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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2021

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2021

 

 

Piano del centro storico - È un sì tra le polemiche
Alta tensione tra Dipiazza e Pd durante il voto nella notte - Il centrosinistra: «Dialettica azzerata, esempio di dittatura»
Il nuovo Piano particolareggiato del centro storico è passato nella notte tra lunedì e ieri: prevede l'istituzione di quattro classi di trasformabilità, in cui catalogare 1.621 palazzi, e mira a stimolare gli interventi privati, anche alla luce dei bonus al 110% e 75%. La giunta ha inoltre accolto l'emendamento del M5s su via Tigor, in cui si chiede che l'autosilo non sia l'unica trasformazione possibile per quell'area. Ma è stato un via libera ad alta tensione. Polemiche si sono innescate infatti dopo l'intervento conclusivo del primo cittadino: «Grazie ai miei consiglieri, al mio assessore e agli uffici. Stasera avete votato una delibera importante. Le opposizioni hanno fatto il loro. Mi dispiace solo aver sentito il termine avvilente». Giovanni Barbo del Pd poco prima aveva definito «avvilente» il dibattito. Ha ripreso Dipiazza: «Barbo, avvilente sei stato tu, con i tuoi interventi». A quel punto le opposizioni sono insorte e le schermaglie tra le parti sono iniziate: nella bagarre, Famulari si è alzata, si è diretta verso l'uscita e, passando vicino a Dipiazza, lo ha accusato di qualcosa. Il sindaco le ha risposto: «Vai che sei carina, continua così e andrai benissimo». «E tu come sei andato - ha ribattuto a sua volta Famulari - offendendo un consigliere?». A quel punto Dipiazza è sbottato: «Offensivo è dire avvilente a chi ha tanto lavorato. Qua stiamo lavorando, capito?». Il presidente dell'aula Francesco Panteca ha chiuso i lavori, ricordando la storicità del momento: «Siamo passati dal Piano Semerani al Piano Polli, dopo oltre 40 anni». Ieri il centrosinistra ha convocato una conferenza stampa: nel mirino «mancanza di visione, troppa attenzione ai parcheggi, e troppo poca verso aree verdi e cambiamenti climatici». «La seduta è stata l'ennesimo esempio di dittatura di questa maggioranza», ha esordito la capogruppo Pd Fabiana Martini: «Ha i numeri e li usa per azzerare la dialettica». «Quasi tutte le osservazioni - per Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini) - anche da parte di realtà come Italia Nostra sono state bocciate». Barbo si considera «insultato, solo perché ho detto che il clima era avvilente e irrispettoso verso i cittadini. Una bruttissima pagina di questo mandato». Così Famulari: «Mi ha chiamata carina. Sono una donna adulta. Umiliante». Igor Svab, come vicepresidente del Consiglio, ha espresso solidarietà ai colleghi: «Certe espressioni non dovrebbero trovare posto nelle istituzioni». Sono intervenute poi Sabrina Morena di Open e Valentina Repini del Pd. A margine, ieri, l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli ha replicato: «Ho fatto miei sette emendamenti della maggioranza e due del M5s. Spiace che il centrosinistra non abbia compreso degli aspetti chiave del Piano per il centro storico: quanto alla presunta mancanza di visione, è attuativo del Piano regolatore voluto dalla giunta Cosolini. Non c'entra con Piano del traffico o Pums. Il fatto di creare parcheggi per residenti aumenta e non diminuisce le possibilità di pedonalizzazione, ciclabilità e verde pubblico. Restiamo a disposizione per approfondimenti».

Lilli Goriup

 

Prodotti a km 0 e artigianato nel futuro del Mercato coperto
Approvate dalla giunta le linee di indirizzo alle quali dovranno attenersi i progetti per il rilancio del sito. Il vicesindaco Polidori in visita alle realtà di Firenze e Bologna
È cominciata la campagna di iscrizione dell'Accademia nautica dell'Adriatico, Its di alta formazione professionale nel settore marittimo portuale, nata nel 2015 a Trieste. Ai tradizionali corsi del programma, si è associato uno specifico sulla cyber security. «L'accademia - ha spiegato il direttore dell'istituzione formativa triestina, Bruno Zvech - rappresenta certamente un tassello fondamentale nell'ambito del cluster portuale di Trieste, inserito in una regione, il Friuli Venezia Giulia, che è una piattaforma logistica formidabile. Parliamo di un cluster all'avanguardia e al passo con i tempi che segue con attenzione gli sviluppi prossimo-futuri legati all'efficientamento energetico, alla partita informatica, passando per l'automazione e la robotizzazione».Il corso per tecnici sistemisti della cyber security, coordinato da Ivano Di Santo, cyber security officer dell'Autorità portuale, sarà biennale. Per una buona metà sarà tenuto in inglese. Il prossimo anno l'Accademia nautica dell'Adriatico avrà sei corsi, dodici classi per circa 350 iscritti.

 

 

Nell'UE più fonti green che fossili

Energia, un sorpasso storico: lo certifica Eurostat per il 2020, un'altra spinta dal Pacchetto Clima

Sui giornali e in tv si regala un po' troppo facilmente l'aggettivo "storico" agli eventi della cronaca, ma stavolta l'enfasi non sembra esagerata: l'anno scorso nell'Unione europea c'è stato un sorpasso davvero storico, perché la produzione di elettricità da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella delle fonti fossili (cioè il carbone e gli idrocarburi). Il sorpasso viene certificato da Eurostat, l'equivalente europeo dell'Istat italiano. Ha avuto qualche peso il fatto che il 2020 sia stato l'anno della pandemia e della crisi economica conseguente, che ha ridotto i consumi e la produzione di elettricità, ma la generazione "verde" ha sofferto meno di quella tradizionale, e questo è in linea con una tendenza che dura dagli anni '90 - e prendendo la rincorsa da più lontano fin dagli anni '60, quando per la prima volta l'ambientalismo entrò in agenda come pura utopia.In dettaglio, Eurostat rileva che lo scorso anno l'elettricità pulita generata nell'Ue ha superato la soglia di un milione di GigaWatt/ora, cioè quasi 30mila GWh più dei combustibili fossili, sceso del 9,8% fra il 2019 e il 2020 toccando in valori assoluti il livello più basso dal 1990. L'andamento è simile per il settore nucleare, con la produzione di elettricità diminuita del 6,3% rispetto al 2019 e al minimo dal 1990. Una tendenza che è destinata a rafforzarsi perché il 14 luglio la Commissione europea approverà il "Pacchetto Clima" destinato a declinare in azioni concrete gli obiettivi di riduzione delle emissioni in vista della completa decarbonizzazione: -55% entro i 2030 e emissioni zero nel 2050. Spiega la commissaria Ue all'energia Kadri Simson: «Sulla base dei Piani nazionali per l'energia e il clima, già adesso prevediamo di raggiungere in 10 anni una quota di rinnovabili del 33% dei consumi lordi finali di energia (tutta, non solo quella elettrica). Siamo già oltre l'obiettivo di almeno il 32% al 2030, fissato nella direttiva esistente, e possiamo fare ancora di più». Il nuovo e più ambizioso obiettivo potrebbe essere fissato tra il 38 e il 40%. Il Pacchetto Clima contenute misure riguardanti anche i trasporti, in particolare limiti più stringenti alle emissioni di anidride carbonica delle auto e sviluppo di infrastrutture per i carburanti alternativi. Proprio ieri l'Acea, cioè l'associazione europea dei costruttori automobilistici, è tornata a chiedere molti più punti ricarica a disposizione di chi guida auto elettriche in cambio di impegni a ridurre le emissioni nei veicoli nuovi. L'Acea ritiene necessari un milione di punti ricarica entro il 2024, da distribuire fra tutti i Paesi, mentre oggi sono 255 mila e concentrare al 70% in Germania, Francia e Olanda. Tra le novità Ue in campo ambientale c'è anche l'entrata in vigore, dal prossimo sabato, della Direttiva europea Sup sulla plastica monouso, che mette al bando gli oggetti usa-e-getta.

Luigi Grassia

 

Fabio Deotto: «A Trieste arrivano le migrazioni dovute ai disastri del clima»
Esce per Bompiani "L'altro mondo. La vita in un pianeta che cambia" un'analisi dei luoghi dove è più visibile l'impatto del surriscaldamento globale e delle sue conseguenze
Un orso bianco in equilibrio su un quadrato di ghiaccio che si sta sciogliendo, un fiume attraversato da una corrente di plastica galleggiante, un campo di zolle riarse. Sono immagini dell'emergenza climatica che abbiamo ben in mente. Sono immagini apocalittiche, immagini da cartolina. Se il cambiamento climatico, ormai ampiamente in atto, non ci allarma più di tanto non è solo a causa della nostra struttura psichica, che tende a non reagire fino a quando la minaccia non ci tocca in prima persona (com'è stato per il Covid-19). Ma è anche un certo tono moral-accusatorio dominante nelle narrazioni climatiche, che suscita in noi grande indignazione ma pochissima reazione. Fabio Deotto, romanziere che da tempo si occupa dei cambiamenti del nostro mondo, ha provato a invertire lo sguardo sulla questione nel suo libro "L'altro mondo. La vita in un pianeta che cambia" appena uscito da Bompiani (pp. 345, euro 19). Un libro che, sulla scia della migliore tradizione anglosassone, mette l'immaginazione e la narrativa al servizio della scienza, regalandoci storie e non soluzioni. Deotto non ammonisce. Va nei luoghi dove il cambiamento climatico è già in atto e ce li racconta, sradicando da noi le immagini cartolina e gli stereotipi. Così, dopo aver letto il libro, non guarderemo più il mondo con gli stessi occhi. Vediamo Maldive molto diverse da quelle dei resort, New Orleans ben più nel profondo dei suoi saloon, il Texas pazzo ma incredibilmente lungimirante, Miami Beach e la Finlandia. Fino a Trieste. Perché Trieste?«Basta andare nella piazza della stazione, molte persone che vediamo lì hanno attraversato la rotta balcanica - risponde Deotto -. La maggior parte di loro arriva dal Pakistan, la quinta nazione al mondo per catastrofi climatiche. Il riscaldamento globale incide sull'intensità dei fenomeni metereologici, certo, ma anche sulla siccità, con ricadute disastrose in paesi dove una grossa fetta della popolazione vive di agricoltura. Di qui al 2050 si prevedono almeno 200 milioni di nuovi migranti climatici. L'essere umano è una specie migratoria da sempre, e migrerà sempre di più, perciò invece di ostinarci coi respingimenti dovremmo concentrarci sul mantenere vivibili le zone più a rischio e al contempo smantellare norme e ostacoli burocratici che trasformano le migrazioni in percorsi infernali»."Il nostro mondo è già finito" dice il filosofo Timothy Morton, cosa significa? «Una certa idea di mondo, incardinata sul consumo e sulla crescita, è finita. L'invasione di orsi polari in Russia, la Louisiana che sprofonda, l'Australia assediata dagli incendi sono le crepe visibili di un'idea di mondo che ha cominciato ad andare in frantumi decenni fa, e presto dovremo raccoglierne i cocci. Se la cosa non ci spaventa come dovrebbe è perché l'essere umano si è evoluto in un mondo diverso, dove le minacce erano più inquadrabili e immediate».Venezia, la più minacciata delle nostre città, è un gioiello che sprofonda. Come possiamo tutelarla meglio? «Bandire le grandi navi e completare il Mose può essere utile, ma è tutt'altro che risolutivo. Venezia presenta molte vulnerabilità che non possono essere risolte con un unico grande progetto, ma solo predisponendo una serie di interventi paralleli, ad esempio l'innalzamento del piano di calpestio del centro storico e la ricostruzione delle spiagge del Lido e di Pellestrina, che sono le prime barriere contro l'avanzata delle acque. Ma è anche necessario ripensare la nostra idea di "tutela". Se mettiamo Venezia in una teca, rischiamo di condannarla ancora di più».Perché lo sbiancamento dei coralli alle Maldive o la gentrificazione climatica di Miami ci riguardano?«Quello che ho trovato alle Maldive e a Miami sta accadendo anche qui da noi. Pensiamo al Delta del Po, dove la tropicalizzazione del mare e la risalita di acqua salata lungo il fiume sta rendendo la vita impossibile a viticoltori e itticoltori. Presto anche da noi alcuni luoghi non saranno più adatti a ospitare attività umane, e il baricentro economico si sposterà lontano dalla costa». Cos'è la solastagia, perché la associamo all'esperienza del lockdown?«Per dirla con Glenn Albrecht è "la nostalgia di casa quando sei ancora a casa": è lo spaesamento che si prova quando un luogo, a noi familiare, non è più in grado di fornirci sicurezza e conforto. Durante il lockdown le città avevano ancora l'aspetto di prima, ma molte delle cose che ce le rendevano familiari erano vietate».Il riscaldamento globale ci invita a ripensare lo spazio urbano, in che direzione?«Verso una visione della città come un organismo, che consuma materia ed energia e produce rifiuti, e che deve essere mantenuto in salute. Per renderlo "sano" bisogna tutelarne gli abitanti più vulnerabili, ottimizzarne la ventilazione, minimizzarne le emissioni, predisporre corridoi verdi per la fauna urbana, e sì, ridurre al minimo il transito di veicoli privati».Babbo Natale è una delle imprese che stanno per essere smantellate dalla crisi climatica... «In Lapponia nevica sempre di meno. Nel Villaggio di Santa Claus, a Rovaniemi, ormai la neve resiste solo da metà novembre a fine marzo. I turisti vogliono immergersi in un posto da cartolina, un villaggio imbiancato dallo spirito del Natale. Ma quel posto è destinato a non esistere più. Per certi versi non è mai esistito».

