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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2018

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2018

 

 

Vetro e botti vietati, piazza Unità blindata per la festa e il concertone di Capodanno

Quattro i varchi di accesso all'area dell'evento. Controlli a borse e zaini. Stop anche agli spray al peperoncino. Rive chiuse.

Dalle precauzioni di semplice buon senso - gli spray al peperoncino vanno lasciati a casa, la cronaca delle ultime settimane non ha bisogno di altre spiegazioni - alle vere e proprie misure anti terrorismo, con lo stop al transito dei tir, ad esempio. Una direttiva, questa, ormai pienamente in vigore nei centri urbani in occasione dei grandi eventi. Ma anche chiusure al traffico e modifiche agli orari degli autobus. A Trieste, per la festa di piazza Unità, sarà un Capodanno con non pochi accorgimenti, quasi "blindato" in buona sostanza, in modo da garantire divertimento e sicurezza. Bottiglie e spray - In questi giorni il Comune di Trieste ha diramato una serie di restrizioni per l'evento di questa sera in piazza Unità. L'ordinanza "anti vetro", in particolare, dispone che dalle 20 di oggi alle 2 del 1° gennaio i locali che si trovano nell'area interessata dallo spettacolo (ad esempio Caffè degli Specchi, Duchi d'Aosta, Mandracchio, Pep's) non possono vendere bevande per asporto in vetro. Al Caffè degli Specchi e ai Duchi d'Aosta è permesso somministrare all'esterno dei rispettivi locali (ma limitatamente alle aree pubbliche concesse) bevande di qualsiasi tipo e quindi anche in bicchieri di vetro. L'ordinanza comunale è però ben più stringente: a chiunque è vietato portare in piazza Unità lattine, bottiglie o altri contenitori di vetro, così come offrire o consumare alcolici di gradazione superiore a 6 gradi. Vietati quindi anche spumanti o altri drink da stappare a mezzanotte, almeno sulla piazza. Dovrà restare rigorosamente fuori dal perimetro del concerto, inoltre, qualsiasi oggetto «atto a offendere» o comunque pericoloso. Vale a dire ombrelli, seggiolini pieghevoli e aste da selfie, ad esempio. Nell'elenco rientrano pure gli spray al peperoncino. Stop ai botti - Tema a lungo dibattuto, questo, tra chi ama inaugurare il nuovo anno con i botti, e chi invece preferisce più quiete e rispetto per gli animali che, notoriamente, temono il caos e i rumori forti. La linea è chiara: pur mantenendo il divieto generale di accendere e far scoppiare petardi o simili in tutta la città (ciò vale per Trieste e i territori comunali di Muggia e Duino Aurisina), proprio a tutela dei pericoli, del diritto al riposo e degli amici a quattro zampe, per il Capodanno è però prevista una specifica deroga. Eccola: l'accensione di materiale pirotecnico (i fuochi d'artificio e le "fontanelle", ad esempio) è permessa limitatamente alla fascia oraria che va dalle 9 di questa sera alle 2 del 1° gennaio. Resta esclusa da questa deroga, per ovvi motivi di sicurezza, l'intera area del concerto (piazza Unità e zone limitrofe). Va sottolineato che nel resto della città è sì consentito l'utilizzo del materiale pirotecnico, come detto, ma non lo sparo di petardi e simili; per questi permane ovunque il divieto. Non mancherà, allo scoccare della mezzanotte, uno spettacolo pirotecnico ad hoc dal Molo Audace. I varchi - I punti in cui è possibile passare per accedere all'area concerto di piazza Unità sono quattro: via dell'Orologio, Passo Fratelli Fonda Savio e i due varchi sulle Rive; quest'ultimi sono quelli antistanti la piazza (lato Palazzo della Regione e lato Prefettura). L'invito del Comune è di non attendere l'ultimo momento per recarsi in piazza, ma di andare un po' prima dell'inizio dello spettacolo, fissato alle 22.30, in modo da evitare calche. Ai varchi non mancheranno i controlli, anche con l'utilizzo dei metal detector. Saranno esaminati zaini e borse. La zona off-limits - Il Comune ha preso provvedimenti pure sulla viabilità. Proprio per creare un'area protetta attorno all'evento di piazza Unità, dalle 8 di stasera e fino alle 2 del 1° gennaio, è vietato transitare sulle Rive in entrambi i sensi di marcia. La zona off-limits va da piazza Tommaseo a via Mercato Vecchio. Ma per tutti i mezzi di portata superiore a 7,5 tonnellate (in pratica i tir) non è possibile avvicinarsi sull'intero asse delle Rive. In questo caso il cordone di protezione è più esteso e va da piazza della Libertà a via Ottaviano Augusto. Vietato anche sostare e parcheggiare nelle aree portuali, cioè in Riva III Novembre, Riva del Mandracchio (dal varco della Capitaneria alla Scala Reale e nel tratto successivo fino all'altezza di via Mercato Vecchio) e alla base del Molo Audace. Il provvedimento, va ricordato, è in vigore dalle 20 alle 8 di domani. Gli autobus - A Capodanno gli orari degli autobus sono modificati: il servizio avrà inizio alle 7 e non saranno operative le linee 2/, 7, 12, 50 e 52. Il servizio serale (linee A, B, C e D) comincia alle ore 20:30. 

Gianpaolo Sarti

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2018

 

 

Marcia per la pace e la fratellanza da San Giovanni a Ponterosso  - Comitato Dolci

In cammino per celebrare i valori ideali della politica al servizio della pace. È il tema che ispira l'appuntamento abituale di inizio anno a cura del Comitato Pace Convivenza "Danilo Dolci", organizzatore dell'incontro del 1° gennaio aperto alla cittadinanza, una marcia tra le vie cittadine per attestare che "solo nella pace sono possibili diritti per tutti". Il manifesto parla chiaro e si collega alle tematiche espresse anche da papa Bergoglio, per il quale «la buona politica è al servizio della pace», un messaggio che il pontefice ha trasmesso in occasione della celebrazione della Giornata mondiale per la pace e su cui il corteo del Comitato "Danilo Dolci" intende insistere. La marcia per la pace partirà dal parco di San Giovanni, già teatro quest'anno delle celebrazioni per il 70° della Dichiarazione dei diritti umani e del 40° dall'entrata in vigore della legge Basaglia. Il raduno è fissato alle 15.30 nell'area di Villa Renner, storica sede di lavoro dell'equipe guidata dallo stesso Franco Basaglia ai tempi della riforma psichiatrica, una zona situata nei pressi dell'albero dei cachi di Nagasaki e della rosa di Hiroshima.Il percorso prevede il transito per via Giulia e via Kandler sino alla prima sosta in via Cologna, al cospetto degli stabili 6 e 8. Il corteo proseguirà quindi alla volta di via Battisti, via Carducci, via Valdirivo e via XXX Ottobre, con epilogo in piazza Sant'Antonio alle 17.45, poco prima quindi della celebrazione della messa (alle 18) da parte del vescovo di Trieste, monsignor Crepaldi. La manifestazione include anche la consegna del Premio "E. Ugolini-Ulivo d'argento", assegnato a don Pierluigi Dipiazza, responsabile del Centro Balducci di Zugliano. 

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2018

 

 

«Le capre in Val Rosandra? Un pericolo. Abbattiamole»

Il primo piccolo gregge giunto 10 anni fa dalla Slovenia. Oggi se ne contano 80 Gli esperti Bressi e Dolce: «Mangiano gli alberi e provocano frane. Si intervenga»

SAN DORLIGO DELLA VALLE - «Le capre della Val Rosandra sono dannose per l'ecosistema e pericolose per gli esseri umani: bisogna intervenire quanto prima, anche attraverso l'abbattimento». Nicola Bressi e Sergio Dolce, naturalisti ed ex direttori del Museo di Storia naturale, hanno lanciato l'allarme alla recente conferenza"Chiacchierata sulla Val Rosandra". Tra i tanti punti affrontati, quello più delicato ha riguardato proprio le capre che popolano la Riserva. La presenza delle prime capre in Val Rosandra erano state segnalate dall'indimenticato naturalista Thomas De Marchi tra il 2010 e il 2011. Nel 2013 un video dello stesso De Marchi pubblicato sulla pagina web del Piccolo immortalò gli animali presenti sui pendii del monte Stena. Da un nucleo iniziale di 10 capi, il numero è cresciuto sino a raggiungere le attuali 80 unità. Non vi è certezza sulla provenienza di questi animali, anche se si ritiene che alcune capre, poco meno di una decina anni fa, siano sfuggite (forse consapevolmente) al controllo dei proprietari dalla zona dell'Altipiano sloveno di Beka e Ocizla per trovare rifugio in Valle. Oggi è facile notarle anche sul monte Carso e nelle vicinanze del torrente. Una presenza apparentemente innocua, ma che a detta dei naturalisti sta creando degli oggettivi danni all'ecosistema della Valle.«Le capre stanno letteralmente desertificando la Val Rosandra. Già ai tempi dell'Austria non vi era il permesso di far pascolare questi animali per un semplice motivo: scortecciano gli alberi, soprattutto frassini e carpini, che senza corteccia finiscono per morire», il monito di Bressi. Essendo una specie invasiva è stato riscontrato come la presenza di questi animali sia dannosa anche nei confronti degli uccelli, soprattutto quelli che nidificano a terra. Ma non solo. Le capre rischiano seriamente di minare l'incolumità degli esseri umani: «Con i loro zoccoli provocano delle frane che mettono a rischio soprattutto gli escursionisti che frequentano la ciclopedonale, tanto che ci chiediamo se non sarebbe meglio dotare, soprattutto i bambini, di caschetti di protezione per evitare di ricevere in testa qualche pietra. Inoltre, come accade anche per i cinghiali, sono animali che in presenza di cuccioli possono essere molto protettivi. Ricevere una incornata da un animale di 100 chili lanciato a 30 all'ora risulterebbe letale su un dirupo».Qualcuno ha ipotizzato la loro cattura e il loro reinserimento in qualche allevamento, ma da un punto di vista sanitario sono a tutti gli effetti degli animali selvatici. «Oltre ai costi di cattura, sfido un allevatore ad investire su animali selvatici per metterli in quarantena, eseguire esami e vaccinazioni di legge», ancora Bressi. Da qui il ricorso all'abbattimento come ultima spiaggia: «Il Comune potrebbe richiedere un provvedimento straordinario, visto che le capre sono considerate animali domestici. È una situazione ingarbugliata, ma si deve fare qualcosa. Dolce e io suggeriamo di organizzare il prima possibile una Conferenza di servizi per affrontare il problema». 

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2018

 

 

LA REPLICA DI ACEGASAPSAMGA - «I soffiatori sono usati solo in caso di necessità»

«AcegasApsAmga e Comune hanno da tempo concordato di sospendere l'utilizzo dei soffiatori a Servola» e «attualmente i soffiatori vengono utilizzati il minimo indispensabile in altre zone al solo scopo di spostare i rifiuti, successivamente raccolti manualmente o con spazzatrice, presenti al di sotto degli automezzi parcheggiati, evitando ai cittadini il disagio di dover rimuovere le proprie auto». Lo precisa in una nota la stessa AcegasApsAmga in risposta alle critiche sull'uso dei soffiatori mosse da Legambiente: «La tecnica dello sweepy jet richiede un costante apporto d'acqua», il che «non risulta adatta a città come Trieste dove non sarebbe utilizzabile durante i mesi invernali per il rischio ghiaccio o in caso di Bora», scrive ancora AcegasApsAmga, che, «al fine di fornire un servizio sempre migliore continuerà a monitorare e valutare soluzioni alternative».

 

 

«Capodanno senza petardi» Scatta l'offensiva animalista

Appello di 43 gruppi per mettere definitivamente al bando fuochi e mortaretti «Il grado di civiltà di una società si misura anche dal rispetto verso i più indifesi»

Una mobilitazione in grande stile, con 43 associazioni animaliste, ambientaliste e culturali firmatarie di un manifesto nel quale si chiede di mettere al bando i botti di fine anno. È partita così, con un'adesione molto ampia e trasversale, che comprende sia realtà che operano a livello nazionale e internazionale, come Wwf, Legambiente, Lav, Lipu, sia altre di caratura locale, quali Fare Ambiente e il Gattile, la campagna tutta triestina che punta a cancellare dalla notte di San Silvestro petardi, fuochi d'artificio e tutto ciò che può disturbare prima di tutto gli animali, ma anche tante persone. L'iniziativa è nata sotto l'egida del "Trieste Animal Day", gruppo locale capace di calamitare l'attenzione e l'approvazione di una serie di associazioni pronte a firmare una lettera che è stata poi consegnata ai sindaci del territorio, cioè Trieste, Muggia, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino. «Chiediamo - si legge nel testo - che sia emanata un'ordinanza ai fini della tutela della pubblica incolumità, intesa come integrità fisica della popolazione, che garantisca il benessere degli animali d'affezione e della fauna selvatica, nonché per la sicurezza urbana, ai fini del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile, che vieti, senza deroga alcuna, per tutto il periodo delle festività natalizie e, in particolare, nei giorni 31 dicembre e 1 gennaio, l'accensione, il lancio e lo sparo di petardi e mortaretti e comunque l'utilizzo di materiale pirotecnico da parte di privati sull'intero territorio della provincia. Constatato - continua la nota - il grave spavento e danno che ogni anno è provocato agli animali domestici e alla fauna selvatica durante tutto il periodo delle feste del Natale, chiediamo ai sindaci di agire, come già molti altri sindaci italiani hanno fatto, per tutelare l'incolumità delle persone e degli animali e per preservare il patrimonio architettonico". Una richiesta peraltro già accolta, in quanto i sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina hanno provveduto al riguardo, mentre a Sgonico e Monrupino sembra che il problema non sussista, viste le abitudini estremamente tranquille dei residenti, per quanto riguarda i festeggiamenti di fine anno. Portavoce dell'intero movimento è Fabio Rabak, presidente del Trieste Animal Day. «La crescita della società civile - dice - trae origine da scelte consapevoli dei singoli rispettosi e sensibili nei confronti delle forme di vita più deboli e indifese. I botti - sottolinea - spaventano tanti bambini, che talvolta non si liberano del timore di un rumore improvviso neanche da adulti, causano ferimenti, anche gravi, oltre che ustioni ad adulti e giovani, terrorizzano, anche a morte, gli animali domestici e selvatici, inquinano l'ambiente e possono essere causa di incendi. Diventiamo esempio di responsabilità e sensibilità - conclude Rabak - e rinunciamo a un divertimento così pericoloso». I promotori dell'iniziativa hanno anche predisposto una locandina a tema, che sarà diffusa sui social per sensibilizzare il cittadino a non usare i botti «che nuociono all'uomo, all'ambiente e sopratutto agli animali - questo il contenuto - e che non sono altro che uno spreco di denaro inutile». 

Ugo Salvini

 

Le altre città - L'onda lunga delle limitazioni da Milano a Bari

Da Milano a Bari, da Torino a Venezia e giù fino a Catania. Sono tante le grandi città italiane dove sarà in vigore il divieto di sparare petardi e fuochi d'artificio nell'ultima notte dell'anno. Una prassi che si estende a macchia d'olio ogni anno che passa. Quello dei botti è un tema che divide ormai da tempo il Paese. Le richieste di amanti degli animali e di coloro che chiedono di poter festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo senza rischi hanno spinto numerose amministrazioni ad adottare provvedimenti a riguardo. Oltre a quelle citate anche a Firenze, Brescia, Genova, Imola, Modena, Macerata, Pesaro, Trento, e Terni i fuochi saranno banditi. Manca all'appello Roma, dove la giunta Raggi deve ancora decidere il da farsi.

U.S.

 

 

Lampade storiche, led e tecnologia abbatti-consumi nel piano luci 2019

Approvati dalla giunta comunale progetti per oltre 3,7 milioni Interessate molte zone: da Barcola fino a viale D'Annunzio

"Fiat lux". Nel 2019 Trieste rifà le luci della città. E si illuminerà a Led. Sono stati infatti approvati di recente dalla giunta comunale, su proposta dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, due progetti esecutivi da 3 milioni 748 mila euro (1.874.000 ciascuno) relativi a una serie di interventi di manutenzione straordinaria agli impianti di illuminazione pubblica stradale del Comune di Trieste. La vetustà dei lampioni di Trieste è sotto gli occhi di tutti. Il mega piano, affidato da contratto a Hera Luce srl, è stato finanziato il 27 novembre 2017 con la vendita di azioni Hera, i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione e una serie di avanzi derivanti dalla riduzione di mutui. I progetti, che hanno ottenuto a fine ottobre e inizio dicembre il via libera da parte della Soprintendenza regionale delle Belle arti, riguardano gli impianti di illuminazione pubblica dell'intera città con interventi specifici nelle zone di Barcola Cerreto, Opicina (Giardino Carsia e Vitulli), lungomare Grignano, via Pigafetta, Giardino de Tommasini, via Capodistria, Strada Nuova per Opicina, via Toffani, viale D'Annunzio, viale Miramare (percorso ciclo-pedonale), Scalinata Ciamician. L'intervento più consistente è quello relativo a Barcola Cerreto per 461 mila euro, il meno oneroso quello per la Scalinata Ciamician che impegna solo 5 mila 291 euro. L'intera operazione si ispira a un ammodernamento degli impianti nel segno del risparmio energetico. «Per tutte le zone di intervento sono state scelte apparecchiature con sorgenti ad elevata efficienza luminosa rappresentate da lampade con tecnologia a Led» si legge nella relazione tecnica. Ma non solo. È prevista inoltre l'adozione dei sistemi di regolazione del flusso luminoso nelle ore notturne in modo da ridurre al minimo i consumi. I numeri della lista della spesa del piano di illuminazione pubblica sono interessanti: 44 pali in ferro del tipo conico con alimentazione sotterranea (46.446 euro), 44 pali in ferro di tipo rastremato o in cemento per sostento di tesate o campate di alimentazioni aeree (108.990 euro), 220 corpi illuminanti su pali o su bracciali a muro (107.318 euro), 110 corpi illuminanti con tecnologia a Led (115.258 euro), 44 corpi illuminanti su tesata (93.364 euro) e 44 corpi illuminanti storici del tipo "Trieste" in rame e ottone lavorato (52.584 euro), i preferiti dal sindaco Roberto Dipiazza. Previsti inoltre la messa in opera di 6 chilometri di linee di alimentazione sia in cunicoli sotterranei che su pali e testate per 129.426 euro e 132 interventi su singole campate o linee esistenti per 66.964 euro. Sono 11, invece, i quadri di comando dei circuiti che verranno sostituiti con l'installazione di apparecchiature di nuova tecnologia predisposte per il telecontrollo. Nell'ambito, invece, dell'efficientamento energetico sono previsti l'installazione di quattro regolatori di flusso luminoso (36.648 euro) e 80 interruttori orari astronomici per il costante controllo dell'accensione degli impianti (16.156 euro).Nel piano sono previste anche 88 modifiche di impianti di illuminazione pubblica su richiesta di amministrazioni stabili, imprese o artigiani (54.258 euro) durante gli interventi di restauro di edifici. E soprattutto è prevista l'installazione di nuovi punti luce per un importo massimo di quasi 200 mila euro per far fronte a specifiche richieste avanzate dai cittadini nel corso dell'ultimo esercizio. Nei progetti sono incluse anche 30 esecuzioni di scavi isolati in occasione di guasti o modifiche di impianto per la cifra di 12.204 euro oltre a 20 sostituzioni dei chiusini in ghisa sui pozzetti esistenti (7.512 euro) che risultino sfondati o danneggiati e quindi pericolosi per la circolazione stradale e pedonale. Ma non basta. È prevista, infatti, un'opera di verifica impiantistica straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica finalizzata alla messa in sicurezza provvisoria, in attesa delle necessarie future attività di manutenzione straordinaria. A questa attività preventiva è destinata la bellezza di 288 mila euro. 

Fabio Dorigo

 

LA MAPPA DEGLI INTERVENTI - La scalinata di via Ciamician cambia stile E Riva Massimiliano e Carlotta si accende

Dal lungomare Massimiliano e Carlotta di Grignano alla scalinata più fotografata di Trieste (quella di via Ciamician). Eppoi i giardini e i viali storici. Trieste, nell'ambito del progetto da 3 milioni e 748 mila euro, interviene su alcune suggestive zone d'ombra della città. Nella zona "Barcola Cerreto" è prevista la sostituzione dei vetusti impianti di illuminazione stradale in via del Boveto, via del Cerreto, via Bonafata, via Moncolano, via Illersberg. Verranno installati 78 nuovi punti luce (con alimentazione sotterranea) in sostituzione degli attuali 54 esistenti con lampade Led (461.713 euro). Un altro intervento riguarda invece la ciclopedonale di Barcola lungo viale Miramare dal cavalcavia ferroviario fino all'incrocio con via del Boveto: saranno installati 33 nuovi punti luce a Led sui pali già esistenti (32.746 euro) per illuminare la pista ciclabile. Cambia anche l'illuminazione del giardino pubblico Muzio de Tommasini. Verrà praticamente demolito e sostituito l'intero impianto di illuminazione (lampioni e relative lanterne). Quaranta i nuovi sostegni dei corpi illuminanti di tipo decorativo storico per una spesa pari a 175.956 euro. In viale D'Annunzio saranno, invece, sostituiti tutti i 134 corpi illuminanti: dalle lampade sodio ad alta pressione si passerà a lampade Led (87.565 euro).In via Pigafetta è prevista la sostituzione di tutti gli impianti di illuminazione pubblica stradale: verranno installati 16 nuovi punti luce con lampade a Led (58.588 euro). In via Toffani 5 nuovi punti luce su un nuovo impianto di tipo stradale (43.878 euro). In via Capodistria, invece, è prevista la sostituzione di 5 punti luce su tesata e 2 punti luce su sostegni rastremati in acciaio (intervento da 30.393 euro).Nel giardino Carsia di Opicina in via dei Fiordalisi, sarà realizzato invece un nuovo impianto di illuminazione decorativo urbano. Saranno installati 4 nuovi punti luce per il costo di 48.805 euro. Stessa cosa per il Giardino Vitulli di Opicina in via Santa Fosca: tre nuovi punti luce di tipo decorativo urbano per 21.292 euro. Avrà, invece, un impianto di illuminazione nuovo di zecca Strada Nuova per Opicina nel tratto di competenza comunale con l'installazione di 36 nuovi punti luce (intervento da 119.565 euro). Attualmente la strada non è servita da alcun impianto di illuminazione pubblica. Il progetto prevede poi la sostituzione degli impianti di illuminazione di Riva Massimiliano e Carlotta nel porticciolo di Grignano. Verranno complessivamente installati 39 nuovi punti luce in sostituzione degli attuali 5. Anche qui i corpi illuminanti saranno a Led. Un lungomare turistico rimasto praticamente al buio in tutti questi anni. E, ultima ma non ultima, sarà modificata la tipologia di impianto di illuminazione della scalinata di via Ciamician. Saranno rimossi i due punti luce su palo di tipo stradale e verranno installate a parete 2 lanterne su mensola in ghisa di tipo storico (modello Trieste) con lampade a Led (5.291 euro). Un cambio radicale che non mancherà di far discutere. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2018

 

 

Via ai cantieri in Porto vecchio con la prima gara da 3,7 milioni

La rotatoria e la viabilità al servizio del Polo museale le priorità indicate nel bando Previsto un anno di lavori. Il tempo stringe: buste entro le 12.30 di San Silvestro

Primo round di lavori per rendere più accogliente e funzionale il Porto Vecchio: si comincia dal Polo museale (Magazzino 26, Centrale idrodinamica, Sottostazione e futuro centro congressi). Viabilità e infrastrutturazione in gara per oltre 3,7 milioni di euro. Il Comune ha pubblicato pochi giorni fa il bando riguardante il cosiddetto "lotto I", che ha, come responsabile del procedimento, lo stesso direttore dell'Urbanistica Giulio Bernetti. Tempi compressi, fine d'anno al fotofinish: le offerte vanno presentate in effetti entro le 12.30 di lunedì 31 dicembre e saranno aperte alle 10 di venerdì 4 gennaio 2019. Se le imprese interessate hanno domande da fare, potranno far pervenire i loro quesiti entro oggi, giovedì 27 dicembre, e avranno risposta sul sito il giorno seguente. Chi intende partecipare alla fortunata lotteria, sappia che la cauzione è di 75 mila euro, equivalente al 2% dell'appalto. Il punteggio premia la qualità tecnica della proposta con un massimale di 80 riconoscimenti, mentre la parte economica arriva a quota 20. La porzione ammissibile di subappalto arriva al 30% dell'importo complessivo. Il cronoprogramma delle opere prevede 300 giorni di attività spalmati su 14 tipologie di intervento: allestimento del cantiere, sondaggi, demolizione di tre edifici, viabilità provvisoria, rotatoria, viabilità interna, lampioni luce e arredo urbano fino al rassicurante sbaraccamento. Si può ritenere che questa prima fase dovrebbe concludersi nei primi mesi del prossimo anno. Planimetrie, quadri economici, mappe: la documentazione, allegata alla determina "madre", ammonta a oltre cinquanta atti. Le opere più visibili e più interessanti per l'utenza riguardano la viabilità, che interesserà due zone adiacenti all'interno di Porto Vecchio, il terrapieno Barcola-Bovedo e il Molo 0. Con due obiettivi prioritari: il collegamento al Polo museale e la rotatoria chiamata a regolare i flussi tra viale Miramare e la rete interna al Porto Vecchio. Allo spirare del 2018 il Comune ha impostato la griglia di indirizzi e di provvedimenti per iniziare la riqualificazione di Porto Vecchio. Vediamo le ultime mosse. Il bando per il primo lotto segue infatti la delibera di indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari, dalla quale si evince che l'amministrazione potrebbe essere in grado di mettere all'asta una quarantina di magazzini "disponibili" già nell'estate 2019.Lo scambio di discariche con l'Autorità portuale consentirà al Comune di bonificare il terrapieno di Barcola, fruendo di una tranche di 5, 5 milioni trasferiti dalla Regione all'Uti.Il Magazzino 26 ospiterà il Museo del mare (ma non solo), finanziato da 33 milioni di origine ministeriale. Al 31 dicembre si attendono infine le manifestazioni di interesse per trasformare il Magazzino 30 nel nuovo Mercato ittico all'ingrosso, compresi ristorante vista-golfo e angolo per la musica jazz. 

Massimo Greco

 

 

I volontari "liberano" la Grotta Azzurra da acqua e immondizie

Sos Carso in azione nella cavità naturale di Samatorza Svuotati 15 mila litri. Via anche batterie, bottiglie e barattoli

SGONICO - Circa 15 mila litri d'acqua svuotati. È stato un lavoro non indifferente quello compiuto dai volontari di Sos Carso all'interno della Grotta Azzurra, lo splendido antro naturale di Samatorza.Il gruppo ambientalista si è occupato di ripulire la vasca della grotta utilizzata durante la Prima guerra mondiale dai militari austroungarici come ricovero per 500 uomini e riserva d'acqua. La vasca e la condotta idrica ancora presenti (e funzionanti) nel lato sinistro della galleria d'accesso risalgono al 1917. «Ci abbiamo pensato su parecchio, per poter operare al meglio. Bisogna premettere che una settimana prima l'altezza dell'acqua nella vasca superava i 160 centimetri ed era impossibile entrarci senza adeguate attrezzature specifiche. Dopo aver fatto alcune prove, immergendo un tubo e pompando aria con una pompa manuale, abbiamo visto che scendendo nella parte più bassa della grotta, con 30 metri di tubo, l'acqua fuoriusciva dal tubo abbastanza bene e così in un paio di giorni siamo riusciti a portare il livello a circa 30, 40 centimetri, in modo da poter entrare in sicurezza», racconta Cristian Bencich, portavoce del gruppo. Nella vasca era stata segnalata la possibile presenza di una colonia di gamberetti. «Dopo aver visionato attentamente non abbiamo visto nulla e forse la loro scomparsa è dovuta al fatto che abbiamo trovato in zona parecchie batterie, che possono aver rilasciato piccole quantità di acido», spiega ancora Bencich. Un'operazione non semplice visto lo svuotamento di circa 15 mila litri d'acqua (quattro metri per 2,5 le misure della vasca per un metro e 60 d'altezza dell'acqua) e visti anche i rifiuti trovati. «Abbiamo fatto tre uscite nella grotta e recuperato dalla vasca sei batterie stilo, una quindicina di bottiglie e sette barattoli, tra cui uno in perfette condizioni». L'operazione dei volontari di Sos Carso si inserisce all'interno di una serie di lavori di pulizia che i triestini hanno iniziato nel territorio dell'altipiano già dallo scorso anno. Attualmente gli ambientalisti sono impegnati con un grosso lavoro di pulizia in una dolina di Basovizza, a circa 800 metri di distanza dal Pozzo dei Colombi, tristemente noto per la presenza di idrocarburi. Un lavoro, questo, che dovrebbe concludersi entro fine inverno. 

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2018

 

 

Famiglie, fisco, appalti: cosa cambia I Verdi: «Così svendono le spiagge»

L'ok al maxi-emendamento dopo una notte di bagarre Dalla proroga per gli ambulanti della direttiva Bolkestein fino ai tagli sulle pensioni

Roma. Dalle concessioni delle spiagge libere, alle novità per famiglie, pensioni, ambulanti e appalti. In attesa della definizione delle due misure simbolo, reddito di cittadinanza e pensioni, ecco le novità della manovra approvata dopo una notte di bagarre al Senato. Spiagge e ambulanti - La denuncia è del leader storico dei Verdi, Angelo Bonelli. Nella manovra, sottolinea, «non solo è prevista la proroga alla direttiva Bolkestein di 15 anni, ma anche il via libera a nuove concessioni demaniali sulle spiagge italiane, il salvataggio di ville, cottage residenziali sulle spiagge e il mantenimento delle strutture che per legge dovrebbero essere eliminate. Le ultime spiagge libere sopravvissute al cemento verranno così sottoposte ad una ulteriore cementificazione e privatizzazione». Esultano dall'altro lato gli ambulanti, le cui concessioni non saranno messe all'asta. Famiglie - Cambiano i congedi per i neo papà: cinque giorni diventano obbligatori e uno facoltativo (se compensato con uno della mamma). La vera novità però è proprio delle mamme: potranno rimanere al lavoro fino al nono mese, godendo di tutti e 5 i mesi di congedo dopo il parto. Dopo il terzo figlio alle famiglie numerose arriva in regalo un appezzamento di terreno. Il bonus per gli asili passa da 1.000 a 1.500 euro. Viene stanziato 1 milione di euro per agevolazioni all'acquisto - obbligatorio - dei seggiolini antiabbandono sia nel 2019 che nel 2020. Pensioni - In attesa di quota 100 le novità non mancano: la rivalutazione automatica degli assegni in base all'inflazione viene ridotta per garantire risparmi all'Erario, con tagli che vanno dai 250 milioni agli 1,2 miliardi nel triennio. Si tradurrà in una riduzione che oscilla tra i 37 centesimi e gli 11,53 euro. La scure sulle pensioni d'oro promessa da Luigi Di Maio sale dal 15 al 40% per gli assegni (pochissimi) sopra i 500.000 euro. Per i pensionati stranieri o italiani rimpatriati che scelgono di risiedere al Sud arriva infine una flat tax al 7%. Il mini- condono - Non è la pace annunciata ma la Lega porta a casa la sanatoria sui debiti fiscali e contributivi per chi è in difficoltà economica (o in liquidazione) e ha un Isee sotto i 20.000 euro. Tre le aliquote con cui estinguere i debiti: 16%, 20% e 25%. La misura porta gettito nel 2019 e nel 2020 ma in 5 anni costa mezzo miliardo. Più appalti senza gara - Il tema caro alla Lega è stato inserito e stralciato dalle bozze di vari testi. Ora trova finalmente la sua collocazione. La soglia sarà doppia: la Pubblica amministrazione potrà cioè affidare lavori diretti nelle opere tra 40 mila e 150 mila euro. Tra 150 e 350 mila sarà invece possibile procedere «previa consultazione di tre o più operatori economici». 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2018

 

 

Pd e alleati alzano le barricate per salvare la Sala Tripcovich

Mentre la Diocesi si schiera per la demolizione

«Per la Tripcovich il miglior investimento è demolirla», twitta don Ettore Malnati, vicario del vescovo. Eppure non è mai stata un luogo di perdizione da radere al suolo. Ha visto, per esempio, il debutto del direttore cinese Lü Jia con la Messa in si minore di Bach. Contro la demolizione, ora che la Sala è tornata in possesso del Comune (grazie alla permuta di fine anno con il Verdi dei laboratori teatrali delle Noghere), si schiera compatto il Pd assieme a Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Sabrina Morena (Sel). La partita si riapre. «Ora che il titolare della Sala è di nuovo il Comune si può ridiscutere del futuro della sala teatrale», attacca Giovanni Barbo. Il partito non ha digerito il modo in cui è stata portata in Consiglio la delibera, tra "non detti", numero legale e "ricatto" finale da parte dei lavoratori del Verdi. «Sono state dette parecchie falsità. L'amministrazione ha gestito in modo superficiale tutta la vicenda. La questione patrimoniale del Verdi, per esempio, è entrata in gioco solo all'ultimo momento», spiega la capogruppo Fabiana Martini. Sono le reticenze della giunta a far pensare male all'opposizione. «Abbiamo fatto diverse commissioni e persino un sopralluogo. Abbiamo chiesto un'analisi dei costi di demolizione rispetto alla rimessa a norma della Tripcovich. Dati mai avuti. Stiamo ancora aspettando», aggiunge Bassa Poropat. «La precedente amministrazione ha salvato il Verdi donando il 12 dicembre 2012 alla Fondazione la Tripcovich con i voti contrari dell'attuale maggioranza, e anche del Movimento 5 Stelle», precisa la consigliera e segretaria provinciale Laura Famulari. Che fare allora? «Andrebbe resa agibile, almeno finché non c'è un'altra sala in Porto Vecchio. Non dovrebbe costare troppo visto che nella permuta il Verdi dichiara che la sala ha l'impianto elettrico e termico a norma», aggiunge Valentina Repini, «La Tripcovich è una sala che funziona, un teatro che suona bene, fatto con i soldi di un benefattore. Per questo deve rimanere patrimonio della città, un presidio culturale in piazza Libertà, un luogo di aggregazione», afferma Morena che è anche regista teatrale. Alla faccia del Verdi che l'ha dismessa e della Diocesi che vorrebbe raderla al suolo. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2018

 

 

Depuratore, emergenza finita Bruxelles chiude la procedura

Il governo ha informato AcegasApsAmga: il funzionamento dell'impianto ha archiviato un dossier ambientale che si era aperto quasi vent'anni fa

Il Buon Natale può essere augurato anche da un luogo insolito come il depuratore di Servola. Perchè il 2018 si chiude non solo per AcegasApsAmga ma per l'intero contesto istituzionale triestino con una lieta notizia attesa - a seconda dei punti di vista - da 9 o da 19 anni: il governo italiano, attraverso il ministero dell'Ambiente, ha annunciato l'uscita dell'«agglomerato triestino» dalla procedura di infrazione Ue. In parole povere, il caso Servola è chiuso, l'Italia (e il territorio triestino) non è più inadempiente e non rischia più di essere sanzionata. Il nuovo depuratore, entrato gradualmente in funzione dall'inizio di quest'anno, è stato a più riprese oggetto di ispezione da parte dei funzionari di Bruxelles, dai quali alla fine è arrivato "disco verde" sul dossier Trieste. L'informazione è ancora ufficiosa ma la fonte è attendibile: è stato infatti lo stesso direttore generale di AcegasApsAmga, Roberto Gasparetto, ad anticiparla. Si diceva una storia lunga 9/19 anni. Perchè il problema depurativo si pose fin dal 1999, quando la normativa nazionale recepì quella comunitaria, che prevedeva il trattamento biologico fosse svolto "a terra" e non dalla condotta sottomarina di 7 km. Esattamente dieci anni dopo, correva il 2009, scattò la procedura d'infrazione. La macchina amministrativo-finanziaria si mise allora in moto: prima per trovare i 52 milioni di euro indispensabili alla realizzazione del nuovo impianto, poi per aprire nel 2014 il grande cantiere da 34500 metri quadrati organizzato da AcegasApsAmga, capace di trattare fino a 100 mila metri cubi di acqua/giorno e di servire 190 mila abitanti. Poco meno di quattro anni per recuperare il tempo perduto: bonifica, appalto integrato aggiudicato all'ati Veolia-Cmb-Suez-Riccesi, scavi di fondazione, strutture murarie, impiantistica, fino all'esercizio provvisorio. Il depuratore servolano è il più grande della regione, superiore a quelli di Lignano, Tolmezzo, Udine. Il meccanismo di ingegneria biologica, messo a punto dai progettisti, dosa l'intensità della depurazione al fabbisogno di elementi nutrienti "richiesto" dal mare. Sono stati assunti 6 addetti ad alta specializzazione. Laboratorio e direzione divisionale idrica trasferiti nella palazzina-uffici dell'impianto .In verità la svolta di Servola è la premessa della strategia disegnata da Gasparetto, mirata a mettere Trieste in super-sicurezza su gas, elettricità, acqua, ambiente. Parole d'ordine: continuità e straordinarietà della performance. Gasparetto vuole un'azienda in grado di soddisfare le esigenze di un territorio abitato da oltre 300 mila persone. Ma Trieste e provincia non ne hanno solo 230 mila? Appunto. Alzare l'asticella dell'efficienza e della reattività a quota 1,5. L'obiettivo è allora duplice. Innanzitutto prevenire le sempre meno prevedibili mutevolezze climatiche, che possono creare seri problemi al servizio: Gasparetto è rimasto colpito dagli effetti dei recenti nubifragi in Veneto e in Friuli, dove l'utility triestina è intervenuta con impianti mobili di potabilizzazione idrica in aiuto a Rocca Pietore nel Bellunese. Eppoi accrescere il livello di attrazione economica dell'area giuliana, perchè l'investitore esterno è attento al funzionamento complessivo del sistema territoriale: Porto vecchio e turismo sono due banchi di prova.Su questo progetto di "città resiliente" AcegasApsAmga punterà nel 2019 40 milioni di euro, il 10% in più rispetto all'anno uscente. Possibilità di interruzioni, azioni di "remediation", il "business disaster recovery plan" per far fronte a eventuali scenari di indisponibilità. Dall'autobotte al generatore. Senza mai dimenticare che Trieste è zona sismica. Gasparetto ha davanti modelli da protezione civile, per prevenire e affrontare quello che definisce "rischio residuo", ovvero l'emergenza causata da fattori extra-manuale. Al punto che ha nominato un "comitato di crisi" composto da 15 tra dirigenti e quadri, convocabile quando le situazioni superassero la soglia di ordinaria preoccupazione. "Città resiliente" su tutta la linea. Risanamento dei tubi di ghisa, inserimento delle nuove valvole idriche, interventi sulla condotta sotto-marina, rinnovamento degli interruttori nelle 4 cabine elettriche primarie. E restyling delle colonne gas montanti nei condominii più anziani: 150 stabili con 4 mila famiglie. 

Massimo Greco

 

 

All'asilo di via Pallini un altro abbattimento d'alberi "selvaggio" - la lettera del giorno di Gianfranco Lucatello

Vedendo ciò che si sta verificando nel giardino dell'asilo di via Pallini ritengo doveroso almeno segnalare il fatto. Da 50 anni abito di fronte all'asilo, dove le mie figlie hanno trascorso la loro prima infanzia nel verde del giardino. Fino ad oggi non avevo mai notato che sia stata fatta una manutenzione accurata, tanto meno una potatura degli alberi situati nel giardino stesso. Da qualche giorno tuttavia noto una ditta del Comune che sta intervenendo sugli alberi abbattendoli completamente. Sarà un vero scempio vedere il giardino completamente deserto senza un po' d'ombra che nei periodi caldi proteggeva i bambini dal sole. Ci vorranno anni prima che si riveda una vegetazione rigogliosa come quella della foto che accludo. Mi chiedo se non sarebbe stato sufficiente, in anni passati, fare una potatura e una manutenzione preventive affinché gli alberi non si ammalassero e si irrobustissero, come è stato fatto nel viale di piazza Vico?Purtroppo si constata che a Trieste è molto frequente l'abbattimento di alberi in varie zone della città. Invece di creare nuovi spazi verdi, si distruggono mano a mano quelli esistenti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2018

 

 

Parte la corsa contro il tempo per il nuovo Centro congressi

Dipiazza consegna le chiavi dei Magazzini 27-28 al presidente di Tcc Bravar Nella compagine della società è entrata Generali e farà il suo ingresso la Illy

L'obiettivo, come dicevano i vecchi militari, è indefettibile: farcela per la primavera del 2020, in tempo per accogliere la manifestazione scientifica Esof. Ma non sarà facile, perché realizzare il Centro congressi di Porto vecchio da qui a 15 mesi rappresenta un'autentica corsa contro il tempo. Ieri mattina singing in the rain il sindaco Dipiazza ha consegnato le chiavi dei magazzini 27 e 28 a Diego Bravar, già fondatore di Tbs e attuale presidente di Trieste convention center (Tcc srl), realtà partecipata da 57 tra professionisti e imprese. La cerimonia è proseguita nella zona meno selvatica del Pfv, fruendo degli spazi coperti offerti dalla contigua Idrodinamica. Le linee progettuali del compendio congressuale-fieristico sono quelle ormai note: il "27" e il "28" saranno uniti da un ponte, dietro il "28" sorgerà una struttura completamente nuova, che definiremo per convenzione "28 bis". Proprio questo edificio sarà il più capiente, in quanto arriverà ad accogliere oltre 1800 persone, il "28" ne ospiterà più di 400, il "27" si articolerà su tre sale di dimensioni più ridotte (500 disponibilità) e disporrà persino di un caffè a conduzione Illy. Risultato finale: un auditorium e sale conferenze per un potenziale di 2800 presenze, 9 mila metri quadrati di superficie di cui poco meno di 4 mila a destinazione espositiva. Investimento di quasi 11 milioni (sine Iva), coperto per il 45% dal Comune di Trieste e per il 55% da Tcc srl, che otterrà una concessione ventennale. Ufficiale l'ingresso di Generali nella compagine azionaria di Tcc con una quota del 12%, che in cifra tonda dovrebbe "cubare" attorno ai 250 mila euro. Il presidente della compagnia, Gabriele Galateri di Genola, fa sapere che «questo investimento conferma l'attenzione per Trieste, sede storica di Generali e città con un grande potenziale di crescita». Venerdì 28 corrente mese la società dovrebbe poi dare il benvenuto anche alla Illy. Tra le poche assenze di rilievo in questa grande parata, quella della Fondazione CRTrieste, la quale però, per ragioni normative, può partecipare solo attraverso una share di controllo. Un centinaio di invitati, dalla marcata trasversalità politica (Serracchiani, Cosolini, Russo, metà giunta Dipiazza, il regionale Scoccimarro), ha ascoltato l'illustrazione del progetto. Dipiazza ha inserito il Centro congressi nel quadro delle attività lanciate nella riqualificazione di Porto vecchio. Bravar ha riepilogato le tappe, susseguitesi dal novembre 2017 a oggi, che hanno portato alla creazione di Tcc e all'affidamento dei lavori alla stessa start-up. I tratti essenziali dell'operazione sono stati riassunti dai principali profili tecnico-progettuali: Ermanno Simonati (Mads), Paco Ferrante (Re.te.), Giulio Paladini (MetroArea). Ruolo a parte per Cristiana Fiandra, che, a nome di "The Office", ha precisato gli aspetti qualificanti della futura attività congressuale, ovvero lo sviluppo di eventi di portata internazionale legati ai sistemi di ricerca, alle imprese innovative e culturali. Si auspica che la coazione tra l'arrembante terza corsia, gli aeroporti più o meno zonali (Trieste, Lubiana, Venezia), ferrovia, gli istituti scientifici ne favoriscano il decollo. Già due le "prenotazioni" post-Esof, ma il traguardo è ottenere non meno di 25 appuntamenti all'anno. 

Massimo Greco

 

Una partita cominciata un anno fa

A seguire la cerimonia un po' tutti i protagonisti di una sfida impegnativa, sia nella realizzazione che nella conseguente gestione, partita il 9 novembre 2017. Al lavoro "fisico" su edile e impiantistica provvederanno le ditte Rosso, Monticolo & Foti, Tiepolo, Ranieri. La conduzione tecnico-amministrativa del progetto impegnerà - oltre ai professionisti già citati - Tommaso Tassi, Tazio Di Pretoro, Daniele Alberico, Alberto Cettolin, Stefania Musco. Un supporto fondamentale è quello finanziario, assicurato da un pool di cinque banche, che concederanno credito - ricordava Diego Bravar - per quasi 5 milioni di euro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2018

 

 

L'invito di Legambiente «Abolire i soffiatori per la pulizia stradale» - lettera aperta al sindaco

Abolire i soffiatori lungo le strade del Comune di Trieste. È quanto chiede Legambiente attraverso una lettera aperta al sindaco e con la distribuzione di un opuscolo informativo destinato alla cittadinanza. I soffiatori, molto utilizzati da parte delle società che gestiscono la pulizia stradale per conto di AcegasApsAmga, nel rimuovere con un forte getto d'aria il fogliame e la sporcizia presente anche sotto le automobili, alzano una serie di cumuli di rifiuti estremamente dannosi per la salute della popolazione, sostiene Legambiente. «Quanto sollevato da questi strumenti - a detta del professor Mario Mearelli di Legambiente Trieste - e disperso nell'aria, contiene una notevole quantità di particolato all'interno del quale ci possono essere sostanze nocive per l'uomo quali residui di feci di uccelli, cani, gatti o addirittura di ratti. Questi ultimi, per esempio, sono portatori dell'hantavirus, una speciale infezione virale di diffusione vastissima e trasmessa all'uomo attraverso l'inalazione del virus presente negli escrementi di roditori». Ma non basta: secondo Legambiente fra le sostanze sollevate dai soffiatori vi sono anche pesticidi, erbicidi, elementi di metalli pesanti, allergeni come pollini e muffe, polveri sottili, benzopirene e altri idrocarburi policiclici aromatici. Tutti elementi che producono effetti dannosi sulla salute delle persone, basti pensare che il benzopirene è classificato dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno. Come sostituire però i soffiatori? Legambiente dà dei suggerimenti per il medio e breve termine. Ad esempio, l'aspirazione delle foglie tramite la tecnica dello "sweepy jet", «una tecnica - a detta sempre del professor Mearelli - molto meno impattante rispetto a quella dei soffiatori e già utilizzata in altre città italiane ed europee. Nel frattempo, chiediamo che negli interventi di pulizia interni alle aree verdi e ai giardini pubblici comunali venga adottata la chiusura precauzionale al pubblico degli stessi durante il procedimento e nelle successive due ore».

Lorenzo Degrassi

 

Smog  - Brescia, Torino e Lodi le più inquinate d'Italia - 19 città fuori dai limiti

Polveri sottili PM10 oltre il limite di legge giornaliero in 19 città italiane: lo dicono i dati preliminari aggiornati al 10 dicembre scorso, con Brescia capofila dei superamenti (87 giorni), seguita da Torino e Lodi con 69, e Viterbo che, almeno finora, non ha mai oltrepassato il limite. Ma il trend delle concentrazioni di polveri sottili PM10, PM2, 5 e biossido di azoto (NO2) è comunque in diminuzione. Lo ha reso noto l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presentando i risultati dell'edizione 2018 del Rapporto Qualità dell'Ambiente Urbano, che analizza 120 città e 14 aree metropolitane e che quest'anno dedica il focus alle esperienze innovative. Il rapporto evidenzia una significativa tendenza alla riduzione dei livelli di emissione di PM10 primario, quello direttamente emesso dal riscaldamento domestico e dai trasporti, ma anche dalle industrie e da alcuni fenomeni naturali, che si riduce del 19% in 10 anni (2005-15). Nel 2017 il valore limite annuale per il biossido di azoto (NO2) è stato superato in almeno una delle stazioni di monitoraggio di 25 aree urbane.

 

 

Intesa Ue sulla plastica monouso Stop a piatti e posate dal 2021

Obiettivo vincolante per ogni Stato: dal 2025 in media almeno il 25% di plastica riciclata Il ministro Costa plaude e annuncia la legge "Salvamare". Greenpeace: «Non è abbastanza»

Dopo oltre dodici ore di negoziato, le istituzioni Ue hanno raggiunto l'accordo che prevede restrizioni alla commercializzazione e all'uso di oggetti monouso in plastica. Dal 2021 saranno vietati posate e piatti, cannucce, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (come le scatole di fast food), bastoncini di cotone per i prodotti dell'igiene tipo cotton fioc. Per altri prodotti ci saranno obiettivi di riduzione. Per le bottiglie in Pet per bevande, per esempio, viene fissato un obiettivo vincolante di almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025 in poi, calcolato come media per lo Stato membro. Nel 2030 tutte le bottiglie di plastica dovranno rispettare un obiettivo di almeno il 30% di contenuto riciclato. I Paesi membri dovranno recepire la nuova direttiva entro due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ue. Oltre ai prodotti elencati, saranno vietati anche quelli in plastica oxo-degradabile (per esempio le buste di plastica che si frammentano se esposte all'aria). Gli Stati membri dovranno inoltre prendere le misure necessarie per raggiungere un taglio dei consumi quantificabile per prodotti come contenitori utilizzati per alimenti per il consumo immediato e altri come i bicchieri di plastica per bevande. Le salviettine umidificate dovranno riportare sulla confezione un contrassegno che informa i consumatori della presenza di plastica e dei danni che un non corretto smaltimento può arrecare all'ambiente. I produttori di filtri per tabacco che contengono materie plastiche saranno soggetti a un regime esteso di responsabilità del produttore. Dovranno cioè coprire i costi per i sistemi di raccolta per mozziconi di sigarette, comprese le infrastrutture necessarie, come ad esempio i contenitori di rifiuti adeguati. Le sigarette con filtro contenente plastica dovranno inoltre riportare sulla confezione un contrassegno che informa sui danni per l'ambiente se i mozziconi di sigarette non vengono gettati negli appositi contenitori. Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, a Bruxelles, dove oggi parteciperà al Consiglio europeo dei ministri dell'Ambiente, definisce quella di ieri «una giornata importante per coloro che si battono da tempo per contrastare l'inquinamento da plastica nei mari. Sono soddisfatto perché Consiglio, Commissione e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo in tempi molto brevi, al di là delle aspettative». Costa annuncia, infine, che alla ripresa dei lavori parlamentari, presenterà la legge «Salvamare» per «poter correggere il tiro e andare oltre consolidando la leadership che l'Italia ha sulla riduzione della plastica monouso». Soddisfatta a metà Greenpeace: «Un segnale importante dall'Europa, ma le misure concordate non rispondono in pieno alla gravità dell'inquinamento dei nostri mari». 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2018

 

 

La Tripcovich torna al Comune Ok alla delibera "salva Verdi"

Approvazione al secondo tentativo dopo il flop di lunedì Alla Fondazione vanno i magazzini teatrali delle Noghere

Buona la seconda. La permuta tra Comune di Trieste e Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi (ovvero la Sala Tripcovich in cambio dei Magazzini teatrali delle Noghere) passa al secondo tentativo. E senza neanche un voto contrario o un astenuto. Solo il Movimento 5 Stelle (che aveva posto a più riprese una pregiudiziale sull'operazione) ha scelto con senso di responsabilità di non partecipare al voto. La delibera ha ottenuto 33 voti favorevoli su 39 presenti nell'aula tra gli applausi del pubblico presente. Il vero convitato di pietra della serata, infatti, sono stati i lavoratori del Verdi arrivati a sostegno di una delibera che rischia di essere fondamentale per il futuro del teatro lirico. La questione della patrimonializzazione della Fondazione arriva a neppure due settimane dalla chiusura dell'ultimo bilancio del piano di risanamento (iniziato nel 2015 e prorogato al 2018). In ballo la conferma del Verdi tra le 12 Fondazioni liriche italiane (e quindi dei finanziamenti del Fus e dei 240 dipendenti attuali) oppure il declassamento a teatro di tradizione (con drastico ridimensionamento degli organici). Così il tema della permuta è diventato una questione di "vita o di morte" del Verdi. E i mal di pancia dell'opposizione sono rientrati. Alla prova di appello di ieri sera sono arrivati in aula gli assessori Lorenzo Giorgi (Patrimonio) e Serena Tonel (che detiene l'esotico referato ai teatri) con il sindaco e presidente della Fondazione del Verdi Roberto Dipiazza (il suo intervento risolutivo era stato all'origine della mozione d'ordine del forzista Bruno Marini che aveva portato al fallimento della seduta mattutina di lunedì). Una seduta non facile tra i soliti non detti (la demolizione sognata da anni) e i dubbi su una permuta che lascia sul campo oltre due milioni di euro (il valore che il Comune perde nello scambio immobiliare). Dipiazza a un certo punto se n'è andato dal Consiglio sbattendo i pugni e la porta quando la consigliera Cinque Stelle Cristina Bertoni gli attribuiva, in qualità di presidente della Fondazione, il dissesto del Teatro Verdi. Il sindaco, del resto, non ama i giri di parole e ieri sera ha esibito (mostrando al video del telefonino) il nulla osta del Ministero dei Beni culturali (cosa messa in dubbio ancora ieri sera dal capogruppo del M5s Paolo Menis) alla permuta che mette in sicurezza la situazione patrimoniale del Verdi in vista dell'atteso esame del piano di risanamento. Un emendamento, presentato dal forzista Michele Babuder ha garantito l'uso gratuito dei magazzini delle Noghere da parte del Teatro Stabile Il Rossetti che così non potrà essere sfrattato e neppure dovrà pagare l'affitto al Verdi. La Sala Tripcovich è solo un effetto collaterale dell'operazione che conferisce al Teatro i laboratori delle Noghere (valutati oltre 3 milioni di euro). «Il sindaco un giorno mi ha chiamato e mi ha detto: dobbiamo tornare in possesso della Sala Tripcovich. Fallo» racconta l'assessore al Patrimonio Giorgi. Il destino di quella che è stata la Stazione delle Corriere («Da piccolo la usavo anch'io quando andavo in Friuli a trovare i nonni») è segnato. «Era un edificio fuori legge, aveva i camerini nei container che abbiamo già rimosso, era piena di amianto. Per questo l'abbiamo chiusa. Non paliamo di abbattimento per ora. Intanto liberiamo il Verdi da quel peso. Ma io sono un esteta e amo le belle donne, la Tripcovich è davvero brutta. Quindi facciamo la cosa giusta» spiega il sindaco facendo capire che per lui il destino del teatro di piazza Libertà è già deciso dal suo aspetto. Le speranze che rimanga in piedi sono legate al vincolo che la Soprintendenza ha messo sull'edificio di Nordio nel 1997. Per il resto, ora che il bene ritorna in possesso del Comune (era stato conferito gratuitamente al Verdi il 10 dicembre 2012 con il voto contrario allora di molti consigliere dell'attuale maggioranza come ha ricordato il capogruppo del Pd Fabiana Martini), si apre il dibattito sulla sua destinazione d'uso. «Se il Comune vorrà, potrà essere una balera» spiega il capogruppo di Forza Italia Piero Camber. Un esempio che si accoda alla salumeria evocata da Giorgi. «Se restava al Verdi faceva la fine del Magazzino vini. Meglio una discoteca che un ex Magazzino vini» spiegava il capogruppo leghista Antonio Lippolis. Sicuramente non pensava però all'arrivo di Eataly dopo l'intervento della Fondazione CRTrieste. «Io spero che venga demolita» chiarisce Lippolis dimenticando forse che anche Dipiazza promise la demolizione del Magazzino vini in sei mesi. Per fortuna non riuscì nell'intento. E la cosa potrebbe ripetersi per la Sala Tripcovich. E magari avere un lieto fine come per il Magazzino vini diventato (parola di sindaco) un incredibile "attrattore".

Fabio Dorigo

 

 

Parte la svolta verde di Hera Energia pulita per le imprese

Il gruppo guidato da Tommasi, che controlla la triestino-padovana AcegasAps, punta sugli impianti di cogenerazione, fonti rinnovabili ed efficienza energetica

TRIESTE - È una sfida al tempo stesso etica e di business quella che si gioca sul terreno della sostenibilità, intesa in senso lato dalla capacità di generare ricavi e redditività con un occhio alla salvaguardia dell'ambiente e al contenimento nell'impiego di materie prime. Un tema che coinvolge in primo luogo le multiutility, come dimostrano le strategie di Hera che ha l'headquarter a Bologna, ma una forte presenza nel Nord-Est tramite la controllata AcegasApsAmga (che nel 2017 è arrivata ad alimentare le proprie attività operative con il 100% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili), e nei giorni scorsi ha installato a Trieste cestini intelligenti per dare il via ad una raccolta dei rifiuti 4.0. Si tratta infatti dei primi due contenitori, dotati di compattatore interno e funzionanti a energia solare, che sono stati posizionati in piazza della Borsa, nello specifico il primo di fronte alla Camera di Commercio e l'altro all'incrocio con Via Roma. Attraverso l'accumulo di energia solare, i cestini si autoalimenteranno e non avranno bisogno di energia esterna. Quasi in contemporanea Hera ha raggiunto un accordo con Amadori per la realizzazione di un impianto di cogenerazione che fornirà energia pulita per il polo produttivo di Cesena. Un intervento da circa un milione di euro di investimenti nell'efficienza energetica che garantirà risparmio di energia primaria di circa il 15% con un alto rendimento globale in termini di conversione di energia del 70%. Un salto in avanti fondamentale verso una dimensione green è avvenuto lo scorso anno quando il gruppo Hera ha rilevato Aliplast, realtà trevigiana che si occupa di raccolta e riciclo di rifiuti di matrice plastica, per poi procedere alla rigenerazione del materiale. Un'operazione che le ha consentito di essere la prima azienda italiana a raggiungere la piena integrazione lungo tutto il ciclo di vita della plastica, producendo così materiali disponibili al riutilizzo (ad esempio pellicole rigide e flessibili Pe, polimeri rigenerati), concretizzando così i principi dell'economia circolare. «Gli impianti di trattamento rifiuti non rappresentano per noi solo un asset produttivo, ma, in quanto infrastruttura a servizio del territorio, pilastro strategico di sviluppo e di supporto al tessuto economico italiano», spiega Tomaso Tommasi di Vignano, presidente esecutivo di Hera. Tornando alle iniziative di gruppo, è di qualche settimana fa l'accordo con Eni per trasformare l'olio vegetale esausto di uso domestico in biocarburante per alimentare i mezzi aziendali della raccolta rifiuti di Hera. L'olio raccolto alle stazioni ecologiche o tramite i contenitori stradali sarà inviato alla bioraffineria Eni di Venezia, a Porto Marghera, primo esempio al mondo di conversione di una raffineria di petrolio in bioraffineria, che lo trasformerà in green diesel, prodotto completamente rinnovabile che costituisce il 15% dell'Enidiesel+. Restando in terra veneta, Herambiente è capofila di un'associazione temporanea di imprese che da poco si si è aggiudicata una gara d'appalto per realizzare opere di bonifica nella zona del porto di Chioggia.-

Luigi Dell'Olio

 

 

 

 

LA VOCE.info - MARTEDI', 18 dicembre 2018

 

 

Fisco Ma la tassa sui rifiuti è una vera patrimoniale

Nella maggior parte dei comuni, il prelievo per finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani agisce come un’imposta patrimoniale.

Il sistema non incentiva l’efficienza del servizio e ha pesanti ricadute anche sul piano redistributivo.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2018

 

 

Chioschi, docce e beach volley Acquario rinascerà nel 2020

Via libera al progetto esecutivo del secondo lotto. La partita vale oltre sei milioni I lavori definitivi di bonifica e riqualificazione saranno completati entro due estati

MUGGIA - Entro l'inizio dell'estate del 2020 il terrapieno Acquario sarà completamente bonificato e riqualificato. La giunta Marzi ha ufficialmente dato l'ok al progetto esecutivo della seconda parte dei lavori che, dall'estate del prossimo anno, verranno effettuati sull'area a mare muggesana. Costo complessivo dell'intervento? Esattamente sei milioni e 310 mila euro. Raggiante il sindaco di Muggia Laura Marzi: «La volontà e l'impegno sono sempre andati nella direzione della restituzione della costa ai muggesani. Come promesso, abbiamo proseguito e stiamo tuttora proseguendo in questo non facile percorso».L'amministrazione muggesana ha dunque formalizzato l'approvazione del progetto che è stato predisposto, dopo l'espletamento della necessaria procedura di gara, dal costituendo Rtp (Raggruppamento temporaneo professionisti) di tipo "orizzontale" composto da Hmr Ambiente (con sede legale a Padova), Sqs Servizi qualità e sicurezza (Trieste) e Thetis (Venezia).Il progetto presentato prevede, oltre alla bonifica tramite la messa in sicurezza permanente del sito, un complessivo intervento di recupero e riqualificazione estetico-funzionale dell'area. Diversi gli interventi in programma. Oltre al percorso ciclopedonale già realizzato, vi sarà un ulteriore tratto di ciclabile che costeggerà la strada con due punti di bikesharing, sistema sempre più apprezzato dai turisti ma anche da coloro che desiderano utilizzarlo per spostarsi senza problemi di traffico e di parcheggio. Non mancheranno chioschi per il ristoro, con annessi servizi legati alla balneazione, e alcune strutture ombreggianti per trovare riparo dal sole. Si prevede, inoltre, la realizzazione di un'area giochi e fitness, un campo da beach volley, un campo da bocce e il preannunciato skate park, come da impegno preso dall'amministrazione muggesana dopo la dismissione dell'impianto presente sino a qualche mese fa nell'area del piazzale ex Alto Adriatico. Il nuovo Acquario sarà completato anche da docce, fontanelle e otto scalette a mare nonché dall'allargamento del parcheggio esistente che vedrà quasi raddoppiata l'attuale capienza. La realizzazione del progetto consentirà di riaprire alla cittadinanza un'area che da più di 20 anni attende di essere restituita alla comunità. «Finito il primo lotto e in attesa delle verifiche della Regione, non ci siamo certo fermati, passando ovviamente al secondo lotto in modo da restituire alla collettività l'interezza del terrapieno quanto prima», racconta Marzi. Il primo lotto, la cui zona è tornata fruibile, ha interessato la riqualificazione del cosiddetto primo stralcio funzionale dal pontile a "T" a punta Olmi. «Crediamo fermamente nella realizzazione di questi progetti che permetteranno finalmente di riqualificare la nostra costa con un grande beneficio per tutto il territorio e per tutta la comunità. Si avrà un miglioramento decisivo della fruibilità e della balneabilità della costa per i muggesani e per i turisti. Si avvieranno nuove attività economiche, con beneficio sia in termini di occupazione che di servizi offerti alla cittadinanza», puntualizza il sindaco di Muggia. Il progetto esecutivo dovrà ora passare al vaglio della Conferenza dei servizi regionale a inizio 2019. Dopo le eventuali osservazioni, il Comune potrà indire una procedura di gara per poi procedere «quanto più rapidamente possibile, in ogni caso entro l'inizio dell'estate». Il cantiere durerà un anno. A conti fatti entro l'inizio dell'estate 2020 la riapertura di Acquario dovrebbe quindi essere realtà. 

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2018

 

 

Per Palazzo Carciotti il "social housing" sarebbe ottimale - la lettera del giorno di Fabio Denitto

Chi passa per viale Ippodromo non può non rimanere colpito dall'imponente e ben riuscita ristrutturazione dell'ex edificio della ditta cartotecnica Saul Sadoch. Si sono infatti ricavate decine di appartamenti di varie metrature destinati all'affitto mediante il social housing, un progetto gestito congiuntamente dalla Regione e da costruttori privati per offrire, a prezzi sostenibili, appartamenti a quelle famiglie che non dispongono di un reddito sufficiente per accedere al mercato degli affitti ma che al tempo stesso hanno un reddito troppo alto per entrare nelle graduatorie delle case Ater. Un'area "grigia", perciò, alla quale è rivolto questo progetto. Cosa ci guadagnano i costruttori privati?Presto detto: alcuni appartamenti, quelli più pregiati, vengono venduti dalla ditta costruttrice. In questo caso si tratta di alcuni bellissimi attici posti all'ultimo piano. Un altro progetto simile è previsto a breve in zona Rozzol. Perché perciò non pensare a una cosa analoga anche per il Palazzo Carciotti, che sembra nessuno voglia comperare? Si era pensato a un ennesimo albergo di lusso (ma quanti alberghi di lusso vogliamo costruire a Trieste?). I costi però di un acquisto e di una complessa ristrutturazione hanno fatto allontanare ogni possibile costruttore dalle aste organizzate dal Comune. Invece nel caso di un progetto di social housing, in questo palazzo potrebbero essere ricavati molti appartamenti, mentre la parte antistante il mare, quella più pregiata, potrebbe essere trasformata in bellissimi appartamenti extra lusso. In questo modo tutti rimarrebbero soddisfatti: il Comune che si libera di un peso, la Regione che facilita decine di famiglie, i costruttori che ci guadagnano, le persone più abbienti che si trovano appartamenti unici e decine di famiglie dal reddito basso che risolvono il loro problema abitativo. L'operazione inoltre avrebbe anche un risvolto sociale non indifferente: fare convivere in centro città famiglie di ceto differente. C'è il rischio infatti che, tra alberghi di lusso e appartamenti di lusso, il centro storico poco alla volta si svuoti delle persone a reddito medio-basso diventando una sorta di ghetto all'incontrario. Mentre città nelle quali si mescolano ceti diversi (in Europa ce ne sono molti esempi) sono quelle più tranquille e forse, chissà, perfino più felici.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2018

 

 

La manovra è legge - La sanità fa il pieno e incassa 3 miliardi - Passa il piano mutui

Approvata all'alba di ieri la prima finanziaria dell'era Fedriga Pareggio a quota 4,5 miliardi. Incentivi fiscali alle imprese

Trieste - La prima manovra della giunta Fedriga, che pareggia a 4,5 miliardi tenendo conto delle sole poste regionali, vede l'alba. Sono passate le 6 quando Massimiliano Fedriga racconta la sua soddisfazione, ringrazia la giunta, sottolinea il «grande senso di responsabilità di tutto il Consiglio» pur in una conta che divide in maniera netta maggioranza e opposizione: 28 favorevoli e 13 contrari sulla legge di Stabilità, 18 sì, 10 no e 3 astensioni grilline sulla collegata. Verrà ricordata come la Finanziaria del ritorno agli investimenti via mutui, del taglio dell'Irap, del bonus asili nido, dell'abbattimento costi del trasporto pubblico scolastico e di una mega-posta per il socio-sanitario che sfiora i 3 miliardi, un modo per dare certezze preventive alle aziende sanitarie alle prese con la controriforma. «Abbiamo avuto coraggio», dice Barbara Zilli senza nascondere la fatica non tanto per la notte in aula nella volata finale, quanto per una preparazione complicata e l'infilata di emendamenti che hanno arricchito la manovra quando si era già entrati in Consiglio. A riassumere assieme all'assessore alle Finanze il bilancio 2019 è il governatore, convinto di un lavoro che ha «costruito le fondamenta per il futuro della regione, impostandolo su assi portanti quali l'abbassamento della pressione fiscale per le imprese, il piano straordinario con 320 milioni di investimenti per lo sviluppo, le politiche sociali che riportano al centro la famiglia come cuore della comunità, le misure sul lavoro, il modello sanitario con maggiori servizi e vera razionalizzazione della spesa, le risorse alle autonomie locali con i sindaci nuovamente protagonisti e una decisa ripartenza per trasformare i danni del maltempo in opportunità di crescita». Fedriga sottolinea anche la partite chiave dell'Irap: «Noi abbassiamo le tasse veramente». Quella delle famiglie, «una su tutte l'asilo nido gratuito dal secondogenito in poi nelle fasce di reddito Isee sotto i 50 mila euro, testimonianza concreta di quanto consideriamo i nuclei familiari elemento portante di una società che guarda avanti». E ancora la sicurezza: «Grazie e 10 milioni in più potrà aumentare il livello di percezione». E il fondo da 3,5 milioni per il ristoro dei soci Coop e Coopa: «Dimostriamo ai cittadini che siamo dalla loro parte».Nelle ultime ore sono spuntati anche 1,3 milioni per gli asfalti nei piccoli comuni, 1 milione per gli arredi scolastici nei paesi con meno di 10 mila abitanti, 800 mila euro per l'acquisto di veicoli per il trasporto di persone disabili. Un elenco senza fine in un bilancio che conta entrate e autorizza spese per complessivi 7 miliardi e 568 milioni. Le cifre finali, fa sapere Zilli, dopo la collocazione in particolare dei 90 milioni di euro per i cantieri pubblici, con poste spartite tra diverse direzioni, verranno però rese note il 28 dicembre in conferenza, «occasione per rimarcare come con questa manovra il Fvg può cambiare marcia. Dispiace che l'opposizione non abbia colto lo sforzo di novità». Ne parla anche in un lungo post su Facebook il capogruppo della Lega Mauro Bordin, ma Sergio Bolzonello, capogruppo dem, rilancia le critiche delle ultime settimane: «Con questa Stabilità, la giunta Fedriga ha fallito il suo primo vero banco di prova dopo mesi di annunci e promesse. In questi giorni abbiamo discusso una "non Finanziaria" che affossa settori determinanti per lo sviluppo della regione come l'economia e le infrastrutture, discrimina e mette in difficoltà migliaia di persone nel comparto del welfare». Furio Honsell, di Open, spiega invece il motivo dell'abbandono dell'aula prima del voto: «Partecipare sarebbe stato legittimare politicamente un percorso dal quale siamo stati esclusi». 

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2018

 

 

Progetto sui parchi minerari bocciato. La Regione: "Roma diffidi la Ferriera".

L'assessore Scoccimarro: "Documentazione incompleta". E scrive al ministero per un ultimatum irrevocabile ad Arvedi.

Il progetto per la realizzazione della copertura dei parchi minerari consegnato da Siderurgica Triestina il 10 dicembre è stato giudicato insufficiente dagli uffici tecnici della Regione. E così l'assessore Fabio Scoccimarro ha scritto ieri al ministero dell'Ambiente per chiedere la diffida formale del Gruppo Arvedi. Sta ora al governo dare un ultimatum irrevocabile affinché l'azienda presenti un piano completo per la costruzione dei capannoni previsti a copertura dei depositi di minerale ferroso e carbon coke nel comprensorio della Ferriera di Servola. E se così non sarà, l'azienda dovrà dichiarare di non avere più intenzione di realizzare le strutture e dunque infrangere quanto previsto dall'Accordo di programma. «Ho appena scritto al ministero - ha detto Scoccimarro - per chiedere che venga diffidata Siderurgica Triestina, che ancora una volta è risultata inadempiente davanti alle richieste della Conferenza dei servizi relative alla copertura dei parchi». Tutto comincia il 17 luglio, quando gli enti rappresentati alla Conferenza dei servizi chiedono una serie di integrazioni progettuali ad Arvedi: la scadenza per la consegna è il 20 novembre, quando tuttavia l'impresa non fornisce alcuna documentazione. Tre giorni dopo, nell'ennesimo tavolo tecnico convocato a Roma, il ministero fissa il 10 dicembre come ultima data utile per la consegna dei documenti mancanti: stavolta le integrazioni arrivano, ma Regione e Arpa riscontrano la mancanza di quanto richiesto in merito al trattamento dell'acqua piovana, che andando a colpire il tetto dei capannoni trascina le polveri al suolo e va quindi raccolta e canalizzata correttamente per non essere fonte di inquinamento. Da qui la richiesta al ministero di diffidare Siderurgica Triestina, che da tempo non nasconde di voler avere chiarezza sul futuro dell'area prima di realizzare un'opera dal costo di ben 35 milioni. Scoccimarro sottolinea che «tutto questo non vuole essere un atteggiamento persecutorio verso una società che ha dimostrato di aver compiuto già importanti investimenti. Qui si parla di rispetto di accordi sottoscritti non da noi ma dalla giunta Serracchiani». L'assessore evidenzia inoltre che «ormai trapela che la società non vorrebbe costruire i parchi, ma questo significa o vendere l'azienda o far decadere l'Aia». E in questo secondo caso la Ferriera non avrebbe più possibilità di continuare a produrre. Ecco allora che Scoccimarro ribadisce «ancora una volta pubblicamente, la nostra disponibilità alla revisione dell'Accordo di programma: la copertura dei parchi minerali diventa ovviamente superflua se l'area a caldo si avvia a una graduale, concordata e condivisa chiusura, che salvaguardi il lavoro e la salute dei cittadini». La Regione continua dunque a usare l'onerosa realizzazione dei capannoni per ammorbidire la proprietà rispetto alla possibilità di cedere l'area a investitori interessati alla trasformazione logistica. A cominciare dal gruppo China Merchants, che potrebbe acquistare quote della Piattaforma logistica in costruzione e puntare poi a rilevare l'area a caldo per realizzarvi una stazione ferroviaria. Scoccimarro attende ma non si sbilancia: «Le voci ci sono ma nessun soggetto si è ancora fatto avanti. Attendiamo sviluppi concreti».

Diego D'Amelio

 

Dai proclami barricaderi ai diktat Un braccio di ferro lungo otto mesi

La volontà di chiudere l'area a caldo è stata al centro della campagna elettorale di Fedriga

Non era ancora presidente della Regione, mancavano meno di due settimane al voto del 29 aprile, e Massimiliano Fedriga, a un dibattito organizzato al Circolo della stampa, dettava già la linea. Da cittadino, oltre che da aspirante governatore: «Vivo in questa città, conosco molti di voi, sono stato molte volte a Servola e ho le finestre di casa su via Romolo Gessi particolarmente colpite. Per me è un impegno vincolante la riscrittura dell'Aia per poi procedere alla chiusura dell'area a caldo. Riscrittura, non revisione». L'avvio di un braccio di ferro in cui il nuovo governo ha inevitabilmente dovuto fare i conti con la questione occupazionale. A giunta insediata, erano i primi di giugno, alla prima uscita dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro a presentare la qualità dell'aria in Fvg, ecco il direttore dell'Arpa Luca Marchesi cercare un equilibrio difficile: «Già prima della formazione dell'esecutivo, ho condiviso con il presidente Fedriga l'idea che le industrie fortemente impattanti non sono compatibili con lo sviluppo del territorio e la qualità della vita dei cittadini. L'obiettivo è trovare intese capaci di mettere d'accordo l'interesse dei residenti e dell'imprenditore con attenzione alla ricollocazione del personale, ovviamente nel minor tempo possibile». Poche settimane dopo, incontrando le associazioni ambientaliste, ecco la picconata di Fedriga e Scoccimarro: «Stiamo evitando la politica dei proclami perché non produrrebbe quei risultati concreti invocati dalle persone che vivono quotidianamente l'impatto della fabbrica, ma l'obiettivo della Regione è giungere alla chiusura dell'area a caldo». Poi, a metà luglio, alla Conferenza dei servizi a Roma, il diktat alla proprietà in merito all'inquinamento della falda da idrocarburi pesanti: tre mesi per l'effettuazione delle indagini tecniche sulla qualità del sito, e altri 90 giorni per l'elaborazione di una proposta progettuale con la quale risolvere la problematica. Dopo le prescrizioni ferragostane anti spolveramento con cui è stata integrata l'Aia, Autorizzazione integrata ambientale («Interveniamo dopo due anni di lassismo», la sintesi dell'assessore), e l'accordo con l'Università per introdurre nuove misure contro odori e impatto acustico, l'approfondimento clou ha luogo in commissione a inizio novembre, lì dove, con Fedriga ad auspicare la nomina «prima possibile del nuovo commissario affinché si possa procedere con l'esecuzione delle opere che mi verranno indicate», Scoccimarro rende note le sei diffide della Regione a Siderurgica Triestina per intimare il rispetto dei limiti previsti. Non è mancata in quell'occasione una nuova rassicurazione: «Non c'è la volontà di penalizzare un complesso industriale ma il primo obiettivo è tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, ponendoci come traguardo anche la salvaguardia dei posti di lavoro con la riconversione di un'attività molto impattante sul territorio». Fermo restando che la linea è cambiata: «Rispetto agli anni precedenti ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere più proroghe di alcun tipo». 

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2018

 

 

Tripcovich, in commissione la demolizione "fantasma"

Il testo non cita l'abbattimento ma solo l'interesse «primario» per lo scambio Verdi-Comune (che risulta "a perdere") con il capannone delle Noghere

Prima la permuta, poi si vedrà. La demolizione della Sala Tripcovich non è nella bozza di delibera delle giunta comunale che lunedì mattina approda in Consiglio comunale. Se n'è parlato ieri in una seduta della Quarta commissione presieduta da Michele Babuder di Forza Italia alla presenza dell'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Si tratta di uno scambio di due spazi importanti tra il Comune di Trieste e la Fondazione del Teatro lirico Giuseppe Verde: la Sala Tripcovich in cambio del Magazzino delle Noghere in Comune di Muggia», si limita a spiegare l'assessore senza precisare che il presidente della Fondazione lirica è il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che si è schierato per radere al suolo l'ex stazione delle corriere adibita a teatro. È anche vero che per la sala Tripcovich, conferita al Verdi solo nel 2014, si tratta di un ritorno a casa. Il problema è che il valore inventariale risulta diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il capannone delle Noghere usato dal Verdi come laboratorio, sartoria e deposito delle scenografie. Il Comune, nello scambio, perderebbe oltre due milioni di valore immobiliare. «Un problema sorpassato però dall'interesse primario dell'amministrazione per l'operazione», spiega l'assessore alludendo all'obiettivo, come si legge nella delibera, «di portare a compimento l'intervento di riqualificazione dell'intera area che comprende piazza Libertà fino al confine del mare».Non si parla mai di demolizione. E quindi dei costi che si aggiungerebbero ai due milioni persi nello scambio, oltre all'Iva che andrebbe in fumo. Nella delibera, invece, non si esclude che la Tripcovich, una volta rientrata in possesso del Comune, «possa essere destinata ad attività rilevante Iva».Una formula, fanno sapere gli uffici, per recuperare i 260 mila euro di imposta versata nello scambio. Sia nel caso resti un teatro, un mercato coperto o «una salumeria», come ipotizza ancora Giorgi. Qualcuno non vedrebbe male una bocciofila. Oppure, vecchia idea di Roberto De Gioia, la stazione finale del tram di Opicina .

 

 

Alberi segati all'inizio del bosco È polemica a Duino Aurisina

Intervento disposto dal Comune per «garantire l'incolumità della popolazione» La proprietà del Rilke e dell'area circostante: «Tagli eccessivi e senza preavviso»

DUINO AURISINA - Lo sfalcio della discordia. Esplode la polemica a Duino Aurisina fra Comune e Baia Silvella, la Spa con sede a Salò proprietaria del sentiero Rilke e di alcuni ettari di bosco che lo circondano, nell'ambito della Riserva delle Falesie. A originare tale polemica è il taglio di un imprecisato numero di alberi, molti dei quali situati a ridosso della strada regionale che unisce Sistiana e Duino, appena effettuato, secondo l'amministrazione, «per motivi di sicurezza». Ma Danilo Antoni, il tecnico professionista che opera per conto della proprietà, definisce questi tagli «eccessivi e portati a termine senza uno straccio di preavviso nei nostri confronti». A manifestare perplessità sull'accaduto è anche Diego Lenarduzzi, portavoce della Baia Silvella, che rivela un precedente: «Qualche tempo fa in collaborazione con Antoni - ricorda - abbiamo posizionato quattro cartelli a impatto zero, perfettamente inseriti nel contesto boschivo del Rilke, per porgere un benvenuto ai visitatori e a chiedere il rispetto per la natura circostante. Ebbene - sottolinea - invece di trovare apprezzamento da parte degli uffici comunali, siamo stati da loro criticati perché li avevamo collocati nel bosco. Per tutta risposta ora non siamo avvisati quando si procede con interventi ben più invasivi. Siamo convinti che solo collaborando tutti assieme potremo dare a questo territorio il giusto impulso turistico - conclude - quindi speriamo a breve di poterci sedere attorno a un tavolo con l'amministrazione e parlarne».«Il nostro compito - replica Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina - è quello di garantire l'incolumità della popolazione e, in questo specifico caso, di quanti frequentano il sentiero Rilke. Chi ha eseguito il lavoro di sfalcio - aggiunge - lo ha fatto sotto il coordinamento dei nostri uffici e in base a un accordo che indica il Comune come gestore della Riserva, perciò non vedo come si possa criticare l'intervento. Sono io invece a essere sconcertata - protesta Pallotta - dall'esasperante utilizzo dei social per alimentare qualsiasi tipo di polemica. Le foto degli alberi tagliati sono diventate di dominio pubblico - continua - prima che qualcuno si prendesse la briga di consultarci. Siamo sempre disponibili a fornire tutti i chiarimenti sull'operato dell'amministrazione a chiunque - conclude - ma vedo che la nostra richiesta di essere lasciati in pace a lavorare per il bene della collettività non trova riscontro». Sembra però che la pace fra le parti potrà essere firmata a gennaio: «Ho promesso a Lenarduzzi che ci incontreremo dopo le feste per trovare il modo di operare di concerto per il bene del territorio».

Ugo Salvini

 

La zona ceduta tre anni fa alla Baia Silvella di Salò - DAI TORRE E TASSO

Risale esattamente a tre anni fa il cambio di proprietà del sentiero Rilke e di parte del territorio circostante. La celeberrima passeggiata a ridosso delle Falesie, assieme ai circa trenta di ettari di bosco che la "custodiscono" alle sue spalle, furono ceduti per 350 mila euro dai principi di Torre e Tasso alla Baia Silvella Spa, che ha il suo quartier generale a Salò.

 

 

Marevivo sbarca in città Pedicchio segretario - NATA LA DELEGAZIONE REGIONALE

È nata a Trieste la Delegazione Friuli Venezia Giulia dell'associazione ambientalista Marevivo. La prima assemblea dei soci fondatori ha dato avvio alle attività della nuova delegazione regionale che ha lo scopo di promuovere e perseguire con autonomia rappresentativa, amministrativa e patrimoniale nel proprio ambito territoriale, gli scopi sociali dell'associazione Marevivo. Realtà che dal 1985 si batte per la difesa del mare e delle sue risorse. «Vogliamo avviare delle attività di divulgazione riguardo alla problematica dei rifiuti in mare e dell'inquinamento da plastiche e microplastiche», dice Paola Del Negro. Eletti gli organi direttivi: Maria Cristina Pedicchio ricoprirà il ruolo di segretario generale, mentre Alessandro Mitri, Gabriella Clarich, Paola Del Negro, Alice Affatati faranno parte del Comitato esecutivo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2018

 

 

Tronchi a rischio crolli "Strage" di alberi in vista all'ex Opp e al Maggiore

L'AsuiTs si prepara ad abbattere 148 esemplari in pessimo stato di salute Non tutti verranno rimpiazzati: per ora ci sono soldi per reimpiantarne solo 66

"Strage" di alberi in vista nel parco dell'ex Opp e nel piazzale interno al Maggiore. L'AsuiTs si prepara infatti ad abbattere nelle prossime settimane per motivi di sicurezza ben 148 piante. La decisione è stata presa dopo il censimento di tutto il patrimonio arboreo dell'azienda, che ha decretato appunto il pessimo stato di salute di molti esemplari. Non tutti verranno rapidamente rimpiazzati: al momento ci sono soldi solamente per 66 reimpianti, che verranno fatti nel prossimo anno. Gli altri dovranno aspettare.«Per quanto riguarda in particolare l'ex Opp - spiega il direttore generale Adriano Marcolongo -, l'Azienda interviene su decisione del "condominio" del parco di San Giovanni" composto da tutti gli enti pubblici proprietari delle aree insistenti nel comprensorio citato, ovvero Università, Comune, Erpac, Regione, Uti Giuliana e Asuits stessa. I vari enti nella riunione annuale tenutasi il 15 novembre, hanno deciso di intervenire tempestivamente per programmare al meglio l'opera». La situazione più critica è proprio quella del polmone verde di San Giovanni. «Quel parco - precisa l'ingegnere Elena Clio Pavan, dirigente AsuiTs della struttura complessa di Manutenzione e sviluppo del patrimonio - è aperto al pubblico e, a differenza di quanto accade al Maggiore, non può essere interdetto al passaggio del pubblico in caso di bora forte. All'ex Opp non ci sono aree recintante che possiamo bloccare in caso di condizioni climatiche avverse anche perchè, all'interno del comprensorio, ci sono attività continue e ricoveri: quindi non possiamo pensare di bloccare semplicemente gli accessi. Voglio in ogni caso precisare che non si tratta di piante storiche, possiamo parlare di alberi "normali" con un'età relativamente giovane. L'agronomo ha confermato che non sono piante recuperabili ed è opportuno procedere all'abbattimento per evitare possibili rischi alle persone, anche perché, se non procediamo noi, c'è il pericolo che alla prossima giornata di bora forte le piante vengano giù in modo non controllato. In primavera procederemo in ogni caso a reimpiantare le nuove piante». Proprio il rischio maltempo è alla base di questa scelta, accelerata dai danni prodotti dalle ondate di maltempo registrate il 12 giugno, il 28 agosto e a inizio ottobre. Tra questi la caduta improvvisa di un albero vicino alla direzione di Villa Renner e di un'altra pianta nella zona di Cattinara. Al fine di evitare possibili pericoli per le persone, e in accordo con gli altri enti che operano nell'area, si è quindi deciso per un intervento radicale. Al momento, rende noto l'azienda, 66 nuove alberature sono già finanziate per il 2019, mentre le restanti verranno realizzate nel biennio successivo sulla base di un progetto generale di valorizzazione del patrimonio arboreo. «Per ogni albero tolto c'è in programma la ripiantumazione dopo la pulizia e la sistemazione dell'area- assicura Pavan -. Preciso anche che c'è un piano riorganizzativo generale e concordato con la Soprintendenza per introdurre piante che siano indicate per questa particolare zona climatica. Come tempi in ogni caso opereremo a primavera e sulla base anche delle indicazioni degli esperti». All'ospedale Maggiore ci sono 79 alberi di cui 8 verranno abbattuti, mentre nel parco di San Giovanni le piante sono 1.775 e 140 saranno quelle sostituite. Il censimento viene effettuato ogni 5 anni, mentre le potature vengono svolte regolarmente e viene posta particolare attenzione verso le piante "monumentali". 

Andrea Pierini

 

«Siamo tra i peggiori d'Europa nel rapporto piante-cittadini»

Il decano dei botanici triestini denuncia la scarsità di risorse stanziate dagli enti locali per la tutela del verde negli spazi urbani

«Siamo fortunati perché abbiamo una cintura straordinaria, ma in città abbiamo un rapporto albero/individui tra i peggiori d'Europa». Livio Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale dell'università di Trieste, denuncia una situazione cittadina decisamente preoccupante che si salva solamente grazie al carso e ai boschi che ci sono intorno al centro. «Il verde urbano richiede risorse, però bisogna fare di più. Ad esempio ora che vengono abbattuti questi alberi si potrebbero ripristinare attingendo alle nostre risorse naturali. Chiaramente ci vuole un po' di pazienza perché ad esempio la quercia richiede più tempo, ma se mai si comincia... Ci sono poi acri, tigli, olmi; devono però essere specie non da vivaio che sono troppo fragili». Per capire però lo stato di salute delle nostre piante serve dividere quelle naturali da quelle "cittadine". «Anche all'interno dei boschi veri - spiega Poldini - abbiamo situazioni molto diverse perché ci sono zone dove l'uomo è intervenuto creando delle aree artificiali dove le piante sono state "semplificate" per poter attingere alle provviste di legname».In questo modo si può anche spiegare il disastro avvenuto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, dove i venti di oltre 120 km/h hanno avuto un impatto maggiore rispetto alle aree naturali. «Per quanto riguarda invece il verde cittadino, molto spesso - spiega Poldini - si tratta di specie esotiche che devono avere determinati requisiti resistendo all'inquinamento e piantate in condizioni di artificialità con le radici che interferiscono con la parte sotto. La gente poi protesta se non vengono potate, quando in realtà non ce ne sarebbe bisogno, e molto spesso queste potature vengono fatte male da ditte improvvisate prive del personale addestrato».L'appello del docente è poi rivolto al futuro, «nel nuovo Prg avevo suggerito l'idea di fare dei corridoi ecologici con specie rustiche che collegassero il centro città con le periferie. Bisogna costruire poi delle aree verdi perché dobbiamo aumentare il rapporto tra abitanti e alberi con lo scopo di migliorare la qualità della vita. Diciamo che servirebbe una tavola rotonda per affrontare concretamente un tema così delicato ed importante». 

 

«In molte zone per anni e' mancata la manutenzione. E questi sono i risultati»

Le  perplessita' delle associazioni ambientaliste, ignare della decisione assunta dall'azienda «I tagli rappresentano l'estrema ratio. Ma a volte a caldeggiarli sono periti molto prudenti»

Un fulmine a ciel sereno. Nessuna associazione ambientalista era a conoscenza della scelta dell'AsuiTs di procedere all'abbattimento di 148 alberi. Una decisione che suscita più di qualche perplessità anche se nessuno spara ad alzo zero. Non per ora, almeno. Per l'avvocato Alessandro Giadrossi, presidente della sezione di Trieste del Wwf, esistono comunque valide alternative agli abbattimenti. «Quando avviene il crollo anche di un solo albero in caso di maltempo, scatta una sorta di allarme generale e, spesso, ingiustificato. Diciamo che nelle giornate di bora si potrebbe chiudere, ad esempio, la corte del Maggiore. All'ex Opp invece si potrebbe procedere a creare delle zone che si possono interdire per proteggere e mantenere le piante più importanti. Chiaro che se parliamo di alberi che sono sulla strada e se c'è un pericolo reale, posso comprendere la scelta, anche se ci sono dei periti che sono particolarmente prudenti e magari preferiscono non correre rischi. Per quanto riguarda lo specifico di San Giovanni - prosegue -, posso dire che la persona che ha fatto l'analisi delle piante gode della nostra fiducia e chi procederà al reimpianto è la ditta che già segue il parco, quindi siamo in un contesto accettabile con una percentuale del ricambio intorno al 10%. In ogni caso presteremo molta attenzione a come evolverà la vicenda». Una posizione simile anche per il presidente di Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig. «Di base accettiamo l'urgenza, certo 148 alberi mi sembrano davvero tanti. Non conosco la situazione specifica perché non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione, come avviene quando vengono abbattuti alberi "storici". Posso dire però che ci sono e zone di Trieste dove il Comune non ha fatto manutenzione per tanti anni, arrivando poi a situazione molto gravi. Penso ad esempio a piazzale de Gasperi, dove mi sembra ci siano piante mal ridotte. Una responsabilità importante deriva poi dai molti interventi di "capitozzatura" (operazione con la quale vengono tolti tutti i rami superiori al punto di intersezione con il tronco, ndr), che hanno avuto esiti nefasti portando molte piante ad ammalarsi. Auspico che AsuiTs abbia comunque fatto le analisi in modo approfondito, di certo approfondiremo la questione anche perché si possono fare numerosi interventi per prolungare la vita di un albero senza dover per forza abbatterlo. Quello che in ogni caso non possiamo accettare sono gli abbattimenti per questioni urbanistiche, scelte "politiche" che penalizzano le piante». Infine l'architetto Roberto Barocchi, presidente dell'associazione Triestebella. «Gli alberi sono esseri viventi e alla fine del loro ciclo possono anche morire. Serve chiaramente un esame strumentale e nel dubbio, in certi casi, la scelta di abbattere una pianta può anche essere la migliore. Il vero tema è che oggi un albero sulla strada ha una vita media di 33 anni, mentre quelli nel bosco sono decisamente più longevi. La vera sfida è legata poi a come vengono piantati e a quali cure vengono loro fornite, perché le piante vanno trattate come animali domestici. Spesso invece ci si rivolge a certi potatori che, evidentemente, hanno fallito in altri mestieri».

 

Sfalci anche in zona Ezit sul verde erede del Gma - il lotto finale da 100 mila euro

La giunta Dipiazza ha deciso di mettere mano agli alberi del Tlt. È stato approvato di recente anche l'ultimo appalto del progetto esecutivo per la manutenzione straordinaria delle alberatura dei bordi strada dell'ex Ente zona industriale Trieste (Ezit). Si tratta di alberature che risalgono agli anni del Governo militare alleato e che da allora non erano state oggetto di potatura e neppure di verifiche di stabilità. L'ultimo appalto da 100 mila euro, finanziato attraverso la vendita di titoli Hera, sarà realizzato nel primo semestre del 2019. È dal 2017 che l'amministrazione comunale prevede apposite poste di bilancio per le alberature dei bordi strada Ezit. Il primo appalto (dal 2 marzo 2017 al 2 novembre 2017) ha catalogato tutti gli alberi ad alto fusto con relativa verifica di stabilità. Lo scorso aprile è iniziato il secondo appalto: sono stati eseguiti l'abbattimento di circa 50 ailanti in via Pietraferrata e la potatura dei platani e lo sfalcio delle aiuole centrali spartitraffico di via Malaspina. Sono state, inoltre, eliminate le alberature spontanee sotto i cavalcavia di via Caboto, via Pietraferrata e via Mafalda di Savoia. Il nuovo intervento prevede l'estensione degli interventi ai bordi strada e i marciapiedi della viabilità minore della zona industriale. In particolare si interverrà con abbattimenti, "devitalizzazioni" e sfalcio, con asporto dei rifiuti, in via Pietraferrata, via Mancante, via Usodimare e via Parlotti. Sarà anche eseguita la potatura dei platani di via Pietraferrata e degli olmi di strada di Montedoro. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2018

 

 

Volontari in azione nel Bosco del Farneto - Via 25 sacchi di rifiuti

Vivere ogni giorno in modo sostenibile, con uno stile di vita dove l'attenzione è rivolta a consumi motivati, dribblando l'attitudine all'accumulo e alla dispersione di ogni genere di rifiuti. È questo l'obiettivo di "Trieste senza sprechi", un gruppo di tre ragazze, Anna Masiello, Valentina Del Conte e Ilaria Perini, che da agosto promuove azioni e momenti di aggregazione sul vasto versante della "pratica ecologica" concreta e quotidiana. In questo periodo, assieme ad altri 25 volontari e in collaborazione con Esn Trieste, il gruppo si è impegnato nella pulizia del Bosco del Farneto, iniziando a raccogliere lungo i sentieri e le fratte ogni genere di immondizie. Il risultato? Oltre 25 sacchi di rifiuti, che i volontari hanno successivamente smaltito. Bottiglie di vetro e plastica, sacchetti, imballaggi e mozziconi: questo quanto rintracciato lungo i sentieri del Boschetto. L'abbondanza di rifiuti rappresenta uno dei problemi più urgenti a livello globale, e dunque anche cittadino. Proprio su questo tema domenica scorsa "Trieste senza sprechi" ha organizzato al Nat Design di via Corti 2 l'incontro "Zero waste Friuli Venezia Giulia". Un appuntamento aperto a tutta la cittadinanza dove sono state affrontate numerose questioni e divulgati progetti, idee ed esperienze sulla riduzione dei rifiuti.«Parliamo di economia circolare - spiegano le tre animatrici del gruppo - per ragionare come scarti e rifiuti possano, in qualche modo, tornare utili. Un altro tema interessante riguarda la rinnovata capacità di riparare oggetti e utensili rotti, riportandoli a nuova vita. Altro tema, la moda sostenibile e la "permacultura", concetti e idee che ci possono aiutare a vivere meglio senza lasciare in giro troppi residui. L'impegno di "Trieste senza sprechi" è di creare una rete di persone interessate e attive su queste tematiche non solo in città, ma in tutta la regione, per vedere il mondo cambiare nella direzione che ci piace di più». Per informazioni, il sito è www. triestesenzasprechi.com. 

