altri idrocarburi policiclici aromatici. Tutti elementi che producono effetti dannosi sulla salute delle persone, basti pensare che il benzopirene è classificato dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno. Come sostituire però i soffiatori? Legambiente dà dei suggerimenti per il medio e breve termine. Ad esempio, l'aspirazione delle foglie tramite la tecnica dello "sweepy jet", «una tecnica - a detta sempre del professor Mearelli - molto meno impattante rispetto a quella dei soffiatori e già utilizzata in altre città italiane ed europee. Nel frattempo, chiediamo che negli interventi di pulizia interni alle aree verdi e ai giardini pubblici comunali venga adottata la chiusura precauzionale al pubblico degli stessi durante il procedimento e nelle successive due ore».
Lorenzo Degrassi
Smog - Brescia, Torino e Lodi le più inquinate d'Italia - 19 città fuori dai limiti
Polveri sottili PM10 oltre il limite di legge giornaliero in 19 città italiane: lo dicono i dati preliminari aggiornati al 10 dicembre scorso, con Brescia capofila dei superamenti (87 giorni), seguita da Torino e Lodi con 69, e Viterbo che, almeno finora, non ha mai oltrepassato il limite. Ma il trend delle concentrazioni di polveri sottili PM10, PM2, 5 e biossido di azoto (NO2) è comunque in diminuzione. Lo ha reso noto l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presentando i risultati dell'edizione 2018 del Rapporto Qualità dell'Ambiente Urbano, che analizza 120 città e 14 aree metropolitane e che quest'anno dedica il focus alle esperienze innovative. Il rapporto evidenzia una significativa tendenza alla riduzione dei livelli di emissione di PM10 primario, quello direttamente emesso dal riscaldamento domestico e dai trasporti, ma anche dalle industrie e da alcuni fenomeni naturali, che si riduce del 19% in 10 anni (2005-15). Nel 2017 il valore limite annuale per il biossido di azoto (NO2) è stato superato in almeno una delle stazioni di monitoraggio di 25 aree urbane.
Intesa Ue sulla plastica monouso Stop a piatti e posate dal 2021
Obiettivo vincolante per ogni Stato: dal 2025 in media almeno il 25% di plastica riciclata Il ministro Costa plaude e annuncia la legge "Salvamare". Greenpeace: «Non è abbastanza»
Dopo oltre dodici ore di negoziato, le istituzioni Ue hanno raggiunto l'accordo che prevede restrizioni alla commercializzazione e all'uso di oggetti monouso in plastica. Dal 2021 saranno vietati posate e piatti, cannucce, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (come le scatole di fast food), bastoncini di cotone per i prodotti dell'igiene tipo cotton fioc. Per altri prodotti ci saranno obiettivi di riduzione. Per le bottiglie in Pet per bevande, per esempio, viene fissato un obiettivo vincolante di almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025 in poi, calcolato come media per lo Stato membro. Nel 2030 tutte le bottiglie di plastica dovranno rispettare un obiettivo di almeno il 30% di contenuto riciclato. I Paesi membri dovranno recepire la nuova direttiva entro due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ue. Oltre ai prodotti elencati, saranno vietati anche quelli in plastica oxo-degradabile (per esempio le buste di plastica che si frammentano se esposte all'aria). Gli Stati membri dovranno inoltre prendere le misure necessarie per raggiungere un taglio dei consumi quantificabile per prodotti come contenitori utilizzati per alimenti per il consumo immediato e altri come i bicchieri di plastica per bevande. Le salviettine umidificate dovranno riportare sulla confezione un contrassegno che informa i consumatori della presenza di plastica e dei danni che un non corretto smaltimento può arrecare all'ambiente. I produttori di filtri per tabacco che contengono materie plastiche saranno soggetti a un regime esteso di responsabilità del produttore. Dovranno cioè coprire i costi per i sistemi di raccolta per mozziconi di sigarette, comprese le infrastrutture necessarie, come ad esempio i contenitori di rifiuti adeguati. Le sigarette con filtro contenente plastica dovranno inoltre riportare sulla confezione un contrassegno che informa sui danni per l'ambiente se i mozziconi di sigarette non vengono gettati negli appositi contenitori. Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, a Bruxelles, dove oggi parteciperà al Consiglio europeo dei ministri dell'Ambiente, definisce quella di ieri «una giornata importante per coloro che si battono da tempo per contrastare l'inquinamento da plastica nei mari. Sono soddisfatto perché Consiglio, Commissione e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo in tempi molto brevi, al di là delle aspettative». Costa annuncia, infine, che alla ripresa dei lavori parlamentari, presenterà la legge «Salvamare» per «poter correggere il tiro e andare oltre consolidando la leadership che l'Italia ha sulla riduzione della plastica monouso». Soddisfatta a metà Greenpeace: «Un segnale importante dall'Europa, ma le misure concordate non rispondono in pieno alla gravità dell'inquinamento dei nostri mari».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2018
La Tripcovich torna al Comune Ok alla delibera "salva Verdi"
Approvazione al secondo tentativo dopo il flop di lunedì Alla Fondazione vanno i magazzini teatrali delle Noghere
Buona la seconda. La permuta tra Comune di Trieste e Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi (ovvero la Sala Tripcovich in cambio dei Magazzini teatrali delle Noghere) passa al secondo tentativo. E senza neanche un voto contrario o un astenuto. Solo il Movimento 5 Stelle (che aveva posto a più riprese una pregiudiziale sull'operazione) ha scelto con senso di responsabilità di non partecipare al voto. La delibera ha ottenuto 33 voti favorevoli su 39 presenti nell'aula tra gli applausi del pubblico presente. Il vero convitato di pietra della serata, infatti, sono stati i lavoratori del Verdi arrivati a sostegno di una delibera che rischia di essere fondamentale per il futuro del teatro lirico. La questione della patrimonializzazione della Fondazione arriva a neppure due settimane dalla chiusura dell'ultimo bilancio del piano di risanamento (iniziato nel 2015 e prorogato al 2018). In ballo la conferma del Verdi tra le 12 Fondazioni liriche italiane (e quindi dei finanziamenti del Fus e dei 240 dipendenti attuali) oppure il declassamento a teatro di tradizione (con drastico ridimensionamento degli organici). Così il tema della permuta è diventato una questione di "vita o di morte" del Verdi. E i mal di pancia dell'opposizione sono rientrati. Alla prova di appello di ieri sera sono arrivati in aula gli assessori Lorenzo Giorgi (Patrimonio) e Serena Tonel (che detiene l'esotico referato ai teatri) con il sindaco e presidente della Fondazione del Verdi Roberto Dipiazza (il suo intervento risolutivo era stato all'origine della mozione d'ordine del forzista Bruno Marini che aveva portato al fallimento della seduta mattutina di lunedì). Una seduta non facile tra i soliti non detti (la demolizione sognata da anni) e i dubbi su una permuta che lascia sul campo oltre due milioni di euro (il valore che il Comune perde nello scambio immobiliare). Dipiazza a un certo punto se n'è andato dal Consiglio sbattendo i pugni e la porta quando la consigliera Cinque Stelle Cristina Bertoni gli attribuiva, in qualità di presidente della Fondazione, il dissesto del Teatro Verdi. Il sindaco, del resto, non ama i giri di parole e ieri sera ha esibito (mostrando al video del telefonino) il nulla osta del Ministero dei Beni culturali (cosa messa in dubbio ancora ieri sera dal capogruppo del M5s Paolo Menis) alla permuta che mette in sicurezza la situazione patrimoniale del Verdi in vista dell'atteso esame del piano di risanamento. Un emendamento, presentato dal forzista Michele Babuder ha garantito l'uso gratuito dei magazzini delle Noghere da parte del Teatro Stabile Il Rossetti che così non potrà essere sfrattato e neppure dovrà pagare l'affitto al Verdi. La Sala Tripcovich è solo un effetto collaterale dell'operazione che conferisce al Teatro i laboratori delle Noghere (valutati oltre 3 milioni di euro). «Il sindaco un giorno mi ha chiamato e mi ha detto: dobbiamo tornare in possesso della Sala Tripcovich. Fallo» racconta l'assessore al Patrimonio Giorgi. Il destino di quella che è stata la Stazione delle Corriere («Da piccolo la usavo anch'io quando andavo in Friuli a trovare i nonni») è segnato. «Era un edificio fuori legge, aveva i camerini nei container che abbiamo già rimosso, era piena di amianto. Per questo l'abbiamo chiusa. Non paliamo di abbattimento per ora. Intanto liberiamo il Verdi da quel peso. Ma io sono un esteta e amo le belle donne, la Tripcovich è davvero brutta. Quindi facciamo la cosa giusta» spiega il sindaco facendo capire che per lui il destino del teatro di piazza Libertà è già deciso dal suo aspetto. Le speranze che rimanga in piedi sono legate al vincolo che la Soprintendenza ha messo sull'edificio di Nordio nel 1997. Per il resto, ora che il bene ritorna in possesso del Comune (era stato conferito gratuitamente al Verdi il 10 dicembre 2012 con il voto contrario allora di molti consigliere dell'attuale maggioranza come ha ricordato il capogruppo del Pd Fabiana Martini), si apre il dibattito sulla sua destinazione d'uso. «Se il Comune vorrà, potrà essere una balera» spiega il capogruppo di Forza Italia Piero Camber. Un esempio che si accoda alla salumeria evocata da Giorgi. «Se restava al Verdi faceva la fine del Magazzino vini. Meglio una discoteca che un ex Magazzino vini» spiegava il capogruppo leghista Antonio Lippolis. Sicuramente non pensava però all'arrivo di Eataly dopo l'intervento della Fondazione CRTrieste. «Io spero che venga demolita» chiarisce Lippolis dimenticando forse che anche Dipiazza promise la demolizione del Magazzino vini in sei mesi. Per fortuna non riuscì nell'intento. E la cosa potrebbe ripetersi per la Sala Tripcovich. E magari avere un lieto fine come per il Magazzino vini diventato (parola di sindaco) un incredibile "attrattore".
Fabio Dorigo
Parte la svolta verde di Hera Energia pulita per le imprese
Il gruppo guidato da Tommasi, che controlla la triestino-padovana AcegasAps, punta sugli impianti di cogenerazione, fonti rinnovabili ed efficienza energetica
TRIESTE - È una sfida al tempo stesso etica e di business quella che si gioca sul terreno della sostenibilità, intesa in senso lato dalla capacità di generare ricavi e redditività con un occhio alla salvaguardia dell'ambiente e al contenimento nell'impiego di materie prime. Un tema che coinvolge in primo luogo le multiutility, come dimostrano le strategie di Hera che ha l'headquarter a Bologna, ma una forte presenza nel Nord-Est tramite la controllata AcegasApsAmga (che nel 2017 è arrivata ad alimentare le proprie attività operative con il 100% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili), e nei giorni scorsi ha installato a Trieste cestini intelligenti per dare il via ad una raccolta dei rifiuti 4.0. Si tratta infatti dei primi due contenitori, dotati di compattatore interno e funzionanti a energia solare, che sono stati posizionati in piazza della Borsa, nello specifico il primo di fronte alla Camera di Commercio e l'altro all'incrocio con Via Roma. Attraverso l'accumulo di energia solare, i cestini si autoalimenteranno e non avranno bisogno di energia esterna. Quasi in contemporanea Hera ha raggiunto un accordo con Amadori per la realizzazione di un impianto di cogenerazione che fornirà energia pulita per il polo produttivo di Cesena. Un intervento da circa un milione di euro di investimenti nell'efficienza energetica che garantirà risparmio di energia primaria di circa il 15% con un alto rendimento globale in termini di conversione di energia del 70%. Un salto in avanti fondamentale verso una dimensione green è avvenuto lo scorso anno quando il gruppo Hera ha rilevato Aliplast, realtà trevigiana che si occupa di raccolta e riciclo di rifiuti di matrice plastica, per poi procedere alla rigenerazione del materiale. Un'operazione che le ha consentito di essere la prima azienda italiana a raggiungere la piena integrazione lungo tutto il ciclo di vita della plastica, producendo così materiali disponibili al riutilizzo (ad esempio pellicole rigide e flessibili Pe, polimeri rigenerati), concretizzando così i principi dell'economia circolare. «Gli impianti di trattamento rifiuti non rappresentano per noi solo un asset produttivo, ma, in quanto infrastruttura a servizio del territorio, pilastro strategico di sviluppo e di supporto al tessuto economico italiano», spiega Tomaso Tommasi di Vignano, presidente esecutivo di Hera. Tornando alle iniziative di gruppo, è di qualche settimana fa l'accordo con Eni per trasformare l'olio vegetale esausto di uso domestico in biocarburante per alimentare i mezzi aziendali della raccolta rifiuti di Hera. L'olio raccolto alle stazioni ecologiche o tramite i contenitori stradali sarà inviato alla bioraffineria Eni di Venezia, a Porto Marghera, primo esempio al mondo di conversione di una raffineria di petrolio in bioraffineria, che lo trasformerà in green diesel, prodotto completamente rinnovabile che costituisce il 15% dell'Enidiesel+. Restando in terra veneta, Herambiente è capofila di un'associazione temporanea di imprese che da poco si si è aggiudicata una gara d'appalto per realizzare opere di bonifica nella zona del porto di Chioggia.-
Luigi Dell'Olio
LA VOCE.info - MARTEDI', 18 dicembre 2018
Fisco Ma la tassa sui rifiuti è una vera patrimoniale
Nella maggior parte dei comuni, il prelievo per finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani agisce come un’imposta patrimoniale.
Il sistema non incentiva l’efficienza del servizio e ha pesanti ricadute anche sul piano redistributivo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2018
Chioschi, docce e beach volley Acquario rinascerà nel 2020
Via libera al progetto esecutivo del secondo lotto. La partita vale oltre sei milioni I lavori definitivi di bonifica e riqualificazione saranno completati entro due estati
MUGGIA - Entro l'inizio dell'estate del 2020 il terrapieno Acquario sarà completamente bonificato e riqualificato. La giunta Marzi ha ufficialmente dato l'ok al progetto esecutivo della seconda parte dei lavori che, dall'estate del prossimo anno, verranno effettuati sull'area a mare muggesana. Costo complessivo dell'intervento? Esattamente sei milioni e 310 mila euro. Raggiante il sindaco di Muggia Laura Marzi: «La volontà e l'impegno sono sempre andati nella direzione della restituzione della costa ai muggesani. Come promesso, abbiamo proseguito e stiamo tuttora proseguendo in questo non facile percorso».L'amministrazione muggesana ha dunque formalizzato l'approvazione del progetto che è stato predisposto, dopo l'espletamento della necessaria procedura di gara, dal costituendo Rtp (Raggruppamento temporaneo professionisti) di tipo "orizzontale" composto da Hmr Ambiente (con sede legale a Padova), Sqs Servizi qualità e sicurezza (Trieste) e Thetis (Venezia).Il progetto presentato prevede, oltre alla bonifica tramite la messa in sicurezza permanente del sito, un complessivo intervento di recupero e riqualificazione estetico-funzionale dell'area. Diversi gli interventi in programma. Oltre al percorso ciclopedonale già realizzato, vi sarà un ulteriore tratto di ciclabile che costeggerà la strada con due punti di bikesharing, sistema sempre più apprezzato dai turisti ma anche da coloro che desiderano utilizzarlo per spostarsi senza problemi di traffico e di parcheggio. Non mancheranno chioschi per il ristoro, con annessi servizi legati alla balneazione, e alcune strutture ombreggianti per trovare riparo dal sole. Si prevede, inoltre, la realizzazione di un'area giochi e fitness, un campo da beach volley, un campo da bocce e il preannunciato skate park, come da impegno preso dall'amministrazione muggesana dopo la dismissione dell'impianto presente sino a qualche mese fa nell'area del piazzale ex Alto Adriatico. Il nuovo Acquario sarà completato anche da docce, fontanelle e otto scalette a mare nonché dall'allargamento del parcheggio esistente che vedrà quasi raddoppiata l'attuale capienza. La realizzazione del progetto consentirà di riaprire alla cittadinanza un'area che da più di 20 anni attende di essere restituita alla comunità. «Finito il primo lotto e in attesa delle verifiche della Regione, non ci siamo certo fermati, passando ovviamente al secondo lotto in modo da restituire alla collettività l'interezza del terrapieno quanto prima», racconta Marzi. Il primo lotto, la cui zona è tornata fruibile, ha interessato la riqualificazione del cosiddetto primo stralcio funzionale dal pontile a "T" a punta Olmi. «Crediamo fermamente nella realizzazione di questi progetti che permetteranno finalmente di riqualificare la nostra costa con un grande beneficio per tutto il territorio e per tutta la comunità. Si avrà un miglioramento decisivo della fruibilità e della balneabilità della costa per i muggesani e per i turisti. Si avvieranno nuove attività economiche, con beneficio sia in termini di occupazione che di servizi offerti alla cittadinanza», puntualizza il sindaco di Muggia. Il progetto esecutivo dovrà ora passare al vaglio della Conferenza dei servizi regionale a inizio 2019. Dopo le eventuali osservazioni, il Comune potrà indire una procedura di gara per poi procedere «quanto più rapidamente possibile, in ogni caso entro l'inizio dell'estate». Il cantiere durerà un anno. A conti fatti entro l'inizio dell'estate 2020 la riapertura di Acquario dovrebbe quindi essere realtà.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2018
Per Palazzo Carciotti il "social housing" sarebbe ottimale - la lettera del giorno di Fabio Denitto
Chi passa per viale Ippodromo non può non rimanere colpito dall'imponente e ben riuscita ristrutturazione dell'ex edificio della ditta cartotecnica Saul Sadoch. Si sono infatti ricavate decine di appartamenti di varie metrature destinati all'affitto mediante il social housing, un progetto gestito congiuntamente dalla Regione e da costruttori privati per offrire, a prezzi sostenibili, appartamenti a quelle famiglie che non dispongono di un reddito sufficiente per accedere al mercato degli affitti ma che al tempo stesso hanno un reddito troppo alto per entrare nelle graduatorie delle case Ater. Un'area "grigia", perciò, alla quale è rivolto questo progetto. Cosa ci guadagnano i costruttori privati?Presto detto: alcuni appartamenti, quelli più pregiati, vengono venduti dalla ditta costruttrice. In questo caso si tratta di alcuni bellissimi attici posti all'ultimo piano. Un altro progetto simile è previsto a breve in zona Rozzol. Perché perciò non pensare a una cosa analoga anche per il Palazzo Carciotti, che sembra nessuno voglia comperare? Si era pensato a un ennesimo albergo di lusso (ma quanti alberghi di lusso vogliamo costruire a Trieste?). I costi però di un acquisto e di una complessa ristrutturazione hanno fatto allontanare ogni possibile costruttore dalle aste organizzate dal Comune. Invece nel caso di un progetto di social housing, in questo palazzo potrebbero essere ricavati molti appartamenti, mentre la parte antistante il mare, quella più pregiata, potrebbe essere trasformata in bellissimi appartamenti extra lusso. In questo modo tutti rimarrebbero soddisfatti: il Comune che si libera di un peso, la Regione che facilita decine di famiglie, i costruttori che ci guadagnano, le persone più abbienti che si trovano appartamenti unici e decine di famiglie dal reddito basso che risolvono il loro problema abitativo. L'operazione inoltre avrebbe anche un risvolto sociale non indifferente: fare convivere in centro città famiglie di ceto differente. C'è il rischio infatti che, tra alberghi di lusso e appartamenti di lusso, il centro storico poco alla volta si svuoti delle persone a reddito medio-basso diventando una sorta di ghetto all'incontrario. Mentre città nelle quali si mescolano ceti diversi (in Europa ce ne sono molti esempi) sono quelle più tranquille e forse, chissà, perfino più felici.
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2018
La manovra è legge - La sanità fa il pieno e incassa 3 miliardi - Passa il piano mutui
Approvata all'alba di ieri la prima finanziaria dell'era Fedriga Pareggio a quota 4,5 miliardi. Incentivi fiscali alle imprese
Trieste - La prima manovra della giunta Fedriga, che pareggia a 4,5 miliardi tenendo conto delle sole poste regionali, vede l'alba. Sono passate le 6 quando Massimiliano Fedriga racconta la sua soddisfazione, ringrazia la giunta, sottolinea il «grande senso di responsabilità di tutto il Consiglio» pur in una conta che divide in maniera netta maggioranza e opposizione: 28 favorevoli e 13 contrari sulla legge di Stabilità, 18 sì, 10 no e 3 astensioni grilline sulla collegata. Verrà ricordata come la Finanziaria del ritorno agli investimenti via mutui, del taglio dell'Irap, del bonus asili nido, dell'abbattimento costi del trasporto pubblico scolastico e di una mega-posta per il socio-sanitario che sfiora i 3 miliardi, un modo per dare certezze preventive alle aziende sanitarie alle prese con la controriforma. «Abbiamo avuto coraggio», dice Barbara Zilli senza nascondere la fatica non tanto per la notte in aula nella volata finale, quanto per una preparazione complicata e l'infilata di emendamenti che hanno arricchito la manovra quando si era già entrati in Consiglio. A riassumere assieme all'assessore alle Finanze il bilancio 2019 è il governatore, convinto di un lavoro che ha «costruito le fondamenta per il futuro della regione, impostandolo su assi portanti quali l'abbassamento della pressione fiscale per le imprese, il piano straordinario con 320 milioni di investimenti per lo sviluppo, le politiche sociali che riportano al centro la famiglia come cuore della comunità, le misure sul lavoro, il modello sanitario con maggiori servizi e vera razionalizzazione della spesa, le risorse alle autonomie locali con i sindaci nuovamente protagonisti e una decisa ripartenza per trasformare i danni del maltempo in opportunità di crescita». Fedriga sottolinea anche la partite chiave dell'Irap: «Noi abbassiamo le tasse veramente». Quella delle famiglie, «una su tutte l'asilo nido gratuito dal secondogenito in poi nelle fasce di reddito Isee sotto i 50 mila euro, testimonianza concreta di quanto consideriamo i nuclei familiari elemento portante di una società che guarda avanti». E ancora la sicurezza: «Grazie e 10 milioni in più potrà aumentare il livello di percezione». E il fondo da 3,5 milioni per il ristoro dei soci Coop e Coopa: «Dimostriamo ai cittadini che siamo dalla loro parte».Nelle ultime ore sono spuntati anche 1,3 milioni per gli asfalti nei piccoli comuni, 1 milione per gli arredi scolastici nei paesi con meno di 10 mila abitanti, 800 mila euro per l'acquisto di veicoli per il trasporto di persone disabili. Un elenco senza fine in un bilancio che conta entrate e autorizza spese per complessivi 7 miliardi e 568 milioni. Le cifre finali, fa sapere Zilli, dopo la collocazione in particolare dei 90 milioni di euro per i cantieri pubblici, con poste spartite tra diverse direzioni, verranno però rese note il 28 dicembre in conferenza, «occasione per rimarcare come con questa manovra il Fvg può cambiare marcia. Dispiace che l'opposizione non abbia colto lo sforzo di novità». Ne parla anche in un lungo post su Facebook il capogruppo della Lega Mauro Bordin, ma Sergio Bolzonello, capogruppo dem, rilancia le critiche delle ultime settimane: «Con questa Stabilità, la giunta Fedriga ha fallito il suo primo vero banco di prova dopo mesi di annunci e promesse. In questi giorni abbiamo discusso una "non Finanziaria" che affossa settori determinanti per lo sviluppo della regione come l'economia e le infrastrutture, discrimina e mette in difficoltà migliaia di persone nel comparto del welfare». Furio Honsell, di Open, spiega invece il motivo dell'abbandono dell'aula prima del voto: «Partecipare sarebbe stato legittimare politicamente un percorso dal quale siamo stati esclusi».
Marco Ballico
IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2018
Progetto sui parchi minerari bocciato. La Regione: "Roma diffidi la Ferriera".
L'assessore Scoccimarro: "Documentazione incompleta". E scrive al ministero per un ultimatum irrevocabile ad Arvedi.
Il progetto per la realizzazione della copertura dei parchi minerari consegnato da Siderurgica Triestina il 10 dicembre è stato giudicato insufficiente dagli uffici tecnici della Regione. E così l'assessore Fabio Scoccimarro ha scritto ieri al ministero dell'Ambiente per chiedere la diffida formale del Gruppo Arvedi. Sta ora al governo dare un ultimatum irrevocabile affinché l'azienda presenti un piano completo per la costruzione dei capannoni previsti a copertura dei depositi di minerale ferroso e carbon coke nel comprensorio della Ferriera di Servola. E se così non sarà, l'azienda dovrà dichiarare di non avere più intenzione di realizzare le strutture e dunque infrangere quanto previsto dall'Accordo di programma. «Ho appena scritto al ministero - ha detto Scoccimarro - per chiedere che venga diffidata Siderurgica Triestina, che ancora una volta è risultata inadempiente davanti alle richieste della Conferenza dei servizi relative alla copertura dei parchi». Tutto comincia il 17 luglio, quando gli enti rappresentati alla Conferenza dei servizi chiedono una serie di integrazioni progettuali ad Arvedi: la scadenza per la consegna è il 20 novembre, quando tuttavia l'impresa non fornisce alcuna documentazione. Tre giorni dopo, nell'ennesimo tavolo tecnico convocato a Roma, il ministero fissa il 10 dicembre come ultima data utile per la consegna dei documenti mancanti: stavolta le integrazioni arrivano, ma Regione e Arpa riscontrano la mancanza di quanto richiesto in merito al trattamento dell'acqua piovana, che andando a colpire il tetto dei capannoni trascina le polveri al suolo e va quindi raccolta e canalizzata correttamente per non essere fonte di inquinamento. Da qui la richiesta al ministero di diffidare Siderurgica Triestina, che da tempo non nasconde di voler avere chiarezza sul futuro dell'area prima di realizzare un'opera dal costo di ben 35 milioni. Scoccimarro sottolinea che «tutto questo non vuole essere un atteggiamento persecutorio verso una società che ha dimostrato di aver compiuto già importanti investimenti. Qui si parla di rispetto di accordi sottoscritti non da noi ma dalla giunta Serracchiani». L'assessore evidenzia inoltre che «ormai trapela che la società non vorrebbe costruire i parchi, ma questo significa o vendere l'azienda o far decadere l'Aia». E in questo secondo caso la Ferriera non avrebbe più possibilità di continuare a produrre. Ecco allora che Scoccimarro ribadisce «ancora una volta pubblicamente, la nostra disponibilità alla revisione dell'Accordo di programma: la copertura dei parchi minerali diventa ovviamente superflua se l'area a caldo si avvia a una graduale, concordata e condivisa chiusura, che salvaguardi il lavoro e la salute dei cittadini». La Regione continua dunque a usare l'onerosa realizzazione dei capannoni per ammorbidire la proprietà rispetto alla possibilità di cedere l'area a investitori interessati alla trasformazione logistica. A cominciare dal gruppo China Merchants, che potrebbe acquistare quote della Piattaforma logistica in costruzione e puntare poi a rilevare l'area a caldo per realizzarvi una stazione ferroviaria. Scoccimarro attende ma non si sbilancia: «Le voci ci sono ma nessun soggetto si è ancora fatto avanti. Attendiamo sviluppi concreti».
Diego D'Amelio
Dai proclami barricaderi ai diktat Un braccio di ferro lungo otto mesi
La volontà di chiudere l'area a caldo è stata al centro della campagna elettorale di Fedriga
Non era ancora presidente della Regione, mancavano meno di due settimane al voto del 29 aprile, e Massimiliano Fedriga, a un dibattito organizzato al Circolo della stampa, dettava già la linea. Da cittadino, oltre che da aspirante governatore: «Vivo in questa città, conosco molti di voi, sono stato molte volte a Servola e ho le finestre di casa su via Romolo Gessi particolarmente colpite. Per me è un impegno vincolante la riscrittura dell'Aia per poi procedere alla chiusura dell'area a caldo. Riscrittura, non revisione». L'avvio di un braccio di ferro in cui il nuovo governo ha inevitabilmente dovuto fare i conti con la questione occupazionale. A giunta insediata, erano i primi di giugno, alla prima uscita dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro a presentare la qualità dell'aria in Fvg, ecco il direttore dell'Arpa Luca Marchesi cercare un equilibrio difficile: «Già prima della formazione dell'esecutivo, ho condiviso con il presidente Fedriga l'idea che le industrie fortemente impattanti non sono compatibili con lo sviluppo del territorio e la qualità della vita dei cittadini. L'obiettivo è trovare intese capaci di mettere d'accordo l'interesse dei residenti e dell'imprenditore con attenzione alla ricollocazione del personale, ovviamente nel minor tempo possibile». Poche settimane dopo, incontrando le associazioni ambientaliste, ecco la picconata di Fedriga e Scoccimarro: «Stiamo evitando la politica dei proclami perché non produrrebbe quei risultati concreti invocati dalle persone che vivono quotidianamente l'impatto della fabbrica, ma l'obiettivo della Regione è giungere alla chiusura dell'area a caldo». Poi, a metà luglio, alla Conferenza dei servizi a Roma, il diktat alla proprietà in merito all'inquinamento della falda da idrocarburi pesanti: tre mesi per l'effettuazione delle indagini tecniche sulla qualità del sito, e altri 90 giorni per l'elaborazione di una proposta progettuale con la quale risolvere la problematica. Dopo le prescrizioni ferragostane anti spolveramento con cui è stata integrata l'Aia, Autorizzazione integrata ambientale («Interveniamo dopo due anni di lassismo», la sintesi dell'assessore), e l'accordo con l'Università per introdurre nuove misure contro odori e impatto acustico, l'approfondimento clou ha luogo in commissione a inizio novembre, lì dove, con Fedriga ad auspicare la nomina «prima possibile del nuovo commissario affinché si possa procedere con l'esecuzione delle opere che mi verranno indicate», Scoccimarro rende note le sei diffide della Regione a Siderurgica Triestina per intimare il rispetto dei limiti previsti. Non è mancata in quell'occasione una nuova rassicurazione: «Non c'è la volontà di penalizzare un complesso industriale ma il primo obiettivo è tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, ponendoci come traguardo anche la salvaguardia dei posti di lavoro con la riconversione di un'attività molto impattante sul territorio». Fermo restando che la linea è cambiata: «Rispetto agli anni precedenti ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere più proroghe di alcun tipo».
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2018
Tripcovich, in commissione la demolizione "fantasma"
Il testo non cita l'abbattimento ma solo l'interesse «primario» per lo scambio Verdi-Comune (che risulta "a perdere") con il capannone delle Noghere
Prima la permuta, poi si vedrà. La demolizione della Sala Tripcovich non è nella bozza di delibera delle giunta comunale che lunedì mattina approda in Consiglio comunale. Se n'è parlato ieri in una seduta della Quarta commissione presieduta da Michele Babuder di Forza Italia alla presenza dell'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Si tratta di uno scambio di due spazi importanti tra il Comune di Trieste e la Fondazione del Teatro lirico Giuseppe Verde: la Sala Tripcovich in cambio del Magazzino delle Noghere in Comune di Muggia», si limita a spiegare l'assessore senza precisare che il presidente della Fondazione lirica è il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che si è schierato per radere al suolo l'ex stazione delle corriere adibita a teatro. È anche vero che per la sala Tripcovich, conferita al Verdi solo nel 2014, si tratta di un ritorno a casa. Il problema è che il valore inventariale risulta diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il capannone delle Noghere usato dal Verdi come laboratorio, sartoria e deposito delle scenografie. Il Comune, nello scambio, perderebbe oltre due milioni di valore immobiliare. «Un problema sorpassato però dall'interesse primario dell'amministrazione per l'operazione», spiega l'assessore alludendo all'obiettivo, come si legge nella delibera, «di portare a compimento l'intervento di riqualificazione dell'intera area che comprende piazza Libertà fino al confine del mare».Non si parla mai di demolizione. E quindi dei costi che si aggiungerebbero ai due milioni persi nello scambio, oltre all'Iva che andrebbe in fumo. Nella delibera, invece, non si esclude che la Tripcovich, una volta rientrata in possesso del Comune, «possa essere destinata ad attività rilevante Iva».Una formula, fanno sapere gli uffici, per recuperare i 260 mila euro di imposta versata nello scambio. Sia nel caso resti un teatro, un mercato coperto o «una salumeria», come ipotizza ancora Giorgi. Qualcuno non vedrebbe male una bocciofila. Oppure, vecchia idea di Roberto De Gioia, la stazione finale del tram di Opicina .
Alberi segati all'inizio del bosco È polemica a Duino Aurisina
Intervento disposto dal Comune per «garantire l'incolumità della popolazione» La proprietà del Rilke e dell'area circostante: «Tagli eccessivi e senza preavviso»
DUINO AURISINA - Lo sfalcio della discordia. Esplode la polemica a Duino Aurisina fra Comune e Baia Silvella, la Spa con sede a Salò proprietaria del sentiero Rilke e di alcuni ettari di bosco che lo circondano, nell'ambito della Riserva delle Falesie. A originare tale polemica è il taglio di un imprecisato numero di alberi, molti dei quali situati a ridosso della strada regionale che unisce Sistiana e Duino, appena effettuato, secondo l'amministrazione, «per motivi di sicurezza». Ma Danilo Antoni, il tecnico professionista che opera per conto della proprietà, definisce questi tagli «eccessivi e portati a termine senza uno straccio di preavviso nei nostri confronti». A manifestare perplessità sull'accaduto è anche Diego Lenarduzzi, portavoce della Baia Silvella, che rivela un precedente: «Qualche tempo fa in collaborazione con Antoni - ricorda - abbiamo posizionato quattro cartelli a impatto zero, perfettamente inseriti nel contesto boschivo del Rilke, per porgere un benvenuto ai visitatori e a chiedere il rispetto per la natura circostante. Ebbene - sottolinea - invece di trovare apprezzamento da parte degli uffici comunali, siamo stati da loro criticati perché li avevamo collocati nel bosco. Per tutta risposta ora non siamo avvisati quando si procede con interventi ben più invasivi. Siamo convinti che solo collaborando tutti assieme potremo dare a questo territorio il giusto impulso turistico - conclude - quindi speriamo a breve di poterci sedere attorno a un tavolo con l'amministrazione e parlarne».«Il nostro compito - replica Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina - è quello di garantire l'incolumità della popolazione e, in questo specifico caso, di quanti frequentano il sentiero Rilke. Chi ha eseguito il lavoro di sfalcio - aggiunge - lo ha fatto sotto il coordinamento dei nostri uffici e in base a un accordo che indica il Comune come gestore della Riserva, perciò non vedo come si possa criticare l'intervento. Sono io invece a essere sconcertata - protesta Pallotta - dall'esasperante utilizzo dei social per alimentare qualsiasi tipo di polemica. Le foto degli alberi tagliati sono diventate di dominio pubblico - continua - prima che qualcuno si prendesse la briga di consultarci. Siamo sempre disponibili a fornire tutti i chiarimenti sull'operato dell'amministrazione a chiunque - conclude - ma vedo che la nostra richiesta di essere lasciati in pace a lavorare per il bene della collettività non trova riscontro». Sembra però che la pace fra le parti potrà essere firmata a gennaio: «Ho promesso a Lenarduzzi che ci incontreremo dopo le feste per trovare il modo di operare di concerto per il bene del territorio».
Ugo Salvini
La zona ceduta tre anni fa alla Baia Silvella di Salò - DAI TORRE E TASSO
Risale esattamente a tre anni fa il cambio di proprietà del sentiero Rilke e di parte del territorio circostante. La celeberrima passeggiata a ridosso delle Falesie, assieme ai circa trenta di ettari di bosco che la "custodiscono" alle sue spalle, furono ceduti per 350 mila euro dai principi di Torre e Tasso alla Baia Silvella Spa, che ha il suo quartier generale a Salò.
Marevivo sbarca in città Pedicchio segretario - NATA LA DELEGAZIONE REGIONALE
È nata a Trieste la Delegazione Friuli Venezia Giulia dell'associazione ambientalista Marevivo. La prima assemblea dei soci fondatori ha dato avvio alle attività della nuova delegazione regionale che ha lo scopo di promuovere e perseguire con autonomia rappresentativa, amministrativa e patrimoniale nel proprio ambito territoriale, gli scopi sociali dell'associazione Marevivo. Realtà che dal 1985 si batte per la difesa del mare e delle sue risorse. «Vogliamo avviare delle attività di divulgazione riguardo alla problematica dei rifiuti in mare e dell'inquinamento da plastiche e microplastiche», dice Paola Del Negro. Eletti gli organi direttivi: Maria Cristina Pedicchio ricoprirà il ruolo di segretario generale, mentre Alessandro Mitri, Gabriella Clarich, Paola Del Negro, Alice Affatati faranno parte del Comitato esecutivo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2018
Tronchi a rischio crolli "Strage" di alberi in vista all'ex Opp e al Maggiore
L'AsuiTs si prepara ad abbattere 148 esemplari in pessimo stato di salute Non tutti verranno rimpiazzati: per ora ci sono soldi per reimpiantarne solo 66
"Strage" di alberi in vista nel parco dell'ex Opp e nel piazzale interno al Maggiore. L'AsuiTs si prepara infatti ad abbattere nelle prossime settimane per motivi di sicurezza ben 148 piante. La decisione è stata presa dopo il censimento di tutto il patrimonio arboreo dell'azienda, che ha decretato appunto il pessimo stato di salute di molti esemplari. Non tutti verranno rapidamente rimpiazzati: al momento ci sono soldi solamente per 66 reimpianti, che verranno fatti nel prossimo anno. Gli altri dovranno aspettare.«Per quanto riguarda in particolare l'ex Opp - spiega il direttore generale Adriano Marcolongo -, l'Azienda interviene su decisione del "condominio" del parco di San Giovanni" composto da tutti gli enti pubblici proprietari delle aree insistenti nel comprensorio citato, ovvero Università, Comune, Erpac, Regione, Uti Giuliana e Asuits stessa. I vari enti nella riunione annuale tenutasi il 15 novembre, hanno deciso di intervenire tempestivamente per programmare al meglio l'opera». La situazione più critica è proprio quella del polmone verde di San Giovanni. «Quel parco - precisa l'ingegnere Elena Clio Pavan, dirigente AsuiTs della struttura complessa di Manutenzione e sviluppo del patrimonio - è aperto al pubblico e, a differenza di quanto accade al Maggiore, non può essere interdetto al passaggio del pubblico in caso di bora forte. All'ex Opp non ci sono aree recintante che possiamo bloccare in caso di condizioni climatiche avverse anche perchè, all'interno del comprensorio, ci sono attività continue e ricoveri: quindi non possiamo pensare di bloccare semplicemente gli accessi. Voglio in ogni caso precisare che non si tratta di piante storiche, possiamo parlare di alberi "normali" con un'età relativamente giovane. L'agronomo ha confermato che non sono piante recuperabili ed è opportuno procedere all'abbattimento per evitare possibili rischi alle persone, anche perché, se non procediamo noi, c'è il pericolo che alla prossima giornata di bora forte le piante vengano giù in modo non controllato. In primavera procederemo in ogni caso a reimpiantare le nuove piante». Proprio il rischio maltempo è alla base di questa scelta, accelerata dai danni prodotti dalle ondate di maltempo registrate il 12 giugno, il 28 agosto e a inizio ottobre. Tra questi la caduta improvvisa di un albero vicino alla direzione di Villa Renner e di un'altra pianta nella zona di Cattinara. Al fine di evitare possibili pericoli per le persone, e in accordo con gli altri enti che operano nell'area, si è quindi deciso per un intervento radicale. Al momento, rende noto l'azienda, 66 nuove alberature sono già finanziate per il 2019, mentre le restanti verranno realizzate nel biennio successivo sulla base di un progetto generale di valorizzazione del patrimonio arboreo. «Per ogni albero tolto c'è in programma la ripiantumazione dopo la pulizia e la sistemazione dell'area- assicura Pavan -. Preciso anche che c'è un piano riorganizzativo generale e concordato con la Soprintendenza per introdurre piante che siano indicate per questa particolare zona climatica. Come tempi in ogni caso opereremo a primavera e sulla base anche delle indicazioni degli esperti». All'ospedale Maggiore ci sono 79 alberi di cui 8 verranno abbattuti, mentre nel parco di San Giovanni le piante sono 1.775 e 140 saranno quelle sostituite. Il censimento viene effettuato ogni 5 anni, mentre le potature vengono svolte regolarmente e viene posta particolare attenzione verso le piante "monumentali".
Andrea Pierini
«Siamo tra i peggiori d'Europa nel rapporto piante-cittadini»
Il decano dei botanici triestini denuncia la scarsità di risorse stanziate dagli enti locali per la tutela del verde negli spazi urbani
«Siamo fortunati perché abbiamo una cintura straordinaria, ma in città abbiamo un rapporto albero/individui tra i peggiori d'Europa». Livio Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale dell'università di Trieste, denuncia una situazione cittadina decisamente preoccupante che si salva solamente grazie al carso e ai boschi che ci sono intorno al centro. «Il verde urbano richiede risorse, però bisogna fare di più. Ad esempio ora che vengono abbattuti questi alberi si potrebbero ripristinare attingendo alle nostre risorse naturali. Chiaramente ci vuole un po' di pazienza perché ad esempio la quercia richiede più tempo, ma se mai si comincia... Ci sono poi acri, tigli, olmi; devono però essere specie non da vivaio che sono troppo fragili». Per capire però lo stato di salute delle nostre piante serve dividere quelle naturali da quelle "cittadine". «Anche all'interno dei boschi veri - spiega Poldini - abbiamo situazioni molto diverse perché ci sono zone dove l'uomo è intervenuto creando delle aree artificiali dove le piante sono state "semplificate" per poter attingere alle provviste di legname».In questo modo si può anche spiegare il disastro avvenuto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, dove i venti di oltre 120 km/h hanno avuto un impatto maggiore rispetto alle aree naturali. «Per quanto riguarda invece il verde cittadino, molto spesso - spiega Poldini - si tratta di specie esotiche che devono avere determinati requisiti resistendo all'inquinamento e piantate in condizioni di artificialità con le radici che interferiscono con la parte sotto. La gente poi protesta se non vengono potate, quando in realtà non ce ne sarebbe bisogno, e molto spesso queste potature vengono fatte male da ditte improvvisate prive del personale addestrato».L'appello del docente è poi rivolto al futuro, «nel nuovo Prg avevo suggerito l'idea di fare dei corridoi ecologici con specie rustiche che collegassero il centro città con le periferie. Bisogna costruire poi delle aree verdi perché dobbiamo aumentare il rapporto tra abitanti e alberi con lo scopo di migliorare la qualità della vita. Diciamo che servirebbe una tavola rotonda per affrontare concretamente un tema così delicato ed importante».
«In molte zone per anni e' mancata la manutenzione. E questi sono i risultati»
Le perplessita' delle associazioni ambientaliste, ignare della decisione assunta dall'azienda «I tagli rappresentano l'estrema ratio. Ma a volte a caldeggiarli sono periti molto prudenti»
Un fulmine a ciel sereno. Nessuna associazione ambientalista era a conoscenza della scelta dell'AsuiTs di procedere all'abbattimento di 148 alberi. Una decisione che suscita più di qualche perplessità anche se nessuno spara ad alzo zero. Non per ora, almeno. Per l'avvocato Alessandro Giadrossi, presidente della sezione di Trieste del Wwf, esistono comunque valide alternative agli abbattimenti. «Quando avviene il crollo anche di un solo albero in caso di maltempo, scatta una sorta di allarme generale e, spesso, ingiustificato. Diciamo che nelle giornate di bora si potrebbe chiudere, ad esempio, la corte del Maggiore. All'ex Opp invece si potrebbe procedere a creare delle zone che si possono interdire per proteggere e mantenere le piante più importanti. Chiaro che se parliamo di alberi che sono sulla strada e se c'è un pericolo reale, posso comprendere la scelta, anche se ci sono dei periti che sono particolarmente prudenti e magari preferiscono non correre rischi. Per quanto riguarda lo specifico di San Giovanni - prosegue -, posso dire che la persona che ha fatto l'analisi delle piante gode della nostra fiducia e chi procederà al reimpianto è la ditta che già segue il parco, quindi siamo in un contesto accettabile con una percentuale del ricambio intorno al 10%. In ogni caso presteremo molta attenzione a come evolverà la vicenda». Una posizione simile anche per il presidente di Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig. «Di base accettiamo l'urgenza, certo 148 alberi mi sembrano davvero tanti. Non conosco la situazione specifica perché non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione, come avviene quando vengono abbattuti alberi "storici". Posso dire però che ci sono e zone di Trieste dove il Comune non ha fatto manutenzione per tanti anni, arrivando poi a situazione molto gravi. Penso ad esempio a piazzale de Gasperi, dove mi sembra ci siano piante mal ridotte. Una responsabilità importante deriva poi dai molti interventi di "capitozzatura" (operazione con la quale vengono tolti tutti i rami superiori al punto di intersezione con il tronco, ndr), che hanno avuto esiti nefasti portando molte piante ad ammalarsi. Auspico che AsuiTs abbia comunque fatto le analisi in modo approfondito, di certo approfondiremo la questione anche perché si possono fare numerosi interventi per prolungare la vita di un albero senza dover per forza abbatterlo. Quello che in ogni caso non possiamo accettare sono gli abbattimenti per questioni urbanistiche, scelte "politiche" che penalizzano le piante». Infine l'architetto Roberto Barocchi, presidente dell'associazione Triestebella. «Gli alberi sono esseri viventi e alla fine del loro ciclo possono anche morire. Serve chiaramente un esame strumentale e nel dubbio, in certi casi, la scelta di abbattere una pianta può anche essere la migliore. Il vero tema è che oggi un albero sulla strada ha una vita media di 33 anni, mentre quelli nel bosco sono decisamente più longevi. La vera sfida è legata poi a come vengono piantati e a quali cure vengono loro fornite, perché le piante vanno trattate come animali domestici. Spesso invece ci si rivolge a certi potatori che, evidentemente, hanno fallito in altri mestieri».
Sfalci anche in zona Ezit sul verde erede del Gma - il lotto finale da 100 mila euro
La giunta Dipiazza ha deciso di mettere mano agli alberi del Tlt. È stato approvato di recente anche l'ultimo appalto del progetto esecutivo per la manutenzione straordinaria delle alberatura dei bordi strada dell'ex Ente zona industriale Trieste (Ezit). Si tratta di alberature che risalgono agli anni del Governo militare alleato e che da allora non erano state oggetto di potatura e neppure di verifiche di stabilità. L'ultimo appalto da 100 mila euro, finanziato attraverso la vendita di titoli Hera, sarà realizzato nel primo semestre del 2019. È dal 2017 che l'amministrazione comunale prevede apposite poste di bilancio per le alberature dei bordi strada Ezit. Il primo appalto (dal 2 marzo 2017 al 2 novembre 2017) ha catalogato tutti gli alberi ad alto fusto con relativa verifica di stabilità. Lo scorso aprile è iniziato il secondo appalto: sono stati eseguiti l'abbattimento di circa 50 ailanti in via Pietraferrata e la potatura dei platani e lo sfalcio delle aiuole centrali spartitraffico di via Malaspina. Sono state, inoltre, eliminate le alberature spontanee sotto i cavalcavia di via Caboto, via Pietraferrata e via Mafalda di Savoia. Il nuovo intervento prevede l'estensione degli interventi ai bordi strada e i marciapiedi della viabilità minore della zona industriale. In particolare si interverrà con abbattimenti, "devitalizzazioni" e sfalcio, con asporto dei rifiuti, in via Pietraferrata, via Mancante, via Usodimare e via Parlotti. Sarà anche eseguita la potatura dei platani di via Pietraferrata e degli olmi di strada di Montedoro.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2018
Volontari in azione nel Bosco del Farneto - Via 25 sacchi di rifiuti
Vivere ogni giorno in modo sostenibile, con uno stile di vita dove l'attenzione è rivolta a consumi motivati, dribblando l'attitudine all'accumulo e alla dispersione di ogni genere di rifiuti. È questo l'obiettivo di "Trieste senza sprechi", un gruppo di tre ragazze, Anna Masiello, Valentina Del Conte e Ilaria Perini, che da agosto promuove azioni e momenti di aggregazione sul vasto versante della "pratica ecologica" concreta e quotidiana. In questo periodo, assieme ad altri 25 volontari e in collaborazione con Esn Trieste, il gruppo si è impegnato nella pulizia del Bosco del Farneto, iniziando a raccogliere lungo i sentieri e le fratte ogni genere di immondizie. Il risultato? Oltre 25 sacchi di rifiuti, che i volontari hanno successivamente smaltito. Bottiglie di vetro e plastica, sacchetti, imballaggi e mozziconi: questo quanto rintracciato lungo i sentieri del Boschetto. L'abbondanza di rifiuti rappresenta uno dei problemi più urgenti a livello globale, e dunque anche cittadino. Proprio su questo tema domenica scorsa "Trieste senza sprechi" ha organizzato al Nat Design di via Corti 2 l'incontro "Zero waste Friuli Venezia Giulia". Un appuntamento aperto a tutta la cittadinanza dove sono state affrontate numerose questioni e divulgati progetti, idee ed esperienze sulla riduzione dei rifiuti.«Parliamo di economia circolare - spiegano le tre animatrici del gruppo - per ragionare come scarti e rifiuti possano, in qualche modo, tornare utili. Un altro tema interessante riguarda la rinnovata capacità di riparare oggetti e utensili rotti, riportandoli a nuova vita. Altro tema, la moda sostenibile e la "permacultura", concetti e idee che ci possono aiutare a vivere meglio senza lasciare in giro troppi residui. L'impegno di "Trieste senza sprechi" è di creare una rete di persone interessate e attive su queste tematiche non solo in città, ma in tutta la regione, per vedere il mondo cambiare nella direzione che ci piace di più». Per informazioni, il sito è www. triestesenzasprechi.com.
Maurizio Lozei
Per l'area del Canale meglio realizzare il progetto precedente - la lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente di Triestebella
Vari anni fa fu indetto un concorso per la sistemazione del Canal Grande vinto dall'arch. Gigetta Tamaro. Sembra che i lavori stessero per cominciare quando furono bloccati per la contrarietà dei commercianti. Nel 2002 un concorso internazionale per la sistemazione del fronte mare, a cui furono invitati 20 prestigiosi studi professionali, fu vinto da 6 progetti, ognuno per una parte, fra cui quello dello Studio Teherani per il Canale. Il sindaco Dipiazza scrisse grandi lodi sul concorso, dichiarando che esso era il primo passo per "ridare alla città la sua funzione di capitale centro-europea".Nessuno dei progetti vincitori è stato realizzato. Piazza Libertà, interessata dal bel progetto dell'architetto Zagari, viene ora ristrutturata in base a un altro progetto contro la cui prima versione furono raccolte 10.000 firme e non ci sembra che l'ultima versione sia migliore. La Stazione marittima, in cui il progetto vincitore dello Studio Bellini prevedeva un volume di forte impatto emotivo, è stata ristrutturata ponendovi sul tetto un brutto scatolone. Anche le Rive (progetto Zagari), l'ex Magazzino vini (progetto Podrecca), piazza Venezia (progetto Andriani) hanno subìto ristrutturazioni progettate da altri. Nella Sacchetta, che secondo il progetto dello Studio Bosquets avrebbe dovuto diventare un bel parco pubblico sul mare, si vuole costruire un cosiddetto Parco del mare con vasche per pesci. Nel 2016 la precedente Amministrazione comunale indette un altro concorso per la sistemazione del Canale e di piazza Sant'Antonio Nuovo. Parteciparono 70 studi professionali con risultati interessanti. Il progetto vincitore prevedeva un allungamento virtuale del Canale mediante una vasca pochissimo profonda che ne rappresentasse la parte che fu interrata e allo stesso tempo, tolta l'acqua, servisse come luogo per eventi. Ci pare che l'idea del progetto vincitore sia molto valida perché senza enormi spese ricostituirebbe l'immagine del Canale nella sua originaria lunghezza e consentirebbe di avere nel contempo un'area polifunzionale. Qualcuno osserverà che la vasca poco profonda si potrebbe riempire d'immondizie ma questo avviene in ogni vasca e non è motivo per eliminare le vasche cittadine: basta una corretta manutenzione. Ma l'attuale Amministrazione ha buttato alle ortiche anche quel concorso, che pure sarà costato un bel po' di soldi ai contribuenti, e ha dato un altro incarico di progettazione a un architetto locale il cui progetto sta attirando molte critiche e anche in noi desta molta perplessità: ci chiediamo a cosa servano quelle strisce (d'erba?) di varie larghezze, magari eleganti in un progetto di grafica ma povere e poco fruibili nella sistemazione della piazza. Esortiamo l'Amministrazione comunale a riconsiderare i risultati del precedente concorso. Sarebbe davvero un peccato che una delle maggiori e più note bellezze anche turistiche di Trieste fosse sminuita da un progetto che appare di poco significato.
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2018
I sindacati "portano" a Roma l'ansia per la Ferriera cinese
Le sigle temono che la possibile trasformazione logistica tagli i posti di lavoro Il gruppo Arvedi: per ora non è arrivata alcuna offerta, avanti con la siderurgia
Una trasferta inutile, se non fosse che ha contribuito ad acuire le preoccupazioni sindacali. «Siamo arrivati a Roma nella nebbia, siamo ripartiti da Roma nella nebbia». Con questa reiterativa metafora meteo, i segretari triestini di Fiom-Fim-Uilm hanno riassunto il non-risultato uscito dal tavolo ministeriale, chiesto da loro stessi e tenutosi ieri pomeriggio al Mise: all'ordine del giorno la Ferriera. Presente il vicecapo di gabinetto del ministro Di Maio, Giorgio Sorial. Perchè Marco Relli (Fiom), Umberto Salvaneschi (Fim), Antonio Rodà (Uilm) non escono affatto rassicurati dall'incontro romano, anzi: temono che Arvedi venda parte dell'area dello stabilimento ai cinesi di China Merchants group, interessati a insediarsi nella Piattaforma logistica portuale e ad ampliarne il perimetro, per realizzare un grande scalo multipurpose. Come? Acquisendo la cokeria e il reparto "a caldo", per cui la porzione siderurgica si ridurrebbe al solo laminatoio. Il presidente dell'Autorità portuale, Zeno D'Agostino, ne ha parlato a metà novembre con il cavalier Arvedi. I sindacati paventano il cambio di destinazione fabbrica/logistica perchè l'attività ferroviario-portuale non riuscirebbe ad assorbire i 400 addetti oggi impegnati nelle produzioni siderurgiche, quindi si riproporrebbe una pesante questione occupazionale. E chiedono che gli investimenti sulla sicurezza degli impianti vengano comunque garantiti. A rappresentare il gruppo Arvedi c'era Francesco Rosato, il quale - pur non smentendo il merito del colloquio intervenuto tra il cavaliere cremonese e D'Agostino - ha sottolineato che nessuna proposta era arrivata da parte dei cinesi e, in assenza di proposte di sviluppo logistico da parte di soggetti terzi, il destino della Ferriera resterà siderurgico: laminatoio, ghisa, terminal specializzato.Ma in via Molise - come già prima dell'inizio dell'incontro aveva notato il segretario generale del Comune triestino Santi Terranova - non era stato invitato il vero depositario delle novità sull'asse Cremona-Hong Kong, ovvero il presidente del Porto D'Agostino. Di conseguenza al tavolo mancava una gamba e il confronto ne ha visibilmente sofferto: è quanto fa capire, con una punta di percepibile irritazione, l'assessore regionale Alessia Rosolen, che in un comunicato commenta «su incontri informali e dichiarazioni ufficiose non si può costruire nè un'analisi corretta nè una coerente strategia di intervento sulla situazione della Ferriera». La Regione - prosegue la titolare del Lavoro - «è abituata a lavorare per atti formali e a portare a termini impegni presi, non certo a discutere di cose riferite a soggetti terzi in incontri cui non ha preso parte». Ragion per cui «rimangono... le iniziative e le risorse destinate all'area di crisi industriale complessa di Trieste». Tradotto, rebus sic stantibus la giunta Fedriga non cambia cavallo e continua a trottare in sella della siderurgia. Allo staff di Di Maio non è rimasto altro che prendere atto dell'inconcludenza dell'incontro, che sarà aggiornato avendo cura che stavolta l'Autorità portuale venga coinvolta.
Massimo Greco
IN EXTREMIS - E l'azienda presenta la documentazione dei parchi minerari
Una notizia solo parzialmente rassicurante per le organizzazioni sindacali: Siderurgica Triestina ha ottemperato all'ultimatum dell'Ambiente e ha presentato al ministero la documentazione relativa alla copertura dei parchi minerari della Ferriera. Senza il progetto esecutivo, la società avrebbe rischiato la sospensione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia): i capannoni - se realizzati - dovranno servire a immagazzinare il minerale necessario alla produzione di coke, perchè le folate di vento alzano quelle polveri contestate dalla popolazione circostante. L'investimento previsto è di 35 milioni.
Il patto tra gli enti apre l'iter per il campus di via Rossetti
Dall'amministrazione Fedriga "chip" da 5 milioni che si aggiunge ai 20 dell'Uti Quaranta giorni per decidere lo scambio con Cdp tra l'ex caserma e il Carciotti
Un contributo della Regione da cinque milioni di euro, che va ad aggiungersi al tesoretto da altri 20 milioni già in pancia all'Uti giuliana e destinato alla ristrutturazione di edifici scolastici, rappresenta il primo passo concreto per la realizzazione del campus che sorgerà nei nove ettari dell'ex Vittorio Emanuele III di via Rossetti. I 25 milioni sono finalizzati alla riqualificazione di quegli spazi, alla loro trasformazione, in particolare, in strutture scolastiche. Resta ora da sciogliere il nodo dell'acquisizione dell'intera area che appartiene a Cassa Depositi e Prestiti. Due le ipotesi al vaglio dell'amministrazione: l'acquisto o la permuta con Palazzo Carciotti. «È una direzione che, fatte le dovute valutazioni, prenderemo entro una quarantina di giorni», ha anticipato ieri nel corso di una conferenza stampa il sindaco Roberto Dipiazza. Palazzo Carciotti era stato inizialmente quotato 22,7 milioni, scesi a 19,9 in seconda istanza. L'intera area dell'ex caserma di via Rossetti ha un valore che supera i 16 milioni di euro. «Questa del polo di via Rossetti è un'operazione che stravolgerà il sistema scolastico cittadino», ha evidenziato l'assessore regionale alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti: «È un progetto che guarda al futuro e che sceglie di realizzare qualcosa di epocale, evitando di investire milioni di euro per mettere delle toppe a vecchi immobili che oggi ospitano gli istituti scolastici. Finalmente i nostri figli e i nostri nipoti potranno andare a studiare in delle scuole decenti». Non solo aule, palestre e laboratori, dunque, ma anche una biblioteca, una mensa, e pure spazi per il divertimento. Il 2019, indicativamente, dovrebbe essere l'anno in cui si definirà e si perfezionerà l'acquisizione o la permuta. Il 2020 sarà quello della progettazione. Il 2021, quindi, potrebbe vedere la ristrutturazione dei primi padiglioni. «Questo è un punto di partenza - ha spiegato Dipiazza - ma correremo velocemente per avviare questo progetto che, assieme anche all'iniziativa nell'ex Fiera, ridarà vita a tutta quella fetta di città oggi sofferente. Riunirò i dirigenti scolastici per definire anche assieme a loro quali siano gli istituti con la situazione più critica. È evidente che realtà come la succursale del Petrarca di via Settefontane o quella del Galilei di via Battisti non possono più essere tollerate». Ad affiancare ieri Dipiazza e Roberti, c'erano il vicesindaco Polidori e i consiglieri regionali di maggioranza Antonio Lippolis e Danilo Slokar per la Lega, Piero Camber per Fi e Claudio Giacomelli per Fdi. «È un progetto - ha spiegato Giacomelli - che va ad accomunare Trieste con i più avanzati paesi anglosassoni. L'edilizia scolastica ad oggi è un pozzo senza fondo che, nemmeno sul lungo periodo, dà i risultati sperati, ma questa operazione risolverà questi problemi».«È il primo regalo che noi consiglieri regionali di centrodestra, con la giunta, riusciamo a dare a Trieste», ha sottolineato a sua volta Camber: «Era un obiettivo che ci eravamo posti. È il nostro grazie alla città che ha scelto questa nuova amministrazione regionale».
Laura Tonero
Arrivano 100 mila euro per interventi antifrana in Val Rosandra
La strada d'accesso inserita nella lista delle criticità del Fvg L'assessore Crevatin: «Risorse importanti. A breve il piano»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Arrivano i fondi per la salvaguardia della Val Rosandra. È di 100 mila euro la somma che la Regione ha messo a disposizione del Comune di San Dorligo della Valle, fino al 2020, per «gli interventi di mitigazione del rischio da caduta massi sulla strada per la Val Rosandra». Un cifra importante, destinata a risolvere quei problemi che potrebbero verificarsi lungo la strada d'accesso a uno dei punti di maggiore attrazione turistica di Trieste e dell'intero Friuli Venezia Giulia, tradizionale meta di visitatori sia italiani sia stranieri in tutte le stagioni dell'anno.«Nei primi mesi del 2017 - ricorda l'assessore comunale Franco Crevatin - c'era stata una frana, fortunatamente di modeste dimensioni, proprio nella strada d'accesso alla Val Rosandra. Queste risorse arrivano perciò ben accolte - aggiunge - perché così potremo procedere ad alcune sistemazioni. A breve - conclude - definiremo il piano d'intervento».La delibera dell'amministrazione regionale trova la sua base nella richiesta, formulata dal Servizio geologico regionale, di «provvedere a progettazione, realizzazione, manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione geologica sull'intero territorio del Fvg e delle opere di prevenzione da calamità naturali, ferme restando le attribuzioni alla Protezione civile della Regione in materia di pronto intervento e di provvisorio ripristino».Per il triennio 2018-2020, le risorse previste dalla Regione ammontano a un milione e 698 mila euro, ma risultano disponibili economie di fondi statali stanziati per precedenti interventi già conclusi, per un ulteriore importo di quasi 465 mila euro.In questa maniera i fondi a disposizione ammontano in totale a poco meno di due milioni e 163 mila euro. Tutto parte da un'analisi effettuata nel corso del 2017 dal Servizio geologico regionale, in base alla quale erano stati evidenziati «fenomeni franosi, con la conseguente necessità di interventi volti a fronteggiare situazioni di dissesto geostatico che coinvolgono centri abitati, vie di comunicazione e aree di interesse turistico». Quello di San Dorligo della Valle è l'unico Comune, su 14 della Regione, a beneficiare di un contributo di questa natura.
Ugo Salvini
LA PROROGA DEL CONTRATTO - Fino al 2021 la gestione della Riserva rimane al Comune di San Dorligo
Sarà ancora il Comune di San Dorligo della Valle a gestire, per il prossimo triennio 2019-2021, la Riserva naturale della Val Rosandra. È di questi giorni il provvedimento con il quale la Regione ha deciso di prorogare il contratto già in essere. L'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun potrà perciò proseguire, com'è stato ribadito nel corso dell'ultimo Consiglio comunale, in uno dei compiti più importanti, sotto il profilo turistico. La Val Rosandra rappresenta la più rilevante risorsa paesaggistica del territorio di San Dorligo della Valle ed è fondamentale, è stato ricordato a più riprese, che ci sia continuità nel lavoro già intrapreso, anche in vista della prossima stagione turistica. E da più parti c'è anche la richiesta di un aumento di risorse da destinare alla Val Rosandra. (u.sa.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2018
Foreste a rischio dalla Romania alla Serbia gli alberi nel mirino dei "ladri di boschi"
Greenpeace: a Bucarest in 11 anni 360 mila ettari in meno. Belgrado, raddoppio di reati ambientali. Intaccati parchi naturali
Belgrado - È una delle regioni al mondo più ricca di foreste vergini e antiche selve, inviolate dalla mano distruttiva dell'uomo. Ma è anche, sempre di più, nel mirino di "ladri di boschi" senza scrupoli, che rischiano di privare le popolazioni locali - e l'Europa intera - di gioielli naturali di altissimo pregio. DENUNCE A BRUXELLES - È questo lo scenario preoccupante che si svolge in gran parte dei Balcani e nell'Europa orientale, dove il problema del disboscamento illegale rimane serio, spesso in peggioramento. Lo è sicuramente in Romania, fino a pochi decenni fa uno dei Paesi più ricchi di boschi nel Vecchio continente, dove Greenpeace ha segnalato un «aumento del 32% dei casi di disboscamento» in spregio alla legge, con quasi 13 mila casi individuati nel 2017. Ma i numeri più gravi sono quelli che denunciano «360 mila ettari» in meno di foreste risultate «tagliate o degradate» dal 2000 al 2011 in Romania, ha segnalato la Ong. È lo scenario che alla Commissione europea hanno denunciato anche la Fondazione EuroNatur e Agent Green, che hanno parlato a novembre di «una delle più grandi emergenze naturali in Europa, con migliaia di ettari di foreste abbattute», anche «in parchi nazionali» e altre zone protette, incluse quelle sotto tutela Unesco. IL MERCATO DELLA LEGNA - Ma non c'è solo la Romania a fare i conti con i suoi boschi perduti, un fenomeno facilitato secondo gli esperti dalla povertà - con tanta gente che attinge al patrimonio forestale per riscaldarsi - dall'inazione delle autorità e dalla floridità del mercato nero. Il Kosovo, ad esempio, è ormai anche visivamente un Paese senz'alberi, «uno fra i più colpiti» dal fenomeno «assieme all'Indonesia», dove il mercato della legna da ardere vale almeno «21,6 milioni di euro», ha segnalato un recente studio dedicato alla "Conservazione delle foreste" nella regione, una sfida spesso immane. crimini ambientaliLo studio ha ricordato che anche in Serbia, in particolare nel sud, «il disboscamento è molto marcato», sia in boschi privati sia in aree pubbliche, in particolare nelle aree di Kursumlija, Leskovac, Boljevac. Serbia dove, secondo calcoli dell'Ufficio statistico nazionale, dal 2007 al 2016 il numero dei crimini ambientali a danno delle foreste è raddoppiato, con «450 persone ogni anno incriminate» per furto di legname, ha informato il Centro serbo per il giornalismo investigativo raccontando che «migliaia di ettari di foreste scompaiono ogni anno» nel Paese, per azione di gruppi organizzati che operano rapidamente, «tagliando gli alberi e portandoli via sui camion, di giorno e di notte», pronti a reagire con le cattive se intercettati o disturbati, la denuncia dell'Ong Green Network. IL RISCHIO PIÙ ALTO - E scene simili sono state più volte segnalate in passato anche in Bulgaria e Bosnia-Erzergovina, nei Balcani lo Stato con una percentuale boschiva più alta - il 43% del territorio - a rischio. A rischio anche perché le guardie forestali «non lavorano sabato e domenica», lasciando mani libere ai ladri di boschi, ha avvisato l'esperto Ahmet Lojo, mentre altri hanno parlato di centinaia di migliaia di alberi tagliati illegalmente ogni anno. E l'Albania non fa eccezione, anche se proprio per arginare il fenomeno il Paese ha imposto una moratoria al taglio di alberi e all'export nel 2016. Una recente indagine del Balkan Investigative Reporting Network ha infatti denunciato casi di disboscamento persino nel parco naturale Shebenik-Jabllanice, sotto egida Unesco. Un altro gioiello, l'ennesimo, minacciato dai ladri di boschi
Stefano Giantin
L'INIZIATIVA ambientalista - Volontari reclutati attraverso il web
Attivi via app oltre mille "guardiani" Il problema del disboscamento illegale è talmente serio, in Romania, da aver fatto nascere idee innovative per contrastarlo. Greenpeace ha così sviluppato e lanciato una app, Forest Guardians, che permette ai volenterosi di denunciare casi sospetti di disboscamento illegale. Forest Guardians ha avuto un grande successo, con migliaia di app scaricate sui cellulari e con oltre mille "guardiani" ecologici volontari attivi. L'applicazione permette di monitorare, attraverso foto satellitari scattate in momenti di tempo diversi, lo stato di salute delle foreste romene e di evidenziare casi sospetti di disboscamento, in particolare in quelle vergini, circa 120 mila ettari, di cui solo 20 mila protetti concretamente da Bucarest. Le denunce vengono successivamente verificate da Greenpeace e infine inoltrate alle autorità competenti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2018
Campus scolastico di via Rossetti L'ipotesi scambio con il Carciotti
Domani il Comune rilancia il progetto del polo all'ex caserma L'opzione della permuta: il palazzo a Cassa depositi e prestiti
L'aveva annunciata a marzo, poi se l'è tenuta come cadeau di fine anno, da mettere sotto uno dei grandi alberi che hanno rimboschito piazza Unità in occasione delle feste. Roberto Dipiazza presenterà domani mattina l'operazione "Campus caserma", che sarà ambientata nell'ex Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lo farà in Salotto Azzurro con tre "regionali", ossia l'assessore leghista Pierpaolo Roberti, il presidente di commissione forzista Piero Camber, il capogruppo italicofratello Claudio Giacomelli. L'altro ieri, con l'apertura dell'anno accademico, il primo cittadino ha servito sul tema un altro antipasto: campus scolastico e universitario, impianti sportivi, laboratori e zone multidisciplinari, da realizzarsi «con risorse proprie e con gli ulteriori contributi della Regione Fvg». I dettagli non sono stati resi noti, ma fonti regionali vicine alla maggioranza accreditano la seguente pista: il Municipio provvede alla proprietà dell'area con una permuta di propri beni immobili, la Regione - come si evince da quanto lo stesso Roberti ha dichiarato giovedì scorso in materia di trasferimenti ai Comuni - armerà il finanziamento per trasformare il vasto spazio castrense in luoghi deputati allo studio e allo sport. Trattandosi di un boccone da 90 mila metri quadrati ripartito su più edifici, è ragionevole ritenere che il sostegno riqualificatorio si svolgerà su più annualità. È bene rammentare che i 9 ettari, su cui si estende l'ex caserma, appartengono a Cassa depositi e prestiti (Cdp) ed è bene ricordare che vincoli di pubblica finanza limitano la capacità di acquisto degli enti locali. Poiché il valore dell'area non è inferiore a 15 milioni, atteso che Cdp non vive di amore platonico, se l'opzione imboccata è effettivamente la permuta, bisognerà "pareggiare" con altrettanta materia prima: una delle ipotesi formulate al riguardo è il passaggio di mano di palazzo Carciotti, la prestigiosa testimonianza neoclassica che due tornate d'asta non sono riuscite ad alienare. Palazzo Carciotti è stato inizialmente quotato 22,7 milioni, che sono scesi a 19,9 in seconda istanza: niente da fare, il mercato ha fatto l'indiano. Ma il Municipio non può abbassare troppo la gradazione, per ragioni di immagine e di gestione finanziaria. Se sarà possibile impostare il cambio - i due asset appartengono a generi molto diversi -, potrà essere una buona soluzione tecnica. In questo momento responsabile dell'immobiliare comunale, essendo andato in pensione Walter Cossutta, è lo stesso segretario-direttore Santi Terranova, che all'inizio del prossimo anno dovrebbe passare la mano a Enrico Conte, capo dei Lavori pubblici.Già nel settembre 2017 e nella scorsa primavera - era venerdì 9 marzo - Dipiazza aveva delineato gli assi portanti dell'operazione: aveva detto che l'acquisto sarebbe stato imminente, che sarebbe stato condotto con proprie risorse (in effetti, anche senza contante, la permuta si fa con beni propri), che il valore dell'operazione avrebbe girato attorno ai 15 milioni, che progettazione e realizzazione sarebbero state portate a compimento utilizzando un centinaio di milioni "ereditati" dall'Uti giuliana. Ma eravamo prima delle elezioni regionali, che hanno mutato il quadro politico, per cui anche le modalità del "campus" sono cambiate.Gli ultimi sopralluoghi avevano fornito indicazioni rassicuranti sulle condizioni della grande area estesa tra via Rossetti, via Revoltella, via Mameli, via D'Angeli. I teppisti hanno lasciato il segno, ma le strutture sembrano sane. Le caratteristiche degli stabili, con ampi locali, si prestano a una riconversione di tipo scolastico. L'antico compendio militare riusciva a ospitare fino a 5 mila persone. Quando l'operazione stringerà al dunque, sarà d'uopo coinvolgere la Soprintendenza, che sottopose a vincolo, al tempo della direzione regionale di Giangiacomo Martines, l'ex caserma nella primavera 2012. La destinazione militare della zona risale ancora all'amministrazione imperial-regia, quando nel 1902 il Comune acquistò la cosiddetta "campagna Wildi" e le prime costruzioni asburgiche datano 1912. Le autorità italiane riprendono i lavori, che terminano nel 1926. La dedica a Vittorio Emanuele III è passata indenne dalla monarchia alla repubblica e troneggia ancora all'ingresso del futuro campus. Chissà se manterrà il riferimento al penultimo, discusso sire sabaudo.
Massimo Greco
Sala Tripcovich da demolire ? - Nella delibera nessun accenno
Il consigliere dem Barbo solleva alcuni interrogativi - Il Teatro Verdi dichiara a norma gli impianti termico ed elettrico dell'edificio giudicato inagibile
La demolizione della Sala Tripcovich? Non è all'ordine del giorno. Nella bozza di delibera della permuta di immobili tra il Comune di Trieste e la Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi, che sta facendo il tour delle circoscrizioni, non si fa cenno. È il consigliere Pd Giovanni Barbo a togliere il velo su alcune stranezze in questo "cambio merce" tra il Municipio e il Verdi entrambe capitanati da Roberto Dipiazza: la Sala Tripcovich di piazza Libertà in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere di via del Canneto 16 (comune di Muggia). I due immobili, inoltre, hanno un valore diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il fabbricato delle Noghere. «Gli oltre due milioni di euro di differenza verranno pagati dal Verdi al Comune? In caso contrario, cosa ci assicura che non ci sia danno erariale?», domanda Barbo. Nella delibera si sostiene che «l'operazione è ritenuta congrua perché di primario interesse per l'amministrazione che intende procedere alla riqualificazione dell'intera area». Non si parla però mai di demolizione. Anzi. Non si esclude che la Tripcovich, una volta ritornata al Comune «possa essere destinata ad attività rilevante Iva, non escludendo a priori eventuali futuri utilizzi a fini non istituzionali». «Ci sono già progetti in merito da parte del Comune? Supermercati magari?», insiste Barbo. Ma la cosa più stravagante è lo stato dell'immobile da dismettere che «non sarebbe più utilizzabile dal Verdi, poiché non più conforme alle normative sulla sicurezza». Nel contratto di permuta il Verdi certifica che «l'impianto elettrico e termico sono a norma». «Perché allora è stata finora dichiarata inagibile?», si chiede Barbo. Già, perché?
«L'alta velocità Venezia-Trieste vale più dei transiti a Ovest» - Parla l'ex senatore Sonego
La somma dei passaggi lungo le barriere della Venezia Giulia è 5 volte quella tramite il Bianco - Per l'ex parlamentare un errore la cancellazione della tratta
PADOVA - Venezia-Trieste-Divaccia batte Lione-Torino 4 a 1. È proprio questo il rapporto dei transiti di mezzi che hanno attraversato il confine orientale italiano, rispetto a quello occidentale. Eppure la Tav è quella a Nordovest. E anzi a est di Venezia fino a Trieste e al confine, il Governo a ottobre di quest'anno la linea alta velocità alta capacità l'ha proprio cancellata. Non si farà più. E a nessuno pare interessare. Lodovico Sonego, ex senatore della Repubblica e ex assessore ai trasporti della Giunta regionale targata Riccardo Illy, ha così scritto alla nuova coordinatrice europea del Corridoio n. 6 Mediterraneo Iveta Radicová. Spiegandole che è forse il caso di entrare nel merito della decisione delle commissioni trasporti di Senato e Camera che il 24 e 25 ottobre hanno eliminato la nuova ferrovia AV/AC Venezia-Trieste-Divaca che del Corridoio Mediterraneo è un segmento fondamentale. La somma dei transiti attraverso le barriere di Trieste e di Gorizia è cinque volte i transiti attraverso il Bianco, 4,3 volte i transiti di Bianco e Frejus sommati. «Tutto ciò è furiosamente irresponsabile» dice Sonego. «Come si può privare la parte che sostiene il Pil italiano di una infrastruttura di questa importanza? Il tratto fondamentale dell'alta velocità/alta capacità è quello che unisce questo pezzo d'Italia con i paesi dell'Europa Continentale, l'Est e Sud Est europeo. Paesi che hanno una fortissima integrazione economica». Sonego spiega nei numeri del suo paper l'importanza del collegamento. La somma dei transiti attraverso il confine italiano Nord Orientale (Tarvisio-Ugovizza; Gorizia-Villesse; Trieste-Lisert; totale 12.050 passaggi nel 2017) supera la somma dei transiti attraverso Brennero, Bianco e Frejus (10.371 nel 2017). I transiti (8.743 nel 2017) attraverso le barriere autostradali di Trieste-Lisert e Gorizia-Villesse che sono esattamente collocate lungo l'asse del Corridoio TEN-T n.6 Mediterraneo costituiscono il 39% di tutti i transiti attraverso i sei valichi alpini. «Si è giustamente enfatizzato il significato economico della nuova ferrovia ad alta velocità fra Torino e Lione - dice Sonego - ma senza questo pezzo manca il tratto fondamentale». La linea Av/Ac non era mai stata cancellata, l'infrastruttura fu anzi confermata dall'accordo tra l'allora governatrice Serracchiani e Rfi. L'intesa datata 22 Novembre 2016 stanziava 1,8 miliardi per realizzare con un quadruplicamento, per buona parte in galleria, la tratta dall'Isonzo al nodo di Aurisina. Il nuovo Contratto di Programma-Parte investimenti (CdP) tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Rfi per gli anni 2017-2021 prevede lo spostamento di quegli 1,8 miliardi in favore dell'ammodernamento della linea storica Venezia-Trieste-Confine di stato.
Roberta Paolini
IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2018
Convince Porto vecchio «futuro polo culturale» - il convegno di Italia Nostra
Un futuro da polo culturale e di sperimentazione. Questa la prospettiva per l'antico scalo, protagonista ieri nella sala congressi della Centrale Idrodinamica di una conferenza dal titolo "Porto vecchio-Ritorno al futuro". L'evento rientra nell'ambito dell'Anno europeo del Patrimonio culturale ed è stato organizzato dalla sezione triestina di Italia Nostra con il patrocinio dell'Autorità portuale dell'Adriatico Orientale. All'incontro hanno partecipato, fra gli altri, il presidente di Esof 2020 Bruno Della Vedova, l'assessore alla cultura Giorgio Rossi e Andreina Contessa, direttrice del museo storico di Miramare. Obiettivo: valorizzare Porto vecchio, non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura e sperimentazione. Tutti hanno sottolineato l'importanza dell'istituzione di un collegamento col centro urbano: Rossi ha anticipato che il Comune sta lavorando con Trieste Trasporti per l'apertura di una linea che dovrebbe collegare piazza della Borsa all'area di Porto vecchio.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2018
Il ritorno del tram a Pola in un progetto per il Comune
Pronto lo studio realizzato da due ingegneri, previsto il riutilizzo di strutture già esistenti: «Piano economicamente sostenibile e vantaggi per l'ambiente»
POLA - Ripristinare dopo molti decenni il tram cittadino così da contribuire a risolvere il problema del traffico caotico che affligge l'area urbana di Pola, soprattutto nei mesi estivi. È questa l'idea che hanno sviluppato gli ingegneri Livio Nefat e Ivan Skol. I due professionisti stanno ultimando la stesura del progetto, che hanno realizzato di propria iniziativa e che intendono sottoporre all'attenzione dell'amministrazione municipale. Sarà ovviamente il Consiglio comunale a decidere se metterlo in pratica o meno, magari bussando alle porte dei fondi europei per quel che riguarda il finanziamento. «Noi come cittadini di Pola - spiega al Glas Istre Livio Nefat, già anni fa fra i dirigenti dell'Unione Italiana - vogliamo dare il nostro contributo al miglioramento della qualità della vita dei concittadini con un progetto economicamente sostenibile che comporterà vantaggi per tutti».Il punto di partenza del tram così come progettato è l'attuale stazione ferroviaria, nella quale si trovano sette binari di cui solo tre oggi sono in funzione: gli altri possono dunque essere riattivati a questo scopo. Da sfruttare poi ci sono altri binari, inutilizzati da anni, lungo la riva cittadina nonché in direzione di Monumenti e dell'area commerciale alla periferia di Pola fino all'ex base aerea militare. «Inoltre - aggiunge Nefat - sotto Monte Zaro si trovano rifugi lunghi chilometri e risalenti alla Seconda guerra mondiale: lungo quei tunnel potrebbero essere posati i binari del futuro tram».Il tram è destinato ad avere naturalmente la trazione elettrica, e farebbe la spola fra i grandi parcheggi alle porte della città e il centro e toccando anche aree di interesse come l'aeroporto oppure i centri commerciali e il futuro terminal crociere. Di conseguenza verrebbe ridotta di molto la pressione del traffico lungo le direttrici cittadine con enormi vantaggi anche sul piano dell'inquinamento. In base alle stime effettuate dai due professionisti, i passeggeri si potrebbero quantificare in un milione nel solo primo anno di funzionamento della infrastruttura. Per quel che riguarda i costi del progetto, si parla di 700 mila euro nella prima fase, in cui verrebbe sfruttata buona parte dell'infrastruttura già esistente: un importo che verrebbe recuperato nell'arco di tre anni. Considerate le iniziative che sono in atto nelle altre città, tutte intese a scoraggiare l'uso dell'automobile nell'area urbana, l'amministrazione cittadina potrebbe tenere il progetto in buona considerazione. Intanto, il lavoro dei due professionisti viene a creare i presupposti per il ritorno a Pola del tram, che fu inaugurato nella sua prima tratta nel lontano marzo del 1904. Una linea costeggiava la costa e l'arsenale fino a San Policarpo, la seconda collegava il Marina Casinò alla stazione ferroviaria passando dinanzi all'Arena. In seguito venne costruita la linea dall'Arena al Bosco Siana. La lunghezza totale delle linee era di 7,3 chilometri, la motrice aveva il motore elettrico e la velocità massima consentita era di 20 chilometri all'ora. Dopo la prima guerra mondiale il servizio cominciò a soffrire la concorrenza crescente dei trasporti su gomma, e nel giugno del 1934 venne definitivamente cassato.
Rifiuti ingombranti e multe, lo zelo dell'azienda è a senso unico - La lettera del giorno di Dario Pacor
Venerdì 23 novembre scorso la notizia della signora alla quale è stata comminata un'ammenda di 600 euro per avere lasciato due giocattoli fuori i cancelli della discarica di via Carbonara; sabato 24 la foto di un lettore sui rifiuti abbandonati vicino ai cassonetti straboccanti in via Rossetti (situazione comune a tanti altri punti della città). Inciviltà dei triestini o inadeguatezza dell'AcegasApsAmga (i cui dividendi per gli azionisti crescono di anno in anno) nella raccolta dei rifiuti? Visto che l'azienda è così solerte nel segnalare ai vigili della Polizia locale i i cittadini che, recatisi alla discarica nell'orario di chiusura, lasciano qualche rifiuto ingombrante in prossimità dei cancelli, perché non lo è altrettanto nella raccolta delle "scovazze" perlomeno nelle situazioni più critiche?L'assessore Polli afferma che abbandonare un rifiuto di fronte all'entrata della discarica vale quanto qualsiasi altra strada comunale. Capita di vedere rifiuti ingombranti "parcheggiati" anche per una decina di giorni davanti i portoni degli stabili, in attesa di essere ritirati dal servizio AcegasApsAmga, alla faccia del tanto declamato "decoro cittadino". L'area di via Cabonara - spiace per i pochi residenti in prossimità - è comunque una zona marginale, dove certamente i cittadini non vanno a fare le loro passeggiate. Costerebbe tanto avere un addetto supplementare nel centro di raccolta per traslocare all'interno della stessa i rifiuti lasciati fuori durante l'orario di chiusura?Un'operazione che richiederebbe forse qualche decina di minuti. Si preferisce invece investire in costosissimi sistemi di tele-sorveglianza, impegnare i vigili a comminare sanzioni, incassare dalle stesse - leggo sul Piccolo - 50mila euro in sei mesi, penalizzando coloro che quantomeno si sono presi la briga di recarsi alla discarica. A ciò si aggiunge la cacciata, un anno fa, di quelle persone che - cosa orribile - fuori dai cancelli chiedevano se tra le cose che buttavi c'era qualcosa a loro utile. Molto meglio produrre rifiuti? Ritengo tutto questo un vero e proprio incentivo a disfarsi dall'immondizia o da tutto ciò che non serve più abbandonandolo sotto casa, magari in qualche via non ancora servita da telecamere.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2018
L'ex Filodrammatico ceduto all'asta pronto ad accogliere alloggi e box auto.
Il rudere di via degli Artisti acquistato per 1,9 milioni dall'unica societa' a farsi avanti per rilevarlo. Il nome resta top secret.
Riapre la stagione del Filodrammatico. Non sarà più teatrale, forse il cartellone si orienterà verso il residenziale e il logistico. Dipenderà dalle scelte dell'acquirente. La società Cierre, proprietaria del rudere di via degli Artisti, partecipata paritariamente dalla Cividin srl e dalla Cogg-ex Riccesi, è stata acquistata all'asta nel tardo pomeriggio di ieri l'altro. Poichè la procedura non è terminata ed è ancora possibile rilanciare, non è stato reso noto il nome del temporaneo, fortunato vincitore: si sa comunque che la società non è triestina e che è risultata unico offerente per il 100% della Cierre.L'aggiudicazione è avvenuta nello studio dell'avvocato Enrico Bran, curatore del fallimento Cividin srl. Il valore dell'operazione ammonta a un milione 870 mila euro e contiene vari asset: oltre al Filodrammatico, due appartamenti ad Aurisina Cave 57, 12 posti auto collocati ad Aurisina Cave e nel complesso "Salvia e rosmarino" ad Aurisina. Attenzione ad approcciare correttamente la portata di "valore dell'operazione", poichè il complesso meccanismo studiato da Bran, con l'obiettivo di alzare l'incasso a favore dei creditori Cividin (fallita) e Cogg (concordato preventivo), prevedeva l'applicazione di un algoritmo combinato tra compravendita delle partecipazioni, debiti societari, disponibilità liquide tra cassa e banche. Alla vigilia si parlava di un business da un paio di milioni e quindi la previsione è stata quasi centrata. A sua volta nel 2011 Cierre aveva comprato all'asta il Filodrammatico dall'Inps, pagandolo 2,5 milioni. Cividin e Riccesi avevano progettato un intervento di riqualificazione, quotato 2,5 milioni di euro, basato sulla realizzazione di 19 appartamenti e di ben 80 posti auto. Nel dicembre 2015 avevano anche ottenuto dalla Regione Fvg, edizione Serracchiani, un contributo di 770 mila euro con una duplice finalità: riqualificare l'immobile in istato di abbandono e stimolare l'acquisto di appartamenti con modalità convenzionate. Un'operazione simile aveva riguardato anche un vasto stabile tra via Boccaccio e Scala Belvedere, che la friulana Tris aveva rilevato dal fallimento Prodest: in quel caso il contributo regionale era stato di 730 mila euro. Come si accennava all'inizio, adesso bisogna attendere l'esito definitivo dell'asta, per scoprire chi sarà il coraggioso interprete del futuro Filodrammatico e soprattutto sesarà intenzionato a proseguire lungo il progetto Cividin-Riccesi o se invece cambierà rotta. I lavori dovranno riguardare un ampio compendio che si estende tra via degli Artisti e via Donota. L'edificio non solo è abbandonato da oltre trent'anni, ma ha subìto due incendi, nel 2006 e nel 2009, che lo hanno ulteriormente danneggiato.
Massimo Greco
Dall'ortofrutticolo alla vecchia Fiera fino alla Maddalena
Tra immobili in vendita e aree da riqualificare ballano operazioni immobiliari per 300 milioni
Fuori uno. La vendita del Filodrammatico, cioè di uno storico rudere in pieno centro, riaccende i motori del settore immobiliare triestino, dove le partite da chiudere su importanti edifici/aree da riqualificare restano comunque molte. Al netto di Porto vecchio, che rappresenta un capitolo a se stante, l'elenco delle vendite da fare e dei lavori da avviare arriva a sfiorare i 300 milioni di euro. Facciamo una somma del tutto indicativa. L'operazione più impegnativa resta l'ex Fiera, dove l'imprenditore carinziano Walter Mosser, dopo aver speso oltre 13 milioni di euro per l'acquisto dello spazio dal Comune, ha annunciato di volerne spendere 65 per rifare un po' tutto, dall'ultima parte di via Rossetti ai parcheggi, dal fitness allo shopping. Al secondo posto nella lista delle meraviglie si piazza il Parco del mare, progetto pilotato dalla Camera di commercio che pianifica una spesa di oltre 40 milioni per trasformare l'ex Cartubi e il mai nato Porto Lido in un grande acquario. Bollenti castagne sono state tolte dall'infuocato barbecue dell'ex Maddalena a opera dell'imprenditore veneziano Francesco Fracasso, specializzato nel recupero di siti degradati. Ha messo a posto l'attuale Centercasa di corso Saba, sta sistemando un monomarca Obi nell'ex concessionaria Dino Conti, nella voragine davanti al Burlo scommetterà 30 milioni per realizzare fori commerciali. Un obiettivo di prima fascia nelle strategie comunali sarà nell'entrante 2019 la cessione dell'attuale mercato ortofrutticolo, che occupa un grande triangolo nella zona di Campo Marzio. Il Municipio lo ha inserito nel piano delle alienazioni per una quotazione di 26 milioni, che non sono una bazzecola: il sindaco Dipiazza ha detto che esiste un progetto, preparato dalla società pubblica Invimit, che prevede nell'area un investimento alberghiero e un riassetto urbanistico (due parcheggi e un sottopasso) per un totale di 90 milioni. A poche decine di metri c'è l'ex Meccanografico, edificio dalla storia tribolatissima che potrebbe aver trovato la sua ragion d'essere nell'ospitare la sede di Esatto spa.Non hanno ancora trovato ammiratori il comunale palazzo Carciotti (20 milioni in probabile ribasso) e il camerale palazzo Dreher (iniziale 11,7 milioni). Trattativa aperta per l'ex Intendenza di finanza, double face delle Poste, che per 5-6 milioni potrebbe lasciare il patrimonio immobiliare di Cassa depositi e prestiti diventando un hotel.