Federica Manzon

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2021

 

 

Voto nella notte in Consiglio sul Piano del centro storico
Lavori d'aula avanti a oltranza. Opposizioni critiche: per M5s e Pd contenuti poco approfonditi. Polli: «Aiutiamo proprietari e turismo»
Voto nella notte in Consiglio comunale sul Piano particolareggiato per il centro storico. La prima parte dei lavori ha passato in esame 50 osservazioni dei cittadini: trattasi perlopiù di richieste di modifica della classe di appartenenza di singoli palazzi, di inserimento di altane (negata), delle varie possibilità di riorganizzare spazi interni o intervenire su verniciature, abbaini e questioni affini. Dopo alcune ore le opposizioni hanno criticato le modalità di voto, che tuttavia in precedenza avevano contribuito a vidimare, perché si sono rese conto di non voler trattare integralmente tutte le osservazioni ma di preferire esprimersi di volta in volta su una parte delle centinaia di sotto-punti: il segretario generale Fabio Lorenzut ha dato parere negativo all'idea di cambiare procedura in corso d'opera. «Sarebbe servito un maggiore approfondimento su uno strumento di sviluppo importante - è il commento a margine del pentastellato Paolo Menis -. Qualcosina abbiamo ottenuto ma non abbastanza. La discussione è stata troppo veloce». Così Laura Famulari del Pd: «Non capiamo nel dettaglio in che modo il documento, che è anche politico, inciderà su mobilità sostenibile o verde: ci è stata fornita solo una versione sintetica di osservazioni e controdeduzioni». Il dem Giovanni Barbo attacca inoltre il centrodestra per «aver respinto la controdeduzione, proposta dalla stessa giunta, per mantenere non edificabile l'area verde fra via delle Mura e Pozzo di Crosada». Difende il testo Salvatore Porro di Fdi, invitando inoltre la giunta a «ripristinare gli originali selciati in pietra al posto dell'asfalto in tutta l'area». Per l'assessore all'Urbanistica Luisa Polli il Piano è «una risposta alle esigenze di recupero del centro storico, utile sia ai proprietari che al turismo». In serata il dibattito era ancora in corso.

Lilli Goriup

 

 

Tpl, 15 milioni investiti per bus "puliti" e hi-tech
Dal metano all'idrogeno, il Consorzio punta su motori a basse emissioni e sistemi tecnologici alle fermate e a bordo. Spazio anche all'intermodalità
TRIESTE. Sette milioni di euro per rinnovare la flotta dei bus già molto giovane (l'età media è di 7 anni in Friuli Venezia Giulia e 4 a Trieste, contro i 12 in Italia), soprattutto mezzi a metano, una trentina, nei servizi urbano ed extraurbano in particolare a Udine (sono oltre 60). In programma poi il corridoio alta mobilità a Trieste con i bus elettrici, e a breve pure quelli ad idrogeno. E ci sono altri 8 milioni di euro investiti in tecnologie. Il Consorzio Tpl Fvg - che chiama a raccolta le realtà del trasporto locale di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia - traccia i primi bilanci a un anno dalla nascita, e le linee delle strategie e degli investimenti per il futuro. Sia ben chiaro, si parla di un Consorzio tra le aziende trasportistiche, ognuna a casa sua prende decisioni in totale autonomia. Per parlare alla Regione ora c'è però, lo ribadiscono sia il presidente Piergiorgio Luccarini e l'amministratore delegato, Aniello Semplice (l'uomo di Arriva e Deutsche Bahn), un unico soggetto. Ma devono finire «divergenze e bisticci che non fanno bene a nessuno», ribadisce Luccarini che proprio come primo punto delle linee di indirizzo mette il «rapporto tra consorziati» con l'obiettivo di fare sempre più sistema e mettere lo sviluppo a fattor comune. E che ci siano ancora troppi bisticci e divergenze lo conferma pure Semplice, che auspica «sempre maggiore integrazione. Non è possibile ogni volta perdere il doppio del tempo per mettere tutti d'accordo su una decisione». Solo due delle tre realtà trasportistiche regionali, Trieste Trasporti e Saf Udine, hanno fatto una scelta industriale forte con l'ingresso di un socio privato come Arriva (Deutsche Bahn) che a Udine detiene il 60% delle quote con un 40% pubblico, mentre a Trieste il rapporto si inverte. «Una situazione ideale? Mantenere il 60 o poco meno in mano pubblica, il resto a un socio privato per crescere e fare investimenti rispettando il mandato sociale», ragionano Luccarini e Semplice. Pordenone e Gorizia sono lontani da questo obiettivo (entrambe in mani totalmente pubbliche). Intanto il Consorzio pensa al domani. «Con una produzione chilometrica superiore ai 43 milioni l'anno siamo un'esperienza pilota in Italia», spiega il presidente di quello che è il quinto operatore in Italia, una delle 20-25 maggiori realtà industriali del Fvg con oltre 1800 addetti, un indotto di 300 persone e una "restituzione" al territorio di oltre 120 milioni fra acquisti di beni, servizi, retribuzioni. Sono 966 gli autobus, 8mila le fermate, 275mila i passeggeri al giorno. E anche il Tpl Fvg approfitta del Pnrr del governo e punta agli investimenti tecnologici presentati ieri. Dall'hot spot wi-fi per l'intera flotta ai totem infodinamici, dai monitor di bordo (oltre 1,6 milioni di euro) ai display di "prossima fermata". Ma a fare la parte del leone sono le paline a inchiostro elettronico nelle varie fermate (oltre 2 milioni di investimento), il conta passeggeri (1,2 milioni), le emettitrici automatiche dei biglietti touch screen e il nuovo sistema di videosorveglianza. «Le telecamere a bordo dei bus servono per garantire la sicurezza, contrastare i vandalismi e le evasioni dei biglietti - spiega Semplice - senza contare che proprio a Trieste grazie alle telecamere sono stati risolti molti casi di rilevanza penale». Tra i servizi di nuova concezione da segnalare quelli "a chiamata" per le aree a domanda debole (montagna soprattutto) e l'intermodalità come il Lignano Link che tramite l'adeguamento degli orari permette l'integrazione (anche tariffaria) tra treno e bus con interscambio a Latisana.

Giulio Garau

 

Sbarca a Basovizza la prima stazione per ricaricare le e-bike - l'inaugurazione è prevista sabato
Trieste. Sarà inaugurata sabato mattina a Basovizza, e subito festeggiata con una prima pedalata di gruppo non competitiva, la prima colonnina per la ricarica delle batterie delle e-bike messa gratuitamente a disposizione dei cicloturisti che frequentano il Carso triestino. La colonnina potrà essere anche utilizzata come "Sos" sempre da parte dei ciclisti che percorrono le strade e i sentieri dell'altipiano. L'iniziativa è del Gal Carso, l'agenzia di sviluppo economico e sociale che opera da tempo a cavallo del confine fra Italia e Slovenia, che l'ha allestita in collaborazione con la società Trieste Green tour srl, utilizzando il bando Ts4 "Rete di e-bike di Carso e Istria". Il Punto Bike, questa la denominazione dell'area di assistenza, è dotata di una decina di prese per la ricarica delle batterie. La presentazione alle autorità è prevista per le 11.30 davanti al ristorante "Al Tiglio" di Basovizza. Accanto alla colonnina sarà allestito anche un servizio di noleggio di biciclette sia tradizionali sia a pedalata assistita. Uno degli obiettivi dell'attività del Gal Carso è infatti anche quella di promuovere il turismo sostenibile. Il Punto Bike sarà il primo e, per ora, l'unico del genere sul Carso, ma il progetto prevede il posizionamento di altre postazioni simili finalizzate al primo intervento in caso di necessità su tutto il territorio dell'ex provincia di Trieste. Al rientro dalla pedalata inaugurale, alla quale parteciperanno anche le autorità, sarà offerto un brindisi.

u.sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2021

 

 

Sinistra, Verdi e 5s: «Su Porto vecchio solo chiacchiere»
I movimenti di opposizione criticano l'amministrazione: «Per Dipiazza è solo un grande "promettificio", ma manca un progetto serio e credibile»
Si è parlato del peso del sindaco Roberto Dipiazza nelle prossime amministrative, delle distanze tra Verdi e Movimento 5 Stelle con il Pd, della frammentazione delle liste e di Porto vecchio, all'incontro organizzato nei giorni scorsi al giardino di piazza Hortis dal Comitato per la pace "Danilo Dolci" sulle potenzialità di Trieste, raccontate dai candidati alle prossime amministrative. L'incontro, moderato dal presidente del comitato, Luciano Ferluga, ha visto la partecipazione di Fabio Ferro, di Sinistra in Comune, Tiziana Cimolino, dei Verdi, e Alessandra Richetti, del M5S. Oltre alle questioni più squisitamente politiche l'incontro si è trasferito su tematiche afferenti lo sviluppo della città e uno dei suoi fulcri principali, ossia il Porto vecchio. Cimolino, sulla sua visione di gestione dell'enorme ex area portuale, ha tirato in ballo i contatti avviati a livello internazionale con i Verdi di una delle città portuali più importanti del continente, quell'Amburgo oggi presente anche nel nuovo scalo con la piattaforma logistica: «I Verdi sono una parte importante ad Amburgo, dove sono stati tra i protagonisti della rivitalizzazione del vecchio e del nuovo porto. Oggi quello che appare agli occhi dei più quando si parla dell'antico scalo è quello di un enorme "promettificio". Tutto sembra finire lì, dalla piscina terapeutica alla nuova sede della Regione. Intanto noi siamo una forza europea e colloquiamo con le altre forze verdi di tutta Europa da cui potremmo avere supporto anche nella progettazione, compresa quella relativa alla mobilità, che per Dipiazza significa realizzare stradoni anche lì». Un'area che, ha incalzato Richetti, «manca delle più elementari infrastrutture e invece pare vogliano metterci tutto alla rinfusa». Infine, la proposta di Fabio Ferro: «Perché non ci mettiamo delle scuole?».

Lu. Pu.

 

 

Piano del centro storico: il giorno del voto in aula - LA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE
Oggi pomeriggio il Consiglio comunale si riunirà in presenza, per trattare la delibera sul Piano particolareggiato per il centro storico, e si concluderà dopo la votazione della stessa. Per domani inoltre è stata convocata un'ulteriore seduta, stavolta in videoconferenza, che avrà al centro il regolamento e le tariffe della Tari.Lo rende noto il presidente dell'aula Francesco Panteca. I lavori di oggi fanno seguito al Consiglio comunale "flop" della scorsa settimana, che aveva visto soltanto l'illustrazione del Piano da parte dell'assessore all'Urbanistica Luisa Polli e la discussione generale, per poi concludersi in anticipo, ufficialmente per problemi tecnici legati al sistema di voto: le opposizioni erano andate su tutte le furie, a causa dell'assenza di diversi consiglieri di maggioranza. Tra i punti salienti del Piano, l'individuazione di 4 classi di intervento, in base a un'analisi eseguita su 1.621 edifici del centro storico. La massima tutela riguarda il 5% dei palazzi e consente solo interventi di restauro o inserimento di ascensori. Il secondo grado (47% degli edifici) permette interventi di risanamento, conservazione e integrazione del sistema di collegamento orizzontale e verticale. Il terzo (31%) coinvolge palazzi il cui valore sta unicamente nella facciata: all'interno si potranno rivedere distribuzioni e strutture. Il quarto (17%) autorizza ristrutturazioni integrali, anche con demolizioni e ricostruzioni. L'aula dovrà esprimersi su 33 emendamenti e 50 osservazioni.

L.G.

 

 

Otto quintali di rifiuti recuperati in 5 ore dai fondali di Barcola - L'INIZIATIVA DEGLI AMICI DEL BUNKER
Circa otto quintali di materiale: gomme, batterie per i motori dei fuoribordo e tanta plastica. Hanno raccolto questo e altro ancora, in appena cinque ore, i soci volontari della storica associazione sportiva dilettantistica di pesca sportiva "Amici del Bunker", che sabato e ieri si sono ritrovati nel porticciolo di Barcola per la pulizia dei fondali. È il terzo anno che viene portata avanti questa iniziativa, grazie anche al supporto di AcegasApsAmga, che mette a disposizione un container e quattro contenitori in cui gettare i rifiuti, e del Comune, che fornisce i sacchi adeguati per chiudere determinati scarti. «Ci siamo organizzati con cinque subacquei in acqua - spiega il presidente Alfonso Lattanzio - che raccoglievano il materiale, concentrandolo poi a terra in alcuni punti, dove una cinquantina di soci e volontari, con la maglietta blu e la scritta "Puliamo il nostro mare", li smistava e trasportava verso i contenitori adeguati». L'attrezzatura per riuscire a portare a termine questa operazione è già in dotazione all'associazione. «Usiamo palloni subacquei per recuperare il materiale grazie alla squadra di sub che viene apposta da Milano, una volta all'anno, per questa pulizia - continua Lattanzio -. E che ringraziamo, anche perché ci raggiungono a spese loro. Il gruppo è in contatto con noi grazie al nostro vicepresidente Franco Mancinelli». Quest'anno è stato raccolto meno materiale, per un'adesione minore causata dal Covid: era difficile organizzare l'appuntamento. «Solitamente avevamo 15 subacquei - aggiunge Lattanzio -. Tuttavia la raccolta è stata comunque notevole». Ieri doveva andare in scena anche un'altra pulizia, questa volta dei mozziconi sul lungomare Benedetto Croce e poi nella Pineta. Ma l'adesione è stata troppo bassa. L'appuntamento, organizzato da "All Sail", è quindi stato rinviato a luglio e si ripeterà ad agosto e settembre. Spiega Diego Errico, dirigente dell'associazione sportiva dilettantistica: «L'anno scorso in un'ora abbiamo riempito 30 bottiglie di plastica con tanti mozziconi ». Per info: 3207254978.