Maurizio Lozei

 

 

Per l'area del Canale meglio realizzare il progetto precedente -  la lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente di Triestebella

 Vari anni fa fu indetto un concorso per la sistemazione del Canal Grande vinto dall'arch. Gigetta Tamaro. Sembra che i lavori stessero per cominciare quando furono bloccati per la contrarietà dei commercianti. Nel 2002 un concorso internazionale per la sistemazione del fronte mare, a cui furono invitati 20 prestigiosi studi professionali, fu vinto da 6 progetti, ognuno per una parte, fra cui quello dello Studio Teherani per il Canale. Il sindaco Dipiazza scrisse grandi lodi sul concorso, dichiarando che esso era il primo passo per "ridare alla città la sua funzione di capitale centro-europea".Nessuno dei progetti vincitori è stato realizzato. Piazza Libertà, interessata dal bel progetto dell'architetto Zagari, viene ora ristrutturata in base a un altro progetto contro la cui prima versione furono raccolte 10.000 firme e non ci sembra che l'ultima versione sia migliore. La Stazione marittima, in cui il progetto vincitore dello Studio Bellini prevedeva un volume di forte impatto emotivo, è stata ristrutturata ponendovi sul tetto un brutto scatolone. Anche le Rive (progetto Zagari), l'ex Magazzino vini (progetto Podrecca), piazza Venezia (progetto Andriani) hanno subìto ristrutturazioni progettate da altri. Nella Sacchetta, che secondo il progetto dello Studio Bosquets avrebbe dovuto diventare un bel parco pubblico sul mare, si vuole costruire un cosiddetto Parco del mare con vasche per pesci. Nel 2016 la precedente Amministrazione comunale indette un altro concorso per la sistemazione del Canale e di piazza Sant'Antonio Nuovo. Parteciparono 70 studi professionali con risultati interessanti. Il progetto vincitore prevedeva un allungamento virtuale del Canale mediante una vasca pochissimo profonda che ne rappresentasse la parte che fu interrata e allo stesso tempo, tolta l'acqua, servisse come luogo per eventi. Ci pare che l'idea del progetto vincitore sia molto valida perché senza enormi spese ricostituirebbe l'immagine del Canale nella sua originaria lunghezza e consentirebbe di avere nel contempo un'area polifunzionale. Qualcuno osserverà che la vasca poco profonda si potrebbe riempire d'immondizie ma questo avviene in ogni vasca e non è motivo per eliminare le vasche cittadine: basta una corretta manutenzione. Ma l'attuale Amministrazione ha buttato alle ortiche anche quel concorso, che pure sarà costato un bel po' di soldi ai contribuenti, e ha dato un altro incarico di progettazione a un architetto locale il cui progetto sta attirando molte critiche e anche in noi desta molta perplessità: ci chiediamo a cosa servano quelle strisce (d'erba?) di varie larghezze, magari eleganti in un progetto di grafica ma povere e poco fruibili nella sistemazione della piazza. Esortiamo l'Amministrazione comunale a riconsiderare i risultati del precedente concorso. Sarebbe davvero un peccato che una delle maggiori e più note bellezze anche turistiche di Trieste fosse sminuita da un progetto che appare di poco significato.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2018

 

 

I sindacati "portano" a Roma l'ansia per la Ferriera cinese

Le sigle temono che la possibile trasformazione logistica tagli i posti di lavoro Il gruppo Arvedi: per ora non è arrivata alcuna offerta, avanti con la siderurgia

Una trasferta inutile, se non fosse che ha contribuito ad acuire le preoccupazioni sindacali. «Siamo arrivati a Roma nella nebbia, siamo ripartiti da Roma nella nebbia». Con questa reiterativa metafora meteo, i segretari triestini di Fiom-Fim-Uilm hanno riassunto il non-risultato uscito dal tavolo ministeriale, chiesto da loro stessi e tenutosi ieri pomeriggio al Mise: all'ordine del giorno la Ferriera. Presente il vicecapo di gabinetto del ministro Di Maio, Giorgio Sorial. Perchè Marco Relli (Fiom), Umberto Salvaneschi (Fim), Antonio Rodà (Uilm) non escono affatto rassicurati dall'incontro romano, anzi: temono che Arvedi venda parte dell'area dello stabilimento ai cinesi di China Merchants group, interessati a insediarsi nella Piattaforma logistica portuale e ad ampliarne il perimetro, per realizzare un grande scalo multipurpose. Come? Acquisendo la cokeria e il reparto "a caldo", per cui la porzione siderurgica si ridurrebbe al solo laminatoio. Il presidente dell'Autorità portuale, Zeno D'Agostino, ne ha parlato a metà novembre con il cavalier Arvedi. I sindacati paventano il cambio di destinazione fabbrica/logistica perchè l'attività ferroviario-portuale non riuscirebbe ad assorbire i 400 addetti oggi impegnati nelle produzioni siderurgiche, quindi si riproporrebbe una pesante questione occupazionale. E chiedono che gli investimenti sulla sicurezza degli impianti vengano comunque garantiti. A rappresentare il gruppo Arvedi c'era Francesco Rosato, il quale - pur non smentendo il merito del colloquio intervenuto tra il cavaliere cremonese e D'Agostino - ha sottolineato che nessuna proposta era arrivata da parte dei cinesi e, in assenza di proposte di sviluppo logistico da parte di soggetti terzi, il destino della Ferriera resterà siderurgico: laminatoio, ghisa, terminal specializzato.Ma in via Molise - come già prima dell'inizio dell'incontro aveva notato il segretario generale del Comune triestino Santi Terranova - non era stato invitato il vero depositario delle novità sull'asse Cremona-Hong Kong, ovvero il presidente del Porto D'Agostino. Di conseguenza al tavolo mancava una gamba e il confronto ne ha visibilmente sofferto: è quanto fa capire, con una punta di percepibile irritazione, l'assessore regionale Alessia Rosolen, che in un comunicato commenta «su incontri informali e dichiarazioni ufficiose non si può costruire nè un'analisi corretta nè una coerente strategia di intervento sulla situazione della Ferriera». La Regione - prosegue la titolare del Lavoro - «è abituata a lavorare per atti formali e a portare a termini impegni presi, non certo a discutere di cose riferite a soggetti terzi in incontri cui non ha preso parte». Ragion per cui «rimangono... le iniziative e le risorse destinate all'area di crisi industriale complessa di Trieste». Tradotto, rebus sic stantibus la giunta Fedriga non cambia cavallo e continua a trottare in sella della siderurgia. Allo staff di Di Maio non è rimasto altro che prendere atto dell'inconcludenza dell'incontro, che sarà aggiornato avendo cura che stavolta l'Autorità portuale venga coinvolta.

Massimo Greco

 

IN EXTREMIS - E l'azienda presenta la documentazione dei parchi minerari

Una notizia solo parzialmente rassicurante per le organizzazioni sindacali: Siderurgica Triestina ha ottemperato all'ultimatum dell'Ambiente e ha presentato al ministero la documentazione relativa alla copertura dei parchi minerari della Ferriera. Senza il progetto esecutivo, la società avrebbe rischiato la sospensione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia): i capannoni - se realizzati - dovranno servire a immagazzinare il minerale necessario alla produzione di coke, perchè le folate di vento alzano quelle polveri contestate dalla popolazione circostante. L'investimento previsto è di 35 milioni.

 

 

Il patto tra gli enti apre l'iter per il campus di via Rossetti

Dall'amministrazione Fedriga "chip" da 5 milioni che si aggiunge ai 20 dell'Uti Quaranta giorni per decidere lo scambio con Cdp tra l'ex caserma e il Carciotti

Un contributo della Regione da cinque milioni di euro, che va ad aggiungersi al tesoretto da altri 20 milioni già in pancia all'Uti giuliana e destinato alla ristrutturazione di edifici scolastici, rappresenta il primo passo concreto per la realizzazione del campus che sorgerà nei nove ettari dell'ex Vittorio Emanuele III di via Rossetti. I 25 milioni sono finalizzati alla riqualificazione di quegli spazi, alla loro trasformazione, in particolare, in strutture scolastiche. Resta ora da sciogliere il nodo dell'acquisizione dell'intera area che appartiene a Cassa Depositi e Prestiti. Due le ipotesi al vaglio dell'amministrazione: l'acquisto o la permuta con Palazzo Carciotti. «È una direzione che, fatte le dovute valutazioni, prenderemo entro una quarantina di giorni», ha anticipato ieri nel corso di una conferenza stampa il sindaco Roberto Dipiazza. Palazzo Carciotti era stato inizialmente quotato 22,7 milioni, scesi a 19,9 in seconda istanza. L'intera area dell'ex caserma di via Rossetti ha un valore che supera i 16 milioni di euro. «Questa del polo di via Rossetti è un'operazione che stravolgerà il sistema scolastico cittadino», ha evidenziato l'assessore regionale alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti: «È un progetto che guarda al futuro e che sceglie di realizzare qualcosa di epocale, evitando di investire milioni di euro per mettere delle toppe a vecchi immobili che oggi ospitano gli istituti scolastici. Finalmente i nostri figli e i nostri nipoti potranno andare a studiare in delle scuole decenti». Non solo aule, palestre e laboratori, dunque, ma anche una biblioteca, una mensa, e pure spazi per il divertimento. Il 2019, indicativamente, dovrebbe essere l'anno in cui si definirà e si perfezionerà l'acquisizione o la permuta. Il 2020 sarà quello della progettazione. Il 2021, quindi, potrebbe vedere la ristrutturazione dei primi padiglioni. «Questo è un punto di partenza - ha spiegato Dipiazza - ma correremo velocemente per avviare questo progetto che, assieme anche all'iniziativa nell'ex Fiera, ridarà vita a tutta quella fetta di città oggi sofferente. Riunirò i dirigenti scolastici per definire anche assieme a loro quali siano gli istituti con la situazione più critica. È evidente che realtà come la succursale del Petrarca di via Settefontane o quella del Galilei di via Battisti non possono più essere tollerate». Ad affiancare ieri Dipiazza e Roberti, c'erano il vicesindaco Polidori e i consiglieri regionali di maggioranza Antonio Lippolis e Danilo Slokar per la Lega, Piero Camber per Fi e Claudio Giacomelli per Fdi. «È un progetto - ha spiegato Giacomelli - che va ad accomunare Trieste con i più avanzati paesi anglosassoni. L'edilizia scolastica ad oggi è un pozzo senza fondo che, nemmeno sul lungo periodo, dà i risultati sperati, ma questa operazione risolverà questi problemi».«È il primo regalo che noi consiglieri regionali di centrodestra, con la giunta, riusciamo a dare a Trieste», ha sottolineato a sua volta Camber: «Era un obiettivo che ci eravamo posti. È il nostro grazie alla città che ha scelto questa nuova amministrazione regionale». 

Laura Tonero

 

 

Arrivano 100 mila euro per interventi antifrana in Val Rosandra

La strada d'accesso inserita nella lista delle criticità del Fvg L'assessore Crevatin: «Risorse importanti. A breve il piano»

SAN DORLIGO DELLA VALLE - Arrivano i fondi per la salvaguardia della Val Rosandra. È di 100 mila euro la somma che la Regione ha messo a disposizione del Comune di San Dorligo della Valle, fino al 2020, per «gli interventi di mitigazione del rischio da caduta massi sulla strada per la Val Rosandra». Un cifra importante, destinata a risolvere quei problemi che potrebbero verificarsi lungo la strada d'accesso a uno dei punti di maggiore attrazione turistica di Trieste e dell'intero Friuli Venezia Giulia, tradizionale meta di visitatori sia italiani sia stranieri in tutte le stagioni dell'anno.«Nei primi mesi del 2017 - ricorda l'assessore comunale Franco Crevatin - c'era stata una frana, fortunatamente di modeste dimensioni, proprio nella strada d'accesso alla Val Rosandra. Queste risorse arrivano perciò ben accolte - aggiunge - perché così potremo procedere ad alcune sistemazioni. A breve - conclude - definiremo il piano d'intervento».La delibera dell'amministrazione regionale trova la sua base nella richiesta, formulata dal Servizio geologico regionale, di «provvedere a progettazione, realizzazione, manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione geologica sull'intero territorio del Fvg e delle opere di prevenzione da calamità naturali, ferme restando le attribuzioni alla Protezione civile della Regione in materia di pronto intervento e di provvisorio ripristino».Per il triennio 2018-2020, le risorse previste dalla Regione ammontano a un milione e 698 mila euro, ma risultano disponibili economie di fondi statali stanziati per precedenti interventi già conclusi, per un ulteriore importo di quasi 465 mila euro.In questa maniera i fondi a disposizione ammontano in totale a poco meno di due milioni e 163 mila euro. Tutto parte da un'analisi effettuata nel corso del 2017 dal Servizio geologico regionale, in base alla quale erano stati evidenziati «fenomeni franosi, con la conseguente necessità di interventi volti a fronteggiare situazioni di dissesto geostatico che coinvolgono centri abitati, vie di comunicazione e aree di interesse turistico». Quello di San Dorligo della Valle è l'unico Comune, su 14 della Regione, a beneficiare di un contributo di questa natura. 

Ugo Salvini

 

LA PROROGA DEL CONTRATTO - Fino al 2021 la gestione della Riserva rimane al Comune di San Dorligo

Sarà ancora il Comune di San Dorligo della Valle a gestire, per il prossimo triennio 2019-2021, la Riserva naturale della Val Rosandra. È di questi giorni il provvedimento con il quale la Regione ha deciso di prorogare il contratto già in essere. L'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun potrà perciò proseguire, com'è stato ribadito nel corso dell'ultimo Consiglio comunale, in uno dei compiti più importanti, sotto il profilo turistico. La Val Rosandra rappresenta la più rilevante risorsa paesaggistica del territorio di San Dorligo della Valle ed è fondamentale, è stato ricordato a più riprese, che ci sia continuità nel lavoro già intrapreso, anche in vista della prossima stagione turistica. E da più parti c'è anche la richiesta di un aumento di risorse da destinare alla Val Rosandra. (u.sa.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2018

 

 

Foreste a rischio dalla Romania alla Serbia gli alberi nel mirino dei "ladri di boschi"

Greenpeace: a Bucarest in 11 anni 360 mila ettari in meno. Belgrado, raddoppio di reati ambientali. Intaccati parchi naturali

Belgrado - È una delle regioni al mondo più ricca di foreste vergini e antiche selve, inviolate dalla mano distruttiva dell'uomo. Ma è anche, sempre di più, nel mirino di "ladri di boschi" senza scrupoli, che rischiano di privare le popolazioni locali - e l'Europa intera - di gioielli naturali di altissimo pregio. DENUNCE A BRUXELLES - È questo lo scenario preoccupante che si svolge in gran parte dei Balcani e nell'Europa orientale, dove il problema del disboscamento illegale rimane serio, spesso in peggioramento. Lo è sicuramente in Romania, fino a pochi decenni fa uno dei Paesi più ricchi di boschi nel Vecchio continente, dove Greenpeace ha segnalato un «aumento del 32% dei casi di disboscamento» in spregio alla legge, con quasi 13 mila casi individuati nel 2017. Ma i numeri più gravi sono quelli che denunciano «360 mila ettari» in meno di foreste risultate «tagliate o degradate» dal 2000 al 2011 in Romania, ha segnalato la Ong. È lo scenario che alla Commissione europea hanno denunciato anche la Fondazione EuroNatur e Agent Green, che hanno parlato a novembre di «una delle più grandi emergenze naturali in Europa, con migliaia di ettari di foreste abbattute», anche «in parchi nazionali» e altre zone protette, incluse quelle sotto tutela Unesco. IL MERCATO DELLA LEGNA - Ma non c'è solo la Romania a fare i conti con i suoi boschi perduti, un fenomeno facilitato secondo gli esperti dalla povertà - con tanta gente che attinge al patrimonio forestale per riscaldarsi - dall'inazione delle autorità e dalla floridità del mercato nero. Il Kosovo, ad esempio, è ormai anche visivamente un Paese senz'alberi, «uno fra i più colpiti» dal fenomeno «assieme all'Indonesia», dove il mercato della legna da ardere vale almeno «21,6 milioni di euro», ha segnalato un recente studio dedicato alla "Conservazione delle foreste" nella regione, una sfida spesso immane. crimini ambientaliLo studio ha ricordato che anche in Serbia, in particolare nel sud, «il disboscamento è molto marcato», sia in boschi privati sia in aree pubbliche, in particolare nelle aree di Kursumlija, Leskovac, Boljevac. Serbia dove, secondo calcoli dell'Ufficio statistico nazionale, dal 2007 al 2016 il numero dei crimini ambientali a danno delle foreste è raddoppiato, con «450 persone ogni anno incriminate» per furto di legname, ha informato il Centro serbo per il giornalismo investigativo raccontando che «migliaia di ettari di foreste scompaiono ogni anno» nel Paese, per azione di gruppi organizzati che operano rapidamente, «tagliando gli alberi e portandoli via sui camion, di giorno e di notte», pronti a reagire con le cattive se intercettati o disturbati, la denuncia dell'Ong Green Network. IL RISCHIO PIÙ ALTO - E scene simili sono state più volte segnalate in passato anche in Bulgaria e Bosnia-Erzergovina, nei Balcani lo Stato con una percentuale boschiva più alta - il 43% del territorio - a rischio. A rischio anche perché le guardie forestali «non lavorano sabato e domenica», lasciando mani libere ai ladri di boschi, ha avvisato l'esperto Ahmet Lojo, mentre altri hanno parlato di centinaia di migliaia di alberi tagliati illegalmente ogni anno. E l'Albania non fa eccezione, anche se proprio per arginare il fenomeno il Paese ha imposto una moratoria al taglio di alberi e all'export nel 2016. Una recente indagine del Balkan Investigative Reporting Network ha infatti denunciato casi di disboscamento persino nel parco naturale Shebenik-Jabllanice, sotto egida Unesco. Un altro gioiello, l'ennesimo, minacciato dai ladri di boschi 

Stefano Giantin

 

L'INIZIATIVA ambientalista - Volontari reclutati attraverso il web

Attivi via app oltre mille "guardiani" Il problema del disboscamento illegale è talmente serio, in Romania, da aver fatto nascere idee innovative per contrastarlo. Greenpeace ha così sviluppato e lanciato una app, Forest Guardians, che permette ai volenterosi di denunciare casi sospetti di disboscamento illegale. Forest Guardians ha avuto un grande successo, con migliaia di app scaricate sui cellulari e con oltre mille "guardiani" ecologici volontari attivi. L'applicazione permette di monitorare, attraverso foto satellitari scattate in momenti di tempo diversi, lo stato di salute delle foreste romene e di evidenziare casi sospetti di disboscamento, in particolare in quelle vergini, circa 120 mila ettari, di cui solo 20 mila protetti concretamente da Bucarest. Le denunce vengono successivamente verificate da Greenpeace e infine inoltrate alle autorità competenti. 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2018

 

 

Campus scolastico di via Rossetti L'ipotesi scambio con il Carciotti

Domani il Comune rilancia il progetto del polo all'ex caserma L'opzione della permuta: il palazzo a Cassa depositi e prestiti

L'aveva annunciata a marzo, poi se l'è tenuta come cadeau di fine anno, da mettere sotto uno dei grandi alberi che hanno rimboschito piazza Unità in occasione delle feste. Roberto Dipiazza presenterà domani mattina l'operazione "Campus caserma", che sarà ambientata nell'ex Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lo farà in Salotto Azzurro con tre "regionali", ossia l'assessore leghista Pierpaolo Roberti, il presidente di commissione forzista Piero Camber, il capogruppo italicofratello Claudio Giacomelli. L'altro ieri, con l'apertura dell'anno accademico, il primo cittadino ha servito sul tema un altro antipasto: campus scolastico e universitario, impianti sportivi, laboratori e zone multidisciplinari, da realizzarsi «con risorse proprie e con gli ulteriori contributi della Regione Fvg». I dettagli non sono stati resi noti, ma fonti regionali vicine alla maggioranza accreditano la seguente pista: il Municipio provvede alla proprietà dell'area con una permuta di propri beni immobili, la Regione - come si evince da quanto lo stesso Roberti ha dichiarato giovedì scorso in materia di trasferimenti ai Comuni - armerà il finanziamento per trasformare il vasto spazio castrense in luoghi deputati allo studio e allo sport. Trattandosi di un boccone da 90 mila metri quadrati ripartito su più edifici, è ragionevole ritenere che il sostegno riqualificatorio si svolgerà su più annualità. È bene rammentare che i 9 ettari, su cui si estende l'ex caserma, appartengono a Cassa depositi e prestiti (Cdp) ed è bene ricordare che vincoli di pubblica finanza limitano la capacità di acquisto degli enti locali. Poiché il valore dell'area non è inferiore a 15 milioni, atteso che Cdp non vive di amore platonico, se l'opzione imboccata è effettivamente la permuta, bisognerà "pareggiare" con altrettanta materia prima: una delle ipotesi formulate al riguardo è il passaggio di mano di palazzo Carciotti, la prestigiosa testimonianza neoclassica che due tornate d'asta non sono riuscite ad alienare. Palazzo Carciotti è stato inizialmente quotato 22,7 milioni, che sono scesi a 19,9 in seconda istanza: niente da fare, il mercato ha fatto l'indiano. Ma il Municipio non può abbassare troppo la gradazione, per ragioni di immagine e di gestione finanziaria. Se sarà possibile impostare il cambio - i due asset appartengono a generi molto diversi -, potrà essere una buona soluzione tecnica. In questo momento responsabile dell'immobiliare comunale, essendo andato in pensione Walter Cossutta, è lo stesso segretario-direttore Santi Terranova, che all'inizio del prossimo anno dovrebbe passare la mano a Enrico Conte, capo dei Lavori pubblici.Già nel settembre 2017 e nella scorsa primavera - era venerdì 9 marzo - Dipiazza aveva delineato gli assi portanti dell'operazione: aveva detto che l'acquisto sarebbe stato imminente, che sarebbe stato condotto con proprie risorse (in effetti, anche senza contante, la permuta si fa con beni propri), che il valore dell'operazione avrebbe girato attorno ai 15 milioni, che progettazione e realizzazione sarebbero state portate a compimento utilizzando un centinaio di milioni "ereditati" dall'Uti giuliana. Ma eravamo prima delle elezioni regionali, che hanno mutato il quadro politico, per cui anche le modalità del "campus" sono cambiate.Gli ultimi sopralluoghi avevano fornito indicazioni rassicuranti sulle condizioni della grande area estesa tra via Rossetti, via Revoltella, via Mameli, via D'Angeli. I teppisti hanno lasciato il segno, ma le strutture sembrano sane. Le caratteristiche degli stabili, con ampi locali, si prestano a una riconversione di tipo scolastico. L'antico compendio militare riusciva a ospitare fino a 5 mila persone. Quando l'operazione stringerà al dunque, sarà d'uopo coinvolgere la Soprintendenza, che sottopose a vincolo, al tempo della direzione regionale di Giangiacomo Martines, l'ex caserma nella primavera 2012. La destinazione militare della zona risale ancora all'amministrazione imperial-regia, quando nel 1902 il Comune acquistò la cosiddetta "campagna Wildi" e le prime costruzioni asburgiche datano 1912. Le autorità italiane riprendono i lavori, che terminano nel 1926. La dedica a Vittorio Emanuele III è passata indenne dalla monarchia alla repubblica e troneggia ancora all'ingresso del futuro campus. Chissà se manterrà il riferimento al penultimo, discusso sire sabaudo.

 Massimo Greco

 

Sala Tripcovich da demolire ?  - Nella delibera nessun accenno

Il consigliere dem Barbo solleva alcuni interrogativi  - Il Teatro Verdi dichiara a norma gli impianti termico ed elettrico dell'edificio giudicato inagibile

La demolizione della Sala Tripcovich? Non è all'ordine del giorno. Nella bozza di delibera della permuta di immobili tra il Comune di Trieste e la Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi, che sta facendo il tour delle circoscrizioni, non si fa cenno. È il consigliere Pd Giovanni Barbo a togliere il velo su alcune stranezze in questo "cambio merce" tra il Municipio e il Verdi entrambe capitanati da Roberto Dipiazza: la Sala Tripcovich di piazza Libertà in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere di via del Canneto 16 (comune di Muggia). I due immobili, inoltre, hanno un valore diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il fabbricato delle Noghere. «Gli oltre due milioni di euro di differenza verranno pagati dal Verdi al Comune? In caso contrario, cosa ci assicura che non ci sia danno erariale?», domanda Barbo. Nella delibera si sostiene che «l'operazione è ritenuta congrua perché di primario interesse per l'amministrazione che intende procedere alla riqualificazione dell'intera area». Non si parla però mai di demolizione. Anzi. Non si esclude che la Tripcovich, una volta ritornata al Comune «possa essere destinata ad attività rilevante Iva, non escludendo a priori eventuali futuri utilizzi a fini non istituzionali». «Ci sono già progetti in merito da parte del Comune? Supermercati magari?», insiste Barbo. Ma la cosa più stravagante è lo stato dell'immobile da dismettere che «non sarebbe più utilizzabile dal Verdi, poiché non più conforme alle normative sulla sicurezza». Nel contratto di permuta il Verdi certifica che «l'impianto elettrico e termico sono a norma». «Perché allora è stata finora dichiarata inagibile?», si chiede Barbo. Già, perché?

 

 

 

 

«L'alta velocità Venezia-Trieste vale più dei transiti a Ovest» - Parla l'ex senatore Sonego

La somma dei passaggi lungo le barriere della Venezia Giulia è 5 volte quella tramite il Bianco - Per l'ex parlamentare un errore la cancellazione della tratta

PADOVA - Venezia-Trieste-Divaccia batte Lione-Torino 4 a 1. È proprio questo il rapporto dei transiti di mezzi che hanno attraversato il confine orientale italiano, rispetto a quello occidentale. Eppure la Tav è quella a Nordovest. E anzi a est di Venezia fino a Trieste e al confine, il Governo a ottobre di quest'anno la linea alta velocità alta capacità l'ha proprio cancellata. Non si farà più. E a nessuno pare interessare. Lodovico Sonego, ex senatore della Repubblica e ex assessore ai trasporti della Giunta regionale targata Riccardo Illy, ha così scritto alla nuova coordinatrice europea del Corridoio n. 6 Mediterraneo Iveta Radicová. Spiegandole che è forse il caso di entrare nel merito della decisione delle commissioni trasporti di Senato e Camera che il 24 e 25 ottobre hanno eliminato la nuova ferrovia AV/AC Venezia-Trieste-Divaca che del Corridoio Mediterraneo è un segmento fondamentale. La somma dei transiti attraverso le barriere di Trieste e di Gorizia è cinque volte i transiti attraverso il Bianco, 4,3 volte i transiti di Bianco e Frejus sommati. «Tutto ciò è furiosamente irresponsabile» dice Sonego. «Come si può privare la parte che sostiene il Pil italiano di una infrastruttura di questa importanza? Il tratto fondamentale dell'alta velocità/alta capacità è quello che unisce questo pezzo d'Italia con i paesi dell'Europa Continentale, l'Est e Sud Est europeo. Paesi che hanno una fortissima integrazione economica». Sonego spiega nei numeri del suo paper l'importanza del collegamento. La somma dei transiti attraverso il confine italiano Nord Orientale (Tarvisio-Ugovizza; Gorizia-Villesse; Trieste-Lisert; totale 12.050 passaggi nel 2017) supera la somma dei transiti attraverso Brennero, Bianco e Frejus (10.371 nel 2017). I transiti (8.743 nel 2017) attraverso le barriere autostradali di Trieste-Lisert e Gorizia-Villesse che sono esattamente collocate lungo l'asse del Corridoio TEN-T n.6 Mediterraneo costituiscono il 39% di tutti i transiti attraverso i sei valichi alpini. «Si è giustamente enfatizzato il significato economico della nuova ferrovia ad alta velocità fra Torino e Lione - dice Sonego - ma senza questo pezzo manca il tratto fondamentale». La linea Av/Ac non era mai stata cancellata, l'infrastruttura fu anzi confermata dall'accordo tra l'allora governatrice Serracchiani e Rfi. L'intesa datata 22 Novembre 2016 stanziava 1,8 miliardi per realizzare con un quadruplicamento, per buona parte in galleria, la tratta dall'Isonzo al nodo di Aurisina. Il nuovo Contratto di Programma-Parte investimenti (CdP) tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Rfi per gli anni 2017-2021 prevede lo spostamento di quegli 1,8 miliardi in favore dell'ammodernamento della linea storica Venezia-Trieste-Confine di stato.

Roberta Paolini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2018

 

 

Convince Porto vecchio «futuro polo culturale» - il convegno di Italia Nostra

Un futuro da polo culturale e di sperimentazione. Questa la prospettiva per l'antico scalo, protagonista ieri nella sala congressi della Centrale Idrodinamica di una conferenza dal titolo "Porto vecchio-Ritorno al futuro". L'evento rientra nell'ambito dell'Anno europeo del Patrimonio culturale ed è stato organizzato dalla sezione triestina di Italia Nostra con il patrocinio dell'Autorità portuale dell'Adriatico Orientale. All'incontro hanno partecipato, fra gli altri, il presidente di Esof 2020 Bruno Della Vedova, l'assessore alla cultura Giorgio Rossi e Andreina Contessa, direttrice del museo storico di Miramare. Obiettivo: valorizzare Porto vecchio, non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura e sperimentazione. Tutti hanno sottolineato l'importanza dell'istituzione di un collegamento col centro urbano: Rossi ha anticipato che il Comune sta lavorando con Trieste Trasporti per l'apertura di una linea che dovrebbe collegare piazza della Borsa all'area di Porto vecchio.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2018

 

 

Il ritorno del tram a Pola in un progetto per il Comune

Pronto lo studio realizzato da due ingegneri, previsto il riutilizzo di strutture già esistenti: «Piano economicamente sostenibile e vantaggi per l'ambiente»

POLA - Ripristinare dopo molti decenni il tram cittadino così da contribuire a risolvere il problema del traffico caotico che affligge l'area urbana di Pola, soprattutto nei mesi estivi. È questa l'idea che hanno sviluppato gli ingegneri Livio Nefat e Ivan Skol. I due professionisti stanno ultimando la stesura del progetto, che hanno realizzato di propria iniziativa e che intendono sottoporre all'attenzione dell'amministrazione municipale. Sarà ovviamente il Consiglio comunale a decidere se metterlo in pratica o meno, magari bussando alle porte dei fondi europei per quel che riguarda il finanziamento. «Noi come cittadini di Pola - spiega al Glas Istre Livio Nefat, già anni fa fra i dirigenti dell'Unione Italiana - vogliamo dare il nostro contributo al miglioramento della qualità della vita dei concittadini con un progetto economicamente sostenibile che comporterà vantaggi per tutti».Il punto di partenza del tram così come progettato è l'attuale stazione ferroviaria, nella quale si trovano sette binari di cui solo tre oggi sono in funzione: gli altri possono dunque essere riattivati a questo scopo. Da sfruttare poi ci sono altri binari, inutilizzati da anni, lungo la riva cittadina nonché in direzione di Monumenti e dell'area commerciale alla periferia di Pola fino all'ex base aerea militare. «Inoltre - aggiunge Nefat - sotto Monte Zaro si trovano rifugi lunghi chilometri e risalenti alla Seconda guerra mondiale: lungo quei tunnel potrebbero essere posati i binari del futuro tram».Il tram è destinato ad avere naturalmente la trazione elettrica, e farebbe la spola fra i grandi parcheggi alle porte della città e il centro e toccando anche aree di interesse come l'aeroporto oppure i centri commerciali e il futuro terminal crociere. Di conseguenza verrebbe ridotta di molto la pressione del traffico lungo le direttrici cittadine con enormi vantaggi anche sul piano dell'inquinamento. In base alle stime effettuate dai due professionisti, i passeggeri si potrebbero quantificare in un milione nel solo primo anno di funzionamento della infrastruttura. Per quel che riguarda i costi del progetto, si parla di 700 mila euro nella prima fase, in cui verrebbe sfruttata buona parte dell'infrastruttura già esistente: un importo che verrebbe recuperato nell'arco di tre anni. Considerate le iniziative che sono in atto nelle altre città, tutte intese a scoraggiare l'uso dell'automobile nell'area urbana, l'amministrazione cittadina potrebbe tenere il progetto in buona considerazione. Intanto, il lavoro dei due professionisti viene a creare i presupposti per il ritorno a Pola del tram, che fu inaugurato nella sua prima tratta nel lontano marzo del 1904. Una linea costeggiava la costa e l'arsenale fino a San Policarpo, la seconda collegava il Marina Casinò alla stazione ferroviaria passando dinanzi all'Arena. In seguito venne costruita la linea dall'Arena al Bosco Siana. La lunghezza totale delle linee era di 7,3 chilometri, la motrice aveva il motore elettrico e la velocità massima consentita era di 20 chilometri all'ora. Dopo la prima guerra mondiale il servizio cominciò a soffrire la concorrenza crescente dei trasporti su gomma, e nel giugno del 1934 venne definitivamente cassato.

 

 

Rifiuti ingombranti e multe, lo zelo dell'azienda è a senso unico  - La lettera del giorno di Dario Pacor

Venerdì 23 novembre scorso la notizia della signora alla quale è stata comminata un'ammenda di 600 euro per avere lasciato due giocattoli fuori i cancelli della discarica di via Carbonara; sabato 24 la foto di un lettore sui rifiuti abbandonati vicino ai cassonetti straboccanti in via Rossetti (situazione comune a tanti altri punti della città). Inciviltà dei triestini o inadeguatezza dell'AcegasApsAmga (i cui dividendi per gli azionisti crescono di anno in anno) nella raccolta dei rifiuti? Visto che l'azienda è così solerte nel segnalare ai vigili della Polizia locale i i cittadini che, recatisi alla discarica nell'orario di chiusura, lasciano qualche rifiuto ingombrante in prossimità dei cancelli, perché non lo è altrettanto nella raccolta delle "scovazze" perlomeno nelle situazioni più critiche?L'assessore Polli afferma che abbandonare un rifiuto di fronte all'entrata della discarica vale quanto qualsiasi altra strada comunale. Capita di vedere rifiuti ingombranti "parcheggiati" anche per una decina di giorni davanti i portoni degli stabili, in attesa di essere ritirati dal servizio AcegasApsAmga, alla faccia del tanto declamato "decoro cittadino". L'area di via Cabonara - spiace per i pochi residenti in prossimità - è comunque una zona marginale, dove certamente i cittadini non vanno a fare le loro passeggiate. Costerebbe tanto avere un addetto supplementare nel centro di raccolta per traslocare all'interno della stessa i rifiuti lasciati fuori durante l'orario di chiusura?Un'operazione che richiederebbe forse qualche decina di minuti. Si preferisce invece investire in costosissimi sistemi di tele-sorveglianza, impegnare i vigili a comminare sanzioni, incassare dalle stesse - leggo sul Piccolo - 50mila euro in sei mesi, penalizzando coloro che quantomeno si sono presi la briga di recarsi alla discarica. A ciò si aggiunge la cacciata, un anno fa, di quelle persone che - cosa orribile - fuori dai cancelli chiedevano se tra le cose che buttavi c'era qualcosa a loro utile. Molto meglio produrre rifiuti? Ritengo tutto questo un vero e proprio incentivo a disfarsi dall'immondizia o da tutto ciò che non serve più abbandonandolo sotto casa, magari in qualche via non ancora servita da telecamere.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2018

 

 

L'ex Filodrammatico ceduto all'asta pronto ad accogliere alloggi e box auto.

Il rudere di via degli Artisti acquistato per 1,9 milioni dall'unica societa' a farsi avanti per rilevarlo. Il nome resta top secret.

Riapre la stagione del Filodrammatico. Non sarà più teatrale, forse il cartellone si orienterà verso il residenziale e il logistico. Dipenderà dalle scelte dell'acquirente. La società Cierre, proprietaria del rudere di via degli Artisti, partecipata paritariamente dalla Cividin srl e dalla Cogg-ex Riccesi, è stata acquistata all'asta nel tardo pomeriggio di ieri l'altro. Poichè la procedura non è terminata ed è ancora possibile rilanciare, non è stato reso noto il nome del temporaneo, fortunato vincitore: si sa comunque che la società non è triestina e che è risultata unico offerente per il 100% della Cierre.L'aggiudicazione è avvenuta nello studio dell'avvocato Enrico Bran, curatore del fallimento Cividin srl. Il valore dell'operazione ammonta a un milione 870 mila euro e contiene vari asset: oltre al Filodrammatico, due appartamenti ad Aurisina Cave 57, 12 posti auto collocati ad Aurisina Cave e nel complesso "Salvia e rosmarino" ad Aurisina. Attenzione ad approcciare correttamente la portata di "valore dell'operazione", poichè il complesso meccanismo studiato da Bran, con l'obiettivo di alzare l'incasso a favore dei creditori Cividin (fallita) e Cogg (concordato preventivo), prevedeva l'applicazione di un algoritmo combinato tra compravendita delle partecipazioni, debiti societari, disponibilità liquide tra cassa e banche. Alla vigilia si parlava di un business da un paio di milioni e quindi la previsione è stata quasi centrata. A sua volta nel 2011 Cierre aveva comprato all'asta il Filodrammatico dall'Inps, pagandolo 2,5 milioni. Cividin e Riccesi avevano progettato un intervento di riqualificazione, quotato 2,5 milioni di euro, basato sulla realizzazione di 19 appartamenti e di ben 80 posti auto. Nel dicembre 2015 avevano anche ottenuto dalla Regione Fvg, edizione Serracchiani, un contributo di 770 mila euro con una duplice finalità: riqualificare l'immobile in istato di abbandono e stimolare l'acquisto di appartamenti con modalità convenzionate. Un'operazione simile aveva riguardato anche un vasto stabile tra via Boccaccio e Scala Belvedere, che la friulana Tris aveva rilevato dal fallimento Prodest: in quel caso il contributo regionale era stato di 730 mila euro. Come si accennava all'inizio, adesso bisogna attendere l'esito definitivo dell'asta, per scoprire chi sarà il coraggioso interprete del futuro Filodrammatico e soprattutto sesarà intenzionato a proseguire lungo il progetto Cividin-Riccesi o se invece cambierà rotta. I lavori dovranno riguardare un ampio compendio che si estende tra via degli Artisti e via Donota. L'edificio non solo è abbandonato da oltre trent'anni, ma ha subìto due incendi, nel 2006 e nel 2009, che lo hanno ulteriormente danneggiato.

Massimo Greco

 

Dall'ortofrutticolo alla vecchia Fiera fino alla Maddalena

Tra immobili in vendita e aree da riqualificare ballano operazioni immobiliari per 300 milioni

Fuori uno. La vendita del Filodrammatico, cioè di uno storico rudere in pieno centro, riaccende i motori del settore immobiliare triestino, dove le partite da chiudere su importanti edifici/aree da riqualificare restano comunque molte. Al netto di Porto vecchio, che rappresenta un capitolo a se stante, l'elenco delle vendite da fare e dei lavori da avviare arriva a sfiorare i 300 milioni di euro. Facciamo una somma del tutto indicativa. L'operazione più impegnativa resta l'ex Fiera, dove l'imprenditore carinziano Walter Mosser, dopo aver speso oltre 13 milioni di euro per l'acquisto dello spazio dal Comune, ha annunciato di volerne spendere 65 per rifare un po' tutto, dall'ultima parte di via Rossetti ai parcheggi, dal fitness allo shopping. Al secondo posto nella lista delle meraviglie si piazza il Parco del mare, progetto pilotato dalla Camera di commercio che pianifica una spesa di oltre 40 milioni per trasformare l'ex Cartubi e il mai nato Porto Lido in un grande acquario. Bollenti castagne sono state tolte dall'infuocato barbecue dell'ex Maddalena a opera dell'imprenditore veneziano Francesco Fracasso, specializzato nel recupero di siti degradati. Ha messo a posto l'attuale Centercasa di corso Saba, sta sistemando un monomarca Obi nell'ex concessionaria Dino Conti, nella voragine davanti al Burlo scommetterà 30 milioni per realizzare fori commerciali. Un obiettivo di prima fascia nelle strategie comunali sarà nell'entrante 2019 la cessione dell'attuale mercato ortofrutticolo, che occupa un grande triangolo nella zona di Campo Marzio. Il Municipio lo ha inserito nel piano delle alienazioni per una quotazione di 26 milioni, che non sono una bazzecola: il sindaco Dipiazza ha detto che esiste un progetto, preparato dalla società pubblica Invimit, che prevede nell'area un investimento alberghiero e un riassetto urbanistico (due parcheggi e un sottopasso) per un totale di 90 milioni. A poche decine di metri c'è l'ex Meccanografico, edificio dalla storia tribolatissima che potrebbe aver trovato la sua ragion d'essere nell'ospitare la sede di Esatto spa.Non hanno ancora trovato ammiratori il comunale palazzo Carciotti (20 milioni in probabile ribasso) e il camerale palazzo Dreher (iniziale 11,7 milioni). Trattativa aperta per l'ex Intendenza di finanza, double face delle Poste, che per 5-6 milioni potrebbe lasciare il patrimonio immobiliare di Cassa depositi e prestiti diventando un hotel.

 

La speranza di commercianti e residenti: «Così questa strada uscirà dal degrado» - LE REAZIONI AL FUTURO RESTYLING

Chi lavora in via degli Artisti e la frequenta si dice soddisfatto per la novità della prossima rinascita dell'ex Filodrammatico e spera che gli interventi previsti possano riportare la strada a una condizione migliore, dopo anni di degrado e sporcizia. Molti auspicano però che venga conservato qualche dettaglio dell'originale destinazione dell'ex Filodrammatico, una testimonianza della sua antica funzione, a ricordo del glorioso passato. «Qualsiasi cosa verrà fatta - commenta Giuliana Cisilin - sarà meglio di quello che c'è ora. È una zona di interesse storico, ben venga quindi un cambiamento, che ci voleva. Anche perché qui siamo in tanti a lavorare, una piccola comunità vivace». «È un bene se il palazzo viene finalmente ristrutturato - dice Mauro Parlotti -, servirà anche a rendere questa zona più pulita, visto che proprio l'area accanto all'edificio è diventata una toilette a cielo aperto per cani. Anche se ovviamente gli animali non hanno alcuna colpa». Per Antonino Guaiana la risistemazione dell'ex teatro potrebbe portare un via vai maggiore anche nella vicina galleria commerciale, che collega via degli Artisti a corso Italia. «Una volta era più vissuta - racconta - anche perché qui vicino c'era il cinema, magari il nuovo palazzo aiuterà a farla tornare più animata, ricordo negli anni '70 quanto era attiva. Nel tempo non è stato più così, forse anche per il degrado della strada qui dietro. Comunque se tutto verrà messo a posto, anche con l'eliminazione di transenne e impalcature ferme da tempo, non può che essere positivo». E c'è chi ricorda come la situazione precaria dell'immobile aveva causato anche la chiusura della strada, con conseguenze per commercianti ed esercenti. «La viabilità tempo fa è stata interrotta per diversi mesi a causa dei problemi legati all'edificio - racconta Karin Puzzer - e quando c'era vento forte si temeva comunque che qualcosa crollasse». Altri hanno ancora impressi nella memoria alcuni momenti che hanno segnato il lento sfacelo del Filodrammatico, come il crollo del tetto o alcuni incendi che avevano colpito la struttura. «Siamo comunque pronte - aggiunge Cecilia Leoni - a fare qualche sacrificio, inevitabile con il cantiere che verrà posizionato per i lavori, penso ai macchinari che saranno impiegati per la ristrutturazione. Va bene se ci sarà qualche disagio, perché immaginiamo che poi la situazione migliorerà sensibilmente. Girava voce che ci sarebbe stata anche una pedonalizzazione della strada, e credo potrebbe essere utile. Speriamo - sottolinea - che venga conservata almeno la targa con il nome del Filodrammatico, è un pezzo di storia della città, non si può cancellare». Pensiero simile per due anziani che vivono nella vicina via Donota. «Non si può dimenticare quanto bello è stato quel teatro, quanti intrattenimenti ha regalato per anni a tanti triestini, speriamo non sia dimenticato. Ci vorrebbe, ad esempio, una targa con qualche cenno storico». Per altri la demolizione del rudere servirà anche a evitare episodi di delinquenza segnalati più volte. «Visti il degrado e la poca luce - ricorda qualcuno - qui ci sono stati episodi legati allo spaccio o bivacchi notturni, sarà l'occasione per eliminare anche questo tipo di problematiche».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2018

 

 

Toninelli e il rebus della Trieste-Divaccia

Il ministro: ok al cofinanziamento Ue fino a Venezia. Tratta già stoppata in Senato. Regione in attesa di chiarimenti

UDINE - Il cofinanziamento Ue per la Trieste-Divaccia. Ma anche per la prosecuzione della tratta verso Ovest, fino al nodo di Venezia. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli infila pure il Friuli Venezia Giulia e i suoi confini in un post su Facebook in cui rivendica i meriti del governo gialloverde su un presunto supporto europeo alle infrastrutture ferroviarie. Poche righe, quelle per la nostra regione, ma che scatenano le perplessità in casa grillina e la dura reazione del Pd. Perché lo stop in commissione al Senato proprio alla Trieste-Divaccia era stato, a fine ottobre, motivo di esultanza proprio dei 5 Stelle, con in testa il capogruppo Stefano Patuanelli, non a caso sorpreso dal riferimento del ministro a quell'opera. Ma anche perché Toninelli parla di un'azione governativa che Isabella De Monte smonta in fretta. «Non sapevamo che il fantasma del ministro si aggirasse per le commissioni mentre noi lavoravamo - ironizza l'europarlamentare dem -. La realtà è che la tratta Trieste-Divaccia era già stata inserita nel testo dalla Commissione, e il Parlamento europeo non ha apportato modifiche, così come il Consiglio».Un rebus insomma. O un'altra gaffe del ministro, a sentire appunto il Pd. Di certo, poco più di un mese fa Patuanelli parlava di «grande vittoria per chi si batte da sempre contro le opere inutili» dopo il via libera in commissione a Palazzo Madama allo schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, un documento che incrementa di 13,2 miliardi gli investimenti ferroviari ma, a sentire i grillini, piazza la pietra tombale sull'alta velocità. Stupisce dunque che Toninelli inserisca pure la Trieste-Divaccia tra le opere per le quali il governo «ha ottenuto un cofinanziamento», così scrive su Fb dopo il Consiglio Ue con i suoi omologhi a Bruxelles. Fonti del Mit spiegano che il post fotografa «una situazione precedente alla determinazione in commissione sulle prescrizioni che riguardano alcune tratte» e che sarà Rfi a «valutare quali opere non risultino più strategiche». Ma De Monte demolisce la lettura di una vittoria del governo: «Quelle di Toninelli sono dichiarazioni imbarazzanti, è arrivata l'ora di mettersi a studiare».Resta poi la questione del sostegno al prolungamento della tratta fino a Venezia. Si potrà forse trattare del potenziamento dell'esistente, progetto da 1,8 miliardi inserito nell'accordo governo-Rfi? «Il cofinanziamento Ue sull'intero tragitto è una buona notizia», commenta l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti. Ma nemmeno lui, ammette, ha alcun dettaglio sull'operazione. Intanto, sempre via Facebook, su un altro fronte Toninelli annuncia che il governo italiano condividerà l'analisi costi-benefici della Tav con il governo francese e, quindi, rinvia al 2019 la pubblicazione degli eventuali bandi di gara. Il ministro spiega di avere siglato, «a margine del Consiglio Ue dei Trasporti», con l'omologa di Parigi, Elisabeth Borne, «una lettera per chiedere congiuntamente a Telt, il soggetto attuatore, di pubblicare oltre la fine del 2018 i bandi dapprima attesi a dicembre. Adesso condivideremo il percorso con la Commissione europea, applicando in pieno il contratto di governo. Nessun pregiudizio sull'opera, ma solo l'obiettivo di fare quanto mai fatto prima: usare bene i soldi di tutti i cittadini italiani». «Analisi costi-benefici? Non faccio l'ingegnere, ho fatto il classico. Ognuno faccia il suo mestiere», commenta il vicepremier e ministro dell'interno Matteo Salvini precisando di essere «per l'Italia dei sì, mi si portino i numeri». Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino intravede nelle parole di Toninelli uno spiraglio, ma fonti del ministero precisano che il rinvio «congela di per sé qualunque aspetto della procedura». 

Marco Ballico

 

 

Un weekend di dibattiti sul futuro di Porto vecchio

Il via venerdì alla Centrale Idrodinamica. Previste fino a domenica visite guidate affidate ai volontari di Italia Nostra

Sono state presentate ieri mattina nella sala Bobi Bazlen di palazzo Gopcevich le tre giornate dedicate al Porto vecchio denominate "Porto vecchio-Ritorno al futuro" e che avranno quale comune denominatore l'attualità e le prospettive future dell'antico scalo portuale cittadino. Il tema, che si articolerà da venerdì 7 a domenica 9 dicembre nella Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, rientra nell'ambito dell'Anno Europeo del Patrimonio Culturale ed è stato presentato dalla presidente della sezione triestina di Italia Nostra Onlus, Antonella Caroli, dalla vicepresidente Giulia Giacomich, assieme al professor Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020. Questa tre giorni di dibattito e di visite guidate alla centrale idrodinamica è organizzata, oltre che da Italia Nostra, dagli assessorati alla cultura del Comune di Trieste e della Regione, con il patrocinio dell'Autorità di Sistema Portuale dell'Adriatico Orientale e del Mibac, e ha come obiettivo quello di evidenziare il comune impegno per la valorizzazione del Porto Vecchio, visto non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura, sperimentazione e tecnologia. «Mi piace ricordare - ha sottolineato Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020 - che il Porto vecchio è nato da una necessità storica dell'epoca che aveva come obiettivo quello di mettere insieme professionalità, industria e comunicazione. È perciò necessario che quest'area venga ridata alla città e l'occasione offerta da Esof 2020 sarà propizia in tal senso». Il programma delle tre giornate dedicate al Porto vecchio sarà aperto venerdì dalla tavola rotonda dove verranno esaminate le prospettive e le opere messe in cantiere per la valorizzazione del vecchio scalo portuale triestino, mentre sabato 8 e domenica 9 dicembre, dalle ore 10 alle 13, sarà possibile effettuare delle visite guidate alla centrale idrodinamica, realizzate grazie al coinvolgimento dei volontari di Italia Nostra, per le quali è preferibile la prenotazione tramite email a trieste@italianostra.org.

Lorenzo Degrassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2018

 

 

Arrivano 33 nuovi autobus La flotta cittadina è "young"

Con gli ultimi acquisti da 8,5 milioni Trieste Trasporti può vantare il parco mezzi più giovane d'Italia. Intanto le multe ai "portoghesi" toccano quota 1.100 al mese.

Trieste Trasporti ne è certa: la sua flotta di bus è la più giovane d'Italia e dell'Europa intera. Con l'ultima covata di mezzi neonati, l'età media si attesta a 4,2 anni contro una media nazionale di 12,2. Ma il Broletto fa meglio anche dell'anagrafe tedesca, irlandese, finlandese. Fin dall'inizio del 2019 tutti i 271 bus saranno classificati Euro 6, con relativo beneficio ambientale per qualità di emissioni in atmosfera. Ieri mattina, davanti al Savoia, il vertice della concessionaria ha schierato due prototipi del ringiovanimento: in tutto rinfrescheranno i ranghi di Trieste Trasporti 33 produzioni della Man, 25 saranno le "normali" lunghe 10,5 metri con 85 posti, mentre 8 saranno invece le snodate da 18 metri capaci di portare quasi 150 passeggeri. Un investimento di 8,5 milioni in buona parte pagato attraverso il contributo regionale al trasporto pubblico locale (tpl), una quota del quale è utilizzato per il rinnovamento del parco mezzi. Alla presentazione degli ultimi acquisti un ampio parterre con il governatore Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il prefetto Annapaola Porzio, il vertice societario Piergiorgio Luccarini e Aniello Semplice, l'amministratore delegato del partner privato Arriva, Angelo Costa. Un'occasione per fare il punto sui temi forti del comparto. A cominciare dal cosiddetto giudizio di revocazione avanti il Consiglio di Stato, che il prossimo 24 gennaio chiuderà l'infinita storia della gara per l'aggiudicazione del trasporto pubblico regionale: è l'ultima chance di Busitalia (gruppo Fs) e di Autoguidovie per debellare la società consortile formata dalle quattro concessionarie uscenti (Trieste trasporti, Saf, Atap, Atp), dopo le due sconfitte al Tar e al Consiglio di Stato. Fedriga non ha nascosto quanto ricorsi bis-tris facciano perdere tempo e quattrini, soprattutto quando in ballo c'è un finanziamento di 133 milioni, che colloca il trasporto locale al secondo posto delle dazioni regionali dopo la sanità. Interessante anche l'argomento "sicurezza", gestito da un sistema di 1350 videocamere ad alta definizione, che ha consentito a magistratura e forze dell'ordine l'acquisizione di 547 blocchi di filmati a chiarimento di incidenti stradali e di indagini penali. C'è anche un problema di "sicurezza" di cassa, nel senso che Trieste Trasporti ha dichiarato guerra a chi non acquista il regolamentare biglietto: nel corso del 2018 le sanzioni sono cresciute di quasi il 13% a circa 1100/mese. L'azienda calcola che il fenomeno sia valutabile nell'ordine del 10-15% del totale dei passeggeri, determinando un danno economico non inferiore ai 2,5 milioni di euro/annui. Due gli strumenti messi in campo contro l'evasione: il recupero dei crediti affidato a Synergy Key - perchè Semplice è pronto ad affondare la lama fino al pignoramento - e l'attivazione dei contapasseggeri a bordo di tutti i bus. Il contapasseggeri servirà inoltre come fattore statistico-programmatorio, alfine di capire meglio quanti siano gli effettivi fruitori del "tpl" e quali siano le linee più battute. 

Massimo Greco

 

Ciclabili, natura e passaparola Così cresce l'appeal di Muggia

Il report costruito in base ai questionari sottoposti ai visitatori promuove la città L'ospite tipo viene da Austria e Germania e trascorre qui dalle 2 alle 4 notti

MUGGIA - Famiglie o gruppi di amici, per lo più provenienti da Austria e Germania, attratti dalla Parenzana o semplicemente consigliati da persone che Muggia l'hanno già vista. Questa la "scheda" del turista tipo della cittadina istroveneta. Un dato emerso dai questionari promossi dall'amministrazione Marzi e distribuiti nel mese di settembre dal Gal Carso in collaborazione con alcuni operatori locali. La maggior parte dei turisti stranieri risulta quindi arrivare dall'Austria o dalla Germania. Il 23% di questi è di passaggio, il 21% viene qui per trascorrere del tempo al mare o a contatto con la natura, un altro 21% perché consigliato da amici e ben il 26% per godere della Parenzana o dell'Alpe Adria Trail. Le famiglie costituiscono il 38% del nucleo di turisti giunti a Muggia, seguono i gruppi di amici (36%) e un'importante quota di viaggiatori solitari (21%), che a sorpresa sono per lo più donne (il 63% contro il 38% di uomini) la cui età media è di 43 anni. La maggior parte dei turisti arriva nella città istroveneta con la propria auto, un 18% con il trasporto marittimo, il 15% in bici e il 10% in camper. Esattamente 2,6 in media le notti di soggiorno in città, che salgono a quattro in campeggio, dove sceglie di pernottare il 28% dei turisti. Il 36% dei visitatori di Muggia opta per l'albergo, mentre il 17% il b&b. Lusinghiero il fatto che il 61% dei visitatori valuta la città migliore rispetto alle aspettative. Positivo anche il riscontro sull'informazione turistica, con ben un 61% di opinioni positive e un infopoint che tra il 24 luglio ed il 22 ottobre ha registrato quasi duemila accessi. In generale Muggia risulta essere una città accogliente a detta dei turisti, con una valutazione molto positiva sia verso la sicurezza percepita (90%) che nei confronti della cittadinanza (80%). «Stiamo lavorando alacremente perché siamo convinti del valore e delle potenzialità della nostra città ed è evidente come Muggia goda di un'attrattività sempre più alta, turisticamente parlando: basta guardarsi intorno per notare il numero crescente di turisti che ci fanno visita», commenta il sindaco Laura Marzi. Soddisfatto Fabrizio Masi, referente di Viaggiare Free: «I gruppi che vengono a Muggia dall'estero o dal Centro-Sud dell'Italia lo fanno per visitare un territorio transfrontaliero, di cui Muggia è la prima tappa. I dati dei passaggi di cicloturisti che emergono anche dai territori confinanti ben evidenziano la significativa incidenza e l'esponenziale crescita che questo settore sta vivendo». E dal Gal Carso Enrico Maria Milic lancia nuove sfide: «A gennaio vorremmo ripartire con un tavolo di lavoro per creare un calendario da presentare ad inizio stagione. Noi possiamo sviluppare e far crescere l'offerta già esistente, ma l'offerta parte dal territorio e da tutte le realtà che vogliono proporre se stesse e il proprio progetto».Ottimista infine l'assessore al Turismo Stefano Decolle: «Quello che emerge con forza è un deciso attivismo da parte di tutte le realtà coinvolte, che hanno dimostrato di avere voglia di essere costruttive e concrete nella creazione di prodotti e servizi turistici. C'è molto sano spirito d'iniziativa e desiderio di collaborare all'insegna di un impegno condiviso, ingredienti fondamentali per lo sviluppo della nostra amata Muggia». 

Riccardo Tosques

 

 

Ambiente - Italia e Croazia insieme per pulire il mare Adriatico

Entro la fine dell'anno 70 pescherecci saranno mobilitati in nove porti dell'Adriatico tra Italia e Croazia per ripulire i fondali marini dai rifiuti. Lo ha annunciato Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, illustrando a Bruxelles il progetto Interreg «Marine Litter - Repair», coordinato dall'Università Cà Foscari di Venezia e con la collaborazione di altri sei partner, Ispra a Chioggia, le Cooperative M.A.R.E. di Cattolica e Limosa di Venezia, l'Istituto di Oceanografia e Pesca di Spalato, l'Associazione Sunce di Spalato, e l'Istituto Rera per lo sviluppo della contea di Spalato e Dalmazia. «C'è un vuoto normativo non solo in Italia ma anche negli altri Paesi che si affacciano sull'Adriatico e non si sa come classificare il rifiuto pescato in mare» ha spiegato Fortibuoni.

 

 

Clima, dall'Italia l'ultimo allarme - Solo 20 anni per salvare il Pianeta

Si apre il vertice Cop 24 in Polonia. Il monito dell'Onu: «È già una questione di vita o di morte»

ROMA - «Quella del clima è già oggi una questione di vita o morte» per diverse parti del mondo ma «siamo totalmente fuori rotta e in ritardo» nel progetto di scongiurare catastrofi naturali e drammi umanitari. Si è aperto con un appello drammatico il discorso di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni unite, all'inaugurazione della Conferenza mondiale climatica COP24, a Katowice, nel sud della Polonia. Dall'accordo di Parigi del 2015 sottoscritto da 195 Paesi, che indicò l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale con un aumento medio della temperatura entro i 2 gradi - meglio 1,5 - rispetto all'era preindustriale, «questo incontro è il più importante sui cambiamenti climatici», ha ribadito Guterres. Che ha sollecitato i capi di Stato e di governo presenti (non c'erano i big, per l'Italia ha partecipato il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, mentre Leonardo Di Caprio non sarebbe stato invitato per timore delle sue posizioni) e i rappresentanti delle 60 delegazioni a condividere la responsabilità per individuare azioni concrete. L'allarme degli scienziati è costante e univoco. Dal gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), all'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo), al Programma ambientale dell'Onu (Unep) tutti avvertono che i prossimi 12 anni saranno cruciali e non abbiamo quindi molto tempo. Anche l'Istituto superiore di sanità è sceso in campo: «Due generazioni, ovvero 20 anni, per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti devastanti che questi avranno sulla salute dell'uomo e dei territori» ha detto il presidente dell'Iss, Walter Ricciardi rilevando che «già oggi le morti in Europa legate ai cambiamenti climatici sono migliaia l'anno, ma saranno milioni nel prossimo futuro se non si agisce subito»; saranno 250mila all'anno tra il 2030 e il 2050 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità. «Non mi pare di vedere una cultura adeguata», ha osservato il direttore dell'Iss che ospita per due giorni alcuni dei massimi esperti in materia per un convegno da cui scaturirà «La Carta di Roma» con una serie di raccomandazioni per contrastare i rischi provocati dai cambiamenti climatici e per dimostrare che «si può agire tutti e subito per invertire il trend, le istituzioni in primis ma anche le persone comuni».Tornando alla Cop24, Guterres ha ricordato «la responsabilità collettiva di investire», «consolidare gli impegni finanziari assunti a Parigi e assistere le comunità e le nazioni più vulnerabili». Da parte sua, la Banca Mondiale ha raddoppiato gli investimenti a 200 miliardi di dollari nel quinquennio 2021-2025 per sostenere l'adattamento al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni di gas serra. Se occorre ambizione l'Italia è in prima fila: «Lo stato di salute del Pianeta ci impone il massimo sforzo e anche di fare presto. Faremo di tutto per innalzare l'ambizione dell'Italia e trainare gli altri Paesi» ha detto in un tweet il ministro Costa mentre Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, presente all'inaugurazione e rammaricato che il governo degli Stati Uniti abbia voltato le spalle all'Accordo di Parigi, ha invitato a «puntare di più sui leader locali e non solo sui governi» visto che il 70% delle emissioni di CO2 negli Usa è controllato dai governi locali e dalle città. 

 

STATI UNITI DI TRAVERSO LA STRADA È IN SALITA

L'ordine del giorno di Katowice è di quelli decisivi: serve un'intesa per attuare l'Accordo di Parigi del 2015 e contenere il surriscaldamento a più 1,5 gradi il più presto possibile. Gli osservatori non nutrono grandi aspettative sull'efficacia del vertice. Dalle dichiarazioni del mondo scientifico e dai dati l'allarme si è aggravato negli ultimi tre anni. Tre rapporti in un mese hanno messo definitivamente all'angolo gli scettici. Il 20 novembre l'organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha annunciato che per la prima volta da migliaia di anni la concentrazione annua media globale di CO2 nell'atmosfera ha raggiunto nel 2015 il traguardo di 400 parti per milione, diventate poi 403,3 nel 2016 e 405,5 nel 2017: un record dopo l'altro. La notizia sulla concentrazione di CO2 segue la pubblicazione del rapporto Ipcc sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5 gradi. C'è il rischio concreto che nel 2023 il carbon budget necessario per mantenere l'incremento delle temperature medie globali al di sotto dell'intervallo possa già essere stato esaurito. Tempo scaduto. Un altro rapporto scientifico pubblicato da 13 agenzie federali Usa dice che i cambiamenti climatici potrebbero ridurre di un decimo il Pil statunitense entro il 2100, più del doppio delle perdite della recessione del 2008. Due le aree di maggior impatto: commercio estero e agricoltura. L'allarme degli scienziati non sarà molto ascoltato. La posizione di Trump, che vuole smantellare la politica sui cambiamenti climatici, è l'ostacolo più grande.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2018

 

 

La maggioranza di Muggia "salva" i soffiatori per la pulizia delle vie

Mozione del grillino Romano: «Alzano polveri dannose per la salute» L'assessore Litteri: «Usati solo là dove non passa la spazzatrice»

I soffiatori per la pulizia delle strade di Muggia continueranno a essere regolarmente operativi. Almeno per ora. È questo l'esito della mozione proposta dal capogruppo del M5s Emanuele Romano durante l'ultimo Consiglio comunale. L'esponente pentastellato aveva chiesto di vietare l'uso dei soffiatori per motivi di salute pubblica. «Considerato che lungo le strade e nei piazzali si depositano polveri di origine antropica, industrie, veicoli, riscaldamento, eccetera, che se inalate possono essere causa di infezioni polmonari o altre patologie croniche, e tenendo conto che lungo le strade e nei piazzali si depositano pollini che se inalati possono essere causa di allergia in determinate persone, chiedo di vietare l'uso dei soffiatori sul territorio comunale», aveva avanzato formalmente Romano. La maggioranza, compatta, ha espresso la propria contrarietà. «I soffiatori vengono utilizzati solo in alcune vie di Muggia, dove non si possono utilizzare macchine spazzatrici a causa delle vetture parcheggiate. Ricordo che in passato in queste vie veniva periodicamente vietato il parcheggio per l'intera mattinata per permettere il passaggio della spazzatrice: questo aveva creato grossi malumori in quanto molti si dimenticavano del divieto e venivano multati per sosta vietata, per cui questa pratica è stata abbandonata», racconta l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. Ma l'assessore della Giunta Marzi lascia le porte aperte ad altre soluzioni, in primis l'utilizzo degli aspiratori.«Questo sistema è utilizzato dalla Net in tutti i comuni soprattutto per raccogliere le foglie cadute dagli alberi. Inoltre viene usato anche nel periodo del Carnevale per riuscire a staccare dal terreno i coriandoli. Ritengo inoltre che il problema del sollevamento delle nanopolveri, citate dal consigliere Romano, non sia dovuto solo all'utilizzo dei soffiatori, in una città come la nostra dove spesso soffia la bora. Ciò non toglie - conclude Litteri - che sono d'accordo che si debba evitare il più possibile di sollevare polveri, fastidiose e dannose per la salute, per questo ho chiesto alla Net di valutare sistemi alternativi, quali l'utilizzo di aspiratori». 

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 dicembre 2018

 

 

REGIONE FVG - Auto green e car sharing - La giunta ora accelera - il parco macchine dell'ente
TRIESTE. «La Regione perseguirà lo sviluppo del progetto New Mobility in Fvg (Nemo) volto a ridurre l'inquinamento con l'adozione, da parte della pubblica amministrazione, di veicoli elettrici e di Noemix, il servizio di car sharing sviluppato al suo interno». La conferma arriva dalla giunta con l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro: «Si tratta della prima iniziativa di questo tipo in Europa e gode di un finanziamento Ue di 900mila euro. Sarà possibile dismettere circa 800 vetture a benzina o diesel e sostituirle con 640 veicoli elettrici, prevedendo ricadute sensibili dal punto di vista ambientale». E «sfruttando il servizio di car sharing tra enti, ridurremo il numero di mezzi in circolazione con conseguenze positive anche per il traffico». Scoccimarro spiega poi che «dopo la definizione del progetto verrà avviato un dialogo tra le direzioni regionali che coinvolgerà il vicegovernatore Riccardo Riccardi, dato che una buona parte dei mezzi sostituiti sono a disposizione del servizio sanitario, e l'assessore alle Autonomie Pierpaolo Roberti, per i veicoli degli enti locali e l'inserimento nel progetto della centrale unica di committenza». --

 

 

Clima, la sfida parte da Katowice - Salvare il pianeta senza gli Usa
L'Ue punta a "emissioni zero" entro il 2050. Secondo l'Onu restano solo 12 anni per agire - L'Italia è ai primi posti per le morti da smog in Europa: il 98% dei bimbi esposto agli inquinanti
Torino - Secondo gran parte della comunità scientifica già gli accordi di Parigi del 2015 (Cop21), che miravano a contenere il riscaldamento globale entro i due gradi rispetto ai livelli preindustriali (puntando alla soglia degli 1,5° C), erano insufficienti ad evitare i cambianti climatici. Ma senza un'intesa al vertice Onu di Katowice (Cop24) che inizia oggi, anche quell'obiettivo minimo rischia di rimanere lettera morta. In Polonia la sfida è ancora più ardua: si tratta di passare dalle parole ai fatti. 1Lo scontro Usa-UeD'altronde Cop21 è stato uno dei temi più spinosi del G20 di Buenos Aires. Il braccio di ferro tra gli Usa e l'Ue si è concluso con comunicato che ritiene Parigi «irreversibile» solo per 19 Paesi. Trump ha affermato più volte di non credere nei cambiamenti climatici causati dall'uomo e ha annunciato di non voler rispettare gli impegni presi dal suo predecessore Barack Obama. Bruxelles invece intende farsi paladina del clima e punta a "emissioni zero" entro il 2050. «Noi siamo coerenti - ha rivendicato il commissario europeo Canete - non siamo come gli Usa, dove se cambia il presidente cambiano anche le politiche per il clima». L'Ue stima che la rivoluzione energetica, per cui saranno necessari 200-300 miliardi d'investimenti l'anno, porterà un +2% di Pil entro il 2050, risparmi di 200 miliardi in sanità e il 40% in meno di morti premature da smog. 2Smog in Pianura padanaEd è proprio lo smog una delle voci che preoccupa di più l'Italia. Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente il 95% più esposte ai principali inquinanti dell'aria vive nel Nord. Siamo al secondo posto continentale per morti per Pm 2.5 (60.600) e al primo per le morti da biossido di azoto (20.500) e per l'ozono (3.200). Anche l'Organizzazione mondiale della sanità non risparmia le critiche al nostro Paese: segnalando che il 98% dei bambini respira troppe polveri ultrasottili. Un dato che non fa differenza tra ricchi e poveri. 3La posizione dell'ItaliaA differenza del populista Jair Bolsonaro, che ha già ritirato la candidatura del Brasile per Cop25 nel 2019, l'Italia non sembra intenzionata a seguire Trump sul clima. Il presidente Conte nel suo intervento al G20 di Buenos Aires ha ricordato l'importanza di Katowice e ha spiegato che la transizione energetica «rappresenta un'opportunità economica per rafforzare l'occupazione, modernizzare le infrastrutture dei nostri Paesi e salvaguardare i cittadini di fronte l'incremento dei fenomeni climatici estremi». Domani il ministro dell'Ambiente Sergio Costa interverrà alla cerimonia inaugurale. 4Gli obiettivi di KatowiceCop24 è uno snodo fondamentale in vista del 2020, anno in cui gli accordi di Parigi dovranno diventare operativi. I pilastri della conferenza sono tre: l'adozione delle linee guida per mettere in pratica l'intesa del 2015, l'impegno dei governi per diminuire ancora i livelli di emissioni di CO2 già decisi per il 2020 e lo stanziamento di risorse adeguate per permettere ai Paesi più poveri di ridurre le emissioni. Secondo uno studio commissionato dall'Onu Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico restano solo 12 anni per agire. 5Sconfitta non ammessaSecondo Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf che sarà presente a Katowice, per contenere l'aumento della temperatura entro gli 1,5° C bisogna «rafforzare gli impegni» . «Non è ammessa una sconfitta», spiega Mauro Albrizio di Legambiente. «È una sfida che l'Europa può e deve vincere - prosegue - non solo per il successo di Katowice, ma soprattutto per accelerare la decarbonizzazione dell'economia europea e vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l'occupazione».

Andrea Scutellà

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2018

 

 

LA CARTIERA DI SAN GIOVANNI DI DUINO - Scoglio ambientale sul futuro Burgo - A Spinoglio un mese per dare risposte

Vertice in Regione: l'imprenditore dovra' fornire nuovi dati. Poi un mese per valutarli. In piazza presidio dei lavoratori

TRIESTE - La vertenza Burgo, dopo tre anni, veleggia ancora in mare aperto. Con due scogli che ne rendono assai perigliosa la navigazione, uno di carattere ambientale e uno di ordine occupazionale. Sotto le finestre del "governatorato", in via dell'Orologio dove si fronteggiano l'ingresso della Regione e quello dell'hotel "Duchi d'Aosta", una cinquantina di dipendenti ha organizzato un presidio, mentre a San Giovanni di Duino la "linea 3" era bloccata dallo sciopero e in fabbrica sono entrati solo gli impiegati. Il vertice, tenutosi in Regione nella tarda mattinata di ieri, non ha risolto alcunché ed è servito soprattutto a fissare un cronoprogramma di massima, per tentare di salvare 100 posti e di riconvertire la linea produttiva "2". La scansione delle date è la seguente: entro la fine di dicembre Giulio Spinoglio, a capo della Cartiera di Ferrara, presenterà il supplemento documentario ambientale riguardo l'impianto di produzione energetica attivabile con gli scarti di lavorazione (pirogassificatore). A quel punto la direzione Ambiente della Regione Fvg - alla riunione sedeva l'assessore Fabio Scoccimarro - avrà a disposizione un mese per verificare la congruità dei dati trasmessi dall'imprenditore piemontese-ferrarese. Se non vi saranno eccezioni di rilievo su questo versante, Spinoglio potrà costituire una società, insieme a Burgo e a Friulia, per avviare la riconversione dal patinatino al cartoncino. Anche se pare non vi sia chiarezza sui finanziamenti pubblici. Ridendo e scherzando, avremo così raggiunto i primi di febbraio, quando scatterà il timing dei 100 licenziamenti: l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, affiancata dal collega delle Attività produttive Sergio Bini, ha chiesto alla Burgo, profittando delle misure previste dalla recente legislazione governativa, di prorogare il contratto di solidarietà, per disintossicare il fatale intreccio ambientale-occupazionale di febbraio. Per il gruppo cartario c'era il capo del personale, Franco Montevecchi, che ha preso tempo, ma ci sono ottime possibilità - secondo fonti aziendali - che la risposta sarà negativa, perché Burgo la sua proposta l'ha già fatta: accettare trasferimenti in altri siti produttivi, molti dei quali posizionati nel Nordest. Tema che i sindacati non intendono prendere in considerazione.Tra le sigle alligna un "sentiment" apertamente pessimistico. Si sperava che la riunione servisse a ottenere qualcosa di più che una serie di dichiarazioni sui compiti da farsi. La valutazione di Berardi (Cisl), Goat (Cgil), Mian (Uil) converge sul tempo perso, sulle lungaggini burocratiche, sulle disattenzioni procedurali di Spinoglio e della Burgo. Poi prevale un po' di Realpolitik: sul tavolo Spinoglio è l'unica carta giocabile. Nel panel istituzionale anche il sindaco Daniela Pallotta, preoccupata che la tematica ambientale finisca con l'inghiottire l'istanza occupazionale.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2018

 

 

«Conflitto d'interessi sul Piano regolatore» - la polemica politica
MUGGIA - Conflitto di interessi sulla variante 36 al Piano regolatore. È questa la denuncia di Emanuele Romano (M5s), Roberta Tarlao (Meio Muja) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune). «È emerso in commissione il conflitto di interessi in capo all'assessore all'Urbanistica Francesco Bussani, la cui famiglia è proprietaria di un appezzamento agricolo Nel Comune», si legge nella loro mozione.Il documento è stato però ritirato in quanto dichiarato inammissibile dal sindaco Laura Marzi, che, in risposta a un'ulteriore interrogazione di Romano, ha citato diverse sentenze del Consiglio di Stato in cui si evidenzia come «per astenersi da una deliberazione non è sufficiente la generica circostanza relativa alla semplice condizione che alcuni consiglieri siano proprietari di fondi» e come «la necessità di una più stringente situazione di concreta conflittualità si rende indispensabile allorché si va ad approvare strumenti urbanistici di centri piccoli dove la possibilità di essere proprietari di suoli interessati dalle previsioni è particolarmente alta».

 

 

Caso Burgo in Regione - E in piazza si protesta contro i licenziamenti
Ritrovo sindacale alle 10 sotto il palazzo dove due ore dopo si terrà il vertice alla presenza di tre assessori e parti sociali
Trieste - Stamane alle ore 10 presidio sindacale in piazza Unità sotto le finestre della Regione, dove si farà il punto sulla vertenza Burgo. Uno sciopero di 24 ore è iniziato ieri sera alle ore 22 e si concluderà oggi alla stessa ora. Tre assessori per un vertice: Alessia Rosolen (Lavoro), Sergio Bini (Attività produttive), Fabio Scoccimarro (Ambiente). Più le parti sociali, imprese e organizzazioni sindacali. Il count down ha assunto una scansione tambureggiante: trentuno giorni a dicembre, altri trentuno a gennaio, poi 100 dipendenti della fabbrica duinese saranno licenziati, perchè gli ammortizzatori sociali sono esauriti, perchè non si può allungare il contratto di solidarietà, perchè il tentativo di riconversione della "linea 2" imperniato sulla Cartiera di Ferrara, con l'appoggio esterno di Burgo, è ancora impantanato nelle autorizzazioni ambientali. Senza le quali non si potrà realizzare l'ormai celebre pirogassificatore, una tecnologia per il recupero degli scarti ritenuta imprescindibile dal potenziale investitore. Un quadro piuttosto sconcertante, se si pensa che Giulio Spinoglio, patron della Cartiera ferrarese, venne presentato ai sindacati il 9 giugno dello scorso anno durante un incontro al ministero dello Sviluppo Economico. Da allora un anno e mezzo è stato bruciato tra malintesi e incomprensioni. Non è stata creata nemmeno la "newco", cioè la nuova società Spinoglio-Burgo-Friulia, che avrebbe dovuto essere il legale contenitore della riconversione dal patinatino al cartoncino per anime da bobina. Le rappresentanze sindacali di fabbrica segnalano una forte, comprensibile tensione all'interno dello stabilimento, dove circa un terzo dell'organico (340 addetti in tutto) rischia seriamente il posto. E chiedono chiarezza alla Regione e alla coppia Spinoglio-Burgo. Le dichiarazioni rese dai sindacalisti dello stabilimento non possono essere all'insegna dell'ottimismo. Giuseppe Berardi (Cisl) ricorda i sacrifici sopportati in busta paga dai lavoratori, sacrifici vanificati dalle lungaggini burocratiche e «all'improvvisazione della Burgo e della Cartiera di Ferrara». «I permessi per l'impianto di pirogassificazione - incalza Maurizio Goat (Cgil) - sono ancora al vaglio degli uffici competenti e la soluzione appare quantomeno lontana». Luca Mian (Uil) insiste sul ruolo della mano pubblica, nelle autorizzazioni come nel sostegno economico alla riconversione.Burgo ha acceso due procedure di licenziamento, una riguarda la Cartiera del Timavo, l'altra lo stabilimento piemontese di Verzuolo per 62 esuberi.

Massimo Greco

 

Il pirogassificatore - Quell'impianto che mette in allerta gli ambientalisti
Il dibattito sulle ricadute ambientali del pirogassificatore rappresenta un problema nel problema. Il gruppo "Salute e Ambiente" ha sollevato la questione sulla compatibilità tra impianto e territorio, organizzando alcuni pubblici eventi. Non è infatti casuale che all'odierno incontro in Regione partecipi l'assessore all'Ambiente Scoccimarro: il tema è delicato, perchè l'imprenditore Giulio Spinoglio, senza l'impianto, non darà luogo alla riconversione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2018

 

 

Ferriera, ultimatum romano per la copertura dei parchi
Il ministero dell'Ambiente fissa al 10 dicembre il termine ultimo per il progetto - Se l'azienda dovesse rinunciare alla realizzazione, stop all'Aia e alla produzione
Meno di due settimane a disposizione per presentare il progetto esecutivo riguardante la copertura dei parchi minerari della Ferriera di Servola. Il 10 dicembre è la data ultimativa che il ministero dell'Ambiente ha dato a Siderurgica Triestina per definire almeno sulla carta le modalità di realizzazione dei giganteschi capannoni pensati per contenere carbone e minerali necessari alla produzione di coke, che oggi sono causa degli spolveramenti che avvengono nelle giornate di vento forte. L'indicazione del governo è arrivata la settimana scorsa durante il primo dei tavoli tecnici richiesti dall'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, per aumentare le occasioni di incontro tra le parti fra una convocazione e l'altra della Conferenza dei servizi. Per i funzionari del ministero, il Gruppo Arvedi dovrà dunque consegnare tutta la documentazione mancante o ammettere la volontà di rinunciare alla costruzione dei parchi. E se si verificasse una simile ipotesi, scatterebbe la sospensione dell'Aia e dunque la possibilità per la Ferriera di continuare a produrre, perché l'Autorizzazione integrata ambientale obbliga Siderurgica Triestina a presentare un progetto esecutivo per la costruzione dei capannoni. L'ultimatum arriva dopo la Conferenza dei servizi tenutasi a Roma il 17 luglio. In quella sede l'azienda ha dovuto incassare non poche osservazioni al proprio progetto provvisorio da Regione, Azienda sanitaria e Inail. Le parti avevano deciso di riaggiornarsi affinché la società potesse far proprie le richieste di chiarimento e presentare appunto il progetto definitivo. Da quel momento l'azienda non ha tuttavia più dato segnali, se non l'assicurazione che avrebbe fornito la documentazione richiesta. Il nuovo incontro nella capitale è servito appunto al ministero per sollecitare la proprietà, cui il pressing non fa certo piacere. Siderurgica vuole infatti prendere tempo, dopo aver manifestato la disponibilità a trattare la cessione dell'area a caldo, qualora l'Autorità portuale si dimostri capace di mettere sul tavolo un'offerta giudicata interessante dal cavalier Giovanni Arvedi. Nel frattempo, l'azienda cerca dunque di rallentare l'iter di realizzazione della copertura dei parchi: l'operazione costerebbe infatti 35 milioni, un investimento motivato soltanto dalla possibilità di proseguire la produzione di ghisa. La volontà dilatoria spinge la società ad attendere l'arrivo di possibili proposte e a prospettare nel contempo a Regione e governo la stipula di un nuovo Accordo di programma che possa prevedere proprio il superamento della copertura. L'assessore Scoccimarro vede tuttavia un'azienda con margini di manovra ormai ridotti: «In pochi mesi di lavoro abbiamo raggiunto un obiettivo importante, mettendo Siderurgica Triestina davanti a una scelta, mettere in atto importanti investimenti per abbattere l'impatto ambientale come previsto dagli accordi stipulati dalla precedente giunta e governo oppure, come auspicato dai triestini, programmare da subito la dismissione dell'area a caldo. Questa seconda opzione ci vede estremamente favorevoli e disponibili a collaborare, assieme agli altri soggetti istituzionali, per la salvaguardia dell'interesse dei cittadini, dei lavoratori e dell'azienda stessa».

Diego D'Amelio

 

 

L'antica tecnica rurale dei muretti a secco diventa con l'Unesco patrimonio dell'umanità
La proclamazione arriva alla luce della candidatura lanciata da otto Paesi europei fra i quali Italia, Slovenia e Croazia
Custodisce il Dna del nostro paesaggio rurale. È uno dei primi esempi di manifattura umana, presente in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini abitativi che agricoli, sempre realizzata in perfetta armonia con l'ambiente circostante, e per questo simbolo di una relazione armoniosa fra uomo e natura. Diversi concetti, ma che possono essere ricompresi in un'unica parola: "arte". Ed è proprio come forma di arte che l'Unesco ha iscritto la pratica rurale dei muretti a secco - quelli che conosciamo bene in questi territori, dal Carso alla Croazia - nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell'umanità. L'Organizzazione dell'Onu per l'educazione, la scienza e la cultura si è congratulata, tramite il proprio profilo Twitter, con gli otto Paesi europei che tempo fa avevano presentato la candidatura: oltre all'Italia ci sono Cipro - Paese capofila - Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera.Il riconoscimento, ha commentato il ministro delle Politiche agricole e del turismo Gian Marco Centinaio, conferma «ancora una volta» come i valori dell'agricoltura siano «riconosciuti come parte integrante del patrimonio culturale dei popoli». E premia al tempo stesso, secondo la Coldiretti, «il lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe». È un bene che «valorizza ancora di più l'unicità del nostro territorio», ha commentato Michele Emiliano, il presidente della Regione Puglia, che si era fatta promotrice di questa candidatura assieme ad altre regioni. In Italia infatti i muretti a secco sono ben presenti in Friuli Venezia Giulia così come in varie altre aree, tra cui Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Toscana, Lazio.«L'arte del "Dry stone walling" riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull'altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra secca», spiega l'Unesco nella motivazione del provvedimento. I muretti a secco «sono sempre fatti in perfetta armonia con l'ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura». E inoltre «svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine, delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l'erosione e la desertificazione delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche per l'agricoltura». È una antica pratica che tuttavia sta scomparendo, a causa della mancanza di manodopera specializzata. Per questo sono nate diverse scuole sul territorio nazionale che cercano di preservarne la millenaria cultura artigiana. Un esempio si trova in Trentino. La Scuola trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all'interno dell'Accademia della Montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali - dal maestro artigiano al geometra, dall'architetto all'ingegnere. Ma la tecnica del muretto a secco sta scomparendo anche per la sempre più diffusa "professione" dei cosiddetti "ladri di pietre" che sottraggono i pezzi che costituiscono i muretti e li rivendono poi per usi edilizi privati.La candidatura dell'arte dei muretti a secco per quanto riguarda l'Italia è stata portata avanti dal ministero delle Politiche agricole e del Turismo, in sinergia con il ministero degli Esteri e la Commissione nazionale Unesco.

 

Mini-centrali idroelettriche - Belgrado verso lo stop
In Serbia una legge vieterà la costruzione di nuove dighe sui corsi d'acqua che attraversano parchi e zone naturali: prima vittoria degli ambientalisti
BELGRADO - A volte alzare la voce serve e la forza di argomenti scientifici, a difesa dell'ambiente, può essere più dirompente del tintinnio delle monete. Lo sta scoprendo la Serbia, primo Paese dei Balcani che metterà presto un freno alle mini-centrali idroelettriche sorte come funghi negli scorsi anni su fiumi e torrenti: un fenomeno che ha preoccupato e ancora preoccupa ecologisti e popolazioni locali. La svolta è stata annunciata, a sorpresa, dal segretario di Stato all'Ambiente, Ivan Karic, che ha annunciato che Belgrado ha già approntato una bozza di legge per mettere al bando la costruzione di nuove mini-dighe e centrali idroelettriche sui corsi d'acqua che attraversino parchi naturali e zone protette, da approvare a inizio del prossimo anno. Non solo: le future norme prevedono anche che gli impianti per la produzione di energia già realizzati in passato, senza però rispettare le procedure per il rispetto dell'ambiente, perdano il diritto di accedere ai sussidi pubblici per la fornitura d'elettricità. Norme draconiane che sono necessarie, ha assicurato Karic alla Reuters. Il boom di mini-sbarramenti, non solo in Serbia, è un fenomeno pericoloso e «se questa tendenza non-ecologica» andrà avanti «perderemo allora migliaia di chilometri di fiumi, per sempre», ha detto Karic. Non sono esagerazioni, quelle del giovane politico serbo. Lo ha confermato un paio di giorni fa un nuovo studio delle Ong Riverwatch ed Euronatur, da anni in campo per difendere il «Cuore blu» d'Europa, i fiumi balcanici, e per spingere su eolico e solare. Lo studio ha preso in considerazione attraverso nuove analisi scientifiche «una rete idrografica di oltre 80 mila chilometri» in tutti i Balcani e in Grecia, hanno specificato le due organizzazioni. Balcani dove, malgrado l'assalto ai corsi d'acqua da parte degli investitori negli ultimi anni, sono oggi «circa 61 mila i chilometri ad alta qualità ecologica», «moderatamente» o per nulla «modificati» dalla mano dell'uomo, paradiso a rischio perché «sono tremila le centrali idroelettriche in progetto o in costruzione tra Slovenia e Grecia», di cui «mille circa in aree protette». La soluzione, «zone no-go», off-limits per le ruspe e le centrali, ha specificato Ulrich Eichelmann, numero uno di Riverwatch.Zone come quelle che dovrebbero nascere in Serbia a partire dal 2019, non facendo sicuramente contente le aziende - oltre 800 milioni di euro investiti solo da banche internazionali nell'idroelettrico balcanico tra il 2005 e il 2015, secondo stime di Bankwatch. Zone che potrebbero essere copiate anche in altri Paesi dell'area - in testa Montenegro e Albania, fra i più interessati dallo "tsunami" di sbarramenti - la speranza di ambientalisti e delle popolazioni investite dall'onda delle mini-dighe. Popolazioni che, nell'ultimo periodo, hanno deciso di farsi sentire. Come ad esempio a Rakita, un villaggio in Serbia dove i residenti, in testa gli anziani del posto, stanno da mesi opponendo resistenza passiva a bulldozer e polizia per difendere il torrente che attraversa il Paese. Altre proteste sono state registrate nei mesi scorsi sempre nell'area di Stara Planina al grido di «non vi diamo una goccia della nostra acqua». Scenari speculari anche in Bosnia, dove le «Donne coraggiose di Kruscica», in una lotta tutta in rosa, hanno ingaggiato e vinto una battaglia di piazza e legale. Contro un'altra, l'ennesima mini-centrale.

Stefano Giantin

 

Pronta la risoluzione all'Europarlamento anche per Podgorica
Il tema delle mini-centrali idroelettriche è stato ieri al centro anche del dibattito al Parlamento europeo, dove sono in discussione emendamenti alle risoluzioni su Serbia e Montenegro redatte della commissione Esteri dell'Europarlamento, in votazione oggi.Nel caso di entrambi i Paesi, si segnala preoccupazione per il via libera a impianti che possono mettere a rischio l'ambiente, rappresentano un «pericolo ecologico» e non sono in linea con le convenzioni internazionali e gli standard Ue, con progetti da rivedere in particolare per quanto riguarda Podgorica.

 

 

Gli alberi del Carso da salvare tra clima che cambia e incendi
Stasera nella Piccola Fenice un focus del Rotary sulle strategie ambientali e le attuali carenze normative in materia di tutela dei boschi
TRIESTE. Dalla California al Carso. I cambiamenti climatici riguardano ormai da vicino anche i boschi di casa nostra. L'invasione da parte di specie vegetali "aliene" e l'aumento del rischio incendi sono solo alcuni dei problemi che affliggono l'altipiano. E nel frattempo, a livello nazionale, manca una risposta, culturale e legislativa, alle esigenze dei territori. Di questo si parlerà stasera, al convegno del Rotary Club Trieste "Vento, fiamme e acqua: la strage degli alberi nel 2018. Come evitare le catastrofi anche sul Carso". L'appuntamento è alle 18.30 nella Sala Piccola Fenice di via san Francesco 5. L'ingresso è gratuito. Il 2018 è stato appunto l'anno della strage degli alberi. Nulla di cui stupirsi, se si pensa che di recente gli scienziati Onu hanno lanciato l'allarme secondo cui la specie umana ha 12 anni per cambiare il suo attuale paradigma di consumi, pena la catastrofe globale. Tuttavia c'è molto che, nel proprio piccolo, ciascun Paese e, soprattutto, ciascun cittadino possono fare. Mentre la California è devastata dagli incendi, in Italia sono stati 14 milioni gli esemplari di alberi abbattuti dalla recente ondata di maltempo, dal Trentino all'Alto Adige, dal Veneto al Fvg, e ci vorrà almeno un secolo per tornare alla normalità. Lo dice una stima della Coldiretti, che imputa il disastro non solo alle eccezionali condizioni meteo ma anche all'incuria. «Basta guardare i boschi del Carso per rendersi conto della mancanza di una cultura ambientale in Italia», afferma uno dei relatori di stasera, Diego Masiello, ispettore forestale e coordinatore del Centro didattico naturalistico di Basovizza: «C'è il problema dell'invasione da parte di specie "aliene" come l'ailanto, che di recente proprio a Basovizza ha cancellato un pascolo. Ma anche il pericolo incendiosità, per le case costruite a ridosso dei boschi». «Abbattimento della Co2, conservazione dei suoli e sostentamento della biodiversità continuano a essere temi non ancora abbastanza dibattuti a livello pubblico», aggiunge l'altro ospite della serata, Livio Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale. Introdurrà Paolo Battaglini, già presidente del Rotary club Trieste, oltre che docente universitario. Modererà il giornalista Maurizio Lozei.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2018

 

 

Manutenzioni nelle scuole - Entro fine anno la chiusura della lista da 2,5 milioni
L'elementare Duca D'Aosta e il ricreatorio Brunner sono le due principali "criticità" rimaste aperte nel progetto che comprendeva 23 edifici
Rifacimento e consolidamento dei solai, sostituzione dei serramenti, bonifiche per l'amianto, manutenzione di palestre e opere fognarie: sono questi gli interventi di edilizia scolastica predisposti dal Comune che hanno interessato 23 realtà, fra scuole e ricreatori. Si tratta - è stato spiegato ieri in Comune in una conferenza stampa di "riepilogo" - di lavori di manutenzione straordinaria, per una spesa totale di due milioni e 500 mila euro, eseguiti quest'estate per non interferire con le attività didattiche ed evitare di creare disagi alle famiglie. In alcune situazioni, però, gli interventi non sono ancora terminati: durante i sopralluoghi nei vari "lotti", in alcuni casi sono infatti emerse determinate problematiche, che verranno comunque "liquidate" nel periodo delle vacanze natalizie. Ne è un esempio la scuola Duca d'Aosta, dove, nell'ambito dei lavori di rifacimento del tetto, è stato scoperto che parte della travatura era marcia. Il rischio di crollo ha portato alla chiusura di alcune aule e perciò, nei prossimi giorni, si assisterà al trasferimento di una parte degli alunni nella ex Timeus di via dell'Istria. Fuori programma anche le operazioni al ricreatorio Brunner, che ospita i Servizi scolastici integrati della Manna e della Tarabocchia. In loco erano previsti solo lavori al muraglione di contenimento, ma un sondaggio dei solai, che sarebbero stati sollecitati dalle vibrazioni delle opere esterne, ha evidenziato il rischio di crolli. Durante tale ristrutturazione sono stati scoperti anche due piccoli affreschi, che la Soprintendenza ha preso in analisi. I lavori nel ricreatorio saranno conclusi entro l'anno, con una variazione sulla previsione di spesa. Il patrimonio di edilizia scolastica, che comprende nel Triestino 150 edifici, supera il secolo: «Abbiamo messo mano a una programmazione che parte dai nidi e arriva alle scuole secondarie, comprendendo ricreatori e palestre - così l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e questo perché è un patrimonio essenziale e immenso per la città, ma anche vetusto, che necessita di mantenimento, manutenzione e aggiornamento alle normative». Il progetto, sviluppato anche da Angela Brandi, assessore alla Scuola, ha vistobuona parte della copertura finanziaria attraverso la vendita di azioni Hera.

Stefano Cerri

 

 

All'Area protetta del Wwf con i Giardinieri del mare
TRIESTE -  L'Area marina protetta di Miramare, gestita dal Wwf - dove nelle scorse settimane piccoli spettatori si sono trasformati in esploratori e hanno avuto la possibilità di visitare il BioMa - organizza un nuovo incontro con la community Noi Il Piccolo il prossimo sabato 1 dicembre. S'intitola i "Giardinieri del mare". Di che si tratta? È presto detto. Premettendo che foreste e praterie sottomarine sono a rischio quanto quelle terrestri, ma sono in pochi a conoscerle e a curarsene, "giardinieri" specializzati racconteranno lo stato di salute di questi ambienti poco noti ma diffusi anche alle nostre latitudini: luoghi ricchi di biodiversità vegetale e animale, in grado di offrire molteplici servizi all'ecosistema, dalla possibilità di rifugio, alla protezione dei fondali e delle coste dall'erosione marina. Quando questa ricchezza viene compromessa, è possibile intervenire e saranno proprio i "giardinieri del mare" a raccontarci le tecniche più innovative ed efficaci per tutelarla ed eventualmente ripristinarla. Parallelamente alla conferenza sarà allestito (sempre all'interno del BioMa), un laboratorio indicato in particolare per bambini tra i 6 e i 10 anni. Ogni adulto che si iscrive all'evento potrà portare con sè un bambino senza necessità di iscrizione preventiva. La durata è di un'ora circa. Massimo 30 partecipanti. Evento questo, come gli altri, cui possono partecipare solo i lettori iscritti alla community del Piccolo. Per rimanere nella zona prossimamente il quotidiano avvierà una collaborazione con il Museo storico e il Parco del castello di Miramare, i cui contenuti verranno svelati a breve. Torna a grande richiesta l'ultimo appuntamento per visitare l'Immaginario scientifico il 2 dicembre. I posti in questo caso sono esauriti ma si può sempre sperare in qualche rinuncia: controllare il sito alla pagina Eventi fino all'ultimo!