La speranza di commercianti e residenti: «Così questa strada uscirà dal degrado» - LE REAZIONI AL FUTURO RESTYLING
Chi lavora in via degli Artisti e la frequenta si dice soddisfatto per la novità della prossima rinascita dell'ex Filodrammatico e spera che gli interventi previsti possano riportare la strada a una condizione migliore, dopo anni di degrado e sporcizia. Molti auspicano però che venga conservato qualche dettaglio dell'originale destinazione dell'ex Filodrammatico, una testimonianza della sua antica funzione, a ricordo del glorioso passato. «Qualsiasi cosa verrà fatta - commenta Giuliana Cisilin - sarà meglio di quello che c'è ora. È una zona di interesse storico, ben venga quindi un cambiamento, che ci voleva. Anche perché qui siamo in tanti a lavorare, una piccola comunità vivace». «È un bene se il palazzo viene finalmente ristrutturato - dice Mauro Parlotti -, servirà anche a rendere questa zona più pulita, visto che proprio l'area accanto all'edificio è diventata una toilette a cielo aperto per cani. Anche se ovviamente gli animali non hanno alcuna colpa». Per Antonino Guaiana la risistemazione dell'ex teatro potrebbe portare un via vai maggiore anche nella vicina galleria commerciale, che collega via degli Artisti a corso Italia. «Una volta era più vissuta - racconta - anche perché qui vicino c'era il cinema, magari il nuovo palazzo aiuterà a farla tornare più animata, ricordo negli anni '70 quanto era attiva. Nel tempo non è stato più così, forse anche per il degrado della strada qui dietro. Comunque se tutto verrà messo a posto, anche con l'eliminazione di transenne e impalcature ferme da tempo, non può che essere positivo». E c'è chi ricorda come la situazione precaria dell'immobile aveva causato anche la chiusura della strada, con conseguenze per commercianti ed esercenti. «La viabilità tempo fa è stata interrotta per diversi mesi a causa dei problemi legati all'edificio - racconta Karin Puzzer - e quando c'era vento forte si temeva comunque che qualcosa crollasse». Altri hanno ancora impressi nella memoria alcuni momenti che hanno segnato il lento sfacelo del Filodrammatico, come il crollo del tetto o alcuni incendi che avevano colpito la struttura. «Siamo comunque pronte - aggiunge Cecilia Leoni - a fare qualche sacrificio, inevitabile con il cantiere che verrà posizionato per i lavori, penso ai macchinari che saranno impiegati per la ristrutturazione. Va bene se ci sarà qualche disagio, perché immaginiamo che poi la situazione migliorerà sensibilmente. Girava voce che ci sarebbe stata anche una pedonalizzazione della strada, e credo potrebbe essere utile. Speriamo - sottolinea - che venga conservata almeno la targa con il nome del Filodrammatico, è un pezzo di storia della città, non si può cancellare». Pensiero simile per due anziani che vivono nella vicina via Donota. «Non si può dimenticare quanto bello è stato quel teatro, quanti intrattenimenti ha regalato per anni a tanti triestini, speriamo non sia dimenticato. Ci vorrebbe, ad esempio, una targa con qualche cenno storico». Per altri la demolizione del rudere servirà anche a evitare episodi di delinquenza segnalati più volte. «Visti il degrado e la poca luce - ricorda qualcuno - qui ci sono stati episodi legati allo spaccio o bivacchi notturni, sarà l'occasione per eliminare anche questo tipo di problematiche».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2018
Toninelli e il rebus della Trieste-Divaccia
Il ministro: ok al cofinanziamento Ue fino a Venezia. Tratta già stoppata in Senato. Regione in attesa di chiarimenti
UDINE - Il cofinanziamento Ue per la Trieste-Divaccia. Ma anche per la prosecuzione della tratta verso Ovest, fino al nodo di Venezia. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli infila pure il Friuli Venezia Giulia e i suoi confini in un post su Facebook in cui rivendica i meriti del governo gialloverde su un presunto supporto europeo alle infrastrutture ferroviarie. Poche righe, quelle per la nostra regione, ma che scatenano le perplessità in casa grillina e la dura reazione del Pd. Perché lo stop in commissione al Senato proprio alla Trieste-Divaccia era stato, a fine ottobre, motivo di esultanza proprio dei 5 Stelle, con in testa il capogruppo Stefano Patuanelli, non a caso sorpreso dal riferimento del ministro a quell'opera. Ma anche perché Toninelli parla di un'azione governativa che Isabella De Monte smonta in fretta. «Non sapevamo che il fantasma del ministro si aggirasse per le commissioni mentre noi lavoravamo - ironizza l'europarlamentare dem -. La realtà è che la tratta Trieste-Divaccia era già stata inserita nel testo dalla Commissione, e il Parlamento europeo non ha apportato modifiche, così come il Consiglio».Un rebus insomma. O un'altra gaffe del ministro, a sentire appunto il Pd. Di certo, poco più di un mese fa Patuanelli parlava di «grande vittoria per chi si batte da sempre contro le opere inutili» dopo il via libera in commissione a Palazzo Madama allo schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, un documento che incrementa di 13,2 miliardi gli investimenti ferroviari ma, a sentire i grillini, piazza la pietra tombale sull'alta velocità. Stupisce dunque che Toninelli inserisca pure la Trieste-Divaccia tra le opere per le quali il governo «ha ottenuto un cofinanziamento», così scrive su Fb dopo il Consiglio Ue con i suoi omologhi a Bruxelles. Fonti del Mit spiegano che il post fotografa «una situazione precedente alla determinazione in commissione sulle prescrizioni che riguardano alcune tratte» e che sarà Rfi a «valutare quali opere non risultino più strategiche». Ma De Monte demolisce la lettura di una vittoria del governo: «Quelle di Toninelli sono dichiarazioni imbarazzanti, è arrivata l'ora di mettersi a studiare».Resta poi la questione del sostegno al prolungamento della tratta fino a Venezia. Si potrà forse trattare del potenziamento dell'esistente, progetto da 1,8 miliardi inserito nell'accordo governo-Rfi? «Il cofinanziamento Ue sull'intero tragitto è una buona notizia», commenta l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti. Ma nemmeno lui, ammette, ha alcun dettaglio sull'operazione. Intanto, sempre via Facebook, su un altro fronte Toninelli annuncia che il governo italiano condividerà l'analisi costi-benefici della Tav con il governo francese e, quindi, rinvia al 2019 la pubblicazione degli eventuali bandi di gara. Il ministro spiega di avere siglato, «a margine del Consiglio Ue dei Trasporti», con l'omologa di Parigi, Elisabeth Borne, «una lettera per chiedere congiuntamente a Telt, il soggetto attuatore, di pubblicare oltre la fine del 2018 i bandi dapprima attesi a dicembre. Adesso condivideremo il percorso con la Commissione europea, applicando in pieno il contratto di governo. Nessun pregiudizio sull'opera, ma solo l'obiettivo di fare quanto mai fatto prima: usare bene i soldi di tutti i cittadini italiani». «Analisi costi-benefici? Non faccio l'ingegnere, ho fatto il classico. Ognuno faccia il suo mestiere», commenta il vicepremier e ministro dell'interno Matteo Salvini precisando di essere «per l'Italia dei sì, mi si portino i numeri». Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino intravede nelle parole di Toninelli uno spiraglio, ma fonti del ministero precisano che il rinvio «congela di per sé qualunque aspetto della procedura».
Marco Ballico
Un weekend di dibattiti sul futuro di Porto vecchio
Il via venerdì alla Centrale Idrodinamica. Previste fino a domenica visite guidate affidate ai volontari di Italia Nostra
Sono state presentate ieri mattina nella sala Bobi Bazlen di palazzo Gopcevich le tre giornate dedicate al Porto vecchio denominate "Porto vecchio-Ritorno al futuro" e che avranno quale comune denominatore l'attualità e le prospettive future dell'antico scalo portuale cittadino. Il tema, che si articolerà da venerdì 7 a domenica 9 dicembre nella Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, rientra nell'ambito dell'Anno Europeo del Patrimonio Culturale ed è stato presentato dalla presidente della sezione triestina di Italia Nostra Onlus, Antonella Caroli, dalla vicepresidente Giulia Giacomich, assieme al professor Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020. Questa tre giorni di dibattito e di visite guidate alla centrale idrodinamica è organizzata, oltre che da Italia Nostra, dagli assessorati alla cultura del Comune di Trieste e della Regione, con il patrocinio dell'Autorità di Sistema Portuale dell'Adriatico Orientale e del Mibac, e ha come obiettivo quello di evidenziare il comune impegno per la valorizzazione del Porto Vecchio, visto non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura, sperimentazione e tecnologia. «Mi piace ricordare - ha sottolineato Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020 - che il Porto vecchio è nato da una necessità storica dell'epoca che aveva come obiettivo quello di mettere insieme professionalità, industria e comunicazione. È perciò necessario che quest'area venga ridata alla città e l'occasione offerta da Esof 2020 sarà propizia in tal senso». Il programma delle tre giornate dedicate al Porto vecchio sarà aperto venerdì dalla tavola rotonda dove verranno esaminate le prospettive e le opere messe in cantiere per la valorizzazione del vecchio scalo portuale triestino, mentre sabato 8 e domenica 9 dicembre, dalle ore 10 alle 13, sarà possibile effettuare delle visite guidate alla centrale idrodinamica, realizzate grazie al coinvolgimento dei volontari di Italia Nostra, per le quali è preferibile la prenotazione tramite email a trieste@italianostra.org.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2018
Arrivano 33 nuovi autobus La flotta cittadina è "young"
Con gli ultimi acquisti da 8,5 milioni Trieste Trasporti può vantare il parco mezzi più giovane d'Italia. Intanto le multe ai "portoghesi" toccano quota 1.100 al mese.
Trieste Trasporti ne è certa: la sua flotta di bus è la più giovane d'Italia e dell'Europa intera. Con l'ultima covata di mezzi neonati, l'età media si attesta a 4,2 anni contro una media nazionale di 12,2. Ma il Broletto fa meglio anche dell'anagrafe tedesca, irlandese, finlandese. Fin dall'inizio del 2019 tutti i 271 bus saranno classificati Euro 6, con relativo beneficio ambientale per qualità di emissioni in atmosfera. Ieri mattina, davanti al Savoia, il vertice della concessionaria ha schierato due prototipi del ringiovanimento: in tutto rinfrescheranno i ranghi di Trieste Trasporti 33 produzioni della Man, 25 saranno le "normali" lunghe 10,5 metri con 85 posti, mentre 8 saranno invece le snodate da 18 metri capaci di portare quasi 150 passeggeri. Un investimento di 8,5 milioni in buona parte pagato attraverso il contributo regionale al trasporto pubblico locale (tpl), una quota del quale è utilizzato per il rinnovamento del parco mezzi. Alla presentazione degli ultimi acquisti un ampio parterre con il governatore Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il prefetto Annapaola Porzio, il vertice societario Piergiorgio Luccarini e Aniello Semplice, l'amministratore delegato del partner privato Arriva, Angelo Costa. Un'occasione per fare il punto sui temi forti del comparto. A cominciare dal cosiddetto giudizio di revocazione avanti il Consiglio di Stato, che il prossimo 24 gennaio chiuderà l'infinita storia della gara per l'aggiudicazione del trasporto pubblico regionale: è l'ultima chance di Busitalia (gruppo Fs) e di Autoguidovie per debellare la società consortile formata dalle quattro concessionarie uscenti (Trieste trasporti, Saf, Atap, Atp), dopo le due sconfitte al Tar e al Consiglio di Stato. Fedriga non ha nascosto quanto ricorsi bis-tris facciano perdere tempo e quattrini, soprattutto quando in ballo c'è un finanziamento di 133 milioni, che colloca il trasporto locale al secondo posto delle dazioni regionali dopo la sanità. Interessante anche l'argomento "sicurezza", gestito da un sistema di 1350 videocamere ad alta definizione, che ha consentito a magistratura e forze dell'ordine l'acquisizione di 547 blocchi di filmati a chiarimento di incidenti stradali e di indagini penali. C'è anche un problema di "sicurezza" di cassa, nel senso che Trieste Trasporti ha dichiarato guerra a chi non acquista il regolamentare biglietto: nel corso del 2018 le sanzioni sono cresciute di quasi il 13% a circa 1100/mese. L'azienda calcola che il fenomeno sia valutabile nell'ordine del 10-15% del totale dei passeggeri, determinando un danno economico non inferiore ai 2,5 milioni di euro/annui. Due gli strumenti messi in campo contro l'evasione: il recupero dei crediti affidato a Synergy Key - perchè Semplice è pronto ad affondare la lama fino al pignoramento - e l'attivazione dei contapasseggeri a bordo di tutti i bus. Il contapasseggeri servirà inoltre come fattore statistico-programmatorio, alfine di capire meglio quanti siano gli effettivi fruitori del "tpl" e quali siano le linee più battute.
Massimo Greco
Ciclabili, natura e passaparola Così cresce l'appeal di Muggia
Il report costruito in base ai questionari sottoposti ai visitatori promuove la città L'ospite tipo viene da Austria e Germania e trascorre qui dalle 2 alle 4 notti
MUGGIA - Famiglie o gruppi di amici, per lo più provenienti da Austria e Germania, attratti dalla Parenzana o semplicemente consigliati da persone che Muggia l'hanno già vista. Questa la "scheda" del turista tipo della cittadina istroveneta. Un dato emerso dai questionari promossi dall'amministrazione Marzi e distribuiti nel mese di settembre dal Gal Carso in collaborazione con alcuni operatori locali. La maggior parte dei turisti stranieri risulta quindi arrivare dall'Austria o dalla Germania. Il 23% di questi è di passaggio, il 21% viene qui per trascorrere del tempo al mare o a contatto con la natura, un altro 21% perché consigliato da amici e ben il 26% per godere della Parenzana o dell'Alpe Adria Trail. Le famiglie costituiscono il 38% del nucleo di turisti giunti a Muggia, seguono i gruppi di amici (36%) e un'importante quota di viaggiatori solitari (21%), che a sorpresa sono per lo più donne (il 63% contro il 38% di uomini) la cui età media è di 43 anni. La maggior parte dei turisti arriva nella città istroveneta con la propria auto, un 18% con il trasporto marittimo, il 15% in bici e il 10% in camper. Esattamente 2,6 in media le notti di soggiorno in città, che salgono a quattro in campeggio, dove sceglie di pernottare il 28% dei turisti. Il 36% dei visitatori di Muggia opta per l'albergo, mentre il 17% il b&b. Lusinghiero il fatto che il 61% dei visitatori valuta la città migliore rispetto alle aspettative. Positivo anche il riscontro sull'informazione turistica, con ben un 61% di opinioni positive e un infopoint che tra il 24 luglio ed il 22 ottobre ha registrato quasi duemila accessi. In generale Muggia risulta essere una città accogliente a detta dei turisti, con una valutazione molto positiva sia verso la sicurezza percepita (90%) che nei confronti della cittadinanza (80%). «Stiamo lavorando alacremente perché siamo convinti del valore e delle potenzialità della nostra città ed è evidente come Muggia goda di un'attrattività sempre più alta, turisticamente parlando: basta guardarsi intorno per notare il numero crescente di turisti che ci fanno visita», commenta il sindaco Laura Marzi. Soddisfatto Fabrizio Masi, referente di Viaggiare Free: «I gruppi che vengono a Muggia dall'estero o dal Centro-Sud dell'Italia lo fanno per visitare un territorio transfrontaliero, di cui Muggia è la prima tappa. I dati dei passaggi di cicloturisti che emergono anche dai territori confinanti ben evidenziano la significativa incidenza e l'esponenziale crescita che questo settore sta vivendo». E dal Gal Carso Enrico Maria Milic lancia nuove sfide: «A gennaio vorremmo ripartire con un tavolo di lavoro per creare un calendario da presentare ad inizio stagione. Noi possiamo sviluppare e far crescere l'offerta già esistente, ma l'offerta parte dal territorio e da tutte le realtà che vogliono proporre se stesse e il proprio progetto».Ottimista infine l'assessore al Turismo Stefano Decolle: «Quello che emerge con forza è un deciso attivismo da parte di tutte le realtà coinvolte, che hanno dimostrato di avere voglia di essere costruttive e concrete nella creazione di prodotti e servizi turistici. C'è molto sano spirito d'iniziativa e desiderio di collaborare all'insegna di un impegno condiviso, ingredienti fondamentali per lo sviluppo della nostra amata Muggia».
Riccardo Tosques
Ambiente - Italia e Croazia insieme per pulire il mare Adriatico
Entro la fine dell'anno 70 pescherecci saranno mobilitati in nove porti dell'Adriatico tra Italia e Croazia per ripulire i fondali marini dai rifiuti. Lo ha annunciato Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, illustrando a Bruxelles il progetto Interreg «Marine Litter - Repair», coordinato dall'Università Cà Foscari di Venezia e con la collaborazione di altri sei partner, Ispra a Chioggia, le Cooperative M.A.R.E. di Cattolica e Limosa di Venezia, l'Istituto di Oceanografia e Pesca di Spalato, l'Associazione Sunce di Spalato, e l'Istituto Rera per lo sviluppo della contea di Spalato e Dalmazia. «C'è un vuoto normativo non solo in Italia ma anche negli altri Paesi che si affacciano sull'Adriatico e non si sa come classificare il rifiuto pescato in mare» ha spiegato Fortibuoni.
Clima, dall'Italia l'ultimo allarme - Solo 20 anni per salvare il Pianeta
Si apre il vertice Cop 24 in Polonia. Il monito dell'Onu: «È già una questione di vita o di morte»
ROMA - «Quella del clima è già oggi una questione di vita o morte» per diverse parti del mondo ma «siamo totalmente fuori rotta e in ritardo» nel progetto di scongiurare catastrofi naturali e drammi umanitari. Si è aperto con un appello drammatico il discorso di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni unite, all'inaugurazione della Conferenza mondiale climatica COP24, a Katowice, nel sud della Polonia. Dall'accordo di Parigi del 2015 sottoscritto da 195 Paesi, che indicò l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale con un aumento medio della temperatura entro i 2 gradi - meglio 1,5 - rispetto all'era preindustriale, «questo incontro è il più importante sui cambiamenti climatici», ha ribadito Guterres. Che ha sollecitato i capi di Stato e di governo presenti (non c'erano i big, per l'Italia ha partecipato il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, mentre Leonardo Di Caprio non sarebbe stato invitato per timore delle sue posizioni) e i rappresentanti delle 60 delegazioni a condividere la responsabilità per individuare azioni concrete. L'allarme degli scienziati è costante e univoco. Dal gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), all'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo), al Programma ambientale dell'Onu (Unep) tutti avvertono che i prossimi 12 anni saranno cruciali e non abbiamo quindi molto tempo. Anche l'Istituto superiore di sanità è sceso in campo: «Due generazioni, ovvero 20 anni, per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti devastanti che questi avranno sulla salute dell'uomo e dei territori» ha detto il presidente dell'Iss, Walter Ricciardi rilevando che «già oggi le morti in Europa legate ai cambiamenti climatici sono migliaia l'anno, ma saranno milioni nel prossimo futuro se non si agisce subito»; saranno 250mila all'anno tra il 2030 e il 2050 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità. «Non mi pare di vedere una cultura adeguata», ha osservato il direttore dell'Iss che ospita per due giorni alcuni dei massimi esperti in materia per un convegno da cui scaturirà «La Carta di Roma» con una serie di raccomandazioni per contrastare i rischi provocati dai cambiamenti climatici e per dimostrare che «si può agire tutti e subito per invertire il trend, le istituzioni in primis ma anche le persone comuni».Tornando alla Cop24, Guterres ha ricordato «la responsabilità collettiva di investire», «consolidare gli impegni finanziari assunti a Parigi e assistere le comunità e le nazioni più vulnerabili». Da parte sua, la Banca Mondiale ha raddoppiato gli investimenti a 200 miliardi di dollari nel quinquennio 2021-2025 per sostenere l'adattamento al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni di gas serra. Se occorre ambizione l'Italia è in prima fila: «Lo stato di salute del Pianeta ci impone il massimo sforzo e anche di fare presto. Faremo di tutto per innalzare l'ambizione dell'Italia e trainare gli altri Paesi» ha detto in un tweet il ministro Costa mentre Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, presente all'inaugurazione e rammaricato che il governo degli Stati Uniti abbia voltato le spalle all'Accordo di Parigi, ha invitato a «puntare di più sui leader locali e non solo sui governi» visto che il 70% delle emissioni di CO2 negli Usa è controllato dai governi locali e dalle città.
STATI UNITI DI TRAVERSO LA STRADA È IN SALITA
L'ordine del giorno di Katowice è di quelli decisivi: serve un'intesa per attuare l'Accordo di Parigi del 2015 e contenere il surriscaldamento a più 1,5 gradi il più presto possibile. Gli osservatori non nutrono grandi aspettative sull'efficacia del vertice. Dalle dichiarazioni del mondo scientifico e dai dati l'allarme si è aggravato negli ultimi tre anni. Tre rapporti in un mese hanno messo definitivamente all'angolo gli scettici. Il 20 novembre l'organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha annunciato che per la prima volta da migliaia di anni la concentrazione annua media globale di CO2 nell'atmosfera ha raggiunto nel 2015 il traguardo di 400 parti per milione, diventate poi 403,3 nel 2016 e 405,5 nel 2017: un record dopo l'altro. La notizia sulla concentrazione di CO2 segue la pubblicazione del rapporto Ipcc sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5 gradi. C'è il rischio concreto che nel 2023 il carbon budget necessario per mantenere l'incremento delle temperature medie globali al di sotto dell'intervallo possa già essere stato esaurito. Tempo scaduto. Un altro rapporto scientifico pubblicato da 13 agenzie federali Usa dice che i cambiamenti climatici potrebbero ridurre di un decimo il Pil statunitense entro il 2100, più del doppio delle perdite della recessione del 2008. Due le aree di maggior impatto: commercio estero e agricoltura. L'allarme degli scienziati non sarà molto ascoltato. La posizione di Trump, che vuole smantellare la politica sui cambiamenti climatici, è l'ostacolo più grande.
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2018
La maggioranza di Muggia "salva" i soffiatori per la pulizia delle vie
Mozione del grillino Romano: «Alzano polveri dannose per la salute» L'assessore Litteri: «Usati solo là dove non passa la spazzatrice»
I soffiatori per la pulizia delle strade di Muggia continueranno a essere regolarmente operativi. Almeno per ora. È questo l'esito della mozione proposta dal capogruppo del M5s Emanuele Romano durante l'ultimo Consiglio comunale. L'esponente pentastellato aveva chiesto di vietare l'uso dei soffiatori per motivi di salute pubblica. «Considerato che lungo le strade e nei piazzali si depositano polveri di origine antropica, industrie, veicoli, riscaldamento, eccetera, che se inalate possono essere causa di infezioni polmonari o altre patologie croniche, e tenendo conto che lungo le strade e nei piazzali si depositano pollini che se inalati possono essere causa di allergia in determinate persone, chiedo di vietare l'uso dei soffiatori sul territorio comunale», aveva avanzato formalmente Romano. La maggioranza, compatta, ha espresso la propria contrarietà. «I soffiatori vengono utilizzati solo in alcune vie di Muggia, dove non si possono utilizzare macchine spazzatrici a causa delle vetture parcheggiate. Ricordo che in passato in queste vie veniva periodicamente vietato il parcheggio per l'intera mattinata per permettere il passaggio della spazzatrice: questo aveva creato grossi malumori in quanto molti si dimenticavano del divieto e venivano multati per sosta vietata, per cui questa pratica è stata abbandonata», racconta l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. Ma l'assessore della Giunta Marzi lascia le porte aperte ad altre soluzioni, in primis l'utilizzo degli aspiratori.«Questo sistema è utilizzato dalla Net in tutti i comuni soprattutto per raccogliere le foglie cadute dagli alberi. Inoltre viene usato anche nel periodo del Carnevale per riuscire a staccare dal terreno i coriandoli. Ritengo inoltre che il problema del sollevamento delle nanopolveri, citate dal consigliere Romano, non sia dovuto solo all'utilizzo dei soffiatori, in una città come la nostra dove spesso soffia la bora. Ciò non toglie - conclude Litteri - che sono d'accordo che si debba evitare il più possibile di sollevare polveri, fastidiose e dannose per la salute, per questo ho chiesto alla Net di valutare sistemi alternativi, quali l'utilizzo di aspiratori».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 dicembre 2018
REGIONE FVG - Auto green e car sharing - La giunta ora
accelera - il parco macchine dell'ente
TRIESTE. «La Regione perseguirà lo sviluppo del progetto New Mobility in Fvg
(Nemo) volto a ridurre l'inquinamento con l'adozione, da parte della pubblica
amministrazione, di veicoli elettrici e di Noemix, il servizio di car sharing
sviluppato al suo interno». La conferma arriva dalla giunta con l'assessore
all'Ambiente Fabio Scoccimarro: «Si tratta della prima iniziativa di questo tipo
in Europa e gode di un finanziamento Ue di 900mila euro. Sarà possibile
dismettere circa 800 vetture a benzina o diesel e sostituirle con 640 veicoli
elettrici, prevedendo ricadute sensibili dal punto di vista ambientale». E
«sfruttando il servizio di car sharing tra enti, ridurremo il numero di mezzi in
circolazione con conseguenze positive anche per il traffico». Scoccimarro spiega
poi che «dopo la definizione del progetto verrà avviato un dialogo tra le
direzioni regionali che coinvolgerà il vicegovernatore Riccardo Riccardi, dato
che una buona parte dei mezzi sostituiti sono a disposizione del servizio
sanitario, e l'assessore alle Autonomie Pierpaolo Roberti, per i veicoli degli
enti locali e l'inserimento nel progetto della centrale unica di committenza».
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Clima, la sfida parte da Katowice - Salvare il pianeta
senza gli Usa
L'Ue punta a "emissioni zero" entro il 2050. Secondo l'Onu restano solo
12 anni per agire - L'Italia è ai primi posti per le morti da smog in Europa: il
98% dei bimbi esposto agli inquinanti
Torino - Secondo gran parte della comunità scientifica già gli accordi di
Parigi del 2015 (Cop21), che miravano a contenere il riscaldamento globale entro
i due gradi rispetto ai livelli preindustriali (puntando alla soglia degli 1,5°
C), erano insufficienti ad evitare i cambianti climatici. Ma senza un'intesa al
vertice Onu di Katowice (Cop24) che inizia oggi, anche quell'obiettivo minimo
rischia di rimanere lettera morta. In Polonia la sfida è ancora più ardua: si
tratta di passare dalle parole ai fatti. 1Lo scontro Usa-UeD'altronde Cop21 è
stato uno dei temi più spinosi del G20 di Buenos Aires. Il braccio di ferro tra
gli Usa e l'Ue si è concluso con comunicato che ritiene Parigi «irreversibile»
solo per 19 Paesi. Trump ha affermato più volte di non credere nei cambiamenti
climatici causati dall'uomo e ha annunciato di non voler rispettare gli impegni
presi dal suo predecessore Barack Obama. Bruxelles invece intende farsi paladina
del clima e punta a "emissioni zero" entro il 2050. «Noi siamo coerenti - ha
rivendicato il commissario europeo Canete - non siamo come gli Usa, dove se
cambia il presidente cambiano anche le politiche per il clima». L'Ue stima che
la rivoluzione energetica, per cui saranno necessari 200-300 miliardi
d'investimenti l'anno, porterà un +2% di Pil entro il 2050, risparmi di 200
miliardi in sanità e il 40% in meno di morti premature da smog. 2Smog in Pianura
padanaEd è proprio lo smog una delle voci che preoccupa di più l'Italia. Secondo
l'Agenzia europea per l'ambiente il 95% più esposte ai principali inquinanti
dell'aria vive nel Nord. Siamo al secondo posto continentale per morti per Pm
2.5 (60.600) e al primo per le morti da biossido di azoto (20.500) e per l'ozono
(3.200). Anche l'Organizzazione mondiale della sanità non risparmia le critiche
al nostro Paese: segnalando che il 98% dei bambini respira troppe polveri
ultrasottili. Un dato che non fa differenza tra ricchi e poveri. 3La posizione
dell'ItaliaA differenza del populista Jair Bolsonaro, che ha già ritirato la
candidatura del Brasile per Cop25 nel 2019, l'Italia non sembra intenzionata a
seguire Trump sul clima. Il presidente Conte nel suo intervento al G20 di Buenos
Aires ha ricordato l'importanza di Katowice e ha spiegato che la transizione
energetica «rappresenta un'opportunità economica per rafforzare l'occupazione,
modernizzare le infrastrutture dei nostri Paesi e salvaguardare i cittadini di
fronte l'incremento dei fenomeni climatici estremi». Domani il ministro
dell'Ambiente Sergio Costa interverrà alla cerimonia inaugurale. 4Gli obiettivi
di KatowiceCop24 è uno snodo fondamentale in vista del 2020, anno in cui gli
accordi di Parigi dovranno diventare operativi. I pilastri della conferenza sono
tre: l'adozione delle linee guida per mettere in pratica l'intesa del 2015,
l'impegno dei governi per diminuire ancora i livelli di emissioni di CO2 già
decisi per il 2020 e lo stanziamento di risorse adeguate per permettere ai Paesi
più poveri di ridurre le emissioni. Secondo uno studio commissionato dall'Onu
Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico restano solo 12 anni per
agire. 5Sconfitta non ammessaSecondo Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed
Energia del Wwf che sarà presente a Katowice, per contenere l'aumento della
temperatura entro gli 1,5° C bisogna «rafforzare gli impegni» . «Non è ammessa
una sconfitta», spiega Mauro Albrizio di Legambiente. «È una sfida che l'Europa
può e deve vincere - prosegue - non solo per il successo di Katowice, ma
soprattutto per accelerare la decarbonizzazione dell'economia europea e vincere
la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per
l'occupazione».
Andrea Scutellà
IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2018
LA CARTIERA DI SAN GIOVANNI DI DUINO - Scoglio ambientale sul futuro Burgo - A Spinoglio un mese per dare risposte
Vertice in Regione: l'imprenditore dovra' fornire nuovi dati. Poi un mese per valutarli. In piazza presidio dei lavoratori
TRIESTE - La vertenza Burgo, dopo tre anni, veleggia ancora in mare aperto. Con due scogli che ne rendono assai perigliosa la navigazione, uno di carattere ambientale e uno di ordine occupazionale. Sotto le finestre del "governatorato", in via dell'Orologio dove si fronteggiano l'ingresso della Regione e quello dell'hotel "Duchi d'Aosta", una cinquantina di dipendenti ha organizzato un presidio, mentre a San Giovanni di Duino la "linea 3" era bloccata dallo sciopero e in fabbrica sono entrati solo gli impiegati. Il vertice, tenutosi in Regione nella tarda mattinata di ieri, non ha risolto alcunché ed è servito soprattutto a fissare un cronoprogramma di massima, per tentare di salvare 100 posti e di riconvertire la linea produttiva "2". La scansione delle date è la seguente: entro la fine di dicembre Giulio Spinoglio, a capo della Cartiera di Ferrara, presenterà il supplemento documentario ambientale riguardo l'impianto di produzione energetica attivabile con gli scarti di lavorazione (pirogassificatore). A quel punto la direzione Ambiente della Regione Fvg - alla riunione sedeva l'assessore Fabio Scoccimarro - avrà a disposizione un mese per verificare la congruità dei dati trasmessi dall'imprenditore piemontese-ferrarese. Se non vi saranno eccezioni di rilievo su questo versante, Spinoglio potrà costituire una società, insieme a Burgo e a Friulia, per avviare la riconversione dal patinatino al cartoncino. Anche se pare non vi sia chiarezza sui finanziamenti pubblici. Ridendo e scherzando, avremo così raggiunto i primi di febbraio, quando scatterà il timing dei 100 licenziamenti: l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, affiancata dal collega delle Attività produttive Sergio Bini, ha chiesto alla Burgo, profittando delle misure previste dalla recente legislazione governativa, di prorogare il contratto di solidarietà, per disintossicare il fatale intreccio ambientale-occupazionale di febbraio. Per il gruppo cartario c'era il capo del personale, Franco Montevecchi, che ha preso tempo, ma ci sono ottime possibilità - secondo fonti aziendali - che la risposta sarà negativa, perché Burgo la sua proposta l'ha già fatta: accettare trasferimenti in altri siti produttivi, molti dei quali posizionati nel Nordest. Tema che i sindacati non intendono prendere in considerazione.Tra le sigle alligna un "sentiment" apertamente pessimistico. Si sperava che la riunione servisse a ottenere qualcosa di più che una serie di dichiarazioni sui compiti da farsi. La valutazione di Berardi (Cisl), Goat (Cgil), Mian (Uil) converge sul tempo perso, sulle lungaggini burocratiche, sulle disattenzioni procedurali di Spinoglio e della Burgo. Poi prevale un po' di Realpolitik: sul tavolo Spinoglio è l'unica carta giocabile. Nel panel istituzionale anche il sindaco Daniela Pallotta, preoccupata che la tematica ambientale finisca con l'inghiottire l'istanza occupazionale.
Massimo Greco
IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2018
«Conflitto d'interessi sul Piano regolatore» - la
polemica politica
MUGGIA - Conflitto di interessi sulla variante 36 al Piano regolatore. È
questa la denuncia di Emanuele Romano (M5s), Roberta Tarlao (Meio Muja) e
Roberta Vlahov (Obiettivo comune). «È emerso in commissione il conflitto di
interessi in capo all'assessore all'Urbanistica Francesco Bussani, la cui
famiglia è proprietaria di un appezzamento agricolo Nel Comune», si legge nella
loro mozione.Il documento è stato però ritirato in quanto dichiarato
inammissibile dal sindaco Laura Marzi, che, in risposta a un'ulteriore
interrogazione di Romano, ha citato diverse sentenze del Consiglio di Stato in
cui si evidenzia come «per astenersi da una deliberazione non è sufficiente la
generica circostanza relativa alla semplice condizione che alcuni consiglieri
siano proprietari di fondi» e come «la necessità di una più stringente
situazione di concreta conflittualità si rende indispensabile allorché si va ad
approvare strumenti urbanistici di centri piccoli dove la possibilità di essere
proprietari di suoli interessati dalle previsioni è particolarmente alta».
Caso Burgo in Regione - E in piazza si protesta contro
i licenziamenti
Ritrovo sindacale alle 10 sotto il palazzo dove due ore dopo si terrà il
vertice alla presenza di tre assessori e parti sociali
Trieste - Stamane alle ore 10 presidio sindacale in piazza Unità sotto le
finestre della Regione, dove si farà il punto sulla vertenza Burgo. Uno sciopero
di 24 ore è iniziato ieri sera alle ore 22 e si concluderà oggi alla stessa ora.
Tre assessori per un vertice: Alessia Rosolen (Lavoro), Sergio Bini (Attività
produttive), Fabio Scoccimarro (Ambiente). Più le parti sociali, imprese e
organizzazioni sindacali. Il count down ha assunto una scansione tambureggiante:
trentuno giorni a dicembre, altri trentuno a gennaio, poi 100 dipendenti della
fabbrica duinese saranno licenziati, perchè gli ammortizzatori sociali sono
esauriti, perchè non si può allungare il contratto di solidarietà, perchè il
tentativo di riconversione della "linea 2" imperniato sulla Cartiera di Ferrara,
con l'appoggio esterno di Burgo, è ancora impantanato nelle autorizzazioni
ambientali. Senza le quali non si potrà realizzare l'ormai celebre
pirogassificatore, una tecnologia per il recupero degli scarti ritenuta
imprescindibile dal potenziale investitore. Un quadro piuttosto sconcertante, se
si pensa che Giulio Spinoglio, patron della Cartiera ferrarese, venne presentato
ai sindacati il 9 giugno dello scorso anno durante un incontro al ministero
dello Sviluppo Economico. Da allora un anno e mezzo è stato bruciato tra
malintesi e incomprensioni. Non è stata creata nemmeno la "newco", cioè la nuova
società Spinoglio-Burgo-Friulia, che avrebbe dovuto essere il legale contenitore
della riconversione dal patinatino al cartoncino per anime da bobina. Le
rappresentanze sindacali di fabbrica segnalano una forte, comprensibile tensione
all'interno dello stabilimento, dove circa un terzo dell'organico (340 addetti
in tutto) rischia seriamente il posto. E chiedono chiarezza alla Regione e alla
coppia Spinoglio-Burgo. Le dichiarazioni rese dai sindacalisti dello
stabilimento non possono essere all'insegna dell'ottimismo. Giuseppe Berardi
(Cisl) ricorda i sacrifici sopportati in busta paga dai lavoratori, sacrifici
vanificati dalle lungaggini burocratiche e «all'improvvisazione della Burgo e
della Cartiera di Ferrara». «I permessi per l'impianto di pirogassificazione -
incalza Maurizio Goat (Cgil) - sono ancora al vaglio degli uffici competenti e
la soluzione appare quantomeno lontana». Luca Mian (Uil) insiste sul ruolo della
mano pubblica, nelle autorizzazioni come nel sostegno economico alla
riconversione.Burgo ha acceso due procedure di licenziamento, una riguarda la
Cartiera del Timavo, l'altra lo stabilimento piemontese di Verzuolo per 62
esuberi.
Massimo Greco
Il pirogassificatore - Quell'impianto che mette in
allerta gli ambientalisti
Il dibattito sulle ricadute ambientali del pirogassificatore rappresenta un
problema nel problema. Il gruppo "Salute e Ambiente" ha sollevato la questione
sulla compatibilità tra impianto e territorio, organizzando alcuni pubblici
eventi. Non è infatti casuale che all'odierno incontro in Regione partecipi
l'assessore all'Ambiente Scoccimarro: il tema è delicato, perchè l'imprenditore
Giulio Spinoglio, senza l'impianto, non darà luogo alla riconversione.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2018
Ferriera, ultimatum romano per la copertura dei parchi
Il ministero dell'Ambiente fissa al 10 dicembre il termine ultimo per il
progetto - Se l'azienda dovesse rinunciare alla realizzazione, stop all'Aia e
alla produzione
Meno di due settimane a disposizione per presentare il progetto esecutivo
riguardante la copertura dei parchi minerari della Ferriera di Servola. Il 10
dicembre è la data ultimativa che il ministero dell'Ambiente ha dato a
Siderurgica Triestina per definire almeno sulla carta le modalità di
realizzazione dei giganteschi capannoni pensati per contenere carbone e minerali
necessari alla produzione di coke, che oggi sono causa degli spolveramenti che
avvengono nelle giornate di vento forte. L'indicazione del governo è arrivata la
settimana scorsa durante il primo dei tavoli tecnici richiesti dall'assessore
regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, per aumentare le occasioni di
incontro tra le parti fra una convocazione e l'altra della Conferenza dei
servizi. Per i funzionari del ministero, il Gruppo Arvedi dovrà dunque
consegnare tutta la documentazione mancante o ammettere la volontà di rinunciare
alla costruzione dei parchi. E se si verificasse una simile ipotesi, scatterebbe
la sospensione dell'Aia e dunque la possibilità per la Ferriera di continuare a
produrre, perché l'Autorizzazione integrata ambientale obbliga Siderurgica
Triestina a presentare un progetto esecutivo per la costruzione dei capannoni.
L'ultimatum arriva dopo la Conferenza dei servizi tenutasi a Roma il 17 luglio.
In quella sede l'azienda ha dovuto incassare non poche osservazioni al proprio
progetto provvisorio da Regione, Azienda sanitaria e Inail. Le parti avevano
deciso di riaggiornarsi affinché la società potesse far proprie le richieste di
chiarimento e presentare appunto il progetto definitivo. Da quel momento
l'azienda non ha tuttavia più dato segnali, se non l'assicurazione che avrebbe
fornito la documentazione richiesta. Il nuovo incontro nella capitale è servito
appunto al ministero per sollecitare la proprietà, cui il pressing non fa certo
piacere. Siderurgica vuole infatti prendere tempo, dopo aver manifestato la
disponibilità a trattare la cessione dell'area a caldo, qualora l'Autorità
portuale si dimostri capace di mettere sul tavolo un'offerta giudicata
interessante dal cavalier Giovanni Arvedi. Nel frattempo, l'azienda cerca dunque
di rallentare l'iter di realizzazione della copertura dei parchi: l'operazione
costerebbe infatti 35 milioni, un investimento motivato soltanto dalla
possibilità di proseguire la produzione di ghisa. La volontà dilatoria spinge la
società ad attendere l'arrivo di possibili proposte e a prospettare nel contempo
a Regione e governo la stipula di un nuovo Accordo di programma che possa
prevedere proprio il superamento della copertura. L'assessore Scoccimarro vede
tuttavia un'azienda con margini di manovra ormai ridotti: «In pochi mesi di
lavoro abbiamo raggiunto un obiettivo importante, mettendo Siderurgica Triestina
davanti a una scelta, mettere in atto importanti investimenti per abbattere
l'impatto ambientale come previsto dagli accordi stipulati dalla precedente
giunta e governo oppure, come auspicato dai triestini, programmare da subito la
dismissione dell'area a caldo. Questa seconda opzione ci vede estremamente
favorevoli e disponibili a collaborare, assieme agli altri soggetti
istituzionali, per la salvaguardia dell'interesse dei cittadini, dei lavoratori
e dell'azienda stessa».
Diego D'Amelio
L'antica tecnica rurale dei muretti a secco diventa con
l'Unesco patrimonio dell'umanità
La proclamazione arriva alla luce della candidatura lanciata da otto
Paesi europei fra i quali Italia, Slovenia e Croazia
Custodisce il Dna del nostro paesaggio rurale. È uno dei primi esempi di
manifattura umana, presente in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini
abitativi che agricoli, sempre realizzata in perfetta armonia con l'ambiente
circostante, e per questo simbolo di una relazione armoniosa fra uomo e natura.
Diversi concetti, ma che possono essere ricompresi in un'unica parola: "arte".
Ed è proprio come forma di arte che l'Unesco ha iscritto la pratica rurale dei
muretti a secco - quelli che conosciamo bene in questi territori, dal Carso alla
Croazia - nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio
dell'umanità. L'Organizzazione dell'Onu per l'educazione, la scienza e la
cultura si è congratulata, tramite il proprio profilo Twitter, con gli otto
Paesi europei che tempo fa avevano presentato la candidatura: oltre all'Italia
ci sono Cipro - Paese capofila - Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e
Svizzera.Il riconoscimento, ha commentato il ministro delle Politiche agricole e
del turismo Gian Marco Centinaio, conferma «ancora una volta» come i valori
dell'agricoltura siano «riconosciuti come parte integrante del patrimonio
culturale dei popoli». E premia al tempo stesso, secondo la Coldiretti, «il
lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto
idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe». È un bene che
«valorizza ancora di più l'unicità del nostro territorio», ha commentato Michele
Emiliano, il presidente della Regione Puglia, che si era fatta promotrice di
questa candidatura assieme ad altre regioni. In Italia infatti i muretti a secco
sono ben presenti in Friuli Venezia Giulia così come in varie altre aree, tra
cui Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle
d'Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Toscana, Lazio.«L'arte del "Dry
stone walling" riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di
strutture di pietra ammassando le pietre una sull'altra, non usando alcun altro
elemento tranne, a volte, terra secca», spiega l'Unesco nella motivazione del
provvedimento. I muretti a secco «sono sempre fatti in perfetta armonia con
l'ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l'uomo e la
natura». E inoltre «svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine,
delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l'erosione e la desertificazione
delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni
microclimatiche per l'agricoltura». È una antica pratica che tuttavia sta
scomparendo, a causa della mancanza di manodopera specializzata. Per questo sono
nate diverse scuole sul territorio nazionale che cercano di preservarne la
millenaria cultura artigiana. Un esempio si trova in Trentino. La Scuola
trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all'interno dell'Accademia
della Montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure
professionali - dal maestro artigiano al geometra, dall'architetto
all'ingegnere. Ma la tecnica del muretto a secco sta scomparendo anche per la
sempre più diffusa "professione" dei cosiddetti "ladri di pietre" che
sottraggono i pezzi che costituiscono i muretti e li rivendono poi per usi
edilizi privati.La candidatura dell'arte dei muretti a secco per quanto riguarda
l'Italia è stata portata avanti dal ministero delle Politiche agricole e del
Turismo, in sinergia con il ministero degli Esteri e la Commissione nazionale
Unesco.
Mini-centrali idroelettriche - Belgrado verso lo stop
In Serbia una legge vieterà la costruzione di nuove dighe sui corsi
d'acqua che attraversano parchi e zone naturali: prima vittoria degli
ambientalisti
BELGRADO - A volte alzare la voce serve e la forza di argomenti scientifici,
a difesa dell'ambiente, può essere più dirompente del tintinnio delle monete. Lo
sta scoprendo la Serbia, primo Paese dei Balcani che metterà presto un freno
alle mini-centrali idroelettriche sorte come funghi negli scorsi anni su fiumi e
torrenti: un fenomeno che ha preoccupato e ancora preoccupa ecologisti e
popolazioni locali. La svolta è stata annunciata, a sorpresa, dal segretario di
Stato all'Ambiente, Ivan Karic, che ha annunciato che Belgrado ha già approntato
una bozza di legge per mettere al bando la costruzione di nuove mini-dighe e
centrali idroelettriche sui corsi d'acqua che attraversino parchi naturali e
zone protette, da approvare a inizio del prossimo anno. Non solo: le future
norme prevedono anche che gli impianti per la produzione di energia già
realizzati in passato, senza però rispettare le procedure per il rispetto
dell'ambiente, perdano il diritto di accedere ai sussidi pubblici per la
fornitura d'elettricità. Norme draconiane che sono necessarie, ha assicurato
Karic alla Reuters. Il boom di mini-sbarramenti, non solo in Serbia, è un
fenomeno pericoloso e «se questa tendenza non-ecologica» andrà avanti «perderemo
allora migliaia di chilometri di fiumi, per sempre», ha detto Karic. Non sono
esagerazioni, quelle del giovane politico serbo. Lo ha confermato un paio di
giorni fa un nuovo studio delle Ong Riverwatch ed Euronatur, da anni in campo
per difendere il «Cuore blu» d'Europa, i fiumi balcanici, e per spingere su
eolico e solare. Lo studio ha preso in considerazione attraverso nuove analisi
scientifiche «una rete idrografica di oltre 80 mila chilometri» in tutti i
Balcani e in Grecia, hanno specificato le due organizzazioni. Balcani dove,
malgrado l'assalto ai corsi d'acqua da parte degli investitori negli ultimi
anni, sono oggi «circa 61 mila i chilometri ad alta qualità ecologica»,
«moderatamente» o per nulla «modificati» dalla mano dell'uomo, paradiso a
rischio perché «sono tremila le centrali idroelettriche in progetto o in
costruzione tra Slovenia e Grecia», di cui «mille circa in aree protette». La
soluzione, «zone no-go», off-limits per le ruspe e le centrali, ha specificato
Ulrich Eichelmann, numero uno di Riverwatch.Zone come quelle che dovrebbero
nascere in Serbia a partire dal 2019, non facendo sicuramente contente le
aziende - oltre 800 milioni di euro investiti solo da banche internazionali
nell'idroelettrico balcanico tra il 2005 e il 2015, secondo stime di Bankwatch.
Zone che potrebbero essere copiate anche in altri Paesi dell'area - in testa
Montenegro e Albania, fra i più interessati dallo "tsunami" di sbarramenti - la
speranza di ambientalisti e delle popolazioni investite dall'onda delle
mini-dighe. Popolazioni che, nell'ultimo periodo, hanno deciso di farsi sentire.
Come ad esempio a Rakita, un villaggio in Serbia dove i residenti, in testa gli
anziani del posto, stanno da mesi opponendo resistenza passiva a bulldozer e
polizia per difendere il torrente che attraversa il Paese. Altre proteste sono
state registrate nei mesi scorsi sempre nell'area di Stara Planina al grido di
«non vi diamo una goccia della nostra acqua». Scenari speculari anche in Bosnia,
dove le «Donne coraggiose di Kruscica», in una lotta tutta in rosa, hanno
ingaggiato e vinto una battaglia di piazza e legale. Contro un'altra, l'ennesima
mini-centrale.
Stefano Giantin
Pronta la risoluzione all'Europarlamento anche per
Podgorica
Il tema delle mini-centrali idroelettriche è stato ieri al centro anche del
dibattito al Parlamento europeo, dove sono in discussione emendamenti alle
risoluzioni su Serbia e Montenegro redatte della commissione Esteri
dell'Europarlamento, in votazione oggi.Nel caso di entrambi i Paesi, si segnala
preoccupazione per il via libera a impianti che possono mettere a rischio
l'ambiente, rappresentano un «pericolo ecologico» e non sono in linea con le
convenzioni internazionali e gli standard Ue, con progetti da rivedere in
particolare per quanto riguarda Podgorica.
Gli alberi del Carso da salvare tra clima che cambia e
incendi
Stasera nella Piccola Fenice un focus del Rotary sulle strategie
ambientali e le attuali carenze normative in materia di tutela dei boschi
TRIESTE. Dalla California al Carso. I cambiamenti climatici riguardano ormai
da vicino anche i boschi di casa nostra. L'invasione da parte di specie vegetali
"aliene" e l'aumento del rischio incendi sono solo alcuni dei problemi che
affliggono l'altipiano. E nel frattempo, a livello nazionale, manca una
risposta, culturale e legislativa, alle esigenze dei territori. Di questo si
parlerà stasera, al convegno del Rotary Club Trieste "Vento, fiamme e acqua: la
strage degli alberi nel 2018. Come evitare le catastrofi anche sul Carso".
L'appuntamento è alle 18.30 nella Sala Piccola Fenice di via san Francesco 5.
L'ingresso è gratuito. Il 2018 è stato appunto l'anno della strage degli alberi.
Nulla di cui stupirsi, se si pensa che di recente gli scienziati Onu hanno
lanciato l'allarme secondo cui la specie umana ha 12 anni per cambiare il suo
attuale paradigma di consumi, pena la catastrofe globale. Tuttavia c'è molto
che, nel proprio piccolo, ciascun Paese e, soprattutto, ciascun cittadino
possono fare. Mentre la California è devastata dagli incendi, in Italia sono
stati 14 milioni gli esemplari di alberi abbattuti dalla recente ondata di
maltempo, dal Trentino all'Alto Adige, dal Veneto al Fvg, e ci vorrà almeno un
secolo per tornare alla normalità. Lo dice una stima della Coldiretti, che
imputa il disastro non solo alle eccezionali condizioni meteo ma anche
all'incuria. «Basta guardare i boschi del Carso per rendersi conto della
mancanza di una cultura ambientale in Italia», afferma uno dei relatori di
stasera, Diego Masiello, ispettore forestale e coordinatore del Centro didattico
naturalistico di Basovizza: «C'è il problema dell'invasione da parte di specie
"aliene" come l'ailanto, che di recente proprio a Basovizza ha cancellato un
pascolo. Ma anche il pericolo incendiosità, per le case costruite a ridosso dei
boschi». «Abbattimento della Co2, conservazione dei suoli e sostentamento della
biodiversità continuano a essere temi non ancora abbastanza dibattuti a livello
pubblico», aggiunge l'altro ospite della serata, Livio Poldini, professore
emerito di Ecologia vegetale. Introdurrà Paolo Battaglini, già presidente del
Rotary club Trieste, oltre che docente universitario. Modererà il giornalista
Maurizio Lozei.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2018
Manutenzioni nelle scuole - Entro fine anno la chiusura
della lista da 2,5 milioni
L'elementare Duca D'Aosta e il ricreatorio Brunner sono le due principali
"criticità" rimaste aperte nel progetto che comprendeva 23 edifici
Rifacimento e consolidamento dei solai, sostituzione dei serramenti,
bonifiche per l'amianto, manutenzione di palestre e opere fognarie: sono questi
gli interventi di edilizia scolastica predisposti dal Comune che hanno
interessato 23 realtà, fra scuole e ricreatori. Si tratta - è stato spiegato
ieri in Comune in una conferenza stampa di "riepilogo" - di lavori di
manutenzione straordinaria, per una spesa totale di due milioni e 500 mila euro,
eseguiti quest'estate per non interferire con le attività didattiche ed evitare
di creare disagi alle famiglie. In alcune situazioni, però, gli interventi non
sono ancora terminati: durante i sopralluoghi nei vari "lotti", in alcuni casi
sono infatti emerse determinate problematiche, che verranno comunque "liquidate"
nel periodo delle vacanze natalizie. Ne è un esempio la scuola Duca d'Aosta,
dove, nell'ambito dei lavori di rifacimento del tetto, è stato scoperto che
parte della travatura era marcia. Il rischio di crollo ha portato alla chiusura
di alcune aule e perciò, nei prossimi giorni, si assisterà al trasferimento di
una parte degli alunni nella ex Timeus di via dell'Istria. Fuori programma anche
le operazioni al ricreatorio Brunner, che ospita i Servizi scolastici integrati
della Manna e della Tarabocchia. In loco erano previsti solo lavori al
muraglione di contenimento, ma un sondaggio dei solai, che sarebbero stati
sollecitati dalle vibrazioni delle opere esterne, ha evidenziato il rischio di
crolli. Durante tale ristrutturazione sono stati scoperti anche due piccoli
affreschi, che la Soprintendenza ha preso in analisi. I lavori nel ricreatorio
saranno conclusi entro l'anno, con una variazione sulla previsione di spesa. Il
patrimonio di edilizia scolastica, che comprende nel Triestino 150 edifici,
supera il secolo: «Abbiamo messo mano a una programmazione che parte dai nidi e
arriva alle scuole secondarie, comprendendo ricreatori e palestre - così
l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e questo perché è un patrimonio
essenziale e immenso per la città, ma anche vetusto, che necessita di
mantenimento, manutenzione e aggiornamento alle normative». Il progetto,
sviluppato anche da Angela Brandi, assessore alla Scuola, ha vistobuona parte
della copertura finanziaria attraverso la vendita di azioni Hera.
Stefano Cerri
All'Area protetta del Wwf con i Giardinieri del mare
TRIESTE - L'Area marina protetta di Miramare, gestita dal Wwf - dove
nelle scorse settimane piccoli spettatori si sono trasformati in esploratori e
hanno avuto la possibilità di visitare il BioMa - organizza un nuovo incontro
con la community Noi Il Piccolo il prossimo sabato 1 dicembre. S'intitola i
"Giardinieri del mare". Di che si tratta? È presto detto. Premettendo che
foreste e praterie sottomarine sono a rischio quanto quelle terrestri, ma sono
in pochi a conoscerle e a curarsene, "giardinieri" specializzati racconteranno
lo stato di salute di questi ambienti poco noti ma diffusi anche alle nostre
latitudini: luoghi ricchi di biodiversità vegetale e animale, in grado di
offrire molteplici servizi all'ecosistema, dalla possibilità di rifugio, alla
protezione dei fondali e delle coste dall'erosione marina. Quando questa
ricchezza viene compromessa, è possibile intervenire e saranno proprio i
"giardinieri del mare" a raccontarci le tecniche più innovative ed efficaci per
tutelarla ed eventualmente ripristinarla. Parallelamente alla conferenza sarà
allestito (sempre all'interno del BioMa), un laboratorio indicato in particolare
per bambini tra i 6 e i 10 anni. Ogni adulto che si iscrive all'evento potrà
portare con sè un bambino senza necessità di iscrizione preventiva. La durata è
di un'ora circa. Massimo 30 partecipanti. Evento questo, come gli altri, cui
possono partecipare solo i lettori iscritti alla community del Piccolo. Per
rimanere nella zona prossimamente il quotidiano avvierà una collaborazione con
il Museo storico e il Parco del castello di Miramare, i cui contenuti verranno
svelati a breve. Torna a grande richiesta l'ultimo appuntamento per visitare
l'Immaginario scientifico il 2 dicembre. I posti in questo caso sono esauriti ma
si può sempre sperare in qualche rinuncia: controllare il sito alla pagina
Eventi fino all'ultimo!
Benedetta Moro
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2018
Svolta verde con addio all'acqua nel futuro di piazza
Sant'Antonio
Incarico affidato dal Comune all'architetto Bradaschia. Niente riapertura
del Canale davanti alla chiesa
Tanto per cominciare, il Canal grande non bagnerà i piedi della chiesa di
Sant'Antonio. Troppo costoso, a principiare dallo scavo per finire alla
manutenzione. Inutile riaprire la via d'acqua che era stata interrata negli anni
Trenta: se non c'è destinazione d'uso, ovvero la navigabilità, che bisogno c'è
di ripristinare il Canale? Quindi, esclusa l'ipotesi idrica che era piaciuta
alla precedente era Cosolini, «la piazza dovrà essere piazza»: l'asserzione,
volutamente tautologica, è da attribuirsi a Maurizio Bradaschia, 56enne
architetto e docente all'Università di Trieste. Ha ricevuto l'incarico dal
Comune, di cui fu assessore all'Urbanistica nel primo Dipiazza. L'affidamento,
retribuito con poco meno di 50 mila euro Iva compresa, rientra nel quadro delle
rotazioni professionali per i lavori sotto-soglia: il compito è di sottrarre
dall'attuale mestizia uno degli scorci "nobili" della cartolina e
dell'architettura cittadine. Il progetto è quasi pronto e potrebbe esaurire la
parte cartacea addirittura entro l'anno. «Non ricerca scalpore o trasgressioni
gratuite - chiarisce la relazione alla fattibilità tecnica e economica - ricerca
compostezza». Bradaschia spiega che il lavoro si basa essenzialmente su tre
elementi «senza forzature»: la fruibilità quotidiana, il verde, l'arte
contemporanea. Fruibilità quotidiana, nel senso che una piazza deve essere
vissuta, «i bambini ci giocano, gli anziani ci leggono il giornale». E deve
essere vissuta 365 giorni all'anno, in qualsiasi stagione. Essendo in condizione
di ospitare qualsiasi tipo di manifestazione. Se oggi questo non accade - a
giudizio del progettista - è perché l'aiuola (dove tra l'altro si tiene il
mercato una volta in Ponterosso) è inguardabile e la fontana raramente idratata
fa tristezza. Si provvederà con un «arredo sobrio e minimale». Il verde
rammenterà gli alberi in via dell'Orologio, il breve tratto di strada dove
s'affacciano l'entrata di servizio della Regione, gli hotel Duchi e Vis à vis.
La pavimentazione seguirà il sedime del canale, "scortata" dai fanali della
pubblica illuminazione, che asseconderanno «le qualità prospettiche del luogo».
Perché Bradaschia e il suo staff, Massimiliano Modena e Alessandro Fuchs, non
dimenticano evidentemente la connessione con la parte dove il Canale continua a
scorrere: tra le suggestioni urbanistico-architettoniche-paesaggistiche
preferite, un posto di rilievo va alla possente mole neoclassica della Gran
Madre torinese. La planimetria riprende - argomenta ancora la relazione - «il
ritmo del colonnato che disegna ... geometrie conosciute e in continuità con
l'immagine della città».Il riferimento all'arte contemporanea è forse il
capitolo più nuovo dell'impostazione progettuale, condivisa passo per passo con
il sindaco Roberto Dipiazza e con il direttore dei Lavori pubblici, Enrico
Conte. Bradaschia pensa di collocare un'opera all'angolo nord della piazza
all'intersezione con via Filzi, più o meno dove adesso ci sono i bidoni della
spazzatura. In deliberato fuori-asse rispetto al centro della piazza, per dare
tono a un corner che sarà liberato dal pattume, in parola di essere spostato
dall'altra parte della stessa via Filzi. Niente auto nello spazio urbano
rinnovato. In via Rossini e in via Bellini ipotizzata una zona di
carico/scarico. L'inserzione di scultura contemporanea, quasi a "ringiovanire"
l'assetto neoclassico della piazza, è frequente in molti risultati dell'odierna
urbanistica: Bradaschia cita esempi illustri, Anish Kapoor a Versailles e a
Chicago, Arnaldo Pomodoro ai Musei Vaticani, Massimo Scolari alle Zattere
veneziane. Bradaschia non cela la soddisfazione per questo incarico. Da tempo la
committenza pubblica triestina non rientrava nel curriculum. «Ho vinto il German
design award 2018, sto riprogettando l'area check-in dell'aeroporto di Bologna,
l'ospedale Torrette ad Ancona, il centro storico di Praia a mare in Calabria:
francamente mi rattristava essere ignorato nella mia città».
Massimo Greco
Il destino segnato dei pioppi vicino al park del Despar
«Vanno abbattuti subito»
L'analisi degli esperti non lascia alternative alla giunta Marzi - «Sono
malati e pericolosi». Intervento al via fra ventiquattr'ore
«Abbattimento immediato di due alberi». Questa la sorte dei due pioppi
situati all'entrata del parcheggio del supermercato Despar all'incrocio tra
strada per Lazzaretto e strada della Luna. Dalle 7 di domani fino a fine lavori
verranno istituiti il divieto di sosta in strada per Lazzaretto nel tratto
compreso dal civico 11 al civico 1 di strada della Luna, nonché il senso unico
alternato regolamentato da operai nel medesimo tratto, oltre al divieto di
transito in strada della Luna dalle 7 alle 17, sempre fino al termine delle
operazioni. «Fin dall'analisi visiva, i due alberi hanno fatto riscontrare tutta
una serie di rilevanti problematiche», racconta l'assessore all'Ambiente del
Comune di Muggia Laura Litteri. Della famiglia "Populus Nigra", o Pioppo Nero, i
due alberi stanno crescendo a bordo strada su una base di asfalto con una
porzione di terreno non adeguata. Sul piano fitosanitario, entrambe le piante
risultano avere delle alterazioni derivanti dalla presenza di funghi che hanno
portato a dei sintomi definiti «gravissimi» e a delle ferite «profonde» a radici
e fusto. I tecnici hanno poi proceduto con l'analisi strumentale delle due
piante, che sono state riconosciute in classe di «rischio D - Estremo»,
considerata l'evidente «gravità di certe sintomatologie».«Abbattere degli alberi
è un dispiacere enorme sempre e comunque, ma lo è ancora di più quando fanno
parte della memoria collettiva di una città - commenta amareggiata Litteri - ma
prima di tutto è nostro compito garantire la sicurezza dei cittadini». Il
contesto in cui si presentano gli alberi all'entrata, in strada per Lazzaretto,
con il parcheggio Despar adiacente e la strada sottostante che rientrano nel
raggio di caduta, ha acuito l'ottica della «primaria salvaguardia
dell'incolumità di tutte le persone che vi transitano». Litteri non lascia
troppo spazio alle interpretazioni: «È stata una decisione purtroppo guidata da
una precisa necessità, supportata dagli studi commissionati ai professionisti
incaricati, che oltre alle analisi visive hanno effettuato una serie di indagini
geotecniche riguardanti il terreno».
Riccardo Tosques
Riconvertire a idrogeno l'Ilva di Taranto: ma Arcelor
non ci sta - LA PROPOSTA DELLA REGIONE PUGLIA
MILANO. Riconvertire quella che sino a fine ottobre è stata l'Ilva e che
dall'1 novembre è Arcelor Mittal Italia, in una acciaieria tutta nuova. Ibrida.
Dove ci sarà il progressivo abbandono degli altiforni a carbone e di tutte le
aree a caldo per arrivare, in un futuro prossimo, all'idrogeno passando
attraverso il gas e il Dri (un semilavorato siderurgico fatto di ferro, un
preridotto) nella fase di transizione. È la sostanza della proposta della
regione Puglia. L'obiettivo, spiega la Regione, è sviluppare a Taranto la
ricerca europea nel settore dell'acciaio di qualità, che sta puntando
sull'utilizzo di tecnologie Dri, alimentate da idrogeno, e di cui gli esempi più
avanzati sono in Svezia e in Germania. La Regione ritiene che anche per Taranto
sia prevedibile nel medio termine un approdo finale a tecnologie basate
sull'idrogeno e su un approccio produttivo di tipo qualitativo (piccole quantità
di elevato valore economico, acciai speciali e intelligenti, nanotecnologie),
tale da minimizzarne gli impatti nell'ottica «zero emissioni». Ma il clima a
Taranto resta teso. Arcelor Mittal Italia ribatte attraverso l'ad Matthieu Jehl
che «non c'è sostenibilità se non si lavora sul carbone», intendendo per
sostenibilità un'azienda che punta a produrre 6 milioni di tonnellate già l'anno
prossimo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2018
«In Porto vecchio un archivio sulla storia dei circoli
nautici»
Il presidente della Fondazione Pietas Julia, Tommasi, chiama a raccolta
le società: «Documenti, fotografie e trofei. Patrimonio che racconta una
tradizione antica»
Creare un museo che raccolga il patrimonio storico di tutti i circoli
nautici della Venezia Giulia, valorizzando i materiali che tante società
conservano nelle proprie sedi e allo stesso tempo rendendoli fruibili a tutti,
trovando poi una collocazione strategica, come quella del Porto vecchio. È
l'idea lanciata dalla Fondazione Pietas Julia e annunciata in parte anche in un
convegno, promosso nei giorni scorsi in collaborazione con la Lega Navale. «Tra
società di canottaggio e vela, ci sono tantissimi oggetti conservati, che hanno
un grande valore, tra documenti, fotografie e trofei - spiega Antonio Tommasi,
presidente della Fondazione Pietas Julia -. Anche i riconoscimenti hanno
un'importanza che spesso va al di là della dimostrazione del risultato
conquistato, costruiti con materiali pregiati e particolari. Capita che tutto
questo sia mantenuto all'interno delle sedi, spesso solo come arredamento. In
pochissimi casi sono state effettuate catalogazioni attente o una conservazione
realizzata con criteri tali da rendere gli oggetti consultabili dal pubblico. Ed
è un peccato. È noto - prosegue - che quella degli sport nautici nel nostro
golfo è una tradizione ultracentenaria, rappresentata da un numero considerevole
di documenti in possesso dei più di trenta circoli situati lungo la costa, che
va da Grado a Muggia. Di questi, ben sette hanno superato il secolo di vita -
sottolinea -: una rarità a livello italiano, altri raggiungeranno questo
prestigioso traguardo tra breve, altri ancora hanno già festeggiato i 50 anni o
più, è chiaro che hanno al loro interno tantissimi ricordi, di una storia
sportiva molto lunga. E anche le associazioni di più recente formazione sono
testimoni attive e preziose del profondo legame delle nostre genti con il mare e
lo sport». La prima fase dell'iniziativa prevede che tutte le varie società
siano avvisate, per cercare il massimo coinvolgimento di ogni singola realtà.
Poi sarà il momento di valutare il patrimonio esistente, prima di cercare un
aiuto concreto per dare il via ufficiale al progetto, e trovare la location più
adatta. «Il primo messaggio, che rivolgiamo a tutti i circoli - annuncia Tommasi
-, è che inizino a catalogare il materiale che possiedono, e magari che
comincino a costruire archivi nelle singole sedi. Possono comunicarci ciò che
hanno, inviando una mail a fondazione@pietasjulia.it. In una seconda fase verrà
esaminato tutto, da parte del gruppo di lavoro che si è costituito per
l'occasione. Sarà quindi il momento di preparare il progetto vero e proprio,
considerando la quantità e la qualità dei materiali che ci verranno segnalati.
L'ultimo passo da intraprendere è quello di rivolgerci alle istituzioni, perché
ci diano una mano a concretizzare la volontà di creare uno spazio espositivo».
Tommasi parla di un'ipotesi che potrebbe raccogliere il consenso di molti. «In
realtà non ne abbiamo ancora discusso nel dettaglio - precisa -, credo comunque
che una soluzione ideale potrebbe essere quella di un museo all'interno del
Porto vecchio, programmandolo in un momento in cui tutta l'area è destinata a
cambiare. Penso sarebbe una collocazione giusta, facilmente raggiungibile dalla
gente, con edifici che ben si prestano a questa destinazione». La fondazione
quindi invita in primis tutti i circoli a collaborare. «Per ora - conclude
Tommasi - ci concentriamo sul coinvolgimento delle varie realtà, nella speranza
di ricevere una risposta positiva dai circoli del territorio».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2018
ASSOCIAZIONE LUOGHI COMUNI - L'antico scalo e le linee
per il futuro "star" al Cral
Una serie di incontri per porre al centro dell'attenzione tre tematiche
fondamentali per il rilancio del Porto vecchio: la visione generale d'insieme
dell'area, la partecipazione e il rapporto tra pubblico e privato.
L'associazione "Luoghi comuni", di Roberto Cosolini, prosegue con gli incontri
sul tema: ieri alla Stazione marittima, in una sala del Cral molto affollata per
essere un sabato mattina, l'ingegner Giulio Bernetti, direttore dell'area
Urbanistica del Comune, su mandato del sindaco Roberto Dipiazza, ha illustrato i
principi della delibera di giunta che di fatto ha dato il via allo sblocco della
situazione nell'antico scalo. Sotto il profilo politico, Cosolini ha comunque
annunciato un incontro a gennaio proprio con Dipiazza. L'ex sindaco ha poi
ricordato «che con l'arrivo di Mario Sommariva e del presidente Zeno D'Agostino
all'Autorità portuale, finalmente si è concretizzato un gioco di squadra molto
forte. Ricordo inoltre le barricate fatte dalla Lega e da una parte di Forza
Italia quando abbiamo parlato di residenziale, eppure oggi si va in quella
direzione».
IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2018
FERRIERA - Il ministero porta a Roma Arvedi, Regione e
Porto - E i sindacati alzano la voce
Convocato il primo tavolo tecnico che affiancherà la conferenza dei
servizi - Cgil, Cisl e Uil vogliono risposte sulle trattative con i cinesi
Istituzioni e azienda a Roma, nella sede del ministero dell'Ambiente.
Sindacati a Servola, davanti ai cancelli dello stabilimento. Doppio appuntamento
dedicato al futuro della Ferriera nella giornata di ieri. Nella capitale, come
detto, è andato in scena il primo incontro del tavolo tecnico sollecitato dalla
Regione e chiamato ad affiancare la Conferenza dei servizi nell'esame di partite
come la copertura dei parchi minerari o il piano rumori. Nessuna comunicazione,
a fine giornata, sull'esito del confronto, che ha visti impegnati i
rappresentanti di ministero, giunta regionale, gruppo Arvedi e Autorità
portuale. Contemporaneamente, a Trieste, i sindacati hanno lanciato un messaggio
forte e chiaro alle stesse istituzioni: o verrà convocato entro una settimana il
richiesto incontro con i rappresentanti dei lavoratori, o scatterà la
mobilitazione che potrebbe sfociare anche in sciopero. Un avvertimento contenuto
nella lettera consegnata ieri all'azienda e illustrata alla stampa dai
rappresentanti di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, Marco Relli, Umberto
Salvaneschi e Antonio Rodà. Nella lettera si precisa che «alla luce del
profilarsi di notizie sempre più insistenti, in relazione all'interessamento da
parte di gruppi internazionali sull'area dello stabilimento di Servola, o parte
di essa, si chiede un incontro urgente con il presidente del gruppo di Cremona,
Giovanni Arvedi». «Si sente parlare da tempo di processi di acquisizione a
livello industriale che interesserebbero anche la Ferriera di Servola. E
sappiamo bene che, quando iniziano a circolare queste voci, un pezzo di strada è
già stato portato a termine». Il riferimento è al dialogo avviato con il gruppo
China Merchants, interessato all'acquisizione di alcune aree del comprensorio
siderurgico, e confermato anche dal presidente del Porto, Zeno D'Agostino. «È
inaccettabile che si tengano i rappresentanti dei lavoratori all'oscuro di
tutto. Per questo - continuano i sindacalisti - presentiamo una richiesta
scritta formale, affinché si possa arrivare a un incontro. Se non saremo
convocati entro un termine accettabile, e non esiteremo a convocare l'assemblea
dei lavoratori di Servola per decidere, tutti assieme, quali forme di protesta
attuare nel prossimo futuro».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2018
La "cricca" degli appalti - Così hanno danneggiato
letti dei fiumi e ambiente
Le imprese accusate di aver truccato le gare avrebbero prelevato enormi
quantità di ghiaia da Isonzo e Tagliamento. Sotto tiro anche il business dei
materiali di serie B
TRIESTE - Vere e proprie estrazioni clandestine. Dal fiume Isonzo e dal
Tagliamento. Ghiaia che veniva prelevata dal greto dei corsi d'acqua in quantità
molto maggiori rispetto a quelle per cui le imprese avevano le concessioni. Un
rischio per l'equilibrio idrogeologico enorme. Un danno, in termini di disastro
ambientale, elevatissimo. È proprio per questo motivo che le Fiamme Gialle
mercoledì, nell'ambito della maxi-inchiesta sugli appalti truccati coordinata
dalla Procura di Gorizia, si sono presentate anche al Dipartimento Ambiente
della Regione Friuli Venezia Giulia per acquisire tutta la documentazione
relativa alle concessioni di estrazione della ghiaia. C'è il sospetto, infatti,
che le imprese siano state autorizzate per una quantità di metri cubi di molto
inferiore rispetto a quelli poi effettivamente estratti. Il tutto senza che
nessuno abbia controllato. Estrazioni clandestine, appunto. Ma c'è di più.
Secondo l'ipotesi investigativa, le imprese coinvolte avrebbero utilizzato come
base per le strade e le autostrade rifiuti che invece avrebbero dovuto smaltire
come speciali. Molte delle fresature d'asfalto, secondo quanto sostengono gli
inquirenti, sono state smaltite illecitamente e riutilizzate come se fosse
asfalto nuovo: una bella ripassata di un leggero strato di asfalto fresco sopra
e nessuno si sarebbe accorto di niente. Per questo è probabile che il passo
successivo all'acquisizione dei documenti possa essere l'analisi specifica dei
materiali. Nel ribadire che l'inchiesta è vasta e complessa e che i tempi per
analizzare tutto il materiale non sarà brevissimo, sugli aspetti ambientali il
procuratore capo della Repubblica di Gorizia, Massimo Lia, conferma: «Per
verificare se vengono rispettate le prescrizioni di legge, stiamo verificando le
modalità con cui vengono smaltiti i materiali via via scartati nel corso delle
lavorazioni. Quando si deve levare un manto stradale va smaltito secondo
determinate regole, altrimenti ci sono violazioni di tipo ambientale. Altre
problematiche di questo tipo possono riguardare i prelevamenti di ghiaia
utilizzati poi per le varie lavorazioni. Sono questi tutti aspetti in corso di
valutazione che si aggiungono al filone principale dell'indagine sulle modalità
di aggiudicazione delle gare». Non solo quindi gli appalti truccati, gli accordi
a tavolino presi dalle imprese per spartirsi questo o quel lotto o per prendersi
i subappalti, ma «la cosa che indigna - come ha detto in conferenza stampa
mercoledì il generale Giuseppe Bottillo, comandante regionale della Guardia di
Finanza del Fvg - sono le frodi delle pubbliche forniture, il che significa che
il materiale che viene utilizzato non corrisponde a quello dei capitolati».
Materiali inferiori, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, che
provocano una serie di danni incredibili e di costi doppi. Soprattutto per i
cittadini. «Il cittadino non paga solo le tasse con cui vengono poi finanziate
le gare pubbliche, ma paga anche dopo: in termini di pedaggi, di incolumità, di
danni e disastri ambientali. E quindi quando poi interviene di nuovo lo Stato (o
gli enti pubblici, regionali e comunali) si rimette mano alle loro tasche: il
cittadino ripaga nuovamente per alimentare questo sistema». Intanto dai decreti
di perquisizione firmati dal sostituto procuratore di Gorizia Valentina Bossi
emergono nuovi nomi illustri tra gli indagati. Il principale è Cristian Scarsini,
udinese, amministratore della Spiga srl, con sede a Tolmezzo. Un nome, quello
dell'imprenditore friulano, molto noto. In Carnia la famiglia Scarsini è
conosciutissima: un vero e proprio impero nel settore delle costruzioni. Anche
lui - come gli altri di cui abbiamo dato conto ieri - è indagato per concorso in
turbativa d'asta. La sua azienda aveva partecipato nel 2017 alla gara d'appalto
dei lotti 2 e 3 indetta da Autovie Venete per la manutenzione delle
pavimentazioni stradali a destra e a sinistra del Tagliamento e sull'autostrada
A28. Manutenzione triennale per un importo superiore agli 8 milioni di euro: il
lotto 1 se lo aggiudicò la Brussi Costruzioni srl (che in questa storia, come
vedremo, ritornerà), il 2 e il 3 la Adriastrade srl con la Ecovie Soc. Coop. Un
accordo, quindi, in concorso «a rendersi reciprocamente note le rispettive
intenzioni di partecipare ad un lotto piuttosto che ad un altro, a scambi
"reciproci" di favori (. . .) circa l'entità e/o il contenuto dell'offerta da
formulare» per permettere all'impresa di volta in volta individuata e che faceva
parte della «cordata» di aggiudicarsi l'appalto alle condizioni più favorevoli,
come riportano gli inquirenti nelle carte. La Brussi Costruzioni dicevamo. Il
nome della società compare anche nel decreto di perquisizione a carico di
Roberto Grigolin (indagato per concorso in turbativa d'asta e subappalto
illecito per i lavori di ampliamento nel lotto 2 della terza corsia dell'A4).
Proprio il Gruppo Grigolin, colosso trevigiano, aveva partecipato ai lavori
(aggiudicati alla Pizzarotti, la Saicam e la Rizzani de Eccher) tramite la
Brussi Costruzioni (una partecipata) ma essendo stato escluso e quindi
impossibilitato a eseguire l'opera come subappaltatore, è riuscito a rientrare
in partita tramite altre società del suo stesso gruppo: la Ghiaie Ponte Rosso e
la Superbeton spa (la cui sede è stata perquisita). Insomma, uscire dalla porta
per rientrare dalla finestra. Tra gli oltre cento indagati dell'inchiesta
goriziana ci finiscono anche i funzionari di Autovie della commissione
giudicatrice per il secondo lotto della terza corsia (Renzo Pavan, Flavio
Drigani e Michele Zadro) e Marco Perizzolo, amministratore con delega della Cgs
spa, coinvolta in una gara per la manutenzione della pavimentazione di tratti di
A23 e A27.
Stefano Bizzi e Gianluca Modolo
South Stream resuscita - scelta la via dei Balcani
MOSCA. South Stream si è reincarnato in TurkStream. Il gasdotto, infatti,
arriverà in Europa passando da Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovacchia, seguendo
così il tracciato previsto (grosso modo) quando nel progetto della rotta sud era
coinvolta Eni. Gazprom - rivela l'analisi delle informazioni pubblicate dagli
operatori nazionali dei paesi sopraccitati - ha dunque scelto su quale cavallo
puntare, benché senza annunciarlo pubblicamente: sui Balcani. La rivelazione
arriva dal quotidiano russo Kommersant. Stando alla testata sarebbero già in
corso le aste per prenotare le future capacità di transito in base alla
legislazione europea: il gas arriverà in Bulgaria e in Serbia dal 2020, in
Ungheria dal 2021 e in Slovacchia nella seconda metà del 2022. La Bulgartransgaz
intende tenere un'asta a dicembre sulle future capacità della rete bulgara in
ingresso dalla Turchia e in uscita verso la Serbia per un totale, a partire dal
primo gennaio 2020 e per i successivi 20 anni, di 15,8 miliardi di metri cubi
annui (il che corrisponde pienamente alla portata di una linea del TurkStream)
con un uscita iniziale di 4 miliardi di metri cubi, in crescita dal 1 gennaio
2021 a 11 miliardi. Intanto, tutti i paesi coinvolti hanno utilizzato o
utilizzeranno lo stesso metodo e Gazprom - che non ha voluto commentare -
prenoterà l'intera capacità cumulata. --
Trasporti - Antieconomica l'Alta velocità
E' bastato l'annuncio dell'abbandono del progetto Alta velocità su Trieste per scatenare le lamentele e le grida di dolore per voler togliere una chicca a Trieste. Forse esaminando la cosa con nuovi elementi si può arrivare ad altra conclusione. L'Alta velocità richiede una linea ferroviaria dedicata con una tensione elettrica per la trazione diversa da quella normalmente in uso sulla rete, armamento (leggasi binari) diversi, raggi di curvatura molto ampi per supportare le altissime velocità, locomotive politensione, carrozze dedicate. I costi sono notevoli, ma soprattutto richiedono bacini di utenza grandi per riempire con percentuali appetibili i treni, treni che devono avere frequenze elevate per ripagare dell'investimento. Ecco che la tratta Roma - Milano è la migliore, la più redditizia e vede in competizione addirittura due player. Trieste, spiace dirlo, non è altro che un rione e neppure il più popoloso di Roma o di Milano. Dei 148 km che separano Trieste a Mestre potrebbero essere percorsi ad alta velocità solo 120 a meno di un'impensabile galleria di 28 km fino a Monfalcone per superare la pendenza che penalizza le prestazioni fino a Bivio d'Aurisina. Poi dopo Trieste Airport quante fermate potremmo accettare, perché è impensabile garantire le altre 10 fermate su un trasporto ad Av ? Ottenere invece un adeguamento della linea a velocità prossime ai 200 km/h porterebbe ad un abbassamento delle percorrenze interessante sempreché l'utenza accetti la riduzione delle fermate a poche stazioni. Perché una cosa è transitare in una stazione un'altra rallentare, fermarsi, far accedere la clientela e ripartire con perditempo notevoli. I costi in questo caso saranno ridotti, i tempi di costruzione minori, l'impatto ambientale pure: sono tutti argomenti più che interessanti in periodi di risorse economiche finite, finite intese come limitate, l'opposto di infinite. Il panorama europeo prevede un incremento del traffico su rotaia, gli investimenti in ogni caso saranno notevoli e vanno spalmati su decenni, ma devono essere mirati e tarati su una prospettiva che seppur a lungo termine abbia una ratio economica.
Fulvio Zonta
Luoghi comuni - Porto vecchio - Domani il dibattito
"alternativo"
Un punto di vista "alternativo" rispetto a quello ufficiale appena
presentato dalla giunta Dipiazza. Dopo un lavoro preliminare durato alcune
settimane e articolato su quattro temi (piano strategico, spazi a mare, polo
culturale, mobilità e servizi) l'Associazione Luoghi Comuni, presieduta dall'ex
sindaco Roberto Cosolini, organizza domani alla sala del Cral della Stazione
marittima, dalle 9.30, un incontro «per proporre alcune idee sulla
trasformazione di Porto vecchio», come si legge in una nota di presentazione
dell'evento, in cui si fa anche riferimento al fatto che «nel frattempo la
giunta comunale ha presentato una delibera che contiene alcuni orientamenti
dell'amministrazione per procedere nella trasformazione dell'area».
L'appuntamento, aggiunge la nota di presentazione, «diventa un momento ancor più
significativo per proporre la partecipazione dei cittadini al confronto di idee
e alle scelte su un progetto di così grande potenziale impatto sul futuro di
Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2018
Poesie e riflessioni tra le foglie nel giardino di
piazza Hortis
Legambiente e Bioest hanno promosso un'altra manifestazione puntando
sugli errori del passato in materia di verde pubblico
Il 21 novembre è un giorno come un altro, eppure speciale, per ascoltare
poesie all'ombra degli alberi di piazza Hortis. È stato infatti di questo tenore
l'evento organizzato ieri da Legambiente Trieste e Bioest in occasione della
Giornata nazionale degli alberi. Per iniziare una riflessione dell'architetto
Roberto Barocchi sugli errori che le diverse amministrazioni comunali hanno
compiuto nella gestione della vegetazione. A seguire una serie di letture a tema
botanico, ad opera delle signore dell'associazione "L'una e l'altra". «Polveri
sottili, anidride carbonica, effetto serra e caldo estivo. Questi sono solo
alcuni dei problemi che la presenza di piante, e soprattutto piante sane, in
città, può ridimensionare». Così ha iniziato la sua panoramica l'architetto
Roberto Barocchi, durante la manifestazione promossa in piazza Hortis. «Le
amministrazioni comunali della nostra città - ha proseguito - hanno fatto molti
errori, che danneggiano i nostri alberi, anche dal punto di vista estetico. La
mancanza di un cemento drenante come in questa piazza toglie acqua alle piante,
e riempie le nostre fogne. Inoltre, l'eccessiva vicinanza tra gli alberi non
permette un adeguato sviluppo delle chiome e delle radici. Infine il danno più
grave lo fa un'errata potatura dei rami, che rende meno belli gli alberi e li
espone ad un maggiore rischio di malattie. Per fortuna, almeno su questo punto,
siamo riusciti a trovare collaborazione da parte del Comune». A seguire una
decina di poesie, sia di origine nostrana che d'oltreoceano, ha accompagnato la
breve passeggiata attraverso il giardino di piazza Hortis.
Lorenzo Klun
I bimbi piantano gli alberi - E la città diventa più
green
Rioni protagonisti dell'iniziativa: i nuovi fusti hanno trovato casa al
Verde nido di via Commerciale, nell'area giochi di Giarizzole e alla Slataper di
via della Bastia
Qualche nuovo "bel fusto" è apparso ieri nei rioni di Trieste - città che
peraltro già risulta ai primi posti nella classifica del verde urbano in Italia
- in occasione della Giornata nazionale degli alberi, con lo scopo di
sensibilizzare l'opinione pubblica e i giovani sull'importanza del patrimonio
boschivo comunale. Per celebrare tale ricorrenza, nel corso della mattinata,
nelle scuole di alcune circoscrizioni della città, sono stati infatti piantati
nuovi alberi a coppie: al Verde nido di via Commerciale (Terza circoscrizione),
nell'area giochi di piazzale Giarizzole (Settima) con la partecipazione dei
bimbi della scuola dell'infanzia Kamillo Kromo e alla scuola primaria Scipio
Slataper di via della Bastia (Quinta). A quest'ultima cerimonia ha partecipato
anche l'assessore all'Educazione Angela Brandi: «Questa bellissima giornata di
festa degli alberi s'intreccia con quella internazionale di ieri (martedì, ndr)
per i diritti dei bambini, così oggi festeggiamo entrambe le cose». «Gli alberi
sono vitali per la nostra esistenza e fanno anche parte della riqualificazione
generale di questo piazzale», ha aggiunto l'assessore riferendosi ai lavori
svolti nello spazio antistante alla scuola, dove gli alberi finora abbattuti
verranno sostituiti con dieci nuovi, compresi i due piantati ieri mattina, e
dove sono state allestite anche due aiuole con piante donate dai genitori degli
alunni, che dovrebbero venir curate dal Comitato genitori.Inoltre è stata anche
l'occasione per inaugurare l'arcobaleno all'ingresso della scuola, realizzato
sempre dalle famiglie del Comitato genitori grazie al bando comunale SpaziAmo
2017. Al termine della cerimonia, gli alunni di prime, quarte e quinte hanno
intonato dei canti dedicati all'arcobaleno e alla festa degli alberi. Secondo il
rapporto Istat 2016 sul verde urbano, Trieste si classifica al sesto posto per
verde pro capite (32,6 metri quadrati per cittadino), emergendo pure come
l'unico grande centro urbano del Nordest ad avere una media di aree verdi
protette superiore alla media nazionale. L'amministrazione comunale di Trieste,
recitano le statistiche, investe ogni anno un milione di euro per la tutela e la
salvaguardia del suo patrimonio verde, costituito da oltre 120 mila alberi lungo
57 chilometri di viali alberati e 42 giardini pubblici. Tra questi ultimi, il
Parco Farneto (Boschetto) è una delle gemme più preziose del verde pubblico
cittadino e, con i suoi 900 mila metri quadrati aperti al pubblico, costituisce
uno dei rarissimi esempi di bosco urbano presente in Europa. Proprio quest'anno,
inoltre, si sono concretizzati i risultati di una collaborazione tra il Comune
di Trieste e il Dipartimento di Scienze della Vita inerente il beneficio
economico reso alla cittadinanza dagli alberi in termini di miglioramento della
qualità dell'aria, di "sequestro" di anidride carbonica, di riduzione delle
temperature estreme e, in generale, di miglioramento della qualità di vita. Per
la prima volta, viene spiegato, in Italia sono stati applicati dei modelli
sperimentali in scala di una grande città, che hanno tradotto i benefici di cui
sopra in un valore economico di circa 41 milioni con un beneficio annuo di 750
mila euro.
Simone Modugno
DAL 9 DICEMBRE - Trasporto pubblico in Fvg - via ai
nuovi collegamenti
Trieste - Oltre 200 mila chilometri in più per i servizi Trenitalia; treni
veloci da Trieste a Venezia Mestre in tempo per la corrispondenza con la prima
"Freccia" del mattino verso Roma e ritorno serale; un nuovo treno
Trieste-Portogruaro con partenza alle 5.45 così da raggiungere Trieste Airport
in tempo per i primi voli del mattino. Sono alcune fra le novità dell'orario
invernale del servizio di trasporto pubblico regionale annunciate dall'assessore
ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Novità e conferme nel 2019 dei servizi
sperimentali già attivati testimoniano l'impegno della Regione». Il nuovo orario
sarà in vigore il 9 dicembre. Confermati il collegamento ferroviario
transfrontaliero di Udine e Trieste con Lubiana e i treni veloci tra Trieste e
Venezia Mestre del primo mattino, sono previsti due nuovi treni: da Udine e
Trieste via Cervignano, in partenza alle 7;e sulla tratta Trieste-Portogruaro,
con partenza alle 5.45 e fermata al Trieste Airport. Sempre dal 9 dicembre
partirà anche una corsa dell'Apt da Udine a Trieste via autostrada (partenza
alle 9.15), che collegherà anche l'Aeroporto (alle 9.59). Oltre alla conferma
anche per il 2019 delle intensificazioni dei servizi treno + bici (nei weekend
dal 31 marzo al 26 ottobre) a favore dei cicloturisti sulle rotte
Trieste-Tarvisio e Sacile-Tarvisio lungo la Ciclovia Alpe Adria, per Trenitalia
fra le novità anche il regionale Udine-Trieste via Cervignano con partenza alle
7. Sarà attivato anche il Trieste-Portogruaro delle 5.45.
I cinesi sbarcano a Segna per costruire il parco eolico
Zagabria sceglie la Norinco International per la realizzazione della
struttura - Investimento da 180 milioni di euro, previste 39 "torri" sul Velebit
FIUME - Nuova apertura della Croazia nei riguardi della Cina. Dopo avere
affidato l'appalto per la costruzione del ponte di Sabbioncello, in Dalmazia,
alla China Road and Bridge Corporation - è il più grande progetto
infrastrutturale di questi ultimi anni in Croazia -, Zagabria ha scelto la
cinese Norinco International per la realizzazione del grande parco eolico di
Segna e Brinje, situato sulle pendici delle Alpi Bebie (Velebit). È un
investimento di circa 180 milioni di euro: l'impianto occuperà una superficie di
44,8 chilometri quadrati e toccherà i comuni delle due citate località. A Segna
si sono incontrati il premier croato Andrej Plenkovic e il direttore generale
della Norinco International - azienda di proprietà dello Stato cinese - Wang
Yitong. Il loro colloquio, hanno detto, ha segnato l'inizio dei lavori di
realizzazione di questa "fattoria del vento" che avrà 39 torri eoliche e
produrrà annualmente sui 530 milioni di chilovattora. «Poche settimane fa, nel
corso della mia visita ufficiale in Cina - ha detto il primo ministro croato -
ho avuto modo di incontrare il signor Yitong, al quale ho espresso
l'apprezzamento per i lavori preliminari relativi alla struttura che sorgerà
alle spalle di Segna e di Brinje, aree sicuramente non avare in fatto di vento,
in primo luogo bora e scirocco. La nostra collaborazione con Pechino ha avuto
quale primo, grande passo i lavori di edificazione del gigantesco ponte di
Sabbioncello e ora prosegue con il parco eolico abbarbicato sui fianchi della
catena velebitana. Tempo due anni e l'impianto sarà inaugurato, con ricadute
positive per le due municipalità interessate e per il nostro fabbisogno
energetico. Non è un mistero poi - ha aggiunto Plenkovic - che la Croazia punti
sempre più sulle fonti di energie rinnovabili, che al nostro Paese non mancano
proprio». Durante l'incontro a Segna è stato ribadito che il progetto verrà
portato a termine nel 2020 o al massimo agli inizi del 2021. Oltre alla
costruzione dell'esteso impianto, si provvederà pure alla ricostruzione del
locale elettrodotto a 220 kV, al riadattamento della rete elettrodistributiva e
alla ristrutturazione della sottostazione di Brinje. Oltre ai cinesi, ci sarà
pertanto molto lavoro anche le maestranze croate: è stato calcolato che il
progetto vedrà impegnati un totale di almeno 100 occupati. L'attività della
centrale azionata dal vento porterà ogni anno nelle casse di Segna, città una
sessantina di chilometri a sud-est di Fiume, sui 12 milioni di kune, pari a 1
milione e 615 mila euro, sottoforma di utilizzo delle turbine eoliche e quale
tassa fondiaria. Plenkovic ha inoltre fatto sapere che questa settimana a
giungere in visita in Croazia saranno la vice presidente del governo cinese e
due ministri.
Andrea Marsanich
"Mai nemmeno con un fiore" - Donne e violenza un triste
binomio
Fitto programma di eventi per tenere alto il livello di attenzione sui
maltrattamenti
Trieste non è immune dalla catena di violenze fisiche, abusi domestici e
omicidi di cui sono vittime le donne. Mariti, fidanzati, ex compagni, fratelli:
le statistiche evidenziano come la stragrande maggioranza dei femminicidi
avvenga infatti per mano di un uomo di famiglia. Ma è quantomeno di conforto
sapere che a Trieste le donne si fidano delle istituzioni, fanno outing e
denunciano i panni sporchi. Come hanno confermato l'assessore alle Pari
opportunità Serena Tonel e Adriana Luciani del Goap, il Centro antiviolenza
cittadino, partner della rassegna promossa assieme al Comune, in collaborazione
con Casa internazionale delle donne. Articolato il programma di eventi per
sensibilizzare l'opinione pubblica sulle violenze di genere tra mostre
fotografiche, pièce teatrali, tavole rotonde e stipula di convenzioni. Questa in
sintesi la scaletta degli appuntamenti che si snoderanno tra oggi e il 28
novembre con l'obiettivo di tenere alto il livello d'attenzione sulle violenze e
i maltrattamenti. Oggi alle 17.30, alla Casa internazionale delle donne di via
Pisoni 3, Anna Riondino esporrà il suo lavoro di ricerca "La tratta delle donne
dalla Nigeria. Una ricerca etnografica nel servizio anti tratta a Trieste", per
un focus sulla definizione di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Seguito
venerdì alle 10, nella sala del Consiglio comunale, dal tavolo tecnico
(riservato agli addetti ai lavori) per gli interventi a contrasto alla violenza
di genere, tra Goap, Comune e associazioni: tema 2018 la violenza "assistita",
ovvero i minori che loro malgrado assistono ai maltrattamenti. Due gli
spettacoli all'auditorium del Revoltella: lunedì 26, alle 17, adattamento
drammaturgico di "La carta da parati gialla" tratto dall'omonimo racconto di
Charlotte Gilman per la regia di Silvia Lorusso, mentre mercoledì 28 - alle
17.30 - on stage il racconto scenico "È oro quello che hai fra le dita..." del
Teatro degli Intoppi, seguito da una performance di danza. Due anche le
iniziative collaterali di "Mai! Nemmeno con un fiore" 2018: la rassegna
fotografica di Elisa Biagi e Francesco Chiot "R come Relazione" visitabile alla
Casa delle donne fino al 21 dicembre i martedì e venerdì dalle 16 alle 19. E -
scadenza per la presentazione il 31 gennaio - la seconda edizione del contest
artistico letterario promosso dal Goap "Parole, suoni e colori contro la
violenza sulle donne" per ragazzi e ragazze tra i 15 e i 19 anni.-
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2018
Piante abbattute, la Festa dell'albero ha il sapore del
suo funerale - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino
Oggi celebriamo la consueta Festa dell'albero, ormai arrivata alla sua
24esima edizione, ma invece dovremmo celebrare il funerale dell'albero urbano.