B.M.

 

 

Sì a una lista civica col Circolo Miani e il comitato Noghere
Decine di persone all'assemblea organizzata da Fogar - Già convocata la prossima riunione per il programma
Muggia. Da comitato a nuovo movimento civico e politico. È la trasformazione che è andata in scena nella tarda mattinata di ieri alla fine della manifestazione organizzata a Muggia, negli spazi dei Giardini Europa, dal Circolo Miani, Trieste Verde e, appunto, dal Comitato Noghere sulla questione relativa al possibile arrivo del laminatoio di Metinvest alle Noghere. È stato Maurizio Fogar, del circolo Miani e Trieste Verde, a presentare, tra le varie opzioni-soluzioni, quella della costituzione di una lista civica. Su cui, ieri mattina, sono andate le preferenze, per alzata di mano, dei partecipanti. Su programmi, tempi e modi di realizzo, rosa di nomi dei candidati, scelta del logo, se ne discuterà nel corso dell'incontro calendarizzato per venerdì 2 luglio sempre ai Giardini Europa.Dicevamo della manifestazione: l'assemblea ha potuto contare su un buon numero di partecipanti, anche tenuto conto del gran caldo, si è tenuta in maniera composta e pacata, i cittadini di Muggia intervenuti hanno voluto far sentire la loro presenza e manifestare la loro contrarietà. «Vogliamo farci sentire, ma pacificamente», «non si può barattare il lavoro con la salute», «pago il mutuo di una casa comprata con tanti sacrifici e che ora vedrà crollare il suo prezzo»: questi sono solo alcuni degli umori captati andando in giro ieri mattina tra la gente assiepata ad ascoltare il discorso-fiume di Fogar, sull'arrivo degli ucraini, sull'uso del gas metano per alimentare i forni per il laminatoio e sui dragaggi nel vallone di Muggia, che per Fogar andranno a smuovere tonnellate di materiale altamente inquinato e inquinante sedimentato sui fondali. Durante l'incontro di ieri Maurizio Fogar, nel solco degli ultimi comunicati pubblicati sulle pagine ufficiali dei sodalizi a cui appartiene, anche ieri ha pesantemente insultato i media regionali e locali, tra cui il Piccolo accusato di non pubblicare le comunicazioni da lui inviate.

Luigi Putignano

 

 

Nella guerra dell'Ue alle plastiche ostacolato il riciclo per ottenere biogas
La docente di chimica dell'ateneo di Trieste Lucia Gardossi contesta le direttive europee: «Non si tiene conto dei polimeri»
«In questi anni l'Unione europea ha finanziato generosamente le ricerche sulla plastica biodegradabile e biocompostabile e il settore ha prodotto tanta innovazione. Innovazione che va sfruttata, non rinchiusa in un cassetto. Il monouso va ridotto, ma la dispersione della plastica nell'ambiente è un problema di educazione». A parlare è Lucia Gardossi, professoressa associata di Chimica organica all'Università di Trieste che ha costruito tutta la sua carriera sulla chimica green. Parte fino al 2019 dell'Advisory group del direttorato Ricerca e innovazione della Commissione europea e dal 2019 membro del Gruppo di coordinamento nazionale italiano per la bioeconomia, Gardossi ha seguito tutto il percorso che ha portato l'Ue a dichiarare guerra alle plastiche e all'inquinamento dovuto alla loro dispersione nei mari, fino all'emanazione della direttiva Sup del 2019. Dal prossimo 3 luglio gli Stati membri dovranno recepirla nei propri ordinamenti nazionali, garantendo che certi prodotti in plastica monouso - cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, contenitori alimentari in polietilene - non vengano più immessi nel mercato comunitario. Ma la definizione di plastica della direttiva è, per Gardossi, scientificamente discutibile, perché non fa distinzione tra plastiche classiche e nuovi polimeri sostenibili compostabili, che possono cioè essere trasformati in biomassa e anidride carbonica in impianti di compostaggio industriali. Si tratta di una produzione su cui l'Italia, anche grazie a fondi Ue e investimenti privati, è leader a livello europeo. «Così com'è la direttiva fa un grosso danno all'economia circolare, perché non viene colto il potenziale dell'inserimento delle plastiche compostabili all'interno del ciclo dei rifiuti organici - commenta la scienziata -. Da questi polimeri otteniamo biogas, da cui recuperare energia, e compost, con cui arricchire i suoli: è un ciclo virtuoso che trasforma un problema in una risorsa». Lo scorso aprile l'Italia ha definito la sua risposta alla direttiva della Commissione, indicando la propria via per rispondere all'emergenza inquinamento: cercare di ridurre al massimo l'uso di plastiche che non possono essere né riciclate né riutilizzate, aprendo però ai monouso in plastica compostabile certificata e prodotta con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile. «Nelle politiche green in Italia siamo all'avanguardia e anche nel Pnrr c'è grande attenzione alla valorizzazione del rifiuto organico, sostiene Gardossi. Nel 2020 abbiamo raccolto 117 kg pro capite di rifiuti organici e dal loro trattamento abbiamo ricavato più di 2 milioni di kg di compost e 300 milioni di metri cubi di biogas. Nel riciclo dei rifiuti urbani siamo al 50% contro una media europea al 47%, nella circolarità, che misura i tassi di riutilizzo dei prodotti, siamo al 17,7%, la media europea dell'11,2%. Questi risultati li abbiamo ottenuti anche grazie all'innovazione nel campo delle plastiche sostenibili, quella che ora questa direttiva va a svalutare. «Eppure basterebbe basarsi in modo stringente sulle etichettature, perché a livello Ue abbiamo una serie di standard che definiscono i diversi tipi di plastica e le procedure corrette per il loro smaltimento, educare i consumatori a un corretto riciclo e accompagnare le aziende nella transizione verso nuovi polimeri, perché esistono anche plastiche biodegradabili in ambiente marino», dice Gardossi. Nella programmazione della ricerca italiana 2021-2027 uno dei temi forti è l'ecodesign dei prodotti plastici, la definizione in partenza dell'intero ciclo di vita di un prodotto, dalla realizzazione allo smaltimento. «Ora dobbiamo rendere economicamente competitive le plastiche sostenibili: ancora oggi globalmente l'industria del petrolio, oltre al vantaggio dato da un secolo di ottimizzazione dei processi e degli impianti, gode di sussidi pubblici».

Giulia Basso

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2021

 

 

Rifiuti sulle spiagge - M5S all'attacco - Sergo e Dal Zovo
«I controlli fatti da Arpa Fvg dicono che le nostre spiagge presentano 801 rifiuti ogni 100 metri di litorale, mentre l'Ue fissa a 20 oggetti ogni 100 metri una qualità "buona" della pulizia delle spiagge. Sarebbe il caso che venissero spiegati i motivi di questo dato così allarmante». Così in una nota i consiglieri regionali del M5S, Cristian Sergo e Ilaria Dal Zovo. «Il dato del Fvg - dicono i due pentastellati - è 40 volte superiore a quello ritenuto "buono". Ma Arpa e l'assessore Scoccimarro, pur affermando che il dato è da considerarsi sottostimato preferiscono dirci che le acque nei siti di balneazione non sono inquinate. A cosa servono le 170 campagne di monitoraggio se poi il numero di rifiuti sul litorale è così alto e non si cercano le cause dei ritrovamenti?», si chiedono i due M5S: «Sarebbe il caso di analizzare cosa porta a questa situazione».

 

 

IL PROGETTO NOGHERE - Podemo: «Il laminatoio non è affatto strategico»
Muggia. «La proposta di laminatoio alle Noghere non rappresenta solamente una svalutazione di oltre 48 ettari di terreno di fronte a pochissimi posti di lavoro, ma è posta in un'area geografica in cui vi sono già tre impianti simili in funzione. Questo esclude quindi una valenza strategica per il progetto e lo pone in un'ottica strettamente politica». Questo l'incipit di una nota di Podemo, movimento parte del costituendo terzo polo tra le civiche che si presenterà alla prossime amministrative. «Di fronte - prosegue la nota - all'inflazione di laminatoi presenti in zona (ex Ferriera e Cargnacco, Udine) non sarà possibile quindi in alcun modo sostenere la "strategicità" del proposto impianto muggesano, che pare invece basarsi esclusivamente su scelte politiche». La soluzione di Podemo è «l'allargamento con parcellizzazione della free zone triestina». Intanto il Circolo Miani e Trieste Verde, insieme al Comitato Noghere, oggi alle 11, nei giardini Europa a Muggia, organizzano una terza assemblea pubblica per manifestare il loro "no" al laminatoio».

Lu. Pu.

 

 

Bussani: «Si ripristini tutta la recinzione nel parco del rio Ospo» - da Muggia lettera a Regione e Soprintendenza
Muggia. «Continuiamo a credere che una recinzione della zona non sia solo utile ma necessaria in termini di sicurezza sia del tratto di strada sia del parco stesso. Ma null'altro possiamo fare se non impegnarci per far comprendere la sua valenza e di valutare, quindi, la possibilità di una deroga al Piano paesaggistico regionale». Così l'assessore Francesco Bussani, rispetto all'invio di una missiva da parte del Comune alla Regione e alla Soprintendenza, in merito alla recinzione del Parco Rio Ospo che, durante l'intervento di realizzazione della rotonda omonima, era stata rimossa nel tratto interessato dal cantiere e che, purtroppo, non è stata mai più ripristinata. Anche perché, nel frattempo, era stato approvato il Piano paesaggistico regionale, che non prevede che l'area sia recintata, classificandola come zona 6 "Lungomare d'ingresso a Muggia". «Il parco - rimarca Bussani - è frequentato da famiglie, da persone che portano a passeggio i cani e la mancanza di recinzione è fonte di pericolo. Il tutto potrebbe essere facilmente risolto ripristinando una recinzione che sia la sintesi tra la permeabilità visiva e percettiva e gli aspetti legati alla sicurezza».

lu.pu.

 

 

La nuova centrale non è più solo una questione di Monfalcone
Il Piccolo ha chiesto a 10 sindaci di comuni di tre province di esprimersi sul progetto presentato dalla società A2A
Lontano dagli occhi lontano dai polmoni fino a un certo punto. Perché dopo 56 anni di scomoda presenza un concetto è chiaro: la centrale non è affare solo di Monfalcone. E ora che A2A ha messo a punto il progetto di riconversione con gruppi alimentati a metano e non più a carbone, la questione si estende a un territorio che va, come minino, da Duino Aurisina ad Aquileia, abbracciando tre provincie: Trieste, Gorizia e Udine. Al territorio si è rivolto Il Piccolo interpellando i sindaci di dieci comuni. Emergono posizioni contrastanti. Contrari alla centrale i sindaci le cui giunte sono sovrapponibili al perimetro politico dell'esecutivo monfalconese. Dal centrosinistra, invece, un sì condizionato in alcuni, totale in altri. Entrambi gli schieramenti hanno però un problema da risolvere, perché a livello locale c'è una sostanziale convergenza di posizioni contrarie alla futura centrale; i pareri cambiano nettamente a livello regionale soprattutto in casa del Pd. Entro l'anno ne sapremo di più. Il viaggio del progetto A2A sta approdando ai vari organismi deputati a rilasciare le opportune valutazioni. A2A intanto si è affrettata a far sapere di essere pronta a investire a Monfalcone 400 mila euro, a ridurre le dimensioni della centrale rispetto all'attuale, assicura inoltre un sostanziale abbattimento delle emissioni e, infine, la messa a disposizione della parte del sito non utilizzato per altri scopi. Non serve disporre di una lente particolare per leggere tra le righe le coordinate della probabile soluzione del contendere: sì alla nuova centrale, sì all'aumento di disponibilità di aree portuali. E qualche buona compensazione extra che ricorda, ai meno giovani, la bislacca partita del rigassificatore Snam.

Roberto Covaz

 

Pallotta: ci vuole prudenza la salute prima di tutto

Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina.1 Non ho visto bene il progetto del nuovo impianto. La riconversione della centrale termoelettrica da carbone a gas va fatta, in quanto i nostri cittadini, come quelli monfalconesi, hanno già pagato un prezzo alto in termini di salute. Il 74% della popolazione del nostro comune risiede a 10 km da Monfalcone.2 Il nostro Comune, come la Regione, chiede ad A2A prudenza. Siamo consapevoli della necessità di una produzione energetica anche per il porto e le ferrovie, ma secondo noi va tenuta alta l'attenzione su due punti: la tutela del territorio e la salute dei cittadini. Noi, come comune limitrofo, eravamo stati convocati in una riunione della Regione e avevamo presentato delle osservazioni in linea col Green Deal. È necessario quindi uno studio più approfondito sulla salubrità dell'aria e sulle zone geologiche. Sostenibilità e attenzione all'ambiente sono imprescindibili. A2A deve trovare un equilibrio per garantire in primis salute dei cittadini e tutela ambientale e poi anche l'occupazione e lo sviluppo dell'economia del territorio

b.b.