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2018

 

 

Svolta verde con addio all'acqua nel futuro di piazza Sant'Antonio
Incarico affidato dal Comune all'architetto Bradaschia. Niente riapertura del Canale davanti alla chiesa
Tanto per cominciare, il Canal grande non bagnerà i piedi della chiesa di Sant'Antonio. Troppo costoso, a principiare dallo scavo per finire alla manutenzione. Inutile riaprire la via d'acqua che era stata interrata negli anni Trenta: se non c'è destinazione d'uso, ovvero la navigabilità, che bisogno c'è di ripristinare il Canale? Quindi, esclusa l'ipotesi idrica che era piaciuta alla precedente era Cosolini, «la piazza dovrà essere piazza»: l'asserzione, volutamente tautologica, è da attribuirsi a Maurizio Bradaschia, 56enne architetto e docente all'Università di Trieste. Ha ricevuto l'incarico dal Comune, di cui fu assessore all'Urbanistica nel primo Dipiazza. L'affidamento, retribuito con poco meno di 50 mila euro Iva compresa, rientra nel quadro delle rotazioni professionali per i lavori sotto-soglia: il compito è di sottrarre dall'attuale mestizia uno degli scorci "nobili" della cartolina e dell'architettura cittadine. Il progetto è quasi pronto e potrebbe esaurire la parte cartacea addirittura entro l'anno. «Non ricerca scalpore o trasgressioni gratuite - chiarisce la relazione alla fattibilità tecnica e economica - ricerca compostezza». Bradaschia spiega che il lavoro si basa essenzialmente su tre elementi «senza forzature»: la fruibilità quotidiana, il verde, l'arte contemporanea. Fruibilità quotidiana, nel senso che una piazza deve essere vissuta, «i bambini ci giocano, gli anziani ci leggono il giornale». E deve essere vissuta 365 giorni all'anno, in qualsiasi stagione. Essendo in condizione di ospitare qualsiasi tipo di manifestazione. Se oggi questo non accade - a giudizio del progettista - è perché l'aiuola (dove tra l'altro si tiene il mercato una volta in Ponterosso) è inguardabile e la fontana raramente idratata fa tristezza. Si provvederà con un «arredo sobrio e minimale». Il verde rammenterà gli alberi in via dell'Orologio, il breve tratto di strada dove s'affacciano l'entrata di servizio della Regione, gli hotel Duchi e Vis à vis. La pavimentazione seguirà il sedime del canale, "scortata" dai fanali della pubblica illuminazione, che asseconderanno «le qualità prospettiche del luogo». Perché Bradaschia e il suo staff, Massimiliano Modena e Alessandro Fuchs, non dimenticano evidentemente la connessione con la parte dove il Canale continua a scorrere: tra le suggestioni urbanistico-architettoniche-paesaggistiche preferite, un posto di rilievo va alla possente mole neoclassica della Gran Madre torinese. La planimetria riprende - argomenta ancora la relazione - «il ritmo del colonnato che disegna ... geometrie conosciute e in continuità con l'immagine della città».Il riferimento all'arte contemporanea è forse il capitolo più nuovo dell'impostazione progettuale, condivisa passo per passo con il sindaco Roberto Dipiazza e con il direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte. Bradaschia pensa di collocare un'opera all'angolo nord della piazza all'intersezione con via Filzi, più o meno dove adesso ci sono i bidoni della spazzatura. In deliberato fuori-asse rispetto al centro della piazza, per dare tono a un corner che sarà liberato dal pattume, in parola di essere spostato dall'altra parte della stessa via Filzi. Niente auto nello spazio urbano rinnovato. In via Rossini e in via Bellini ipotizzata una zona di carico/scarico. L'inserzione di scultura contemporanea, quasi a "ringiovanire" l'assetto neoclassico della piazza, è frequente in molti risultati dell'odierna urbanistica: Bradaschia cita esempi illustri, Anish Kapoor a Versailles e a Chicago, Arnaldo Pomodoro ai Musei Vaticani, Massimo Scolari alle Zattere veneziane. Bradaschia non cela la soddisfazione per questo incarico. Da tempo la committenza pubblica triestina non rientrava nel curriculum. «Ho vinto il German design award 2018, sto riprogettando l'area check-in dell'aeroporto di Bologna, l'ospedale Torrette ad Ancona, il centro storico di Praia a mare in Calabria: francamente mi rattristava essere ignorato nella mia città».

Massimo Greco

 

 

Il destino segnato dei pioppi vicino al park del Despar «Vanno abbattuti subito»
L'analisi degli esperti non lascia alternative alla giunta Marzi - «Sono malati e pericolosi». Intervento al via fra ventiquattr'ore
«Abbattimento immediato di due alberi». Questa la sorte dei due pioppi situati all'entrata del parcheggio del supermercato Despar all'incrocio tra strada per Lazzaretto e strada della Luna. Dalle 7 di domani fino a fine lavori verranno istituiti il divieto di sosta in strada per Lazzaretto nel tratto compreso dal civico 11 al civico 1 di strada della Luna, nonché il senso unico alternato regolamentato da operai nel medesimo tratto, oltre al divieto di transito in strada della Luna dalle 7 alle 17, sempre fino al termine delle operazioni. «Fin dall'analisi visiva, i due alberi hanno fatto riscontrare tutta una serie di rilevanti problematiche», racconta l'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Laura Litteri. Della famiglia "Populus Nigra", o Pioppo Nero, i due alberi stanno crescendo a bordo strada su una base di asfalto con una porzione di terreno non adeguata. Sul piano fitosanitario, entrambe le piante risultano avere delle alterazioni derivanti dalla presenza di funghi che hanno portato a dei sintomi definiti «gravissimi» e a delle ferite «profonde» a radici e fusto. I tecnici hanno poi proceduto con l'analisi strumentale delle due piante, che sono state riconosciute in classe di «rischio D - Estremo», considerata l'evidente «gravità di certe sintomatologie».«Abbattere degli alberi è un dispiacere enorme sempre e comunque, ma lo è ancora di più quando fanno parte della memoria collettiva di una città - commenta amareggiata Litteri - ma prima di tutto è nostro compito garantire la sicurezza dei cittadini». Il contesto in cui si presentano gli alberi all'entrata, in strada per Lazzaretto, con il parcheggio Despar adiacente e la strada sottostante che rientrano nel raggio di caduta, ha acuito l'ottica della «primaria salvaguardia dell'incolumità di tutte le persone che vi transitano». Litteri non lascia troppo spazio alle interpretazioni: «È stata una decisione purtroppo guidata da una precisa necessità, supportata dagli studi commissionati ai professionisti incaricati, che oltre alle analisi visive hanno effettuato una serie di indagini geotecniche riguardanti il terreno».

Riccardo Tosques

 

 

Riconvertire a idrogeno l'Ilva di Taranto: ma Arcelor non ci sta - LA PROPOSTA DELLA REGIONE PUGLIA
MILANO. Riconvertire quella che sino a fine ottobre è stata l'Ilva e che dall'1 novembre è Arcelor Mittal Italia, in una acciaieria tutta nuova. Ibrida. Dove ci sarà il progressivo abbandono degli altiforni a carbone e di tutte le aree a caldo per arrivare, in un futuro prossimo, all'idrogeno passando attraverso il gas e il Dri (un semilavorato siderurgico fatto di ferro, un preridotto) nella fase di transizione. È la sostanza della proposta della regione Puglia. L'obiettivo, spiega la Regione, è sviluppare a Taranto la ricerca europea nel settore dell'acciaio di qualità, che sta puntando sull'utilizzo di tecnologie Dri, alimentate da idrogeno, e di cui gli esempi più avanzati sono in Svezia e in Germania. La Regione ritiene che anche per Taranto sia prevedibile nel medio termine un approdo finale a tecnologie basate sull'idrogeno e su un approccio produttivo di tipo qualitativo (piccole quantità di elevato valore economico, acciai speciali e intelligenti, nanotecnologie), tale da minimizzarne gli impatti nell'ottica «zero emissioni». Ma il clima a Taranto resta teso. Arcelor Mittal Italia ribatte attraverso l'ad Matthieu Jehl che «non c'è sostenibilità se non si lavora sul carbone», intendendo per sostenibilità un'azienda che punta a produrre 6 milioni di tonnellate già l'anno prossimo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2018

 

 

«In Porto vecchio un archivio sulla storia dei circoli nautici»
Il presidente della Fondazione Pietas Julia, Tommasi, chiama a raccolta le società: «Documenti, fotografie e trofei. Patrimonio che racconta una tradizione antica»
Creare un museo che raccolga il patrimonio storico di tutti i circoli nautici della Venezia Giulia, valorizzando i materiali che tante società conservano nelle proprie sedi e allo stesso tempo rendendoli fruibili a tutti, trovando poi una collocazione strategica, come quella del Porto vecchio. È l'idea lanciata dalla Fondazione Pietas Julia e annunciata in parte anche in un convegno, promosso nei giorni scorsi in collaborazione con la Lega Navale. «Tra società di canottaggio e vela, ci sono tantissimi oggetti conservati, che hanno un grande valore, tra documenti, fotografie e trofei - spiega Antonio Tommasi, presidente della Fondazione Pietas Julia -. Anche i riconoscimenti hanno un'importanza che spesso va al di là della dimostrazione del risultato conquistato, costruiti con materiali pregiati e particolari. Capita che tutto questo sia mantenuto all'interno delle sedi, spesso solo come arredamento. In pochissimi casi sono state effettuate catalogazioni attente o una conservazione realizzata con criteri tali da rendere gli oggetti consultabili dal pubblico. Ed è un peccato. È noto - prosegue - che quella degli sport nautici nel nostro golfo è una tradizione ultracentenaria, rappresentata da un numero considerevole di documenti in possesso dei più di trenta circoli situati lungo la costa, che va da Grado a Muggia. Di questi, ben sette hanno superato il secolo di vita - sottolinea -: una rarità a livello italiano, altri raggiungeranno questo prestigioso traguardo tra breve, altri ancora hanno già festeggiato i 50 anni o più, è chiaro che hanno al loro interno tantissimi ricordi, di una storia sportiva molto lunga. E anche le associazioni di più recente formazione sono testimoni attive e preziose del profondo legame delle nostre genti con il mare e lo sport». La prima fase dell'iniziativa prevede che tutte le varie società siano avvisate, per cercare il massimo coinvolgimento di ogni singola realtà. Poi sarà il momento di valutare il patrimonio esistente, prima di cercare un aiuto concreto per dare il via ufficiale al progetto, e trovare la location più adatta. «Il primo messaggio, che rivolgiamo a tutti i circoli - annuncia Tommasi -, è che inizino a catalogare il materiale che possiedono, e magari che comincino a costruire archivi nelle singole sedi. Possono comunicarci ciò che hanno, inviando una mail a fondazione@pietasjulia.it. In una seconda fase verrà esaminato tutto, da parte del gruppo di lavoro che si è costituito per l'occasione. Sarà quindi il momento di preparare il progetto vero e proprio, considerando la quantità e la qualità dei materiali che ci verranno segnalati. L'ultimo passo da intraprendere è quello di rivolgerci alle istituzioni, perché ci diano una mano a concretizzare la volontà di creare uno spazio espositivo». Tommasi parla di un'ipotesi che potrebbe raccogliere il consenso di molti. «In realtà non ne abbiamo ancora discusso nel dettaglio - precisa -, credo comunque che una soluzione ideale potrebbe essere quella di un museo all'interno del Porto vecchio, programmandolo in un momento in cui tutta l'area è destinata a cambiare. Penso sarebbe una collocazione giusta, facilmente raggiungibile dalla gente, con edifici che ben si prestano a questa destinazione». La fondazione quindi invita in primis tutti i circoli a collaborare. «Per ora - conclude Tommasi - ci concentriamo sul coinvolgimento delle varie realtà, nella speranza di ricevere una risposta positiva dai circoli del territorio».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2018

 

 

ASSOCIAZIONE LUOGHI COMUNI - L'antico scalo e le linee per il futuro "star" al Cral
Una serie di incontri per porre al centro dell'attenzione tre tematiche fondamentali per il rilancio del Porto vecchio: la visione generale d'insieme dell'area, la partecipazione e il rapporto tra pubblico e privato. L'associazione "Luoghi comuni", di Roberto Cosolini, prosegue con gli incontri sul tema: ieri alla Stazione marittima, in una sala del Cral molto affollata per essere un sabato mattina, l'ingegner Giulio Bernetti, direttore dell'area Urbanistica del Comune, su mandato del sindaco Roberto Dipiazza, ha illustrato i principi della delibera di giunta che di fatto ha dato il via allo sblocco della situazione nell'antico scalo. Sotto il profilo politico, Cosolini ha comunque annunciato un incontro a gennaio proprio con Dipiazza. L'ex sindaco ha poi ricordato «che con l'arrivo di Mario Sommariva e del presidente Zeno D'Agostino all'Autorità portuale, finalmente si è concretizzato un gioco di squadra molto forte. Ricordo inoltre le barricate fatte dalla Lega e da una parte di Forza Italia quando abbiamo parlato di residenziale, eppure oggi si va in quella direzione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2018

 

 

FERRIERA - Il ministero porta a Roma Arvedi, Regione e Porto - E i sindacati alzano la voce
Convocato il primo tavolo  tecnico che affiancherà la conferenza dei servizi - Cgil, Cisl e Uil vogliono risposte sulle trattative con i cinesi
Istituzioni e azienda a Roma, nella sede del ministero dell'Ambiente. Sindacati a Servola, davanti ai cancelli dello stabilimento. Doppio appuntamento dedicato al futuro della Ferriera nella giornata di ieri. Nella capitale, come detto, è andato in scena il primo incontro del tavolo tecnico sollecitato dalla Regione e chiamato ad affiancare la Conferenza dei servizi nell'esame di partite come la copertura dei parchi minerari o il piano rumori. Nessuna comunicazione, a fine giornata, sull'esito del confronto, che ha visti impegnati i rappresentanti di ministero, giunta regionale, gruppo Arvedi e Autorità portuale. Contemporaneamente, a Trieste, i sindacati hanno lanciato un messaggio forte e chiaro alle stesse istituzioni: o verrà convocato entro una settimana il richiesto incontro con i rappresentanti dei lavoratori, o scatterà la mobilitazione che potrebbe sfociare anche in sciopero. Un avvertimento contenuto nella lettera consegnata ieri all'azienda e illustrata alla stampa dai rappresentanti di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, Marco Relli, Umberto Salvaneschi e Antonio Rodà. Nella lettera si precisa che «alla luce del profilarsi di notizie sempre più insistenti, in relazione all'interessamento da parte di gruppi internazionali sull'area dello stabilimento di Servola, o parte di essa, si chiede un incontro urgente con il presidente del gruppo di Cremona, Giovanni Arvedi». «Si sente parlare da tempo di processi di acquisizione a livello industriale che interesserebbero anche la Ferriera di Servola. E sappiamo bene che, quando iniziano a circolare queste voci, un pezzo di strada è già stato portato a termine». Il riferimento è al dialogo avviato con il gruppo China Merchants, interessato all'acquisizione di alcune aree del comprensorio siderurgico, e confermato anche dal presidente del Porto, Zeno D'Agostino. «È inaccettabile che si tengano i rappresentanti dei lavoratori all'oscuro di tutto. Per questo - continuano i sindacalisti - presentiamo una richiesta scritta formale, affinché si possa arrivare a un incontro. Se non saremo convocati entro un termine accettabile, e non esiteremo a convocare l'assemblea dei lavoratori di Servola per decidere, tutti assieme, quali forme di protesta attuare nel prossimo futuro».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2018

 

 

La "cricca" degli appalti - Così hanno danneggiato letti dei fiumi e ambiente
Le imprese accusate di aver truccato le gare avrebbero prelevato enormi quantità di ghiaia da Isonzo e Tagliamento. Sotto tiro anche il business dei materiali di serie B
TRIESTE - Vere e proprie estrazioni clandestine. Dal fiume Isonzo e dal Tagliamento. Ghiaia che veniva prelevata dal greto dei corsi d'acqua in quantità molto maggiori rispetto a quelle per cui le imprese avevano le concessioni. Un rischio per l'equilibrio idrogeologico enorme. Un danno, in termini di disastro ambientale, elevatissimo. È proprio per questo motivo che le Fiamme Gialle mercoledì, nell'ambito della maxi-inchiesta sugli appalti truccati coordinata dalla Procura di Gorizia, si sono presentate anche al Dipartimento Ambiente della Regione Friuli Venezia Giulia per acquisire tutta la documentazione relativa alle concessioni di estrazione della ghiaia. C'è il sospetto, infatti, che le imprese siano state autorizzate per una quantità di metri cubi di molto inferiore rispetto a quelli poi effettivamente estratti. Il tutto senza che nessuno abbia controllato. Estrazioni clandestine, appunto. Ma c'è di più. Secondo l'ipotesi investigativa, le imprese coinvolte avrebbero utilizzato come base per le strade e le autostrade rifiuti che invece avrebbero dovuto smaltire come speciali. Molte delle fresature d'asfalto, secondo quanto sostengono gli inquirenti, sono state smaltite illecitamente e riutilizzate come se fosse asfalto nuovo: una bella ripassata di un leggero strato di asfalto fresco sopra e nessuno si sarebbe accorto di niente. Per questo è probabile che il passo successivo all'acquisizione dei documenti possa essere l'analisi specifica dei materiali. Nel ribadire che l'inchiesta è vasta e complessa e che i tempi per analizzare tutto il materiale non sarà brevissimo, sugli aspetti ambientali il procuratore capo della Repubblica di Gorizia, Massimo Lia, conferma: «Per verificare se vengono rispettate le prescrizioni di legge, stiamo verificando le modalità con cui vengono smaltiti i materiali via via scartati nel corso delle lavorazioni. Quando si deve levare un manto stradale va smaltito secondo determinate regole, altrimenti ci sono violazioni di tipo ambientale. Altre problematiche di questo tipo possono riguardare i prelevamenti di ghiaia utilizzati poi per le varie lavorazioni. Sono questi tutti aspetti in corso di valutazione che si aggiungono al filone principale dell'indagine sulle modalità di aggiudicazione delle gare». Non solo quindi gli appalti truccati, gli accordi a tavolino presi dalle imprese per spartirsi questo o quel lotto o per prendersi i subappalti, ma «la cosa che indigna - come ha detto in conferenza stampa mercoledì il generale Giuseppe Bottillo, comandante regionale della Guardia di Finanza del Fvg - sono le frodi delle pubbliche forniture, il che significa che il materiale che viene utilizzato non corrisponde a quello dei capitolati». Materiali inferiori, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, che provocano una serie di danni incredibili e di costi doppi. Soprattutto per i cittadini. «Il cittadino non paga solo le tasse con cui vengono poi finanziate le gare pubbliche, ma paga anche dopo: in termini di pedaggi, di incolumità, di danni e disastri ambientali. E quindi quando poi interviene di nuovo lo Stato (o gli enti pubblici, regionali e comunali) si rimette mano alle loro tasche: il cittadino ripaga nuovamente per alimentare questo sistema». Intanto dai decreti di perquisizione firmati dal sostituto procuratore di Gorizia Valentina Bossi emergono nuovi nomi illustri tra gli indagati. Il principale è Cristian Scarsini, udinese, amministratore della Spiga srl, con sede a Tolmezzo. Un nome, quello dell'imprenditore friulano, molto noto. In Carnia la famiglia Scarsini è conosciutissima: un vero e proprio impero nel settore delle costruzioni. Anche lui - come gli altri di cui abbiamo dato conto ieri - è indagato per concorso in turbativa d'asta. La sua azienda aveva partecipato nel 2017 alla gara d'appalto dei lotti 2 e 3 indetta da Autovie Venete per la manutenzione delle pavimentazioni stradali a destra e a sinistra del Tagliamento e sull'autostrada A28. Manutenzione triennale per un importo superiore agli 8 milioni di euro: il lotto 1 se lo aggiudicò la Brussi Costruzioni srl (che in questa storia, come vedremo, ritornerà), il 2 e il 3 la Adriastrade srl con la Ecovie Soc. Coop. Un accordo, quindi, in concorso «a rendersi reciprocamente note le rispettive intenzioni di partecipare ad un lotto piuttosto che ad un altro, a scambi "reciproci" di favori (. . .) circa l'entità e/o il contenuto dell'offerta da formulare» per permettere all'impresa di volta in volta individuata e che faceva parte della «cordata» di aggiudicarsi l'appalto alle condizioni più favorevoli, come riportano gli inquirenti nelle carte. La Brussi Costruzioni dicevamo. Il nome della società compare anche nel decreto di perquisizione a carico di Roberto Grigolin (indagato per concorso in turbativa d'asta e subappalto illecito per i lavori di ampliamento nel lotto 2 della terza corsia dell'A4). Proprio il Gruppo Grigolin, colosso trevigiano, aveva partecipato ai lavori (aggiudicati alla Pizzarotti, la Saicam e la Rizzani de Eccher) tramite la Brussi Costruzioni (una partecipata) ma essendo stato escluso e quindi impossibilitato a eseguire l'opera come subappaltatore, è riuscito a rientrare in partita tramite altre società del suo stesso gruppo: la Ghiaie Ponte Rosso e la Superbeton spa (la cui sede è stata perquisita). Insomma, uscire dalla porta per rientrare dalla finestra. Tra gli oltre cento indagati dell'inchiesta goriziana ci finiscono anche i funzionari di Autovie della commissione giudicatrice per il secondo lotto della terza corsia (Renzo Pavan, Flavio Drigani e Michele Zadro) e Marco Perizzolo, amministratore con delega della Cgs spa, coinvolta in una gara per la manutenzione della pavimentazione di tratti di A23 e A27.

Stefano Bizzi e Gianluca Modolo

 

 

South Stream resuscita - scelta la via dei Balcani
MOSCA. South Stream si è reincarnato in TurkStream. Il gasdotto, infatti, arriverà in Europa passando da Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovacchia, seguendo così il tracciato previsto (grosso modo) quando nel progetto della rotta sud era coinvolta Eni. Gazprom - rivela l'analisi delle informazioni pubblicate dagli operatori nazionali dei paesi sopraccitati - ha dunque scelto su quale cavallo puntare, benché senza annunciarlo pubblicamente: sui Balcani. La rivelazione arriva dal quotidiano russo Kommersant. Stando alla testata sarebbero già in corso le aste per prenotare le future capacità di transito in base alla legislazione europea: il gas arriverà in Bulgaria e in Serbia dal 2020, in Ungheria dal 2021 e in Slovacchia nella seconda metà del 2022. La Bulgartransgaz intende tenere un'asta a dicembre sulle future capacità della rete bulgara in ingresso dalla Turchia e in uscita verso la Serbia per un totale, a partire dal primo gennaio 2020 e per i successivi 20 anni, di 15,8 miliardi di metri cubi annui (il che corrisponde pienamente alla portata di una linea del TurkStream) con un uscita iniziale di 4 miliardi di metri cubi, in crescita dal 1 gennaio 2021 a 11 miliardi. Intanto, tutti i paesi coinvolti hanno utilizzato o utilizzeranno lo stesso metodo e Gazprom - che non ha voluto commentare - prenoterà l'intera capacità cumulata. --

 

 

Trasporti - Antieconomica l'Alta velocità

E' bastato l'annuncio dell'abbandono del progetto Alta velocità su Trieste per scatenare le lamentele e le grida di dolore per voler togliere una chicca a Trieste. Forse esaminando la cosa con nuovi elementi si può arrivare ad altra conclusione. L'Alta velocità richiede una linea ferroviaria dedicata con una tensione elettrica per la trazione diversa da quella normalmente in uso sulla rete, armamento (leggasi binari) diversi, raggi di curvatura molto ampi per supportare le altissime velocità, locomotive politensione, carrozze dedicate. I costi sono notevoli, ma soprattutto richiedono bacini di utenza grandi per riempire con percentuali appetibili i treni, treni che devono avere frequenze elevate per ripagare dell'investimento. Ecco che la tratta Roma - Milano è la migliore, la più redditizia e vede in competizione addirittura due player. Trieste, spiace dirlo, non è altro che un rione e neppure il più popoloso di Roma o di Milano. Dei 148 km che separano Trieste a Mestre potrebbero essere percorsi ad alta velocità solo 120 a meno di un'impensabile galleria di 28 km fino a Monfalcone per superare la pendenza che penalizza le prestazioni fino a Bivio d'Aurisina. Poi dopo Trieste Airport quante fermate potremmo accettare, perché è impensabile garantire le altre 10 fermate su un trasporto ad Av ? Ottenere invece un adeguamento della linea a velocità prossime ai 200 km/h porterebbe ad un abbassamento delle percorrenze interessante sempreché l'utenza accetti la riduzione delle fermate a poche stazioni. Perché una cosa è transitare in una stazione un'altra rallentare, fermarsi, far accedere la clientela e ripartire con perditempo notevoli. I costi in questo caso saranno ridotti, i tempi di costruzione minori, l'impatto ambientale pure: sono tutti argomenti più che interessanti in periodi di risorse economiche finite, finite intese come limitate, l'opposto di infinite. Il panorama europeo prevede un incremento del traffico su rotaia, gli investimenti in ogni caso saranno notevoli e vanno spalmati su decenni, ma devono essere mirati e tarati su una prospettiva che seppur a lungo termine abbia una ratio economica.

Fulvio Zonta

 

 

Luoghi comuni - Porto vecchio - Domani il dibattito "alternativo"
Un punto di vista "alternativo" rispetto a quello ufficiale appena presentato dalla giunta Dipiazza. Dopo un lavoro preliminare durato alcune settimane e articolato su quattro temi (piano strategico, spazi a mare, polo culturale, mobilità e servizi) l'Associazione Luoghi Comuni, presieduta dall'ex sindaco Roberto Cosolini, organizza domani alla sala del Cral della Stazione marittima, dalle 9.30, un incontro «per proporre alcune idee sulla trasformazione di Porto vecchio», come si legge in una nota di presentazione dell'evento, in cui si fa anche riferimento al fatto che «nel frattempo la giunta comunale ha presentato una delibera che contiene alcuni orientamenti dell'amministrazione per procedere nella trasformazione dell'area». L'appuntamento, aggiunge la nota di presentazione, «diventa un momento ancor più significativo per proporre la partecipazione dei cittadini al confronto di idee e alle scelte su un progetto di così grande potenziale impatto sul futuro di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2018

 

 

Poesie e riflessioni tra le foglie nel giardino di piazza Hortis
Legambiente e Bioest hanno promosso un'altra manifestazione puntando sugli errori del passato in materia di verde pubblico
Il 21 novembre è un giorno come un altro, eppure speciale, per ascoltare poesie all'ombra degli alberi di piazza Hortis. È stato infatti di questo tenore l'evento organizzato ieri da Legambiente Trieste e Bioest in occasione della Giornata nazionale degli alberi. Per iniziare una riflessione dell'architetto Roberto Barocchi sugli errori che le diverse amministrazioni comunali hanno compiuto nella gestione della vegetazione. A seguire una serie di letture a tema botanico, ad opera delle signore dell'associazione "L'una e l'altra". «Polveri sottili, anidride carbonica, effetto serra e caldo estivo. Questi sono solo alcuni dei problemi che la presenza di piante, e soprattutto piante sane, in città, può ridimensionare». Così ha iniziato la sua panoramica l'architetto Roberto Barocchi, durante la manifestazione promossa in piazza Hortis. «Le amministrazioni comunali della nostra città - ha proseguito - hanno fatto molti errori, che danneggiano i nostri alberi, anche dal punto di vista estetico. La mancanza di un cemento drenante come in questa piazza toglie acqua alle piante, e riempie le nostre fogne. Inoltre, l'eccessiva vicinanza tra gli alberi non permette un adeguato sviluppo delle chiome e delle radici. Infine il danno più grave lo fa un'errata potatura dei rami, che rende meno belli gli alberi e li espone ad un maggiore rischio di malattie. Per fortuna, almeno su questo punto, siamo riusciti a trovare collaborazione da parte del Comune». A seguire una decina di poesie, sia di origine nostrana che d'oltreoceano, ha accompagnato la breve passeggiata attraverso il giardino di piazza Hortis.

Lorenzo Klun

 

I bimbi piantano gli alberi - E la città diventa più green
Rioni protagonisti dell'iniziativa: i nuovi fusti hanno trovato casa al Verde nido di via Commerciale, nell'area giochi di Giarizzole e alla Slataper di via della Bastia
Qualche nuovo "bel fusto" è apparso ieri nei rioni di Trieste - città che peraltro già risulta ai primi posti nella classifica del verde urbano in Italia - in occasione della Giornata nazionale degli alberi, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica e i giovani sull'importanza del patrimonio boschivo comunale. Per celebrare tale ricorrenza, nel corso della mattinata, nelle scuole di alcune circoscrizioni della città, sono stati infatti piantati nuovi alberi a coppie: al Verde nido di via Commerciale (Terza circoscrizione), nell'area giochi di piazzale Giarizzole (Settima) con la partecipazione dei bimbi della scuola dell'infanzia Kamillo Kromo e alla scuola primaria Scipio Slataper di via della Bastia (Quinta). A quest'ultima cerimonia ha partecipato anche l'assessore all'Educazione Angela Brandi: «Questa bellissima giornata di festa degli alberi s'intreccia con quella internazionale di ieri (martedì, ndr) per i diritti dei bambini, così oggi festeggiamo entrambe le cose». «Gli alberi sono vitali per la nostra esistenza e fanno anche parte della riqualificazione generale di questo piazzale», ha aggiunto l'assessore riferendosi ai lavori svolti nello spazio antistante alla scuola, dove gli alberi finora abbattuti verranno sostituiti con dieci nuovi, compresi i due piantati ieri mattina, e dove sono state allestite anche due aiuole con piante donate dai genitori degli alunni, che dovrebbero venir curate dal Comitato genitori.Inoltre è stata anche l'occasione per inaugurare l'arcobaleno all'ingresso della scuola, realizzato sempre dalle famiglie del Comitato genitori grazie al bando comunale SpaziAmo 2017. Al termine della cerimonia, gli alunni di prime, quarte e quinte hanno intonato dei canti dedicati all'arcobaleno e alla festa degli alberi. Secondo il rapporto Istat 2016 sul verde urbano, Trieste si classifica al sesto posto per verde pro capite (32,6 metri quadrati per cittadino), emergendo pure come l'unico grande centro urbano del Nordest ad avere una media di aree verdi protette superiore alla media nazionale. L'amministrazione comunale di Trieste, recitano le statistiche, investe ogni anno un milione di euro per la tutela e la salvaguardia del suo patrimonio verde, costituito da oltre 120 mila alberi lungo 57 chilometri di viali alberati e 42 giardini pubblici. Tra questi ultimi, il Parco Farneto (Boschetto) è una delle gemme più preziose del verde pubblico cittadino e, con i suoi 900 mila metri quadrati aperti al pubblico, costituisce uno dei rarissimi esempi di bosco urbano presente in Europa. Proprio quest'anno, inoltre, si sono concretizzati i risultati di una collaborazione tra il Comune di Trieste e il Dipartimento di Scienze della Vita inerente il beneficio economico reso alla cittadinanza dagli alberi in termini di miglioramento della qualità dell'aria, di "sequestro" di anidride carbonica, di riduzione delle temperature estreme e, in generale, di miglioramento della qualità di vita. Per la prima volta, viene spiegato, in Italia sono stati applicati dei modelli sperimentali in scala di una grande città, che hanno tradotto i benefici di cui sopra in un valore economico di circa 41 milioni con un beneficio annuo di 750 mila euro.

Simone Modugno

 

 

DAL 9 DICEMBRE - Trasporto pubblico in Fvg - via ai nuovi collegamenti
Trieste - Oltre 200 mila chilometri in più per i servizi Trenitalia; treni veloci da Trieste a Venezia Mestre in tempo per la corrispondenza con la prima "Freccia" del mattino verso Roma e ritorno serale; un nuovo treno Trieste-Portogruaro con partenza alle 5.45 così da raggiungere Trieste Airport in tempo per i primi voli del mattino. Sono alcune fra le novità dell'orario invernale del servizio di trasporto pubblico regionale annunciate dall'assessore ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Novità e conferme nel 2019 dei servizi sperimentali già attivati testimoniano l'impegno della Regione». Il nuovo orario sarà in vigore il 9 dicembre. Confermati il collegamento ferroviario transfrontaliero di Udine e Trieste con Lubiana e i treni veloci tra Trieste e Venezia Mestre del primo mattino, sono previsti due nuovi treni: da Udine e Trieste via Cervignano, in partenza alle 7;e sulla tratta Trieste-Portogruaro, con partenza alle 5.45 e fermata al Trieste Airport. Sempre dal 9 dicembre partirà anche una corsa dell'Apt da Udine a Trieste via autostrada (partenza alle 9.15), che collegherà anche l'Aeroporto (alle 9.59). Oltre alla conferma anche per il 2019 delle intensificazioni dei servizi treno + bici (nei weekend dal 31 marzo al 26 ottobre) a favore dei cicloturisti sulle rotte Trieste-Tarvisio e Sacile-Tarvisio lungo la Ciclovia Alpe Adria, per Trenitalia fra le novità anche il regionale Udine-Trieste via Cervignano con partenza alle 7. Sarà attivato anche il Trieste-Portogruaro delle 5.45.

 

 

I cinesi sbarcano a Segna per costruire il parco eolico
Zagabria sceglie la Norinco International per la realizzazione della struttura - Investimento da 180 milioni di euro, previste 39 "torri" sul Velebit
FIUME - Nuova apertura della Croazia nei riguardi della Cina. Dopo avere affidato l'appalto per la costruzione del ponte di Sabbioncello, in Dalmazia, alla China Road and Bridge Corporation - è il più grande progetto infrastrutturale di questi ultimi anni in Croazia -, Zagabria ha scelto la cinese Norinco International per la realizzazione del grande parco eolico di Segna e Brinje, situato sulle pendici delle Alpi Bebie (Velebit). È un investimento di circa 180 milioni di euro: l'impianto occuperà una superficie di 44,8 chilometri quadrati e toccherà i comuni delle due citate località. A Segna si sono incontrati il premier croato Andrej Plenkovic e il direttore generale della Norinco International - azienda di proprietà dello Stato cinese - Wang Yitong. Il loro colloquio, hanno detto, ha segnato l'inizio dei lavori di realizzazione di questa "fattoria del vento" che avrà 39 torri eoliche e produrrà annualmente sui 530 milioni di chilovattora. «Poche settimane fa, nel corso della mia visita ufficiale in Cina - ha detto il primo ministro croato - ho avuto modo di incontrare il signor Yitong, al quale ho espresso l'apprezzamento per i lavori preliminari relativi alla struttura che sorgerà alle spalle di Segna e di Brinje, aree sicuramente non avare in fatto di vento, in primo luogo bora e scirocco. La nostra collaborazione con Pechino ha avuto quale primo, grande passo i lavori di edificazione del gigantesco ponte di Sabbioncello e ora prosegue con il parco eolico abbarbicato sui fianchi della catena velebitana. Tempo due anni e l'impianto sarà inaugurato, con ricadute positive per le due municipalità interessate e per il nostro fabbisogno energetico. Non è un mistero poi - ha aggiunto Plenkovic - che la Croazia punti sempre più sulle fonti di energie rinnovabili, che al nostro Paese non mancano proprio». Durante l'incontro a Segna è stato ribadito che il progetto verrà portato a termine nel 2020 o al massimo agli inizi del 2021. Oltre alla costruzione dell'esteso impianto, si provvederà pure alla ricostruzione del locale elettrodotto a 220 kV, al riadattamento della rete elettrodistributiva e alla ristrutturazione della sottostazione di Brinje. Oltre ai cinesi, ci sarà pertanto molto lavoro anche le maestranze croate: è stato calcolato che il progetto vedrà impegnati un totale di almeno 100 occupati. L'attività della centrale azionata dal vento porterà ogni anno nelle casse di Segna, città una sessantina di chilometri a sud-est di Fiume, sui 12 milioni di kune, pari a 1 milione e 615 mila euro, sottoforma di utilizzo delle turbine eoliche e quale tassa fondiaria. Plenkovic ha inoltre fatto sapere che questa settimana a giungere in visita in Croazia saranno la vice presidente del governo cinese e due ministri.

Andrea Marsanich

 

 

"Mai nemmeno con un fiore" - Donne e violenza un triste binomio
Fitto programma di eventi per tenere alto il livello di attenzione sui maltrattamenti
Trieste non è immune dalla catena di violenze fisiche, abusi domestici e omicidi di cui sono vittime le donne. Mariti, fidanzati, ex compagni, fratelli: le statistiche evidenziano come la stragrande maggioranza dei femminicidi avvenga infatti per mano di un uomo di famiglia. Ma è quantomeno di conforto sapere che a Trieste le donne si fidano delle istituzioni, fanno outing e denunciano i panni sporchi. Come hanno confermato l'assessore alle Pari opportunità Serena Tonel e Adriana Luciani del Goap, il Centro antiviolenza cittadino, partner della rassegna promossa assieme al Comune, in collaborazione con Casa internazionale delle donne. Articolato il programma di eventi per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle violenze di genere tra mostre fotografiche, pièce teatrali, tavole rotonde e stipula di convenzioni. Questa in sintesi la scaletta degli appuntamenti che si snoderanno tra oggi e il 28 novembre con l'obiettivo di tenere alto il livello d'attenzione sulle violenze e i maltrattamenti. Oggi alle 17.30, alla Casa internazionale delle donne di via Pisoni 3, Anna Riondino esporrà il suo lavoro di ricerca "La tratta delle donne dalla Nigeria. Una ricerca etnografica nel servizio anti tratta a Trieste", per un focus sulla definizione di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Seguito venerdì alle 10, nella sala del Consiglio comunale, dal tavolo tecnico (riservato agli addetti ai lavori) per gli interventi a contrasto alla violenza di genere, tra Goap, Comune e associazioni: tema 2018 la violenza "assistita", ovvero i minori che loro malgrado assistono ai maltrattamenti. Due gli spettacoli all'auditorium del Revoltella: lunedì 26, alle 17, adattamento drammaturgico di "La carta da parati gialla" tratto dall'omonimo racconto di Charlotte Gilman per la regia di Silvia Lorusso, mentre mercoledì 28 - alle 17.30 - on stage il racconto scenico "È oro quello che hai fra le dita..." del Teatro degli Intoppi, seguito da una performance di danza. Due anche le iniziative collaterali di "Mai! Nemmeno con un fiore" 2018: la rassegna fotografica di Elisa Biagi e Francesco Chiot "R come Relazione" visitabile alla Casa delle donne fino al 21 dicembre i martedì e venerdì dalle 16 alle 19. E - scadenza per la presentazione il 31 gennaio - la seconda edizione del contest artistico letterario promosso dal Goap "Parole, suoni e colori contro la violenza sulle donne" per ragazzi e ragazze tra i 15 e i 19 anni.-

Patrizia Piccione

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2018

 

 

Piante abbattute, la Festa dell'albero ha il sapore del suo funerale - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino
Oggi celebriamo la consueta Festa dell'albero, ormai arrivata alla sua 24esima edizione, ma invece dovremmo celebrare il funerale dell'albero urbano. Dieci piante storiche, ormai monumenti verdi della nostra città, sono state abbattute senza preavviso. L'operazione si è chiamata riqualificazione di piazza Libertà. Ma il progetto, che da anni stava nel cassetto, di colpo è stato messo in atto, volutamente senza consultare nessuno vista la precedente mobilitazione cittadina contro l'abbattimento degli alberi siti nel centro della piazza alcuni anni fa. Gli alberi, altissimi e dalla folta chioma, sono stati l'arredo della piazza e del parcheggio per molti anni e ne hanno condizionato il paesaggio, arricchendolo. L'Alberata, con elementi anche di cinquanta centimetri di diametro e chiome di una decina di metri, conferiva una nota di colore a un'area laterale alla Stazione dove ci si poteva mettere all'ombra ed era intimamente connessa alla storia delle persone e della città, costituendo dunque un patrimonio da salvaguardare. Spesso si rende necessaria la sostituzione di un albero per ragioni derivanti da cattive condizioni fitosanitarie delle pianta e per la sicurezza pubblica, ma questa volta no: le piante erano belle e sane. Si è voluto toglierle di mezzo e basta per far posto agli autobus, che forse non ne avevano bisogno. Una pianificazione sbagliata, una riqualificazione non azzeccata. Questo però ci mette in allarme: quale altra riqualificazione sta ancora nel cassetto? Avremo altre sorprese ? Non è che riparleremo nello stesso modo di Viale XX Settembre o Piazza Hortis o via Pindemonte o o o...? Forse ad abbattere tanti alberi ci ha già pensato il cambiamento climatico. All'uomo, di questi tempi, andrebbe il compito di tutelarli. Buona Festa dell'albero a tutti

 

Per la giornata nazionale. Letture e storie in piazza Hortis. Anche gli alberi vanno festeggiati.

E all'Universita' della Terza Eta' mostra e conferenza sul Ginkgo biloba

Anche Legambiente e Bioest, oltre all'Università della Terza età, partecipano alla Festa dell'albero. Legambiente e Bioest vi aspettano oggi alle 16, in piazza Hortis. L'architetto Roberto Barocchi parlerà di paesaggio urbano e alberi. E poi letture sotto l'albero a cura dell'associazione L'Una e l'Altra per raccontare la storia degli alberi di piazza Hortis."Per contrastare il riscaldamento globale, per difendere il nostro futuro, l'albero è il più potente alleato che abbiamo. Quest'anno - scrivono Legambiente e Bioest - dedichiamo la Festa dell'albero nella nostra città al ricordo degli alberi abbattuti in piazza Libertà nei giorni scorsi nel nome della riqualificazione urbana ma che rappresenta uno scempio per quel luogo. Gli alberi costituiscono una risorsa naturale contro il riscaldamento globale, la loro presenza garantisce una risposta sicura ed efficace ai danni causati dalle attività umane. Vogliamo diffondere una cultura di rispetto e gratitudine verso questi infaticabili polmoni verdi della nostra città. Raccontiamo con una foto il significato degli alberi nella nostra vita. Intervenite e partecipate". Ma c'è anche l'Università della Terza età, di via Corti, che organizza due eventi: alle 15.30, verranno promossi una mostra e un incontro per presentare le attività svolte dal Gruppo Ginkgo Trieste sugli aspetti botanici, storici, culturali, nel verde urbano di Trieste dell'albero di Ginkgo biloba. Il più antico albero a seme oggi esistente, per secoli coltivato dai monaci cinesi nei giardini dei templi buddisti garantendone la sopravvivenza, è un autentico fossile vivente e risale al Giurassico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2018

 

Lifting sull'ex Intendenza "ingabbiata" da anni aspettando un albergo
Restauro esterno per il palazzo di largo Panfili. Cronoprogramma da 275 giorni - Trattative per cederlo a un investitore austriaco. Ipotesi ricettiva all'orizzonte
Anni di ponteggio inscurito a coprire le scrostate facciate fine Ottocento, dalle quali ogni tanto qualcosa cascava in basso. L'ex Intendenza di finanza, "gemella" delle Poste affacciate su piazza Vittorio Veneto, stona obiettivamente in quella piazzetta intitolata all'ufficiale medico caduto in Africa Orientale Odorico Panfili, dove l'ex squero liftato ospita l'Agenzia delle dogane, la succursale del Carducci si presenta ringiovanita, la fresca pavimentazione dello slargo davanti alla chiesa evangelica aiuta a conferire all'insieme una certa distinzione. Il tutto addirittura servito da una ciclabile apprezzata in particolare dai pedoni. Ma dal 22 ottobre scorso anche l'ex Intendenza ha deciso di sottrarsi a un impietoso declino: più correttamente, la proprietaria del grande stabile, Cdp Immobiliare srl (controllata di Cassa depositi e prestiti), ha imboccato la strada del restyling esterno. Il progetto - comunica un piccolo cartello comunale - è a cura di Mario Bucher, della consulenza storico-artistica si occupa Pietro Cordara, il restauro è affidato alla gallaratese Gasparoli. Il cronoprogramma dei lavori suggerisce una durata di 275 giorni, che dovrebbero assicurare il completamento dell'opera entro la fine dell'estate 2019.Dagli ambienti immobiliari triestini si vocifera che sia in corso una trattativa per cedere l'immobile a un possibile acquirente austriaco, con interessi a Grado, intenzionato a un investimento alberghiero. La cifra di acquisto - sempre secondo l'ufficiosità della fonte - oscillerebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro. Se fosse confermata tale quotazione, essa risentirebbe delle cattive condizioni degli interni, antica sede di uffici ma da molti anni inutilizzata. Tra l'altro il palazzo ha cambiato varie volte proprietà, restando essa comunque sempre pubblica: si ricordano Fintecna, Italia Turismo, da un anno Cdp. In realtà l'edificio è in vendita da tempo, ma, come per altre illustri testimonianze della Trieste-che-fu, al mercato la storia interessa fino a un certo punto. Per renderlo più appetibile, ecco la cosmesi delle facciate voluta da una proprietà «sensibile - dice Mario Bucher - alle necessità di decoro». Lo stesso Bucher racconta caratteristiche e dimensioni (notevoli): a partire da una superficie superiore ai 13 mila metri quadrati, per proseguire con i cinque piani fuori terra, l'ultimo dei quali composto da interessanti soffitte che si estendono sotto lignee trabeazioni. Tre gruppi di scale, con una scalea d'onore. Tre cortili interni. Il tetto è stato provvisoriamente sistemato. Certo, gli interni - come s'è detto - sono completamente da ripensare e da rifare. Bucher è convinto che la schematica disposizione ereditata dall'originaria destinazione a ufficio renda possibile una vasta gamma di trasformazioni, tra cui il residenziale e l'alberghiero potrebbero essere le più gettonate. L'isolato, formato dalle Poste e dalle ex Finanze, venne progettato nell'ultima parte del XIX secolo da Friedrich Setz, architetto-ingegnere specializzato nella realizzazione di sedi postali. Ne disegnò più di venti, comprese quelle di Trento e di Bolzano.

Massimo Greco

 

Nel 2019 una fioritura di strutture dal Viale fino alla Costiera - Incognite su tre fronti

Interrogativi aperti su palazzo Carciotti, ex Borsa vecchia e magazzini Greensisam
I prossimi anni vedranno un fiorire di nuovi alberghi in città. Per l'ottobre 2019, infatti, è prevista in primis l'attesa inaugurazione del nuovo "Hilton double tree Trieste" di piazza della Repubblica. L'antica sede della Ras, assorbita dal gruppo Allianz, si sta trasformando in un hotel a quattro stelle, dotato di 125 stanze. Il 2019 sarà l'anno di apertura anche di un albergo in corso Italia, dove al civico 12 la Golden Hotel & Resort srl, che già gestisce a Trieste i quattro stelle Hotel Continentale di via San Nicolò e Palace Suite di via Dante, si appresta a fare un tris con un nuovo tre stelle, da 55 stanze. Per la riqualificazione del palazzo e per la sua trasformazione in albergo, inclusi gli arredi, verranno investiti quattro milioni e mezzo di euro. Una spesa che verrà sostenuta in parte dalla Golden Hotel & Resorts e in parte dalla Fondazione Ananian che è proprietaria dell'immobile. La Golden Hotel & Resorts farà presto partire i lavori per trasformare in una struttura ricettiva anche Casa Romano, il palazzo all'angolo tra piazza della Borsa e via Roma. C'è poi l'ambizioso progetto che ruota attorno a Villa Hausbrandt che entro un anno diventerà un relais di lusso: a investire è la Magesta spa, già proprietaria del Grand Hotel Duchi d'Aosta, del Vis à Vis e del Riviera & Maximilian's Hotel. È già stata fissata per la prossima primavera invece l'inaugurazione della nuova struttura a vocazione turistica che verrà realizzata al numero 25 di viale XX Settembre, la prima di questo genere ad affacciarsi sul viale alberato. La ristrutturazione del palazzo è a carico della proprietà, mentre la società Novecentotre, che vede tra i soci l'ex assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli, provvederà agli interni, agli arredi e alla successiva gestione. Imprenditori macedoni realizzeranno poi un nuovo albergo a quattro piani al civico 16 di via Milano, in una palazzina rimasta per decenni in stato di abbandono. Ci sono poi due incognite che potrebbero regalare a Trieste due nuovi alberghi di altissimo livello: palazzo Carciotti ed ex Borsa vecchia. Se i tentativi di vendita dovessero andare a buon fine, sembra scontata la vocazione ricettiva. E poi ci sono i magazzini oggi in concessione a Greensisam in Porto vecchio: la vendita è in via di definizione e, dalle anticipazioni, in quegli spazi è prevista la realizzazione di due grandi hotel sul fronte mare.

 

Svelata la prima delle facciate del futuro "Hilton double tree"
Prosegue il cantiere dell'ex palazzo Ras in piazza Repubblica: ultimato il restauro del versante che dà su via Dante
Giù le impalcature da una delle facciate del futuro "Hilton double tree Trieste", l'ex palazzo Ras in piazza Repubblica, che svela nuovamente parte della splendida architettura. Nei giorni scorsi sono state infatti eliminate poco alla volta le strutture in ferro che avvolgevano l'edificio, necessarie per gli interventi di pulizia e sistemazione, in particolare la parete rivolta verso via San Nicolò, il cui restauro è stato da poco concluso. E sono molti i triestini che si sono accorti della novità, passeggiando su via Dante e alzando gli occhi, per ammirare un primo tassello ultimato dell'albergo a quattro stelle, che sarà inaugurato tra un anno, con 150 stanze, pronto ad accogliere più di 250 clienti. Restano "coperte" le altre facciate, in particolare quella su via Santa Caterina, dove è situato l'ingresso del cantiere, al sicuro dietro a divisori di ferro e legno, attraverso i quali ogni tanto la gente più curiosa sbircia. Dentro infatti continuano senza sosta i lavori, in una superficie complessiva da 17 mila metri quadrati, dove è in atto la completa trasformazione degli interni, salvaguardando alcune parti storiche e di pregio, e ammodernando tutti gli spazi che serviranno a realizzare un hotel dotato di ogni comfort. La metratura delle camere varia dagli 80 metri quadrati dell'"historical suite" ai 23 della tipologia "standard". Gli ambienti, come già annunciato, saranno a disposizione non solo dei clienti che pernotteranno nell'hotel: ci saranno anche il bar, il ristorante, la biblioteca e la sala convegni per il pubblico. "Hilton double tree Trieste" darà lavoro a 50-60 persone, ora nel cantiere ne sono impiegate un'ottantina, destinate ad aumentare nei prossimi mesi.

Micol Brusaferro

 

 

I 5 Stelle diffidano il sindaco sulla rumorosità della Ferriera
L'offensiva di Bertoni: «Il livello dell'inquinamento acustico è ben superiore ai limiti consentiti dalla legge - Rischi concreti per la salute»
Una diffida al sindaco, Roberto Dipiazza, affinché intervenga urgentemente «con un'ordinanza, sull'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di Servola». Scatta l'offensiva del Movimento 5 Stelle «su uno dei problemi originati dallo stabilimento su cui finora ci è soffermati meno - spiegato la portavoce dei 5S, Cristina Bertoni - e che invece causa ai cittadini che abitano nei dintorni dell'impianto seri problemi di salute». «Il livello di inquinamento acustico - spiega la consigliera grillina - è infatti ben superiore ai limiti consentiti dalla legge, come certificano i dati raccolti dall'Arpa regionale. L'Organizzazione mondiale della sanità documenta in questi casi problemi legati al mancato riposo notturno, ad alterazioni del funzionamento del sistema nervoso, a un aumento dei problemi cardiaci». Bertoni, a sostegno dell'iniziativa del suo gruppo, ha presentato un'ottantina di firme «raccolte in sole quattro ore - sottolinea - nei banchetti che abbiamo allestito». I Cinque Stelle si erano già attivati in più occasioni su questo fronte. «Per richiamare il sindaco alle sue responsabilità di tutore della salute dei cittadini - ha continuato Bertoni -abbiamo depositato, tra settembre e ottobre, ben tre mozioni urgenti, con le quali gli si chiedeva di intervenire emettendo un'ordinanza sindacale per sospendere temporaneamente le attività rumorose. La maggioranza ha sempre risposto dicendo che la questione non è urgente, quando invece gli sforamenti dei limiti di inquinamento acustico sono quotidiani» .Dalla data della notifica, Dipiazza avrà 30 giorni di tempo per ottemperare alla diffida. «Trascorsi i quali - insiste Bertoni - senza azione pratica, il sindaco avrà mancato ai suoi doveri d'ufficio, con ciò rendendosi responsabile per non aver tutelato la salute dei cittadini, il che aprirà la porta a denunce di carattere penale che, come M5S, supporteremo con convinzione» . «Anche a livello regionale - ricorda il portavoce regionale, Andrea Ussai - abbiamo sollecitato la giunta a intervenire, ma nulla ci è stato detto sulla promesse revisioni dell'Autorizzazione integrata ambientale e dell'Accordo di programma. Nello scorso gennaio la Regione aveva inviato una diffida all'azienda, imponendo interventi di mitigazione del rumore da eseguire entro il 31 dicembre 2018».«Oggi - prosegue Ussai - non è più tollerabile l'immobilismo della politica davanti ai poteri economici. Se il sindaco rimarrà inattivo, saremo costretti a chiedere un intervento della Regione». L'avvocato Fulvio Vida ha osservato che «il termine di 30 giorni può essere considerato addirittura pleonastico, in quanto, davanti a un problema di salute il sindaco dovrebbe intervenire immediatamente».

Ugo Salvini

 

 

Infrastrutture - Fedriga rilancia l'alta velocità ferroviaria
Trieste - «Sono un convinto sostenitore delle grandi infrastrutture e credo che la linea ferroviaria Trieste-Venezia vada potenziata il più possibile». L'ha detto ieri Massimiliano Fedriga, intervenendo a Milano insieme al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, e al governatore della Lombardia, Attilio Fontana, al confronto dedicato all'Europa nell'ambito del forum Italia Destinazione Nord. Prendendo la parola, il governatore ha espresso forte rammarico per scelte precedenti che hanno allontanato l'alta velocità dalla linea ferroviaria Trieste-Venezia. «Faremo comunque il possibile per potenziarla così come ci attiveremo per valorizzare il complesso intermodale del territorio - ha assicurato - perché non collegare al resto d'Italia il porto di Trieste, ormai il principale scalo nazionale, in grado di attrarre investimenti da Cina, Stati Uniti, Ungheria e tante altre realtà equivale a paralizzare il Paese intero e provocare pesanti aumenti di costi per le aziende». Nel corso dell'incontro milanese Fedriga ha poi parlato di debito pubblico «sano e giusto se produce investimenti», ribadendo che la Regione accenderà nuovi mutui "per investire in infrastrutture, anche energetiche, e mettere nelle migliori condizioni possibili le imprese per favorirne la competitività. Dobbiamo internazionalizzare ed esportare - ha aggiunto poi il presidente -, ma anche creare le condizioni per fare crescere il consumo interno». A questo tema il governatore ha collegato la propria difesa di quota 100 per i pensionamenti, «puntando anzi a quota 41 anni di contributi per concludere un percorso, favorire il rilancio generazionale e la capacità di spesa. Quota 100 - ha precisato - non produce tagli in quanto è un semplice calcolo contributivo, il resto sono fake news».Infine una promessa agli amici lombardi e veneti in vista dell'importante sfida all'orizzonte. «Per quanto riguarda le Olimpiadi della neve 2026, proveremo ad essere al fianco di Milano-Cortina quale sede di gara aggiunta di una disciplina nell'ottica di proporre la montagna al completo, includendo nel progetto anche Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia».

 

 

Gas dagli Emirati, così Roma sfida Parigi
L'Eni sbarca per la prima volta nel Golfo. Ripercussioni sull'Egitto e sulla Libia: dove l'Italia gioca la partita con la Francia
Beirut - La strada per la Libia passa per gli Emirati Arabi. L'Eni sbarca in modo massiccio nel Golfo, per la prima volta nella sua storia, e gli accordi strategici con Abu Dhabi si allargano subito all'Egitto e in prospettiva anche al Fezzan, dove l'Italia deve fronteggiare la concorrenza francese. In un Medio Oriente fatto a vasi comunicanti a volte le vie più lunghe sono le più sicure. Il 13 novembre il Cane a sei zampe ha firmato un accordo con la compagnia di Abu Dhabi, l'Adnoc, uno dei giganti mondiali del settore. L'intesa prevede una quota del 25 per cento in una mega concessione offshore, la Ghasha, che comprende tre giacimenti e riserve per «trilioni di metri cubi di gas». A regime i pozzi potranno produrre fino a 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno e 120 mila barili di condensati ad alto valore. È un colpo notevole, in una regione che è stata finora territorio di caccia per le compagnie britanniche e americane. E arriva anche a compensare il ritiro forzato dal mercato iraniano, per via delle nuove sanzioni imposte da Donald Trump. Per l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, è la conferma «della fiducia nel nostro modello upstream, basato sull'integrazione dell'esplorazione e dello sviluppo». Tradotto, significa che Abu Dhabi ha scelto l'azienda italiana perché gli garantiva, prove alla mano, un passaggio rapido dall'esplorazione alla produzione. Tutto nasce dall'exploit in Egitto, dove in meno di due anni è stato messo a regime il più grande giacimento di gas del Mediterraneo orientale, lo Zohr. Un record mondiale: il Cairo è passato da importatore a esportatore di gas in pochissimo tempo e lo stesso vogliono fare gli Emirati Arabi. Energia, sicurezza e geopolitica sono però un tutt'uno in questa regione, ed ecco che il domino si è subito allargato. Negli stessi giorni Eni ha firmato un accordo con un'altra compagnia emiratina, la Mubadala, per la cessione del 20 per cento della quota Eni nella concessione Nour, al largo del Delta del Nilo in Egitto. L'Eni ha ora una quota dell'85%, il restante 15 è dell'egiziana Egas. Si formerà così un trio per sfruttare un giacimento più piccolo dello Zohr ma molto promettente, mentre Egitto e Israele hanno firmato un accordo per portare il gas israeliano sulla costa egiziana, dove, a Damietta, c'è un grande impianto di liquefazione dell'Eni che potrebbe diventare un hub per il trasporto verso tutta l'Europa. I nuovi contratti quindi s'iscrivono, secondo Theodore Karasik, senior advisor al Gulf State Analytics di Washington, «in un'intesa strategica che unisce energia e sicurezza, e che l'Italia sta perseguendo da almeno cinque anni». La sfida nei prossimi decenni, sia nel Golfo che nel Mediterraneo, «sarà quella di proteggere le enormi scoperte fatte di recente». È una partita che ha visto irrompere la Russia su uno scacchiere «sempre più affollato», «sia come player energetico che militare» mentre in questo momento gli Stati Uniti sono «meno presenti di Mosca». Putin si sta aprendo la strada per installare una base militare in Egitto «e forse anche a Tobruk». Di qui la necessità per l'Italia di una alleanza con gli Emirati Arabi, che possono integrare gli investimenti in Egitto, dove hanno un rapporto di ferro con il presidente al-Sisi, mentre in Libia sono fra i principali sponsor del generale Haftar, padrone della Cirenaica e di un fetta del Fezzan. Con l'appoggio di Abu Dhabi l'Eni e l'Italia possono riequilibrare i loro rapporti nello scacchiere libico, e contrastare l'espansione francese dal Sud, dove esistono, puntualizza Karasik «giganteschi giacimenti di gas ancora da esplorare». Gli accordi firmati ad Abu Dhani hanno preceduto di pochi giorni la visita del premier italiano Conte, reduce dalla conferenza di Palermo che ha visto un riavvicinamento fra Haftar e al-Sarraj. Le tensioni interne ai Paesi del Golfo favoriscono paradossalmente questo processo. Il reciproco interesse è confermato anche da al-Ubaydli, direttore degli Economics and Energy Studies al Centro Derasat, in Bahrein: «I Paesi del Golfo stanno da tempo cercando nuovi partner internazionali, si è parlato tanto di Asia ma c'è spazio per una cooperazione con l'Italia in tutta la regione». L'Eni ha firmato accordi minori in Bahrein ed è in trattative con il Qatar. Nel nome dell'energia e non solo.

Giordano Stabile

 

E ad Est arriva il Turkstream - Ecco l'asse Putin-Erdogan
L'ambizione di Mosca è quella di bypassare l'Ucraina con l'impianto sottomarino per Ankara - L'alternativa è la Tap, che porta il metano dall'Azerbaigian passando per la Grecia fino in Puglia
Mosca - Il TurkStream è quasi pronto. Erdogan e Putin hanno celebrato a Istanbul il completamento del tratto sottomarino del gasdotto che presto porterà in Turchia 31,5 miliardi di metri cubi di metano russo attraversando i fondali del Mar Nero per 930 chilometri. Le mire di Mosca non si fermano però ad Ankara. Il TurkStream, che inizierà le prime forniture il prossimo anno, ha infatti un enorme valore strategico e il Cremlino vuole prolungarlo fino all'Europa meridionale in modo da aumentare la dipendenza energetica dell'Ue dalla Russia e bypassare l'Ucraina, con cui è in pessimi rapporti. Ci riuscirà? Tutto dipende dalla sfida in corso tra Usa, Russia e Ue per il futuro economico e politico del Vecchio Continente. Putin ha promesso che il TurkStream «diverrà un elemento importante della sicurezza energetica europea». Ma Mosca in realtà usa il gas come arma di influenza politica. L'anno scorso, il 37% del metano importato dall'Europa veniva dalla Russia. Il Sud Europa ha però una valida alternativa al TurkStream: si tratta della Tap (Trans Adriatic Pipeline), che potrebbe far sbarcare in Puglia il metano azero estratto nel Caspio conducendolo dal confine greco-turco fino alle nostre coste. La Tap è la parte finale del Corridoio Meridionale del Gas, con cui l'Ue punta a importare entro il 2020 circa 16 miliardi di metri cubi di metano l'anno diversificando così le proprie fonti di approvvigionamento. Gli Usa ovviamente preferiscono la Tap al Turkish Stream. Washington tenta di bloccare i progetti energetici di Mosca per motivi geopolitici. Ma Trump è mosso anche da interessi economici e dalla volontà di promuovere le esportazioni di gas liquido americano in Europa. Per questo il Cremlino non esclude che il TurkStream finisca sotto sanzioni. «Gli Usa - ha dichiarato il portavoce di Putin - hanno applicato tali misure in modo così ampio che nessuno è al sicuro». Il TurkStream potrebbe rappresentare la rotta meridionale del gas russo che scalda l'Europa. La Gazprom studia due possibili vie. Una attraversa la Grecia e raggiunge l'Italia, l'altra passa da Paesi "amici" del Cremlino: Bulgaria, Serbia, Ungheria e infine Austria. La rotta settentrionale invece esiste già: è il Nord Stream, che sbocca in Germania passando sotto le acque del Baltico e a cui presto si aggiungerà il Nord Stream 2. Il nuovo metanodotto raddoppierà fino a 110 miliardi di metri cubi l'anno il flusso di gas russo verso Berlino ed è subito finito nel mirino degli Stati Uniti, pronti ad affondare il progetto con nuove sanzioni. E' forse anche per evitare uno scenario del genere che un mese fa Angela Merkel ha offerto il sostegno del governo tedesco per co-finanziare un terminal da 500 milioni di euro per l'import di gas liquido americano nel nord della Germania. La cancelliera chiede inoltre garanzie perché Kiev non perda il suo ruolo chiave nel transito del gas e le preziose entrate che questo comporta. È proprio l'Ucraina il Paese più a rischio. L'anno scorso è passata dai suoi gasdotti circa metà delle esportazioni russe di metano al di fuori dell'ex Urss. Circa 94 miliardi di metri cubi di gas russo sono arrivati in Europa attraverso l'Ucraina. Nord Stream 2 e TurkStream consentirebbero però alla Russia di aggirare Kiev con una manovra a tenaglia. Con il nuovo metanodotto Mosca mira anche ad aumentare la propria quota nel mercato turco dell'energia, dove nel 2017 vendeva già 29 miliardi di metri cubi di gas. La Turchia, che spera di diventare un hub del gas verso l'Europa, viene così spinta ad allontanarsi gradualmente dalla Nato avvicinandosi a Mosca, con cui i rapporti sono in continuo miglioramento nonostante alcuni attriti su Siria e Libia.

Giuseppe Agliastro

 

 

Smaltimento dei rifiuti, Vienna dà l'esempio - Lo dico al Piccolo
Perché a Napoli non lo vogliono?Esempio di eccellenza e monumento della contemporaneità. È il termovalorizzatore di Vienna, straordinario impianto di smaltimento dei rifiuti nel pieno centro della città, vicino alla Cattedrale di Santo Stefano, diventato meta dei turisti. Nel 1987 in seguito a un incendio che distrusse gran parte del vecchio impianto, l'allora sindaco Walter Zilk affidò a Friedrich Hundertwasser, noto architetto viennese, la realizzazione del nuovo impianto. Venne fuori una struttura colorata, interrotta da miriadi di finestre, ognuna divisa dall'altra da cespugli e alberi che si arrampicano sulla facciata dell'impianto e che termina con una cupola dorata che svetta altissima sulla città con lo stile variopinto e visionario tipico dell'artista. Oltre all'incenerimento dei rifiuti, il termovalorizzatore di Spittelau provvede al riscaldamento di oltre un terzo delle case viennesi e produce aria condizionata nei mesi estivi. I fumi sono depurati da moderni impianti di filtraggio per la rimozione di polveri sottili, metalli pesanti e acidi inquinanti e le ceneri di scarto vengono vendute alle industrie del cemento. L'impianto desta particolare interesse proprio in rapporto al suo inserimento nel cuore della città. La sua ubicazione denota un atteggiamento di fiducia dei cittadini verso le politiche di gestione dei servizi e dell'ambiente. Anche la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione, in grado di alimentare buona parte della città e produrre energia elettrica, può essere visto dalla cittadinanza come una risorsa e non come una minaccia per la propria salute.

Pietro Valente

(leggi anche l'inchiesta sugli inceneritori sul Fatto Quotidiano del 23 agosto 2016)

 

 

Bonifica dei siti inquinati progetto coordinato da Area
I due prototipi da testare sul campo sono la zona industriale di Trieste e la penisola Zorrozaurre a Bilbao. Soluzioni innovative
Secondo una recente relazione del JRC - Joint Research Centre, una direzione generale della Commissione europea che dispone di sette istituti di ricerca, dal 2011 in oltre 5000 nuovi siti inquinati in Europa sono in corso attività di decontaminazione o misure di riduzione del rischio. Il rapporto rileva inoltre la presenza di più di 650mila siti contaminati registrati ufficialmente in tutta Europa. Più di 170mila siti sono ancora da investigare, 68mila sono attualmente sotto analisi e più di 125mila siti hanno bisogno o potrebbero aver bisogno di rimedi, mentre 65.500 siti sono già stati sottoposti a misure correttive o sono sottoposti a misure post-intervento. Posidon PCP (Pre-Commercial Public Procurement) è un progetto internazionale, finanziato dal programma Horizon 2020 per un totale di 5 milioni, coordinato da Area Science Park con l'obiettivo di pubblicare e assegnare a livello europeo un appalto di ricerca pre-commerciale PCP in grado di fornire soluzioni innovative non ancora presenti sul mercato relative alla decontaminazione di suoli inquinati di aree industriali dismesse o parzialmente abbandonate. In pratica diverse imprese saranno chiamate a sviluppare, in modo parallelo e concorrente, soluzioni innovative idonee a fronteggiare esigenze e sfide che arrivano dal settore pubblico, il lancio del bando di gara europeo è previsto entro la prima settimana di gennaio 2019. Il carattere competitivo della procedura di appalto pre-commerciale presenta, per la pubblica amministrazione, un vantaggio che consiste nel filtrare i rischi tecnologici prima di impegnarsi nell'acquisto di una fornitura di massa, anteponendo una fase di sperimentazione in cui valutare i costi e benefici. Il progetto punta allo sviluppo originale di almeno due prototipi da testare sul campo in due diversi siti inquinati con caratteristiche simili: la zona industriale di Trieste e la penisola di Zorrozaurre a Bilbao, con progetti urbanistici che prevedono diversi usi futuri dei suoli.Spiega l'ingegnere Martina Terconi responsabile del progetto per Area Science Park: «Il progetto fa leva sulla domanda pubblica per individuare soluzioni innovative e sostenibili, non riguarda e non finanzia l'intervento di decontaminazione né l'acquisto della tecnologia, vuole bensì promuovere un avanzamento tecnologico ulteriore, lanciando un appalto di servizi di ricerca e sviluppo. Il bisogno comune del gruppo di committenti (proprietari/gestori dei siti inquinati) riguarda l'identificazione di una nuova tecnologia di trattamento del suolo ed eventualmente delle falde acquifere in grado di decontaminare terreni antropici eterogenei in zone industriali dismesse, composti da una miscela di rifiuti industriali (come terreni di risulta inquinati da idrocarburi del petrolio e metalli pesanti) e terreni costituiti da argille e sabbie, altamente inquinati da idrocarburi del petrolio (TPH e IPA) e metalli pesanti».

Lorenza Masè

 

 

SABATO A MUGGIA - Segrè chiude le "eco-mostre" alla Sala Millo
Sabato alle 18, alla Sala Convegni "Gastone Millo" di piazza della Repubblica 4 a Muggia, andrà in scena "Il gusto per le cose giuste: lo spreco come risorsa", l'incontro con Andrea Segrè, presidente della Fondazione Fico e fondatore del Last Minute Market, la campagna "Spreco Zero". L'appuntamento coincide con la conclusione delle mostre con laboratori didattici "Tutti su per terra" ed "Energeticamente" organizzate da Comune di Muggia e Arapa Fvg - Larea in collaborazione con Eupolis. Info: Comune di Muggia - Assessorato alla Cultura, telefono 040 3360340, mail ufficio.cultura@comunedimuggia.ts.it, web www. benvenutiamuggia.eu.

 

Conferenza Tam

Alle 18, nella sede della XXX Ottobre in via Battisti 22, l'ornitologo Paolo Utmar terrà la conferenza "Dalla conservazione alla gestione delle zone umide" con successiva escursione guidata domenica nella Riserva naturale Isola della Cona e Val Cavanata.

 

 

 

 

VOCEARANCIO.ING.it- LUNEDI', 19 novembre 2018

 

 

RAEE - Rifiuti elettronici: ecco le nuove regole

Anche cavi elettrici e pennette USB sono RAEE e devono essere smaltiti a norma di legge. Una guida pratica per voi

Avete un frigorifero da smaltire? Un vecchio lettore Cd di cui non sapete più cosa fare? In questo caso vi state confrontando con un problema sempre più importante e frequente per i consumatori, le città e il pianeta: cosa fare con i RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Si tratta di un dilemma che nasconde opportunità. Secondo una ricerca dell’Università Bocconi, il corretto trattamento dei RAEE farebbe diminuire le emissioni di CO2 di 2,2-2,5 milioni di tonnellate. Inoltre i vecchi apparecchi elettrici ed elettronici sono delle vere e proprie miniere per il recupero di vetro, plastica, rame, acciaio, con un risparmio di quasi 390 milioni di euro nel prossimo decennio. Infine, la creazione di un ciclo integrato e virtuoso di smaltimento dei RAEE porterebbe alla creazione di 13-15mila nuovi posti di lavoro da qui al 2030. Come potete contribuire alla creazione di questo valore ambientale ed economico? Seguendo le regole. Oggi un consumatore italiano produce 12 kg di RAEE all’anno, ma solo 4,7 vengono raccolti. Tutti gli altri escono dal corretto ciclo dei rifiuti elettronici, inquinando e disperdendo risorse. La nuova interpretazione «aperta». Innanzitutto, cosa sono di preciso i RAEE? Secondo gli ultimi aggiornamenti legislativi italiani entrati in vigore il 15 agosto 2018 per essere in linea con le direttive europee, l’ambito dei RAEE si è allargato e la definizione è diventata molto più aperta. Si parla infatti di open scope, un criterio secondo il quale sono RAEE tutte le apparecchiature che dipendono da correnti elettriche o da campi elettromagnetici. Non solo il frigorifero o lo stereo, ma anche i cavi elettrici, le prolunghe, le caldaie, le e-bike, le chiavette USB sono da considerare rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Rimangono invece uguali le regole per lo smaltimento dei RAEE, che non possono essere mai gettati nella raccolta indifferenziata, né lasciati per strada o in casa dopo il trasloco, ma vanno gestiti in modo adeguato. I luoghi predisposti si chiamano isole ecologiche, oppure piazzole ecologiche, centri di raccolta, riciclerie, eco-stazioni: si tratta di strutture gestite dagli enti locali e attrezzate a riciclare i RAEE. Ce ne sono 4076 su tutto il territorio italiano, molti comuni offrono anche il servizio gratuito di ritiro dei RAEE ingombranti. Ma le isole ecologiche non sono le uniche opzioni per smaltire i RAEE, ci sono altre due strade ed entrambe chiamano in gioco i negozi di elettrodomestici.
Uno contro uno o Uno contro zero? La prima possibilità si chiama Uno contro Uno: quando acquistate un elettrodomestico di grandi dimensioni (il frigorifero, la lavatrice, la lavastoviglie e così via), il venditore ha il dovere di ritirare il suo predecessore a casa vostra a costo zero, per poi provvedere a smaltirlo nell’isola ecologica. La seconda possibilità si chiama Uno contro zero, e prevede la possibilità di smaltire i piccoli RAEE anche quando non state comprando niente, semplicemente consegnandoli in negozio. Le condizioni sono due: sono obbligati ad accettare il vostro Uno contro zero solo i negozi di elettronica ed elettrodomestici la cui superficie sia superiore a 400 metri quadrati. Inoltre l’oggetto da consegnare deve essere di dimensioni non superiori a 25 centimetri. Uno dei problemi dello smaltimento del RAEE in Italia è la mancanza di corrette informazioni sui propri diritti. Secondo Altraeconomia solo il 18% degli italiani è al corrente della possibilità di fare Uno contro zero e il 44% ancora non sa nemmeno dell’Uno contro uno. Un’app con tutte le risposte. Se avete ancora qualche dubbio, ci sono anche diverse app che vi possono dare una mano. Una delle più interessanti in materia di riciclo si chiama Junker, è stata creata dalla startup italiana Giunko ed è il modo più immediato per districarsi nella complessità della raccolta differenziata. Basta fare una scansione del barcode sul prodotto per avere informazioni su tutti i materiali di cui è composto e sul modo migliore per smaltirlo. Junker funziona per tutta la differenziata, ma per i RAEE svolge anche un servizio in più: in collaborazione con il consorzio Ecolamp geolocalizza i centri di smistamento più vicini, vi fa sapere se potete usufruire dell’Uno contro zero e vi indirizza agli eventuali contenitori dedicati (come ad esempio nel caso delle lampadine).
Avete mai avuto problemi con lo smaltimento di un RAEE? Come avete risolto?

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 novembre 2018

 

 

Il Comune investe un milione di euro per la protezione del verde pubblico
È la somma annuale prevista dall'amministrazione per la riqualificazione del patrimonio arboreo in collaborazione con l'ateneo
Circa un milione di euro investiti annualmente. È la somma prevista dall'amministrazione comunale a favore del patrimonio arboreo e per la costante riqualificazione del Verde Pubblico cittadino, tema che sulla base di un rapporto Istat redatto nel 2016 individua Trieste ai primi posti in Italia sul fronte delle ricchezze agresti urbane, classificandola al sesto posto per la quota di verde pro capite - equivalente a 32, 6 metri quadrati per cittadino - e al quorum di aree protette, leggi parchi e giardini, in grado di disegnare l'isola felice dell'intero nord - est. A pochi giorni dal varo della settimana legata alla "Giornata Nazionale degli Alberi", in programma da oggi al 26 di novembre, l'assessorato ai Lavori Pubblici e al Verde del Comune di Trieste espone le sue carte e ribadisce in cifre e prospettive l'impegno in chiave di tutela ambientale. Processo a cui contribuirà la collaborazione con il corso di Laurea di Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e la Natura dell'ateneo locale, realtà con la quale maturano da tempo ricerche volte all'individuazione del beneficio alla cittadinanza (anche di ordine economico) frutto della tutela naturalistica. In primo piano quindi gli investimenti economici. Il milione di euro stanziato dal Comune nell'arco dell'anno riguarda anche il tema della sicurezza: «Trieste vive una situazione particolare e sempre delicata per via della Bora - ha sottolineato l'assessore Elisa Lodi - e parlando di alberi disposti nell'area urbana è fondamentale pensare anche all'incolumità del cittadino con interventi mirati in fatto di messa in sicurezza». Tra i primati nazionali di Trieste in materia spunta anche la dotazione di un speciale Regolamento sul Verde e l'istituzione di un Catasto del patrimonio arboreo comunale, ufficio che dal 2000 regola il censimento ad oggi di 21 mila alberi, di cui una trentina forniti di "caratteristiche di monumentalità". Lo scrigno verde cittadino si compone inoltre di 42 giardini, di cui 13 storici, e di tre parchi distribuiti in circa 1.700.000 metri quadri di estensione, come Villa Giulia, Parco Strada Vicentina e soprattutto Parco Farneto, quest'ultimo disegnato in 900.000 metri quadri, altra dote ma qui di respiro persino europeo. Da queste cifre (ri)parte il piano dell'amministrazione rivolto al rinnovo del patrimonio arboreo, ideato dal Direttore di Servizio, Enrico Cortese, e dal Funzionario Forestale, Francesco Panepinto, con la previsione di piantumare altri 250 alberi nell'arco del 2019.

Francesco Cardella

 

Natura - Da oggi al 26 novembre è la Festa degli alberi
Ha origini nell'antica Grecia, vanta celebrazioni nella Roma imperiale e rinasce in Italia alla fine dell'Ottocento, prima dell'ufficializzazione avvenuta nel 2010. Da oggi al 26 novembre Trieste celebra la Festa degli alberi, giornata nazionale legata al 21 novembre ma accolta e sviluppata dal Comune nell'arco di una settimana di appuntamenti sul tema tra cerimonie, mostre e seminari. Vernice oggi alle 15.30, alla scuola primaria Lona dell'Istituto comprensivo Altipiano di via San Mauro a Opicina, teatro di una messa a dimora di due alberi donati dall'amministrazione comunale. Domani si approda al Farneto, qui sede dalle 9 di una giornata di studio incentrata sul tema "Il valore ecologico delle specie arboree", rivolta agli studenti di Scienze e tecnologie per l'ambiente. Mercoledì, alle 10, si fa scalo all'asilo Verde Nido di via Commerciale per salutare due nuovi alberi, stesso tema alle 11 sia alla primaria Slataper di via della Bastia che all'Area giochi di Piazzale Giarizzole, dove sono attesi nuovi alberi e altri respiri verdi tradotti in aiuole. Giornata di gala il 23 novembre al giardino Bazzoni di via Navali, che dalle 11.30 si svela nella sua nuova veste tra fiori, arbusti e attività firmate dall'Istituto Nordio e Istituto Sacro Cuore di Montuzza.Sino al 24 novembre è inoltre visitabile la mostra "Gli alberi di San Giacomo" ospitata nella biblioteca Gambini di via delle Lodole 7, caratterizzata dagli scatti di Bruna Zazinovich.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 novembre 2018

 

 

Raccolta differenziata e riciclo - Trieste nel club dei virtuosi
Il tasso di recupero cresce di sette punti rispetto al 2017 e raggiunge quota 47% - Sempre più vicina la soglia del 55% fissata dalla Ue
Passi in avanti per Trieste sul fronte della raccolta differenziata. Lo conferma il report sullo stato di recupero dei rifiuti in città e nelle zone gestite da AcegasApsAmga presentato ieri a Campo San Giacomo. I dati evidenziano come nel capoluogo regionale il tasso di riciclo si assesti attorno al 47%, un valore salito di sette punti rispetto allo scorso anno. Manca poco, quindi, al raggiungimento di quota 55%, obiettivo imposto dall'Unione Europea e che a partire dal 2025 costituirà la percentuale annua complessiva da riciclare. Per quanto i territori serviti dalla multiutility, nel 2017 sono stati raccolte 108 tonnellate di rifiuti da differenziare, con un recupero pari al 95% delle immondizie complessive, percentuale che a Trieste città sale al 96,8%. Riciclaggio che si avvicinano al 100% nel caso dei rifiuti organici, sfalci d'erba, legno, ferro e plastica, mentre per quanto riguarda la carta il recupero arriva fino al 97%. Performance un po' meno brillante per quanto riguarda i metalli e il vetro, del quale viene recuperato l'87%. I dati sul riciclo sono stati presentati nell'ambito dell'iniziativa "Rifiuti in piazza", promossa dalla stessa AcegasApsAmga assieme all'Arpa i cui operatori, attraverso l'analisi del contenuto dei cassonetti, hanno offerto spunti importanti per insegnare alla cittadinanza ad eseguire la raccolta differenziata in modo corretto. Presenti all'iniziativa l'assessore comunale all'Ambiente, Luisa Polli, che «ha ringraziato Arpa e AcegasApsAmga per l'azione meritoria tesa a far conoscere ai cittadini quanto e come si possa differenziare». Presente anche l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro,che ha annunciato che a breve la giunta Fedriga proporrà incentivi per il recupero dei rifiuti marini. «Avvieremo una serie di iniziative per incrementare il riciclo dei rifiuti. Tra queste - annuncia Scoccimarro - porteremo a breve in Consiglio una legge che incentivi economicamente i pescatori del Friuli Venezia Giulia alla raccolta della plastica recuperata in mare».

Lorenzo Degrassi

 

 

ITALIA NOSTRA - «Un progetto parallelo al Parco del mare»
Un progetto parallelo che non va contro il Parco del mare, ma che punta a esserne un'integrazione. Antonella Caroli, presidente di "Italia Nostra - Trieste", ha lanciato una proposta, già inoltrata al presidente camerale Antonio Paoletti, per creare a Porto Lido uno spazio dedicato ai giovani e alle imbarcazioni d'epoca. «In due anni - ha spiegato Caroli - e con un investimento di 15 milioni possiamo valorizzare un'area che oggi è in stato di abbandono e dove c'è un vincolo che risale al 1961. Porto Lido non è un luogo adatto a ospitare un acquario, ma penso che il Parco del mare non sia solo quello, per questo si potrebbe creare un'area ricettiva ed economica a Campo Marzio e qualcosa di diverso nel punto dove invece vorrebbero edificare le strutture». Italia Nostra ha rimarcato più volte che non si tratta di una proposta "contro", ma di collaborazione. «Si possono creare tante cose molto belle - così Caroli -, abbiamo contatti con tutta Europa».

 

 

Centrale di Krsko - Croazia, i rifiuti nucleari stoccati al confine bosniaco
Decisa protesta degli abitanti dei comuni interessati i quali non sono stati neppure interpellati e l'opera colpirebbe il parco naturale del fiume Una
ZAGABRIA - A partire dal 2023, i rifiuti nucleari croati della centrale di Krsko saranno depositati a Trgovska Gora, a ridosso del confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. La recente decisione del governo di Zagabria - che a inizio novembre ha adottato un piano di stoccaggio per gli scarti della centrale nucleare croato-slovena di Krsko - ha scatenato le ire delle autorità bosniache così come la preoccupazione degli abitanti di Novi Grad (Bosnia) e di Dvor (Croazia), che vivono nell'area interessata. Stando alle intenzioni dell'esecutivo croato, il luogo che accoglierà i rifiuti è la base militare di Cerkezovac nei pressi di Dvor. Lì verranno costruite le infrastrutture necessarie, da mantenersi almeno fino al 2043 quando è previsto lo smantellamento dell'impianto di Krsko (una centrale che risale al 1981 e che dopo lo smembramento della Jugoslavia è stata ereditata in parti uguali da Croazia e Slovenia). «È una decisione scandalosa». «Nessuno ha chiesto il parere della gente». Intervistati questa settimana dalla televisione regionale N1, i cittadini bosniaci di Novi Grad e quelli croati di Dvor sono arrabbiati. Non soltanto perché è stata scelta la loro regione, ma anche perché si tratta di un'area attraversata da un fiume (Una) popolare per il rafting estivo e considerato "parco naturale" in Bosnia. «È incredibile che si possa fare una cosa del genere vicino ad uno dei fiumi più belli (della regione)», ha dichiarato un abitante di Novi Grad ai microfoni di N1. Il sindaco del comune bosniaco va ancora più in là spiegando di avere sul proprio territorio «una fonte d'acqua» e che per questo «località con queste peculiarità non dovrebbero essere selezionate». Mentre il governo bosniaco ha protestato a Vienna presso l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, gli ambientalisti bosniaci hanno annunciato che faranno ricorso alla giustizia internazionale. Secondo loro, Zagabria vorrebbe sistemare il materiale radioattivo «in magazzini pensati per armi e munizioni».

Giovanni Vale

 

 

Orban abbandona Capodistria «Accordi col Porto di Trieste»
L'Ungheria non parteciperà con i previsti 300 milioni di euro alla realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria tra lo scalo del Litorale sloveno e Divaccia
LUBIANA - Clamoroso "colpo basso" al governo della Slovenia. A mollare il pesante ko è il premier ungherese Viktor Orban il quale venerdì scorso durante l'incontro della diaspora magiara ha affermato che Budapest non darà un euro alla Slovenia per la realizzazione del raddoppio della traccia ferroviaria tra Capodistria e Divaccia, infrastruttura considerata strategica e imprescindibile per lo sviluppo dello scalo del Litorale da parte dell'esecutivo. Nel piano finanziario di realizzazione del raddoppio, peraltro molto lacunoso e oggetto del referendum sull'opera poi bocciato dal corpo elettorale per mancato quorum, la Slovenia aveva da anni dato quasi per certo e dopo molti abboccamenti con l'esecutivo di Budapest, l'arrivo di 300 milioni di euro. Certo non risolutivi ma comunque una fetta importante per portare a termine un'infrastruttura da quasi due miliardi di euro. Orban è stato chiarissimo e il ko ha messo al tappeto Lubiana perché il premier magiaro ha giustificato la decisione del suo governo in quanto l'Ungheria è interessata al dialogo con il porto di Trieste. E proprio domani il presidente della Port Authority del capoluogo del Friuli Venezia Giulia e vicepresidente dei porti europei Zeno D'Agostino sarà proprio a Budapest. Non si dovrebbe parlare di accordi ma è fin troppo chiaro che i "fuori onda" non mancheranno di toccare questo argomento. Orban ha affermato che le trattative partiranno con il Porto di Trieste, che dà in concessione a lungo termine alla logistica le proprie infrastrutture, e riguarderanno proprio la possibilità di collaborare nel settore logistico con i necessari investimenti da parte delle aziende ungheresi.Il ministro delle Infrastrutture della Slovenia Alenka Bratusek ha comunque più volte sostenuto che il Paese è in grado di portare a termine l'opera di raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia anche da sola, anche se non sarebbe contraria alla cooperazione dei Paesi contermini se questa dimostrerà di portare al progetto un valore aggiunto. Proprio di recente Lubiana ha tolto la qualifica di segreto alla documentazione esistente sui contatti avuti tra la Slovenia e l'Ungheria relativamente proprio alla cooperazione nel realizzare l'infrastruttura.«Non abbiamo ancora messo il punto nella collaborazione con l'Ungheria - ha detto di recente Bratusek - ma saremo noi che porremo i termini a Budapest o a chiunque altro per la cooperazione stessa». Il ministro ha aggiunto di essere pronta a sondare l'interesse di altri Paesi contermini che in una lettera avevano espresso un certo interesse. A tale riguardo, ha concluso sempre Bratusek, sarà presa una decisione ufficiale del governo entro la fine dell'anno. I media sloveni si "consolano" scrivendo che Orban non andrà a investire al Porto di Fiume nella "poco amica Croazia". Insomma, è ko tecnico.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2018

 

 

Salvi i budget per auto green e carburanti a prezzo scontato
Contributi in arrivo anche per l'acquisto di veicoli ecologici usati e a "km zero" - Stanziati 35 milioni per coprire la riduzione contestata dall'Unione europea
Trieste - Incentivare la rottamazione dell'auto vecchia e l'acquisto di quella ecologica, anche se questa non è nuova ma usata. È quanto l'assessore all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, conta di fare all'interno della manovra di bilancio, che rinnoverà lo stanziamento da 1,4 milioni destinato dalla giunta precedente all'acquisto di veicoli a trazione ibrida o elettrica, estendendo la misura anche all'acquisto di mezzi usati. Pur riguardando tipologie di vetture ancora poco diffuse in Friuli Venezia Giulia, la misura introdotta dal centrosinistra sta riscontrando il gradimento degli utenti, che possono rottamare la propria auto classificata da Euro 0 a Euro 3, ricevendo un incentivo differente a seconda della trazione: tremila euro per un'auto benzina-metano, quattromila per un veicolo ibrido benzina-elettricità, cinquemila per un mezzo elettrico. Ma se finora il bonus era riconosciuto solo per le auto nuove, Scoccimarro lo introdurrà adesso anche in caso di auto "km 0" e usate: l'incentivo varrà in tal caso il 50% e sarà erogato qualora il veicolo sia almeno Euro 6 e non immatricolato da più di due anni. «Ho voluto estendere il contributo - spiega l'assessore - a vetture "km 0" e usate, ovviamente di ultima generazione, per venire incontro alle famiglie meno abbienti e dare una scossa al mercato dell'auto regionale». Ed è proprio il supporto ai nuclei meno abbienti la motivazione con cui Scoccimarro spiega anche un'altra decisione, in contraddizione con la linea ecologica, legata alla scelta di non dimezzare lo sconto carburante per i veicoli da Euro 0 a Euro 4, come pure stabilirebbe la mai applicata norma regionale. Una decisione diversa significherebbe per l'assessore «mettere in difficoltà le famiglie che non possono permettersi un mezzo di ultima generazione e ci sarebbe inoltre maggiore inquinamento, perché questi cittadini andrebbero ad approvvigionarsi in Slovenia e Austria». Anche per il 2019, i proprietari di mezzi datati potranno dunque contare sulla riduzione piena del carburante. La finanziaria stanzia intanto 35 milioni sul bonus carburanti, con l'impegno della giunta a mettere il resto in assestamento. La misura costa annualmente poco meno di 43 milioni e sarà dunque confermata anche per il 2019, nonostante la procedura avviata dall'Unione europea contro un provvedimento che Bruxelles considera un indebito aiuto di Stato ai benzinai e che potrebbe perciò provocare una condanna per la Regione. «Sappiamo di essere sotto la lente, ma dobbiamo continuare a tutelare i nostri imprenditori dalla concorrenza dei Paesi limitrofi. Siamo pronti a difendere la norma dalle eventuali contestazioni dell'Europa dei burocrati», dice il sovranista Scoccimarro. L'assessore vorrebbe però diminuire l'esborso per la benzina agevolata e reinvestire almeno una piccola parte in politiche ambientali. Da qui l'incontro fissato con i vertici nazionali di Assopetroli nella prima settimana di dicembre. L'obiettivo è strappare uno sconto di un centesimo sul prezzo alla pompa, facendo leva sul fatto che «in Veneto il costo per l'utente è mediamente di due centesimi più basso», dice Scoccimarro. Considerando che la tessera regionale copre ogni anno circa 270 milioni di litri di carburante, si tratta di 2,7 milioni di euro che la Regione potrebbe spendere altrimenti.

Diego D'Amelio

 

STUDIO DELL'ACI -  In Italia circolano 7.560 auto elettriche
ROMA - In Italia sono in circolazione 7.560 auto elettriche, +31,6% rispetto al 2016 quando erano appena 5.743 unità. In ben 14 province sono addirittura più di cento le auto a zero emissioni in circolazione. È questo il quadro che emerge da un'analisi condotta Centro Studi Continental su dati Aci relativi al 2017. Dall'elaborazione emerge anche che in Italia sono 14 le province in cui le auto elettriche in circolazione superano quota cento. Si tratta di Roma (dove le auto elettriche in circolazione sono 1.014), Trento (823), Milano (811), Bolzano (546), Firenze (528), Torino (290), Brescia (186), Bologna (168), Reggio Emilia (144), Vicenza (141), Treviso (133), Bergamo e Padova (119) ed infine Verona (118). Tutte le altre province italiane hanno un parco circolante di auto elettriche composto da meno di cento unità.

 

 

Ucciso dai bracconieri Perun il grifone salvato a Cherso
L'esemplare aveva prima stazionato nei pressi di Caisole e successivamente aveva fatto rotta a sud verso il Montenegro dove gli hanno sparato
FIUME - La notizia è di quelle tristi, specie per chi ama la natura e i suoi abitanti. Il grifone Perun, rimesso in libertà due mesi fa dal Centro recupero avvoltoi dalla testa bianca, che si trova a Caisole (Beli), sull'isola di Cherso, è stato quasi certamente ucciso in Montenegro da un cacciatore di frodo.Le penne del maestoso rapace, specie severamente protetta in Croazia, sono state rinvenute nell'area delle saline in località Dulcigno (Ulcinj). Accanto trovato il bossolo di un fucile a pallettoni, utilizzato nella caccia ai volatili. Purtroppo la sua esistenza è stata tragicamente stroncata dal balordo di turno, che ha voluto uccidere il grifone per trasformarlo probabilmente in trofeo. Perun era stato per un certo periodo curato nella struttura assistenziale isolana, nota per la qualità delle operazioni di recupero degli avvoltoi, da decenni il simbolo dell'isola quarnerina, dove non è raro, anzi, vederli volteggiare in aria alla ricerca di cibo, ossia di carogne di animali.Il giovane esemplare era stato rinvenuto ferito e bisognoso di cure, che infatti aveva avuto a Caisole, piccola località sull'estremità settentrionale dell'isola. Lo scorso settembre c'era stato il rilascio, per la gran gioia dei responsabili e collaboratori del centro chersino, che avevano dotato Perun di localizzatore Gps per seguirne i movimenti. Il nostro volatile aveva sorvolato nelle prime settimane le isole altoadriatiche di Cherso, Lussino, Veglia, Plauno (Plavnik), Pervicchio (Prvic), San Gregorio e Arbe, soffermandosi spesso nelle zone dove gli avvoltoi nidificano e che si trovano sulle pareti di roccia a strapiombo sul mare.Ad un certo punto, Perun aveva deciso di puntare il becco a sud, partendo in compagnia del grifone di nome Jadran. Una coppia affiatata che dapprima era passata sopra l'isola di Pago e quindi volato lungo le coste della Dalmazia, senza mai abbandonare con la vista la distesa marina adriatica. Dopo giornate di volo, il nostro avvoltoio aveva deciso di fare tappa nelle saline di Dulcigno, fermata che aveva preoccupato gli ornitologi e biologi di Caisole. È un territorio dove la caccia di frodo è un'attività molto praticata, a cui le locali autorità tentano inutilmente di porre freno. Proprio per tale motivo, l'associazione ambientalista croata Biom, che collabora con il centro chersino, si era messa in contatto con l'organizzazione montenegrina che si occupa di tutela e studio degli uccelli, nell'ambito delle iniziative di partenariato Birdlife. Gli ambientalisti di Biom avevano chiesto ai colleghi montenegrini di stabilire il luogo dove si trovava Perun e bisogna dire che non c'era voluto molto per avvistare il grifone. E la sua tragica fine.

Andrea Marsanich

 

A Cattuni - Sciacalli in azione sgozzano 12 pecore
PISINO - Gli sciacalli sono tornati a colpire nel centro dell'Istria, per la precisione nel villaggio di Brajkovici vicino a Cattuni di Treviso dove hanno sgozzato 12 pecore gravide. Alla strage ne sono sopravvissute due, per le quali il veterinario ha suggerito l'abbattimento visto che non si sarebbero mai riprese. Della vicenda scrive abbondantemente il Glas Istre che cita il verbale del veterinario Goran Hrvatin: «Le carcasse degli animali erano dilaniate e presentavano segni di morso dappertutto, soprattutto nella zona del collo. Su sei pecore il torace e la cavità addominale erano completamente lacerati e non presentavano gli organi interni,mangiati dagli animali predatori». Gli ovini sono stati aggrediti di notte nell'ovile di Milan Medica che si trova a pochi chilometri da Cattuni di Treviso in un'area recintata della superficie pari a 2 ettari.