Dieci piante storiche, ormai monumenti verdi della nostra città, sono state
abbattute senza preavviso. L'operazione si è chiamata riqualificazione di piazza
Libertà. Ma il progetto, che da anni stava nel cassetto, di colpo è stato messo
in atto, volutamente senza consultare nessuno vista la precedente mobilitazione
cittadina contro l'abbattimento degli alberi siti nel centro della piazza alcuni
anni fa. Gli alberi, altissimi e dalla folta chioma, sono stati l'arredo della
piazza e del parcheggio per molti anni e ne hanno condizionato il paesaggio,
arricchendolo. L'Alberata, con elementi anche di cinquanta centimetri di
diametro e chiome di una decina di metri, conferiva una nota di colore a un'area
laterale alla Stazione dove ci si poteva mettere all'ombra ed era intimamente
connessa alla storia delle persone e della città, costituendo dunque un
patrimonio da salvaguardare. Spesso si rende necessaria la sostituzione di un
albero per ragioni derivanti da cattive condizioni fitosanitarie delle pianta e
per la sicurezza pubblica, ma questa volta no: le piante erano belle e sane. Si
è voluto toglierle di mezzo e basta per far posto agli autobus, che forse non ne
avevano bisogno. Una pianificazione sbagliata, una riqualificazione non
azzeccata. Questo però ci mette in allarme: quale altra riqualificazione sta
ancora nel cassetto? Avremo altre sorprese ? Non è che riparleremo nello stesso
modo di Viale XX Settembre o Piazza Hortis o via Pindemonte o o o...? Forse ad
abbattere tanti alberi ci ha già pensato il cambiamento climatico. All'uomo, di
questi tempi, andrebbe il compito di tutelarli. Buona Festa dell'albero a tutti
Per la giornata nazionale. Letture e storie in piazza Hortis. Anche gli alberi vanno festeggiati.
E all'Universita' della Terza Eta' mostra e conferenza sul Ginkgo biloba
Anche Legambiente e Bioest, oltre all'Università della Terza età, partecipano alla Festa dell'albero. Legambiente e Bioest vi aspettano oggi alle 16, in piazza Hortis. L'architetto Roberto Barocchi parlerà di paesaggio urbano e alberi. E poi letture sotto l'albero a cura dell'associazione L'Una e l'Altra per raccontare la storia degli alberi di piazza Hortis."Per contrastare il riscaldamento globale, per difendere il nostro futuro, l'albero è il più potente alleato che abbiamo. Quest'anno - scrivono Legambiente e Bioest - dedichiamo la Festa dell'albero nella nostra città al ricordo degli alberi abbattuti in piazza Libertà nei giorni scorsi nel nome della riqualificazione urbana ma che rappresenta uno scempio per quel luogo. Gli alberi costituiscono una risorsa naturale contro il riscaldamento globale, la loro presenza garantisce una risposta sicura ed efficace ai danni causati dalle attività umane. Vogliamo diffondere una cultura di rispetto e gratitudine verso questi infaticabili polmoni verdi della nostra città. Raccontiamo con una foto il significato degli alberi nella nostra vita. Intervenite e partecipate". Ma c'è anche l'Università della Terza età, di via Corti, che organizza due eventi: alle 15.30, verranno promossi una mostra e un incontro per presentare le attività svolte dal Gruppo Ginkgo Trieste sugli aspetti botanici, storici, culturali, nel verde urbano di Trieste dell'albero di Ginkgo biloba. Il più antico albero a seme oggi esistente, per secoli coltivato dai monaci cinesi nei giardini dei templi buddisti garantendone la sopravvivenza, è un autentico fossile vivente e risale al Giurassico.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2018
Lifting sull'ex Intendenza "ingabbiata" da anni
aspettando un albergo
Restauro esterno per il palazzo di largo Panfili. Cronoprogramma da 275
giorni - Trattative per cederlo a un investitore austriaco. Ipotesi ricettiva
all'orizzonte
Anni di ponteggio inscurito a coprire le scrostate facciate fine Ottocento,
dalle quali ogni tanto qualcosa cascava in basso. L'ex Intendenza di finanza,
"gemella" delle Poste affacciate su piazza Vittorio Veneto, stona obiettivamente
in quella piazzetta intitolata all'ufficiale medico caduto in Africa Orientale
Odorico Panfili, dove l'ex squero liftato ospita l'Agenzia delle dogane, la
succursale del Carducci si presenta ringiovanita, la fresca pavimentazione dello
slargo davanti alla chiesa evangelica aiuta a conferire all'insieme una certa
distinzione. Il tutto addirittura servito da una ciclabile apprezzata in
particolare dai pedoni. Ma dal 22 ottobre scorso anche l'ex Intendenza ha deciso
di sottrarsi a un impietoso declino: più correttamente, la proprietaria del
grande stabile, Cdp Immobiliare srl (controllata di Cassa depositi e prestiti),
ha imboccato la strada del restyling esterno. Il progetto - comunica un piccolo
cartello comunale - è a cura di Mario Bucher, della consulenza storico-artistica
si occupa Pietro Cordara, il restauro è affidato alla gallaratese Gasparoli. Il
cronoprogramma dei lavori suggerisce una durata di 275 giorni, che dovrebbero
assicurare il completamento dell'opera entro la fine dell'estate 2019.Dagli
ambienti immobiliari triestini si vocifera che sia in corso una trattativa per
cedere l'immobile a un possibile acquirente austriaco, con interessi a Grado,
intenzionato a un investimento alberghiero. La cifra di acquisto - sempre
secondo l'ufficiosità della fonte - oscillerebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro.
Se fosse confermata tale quotazione, essa risentirebbe delle cattive condizioni
degli interni, antica sede di uffici ma da molti anni inutilizzata. Tra l'altro
il palazzo ha cambiato varie volte proprietà, restando essa comunque sempre
pubblica: si ricordano Fintecna, Italia Turismo, da un anno Cdp. In realtà
l'edificio è in vendita da tempo, ma, come per altre illustri testimonianze
della Trieste-che-fu, al mercato la storia interessa fino a un certo punto. Per
renderlo più appetibile, ecco la cosmesi delle facciate voluta da una proprietà
«sensibile - dice Mario Bucher - alle necessità di decoro». Lo stesso Bucher
racconta caratteristiche e dimensioni (notevoli): a partire da una superficie
superiore ai 13 mila metri quadrati, per proseguire con i cinque piani fuori
terra, l'ultimo dei quali composto da interessanti soffitte che si estendono
sotto lignee trabeazioni. Tre gruppi di scale, con una scalea d'onore. Tre
cortili interni. Il tetto è stato provvisoriamente sistemato. Certo, gli interni
- come s'è detto - sono completamente da ripensare e da rifare. Bucher è
convinto che la schematica disposizione ereditata dall'originaria destinazione a
ufficio renda possibile una vasta gamma di trasformazioni, tra cui il
residenziale e l'alberghiero potrebbero essere le più gettonate. L'isolato,
formato dalle Poste e dalle ex Finanze, venne progettato nell'ultima parte del
XIX secolo da Friedrich Setz, architetto-ingegnere specializzato nella
realizzazione di sedi postali. Ne disegnò più di venti, comprese quelle di
Trento e di Bolzano.
Massimo Greco
Nel 2019 una fioritura di strutture dal Viale fino alla Costiera - Incognite su tre fronti
Interrogativi aperti su palazzo Carciotti, ex Borsa
vecchia e magazzini Greensisam
I prossimi anni vedranno un fiorire di nuovi alberghi in città. Per
l'ottobre 2019, infatti, è prevista in primis l'attesa inaugurazione del nuovo "Hilton
double tree Trieste" di piazza della Repubblica. L'antica sede della Ras,
assorbita dal gruppo Allianz, si sta trasformando in un hotel a quattro stelle,
dotato di 125 stanze. Il 2019 sarà l'anno di apertura anche di un albergo in
corso Italia, dove al civico 12 la Golden Hotel & Resort srl, che già gestisce a
Trieste i quattro stelle Hotel Continentale di via San Nicolò e Palace Suite di
via Dante, si appresta a fare un tris con un nuovo tre stelle, da 55 stanze. Per
la riqualificazione del palazzo e per la sua trasformazione in albergo, inclusi
gli arredi, verranno investiti quattro milioni e mezzo di euro. Una spesa che
verrà sostenuta in parte dalla Golden Hotel & Resorts e in parte dalla
Fondazione Ananian che è proprietaria dell'immobile. La Golden Hotel & Resorts
farà presto partire i lavori per trasformare in una struttura ricettiva anche
Casa Romano, il palazzo all'angolo tra piazza della Borsa e via Roma. C'è poi
l'ambizioso progetto che ruota attorno a Villa Hausbrandt che entro un anno
diventerà un relais di lusso: a investire è la Magesta spa, già proprietaria del
Grand Hotel Duchi d'Aosta, del Vis à Vis e del Riviera & Maximilian's Hotel. È
già stata fissata per la prossima primavera invece l'inaugurazione della nuova
struttura a vocazione turistica che verrà realizzata al numero 25 di viale XX
Settembre, la prima di questo genere ad affacciarsi sul viale alberato. La
ristrutturazione del palazzo è a carico della proprietà, mentre la società
Novecentotre, che vede tra i soci l'ex assessore ai Lavori pubblici Franco
Bandelli, provvederà agli interni, agli arredi e alla successiva gestione.
Imprenditori macedoni realizzeranno poi un nuovo albergo a quattro piani al
civico 16 di via Milano, in una palazzina rimasta per decenni in stato di
abbandono. Ci sono poi due incognite che potrebbero regalare a Trieste due nuovi
alberghi di altissimo livello: palazzo Carciotti ed ex Borsa vecchia. Se i
tentativi di vendita dovessero andare a buon fine, sembra scontata la vocazione
ricettiva. E poi ci sono i magazzini oggi in concessione a Greensisam in Porto
vecchio: la vendita è in via di definizione e, dalle anticipazioni, in quegli
spazi è prevista la realizzazione di due grandi hotel sul fronte mare.
Svelata la prima delle facciate del futuro "Hilton
double tree"
Prosegue il cantiere dell'ex palazzo Ras in piazza Repubblica: ultimato
il restauro del versante che dà su via Dante
Giù le impalcature da una delle facciate del futuro "Hilton double tree
Trieste", l'ex palazzo Ras in piazza Repubblica, che svela nuovamente parte
della splendida architettura. Nei giorni scorsi sono state infatti eliminate
poco alla volta le strutture in ferro che avvolgevano l'edificio, necessarie per
gli interventi di pulizia e sistemazione, in particolare la parete rivolta verso
via San Nicolò, il cui restauro è stato da poco concluso. E sono molti i
triestini che si sono accorti della novità, passeggiando su via Dante e alzando
gli occhi, per ammirare un primo tassello ultimato dell'albergo a quattro
stelle, che sarà inaugurato tra un anno, con 150 stanze, pronto ad accogliere
più di 250 clienti. Restano "coperte" le altre facciate, in particolare quella
su via Santa Caterina, dove è situato l'ingresso del cantiere, al sicuro dietro
a divisori di ferro e legno, attraverso i quali ogni tanto la gente più curiosa
sbircia. Dentro infatti continuano senza sosta i lavori, in una superficie
complessiva da 17 mila metri quadrati, dove è in atto la completa trasformazione
degli interni, salvaguardando alcune parti storiche e di pregio, e ammodernando
tutti gli spazi che serviranno a realizzare un hotel dotato di ogni comfort. La
metratura delle camere varia dagli 80 metri quadrati dell'"historical suite" ai
23 della tipologia "standard". Gli ambienti, come già annunciato, saranno a
disposizione non solo dei clienti che pernotteranno nell'hotel: ci saranno anche
il bar, il ristorante, la biblioteca e la sala convegni per il pubblico. "Hilton
double tree Trieste" darà lavoro a 50-60 persone, ora nel cantiere ne sono
impiegate un'ottantina, destinate ad aumentare nei prossimi mesi.
Micol Brusaferro
I 5 Stelle diffidano il sindaco sulla rumorosità della
Ferriera
L'offensiva di Bertoni: «Il livello dell'inquinamento acustico è ben
superiore ai limiti consentiti dalla legge - Rischi concreti per la salute»
Una diffida al sindaco, Roberto Dipiazza, affinché intervenga urgentemente
«con un'ordinanza, sull'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di
Servola». Scatta l'offensiva del Movimento 5 Stelle «su uno dei problemi
originati dallo stabilimento su cui finora ci è soffermati meno - spiegato la
portavoce dei 5S, Cristina Bertoni - e che invece causa ai cittadini che abitano
nei dintorni dell'impianto seri problemi di salute». «Il livello di inquinamento
acustico - spiega la consigliera grillina - è infatti ben superiore ai limiti
consentiti dalla legge, come certificano i dati raccolti dall'Arpa regionale.
L'Organizzazione mondiale della sanità documenta in questi casi problemi legati
al mancato riposo notturno, ad alterazioni del funzionamento del sistema
nervoso, a un aumento dei problemi cardiaci». Bertoni, a sostegno
dell'iniziativa del suo gruppo, ha presentato un'ottantina di firme «raccolte in
sole quattro ore - sottolinea - nei banchetti che abbiamo allestito». I Cinque
Stelle si erano già attivati in più occasioni su questo fronte. «Per richiamare
il sindaco alle sue responsabilità di tutore della salute dei cittadini - ha
continuato Bertoni -abbiamo depositato, tra settembre e ottobre, ben tre mozioni
urgenti, con le quali gli si chiedeva di intervenire emettendo un'ordinanza
sindacale per sospendere temporaneamente le attività rumorose. La maggioranza ha
sempre risposto dicendo che la questione non è urgente, quando invece gli
sforamenti dei limiti di inquinamento acustico sono quotidiani» .Dalla data
della notifica, Dipiazza avrà 30 giorni di tempo per ottemperare alla diffida.
«Trascorsi i quali - insiste Bertoni - senza azione pratica, il sindaco avrà
mancato ai suoi doveri d'ufficio, con ciò rendendosi responsabile per non aver
tutelato la salute dei cittadini, il che aprirà la porta a denunce di carattere
penale che, come M5S, supporteremo con convinzione» . «Anche a livello regionale
- ricorda il portavoce regionale, Andrea Ussai - abbiamo sollecitato la giunta a
intervenire, ma nulla ci è stato detto sulla promesse revisioni
dell'Autorizzazione integrata ambientale e dell'Accordo di programma. Nello
scorso gennaio la Regione aveva inviato una diffida all'azienda, imponendo
interventi di mitigazione del rumore da eseguire entro il 31 dicembre
2018».«Oggi - prosegue Ussai - non è più tollerabile l'immobilismo della
politica davanti ai poteri economici. Se il sindaco rimarrà inattivo, saremo
costretti a chiedere un intervento della Regione». L'avvocato Fulvio Vida ha
osservato che «il termine di 30 giorni può essere considerato addirittura
pleonastico, in quanto, davanti a un problema di salute il sindaco dovrebbe
intervenire immediatamente».
Ugo Salvini
Infrastrutture - Fedriga rilancia l'alta velocità
ferroviaria
Trieste - «Sono un convinto sostenitore delle grandi infrastrutture e credo
che la linea ferroviaria Trieste-Venezia vada potenziata il più possibile». L'ha
detto ieri Massimiliano Fedriga, intervenendo a Milano insieme al ministro
dell'Interno, Matteo Salvini, e al governatore della Lombardia, Attilio Fontana,
al confronto dedicato all'Europa nell'ambito del forum Italia Destinazione Nord.
Prendendo la parola, il governatore ha espresso forte rammarico per scelte
precedenti che hanno allontanato l'alta velocità dalla linea ferroviaria
Trieste-Venezia. «Faremo comunque il possibile per potenziarla così come ci
attiveremo per valorizzare il complesso intermodale del territorio - ha
assicurato - perché non collegare al resto d'Italia il porto di Trieste, ormai
il principale scalo nazionale, in grado di attrarre investimenti da Cina, Stati
Uniti, Ungheria e tante altre realtà equivale a paralizzare il Paese intero e
provocare pesanti aumenti di costi per le aziende». Nel corso dell'incontro
milanese Fedriga ha poi parlato di debito pubblico «sano e giusto se produce
investimenti», ribadendo che la Regione accenderà nuovi mutui "per investire in
infrastrutture, anche energetiche, e mettere nelle migliori condizioni possibili
le imprese per favorirne la competitività. Dobbiamo internazionalizzare ed
esportare - ha aggiunto poi il presidente -, ma anche creare le condizioni per
fare crescere il consumo interno». A questo tema il governatore ha collegato la
propria difesa di quota 100 per i pensionamenti, «puntando anzi a quota 41 anni
di contributi per concludere un percorso, favorire il rilancio generazionale e
la capacità di spesa. Quota 100 - ha precisato - non produce tagli in quanto è
un semplice calcolo contributivo, il resto sono fake news».Infine una promessa
agli amici lombardi e veneti in vista dell'importante sfida all'orizzonte. «Per
quanto riguarda le Olimpiadi della neve 2026, proveremo ad essere al fianco di
Milano-Cortina quale sede di gara aggiunta di una disciplina nell'ottica di
proporre la montagna al completo, includendo nel progetto anche Trentino Alto
Adige e Friuli Venezia Giulia».
Gas dagli Emirati, così Roma sfida Parigi
L'Eni sbarca per la prima volta nel Golfo. Ripercussioni sull'Egitto e
sulla Libia: dove l'Italia gioca la partita con la Francia
Beirut - La strada per la Libia passa per gli Emirati Arabi. L'Eni sbarca in
modo massiccio nel Golfo, per la prima volta nella sua storia, e gli accordi
strategici con Abu Dhabi si allargano subito all'Egitto e in prospettiva anche
al Fezzan, dove l'Italia deve fronteggiare la concorrenza francese. In un Medio
Oriente fatto a vasi comunicanti a volte le vie più lunghe sono le più sicure.
Il 13 novembre il Cane a sei zampe ha firmato un accordo con la compagnia di Abu
Dhabi, l'Adnoc, uno dei giganti mondiali del settore. L'intesa prevede una quota
del 25 per cento in una mega concessione offshore, la Ghasha, che comprende tre
giacimenti e riserve per «trilioni di metri cubi di gas». A regime i pozzi
potranno produrre fino a 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno e 120 mila
barili di condensati ad alto valore. È un colpo notevole, in una regione che è
stata finora territorio di caccia per le compagnie britanniche e americane. E
arriva anche a compensare il ritiro forzato dal mercato iraniano, per via delle
nuove sanzioni imposte da Donald Trump. Per l'amministratore delegato di Eni,
Claudio Descalzi, è la conferma «della fiducia nel nostro modello upstream,
basato sull'integrazione dell'esplorazione e dello sviluppo». Tradotto,
significa che Abu Dhabi ha scelto l'azienda italiana perché gli garantiva, prove
alla mano, un passaggio rapido dall'esplorazione alla produzione. Tutto nasce
dall'exploit in Egitto, dove in meno di due anni è stato messo a regime il più
grande giacimento di gas del Mediterraneo orientale, lo Zohr. Un record
mondiale: il Cairo è passato da importatore a esportatore di gas in pochissimo
tempo e lo stesso vogliono fare gli Emirati Arabi. Energia, sicurezza e
geopolitica sono però un tutt'uno in questa regione, ed ecco che il domino si è
subito allargato. Negli stessi giorni Eni ha firmato un accordo con un'altra
compagnia emiratina, la Mubadala, per la cessione del 20 per cento della quota
Eni nella concessione Nour, al largo del Delta del Nilo in Egitto. L'Eni ha ora
una quota dell'85%, il restante 15 è dell'egiziana Egas. Si formerà così un trio
per sfruttare un giacimento più piccolo dello Zohr ma molto promettente, mentre
Egitto e Israele hanno firmato un accordo per portare il gas israeliano sulla
costa egiziana, dove, a Damietta, c'è un grande impianto di liquefazione
dell'Eni che potrebbe diventare un hub per il trasporto verso tutta l'Europa. I
nuovi contratti quindi s'iscrivono, secondo Theodore Karasik, senior advisor al
Gulf State Analytics di Washington, «in un'intesa strategica che unisce energia
e sicurezza, e che l'Italia sta perseguendo da almeno cinque anni». La sfida nei
prossimi decenni, sia nel Golfo che nel Mediterraneo, «sarà quella di proteggere
le enormi scoperte fatte di recente». È una partita che ha visto irrompere la
Russia su uno scacchiere «sempre più affollato», «sia come player energetico che
militare» mentre in questo momento gli Stati Uniti sono «meno presenti di
Mosca». Putin si sta aprendo la strada per installare una base militare in
Egitto «e forse anche a Tobruk». Di qui la necessità per l'Italia di una
alleanza con gli Emirati Arabi, che possono integrare gli investimenti in
Egitto, dove hanno un rapporto di ferro con il presidente al-Sisi, mentre in
Libia sono fra i principali sponsor del generale Haftar, padrone della Cirenaica
e di un fetta del Fezzan. Con l'appoggio di Abu Dhabi l'Eni e l'Italia possono
riequilibrare i loro rapporti nello scacchiere libico, e contrastare
l'espansione francese dal Sud, dove esistono, puntualizza Karasik «giganteschi
giacimenti di gas ancora da esplorare». Gli accordi firmati ad Abu Dhani hanno
preceduto di pochi giorni la visita del premier italiano Conte, reduce dalla
conferenza di Palermo che ha visto un riavvicinamento fra Haftar e al-Sarraj. Le
tensioni interne ai Paesi del Golfo favoriscono paradossalmente questo processo.
Il reciproco interesse è confermato anche da al-Ubaydli, direttore degli
Economics and Energy Studies al Centro Derasat, in Bahrein: «I Paesi del Golfo
stanno da tempo cercando nuovi partner internazionali, si è parlato tanto di
Asia ma c'è spazio per una cooperazione con l'Italia in tutta la regione». L'Eni
ha firmato accordi minori in Bahrein ed è in trattative con il Qatar. Nel nome
dell'energia e non solo.
Giordano Stabile
E ad Est arriva il Turkstream - Ecco l'asse
Putin-Erdogan
L'ambizione di Mosca è quella di bypassare l'Ucraina con l'impianto
sottomarino per Ankara - L'alternativa è la Tap, che porta il metano
dall'Azerbaigian passando per la Grecia fino in Puglia
Mosca - Il TurkStream è quasi pronto. Erdogan e Putin hanno celebrato a
Istanbul il completamento del tratto sottomarino del gasdotto che presto porterà
in Turchia 31,5 miliardi di metri cubi di metano russo attraversando i fondali
del Mar Nero per 930 chilometri. Le mire di Mosca non si fermano però ad Ankara.
Il TurkStream, che inizierà le prime forniture il prossimo anno, ha infatti un
enorme valore strategico e il Cremlino vuole prolungarlo fino all'Europa
meridionale in modo da aumentare la dipendenza energetica dell'Ue dalla Russia e
bypassare l'Ucraina, con cui è in pessimi rapporti. Ci riuscirà? Tutto dipende
dalla sfida in corso tra Usa, Russia e Ue per il futuro economico e politico del
Vecchio Continente. Putin ha promesso che il TurkStream «diverrà un elemento
importante della sicurezza energetica europea». Ma Mosca in realtà usa il gas
come arma di influenza politica. L'anno scorso, il 37% del metano importato
dall'Europa veniva dalla Russia. Il Sud Europa ha però una valida alternativa al
TurkStream: si tratta della Tap (Trans Adriatic Pipeline), che potrebbe far
sbarcare in Puglia il metano azero estratto nel Caspio conducendolo dal confine
greco-turco fino alle nostre coste. La Tap è la parte finale del Corridoio
Meridionale del Gas, con cui l'Ue punta a importare entro il 2020 circa 16
miliardi di metri cubi di metano l'anno diversificando così le proprie fonti di
approvvigionamento. Gli Usa ovviamente preferiscono la Tap al Turkish Stream.
Washington tenta di bloccare i progetti energetici di Mosca per motivi
geopolitici. Ma Trump è mosso anche da interessi economici e dalla volontà di
promuovere le esportazioni di gas liquido americano in Europa. Per questo il
Cremlino non esclude che il TurkStream finisca sotto sanzioni. «Gli Usa - ha
dichiarato il portavoce di Putin - hanno applicato tali misure in modo così
ampio che nessuno è al sicuro». Il TurkStream potrebbe rappresentare la rotta
meridionale del gas russo che scalda l'Europa. La Gazprom studia due possibili
vie. Una attraversa la Grecia e raggiunge l'Italia, l'altra passa da Paesi
"amici" del Cremlino: Bulgaria, Serbia, Ungheria e infine Austria. La rotta
settentrionale invece esiste già: è il Nord Stream, che sbocca in Germania
passando sotto le acque del Baltico e a cui presto si aggiungerà il Nord Stream
2. Il nuovo metanodotto raddoppierà fino a 110 miliardi di metri cubi l'anno il
flusso di gas russo verso Berlino ed è subito finito nel mirino degli Stati
Uniti, pronti ad affondare il progetto con nuove sanzioni. E' forse anche per
evitare uno scenario del genere che un mese fa Angela Merkel ha offerto il
sostegno del governo tedesco per co-finanziare un terminal da 500 milioni di
euro per l'import di gas liquido americano nel nord della Germania. La
cancelliera chiede inoltre garanzie perché Kiev non perda il suo ruolo chiave
nel transito del gas e le preziose entrate che questo comporta. È proprio
l'Ucraina il Paese più a rischio. L'anno scorso è passata dai suoi gasdotti
circa metà delle esportazioni russe di metano al di fuori dell'ex Urss. Circa 94
miliardi di metri cubi di gas russo sono arrivati in Europa attraverso
l'Ucraina. Nord Stream 2 e TurkStream consentirebbero però alla Russia di
aggirare Kiev con una manovra a tenaglia. Con il nuovo metanodotto Mosca mira
anche ad aumentare la propria quota nel mercato turco dell'energia, dove nel
2017 vendeva già 29 miliardi di metri cubi di gas. La Turchia, che spera di
diventare un hub del gas verso l'Europa, viene così spinta ad allontanarsi
gradualmente dalla Nato avvicinandosi a Mosca, con cui i rapporti sono in
continuo miglioramento nonostante alcuni attriti su Siria e Libia.
Giuseppe Agliastro
Smaltimento dei rifiuti, Vienna dà l'esempio - Lo dico
al Piccolo
Perché a Napoli non lo vogliono?Esempio di eccellenza e monumento della
contemporaneità. È il termovalorizzatore di Vienna, straordinario impianto di
smaltimento dei rifiuti nel pieno centro della città, vicino alla Cattedrale di
Santo Stefano, diventato meta dei turisti. Nel 1987 in seguito a un incendio che
distrusse gran parte del vecchio impianto, l'allora sindaco Walter Zilk affidò a
Friedrich Hundertwasser, noto architetto viennese, la realizzazione del nuovo
impianto. Venne fuori una struttura colorata, interrotta da miriadi di finestre,
ognuna divisa dall'altra da cespugli e alberi che si arrampicano sulla facciata
dell'impianto e che termina con una cupola dorata che svetta altissima sulla
città con lo stile variopinto e visionario tipico dell'artista. Oltre
all'incenerimento dei rifiuti, il termovalorizzatore di Spittelau provvede al
riscaldamento di oltre un terzo delle case viennesi e produce aria condizionata
nei mesi estivi. I fumi sono depurati da moderni impianti di filtraggio per la
rimozione di polveri sottili, metalli pesanti e acidi inquinanti e le ceneri di
scarto vengono vendute alle industrie del cemento. L'impianto desta particolare
interesse proprio in rapporto al suo inserimento nel cuore della città. La sua
ubicazione denota un atteggiamento di fiducia dei cittadini verso le politiche
di gestione dei servizi e dell'ambiente. Anche la realizzazione di un impianto
di termovalorizzazione, in grado di alimentare buona parte della città e
produrre energia elettrica, può essere visto dalla cittadinanza come una risorsa
e non come una minaccia per la propria salute.
Pietro Valente
(leggi anche l'inchiesta sugli inceneritori sul Fatto Quotidiano del 23 agosto 2016)
Bonifica dei siti inquinati progetto coordinato da Area
I due prototipi da testare sul campo sono la zona industriale di Trieste
e la penisola Zorrozaurre a Bilbao. Soluzioni innovative
Secondo una recente relazione del JRC - Joint Research Centre, una direzione
generale della Commissione europea che dispone di sette istituti di ricerca, dal
2011 in oltre 5000 nuovi siti inquinati in Europa sono in corso attività di
decontaminazione o misure di riduzione del rischio. Il rapporto rileva inoltre
la presenza di più di 650mila siti contaminati registrati ufficialmente in tutta
Europa. Più di 170mila siti sono ancora da investigare, 68mila sono attualmente
sotto analisi e più di 125mila siti hanno bisogno o potrebbero aver bisogno di
rimedi, mentre 65.500 siti sono già stati sottoposti a misure correttive o sono
sottoposti a misure post-intervento. Posidon PCP (Pre-Commercial Public
Procurement) è un progetto internazionale, finanziato dal programma Horizon 2020
per un totale di 5 milioni, coordinato da Area Science Park con l'obiettivo di
pubblicare e assegnare a livello europeo un appalto di ricerca pre-commerciale
PCP in grado di fornire soluzioni innovative non ancora presenti sul mercato
relative alla decontaminazione di suoli inquinati di aree industriali dismesse o
parzialmente abbandonate. In pratica diverse imprese saranno chiamate a
sviluppare, in modo parallelo e concorrente, soluzioni innovative idonee a
fronteggiare esigenze e sfide che arrivano dal settore pubblico, il lancio del
bando di gara europeo è previsto entro la prima settimana di gennaio 2019. Il
carattere competitivo della procedura di appalto pre-commerciale presenta, per
la pubblica amministrazione, un vantaggio che consiste nel filtrare i rischi
tecnologici prima di impegnarsi nell'acquisto di una fornitura di massa,
anteponendo una fase di sperimentazione in cui valutare i costi e benefici. Il
progetto punta allo sviluppo originale di almeno due prototipi da testare sul
campo in due diversi siti inquinati con caratteristiche simili: la zona
industriale di Trieste e la penisola di Zorrozaurre a Bilbao, con progetti
urbanistici che prevedono diversi usi futuri dei suoli.Spiega l'ingegnere
Martina Terconi responsabile del progetto per Area Science Park: «Il progetto fa
leva sulla domanda pubblica per individuare soluzioni innovative e sostenibili,
non riguarda e non finanzia l'intervento di decontaminazione né l'acquisto della
tecnologia, vuole bensì promuovere un avanzamento tecnologico ulteriore,
lanciando un appalto di servizi di ricerca e sviluppo. Il bisogno comune del
gruppo di committenti (proprietari/gestori dei siti inquinati) riguarda
l'identificazione di una nuova tecnologia di trattamento del suolo ed
eventualmente delle falde acquifere in grado di decontaminare terreni antropici
eterogenei in zone industriali dismesse, composti da una miscela di rifiuti
industriali (come terreni di risulta inquinati da idrocarburi del petrolio e
metalli pesanti) e terreni costituiti da argille e sabbie, altamente inquinati
da idrocarburi del petrolio (TPH e IPA) e metalli pesanti».
Lorenza Masè
SABATO A MUGGIA - Segrè chiude le "eco-mostre" alla
Sala Millo
Sabato alle 18, alla Sala Convegni "Gastone Millo" di piazza della
Repubblica 4 a Muggia, andrà in scena "Il gusto per le cose giuste: lo spreco
come risorsa", l'incontro con Andrea Segrè, presidente della Fondazione Fico e
fondatore del Last Minute Market, la campagna "Spreco Zero". L'appuntamento
coincide con la conclusione delle mostre con laboratori didattici "Tutti su per
terra" ed "Energeticamente" organizzate da Comune di Muggia e Arapa Fvg - Larea
in collaborazione con Eupolis. Info: Comune di Muggia - Assessorato alla
Cultura, telefono 040 3360340, mail ufficio.cultura@comunedimuggia.ts.it, web
www. benvenutiamuggia.eu.
Conferenza Tam
Alle 18, nella sede della XXX Ottobre in via Battisti 22, l'ornitologo Paolo Utmar terrà la conferenza "Dalla conservazione alla gestione delle zone umide" con successiva escursione guidata domenica nella Riserva naturale Isola della Cona e Val Cavanata.
VOCEARANCIO.ING.it- LUNEDI', 19 novembre 2018
RAEE - Rifiuti elettronici: ecco le nuove regole
Anche cavi elettrici e pennette USB sono RAEE e devono essere smaltiti a norma di legge. Una guida pratica per voi
Avete un frigorifero da smaltire? Un vecchio lettore Cd di
cui non sapete più cosa fare? In questo caso vi state confrontando con un
problema sempre più importante e frequente per i consumatori, le città e il
pianeta: cosa fare con i RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche. Si tratta di un dilemma che nasconde opportunità. Secondo una
ricerca dell’Università Bocconi, il corretto trattamento dei RAEE farebbe
diminuire le emissioni di CO2 di 2,2-2,5 milioni di tonnellate. Inoltre i vecchi
apparecchi elettrici ed elettronici sono delle vere e proprie miniere per il
recupero di vetro, plastica, rame, acciaio, con un risparmio di quasi 390
milioni di euro nel prossimo decennio. Infine, la creazione di un ciclo
integrato e virtuoso di smaltimento dei RAEE porterebbe alla creazione di
13-15mila nuovi posti di lavoro da qui al 2030. Come potete contribuire alla
creazione di questo valore ambientale ed economico? Seguendo le regole. Oggi un
consumatore italiano produce 12 kg di RAEE all’anno, ma solo 4,7 vengono
raccolti. Tutti gli altri escono dal corretto ciclo dei rifiuti elettronici,
inquinando e disperdendo risorse. La nuova interpretazione «aperta».
Innanzitutto, cosa sono di preciso i RAEE? Secondo gli ultimi aggiornamenti
legislativi italiani entrati in vigore il 15 agosto 2018 per essere in linea con
le direttive europee, l’ambito dei RAEE si è allargato e la definizione è
diventata molto più aperta. Si parla infatti di open scope, un criterio secondo
il quale sono RAEE tutte le apparecchiature che dipendono da correnti elettriche
o da campi elettromagnetici. Non solo il frigorifero o lo stereo, ma anche i
cavi elettrici, le prolunghe, le caldaie, le e-bike, le chiavette USB sono da
considerare rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Rimangono
invece uguali le regole per lo smaltimento dei RAEE, che non possono essere mai
gettati nella raccolta indifferenziata, né lasciati per strada o in casa dopo il
trasloco, ma vanno gestiti in modo adeguato. I luoghi predisposti si chiamano
isole ecologiche, oppure piazzole ecologiche, centri di raccolta, riciclerie,
eco-stazioni: si tratta di strutture gestite dagli enti locali e attrezzate a
riciclare i RAEE. Ce ne sono 4076 su tutto il territorio italiano, molti comuni
offrono anche il servizio gratuito di ritiro dei RAEE ingombranti. Ma le isole
ecologiche non sono le uniche opzioni per smaltire i RAEE, ci sono altre due
strade ed entrambe chiamano in gioco i negozi di elettrodomestici.
Uno contro uno o Uno contro zero? La prima possibilità si chiama Uno contro Uno:
quando acquistate un elettrodomestico di grandi dimensioni (il frigorifero, la
lavatrice, la lavastoviglie e così via), il venditore ha il dovere di ritirare
il suo predecessore a casa vostra a costo zero, per poi provvedere a smaltirlo
nell’isola ecologica. La seconda possibilità si chiama Uno contro zero, e
prevede la possibilità di smaltire i piccoli RAEE anche quando non state
comprando niente, semplicemente consegnandoli in negozio. Le condizioni sono
due: sono obbligati ad accettare il vostro Uno contro zero solo i negozi di
elettronica ed elettrodomestici la cui superficie sia superiore a 400 metri
quadrati. Inoltre l’oggetto da consegnare deve essere di dimensioni non
superiori a 25 centimetri. Uno dei problemi dello smaltimento del RAEE in Italia
è la mancanza di corrette informazioni sui propri diritti. Secondo Altraeconomia
solo il 18% degli italiani è al corrente della possibilità di fare Uno contro
zero e il 44% ancora non sa nemmeno dell’Uno contro uno. Un’app con tutte le
risposte. Se avete ancora qualche dubbio, ci sono anche diverse app che vi
possono dare una mano. Una delle più interessanti in materia di riciclo si
chiama Junker, è stata creata dalla startup italiana Giunko ed è il modo più
immediato per districarsi nella complessità della raccolta differenziata. Basta
fare una scansione del barcode sul prodotto per avere informazioni su tutti i
materiali di cui è composto e sul modo migliore per smaltirlo. Junker funziona
per tutta la differenziata, ma per i RAEE svolge anche un servizio in più: in
collaborazione con il consorzio Ecolamp geolocalizza i centri di smistamento più
vicini, vi fa sapere se potete usufruire dell’Uno contro zero e vi indirizza
agli eventuali contenitori dedicati (come ad esempio nel caso delle lampadine).
Avete mai avuto problemi con lo smaltimento di un RAEE? Come avete risolto?
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 novembre 2018
Il Comune investe un milione di euro per la protezione
del verde pubblico
È la somma annuale prevista dall'amministrazione per la riqualificazione
del patrimonio arboreo in collaborazione con l'ateneo
Circa un milione di euro investiti annualmente. È la somma prevista
dall'amministrazione comunale a favore del patrimonio arboreo e per la costante
riqualificazione del Verde Pubblico cittadino, tema che sulla base di un
rapporto Istat redatto nel 2016 individua Trieste ai primi posti in Italia sul
fronte delle ricchezze agresti urbane, classificandola al sesto posto per la
quota di verde pro capite - equivalente a 32, 6 metri quadrati per cittadino - e
al quorum di aree protette, leggi parchi e giardini, in grado di disegnare
l'isola felice dell'intero nord - est. A pochi giorni dal varo della settimana
legata alla "Giornata Nazionale degli Alberi", in programma da oggi al 26 di
novembre, l'assessorato ai Lavori Pubblici e al Verde del Comune di Trieste
espone le sue carte e ribadisce in cifre e prospettive l'impegno in chiave di
tutela ambientale. Processo a cui contribuirà la collaborazione con il corso di
Laurea di Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e la Natura dell'ateneo locale,
realtà con la quale maturano da tempo ricerche volte all'individuazione del
beneficio alla cittadinanza (anche di ordine economico) frutto della tutela
naturalistica. In primo piano quindi gli investimenti economici. Il milione di
euro stanziato dal Comune nell'arco dell'anno riguarda anche il tema della
sicurezza: «Trieste vive una situazione particolare e sempre delicata per via
della Bora - ha sottolineato l'assessore Elisa Lodi - e parlando di alberi
disposti nell'area urbana è fondamentale pensare anche all'incolumità del
cittadino con interventi mirati in fatto di messa in sicurezza». Tra i primati
nazionali di Trieste in materia spunta anche la dotazione di un speciale
Regolamento sul Verde e l'istituzione di un Catasto del patrimonio arboreo
comunale, ufficio che dal 2000 regola il censimento ad oggi di 21 mila alberi,
di cui una trentina forniti di "caratteristiche di monumentalità". Lo scrigno
verde cittadino si compone inoltre di 42 giardini, di cui 13 storici, e di tre
parchi distribuiti in circa 1.700.000 metri quadri di estensione, come Villa
Giulia, Parco Strada Vicentina e soprattutto Parco Farneto, quest'ultimo
disegnato in 900.000 metri quadri, altra dote ma qui di respiro persino europeo.
Da queste cifre (ri)parte il piano dell'amministrazione rivolto al rinnovo del
patrimonio arboreo, ideato dal Direttore di Servizio, Enrico Cortese, e dal
Funzionario Forestale, Francesco Panepinto, con la previsione di piantumare
altri 250 alberi nell'arco del 2019.
Francesco Cardella
Natura - Da oggi al 26 novembre è la Festa degli alberi
Ha origini nell'antica Grecia, vanta celebrazioni nella Roma imperiale e
rinasce in Italia alla fine dell'Ottocento, prima dell'ufficializzazione
avvenuta nel 2010. Da oggi al 26 novembre Trieste celebra la Festa degli alberi,
giornata nazionale legata al 21 novembre ma accolta e sviluppata dal Comune
nell'arco di una settimana di appuntamenti sul tema tra cerimonie, mostre e
seminari. Vernice oggi alle 15.30, alla scuola primaria Lona dell'Istituto
comprensivo Altipiano di via San Mauro a Opicina, teatro di una messa a dimora
di due alberi donati dall'amministrazione comunale. Domani si approda al
Farneto, qui sede dalle 9 di una giornata di studio incentrata sul tema "Il
valore ecologico delle specie arboree", rivolta agli studenti di Scienze e
tecnologie per l'ambiente. Mercoledì, alle 10, si fa scalo all'asilo Verde Nido
di via Commerciale per salutare due nuovi alberi, stesso tema alle 11 sia alla
primaria Slataper di via della Bastia che all'Area giochi di Piazzale
Giarizzole, dove sono attesi nuovi alberi e altri respiri verdi tradotti in
aiuole. Giornata di gala il 23 novembre al giardino Bazzoni di via Navali, che
dalle 11.30 si svela nella sua nuova veste tra fiori, arbusti e attività firmate
dall'Istituto Nordio e Istituto Sacro Cuore di Montuzza.Sino al 24 novembre è
inoltre visitabile la mostra "Gli alberi di San Giacomo" ospitata nella
biblioteca Gambini di via delle Lodole 7, caratterizzata dagli scatti di Bruna
Zazinovich.
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 novembre 2018
Raccolta differenziata e riciclo - Trieste nel club dei
virtuosi
Il tasso di recupero cresce di sette punti rispetto al 2017 e raggiunge
quota 47% - Sempre più vicina la soglia del 55% fissata dalla Ue
Passi in avanti per Trieste sul fronte della raccolta differenziata. Lo
conferma il report sullo stato di recupero dei rifiuti in città e nelle zone
gestite da AcegasApsAmga presentato ieri a Campo San Giacomo. I dati evidenziano
come nel capoluogo regionale il tasso di riciclo si assesti attorno al 47%, un
valore salito di sette punti rispetto allo scorso anno. Manca poco, quindi, al
raggiungimento di quota 55%, obiettivo imposto dall'Unione Europea e che a
partire dal 2025 costituirà la percentuale annua complessiva da riciclare. Per
quanto i territori serviti dalla multiutility, nel 2017 sono stati raccolte 108
tonnellate di rifiuti da differenziare, con un recupero pari al 95% delle
immondizie complessive, percentuale che a Trieste città sale al 96,8%.
Riciclaggio che si avvicinano al 100% nel caso dei rifiuti organici, sfalci
d'erba, legno, ferro e plastica, mentre per quanto riguarda la carta il recupero
arriva fino al 97%. Performance un po' meno brillante per quanto riguarda i
metalli e il vetro, del quale viene recuperato l'87%. I dati sul riciclo sono
stati presentati nell'ambito dell'iniziativa "Rifiuti in piazza", promossa dalla
stessa AcegasApsAmga assieme all'Arpa i cui operatori, attraverso l'analisi del
contenuto dei cassonetti, hanno offerto spunti importanti per insegnare alla
cittadinanza ad eseguire la raccolta differenziata in modo corretto. Presenti
all'iniziativa l'assessore comunale all'Ambiente, Luisa Polli, che «ha
ringraziato Arpa e AcegasApsAmga per l'azione meritoria tesa a far conoscere ai
cittadini quanto e come si possa differenziare». Presente anche l'assessore
regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro,che ha annunciato che a breve la giunta
Fedriga proporrà incentivi per il recupero dei rifiuti marini. «Avvieremo una
serie di iniziative per incrementare il riciclo dei rifiuti. Tra queste -
annuncia Scoccimarro - porteremo a breve in Consiglio una legge che incentivi
economicamente i pescatori del Friuli Venezia Giulia alla raccolta della
plastica recuperata in mare».
Lorenzo Degrassi
ITALIA NOSTRA - «Un progetto parallelo al Parco del
mare»
Un progetto parallelo che non va contro il Parco del mare, ma che punta a
esserne un'integrazione. Antonella Caroli, presidente di "Italia Nostra -
Trieste", ha lanciato una proposta, già inoltrata al presidente camerale Antonio
Paoletti, per creare a Porto Lido uno spazio dedicato ai giovani e alle
imbarcazioni d'epoca. «In due anni - ha spiegato Caroli - e con un investimento
di 15 milioni possiamo valorizzare un'area che oggi è in stato di abbandono e
dove c'è un vincolo che risale al 1961. Porto Lido non è un luogo adatto a
ospitare un acquario, ma penso che il Parco del mare non sia solo quello, per
questo si potrebbe creare un'area ricettiva ed economica a Campo Marzio e
qualcosa di diverso nel punto dove invece vorrebbero edificare le strutture».
Italia Nostra ha rimarcato più volte che non si tratta di una proposta "contro",
ma di collaborazione. «Si possono creare tante cose molto belle - così Caroli -,
abbiamo contatti con tutta Europa».
Centrale di Krsko - Croazia, i rifiuti nucleari
stoccati al confine bosniaco
Decisa protesta degli abitanti dei comuni interessati i quali non sono
stati neppure interpellati e l'opera colpirebbe il parco naturale del fiume Una
ZAGABRIA - A partire dal 2023, i rifiuti nucleari croati della centrale di
Krsko saranno depositati a Trgovska Gora, a ridosso del confine tra Croazia e
Bosnia-Erzegovina. La recente decisione del governo di Zagabria - che a inizio
novembre ha adottato un piano di stoccaggio per gli scarti della centrale
nucleare croato-slovena di Krsko - ha scatenato le ire delle autorità bosniache
così come la preoccupazione degli abitanti di Novi Grad (Bosnia) e di Dvor
(Croazia), che vivono nell'area interessata. Stando alle intenzioni
dell'esecutivo croato, il luogo che accoglierà i rifiuti è la base militare di
Cerkezovac nei pressi di Dvor. Lì verranno costruite le infrastrutture
necessarie, da mantenersi almeno fino al 2043 quando è previsto lo
smantellamento dell'impianto di Krsko (una centrale che risale al 1981 e che
dopo lo smembramento della Jugoslavia è stata ereditata in parti uguali da
Croazia e Slovenia). «È una decisione scandalosa». «Nessuno ha chiesto il parere
della gente». Intervistati questa settimana dalla televisione regionale N1, i
cittadini bosniaci di Novi Grad e quelli croati di Dvor sono arrabbiati. Non
soltanto perché è stata scelta la loro regione, ma anche perché si tratta di
un'area attraversata da un fiume (Una) popolare per il rafting estivo e
considerato "parco naturale" in Bosnia. «È incredibile che si possa fare una
cosa del genere vicino ad uno dei fiumi più belli (della regione)», ha
dichiarato un abitante di Novi Grad ai microfoni di N1. Il sindaco del comune
bosniaco va ancora più in là spiegando di avere sul proprio territorio «una
fonte d'acqua» e che per questo «località con queste peculiarità non dovrebbero
essere selezionate». Mentre il governo bosniaco ha protestato a Vienna presso
l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, gli ambientalisti bosniaci hanno
annunciato che faranno ricorso alla giustizia internazionale. Secondo loro,
Zagabria vorrebbe sistemare il materiale radioattivo «in magazzini pensati per
armi e munizioni».
Giovanni Vale
Orban abbandona Capodistria «Accordi col Porto di
Trieste»
L'Ungheria non parteciperà con i previsti 300 milioni di euro alla
realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria tra lo scalo del Litorale
sloveno e Divaccia
LUBIANA - Clamoroso "colpo basso" al governo della Slovenia. A mollare il
pesante ko è il premier ungherese Viktor Orban il quale venerdì scorso durante
l'incontro della diaspora magiara ha affermato che Budapest non darà un euro
alla Slovenia per la realizzazione del raddoppio della traccia ferroviaria tra
Capodistria e Divaccia, infrastruttura considerata strategica e imprescindibile
per lo sviluppo dello scalo del Litorale da parte dell'esecutivo. Nel piano
finanziario di realizzazione del raddoppio, peraltro molto lacunoso e oggetto
del referendum sull'opera poi bocciato dal corpo elettorale per mancato quorum,
la Slovenia aveva da anni dato quasi per certo e dopo molti abboccamenti con
l'esecutivo di Budapest, l'arrivo di 300 milioni di euro. Certo non risolutivi
ma comunque una fetta importante per portare a termine un'infrastruttura da
quasi due miliardi di euro. Orban è stato chiarissimo e il ko ha messo al
tappeto Lubiana perché il premier magiaro ha giustificato la decisione del suo
governo in quanto l'Ungheria è interessata al dialogo con il porto di Trieste. E
proprio domani il presidente della Port Authority del capoluogo del Friuli
Venezia Giulia e vicepresidente dei porti europei Zeno D'Agostino sarà proprio a
Budapest. Non si dovrebbe parlare di accordi ma è fin troppo chiaro che i "fuori
onda" non mancheranno di toccare questo argomento. Orban ha affermato che le
trattative partiranno con il Porto di Trieste, che dà in concessione a lungo
termine alla logistica le proprie infrastrutture, e riguarderanno proprio la
possibilità di collaborare nel settore logistico con i necessari investimenti da
parte delle aziende ungheresi.Il ministro delle Infrastrutture della Slovenia
Alenka Bratusek ha comunque più volte sostenuto che il Paese è in grado di
portare a termine l'opera di raddoppio della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia anche da sola, anche se non sarebbe contraria alla
cooperazione dei Paesi contermini se questa dimostrerà di portare al progetto un
valore aggiunto. Proprio di recente Lubiana ha tolto la qualifica di segreto
alla documentazione esistente sui contatti avuti tra la Slovenia e l'Ungheria
relativamente proprio alla cooperazione nel realizzare l'infrastruttura.«Non
abbiamo ancora messo il punto nella collaborazione con l'Ungheria - ha detto di
recente Bratusek - ma saremo noi che porremo i termini a Budapest o a chiunque
altro per la cooperazione stessa». Il ministro ha aggiunto di essere pronta a
sondare l'interesse di altri Paesi contermini che in una lettera avevano
espresso un certo interesse. A tale riguardo, ha concluso sempre Bratusek, sarà
presa una decisione ufficiale del governo entro la fine dell'anno. I media
sloveni si "consolano" scrivendo che Orban non andrà a investire al Porto di
Fiume nella "poco amica Croazia". Insomma, è ko tecnico.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2018
Salvi i budget per auto green e carburanti a prezzo
scontato
Contributi in arrivo anche per l'acquisto di veicoli ecologici usati e a
"km zero" - Stanziati 35 milioni per coprire la riduzione contestata dall'Unione
europea
Trieste - Incentivare la rottamazione dell'auto vecchia e l'acquisto di
quella ecologica, anche se questa non è nuova ma usata. È quanto l'assessore
all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, conta di fare all'interno della manovra di
bilancio, che rinnoverà lo stanziamento da 1,4 milioni destinato dalla giunta
precedente all'acquisto di veicoli a trazione ibrida o elettrica, estendendo la
misura anche all'acquisto di mezzi usati. Pur riguardando tipologie di vetture
ancora poco diffuse in Friuli Venezia Giulia, la misura introdotta dal
centrosinistra sta riscontrando il gradimento degli utenti, che possono
rottamare la propria auto classificata da Euro 0 a Euro 3, ricevendo un
incentivo differente a seconda della trazione: tremila euro per un'auto
benzina-metano, quattromila per un veicolo ibrido benzina-elettricità,
cinquemila per un mezzo elettrico. Ma se finora il bonus era riconosciuto solo
per le auto nuove, Scoccimarro lo introdurrà adesso anche in caso di auto "km 0"
e usate: l'incentivo varrà in tal caso il 50% e sarà erogato qualora il veicolo
sia almeno Euro 6 e non immatricolato da più di due anni. «Ho voluto estendere
il contributo - spiega l'assessore - a vetture "km 0" e usate, ovviamente di
ultima generazione, per venire incontro alle famiglie meno abbienti e dare una
scossa al mercato dell'auto regionale». Ed è proprio il supporto ai nuclei meno
abbienti la motivazione con cui Scoccimarro spiega anche un'altra decisione, in
contraddizione con la linea ecologica, legata alla scelta di non dimezzare lo
sconto carburante per i veicoli da Euro 0 a Euro 4, come pure stabilirebbe la
mai applicata norma regionale. Una decisione diversa significherebbe per
l'assessore «mettere in difficoltà le famiglie che non possono permettersi un
mezzo di ultima generazione e ci sarebbe inoltre maggiore inquinamento, perché
questi cittadini andrebbero ad approvvigionarsi in Slovenia e Austria». Anche
per il 2019, i proprietari di mezzi datati potranno dunque contare sulla
riduzione piena del carburante. La finanziaria stanzia intanto 35 milioni sul
bonus carburanti, con l'impegno della giunta a mettere il resto in assestamento.
La misura costa annualmente poco meno di 43 milioni e sarà dunque confermata
anche per il 2019, nonostante la procedura avviata dall'Unione europea contro un
provvedimento che Bruxelles considera un indebito aiuto di Stato ai benzinai e
che potrebbe perciò provocare una condanna per la Regione. «Sappiamo di essere
sotto la lente, ma dobbiamo continuare a tutelare i nostri imprenditori dalla
concorrenza dei Paesi limitrofi. Siamo pronti a difendere la norma dalle
eventuali contestazioni dell'Europa dei burocrati», dice il sovranista
Scoccimarro. L'assessore vorrebbe però diminuire l'esborso per la benzina
agevolata e reinvestire almeno una piccola parte in politiche ambientali. Da qui
l'incontro fissato con i vertici nazionali di Assopetroli nella prima settimana
di dicembre. L'obiettivo è strappare uno sconto di un centesimo sul prezzo alla
pompa, facendo leva sul fatto che «in Veneto il costo per l'utente è mediamente
di due centesimi più basso», dice Scoccimarro. Considerando che la tessera
regionale copre ogni anno circa 270 milioni di litri di carburante, si tratta di
2,7 milioni di euro che la Regione potrebbe spendere altrimenti.
Diego D'Amelio
STUDIO DELL'ACI - In Italia circolano 7.560 auto
elettriche
ROMA - In Italia sono in circolazione 7.560 auto elettriche, +31,6% rispetto
al 2016 quando erano appena 5.743 unità. In ben 14 province sono addirittura più
di cento le auto a zero emissioni in circolazione. È questo il quadro che emerge
da un'analisi condotta Centro Studi Continental su dati Aci relativi al 2017.
Dall'elaborazione emerge anche che in Italia sono 14 le province in cui le auto
elettriche in circolazione superano quota cento. Si tratta di Roma (dove le auto
elettriche in circolazione sono 1.014), Trento (823), Milano (811), Bolzano
(546), Firenze (528), Torino (290), Brescia (186), Bologna (168), Reggio Emilia
(144), Vicenza (141), Treviso (133), Bergamo e Padova (119) ed infine Verona
(118). Tutte le altre province italiane hanno un parco circolante di auto
elettriche composto da meno di cento unità.
Ucciso dai bracconieri Perun il grifone salvato a
Cherso
L'esemplare aveva prima stazionato nei pressi di Caisole e
successivamente aveva fatto rotta a sud verso il Montenegro dove gli hanno
sparato
FIUME - La notizia è di quelle tristi, specie per chi ama la natura e i suoi
abitanti. Il grifone Perun, rimesso in libertà due mesi fa dal Centro recupero
avvoltoi dalla testa bianca, che si trova a Caisole (Beli), sull'isola di
Cherso, è stato quasi certamente ucciso in Montenegro da un cacciatore di frodo.Le
penne del maestoso rapace, specie severamente protetta in Croazia, sono state
rinvenute nell'area delle saline in località Dulcigno (Ulcinj). Accanto trovato
il bossolo di un fucile a pallettoni, utilizzato nella caccia ai volatili.
Purtroppo la sua esistenza è stata tragicamente stroncata dal balordo di turno,
che ha voluto uccidere il grifone per trasformarlo probabilmente in trofeo.
Perun era stato per un certo periodo curato nella struttura assistenziale
isolana, nota per la qualità delle operazioni di recupero degli avvoltoi, da
decenni il simbolo dell'isola quarnerina, dove non è raro, anzi, vederli
volteggiare in aria alla ricerca di cibo, ossia di carogne di animali.Il giovane
esemplare era stato rinvenuto ferito e bisognoso di cure, che infatti aveva
avuto a Caisole, piccola località sull'estremità settentrionale dell'isola. Lo
scorso settembre c'era stato il rilascio, per la gran gioia dei responsabili e
collaboratori del centro chersino, che avevano dotato Perun di localizzatore Gps
per seguirne i movimenti. Il nostro volatile aveva sorvolato nelle prime
settimane le isole altoadriatiche di Cherso, Lussino, Veglia, Plauno (Plavnik),
Pervicchio (Prvic), San Gregorio e Arbe, soffermandosi spesso nelle zone dove
gli avvoltoi nidificano e che si trovano sulle pareti di roccia a strapiombo sul
mare.Ad un certo punto, Perun aveva deciso di puntare il becco a sud, partendo
in compagnia del grifone di nome Jadran. Una coppia affiatata che dapprima era
passata sopra l'isola di Pago e quindi volato lungo le coste della Dalmazia,
senza mai abbandonare con la vista la distesa marina adriatica. Dopo giornate di
volo, il nostro avvoltoio aveva deciso di fare tappa nelle saline di Dulcigno,
fermata che aveva preoccupato gli ornitologi e biologi di Caisole. È un
territorio dove la caccia di frodo è un'attività molto praticata, a cui le
locali autorità tentano inutilmente di porre freno. Proprio per tale motivo,
l'associazione ambientalista croata Biom, che collabora con il centro chersino,
si era messa in contatto con l'organizzazione montenegrina che si occupa di
tutela e studio degli uccelli, nell'ambito delle iniziative di partenariato
Birdlife. Gli ambientalisti di Biom avevano chiesto ai colleghi montenegrini di
stabilire il luogo dove si trovava Perun e bisogna dire che non c'era voluto
molto per avvistare il grifone. E la sua tragica fine.
Andrea Marsanich
A Cattuni - Sciacalli in azione sgozzano 12 pecore
PISINO - Gli sciacalli sono tornati a colpire nel centro dell'Istria, per la
precisione nel villaggio di Brajkovici vicino a Cattuni di Treviso dove hanno
sgozzato 12 pecore gravide. Alla strage ne sono sopravvissute due, per le quali
il veterinario ha suggerito l'abbattimento visto che non si sarebbero mai
riprese. Della vicenda scrive abbondantemente il Glas Istre che cita il verbale
del veterinario Goran Hrvatin: «Le carcasse degli animali erano dilaniate e
presentavano segni di morso dappertutto, soprattutto nella zona del collo. Su
sei pecore il torace e la cavità addominale erano completamente lacerati e non
presentavano gli organi interni,mangiati dagli animali predatori». Gli ovini
sono stati aggrediti di notte nell'ovile di Milan Medica che si trova a pochi
chilometri da Cattuni di Treviso in un'area recintata della superficie pari a 2
ettari.
Questo è l'anno più caldo dal 1961 - Ecco come il clima
è fuori norma
L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha fatto
il punto sul tempo in Italia - Eventi meteo estremi hanno accompagnato impennate
innaturali della colonnina di mercurio
ROMA - Sul cambiamento climatico, la sfera dei negazionisti non fa passi
indietro. Le prove tuttavia appaiono schiaccianti e continuano a essere
supportate da nuovi dati ormai pubblicati con grande frequenza dai principali
centri di ricerca. L' Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale ha fatto il punto sul clima in Italia. 1 - L'anno più caldo dal
1961Secondo Ispra, il 2018 è stato l'anno più caldo degli ultimi cinquantasette.
Era infatti dal 1961 che le temperature non si assestavano su medie così miti,
con poco meno di 2 gradi centigradi - 1,77°C per l'esattezza - in più rispetto
al normale valore di riferimento rilevato tra il 1961 e il 1990.
Indicativamente, l'anno che sta per concludersi ha fatto registrare le
temperature medie più alte degli ultimi duecento anni nel nostro Paese. 2 -
Gennaio e aprile anomali - Sui dieci mesi del 2018 presi in considerazione dallo
studio - i dati arrivano fino ad ottobre compreso - otto hanno avuto temperature
superiori alla media del periodo, con le sole due eccezioni rappresentate da
febbraio e marzo. Gennaio e aprile sono stati invece i mesi più anomali, con
temperature superiori alla media addirittura di più di 2,5°C. 3 - Clima
impazzito - Insieme all'innaturale aumento delle temperature non sono mancati
altri eventi meteorologici estremi, che in più di un'occasione hanno messo in
ginocchio il Paese. Ottobre è stato il mese peggiore sotto questo punto di
vista, con i forti temporali che hanno investito la Sicilia orientale e le frane
nel Bellunese e nell'area delle Dolomiti. In generale tutta Italia, da nord a
sud, è stata colpita sul finire del mese da ondate di maltempo che hanno causato
gravi danni alla popolazione e all'ambiente. 4 - Vento incontrollabile - Il
vento, nell'ultimo week-end del mese di ottobre, ha soffiato con forte
intensità, facendo rilevare in molte stazioni meteorologiche della rete
nazionale velocità medie di 100 chilometri orari, con punte di 180 km/h in
montagna (sul Monte Cimone, in Emilia-Romagna al confine con la Toscana), e di
150 km/h sul mare (Capo Mele in Liguria e Capo Carbonara in Sardegna). Le piogge
invece sono cadute abbondantemente e con uniformità un po' dappertutto, con i
valori più alti registrati nelle zone prealpine, oltre 400 mm in Friuli-Venezia
Giulia, e oltre 300 mm in Liguria, Lombardia e Veneto. 5 - Nuova sfida dalla
Polonia - Ispra ha trasmesso una sintesi di questi dati all'Organizzazione
Meteorologica Mondiale (Wmo), che sta curando la redazione del "Wmo Annual
Statement on the Status of the Global Climate in 2018", a riprova del fatto che
l'emergenza cambiamento climatico è universale, al di là di ciò che pensano
molti, soprattutto oltreoceano alla dipendenze del presidente americano Trump.
Dovunque, infatti, il problema è percepito come serio, e da COP21, la Conferenza
Internazionale sul clima che si tenne a Parigi nel 2015, tutti gli Stati del
mondo sono a loro modo impegnati nella lotta al cambiamento climatico. A breve
la palla passerà a COP24, in programma nella città polacca di Katowice dal 3 al
14 dicembre. Si riparte da COP23, che a Bonn lo scorso anno ha mantenuto
l'accordo di Parigi, ratificato il 4 novembre 2016, e che entrerà in vigore nel
2020. Ancora, dal punto di vista tecnico e politico, rimane molto da fare. Il
tempo continua a scorrere e i tragici eventi meteorologici, purtroppo, a
susseguirsi, dunque bisogna accelerare l'assunzione delle responsabilità e degli
impegni in agenda per applicare gli obiettivi definiti a Parigi e confermati poi
a Marrakech nel 2016 e a Bonn nel 2017.
Alfredo De Girolamo
Piccola fiera dell'economia solidale
Dalle 9.30 alle 12.30, al Posto delle fragole nel Parco San Giovanni, Piccola fiera dell'economia solidale a cura del Gas Trieste. In vendita prodotti alimentari bio e abiti, scarpe e accessori fatti con lana e cotone biologici e tessuti riciclati.
IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2018
Arvedi apre all'Authority sul post-Ferriera - Ma i
sindacati blindano i posti di lavoro
L'industriale manifesta interesse a D'Agostino ad avviare una trattativa
per dedicare alcune aree di Servola alla logistica
«Una sostanziale apertura al confronto». È stato questo l'atteggiamento
manifestato ieri da Giovanni Arvedi, fondatore e presidente del gruppo
proprietario della Ferriera di Servola, alla richiesta, formulata formalmente
dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, di poter «disporre di
alcune aree del comprensorio siderurgico da dedicare allo sviluppo della
logistica». È stato lo stesso D'Agostino, al suo rientro dallo scambio di vedute
con Arvedi, a riferire del colloquio ai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e
Uil, che avevano convocato per ieri, proprio davanti alla sede dell'Autorità
portuale, la Torre del Lloyd, una conferenza stampa. Un incontro casuale che si
è trasformato così in un fitto dialogo tra sindacati e numero uno del Porto, nel
corso del quale D'Agostino ha delineato le prospettive alla luce del "summit"
con Arvedi, dal suo punto di vista, riconfermando che «la priorità assoluta, per
qualsiasi utilizzo dell'area di Servola diverso dalla siderurgia, deve essere
riservata alla tutela degli attuali livelli occupazionali». Il ragionamento si è
articolato in questa direzione, sulla scia anche delle recenti notizie che
arrivano da Hong Kong, sede del gruppo China Merchants, che avrebbe manifestato
l'interesse per alcune aree della Ferriera, sempre in chiave logistica. In
sostanza, il colosso cinese potrebbe trasformare una parte dell'area che oggi
ospita l'impianto siderurgico in un terminal per il trasporto ferroviario dei
container. Un'ipotesi che le organizzazioni sindacali non respingono a priori,
ma sulla quale vogliono vederci chiaro fin dall'inizio: «Non possiamo accettare
che si creino scambi sulla testa dei lavoratori - ha detto Antonio Rodà della
Uilm - perché qui ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro che riguardano
addetti che non potrebbero essere facilmente ricollocati, nel caso di chiusura
dell'area a caldo. Anche per questa ragione le rappresentanze sindacali devono
essere coinvolte da subito». Marco Relli della Fiom, ha posto l'accento sulla
«necessità di capire quale potrebbe essere il valore aggiunto che arriverebbe
alla città da una trasformazione come quella di cui si sta iniziando a parlare
e, soprattutto, di verificare l'eventuale correlazione con uno sviluppo di tipo
manufatturiero, perché è in questa direzione che, a nostro avviso, bisogna
guardare». Umberto Salvaneschi della Fim ha ricordato che «finora le
organizzazioni sindacali non sono mai state convocate. Siamo aperti al dialogo
su qualsiasi tema ma riteniamo necessario essere coinvolti da subito, perché qui
è in gioco il futuro di centinaia di persone». Ai sindacalisti, D'Agostino ha
confermato che «l'Autorità portuale non prenderà decisioni senza aver sentito le
organizzazioni di categoria e anzi, in ogni caso, presterà la massima attenzione
alla tutela dei livelli occupazionali, sia per quanto concerne la situazione
attuale sia per il futuro». Il presidente ha infine ribadito «l'interesse
dell'Autorità portuale per alcune aree della zona della Ferriera, che sono
adatte a utilizzi di tipo diverso da quelle odierno». In serata Cgil, Cisl e Uil
hanno anche diffuso un comunicato congiunto, in cui ribadiscono che «l'intento è
quello di portare all'attenzione di tutti gli interlocutori la forte
preoccupazione rispetto al futuro dei lavoratori della Ferriera e al destino
della fabbrica. L'ipotesi dell'utilizzo logistico dell'area non può essere
l'unica. Riteniamo invece necessario un giusto equilibrio fra logistica e
industria, utile a garantire gli attuali livelli occupazionali».
Ugo Salvini
La Camera di commercio snobba il dibattito sul Parco del mare - L'incontro promosso da ambientalisti e comitati
"Parco del mare" sulla griglia ieri nella Sala Vittoria del Cral, a lato della Stazione marittima. Il dibattito "Fermiamoci a riflettere" era un confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste, Trieste-bella e Comitato La Lanterna, per discutere sul "progetto fantasma del Parco del mare". L'incontro, per il quale è stata richiesta la partecipazione delle istituzioni, ha tuttavia registrato un'assenza non di poco conto, perchè la Camera di Commercio, protagonista e finanziatrice di quello che è stato definito «cubo zoo per pesci», non c'era e ha voluto giustificare il forfait con il seguente messaggio «si ritiene che la presenza della Camera di Commercio all'evento non abbia senso allo stato attuale, in quanto non ci sono nuovi elementi di rilievo da illustrare». Il Parco del mare, come noto, è un'iniziativa promossa e finanziata dall'ente camerale e dalla Regione, sarà inoltre gestita da una società privata. Si tratta di un ambizioso progetto i cui primi passi risalgono al 2004, per il quale è stato stimato un costo di 40 milioni: intenderebbe riqualificare l'area del Molo Fratelli Bandiera e della Lanterna, edificando ex novo un mega acquario in cemento armato. Un boccone indigesto per le associazioni ambientaliste dunque, oltre che per i tanti cittadini che si sono impegnati (nel corso di 14 anni) a presentare petizioni contro questo progetto. Una zona che è per altro vincolata da un decreto legge del 1961 e che con «carattere di assolutezza», vieterebbe ulteriori edificazioni «nel raggio di 130 metri dalla Lanterna». Perciò, per smuovere l'attenzione dell'opinione pubblica, i promotori hanno organizzato l'incontro, nella speranza di comunicare ad un maggior numero di cittadini le ragioni per cui l'acquario «non s'ha da fare». Tre le tematiche principali affrontate: l'urbanistica, i costi e il modello dell'ipotizzato manufatto. Rispetto al primo punto, l'architetto William Starc ha insistito sul concetto di "salvaguardia" dell'area portuale, «estremamente delicata e di grande valore architettonico e paesaggistico». Anche per la preziosa contiguità al mare, infatti, ulteriori costruzioni potrebbero compromettere la fruibilità dell'area stessa. Sono state ipotizzate anche delle soluzioni: «Questa vicenda è nata in un contesto temporale in cui l'ipotesi di sdemanializzazione del Porto Vecchio non c'era - ha affermato Starc - quindi la proposta cercava una location senza sapere che questa possibilità un domani si sarebbe rivelata». Sul tema dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come sottolineato da tutte le associazioni, non vi sarebbe alcuna chiarezza. Riguardo le previsioni di spesa, ci sarebbero solamente 11 milioni disponibili, 9 provenienti dal Fondo Benzina gestito dalla Camera di Commercio e 2 di provenienza regionale. Da ciò la domanda di Andrea Wehrenfennig (Legambiente): «Ma i restanti 29 milioni? Da dove vengono tirati fuori? La Fondazione si è defilata. I soldi pubblici dovrebbero essere usati per il beneficio della città, non per dare profitto ad una società privata che non pagherebbe alcun debito eventuale». E' stato infine discusso il modello di acquario tradizionale: il suggerimento è quello di un "Parco del mare" virtuale, più innovativo e ambientalista. Presenti 130 persone, ampia la partecipazione alla discussione.
Stefano Cerri
Il futuro sostenibile delle città visto da architetti e
agronomi
L'evento, patrocinato da Esof2020, intende riflettere su crescita delle
comunità e benessere psicofisico e culturale
Il rapporto fra scienza, città, architettura, verde e benessere. Questo il
tema del convegno multidisciplinare, in programma oggi nella sala Tessitori di
piazza Oberdan dalle 14 alle 19, dal titolo "La Natura delle Scienze e delle
Cose", organizzato dall'Associazione italiana donne ingegneri e architetti (Aidia)
di cui è presidente l'architetto triestino Lucia Krasovec Lucas, che sarà la
moderatrice dell'evento, patrocinato da Esof 2020. «In particolare - spiega
Krasovec Lucas - ho invitato rappresentanti del Comune di Pisa, che hanno
adottato un piano infrastrutturale basato in primis sulla piantumazione di
alberi, considerando la natura uno degli elementi cardine del disegno di città e
percorso irrinunciabile per raggiungere livelli significativi di sostenibilità».
Al convegno parteciperanno anche rappresentanti dell'Ordine nazionale dei
dottori agronomi e forestali e dell'Alleanza italiana per lo sviluppo
sostenibile. «Come Aidia - aggiunge la presidente - ci stiamo occupando in modo
sistematico delle "Conscious Cities", al fine di ritrovare nuovamente
opportunità e occasioni di crescita della comunità che ha recuperato il
benessere psicofisico e economico culturale. Bisogna ripensare - continua
Krasovec Lucas - alla dimensione umana prima ancora di quella metrica e
geometrica dello spazio, in una naturale e necessaria contaminazione tra le
scienze e i saperi. Avviare nuove alleanze interdisciplinari, per raggiungere
obiettivi comuni e condivisi, significa lavorare insieme per raggiungere quegli
obiettivi che la comunità mondiale si prefigge, dal 2030 2050, con la
convinzione che nulla può valere se non è dedicato esclusivamente agli esseri
umani».
In vendita a metà 2019 quaranta magazzini dentro Porto
vecchio
Il Comune accelera sull'ingresso dei privati. Sul mercato strutture
vincolate e non tra la cittadella Greensisam e il 26. Potranno ospitare
residenze, negozi e alberghi
Una quarantina di magazzini in Porto vecchio saranno messi sul mercato
dall'estate del prossimo anno. Il cronoprogramma, esposto nell'ormai
semi-quotidiano report del sindaco Dipiazza, è partito con la delibera di
indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari di Porto vecchio approvata ieri dalla
giunta comunale, delibera che adesso transiterà all'esame del Consiglio. Dopo il
sì dell'assise municipale, Dipiazza sarà legittimato a firmare un accordo di
programma con Regione Fvg, con l'Autorità portuale, con la Soprintendenza:
questa intesa all'insegna della co-pianificazione sarà contestuale all'adozione
di una variante urbanistica, sulla quale si impernierà il governo dell'area.
L'accordo di programma definirà non solo i quattro sotto-sistemi del Porto
vecchio (misto, moli, museale-congressuale, ludico-sportivo), ma anche le
procedure di vendita immobiliare. Dipiazza e l'assessore Luisa Polli contano su
una sottoscrizione piuttosto celere, tra fine 2018 e inizio 2019, perchè poi si
dovrà attraversare una Valutazione ambientale strategica (Vas) e un nuovo
passaggio consiliare. Insomma, senza intoppi e con buona volontà, a giugno 2019
si potranno bandire le gare per gli edifici che il Comune ha classificato come
vendibili e che si concentrano soprattutto nella zona "mista" estesa tra le
concessioni Greensisam e il Magazzino 26. Per quanto il criterio vada manovrato
con le pinze, si tratta di una trentina di ettari, un po' meno della metà del
Porto vecchio. Giulio Bernetti, capo-area territorio & ambiente, ritiene
impossibile stimare quanto si incasserà dalle cessioni, poichè dipenderà dalle
offerte e dagli umori di mercato. È bene ribadire che non tutti gli stabili
vendibili sono in zona "mista", in quanto, per esempio, i Magazzini 24-25
sorgono sul bacino 0 davanti al Magazzino 26, nel sotto-sistema detto "dei
moli", perchè raccoglie la parte a mare (Molo IV, III, Adria Terminal, Molo II,
Molo 0). Luisa Polli ha chiarito alcuni capitoli importanti dell'operazione.
Innanzitutto sarà ammessa una percentuale di residenzialità, tale da non
superare il 10% dell'edificabilità: le abitazioni saranno ospitate nel
sotto-sistema "misto" e in quello ludico-sportivo. E sulle ristrutturazioni
edilizie si potrà pensare a un regime agevolato di Iva. Per gli stabili privi di
valore storico-architettonico, quindi non vincolati, si valuta il ricorso alla
demolizione: il materiale non manca, perchè gran parte di quanto costruito dagli
anni '60 a oggi è passibile di ruspa. Disponibile inoltre il Comune a negoziare
con l'Autorità - ha aggiunto la Polli - aree in punto franco dove svolgere
attività di carattere economico: Dipiazza ha portato un esempio suggestivo,
quello di un imprenditore intenzionato a realizzare un caveau dove depositare
preziosi. Invece ancora punto di domanda sulla struttura societaria che sarà
chiamata a trasformare/valorizzare/gestire nel lungo periodo Porto vecchio:
Dipiazza, Polli, Bernetti, testo della delibera si sono mantenuti sulle
generiche.
Massimo Greco
Il terminal crociere al posto dei metalli sperando che
a Msc non basti la Marittima
I 65 ettari sono stati divisi in quattro sistemi a vocazione ludica,
museale, mista e "marina"
"I sistemi" s'intitola l'attività di pianificazione svolta dall'urbanistica
comunale. Sono quattro. Il poker, procedendo dal centro verso Barcola, prevede
innanzitutto il "misto", destinato - in termini ancora di deliberata
flessibilità - a ospitare attività commerciali, alberghiere, residenziali.
Sembra ci sia una lettera anche di Kempinski, la celebre catena di hotel che
gestisce un cinque stelle a Portorose. Già evidenziati nel recente passato i due
poli musealescientifico-congressuale e ludico-sportivo: il primo ha gli asset
principali nel Magazzino 26, nella centrale idrodinamica, nella sottostazione
elettrica, nei Magazzini 27 e 28. Il secondo si organizzerà nel terrapieno di
Barcola, previa bonifica (5,5 milioni). Il sistema, dal punto di vista
pianificatorio più interessante, è quello "dei moli", cioè quello che definisce
la zona a mare. E' quello anche più delicato, dal punto di vista della
"governance", in quanto implica una necessaria collaborazione con l'Autorità:
Giulio Bernetti, responsabile dell'urbanistica comunale, sta studiando con il
segretario dell'Autorità portuale Mario Sommariva uno strumento coordinato che
consenta al compratore dei beni comunali di avere la conseguente concessione
demaniale. Un esempio: i Magazzini 24-25 appartengono al Comune, il quale
gradirebbe se ad acquistarli fosse Fincantieri. I due grandi stabili si
affacciano sul Bacino 0, è di tutta evidenza che il loro compratore voglia avere
la possibilità di gestire lo specchio acqueo (refitting? nautica? Finora
Fincantieri non ha manifestato un interesse/indirizzo precisi). Un
aspetto-chiave del "sistema dei moli" riguarda l'esplicito riferimento a un
sogno da tempo accarezzato da Dipiazza: il terminal crociere, da realizzarsi
dove fino al 2022 opererà Adria Terminal in concessione a Gmt. Un terminal che
si appoggerebbe al contiguo Molo III, lasciato libero da Seleco. Il sindaco
vorrebbe che in Porto vecchio arrivasse Msc Cruise, organizzando un proprio
scalo e guarda a un riutilizzo nautico della parte interna della Diga foranea.
Ma Pierfrancesco Vago, un mese fa proprio a Trieste, ha dichiarato che la
compagnia punta sulla Marittima, dove sembra abbia già acquistato la quota
detenuta da Unicredit nella società gerente Ttp. E comunque anche in questo caso
s'impone, a livello decisionale, una convergenza con l'Autorità.
AMBIENTE - ACEGAS presenta il report "Sulle tracce dei riufiuti"
Domani alle 10.30 a Campo San Giacomo AcegasApsAmga presenta il nuovo report "Sulle tracce dei rifiuti" alla presenza dell'assessore regionale Fabio Scoccimarro, di quello comunale Luisa Polli e di Giovanni Piccoli, responsabile Servizi ambientali AcegasApsAmga. Presente anche l'Arpa con l'iniziativa "Rifiuti in piazza", durante la quale, con la collaborazione della multitutility, verrà effettuata un'analisi merceologica dei rifiuti che i cittadini conferiscono ogni giorno.
Domani - Piccola fiera dell'economia solidale
Piccola fiera dell'economia solidale dalle 9.30 alle 12.30 al Posto delle fragole al parco di San Giovanni a cura del Gas Trieste.
MUGGIA - Visitatori da Guinness per le eco-mostre - E
scatta l'Open Day
MUGGIA - È un successo senza "ma" quello registrato dalla doppia esposizione
muggesana "Tutti su per Terra" e "EnergEticamente". Oltre 500, infatti, i
ragazzi che non solo da Muggia, ma anche da Trieste, da San Dorligo della Valle
e dalla vicina Slovenia si sono iscritti per poter partecipare, durante tutto il
periodo di apertura delle esposizioni, ai laboratori didattici mattutini
gratuiti condotti dai divulgatori dello studio Eupolis. Inaugurata il 24 ottobre
scorso, la doppia esposizione muggesana è stata ideata per sensibilizzare
soprattutto i più giovani sullo sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili
di energia. La mostra, pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di
educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis per affrontare
diverse tematiche inerenti proprio l'educazione ambientale, è stata proposta
dagli assessorati all'Ambiente e alla Cultura di Muggia. A ingresso libero, la
doppia esposizione sarà ancora visitabile venerdì, oggi, dalle 17 alle 19,
sabato, domani, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, e domenica dalle 10 alle
12. «Dato, però, il significativo e positivo riscontro registrato sino ad ora,
si è pensato di proporre per sabato 17 novembre (domani, ndr) una sorta di Open
Day - ha fatto sapere l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - con attività a
ciclo continuo, in cui una persona possa essere libera di scegliere quanto tempo
trascorrere in sala Negrisin e a quanti laboratori partecipare. Il tutto,
ovviamente, dentro l'orario di apertura, dalle 10 alle 12.30 e poi dalle 15.30
alle 19». Nello specifico, la mostra "Tutti su per Terra" è un'esposizione
costituita da una serie di pannelli autoportanti che propongono testi
divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni e vignette di noti autori
italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile, mentre la mostra
"EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori didattici e interattivi che
consentono di osservare, verificare e comprendere, attraverso esperienze
dirette, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno.
Riccardo Tosques
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 15 novembre 2018
Pesca nell’Adriatico: no UE a criteri più restrittivi, è polemica
Il Parlamento UE ha votato contro la nuova strategia per arginare il sovrasfruttamento della pesca nell’Adriatico.
A premere contro la “Escapement Strategy” promossa da Socialisti e Verdi è stata soprattutto la Croazia, il cui relatore (Ruža Tomašić, Ecr – Conservatori e riformisti) ha sostenuto la necessità di mantenere le attuali normative e permettere anzi un superamento del 4% annuo dei limiti di cattura nel periodo 2020-2022. La proposta di Verdi e Socialisti prevedeva quote di pesca più elevate quando lo stock ittico è maggiore, salvo tagliare in maniera drastica tali limiti di cattura quando risulta ridotto. L’obiettivo di tale emendamento era quello di mantenere una “alta probabilità di riserva riproduttiva”, soprattutto per sardine e acciughe; un metodo utilizzato con esiti positivi nel Mare del Nord e nel golfo di Biskay (Spagna-Paesi Baschi). “Escapement Strategy” respinta per appena 3 voti (329 contrari, 326 favorevoli) e segna secondo Verdi e Socialisti una vittoria per l’industria ittica, che mira a un allentamento dei vincoli di pesca. La parola passerà ora alla Commissione UE, che però difficilmente avrà tempo di intervenire prima delle ormai prossime elezioni europee (23-26 maggio 2019). Decisivi per la bocciatura secondo Marco Affronte, eurodeputato italiano dei Verdi, i voti contrari di 5 Stelle e Forza Italia: Il voto della plenaria di Strasburgo ha visto due grandi vincitori, i croati e la pesca industriale, e due grandi sconfitti: il Mare Adriatico e i piccoli pescatori. Ci siamo battuti per l’escapement strategy ma i conservatori, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle hanno scelto di portarci a fare un salto nel buio lungo almeno 3 anni durante i quali il rischio di un collasso dello stock delle acciughe potrebbe arrivare anche al 60% (dati GFCM) e quello delle sardine al (40%).
Claudio Schirru
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2018
«Alt al Parco del mare» - Il Wwf gioca la carta del
decreto datato 1961
L'associazione ambientalista: «Non si può fare in quell'area - Sotto
tutela la Lanterna e anche tutto ciò che c'è attorno»
Anche Wwf Trieste scende in campo come associazione per esprimere la sua
contrarietà verso il «famoso ma ignoto Parco del Mare», soprattutto nei
confronti della sua collocazione, nell'area del Molo Fratelli Bandiera e della
Lanterna. Lo ha ribadito abbondantemente ieri Alessandro Giadrossi, avvocato,
presidente della Camera penale di Trieste e del Wwf giuliano, in una conferenza
stampa convocata ad hoc sulla questione. L'avvocato Giadrossi ha rimarcato la
sua presa di posizione su acquari e parchi del mare, non solo dal punto di vista
dell'eco-sostenibilità, ma in particolar modo rispetto ai complessi aspetti di
sostenibilità economica, ricordando le difficoltà di mantenimento di realtà ben
differenti da quella triestina (Genova e Barcellona per esempio). Tuttavia, il
corpo centrale della sua argomentazione «contro l'edificazione di tale
manufatto», oltre alla spiegazione di un documento sottoscritto dalla comitato
scientifico del Wwf Trieste (di cui fanno parte il professor Livio Poldini, il
Rettore dell'università di Trieste Maurizio Fermeglia ed altri), consegnato
circa un anno e mezzo fa, è proprio un decreto emanato dal ministero della
Pubblica Istruzione il 13 giugno 1961: firmato dal sottosegretario di allora,
Maria Maddaloni, su sollecitazioni della Soprintendenza di Trieste (retta in
quell'anno dall'architetto Civiletti), fu messa sotto tutela «non soltanto la
Lanterna ma anche tutto ciò che fosse intorno ad essa». «Questa fu
un'applicazione del principio già esistente della legge Bottai del 1939, che
voleva tutelare gli edifici barocchi italiani assiepati da altre case, quindi di
fatto volendoli isolare e facendo emergere solo quei beni come monumenti -
spiega Giadrossi-. In questa rivisitazione, l'idea del provvedimento era quella
di sancire la Lanterna come di interesse pubblico, controllando tutto quello che
fosse al suo intorno, soprattutto per evitare si costruisse altro». Su tutta
quell'area pende un vincolo paesaggistico indiretto (dove il diretto sta sulla
Lanterna stessa). Camera di Commercio e Regione Fvg ne sono al corrente? Per
quello che concerne invece gli immobili esistenti in loco, che non possono
essere demoliti, il ministero ha posto un «divieto di sopraelevazione». Ma la
cosa che stupisce è quello che interessa proprio il Molo Fratelli Bandiera e i
Piazzali (cioè tutto il resto di quello che non è edificato): «Entro il raggio
di 130 metri dal centro della Lanterna, vengono inibiti qualsiasi ulteriore
frazionamento e qualsiasi edificazione anche con carattere di precarietà; tali
aree dovranno essere decorosamente sistemate, pavimentate e mantenute sgombere
da materiali di qualsiasi genere». L'area, che si estende circa fino al
"Pedocin", è quindi protetta, «in assoluto», da divieto di edificabilità. Che si
può fare quindi? «Nulla, di fatto. Si può solo delocalizzare e ristrutturare le
strutture presenti». Non si tratta più di giudizio discrezionale estetico,
poiché un provvedimento - revocabile solo dal ministro- lega a vincolo un'area
che non potrà mai essere oggetto di edificazione per la soprintendenza.
Alternative? «Si possono trovare nel Porto Vecchio. Ma una cosa è certa:
l'acquario lì non può stare».
Stefano Cerri
Polizia locale - Rifiuti abbandonati in via Carbonara
Raffica di multe
Novantatré multe da 600 euro per abbandono di rifiuti sul suolo pubblico. È
il bilancio degli appostamenti e delle indagini della Polizia locale da aprile a
oggi, contro lo "scarico" improprio degli ingombranti, concentrati nelle ore
notturne all'esterno del centro di raccolta di via Carbonara, dove negli ultimi
anni di primo mattino non era raro imbattersi proprio in cumuli di rifiuti
mollati nottetempo davanti all'ingresso della "discarica". Di recente gli agenti
sono riusciti a raccogliere prove sufficienti a identificare diversi
responsabili.«La Polizia locale - si legge in un comunicato diffuso ieri dal
Comune - continua a prestare particolare attenzione alla cosiddetta attività
antidegrado urbano, monitorizzando costantemente le isole ecologiche e i centri
di raccolta rifiuti». E qui il personale del Distretto di via Locchi ha nel
mirino proprio ciò che accade intorno al centro di via Carbonara. Il Comune
ricorda che Acegas assicura la raccolta a domicilio, su appuntamento, al numero
verde 800955988.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2018
La guerra degli ambientalisti: «Parco del mare
immorale»
Legambiente, Triestebella e Comitato La Lanterna chiamano la cittadinanza
a un confronto pubblico domani sul progetto
È fissato per domani il confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste,
Triestebella e Comitato La Lanterna per «fermarsi a riflettere» e informare i
cittadini sul «fantomatico progetto del Parco del mare».La zona interessata a
tale trasformazione, sulla quale, per l'appunto, le istituzioni puntano a far
sorgere un nuovo acquario, si colloca in un'area di fatto strategica per le
Rive, in prossimità del molo Fratelli Bandiera e della Lanterna. «Consapevoli
dell'importanza di questi spazi pubblici», i promotori del dibattito incitano ad
una «grande partecipazione civica» all'incontro, poiché «l'assunzione di
determinate decisioni potrebbero condizionare sia la funzionalità dell'accesso
al porto che la vivibilità di un'area cittadina già intensamente vissuta». Sono
tre le tematiche principali che si intendono affrontare all'incontro di domani:
l'urbanistica, i costi e il contenuto culturale e «pseudoscientifico»
dell'acquario. Rispetto al primo punto, in particolare, sarà oggetto di
discussione la salvaguardia della zona portuale, «estremamente delicata e di
grande valore architettonico e paesaggistico per le Rive». Anche per la preziosa
contiguità al mare infatti, non è vista dagli ambientalisti come necessaria la
costruzione di ulteriori manufatti che possano compromettere la fruibilità
dell'area oltre a, per certi aspetti, «danneggiare anche la sostenibilità
ambientale». Sulla tematica dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come
ampiamente sottolineato ieri da tutte la associazioni nel corso della conferenza
stampa di presentazione del confronto di domani, «non vi è alcuna chiarezza». Il
Parco del mare è stato prospettato come un'iniziativa promossa e finanziata da
Camera di Commercio e Regione e poi gestita da una società: «Perché dunque non
si stimano pubblicamente le ricadute attese sul territorio di un'iniziativa
finanziata da risorse regionali e da quelle della Camera di commercio,
provenienti dal Fondo benzina e dalle quote degli associati? I contributi
pubblici dovrebbero essere stanziati e profusi per la città». Infine, si intende
discutere il modello, da molti ritenuto immorale, di allestire uno classico «zoo
per pesci»: nessun Parco quindi, secondo gli ambientalisti, ma «solamente spazi
stretti e crudeli nei quali rinchiudere pesci». A questo dibattito sono state
invitate tutte le istituzioni (Camera di Commercio inclusa, per la seconda
volta). Appuntamento alle 16.30 nella Sala Vittoria del Cral, a lato della
Stazione marittima. In caso di maltempo, invece, il focus andrà in scena in via
del Collegio, nella sala a fianco alla Chiesa di Santa Maria Maggiore.