 

Vecchiet: primo obiettivo abbattere l'inquinamento
Livio Vecchiet, sindaco di Ronchi.1 Sono assolutamente favorevole se penso all'impatto che l'attuale centrale produce su tutto il territorio sotto il profilo dell'inquinamento. Ho qualche dubbio sull'investimento che verrà messo in atto proprio per riconvertire una struttura che viene classificata come di riserva e che, quindi, rischia di apparire come sovradimensionato rispetto alla funzionalità della centrale stessa. Che, però, voglio sottolinearlo ancora, ha sempre creato grande preoccupazione tra la gente per i livelli di inquinamento prodotti e che non possono più essere digeriti dalla gente, specie di quelle che famiglie che abitano nelle vicinanze.2 La prima, importante garanzia che viene richiesta è quella che siano rispettate norme e legislazioni vigenti in materia, anche a livello europeo. Sono convinto che A2A debba mettere sul campo strategie anche per intervenire sul territorio con opere che possano andare nella direzione della bonifica di tutta l'area, anche dallo stoccaggio del combustibile fossile utilizzato. E, poi, informazioni chiare e precise sulla natura del progetto che verrà realizzato nel futuro.

Luca Perrino

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2021

 

 

Compravendite di case su del 20% nel primo semestre dell'anno
Il mercato immobiliare mostra dati positivi sul territorio triestino. A Opicina più affari anche nel 2020
Crescono i valori di mercato e il numero delle compravendite in questo primo semestre del 2021 registra un aumento del 20% rispetto al 2020. La zona che lo scorso anno, malgrado i mesi di chiusura delle agenzie immobiliari e le tante restrizioni, ha visto comunque crescere il numero degli immobili venduti, addirittura con un 25% in più rispetto al 2019, è stata Opicina. Il mattone a Trieste, dunque, ha retto bene la pandemia. La fotografia scattata dal Borsino immobiliare della Fiaip racconta di un comparto in piena salute. Nello specifico, nella provincia di Trieste, lo scorso anno ci sono state 3.126 compravendite immobiliari, per un valore medio al metro quadrato di 1.761 euro, e un'ampiezza media degli immobili di 102 mq. Una curiosità: un terzo delle unità immobiliari vendute conta tra i 50 e gli 85 mq. «Registriamo numeri che non vedevamo dal 2008 - osserva il presidente di Fiaip Trieste Stefano Nursi - con una forte richiesta sì per il centro, ma pure con la riscoperta di zone meno centrali e immerse nella natura. Da qui il successo di Opicina, che durante il 2020 ha raccolto un grande riscontro, perché la pandemia, il lockdown nello specifico, ha ridato una spinta alle case con giardino, con ampi terrazzi o con dimensioni che consentono comunque una maggior vivibilità». Trieste vanta numeri importanti, ma sul comparto soffia buon vento in tutta la regione. «L'andamento del mercato immobiliare è un termometro della situazione economica dell'intero territorio», ha sottolineato ieri mattina nel corso della presentazione dei dati il presidente della Regione Massimiliano Fedriga che, tenendo in considerazione il fatto che il Friuli Venezia Giulia si pone al primo posto in Italia per atti stipulati ogni 100 mila abitanti, ha evidenziato come «i dati confermino che abbiamo avuto una tenuta, anche da questo punto di vista, migliore rispetto al resto del Paese. Di questo devo ringraziare le categorie che, anche durante i mesi più difficili della pandemia, hanno creduto alla possibilità di una ripartenza, e in tanti invece di ritirarsi hanno investito». C'è poi una spinta all'acquisito di seconde case: «Nel 2020 - ha rivelato il presidente regionale Fiaip, Leonardo Piccoli - il 27% delle compravendite ha riguardato seconde case, con una riscoperta da parte di chi vive questa regione di seconde abitazioni a 100 chilometri dalla propria di residenza». Con i triestini che investono su Grado, Lignano, Tarvisio e Sappada. Restando su Trieste e scendendo nei dettagli, per acquistare una casa nuova o ristrutturata nel centro storico si spendono dai 2.150 ai 2.900 euro, dai 1.700 ai 1.900 in semicentro e tra i 1.400 e i 1.600 in periferia, dai 2.200 ai 2.700 a Opicina. Si raggiungono i 3.300 per le zone di pregio, con punte di oltre 4 mila euro per i pezzi esclusivi. «A livello immobiliare - ha testimoniato il sindaco Roberto Dipiazza - non ricordo un momento di tanto fermento come questo: in molti bussano alla mia porta per avere informazioni, e quando mi capita di accompagnare investitori stranieri per città, restano ammaliati da tanta bellezza». Una spinta al comparto deriva anche dall'edilizia agevolata: «Una misura indirizzata non più all'edilizia pura, a sostegno del comparto, ma alla costruzione e al sostegno di nuclei familiari, e con l'assestamento di bilancio di luglio - ha evidenziato l'assessore regionale alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti - stanzieremo ben 40 milioni di euro a sostegno di questa misura per l'acquisto della prima casa». Ad aggiornare i soci Fiaip sull'andamento della pandemia è intervenuto il vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi, che ha ricordato come oggi, 26 giugno, «sono sei mesi dall'inizio della campagna vaccinale, abbiamo somministrato oltre 1 milione di dosi con circa 700 mila adesioni».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2021

 

 

Acqua pulita e sicura con meno rifiuti - Lo certifica l'Arpa - l'ultimo monitoraggio
I 66 punti balneabili del Fvg non presentano concentrazioni di escherichia coli e le loro acque sono sicure. È questo il dato che emerge dalle ultime analisi compiute dall'Arpa e presentate nel corso del secondo appuntamento "A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità", organizzato in collaborazione con Regione, Autorità portuale e Capitaneria e andato in scena ieri sulle Rive cittadine. Migliora anche la situazione dei rifiuti in mare: attualmente sono 801 gli oggetti recuperati ogni 100 metri di costa, un dato in calo rispetto al passato, anche se l'obiettivo fissato dall'Ue è di 20 ogni 100 metri. L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro ha sottolineato che il prossimo anno, dopo l'evento tematico che si svolgerà in occasione della Barcolana, «tutti i paesi dell'Iniziativa centro-europea si ritroveranno a Trieste per discutere di politiche ambientali per i prossimi decenni e per redigere la Carta di Trieste che ogni anno potrà essere migliorata». In questo senso l'Arpa ha promosso una lunga serie di incontri con i ragazzi per promuovere la cultura della sostenibilità e, come ha ricordato il direttore Stellio Vatta, ha effettuato oltre 170 campagne di monitoraggio dal 2015.

(an.pi.)

 

 

Falsa partenza per il Consiglio sul Piano per il Centro storico
Troppi assenti e niente voti per ragioni tecniche e mancanza degli appositi tablet: il ritorno in presenza segnato da contrattempi e polemiche. Se ne riparla lunedì
L'approvazione in Consiglio comunale del Piano particolareggiato per il centro storico è rimandata a lunedì, ufficialmente per problemi tecnici legati al sistema di votazione. Ma le opposizioni vanno subito all'attacco: «La maggioranza non aveva comunque i voti. I consiglieri del centrodestra presenti, alla fine, erano 17 su 24». È quanto emerso ieri dal Consiglio comunale, il primo svoltosi fisicamente in aula dopo mesi di videoconferenze dovute a pandemia e lavori di messa in sicurezza del soffitto. La seduta è iniziata alle 9 del mattino, con 29 consiglieri presenti tra maggioranza e opposizione, su un totale di 40. Il presidente dell'aula Francesco Panteca ha dichiarato aperti i lavori, che però subito dopo sono stati sospesi per 45 minuti, su proposta di Paolo Menis: il pentastellato ha così voluto «consentire ai consiglieri di maggioranza di raggiungerci, in tempo per garantire appunto la maggioranza». Nessuno ha parlato contro. «Vergognoso», il commento a margine di Giovanni Barbo del Pd: «Su una delibera così importante manca un terzo della maggioranza». Finita la pausa e arrivati ulteriori consiglieri, nuovo colpo di scena. Panteca ha infatti annunciato: «Ci sono problemi tecnici, ahimè, e non riusciremo a concludere in giornata. Propongo di procedere, per il momento, con l'illustrazione e la discussione generale». Il capogruppo di Forza Italia, Alberto Polacco, ha aggiunto: «La delibera è articolata nel sistema di voto e alcuni consiglieri hanno problemi con i loro dispositivi. Per rispetto dell'aula, chiedo di rinviare le votazioni a lunedì». Stando a quanto trapelato a margine, il problema era che una parte degli eletti aveva lasciato a casa il tablet, pensando di poter esprimere le preferenze con il vecchio sistema a pulsanti. Si sono inoltre registrati malumori per la scelta di convocare il Consiglio di mattina, quando molte persone lavorano, invece che nel consueto orario pomeridiano-serale. La richiesta di Polacco è stata in ogni caso accolta. L'assessore all'Urbanistica, Luisa Polli, ha quindi esordito illustrando i punti salienti del Piano: «L'obiettivo è valorizzare il patrimonio edilizio del centro storico, innalzando il valore degli immobili e salvaguardando l'immagine della città. Dalle analisi svolte su 1.621 edifici, abbiamo stabilito quattro gradi di trasformabilità». Dopo un'articolata esposizione, è seguita una pioggia critiche delle opposizioni. «La discussione è iniziata solo perché noi abbiamo retto il palco alla maggioranza», così ad esempio la capogruppo del M5s Elena Danielis: «I consiglieri di centrodestra sono ancora troppo pochi, anche dopo la pausa. Critichiamo poi il messaggio politico del Piano. Punta sui parcheggi, è un mero regolamento edilizio». Per Sabrina Morena di Open «sono previste poche alberature, c'è scarsa attenzione al verde». Questa la replica di Polacco: «Ci attaccano su perimetrazione e necessità di maggior verde, ma la delibera deve restare conforme al Piano regolatore vigente, voluto dal sindaco Cosolini: prevede zone di espansione in aree verdi, come il bivio di Miramare». Anche il capogruppo di Fdi Salvatore Porro difende il Piano: «Sul tema della disabilità, apprezzo l'eliminazione delle barriere architettoniche». I lavori riprenderanno alle 16 di lunedì. L'aula dovrà esprimersi su 33 emendamenti e 50 osservazioni, che saranno votate integralmente, accorpando dunque di volta in volta un totale di 570 sotto-quesiti e affini.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2021

 

 

I cancelli ex Italcementi aperti per la prima volta - Come cambierà l'area

Il proprietario Rocelli intende salvare la palazzina uffici, i magazzini e i laboratori - Museo nell'officina. Cisterne e struttura produttiva da demolire. I binari restano.

La vera svolta del grande spazio ex Italcementi avverrà nell'aprile 2022, quando scadrà il contratto d'affitto al cementificio sloveno Anhovo, controllato dal gruppo austriaco Wietersdorfer. Perché allora la società Revivo, controllata paritariamente dalla Reoil di Giovanni Rocelli e dalla Logica di Roberto Tassi, avrà a totale disposizione i 104.000 metri quadrati dell'enorme area tra via Caboto, via Errera, la Grande Viabilità. Operazione da 10 milioni di euro. Lo stesso Rocelli apre il cancello dell'ex cementificio della famiglia Pesenti, costruito a cominciare dagli anni Cinquanta, quando ancora Trieste era soggetta al Gma. «Molto di quello che oggi è ancora in piedi - premette l'imprenditore veneziano - ha ottime possibilità di essere demolito. Dalle cisterne al grande edificio che ospitava la centrale e i forni». Obiettivo: ottenere una grande spianata dove inserire i tasselli della riqualificazione economica. In primo luogo un'area logistica di immediato retroporto, dove parcheggiare camion e container; poi spazi per le attività commerciali e per le iniziative industriali classificabili "green", dove il trattamento dei rifiuti a fine ciclo è uno degli argomenti trainanti. Molte le interlocuzioni aperte, a cominciare dal conterraneo Francesco Fracasso, impegnato a Trieste su più fronti. Qui non si tratta di demolire una villetta a schiera, Rocelli calcola circa 500.000 metri cubi di inerte in parte da recuperare e in parte da smaltire. Durante il caldo meriggiare di ieri non c'era anima viva nel paesaggio semi-sironiano di questa porzione di periferia ex industriale. Impressiona e immalinconisce pensare che ancora nel primo decennio Duemila vi lavorasse un centinaio di dipendenti. Adesso sono rimasti 5 addetti, che saranno presi in carico dalla nuova proprietà: «Abbiamo curato anche l'aspetto sociale», dice Rocelli. Sopra di noi gli avanzi della teleferica, che una volta mediante appositi "vagonetti" trasportava nella fabbrica il materiale scavato a San Giuseppe.Nel piazzale d'ingresso l'imprenditore, accompagnato dal suo braccio destro per le future applicazioni "green" Andrea Barocco, si guarda attorno e disegna una prima ipotesi di riutilizzo delle strutture che dovrebbero essere salvate dalle benne. La palazzina degli uffici - all'interno della quale vi sono anche alcuni appartamenti -, gli ex laboratori, gli ex magazzini potrebbero essere riconvertiti. A Rocelli piacerebbe molto recuperare l'officina in chiave museale: in effetti i tavoli da lavoro sono ancora al loro posto. «Se non ci saranno problemi - riprende - sarebbe bello mantenere in piedi anche la ciminiera, come una sorta di souvenir archeologico-industriale». Ancora visibile il binario, che invece sarà rimesso in funzione e connesso alla stazione di Aquilinia.Sullo sfondo il viadotto della Grande Viabilità, sotto cui si estendono alcune migliaia di metri quadrati di verde. Rocelli non ha abbandonato l'idea di comprare anche i 50.000 mq della cava, un'area contigua a quella dello stabilimento: «Mi piacerebbe trasformarla in un parco. La mia ambizione è rendere uno spazio, per settant'anni sfruttato a fini produttivi da una sola azienda, aperto al mondo delle imprese e - perché no - alla popolazione».Dal punto di vista ambientale, l'ex Italcementi è riuscita a svignarsela dal Sin governativo per essere assoggettata alle procedure del Sir regionale, che dovrebbero consentire un più rapido disbrigo del dossier inquinamento. I prossimi mesi saranno dedicati ai dossier autorizzativi, a cominciare da quello ambientale, perché l'area si trova nel Sir regionale. L'idea di una grande spianata dove inserire nuove attività logistiche retroportuali, commerciali, industriali basate sull'economia "green".