 

 

Questo è l'anno più caldo dal 1961 - Ecco come il clima è fuori norma
L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha fatto il punto sul tempo in Italia - Eventi meteo estremi hanno accompagnato impennate innaturali della colonnina di mercurio
ROMA - Sul cambiamento climatico, la sfera dei negazionisti non fa passi indietro. Le prove tuttavia appaiono schiaccianti e continuano a essere supportate da nuovi dati ormai pubblicati con grande frequenza dai principali centri di ricerca. L' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha fatto il punto sul clima in Italia. 1 - L'anno più caldo dal 1961Secondo Ispra, il 2018 è stato l'anno più caldo degli ultimi cinquantasette. Era infatti dal 1961 che le temperature non si assestavano su medie così miti, con poco meno di 2 gradi centigradi - 1,77°C per l'esattezza - in più rispetto al normale valore di riferimento rilevato tra il 1961 e il 1990. Indicativamente, l'anno che sta per concludersi ha fatto registrare le temperature medie più alte degli ultimi duecento anni nel nostro Paese. 2 - Gennaio e aprile anomali - Sui dieci mesi del 2018 presi in considerazione dallo studio - i dati arrivano fino ad ottobre compreso - otto hanno avuto temperature superiori alla media del periodo, con le sole due eccezioni rappresentate da febbraio e marzo. Gennaio e aprile sono stati invece i mesi più anomali, con temperature superiori alla media addirittura di più di 2,5°C. 3 - Clima impazzito - Insieme all'innaturale aumento delle temperature non sono mancati altri eventi meteorologici estremi, che in più di un'occasione hanno messo in ginocchio il Paese. Ottobre è stato il mese peggiore sotto questo punto di vista, con i forti temporali che hanno investito la Sicilia orientale e le frane nel Bellunese e nell'area delle Dolomiti. In generale tutta Italia, da nord a sud, è stata colpita sul finire del mese da ondate di maltempo che hanno causato gravi danni alla popolazione e all'ambiente. 4 - Vento incontrollabile - Il vento, nell'ultimo week-end del mese di ottobre, ha soffiato con forte intensità, facendo rilevare in molte stazioni meteorologiche della rete nazionale velocità medie di 100 chilometri orari, con punte di 180 km/h in montagna (sul Monte Cimone, in Emilia-Romagna al confine con la Toscana), e di 150 km/h sul mare (Capo Mele in Liguria e Capo Carbonara in Sardegna). Le piogge invece sono cadute abbondantemente e con uniformità un po' dappertutto, con i valori più alti registrati nelle zone prealpine, oltre 400 mm in Friuli-Venezia Giulia, e oltre 300 mm in Liguria, Lombardia e Veneto. 5 - Nuova sfida dalla Polonia - Ispra ha trasmesso una sintesi di questi dati all'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo), che sta curando la redazione del "Wmo Annual Statement on the Status of the Global Climate in 2018", a riprova del fatto che l'emergenza cambiamento climatico è universale, al di là di ciò che pensano molti, soprattutto oltreoceano alla dipendenze del presidente americano Trump. Dovunque, infatti, il problema è percepito come serio, e da COP21, la Conferenza Internazionale sul clima che si tenne a Parigi nel 2015, tutti gli Stati del mondo sono a loro modo impegnati nella lotta al cambiamento climatico. A breve la palla passerà a COP24, in programma nella città polacca di Katowice dal 3 al 14 dicembre. Si riparte da COP23, che a Bonn lo scorso anno ha mantenuto l'accordo di Parigi, ratificato il 4 novembre 2016, e che entrerà in vigore nel 2020. Ancora, dal punto di vista tecnico e politico, rimane molto da fare. Il tempo continua a scorrere e i tragici eventi meteorologici, purtroppo, a susseguirsi, dunque bisogna accelerare l'assunzione delle responsabilità e degli impegni in agenda per applicare gli obiettivi definiti a Parigi e confermati poi a Marrakech nel 2016 e a Bonn nel 2017.

Alfredo De Girolamo

 

 

Piccola fiera dell'economia solidale

Dalle 9.30 alle 12.30, al Posto delle fragole nel Parco San Giovanni, Piccola fiera dell'economia solidale a cura del Gas Trieste. In vendita prodotti alimentari bio e abiti, scarpe e accessori fatti con lana e cotone biologici e tessuti riciclati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2018

 

 

Arvedi apre all'Authority sul post-Ferriera - Ma i sindacati blindano i posti di lavoro
L'industriale manifesta interesse a D'Agostino ad avviare una trattativa per dedicare alcune aree di Servola alla logistica
«Una sostanziale apertura al confronto». È stato questo l'atteggiamento manifestato ieri da Giovanni Arvedi, fondatore e presidente del gruppo proprietario della Ferriera di Servola, alla richiesta, formulata formalmente dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, di poter «disporre di alcune aree del comprensorio siderurgico da dedicare allo sviluppo della logistica». È stato lo stesso D'Agostino, al suo rientro dallo scambio di vedute con Arvedi, a riferire del colloquio ai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, che avevano convocato per ieri, proprio davanti alla sede dell'Autorità portuale, la Torre del Lloyd, una conferenza stampa. Un incontro casuale che si è trasformato così in un fitto dialogo tra sindacati e numero uno del Porto, nel corso del quale D'Agostino ha delineato le prospettive alla luce del "summit" con Arvedi, dal suo punto di vista, riconfermando che «la priorità assoluta, per qualsiasi utilizzo dell'area di Servola diverso dalla siderurgia, deve essere riservata alla tutela degli attuali livelli occupazionali». Il ragionamento si è articolato in questa direzione, sulla scia anche delle recenti notizie che arrivano da Hong Kong, sede del gruppo China Merchants, che avrebbe manifestato l'interesse per alcune aree della Ferriera, sempre in chiave logistica. In sostanza, il colosso cinese potrebbe trasformare una parte dell'area che oggi ospita l'impianto siderurgico in un terminal per il trasporto ferroviario dei container. Un'ipotesi che le organizzazioni sindacali non respingono a priori, ma sulla quale vogliono vederci chiaro fin dall'inizio: «Non possiamo accettare che si creino scambi sulla testa dei lavoratori - ha detto Antonio Rodà della Uilm - perché qui ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro che riguardano addetti che non potrebbero essere facilmente ricollocati, nel caso di chiusura dell'area a caldo. Anche per questa ragione le rappresentanze sindacali devono essere coinvolte da subito». Marco Relli della Fiom, ha posto l'accento sulla «necessità di capire quale potrebbe essere il valore aggiunto che arriverebbe alla città da una trasformazione come quella di cui si sta iniziando a parlare e, soprattutto, di verificare l'eventuale correlazione con uno sviluppo di tipo manufatturiero, perché è in questa direzione che, a nostro avviso, bisogna guardare». Umberto Salvaneschi della Fim ha ricordato che «finora le organizzazioni sindacali non sono mai state convocate. Siamo aperti al dialogo su qualsiasi tema ma riteniamo necessario essere coinvolti da subito, perché qui è in gioco il futuro di centinaia di persone». Ai sindacalisti, D'Agostino ha confermato che «l'Autorità portuale non prenderà decisioni senza aver sentito le organizzazioni di categoria e anzi, in ogni caso, presterà la massima attenzione alla tutela dei livelli occupazionali, sia per quanto concerne la situazione attuale sia per il futuro». Il presidente ha infine ribadito «l'interesse dell'Autorità portuale per alcune aree della zona della Ferriera, che sono adatte a utilizzi di tipo diverso da quelle odierno». In serata Cgil, Cisl e Uil hanno anche diffuso un comunicato congiunto, in cui ribadiscono che «l'intento è quello di portare all'attenzione di tutti gli interlocutori la forte preoccupazione rispetto al futuro dei lavoratori della Ferriera e al destino della fabbrica. L'ipotesi dell'utilizzo logistico dell'area non può essere l'unica. Riteniamo invece necessario un giusto equilibrio fra logistica e industria, utile a garantire gli attuali livelli occupazionali».

Ugo Salvini

 

 

La Camera di commercio snobba il dibattito sul Parco del mare - L'incontro promosso da ambientalisti e comitati

"Parco del mare" sulla griglia ieri nella Sala Vittoria del Cral, a lato della Stazione marittima. Il dibattito "Fermiamoci a riflettere" era un confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste, Trieste-bella e Comitato La Lanterna, per discutere sul "progetto fantasma del Parco del mare". L'incontro, per il quale è stata richiesta la partecipazione delle istituzioni, ha tuttavia registrato un'assenza non di poco conto, perchè la Camera di Commercio, protagonista e finanziatrice di quello che è stato definito «cubo zoo per pesci», non c'era e ha voluto giustificare il forfait con il seguente messaggio «si ritiene che la presenza della Camera di Commercio all'evento non abbia senso allo stato attuale, in quanto non ci sono nuovi elementi di rilievo da illustrare». Il Parco del mare, come noto, è un'iniziativa promossa e finanziata dall'ente camerale e dalla Regione, sarà inoltre gestita da una società privata. Si tratta di un ambizioso progetto i cui primi passi risalgono al 2004, per il quale è stato stimato un costo di 40 milioni: intenderebbe riqualificare l'area del Molo Fratelli Bandiera e della Lanterna, edificando ex novo un mega acquario in cemento armato. Un boccone indigesto per le associazioni ambientaliste dunque, oltre che per i tanti cittadini che si sono impegnati (nel corso di 14 anni) a presentare petizioni contro questo progetto. Una zona che è per altro vincolata da un decreto legge del 1961 e che con «carattere di assolutezza», vieterebbe ulteriori edificazioni «nel raggio di 130 metri dalla Lanterna». Perciò, per smuovere l'attenzione dell'opinione pubblica, i promotori hanno organizzato l'incontro, nella speranza di comunicare ad un maggior numero di cittadini le ragioni per cui l'acquario «non s'ha da fare». Tre le tematiche principali affrontate: l'urbanistica, i costi e il modello dell'ipotizzato manufatto. Rispetto al primo punto, l'architetto William Starc ha insistito sul concetto di "salvaguardia" dell'area portuale, «estremamente delicata e di grande valore architettonico e paesaggistico». Anche per la preziosa contiguità al mare, infatti, ulteriori costruzioni potrebbero compromettere la fruibilità dell'area stessa. Sono state ipotizzate anche delle soluzioni: «Questa vicenda è nata in un contesto temporale in cui l'ipotesi di sdemanializzazione del Porto Vecchio non c'era - ha affermato Starc - quindi la proposta cercava una location senza sapere che questa possibilità un domani si sarebbe rivelata». Sul tema dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come sottolineato da tutte le associazioni, non vi sarebbe alcuna chiarezza. Riguardo le previsioni di spesa, ci sarebbero solamente 11 milioni disponibili, 9 provenienti dal Fondo Benzina gestito dalla Camera di Commercio e 2 di provenienza regionale. Da ciò la domanda di Andrea Wehrenfennig (Legambiente): «Ma i restanti 29 milioni? Da dove vengono tirati fuori? La Fondazione si è defilata. I soldi pubblici dovrebbero essere usati per il beneficio della città, non per dare profitto ad una società privata che non pagherebbe alcun debito eventuale». E' stato infine discusso il modello di acquario tradizionale: il suggerimento è quello di un "Parco del mare" virtuale, più innovativo e ambientalista. Presenti 130 persone, ampia la partecipazione alla discussione.

Stefano Cerri

 

Il futuro sostenibile delle città visto da architetti e agronomi
L'evento, patrocinato da Esof2020, intende riflettere su crescita delle comunità e benessere psicofisico e culturale
Il rapporto fra scienza, città, architettura, verde e benessere. Questo il tema del convegno multidisciplinare, in programma oggi nella sala Tessitori di piazza Oberdan dalle 14 alle 19, dal titolo "La Natura delle Scienze e delle Cose", organizzato dall'Associazione italiana donne ingegneri e architetti (Aidia) di cui è presidente l'architetto triestino Lucia Krasovec Lucas, che sarà la moderatrice dell'evento, patrocinato da Esof 2020. «In particolare - spiega Krasovec Lucas - ho invitato rappresentanti del Comune di Pisa, che hanno adottato un piano infrastrutturale basato in primis sulla piantumazione di alberi, considerando la natura uno degli elementi cardine del disegno di città e percorso irrinunciabile per raggiungere livelli significativi di sostenibilità».  Al convegno parteciperanno anche rappresentanti dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali e dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. «Come Aidia - aggiunge la presidente - ci stiamo occupando in modo sistematico delle "Conscious Cities", al fine di ritrovare nuovamente opportunità e occasioni di crescita della comunità che ha recuperato il benessere psicofisico e economico culturale. Bisogna ripensare - continua Krasovec Lucas - alla dimensione umana prima ancora di quella metrica e geometrica dello spazio, in una naturale e necessaria contaminazione tra le scienze e i saperi. Avviare nuove alleanze interdisciplinari, per raggiungere obiettivi comuni e condivisi, significa lavorare insieme per raggiungere quegli obiettivi che la comunità mondiale si prefigge, dal 2030 2050, con la convinzione che nulla può valere se non è dedicato esclusivamente agli esseri umani».

 

 

In vendita a metà 2019 quaranta magazzini dentro Porto vecchio
Il Comune accelera sull'ingresso dei privati. Sul mercato strutture vincolate e non tra la cittadella Greensisam e il 26. Potranno ospitare residenze, negozi e alberghi
Una quarantina di magazzini in Porto vecchio saranno messi sul mercato dall'estate del prossimo anno. Il cronoprogramma, esposto nell'ormai semi-quotidiano report del sindaco Dipiazza, è partito con la delibera di indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari di Porto vecchio approvata ieri dalla giunta comunale, delibera che adesso transiterà all'esame del Consiglio. Dopo il sì dell'assise municipale, Dipiazza sarà legittimato a firmare un accordo di programma con Regione Fvg, con l'Autorità portuale, con la Soprintendenza: questa intesa all'insegna della co-pianificazione sarà contestuale all'adozione di una variante urbanistica, sulla quale si impernierà il governo dell'area. L'accordo di programma definirà non solo i quattro sotto-sistemi del Porto vecchio (misto, moli, museale-congressuale, ludico-sportivo), ma anche le procedure di vendita immobiliare. Dipiazza e l'assessore Luisa Polli contano su una sottoscrizione piuttosto celere, tra fine 2018 e inizio 2019, perchè poi si dovrà attraversare una Valutazione ambientale strategica (Vas) e un nuovo passaggio consiliare. Insomma, senza intoppi e con buona volontà, a giugno 2019 si potranno bandire le gare per gli edifici che il Comune ha classificato come vendibili e che si concentrano soprattutto nella zona "mista" estesa tra le concessioni Greensisam e il Magazzino 26. Per quanto il criterio vada manovrato con le pinze, si tratta di una trentina di ettari, un po' meno della metà del Porto vecchio. Giulio Bernetti, capo-area territorio & ambiente, ritiene impossibile stimare quanto si incasserà dalle cessioni, poichè dipenderà dalle offerte e dagli umori di mercato. È bene ribadire che non tutti gli stabili vendibili sono in zona "mista", in quanto, per esempio, i Magazzini 24-25 sorgono sul bacino 0 davanti al Magazzino 26, nel sotto-sistema detto "dei moli", perchè raccoglie la parte a mare (Molo IV, III, Adria Terminal, Molo II, Molo 0). Luisa Polli ha chiarito alcuni capitoli importanti dell'operazione. Innanzitutto sarà ammessa una percentuale di residenzialità, tale da non superare il 10% dell'edificabilità: le abitazioni saranno ospitate nel sotto-sistema "misto" e in quello ludico-sportivo. E sulle ristrutturazioni edilizie si potrà pensare a un regime agevolato di Iva. Per gli stabili privi di valore storico-architettonico, quindi non vincolati, si valuta il ricorso alla demolizione: il materiale non manca, perchè gran parte di quanto costruito dagli anni '60 a oggi è passibile di ruspa. Disponibile inoltre il Comune a negoziare con l'Autorità - ha aggiunto la Polli - aree in punto franco dove svolgere attività di carattere economico: Dipiazza ha portato un esempio suggestivo, quello di un imprenditore intenzionato a realizzare un caveau dove depositare preziosi. Invece ancora punto di domanda sulla struttura societaria che sarà chiamata a trasformare/valorizzare/gestire nel lungo periodo Porto vecchio: Dipiazza, Polli, Bernetti, testo della delibera si sono mantenuti sulle generiche.

Massimo Greco

 

Il terminal crociere al posto dei metalli sperando che a Msc non basti la Marittima
I 65 ettari sono stati divisi in quattro sistemi a vocazione ludica, museale, mista e "marina"
"I sistemi" s'intitola l'attività di pianificazione svolta dall'urbanistica comunale. Sono quattro. Il poker, procedendo dal centro verso Barcola, prevede innanzitutto il "misto", destinato - in termini ancora di deliberata flessibilità - a ospitare attività commerciali, alberghiere, residenziali. Sembra ci sia una lettera anche di Kempinski, la celebre catena di hotel che gestisce un cinque stelle a Portorose. Già evidenziati nel recente passato i due poli musealescientifico-congressuale e ludico-sportivo: il primo ha gli asset principali nel Magazzino 26, nella centrale idrodinamica, nella sottostazione elettrica, nei Magazzini 27 e 28. Il secondo si organizzerà nel terrapieno di Barcola, previa bonifica (5,5 milioni). Il sistema, dal punto di vista pianificatorio più interessante, è quello "dei moli", cioè quello che definisce la zona a mare. E' quello anche più delicato, dal punto di vista della "governance", in quanto implica una necessaria collaborazione con l'Autorità: Giulio Bernetti, responsabile dell'urbanistica comunale, sta studiando con il segretario dell'Autorità portuale Mario Sommariva uno strumento coordinato che consenta al compratore dei beni comunali di avere la conseguente concessione demaniale. Un esempio: i Magazzini 24-25 appartengono al Comune, il quale gradirebbe se ad acquistarli fosse Fincantieri. I due grandi stabili si affacciano sul Bacino 0, è di tutta evidenza che il loro compratore voglia avere la possibilità di gestire lo specchio acqueo (refitting? nautica? Finora Fincantieri non ha manifestato un interesse/indirizzo precisi). Un aspetto-chiave del "sistema dei moli" riguarda l'esplicito riferimento a un sogno da tempo accarezzato da Dipiazza: il terminal crociere, da realizzarsi dove fino al 2022 opererà Adria Terminal in concessione a Gmt. Un terminal che si appoggerebbe al contiguo Molo III, lasciato libero da Seleco. Il sindaco vorrebbe che in Porto vecchio arrivasse Msc Cruise, organizzando un proprio scalo e guarda a un riutilizzo nautico della parte interna della Diga foranea. Ma Pierfrancesco Vago, un mese fa proprio a Trieste, ha dichiarato che la compagnia punta sulla Marittima, dove sembra abbia già acquistato la quota detenuta da Unicredit nella società gerente Ttp. E comunque anche in questo caso s'impone, a livello decisionale, una convergenza con l'Autorità.

 

 

AMBIENTE - ACEGAS presenta il report "Sulle tracce dei riufiuti"

Domani alle 10.30 a Campo San Giacomo AcegasApsAmga presenta il nuovo report "Sulle tracce dei rifiuti" alla presenza dell'assessore regionale Fabio Scoccimarro, di quello comunale Luisa Polli e di Giovanni Piccoli, responsabile Servizi ambientali AcegasApsAmga. Presente anche l'Arpa con l'iniziativa "Rifiuti in piazza", durante la quale, con la collaborazione della multitutility, verrà effettuata un'analisi merceologica dei rifiuti che i cittadini conferiscono ogni giorno.

 

Domani - Piccola fiera dell'economia solidale

Piccola fiera dell'economia solidale dalle 9.30 alle 12.30 al Posto delle fragole al parco di San Giovanni a cura del Gas Trieste.

 

 

MUGGIA - Visitatori da Guinness per le eco-mostre - E scatta l'Open Day
MUGGIA - È un successo senza "ma" quello registrato dalla doppia esposizione muggesana "Tutti su per Terra" e "EnergEticamente". Oltre 500, infatti, i ragazzi che non solo da Muggia, ma anche da Trieste, da San Dorligo della Valle e dalla vicina Slovenia si sono iscritti per poter partecipare, durante tutto il periodo di apertura delle esposizioni, ai laboratori didattici mattutini gratuiti condotti dai divulgatori dello studio Eupolis. Inaugurata il 24 ottobre scorso, la doppia esposizione muggesana è stata ideata per sensibilizzare soprattutto i più giovani sullo sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili di energia. La mostra, pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis per affrontare diverse tematiche inerenti proprio l'educazione ambientale, è stata proposta dagli assessorati all'Ambiente e alla Cultura di Muggia. A ingresso libero, la doppia esposizione sarà ancora visitabile venerdì, oggi, dalle 17 alle 19, sabato, domani, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, e domenica dalle 10 alle 12. «Dato, però, il significativo e positivo riscontro registrato sino ad ora, si è pensato di proporre per sabato 17 novembre (domani, ndr) una sorta di Open Day - ha fatto sapere l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - con attività a ciclo continuo, in cui una persona possa essere libera di scegliere quanto tempo trascorrere in sala Negrisin e a quanti laboratori partecipare. Il tutto, ovviamente, dentro l'orario di apertura, dalle 10 alle 12.30 e poi dalle 15.30 alle 19». Nello specifico, la mostra "Tutti su per Terra" è un'esposizione costituita da una serie di pannelli autoportanti che propongono testi divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni e vignette di noti autori italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile, mentre la mostra "EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori didattici e interattivi che consentono di osservare, verificare e comprendere, attraverso esperienze dirette, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 15 novembre 2018

 

 

Pesca nell’Adriatico: no UE a criteri più restrittivi, è polemica

Il Parlamento UE ha votato contro la nuova strategia per arginare il sovrasfruttamento della pesca nell’Adriatico.

A premere contro la “Escapement Strategy” promossa da Socialisti e Verdi è stata soprattutto la Croazia, il cui relatore (Ruža Tomašić, Ecr – Conservatori e riformisti) ha sostenuto la necessità di mantenere le attuali normative e permettere anzi un superamento del 4% annuo dei limiti di cattura nel periodo 2020-2022. La proposta di Verdi e Socialisti prevedeva quote di pesca più elevate quando lo stock ittico è maggiore, salvo tagliare in maniera drastica tali limiti di cattura quando risulta ridotto. L’obiettivo di tale emendamento era quello di mantenere una “alta probabilità di riserva riproduttiva”, soprattutto per sardine e acciughe; un metodo utilizzato con esiti positivi nel Mare del Nord e nel golfo di Biskay (Spagna-Paesi Baschi). “Escapement Strategy” respinta per appena 3 voti (329 contrari, 326 favorevoli) e segna secondo Verdi e Socialisti una vittoria per l’industria ittica, che mira a un allentamento dei vincoli di pesca. La parola passerà ora alla Commissione UE, che però difficilmente avrà tempo di intervenire prima delle ormai prossime elezioni europee (23-26 maggio 2019). Decisivi per la bocciatura secondo Marco Affronte, eurodeputato italiano dei Verdi, i voti contrari di 5 Stelle e Forza Italia: Il voto della plenaria di Strasburgo ha visto due grandi vincitori, i croati e la pesca industriale, e due grandi sconfitti: il Mare Adriatico e i piccoli pescatori. Ci siamo battuti per l’escapement strategy ma i conservatori, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle hanno scelto di portarci a fare un salto nel buio lungo almeno 3 anni durante i quali il rischio di un collasso dello stock delle acciughe potrebbe arrivare anche al 60% (dati GFCM) e quello delle sardine al (40%).

Claudio Schirru

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2018

 

 

«Alt al Parco del mare» - Il Wwf gioca la carta del decreto datato 1961
L'associazione ambientalista: «Non si può fare in quell'area - Sotto tutela la Lanterna e anche tutto ciò che c'è attorno»
Anche Wwf Trieste scende in campo come associazione per esprimere la sua contrarietà verso il «famoso ma ignoto Parco del Mare», soprattutto nei confronti della sua collocazione, nell'area del Molo Fratelli Bandiera e della Lanterna. Lo ha ribadito abbondantemente ieri Alessandro Giadrossi, avvocato, presidente della Camera penale di Trieste e del Wwf giuliano, in una conferenza stampa convocata ad hoc sulla questione. L'avvocato Giadrossi ha rimarcato la sua presa di posizione su acquari e parchi del mare, non solo dal punto di vista dell'eco-sostenibilità, ma in particolar modo rispetto ai complessi aspetti di sostenibilità economica, ricordando le difficoltà di mantenimento di realtà ben differenti da quella triestina (Genova e Barcellona per esempio). Tuttavia, il corpo centrale della sua argomentazione «contro l'edificazione di tale manufatto», oltre alla spiegazione di un documento sottoscritto dalla comitato scientifico del Wwf Trieste (di cui fanno parte il professor Livio Poldini, il Rettore dell'università di Trieste Maurizio Fermeglia ed altri), consegnato circa un anno e mezzo fa, è proprio un decreto emanato dal ministero della Pubblica Istruzione il 13 giugno 1961: firmato dal sottosegretario di allora, Maria Maddaloni, su sollecitazioni della Soprintendenza di Trieste (retta in quell'anno dall'architetto Civiletti), fu messa sotto tutela «non soltanto la Lanterna ma anche tutto ciò che fosse intorno ad essa». «Questa fu un'applicazione del principio già esistente della legge Bottai del 1939, che voleva tutelare gli edifici barocchi italiani assiepati da altre case, quindi di fatto volendoli isolare e facendo emergere solo quei beni come monumenti - spiega Giadrossi-. In questa rivisitazione, l'idea del provvedimento era quella di sancire la Lanterna come di interesse pubblico, controllando tutto quello che fosse al suo intorno, soprattutto per evitare si costruisse altro». Su tutta quell'area pende un vincolo paesaggistico indiretto (dove il diretto sta sulla Lanterna stessa). Camera di Commercio e Regione Fvg ne sono al corrente? Per quello che concerne invece gli immobili esistenti in loco, che non possono essere demoliti, il ministero ha posto un «divieto di sopraelevazione». Ma la cosa che stupisce è quello che interessa proprio il Molo Fratelli Bandiera e i Piazzali (cioè tutto il resto di quello che non è edificato): «Entro il raggio di 130 metri dal centro della Lanterna, vengono inibiti qualsiasi ulteriore frazionamento e qualsiasi edificazione anche con carattere di precarietà; tali aree dovranno essere decorosamente sistemate, pavimentate e mantenute sgombere da materiali di qualsiasi genere». L'area, che si estende circa fino al "Pedocin", è quindi protetta, «in assoluto», da divieto di edificabilità. Che si può fare quindi? «Nulla, di fatto. Si può solo delocalizzare e ristrutturare le strutture presenti». Non si tratta più di giudizio discrezionale estetico, poiché un provvedimento - revocabile solo dal ministro- lega a vincolo un'area che non potrà mai essere oggetto di edificazione per la soprintendenza. Alternative? «Si possono trovare nel Porto Vecchio. Ma una cosa è certa: l'acquario lì non può stare».

Stefano Cerri

 

 

Polizia locale - Rifiuti abbandonati in via Carbonara Raffica di multe
Novantatré multe da 600 euro per abbandono di rifiuti sul suolo pubblico. È il bilancio degli appostamenti e delle indagini della Polizia locale da aprile a oggi, contro lo "scarico" improprio degli ingombranti, concentrati nelle ore notturne all'esterno del centro di raccolta di via Carbonara, dove negli ultimi anni di primo mattino non era raro imbattersi proprio in cumuli di rifiuti mollati nottetempo davanti all'ingresso della "discarica". Di recente gli agenti sono riusciti a raccogliere prove sufficienti a identificare diversi responsabili.«La Polizia locale - si legge in un comunicato diffuso ieri dal Comune - continua a prestare particolare attenzione alla cosiddetta attività antidegrado urbano, monitorizzando costantemente le isole ecologiche e i centri di raccolta rifiuti». E qui il personale del Distretto di via Locchi ha nel mirino proprio ciò che accade intorno al centro di via Carbonara. Il Comune ricorda che Acegas assicura la raccolta a domicilio, su appuntamento, al numero verde 800955988.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2018

 

 

La guerra degli ambientalisti: «Parco del mare immorale»
Legambiente, Triestebella e Comitato La Lanterna chiamano la cittadinanza a un confronto pubblico domani sul progetto
È fissato per domani il confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste, Triestebella e Comitato La Lanterna per «fermarsi a riflettere» e informare i cittadini sul «fantomatico progetto del Parco del mare».La zona interessata a tale trasformazione, sulla quale, per l'appunto, le istituzioni puntano a far sorgere un nuovo acquario, si colloca in un'area di fatto strategica per le Rive, in prossimità del molo Fratelli Bandiera e della Lanterna. «Consapevoli dell'importanza di questi spazi pubblici», i promotori del dibattito incitano ad una «grande partecipazione civica» all'incontro, poiché «l'assunzione di determinate decisioni potrebbero condizionare sia la funzionalità dell'accesso al porto che la vivibilità di un'area cittadina già intensamente vissuta». Sono tre le tematiche principali che si intendono affrontare all'incontro di domani: l'urbanistica, i costi e il contenuto culturale e «pseudoscientifico» dell'acquario. Rispetto al primo punto, in particolare, sarà oggetto di discussione la salvaguardia della zona portuale, «estremamente delicata e di grande valore architettonico e paesaggistico per le Rive». Anche per la preziosa contiguità al mare infatti, non è vista dagli ambientalisti come necessaria la costruzione di ulteriori manufatti che possano compromettere la fruibilità dell'area oltre a, per certi aspetti, «danneggiare anche la sostenibilità ambientale». Sulla tematica dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come ampiamente sottolineato ieri da tutte la associazioni nel corso della conferenza stampa di presentazione del confronto di domani, «non vi è alcuna chiarezza». Il Parco del mare è stato prospettato come un'iniziativa promossa e finanziata da Camera di Commercio e Regione e poi gestita da una società: «Perché dunque non si stimano pubblicamente le ricadute attese sul territorio di un'iniziativa finanziata da risorse regionali e da quelle della Camera di commercio, provenienti dal Fondo benzina e dalle quote degli associati? I contributi pubblici dovrebbero essere stanziati e profusi per la città». Infine, si intende discutere il modello, da molti ritenuto immorale, di allestire uno classico «zoo per pesci»: nessun Parco quindi, secondo gli ambientalisti, ma «solamente spazi stretti e crudeli nei quali rinchiudere pesci». A questo dibattito sono state invitate tutte le istituzioni (Camera di Commercio inclusa, per la seconda volta). Appuntamento alle 16.30 nella Sala Vittoria del Cral, a lato della Stazione marittima. In caso di maltempo, invece, il focus andrà in scena in via del Collegio, nella sala a fianco alla Chiesa di Santa Maria Maggiore.

Stefano Cerri

 

 

I gufi colonizzano Turriaco - Una betulla è il loro regno
Hanno scelto l'albero di una villetta in pieno centro proprio a ridosso della strada - La famiglia: «Puntuali come sempre, restano un mese». Stavolta otto esemplari
TURRIACO - Puntuali, come accade ormai da quattro anni a questa parte, alcuni gufi comuni sono atterrati sulla betulla nel giardino di una villetta all'incrocio tra via Cosani e via Marconi, nel pieno centro di Turriaco, a ridosso della via forse più trafficata. Né il transito delle automobili né l'andirivieni nell'abitazione sembrano scomporre gli esemplari mimetizzati tra le fronde dell'albero, ancora ricco di foglie e che, a inizio settimana, erano otto. L'immobilità però non è totale quando ci si avvicina per osservarli meglio: il capo si muove, in modo impercettibile, gli occhi seguono i visitatori. I gufi, con il loro piumaggio grigio bruno e i caratteristici ciuffi, stazionano in pieno giorno sui rami più alti, confusi contro la corteccia maculata dell'albero, tra le foglie non ancora spazzate via dall'autunno. Bisogna sapere quello che si cerca per distinguerli contro la corteccia grigia e le ombre del fogliame: grazie alla livrea di colore bruno macchiettato la mimetizzazione è pressoché perfetta. Idelba Berarnardi, che abita nella villetta, e il figlio Andrea Cosma hanno accolto con gioia il ritorno della famiglia di gufi. «Di solito arrivano a inizio novembre e si fermano almeno un mese», spiega la proprietaria dell'abitazione. «Sì, ci fanno questa sorpresa davvero inusuale e noi cerchiamo di non disturbarli», aggiunge Cosma, guardando tra le foglie l'unico esemplare che ieri mattina faceva capolino sull'albero.Nei giardini delle case attorno le betulle non mancano, ma non pare finora siano state prescelte come dormitorio autunnale, mentre sembra che in pieno inverno qualche gufo comunque stazionasse nella via, ma utilizzando una magnolia. Un albero sempreverde e, soprattutto, dalle dimensioni tali da garantire ai volatili di sentirsi al sicuro, ma in ogni caso vicino alla campagna e ad altre aree di caccia, esclusivamente notturna, di una grande varietà di piccoli animali: topi, toporagni, talpe, scoiattoli, ratti, insetti e uccelli. Quelli che hanno deciso di prendere casa in questi giorni tra le betulle di via Cosani sono sempre degli esemplari di gufo comune, distinguibili da quelli di gufo reale per le dimensioni ben più ridotte, anche se di tutto rispetto, visto che gli esemplari adulti misurano 35 centimetri ed hanno un'apertura alare di poco meno di un metro. La presenza di questa specie è ormai stabile nella zona, come quella di altri rapaci di piccole e medie dimensioni, tra cui civette e barbagianni, oltre che, durante il periodo estivo, degli assioli, migratori e che quindi lasciano la zona tra settembre e ottobre. Non è infrequente che i gufi si riuniscano in dormitori sociali durante il periodo autunnale-invernale, mentre d'estate ogni coppia ha il suo territorio, come aveva spiegato l'ornitologo Paolo Utmar, che segue il monitoraggio dell'avifauna per l'Area marina protetta di Miramare, quando i gufi erano comparsi nel pieno centro di Turriaco nell'autunno del 2016. Il gufo comune è comunque una specie che nidifica ed è presente tutto l'anno nel territorio, essendo in prevalenza stanziale. Può capitare che qualche esemplare giovane si sposti in questo periodo dall'alta pianura o dalla montagna, ma niente di più distante

Laura Blasich

 

LA CURIOSITA' - Scoperta fatta da un consigliere comunale
Anche quest'anno tra i primi ad accorgersi dell'arrivo dei gufi nel giardino della famiglia Cosma in via Cosani è stato il consigliere comunale Fabio Bergamasco, amante della fotografia e del territorio in cui vive. «Nel pomeriggio di lunedì ne ho contati otto tra piccoli e grandi, ben mimetizzati tra le fronde dell'albero», spiega Bergamasco, che anche questa volta è riuscito a immortalare gli esemplari presenti in via Cosani con una serie di immagini. «Di solito rimangono sulle betulle fino a quando c'è del fogliame - afferma Bergamasco - e quindi riescono a mimetizzarsi, ma poi si spostano. Ho visto i gufi però anche a febbraio, rintanati in una magnolia, quindi un sempreverde, sempre in via Cosani, poco distante da dove si trovano ora».-

 

 

 

 

FOCSIV - Gruppo Facebook - MARTEDI', 13 novembre 2018

FOCSIV è la più grande Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana presente in Italia.

 

 

Sulla scomparsa di Alan Burns

Giorno 39 del pellegrinaggio: con grande dolore apprendiamo della perdita del caro amico e pellegrino Alan Burns.

E’ stato un onore camminare con Alan, uno degli esseri umani più meravigliosi che abbiamo mai avuto il privilegio di conoscere, e la sua memoria continuerà a vivere nei nostri cuori, e in ogni passo che facciamo. Se ne è andato durante il pellegrinaggio sul clima testimoniando fino alla fine la sua passione e dedizione per la causa della creazione di un mondo più giusto e sicuro. Offriamo le nostre preghiere, i nostri pensieri e mandiamo il nostro amore alla famiglia di Alan, alla sua comunità del North Carolina, alla comunità del Pellegrinaggio, al movimento Fast For The Climate e al più grande movimento climatico globale, e a tutti coloro la cui vita è stata toccata dalla gentilezza, dalla passione e dal coraggio di Alan.

#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima

Day 39th of the pilgrimage: with great sorrow we learn of the loss of our dear friend and pilgrim Alan Burns. It was an honor to walk with Alan, an outstanding human being we have ever met. His memory will continue to live in our hearts, and in every step we take. He departed while participating in the climate pilgrimage, witnessing to the end his passion and dedication to the cause of the creation of a more just and safe world. We offer our prayers, our thoughts and send our love to the family of Alan, to his community in North Carolina, to the Pilgrimage community, to the Fast For The Climate movement and to the greatest global climate movement, and to all those whose lives have been touched by Alan's kindness, passion and courage.

#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2018

 

 

Summit tra Authority e Arvedi - In ballo il destino della Ferriera

Incontro giovedì tra il presidente del Porto D'Agostino e il magnate dell'acciaio - Sul tavolo il possibile avvio di una trattativa per la vendita dell'area siderurgica
L'Autorità portuale scende in campo nella partita della Ferriera e si propone per offrire una cabina di regia che possa condurre alla cessione parziale o totale dell'area in uso a Siderurgica Triestina. Il presidente Zeno D'Agostino e l'imprenditore Giovanni Arvedi si incontreranno giovedì per confrontarsi sul futuro dello stabilimento di Servola. Sui contenuti del faccia a faccia vige il più assoluto riserbo, ma è facile ipotizzare che D'Agostino metterà sul tavolo del Cavaliere la disponibilità dell'Autorità portuale a farsi mediatrice nelle possibili trattative fra azienda e gruppi privati interessati all'area. Una prospettiva divenuta concreta, dopo l'emergere dell'interesse del colosso asiatico China Merchants a entrare nella compagine azionaria della Piattaforma logistica con un'operazione che potrebbe concludersi già entro l'anno. Il presidente dell'Authority domanderà al magnate dell'acciaio quali sono le condizioni ritenute indispensabili per valutare la vendita dell'area: e dunque se esiste un interesse a trattare e a partire da quale somma. Arvedi è un osso duro e conosce alla perfezione il modo di alzare la posta: non a caso Siderurgica Triestina ripete pubblicamente in ogni occasione di voler scrivere un nuovo Accordo di programma, essendo prossimo alla scadenza quello attuale. D'Agostino non ha a sua volta mai fatto misero di considerare la zona strategica per lo sviluppo della logistica a prescindere dall'arrivo di capitali stranieri, tanto più che già esiste un piano per ricavare sui terreni oggi occupati dall'area a caldo uno snodo ferroviario di ultima generazione, in grado di consentire la creazione di convogli da 750 metri. Dalle parti di via von Bruck ritengono che i tempi per il cambio di passo siano maturi. L'arrivo di investitori stranieri, l'Accordo di programma agli sgoccioli, il varo del Porto franco rappresentano per D'Agostino elementi su cui costruire alternative alla produzione di ghisa. Nel suo ruolo di soggetto pubblico neutrale, l'Autorità intende tuttavia legare a ogni progetto futuro la salvaguardia dei lavoratori. Si tratta del punto più delicato ed è per questo che il Porto intende giocare la sua funzione di facilitatore, chiedendo alla struttura commissariale di avviare nei prossimi mesi una mappatura completa della manodopera dello stabilimento: numero di persone, mansioni, professionalità, stipendi, distanza dal pensionamento e dunque possibilità di valutare alcuni scivoli. Un passo necessario per capire quali e quanti lavoratori potranno essere utilizzati nel resto delle operazioni logistiche e manifatturiere legate allo scalo in caso di effettiva chiusura dello stabilimento.

Diego D'Amelio

 

L'Arpa adegua le centraline nell'area di Servola - qualità dell'aria
L'Arpa ha avviato degli interventi di adeguamento alla rete regionale di monitoraggio della qualità dell'aria. Lo ha reso noto ieri la Regione, precisando che i lavori riguardano in particolare le stazioni collocate in via San Lorenzo in Selva (Rfi) a Trieste e in via Duca d'Aosta a Monfalcone. In corso d'opera, le due stazioni continueranno a monitorare il livello di inquinamento atmosferico e non sono previste interruzioni del servizio. A Trieste il cantiere è stato aperto ieri con l'obiettivo di spostare la stazione di pochi metri, senza interferire quindi nella rappresentatività e continuità delle misure e delle relative serie storiche. Tali interventi sono motivati dalla necessità di consolidare la struttura dell'attuale manufatto, garantendo l'operatività del personale in sicurezza.

 

 

«In Comune non esistono progetti sul Parco del mare»
Bertoni del M5s incalza sul futuro dell'area della Lanterna ed esprime «perplessità sul patto che consente costruzioni oltre i 10 metri»
Un progetto vero e proprio per la realizzazione del Parco del mare «in Comune non è mai arrivato». Questa la notizia emersa ieri, nel corso della seduta che la Commissione Trasparenza ha dedicato alla discussione sul futuro dell'area che circonda la vecchia Lanterna, a pochi passi dalla Sacchetta, e ribadita dalla presidente della commissione stessa Cristina Bertoni del M5s. «Ho fatto personalmente una puntuale ricognizione della documentazione in possesso del Comune - ha precisato, evidenziando due grossi raccoglitori di incartamenti - e sono arrivata a questa conclusione è cioè che non esiste un piano per quella zona che preveda la realizzazione del Parco del mare. Uno stato di fatto - ha sottolineato - che ha evidentemente immediati riflessi sul futuro di quell'area». Un concetto ripreso subito dopo dal dirigente del Comune Giulio Bernetti: «L'unico progetto per quell'area in possesso dell'amministrazione è quello che riguarda il cosiddetto Portolido, quindi una visione del tutto diversa della zona. Si tratta di un piano piuttosto vecchio - ha continuato - risalente al 2007 e riconfermato nel 2016». Bertoni ha poi ricordato che «titolare del progetto è la società Trieste navigando, che versa in pessime condizioni finanziarie e che potrebbe essere rilevata, come annunciato, dalla Confcommercio». Un quadro che ha preoccupato i rappresentanti delle numerose associazioni ambientaliste presenti alla seduta e che hanno annunciato per dopodomani (alla Stazione marittima alle 16.30) un convegno in cui si dibatterà proprio del futuro dell'area della Lanterna «nel corso del quale - hanno annunciato - esprimeremo tutte le nostre perplessità al riguardo». «Dalle carte - ha ripreso Bertoni - si scopre poi che c'è un piano economico finanziario che prevede un investimento totale di 11 milioni che, con l'aggiunta dell'Iva, salgono a 13 e che andrebbe aggiornato». La presidente della commissione ha poi espresso «notevoli perplessità sul fatto che l'Autorità portuale ha proposto al Comune un'intesa finalizzata a permettere che, nella zona demaniale, si possa superare l'iniziale limite di 10 metri di altezza per le costruzioni da realizzare, accordo che l'amministrazione ha sottoscritto». Bernetti ha ricordato quindi che «esiste la possibilità di presentare progetti alternativi che, nel caso, dovranno però essere soggetti alla procedura cosiddetta di "Valutazione ambientale strategica" nell'ambito di un piano particolareggiato. L'esponente della lista Insieme per Trieste Maria Teresa Bassa Poropat ha osservato che «a questo punto solo il progetto di Portolido potrebbe iniziare subito». Bertoni ha infine proposto di invitare a una prossima seduta l'Autorità portuale per «chiarire le prospettive sull'area».

Ugo Salvini

 

Demolizione della Tripcovich - Le opposizioni frenano
Secondo Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Giannini (Cinque stelle) «abbatterla costerebbe quasi quanto una ristrutturazione»
La sala Tripcovich potrebbe diventare proprietà del Comune, frutto di una permuta che vedrebbe andare in cambio al teatro Verdi alcuni capannoni delle Noghere, destinati in tal caso a diventare sede dei laboratori scenografici. Questa la proposta della giunta Dipiazza, che è stata annunciata nei giorni scorsi ed è stata presentata ufficialmente ieri, nel corso della seduta che la Quinta commissione, presieduta da Manuela Declich di Forza Italia, ha dedicato al futuro della struttura di largo Santos. «È già pronta una delibera consiliare che va in tale direzione», ha assicurato l'assessore ai Teatri in quota Lega Serena Tonel. Il Verdi attualmente non può utilizzare la sala per prove o altro «salvo adeguamenti molto costosi», ha precisato Declich, perciò la soluzione dell'esecutivo cittadino sembra essere l'unica percorribile. Prima di arrivare in aula, la delibera sarà sottoposta anche all'esame della Quarta commissione. Rimarrebbe poi in ogni caso da definire il concreto destino della sala Tripcovich. A questo proposito, molti consiglieri hanno proposto di valutare le prospettive alla luce di ciò che sarà realizzato in piazza della Libertà. Dalle file del centrosinistra e dei Cinque stelle è stata fatta anche una valutazione di opportunità di utilizzo destinato ai giovani. «Impianti di quella capienza - hanno osservato Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Gianrossano Giannini (M5s) - in città non ce ne sono. E poi va ricordato che abbatterla costerebbe quasi quanto una buona ristrutturazione».

 

 

Per il super restyling di aiuole e giardini si aspettano nel 2019 i 4 milioni dello Stato
La radicale sistemazione delle aree verdi è attesa a partire dalla prossima primavera
IL PIANO - Sono interventi ordinari quelli che si stanno effettuando in questi giorni a Miramare, e per questi la direzione continua, di conseguenza, ad attingere al budget ordinario. Opere di manutenzione che, per l'anno in corso, hanno comportato una spesa che ha superato di poco i 180 mila euro per il verde del parco, ai quali devono però sommarsi altri 170 mila circa destinati alla conservazione del castello. Si tratta di investimenti difficili da prevedere a tavolino a causa della difficile misurabilità dei cosiddetti interventi in conservazione preventiva. L'obiettivo di questi lavori di conservazione preventiva è anche quello di incidere in misura relativa, in futuro, sul budget ordinario, permettendo in tal modo a Miramare di crescere dal punto di vista del virtuosismo finanziario. Morale: spendere meno in lavori straordinari mantenendo alta l'allerta per quanto riguarda le opere di manutenzione ordinaria e continua. Ma proprio in un prossimo futuro Miramare subirà una profonda opera di restyling che riguarderà, in primo luogo, il polmone verde che fa da cornice al maniero di Massimiliano e Carlotta. Opere che avranno un costo che andrà ben oltre quanto utilizzato finora per i lavori ordinari e che partiranno solamente ad anno nuovo inoltrato. Come ricordato dalla direttrice Contessa, infatti, il finanziamento per la realizzazione dei grandi progetti che gravitano sul parco di Miramare si concretizzerà solo a partire da gennaio 2019, così come da cronoprogramma. I soldi infatti, arriveranno dal finanziamento da quattro milioni promesso dal governo al termine della Conferenza unificata Stato - Regioni dello scorso settembre 2017 e dal Consiglio superiore dei Beni culturali presieduto, all'epoca, dall'allora ministro Dario Franceschini. Quest'erogazione pubblica consentirà di rimettere interamente a nuovo il parco di Miramare, area che nel passato è stata più volte criticata dall'opinione pubblica per la sua incuria. I lavori, stando alle previsioni, cominceranno a primavera 2019 e saranno finalizzati a ridisegnare e a ristrutturare tutto il comprensorio del parco. Oltre a risolvere in maniera definitiva i problemi vivaistici del sito, tale finanziamento permetterà di ripiantare quelle essenze e quei fiori utilizzati dai giardinieri di Miramare ai tempi della costruzione del maniero e che furono voluti fortemente dagli stessi Massimiliano e Carlotta.

 

Le amministrazioni abbattono gli alberi con troppa facilità - la lettera del giorno di Linda Vuk
Lo scrittore e giardiniere Marco Martella qualche tempo fa ha scritto che si dovrebbe promulgare una Carta dei diritti degli alberi, come si è fatto per gli animali. E come non essere d'accordo, quando si vede con quanta facilità i nostri amministratori pubblici buttano giù alberi secolari, di una bellezza commovente, senza soffermarsi nemmeno un attimo a pensare che quelle piante sono degli esseri viventi, che ci hanno messo centinaia di anni a crescere, che ci hanno dato refrigerio nelle calure estive e ci hanno dato l'ossigeno necessario alla nostra vita, filtrando l'aria inquinata che gli abbiamo propinato. Hanno visto passare la storia delle nostre città ai loro piedi, testimoni silenziosi che hanno avuto il difetto di trovarsi nel posto dove l'amministrazione di turno ha deciso che al loro posto stava meglio una bella distesa di cemento o una bella strada iper trafficata... e zac, un giro di sega e niente più foglie da pulire, niente manutenzione: ma non vi preoccupate. Gli imponenti fusti verranno sostituiti con altrettanti alberelli di un metro e mezzo, che prima di crescere verranno capitozzati annualmente in maniera da non dare "fastidio". Forse sarebbe ora di cominciare a fare una sana educazione al rispetto della natura e del verde, a partire dalla scuola dell'infanzia, per fare capire alle persone quanto si sbaglia a trattare la natura come una cosa di nostra proprietà, da usare a nostro piacimento. Siamo tutti dentro un sistema in equilibrio carente per colpa nostra. Il maltempo di questi giorni ci ha dato un messaggio che deve essere uno schiaffo in faccia per toglierci il delirio di onnipotenza che abbiamo nei confronti della natura, a cominciare dal rispetto degli alberi. Piangiamo per gli alberi buttati giù da vento in montagna, ma poi distruggiamo tutti gli esemplari più importanti che abbiamo in città...

 

 

Nuovi collegamenti transfrontalieri e cabinovie per il Carso - il progetto Inter-Connect all'INCE
Collegamenti intermodali e transfrontalieri, strategie di comunicazione integrata e, soprattutto, efficace: questi gli ingredienti dell'incontro, presso l'Ince, in occasione della presentazione del progetto Inter-Connect. «L'obiettivo del progetto - spiega Paolo Dileno, project manager di Cei - è quello di rafforzare le capacità di trasporto integrato e i servizi di mobilità e multimodalità dell'area Adriatico-Ionica, con Trieste che gioca un ruolo fondamentale: non a caso è sul miglioramento delle connessioni intermodali di trasporto pubblico locale con i servizi marittimi in territorio di Trieste che è si focalizzata una delle otto case history del progetto». Studio che analizza anche le potenzialità di un futuro collegamento transfrontaliero marittimo tra Trieste/Muggia e Capodistria, utile in particolar modo per Muggia, non toccata dal servizio automobilistico gestito da Arriva che invece collega Trieste. «Intermodalità - spiega Lorenzo Bandelli, dell'area innovazione, turismo e sviluppo economico del Comune di Trieste - significa anche riuscire a non saturare una città complicata come la nostra attraverso la creazione di parcheggi scambiatori, come Park Bovedo lato mare, già operativo o il potenziamento, a sud, del park di via Carli». Per il futuro Bandelli ha illustrato un avveniristico progetto: una linea di cabinovie che colleghino porto vecchio a un parcheggio scambiatore sull'altipiano carsico. Come a Barcellona per intenderci. Per Michele Scozzai, responsabile comunicazione di Trieste Trasporti, il problema è che «le aziende di trasporto italiane hanno mediamente una pessima cultura comunicativa, e Trieste Trasporti non fa eccezione. Cercheremo di far meglio. Alcuni esempi ci sono: il servizio di hop-on hop-off, che consente al turista di visitare la città a bordo di mezzi da 25 posti, ha avuto un buon successo». «Infrastrutture di interscambio ai sensi dell'obiettivo - dice Massimiliano Angelotti, della direzione delle infrastrutture e del territorio della Regione - è dare un seguito e rafforzare quanto realizzato nelle precedenti esperienze, vedi Mi. Co. Tra. e Adria A». Si è parlato anche del biglietto unico integrato autobus-treno, frutto di un accordo tra Trieste Trasporti e Slovenske Zeleznice, per la connessione ferroviaria Villa Opicina-Lubiana, che in una prima fase sarà operativo da gennaio a giugno 2019, e che sarà disponibile in formato elettronico sul sito delle ferrovie slovene.

Luigi Putignano

 

 

Generali, stop ai rischi climatici - Niente più polizze sul carbone
Il plauso di Greenpeace protagonista di una spettacolare protesta nell'ultima assemblea: «Scelta coraggiosa»
TRIESTE - Generali, stop al carbone. In aprile un gruppo di attivisti di Greenpeace si calò dal tetto della Stazione Marittima a Trieste, dov'era in corso l'assemblea delle Generali, con uno striscione di protesta contro gli investimenti in carbone e il global warming. Una protesta spettacolare che in realtà non faceva che accelerare una strategia già avviata dal gruppo triestino sul tema ambiente, cambiamenti climatici e investimenti nel carbone. Il gruppo infatti aveva già annunciato il 21 febbraio il graduale disinvestimento per circa 2 miliardi dell'equity impegnato nelle attività carbonifere entro l'aprile del 2019. Inoltre il Leone avrebbe investito 3,5 miliardi entro il 2020 in attività legate all'economia green. STOP AL CARBONE - In queste ore l'annuncio che completa la linea delle Generali in un passaggio della nota tecnica alla strategia sul cambiamento climatico: le Generali non forniranno più coperture assicurative per la costruzione di nuove miniere centrali elettriche a carbone, senza alcun tipo di eccezione. Nei Paesi in cui l'economia dipende ancora in modo stretto dal carbone per la produzione di energia e per il riscaldamento delle case (valgono lo 0,02% degli investimenti di questo tipo) la compagnia cercherà di garantire una «transizione giusta» coinvolgendo le controparti. Le Generali parleranno con aziende e istituzioni per cercare di convincerli a sostituire i prodotti fossili con quelli rinnovabili: «Non si può forzare la chiusura degli stabilimenti a discapito dell'economia», aveva detto nell'assemblea di aprile il presidente Gabriele Galateri. Ma intanto lo stop è definitivo e comincia l'era degli investimenti del Leone nell'economia verde. INVESTIMENTI GREEN - Come detto, il Gruppo aumenterà di 3,5 miliardi entro il 2020 gli investimenti nei settori green e della sostenibilità. Le organizzazioni ambientaliste, Greenpeace e Re:Common, fanno sapere di apprezzare molto questa decisione che elimina «il più inquinante fra i combustibili fossili». Le Generali -sottolineano- hanno deciso di compiere «un passo importante in difesa dei cittadini» con una mossa che definiscono «coraggiosa» perchè «mette un limite all'esposizione del gruppo verso l'industria più dannosa per il clima e la salute delle persone». Lucia Silva, responsabile per la Sostenibilità e la responsabilità sociale del gruppo triestino, spiega che il gruppo di Donnet ha voluto dare «un segnale chiaro sull'importanza delle filiere verdi e sostenibili». Tutto ciò è linea con i principali accordi sul clima come il Global Compact e la Paris Pledge for Action cui il Gruppo ha aderito nel 2015. IL CLIMA ESTREMO - Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, chiarisce all'Ansa che «i fenomeni meteorologici estremi sono la diretta conseguenza del clima che cambia, e sono purtroppo una drammatica realtà già oggi in tutta Italia. È dunque un'ottima notizia che Generali stia decidendo di anteporre le persone e il clima ai propri interessi economici a breve termine. Ora monitoreremo che alle parole seguano i fatti, e che il Leone di Trieste abbandoni presto tutte le attività carbonifere anche in Polonia e Repubblica Ceca».

Piercarlo Fiumanò

 

 

Conferenza sulle meduse

Alle 18, allo spazio Trieste Città della conoscenza (all'interno della stazione ferroviaria), conferenza sulle meduse dal titolo "Creature dalla bellezza sinuosa e ipnotica o scocciante seccatura estiva (quando non un vero e proprio pericolo)?". Con Massimo Avian, professore di Zoologia, e Valentina Tirelli, ricercatrice all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Modera Eleonora Degano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2018

 

 

Parcheggi e pullman frenano il cantiere Silos per la quarta volta
Inghippi burocratico-amministrativi causano il rinvio dei lavori a primavera 2019 - Regione e Comune chiamati a sciogliere gli ultimi nodi. L'iter in piedi da 15 anni
Questione di parking. Sarebbe uno spunto per Mina e Riccardo Cocciante. Questione di parking ma anche di pullman. Una coppia che incarta ancora una volta il Silos, questo intramontabile classico della progettualità triestina, il cui iter amministrativo dura dal 2003. Forse siamo alla conclusione di un'avventura avvincente lunga tre lustri abbondanti, ma nel caso del Silos meglio toccare ferro, essendo l'ex magazzino di cereali a fianco della stazione centrale giunto ormai al quarto stop burocratico. Regione e Comune sono all'opera per sciogliere i nodi, consentire che l'accordo di programma vada avanti, permettere che a primavera 2019 si insedi il cantiere. Cosicché il fondo internazionale d'investimento, interessato all'acquisto del grande immobile, apra il portafoglio. L'operazione, gestita di fatto da Immobiliare Nordest (Coop Alleanza 3.0) dopo il fallimento di Unieco, richiede un investimento di oltre 100 milioni di euro. Albergo a 4 stelle, centro congressi con una sala da mille posti e sale più piccole per 300-400 persone, spazi commerciali, ristoranti, 800 parcheggi: tutto fermo.Perché? Il rapporto tra parcheggi/superfici commerciali e l'organizzazione del terminal-pullman sono gli ostacoli che adesso zavorrano il decollo del Silos. Il primo posto di blocco è un esempio di quanto possa essere complicata la pubblica amministrazione. Districhiamoci nel roveto. Premessa: il Silos non è considerato centro storico, per cui il rapporto stalli/superfici di vendita è di 200 metri quadrati, come si trovasse in periferia o in campagna. Cioè: per ogni metro quadrato di vendita, due metri quadrati sono riservati a parcheggio. Un paio di anni fa la Regione accettò di ridimensionare il rapporto stalli/commercio a un ragionevole 1:1, un metro quadrato per un metro quadrato. Ma, quando la proprietà decise di aumentare la superficie commerciale da 12 mila a 14 mila mq, la Regione eccepì sull'ampliamento riportando il rapporto a 200/100. Ora, per rimettere tutto a posto, occorre un passaggio in Consiglio regionale.Il secondo posto di blocco riguarda il futuro assetto della stazione corriere all'interno del Silos. Qui è invece il Comune in primo piano, perché insiste su un terminal decoroso. Il progetto, elaborato dallo studio Archea di Latisana sulla base di un complesso calcolo degli orari di partenza/arrivo, prevede 6 banchine dedicate a partenza/arrivo dei passeggeri, un numero che gli uffici comunali dell'urbanistica desiderano accrescere verso quota 10. Nessun problema, invece, per l'area di deposito mezzi dove potranno sostare una ventina di corriere.«Nessun parli», parodiando la romanza della Turandot. C'è prudenza da parte degli interlocutori, che, in una fase auspicabilmente decisiva dell'itinerario amministrativo, non vogliono commettere passi falsi. Il progetto Silos era stato rilanciato con una certa enfasi nel gennaio 2015 durante l'era Cosolini: allora proprietà e tecnici dichiararono che il centro congressi sarebbe stato ultimato nel 2017. Ma i rallentamenti, qui sommariamente riportati, non hanno permesso il raggiungimento dell'obiettivo. Intanto il Comune aspetta le modifiche progettuali.

Massimo Greco

 

 Il triste declino del magazzino costruito per le granaglie
Ospitò gli esuli istriano-dalmati che avevano lasciato le loro terre. Nel 1971 fu devastato da uno spaventoso incendio - Il progetto Semerani-Tamaro -
Purtroppo la storia novecentesca e quella attuale del Silos non sono luminose. Da deposito di cereali passò a ospitare gli esuli istriani e dalmati, che nel secondo dopoguerra avevano abbandonato le loro terre occupate dagli jugoslavi. Nel 1971 il magazzino venne devastato da uno spaventoso incendio. Oggi vi albergano migranti, che si acquartierano negli antri ottocenteschi lungo i 250 metri del grande edificio. Il Comune comprò dalle Fs nel 1982 l'edificio "di testata" in piazza Libertà e le prime sette campate dei due corpi laterali, con l'intenzione di realizzare un'autorimessa, un terminal autocorriere sostitutivo di quello risalente agli anni Trenta co-firmato da Baldi&Nordio, un'area commerciale dove sistemare le bancarelle con cui i jeansinari facevano allora buoni affari. Nello stesso anno il Municipio bandì un appalto-concorso, che tre anni più tardi vide vincitore il progetto presentato da Luciano Semerani e Gigetta Tamaro. Ma il recupero, rispetto all'ampiezza complessiva dell'edificio, fu parziale e lasciò irredenta buona parte della superficie. In questa situazione precaria si inserì qualche anno dopo l'acquisto e la proposta del mondo cooperativo, interessato a trasformare radicalmente il Silos ricavando al suo interno un hotel, un centro congressi e altre attività. Con una previsione di investimento superiore ai 100 milioni di euro. Ma su quella parte della città, in quel primo decennio Duemila, scese quella che gli studiosi definiscono "sindrome tergestina", ovvero l'impantanamento progettuale. Perché, più o meno coevo al tema Silos, correva anche la riqualificazione di piazza Libertà, sulla quale governo centrale (c'era Berlusconi) e regionale (c'era Illy) puntarono oltre 4 milioni, che rimasero di fatto congelati fino a quest'anno, quando, con un ritardo di quasi quindici anni, si apre il cantiere per rimettere en forme un capitolo urbano carente e scadente. Interessante constatare che l'itinerario-lumaca del Silos sembra vedere la luce proprio quando parte il lifting della piazza: forse l'accesso nord di Trieste, che era rimasto molto indietro rispetto ad altre zone cittadine decisamente meglio "coltivate", racconterà una nuova pagina di decoro, di vivibilità, di pulizia. Verrà parzialmente riscritta la viabilità attorno alla piazza, verranno concentrati i bus in un apposito hub di fianco al Silos, saranno rifatti i marciapiedi. Il cantiere dovrebbe durare un anno. Silos + piazza Libertà, dunque. Manca ancora qualcosa: quel qualcosa che ha annunciato l'altro giorno Dipiazza, ovvero l'abbattimento della sala Tripcovich, per dare "aria" a quello spicchio di piazza, dietro al quale si profila l'antico ingresso in Porto vecchio. Non a caso il sindaco ha detto che, dal momento che ci sarà una nuova sala nel Silos, non ci sarà più bisogno della stazione di Baldi&Nordio.

 

Da tempo ormai è rifugio di profughi in arrivo via Carso dalla rotta balcanica
Un giro attorno alle centinaia di metri del perimetro dell'ex granaio
la vista. Un perimetro lungo alcune centinaia di metri, la bicicletta viene comoda. Si passa la sbarra di via Gioia costeggiando Centrale, si prosegue fino alla fine della carreggiata quando la strada volge a sinistra e offre un potente scorcio del complesso Silos: due lunghi edifici paralleli separati da un ampio spazio vuoto. Il colpo d'occhio potrebbe richiamare un vasto compendio bombardato, dove nella parte centrale si allarga una navata scoperchiata. Poi la strada, divenuta sterrata, riprende verso sinistra, per sfociare di fianco all'ingresso di Porto vecchio. In apparenza non c'è anima viva, non c'è un fuoco acceso, pochi e remoti i rumori. I "residenti" sono andati in mensa oppure si celano sotto le grandi arcate dell'immenso stabile ottocentesco, perché non hanno particolari ragioni per mostrarsi. Evidente la cesura tra la porzione restaurata - dove si raccolgono il terminal corriere, i negozi, il parking Saba - e i 250 metri da vent'anni in fervida attesa di un cantiere. «Una pelle di vetro lascerà in evidenza le arcate monumentali», aveva detto il progettista Aldo Pavoni, ripresentando il progetto insieme al manager Attilio Grazioli, il 16 gennaio 2015.L'estrema prossimità del rudere alla stazione centrale non è certo quello che si possa definire un elegante biglietto da visita cittadino. L'atrio del terminal pullman è quello che è, dall'antro delle corriere non c'è da attendersi granché, negozietti e posti auto non hanno bisogno di accuratezza descrittiva. Proseguendo nella parte in attesa della malta risanatrice, l'effetto è naturalmente ancora peggiore e la facilità di accesso (reti scavalcabili o strappate) attrae una particolare utenza. L'ultima segnalazione pubblica di profughi ospitati sotto le volte dell'ex granaio risale a metà settembre, quando una bella mattina Gianpaolo Sarti, cronista del "Piccolo", s'imbattè in una trentina di migranti, molti dei quali provenienti dall'Afghanistan, contraddistinti da un'anagrafe molto giovane. Erano entrati in Italia seguendo la cosiddetta "rotta balcanica", viaggiando nascosti in auto e camion. Poi avevano camminato nei boschi fino al confine italo-sloveno e, con il favore delle tenebre, erano scesi dai boschi carsici in città.

 

 

Rigassificatore, nave metaniera dalla Norvegia
Lng Croazia sceglie l'offerta di Golar Power Limited, ma è da vagliare l'interesse del mercato: l'impianto resta in bilico
FIUME - La notizia è ora ufficiale, diramata dall'azienda statale Lng Croazia alla quale Zagabria ha affidato la realizzazione del progetto del rigassificatore nordadriatico. Lng Croazia ha dunque deciso di accettare l'offerta della norvegese Golar Power Limited per l'acquisto della nave metaniera che - dopo lavori di refitting - dovrebbe essere trasformata in rigassificatore offshore, da sistemare nelle acque di fronte alla località di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia. I norvegesi sono riusciti a imporsi nella gara internazionale che vedeva ancora presenti la giapponese Mitsui Osk Lines e la greca Gas Maritime Inc. A finire nelle acque del golfo di Fiume dovrebbe essere la nave cisterna Golar Viking, che ha una capacità di 140 mila metri cubi di gas e verrà a costare 159,6 milioni di euro. Ma prima di concludere il contratto di acquisto, lo Stato dovrà varare la delibera di investimento. Un atto che dipende dall'effettivo mercato per la locazione del gas di Veglia. Entro il prossimo 20 dicembre, Lng Croazia analizzerà infatti se vi siano sufficienti interessi nei riguardi della movimentazione annua destinata a toccare i 2,6 miliardi di metri cubi di gas. Se entro quella data si constaterà che l'interesse è sufficiente a sostenere l'operazione, allora Lng Croazia e Golar Power Limited procederanno alla firma del contratto di compravendita dell'unità, varata nel 2005. In caso contrario il progetto del rigassificatore galleggiante sarà accantonato. L'azienda croata ha comunque precisato che, in caso di acquisto della Golar Viking, questa sarà sottoposta a ristrutturazione a Singapore oppure a Seul, nei cantieri abilitati a trasformare i tanker in terminal metaniferi. Dopo il refitting, l'arrivo dell'unità nelle acque dell'Adriatico settentrionale dovrebbe avvenire tra settembre e ottobre del 2020. Il rigassificatore potrebbe entrare così in funzione all'inizio del 2021. Quello del rigassificatore è un progetto molto caro agli Stati Uniti e all'Unione europea, che intendono così contrastare il dominio russo in questa porzione del Vecchio Continente: non per niente l'Ue ha destinato a fondo perduto 101 milioni di euro per la realizzazione dell'impianto offshore quarnerino, coprendo in questo modo all'incirca un terzo del costo del progetto. «Posso confermare che se lo Stato croato non varerà il documento» che dà il via libera all'investimento «non ci sarà alcun contratto tra la nostra impresa e l'armatrice scandinava - ha confermato Barbara Doric, direttrice di Lng Croazia - nulla è ancora vincolante in quanto dobbiamo prima capire se vi sia l'interesse nei confronti del gas: confidiamo molto nella collaborazione con l'Ungheria, che potrebbe assorbire un miliardo e mezzo di gas all'anno. Senza i partner magiari, il rigassificatore galleggiante di Castelmuschio non si farà». Va rilevato infine che la compagnia norvegese ha offerto una nave per la cui manutenzione non sarà utilizzato il cloro, una buona notizia per il mare del Quarnero, ma in un contesto in cui le autorità locali e non hanno opposto più volte la propria contrarietà all'impianto.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018

 

 

La decrescita "felice" non porta sviluppo - Il Fvg vuole più servizi e qualità della vita - L'INDAGINE
Il rapporto di Community Media Research analizza l'orientamento dell'opinione pubblica dopo i no del governo alle grandi infrastrutture
Crescere o decrescere? Meglio crescere, dando più attenzione alle nuove dimensioni dello sviluppo come la sostenibilità e l'attenzione all'ambiente. Insomma, dobbiamo proseguire a produrre e lavorare ponendo al centro la qualità del progresso. La prospettiva di una decrescita non rientra nell'orizzonte di vita delle persone. Di fronte al dilemma, è netto l'indirizzo che emerge dai nordestini interpellati nell'ultima ricerca di Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Ed è un'indicazione in controtendenza rispetto a quanto stiamo assistendo in questi mesi, dove il motivo di fondo - in particolare dell'esecutivo lega-stellato, pur con alcuni distinguo interni - è marcato da un sentiment di negatività nei confronti di qualsiasi opera di rilievo e verso i ceti produttivi. Dietro l'ormai reiterata e stereotipata richiesta di voler valutare il rapporto costi-benefici per ogni opera, si prospetta l'intenzione (si passi la metafora) di tirare il freno a mano di un'auto che peraltro già procede troppo lentamente. E la stima ultima della non-crescita del Pil nel terzo trimestre di quest'anno è lì a ricordarlo. Prima l'Ilva e poi la Tap, cui invece hanno dovuto obtorto collo dare il via libera. Ma il no ai Giochi Olimpici a Roma, quello pronunciato dal Comune di Torino sulla Tav e l'addio ai Giochi invernali con Milano e Cortina, i dubbi pronunciati su Tav a Nord Est, il tunnel del Brennero, la superstrada Pedemontana, e sicuramente scordiamo altre opere, sottendono una visione negativa dello sviluppo.Ora, non c'è dubbio che un insieme di scelte operate da amministratori locali e nazionali, da imprese, ma anche da privati cittadini (si veda il caso degli abusi edilizi) non abbiano saputo salvaguardare una crescita ordinata e lungimirante delle nostre città, del territorio. Dagli effetti dei cambiamenti climatici sul nostro ambiente, all'inquinamento; dalla carenza delle infrastrutture, alla cementificazione del territorio: gli esempi negativi non mancano. Tuttavia, l'interrogativo è se per re-indirizzare lo sviluppo si debba buttare via il bambino con l'acqua sporca oppure distinguere attentamente i pro e i contro, e con la dovuta progressione spostare le politiche su uno sviluppo legato all'innovazione e alla sostenibilità. Ed è proprio questa l'indicazione che emerge dalla grande maggioranza degli intervistati. Due terzi dei nordestini (69,7%), considera necessario continuare a produrre e lavorare per poter crescere, ma sottolineando la necessità di prestare una maggiore attenzione alla qualità dello sviluppo, proprio per evitare gli errori del passato. A questa visione, si affianca una prospettiva di tipo conservatrice della crescita, legata al timore di perdere la ricchezza acquisita (9,0%) e quindi di proseguire lungo la strada fin qui percorsa. Dunque, pur con sfumature diverse, complessivamente i quattro quinti (78,7%) della popolazione - un po' più fra i veneti (80,0%) che fra i friul-giuliani (75,0%) - guarda al futuro con l'aspettativa di continuare a progredire. Una visione vicina all'idea di decrescita, invece, accarezza una quota largamente minoritaria, benché non marginale, degli intervistati: in generale, poco più di un quinto (21,3%) ritiene che una maggiore qualità dello sviluppo deve avvenire riducendo il ritmo della crescita (16,8%, in particolare in Friuli Venezia Giulia: 23,1%) e il 4,5% pensa che il benessere accumulato sia più che sufficiente: la strategia è quella di difenderlo.Così, possiamo identificare tre visioni dello sviluppo. Quella più consistente e che abbraccia la grande maggioranza della popolazione (70,0%) disegna uno "sviluppo qualitativo": è necessario continuare a crescere, ma diversamente dal passato. È una prospettiva condivisa soprattutto dalle giovani generazioni e dagli studenti, dagli imprenditori, da chi ha un titolo di studio più elevato e vive in Veneto. La prospettiva di una "crescita tradizionale", in linea col passato, coinvolge il 9,1% degli interpellati, in particolare fra chi ha un basso titolo di studio, le casalinghe e i pensionati. La visione della "decrescita" (20,9%) interessa maggiormente chi ha raggiunto già posizioni lavorative di rilievo (come i dirigenti) e, per converso, i disoccupati che plausibilmente in questo modo avvertirebbero di meno la perdita di status. Ma è a Nord Est (20,9%, rispetto al 15,6% in Italia), e soprattutto in Friuli Venezia Giulia (25,0%), che la decrescita fa proporzionalmente maggiori adepti: territorio ricco economicamente, frutto di una crescita avvenuta in modo effervescente, ma anche disordinata che non pochi disastri ha realizzato sul territorio.Che ci sia bisogno di immaginare uno sviluppo ulteriore del nostro paese non è soltanto un'ideale astratto, ma è ancorato a reali necessità. È sufficiente osservare la valutazione dei nordestini verso una serie di servizi, rispetto alla media europea, per comprenderlo. L'unico servizio che ritengono analogo o migliore su scala europea è il sistema sanitario (63,8%). Sebbene con grandi differenze territoriali: largamente promosso a Nord Est (83,6%) e a Nord Ovest (75,8%), ampiamente bocciato nel Mezzogiorno (46,0%). Per il resto della classifica, i servizi proposti si collocano ben al di sotto della media continentale. Nell'ordine troviamo il sistema scolastico (42,3%), la connettività (wi-fi/internet/banda larga: 37,5%), il sistema infrastrutturale (strade, autostrade, aeroporti: 33,1%) e delle ferrovie (30,1%), il fisco (15,0%). Ciascuna di queste voci conosce divari territoriali significativi, ma in generale tutti prefigurano un grave ritardo rispetto alla media europea.Di qui, l'idea del futuro del paese, fondata su esigenze reali, non può essere segnata da un generale "fermiamo le macchine" o da cesure nette (irrealistiche) col passato. Perché viviamo in un sistema di relazioni nazionali e internazionali complesso e che va gestito adeguatamente: con capacità di mediazione, interlocuzione e prospettive chiare sullo sviluppo. La misura del Pil non contiene (ancora) la felicità delle persone, ma per ridare loro felicità è necessario costruire il Pil. No Pil? No party.

DANIELE MARINI

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2018

 

 

Patto tra Comune e Autorità portuale - Via alla super bonifica del terrapieno
Il Comune utilizzerà 5,5 milioni destinati dalla Regione all'Uti per rivitalizzare il tratto di costa con parco giochi e foresteria
Parco giochi per bambini, foresteria per giovani atleti, spiaggia per le famiglie: Roberto Dipiazza lo aveva anticipato poco prima di Ferragosto e lo ha confermato, insieme all'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, ieri pomeriggio in "salotto azzurro". "Dipiazza beach" o "playa del Alcalde" o "Bürgmeisterstrand", a seconda dei gusti e delle inclinazioni etno-linguistiche. E' questo il programma per risanare e riqualificare il terrapieno di Barcola. Il sindaco lo vede come un'area di tempo libero vocato alla balneazione, al diporto, alla ristorazione. D'altronde nella zona o non lontano da essa insistono la velica Barcola-Grignano, il Saturnia, il Sirena, il club del Gommone, la scuola di windsurf. E adesso c'è anche il parcheggio.Per trasformare l'ex discarica in momento ricreativo il Comune potrà contare su una base di 5,5 milioni, che provengono da uno stanziamento regionale di 20 milioni deciso per finanziare il Patto territoriale sottoscritto in primavera, prima delle elezioni, da Debora Serracchiani e dallo stesso Dipiazza in qualità di presidente dell'Uti. Ma la bonifica assorbirà una bella fetta di risorsa, per cui è presumibile che la cifra disponibile dovrà essere vitaminizzata. Dipiazza ha preferito non essere troppo cogente in tema di tempistica: se tutto andrà bene - spiegheremo cosa intende il primo cittadino - la fase A, cioè la bonifica, potrebbe venir completata entro la fine del 2020. Il resto, come l'intendenza secondo Napoleone e de Gaulle, seguirà. Questo supplemento di "barcolanità" è stato reso possibile da uno scambio intervenuto con l'Autorità portuale, suggellato dalla reciprocità degli atti (delibere di giunta e di comitato) e dall'imminenza di un protocollo d'intesa, sul quale saranno apposti gli autografi di Dipiazza e di Zeno D'Agostino. Così l'Autorità provvederà a bonificare l'ex discarica di via Errera, che avrebbe dovuto essere di competenza comunale, mentre il Municipio si occuperà del terrapieno barcolano, che in origine avrebbe dovuto rientrare nei doveri portuali. In effetti sembra tutto più logico, perchè il Comune, neo-proprietario di Porto vecchio e adiacenze, avrà modo di pianificare in termini turistico-sportivi il terrapieno, quando da parte sua l'Autorità potrà pensare a investimenti consoni a un tratto di costa attiguo al termovalorizzatore. Comprensibile la prudenza di Dipiazza sui tempi di bonifica: il Comune ha già una campionatura di cosa è stato sepolto in passato nel terrapieno, ma dovrà procedere a un'ulteriore verifica con specifico affidamento di incarico. Sul quadro generale delle risultanze, il Municipio si confronterà con la Regione e, se non ci saranno complicazioni, bandirà finalmente le gare per lo svolgimento della bonifica. Visto l'importo, si tratterà con molte probabilità di gare europee.

Massimo Greco

 

E alla Torre del Lloyd ora viene demandato il recupero di via Errera
Il protocollo d'intesa Comune-Porto affronta una complessa questione ambientale, che riguarda due delle più fetenti toilettes cittadine: il terrapieno di Barcola e via Errera, due discariche che vennero autorizzate per accogliere rifiuti inerti ma nelle quali solo Dio sa cosa sia stato rovesciato. Entrambe le aree sono finite all'attenzione dell'autorità giudiziaria e delle forze dell'ordine: nel novembre 2005 toccò a un chilometro e mezzo di costa barcolana essere posto sotto sequestro dai Noe dei Carabinieri causa la presenza di sostanze inquinanti, mentre all'inizio del 2017 un dossier della Provincia (non ancora dissolta) dedicato a via Errera venne portato all'attenzione degli stessi Noe. Entrambe sono questioni ambientali dalla durata pluridecennale: i 90 mila metri quadrati del terrapieno barcolano funsero da discarica gestita dal Comune per smaltire rifiuti tossico-nocivi tra la fine degli anni '70 e l'inizio del decennio successivo, finirono in riva al mare le ceneri dell'ex termovalorizzatore di San Pantaleone e gli inerti provenienti dai lavori eseguiti al Centro di fisica e alla Sissa. L'area di via Errera venne autorizzata dalla Regione dal 1983 all'87, con la prescrizione al Comune di realizzare una barriera tale da frenare l'avanzamento dei rifiuti verso il mare. Barriera che nessuna amministrazione costruì. L'Autorità aveva calcolato che la bonifica di via Errera sarebbe costata 27 milioni di euro.

 

 

Ferriera - Parco minerali a Servola - Competenze ambientali da Roma alla Regione
La Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare ha decretato che sarà la Regione a rilasciare la Valutazione di impatto ambientale (Via) sul progetto del parco fossili e del parco minerali dello stabilimento siderurgico di Servola. A renderlo noto è l'assessore regionale all'Ambiente e Energia Fabio Scoccimarro. L'esponente della giunta Fedriga in quota Fratelli d'Italia ricorda come «nella conferenza dei servizi del 17 luglio era stato chiesto un parere sulla competenza in materia di Via sul progetto, viste le dimensioni delle coperture presentate dalla società».«Se la competenza fosse stata del ministero i tempi dell'approvazione definitiva si sarebbero potuti dilatare notevolmente: basti pensare che, senza voler puntare il dito contro alcuno, dalla conferenza del 17 luglio - fa notare Scoccimarro - il verbale è stato definitivamente approvato dopo quasi 60 giorni».«Oggi invece - spiega l'assessore, che ieri per la cronaca ha dichiarato di essere all'ultimo giorno da segretario regionale di Fdi - il Ministero ha stabilito che il progetto non rientri nella categoria "stoccaggio", bensì in quella "lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali"». Infatti, insiste Scoccimarro a questo proposito, «nella nota viene specificato che "la valutazione degli effetti ambientali sia effettuata nel suo complesso, ivi incluse le opere connesse quando queste rappresentano una parte integrante dell'opera principale"».«Questa novità rappresenta dunque un "alleggerimento" burocratico - conclude Scoccimarro -. Quindi, nell'interesse di tutti, si ridurranno le tempistiche deputate a portare all'attuazione dell'accordo di programma in merito alla realizzazione delle coperture dei parchi minerali e fossili che risolveranno una volta per tutte gli episodi degli spolveramenti e contribuiranno al sistema di trattamento delle acque».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2018

 

 

Dieci alberi storici abbattuti per i lavori in piazza Libertà
Italia Nostra e Legambiente protestano: «Si poteva trovare un'altra soluzione» - L'assessore Lodi: «Intervento annunciato. Ne arriveranno 16 nuovi su due file»
Le foto sono rimbalzate rapidamente su Facebook, creando polemiche e malumori. I grandi alberi davanti alla stazione delle corriere in piazza Libertà sono stati tagliati di netto. Dieci in tutto. Sui social qualcuno definisce l'operazione «uno scempio», altri si domandano come mai piante considerate storiche siano state eliminate, e Italia Nostra sottolinea come la rimozione dei grandi tronchi si poteva evitare, considerazione simile anche per Legambiente. C'è chi ha lanciato online anche l'idea di una petizione, ma ormai l'intervento è stato portato a termine. Il Comune spiega che l'abbattimento rientra nel piano della riqualificazione di tutta la piazza, e che il nuovo progetto prevede di piantare 16 alberi nuovi. «Quando i lavori sono stati pianificati, dovevano fare in modo di non doverli togliere - commenta Giulia Giacomich di Italia Nostra -. Il progetto doveva essere diverso, cambiato, in modo da salvarli: si tratta di alberi grandi, dal tronco grosso, sono un pregio, un patrimonio storico, come un monumento. Non si possono buttare via senza troppi pensieri. Se non ne hanno minimamente tenuto conto, dispiace davvero. Tanto più se erano piante sane». In chi è passato in zona nei giorni scorsi, la novità ha destato stupore e in alcuni casi dispiacere. Tanti si sono fermati per scattare foto, pubblicate poi sul web. Degli imponenti alberi resta soltanto la base, nelle aiuole sul marciapiede, protette da alcune transenne a delimitarle. Anche la base rimasta successivamente sarà tolta. «Si parla da tempo della sistemazione della piazza ma il progetto si era fermato più volte in passato, questa mossa ci ha colti un po' di sorpresa - dice Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente - anche se sapevamo che era nell'intenzione del Comune effettuare degli interventi. Anche se verranno inserite nuove piante - sottolinea - quando un albero storico viene tolto dispiace sempre. Peccato per questi in particolare, perché avevano un valore estetico e ambientale notevole. Qualche giorno fa mi ha avvertito un tassista che era proprio lì vicino e che si è lamentato per cosa stava accadendo. Ormai però stavano procedendo con i lavori e poco si poteva fare. Certo immagino ci sia una logica nel progetto del Comune, che dispone di reperire un'asse più libera in quel tratto, però sicuramente si poteva trovare un modo per creare i nuovi spazi necessari ai mezzi pubblici senza far fuori gli alberi. Erano storici, di una certa dimensione, andavano tutelati e si poteva fare una valutazione più ragionevole e più cauta». A chiarire la decisione presa e l'iter in atto è l'assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi. «Il progetto originale di risistemazione della piazza prevede che in quella zona gli alberi vengano eliminati - spiega l'assessore - perché in quel punto ci saranno le fermate e il nuovo snodo dei bus, che verrà trasferito lì dal punto attuale. Ricordo - sottolinea - che si tratta di un progetto visto e rivisto più volte e già annunciato da tempo. Togliere gli alberi quindi è importante alla luce dell'intervento che riguarderà tutta la zona. Voglio precisare però - aggiunge - che ne saranno piantati 16 nuovi, in due file, e che in generale abbiamo investito molto nel verde, in tutta la città, tanto che entro fine 2018 verranno inseriti in diverse aree di Trieste 130 nuovi alberi».

Micol Brusaferro

 

 

A Fiume parte il risanamento della discarica tossica di Sovjak
Il pozzo nero è una bomba ecologica con le sue 250 mila tonnellate tossiche - L'opera costerà 51 milioni di euro per l'85% cofinanziati dall'Unione europea
FIUME - Tempo un paio di settimane al massimo e sarà bandita la gara d'appalto per il risanamento del pozzo nero di Sovjak, pochi chilometri alle spalle di Fiume, considerato a ragione una bomba ecologica con le sue 250 mila tonnellate di sostanze tossiche, scaricate in quest'area (circa 2 campi di calcio) dal 1956 al 1990. La notizia del concorso è stata confermata dal ministero croato dell'Ambiente e dal Fondo nazionale per la tutela dell'ambiente che - assieme al comune quarnerino di Viskovo - hanno varato il progetto di risanamento di questa pericolosissima discarica, situata a poche decine di metri da alcune abitazioni. Da Zagabria è giunta pure la precisazione che questo "laghetto nero" sarà risanato in capo a cinque anni, con i primi lavori che dovrebbero cominciare nel 2019. Si tratta di un'opera di non facile attuazione, che comporterà spese per circa 377 milioni di kune (sui 51 milioni di euro). Come avviene da cinque anni a questa parte, ovvero dall'entrata della Croazia nell'Unione europea, Bruxelles ha voluto venire in soccorso alla giovane repubblica, coprendo stavolta l'85 per cento - circa 43 milioni e 400 mila euro - delle spese di risanamento. Il restante 15 per cento spetterà invece al predetto Fondo croato per la salvaguardia ambientale. «Grazie all'Europa comunitaria - ha dichiarato dal direttore del Fondo, Dubravko Ponos - i lavori di bonifica faranno sparire per sempre questo pozzo nero, che si trova su un terreno carsico e pertanto non impermeabile. Per fortuna in tutti questi decenni non abbiamo registrato inquinamenti delle sottostanti falde imbrifere». Per ben 34 anni, e senza alcun controllo o limitazione, Sovjak ha assorbito migliaia di tonnellate di rifiuti solidi e liquidi, scaricate dalla Raffineria dell'Ina a Fiume, dalla cokeria (defunta dal 1994) di Buccari, dal cantiere navale fiumano Tre Maggio e anche da alcuni stabilimenti della vicina Slovenia. Nel 1990, le autorità vietarono in via definitiva che la discarica accogliesse ulteriore materiale tossico di provenienza industriale. L'appaltatore avrà un compito delicato e anche parecchio pericoloso: nel rispetto delle competenti leggi croate e comunitarie, avrà il compito di prelevare le 250 mila tonnellate, trattare il catrame nero con la calce e depurare le acque di scolo nelle vicinanze del pozzo. Tutto il catrame e i residui di idrocarburi dovranno essere trasportati all'estero e qui bruciati, mentre Sovjak sarà coperto da materiale naturale inerte, per uno spessore di circa due metri. Si farà sì che la zona si confonda con l'ambiente circostante, dando l'impressione che il pozzo non sia mai esistito. Nei cinque anni di risanamento, si dovrà venire incontro alle esigenze della popolazione locale, tutelandola nel modo più appropriato.

Andrea Marsanich

 

 

Cane aggredito da un cinghiale salvato in extremis dal cacciatore
Il fatto vicino alla pista ciclabile Versa-Judrio. Il bracco se l'è cavata con ferite ad una zampa
Moraro - Un cinghiale ha attaccato un cane da caccia e lo ha ferito, per fortuna, in modo non grave. L'animale, un bel esemplare di bracco, se l'è cavata con alcuni punti di sutura e tanto spavento. È successo a Moraro, in una zona di campagna a pochi metri dalla pista ciclabile Versa-Judrio. Un cacciatore morarese si è recato con i suoi due cani per una battuta di fagiani e beccacce nella zona. Uno dei due segugi, Full, ad un certo punto si è allontanato e dopo pochi minuti il padrone l'ha sentito guaire e lamentarsi. Quando è accorso, ha trovato il cane che stava lottando con un grosso cinghiale, cercando di difendersi. Il cacciatore aveva con sé il fucile da caccia, ma non ha avuto modo di sparare per difendere Full, perché è rimasto un po' sorpreso dalla scena che aveva di fronte e forse anche per il timore di colpire il suo bracco. Ad ogni modo è stata una frazione di secondo, perché il cinghiale - che probabilmente si era accorto dell'arrivo dell'uomo - ha improvvisamente colpito e scaraventato via il cane ed è scappato. Il bracco è stato immediatamente soccorso dal padrone che lo ha trasportato in uno studio veterinario di Capriva del Friuli. Qui il cane ha ricevuto le cure ed è stato medicato tempestivamente: gli sono stati applicati alcuni punti di sutura ad una zampa per un profondo taglio. Ma poteva andargli molto peggio. Il proprietario è poi tornato sul luogo dell'accaduto a perlustrare la zona con un altro amico cacciatore, per vedere se il cinghiale fosse rimasto ancora nella zona. Il cinghiale non c'era più ed è stata rinvenuta solo la sua rimessa: il giaciglio dove riposa e che lui stesso solitamente scava con il muso. Il cinghiale probabilmente è stato disturbato dall'arrivo inconsapevole del cane e per questo lo ha assalito. Si tratta di un episodio del tutto nuovo, visto che solitamente, durante il giorno, i cinghiali sono animali schivi ed evitano il contatto dell'uomo. In questo caso la presenza del cane lo ha però spaventato e disturbato e gli ha fatto assumere un atteggiamento molto aggressivo. Al di là della disavventura, il cacciatore ha voluto segnalare questo caso anche perché avvenuto in prossimità della pista ciclabile, in una zona che è frequentata da ciclisti e residenti che portano a spasso il loro cane. Occorre quindi fare attenzione per la presenza dei cinghiali. La presenza della fauna nel territorio si lega anche ad un'altra emergenza. È un vero e proprio allarme che non riguarda solo il territorio morarese, perché in queste settimane stanno continuando i casi di investimenti mortali di caprioli che attraversano improvvisamente le strade urbane, mettendo in pericolo l'incolumità degli automobilisti. Anche in questo caso occorre avere la massima cautela e prestare attenzione, perché c'è sempre il rischio di collisioni.

Marco Silvetri

 

 

Prc ironizza su Serracchiani versione No Tav - la polemica
«Serracchiani prende ora le distanze dall'ex parlamentare Pd Sonego e si schiera contro la Tav? Strano, visto che pochi anni fa, quand'era deputata europea, difendeva strenuamente la necessità di realizzare l'opera». Così il segretario triestino di Rifondazione comunista e uno dei promotori del comitato No Tav di Trieste, Peter Beherens, commenta la posizione espressa dall' ex governatrice. «Oggi si scopre contraria a una trincea di ferro e cemento che sconvolgerebbe la tratta Trieste-Venezia. Benvenuta tra i ragionevoli».

 

 

Consiglio comunale "Trasparenza", focus sul Parco del mare

La presidente della Commissione Trasparenza Cristina Bertoni del M5s ha convocato per lunedì prossimo alle 17 in Sala giunta una seduta sul progetto del Parco del mare in zona Lanterna.

 

 

Il ritorno dell'aquila di mare

Alle 18.30, al Cai Alpina delle Giulie in via Donota 2, Fabio Perco terrà una conferenza su "Un progetto preliminare per il ritorno dell'aquila di mare".

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2018

 

 

Raccolta dei rifiuti "tradita" - Oltre 260 sanzioni in un anno
L'abbandono e il conferimento errato di spazzatura nel mirino della polizia locale - Il vicesindaco Polidori: «Pesano le quantità portate da residenti di comuni vicini»
Furgoni che scaricano mobili davanti all'isola ecologica, gente che si libera di sacchi neri senza buttarli dentro ai bidoni scatenando nuvole di gabbiani, gente che abbandona pure le stufe elettriche. Sono esempi delle violazioni al regolamento sui rifiuti che la polizia locale di Trieste ha fronteggiato nell'ultimo anno. Non sono certo crimini contro l'umanità, ma il loro impatto combinato un peso sull'ambiente ce l'ha. E pure sulle tasche dei triestini, che pagano attraverso le tasse tutta la filiera dello smaltimento dei rifiuti. I dati aggiornati a metà ottobre parlano di 169 sanzioni per violazioni disciplinate all'articolo 16 del regolamento sulla gestione dei rifiuti (errato conferimento dei rifiuti) e 95 sanzioni per articolo 23, ovvero abbandono di rifiuti. La polizia locale di Trieste fa sapere che le sanzioni sono sia frutto di intercettazioni casuali che di operazioni appositamente predisposte. «Può capitare che gli agenti si accorgano di un'infrazione mentre sorvegliano la città, ma molto spesso operiamo in seguito a segnalazioni», fa sapere il comando dei vigili. Per questo motivo gli agenti della pl arrivano a condurre anche degli appostamenti pur di cogliere con le mani nel sacco (della spazzatura) i furbetti. Commenta il vicesindaco Paolo Polidori, che tra le sue deleghe ha proprio quella alla polizia locale: «I nuovi dati sono in linea con quelli dei mesi scorsi. Si tratta di una delle tante e importanti attività dei nostri agenti». Uno dei problemi principali, spiega ancora il numero due della giunta Dipiazza, è l'importazione di rifiuti da fuori comune. «Il conferimento di spazzatura da fuori Trieste aveva e continua ad avere un peso considerevole - afferma Polidori -. Resta infatti il discorso della differenziata a Muggia, che tanti continuano a trovare difficoltosa e quindi aspettano di arrivare a Trieste per usare i cassonetti». Un atteggiamento che costituisce una violazione delle regole del proprio Comune e va a pesare sulle tasche dei cittadini di Trieste: «Come amministratore di questa città, pur essendo solidale con chi si trova in difficoltà, devo fare l'interesse dei miei concittadini. L'imposta sui rifiuti va infatti suddivisa sul numero di abitanti, e un aumento della quantità di rifiuti si riflette inevitabilmente sulla cifra che i triestini dovranno pagare l'anno prossimo». Conclude il vicesindaco: «Anche le telecamere, come quella di via Carbonara, danno un contributo notevole. Passo spesso di là e vedo sempre meno conferimenti inappropriati fuori dal centro di raccolta. Nel complesso la nostra polizia locale sta conducendo un'ottima attività a salvaguardia, in primis, dell'ambiente». Nei mesi scorsi i vigili hanno reso noti diversi interventi di questo genere. C'era, ad esempio, un furgone che scaricava rifiuti ingombranti (principalmente mobili) davanti a un'isola ecologica. Grazie a una segnalazione avvenuta via Rete i vigili urbani sono riusciti a identificare il responsabile e a coglierlo sul fatto: per lui una sanzione da 600 euro. In giugno erano state fatte invece sette multe a persone che lasciavano i sacchi della spazzatura fuori dal bidone in piazza Sant'Antonio, di cui stormi di gabbiani facevano poi strame. Solo alcuni esempi del lavoro che i guardiani dei "bottini", per dirla in triestino, devono fare quotidianamente.

Giovanni Tomasin

 

Il regolamento - Multe molto salate fino a 1.500 euro per i trasgressori
Il regolamento rifiuti del Comune di Trieste prevede un'articolata serie di sanzioni per chi ne viola le disposizioni. Le violazioni all'articolo 16, quello sul conferimento dei rifiuti, vanno dai 25 ai 1.500 euro di multa. Quest'ultima cifra è la sanzione massima prevista per chi butta nei bidoni rifiuti pericolosi, ingombranti, apparecchiature elettriche o elettroniche, avanzi di cantiere o cose che possano danneggiare i mezzi di AcegasApsAmga. Anche l'abbandono dei rifiuti costa caro: lasciarne sul suolo pubblico di ingombranti o pericolosi può portare fino a 600 euro di multa per il trasgressore.