Stefano Cerri
I gufi colonizzano Turriaco - Una betulla è il loro
regno
Hanno scelto l'albero di una villetta in pieno centro proprio a ridosso
della strada - La famiglia: «Puntuali come sempre, restano un mese». Stavolta
otto esemplari
TURRIACO - Puntuali, come accade ormai da quattro anni a questa parte,
alcuni gufi comuni sono atterrati sulla betulla nel giardino di una villetta
all'incrocio tra via Cosani e via Marconi, nel pieno centro di Turriaco, a
ridosso della via forse più trafficata. Né il transito delle automobili né
l'andirivieni nell'abitazione sembrano scomporre gli esemplari mimetizzati tra
le fronde dell'albero, ancora ricco di foglie e che, a inizio settimana, erano
otto. L'immobilità però non è totale quando ci si avvicina per osservarli
meglio: il capo si muove, in modo impercettibile, gli occhi seguono i
visitatori. I gufi, con il loro piumaggio grigio bruno e i caratteristici
ciuffi, stazionano in pieno giorno sui rami più alti, confusi contro la
corteccia maculata dell'albero, tra le foglie non ancora spazzate via
dall'autunno. Bisogna sapere quello che si cerca per distinguerli contro la
corteccia grigia e le ombre del fogliame: grazie alla livrea di colore bruno
macchiettato la mimetizzazione è pressoché perfetta. Idelba Berarnardi, che
abita nella villetta, e il figlio Andrea Cosma hanno accolto con gioia il
ritorno della famiglia di gufi. «Di solito arrivano a inizio novembre e si
fermano almeno un mese», spiega la proprietaria dell'abitazione. «Sì, ci fanno
questa sorpresa davvero inusuale e noi cerchiamo di non disturbarli», aggiunge
Cosma, guardando tra le foglie l'unico esemplare che ieri mattina faceva
capolino sull'albero.Nei giardini delle case attorno le betulle non mancano, ma
non pare finora siano state prescelte come dormitorio autunnale, mentre sembra
che in pieno inverno qualche gufo comunque stazionasse nella via, ma utilizzando
una magnolia. Un albero sempreverde e, soprattutto, dalle dimensioni tali da
garantire ai volatili di sentirsi al sicuro, ma in ogni caso vicino alla
campagna e ad altre aree di caccia, esclusivamente notturna, di una grande
varietà di piccoli animali: topi, toporagni, talpe, scoiattoli, ratti, insetti e
uccelli. Quelli che hanno deciso di prendere casa in questi giorni tra le
betulle di via Cosani sono sempre degli esemplari di gufo comune, distinguibili
da quelli di gufo reale per le dimensioni ben più ridotte, anche se di tutto
rispetto, visto che gli esemplari adulti misurano 35 centimetri ed hanno
un'apertura alare di poco meno di un metro. La presenza di questa specie è ormai
stabile nella zona, come quella di altri rapaci di piccole e medie dimensioni,
tra cui civette e barbagianni, oltre che, durante il periodo estivo, degli
assioli, migratori e che quindi lasciano la zona tra settembre e ottobre. Non è
infrequente che i gufi si riuniscano in dormitori sociali durante il periodo
autunnale-invernale, mentre d'estate ogni coppia ha il suo territorio, come
aveva spiegato l'ornitologo Paolo Utmar, che segue il monitoraggio dell'avifauna
per l'Area marina protetta di Miramare, quando i gufi erano comparsi nel pieno
centro di Turriaco nell'autunno del 2016. Il gufo comune è comunque una specie
che nidifica ed è presente tutto l'anno nel territorio, essendo in prevalenza
stanziale. Può capitare che qualche esemplare giovane si sposti in questo
periodo dall'alta pianura o dalla montagna, ma niente di più distante
Laura Blasich
LA CURIOSITA' - Scoperta fatta da un consigliere
comunale
Anche quest'anno tra i primi ad accorgersi dell'arrivo dei gufi nel giardino
della famiglia Cosma in via Cosani è stato il consigliere comunale Fabio
Bergamasco, amante della fotografia e del territorio in cui vive. «Nel
pomeriggio di lunedì ne ho contati otto tra piccoli e grandi, ben mimetizzati
tra le fronde dell'albero», spiega Bergamasco, che anche questa volta è riuscito
a immortalare gli esemplari presenti in via Cosani con una serie di immagini.
«Di solito rimangono sulle betulle fino a quando c'è del fogliame - afferma
Bergamasco - e quindi riescono a mimetizzarsi, ma poi si spostano. Ho visto i
gufi però anche a febbraio, rintanati in una magnolia, quindi un sempreverde,
sempre in via Cosani, poco distante da dove si trovano ora».-
FOCSIV - Gruppo Facebook - MARTEDI', 13 novembre 2018
FOCSIV è la più grande Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana presente in Italia.
Sulla scomparsa di Alan Burns
Giorno 39 del pellegrinaggio: con grande dolore apprendiamo della perdita del caro amico e pellegrino Alan Burns.
E’ stato un onore camminare con Alan, uno degli esseri umani più meravigliosi che abbiamo mai avuto il privilegio di conoscere, e la sua memoria continuerà a vivere nei nostri cuori, e in ogni passo che facciamo. Se ne è andato durante il pellegrinaggio sul clima testimoniando fino alla fine la sua passione e dedizione per la causa della creazione di un mondo più giusto e sicuro. Offriamo le nostre preghiere, i nostri pensieri e mandiamo il nostro amore alla famiglia di Alan, alla sua comunità del North Carolina, alla comunità del Pellegrinaggio, al movimento Fast For The Climate e al più grande movimento climatico globale, e a tutti coloro la cui vita è stata toccata dalla gentilezza, dalla passione e dal coraggio di Alan.
#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima
Day 39th of the pilgrimage: with great sorrow we learn of the loss of our dear friend and pilgrim Alan Burns. It was an honor to walk with Alan, an outstanding human being we have ever met. His memory will continue to live in our hearts, and in every step we take. He departed while participating in the climate pilgrimage, witnessing to the end his passion and dedication to the cause of the creation of a more just and safe world. We offer our prayers, our thoughts and send our love to the family of Alan, to his community in North Carolina, to the Pilgrimage community, to the Fast For The Climate movement and to the greatest global climate movement, and to all those whose lives have been touched by Alan's kindness, passion and courage.
#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2018
Summit tra Authority e Arvedi - In ballo il destino della Ferriera
Incontro giovedì tra il presidente del Porto D'Agostino
e il magnate dell'acciaio - Sul tavolo il possibile avvio di una trattativa per
la vendita dell'area siderurgica
L'Autorità portuale scende in campo nella partita della Ferriera e si
propone per offrire una cabina di regia che possa condurre alla cessione
parziale o totale dell'area in uso a Siderurgica Triestina. Il presidente Zeno
D'Agostino e l'imprenditore Giovanni Arvedi si incontreranno giovedì per
confrontarsi sul futuro dello stabilimento di Servola. Sui contenuti del faccia
a faccia vige il più assoluto riserbo, ma è facile ipotizzare che D'Agostino
metterà sul tavolo del Cavaliere la disponibilità dell'Autorità portuale a farsi
mediatrice nelle possibili trattative fra azienda e gruppi privati interessati
all'area. Una prospettiva divenuta concreta, dopo l'emergere dell'interesse del
colosso asiatico China Merchants a entrare nella compagine azionaria della
Piattaforma logistica con un'operazione che potrebbe concludersi già entro
l'anno. Il presidente dell'Authority domanderà al magnate dell'acciaio quali
sono le condizioni ritenute indispensabili per valutare la vendita dell'area: e
dunque se esiste un interesse a trattare e a partire da quale somma. Arvedi è un
osso duro e conosce alla perfezione il modo di alzare la posta: non a caso
Siderurgica Triestina ripete pubblicamente in ogni occasione di voler scrivere
un nuovo Accordo di programma, essendo prossimo alla scadenza quello attuale.
D'Agostino non ha a sua volta mai fatto misero di considerare la zona strategica
per lo sviluppo della logistica a prescindere dall'arrivo di capitali stranieri,
tanto più che già esiste un piano per ricavare sui terreni oggi occupati
dall'area a caldo uno snodo ferroviario di ultima generazione, in grado di
consentire la creazione di convogli da 750 metri. Dalle parti di via von Bruck
ritengono che i tempi per il cambio di passo siano maturi. L'arrivo di
investitori stranieri, l'Accordo di programma agli sgoccioli, il varo del Porto
franco rappresentano per D'Agostino elementi su cui costruire alternative alla
produzione di ghisa. Nel suo ruolo di soggetto pubblico neutrale, l'Autorità
intende tuttavia legare a ogni progetto futuro la salvaguardia dei lavoratori.
Si tratta del punto più delicato ed è per questo che il Porto intende giocare la
sua funzione di facilitatore, chiedendo alla struttura commissariale di avviare
nei prossimi mesi una mappatura completa della manodopera dello stabilimento:
numero di persone, mansioni, professionalità, stipendi, distanza dal
pensionamento e dunque possibilità di valutare alcuni scivoli. Un passo
necessario per capire quali e quanti lavoratori potranno essere utilizzati nel
resto delle operazioni logistiche e manifatturiere legate allo scalo in caso di
effettiva chiusura dello stabilimento.
Diego D'Amelio
L'Arpa adegua le centraline nell'area di Servola -
qualità dell'aria
L'Arpa ha avviato degli interventi di adeguamento alla rete regionale di
monitoraggio della qualità dell'aria. Lo ha reso noto ieri la Regione,
precisando che i lavori riguardano in particolare le stazioni collocate in via
San Lorenzo in Selva (Rfi) a Trieste e in via Duca d'Aosta a Monfalcone. In
corso d'opera, le due stazioni continueranno a monitorare il livello di
inquinamento atmosferico e non sono previste interruzioni del servizio. A
Trieste il cantiere è stato aperto ieri con l'obiettivo di spostare la stazione
di pochi metri, senza interferire quindi nella rappresentatività e continuità
delle misure e delle relative serie storiche. Tali interventi sono motivati
dalla necessità di consolidare la struttura dell'attuale manufatto, garantendo
l'operatività del personale in sicurezza.
«In Comune non esistono progetti sul Parco del mare»
Bertoni del M5s incalza sul futuro dell'area della Lanterna ed esprime
«perplessità sul patto che consente costruzioni oltre i 10 metri»
Un progetto vero e proprio per la realizzazione del Parco del mare «in
Comune non è mai arrivato». Questa la notizia emersa ieri, nel corso della
seduta che la Commissione Trasparenza ha dedicato alla discussione sul futuro
dell'area che circonda la vecchia Lanterna, a pochi passi dalla Sacchetta, e
ribadita dalla presidente della commissione stessa Cristina Bertoni del M5s. «Ho
fatto personalmente una puntuale ricognizione della documentazione in possesso
del Comune - ha precisato, evidenziando due grossi raccoglitori di incartamenti
- e sono arrivata a questa conclusione è cioè che non esiste un piano per quella
zona che preveda la realizzazione del Parco del mare. Uno stato di fatto - ha
sottolineato - che ha evidentemente immediati riflessi sul futuro di
quell'area». Un concetto ripreso subito dopo dal dirigente del Comune Giulio
Bernetti: «L'unico progetto per quell'area in possesso dell'amministrazione è
quello che riguarda il cosiddetto Portolido, quindi una visione del tutto
diversa della zona. Si tratta di un piano piuttosto vecchio - ha continuato -
risalente al 2007 e riconfermato nel 2016». Bertoni ha poi ricordato che
«titolare del progetto è la società Trieste navigando, che versa in pessime
condizioni finanziarie e che potrebbe essere rilevata, come annunciato, dalla
Confcommercio». Un quadro che ha preoccupato i rappresentanti delle numerose
associazioni ambientaliste presenti alla seduta e che hanno annunciato per
dopodomani (alla Stazione marittima alle 16.30) un convegno in cui si dibatterà
proprio del futuro dell'area della Lanterna «nel corso del quale - hanno
annunciato - esprimeremo tutte le nostre perplessità al riguardo». «Dalle carte
- ha ripreso Bertoni - si scopre poi che c'è un piano economico finanziario che
prevede un investimento totale di 11 milioni che, con l'aggiunta dell'Iva,
salgono a 13 e che andrebbe aggiornato». La presidente della commissione ha poi
espresso «notevoli perplessità sul fatto che l'Autorità portuale ha proposto al
Comune un'intesa finalizzata a permettere che, nella zona demaniale, si possa
superare l'iniziale limite di 10 metri di altezza per le costruzioni da
realizzare, accordo che l'amministrazione ha sottoscritto». Bernetti ha
ricordato quindi che «esiste la possibilità di presentare progetti alternativi
che, nel caso, dovranno però essere soggetti alla procedura cosiddetta di
"Valutazione ambientale strategica" nell'ambito di un piano particolareggiato.
L'esponente della lista Insieme per Trieste Maria Teresa Bassa Poropat ha
osservato che «a questo punto solo il progetto di Portolido potrebbe iniziare
subito». Bertoni ha infine proposto di invitare a una prossima seduta l'Autorità
portuale per «chiarire le prospettive sull'area».
Ugo Salvini
Demolizione della Tripcovich - Le opposizioni frenano
Secondo Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Giannini (Cinque stelle)
«abbatterla costerebbe quasi quanto una ristrutturazione»
La sala Tripcovich potrebbe diventare proprietà del Comune, frutto di una
permuta che vedrebbe andare in cambio al teatro Verdi alcuni capannoni delle
Noghere, destinati in tal caso a diventare sede dei laboratori scenografici.
Questa la proposta della giunta Dipiazza, che è stata annunciata nei giorni
scorsi ed è stata presentata ufficialmente ieri, nel corso della seduta che la
Quinta commissione, presieduta da Manuela Declich di Forza Italia, ha dedicato
al futuro della struttura di largo Santos. «È già pronta una delibera consiliare
che va in tale direzione», ha assicurato l'assessore ai Teatri in quota Lega
Serena Tonel. Il Verdi attualmente non può utilizzare la sala per prove o altro
«salvo adeguamenti molto costosi», ha precisato Declich, perciò la soluzione
dell'esecutivo cittadino sembra essere l'unica percorribile. Prima di arrivare
in aula, la delibera sarà sottoposta anche all'esame della Quarta commissione.
Rimarrebbe poi in ogni caso da definire il concreto destino della sala
Tripcovich. A questo proposito, molti consiglieri hanno proposto di valutare le
prospettive alla luce di ciò che sarà realizzato in piazza della Libertà. Dalle
file del centrosinistra e dei Cinque stelle è stata fatta anche una valutazione
di opportunità di utilizzo destinato ai giovani. «Impianti di quella capienza -
hanno osservato Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Gianrossano
Giannini (M5s) - in città non ce ne sono. E poi va ricordato che abbatterla
costerebbe quasi quanto una buona ristrutturazione».
Per il super restyling di aiuole e giardini si
aspettano nel 2019 i 4 milioni dello Stato
La radicale sistemazione delle aree verdi è attesa a partire dalla
prossima primavera
IL PIANO - Sono interventi ordinari quelli che si stanno effettuando in
questi giorni a Miramare, e per questi la direzione continua, di conseguenza, ad
attingere al budget ordinario. Opere di manutenzione che, per l'anno in corso,
hanno comportato una spesa che ha superato di poco i 180 mila euro per il verde
del parco, ai quali devono però sommarsi altri 170 mila circa destinati alla
conservazione del castello. Si tratta di investimenti difficili da prevedere a
tavolino a causa della difficile misurabilità dei cosiddetti interventi in
conservazione preventiva. L'obiettivo di questi lavori di conservazione
preventiva è anche quello di incidere in misura relativa, in futuro, sul budget
ordinario, permettendo in tal modo a Miramare di crescere dal punto di vista del
virtuosismo finanziario. Morale: spendere meno in lavori straordinari mantenendo
alta l'allerta per quanto riguarda le opere di manutenzione ordinaria e
continua. Ma proprio in un prossimo futuro Miramare subirà una profonda opera di
restyling che riguarderà, in primo luogo, il polmone verde che fa da cornice al
maniero di Massimiliano e Carlotta. Opere che avranno un costo che andrà ben
oltre quanto utilizzato finora per i lavori ordinari e che partiranno solamente
ad anno nuovo inoltrato. Come ricordato dalla direttrice Contessa, infatti, il
finanziamento per la realizzazione dei grandi progetti che gravitano sul parco
di Miramare si concretizzerà solo a partire da gennaio 2019, così come da
cronoprogramma. I soldi infatti, arriveranno dal finanziamento da quattro
milioni promesso dal governo al termine della Conferenza unificata Stato -
Regioni dello scorso settembre 2017 e dal Consiglio superiore dei Beni culturali
presieduto, all'epoca, dall'allora ministro Dario Franceschini. Quest'erogazione
pubblica consentirà di rimettere interamente a nuovo il parco di Miramare, area
che nel passato è stata più volte criticata dall'opinione pubblica per la sua
incuria. I lavori, stando alle previsioni, cominceranno a primavera 2019 e
saranno finalizzati a ridisegnare e a ristrutturare tutto il comprensorio del
parco. Oltre a risolvere in maniera definitiva i problemi vivaistici del sito,
tale finanziamento permetterà di ripiantare quelle essenze e quei fiori
utilizzati dai giardinieri di Miramare ai tempi della costruzione del maniero e
che furono voluti fortemente dagli stessi Massimiliano e Carlotta.
Le amministrazioni abbattono gli alberi con troppa
facilità - la lettera del giorno di Linda Vuk
Lo scrittore e giardiniere Marco Martella qualche tempo fa ha scritto che si
dovrebbe promulgare una Carta dei diritti degli alberi, come si è fatto per gli
animali. E come non essere d'accordo, quando si vede con quanta facilità i
nostri amministratori pubblici buttano giù alberi secolari, di una bellezza
commovente, senza soffermarsi nemmeno un attimo a pensare che quelle piante sono
degli esseri viventi, che ci hanno messo centinaia di anni a crescere, che ci
hanno dato refrigerio nelle calure estive e ci hanno dato l'ossigeno necessario
alla nostra vita, filtrando l'aria inquinata che gli abbiamo propinato. Hanno
visto passare la storia delle nostre città ai loro piedi, testimoni silenziosi
che hanno avuto il difetto di trovarsi nel posto dove l'amministrazione di turno
ha deciso che al loro posto stava meglio una bella distesa di cemento o una
bella strada iper trafficata... e zac, un giro di sega e niente più foglie da
pulire, niente manutenzione: ma non vi preoccupate. Gli imponenti fusti verranno
sostituiti con altrettanti alberelli di un metro e mezzo, che prima di crescere
verranno capitozzati annualmente in maniera da non dare "fastidio". Forse
sarebbe ora di cominciare a fare una sana educazione al rispetto della natura e
del verde, a partire dalla scuola dell'infanzia, per fare capire alle persone
quanto si sbaglia a trattare la natura come una cosa di nostra proprietà, da
usare a nostro piacimento. Siamo tutti dentro un sistema in equilibrio carente
per colpa nostra. Il maltempo di questi giorni ci ha dato un messaggio che deve
essere uno schiaffo in faccia per toglierci il delirio di onnipotenza che
abbiamo nei confronti della natura, a cominciare dal rispetto degli alberi.
Piangiamo per gli alberi buttati giù da vento in montagna, ma poi distruggiamo
tutti gli esemplari più importanti che abbiamo in città...
Nuovi collegamenti transfrontalieri e cabinovie per il
Carso - il progetto Inter-Connect all'INCE
Collegamenti intermodali e transfrontalieri, strategie di comunicazione
integrata e, soprattutto, efficace: questi gli ingredienti dell'incontro, presso
l'Ince, in occasione della presentazione del progetto Inter-Connect.
«L'obiettivo del progetto - spiega Paolo Dileno, project manager di Cei - è
quello di rafforzare le capacità di trasporto integrato e i servizi di mobilità
e multimodalità dell'area Adriatico-Ionica, con Trieste che gioca un ruolo
fondamentale: non a caso è sul miglioramento delle connessioni intermodali di
trasporto pubblico locale con i servizi marittimi in territorio di Trieste che è
si focalizzata una delle otto case history del progetto». Studio che analizza
anche le potenzialità di un futuro collegamento transfrontaliero marittimo tra
Trieste/Muggia e Capodistria, utile in particolar modo per Muggia, non toccata
dal servizio automobilistico gestito da Arriva che invece collega Trieste.
«Intermodalità - spiega Lorenzo Bandelli, dell'area innovazione, turismo e
sviluppo economico del Comune di Trieste - significa anche riuscire a non
saturare una città complicata come la nostra attraverso la creazione di
parcheggi scambiatori, come Park Bovedo lato mare, già operativo o il
potenziamento, a sud, del park di via Carli». Per il futuro Bandelli ha
illustrato un avveniristico progetto: una linea di cabinovie che colleghino
porto vecchio a un parcheggio scambiatore sull'altipiano carsico. Come a
Barcellona per intenderci. Per Michele Scozzai, responsabile comunicazione di
Trieste Trasporti, il problema è che «le aziende di trasporto italiane hanno
mediamente una pessima cultura comunicativa, e Trieste Trasporti non fa
eccezione. Cercheremo di far meglio. Alcuni esempi ci sono: il servizio di
hop-on hop-off, che consente al turista di visitare la città a bordo di mezzi da
25 posti, ha avuto un buon successo». «Infrastrutture di interscambio ai sensi
dell'obiettivo - dice Massimiliano Angelotti, della direzione delle
infrastrutture e del territorio della Regione - è dare un seguito e rafforzare
quanto realizzato nelle precedenti esperienze, vedi Mi. Co. Tra. e Adria A». Si
è parlato anche del biglietto unico integrato autobus-treno, frutto di un
accordo tra Trieste Trasporti e Slovenske Zeleznice, per la connessione
ferroviaria Villa Opicina-Lubiana, che in una prima fase sarà operativo da
gennaio a giugno 2019, e che sarà disponibile in formato elettronico sul sito
delle ferrovie slovene.
Luigi Putignano
Generali, stop ai rischi climatici - Niente più polizze
sul carbone
Il plauso di Greenpeace protagonista di una spettacolare protesta
nell'ultima assemblea: «Scelta coraggiosa»
TRIESTE - Generali, stop al carbone. In aprile un gruppo di attivisti di
Greenpeace si calò dal tetto della Stazione Marittima a Trieste, dov'era in
corso l'assemblea delle Generali, con uno striscione di protesta contro gli
investimenti in carbone e il global warming. Una protesta spettacolare che in
realtà non faceva che accelerare una strategia già avviata dal gruppo triestino
sul tema ambiente, cambiamenti climatici e investimenti nel carbone. Il gruppo
infatti aveva già annunciato il 21 febbraio il graduale disinvestimento per
circa 2 miliardi dell'equity impegnato nelle attività carbonifere entro l'aprile
del 2019. Inoltre il Leone avrebbe investito 3,5 miliardi entro il 2020 in
attività legate all'economia green. STOP AL CARBONE - In queste ore l'annuncio
che completa la linea delle Generali in un passaggio della nota tecnica alla
strategia sul cambiamento climatico: le Generali non forniranno più coperture
assicurative per la costruzione di nuove miniere centrali elettriche a carbone,
senza alcun tipo di eccezione. Nei Paesi in cui l'economia dipende ancora in
modo stretto dal carbone per la produzione di energia e per il riscaldamento
delle case (valgono lo 0,02% degli investimenti di questo tipo) la compagnia
cercherà di garantire una «transizione giusta» coinvolgendo le controparti. Le
Generali parleranno con aziende e istituzioni per cercare di convincerli a
sostituire i prodotti fossili con quelli rinnovabili: «Non si può forzare la
chiusura degli stabilimenti a discapito dell'economia», aveva detto
nell'assemblea di aprile il presidente Gabriele Galateri. Ma intanto lo stop è
definitivo e comincia l'era degli investimenti del Leone nell'economia verde.
INVESTIMENTI GREEN - Come detto, il Gruppo aumenterà di 3,5 miliardi entro il
2020 gli investimenti nei settori green e della sostenibilità. Le organizzazioni
ambientaliste, Greenpeace e Re:Common, fanno sapere di apprezzare molto questa
decisione che elimina «il più inquinante fra i combustibili fossili». Le
Generali -sottolineano- hanno deciso di compiere «un passo importante in difesa
dei cittadini» con una mossa che definiscono «coraggiosa» perchè «mette un
limite all'esposizione del gruppo verso l'industria più dannosa per il clima e
la salute delle persone». Lucia Silva, responsabile per la Sostenibilità e la
responsabilità sociale del gruppo triestino, spiega che il gruppo di Donnet ha
voluto dare «un segnale chiaro sull'importanza delle filiere verdi e
sostenibili». Tutto ciò è linea con i principali accordi sul clima come il
Global Compact e la Paris Pledge for Action cui il Gruppo ha aderito nel 2015.
IL CLIMA ESTREMO - Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e Clima di
Greenpeace Italia, chiarisce all'Ansa che «i fenomeni meteorologici estremi sono
la diretta conseguenza del clima che cambia, e sono purtroppo una drammatica
realtà già oggi in tutta Italia. È dunque un'ottima notizia che Generali stia
decidendo di anteporre le persone e il clima ai propri interessi economici a
breve termine. Ora monitoreremo che alle parole seguano i fatti, e che il Leone
di Trieste abbandoni presto tutte le attività carbonifere anche in Polonia e
Repubblica Ceca».
Piercarlo Fiumanò
Conferenza sulle meduse
Alle 18, allo spazio Trieste Città della conoscenza (all'interno della stazione ferroviaria), conferenza sulle meduse dal titolo "Creature dalla bellezza sinuosa e ipnotica o scocciante seccatura estiva (quando non un vero e proprio pericolo)?". Con Massimo Avian, professore di Zoologia, e Valentina Tirelli, ricercatrice all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Modera Eleonora Degano
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2018
Parcheggi e pullman frenano il cantiere Silos per la
quarta volta
Inghippi burocratico-amministrativi causano il rinvio dei lavori a
primavera 2019 - Regione e Comune chiamati a sciogliere gli ultimi nodi. L'iter
in piedi da 15 anni
Questione di parking. Sarebbe uno spunto per Mina e Riccardo Cocciante.
Questione di parking ma anche di pullman. Una coppia che incarta ancora una
volta il Silos, questo intramontabile classico della progettualità triestina, il
cui iter amministrativo dura dal 2003. Forse siamo alla conclusione di
un'avventura avvincente lunga tre lustri abbondanti, ma nel caso del Silos
meglio toccare ferro, essendo l'ex magazzino di cereali a fianco della stazione
centrale giunto ormai al quarto stop burocratico. Regione e Comune sono
all'opera per sciogliere i nodi, consentire che l'accordo di programma vada
avanti, permettere che a primavera 2019 si insedi il cantiere. Cosicché il fondo
internazionale d'investimento, interessato all'acquisto del grande immobile,
apra il portafoglio. L'operazione, gestita di fatto da Immobiliare Nordest (Coop
Alleanza 3.0) dopo il fallimento di Unieco, richiede un investimento di oltre
100 milioni di euro. Albergo a 4 stelle, centro congressi con una sala da mille
posti e sale più piccole per 300-400 persone, spazi commerciali, ristoranti, 800
parcheggi: tutto fermo.Perché? Il rapporto tra parcheggi/superfici commerciali e
l'organizzazione del terminal-pullman sono gli ostacoli che adesso zavorrano il
decollo del Silos. Il primo posto di blocco è un esempio di quanto possa essere
complicata la pubblica amministrazione. Districhiamoci nel roveto. Premessa: il
Silos non è considerato centro storico, per cui il rapporto stalli/superfici di
vendita è di 200 metri quadrati, come si trovasse in periferia o in campagna.
Cioè: per ogni metro quadrato di vendita, due metri quadrati sono riservati a
parcheggio. Un paio di anni fa la Regione accettò di ridimensionare il rapporto
stalli/commercio a un ragionevole 1:1, un metro quadrato per un metro quadrato.
Ma, quando la proprietà decise di aumentare la superficie commerciale da 12 mila
a 14 mila mq, la Regione eccepì sull'ampliamento riportando il rapporto a
200/100. Ora, per rimettere tutto a posto, occorre un passaggio in Consiglio
regionale.Il secondo posto di blocco riguarda il futuro assetto della stazione
corriere all'interno del Silos. Qui è invece il Comune in primo piano, perché
insiste su un terminal decoroso. Il progetto, elaborato dallo studio Archea di
Latisana sulla base di un complesso calcolo degli orari di partenza/arrivo,
prevede 6 banchine dedicate a partenza/arrivo dei passeggeri, un numero che gli
uffici comunali dell'urbanistica desiderano accrescere verso quota 10. Nessun
problema, invece, per l'area di deposito mezzi dove potranno sostare una ventina
di corriere.«Nessun parli», parodiando la romanza della Turandot. C'è prudenza
da parte degli interlocutori, che, in una fase auspicabilmente decisiva
dell'itinerario amministrativo, non vogliono commettere passi falsi. Il progetto
Silos era stato rilanciato con una certa enfasi nel gennaio 2015 durante l'era
Cosolini: allora proprietà e tecnici dichiararono che il centro congressi
sarebbe stato ultimato nel 2017. Ma i rallentamenti, qui sommariamente
riportati, non hanno permesso il raggiungimento dell'obiettivo. Intanto il
Comune aspetta le modifiche progettuali.
Massimo Greco
Il triste declino del magazzino costruito per le
granaglie
Ospitò gli esuli istriano-dalmati che avevano lasciato le loro terre. Nel
1971 fu devastato da uno spaventoso incendio - Il progetto Semerani-Tamaro -
Purtroppo la storia novecentesca e quella attuale del Silos non sono
luminose. Da deposito di cereali passò a ospitare gli esuli istriani e dalmati,
che nel secondo dopoguerra avevano abbandonato le loro terre occupate dagli
jugoslavi. Nel 1971 il magazzino venne devastato da uno spaventoso incendio.
Oggi vi albergano migranti, che si acquartierano negli antri ottocenteschi lungo
i 250 metri del grande edificio. Il Comune comprò dalle Fs nel 1982 l'edificio
"di testata" in piazza Libertà e le prime sette campate dei due corpi laterali,
con l'intenzione di realizzare un'autorimessa, un terminal autocorriere
sostitutivo di quello risalente agli anni Trenta co-firmato da Baldi&Nordio,
un'area commerciale dove sistemare le bancarelle con cui i jeansinari facevano
allora buoni affari. Nello stesso anno il Municipio bandì un appalto-concorso,
che tre anni più tardi vide vincitore il progetto presentato da Luciano Semerani
e Gigetta Tamaro. Ma il recupero, rispetto all'ampiezza complessiva
dell'edificio, fu parziale e lasciò irredenta buona parte della superficie. In
questa situazione precaria si inserì qualche anno dopo l'acquisto e la proposta
del mondo cooperativo, interessato a trasformare radicalmente il Silos ricavando
al suo interno un hotel, un centro congressi e altre attività. Con una
previsione di investimento superiore ai 100 milioni di euro. Ma su quella parte
della città, in quel primo decennio Duemila, scese quella che gli studiosi
definiscono "sindrome tergestina", ovvero l'impantanamento progettuale. Perché,
più o meno coevo al tema Silos, correva anche la riqualificazione di piazza
Libertà, sulla quale governo centrale (c'era Berlusconi) e regionale (c'era
Illy) puntarono oltre 4 milioni, che rimasero di fatto congelati fino a
quest'anno, quando, con un ritardo di quasi quindici anni, si apre il cantiere
per rimettere en forme un capitolo urbano carente e scadente. Interessante
constatare che l'itinerario-lumaca del Silos sembra vedere la luce proprio
quando parte il lifting della piazza: forse l'accesso nord di Trieste, che era
rimasto molto indietro rispetto ad altre zone cittadine decisamente meglio
"coltivate", racconterà una nuova pagina di decoro, di vivibilità, di pulizia.
Verrà parzialmente riscritta la viabilità attorno alla piazza, verranno
concentrati i bus in un apposito hub di fianco al Silos, saranno rifatti i
marciapiedi. Il cantiere dovrebbe durare un anno. Silos + piazza Libertà,
dunque. Manca ancora qualcosa: quel qualcosa che ha annunciato l'altro giorno
Dipiazza, ovvero l'abbattimento della sala Tripcovich, per dare "aria" a quello
spicchio di piazza, dietro al quale si profila l'antico ingresso in Porto
vecchio. Non a caso il sindaco ha detto che, dal momento che ci sarà una nuova
sala nel Silos, non ci sarà più bisogno della stazione di Baldi&Nordio.
Da tempo ormai è rifugio di profughi in arrivo via
Carso dalla rotta balcanica
Un giro attorno alle centinaia di metri del perimetro dell'ex granaio
la vista. Un perimetro lungo alcune centinaia di metri, la bicicletta viene
comoda. Si passa la sbarra di via Gioia costeggiando Centrale, si prosegue fino
alla fine della carreggiata quando la strada volge a sinistra e offre un potente
scorcio del complesso Silos: due lunghi edifici paralleli separati da un ampio
spazio vuoto. Il colpo d'occhio potrebbe richiamare un vasto compendio
bombardato, dove nella parte centrale si allarga una navata scoperchiata. Poi la
strada, divenuta sterrata, riprende verso sinistra, per sfociare di fianco
all'ingresso di Porto vecchio. In apparenza non c'è anima viva, non c'è un fuoco
acceso, pochi e remoti i rumori. I "residenti" sono andati in mensa oppure si
celano sotto le grandi arcate dell'immenso stabile ottocentesco, perché non
hanno particolari ragioni per mostrarsi. Evidente la cesura tra la porzione
restaurata - dove si raccolgono il terminal corriere, i negozi, il parking Saba
- e i 250 metri da vent'anni in fervida attesa di un cantiere. «Una pelle di
vetro lascerà in evidenza le arcate monumentali», aveva detto il progettista
Aldo Pavoni, ripresentando il progetto insieme al manager Attilio Grazioli, il
16 gennaio 2015.L'estrema prossimità del rudere alla stazione centrale non è
certo quello che si possa definire un elegante biglietto da visita cittadino.
L'atrio del terminal pullman è quello che è, dall'antro delle corriere non c'è
da attendersi granché, negozietti e posti auto non hanno bisogno di accuratezza
descrittiva. Proseguendo nella parte in attesa della malta risanatrice,
l'effetto è naturalmente ancora peggiore e la facilità di accesso (reti
scavalcabili o strappate) attrae una particolare utenza. L'ultima segnalazione
pubblica di profughi ospitati sotto le volte dell'ex granaio risale a metà
settembre, quando una bella mattina Gianpaolo Sarti, cronista del "Piccolo", s'imbattè
in una trentina di migranti, molti dei quali provenienti dall'Afghanistan,
contraddistinti da un'anagrafe molto giovane. Erano entrati in Italia seguendo
la cosiddetta "rotta balcanica", viaggiando nascosti in auto e camion. Poi
avevano camminato nei boschi fino al confine italo-sloveno e, con il favore
delle tenebre, erano scesi dai boschi carsici in città.
Rigassificatore, nave metaniera dalla Norvegia
Lng Croazia sceglie l'offerta di Golar Power Limited, ma è da vagliare
l'interesse del mercato: l'impianto resta in bilico
FIUME - La notizia è ora ufficiale, diramata dall'azienda statale Lng
Croazia alla quale Zagabria ha affidato la realizzazione del progetto del
rigassificatore nordadriatico. Lng Croazia ha dunque deciso di accettare
l'offerta della norvegese Golar Power Limited per l'acquisto della nave
metaniera che - dopo lavori di refitting - dovrebbe essere trasformata in
rigassificatore offshore, da sistemare nelle acque di fronte alla località di
Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia. I norvegesi sono riusciti a
imporsi nella gara internazionale che vedeva ancora presenti la giapponese
Mitsui Osk Lines e la greca Gas Maritime Inc. A finire nelle acque del golfo di
Fiume dovrebbe essere la nave cisterna Golar Viking, che ha una capacità di 140
mila metri cubi di gas e verrà a costare 159,6 milioni di euro. Ma prima di
concludere il contratto di acquisto, lo Stato dovrà varare la delibera di
investimento. Un atto che dipende dall'effettivo mercato per la locazione del
gas di Veglia. Entro il prossimo 20 dicembre, Lng Croazia analizzerà infatti se
vi siano sufficienti interessi nei riguardi della movimentazione annua destinata
a toccare i 2,6 miliardi di metri cubi di gas. Se entro quella data si
constaterà che l'interesse è sufficiente a sostenere l'operazione, allora Lng
Croazia e Golar Power Limited procederanno alla firma del contratto di
compravendita dell'unità, varata nel 2005. In caso contrario il progetto del
rigassificatore galleggiante sarà accantonato. L'azienda croata ha comunque
precisato che, in caso di acquisto della Golar Viking, questa sarà sottoposta a
ristrutturazione a Singapore oppure a Seul, nei cantieri abilitati a trasformare
i tanker in terminal metaniferi. Dopo il refitting, l'arrivo dell'unità nelle
acque dell'Adriatico settentrionale dovrebbe avvenire tra settembre e ottobre
del 2020. Il rigassificatore potrebbe entrare così in funzione all'inizio del
2021. Quello del rigassificatore è un progetto molto caro agli Stati Uniti e
all'Unione europea, che intendono così contrastare il dominio russo in questa
porzione del Vecchio Continente: non per niente l'Ue ha destinato a fondo
perduto 101 milioni di euro per la realizzazione dell'impianto offshore
quarnerino, coprendo in questo modo all'incirca un terzo del costo del progetto.
«Posso confermare che se lo Stato croato non varerà il documento» che dà il via
libera all'investimento «non ci sarà alcun contratto tra la nostra impresa e
l'armatrice scandinava - ha confermato Barbara Doric, direttrice di Lng Croazia
- nulla è ancora vincolante in quanto dobbiamo prima capire se vi sia
l'interesse nei confronti del gas: confidiamo molto nella collaborazione con
l'Ungheria, che potrebbe assorbire un miliardo e mezzo di gas all'anno. Senza i
partner magiari, il rigassificatore galleggiante di Castelmuschio non si farà».
Va rilevato infine che la compagnia norvegese ha offerto una nave per la cui
manutenzione non sarà utilizzato il cloro, una buona notizia per il mare del
Quarnero, ma in un contesto in cui le autorità locali e non hanno opposto più
volte la propria contrarietà all'impianto.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018
La decrescita "felice" non porta sviluppo - Il Fvg
vuole più servizi e qualità della vita -
L'INDAGINE
Il rapporto di Community Media Research analizza l'orientamento
dell'opinione pubblica dopo i no del governo alle grandi infrastrutture
Crescere o decrescere? Meglio crescere, dando più attenzione alle nuove
dimensioni dello sviluppo come la sostenibilità e l'attenzione all'ambiente.
Insomma, dobbiamo proseguire a produrre e lavorare ponendo al centro la qualità
del progresso. La prospettiva di una decrescita non rientra nell'orizzonte di
vita delle persone. Di fronte al dilemma, è netto l'indirizzo che emerge dai
nordestini interpellati nell'ultima ricerca di Community Media Research, in
collaborazione con Intesa Sanpaolo. Ed è un'indicazione in controtendenza
rispetto a quanto stiamo assistendo in questi mesi, dove il motivo di fondo - in
particolare dell'esecutivo lega-stellato, pur con alcuni distinguo interni - è
marcato da un sentiment di negatività nei confronti di qualsiasi opera di
rilievo e verso i ceti produttivi. Dietro l'ormai reiterata e stereotipata
richiesta di voler valutare il rapporto costi-benefici per ogni opera, si
prospetta l'intenzione (si passi la metafora) di tirare il freno a mano di
un'auto che peraltro già procede troppo lentamente. E la stima ultima della
non-crescita del Pil nel terzo trimestre di quest'anno è lì a ricordarlo. Prima
l'Ilva e poi la Tap, cui invece hanno dovuto obtorto collo dare il via libera.
Ma il no ai Giochi Olimpici a Roma, quello pronunciato dal Comune di Torino
sulla Tav e l'addio ai Giochi invernali con Milano e Cortina, i dubbi
pronunciati su Tav a Nord Est, il tunnel del Brennero, la superstrada
Pedemontana, e sicuramente scordiamo altre opere, sottendono una visione
negativa dello sviluppo.Ora, non c'è dubbio che un insieme di scelte operate da
amministratori locali e nazionali, da imprese, ma anche da privati cittadini (si
veda il caso degli abusi edilizi) non abbiano saputo salvaguardare una crescita
ordinata e lungimirante delle nostre città, del territorio. Dagli effetti dei
cambiamenti climatici sul nostro ambiente, all'inquinamento; dalla carenza delle
infrastrutture, alla cementificazione del territorio: gli esempi negativi non
mancano. Tuttavia, l'interrogativo è se per re-indirizzare lo sviluppo si debba
buttare via il bambino con l'acqua sporca oppure distinguere attentamente i pro
e i contro, e con la dovuta progressione spostare le politiche su uno sviluppo
legato all'innovazione e alla sostenibilità. Ed è proprio questa l'indicazione
che emerge dalla grande maggioranza degli intervistati. Due terzi dei nordestini
(69,7%), considera necessario continuare a produrre e lavorare per poter
crescere, ma sottolineando la necessità di prestare una maggiore attenzione alla
qualità dello sviluppo, proprio per evitare gli errori del passato. A questa
visione, si affianca una prospettiva di tipo conservatrice della crescita,
legata al timore di perdere la ricchezza acquisita (9,0%) e quindi di proseguire
lungo la strada fin qui percorsa. Dunque, pur con sfumature diverse,
complessivamente i quattro quinti (78,7%) della popolazione - un po' più fra i
veneti (80,0%) che fra i friul-giuliani (75,0%) - guarda al futuro con
l'aspettativa di continuare a progredire. Una visione vicina all'idea di
decrescita, invece, accarezza una quota largamente minoritaria, benché non
marginale, degli intervistati: in generale, poco più di un quinto (21,3%)
ritiene che una maggiore qualità dello sviluppo deve avvenire riducendo il ritmo
della crescita (16,8%, in particolare in Friuli Venezia Giulia: 23,1%) e il 4,5%
pensa che il benessere accumulato sia più che sufficiente: la strategia è quella
di difenderlo.Così, possiamo identificare tre visioni dello sviluppo. Quella più
consistente e che abbraccia la grande maggioranza della popolazione (70,0%)
disegna uno "sviluppo qualitativo": è necessario continuare a crescere, ma
diversamente dal passato. È una prospettiva condivisa soprattutto dalle giovani
generazioni e dagli studenti, dagli imprenditori, da chi ha un titolo di studio
più elevato e vive in Veneto. La prospettiva di una "crescita tradizionale", in
linea col passato, coinvolge il 9,1% degli interpellati, in particolare fra chi
ha un basso titolo di studio, le casalinghe e i pensionati. La visione della
"decrescita" (20,9%) interessa maggiormente chi ha raggiunto già posizioni
lavorative di rilievo (come i dirigenti) e, per converso, i disoccupati che
plausibilmente in questo modo avvertirebbero di meno la perdita di status. Ma è
a Nord Est (20,9%, rispetto al 15,6% in Italia), e soprattutto in Friuli Venezia
Giulia (25,0%), che la decrescita fa proporzionalmente maggiori adepti:
territorio ricco economicamente, frutto di una crescita avvenuta in modo
effervescente, ma anche disordinata che non pochi disastri ha realizzato sul
territorio.Che ci sia bisogno di immaginare uno sviluppo ulteriore del nostro
paese non è soltanto un'ideale astratto, ma è ancorato a reali necessità. È
sufficiente osservare la valutazione dei nordestini verso una serie di servizi,
rispetto alla media europea, per comprenderlo. L'unico servizio che ritengono
analogo o migliore su scala europea è il sistema sanitario (63,8%). Sebbene con
grandi differenze territoriali: largamente promosso a Nord Est (83,6%) e a Nord
Ovest (75,8%), ampiamente bocciato nel Mezzogiorno (46,0%). Per il resto della
classifica, i servizi proposti si collocano ben al di sotto della media
continentale. Nell'ordine troviamo il sistema scolastico (42,3%), la
connettività (wi-fi/internet/banda larga: 37,5%), il sistema infrastrutturale
(strade, autostrade, aeroporti: 33,1%) e delle ferrovie (30,1%), il fisco
(15,0%). Ciascuna di queste voci conosce divari territoriali significativi, ma
in generale tutti prefigurano un grave ritardo rispetto alla media europea.Di
qui, l'idea del futuro del paese, fondata su esigenze reali, non può essere
segnata da un generale "fermiamo le macchine" o da cesure nette (irrealistiche)
col passato. Perché viviamo in un sistema di relazioni nazionali e
internazionali complesso e che va gestito adeguatamente: con capacità di
mediazione, interlocuzione e prospettive chiare sullo sviluppo. La misura del
Pil non contiene (ancora) la felicità delle persone, ma per ridare loro felicità
è necessario costruire il Pil. No Pil? No party.
DANIELE MARINI
IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2018
Patto tra Comune e Autorità portuale - Via alla super
bonifica del terrapieno
Il Comune utilizzerà 5,5 milioni destinati dalla Regione all'Uti per
rivitalizzare il tratto di costa con parco giochi e foresteria
Parco giochi per bambini, foresteria per giovani atleti, spiaggia per le
famiglie: Roberto Dipiazza lo aveva anticipato poco prima di Ferragosto e lo ha
confermato, insieme all'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, ieri pomeriggio
in "salotto azzurro". "Dipiazza beach" o "playa del Alcalde" o "Bürgmeisterstrand",
a seconda dei gusti e delle inclinazioni etno-linguistiche. E' questo il
programma per risanare e riqualificare il terrapieno di Barcola. Il sindaco lo
vede come un'area di tempo libero vocato alla balneazione, al diporto, alla
ristorazione. D'altronde nella zona o non lontano da essa insistono la velica
Barcola-Grignano, il Saturnia, il Sirena, il club del Gommone, la scuola di
windsurf. E adesso c'è anche il parcheggio.Per trasformare l'ex discarica in
momento ricreativo il Comune potrà contare su una base di 5,5 milioni, che
provengono da uno stanziamento regionale di 20 milioni deciso per finanziare il
Patto territoriale sottoscritto in primavera, prima delle elezioni, da Debora
Serracchiani e dallo stesso Dipiazza in qualità di presidente dell'Uti. Ma la
bonifica assorbirà una bella fetta di risorsa, per cui è presumibile che la
cifra disponibile dovrà essere vitaminizzata. Dipiazza ha preferito non essere
troppo cogente in tema di tempistica: se tutto andrà bene - spiegheremo cosa
intende il primo cittadino - la fase A, cioè la bonifica, potrebbe venir
completata entro la fine del 2020. Il resto, come l'intendenza secondo Napoleone
e de Gaulle, seguirà. Questo supplemento di "barcolanità" è stato reso possibile
da uno scambio intervenuto con l'Autorità portuale, suggellato dalla reciprocità
degli atti (delibere di giunta e di comitato) e dall'imminenza di un protocollo
d'intesa, sul quale saranno apposti gli autografi di Dipiazza e di Zeno
D'Agostino. Così l'Autorità provvederà a bonificare l'ex discarica di via
Errera, che avrebbe dovuto essere di competenza comunale, mentre il Municipio si
occuperà del terrapieno barcolano, che in origine avrebbe dovuto rientrare nei
doveri portuali. In effetti sembra tutto più logico, perchè il Comune,
neo-proprietario di Porto vecchio e adiacenze, avrà modo di pianificare in
termini turistico-sportivi il terrapieno, quando da parte sua l'Autorità potrà
pensare a investimenti consoni a un tratto di costa attiguo al
termovalorizzatore. Comprensibile la prudenza di Dipiazza sui tempi di bonifica:
il Comune ha già una campionatura di cosa è stato sepolto in passato nel
terrapieno, ma dovrà procedere a un'ulteriore verifica con specifico affidamento
di incarico. Sul quadro generale delle risultanze, il Municipio si confronterà
con la Regione e, se non ci saranno complicazioni, bandirà finalmente le gare
per lo svolgimento della bonifica. Visto l'importo, si tratterà con molte
probabilità di gare europee.
Massimo Greco
E alla Torre del Lloyd ora viene demandato il recupero
di via Errera
Il protocollo d'intesa Comune-Porto affronta una complessa questione
ambientale, che riguarda due delle più fetenti toilettes cittadine: il
terrapieno di Barcola e via Errera, due discariche che vennero autorizzate per
accogliere rifiuti inerti ma nelle quali solo Dio sa cosa sia stato rovesciato.
Entrambe le aree sono finite all'attenzione dell'autorità giudiziaria e delle
forze dell'ordine: nel novembre 2005 toccò a un chilometro e mezzo di costa
barcolana essere posto sotto sequestro dai Noe dei Carabinieri causa la presenza
di sostanze inquinanti, mentre all'inizio del 2017 un dossier della Provincia
(non ancora dissolta) dedicato a via Errera venne portato all'attenzione degli
stessi Noe. Entrambe sono questioni ambientali dalla durata pluridecennale: i 90
mila metri quadrati del terrapieno barcolano funsero da discarica gestita dal
Comune per smaltire rifiuti tossico-nocivi tra la fine degli anni '70 e l'inizio
del decennio successivo, finirono in riva al mare le ceneri dell'ex
termovalorizzatore di San Pantaleone e gli inerti provenienti dai lavori
eseguiti al Centro di fisica e alla Sissa. L'area di via Errera venne
autorizzata dalla Regione dal 1983 all'87, con la prescrizione al Comune di
realizzare una barriera tale da frenare l'avanzamento dei rifiuti verso il mare.
Barriera che nessuna amministrazione costruì. L'Autorità aveva calcolato che la
bonifica di via Errera sarebbe costata 27 milioni di euro.
Ferriera - Parco minerali a Servola - Competenze
ambientali da Roma alla Regione
La Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del
ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare ha decretato
che sarà la Regione a rilasciare la Valutazione di impatto ambientale (Via) sul
progetto del parco fossili e del parco minerali dello stabilimento siderurgico
di Servola. A renderlo noto è l'assessore regionale all'Ambiente e Energia Fabio
Scoccimarro. L'esponente della giunta Fedriga in quota Fratelli d'Italia ricorda
come «nella conferenza dei servizi del 17 luglio era stato chiesto un parere
sulla competenza in materia di Via sul progetto, viste le dimensioni delle
coperture presentate dalla società».«Se la competenza fosse stata del ministero
i tempi dell'approvazione definitiva si sarebbero potuti dilatare notevolmente:
basti pensare che, senza voler puntare il dito contro alcuno, dalla conferenza
del 17 luglio - fa notare Scoccimarro - il verbale è stato definitivamente
approvato dopo quasi 60 giorni».«Oggi invece - spiega l'assessore, che ieri per
la cronaca ha dichiarato di essere all'ultimo giorno da segretario regionale di
Fdi - il Ministero ha stabilito che il progetto non rientri nella categoria
"stoccaggio", bensì in quella "lavorazione dei metalli e dei prodotti
minerali"». Infatti, insiste Scoccimarro a questo proposito, «nella nota viene
specificato che "la valutazione degli effetti ambientali sia effettuata nel suo
complesso, ivi incluse le opere connesse quando queste rappresentano una parte
integrante dell'opera principale"».«Questa novità rappresenta dunque un
"alleggerimento" burocratico - conclude Scoccimarro -. Quindi, nell'interesse di
tutti, si ridurranno le tempistiche deputate a portare all'attuazione
dell'accordo di programma in merito alla realizzazione delle coperture dei
parchi minerali e fossili che risolveranno una volta per tutte gli episodi degli
spolveramenti e contribuiranno al sistema di trattamento delle acque».
IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2018
Dieci alberi storici abbattuti per i lavori in piazza
Libertà
Italia Nostra e Legambiente protestano: «Si poteva trovare un'altra
soluzione» - L'assessore Lodi: «Intervento annunciato. Ne arriveranno 16 nuovi
su due file»
Le foto sono rimbalzate rapidamente su Facebook, creando polemiche e
malumori. I grandi alberi davanti alla stazione delle corriere in piazza Libertà
sono stati tagliati di netto. Dieci in tutto. Sui social qualcuno definisce
l'operazione «uno scempio», altri si domandano come mai piante considerate
storiche siano state eliminate, e Italia Nostra sottolinea come la rimozione dei
grandi tronchi si poteva evitare, considerazione simile anche per Legambiente.
C'è chi ha lanciato online anche l'idea di una petizione, ma ormai l'intervento
è stato portato a termine. Il Comune spiega che l'abbattimento rientra nel piano
della riqualificazione di tutta la piazza, e che il nuovo progetto prevede di
piantare 16 alberi nuovi. «Quando i lavori sono stati pianificati, dovevano fare
in modo di non doverli togliere - commenta Giulia Giacomich di Italia Nostra -.
Il progetto doveva essere diverso, cambiato, in modo da salvarli: si tratta di
alberi grandi, dal tronco grosso, sono un pregio, un patrimonio storico, come un
monumento. Non si possono buttare via senza troppi pensieri. Se non ne hanno
minimamente tenuto conto, dispiace davvero. Tanto più se erano piante sane». In
chi è passato in zona nei giorni scorsi, la novità ha destato stupore e in
alcuni casi dispiacere. Tanti si sono fermati per scattare foto, pubblicate poi
sul web. Degli imponenti alberi resta soltanto la base, nelle aiuole sul
marciapiede, protette da alcune transenne a delimitarle. Anche la base rimasta
successivamente sarà tolta. «Si parla da tempo della sistemazione della piazza
ma il progetto si era fermato più volte in passato, questa mossa ci ha colti un
po' di sorpresa - dice Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente - anche se
sapevamo che era nell'intenzione del Comune effettuare degli interventi. Anche
se verranno inserite nuove piante - sottolinea - quando un albero storico viene
tolto dispiace sempre. Peccato per questi in particolare, perché avevano un
valore estetico e ambientale notevole. Qualche giorno fa mi ha avvertito un
tassista che era proprio lì vicino e che si è lamentato per cosa stava
accadendo. Ormai però stavano procedendo con i lavori e poco si poteva fare.
Certo immagino ci sia una logica nel progetto del Comune, che dispone di
reperire un'asse più libera in quel tratto, però sicuramente si poteva trovare
un modo per creare i nuovi spazi necessari ai mezzi pubblici senza far fuori gli
alberi. Erano storici, di una certa dimensione, andavano tutelati e si poteva
fare una valutazione più ragionevole e più cauta». A chiarire la decisione presa
e l'iter in atto è l'assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi. «Il
progetto originale di risistemazione della piazza prevede che in quella zona gli
alberi vengano eliminati - spiega l'assessore - perché in quel punto ci saranno
le fermate e il nuovo snodo dei bus, che verrà trasferito lì dal punto attuale.
Ricordo - sottolinea - che si tratta di un progetto visto e rivisto più volte e
già annunciato da tempo. Togliere gli alberi quindi è importante alla luce
dell'intervento che riguarderà tutta la zona. Voglio precisare però - aggiunge -
che ne saranno piantati 16 nuovi, in due file, e che in generale abbiamo
investito molto nel verde, in tutta la città, tanto che entro fine 2018 verranno
inseriti in diverse aree di Trieste 130 nuovi alberi».
Micol Brusaferro
A Fiume parte il risanamento della discarica tossica di
Sovjak
Il pozzo nero è una bomba ecologica con le sue 250 mila tonnellate
tossiche - L'opera costerà 51 milioni di euro per l'85% cofinanziati dall'Unione
europea
FIUME - Tempo un paio di settimane al massimo e sarà bandita la gara
d'appalto per il risanamento del pozzo nero di Sovjak, pochi chilometri alle
spalle di Fiume, considerato a ragione una bomba ecologica con le sue 250 mila
tonnellate di sostanze tossiche, scaricate in quest'area (circa 2 campi di
calcio) dal 1956 al 1990. La notizia del concorso è stata confermata dal
ministero croato dell'Ambiente e dal Fondo nazionale per la tutela dell'ambiente
che - assieme al comune quarnerino di Viskovo - hanno varato il progetto di
risanamento di questa pericolosissima discarica, situata a poche decine di metri
da alcune abitazioni. Da Zagabria è giunta pure la precisazione che questo
"laghetto nero" sarà risanato in capo a cinque anni, con i primi lavori che
dovrebbero cominciare nel 2019. Si tratta di un'opera di non facile attuazione,
che comporterà spese per circa 377 milioni di kune (sui 51 milioni di euro).
Come avviene da cinque anni a questa parte, ovvero dall'entrata della Croazia
nell'Unione europea, Bruxelles ha voluto venire in soccorso alla giovane
repubblica, coprendo stavolta l'85 per cento - circa 43 milioni e 400 mila euro
- delle spese di risanamento. Il restante 15 per cento spetterà invece al
predetto Fondo croato per la salvaguardia ambientale. «Grazie all'Europa
comunitaria - ha dichiarato dal direttore del Fondo, Dubravko Ponos - i lavori
di bonifica faranno sparire per sempre questo pozzo nero, che si trova su un
terreno carsico e pertanto non impermeabile. Per fortuna in tutti questi decenni
non abbiamo registrato inquinamenti delle sottostanti falde imbrifere». Per ben
34 anni, e senza alcun controllo o limitazione, Sovjak ha assorbito migliaia di
tonnellate di rifiuti solidi e liquidi, scaricate dalla Raffineria dell'Ina a
Fiume, dalla cokeria (defunta dal 1994) di Buccari, dal cantiere navale fiumano
Tre Maggio e anche da alcuni stabilimenti della vicina Slovenia. Nel 1990, le
autorità vietarono in via definitiva che la discarica accogliesse ulteriore
materiale tossico di provenienza industriale. L'appaltatore avrà un compito
delicato e anche parecchio pericoloso: nel rispetto delle competenti leggi
croate e comunitarie, avrà il compito di prelevare le 250 mila tonnellate,
trattare il catrame nero con la calce e depurare le acque di scolo nelle
vicinanze del pozzo. Tutto il catrame e i residui di idrocarburi dovranno essere
trasportati all'estero e qui bruciati, mentre Sovjak sarà coperto da materiale
naturale inerte, per uno spessore di circa due metri. Si farà sì che la zona si
confonda con l'ambiente circostante, dando l'impressione che il pozzo non sia
mai esistito. Nei cinque anni di risanamento, si dovrà venire incontro alle
esigenze della popolazione locale, tutelandola nel modo più appropriato.
Andrea Marsanich
Cane aggredito da un cinghiale salvato in extremis dal
cacciatore
Il fatto vicino alla pista ciclabile Versa-Judrio. Il bracco se l'è
cavata con ferite ad una zampa
Moraro - Un cinghiale ha attaccato un cane da caccia e lo ha ferito, per
fortuna, in modo non grave. L'animale, un bel esemplare di bracco, se l'è cavata
con alcuni punti di sutura e tanto spavento. È successo a Moraro, in una zona di
campagna a pochi metri dalla pista ciclabile Versa-Judrio. Un cacciatore
morarese si è recato con i suoi due cani per una battuta di fagiani e beccacce
nella zona. Uno dei due segugi, Full, ad un certo punto si è allontanato e dopo
pochi minuti il padrone l'ha sentito guaire e lamentarsi. Quando è accorso, ha
trovato il cane che stava lottando con un grosso cinghiale, cercando di
difendersi. Il cacciatore aveva con sé il fucile da caccia, ma non ha avuto modo
di sparare per difendere Full, perché è rimasto un po' sorpreso dalla scena che
aveva di fronte e forse anche per il timore di colpire il suo bracco. Ad ogni
modo è stata una frazione di secondo, perché il cinghiale - che probabilmente si
era accorto dell'arrivo dell'uomo - ha improvvisamente colpito e scaraventato
via il cane ed è scappato. Il bracco è stato immediatamente soccorso dal padrone
che lo ha trasportato in uno studio veterinario di Capriva del Friuli. Qui il
cane ha ricevuto le cure ed è stato medicato tempestivamente: gli sono stati
applicati alcuni punti di sutura ad una zampa per un profondo taglio. Ma poteva
andargli molto peggio. Il proprietario è poi tornato sul luogo dell'accaduto a
perlustrare la zona con un altro amico cacciatore, per vedere se il cinghiale
fosse rimasto ancora nella zona. Il cinghiale non c'era più ed è stata rinvenuta
solo la sua rimessa: il giaciglio dove riposa e che lui stesso solitamente scava
con il muso. Il cinghiale probabilmente è stato disturbato dall'arrivo
inconsapevole del cane e per questo lo ha assalito. Si tratta di un episodio del
tutto nuovo, visto che solitamente, durante il giorno, i cinghiali sono animali
schivi ed evitano il contatto dell'uomo. In questo caso la presenza del cane lo
ha però spaventato e disturbato e gli ha fatto assumere un atteggiamento molto
aggressivo. Al di là della disavventura, il cacciatore ha voluto segnalare
questo caso anche perché avvenuto in prossimità della pista ciclabile, in una
zona che è frequentata da ciclisti e residenti che portano a spasso il loro
cane. Occorre quindi fare attenzione per la presenza dei cinghiali. La presenza
della fauna nel territorio si lega anche ad un'altra emergenza. È un vero e
proprio allarme che non riguarda solo il territorio morarese, perché in queste
settimane stanno continuando i casi di investimenti mortali di caprioli che
attraversano improvvisamente le strade urbane, mettendo in pericolo l'incolumità
degli automobilisti. Anche in questo caso occorre avere la massima cautela e
prestare attenzione, perché c'è sempre il rischio di collisioni.
Marco Silvetri
Prc ironizza su Serracchiani versione No Tav - la
polemica
«Serracchiani prende ora le distanze dall'ex parlamentare Pd Sonego e si
schiera contro la Tav? Strano, visto che pochi anni fa, quand'era deputata
europea, difendeva strenuamente la necessità di realizzare l'opera». Così il
segretario triestino di Rifondazione comunista e uno dei promotori del comitato
No Tav di Trieste, Peter Beherens, commenta la posizione espressa dall' ex
governatrice. «Oggi si scopre contraria a una trincea di ferro e cemento che
sconvolgerebbe la tratta Trieste-Venezia. Benvenuta tra i ragionevoli».
Consiglio comunale "Trasparenza", focus sul Parco del mare
La presidente della Commissione Trasparenza Cristina Bertoni del M5s ha convocato per lunedì prossimo alle 17 in Sala giunta una seduta sul progetto del Parco del mare in zona Lanterna.
Il ritorno dell'aquila di mare
Alle 18.30, al Cai Alpina delle Giulie in via Donota 2, Fabio Perco terrà una conferenza su "Un progetto preliminare per il ritorno dell'aquila di mare".
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2018
Raccolta dei rifiuti "tradita" - Oltre 260 sanzioni in
un anno
L'abbandono e il conferimento errato di spazzatura nel mirino della
polizia locale - Il vicesindaco Polidori: «Pesano le quantità portate da
residenti di comuni vicini»
Furgoni che scaricano mobili davanti all'isola ecologica, gente che si
libera di sacchi neri senza buttarli dentro ai bidoni scatenando nuvole di
gabbiani, gente che abbandona pure le stufe elettriche. Sono esempi delle
violazioni al regolamento sui rifiuti che la polizia locale di Trieste ha
fronteggiato nell'ultimo anno. Non sono certo crimini contro l'umanità, ma il
loro impatto combinato un peso sull'ambiente ce l'ha. E pure sulle tasche dei
triestini, che pagano attraverso le tasse tutta la filiera dello smaltimento dei
rifiuti. I dati aggiornati a metà ottobre parlano di 169 sanzioni per violazioni
disciplinate all'articolo 16 del regolamento sulla gestione dei rifiuti (errato
conferimento dei rifiuti) e 95 sanzioni per articolo 23, ovvero abbandono di
rifiuti. La polizia locale di Trieste fa sapere che le sanzioni sono sia frutto
di intercettazioni casuali che di operazioni appositamente predisposte. «Può
capitare che gli agenti si accorgano di un'infrazione mentre sorvegliano la
città, ma molto spesso operiamo in seguito a segnalazioni», fa sapere il comando
dei vigili. Per questo motivo gli agenti della pl arrivano a condurre anche
degli appostamenti pur di cogliere con le mani nel sacco (della spazzatura) i
furbetti. Commenta il vicesindaco Paolo Polidori, che tra le sue deleghe ha
proprio quella alla polizia locale: «I nuovi dati sono in linea con quelli dei
mesi scorsi. Si tratta di una delle tante e importanti attività dei nostri
agenti». Uno dei problemi principali, spiega ancora il numero due della giunta
Dipiazza, è l'importazione di rifiuti da fuori comune. «Il conferimento di
spazzatura da fuori Trieste aveva e continua ad avere un peso considerevole -
afferma Polidori -. Resta infatti il discorso della differenziata a Muggia, che
tanti continuano a trovare difficoltosa e quindi aspettano di arrivare a Trieste
per usare i cassonetti». Un atteggiamento che costituisce una violazione delle
regole del proprio Comune e va a pesare sulle tasche dei cittadini di Trieste:
«Come amministratore di questa città, pur essendo solidale con chi si trova in
difficoltà, devo fare l'interesse dei miei concittadini. L'imposta sui rifiuti
va infatti suddivisa sul numero di abitanti, e un aumento della quantità di
rifiuti si riflette inevitabilmente sulla cifra che i triestini dovranno pagare
l'anno prossimo». Conclude il vicesindaco: «Anche le telecamere, come quella di
via Carbonara, danno un contributo notevole. Passo spesso di là e vedo sempre
meno conferimenti inappropriati fuori dal centro di raccolta. Nel complesso la
nostra polizia locale sta conducendo un'ottima attività a salvaguardia, in
primis, dell'ambiente». Nei mesi scorsi i vigili hanno reso noti diversi
interventi di questo genere. C'era, ad esempio, un furgone che scaricava rifiuti
ingombranti (principalmente mobili) davanti a un'isola ecologica. Grazie a una
segnalazione avvenuta via Rete i vigili urbani sono riusciti a identificare il
responsabile e a coglierlo sul fatto: per lui una sanzione da 600 euro. In
giugno erano state fatte invece sette multe a persone che lasciavano i sacchi
della spazzatura fuori dal bidone in piazza Sant'Antonio, di cui stormi di
gabbiani facevano poi strame. Solo alcuni esempi del lavoro che i guardiani dei
"bottini", per dirla in triestino, devono fare quotidianamente.
Giovanni Tomasin
Il regolamento - Multe molto salate fino a 1.500 euro
per i trasgressori
Il regolamento rifiuti del Comune di Trieste prevede un'articolata serie di
sanzioni per chi ne viola le disposizioni. Le violazioni all'articolo 16, quello
sul conferimento dei rifiuti, vanno dai 25 ai 1.500 euro di multa. Quest'ultima
cifra è la sanzione massima prevista per chi butta nei bidoni rifiuti
pericolosi, ingombranti, apparecchiature elettriche o elettroniche, avanzi di
cantiere o cose che possano danneggiare i mezzi di AcegasApsAmga. Anche
l'abbandono dei rifiuti costa caro: lasciarne sul suolo pubblico di ingombranti
o pericolosi può portare fino a 600 euro di multa per il trasgressore.
Da viale Miramare fino a Crosada - Scatta il piano
restyling delle aiuole
Il Comune censisce 45 aree verdi malandate. Giardinieri in azione anche
in piazza Vico e in Barriera
A Trieste calpestare le aiuole significa mettere i piedi su «siti
strategici». L'amministrazione comunale di Trieste dal "pollice verde" ha
elaborato un progetto di manutenzione ordinaria di aiuole e fioriere dei «siti
cosiddetti strategici» con una impegno di spesa pari a quasi 140 mila euro per
un anno di cura del verde (365 giorni). Le aree verdi censite sono 45: si va
dalle aiuole di piazza Venezia a quelle di piazza Perugino, dalle fioriere del
centro cittadino alla aiuole spartitraffico del bivio di Miramare, dalla Rotonda
del Boschetto al Quadrivio di Opicina. Lo scopo è quello «di mantenere in uno
stato decoroso e in adeguate condizione igieniche e di sicurezza queste aree
verdi strategiche». Tutte di proprietà comunale o in concessione. Tra le
motivazioni, si legge nella determina, c'è anche quella di «meglio ottemperare
alle richieste di intervento dei cittadini». Per «siti strategici» si intendono
quelli «di vocazione turistica per il loro posizionamento sui principali assi
viari o pedonali nonché punti di accesso alla città lungo percorsi di interesse
turistico, nelle piazze fulcro di attività collettive e luoghi di aggregazione
per i cittadini». In pratica sono il biglietto da visita della Trieste turistica.Il
servizio «di manutenzione ordinaria dei siti strategici» sarà affidato a una
ditta esterna ed esperta scelta tra una rosa ci cinque dopo una procedura
negoziata. Gli interventi previsti vanno dallo sfalcio alle potature, dal
diserbo selettivo alla gestione degli impianti di irrigazione, dagli interventi
di derattizzazione alla piantumazione per mandare inalterato il paesaggio verde.
Un'attenzione particolare è rivolta alle potature lungo la pista ciclabile di
viale Miramare come pure alle aiuole che vanno dal nuovo parcheggio di via
Boveto alla Stazione centrale dei treni. Nella lista c'è anche l'aiuola della
Sala Tripcovich che il Comune vorrebbe abbattere e che attualmente risulta
transennata. E c'è anche piazza Vittorio Veneto con le piante rampicanti nei
vasi di arredo che non crescono e che, a distanza di 13 anni, non riescono
ancora a produrre un po' d'ombra. Nella lista compare piazzale dei marinai
davanti alla Stazione Marittima, dove fa bella mostra la statua di Nazario
Sauro. Ci sono le aiuole attorno alla fontana della pineta di Barcola. C'è poi
l'area Urban con piazzetta Trauner e via Crosada. Tra i «siti strategici»
ovviamente compaiono le aree archeologiche (Teatro Romano, via Chiuchiara e Tor
Cucherna), diverse piazze cittadine (Venezia, Perugino, Sant'Antonio, Vico,
Puecher, Foro Ulpiano, Campo San Giacomo, tra i Rivi, piazzale Resistenza), le
rotatorie (Boschetto, Largo Giardino, via Nazionale, Quadrivio di Opicina, via
dell'Istria), gli spartitraffico (via Murat con Campi Elisi, Obelisco, via
Forlanini, corso Cavour, Bivio di Miramare), le chiese (San Silvestro e scala,
San Vincenzo in via Petronio). Tra le aiuole strategiche si segnalano anche
quelle di largo Irneri, largo Barriera, via Capodistria, parcheggio vi a
Costalunga, via Maestri del Lavoro, via Locchi, via Ponzanino, via del Vento,
Largo Petazzi (area Stock). In tutto 45 siti da mantenere decorosi.
Fabio Dorigo
"Ronde di chiusura" per il Giardino Basevi e la
Campagna Prandi
Tremila euro in più di spesa per i servizi di vigilanza privata -
Nell'elenco entrano anche tre edifici del Porto vecchio tra cui il Magazzino 26
Nuovi giardini, nuove ronde. E altri costi. La Campagna Prandi è l'ultima
arrivata tra le nuove aree verdi del Comune di Trieste. E così l'amministrazione
comunale, associandola al Giardino Basevi, ha dovuto allargare il servizio di
vigilanza degli immobili comunali che fa capo a Italpol Group di Udine in
associazione d'impresa con lo Stabilimento triestino di sorveglianza e chiusura,
aggiungendo altri 3 mila euro al contratto di appalto. La società dovrà fornire
il servizio di apertura e chiusura immobili con ronda (proprio così) di chiusura
fino al 14 febbraio 2020 (data in cui scade l'appalto). Nel caso del Giardino
Basevi (situato nel quartiere di San Giacomo) il servizio è iniziato il 16
aprile scorso, mentre per la Campagna Prandi è partito il 13 settembre, giorno
dell'inaugurazione del percorso pedonale che collega il giardino di via San
Michele a San Giusto. L'attività di sorveglianza dovrebbe migliorare la
sicurezza delle due aree verdi. Il Giardino Basevi, in particolare, è stato al
centro di spiacevoli episodi di cronaca tanto da costringere la scorsa primavera
l'amministrazione comunale a emanare un provvedimento di chiusura nelle ore
serali.Il servizio di vigilanza privata della Italpol Group è stato inoltre
esteso fino al 14 febbraio 2020 ai sabati non festivi anche al Mercato
ortofrutticolo di Campo Marzio, in attesa del suo trasloco nell'area ex Duke di
San Dorligo della Valle. Il servizio aggiuntivo (comprendente anche lo
spegnimento delle luci della sala aste) era stato richiesto dall'ufficio Mercati
del Comune di Trieste la scorsa estate. Alle casse comunali costerà altri 708
euro.Ma non basta. L'amministrazione comunale ha dovuto allargare i cordoni
della borsa, impegnando altri 1.621 euro, per estendere il servizio di
collegamento ai sistemi d'allarme a tre immobili di Porto vecchio. L'appalto, in
scadenza il 14 febbraio 2020, è sempre quello che fa capo a Italpol Group di
Udine. Gli immobili in questione sono quelli del polo museale: Magazzino 26,
Sottostazione elettrica e Centrale idrodinamica. I tre edifici, restaurati e
dotati di sistema di allarme, verranno così collegati alla centrale operativa e
al servizio di pronto intervento della Itapol.
Cherso e Lussino apripista nell'uso dell'energia pulita
L'arcipelago è stato incluso in un progetto pilota comunitario
finalizzato a facilitare il passaggio alle fonti rinnovabili: aperti i bandi di
concorso
LUSSINPICCOLO - L'arcipelago di Cherso e Lussino, che comprende anche le
isole di Sansego, Unie e Sanpiero, è stato prescelto per far parte del progetto
pilota di transizione energetica, che vedeva candidate a parteciparvi duemila
isole dell'Europa comunitaria. L'arcipelago nordadriatico è riuscito a spuntarla
assieme alla greca Sifnos (arcipelago delle Cicladi) e alle isole irlandesi di
Aran. La scelta è stata resa nota nel corso del secondo Forum per l'energia
pulita delle isole dell'Unione europea, che si è tenuto nell'isola spagnola di
Lanzarote. Il progetto, gestito dagli organismi della Commissione europea, è
nato nell'ambito del piano mirato a fornire supporto a quelle isole comunitarie
interessate a concretizzare il passaggio dall'utilizzo di fonti energetiche non
rinnovabili a quelle rinnovabili. Cherso, Lussino e le loro isole satellite
hanno deciso di spingere l'acceleratore sul cambiamento presentando un progetto
che ha ottenuto il via libera delle istituzioni europee. A seguire la redazione
del piano per la regione insulare è stato l'europarlamentare croato Tonino
Picula, che ha rilevato come «grazie a questo progetto pilota, destinato a
facilitare il passaggio a fonti rinnovabili, i residenti dell'arcipelago
quarnerino potranno in futuro contare sull'energia autosostenibile, con ricadute
più che positive sull'ambiente e su vari aspetti della quotidianità nelle
isole». Picula - che fa parte dell'Intergruppo Isole e Aree costiere del
Parlamento Ue - ha inoltre confermato che nell'ultimo trimestre dell'anno
prossimo verranno assegnati dieci milioni di euro destinati all'attuazione di
programmi di transizione energetica: i relativi bandi di concorso resteranno
aperti fino al 15 gennaio del 2019.L'inserimento di Cherso nel progetto pilota
comunitario arriva nell'ambito di una politica già attenta alle fonti
rinnovabili, sulla quale le amministrazioni si sono indirizzate da tempo. Lo
dimostrano, tra l'altro, la costruzione in programma ad Aquilonia (Orlez) di
quella che sarà la più grande centrale fotovoltaica in Croazia: l'impianto,
frutto di un accordo tra il fornitore pubblico di elettricità Hep e la regione,
è attualmente in fase di realizzazione su un terreno di 17 ettari, e comporterà
un investimento pari a circa sei milioni di euro voluto dall'Azienda elettrica
croata. La centrale produrrà all'incirca 8,5 milioni di kilowatt all'anno, e
andrà così a coprire le esigenze di approvvigionamento elettrico per circa
duemila famiglie garantendo inoltre regolari forniture a Cherso e Lussino anche
nel periodo più difficile, ovvero durante l'alta stagione turistica. Sempre
sull'isola di Cherso, inoltre, si sta procedendo a rinnovare la vecchia
illuminazione con corpi Led, operazione che coinvolge anche l'isoletta di Unie,
dove si va approntando un'ulteriore piccola centrale a pannelli solari.
L'inclusione dell'arcipelago nel progetto pilota comunitario è stata salutata
con soddisfazione dai sindaci di Lussino, Ana Kucic, e di Cherso Kristijan
Jurjako.
Andrea Marsanich
Serracchiani e la Tav "affossata"
Pubblichiamo questa lettera-nota della deputata Pd ed ex presidente della
Giunta regionale Debora Serracchiani in risposta all'intervento di Ludovico
Sonego sul tema della Tav pubblicato sul nostro giornale nell'edizione di
lunedì: «Dal porto ai passeggeri: l'addio alla Tav condanna Trieste». Si torna a
parlare di Alta velocità Venezia-Trieste che, udite udite, non si farà. Prima è
accaduto con la non-notizia sbandierata dai parlamentari 5Stelle, che hanno
provato a rivendersi quello che hanno trovato già fatto, cioè no al megatreno ma
sì a 1,8 miliardi per la velocizzazione della linea. Poi ci si mette l'ex
senatore ed ex assessore regionale alle infrastrutture Lodovico Sonego, ancora
nostalgico della trincea di ferro e cemento che avrebbe dovuto spaccare le
spiagge venete e la Bassa friulana, per poi arrivare a traforare il carso
triestino. Se ne faccia una ragione: anche se le ragioni ambientali non lo
toccano, gli oltre 7 miliardi necessari all'infrastruttura non ci sono. E il
porto continuerà a crescere. Infine c'è la ciliegina del presidente Fedriga, che
in un'intervista dice che "la Tav l'ha affossata la Serracchiani e questo va
sottolineato".È vero: la Tav l'ho affossata assieme al governatore Zaia, quando
siamo andati dall'allora ministro Lupi e gli abbiamo detto che non volevamo la
Tav ma collegare rapidamente Venezia e Trieste. Se poi Fedriga alla Tav ci
teneva tanto, posto che non lo abbiamo mai sentito proferir verbo in tema,
doveva andare dal suo Governo e dirgli di fare ciò in cui si proclama esperto:
cambiare. In questo caso deve cambiare lo schema di Contratto di Programma
2017-2021 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, che invece è stato votato
poche settimane fa in Commissione Trasporti dalla maggioranza M5S-Lega,
confermando quanto indicato dal centrosinistra. *Deputata del Pd
INSIEME VOLONTARIAMENTE - MERCOLEDI', 7 novembre 2018
Quando non c'erano i frigoriferi: le jazere di Draga
Come si produceva e consumava il ghiaccio a Trieste ? Sfruttando una particolare porzione del Carso
di Paolo Privitera e Tiziana Cimolino
Secondo l'ISTAT in Italia ci sono oltre 6 milioni di volontari. La loro importanza durante le emergenze.
di Oscar García Murga
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2018
Via libera a Muggia alla variante al Prg «Paletti per
evitare ulteriore cemento»
Varate in Consiglio comunale le nuove regole. Aumentano le zone agricole.
Ristabilite le dimensioni dei magazzini per attrezzature da campo
MUGGIA - È stata approvata nell'ultimo Consiglio la variante 36 al Prgc del
Comune di Muggia, con lo scopo di correggere alcune anomalie riguardanti le
norme tecniche di attuazione della variante 31. Così l'assessore ai Lavori
pubblici Francesco Bussani: «Non solo non vi saranno modifiche "al rialzo" in
fatto di consumo di suolo, ma i manufatti per il ricovero di piccole
attrezzature rimarranno tali». Nello specifico, come si evince dal documento, la
superficie di tali manufatti sarà rapportata alle dimensioni del terreno in tre
macro scaglioni, l'altezza sarà limitata a 2,40 metri e sarà permessa la
realizzazione di un unico piano fuori terra con la possibilità di realizzare un
piano interrato, che ne dovrà ricalcare la superficie. In caso di presenza di
pastini sarà consentita la realizzazione di ambienti completamente interrati. Il
tutto - insiste Bussani - è stato deliberato «rimanendo all'interno dei limiti
dati dalla variante 31 in termini di consumo di suolo». «Crediamo che con questa
variante si sia andati incontro alle necessità dei concittadini consentendo di
vivere il territorio senza deturparlo».«In passato normative poco chiare e
condoni edilizi troppo frequenti hanno consentito il crearsi di situazioni
tutt'altro che virtuose di cui si ha prova visitando alcune zone di Muggia, ma
proprio a questo è servita la variante 31 ora integrata dalla 36», aggiunge il
vicesindaco. Le zone agricole, già previste nel precedente piano, sono state
incrementate attraverso la cancellazione di alcune zone di espansione, previste
e non realizzate, ripristinandole agli usi agricoli. «Per quanto concerne le
zone E, ossia le parti di territorio destinate a uso agricolo, il Prgc ha
previsto un aumento di 30 ettari: il computo proviene dalla conferma del
precedente piano, la variante 15, cui, ricorda il sindaco Laura Marzi, «si sono
andate ad aggiungere le zone C, inedificate, destinate a nuovi complessi
insediativi non realizzati nel corso degli ultimi 10 anni, le zone previste a
servizio dell'autoporto mai realizzato in zona Noghere e le zone G, prodotto
della riduzione del 48% di questa amministrazione delle zone turistiche». Da qui
la stoccata di Bussani: «Erano altri gli amministratori che hanno voluto la
cementificazione selvaggia. Per fortuna i nostri concittadini hanno sufficiente
memoria. Risulta strano che alcune forze politiche facciano riferimento a questo
tipo di maestri e da essi si facciano consigliare, forse per mancanza di idee
proprie». -
Riccardo Tosques
Il Consiglio regionale - Geologi: sulla prevenzione
bisogna accelerare
La natura del territorio, la notevole piovosità, i cambiamenti climatici e
le conseguenze delle azioni dell'uomo, come la cementificazione e l'abbandono
delle aree montane, e la mancanza di manutenzione dei versanti e delle aree
golenali dei corsi d'acqua e di molte opere di difesa esistenti. Sono queste
alcune dei fattori di rischio idrogeologico indicati dal Consiglio dell'Ordine
dei geologi del Fvg, che esprimendo «vicinanza alle popolazioni colpite»
sottolinea come la politica della gestione del rischio vada fatta «con approccio
di tipo preventivo. La prevenzione, infatti, rappresenta la forma più
sostenibile di gestione del territorio, sia dal punto di vista ambientale che
economico, sottolinea l'Ordine. Riparare i danni costa alla società molto di più
che prevenire e, in caso di vittime, non si può porre alcun rimedio. Ma per
prevenire è necessario conoscere il territorio, quindi pianificare e investire
in opere ed interventi mirati». La Regione, scrivono i Geologi, ha già attuato
dei piani, ma è evidente che quanto fatto «appaia perfettibile». I Geologi
ribadiscono l'importanza di alcuni punti: potenziare «tutti i Servizi competenti
della Regione, con risorse sia economiche che di personale esperto, per renderli
ancor più protagonisti nella gestione» della situazione; implementare il sistema
di monitoraggio dei dati meteoclimatici e di allerta preventiva. I Geologi poi
chiedono che le Uti «dispongano»in organico «della figura professionale del
geologo con funzione di supporto alla conoscenza delle problematiche geologiche
locali e di indirizzo tecnico alle decisioni degli organismi amministrativi
periferici». Fra le altre richieste, sostenere «gli aggiornamenti degli studi
sulla pericolosità e sul rischio» e predisporre un "Piano dei dissesti franosi".
Da svolgere poi un'opera «di sensibilizzazione, riconversione delle aree
montane, di riforestazione e delocalizzazione degli insediamenti a maggior
rischio qualora necessario»; prevedere la manutenzione costante del reticolo
idrografico e effettuare costante monitoraggio del consumo di suolo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 novembre 2018
Trieste Navigando alla svolta Cciaa - Il Parco del mare
sempre più vicino
La Camera di commercio approva l'acquisto delle quote della società che
ha in concessione l'area della Lanterna
In gran silenzio il presidente della Camera di commercio della Venezia
Giulia Antonio Paoletti continua a lavorare al suo Parco del mare. Ora la Cciaa
sta mettendo a punto l'acquisizione di Trieste Navigando, la società che ha in
concessione l'area della Lanterna e che in origine doveva venir comprata assieme
alla Fondazione CRTrieste. Le ultime notizie sull'avanzamento dell'acquario
risalgono a qualche mese fa, quando il piano regolatore del Comune è stato
modificato per fare spazio al progetto alla Lanterna. Da allora non se n'è
saputo più nulla, ma il Parco del mare, ossessione della politica triestina
ormai da più di un decennio, non è sprofondato negli abissi. Il suo ideatore e
principale sostenitore, Paoletti appunto, ha continuato a cesellare sottotraccia
l'operazione, gestendola in prima persona. L'acquisizione di Trieste Navigando è
uno snodo fondamentale: il controllo dell'area che apre il fronte mare triestino
è propedeutico a lanciare il project financing che dovrebbe portare alla
realizzazione del progetto. La Cciaa non diffonde particolari sulla
contrattazione in corso, ma fa sapere che l'importo in ballo per il passaggio di
mano non sarebbe molto significativo nell'economia complessiva di un progetto da
40 milioni di euro. Certo è che dovrà essere coperto interamente dalla Camera di
commercio, perché la Fondazione, che doveva occupare il 51% dell'operazione, si
è sfilata nel corso dell'anno. Il divorzio è avvenuto senza strappi tra i due
soggetti interessati, tanto la Cciaa quanto la Fondazione, allora guidata da
Massimo Paniccia, hanno evitato ogni accenno di polemica. Una linea che la
Camera mantiene anche adesso, nel commento rilasciato alla stampa sull'acquisto
della società della Lanterna: «Prosegue l'iter per la realizzazione del progetto
Parco del Mare - dichiara la Cciaa -. In particolare, in questi ultimi mesi si è
proceduto a predisporre la bozza di contratto definitivo di acquisizione della
piena proprietà della partecipazione sociale detenuta da Invitalia Spa alla
società Trieste Navigando Srl». L'ente spiega poi come l'operazione abbia avuto
di recente un via libera importante. Si legge nel comunicato: «La delibera di
autorizzazione all'acquisto è stata approvata dalla Giunta camerale nella seduta
del 22 ottobre scorso e dopo la necessaria acquisizione dei pareri del Collegio
dei revisori e del Ministero dello sviluppo economico diventerà esecutiva». Una
volta ottenuto il controllo dell'area, la Camera potrà avviare il procedimento
che dovrebbe portare al cantiere. L'ente spiega: «Nel frattempo la Cciaa si sta
attrezzando nella selezione degli esperti che andranno a costituire la stazione
appaltante, che una volta ultimato l'iter di acquisizione della società, potrà
ricevere le proposte di project financing che arriveranno dai proponenti a
seguito di un regolare bando di evidenza pubblica». Il candidato principale per
il ruolo di costruttore è l'azienda friulana Icop, quella che sta realizzando la
piattaforma logistica in Porto nuovo. Nei mesi scorsi la Icop aveva manifestato
il suo interessamento a costruire il Parco del mare. Come confermato anche dal
dirigente di Icop Vittorio Petrucco, l'azienda sta mettendo a punto una proposta
dettagliata. Sembra che la Cciaa speri di ricavarne un risparmio sul costo
complessivo dell'opera. È da vedere, però, se Paoletti riuscirà a rispettare la
data ideale che si era dato per l'avvio dei lavori. La primavera scorsa, durante
una visita sul sito della Lanterna assieme al presidente della Regione
Massimiliano Fedriga, il presidente della Cciaa aveva annunciato: «Ci piacerebbe
inaugurare il cantiere il 16 dicembre 2018, 14 anni esatti dal lancio
dell'idea». Si tratta di meno di un mese e mezzo, ed è difficile che questa
tempistica possa venire rispettata. D'altra parte il passo indietro della
Fondazione ha costretto a diverse revisioni di rotta. La Cciaa assicura di poter
colmare con le proprie forze i nove milioni di euro venuti meno con la rinuncia
dell'ente di CRTrieste: i prossimi mesi saranno il banco di prova definitivo per
tutte le rassicurazioni.
Giovanni Tomasin
La delibera fantasma sul "waterfront" Il Pd la vuole
vedere ma non è mai esistita
L'amministrazione comunale di Dipiazza: «Nessun indirizzo sulla linea di
costa»
IL RETROSCENA - Dietrofront sul waterfront. «Vogliamo vedere la delibera
d'indirizzo sulla riqualificazione del waterfront di Trieste. Il Pd presenterà
una mozione in proposito», tuonava il 24 ottobre in conferenza stampa la
consigliera comunale del Pd ed ex assessore Antonella Grim esprimendo
«preoccupazione per la mancanza di una strategia complessiva negli interventi
sulla fascia di città che va da Barcola alla Lanterna, incluso ovviamente Porto
vecchio». Tutto condivisibile o quasi, se non fosse che la delibera di indirizzo
evocata dalla Grim non esiste. Non è mai esistita. Neppure nelle intenzioni. È
una delibera di indirizzo fantasma. «Waterfront che? Non mi risulta proprio»,
spiega il capo di gabinetto del sindaco Roberto Dipiazza che sulla questione
rimanda all'assessore competente Luisa Polli. E così il mistero aumenta. «Quella
è la parte di Trieste che trainerà lo sviluppo di un territorio molto esteso per
i prossimi 50 anni: è impensabile affidarsi a interventi spot, slegati e senza
un progetto d'insieme. Esponenti della maggioranza hanno dichiarato che questo
documento c'è, allora lo si faccia conoscere e discutere», declamava la Grim
nella conferenza stampa di ottobre. «Indirizzi del waterfront? Non so di cosa
parla. Forse si riferiva alla variante al Prg per il Porto vecchio», spiega
l'assessore all'Urbanistica appena rientrata dalla Terra Santa. Ma c'è perlomeno
l'intenzione di dare alla luce una delibera di indirizzo sulla fascia di città
che va da Barcola alla Lanterna? «Assolutamente no», afferma l'assessore in un
modo che non ammette repliche. Il motivo? Il waterfront, compreso quello dello
sdemanializzato Porto vecchio, è di competenza dell'Autorità di Sistema Portuale
del Mare Adriatico Orientale. Insomma, non si muove ormeggio che Zeno D'Agostino
non voglia. Più che delibere di indirizzo servono accordi di programma. «I
nostri uffici stanno lavorando per la variante al Prg per il Porto vecchio che è
ancora area portuale e deve diventare zona urbana. La variante, però, non
riguarda la linea di costa», spiega Polli. Il waterfront, insomma, non c'entra
neanche in questo caso. Resta da capire quale sarà la natura dell'annunciata
mozione del Pd sulla delibera di indirizzo del waterfont. È più probabile, a
questo punto, che si arrivi a una rimozione.
Fabio Dorigo
Barcola, Campo Marzio, Rive - Un "tour" a tappe di 14 anni
La prima idea nel 2004 dopo la sconfitta subita a Parigi sulla candidatura dell'Expo - Interessati anche i magazzini Greensisam in Porto vecchio
Dal punto di vista storico il Parco del mare ricorda un po' la vicenda recentemente capitata alla Seleco, contraddistinta dal continuo rimbalzo da un sito all'altro, da Porto vecchio al Carso. Dal punto di vista letterario richiama l'albero di Bertoldo. Dal punto di vista scaramantico l'idea del Parco nasce da una sconfitta, quella subita nell'autunno 2004 a Parigi sulla candidatura all'Expo tematico in onda nel 2008: a lanciare la revanche è il presidente camerale Antonio Paoletti, che in seguito avrebbe continuato a essere il più convinto assertore del progetto. Dalla metà del primo decennio Duemila parte il rally tra le possibili sedi del Parco, ben presto incarnatosi in un Acquario di dimensioni continentali. Prima scelta è il terrapieno di Barcola, oggi trasformato in parcheggio, ma allora viene coinvolto in un'inchiesta ambientale, quindi è abbandonato come ipotesi progettuale per ospitare una grande attrattiva turistica.Il progetto si sposta da Barcola a Campo Marzio, dove l'Acquario sembra candidato a prendere il posto del Mercato ortofrutticolo: siamo nel 2006, questa prospettiva dura un biennio. Poi evapora perché liberare l'area di Campo Marzio non è così agevole come in un primo tempo pareva. Giungiamo così alla terza casella topografica. Questa volta il Parco non deve fare molta strada, perché viene trasferito in un punto indistinto tra l'ex Magazzino Vini (non ancora redento), l'area ex piscina Bianchi, l'ex Pescheria. Corre l'anno 2009 e il compianto assessore al Bilancio comunale, Gianni Ravidà, fa un po' di conti, dai quali rileva che, per stare economicamente in piedi, il Parco ha bisogno di 900 mila visitatori all'anno e di 2.500 tickets al giorno. L'anno successivo Dipiazza taglia il nodo gordiano: cifre di quel tipo non sono digeribili per Trieste, i costi di manutenzione non sopportabili, ergo al massimo è possibile realizzare qualche vasca per pesci all'interno dell'ex Pescheria.Il Parco del mare viene così messo in congelatore fino al 2012, quando il nuovo sindaco di centrosinistra Roberto Cosolini rilancia il progetto tornando a individuare Campo Marzio quale possibile ospite. Ma la resilienza del Mercato ortofrutticolo stoppa ancora l'Acquario paolettiano, che non si rassegna: nel 2013 attraversa la Sacchetta, supera la Diga foranea, approda in Porto vecchio dove sogna di accasarsi nei magazzini 3-4 in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il vicepresidente della Regione a guida Serracchiani, Sergio Bolzonello, sentenzia: «Neanche un euro, progetto inattuabile». Nel 2014 il Parco del mare riattraversa lo specchio d'acqua davanti alle Rive e sbarca sotto la Lanterna all'ex Cartubi, che avrebbe dovuto essere trasformata in scalo nautico dalla società pubblica Porto Lido. Il resto è storia odierna.