Massimo Greco

 

L'ex Holt nel mirino dell'imprenditore Fracasso
Pronto un piano di rilancio da 10 milioni per 25 appartamenti e 50 posti auto. Aperta anche la partita dell'ex Manifattura
Durante il caliente tour all'ex Maddalena, Francesco Fracasso ha regalato alla platea triestina un altro colpo di scena, tenuto in serbo fino a ora: ha presentato un'offerta alla Sgr immobiliare di Cassa depositi e prestiti (Cdp) per acquistare le ex officine Holt in via Gambini, un classico dell'invenduto immobiliare triestino. E adesso aspetta di conoscere da Roma se il Consiglio di amministrazione accetterà la sua duplice proposta, una dedicata all'ex Manifattura Tabacchi vicino al Canale navigabile e l'altra - come accennato - al suggestivo compendio archeologico-industriale in Barriera Vecchia. Dovrebbe trattarsi in entrambi i casi di una candidatura "solitaria", ma l'imprenditore veneziano, scaltro e scaramantico, vuole prima vedere le delibere. Non dice quanto ha puntato sulle Holt, ma racconta quello che vorrebbe realizzare: «Venticinque appartamenti, cinquanta posti auto. Intende essere un contributo al miglioramento complessivo di quella zona. Per questo sarà un'operazione di qualità residenziale alta, affidata allo studio vicentino Asa guidato da Flavio Albanese». Fracasso, se non ci saranno sorprese, metterà mano al recupero di quasi quattromila metri quadrati. In coerenza con un progetto ambizioso, la quotazione al metro quadrato non dovrebbe scendere sotto i tremila euro. «Sarà un'operazione da 10 milioni di euro», calcola a mente. E aggiunge che, qualora vadano a buon fine le due richieste a Cdp, l'investimento complessivo sarà di circa 50 milioni. Finora a Trieste Fracasso ha puntato una settantina di milioni tra Centercasa in corso Saba, Obi in strada Rosandra, l'ex Maddalena (la più impegnativa con circa 45 milioni). Quindi, 70 + 50 fa 120: il suo Veneto non gli dà più le soddisfazioni d'una volta e così ha cambiato scenario. Le ex officine Holt risalgono al XIX secolo, fondate da mister Thomas, inglese di Manchester: producevano macchine e caldaie. Passarono poi nel civico patrimonio e furono vendute dal Comune a Cdp per un milione di euro nel 2015, quando sindaco era Roberto Cosolini. Era uno di quegli immobili che non si riuscivano a piazzare all'asta: il Comune ne bandì tre, tutte andate deserte, fino al gradito intervento di Cdp, che sembrava orientata a realizzare un complesso residenziale in "social housing". In precedenza il Municipio aveva tentato anche la carta islamica, ma il Centro culturale preferì lo stabile di via Maiolica.

Massimo Greco

 

Ex Maddalena, ora il cantiere corre - L'Eurospar pronto per il 10 agosto
Il sindaco Dipiazza in visita nel comprensorio davanti al Burlo
A Roberto Dipiazza sembra quasi un sogno. O meglio l'uscita da un incubo. In via dell'Istria, davanti al Burlo Garofolo, c'era quel grande buco con un laghetto fetido pieno di topi. Poi riuscì a convincere Francesco Fracasso, imprenditore veneziano specializzato nel recuperare situazioni di degrado urbano per trasformarle in occasioni di guadagno. L'operazione si definì tra il 2017 e il 2018, quando Fracasso rilevò l'ex Maddalena dal concordato General Giulia 2: nella primavera 2019 partì il cantiere con la missione di bonificare e consolidare la voragine. Ieri mattina il sopralluogo del sindaco per verificare l'andamento dei lavori: «Pensate che l'amministrazione precedente qui voleva fare Rozzol Melara 2 con 400 appartamenti». Dipiazza, accompagnato dal presidente della Quinta circoscrizione Roberto Dubs, ha visibilmente voglia di incrociare i guantoni. Il 10 agosto sarà inaugurato il supermarket Eurospar della Despar, che occuperà l'intero livello "0" con 3.800 metri quadrati. Prevista l'assunzione - sottolinea Fabrizio Cicero, manager del grande gruppo distributivo - di 47 addetti. «La zona ha bisogno di riqualificazione e di servizi». I tre livelli "underground" del parcheggio garantiranno 750 posti auto, di cui 200 riservati ai residenti. Il primo livello è pronto, gli altri due saranno completati entro l'anno. Sulla strada in via di realizzazione ne saranno ricavati altri 40. Salendo verso via Marenzi, ecco l'area dove saranno costruiti due corpi residenziali per un totale di 72 appartamenti con vista mare. Fracasso conta di concludere l'intervento entro il Natale del prossimo anno. Ritiene che la quotazione al metro quadrato sarà di 2.200 euro. L'imprenditore ci tiene a ricordare che lì in origine avrebbero dovuto nascere uffici e laboratori del Burlo ma che all'improvviso la direzione dell'istituto diede forfait. A rifinire l'ex Maddalena del domani un'area verde di 4.500 metri quadrati, di cui 2.400 pubblici e 2.100 privati.

magr.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2021

 

 

A2A rilancia la "centrale sostenibile" - Presentato il bilancio della transizione energetica

Dalla decarbonizzazione anticipata di 3 anni al gas e all'idrogeno. Riduzione zolfo e polveri -100%, -76% azoto, -64% CO2

A2A produce oltre 700 gigawatt di energia elettrica in Friuli Venezia Giulia, la gran parte, quasi 600 giga che arrivano dalle centrali idroelettriche di Ampezzo e Somplago, energia 100% verde e rinnovabile (l'acqua utilizzata dal Tagliamento e dagli affluenti viene restituita all'ambiente con le stesse caratteristiche). Soltanto 114 giga arrivano dalla centrale termoelettrica di Monfalcone che funziona a carbone, ma in realtà nel 2020 la centrale ha lavorato solo 2 mesi e il funzionamento a carbone è già segnato. A2A vuole accelerare sulla transizione energetica, ha già annunciato che nonostante la centrale abbia l'autorizzazione a funzionare fino al 2025 intende dare lo stop al carbone già nel 2022 e iniziare la riconversione a gas e poi mista a idrogeno. Una posizione riconfermata ieri dall'azienda per bocca di Lorenzo Giussani direttore della Business Unit Generazione (dedicata alla transizione energetica) che ha presentato il Bilancio di sostenibilità di A2A per il Fvg (l'ad Renato Mazzoncini non ha potuto partecipare). Il gruppo A2A, che è il secondo produttore di energia in Italia il secondo nelle reti di distribuzione dell'elettricità, uno dei primi nelle reti del gas e leader nei servizi ambientali (soprattutto in Lombardi) punta a diventare una Life company con un nuovo modello industriale che punta al green per dare risposte al territorio. E anche ieri ha riconfermato il piano di riconversione della centrale di Monfalcone che, ora scritto nero su bianco nel piano di sostenibilità, sarà sede della sperimentazione di un processo misto (blending) che integra l'attività produttiva a metano con quella a idrogeno. E sono confermati tutti i numeri dell'investimento e della riduzione di emissioni. A2A spenderà 400 milioni per riconvertire la centrale che avrà una potenza di 850 megawatt, un rendimento elettrico del +63%, riduzioni del 100% di ossidi di zolfo e polveri, -76% di quelle di azoto e -64% di Co2.L'energia sarà prodotta da una turbina a gas abbinata a una nuova turbina a vapore che sarà collocata nell'attuale sala macchine dei gruppi 2 e 3. E il nuovo impianto con turbogas, camini e caldaia a recupero, come prevede il progetto, sarà realizzato in un'area parzialmente libera della centrale individuata «per la lontananza dall'abitato e per la facilità di connessione alle reti esistenti». Oltre all'impianto a ciclo combinato il gruppo A2A ha confermato anche tutta una serie di attività collaterali: un progetto di installazione di pannelli fotovoltaici a terra su alcuni edifici e sulle pensiline del parcheggio. E all'interno delle sale macchine dei gruppi 1-2 e del gruppo 3 sono previsti altri sistemi «utili alla sicurezza e alla stabilità della rete» a supporto degli impianti rinnovabili (compensatori sincroni con la modifica degli attuali alternatori e sistemi di accumulo elettrico o termico).Un'organizzazione che permetterà, come previsto da un accordo scritto e siglato con i sindacati confederali di Cgil, Cisl e Uil e le sigle territoriali di categoria, che permetterà di mantenere almeno 100 posti di lavoro.

Giulio Garau

 

Settanta incontri sul territorio per dialogare con la gente. Nuovo impianto in alluminio, sito ridotto, camino più basso

Riflessione con i gruppi di interesse assieme allo studio Ambrosetti per capire le sfide del futuro. L'input della salvaguardia ambientale.

Sono oltre 50 gli incontri che A2A ha condotto sul territorio per spiegare la sua filosofia del futuro e della transazione energetica, sindaci, enti, personaggio portatori di interessi e rappresentanti di associazioni. Sono i cosiddetti stakeholders, i personaggi del territorio, e ben 20 quelli incontrati ieri in un evento durato oltre due ore e mezzo che ha coinvolto un sacco di figure di spicco, coordinate in una discussione con tanto di voto e riflessioni, da un big come The European House - Ambrosetti. Dai sindaci come Enrico Bullian di Turriaco, Riccardo Marchesan di Staranzano, ma anche Gianni Borghi di Cavazzo Carnico o Ermes Petris di di Sauris (è stata invitata anche il primo cittadino di Monfalcone, Anna Cisint che non poteva partecipare per altri impegni e ha inviato il tecnico del Comune Enrico Englaro che ha partecipato più tardi alla presentazione del bilancio di sostenibilità). Ma c'erano tra gli altri anche il direttore del Consorzio di sviluppo economico della Venezia Giulia Cesare Bulfon, i sindacati con Fabrizio Zacchigna (Filctem Cgil), Nello Cum (Uiltec), Alfeo Leonardis (Flaei-Cisl). Fino a Michele Tonzar di Legambiente o manager come il segretario dell'Autorità di sistema (i porti di Trieste e Monfalcone) Vittorio Torbianelli, Michele Nencioni di Confindustria, Alessio Lilli della Siot, Gianluigi Gallenti docente all'ateneo di Trieste, Giuseppe De Martino di Adiconsum e Angelo D'Adamo di Federconsumatori. Si è riflettuto dei punti di svolta da imprimere allo sviluppo, delle scelte da privilegiare. In particolare i nodi tra innovazione tecnologica e comportamenti individuali, l'importanza delle decisioni delle istituzioni o le opinioni degli stakeholder. Ma anche la decisione se puntare sulla nuova generazione Z del futuro con i cambiamenti o salvaguardare i diritti delle generazioni attuali senza ridurre le tutele economiche. Necessari cambiamenti radicali per salvaguardare il clima o incrementali procedendo un passo alla volta per non lasciare nessuno indietro ed evitare rischi sociali?Ne è uscita una discussione franca e adeguatamente profonda in cui sono emersi dubbi, proposte e idee. Ma tutti concordi che è necessario dare una svolta alla transizione energetica per ridurre le emissioni e salvaguardare il pianeta. Sullo sfondo le slides del bilancio di sostenibilità e la proposta di A2A nel Fvg a Monfalcone di riconvertire la centrale. Non è il mondo perfetto, impossibile pensare ora a emissioni zero e tutto idrogeno. E ha ragione anche Tonzar di Legambiente che ha sollevato la critica sul fatto che il metano è pur sempre un combustibile di derivazione fossile. Ma almeno il progetto di decarbonizzazione c'è, anticipato di 3 anni, con un investimento di 400 milioni e si inizia con un mix di idrogeno che nel futuro potrebbe forse anche aumentare visti i grandi passi della tecnologia. Da evidenziare anche l'uscita delle prime slides del progetto della nuova centrale a livello ufficiale. I volumi della centrale, ha annunciato A2A, sono stati progettati con forme compatte e arrotondate e rivestimenti color alluminio. Una svolta rispetto alla centrale di oggi. Ci sarà anche un camino, bianco opaco. E ci sarà anche una grande rivoluzione degli spazi occupati. Non più 19 ettari di superficie ma soltanto 3, il camino sarà molto più piccolo dell'attuale, 60 metri contro gli attuali 150. E accanto ci sarà un metanodotto lungo 2,4 chilometri. Si liberano aree che magari potranno essere impiegate per altre attività, forse anche di tipo portuale-logistico. Certamente sostenibili come ha deciso A2A un gruppo che dà lavoro a 129 persone, la gran parte a Monfalcone, che garantisce investimenti di 4,2 milioni di euro per impianti e infrastrutture e che nel Fvg ha distribuito valore per almeno 18 milioni di euro.

g.g.