 

 

Da viale Miramare fino a Crosada - Scatta il piano restyling delle aiuole
Il Comune censisce 45 aree verdi malandate. Giardinieri in azione anche in piazza Vico e in Barriera
A Trieste calpestare le aiuole significa mettere i piedi su «siti strategici». L'amministrazione comunale di Trieste dal "pollice verde" ha elaborato un progetto di manutenzione ordinaria di aiuole e fioriere dei «siti cosiddetti strategici» con una impegno di spesa pari a quasi 140 mila euro per un anno di cura del verde (365 giorni). Le aree verdi censite sono 45: si va dalle aiuole di piazza Venezia a quelle di piazza Perugino, dalle fioriere del centro cittadino alla aiuole spartitraffico del bivio di Miramare, dalla Rotonda del Boschetto al Quadrivio di Opicina. Lo scopo è quello «di mantenere in uno stato decoroso e in adeguate condizione igieniche e di sicurezza queste aree verdi strategiche». Tutte di proprietà comunale o in concessione. Tra le motivazioni, si legge nella determina, c'è anche quella di «meglio ottemperare alle richieste di intervento dei cittadini». Per «siti strategici» si intendono quelli «di vocazione turistica per il loro posizionamento sui principali assi viari o pedonali nonché punti di accesso alla città lungo percorsi di interesse turistico, nelle piazze fulcro di attività collettive e luoghi di aggregazione per i cittadini». In pratica sono il biglietto da visita della Trieste turistica.Il servizio «di manutenzione ordinaria dei siti strategici» sarà affidato a una ditta esterna ed esperta scelta tra una rosa ci cinque dopo una procedura negoziata. Gli interventi previsti vanno dallo sfalcio alle potature, dal diserbo selettivo alla gestione degli impianti di irrigazione, dagli interventi di derattizzazione alla piantumazione per mandare inalterato il paesaggio verde. Un'attenzione particolare è rivolta alle potature lungo la pista ciclabile di viale Miramare come pure alle aiuole che vanno dal nuovo parcheggio di via Boveto alla Stazione centrale dei treni. Nella lista c'è anche l'aiuola della Sala Tripcovich che il Comune vorrebbe abbattere e che attualmente risulta transennata. E c'è anche piazza Vittorio Veneto con le piante rampicanti nei vasi di arredo che non crescono e che, a distanza di 13 anni, non riescono ancora a produrre un po' d'ombra. Nella lista compare piazzale dei marinai davanti alla Stazione Marittima, dove fa bella mostra la statua di Nazario Sauro. Ci sono le aiuole attorno alla fontana della pineta di Barcola. C'è poi l'area Urban con piazzetta Trauner e via Crosada. Tra i «siti strategici» ovviamente compaiono le aree archeologiche (Teatro Romano, via Chiuchiara e Tor Cucherna), diverse piazze cittadine (Venezia, Perugino, Sant'Antonio, Vico, Puecher, Foro Ulpiano, Campo San Giacomo, tra i Rivi, piazzale Resistenza), le rotatorie (Boschetto, Largo Giardino, via Nazionale, Quadrivio di Opicina, via dell'Istria), gli spartitraffico (via Murat con Campi Elisi, Obelisco, via Forlanini, corso Cavour, Bivio di Miramare), le chiese (San Silvestro e scala, San Vincenzo in via Petronio). Tra le aiuole strategiche si segnalano anche quelle di largo Irneri, largo Barriera, via Capodistria, parcheggio vi a Costalunga, via Maestri del Lavoro, via Locchi, via Ponzanino, via del Vento, Largo Petazzi (area Stock). In tutto 45 siti da mantenere decorosi.

Fabio Dorigo

 

"Ronde di chiusura" per il Giardino Basevi e la Campagna Prandi
Tremila euro in più di spesa per i servizi di vigilanza privata - Nell'elenco entrano anche tre edifici del Porto vecchio tra cui il Magazzino 26
Nuovi giardini, nuove ronde. E altri costi. La Campagna Prandi è l'ultima arrivata tra le nuove aree verdi del Comune di Trieste. E così l'amministrazione comunale, associandola al Giardino Basevi, ha dovuto allargare il servizio di vigilanza degli immobili comunali che fa capo a Italpol Group di Udine in associazione d'impresa con lo Stabilimento triestino di sorveglianza e chiusura, aggiungendo altri 3 mila euro al contratto di appalto. La società dovrà fornire il servizio di apertura e chiusura immobili con ronda (proprio così) di chiusura fino al 14 febbraio 2020 (data in cui scade l'appalto). Nel caso del Giardino Basevi (situato nel quartiere di San Giacomo) il servizio è iniziato il 16 aprile scorso, mentre per la Campagna Prandi è partito il 13 settembre, giorno dell'inaugurazione del percorso pedonale che collega il giardino di via San Michele a San Giusto. L'attività di sorveglianza dovrebbe migliorare la sicurezza delle due aree verdi. Il Giardino Basevi, in particolare, è stato al centro di spiacevoli episodi di cronaca tanto da costringere la scorsa primavera l'amministrazione comunale a emanare un provvedimento di chiusura nelle ore serali.Il servizio di vigilanza privata della Italpol Group è stato inoltre esteso fino al 14 febbraio 2020 ai sabati non festivi anche al Mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, in attesa del suo trasloco nell'area ex Duke di San Dorligo della Valle. Il servizio aggiuntivo (comprendente anche lo spegnimento delle luci della sala aste) era stato richiesto dall'ufficio Mercati del Comune di Trieste la scorsa estate. Alle casse comunali costerà altri 708 euro.Ma non basta. L'amministrazione comunale ha dovuto allargare i cordoni della borsa, impegnando altri 1.621 euro, per estendere il servizio di collegamento ai sistemi d'allarme a tre immobili di Porto vecchio. L'appalto, in scadenza il 14 febbraio 2020, è sempre quello che fa capo a Italpol Group di Udine. Gli immobili in questione sono quelli del polo museale: Magazzino 26, Sottostazione elettrica e Centrale idrodinamica. I tre edifici, restaurati e dotati di sistema di allarme, verranno così collegati alla centrale operativa e al servizio di pronto intervento della Itapol.

 

 

Cherso e Lussino apripista nell'uso dell'energia pulita
L'arcipelago è stato incluso in un progetto pilota comunitario finalizzato a facilitare il passaggio alle fonti rinnovabili: aperti i bandi di concorso
LUSSINPICCOLO - L'arcipelago di Cherso e Lussino, che comprende anche le isole di Sansego, Unie e Sanpiero, è stato prescelto per far parte del progetto pilota di transizione energetica, che vedeva candidate a parteciparvi duemila isole dell'Europa comunitaria. L'arcipelago nordadriatico è riuscito a spuntarla assieme alla greca Sifnos (arcipelago delle Cicladi) e alle isole irlandesi di Aran. La scelta è stata resa nota nel corso del secondo Forum per l'energia pulita delle isole dell'Unione europea, che si è tenuto nell'isola spagnola di Lanzarote. Il progetto, gestito dagli organismi della Commissione europea, è nato nell'ambito del piano mirato a fornire supporto a quelle isole comunitarie interessate a concretizzare il passaggio dall'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili a quelle rinnovabili. Cherso, Lussino e le loro isole satellite hanno deciso di spingere l'acceleratore sul cambiamento presentando un progetto che ha ottenuto il via libera delle istituzioni europee. A seguire la redazione del piano per la regione insulare è stato l'europarlamentare croato Tonino Picula, che ha rilevato come «grazie a questo progetto pilota, destinato a facilitare il passaggio a fonti rinnovabili, i residenti dell'arcipelago quarnerino potranno in futuro contare sull'energia autosostenibile, con ricadute più che positive sull'ambiente e su vari aspetti della quotidianità nelle isole». Picula - che fa parte dell'Intergruppo Isole e Aree costiere del Parlamento Ue - ha inoltre confermato che nell'ultimo trimestre dell'anno prossimo verranno assegnati dieci milioni di euro destinati all'attuazione di programmi di transizione energetica: i relativi bandi di concorso resteranno aperti fino al 15 gennaio del 2019.L'inserimento di Cherso nel progetto pilota comunitario arriva nell'ambito di una politica già attenta alle fonti rinnovabili, sulla quale le amministrazioni si sono indirizzate da tempo. Lo dimostrano, tra l'altro, la costruzione in programma ad Aquilonia (Orlez) di quella che sarà la più grande centrale fotovoltaica in Croazia: l'impianto, frutto di un accordo tra il fornitore pubblico di elettricità Hep e la regione, è attualmente in fase di realizzazione su un terreno di 17 ettari, e comporterà un investimento pari a circa sei milioni di euro voluto dall'Azienda elettrica croata. La centrale produrrà all'incirca 8,5 milioni di kilowatt all'anno, e andrà così a coprire le esigenze di approvvigionamento elettrico per circa duemila famiglie garantendo inoltre regolari forniture a Cherso e Lussino anche nel periodo più difficile, ovvero durante l'alta stagione turistica. Sempre sull'isola di Cherso, inoltre, si sta procedendo a rinnovare la vecchia illuminazione con corpi Led, operazione che coinvolge anche l'isoletta di Unie, dove si va approntando un'ulteriore piccola centrale a pannelli solari. L'inclusione dell'arcipelago nel progetto pilota comunitario è stata salutata con soddisfazione dai sindaci di Lussino, Ana Kucic, e di Cherso Kristijan Jurjako.

Andrea Marsanich

 

 

Serracchiani e la Tav "affossata"
Pubblichiamo questa lettera-nota della deputata Pd ed ex presidente della Giunta regionale Debora Serracchiani in risposta all'intervento di Ludovico Sonego sul tema della Tav pubblicato sul nostro giornale nell'edizione di lunedì: «Dal porto ai passeggeri: l'addio alla Tav condanna Trieste». Si torna a parlare di Alta velocità Venezia-Trieste che, udite udite, non si farà. Prima è accaduto con la non-notizia sbandierata dai parlamentari 5Stelle, che hanno provato a rivendersi quello che hanno trovato già fatto, cioè no al megatreno ma sì a 1,8 miliardi per la velocizzazione della linea. Poi ci si mette l'ex senatore ed ex assessore regionale alle infrastrutture Lodovico Sonego, ancora nostalgico della trincea di ferro e cemento che avrebbe dovuto spaccare le spiagge venete e la Bassa friulana, per poi arrivare a traforare il carso triestino. Se ne faccia una ragione: anche se le ragioni ambientali non lo toccano, gli oltre 7 miliardi necessari all'infrastruttura non ci sono. E il porto continuerà a crescere. Infine c'è la ciliegina del presidente Fedriga, che in un'intervista dice che "la Tav l'ha affossata la Serracchiani e questo va sottolineato".È vero: la Tav l'ho affossata assieme al governatore Zaia, quando siamo andati dall'allora ministro Lupi e gli abbiamo detto che non volevamo la Tav ma collegare rapidamente Venezia e Trieste. Se poi Fedriga alla Tav ci teneva tanto, posto che non lo abbiamo mai sentito proferir verbo in tema, doveva andare dal suo Governo e dirgli di fare ciò in cui si proclama esperto: cambiare. In questo caso deve cambiare lo schema di Contratto di Programma 2017-2021 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, che invece è stato votato poche settimane fa in Commissione Trasporti dalla maggioranza M5S-Lega, confermando quanto indicato dal centrosinistra. *Deputata del Pd

 

 

 

 

INSIEME VOLONTARIAMENTE - MERCOLEDI', 7 novembre 2018

 

 

Quando non c'erano i frigoriferi: le jazere di Draga

Come si produceva e consumava il ghiaccio a Trieste ? Sfruttando una particolare porzione del Carso

di Paolo Privitera e Tiziana Cimolino

 

Volontariato e diritti umani

Secondo l'ISTAT in Italia ci sono oltre 6 milioni di volontari. La loro importanza durante le emergenze.

di Oscar García Murga

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2018

 

 

Via libera a Muggia alla variante al Prg «Paletti per evitare ulteriore cemento»
Varate in Consiglio comunale le nuove regole. Aumentano le zone agricole. Ristabilite le dimensioni dei magazzini per attrezzature da campo
MUGGIA - È stata approvata nell'ultimo Consiglio la variante 36 al Prgc del Comune di Muggia, con lo scopo di correggere alcune anomalie riguardanti le norme tecniche di attuazione della variante 31. Così l'assessore ai Lavori pubblici Francesco Bussani: «Non solo non vi saranno modifiche "al rialzo" in fatto di consumo di suolo, ma i manufatti per il ricovero di piccole attrezzature rimarranno tali». Nello specifico, come si evince dal documento, la superficie di tali manufatti sarà rapportata alle dimensioni del terreno in tre macro scaglioni, l'altezza sarà limitata a 2,40 metri e sarà permessa la realizzazione di un unico piano fuori terra con la possibilità di realizzare un piano interrato, che ne dovrà ricalcare la superficie. In caso di presenza di pastini sarà consentita la realizzazione di ambienti completamente interrati. Il tutto - insiste Bussani - è stato deliberato «rimanendo all'interno dei limiti dati dalla variante 31 in termini di consumo di suolo». «Crediamo che con questa variante si sia andati incontro alle necessità dei concittadini consentendo di vivere il territorio senza deturparlo».«In passato normative poco chiare e condoni edilizi troppo frequenti hanno consentito il crearsi di situazioni tutt'altro che virtuose di cui si ha prova visitando alcune zone di Muggia, ma proprio a questo è servita la variante 31 ora integrata dalla 36», aggiunge il vicesindaco. Le zone agricole, già previste nel precedente piano, sono state incrementate attraverso la cancellazione di alcune zone di espansione, previste e non realizzate, ripristinandole agli usi agricoli. «Per quanto concerne le zone E, ossia le parti di territorio destinate a uso agricolo, il Prgc ha previsto un aumento di 30 ettari: il computo proviene dalla conferma del precedente piano, la variante 15, cui, ricorda il sindaco Laura Marzi, «si sono andate ad aggiungere le zone C, inedificate, destinate a nuovi complessi insediativi non realizzati nel corso degli ultimi 10 anni, le zone previste a servizio dell'autoporto mai realizzato in zona Noghere e le zone G, prodotto della riduzione del 48% di questa amministrazione delle zone turistiche». Da qui la stoccata di Bussani: «Erano altri gli amministratori che hanno voluto la cementificazione selvaggia. Per fortuna i nostri concittadini hanno sufficiente memoria. Risulta strano che alcune forze politiche facciano riferimento a questo tipo di maestri e da essi si facciano consigliare, forse per mancanza di idee proprie». -

Riccardo Tosques

 

 

Il Consiglio regionale - Geologi: sulla prevenzione bisogna accelerare
La natura del territorio, la notevole piovosità, i cambiamenti climatici e le conseguenze delle azioni dell'uomo, come la cementificazione e l'abbandono delle aree montane, e la mancanza di manutenzione dei versanti e delle aree golenali dei corsi d'acqua e di molte opere di difesa esistenti. Sono queste alcune dei fattori di rischio idrogeologico indicati dal Consiglio dell'Ordine dei geologi del Fvg, che esprimendo «vicinanza alle popolazioni colpite» sottolinea come la politica della gestione del rischio vada fatta «con approccio di tipo preventivo. La prevenzione, infatti, rappresenta la forma più sostenibile di gestione del territorio, sia dal punto di vista ambientale che economico, sottolinea l'Ordine. Riparare i danni costa alla società molto di più che prevenire e, in caso di vittime, non si può porre alcun rimedio. Ma per prevenire è necessario conoscere il territorio, quindi pianificare e investire in opere ed interventi mirati». La Regione, scrivono i Geologi, ha già attuato dei piani, ma è evidente che quanto fatto «appaia perfettibile». I Geologi ribadiscono l'importanza di alcuni punti: potenziare «tutti i Servizi competenti della Regione, con risorse sia economiche che di personale esperto, per renderli ancor più protagonisti nella gestione» della situazione; implementare il sistema di monitoraggio dei dati meteoclimatici e di allerta preventiva. I Geologi poi chiedono che le Uti «dispongano»in organico «della figura professionale del geologo con funzione di supporto alla conoscenza delle problematiche geologiche locali e di indirizzo tecnico alle decisioni degli organismi amministrativi periferici». Fra le altre richieste, sostenere «gli aggiornamenti degli studi sulla pericolosità e sul rischio» e predisporre un "Piano dei dissesti franosi". Da svolgere poi un'opera «di sensibilizzazione, riconversione delle aree montane, di riforestazione e delocalizzazione degli insediamenti a maggior rischio qualora necessario»; prevedere la manutenzione costante del reticolo idrografico e effettuare costante monitoraggio del consumo di suolo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 novembre 2018

 

 

Trieste Navigando alla svolta Cciaa - Il Parco del mare sempre più vicino
La Camera di commercio approva l'acquisto delle quote della società che ha in concessione l'area della Lanterna
In gran silenzio il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti continua a lavorare al suo Parco del mare. Ora la Cciaa sta mettendo a punto l'acquisizione di Trieste Navigando, la società che ha in concessione l'area della Lanterna e che in origine doveva venir comprata assieme alla Fondazione CRTrieste. Le ultime notizie sull'avanzamento dell'acquario risalgono a qualche mese fa, quando il piano regolatore del Comune è stato modificato per fare spazio al progetto alla Lanterna. Da allora non se n'è saputo più nulla, ma il Parco del mare, ossessione della politica triestina ormai da più di un decennio, non è sprofondato negli abissi. Il suo ideatore e principale sostenitore, Paoletti appunto, ha continuato a cesellare sottotraccia l'operazione, gestendola in prima persona. L'acquisizione di Trieste Navigando è uno snodo fondamentale: il controllo dell'area che apre il fronte mare triestino è propedeutico a lanciare il project financing che dovrebbe portare alla realizzazione del progetto. La Cciaa non diffonde particolari sulla contrattazione in corso, ma fa sapere che l'importo in ballo per il passaggio di mano non sarebbe molto significativo nell'economia complessiva di un progetto da 40 milioni di euro. Certo è che dovrà essere coperto interamente dalla Camera di commercio, perché la Fondazione, che doveva occupare il 51% dell'operazione, si è sfilata nel corso dell'anno. Il divorzio è avvenuto senza strappi tra i due soggetti interessati, tanto la Cciaa quanto la Fondazione, allora guidata da Massimo Paniccia, hanno evitato ogni accenno di polemica. Una linea che la Camera mantiene anche adesso, nel commento rilasciato alla stampa sull'acquisto della società della Lanterna: «Prosegue l'iter per la realizzazione del progetto Parco del Mare - dichiara la Cciaa -. In particolare, in questi ultimi mesi si è proceduto a predisporre la bozza di contratto definitivo di acquisizione della piena proprietà della partecipazione sociale detenuta da Invitalia Spa alla società Trieste Navigando Srl». L'ente spiega poi come l'operazione abbia avuto di recente un via libera importante. Si legge nel comunicato: «La delibera di autorizzazione all'acquisto è stata approvata dalla Giunta camerale nella seduta del 22 ottobre scorso e dopo la necessaria acquisizione dei pareri del Collegio dei revisori e del Ministero dello sviluppo economico diventerà esecutiva». Una volta ottenuto il controllo dell'area, la Camera potrà avviare il procedimento che dovrebbe portare al cantiere. L'ente spiega: «Nel frattempo la Cciaa si sta attrezzando nella selezione degli esperti che andranno a costituire la stazione appaltante, che una volta ultimato l'iter di acquisizione della società, potrà ricevere le proposte di project financing che arriveranno dai proponenti a seguito di un regolare bando di evidenza pubblica». Il candidato principale per il ruolo di costruttore è l'azienda friulana Icop, quella che sta realizzando la piattaforma logistica in Porto nuovo. Nei mesi scorsi la Icop aveva manifestato il suo interessamento a costruire il Parco del mare. Come confermato anche dal dirigente di Icop Vittorio Petrucco, l'azienda sta mettendo a punto una proposta dettagliata. Sembra che la Cciaa speri di ricavarne un risparmio sul costo complessivo dell'opera. È da vedere, però, se Paoletti riuscirà a rispettare la data ideale che si era dato per l'avvio dei lavori. La primavera scorsa, durante una visita sul sito della Lanterna assieme al presidente della Regione Massimiliano Fedriga, il presidente della Cciaa aveva annunciato: «Ci piacerebbe inaugurare il cantiere il 16 dicembre 2018, 14 anni esatti dal lancio dell'idea». Si tratta di meno di un mese e mezzo, ed è difficile che questa tempistica possa venire rispettata. D'altra parte il passo indietro della Fondazione ha costretto a diverse revisioni di rotta. La Cciaa assicura di poter colmare con le proprie forze i nove milioni di euro venuti meno con la rinuncia dell'ente di CRTrieste: i prossimi mesi saranno il banco di prova definitivo per tutte le rassicurazioni.

Giovanni Tomasin

 

La delibera fantasma sul "waterfront" Il Pd la vuole vedere ma non è mai esistita
L'amministrazione comunale di Dipiazza: «Nessun indirizzo sulla linea di costa»
IL RETROSCENA - Dietrofront sul waterfront. «Vogliamo vedere la delibera d'indirizzo sulla riqualificazione del waterfront di Trieste. Il Pd presenterà una mozione in proposito», tuonava il 24 ottobre in conferenza stampa la consigliera comunale del Pd ed ex assessore Antonella Grim esprimendo «preoccupazione per la mancanza di una strategia complessiva negli interventi sulla fascia di città che va da Barcola alla Lanterna, incluso ovviamente Porto vecchio». Tutto condivisibile o quasi, se non fosse che la delibera di indirizzo evocata dalla Grim non esiste. Non è mai esistita. Neppure nelle intenzioni. È una delibera di indirizzo fantasma. «Waterfront che? Non mi risulta proprio», spiega il capo di gabinetto del sindaco Roberto Dipiazza che sulla questione rimanda all'assessore competente Luisa Polli. E così il mistero aumenta. «Quella è la parte di Trieste che trainerà lo sviluppo di un territorio molto esteso per i prossimi 50 anni: è impensabile affidarsi a interventi spot, slegati e senza un progetto d'insieme. Esponenti della maggioranza hanno dichiarato che questo documento c'è, allora lo si faccia conoscere e discutere», declamava la Grim nella conferenza stampa di ottobre. «Indirizzi del waterfront? Non so di cosa parla. Forse si riferiva alla variante al Prg per il Porto vecchio», spiega l'assessore all'Urbanistica appena rientrata dalla Terra Santa. Ma c'è perlomeno l'intenzione di dare alla luce una delibera di indirizzo sulla fascia di città che va da Barcola alla Lanterna? «Assolutamente no», afferma l'assessore in un modo che non ammette repliche. Il motivo? Il waterfront, compreso quello dello sdemanializzato Porto vecchio, è di competenza dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale. Insomma, non si muove ormeggio che Zeno D'Agostino non voglia. Più che delibere di indirizzo servono accordi di programma. «I nostri uffici stanno lavorando per la variante al Prg per il Porto vecchio che è ancora area portuale e deve diventare zona urbana. La variante, però, non riguarda la linea di costa», spiega Polli. Il waterfront, insomma, non c'entra neanche in questo caso. Resta da capire quale sarà la natura dell'annunciata mozione del Pd sulla delibera di indirizzo del waterfont. È più probabile, a questo punto, che si arrivi a una rimozione.

Fabio Dorigo

 

Barcola, Campo Marzio, Rive - Un "tour" a tappe di 14 anni

La prima idea nel 2004 dopo la sconfitta subita a Parigi sulla candidatura dell'Expo - Interessati anche i magazzini Greensisam in Porto vecchio

Dal punto di vista storico il Parco del mare ricorda un po' la vicenda recentemente capitata alla Seleco, contraddistinta dal continuo rimbalzo da un sito all'altro, da Porto vecchio al Carso. Dal punto di vista letterario richiama l'albero di Bertoldo. Dal punto di vista scaramantico l'idea del Parco nasce da una sconfitta, quella subita nell'autunno 2004 a Parigi sulla candidatura all'Expo tematico in onda nel 2008: a lanciare la revanche è il presidente camerale Antonio Paoletti, che in seguito avrebbe continuato a essere il più convinto assertore del progetto. Dalla metà del primo decennio Duemila parte il rally tra le possibili sedi del Parco, ben presto incarnatosi in un Acquario di dimensioni continentali. Prima scelta è il terrapieno di Barcola, oggi trasformato in parcheggio, ma allora viene coinvolto in un'inchiesta ambientale, quindi è abbandonato come ipotesi progettuale per ospitare una grande attrattiva turistica.Il progetto si sposta da Barcola a Campo Marzio, dove l'Acquario sembra candidato a prendere il posto del Mercato ortofrutticolo: siamo nel 2006, questa prospettiva dura un biennio. Poi evapora perché liberare l'area di Campo Marzio non è così agevole come in un primo tempo pareva. Giungiamo così alla terza casella topografica. Questa volta il Parco non deve fare molta strada, perché viene trasferito in un punto indistinto tra l'ex Magazzino Vini (non ancora redento), l'area ex piscina Bianchi, l'ex Pescheria. Corre l'anno 2009 e il compianto assessore al Bilancio comunale, Gianni Ravidà, fa un po' di conti, dai quali rileva che, per stare economicamente in piedi, il Parco ha bisogno di 900 mila visitatori all'anno e di 2.500 tickets al giorno. L'anno successivo Dipiazza taglia il nodo gordiano: cifre di quel tipo non sono digeribili per Trieste, i costi di manutenzione non sopportabili, ergo al massimo è possibile realizzare qualche vasca per pesci all'interno dell'ex Pescheria.Il Parco del mare viene così messo in congelatore fino al 2012, quando il nuovo sindaco di centrosinistra Roberto Cosolini rilancia il progetto tornando a individuare Campo Marzio quale possibile ospite. Ma la resilienza del Mercato ortofrutticolo stoppa ancora l'Acquario paolettiano, che non si rassegna: nel 2013 attraversa la Sacchetta, supera la Diga foranea, approda in Porto vecchio dove sogna di accasarsi nei magazzini 3-4 in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il vicepresidente della Regione a guida Serracchiani, Sergio Bolzonello, sentenzia: «Neanche un euro, progetto inattuabile». Nel 2014 il Parco del mare riattraversa lo specchio d'acqua davanti alle Rive e sbarca sotto la Lanterna all'ex Cartubi, che avrebbe dovuto essere trasformata in scalo nautico dalla società pubblica Porto Lido. Il resto è storia odierna.

 

 

Commissione Regionale - Fedriga  interviene sul futuro della Ferriera
Occhi puntati sulla Ferriera oggi in Consiglio regionale. Dopo la riunione dell'assemblea di piazza Oberdan - chiamata a votare sul disegno di legge che introduce modifiche a leggi regionali riguardanti il sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale e disposizioni in materia di funzione pubblica della Regione -, è in programma una seduta della IV commissione permanente, che ascolterà in audizione il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga. Il governatore interverrà in qualità di commissario straordinario per l'attuazione dell'accordo di programma per l'area della Ferriera di Servola, e riferirà sulla situazione dell'impianto, con particolare riguardo alla bonifica, alla dismissione e alla riconversione dell'area. La stessa commissione è convocata anche il giorno successivo, alle 10, per l'audizione con l'assessore alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti e dei sindaci dei Comuni della Destra Tagliamento in merito allo studio realizzato dalla Regione sulla riqualificazione della strada statale 13 «Pontebbana».

 

 

Il primo treno merci va sull'alta velocità: sostituirà diciotto Tir - domani parte da Bologna
ROMA - L'esordio è in programma domani sera. Partenza dal terminale casertano di Maddaloni-Marcianise verso le 20.30 e arrivo all'Interporto di Bologna. Sarà molto più di un ordinario viaggio in treno risalendo lo Stivale, perché il primo trasporto merci ad alta velocità in Italia è destinato a rappresentare una vera e propria rivoluzione nel settore. Il servizio, presentato nel capoluogo emiliano-romagnolo, si chiama Mercitalia Fast ed è stato messo a punto in pochi mesi da Mercitalia, la controllata del gruppo Ferrovie che si occupa di logistica: i vantaggi sono economici (le merci potranno essere spostate in appena tre ore e mezzo) e ambientali, perché secondo le prime stime ogni viaggio farà risparmiare l'utilizzo di 18 tir con una riduzione dell'80% delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera. I collegamenti saranno quotidiani, in entrambe le direzioni, e utilizzeranno la linea ad alta velocità passeggeri, realizzando l'ultimo viaggio della notte e il primo della mattina. La merce sarà trasportata su un treno riadattato per l'occasione: svuotato dei sedili, all'interno delle 12 carrozze trovano spazio uno dopo l'altro i roll container, ovvero i contenitori su ruote che velocizzeranno il carico e lo scarico dei pacchi. Negli scompartimenti sono previste carrucole e cinture per assicurare la merce, prese alla corrente in caso di trasporto di frigo e telecamere visionate da remoto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 novembre 2018

 

 

Affitti in Porto vecchio - Raffica di mini-eredità per le casse del Comune
Dalla Tripmare alla Ttp: con la sdemanializzazione i canoni cambiano "padrone" - In tutto è una partita da 100 mila euro l'anno: ecco quanto valgono i singoli casi
Poco più di 100 mila euro per 60 ettari. É quanto frutta annualmente alle casse comunale, carte alla mano, la sdemanializzazione del Porto vecchio a quasi due anni dalla sua entrata in vigore. Si tratta, praticamente, dei canoni delle concessioni rilasciate dall'Autorità portuale ed ereditate dal Comune a partire dal primo gennaio 2017. In tutto, dunque, saranno 200 mila euro incassati in 24 mesi. La situazione contabile non cambierà di molto neppure con la vendita di qualche magazzino visto che il ricavato, come previsto dall'emendamento del senatore Francesco Russo, dovrà essere girato all'Autorità portuale (fatte salve le commissioni da agenzia immobiliare come nel caso dell'area Greensisam).In realtà l'incasso è destinato a ridimensionarsi ulteriormente, visto che comprende i 40.224 mila euro della palazzina di corso Cavour 2, destinata a trasformarsi a breve in un "Urban Center" per le imprese, specie di vetrina della ricerca tecnologico-scientifica, ora concentrata in Carso (il progetto è stato finanziato con cinque milioni di fondi europei). La delibera dell'amministrazione comunale che determina i corrispettivi delle concessioni per l'anno in corso fotografa quella del 2017 con piccoli ritocchi all'insù e qualche ritocco all'ingiù proprio per quanto riguarda la palazzina di corso Cavour (l'Unionquadri, per esempio, passa da 359 a 354 euro). Dal conteggio sono esclusi il famoso Magazzino 18 (1267 metri quadrati) che ospita le masserizie degli esuli, dato in comodato gratuito all'Istituto regionale per la Cultura istriano-fiumano-dalmata (Irci) e una parte del Magazzino 10 (240 metri quadrati) concessa gratuitamente all'Associazione solidarietà nazionale presieduta dal pediatra Marino Andolina. La concessione più rilevante è quella della Tripmare che paga 25.418 euro per i 449 metri quadrati dell'officina al Magazzino 8 e 15.693 euro per i 383 metri quadrati della base operativa al Magazzino 7. C'è poi la Trieste Terminal Passeggeri (Ttp) che paga 17.715 euro per 3.003 metri quadrati di area parcheggio (Molo IV) più un prefabbricato da sette metri quadrati e un servizio igienico da due. È anche vero che è in corso un contenzioso al Tar Fvg con il Comune proprio sull'entità del canone di concessioni. Altri 24.703 mila euro (erano 25.066 nel 2017) vengono elargiti dalla società informatica M-Cube spa di Manlio Romanelli per i 477 metri quadrati occupati nella palazzina di corso Cavour 2. Una concessione destinata a decadere con il progetto "Urban center", come quella della Coop Triestina Lavori Facchinaggi, che versa 8.490 euro per 89 metri quadrati di uffici. Stessa fine faranno gli uffici di Marko Ferluga, Uil Trasporti e Intermodale Trieste, che pagano più di duemila euro per un ufficio da 23 metri quadrati, differenza dell'Unionquadri, che sborsa solo 354 euro per la stessa metratura. Uno dei tanti "misteri" delle ex concessioni portuali. Ci sono poi i 5.109 euro pagati dalla Tertrans srl per l'ex pesa del Magazzino 6 con area scoperta, i 1.043 euro della turca Ada logistica di Ledi Cika subentrata a Agim Cika per i 12 metri quadrati dell'ex pesa dell'edificio 5, i 521 euro dell'Economist settore nautico per un ufficio da sei metri quadrati nel vecchio edificio collocato nei pressi del varco 5/6.

Fabio Dorigo

 

 

Dal porto ai passeggeri, l'addio alla Tav condanna Trieste - La lettera di Ludovico Sonego, ex assessore regionale ai Trasporti ed ex senatore Pd poi Mdp

 

Appena qualche giorno fa una deputata grillina e una dell'opposizione hanno fatto a gara nel rivendicare la primogenitura della soppressione del progetto di nuova linea ferroviaria AV-AC Venezia Trieste e Trieste Divaca. La palma va a entrambe ma si tratta di capire se di merito si tratta. Prendendo come primo riferimento la crescita del Porto di Trieste, nella programmazione statale lo scalo è stato indicato, con Genova, come cardine della portualità nazionale nel contesto euromediterraneo. Scelta motivata: Trieste è già il principale attracco italiano per tonnellaggio. La programmazione a medio termine della Port Authority prevede di passare dagli attuali 1,3 milioni di Teu (contenitori+Ro-Ro) a 3,5 milioni; prospettiva realistica, cui si è aggiunta l'archiviazione del porto off-shore di Venezia. Ma il positivo scenario triestino si misurerà fra alcuni anni con una capacità ferroviaria insufficiente. La rete attuale anche debitamente ammodernata non sarà in grado di inoltrare 3,5 milioni di Teu, la scelta di cui le due deputate hanno rivendicato la primogenitura impedirà di conseguire quell'obiettivo e Trieste si ritroverà nella condizione di Genova che soffre la mancanza del terzo valico. L'upgrading tecnologico della rete ci offre qualche anno di capacità, ma il margine va sfruttato per organizzare oggi le condizioni per essere porto da 3,5 milioni di Teu domani. Aver abbandonato il progetto di una nuova linea Venezia Trieste Divaca è anche problema di politica estera: l'Italia rinuncia alla leva trasportistica per esercitare la sua influenza economica e politica nell'area di Mitteleuropa e Asia Centrale. Il vuoto lasciato dall'Italia allorché rinuncia alla strategia del Corridoio Mediterraneo viene riempito da altri, a partire dalla Slovenia con Capodistria. Lo scalo sloveno ha giuste e motivate ambizioni ma mi pare discutibile che Trieste e l'Italia scelgano di lasciare a quell'attracco la quasi esclusiva delle relazioni col Centro Est Europa in virtù di scelte ferroviarie sbagliate. L'up-grading della Venezia Trieste Divaca è essenziale ma insufficiente soprattutto se si considera che la strategia del porto sloveno è fondata sulla costruzione di una nuova infrastruttura ferroviaria sostenuta finanziariamente dalla Commissione Ue. Tempo fa ho chiesto a Violeta Bulc se non fosse necessario maggiore impegno per un adeguato collegamento ferroviario Italia Slovenia e la Commissaria mi ha risposto che l'Ue ritiene sufficiente l'ammodernamento della linea attuale. Le evidenze tecniche dicono il contrario. L'abbandono del progetto AV-AC Venezia Trieste Divaca condanna pure i passeggeri: Trieste e l'aeroporto non potranno avere collegamenti ferroviari veloci perché le frecce saranno costrette sugli stessi binari e negli stessi orari di pendolari e delle merci che viaggiano a velocità ridotte. --*

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018

 

 

DALMAZIA - Il proliferare delle manguste stravolge l'ecosistema insulare
L'animale fu introdotto nel 1910 in Dalmazia per contrastare la presenza delle vipere I cacciatori non Io hanno malmesso nel mirino
SPALATO - Stanno creando da oltre un secolo danni ambientali che potrebbero risultare irreparabili. Le manguste, presenti in Dalmazia dal 1910, vi furono introdotte dalle autorità austroungariche per contrastare la presenza delle vipere, presenti numerosissime all'epoca sulle isole della costa. A Meleda furono portati 11 esemplari, la cui proliferazione in modo esponenziale li portò nel 1923 a Curzola, nel 1926 a Brazza, negli anni Trenta a Solta e quindi nel 1970 nell'isola di Lesina. Da allora, i serpenti velenosi hanno avuto vita durissima, con forte riduzione del loro numero, fenomeno però che ha riguardato e sta riguardando anche insetti, rane, ratti, piccoli roditori, lucertole, uccelli, polli, le loro uova, lepri e fagiani. Se non trovano della carne in giro, le manguste non disdegnano uva, fichi e anche altra frutta. Con un impatto ambientale rilevante al quale prossimamente la Croazia dovrebbe porre rimedio. Il governo ha infatti approvato il disegno di legge sulla Caccia, con l'ultima parola che spetta al Sabor (Parlamento). Quando il provvedimento sarà varato, questo piccolo e vorace carnivoro potrà essere oggetto di caccia senza restrizioni. Ricordiamo che le manguste erano tutelate nell'allora Jugoslavia dalla legge fino al 1949, ma a partire da quell'anno non furono mai intraprese battute di caccia per cancellarne o quantomeno ridurne la presenza. Inoltre i cacciatori dalmati - rispettando una tradizione mai scritta - hanno sempre preferito non puntare le armi contro l'animaletto. Un altro fattore che ha consentito alle manguste di riprodursi a centinaia di migliaia nelle isole meridionali della Dalmazia e nelle vicine Erzegovina e Montenegro. A spiegare il perché è Roko Baréié, presidente della societa' venatoria Lumbarda, isola di Curzola: «Durante le battute di caccia non è raro imbattersi nelle manguste. Ma non le mettiamo nel mirino, pure sapendo che sono dannose. A proteggerle dai nostri fucili sono le frasi, i racconti dei nostri genitori e nonni, secondo cui le manguste eliminano le vipere e dunque non vanno uccise. Il nostro comportamento magari è sbagliato, ma è così». Fra gli addetti ai lavori c'è intanto chi vorrebbe prendere esempio da quanto attuato anni fa sull'isola giapponese di Amami, tre volte più grande di Curzola e do-ve le esche avvelenate hanno fatto sparire quasi tutta la popolazione di manguste. Da quel momento in poi le specie decimate dal carnivoro sono ricomparse numerose.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 novembre 2018

 

 

Il progetto del Molo VIII e le ricadute sul futuro della Ferriera di Servola
La Piattaforma logistica è solo il primo passo. Il secondo potrebbe essere l'area a caldo della Ferriera di Servola. Che si verifichi l'ingresso di un partner straniero o che la Docks San Servolo continui da sola, la vicinanza tra il nuovo terminal portuale e lo stabilimento siderurgico inserisce la zona comprendente cokeria e altoforno nella rivoluzione logistica che sta per cominciare nell'area. L'interesse cinese sulla Piattaforma va di pari passo a quello sulla possibilità di impegnarsi nella realizzazione del Molo VIII. Un terminale tutto nuovo e di grandi dimensioni, che avrebbe bisogno di servizi ferroviari che l'assetto attuale non permette di immaginare. L'attuale area a caldo garantirebbe lo spazio necessario per la costruzione di un nuovo terminal ferroviario, che permetterebbe di creare convogli da 750 metri: lo standard più alto oggi esistente per i trasporti su ferro. Con la possibilità di vedere ogni giorno 25 treni in entrata e altrettanti in uscita. L'Autorità portuale spera in un simile sviluppo e fonti politiche raccontano di un lavoro di mediazione svolto da Zeno d'Agostino tra possibili investitori e il cavalier Giovanni Arvedi. Trattative concrete per ora non si registrano sul piano locale né sono conosciute ai vertici di Federacciai, ma nel mondo economico regionale si dice che l'imprenditore cremonese sia stanco delle pressioni del centrodestra. Al governatore Massimiliano Fedriga Arvedi avrebbe detto di essere pronto a valutare offerte, sottolineando tuttavia che l'intenzione è continuare a produrre ghisa. Nella giunta c'è tuttavia chi ritiene che China Merchants avrebbe già fatto pervenire una proposta da 45 milioni per l'area a caldo, sentendosene chiedere 200 per tutta l'area. Se Arvedi si siederà davvero al tavolo della trattativa, sono due gli scenari possibili. Il meno probabile è la cessione di tutta la zona dello stabilimento, il secondo riguarda invece la sola area a caldo, che è quanto più importa per realizzare la nuova stazione di Servola. Se si seguisse la via della cessione parziale, Siderurgica Triestina potrebbe limitarsi all'utilizzo del laminatoio a freddo o costruire un altoforno di nuova generazione nella parte rimanente, acquistando il coke invece di produrlo in proprio. La sola cosa certa è che Arvedi non intende partecipare alla partita della logistica e vorrebbe anzi rivedere l'Accordo di programma per ridurre gli impegni di spesa che lo aspettano e che, assieme all'arrivo di un investitore, sono quelli che la Regione spera possano convincerlo a chiudere bottega. Sia quel che sia, i tempi saranno comunque lunghi. Da un accordo all'eventuale chiusura dell'area a caldo non passeranno meno di quattro anni e chi subentrerà dovrà inoltre sobbarcarsi le opere di bonifica e i costi conseguenti. Ecco allora Francesco Parisi chiarire che «il nostro progetto non prevede per forza l'ingresso di soci: siamo pronti a partire anche da soli». Senza escludere un interessamento diretto per l'area a caldo, magari in allineamento con Rete ferroviaria italiana e Autorità portuale. La prima potenzialmente interessata alla costruzione e messa a reddito della nuova stazione di Servola, la seconda allo sviluppo in chiave logistica dell'area.

 

 

La guerra della plastica monouso incombe sul Consiglio Europeo
La direttiva approvata in Parlamento Ue intende bandire piatti, posate e altri prodotti dal 2021 L'industria ritiene la norma punitiva, ma le tonnellate di rifiuti sulla Terra sono ormai 240 milioni
Roma - Il problema legato alla dispersione della plastica nell'ambiente è ormai dilagante: nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo ha approvato attraverso una risoluzione, il divieto alla commercializzazione di numerosi prodotti usa e getta, che sono tra le principali cause di inquinamento.
1 - 240 milioni di tonnellate Il recente Rapporto della Banca Mondiale sui rifiuti nel mondo ci dice che nel 2016, sulla Terra, sono state prodotte 242 milioni di tonnellate di rifiuti plastici (il 12% del totale dei rifiuti generati). Un terzo di questi rifiuti non viene gestito in alcun modo: finisce per terra, nei fiumi, nei laghi, nei mari, sugli alberi. Generiamo rifiuti plastici dagli anni '50, e la quantità dispersa nell'ambiente è enorme. Non c’è da stupirsi se ne sono pieni i fondali marini, con circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Considerati i lunghi tempi di degradazione di molti polimeri, ed i loro danni sull'ambiente (non solo inquinamento, ma anche alterazione delle catene alimentari), il tema “rifiuti plastici” e’ diventato scottante. Nel frattempo le “bioplastiche” (quelle biodegradabili) non hanno raggiunto quote di mercato importanti, arriveranno a 12 milioni di tonnellate di prodotto nel 2020 su un totale di 235 milioni, nel mondo.
2 - Banditi piatti e posate – Cosi’ il Parlamento Europeo ha votato a stragrande maggioranza (571 voti favorevoli, solo 53 contrari) un primo provvedimento per la messa al bando della plastica monouso, dei prodotti usa e getta che rappresentano il 50/70% della plastica che si accumula nei mari e negli oceani. Una decisione che dà il via all'approvazione della Direttiva sui rifiuti plastici, ora all'esame del Consiglio Europeo, per poi diventare esecutiva. Il testo approvato dal Parlamento (ma che potrà essere corretto dal Consiglio) prevede il divieto di utilizzo dal 2021 di prodotti usa e getta come posate, piatti, bastoncini cotonati, mescolatori per bevande, aste dei palloncini, sacchetti ultraleggeri, contenitori da asporto per fast food, filtri per sigarette, carte per caramelle. 3 - Bottiglie, riciclo al 90% - Introduce anche un contenuto minimo di plastica riciclata nelle bottiglie (almeno il 35% entro il 2025). Altre misure riguardano i materiali plastici usati dai pescatori. Dal 2025 il 90% delle bottiglie in plastica dovranno essere raccolte separatamente e riciclate in tutta l'Unione Europea. Lotta anche alle microplastiche nei cosmetici e nuove regole per i rifiuti nelle imbarcazioni e nei porti. 4 - L'impatto sull’industria - La decisione è frutto di un lungo braccio di ferro fra l'approccio ambientalista e gli interessi di una fiorente industria dei polimeri plastici. Le preoccupazioni dell'industria plastica e di quella agroalimentare si sono fatte sentire, lamentando un provvedimento punitivo, che non guarda ad una strategia globale di riduzione dell'inquinamento, ma solo a penalizzare un comparto industriale solido che produce prodotti a basso costo. La sostituzione di questi prodotti con altri di diversi materiali rischia, secondo i produttori, di fare aumentare il costo di molti beni di consumo. Preoccupazioni che il Consiglio Europeo terrà in considerazione, visti gli interessi di molti paesi europei. 5 - Le conseguenze sull’Italia - L'impatto sull'Italia potrebbe essere importante, anche considerata la scadenza molto ravvicinata del divieto. Molte industrie nostrane producono posate, piatti di plastica e prodotti usa e getta. Il tempo dato perla conversione è risicato (due anni), e su questo punto la battaglia nel Consiglio Europeo potrebbe essere violenta. Non a caso il Presidente di Confindustria Boccia ha ritenuto "punitivo" il testo della nuova direttiva varato dal Parlamento, sottolineando i rischi per le imprese italiane (3 miliardi di fatturato l'anno) e per i 3.000 dipendenti del settore.
Alfredo De Girolamo
 

 

A Trieste gli "eco-pellegrini" diretti in Polonia a piedi
Sono partiti da Roma il 4 ottobre e arriveranno a Katowice, in Polonia, dove si terrà la conferenza Onu sul clima. Sono un gruppo di pellegrini che ieri hanno fatto tappa a Trieste, dove si fermeranno per alcuni giorni. Giunti a piedi, dopo una lunga marcia sotto la pioggia, sono attualmente ospitati in città dalla parrocchia Immacolata Cuore. «Il pellegrinaggio - spiegano - vuole essere, a partire dai territori, dalle comunità locali, il veicolo per esprimere un messaggio pacifico di preoccupazione verso gli effetti dei cambiamenti climatici. I partecipanti arrivano da tutto il mondo: siamo italiani, inglesi, francesi, filippini, americani, che hanno percorso in toto, o in parte, l'itinerario. A Trieste siamo arrivati percorrendo il sentiero della Salvia, nonostante il maltempo. Il nostro umore è sempre positivo».Il gruppetto ha continuato la sua strada lungo Grignano, Barcola e viale Miramare. Oggi partiranno dalla parrocchia di via Ruggero Manna per raggiungere, sempre rigorosamente a piedi, la cattedrale di San Giusto per la Santa Messa. Alle 17.30 spazio a un incontro aperto a tutti, all'oratorio parrocchiale San Marco Evangelista di strada di Fiume 181, per condividere le loro storie e per parlare dell'esperienza promossa insieme ad Accri, Greenpeace e Legambiente Trieste. L'appuntamento è a ingresso libero. Domani tutti ripartiranno, con l'obiettivo di arrivare in Polonia entro il 14 dicembre.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 novembre 2018

 

 

Domani - Conferenza sul clima

Accri, Greenpeace Trieste e Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste accolgono i pellegrini partiti da Roma il 4 ottobre e diretti a Katowice, dove si terrà la 24esima Conferenza Onu sul clima, organizzando incontri con la cittadinanza. Domani, alle 9, ritrovo alla Parrocchia immacolato Cuore per marciare con i pellegrini fino alla cattedrale di San Giusto. Info: www.accri.it, biblio@accri.it, 3248093208 (Paola).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 novembre 2018

 

 

Sviluppo e fonti rinnovabili: imparare divertendosi
Boom di visitatori, soprattutto tra i più giovani, per la mostra "Energeticamente-Tutti su per Terra" allestita fino al 18 novembre in sala Negrisin
MUGGIA Scaldare l'acqua pedalando, studiare un motore a idrogeno, confrontare l'efficienza di alcune lampadine. Queste sono solo alcuni degli esperimenti in cui ci si può cimentare in "Energeticamente - Tutti su per Terra", la mostra allestita in sala Negrisin a Muggia. La doppia esposizione sta registrando numeri importanti in termini di apprezzamento, specie tra i più giovani. Ed è proprio per sensibilizzare soprattutto i più giovani sullo sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili di energia che è stata strutturata questa mostra pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis, proposta dagli assessorati all'Ambiente e alla Cultura in occasione della "Settimana per l'Educazione allo Sviluppo Sostenibile". In "Tutti su per Terra" una serie di pannelli propongono testi divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni e vignette di noti autori italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile. "EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori che consentono di osservare, verificare e comprendere, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno. Una buona parte del materiale è dedicata alle fonti rinnovabili e offre un'opportunità per riflettere sugli stili di vita. «Questa doppia esposizione vuole sensibilizzare le persone riguardo ad alcuni temi importanti per il futuro della Terra», ha spiegato Paolo Antoniazzi, referente di Eupolis. La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile fino a domenica 18 novembre da martedì a venerdì dalle 17 alle 19, sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, domenica e festivi dalle 10 alle 12, lunedì chiuso.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 ottobre 2018

 

 

«Troppi rumori dalla Ferriera» - Dal M5s una diffida al sindaco

Sarà l'avvocato Vida a preparare l'atto da consegnare a Dipiazza. La consigliera Bertoni: «Serve un'ordinanza per tutelare la zona di Servola»
Una diffida che - secondo i proponenti - obbligherà il sindaco Roberto Dipiazza a intervenire entro 30 giorni per ridurre l'inquinamento acustico della Ferriera di Servola. Il Movimento 5 Stelle ha avviato la raccolta delle adesioni per preparare il documento che sarà spedito dall'avvocato Fulvio Vida. Per la consigliera comunale pentastellata Cristina Bertoni, «il sindaco deve adempiere ai suoi doveri di tutore della salute pubblica rispetto alla situazione accertata a Servola da anni. La legge prevede che il primo cittadino possa emettere una ordinanza per sospendere temporaneamente le attività che causano il disagio, fino a quando non verranno adottati interventi atti a ridurre le emissioni entro i limiti di legge». Secondo Bertoni «questo è un atto che va nella direzione della chiusura dell'impianto e si coniuga con il nostro programma elettorale che prevedeva il superamento dell'area a caldo». A preparare la diffida sarà l'avvocato Fulvio Vida che nel suo discorso ai circa 30 partecipanti al meet up di Trieste, ieri, ha evidenziato che «non sarà un intervento che risolverà la questione. Esiste una precisa legge che fissa i limiti che si possono sopportare. Risulta da tutti gli accertamenti dell'Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste e dell'Arpa che ci sono degli sforamenti e questo comporta che vi sia una responsabilità penale e civile in capo al sindaco che non provvede al riguardo». Il M5s ha anche annunciato l'organizzazione di una prossima manifestazione pubblica, chi volesse sottoscrivere la diffida può rivolgersi allo studio legale Vida o ai rappresentanti pentastellati. -

Andrea Pierini

 

 

"Baratto" Comune-Verdi - Le ruspe a un passo dalla Sala Tripcovich
Pronta la permuta che consentirà al Municipio di riavere dalla Fondazione teatrale la vecchia stazione dei bus in cambio di un deposito per scenografie alle Noghere
Il Comune si appresta a rientrare in possesso della Sala Tripcovich, con il fermo proposito di abbatterla. Per farlo darà in permuta alla Fondazione del Verdi un magazzino di proprietà comunale a Muggia, che al teatro serve come deposito per scenografie e attrezzature di scena. A provarlo c'è una delibera che modifica il Piano delle alienazioni dell'ente locale proprio a questo scopo. Il testo è passato in giunta nei giorni scorsi. L'assessore comunale ai Teatri Serena Tonel spiega che il testo che sancirà poi l'effettivo passaggio di mano dell'edificio è ancora provvisorio: parlerà attraverso le carte quando saranno pronte. Il sindaco Roberto Dipiazza, che dell'abbattimento della sala fa da tempo una delle sue missioni, entra nei particolari: «Sarà in sostanza un'operazione inversa a quella che il Comune ha fatto dando la Tripcovich al Verdi per consentire al teatro stesso di capitalizzare. Adesso consegniamo i magazzini di via del Canneto a Muggia e in cambio otteniamo la Tripcovich». Questo permetterà dunque al Comune, salvo prese di posizioni contrarie da parte della Soprintendenza, di avviare il procedimento per raderla al suolo. «Altrimenti potrei metterci un supermercato di mia proprietà, o una casa di risposo per politici...», scherza il primo cittadino. La delibera parte dal dicembre del 2012, quando il Comune dona alla Fondazione del Verdi la sala di piazza Libertà «quale conferimento patrimoniale». Passa poi a un'ulteriore delibera del 2016, che dava mandato agli uffici di procedere «alle istruttorie necessarie al conferimento alla Fondazione del Verdi della proprietà dell'immobile sito in via del Canneto 16, alle Noghere, utilizzato dalla stessa Fondazione per le attività di laboratorio scenografico». Gli uffici hanno concordato sul fatto che il passaggio di mano può agevolmente avvenire attraverso la permuta della Tripcovich in cambio del deposito configurando così una "restituzione" da parte del Verdi della vecchia stazione dei bus. Ne ricaverà un edificio di cui il teatro sente vivo bisogno. Tanto più che il Comune, prosegue ancora la delibera, deve provvedere ai bisogni della Fondazione di cui è socio fondatore: «Ha l'obbligo di mettere a disposizione (...) i beni immobili necessari al perseguimento dei fini statutari, per le attività di laboratorio scenografico». La delibera dettaglia ulteriormente lo scopo per cui il magazzino viene dato al Verdi, e si tratta principalmente di «azioni strategiche previste dal piano di risanamento», «per le opportunità socio-educative e di conservazione del patrimonio storico-culturale che tale operazione potrebbe offrire, nonché per la messa in sicurezza della situazione economico-finanziaria della Fondazione stessa». Nei giorni scorsi il futuro della Tripcovich era stato oggetto di una richiesta di commissione del consigliere forzista Bruno Marini, che assieme alla collega Manuela Declich era l'unico "oppositore" all'abbattimento della sala del centrodestra. Ora ha cambiato idea: «Mi opponevo soltanto perché conosco la carenza di grandi sale a Trieste. Ora che è avviato il centro congressi nell'ambito di Esof 2020, non c'è più ragione di dire di no. Da parte mia e di Declich, nulla osta».

Giovanni Tomasin

 

Attesa del verdetto  e possibili ricadute sul cantiere di piazza Libertà
L'eventuale addio alla struttura aprirebbe la vista sui portali d'ingresso al Porto vecchio, modificando le coordinate del progetto
L'attuale intervento di riqualificazione di piazza Libertà potrebbe non essere definitivo vista la volontà del sindaco di abbattere la Sala Tripcovich. In altre parole l'addio all'ex stazione delle corriere, che consentirebbe di aprire la vista sui portali dell'ingresso del Porto vecchio, renderebbe il cantiere nella piazza, iniziato da poco e destinato a proseguire per i prossimi per i 295 giorni, un semplice maquillage iniziale. Attualmente i lavori sono iniziati nell'area che sta proprio tra la Tripcovich e la stazione delle corriere, anche con l'eliminazione degli stalli dei motorini che al momento non sono stati sostituiti. Di qui una prima criticità, visto che in via Flavio Gioia è stata di fatto presa d'assalto l'area pedonale che costeggia il Silos, diventata ormai un parcheggio dedicato ai mezzi a due ruote. Il secondo problema è legato invece a chi magari mette male il motorino e blocca l'uscita delle corriere, causando ritardi e bloccando anche le auto di chi accompagna qualcuno in stazione. «Al momento la strada non è del Comune - evidenzia l'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli - stiamo però lavorando con Ferrovie italiane per acquisirne il primo tratto, questo per dare una serie di risposte collegate anche al rifacimento di piazza Libertà». La volontà dell'amministrazione è quella di creare il parcheggio dei taxi proprio sul lato della stazione, andando a modificare il traffico visto che finalmente potrebbe sbloccarsi anche il cantiere del Silos. Per quanto riguarda invece gli scooter, ci saranno parecchie novità visto che nell'area verranno creati solo stalli in linea nella zona della farmacia. «Grazie al lavoro del personale dell'ufficio Mobilità e traffico - aggiunge Polli - quando la "bretella" che passa dietro al teatro Miela non sarà più necessaria per il cantiere, creeremo altri parcheggi in linea. Più avanti andremo anche a spostare l'area di sosta che c'è ora davanti al teatro, mettendola al fianco del park del Molo IV». Una sorta di work in progress che cercherà di adattarsi alle necessità e alle nuove dinamiche del traffico cittadino. «Dalla data dell'insediamento - rimarca Polli - abbiamo creato 500 posti per i motorini, l'obiettivo è arrivare a 800». Un'altra novità riguarderà poi il tratto di via Filzi davanti alla chiesta Serbo Ortodossa, dove il marciapiede verrà allargato anche per andare incontro alle richieste della comunità, «i parcheggi che sono stati creati di recente verranno quindi trasferiti senza andare a ridurne il numero», ha concluso Polli.

 

LA STORIA DEL DISCUSSO IMMOBILE -  Dai torpedoni agli spettacoli post restyling - Le due vite dell'edificio nato negli anni '30
L'edificio tra Silos e ingresso del Porto vecchio, progettato a metà anni Trenta da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, ha vissuto due esistenze. La prima è strettamente correlata ai motivi per cui venne costruito in cemento armato, cioè funse per circa mezzo secolo da stazione delle autocorriere, andando di fatto a formare un polo logistico del trasporto passeggeri con la quasi finitima stazione ferroviaria centrale. La seconda esistenza della sala Tripcovich è radicalmente diversa dalla precedente, in quanto riguarda un utilizzo musicale e teatrale, che venne ricavato all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, allorquando il Teatro Verdi, necessitato di lavori restaurativi, vi trasferì la sua attività. La prima vita terminò quando verso la fine del decennio Ottanta il terminal dei pullman traslocò nel vicino Silos. La resurrezione artistica seguì da lì a poco e il recupero venne curato da Dino Tamburini, mentre del progetto artistico si occupò Andrea Viotti. L'edificio originario prevedeva una parte dedicata al transito e alla sosta dei torpedoni, un'altra parte pensata per il supporto ai passeggeri. Dalla ristrutturazione nacquero il palcoscenico, una platea dotata di oltre 900 posti, un'area-servizi che comprende foyer, bar, biglietteria. La genesi autotrasportistica non influenzò l'acustica, ritenuta ottima, e la visibilità, buona da ogni ordine di posto. Il rombo dei motori e i fumi delle marmitte lasciarono spazio a discipline meno invasive. La nuova vita fu resa possibile dal contributo della Regione, del Comune, del gruppo Tripcovich, il cui intervento fu fortemente voluto e sollecitato da Raffaello de Banfield (nella foto un suo sopralluogo sul posto). Il maestro era compositore, musicista, per un quarto di secolo direttore artistico del Verdi. I lavori si svolsero, con invidiabile solerzia, in un semestre tra il giugno e il dicembre 1992: il giorno 16, poco prima di Natale, l'inaugurazione della sala. La provvidenziale "riedizione" della vecchia stazione-corriere in sede per esecuzioni concertistiche, teatrali, solistiche, cameristiche ha consentito al Verdi, impossibilitato a fruire del teatro progettato da Giannatonio Selva, di garantire il cartellone fino al maggio 1997. Da Gianandrea Gavazzeni a Lü Jia, da Carla Fracci a Juliette Greco molte prestigiose espressioni artistiche hanno potuto contare su questo ingegnoso "ripiego". Dell'abbattimento della sala si cominciò a parlare fin dai primi anni Duemila. La Tripcovich non è mai piaciuta a Dipiazza, che ancora a maggio aveva preannunciato la volontà di radere al suolo l'ottantenne architettura di Nordio: «La Tripcovich è brutta e l'ingresso alla mia città è brutto», aveva detto il primo cittadino. «Come ho abbattuto la piscina Bianchi, che era orrenda, così farò con quella stazione delle corriere, perché questo era prima di essere utilizzata come teatro».

Massimo Greco

 

 

IL PROFESSOR TAMINO A DUINO - «Troppo inquinamento - No al pirogassificatore»
DUINO AURISINA - «Ogni nuovo insediamento è pericoloso, se non si tiene conto dell'inquinamento atmosferico già esistente sul territorio. Sconsiglio perciò la costruzione di un pirogassificatore a San Giovanni di Duino». Con queste parole Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, ha concluso la sua lectio magistralis al castello di Duino, nell'ambito di un incontro organizzato dal Gruppo Salute e Ambiente per analizzare il progetto Burgo. Dopo aver ricordato che, in Italia, ogni anno «ci sono 70 mila morti a causa dell'inquinamento atmosferico, certificati dall'Agenzia europea dell'Ambiente», Tamino ha sottolineato che «nell'area che circonda la Cartiera della Burgo, cioè quella in cui dovrebbe sorgere il pirogassificatore, siamo già ai livelli limite per quanto concerne la concentrazione di sostanze inquinanti. Va ricordato - ha aggiunto il docente - che la Cartiera fu costruita quando intorno non c'erano gli insediamenti presenti oggi, perciò ritengo indispensabile una valutazione complessiva dello stato delle cose, prima di assumere qualsiasi decisione».

 

 

Piano sicurezza per la rete dei sentieri a Sgonico
L'operazione servirà ad ampliare e ripulire le piste forestali in modo da consentire il passaggio dei mezzi di soccorso
SGONICO - Ampliate, ripulite, con i muretti a secco che le delimitano rimessi a nuovo. Parte l'intervento di ristrutturazione delle piste forestali di Sgonico. Una rete di circa 15 chilometri e mezzo, la cui funzionalità è indispensabile per garantire una rapida possibilità di intervento ai mezzi della Protezione civile in caso di incendio o, comunque, nelle situazioni di emergenza. Il piano è stato presentato nel corso di un incontro al quale hanno partecipato il sindaco di Sgonico Monica Hrovatin, l'assessore comunale David Pupulin, Adriano Morettin e Alfonso Tomè della Protezione civile regionale e Claudio Berra, in qualità di rappresentante della Bemoter, l'impresa edile di Tarcento alla quale saranno affidati i lavori, che saranno eseguiti in collaborazione con l'Ispettorato per le foreste. L'operazione, che sarà completata entro febbraio, comporterà un costo di 294 mila euro, stanziati dall'amministrazione Serracchiani nel 2017. «È fondamentale procedere al ripristino della viabilità forestale per prevenire gli incendi - ha detto Hrovatin - in quanto l'adeguamento funzionale della rete delle piste è il presupposto per qualsiasi piano di sicurezza. In sostanza - ha aggiunto - si tratta di fare la manutenzione delle strade, per consentire l'accesso dei mezzi di soccorso in caso di necessità. In questo modo, si favorisce anche l'accessibilità ai terreni privati, perciò ne beneficeranno pure gli agricoltori dell'altipiano». L'intervento consisterà nel taglio della vegetazione cresciuta ai bordi delle piste, con un metro di ulteriore margine per ogni lato, rispetto alla larghezza del tracciato. «Tutto il legname tagliato - ha precisato Hrovatin - sarà sistemato ai lati delle piste e resterà a disposizione dei rispettivi proprietari. Inoltre, nell'occasione, si procederà con la sistemazione del fondo stradale - ha continuato - creando canalette che garantiranno il regolare deflusso delle acque». Di rilievo, sotto il profilo paesaggistico e della fruizione di chi ama il Carso, il ripristino dei muretti a secco, classica realizzazione le cui origini sono secolari. «In questo modo - ha concluso il sindaco - l'intera area sarà abbellita». La mappa delle piste sulle quali si interverrà è reperibile all'Ufficio tecnico del Comune ed è visibile anche all'Albo pretorio. Saranno poi apposti avvisi all'inizio di ogni pista.

Ugo Salvini /

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 ottobre 2018

 

 

Fish market e ristorante - Decolla il polo del pesce dentro il Porto vecchio
Il Comune accelera sul project financing per trovare privati pronti a investire - Nuovo mercato ittico con locale "panoramico" e musica jazz al Magazzino 30
Il polo museale di Porto vecchio si trasformerà in polo ittico-culturale. Sardoni e reperti. Alla fine Roberto Dipiazza l'ha spuntata, avendolo proclamato fin dall'inizio del mandato nell'estate 2016: il sindaco voleva spostare il mercato del pesce, da anni precariamente collocato all'ex Gaslini nello Scalo Legnami, in Porto vecchio. E così sarà. O meglio: il Comune è in procinto di lanciare un avviso per verificare se vi siano operatori privati disposti a investire mezzi propri al fine di realizzare un nuovo mercato del pesce, con annesso ristorante "panoramico", nel Magazzino 30, una struttura curiosamente dipinta di rosa, che s'affaccia sul bacino "0", lo stesso dove si specchiano i Magazzini 24 e 25. A pochi passi sorgono il Magazzino 26 e la Centrale idrodinamica. L'avviso richiede che, attiguo al ristorante, vi sia uno spazio per il jazz: motivo di una così esplicita previsione è l'assenza a Trieste di un luogo vocato a questa forma musicale. Ne hanno parlato ieri mattina, a margine di un'iniziativa sui "rup", l'assessore Elisa Lodi e il direttore dei Lavori pubblici Enrico Conte.In particolare, il "30" è posizionato sulla sponda settentrionale del bacino, dove è possibile ormeggiare, opportunità che ha ulteriormente convinto gli uffici competenti a decidere per il trasferimento in questo sito. L'avviso è di imminente pubblicazione e configura, dal punto di vista contrattuale, un project financing, nel quale il Municipio conferisce l'area e il privato/privati mette i soldi. Questo significa che l'amministrazione Dipiazza punta a delegare all'esterno la gestione mercatale, argomento peraltro ribadito a più riprese dall'assessore al Commercio Lorenzo Giorgi. Lo spazio riservato al mercato ittico è di circa 2 mila metri quadrati, uffici compresi. Attenzione a un passaggio importante: il Magazzino 30 non è soggetto a vincolo della Soprintendenza, quindi è abbattibile e al suo posto è edificabile un nuovo stabile. Nuovo stabile che però deve essere dotato di un ristorante "panoramico", per cui nella visione comunale al pianterreno si estenderà il mercato del pesce e a quello/quelli superiori si andrà a mangiare, ascoltando jazz. Il Golfo evocherà il Mississippi, Trieste richiamerà New Orleans. Suggestivo. L'avviso è alle ultime correzioni e conterrà il termine per la presentazione delle offerte, che probabilmente scoccherà nei mesi invernali del 2019. Non ci saranno indicazioni finanziarie, perché quantità e qualità dell'investimento dipenderanno dal progetto del privato proponente. Altro passaggio essenziale: questo avviso non è un bando, dunque non porta a un'automatica assegnazione di spazi e compiti. Serve al Comune per capire se ci siano operatori commerciali ed esercenti pronti a finanziare e a gestire un tipo di intervento finora inedito. Un metodo simile (ma non uguale) a quello adottato per rigenerare il campo "Giorgio Ferrini" a Ponziana. Sui tempi di realizzazione i vertici comunali non entrano nel dettaglio, ma fanno comprendere che l'orizzonte è quella primavera 2021 quando il terzo mandato Dipiazza sarà terminato. In definitiva, calcolando il 2019 come blocco di partenza, resteranno due anni per concretizzare molti sogni.

Massimo Greco

 

Il futuro Museo del mare va in giunta per il primo sì
L'elaborazione frutto di un lavoro di équipe tra i Servizi culturali e i Lavori pubblici. Una spesa prevista di 33 milioni
Elisa Lodi ed Enrico Conte concordano: il primo progetto ufficiale del futuro Museo del mare approderà in giunta nei prossimi giorni. Sarà il frutto di un lavoro d'équipe tra i servizi culturali e l'area dei Lavori Pubblici. Il Museo del mare assorbirà 33 dei 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni Culturali per "rigenerare" il Porto vecchio: saranno le vaste dimensioni del Magazzino 26, la più grande struttura emporiale del punto franco sdemanializzato, ad accogliere l'allestimento. Il progetto, secondo le anticipazioni, ricalcherà le linee del documento trasmesso in estate alla Regione Fvg per chiedere la riformulazione delle previsioni di spesa riguardo allo stanziamento ministeriale: ricordiamo che in un primo tempo si riteneva che una porzione assai consistente del "26" avrebbe dovuto essere riservata all'Icgeb, l'istituto scientifico diretto da Mauro Giacca. A giugno il ripensamento, il Museo del mare avrebbe "sfrattato" Icgeb: 20 milioni di lavori, 7 milioni di allestimenti, 2 milioni di spese tecniche, solo per citare i capitoli più significativi. Sei temi sui quali impostare il progetto culturale, sul modello di Genova, Valencia, Lisbona, Barcellona: pesca, navi e cantieri, navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed ecosistemi. Saranno 16 gli ambienti-funzioni che articoleranno la narrazione museale all'interno di un edificio lungo 250 metri, con una superficie di oltre 35 mila metri quadrati. Entreranno anche l'Immaginario scientifico e il Museo dell'Antartide. Da chiarire gli spazi per altri soggetti ed esigenze, da Its alle masserizie degli esuli.

 

 

Ferriera - Raccolta firme M5s contro l'area a caldo

Oggi alle 18 nella sala dell'Università Unicusano di Fabio Severo 14, il M5s lancerà la raccolta firme per proporre una diffida al sindaco di Trieste Dipiazza per l'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di Servola. L'obiettivo dell'iniziativa legale è quello di far chiudere l'area a caldo della Ferriera.

 

 

Città "green", in Fvg - Pordenone la più virtuosa ma è Trieste a fare il balzo - La classifica dell'ecosostenibilita'
Il capoluogo regionale scala dieci posizioni. Giù Gorizia e Udine. Stabile la qualità dell'aria a eccezione dei livelli dell'ozono
Udine - Pordenone è la sesta città "green" d'Italia dietro a Mantova, Parma, Bolzano, Trento e Cosenza. Ma anche gli altri capoluoghi Fvg, parola di Legambiente regionale, non se la cavano male: Udine è diciannovesima, Trieste ventinovesima, Gorizia trentesima. L'AVANZATA DI TRIESTE - Tra alti e bassi proprio il risultato di Trieste appare significativo, giacché per la prima volta, superando Gorizia, non risulta il fanalino di coda della classifica Fvg. L'Italia del buon ecosistema urbano, spiega l'associazione nel presentare il 25° Rapporto sulle prestazioni ambientali (redatto a livello nazionale con l'istituto di ricerca Ambiente Italia e con la collaborazione de Il Sole 24 Ore, che lo ha pubblicato ieri) «è principalmente l'Italia che spende bene le sue risorse, si evolve e pianifica le trasformazioni future, non s'accontenta dello scenario contemporaneo, che in uno o più ambiti produce ottime performance o raggiunge l'eccellenza». Gli indicatori in campo - Mettendo assieme 16 indicatori, ciascuno dei quali con un punteggio da 0 a 100 - dalla mobilità alla qualità dell'aria, dalla produzione e gestione di rifiuti ai consumi idrici, dall'energia al consumo di suolo - Legambiente costruisce così una classifica 2017 in cui Pordenone perde una posizione rispetto al 2016, Trieste ne guadagna 10, Gorizia ne perde 5 e Udine 7. «Non per demerito - spiega però il presidente regionale Sandro Cargnelutti -, ma perché qualche altro comune ha scalato più in fretta i parametri dell'eccellenza». Analizzando i dati regionali, la qualità dell'aria viene descritta come «stabile», ad eccezione dell'ozono (40 giorni di superamento soglia a Trieste, 50 a Pordenone e Udine), mentre il biossido di azoto, in un trend in miglioramento, fa segnare la maggiore decrescita proprio a Trieste. Ed è ancora Trieste, al pari di Gorizia, a registrare livelli pari al valore obiettivo per la salute (20 mg/m3) indicato dall'Oms. I FOCUS - Tra gli altri parametri illustrati dal Rapporto, la media Fvg di consumi idrici resta superiore del 9% rispetto al dato medio italiano (153 litri al giorno pro capite), la dispersione della rete resta stabile, con Trieste che vede una riduzione delle perdite (41%), la capacità di depurazione è superiore al 90% per Gorizia, Trieste e Udine, con Pordenone al 76%. Torna a crescere la produzione di rifiuti urbani, in particolare nel capoluogo regionale (465 kg annui per abitante), con una media regionale di 533 che supera il valore obiettivo di 365 (un kg al giorno). È inarrestabile peraltro la raccolta differenziata; Pordenone si conferma eccellenza (è tra i tre comuni del Nord che superano la soglia dell'80%), Gorizia e Udine superano l'obiettivo del 65% e Trieste fa un ulteriore balzo in avanti raggiungendo il 40%. Non manca il focus sulla disponibilità di alberi in aree di proprietà pubblica. I primi dati raccolti evidenziano una sostanziale omogeneità: Pordenone conta 29 alberi ogni 100 abitanti, Gorizia segue con 26 davanti Udine con 24; Trieste, che non aveva fornito il dato lo scorso anno, arranca con 10 alberi, con la precisazione però che il censimento non ha tenuto conto dei parchi comunali del Boschetto, di Villa Giulia e della Napoleonica. Il valore medio italiano è 19 alberi ogni 100 abitanti.

Marco Ballico

 

L'inaspettato ospite texano che spunta nel parco Farneto
Nella parte alta del giardino si trova un esemplare di "Moro degli Osagi", pianta originaria del Texas portata a Trieste dagli alleati
C'è un "ospite" insolito nella parte superiore del parco Farneto, vicina alla scuola "Codermatz". È un esemplare di Maclura pomifera, noto anche come "Moro degli Osagi": una pianta esotica che gli specialisti del Governo militare alleato piantarono lì nel bosco dopo il 1945. Con i suoi rami, quasi lunghe braccia, forma una sorta di verde galleria che sovrasta un intero sentiero e che, nel 2015, ha richiesto un intervento di consolidamento da parte del settore del Verde pubblico comunale. «Quest'albero lo meritava - spiega il responsabile del Servizio spazi aperti Verde pubblico Francesco Panepinto - per il suo elegante portamento, l'ampia copertura, l'appartenenza alla parte rimboschita dagli Alleati, che è un pezzo di storia del Farneto. Il nome rimanda alla tribù indiana degli Osage, che utilizzavano le radici color arancione della pianta per ricavarne una polvere con cui tingersi il volto durante i loro rituali. Il Moro degli Osage è originario del Texas. E nell'anno in cui si celebra il settantesimo compleanno di Tex Willer è curioso pensare che, a due passi dal viale XX Settembre, si possono ammirare delle piante che gli indiani utilizzavano in particolare per costruirsi gli archi. Ma attenzione: come spiega il responsabile del Verde Pubblico, questo albero americano è difficile da tagliare. E dunque meglio osservarlo, non toccare le sue spinose fronde e ammirarlo, forestiero d'oltre oceano accasatosi brillantemente in uno storico, grande bosco europeo.

Maurizio Lozei

 

 

Vive nel Nord Italia il 95% degli europei a rischio per lo smog - Emergenza inquinamento
Copenaghen - Il Nord Italia si conferma l'area più inquinata d'Europa. A segnalare il primato è l'Agenzia europea per l'Ambiente: secondo la relazione, nel nostro Paese l'inquinamento atmosferico è causa di circa 84.300 morti premature ogni anno. L'Agenzia con sede a Copenaghen ha analizzato in particolare i valori di tre indicatori: polveri sottili (Pm 2.5), biossido di azoto e ozono. Oltre 47 milioni di europei (l'8,9% del totale) vive in zone a rischio, nelle quali almeno due di questi parametri vengono superati. Ma circa 3,9 milioni di cittadini abitano in zone a «super rischio», dove cioè i valori limite vengono sforati per tutti e tre i parametri. E dove vivono, esattamente? Ben 3,7 milioni (ossia il 95% del totale) si trova nel Nord Italia, in particolare «nelle aree urbane» lungo la Pianura Padana. «Il trasporto su strada - sottolinea il rapporto - è una delle principali fonti di inquinamento atmosferico». Ma l'Aea punta il dito anche contro «agricoltura, produzione di energia, industria e abitazioni». L'Italia è il secondo Paese europeo per decessi prematuri legati all'inquinamento da polveri sottili (60.600 morti nel 2015), seconda soltanto alla Germania (62.300 decessi annui, anche se la popolazione tedesca è maggiore). Resta invece al primo posto per le morti premature connesse all'inquinamento da biossido di azoto (20.500) e da ozono (3.200). Sempre ieri è stato diffuso un rapporto dell'Organizzazione mondiale della Sanità che definisce lo smog «il nuovo tabacco». A livello globale si contano 7 milioni di decessi ogni anno, tra cui 543 mila bambini sotto i cinque anni. A maggio la Commissione europea aveva deferito l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per aver sforato i valori limiti del particolato (Pm10) e per non aver presentato adeguati piani anti-smog (le analisi hanno rilevato che in 28 zone - tra Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto - i valori limite giornalieri sono stati costantemente superati, arrivando nel 2016 fino a 89 giorni). Per lo stesso motivo sono finite davanti ai giudici di Lussemburgo la Romania e l'Ungheria. L'Ue ha rinviato alla Corte anche Germania, Francia e Regno Unito, anche se loro sono finiti sul banco degli imputati per non aver rispettato i valori-limite relativi al biossido di azoto.

Marco Bresolin

 

 

Il tonno da record pescato a Cherso - Pesa 317 chilogrammi
È stato stabilito il nuovo record del tonno più grande pescato nell'Adriatico. Pesa 317 kg l'esemplare catturato nelle acque dell'isola di Cherso da Zoran Srdarev Mure, di Vodice presso Sebenico: è il più famoso pescatore di tonni in Croazia, e non ha avuto difficoltà a piazzare l'esemplare da record sul mercato italiano. A lui apparteneva anche il record precedente: un tonno di 303 kg pescato nel 2004.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 ottobre 2018

 

 

I ragazzi riprogettano il Volta nel nome della sostenibilità
Oltre 200 studenti di quarta e quinta hanno partecipato al contest "Sustainable School" con il supporto di professori e tecnici di Siram by Veolia
Si è concluso con le premiazioni delle idee migliori elaborate dai ragazzi il concorso "Sustainable School" che a fine settembre ha coinvolto oltre 200 studenti di quarte e quinte del Volta. Ogni gruppo, ciascuno nell'ambito del proprio indirizzo tecnico, con il supporto dei professori e di uno staff di esperti Siram by Veolia, ha avuto il compito di realizzare un progetto di performance energetica, di riqualificazione tecnologica o edile dell'istituto. Gli studenti hanno sviluppato alcune soluzioni ritenute adatte a progettare una "scuola modello", innovativa e sostenibile. Siram, sponsor Barcolana50, ha promosso l'iniziativa nel quadro degli eventi correlati alla regata. L'azienda, che opera in Italia da oltre 100 anni, si occupa di soluzioni all'avanguardia nell'ambito dell'efficienza energetica, della gestione ottimizzata del trattamento delle acque e dell'intermediazione e dello smaltimento di rifiuti speciali. Con il concorso ha garantito la possibilità ai giovani di lavorare in team, mettendo a frutto le competenze apprese a scuola e con le informazioni fornite direttamente dai tecnici a disposizione dei ragazzi. Le premiazioni della competizione rivolta agli studenti si sono tenute al Villaggio Barcolana con la consegna dei riconoscimenti alle tre classi che hanno presentato i migliori progetti di performance energetica, che hanno conquistato assegni da tremila, 1.250 e 750 euro. Primo gradino del podio ottenuto dai "Meccatronici" della V I, con il progetto sull'Impianto di cogenerazione a servizio dell'Istituto. La IV A dell'indirizzo "Costruzione Ambiente Territorio" ha guadagnato il secondo piazzamento con il progetto di Revamping energetico dell'aula laboratorio del Dipartimento di costruzioni, mentre gli "Informatici" della V E si sono classificati terzi con il progetto Pocket smart Room, relativo a un sistema di controllo dell'illuminazione e del riscaldamento di un'aula tipo.Sei studenti delle classi vincitrici avranno inoltre l'occasione di prendere parte a un percorso di alternanza scuola-lavoro in una delle sedi Siram dell'Unità di business Nord Est, per un'esperienza aziendale a fianco dei tecnici. «Ringraziamo tutti gli studenti, i docenti e i dirigenti scolastici del Volta per l'impegno e il lavoro fatto insieme», ha dichiarato Paolo Maltese, direttore Unità di business Nord Est Siram by Veolia: «L'Istituto Volta per Trieste è un riferimento nella formazione di tecnici sul territorio, un vivaio da cui negli anni abbiamo attinto con grande soddisfazione e orgoglio». «Quest'iniziativa è stata accolta da ragazzi con entusiasmo e senso di responsabilità», così la preside del Volta Clementina Frescura: «L'Istituto da sempre è impegnato a creare tecnici di talento e questo progetto ci ha dato l'opportunità di far vivere ai ragazzi un'esperienza che è andata oltre le mura scolastiche».-

 

La concessionaria Autovie Venete "green" - ridotti i costi energetici
Con misure che vanno dal parco fotovoltaico che consente di illuminare un'intera galleria, alla sostituzione del 70% dei punti luce in illuminazione a led, Autovie Venete fra il 2015 e 2017 ha ridotto i costi totali per energia elettrica, gpl e gasolio per riscaldamento, metano e gasolio e benzina per autotrazione di 628 mila euro fino giungendo a poco oltre 2,5 milioni. Il vettore energetico col maggior risparmio - precisa la Concessionaria - è l'energia elettrica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 ottobre 2018

 

 

San Luigi - Parco Farneto Inaugurata la nuova area per il fitness
È stata inaugurata ieri, presente anche l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, la nuova area fitness realizzata dal Comune nell'immediata prossimità dell'accesso al Parco Farneto, a San Luigi, cioè nell'area di parcheggio di via Marchesetti antistante i civici 18-20-22. Installati attrezzi e un fondo "smorzacadute".

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 ottobre 2018

 

 

DOMANI - Alla scoperta del Rilke con le guide Gemina

Il Comune di Duino Aurisina e la Cooperativa Gemina organizzano la visita guidata sul Sentiero Rilke che si svolgerà domani con inizio alle ore 14.30. La partecipazione è gratuita, ma è necessaria la prenotazione. Per informazioni e prenotazioni: Cooperativa Gemina, telefono 334 7463432 . Rimasto a lungo in abbandono, il sentiero Rilke è stato ripristinato nel 1987 dopo un lungo lavoro di recupero .

 

 

 

 

VOCEARANCIO.ing.it - VENERDI', 26 ottobre 2018

 

 

Elettrosmog e smartphone: tutto quello che dovete sapere

Le (poche) certezze della scienza in materia, le linee guida ufficiali e come scoprire quante onde elettromagnetiche emette il vostro telefono

Gli smartphone fanno male? Se parliamo di inquinamento elettromagnetico, non esiste una risposta semplice. Gli effetti a lungo termine sono ancora da studiare in modo chiaro: i telefoni sono entrati nelle abitudini globali in modo così pervasivo da troppo poco tempo per avere un quadro chiaro delle conseguenze sul corpo umano. Come sempre, il punto di partenza migliore per provare a capire un argomento sono le fonti ufficiali, in questo caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, sul suo sito, ha una sintesi di tutto quello che possiamo dare per scientificamente accurato sull’argomento. Un’altra informazione importante è che l’IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha condotto la ricerca epidemiologica su questo tema (partecipanti da tredici paesi, studiati nell’arco di dieci anni) e ha stabilito che l’uso di smartphone è «possibilmente cancerogeno», mettendo i telefonini nella lista 2B, un lungo elenco di sostanze la cui associazione con determinati tumori è considerata credibile ma non può essere ancora data per certa.
Il dato da conoscere sul vostro smartphone si chiama SAR. I fatti: gli smartphone emettono onde elettromagnetiche. A differenza di quelle dei raggi X o gamma, quelle del telefono non sono in grado di spezzare legami chimici o ionizzare il corpo umano e sono per questo motivo infinitamente meno nocive. La pericolosità delle emissioni si misura in SAR, che sta per «Specific Absorption Rate», Tasso di Assorbimento Specifico, un valore che misura l’energia elettromagnetica assorbita dal corpo umano per unità di massa. È uno strumento di indagine che si applica a tanti dispositivi (compresi i router Wi-fi) ma per gli smartphone è particolarmente importante perché l’uso che ne facciamo prevede che siano per ore a stretto contatto con il nostro corpo. In Europa il limite di sicurezza per il valore SAR è 2,0 Watt per Kg. Ogni telefono ha un suo valore SAR, che per legge quindi non può mai superare questa soglia, al di sotto della quale però i valori oscillano molto. L’Ufficio Federale tedesco per la protezione delle radiazioni ha una lista completa delle radiazioni che il sito Statista ha sintetizzato in un’efficace infografica che racchiude i dispositivi con valore più alto (quindi più vicino alla soglia critica) e quelli virtuosi, con le emissioni elettromagnetiche più basse.
I migliori e i peggiori del momento. Non è detto che questo dato debba essere preso in considerazione tra quelli decisivi prima di comprare uno smartphone, ma sono valori che è bene conoscere per fare le proprie scelte in modo informato. Nell’ultimo aggiornamento dell’Ufficio Federale Tedesco, l’Mi A1 di Xiaomi fa riscontrare i valori di emissioni più alti, con un SAR di 1,75, segue al secondo posto One Plus 5T, con 1,68, e poi cinque modelli Huawei (Mate 9, P9 Plus, GX8, P9 e Nova Plus), con un dato SAR che oscilla tra 1,64 e 1,41. Nella lista dei quindici con più emissioni elettromagnetiche ci sono anche l’iPhone 7 (SAR 138) e l’iPhone 8 (SAR 1,32). Nella lista dei telefoni con minori livelli di emissioni spiccano invece il Samsung Galaxy Note 8 e ZTE Axon Elite, a pari merito al primo posto con il valore più basso di tutto il parco smartphone mondiale, un eccellente 0,17. Si comportano molto bene anche LG G7 (0,24), Google Pixel XL (0,25), i Samsung Galaxy S8+ (0,26) e S7 Edge (0,26).
I consigli per tenere l’elettrosmog sotto controllo. L’informazione più importante da tenere a mente è che l’esposizione alle onde elettromagnetiche degli smartphone crolla con la distanza dal dispositivo: bastano 30-40 centimetri per essere in una situazione di totale sicurezza. La principale interazione tra la radiofrequenza e il corpo umano è il surriscaldamento dei tessuti: la maggior parte dell’energia viene assorbita dalla pelle e dagli altri tessuti superficiali, prima di arrivare al cervello o ad altri organi. Il momento più critico, dal punto di vista delle emissioni elettromagnetiche, sono le telefonate, quindi tenete sotto controllo la durata e la lunghezza e, quando possibile, usate degli auricolari. Inoltre. migliore è la ricezione telefonica e minori sono le emissioni, che invece aumentano quando «non c’è campo» e provate ugualmente a telefonare. Altri consigli utili arrivano dalla Società Italiana di Medicina Ambientale: evitate di dormire tenendo lo smartphone e radiosveglie sul comodino, limitatene l’uso da parte dei bambini e in generale all’interno di un’auto in movimento.
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IL PICCOLO - VENERDI', 26 ottobre 2018

 

 

Da Roma pietra tombale sull'Alta velocità fra Venezia e Trieste
Approvato il contratto fra ministero dei Trasporti e Rete ferroviaria italiana che prescrive il ritiro dei progetti abbandonati per potenziare le tratte esistenti
Trieste - La commissione Lavori pubblici del Senato dà il via libera allo schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Rete ferroviaria italiana, un documento che prevede un incremento di risorse per gli investimenti ferroviari pari a 13,2 miliardi di euro. Secondo il Movimento 5 Stelle, il via libera contiene però anche l'altolà all'Alta velocità in Friuli Venezia Giulia. La «pietra tombale» dei progetti Tav da Venezia a Trieste, sottolinea Stefano Patuanelli, capogruppo grillino a Palazzo Madama. Nel contratto, sostiene il movimento di governo, compaiono un paio di prescrizioni che richiamano alla memoria l'ipotesi che aveva spaventato per anni il Carso. Per gli interventi 0291 Linea Av/Ac Venezia-Trieste tratta Venezia-Ronchi dei Legionari e 0262 Linea Ac/Ac Venezia-Trieste tratta Ronchi dei Legionari-Trieste, si legge, «si proceda con il ritiro dei progetti in quanto definitivamente abbandonati nel 2014, dopo aver concluso le procedure di Via con esiti negativi». I fondi risparmiati? Da utilizzare, come da progetto 0365 da 1,8 miliardi di euro, per ammodernare e potenziare la linea esistente. Un secondo ritiro di progetto è previsto pure per l'intervento 1604B Nuova linea Trieste-Divaccia, attualmente in fase di progettazione preliminare, con utilizzo dei relativi fondi per l'intervento 1604A di potenziamento della linea attuale. Nel dossier, accanto alle prescrizioni, compaiono anche alcune osservazioni, informa ancora il M5s. Per la "variante Ronchi-Bivio Aurisina", lì dove il progetto di potenziamento attualmente dispone la realizzazione di una nuova linea tra Ronchi Aeroporto e Aurisina con contestuale adeguamento della fermata di Ronchi Aeroporto, si suggerisce di «valutare l'immediato ritiro del preliminare e lo studio di nuove soluzioni di efficientamento». Mentre per la "variante di Latisana" si chiede di «valutare attentamente l'opportunità di costruire un nuovo ponte sul fiume Tagliamento, viste le numerose esondazioni registrate negli ultimi anni che hanno costretto la Regione a ripetuti interventi di adeguamento e messa in sicurezza, e la funzionalità di costruire la nuova stazione di Latisana in una zona al di fuori del centro abitato». Un quadro complessivo che Patuanelli legge come «una grande vittoria M5s che da sempre si batte contro le opere inutili». Con la Lega c'è stato sostanzialmente un "do ut des". I pentastellati hanno dato parere favorevole, ma hanno preteso alcune condizioni. La Tav sembrava essere peraltro già in archivio visti i pareri negativi Via per l'impatto di un'opera ciclopica nella Bassa friulana e nel Carso, ma anche per i costi esorbitanti: 7 miliardi di euro per le sole spese in Fvg. E invece, dopo aver letto nel testo "nuova linea", i grillini hanno sentito puzza di bruciato all'interno di un contratto Mit-Rfi che avrebbe dovuto essere ratificato dallo scorso Parlamento e invece è rientrato all'ordine del giorno di questo avvio di legislatura. «Il governo Gentiloni, che pure aveva fatto nascere quell'accordo, non se ne era poi occupato - ricostruisce Patuanelli -, a conferma di quanto fosse interessato ai temi della sicurezza infrastrutturale e ferroviaria. Alla nostra lettura, in due passaggi del documento si rimetteva mano ai 28 chilometri di galleria che devasterebbero il Carso con risparmi complessivi in termini di tempo, tra Mestre e Trieste, di non più di 11 minuti. Con questo definitivo stop si procederà finalmente al potenziamento della linea esistente». Il voto in commissione viene commentato con soddisfazione dal ministero dei Trasporti. «Siamo orgogliosi - si legge in una nota - di un incremento di risorse superiore ai 13 miliardi, soldi che serviranno per potenziare tratte, metterne in sicurezza altre e, in generale, per garantire a tutti coloro che usano il treno per viaggiare un servizio eccellente, degno di un Paese civile». Tra le opere sovraregionali viene citata anche la linea Venezia-Mestre-Udine, con un'assegnazione di 220 milioni, metà dei quali riguardano però il ripristino della linea dei Bivi di Venezia Mestre. Dopo il via libera da parte delle Camere, ora il contratto sarà sottoscritto dal Mit e da Rfi e, successivamente a un Decreto di approvazione e alla sua registrazione da parte della Corte dei conti, entrerà in vigore.

Marco Ballico

 

Serracchiani contro i pentastellati «Colpo di freno già dato nel 2016»
Razeto di Confindustria: «Ciò che conta è far viaggiare i treni a 200 all'ora e intervenire sui binari attuali lo consentirà» Il Wwf: «Una buona notizia»
TRIESTE - Il M5s che stoppa la Tav? Una lettura che Debora Serracchiani incenerisce. «Il loro modo di governare è nauseante», dichiara l'ex governatrice ricostruendo la storia del progetto. I 5 Stelle, prosegue la deputata dem, «erano e restano dei venditori di bufale un tanto al chilo: il progetto dell'alta velocità Venezia-Trieste non esiste più da anni, eppure la vendono come se fosse la grande rivoluzione di questa legislatura. Ovviamente si sono inventati loro anche la "Cura del ferro", che ha portato in giro per l'Italia il ministro Delrio». Serracchiani risponde alle dichiarazioni di Arianna Spessotto, portavoce del M5s alla Camera e relatrice del provvedimento in commissione, che ha rivendicato, come poi anche il capogruppo Stefano Patuanelli, l'eliminazione dell'Alta velocità Venezia-Trieste. «Già nel 2016 Delrio aveva dato il colpo di freno decisivo - ricorda Serracchiani - e la Tav nel 2017 era uscita dall'allegato Infrastrutture che ha accompagnato il varo del Def. C'era invece, e rimane, la velocizzazione della Venezia-Trieste a carico di Rfi per 1,8 miliardi. Ed è scritto anche nel documento attuale che "la nuova struttura del contratto di programma dipende dalle richieste formulate dal Cipe in sede di approvazione dell'aggiornamento 2015, dell'aggiornamento 2016 del contratto oltre che dal parere reso sullo schema il 7 agosto 2017». I grillini? Per Serracchiani, «oltre a essere incompetenti, danno la chiara sensazione che a loro non importa la sostanza delle cose: pensano solo a quando correranno a farne comunicazione e propaganda». Nemmeno industriali e ambientalisti credono che il voto in commissione abbia cambiato la storia, nella convinzione che il progetto dell'Alta velocità, soprattutto causa costi, non fosse più praticabile. «Pareva realmente un'opera irrealizzabile - osserva Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste e Gorizia -. Quello che conta è che i treni possano viaggiare a 200 chilometri all'ora e credo che il potenziamento dell'esistente possa consentire di centrare questo obiettivo. Di infrastrutture, tuttavia, c'è assolutamente bisogno e a me fa paura che per principio si bocci qualsiasi proposta». Non troppo diverso il ragionamento di Antonio Paoletti, presidente camerale: «Il treno si è perso per i tentennamenti sul tracciato che hanno riguardato molto più il Veneto del Fvg. La crisi economica ha fatto il resto e si è optato per un riammodernamento che speriamo si possa concretizzare. Ma Trieste, in una fase di esplosione del turismo, dell'economia, della logistica e del porto, rimane nel cul-de-sac. Non dimentichiamo che la terza corsia si fermerà a Villesse, quando invece dovrebbe arrivare fino alla congiunzione con la superstrada che porta in Slovenia». Il delegato regionale del Wwf Alessandro Giadrossi si limita invece alla «buona notizia». L'associazione si è del resto più volte espressa negativamente sulla Tav: «Riammodernando l'esistente, si raggiungeranno gli stessi risultati».

 

 

Contovello dice stop alle auto «Velocità e smog inaccettabili»
Residenti esasperati dagli attraversamenti del paese da parte di chi non ci vive - «Violano pure il divieto di transito a caccia di scorciatoie pensando di fare prima»

TRIESTE - Un paese dalle dimensioni lillipuziane che i forestieri, ma anche alcuni residenti, scambiano per Montecarlo in tempo di gran premio, transitandovi a velocità folli. Con grave pericolo per quei pedoni sempre più spauriti di fronte a un traffico veicolare in continuo aumento. Di viabilità, traffico e parcheggi a Contovello si è parlato in un'assemblea pubblica organizzata dalla Circoscrizione Altipiano Ovest presieduta dalla numero uno del parlamentino Maja Tenze. Tante le questioni, su tutte la necessità di riportare l'ordine nella borgata.«Nel centro storico si corre troppo - afferma il residente Roberto Cattaruzza, già presidente del parlamentino nella scorsa consiliatura - e non pare azzardata la richiesta di riservare il passaggio ai frontisti. C'è chi chiede una colonnina a scomparsa, io mi accontenterei di dissuasori di velocità. Ricordo che il Comune era contrario a quest'indicazione, eppure potrebbe essere una buona soluzione, se pensiamo che sulla dorsale che percorre il cuore di Contovello non ci sono marciapiedi e molti usci di casa si affacciano sulla strada. Sarebbe poi importante provvedere alla manutenzione del selciato corroso, pieno di buche e con i tombini non livellati, continuo pericolo per gli scooteristi e gli stessi pedoni». Nella parte meridionale del paese c'è un'altra criticità che attende risposta. Nel tratto di strada del Friuli che porta alla doppia curva che introduce al paese, una bretella di circa 200 metri dalla forte pendenza rappresenta una scorciatoia utilizzata quotidianamente da decine di automezzi. «I loro conducenti puntualmente eludono il segnale di divieto di transito ben visibile - spiega Dusan Krizman, uno dei frontisti - e passano di fronte alle nostre case, dando ulteriore gas ai propri mezzi per evitare di restare al passo degli autobus di linea. Il traffico diventa intenso nelle ore di punta e al mattino, quando la gente si reca al lavoro e a scuola. La cosa più assurda è che il passaggio sulla scoscesa bretella consente loro un risparmio di tempo effimero. In cambio ci mettono costantemente in pericolo e ci sottopongono all'inquinamento dei loro scarichi». Sempre in tema di sicurezza, si chiede inoltre l'installazione di una telecamera in prossimità del vecchio laghetto di Contovello. La via che vi corre a fianco, a collegare strada del Friuli con il borgo di Santo Stefano, è un altra piccola arteria dove spesso si pigia l'acceleratore con troppa facilità e dove mancano gli attraversamenti pedonali tra area giochi e specchio d'acqua.