Commissione Regionale - Fedriga interviene sul
futuro della Ferriera
Occhi puntati sulla Ferriera oggi in Consiglio regionale. Dopo la riunione
dell'assemblea di piazza Oberdan - chiamata a votare sul disegno di legge che
introduce modifiche a leggi regionali riguardanti il sistema integrato del
pubblico impiego regionale e locale e disposizioni in materia di funzione
pubblica della Regione -, è in programma una seduta della IV commissione
permanente, che ascolterà in audizione il presidente della Regione, Massimiliano
Fedriga. Il governatore interverrà in qualità di commissario straordinario per
l'attuazione dell'accordo di programma per l'area della Ferriera di Servola, e
riferirà sulla situazione dell'impianto, con particolare riguardo alla bonifica,
alla dismissione e alla riconversione dell'area. La stessa commissione è
convocata anche il giorno successivo, alle 10, per l'audizione con l'assessore
alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti e dei sindaci dei Comuni
della Destra Tagliamento in merito allo studio realizzato dalla Regione sulla
riqualificazione della strada statale 13 «Pontebbana».
Il primo treno merci va sull'alta velocità: sostituirà
diciotto Tir - domani parte da Bologna
ROMA - L'esordio è in programma domani sera. Partenza dal terminale
casertano di Maddaloni-Marcianise verso le 20.30 e arrivo all'Interporto di
Bologna. Sarà molto più di un ordinario viaggio in treno risalendo lo Stivale,
perché il primo trasporto merci ad alta velocità in Italia è destinato a
rappresentare una vera e propria rivoluzione nel settore. Il servizio,
presentato nel capoluogo emiliano-romagnolo, si chiama Mercitalia Fast ed è
stato messo a punto in pochi mesi da Mercitalia, la controllata del gruppo
Ferrovie che si occupa di logistica: i vantaggi sono economici (le merci
potranno essere spostate in appena tre ore e mezzo) e ambientali, perché secondo
le prime stime ogni viaggio farà risparmiare l'utilizzo di 18 tir con una
riduzione dell'80% delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera. I
collegamenti saranno quotidiani, in entrambe le direzioni, e utilizzeranno la
linea ad alta velocità passeggeri, realizzando l'ultimo viaggio della notte e il
primo della mattina. La merce sarà trasportata su un treno riadattato per
l'occasione: svuotato dei sedili, all'interno delle 12 carrozze trovano spazio
uno dopo l'altro i roll container, ovvero i contenitori su ruote che
velocizzeranno il carico e lo scarico dei pacchi. Negli scompartimenti sono
previste carrucole e cinture per assicurare la merce, prese alla corrente in
caso di trasporto di frigo e telecamere visionate da remoto.
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 novembre 2018
Affitti in Porto vecchio - Raffica di mini-eredità per
le casse del Comune
Dalla Tripmare alla Ttp: con la sdemanializzazione i canoni cambiano
"padrone" - In tutto è una partita da 100 mila euro l'anno: ecco quanto valgono
i singoli casi
Poco più di 100 mila euro per 60 ettari. É quanto frutta annualmente alle
casse comunale, carte alla mano, la sdemanializzazione del Porto vecchio a quasi
due anni dalla sua entrata in vigore. Si tratta, praticamente, dei canoni delle
concessioni rilasciate dall'Autorità portuale ed ereditate dal Comune a partire
dal primo gennaio 2017. In tutto, dunque, saranno 200 mila euro incassati in 24
mesi. La situazione contabile non cambierà di molto neppure con la vendita di
qualche magazzino visto che il ricavato, come previsto dall'emendamento del
senatore Francesco Russo, dovrà essere girato all'Autorità portuale (fatte salve
le commissioni da agenzia immobiliare come nel caso dell'area Greensisam).In
realtà l'incasso è destinato a ridimensionarsi ulteriormente, visto che
comprende i 40.224 mila euro della palazzina di corso Cavour 2, destinata a
trasformarsi a breve in un "Urban Center" per le imprese, specie di vetrina
della ricerca tecnologico-scientifica, ora concentrata in Carso (il progetto è
stato finanziato con cinque milioni di fondi europei). La delibera
dell'amministrazione comunale che determina i corrispettivi delle concessioni
per l'anno in corso fotografa quella del 2017 con piccoli ritocchi all'insù e
qualche ritocco all'ingiù proprio per quanto riguarda la palazzina di corso
Cavour (l'Unionquadri, per esempio, passa da 359 a 354 euro). Dal conteggio sono
esclusi il famoso Magazzino 18 (1267 metri quadrati) che ospita le masserizie
degli esuli, dato in comodato gratuito all'Istituto regionale per la Cultura
istriano-fiumano-dalmata (Irci) e una parte del Magazzino 10 (240 metri
quadrati) concessa gratuitamente all'Associazione solidarietà nazionale
presieduta dal pediatra Marino Andolina. La concessione più rilevante è quella
della Tripmare che paga 25.418 euro per i 449 metri quadrati dell'officina al
Magazzino 8 e 15.693 euro per i 383 metri quadrati della base operativa al
Magazzino 7. C'è poi la Trieste Terminal Passeggeri (Ttp) che paga 17.715 euro
per 3.003 metri quadrati di area parcheggio (Molo IV) più un prefabbricato da
sette metri quadrati e un servizio igienico da due. È anche vero che è in corso
un contenzioso al Tar Fvg con il Comune proprio sull'entità del canone di
concessioni. Altri 24.703 mila euro (erano 25.066 nel 2017) vengono elargiti
dalla società informatica M-Cube spa di Manlio Romanelli per i 477 metri
quadrati occupati nella palazzina di corso Cavour 2. Una concessione destinata a
decadere con il progetto "Urban center", come quella della Coop Triestina Lavori
Facchinaggi, che versa 8.490 euro per 89 metri quadrati di uffici. Stessa fine
faranno gli uffici di Marko Ferluga, Uil Trasporti e Intermodale Trieste, che
pagano più di duemila euro per un ufficio da 23 metri quadrati, differenza
dell'Unionquadri, che sborsa solo 354 euro per la stessa metratura. Uno dei
tanti "misteri" delle ex concessioni portuali. Ci sono poi i 5.109 euro pagati
dalla Tertrans srl per l'ex pesa del Magazzino 6 con area scoperta, i 1.043 euro
della turca Ada logistica di Ledi Cika subentrata a Agim Cika per i 12 metri
quadrati dell'ex pesa dell'edificio 5, i 521 euro dell'Economist settore nautico
per un ufficio da sei metri quadrati nel vecchio edificio collocato nei pressi
del varco 5/6.
Fabio Dorigo
Dal porto ai passeggeri, l'addio alla Tav condanna Trieste - La lettera di Ludovico Sonego, ex assessore regionale ai Trasporti ed ex senatore Pd poi Mdp
Appena qualche giorno fa una deputata grillina e una dell'opposizione hanno fatto a gara nel rivendicare la primogenitura della soppressione del progetto di nuova linea ferroviaria AV-AC Venezia Trieste e Trieste Divaca. La palma va a entrambe ma si tratta di capire se di merito si tratta. Prendendo come primo riferimento la crescita del Porto di Trieste, nella programmazione statale lo scalo è stato indicato, con Genova, come cardine della portualità nazionale nel contesto euromediterraneo. Scelta motivata: Trieste è già il principale attracco italiano per tonnellaggio. La programmazione a medio termine della Port Authority prevede di passare dagli attuali 1,3 milioni di Teu (contenitori+Ro-Ro) a 3,5 milioni; prospettiva realistica, cui si è aggiunta l'archiviazione del porto off-shore di Venezia. Ma il positivo scenario triestino si misurerà fra alcuni anni con una capacità ferroviaria insufficiente. La rete attuale anche debitamente ammodernata non sarà in grado di inoltrare 3,5 milioni di Teu, la scelta di cui le due deputate hanno rivendicato la primogenitura impedirà di conseguire quell'obiettivo e Trieste si ritroverà nella condizione di Genova che soffre la mancanza del terzo valico. L'upgrading tecnologico della rete ci offre qualche anno di capacità, ma il margine va sfruttato per organizzare oggi le condizioni per essere porto da 3,5 milioni di Teu domani. Aver abbandonato il progetto di una nuova linea Venezia Trieste Divaca è anche problema di politica estera: l'Italia rinuncia alla leva trasportistica per esercitare la sua influenza economica e politica nell'area di Mitteleuropa e Asia Centrale. Il vuoto lasciato dall'Italia allorché rinuncia alla strategia del Corridoio Mediterraneo viene riempito da altri, a partire dalla Slovenia con Capodistria. Lo scalo sloveno ha giuste e motivate ambizioni ma mi pare discutibile che Trieste e l'Italia scelgano di lasciare a quell'attracco la quasi esclusiva delle relazioni col Centro Est Europa in virtù di scelte ferroviarie sbagliate. L'up-grading della Venezia Trieste Divaca è essenziale ma insufficiente soprattutto se si considera che la strategia del porto sloveno è fondata sulla costruzione di una nuova infrastruttura ferroviaria sostenuta finanziariamente dalla Commissione Ue. Tempo fa ho chiesto a Violeta Bulc se non fosse necessario maggiore impegno per un adeguato collegamento ferroviario Italia Slovenia e la Commissaria mi ha risposto che l'Ue ritiene sufficiente l'ammodernamento della linea attuale. Le evidenze tecniche dicono il contrario. L'abbandono del progetto AV-AC Venezia Trieste Divaca condanna pure i passeggeri: Trieste e l'aeroporto non potranno avere collegamenti ferroviari veloci perché le frecce saranno costrette sugli stessi binari e negli stessi orari di pendolari e delle merci che viaggiano a velocità ridotte. --*
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018
DALMAZIA - Il proliferare delle manguste stravolge
l'ecosistema insulare
L'animale fu introdotto nel 1910 in Dalmazia per contrastare la presenza
delle vipere I cacciatori non Io hanno malmesso nel mirino
SPALATO - Stanno creando da oltre un secolo danni ambientali che potrebbero
risultare irreparabili. Le manguste, presenti in Dalmazia dal 1910, vi furono
introdotte dalle autorità austroungariche per contrastare la presenza delle
vipere, presenti numerosissime all'epoca sulle isole della costa. A Meleda
furono portati 11 esemplari, la cui proliferazione in modo esponenziale li portò
nel 1923 a Curzola, nel 1926 a Brazza, negli anni Trenta a Solta e quindi nel
1970 nell'isola di Lesina. Da allora, i serpenti velenosi hanno avuto vita
durissima, con forte riduzione del loro numero, fenomeno però che ha riguardato
e sta riguardando anche insetti, rane, ratti, piccoli roditori, lucertole,
uccelli, polli, le loro uova, lepri e fagiani. Se non trovano della carne in
giro, le manguste non disdegnano uva, fichi e anche altra frutta. Con un impatto
ambientale rilevante al quale prossimamente la Croazia dovrebbe porre rimedio.
Il governo ha infatti approvato il disegno di legge sulla Caccia, con l'ultima
parola che spetta al Sabor (Parlamento). Quando il provvedimento sarà varato,
questo piccolo e vorace carnivoro potrà essere oggetto di caccia senza
restrizioni. Ricordiamo che le manguste erano tutelate nell'allora Jugoslavia
dalla legge fino al 1949, ma a partire da quell'anno non furono mai intraprese
battute di caccia per cancellarne o quantomeno ridurne la presenza. Inoltre i
cacciatori dalmati - rispettando una tradizione mai scritta - hanno sempre
preferito non puntare le armi contro l'animaletto. Un altro fattore che ha
consentito alle manguste di riprodursi a centinaia di migliaia nelle isole
meridionali della Dalmazia e nelle vicine Erzegovina e Montenegro. A spiegare il
perché è Roko Baréié, presidente della societa' venatoria Lumbarda, isola di
Curzola: «Durante le battute di caccia non è raro imbattersi nelle manguste. Ma
non le mettiamo nel mirino, pure sapendo che sono dannose. A proteggerle dai
nostri fucili sono le frasi, i racconti dei nostri genitori e nonni, secondo cui
le manguste eliminano le vipere e dunque non vanno uccise. Il nostro
comportamento magari è sbagliato, ma è così». Fra gli addetti ai lavori c'è
intanto chi vorrebbe prendere esempio da quanto attuato anni fa sull'isola
giapponese di Amami, tre volte più grande di Curzola e do-ve le esche avvelenate
hanno fatto sparire quasi tutta la popolazione di manguste. Da quel momento in
poi le specie decimate dal carnivoro sono ricomparse numerose.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - SABATO, 3 novembre 2018
Il progetto del Molo VIII e le ricadute sul futuro
della Ferriera di Servola
La Piattaforma logistica è solo il primo passo. Il secondo potrebbe essere
l'area a caldo della Ferriera di Servola. Che si verifichi l'ingresso di un
partner straniero o che la Docks San Servolo continui da sola, la vicinanza tra
il nuovo terminal portuale e lo stabilimento siderurgico inserisce la zona
comprendente cokeria e altoforno nella rivoluzione logistica che sta per
cominciare nell'area. L'interesse cinese sulla Piattaforma va di pari passo a
quello sulla possibilità di impegnarsi nella realizzazione del Molo VIII. Un
terminale tutto nuovo e di grandi dimensioni, che avrebbe bisogno di servizi
ferroviari che l'assetto attuale non permette di immaginare. L'attuale area a
caldo garantirebbe lo spazio necessario per la costruzione di un nuovo terminal
ferroviario, che permetterebbe di creare convogli da 750 metri: lo standard più
alto oggi esistente per i trasporti su ferro. Con la possibilità di vedere ogni
giorno 25 treni in entrata e altrettanti in uscita. L'Autorità portuale spera in
un simile sviluppo e fonti politiche raccontano di un lavoro di mediazione
svolto da Zeno d'Agostino tra possibili investitori e il cavalier Giovanni
Arvedi. Trattative concrete per ora non si registrano sul piano locale né sono
conosciute ai vertici di Federacciai, ma nel mondo economico regionale si dice
che l'imprenditore cremonese sia stanco delle pressioni del centrodestra. Al
governatore Massimiliano Fedriga Arvedi avrebbe detto di essere pronto a
valutare offerte, sottolineando tuttavia che l'intenzione è continuare a
produrre ghisa. Nella giunta c'è tuttavia chi ritiene che China Merchants
avrebbe già fatto pervenire una proposta da 45 milioni per l'area a caldo,
sentendosene chiedere 200 per tutta l'area. Se Arvedi si siederà davvero al
tavolo della trattativa, sono due gli scenari possibili. Il meno probabile è la
cessione di tutta la zona dello stabilimento, il secondo riguarda invece la sola
area a caldo, che è quanto più importa per realizzare la nuova stazione di
Servola. Se si seguisse la via della cessione parziale, Siderurgica Triestina
potrebbe limitarsi all'utilizzo del laminatoio a freddo o costruire un altoforno
di nuova generazione nella parte rimanente, acquistando il coke invece di
produrlo in proprio. La sola cosa certa è che Arvedi non intende partecipare
alla partita della logistica e vorrebbe anzi rivedere l'Accordo di programma per
ridurre gli impegni di spesa che lo aspettano e che, assieme all'arrivo di un
investitore, sono quelli che la Regione spera possano convincerlo a chiudere
bottega. Sia quel che sia, i tempi saranno comunque lunghi. Da un accordo
all'eventuale chiusura dell'area a caldo non passeranno meno di quattro anni e
chi subentrerà dovrà inoltre sobbarcarsi le opere di bonifica e i costi
conseguenti. Ecco allora Francesco Parisi chiarire che «il nostro progetto non
prevede per forza l'ingresso di soci: siamo pronti a partire anche da soli».
Senza escludere un interessamento diretto per l'area a caldo, magari in
allineamento con Rete ferroviaria italiana e Autorità portuale. La prima
potenzialmente interessata alla costruzione e messa a reddito della nuova
stazione di Servola, la seconda allo sviluppo in chiave logistica dell'area.
La guerra della plastica monouso incombe sul Consiglio
Europeo
La direttiva approvata in Parlamento Ue intende bandire piatti, posate e
altri prodotti dal 2021 L'industria ritiene la norma punitiva, ma le tonnellate
di rifiuti sulla Terra sono ormai 240 milioni
Roma - Il problema legato alla dispersione della plastica nell'ambiente è
ormai dilagante: nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo ha approvato
attraverso una risoluzione, il divieto alla commercializzazione di numerosi
prodotti usa e getta, che sono tra le principali cause di inquinamento.
1 - 240 milioni di tonnellate Il recente Rapporto della Banca Mondiale sui
rifiuti nel mondo ci dice che nel 2016, sulla Terra, sono state prodotte 242
milioni di tonnellate di rifiuti plastici (il 12% del totale dei rifiuti
generati). Un terzo di questi rifiuti non viene gestito in alcun modo: finisce
per terra, nei fiumi, nei laghi, nei mari, sugli alberi. Generiamo rifiuti
plastici dagli anni '50, e la quantità dispersa nell'ambiente è enorme. Non c’è
da stupirsi se ne sono pieni i fondali marini, con circa 8 milioni di tonnellate
di rifiuti all’anno. Considerati i lunghi tempi di degradazione di molti
polimeri, ed i loro danni sull'ambiente (non solo inquinamento, ma anche
alterazione delle catene alimentari), il tema “rifiuti plastici” e’ diventato
scottante. Nel frattempo le “bioplastiche” (quelle biodegradabili) non hanno
raggiunto quote di mercato importanti, arriveranno a 12 milioni di tonnellate di
prodotto nel 2020 su un totale di 235 milioni, nel mondo.
2 - Banditi piatti e posate – Cosi’ il Parlamento Europeo ha votato a stragrande
maggioranza (571 voti favorevoli, solo 53 contrari) un primo provvedimento per
la messa al bando della plastica monouso, dei prodotti usa e getta che
rappresentano il 50/70% della plastica che si accumula nei mari e negli oceani.
Una decisione che dà il via all'approvazione della Direttiva sui rifiuti
plastici, ora all'esame del Consiglio Europeo, per poi diventare esecutiva. Il
testo approvato dal Parlamento (ma che potrà essere corretto dal Consiglio)
prevede il divieto di utilizzo dal 2021 di prodotti usa e getta come posate,
piatti, bastoncini cotonati, mescolatori per bevande, aste dei palloncini,
sacchetti ultraleggeri, contenitori da asporto per fast food, filtri per
sigarette, carte per caramelle. 3 - Bottiglie, riciclo al 90% - Introduce anche
un contenuto minimo di plastica riciclata nelle bottiglie (almeno il 35% entro
il 2025). Altre misure riguardano i materiali plastici usati dai pescatori. Dal
2025 il 90% delle bottiglie in plastica dovranno essere raccolte separatamente e
riciclate in tutta l'Unione Europea. Lotta anche alle microplastiche nei
cosmetici e nuove regole per i rifiuti nelle imbarcazioni e nei porti. 4 -
L'impatto sull’industria - La decisione è frutto di un lungo braccio di ferro
fra l'approccio ambientalista e gli interessi di una fiorente industria dei
polimeri plastici. Le preoccupazioni dell'industria plastica e di quella
agroalimentare si sono fatte sentire, lamentando un provvedimento punitivo, che
non guarda ad una strategia globale di riduzione dell'inquinamento, ma solo a
penalizzare un comparto industriale solido che produce prodotti a basso costo.
La sostituzione di questi prodotti con altri di diversi materiali rischia,
secondo i produttori, di fare aumentare il costo di molti beni di consumo.
Preoccupazioni che il Consiglio Europeo terrà in considerazione, visti gli
interessi di molti paesi europei. 5 - Le conseguenze sull’Italia - L'impatto
sull'Italia potrebbe essere importante, anche considerata la scadenza molto
ravvicinata del divieto. Molte industrie nostrane producono posate, piatti di
plastica e prodotti usa e getta. Il tempo dato perla conversione è risicato (due
anni), e su questo punto la battaglia nel Consiglio Europeo potrebbe essere
violenta. Non a caso il Presidente di Confindustria Boccia ha ritenuto
"punitivo" il testo della nuova direttiva varato dal Parlamento, sottolineando i
rischi per le imprese italiane (3 miliardi di fatturato l'anno) e per i 3.000
dipendenti del settore.
Alfredo De Girolamo
A Trieste gli "eco-pellegrini" diretti in Polonia a
piedi
Sono partiti da Roma il 4 ottobre e arriveranno a Katowice, in Polonia, dove
si terrà la conferenza Onu sul clima. Sono un gruppo di pellegrini che ieri
hanno fatto tappa a Trieste, dove si fermeranno per alcuni giorni. Giunti a
piedi, dopo una lunga marcia sotto la pioggia, sono attualmente ospitati in
città dalla parrocchia Immacolata Cuore. «Il pellegrinaggio - spiegano - vuole
essere, a partire dai territori, dalle comunità locali, il veicolo per esprimere
un messaggio pacifico di preoccupazione verso gli effetti dei cambiamenti
climatici. I partecipanti arrivano da tutto il mondo: siamo italiani, inglesi,
francesi, filippini, americani, che hanno percorso in toto, o in parte,
l'itinerario. A Trieste siamo arrivati percorrendo il sentiero della Salvia,
nonostante il maltempo. Il nostro umore è sempre positivo».Il gruppetto ha
continuato la sua strada lungo Grignano, Barcola e viale Miramare. Oggi
partiranno dalla parrocchia di via Ruggero Manna per raggiungere, sempre
rigorosamente a piedi, la cattedrale di San Giusto per la Santa Messa. Alle
17.30 spazio a un incontro aperto a tutti, all'oratorio parrocchiale San Marco
Evangelista di strada di Fiume 181, per condividere le loro storie e per parlare
dell'esperienza promossa insieme ad Accri, Greenpeace e Legambiente Trieste.
L'appuntamento è a ingresso libero. Domani tutti ripartiranno, con l'obiettivo
di arrivare in Polonia entro il 14 dicembre.
IL PICCOLO - VENERDI', 2 novembre 2018
Domani - Conferenza sul clima
Accri, Greenpeace Trieste e Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste accolgono i pellegrini partiti da Roma il 4 ottobre e diretti a Katowice, dove si terrà la 24esima Conferenza Onu sul clima, organizzando incontri con la cittadinanza. Domani, alle 9, ritrovo alla Parrocchia immacolato Cuore per marciare con i pellegrini fino alla cattedrale di San Giusto. Info: www.accri.it, biblio@accri.it, 3248093208 (Paola).
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 novembre 2018
Sviluppo e fonti rinnovabili: imparare divertendosi
Boom di visitatori, soprattutto tra i più giovani, per la mostra
"Energeticamente-Tutti su per Terra" allestita fino al 18 novembre in sala
Negrisin
MUGGIA Scaldare l'acqua pedalando, studiare un motore a idrogeno,
confrontare l'efficienza di alcune lampadine. Queste sono solo alcuni degli
esperimenti in cui ci si può cimentare in "Energeticamente - Tutti su per
Terra", la mostra allestita in sala Negrisin a Muggia. La doppia esposizione sta
registrando numeri importanti in termini di apprezzamento, specie tra i più
giovani. Ed è proprio per sensibilizzare soprattutto i più giovani sullo
sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili di energia che è stata
strutturata questa mostra pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di
educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis, proposta dagli
assessorati all'Ambiente e alla Cultura in occasione della "Settimana per
l'Educazione allo Sviluppo Sostenibile". In "Tutti su per Terra" una serie di
pannelli propongono testi divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni
e vignette di noti autori italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile.
"EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori che consentono di osservare,
verificare e comprendere, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno.
Una buona parte del materiale è dedicata alle fonti rinnovabili e offre
un'opportunità per riflettere sugli stili di vita. «Questa doppia esposizione
vuole sensibilizzare le persone riguardo ad alcuni temi importanti per il futuro
della Terra», ha spiegato Paolo Antoniazzi, referente di Eupolis. La mostra, a
ingresso libero, sarà visitabile fino a domenica 18 novembre da martedì a
venerdì dalle 17 alle 19, sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, domenica e
festivi dalle 10 alle 12, lunedì chiuso.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 ottobre 2018
«Troppi rumori dalla Ferriera» - Dal M5s una diffida al sindaco
Sarà l'avvocato Vida a preparare l'atto da consegnare a
Dipiazza. La consigliera Bertoni: «Serve un'ordinanza per tutelare la zona di
Servola»
Una diffida che - secondo i proponenti - obbligherà il sindaco Roberto
Dipiazza a intervenire entro 30 giorni per ridurre l'inquinamento acustico della
Ferriera di Servola. Il Movimento 5 Stelle ha avviato la raccolta delle adesioni
per preparare il documento che sarà spedito dall'avvocato Fulvio Vida. Per la
consigliera comunale pentastellata Cristina Bertoni, «il sindaco deve adempiere
ai suoi doveri di tutore della salute pubblica rispetto alla situazione
accertata a Servola da anni. La legge prevede che il primo cittadino possa
emettere una ordinanza per sospendere temporaneamente le attività che causano il
disagio, fino a quando non verranno adottati interventi atti a ridurre le
emissioni entro i limiti di legge». Secondo Bertoni «questo è un atto che va
nella direzione della chiusura dell'impianto e si coniuga con il nostro
programma elettorale che prevedeva il superamento dell'area a caldo». A
preparare la diffida sarà l'avvocato Fulvio Vida che nel suo discorso ai circa
30 partecipanti al meet up di Trieste, ieri, ha evidenziato che «non sarà un
intervento che risolverà la questione. Esiste una precisa legge che fissa i
limiti che si possono sopportare. Risulta da tutti gli accertamenti dell'Azienda
sanitaria universitaria integrata di Trieste e dell'Arpa che ci sono degli
sforamenti e questo comporta che vi sia una responsabilità penale e civile in
capo al sindaco che non provvede al riguardo». Il M5s ha anche annunciato
l'organizzazione di una prossima manifestazione pubblica, chi volesse
sottoscrivere la diffida può rivolgersi allo studio legale Vida o ai
rappresentanti pentastellati. -
Andrea Pierini
"Baratto" Comune-Verdi - Le ruspe a un passo dalla Sala
Tripcovich
Pronta la permuta che consentirà al Municipio di riavere dalla Fondazione
teatrale la vecchia stazione dei bus in cambio di un deposito per scenografie
alle Noghere
Il Comune si appresta a rientrare in possesso della Sala Tripcovich, con il
fermo proposito di abbatterla. Per farlo darà in permuta alla Fondazione del
Verdi un magazzino di proprietà comunale a Muggia, che al teatro serve come
deposito per scenografie e attrezzature di scena. A provarlo c'è una delibera
che modifica il Piano delle alienazioni dell'ente locale proprio a questo scopo.
Il testo è passato in giunta nei giorni scorsi. L'assessore comunale ai Teatri
Serena Tonel spiega che il testo che sancirà poi l'effettivo passaggio di mano
dell'edificio è ancora provvisorio: parlerà attraverso le carte quando saranno
pronte. Il sindaco Roberto Dipiazza, che dell'abbattimento della sala fa da
tempo una delle sue missioni, entra nei particolari: «Sarà in sostanza
un'operazione inversa a quella che il Comune ha fatto dando la Tripcovich al
Verdi per consentire al teatro stesso di capitalizzare. Adesso consegniamo i
magazzini di via del Canneto a Muggia e in cambio otteniamo la Tripcovich».
Questo permetterà dunque al Comune, salvo prese di posizioni contrarie da parte
della Soprintendenza, di avviare il procedimento per raderla al suolo.
«Altrimenti potrei metterci un supermercato di mia proprietà, o una casa di
risposo per politici...», scherza il primo cittadino. La delibera parte dal
dicembre del 2012, quando il Comune dona alla Fondazione del Verdi la sala di
piazza Libertà «quale conferimento patrimoniale». Passa poi a un'ulteriore
delibera del 2016, che dava mandato agli uffici di procedere «alle istruttorie
necessarie al conferimento alla Fondazione del Verdi della proprietà
dell'immobile sito in via del Canneto 16, alle Noghere, utilizzato dalla stessa
Fondazione per le attività di laboratorio scenografico». Gli uffici hanno
concordato sul fatto che il passaggio di mano può agevolmente avvenire
attraverso la permuta della Tripcovich in cambio del deposito configurando così
una "restituzione" da parte del Verdi della vecchia stazione dei bus. Ne
ricaverà un edificio di cui il teatro sente vivo bisogno. Tanto più che il
Comune, prosegue ancora la delibera, deve provvedere ai bisogni della Fondazione
di cui è socio fondatore: «Ha l'obbligo di mettere a disposizione (...) i beni
immobili necessari al perseguimento dei fini statutari, per le attività di
laboratorio scenografico». La delibera dettaglia ulteriormente lo scopo per cui
il magazzino viene dato al Verdi, e si tratta principalmente di «azioni
strategiche previste dal piano di risanamento», «per le opportunità
socio-educative e di conservazione del patrimonio storico-culturale che tale
operazione potrebbe offrire, nonché per la messa in sicurezza della situazione
economico-finanziaria della Fondazione stessa». Nei giorni scorsi il futuro
della Tripcovich era stato oggetto di una richiesta di commissione del
consigliere forzista Bruno Marini, che assieme alla collega Manuela Declich era
l'unico "oppositore" all'abbattimento della sala del centrodestra. Ora ha
cambiato idea: «Mi opponevo soltanto perché conosco la carenza di grandi sale a
Trieste. Ora che è avviato il centro congressi nell'ambito di Esof 2020, non c'è
più ragione di dire di no. Da parte mia e di Declich, nulla osta».
Giovanni Tomasin
Attesa del verdetto e possibili ricadute sul
cantiere di piazza Libertà
L'eventuale addio alla struttura aprirebbe la vista sui portali
d'ingresso al Porto vecchio, modificando le coordinate del progetto
L'attuale intervento di riqualificazione di piazza Libertà potrebbe non
essere definitivo vista la volontà del sindaco di abbattere la Sala Tripcovich.
In altre parole l'addio all'ex stazione delle corriere, che consentirebbe di
aprire la vista sui portali dell'ingresso del Porto vecchio, renderebbe il
cantiere nella piazza, iniziato da poco e destinato a proseguire per i prossimi
per i 295 giorni, un semplice maquillage iniziale. Attualmente i lavori sono
iniziati nell'area che sta proprio tra la Tripcovich e la stazione delle
corriere, anche con l'eliminazione degli stalli dei motorini che al momento non
sono stati sostituiti. Di qui una prima criticità, visto che in via Flavio Gioia
è stata di fatto presa d'assalto l'area pedonale che costeggia il Silos,
diventata ormai un parcheggio dedicato ai mezzi a due ruote. Il secondo problema
è legato invece a chi magari mette male il motorino e blocca l'uscita delle
corriere, causando ritardi e bloccando anche le auto di chi accompagna qualcuno
in stazione. «Al momento la strada non è del Comune - evidenzia l'assessore
all'Urbanistica, Luisa Polli - stiamo però lavorando con Ferrovie italiane per
acquisirne il primo tratto, questo per dare una serie di risposte collegate
anche al rifacimento di piazza Libertà». La volontà dell'amministrazione è
quella di creare il parcheggio dei taxi proprio sul lato della stazione, andando
a modificare il traffico visto che finalmente potrebbe sbloccarsi anche il
cantiere del Silos. Per quanto riguarda invece gli scooter, ci saranno parecchie
novità visto che nell'area verranno creati solo stalli in linea nella zona della
farmacia. «Grazie al lavoro del personale dell'ufficio Mobilità e traffico -
aggiunge Polli - quando la "bretella" che passa dietro al teatro Miela non sarà
più necessaria per il cantiere, creeremo altri parcheggi in linea. Più avanti
andremo anche a spostare l'area di sosta che c'è ora davanti al teatro,
mettendola al fianco del park del Molo IV». Una sorta di work in progress che
cercherà di adattarsi alle necessità e alle nuove dinamiche del traffico
cittadino. «Dalla data dell'insediamento - rimarca Polli - abbiamo creato 500
posti per i motorini, l'obiettivo è arrivare a 800». Un'altra novità riguarderà
poi il tratto di via Filzi davanti alla chiesta Serbo Ortodossa, dove il
marciapiede verrà allargato anche per andare incontro alle richieste della
comunità, «i parcheggi che sono stati creati di recente verranno quindi
trasferiti senza andare a ridurne il numero», ha concluso Polli.
LA STORIA DEL DISCUSSO IMMOBILE - Dai torpedoni
agli spettacoli post restyling - Le due vite dell'edificio nato negli anni '30
L'edificio tra Silos e ingresso del Porto vecchio, progettato a metà anni
Trenta da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, ha vissuto due esistenze. La prima è
strettamente correlata ai motivi per cui venne costruito in cemento armato, cioè
funse per circa mezzo secolo da stazione delle autocorriere, andando di fatto a
formare un polo logistico del trasporto passeggeri con la quasi finitima
stazione ferroviaria centrale. La seconda esistenza della sala Tripcovich è
radicalmente diversa dalla precedente, in quanto riguarda un utilizzo musicale e
teatrale, che venne ricavato all'inizio degli anni '90 del secolo scorso,
allorquando il Teatro Verdi, necessitato di lavori restaurativi, vi trasferì la
sua attività. La prima vita terminò quando verso la fine del decennio Ottanta il
terminal dei pullman traslocò nel vicino Silos. La resurrezione artistica seguì
da lì a poco e il recupero venne curato da Dino Tamburini, mentre del progetto
artistico si occupò Andrea Viotti. L'edificio originario prevedeva una parte
dedicata al transito e alla sosta dei torpedoni, un'altra parte pensata per il
supporto ai passeggeri. Dalla ristrutturazione nacquero il palcoscenico, una
platea dotata di oltre 900 posti, un'area-servizi che comprende foyer, bar,
biglietteria. La genesi autotrasportistica non influenzò l'acustica, ritenuta
ottima, e la visibilità, buona da ogni ordine di posto. Il rombo dei motori e i
fumi delle marmitte lasciarono spazio a discipline meno invasive. La nuova vita
fu resa possibile dal contributo della Regione, del Comune, del gruppo
Tripcovich, il cui intervento fu fortemente voluto e sollecitato da Raffaello de
Banfield (nella foto un suo sopralluogo sul posto). Il maestro era compositore,
musicista, per un quarto di secolo direttore artistico del Verdi. I lavori si
svolsero, con invidiabile solerzia, in un semestre tra il giugno e il dicembre
1992: il giorno 16, poco prima di Natale, l'inaugurazione della sala. La
provvidenziale "riedizione" della vecchia stazione-corriere in sede per
esecuzioni concertistiche, teatrali, solistiche, cameristiche ha consentito al
Verdi, impossibilitato a fruire del teatro progettato da Giannatonio Selva, di
garantire il cartellone fino al maggio 1997. Da Gianandrea Gavazzeni a Lü Jia,
da Carla Fracci a Juliette Greco molte prestigiose espressioni artistiche hanno
potuto contare su questo ingegnoso "ripiego". Dell'abbattimento della sala si
cominciò a parlare fin dai primi anni Duemila. La Tripcovich non è mai piaciuta
a Dipiazza, che ancora a maggio aveva preannunciato la volontà di radere al
suolo l'ottantenne architettura di Nordio: «La Tripcovich è brutta e l'ingresso
alla mia città è brutto», aveva detto il primo cittadino. «Come ho abbattuto la
piscina Bianchi, che era orrenda, così farò con quella stazione delle corriere,
perché questo era prima di essere utilizzata come teatro».
Massimo Greco
IL PROFESSOR TAMINO A DUINO - «Troppo inquinamento - No
al pirogassificatore»
DUINO AURISINA - «Ogni nuovo insediamento è pericoloso, se non si tiene
conto dell'inquinamento atmosferico già esistente sul territorio. Sconsiglio
perciò la costruzione di un pirogassificatore a San Giovanni di Duino». Con
queste parole Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale
all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, ha
concluso la sua lectio magistralis al castello di Duino, nell'ambito di un
incontro organizzato dal Gruppo Salute e Ambiente per analizzare il progetto
Burgo. Dopo aver ricordato che, in Italia, ogni anno «ci sono 70 mila morti a
causa dell'inquinamento atmosferico, certificati dall'Agenzia europea
dell'Ambiente», Tamino ha sottolineato che «nell'area che circonda la Cartiera
della Burgo, cioè quella in cui dovrebbe sorgere il pirogassificatore, siamo già
ai livelli limite per quanto concerne la concentrazione di sostanze inquinanti.
Va ricordato - ha aggiunto il docente - che la Cartiera fu costruita quando
intorno non c'erano gli insediamenti presenti oggi, perciò ritengo
indispensabile una valutazione complessiva dello stato delle cose, prima di
assumere qualsiasi decisione».
Piano sicurezza per la rete dei sentieri a Sgonico
L'operazione servirà ad ampliare e ripulire le piste forestali in modo da
consentire il passaggio dei mezzi di soccorso
SGONICO - Ampliate, ripulite, con i muretti a secco che le delimitano
rimessi a nuovo. Parte l'intervento di ristrutturazione delle piste forestali di
Sgonico. Una rete di circa 15 chilometri e mezzo, la cui funzionalità è
indispensabile per garantire una rapida possibilità di intervento ai mezzi della
Protezione civile in caso di incendio o, comunque, nelle situazioni di
emergenza. Il piano è stato presentato nel corso di un incontro al quale hanno
partecipato il sindaco di Sgonico Monica Hrovatin, l'assessore comunale David
Pupulin, Adriano Morettin e Alfonso Tomè della Protezione civile regionale e
Claudio Berra, in qualità di rappresentante della Bemoter, l'impresa edile di
Tarcento alla quale saranno affidati i lavori, che saranno eseguiti in
collaborazione con l'Ispettorato per le foreste. L'operazione, che sarà
completata entro febbraio, comporterà un costo di 294 mila euro, stanziati
dall'amministrazione Serracchiani nel 2017. «È fondamentale procedere al
ripristino della viabilità forestale per prevenire gli incendi - ha detto
Hrovatin - in quanto l'adeguamento funzionale della rete delle piste è il
presupposto per qualsiasi piano di sicurezza. In sostanza - ha aggiunto - si
tratta di fare la manutenzione delle strade, per consentire l'accesso dei mezzi
di soccorso in caso di necessità. In questo modo, si favorisce anche
l'accessibilità ai terreni privati, perciò ne beneficeranno pure gli agricoltori
dell'altipiano». L'intervento consisterà nel taglio della vegetazione cresciuta
ai bordi delle piste, con un metro di ulteriore margine per ogni lato, rispetto
alla larghezza del tracciato. «Tutto il legname tagliato - ha precisato Hrovatin
- sarà sistemato ai lati delle piste e resterà a disposizione dei rispettivi
proprietari. Inoltre, nell'occasione, si procederà con la sistemazione del fondo
stradale - ha continuato - creando canalette che garantiranno il regolare
deflusso delle acque». Di rilievo, sotto il profilo paesaggistico e della
fruizione di chi ama il Carso, il ripristino dei muretti a secco, classica
realizzazione le cui origini sono secolari. «In questo modo - ha concluso il
sindaco - l'intera area sarà abbellita». La mappa delle piste sulle quali si
interverrà è reperibile all'Ufficio tecnico del Comune ed è visibile anche
all'Albo pretorio. Saranno poi apposti avvisi all'inizio di ogni pista.
Ugo Salvini /
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 ottobre 2018
Fish market e ristorante - Decolla il polo del pesce
dentro il Porto vecchio
Il Comune accelera sul project financing per trovare privati pronti a
investire - Nuovo mercato ittico con locale "panoramico" e musica jazz al
Magazzino 30
Il polo museale di Porto vecchio si trasformerà in polo ittico-culturale.
Sardoni e reperti. Alla fine Roberto Dipiazza l'ha spuntata, avendolo proclamato
fin dall'inizio del mandato nell'estate 2016: il sindaco voleva spostare il
mercato del pesce, da anni precariamente collocato all'ex Gaslini nello Scalo
Legnami, in Porto vecchio. E così sarà. O meglio: il Comune è in procinto di
lanciare un avviso per verificare se vi siano operatori privati disposti a
investire mezzi propri al fine di realizzare un nuovo mercato del pesce, con
annesso ristorante "panoramico", nel Magazzino 30, una struttura curiosamente
dipinta di rosa, che s'affaccia sul bacino "0", lo stesso dove si specchiano i
Magazzini 24 e 25. A pochi passi sorgono il Magazzino 26 e la Centrale
idrodinamica. L'avviso richiede che, attiguo al ristorante, vi sia uno spazio
per il jazz: motivo di una così esplicita previsione è l'assenza a Trieste di un
luogo vocato a questa forma musicale. Ne hanno parlato ieri mattina, a margine
di un'iniziativa sui "rup", l'assessore Elisa Lodi e il direttore dei Lavori
pubblici Enrico Conte.In particolare, il "30" è posizionato sulla sponda
settentrionale del bacino, dove è possibile ormeggiare, opportunità che ha
ulteriormente convinto gli uffici competenti a decidere per il trasferimento in
questo sito. L'avviso è di imminente pubblicazione e configura, dal punto di
vista contrattuale, un project financing, nel quale il Municipio conferisce
l'area e il privato/privati mette i soldi. Questo significa che
l'amministrazione Dipiazza punta a delegare all'esterno la gestione mercatale,
argomento peraltro ribadito a più riprese dall'assessore al Commercio Lorenzo
Giorgi. Lo spazio riservato al mercato ittico è di circa 2 mila metri quadrati,
uffici compresi. Attenzione a un passaggio importante: il Magazzino 30 non è
soggetto a vincolo della Soprintendenza, quindi è abbattibile e al suo posto è
edificabile un nuovo stabile. Nuovo stabile che però deve essere dotato di un
ristorante "panoramico", per cui nella visione comunale al pianterreno si
estenderà il mercato del pesce e a quello/quelli superiori si andrà a mangiare,
ascoltando jazz. Il Golfo evocherà il Mississippi, Trieste richiamerà New
Orleans. Suggestivo. L'avviso è alle ultime correzioni e conterrà il termine per
la presentazione delle offerte, che probabilmente scoccherà nei mesi invernali
del 2019. Non ci saranno indicazioni finanziarie, perché quantità e qualità
dell'investimento dipenderanno dal progetto del privato proponente. Altro
passaggio essenziale: questo avviso non è un bando, dunque non porta a
un'automatica assegnazione di spazi e compiti. Serve al Comune per capire se ci
siano operatori commerciali ed esercenti pronti a finanziare e a gestire un tipo
di intervento finora inedito. Un metodo simile (ma non uguale) a quello adottato
per rigenerare il campo "Giorgio Ferrini" a Ponziana. Sui tempi di realizzazione
i vertici comunali non entrano nel dettaglio, ma fanno comprendere che
l'orizzonte è quella primavera 2021 quando il terzo mandato Dipiazza sarà
terminato. In definitiva, calcolando il 2019 come blocco di partenza, resteranno
due anni per concretizzare molti sogni.
Massimo Greco
Il futuro Museo del mare va in giunta per il primo sì
L'elaborazione frutto di un lavoro di équipe tra i Servizi culturali e i
Lavori pubblici. Una spesa prevista di 33 milioni
Elisa Lodi ed Enrico Conte concordano: il primo progetto ufficiale del
futuro Museo del mare approderà in giunta nei prossimi giorni. Sarà il frutto di
un lavoro d'équipe tra i servizi culturali e l'area dei Lavori Pubblici. Il
Museo del mare assorbirà 33 dei 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni
Culturali per "rigenerare" il Porto vecchio: saranno le vaste dimensioni del
Magazzino 26, la più grande struttura emporiale del punto franco
sdemanializzato, ad accogliere l'allestimento. Il progetto, secondo le
anticipazioni, ricalcherà le linee del documento trasmesso in estate alla
Regione Fvg per chiedere la riformulazione delle previsioni di spesa riguardo
allo stanziamento ministeriale: ricordiamo che in un primo tempo si riteneva che
una porzione assai consistente del "26" avrebbe dovuto essere riservata
all'Icgeb, l'istituto scientifico diretto da Mauro Giacca. A giugno il
ripensamento, il Museo del mare avrebbe "sfrattato" Icgeb: 20 milioni di lavori,
7 milioni di allestimenti, 2 milioni di spese tecniche, solo per citare i
capitoli più significativi. Sei temi sui quali impostare il progetto culturale,
sul modello di Genova, Valencia, Lisbona, Barcellona: pesca, navi e cantieri,
navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed ecosistemi. Saranno 16
gli ambienti-funzioni che articoleranno la narrazione museale all'interno di un
edificio lungo 250 metri, con una superficie di oltre 35 mila metri quadrati.
Entreranno anche l'Immaginario scientifico e il Museo dell'Antartide. Da
chiarire gli spazi per altri soggetti ed esigenze, da Its alle masserizie degli
esuli.
Ferriera - Raccolta firme M5s contro l'area a caldo
Oggi alle 18 nella sala dell'Università Unicusano di Fabio Severo 14, il M5s lancerà la raccolta firme per proporre una diffida al sindaco di Trieste Dipiazza per l'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di Servola. L'obiettivo dell'iniziativa legale è quello di far chiudere l'area a caldo della Ferriera.
Città "green", in Fvg - Pordenone la più virtuosa ma è
Trieste a fare il balzo -
La classifica dell'ecosostenibilita'
Il capoluogo regionale scala dieci posizioni. Giù Gorizia e Udine.
Stabile la qualità dell'aria a eccezione dei livelli dell'ozono
Udine - Pordenone è la sesta città "green" d'Italia dietro a Mantova, Parma,
Bolzano, Trento e Cosenza. Ma anche gli altri capoluoghi Fvg, parola di
Legambiente regionale, non se la cavano male: Udine è diciannovesima, Trieste
ventinovesima, Gorizia trentesima. L'AVANZATA DI TRIESTE - Tra alti e bassi
proprio il risultato di Trieste appare significativo, giacché per la prima
volta, superando Gorizia, non risulta il fanalino di coda della classifica Fvg.
L'Italia del buon ecosistema urbano, spiega l'associazione nel presentare il 25°
Rapporto sulle prestazioni ambientali (redatto a livello nazionale con
l'istituto di ricerca Ambiente Italia e con la collaborazione de Il Sole 24 Ore,
che lo ha pubblicato ieri) «è principalmente l'Italia che spende bene le sue
risorse, si evolve e pianifica le trasformazioni future, non s'accontenta dello
scenario contemporaneo, che in uno o più ambiti produce ottime performance o
raggiunge l'eccellenza». Gli indicatori in campo - Mettendo assieme 16
indicatori, ciascuno dei quali con un punteggio da 0 a 100 - dalla mobilità alla
qualità dell'aria, dalla produzione e gestione di rifiuti ai consumi idrici,
dall'energia al consumo di suolo - Legambiente costruisce così una classifica
2017 in cui Pordenone perde una posizione rispetto al 2016, Trieste ne guadagna
10, Gorizia ne perde 5 e Udine 7. «Non per demerito - spiega però il presidente
regionale Sandro Cargnelutti -, ma perché qualche altro comune ha scalato più in
fretta i parametri dell'eccellenza». Analizzando i dati regionali, la qualità
dell'aria viene descritta come «stabile», ad eccezione dell'ozono (40 giorni di
superamento soglia a Trieste, 50 a Pordenone e Udine), mentre il biossido di
azoto, in un trend in miglioramento, fa segnare la maggiore decrescita proprio a
Trieste. Ed è ancora Trieste, al pari di Gorizia, a registrare livelli pari al
valore obiettivo per la salute (20 mg/m3) indicato dall'Oms. I FOCUS - Tra gli
altri parametri illustrati dal Rapporto, la media Fvg di consumi idrici resta
superiore del 9% rispetto al dato medio italiano (153 litri al giorno pro
capite), la dispersione della rete resta stabile, con Trieste che vede una
riduzione delle perdite (41%), la capacità di depurazione è superiore al 90% per
Gorizia, Trieste e Udine, con Pordenone al 76%. Torna a crescere la produzione
di rifiuti urbani, in particolare nel capoluogo regionale (465 kg annui per
abitante), con una media regionale di 533 che supera il valore obiettivo di 365
(un kg al giorno). È inarrestabile peraltro la raccolta differenziata; Pordenone
si conferma eccellenza (è tra i tre comuni del Nord che superano la soglia
dell'80%), Gorizia e Udine superano l'obiettivo del 65% e Trieste fa un
ulteriore balzo in avanti raggiungendo il 40%. Non manca il focus sulla
disponibilità di alberi in aree di proprietà pubblica. I primi dati raccolti
evidenziano una sostanziale omogeneità: Pordenone conta 29 alberi ogni 100
abitanti, Gorizia segue con 26 davanti Udine con 24; Trieste, che non aveva
fornito il dato lo scorso anno, arranca con 10 alberi, con la precisazione però
che il censimento non ha tenuto conto dei parchi comunali del Boschetto, di
Villa Giulia e della Napoleonica. Il valore medio italiano è 19 alberi ogni 100
abitanti.
Marco Ballico
L'inaspettato ospite texano che spunta nel parco
Farneto
Nella parte alta del giardino si trova un esemplare di "Moro degli Osagi",
pianta originaria del Texas portata a Trieste dagli alleati
C'è un "ospite" insolito nella parte superiore del parco Farneto, vicina
alla scuola "Codermatz". È un esemplare di Maclura pomifera, noto anche come
"Moro degli Osagi": una pianta esotica che gli specialisti del Governo militare
alleato piantarono lì nel bosco dopo il 1945. Con i suoi rami, quasi lunghe
braccia, forma una sorta di verde galleria che sovrasta un intero sentiero e
che, nel 2015, ha richiesto un intervento di consolidamento da parte del settore
del Verde pubblico comunale. «Quest'albero lo meritava - spiega il responsabile
del Servizio spazi aperti Verde pubblico Francesco Panepinto - per il suo
elegante portamento, l'ampia copertura, l'appartenenza alla parte rimboschita
dagli Alleati, che è un pezzo di storia del Farneto. Il nome rimanda alla tribù
indiana degli Osage, che utilizzavano le radici color arancione della pianta per
ricavarne una polvere con cui tingersi il volto durante i loro rituali. Il Moro
degli Osage è originario del Texas. E nell'anno in cui si celebra il
settantesimo compleanno di Tex Willer è curioso pensare che, a due passi dal
viale XX Settembre, si possono ammirare delle piante che gli indiani
utilizzavano in particolare per costruirsi gli archi. Ma attenzione: come spiega
il responsabile del Verde Pubblico, questo albero americano è difficile da
tagliare. E dunque meglio osservarlo, non toccare le sue spinose fronde e
ammirarlo, forestiero d'oltre oceano accasatosi brillantemente in uno storico,
grande bosco europeo.
Maurizio Lozei
Vive nel Nord Italia il 95% degli europei a rischio per
lo smog - Emergenza inquinamento
Copenaghen - Il Nord Italia si conferma l'area più inquinata d'Europa. A
segnalare il primato è l'Agenzia europea per l'Ambiente: secondo la relazione,
nel nostro Paese l'inquinamento atmosferico è causa di circa 84.300 morti
premature ogni anno. L'Agenzia con sede a Copenaghen ha analizzato in
particolare i valori di tre indicatori: polveri sottili (Pm 2.5), biossido di
azoto e ozono. Oltre 47 milioni di europei (l'8,9% del totale) vive in zone a
rischio, nelle quali almeno due di questi parametri vengono superati. Ma circa
3,9 milioni di cittadini abitano in zone a «super rischio», dove cioè i valori
limite vengono sforati per tutti e tre i parametri. E dove vivono, esattamente?
Ben 3,7 milioni (ossia il 95% del totale) si trova nel Nord Italia, in
particolare «nelle aree urbane» lungo la Pianura Padana. «Il trasporto su strada
- sottolinea il rapporto - è una delle principali fonti di inquinamento
atmosferico». Ma l'Aea punta il dito anche contro «agricoltura, produzione di
energia, industria e abitazioni». L'Italia è il secondo Paese europeo per
decessi prematuri legati all'inquinamento da polveri sottili (60.600 morti nel
2015), seconda soltanto alla Germania (62.300 decessi annui, anche se la
popolazione tedesca è maggiore). Resta invece al primo posto per le morti
premature connesse all'inquinamento da biossido di azoto (20.500) e da ozono
(3.200). Sempre ieri è stato diffuso un rapporto dell'Organizzazione mondiale
della Sanità che definisce lo smog «il nuovo tabacco». A livello globale si
contano 7 milioni di decessi ogni anno, tra cui 543 mila bambini sotto i cinque
anni. A maggio la Commissione europea aveva deferito l'Italia alla Corte di
Giustizia dell'Unione europea per aver sforato i valori limiti del particolato
(Pm10) e per non aver presentato adeguati piani anti-smog (le analisi hanno
rilevato che in 28 zone - tra Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto - i valori
limite giornalieri sono stati costantemente superati, arrivando nel 2016 fino a
89 giorni). Per lo stesso motivo sono finite davanti ai giudici di Lussemburgo
la Romania e l'Ungheria. L'Ue ha rinviato alla Corte anche Germania, Francia e
Regno Unito, anche se loro sono finiti sul banco degli imputati per non aver
rispettato i valori-limite relativi al biossido di azoto.
Marco Bresolin
Il tonno da record pescato a Cherso - Pesa 317
chilogrammi
È stato stabilito il nuovo record del tonno più grande pescato
nell'Adriatico. Pesa 317 kg l'esemplare catturato nelle acque dell'isola di
Cherso da Zoran Srdarev Mure, di Vodice presso Sebenico: è il più famoso
pescatore di tonni in Croazia, e non ha avuto difficoltà a piazzare l'esemplare
da record sul mercato italiano. A lui apparteneva anche il record precedente: un
tonno di 303 kg pescato nel 2004.
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 ottobre 2018
I ragazzi riprogettano il Volta nel nome della
sostenibilità
Oltre 200 studenti di quarta e quinta hanno partecipato al contest "Sustainable
School" con il supporto di professori e tecnici di Siram by Veolia
Si è concluso con le premiazioni delle idee migliori elaborate dai ragazzi
il concorso "Sustainable School" che a fine settembre ha coinvolto oltre 200
studenti di quarte e quinte del Volta. Ogni gruppo, ciascuno nell'ambito del
proprio indirizzo tecnico, con il supporto dei professori e di uno staff di
esperti Siram by Veolia, ha avuto il compito di realizzare un progetto di
performance energetica, di riqualificazione tecnologica o edile dell'istituto.
Gli studenti hanno sviluppato alcune soluzioni ritenute adatte a progettare una
"scuola modello", innovativa e sostenibile. Siram, sponsor Barcolana50, ha
promosso l'iniziativa nel quadro degli eventi correlati alla regata. L'azienda,
che opera in Italia da oltre 100 anni, si occupa di soluzioni all'avanguardia
nell'ambito dell'efficienza energetica, della gestione ottimizzata del
trattamento delle acque e dell'intermediazione e dello smaltimento di rifiuti
speciali. Con il concorso ha garantito la possibilità ai giovani di lavorare in
team, mettendo a frutto le competenze apprese a scuola e con le informazioni
fornite direttamente dai tecnici a disposizione dei ragazzi. Le premiazioni
della competizione rivolta agli studenti si sono tenute al Villaggio Barcolana
con la consegna dei riconoscimenti alle tre classi che hanno presentato i
migliori progetti di performance energetica, che hanno conquistato assegni da
tremila, 1.250 e 750 euro. Primo gradino del podio ottenuto dai "Meccatronici"
della V I, con il progetto sull'Impianto di cogenerazione a servizio
dell'Istituto. La IV A dell'indirizzo "Costruzione Ambiente Territorio" ha
guadagnato il secondo piazzamento con il progetto di Revamping energetico
dell'aula laboratorio del Dipartimento di costruzioni, mentre gli "Informatici"
della V E si sono classificati terzi con il progetto Pocket smart Room, relativo
a un sistema di controllo dell'illuminazione e del riscaldamento di un'aula tipo.Sei
studenti delle classi vincitrici avranno inoltre l'occasione di prendere parte a
un percorso di alternanza scuola-lavoro in una delle sedi Siram dell'Unità di
business Nord Est, per un'esperienza aziendale a fianco dei tecnici.
«Ringraziamo tutti gli studenti, i docenti e i dirigenti scolastici del Volta
per l'impegno e il lavoro fatto insieme», ha dichiarato Paolo Maltese, direttore
Unità di business Nord Est Siram by Veolia: «L'Istituto Volta per Trieste è un
riferimento nella formazione di tecnici sul territorio, un vivaio da cui negli
anni abbiamo attinto con grande soddisfazione e orgoglio». «Quest'iniziativa è
stata accolta da ragazzi con entusiasmo e senso di responsabilità», così la
preside del Volta Clementina Frescura: «L'Istituto da sempre è impegnato a
creare tecnici di talento e questo progetto ci ha dato l'opportunità di far
vivere ai ragazzi un'esperienza che è andata oltre le mura scolastiche».-
La concessionaria Autovie Venete "green" - ridotti i
costi energetici
Con misure che vanno dal parco fotovoltaico che consente di illuminare
un'intera galleria, alla sostituzione del 70% dei punti luce in illuminazione a
led, Autovie Venete fra il 2015 e 2017 ha ridotto i costi totali per energia
elettrica, gpl e gasolio per riscaldamento, metano e gasolio e benzina per
autotrazione di 628 mila euro fino giungendo a poco oltre 2,5 milioni. Il
vettore energetico col maggior risparmio - precisa la Concessionaria - è
l'energia elettrica.
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 ottobre 2018
San Luigi - Parco Farneto Inaugurata la nuova area per
il fitness
È stata inaugurata ieri, presente anche l'assessore ai Lavori pubblici Elisa
Lodi, la nuova area fitness realizzata dal Comune nell'immediata prossimità
dell'accesso al Parco Farneto, a San Luigi, cioè nell'area di parcheggio di via
Marchesetti antistante i civici 18-20-22. Installati attrezzi e un fondo "smorzacadute".
IL PICCOLO - SABATO, 27 ottobre 2018
DOMANI - Alla scoperta del Rilke con le guide Gemina
Il Comune di Duino Aurisina e la Cooperativa Gemina organizzano la visita guidata sul Sentiero Rilke che si svolgerà domani con inizio alle ore 14.30. La partecipazione è gratuita, ma è necessaria la prenotazione. Per informazioni e prenotazioni: Cooperativa Gemina, telefono 334 7463432 . Rimasto a lungo in abbandono, il sentiero Rilke è stato ripristinato nel 1987 dopo un lungo lavoro di recupero .
VOCEARANCIO.ing.it - VENERDI', 26 ottobre 2018
Elettrosmog e smartphone: tutto quello che dovete sapere
Le (poche) certezze della scienza in materia, le linee guida ufficiali e come scoprire quante onde elettromagnetiche emette il vostro telefono
Gli smartphone fanno male? Se parliamo di inquinamento
elettromagnetico, non esiste una risposta semplice. Gli effetti a lungo termine
sono ancora da studiare in modo chiaro: i telefoni sono entrati nelle abitudini
globali in modo così pervasivo da troppo poco tempo per avere un quadro chiaro
delle conseguenze sul corpo umano. Come sempre, il punto di partenza migliore
per provare a capire un argomento sono le fonti ufficiali, in questo caso
l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, sul suo sito, ha una sintesi di
tutto quello che possiamo dare per scientificamente accurato sull’argomento.
Un’altra informazione importante è che l’IARC, l’Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro, ha condotto la ricerca epidemiologica su questo tema
(partecipanti da tredici paesi, studiati nell’arco di dieci anni) e ha stabilito
che l’uso di smartphone è «possibilmente cancerogeno», mettendo i telefonini
nella lista 2B, un lungo elenco di sostanze la cui associazione con determinati
tumori è considerata credibile ma non può essere ancora data per certa.
Il dato da conoscere sul vostro smartphone si chiama SAR. I fatti: gli
smartphone emettono onde elettromagnetiche. A differenza di quelle dei raggi X o
gamma, quelle del telefono non sono in grado di spezzare legami chimici o
ionizzare il corpo umano e sono per questo motivo infinitamente meno nocive. La
pericolosità delle emissioni si misura in SAR, che sta per «Specific Absorption
Rate», Tasso di Assorbimento Specifico, un valore che misura l’energia
elettromagnetica assorbita dal corpo umano per unità di massa. È uno strumento
di indagine che si applica a tanti dispositivi (compresi i router Wi-fi) ma per
gli smartphone è particolarmente importante perché l’uso che ne facciamo prevede
che siano per ore a stretto contatto con il nostro corpo. In Europa il limite di
sicurezza per il valore SAR è 2,0 Watt per Kg. Ogni telefono ha un suo valore
SAR, che per legge quindi non può mai superare questa soglia, al di sotto della
quale però i valori oscillano molto. L’Ufficio Federale tedesco per la
protezione delle radiazioni ha una lista completa delle radiazioni che il sito
Statista ha sintetizzato in un’efficace infografica che racchiude i dispositivi
con valore più alto (quindi più vicino alla soglia critica) e quelli virtuosi,
con le emissioni elettromagnetiche più basse.
I migliori e i peggiori del momento. Non è detto che questo dato debba essere
preso in considerazione tra quelli decisivi prima di comprare uno smartphone, ma
sono valori che è bene conoscere per fare le proprie scelte in modo informato.
Nell’ultimo aggiornamento dell’Ufficio Federale Tedesco, l’Mi A1 di Xiaomi fa
riscontrare i valori di emissioni più alti, con un SAR di 1,75, segue al secondo
posto One Plus 5T, con 1,68, e poi cinque modelli Huawei (Mate 9, P9 Plus, GX8,
P9 e Nova Plus), con un dato SAR che oscilla tra 1,64 e 1,41. Nella lista dei
quindici con più emissioni elettromagnetiche ci sono anche l’iPhone 7 (SAR 138)
e l’iPhone 8 (SAR 1,32). Nella lista dei telefoni con minori livelli di
emissioni spiccano invece il Samsung Galaxy Note 8 e ZTE Axon Elite, a pari
merito al primo posto con il valore più basso di tutto il parco smartphone
mondiale, un eccellente 0,17. Si comportano molto bene anche LG G7 (0,24),
Google Pixel XL (0,25), i Samsung Galaxy S8+ (0,26) e S7 Edge (0,26).
I consigli per tenere l’elettrosmog sotto controllo. L’informazione più
importante da tenere a mente è che l’esposizione alle onde elettromagnetiche
degli smartphone crolla con la distanza dal dispositivo: bastano 30-40
centimetri per essere in una situazione di totale sicurezza. La principale
interazione tra la radiofrequenza e il corpo umano è il surriscaldamento dei
tessuti: la maggior parte dell’energia viene assorbita dalla pelle e dagli altri
tessuti superficiali, prima di arrivare al cervello o ad altri organi. Il
momento più critico, dal punto di vista delle emissioni elettromagnetiche, sono
le telefonate, quindi tenete sotto controllo la durata e la lunghezza e, quando
possibile, usate degli auricolari. Inoltre. migliore è la ricezione telefonica e
minori sono le emissioni, che invece aumentano quando «non c’è campo» e provate
ugualmente a telefonare. Altri consigli utili arrivano dalla Società Italiana di
Medicina Ambientale: evitate di dormire tenendo lo smartphone e radiosveglie sul
comodino, limitatene l’uso da parte dei bambini e in generale all’interno di
un’auto in movimento.
(leggi
l'articolo originale)
IL PICCOLO - VENERDI', 26 ottobre 2018
Da Roma pietra tombale sull'Alta velocità fra Venezia e
Trieste
Approvato il contratto fra ministero dei Trasporti e Rete ferroviaria
italiana che prescrive il ritiro dei progetti abbandonati per potenziare le
tratte esistenti
Trieste - La commissione Lavori pubblici del Senato dà il via libera allo
schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti e Rete ferroviaria italiana, un documento che prevede un
incremento di risorse per gli investimenti ferroviari pari a 13,2 miliardi di
euro. Secondo il Movimento 5 Stelle, il via libera contiene però anche l'altolà
all'Alta velocità in Friuli Venezia Giulia. La «pietra tombale» dei progetti Tav
da Venezia a Trieste, sottolinea Stefano Patuanelli, capogruppo grillino a
Palazzo Madama. Nel contratto, sostiene il movimento di governo, compaiono un
paio di prescrizioni che richiamano alla memoria l'ipotesi che aveva spaventato
per anni il Carso. Per gli interventi 0291 Linea Av/Ac Venezia-Trieste tratta
Venezia-Ronchi dei Legionari e 0262 Linea Ac/Ac Venezia-Trieste tratta Ronchi
dei Legionari-Trieste, si legge, «si proceda con il ritiro dei progetti in
quanto definitivamente abbandonati nel 2014, dopo aver concluso le procedure di
Via con esiti negativi». I fondi risparmiati? Da utilizzare, come da progetto
0365 da 1,8 miliardi di euro, per ammodernare e potenziare la linea esistente.
Un secondo ritiro di progetto è previsto pure per l'intervento 1604B Nuova linea
Trieste-Divaccia, attualmente in fase di progettazione preliminare, con utilizzo
dei relativi fondi per l'intervento 1604A di potenziamento della linea attuale.
Nel dossier, accanto alle prescrizioni, compaiono anche alcune osservazioni,
informa ancora il M5s. Per la "variante Ronchi-Bivio Aurisina", lì dove il
progetto di potenziamento attualmente dispone la realizzazione di una nuova
linea tra Ronchi Aeroporto e Aurisina con contestuale adeguamento della fermata
di Ronchi Aeroporto, si suggerisce di «valutare l'immediato ritiro del
preliminare e lo studio di nuove soluzioni di efficientamento». Mentre per la
"variante di Latisana" si chiede di «valutare attentamente l'opportunità di
costruire un nuovo ponte sul fiume Tagliamento, viste le numerose esondazioni
registrate negli ultimi anni che hanno costretto la Regione a ripetuti
interventi di adeguamento e messa in sicurezza, e la funzionalità di costruire
la nuova stazione di Latisana in una zona al di fuori del centro abitato». Un
quadro complessivo che Patuanelli legge come «una grande vittoria M5s che da
sempre si batte contro le opere inutili». Con la Lega c'è stato sostanzialmente
un "do ut des". I pentastellati hanno dato parere favorevole, ma hanno preteso
alcune condizioni. La Tav sembrava essere peraltro già in archivio visti i
pareri negativi Via per l'impatto di un'opera ciclopica nella Bassa friulana e
nel Carso, ma anche per i costi esorbitanti: 7 miliardi di euro per le sole
spese in Fvg. E invece, dopo aver letto nel testo "nuova linea", i grillini
hanno sentito puzza di bruciato all'interno di un contratto Mit-Rfi che avrebbe
dovuto essere ratificato dallo scorso Parlamento e invece è rientrato all'ordine
del giorno di questo avvio di legislatura. «Il governo Gentiloni, che pure aveva
fatto nascere quell'accordo, non se ne era poi occupato - ricostruisce
Patuanelli -, a conferma di quanto fosse interessato ai temi della sicurezza
infrastrutturale e ferroviaria. Alla nostra lettura, in due passaggi del
documento si rimetteva mano ai 28 chilometri di galleria che devasterebbero il
Carso con risparmi complessivi in termini di tempo, tra Mestre e Trieste, di non
più di 11 minuti. Con questo definitivo stop si procederà finalmente al
potenziamento della linea esistente». Il voto in commissione viene commentato
con soddisfazione dal ministero dei Trasporti. «Siamo orgogliosi - si legge in
una nota - di un incremento di risorse superiore ai 13 miliardi, soldi che
serviranno per potenziare tratte, metterne in sicurezza altre e, in generale,
per garantire a tutti coloro che usano il treno per viaggiare un servizio
eccellente, degno di un Paese civile». Tra le opere sovraregionali viene citata
anche la linea Venezia-Mestre-Udine, con un'assegnazione di 220 milioni, metà
dei quali riguardano però il ripristino della linea dei Bivi di Venezia Mestre.
Dopo il via libera da parte delle Camere, ora il contratto sarà sottoscritto dal
Mit e da Rfi e, successivamente a un Decreto di approvazione e alla sua
registrazione da parte della Corte dei conti, entrerà in vigore.
Marco Ballico
Serracchiani contro i pentastellati «Colpo di freno già
dato nel 2016»
Razeto di Confindustria: «Ciò che conta è far viaggiare i treni a 200
all'ora e intervenire sui binari attuali lo consentirà» Il Wwf: «Una buona
notizia»
TRIESTE - Il M5s che stoppa la Tav? Una lettura che Debora Serracchiani
incenerisce. «Il loro modo di governare è nauseante», dichiara l'ex governatrice
ricostruendo la storia del progetto. I 5 Stelle, prosegue la deputata dem,
«erano e restano dei venditori di bufale un tanto al chilo: il progetto
dell'alta velocità Venezia-Trieste non esiste più da anni, eppure la vendono
come se fosse la grande rivoluzione di questa legislatura. Ovviamente si sono
inventati loro anche la "Cura del ferro", che ha portato in giro per l'Italia il
ministro Delrio». Serracchiani risponde alle dichiarazioni di Arianna Spessotto,
portavoce del M5s alla Camera e relatrice del provvedimento in commissione, che
ha rivendicato, come poi anche il capogruppo Stefano Patuanelli, l'eliminazione
dell'Alta velocità Venezia-Trieste. «Già nel 2016 Delrio aveva dato il colpo di
freno decisivo - ricorda Serracchiani - e la Tav nel 2017 era uscita
dall'allegato Infrastrutture che ha accompagnato il varo del Def. C'era invece,
e rimane, la velocizzazione della Venezia-Trieste a carico di Rfi per 1,8
miliardi. Ed è scritto anche nel documento attuale che "la nuova struttura del
contratto di programma dipende dalle richieste formulate dal Cipe in sede di
approvazione dell'aggiornamento 2015, dell'aggiornamento 2016 del contratto
oltre che dal parere reso sullo schema il 7 agosto 2017». I grillini? Per
Serracchiani, «oltre a essere incompetenti, danno la chiara sensazione che a
loro non importa la sostanza delle cose: pensano solo a quando correranno a
farne comunicazione e propaganda». Nemmeno industriali e ambientalisti credono
che il voto in commissione abbia cambiato la storia, nella convinzione che il
progetto dell'Alta velocità, soprattutto causa costi, non fosse più praticabile.
«Pareva realmente un'opera irrealizzabile - osserva Sergio Razeto, presidente di
Confindustria Trieste e Gorizia -. Quello che conta è che i treni possano
viaggiare a 200 chilometri all'ora e credo che il potenziamento dell'esistente
possa consentire di centrare questo obiettivo. Di infrastrutture, tuttavia, c'è
assolutamente bisogno e a me fa paura che per principio si bocci qualsiasi
proposta». Non troppo diverso il ragionamento di Antonio Paoletti, presidente
camerale: «Il treno si è perso per i tentennamenti sul tracciato che hanno
riguardato molto più il Veneto del Fvg. La crisi economica ha fatto il resto e
si è optato per un riammodernamento che speriamo si possa concretizzare. Ma
Trieste, in una fase di esplosione del turismo, dell'economia, della logistica e
del porto, rimane nel cul-de-sac. Non dimentichiamo che la terza corsia si
fermerà a Villesse, quando invece dovrebbe arrivare fino alla congiunzione con
la superstrada che porta in Slovenia». Il delegato regionale del Wwf Alessandro
Giadrossi si limita invece alla «buona notizia». L'associazione si è del resto
più volte espressa negativamente sulla Tav: «Riammodernando l'esistente, si
raggiungeranno gli stessi risultati».
Contovello dice stop alle auto «Velocità e smog
inaccettabili»
Residenti esasperati dagli attraversamenti del paese da parte di chi non
ci vive - «Violano pure il divieto di transito a caccia di scorciatoie pensando
di fare prima»
TRIESTE - Un paese dalle dimensioni lillipuziane che i forestieri, ma anche alcuni residenti, scambiano per Montecarlo in tempo di gran premio, transitandovi a velocità folli. Con grave pericolo per quei pedoni sempre più spauriti di fronte a un traffico veicolare in continuo aumento. Di viabilità, traffico e parcheggi a Contovello si è parlato in un'assemblea pubblica organizzata dalla Circoscrizione Altipiano Ovest presieduta dalla numero uno del parlamentino Maja Tenze. Tante le questioni, su tutte la necessità di riportare l'ordine nella borgata.«Nel centro storico si corre troppo - afferma il residente Roberto Cattaruzza, già presidente del parlamentino nella scorsa consiliatura - e non pare azzardata la richiesta di riservare il passaggio ai frontisti. C'è chi chiede una colonnina a scomparsa, io mi accontenterei di dissuasori di velocità. Ricordo che il Comune era contrario a quest'indicazione, eppure potrebbe essere una buona soluzione, se pensiamo che sulla dorsale che percorre il cuore di Contovello non ci sono marciapiedi e molti usci di casa si affacciano sulla strada. Sarebbe poi importante provvedere alla manutenzione del selciato corroso, pieno di buche e con i tombini non livellati, continuo pericolo per gli scooteristi e gli stessi pedoni». Nella parte meridionale del paese c'è un'altra criticità che attende risposta. Nel tratto di strada del Friuli che porta alla doppia curva che introduce al paese, una bretella di circa 200 metri dalla forte pendenza rappresenta una scorciatoia utilizzata quotidianamente da decine di automezzi. «I loro conducenti puntualmente eludono il segnale di divieto di transito ben visibile - spiega Dusan Krizman, uno dei frontisti - e passano di fronte alle nostre case, dando ulteriore gas ai propri mezzi per evitare di restare al passo degli autobus di linea. Il traffico diventa intenso nelle ore di punta e al mattino, quando la gente si reca al lavoro e a scuola. La cosa più assurda è che il passaggio sulla scoscesa bretella consente loro un risparmio di tempo effimero. In cambio ci mettono costantemente in pericolo e ci sottopongono all'inquinamento dei loro scarichi». Sempre in tema di sicurezza, si chiede inoltre l'installazione di una telecamera in prossimità del vecchio laghetto di Contovello. La via che vi corre a fianco, a collegare strada del Friuli con il borgo di Santo Stefano, è un altra piccola arteria dove spesso si pigia l'acceleratore con troppa facilità e dove mancano gli attraversamenti pedonali tra area giochi e specchio d'acqua.
Maurizio Lozei
LE ISTANZE - "Barriere" e dissuasori per difendere il
borgo
Nell'assemblea si è fatta largo persino l'idea di riservare il transito nel
centro di Contovello ai frontisti con una colonnina a scomparsa e dissuasori
utili a contenere le alte velocità praticate da diversi imprudenti
automobilisti. L'intento è di ristabilire un minimo di sicurezza in un borgo
dalle caratteristiche quasi venete, con viuzze e androne talmente anguste e
strette da assomigliare a calli e vicoli.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 ottobre 2018
Fitorimedio in partenza in piazzale Rosmini via Giulia
e a Servola
Regione, Comune e Arpa hanno presentato l'avvio dei lavori di bonifica
ambientale legati al piano pilota di monitoraggio costante
Per far fronte all'emergenza dell'inquinamento diffuso emerso nel 2016 dalle
indagini "top soil", partirà a giorni l'adozione dell'innovativo metodo di
fitorisanamento. Ieri, Comune di Trieste, Regione e Arpa Fvg hanno infatti
annunciato l'avvio dei lavori di bonifica ambientale attraverso questo rimedio
sperimentale da applicare nelle aree verdi di piazzale Rosmini, Giardino
pubblico di via Giulia e pineta di Servola. Ma in che cosa consiste il
"fitorimedio"? «La terra inquinata - spiega il direttore dell'Arpa, Luca
Marchesi - verrà piantumata con un certo tipo di vegetale che innanzitutto
interdice il passeggio diretto su queste zone. Nel tempo andremo a verificare
l'effettiva capacità di queste essenze di assorbire e depurare naturalmente il
terreno». Grazie a dei deposimetri, l'Università di Trieste e l'Arpa
svilupperanno studi e simulazioni per individuare le sorgenti inquinanti,
permettendo dunque all'amministrazione comunale - ieri presente con l'assessore
Elisa Lodi, affiancata dal consigliere di FdI Salvatore Porro - di capire se sia
necessaria la modifica della viabilità e del traffico o se installare manti di
erba sintetica, più facilmente pulibili, in zone scolastiche. Questo piano di
gestione si configura inoltre come "pilota": per la prima volta infatti, viene
adottato in una città italiana e sperimentato nel contesto di vita reale urbana
di piazzale Rosmini, ponendosi come obiettivo quello di «trasformare l'emergenza
in gestione ordinaria» ed eventualmente di diventare una misura da includere
ordinariamente nell'azione anche di altre regioni. Per quanto riguarda le opere
pubbliche, il fitorisanamento costituisce una seconda trance di lavori: con il
contributo regionale di 350 mila euro è stato effettuato infatti un primo lotto
di interventi nelle scuole di via Svevo, mentre in piazzale Rosmini è già stata
individuato un appalto per la piantumazione. «Con la collaborazione
dell'Istituto superiore di sanità e del ministero dell'Ambiente, intendiamo
attuare un monitoraggio ordinario di quelli che sono questi siti inquinati,
andando, con questo studio, a capire quali sono i rimedi. Stiamo cercando di
immaginare degli strumenti di gestione del problema»: così l'assessore regionale
all'Ambiente, Fabio Scoccimarro.
Stefano Cerri
Muggia, decolla la differenziata - Dal 46% al 72% in
quattro mesi
L'impennata si è registrata in seguito all'avvio del regime del "porta a
porta" - Marzi: «Merito dei cittadini». L'assessore Litteri: «E ora la tariffa
puntuale»
MUGGIA«La percentuale di differenziata a Muggia è passata dal 46% del
gennaio 2018 al 72% dello scorso agosto». A comunicare le cifre che testimoniano
l'impennata della raccolta dei rifiuti in questi ultimi mesi è Massimo Fuccaro,
il direttore generale di Net, l'azienda partecipata che si occupa della gestione
del "porta a porta". Non va trascurato il fatto che la media dell'anno,
calcolata fino ad agosto, sia aumentata già da gennaio nonostante solo nella
metà dei mesi considerati ci sia stata una raccolta differenziata "integrale",
per la precisione da maggio ad agosto, dato che nel mese di aprile era ancora in
vigore una raccolta "mista". Per questo il sindaco Laura Marzi osserva che «26
punti percentuali in quattro mesi costituiscono un dato davvero importante.
Siamo davanti al segno tangibile del grande impulso che l'impegno dei muggesani
sta dando a questo sistema di raccolta. Di certo c'è ancora molto da fare, anche
in termini di perfezionamento del sistema, ma i numeri ci confortano». Secondo i
dati Arpa riferiti alla fine del 2017 e riportati da Legambiente, Muggia -
affiancata al 46% anche da Duino Aurisina - superava dunque di ben poco la
percentuale del 40% del Comune di Trieste. Meglio Monrupino con il 50%, ma
decisamente più distanti i comuni in cui era già in vigore la differenziata,
ossia San Dorligo della Valle con il 65% e Sgonico con il 69%. I numeri
risultano ancora più significativi considerando, poi, la produzione di rifiuti
urbani pro capite. Sempre secondo i dati Arpa riferiti alla fine del 2017,
Muggia seguiva solo Monrupino (727 chili) e Duino (637) nel quantitativo di
rifiuti che ciascun cittadino aveva prodotto quell'anno. In media, l'anno scorso
ogni muggesano aveva infatti prodotto ben 577 chili di immondizie contro i 465
di un triestino e i 292 di un abitante di San Dorligo. I dati, discussi a Muggia
in occasione dell'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e
opportunità", hanno dato il via alla comunicazione di una serie di dati molto
interessanti. A un aumento della percentuale della differenziata, che in un
caso, lo scorso maggio, ha superato addirittura il 77%, coincide infatti un calo
del rifiuto indifferenziato, passato dalle quasi 320 tonnellate di gennaio alle
149 di settembre. Di pari passo, l'organico è cresciuto dalle 23 tonnellate al
mese a una media di quasi 70. Soddisfatta Laura Litteri, assessore all'Igiene
urbana: «Muggia sta andando nella direzione giusta. Ora il nostro impegno va nel
voler premiare i comportamenti virtuosi ed è per questo che il mese scorso ho
convocato un tavolo di lavoro in modo da verificare le modalità di applicazione
della cosiddetta "tariffa puntuale" al fine di incentivare il contenimento della
produzione dei rifiuti e potenziare la pratica della raccolta differenziata per
dare al cittadino la sicurezza di pagare in proporzione alla quantità di rifiuto
indifferenziato prodotta, vedendo cosi premiati i propri sforzi».
Riccardo Tosques
Pirogassificatore - Super esperto ambientale
ospite sabato a Duino
DUINO AURISINA - Si tornerà a parlare di pirogassificatore sabato a Duino.
Sarà un illustre ospite, Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale
all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, a tenere
una lectio magistralis sul tema delle nanoparticelle e delle conseguenze che può
provocare sulla salute delle persone la realizzazione di un impianto come quello
che intende costruire a San Giovanni di Duino il Gruppo Burgo. Tamino, autore di
numerosi scritti in tema di ambiente e biotecnologie, parlerà al Centro
congressi del Castello dei Torre e Tasso, alle 10.30. L'incontro è organizzato
dal Gruppo Salute e Ambiente e rappresenta il completamento di un percorso
iniziato ad agosto, con le prime riunioni spontanee tra cittadini, venuti a
conoscenza del progetto, durante il quale si sono svolte due pubbliche
assemblee, una a Medeazza e una al Villaggio del Pescatore, entrambe molto
partecipate.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 ottobre 2018
La Lega dribbla i Comuni e apre ai maxi aumenti delle
cubature degli hotel
Previste crescite fino al 60% in deroga ai Piani regolatori. Ampliamenti
in vista anche per le abitazioni private. Il Pd grida allo scandalo: «Vogliono
ecomostri»
Trieste - Ampliare alberghi, attività economiche e abitazioni in deroga a
quanto previsto dai piani regolatori comunali. È questa la ricetta della Lega
per rilanciare il settore edilizio, secondo i contenuti della legge "omnibus"
firmata dai consiglieri regionali del Carroccio. Dopo il bastone per gli hotel
che ospitano richiedenti asilo, arriva la carota per tutti gli altri e per i
costruttori, perché la proposta di legge attua una deregolamentazione che
consente di allargare fino al 60% superficie o cubatura attuale. Il
provvedimento è pensato per il restauro di tutte le strutture ricettive
alberghiere, che potranno estendere volume o metri quadrati del 40%, senza che i
Comuni possano opporsi come stabilito invece dalle norme attuali. Le vecchie
regole prevedevano ampliamenti fino al 35%, ma il centrosinistra li aveva
limitati a 200 metri cubi complessivi. Oggi si torna a salire e, nel caso degli
alberghi, il 40% può ottenere un altro 20% di bonus: nel caso di interventi di
efficientamento energetico, nel caso in cui i lavori consentano di aumentare le
stelle della struttura e nel caso di un 60% del capitolato acquistato da imprese
con sedi in Friuli Venezia Giulia. Sulla carta la quota può tuttavia finire per
essere anche più consistente: per le realtà che detengono quattro stelle o che
possono ottenerle grazie al restauro, la creazione di piscine, aree relax e zone
fitness non finirà nel conteggio della cubatura. La "omnibus" toglie inoltre il
limite alla sopraelevazione e lo fa per tutte le attività economiche e per le
abitazioni private. In questi casi la possibilità di crescita in altezza o in
superficie vale il 50% della superficie esistente, ma non oltre i mille metri
quadrati: il limite fissato dal centrosinistra era di 200 metri cubi. Per
procedere con i lavori sarà sufficiente ottenere autorizzazione rispettivamente
allo sportello unico per le imprese o a quello per l'edilizia. Con la norma
leghista una villetta di 200 metri quadrati potrà arrivare a 300, mentre con il
centrosinistra si sarebbe fermata a 270. Ampliamenti fino all'80% e non oltre i
cinquemila metri quadrati sono possibili invece solo per le attività produttive,
ma serve il via libera dei consigli comunali. A incentivare le ristrutturazioni
c'è infine la prevista esenzione dalla cosiddetta tassa Bucalossi, che può
pesare anche il 20% sul valore di un restauro, fra percentuale sul costo di
costruzione e quota forfettaria a copertura delle spese dei servizi da parte
dell'ente locale. Un modo per convincere al recupero piuttosto che a una nuova
costruzione. La Lega presenta infatti la legge come un «no chiaro e forte a
ulteriore consumo di suolo». Il ragionamento è che un terreno è riconosciuto
edificabile per intero e dunque poco conta l'ampliamento di una struttura al suo
interno: ed è in questa logica che rientra il divieto ad ampliare le zone
commerciali e a ridurre quelle agricole. La norma divide la politica. Per i
leghisti Mauro Bordin e Lorenzo Tosolini, «sono misure di sviluppo che
riguardano aree già utilizzate, dunque già considerate suolo consumato. Il
nostro obiettivo è concentrare gli interventi sul patrimonio esistente e
sviluppare l'economia: meglio ampliare la casa posta sul proprio terreno
edificabile che costruirne una ex novo. Per questo promuoviamo gli investimenti
per migliorare la qualità della ricettività alberghiera, perché il turismo è una
risorsa importante del Fvg e servono strutture all'altezza. Con questa misura si
recupereranno tante strutture abbandonate». Per il segretario del Pd Fvg,
Salvatore Spitaleri, «siamo tornati allo stile speculativo anni '90. Mentre i
comuni turistici puntano sulla qualità ambientale degli insediamenti, la
proposta guarda alla quantità, come se non esistesse una pianificazione
complessiva. La Lega non ha mai badato troppo quando si è trovata a decidere sul
consumo di suolo, ma queste sono deroghe esorbitanti. Non possiamo più accettare
ecomostri costruiti in deroga ai piani regolatori, calpestando cittadini e
territorio».
Diego D'Amelio
Lo sdegno ambientalista e l'apprezzamento di
costruttori e artigiani
Wwf e Legambiente parlano di mossa «ingiustificabile che rischia di
alimentare speculazioni»
Pieno appoggio invece dall'Ance che invita ora a condividere l'operazione con le
Soprintendenze
Trieste - Da una parte i costruttori, dall'altra gli ambientalisti.
Inevitabilmente divisi dall'annuncio del provvedimento che può fare aumentare
fino al 60% il volume delle strutture alberghiere e incide pure sulle
possibilità di ampliamento delle case private. Operazioni in deroga che non
piacciono per nulla a Legambiente. «Non c'è un solo presupposto che le
giustifichi - commenta il presidente regionale Sandro Cargnelutti -. Anzi, i
dati sul consumo del suolo suggeriscono esattamente la direzione opposta».
Mentre Ance Fvg, con il presidente Andrea Comar, non ha dubbi: «Non posso che
esprimere apprezzamento per le misure normative che si prefiggono l'introduzione
di diverse semplificazioni procedurali funzionali tra l'altro a garantire tempi
certi». Comar non dimentica tuttavia un suggerimento: «Mi auguro che queste
modalità siano anche condivise con i Comuni e la Soprintendenza per giungere a
definire regole che trovino poi applicazione su tutto il territorio regionale in
modo omogeneo, non consentendo deroghe ai territori che vanificherebbero la
visione strategica della Regione». Dall'Ance arriva pure un rilievo ambientale:
«Come ribadito in occasione delle recente audizione in quarta commissione, va
anche colta l'occasione di questa proposta per fornire alle stazioni appaltanti
precise e univoche indicazioni sull'utilizzo del riciclato nei rilevati stradali
nel rispetto dei principi dell'economia circolare, di cui tutti condividono lo
spirito e le finalità ma solo nei convegni. Le imprese gradirebbero invece
attuare la sostenibilità ambientale anche nella loro quotidianità di cantiere».
A promuovere il ddl del centrodestra è anche Graziano Tilatti. Il presidente
regionale di Confartigianato parla di «buona notizia, in particolare per le zone
balneari che avranno il permesso di ampliare e riqualificare strutture ricettive
spesso non al passo con i tempi. Siamo sulla strada giusta - prosegue- per
fornire migliori servizi ai cittadini, recuperando edifici esistenti, e per dare
una mano a un comparto ancora in difficoltà». Da parte di Legambiente c'è invece
totale contrarietà. A conforto della tesi, secondo il presidente Cargnelutti,
arrivano i numeri: «L'Ispra certifica che il Fvg è la quinta regione per consumo
di suolo: 8,9% contro il 7,7% della media italiana. Anche in anni in cui la
crisi delle costruzioni ha prodotto un rallentamento del fenomeno, il problema
rimane irrisolto, alimentando speculazioni e abusivismo a danno del territorio».
E dunque, di fronte a un segnale «certamente non buono» dalla maggioranza,
«chiederemo un incontro alla Regione, in particolare agli assessori a
Infrastrutture, Risorse agricole e Ambiente per capire e presentare le nostre
proposte alternative». Sulla stessa linea il delegato regionale del Wwf
Alessandro Giadrossi: «Tra piani casa e piani alberghi non si capisce a cosa
servono i piani regolatori». Ricordando pure lui l'audizione in commissione,
l'avvocato triestino si stupisce che sia tra l'altro stato predisposto «un
provvedimento ad hoc quando invece in quell'occasione si è parlato di riforma
della legge urbanistica. È un controsenso come anche aumentare i volumi degli
alberghi, che rischiano di trasformarsi in strutture semiresidenziali, in una
fase in cui funziona ovunque la ricettività diffusa».
Marco Ballico
Sentenza negli USA - Condanna per glifosato - Bayer
crolla in borsa
Milano - Bayer crolla in Borsa a Francoforte dopo la condanna negli Usa per
gli effetti di un diserbante a base di glifosato che avrebbe causato la grave
malattia di un giardiniere in California, Dewayne Lee Johnson. A fronte di un
danno quantificato in 78,6 milioni di dollari (68,38 milioni di euro) dal
Tribunale di San Francisco, il titolo lascia sul campo oltre l'8% a 70,53 euro.
Il Tribunale Usa ha rigettato le osservazioni del Gruppo tedesco, che sosteneva
non ci fossero prove per affermare che il diserbante sarebbe la causa del
tumore. Bayer ha annunciato di voler ricorrere in appello per la sentenza,
nonostante lo sconto della multa rispetto ai 289 milioni di dollari iniziali
richiesti dalla giuria lo scorso 10 agosto. Il Gruppo tedesco ha tempo fino al
prossimo 7 dicembre per accettare l'ammenda totale di 78,6 milioni di dollari,
ha affermato il giudice Suzanne Ramos Bolanos, ma se Johnson non accetta il
risarcimento Bayer dovrà affrontare un nuovo processo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 ottobre 2018
Punta Grossa, no al progetto di un centro vacanze Nato
L'idea proposta già nel 2009 dall'allora governo Bratusek. Cittadini
contrari - Il sindaco Strmcnik: «Contrario al piano ambientale, si edifichi a
Santa Caterina»
LUBIANA - Il Comune di Ancarano scopre la propria vocazione ecologista e
così, se da una parte pone le basi con lo Stato per diventare la prima città del
Paese senza sacchetti di plastica, dall'altra vuole tutelare a denti stretti il
Parco naturale di Punta Grossa (Debeli Rtic) opponendo il rifiuto al progetto
del governo che vuole ubicare proprio nella penisola verde un centro vacanze per
i soldati della Nato. Il sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik ha proposto quale
ubicazione alternativa quella di Santa Caterina.Dopo essere riusciti a far
dichiarare Punta Grossa Parco naturale regionale ad Ancarano si oppongono con
tutte le forze ai progetti dell'esecutivo che vorrebbe far costruire nelle aree
agricole della piccola penisola un centro di riposo e vacanze per i militari
dell'Alleanza Atlantica e le loro famiglie, centro formato da numerose
palazzine, da una piscina e da parcheggi che costituirebbero una vera e propria
colata di cemento nel cuore di un'area verde. Al progetto ci aveva lavorato nel
2009 già il governo sloveno allora guidato da Alenka Bratusek. Questo prevedeva
la costruzione di un complesso ricreativo su 2,3 ettari di terreno con 175 posti
letto per una spesa complessiva di 15 milioni di euro. Se lo Stato volesse
portare a termine il progetto il ministero della Difesa sloveno dovrebbe
acquistare circa 10 mila metri quadrati di terreno agricolo. Ferma, come detto,
l'opposizione all'opera del sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik il quale ha
offerto al governo quale sito alternativo quello di Santa Caterina dove già
esiste una caserma della Marina slovena. «Non sono d'accordo con questo scenario
visto poi che il Piano d sviluppo ambientale del Comune di Ancarano non permette
simili edificazioni nel Parco naturale di Punta grossa».Dalla parte del sindaco
c'è anche la proclamata volontà ecologista dei suoi concittadini fortemente
contrari a una urbanizzazione selvaggia della cittadina e che anzi hanno
espresso la volontà di dare vita a un progetto pilota, il primo in Slovenia, in
base al quale, con la collaborazione del ministero dell'Ambiente e delle
organizzazioni ambientaliste, che porterà Ancarano ad essere totalmente libera
dai sacchetti di plastica. L'iniziativa mira così a una concreta tutela
dell'ambiente marino già fortemente inquinato da materiale plastico.«Gli
abitanti di Ancarano - spiega ancora il primo cittadino - vedono in questo
progetto la possibilità per il proprio comune e il proprio Paese di dare vita a
uno sviluppo duraturo e a lungo termine del rispetto ambientale, rispettando
così anche quelli che sono i dettami dell'Unione europea».Quindi la parola
d'ordine in queste ore ad Ancarano è: «Giù le mani dal Parco naturale di Punta
Grossa».