 

 

L'idea di una fondazione per recuperare e gestire villa Stavropulos - incontro tra comune e comitato
Una fondazione pubblico-privata per la gestione di Villa Stavropulos. È l'ipotesi emersa da un recente incontro tra l'assessore alla Valorizzazione immobiliare Lorenzo Giorgi, quello alla Cultura Giorgio Rossi e i rappresentanti del Comitato nato in difesa di quella dimora donata 60 anni fa al Comune di Trieste da Socrate Stavropulos perché fosse utilizzata come centro studi nel campo delle arti figurative. «La proposta della fondazione arriva dal Comitato - premette Giorgi - e potrebbe rivelarsi una strada percorribile, fermo restando che aldilà di quello che sarà il soggetto individuato, chi rappresenterà la parte privata della fondazione, dovrà farsi carico del funzionamento ordinario di quella realtà». Per il comitato «si apre qualche spiraglio per veder nascere a nuova vita Villa Stavropulos» e l'ipotesi emersa è «rispettosa delle indicazioni del testamento del manager-mecenate di origine greca». «Per sistemare quella villa serve certamente un impegno finanziario, ma il vero nodo - osserva Rossi - resta quello della gestione. Siamo d'accordo sul fatto che vada trovata una soluzione, purché ci siano prospettive ragionevoli, di buon senso e sostenibili». Dalle valutazioni emerse anche nel corso dell'incontro, - era presente anche la presidente della Commissione Trasparenza, Antonella Grim - prioritari appaiono il recupero e la messa in sicurezza della villa e del terreno che scende a mare. Il Comitato ha illustrato anche un progetto di valorizzazione, che il Comune si è riservato di esaminare nei dettagli, «che consentirebbe - indica il Comitato - di tramutare Villa Stavropulos in un centro propulsivo di alto profilo nel campo delle arti contemporanee internazionali, grazie anche a nuove modalità virtuali capaci di coinvolgere professionisti e pensatori di tutto il mondo, rispettando altresì gli intenti originali del donatore (istruzione, formazione, divulgazione dell'arte contemporanea) e tramutando la villa in un'antenna emittente, in un set esclusivo e immersivo basato sulle più recenti tecnologie nella comunicazione digitale dell'arte».

l. t.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2021

 

 

MONFALCONE - Circolo di Legambiente - Tonzar ritorna alla guida

Sponza passa il testimone, nuovo direttivo

Michele Tonzar torna alla guida del Circolo Ignazio Zanutto di Legambiente. Il passaggio di testimone tra Stefano Sponza e Tonzar è stato sancito dall'assemblea dei soci, che ha confermato poi Valentina Tortul, Mauro Bertossi, Sara Innominato, Emanuela Fabris ed eletto Elisabetta Sdrigotti, Martina Braida, Marco Bearzi. Tonzar sarà affiancato a Tortul nel ruolo di vice e segretaria e da Bertossi come tesoriere. Il circolo punta a dare seguito ai progetti già iniziati e ad altri di cui è partner (Isonzo fiume di acqua storia e bellezza del Comune di San Canzian, Territori sostenibili con l'associazione Monte Analogo, A scuola di bio di Aiab, i Custodi del paesaggio con l'associazione Ecopark). Verranno anche riprese le attività educative con le scuole, a partire da progetti estivi nella spiaggia di Grado e nelle scuole, e la campagna di Puliamo il Mondo di settembre. Nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, Legambiente Monfalcone non s'è mai fermata, ha sottolineato il presidente uscente Sponza nella sua relazione. L'impegno prioritario per l'associazione ha continuato a essere la lotta alla crisi climatica, per essere da stimolo affinché vengano adottati provvedimenti adeguati. Legambiente ribadisce quindi «con decisione il "no" alla centrale e gas, che allontana dall'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nel 2050 come indicato dall'Europa». Altro argomento caro è la lotta all'abbandono dei rifiuti, con le campagne nazionali di Puliamo il Mondo, Beach Litter, Spiagge e fondali puliti e le segnalazioni e proposte effettuate al Comune.

LA. BL.

 

 

Friulia assieme a Sinloc punta sull'energia verde - Accordo con la società di investimento
Friulia e Sinloc, società di consulenza e investimento e azionista della finanziaria regionale, hanno firmato un accordo di collaborazione per sviluppare opportunità di investimento in logica green nei settori della transizione energetica con particolare focus sull'efficientamento energetico in Friuli Venezia Giulia. Lo annuncia una nota della finanziaria. La partnership «prevede un'attività di ricerca iniziale per valutare opportunità di intervento innovative e più efficaci rispetto a quelle tradizionalmente offerte mediante la partecipazione a gare pubbliche. I progetti saranno realizzati in partnership sotto la guida di Sinloc, il supporto di Friulia e le competenze tecniche di primari partner industriali». Il patrimonio netto di Sinloc è attualmente pari a circa 44 milioni ed è quasi completamente investito in iniziative infrastrutturali e di sviluppo locale. Nel 2020 sono stati registrati ricavi pari a 4,3 mln (+9% in un anno), con un utile netto di circa 240 mila euro. «È la nostra coscienza civile, prima che le disposizioni europee, a imporci un nuovo modello di sviluppo compatibile sotto il profilo ambientale», afferma l'assessore regionale ad Autonomie locali e Funzione pubblica, Pierpaolo Roberti. «Le risorse che la Regione metterà in campo grazie anche al Pnrr diventeranno a breve progetti esecutivi e cantieri destinati a ridisegnare il territorio garantendo servizi ai cittadini e un volano di sviluppo all'economia». «Energie rinnovabili e infrastrutture sono settori fondamentali su cui si gioca il presente e il futuro del Paese», aggiunge la presidente di Friulia, Federica Seganti. Per creare modelli di successo è necessaria un'attività di studio e programmazione».

 

 

Tartaruga morta ai Filtri - Si attende la rimozione - i bagnanti intanto protestano
DUINO AURISINA Era una Caretta caretta la grossa tartaruga marina la cui carcassa, arenatasi alcuni giorni fa sulla spiaggia dei Filtri, sotto Santa Croce, è stata individuata da alcuni bagnanti. È stato Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare, a identificarla, dopo un primo esame. Lunga poco meno di un metro, l'esemplare, con ogni probabilità, come ha spiegato lo stesso Spoto, non è morto di vecchiaia. In un primo momento i bagnanti hanno provveduto a isolarla. Più di qualcuno poi ha protestato per la lunga attesa, considerando anche il forte odore che si è diffuso con il caldo. Capitaneria di Porto, Asugi e Comune sono stati avvisati della situazione. Adesso sarà compito proprio della Capitaneria di porto provvedere al suo trasporto. La normativa infatti vieta in questi casi ai privati di procedere autonomamente.

u. sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2021

 

 

Sacco e pinze speciali - I volontari di Ronchi ripuliscono il parco
Mattinata ecologica promossa dall'associazione Auser in collaborazione con Isambiente, Comune e Pro loco
RONCHI Senso civico e buona educazione. Ecco che cosa dovrebbe spingere le persone a non gettare per terra immondizie e servirsi dei cestini pubblici. A Ronchi dei Legionari ce ne sono 190 cestini, 31 dei quali solo negli impianti di base. Ed è proprio da questo parco al centro della cittadina che, ieri mattina, si è sviluppata "Verso una Ronchi dei Legionari più pulita", mattinata ecologica promossa dall'Auser nell'ambito di Colori e Sapori curata dalla Pro loco. Una trentina di persone e un sacco di immondizie a testa che, con speciali pinze, si è riempito di bottiglie di plastica, lattine di birra, pacchetti di sigarette, persino tappetini di automobili e migliaia di mozziconi. Un tema, quest'ultimo, che imporrebbe un'ordinanza che obbligasse i locali pubblici a dotarsi di posacenere esterni. Grandi e piccini si sono trasformati in spazzini, ma il loro non è stato un sostituirsi a chi lo fa di mestiere. È stato, invece, un segnale forte nei confronti di chi dopo aver bevuto una lattina la abbandona non appena si è rinfrescato. Tra i tanti che hanno aderito anche l'assessore all'ambiente, Elena Cettul, che ha voluto ringraziare i volontari, spronandoli ad essere i custodi della cittadina. Volontari che già, nei mesi scorsi, avevano ripulito la pista ciclabile che si sviluppa dall'aeroporto. Donne e uomini che, ormai, si sono ben organizzati e che fanno della pulizia delle aree pubbliche una sorta di missione. Così è come quella, distorta e colpevole, di chi se ne frega del bene pubblico e lo tratta alla stregua di una di discarica a cielo aperto.«Una bella iniziativa, che speriamo di ripetere ancora - ha detto la presidente della Pro loco, Maria Patrizia Pallaro - e sono stata felice di ospitarla in questa domenica di festa». Uno stand speciale è stato messo a punto dal servizio problematiche ambientali del Comune che, oltre ad informare le persone, ha donato a tutti i partecipanti una confezione di pastiglie per la prevenzione del proliferarsi delle zanzare. Lo stesso ha fatto Isa Ambiente che ha messo a disposizione sacchetti di compost. E, nella speranza che mascherine ed altro ancora siano sempre un problema, molti sono pronti a mobilitarsi ancora per la pulizia della città.

Luca Perrino

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2021

 

 

A palazzo Berlam ecco Illy Ponterosso,  erede del Cattaruzza tra passato e futuro
Gli arredi del vecchio caffè, appositamente restaurati, trovano spazio nel locale che sarà inaugurato domani
Da domani illy Ponterosso apre le sue porte nei prestigiosi spazi di palazzo Berlam, il "grattacielo rosso" che svetta in piazza Duca degli Abruzzi. Trieste ospiterà così l'unico pubblico esercizio in regione a gestione diretta da parte dell'azienda, che ha già un proprio punto vendita in via Einaudi. Dall'ingresso di via Rossini sarà una sorpresa per i clienti ritrovarsi davanti alle suggestive vetrate colorate, alla volta stellata di mosaici specchiati, al bancone con le maioliche decorate a mano e alla boiserie in legno che contraddistinguevano lo storico Bar caffè Cattaruzza, ospitato fino a pochi anni fa nello stesso palazzo. È questo il frutto di una preziosa collaborazione tra illy e Generali, proprietaria del palazzo, che ha ridato così splendore a quegli storici arredi, preservati, restaurati e valorizzati nei nuovi spazi in quell'angolo tra il canale di Ponterosso e il waterfront cittadino. L'atmosfera che si respira qui è quella di un grande caffè, degno di una città che racconta più di altre la storia dell'espresso. Gli spazi, che godono di 48 posti interni e 70 esterni, ogni giorno, dalle 7.30 del mattino alle 23, garantiranno un'offerta ricca e diversificata, studiata per ogni momento della giornata: dalle prime ore del mattino sarà possibile degustare l'aroma dell'unico blend illy e la piccola pasticceria, nella pausa pranzo sarà disponibile un'originale proposta di insalate, focacce gourmet e primi piatti, mentre alla sera il dehors sarà lo spazio ideale per rilassarsi con un aperitivo. Una proposta a 360 gradi, ma dove ovviamente - viene sottolineato - il padrone di casa resterà sempre il caffè. Domani, nel primo giorno di apertura, ai clienti che sorseggeranno un espresso verrà fatto omaggio di un bacio di dama come "dolcezza di benvenuto". All'interno del locale sarà possibile degustare alcune proposte fruibili solo nei concept retail illy, come i caffè Arabica finalisti dell'ultima edizione dell'Ernesto Illy International Coffee Award o le più recenti ricette stagionali. Il nuovo investimento della illy offre così possibilità occupazionale e di ulteriore crescita professionale a 15 dipendenti. L'apertura di illy Ponterosso - e ciò viene vissuto come un altro valore aggiunto - coincide peraltro con il momento che segna la ripartenza dei pubblici esercizi dopo l'anno più buio. Un'iniezione di ottimismo, un segnale da parte di un'azienda come illy, fornitore di migliaia di bar e ristoranti, e che quindi ha vissuto al loro fianco le difficoltà. «Un doppio messaggio», spiega l'amministratore delegato di illy Massimiliano Pogliani: «Uno per Trieste, dove ha sede l'azienda, recuperando, valorizzando e riconsegnando alla città, gestendolo anche direttamente, un locale storico. E l'altro rivolto ai pubblici esercizi, facendo capire che è il momento di ripartire veramente, anche grazie alla campagna vaccinale». «La gente - aggiunge Pogliani - sta tornando con forza e con gioia a uscire, ad andare nei bar e nei ristoranti, ha voglia di ritrovare quei piccoli momenti di socialità, anche attorno a una tazzina di caffè». L'esperienza della pandemia ha portato a «una maggiore consapevolezza per l'aspetto della sostenibilità a cui illy ha sempre dato forte importanza - sottolinea Pogliani - e maggior attenzione per la digitalizzazione, dove abbiamo sempre investito». La location del nuovo locale, fa notare l'ad, «unisce i punti storici di Trieste: la vista sul mare, il porto, il canale di Ponterosso, e siamo a pochi passi anche da piazza dell'Unità». Un segnale di ripartenza che detta un altro imperativo: la qualità: «Le persone vivono le riconquistate abitudini, i piccoli gesti che sono mancati, con ancor più passione e con un occhio molto attento alla qualità del locale, del servizio, del prodotto e degli aspetti legati all'igiene e alla pulizia, che prima venivano dati per scontati, ma che non per questo erano sempre perfettamente curati». Per Pogliani «il fatto di poter contare su un brand conosciuto come quello di illy è un elemento che garantisce una sicurezza sul prodotto, sul servizio e sull'atmosfera».