Maurizio Lozei

 

LE ISTANZE - "Barriere" e dissuasori per difendere il borgo
Nell'assemblea si è fatta largo persino l'idea di riservare il transito nel centro di Contovello ai frontisti con una colonnina a scomparsa e dissuasori utili a contenere le alte velocità praticate da diversi imprudenti automobilisti. L'intento è di ristabilire un minimo di sicurezza in un borgo dalle caratteristiche quasi venete, con viuzze e androne talmente anguste e strette da assomigliare a calli e vicoli.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 ottobre 2018

 

 

Fitorimedio in partenza in piazzale Rosmini via Giulia e a Servola
Regione, Comune e Arpa hanno presentato l'avvio dei lavori di bonifica ambientale legati al piano pilota di monitoraggio costante
Per far fronte all'emergenza dell'inquinamento diffuso emerso nel 2016 dalle indagini "top soil", partirà a giorni l'adozione dell'innovativo metodo di fitorisanamento. Ieri, Comune di Trieste, Regione e Arpa Fvg hanno infatti annunciato l'avvio dei lavori di bonifica ambientale attraverso questo rimedio sperimentale da applicare nelle aree verdi di piazzale Rosmini, Giardino pubblico di via Giulia e pineta di Servola. Ma in che cosa consiste il "fitorimedio"? «La terra inquinata - spiega il direttore dell'Arpa, Luca Marchesi - verrà piantumata con un certo tipo di vegetale che innanzitutto interdice il passeggio diretto su queste zone. Nel tempo andremo a verificare l'effettiva capacità di queste essenze di assorbire e depurare naturalmente il terreno». Grazie a dei deposimetri, l'Università di Trieste e l'Arpa svilupperanno studi e simulazioni per individuare le sorgenti inquinanti, permettendo dunque all'amministrazione comunale - ieri presente con l'assessore Elisa Lodi, affiancata dal consigliere di FdI Salvatore Porro - di capire se sia necessaria la modifica della viabilità e del traffico o se installare manti di erba sintetica, più facilmente pulibili, in zone scolastiche. Questo piano di gestione si configura inoltre come "pilota": per la prima volta infatti, viene adottato in una città italiana e sperimentato nel contesto di vita reale urbana di piazzale Rosmini, ponendosi come obiettivo quello di «trasformare l'emergenza in gestione ordinaria» ed eventualmente di diventare una misura da includere ordinariamente nell'azione anche di altre regioni. Per quanto riguarda le opere pubbliche, il fitorisanamento costituisce una seconda trance di lavori: con il contributo regionale di 350 mila euro è stato effettuato infatti un primo lotto di interventi nelle scuole di via Svevo, mentre in piazzale Rosmini è già stata individuato un appalto per la piantumazione. «Con la collaborazione dell'Istituto superiore di sanità e del ministero dell'Ambiente, intendiamo attuare un monitoraggio ordinario di quelli che sono questi siti inquinati, andando, con questo studio, a capire quali sono i rimedi. Stiamo cercando di immaginare degli strumenti di gestione del problema»: così l'assessore regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro.

Stefano Cerri

 

 

Muggia, decolla la differenziata - Dal 46% al 72% in quattro mesi
L'impennata si è registrata in seguito all'avvio del regime del "porta a porta" - Marzi: «Merito dei cittadini». L'assessore Litteri: «E ora la tariffa puntuale»
MUGGIA«La percentuale di differenziata a Muggia è passata dal 46% del gennaio 2018 al 72% dello scorso agosto». A comunicare le cifre che testimoniano l'impennata della raccolta dei rifiuti in questi ultimi mesi è Massimo Fuccaro, il direttore generale di Net, l'azienda partecipata che si occupa della gestione del "porta a porta". Non va trascurato il fatto che la media dell'anno, calcolata fino ad agosto, sia aumentata già da gennaio nonostante solo nella metà dei mesi considerati ci sia stata una raccolta differenziata "integrale", per la precisione da maggio ad agosto, dato che nel mese di aprile era ancora in vigore una raccolta "mista". Per questo il sindaco Laura Marzi osserva che «26 punti percentuali in quattro mesi costituiscono un dato davvero importante. Siamo davanti al segno tangibile del grande impulso che l'impegno dei muggesani sta dando a questo sistema di raccolta. Di certo c'è ancora molto da fare, anche in termini di perfezionamento del sistema, ma i numeri ci confortano». Secondo i dati Arpa riferiti alla fine del 2017 e riportati da Legambiente, Muggia - affiancata al 46% anche da Duino Aurisina - superava dunque di ben poco la percentuale del 40% del Comune di Trieste. Meglio Monrupino con il 50%, ma decisamente più distanti i comuni in cui era già in vigore la differenziata, ossia San Dorligo della Valle con il 65% e Sgonico con il 69%. I numeri risultano ancora più significativi considerando, poi, la produzione di rifiuti urbani pro capite. Sempre secondo i dati Arpa riferiti alla fine del 2017, Muggia seguiva solo Monrupino (727 chili) e Duino (637) nel quantitativo di rifiuti che ciascun cittadino aveva prodotto quell'anno. In media, l'anno scorso ogni muggesano aveva infatti prodotto ben 577 chili di immondizie contro i 465 di un triestino e i 292 di un abitante di San Dorligo. I dati, discussi a Muggia in occasione dell'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e opportunità", hanno dato il via alla comunicazione di una serie di dati molto interessanti. A un aumento della percentuale della differenziata, che in un caso, lo scorso maggio, ha superato addirittura il 77%, coincide infatti un calo del rifiuto indifferenziato, passato dalle quasi 320 tonnellate di gennaio alle 149 di settembre. Di pari passo, l'organico è cresciuto dalle 23 tonnellate al mese a una media di quasi 70. Soddisfatta Laura Litteri, assessore all'Igiene urbana: «Muggia sta andando nella direzione giusta. Ora il nostro impegno va nel voler premiare i comportamenti virtuosi ed è per questo che il mese scorso ho convocato un tavolo di lavoro in modo da verificare le modalità di applicazione della cosiddetta "tariffa puntuale" al fine di incentivare il contenimento della produzione dei rifiuti e potenziare la pratica della raccolta differenziata per dare al cittadino la sicurezza di pagare in proporzione alla quantità di rifiuto indifferenziato prodotta, vedendo cosi premiati i propri sforzi».

Riccardo Tosques

 

 

Pirogassificatore -  Super esperto ambientale ospite sabato a Duino
DUINO AURISINA - Si tornerà a parlare di pirogassificatore sabato a Duino. Sarà un illustre ospite, Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, a tenere una lectio magistralis sul tema delle nanoparticelle e delle conseguenze che può provocare sulla salute delle persone la realizzazione di un impianto come quello che intende costruire a San Giovanni di Duino il Gruppo Burgo. Tamino, autore di numerosi scritti in tema di ambiente e biotecnologie, parlerà al Centro congressi del Castello dei Torre e Tasso, alle 10.30. L'incontro è organizzato dal Gruppo Salute e Ambiente e rappresenta il completamento di un percorso iniziato ad agosto, con le prime riunioni spontanee tra cittadini, venuti a conoscenza del progetto, durante il quale si sono svolte due pubbliche assemblee, una a Medeazza e una al Villaggio del Pescatore, entrambe molto partecipate.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 ottobre 2018

 

 

La Lega dribbla i Comuni e apre ai maxi aumenti delle cubature degli hotel
Previste crescite fino al 60% in deroga ai Piani regolatori. Ampliamenti in vista anche per le abitazioni private. Il Pd grida allo scandalo: «Vogliono ecomostri»
Trieste - Ampliare alberghi, attività economiche e abitazioni in deroga a quanto previsto dai piani regolatori comunali. È questa la ricetta della Lega per rilanciare il settore edilizio, secondo i contenuti della legge "omnibus" firmata dai consiglieri regionali del Carroccio. Dopo il bastone per gli hotel che ospitano richiedenti asilo, arriva la carota per tutti gli altri e per i costruttori, perché la proposta di legge attua una deregolamentazione che consente di allargare fino al 60% superficie o cubatura attuale. Il provvedimento è pensato per il restauro di tutte le strutture ricettive alberghiere, che potranno estendere volume o metri quadrati del 40%, senza che i Comuni possano opporsi come stabilito invece dalle norme attuali. Le vecchie regole prevedevano ampliamenti fino al 35%, ma il centrosinistra li aveva limitati a 200 metri cubi complessivi. Oggi si torna a salire e, nel caso degli alberghi, il 40% può ottenere un altro 20% di bonus: nel caso di interventi di efficientamento energetico, nel caso in cui i lavori consentano di aumentare le stelle della struttura e nel caso di un 60% del capitolato acquistato da imprese con sedi in Friuli Venezia Giulia. Sulla carta la quota può tuttavia finire per essere anche più consistente: per le realtà che detengono quattro stelle o che possono ottenerle grazie al restauro, la creazione di piscine, aree relax e zone fitness non finirà nel conteggio della cubatura. La "omnibus" toglie inoltre il limite alla sopraelevazione e lo fa per tutte le attività economiche e per le abitazioni private. In questi casi la possibilità di crescita in altezza o in superficie vale il 50% della superficie esistente, ma non oltre i mille metri quadrati: il limite fissato dal centrosinistra era di 200 metri cubi. Per procedere con i lavori sarà sufficiente ottenere autorizzazione rispettivamente allo sportello unico per le imprese o a quello per l'edilizia. Con la norma leghista una villetta di 200 metri quadrati potrà arrivare a 300, mentre con il centrosinistra si sarebbe fermata a 270. Ampliamenti fino all'80% e non oltre i cinquemila metri quadrati sono possibili invece solo per le attività produttive, ma serve il via libera dei consigli comunali. A incentivare le ristrutturazioni c'è infine la prevista esenzione dalla cosiddetta tassa Bucalossi, che può pesare anche il 20% sul valore di un restauro, fra percentuale sul costo di costruzione e quota forfettaria a copertura delle spese dei servizi da parte dell'ente locale. Un modo per convincere al recupero piuttosto che a una nuova costruzione. La Lega presenta infatti la legge come un «no chiaro e forte a ulteriore consumo di suolo». Il ragionamento è che un terreno è riconosciuto edificabile per intero e dunque poco conta l'ampliamento di una struttura al suo interno: ed è in questa logica che rientra il divieto ad ampliare le zone commerciali e a ridurre quelle agricole. La norma divide la politica. Per i leghisti Mauro Bordin e Lorenzo Tosolini, «sono misure di sviluppo che riguardano aree già utilizzate, dunque già considerate suolo consumato. Il nostro obiettivo è concentrare gli interventi sul patrimonio esistente e sviluppare l'economia: meglio ampliare la casa posta sul proprio terreno edificabile che costruirne una ex novo. Per questo promuoviamo gli investimenti per migliorare la qualità della ricettività alberghiera, perché il turismo è una risorsa importante del Fvg e servono strutture all'altezza. Con questa misura si recupereranno tante strutture abbandonate». Per il segretario del Pd Fvg, Salvatore Spitaleri, «siamo tornati allo stile speculativo anni '90. Mentre i comuni turistici puntano sulla qualità ambientale degli insediamenti, la proposta guarda alla quantità, come se non esistesse una pianificazione complessiva. La Lega non ha mai badato troppo quando si è trovata a decidere sul consumo di suolo, ma queste sono deroghe esorbitanti. Non possiamo più accettare ecomostri costruiti in deroga ai piani regolatori, calpestando cittadini e territorio».

Diego D'Amelio

 

Lo sdegno ambientalista e l'apprezzamento di costruttori e artigiani
Wwf e Legambiente parlano di mossa «ingiustificabile che rischia di alimentare speculazioni»
Pieno appoggio invece dall'Ance che invita ora a condividere l'operazione con le Soprintendenze
Trieste - Da una parte i costruttori, dall'altra gli ambientalisti. Inevitabilmente divisi dall'annuncio del provvedimento che può fare aumentare fino al 60% il volume delle strutture alberghiere e incide pure sulle possibilità di ampliamento delle case private. Operazioni in deroga che non piacciono per nulla a Legambiente. «Non c'è un solo presupposto che le giustifichi - commenta il presidente regionale Sandro Cargnelutti -. Anzi, i dati sul consumo del suolo suggeriscono esattamente la direzione opposta». Mentre Ance Fvg, con il presidente Andrea Comar, non ha dubbi: «Non posso che esprimere apprezzamento per le misure normative che si prefiggono l'introduzione di diverse semplificazioni procedurali funzionali tra l'altro a garantire tempi certi». Comar non dimentica tuttavia un suggerimento: «Mi auguro che queste modalità siano anche condivise con i Comuni e la Soprintendenza per giungere a definire regole che trovino poi applicazione su tutto il territorio regionale in modo omogeneo, non consentendo deroghe ai territori che vanificherebbero la visione strategica della Regione». Dall'Ance arriva pure un rilievo ambientale: «Come ribadito in occasione delle recente audizione in quarta commissione, va anche colta l'occasione di questa proposta per fornire alle stazioni appaltanti precise e univoche indicazioni sull'utilizzo del riciclato nei rilevati stradali nel rispetto dei principi dell'economia circolare, di cui tutti condividono lo spirito e le finalità ma solo nei convegni. Le imprese gradirebbero invece attuare la sostenibilità ambientale anche nella loro quotidianità di cantiere». A promuovere il ddl del centrodestra è anche Graziano Tilatti. Il presidente regionale di Confartigianato parla di «buona notizia, in particolare per le zone balneari che avranno il permesso di ampliare e riqualificare strutture ricettive spesso non al passo con i tempi. Siamo sulla strada giusta - prosegue- per fornire migliori servizi ai cittadini, recuperando edifici esistenti, e per dare una mano a un comparto ancora in difficoltà». Da parte di Legambiente c'è invece totale contrarietà. A conforto della tesi, secondo il presidente Cargnelutti, arrivano i numeri: «L'Ispra certifica che il Fvg è la quinta regione per consumo di suolo: 8,9% contro il 7,7% della media italiana. Anche in anni in cui la crisi delle costruzioni ha prodotto un rallentamento del fenomeno, il problema rimane irrisolto, alimentando speculazioni e abusivismo a danno del territorio». E dunque, di fronte a un segnale «certamente non buono» dalla maggioranza, «chiederemo un incontro alla Regione, in particolare agli assessori a Infrastrutture, Risorse agricole e Ambiente per capire e presentare le nostre proposte alternative». Sulla stessa linea il delegato regionale del Wwf Alessandro Giadrossi: «Tra piani casa e piani alberghi non si capisce a cosa servono i piani regolatori». Ricordando pure lui l'audizione in commissione, l'avvocato triestino si stupisce che sia tra l'altro stato predisposto «un provvedimento ad hoc quando invece in quell'occasione si è parlato di riforma della legge urbanistica. È un controsenso come anche aumentare i volumi degli alberghi, che rischiano di trasformarsi in strutture semiresidenziali, in una fase in cui funziona ovunque la ricettività diffusa».

Marco Ballico

 

 

Sentenza negli USA - Condanna per glifosato - Bayer crolla in borsa
Milano - Bayer crolla in Borsa a Francoforte dopo la condanna negli Usa per gli effetti di un diserbante a base di glifosato che avrebbe causato la grave malattia di un giardiniere in California, Dewayne Lee Johnson. A fronte di un danno quantificato in 78,6 milioni di dollari (68,38 milioni di euro) dal Tribunale di San Francisco, il titolo lascia sul campo oltre l'8% a 70,53 euro. Il Tribunale Usa ha rigettato le osservazioni del Gruppo tedesco, che sosteneva non ci fossero prove per affermare che il diserbante sarebbe la causa del tumore. Bayer ha annunciato di voler ricorrere in appello per la sentenza, nonostante lo sconto della multa rispetto ai 289 milioni di dollari iniziali richiesti dalla giuria lo scorso 10 agosto. Il Gruppo tedesco ha tempo fino al prossimo 7 dicembre per accettare l'ammenda totale di 78,6 milioni di dollari, ha affermato il giudice Suzanne Ramos Bolanos, ma se Johnson non accetta il risarcimento Bayer dovrà affrontare un nuovo processo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 ottobre 2018

 

 

Punta Grossa, no al progetto di un centro vacanze Nato
L'idea proposta già nel 2009 dall'allora governo Bratusek. Cittadini contrari - Il sindaco Strmcnik: «Contrario al piano ambientale, si edifichi a Santa Caterina»
LUBIANA - Il Comune di Ancarano scopre la propria vocazione ecologista e così, se da una parte pone le basi con lo Stato per diventare la prima città del Paese senza sacchetti di plastica, dall'altra vuole tutelare a denti stretti il Parco naturale di Punta Grossa (Debeli Rtic) opponendo il rifiuto al progetto del governo che vuole ubicare proprio nella penisola verde un centro vacanze per i soldati della Nato. Il sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik ha proposto quale ubicazione alternativa quella di Santa Caterina.Dopo essere riusciti a far dichiarare Punta Grossa Parco naturale regionale ad Ancarano si oppongono con tutte le forze ai progetti dell'esecutivo che vorrebbe far costruire nelle aree agricole della piccola penisola un centro di riposo e vacanze per i militari dell'Alleanza Atlantica e le loro famiglie, centro formato da numerose palazzine, da una piscina e da parcheggi che costituirebbero una vera e propria colata di cemento nel cuore di un'area verde. Al progetto ci aveva lavorato nel 2009 già il governo sloveno allora guidato da Alenka Bratusek. Questo prevedeva la costruzione di un complesso ricreativo su 2,3 ettari di terreno con 175 posti letto per una spesa complessiva di 15 milioni di euro. Se lo Stato volesse portare a termine il progetto il ministero della Difesa sloveno dovrebbe acquistare circa 10 mila metri quadrati di terreno agricolo. Ferma, come detto, l'opposizione all'opera del sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik il quale ha offerto al governo quale sito alternativo quello di Santa Caterina dove già esiste una caserma della Marina slovena. «Non sono d'accordo con questo scenario visto poi che il Piano d sviluppo ambientale del Comune di Ancarano non permette simili edificazioni nel Parco naturale di Punta grossa».Dalla parte del sindaco c'è anche la proclamata volontà ecologista dei suoi concittadini fortemente contrari a una urbanizzazione selvaggia della cittadina e che anzi hanno espresso la volontà di dare vita a un progetto pilota, il primo in Slovenia, in base al quale, con la collaborazione del ministero dell'Ambiente e delle organizzazioni ambientaliste, che porterà Ancarano ad essere totalmente libera dai sacchetti di plastica. L'iniziativa mira così a una concreta tutela dell'ambiente marino già fortemente inquinato da materiale plastico.«Gli abitanti di Ancarano - spiega ancora il primo cittadino - vedono in questo progetto la possibilità per il proprio comune e il proprio Paese di dare vita a uno sviluppo duraturo e a lungo termine del rispetto ambientale, rispettando così anche quelli che sono i dettami dell'Unione europea».Quindi la parola d'ordine in queste ore ad Ancarano è: «Giù le mani dal Parco naturale di Punta Grossa».

Mauro Manzin

 

 

Energia prodotta al casello dalle vetture in frenata: al via il progetto di Autovie
Il piano Lybra consente di trasformare il traffico in risorsa: sarà installato prima a Cordignano (Treviso) per approdare anche al Lisert
TRIESTE - Produrre energia elettrica pulita attraverso - è questo il paradosso - uno degli oggetti più inquinanti, ovvero le auto. Sarà possibile con Lybra, un dispositivo atto a recuperare energia dal traffico, nato e sviluppato da un'idea completamente italiana. Come funziona? «Si tratta - ha spiegato Andrea Pirisi, Ceo e fondatore della startup Underground Powers - di un sistema di dinamo ricoperte da uno strato di gomma vulcanizzata compressa, che vengono stimolate durante il passaggio veicolare a velocità ridotta, sfruttando, quindi, l'energia cinetica del veicolo e dissuadendolo, nel frattempo, a superare un certo limite di velocità». Si tratta di un progetto innovativo a livello mondiale, anche se «ci sono stati tentativi - ha sottolineato Pirisi - ma tra questi nessuno ha superato la fase extra laboratoriale. Siamo stati noi, nel 2014, a implementarlo per primo, all'interno di un centro commerciale. Si tratta di un dispositivo che, se ben manutenuto, ha un ciclo di vita infinito». Autovie Venete ha fiutato l'affare sposando il progetto e diventando, così, pioniera tra le infrastrutture italiane in questi ambiti: «si tratta - ha illustrato Maurizio Castagna, presidente di Autovie Venete - di un sistema capace di convertire l'energia cinetica dei veicoli in transito ed in rallentamento, assorbendo di fatto la loro decelerazione e convertendola in energia elettrica. Abbiamo individuato, come prima area d'installazione, la pista Telepass del casello di Cordignano (TV) sulla A28, che conta un passaggio giornaliero di circa 6.000 veicoli al giorno che rappresentano un potenziale di 16.000 kWh/anno di energia prodotta, pari al fabbisogno di 5 abitazione abitate da quattro persone. L'installazione di Cordignano abbisognerà di circa 15 giorni per installare il dispositivo». Con un occhio all'ambiente perchè, sempre a detta di Castagna «la vera sfida è quella di riuscire a trasformare il traffico in produttore di energia, obiettivo ambizioso ma adesso potenzialmente perseguibile, specie se si pensa che sulla rete da noi gestita circolano 50 milioni di veicoli all'anno. D'altro canto è nota la particolare attenzione che Autovie Venete pone nei confronti della tutela ambientale: basti pensare ai sistemi di monitoraggio del traffico e delle merci pericolose, oppure agli impianti di filtraggio e pulizia delle acque attraverso l'utilizzo di sistemi di fitodepurazione. Abbiamo ridotto - ha concluso Castagna - del 5% l'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili, ovvero 3 mila tonnellate di petrolio equivalente». Intanto si parla anche di un prossimo installazione che potrebbe riguardare la barriera di Trieste Lisert. Partner commerciale di Undergorund Power è Intermatica, che si è posta la mission di ricercare e sviluppare nuove tecnologie: «abbiamo intuito - ha esordito Marco Orsini, vice presidente di Intermatica - le grandi potenzialità di Lybra nel settore del recupero dell'energia, proprio come venti anni fa abbiamo, per primi, creduto nella tecnologia delle comunicazioni satellitari. Abbiamo ottimizzato le funzionalità del sistema integrandolo con la nostra conoscenza e la nostra esperienza nella gestione e trasmissione dei dati».

Luigi Putignano

 

 

Giorgi: non basta la carbon tax per ridurre l'emissione di gas
Per il climatologo dell'Itcp, non bastano le misure proposte dall'economista Nordhaus, premiato con il Nobel per le sue preziose ricerche
L'economista William Nordhaus è stato recentemente premiato con il Nobel per le sue ricerche che uniscono mercato e ambiente, mostrando come il rimedio più efficace per risolvere i problemi causati dalle emissioni di gas serra sia una carbon tax globale uniformemente imposta a tutti i Paesi. In questo modo, dice lo scienziato, si condiziona il mercato e si spingono imprese e consumatori ad adottare soluzioni a basso impatto e più convenienti. Il premio è arrivato quasi in contemporanea all'ultimo rapporto dell'Ipcc, il più autorevole organismo internazionale dedicato al cambiamento climatico premiato col Nobel nel 2007, che ha lanciato un allarme sulla necessità di intervenire al più presto possibile per evitare una catastrofe dai confini difficili da prevedere. Ne abbiamo discusso con Filippo Giorgi, climatologo dell'Ictp, membro dell'Ipcc e autore del recente libro "L'uomo e la farfalla". Nel libro, che affronta la questione del riscaldamento globale sotto diversi aspetti, Giorgi si sofferma anche sulla questione della sostenibilità economica dell'energia green. Questa energia secondo lo scienziato è sempre più competitiva, sempre più conveniente e autentica alternativa per ridurre i danni sull'ambiente e anche i conseguenti danni economici in settori chiave come quello agricolo e quello delle risorse idriche. «Nordhaus è stato il primo a combinare modelli economici e modelli climatici - commenta Giorgi -. Ma anche se la carbon tax è un modo per limitare le emissioni io non credo che siano possibili imposizioni di questo tipo a livello globale. L'abbiamo già visto con il protocollo di Kyoto, l'unico accordo mondiale vincolante: se nazioni come gli Stati Uniti, che da soli producono più del 20% dei gas serra a livello mondiale, decidono di non adeguarsi alla normativa la sua efficacia viene fortemente compromessa. Ritengo piuttosto che la spinta verso l'economia green debba venire dal basso, dalla società civile e dalle imprese. Già oggi l'uso di energie da alcune fonti rinnovabili, come l'idroelettrico e l'eolico, è conveniente, considerando il rapporto tra l'energia prodotta e quella utilizzata per produrla. Diminuisce invece la convenienza dei fossili, perché, per esempio, è sempre più difficile estrarre petrolio e trasportarlo. L'Italia, evidenzia Giorgi, è abbastanza virtuosa da questo punto di vista: già oggi il 20% dell'energia elettrica viene da fonti rinnovabili ed è in crescita. Anche nei paesi emergenti, come Cina e India, ci si è resi conto dei gravi danni alla salute prodotti dall'inquinamento e ci si muove in direzione delle rinnovabili: con l'iniziativa Solar Mission, per esempio, l'India mira all'installazione di pannelli solari in tutte le abitazioni entro il 2030. Lo scenario "business as usual", dice Giorgi, non è comunque praticabile, perché produrrebbe uno sconvolgimento climatico disastroso, che potrebbe compromettere lo sviluppo sostenibile della società come oggi la conosciamo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 ottobre 2018

 

 

Muggia ritrova Acquario: tre aree di nuovo accessibili

Via libera di Arpa e Regione: approvate le bonifiche del primo lotto del terrapieno - Riaperti due punti parcheggio e la passeggiata da 900 metri collegata al mare
MUGGIA - Una forma quasi sinuosa, con sezioni di larghezza variabile dai 14 ai circa 50 metri, distribuite su una superficie di quasi 30 mila metri quadrati. Il terrapieno Acquario, dichiarato inquinato dai Noe del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente nel lontano 2003, finalmente sta rivivendo. Dopo quindici anni di attesa il Decreto regionale numero 3676/Amb del 10 ottobre 2018 ha ufficialmente certificato che gli interventi di bonifica hanno raggiunto gli obiettivi previsti, nonché la conformità degli interventi stessi agli obiettivi di bonifica approvati. Il nulla osta da parte di Arpa e Regione si riferisce al cosiddetto primo lotto del terrapieno. La decisione di frazionare l'intervento per accelerare le tempistiche era stata concordata a seguito della proposta avanzata dal Comune nella Conferenza dei servizi del 17 settembre 2016. Tre, dunque, le aree accessibili riconsegnate alla cittadinanza. La prima è la passeggiata con accesso al mare, una lingua di terra lunga circa 900 metri e larga due metri e mezzo. Una zona strategica non solo per i ciclisti o per i runner, essendo l'area una pista ciclopedonale a tutti gli effetti. Ma soprattutto per i bagnanti, che finalmente potranno prendere il sole sulla scogliera e potranno recarsi in acqua senza più lo spettro del divieto di balneazione. Alle estremità del terrapieno, invece, sono state realizzate due ampie aree adibite a parcheggio (a pagamento durante la stagione balneare), proprio all'inizio e alla fine di Acquario, per un totale di circa 180 parcheggi. «La proposta di variante del Comune prevedeva di mettere in sicurezza parte del terrapieno con tecniche innovative e rispettose dell'ambiente, ma anche economiche, rispetto alla soletta in calcestruzzo prevista nel progetto definitivo generale. Certo è che avremmo sperato si potesse usufruire dell'area dall'inizio dell'estate dato che avevamo consegnato tutta la documentazione richiesta il 10 giugno scorso, ma siamo consci che problematiche quali quelle che interessavano il terrapieno, possano richiedere e abbiano richiesto valutazioni e tempi più consistenti da parte degli altri enti preposti», racconta ora tirando quasi un sospiro di sollievo il sindaco di Muggia Laura Marzi. Ma la restituzione del terrapieno è appena arrivata al giro di boa. C'è un'intera area, attualmente recintata, ancora chiusa al pubblico. I progetti già ci sono: aree verdi, zone destinate alla balneazione, ma anche spazi ludico-ricreativi e chioschi. Ed è di inizio ottobre la determina con la quale è stata affidata l'esecuzione del rilievo topografico di dettaglio aggiornato del sito costiero con acquisizione di un modello Dtm3D: un passaggio necessario alla corretta progettazione degli interventi di bonifica tramite messa in sicurezza permanente del secondo lotto funzionale di completamento del terrapieno. L'ordinanza sindacale del 3 novembre 2008, che disponeva «il divieto di accesso e l'interdizione del sito del tratto costiero compreso fra punta Olmi e punta Sottile, della località denominata "Boa" nel comune di Muggia», è dunque ora un ricordo. I primi cancelli di Acquario sono stati finalmente riaperti.

Riccardo Tosques

 

IL MUNICIPIO - Bussani promette: «Obiettivo rivalersi su chi ha inquinato»
«Il Comune di Muggia si rivarrà su chi ha causato l'inquinamento del terrapieno». Il vicesindaco muggesano Francesco Bussani promette di proseguire la battaglia iniziata quando il primo cittadino rivierasco era Nerio Nesladek, su uno dei casi giudiziari più complessi che abbiano coinvolto negli ultimi anni l'amministrazione municipale della cittadina istroveneta. «Al momento il Comune si sta sostituendo a chi ha causato l'inquinamento del terrapieno - aggiunge Bussani -, esattamente come previsto dal Codice dell'ambiente, procedendo nelle bonifiche, con grande fatica e impegno finanziario, proprio per poter restituire alla città il prima possibile - conclude Bussani - ciò di cui è stata privata per troppi anni».

 

 

Palazzo dei filtri a Santa Croce "casa" per rondoni con 12 nidi
AcegasApsAmga, che gestisce l'immobile, ha accolto la richiesta dell'associazione "Liberi di volare": strutture provvisorie e poi definitive
Trieste - Sono degli habituée del grande palazzo dei filtri di Santa Croce che un tempo veniva usato quale impianto di filtrazione delle acque e oggi è stazione di sollevamento dell'acqua potabile con tanto di serbatoio. Si tratta di alcune famiglie di rondoni che qui giungono puntualmente di primavera in primavera, anno dopo anno, dopo aver affrontato una lunga migrazione. Da ora in poi questi uccelli potranno contare su ben 12 nidi artificiali che sono stati da poco collocati sotto la linda del tetto del palazzone. A seguito della richiesta dell'associazione "Liberi di volare" che si occupa di preservare i siti di nidificazione naturale dei volatili migratori, AcegasApsAmga, che gestisce la struttura di proprietà comunale, ha pensato di aiutare i rondoni che da tempo giungono a Santa Croce e cercano rifugio nella grande costruzione. Durante i lavori di ristrutturazione del palazzo iniziati la scorsa primavera, la ditta Edili Bi Zeta ha predisposto inizialmente una serie di rifugi provvisori per i rondoni. Le impalcature montate per eseguire i lavori infatti avrebbero potuto creare dei grossi problemi agli uccelli, sfiniti dopo un lungo volo e abituati a insinuarsi nel sottotetto perché abitudinari del luogo. I rondoni, oltre a non nidificare sugli alberi, si trovano a mal partito con gli edifici moderni privi di interstizi, intercapedini e fori. A fine intervento sono stati collocati i nidi artificiali definitivi con il fondamentale benestare della Soprintendenza. «Attenderemo i nostri migratori di ritorno nella prossima primavera - afferma la referente per "Liberi di volare" Silvana Demauro -. Siamo fiduciosi che apprezzeranno le loro nuove residenze».

Maurizio Lozei

 

 

Zlarino, la scommessa "green" diventa un'isola senza plastica
Iniziativa lanciata da tre donne originarie del luogo che hanno vinto i 10 mila euro del premio "Adriatic plastic challenge". Saranno sensibilizzati tutti i turisti
ZAGABRIA - A partire dalla prossima estate, la piccola isola di Zlarino (Zlarin), al largo di Sebenico, vieterà completamente gli oggetti di plastica usa e getta. L'iniziativa, lanciata da tre donne originarie di Zlarino e sposata con entusiasmo dalle autorità locali, prevede infatti che dal prossimo mese di giugno questa piccola località di appena 280 abitanti diventi la prima isola "plastic-free", ergendosi a modello per tutta la costa adriatica. Il progetto è nato all'interno dell'Adriatic Plastic Challenge (Apc), un programma lanciato a maggio scorso da due associazioni croate, Terra Hub di Zagabria e Zona di Parenzo, in collaborazione con l'ambasciata svedese e il costruttore automobilistico Volvo. L'obiettivo era quello di «raccogliere delle idee per una riduzione dell'inquinamento causato dalla plastica», come spiega Petra Pocanic, presidente di Zona. Oltre a sensibilizzare il pubblico su questo tema di grande attualità e a mobilizzare i tanti attori coinvolti, l'Apc voleva dunque produrre un risultato concreto e così è stato. Tra le 42 candidature ricevuti, sette progetti sono stati selezionati e sviluppati a Zagabria. Tra questi, l'iniziativa di Zlarino ha vinto il primo premio (10mila euro), marcando così un primo passo verso la sua effettiva implementazione. «Fin dall'inizio abbiamo preso contatto con l'ufficio turistico di Zlarino e con il comune che sono più che contenti di quest'iniziativa», racconta Ana Robb, all'origine del progetto. «Sacchetti, cannucce, piatti e bicchieri di plastica... sono questi i prodotti che vogliamo eliminare o sostituire con delle alternative più ecologiche», prosegue Robb. Zlarino, che conta appena una decina di commercianti (un supermercato, un rivenditore al dettaglio e qualche bar e ristorante) diventa così il laboratorio perfetto per sperimentare una cura ecologia radicale ma necessaria, a pochi giorni dalla pubblicazione dell'ultimo rapporto Onu sull'ambiente che dà ai governanti 12 anni di tempo per evitare una catastrofe irreversibile. E se l'obiettivo di lungo termine è arrivare «a produrre zero rifiuti», aggiunge Ana Robb, il percorso inizierà già nei prossimi giorni con obiettivi più contenuti e raggiungibili. Tra una decina di giorni, commercianti, autorità locali, ufficio turistico e promotori dell'iniziativa anti-plastica si riuniranno per un primo incontro. Si tratterà di verificare nel dettaglio quali saranno i costi dell'eliminazione o della sostituzione di certi prodotti e in che modo questa transizione verde potrà essere effettuata. Ana Robb non esclude che una parte del premio da 10 mila euro ricevuto nell'ambito dell'Adriatic Plastic Challenge possa servire proprio a venire incontro ai commercianti. «Il resto del budget ricevuto sarà sicuramente usato per stampare delle locandine da appendere in bar e ristoranti affinché i turisti capiscano il perché dell'assenza di cannucce, sacchetti di plastica e quant'altro», conclude Robb.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 ottobre 2018

 

 

Il tour casa-lavoro dei 35mila ciclisti - Fvg al quarto posto per l'uso della bici
Sono i dati di Legambiente sull'economia delle due ruote - In regione il settore genera 140 milioni di euro all'anno

Lavoratori e studenti - Sono 28 mila i lavoratori e 7 mila gli studenti in Friuli Venezia Giulia che ogni giorno scelgono la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi in ufficio o a lezione - Il piazzamento - Con il 5,5% della popolazione interessata, il Fvg si piazza quarto tra le regioni italiane per uso della bici nel tragitto casa-lavoro. Sul podio ci sono Provincia di Bolzano (13,2%), Emilia Romagna (7,8%) e Veneto (7,7%) - Il "Prodotto interno bici"La somma di veicoli e accessori e delle "esternalità positive" come ad esempio il risparmio del carburante e la riduzione di emissioni nocive, vale 6,2 miliardi all'anno a livello nazionale. In Fvg si sfiorano i 140 milioni di euro
TRIESTE - Ogni giorno in Friuli Venezia Giulia si muovono in bicicletta 28 mila lavoratori e 7 mila studenti, una popolazione di 35 mila persone sulle due ruote per recarsi in ufficio o in aula. Il dato emerge da "L'A Bi Ci", il secondo rapporto di Legambiente sull'economia della bici in Italia, realizzato in collaborazione con VeloLove e Grab+. I dati regionali collocano il Fvg al quarto posto per utilizzo di un mezzo che rimane cenerentola, dato che è usato sistematicamente per gli spostamenti solo dal 3,6% dei cittadini, ma che genera un "Prodotto interno bici" di 6,2 miliardi, somma della produzione di veicoli e accessori, delle ciclovalenze e dell'insieme delle «esternalità positive», così le definisce l'associazione ambientalista, tra cui risparmio di carburante, benefit sanitari e riduzione di emissioni nocive. Per un confronto gli oltre 6 miliardi del Pib superano i ricavi dell'export del vino e doppiano il fatturato della Ferrari. A coprire il tragitto casa-lavoro sono dunque 743 mila italiani, con percentuali elevate nella Provincia di Bolzano (il 13,2%, 8,4% nell'intero Trentino Alto Adige), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%). Al quarto posto c'è il Fvg, con il 5,5%, davanti a Lombardia (4,7%) e Toscana (4,1%). Le altre regioni sono invece distantissime non solo dalla frequenza con cui si ricorre alla bici in Olanda e Danimarca (dove pedala ogni giorno una quota di persone compresa tra un terzo e un quarto della popolazione totale), ma anche dal più abbordabile "modal share" della Ue, attestato all'8%. Nel focus sulle città, 12 sono quelle che raggiungono performance qualitativamente analoghe ad altre realtà europee. In quattro in particolare, Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso, più di un quarto degli abitanti pedala per i propri spostamenti quotidiani per motivi di studio, lavoro e svago. Quarto posto Fvg anche nell'uso della bicicletta tra gli studenti (dall'asilo fino all'università), con una quota del 4%, dietro a Emilia Romagna (9,3%), Veneto (7,3%) e Trentino Alto Adige (6%). Come già fatto nel precedente rapporto a livello nazionale, Legambiente calcola in questo secondo focus il bonus ambientale delle regioni, vale a dire il valore aggiunto dovuto alla riduzione di gas serra, smog e rumore. Si scopre così che tutti gli abitanti del Veneto, grazie ai "frequent biker", beneficiano ogni anno di un bonus ambientale e sanitario pro capite pari a 179,5 euro, che diventano 190 euro in Trentino Alto Adige e sfiorano i 200 euro in Emilia Romagna. Questo bonus virtuale è superiore ai 100 euro anche in Fvg, mentre in Lombardia, Toscana, Marche e Piemonte è compreso tra 50 e 100 euro e scende sotto i 15 euro a testa in Campania, Sardegna, Lazio, Sicilia e Calabria. Quanto al Pib, il valore economico prodotto dalle due ruote, si arriva a 977 milioni in Lombardia, si superano gli 800 milioni in Emilia Romagna e Veneto e nel piccolo Fvg si sfiorano comunque i 140 milioni. Legambiente avverte inoltre che questo patrimonio economico della ciclabilità del territorio è sottostimato perché andrebbe aggiunto il giro d'affari di oltre due miliardi di euro del cicloturismo che, a causa della penuria di informazioni statistiche sul settore, è però impossibile dividere tra i le regioni. Numeri che l'associazione assicura essere in un trend positivo visto che Roma ha inserito nella legge di bilancio le risorse necessarie a realizzare complessivamente 5.690 km di nuovi itinerari per il cicloturismo. Tra i progetti vengono anche citate la Ciclovia Adriatica di 820 chilometri da Lignano Sabbiadoro al Gargano e la Trieste-Lignano-Venezia di 150 chilometri.

Marco Ballico

 

 

Carenza di impianti e leggi critiche - Così fiorisce l'illegalità nei rifiuti
Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate tra Nord Europa e Usa perché mancano le strutture

L'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%)

Roma - Non si sono ancora placate le preoccupazioni di molti cittadini dopo l'incendio che nei giorni scorsi nella periferia Nord di Milano ha distrutto un deposito di materiali plastici. Sta capitando sempre più spesso di vedere cumuli di rifiuti, spesso sono depositi abusivi, nelle periferie di grandi e piccole città. Ma per capire perché siamo in presenza di illegalità e opacità nella gestione dei rifiuti occorre partire dai dati. 1 Carenza di impianti - L'Italia non ha impianti sufficienti per gestire i rifiuti prodotti (urbani e speciali), specie nel Mezzogiorno. Ha poche discariche (un centinaio per speciali, molte di queste in via di esaurimento e piccole), non ha impianti di termovalorizzazione, non ha impianti per frazione organica e fanghi, non ha impianti per l'amianto, non ha impianti per rifiuti pericolosi. Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti, non in Nigeria, ma in Germania, Austria, Danimarca, Usa, dove gli impianti ci sono, moderni e costosi. Se non ci dotiamo di impianti non combatteremo gli smaltimenti illegali, che proprio in un sistema senza impianti e con molte intermediazioni proliferano inevitabilmente. I prezzi degli impianti di recupero e smaltimento in Europa inoltre stanno aumentando (circa il 40% in più dall'inizio dell'anno). Esportare oggi rifiuti non è più conveniente come prima, ma è una necessità sempre più costosa. Ma se non vogliamo più esportare, senza impianti i rifiuti restano negli stoccaggi e l'illegalità ha gioco facile. 2 Lo stop dalla Cina - Da mesi la Cina ha fermato l'importazione di rifiuti e materiali riciclabili dal resto del mondo, inclusa l'Italia, che ne esportava varie tonnellate, fra rifiuti e sottoprodotti. Ciò significa che molti materiali da avviare a riciclo rimangono fermi negli stoccaggi o prendono altre strade. Il mercato del riciclo non è garantito per legge e servirebbe una strategia di incentivi e impianti. 3 Italia terra dei "No" - Fare un nuovo impianto di recupero o smaltimento in Italia è impossibile. L'iter procedurale è lungo (5/6 anni ) e incerto: rinvii immotivati, stop politici ed elettorali, comitati contro, sindrome Nimby (Not in my backyard, cioè non nelle mie vicinanze). Non fare impianti è una manna per la criminalità organizzata. Ma è anche l'anticamera di reati "di carta", errori e interpretazioni errate di gestori in buona fede, di fronte a normative spesso impossibili da applicare. 4 Gli esempi europei - Giustissimo fare inchieste e inasprire le pene per chi commette ecoreati. Però la guerra all'illegalità deve iniziare prima. Dobbiamo fare come i Paesi del Nord Europa, che si sono dotati di impianti adeguati, senza conflitti con la popolazione, e che oggi vivono con bassi tassi di illegalità, permettendosi il lusso anche di smaltire i nostri rifiuti. Qualche esempio lo troviamo nell'ultimo Rapporto sui rifiuti di Ispra. La Germania (che produce 387 milioni di tonnellate di rifiuti speciali) ha inceneritori e recuperi energetici per 50 milioni circa (il 14%), l'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%). Sempre la Germania ha discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi per 71 milioni di tonnellate (18%) e l'Italia per 10 milioni (7%). Il gap è grande, basti pensare che abbiamo discariche per rifiuti contenenti amianto (eternit) per 227.000 tonnellate e si stima di dover rimuovere 35 milioni di tonnellate di tali rifiuti nei prossimi anni da case, scuole, ospedali e fabbriche. 5 Forze dell'ordine - L'Italia non è una grande terra dei fuochi. Chi dipinge questo quadro non dice la verità. La stragrande maggioranza delle imprese in Italia gestisce 165 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti speciali e urbani, garantendo i tassi di riciclaggio più alti in Europa e nel mondo in un quadro difficile di leggi e impianti. Esiste però un fenomeno illegale che va combattuto.

Alfredo De Girolamo

 

 

Ex Sadoch - Inaugurati gli 83 alloggi di housing sociale
Al posto dell'ex fabbrica cartotecnica Saul Sadoch in viale Ippodromo sono stati inaugurati gli 83 alloggi dell'iniziativa immobiliare Casa ad Hoc del Fondo housing sociale Fvg e un nuovo spazio commerciale da destinare alla locazione attraverso l'housing sociale, soluzioni abitative a canone contenuto. Foto Bruni

 

Le comunelle "riconquistano" dopo un secolo i terreni storici
Termina in Cassazione il contenzioso infinito con Comune di Trieste e Regione - Blindata la tradizionale destinazione agrosilvopastorale di 460 ettari del Carso
TRIESTE - Ora non ci sono più dubbi. Sui terreni ubicati nei comuni censuari di Opicina, Rupingrande e Gabrovizza, di proprietà delle locali comunelle dell'altipiano carsico, «non esistono usi civici a loro carico». Quei 460 ettari di territorio del Carso, da secoli curati da quelle comunioni familiari cui partecipano solo coloro che «li coltivano in forma diretta, promiscua e solidale, sulla base di regole consuetudinarie o di antichi statuti», rimarranno a esclusiva destinazione agrosilvopastorale. C'è voluto un secolo ma, alla fine, è stata emessa in questi giorni una sentenza - della Corte di Cassazione, il supremo organo dell'ordinamento giuridico italiano, che assicura l'uniforme interpretazione delle norme di diritto - che l'ha dunque stabilito. E così ieri, in via del Ricreatorio, a Opicina, al termine dell'incontro nel corso del quale è stato illustrato il provvedimento della Cassazione, è stata gran festa. «Si tratta di una decisione storica - ha commentato Carlo Grgic, vicepresidente della Consulta nazionale della proprietà collettiva - in quanto ci sono voluti cent'anni per vedere riconosciute le ragioni delle comunelle».Il contenzioso con lo Stato italiano iniziò infatti con la fine della Prima guerra mondiale. «La legge sulle proprietà collettive - ha ricordato l'avvocato Peter Mocnik, che ha difeso le comunelle nella lunga vertenza davanti alla Corte di Cassazione - in Italia non esisteva, mentre è sempre stata presente nel diritto germanico. Prova ne sia - ha aggiunto - che esse erano previste nell'ambito del sistema giuridico dell'impero asburgico». Per arrivare a tempi più recenti, va spiegato che, nel 1955, era stato emesso un bando commissariale il quale accertava che, sui beni immobili delle comunelle, possono gravare usi civici a favore del Comune di Trieste. Il tutto facendo riferimento a una legge nazionale del 1927, che stabiliva l'assoggettamento alle norme sugli usi civici dei terreni di proprietà delle comunelle. In altre parole, il Comune avrebbe potuto modificare la destinazione dei terreni. Contro tale bando, nel 2008, la Comunella di Opicina aveva presentato ricorso davanti al Commissario regionale per gli usi civici. Il Comune si era opposto, vedendosi affiancato dalla Regione. La domanda della Comunella era stata respinta, in quanto il Commissario aveva ritenuto legittimo il bando del 1955. La Comunella si era allora rivolta alla Corte d'Appello di Roma, sezione Usi civici, ma anche in tale occasione la decisione le era stata avversa. Inevitabile a quel punto rivolgersi alla Cassazione. Con la sentenza illustrata ieri, la Cassazione innanzitutto riconosce alle comunelle la caratteristica di soggetti di «dominio collettivo, che esprimono la comunione di un unico e complesso diritto, definito "jus", iscrivibile nei libri fondiari, comune ai discendenti degli autoctoni e dei proprietari collettivi dei terreni, ivi insidiatisi ab immemorabile». Nel testo la Cassazione ribadisce, come detto, anche che «i terreni delle comunelle non sono assoggettabili alle norme sugli usi civici, in quanto proprietà collettive preesistenti alle leggi emanate dallo Stato italiano in materia». Per quanto concerne il famoso bando commissariale, esso «non può produrre effetti per carenza del corrispondente potere amministrativo». In sostanza, esso si baserebbe su una norma, quella del 1927, successiva a quella secolare, istitutiva delle comunelle. Una situazione improponibile per l'ordinamento giuridico italiano.

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 ottobre 2018

 

 

In piazza Hortis tornano le inferriate dell'Ottocento
Ok al progetto da 90 mila euro per la recinzione del giardino sopra il muretto - Ai varchi cancelli con pilastri in pietra d'Aurisina. Cantiere chiuso entro sette mesi
Un ritorno al passato. A distanza di quasi mezzo secolo torneranno le inferriate in piazza Hortis, già piazza Lipsia, il cuore del Borgo Giuseppino. La decisione era stata annunciata nove anni fa (seconda giunta Dipiazza) ma verrà realizzata nei primi mesi del prossimo anno. L'amministrazione comunale ha approvato il progetto esecutivo che ha avuto il via libera dalla Soprintendenza e che costerà 90 mila euro. Il progetto era stato annunciato un anno fa e l'opera inserita nel Piano triennale. Lo scopo dell'intervento, si fa sapere, «è quello di ripristinare la vecchia recinzione del giardino al fine di consentirne la chiusura notturna e preservare l'area recentemente riqualificata da atti vandalici». C'è, infatti, anche da tutelare da un uso improprio la nuova area gioco per i bambini. Il giardino è spesso usato dai frequentatori della movida della vicina via Torino. La nuova recinzione metallica , alta un metro e 20 centimetri, sarà collocata sopra l'esistente muretto in pietra che delimita il giardino e riprenderà lo stile dell'inferriata preesistente. Saranno installati quindi quattro cancelli da un metro e 70 centimetri di altezza in corrispondenza di quattro varchi pedonali. Nell'occasione saranno restaurate e ripristinate le parti mancanti del muretto perimetrale in via dell'Annunziata e via San Giorgio e ai lati dei quattro cancelli saranno realizzati anche dei pilastri di un metro e 90 centimetri rivestiti in pietra bianca d'Aurisina. La nuova inferriata metallica sarà in acciaio verniciato color grigio scuro. «L'introduzione di una recinzione attorno al giardino di piazza Hortis è una spesa di cui il Comune intende farsi carico - aveva annunciato lo scorso novembre l'assessore Lodi -. Nelle nostre intenzioni la ringhiera serve a limitare gli accessi notturni al parco e a prevenirne così il degrado». E così sarà. La cancellata di recinzione preesistente risaliva alla prima metà dell'Ottocento. Da un verbale del Consiglio comunale si apprende che fu sottoposta a riparazioni nel 1868 assieme a quella del Giardino pubblico "Muzio de Tommasini" di via Giulia. La recinzione di piazza Hortis venne rimossa per tre lati nel 1970, mentre il lato rimasto davanti all'Istituto nautico venne tolto nel 1990. Oggi è presente solo il vecchio muretto in pietra sopra il quale nel giro di sette mesi dovrebbe rispuntare come detto la recinzione. Dall'approvazione del progetto esecutivo si prevedono 90 giorni per il bando di gara, l'affidamento e il contratto di appalto. I lavori, invece, dovranno essere portati a termine in 120 giorni. Sette mesi in tutto. E così piazza Hortis, che sorge su un antico sito cimiteriale dell'epoca paleocristiana, tornerà ad assumere un aspetto ottocentesco. La piazza venne creata a seguito della demolizione del convento dei padri minoriti annesso alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata Vergine del Soccorso. L'amministrazione francese intitolò la nuova piazza alla vittoria di Lutzen, mentre il governo austriaco la ribattezzò piazza Lipsia per celebrare la sconfitta napoleonica. Corsi e ricorsi storici. Il giardino occupa la quasi totalità della piazza (2.100 metri quadrati) e presenta alberi d'altro fusto provenienti anche da paesi esotici. Al centro del giardino c'è la statua di Attilio Hortis. E all'esterno della futura recinzione quella più recente di Italo Svevo.

Fabio Dorigo

 

La retromarcia sullo spazio aperto nel giro di tre anni
«Abbiamo riqualificato l'area per dare un ulteriore spazio alle mamme e ai bambini. Non abbiamo voluto la recinzione, perché preferiamo che sia uno spazio aperto, fruibile anche d'estate». Nel 2006 Giorgio Rossi, allora assessore ai Lavori pubblici, annuncia la linea della prima giunta Dipiazza tagliando il nastro dei lavori di restauro di piazza Hortis costati 250 mila euro.«Quanto più si fanno cose belle tanto è più facile rispettarle», dice nell'occasione il vescovo Eugenio Ravignani. Ma l'illusione dura tre anni. Nel febbraio del 2009 il sindaco Roberto Dipiazza (al secondo mandato) e l'assessore Franco Bandelli annunciano la scelta di ripristinare la recinzione in ferro per proteggere il giardino dai vandali. I lavori previsti per settembre partiranno 10 anni dopo.

 

 

Muggia - Due mostre ecologiche alla Sala Negrisin

Mercoledì alle 18, nella Sala Negrisin di piazza Marconi a Muggia, saranno inaugurate le mostre "Tutti su per terra" e "Energeticamente", organizzate da assessorato alla Cultura e Larea-Arpa, in collaborazione con Eupolis. Visite a ingresso libero fino al 18 novembre, dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19, il sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, la domenica e nei festivi dalle 10 alle 12.

 

ESCURSIONI - Natura, storia e leggenda a Duino - Si parte dalla Grotta Fioravante

Inizia oggi il ciclo di escursioni organizzato dal Comune di Duino Aurisina, in collaborazione con la Cooperativa Gemina, nell'ambito del progetto "Tra natura, storia e leggenda" finanziato dalla Regione. Il progetto ha l'obiettivo di promuove il territorio dal punto di vista turistico e naturalistico, puntando soprattutto sulle formule che sottolineano il rispetto per l'ambiente e un utilizzo rispettoso del territorio. Tutte le escursioni sono gratuite, però per partecipare è necessaria la prenotazione. Il primo appuntamento, fissato oggi, alle 15, e prevede le puntate alla grotta Fioravante e al bosco della Cernizza (ritrovo qualche minuto prima del via all'Infopoint di Sistiana). La durata della passeggiata sarà di circa un paio d'ore. Secondo appuntamento domenica 28 ottobre, con destinazione il sentiero Rilke, nell'ambito di un percorso naturalistico e storico. Anche in questo caso ritrovo all'Infopoint di Sistiana qualche minuto prima delle 14.30, ora fissata per il via. Anche sul Rilke la durata dell'escursione sarà di circa due ore. Domenica 4 novembre quelli della Cooperativa Gemina condurranno i partecipanti a visitare le risorgive del Timavo, di cui racconteranno storia, miti e leggende. Ritrovo come di consueto all'Infopoint di Sistiana, alle 14.30. Durata prevista due ore. Sabato 10 novembre infine, i responsabili della Cooperativa giocheranno in casa, in quanto la destinazione dell'escursione sarà il Sito paleontologico del Villaggio del pescatore, gestito dalla Gemina. Ritrovo alle 14.30 all'Infopoint per una visita che anche in questo caso durerà un paio d'ore. Per informazioni e prenotazioni telefonare al 3347463432 o inviare una mail a cooperativagemina@gmail.com.

Ugo Salvini

 

"A Percedol e dintorni" con Curiosi di natura

Nell'ambito della manifestazione gastronomica "Sapori del Carso", domenica Curiosi di natura propone l'escursione "A Percedol e dintorni": dalle 9.30 alle 13 visita a una delle doline più profonde e caratteristiche del Carso triestino. Al termine possibilità di gustare i "Sapori del Carso" nei ristoratori convenzionati (sconto del 10%). Ritrovo alle 9.10 all'ingresso della dolina di Percedol. Info: www.curiosidinatura.it e cell. 3405569374.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 ottobre 2018

 

 

Dietrofront sul Piano periferie - In regione sbloccati 80 milioni
L'esecutivo raggiunge l'intesa con i sindaci e rimette a disposizione risorse complessive per un miliardo e 600 milioni
TRIESTE - Il governo "ricuce" lo strappo con i Comuni sui fondi del bando delle periferie e rimette a disposizione un miliardo e 600 milioni in precedenza eliminati in sede di decreto milleproroghe. La notizia è arrivata al termine del confronto tra i sindaci e i rappresentanti dell'esecutivo nella Conferenza unificata di ieri. L'intesa raggiunta ora dovrà essere tramutata in norma di bilancio. «Abbiamo riattivato le relazioni con il governo perché - ha spiegato il presidente dell'Anci Antonio Decaro - abbiamo vinto una battaglia che non era dei sindaci, ma per i diritti dei cittadini. Abbiamo convinto il governo a tornare indietro, a mettere nuovamente a disposizione le risorse». Divergente l'interpretazione del ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Erika Stefani: «Come diciamo dall'inizio di questa vicenda - ha puntualizzato - il governo avrebbe trovato una soluzione e così è stato». La notizia dello sblocco del Piano periferie è stata accolta con grande soddisfazione anche dai sindaci del Fvg, regione che rischiava di perdere complessivamente risorse per circa 80 milioni di euro tra progetti di riqualificazione del comprensorio di Rozzol Melara a Trieste (18 milioni), il rilancio dell'ex Collegio Filzi e delle Case del rione a Campagnuzza a Gorizia (altri 18 milioni), il recupero dell'ex caserma Osoppo e interventi nella zona Est di Udine (circa 30 milioni) e altri interventi a Pordenone per una ventina di milioni. Soddisfatta la leghista di Sacile Vannia Gava, sottosegretario all'Ambiente. «Promessa mantenuta. Finalmente - commenta - i Comuni potranno tornare a spendere per i loro cittadini. Grazie al lavoro della Lega si è risolta una situazione ingarbugliata che impediva agli enti locali di investire e di non utilizzare gli avanzi di bilancio. L'intesa raggiunta con l'Anci per ripristinare i fondi del bando Periferie conferma come la Lega e questo governo abbiano a cuore i territori del nostro Paese».«L'intesa che è stata raggiunta dopo il passo indietro del governo è un risultato positivo ottenuto con una mobilitazione istituzionale e politica senza precedenti, ma bisogna tenere ancora la guardia alta, perché vogliamo vedere le risorse scritte nella Legge di Bilancio. Non vorremmo che si materializzasse un'altra "manina" - afferma la deputata del Pd Debora Serracchiani -. «Siamo soddisfatti per il risultato ottenuto anche se, ancora una volta, si manifestano le contraddizioni di questo governo, che nei vari passaggi in Parlamento ha rigettato emendamenti e mozioni del Pd intese a raggiungere questo stesso obiettivo. Si poteva fare prima ed evitare una contrapposizione inutile e dannosa».

 

Restyling di Rozzol Melara - In arrivo da Roma 18 milioni
Cifra sbloccata dopo l'intesa sul Piano periferie trovata dal governo con i Comuni - Ma il Pd invita a non abbassare la guardia
La notizia dello sblocco del Piano periferie da parte del governo, arrivata nel pomeriggio, ha preceduto di poco l'incontro pubblico del Pd dedicato ieri proprio al progetto di riqualificazione di Rozzol-Melara, tenutosi ieri nel Circolo Auser di via Pasteur 41. Oltre agli inquilini del quadrilatero, hanno preso parte il direttore dell'Ater di Trieste Antonio Ius, la segretaria provinciale del Pd Laura Famulari, la consigliera comunale Antonella Grim e il capogruppo in Sesta circoscrizione Luca Salvati. «Oggi si potrebbe festeggiare il risultato degli accordi con l'Anci per rimettere in manovra i soldi per la realizzazione (circa 18 milioni di euro, ndr), ma si tratta di impegni che erano già stati presi e poi traditi dal governo - ha commentato Famulari -. Noi ci auguriamo di vedere risultati quanto prima e vigiliamo affinché la parola data sia mantenuta. Siamo venuti anche per rivendicare il frutto dell'azione di molti sindaci, parlamentari e consiglieri del Pd».«Non c'è da mettere bandierine sul progetto e tutti trasversalmente lo dobbiamo appoggiare», ha aggiunto la consigliera comunale Grim, che ha poi lamentato la mancata disponibilità da parte della giunta comunale di discutere la questione. «Non siamo venuti solo per comunicare questa buona notizia - ha affermato Salvati -. La nostra presenza serve anche per capire quali interventi l'Ater ha comunque intenzione di compiere nel comprensorio di Melara». «Abbiamo chiesto al sindaco Dipiazza e all'assessore regionale alle Infrastrutture Pizzimenti di sedersi attorno a un tavolo per capire se possiamo anticipare dei soldi per gli interventi - ha affermato Ius -. Ci basterebbe avere la garanzia che quei soldi poi ci venissero restituiti, perché vogliamo portare a compimento ciò che è stato progettato per Rozzol-Melara». A proposito degli interventi previsti, nel corso dell'incontro gli inquilini di Melara hanno posto una particolare enfasi sulla necessità di sostituire i vecchi infissi, soprattutto nel lato sottovento.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 ottobre 2018

 

 

IL DIBATTITO SULLA FERRIERA - «Per Servola un futuro tra logistica e industria»
Inquadrare il caso della Ferriera nel contesto nazionale della siderurgia a caldo. È stato questo lo scopo dell'incontro avvenuto l'altra sera al Circolo della Stampa al quale hanno preso parte Maria Maranò, delegata della segreteria nazionale di Legambiente, Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico orientale, i sindacati dei lavoratori e i comitati degli abitanti di Servola. La rappresentante di Legambiente ha ribadito che l'Italia deve iniziare a impostare una seria politica industriale che tenga in considerazione il settore manifatturiero, «che è pur sempre il secondo più importante in Europa dopo quello tedesco». Ciò significa che «di acciaio, in Europa, c'è forte bisogno» e che lo stesso «è una grande risorsa per l'Italia, ma non può più essere gestito con una tecnologia risalente sostanzialmente al primo Novecento». A gravare sul dibattito, però, sono state le voci riguardanti la trattativa in atto con un gruppo cinese che opera nell'ambito della logistica intenzionato a investire nell'area della Ferriera. Trattativa confermata dallo stesso Sommariva che, però, tiene a sottolineare come, «al di là dell'operazione legata ai cinesi, il porto può essere uno strumento per trasformare la zona della Ferriera in un asset d'integrazione fra logistica e industria». I sindacati e i comitati di quartiere, infine, hanno posto l'accento sull'atavico problema della vicinanza fra il sito industriale e le abitazioni. Al di là di quello che sarà fatto nel medio-lungo termine, la percezione è che «la salute dei residenti - a detta degli stessi - pare rimanere un problema marginale».

Lorenzo Degrassi

 

 

La Sala Tripcovich "recintata" per il restyling di piazza Libertà
L'assessore Lodi: «In questa fase previsti anche il recupero del sottopassaggio e la creazione di nuove strisce pedonali». Il futuro del manufatto resta un rebus
Un recinto metallico attorno alla sala Tripcovich sorto nei giorni scorsi ha fatto nascere spontanea la domanda se fosse finalmente iniziata la fase attiva di riqualificazione di piazza Libertà. Fasi propedeutiche all'inizio dei lavori di ristrutturazione veri e propri che avverranno nei prossimi giorni, come confermato dall'assessore con delega ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Il cantiere è stato consegnato a metà settembre e "l'ingabbiatura" della sala Tripcovich fa in effetti parte della prima di 13 fasi che porteranno a capovolgere l'aspetto dell'area». La prima fase, infatti, secondo la sequenza di microlotti prevista dal progetto, riguarderà la parte dietro l'ex stazione delle autocorriere, dove verranno risistemati i capolinea di quasi tutti gli autobus urbani ora attorno al rettangolo verde al centro della piazza. «Abbiamo iniziato un iter di riqualificazione molto importante per la città - continua l'assessore Lodi - che in questa prima fase riguarderà anche il recupero del sottopassaggio e la creazione di nuovi attraversamenti pedonali a raso di fronte all'uscita della stazione ferroviaria, mentre successivamente passeremo alla risistemazione dei marciapiedi per migliorare il passaggio dei pedoni e alla modifica della viabilità, senza trascurare la realizzazione di un nuovo percorso ciclabile tra la città e il polo d'interscambio formato dalle stazioni ferroviaria e delle corriere. Ovviamente confidiamo nella pazienza dei cittadini per le situazioni di disagio che si potranno creare nei prossimi mesi». Già, perché i lavori che cambieranno il volto della piazza così come lo conosciamo oggi avranno una durata (come da contratto) di 290 giorni, salvo proroghe dovute a imprevisti o all'acuirsi della brutta stagione. Dieci mesi che metteranno a dura prova la pazienza dei cittadini e non solo. «Il nostro obiettivo è quello di migliorare la fruibilità dell'area non solo per i triestini ma anche per i turisti cercando di rendere maggiormente accattivante quello che è il biglietto da visita della città». E che ne sarà della sala Tripcovich, il cui abbattimento è uno degli obiettivi della giunta Dipiazza? Caustico a riguardo il commento dell'assessore competente Serena Tonel: «Che la sala Tripcovich sia l'unica parte della piazza a non rientrare nel recupero dell'area, restando lì in mezzo, è un segnale che dovrebbe dire qualcosa a chi è scettico sulla possibilità del suo abbattimento». L'appalto per la realizzazione dei lavori è stato affidato al raggruppamento d'imprese Mari & Mazzaroli spa, Rosso srl ed Ennio Riccesi Holding srl di Trieste per una partita che sfiora i 5 milioni di euro.

Lorenzo Degrassi

 

 

Inquinamento - L'onda nera raggiunge la spiagge di St.Tropez - Marea nera a Saint-Tropez.

L'onda scura di petrolio che avrebbe già colpito circa 16 chilometri del celebre litorale francese, spiega la Préfecture Marittime de Méditerrannée, «sembrerebbe provenire» dalle due navi entrate in collisione il 7 ottobre scorso al largo della Corsica. In quei giorni, gran parte del petrolio riversatosi in mare venne aspirato da soccorsi italiani e francesi, ma una parte residuale sarebbe giunta in Costa Azzurra spinta dal vento forte degli ultimi giorni. La prefettura del dipartimento di Saint-Tropez ha annunciato l'attivazione di una cellula di crisi e del Plan Polmar contro l'inquinamento in mare. Chiuse al pubblico, per ora, le spiagge di l'Escalet et Pampelonne, Ramatuelle, Salins e la Moutte tra Saint-Tropez e dintorni e quelle di La Nartelle- Saint Barth à Sainte-Maxime.

 

Navigazione "green", nasce a Trieste l'Hybrid Centre targato Wärtsilä
La prima struttura al mondo costruita in scala reale per l'implementazione dei nuovi sistemi
TRIESTE - Parte dagli stabilimenti Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra il futuro della «navigazione sostenibile». È stato inaugurato ieri il nuovo Hybrid Centre, con un motore in scala reale che consente lo sviluppo e l'implementazione del modulo di potenza ibrido "Wärtsilä HY". Un impianto che, oltre a garantire a Wärtsilä una notevole serie di sperimentazioni in loco, offrirà ai potenziali clienti - oggi è previsto l'arrivo di un primo gruppo di 140 operatori del settore - la possibilità di verificarne i benefici dal vivo. L'Hybrid Centre sarà anche usato per formare equipaggi, fornendo l'esperienza pratica ai propri tecnici. È il primo centro al mondo costruito in scala reale e comprende un motore, un pacco di batterie, gli azionamenti elettrici, un simulatore di carico elica che utilizza a sua volta un motore elettrico, un motogeneratore e il sistema di gestione dei flussi di energia, il "cervello" del Wärtsilä HY. Il Centro potrà poi simulare i dati operativi in arrivo dal campo, che consentiranno di ottimizzare i sistemi ibridi per raggiungere prestazioni senza precedenti. L'investimento, offrendo a proprietari e operatori la possibilità di sperimentare e conoscere il Wärtsilä HY, accelererà l'introduzione delle tecnologie ibride nel mercato marino, aumentando la sostenibilità ambientale della navigazione. I test sono già stati effettuati con successo sulla procedura di avviamento elettrico brevettata da Wärtsilä, tramite l'uso della potenza fornita dalle batterie, per fornire l'avviamento del motore principale senza fumo visibile.«Questo nuovo Centro - ha detto Guido Barbazza, presidente e ad di Wärtsilä Italia - consentirà di migliorare l'efficienza dei motori e ridurre sensibilmente le emissioni, curando perciò l'ambiente marittimo». «Con l'Hybrid Centre - aveva già annotato Stefan Wiik, vice presidente della Marine Power Solutions di Wärtsilä - ancora una volta si dimostra la volontà della nostra azienda di dare vita a un approccio "smart marine", mirato a offrire migliore efficienza e maggiore sicurezza e di proporre un notevole passo in avanti sulla strada della sostenibilità. Questo concetto mostra l'impegno nel guidare il settore marino verso un futuro più pulito e più efficiente in termini di costi». Principio ripreso ieri da Giulio Tirelli, responsabile del progetto Hybrid Center e direttore alle vendite della Marine Solutions di Wärtsilä: «Si aprono nuovi campi di sviluppo. Le navi saranno più sicure e genereranno emissioni molto ridotte anche sotto il profilo dei rumori, il particolato sarà ridotto a zero». Oltre all'uso per la validazione di tecnologie ibride, il Centro consentirà ai clienti di verificare i vantaggi che Wärtsilä HY offre come valore aggiunto.

Ugo Salvini

 

 

Sull'Alta Velocità si viaggia lenti - Un treno su due arriva in ritardo
L'Autorità dei Trasporti indaga sul calo della puntualità dei convogli. Aumentano le conciliazioni
Il caso della rete Roma-Firenze: tra Frecce, Intercity e regionali la tratta è sovraccarica di mezzi
Nei primi sei mesi del 2018 solo un treno ad alta velocità su due è riuscito ad arrivare a destinazione con un ritardo compreso nei 5 minuti. In tutto il 2017 la percentuale di puntualità era del 61,8%. Il peggioramento ha spinto l'Autorità di regolazione dei Trasporti ad accendere un faro per capire i motivi di questa performance negativa e «per l'eventuale adozione delle prescrizioni regolatorie» per migliorare la puntualità. 1 Aumentano le conciliazioni - L'aumento dei disservizi ha avuto come conseguenza l'aumento delle procedure di conciliazione con Trenitalia, come confermano da Federconsumatori che con altre associazioni ha firmato un protocollo di collaborazione con la società del gruppo Fs. L'intervento dell'Autorità, per altro, è stato sollecitato dalla Regione Toscana. Sulla direttissima Roma-Firenze, infatti, circolano anche i regionali veloci e la preoccupazione dell'assessore ai Trasporti, Vincenzo Ceccarelli, è che a «pagare il prezzo dei disagi siano soprattutto i pendolari». Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ntv, proprietaria degli Italo, a fine settembre presentando i risultati di esercizio, ha spiegato: «L'incidenza dei ritardi è in fortissima crescita, siamo costretti a fermarci continuamente per il traffico». Ceccarelli fa un passo in più, convinto che i problemi siano strutturali «perché «si sta andando verso la saturazione delle Direttissima». 2 Traffico sulla direttissima - Il motivo? «Sulla tratta Roma-Firenze viaggiano tra i 180 e i 200 treni ad alta velocità al giorno più 112 regionali veloci» e anche qualche Intercity. E aggiunge: «Per quanto riguarda la puntualità tutto è andato bene fino all'anno scorso quando con il cambio d'orario sono stati aggiunti nuovi treni Av. La percentuale di puntualità, prima al 90%, si è abbassata e lo farà ulteriormente con il nuovo orario che prevede l'aumento del numero dei convogli Av» 3 La possibile soluzione - Dal suo punto di vista la soluzione per risolvere i «costanti disservizi non solo per i pendolari ma anche per i viaggiatori dell'alta velocità è il raddoppio della Direttissima tra Valdarno e Firenze». Costo stimato: da 900 milioni a 1,3 miliardi. Si spiega così perché la Toscana abbia richiesto all'Art non solo di monitorare la situazione ma anche di sospendere ulteriori ampliamenti del servizio dell'alta velocità. L'Autorità che si muove per garantire condizioni eque di accesso eque e non discriminatorie all'infrastruttura ferroviaria tanto da essere presa ad esempio della imprese private europee, ha scelto, invece, di proseguire nell'attività di monitoraggio e vigilanza iniziata a febbraio. 4 Le cause dei disagi - Lo ha fatto sulla base delle risposte arrivate da Rete ferroviaria italiana, società di Fs che gestisce l'infrastruttura. Rfi, infatti, ha giustificato il calo della performance con l'incidente del Pioltello e il maltempo che tra febbraio e marzo ha provocato gravi disagi sui nodi di Roma e Napoli. E poi ci sono i guasti. Sei particolarmente significativi: ai deviatoi di Roma Termini, alla linea di alimentazione tra Firenze e Bologna, ad un treno veloce sulla Direttissima e due disconnessioni di bivio a Settebagni. Sulla base di queste considerazioni l'Autorità ha informato la Regione Toscana che il faro resterà accesso anche perché c'è un «margine di ottimizzazione dei processi di gestione». Andrea Giudicin, docente di Economia dei Trasporti alla Bicocca, non entra nel merito delle decisioni dell'Art ma spiega: «I ritardi non sono solo legati alla Direttissima, ma anche alla gestione dei nodi urbani. Sulla Roma-Firenze i problemi nascono dall'uso promiscuo della rete dove viaggiano treni a 250 chilometri e le carrozze dei pendolari che arrivano a 140 chilometri orari». 5 Le priorità - Che fare, allora? «Io credo - risponde il professore - che vadano separate le due offerte di servizio potenziando la linea storica dove far viaggiare i treni regionali e rendendo più efficiente la rete anche nei nodi urbani. Rfi ha messo in campo un piano di investimenti sulla segnaletica per garantire sicurezza ma anche maggior velocità». Rfi, infatti, sta investendo milioni per migliorare la segnalazione con i sistemi di ultima generazione che permettono di far viaggiare i convogli ad alta velocità a distanza di 5 minuti uno dall'altro. Un simile sistema permetterebbe di poter correre a 300 chilometri orari sulla Roma Firenze rispetto agli attuali 250. Resterebbe da risolvere il problema dei regionali.

Maurizio Tropeano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 ottobre 2018

 

 

Doppio appello sulla Ferriera - I sindacati reclamano spazio
Le sigle chiedono «un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti gli attori» e sottolineano «i progressi» registrati in chiave ambientale
Un appello all'azienda e uno alle istituzioni «per non restare isolati ed essere lasciati nell'incertezza su quanto potrà accadere in futuro alla Ferriera di Servola». Li hanno formulati Marco Relli (Fiom Cgil), Umberto Salvaneschi (Fim Cisl) e Thomas Trost (Fiom Cgil) chiamando la proprietà e il presidente della Regione Massimiliano Fedriga, al «rispetto dei ruoli e alla necessità di dialogare con le parti sociali». «L'accordo di programma iniziale, che ha portato Arvedi a Trieste - ha detto Salvaneschi -, ha permesso di conservare i livelli occupazionali in una città dove l'industria è in difficoltà. Insistiamo anche sul discorso ambientale, per ottenere un miglioramento costante su questo fronte - ha aggiunto - ma ricordiamo a Fedriga che, qualsiasi sia la prospettiva, le organizzazioni sindacali non possono essere escluse dal tavolo di confronto. Oggi la Ferriera ha quasi 600 dipendenti diretti, di età media fra i 40 e i 50 anni, perciò difficilmente ricollocabili, ai quali si aggiunge un centinaio di lavoratori dell'indotto. Vogliamo sapere - ha concluso - cosa ci porterà il futuro». Anche Relli ha ribadito che «gli interventi per l'abbattimento delle polveri e per ridurre l'impatto della cokeria, oltre che l'inquinamento sonoro, hanno comportato risultati positivi. Questo però non può bastare. Abbiamo chiesto da tempo un piano industriale - ha continuato il segretario provinciale della Fiom - ma non abbiamo avuto risposte. Chiediamo perciò alla Regione un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti i soggetti. Siamo preoccupati - ha concluso - anche perché si sentono voci di possibili acquisizioni di cui non abbiamo sufficienti notizie». Trost ha ricordato che «nel 2014 la Ferriera era virtualmente chiusa, poi è arrivato Arvedi e da 434 lavoratori dell'epoca siamo a quasi 600. Certo lo stabilimento non è una farmacia, produce polveri, fumo e rumore, però nell'ultimo periodo è stato fatto abbastanza sul piano degli abbattimenti. Dover soffrire quotidianamente il rischio di trovarsi un giorno con i cancelli chiusi è molto difficile».

Ugo Salvini

 

 

L'accusa dei duinesi: «I cacciatori esagerano - Spari vicino alle case»
Residenti allarmati: «Non si va più a passeggio nei boschi» - La replica: «Rispettiamo sempre regole e limiti territoriali»
DUINO AURISINA - Residenti che lamentano il rumore degli spari fin dalle prime ore del mattino. Cani domestici che abbaiano in continuazione, perché eccitati dal rumore dei fucili che fanno fuoco. Famiglie che rinunciano alle passeggiate sul Carso per il timore di essere colpite da pallottole vaganti. Si riaccende puntuale a Duino Aurisina, con l'avvio della stagione venatoria, la polemica fra la popolazione e i cacciatori. Una disputa che si ripropone ogni anno, con l'arrivo dell'autunno, e mette a confronto le ragioni dei due fronti. «I miei cani sono terrorizzati - protesta Rossella Tognazzolo, che abita a Duino a pochi passi dal tracciato della ferrovia - perché gli spari si sentono vicinissimi alle nostre case. Dobbiamo poi rinunciare a portarli lungo i sentieri della zona per il timore di vederli spaventati - aggiunge - e in ogni caso c'è un diffuso disagio fra tutti coloro che vivono nei paraggi». Anche Vladimiro Mervic, consigliere comunale che abita a Duino, conosce bene la situazione: «I cacciatori stanno esagerando - è la sua opinione - perché in alcuni frangenti sembra che sparino proprio a pochi passi dalle case. Io stesso - evidenzia - rinuncio a passeggiare nei boschi, perché temo per la mia incolumità». Le notizie di incidenti provocati dai cacciatori negli anni, sull'intero territorio nazionale, hanno evidentemente lasciato il segno e nella memoria collettiva il rischio sembra incombente. Di tutt'altro parere Domenico Ruggero, direttore della Riserva di Duino e lui stesso cacciatore: «Abbiamo sempre rispettato le regole e i limiti territoriali stabiliti - afferma - e seguiamo quello che è il Piano regionale di abbattimento, che tiene conto della necessità di contenere la crescita numerica di determinate specie. È inutile che poi la gente si lamenti se nota cinghiali che si avvicinano pericolosamente alle case - prosegue - se non accetta la nostra presenza, peraltro limitata a un preciso periodo dell'anno». Ruggero ricorda infine che «le postazioni che alcuni denunciano sono perfettamente legittime, prova ne sia che la Guardia forestale non ha nulla da ridire». -

Ugo Salvini

 

 

NATURA - "Quaderni di geologia" al Centro di Basovizza

Venerdì alle 11.30, al Centro didattico naturalistico di Basovizza, verranno presentati due nuovi libretti della serie "Quaderni di geologia" redatti in collaborazione con Divulgando: "Geovagando In Friuli Venezia Giulia-Un viaggio geologico alla scoperta dei geositi delle Alpi Giulie Meridionali e Prealpi Giulie" e "Geopedalando In Friuli Venezia Giulia-Una pedalata geologica alla scoperta dei geositi dalla foce del Tagliamento a quella dell'Isonzo".

 

 

MUSEI -  "I nuovi carsolini" a Storia Naturale

Con la conferenza di Nicola Bressi "I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica", avrà inizio la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro", presentato da Italia Nostra in coorganizzazione con il Comune di Trieste e il Museo di Storia Naturale. Le conferenze saranno tenute sempre nella sala del museo di via Tominz 4, alle 17.30.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 ottobre 2018

 

 

Sempre più incidenti da Muggia al Lisert: 15 morti e 1.262 feriti nell'ultimo anno
Persone e mezzi coinvolti in forte crescita rispetto al 2016 - Costiera e Gvt tra le criticità. «Occhio a velocità e telefonini»
TRIESTE - Dai nove morti per incidente stradale registrati nel 2016 ai 15 dello scorso anno. I feriti? Nello stesso lasso di tempo sono passati da 1.190 a 1.262, con un aumento del 6%. Il numero degli incidenti, in parallelo, segna una crescita dell'8%: erano stati 952 due anni fa, sono stati 1027 lo scorso anno. Tutti dati, questi, che testimoniano come sia sempre più pericoloso viaggiare sulle strade della provincia.La statistica, appena resa nota dalla delegazione di Trieste dell'Aci, diretta da Maura Lenhardt, lo evidenzia in maniera indiscutibile. E risulta altrettanto chiaro un altro elemento che spiega, almeno in parte, il moltiplicarsi esponenziale degli incidenti sulle strade che vanno da Muggia al Lisert: la continua crescita del numero dei mezzi in circolazione. In provincia ce n'erano 190.387 nel 2016, lo scorso anno sono già saliti a più di 192 mila. «Se si escludono i minori che non possono guidare e gli anziani che non possono più mettersi al volante per motivi oggettivamente legati all'età - precisa Lenhardt - siamo quasi in un rapporto parità, di un mezzo per residente. È evidente che i problemi aumentano». Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di mezzi a quattro ruote: secondo l'Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori (Ancma) solo il 5% dei mezzi che quotidianamente si muovono sulle strade della provincia di Trieste sono a due ruote, comprendendo all'interno della categoria sia i ciclomotori che le moto di grossa cilindrata. Entrando nel dettaglio dei singoli comuni, emerge in tutta la sua chiarezza un dato che era già comparso nelle statistiche anni fa, sempre sulla base delle rilevazioni dell'Aci locale: sono le strade del Comune di Duino Aurisina quelle dove si registra il maggior contributo di sangue dovuto a incidenti stradali. In quel territorio comunale c'erano stati un morto e 65 feriti nel 2016, lo scorso anno i morti sono saliti a quattro e i feriti a 71. In parallelo pure l'aumento degli incidenti: 44 nel 2016, 54 nel 2017. In sostanza, a Duino Aurisina è più facile essere coinvolti in un incidente rispetto agli altri comuni del territorio provinciale, Trieste compresa. I freddi numeri dicono che, all'ombra del castello dei Torre e Tasso, nell'arco di un anno, ogni 138 mezzi che transitano su quelle strade, almeno uno viene coinvolto in un incidente. Tanto per fare un parallelo, tale rapporto diventa uno ogni 180 a Trieste, nonostante sulle strade del capoluogo il traffico sia costantemente congestionato, perché le vetture e i mezzi a due ruote che lo attraversano sono quasi 163 mila. Ma il poco invidiabile primato di Duino Aurisina non può essere ascritto meramente a un cattivo modo di guidare dei residenti e a problematiche di gestione delle strade: semplicemente - all'interno dei confini comunali di Duino Aurisina - corrono un bel pezzo della Grande viabilità e circa la metà della Costiera, strade cioè dove la velocità e di conseguenza la pericolosità crescono a dismisura.«Dalle nostre rilevazioni - riprende Lenhardt - risulta che le principali cause di incidente sono l'eccessiva velocità e la colpevole disinvoltura con la quale sia gli automobilisti sia i pedoni utilizzano gli smartphone. Le due categorie vanno accomunate - aggiunge la direttrice dell'Aci di Trieste - perché, se è molto pericoloso distrarsi con il cellulare quando si guida, anche attraversare la strada mentre si parla al telefono diventa un fattore che accresce il rischio. Dovremmo tutti stare molto più attenti - ammonisce Lenhardt - e invece assistiamo al fenomeno contrario, purtroppo dilagante, cioè a un'accentuata leggerezza di chi guida».

Ugo Salvini

 

Il trend

Secondo i dati 2017 si è registrato un aumento pesante degli incidenti, che hanno sfondato quota mille, e di conseguenza dei feriti e, purtroppo, delle persone decedute.

Il "concentrato" di auto

Il fenomeno può essere ricondotto, per lo meno in parte, alla crescita costante dei mezzi circolanti: erano 190.387 nel 2016, nel 2017 sono diventati 192.076 su una popolazione di 234.638 residenti. Siamo di fatto a un rapporto di un veicolo per abitante, lasciando fuori i minorenni e gli anziani che non guidano.

Il monito degli esperti

Per la direttrice dell'Aci di Trieste Lenhardt «le principali cause sono l'eccessiva velocità e la colpevole disinvoltura con cui automobilisti e pedoni usano gli smartphone».

 

Milano, raffica di roghi in aziende di rifiuti - Si segue la pista dolosa
Legambiente: 33 incendi in Lombardia fra 2015 e 2018 - L'assessore regionale: «Noi non siamo la terra dei fuochi»
Una serie di incendi in capannoni di stoccaggio di rifiuti nella zona di Milano che procura valuta come non casuali. Per questo la pm di Milano Donata Costa ha aperto un fascicolo per incendio doloso per il rogo divampato l'altra notte in un impianto di smaltimento dei rifiuti in via Dante Chiasserini, in zona Bovisasca a Milano. Il maxi incendio, l'ennesimo negli ultimi mesi in Lombardia, ha mandato in cenere un capannone dell'azienda Ipb. Il fascicolo al momento è ancora a carico di ignoti. I vigili del fuoco e la polizia sono al lavoro per chiarire come sia divampato. Solo la scorsa settimana nell'ambito di un'inchiesta della Dda di Milano e dei carabinieri sono state arrestate 6 persone per un traffico illecito di rifiuti in provincia di Pavia e nel resto della Lombardia, responsabili dell'incendio del capannone abbandonato a Corteolona, in Lomellina (Pavia). Gli incendi scoppiati fra domenica e ieri a Milano e a Novate, a pochi chilometri di distanza, in due aziende di smaltimento rifiuti sono gli ultimi di una lunga serie negli ultimi tempi: 33 in Lombardia, secondo Legambiente, fra il 2015 e il 2018. «Non parlerei di un'emergenza come la intendete voi - ha detto il direttore generale dei vigili del fuoco Lombardia, Dante Pellicano - Sono casi ancora sporadici, ma deve esserci grande attenzione da tutti».Fra i principali, il 23 maggio del 2017 a destare allarme fu l'incendio in un'azienda di rifiuti speciali, la Aboneco Recycling, di Parona, nel Pavese. Con una nube di fumo visibile a chilometri. Poi toccò a Milano: il 7 luglio accadde a Senago, mentre il 24 luglio il rogo fu in città. Le fiamme avvolsero un sito di stoccaggio nel quartiere milanese di Bruzzano, con come conseguenza livelli di diossina 270 volte superiori al valore normale. Due giorni dopo un incendio scoppiò ad Arese nel deposito della Rmi. Ci vollero 8 giorni, invece, per spegnere le fiamme al sito della Eredi Bertè di Mortara nel pavese, dove un rogo si sprigionò il 6 settembre 2018, nel giorno in cui era previsto un controllo dell'Arpa. E il sito tornò a bruciare il 22 giugno 2018, nonostante non ci fosse più nessuna attività. A novembre 2017 le fiamme si alzarono al termodistruttore di Parona, nel pavese. A Cologno Monzese, un vasto incendio si sviluppò alla Alfa Maceri, deposito di carta, plastica e legno, l'11 marzo, fra le case. «Non siamo la Terra dei fuochi e qui l'attività amministrativa è attenta e fa il proprio dovere», dice l'assessore all'Ambiente di Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo. Ma il livello d'allarme è alto.

 

 

Il Carso spiegato dagli esperti in sei tappe con Italia Nostra
Conferenze al via domani alle 17.30 in via Tominz 4: Nicola Bressi parlerà delle novità a livello di fauna nel territorio in esame
Domani, con la conferenza di Nicola Bressi, avrà inizio al Museo di Storia naturale la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro". L'iniziativa è realizzata in coorganizzazione tra l'associazione Italia Nostra, il Comune di Trieste e il Museo di Storia naturale ed è dedicata ai cittadini e, in particolare, agli studenti. La prima parte del ciclo, con le sette conferenze della scorsa primavera, aveva preso in esame la morfologia carsica, la landa, i boschi carsici, le acque superficiali e la "citizen science".La seconda parte del ciclo, di sei conferenze, completerà il programma con nuovi temi: la fauna carsica, i cambiamenti climatici, la biodiversità, il Carso sotterraneo e la Val Rosandra. I relatori sono docenti e studiosi dell'Università di Trieste, del Museo di Storia naturale e del Comune di Trieste. Le conferenze saranno tenute sempre nella sala del Museo di Storia naturale, in via Tominz 4, di mercoledì, alle 17.30. In occasione della VI edizione (20-28 ottobre 2018) della Campagna nazionale di Italia Nostra sui paesaggi sensibili, la sezione di Trieste intende sostenere, con queste conferenze, il programma nazionale. Il calendario: domani "I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica" con Nicola Bressi, il 24 ottobre "Gli insetti del Carso, una fauna meno nota" con Andrea Colla, il 31 "Cambiamenti climatici nell'area carsica: quali evidenze?" con Renato R. Colucci, il 7 novembre "Cambiamenti climatici e biodiversità vegetale: l'invasione degli alieni" con Giovanni Bacaro, il 14 "La situazione sotto il Carso" con Sergio Dolce e infine il 21 novembre "Chiacchierata sulla Val Rosandra" con Nicola Bressi e Sergio Dolce.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 ottobre 2018

 

 

Porto vecchio, nove milioni per viabilità e servizi a rete
Definita la tabella di marcia del secondo lotto di lavori di infrastrutturazione - Previsto il nuovo collegamento stradale tra Magazzino 26 e largo Santos
Nove milioni di euro destinati a realizzare viabilità e servizi a rete nei 65 ettari di Porto vecchio: avanti con il secondo lotto. Le risorse fanno parte del pacchetto da 50 milioni stanziate dal ministero dei Beni culturali e finanziano i lavori di infrastrutturazione indispensabili per garantire lo sviluppo della zona sdemanializzata. L'amministrazione ha messo nero su bianco con la delibera 488, portata personalmente dal sindaco Roberto Dipiazza e seguita sotto il profilo tecnico dal responsabile dell'area territorio-ambiente Giulio Bernetti. Nella raffica di documenti e allegati, di scorta alla delibera, spicca il cronoprogramma, che prevede il completamento dei lavori - dalla gara ai collaudi - nel giugno 2021, una data non distante dalle elezioni comunali. Secondo questa griglia temporale, le gare si terranno nell'autunno 2019, i lavori si protrarranno dal gennaio 2020 al marzo 2021, tra aprile e giugno 2021 è fissata la stagione dei collaudi. Sette milioni saranno impiegati nel 2020, due milioni nel 2021.Viabilità, drenaggio urbano, reti gas, reti fognarie, rete idrica, rete energia, servizi tecnologici, illuminazione pubblica: è come intervenire in una piccola città "di fondazione", dove bisogna fare tutto. Dal punto di vista della viabilità, il secondo lotto provvederà a collegare il polo fieristico-museale (centrale idrodinamica, magazzini 26, 28, 29) con la città in corrispondenza di largo Santos, in coerenza con quanto avviato nel primo lotto (viale Miramare-polo fieristico-museale). Sarà così costruita una carreggiata a due corsie di marcia e una corsia ciclabile che si svilupperà lungo il muro di confine con il sedime ferroviario. Quindi - come rileva la relazione tecnico illustrativa - il tracciato si sovrapporrà in buona parte al percorso esistente con «la possibilità di un'espansione della viabilità principale e secondaria, anche in relazione a futuri insediamenti all'interno dell'area». I binari del vecchio raccordo ferroviario saranno parzialmente mantenuti, piante e aiuole coloreranno di verde l'area.Una buona notizia: il Porto vecchio è stato sottoposto a indagine geofisica «finalizzata a valutare il rischio bellico» e sembra non vi siano «anomalie riconducibili a masse belliche di medie e grosse dimensioni». Insomma nell'area non sarebbero cadute bombe e non sarebbero state piazzate mine.La decisione di spostare il museo del Mare dai Magazzini 24-25 al retrostante 26 consente al Comune di mettere a reddito i 24-25, che si affacciano sul Bacino 0. Dipiazza aveva dichiarato che in questo modo potrà andare avanti l'operazione Fincantieri. Fincantieri non smentisce l'interessamento ma dice che al momento non esiste al riguardo alcuna progettualità.

Massimo Greco

 

 

Muggia vara il piano per rendere sicuri i corsi d'acqua a rischio
Interessati dai lavori undici torrenti e rii. Prevista la pulizia degli alvei e l'abbattimento della vegetazione in eccesso
MUGGIA - Torrente San Bartolomeo, Almerigotti, Fugnan, del Diavolo e della Luna e rii Ronchi, San Sebastiano, Pisciolon, Farnei, Rabuiese e Menariolo. Questi sono gli undici corsi d'acqua indicati dal Comune di Muggia che saranno interessati dai lavori di manutenzione ordinaria che verranno realizzati entro l'anno. I lavori si realizzeranno grazie ai 48 mila euro messi a disposizione dalla Regione. Con la Legge regionale 11/2015, infatti, la Regione Fvg ha riclassificato i corsi d'acqua presenti sul territorio e organizzato le competenze dei vari Enti sulla materia, affidando ai Comuni la manutenzione dei corsi d'acqua di classe 5, classe a cui appartengono i torrenti o i rii protagonisti della lista. Su questa compaiono anche altri due corsi d'acqua su cui l'Amministrazione ha espresso la volontà di intervenire: il rio Boeri e il corso d'acqua - ancora senza nome - che sfocia all'altezza del lungomare Venezia. «È un intervento utile per gestire un aspetto spesso sottovalutato, ma in realtà estremamente importante ovvero la vegetazione che cresce lungo gli argini dei torrenti, che può al contempo fungere da elemento di contenimento di una piena oppure causare un'esondazione», ha evidenziato l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. Sui corsi d'acqua verranno effettuate la pulizia delle ramaglie e l'abbattimento delle eventuali piante e degli arbusti in alveo. La situazione di degrado è più evidente lungo gli alvei dei corsi d'acqua a regime torrentizio, dove la vegetazione cresce spontaneamente e ogni evento atmosferico importante trova materiale da trasportare a valle con il conseguente interramento e ostruzione delle sezioni idrauliche. L'assessore Litteri: «Spesso si sottovaluta su quanti piani diversi sia necessario monitorare e agire sul territorio comunale. È sbagliato considerare i corsi d'acqua come angoli di natura incontaminata da lasciare alla loro evoluzione. È fondamentale un monitoraggio e una gestione di queste risorse boschive che sono un elemento importante dell'ecosistema, ma che possono ridurre o aggravare gli effetti di un evento alluvionale che, con interventi come questo, si possono prevenire».