Mauro Manzin
Energia prodotta al casello dalle vetture in frenata:
al via il progetto di Autovie
Il piano Lybra consente di trasformare il traffico in risorsa: sarà
installato prima a Cordignano (Treviso) per approdare anche al Lisert
TRIESTE - Produrre energia elettrica pulita attraverso - è questo il
paradosso - uno degli oggetti più inquinanti, ovvero le auto. Sarà possibile con
Lybra, un dispositivo atto a recuperare energia dal traffico, nato e sviluppato
da un'idea completamente italiana. Come funziona? «Si tratta - ha spiegato
Andrea Pirisi, Ceo e fondatore della startup Underground Powers - di un sistema
di dinamo ricoperte da uno strato di gomma vulcanizzata compressa, che vengono
stimolate durante il passaggio veicolare a velocità ridotta, sfruttando, quindi,
l'energia cinetica del veicolo e dissuadendolo, nel frattempo, a superare un
certo limite di velocità». Si tratta di un progetto innovativo a livello
mondiale, anche se «ci sono stati tentativi - ha sottolineato Pirisi - ma tra
questi nessuno ha superato la fase extra laboratoriale. Siamo stati noi, nel
2014, a implementarlo per primo, all'interno di un centro commerciale. Si tratta
di un dispositivo che, se ben manutenuto, ha un ciclo di vita infinito». Autovie
Venete ha fiutato l'affare sposando il progetto e diventando, così, pioniera tra
le infrastrutture italiane in questi ambiti: «si tratta - ha illustrato Maurizio
Castagna, presidente di Autovie Venete - di un sistema capace di convertire
l'energia cinetica dei veicoli in transito ed in rallentamento, assorbendo di
fatto la loro decelerazione e convertendola in energia elettrica. Abbiamo
individuato, come prima area d'installazione, la pista Telepass del casello di
Cordignano (TV) sulla A28, che conta un passaggio giornaliero di circa 6.000
veicoli al giorno che rappresentano un potenziale di 16.000 kWh/anno di energia
prodotta, pari al fabbisogno di 5 abitazione abitate da quattro persone.
L'installazione di Cordignano abbisognerà di circa 15 giorni per installare il
dispositivo». Con un occhio all'ambiente perchè, sempre a detta di Castagna «la
vera sfida è quella di riuscire a trasformare il traffico in produttore di
energia, obiettivo ambizioso ma adesso potenzialmente perseguibile, specie se si
pensa che sulla rete da noi gestita circolano 50 milioni di veicoli all'anno.
D'altro canto è nota la particolare attenzione che Autovie Venete pone nei
confronti della tutela ambientale: basti pensare ai sistemi di monitoraggio del
traffico e delle merci pericolose, oppure agli impianti di filtraggio e pulizia
delle acque attraverso l'utilizzo di sistemi di fitodepurazione. Abbiamo ridotto
- ha concluso Castagna - del 5% l'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili,
ovvero 3 mila tonnellate di petrolio equivalente». Intanto si parla anche di un
prossimo installazione che potrebbe riguardare la barriera di Trieste Lisert.
Partner commerciale di Undergorund Power è Intermatica, che si è posta la
mission di ricercare e sviluppare nuove tecnologie: «abbiamo intuito - ha
esordito Marco Orsini, vice presidente di Intermatica - le grandi potenzialità
di Lybra nel settore del recupero dell'energia, proprio come venti anni fa
abbiamo, per primi, creduto nella tecnologia delle comunicazioni satellitari.
Abbiamo ottimizzato le funzionalità del sistema integrandolo con la nostra
conoscenza e la nostra esperienza nella gestione e trasmissione dei dati».
Luigi Putignano
Giorgi: non basta la carbon tax per ridurre l'emissione
di gas
Per il climatologo dell'Itcp, non bastano le misure proposte
dall'economista Nordhaus, premiato con il Nobel per le sue preziose ricerche
L'economista William Nordhaus è stato recentemente premiato con il Nobel per
le sue ricerche che uniscono mercato e ambiente, mostrando come il rimedio più
efficace per risolvere i problemi causati dalle emissioni di gas serra sia una
carbon tax globale uniformemente imposta a tutti i Paesi. In questo modo, dice
lo scienziato, si condiziona il mercato e si spingono imprese e consumatori ad
adottare soluzioni a basso impatto e più convenienti. Il premio è arrivato quasi
in contemporanea all'ultimo rapporto dell'Ipcc, il più autorevole organismo
internazionale dedicato al cambiamento climatico premiato col Nobel nel 2007,
che ha lanciato un allarme sulla necessità di intervenire al più presto
possibile per evitare una catastrofe dai confini difficili da prevedere. Ne
abbiamo discusso con Filippo Giorgi, climatologo dell'Ictp, membro dell'Ipcc e
autore del recente libro "L'uomo e la farfalla". Nel libro, che affronta la
questione del riscaldamento globale sotto diversi aspetti, Giorgi si sofferma
anche sulla questione della sostenibilità economica dell'energia green. Questa
energia secondo lo scienziato è sempre più competitiva, sempre più conveniente e
autentica alternativa per ridurre i danni sull'ambiente e anche i conseguenti
danni economici in settori chiave come quello agricolo e quello delle risorse
idriche. «Nordhaus è stato il primo a combinare modelli economici e modelli
climatici - commenta Giorgi -. Ma anche se la carbon tax è un modo per limitare
le emissioni io non credo che siano possibili imposizioni di questo tipo a
livello globale. L'abbiamo già visto con il protocollo di Kyoto, l'unico accordo
mondiale vincolante: se nazioni come gli Stati Uniti, che da soli producono più
del 20% dei gas serra a livello mondiale, decidono di non adeguarsi alla
normativa la sua efficacia viene fortemente compromessa. Ritengo piuttosto che
la spinta verso l'economia green debba venire dal basso, dalla società civile e
dalle imprese. Già oggi l'uso di energie da alcune fonti rinnovabili, come
l'idroelettrico e l'eolico, è conveniente, considerando il rapporto tra
l'energia prodotta e quella utilizzata per produrla. Diminuisce invece la
convenienza dei fossili, perché, per esempio, è sempre più difficile estrarre
petrolio e trasportarlo. L'Italia, evidenzia Giorgi, è abbastanza virtuosa da
questo punto di vista: già oggi il 20% dell'energia elettrica viene da fonti
rinnovabili ed è in crescita. Anche nei paesi emergenti, come Cina e India, ci
si è resi conto dei gravi danni alla salute prodotti dall'inquinamento e ci si
muove in direzione delle rinnovabili: con l'iniziativa Solar Mission, per
esempio, l'India mira all'installazione di pannelli solari in tutte le
abitazioni entro il 2030. Lo scenario "business as usual", dice Giorgi, non è
comunque praticabile, perché produrrebbe uno sconvolgimento climatico
disastroso, che potrebbe compromettere lo sviluppo sostenibile della società
come oggi la conosciamo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 ottobre 2018
Muggia ritrova Acquario: tre aree di nuovo accessibili
Via libera di Arpa e Regione: approvate le bonifiche
del primo lotto del terrapieno - Riaperti due punti parcheggio e la passeggiata
da 900 metri collegata al mare
MUGGIA - Una forma quasi sinuosa, con sezioni di larghezza variabile dai 14
ai circa 50 metri, distribuite su una superficie di quasi 30 mila metri
quadrati. Il terrapieno Acquario, dichiarato inquinato dai Noe del comando dei
Carabinieri per la tutela dell'ambiente nel lontano 2003, finalmente sta
rivivendo. Dopo quindici anni di attesa il Decreto regionale numero 3676/Amb del
10 ottobre 2018 ha ufficialmente certificato che gli interventi di bonifica
hanno raggiunto gli obiettivi previsti, nonché la conformità degli interventi
stessi agli obiettivi di bonifica approvati. Il nulla osta da parte di Arpa e
Regione si riferisce al cosiddetto primo lotto del terrapieno. La decisione di
frazionare l'intervento per accelerare le tempistiche era stata concordata a
seguito della proposta avanzata dal Comune nella Conferenza dei servizi del 17
settembre 2016. Tre, dunque, le aree accessibili riconsegnate alla cittadinanza.
La prima è la passeggiata con accesso al mare, una lingua di terra lunga circa
900 metri e larga due metri e mezzo. Una zona strategica non solo per i ciclisti
o per i runner, essendo l'area una pista ciclopedonale a tutti gli effetti. Ma
soprattutto per i bagnanti, che finalmente potranno prendere il sole sulla
scogliera e potranno recarsi in acqua senza più lo spettro del divieto di
balneazione. Alle estremità del terrapieno, invece, sono state realizzate due
ampie aree adibite a parcheggio (a pagamento durante la stagione balneare),
proprio all'inizio e alla fine di Acquario, per un totale di circa 180
parcheggi. «La proposta di variante del Comune prevedeva di mettere in sicurezza
parte del terrapieno con tecniche innovative e rispettose dell'ambiente, ma
anche economiche, rispetto alla soletta in calcestruzzo prevista nel progetto
definitivo generale. Certo è che avremmo sperato si potesse usufruire dell'area
dall'inizio dell'estate dato che avevamo consegnato tutta la documentazione
richiesta il 10 giugno scorso, ma siamo consci che problematiche quali quelle
che interessavano il terrapieno, possano richiedere e abbiano richiesto
valutazioni e tempi più consistenti da parte degli altri enti preposti»,
racconta ora tirando quasi un sospiro di sollievo il sindaco di Muggia Laura
Marzi. Ma la restituzione del terrapieno è appena arrivata al giro di boa. C'è
un'intera area, attualmente recintata, ancora chiusa al pubblico. I progetti già
ci sono: aree verdi, zone destinate alla balneazione, ma anche spazi
ludico-ricreativi e chioschi. Ed è di inizio ottobre la determina con la quale è
stata affidata l'esecuzione del rilievo topografico di dettaglio aggiornato del
sito costiero con acquisizione di un modello Dtm3D: un passaggio necessario alla
corretta progettazione degli interventi di bonifica tramite messa in sicurezza
permanente del secondo lotto funzionale di completamento del terrapieno.
L'ordinanza sindacale del 3 novembre 2008, che disponeva «il divieto di accesso
e l'interdizione del sito del tratto costiero compreso fra punta Olmi e punta
Sottile, della località denominata "Boa" nel comune di Muggia», è dunque ora un
ricordo. I primi cancelli di Acquario sono stati finalmente riaperti.
Riccardo Tosques
IL MUNICIPIO - Bussani promette: «Obiettivo rivalersi
su chi ha inquinato»
«Il Comune di Muggia si rivarrà su chi ha causato l'inquinamento del
terrapieno». Il vicesindaco muggesano Francesco Bussani promette di proseguire
la battaglia iniziata quando il primo cittadino rivierasco era Nerio Nesladek,
su uno dei casi giudiziari più complessi che abbiano coinvolto negli ultimi anni
l'amministrazione municipale della cittadina istroveneta. «Al momento il Comune
si sta sostituendo a chi ha causato l'inquinamento del terrapieno - aggiunge
Bussani -, esattamente come previsto dal Codice dell'ambiente, procedendo nelle
bonifiche, con grande fatica e impegno finanziario, proprio per poter restituire
alla città il prima possibile - conclude Bussani - ciò di cui è stata privata
per troppi anni».
Palazzo dei filtri a Santa Croce "casa" per rondoni con
12 nidi
AcegasApsAmga, che gestisce l'immobile, ha accolto la richiesta
dell'associazione "Liberi di volare": strutture provvisorie e poi definitive
Trieste - Sono degli habituée del grande palazzo dei filtri di Santa Croce
che un tempo veniva usato quale impianto di filtrazione delle acque e oggi è
stazione di sollevamento dell'acqua potabile con tanto di serbatoio. Si tratta
di alcune famiglie di rondoni che qui giungono puntualmente di primavera in
primavera, anno dopo anno, dopo aver affrontato una lunga migrazione. Da ora in
poi questi uccelli potranno contare su ben 12 nidi artificiali che sono stati da
poco collocati sotto la linda del tetto del palazzone. A seguito della richiesta
dell'associazione "Liberi di volare" che si occupa di preservare i siti di
nidificazione naturale dei volatili migratori, AcegasApsAmga, che gestisce la
struttura di proprietà comunale, ha pensato di aiutare i rondoni che da tempo
giungono a Santa Croce e cercano rifugio nella grande costruzione. Durante i
lavori di ristrutturazione del palazzo iniziati la scorsa primavera, la ditta
Edili Bi Zeta ha predisposto inizialmente una serie di rifugi provvisori per i
rondoni. Le impalcature montate per eseguire i lavori infatti avrebbero potuto
creare dei grossi problemi agli uccelli, sfiniti dopo un lungo volo e abituati a
insinuarsi nel sottotetto perché abitudinari del luogo. I rondoni, oltre a non
nidificare sugli alberi, si trovano a mal partito con gli edifici moderni privi
di interstizi, intercapedini e fori. A fine intervento sono stati collocati i
nidi artificiali definitivi con il fondamentale benestare della Soprintendenza.
«Attenderemo i nostri migratori di ritorno nella prossima primavera - afferma la
referente per "Liberi di volare" Silvana Demauro -. Siamo fiduciosi che
apprezzeranno le loro nuove residenze».
Maurizio Lozei
Zlarino, la scommessa "green" diventa un'isola senza
plastica
Iniziativa lanciata da tre donne originarie del luogo che hanno vinto i
10 mila euro del premio "Adriatic plastic challenge". Saranno sensibilizzati
tutti i turisti
ZAGABRIA - A partire dalla prossima estate, la piccola isola di Zlarino (Zlarin),
al largo di Sebenico, vieterà completamente gli oggetti di plastica usa e getta.
L'iniziativa, lanciata da tre donne originarie di Zlarino e sposata con
entusiasmo dalle autorità locali, prevede infatti che dal prossimo mese di
giugno questa piccola località di appena 280 abitanti diventi la prima isola
"plastic-free", ergendosi a modello per tutta la costa adriatica. Il progetto è
nato all'interno dell'Adriatic Plastic Challenge (Apc), un programma lanciato a
maggio scorso da due associazioni croate, Terra Hub di Zagabria e Zona di
Parenzo, in collaborazione con l'ambasciata svedese e il costruttore
automobilistico Volvo. L'obiettivo era quello di «raccogliere delle idee per una
riduzione dell'inquinamento causato dalla plastica», come spiega Petra Pocanic,
presidente di Zona. Oltre a sensibilizzare il pubblico su questo tema di grande
attualità e a mobilizzare i tanti attori coinvolti, l'Apc voleva dunque produrre
un risultato concreto e così è stato. Tra le 42 candidature ricevuti, sette
progetti sono stati selezionati e sviluppati a Zagabria. Tra questi,
l'iniziativa di Zlarino ha vinto il primo premio (10mila euro), marcando così un
primo passo verso la sua effettiva implementazione. «Fin dall'inizio abbiamo
preso contatto con l'ufficio turistico di Zlarino e con il comune che sono più
che contenti di quest'iniziativa», racconta Ana Robb, all'origine del progetto.
«Sacchetti, cannucce, piatti e bicchieri di plastica... sono questi i prodotti
che vogliamo eliminare o sostituire con delle alternative più ecologiche»,
prosegue Robb. Zlarino, che conta appena una decina di commercianti (un
supermercato, un rivenditore al dettaglio e qualche bar e ristorante) diventa
così il laboratorio perfetto per sperimentare una cura ecologia radicale ma
necessaria, a pochi giorni dalla pubblicazione dell'ultimo rapporto Onu
sull'ambiente che dà ai governanti 12 anni di tempo per evitare una catastrofe
irreversibile. E se l'obiettivo di lungo termine è arrivare «a produrre zero
rifiuti», aggiunge Ana Robb, il percorso inizierà già nei prossimi giorni con
obiettivi più contenuti e raggiungibili. Tra una decina di giorni, commercianti,
autorità locali, ufficio turistico e promotori dell'iniziativa anti-plastica si
riuniranno per un primo incontro. Si tratterà di verificare nel dettaglio quali
saranno i costi dell'eliminazione o della sostituzione di certi prodotti e in
che modo questa transizione verde potrà essere effettuata. Ana Robb non esclude
che una parte del premio da 10 mila euro ricevuto nell'ambito dell'Adriatic
Plastic Challenge possa servire proprio a venire incontro ai commercianti. «Il
resto del budget ricevuto sarà sicuramente usato per stampare delle locandine da
appendere in bar e ristoranti affinché i turisti capiscano il perché
dell'assenza di cannucce, sacchetti di plastica e quant'altro», conclude Robb.
Giovanni Vale
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 ottobre 2018
Il tour casa-lavoro dei 35mila ciclisti - Fvg al quarto
posto per l'uso della bici
Sono i dati di Legambiente sull'economia delle due ruote - In regione il
settore genera 140 milioni di euro all'anno
Lavoratori e studenti - Sono 28 mila i lavoratori e 7
mila gli studenti in Friuli Venezia Giulia che ogni giorno scelgono la
bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi in ufficio o a lezione - Il
piazzamento - Con il 5,5% della popolazione interessata, il Fvg si piazza quarto
tra le regioni italiane per uso della bici nel tragitto casa-lavoro. Sul podio
ci sono Provincia di Bolzano (13,2%), Emilia Romagna (7,8%) e Veneto (7,7%) - Il
"Prodotto interno bici"La somma di veicoli e accessori e delle "esternalità
positive" come ad esempio il risparmio del carburante e la riduzione di
emissioni nocive, vale 6,2 miliardi all'anno a livello nazionale. In Fvg si
sfiorano i 140 milioni di euro
TRIESTE - Ogni giorno in Friuli Venezia Giulia si muovono in bicicletta 28
mila lavoratori e 7 mila studenti, una popolazione di 35 mila persone sulle due
ruote per recarsi in ufficio o in aula. Il dato emerge da "L'A Bi Ci", il
secondo rapporto di Legambiente sull'economia della bici in Italia, realizzato
in collaborazione con VeloLove e Grab+. I dati regionali collocano il Fvg al
quarto posto per utilizzo di un mezzo che rimane cenerentola, dato che è usato
sistematicamente per gli spostamenti solo dal 3,6% dei cittadini, ma che genera
un "Prodotto interno bici" di 6,2 miliardi, somma della produzione di veicoli e
accessori, delle ciclovalenze e dell'insieme delle «esternalità positive», così
le definisce l'associazione ambientalista, tra cui risparmio di carburante,
benefit sanitari e riduzione di emissioni nocive. Per un confronto gli oltre 6
miliardi del Pib superano i ricavi dell'export del vino e doppiano il fatturato
della Ferrari. A coprire il tragitto casa-lavoro sono dunque 743 mila italiani,
con percentuali elevate nella Provincia di Bolzano (il 13,2%, 8,4% nell'intero
Trentino Alto Adige), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%). Al quarto
posto c'è il Fvg, con il 5,5%, davanti a Lombardia (4,7%) e Toscana (4,1%). Le
altre regioni sono invece distantissime non solo dalla frequenza con cui si
ricorre alla bici in Olanda e Danimarca (dove pedala ogni giorno una quota di
persone compresa tra un terzo e un quarto della popolazione totale), ma anche
dal più abbordabile "modal share" della Ue, attestato all'8%. Nel focus sulle
città, 12 sono quelle che raggiungono performance qualitativamente analoghe ad
altre realtà europee. In quattro in particolare, Bolzano, Pesaro, Ferrara e
Treviso, più di un quarto degli abitanti pedala per i propri spostamenti
quotidiani per motivi di studio, lavoro e svago. Quarto posto Fvg anche nell'uso
della bicicletta tra gli studenti (dall'asilo fino all'università), con una
quota del 4%, dietro a Emilia Romagna (9,3%), Veneto (7,3%) e Trentino Alto
Adige (6%). Come già fatto nel precedente rapporto a livello nazionale,
Legambiente calcola in questo secondo focus il bonus ambientale delle regioni,
vale a dire il valore aggiunto dovuto alla riduzione di gas serra, smog e
rumore. Si scopre così che tutti gli abitanti del Veneto, grazie ai "frequent
biker", beneficiano ogni anno di un bonus ambientale e sanitario pro capite pari
a 179,5 euro, che diventano 190 euro in Trentino Alto Adige e sfiorano i 200
euro in Emilia Romagna. Questo bonus virtuale è superiore ai 100 euro anche in
Fvg, mentre in Lombardia, Toscana, Marche e Piemonte è compreso tra 50 e 100
euro e scende sotto i 15 euro a testa in Campania, Sardegna, Lazio, Sicilia e
Calabria. Quanto al Pib, il valore economico prodotto dalle due ruote, si arriva
a 977 milioni in Lombardia, si superano gli 800 milioni in Emilia Romagna e
Veneto e nel piccolo Fvg si sfiorano comunque i 140 milioni. Legambiente avverte
inoltre che questo patrimonio economico della ciclabilità del territorio è
sottostimato perché andrebbe aggiunto il giro d'affari di oltre due miliardi di
euro del cicloturismo che, a causa della penuria di informazioni statistiche sul
settore, è però impossibile dividere tra i le regioni. Numeri che l'associazione
assicura essere in un trend positivo visto che Roma ha inserito nella legge di
bilancio le risorse necessarie a realizzare complessivamente 5.690 km di nuovi
itinerari per il cicloturismo. Tra i progetti vengono anche citate la Ciclovia
Adriatica di 820 chilometri da Lignano Sabbiadoro al Gargano e la
Trieste-Lignano-Venezia di 150 chilometri.
Marco Ballico
Carenza di impianti e leggi critiche - Così fiorisce
l'illegalità nei rifiuti
Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate tra Nord Europa e Usa perché mancano
le strutture
L'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%)
Roma - Non si sono ancora placate le preoccupazioni di molti cittadini dopo l'incendio che nei giorni scorsi nella periferia Nord di Milano ha distrutto un deposito di materiali plastici. Sta capitando sempre più spesso di vedere cumuli di rifiuti, spesso sono depositi abusivi, nelle periferie di grandi e piccole città. Ma per capire perché siamo in presenza di illegalità e opacità nella gestione dei rifiuti occorre partire dai dati. 1 Carenza di impianti - L'Italia non ha impianti sufficienti per gestire i rifiuti prodotti (urbani e speciali), specie nel Mezzogiorno. Ha poche discariche (un centinaio per speciali, molte di queste in via di esaurimento e piccole), non ha impianti di termovalorizzazione, non ha impianti per frazione organica e fanghi, non ha impianti per l'amianto, non ha impianti per rifiuti pericolosi. Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti, non in Nigeria, ma in Germania, Austria, Danimarca, Usa, dove gli impianti ci sono, moderni e costosi. Se non ci dotiamo di impianti non combatteremo gli smaltimenti illegali, che proprio in un sistema senza impianti e con molte intermediazioni proliferano inevitabilmente. I prezzi degli impianti di recupero e smaltimento in Europa inoltre stanno aumentando (circa il 40% in più dall'inizio dell'anno). Esportare oggi rifiuti non è più conveniente come prima, ma è una necessità sempre più costosa. Ma se non vogliamo più esportare, senza impianti i rifiuti restano negli stoccaggi e l'illegalità ha gioco facile. 2 Lo stop dalla Cina - Da mesi la Cina ha fermato l'importazione di rifiuti e materiali riciclabili dal resto del mondo, inclusa l'Italia, che ne esportava varie tonnellate, fra rifiuti e sottoprodotti. Ciò significa che molti materiali da avviare a riciclo rimangono fermi negli stoccaggi o prendono altre strade. Il mercato del riciclo non è garantito per legge e servirebbe una strategia di incentivi e impianti. 3 Italia terra dei "No" - Fare un nuovo impianto di recupero o smaltimento in Italia è impossibile. L'iter procedurale è lungo (5/6 anni ) e incerto: rinvii immotivati, stop politici ed elettorali, comitati contro, sindrome Nimby (Not in my backyard, cioè non nelle mie vicinanze). Non fare impianti è una manna per la criminalità organizzata. Ma è anche l'anticamera di reati "di carta", errori e interpretazioni errate di gestori in buona fede, di fronte a normative spesso impossibili da applicare. 4 Gli esempi europei - Giustissimo fare inchieste e inasprire le pene per chi commette ecoreati. Però la guerra all'illegalità deve iniziare prima. Dobbiamo fare come i Paesi del Nord Europa, che si sono dotati di impianti adeguati, senza conflitti con la popolazione, e che oggi vivono con bassi tassi di illegalità, permettendosi il lusso anche di smaltire i nostri rifiuti. Qualche esempio lo troviamo nell'ultimo Rapporto sui rifiuti di Ispra. La Germania (che produce 387 milioni di tonnellate di rifiuti speciali) ha inceneritori e recuperi energetici per 50 milioni circa (il 14%), l'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%). Sempre la Germania ha discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi per 71 milioni di tonnellate (18%) e l'Italia per 10 milioni (7%). Il gap è grande, basti pensare che abbiamo discariche per rifiuti contenenti amianto (eternit) per 227.000 tonnellate e si stima di dover rimuovere 35 milioni di tonnellate di tali rifiuti nei prossimi anni da case, scuole, ospedali e fabbriche. 5 Forze dell'ordine - L'Italia non è una grande terra dei fuochi. Chi dipinge questo quadro non dice la verità. La stragrande maggioranza delle imprese in Italia gestisce 165 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti speciali e urbani, garantendo i tassi di riciclaggio più alti in Europa e nel mondo in un quadro difficile di leggi e impianti. Esiste però un fenomeno illegale che va combattuto.
Alfredo De Girolamo
Ex Sadoch - Inaugurati gli 83 alloggi di housing
sociale
Al posto dell'ex fabbrica cartotecnica Saul Sadoch in viale Ippodromo sono
stati inaugurati gli 83 alloggi dell'iniziativa immobiliare Casa ad Hoc del
Fondo housing sociale Fvg e un nuovo spazio commerciale da destinare alla
locazione attraverso l'housing sociale, soluzioni abitative a canone contenuto.
Foto Bruni
Le comunelle "riconquistano" dopo un secolo i terreni
storici
Termina in Cassazione il contenzioso infinito con Comune di Trieste e
Regione - Blindata la tradizionale destinazione agrosilvopastorale di 460 ettari
del Carso
TRIESTE - Ora non ci sono più dubbi. Sui terreni ubicati nei comuni censuari
di Opicina, Rupingrande e Gabrovizza, di proprietà delle locali comunelle
dell'altipiano carsico, «non esistono usi civici a loro carico». Quei 460 ettari
di territorio del Carso, da secoli curati da quelle comunioni familiari cui
partecipano solo coloro che «li coltivano in forma diretta, promiscua e
solidale, sulla base di regole consuetudinarie o di antichi statuti», rimarranno
a esclusiva destinazione agrosilvopastorale. C'è voluto un secolo ma, alla fine,
è stata emessa in questi giorni una sentenza - della Corte di Cassazione, il
supremo organo dell'ordinamento giuridico italiano, che assicura l'uniforme
interpretazione delle norme di diritto - che l'ha dunque stabilito. E così ieri,
in via del Ricreatorio, a Opicina, al termine dell'incontro nel corso del quale
è stato illustrato il provvedimento della Cassazione, è stata gran festa. «Si
tratta di una decisione storica - ha commentato Carlo Grgic, vicepresidente
della Consulta nazionale della proprietà collettiva - in quanto ci sono voluti
cent'anni per vedere riconosciute le ragioni delle comunelle».Il contenzioso con
lo Stato italiano iniziò infatti con la fine della Prima guerra mondiale. «La
legge sulle proprietà collettive - ha ricordato l'avvocato Peter Mocnik, che ha
difeso le comunelle nella lunga vertenza davanti alla Corte di Cassazione - in
Italia non esisteva, mentre è sempre stata presente nel diritto germanico. Prova
ne sia - ha aggiunto - che esse erano previste nell'ambito del sistema giuridico
dell'impero asburgico». Per arrivare a tempi più recenti, va spiegato che, nel
1955, era stato emesso un bando commissariale il quale accertava che, sui beni
immobili delle comunelle, possono gravare usi civici a favore del Comune di
Trieste. Il tutto facendo riferimento a una legge nazionale del 1927, che
stabiliva l'assoggettamento alle norme sugli usi civici dei terreni di proprietà
delle comunelle. In altre parole, il Comune avrebbe potuto modificare la
destinazione dei terreni. Contro tale bando, nel 2008, la Comunella di Opicina
aveva presentato ricorso davanti al Commissario regionale per gli usi civici. Il
Comune si era opposto, vedendosi affiancato dalla Regione. La domanda della
Comunella era stata respinta, in quanto il Commissario aveva ritenuto legittimo
il bando del 1955. La Comunella si era allora rivolta alla Corte d'Appello di
Roma, sezione Usi civici, ma anche in tale occasione la decisione le era stata
avversa. Inevitabile a quel punto rivolgersi alla Cassazione. Con la sentenza
illustrata ieri, la Cassazione innanzitutto riconosce alle comunelle la
caratteristica di soggetti di «dominio collettivo, che esprimono la comunione di
un unico e complesso diritto, definito "jus", iscrivibile nei libri fondiari,
comune ai discendenti degli autoctoni e dei proprietari collettivi dei terreni,
ivi insidiatisi ab immemorabile». Nel testo la Cassazione ribadisce, come detto,
anche che «i terreni delle comunelle non sono assoggettabili alle norme sugli
usi civici, in quanto proprietà collettive preesistenti alle leggi emanate dallo
Stato italiano in materia». Per quanto concerne il famoso bando commissariale,
esso «non può produrre effetti per carenza del corrispondente potere
amministrativo». In sostanza, esso si baserebbe su una norma, quella del 1927,
successiva a quella secolare, istitutiva delle comunelle. Una situazione
improponibile per l'ordinamento giuridico italiano.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 20 ottobre 2018
In piazza Hortis tornano le inferriate dell'Ottocento
Ok al progetto da 90 mila euro per la recinzione del giardino sopra il
muretto - Ai varchi cancelli con pilastri in pietra d'Aurisina. Cantiere chiuso
entro sette mesi
Un ritorno al passato. A distanza di quasi mezzo secolo torneranno le
inferriate in piazza Hortis, già piazza Lipsia, il cuore del Borgo Giuseppino.
La decisione era stata annunciata nove anni fa (seconda giunta Dipiazza) ma
verrà realizzata nei primi mesi del prossimo anno. L'amministrazione comunale ha
approvato il progetto esecutivo che ha avuto il via libera dalla Soprintendenza
e che costerà 90 mila euro. Il progetto era stato annunciato un anno fa e
l'opera inserita nel Piano triennale. Lo scopo dell'intervento, si fa sapere, «è
quello di ripristinare la vecchia recinzione del giardino al fine di consentirne
la chiusura notturna e preservare l'area recentemente riqualificata da atti
vandalici». C'è, infatti, anche da tutelare da un uso improprio la nuova area
gioco per i bambini. Il giardino è spesso usato dai frequentatori della movida
della vicina via Torino. La nuova recinzione metallica , alta un metro e 20
centimetri, sarà collocata sopra l'esistente muretto in pietra che delimita il
giardino e riprenderà lo stile dell'inferriata preesistente. Saranno installati
quindi quattro cancelli da un metro e 70 centimetri di altezza in corrispondenza
di quattro varchi pedonali. Nell'occasione saranno restaurate e ripristinate le
parti mancanti del muretto perimetrale in via dell'Annunziata e via San Giorgio
e ai lati dei quattro cancelli saranno realizzati anche dei pilastri di un metro
e 90 centimetri rivestiti in pietra bianca d'Aurisina. La nuova inferriata
metallica sarà in acciaio verniciato color grigio scuro. «L'introduzione di una
recinzione attorno al giardino di piazza Hortis è una spesa di cui il Comune
intende farsi carico - aveva annunciato lo scorso novembre l'assessore Lodi -.
Nelle nostre intenzioni la ringhiera serve a limitare gli accessi notturni al
parco e a prevenirne così il degrado». E così sarà. La cancellata di recinzione
preesistente risaliva alla prima metà dell'Ottocento. Da un verbale del
Consiglio comunale si apprende che fu sottoposta a riparazioni nel 1868 assieme
a quella del Giardino pubblico "Muzio de Tommasini" di via Giulia. La recinzione
di piazza Hortis venne rimossa per tre lati nel 1970, mentre il lato rimasto
davanti all'Istituto nautico venne tolto nel 1990. Oggi è presente solo il
vecchio muretto in pietra sopra il quale nel giro di sette mesi dovrebbe
rispuntare come detto la recinzione. Dall'approvazione del progetto esecutivo si
prevedono 90 giorni per il bando di gara, l'affidamento e il contratto di
appalto. I lavori, invece, dovranno essere portati a termine in 120 giorni.
Sette mesi in tutto. E così piazza Hortis, che sorge su un antico sito
cimiteriale dell'epoca paleocristiana, tornerà ad assumere un aspetto
ottocentesco. La piazza venne creata a seguito della demolizione del convento
dei padri minoriti annesso alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata
Vergine del Soccorso. L'amministrazione francese intitolò la nuova piazza alla
vittoria di Lutzen, mentre il governo austriaco la ribattezzò piazza Lipsia per
celebrare la sconfitta napoleonica. Corsi e ricorsi storici. Il giardino occupa
la quasi totalità della piazza (2.100 metri quadrati) e presenta alberi d'altro
fusto provenienti anche da paesi esotici. Al centro del giardino c'è la statua
di Attilio Hortis. E all'esterno della futura recinzione quella più recente di
Italo Svevo.
Fabio Dorigo
La retromarcia sullo spazio aperto nel giro di tre anni
«Abbiamo riqualificato l'area per dare un ulteriore spazio alle mamme e ai
bambini. Non abbiamo voluto la recinzione, perché preferiamo che sia uno spazio
aperto, fruibile anche d'estate». Nel 2006 Giorgio Rossi, allora assessore ai
Lavori pubblici, annuncia la linea della prima giunta Dipiazza tagliando il
nastro dei lavori di restauro di piazza Hortis costati 250 mila euro.«Quanto più
si fanno cose belle tanto è più facile rispettarle», dice nell'occasione il
vescovo Eugenio Ravignani. Ma l'illusione dura tre anni. Nel febbraio del 2009
il sindaco Roberto Dipiazza (al secondo mandato) e l'assessore Franco Bandelli
annunciano la scelta di ripristinare la recinzione in ferro per proteggere il
giardino dai vandali. I lavori previsti per settembre partiranno 10 anni dopo.
Muggia - Due mostre ecologiche alla Sala Negrisin
Mercoledì alle 18, nella Sala Negrisin di piazza Marconi a Muggia, saranno inaugurate le mostre "Tutti su per terra" e "Energeticamente", organizzate da assessorato alla Cultura e Larea-Arpa, in collaborazione con Eupolis. Visite a ingresso libero fino al 18 novembre, dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19, il sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, la domenica e nei festivi dalle 10 alle 12.
ESCURSIONI - Natura, storia e leggenda a Duino - Si parte dalla Grotta Fioravante
Inizia oggi il ciclo di escursioni organizzato dal Comune di Duino Aurisina, in collaborazione con la Cooperativa Gemina, nell'ambito del progetto "Tra natura, storia e leggenda" finanziato dalla Regione. Il progetto ha l'obiettivo di promuove il territorio dal punto di vista turistico e naturalistico, puntando soprattutto sulle formule che sottolineano il rispetto per l'ambiente e un utilizzo rispettoso del territorio. Tutte le escursioni sono gratuite, però per partecipare è necessaria la prenotazione. Il primo appuntamento, fissato oggi, alle 15, e prevede le puntate alla grotta Fioravante e al bosco della Cernizza (ritrovo qualche minuto prima del via all'Infopoint di Sistiana). La durata della passeggiata sarà di circa un paio d'ore. Secondo appuntamento domenica 28 ottobre, con destinazione il sentiero Rilke, nell'ambito di un percorso naturalistico e storico. Anche in questo caso ritrovo all'Infopoint di Sistiana qualche minuto prima delle 14.30, ora fissata per il via. Anche sul Rilke la durata dell'escursione sarà di circa due ore. Domenica 4 novembre quelli della Cooperativa Gemina condurranno i partecipanti a visitare le risorgive del Timavo, di cui racconteranno storia, miti e leggende. Ritrovo come di consueto all'Infopoint di Sistiana, alle 14.30. Durata prevista due ore. Sabato 10 novembre infine, i responsabili della Cooperativa giocheranno in casa, in quanto la destinazione dell'escursione sarà il Sito paleontologico del Villaggio del pescatore, gestito dalla Gemina. Ritrovo alle 14.30 all'Infopoint per una visita che anche in questo caso durerà un paio d'ore. Per informazioni e prenotazioni telefonare al 3347463432 o inviare una mail a cooperativagemina@gmail.com.
Ugo Salvini
"A Percedol e dintorni" con Curiosi di natura
Nell'ambito della manifestazione gastronomica "Sapori del Carso", domenica Curiosi di natura propone l'escursione "A Percedol e dintorni": dalle 9.30 alle 13 visita a una delle doline più profonde e caratteristiche del Carso triestino. Al termine possibilità di gustare i "Sapori del Carso" nei ristoratori convenzionati (sconto del 10%). Ritrovo alle 9.10 all'ingresso della dolina di Percedol. Info: www.curiosidinatura.it e cell. 3405569374.
IL PICCOLO - VENERDI', 19 ottobre 2018
Dietrofront sul Piano periferie - In regione sbloccati
80 milioni
L'esecutivo raggiunge l'intesa con i sindaci e rimette a disposizione
risorse complessive per un miliardo e 600 milioni
TRIESTE - Il governo "ricuce" lo strappo con i Comuni sui fondi del bando
delle periferie e rimette a disposizione un miliardo e 600 milioni in precedenza
eliminati in sede di decreto milleproroghe. La notizia è arrivata al termine del
confronto tra i sindaci e i rappresentanti dell'esecutivo nella Conferenza
unificata di ieri. L'intesa raggiunta ora dovrà essere tramutata in norma di
bilancio. «Abbiamo riattivato le relazioni con il governo perché - ha spiegato
il presidente dell'Anci Antonio Decaro - abbiamo vinto una battaglia che non era
dei sindaci, ma per i diritti dei cittadini. Abbiamo convinto il governo a
tornare indietro, a mettere nuovamente a disposizione le risorse». Divergente
l'interpretazione del ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Erika
Stefani: «Come diciamo dall'inizio di questa vicenda - ha puntualizzato - il
governo avrebbe trovato una soluzione e così è stato». La notizia dello sblocco
del Piano periferie è stata accolta con grande soddisfazione anche dai sindaci
del Fvg, regione che rischiava di perdere complessivamente risorse per circa 80
milioni di euro tra progetti di riqualificazione del comprensorio di Rozzol
Melara a Trieste (18 milioni), il rilancio dell'ex Collegio Filzi e delle Case
del rione a Campagnuzza a Gorizia (altri 18 milioni), il recupero dell'ex
caserma Osoppo e interventi nella zona Est di Udine (circa 30 milioni) e altri
interventi a Pordenone per una ventina di milioni. Soddisfatta la leghista di
Sacile Vannia Gava, sottosegretario all'Ambiente. «Promessa mantenuta.
Finalmente - commenta - i Comuni potranno tornare a spendere per i loro
cittadini. Grazie al lavoro della Lega si è risolta una situazione ingarbugliata
che impediva agli enti locali di investire e di non utilizzare gli avanzi di
bilancio. L'intesa raggiunta con l'Anci per ripristinare i fondi del bando
Periferie conferma come la Lega e questo governo abbiano a cuore i territori del
nostro Paese».«L'intesa che è stata raggiunta dopo il passo indietro del governo
è un risultato positivo ottenuto con una mobilitazione istituzionale e politica
senza precedenti, ma bisogna tenere ancora la guardia alta, perché vogliamo
vedere le risorse scritte nella Legge di Bilancio. Non vorremmo che si
materializzasse un'altra "manina" - afferma la deputata del Pd Debora
Serracchiani -. «Siamo soddisfatti per il risultato ottenuto anche se, ancora
una volta, si manifestano le contraddizioni di questo governo, che nei vari
passaggi in Parlamento ha rigettato emendamenti e mozioni del Pd intese a
raggiungere questo stesso obiettivo. Si poteva fare prima ed evitare una
contrapposizione inutile e dannosa».
Restyling di Rozzol Melara - In arrivo da Roma 18
milioni
Cifra sbloccata dopo l'intesa sul Piano periferie trovata dal governo con
i Comuni - Ma il Pd invita a non abbassare la guardia
La notizia dello sblocco del Piano periferie da parte del governo, arrivata
nel pomeriggio, ha preceduto di poco l'incontro pubblico del Pd dedicato ieri
proprio al progetto di riqualificazione di Rozzol-Melara, tenutosi ieri nel
Circolo Auser di via Pasteur 41. Oltre agli inquilini del quadrilatero, hanno
preso parte il direttore dell'Ater di Trieste Antonio Ius, la segretaria
provinciale del Pd Laura Famulari, la consigliera comunale Antonella Grim e il
capogruppo in Sesta circoscrizione Luca Salvati. «Oggi si potrebbe festeggiare
il risultato degli accordi con l'Anci per rimettere in manovra i soldi per la
realizzazione (circa 18 milioni di euro, ndr), ma si tratta di impegni che erano
già stati presi e poi traditi dal governo - ha commentato Famulari -. Noi ci
auguriamo di vedere risultati quanto prima e vigiliamo affinché la parola data
sia mantenuta. Siamo venuti anche per rivendicare il frutto dell'azione di molti
sindaci, parlamentari e consiglieri del Pd».«Non c'è da mettere bandierine sul
progetto e tutti trasversalmente lo dobbiamo appoggiare», ha aggiunto la
consigliera comunale Grim, che ha poi lamentato la mancata disponibilità da
parte della giunta comunale di discutere la questione. «Non siamo venuti solo
per comunicare questa buona notizia - ha affermato Salvati -. La nostra presenza
serve anche per capire quali interventi l'Ater ha comunque intenzione di
compiere nel comprensorio di Melara». «Abbiamo chiesto al sindaco Dipiazza e
all'assessore regionale alle Infrastrutture Pizzimenti di sedersi attorno a un
tavolo per capire se possiamo anticipare dei soldi per gli interventi - ha
affermato Ius -. Ci basterebbe avere la garanzia che quei soldi poi ci venissero
restituiti, perché vogliamo portare a compimento ciò che è stato progettato per
Rozzol-Melara». A proposito degli interventi previsti, nel corso dell'incontro
gli inquilini di Melara hanno posto una particolare enfasi sulla necessità di
sostituire i vecchi infissi, soprattutto nel lato sottovento.
Simone Modugno
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 ottobre 2018
IL DIBATTITO SULLA FERRIERA - «Per Servola un futuro
tra logistica e industria»
Inquadrare il caso della Ferriera nel contesto nazionale della siderurgia a
caldo. È stato questo lo scopo dell'incontro avvenuto l'altra sera al Circolo
della Stampa al quale hanno preso parte Maria Maranò, delegata della segreteria
nazionale di Legambiente, Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità di
Sistema portuale del Mare Adriatico orientale, i sindacati dei lavoratori e i
comitati degli abitanti di Servola. La rappresentante di Legambiente ha ribadito
che l'Italia deve iniziare a impostare una seria politica industriale che tenga
in considerazione il settore manifatturiero, «che è pur sempre il secondo più
importante in Europa dopo quello tedesco». Ciò significa che «di acciaio, in
Europa, c'è forte bisogno» e che lo stesso «è una grande risorsa per l'Italia,
ma non può più essere gestito con una tecnologia risalente sostanzialmente al
primo Novecento». A gravare sul dibattito, però, sono state le voci riguardanti
la trattativa in atto con un gruppo cinese che opera nell'ambito della logistica
intenzionato a investire nell'area della Ferriera. Trattativa confermata dallo
stesso Sommariva che, però, tiene a sottolineare come, «al di là dell'operazione
legata ai cinesi, il porto può essere uno strumento per trasformare la zona
della Ferriera in un asset d'integrazione fra logistica e industria». I
sindacati e i comitati di quartiere, infine, hanno posto l'accento sull'atavico
problema della vicinanza fra il sito industriale e le abitazioni. Al di là di
quello che sarà fatto nel medio-lungo termine, la percezione è che «la salute
dei residenti - a detta degli stessi - pare rimanere un problema marginale».
Lorenzo Degrassi
La Sala Tripcovich "recintata" per il restyling di
piazza Libertà
L'assessore Lodi: «In questa fase previsti anche il recupero del
sottopassaggio e la creazione di nuove strisce pedonali». Il futuro del
manufatto resta un rebus
Un recinto metallico attorno alla sala Tripcovich sorto nei giorni scorsi ha
fatto nascere spontanea la domanda se fosse finalmente iniziata la fase attiva
di riqualificazione di piazza Libertà. Fasi propedeutiche all'inizio dei lavori
di ristrutturazione veri e propri che avverranno nei prossimi giorni, come
confermato dall'assessore con delega ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Il cantiere
è stato consegnato a metà settembre e "l'ingabbiatura" della sala Tripcovich fa
in effetti parte della prima di 13 fasi che porteranno a capovolgere l'aspetto
dell'area». La prima fase, infatti, secondo la sequenza di microlotti prevista
dal progetto, riguarderà la parte dietro l'ex stazione delle autocorriere, dove
verranno risistemati i capolinea di quasi tutti gli autobus urbani ora attorno
al rettangolo verde al centro della piazza. «Abbiamo iniziato un iter di
riqualificazione molto importante per la città - continua l'assessore Lodi - che
in questa prima fase riguarderà anche il recupero del sottopassaggio e la
creazione di nuovi attraversamenti pedonali a raso di fronte all'uscita della
stazione ferroviaria, mentre successivamente passeremo alla risistemazione dei
marciapiedi per migliorare il passaggio dei pedoni e alla modifica della
viabilità, senza trascurare la realizzazione di un nuovo percorso ciclabile tra
la città e il polo d'interscambio formato dalle stazioni ferroviaria e delle
corriere. Ovviamente confidiamo nella pazienza dei cittadini per le situazioni
di disagio che si potranno creare nei prossimi mesi». Già, perché i lavori che
cambieranno il volto della piazza così come lo conosciamo oggi avranno una
durata (come da contratto) di 290 giorni, salvo proroghe dovute a imprevisti o
all'acuirsi della brutta stagione. Dieci mesi che metteranno a dura prova la
pazienza dei cittadini e non solo. «Il nostro obiettivo è quello di migliorare
la fruibilità dell'area non solo per i triestini ma anche per i turisti cercando
di rendere maggiormente accattivante quello che è il biglietto da visita della
città». E che ne sarà della sala Tripcovich, il cui abbattimento è uno degli
obiettivi della giunta Dipiazza? Caustico a riguardo il commento dell'assessore
competente Serena Tonel: «Che la sala Tripcovich sia l'unica parte della piazza
a non rientrare nel recupero dell'area, restando lì in mezzo, è un segnale che
dovrebbe dire qualcosa a chi è scettico sulla possibilità del suo abbattimento».
L'appalto per la realizzazione dei lavori è stato affidato al raggruppamento
d'imprese Mari & Mazzaroli spa, Rosso srl ed Ennio Riccesi Holding srl di
Trieste per una partita che sfiora i 5 milioni di euro.
Lorenzo Degrassi
Inquinamento - L'onda nera raggiunge la spiagge di St.Tropez - Marea nera a Saint-Tropez.
L'onda scura di petrolio che avrebbe già colpito circa 16 chilometri del celebre litorale francese, spiega la Préfecture Marittime de Méditerrannée, «sembrerebbe provenire» dalle due navi entrate in collisione il 7 ottobre scorso al largo della Corsica. In quei giorni, gran parte del petrolio riversatosi in mare venne aspirato da soccorsi italiani e francesi, ma una parte residuale sarebbe giunta in Costa Azzurra spinta dal vento forte degli ultimi giorni. La prefettura del dipartimento di Saint-Tropez ha annunciato l'attivazione di una cellula di crisi e del Plan Polmar contro l'inquinamento in mare. Chiuse al pubblico, per ora, le spiagge di l'Escalet et Pampelonne, Ramatuelle, Salins e la Moutte tra Saint-Tropez e dintorni e quelle di La Nartelle- Saint Barth à Sainte-Maxime.
Navigazione "green", nasce a Trieste l'Hybrid Centre
targato Wärtsilä
La prima struttura al mondo costruita in scala reale per
l'implementazione dei nuovi sistemi
TRIESTE - Parte dagli stabilimenti Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra il
futuro della «navigazione sostenibile». È stato inaugurato ieri il nuovo Hybrid
Centre, con un motore in scala reale che consente lo sviluppo e
l'implementazione del modulo di potenza ibrido "Wärtsilä HY". Un impianto che,
oltre a garantire a Wärtsilä una notevole serie di sperimentazioni in loco,
offrirà ai potenziali clienti - oggi è previsto l'arrivo di un primo gruppo di
140 operatori del settore - la possibilità di verificarne i benefici dal vivo.
L'Hybrid Centre sarà anche usato per formare equipaggi, fornendo l'esperienza
pratica ai propri tecnici. È il primo centro al mondo costruito in scala reale e
comprende un motore, un pacco di batterie, gli azionamenti elettrici, un
simulatore di carico elica che utilizza a sua volta un motore elettrico, un
motogeneratore e il sistema di gestione dei flussi di energia, il "cervello" del
Wärtsilä HY. Il Centro potrà poi simulare i dati operativi in arrivo dal campo,
che consentiranno di ottimizzare i sistemi ibridi per raggiungere prestazioni
senza precedenti. L'investimento, offrendo a proprietari e operatori la
possibilità di sperimentare e conoscere il Wärtsilä HY, accelererà
l'introduzione delle tecnologie ibride nel mercato marino, aumentando la
sostenibilità ambientale della navigazione. I test sono già stati effettuati con
successo sulla procedura di avviamento elettrico brevettata da Wärtsilä, tramite
l'uso della potenza fornita dalle batterie, per fornire l'avviamento del motore
principale senza fumo visibile.«Questo nuovo Centro - ha detto Guido Barbazza,
presidente e ad di Wärtsilä Italia - consentirà di migliorare l'efficienza dei
motori e ridurre sensibilmente le emissioni, curando perciò l'ambiente
marittimo». «Con l'Hybrid Centre - aveva già annotato Stefan Wiik, vice
presidente della Marine Power Solutions di Wärtsilä - ancora una volta si
dimostra la volontà della nostra azienda di dare vita a un approccio "smart
marine", mirato a offrire migliore efficienza e maggiore sicurezza e di proporre
un notevole passo in avanti sulla strada della sostenibilità. Questo concetto
mostra l'impegno nel guidare il settore marino verso un futuro più pulito e più
efficiente in termini di costi». Principio ripreso ieri da Giulio Tirelli,
responsabile del progetto Hybrid Center e direttore alle vendite della Marine
Solutions di Wärtsilä: «Si aprono nuovi campi di sviluppo. Le navi saranno più
sicure e genereranno emissioni molto ridotte anche sotto il profilo dei rumori,
il particolato sarà ridotto a zero». Oltre all'uso per la validazione di
tecnologie ibride, il Centro consentirà ai clienti di verificare i vantaggi che
Wärtsilä HY offre come valore aggiunto.
Ugo Salvini
Sull'Alta Velocità si viaggia lenti - Un treno su due
arriva in ritardo
L'Autorità dei Trasporti indaga sul calo della puntualità dei convogli.
Aumentano le conciliazioni
Il caso della rete Roma-Firenze: tra Frecce, Intercity e regionali la tratta è
sovraccarica di mezzi
Nei primi sei mesi del 2018 solo un treno ad alta velocità su due è riuscito
ad arrivare a destinazione con un ritardo compreso nei 5 minuti. In tutto il
2017 la percentuale di puntualità era del 61,8%. Il peggioramento ha spinto
l'Autorità di regolazione dei Trasporti ad accendere un faro per capire i motivi
di questa performance negativa e «per l'eventuale adozione delle prescrizioni
regolatorie» per migliorare la puntualità. 1 Aumentano le conciliazioni -
L'aumento dei disservizi ha avuto come conseguenza l'aumento delle procedure di
conciliazione con Trenitalia, come confermano da Federconsumatori che con altre
associazioni ha firmato un protocollo di collaborazione con la società del
gruppo Fs. L'intervento dell'Autorità, per altro, è stato sollecitato dalla
Regione Toscana. Sulla direttissima Roma-Firenze, infatti, circolano anche i
regionali veloci e la preoccupazione dell'assessore ai Trasporti, Vincenzo
Ceccarelli, è che a «pagare il prezzo dei disagi siano soprattutto i pendolari».
Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ntv, proprietaria degli Italo, a fine
settembre presentando i risultati di esercizio, ha spiegato: «L'incidenza dei
ritardi è in fortissima crescita, siamo costretti a fermarci continuamente per
il traffico». Ceccarelli fa un passo in più, convinto che i problemi siano
strutturali «perché «si sta andando verso la saturazione delle Direttissima». 2
Traffico sulla direttissima - Il motivo? «Sulla tratta Roma-Firenze viaggiano
tra i 180 e i 200 treni ad alta velocità al giorno più 112 regionali veloci» e
anche qualche Intercity. E aggiunge: «Per quanto riguarda la puntualità tutto è
andato bene fino all'anno scorso quando con il cambio d'orario sono stati
aggiunti nuovi treni Av. La percentuale di puntualità, prima al 90%, si è
abbassata e lo farà ulteriormente con il nuovo orario che prevede l'aumento del
numero dei convogli Av» 3 La possibile soluzione - Dal suo punto di vista la
soluzione per risolvere i «costanti disservizi non solo per i pendolari ma anche
per i viaggiatori dell'alta velocità è il raddoppio della Direttissima tra
Valdarno e Firenze». Costo stimato: da 900 milioni a 1,3 miliardi. Si spiega
così perché la Toscana abbia richiesto all'Art non solo di monitorare la
situazione ma anche di sospendere ulteriori ampliamenti del servizio dell'alta
velocità. L'Autorità che si muove per garantire condizioni eque di accesso eque
e non discriminatorie all'infrastruttura ferroviaria tanto da essere presa ad
esempio della imprese private europee, ha scelto, invece, di proseguire
nell'attività di monitoraggio e vigilanza iniziata a febbraio. 4 Le cause dei
disagi - Lo ha fatto sulla base delle risposte arrivate da Rete ferroviaria
italiana, società di Fs che gestisce l'infrastruttura. Rfi, infatti, ha
giustificato il calo della performance con l'incidente del Pioltello e il
maltempo che tra febbraio e marzo ha provocato gravi disagi sui nodi di Roma e
Napoli. E poi ci sono i guasti. Sei particolarmente significativi: ai deviatoi
di Roma Termini, alla linea di alimentazione tra Firenze e Bologna, ad un treno
veloce sulla Direttissima e due disconnessioni di bivio a Settebagni. Sulla base
di queste considerazioni l'Autorità ha informato la Regione Toscana che il faro
resterà accesso anche perché c'è un «margine di ottimizzazione dei processi di
gestione». Andrea Giudicin, docente di Economia dei Trasporti alla Bicocca, non
entra nel merito delle decisioni dell'Art ma spiega: «I ritardi non sono solo
legati alla Direttissima, ma anche alla gestione dei nodi urbani. Sulla
Roma-Firenze i problemi nascono dall'uso promiscuo della rete dove viaggiano
treni a 250 chilometri e le carrozze dei pendolari che arrivano a 140 chilometri
orari». 5 Le priorità - Che fare, allora? «Io credo - risponde il professore -
che vadano separate le due offerte di servizio potenziando la linea storica dove
far viaggiare i treni regionali e rendendo più efficiente la rete anche nei nodi
urbani. Rfi ha messo in campo un piano di investimenti sulla segnaletica per
garantire sicurezza ma anche maggior velocità». Rfi, infatti, sta investendo
milioni per migliorare la segnalazione con i sistemi di ultima generazione che
permettono di far viaggiare i convogli ad alta velocità a distanza di 5 minuti
uno dall'altro. Un simile sistema permetterebbe di poter correre a 300
chilometri orari sulla Roma Firenze rispetto agli attuali 250. Resterebbe da
risolvere il problema dei regionali.
Maurizio Tropeano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 ottobre 2018
Doppio appello sulla Ferriera - I sindacati reclamano
spazio
Le sigle chiedono «un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti gli
attori» e sottolineano «i progressi» registrati in chiave ambientale
Un appello all'azienda e uno alle istituzioni «per non restare isolati ed
essere lasciati nell'incertezza su quanto potrà accadere in futuro alla Ferriera
di Servola». Li hanno formulati Marco Relli (Fiom Cgil), Umberto Salvaneschi
(Fim Cisl) e Thomas Trost (Fiom Cgil) chiamando la proprietà e il presidente
della Regione Massimiliano Fedriga, al «rispetto dei ruoli e alla necessità di
dialogare con le parti sociali». «L'accordo di programma iniziale, che ha
portato Arvedi a Trieste - ha detto Salvaneschi -, ha permesso di conservare i
livelli occupazionali in una città dove l'industria è in difficoltà. Insistiamo
anche sul discorso ambientale, per ottenere un miglioramento costante su questo
fronte - ha aggiunto - ma ricordiamo a Fedriga che, qualsiasi sia la
prospettiva, le organizzazioni sindacali non possono essere escluse dal tavolo
di confronto. Oggi la Ferriera ha quasi 600 dipendenti diretti, di età media fra
i 40 e i 50 anni, perciò difficilmente ricollocabili, ai quali si aggiunge un
centinaio di lavoratori dell'indotto. Vogliamo sapere - ha concluso - cosa ci
porterà il futuro». Anche Relli ha ribadito che «gli interventi per
l'abbattimento delle polveri e per ridurre l'impatto della cokeria, oltre che
l'inquinamento sonoro, hanno comportato risultati positivi. Questo però non può
bastare. Abbiamo chiesto da tempo un piano industriale - ha continuato il
segretario provinciale della Fiom - ma non abbiamo avuto risposte. Chiediamo
perciò alla Regione un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti i
soggetti. Siamo preoccupati - ha concluso - anche perché si sentono voci di
possibili acquisizioni di cui non abbiamo sufficienti notizie». Trost ha
ricordato che «nel 2014 la Ferriera era virtualmente chiusa, poi è arrivato
Arvedi e da 434 lavoratori dell'epoca siamo a quasi 600. Certo lo stabilimento
non è una farmacia, produce polveri, fumo e rumore, però nell'ultimo periodo è
stato fatto abbastanza sul piano degli abbattimenti. Dover soffrire
quotidianamente il rischio di trovarsi un giorno con i cancelli chiusi è molto
difficile».
Ugo Salvini
L'accusa dei duinesi: «I cacciatori esagerano - Spari
vicino alle case»
Residenti allarmati: «Non si va più a passeggio nei boschi» - La replica:
«Rispettiamo sempre regole e limiti territoriali»
DUINO AURISINA - Residenti che lamentano il rumore degli spari fin dalle
prime ore del mattino. Cani domestici che abbaiano in continuazione, perché
eccitati dal rumore dei fucili che fanno fuoco. Famiglie che rinunciano alle
passeggiate sul Carso per il timore di essere colpite da pallottole vaganti. Si
riaccende puntuale a Duino Aurisina, con l'avvio della stagione venatoria, la
polemica fra la popolazione e i cacciatori. Una disputa che si ripropone ogni
anno, con l'arrivo dell'autunno, e mette a confronto le ragioni dei due fronti.
«I miei cani sono terrorizzati - protesta Rossella Tognazzolo, che abita a Duino
a pochi passi dal tracciato della ferrovia - perché gli spari si sentono
vicinissimi alle nostre case. Dobbiamo poi rinunciare a portarli lungo i
sentieri della zona per il timore di vederli spaventati - aggiunge - e in ogni
caso c'è un diffuso disagio fra tutti coloro che vivono nei paraggi». Anche
Vladimiro Mervic, consigliere comunale che abita a Duino, conosce bene la
situazione: «I cacciatori stanno esagerando - è la sua opinione - perché in
alcuni frangenti sembra che sparino proprio a pochi passi dalle case. Io stesso
- evidenzia - rinuncio a passeggiare nei boschi, perché temo per la mia
incolumità». Le notizie di incidenti provocati dai cacciatori negli anni,
sull'intero territorio nazionale, hanno evidentemente lasciato il segno e nella
memoria collettiva il rischio sembra incombente. Di tutt'altro parere Domenico
Ruggero, direttore della Riserva di Duino e lui stesso cacciatore: «Abbiamo
sempre rispettato le regole e i limiti territoriali stabiliti - afferma - e
seguiamo quello che è il Piano regionale di abbattimento, che tiene conto della
necessità di contenere la crescita numerica di determinate specie. È inutile che
poi la gente si lamenti se nota cinghiali che si avvicinano pericolosamente alle
case - prosegue - se non accetta la nostra presenza, peraltro limitata a un
preciso periodo dell'anno». Ruggero ricorda infine che «le postazioni che alcuni
denunciano sono perfettamente legittime, prova ne sia che la Guardia forestale
non ha nulla da ridire». -
Ugo Salvini
NATURA - "Quaderni di geologia" al Centro di Basovizza
Venerdì alle 11.30, al Centro didattico naturalistico di Basovizza, verranno presentati due nuovi libretti della serie "Quaderni di geologia" redatti in collaborazione con Divulgando: "Geovagando In Friuli Venezia Giulia-Un viaggio geologico alla scoperta dei geositi delle Alpi Giulie Meridionali e Prealpi Giulie" e "Geopedalando In Friuli Venezia Giulia-Una pedalata geologica alla scoperta dei geositi dalla foce del Tagliamento a quella dell'Isonzo".
MUSEI - "I nuovi carsolini" a Storia Naturale
Con la conferenza di Nicola Bressi "I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica", avrà inizio la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro", presentato da Italia Nostra in coorganizzazione con il Comune di Trieste e il Museo di Storia Naturale. Le conferenze saranno tenute sempre nella sala del museo di via Tominz 4, alle 17.30.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 ottobre 2018
Sempre più incidenti da Muggia al Lisert: 15 morti e
1.262 feriti nell'ultimo anno
Persone e mezzi coinvolti in forte crescita rispetto al 2016 - Costiera e
Gvt tra le criticità. «Occhio a velocità e telefonini»
TRIESTE - Dai nove morti per incidente stradale registrati nel 2016 ai 15
dello scorso anno. I feriti? Nello stesso lasso di tempo sono passati da 1.190 a
1.262, con un aumento del 6%. Il numero degli incidenti, in parallelo, segna una
crescita dell'8%: erano stati 952 due anni fa, sono stati 1027 lo scorso anno.
Tutti dati, questi, che testimoniano come sia sempre più pericoloso viaggiare
sulle strade della provincia.La statistica, appena resa nota dalla delegazione
di Trieste dell'Aci, diretta da Maura Lenhardt, lo evidenzia in maniera
indiscutibile. E risulta altrettanto chiaro un altro elemento che spiega, almeno
in parte, il moltiplicarsi esponenziale degli incidenti sulle strade che vanno
da Muggia al Lisert: la continua crescita del numero dei mezzi in circolazione.
In provincia ce n'erano 190.387 nel 2016, lo scorso anno sono già saliti a più
di 192 mila. «Se si escludono i minori che non possono guidare e gli anziani che
non possono più mettersi al volante per motivi oggettivamente legati all'età -
precisa Lenhardt - siamo quasi in un rapporto parità, di un mezzo per residente.
È evidente che i problemi aumentano». Nella stragrande maggioranza dei casi si
tratta di mezzi a quattro ruote: secondo l'Associazione nazionale ciclo,
motociclo e accessori (Ancma) solo il 5% dei mezzi che quotidianamente si
muovono sulle strade della provincia di Trieste sono a due ruote, comprendendo
all'interno della categoria sia i ciclomotori che le moto di grossa cilindrata.
Entrando nel dettaglio dei singoli comuni, emerge in tutta la sua chiarezza un
dato che era già comparso nelle statistiche anni fa, sempre sulla base delle
rilevazioni dell'Aci locale: sono le strade del Comune di Duino Aurisina quelle
dove si registra il maggior contributo di sangue dovuto a incidenti stradali. In
quel territorio comunale c'erano stati un morto e 65 feriti nel 2016, lo scorso
anno i morti sono saliti a quattro e i feriti a 71. In parallelo pure l'aumento
degli incidenti: 44 nel 2016, 54 nel 2017. In sostanza, a Duino Aurisina è più
facile essere coinvolti in un incidente rispetto agli altri comuni del
territorio provinciale, Trieste compresa. I freddi numeri dicono che, all'ombra
del castello dei Torre e Tasso, nell'arco di un anno, ogni 138 mezzi che
transitano su quelle strade, almeno uno viene coinvolto in un incidente. Tanto
per fare un parallelo, tale rapporto diventa uno ogni 180 a Trieste, nonostante
sulle strade del capoluogo il traffico sia costantemente congestionato, perché
le vetture e i mezzi a due ruote che lo attraversano sono quasi 163 mila. Ma il
poco invidiabile primato di Duino Aurisina non può essere ascritto meramente a
un cattivo modo di guidare dei residenti e a problematiche di gestione delle
strade: semplicemente - all'interno dei confini comunali di Duino Aurisina -
corrono un bel pezzo della Grande viabilità e circa la metà della Costiera,
strade cioè dove la velocità e di conseguenza la pericolosità crescono a
dismisura.«Dalle nostre rilevazioni - riprende Lenhardt - risulta che le
principali cause di incidente sono l'eccessiva velocità e la colpevole
disinvoltura con la quale sia gli automobilisti sia i pedoni utilizzano gli
smartphone. Le due categorie vanno accomunate - aggiunge la direttrice dell'Aci
di Trieste - perché, se è molto pericoloso distrarsi con il cellulare quando si
guida, anche attraversare la strada mentre si parla al telefono diventa un
fattore che accresce il rischio. Dovremmo tutti stare molto più attenti -
ammonisce Lenhardt - e invece assistiamo al fenomeno contrario, purtroppo
dilagante, cioè a un'accentuata leggerezza di chi guida».
Ugo Salvini
Il trend
Secondo i dati 2017 si è registrato un aumento pesante degli incidenti, che hanno sfondato quota mille, e di conseguenza dei feriti e, purtroppo, delle persone decedute.
Il "concentrato" di auto
Il fenomeno può essere ricondotto, per lo meno in parte, alla crescita costante dei mezzi circolanti: erano 190.387 nel 2016, nel 2017 sono diventati 192.076 su una popolazione di 234.638 residenti. Siamo di fatto a un rapporto di un veicolo per abitante, lasciando fuori i minorenni e gli anziani che non guidano.
Il monito degli esperti
Per la direttrice dell'Aci di Trieste Lenhardt «le principali cause sono l'eccessiva velocità e la colpevole disinvoltura con cui automobilisti e pedoni usano gli smartphone».
Milano, raffica di roghi in aziende di rifiuti - Si
segue la pista dolosa
Legambiente: 33 incendi in Lombardia fra 2015 e 2018 - L'assessore
regionale: «Noi non siamo la terra dei fuochi»
Una serie di incendi in capannoni di stoccaggio di rifiuti nella zona di
Milano che procura valuta come non casuali. Per questo la pm di Milano Donata
Costa ha aperto un fascicolo per incendio doloso per il rogo divampato l'altra
notte in un impianto di smaltimento dei rifiuti in via Dante Chiasserini, in
zona Bovisasca a Milano. Il maxi incendio, l'ennesimo negli ultimi mesi in
Lombardia, ha mandato in cenere un capannone dell'azienda Ipb. Il fascicolo al
momento è ancora a carico di ignoti. I vigili del fuoco e la polizia sono al
lavoro per chiarire come sia divampato. Solo la scorsa settimana nell'ambito di
un'inchiesta della Dda di Milano e dei carabinieri sono state arrestate 6
persone per un traffico illecito di rifiuti in provincia di Pavia e nel resto
della Lombardia, responsabili dell'incendio del capannone abbandonato a
Corteolona, in Lomellina (Pavia). Gli incendi scoppiati fra domenica e ieri a
Milano e a Novate, a pochi chilometri di distanza, in due aziende di smaltimento
rifiuti sono gli ultimi di una lunga serie negli ultimi tempi: 33 in Lombardia,
secondo Legambiente, fra il 2015 e il 2018. «Non parlerei di un'emergenza come
la intendete voi - ha detto il direttore generale dei vigili del fuoco
Lombardia, Dante Pellicano - Sono casi ancora sporadici, ma deve esserci grande
attenzione da tutti».Fra i principali, il 23 maggio del 2017 a destare allarme
fu l'incendio in un'azienda di rifiuti speciali, la Aboneco Recycling, di Parona,
nel Pavese. Con una nube di fumo visibile a chilometri. Poi toccò a Milano: il 7
luglio accadde a Senago, mentre il 24 luglio il rogo fu in città. Le fiamme
avvolsero un sito di stoccaggio nel quartiere milanese di Bruzzano, con come
conseguenza livelli di diossina 270 volte superiori al valore normale. Due
giorni dopo un incendio scoppiò ad Arese nel deposito della Rmi. Ci vollero 8
giorni, invece, per spegnere le fiamme al sito della Eredi Bertè di Mortara nel
pavese, dove un rogo si sprigionò il 6 settembre 2018, nel giorno in cui era
previsto un controllo dell'Arpa. E il sito tornò a bruciare il 22 giugno 2018,
nonostante non ci fosse più nessuna attività. A novembre 2017 le fiamme si
alzarono al termodistruttore di Parona, nel pavese. A Cologno Monzese, un vasto
incendio si sviluppò alla Alfa Maceri, deposito di carta, plastica e legno, l'11
marzo, fra le case. «Non siamo la Terra dei fuochi e qui l'attività
amministrativa è attenta e fa il proprio dovere», dice l'assessore all'Ambiente
di Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo. Ma il livello d'allarme è alto.
Il Carso spiegato dagli esperti in sei tappe con Italia
Nostra
Conferenze al via domani alle 17.30 in via Tominz 4: Nicola Bressi
parlerà delle novità a livello di fauna nel territorio in esame
Domani, con la conferenza di Nicola Bressi, avrà inizio al Museo di Storia
naturale la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali
del Carso tra passato, presente e futuro". L'iniziativa è realizzata in
coorganizzazione tra l'associazione Italia Nostra, il Comune di Trieste e il
Museo di Storia naturale ed è dedicata ai cittadini e, in particolare, agli
studenti. La prima parte del ciclo, con le sette conferenze della scorsa
primavera, aveva preso in esame la morfologia carsica, la landa, i boschi
carsici, le acque superficiali e la "citizen science".La seconda parte del
ciclo, di sei conferenze, completerà il programma con nuovi temi: la fauna
carsica, i cambiamenti climatici, la biodiversità, il Carso sotterraneo e la Val
Rosandra. I relatori sono docenti e studiosi dell'Università di Trieste, del
Museo di Storia naturale e del Comune di Trieste. Le conferenze saranno tenute
sempre nella sala del Museo di Storia naturale, in via Tominz 4, di mercoledì,
alle 17.30. In occasione della VI edizione (20-28 ottobre 2018) della Campagna
nazionale di Italia Nostra sui paesaggi sensibili, la sezione di Trieste intende
sostenere, con queste conferenze, il programma nazionale. Il calendario: domani
"I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica" con Nicola
Bressi, il 24 ottobre "Gli insetti del Carso, una fauna meno nota" con Andrea
Colla, il 31 "Cambiamenti climatici nell'area carsica: quali evidenze?" con
Renato R. Colucci, il 7 novembre "Cambiamenti climatici e biodiversità vegetale:
l'invasione degli alieni" con Giovanni Bacaro, il 14 "La situazione sotto il
Carso" con Sergio Dolce e infine il 21 novembre "Chiacchierata sulla Val
Rosandra" con Nicola Bressi e Sergio Dolce.
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 ottobre 2018
Porto vecchio, nove milioni per viabilità e servizi a
rete
Definita la tabella di marcia del secondo lotto di lavori di
infrastrutturazione - Previsto il nuovo collegamento stradale tra Magazzino 26 e
largo Santos
Nove milioni di euro destinati a realizzare viabilità e servizi a rete nei
65 ettari di Porto vecchio: avanti con il secondo lotto. Le risorse fanno parte
del pacchetto da 50 milioni stanziate dal ministero dei Beni culturali e
finanziano i lavori di infrastrutturazione indispensabili per garantire lo
sviluppo della zona sdemanializzata. L'amministrazione ha messo nero su bianco
con la delibera 488, portata personalmente dal sindaco Roberto Dipiazza e
seguita sotto il profilo tecnico dal responsabile dell'area territorio-ambiente
Giulio Bernetti. Nella raffica di documenti e allegati, di scorta alla delibera,
spicca il cronoprogramma, che prevede il completamento dei lavori - dalla gara
ai collaudi - nel giugno 2021, una data non distante dalle elezioni comunali.
Secondo questa griglia temporale, le gare si terranno nell'autunno 2019, i
lavori si protrarranno dal gennaio 2020 al marzo 2021, tra aprile e giugno 2021
è fissata la stagione dei collaudi. Sette milioni saranno impiegati nel 2020,
due milioni nel 2021.Viabilità, drenaggio urbano, reti gas, reti fognarie, rete
idrica, rete energia, servizi tecnologici, illuminazione pubblica: è come
intervenire in una piccola città "di fondazione", dove bisogna fare tutto. Dal
punto di vista della viabilità, il secondo lotto provvederà a collegare il polo
fieristico-museale (centrale idrodinamica, magazzini 26, 28, 29) con la città in
corrispondenza di largo Santos, in coerenza con quanto avviato nel primo lotto
(viale Miramare-polo fieristico-museale). Sarà così costruita una carreggiata a
due corsie di marcia e una corsia ciclabile che si svilupperà lungo il muro di
confine con il sedime ferroviario. Quindi - come rileva la relazione tecnico
illustrativa - il tracciato si sovrapporrà in buona parte al percorso esistente
con «la possibilità di un'espansione della viabilità principale e secondaria,
anche in relazione a futuri insediamenti all'interno dell'area». I binari del
vecchio raccordo ferroviario saranno parzialmente mantenuti, piante e aiuole
coloreranno di verde l'area.Una buona notizia: il Porto vecchio è stato
sottoposto a indagine geofisica «finalizzata a valutare il rischio bellico» e
sembra non vi siano «anomalie riconducibili a masse belliche di medie e grosse
dimensioni». Insomma nell'area non sarebbero cadute bombe e non sarebbero state
piazzate mine.La decisione di spostare il museo del Mare dai Magazzini 24-25 al
retrostante 26 consente al Comune di mettere a reddito i 24-25, che si
affacciano sul Bacino 0. Dipiazza aveva dichiarato che in questo modo potrà
andare avanti l'operazione Fincantieri. Fincantieri non smentisce
l'interessamento ma dice che al momento non esiste al riguardo alcuna
progettualità.
Massimo Greco
Muggia vara il piano per rendere sicuri i corsi d'acqua
a rischio
Interessati dai lavori undici torrenti e rii. Prevista la pulizia degli
alvei e l'abbattimento della vegetazione in eccesso
MUGGIA - Torrente San Bartolomeo, Almerigotti, Fugnan, del Diavolo e della
Luna e rii Ronchi, San Sebastiano, Pisciolon, Farnei, Rabuiese e Menariolo.
Questi sono gli undici corsi d'acqua indicati dal Comune di Muggia che saranno
interessati dai lavori di manutenzione ordinaria che verranno realizzati entro
l'anno. I lavori si realizzeranno grazie ai 48 mila euro messi a disposizione
dalla Regione. Con la Legge regionale 11/2015, infatti, la Regione Fvg ha
riclassificato i corsi d'acqua presenti sul territorio e organizzato le
competenze dei vari Enti sulla materia, affidando ai Comuni la manutenzione dei
corsi d'acqua di classe 5, classe a cui appartengono i torrenti o i rii
protagonisti della lista. Su questa compaiono anche altri due corsi d'acqua su
cui l'Amministrazione ha espresso la volontà di intervenire: il rio Boeri e il
corso d'acqua - ancora senza nome - che sfocia all'altezza del lungomare
Venezia. «È un intervento utile per gestire un aspetto spesso sottovalutato, ma
in realtà estremamente importante ovvero la vegetazione che cresce lungo gli
argini dei torrenti, che può al contempo fungere da elemento di contenimento di
una piena oppure causare un'esondazione», ha evidenziato l'assessore
all'Ambiente Laura Litteri. Sui corsi d'acqua verranno effettuate la pulizia
delle ramaglie e l'abbattimento delle eventuali piante e degli arbusti in alveo.
La situazione di degrado è più evidente lungo gli alvei dei corsi d'acqua a
regime torrentizio, dove la vegetazione cresce spontaneamente e ogni evento
atmosferico importante trova materiale da trasportare a valle con il conseguente
interramento e ostruzione delle sezioni idrauliche. L'assessore Litteri: «Spesso
si sottovaluta su quanti piani diversi sia necessario monitorare e agire sul
territorio comunale. È sbagliato considerare i corsi d'acqua come angoli di
natura incontaminata da lasciare alla loro evoluzione. È fondamentale un
monitoraggio e una gestione di queste risorse boschive che sono un elemento
importante dell'ecosistema, ma che possono ridurre o aggravare gli effetti di un
evento alluvionale che, con interventi come questo, si possono prevenire».
Riccardo Tosques
Montenegro come l'Eldorado inizia la caccia all'oro
nero
I colossi stranieri, compreso il consorzio italo-russo Eni-Novatek,
pronti a estrarre dal fondo al mare miliardi di barili. Ma gli ambientalisti
affilano le armi
BELGRADO - La data d'inizio della competizione ora è fissata. I concorrenti
sono pronti ai nastri di partenza. Il premio finale è assai ambito: gas e
miliardi di barili di petrolio da estrarre dal fondo del mare. Ma la gara non
piace a tutti, con gli ambientalisti che già affilano i coltelli. La gara è
quella per il gas e l'oro nero che si nasconderebbero nei fondali adriatici: non
quelli croati, dove la corsa è in parziale stallo, ma quelli di pertinenza del
Montenegro, nel mirino di colossi stranieri pronti dopo anni di attesa a
verificare l'esistenza dei giacimenti e a estrarre preziosi idrocarburi. Fra
questi, il consorzio italo-russo Eni-Novatek, che dal primo novembre spedirà una
nave nelle acque territoriali montenegrine per 45 intense giornate di
esplorazioni e studi sismologici del fondale. «Siamo qui perché abbiamo
analizzato» i dati esistenti e «crediamo che esista un potenziale», ha spiegato
ai media locali il dirigente Eni, Agostino Maccagni.Il Montenegro - o meglio,
chi ne regge le sorti - attende con estrema impazienza l'esito delle nuove
indagini. La speranza è che portino in futuro all'estrazione di tanto gas e
petrolio, i cui proventi finiranno «per il 62-68%» nelle casse pubbliche, ha
assicurato la Direzione nazionale per gli idrocarburi. Prima però bisogna
compiere nuove esplorazioni, con la nave equipaggiata con cannoni ad aria che
"spareranno" contro il fondo marino, per leggere le onde di ritorno attraverso
super computer. E non c'è solo Eni-Novatek. Le ricerche «della nostra compagnia
saranno avviate alla fine di quest'anno oppure all'inizio dell'anno prossimo»,
ha detto da parte sua Antonios Nikolopulos, rappresentante del colosso greco
Energean Oil&Gas, vincitore negli anni scorsi di una concessione come
Eni-Novatek. E «se avremo fortuna, le prime trivellazioni» saranno in agenda già
«nel 2020», anche se il governo si augura che l'anno buono sia il 2019. Ma non
tutti guardano con speranza al futuro. Lo slogan del Montenegro, Paese che vive
di turismo, è «bellezza selvaggia». E di certo «piattaforme petrolifere» nel
mare cozzano con questa filosofia, ha attaccato l'Ong Green Home, da sempre in
prima linea contro le ricerche in Adriatico, dannose «per la biodiversità». E
possibile causa di «terremoti indotti», in un'area molto sismica, ha sostenuto
l'attivista Natasa Kovacevic, ammonendo che «i cittadini forse non si rendono
veramente conto di che impatto queste ricerche hanno sul nostro mare, piccolo e
chiuso». Il Montenegro possiede abbastanza «potenziale energetico dalle
rinnovabili», è rischioso puntare sul petrolio mettendo «a rischio l'ecosistema»
marino, ha rincarato il direttore del movimento ecologista Ozon, Aleksandar
Perovic.Meno pessimista l'ingegnere geofisico Branislav Glavatovic, che ha
sottolineato che non è possibile escludere fuoriuscite di greggio durante le
perforazioni, ma sono incidenti «molto rari». Preoccupazioni simili erano state
espresse anche negli anni scorsi e difficilmente le rassicurazioni dei colossi
in corsa, che hanno specificato che le ricerche sono sicure e che ci sono tutti
gli strumenti per reagire in caso di problemi, placheranno i timori. Destinati a
crescere, con i primi tuoni degli "airgun" in Adriatico.
Stefano Giantin
I giacimenti si spingono fino al confine albanese
Secondo stime di Energean - interessata a ricerche anche nei mari albanesi - sarebbero oltre 1,4 i miliardi i metri cubi di gas celati nei fondali montenegrini, una «riserva vergine» nell'Adriatico dal grande potenziale. Per quanto riguarda il petrolio, ammonterebbero a circa sette miliardi di barili di greggio le riserve ancora da sfruttare in Montenegro. Le prime ricerche di idrocarburi nel Paese furono lanciate nel lontano 1914 dal re Nikola, mentre nel 1922 fu scavato il primo pozzo d'estrazione, a terra, nei pressi del lago di Scutari, senza che dalle profondità uscisse il prezioso oro nero. Le ricerche "offshore", approvate nel 2012 dal governo, riguardano per ora due blocchi nelle acque al confine con l'Albania.
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 ottobre 2018
Vino e caffè a rischio estinzione - Così il clima
minaccia l'agricoltura
Il rapporto Fao: i Paesi che si trovano a basse latitudini sono quelli
che risentono di più dei disagi
Una soluzione è ricorrere al commercio internazionale di cibo per contrastare le
disuguaglianze
Roma - Il cambiamento climatico ed i suoi effetti sulla quotidianità stanno
imperversando nel dibattito pubblico mondiale da quasi tre anni, da quando
Cop21, la Conferenza Internazionale sul clima di Parigi, vi ha acceso i
riflettori. Tra gli argomenti correlati al clima c'è il cibo, essendo colture e
allevamenti legati alle condizioni meteorologiche. Un punto della situazione lo
ha fatto la Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura, con il suo recente rapporto "Stato dei mercati dei prodotti
agricoli di base". 1 Chi vince e chi perde - I cambiamenti climatici comportano
influenze diverse, naturalmente, nelle varie zone del Mondo, a seconda di dove
la temperatura si alza o si abbassa, dove pioverà sempre meno e dove invece
piogge e neve saranno sempre più frequenti, magari in periodi dell'anno
insoliti. Stando al rapporto FAO, a rimetterci sarà la produzione alimentare nei
Paesi che si trovano a più basse latitudini, ovvero quelli dove, purtroppo,
regnano già povertà e malnutrizione. Laddove invece il clima è già più temperato
e i gradi destinati a salire, l'impatto sulla produzione agricola, che
aumenterebbe, sarebbe più positivo. 2 Il commercio - Dal rapporto, così come da
ogni altro studio sul clima, è difficile prevedere quali saranno veramente gli
effetti futuri, anche alla luce dei metodi di coltura e allevamento destinati
anch'essi a subire mutamenti in base non solo alle esigenze ma anche alle nuove
tecnologie. Certamente la FAO sottolinea come con i cambiamenti climatici
destinati ad alterare significativamente la capacità di produrre cibo in
determinati paesi, il commercio internazionale di prodotti agricoli avrà un
ruolo sempre più importante per soddisfare il fabbisogno alimentare del pianeta
e contrastare così la fame laddove questa aumenterà. 3 I cibi a rischio - Sono
tanti i cibi che potrebbero risentire dei mutamenti climatici, come ha spiegato
anche il World Economic Forum 2018. Albicocche, pesche e fragole per crescere e
maturare hanno bisogno di temperature costanti, tra i 25 e i 30 gradi, sempre
più difficili da trovare, e il risultato è che sono frutti spesso troppo
costosi. L'85% della produzione di vino da qui ai prossimi 50 anni potrebbe
sparire per l'innalzamento delle temperature nelle principali regioni
produttive. Inoltre i cambiamenti climatici stanno minacciando le coltivazione
delle piante da caffè, mettendo così a rischio estinzione la specie attualmente
utilizzata per produrre il 20-25% dei chicchi oggi utilizzati. 4 La principale
soluzione Molti Paesi si affidano già ai mercati internazionali per
approvvigionarsi e risparmiare i costi elevati della produzione agricola (come
ad esempio negli stati con risorse limitate di terra e acqua) o costretti dai
disastri naturali che colpiscono le loro colture. Il Bangladesh ad esempio lo
scorso anno ha tagliato i dazi doganali sul riso per aumentare le importazioni e
stabilizzare il mercato interno dopo le gravi inondazioni che hanno visto i
prezzi aumentare del 30%, mentre il Sudafrica quest'anno ha incrementato le
importazioni di mais, di cui è storicamente grande esportatore, per contrastare
la siccità. 5 Pensare al futuro - Ricorrere al commercio internazionale di cibo
per contrastare le disuguaglianze prodotte o accentuate dai cambiamenti
climatici non significa tuttavia spostare l'attenzione dal clima e come
preservare il nostro ambiente per il futuro. Da Cop21 infatti la strada è
tracciata, ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili,
nella difesa e protezione delle foreste e degli oceani con decisioni che
dimostrino di aver compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre
il consumo di carne e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro
cibo. Una nuova visione a 360 gradi che deve vedere il Mondo intero unito.
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - SABATO, 13 ottobre 2018
Dopo 10 anni riapre il terrapieno Acquario
MUGGIA - Dopo dieci anni di attesa i cancelli del terrapieno Acquario sono
stati riaperti. Ieri la Regione ha comunicato ufficialmente l'apertura del primo
lotto bonificato dell'area. Una notizia attesa dall'amministrazione, come ha
spiegato Laura Marzi: «Abbiamo preso un impegno con i cittadini e poterne vedere
finalmente il risultato non può che renderci fieri, specie alla luce
dell'interminabile iter che ha portato a questo traguardo, che appena qualche
anno fa appariva inarrivabile». Domani, in occasione della Barcolana in bici
organizzata sul percorso ciclopedonale costiero i partecipanti potranno
utilizzare gli spazi interni del primo lotto di Acquario che dalla prossima
estate sarà a disposizione dei bagnanti.
IL PICCOLO - VENERDI', 12 ottobre 2018
ARPA - Radon, in Fvg livelli fra i più alti d'Italia
TRIESTE - Il Fvg è una delle regioni italiane con le più alte concentrazioni
medie di radon: le zone più interessate - si conferma - sono quelle con suoli
molto permeabili dell'alta pianura friulana, delle vallate montane e del Carso
triestino e goriziano. Questo emerge dai primi risultati del "Progetto radon,
misure per 1.000 famiglie", avviato dall'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente (Arpa). Per Arpa il problema è spesso sottovalutato: un'indagine
ha rilevato che solo il 24% della popolazione del Fvg sa che il radon è la
seconda causa di tumore al polmone dopo la sigaretta. La campagna di
monitoraggio ha consentito di misurare il radon in 1775 famiglie, stimando una
concentrazione media annuale di 153 Bequerel al metro cubo, valore alto ma
atteso e in linea con i risultati delle precedenti campagne. Gli edifici più
datati hanno concentrazione maggiore di radon, segno di miglioramento delle
tecniche edilizie. Un aumento di radon è osservato pure in costruzioni dove sono
stati effettuati opere di impermeabilizzazione o di isolamento, o rifacimento di
contatto col suolo.
Via al piano di rilancio di 20 ettari incolti sul Carso
triestino
Pubblicato il bando che prevede una serie di fondi regionali per il
recupero di terreni improduttivi tramite il consorzio Gal
DUINO AURISINA - Inserire nel ciclo produttivo 20 ettari di terra tra
l'altopiano carsico e i territori di Muggia e San Dorligo della Valle, oggi
inutilizzati. Questo l'obiettivo del bando pubblicato in questi giorni sul Bur,
il Bollettino ufficiale della Regione, e dedicato al recupero di terreni
agricoli attualmente improduttivi. L'amministrazione regionale, infatti, ha
messo a disposizione complessivamente 400 mila euro, che andranno distribuiti,
nella misura di 20 mila euro a testa, fra coloro che dimostreranno interesse a
coltivare un terreno incolto, di proprietà o in affitto. L'investimento
richiesto nel bando potrà essere composto per il 50% da fondi pubblici, mentre
il restante andrà coperto con denaro o il lavoro in proprio dell'agricoltore
intenzionato a rimettere in produzione la terra. Il bando è il risultato di una
consultazione condotta fra le aziende del territorio già nel 2016 dal Gal, il
Consorzio di promozione e sviluppo del territorio rurale che va da Muggia fino a
Savogna d'Isonzo. «Il nostro scopo - spiega in proposito il presidente del Gal
David Pizziga - è iniziare a recuperare quel 70% di superficie agricola persa in
Carso negli ultimi 60 anni. Purtroppo - aggiunge - questi fondi si rendono
disponibili dopo molto tempo, a causa delle gravi lentezze del sistema
burocratico. Questo è il primo bando della nostra Strategia di sviluppo locale
convalidata dalla Regione nel dicembre del 2016 e rappresenta solo una fetta dei
tre milioni di investimenti pubblici a favore di Carso che abbiamo programmato e
stiamo aspettando». Per accogliere le domande e chiarire i contenuti del bando
lunedì prossimo, dalle 17 alle 19, nella sala consigliare del Comune di San
Dorligo della Valle (Dolina 270), si svolgerà una riunione organizzata dai
tecnici dello stesso Gal, con i quali i presenti potranno confrontarsi. Per
informazioni si può in ogni caso scrivere al consorzio all'indirizzo di posta
elettronica info@galcarso.eu oppure consultare il sito www.galcarso.eu. Il
regolamento del bando è, ovviamente, pubblicato sul Bur.