Laura Tonero

 

E' il tassello finale del piano di recupero impostato da Generali per la sua storica sede

Le luci che da domani si accederanno su illy Ponterosso coronano un lungo percorso di restauro sostenuto da Generali con Generali Real Estate, che ha interessato l'intero palazzo Berlam, nato in realtà come palazzo Aedes, ma che nel tempo è stato sempre più spesso associato al nome del progettista, l'architetto Arduino Berlam, che lo realizzò tra il 1926 e il 1928 in collaborazione con Carlo Polli. La riqualificazione è stata avviata nel 2017 per consentire il necessario consolidamento strutturale e l'adeguamento sismico dell'edificio, portando ad una rivisitazione degli spazi, tra i quali proprio la porzione del palazzo precedentemente occupata dal Bar Cattaruzza. Quel caffè - di dimensioni ridotte rispetto agli spazi che va ora ad occupare il nuovo illy Ponterosso - aveva dovuto chiudere proprio per consentire al cantiere di portare a termine la complessa riqualificazione dell'intero palazzo, progettata dall'architetto Mario Bellini. Gli arredi di quello spazio commerciale, custoditi per anni da Generali, dopo un'accurata fase di restauro, hanno ritrovato ora collocazione nella nuova caffetteria ricavata nella porzione del grattacielo rosso all'angolo tra piazza Duca Abruzzi e via Rossini, che per un periodo ha accolto anche l'asilo riservato ai bimbi dei dipendenti di Generali. Il recupero di gran parte degli arredi e del materiale storico del Bar Cattaruzza, riproposti ora in chiave più contemporanea nel nuovo caffè, è frutto di un progetto condiviso in tutte le sue fasi con la Soprintendenza. Nello specifico, gli arredi preservati e integrati nel nuovo progetto - dalle 7.30 di domani tutti li potranno ammirare - sono il bancone con le maioliche decorate a mano, l'arco che funge da retrobancone, i suggestivi vetri decorati, il mosaico a specchio e la boiserìe in legno. In questo contesto, c'è anche la scritta originale del Bar Cattaruzza inserita in uno specchio. Il recupero e l'integrazione degli arredi nel nuovo contesto sono stati possibili grazie ad un'accurata ricerca di materiali e alla lavorazione affidata alle sapienti mani di maestri artigiani. Tornando alla riqualificazione di palazzo Berlam, Generali - per quanto riguarda la sostenibilità e il risparmio energetico - ha deciso di introdurre l'utilizzo dell'acqua di mare per l'impianto di climatizzazione, un'illuminazione interamente a led a basso consumo e una nuova coibentazione interna dell'involucro murario. Sono stati sostituiti inoltre tutti i serramenti, optando per un tipo a coefficiente termico maggiorato: un intervento che garantisce un risparmio energetico di oltre il 30% rispetto al passato. Lo Studio Cervesi si è occupato degli aspetti tecnologico-ingegneristici mentre la realizzazione dell'opera è stata curata dal general contractor Rizzani de Eccher.Il palazzo è stato restituito nel suo nuovo splendore alla città nell'ottobre del 2019. Da allora sulla sommità del grattacielo rosso "ruggisce" anche un maxi leone, storico simbolo di Generali, riprodotto su un'enorme insegna da circa 20 metri quadrati, in acciaio satinato, capace di reggere la forza della bora. Quel simbolo fissato sul terrazzo di palazzo Berlam con il placet di Comune, Soprintendenza e Autorità Portuale, è ora diventato ormai parte integrante dello skyline delle Rive cittadine

la.to.

 

 

Centrali idroelettriche - I progetti che insidiano il cuore blu d'Europa
Leonardo DiCaprio scrive alle autorità di Sarajevo: a rischio 240 fiumi in Bosnia - Migliaia di cittadini in piazza in vari Paesi per chiedere leggi più restrittive
Belgrado. Ancora proteste di piazza e rabbia popolare. Con alleati da oltreoceano, di grandissima fama, che si espongono pubblicamente in una battaglia solo all'apparenza di importanza locale. La battaglia è quella contro sbarramenti e mini-centrali idroelettriche sui fiumi dei Balcani, opere che ecologisti e attivisti giudicano dannosissime per corsi d'acqua di grandissimo valore; ed è una battaglia che non accenna a spegnersi, nella regione e oltre. Lo conferma la discesa in campo di Leonardo DiCaprio, star di Hollywood molto attenta alle tematiche ambientali, che sul suo profilo Facebook ha lanciato un accorato appello alle autorità della Federazione bosgnacco-croata affinché adottino una legislazione che vieti definitivamente la costruzione di mini-centrali su fiumi e torrenti nel cuore della Bosnia. Al momento sarebbero a rischio «240 corsi d'acqua» mai toccati dalla mano dell'uomo solo in Bosnia, acque che però potrebbero in futuro finire «intubate» a causa della costruzione di sbarramenti e centrali, ha avvertito DiCaprio. È dunque cruciale che Sarajevo «adotti la legge sull'energia elettrica, che vieta permanentemente la realizzazione di centinaia di mini-centrali» e che preveda la «revisione dei permessi» già concessi, «molti dei quali illegalmente», è stato il duro j'accuse di DiCaprio, che ha ricevuto qualcosa come 18mila like in pochi giorni. Non è la prima volta che DiCaprio si espone in questo modo. Lo aveva fatto già in passato, sempre in difesa dei fiumi bosniaci ma anche di quelli albanesi, Vjosa in testa, ugualmente minacciati. Quello di DiCaprio non è stato un caso isolato. Di più ha fatto - fra gli altri - Manu Chao, venuto di persona nei Balcani per cantare e sensibilizzare sul problema dello "tsunami" di mini-dighe progettate o in costruzione nella regione, toccando Serbia, Bosnia, Macedonia del Nord e Bulgaria, in un tour pensato per rimarcare che «non cediamo i nostri fiumi», aveva fatto sapere l'artista. Lo stesso hanno fatto negli anni passati anche celebrità locali, dalla popstar Rambo Amadeus al regista Haris Pasovic fino alla rockstar croata Darko Rundek.Ma la vera battaglia, quella più dura, la conducono ancora le comunità locali interessate dai progetti di costruzione. Il modello è quello delle "Donne coraggiose di Krusica", in Bosnia, gruppo che ha occupato un ponte per 500 giorni per impedire il passaggio delle ruspe ingaggiate per la costruzione di due mini-dighe e che hanno ricevuto in questi giorni il Goldman Environmental Prize - sorta di Nobel per l'ecologia assegnato in ciascun continente - per il loro impegno. Altre migliaia di persone, sempre in trincea in tutta la regione, vogliono fermare i bulldozer. Nella sola scorsa settimana in tantissimi sono scesi in strada a Konjic, nel sud della Bosnia, per protestare contro la realizzazione di 15 mini-centrali sulla Neretvica. A Belgrado, sempre questo mese, a centinaia si sono radunati sotto la sede del Governo urlando «i nostri fiumi, la nostra aria, la nostra terra», malgrado le autorità abbiano vietato nuove centrali almeno nelle aree più preziose dal punto di vista naturale. Altre dimostrazioni si sono registrate un po' ovunque, a Uzice, a Foca, a Bosilegrad, a Josicka Banja, nell'area di Kopaonik, in Kosovo e in Macedonia del Nord - dove il premier Zoran Zaev ha di recente promesso la revoca dei permessi - mentre in Albania si combatte ancora per dichiarare il fiume Vjosa parco naturale, dopo che i giudici hanno bloccato i lavori di sbarramento nella zona. Dando ragione agli irriducibili che, in una sorta di movimento "interbalcanico", si battono per difendere i propri fiumi e con essi i propri paesi.

Stefano Giantin

 

«Tecnologie obsolete e non sostenibili sugli ultimi corsi d'acqua rimasti intatti»
Cornelia Wieser (RiverWatch): «Cantieri finalmente in calo dopo il picco degli scorsi anni»
Altro che energia pulita. Le mini-centrali idroelettriche in costruzione o in progetto nei Balcani rappresentano una minaccia gravissima per l'ecosistema e per fiumi generalmente mai violati dalla mano dell'uomo, a differenza di quelli del resto del Vecchio continente. E non rappresentano una soluzione "verde" per la produzione di energia. Lo dichiara a Il Piccolo Cornelia Wieser, dell'organizzazione RiverWatch, da anni in prima linea per la difesa del "Cuore blu" d'Europa. Qual è la situazione, al momento? Preoccupante, ma grazie all'impegno della società civile locale e internazionale leggermente migliore rispetto a un paio d'anni fa, con molti governi che stanno considerando di rallentare o hanno già stoppato i lavori, premette l'esperta. Malgrado ciò, le 300 centrali idroelettriche diventate operative nella regione dal 2018 in qua hanno prodotto la «devastazione di centinaia di chilometri di fiumi e torrenti», denuncia Wieser. Parliamo in gran parte di mini-centrali, non meno dannose di quelle più grandi, piccoli impianti che «tagliano i fiumi e li prosciugano, e che spesso sono costruiti senza bisogno di studi d'impatto ambientale. In più sono spesso realizzati in zone remote, all'interno di ecosistemi ancora vergini. Le mini-centrali poi non sono economicamente sostenibili: sopravvivono solo grazie a sussidi e tariffe, che gravano sulle bollette dei consumatori» locali. In pratica, aggiunge Wieser, parliamo di «tecnologia obsoleta, che produce una quantità limitata di elettricità e nondimeno in grado di distruggere gli ultimi fiumi e torrenti» intatti in Europa.Le proteste e le mobilitazioni dell'ultimo decennio hanno portato a qualche risultato. «Meno progetti - continua Wieser - stanno entrando nella fase di realizzazione e il numero di centrali in costruzione è in calo continuo dal picco del 2017». In più, stanno per essere introdotte leggi o adottate risoluzioni «per limitare l'idroelettrico» un po' in tutti i Paesi dell'area e tante «cause legali» lanciate dalle comunità locali e sostenute anche da avvocati internazionali stanno avendo la meglio sugli interessi delle aziende. Sono però successi a macchia di leopardo. «La Serbia - annota Wieser - è sicuramente l'epicentro dei lavori e delle proteste, assieme all'Albania».L'idroelettrico, generalmente, è considerato una fonte di energia pulita, verde. Ma non è così, almeno nei Balcani, che sono una regione unica in Europa. Mentre nel resto del Vecchio continente «i fiumi sono stati intensamente regolati, quelli balcanici per lungo tempo sono stati risparmiati» infatti dall'essere condannati allo stesso destino e sono per questo motivo luoghi preziosissimi in termini di «biodiversità e come casa di diverse specie minacciate» o completamente «scomparse» in altre parti d'Europa, illustra ancora l'esperta. E infine c'è da considerare la contraddizione più evidente. Nell'Unione europea «si vanno spendendo milioni per la ristorazione di corsi d'acqua» guastati in passato dalla mano dell'uomo, con Bruxelles «che ha riconosciuto la necessità di riportare i fiumi in una buona condizione ecologica». Nei Balcani invece, chiude Wieser, si va nella direzione opposta.

st.g.

 

Flora e fauna in pericolo fra dighe e sbarramenti anche in aree protette

L'analisi condotta dall'agenzia internazionale Fluvius: migliaia le strutture pianificate, 300 sono entrate in funzione dal 2018 a oggi.

Belgrado. Una mappa fittissima di puntini neri e rossi, che descrivono una sorta di "epidemia" iniziata più di una decina d'anni fa e che ancora non è stata del tutto arginata. È quella elaborata l'anno scorso dall'agenzia internazionale di consulenze Fluvius, per le Ong Euronatur e Riverwatch, da sempre in prima linea per difendere il "Cuore blu" d'Europa. La mappa ha fornito una fotografia precisa della situazione sul fronte delle centrali idroelettriche progettate e in costruzione nei Balcani, così da aggiornare il primo censimento delle mini-centrali, realizzato tra il 2010 e il 2012. Secondo le stime degli esperti, dunque, sono più di tremila, di cui un centinaio attualmente in costruzione, mentre 300 sono entrate in funzione solo dal 2018 a questa parte, in particolare in Albania e Bosnia-Erzegovina, dopo il vero e proprio boom registrato dal 2015, con il numero degli impianti operativi passato da 714 a ben 1.480. Secondo lo studio nella stragrande maggioranza - oltre il 90% - si tratta di impianti piccoli o piccolissimi, con una capacità di produzione inferiore ai 10 Mw, ma nondimeno capaci di «causare danni significativi perché toccano praticamente quasi tutti i fiumi della regione, inclusi quelli di alto valore ambientale». E quasi la metà di quelle tremila e passa sono «progettate o già costruite in aree protette» nei Balcani, in parchi naturali nazionali o siti Natura 2000, che godono di un alto livello di protezione di flora e fauna, si legge nello studio. La tendenza, malgrado un relativo rallentamento registrato nell'ultimo anno, è chiara. Fin dal 2012, ha messo nero su bianco il rapporto, si è assistito a «un rapido sviluppo dell'idroelettrico nella penisola balcanica, con un vero boom in Albania per le centrali più grandi e poi in Bosnia-Erzegovina per quelle medio-piccole». Seguite a ruota da Serbia, Kosovo, Macedonia del Nord e Montenegro, non certo risparmiate dal trend. Trend che, in maniera meno marcata, ha toccato anche «Paesi dell'Ue come Slovenia, Croazia, Bulgaria e Grecia», dove lo sviluppo di sbarramenti e opere idrauliche «è più lento» ma non assente. Sbarramenti che, malgrado le rassicurazioni di autorità e investitori, rappresentano quasi sempre un pericolo mortale per i fiumi. Secondo attivisti ed esperti, come svela un recente studio di Wwf e Università di Kragujevac, il regime dei corsi d'acqua viene infatti fondamentalmente alterato. Quando uno sbarramento viene costruito, la parte a monte del fiume è trasformata da ambiente dinamico in area stagnante, cancellando habitat di valore. Inoltre il trasporto di sedimenti, importantissimi per natura e agricoltura, viene di fatto bloccato, assieme ai movimenti di sabbia e ghiaia trasportati dal fiume, materiale che si accumula a ridosso delle dighe invece di fluire naturalmente, come accadeva prima, verso il mare. E questo concorre persino all'erosione delle coste. Ma il problema più grave riguarda il passaggio delle specie di pesci, bloccato dagli sbarramenti in entrambe le direzioni, sia verso le sorgenti sia verso la foce. Servirebbero a poco, sostengono gli esperti, le "deviazioni" artificiali realizzate in alcuni casi a ridosso delle mini-centrali, per permettere ai pesci di bypassare le dighe. Le stime degli ecologisti, per quanto riguarda i Balcani, sono più che fosche, con il 75% delle specie a rischio che potrebbero non sopravvivere nel lungo periodo a causa degli sbarramenti. Sono quasi un centinaio quelle che potrebbero sparire, dall'Acipenser gueldenstaedtii, lo storione russo, fino al Valencia letourneuxi, la "carpa di Corfù", già oggi vicina all'estinzione.

st.g.