Riccardo Tosques

 

 

Montenegro come l'Eldorado inizia la caccia all'oro nero
I colossi stranieri, compreso il consorzio italo-russo Eni-Novatek, pronti a estrarre dal fondo al mare miliardi di barili. Ma gli ambientalisti affilano le armi
BELGRADO - La data d'inizio della competizione ora è fissata. I concorrenti sono pronti ai nastri di partenza. Il premio finale è assai ambito: gas e miliardi di barili di petrolio da estrarre dal fondo del mare. Ma la gara non piace a tutti, con gli ambientalisti che già affilano i coltelli. La gara è quella per il gas e l'oro nero che si nasconderebbero nei fondali adriatici: non quelli croati, dove la corsa è in parziale stallo, ma quelli di pertinenza del Montenegro, nel mirino di colossi stranieri pronti dopo anni di attesa a verificare l'esistenza dei giacimenti e a estrarre preziosi idrocarburi. Fra questi, il consorzio italo-russo Eni-Novatek, che dal primo novembre spedirà una nave nelle acque territoriali montenegrine per 45 intense giornate di esplorazioni e studi sismologici del fondale. «Siamo qui perché abbiamo analizzato» i dati esistenti e «crediamo che esista un potenziale», ha spiegato ai media locali il dirigente Eni, Agostino Maccagni.Il Montenegro - o meglio, chi ne regge le sorti - attende con estrema impazienza l'esito delle nuove indagini. La speranza è che portino in futuro all'estrazione di tanto gas e petrolio, i cui proventi finiranno «per il 62-68%» nelle casse pubbliche, ha assicurato la Direzione nazionale per gli idrocarburi. Prima però bisogna compiere nuove esplorazioni, con la nave equipaggiata con cannoni ad aria che "spareranno" contro il fondo marino, per leggere le onde di ritorno attraverso super computer. E non c'è solo Eni-Novatek. Le ricerche «della nostra compagnia saranno avviate alla fine di quest'anno oppure all'inizio dell'anno prossimo», ha detto da parte sua Antonios Nikolopulos, rappresentante del colosso greco Energean Oil&Gas, vincitore negli anni scorsi di una concessione come Eni-Novatek. E «se avremo fortuna, le prime trivellazioni» saranno in agenda già «nel 2020», anche se il governo si augura che l'anno buono sia il 2019. Ma non tutti guardano con speranza al futuro. Lo slogan del Montenegro, Paese che vive di turismo, è «bellezza selvaggia». E di certo «piattaforme petrolifere» nel mare cozzano con questa filosofia, ha attaccato l'Ong Green Home, da sempre in prima linea contro le ricerche in Adriatico, dannose «per la biodiversità». E possibile causa di «terremoti indotti», in un'area molto sismica, ha sostenuto l'attivista Natasa Kovacevic, ammonendo che «i cittadini forse non si rendono veramente conto di che impatto queste ricerche hanno sul nostro mare, piccolo e chiuso». Il Montenegro possiede abbastanza «potenziale energetico dalle rinnovabili», è rischioso puntare sul petrolio mettendo «a rischio l'ecosistema» marino, ha rincarato il direttore del movimento ecologista Ozon, Aleksandar Perovic.Meno pessimista l'ingegnere geofisico Branislav Glavatovic, che ha sottolineato che non è possibile escludere fuoriuscite di greggio durante le perforazioni, ma sono incidenti «molto rari». Preoccupazioni simili erano state espresse anche negli anni scorsi e difficilmente le rassicurazioni dei colossi in corsa, che hanno specificato che le ricerche sono sicure e che ci sono tutti gli strumenti per reagire in caso di problemi, placheranno i timori. Destinati a crescere, con i primi tuoni degli "airgun" in Adriatico.

Stefano Giantin

 

I giacimenti si spingono fino al confine albanese

Secondo stime di Energean - interessata a ricerche anche nei mari albanesi - sarebbero oltre 1,4 i miliardi i metri cubi di gas celati nei fondali montenegrini, una «riserva vergine» nell'Adriatico dal grande potenziale. Per quanto riguarda il petrolio, ammonterebbero a circa sette miliardi di barili di greggio le riserve ancora da sfruttare in Montenegro. Le prime ricerche di idrocarburi nel Paese furono lanciate nel lontano 1914 dal re Nikola, mentre nel 1922 fu scavato il primo pozzo d'estrazione, a terra, nei pressi del lago di Scutari, senza che dalle profondità uscisse il prezioso oro nero. Le ricerche "offshore", approvate nel 2012 dal governo, riguardano per ora due blocchi nelle acque al confine con l'Albania.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 ottobre 2018

 

 

Vino e caffè a rischio estinzione - Così il clima minaccia l'agricoltura
Il rapporto Fao: i Paesi che si trovano a basse latitudini sono quelli che risentono di più dei disagi
Una soluzione è ricorrere al commercio internazionale di cibo per contrastare le disuguaglianze
Roma - Il cambiamento climatico ed i suoi effetti sulla quotidianità stanno imperversando nel dibattito pubblico mondiale da quasi tre anni, da quando Cop21, la Conferenza Internazionale sul clima di Parigi, vi ha acceso i riflettori. Tra gli argomenti correlati al clima c'è il cibo, essendo colture e allevamenti legati alle condizioni meteorologiche. Un punto della situazione lo ha fatto la Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, con il suo recente rapporto "Stato dei mercati dei prodotti agricoli di base". 1 Chi vince e chi perde - I cambiamenti climatici comportano influenze diverse, naturalmente, nelle varie zone del Mondo, a seconda di dove la temperatura si alza o si abbassa, dove pioverà sempre meno e dove invece piogge e neve saranno sempre più frequenti, magari in periodi dell'anno insoliti. Stando al rapporto FAO, a rimetterci sarà la produzione alimentare nei Paesi che si trovano a più basse latitudini, ovvero quelli dove, purtroppo, regnano già povertà e malnutrizione. Laddove invece il clima è già più temperato e i gradi destinati a salire, l'impatto sulla produzione agricola, che aumenterebbe, sarebbe più positivo. 2 Il commercio - Dal rapporto, così come da ogni altro studio sul clima, è difficile prevedere quali saranno veramente gli effetti futuri, anche alla luce dei metodi di coltura e allevamento destinati anch'essi a subire mutamenti in base non solo alle esigenze ma anche alle nuove tecnologie. Certamente la FAO sottolinea come con i cambiamenti climatici destinati ad alterare significativamente la capacità di produrre cibo in determinati paesi, il commercio internazionale di prodotti agricoli avrà un ruolo sempre più importante per soddisfare il fabbisogno alimentare del pianeta e contrastare così la fame laddove questa aumenterà. 3 I cibi a rischio - Sono tanti i cibi che potrebbero risentire dei mutamenti climatici, come ha spiegato anche il World Economic Forum 2018. Albicocche, pesche e fragole per crescere e maturare hanno bisogno di temperature costanti, tra i 25 e i 30 gradi, sempre più difficili da trovare, e il risultato è che sono frutti spesso troppo costosi. L'85% della produzione di vino da qui ai prossimi 50 anni potrebbe sparire per l'innalzamento delle temperature nelle principali regioni produttive. Inoltre i cambiamenti climatici stanno minacciando le coltivazione delle piante da caffè, mettendo così a rischio estinzione la specie attualmente utilizzata per produrre il 20-25% dei chicchi oggi utilizzati. 4 La principale soluzione Molti Paesi si affidano già ai mercati internazionali per approvvigionarsi e risparmiare i costi elevati della produzione agricola (come ad esempio negli stati con risorse limitate di terra e acqua) o costretti dai disastri naturali che colpiscono le loro colture. Il Bangladesh ad esempio lo scorso anno ha tagliato i dazi doganali sul riso per aumentare le importazioni e stabilizzare il mercato interno dopo le gravi inondazioni che hanno visto i prezzi aumentare del 30%, mentre il Sudafrica quest'anno ha incrementato le importazioni di mais, di cui è storicamente grande esportatore, per contrastare la siccità. 5 Pensare al futuro - Ricorrere al commercio internazionale di cibo per contrastare le disuguaglianze prodotte o accentuate dai cambiamenti climatici non significa tuttavia spostare l'attenzione dal clima e come preservare il nostro ambiente per il futuro. Da Cop21 infatti la strada è tracciata, ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili, nella difesa e protezione delle foreste e degli oceani con decisioni che dimostrino di aver compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre il consumo di carne e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro cibo. Una nuova visione a 360 gradi che deve vedere il Mondo intero unito.

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 ottobre 2018

 

 

Dopo 10 anni riapre il terrapieno Acquario
MUGGIA - Dopo dieci anni di attesa i cancelli del terrapieno Acquario sono stati riaperti. Ieri la Regione ha comunicato ufficialmente l'apertura del primo lotto bonificato dell'area. Una notizia attesa dall'amministrazione, come ha spiegato Laura Marzi: «Abbiamo preso un impegno con i cittadini e poterne vedere finalmente il risultato non può che renderci fieri, specie alla luce dell'interminabile iter che ha portato a questo traguardo, che appena qualche anno fa appariva inarrivabile». Domani, in occasione della Barcolana in bici organizzata sul percorso ciclopedonale costiero i partecipanti potranno utilizzare gli spazi interni del primo lotto di Acquario che dalla prossima estate sarà a disposizione dei bagnanti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 ottobre 2018

 

 

ARPA - Radon, in Fvg livelli fra i più alti d'Italia
TRIESTE - Il Fvg è una delle regioni italiane con le più alte concentrazioni medie di radon: le zone più interessate - si conferma - sono quelle con suoli molto permeabili dell'alta pianura friulana, delle vallate montane e del Carso triestino e goriziano. Questo emerge dai primi risultati del "Progetto radon, misure per 1.000 famiglie", avviato dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa). Per Arpa il problema è spesso sottovalutato: un'indagine ha rilevato che solo il 24% della popolazione del Fvg sa che il radon è la seconda causa di tumore al polmone dopo la sigaretta. La campagna di monitoraggio ha consentito di misurare il radon in 1775 famiglie, stimando una concentrazione media annuale di 153 Bequerel al metro cubo, valore alto ma atteso e in linea con i risultati delle precedenti campagne. Gli edifici più datati hanno concentrazione maggiore di radon, segno di miglioramento delle tecniche edilizie. Un aumento di radon è osservato pure in costruzioni dove sono stati effettuati opere di impermeabilizzazione o di isolamento, o rifacimento di contatto col suolo.

 

 

Via al piano di rilancio di 20 ettari incolti sul Carso triestino
Pubblicato il bando che prevede una serie di fondi regionali per il recupero di terreni improduttivi tramite il consorzio Gal
DUINO AURISINA - Inserire nel ciclo produttivo 20 ettari di terra tra l'altopiano carsico e i territori di Muggia e San Dorligo della Valle, oggi inutilizzati. Questo l'obiettivo del bando pubblicato in questi giorni sul Bur, il Bollettino ufficiale della Regione, e dedicato al recupero di terreni agricoli attualmente improduttivi. L'amministrazione regionale, infatti, ha messo a disposizione complessivamente 400 mila euro, che andranno distribuiti, nella misura di 20 mila euro a testa, fra coloro che dimostreranno interesse a coltivare un terreno incolto, di proprietà o in affitto. L'investimento richiesto nel bando potrà essere composto per il 50% da fondi pubblici, mentre il restante andrà coperto con denaro o il lavoro in proprio dell'agricoltore intenzionato a rimettere in produzione la terra. Il bando è il risultato di una consultazione condotta fra le aziende del territorio già nel 2016 dal Gal, il Consorzio di promozione e sviluppo del territorio rurale che va da Muggia fino a Savogna d'Isonzo. «Il nostro scopo - spiega in proposito il presidente del Gal David Pizziga - è iniziare a recuperare quel 70% di superficie agricola persa in Carso negli ultimi 60 anni. Purtroppo - aggiunge - questi fondi si rendono disponibili dopo molto tempo, a causa delle gravi lentezze del sistema burocratico. Questo è il primo bando della nostra Strategia di sviluppo locale convalidata dalla Regione nel dicembre del 2016 e rappresenta solo una fetta dei tre milioni di investimenti pubblici a favore di Carso che abbiamo programmato e stiamo aspettando». Per accogliere le domande e chiarire i contenuti del bando lunedì prossimo, dalle 17 alle 19, nella sala consigliare del Comune di San Dorligo della Valle (Dolina 270), si svolgerà una riunione organizzata dai tecnici dello stesso Gal, con i quali i presenti potranno confrontarsi. Per informazioni si può in ogni caso scrivere al consorzio all'indirizzo di posta elettronica info@galcarso.eu oppure consultare il sito www.galcarso.eu. Il regolamento del bando è, ovviamente, pubblicato sul Bur.

Ugo Salvini

 

 

Elettrico e gas naturale liquido - Ecco la nuova mobilità sostenibile
Esperti da tutto il mondo per World Energy Week di Milano: sostituire i veicoli tradizionali
Nascono modelli di mezzi a più basse emissioni e motori ecologici. Italia fanalino di coda
MILANO - Elettrica ma non solo: la mobilità sostenibile del prossimo futuro dovrà basarsi infatti anche sulla sostituzione dei veicoli tradizionali con nuovi modelli a più basse emissioni, e sull'uso di motori alimentati a gas naturale liquido per i mezzi pesanti che viaggiano su percorsi lunghi. È questa l'indicazione che arriva dagli esperti del Consiglio mondiale dell'Energia (WEC), riuniti in questi giorni a Milano per la World Energy Week, il cui scopo è rendere l'industria energetica più sostenibile e inclusiva. 1 Crescono le auto elettriche - Secondo i dati diffusi durante i lavori, nel 2017 le auto elettriche nuove vendute a livello globale sono state oltre un milione, con una crescita del 54% rispetto al 2016. In totale, le vetture elettriche in circolazione sono più di tre milioni in tutto il mondo, il 40% dei quali solo in Cina. In Europa, a trainare il mercato è la Norvegia, dove l'anno scorso sono state immatricolate 62mila macchine elettriche, seguita dalla Germania con 55mila e dal Regno Unito con 47mila, mentre l'Italia si è invece fermata a 5500 unità. 2 Il nodo dei trasporti lunghi - I motori elettrici - ha spiegato il presidente di WEC Italia, Marco Marghieri - hanno «un ruolo chiave nel trasporto urbano, ma il gas naturale e il biogas offrono soluzioni sostenibili già disponibili per le aree in cui la mobilità elettrica non è naturalmente adatta»: il trasporto su tir e via nave, e gli usi industriali: ambiti che rappresentano l'11% del consumo energetico in Italia e in cui oggi domina, oltre ai combustibili tradizionali, l'uso del metano liquido. 3 La blockchain? Oltre che di mobilità, a Milano si è discusso anche dei nuovi scenari per la produzione e la distribuzione dell'energia. A partire dalla possibilità che in futuro ogni utente possa diventare produttore e venditore di corrente, grazie alle possibilità offerte dalla blockchain: cioè della tecnologia che ha reso possibile la nascita delle criptovalute come i Bitcoin, e che si fonda su un database decentralizzato dove tutte le transazioni digitali vengono registrate in modo immutabile. Nonostante le potenzialità interessanti, secondo un'indagine di WEC realizzata con le società di consulenza PwC, l'applicazione della blockchain al mercato energetico non sarà realizzata in tempi brevi: le cause principali sono la mancanza di un quadro normativo chiaro e di un modello di business efficace. 4 I consumatori sono pigri - A questi fattori si aggiunge poi la "pigrizia" degli utenti. Infatti, secondo la ricerca la preoccupazione principale è solo quella di pagare la bolletta a fine mese. Gli utenti sono restii ad assumere un ruolo più attivo e tendono a restare fedeli alle proprie abitudini, anche a scapito del risparmio. In Gran Bretagna, ad esempio, il 60% dei consumatori ha preferito rimanere con il proprio fornitore, anche se cambiando avrebbe potuto risparmiare in media 300 sterline l'anno (342 euro). Nonostante ciò, l'Italia si sta impegnando sul versante della blockchain grazie a un bando del ministero dello Sviluppo, che punta a reclutare 30 esperti per studiare la strategia nazionale sulle applicazioni di questa tecnologia. 5 Di M aio e la sostenibilità - In più, come ha spiegato il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio in un videomessaggio, il nostro Paese «ha deciso di puntare su un futuro energetico completamente sostenibile», basato «sull'efficienza energetica, sul consumo razionale dell'energia, sulla promozione della produzione da fonti rinnovabili e sull'aumento del vettore elettrico per soddisfare la penetrazione nel settore dei trasporti». In particolare, ha concluso Di Maio, «nella prossima legge di bilancio è previsto il potenziamento del programma di riqualificazione degli edifici della pubblica amministrazione, ed è massimo l'impegno del governo a rendere operativo il fondo nazionale per l'efficienza energetica».

Daniele Lettig

 

Il trenino verso il ritorno per il parcheggio Bovedo - E i volontari polemizzano con il sindaco.

«Migliaia di persone, più di 14 mila in pochi weekend, più di 4.000 firme non sono scoiattoli Roberto Dipiazza! Sono concittadini e turisti che meritano rispetto da parte di un rappresentante delle pubbliche istituzioni». Non l'hanno presa bene, i volontari del Tramway Porto vecchio di Trieste, l'ironia del primo cittadino sul trenino tagliato dell'era Cosolini che in futuro potrebbe tornare a servire il parcheggio Bovedo realizzato sopra le vecchie rotaie dell'antico scalo. «Io sono favorevole al trenino. Solo che questi l'hanno fatto tre anni fa quando c'era la tundra. Chi portava allora? Qualche scoiattolo forse, perché neanche i caprioli ci sono. Era chiaramente un trenino elettorale», ha dichiarato Dipiazza nel giorno dell'inaugurazione del park da 400 posti auto. La buona notizia è che il sindaco ha ritrovato la voglia di giocare con i trenini. Solo che era meglio non disturbare gli scoiattoli.

 

C'è il Pedibus, auto "proibite" in via Lucano - Ma strada di Rozzol resta un cantiere aperto
Traffico bloccato per dieci minuti al mattino per consentire il passaggio a piedi degli studenti diretti all'Istituto Weiss
Il Comitato genitori dell'Istituto comprensivo Tiziana Weiss ha ottenuto la riattivazione del Pedibus. Ciò comporta la chiusura al traffico di via Lucano dalle 7.55 alle ore 8.05 a seguito di un'ordinanza del Comune. Il progetto Pedibus nacque nel 2008, nel momento in cui la scuola primaria Virgilio Giotti aderì a un progetto pilota proposto dall'Uisp finalizzato alla creazione partecipata di un percorso sicuro casa-scuola. Il Pedibus funziona analogamente a una linea di trasporto pubblico. Ha un capolinea e delle fermate intermedie a orario fisso dove aggregarsi al gruppo di genitori, bambini e insegnanti che raggiungono la scuola a piedi. L'attivazione del Pedibus con il contestuale "blocco" del traffico in via Lucano si inserisce tuttavia in un contesto che parla di disagi. Doveva infatti concludersi entro l'inizio di quest'anno scolastico e invece sta ancora proseguendo, creando non pochi disagi tra i residenti e le famiglie degli allievi dello stesso Istituto Weiss, il cantiere in strada di Rozzol avviato ancora a giugno da AcegasApsAmga nell'ambito di una serie di lavori programmati alla rete del gas. Inizialmente l'intervento si sarebbe dovuto svolgere nel periodo estivo e quindi in tempo per la ripresa delle lezioni, cioè entro l'8 settembre. In accordo con il Comune, era stato realizzato anche un progetto per la contestuale riqualificazione delle reti idrica ed elettrica, così evitare nuovi successivi scavi, e anche per quella delle canalette di scolo, al fine di scongiurare eventuali allagamenti in zona. Come poi spesso accade quando i progetti incontrano la realtà, la stima iniziale che prevedeva la conclusione dei lavori entro l'8 settembre è stata disattesa, perché al momento dell'apertura dello scavo si è notato che, a causa della vetustà dei sottoservizi, alcune parti della condotta fognaria risultavano ammalorate e bisognose di operazioni più radicali. Così, allo stato attuale, il periodo d'attività del cantiere è stato prolungato fino al 31 ottobre. Nel frattempo, i residenti della zona segnalano una situazione di disagio "infinito", dovuto al fatto che strada di Rozzol è interdetta al traffico veicolare dall'incrocio di via Beda per circa mezzo chilometro e così le persone che vi abitano non possono da circa cinque mesi parcheggiare nei loro garage oppure nelle vie adiacenti (anche queste interessate talvolta da lavori), con appunto tutti i relativi disagi che ciò può comportare. La situazione risulta ancora più scomoda per le famiglie che portano i propri figli all'Istituto Weiss. Col cantiere in opera, il passaggio è reso poco agevole e soprattutto pericoloso da restringimenti, passerelle e buche e soprattutto dai mezzi che lavorano in una strada già di per sé stretta. Un'inquilina del condominio al civico 12 ha riferito inoltre che Acegas avrebbe autonomamente deciso di cambiare i contatori e che l'erogazione del gas sarebbe stata interrotta per quasi una settimana senza alcun preavviso: «Nessuno di noi ha chiesto i lavori in strada, nessuno di noi ha chiesto di cambiare i contatori. Viviamo in una situazione che è ormai intollerabile», si sfoga l'inquilina di strada di Rozzol. AcegasApsAmga, da parte sua, risponde che la chiusura del gas è stata comunicata con alcuni giorni di preavviso come da normativa e che la stessa ha avuto una durata, per ogni singolo edificio di massimo quattro ore.«Nel caso del condominio al civico 12 di strada di Rozzol - scrive Acegas in una nota - è stato riscontrato che la valvola di intercettazione gas era posta all'interno dello stabile: la normativa prevede, per ragioni di sicurezza, che la valvola debba essere posizionata esternamente all'edificio ed essere facilmente individuabile ed immediatamente accessibile per poter essere prontamente chiusa in caso di emergenza. Si è quindi provveduto a contattare l'amministrazione stabili perché procedesse all'adeguamento normativo».

Simone Modugno

 

Mappe per i cicloturisti con il logo di Bucci
Il logo "We are Triesteing" comparirà sulle piantine che verranno distribuite ai cicloturisti, realizzate in collaborazione con la Pro loco. «Quello di oggi è un primo step che porterà entro l'avvio della prossima stagione alla creazione di percorsi per e-bike che andranno a coprire tutto il territorio di Trieste», ha spiegato il presidente della Pro Loco Michele Ciak. Soddisfatto l'assessore al Turismo, Maurizio Bucci, che ritrova il "suo" logo: «Come Comune ci siamo attivati da tempo con la Pro loco per valorizzare un settore che potrà dare risultati importanti. Non possiamo però pensare d'improvvisare, per questo abbiamo deciso di investire sulle qualifiche professionali al fine di garantire al fruitore il miglior servizio possibile. Possiamo dire che l'Italia è tutta bella, ma la nostra città ha qualcosa in più». Bernardo Zerqueni, fondatore di Ones Bike, è l'imprenditore che ha chiesto la concessione del marchio: «Abbiamo lanciato la prima mappa con il supporto degli imprenditori locali. Mi ha fatto piacere che l'assessore ci abbia concesso il "We are in Triesteing" per il nostro progetto». Oltre alla piantina la Pro loco sta predisponendo un servizio di guida cicloturistica grazie al socio Alex Korfeind, che ha ottenuto l'abilitazione dalla Federazione ciclistica internazionale: «Il mare ed il Carso sono i punti d'interesse principali che possono andare ad intercettare i circa 13 mila cicloturisti che scelgono la Venezia Giulia ogni anno, con un trend in costante crescita».

 

 

Economia circolare a Muggia

Il Comune di Muggia, il Comune di San Dorligo e Legambiente Trieste vi invitano all'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e opportunità" con Laura Brambilla, responsabile nazionale Comuni Ricicloni di Legambiente: alle 17.30, alla sala Millo in piazza della Repubblica 4, a Muggia. Modera l'incontro Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 ottobre 2018

 

 

MUGGIA -  Mandracchio nuova meta delle nutrie del rio Ospo
Dal rio Ospo al Mandracchio. Le nutrie muggesane si "allargano", spingendosi fino al cuore della cittadina rivierasca. Lo testimonia la foto - di Lucia Sussel - che pubblichiamo, con uno dei "castorini" piazzato su uno dei gradini che dal molo portano in mare.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 ottobre 2018

 

 

FERRIERA - «Rumori oltre i limiti di legge - Il sindaco deve intervenire»
La presidente pentastellata della "Trasparenza" non molla dopo la seduta speciale da lei convocata vicino alla Ferriera alla presenza dei tecnici Arpa
«Convocherò un'altra seduta della commissione invitando a partecipare anche l'AsuiTs». Annunciando tale intenzione Cristina Bertoni, presidente pentastellata della Commissione Trasparenza, ha terminato ieri la seduta convocata accanto alla stazione fonometrica dell'Arpa, utile a monitorare il "clima" acustico nei pressi della Ferriera di Servola. Nell'occasione Franco Sturzi, direttore tecnico-scientifico dell'Arpa, ha spiegato ai "commissari" che il sistema fonometrico in funzione da inizio anno, rileva in continuazione, 24 ore su 24, il rumore prodotto dallo stabilimento: «La legge prevede il limite di 60 decibel per il giorno e di 50 per la notte - hanno precisato per l'appunto i referenti Arpa - mente il rumore rilevato dalla centralina di rilevazione fonometrica nei pressi della Ferriera segnala in media 57 decibel. Nelle abitazioni più vicine allo stabilimento si può arrivare anche a decibel in più». Le due principali fonti di rumore sono l'altoforno e la cokeria. Ma è stato anche specificato che «nel periodo di sospensione dell'attività dell'altoforno i limiti si sono ridotti di uno, due decibel, restando dunque comunque sopra i limiti». «Ad oggi i dati sono stati forniti alla Procura, all'AsuiTs e alle istituzioni coinvolte mentre dal primo novembre - così Sturzi - verranno inseriti sul nostro sito con elaborati e interpretazioni». «Siamo massacrati non solo dai fumi e dalle polveri ma anche da un rumore costante», ha dichiarato Alda Sancin, presidente dell'Associazione Nosmog che ha preso parte alla commissione assieme ad altri residenti di quella zona: «Chi segnala un locale che fa musica oltre i limiti riceve risposte e l'attività viene sanzionata, idem per altre attività che causano inquinamento acustico, per noi invece non ci sono risposte, siamo cittadini di serie C, questo è un ghetto, la nostra salute non merita la tutela di quella garantita ad altri residenti». Bertoni, non escludendo di estendere l'invito della prossima commissione anche alla Procura, ha ribadito la necessità di un «urgente intervento del sindaco».

Laura Tonero

 

 

L'alga killer minaccia l'isola dell'amore nel canale di Pasman
La scoperta dei sub guidati da Gianni Iglic. Situazione grave - La Caulerpa racemosa ha una crescita molto rapida
ZARA - La Caulerpa racemosa, definita l'alga killer, si è impossessata di gran parte dei fondali di Galesno (Galesnjak), l'isola dell'amore o degli innamorati, come viene chiamata per essere a forma di cuore e resa celebre da Google Earth. Galesno è situata in Dalmazia, lungo il canale di Pasman che separa l'omonima isola e la dirimpettaia terraferma. È diventata uno dei simboli turistici di questa regione adriatica, magari abbruttita negli ultimi anni da due "ferite", due campi che tagliano in modo obliquo l'isola, appezzamenti di terreno in cui si coltivano olivi e vigne. A scoprire la presenza di questo vegetale invasivo, proveniente da acque tropicali e che impedisce agli altri vegetali di continuare a vivere e svilupparsi, è stata scoperta da un gruppo di subacquei, guidati da Gianni Iglic. Egli ha informato le competenti istituzioni sulla massiccia invasione della Caulerpa racemosa, specie quasi simile all'altra alga killer, la Caulerpa taxifolia, che una quindicina d'anni fa aveva attecchito su diverse porzioni di fondale dell' Adriatico settentrionale. Oltre ad avere attaccato l'habitat marino intorno a Galesno, così Iglic, il vegetale si è riprodotto anche lungo il canale di Pasman, occupando un'estesa area. «Parliamo di un'alga micidiale, contro la quale è difficile, per non dire impossibile combattere - ha dichiarato Iglic - ha una crescita estremamente rapida e non ci sono praticamente metodi per neutralizzarla». Qualcuno ha proposto che la racemosa venga coperta con teli di nylon, ma in quel modo si distruggono tutte le creature viventi fino ad un metro nel sottosuolo. Nonostante la sua temibile presenza, che causa la rarefazione o la scomparsa degli altri vegetali, come pure di pesci e molluschi bivalvi, questa specie di Caulerpa ha il suo tallone d'Achille. Dopo un certo periodo di tempo, l'alga scompare come se non fosse mai esistita in quel luogo. Secondo la biologa marina croata, Ivana Zubak Cizmek, ci sono delle determinate ragioni - che per ora sfuggono agli esperti - che bloccano la crescita della racemosa e ne determinano il ritiro dalla zona aggredita.

Andrea Marsanich

 

Violetta riconquista la profondità del mare dopo due settimane chiusa nel Canal grande
Il trigone recuperato dagli esperti dell'Area marina protetta e del Corpo forestale. L'esemplare è stato poi portato nella zona di Miramare
Il trigone Violetta, magnifico esemplare di pastinaca rimasto intrappolato da un paio di settimane all'interno del canale di Ponterosso, è stato liberato all'alba di ieri. Grazie all'intervento congiunto operato da Wwf Italia - Area Protetta di Miramare e dal Corpo regionale Forestale il trigone viola, conosciuto anche come pastinaca violacea o pelagica, è tornato a nuotare in libertà nelle acque del golfo. L'animale nei giorni scorsi aveva suscitato parecchia curiosità e ansia nei triestini che, vedendolo nuotare negli spazi angusti del canale, si erano preoccupati per la sua integrità. Si tratta di un animale pelagico abituato alle acque profonde ma, come spiega il direttore della Riserva marina di Miramare Maurizio Spoto, «decisamente a suo agio alle nostre latitudini. Ed è per questo che, dopo due settimane di monotono girovagare all'interno del canale, abbiamo convenuto che fosse giunta l'ora di rimetterlo in libertà». L'esemplare, una femmina adulta della larghezza di 60 centimetri, presentava delle ferite dovute alla ristrettezza in cui era costretta a nuotare, ma non solo: a detta di Spoto molto probabilmente Violetta in precedenza era già stata pescata in quanto quasi priva di coda, un aculeo dalla lunghezza solitamente vicina ai 90 centimetri, ridotta nel suo caso a un moncherino lungo più di due terzi in meno. Prelevata di buon mattino dagli esperti del Wwf e della Forestale è stata portata nei pressi del molo Sticco, attiguo alla Riserva Marina di Miramare, dov'è stata rimessa in libertà. Qui, in breve tempo, come documentato da un video presente sul sito e sulla pagina Facebook de Il Piccolo, ha riconquistato la profondità. Il recupero di questo esemplare di trigone viola (dal nome scientifico Pteroplatytrygon violacea) è il frutto di due settimane di monitoraggio dell'animale da parte dei ricercatori che ne hanno seguito costantemente gli spostamenti. «Non era un problema per l'esemplare il suo girovagare limitato nelle anguste acque di Ponterosso - continua Spoto - ma a lungo andare il suo nuotare "in tondo" avrebbe potuto provocargli delle ulteriori ferite. Era perciò giunta l'ora di fargli riconquistare acque maggiormente consone al suo habitat». Pur assomigliando a una piccola manta, la pastinaca rimane una specie molto comune nell'Adriatico, la sua presenza perciò non ha niente a che vedere con eventuali cambiamenti della fauna marina. È però molto difficile incontrarla in quanto gli esemplari come Violetta sono soliti spaziare in acque decisamente più profonde rispetto a quelle di un lungomare. «Molto probabilmente - conclude Spoto - Violetta è stata spinta nel "cul de sac" del Canal grande dalla propria voracità, in quanto quello spazio pur essendo chiuso è ricco di pesci». Gli esemplari maschi adulti di pastinaca violacea possono raggiungere anche i 160 centimetri di lunghezza (compresa la coda) e gli 80 di larghezza. La coda, lunga e simile a una frusta, è dotata di uno o due aculei veleniferi.

Lorenzo Degrassi

 

Specie abituata a vivere in acque subtropicali
Abituato alle acque temperate e subtropicali, il trigone viola o pastinaca violacea predilige un habitat pelagico (in mare aperto) ed è solito vivere esclusivamente al largo della piattaforma continentale, fatto che rende ancora più originale la sua presenza nelle acque chiuse di un catino come quello di un canale cittadino. La specie venne classificata dal biologo francese Charles Bonaparte nel 1832 come Trygon violacea. Il nome deriva dal colore dorsale che varia dall'azzurro al violaceo. È caratterizzato da un corpo di forma discoidale molto affusolato e dotato di larghe pinne pettorali che usa per nutrirsi di piccoli pesci, calamari, meduse e crostacei.

 

Slitta il piano di sterilizzazione dei "castorini" del rio Ospo
Dopo tre mesi di attesa è arrivata la risposta dell'Ispra che però chiede una mappa più dettagliata dell'area d'intervento per dare il via libera
Ennesima falsa partenza per il piano di sterilizzazione delle nutrie muggesane. Dopo quasi tre mesi di attesa, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale si è pronunciato sul caso delle nutrie del rio Ospo chiedendo ulteriori integrazioni. Una decisione che ha spiazzato sia l'amministrazione comunale che gli animalisti come racconta Cristian Bacci, responsabile dell'associazione Mujaveg: «Le richieste giunte non cambiano la natura del progetto, risponderemo e andremo avanti su questa strada sperando che sia la volta buona per iniziare, ovviamente spiace che i tempi si allunghino». Nello specifico l'Ispra ha chiesto una mappatura più dettagliata dei confini dell'area in cui si andrà ad intervenire e una rendicontazione semestrale del numero dei soggetti sterilizzati e non da inoltrare poi all'Ispra stesso. «Faremo quanto richiesto: speriamo però che poi sia la volta buona», il commento dell'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri. La decisione di sterilizzare i castorini, evitando così loro una morte cruenta, è stata fortemente voluta dall'amministrazione Marzi. La pratica prevista si baserà sulla cattura degli animali e successiva sterilizzazione, analogamente a quanto viene già fatto con le colonie di gatti randagi. Anche i costi dell'atto chirurgico saranno gli stessi: 32 euro per i maschi, 60 per gli esemplari femmina. Il Comune di Muggia ha detto dunque no ai metodi di soppressione cruenti come previsto dalla normativa regionale, quali "armi comuni da sparo" oppure "trappolaggio e successivo abbattimento con metodo eutanasico dell'animale mediante narcotici, armi ad aria compressa o da sparo».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 ottobre 2018

 

 

Stoccolma - Impatti economici del clima impazzito - Nobel ai ricercatori
Premio Nobel all'economia agli studiosi dei cambiamenti climatici e dell'innovazione. L'accademia svedese delle Scienze ha infatti assegnato il prestigioso riconoscimento per il 2018 agli economisti statunitensi William Nordhaus e Paul Romer. Al primo per gli studi sull'effetto del cambiamento climatico sull'economia e al secondo per gli studi sulla crescita endogena e le ricerche sulle politiche che incoraggiano innovazione e crescita. «Nordhaus e Romer hanno disegnato metodi per indirizzare alcune delle nostre domande sul come ricreare e tenere in piedi una crescita economica sostenibile», ha detto il comitato: nuovi modelli «che hanno allargato lo spettro delle possibilità dell'analisi economica mettendo in opera soluzioni che spiegano come l'economia di mercato interagisca con la natura e la scienza».

 

 

Pirogassificatore: la Regione invia alla Burgo le sue richieste
Dalla verifica della coerenza dell'opera alle possibili soluzioni alternative i punti principali. L'azienda ha 45 giorni per rispondere
DUINO AURISINA - Dalla verifica della «coerenza del progetto con il Piano regionale di gestione dei rifiuti», alla richiesta di una approfondita descrizione degli interventi previsti sulla linea "2" della Cartiera, di chiarimenti in merito al materiale trattato nel futuro impianto e di approfondimenti sul bilancio energetico dello stabilimento. Sono queste solo alcune delle numerose richieste che la Regione ha inviato in questi giorni alla Burgo Group spa, informandone contestualmente anche i Comuni di Duino Aurisina, Monfalcone e Trieste, l'Uti giuliana e l'Arpa, in relazione alla richiesta, formulata dalla stessa Burgo, di assoggettabilità alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) del progetto per la realizzazione, all'interno dello stabilimento di San Giovanni di Duino, di un Pirogassificatore. La Regione ha effettuato un accurato lavoro di analisi, prendendo spunto anche dalle numerose osservazioni presentate da associazioni di residenti e tecnici, per arrivare a una conclusione molto articolata. Alla Burgo infatti si chiede anche di approfondire l'aspetto relativo a «possibili soluzioni progettuali alternative», di implementare lo studio di impatto atmosferico, di valutare l'impatto potenziale complessivo, di attuare una campagna di misure «che consenta di effettuare il confronto con i valori stimati dal modello». È chiamato in causa anche il gruppo "Salute e ambiente", sorto fra i cittadini, che ha sottoposto alla Regione osservazioni sugli aspetti tecnici inerenti la combustione. Non mancano infine riferimenti alla necessità di chiarire le conseguenze sul piano del rumore e della diffusione di cattivi odori. La Burgo ha ora 45 giorni per soddisfare tutte le richieste, termine che potrà essere prorogato, per una sola volta, di 90 giorni su richiesta.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 ottobre 2018

 

 

Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
TRIESTE - Allarme dai pascoli dell'altipiano. L'sos arriva dalla Cooperativa Pascolo Sociale di Basovizza che, curando l'allevamento di bovini allo stato brado e lavorando per la conservazione della landa carsica nel pascolo sottostante il monte Cocusso, chiede aiuto e lumi alla Regione per debellare Ailanto e Senecio, due piante maligne che stanno invadendo un po' tutti i boschi e le campagne triestine. Il problema è diffuso ormai a livello mondiale. L'albero del Paradiso o Ailanto, in particolare, si diffonde incontrastato ovunque, affondando le proprie radici su qualsiasi terreno e defenestrando progressivamente le piante autoctone. Della sua invadenza e della difficoltà di eliminarlo, la cooperativa ha avuto modo di informare il sindaco. Roberto Dipiazza ha segnalato la criticità all'assessore regionale alle Risorse agroalimentari, forestali e ittiche Stefano Zannier, con il quale il primo cittadino ha effettuato un sopralluogo nel pascolo della cooperativa basovizzana. L'ente cura una quarantina di bovini da carne che pascolano nei circa 40 ettari di landa non lontani dal confine lipizzano, sul versante meridionale del monte Cocusso. «Siamo nati attorno al 1980 - spiega il presidente della cooperativa Alessandro Zagar - con un progetto volto al recupero della landa carsica e dell'antica attività di allevamento. Dopo il secondo dopoguerra la maggior parte della popolazione ha cercato il pane nelle fabbriche e in altre attività, ora stiamo cercando di recuperare le attività abbandonate ma profondamente legate al territorio». Utilizzando parte dei proventi versati per compensare l'insediamento del Sincrotrone, la cooperativa ha impostato sotto al Cocusso un allevamento bovino allo stato brado. Niente mangimi o animali in batteria, solo mucche che pascolano, placide, brucando erba e mangiando fieno sfalciato sul Carso. Fondi erogati dalla Regione Friuli Venezia Giulia hanno permesso di realizzare recinzioni speciali (il pastore elettrico) e un ricovero per gli animali. Due tecnici sono impiegati a tempo pieno per la cura degli stessi, "Limousine", "Chevrolet" e pezzate dalla carne particolarmente apprezzata. «Oltre all'allevamento - riprende il presidente - ci siamo dedicati al recupero della landa carsica e dei vecchi sentieri».

Maurizio Lozei

 

Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
«Veniamo visitati anche da scuole e altre istituzioni e l'allevamento va visto anche in prospettiva turistica - sottolinea il presidente della Cooperativa Pascolo Sociale di Basovizza, Alessandro Zagar -. All'assessore Zannier abbiamo chiesto un aiuto per realizzare una struttura per custodire attrezzi e macchinari. Soprattutto una consulenza urgente per contenere l'avanzata di ailanti e senecione. Se per il secondo, erbaggio che con i suoi fiori velenosi può entrare nella catena alimentare tramite le api, l'espianto è più semplice, l'Ailanto è veramente difficile da estirpare. Il taglio non serve a nulla perché ributta ancora più copioso, stesso discorso per l'espianto. La lotta chimica funziona ma siamo nell'area di tutela comunitaria per cui non possiamo praticarla». Dall'assessorato regionale c'è l'impegno a trovare una soluzione anche perché il lavoro della cooperativa appare prioritario e meritorio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 ottobre 2018

 

 

Al BioMa per vedere come sta il nostro Golfo
Delfini e tartarughe, si sa, sono i beniamini di tutti i bagnanti e sono anche indicatori biologici del "benessere ecologico" del nostro Golfo, ma non sono gli unici "rilevatori" della salute del mare. Diverse specie animali e vegetali, meno appariscenti ma non meno importanti, possono inviarci segnali sull'evoluzione e sullo stato del mare. Se ne parlerà oggi al BioMa nel corso di una chiacchierata scientifica dal titolo "Come sta il Golfo? Monitorare per tutelare specie e habitat".

 

A spasso tra boschi e l'omaggio a Kugy - Centro di Basovizza oggi in festa
La struttura didattica compie dieci anni - Apertura straordinaria dello Speleovivarium
A spasso tra i boschi o visitando i musei. La natura e le risorse della Terra si contemplano anche così, temi alla ribalta nel ventaglio di proposte fruibili oggi, giornata che regala "Saperi, sapori e colori dalle Alpi Giulie all'isola di Cherso", iniziativa a cura del Centro didattico naturalistico di Basovizza ideato per celebrare i dieci anni di attività. Il progetto si colora di due fasi, quella del mattino (9-13) da vivere nei boschi e pascoli di Basovizza, con partenza dal piazzale del Sentiero Ressel ed escursione tra anfratti verdi, aziende agricole e vestigia a uso agropastorale, un percorso ideato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste. Nel pomeriggio, a partire dalle 15.30, si gioca in casa, al Centro di Basovizza, teatro prima di un omaggio a Julius Kugy curato da Caterina Depetris e Francesca Mereu, e poi della vernice della mostra fotografica "Colori", firmata dalle opere di Lucio Ulian e Alessandra Tribusson (informazioni al 3358459035).L'altra porzione naturalistica si vive all'Immaginario scientifico di Grignano, per "Una multivisione per scoprire il Carso" e che propone alle 10 "Carso, paesaggio a Oriente", opera di Sonia Fattori e Pier Paolo Mazzon, progetto esplorativo a base di immagini, video, testi e musica in grado di condurre il visitatore alla scoperta della Grotta delle Torri di Slivia, cavità di una profondità di oltre 100 metri che per l'occasione consente un viaggio interattivo colorato da spunti di speleologia, carsismo e personaggi storici.Il terzo possibile scalo domenicale si gioca allo Speleovivarium di via Reni 2/C dove l'apertura straordinaria, prevista dalle 10, intende omaggiare la 50° Barcolana e porre l'accento su un tema gemello, quello del vento che proviene dalla terra, ideato per la Giornata nazionale della speleologia (info al 3491357631).

Francesco Cardella

 

Laboratori all'Enpa e unità cinofile in acqua
Oggi dalle 10 alle 16, ecco le Giornate degli animali all'Enpa. Due i laboratori per i ragazzi: alle 11, laboratorio "Forme e colori delle penne: so chi sei" e alle 16 "Osserva il mio becco: dimmi cosa mangio" (iscrizione alla mail a info@enpa-trieste.it). Invece alla Scala reale (davanti piazza Unità), alle 15, dimostrazione dei cani da soccorso in acqua da parte dell'associazione Lifeguard academy con la partecipazione della Capitaneria di porto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 ottobre 2018

 

 

Taglio del nastro a Barcola per il maxipark da 400 posti
Inaugurato il nuovo piazzale per la sosta gratuita all'interno del terrapieno - Fermata del bus ad hoc nelle vicinanze. E in futuro si punta sul bike sharing
Più di 400 posti per auto, una ventina per camper e una cinquantina di stalli per moto e scooter, per un investimento complessivo di 530 mila euro, di cui 330 mila a carico del Comune e 200 mila dell'Uti Giuliana. Sono i numeri del nuovo parcheggio del terrapieno di Barcola, inaugurato ufficialmente ieri e presentato come «il più grande polo intermodale gratuito della città», con interconnessione già avviata alla rete bus, grazie a una nuova fermata della Trieste Trasporti in zona. In futuro sarà completato anche con un servizio di biciclette, con l'auspicato bike sharing, e un percorso pedonale. A illustrare l'opera, realizzata all'interno di una superficie di 10 mila metri quadrati, il sindaco Roberto Dipiazza, insieme ad assessori, consiglieri comunali, rappresentanti istituzionali e i vertici delle vicine realtà nautiche. «Questo spazio nasce dalla volontà di dare risposte alle esigenze delle società che avevano bisogno di posti auto, in particolare per i tanti giovani che le frequentano. Avevo promesso di inaugurare il parcheggio prima della Barcolana e così è stato. Sarebbe bello - ha aggiunto il primo cittadino - che in futuro ogni società nautica si occupasse di una parte del parcheggio, sul fronte della manutenzione e del verde, magari proprio i ragazzi che qui si allenano. L'inaugurazione di oggi è un momento importante per la città - ha sottolineato - perché questo è anche l'inizio del Porto vecchio. Da qua si va avanti in un percorso che contiene il Centro Congressi, il Magazzino 26, oggetto di una determinante delibera appena approvata (quella che ufficializza il trasferimento al 26 stesso del Museo del mare, inizialmente previsto al 24 e 25, ndr) e la nuova rotatoria, mentre dall'altra parte si arriverà al centro dell'area passando per corso Cavour e l'area Greensisam. Il prossimo passo in zona Porto vecchio poi, sarà la bonifica del terrapieno inquinato lato mare, grazie ai 5milioni e mezzo di euro a disposizione delle Uti. Speriamo di avviare anche questo cantiere in tempi brevi. Nel frattempo - ha proseguito Dipiazza - grazie a tutti i soggetti che hanno collaborato finora, e che hanno permesso di finire il tutto molto presto». Inserite sul piazzale una serie di luci a risparmio energetico e la predisposizione per un impianto di videosorveglianza, costituito da sette telecamere. Nei prossimi mesi il nuovo impianto di illuminazione pubblica verrà configurato in modo da interfacciarsi con le telecamere, e al passaggio di pedoni o di automezzi provvederà all'aumento della luminosità all'interno del parcheggio. Auto e furgoncini delle società nautiche hanno già impegnato ieri gli stalli, in aggiunta a quelle dei residenti, esclusivamente per lo spazio più vicino alle sedi sportive. Inserito nell'ambito del progetto europeo Portis, il park è stato realizzato dalla ditta Innocente & Stipanovich su progetto degli ingegneri Giulio Bernetti e Silvia Fonzari del Comune, con il geometra comunale Edgardo Reggente. Un lavoro in sinergia anche con Soprintendenza, Autorità Portuale, Porto Trieste Servizi, AcegasApsAmga con HeraLuce, Trieste Trasporti, Area Lavori Pubblici, Servizi Informativi, Commissione Paesaggio, Regione Fvg. E con CP Costruzioni Srl, che ha curato il ripristino della recinzione lungo viale Miramare.

Micol Brusaferro

 

 

Raccolta di grandi rifiuti cresciuta dell'8 per cento grazie ai Sabati ecologici - iniziativa acegasapsamga
Bilancio positivo per l'iniziativa dei Sabati ecologici promossa da AcegasApsAmga e Comune: grazie al centro di raccolta mobile è stato possibile raccogliere oltre 90 tonnellate di rifiuti nel corso delle 12 tappe, organizzate da aprile a settembre del 2018, con un incremento dell'8% rispetto al 2017. «Fin dal suo avvio, sottolinea l'ex municipalizzata, l'iniziativa ha continuato a riscuotere ogni sabato grande entusiasmo da parte dei cittadini, che dispongono di una soluzione in più per il corretto smaltimento degli ingombranti, oltre - ricorda ancora la nota di Acegas, ai quattro centri di raccolta territoriali e al servizio di ritiro domiciliare gratuito».Anche quest'anno l'iniziativa è andata di pari passo con il progetto di recupero creativo RiCREAzione - Nuova vita ai tuoi rifiuti, della onlus Oltre quella sedia, iniziativa nata dal desiderio di realizzare delle attività dedicate all'ambiente e al riuso. Nello specifico il progetto permette di dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al loro recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano con l'associazione, oltre a contribuire a sostenere le loro attività. Per sostenere il progetto RiCREAzione, i triestini si sono recati alle tappe dei Sabati ecologici, dove Oltre Quella Sedia era presente, per ritirare gli oggetti che i cittadini hanno donato. Inoltre, a fronte di un'offerta libera, sarà possibile ricevere un oggetto "ricreato".AcegasApsAmga, infine, ricorda a tutti i cittadini che è sempre possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici, insoliti e pericolosi all'interno dei quattro centri di raccolta cittadini gestiti da AcegasApsAmga, oppure prenotando al numero verde 800.955.988 il servizio gratuito per il ritiro a domicilio dei rifiuti ingombranti. Ecco gli indirizzi e gli orari dei centri di raccolta. San Giacomo: via Carbonara 3 - aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, domenica dalle 9 alle 13. Roiano: via Valmartinaga 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19. E ancora Opicina: Strada per Vienna 84/a - aperto dal lunedì al sabato 9 alle 19. Infine il centro raccolta nella zona di Campo Marzio: via Giulio Cesare 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle 6 alle 11 e, al pomeriggio, dalle 14 alle 19.

 

 

Sostenibilità Decrescita felice - Dibattito a Muggia

Mercoledì alle 18 al Caffè Teatro Verdi di Muggia il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, Maurizio Pallante, terrà un incontro-dibattito sui temi del suo ultimo libro "Sostenibilità, equità, solidarietà".

 

Commissione Trasparenza in tour nel rione di Servola

Martedì alle 12 la Commissione Trasparenza farà un sopralluogo alla centralina dell'Arpa in via San Lorenzo in Selva. Obiettivo del sopralluogo fare il punto sui procedimenti amministrativi relativi all'inquinamento acustico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 ottobre 2018

 

 

RAPPORTO ASVIS - Sviluppo sostenibile obiettivi lontani in Italia
ROMA - L'Italia resta lontana dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. È quanto emerge dal Rapporto sullo sviluppo sostenibile presentato dall'Asvis, secondo il quale «nonostante il miglioramento» in tanti indicatori globali, «non si è ancora determinata quella discontinuità culturale e di scelte strategiche necessaria per raggiungere, entro il 2030, i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile» dell'Agenda 2030 sottoscritta dall'Italia in sede Onu nel 2015. Il Paese mostra «segni di miglioramento in otto aree tra cui alimentazione, salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico. La situazione «peggiora sensibilmente per povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, condizioni delle città».

 

 

Ambasciatori "ecologici" in azione durante la kermesse
Studenti del Petrarca aiuteranno gli operatori AcegasApsAmga nella promozione della raccolta differenziata sulle Rive
A scuola per una Barcolana "green", con l'obiettivo di aiutare pubblico e operatori del villaggio a conferire in modo corretto i rifiuti, durante la manifestazione. Nei giorni scorsi si è svolta la formazione dei ragazzi in alternanza scuola-lavoro al liceo Petrarca che, grazie alla collaborazione tra Barcolana e AcegasApsAmga, sulle Rive si faranno portatori del messaggio ecologico di quest'edizione: "Chi ama il mare ama la terra". Per conoscere gli strumenti necessari all'impegno che affronteranno, i 16 studenti hanno incontrato lo staff dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, per un corso di formazione di alcune ore. I ragazzi hanno così potuto approfondire il tema della raccolta differenziata in generale, l'importanza di non disperdere i rifiuti e le iniziative specifiche messe in campo durante la kermesse. Definiti gli "ambasciatori della raccolta differenziata", i giovani ieri hanno anche ricevuto la t-shirt ufficiale dell'iniziativa e tra i vari compiti avranno anche quello di veicolare l'utilizzo del rifiutologo, l'app gratuita del Gruppo Hera, per eliminare in modo corretto qualsiasi oggetto. «AcegasApsAmga si impegnerà per la riduzione dell'impatto ambientale della manifestazione, come evidenziato dal marchio ZeroImpactEvent, ma è importante ricordare che strade più pulite dipendono anche dalla responsabilità di ciascuno - è stato sottolineato durante l'incontro - ed è quindi fondamentale che tutti i partecipanti all'evento contribuiscano alla sua riuscita effettuando una corretta differenziata ed evitando di disperdere rifiuti».

 

 

Il giardino nascosto di via Cereria attende da ben sette anni - la lettera del giorno di Adriana Panzera - consigliere IV Circoscrizione Movimento 5 Stelle

A luglio, durante il sopralluogo convocato il 10 luglio 2018 dalla IV Commissione consiliare, in piazza Cornelia Romana e zone limitrofe, sono stata fermata da alcuni rappresentanti del Comitato genitori della Scuola Nazario Sauro, per avere delle delucidazioni in merito alla domanda presentata dal Comitato del Giardino di via Cereria con entrata via Tigor numero 8, al Comune di Trieste in data 31 maggio 2018. Nei giorni successivi mi sono incontrata più volte con alcuni rappresentanti del Comitato, i quali mi hanno raccontato la lunga odissea di richiesta di incontri con i vari assessori, le promesse parzialmente mantenute ed anche le segnalazioni recapitate al giornale locale Il Piccolo. Il Comitato a suo tempo aveva fornito al Comune uno schema di progetto di realizzazione del nuovo Giardino pubblico, allegando anche le planimetrie. Il Comitato chiedeva l'affidamento in concessione di questa piccola area verde, in forma di volontariato, ossia chiedeva di poterlo usare per lo svolgimento di attività ludiche e a fini ricreativi socioculturali e hobbistici. A fronte di tale concessione data in affidamento, si rendevano disponibili a curare la manutenzione ordinaria. A distanza di ben tre anni dalla richiesta ufficiale, depositata in Comune, ma da ben sette anni dalla raccolta firme e dalla formazione del Comitato, nulla a tutt'oggi è stato ancora definito. Come rappresentante della IV Circoscrizione, ad agosto ho scritto un'interrogazione agli uffici competenti, all'assessore di riferimento ed al sindaco, affinché venga data una risposta e si spera in tempi brevi se non brevissimi, per poter usufruire di questo piccolo polmone verde in centro città.

 

 

Trieste - "Agricoltura per senza terra"

Legambiente Circolo Verdeazzurro e Associazione "Tina Modotti" organizzano alle 18.30, alla Casa del popolo di via Ponziana 14, un incontro con Elisa Cozzarini che presenta il libro di Sarah Waring, "Agricoltura per senza terra", ed. Pentagora. Sarà presente l'autrice. Il libro è un'indagine sulla scomparsa delle api, ma anche un bellissimo viaggio europeo. Le api stanno subendo perdite devastanti e gli apiari si riducono drasticamente. Cosa c'è dietro questa distruzione?

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 ottobre 2018

 

 

Legambiente: inaccettabili le parole di Fabio Perco. Così contribuisce allo smembramento della Riserva Naturale Foce Isonzo
In merito all’articolo del 25 settembre dal titolo “Perco: I diportisti non vanno sfrattati dal sito dei Caregoni”, al di là del dispiacere di vedere quanto in basso si possa scendere dal punto di vista tecnico-scientifico e culturale pur di non ammettere i propri limiti e pur di continuare a replicare sé stessi, ci preme sfatare alcune inesattezze che corrono il rischio di essere fuorvianti nel dibattito in questione.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “Anche da noi, in certi periodi dell’anno ci sono consistenti flussi di visitatori, e non del tutto senza conseguenze, ma questi non scorrazzano ovunque liberamente, bensì sono costretti a compiere dei sentieri ‘forzati’, peraltro schermati”, ricordiamo al dott. Perco che gran parte dei Caregoni sono compresi entro i confini della Riserva naturale da lui gestita e che dovrebbe difendere con le unghie e con i denti, invece di genuflettersi alle volontà dei politici e dei diportisti che scorrazzano ovunque liberamente.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “... Stando ad alcuni andrebbe fatta una norma per vietare la balneazione…” ricordiamo che in base al Regolamento della Riserva, attualmente in vigore (Art. 10 - comma 9), la balneazione è consentita nelle zone classificate come RG e RP dal Piano di Conservazione e Sviluppo, mentre la zona dei Caregoni (per la quota parte che rientra nei confini della Riserva) e la zona intorno alle isole della foce frequentate dai diportisti, ricadono nella zona RN che, per gli elevati valori naturalistici presenti, gode di un grado di tutela giustamente diverso e maggiormente restrittivo. Proprio la famigerata zonizzazione di cui si parla nell’articolo. L’importante poi è applicarla!
In merito all’affermazione “Gli uccelli non nidificano sulle onde, quindi il disturbo in quel punto è relativo”, senza entrare nel merito della tutela delle zone di nidificazione nella zona di foce, ben lungi dall’essere effettiva anche a causa del disturbo antropico (come peraltro si può leggere nei documenti prodotti dalla Riserva), vogliamo ricordare al dott. Perco che una Riserva naturale, tanto più un Sito Natura 2000, non tutela solo gli uccelli o solo la loro nidificazione. Sarebbe decisamente restrittivo e riduttivo!
Infatti, non a caso, secondo la Legge Regionale 42/1996 (Art. 2 - comma B) la Riserva naturale regionale è “un territorio caratterizzato da elevati contenuti naturali ed in cui le finalità di conservazione dei predetti contenuti sono prevalenti rispetto alle altre finalità indicate alla lettera a)”. Ricordiamo, inoltre, che in base alla Legge Regionale 7 – 21 luglio 2008 (Art. 6) “La Rete Natura 2000 costituisce un sistema coordinato e coerente di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione europea e, in particolare, alla tutela di habitat, di specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della direttiva 92/43/CEE, nonché delle specie di cui all'allegato I della direttiva 79/409/CEE, e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente sul territorio dell'Unione europea”.
E Guarda caso, nella zona della foce, il primo habitat prioritario di tutela per estensione è proprio il 1110 “Banchi di sabbia a debole copertura permanente di acqua marina”. Importantissimo per il ruolo ecologico che svolge, in un approccio ecosistemico e non solo settariamente ornitologico.
Infine, riteniamo aberrante affermare che tanto “…la riserva si estende per 2.400 ettari e per 15 chilometri di fiume”, visto che la parte a mare con le sue problematiche e pressioni riguarda per estensione la metà della Riserva stessa e del Sito natura 2000. Diciamo piuttosto che ciò che avviene fuori dall’Isola della Cona ha un peso e un’attenzione a dir poco più relativa, anche a causa dei problemi presenti che si sarebbero dovuti affrontare da tempo e non ignorarli come si è fatto.
Insomma, crediamo non sia accettabile che il futuro della Riserva e della tutela della natura nella nostra Regione debba passare per così tanto cinismo. Sarebbe una sconfitta profondissima per tutti, anche per il dott. Perco.
Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 ottobre 2018

 

 

Dossier Ferriera, Scoccimarro: «Resta impianto impattante»
L'assessore all'Ambiente afferma che i valori «seppur nei limiti, non corrispondono a un miglioramento della vita reale dei cittadini»
«C'è differenza tra l'affermare "non inquina" e dire "ci sono dei miglioramenti" che, per onestà intellettuale, mi sento di confermare come, d'altronde, ho ribadito vadano riconosciuti gli investimenti della società in questo senso». Ad affermarlo è l'assessore all'Ambiente del Friuli Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro, che ha sottolineato anche quanto «ciò non tolga che quello di Servola, come altri stabilimenti in regione, siano fortemente impattanti sull'ambiente circostante e, soprattutto, va riconosciuto il diritto dei cittadini alla salute. «Rispetto agli anni precedenti - evidenzia l'assessore - ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere più proroghe di alcun tipo, predisporre tavoli interni per aggiornare i valori obiettivo di benzene e polveri dell'Aia perché quelli attuali, seppur entro i limiti, chiaramente non corrispondono a un miglioramento reale della vita dei cittadini che ogni giorno continuano a inviarmi video della raccolta polveri sulle loro terrazze. Sono inoltre state introdotte - spiega l'esponente della giunta Fedriga - nuove prescrizioni Aia per evitare gli spolveramenti dopo due anni di lassismo e abbiamo recentemente rinnovato la collaborazione con l'Università di Trieste, per introdurre nuove misure contro le molestie olfattive e per limitare l'impatto acustico». «Un lavoro lungo e complesso, che è stato portato avanti con determinazione tra molti ostacoli e che ha aperto la strada a risultati tangibili, cioè a qualcosa di radicalmente diverso dagli annunci», ha affermato invece la deputata Pd Debora Serracchiani, commentando i dati emersi dal monitoraggio. Che ha aggiunto: «Non è affatto il momento di far festa, ma anzi bisogna che la Giunta regionale in carica si rimbocchi le maniche e prosegua su questo percorso di bonifica ambientale e di completo abbattimento delle polveri, del benzene e del rumore, tenendo conto della percezione degli abitanti che non sono tenuti a reagire come le centraline». Anche la segretaria provinciale del Partito democratico Laura Famulari ha sottolineato come questi siano «dati che confermano la correttezza del percorso avviato nella scorsa legislatura con il rilascio di un'Aia di nuova concezione, che fanno sperare in un trend di costante miglioramento». «Per quanto sembra essere sotto i livelli previsti per legge sempre di inquinamento si tratta - commenta Giorgio Cecco, responsabile regionale di FareAmbiente - e ne risente comunque tutta la città, oltre a mantenere pessima la qualità della vita di chi vive a Servola. Restiamo convinti che lo sviluppo e il futuro di Trieste, la tutela della salute e dei posti di lavoro non passi dal proseguimento di attività come l'area a caldo, ma dall'incremento della portualità, del turismo e dell'industria».

 

 

Industria e ambiente - Confronto al Villaggio sul pirogassificatore
DUINO AURISINA - Primo incontro pubblico sul pirogassificatore, promosso e organizzato dal Gruppo "Ambiente e salute", stasera al Villaggio del Pescatore. L'appuntamento è fissato alle 18 nella sede della Biblioteca comunale. Interverranno la consulente ambientale Elena Rojac, l'architetto Danilo Antoni, il presidente della Commissione Ambiente del Comune di Monfalcone Walter Pin, il compositore e direttore d'orchestra Stefano Sacher e il geologo Yannick Julliot. Si parlerà in particolare dell'impatto che un impianto di tale tipologia può comportare in un contesto antropizzato come quello dell'area di San Giovanni di Duino, tra impianti produttivi, abitazioni, zone agricole, attività di maricoltura, aree naturali protette e impianti ricreativi e sportivi.

Ugo Salvini

 

 

«Incroci sulla ciclabile - Precedenza alle bici»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - «I ciclisti hanno ragione, sugli incroci lungo la Cottur hanno loro la precedenza, è la segnaletica orizzontale a stabilirlo». Sul problema dei pericoli che si possono originale nei pressi di San Giuseppe, nel punto in cui la ciclopedonale incrocia l'ex Provinciale 20, va registrato l'intervento del presidente dell'Associazione ciclisti e cicloturisti urbani Luca Mastropasqua. «L'attraversamento ciclabile - spiega - è contraddistinto dalla presenza di una fila di quadrati bianchi, affiancati alle strisce. Lo spazio tra quadrati e strisce è destinato al passaggio dei ciclisti e serve, come afferma il Codice, a garantire la continuità delle ciclabili e il diritto di precedenza dei ciclisti che si trovino a impegnare un'intersezione».

 

 

Mini fortezze, chiese e palazzi del potere tra i 28 tesori segreti svelati dal Fai in Fvg
Tornano sabato 13 e domenica 14 le Giornate d'autunno - A Trieste visite guidate all'interno del Faro della Vittoria
Trieste - Tornano sabato 13 e domenica 14 ottobre le Giornate Fai d'autunno, diventate oramai un appuntamento tradizionale e imperdibile per andare alla scoperta del nostro Paese «attraverso occhi nuovi e prospettive insolite». Il Fondo per l'ambiente italiano ha infatti allestito su tutto il territorio nazionale itinerari tematici e aperture speciali in 250 città, per permettere a residenti e turisti di ammirare da vicino bellezze inesplorate e talvolta poco accessibili del Belpaese. L'evento, curato dai volontari dei Gruppi Fai giovani, sostiene la campagna di raccolta fondi "Ricordati di salvare l'Italia, e si propone dunque di richiedere ai suoi partecipanti un piccolo contributo facoltativo destinato al sostegno delle attività della Fondazione. A guidare gli italiani sui 150 tragitti creati per l'occasione, saranno i 3800 giovani ed entusiasti volontari, che hanno scoperchiato e messo a disposizione in tutte le regioni 660 spazi solitamente non visitabili o poco valorizzati, concedendo ai più affascinati di percorrere ed esplorare liberamente palazzi, chiese, giardini e musei. In Friuli Venezia Giulia quest'anno il programma prevede visite guidate a 28 "perle" presenti in sette località: Cormons, Gemona del Friuli, Montereale Valcellina, Ovaro, Povoletto, Spilimbergo e Trieste. Si tratta di luoghi che rappresentano le tante vocazioni della regione: dall'arte all'industria, dalla vita sociale al paesaggio. Tutti luoghi resi fruibili grazie all'impegno e alla disponibilità dei volontari, delle istituzioni e di realtà private che saranno coadiuvate dagli apprendisti Ciceroni, studenti appositamente formati che offriranno ai partecipanti spiegazioni sui luoghi visitati. A Trieste, vista la concomitanza con la cinquantesima edizione della Barcolana, i due siti interessati all'apertura saranno ispirati al percorso "Trieste e il mare", pensato per sottolineare il fondamentale sviluppo che la risorsa Adriatico ha rappresentato per capoluogo. Si tratta dell'ex Palazzo del Lloyd Triestino, ora sede della Regione in piazza Unità d'Italia (visite sabato e domenica dalle 10 alle 17 con ultimo ingresso alle ore 16.30) e il Faro della Vittoria (sabato e domenica, orario 9.30 - 17.30 con ultimo ingresso alle 17). All'ex Palazzo del Lloyd Triestino saranno possibili anche visite in lingua straniera - inglese e sloveno - sia sabato sia domenica dalle 10 alle ore 12, su prenotazione via mail a trieste@faigiovani.fondoambiente.it. «Condivido pienamente la scelta degli organizzatori di proporre la Giornata Fai di autunno in concomitanza alla Barcolana 2018 perché, in tale modo, sarà possibile presentare il grande patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia all'enorme flusso di turisti atteso in città per l'occasione», ha affermato ieri l'assessore regionale alla Cultura, Tiziana Gibelli, intervenendo alla presentazione delle Giornate Fai d'Autunno. In provincia di Gorizia, le visite guidate si concentreranno a Cormons, lungo il percorso "Echi dal Medioevo" dedicato a Cormons e alle sue cente, piccole strutture difensive, con un itinerario che connetterà sei luoghi: la centa di San Lorenzo; la centa di Sant'Adalberto e Casa Neuhaus; il Castello di Cormons; la Centa e la Chiesa di San Giorgio; la Centa di Santa Maria / Sant'Apollonia; la Centa di San Giovanni. Le aperture sono previste nella giornata di domenica dalle 10 alle 18, tranne che per la Centa di San Giorgio, che prevede tre visite con partenza dalla chiesa di San Lorenzo alle 11, alle 14 e alle 16.

Stefano Cerri

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 ottobre 2018

 

 

La Procura svela il dossier Ferriera - Benzene e Pm10 in diminuzione
Monitorate per un anno le concentrazioni di agenti inquinanti - Accertato anche un calo sensibile di inquinamento acustico
La Ferriera inquina sempre meno, almeno per quanto riguarda il benzene e le polveri sottili. Le sostanze emesse dallo stabilimento della Siderurgica triestina sono nei limiti previsti dalla legge. È la Procura a dirlo, in un dossier che raccoglie i dati prodotti dall'Arpa su richiesta della stessa magistratura. Il palazzo di giustizia si è avvalso di una consulenza tecnica della professoressa Sabina Licen, peraltro docente del Dipartimento di Scienze chimiche dell'Università di Trieste. Negli ultimi mesi i valori dimostrano un trend in progressivo miglioramento, fino a raggiungere un numero di sforamenti sia giornalieri che orari «pressoché nullo». Così annota il documento. È quanto emerge innanzitutto dalla centralina di via San Lorenzo in Selva, la più vicina alla cokeria, fatta posizionare in passato dal pm Federico Frezza. Ma anche in quelle dell'Arpa: la Rfi di Servola (una stazione di servizio delle ferrovie che si trova nei pressi dello stabilimento e installata nel 2007 dalla Procura), di via Pitacco, via del Ponticello e via Carpineto.La Procura, che per decenni ha tallonato le diverse proprietà con inchieste sull'inquinamento della fabbrica di Servola, sta tenendo d'occhio anche il rumore. Pure su questo versante i segnali positivi non mancano. Benzene Il calo appare evidente già con il monitoraggio in via San Lorenzo in Selva: se nel settembre di un anno fa il numero di sforamenti giornalieri della concentrazione di 5 microgrammi per metro cubo d'aria si attestava a 6, nell'agosto di quest'anno siamo a zero. Così pure a luglio, mentre a giugno erano 2. Nella stazione Rfi si passa invece dai 2 superamenti documentati a settembre 2017, allo zero di agosto di quest'anno. Valori sempre nella norma sia in via Ponticello che in via Carpineto. Un andamento imboccato pure in via Pitacco a partire da maggio. Discorso simile, sempre per quanto riguarda il benzene, anche per i superamenti orari della concentrazione di 20 microgrammi per metro cubo. I 36 sforamenti avvertiti a settembre 2017, si sono ridotti a 1 nell'agosto 2018. Nello stesso mese i 20 di Rfi si sono azzerati. Nessuna criticità in via Ponticello e in via Carpineto. In via Pitacco si passa dai 10 di un anno fa allo zero registrato a fine estate. Tirando le somme «risulta una netta diminuzione degli episodi in San Lorenzo in Selva e in Rfi (proprio le stazioni accanto alla Ferriera, ndr)a partire da maggio - precisa il documento della consulente della Procura - fino a raggiungere un numero di episodi pressoché nullo da giugno 2018, come rilevato anche negli altri siti monitorati». POLVERI SOTTILI - Un quadro che traspare pure dai dati delle Pm10. In questo caso il superamento giornaliero della concentrazione di 50 microgrammi per metro cubo d'aria risulta solo nella stazione Rfi a luglio e agosto (rispettivamente 4 e 5 sforamenti). Il resto delle centraline (via Pitacco, via Ponticello e via Carpineto) è a zero, con un'unica eccezione documentata ad agosto nella centralina di San Lorenzo in Selva. L'INTERNO DELLA FABBRICA - Gli accertamenti si sono estesi anche all'interno della fabbrica. Secondo le misurazioni, il deposimetro della "Portineria operai" a luglio 2017 segnava una presenza di circa 50 grammi di polvere per metro quadro. Nello stesso periodo di quest'anno il dato è sceso sotto i 40. Nella "Palazzina qualità" il valore è più che dimezzato (da 80 a sotto i 40). IL RUMORE - Dallo studio della Procura, affidato oltre un anno fa all'ingegner Marco Boscolo del Dipartimento di Ingegneria dell'Università di Trieste, era scattata una diffida della Regione con la quale si indicava alla proprietà di provvedere con una serie di strutture insonorizzanti e di "barramento acustico" sugli impianti della fabbrica. Gli interventi su estrattori, sbocchi, cappe di aspirazione e condotte hanno comportato finora a un abbattimento di 5 decibel, portando il valore attuale tra i 57 e i 58 dB, laddove il limite notturno è di 50 per le aree abitate e 55 per le zone industriali. Il piano di risanamento acustico continua.

Gianpaolo Sarti

 

La giunta Fedriga sceglie la linea del no comment
Nessun commento nel merito da parte dell'assessore all'Ambiente Scoccimarro In silenzio anche l'azienda  - I dubbi del grillino Ussai
Di fronte ai dati che certificano il miglioramento dei parametri ambientali a Servola, in Regione, c'è da scommetterci, non hanno fatto i salti di gioia. Per un'amministrazione che ha avviato un'offensiva a tutto campo contro l'azienda, non nascondendo una certa sintonia con chi invoca la chiusura dell'area a caldo dello stabilimento, la diminuzione dei livelli di idrocarburi nell'aria arriva infatti come una sorta di doccia fredda. Non stupisce più di tanto, quindi, il silenzio dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che appunto ha preferito non commentare nel merito il trend positivo. Nessuna dichiarazione, per ora, nemmeno da Siderurgica Triestina. Il caso Servola, peraltro, ieri è approdato anche in Consiglio regionale su iniziativa del grillino Andrea Ussai, autore di un'interrogazione sull'accordo tra Regione e Istituto Superiore di Sanità (Iss) sull'impatto sanitario della Ferriera. «L'assessore Scoccimarro - spiega Ussai - ha ricordato che si sono tenuto incontri con gli ispettori dell'Iss ad aprile 2018 , e a luglio 2018 con Arpa e Iss, con cui si è approfondita la documentazione trasmessa dalla Regione sui dati sanitari e ambientali. A più di un anno di distanza, però, nonostante l'aver sbandierato questo protocollo, nulla di concreto è stato fatto». Per Ussai «gli esperti dell'Iss hanno evidenziato come, dai dati ricevuti, emerga che nonostante il sistema di abbattimento e contenimento delle emissioni diffuse provenienti dall'impianto industriale abbiano un'efficacia pari al 70%, le concentrazioni di benzene e idrocarburi policiclici aromatici risultano comunque pericolose per chi vi è esposto».

Lorenzo Degrassi

 

Azione legale al Tar contro i ritardi del piano rumori - Il Comune "resiste"
Deliberata dalla giunta la costituzione in giudizio per difendersi dalle accuse lanciate dalla proprietà anche alla Regione
Arvedi ricorre al Tar sollevando la questione dell'inquinamento acustico della Ferriera? Il Comune tira dritto e sceglie di costituirsi in giudizio nell'azione legale avviata dall'azienda contro l'amministrazione municipale, appunto, oltre che contro Regione, Arpa. Azione finalizzata ad ottenere l'annullamento del decreto della Direzione centrale Ambiente ed Energia della Regione del 30 gennaio 2018 che contiene la diffida ad adempiere e eseguire interventi di mitigazione acustica a carico di Arvedi, oltre che della nota della Regione del 21 marzo 2018 sul "Piano di risanamento acustico aziendale". Al centro dell'azione legale c'è dunque il piano dei rumori, questione spinosa che vede la proprietà dell'impianto siderurgico insistere affinché il municipio provveda ad una zonizzazione acustica che finirebbe per assegnare all'area che circonda lo stabilimento un livello di rumorosità piuttosto ampio cui conformarsi. Una sorta di favore nei confronti dell'azienda, che il Municipio non intende concedere e per questo, forse, cerca di prendere tempo. Il ricorso al Tar coinvolge anche la Regione perché, se il Comune continuasse a non provvedere alla zonizzazione acustica, toccherebbe all'ente guidato da Massimiliano Fedriga commissariare il Municipio e procedere al suo posto. Arvedi ha presentato a suo tempo un piano di risanamento acustico, ma i risultati ottenuti fino al 2017 sono stati ritenuta insufficiente dall'Arpa. Dopo una diffida della Regione, la proprietà ha realizzato la bonifica acustica dell'altoforno e si è impegnata nell'autunno scorso a predisporre gli ulteriori interventi, subordinandoli però alla presentazione del Piano di zonizzazione acustica del Comune. «Sussiste l'interesse del Comune a costituirsi in giudizio per far valere legittimità e regolarità degli atti impugnati e del proprio operato, in particolare contestando le asserzioni di Arvedi sia sotto il profilo formale sia sotto il profilo sostanziale, in quanto esse risultano inammissibili oltre che infondate in fatto ed in diritto», si legge nella delibera di giunta che indica anche come nel costituirsi a giudizio, il Comune affiancherà ai legali dell'Avvocatura comunale, gli avvocati Fabio Gusso di Padova e Sebastiano Tonon di Venezia. Gli stessi ai quali, da gennaio a giugno scorso, aveva affidato anche l'incarico per «la promozione di atti volti a risolvere criticità sanitarie ed ambientali lamentate dai cittadini derivanti dall'area a caldo».

Laura Tonero

 

«Ma la gente continua a trovare polveri ferrose nelle terrazze»
No Smog mette l'accento sulla discrepanza tra dati ufficiali ed esperienze dei residenti. Legambiente ricorda l'assenza di test sanitari
Non si stupiscono più di tanto i comitati di cittadini "in guerra" con la Ferriera davanti agli esiti delle rivelazioni della Procura. Non ne è sorpresa Alda Sancin, del comitato "No Smog" che sottolinea lo scarto esistente fra i dati in possesso del Tribunale e le criticità vissute ogni giorno sulla propria pelle dai servolani. «Prendiamo atto del fatto che le strumentazioni ufficiali dicono che la situazione sia migliorata, ma se la gente continua a raccogliere polveri ferrose sulle proprie terrazze, forse c'è ancora qualcosa che non  va. Esiste una discrepanza - continua Sancin - fra quello che dicono i dati e quello che subisce la popolazione, perchè questi limiti non sono congrui per uno stabilimento addossato a un rione. Forse questi parametri andrebbero ridiscussi, tenendo conto anche del cosiddetto effetto sinergico moltiplicativo il quale fa sì che una serie di agenti inquinanti, pur rimanendo al di sotto del limite stabilito dalla legge, se sommati creano un aumento dell'effetto inquinante sull'essere umano». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente locale di Legambiente, Andrea Wehrenfennig: «Non è una novità che i dati riguardanti l'inquinamento della Ferriera siano a posto perché gli stessi non tengono conto delle valutazioni sulla situazione sanitaria degli abitanti della zona, così com'è stato fatto a Monfalcone in passato sia per quanto riguarda la centrale a carbone che per i molti stabilimenti di lavorazione del ferro lì presenti. Ricordiamoci infine - conclude - che questi limiti in vigore oggi saranno presumibilmente abbassati nei prossimi anni dall'Unione Europea e di ciò le istituzioni dovrebbero iniziare a tenerne conto fin d'ora».

 

 

Clima, il mondo appeso a 2 gradi - Missione: evitare il riscaldamento
Il rapporto dell'Onu: altissimo il rischio del global warming, vanno ridotte le emissioni di carbonio
Occorre un impegno comune per non superare la soglia. Così le barriere coralline morirebbero
Roma - Il mondo è sulla buona strada per toccare se non addirittura superare la soglia di aumento di un grado centigrado e mezzo di riscaldamento, a meno che gli Stati non si adoperino rapidamente a mettere in atto azioni decisive per ridurre le emissioni di carbonio e contrastare il global warming, il surriscaldamento terrestre. Tutto questo stando ad un rapporto delle Nazioni Unite che è stato pubblicato in questi giorni e del quale un'anticipazione è stata svelata dall'agenzia di stampa britannica Reuters. 1 Incontro in Sud Corea Il progetto di relazione finale del gruppo intergovernativo dell'Onu sui cambiamenti climatici (Ipcc, acronimo di Intergovernmental Panel on Climate Change) è stato presentato durante la 48esima Session Ipcc in programma a Incheon, in corso in Corea del Sud. Si tratta del documento scientifico con al suo interno le linee guida su ciò che i Paesi devono fare per combattere il cambiamento climatico. 2 Il rischio entro il 2040 Nel rapporto si constata che il riscaldamento indotto dall'uomo rischia di superare la soglia del grado e mezzo entro il 2040 se le emissioni dovessero continuare al ritmo attuale, con buona pace del limite dei 2 gradi sbandierato a Cop21 (conferenza sui cambiamenti climatici) a Parigi nel 2015 e che ormai sembra sempre più vicino. Tuttavia i Paesi potrebbero mantenere il riscaldamento al di sotto di tale livello se apportassero cambiamenti rapidi alle loro abitudini. Secondo però Bill Hare, scienziato esperto in cambiamenti climatici e direttore di Climate Analytics - organizzazione non profit di scienza e politiche del clima con base europea a Berlino e uffici in quasi tutti i continenti (New York in America, Lomè nel Togo in Africa e Perth in Australia) - il rapporto Ipcc mostra con chiarezza quanto i Paesi debbano muoversi rapidamente verso la decarbonizzazione per limitare il global warming ai famosi 2 gradi centigradi previsti dall'accordo siglato ormai tre anni fa in Francia nel corso della Conferenza internazionale sul clima. 3 Energia rinnovabile - Tra le azioni necessarie perché si concretizzino quegli obiettivi figurano la transizione verso l'energia rinnovabile, l'alimentazione del settore dei trasporti con elettricità a zero emissioni di carbonio, il miglioramento della gestione agricola e l'arresto della deforestazione. Conditio sine qua non per raggiungere gli obiettivi prefissati. 4 Il surriscaldamento - Sempre stando a Bill Hare, lo studio Ipcc dimostra chiaramente quanto grande sia la differenza tra 1,5 e 2 gradi di riscaldamento sia nei sistemi naturali che in quelli umani: «Se il global warming aumentasse di 2 gradi centigradi, le barriere coralline tropicali non avrebbero praticamente alcuna possibilità di sopravvivere, mentre limitandoci a 1,5 gradi esiste una modesta possibilità di sopravvivenza» sentenzia Hare, per il quale la situazione attuale è drammatica. Se si continua su questa strada infatti, per lui il problema sarà addirittura restare sotto i 3 gradi di surriscaldamento, e non sotto agli ormai tristemente famosi 2 gradi. 5 Il momento della verità - Al direttore di Climate Analytics fa eco l'executive director di Greenpeace International, Jennifer Morgan, che ha recentemente dichiarato come il momento della verità sia ormai arrivato per i leader dei Paesi che sottoscrissero l'Accordo di Parigi. Un'intesa politica guidata da un obbligo morale comune, e attraverso la cooperazione internazionale e l'impegno di tutti si possono ancora rispettare gli impegni presi. La strada è tracciata, ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili, nella difesa e protezione di foreste e oceani con decisioni che dimostrino di aver compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre il consumo di carne e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro cibo.

Alfredo De Girolamo

 

 

Mamme, papà e bimbi uniti - Così il piazzale cambia volto
Operazione di pulizia in particolare delle fioriere davanti alla scuola Bergamas - Il Comitato dei genitori degli studenti: «Serve più rispetto per la cosa pubblica»
Un pomeriggio di festa nel piazzale davanti alla scuola media "Antonio Bergamas" in via dell'Istria, sede dell'omonimo istituto comprensivo. Armati di rastrelli, sacchi, zappe e vanghe si sono dati appuntamento ieri alle 15 alcuni genitori degli iscritti alla scuola "accompagnati" proprio dai ragazzini, con un obiettivo: restituire alla comunità scolastica e al popoloso rione di San Giacomo uno spazio verde pulito e decoroso. L'intervento ha interessato le fioriere antistanti l'entrata principale dell'istituto: «Originariamente - spiega Martina Boniciolli, presidente del Comitato genitori del comprensivo Bergamas - l'intervento dei volontari si sarebbe dovuto limitare alla pulizia della fioriera a sinistra dell'ingresso, in prossimità dello scivolo, dopo l'intervento di potatura delle aiuole da parte del Comune; poi, vista la partecipazione di molti volontari - oltre quindici adulti, tra cui alcuni ex docenti, e altrettanti ragazzi - abbiamo deciso di intervenire anche sulla vicina fioriera. E credo che abbiamo fatto davvero un bel lavoro, adesso la scuola è più bella e possiamo mantenerla tale imparando e insegnando ai cittadini a non sporcare». Intervento che ha beneficiato della collaborazione di Nuova Edilcolor, attiva nel rione, e del Comune di Trieste: «Il nostro ringraziamento - ci tiene a precisare Boniciolli - va all'assessore Elisa Lodi che, oltre a permetterci di intervenire nell'estirpazione e nel ripascimento del terreno con terra fresca, ha autorizzato tempestivamente anche la piantumazione di nuove piantine». Nelle fioriere rinate sono state piantumate numerose tipologie di piante, dal rosmarino alla lavanda, dal timo all'origano, dai ciclamini all'erica. Tra le criticità, a detta della presidente del comitato, va evidenziata «la presenza, all'interno dell'edifico della Bergamas, del Cpia 1 (Centro Provinciale per l'Istruzione degli Adulti), i cui allievi non sentono la struttura come un luogo che gli appartiene, che sentono loro, e non ne hanno cura». Questa iniziativa nasce dall'adesione al progetto SpaziAmo, «anche se - sottolinea Boniciolli -, a differenza dello scorso anno, non siamo rientrati tra i comitati destinatari del contributo economico, ci siamo classificati primi tra gli esclusi, ma abbiamo deciso di andare comunque avanti perché ci crediamo fortemente». Occorre ricordare che il piazzale antistante l'istituto scolastico presenta varie aree piantumate che, quotidianamente, si riempiono di deiezioni canine. Grande attenzione è stata posta anche al problema del tabagismo giovanile: «Lo scorso anno - spiega Maria Debora Bianco, referente per la media inferiore Bergamas dell'omonimo Comitato genitori - alcuni genitori ci hanno segnalato la presenza di numerosi allievi della scuola che fumavano e sporcavano lanciando nelle fioriere i mozziconi. Penso che sia importante far passare il messaggio che la scuola e tutto quello che è di sua pertinenza appartiene a tutti, va tutelato e non vandalizzato. Occorre una maggiore sensibilizzazione all'amore per se stessi e per le cose di tutti. E penso che due belle fioriere curate poste in un piazzale pulito e decoroso possano aiutare a capire quanto sia importante un ambiente bello e, soprattutto, sano».

Luigi Putignano

 

IL DETTAGLIO -  Da Alessio a Elisa i giovani entusiasti dell'intervento
Il borino di ieri pomeriggio non è riuscito a fermare i volontari che si sono adoperati per rimettere in sesto il piazzale della scuola Bergamas. Al lavoro con sacchi e rastrelli anche due mamme, Tatiana Bertaglia e Barbara Cartolara, per le quali «questi interventi rappresentano davvero un bel modo per alzare l'attenzione di chi dovrebbe avere maggiore cura della cosa pubblica. Ben vengano iniziative come queste». Ma i veri protagonisti sono loro, i ragazzi. Per Alessio, della I A della Bergamas, «questi momenti dovrebbero esserci più spesso»; la pensa così anche il suo compagno di classe Jacopo, secondo cui «sono molto utili per la natura e per l'ambiente che ci circonda». Per Elisa, della III C, «è importante abbellire sperando che i proprietari dei cani e i bidelli, con i loro mozziconi, non sporchino più».

 

 

Trieste Trasporti - Prosegue il servizio in bici a bordo del bus

Prosegue il servizio sperimentale BiciBus di Trieste Trasporti. L'iniziativa consente di viaggiare in autobus fra il centro città e Basovizza con le biciclette a bordo. Il servizio sarà attivo tutti i sabati e le domeniche fino al 16 dicembre. Le partenze da piazza della Libertà, dal marciapiede antistante la stazione ferroviaria (e non più da via Ghega, com'era stato durante la prima settimana), dalle 9 alle 17. Il punto di arrivo è il capolinea della linea 39 nel comprensorio di Basovizza di Area Science Park.

 

In giunta comunale approda il caso della pista Cottur
Sull'incrocio tra la ciclopedonale e la ex strada provinciale che sta alimentando l'allarme dei residenti, Gombac presenta un documento
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Approderà in giunta, a San Dorligo della Valle, il problema dell'incrocio fra la ciclopedonale "Cottur" e la ex strada provinciale 20, nei pressi della frazione di San Giuseppe, che sta alimentando l'allarme dei residenti. Com'è noto, l'eccessiva velocità con la quale sembra che numerosi ciclisti attraversino l'incrocio, situato all'altezza di una curva che rende molto difficile la visibilità da parte di chi lo affronta alla guida di un'automobile o dei mezzi pubblici della linea 41, potrebbe provocare gravi incidenti, a detta di chi abita nella zona. A coinvolgere il Comune sul tema sarà il consigliere Boris Gombac, della lista di opposizione "Uniti nelle tradizioni", il quale ha predisposto un documento da sottoporre all'esame dell'aula, dopo che sarà stato visionato dalla Commissione Ambiente, di cui lo stesso Gombac è componente. «In passato - scrive Gombac - sul tracciato che adesso ospita la ciclopedonale correvano i binari della ferrovia e i treni ovviamente avevano la precedenza, perché all'altezza dell'incrocio c'era un casello ferroviario con tanto di sbarre che si abbassavano all'arrivo dei convogli. Oggi le sbarre non ci sono più e sull'asfalto, all'altezza dell'incrocio, sono state disegnate le zebre che danno la precedenza ai pedoni, ma non ai ciclisti, come conferma il Codice della strada. Questi ultimi però continuano a sfrecciare, come se la precedenza fosse a loro favore e creano una situazione di estrema pericolosità per tutti. La soluzione ideale - conclude - consiste, a mio parere, nel sistemare una segnaletica che dia la precedenza a vetture e bus anche rispetto ai pedoni, fissando al contempo la velocità massima sulla strada a 40 o a 30 all'ora».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 ottobre 2018

 

 

San Dorligo dice "stop" ai ciclisti indisciplinati sulla pista Cottur

«Due ruote troppo veloci. E all'incrocio di San Giuseppe si rischia l'incidente: per auto e bus la visibilità è limitata»
Scoppia la polemica fra i ciclisti che utilizzano la ciclopedonale Cottur e i residenti nel territorio del Comune di San Dorligo della Valle.Sotto accusa l'eccessiva velocità di molti di coloro che pedalano lungo la pista - destinata a ospitare, è bene ricordarlo, non solo le biciclette ma anche i pedoni - soprattutto in corrispondenza dell'incrocio con l'ex Provinciale 11, sulla quale transitano i bus della Trieste Trasporti che collegano Bagnoli della Rosandra al centro di Trieste. «Prima che succeda qualche grave incidente - spiegano gli abitanti della zona - vogliamo segnalare la grande disinvoltura con la quale i ciclisti percorrono la Cottur sia in salita sia in discesa, dimostrando totale disinteresse per la segnaletica stradale, per le regole del Codice e per quelle dettate dal buon senso. Il pericolo - aggiungono - incombe soprattutto vicino alla frazione di San Giuseppe della Chiusa, in un punto dove c'è una stretta curva. Per gli automobilisti e per i conducenti dei mezzi della Trieste Trasporti è impossibile, proprio per la particolare conformazione della strada in quel tratto, scorgere i ciclisti che stanno arrivando. Se chi è sul sellino della propria bici, invece di affrontare quell'incrocio moderando la velocità, lo attraversa di botto - concludono - ecco che cresce notevolmente la probabilità che, prima o poi, si verifichi qualche incidente. Chi usa la bicicletta dovrebbe essere consapevole di essere molto vulnerabile e agire di conseguenza». In effetti, in quel punto, automobili e autobus di linea sono costretti a effettuare quasi una curva a U e gli alberi sistemati lungo il bordo della strada limitano ulteriormente la visibilità riguardo ciò che accade sulla ciclopedonale. Adesso che la stagione estiva è terminata e le giornate si accorciano, il rischio crescerà ulteriormente perché la visibilità sarà condizionata anche dal buio, che, per l'appunto, cala presto. I residenti auspicano che questo loro appello sia recepito dagli utilizzatori della Cottur.La ciclopedonale è già stata al centro di polemiche, alimentate da chi la frequenta per fare delle semplici passeggiate e si è trovato, in più di qualche occasione, a incrociare ciclisti che, volendo emulare Vincenzo Nibali, scambiano la Cottur per le strade del Giro e del Tour.

Ugo Salvini

 

IL PARERE DELL'ESPERTO - «Lì una bici deve dare la precedenza ai veicoli sulla strada principale»
«Sono i ciclisti a essere in torto, il Codice della strada parla chiaro». Giorgio Cappel, uno dei maggiori esperti triestini in materia di regole che disciplinano la circolazione sulle strade, non ha dubbi e mette proprio i ciclisti sul banco degli imputati in relazione alla polemica sull'utilizzo della ciclopedonale Cottur.«Le famose zebrate - spiega - garantiscono la precedenza esclusivamente ai pedoni. Chi è in bicicletta, quando si sta approssimando a un incrocio, deve rispettare le regole. In questo caso - aggiunge - è evidente che chi sta pedalando sulla Cottur deve dare la precedenza a chi sta utilizzando la strada principale, nello specifico le automobili e i mezzi pubblici della Trieste Trasporti. Le zebrate - ribadisce Cappel - non riguardano chi sta guidando un veicolo, e la bicicletta rientra in questa categoria».

(u.sa.)

 

 

Il giardino di via Cereria continua la sua odissea in attesa di una svolta - L'INCONTRO tra Lodi e comitati
L'odissea del giardino di via Cereria - piccolo polmone di verde pubblico di città vecchia, alle spalle della palestra comunale di via della Valle, inutilizzato da moltissimi anni ma con grandi potenzialità - continua. Ma, si sbilancia l'amministrazione Dipiazza, potrebbe anche terminare, con l'area "restituita" alla città. Sul tema si è tenuto un incontro, organizzato dalla consigliera della Quarta circoscrizione Adriana Panzera, tra l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, il Comitato per il giardino e quello dei genitori della scuola primaria Nazario Sauro. La vicenda risale addirittura ai primi anni Duemila e vale la pena che sia riassunta per capire come si sia arrivati a oggi. La giunta Illy aveva deliberato la costruzione di un parcheggio proprio lì, costruzione poi fermata nel 2006 anche grazie a una raccolta firme di Legambiente. Ma nel 2011 l'allora assessore Elena Marchigiani aveva dichiarato l'impossibilità a fermare i lavori e così erano iniziati i primi scavi. Il Comitato per il giardino, però, aveva continuato a opporsi alla realizzazione del park insistendo sui benefici di un'area verde e raccogliendo ben 1400 firme. Poi, nel 2015, il Comitato aveva chiesto e ottenuto l'affidamento in concessione di questa piccola area verde, fornendo al Comune uno schema di progetto per la realizzazione del nuovo giardino pubblico e allegando anche le planimetrie. Infine, nel 2016, l'allora assessore Andrea Dapretto aveva dichiarato che in brevissimo tempo sarebbero partiti i lavori di manutenzione del giardino. E così si arriva alla situazione attuale, in cui l'unica persona a poter accedere al giardino è la gattara, che gestisce la casetta dei gatti all'interno di esso. Invece, come insistono da tempo i due comitati, il giardino di via Cereria potrebbe divenire un luogo d'aggregazione sia per il quartiere, sul modello dell'associazione "AnDanDes" di via San Michele, sia per la scuola Nazario Sauro, che potrebbe così prevedere delle lezioni "outdoor" e delle attività extrascolastiche. Gli interventi da operare sul giardino sono però numerosi e comprendono il rifacimento del muro di contenimento e delle recinzioni, la potatura e l'abbattimento degli alberi pericolanti, il livellamento delle pendenze e altro ancora. Al termine dell'incontro, l'assessore Lodi ha promesso che entro un paio di settimane dovrebbe essere effettuata una bonifica del verde e che, successivamente, si terrà un sopralluogo tecnico per valutare l'inserimento dei lavori per il giardino nel piano delle opere del prossimo anno.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 ottobre 2018

 

 

Futuro Museo del mare ai box - Il ministero si fa attendere
A due mesi dall'atto con cui la Regione ha recepito il progetto per il Magazzino 26 nessuna notizia da Roma sull'approvazione della destinazione dei 33 milioni
Magazzino 26, il Mibact tace. Dei 50 milioni, con i quali il ministero deve finanziare la prima fase di riqualificazione del Porto vecchio, al momento non c'è traccia. Più esattamente: dopo due mesi, Roma non ha ancora riscontrato la delibera 1380, approvata dalla giunta Fedriga nella seduta del 23 luglio, con cui la Regione recepiva le modifiche sollecitate dal Comune nella destinazione delle risorse. L'antefatto. Tra giugno e luglio Dipiazza aveva chiesto al governatore che i 50 milioni, di derivazione centrale ma di "filtraggio" regionale, fossero così ripartiti: 14 milioni di euro per le opere di urbanizzazione, 33 milioni per la realizzazione del Museo del mare, 3 milioni per il restauro del pontone Ursus. Rispetto alla precedente "edizione", c'era una variazione molto importante: il Museo del mare sarebbe sorto nel Magazzino 26, non più nei Magazzini 24-25. Il cambio di programma avrebbe però avuto una vittima illustre, ovvero la sede dell'Icgeb (Istituto di ingegneria genetica e biotecnologie), l'organismo scientifico internazionale presieduto da Mauro Giacca, che in un primo tempo avrebbe dovuto traslocare da Padriciano in Porto vecchio. Era prevista una spesa di 10 milioni, insufficiente per coprire l'intera operazione, che avrebbe avuto occorrenza di altri 6-7 milioni. Giacca aveva appreso della mesta notizia, mentre era in vacanza tra North e South Dakota: «Non ci avevano avvertito, una grave perdita per la città», era stato il laconico commento. Il piatto forte della tavolata Mibact diventa chiaramente un Museo del mare a tutto Magazzino 26, sul quale si concentrano i due terzi della posta ministeriale. I Lavori pubblici hanno già impostato il progetto, che prevede di allestire i cinque livelli del più grande hangar di Porto vecchio (circa 35 mila metri quadrati) su sei temi portanti: storia e mitologia, pesca, navi&cantieri, navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed ecosistemi. Il documento, mandato in Regione e allegato alla delibera giuntale, prevede che solo due realtà saranno "ammesse" nel 26, ovvero l'Immaginario scientifico (che può contare su un proprio finanziamento di 2,5 milioni) e il Museo dell'Antartide. Però l'assessore Giorgio Rossi non ha escluso, che, in una chiave progettuale ampliata, anche altri contributi possano partecipare alla grande "matrioska" del Porto vecchio, a cominciare dalle masserizie degli esuli istro-dalmati, ospitati precariamente nel Magazzino 18, dove piove dentro e dove non è garantibile la pubblica fruizione. Comunque, queste intenzioni rischiano di essere mera accademia se il ministero per i Beni culturali non dà l'assenso alle modifiche relative all'accordo operativo intervenuto il 9 ottobre 2017 tra il dicastero, la Regione Fvg, il Comune, l'Autorità portuale, accordo che a sua volta dava attuazione alla delibera-madre del Cipe, la 3/2016. La risposta ministeriale deve arrivare in Regione e la Regione informerà il Comune. A ieri non c'erano novità. È vero che in mezzo c'era agosto, mai stato un acceleratore della patria burocrazia. Però il tempo passa. E qualcuno comincia a pensare a uno strumento amministrativo per sbloccare l'impasse: l'accordo di programma Regione-Comune-Autorità.