Ugo Salvini
Elettrico e gas naturale liquido - Ecco la nuova
mobilità sostenibile
Esperti da tutto il mondo per World Energy Week di Milano: sostituire i
veicoli tradizionali
Nascono modelli di mezzi a più basse emissioni e motori ecologici. Italia
fanalino di coda
MILANO - Elettrica ma non solo: la mobilità sostenibile del prossimo futuro
dovrà basarsi infatti anche sulla sostituzione dei veicoli tradizionali con
nuovi modelli a più basse emissioni, e sull'uso di motori alimentati a gas
naturale liquido per i mezzi pesanti che viaggiano su percorsi lunghi. È questa
l'indicazione che arriva dagli esperti del Consiglio mondiale dell'Energia (WEC),
riuniti in questi giorni a Milano per la World Energy Week, il cui scopo è
rendere l'industria energetica più sostenibile e inclusiva. 1 Crescono le auto
elettriche - Secondo i dati diffusi durante i lavori, nel 2017 le auto
elettriche nuove vendute a livello globale sono state oltre un milione, con una
crescita del 54% rispetto al 2016. In totale, le vetture elettriche in
circolazione sono più di tre milioni in tutto il mondo, il 40% dei quali solo in
Cina. In Europa, a trainare il mercato è la Norvegia, dove l'anno scorso sono
state immatricolate 62mila macchine elettriche, seguita dalla Germania con
55mila e dal Regno Unito con 47mila, mentre l'Italia si è invece fermata a 5500
unità. 2 Il nodo dei trasporti lunghi - I motori elettrici - ha spiegato il
presidente di WEC Italia, Marco Marghieri - hanno «un ruolo chiave nel trasporto
urbano, ma il gas naturale e il biogas offrono soluzioni sostenibili già
disponibili per le aree in cui la mobilità elettrica non è naturalmente adatta»:
il trasporto su tir e via nave, e gli usi industriali: ambiti che rappresentano
l'11% del consumo energetico in Italia e in cui oggi domina, oltre ai
combustibili tradizionali, l'uso del metano liquido. 3 La blockchain? Oltre che
di mobilità, a Milano si è discusso anche dei nuovi scenari per la produzione e
la distribuzione dell'energia. A partire dalla possibilità che in futuro ogni
utente possa diventare produttore e venditore di corrente, grazie alle
possibilità offerte dalla blockchain: cioè della tecnologia che ha reso
possibile la nascita delle criptovalute come i Bitcoin, e che si fonda su un
database decentralizzato dove tutte le transazioni digitali vengono registrate
in modo immutabile. Nonostante le potenzialità interessanti, secondo un'indagine
di WEC realizzata con le società di consulenza PwC, l'applicazione della
blockchain al mercato energetico non sarà realizzata in tempi brevi: le cause
principali sono la mancanza di un quadro normativo chiaro e di un modello di
business efficace. 4 I consumatori sono pigri - A questi fattori si aggiunge poi
la "pigrizia" degli utenti. Infatti, secondo la ricerca la preoccupazione
principale è solo quella di pagare la bolletta a fine mese. Gli utenti sono
restii ad assumere un ruolo più attivo e tendono a restare fedeli alle proprie
abitudini, anche a scapito del risparmio. In Gran Bretagna, ad esempio, il 60%
dei consumatori ha preferito rimanere con il proprio fornitore, anche se
cambiando avrebbe potuto risparmiare in media 300 sterline l'anno (342 euro).
Nonostante ciò, l'Italia si sta impegnando sul versante della blockchain grazie
a un bando del ministero dello Sviluppo, che punta a reclutare 30 esperti per
studiare la strategia nazionale sulle applicazioni di questa tecnologia. 5 Di M
aio e la sostenibilità - In più, come ha spiegato il ministro dello Sviluppo
Luigi Di Maio in un videomessaggio, il nostro Paese «ha deciso di puntare su un
futuro energetico completamente sostenibile», basato «sull'efficienza
energetica, sul consumo razionale dell'energia, sulla promozione della
produzione da fonti rinnovabili e sull'aumento del vettore elettrico per
soddisfare la penetrazione nel settore dei trasporti». In particolare, ha
concluso Di Maio, «nella prossima legge di bilancio è previsto il potenziamento
del programma di riqualificazione degli edifici della pubblica amministrazione,
ed è massimo l'impegno del governo a rendere operativo il fondo nazionale per
l'efficienza energetica».
Daniele Lettig
Il trenino verso il ritorno per il parcheggio Bovedo - E i volontari polemizzano con il sindaco.
«Migliaia di persone, più di 14 mila in pochi weekend, più di 4.000 firme non sono scoiattoli Roberto Dipiazza! Sono concittadini e turisti che meritano rispetto da parte di un rappresentante delle pubbliche istituzioni». Non l'hanno presa bene, i volontari del Tramway Porto vecchio di Trieste, l'ironia del primo cittadino sul trenino tagliato dell'era Cosolini che in futuro potrebbe tornare a servire il parcheggio Bovedo realizzato sopra le vecchie rotaie dell'antico scalo. «Io sono favorevole al trenino. Solo che questi l'hanno fatto tre anni fa quando c'era la tundra. Chi portava allora? Qualche scoiattolo forse, perché neanche i caprioli ci sono. Era chiaramente un trenino elettorale», ha dichiarato Dipiazza nel giorno dell'inaugurazione del park da 400 posti auto. La buona notizia è che il sindaco ha ritrovato la voglia di giocare con i trenini. Solo che era meglio non disturbare gli scoiattoli.
C'è il Pedibus, auto "proibite" in via Lucano - Ma
strada di Rozzol resta un cantiere aperto
Traffico bloccato per dieci minuti al mattino per consentire il passaggio
a piedi degli studenti diretti all'Istituto Weiss
Il Comitato genitori dell'Istituto comprensivo Tiziana Weiss ha ottenuto la
riattivazione del Pedibus. Ciò comporta la chiusura al traffico di via Lucano
dalle 7.55 alle ore 8.05 a seguito di un'ordinanza del Comune. Il progetto
Pedibus nacque nel 2008, nel momento in cui la scuola primaria Virgilio Giotti
aderì a un progetto pilota proposto dall'Uisp finalizzato alla creazione
partecipata di un percorso sicuro casa-scuola. Il Pedibus funziona analogamente
a una linea di trasporto pubblico. Ha un capolinea e delle fermate intermedie a
orario fisso dove aggregarsi al gruppo di genitori, bambini e insegnanti che
raggiungono la scuola a piedi. L'attivazione del Pedibus con il contestuale
"blocco" del traffico in via Lucano si inserisce tuttavia in un contesto che
parla di disagi. Doveva infatti concludersi entro l'inizio di quest'anno
scolastico e invece sta ancora proseguendo, creando non pochi disagi tra i
residenti e le famiglie degli allievi dello stesso Istituto Weiss, il cantiere
in strada di Rozzol avviato ancora a giugno da AcegasApsAmga nell'ambito di una
serie di lavori programmati alla rete del gas. Inizialmente l'intervento si
sarebbe dovuto svolgere nel periodo estivo e quindi in tempo per la ripresa
delle lezioni, cioè entro l'8 settembre. In accordo con il Comune, era stato
realizzato anche un progetto per la contestuale riqualificazione delle reti
idrica ed elettrica, così evitare nuovi successivi scavi, e anche per quella
delle canalette di scolo, al fine di scongiurare eventuali allagamenti in zona.
Come poi spesso accade quando i progetti incontrano la realtà, la stima iniziale
che prevedeva la conclusione dei lavori entro l'8 settembre è stata disattesa,
perché al momento dell'apertura dello scavo si è notato che, a causa della
vetustà dei sottoservizi, alcune parti della condotta fognaria risultavano
ammalorate e bisognose di operazioni più radicali. Così, allo stato attuale, il
periodo d'attività del cantiere è stato prolungato fino al 31 ottobre. Nel
frattempo, i residenti della zona segnalano una situazione di disagio
"infinito", dovuto al fatto che strada di Rozzol è interdetta al traffico
veicolare dall'incrocio di via Beda per circa mezzo chilometro e così le persone
che vi abitano non possono da circa cinque mesi parcheggiare nei loro garage
oppure nelle vie adiacenti (anche queste interessate talvolta da lavori), con
appunto tutti i relativi disagi che ciò può comportare. La situazione risulta
ancora più scomoda per le famiglie che portano i propri figli all'Istituto
Weiss. Col cantiere in opera, il passaggio è reso poco agevole e soprattutto
pericoloso da restringimenti, passerelle e buche e soprattutto dai mezzi che
lavorano in una strada già di per sé stretta. Un'inquilina del condominio al
civico 12 ha riferito inoltre che Acegas avrebbe autonomamente deciso di
cambiare i contatori e che l'erogazione del gas sarebbe stata interrotta per
quasi una settimana senza alcun preavviso: «Nessuno di noi ha chiesto i lavori
in strada, nessuno di noi ha chiesto di cambiare i contatori. Viviamo in una
situazione che è ormai intollerabile», si sfoga l'inquilina di strada di Rozzol.
AcegasApsAmga, da parte sua, risponde che la chiusura del gas è stata comunicata
con alcuni giorni di preavviso come da normativa e che la stessa ha avuto una
durata, per ogni singolo edificio di massimo quattro ore.«Nel caso del
condominio al civico 12 di strada di Rozzol - scrive Acegas in una nota - è
stato riscontrato che la valvola di intercettazione gas era posta all'interno
dello stabile: la normativa prevede, per ragioni di sicurezza, che la valvola
debba essere posizionata esternamente all'edificio ed essere facilmente
individuabile ed immediatamente accessibile per poter essere prontamente chiusa
in caso di emergenza. Si è quindi provveduto a contattare l'amministrazione
stabili perché procedesse all'adeguamento normativo».
Simone Modugno
Mappe per i cicloturisti con il logo di Bucci
Il logo "We are Triesteing" comparirà sulle piantine che verranno
distribuite ai cicloturisti, realizzate in collaborazione con la Pro loco.
«Quello di oggi è un primo step che porterà entro l'avvio della prossima
stagione alla creazione di percorsi per e-bike che andranno a coprire tutto il
territorio di Trieste», ha spiegato il presidente della Pro Loco Michele Ciak.
Soddisfatto l'assessore al Turismo, Maurizio Bucci, che ritrova il "suo" logo:
«Come Comune ci siamo attivati da tempo con la Pro loco per valorizzare un
settore che potrà dare risultati importanti. Non possiamo però pensare
d'improvvisare, per questo abbiamo deciso di investire sulle qualifiche
professionali al fine di garantire al fruitore il miglior servizio possibile.
Possiamo dire che l'Italia è tutta bella, ma la nostra città ha qualcosa in
più». Bernardo Zerqueni, fondatore di Ones Bike, è l'imprenditore che ha chiesto
la concessione del marchio: «Abbiamo lanciato la prima mappa con il supporto
degli imprenditori locali. Mi ha fatto piacere che l'assessore ci abbia concesso
il "We are in Triesteing" per il nostro progetto». Oltre alla piantina la Pro
loco sta predisponendo un servizio di guida cicloturistica grazie al socio Alex
Korfeind, che ha ottenuto l'abilitazione dalla Federazione ciclistica
internazionale: «Il mare ed il Carso sono i punti d'interesse principali che
possono andare ad intercettare i circa 13 mila cicloturisti che scelgono la
Venezia Giulia ogni anno, con un trend in costante crescita».
Economia circolare a Muggia
Il Comune di Muggia, il Comune di San Dorligo e Legambiente Trieste vi invitano all'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e opportunità" con Laura Brambilla, responsabile nazionale Comuni Ricicloni di Legambiente: alle 17.30, alla sala Millo in piazza della Repubblica 4, a Muggia. Modera l'incontro Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 ottobre 2018
MUGGIA - Mandracchio nuova meta delle nutrie del
rio Ospo
Dal rio Ospo al Mandracchio. Le nutrie muggesane si "allargano", spingendosi
fino al cuore della cittadina rivierasca. Lo testimonia la foto - di Lucia
Sussel - che pubblichiamo, con uno dei "castorini" piazzato su uno dei gradini
che dal molo portano in mare.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 ottobre 2018
FERRIERA - «Rumori oltre i limiti di legge - Il sindaco
deve intervenire»
La presidente pentastellata della "Trasparenza" non molla dopo la seduta
speciale da lei convocata vicino alla Ferriera alla presenza dei tecnici Arpa
«Convocherò un'altra seduta della commissione invitando a partecipare anche
l'AsuiTs». Annunciando tale intenzione Cristina Bertoni, presidente
pentastellata della Commissione Trasparenza, ha terminato ieri la seduta
convocata accanto alla stazione fonometrica dell'Arpa, utile a monitorare il
"clima" acustico nei pressi della Ferriera di Servola. Nell'occasione Franco
Sturzi, direttore tecnico-scientifico dell'Arpa, ha spiegato ai "commissari" che
il sistema fonometrico in funzione da inizio anno, rileva in continuazione, 24
ore su 24, il rumore prodotto dallo stabilimento: «La legge prevede il limite di
60 decibel per il giorno e di 50 per la notte - hanno precisato per l'appunto i
referenti Arpa - mente il rumore rilevato dalla centralina di rilevazione
fonometrica nei pressi della Ferriera segnala in media 57 decibel. Nelle
abitazioni più vicine allo stabilimento si può arrivare anche a decibel in più».
Le due principali fonti di rumore sono l'altoforno e la cokeria. Ma è stato
anche specificato che «nel periodo di sospensione dell'attività dell'altoforno i
limiti si sono ridotti di uno, due decibel, restando dunque comunque sopra i
limiti». «Ad oggi i dati sono stati forniti alla Procura, all'AsuiTs e alle
istituzioni coinvolte mentre dal primo novembre - così Sturzi - verranno
inseriti sul nostro sito con elaborati e interpretazioni». «Siamo massacrati non
solo dai fumi e dalle polveri ma anche da un rumore costante», ha dichiarato
Alda Sancin, presidente dell'Associazione Nosmog che ha preso parte alla
commissione assieme ad altri residenti di quella zona: «Chi segnala un locale
che fa musica oltre i limiti riceve risposte e l'attività viene sanzionata, idem
per altre attività che causano inquinamento acustico, per noi invece non ci sono
risposte, siamo cittadini di serie C, questo è un ghetto, la nostra salute non
merita la tutela di quella garantita ad altri residenti». Bertoni, non
escludendo di estendere l'invito della prossima commissione anche alla Procura,
ha ribadito la necessità di un «urgente intervento del sindaco».
Laura Tonero
L'alga killer minaccia l'isola dell'amore nel canale di
Pasman
La scoperta dei sub guidati da Gianni Iglic. Situazione grave - La
Caulerpa racemosa ha una crescita molto rapida
ZARA - La Caulerpa racemosa, definita l'alga killer, si è impossessata di
gran parte dei fondali di Galesno (Galesnjak), l'isola dell'amore o degli
innamorati, come viene chiamata per essere a forma di cuore e resa celebre da
Google Earth. Galesno è situata in Dalmazia, lungo il canale di Pasman che
separa l'omonima isola e la dirimpettaia terraferma. È diventata uno dei simboli
turistici di questa regione adriatica, magari abbruttita negli ultimi anni da
due "ferite", due campi che tagliano in modo obliquo l'isola, appezzamenti di
terreno in cui si coltivano olivi e vigne. A scoprire la presenza di questo
vegetale invasivo, proveniente da acque tropicali e che impedisce agli altri
vegetali di continuare a vivere e svilupparsi, è stata scoperta da un gruppo di
subacquei, guidati da Gianni Iglic. Egli ha informato le competenti istituzioni
sulla massiccia invasione della Caulerpa racemosa, specie quasi simile all'altra
alga killer, la Caulerpa taxifolia, che una quindicina d'anni fa aveva
attecchito su diverse porzioni di fondale dell' Adriatico settentrionale. Oltre
ad avere attaccato l'habitat marino intorno a Galesno, così Iglic, il vegetale
si è riprodotto anche lungo il canale di Pasman, occupando un'estesa area.
«Parliamo di un'alga micidiale, contro la quale è difficile, per non dire
impossibile combattere - ha dichiarato Iglic - ha una crescita estremamente
rapida e non ci sono praticamente metodi per neutralizzarla». Qualcuno ha
proposto che la racemosa venga coperta con teli di nylon, ma in quel modo si
distruggono tutte le creature viventi fino ad un metro nel sottosuolo.
Nonostante la sua temibile presenza, che causa la rarefazione o la scomparsa
degli altri vegetali, come pure di pesci e molluschi bivalvi, questa specie di
Caulerpa ha il suo tallone d'Achille. Dopo un certo periodo di tempo, l'alga
scompare come se non fosse mai esistita in quel luogo. Secondo la biologa marina
croata, Ivana Zubak Cizmek, ci sono delle determinate ragioni - che per ora
sfuggono agli esperti - che bloccano la crescita della racemosa e ne determinano
il ritiro dalla zona aggredita.
Andrea Marsanich
Violetta riconquista la profondità del mare dopo due
settimane chiusa nel Canal grande
Il trigone recuperato dagli esperti dell'Area marina protetta e del Corpo
forestale. L'esemplare è stato poi portato nella zona di Miramare
Il trigone Violetta, magnifico esemplare di pastinaca rimasto intrappolato
da un paio di settimane all'interno del canale di Ponterosso, è stato liberato
all'alba di ieri. Grazie all'intervento congiunto operato da Wwf Italia - Area
Protetta di Miramare e dal Corpo regionale Forestale il trigone viola,
conosciuto anche come pastinaca violacea o pelagica, è tornato a nuotare in
libertà nelle acque del golfo. L'animale nei giorni scorsi aveva suscitato
parecchia curiosità e ansia nei triestini che, vedendolo nuotare negli spazi
angusti del canale, si erano preoccupati per la sua integrità. Si tratta di un
animale pelagico abituato alle acque profonde ma, come spiega il direttore della
Riserva marina di Miramare Maurizio Spoto, «decisamente a suo agio alle nostre
latitudini. Ed è per questo che, dopo due settimane di monotono girovagare
all'interno del canale, abbiamo convenuto che fosse giunta l'ora di rimetterlo
in libertà». L'esemplare, una femmina adulta della larghezza di 60 centimetri,
presentava delle ferite dovute alla ristrettezza in cui era costretta a nuotare,
ma non solo: a detta di Spoto molto probabilmente Violetta in precedenza era già
stata pescata in quanto quasi priva di coda, un aculeo dalla lunghezza
solitamente vicina ai 90 centimetri, ridotta nel suo caso a un moncherino lungo
più di due terzi in meno. Prelevata di buon mattino dagli esperti del Wwf e
della Forestale è stata portata nei pressi del molo Sticco, attiguo alla Riserva
Marina di Miramare, dov'è stata rimessa in libertà. Qui, in breve tempo, come
documentato da un video presente sul sito e sulla pagina Facebook de Il Piccolo,
ha riconquistato la profondità. Il recupero di questo esemplare di trigone viola
(dal nome scientifico Pteroplatytrygon violacea) è il frutto di due settimane di
monitoraggio dell'animale da parte dei ricercatori che ne hanno seguito
costantemente gli spostamenti. «Non era un problema per l'esemplare il suo
girovagare limitato nelle anguste acque di Ponterosso - continua Spoto - ma a
lungo andare il suo nuotare "in tondo" avrebbe potuto provocargli delle
ulteriori ferite. Era perciò giunta l'ora di fargli riconquistare acque
maggiormente consone al suo habitat». Pur assomigliando a una piccola manta, la
pastinaca rimane una specie molto comune nell'Adriatico, la sua presenza perciò
non ha niente a che vedere con eventuali cambiamenti della fauna marina. È però
molto difficile incontrarla in quanto gli esemplari come Violetta sono soliti
spaziare in acque decisamente più profonde rispetto a quelle di un lungomare.
«Molto probabilmente - conclude Spoto - Violetta è stata spinta nel "cul de sac"
del Canal grande dalla propria voracità, in quanto quello spazio pur essendo
chiuso è ricco di pesci». Gli esemplari maschi adulti di pastinaca violacea
possono raggiungere anche i 160 centimetri di lunghezza (compresa la coda) e gli
80 di larghezza. La coda, lunga e simile a una frusta, è dotata di uno o due
aculei veleniferi.
Lorenzo Degrassi
Specie abituata a vivere in acque subtropicali
Abituato alle acque temperate e subtropicali, il trigone viola o pastinaca
violacea predilige un habitat pelagico (in mare aperto) ed è solito vivere
esclusivamente al largo della piattaforma continentale, fatto che rende ancora
più originale la sua presenza nelle acque chiuse di un catino come quello di un
canale cittadino. La specie venne classificata dal biologo francese Charles
Bonaparte nel 1832 come Trygon violacea. Il nome deriva dal colore dorsale che
varia dall'azzurro al violaceo. È caratterizzato da un corpo di forma discoidale
molto affusolato e dotato di larghe pinne pettorali che usa per nutrirsi di
piccoli pesci, calamari, meduse e crostacei.
Slitta il piano di sterilizzazione dei "castorini" del
rio Ospo
Dopo tre mesi di attesa è arrivata la risposta dell'Ispra che però chiede
una mappa più dettagliata dell'area d'intervento per dare il via libera
Ennesima falsa partenza per il piano di sterilizzazione delle nutrie
muggesane. Dopo quasi tre mesi di attesa, l'Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale si è pronunciato sul caso delle nutrie del rio Ospo
chiedendo ulteriori integrazioni. Una decisione che ha spiazzato sia
l'amministrazione comunale che gli animalisti come racconta Cristian Bacci,
responsabile dell'associazione Mujaveg: «Le richieste giunte non cambiano la
natura del progetto, risponderemo e andremo avanti su questa strada sperando che
sia la volta buona per iniziare, ovviamente spiace che i tempi si allunghino».
Nello specifico l'Ispra ha chiesto una mappatura più dettagliata dei confini
dell'area in cui si andrà ad intervenire e una rendicontazione semestrale del
numero dei soggetti sterilizzati e non da inoltrare poi all'Ispra stesso.
«Faremo quanto richiesto: speriamo però che poi sia la volta buona», il commento
dell'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri. La decisione di
sterilizzare i castorini, evitando così loro una morte cruenta, è stata
fortemente voluta dall'amministrazione Marzi. La pratica prevista si baserà
sulla cattura degli animali e successiva sterilizzazione, analogamente a quanto
viene già fatto con le colonie di gatti randagi. Anche i costi dell'atto
chirurgico saranno gli stessi: 32 euro per i maschi, 60 per gli esemplari
femmina. Il Comune di Muggia ha detto dunque no ai metodi di soppressione
cruenti come previsto dalla normativa regionale, quali "armi comuni da sparo"
oppure "trappolaggio e successivo abbattimento con metodo eutanasico
dell'animale mediante narcotici, armi ad aria compressa o da sparo».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 ottobre 2018
Stoccolma - Impatti economici del clima impazzito -
Nobel ai ricercatori
Premio Nobel all'economia agli studiosi dei cambiamenti climatici e
dell'innovazione. L'accademia svedese delle Scienze ha infatti assegnato il
prestigioso riconoscimento per il 2018 agli economisti statunitensi William
Nordhaus e Paul Romer. Al primo per gli studi sull'effetto del cambiamento
climatico sull'economia e al secondo per gli studi sulla crescita endogena e le
ricerche sulle politiche che incoraggiano innovazione e crescita. «Nordhaus e
Romer hanno disegnato metodi per indirizzare alcune delle nostre domande sul
come ricreare e tenere in piedi una crescita economica sostenibile», ha detto il
comitato: nuovi modelli «che hanno allargato lo spettro delle possibilità
dell'analisi economica mettendo in opera soluzioni che spiegano come l'economia
di mercato interagisca con la natura e la scienza».
Pirogassificatore: la Regione invia alla Burgo le sue
richieste
Dalla verifica della coerenza dell'opera alle possibili soluzioni
alternative i punti principali. L'azienda ha 45 giorni per rispondere
DUINO AURISINA - Dalla verifica della «coerenza del progetto con il Piano
regionale di gestione dei rifiuti», alla richiesta di una approfondita
descrizione degli interventi previsti sulla linea "2" della Cartiera, di
chiarimenti in merito al materiale trattato nel futuro impianto e di
approfondimenti sul bilancio energetico dello stabilimento. Sono queste solo
alcune delle numerose richieste che la Regione ha inviato in questi giorni alla
Burgo Group spa, informandone contestualmente anche i Comuni di Duino Aurisina,
Monfalcone e Trieste, l'Uti giuliana e l'Arpa, in relazione alla richiesta,
formulata dalla stessa Burgo, di assoggettabilità alla procedura di Valutazione
di impatto ambientale (Via) del progetto per la realizzazione, all'interno dello
stabilimento di San Giovanni di Duino, di un Pirogassificatore. La Regione ha
effettuato un accurato lavoro di analisi, prendendo spunto anche dalle numerose
osservazioni presentate da associazioni di residenti e tecnici, per arrivare a
una conclusione molto articolata. Alla Burgo infatti si chiede anche di
approfondire l'aspetto relativo a «possibili soluzioni progettuali alternative»,
di implementare lo studio di impatto atmosferico, di valutare l'impatto
potenziale complessivo, di attuare una campagna di misure «che consenta di
effettuare il confronto con i valori stimati dal modello». È chiamato in causa
anche il gruppo "Salute e ambiente", sorto fra i cittadini, che ha sottoposto
alla Regione osservazioni sugli aspetti tecnici inerenti la combustione. Non
mancano infine riferimenti alla necessità di chiarire le conseguenze sul piano
del rumore e della diffusione di cattivi odori. La Burgo ha ora 45 giorni per
soddisfare tutte le richieste, termine che potrà essere prorogato, per una sola
volta, di 90 giorni su richiesta.
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 ottobre 2018
Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il
monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo
dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
TRIESTE - Allarme dai pascoli dell'altipiano. L'sos arriva dalla Cooperativa
Pascolo Sociale di Basovizza che, curando l'allevamento di bovini allo stato
brado e lavorando per la conservazione della landa carsica nel pascolo
sottostante il monte Cocusso, chiede aiuto e lumi alla Regione per debellare
Ailanto e Senecio, due piante maligne che stanno invadendo un po' tutti i boschi
e le campagne triestine. Il problema è diffuso ormai a livello mondiale.
L'albero del Paradiso o Ailanto, in particolare, si diffonde incontrastato
ovunque, affondando le proprie radici su qualsiasi terreno e defenestrando
progressivamente le piante autoctone. Della sua invadenza e della difficoltà di
eliminarlo, la cooperativa ha avuto modo di informare il sindaco. Roberto
Dipiazza ha segnalato la criticità all'assessore regionale alle Risorse
agroalimentari, forestali e ittiche Stefano Zannier, con il quale il primo
cittadino ha effettuato un sopralluogo nel pascolo della cooperativa
basovizzana. L'ente cura una quarantina di bovini da carne che pascolano nei
circa 40 ettari di landa non lontani dal confine lipizzano, sul versante
meridionale del monte Cocusso. «Siamo nati attorno al 1980 - spiega il
presidente della cooperativa Alessandro Zagar - con un progetto volto al
recupero della landa carsica e dell'antica attività di allevamento. Dopo il
secondo dopoguerra la maggior parte della popolazione ha cercato il pane nelle
fabbriche e in altre attività, ora stiamo cercando di recuperare le attività
abbandonate ma profondamente legate al territorio». Utilizzando parte dei
proventi versati per compensare l'insediamento del Sincrotrone, la cooperativa
ha impostato sotto al Cocusso un allevamento bovino allo stato brado. Niente
mangimi o animali in batteria, solo mucche che pascolano, placide, brucando erba
e mangiando fieno sfalciato sul Carso. Fondi erogati dalla Regione Friuli
Venezia Giulia hanno permesso di realizzare recinzioni speciali (il pastore
elettrico) e un ricovero per gli animali. Due tecnici sono impiegati a tempo
pieno per la cura degli stessi, "Limousine", "Chevrolet" e pezzate dalla carne
particolarmente apprezzata. «Oltre all'allevamento - riprende il presidente - ci
siamo dedicati al recupero della landa carsica e dei vecchi sentieri».
Maurizio Lozei
Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il
monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo
dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
«Veniamo visitati anche da scuole e altre istituzioni e l'allevamento va
visto anche in prospettiva turistica - sottolinea il presidente della
Cooperativa Pascolo Sociale di Basovizza, Alessandro Zagar -. All'assessore
Zannier abbiamo chiesto un aiuto per realizzare una struttura per custodire
attrezzi e macchinari. Soprattutto una consulenza urgente per contenere
l'avanzata di ailanti e senecione. Se per il secondo, erbaggio che con i suoi
fiori velenosi può entrare nella catena alimentare tramite le api, l'espianto è
più semplice, l'Ailanto è veramente difficile da estirpare. Il taglio non serve
a nulla perché ributta ancora più copioso, stesso discorso per l'espianto. La
lotta chimica funziona ma siamo nell'area di tutela comunitaria per cui non
possiamo praticarla». Dall'assessorato regionale c'è l'impegno a trovare una
soluzione anche perché il lavoro della cooperativa appare prioritario e
meritorio.
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 ottobre 2018
Al BioMa per vedere come sta il nostro Golfo
Delfini e tartarughe, si sa, sono i beniamini di tutti i bagnanti e sono
anche indicatori biologici del "benessere ecologico" del nostro Golfo, ma non
sono gli unici "rilevatori" della salute del mare. Diverse specie animali e
vegetali, meno appariscenti ma non meno importanti, possono inviarci segnali
sull'evoluzione e sullo stato del mare. Se ne parlerà oggi al BioMa nel corso di
una chiacchierata scientifica dal titolo "Come sta il Golfo? Monitorare per
tutelare specie e habitat".
A spasso tra boschi e l'omaggio a Kugy - Centro di
Basovizza oggi in festa
La struttura didattica compie dieci anni - Apertura straordinaria dello
Speleovivarium
A spasso tra i boschi o visitando i musei. La natura e le risorse della
Terra si contemplano anche così, temi alla ribalta nel ventaglio di proposte
fruibili oggi, giornata che regala "Saperi, sapori e colori dalle Alpi Giulie
all'isola di Cherso", iniziativa a cura del Centro didattico naturalistico di
Basovizza ideato per celebrare i dieci anni di attività. Il progetto si colora
di due fasi, quella del mattino (9-13) da vivere nei boschi e pascoli di
Basovizza, con partenza dal piazzale del Sentiero Ressel ed escursione tra
anfratti verdi, aziende agricole e vestigia a uso agropastorale, un percorso
ideato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
dell'Università di Trieste. Nel pomeriggio, a partire dalle 15.30, si gioca in
casa, al Centro di Basovizza, teatro prima di un omaggio a Julius Kugy curato da
Caterina Depetris e Francesca Mereu, e poi della vernice della mostra
fotografica "Colori", firmata dalle opere di Lucio Ulian e Alessandra Tribusson
(informazioni al 3358459035).L'altra porzione naturalistica si vive
all'Immaginario scientifico di Grignano, per "Una multivisione per scoprire il
Carso" e che propone alle 10 "Carso, paesaggio a Oriente", opera di Sonia
Fattori e Pier Paolo Mazzon, progetto esplorativo a base di immagini, video,
testi e musica in grado di condurre il visitatore alla scoperta della Grotta
delle Torri di Slivia, cavità di una profondità di oltre 100 metri che per
l'occasione consente un viaggio interattivo colorato da spunti di speleologia,
carsismo e personaggi storici.Il terzo possibile scalo domenicale si gioca allo
Speleovivarium di via Reni 2/C dove l'apertura straordinaria, prevista dalle 10,
intende omaggiare la 50° Barcolana e porre l'accento su un tema gemello, quello
del vento che proviene dalla terra, ideato per la Giornata nazionale della
speleologia (info al 3491357631).
Francesco Cardella
Laboratori all'Enpa e unità cinofile in acqua
Oggi dalle 10 alle 16, ecco le Giornate degli animali all'Enpa. Due i
laboratori per i ragazzi: alle 11, laboratorio "Forme e colori delle penne: so
chi sei" e alle 16 "Osserva il mio becco: dimmi cosa mangio" (iscrizione alla
mail a info@enpa-trieste.it). Invece alla Scala reale (davanti piazza Unità),
alle 15, dimostrazione dei cani da soccorso in acqua da parte dell'associazione
Lifeguard academy con la partecipazione della Capitaneria di porto.
IL PICCOLO - SABATO, 6 ottobre 2018
Taglio del nastro a Barcola per il maxipark da 400
posti
Inaugurato il nuovo piazzale per la sosta gratuita all'interno del
terrapieno - Fermata del bus ad hoc nelle vicinanze. E in futuro si punta sul
bike sharing
Più di 400 posti per auto, una ventina per camper e una cinquantina di
stalli per moto e scooter, per un investimento complessivo di 530 mila euro, di
cui 330 mila a carico del Comune e 200 mila dell'Uti Giuliana. Sono i numeri del
nuovo parcheggio del terrapieno di Barcola, inaugurato ufficialmente ieri e
presentato come «il più grande polo intermodale gratuito della città», con
interconnessione già avviata alla rete bus, grazie a una nuova fermata della
Trieste Trasporti in zona. In futuro sarà completato anche con un servizio di
biciclette, con l'auspicato bike sharing, e un percorso pedonale. A illustrare
l'opera, realizzata all'interno di una superficie di 10 mila metri quadrati, il
sindaco Roberto Dipiazza, insieme ad assessori, consiglieri comunali,
rappresentanti istituzionali e i vertici delle vicine realtà nautiche. «Questo
spazio nasce dalla volontà di dare risposte alle esigenze delle società che
avevano bisogno di posti auto, in particolare per i tanti giovani che le
frequentano. Avevo promesso di inaugurare il parcheggio prima della Barcolana e
così è stato. Sarebbe bello - ha aggiunto il primo cittadino - che in futuro
ogni società nautica si occupasse di una parte del parcheggio, sul fronte della
manutenzione e del verde, magari proprio i ragazzi che qui si allenano.
L'inaugurazione di oggi è un momento importante per la città - ha sottolineato -
perché questo è anche l'inizio del Porto vecchio. Da qua si va avanti in un
percorso che contiene il Centro Congressi, il Magazzino 26, oggetto di una
determinante delibera appena approvata (quella che ufficializza il trasferimento
al 26 stesso del Museo del mare, inizialmente previsto al 24 e 25, ndr) e la
nuova rotatoria, mentre dall'altra parte si arriverà al centro dell'area
passando per corso Cavour e l'area Greensisam. Il prossimo passo in zona Porto
vecchio poi, sarà la bonifica del terrapieno inquinato lato mare, grazie ai
5milioni e mezzo di euro a disposizione delle Uti. Speriamo di avviare anche
questo cantiere in tempi brevi. Nel frattempo - ha proseguito Dipiazza - grazie
a tutti i soggetti che hanno collaborato finora, e che hanno permesso di finire
il tutto molto presto». Inserite sul piazzale una serie di luci a risparmio
energetico e la predisposizione per un impianto di videosorveglianza, costituito
da sette telecamere. Nei prossimi mesi il nuovo impianto di illuminazione
pubblica verrà configurato in modo da interfacciarsi con le telecamere, e al
passaggio di pedoni o di automezzi provvederà all'aumento della luminosità
all'interno del parcheggio. Auto e furgoncini delle società nautiche hanno già
impegnato ieri gli stalli, in aggiunta a quelle dei residenti, esclusivamente
per lo spazio più vicino alle sedi sportive. Inserito nell'ambito del progetto
europeo Portis, il park è stato realizzato dalla ditta Innocente & Stipanovich
su progetto degli ingegneri Giulio Bernetti e Silvia Fonzari del Comune, con il
geometra comunale Edgardo Reggente. Un lavoro in sinergia anche con
Soprintendenza, Autorità Portuale, Porto Trieste Servizi, AcegasApsAmga con
HeraLuce, Trieste Trasporti, Area Lavori Pubblici, Servizi Informativi,
Commissione Paesaggio, Regione Fvg. E con CP Costruzioni Srl, che ha curato il
ripristino della recinzione lungo viale Miramare.
Micol Brusaferro
Raccolta di grandi rifiuti cresciuta dell'8 per cento
grazie ai Sabati ecologici - iniziativa acegasapsamga
Bilancio positivo per l'iniziativa dei Sabati ecologici promossa da
AcegasApsAmga e Comune: grazie al centro di raccolta mobile è stato possibile
raccogliere oltre 90 tonnellate di rifiuti nel corso delle 12 tappe, organizzate
da aprile a settembre del 2018, con un incremento dell'8% rispetto al 2017. «Fin
dal suo avvio, sottolinea l'ex municipalizzata, l'iniziativa ha continuato a
riscuotere ogni sabato grande entusiasmo da parte dei cittadini, che dispongono
di una soluzione in più per il corretto smaltimento degli ingombranti, oltre -
ricorda ancora la nota di Acegas, ai quattro centri di raccolta territoriali e
al servizio di ritiro domiciliare gratuito».Anche quest'anno l'iniziativa è
andata di pari passo con il progetto di recupero creativo RiCREAzione - Nuova
vita ai tuoi rifiuti, della onlus Oltre quella sedia, iniziativa nata dal
desiderio di realizzare delle attività dedicate all'ambiente e al riuso. Nello
specifico il progetto permette di dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al
loro recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano
con l'associazione, oltre a contribuire a sostenere le loro attività. Per
sostenere il progetto RiCREAzione, i triestini si sono recati alle tappe dei
Sabati ecologici, dove Oltre Quella Sedia era presente, per ritirare gli oggetti
che i cittadini hanno donato. Inoltre, a fronte di un'offerta libera, sarà
possibile ricevere un oggetto "ricreato".AcegasApsAmga, infine, ricorda a tutti
i cittadini che è sempre possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici,
insoliti e pericolosi all'interno dei quattro centri di raccolta cittadini
gestiti da AcegasApsAmga, oppure prenotando al numero verde 800.955.988 il
servizio gratuito per il ritiro a domicilio dei rifiuti ingombranti. Ecco gli
indirizzi e gli orari dei centri di raccolta. San Giacomo: via Carbonara 3 -
aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, domenica dalle 9 alle 13. Roiano:
via Valmartinaga 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19. E ancora
Opicina: Strada per Vienna 84/a - aperto dal lunedì al sabato 9 alle 19. Infine
il centro raccolta nella zona di Campo Marzio: via Giulio Cesare 10 - aperto dal
lunedì al sabato dalle 6 alle 11 e, al pomeriggio, dalle 14 alle 19.
Sostenibilità Decrescita felice - Dibattito a Muggia
Mercoledì alle 18 al Caffè Teatro Verdi di Muggia il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, Maurizio Pallante, terrà un incontro-dibattito sui temi del suo ultimo libro "Sostenibilità, equità, solidarietà".
Commissione Trasparenza in tour nel rione di Servola
Martedì alle 12 la Commissione Trasparenza farà un sopralluogo alla centralina dell'Arpa in via San Lorenzo in Selva. Obiettivo del sopralluogo fare il punto sui procedimenti amministrativi relativi all'inquinamento acustico.
IL PICCOLO - VENERDI', 5 ottobre 2018
RAPPORTO ASVIS - Sviluppo sostenibile obiettivi lontani
in Italia
ROMA - L'Italia resta lontana dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. È
quanto emerge dal Rapporto sullo sviluppo sostenibile presentato dall'Asvis,
secondo il quale «nonostante il miglioramento» in tanti indicatori globali, «non
si è ancora determinata quella discontinuità culturale e di scelte strategiche
necessaria per raggiungere, entro il 2030, i 17 Obiettivi di sviluppo
sostenibile» dell'Agenda 2030 sottoscritta dall'Italia in sede Onu nel 2015. Il
Paese mostra «segni di miglioramento in otto aree tra cui alimentazione, salute,
educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di
produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico. La situazione «peggiora
sensibilmente per povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze,
condizioni delle città».
Ambasciatori "ecologici" in azione durante la kermesse
Studenti del Petrarca aiuteranno gli operatori AcegasApsAmga nella
promozione della raccolta differenziata sulle Rive
A scuola per una Barcolana "green", con l'obiettivo di aiutare pubblico e
operatori del villaggio a conferire in modo corretto i rifiuti, durante la
manifestazione. Nei giorni scorsi si è svolta la formazione dei ragazzi in
alternanza scuola-lavoro al liceo Petrarca che, grazie alla collaborazione tra
Barcolana e AcegasApsAmga, sulle Rive si faranno portatori del messaggio
ecologico di quest'edizione: "Chi ama il mare ama la terra". Per conoscere gli
strumenti necessari all'impegno che affronteranno, i 16 studenti hanno
incontrato lo staff dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, per un corso di
formazione di alcune ore. I ragazzi hanno così potuto approfondire il tema della
raccolta differenziata in generale, l'importanza di non disperdere i rifiuti e
le iniziative specifiche messe in campo durante la kermesse. Definiti gli
"ambasciatori della raccolta differenziata", i giovani ieri hanno anche ricevuto
la t-shirt ufficiale dell'iniziativa e tra i vari compiti avranno anche quello
di veicolare l'utilizzo del rifiutologo, l'app gratuita del Gruppo Hera, per
eliminare in modo corretto qualsiasi oggetto. «AcegasApsAmga si impegnerà per la
riduzione dell'impatto ambientale della manifestazione, come evidenziato dal
marchio ZeroImpactEvent, ma è importante ricordare che strade più pulite
dipendono anche dalla responsabilità di ciascuno - è stato sottolineato durante
l'incontro - ed è quindi fondamentale che tutti i partecipanti all'evento
contribuiscano alla sua riuscita effettuando una corretta differenziata ed
evitando di disperdere rifiuti».
Il giardino nascosto di via Cereria attende da ben sette anni - la lettera del giorno di Adriana Panzera - consigliere IV Circoscrizione Movimento 5 Stelle
A luglio, durante il sopralluogo convocato il 10 luglio 2018 dalla IV Commissione consiliare, in piazza Cornelia Romana e zone limitrofe, sono stata fermata da alcuni rappresentanti del Comitato genitori della Scuola Nazario Sauro, per avere delle delucidazioni in merito alla domanda presentata dal Comitato del Giardino di via Cereria con entrata via Tigor numero 8, al Comune di Trieste in data 31 maggio 2018. Nei giorni successivi mi sono incontrata più volte con alcuni rappresentanti del Comitato, i quali mi hanno raccontato la lunga odissea di richiesta di incontri con i vari assessori, le promesse parzialmente mantenute ed anche le segnalazioni recapitate al giornale locale Il Piccolo. Il Comitato a suo tempo aveva fornito al Comune uno schema di progetto di realizzazione del nuovo Giardino pubblico, allegando anche le planimetrie. Il Comitato chiedeva l'affidamento in concessione di questa piccola area verde, in forma di volontariato, ossia chiedeva di poterlo usare per lo svolgimento di attività ludiche e a fini ricreativi socioculturali e hobbistici. A fronte di tale concessione data in affidamento, si rendevano disponibili a curare la manutenzione ordinaria. A distanza di ben tre anni dalla richiesta ufficiale, depositata in Comune, ma da ben sette anni dalla raccolta firme e dalla formazione del Comitato, nulla a tutt'oggi è stato ancora definito. Come rappresentante della IV Circoscrizione, ad agosto ho scritto un'interrogazione agli uffici competenti, all'assessore di riferimento ed al sindaco, affinché venga data una risposta e si spera in tempi brevi se non brevissimi, per poter usufruire di questo piccolo polmone verde in centro città.
Trieste - "Agricoltura per senza terra"
Legambiente Circolo Verdeazzurro e Associazione "Tina Modotti" organizzano alle 18.30, alla Casa del popolo di via Ponziana 14, un incontro con Elisa Cozzarini che presenta il libro di Sarah Waring, "Agricoltura per senza terra", ed. Pentagora. Sarà presente l'autrice. Il libro è un'indagine sulla scomparsa delle api, ma anche un bellissimo viaggio europeo. Le api stanno subendo perdite devastanti e gli apiari si riducono drasticamente. Cosa c'è dietro questa distruzione?
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 ottobre 2018
Legambiente: inaccettabili le parole di Fabio Perco.
Così contribuisce allo smembramento della Riserva Naturale Foce Isonzo
In merito all’articolo del 25 settembre dal titolo “Perco: I diportisti
non vanno sfrattati dal sito dei Caregoni”, al di là del dispiacere di vedere
quanto in basso si possa scendere dal punto di vista tecnico-scientifico e
culturale pur di non ammettere i propri limiti e pur di continuare a replicare
sé stessi, ci preme sfatare alcune inesattezze che corrono il rischio di essere
fuorvianti nel dibattito in questione.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “Anche da noi, in certi
periodi dell’anno ci sono consistenti flussi di visitatori, e non del tutto
senza conseguenze, ma questi non scorrazzano ovunque liberamente, bensì sono
costretti a compiere dei sentieri ‘forzati’, peraltro schermati”, ricordiamo al
dott. Perco che gran parte dei Caregoni sono compresi entro i confini della
Riserva naturale da lui gestita e che dovrebbe difendere con le unghie e con i
denti, invece di genuflettersi alle volontà dei politici e dei diportisti che
scorrazzano ovunque liberamente.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “... Stando ad alcuni andrebbe
fatta una norma per vietare la balneazione…” ricordiamo che in base al
Regolamento della Riserva, attualmente in vigore (Art. 10 - comma 9), la
balneazione è consentita nelle zone classificate come RG e RP dal Piano di
Conservazione e Sviluppo, mentre la zona dei Caregoni (per la quota parte che
rientra nei confini della Riserva) e la zona intorno alle isole della foce
frequentate dai diportisti, ricadono nella zona RN che, per gli elevati valori
naturalistici presenti, gode di un grado di tutela giustamente diverso e
maggiormente restrittivo. Proprio la famigerata zonizzazione di cui si parla
nell’articolo. L’importante poi è applicarla!
In merito all’affermazione “Gli uccelli non nidificano sulle onde, quindi il
disturbo in quel punto è relativo”, senza entrare nel merito della tutela delle
zone di nidificazione nella zona di foce, ben lungi dall’essere effettiva anche
a causa del disturbo antropico (come peraltro si può leggere nei documenti
prodotti dalla Riserva), vogliamo ricordare al dott. Perco che una Riserva
naturale, tanto più un Sito Natura 2000, non tutela solo gli uccelli o solo la
loro nidificazione. Sarebbe decisamente restrittivo e riduttivo!
Infatti, non a caso, secondo la Legge Regionale 42/1996 (Art. 2 - comma B) la
Riserva naturale regionale è “un territorio caratterizzato da elevati contenuti
naturali ed in cui le finalità di conservazione dei predetti contenuti sono
prevalenti rispetto alle altre finalità indicate alla lettera a)”. Ricordiamo,
inoltre, che in base alla Legge Regionale 7 – 21 luglio 2008 (Art. 6) “La Rete
Natura 2000 costituisce un sistema coordinato e coerente di aree destinate alla
conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione
europea e, in particolare, alla tutela di habitat, di specie animali e vegetali
indicati negli allegati I e II della direttiva 92/43/CEE, nonché delle specie di
cui all'allegato I della direttiva 79/409/CEE, e delle altre specie migratrici
che tornano regolarmente sul territorio dell'Unione europea”.
E Guarda caso, nella zona della foce, il primo habitat prioritario di tutela per
estensione è proprio il 1110 “Banchi di sabbia a debole copertura permanente di
acqua marina”. Importantissimo per il ruolo ecologico che svolge, in un
approccio ecosistemico e non solo settariamente ornitologico.
Infine, riteniamo aberrante affermare che tanto “…la riserva si estende per
2.400 ettari e per 15 chilometri di fiume”, visto che la parte a mare con le sue
problematiche e pressioni riguarda per estensione la metà della Riserva stessa e
del Sito natura 2000. Diciamo piuttosto che ciò che avviene fuori dall’Isola
della Cona ha un peso e un’attenzione a dir poco più relativa, anche a causa dei
problemi presenti che si sarebbero dovuti affrontare da tempo e non ignorarli
come si è fatto.
Insomma, crediamo non sia accettabile che il futuro della Riserva e della tutela
della natura nella nostra Regione debba passare per così tanto cinismo. Sarebbe
una sconfitta profondissima per tutti, anche per il dott. Perco.
Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 ottobre 2018
Dossier Ferriera, Scoccimarro: «Resta impianto
impattante»
L'assessore all'Ambiente afferma che i valori «seppur nei limiti, non
corrispondono a un miglioramento della vita reale dei cittadini»
«C'è differenza tra l'affermare "non inquina" e dire "ci sono dei
miglioramenti" che, per onestà intellettuale, mi sento di confermare come,
d'altronde, ho ribadito vadano riconosciuti gli investimenti della società in
questo senso». Ad affermarlo è l'assessore all'Ambiente del Friuli Venezia
Giulia, Fabio Scoccimarro, che ha sottolineato anche quanto «ciò non tolga che
quello di Servola, come altri stabilimenti in regione, siano fortemente
impattanti sull'ambiente circostante e, soprattutto, va riconosciuto il diritto
dei cittadini alla salute. «Rispetto agli anni precedenti - evidenzia
l'assessore - ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere
più proroghe di alcun tipo, predisporre tavoli interni per aggiornare i valori
obiettivo di benzene e polveri dell'Aia perché quelli attuali, seppur entro i
limiti, chiaramente non corrispondono a un miglioramento reale della vita dei
cittadini che ogni giorno continuano a inviarmi video della raccolta polveri
sulle loro terrazze. Sono inoltre state introdotte - spiega l'esponente della
giunta Fedriga - nuove prescrizioni Aia per evitare gli spolveramenti dopo due
anni di lassismo e abbiamo recentemente rinnovato la collaborazione con
l'Università di Trieste, per introdurre nuove misure contro le molestie
olfattive e per limitare l'impatto acustico». «Un lavoro lungo e complesso, che
è stato portato avanti con determinazione tra molti ostacoli e che ha aperto la
strada a risultati tangibili, cioè a qualcosa di radicalmente diverso dagli
annunci», ha affermato invece la deputata Pd Debora Serracchiani, commentando i
dati emersi dal monitoraggio. Che ha aggiunto: «Non è affatto il momento di far
festa, ma anzi bisogna che la Giunta regionale in carica si rimbocchi le maniche
e prosegua su questo percorso di bonifica ambientale e di completo abbattimento
delle polveri, del benzene e del rumore, tenendo conto della percezione degli
abitanti che non sono tenuti a reagire come le centraline». Anche la segretaria
provinciale del Partito democratico Laura Famulari ha sottolineato come questi
siano «dati che confermano la correttezza del percorso avviato nella scorsa
legislatura con il rilascio di un'Aia di nuova concezione, che fanno sperare in
un trend di costante miglioramento». «Per quanto sembra essere sotto i livelli
previsti per legge sempre di inquinamento si tratta - commenta Giorgio Cecco,
responsabile regionale di FareAmbiente - e ne risente comunque tutta la città,
oltre a mantenere pessima la qualità della vita di chi vive a Servola. Restiamo
convinti che lo sviluppo e il futuro di Trieste, la tutela della salute e dei
posti di lavoro non passi dal proseguimento di attività come l'area a caldo, ma
dall'incremento della portualità, del turismo e dell'industria».
Industria e ambiente - Confronto al Villaggio sul
pirogassificatore
DUINO AURISINA - Primo incontro pubblico sul pirogassificatore, promosso e
organizzato dal Gruppo "Ambiente e salute", stasera al Villaggio del Pescatore.
L'appuntamento è fissato alle 18 nella sede della Biblioteca comunale.
Interverranno la consulente ambientale Elena Rojac, l'architetto Danilo Antoni,
il presidente della Commissione Ambiente del Comune di Monfalcone Walter Pin, il
compositore e direttore d'orchestra Stefano Sacher e il geologo Yannick Julliot.
Si parlerà in particolare dell'impatto che un impianto di tale tipologia può
comportare in un contesto antropizzato come quello dell'area di San Giovanni di
Duino, tra impianti produttivi, abitazioni, zone agricole, attività di
maricoltura, aree naturali protette e impianti ricreativi e sportivi.
Ugo Salvini
«Incroci sulla ciclabile - Precedenza alle bici»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - «I ciclisti hanno ragione, sugli incroci lungo la
Cottur hanno loro la precedenza, è la segnaletica orizzontale a stabilirlo». Sul
problema dei pericoli che si possono originale nei pressi di San Giuseppe, nel
punto in cui la ciclopedonale incrocia l'ex Provinciale 20, va registrato
l'intervento del presidente dell'Associazione ciclisti e cicloturisti urbani
Luca Mastropasqua. «L'attraversamento ciclabile - spiega - è contraddistinto
dalla presenza di una fila di quadrati bianchi, affiancati alle strisce. Lo
spazio tra quadrati e strisce è destinato al passaggio dei ciclisti e serve,
come afferma il Codice, a garantire la continuità delle ciclabili e il diritto
di precedenza dei ciclisti che si trovino a impegnare un'intersezione».
Mini fortezze, chiese e palazzi del potere tra i 28
tesori segreti svelati dal Fai in Fvg
Tornano sabato 13 e domenica 14 le Giornate d'autunno - A Trieste visite
guidate all'interno del Faro della Vittoria
Trieste - Tornano sabato 13 e domenica 14 ottobre le Giornate Fai d'autunno,
diventate oramai un appuntamento tradizionale e imperdibile per andare alla
scoperta del nostro Paese «attraverso occhi nuovi e prospettive insolite». Il
Fondo per l'ambiente italiano ha infatti allestito su tutto il territorio
nazionale itinerari tematici e aperture speciali in 250 città, per permettere a
residenti e turisti di ammirare da vicino bellezze inesplorate e talvolta poco
accessibili del Belpaese. L'evento, curato dai volontari dei Gruppi Fai giovani,
sostiene la campagna di raccolta fondi "Ricordati di salvare l'Italia, e si
propone dunque di richiedere ai suoi partecipanti un piccolo contributo
facoltativo destinato al sostegno delle attività della Fondazione. A guidare gli
italiani sui 150 tragitti creati per l'occasione, saranno i 3800 giovani ed
entusiasti volontari, che hanno scoperchiato e messo a disposizione in tutte le
regioni 660 spazi solitamente non visitabili o poco valorizzati, concedendo ai
più affascinati di percorrere ed esplorare liberamente palazzi, chiese, giardini
e musei. In Friuli Venezia Giulia quest'anno il programma prevede visite guidate
a 28 "perle" presenti in sette località: Cormons, Gemona del Friuli, Montereale
Valcellina, Ovaro, Povoletto, Spilimbergo e Trieste. Si tratta di luoghi che
rappresentano le tante vocazioni della regione: dall'arte all'industria, dalla
vita sociale al paesaggio. Tutti luoghi resi fruibili grazie all'impegno e alla
disponibilità dei volontari, delle istituzioni e di realtà private che saranno
coadiuvate dagli apprendisti Ciceroni, studenti appositamente formati che
offriranno ai partecipanti spiegazioni sui luoghi visitati. A Trieste, vista la
concomitanza con la cinquantesima edizione della Barcolana, i due siti
interessati all'apertura saranno ispirati al percorso "Trieste e il mare",
pensato per sottolineare il fondamentale sviluppo che la risorsa Adriatico ha
rappresentato per capoluogo. Si tratta dell'ex Palazzo del Lloyd Triestino, ora
sede della Regione in piazza Unità d'Italia (visite sabato e domenica dalle 10
alle 17 con ultimo ingresso alle ore 16.30) e il Faro della Vittoria (sabato e
domenica, orario 9.30 - 17.30 con ultimo ingresso alle 17). All'ex Palazzo del
Lloyd Triestino saranno possibili anche visite in lingua straniera - inglese e
sloveno - sia sabato sia domenica dalle 10 alle ore 12, su prenotazione via mail
a trieste@faigiovani.fondoambiente.it. «Condivido pienamente la scelta degli
organizzatori di proporre la Giornata Fai di autunno in concomitanza alla
Barcolana 2018 perché, in tale modo, sarà possibile presentare il grande
patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia all'enorme flusso di turisti
atteso in città per l'occasione», ha affermato ieri l'assessore regionale alla
Cultura, Tiziana Gibelli, intervenendo alla presentazione delle Giornate Fai
d'Autunno. In provincia di Gorizia, le visite guidate si concentreranno a
Cormons, lungo il percorso "Echi dal Medioevo" dedicato a Cormons e alle sue
cente, piccole strutture difensive, con un itinerario che connetterà sei luoghi:
la centa di San Lorenzo; la centa di Sant'Adalberto e Casa Neuhaus; il Castello
di Cormons; la Centa e la Chiesa di San Giorgio; la Centa di Santa Maria /
Sant'Apollonia; la Centa di San Giovanni. Le aperture sono previste nella
giornata di domenica dalle 10 alle 18, tranne che per la Centa di San Giorgio,
che prevede tre visite con partenza dalla chiesa di San Lorenzo alle 11, alle 14
e alle 16.
Stefano Cerri
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 ottobre 2018
La Procura svela il dossier Ferriera - Benzene e Pm10
in diminuzione
Monitorate per un anno le concentrazioni di agenti inquinanti - Accertato
anche un calo sensibile di inquinamento acustico
La Ferriera inquina sempre meno, almeno per quanto riguarda il benzene e le
polveri sottili. Le sostanze emesse dallo stabilimento della Siderurgica
triestina sono nei limiti previsti dalla legge. È la Procura a dirlo, in un
dossier che raccoglie i dati prodotti dall'Arpa su richiesta della stessa
magistratura. Il palazzo di giustizia si è avvalso di una consulenza tecnica
della professoressa Sabina Licen, peraltro docente del Dipartimento di Scienze
chimiche dell'Università di Trieste. Negli ultimi mesi i valori dimostrano un
trend in progressivo miglioramento, fino a raggiungere un numero di sforamenti
sia giornalieri che orari «pressoché nullo». Così annota il documento. È quanto
emerge innanzitutto dalla centralina di via San Lorenzo in Selva, la più vicina
alla cokeria, fatta posizionare in passato dal pm Federico Frezza. Ma anche in
quelle dell'Arpa: la Rfi di Servola (una stazione di servizio delle ferrovie che
si trova nei pressi dello stabilimento e installata nel 2007 dalla Procura), di
via Pitacco, via del Ponticello e via Carpineto.La Procura, che per decenni ha
tallonato le diverse proprietà con inchieste sull'inquinamento della fabbrica di
Servola, sta tenendo d'occhio anche il rumore. Pure su questo versante i segnali
positivi non mancano. Benzene Il calo appare evidente già con il monitoraggio in
via San Lorenzo in Selva: se nel settembre di un anno fa il numero di sforamenti
giornalieri della concentrazione di 5 microgrammi per metro cubo d'aria si
attestava a 6, nell'agosto di quest'anno siamo a zero. Così pure a luglio,
mentre a giugno erano 2. Nella stazione Rfi si passa invece dai 2 superamenti
documentati a settembre 2017, allo zero di agosto di quest'anno. Valori sempre
nella norma sia in via Ponticello che in via Carpineto. Un andamento imboccato
pure in via Pitacco a partire da maggio. Discorso simile, sempre per quanto
riguarda il benzene, anche per i superamenti orari della concentrazione di 20
microgrammi per metro cubo. I 36 sforamenti avvertiti a settembre 2017, si sono
ridotti a 1 nell'agosto 2018. Nello stesso mese i 20 di Rfi si sono azzerati.
Nessuna criticità in via Ponticello e in via Carpineto. In via Pitacco si passa
dai 10 di un anno fa allo zero registrato a fine estate. Tirando le somme
«risulta una netta diminuzione degli episodi in San Lorenzo in Selva e in Rfi
(proprio le stazioni accanto alla Ferriera, ndr)a partire da maggio - precisa il
documento della consulente della Procura - fino a raggiungere un numero di
episodi pressoché nullo da giugno 2018, come rilevato anche negli altri siti
monitorati». POLVERI SOTTILI - Un quadro che traspare pure dai dati delle Pm10.
In questo caso il superamento giornaliero della concentrazione di 50 microgrammi
per metro cubo d'aria risulta solo nella stazione Rfi a luglio e agosto
(rispettivamente 4 e 5 sforamenti). Il resto delle centraline (via Pitacco, via
Ponticello e via Carpineto) è a zero, con un'unica eccezione documentata ad
agosto nella centralina di San Lorenzo in Selva. L'INTERNO DELLA FABBRICA - Gli
accertamenti si sono estesi anche all'interno della fabbrica. Secondo le
misurazioni, il deposimetro della "Portineria operai" a luglio 2017 segnava una
presenza di circa 50 grammi di polvere per metro quadro. Nello stesso periodo di
quest'anno il dato è sceso sotto i 40. Nella "Palazzina qualità" il valore è più
che dimezzato (da 80 a sotto i 40). IL RUMORE - Dallo studio della Procura,
affidato oltre un anno fa all'ingegner Marco Boscolo del Dipartimento di
Ingegneria dell'Università di Trieste, era scattata una diffida della Regione
con la quale si indicava alla proprietà di provvedere con una serie di strutture
insonorizzanti e di "barramento acustico" sugli impianti della fabbrica. Gli
interventi su estrattori, sbocchi, cappe di aspirazione e condotte hanno
comportato finora a un abbattimento di 5 decibel, portando il valore attuale tra
i 57 e i 58 dB, laddove il limite notturno è di 50 per le aree abitate e 55 per
le zone industriali. Il piano di risanamento acustico continua.
Gianpaolo Sarti
La giunta Fedriga sceglie la linea del no comment
Nessun commento nel merito da parte dell'assessore all'Ambiente
Scoccimarro In silenzio anche l'azienda - I dubbi del grillino Ussai
Di fronte ai dati che certificano il miglioramento dei parametri ambientali
a Servola, in Regione, c'è da scommetterci, non hanno fatto i salti di gioia.
Per un'amministrazione che ha avviato un'offensiva a tutto campo contro
l'azienda, non nascondendo una certa sintonia con chi invoca la chiusura
dell'area a caldo dello stabilimento, la diminuzione dei livelli di idrocarburi
nell'aria arriva infatti come una sorta di doccia fredda. Non stupisce più di
tanto, quindi, il silenzio dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che
appunto ha preferito non commentare nel merito il trend positivo. Nessuna
dichiarazione, per ora, nemmeno da Siderurgica Triestina. Il caso Servola,
peraltro, ieri è approdato anche in Consiglio regionale su iniziativa del
grillino Andrea Ussai, autore di un'interrogazione sull'accordo tra Regione e
Istituto Superiore di Sanità (Iss) sull'impatto sanitario della Ferriera.
«L'assessore Scoccimarro - spiega Ussai - ha ricordato che si sono tenuto
incontri con gli ispettori dell'Iss ad aprile 2018 , e a luglio 2018 con Arpa e
Iss, con cui si è approfondita la documentazione trasmessa dalla Regione sui
dati sanitari e ambientali. A più di un anno di distanza, però, nonostante
l'aver sbandierato questo protocollo, nulla di concreto è stato fatto». Per
Ussai «gli esperti dell'Iss hanno evidenziato come, dai dati ricevuti, emerga
che nonostante il sistema di abbattimento e contenimento delle emissioni diffuse
provenienti dall'impianto industriale abbiano un'efficacia pari al 70%, le
concentrazioni di benzene e idrocarburi policiclici aromatici risultano comunque
pericolose per chi vi è esposto».
Lorenzo Degrassi
Azione legale al Tar contro i ritardi del piano rumori
- Il Comune "resiste"
Deliberata dalla giunta la costituzione in giudizio per difendersi dalle
accuse lanciate dalla proprietà anche alla Regione
Arvedi ricorre al Tar sollevando la questione dell'inquinamento acustico
della Ferriera? Il Comune tira dritto e sceglie di costituirsi in giudizio
nell'azione legale avviata dall'azienda contro l'amministrazione municipale,
appunto, oltre che contro Regione, Arpa. Azione finalizzata ad ottenere
l'annullamento del decreto della Direzione centrale Ambiente ed Energia della
Regione del 30 gennaio 2018 che contiene la diffida ad adempiere e eseguire
interventi di mitigazione acustica a carico di Arvedi, oltre che della nota
della Regione del 21 marzo 2018 sul "Piano di risanamento acustico aziendale".
Al centro dell'azione legale c'è dunque il piano dei rumori, questione spinosa
che vede la proprietà dell'impianto siderurgico insistere affinché il municipio
provveda ad una zonizzazione acustica che finirebbe per assegnare all'area che
circonda lo stabilimento un livello di rumorosità piuttosto ampio cui
conformarsi. Una sorta di favore nei confronti dell'azienda, che il Municipio
non intende concedere e per questo, forse, cerca di prendere tempo. Il ricorso
al Tar coinvolge anche la Regione perché, se il Comune continuasse a non
provvedere alla zonizzazione acustica, toccherebbe all'ente guidato da
Massimiliano Fedriga commissariare il Municipio e procedere al suo posto. Arvedi
ha presentato a suo tempo un piano di risanamento acustico, ma i risultati
ottenuti fino al 2017 sono stati ritenuta insufficiente dall'Arpa. Dopo una
diffida della Regione, la proprietà ha realizzato la bonifica acustica
dell'altoforno e si è impegnata nell'autunno scorso a predisporre gli ulteriori
interventi, subordinandoli però alla presentazione del Piano di zonizzazione
acustica del Comune. «Sussiste l'interesse del Comune a costituirsi in giudizio
per far valere legittimità e regolarità degli atti impugnati e del proprio
operato, in particolare contestando le asserzioni di Arvedi sia sotto il profilo
formale sia sotto il profilo sostanziale, in quanto esse risultano inammissibili
oltre che infondate in fatto ed in diritto», si legge nella delibera di giunta
che indica anche come nel costituirsi a giudizio, il Comune affiancherà ai
legali dell'Avvocatura comunale, gli avvocati Fabio Gusso di Padova e Sebastiano
Tonon di Venezia. Gli stessi ai quali, da gennaio a giugno scorso, aveva
affidato anche l'incarico per «la promozione di atti volti a risolvere criticità
sanitarie ed ambientali lamentate dai cittadini derivanti dall'area a caldo».
Laura Tonero
«Ma la gente continua a trovare polveri ferrose nelle
terrazze»
No Smog mette l'accento sulla discrepanza tra dati ufficiali ed
esperienze dei residenti. Legambiente ricorda l'assenza di test sanitari
Non si stupiscono più di tanto i comitati di cittadini "in guerra" con la
Ferriera davanti agli esiti delle rivelazioni della Procura. Non ne è sorpresa
Alda Sancin, del comitato "No Smog" che sottolinea lo scarto esistente fra i
dati in possesso del Tribunale e le criticità vissute ogni giorno sulla propria
pelle dai servolani. «Prendiamo atto del fatto che le strumentazioni ufficiali
dicono che la situazione sia migliorata, ma se la gente continua a raccogliere
polveri ferrose sulle proprie terrazze, forse c'è ancora qualcosa che non
va. Esiste una discrepanza - continua Sancin - fra quello che dicono i dati e
quello che subisce la popolazione, perchè questi limiti non sono congrui per uno
stabilimento addossato a un rione. Forse questi parametri andrebbero ridiscussi,
tenendo conto anche del cosiddetto effetto sinergico moltiplicativo il quale fa
sì che una serie di agenti inquinanti, pur rimanendo al di sotto del limite
stabilito dalla legge, se sommati creano un aumento dell'effetto inquinante
sull'essere umano». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente locale di
Legambiente, Andrea Wehrenfennig: «Non è una novità che i dati riguardanti
l'inquinamento della Ferriera siano a posto perché gli stessi non tengono conto
delle valutazioni sulla situazione sanitaria degli abitanti della zona, così
com'è stato fatto a Monfalcone in passato sia per quanto riguarda la centrale a
carbone che per i molti stabilimenti di lavorazione del ferro lì presenti.
Ricordiamoci infine - conclude - che questi limiti in vigore oggi saranno
presumibilmente abbassati nei prossimi anni dall'Unione Europea e di ciò le
istituzioni dovrebbero iniziare a tenerne conto fin d'ora».
Clima, il mondo appeso a 2 gradi - Missione: evitare il
riscaldamento
Il rapporto dell'Onu: altissimo il rischio del global warming, vanno
ridotte le emissioni di carbonio
Occorre un impegno comune per non superare la soglia. Così le barriere coralline
morirebbero
Roma - Il mondo è sulla buona strada per toccare se non addirittura superare
la soglia di aumento di un grado centigrado e mezzo di riscaldamento, a meno che
gli Stati non si adoperino rapidamente a mettere in atto azioni decisive per
ridurre le emissioni di carbonio e contrastare il global warming, il
surriscaldamento terrestre. Tutto questo stando ad un rapporto delle Nazioni
Unite che è stato pubblicato in questi giorni e del quale un'anticipazione è
stata svelata dall'agenzia di stampa britannica Reuters. 1 Incontro in Sud Corea
Il progetto di relazione finale del gruppo intergovernativo dell'Onu sui
cambiamenti climatici (Ipcc, acronimo di Intergovernmental Panel on Climate
Change) è stato presentato durante la 48esima Session Ipcc in programma a
Incheon, in corso in Corea del Sud. Si tratta del documento scientifico con al
suo interno le linee guida su ciò che i Paesi devono fare per combattere il
cambiamento climatico. 2 Il rischio entro il 2040 Nel rapporto si constata che
il riscaldamento indotto dall'uomo rischia di superare la soglia del grado e
mezzo entro il 2040 se le emissioni dovessero continuare al ritmo attuale, con
buona pace del limite dei 2 gradi sbandierato a Cop21 (conferenza sui
cambiamenti climatici) a Parigi nel 2015 e che ormai sembra sempre più vicino.
Tuttavia i Paesi potrebbero mantenere il riscaldamento al di sotto di tale
livello se apportassero cambiamenti rapidi alle loro abitudini. Secondo però
Bill Hare, scienziato esperto in cambiamenti climatici e direttore di Climate
Analytics - organizzazione non profit di scienza e politiche del clima con base
europea a Berlino e uffici in quasi tutti i continenti (New York in America,
Lomè nel Togo in Africa e Perth in Australia) - il rapporto Ipcc mostra con
chiarezza quanto i Paesi debbano muoversi rapidamente verso la decarbonizzazione
per limitare il global warming ai famosi 2 gradi centigradi previsti
dall'accordo siglato ormai tre anni fa in Francia nel corso della Conferenza
internazionale sul clima. 3 Energia rinnovabile - Tra le azioni necessarie
perché si concretizzino quegli obiettivi figurano la transizione verso l'energia
rinnovabile, l'alimentazione del settore dei trasporti con elettricità a zero
emissioni di carbonio, il miglioramento della gestione agricola e l'arresto
della deforestazione. Conditio sine qua non per raggiungere gli obiettivi
prefissati. 4 Il surriscaldamento - Sempre stando a Bill Hare, lo studio Ipcc
dimostra chiaramente quanto grande sia la differenza tra 1,5 e 2 gradi di
riscaldamento sia nei sistemi naturali che in quelli umani: «Se il global
warming aumentasse di 2 gradi centigradi, le barriere coralline tropicali non
avrebbero praticamente alcuna possibilità di sopravvivere, mentre limitandoci a
1,5 gradi esiste una modesta possibilità di sopravvivenza» sentenzia Hare, per
il quale la situazione attuale è drammatica. Se si continua su questa strada
infatti, per lui il problema sarà addirittura restare sotto i 3 gradi di
surriscaldamento, e non sotto agli ormai tristemente famosi 2 gradi. 5 Il
momento della verità - Al direttore di Climate Analytics fa eco l'executive
director di Greenpeace International, Jennifer Morgan, che ha recentemente
dichiarato come il momento della verità sia ormai arrivato per i leader dei
Paesi che sottoscrissero l'Accordo di Parigi. Un'intesa politica guidata da un
obbligo morale comune, e attraverso la cooperazione internazionale e l'impegno
di tutti si possono ancora rispettare gli impegni presi. La strada è tracciata,
ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili, nella
difesa e protezione di foreste e oceani con decisioni che dimostrino di aver
compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre il consumo di carne
e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro cibo.
Alfredo De Girolamo
Mamme, papà e bimbi uniti - Così il piazzale cambia
volto
Operazione di pulizia in particolare delle fioriere davanti alla scuola
Bergamas - Il Comitato dei genitori degli studenti: «Serve più rispetto per la
cosa pubblica»
Un pomeriggio di festa nel piazzale davanti alla scuola media "Antonio
Bergamas" in via dell'Istria, sede dell'omonimo istituto comprensivo. Armati di
rastrelli, sacchi, zappe e vanghe si sono dati appuntamento ieri alle 15 alcuni
genitori degli iscritti alla scuola "accompagnati" proprio dai ragazzini, con un
obiettivo: restituire alla comunità scolastica e al popoloso rione di San
Giacomo uno spazio verde pulito e decoroso. L'intervento ha interessato le
fioriere antistanti l'entrata principale dell'istituto: «Originariamente -
spiega Martina Boniciolli, presidente del Comitato genitori del comprensivo
Bergamas - l'intervento dei volontari si sarebbe dovuto limitare alla pulizia
della fioriera a sinistra dell'ingresso, in prossimità dello scivolo, dopo
l'intervento di potatura delle aiuole da parte del Comune; poi, vista la
partecipazione di molti volontari - oltre quindici adulti, tra cui alcuni ex
docenti, e altrettanti ragazzi - abbiamo deciso di intervenire anche sulla
vicina fioriera. E credo che abbiamo fatto davvero un bel lavoro, adesso la
scuola è più bella e possiamo mantenerla tale imparando e insegnando ai
cittadini a non sporcare». Intervento che ha beneficiato della collaborazione di
Nuova Edilcolor, attiva nel rione, e del Comune di Trieste: «Il nostro
ringraziamento - ci tiene a precisare Boniciolli - va all'assessore Elisa Lodi
che, oltre a permetterci di intervenire nell'estirpazione e nel ripascimento del
terreno con terra fresca, ha autorizzato tempestivamente anche la piantumazione
di nuove piantine». Nelle fioriere rinate sono state piantumate numerose
tipologie di piante, dal rosmarino alla lavanda, dal timo all'origano, dai
ciclamini all'erica. Tra le criticità, a detta della presidente del comitato, va
evidenziata «la presenza, all'interno dell'edifico della Bergamas, del Cpia 1
(Centro Provinciale per l'Istruzione degli Adulti), i cui allievi non sentono la
struttura come un luogo che gli appartiene, che sentono loro, e non ne hanno
cura». Questa iniziativa nasce dall'adesione al progetto SpaziAmo, «anche se -
sottolinea Boniciolli -, a differenza dello scorso anno, non siamo rientrati tra
i comitati destinatari del contributo economico, ci siamo classificati primi tra
gli esclusi, ma abbiamo deciso di andare comunque avanti perché ci crediamo
fortemente». Occorre ricordare che il piazzale antistante l'istituto scolastico
presenta varie aree piantumate che, quotidianamente, si riempiono di deiezioni
canine. Grande attenzione è stata posta anche al problema del tabagismo
giovanile: «Lo scorso anno - spiega Maria Debora Bianco, referente per la media
inferiore Bergamas dell'omonimo Comitato genitori - alcuni genitori ci hanno
segnalato la presenza di numerosi allievi della scuola che fumavano e sporcavano
lanciando nelle fioriere i mozziconi. Penso che sia importante far passare il
messaggio che la scuola e tutto quello che è di sua pertinenza appartiene a
tutti, va tutelato e non vandalizzato. Occorre una maggiore sensibilizzazione
all'amore per se stessi e per le cose di tutti. E penso che due belle fioriere
curate poste in un piazzale pulito e decoroso possano aiutare a capire quanto
sia importante un ambiente bello e, soprattutto, sano».
Luigi Putignano
IL DETTAGLIO - Da Alessio a Elisa i giovani
entusiasti dell'intervento
Il borino di ieri pomeriggio non è riuscito a fermare i volontari che si
sono adoperati per rimettere in sesto il piazzale della scuola Bergamas. Al
lavoro con sacchi e rastrelli anche due mamme, Tatiana Bertaglia e Barbara
Cartolara, per le quali «questi interventi rappresentano davvero un bel modo per
alzare l'attenzione di chi dovrebbe avere maggiore cura della cosa pubblica. Ben
vengano iniziative come queste». Ma i veri protagonisti sono loro, i ragazzi.
Per Alessio, della I A della Bergamas, «questi momenti dovrebbero esserci più
spesso»; la pensa così anche il suo compagno di classe Jacopo, secondo cui «sono
molto utili per la natura e per l'ambiente che ci circonda». Per Elisa, della
III C, «è importante abbellire sperando che i proprietari dei cani e i bidelli,
con i loro mozziconi, non sporchino più».
Trieste Trasporti - Prosegue il servizio in bici a bordo del bus
Prosegue il servizio sperimentale BiciBus di Trieste Trasporti. L'iniziativa consente di viaggiare in autobus fra il centro città e Basovizza con le biciclette a bordo. Il servizio sarà attivo tutti i sabati e le domeniche fino al 16 dicembre. Le partenze da piazza della Libertà, dal marciapiede antistante la stazione ferroviaria (e non più da via Ghega, com'era stato durante la prima settimana), dalle 9 alle 17. Il punto di arrivo è il capolinea della linea 39 nel comprensorio di Basovizza di Area Science Park.
In giunta comunale approda il caso della pista Cottur
Sull'incrocio tra la ciclopedonale e la ex strada provinciale che sta
alimentando l'allarme dei residenti, Gombac presenta un documento
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Approderà in giunta, a San Dorligo della Valle, il
problema dell'incrocio fra la ciclopedonale "Cottur" e la ex strada provinciale
20, nei pressi della frazione di San Giuseppe, che sta alimentando l'allarme dei
residenti. Com'è noto, l'eccessiva velocità con la quale sembra che numerosi
ciclisti attraversino l'incrocio, situato all'altezza di una curva che rende
molto difficile la visibilità da parte di chi lo affronta alla guida di
un'automobile o dei mezzi pubblici della linea 41, potrebbe provocare gravi
incidenti, a detta di chi abita nella zona. A coinvolgere il Comune sul tema
sarà il consigliere Boris Gombac, della lista di opposizione "Uniti nelle
tradizioni", il quale ha predisposto un documento da sottoporre all'esame
dell'aula, dopo che sarà stato visionato dalla Commissione Ambiente, di cui lo
stesso Gombac è componente. «In passato - scrive Gombac - sul tracciato che
adesso ospita la ciclopedonale correvano i binari della ferrovia e i treni
ovviamente avevano la precedenza, perché all'altezza dell'incrocio c'era un
casello ferroviario con tanto di sbarre che si abbassavano all'arrivo dei
convogli. Oggi le sbarre non ci sono più e sull'asfalto, all'altezza
dell'incrocio, sono state disegnate le zebre che danno la precedenza ai pedoni,
ma non ai ciclisti, come conferma il Codice della strada. Questi ultimi però
continuano a sfrecciare, come se la precedenza fosse a loro favore e creano una
situazione di estrema pericolosità per tutti. La soluzione ideale - conclude -
consiste, a mio parere, nel sistemare una segnaletica che dia la precedenza a
vetture e bus anche rispetto ai pedoni, fissando al contempo la velocità massima
sulla strada a 40 o a 30 all'ora».
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 ottobre 2018
San Dorligo dice "stop" ai ciclisti indisciplinati sulla pista Cottur
«Due ruote troppo veloci. E all'incrocio di San
Giuseppe si rischia l'incidente: per auto e bus la visibilità è limitata»
Scoppia la polemica fra i ciclisti che utilizzano la ciclopedonale Cottur e
i residenti nel territorio del Comune di San Dorligo della Valle.Sotto accusa
l'eccessiva velocità di molti di coloro che pedalano lungo la pista - destinata
a ospitare, è bene ricordarlo, non solo le biciclette ma anche i pedoni -
soprattutto in corrispondenza dell'incrocio con l'ex Provinciale 11, sulla quale
transitano i bus della Trieste Trasporti che collegano Bagnoli della Rosandra al
centro di Trieste. «Prima che succeda qualche grave incidente - spiegano gli
abitanti della zona - vogliamo segnalare la grande disinvoltura con la quale i
ciclisti percorrono la Cottur sia in salita sia in discesa, dimostrando totale
disinteresse per la segnaletica stradale, per le regole del Codice e per quelle
dettate dal buon senso. Il pericolo - aggiungono - incombe soprattutto vicino
alla frazione di San Giuseppe della Chiusa, in un punto dove c'è una stretta
curva. Per gli automobilisti e per i conducenti dei mezzi della Trieste
Trasporti è impossibile, proprio per la particolare conformazione della strada
in quel tratto, scorgere i ciclisti che stanno arrivando. Se chi è sul sellino
della propria bici, invece di affrontare quell'incrocio moderando la velocità,
lo attraversa di botto - concludono - ecco che cresce notevolmente la
probabilità che, prima o poi, si verifichi qualche incidente. Chi usa la
bicicletta dovrebbe essere consapevole di essere molto vulnerabile e agire di
conseguenza». In effetti, in quel punto, automobili e autobus di linea sono
costretti a effettuare quasi una curva a U e gli alberi sistemati lungo il bordo
della strada limitano ulteriormente la visibilità riguardo ciò che accade sulla
ciclopedonale. Adesso che la stagione estiva è terminata e le giornate si
accorciano, il rischio crescerà ulteriormente perché la visibilità sarà
condizionata anche dal buio, che, per l'appunto, cala presto. I residenti
auspicano che questo loro appello sia recepito dagli utilizzatori della Cottur.La
ciclopedonale è già stata al centro di polemiche, alimentate da chi la frequenta
per fare delle semplici passeggiate e si è trovato, in più di qualche occasione,
a incrociare ciclisti che, volendo emulare Vincenzo Nibali, scambiano la Cottur
per le strade del Giro e del Tour.
Ugo Salvini
IL PARERE DELL'ESPERTO - «Lì una bici deve dare la
precedenza ai veicoli sulla strada principale»
«Sono i ciclisti a essere in torto, il Codice della strada parla chiaro».
Giorgio Cappel, uno dei maggiori esperti triestini in materia di regole che
disciplinano la circolazione sulle strade, non ha dubbi e mette proprio i
ciclisti sul banco degli imputati in relazione alla polemica sull'utilizzo della
ciclopedonale Cottur.«Le famose zebrate - spiega - garantiscono la precedenza
esclusivamente ai pedoni. Chi è in bicicletta, quando si sta approssimando a un
incrocio, deve rispettare le regole. In questo caso - aggiunge - è evidente che
chi sta pedalando sulla Cottur deve dare la precedenza a chi sta utilizzando la
strada principale, nello specifico le automobili e i mezzi pubblici della
Trieste Trasporti. Le zebrate - ribadisce Cappel - non riguardano chi sta
guidando un veicolo, e la bicicletta rientra in questa categoria».
(u.sa.)
Il giardino di via Cereria continua la sua odissea in
attesa di una svolta - L'INCONTRO tra Lodi e comitati
L'odissea del giardino di via Cereria - piccolo polmone di verde pubblico di
città vecchia, alle spalle della palestra comunale di via della Valle,
inutilizzato da moltissimi anni ma con grandi potenzialità - continua. Ma, si
sbilancia l'amministrazione Dipiazza, potrebbe anche terminare, con l'area
"restituita" alla città. Sul tema si è tenuto un incontro, organizzato dalla
consigliera della Quarta circoscrizione Adriana Panzera, tra l'assessore ai
Lavori pubblici Elisa Lodi, il Comitato per il giardino e quello dei genitori
della scuola primaria Nazario Sauro. La vicenda risale addirittura ai primi anni
Duemila e vale la pena che sia riassunta per capire come si sia arrivati a oggi.
La giunta Illy aveva deliberato la costruzione di un parcheggio proprio lì,
costruzione poi fermata nel 2006 anche grazie a una raccolta firme di
Legambiente. Ma nel 2011 l'allora assessore Elena Marchigiani aveva dichiarato
l'impossibilità a fermare i lavori e così erano iniziati i primi scavi. Il
Comitato per il giardino, però, aveva continuato a opporsi alla realizzazione
del park insistendo sui benefici di un'area verde e raccogliendo ben 1400 firme.
Poi, nel 2015, il Comitato aveva chiesto e ottenuto l'affidamento in concessione
di questa piccola area verde, fornendo al Comune uno schema di progetto per la
realizzazione del nuovo giardino pubblico e allegando anche le planimetrie.
Infine, nel 2016, l'allora assessore Andrea Dapretto aveva dichiarato che in
brevissimo tempo sarebbero partiti i lavori di manutenzione del giardino. E così
si arriva alla situazione attuale, in cui l'unica persona a poter accedere al
giardino è la gattara, che gestisce la casetta dei gatti all'interno di esso.
Invece, come insistono da tempo i due comitati, il giardino di via Cereria
potrebbe divenire un luogo d'aggregazione sia per il quartiere, sul modello
dell'associazione "AnDanDes" di via San Michele, sia per la scuola Nazario
Sauro, che potrebbe così prevedere delle lezioni "outdoor" e delle attività
extrascolastiche. Gli interventi da operare sul giardino sono però numerosi e
comprendono il rifacimento del muro di contenimento e delle recinzioni, la
potatura e l'abbattimento degli alberi pericolanti, il livellamento delle
pendenze e altro ancora. Al termine dell'incontro, l'assessore Lodi ha promesso
che entro un paio di settimane dovrebbe essere effettuata una bonifica del verde
e che, successivamente, si terrà un sopralluogo tecnico per valutare
l'inserimento dei lavori per il giardino nel piano delle opere del prossimo
anno.
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 ottobre 2018
Futuro Museo del mare ai box - Il ministero si fa
attendere
A due mesi dall'atto con cui la Regione ha recepito il progetto per il
Magazzino 26 nessuna notizia da Roma sull'approvazione della destinazione dei 33
milioni
Magazzino 26, il Mibact tace. Dei 50 milioni, con i quali il ministero deve
finanziare la prima fase di riqualificazione del Porto vecchio, al momento non
c'è traccia. Più esattamente: dopo due mesi, Roma non ha ancora riscontrato la
delibera 1380, approvata dalla giunta Fedriga nella seduta del 23 luglio, con
cui la Regione recepiva le modifiche sollecitate dal Comune nella destinazione
delle risorse. L'antefatto. Tra giugno e luglio Dipiazza aveva chiesto al
governatore che i 50 milioni, di derivazione centrale ma di "filtraggio"
regionale, fossero così ripartiti: 14 milioni di euro per le opere di
urbanizzazione, 33 milioni per la realizzazione del Museo del mare, 3 milioni
per il restauro del pontone Ursus. Rispetto alla precedente "edizione", c'era
una variazione molto importante: il Museo del mare sarebbe sorto nel Magazzino
26, non più nei Magazzini 24-25. Il cambio di programma avrebbe però avuto una
vittima illustre, ovvero la sede dell'Icgeb (Istituto di ingegneria genetica e
biotecnologie), l'organismo scientifico internazionale presieduto da Mauro
Giacca, che in un primo tempo avrebbe dovuto traslocare da Padriciano in Porto
vecchio. Era prevista una spesa di 10 milioni, insufficiente per coprire
l'intera operazione, che avrebbe avuto occorrenza di altri 6-7 milioni. Giacca
aveva appreso della mesta notizia, mentre era in vacanza tra North e South
Dakota: «Non ci avevano avvertito, una grave perdita per la città», era stato il
laconico commento. Il piatto forte della tavolata Mibact diventa chiaramente un
Museo del mare a tutto Magazzino 26, sul quale si concentrano i due terzi della
posta ministeriale. I Lavori pubblici hanno già impostato il progetto, che
prevede di allestire i cinque livelli del più grande hangar di Porto vecchio
(circa 35 mila metri quadrati) su sei temi portanti: storia e mitologia, pesca,
navi&cantieri, navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed
ecosistemi. Il documento, mandato in Regione e allegato alla delibera giuntale,
prevede che solo due realtà saranno "ammesse" nel 26, ovvero l'Immaginario
scientifico (che può contare su un proprio finanziamento di 2,5 milioni) e il
Museo dell'Antartide. Però l'assessore Giorgio Rossi non ha escluso, che, in una
chiave progettuale ampliata, anche altri contributi possano partecipare alla
grande "matrioska" del Porto vecchio, a cominciare dalle masserizie degli esuli
istro-dalmati, ospitati precariamente nel Magazzino 18, dove piove dentro e dove
non è garantibile la pubblica fruizione. Comunque, queste intenzioni rischiano
di essere mera accademia se il ministero per i Beni culturali non dà l'assenso
alle modifiche relative all'accordo operativo intervenuto il 9 ottobre 2017 tra
il dicastero, la Regione Fvg, il Comune, l'Autorità portuale, accordo che a sua
volta dava attuazione alla delibera-madre del Cipe, la 3/2016. La risposta
ministeriale deve arrivare in Regione e la Regione informerà il Comune. A ieri
non c'erano novità. È vero che in mezzo c'era agosto, mai stato un acceleratore
della patria burocrazia. Però il tempo passa. E qualcuno comincia a pensare a
uno strumento amministrativo per sbloccare l'impasse: l'accordo di programma
Regione-Comune-Autorità.
Massimo Greco
Biciclette, batterie d'auto e panettoni spartitraffico
ripescati dal mare - Sui fondali due relitti
Iniziativa targata Sistiana '89 nella baia con sommozzatori e volontari -
Irrecuperabili per il momento un paio di carcasse di barche affondate
SISTIANA - Biciclette arrugginite, batterie esauste di automobili, panettoni
spartitraffico, bottiglie di vetro e di plastica. Sono questi gli esempi più
clamorosi del vasto campionario di immondizie che ieri sono state individuate e
portate a riva dai quattro operatori volontari del Centro pordenonese
sommozzatori, impegnati nell'operazione "Fondali puliti", promossa e organizzata
nella baia di Sistiana dall'associazione sportiva dilettantistica Sistiana '89.
Per l'intera mattinata, i sub sono scesi e risaliti più volte per mettere nelle
mani di coloro che operavano a terra, una sessantina di volontari della stessa
Sistiana '89, ma anche dei club che hanno collaborato, i Lions di Duino Aurisina
e il Trieste host, della Protezione civile, della Croce rossa italiana, quanto
trovavano sul fondale. Un'operazione sperimentale «che sarà certamente ripetuta
nei prossimi anni, visto il successo che ha avuto - ha garantito il presidente
del Sistiana '89, Riccardo Stokelj - e che speriamo possa servire anche a
stimolare l'attenzione e il senso di responsabilità dei frequentatori della
baia, perché ciò che abbiamo trovato fa riflettere». È evidente che abbandonare
in fondo al mare batterie di automobili significa inquinare l'ambiente, nel
quale tutti si tuffano e vanno a nuotare, con acidi e scorie dannosi e
pericolosi. Ma anche gettare nello specchio d'acqua della baia di Sistiana
biciclette che arrugginiscono e bottiglie di plastica che impiegano tempi
biblici per consumarsi è un gesto che si traduce in un delitto ambientale che va
a discapito dell'intera comunità. Per non parlare dei panettoni di cemento,
forse frutto di scorrerie notturne di chi ha bevuto un po' troppo o di chi vuole
liberare spazio in baia, per conquistare qualche parcheggio in più. La bella
giornata ha favorito l'iniziativa del Sistiana '89, svoltasi con
l'autorizzazione della Capitaneria di Porto e con il patrocinio del Comune di
Duino Aurisina, rappresentato dall'assessore Massimo Romita, ieri in un doppio
ruolo, in quanto anche past president del locale Lions club. Attorno ai
sommozzatori del Centro di Pordenone, guidati dal presidente Roberto Battiston,
si è presto creata una piccola folla di curiosi, che hanno seguito passo dopo
passo le operazioni di recupero. «Sul fondale della baia sono state individuate
anche due carcasse di vecchie imbarcazioni, evidentemente affondate sul posto da
chi non si è preoccupato di portarle a riva per seguire il giusto iter di
eliminazione - ha spiegato Luciano Burla, dirigente del Sistiana '89 - ma non
abbiamo potuto recuperarle, perché ci sarebbe stata la necessità di disporre di
attrezzature che non abbiamo, ma contiamo di poterlo fare in futuro. Per ora -
ha continuato - siamo soddisfatti per questa prima operazione che abbiamo
portato a termine. Oltre al risultato pratico - ha concluso Burla - è
fondamentale il messaggio che abbiamo lanciato. Un richiamo a tutti, affinché il
mare non sia poi considerato una discarica».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 settembre 2018
La lunga "guerra" Riccesi-Comune arriva in Tribunale
L'impresa chiede 3,5 milioni come risarcimento danni per la mancata
costruzione dell'opera e delle alternative Ponterosso Park
Niente da fare, non c'è stato verso di chiuderla con una cordiale stretta di
mano. Il mancato parcheggio di Ponterosso ha attraversato cinque giunte e tre
sindaci (Illy, Dipiazza, Cosolini) senza trovare pace. Riccesi-contro-Comune, un
lungometraggio che dura da quasi vent'anni, avrà come palcoscenico della recita
finale il Tribunale di Trieste, al quale Costruzioni generali giuliane (Cogg,
già Riccesi spa) si è rivolto per strappare al Municipio 3 milioni 523 mila
euro, a doppio titolo di danno emergente e lucro cessante. Il Comune, con la
recente delibera 456 proposta dall'assessore Elisa Lodi, ha risposto picche e si
è costituito in giudizio, dove sarà patrocinato dall'avvocato udinese Antonio
Sette, dal ricco curriculum di manager pubblico alle spalle (Comuni di Udine,
Crema, Pistoia, Provincia di Firenze), arruolato con 41.236 euro Iva compresa.
La somma, richiesta dai Riccesi, risale a una nota unilaterale del 22 febbraio
2006, una pretesa che la delibera ritiene «del tutto apodittica e infondata».
Per comprendere le remote e complicate cause di questa "guerra dei 19 anni",
bisogna però ingranare la retromarcia e guidare fino al 27 dicembre 1999, quando
la seconda giunta Illy approvò il parcheggio privato di Ponterosso, di cui
sarebbe stata realizzatrice la Società edile adriatica. A tale società subentrò
ben presto Riccesi, che però fece poca strada in quanto il neo-sindaco Roberto
Dipiazza, a fronte di numerose resistenze (circoscrizione, residenti), bloccò il
progetto.Il primo cittadino non potè però evitare di trovare un aggiustamento
con l'azienda rimasta a bocca asciutta, così nel marzo 2006 i 689 posti previsti
in Ponterosso furono scambiati con 476 stalli diluiti tra Teatro Romano (250),
via Tigor-Cereria (106), largo Roiano (120). Dal punto di vista tecnico si
trattò di una transazione novativa. Ma anche questo secondo capitolo non ebbe
felice esito. Tra ostacoli archeologici e scarsa appetibilità dei siti,
l'agreement restò sulla carta. Ancora verifiche, sopralluoghi, indagini per
approdare nella primavera 2015 alla terza parte della narrazione, cioè il
"tentativo Dapretto", dal nome dell'assessore ai Lavori Pubblici di era
cosoliniana che cercò l'ennesimo accordo tra le parti. La soluzione sembrò
trovarsi in piazza Foraggi, con 132 posti-auto coperti/scoperti, ai quali il
Comune avrebbe aggiunto una somma pari a 2 milioni 571 mila euro a titolo di
indennizzo, da pagarsi entro il 30 giugno 2015. In verità questa proposta
piacque subito poco: non piacque all'allora opposizione, non piacque a una parte
della dirigenza, non piacque ai consiglieri comunali che trovarono varie
spiegazioni per evitare il voto. Allora Cosolini ritirò la delibera, nominò una
commissione tecnica formata dall'allora segretario generale Falabella, dai
dirigenti Enrico Conte e Giovanni Svara (non più in organico), da un funzionario
dell'ufficio legale, con l'obiettivo di fare chiarezza su quei 3,5 milioni
originariamente chiesti da Riccesi. La pretesa si sgonfiò a 523 mila euro,
perché i tecnici del Municipio ritennero documentabile un danno emergente di 523
mila euro ma non altrettanto plausibile un lucro cessante da 3 milioni. Siamo
nell'autunno 2015 e da allora, perlomeno per le vie ufficiali, del dossier
Ponterosso-parking non si seppe più alcunché. Dopo quasi un triennio il caso
riesplode. Come in premessa, il 7 giugno 2018 la Cogg, con sede in piazza San
Giovanni, notifica al Comune un atto di citazione con cui pretende dallo stesso
quegli antichi 3,5 milioni indicati fin dal febbraio 2006 quale propria
spettanza. Pochi giorni prima, con decreto del 18 maggio comunicato il 22
successivo, la sezione fallimentare del Tribunale triestino aveva ammesso la
Cogg alla procedura di concordato preventivo, avendo nominato giudice delegato
Riccardo Merluzzi e commissario giudiziale l'avvocato Enrico Guglielmucci.
Massimo Greco
Open day speciale a Draga Sant'Elia
Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica e tiro con l'arco. Oggi torna "Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle 18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti della propria creatività. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale con i Twenty Years After Acoustic.
Muggia - Api, pipistrelli e rondini: "sentinelle" da
proteggere al World Animal Day
Le api come sentinelle del nostro ambiente, l'importanza e la lotta contro i
pregiudizi nei confronti dei pipistrelli, ma anche le dimostrazioni pratiche
delle unità cinofile di Vigili del fuoco e Guardia di finanza. Questo e molto
altro farà parte dell'Animal Day Trieste, la kermesse dedicata alle specie a
rischio estinzione in programma oggi, dalle 10, al Montedoro Shopping Center di
Muggia. Giunta alla sua quarta edizione, la manifestazione si svolgerà per la
prima volta a Muggia dopo essere stata ospitata per tre anni di fila a San
Giacomo (il rione triestino manterrà comunque la benedizione degli animali e
altre attività dimostrative in programma giovedì 4 ottobre). Questo il
programma: alle 10 (al piano superiore del centro) si inaugurerà il Wad 2018 con
tanto di saluto del sindaco di Muggia Laura Marzi e lettura del messaggio
dell'onorevole animalista Michela Brambilla. Alle 11, dimostrazione del Reparto
cinofilo dei Vigili del fuoco Fvg. La prima conferenza della giornata si
svolgerà alle 12. Il tema sarà "Rondini, rondoni e balestrucci" con relatrice
Silvana Dimauro, presidente dell'associazione Liberi di volare. Dopo la pausa
pranzo, alle 15, sarà la volta di affrontare il tema "Le api e l'ambiente",
relatore Livio Dorigo, storico apicoltore e veterinario impegnato nella tutela
della biodiversità. Alle 16 toccherà al Gruppo cinofilo della Guardia di finanza
effettuare una dimostrazione. La giornata si chiuderà alle 17 con la relazione
di Sergio Dolce, biologo e già direttore del Museo di Storia naturale, sul tema
"Il fascino dei pipistrelli". Gli eventi saranno aperti gratuitamente al
pubblico. -
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 29 settembre 2018
Cortili aperti, escursioni e creatività - Domani la
festa è a Draga Sant'Elia
Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri
e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica
e tiro con l'arco. Domenica (o in caso di maltempo, quella successiva) torna
"Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle
18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti
della propria creatività.Si parte alle 10.30 con la passeggiata "A tu per tu con
il paesaggio" a cura dell'associazione La Cordata a cui seguirà alle 11.30 una
raccolta delle erbe. Ricco il programma di conferenze: alle 12 sulla Val
Rosandra con Sergio Dolce e Guido Bottini e alle 14, a cura di Pino Sfregola, su
le "jazere di Draga" (che alle 15 si potranno osservare dal vivo grazie a
un'escursione guidata). Alle 15.30 sono programmate visite a pollaio e apiario e
uscita sui campi bio. Non mancheranno le discipline sportive: alle 16 karate per
tutti a cura di Shinryu Karate Trieste e sarà possibile praticare anche il tiro
con l'arco. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale
con i Twenty Years After Acoustic. Spazio anche per l'animazione per bambini a
cura di Terrasophia (alle 11 e alle 14), per incontri con enti, gruppi e
associazioni e letture sui prati alla presenza degli autori. Previsti infine un
incontro coi disegnatori di Trieste Sketchers, un'esposizione d'arte
contemporanea, l'ex tempore Draga e una mostra di quadri carsici.«L'obiettivo di
questa festa - spiega Tiziana Cimolino a nome delle associazioni organizzatrici
- è quello di avvicinare le persone di tutte le età alla realtà di Draga S.
Elia». L'evento, gratuito, si svolge in collaborazione con le realtà associative
del territorio.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - VENERDI', 28 settembre 2018
Gli sloveni del Carso in guerra contro il Piano
paesaggistico
Un pool di associazioni della minoranza impugna il provvedimento
regionale con un ricorso straordinario al presidente della Repubblica: «Mai
stati coinvolti»
TRIESTE - Le principali associazioni slovene del territorio reclamano la
sospensiva e l'annullamento del Piano paesaggistico regionale Fvg e imboccano la
strada del ricorso straordinario al presidente della Repubblica. Lo firmano
l'Associazione agricoltori, l'Unione regionale economica slovena, la Comunanza
delle comunelle, l'Unione culturale economica slovena e la Confederazione delle
organizzazioni slovene, rappresentate rispettivamente da Edi Bukavec, Andrej Sik,
Iztok Sancin, Marino Marsich e Walter Bandelj.Il ricorso è stato presentato
contro la Regione e il Comune di Trieste in qualità di capoluogo regionale.
«Sono almeno due - spiega il segretario dell'Associazione agricoltori Edi
Bukavec - i motivi che hanno portato alla promozione del ricorso. Sono legati a
vario titolo al mancato coinvolgimento delle nostre associazioni nella stesura
del Piano paesaggistico. A tal proposito facciamo riferimento a due leggi.
Quella che si riferisce alla gestione delle aree montane, la 97 del '94, dove
chiaramente si afferma che nei diversi piani di sviluppo sociali e culturali
deve verificarsi il coinvolgimento delle popolazioni interessate, e quella di
tutela dell'unità linguistica slovena in Italia, la 38 del 2001, che ai commi
uno e due dell'articolo 21 prevede il coinvolgimento di questa comunità in tutti
gli atti che riguardano l'uso del territorio. Negli organi consultivi inoltre
devono essere garantiti dei rappresentanti della medesima comunità.
L'assessorato competente - continua Bukavec - ci ha spiegato che sono stati
fatti ben 140 incontri di presentazione del Piano, non rendendosi conto che alle
nostre comunità non è sufficiente la sola informazione, ma serve quel
coinvolgimento che avrebbe portato alla concertazione e infine alla condivisione
dei contenuti». Secondo i rappresentati delle cinque associazioni nel nuovo
Piano paesaggistico vi sono evidenti lacune a svantaggio dei territori dove
risiede la comunità dei cittadini italiani di etnia slovena. A iniziare dalla
mancanza dei piani di gestione per le Zone di protezione speciale (Zps) e i Siti
d'importanza comunitaria (Sic) di Natura 2000, che riguardano la maggior parte
della provincia triestina e, soprattutto, del Carso. Piani di gestione che la
comunità attende da 12 anni e nei quali dovrebbero esserci delle norme chiare
per l'esercizio dell'agricoltura e di quei cambiamenti necessari all'evoluzione
e alla crescita di chi vi risiede.In seconda battuta, spiegano ancora i
rappresentanti delle associazioni, con il nuovo Piano risultano entrate in
vigore automaticamente le norme di salvaguardia. In parole povere, risultano
bloccati i piani regolatori e le varianti dei comuni sinché non vi sarà un
adeguamento al nuovo strumento varato dalla Regione. In definitiva, qui sarebbe
oscurato a sua volta quel principio che prevede la partecipazione delle comunità
locali: senza il loro coinvolgimento si rischia di bloccare lo sviluppo d'intere
aree. Per tutte queste ragioni il "pool" di associazioni ha indirizzato
l'istanza di sospensiva del Piano al presidente della Repubblica, perché il
provvedimento regionale, secondo i firmatari, vìola il diritto della comunità
slovena a mantenere la propria identità storica, linguistica e culturale.
Maurizio Lozei
Il Consiglio conferma il "no" al progetto del
metanodotto
Stop per ragioni tecniche. Polli: «Abbiamo dimostrato che le regole sono
uguali per tutti» - Discusse mozioni sul bilancio partecipato e le bestemmie
Il Comune di Trieste ha espresso formalmente il suo "no" al progetto di
ammodernamento del metanodotto presentato da Snam. Una bocciatura motivata dalla
mancanza di dettagli progettuali sul possibile impatto di un sito di interesse
comunitario carsico collocato sulla traiettoria del gasdotto. Il Consiglio
comunale l'ha votato all'unanimità in una seduta straordinaria ieri mattina.Ha
commentato l'assessore all'urbanistica Luisa Polli: «Il progetto è articolato su
più parti del territorio e solamente una ha ottenuto il parere negativo, anche
se questo comporta automaticamente un "no" complessivo. Abbiamo voluto applicare
il principio di precauzione, e sono molto contenta dell'unanimità del voto
perché significa che abbiamo colto il sentire del territorio».Ha spiegato ancora
Polli: «Ora siamo in attesa di risposte dal Ministero, con il quale mi attiverò
da subito, ci sono diversi modi in cui possono recepire le nostre prescrizioni».
Questa la conclusione dell'assessore: «Anche il voto delle circoscrizioni
competenti ha mostrato quanta sensibilità ambientale ci sia sul tema. Alle volte
le istituzioni ostacolano i piccoli progetti magari di aziende agricole, ma poi
sorvolano quando si tratta di grandi opere. Ecco, noi abbiamo voluto dare un
segnale di senso contrario».Il Consiglio si è occupato poi di una serie di
mozioni rimaste in arretrato da tempo. È approdata in aula, ad esempio, la
mozione di Fabio Tuiach (Misto-Forza Nuova) contro le bestemmie. La proposta si
basa sul regolamento esistente, che già vieta le espressioni blasfeme, invitando
la polizia locale ad applicarlo. La mozione, ha spiegato Tuiach, gli è stata
ispirata da «un suonatore di strada che imprecava verso il nostro Dio». Il
vicesindaco Paolo Polidori l'ha fatta propria, dicendo che sarà più facile
applicarla quando la polizia locale sarà dotata di telecamere personali.
Approvata poi una mozione del M5S per il bilancio partecipato e una proposta
della Lista Dipiazza per un centro dedicato agli sport marini in Porto vecchio.
Giovanni Tomasin
In Dalmazia e' emergenza per l'arrivo degli sciacalli - Danni all'ambiente
SPALATO - Sciacalli, tanti, a centinaia e sbucati mesi fa dal nulla. Hanno preso possesso di una vasta porzione della regione adriatica, spingendosi - assieme ai lupi - fino a non più di 10 chilometri in linea d' aria dal nucleo storico di Spalato. Gli sciacalli sono apparsi nello Spalatino all' indomani del gigantesco rogo dell' anno scorso che aveva ridotto in cenere migliaia di ettari. Nessuno sa spiegarsi il fenomeno, né la provenienza di questi animali alloctoni che stanno sterminando gli esemplari minori di selvaggina, come lepri, fagiani, cinghialetti e anche cuccioli di muflone, I loro ululati notturni hanno fatto fuggire nei mesi estivi decine di turisti che avevano cercato rifugio fuori dai grandi e caotici centri di villeggiatura. L'area in questione è quella nel triangolo composto dagli abitati di Zrnovnica, Tugare e Naklic, a est del capoluogo dalmata. A.M.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 27 settembre 2018
Riciclo della plastica, Edo Ronchi: l’Italia è
un’eccellenza europea
Il riciclo della plastica continua a crescere in Italia portando al Paese
benefici economici notevoli, che consentono alla penisola di posizionarsi tra le
prime grandi economie nel territorio europeo, dopo Germania e Spagna. È quanto
rivela il nuovo Green Economy Report stilato da Corepla, il Consorzio nazionale
per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, in
collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Notevoli i progressi effettuati negli ultimi due decenni dove, come
sottolineato da Edo Ronchi della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in
Italia si è passati da un sistema di gestione dei rifiuti basato principalmente
sulla discarica, a uno fortemente orientato al recupero e riciclo. Ecco dunque
dati incoraggianti per il Bel Paese: nel corso dello scorso anno sono stati
avviati a riciclo il 43,4% degli imballaggi raccolti mentre tra il 2005 e il
2017. Secondo il rapporto: Gli imballaggi avviati al recupero sono cresciuti in
modo esponenziale con un più 64%, recando al Paese un beneficio economico di
oltre 2 miliardi di euro per la materia prima non consumata, per la produzione
di energia e per il risparmio di emissioni di CO2. Inoltre per gli imballaggi in
plastica nel 2017 in Italia è stato avviato a recupero di materia ed energia
l’82% dell’immesso al consumo, in particolare è stato riciclato oltre il 43%
degli imballaggi totali. Dati, quelli appena diramati, che sottolineano come in
tema di riciclo dei rifiuti l’Italia sia riuscita a diventare una eccellenza
europea, con obiettivi futuri ancora maggiori: vi è ad esempio una proposta
fatta ascoltando i pescatori che pescano ad oggi la metà della plastica dal
mare. Vi è una prima bozza di governo che vuole supportarli creando lì un
sistema che possa riciclare sul posto.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 settembre 2018
«Barriere antirumore - I lavori ci lasciano senza bosco
né vista»
I residenti: «Alberi giù senza preavviso e pannelli opachi» - La replica:
«Tutte le azioni compiute nel rispetto delle leggi»
DUINO AURISINA - Boscaglia abbattuta senza preavviso. E pannelli
fonoassorbenti, opachi nella loro parte bassa e trasparenti in quella alta,
«tali da impedire la vista del Carso a coloro che vivono nei paraggi». Inizia in
mezzo a vivaci polemiche uno degli interventi più attesi dai residenti della
parte dell'abitato di Sistiana più vicina alla bretella autostradale che porta
al casello del Lisert. A farsi portavoce di coloro che protestano è Maurizio
Dossi: «Lunedì scorso, senza alcun preavviso, è comparso dalla boscaglia che si
trova accanto al condominio in frazione Sistiana 59/Q un caterpillar che ha
iniziato ad abbattere, una ad una, tutta la linea di conifere che si ritiene
risalenti alla costruzione del tratto autostradale sottostante. Conifere -
precisa il portavoce dei residenti che protestano - site all'interno della
cadente rete delimitante il territorio di competenza dell'Anas. Contestiamo
l'assoluta assenza di preavviso agli abitanti, di un cartello di avviso lavori e
di segnali stradali di mezzi in movimento, di tutori dell'ordine e del pannello
di cantiere con un programma lavori. Siamo stati lasciati privi di qualsiasi
indicazione anche in caso di eventuali emergenze». Ma non basta. «Il primo
tratto verticale da terra dei pannelli già posizionati, per un'altezza di
quattro metri, è completamente opaco, costruito in acciaio e laterizio, e
impedisce la visuale delle colline carsiche - aggiunge Dossi - ora visibili
dagli abitanti delle case più vicine e da chiunque voglia recarsi fino alla
trincea autostradale».Il portavoce dei residenti aggiunge anche che «sarebbe
stata opportuna la presenza della Guardia forestale, per assicurare che gli
alberi abbattuti non fossero malati e perciò in grado di disseminare eventuali
parassiti». Dossi conclude auspicando che «si garantiscano il paesaggio e la
vivibilità degli inquilini delle abitazioni che guardano verso la trincea
autostradale, che si troveranno un muro di quattro metri davanti agli occhi,
senza alcun vantaggio dal fonoisolamento delle abitazioni. Chiedo infine che si
abbassi l'altezza della componente opaca dei pannelli e la si sostituisca con
quella trasparente». Dall'Anas ieri sono arrivate subito le prime precisazioni:
«I lavori sono a carico di Autovie Venete - la precisazione dall'Ufficio stampa
- che opera sulla base di un accordo con Anas, che ha messo a disposizione
alcune aree di propria competenza a ridosso del tracciato autostradale.
L'utilizzo di pannelli fonoassorbenti opachi nella parte bassa deriva dalle
disposizioni della normativa in essere - aggiunge Anas - e l'abbattimento degli
alberi si può effettuare solo dopo la perizia completata dalla Guardia
forestale, che è stata regolarmente stilata anche in quest'occasione».
Ugo Salvini
Un corso di formazione per donare tempo e relazioni con
Trieste Altruista
A scuola di altruismo, per apprendere i passi e le regole per saper aiutare
e dare maggiore respiro alle relazioni. Si chiama "Il dono in rete-Donare
relazioni per diventare artefice del cambiamento sociale", ed è un'iniziativa a
cura di Trieste Altruista, sigla sorta nel 2012 e impegnata nell'attuazione dei
percorsi all'insegna del "volontariato flessibile", formula con cui puntare a un
coinvolgimento concreto della cittadinanza nelle problematiche sociali. Un
progetto che ora promuove un corso (gratuito) strutturato in due moduli e
quattro incontri, previsti nella sede di via Donizetti 5/A (circoscrizione
locale dei soci di Banca Etica). Si parte domani, dalle 16 alle 19.30 e la prima
porzione di "istruzioni per l'uso" nel campo del volontariato si intitola
"Donare relazioni - Perché, cosa, come", approccio basato anche sulla relazione
della psicoterapeuta Franca Amione.Il secondo incontro è programmato sabato,
dalle 10 alle 12, e si configura sotto la voce "Dona relazioni e sii il
cambiamento che vuoi vedere nel mondo", spunto che annovera le analisi di alcuni
problemi sociali, gli obiettivi di Sviluppo sostenibile e Agenda 2030, e come
diventare "capo progetto" all'interno di Trieste Altruista.Il secondo modulo
parte il 5 ottobre, sempre dalle 16.30 alle 19.30, e propone "Il progetto
sociale: tecniche e dono relazionale", mentre sabato 6 (10-12.30) si naviga tra
"Le nuove frontiere del dono relazionale".L'iscrizione al corso si realizza
tramite il sito www.triestealtruista.org, ulteriori informazioni scrivendo alla
mail triestealtruista@triestealtruista.org o al 3355945470.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 settembre 2018
Le rinnovabili oggi convengono - Energie fossili vicine
al tramonto
Negli ultimi otto anni la potenza delle verdi è quasi raddoppiata: è una
vera rivoluzione
Città e aziende diventano ecologiche. C'è ancora molto da fare ma il processo è
innescato
ROMA - La transizione energetica ha ritmi inarrestabili a scala globale,
nonostante gli sforzi di Donald Trump di tornare all'età del carbone. La
produzione di energia da fotovoltaico vola, sostenuta dalla riduzione dei costi
di produzione e dalla maggiore efficienza degli impianti. Quest'anno si
installeranno 90 gigawatt (gw) nel mondo, forse 100, il doppio che nel 2015. La
potenza solare che era complessivamente installata solo cinque anni fa.
L'accelerazione è attribuibile alla Cina che, per il secondo anno consecutivo,
ha connesso in rete metà della potenza fotovoltaica globale. E dietro l'angolo
c'è l'India. Anche l'eolico continua ad espandersi. La potenza complessiva ha
raggiunto 489 gw e quest'anno potrebbe arrivare a 540 gw. 1Gli investimenti -
Una spinta sostenuta da investimenti ingenti. Dal 2010 gli investimenti mondiali
annui nella generazione elettrica verde sono stati di 300 miliardi di dollari e
la potenza installata in questo arco temporale è quasi raddoppiata. I progetti
eolici e fotovoltaici sono in grado di fornire energia a basso costo. Una
rivoluzione nel mondo dell'energia. Solo fino a cinque anni fa queste tecnologie
erano caratterizzate da costi molto elevati. In molti Paesi del mondo sole e
vento ormai battono i combustibili fossili per quantità di energia generata e
per il prezzo, preferibile a quello della produzione fossile o nucleare anche
senza incentivi e tasse sulle emissioni. Molto però resta ancora da fare. Irena,
l'agenzia internazionale per le energie rinnovabili, stima in 120 trilioni di
dollari gli investimenti necessari entro il 2050. 2Il quadro americano - Anche
negli Usa le cose non vanno male. La California che già si era impegnata a
garantire il 50% della produzione elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030,
dopo il dietrofront di Trump sul clima, ha voluto alzare il tiro: obiettivo del
nuovo piano generare con le rinnovabili il 100% dell'elettricità entro il 2045 e
ridurre per la fine del prossimo decennio del 40% le emissioni climalteranti
rispetto ai livelli del 1990. La corsa alle rinnovabili sarà accelerata dalle
innovazioni tecnologiche e dagli investimenti sui sistemi di accumuli. 3Città
100% rinnovabili - Cresce il numero delle città che puntano ad essere 100%
rinnovabili. Uno degli esempi più convincenti viene da Francoforte, da più di
trent'anni impegnata in politiche climatiche e che ha ridotto le emissioni di
CO2 del 15% e quelle degli edifici pubblici del 30%. Francoforte vuole dimezzare
i consumi energetici al 2050 e fornire questo fabbisogno per la metà con energia
rinnovabile prodotta nella città e per l'altra metà nel territorio circostante.
Malmö, terza città della Svezia, ha deciso di procedere lungo lo stesso percorso
entro il 2030. Anche Barcellona vuole seguire una strategia che la porti al 2050
al target 100% rinnovabile. 4Le aziende si convertono - Venendo alle aziende
invece, molte utility elettriche hanno compiuto una rapida conversione in questi
anni e adesso le rinnovabili rappresentano il cuore delle loro strategie. Con
più lentezza questa trasformazione di business riguarda anche i grandi gruppi
Oil and Gas. Un recente rapporto di Wood Mackenzie valuta che se le Major
petrolifere vorranno mantenere una quota di mercato nelle rinnovabili analoga a
quel 12% che ora hanno nei mercati dei fossili dovranno investire 350 miliardi
di dollari entro il 2035. 5Il processo è innescato - Siamo ancora lontani dagli
obiettivi e la maggior parte dell'energia nel mondo è ancora prodotta da fonti
non rinnovabili. Le emissioni di C02 hanno ripreso a salire dopo la fine della
crisi. Ma questi dati ci dicono che ormai il processo è innescato e partito e
procede veloce nel senso della transizione energetica, grazie ad incentivi e
politiche globali, ma presto capace di sostenersi con le sue gambe. -
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 settembre 2018
Bocche di Cattaro, Sos ambiente «Troppe le navi da
crociera»
Quest'anno sono 415 le unità in arrivo nell'area patrimonio Unesco - Si
moltiplicano gli allarmi sulla tenuta del delicato ecosistema
IL CASO - Belgrado - Portano visitatori dal ricco portafoglio e dunque
moneta sonante, un toccasana per un Paese lanciato verso l'Ue ma che ancora non
naviga nell'oro, e dove il turismo rimane uno dei comparti di punta
dell'economia (il 7-8% del Pil). Ma le grandi navi da crociera stanno diventando
sempre più fonte di polemica, in Montenegro. E in particolare nelle Bocche di
Cattaro, splendide baie patrimonio mondiale dell'Unesco. I "fiordi" montenegrini
sarebbero a rischio a causa dei troppi passaggi delle grandi navi da crociera
che portano migliaia di turisti ad ammirare le Bocche. Mesi fa sono apparse foto
di navi che avrebbero «riversato residui fecali nel golfo», aveva lanciato
l'allarme in aprile un locale portale. «Da giorni non possiamo fare il bagno a
Peluzica» per lo stesso problema, ha denunciato a inizio settembre
un'ascoltatrice di Radio Kotor. Non sono denunce isolate. E c'è anche un altro
nodo irrisolto. A parlarne è stata di recente la rivista Monitor, che in un
ampio reportage ha posto l'accento sul problema «inquinamento» prodotto dai
colossi del mare in un ecosistema così piccolo e delicato. «Non esistono dati su
quanto le "fortezze galleggianti" inquinino l'ambiente» causa combustibili
sporchi usati nei motori, ha ammesso Monitor, che ha però poi fornito alcune
cifre inquietanti: quelle dell'Organizzazione per il Turismo di Cattaro, che ha
calcolato in «415 le navi da crociera» attese solo quest'anno nelle Bocche, con
«519.660 turisti» trasportati, un numero che va messo in rapporto con i «22 mila
residenti della municipalità di Cattaro». Si sta preparando «uno studio
sull'impatto ambientale» delle navi, ha assicurato un funzionario del Comune,
promettendo risultati nei prossimi mesi per indicare quali misure prendere: se
ridurre il numero di navi in arrivo; oppure obbligarle a rispettare standard
ecologici più alti, come accade nella vicina Dubrovnik (l'antica Ragusa), dove
le preoccupazioni sono state simili. La scelta da fare è quella «tra ambiente e
soldi», ha scritto il Monitor. Ricordando però che, troppo spesso, il dilemma
«qui si risolve a favore dei soldi».
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 settembre 2018
Italia, il centro-nord è sempre più caldo - Il
record a Belluno: +2 gradi in un secolo
Mappa del cambiamento climatico nel Vecchio continente - La nostra
inchiesta anche online con il database completo
ROMA - Il ghiaccio delle Alpi che si sta sciogliendo è una delle spie del
cambiamento climatico. Il nostro Paese è più caldo rispetto a un secolo fa, con
un +0, 98° di media, ma è dalla Toscana in su che si registra l'aumento maggiore
di temperatura. Il record è nella zona di Belluno: ai piedi delle Dolomiti, da
un secolo all'altro, c'è stata un'impennata di 2 gradi. Numero che va ben oltre
quell'1,5° stabilito dall'accordo di Parigi come soglia da non superare rispetto
ai livelli pre-industriali. E in Europa ci sono altre 42 città che hanno già
sforato l'obiettivo. A dirlo è l'inchiesta realizzata dall'European Data
Journalism Network (Edjnet) sui dati dello European Centre for Medium-Range
Weather Forecasts (ECMWF). Il RECORD DEL NORD - Il lavoro, pubblicato oggi in
esclusiva su questo giornale con i dati disponibili online sul nostro sito, ha
preso in esame oltre 100 milioni di informazioni meteorologiche dal 1900 al
2017, su 558 aree europee. L'indagine ha suddiviso l'Italia in 54 quadrati di
circa 80 chilometri per lato rilevando che ben 36 di questi territori sono stati
interessati da incrementi di circa un grado e oltre. Le aree più surriscaldate
sono vicine fra loro, quasi a formare un blocco unico che a ovest parte dalla
zona di Livorno e a est da Ancona per salire fino a Bergamo e Belluno. In mezzo
c'è la Pianura Padana sempre più a secco, dove aumenta il numero di coltivazioni
abbandonate dai contadini a causa della siccità. Edjnet ha stilato una
classifica dei 54 territori italiani dove la temperatura tra il 2000 e il 2017 è
cresciuta di più rispetto al secolo passato. Tra i primi venti nomi ci sono solo
città del Centro Nord. Il podio è occupato da Belluno, Piombino e Pavia. Milano,
con un +1,19°, è tredicesima. Roma? Con un +1, 03° è 32esima. Ultima è Cagliari
con un +0,3°. Si stanno drasticamente riducendo le giornate fredde e stanno
aumentando significativamente quelle calde, avvisa la ricerca. Per esempio a
Piombino i giorni in cui la temperatura media ha raggiunto i 27 ° sono passati
da 5 all'anno nel XX secolo a 21 all'anno dal 2000. A Pescara da 3 sono
diventati 11. Quali sono le città che hanno perso più ore di gelo? Belluno,
Aosta, Bergamo. La tendenza del Nord che diventa sempre più caldo si ripete
anche su scala Europea. A Kiruna, cittadina settentrionale della Svezia - 20
mila abitanti e un'aurora boreale fra le più belle al mondo secondo la Lonely
Planet - la temperatura è schizzata a un più 3,5 gradi. Il posto che si è
surriscaldato meno è Ponta Delgada, in Portogallo, con più 0,1°C, a riprova che
le città della costa atlantica hanno il minor aumento delle temperature. Un
caldo che uccide - Gli effetti del riscaldamento si ripercuotono a cascata su
tutto l'ecosistema. Dall'agricoltura che boccheggia ai fenomeni atmosferici
estremi come uragani, inondazioni, fino all'aumento delle malattie: tutto è
collegato. Mentre il Monte Bianco si sgretola, in Veneto, Friuli Venezia Giulia
e Emilia Romagna prolificano le zanzare e i ricoveri per il virus West Nile.
L'aumento di temperatura - si legge nella ricerca - ci rende meno produttivi: fa
perdere giorni di scuola ai nostri figli, deforma il metallo delle rotaie
causando ritardi dei treni, ammorbidisce l'asfalto tanto da impedire la
circolazione sulle strade. Soprattutto ci uccide. Basta guardare la cronaca
recente: i 400 morti per inondazioni in Kerala o le tremila vittime dell'uragano
Maria a Puerto Rico. Un dato per tutti sono quei 70mila decessi in più in Europa
occidentale sotto l'ondata di calore del 2003. «Il cambiamento climatico può
essere mantenuto sotto controllo solo mantenendo gli idrocarburi e catturando
carbonio dall'atmosfera», scrive Edjnet. Sperando che non sia troppo tardi.
Tecla Biancolatte
IL NETWORK - Team di giornali europei - Al centro i
dati dal 1900
#Europe1CWarmer, #Ungradoinpiù: sono questi gli hashtag lanciati
dall'inchiesta sul cambiamento climatico dell'European Data Journalism Network
che il nostro giornale oggi è in grado di pubblicare in anteprima. Edjnet ha
analizzato due serie di dati dello European Centre for Medium-Range Weather
Forecasts, ERA-20C per il periodo che va dal 1900 al 1979 ed ERA-interim per il
periodo di 38 anni compreso tra il 1979 e il 2017. Le stime non tengono conto
dei microclimi o delle isole di calore; perciò è probabile che le vere
temperature nelle singole città siano in realtà di uno o due gradi superiori. Ma
la tendenza complessiva - e dunque il significato dei dati - non cambia.
L'indagine sul cambiamento climatico che potete leggere in questa pagina viene
pubblicata oggi da diversi giornali europei, tra cui: Spiegel online (Germania),
Gazeta Wyborcza (Polonia), Capital (Bulgaria), Beta (Serbia), AthensLive
(Grecia), ElConfidencial (Spagna), Publico (Portogallo), OBCT (paesi balcanici).
In meno di 20 anni da Trieste a Gorizia salita di 1
grado la temperatura media -
Tendenze del clima dal 1900 a Trieste
Brusco aumento dal 2000 a oggi rispetto ai valori dell'intero secolo
precedente. Su fino a quota 13.6°, crollati i giorni di gelo
TRIESTE - Un grado in più in nemmeno vent'anni. Il riscaldamento globale
sceglie il 2000 come anno di svolta per produrre le sue conseguenze sui
territori di Trieste, Gorizia e Udine. La svolta del nuovo millennio segna un
costante innalzamento delle temperature che, nel pur breve periodo tra 2000 e
2017, ha causato la crescita di 1°C nella media delle temperature rispetto a
quella registrata in tutto il secolo precedente. Secondo i dati raccolti dallo
European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, infatti, oggi la temperatura
annuale media registrata nella provincia giuliana, isontina e friulana ammonta a
13,6°C contro i 12,6°C riscontrati nella serie storica compresa tra 1900 e 2000.
I numeri emergono dall'elaborazione realizzata da Edjnet, consorzio di testate
denominato European data journalism network, che ha usato le informazioni di uno
dei più grandi archivi mondiali sui dati meteorologici. Lo studio riguarda oltre
500 territori europei, fra cui la zona che include Trieste, Gorizia e la parte
meridionale della provincia di Udine. Un affresco globale sull'evoluzione del
riscaldamento globale, da cui non è immune l'estremo nordest italiano. Il cambio
di passo arriva nei Duemila, se si considera che tra 1900 e 2017 le temperature
medie più alte si registrano nel 2014, 2015, 2017, 1994 (unica eccezione) e
2011. Aumenta anche l'intensità del caldo: lo si desume dall'analisi sulle
giornate in cui la temperatura media è rimasta per tutte le 24 ore sopra i 27°C.
Uno schiacciamento verso l'alto delle minime, che dal 2000 al 2017 si è
verificato per 5,4 giorni all'anno. Risultato solo apparentemente di ridotte
dimensioni, posto che per tutto il Ventesimo secolo questo genere di situazioni
si è verificato solo per 0,3 giorni all'anno: dal 1900 al 1990 condizioni simili
si sono avute d'altronde in tutto in 9 giornate, concentrate in tre sole annate.
I grafici mostrano come la tendenza si modifichi poi e dopo il 2000 quasi non ci
sia anno senza almeno un episodio simile, con picchi particolari nel 2015 e
2004, quando le giornate con media costante sopra i 27°C sono state
rispettivamente 19 e 17.Invertito è il trend dei giorni di gelo. Secondo i dati
relativi ai cent'anni fra 1900 e 2000, le giornate con temperatura costante
sotto -1°C sono state in media 8,9 all'anno. Con l'ingresso nel nuovo millennio
le cose mutano, se si considera che la media del periodo 2000-2017 si attesta su
2,2 giornate all'anno, con anni come 2007, 2008, 2011, 2013, 2014, 2015 e 2016
in cui il fenomeno non si è registrato nemmeno una volta. Ben diversa la
situazione nel 20.o secolo, in cui si contano anni record come il 1929, 1940,
1942, 1964, quando interi giorni sotto lo zero termico si sono registrati per
oltre 35 giornate in un solo anno. Questi fenomeni pongono Trieste e il Fvg a
metà classifica delle 558 aree considerate. Il territorio è in posizione 247,
nella graduatoria guidata dalla svedese Kiruna (+3,4°C dal 2000 a oggi rispetto
alla media del Ventesimo secolo). Il trend è simile a quello delle aree
limitrofe: Pordenone segna un +1,2°C, Venezia +1,1°C, Lubiana +1,2°C, Fiume +1°C
e Pola + 0,9°C. Lo scenario peggiora in montagna e il trend ha permesso a
Filippo Giorgi, direttore della sezione Fisica della Terra del Centro
internazionale di fisica teorica di Trieste e climatologo di fama
internazionale, di dire che «sulle Alpi lo zero termico si registra ormai a
1.400 metri e fino a 1.700 si è in fase di transizione. Oggi a tali quote la
neve è in pericolo anche d'inverno e, se l'effetto serra continuerà a
dispiegarsi al ritmo attuale, la soglia dello zero climatico si innalzerà: i
1.700 metri diventeranno 1.800 e così avanti». Il Fvg pagherà un alto prezzo
all'effetto serra: nei suoi 5 comprensori si scia quasi sempre sotto i 2.000
metri. Giorgi annota che «l'industria del turismo invernale si sta preoccupando
moltissimo in tutto l'arco alpino: l'innevamento artificiale sarà sempre più
costoso perché si dovranno coprire superfici più estese, l'acqua sarà sempre più
cara e le temperature sempre più alte». Non solo turismo invernale. Il
climatologo di Osmer Fvg Andrea Cicogna spiega che «impatti» si avranno anche
«su agricoltura, uso dell'acqua, livello del mare: tutte cose per le quali
dovremo attrezzarci nel giro di un secolo. Un periodo che pare lungo ma dal
punto di vista climatico è relativamente breve». «I dati medi in oggetto -
precisa Cicogna - sono più simili all'andamento della pianura udinese che a
quelli di Trieste, dove c'è la mitigazione prodotta dal mare e l'altimetria
variabile crea zone con diverse tipologie di temperatura. Il fenomeno è globale
e si riscontra ovunque, inclusa casa nostra, dove dagli anni Ottanta c'è stata
quella stessa accelerazione dei cambiamenti climatici che registriamo ovunque».-
Diego D'Amelio
Una coperta chimica sul cielo, ecco il riscaldamento
globale
Il meteorologo Mercalli spiega come si stia danneggiando il pianeta «Se
non riduciamo l'effetto serra la vita dei nostri figli peggiorerà»
L'INTERVISTA - «Una coperta chimica invisibile con cui stiamo coprendo il
cielo e che, con il nostro inquinamento, stiamo rendendo sempre più spessa». Il
meteorologo Luca Mercalli sceglie questa immagine per spiegare cos'è il
riscaldamento globale. «Veniamo dalla quinta estate italiana più calda degli
ultimi duecento anni. Le stime dell'Edjnet sull'aumento delle temperature in
Europa ribadiscono ciò che sappiamo da tempo: se non riduciamo l'emissione di
CO2 e l'effetto serra, entro la fine del secolo la vita per i nostri figli e i
nostri nipoti sarà sempre più difficile». A un negazionista cosa direbbe? «Di
andarsi a leggere la migliore letteratura internazionale sulla relazione tra
riscaldamento ed emissioni di gas. La scienza internazionale ha appurato che è
così. O i negazionisti difendono il mercato del carbon fossile oppure sono
ignoranti». La defezione di Trump dagli accordi di Parigi cosa comporta? «Un
grave danno perché gli Usa sono il secondo Paese che inquina di più al mondo.
Però va detto che tanti Paesi che non sono usciti dall'accordo non stanno
facendo molto». A che punto sono le energie rinnovabili? «Non stiamo facendo
abbastanza. Siamo lentissimi nel cambiamento, mentre il riscaldamento è
velocissimo. Il segretario dell'Onu António Guterres, che è un ingegnere
elettronico, lo ha detto nel discorso del 10 settembre scorso: gli impegni presi
sull'accordo di Parigi rappresentano solo un terzo di quanto serve». Come
corriamo ai ripari? «La politica deve fare la sua parte con leggi per il
risparmio globale a favore delle energie rinnovabili. Poi c'è quello che possono
fare i cittadini: mangiare meno carne perché la produzione di carne libera
metano che è pericoloso; riciclare i rifiuti e produrne meno, visto che ogni
rifiuto ha dietro energia ed emissioni; passare ai pannelli solari e isolare la
casa per evitare dispersione di energia; volare di meno; viaggiare in auto
elettrica, come me». Non tutti possono permettersi un'auto elettrica. «Ci
pensino i politici a renderla più accessibile. Il ministro Sergio Costa ha sul
tavolo un progetto sulle auto elettriche: lo renda realtà».
La strage silenziosa di ricci lungo le strade - Curati
100 all'anno, molti di più schiacciati
Autunno e primavera i periodi più delicati. Baradel (Centro faunistico di
Terranova): qui anche i cuccioli rimasti senza madre
GORIZIA - L'ultima vittima, che fortunatamente ha trovato un'anima gentile
pronta a soccorrerla e portarla al sicuro, è dell'altro ieri. Un piccolo riccio
ferito che è stato raccolto da Vanessa Profumi, come racconta lei stessa in un
post pubblicato sulla pagina Facebook "Sei di Gorizia se...", e portato per
tutte le cure del caso al Centro faunistico di Terranova gestito da Damiano
Baradel. Qui, ogni anno, di ricci grandi e piccoli rimasti feriti nella maggior
parte dei casi dopo essere stati investiti dalle automobili ne arrivano oltre un
centinaio, e molti di loro riescono a recuperare salute ed energie per poi
tornare in libertà nei campi e nei boschi. Purtroppo però molti altri,
probabilmente molti di più, non sono altrettanto fortunati, e finiscono la loro
vita sull'asfalto delle nostre strade, quella del Vallone o quelle che salgono
da Gorizia verso San Floriano e verso il Collio soprattutto. Ma anche nelle
altre realtà del territorio. È una piccola grande strage silenziosa, infatti,
quella dei ricci che vengono investiti e schiacciati dalle automobili e dai
camion, trovandosi improvvisamente in mezzo alla carreggiata e, immobilizzati
dal terrore, incapaci di evitare i mezzi in transito. Capita più o meno durante
tutto il corso dell'anno, e i nostri occhi distratti spesso sono fin troppo
abituati a scorgere i resti dei piccoli animali lungo le strade per lasciarsi
davvero colpire da quest'immagine, ma nelle ultime settimane alcuni tratti di
strada - e viene da pensare appunto in particolare alla strada del Vallone -
assomigliano a veri e propri campi di battagli con i loro caduti. Così come sono
senz'altro aumentate le segnalazioni e i soccorsi agli animali feriti. «Il
fenomeno dell'investimento dei ricci purtroppo non è circoscritto a un periodo
preciso, capita spesso e durante tutto l'anno - dice Damiano Baradel, del Centro
faunistico di Terranova -. Qui arrivano ogni anno un centinaio di ricci feriti,
o magari anche cuccioli che non hanno più trovato la loro mamma, rimasta
schiacciata dalle auto. Però va detto che l'autunno, così come la primavera,
sono periodi particolarmente delicati per questi animali, perché sono quelli che
anticipano o seguono direttamente il letargo. I ricci lo avvertono e ora sono un
po' meno lucidi e reattivi, e dunque il rischio di finire in mezzo alla strada
proprio mentre passano le automobili è maggiore». Baradel spiega anche che i
cuccioli del riccio sono particolarmente delicati, e, se non raggiungono i 400
grammi di penso prima del letargo, rischiano di non superare l'inverno. «Nella
maggior parte dei casi quando ci arrivano dei piccoli, trattandoli nel modo
corretto riusciamo a salvarli - dice l'anima del centro faunistico -, mentre per
ciò che riguarda gli animali feriti ovviamente tutto dipende dalla gravità delle
loro condizioni. Certo è che se tutti rispettassero i limiti di velocità
potrebbe essere molto più facile evitare un riccio o un altro animale che si
trova sulla strada». Oltre ai ricci al centro di Terranova arrivano anche
diversi altri animali investiti, come ad esempio tassi, caprioli, lepri e,
sempre più spesso soprattutto nei pressi di zone umide, nutrie. Tornando ai
piccoli e placidi ricci, l'ideale sarebbe (se le condizioni del traffico lo
permettono) fermarsi e spostare gli animali nell'erba lontano dalla strada,
mentre qualora ci si dovesse imbattere in un riccio già ferito, ma ancora in
vita, bisogna subito rivolgersi al Centro faunistico di Terranova (per le
emergenze sono disponibili i numeri 348.4056523, 338.4786312 o 0481.711574)
accreditato proprio per intervenire in casi simili.
Marco Bisiach
Un tunnel del diametro di un metro in località Bonetti
per farli passare - la proposta
Una possibile soluzione per tutelare i ricci (e non solo loro) potrebbe
essere la realizzazione di sottopassaggi protetti che permettano agli animali di
attraversare la strada senza rischiare di essere investiti. L'associazione
Eugenio Rosmann di Monfalcone da tempo ha presentato un progetto simile (un
piccolo tunnel del diametro di un metro) da realizzare lungo la strada del
Vallone nei pressi dell'abitato di Bonetti per permettere il passaggio dei
rospi, altre vittime frequenti degli automobilisti. «È evidente che simili
passaggi potrebbero essere utilizzati anche da ricci e altri piccoli animali,
comprese le volpi - dice Claudio Siniscalchi, dell'associazione -. Soluzioni
simili sono state adottate in regioni come Toscana o Trentino Alto Adige, ma
anche in Slovenia. Qui noi non abbiamo ancora avuto grandi riscontri alle nostre
proposte».
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 settembre 2018
Carso invaso da sciacalli dorati - «Divorati i cuccioli
di capriolo»
Aumentati a dismisura gli avvistamenti degli esemplari, particolarmente
voraci - Si cibano in particolare di "bambi". «Stanno modificando gli equilibri
della fauna»
DUINO AURISINA - È allarme sciacalli sul Carso triestino. Negli ultimi mesi
sono infatti aumentati a dismisura gli avvistamenti, soprattutto quelli
riguardanti la cosiddetta specie dello "sciacallo dorato", sostanzialmente
onnivora, capace di nutrirsi di insetti come di caprioli, a seconda delle
esigenze e di ciò che può trovare nel territorio nel quale va a insediarsi.
Normalmente un esemplare non è molto grande, pesa mediamente all'incirca una
quindicina di chili e non è pericoloso per l'uomo, nel senso che non si ha mai
avuto notizia di attacchi alle persone. È però capace di modificare gli
equilibri naturali di un territorio. Come sta avvenendo per l'appunto sul Carso
triestino, su quello isontino e su quello sloveno. «Abbiamo registrato - precisa
Antonio Pilosio, direttore della Riserva di San Michele del Carso - una drastica
diminuzione del numero dei caprioli, un tempo molto diffusi sul Carso,
nell'ordine del 60,70 per cento degli esemplari. Preoccupa soprattutto il fatto
che stanno calando i caprioli giovani, quelli entro il primo anno di vita -
aggiunge - che, evidentemente, sono preda della voracità dello sciacallo dorato.
Le nostre fototrappole evidenziano soprattutto la presenza di femmine di
capriolo adulte e senza prole, evento in passato molto raro. Indice questo
dell'arrivo di numerosi esemplari di sciacallo dorato, fattore confermato anche
dal rinvenimento di molte carcasse di caprioli completamente spolpate,
caratteristica tipica della predazione dei canidi, famiglia di cui fanno parte
proprio gli sciacalli dorati».«Certo anche i cinghiali e i cervi contribuiscono
alla diminuzione della presenza dei caprioli - ancora Pilosio - ma non c'è
dubbio che sta cambiando qualcosa di importante sul nostro Carso con l'arrivo di
questa nuova specie». Anche osservando le cartine redatte dalle competenti
autorità della Slovenia, che evidenziano l'evoluzione della presenza delle varie
specie animali sul territorio, viene rimarcata con chiarezza la massiccia
presenza di sciacalli dorati lungo tutta la fascia confinaria con l'Italia, da
Muggia all'Isontino, senza soluzione di continuità. Normalmente gli sciacalli
dorati si muovono in nuclei familiari: due adulti, il maschio e la femmina, e i
piccoli, che possono essere in genere più d'uno. La migrazione dello sciacallo
dorato verso il Carso sembra essere frutto di una colonizzazione spontanea
proveniente da Sud-Est. «Dapprima si sono diffusi nei Balcani - conclude Pilosio
- e poi in Croazia e in Slovenia. Adesso si stanno moltiplicando qui da noi.
Certamente non sono stati immessi in natura, non ci sono infatti documenti o
testimonianze in tal senso». -
Ugo Salvini /
A udine - Il monitoraggio è affidato a uno dei massimi
esperti
Sono l'Università e il Museo di Storia naturale di Udine a essersi fatti
carico di monitorare la presenza dello sciacallo dorato in Friuli Venezia
Giulia, le cui tracce sono sempre più frequenti tra il Carso triestino, quello
isontino e quello sloveno. È proprio nel capoluogo friulano che opera infatti lo
zoologo Luca Lapini, tra i maggiori esperti della materia.
IL PICCOLO - SABATO, 22 settembre 2018
Parte il piano Enel per l'auto elettrica: «Anche in Fvg
addio al carbone»
Entro l'anno 2.500 colonnine in Italia: una ventina in regione ma entro
il 2022 dovrebbero salire a 400
ROMA - Entro il 2018 saranno una novantina le colonnine per il
"rifornimento" elettrico di Enel X a Nordest. L'area è partita a rilento
rispetto ad altri territori, ma ora sembra pronta a crederci. Finora, dicono i
dati di Enel X presentati all'Autodromo di Vallelunga, nel Veneto sono state
installate 29 colonnine, altre 13 se ne aggiungeranno entro fine anno. Circa 20
in Friuli Venezia Giulia nel complesso (tra già installate e da installare) e
altrettante sono previste per il Trentino Alto Adige. «La pipeline - spiega
Alberto Piglia, responsabile di e-mobility di Enel X - però è molto più elevata.
L'anno scorso in questi territori avevamo dati bassissimi, ma oggi vediamo che
si sta partendo. Qui si è registrato un ritardo rispetto ad altre regioni, ma
ora abbiamo di fronte una situazione totalmente diversa. Il parcheggio San Marco
a Venezia installerà nostre colonnine e anche per la città di Venezia abbiamo
dei progetti». E sempre nel Veneto, a Chioggia, è stato annunciato oggi
l'accordo con il Comune per sei nuove colonnine. PIANO DA 300 MILIONI - Il Piano
Italia di Enel per la mobilità sostenibile, 14mila colonnine entro il 2022 (400
in Fvg) e 300 milioni di investimento complessivo, prosegue a ritmo serrato. In
questo momento ha spiegato il responsabile di Enel X Francesco Venturini «stiamo
installando tra le 60 e la settanta colonnine alla settimana. Novecento
colonnine entro fine anno che si aggiungono alle circa 1600 già presenti. Quindi
l'utente Enel avrà accesso a circa 2500 colonnine in Italia entro fine anno».
L'Italia è fanalino di coda nelle immatricolazioni di auto elettriche, circa 16
mila in tutto, ma nell'ultimo anno il tasso di crescita è stato del 110%. Segno
che l'interesse attorno a questo settore è sempre più elevato sono gli
investimenti delle case automobilistiche, la stessa Fca a giugno ha annunciato
investimenti in questo comparto per 9 miliardi. «La nostra sfida è quella di
guidare la transizione energetica: l'elettricità sarà il principale vettore per
realizzare una profonda decarbonizzazione di tutti i settori, primo fra tutti
quello dei trasporti», spiega l'amministratore delegato di Enel, Francesco
Starace. Sottolineando che «Quella della mobilità elettrica è una rivoluzione in
corso» e l'Italia parte (sulla carta) «da una posizione di vantaggio avendo una
rete già completamente digitalizzata». Andando nel dettaglio dell'intervento di
Enel, Starace ha spiegato che «per la realizzazione del nostro Piano nazionale
di infrastrutture di ricarica abbiamo già siglato accordi per circa 4.300
infrastrutture di ricarica con le amministrazioni pubbliche ma anche con realtà
industriali e commerciali, che ci permetteranno di proseguire speditamente per
far sì che l'auto elettrica diventi un mezzo alla portata di tutti». STRATEGIA
NAZIONALE - Ma perché il progetto di decarbonizzare la mobilità funzione, spiega
Venturini, è «necessario un piano nazionale strategico, regole certe ai comuni
che devono andare ad installare, e poi la PA deve dare l'esempio. Un terzo della
flotta Enel sarà elettrico proprio per questo. Dobbiamo dimostrare che ci
crediamo e allo stesso modo devono farlo le pubbliche amministrazione. Poi serve
fiscalità e semplificazione tariffaria. Non sto chiedendo incentivi, ma esistono
molti modi per spingere». A partire dice Venturini da una serie di regole che
siano simili».
Roberta Paolini
Lampioni intelligenti per la nuova mobilità:
Starace: 300 milioni di investimento
Enel X prosegue nella realizzazione del Piano nazionale per le
infrastrutture di ricarica e lancia soluzioni modulari e scalabili studiate per
privati, aziende e amministrazioni pubbliche. Fra queste, il "lampione
intelligente" a led che illumina e ricarica i veicoli elettrici. L'ad Starace
(foto) ha presentato un piano da 300 milioni di investimento.
ACEGASAPSAmga e vetture elettriche - Largo Granatieri
record per ricariche ecologiche e sfida fra auto "green"
La colonnina per il rifornimento "green" delle auto elettriche in largo
Granatieri ha sfondato, da inizio 2018, quota 300 ricariche. Ne dà notizia
AcegasApsAmga in un comunicato in cui la multiutility fa il punto dei propri
distributori di energia per auto non inquinanti in occasione della Settimana
europea della mobilità. Il piano AcegasApsAmga per le "ecovetture", si legge nel
comunicato, è iniziato nel 2015 con l'installazione di 10 colonnine di ricarica
elettrica a Trieste, seguita poi da Gorizia e Udine. Acegas, dati alla mano, fa
sapere così che dall'inizio di quest'anno in Fvg sono state effettuate più di
duemila ricariche nei punti di distribuzione allestiti da AcegasApsAmga, con
un'erogazione di circa 16 mila kWh. La colonnina più utilizzata, per l'appunto,
risulta essere quella posizionata in largo Granatieri. «L'installazione delle
colonnine di AcegasApsAmga - recita il comunicato - è il primo capitolo nel
campo della mobilità sostenibile di Trieste, che anche quest'anno aderisce alla
Settimana europea della mobilità». E sempre in occasione della Settimana europea
della mobilità, a Trieste si è svolta la Civitas Portis e-cars race, evento
dedicato alle auto elettriche e test-drive al fine di promuovere la mobilità
elettrica. All'evento hanno partecipato auto esclusivamente ad alimentazione
elettrica che si sono sfidate su un percorso urbano/extraurbano di circa 50
chilometri totali, con partenza e arrivo alla Centrale Idrodinamica di Porto
vecchio. AcegasApsAmga ha partecipato alla sfida grazie a un dipendente che ha
rappresentato l'azienda correndo la gara con una Renault Zoe 100% elettrica,
aggiudicandosi il primo posto in classifica.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 settembre 2018
Centro congressi ai nastri di partenza ed Esof affronta il primo test europeo.
Il Comune chiude la gara e aggiudica l'opera a TCC. Bravar «Il via entro gennaio». I commissari di Euroscence in citta'.
La Trieste Convention Center si è aggiudicata in via definitiva la realizzazione in project financing del futuro centro congressi del Porto vecchio, magazzini 27 e 28. A comunicarlo è il presidente di Tcc Diego Bravar, che ora annuncia: «Spero che potremo aprire il cantiere entro il gennaio dell'anno prossimo». Nel frattempo anche Esof2020 avanza, e affronterà a breve un nuovo esame da parte della fondazione europea che organizza la manifestazione. La gara - Il Comune ha concluso di recente la procedura di gara europea per l'assegnazione della progettazione attuativa e la realizzazione dell'opera. E ha comunicato lo scorso 17 settembre l'aggiudicazione a Tcc, unica a presentarsi al concorso. La società nel frattempo ha raggiunto quota 55 soci e sta continuando a raccogliere fondi da privati e banche per coprire la sua percentuale sul costo dell'opera, nel complesso 11,5 milioni di euro. Una cifra imponente, che il Comune copre al 45% vista l'utilità pubblica del centro congressi. Gli incontri fra tecnici sono iniziati, il secondo si terrà la settimana prossima fa sapere l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Le tappe - Il presidente di Tcc sintetizza come segue le prossime tappe: «Ora si va verso la firma della concessione con il Comune, dopodiché provvederemo a realizzare il progetto esecutivo. Una volta completo, il Comune, la Sovrintendenza ai beni culturali e tutti gli altri enti coinvolti dovranno dare la loro valutazione. A quel punto l'ente locale potrà dare il via ai lavori». Un momento che Bravar si augura arrivi il prima possibile: «Spero si possa partire entro gennaio dell'anno prossimo, se non prima». I tre cantieri - «A quel punto ci saranno tre cantieri in Porto vecchio», conclude il presidente della cordata imprenditoriale. «Ci sarà il Comune impegnato nelle opere di urbanizzazione dell'area con i 50 milioni del governo, ci sarà la Fit che farà i lavori propedeutici all'Esof, e ci saremo noi impegnati nel centro congressi. Di fatto saremo il primo privato a operare nel "nuovo" vecchio scalo cittadino, e penso ci si possa considerare un modello». Il test di Esof - Nel frattempo EuroScience approda al capoluogo giuliano. Da lunedì a mercoledì si riunirà per la prima volta ufficialmente nella Sottostazione Elettrica la Steering Commitee, ovvero il board che ha il compito di supervisionare il lavoro di organizzazione dell'EuroScience Open Forum del 2020. Contenuti del programma scientifico, ospiti previsti, organizzazione dei team di lavoro, strutture per lo svolgimento degli eventi e molti altri dettagli tecnici e organizzativi verranno affrontati durante i tre giorni incentrati sulla valutazione del lavoro svolto fino a oggi e sui prossimi passi da compiere verso il Forum della ricerca che si svolgerà a Trieste dal 4 al 10 luglio 2020.
Giovanni Tomasin
Il testimone di Ferrante al figlio Paco e a di Pretoro
Il primo assume l'incarico per la struttura congressuale - Il secondo
imbarcato per il coordinamento della manifestazione
Il mondo che ruota attorno ad Esof, dagli organizzatori dell'evento fino al
centro congressi, deve fare i conti con un'assenza pesante. È quella
dell'ingegner Pierpaolo Ferrante, prematuramente scomparso nei mesi scorsi. In
sostanza l'uomo che per primo ha avuto l'idea, assieme alla moglie e presidente
di Ogs Cristina Pedicchio, di portare Esof a Trieste. E che dal punto di vista
organizzativo e progettuale aveva impegnato tutto sé stesso per l'evento. La
morte di Ferrante ha imposto a diverse realtà di trovare figure che almeno in
parte potessero colmare il vuoto venutosi a creare. Ferrante aveva un ruolo
importante nel coordinamento dei lavori in vista di Esof 2020. A questo scopo la
ciurma dell'evento imbarcherà ora l'architetto Tazio di Pretoro, come confermano
i collaboratori del champion di Esof Stefano Fantoni. Quanto al Trieste
convention center, spiega il presidente Diego Bravar: «Quando Pierpaolo è
scomparso tutti noi abbiamo capito che avremmo dovuto fare la nostra parte per
superare un evento così traumatico. Lui è stato il primo ad avere l'idea di
portare Esof a Trieste, e quando il professor Fantoni ha suggerito a
Confindustria di organizzarsi per fare un centro congressi stabile in Porto
vecchio, è stato ancora Ferrante a proporsi da subito per la progettazione».
Sostituirlo, quindi, è un'impresa ardua: «Ancora con Pierpaolo ci eravamo
affidati all'ingegner Tommaso Tassi per la sorveglianza complessiva, e questo ha
aiutato. Ora poi Paco Ferrante, che lavorava fianco a fianco con il padre al
progetto, ha preso in mano la parte di direzione e coordinamento».
Trasporti, gli studenti promuovono Trieste
Ogni giorno si sposta una popolazione universitaria di
20 mila persone, i più usano il bus o vanno a piedi. In treno da fuori
Mobilità e accessibilità sono temi che incidono profondamente nella vita di
ciascuno di noi e nel nostro utilizzo del tempo. La voce trasporti ha un peso
importante nel valutare la qualità di vita di chi frequenta l'università, per
studio o per lavoro, e la mobilità universitaria incide significativamente nel
complesso degli spostamenti che avvengono in città e per raggiungerla: sono poco
meno di 20mila le persone che quotidianamente si muovono per recarsi in una
delle sedi dell'ateneo giuliano e in determinate fasce orarie, tipicamente
intorno alle 9 del mattino per arrivare in università e in serata per
raggiungere i luoghi di svago, rappresentano la maggior parte degli individui
che si spostano nel perimetro urbano. NUOVA INDAGINE - «Presto avremo dei dati
più precisi sul fenomeno, perché abbiamo sottoposto un questionario focalizzato
anche su questo tema a un'ampissima fascia della popolazione universitaria -
commenta Giovanni Longo, docente di Trasporti al Dipartimento di Ingegneria e
Mobility Manager d'ateneo -. Ma dalle indagini precedenti sappiamo che l'utenza
universitaria è orientata verso il trasporto pubblico: circa la metà delle
persone utilizza il bus e molti si spostano a piedi. I fuorisede prediligono
alloggi vicini alle sedi universitarie che frequentano e anche i residenti, per
motivi legati anche a costi e difficoltà di parcheggio, preferiscono i mezzi
pubblici. E' una pratica virtuosa». UTENTI VIRTUOSI - Gli studenti si
suddividono in residenti, fuorisede e pendolari: i primi si muovono all'interno
della città, i secondi ci aggiungono gli spostamenti per tornare a casa nel fine
settimana, i terzi si affidano quotidianamente a treni e autobus per raggiungere
le sedi universitarie e ritornare al proprio luogo di residenza. Quanto a chi
lavora in università le tipologie di mobilità sono almeno due: il personale
tecnico-amministrativo, con orari d'ufficio, e docenti e ricercatori, con una
mobilità meno sistematica. «Trieste ha un buon sistema di trasporti pubblici -
commenta Nicola Gerotto, studente fuorisede all'ultimo anno di Farmacia che si
sposta con mezzi pubblici e risiede in una delle Case dello Studente di Piazzale
Europa -, che durante il giorno copre in maniera uniforme tutte le sedi
universitarie. Ma la sera, dopo le 24, non c'è più un bus e per chi vuole
passare una serata in centro città, l'unica soluzione è un'auto propria o il
taxi, che però è molto costoso». Il mezzo più utilizzato dagli studenti
pendolari per raggiungere Trieste quotidianamente è il treno, seguito dalle
linee extraurbane degli autobus. «Uno dei punti critici è l'interfacciamento tra
ferro e gomma in Stazione Centrale: ci sono in particolare picchi di richiesta
per gli autobus prima delle 9, quando iniziano le lezioni. Non è facile fornire
una risposta adeguata, ma l'Università intrattiene un rapporto positivo con
Trieste Trasporti e la Regione», evidenzia Longo.
Giulia Basso
VAL ROSANDRA - Lotta alla trota vorace - Oggi il piano
a Bagnoli
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Sarà presentato oggi al Centro visite della
Riserva naturale della Val Rosandra, a Bagnoli, alle 20.30, il progetto per
l'eradicazione della trota fario dal torrente Rosandra. Si tratta di un
salmonide non autoctono introdotto nel torrente per la pesca sportiva negli anni
'80. Essendo un vorace predatore, ha un impatto molto significativo sul delicato
ecosistema fluviale del Rosandra. L'organo gestore della Riserva, in
collaborazione col Dipartimento di Scienze della vita dell'Università e l'Ente
tutela patrimonio ittico, ha promosso un progetto che punta all'eradicazione
della trota. Stasera parleranno gli esperti Elisabetta Pizzul, Filippo Franz e
Massimo Zanetti, che presenteranno i dati finora raccolti.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 settembre 2018
Distributori per auto elettriche in arrivo a Duino
Aurisina
Patto tra Comune e Enel per la realizzazione di una rete di impianti
"verdi" - Previsti cinque punti di ricarica, uno dei quali in prossimità del
Municipio
DUINO AURISINA - Il Comune di Duino Aurisina diventa capofila nella corsa
per la realizzazione di una rete pubblica per la ricarica elettrica per veicoli.
È di questi giorni, infatti, la delibera di giunta con la quale l'esecutivo
locale guidato dal sindaco Daniela Pallotta ha approvato la bozza di protocollo
che vede come controparte l'Enel, che sarà il fornitore degli impianti. Cinque
le colonnine che verranno collocate sul territorio comunale: saranno distribuite
in modo da rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze di quanti
utilizzano le vetture di ultima generazione che montano appunto il nuovo tipo di
motore "verde".«Stiamo individuando le aree - spiega l'assessore Lorenzo Pipan -
e finora abbiamo scelto la zona della pesa vecchia ad Aurisina, la piazza di San
Pelagio e un punto vicino al Municipio, perché contiamo di acquistare in futuro
un'automobile elettrica anche per l'amministrazione. Una colonnina la
sistemeremo anche a Duino, ma non abbiamo ancora deciso l'esatta collocazione e
per l'ultima valuteremo a breve».«In ogni caso - precisa Pipan - si tratterà di
proposte da sottoporre alla valutazione dell'Enel, in quanto sarà la Spa a
sopportare il costo della realizzazione degli impianti, perciò dovremo decidere
di comune accordo. È evidente - sottolinea l'assessore - che l'Enel terrà in
considerazione la vicinanza con la rete elettrica già esistente per contenere i
costi dei collegamenti da eseguire. Da parte nostra - continua lo stesso Pipan -
dovremo tener conto delle difficoltà di parcheggio che esistono in alcuni punti
del territorio, perciò nell'individuazione delle aree per gli impianti dovremo
cercare di far coesistere le diverse esigenze, evitando di occupare spazi oggi
utili per il parcheggio libero. Per questi motivi - osserva l'assessore - prima
di arrivare alla decisione finale sulla collocazione effettueremo alcuni
sopralluoghi assieme ai tecnici dell'Enel». La società sta operando su scala
nazionale per dotare l'intero territorio nazionale di colonnine di rifornimento
di questo tipo e il Comune di Duino Aurisina ha voluto rispondere con
sollecitudine alla proposta: «È nostro interesse visto che siamo un Comune che
si basa molto sul turismo - riprende Pipan - mettere i visitatori, sia italiani
che soprattutto stranieri, perché in molti paesi europei le auto elettriche sono
più diffuse che in Italia, nella condizione di poter effettuare un rifornimento.
Naturalmente provvederemo anche all'installazione della segnaletica verticale e
alla pitturazione di quella orizzontale». Tutti gli impianti saranno realizzati
in modo da poter garantire agli utilizzatori la possibilità di provvedere in
totale autonomia al rifornimento, la cui durata dovrebbe aggirarsi in circa
un'ora. «Ritengo che la mobilità elettrica sarà un'opportunità per migliorare la
qualità dell'aria e diminuire l'inquinamento - commenta Pallotta - e nel futuro
si dovrà andare in tal senso». Per il Comune l'intera operazione sarà come detto
a costo zero, in quanto l'installazione e la messa in opera delle colonnine sarà
a carico dell'Enel. «Questo è un mercato che si sta aprendo - chiude Pipan - e
sappiamo che presto si proporranno anche altre aziende fornitrici di energia».
Ugo Salvini
Una decina le "stazioni" già attivate a Trieste
Nel territorio comunale di Trieste sono già una decina i distributori di
energia. Il numero uno, per ricariche, è quello di largo Granatieri. Gli altri
si trovano fra Basovizza, Opicina, Prosecco, Roiano, Barcola, San Giovanni,
Servola e il centro, e segnatamente in piazzale Straulino e via Slataper.
Spiagge e mari invasi dalle reti delle cozze - Sui
litorali 47 buste ogni cento metri
Il progetto "Clean Sea Life" dell'Ue denuncia i rischi - La portavoce:
«Danni ai pescatori e alla fauna acquatica»
27 - Le spiagge italiane diffuse su nove regioni passate al setaccio
dai ricercatori e volontari del progetto europeo Clean Sea Life. 47 - Le retine
che contenevano cozze trovate dai ricercatori di Clean Sea Life sulle spiagge,
in media, ogni 100 metri di lungomare. 301 - Il picco di retine di plastica
trovate da Clean Sea Life sulla spiaggia di Riccione. 1534I chili di rifiuti
raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life in 4 porti italiani. 73% -
La percentuale di retine trovate nel porto di Manfredonia, in mare, sul totale
di rifiuti ripescati. 36 - I pescherecci utilizzati per il controllo dei fondali
nei quattro porti monitorati. 4 - Gli anni di durata totale del progetto, in
scadenza nel 2020.
Torino - Al guazzetto, al vapore, al tramonto, sugli spaghetti... Le cozze sono uno degli alimenti più amati dagli appassionati di cucina marinara. Ma dietro agli allevamenti dei gustosi mitili disseminati nei nostri mari si possono celare problematiche ambientali. Le retine di plastica usate per contenere le cozze messe "all'ingrasso" in acqua sono uno dei rifiuti che maggiormente inquinano non solo l'Adriatico (il più soggetto per la presenza massiccia di questo tipo di coltivazione) e il Tirreno, ma anche le spiagge. Le correnti portano a riva le plastiche, inquinando i litorali, ma se ne trovano tante anche sui fondali o aggrappate agli scogli. Lo dimostra uno studio di Clean Sea Life, progetto cofinanziato dall'Unione Europea, che ha lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica alla pulizia marina. Il lavoro dei ricercatori, che sarà presentato domani al Salone del Gusto di Torino nello stand della Commissione europea, si è concentrato sul monitoraggio di 27 spiagge di nove regioni - Sardegna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia, Marche ed Emilia Romagna - e quattro porti (Rimini, San Benedetto del Tronto, Manfredonia e Porto Torres) passati al setaccio con 36 pescherecci. In azione un centinaio di persone che ha riscontrato la presenza in media di 47 retine ogni 100 metri di lungomare, con un picco di 301 retine a Riccione. Rispetto al totale dei rifiuti, il 30% è risultata plastica legata all'allevamento di cozze. Tra le spiagge più inquinate anche Fiumicino e San Rossore, a causa delle foci dei fiumi e delle correnti. Quanto ai controlli in mare nei fondali, su un totale di 1534 chili di rifiuti raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life, 424 chili erano retine (il 28%). Il picco a Manfredonia, con il 73% (San Benedetto del Tronto 9%; Rimini 15% e Porto Torres nessuna). Responsabilità - Lungo le nostre coste annualmente si prelevano circa 120.000 tonnellate di cozze. Gli allevamenti marini consistono in file di "sacchetti" immersi a pochi centimetri dalla superficie dove i mitili restano per circa un anno, tempo del proprio ciclo di vita, come spiegano gli esperti. «Durante questo lasso di tempo può accadere che correnti e mareggiate determinino la dispersione in mare delle retine - spiega Eleonora de Sabata, presidente dell'associazione MedSharks, partner nello studio, e portavoce del progetto Clean Sea Life - Il sospetto è che qualche allevatore ci metta del suo c'è, ma è chiaro che occorrono prove prima di puntare il dito su qualcuno. Quello su cui stiamo lavorando è la sensibilizzazione di chi lavora nel settore. La Guardia costiera ha già inviato lettere ai coltivatori per spingerli a fare più attenzione». rischi e sviluppi del progetto - I pescatori sono i primi ad essere penalizzati: durante l'attività di pesca, incrociano sistematicamente plastiche che peraltro, in base alla legge italiana, non possono essere portate a riva. «Un'anomalia burocratica - spiega de Sabata - di cui si sta interessando il ministro dell'Ambiente Sergio Costa e la stessa Commissione Europea. Avere la possibilità di portare le plastiche a riva vuole dire non solo ripulire il mare, ma anche poter sfruttare il materiale, magari per il riciclo, e quindi metterlo a profitto». Così facendo si eviterebbero anche danni alla fauna marina: sono molti gli animali che rischiano di restare impigliati nelle reti, primi fra tutti gli uccelli marini "sula".
Lara Loreti
Coop e Conad: «I sacchetti bio? Sono una perdita,
clienti tutelati» - La replica
Federdistribuzione, Coop e Conad replicano così all'articolo dedicato ieri
alle buste della spesa. «I sacchetti biodegradabili e biocompostabili destinati
al contatto diretto con gli alimenti, ad esempio per l'ortofrutta, sono fatti
pagare al cliente, per obbligo di legge, tra 1 e 2 centesimi. Non quindi 8, 10 o
15 cent. Questi sacchetti sono acquistati dalle imprese distributive a cifre
superiori a quelle richieste ai clienti. Rappresentano una fonte di perdite, non
di guadagno». La Gdo ha proposto di distribuirli gratis, sopportandone il costo.
«I sacchetti biocompostabili che hanno un costo di 10 centesimi sono invece
quelli acquistabili alle casse. Non si può e non si deve fare confusione tra i
due tipi». La Gdo precisa di tutelare i clienti.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2018
Un milione per tre ciclovie: c'è la Bovedo-Porto
vecchio
Il Comune invia le richieste di finanziamento alla Regione. Prioritaria
la sicurezza - Nell'elenco l'adeguamento in passeggio Sant'Andrea e anche la
Trieste-Muggia
Il Comune ha impostato un programma di 1,1 milioni per avviare/migliorare la
rete di ciclabili urbane. Nell'auspicio che tali interventi la rendano più utile
e più frequentata. Tre le opere in programma: ampliare la ciclovia "del mare
Adriatico" e partire con primi tracciati sulla Trieste-Muggia e sulla Park
Bovedo-Porto vecchio. Finora l'amministrazione ha messo da parte 330 mila euro,
circa un terzo del fabbisogno, ma conta di alimentare le risorse con il supporto
della Regione Fvg, riservandosi poi di completare il co-finanziamento. Per
questo gli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli hanno firmato la delibera 411, che
ha raccolto l'unanime consenso giuntale, a cominciare da quello del primo
cittadino. L'importo più consistente riguarda la ciclovia "del mare Adriatico",
che assorbe un preventivo di 460 mila euro; è seguita dai 392 mila euro
necessari alla Trieste-Muggia; chiude il podio il percorso tra Bovedo e Porto
vecchio che richiede 280 mila euro. La Regione attendeva la documentazione già
il 5 settembre, per cui c'era urgenza nell'approvazione della delibera. Tema
portante per i progetti è la sicurezza ciclistica cittadina. Ecco il merito
delle proposte comunali. La ciclovia "del mare Adriatico" ha un vecchio e
irrisolto problema: l'attraversamento alla base della rampa di accesso alla
Grande Viabilità, al termine di passeggio Sant'Andrea. In passato ci furono
polemiche proprio sulla sicurezza, che il Comune vuole superare realizzando -
riporta la scheda descrittiva - un bypass a lato della viabilità veicolare,
lungo 260 metri fino al tratto di pista in viale Campi Elisi. I tecnici pensano
a un viadotto che tenga conto della morfologia del terreno, delle infrastrutture
stradali, del parco ferroviario situato nove metri più in basso. Sempre nel
quadro di questa ciclovia, ci sarà da collegare le piste di via Orlandini e la
"Giordano Cottur", separate da un dislivello di 4 metri, allo stato attuale
attenuato da una scalinata. Gli uffici ritengono che queste opere possano essere
realizzate in otto mesi. La Trieste-Muggia, «attualmente inesistente» come
rimarca la scheda, dovrebbe estendersi per 5,5 chilometri tra piazza Foraggi e
il confine comunale di Aquilinia. Poiché comanda il tema sicurezza, rileva il
dato dell'incidentalità: sull'asse viario, preso in considerazione nel periodo
2013-17, si sono verificati 11 sinistri che hanno riguardato e ferito ciclisti.
Il Comune la considera una valida alternativa negli spostamenti casa/lavoro e la
ritiene naturale collegamento tra la "Cottur" e la "Parenzana", che - rammenta
il documento - connette Muggia a Porec (nella toponomastica italiana più nota
come Parenzo). Solo sulla carta sono per ora anche i 260 metri che i
pianificatori municipali desiderano costruire tra il realizzando Park Bovedo,
sul terrapieno di Barcola, e gli ingressi agli stabilimenti balneari: si
tratterebbe di una prima tranche del ben più ambizioso collegamento tra il
parcheggio e Porto vecchio, oggi impossibile da cantierare causa vegetazione
lussureggiante, edifici fatiscenti, riqualificazione da definire. Ma una tranche
importante - sostiene il Comune - perché non esiste un'alternativa agevole per
congiungere park e litorale.
Massimo Greco
Il "bike sharing" municipale slitta all'inizio
dell'anno nuovo
Si sperava di iniziare entro settembre ma prudenza procedurale ha
consigliato di spostare l'esordio del sistema Bicincittà
Entro settembre il previsto decollo si è rivelato impossibile e allora
l'avvio dell'iniziativa slitterà all'inizio del prossimo anno: il "bike sharing"
in salsa comunale, a base di 9 ciclostazioni e 130 velocipedi, esordirà nel
2019. Gli auspici sembrano, nonostante il ritardo, positivi: la ragione
principale dello slittamento - spiegano fonti municipali - va ricondotta alla
verifica che non vi fossero ricorsi contro l'affidamento del servizio alla
torinese Bicincittà. Questo pericolo pare scongiurato e quindi la macchina
amministrativa si è messa in moto: sopralluoghi, autorizzazioni della
Soprintendenza - che nel 2016 aveva bloccato un primo progetto -, valutazione
dell'interferenza dei lavori che in alcuni siti - soprattutto piazza Libertà -
ostacolerebbero l'allestimento degli stalli. La vicenda "bike sharing" naviga da
due anni e mezzo nei meandri comunali, perché Bicincittà prevalse in sede di
procedura ristretta all'inizio del 2016, poi, causa il progetto stoppato da
palazzo Economo, la ditta torinese fu esclusa dall'appalto ma ricorse al Tar,
dove ottenne soddisfazione. La matassa degli atti venne così riavvolta per
ripartire da Bicincittà, che ha visto il suo progetto approvato in giugno da una
determina siglata dall'allora mobility manager Giulio Bernetti.La vincitrice può
disporre di 390 mila euro, due terzi abbondanti provenienti dalla Regione (Pisus
A1)e il restante terzo rinvenente dalle casse comunali. saranno realizzate 9
stazioni in punti strategici per collegamenti e attrazione turistica: piazza
Libertà (centrale Fs), piazza Oberdan (tram Opicina), Teatro Romano, Riva del
Mandracchio, piazza Hortis (biblioteca civica), Campo Marzio (ciclovia di
passeggio Sant'Andrea), Barcola (pineta), viale XX settembre (teatro Rossetti),
via Cumano (musei ed ex fiera riqualificata). Una flottiglia di 130 biciclette,
di cui 36 a pedalata assistita, sarà a disposizione dell'utenza. Le dimensioni
del posteggio sono 175x175x930 millimetri, materiale utilizzato l'acciaio inox.
Ancora da definire il dettaglio organizzativo,a cominciare dalle tariffe. Tutto
principierà da una tessera personale, sulla quale sarà caricato un abbonamento.
Il ciclista potrà prendere un mezzo in una stazione e lasciarla in un'altra.
L'accesso al servizio - riportava la relazione - avverrà tramite il portale web
e le stazioni saranno dotate di un sistema di trasmissione dati Umts. La
modalità Bicincittà è già stata rodata in un centinaio di comuni, dove è
frequentata da circa 75 mila utenti. Quando la notizia uscì all'inizio
dell'estate, venne favorevolmente accolta da politici e da esponenti del mondo
culturale. Perplessità vennero espresse da associazioni ciclistiche per la
carenza di ciclovie in città.
Prima risposta alle richieste di 1.580 cittadini - la
petizione FIAB
Una prima risposta ai pedalori urbani. Perché una ventina di giorni fa il
presidente di Fiab Trieste Luca Mastropasqua aveva consegnato al sindaco Roberto
Dipiazza la petizione "ciclabile nel Porto vecchio" firmata da 1.580 cittadini,
per chiedere «una ciclabile lineare, veloce, sicura e senza promiscuità con i
pedoni da piazza Libertà a via del Boveto». Fiab chiede «un'infrastruttura
ciclistica moderna che connetta il centro città con Barcola e la Costiera.
Un'infrastruttura utile per andare al mare, per raggiungere il posto di lavoro,
per promuovere il cicloturismo e che sarebbe un importante volano per la
promozione di stili di vita sani». Nell'occasione Dipiazza aveva illustrato il
progetto di massima della viabilità interna del Porto vecchio che prevede anche
una ciclabile.
Industria e ambiente - La Regione attiva i tavoli
tematici sul futuro della Ferriera
La Regione attiverà quanto prima tavoli di confronto ristretti, coordinati
dagli assessori a Lavoro, Attività produttive e Ambiente, per affrontare il
futuro della Ferriera di Servola a Trieste. Lo ha annunciato ieri Massimiliano
Fedriga, intervenendo ieri a Trieste al tavolo allargato sul nodo Servola, alla
presenza di Comune, Prefettura, Authority, Arpa, struttura commissariale,
proprietà e sindacati. «Da questo tavolo - ha riferito Fedriga al termine
dell'incontro - sono emerse le diverse posizioni delle parti coinvolte, da
quella sindacale all'azienda e all'Autorità di sistema portuale. La scelta di
attivare dei tavoli ristretti deriva dalla consapevolezza che la nostra priorità
è la tutela della salute dei cittadini. Noi - ha precisato il governatore -
vogliamo prendere in considerazione le necessità di tutti, ben consci che l'area
portuale è strategica per lo sviluppo della città e, su queste basi, può
allargare i suoi orizzonti in funzione di uno sviluppo commerciale che riteniamo
fondamentale per Trieste». A questo proposito, sia dalla proprietà sia
dall'Autorità portuale è giunta la disponibilità a costruire un percorso
operativo comune che, sotto il cappello istituzionale, possa soddisfare le
priorità ambientali e occupazionali, vagliando in questo modo possibili scenari
diversi da quello attuale in vista di alternative quali riconversione e
re-industrializzazione del sito».
La tassa occulta dei sacchetti "bio" costa 90 euro
l'anno
Le buste biodegradabili dovevano costare 1-2 centesimi - Ma nella grande
distribuzione il prezzo oggi è decuplicato
Roma - Avevano promesso: non sarà una stangata. Aggiungendo, per indorare la
pillola, che l'innovazione costa, ed è giusto che a pagare il conto siano anche
i consumatori. Ma a distanza di quasi nove mesi dall'entrata in vigore della
legge che impone l'acquisto dei bioshopper viene fuori tutta un'altra verità. Il
conto è molto più salato di quanto annunciato, considerando i due estremi della
forchetta di previsioni, la più bassa firmata da Gfk Eurisko (circa 12 euro
all'anno) e la più alta di Codacons (non meno di 20 euro). E pagano solo i
consumatori, mentre per le aziende, innanzitutto i produttori dei sacchetti e le
catene della grande distribuzione, il bioshopper obbligatorio si sta rilevando
un gigantesco affare. Con una bella torta da dividere: in Europa circolano ogni
anno 100 miliardi di buste per la spesa usa-e-getta, e l'Italia è ai primi posti
della classifica per consumo pro-capite. Che cosa sta accadendo? Si stanno
verificando diverse anomalie, a partire dall'enorme differenza delle tariffe
applicate dalle varie catene di supermercati. Il costo medio del bioshopper
ritirato alla cassa è di 10 centesimi, l'importo addizionale applicato per
esempio da Esselunga e Auchan, mentre i due colossi delle cooperative oscillano
da 8 centesimi di Coop ai 15 di Conad. Siamo già a valori infinitamente
superiori agli annunci iniziali, quando si parlava di un extra tra 1 e 3
centesimi, solo per le buste per frutta, ortaggi e verdure. In pratica, il
consumatore paga a caro prezzo due contenitori biodegradabili, e la conferma di
questa ingiustificata stangata nel settore alimentare arriva dal costo del
bioshopper in altre categorie commerciali. Qui davvero non si va oltre 1
centesimo a sacchetto, pur trattandosi di contenitori consistenti, come nel caso
delle catena Cisalfa (abbigliamento per sport e tempo libero) e Euronics
(elettronica di consumo). Come mai tanta differenza tra il bioshopper per una
confezione di yogurt e quello per un cellulare o per un paio di scarpe da
ginnastica? D'altra parte, su Amazon, che certo non vende senza margini, una
confezione di 500 bioshopper si paga, senza spese di spedizione, 10.41 euro,
pari a 2 centesimi a sacchetto. La sensazione che si ricava è chiara: la grande
distribuzione nel settore alimentare sta cavalcando una legge scritta male, e
molto favorevole agli interessi delle catene dei supermercati, per creare un
nuovo rubinetto di ricavi e di profitti, laddove la curva dei consumi resta
piatta, o negativa, e i margini di guadagno sono diventati molto stretti. Una
precisa strategia di mercato in tempi duri, infiocchettata da stentorei proclami
a favore dell'ambiente, al limite del greenwashing. Il caso della Conad è da
manuale. Il suo bioshopper da 15 centesimi si presenta con una serie di scritte
che dovrebbero giustificare il prezzo così alto. Si parla di «un sacchetto
ideato e prodotto in Italia», come se il marchio made in Italy fosse un sinonimo
di aumento dei prezzi per il consumatore. Si certifica che il prodotto è
«completamente biodegradabile e compostabile»: ci mancherebbe, in caso contrario
sarebbe fuori legge. E si espone, come se fosse una certificazione di genuina
sostenibilità, il logo di Legambiente, la più potente associazione ambientalista
italiana: un tutoraggio retribuito o a titolo gratuito? La conclusione, tornando
alle nostre tasche, è che questi bioshopper nell'alimentare si traducono in una
spesa annua attorno ai 50 euro, se poi aggiungete il costo delle buste per
frutta, verdura e ortaggi, e il prezzo pagato per altri acquisti (anche nelle
farmacie ormai è frequente il «pedaggio» del sacchetto biodegradabile), si
arriva a un conto annuo di circa 90 euro. L'equivalente del canone Rai, ovvero
una tassa bella e buona. Infine, poiché il consumatore non è stupido, la febbre
dei bioshopper si sta trasformando in vero boomerang per lo Stato e per gli
interessi generali dei cittadini, e il rischio inquinamento da plastica per
contenitori di prodotti alimentari invece di diminuire sta aumentando.
Dall'entrata in vigore della legge, infatti, gli acquisti di ortaggi, frutta e
verdura sfusi sono crollati del 7,8 per cento, mentre quelli degli stessi
prodotti in vaschette di plastica sono aumentati dell'11 per cento. Peccato che
si tratti di confezioni di plastica pura, non biodegradabile e non compostabile.
Antonio Galdo
La scienza in piazza con Trieste Next fra biotecnologie
e super ospiti
L'edizione 2018 dal 28 al 30 settembre. Il virologo Burioni, l'ex
ministro Carrozza e la senatrice Cattaneo fra i relatori
È "NatureTECH: il sottile confine fra biologico e biotecnologico" il titolo
della settima edizione di Trieste Next, che dal 28 al 30 settembre prossimi
esplorerà il confine fra natura e tecnologia. La presentazione ufficiale ieri in
Municipio, con tutti i soggetti coinvolti. Tra gli argomenti principali, che
animeranno il festival della Ricerca scientifica, figurano medicina
personalizzata, terapia genica, intelligenza artificiale, protesi bioniche e
cibernetiche, varietà agricole high tech, controllo del clima, economia
circolare e anche una riflessione sulla questione delle fake news scientifiche.
Ospiti speciali saranno la senatrice ed esperta di cellule staminali Elena
Cattaneo, l'ex ministra dell'Istruzione e ingegnere cibernetico Maria Chiara
Carrozza e il medico virologo attivo nella lotta alla disinformazione medica
Roberto Burioni. Trieste Next si propone come "vetrina dell'innovazione" e della
ricerca applicata, dove i ricercatori e gli imprenditori possono raccontare le
rispettive esperienze, con esempi concreti di soluzioni che hanno portato
benefici al mondo produttivo e alla comunità in generale. Il calendario completo
della manifestazione è disponibile sul web, insieme alla lista completa dei
relatori e a tutti gli appuntamenti che caratterizzeranno le varie giornate. Il
sito di riferimento è www.triestenext.it. Tra i vari eventi in programma, da
segnalare l'incontro con Andrea Segrè, l'ideatore del Last Minute Market. Alla
presentazione ufficiale, aperta da Angela Brandi, assessore all'Educazione,
scuola, università e ricerca del Comune di Trieste, sono intervenuti Maurizio
Fermeglia, rettore dell'Università degli Studi di Trieste, Antonio Maconi,
direttore di Trieste Next e senior partner di ItalyPost, Sergio Paoletti,
presidente di Area Science Park, Tiziana Gibelli, assessore alla Cultura della
Regione Fvg, Tiziana Benussi, vicepresidente del cda di Fondazione CRTrieste,
Guido Perelli Rocco, presidente Airc Comitato Friuli Venezia Giulia, e
Massimiliano Kropf, amministratore delegato di Eurospital. «Il Comune di Trieste
è particolarmente orgoglioso di presentare l'edizione 2018, che si arricchisce
della collaborazione della Commissione europea - ha evidenziato Brandi -, che ha
selezionato il nostro evento come punto di riferimento italiano per le
manifestazioni di divulgazione scientifica». L'assessore ha puntato l'attenzione
anche sulle tante attività riservate ai più giovani. «In questi sette anni, a
Trieste - ha ricordato poi Antonio Maconi, Italypost, direttore di Trieste Next
2018 - si è costruita, attorno a quella che è diventata forse la più importante
manifestazione nazionale sulla ricerca scientifica, una comunità di intenti tra
soggetti diversi che però hanno sempre avuto chiare due questioni di fondo: la
prima è che mondo dell'impresa e ricerca scientifica devono dialogare
costantemente per accrescere la competitività del Paese. La seconda è che il
"sistema Trieste" deve dialogare con il mondo ed essere parte di un contesto
europeo. L'edizione 2018 è costruita proprio per perseguire questo obiettivo:
presentare un festival che sia luogo di divulgazione e inclusione scientifica,
di dibattito aperto, informazione e conoscenza, di incontro tra mondo della
ricerca e dell'impresa, di promozione e valorizzazione, a livello
internazionale, del patrimonio scientifico della città di Trieste». Presente a
Next anche l'Airc, l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, che
porterà a Trieste molti dei suoi ricercatori di punta.
Micol Brusaferro
Ex tempore senza confini per un mondo equo e solidale
Sabato tra piazza Sant'Antonio, Canal Grande e Ponterosso aperto ai
creativi di ogni età
L'apertura agli altri attraverso i colori. "Aperture a colori" è il tema del
I ex tempore di pittura, promosso dall'associazione Senza Confini-Brez Meja in
occasione dei 25 anni di impegno per la costruzione di un mondo più equo e
solidale, che si terrà sabato (o in caso di maltempo quello successivo) nel
centro cittadino. Aperto ai creativi di ogni età e provenienza (è prevista anche
una sezione per bambini e ragazzi fino a 14 anni), l'evento, progettato in
collaborazione con Ramatou - art networking, rappresenta una festa della
creatività che, negli intendimenti degli organizzatori, ha lo scopo di
"valorizzare, promuovere e rappresentare l'idea di un mondo interconnesso,
aperto e colorato, vario e accogliente". Un mondo insomma da "ri-dipingere a
colori". «La nostra - spiega la presidente, Marija Besednjak - è un'associazione
che, oltre a proporre modalità di commercializzazione di prodotti che
riconoscano i diritti fondamentali a ogni soggetto della filiera, è interessata
da sempre anche a conoscere le culture e le tradizioni dei produttori.
Promuovendo un mondo dove la diversità di origine, cultura e lingua rappresenti
una ricchezza, abbiamo pensato che questi valori si potessero promuovere anche
in modo gioioso, chiamando a immaginare un mondo a colori, simbolo della
diversità umana. Così abbiamo promosso un concorso en plein air che si terrà tra
piazza S. Antonio, Canal Grande, Ponterosso, Rive e piazza Cavana». «Sarà -
prosegue - un momento di festa: inizieremo alle 8.30 e ogni iscritto dovrà
presentarsi con l'attrezzatura necessaria; la tela o tavola verrà timbrata e i
partecipanti avranno tempo fino alle 18.30 per completare e consegnare le opere.
La giuria, composta dalle artiste Vesna Benedetic ed Elisa Vladilo e da una
rappresentante dell'associazione, vaglierà i lavori che verranno premiati alle
20 nella sede di via Torrebianca 29/b durante una cerimonia a cui seguiranno un
momento conviviale e un brindisi». Le opere selezionate resteranno in mostra
fino a sabato 29. Le iscrizioni, che per i ragazzi sono gratuite, sono aperte
presso la Bottega del Mondo di via Torrebianca 29/b, ma ci si potrà iscrivere
anche sul posto entro le 13. Saranno selezionate 6 opere, tre delle quali
verranno premiate con ceste artigianali di prodotti. Per i bambini e ragazzi
sono