Massimo Greco

 

 

Biciclette, batterie d'auto e panettoni spartitraffico ripescati dal mare - Sui fondali due relitti
Iniziativa targata Sistiana '89 nella baia con sommozzatori e volontari - Irrecuperabili per il momento un paio di carcasse di barche affondate
SISTIANA - Biciclette arrugginite, batterie esauste di automobili, panettoni spartitraffico, bottiglie di vetro e di plastica. Sono questi gli esempi più clamorosi del vasto campionario di immondizie che ieri sono state individuate e portate a riva dai quattro operatori volontari del Centro pordenonese sommozzatori, impegnati nell'operazione "Fondali puliti", promossa e organizzata nella baia di Sistiana dall'associazione sportiva dilettantistica Sistiana '89. Per l'intera mattinata, i sub sono scesi e risaliti più volte per mettere nelle mani di coloro che operavano a terra, una sessantina di volontari della stessa Sistiana '89, ma anche dei club che hanno collaborato, i Lions di Duino Aurisina e il Trieste host, della Protezione civile, della Croce rossa italiana, quanto trovavano sul fondale. Un'operazione sperimentale «che sarà certamente ripetuta nei prossimi anni, visto il successo che ha avuto - ha garantito il presidente del Sistiana '89, Riccardo Stokelj - e che speriamo possa servire anche a stimolare l'attenzione e il senso di responsabilità dei frequentatori della baia, perché ciò che abbiamo trovato fa riflettere». È evidente che abbandonare in fondo al mare batterie di automobili significa inquinare l'ambiente, nel quale tutti si tuffano e vanno a nuotare, con acidi e scorie dannosi e pericolosi. Ma anche gettare nello specchio d'acqua della baia di Sistiana biciclette che arrugginiscono e bottiglie di plastica che impiegano tempi biblici per consumarsi è un gesto che si traduce in un delitto ambientale che va a discapito dell'intera comunità. Per non parlare dei panettoni di cemento, forse frutto di scorrerie notturne di chi ha bevuto un po' troppo o di chi vuole liberare spazio in baia, per conquistare qualche parcheggio in più. La bella giornata ha favorito l'iniziativa del Sistiana '89, svoltasi con l'autorizzazione della Capitaneria di Porto e con il patrocinio del Comune di Duino Aurisina, rappresentato dall'assessore Massimo Romita, ieri in un doppio ruolo, in quanto anche past president del locale Lions club. Attorno ai sommozzatori del Centro di Pordenone, guidati dal presidente Roberto Battiston, si è presto creata una piccola folla di curiosi, che hanno seguito passo dopo passo le operazioni di recupero. «Sul fondale della baia sono state individuate anche due carcasse di vecchie imbarcazioni, evidentemente affondate sul posto da chi non si è preoccupato di portarle a riva per seguire il giusto iter di eliminazione - ha spiegato Luciano Burla, dirigente del Sistiana '89 - ma non abbiamo potuto recuperarle, perché ci sarebbe stata la necessità di disporre di attrezzature che non abbiamo, ma contiamo di poterlo fare in futuro. Per ora - ha continuato - siamo soddisfatti per questa prima operazione che abbiamo portato a termine. Oltre al risultato pratico - ha concluso Burla - è fondamentale il messaggio che abbiamo lanciato. Un richiamo a tutti, affinché il mare non sia poi considerato una discarica».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 settembre 2018

 

 

La lunga "guerra" Riccesi-Comune arriva in Tribunale
L'impresa chiede 3,5 milioni come risarcimento danni per la mancata costruzione dell'opera e delle alternative Ponterosso Park
Niente da fare, non c'è stato verso di chiuderla con una cordiale stretta di mano. Il mancato parcheggio di Ponterosso ha attraversato cinque giunte e tre sindaci (Illy, Dipiazza, Cosolini) senza trovare pace. Riccesi-contro-Comune, un lungometraggio che dura da quasi vent'anni, avrà come palcoscenico della recita finale il Tribunale di Trieste, al quale Costruzioni generali giuliane (Cogg, già Riccesi spa) si è rivolto per strappare al Municipio 3 milioni 523 mila euro, a doppio titolo di danno emergente e lucro cessante. Il Comune, con la recente delibera 456 proposta dall'assessore Elisa Lodi, ha risposto picche e si è costituito in giudizio, dove sarà patrocinato dall'avvocato udinese Antonio Sette, dal ricco curriculum di manager pubblico alle spalle (Comuni di Udine, Crema, Pistoia, Provincia di Firenze), arruolato con 41.236 euro Iva compresa. La somma, richiesta dai Riccesi, risale a una nota unilaterale del 22 febbraio 2006, una pretesa che la delibera ritiene «del tutto apodittica e infondata». Per comprendere le remote e complicate cause di questa "guerra dei 19 anni", bisogna però ingranare la retromarcia e guidare fino al 27 dicembre 1999, quando la seconda giunta Illy approvò il parcheggio privato di Ponterosso, di cui sarebbe stata realizzatrice la Società edile adriatica. A tale società subentrò ben presto Riccesi, che però fece poca strada in quanto il neo-sindaco Roberto Dipiazza, a fronte di numerose resistenze (circoscrizione, residenti), bloccò il progetto.Il primo cittadino non potè però evitare di trovare un aggiustamento con l'azienda rimasta a bocca asciutta, così nel marzo 2006 i 689 posti previsti in Ponterosso furono scambiati con 476 stalli diluiti tra Teatro Romano (250), via Tigor-Cereria (106), largo Roiano (120). Dal punto di vista tecnico si trattò di una transazione novativa. Ma anche questo secondo capitolo non ebbe felice esito. Tra ostacoli archeologici e scarsa appetibilità dei siti, l'agreement restò sulla carta. Ancora verifiche, sopralluoghi, indagini per approdare nella primavera 2015 alla terza parte della narrazione, cioè il "tentativo Dapretto", dal nome dell'assessore ai Lavori Pubblici di era cosoliniana che cercò l'ennesimo accordo tra le parti. La soluzione sembrò trovarsi in piazza Foraggi, con 132 posti-auto coperti/scoperti, ai quali il Comune avrebbe aggiunto una somma pari a 2 milioni 571 mila euro a titolo di indennizzo, da pagarsi entro il 30 giugno 2015. In verità questa proposta piacque subito poco: non piacque all'allora opposizione, non piacque a una parte della dirigenza, non piacque ai consiglieri comunali che trovarono varie spiegazioni per evitare il voto. Allora Cosolini ritirò la delibera, nominò una commissione tecnica formata dall'allora segretario generale Falabella, dai dirigenti Enrico Conte e Giovanni Svara (non più in organico), da un funzionario dell'ufficio legale, con l'obiettivo di fare chiarezza su quei 3,5 milioni originariamente chiesti da Riccesi. La pretesa si sgonfiò a 523 mila euro, perché i tecnici del Municipio ritennero documentabile un danno emergente di 523 mila euro ma non altrettanto plausibile un lucro cessante da 3 milioni. Siamo nell'autunno 2015 e da allora, perlomeno per le vie ufficiali, del dossier Ponterosso-parking non si seppe più alcunché. Dopo quasi un triennio il caso riesplode. Come in premessa, il 7 giugno 2018 la Cogg, con sede in piazza San Giovanni, notifica al Comune un atto di citazione con cui pretende dallo stesso quegli antichi 3,5 milioni indicati fin dal febbraio 2006 quale propria spettanza. Pochi giorni prima, con decreto del 18 maggio comunicato il 22 successivo, la sezione fallimentare del Tribunale triestino aveva ammesso la Cogg alla procedura di concordato preventivo, avendo nominato giudice delegato Riccardo Merluzzi e commissario giudiziale l'avvocato Enrico Guglielmucci.

Massimo Greco

 

 

Open day speciale a Draga Sant'Elia

Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica e tiro con l'arco. Oggi torna "Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle 18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti della propria creatività. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale con i Twenty Years After Acoustic.

 

Muggia - Api, pipistrelli e rondini: "sentinelle" da proteggere al World Animal Day
Le api come sentinelle del nostro ambiente, l'importanza e la lotta contro i pregiudizi nei confronti dei pipistrelli, ma anche le dimostrazioni pratiche delle unità cinofile di Vigili del fuoco e Guardia di finanza. Questo e molto altro farà parte dell'Animal Day Trieste, la kermesse dedicata alle specie a rischio estinzione in programma oggi, dalle 10, al Montedoro Shopping Center di Muggia. Giunta alla sua quarta edizione, la manifestazione si svolgerà per la prima volta a Muggia dopo essere stata ospitata per tre anni di fila a San Giacomo (il rione triestino manterrà comunque la benedizione degli animali e altre attività dimostrative in programma giovedì 4 ottobre). Questo il programma: alle 10 (al piano superiore del centro) si inaugurerà il Wad 2018 con tanto di saluto del sindaco di Muggia Laura Marzi e lettura del messaggio dell'onorevole animalista Michela Brambilla. Alle 11, dimostrazione del Reparto cinofilo dei Vigili del fuoco Fvg. La prima conferenza della giornata si svolgerà alle 12. Il tema sarà "Rondini, rondoni e balestrucci" con relatrice Silvana Dimauro, presidente dell'associazione Liberi di volare. Dopo la pausa pranzo, alle 15, sarà la volta di affrontare il tema "Le api e l'ambiente", relatore Livio Dorigo, storico apicoltore e veterinario impegnato nella tutela della biodiversità. Alle 16 toccherà al Gruppo cinofilo della Guardia di finanza effettuare una dimostrazione. La giornata si chiuderà alle 17 con la relazione di Sergio Dolce, biologo e già direttore del Museo di Storia naturale, sul tema "Il fascino dei pipistrelli". Gli eventi saranno aperti gratuitamente al pubblico. -

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 settembre 2018

 

 

Cortili aperti, escursioni e creatività - Domani la festa è a Draga Sant'Elia
Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica e tiro con l'arco. Domenica (o in caso di maltempo, quella successiva) torna "Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle 18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti della propria creatività.Si parte alle 10.30 con la passeggiata "A tu per tu con il paesaggio" a cura dell'associazione La Cordata a cui seguirà alle 11.30 una raccolta delle erbe. Ricco il programma di conferenze: alle 12 sulla Val Rosandra con Sergio Dolce e Guido Bottini e alle 14, a cura di Pino Sfregola, su le "jazere di Draga" (che alle 15 si potranno osservare dal vivo grazie a un'escursione guidata). Alle 15.30 sono programmate visite a pollaio e apiario e uscita sui campi bio. Non mancheranno le discipline sportive: alle 16 karate per tutti a cura di Shinryu Karate Trieste e sarà possibile praticare anche il tiro con l'arco. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale con i Twenty Years After Acoustic. Spazio anche per l'animazione per bambini a cura di Terrasophia (alle 11 e alle 14), per incontri con enti, gruppi e associazioni e letture sui prati alla presenza degli autori. Previsti infine un incontro coi disegnatori di Trieste Sketchers, un'esposizione d'arte contemporanea, l'ex tempore Draga e una mostra di quadri carsici.«L'obiettivo di questa festa - spiega Tiziana Cimolino a nome delle associazioni organizzatrici - è quello di avvicinare le persone di tutte le età alla realtà di Draga S. Elia». L'evento, gratuito, si svolge in collaborazione con le realtà associative del territorio.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 settembre 2018

 

 

Gli sloveni del Carso in guerra contro il Piano paesaggistico
Un pool di associazioni della minoranza impugna il provvedimento regionale con un ricorso straordinario al presidente della Repubblica: «Mai stati coinvolti»
TRIESTE - Le principali associazioni slovene del territorio reclamano la sospensiva e l'annullamento del Piano paesaggistico regionale Fvg e imboccano la strada del ricorso straordinario al presidente della Repubblica. Lo firmano l'Associazione agricoltori, l'Unione regionale economica slovena, la Comunanza delle comunelle, l'Unione culturale economica slovena e la Confederazione delle organizzazioni slovene, rappresentate rispettivamente da Edi Bukavec, Andrej Sik, Iztok Sancin, Marino Marsich e Walter Bandelj.Il ricorso è stato presentato contro la Regione e il Comune di Trieste in qualità di capoluogo regionale. «Sono almeno due - spiega il segretario dell'Associazione agricoltori Edi Bukavec - i motivi che hanno portato alla promozione del ricorso. Sono legati a vario titolo al mancato coinvolgimento delle nostre associazioni nella stesura del Piano paesaggistico. A tal proposito facciamo riferimento a due leggi. Quella che si riferisce alla gestione delle aree montane, la 97 del '94, dove chiaramente si afferma che nei diversi piani di sviluppo sociali e culturali deve verificarsi il coinvolgimento delle popolazioni interessate, e quella di tutela dell'unità linguistica slovena in Italia, la 38 del 2001, che ai commi uno e due dell'articolo 21 prevede il coinvolgimento di questa comunità in tutti gli atti che riguardano l'uso del territorio. Negli organi consultivi inoltre devono essere garantiti dei rappresentanti della medesima comunità. L'assessorato competente - continua Bukavec - ci ha spiegato che sono stati fatti ben 140 incontri di presentazione del Piano, non rendendosi conto che alle nostre comunità non è sufficiente la sola informazione, ma serve quel coinvolgimento che avrebbe portato alla concertazione e infine alla condivisione dei contenuti». Secondo i rappresentati delle cinque associazioni nel nuovo Piano paesaggistico vi sono evidenti lacune a svantaggio dei territori dove risiede la comunità dei cittadini italiani di etnia slovena. A iniziare dalla mancanza dei piani di gestione per le Zone di protezione speciale (Zps) e i Siti d'importanza comunitaria (Sic) di Natura 2000, che riguardano la maggior parte della provincia triestina e, soprattutto, del Carso. Piani di gestione che la comunità attende da 12 anni e nei quali dovrebbero esserci delle norme chiare per l'esercizio dell'agricoltura e di quei cambiamenti necessari all'evoluzione e alla crescita di chi vi risiede.In seconda battuta, spiegano ancora i rappresentanti delle associazioni, con il nuovo Piano risultano entrate in vigore automaticamente le norme di salvaguardia. In parole povere, risultano bloccati i piani regolatori e le varianti dei comuni sinché non vi sarà un adeguamento al nuovo strumento varato dalla Regione. In definitiva, qui sarebbe oscurato a sua volta quel principio che prevede la partecipazione delle comunità locali: senza il loro coinvolgimento si rischia di bloccare lo sviluppo d'intere aree. Per tutte queste ragioni il "pool" di associazioni ha indirizzato l'istanza di sospensiva del Piano al presidente della Repubblica, perché il provvedimento regionale, secondo i firmatari, vìola il diritto della comunità slovena a mantenere la propria identità storica, linguistica e culturale.

Maurizio Lozei

 

 

Il Consiglio conferma il "no" al progetto del metanodotto
Stop per ragioni tecniche. Polli: «Abbiamo dimostrato che le regole sono uguali per tutti» - Discusse mozioni sul bilancio partecipato e le bestemmie
Il Comune di Trieste ha espresso formalmente il suo "no" al progetto di ammodernamento del metanodotto presentato da Snam. Una bocciatura motivata dalla mancanza di dettagli progettuali sul possibile impatto di un sito di interesse comunitario carsico collocato sulla traiettoria del gasdotto. Il Consiglio comunale l'ha votato all'unanimità in una seduta straordinaria ieri mattina.Ha commentato l'assessore all'urbanistica Luisa Polli: «Il progetto è articolato su più parti del territorio e solamente una ha ottenuto il parere negativo, anche se questo comporta automaticamente un "no" complessivo. Abbiamo voluto applicare il principio di precauzione, e sono molto contenta dell'unanimità del voto perché significa che abbiamo colto il sentire del territorio».Ha spiegato ancora Polli: «Ora siamo in attesa di risposte dal Ministero, con il quale mi attiverò da subito, ci sono diversi modi in cui possono recepire le nostre prescrizioni». Questa la conclusione dell'assessore: «Anche il voto delle circoscrizioni competenti ha mostrato quanta sensibilità ambientale ci sia sul tema. Alle volte le istituzioni ostacolano i piccoli progetti magari di aziende agricole, ma poi sorvolano quando si tratta di grandi opere. Ecco, noi abbiamo voluto dare un segnale di senso contrario».Il Consiglio si è occupato poi di una serie di mozioni rimaste in arretrato da tempo. È approdata in aula, ad esempio, la mozione di Fabio Tuiach (Misto-Forza Nuova) contro le bestemmie. La proposta si basa sul regolamento esistente, che già vieta le espressioni blasfeme, invitando la polizia locale ad applicarlo. La mozione, ha spiegato Tuiach, gli è stata ispirata da «un suonatore di strada che imprecava verso il nostro Dio». Il vicesindaco Paolo Polidori l'ha fatta propria, dicendo che sarà più facile applicarla quando la polizia locale sarà dotata di telecamere personali. Approvata poi una mozione del M5S per il bilancio partecipato e una proposta della Lista Dipiazza per un centro dedicato agli sport marini in Porto vecchio.

Giovanni Tomasin

 

 

In Dalmazia e' emergenza per l'arrivo degli sciacalli - Danni all'ambiente

SPALATO - Sciacalli, tanti, a centinaia e sbucati mesi fa dal nulla. Hanno preso possesso di una vasta porzione della regione adriatica, spingendosi - assieme ai lupi - fino a non più di 10 chilometri in linea d' aria dal nucleo storico di Spalato. Gli sciacalli sono apparsi nello Spalatino all' indomani del gigantesco rogo dell' anno scorso che aveva ridotto in cenere migliaia di ettari. Nessuno sa spiegarsi il fenomeno, né la provenienza di questi animali alloctoni che stanno sterminando gli esemplari minori di selvaggina, come lepri, fagiani, cinghialetti e anche cuccioli di muflone, I loro ululati notturni hanno fatto fuggire nei mesi estivi decine di turisti che avevano cercato rifugio fuori dai grandi e caotici centri di villeggiatura. L'area in questione è quella nel triangolo composto dagli abitati di Zrnovnica, Tugare e Naklic, a est del capoluogo dalmata. A.M.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 27 settembre 2018

 

 

Riciclo della plastica, Edo Ronchi: l’Italia è un’eccellenza europea
Il riciclo della plastica continua a crescere in Italia portando al Paese benefici economici notevoli, che consentono alla penisola di posizionarsi tra le prime grandi economie nel territorio europeo, dopo Germania e Spagna. È quanto rivela il nuovo Green Economy Report stilato da Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Notevoli i progressi effettuati negli ultimi due decenni dove, come sottolineato da Edo Ronchi della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in Italia si è passati da un sistema di gestione dei rifiuti basato principalmente sulla discarica, a uno fortemente orientato al recupero e riciclo. Ecco dunque dati incoraggianti per il Bel Paese: nel corso dello scorso anno sono stati avviati a riciclo il 43,4% degli imballaggi raccolti mentre tra il 2005 e il 2017. Secondo il rapporto: Gli imballaggi avviati al recupero sono cresciuti in modo esponenziale con un più 64%, recando al Paese un beneficio economico di oltre 2 miliardi di euro per la materia prima non consumata, per la produzione di energia e per il risparmio di emissioni di CO2. Inoltre per gli imballaggi in plastica nel 2017 in Italia è stato avviato a recupero di materia ed energia l’82% dell’immesso al consumo, in particolare è stato riciclato oltre il 43% degli imballaggi totali. Dati, quelli appena diramati, che sottolineano come in tema di riciclo dei rifiuti l’Italia sia riuscita a diventare una eccellenza europea, con obiettivi futuri ancora maggiori: vi è ad esempio una proposta fatta ascoltando i pescatori che pescano ad oggi la metà della plastica dal mare. Vi è una prima bozza di governo che vuole supportarli creando lì un sistema che possa riciclare sul posto.
Floriana Giambarresi
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 settembre 2018

 

 

«Barriere antirumore - I lavori ci lasciano senza bosco né vista»
I residenti: «Alberi giù senza preavviso e pannelli opachi» - La replica: «Tutte le azioni compiute nel rispetto delle leggi»
DUINO AURISINA - Boscaglia abbattuta senza preavviso. E pannelli fonoassorbenti, opachi nella loro parte bassa e trasparenti in quella alta, «tali da impedire la vista del Carso a coloro che vivono nei paraggi». Inizia in mezzo a vivaci polemiche uno degli interventi più attesi dai residenti della parte dell'abitato di Sistiana più vicina alla bretella autostradale che porta al casello del Lisert. A farsi portavoce di coloro che protestano è Maurizio Dossi: «Lunedì scorso, senza alcun preavviso, è comparso dalla boscaglia che si trova accanto al condominio in frazione Sistiana 59/Q un caterpillar che ha iniziato ad abbattere, una ad una, tutta la linea di conifere che si ritiene risalenti alla costruzione del tratto autostradale sottostante. Conifere - precisa il portavoce dei residenti che protestano - site all'interno della cadente rete delimitante il territorio di competenza dell'Anas. Contestiamo l'assoluta assenza di preavviso agli abitanti, di un cartello di avviso lavori e di segnali stradali di mezzi in movimento, di tutori dell'ordine e del pannello di cantiere con un programma lavori. Siamo stati lasciati privi di qualsiasi indicazione anche in caso di eventuali emergenze». Ma non basta. «Il primo tratto verticale da terra dei pannelli già posizionati, per un'altezza di quattro metri, è completamente opaco, costruito in acciaio e laterizio, e impedisce la visuale delle colline carsiche - aggiunge Dossi - ora visibili dagli abitanti delle case più vicine e da chiunque voglia recarsi fino alla trincea autostradale».Il portavoce dei residenti aggiunge anche che «sarebbe stata opportuna la presenza della Guardia forestale, per assicurare che gli alberi abbattuti non fossero malati e perciò in grado di disseminare eventuali parassiti». Dossi conclude auspicando che «si garantiscano il paesaggio e la vivibilità degli inquilini delle abitazioni che guardano verso la trincea autostradale, che si troveranno un muro di quattro metri davanti agli occhi, senza alcun vantaggio dal fonoisolamento delle abitazioni. Chiedo infine che si abbassi l'altezza della componente opaca dei pannelli e la si sostituisca con quella trasparente». Dall'Anas ieri sono arrivate subito le prime precisazioni: «I lavori sono a carico di Autovie Venete - la precisazione dall'Ufficio stampa - che opera sulla base di un accordo con Anas, che ha messo a disposizione alcune aree di propria competenza a ridosso del tracciato autostradale. L'utilizzo di pannelli fonoassorbenti opachi nella parte bassa deriva dalle disposizioni della normativa in essere - aggiunge Anas - e l'abbattimento degli alberi si può effettuare solo dopo la perizia completata dalla Guardia forestale, che è stata regolarmente stilata anche in quest'occasione».

Ugo Salvini

 

 

Un corso di formazione per donare tempo e relazioni con Trieste Altruista
A scuola di altruismo, per apprendere i passi e le regole per saper aiutare e dare maggiore respiro alle relazioni. Si chiama "Il dono in rete-Donare relazioni per diventare artefice del cambiamento sociale", ed è un'iniziativa a cura di Trieste Altruista, sigla sorta nel 2012 e impegnata nell'attuazione dei percorsi all'insegna del "volontariato flessibile", formula con cui puntare a un coinvolgimento concreto della cittadinanza nelle problematiche sociali. Un progetto che ora promuove un corso (gratuito) strutturato in due moduli e quattro incontri, previsti nella sede di via Donizetti 5/A (circoscrizione locale dei soci di Banca Etica). Si parte domani, dalle 16 alle 19.30 e la prima porzione di "istruzioni per l'uso" nel campo del volontariato si intitola "Donare relazioni - Perché, cosa, come", approccio basato anche sulla relazione della psicoterapeuta Franca Amione.Il secondo incontro è programmato sabato, dalle 10 alle 12, e si configura sotto la voce "Dona relazioni e sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo", spunto che annovera le analisi di alcuni problemi sociali, gli obiettivi di Sviluppo sostenibile e Agenda 2030, e come diventare "capo progetto" all'interno di Trieste Altruista.Il secondo modulo parte il 5 ottobre, sempre dalle 16.30 alle 19.30, e propone "Il progetto sociale: tecniche e dono relazionale", mentre sabato 6 (10-12.30) si naviga tra "Le nuove frontiere del dono relazionale".L'iscrizione al corso si realizza tramite il sito www.triestealtruista.org, ulteriori informazioni scrivendo alla mail triestealtruista@triestealtruista.org o al 3355945470.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 settembre 2018

 

 

Le rinnovabili oggi convengono - Energie fossili vicine al tramonto
Negli ultimi otto anni la potenza delle verdi è quasi raddoppiata: è una vera rivoluzione
Città e aziende diventano ecologiche. C'è ancora molto da fare ma il processo è innescato
ROMA - La transizione energetica ha ritmi inarrestabili a scala globale, nonostante gli sforzi di Donald Trump di tornare all'età del carbone. La produzione di energia da fotovoltaico vola, sostenuta dalla riduzione dei costi di produzione e dalla maggiore efficienza degli impianti. Quest'anno si installeranno 90 gigawatt (gw) nel mondo, forse 100, il doppio che nel 2015. La potenza solare che era complessivamente installata solo cinque anni fa. L'accelerazione è attribuibile alla Cina che, per il secondo anno consecutivo, ha connesso in rete metà della potenza fotovoltaica globale. E dietro l'angolo c'è l'India. Anche l'eolico continua ad espandersi. La potenza complessiva ha raggiunto 489 gw e quest'anno potrebbe arrivare a 540 gw. 1Gli investimenti - Una spinta sostenuta da investimenti ingenti. Dal 2010 gli investimenti mondiali annui nella generazione elettrica verde sono stati di 300 miliardi di dollari e la potenza installata in questo arco temporale è quasi raddoppiata. I progetti eolici e fotovoltaici sono in grado di fornire energia a basso costo. Una rivoluzione nel mondo dell'energia. Solo fino a cinque anni fa queste tecnologie erano caratterizzate da costi molto elevati. In molti Paesi del mondo sole e vento ormai battono i combustibili fossili per quantità di energia generata e per il prezzo, preferibile a quello della produzione fossile o nucleare anche senza incentivi e tasse sulle emissioni. Molto però resta ancora da fare. Irena, l'agenzia internazionale per le energie rinnovabili, stima in 120 trilioni di dollari gli investimenti necessari entro il 2050. 2Il quadro americano - Anche negli Usa le cose non vanno male. La California che già si era impegnata a garantire il 50% della produzione elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030, dopo il dietrofront di Trump sul clima, ha voluto alzare il tiro: obiettivo del nuovo piano generare con le rinnovabili il 100% dell'elettricità entro il 2045 e ridurre per la fine del prossimo decennio del 40% le emissioni climalteranti rispetto ai livelli del 1990. La corsa alle rinnovabili sarà accelerata dalle innovazioni tecnologiche e dagli investimenti sui sistemi di accumuli. 3Città 100% rinnovabili - Cresce il numero delle città che puntano ad essere 100% rinnovabili. Uno degli esempi più convincenti viene da Francoforte, da più di trent'anni impegnata in politiche climatiche e che ha ridotto le emissioni di CO2 del 15% e quelle degli edifici pubblici del 30%. Francoforte vuole dimezzare i consumi energetici al 2050 e fornire questo fabbisogno per la metà con energia rinnovabile prodotta nella città e per l'altra metà nel territorio circostante. Malmö, terza città della Svezia, ha deciso di procedere lungo lo stesso percorso entro il 2030. Anche Barcellona vuole seguire una strategia che la porti al 2050 al target 100% rinnovabile. 4Le aziende si convertono - Venendo alle aziende invece, molte utility elettriche hanno compiuto una rapida conversione in questi anni e adesso le rinnovabili rappresentano il cuore delle loro strategie. Con più lentezza questa trasformazione di business riguarda anche i grandi gruppi Oil and Gas. Un recente rapporto di Wood Mackenzie valuta che se le Major petrolifere vorranno mantenere una quota di mercato nelle rinnovabili analoga a quel 12% che ora hanno nei mercati dei fossili dovranno investire 350 miliardi di dollari entro il 2035. 5Il processo è innescato - Siamo ancora lontani dagli obiettivi e la maggior parte dell'energia nel mondo è ancora prodotta da fonti non rinnovabili. Le emissioni di C02 hanno ripreso a salire dopo la fine della crisi. Ma questi dati ci dicono che ormai il processo è innescato e partito e procede veloce nel senso della transizione energetica, grazie ad incentivi e politiche globali, ma presto capace di sostenersi con le sue gambe. -

Alfredo De Girolamo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 settembre 2018

 

 

Bocche di Cattaro, Sos ambiente «Troppe le navi da crociera»
Quest'anno sono 415 le unità in arrivo nell'area patrimonio Unesco - Si moltiplicano gli allarmi sulla tenuta del delicato ecosistema
IL CASO - Belgrado - Portano visitatori dal ricco portafoglio e dunque moneta sonante, un toccasana per un Paese lanciato verso l'Ue ma che ancora non naviga nell'oro, e dove il turismo rimane uno dei comparti di punta dell'economia (il 7-8% del Pil). Ma le grandi navi da crociera stanno diventando sempre più fonte di polemica, in Montenegro. E in particolare nelle Bocche di Cattaro, splendide baie patrimonio mondiale dell'Unesco. I "fiordi" montenegrini sarebbero a rischio a causa dei troppi passaggi delle grandi navi da crociera che portano migliaia di turisti ad ammirare le Bocche. Mesi fa sono apparse foto di navi che avrebbero «riversato residui fecali nel golfo», aveva lanciato l'allarme in aprile un locale portale. «Da giorni non possiamo fare il bagno a Peluzica» per lo stesso problema, ha denunciato a inizio settembre un'ascoltatrice di Radio Kotor. Non sono denunce isolate. E c'è anche un altro nodo irrisolto. A parlarne è stata di recente la rivista Monitor, che in un ampio reportage ha posto l'accento sul problema «inquinamento» prodotto dai colossi del mare in un ecosistema così piccolo e delicato. «Non esistono dati su quanto le "fortezze galleggianti" inquinino l'ambiente» causa combustibili sporchi usati nei motori, ha ammesso Monitor, che ha però poi fornito alcune cifre inquietanti: quelle dell'Organizzazione per il Turismo di Cattaro, che ha calcolato in «415 le navi da crociera» attese solo quest'anno nelle Bocche, con «519.660 turisti» trasportati, un numero che va messo in rapporto con i «22 mila residenti della municipalità di Cattaro». Si sta preparando «uno studio sull'impatto ambientale» delle navi, ha assicurato un funzionario del Comune, promettendo risultati nei prossimi mesi per indicare quali misure prendere: se ridurre il numero di navi in arrivo; oppure obbligarle a rispettare standard ecologici più alti, come accade nella vicina Dubrovnik (l'antica Ragusa), dove le preoccupazioni sono state simili. La scelta da fare è quella «tra ambiente e soldi», ha scritto il Monitor. Ricordando però che, troppo spesso, il dilemma «qui si risolve a favore dei soldi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 settembre 2018

 

 

Italia, il centro-nord è sempre più caldo  - Il record a Belluno: +2 gradi in un secolo
Mappa del cambiamento climatico nel Vecchio continente - La nostra inchiesta anche online con il database completo
ROMA - Il ghiaccio delle Alpi che si sta sciogliendo è una delle spie del cambiamento climatico. Il nostro Paese è più caldo rispetto a un secolo fa, con un +0, 98° di media, ma è dalla Toscana in su che si registra l'aumento maggiore di temperatura. Il record è nella zona di Belluno: ai piedi delle Dolomiti, da un secolo all'altro, c'è stata un'impennata di 2 gradi. Numero che va ben oltre quell'1,5° stabilito dall'accordo di Parigi come soglia da non superare rispetto ai livelli pre-industriali. E in Europa ci sono altre 42 città che hanno già sforato l'obiettivo. A dirlo è l'inchiesta realizzata dall'European Data Journalism Network (Edjnet) sui dati dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF). Il RECORD DEL NORD - Il lavoro, pubblicato oggi in esclusiva su questo giornale con i dati disponibili online sul nostro sito, ha preso in esame oltre 100 milioni di informazioni meteorologiche dal 1900 al 2017, su 558 aree europee. L'indagine ha suddiviso l'Italia in 54 quadrati di circa 80 chilometri per lato rilevando che ben 36 di questi territori sono stati interessati da incrementi di circa un grado e oltre. Le aree più surriscaldate sono vicine fra loro, quasi a formare un blocco unico che a ovest parte dalla zona di Livorno e a est da Ancona per salire fino a Bergamo e Belluno. In mezzo c'è la Pianura Padana sempre più a secco, dove aumenta il numero di coltivazioni abbandonate dai contadini a causa della siccità. Edjnet ha stilato una classifica dei 54 territori italiani dove la temperatura tra il 2000 e il 2017 è cresciuta di più rispetto al secolo passato. Tra i primi venti nomi ci sono solo città del Centro Nord. Il podio è occupato da Belluno, Piombino e Pavia. Milano, con un +1,19°, è tredicesima. Roma? Con un +1, 03° è 32esima. Ultima è Cagliari con un +0,3°. Si stanno drasticamente riducendo le giornate fredde e stanno aumentando significativamente quelle calde, avvisa la ricerca. Per esempio a Piombino i giorni in cui la temperatura media ha raggiunto i 27 ° sono passati da 5 all'anno nel XX secolo a 21 all'anno dal 2000. A Pescara da 3 sono diventati 11. Quali sono le città che hanno perso più ore di gelo? Belluno, Aosta, Bergamo. La tendenza del Nord che diventa sempre più caldo si ripete anche su scala Europea. A Kiruna, cittadina settentrionale della Svezia - 20 mila abitanti e un'aurora boreale fra le più belle al mondo secondo la Lonely Planet - la temperatura è schizzata a un più 3,5 gradi. Il posto che si è surriscaldato meno è Ponta Delgada, in Portogallo, con più 0,1°C, a riprova che le città della costa atlantica hanno il minor aumento delle temperature. Un caldo che uccide - Gli effetti del riscaldamento si ripercuotono a cascata su tutto l'ecosistema. Dall'agricoltura che boccheggia ai fenomeni atmosferici estremi come uragani, inondazioni, fino all'aumento delle malattie: tutto è collegato. Mentre il Monte Bianco si sgretola, in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna prolificano le zanzare e i ricoveri per il virus West Nile. L'aumento di temperatura - si legge nella ricerca - ci rende meno produttivi: fa perdere giorni di scuola ai nostri figli, deforma il metallo delle rotaie causando ritardi dei treni, ammorbidisce l'asfalto tanto da impedire la circolazione sulle strade. Soprattutto ci uccide. Basta guardare la cronaca recente: i 400 morti per inondazioni in Kerala o le tremila vittime dell'uragano Maria a Puerto Rico. Un dato per tutti sono quei 70mila decessi in più in Europa occidentale sotto l'ondata di calore del 2003. «Il cambiamento climatico può essere mantenuto sotto controllo solo mantenendo gli idrocarburi e catturando carbonio dall'atmosfera», scrive Edjnet. Sperando che non sia troppo tardi.

Tecla Biancolatte

 

IL NETWORK - Team di giornali europei - Al centro i dati dal 1900
#Europe1CWarmer, #Ungradoinpiù: sono questi gli hashtag lanciati dall'inchiesta sul cambiamento climatico dell'European Data Journalism Network che il nostro giornale oggi è in grado di pubblicare in anteprima. Edjnet ha analizzato due serie di dati dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, ERA-20C per il periodo che va dal 1900 al 1979 ed ERA-interim per il periodo di 38 anni compreso tra il 1979 e il 2017. Le stime non tengono conto dei microclimi o delle isole di calore; perciò è probabile che le vere temperature nelle singole città siano in realtà di uno o due gradi superiori. Ma la tendenza complessiva - e dunque il significato dei dati - non cambia. L'indagine sul cambiamento climatico che potete leggere in questa pagina viene pubblicata oggi da diversi giornali europei, tra cui: Spiegel online (Germania), Gazeta Wyborcza (Polonia), Capital (Bulgaria), Beta (Serbia), AthensLive (Grecia), ElConfidencial (Spagna), Publico (Portogallo), OBCT (paesi balcanici).

 

In meno di 20 anni da Trieste a Gorizia salita di 1 grado la temperatura media - Tendenze del clima dal 1900 a Trieste
Brusco aumento dal 2000 a oggi rispetto ai valori dell'intero secolo precedente. Su fino a quota 13.6°, crollati i giorni di gelo
TRIESTE - Un grado in più in nemmeno vent'anni. Il riscaldamento globale sceglie il 2000 come anno di svolta per produrre le sue conseguenze sui territori di Trieste, Gorizia e Udine. La svolta del nuovo millennio segna un costante innalzamento delle temperature che, nel pur breve periodo tra 2000 e 2017, ha causato la crescita di 1°C nella media delle temperature rispetto a quella registrata in tutto il secolo precedente. Secondo i dati raccolti dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, infatti, oggi la temperatura annuale media registrata nella provincia giuliana, isontina e friulana ammonta a 13,6°C contro i 12,6°C riscontrati nella serie storica compresa tra 1900 e 2000. I numeri emergono dall'elaborazione realizzata da Edjnet, consorzio di testate denominato European data journalism network, che ha usato le informazioni di uno dei più grandi archivi mondiali sui dati meteorologici. Lo studio riguarda oltre 500 territori europei, fra cui la zona che include Trieste, Gorizia e la parte meridionale della provincia di Udine. Un affresco globale sull'evoluzione del riscaldamento globale, da cui non è immune l'estremo nordest italiano. Il cambio di passo arriva nei Duemila, se si considera che tra 1900 e 2017 le temperature medie più alte si registrano nel 2014, 2015, 2017, 1994 (unica eccezione) e 2011. Aumenta anche l'intensità del caldo: lo si desume dall'analisi sulle giornate in cui la temperatura media è rimasta per tutte le 24 ore sopra i 27°C. Uno schiacciamento verso l'alto delle minime, che dal 2000 al 2017 si è verificato per 5,4 giorni all'anno. Risultato solo apparentemente di ridotte dimensioni, posto che per tutto il Ventesimo secolo questo genere di situazioni si è verificato solo per 0,3 giorni all'anno: dal 1900 al 1990 condizioni simili si sono avute d'altronde in tutto in 9 giornate, concentrate in tre sole annate. I grafici mostrano come la tendenza si modifichi poi e dopo il 2000 quasi non ci sia anno senza almeno un episodio simile, con picchi particolari nel 2015 e 2004, quando le giornate con media costante sopra i 27°C sono state rispettivamente 19 e 17.Invertito è il trend dei giorni di gelo. Secondo i dati relativi ai cent'anni fra 1900 e 2000, le giornate con temperatura costante sotto -1°C sono state in media 8,9 all'anno. Con l'ingresso nel nuovo millennio le cose mutano, se si considera che la media del periodo 2000-2017 si attesta su 2,2 giornate all'anno, con anni come 2007, 2008, 2011, 2013, 2014, 2015 e 2016 in cui il fenomeno non si è registrato nemmeno una volta. Ben diversa la situazione nel 20.o secolo, in cui si contano anni record come il 1929, 1940, 1942, 1964, quando interi giorni sotto lo zero termico si sono registrati per oltre 35 giornate in un solo anno. Questi fenomeni pongono Trieste e il Fvg a metà classifica delle 558 aree considerate. Il territorio è in posizione 247, nella graduatoria guidata dalla svedese Kiruna (+3,4°C dal 2000 a oggi rispetto alla media del Ventesimo secolo). Il trend è simile a quello delle aree limitrofe: Pordenone segna un +1,2°C, Venezia +1,1°C, Lubiana +1,2°C, Fiume +1°C e Pola + 0,9°C. Lo scenario peggiora in montagna e il trend ha permesso a Filippo Giorgi, direttore della sezione Fisica della Terra del Centro internazionale di fisica teorica di Trieste e climatologo di fama internazionale, di dire che «sulle Alpi lo zero termico si registra ormai a 1.400 metri e fino a 1.700 si è in fase di transizione. Oggi a tali quote la neve è in pericolo anche d'inverno e, se l'effetto serra continuerà a dispiegarsi al ritmo attuale, la soglia dello zero climatico si innalzerà: i 1.700 metri diventeranno 1.800 e così avanti». Il Fvg pagherà un alto prezzo all'effetto serra: nei suoi 5 comprensori si scia quasi sempre sotto i 2.000 metri. Giorgi annota che «l'industria del turismo invernale si sta preoccupando moltissimo in tutto l'arco alpino: l'innevamento artificiale sarà sempre più costoso perché si dovranno coprire superfici più estese, l'acqua sarà sempre più cara e le temperature sempre più alte». Non solo turismo invernale. Il climatologo di Osmer Fvg Andrea Cicogna spiega che «impatti» si avranno anche «su agricoltura, uso dell'acqua, livello del mare: tutte cose per le quali dovremo attrezzarci nel giro di un secolo. Un periodo che pare lungo ma dal punto di vista climatico è relativamente breve». «I dati medi in oggetto - precisa Cicogna - sono più simili all'andamento della pianura udinese che a quelli di Trieste, dove c'è la mitigazione prodotta dal mare e l'altimetria variabile crea zone con diverse tipologie di temperatura. Il fenomeno è globale e si riscontra ovunque, inclusa casa nostra, dove dagli anni Ottanta c'è stata quella stessa accelerazione dei cambiamenti climatici che registriamo ovunque».-

Diego D'Amelio

 

Una coperta chimica sul cielo, ecco il riscaldamento globale
Il meteorologo Mercalli spiega come si stia danneggiando il pianeta «Se non riduciamo l'effetto serra la vita dei nostri figli peggiorerà»
L'INTERVISTA - «Una coperta chimica invisibile con cui stiamo coprendo il cielo e che, con il nostro inquinamento, stiamo rendendo sempre più spessa». Il meteorologo Luca Mercalli sceglie questa immagine per spiegare cos'è il riscaldamento globale. «Veniamo dalla quinta estate italiana più calda degli ultimi duecento anni. Le stime dell'Edjnet sull'aumento delle temperature in Europa ribadiscono ciò che sappiamo da tempo: se non riduciamo l'emissione di CO2 e l'effetto serra, entro la fine del secolo la vita per i nostri figli e i nostri nipoti sarà sempre più difficile». A un negazionista cosa direbbe? «Di andarsi a leggere la migliore letteratura internazionale sulla relazione tra riscaldamento ed emissioni di gas. La scienza internazionale ha appurato che è così. O i negazionisti difendono il mercato del carbon fossile oppure sono ignoranti». La defezione di Trump dagli accordi di Parigi cosa comporta? «Un grave danno perché gli Usa sono il secondo Paese che inquina di più al mondo. Però va detto che tanti Paesi che non sono usciti dall'accordo non stanno facendo molto». A che punto sono le energie rinnovabili? «Non stiamo facendo abbastanza. Siamo lentissimi nel cambiamento, mentre il riscaldamento è velocissimo. Il segretario dell'Onu António Guterres, che è un ingegnere elettronico, lo ha detto nel discorso del 10 settembre scorso: gli impegni presi sull'accordo di Parigi rappresentano solo un terzo di quanto serve». Come corriamo ai ripari? «La politica deve fare la sua parte con leggi per il risparmio globale a favore delle energie rinnovabili. Poi c'è quello che possono fare i cittadini: mangiare meno carne perché la produzione di carne libera metano che è pericoloso; riciclare i rifiuti e produrne meno, visto che ogni rifiuto ha dietro energia ed emissioni; passare ai pannelli solari e isolare la casa per evitare dispersione di energia; volare di meno; viaggiare in auto elettrica, come me». Non tutti possono permettersi un'auto elettrica. «Ci pensino i politici a renderla più accessibile. Il ministro Sergio Costa ha sul tavolo un progetto sulle auto elettriche: lo renda realtà».

 

 

La strage silenziosa di ricci lungo le strade - Curati 100 all'anno, molti di più schiacciati
Autunno e primavera i periodi più delicati. Baradel (Centro faunistico di Terranova): qui anche i cuccioli rimasti senza madre
GORIZIA - L'ultima vittima, che fortunatamente ha trovato un'anima gentile pronta a soccorrerla e portarla al sicuro, è dell'altro ieri. Un piccolo riccio ferito che è stato raccolto da Vanessa Profumi, come racconta lei stessa in un post pubblicato sulla pagina Facebook "Sei di Gorizia se...", e portato per tutte le cure del caso al Centro faunistico di Terranova gestito da Damiano Baradel. Qui, ogni anno, di ricci grandi e piccoli rimasti feriti nella maggior parte dei casi dopo essere stati investiti dalle automobili ne arrivano oltre un centinaio, e molti di loro riescono a recuperare salute ed energie per poi tornare in libertà nei campi e nei boschi. Purtroppo però molti altri, probabilmente molti di più, non sono altrettanto fortunati, e finiscono la loro vita sull'asfalto delle nostre strade, quella del Vallone o quelle che salgono da Gorizia verso San Floriano e verso il Collio soprattutto. Ma anche nelle altre realtà del territorio. È una piccola grande strage silenziosa, infatti, quella dei ricci che vengono investiti e schiacciati dalle automobili e dai camion, trovandosi improvvisamente in mezzo alla carreggiata e, immobilizzati dal terrore, incapaci di evitare i mezzi in transito. Capita più o meno durante tutto il corso dell'anno, e i nostri occhi distratti spesso sono fin troppo abituati a scorgere i resti dei piccoli animali lungo le strade per lasciarsi davvero colpire da quest'immagine, ma nelle ultime settimane alcuni tratti di strada - e viene da pensare appunto in particolare alla strada del Vallone - assomigliano a veri e propri campi di battagli con i loro caduti. Così come sono senz'altro aumentate le segnalazioni e i soccorsi agli animali feriti. «Il fenomeno dell'investimento dei ricci purtroppo non è circoscritto a un periodo preciso, capita spesso e durante tutto l'anno - dice Damiano Baradel, del Centro faunistico di Terranova -. Qui arrivano ogni anno un centinaio di ricci feriti, o magari anche cuccioli che non hanno più trovato la loro mamma, rimasta schiacciata dalle auto. Però va detto che l'autunno, così come la primavera, sono periodi particolarmente delicati per questi animali, perché sono quelli che anticipano o seguono direttamente il letargo. I ricci lo avvertono e ora sono un po' meno lucidi e reattivi, e dunque il rischio di finire in mezzo alla strada proprio mentre passano le automobili è maggiore». Baradel spiega anche che i cuccioli del riccio sono particolarmente delicati, e, se non raggiungono i 400 grammi di penso prima del letargo, rischiano di non superare l'inverno. «Nella maggior parte dei casi quando ci arrivano dei piccoli, trattandoli nel modo corretto riusciamo a salvarli - dice l'anima del centro faunistico -, mentre per ciò che riguarda gli animali feriti ovviamente tutto dipende dalla gravità delle loro condizioni. Certo è che se tutti rispettassero i limiti di velocità potrebbe essere molto più facile evitare un riccio o un altro animale che si trova sulla strada». Oltre ai ricci al centro di Terranova arrivano anche diversi altri animali investiti, come ad esempio tassi, caprioli, lepri e, sempre più spesso soprattutto nei pressi di zone umide, nutrie. Tornando ai piccoli e placidi ricci, l'ideale sarebbe (se le condizioni del traffico lo permettono) fermarsi e spostare gli animali nell'erba lontano dalla strada, mentre qualora ci si dovesse imbattere in un riccio già ferito, ma ancora in vita, bisogna subito rivolgersi al Centro faunistico di Terranova (per le emergenze sono disponibili i numeri 348.4056523, 338.4786312 o 0481.711574) accreditato proprio per intervenire in casi simili.

Marco Bisiach

 

Un tunnel del diametro di un metro in località Bonetti per farli passare - la proposta
Una possibile soluzione per tutelare i ricci (e non solo loro) potrebbe essere la realizzazione di sottopassaggi protetti che permettano agli animali di attraversare la strada senza rischiare di essere investiti. L'associazione Eugenio Rosmann di Monfalcone da tempo ha presentato un progetto simile (un piccolo tunnel del diametro di un metro) da realizzare lungo la strada del Vallone nei pressi dell'abitato di Bonetti per permettere il passaggio dei rospi, altre vittime frequenti degli automobilisti. «È evidente che simili passaggi potrebbero essere utilizzati anche da ricci e altri piccoli animali, comprese le volpi - dice Claudio Siniscalchi, dell'associazione -. Soluzioni simili sono state adottate in regioni come Toscana o Trentino Alto Adige, ma anche in Slovenia. Qui noi non abbiamo ancora avuto grandi riscontri alle nostre proposte».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 settembre 2018

 

Carso invaso da sciacalli dorati - «Divorati i cuccioli di capriolo»
Aumentati a dismisura gli avvistamenti degli esemplari, particolarmente voraci - Si cibano in particolare di "bambi". «Stanno modificando gli equilibri della fauna»
DUINO AURISINA - È allarme sciacalli sul Carso triestino. Negli ultimi mesi sono infatti aumentati a dismisura gli avvistamenti, soprattutto quelli riguardanti la cosiddetta specie dello "sciacallo dorato", sostanzialmente onnivora, capace di nutrirsi di insetti come di caprioli, a seconda delle esigenze e di ciò che può trovare nel territorio nel quale va a insediarsi. Normalmente un esemplare non è molto grande, pesa mediamente all'incirca una quindicina di chili e non è pericoloso per l'uomo, nel senso che non si ha mai avuto notizia di attacchi alle persone. È però capace di modificare gli equilibri naturali di un territorio. Come sta avvenendo per l'appunto sul Carso triestino, su quello isontino e su quello sloveno. «Abbiamo registrato - precisa Antonio Pilosio, direttore della Riserva di San Michele del Carso - una drastica diminuzione del numero dei caprioli, un tempo molto diffusi sul Carso, nell'ordine del 60,70 per cento degli esemplari. Preoccupa soprattutto il fatto che stanno calando i caprioli giovani, quelli entro il primo anno di vita - aggiunge - che, evidentemente, sono preda della voracità dello sciacallo dorato. Le nostre fototrappole evidenziano soprattutto la presenza di femmine di capriolo adulte e senza prole, evento in passato molto raro. Indice questo dell'arrivo di numerosi esemplari di sciacallo dorato, fattore confermato anche dal rinvenimento di molte carcasse di caprioli completamente spolpate, caratteristica tipica della predazione dei canidi, famiglia di cui fanno parte proprio gli sciacalli dorati».«Certo anche i cinghiali e i cervi contribuiscono alla diminuzione della presenza dei caprioli - ancora Pilosio - ma non c'è dubbio che sta cambiando qualcosa di importante sul nostro Carso con l'arrivo di questa nuova specie». Anche osservando le cartine redatte dalle competenti autorità della Slovenia, che evidenziano l'evoluzione della presenza delle varie specie animali sul territorio, viene rimarcata con chiarezza la massiccia presenza di sciacalli dorati lungo tutta la fascia confinaria con l'Italia, da Muggia all'Isontino, senza soluzione di continuità. Normalmente gli sciacalli dorati si muovono in nuclei familiari: due adulti, il maschio e la femmina, e i piccoli, che possono essere in genere più d'uno. La migrazione dello sciacallo dorato verso il Carso sembra essere frutto di una colonizzazione spontanea proveniente da Sud-Est. «Dapprima si sono diffusi nei Balcani - conclude Pilosio - e poi in Croazia e in Slovenia. Adesso si stanno moltiplicando qui da noi. Certamente non sono stati immessi in natura, non ci sono infatti documenti o testimonianze in tal senso». -

Ugo Salvini /

 

A udine - Il monitoraggio è affidato a uno dei massimi esperti
Sono l'Università e il Museo di Storia naturale di Udine a essersi fatti carico di monitorare la presenza dello sciacallo dorato in Friuli Venezia Giulia, le cui tracce sono sempre più frequenti tra il Carso triestino, quello isontino e quello sloveno. È proprio nel capoluogo friulano che opera infatti lo zoologo Luca Lapini, tra i maggiori esperti della materia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 settembre 2018

 

 

Parte il piano Enel per l'auto elettrica: «Anche in Fvg addio al carbone»
Entro l'anno 2.500 colonnine in Italia: una ventina in regione ma entro il 2022 dovrebbero salire a 400
ROMA - Entro il 2018 saranno una novantina le colonnine per il "rifornimento" elettrico di Enel X a Nordest. L'area è partita a rilento rispetto ad altri territori, ma ora sembra pronta a crederci. Finora, dicono i dati di Enel X presentati all'Autodromo di Vallelunga, nel Veneto sono state installate 29 colonnine, altre 13 se ne aggiungeranno entro fine anno. Circa 20 in Friuli Venezia Giulia nel complesso (tra già installate e da installare) e altrettante sono previste per il Trentino Alto Adige. «La pipeline - spiega Alberto Piglia, responsabile di e-mobility di Enel X - però è molto più elevata. L'anno scorso in questi territori avevamo dati bassissimi, ma oggi vediamo che si sta partendo. Qui si è registrato un ritardo rispetto ad altre regioni, ma ora abbiamo di fronte una situazione totalmente diversa. Il parcheggio San Marco a Venezia installerà nostre colonnine e anche per la città di Venezia abbiamo dei progetti». E sempre nel Veneto, a Chioggia, è stato annunciato oggi l'accordo con il Comune per sei nuove colonnine. PIANO DA 300 MILIONI - Il Piano Italia di Enel per la mobilità sostenibile, 14mila colonnine entro il 2022 (400 in Fvg) e 300 milioni di investimento complessivo, prosegue a ritmo serrato. In questo momento ha spiegato il responsabile di Enel X Francesco Venturini «stiamo installando tra le 60 e la settanta colonnine alla settimana. Novecento colonnine entro fine anno che si aggiungono alle circa 1600 già presenti. Quindi l'utente Enel avrà accesso a circa 2500 colonnine in Italia entro fine anno». L'Italia è fanalino di coda nelle immatricolazioni di auto elettriche, circa 16 mila in tutto, ma nell'ultimo anno il tasso di crescita è stato del 110%. Segno che l'interesse attorno a questo settore è sempre più elevato sono gli investimenti delle case automobilistiche, la stessa Fca a giugno ha annunciato investimenti in questo comparto per 9 miliardi. «La nostra sfida è quella di guidare la transizione energetica: l'elettricità sarà il principale vettore per realizzare una profonda decarbonizzazione di tutti i settori, primo fra tutti quello dei trasporti», spiega l'amministratore delegato di Enel, Francesco Starace. Sottolineando che «Quella della mobilità elettrica è una rivoluzione in corso» e l'Italia parte (sulla carta) «da una posizione di vantaggio avendo una rete già completamente digitalizzata». Andando nel dettaglio dell'intervento di Enel, Starace ha spiegato che «per la realizzazione del nostro Piano nazionale di infrastrutture di ricarica abbiamo già siglato accordi per circa 4.300 infrastrutture di ricarica con le amministrazioni pubbliche ma anche con realtà industriali e commerciali, che ci permetteranno di proseguire speditamente per far sì che l'auto elettrica diventi un mezzo alla portata di tutti». STRATEGIA NAZIONALE - Ma perché il progetto di decarbonizzare la mobilità funzione, spiega Venturini, è «necessario un piano nazionale strategico, regole certe ai comuni che devono andare ad installare, e poi la PA deve dare l'esempio. Un terzo della flotta Enel sarà elettrico proprio per questo. Dobbiamo dimostrare che ci crediamo e allo stesso modo devono farlo le pubbliche amministrazione. Poi serve fiscalità e semplificazione tariffaria. Non sto chiedendo incentivi, ma esistono molti modi per spingere». A partire dice Venturini da una serie di regole che siano simili».

Roberta Paolini

 

Lampioni intelligenti  per la nuova mobilità: Starace: 300 milioni di investimento
Enel X prosegue nella realizzazione del Piano nazionale per le infrastrutture di ricarica e lancia soluzioni modulari e scalabili studiate per privati, aziende e amministrazioni pubbliche. Fra queste, il "lampione intelligente" a led che illumina e ricarica i veicoli elettrici. L'ad Starace (foto) ha presentato un piano da 300 milioni di investimento.

 

ACEGASAPSAmga e vetture elettriche - Largo Granatieri record per ricariche ecologiche e sfida fra auto "green"
La colonnina per il rifornimento "green" delle auto elettriche in largo Granatieri ha sfondato, da inizio 2018, quota 300 ricariche. Ne dà notizia AcegasApsAmga in un comunicato in cui la multiutility fa il punto dei propri distributori di energia per auto non inquinanti in occasione della Settimana europea della mobilità. Il piano AcegasApsAmga per le "ecovetture", si legge nel comunicato, è iniziato nel 2015 con l'installazione di 10 colonnine di ricarica elettrica a Trieste, seguita poi da Gorizia e Udine. Acegas, dati alla mano, fa sapere così che dall'inizio di quest'anno in Fvg sono state effettuate più di duemila ricariche nei punti di distribuzione allestiti da AcegasApsAmga, con un'erogazione di circa 16 mila kWh. La colonnina più utilizzata, per l'appunto, risulta essere quella posizionata in largo Granatieri. «L'installazione delle colonnine di AcegasApsAmga - recita il comunicato - è il primo capitolo nel campo della mobilità sostenibile di Trieste, che anche quest'anno aderisce alla Settimana europea della mobilità». E sempre in occasione della Settimana europea della mobilità, a Trieste si è svolta la Civitas Portis e-cars race, evento dedicato alle auto elettriche e test-drive al fine di promuovere la mobilità elettrica. All'evento hanno partecipato auto esclusivamente ad alimentazione elettrica che si sono sfidate su un percorso urbano/extraurbano di circa 50 chilometri totali, con partenza e arrivo alla Centrale Idrodinamica di Porto vecchio. AcegasApsAmga ha partecipato alla sfida grazie a un dipendente che ha rappresentato l'azienda correndo la gara con una Renault Zoe 100% elettrica, aggiudicandosi il primo posto in classifica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 settembre 2018

 

 

Centro congressi ai nastri di partenza ed Esof affronta il primo test europeo.

Il Comune chiude la gara e aggiudica l'opera a TCC. Bravar «Il via entro gennaio». I commissari di Euroscence in citta'.

La Trieste Convention Center si è aggiudicata in via definitiva la realizzazione in project financing del futuro centro congressi del Porto vecchio, magazzini 27 e 28. A comunicarlo è il presidente di Tcc Diego Bravar, che ora annuncia: «Spero che potremo aprire il cantiere entro il gennaio dell'anno prossimo». Nel frattempo anche Esof2020 avanza, e affronterà a breve un nuovo esame da parte della fondazione europea che organizza la manifestazione. La gara - Il Comune ha concluso di recente la procedura di gara europea per l'assegnazione della progettazione attuativa e la realizzazione dell'opera. E ha comunicato lo scorso 17 settembre l'aggiudicazione a Tcc, unica a presentarsi al concorso. La società nel frattempo ha raggiunto quota 55 soci e sta continuando a raccogliere fondi da privati e banche per coprire la sua percentuale sul costo dell'opera, nel complesso 11,5 milioni di euro. Una cifra imponente, che il Comune copre al 45% vista l'utilità pubblica del centro congressi. Gli incontri fra tecnici sono iniziati, il secondo si terrà la settimana prossima fa sapere l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Le tappe - Il presidente di Tcc sintetizza come segue le prossime tappe: «Ora si va verso la firma della concessione con il Comune, dopodiché provvederemo a realizzare il progetto esecutivo. Una volta completo, il Comune, la Sovrintendenza ai beni culturali e tutti gli altri enti coinvolti dovranno dare la loro valutazione. A quel punto l'ente locale potrà dare il via ai lavori». Un momento che Bravar si augura arrivi il prima possibile: «Spero si possa partire entro gennaio dell'anno prossimo, se non prima». I tre cantieri - «A quel punto ci saranno tre cantieri in Porto vecchio», conclude il presidente della cordata imprenditoriale. «Ci sarà il Comune impegnato nelle opere di urbanizzazione dell'area con i 50 milioni del governo, ci sarà la Fit che farà i lavori propedeutici all'Esof, e ci saremo noi impegnati nel centro congressi. Di fatto saremo il primo privato a operare nel "nuovo" vecchio scalo cittadino, e penso ci si possa considerare un modello». Il test di Esof - Nel frattempo EuroScience approda al capoluogo giuliano. Da lunedì a mercoledì si riunirà per la prima volta ufficialmente nella Sottostazione Elettrica la Steering Commitee, ovvero il board che ha il compito di supervisionare il lavoro di organizzazione dell'EuroScience Open Forum del 2020. Contenuti del programma scientifico, ospiti previsti, organizzazione dei team di lavoro, strutture per lo svolgimento degli eventi e molti altri dettagli tecnici e organizzativi verranno affrontati durante i tre giorni incentrati sulla valutazione del lavoro svolto fino a oggi e sui prossimi passi da compiere verso il Forum della ricerca che si svolgerà a Trieste dal 4 al 10 luglio 2020.

Giovanni Tomasin

 

Il testimone di Ferrante al figlio Paco e a di Pretoro
Il primo assume l'incarico per la struttura congressuale - Il secondo imbarcato per il coordinamento della manifestazione
Il mondo che ruota attorno ad Esof, dagli organizzatori dell'evento fino al centro congressi, deve fare i conti con un'assenza pesante. È quella dell'ingegner Pierpaolo Ferrante, prematuramente scomparso nei mesi scorsi. In sostanza l'uomo che per primo ha avuto l'idea, assieme alla moglie e presidente di Ogs Cristina Pedicchio, di portare Esof a Trieste. E che dal punto di vista organizzativo e progettuale aveva impegnato tutto sé stesso per l'evento. La morte di Ferrante ha imposto a diverse realtà di trovare figure che almeno in parte potessero colmare il vuoto venutosi a creare. Ferrante aveva un ruolo importante nel coordinamento dei lavori in vista di Esof 2020. A questo scopo la ciurma dell'evento imbarcherà ora l'architetto Tazio di Pretoro, come confermano i collaboratori del champion di Esof Stefano Fantoni. Quanto al Trieste convention center, spiega il presidente Diego Bravar: «Quando Pierpaolo è scomparso tutti noi abbiamo capito che avremmo dovuto fare la nostra parte per superare un evento così traumatico. Lui è stato il primo ad avere l'idea di portare Esof a Trieste, e quando il professor Fantoni ha suggerito a Confindustria di organizzarsi per fare un centro congressi stabile in Porto vecchio, è stato ancora Ferrante a proporsi da subito per la progettazione». Sostituirlo, quindi, è un'impresa ardua: «Ancora con Pierpaolo ci eravamo affidati all'ingegner Tommaso Tassi per la sorveglianza complessiva, e questo ha aiutato. Ora poi Paco Ferrante, che lavorava fianco a fianco con il padre al progetto, ha preso in mano la parte di direzione e coordinamento».

 

 

Trasporti, gli studenti promuovono Trieste

Ogni giorno si sposta una popolazione universitaria di 20 mila persone, i più usano il bus o vanno a piedi. In treno da fuori
Mobilità e accessibilità sono temi che incidono profondamente nella vita di ciascuno di noi e nel nostro utilizzo del tempo. La voce trasporti ha un peso importante nel valutare la qualità di vita di chi frequenta l'università, per studio o per lavoro, e la mobilità universitaria incide significativamente nel complesso degli spostamenti che avvengono in città e per raggiungerla: sono poco meno di 20mila le persone che quotidianamente si muovono per recarsi in una delle sedi dell'ateneo giuliano e in determinate fasce orarie, tipicamente intorno alle 9 del mattino per arrivare in università e in serata per raggiungere i luoghi di svago, rappresentano la maggior parte degli individui che si spostano nel perimetro urbano. NUOVA INDAGINE - «Presto avremo dei dati più precisi sul fenomeno, perché abbiamo sottoposto un questionario focalizzato anche su questo tema a un'ampissima fascia della popolazione universitaria - commenta Giovanni Longo, docente di Trasporti al Dipartimento di Ingegneria e Mobility Manager d'ateneo -. Ma dalle indagini precedenti sappiamo che l'utenza universitaria è orientata verso il trasporto pubblico: circa la metà delle persone utilizza il bus e molti si spostano a piedi. I fuorisede prediligono alloggi vicini alle sedi universitarie che frequentano e anche i residenti, per motivi legati anche a costi e difficoltà di parcheggio, preferiscono i mezzi pubblici. E' una pratica virtuosa». UTENTI VIRTUOSI - Gli studenti si suddividono in residenti, fuorisede e pendolari: i primi si muovono all'interno della città, i secondi ci aggiungono gli spostamenti per tornare a casa nel fine settimana, i terzi si affidano quotidianamente a treni e autobus per raggiungere le sedi universitarie e ritornare al proprio luogo di residenza. Quanto a chi lavora in università le tipologie di mobilità sono almeno due: il personale tecnico-amministrativo, con orari d'ufficio, e docenti e ricercatori, con una mobilità meno sistematica. «Trieste ha un buon sistema di trasporti pubblici - commenta Nicola Gerotto, studente fuorisede all'ultimo anno di Farmacia che si sposta con mezzi pubblici e risiede in una delle Case dello Studente di Piazzale Europa -, che durante il giorno copre in maniera uniforme tutte le sedi universitarie. Ma la sera, dopo le 24, non c'è più un bus e per chi vuole passare una serata in centro città, l'unica soluzione è un'auto propria o il taxi, che però è molto costoso». Il mezzo più utilizzato dagli studenti pendolari per raggiungere Trieste quotidianamente è il treno, seguito dalle linee extraurbane degli autobus. «Uno dei punti critici è l'interfacciamento tra ferro e gomma in Stazione Centrale: ci sono in particolare picchi di richiesta per gli autobus prima delle 9, quando iniziano le lezioni. Non è facile fornire una risposta adeguata, ma l'Università intrattiene un rapporto positivo con Trieste Trasporti e la Regione», evidenzia Longo.

Giulia Basso

 

 

VAL ROSANDRA - Lotta alla trota vorace - Oggi il piano a Bagnoli
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Sarà presentato oggi al Centro visite della Riserva naturale della Val Rosandra, a Bagnoli, alle 20.30, il progetto per l'eradicazione della trota fario dal torrente Rosandra. Si tratta di un salmonide non autoctono introdotto nel torrente per la pesca sportiva negli anni '80. Essendo un vorace predatore, ha un impatto molto significativo sul delicato ecosistema fluviale del Rosandra. L'organo gestore della Riserva, in collaborazione col Dipartimento di Scienze della vita dell'Università e l'Ente tutela patrimonio ittico, ha promosso un progetto che punta all'eradicazione della trota. Stasera parleranno gli esperti Elisabetta Pizzul, Filippo Franz e Massimo Zanetti, che presenteranno i dati finora raccolti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 settembre 2018

 

 

Distributori per auto elettriche in arrivo a Duino Aurisina
Patto tra Comune e Enel per la realizzazione di una rete di impianti "verdi" - Previsti cinque punti di ricarica, uno dei quali in prossimità del Municipio
DUINO AURISINA - Il Comune di Duino Aurisina diventa capofila nella corsa per la realizzazione di una rete pubblica per la ricarica elettrica per veicoli. È di questi giorni, infatti, la delibera di giunta con la quale l'esecutivo locale guidato dal sindaco Daniela Pallotta ha approvato la bozza di protocollo che vede come controparte l'Enel, che sarà il fornitore degli impianti. Cinque le colonnine che verranno collocate sul territorio comunale: saranno distribuite in modo da rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze di quanti utilizzano le vetture di ultima generazione che montano appunto il nuovo tipo di motore "verde".«Stiamo individuando le aree - spiega l'assessore Lorenzo Pipan - e finora abbiamo scelto la zona della pesa vecchia ad Aurisina, la piazza di San Pelagio e un punto vicino al Municipio, perché contiamo di acquistare in futuro un'automobile elettrica anche per l'amministrazione. Una colonnina la sistemeremo anche a Duino, ma non abbiamo ancora deciso l'esatta collocazione e per l'ultima valuteremo a breve».«In ogni caso - precisa Pipan - si tratterà di proposte da sottoporre alla valutazione dell'Enel, in quanto sarà la Spa a sopportare il costo della realizzazione degli impianti, perciò dovremo decidere di comune accordo. È evidente - sottolinea l'assessore - che l'Enel terrà in considerazione la vicinanza con la rete elettrica già esistente per contenere i costi dei collegamenti da eseguire. Da parte nostra - continua lo stesso Pipan - dovremo tener conto delle difficoltà di parcheggio che esistono in alcuni punti del territorio, perciò nell'individuazione delle aree per gli impianti dovremo cercare di far coesistere le diverse esigenze, evitando di occupare spazi oggi utili per il parcheggio libero. Per questi motivi - osserva l'assessore - prima di arrivare alla decisione finale sulla collocazione effettueremo alcuni sopralluoghi assieme ai tecnici dell'Enel». La società sta operando su scala nazionale per dotare l'intero territorio nazionale di colonnine di rifornimento di questo tipo e il Comune di Duino Aurisina ha voluto rispondere con sollecitudine alla proposta: «È nostro interesse visto che siamo un Comune che si basa molto sul turismo - riprende Pipan - mettere i visitatori, sia italiani che soprattutto stranieri, perché in molti paesi europei le auto elettriche sono più diffuse che in Italia, nella condizione di poter effettuare un rifornimento. Naturalmente provvederemo anche all'installazione della segnaletica verticale e alla pitturazione di quella orizzontale». Tutti gli impianti saranno realizzati in modo da poter garantire agli utilizzatori la possibilità di provvedere in totale autonomia al rifornimento, la cui durata dovrebbe aggirarsi in circa un'ora. «Ritengo che la mobilità elettrica sarà un'opportunità per migliorare la qualità dell'aria e diminuire l'inquinamento - commenta Pallotta - e nel futuro si dovrà andare in tal senso». Per il Comune l'intera operazione sarà come detto a costo zero, in quanto l'installazione e la messa in opera delle colonnine sarà a carico dell'Enel. «Questo è un mercato che si sta aprendo - chiude Pipan - e sappiamo che presto si proporranno anche altre aziende fornitrici di energia».

Ugo Salvini

 

Una decina le "stazioni" già attivate a Trieste
Nel territorio comunale di Trieste sono già una decina i distributori di energia. Il numero uno, per ricariche, è quello di largo Granatieri. Gli altri si trovano fra Basovizza, Opicina, Prosecco, Roiano, Barcola, San Giovanni, Servola e il centro, e segnatamente in piazzale Straulino e via Slataper.

 

 

Spiagge e mari invasi dalle reti delle cozze - Sui litorali 47 buste ogni cento metri
Il progetto "Clean Sea Life" dell'Ue denuncia i rischi - La portavoce: «Danni ai pescatori e alla fauna acquatica»
27 -  Le spiagge italiane diffuse su nove regioni passate al setaccio dai ricercatori e volontari del progetto europeo Clean Sea Life. 47 - Le retine che contenevano cozze trovate dai ricercatori di Clean Sea Life sulle spiagge, in media, ogni 100 metri di lungomare. 301 - Il picco di retine di plastica trovate da Clean Sea Life sulla spiaggia di Riccione. 1534I chili di rifiuti raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life in 4 porti italiani. 73% - La percentuale di retine trovate nel porto di Manfredonia, in mare, sul totale di rifiuti ripescati. 36 - I pescherecci utilizzati per il controllo dei fondali nei quattro porti monitorati. 4 - Gli anni di durata totale del progetto, in scadenza nel 2020.

Torino - Al guazzetto, al vapore, al tramonto, sugli spaghetti... Le cozze sono uno degli alimenti più amati dagli appassionati di cucina marinara. Ma dietro agli allevamenti dei gustosi mitili disseminati nei nostri mari si possono celare problematiche ambientali. Le retine di plastica usate per contenere le cozze messe "all'ingrasso" in acqua sono uno dei rifiuti che maggiormente inquinano non solo l'Adriatico (il più soggetto per la presenza massiccia di questo tipo di coltivazione) e il Tirreno, ma anche le spiagge. Le correnti portano a riva le plastiche, inquinando i litorali, ma se ne trovano tante anche sui fondali o aggrappate agli scogli. Lo dimostra uno studio di Clean Sea Life, progetto cofinanziato dall'Unione Europea, che ha lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica alla pulizia marina. Il lavoro dei ricercatori, che sarà presentato domani al Salone del Gusto di Torino nello stand della Commissione europea, si è concentrato sul monitoraggio di 27 spiagge di nove regioni - Sardegna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia, Marche ed Emilia Romagna - e quattro porti (Rimini, San Benedetto del Tronto, Manfredonia e Porto Torres) passati al setaccio con 36 pescherecci. In azione un centinaio di persone che ha riscontrato la presenza in media di 47 retine ogni 100 metri di lungomare, con un picco di 301 retine a Riccione. Rispetto al totale dei rifiuti, il 30% è risultata plastica legata all'allevamento di cozze. Tra le spiagge più inquinate anche Fiumicino e San Rossore, a causa delle foci dei fiumi e delle correnti. Quanto ai controlli in mare nei fondali, su un totale di 1534 chili di rifiuti raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life, 424 chili erano retine (il 28%). Il picco a Manfredonia, con il 73% (San Benedetto del Tronto 9%; Rimini 15% e Porto Torres nessuna). Responsabilità - Lungo le nostre coste annualmente si prelevano circa 120.000 tonnellate di cozze. Gli allevamenti marini consistono in file di "sacchetti" immersi a pochi centimetri dalla superficie dove i mitili restano per circa un anno, tempo del proprio ciclo di vita, come spiegano gli esperti. «Durante questo lasso di tempo può accadere che correnti e mareggiate determinino la dispersione in mare delle retine - spiega Eleonora de Sabata, presidente dell'associazione MedSharks, partner nello studio, e portavoce del progetto Clean Sea Life - Il sospetto è che qualche allevatore ci metta del suo c'è, ma è chiaro che occorrono prove prima di puntare il dito su qualcuno. Quello su cui stiamo lavorando è la sensibilizzazione di chi lavora nel settore. La Guardia costiera ha già inviato lettere ai coltivatori per spingerli a fare più attenzione». rischi e sviluppi del progetto - I pescatori sono i primi ad essere penalizzati: durante l'attività di pesca, incrociano sistematicamente plastiche che peraltro, in base alla legge italiana, non possono essere portate a riva. «Un'anomalia burocratica - spiega de Sabata - di cui si sta interessando il ministro dell'Ambiente Sergio Costa e la stessa Commissione Europea. Avere la possibilità di portare le plastiche a riva vuole dire non solo ripulire il mare, ma anche poter sfruttare il materiale, magari per il riciclo, e quindi metterlo a profitto». Così facendo si eviterebbero anche danni alla fauna marina: sono molti gli animali che rischiano di restare impigliati nelle reti, primi fra tutti gli uccelli marini "sula".

Lara Loreti

 

Coop e Conad: «I sacchetti bio? Sono una perdita, clienti tutelati» - La replica
Federdistribuzione, Coop e Conad replicano così all'articolo dedicato ieri alle buste della spesa. «I sacchetti biodegradabili e biocompostabili destinati al contatto diretto con gli alimenti, ad esempio per l'ortofrutta, sono fatti pagare al cliente, per obbligo di legge, tra 1 e 2 centesimi. Non quindi 8, 10 o 15 cent. Questi sacchetti sono acquistati dalle imprese distributive a cifre superiori a quelle richieste ai clienti. Rappresentano una fonte di perdite, non di guadagno». La Gdo ha proposto di distribuirli gratis, sopportandone il costo. «I sacchetti biocompostabili che hanno un costo di 10 centesimi sono invece quelli acquistabili alle casse. Non si può e non si deve fare confusione tra i due tipi». La Gdo precisa di tutelare i clienti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2018

 

 

Un milione per tre ciclovie: c'è la Bovedo-Porto vecchio
Il Comune invia le richieste di finanziamento alla Regione. Prioritaria la sicurezza - Nell'elenco l'adeguamento in passeggio Sant'Andrea e anche la Trieste-Muggia
Il Comune ha impostato un programma di 1,1 milioni per avviare/migliorare la rete di ciclabili urbane. Nell'auspicio che tali interventi la rendano più utile e più frequentata. Tre le opere in programma: ampliare la ciclovia "del mare Adriatico" e partire con primi tracciati sulla Trieste-Muggia e sulla Park Bovedo-Porto vecchio. Finora l'amministrazione ha messo da parte 330 mila euro, circa un terzo del fabbisogno, ma conta di alimentare le risorse con il supporto della Regione Fvg, riservandosi poi di completare il co-finanziamento. Per questo gli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli hanno firmato la delibera 411, che ha raccolto l'unanime consenso giuntale, a cominciare da quello del primo cittadino. L'importo più consistente riguarda la ciclovia "del mare Adriatico", che assorbe un preventivo di 460 mila euro; è seguita dai 392 mila euro necessari alla Trieste-Muggia; chiude il podio il percorso tra Bovedo e Porto vecchio che richiede 280 mila euro. La Regione attendeva la documentazione già il 5 settembre, per cui c'era urgenza nell'approvazione della delibera. Tema portante per i progetti è la sicurezza ciclistica cittadina. Ecco il merito delle proposte comunali. La ciclovia "del mare Adriatico" ha un vecchio e irrisolto problema: l'attraversamento alla base della rampa di accesso alla Grande Viabilità, al termine di passeggio Sant'Andrea. In passato ci furono polemiche proprio sulla sicurezza, che il Comune vuole superare realizzando - riporta la scheda descrittiva - un bypass a lato della viabilità veicolare, lungo 260 metri fino al tratto di pista in viale Campi Elisi. I tecnici pensano a un viadotto che tenga conto della morfologia del terreno, delle infrastrutture stradali, del parco ferroviario situato nove metri più in basso. Sempre nel quadro di questa ciclovia, ci sarà da collegare le piste di via Orlandini e la "Giordano Cottur", separate da un dislivello di 4 metri, allo stato attuale attenuato da una scalinata. Gli uffici ritengono che queste opere possano essere realizzate in otto mesi. La Trieste-Muggia, «attualmente inesistente» come rimarca la scheda, dovrebbe estendersi per 5,5 chilometri tra piazza Foraggi e il confine comunale di Aquilinia. Poiché comanda il tema sicurezza, rileva il dato dell'incidentalità: sull'asse viario, preso in considerazione nel periodo 2013-17, si sono verificati 11 sinistri che hanno riguardato e ferito ciclisti. Il Comune la considera una valida alternativa negli spostamenti casa/lavoro e la ritiene naturale collegamento tra la "Cottur" e la "Parenzana", che - rammenta il documento - connette Muggia a Porec (nella toponomastica italiana più nota come Parenzo). Solo sulla carta sono per ora anche i 260 metri che i pianificatori municipali desiderano costruire tra il realizzando Park Bovedo, sul terrapieno di Barcola, e gli ingressi agli stabilimenti balneari: si tratterebbe di una prima tranche del ben più ambizioso collegamento tra il parcheggio e Porto vecchio, oggi impossibile da cantierare causa vegetazione lussureggiante, edifici fatiscenti, riqualificazione da definire. Ma una tranche importante - sostiene il Comune - perché non esiste un'alternativa agevole per congiungere park e litorale.

Massimo Greco

 

Il "bike sharing" municipale slitta all'inizio dell'anno nuovo
Si sperava di iniziare entro settembre ma prudenza procedurale ha consigliato di spostare l'esordio del sistema Bicincittà
Entro settembre il previsto decollo si è rivelato impossibile e allora l'avvio dell'iniziativa slitterà all'inizio del prossimo anno: il "bike sharing" in salsa comunale, a base di 9 ciclostazioni e 130 velocipedi, esordirà nel 2019. Gli auspici sembrano, nonostante il ritardo, positivi: la ragione principale dello slittamento - spiegano fonti municipali - va ricondotta alla verifica che non vi fossero ricorsi contro l'affidamento del servizio alla torinese Bicincittà. Questo pericolo pare scongiurato e quindi la macchina amministrativa si è messa in moto: sopralluoghi, autorizzazioni della Soprintendenza - che nel 2016 aveva bloccato un primo progetto -, valutazione dell'interferenza dei lavori che in alcuni siti - soprattutto piazza Libertà - ostacolerebbero l'allestimento degli stalli. La vicenda "bike sharing" naviga da due anni e mezzo nei meandri comunali, perché Bicincittà prevalse in sede di procedura ristretta all'inizio del 2016, poi, causa il progetto stoppato da palazzo Economo, la ditta torinese fu esclusa dall'appalto ma ricorse al Tar, dove ottenne soddisfazione. La matassa degli atti venne così riavvolta per ripartire da Bicincittà, che ha visto il suo progetto approvato in giugno da una determina siglata dall'allora mobility manager Giulio Bernetti.La vincitrice può disporre di 390 mila euro, due terzi abbondanti provenienti dalla Regione (Pisus A1)e il restante terzo rinvenente dalle casse comunali. saranno realizzate 9 stazioni in punti strategici per collegamenti e attrazione turistica: piazza Libertà (centrale Fs), piazza Oberdan (tram Opicina), Teatro Romano, Riva del Mandracchio, piazza Hortis (biblioteca civica), Campo Marzio (ciclovia di passeggio Sant'Andrea), Barcola (pineta), viale XX settembre (teatro Rossetti), via Cumano (musei ed ex fiera riqualificata). Una flottiglia di 130 biciclette, di cui 36 a pedalata assistita, sarà a disposizione dell'utenza. Le dimensioni del posteggio sono 175x175x930 millimetri, materiale utilizzato l'acciaio inox. Ancora da definire il dettaglio organizzativo,a cominciare dalle tariffe. Tutto principierà da una tessera personale, sulla quale sarà caricato un abbonamento. Il ciclista potrà prendere un mezzo in una stazione e lasciarla in un'altra. L'accesso al servizio - riportava la relazione - avverrà tramite il portale web e le stazioni saranno dotate di un sistema di trasmissione dati Umts. La modalità Bicincittà è già stata rodata in un centinaio di comuni, dove è frequentata da circa 75 mila utenti. Quando la notizia uscì all'inizio dell'estate, venne favorevolmente accolta da politici e da esponenti del mondo culturale. Perplessità vennero espresse da associazioni ciclistiche per la carenza di ciclovie in città.

 

Prima risposta alle richieste di 1.580 cittadini - la petizione FIAB
Una prima risposta ai pedalori urbani. Perché una ventina di giorni fa il presidente di Fiab Trieste Luca Mastropasqua aveva consegnato al sindaco Roberto Dipiazza la petizione "ciclabile nel Porto vecchio" firmata da 1.580 cittadini, per chiedere «una ciclabile lineare, veloce, sicura e senza promiscuità con i pedoni da piazza Libertà a via del Boveto». Fiab chiede «un'infrastruttura ciclistica moderna che connetta il centro città con Barcola e la Costiera. Un'infrastruttura utile per andare al mare, per raggiungere il posto di lavoro, per promuovere il cicloturismo e che sarebbe un importante volano per la promozione di stili di vita sani». Nell'occasione Dipiazza aveva illustrato il progetto di massima della viabilità interna del Porto vecchio che prevede anche una ciclabile.

 

 

Industria e ambiente - La Regione attiva i tavoli tematici sul futuro della Ferriera
La Regione attiverà quanto prima tavoli di confronto ristretti, coordinati dagli assessori a Lavoro, Attività produttive e Ambiente, per affrontare il futuro della Ferriera di Servola a Trieste. Lo ha annunciato ieri Massimiliano Fedriga, intervenendo ieri a Trieste al tavolo allargato sul nodo Servola, alla presenza di Comune, Prefettura, Authority, Arpa, struttura commissariale, proprietà e sindacati. «Da questo tavolo - ha riferito Fedriga al termine dell'incontro - sono emerse le diverse posizioni delle parti coinvolte, da quella sindacale all'azienda e all'Autorità di sistema portuale. La scelta di attivare dei tavoli ristretti deriva dalla consapevolezza che la nostra priorità è la tutela della salute dei cittadini. Noi - ha precisato il governatore - vogliamo prendere in considerazione le necessità di tutti, ben consci che l'area portuale è strategica per lo sviluppo della città e, su queste basi, può allargare i suoi orizzonti in funzione di uno sviluppo commerciale che riteniamo fondamentale per Trieste». A questo proposito, sia dalla proprietà sia dall'Autorità portuale è giunta la disponibilità a costruire un percorso operativo comune che, sotto il cappello istituzionale, possa soddisfare le priorità ambientali e occupazionali, vagliando in questo modo possibili scenari diversi da quello attuale in vista di alternative quali riconversione e re-industrializzazione del sito».

 

 

La tassa occulta dei sacchetti "bio" costa 90 euro l'anno
Le buste biodegradabili dovevano costare 1-2 centesimi - Ma nella grande distribuzione il prezzo oggi è decuplicato
Roma - Avevano promesso: non sarà una stangata. Aggiungendo, per indorare la pillola, che l'innovazione costa, ed è giusto che a pagare il conto siano anche i consumatori. Ma a distanza di quasi nove mesi dall'entrata in vigore della legge che impone l'acquisto dei bioshopper viene fuori tutta un'altra verità. Il conto è molto più salato di quanto annunciato, considerando i due estremi della forchetta di previsioni, la più bassa firmata da Gfk Eurisko (circa 12 euro all'anno) e la più alta di Codacons (non meno di 20 euro). E pagano solo i consumatori, mentre per le aziende, innanzitutto i produttori dei sacchetti e le catene della grande distribuzione, il bioshopper obbligatorio si sta rilevando un gigantesco affare. Con una bella torta da dividere: in Europa circolano ogni anno 100 miliardi di buste per la spesa usa-e-getta, e l'Italia è ai primi posti della classifica per consumo pro-capite. Che cosa sta accadendo? Si stanno verificando diverse anomalie, a partire dall'enorme differenza delle tariffe applicate dalle varie catene di supermercati. Il costo medio del bioshopper ritirato alla cassa è di 10 centesimi, l'importo addizionale applicato per esempio da Esselunga e Auchan, mentre i due colossi delle cooperative oscillano da 8 centesimi di Coop ai 15 di Conad. Siamo già a valori infinitamente superiori agli annunci iniziali, quando si parlava di un extra tra 1 e 3 centesimi, solo per le buste per frutta, ortaggi e verdure. In pratica, il consumatore paga a caro prezzo due contenitori biodegradabili, e la conferma di questa ingiustificata stangata nel settore alimentare arriva dal costo del bioshopper in altre categorie commerciali. Qui davvero non si va oltre 1 centesimo a sacchetto, pur trattandosi di contenitori consistenti, come nel caso delle catena Cisalfa (abbigliamento per sport e tempo libero) e Euronics (elettronica di consumo). Come mai tanta differenza tra il bioshopper per una confezione di yogurt e quello per un cellulare o per un paio di scarpe da ginnastica? D'altra parte, su Amazon, che certo non vende senza margini, una confezione di 500 bioshopper si paga, senza spese di spedizione, 10.41 euro, pari a 2 centesimi a sacchetto. La sensazione che si ricava è chiara: la grande distribuzione nel settore alimentare sta cavalcando una legge scritta male, e molto favorevole agli interessi delle catene dei supermercati, per creare un nuovo rubinetto di ricavi e di profitti, laddove la curva dei consumi resta piatta, o negativa, e i margini di guadagno sono diventati molto stretti. Una precisa strategia di mercato in tempi duri, infiocchettata da stentorei proclami a favore dell'ambiente, al limite del greenwashing. Il caso della Conad è da manuale. Il suo bioshopper da 15 centesimi si presenta con una serie di scritte che dovrebbero giustificare il prezzo così alto. Si parla di «un sacchetto ideato e prodotto in Italia», come se il marchio made in Italy fosse un sinonimo di aumento dei prezzi per il consumatore. Si certifica che il prodotto è «completamente biodegradabile e compostabile»: ci mancherebbe, in caso contrario sarebbe fuori legge. E si espone, come se fosse una certificazione di genuina sostenibilità, il logo di Legambiente, la più potente associazione ambientalista italiana: un tutoraggio retribuito o a titolo gratuito? La conclusione, tornando alle nostre tasche, è che questi bioshopper nell'alimentare si traducono in una spesa annua attorno ai 50 euro, se poi aggiungete il costo delle buste per frutta, verdura e ortaggi, e il prezzo pagato per altri acquisti (anche nelle farmacie ormai è frequente il «pedaggio» del sacchetto biodegradabile), si arriva a un conto annuo di circa 90 euro. L'equivalente del canone Rai, ovvero una tassa bella e buona. Infine, poiché il consumatore non è stupido, la febbre dei bioshopper si sta trasformando in vero boomerang per lo Stato e per gli interessi generali dei cittadini, e il rischio inquinamento da plastica per contenitori di prodotti alimentari invece di diminuire sta aumentando. Dall'entrata in vigore della legge, infatti, gli acquisti di ortaggi, frutta e verdura sfusi sono crollati del 7,8 per cento, mentre quelli degli stessi prodotti in vaschette di plastica sono aumentati dell'11 per cento. Peccato che si tratti di confezioni di plastica pura, non biodegradabile e non compostabile.

Antonio Galdo

 

 

La scienza in piazza con Trieste Next fra biotecnologie e super ospiti
L'edizione 2018 dal 28 al 30 settembre. Il virologo Burioni, l'ex ministro Carrozza e la senatrice Cattaneo fra i relatori
È "NatureTECH: il sottile confine fra biologico e biotecnologico" il titolo della settima edizione di Trieste Next, che dal 28 al 30 settembre prossimi esplorerà il confine fra natura e tecnologia. La presentazione ufficiale ieri in Municipio, con tutti i soggetti coinvolti. Tra gli argomenti principali, che animeranno il festival della Ricerca scientifica, figurano medicina personalizzata, terapia genica, intelligenza artificiale, protesi bioniche e cibernetiche, varietà agricole high tech, controllo del clima, economia circolare e anche una riflessione sulla questione delle fake news scientifiche. Ospiti speciali saranno la senatrice ed esperta di cellule staminali Elena Cattaneo, l'ex ministra dell'Istruzione e ingegnere cibernetico Maria Chiara Carrozza e il medico virologo attivo nella lotta alla disinformazione medica Roberto Burioni. Trieste Next si propone come "vetrina dell'innovazione" e della ricerca applicata, dove i ricercatori e gli imprenditori possono raccontare le rispettive esperienze, con esempi concreti di soluzioni che hanno portato benefici al mondo produttivo e alla comunità in generale. Il calendario completo della manifestazione è disponibile sul web, insieme alla lista completa dei relatori e a tutti gli appuntamenti che caratterizzeranno le varie giornate. Il sito di riferimento è www.triestenext.it. Tra i vari eventi in programma, da segnalare l'incontro con Andrea Segrè, l'ideatore del Last Minute Market. Alla presentazione ufficiale, aperta da Angela Brandi, assessore all'Educazione, scuola, università e ricerca del Comune di Trieste, sono intervenuti Maurizio Fermeglia, rettore dell'Università degli Studi di Trieste, Antonio Maconi, direttore di Trieste Next e senior partner di ItalyPost, Sergio Paoletti, presidente di Area Science Park, Tiziana Gibelli, assessore alla Cultura della Regione Fvg, Tiziana Benussi, vicepresidente del cda di Fondazione CRTrieste, Guido Perelli Rocco, presidente Airc Comitato Friuli Venezia Giulia, e Massimiliano Kropf, amministratore delegato di Eurospital. «Il Comune di Trieste è particolarmente orgoglioso di presentare l'edizione 2018, che si arricchisce della collaborazione della Commissione europea - ha evidenziato Brandi -, che ha selezionato il nostro evento come punto di riferimento italiano per le manifestazioni di divulgazione scientifica». L'assessore ha puntato l'attenzione anche sulle tante attività riservate ai più giovani. «In questi sette anni, a Trieste - ha ricordato poi Antonio Maconi, Italypost, direttore di Trieste Next 2018 - si è costruita, attorno a quella che è diventata forse la più importante manifestazione nazionale sulla ricerca scientifica, una comunità di intenti tra soggetti diversi che però hanno sempre avuto chiare due questioni di fondo: la prima è che mondo dell'impresa e ricerca scientifica devono dialogare costantemente per accrescere la competitività del Paese. La seconda è che il "sistema Trieste" deve dialogare con il mondo ed essere parte di un contesto europeo. L'edizione 2018 è costruita proprio per perseguire questo obiettivo: presentare un festival che sia luogo di divulgazione e inclusione scientifica, di dibattito aperto, informazione e conoscenza, di incontro tra mondo della ricerca e dell'impresa, di promozione e valorizzazione, a livello internazionale, del patrimonio scientifico della città di Trieste». Presente a Next anche l'Airc, l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, che porterà a Trieste molti dei suoi ricercatori di punta.

Micol Brusaferro

 

Ex tempore senza confini per un mondo equo e solidale
Sabato tra piazza Sant'Antonio, Canal Grande e Ponterosso aperto ai creativi di ogni età
L'apertura agli altri attraverso i colori. "Aperture a colori" è il tema del I ex tempore di pittura, promosso dall'associazione Senza Confini-Brez Meja in occasione dei 25 anni di impegno per la costruzione di un mondo più equo e solidale, che si terrà sabato (o in caso di maltempo quello successivo) nel centro cittadino. Aperto ai creativi di ogni età e provenienza (è prevista anche una sezione per bambini e ragazzi fino a 14 anni), l'evento, progettato in collaborazione con Ramatou - art networking, rappresenta una festa della creatività che, negli intendimenti degli organizzatori, ha lo scopo di "valorizzare, promuovere e rappresentare l'idea di un mondo interconnesso, aperto e colorato, vario e accogliente". Un mondo insomma da "ri-dipingere a colori". «La nostra - spiega la presidente, Marija Besednjak - è un'associazione che, oltre a proporre modalità di commercializzazione di prodotti che riconoscano i diritti fondamentali a ogni soggetto della filiera, è interessata da sempre anche a conoscere le culture e le tradizioni dei produttori. Promuovendo un mondo dove la diversità di origine, cultura e lingua rappresenti una ricchezza, abbiamo pensato che questi valori si potessero promuovere anche in modo gioioso, chiamando a immaginare un mondo a colori, simbolo della diversità umana. Così abbiamo promosso un concorso en plein air che si terrà tra piazza S. Antonio, Canal Grande, Ponterosso, Rive e piazza Cavana». «Sarà - prosegue - un momento di festa: inizieremo alle 8.30 e ogni iscritto dovrà presentarsi con l'attrezzatura necessaria; la tela o tavola verrà timbrata e i partecipanti avranno tempo fino alle 18.30 per completare e consegnare le opere. La giuria, composta dalle artiste Vesna Benedetic ed Elisa Vladilo e da una rappresentante dell'associazione, vaglierà i lavori che verranno premiati alle 20 nella sede di via Torrebianca 29/b durante una cerimonia a cui seguiranno un momento conviviale e un brindisi». Le opere selezionate resteranno in mostra fino a sabato 29. Le iscrizioni, che per i ragazzi sono gratuite, sono aperte presso la Bottega del Mondo di via Torrebianca 29/b, ma ci si potrà iscrivere anche sul posto entro le 13. Saranno selezionate 6 opere, tre delle quali verranno premiate con ceste artigianali di prodotti. Per i bambini e ragazzi sono