 

 

A San Giovanni aree tematiche e passeggiate guidate per BIOEST

Visitabile ancora oggi (9-20) nel Parco di San Giovanni Bioest,27.a edizione della tradizionale Fiera dei prodotti naturali e del biologico e delle Associazioni ambientaliste, culturali e del volontariato promossa dall'Associazione Bioest con il Comune. Presenti 80 espositori da tutta Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Cinque come sempre le aree interessate: Area Prato, Area Chiesa, Area Villas, Area Glicine e Sala Rosa. Alle 10 e alle 18 passeggiata accompagnata nel parco. Foto di Massimo Silvano

 

Oggi - A San Giovanni finale di Bioest

Sarà visitabile ancora oggi (dalle 9 alle 20) nel Parco di San Giovanni a Trieste Bioest, ventisettesima edizione della tradizionale Fiera dei prodotti naturali e del biologico. Saranno presenti 80 espositori da tutta Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Il programma di oggi prevede alle 10 e alle 18 passeggiata nel parco con Chiwalking; dalle 10 alle 20 Fabbrichiamo la carta, laboratorio con Annamaria sotto il glicine; alle 11 Incontro di formazione "Essere umani" a cura di Arci Servizio Civile con lo psichiatra Giuseppe Dell'Acqua. Alle 16 ci sarà il teatro di strada con Pavel e alle 17 yoga dinamico con Paola Pisani. Per informazioni: web: www.bioest.org

 

Fino al 4 luglio -  I cambiamenti climatici fotografati da Salvador negli spazi dell'Hilton
Una mostra che non è un semplice progetto fotografico, ma dove gli scatti rappresentano il pretesto per una riflessione su un tema di grande attualità: i cambiamenti climatici. A cura de Le Vie delle Foto, la mostra del fotografo Diego Salvador "Tracce - I cambiamenti climatici" sarà visitabile fino al 2 luglio al Double Tree by Hilton. Salvador, classe 1949, è di origini trevigiane, ma dal 2010 risiede a Trieste. Si avvicina alla fotografia nel 2008 ed espone dal 2012. Le sue foto si trovano in collezioni private e di enti pubblici in Italia e all'estero. «In questa mostra - scrive Monica Ghirardi - l'autore ha cercato di tradurre in immagini il futuro che ci attende se non cambieremo rotta. E lo ha fatto utilizzando una tecnica che gli è cara e lo contraddistingue: il mosso. L'intento non è documentare il deterioramento ambientale, ma piuttosto stimolare la riflessione attraverso immagini astratte e idealizzate. L'emersione graduale dei pixel nelle foto di paesaggio rappresenta simbolicamente il degrado iniziale con la perdita della consistenza fisica delle componenti del pianeta come i terreni, i corsi d'acqua, i mari. Se lasceremo trascorrere il tempo senza adottare azioni efficaci per contrastare il degrado - sottintende Salvador - l'ambiente non potrà più restituirci i colori che conosciamo per arrivare progressivamente a una sorta di bicromatismo che caratterizza forme ormai prive di qualunque forza identificativa. Del nostro mondo resteranno soltanto tracce, prive di bellezza e di significato».Per prenotazioni e visite guidate, scrivere a: leviedellefoto@gmail.com

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2021

 

 

«La Divaccia-Capodistria bis rispetterà la Val Rosandra»
Audizione dei dirigenti della 2Tdk davanti al Consiglio comunale di San Dorligo tra quesiti e rassicurazioni. Ma il verde Kermac: «Il progetto resta inaccettabile»
SAN DORLIGO. Pronti a garantire «il costante monitoraggio idrogeologico nel corso delle perforazioni», perché consapevoli «della fragilità dell'area», ma altrettanto convinti della necessità di completare un'opera ritenuta «indispensabile per assicurare un'infrastruttura di servizio al porto di Capodistria, dove il traffico di mezzi pesanti di supporto al movimento merci dello scalo sloveno è cresciuto del 40% negli ultimi anni». Questi, in sostanza, i passaggi più importanti della lunga relazione letta ieri dai dirigenti della 2Tdk - l'azienda slovena di proprietà statale al 100 % che sta curando il progetto per la realizzazione della seconda linea ferroviaria sulla tratta Divaccia-Capodistria - nel corso della seduta informale che il Consiglio comunale di San Dorligo della Valle ha dedicato a un tema molto discusso. La nuova rotaia infatti passerà a poche centinaia di metri dalla Val Rosandra «con il grave rischio - ha evidenziato il capogruppo dei Verdi Alen Kermac - di creare un dissesto alla rete idrica sotterranea della zona, oltre che danni all'equilibrio naturale della Val Rosandra stessa e del territorio che la circonda».Sono stati numerosi i consiglieri comunali che hanno presentato quesiti, in particolare Alessandro Coretti, Roberto Potocco (in qualità di presidente della Commissione Ambiente) ed Eva Zerjul della Lista Insieme, il vicesindaco Goran Cuk di Rifondazione e lo stesso Kermac. Tali quesiti hanno spaziato dai temi ambientali a quelli sociali, passando per quelli economici, e sempre in relazione alle conseguenze che un'opera di queste dimensioni comporterà.«Se realizzando le gallerie incontreremo corsi d'acqua - ha spiegato Martin Tomazin, responsabile per le relazioni esterne della 2Tdk, accanto al quale c'erano il direttore generale Pavel Hevka e il responsabile tecnico Marko Zitnoik - si cercherà di deviare la linea ferroviaria, garantendo la continuità delle portate d'acqua. Utilizzeremo esplosivi. Sono previsti sia un piano per la rimozione delle macerie che la costruzione di canali per il deflusso delle acque reflue». Tomazin ha poi ricordato che «la Valutazione d'impatto ambientale ebbe inizio nel 2012 e fu mandata al ministero italiano da cui non è mai arrivata una risposta. Osservazioni sono invece arrivate dalla Regione Friuli Venezia Giulia, alle quali abbiamo risposto, ottenendo l'autorizzazione a costruire nel 2016».«Le spiegazioni sono fumose e scolastiche - ha replicato Kermac - perché sono previsti 35 chilometri di tratta con molte gallerie e non riceviamo oggi alcuna rassicurazione sulla tutela dell'ambiente in territorio italiano. Ricordo che anche l'assessore regionale Fabio Scoccimarro - ha concluso - si è dichiarato contrario all'opera. Il vostro progetto è inaccettabile».-

Ugo Salvini

 

 

«Futuro laminatoio, così Muggia avrà voce in capitolo» - l'intervento di PD e Rifondazione nel dibattito
MUGGIA. "Affaire" laminatoio alle Noghere, intervengono Pd e Rifondazione. I dem hanno prodotto un documento in nove punti sulle criticità, o presunte tali, emerse dalla firma del protocollo d'intesa: un testo che «non obbliga in nessun modo alla sottoscrizione dell'accordo di programma necessario per avviare le successive fasi», specifica Massimiliano Micor, segretario rivierasco, aggiungendo che ad oggi «non esiste alcun progetto». Sul motivo della firma del protocollo d'intesa da parte del Comune di Muggia Micor spiega che questo «consente al Comune stesso di essere parte coinvolta direttamente nelle fasi precedenti la sottoscrizione di un accordo di programma. Il Comune non figurava, nell'ipotesi iniziale, tra i soggetti coinvolti nel protocollo, mentre lo erano Mise, Regione, Coselag, Autorità portuale, Metinvest e Danieli. A leggere certe dichiarazioni parrebbe quasi che sarebbe stato preferibile evitare qualsiasi ruolo del Comune. Questa idea ci pare non solo non condivisibile ma totalmente sbagliata, perché avrebbe voluto dire solo essere liberi di subire decisioni di altri». E sulla clausola di riservatezza Micor sostiene che non si tratta affatto di secretazione: «Esistono elementi commerciali, o informazioni personali, che necessitano di tale tutela e altri elementi per i quali la riservatezza può essere esclusa». Così invece il dirigente provinciale di Rifondazione Dennis Visioli: «I comunisti di Muggia comprendono le preoccupazioni degli abitanti. Ma siamo anche preoccupati perché purtroppo c'è un altro pericolo, ossia che qualcuno utilizzi appunto loro preoccupazioni solo per fare propaganda elettorale». Per Visioli «ad oggi i soggetti migliori con cui rapportarsi sono i sindacati che sono capaci di distinguere tra posti di lavoro e produzioni sane e il loro contrario. Stimoliamo il Comune e soprattutto la Regione a fare in modo che quella che per ora è una notizia diventi una situazione con dati certi su cui la popolazione, allora sì, potrà decidere se scendere in piazza o condividere un'occasione di sviluppo».

Luigi Putignano

 

 

Il bike sharing piace: punte da 250 prelievi di sabato e domenica
Molto utilizzati gli stalli di piazzale 11 settembre a Barcola con l'avvio della stagione balneare. Ridotti gli atti vandalici
Il bike sharing piace a triestini e turisti e negli ultimi giorni registra una media di 190 prelievi al giorno, che sale a 250 nel weekend. In calo, almeno in questo contesto, gli atti vandalici che in passato si erano ripetuti con più frequenza. C'è una maggior attenzione al servizio, gestito dalla Trieste Trasporti, sempre più utilizzato, anche se non mancano episodi di maleducazione, come una due ruote gettata in acqua qualche settimana fa a Barcola e segnalata sui social anche da diversi utenti. Danneggiamenti i cui responsabili sono facilmente individuabili, sia attraverso le telecamere, sia attraverso i dati che la persona deve inserire per utilizzare il mezzo. «Il servizio di bike sharing sta andando molto bene - spiega Michele Scozzai, responsabile delle relazioni istituzionali di Trieste Trasporti -, direi che siamo al di sopra di quelle che erano le nostre aspettative, con una media di 190 prelievi al giorno nell'ultima settimana, e un picco di quasi 250 prelievi quotidiani nei weekend. I danneggiamenti e gli atti vandalici sono al momento molto limitati - precisa -: Trieste si sta dimostrando anche in questo caso molto rispettosa del bene comune: gli episodi più significativi si contano sulle dita di una mano, e in tutti i casi le biciclette sono state immediatamente ripristinate e rimesse in servizio, compresa quella che la settimana scorsa è stata buttata in mare, peraltro da una persona che potrebbe già essere stata individuata dalle forze di polizia». Disponibili 12 ciclostazioni e un centinaio di biciclette. Per registrarsi e poter utilizzare i mezzi, compresi quelli elettrici, basta collegarsi al sito bicincitta.com o scaricare l'app Bicincittà. Tre i profili tariffari, il primo dedicato a chi usa sistematicamente il servizio, il secondo pensato per chi lo fa occasionalmente e il terzo riservato alla clientela turistica. Consultando le piattaforme online è possibile vedere, in tempo reale, quanti mezzi sono liberi, quanti i posti disponibili ed eventualmente quante bici non sono attive. Gli stalli sono posizionati in piazza Libertà davanti alla stazione, in piazza Oberdan lato via Carducci, in via del Teatro Romano, in Riva del Mandracchio davanti alla Stazione Marittima, in piazza Hortis, in Riva Ottaviano Augusto a pochi metri dalla Stazione Rogers, in piazzale 11 settembre a Barcola, particolarmente gettonati con l'avvio della stagione balneare. E ancora in viale XX settembre nella zona del Teatro Rossetti, in via Cumano in prossimità dei musei, al park Bovedo di viale Miramare, in Porto vecchio sia nel piazzale principale sia accanto alla rotonda.

MI.B.

 

Europa verso il divieto -  Addio alle auto diesel e benzina a partire dal 2035
Bruxelles Benzina e diesel addio. Le auto tradizionali potrebbero uscire di scena se la Commissione europea confermerà le proposte per una mobilità sostenibile che circolano sotto forma di bozze. Lo stop alla produzione di veicoli con motori a combustibili fossili dovrebbe scattare nel 2035, quale misura del più ampio pacchetto per la sostenibilità che l'esecutivo comunitario presenterà il mese prossimo (14 luglio). Il commissario responsabile, Frans Timmermans, mantiene il massimo riserbo. Si limita a garantire che si tratterà di una proposta che riguarderà ogni modalità di trasporto.

 

 

Economia sostenibile - Generali, addio alle centrali a carbone in Repubblica Ceca
Generali non fornirà più la copertura assicurativa alle centrali elettriche a carbone della utility Cez Group nella Repubblica Ceca. Le due compagnie che finora assicuravano gli impianti, Generali Ceska e Ceska Kooperativa (gruppo Vig), hanno raggiunto un'intesa con Cez, che ha trovato soluzioni assicurative alternative finché le centrali non verranno dismesse, per ritirare la loro copertura dall'anno prossimo. «Concordiamo con la comunità scientifica sulla necessità di una rapida decarbonizzazione, a partire dal settore dell'energia. Negli ultimi due anni abbiamo deciso di non rinnovare la copertura assicurativa di quattro gruppi legati al carbone dai quali non abbiamo ottenuto una risposta soddisfacente su loro piani di transizione. Aggiorniamo costantemente la nostra strategia per combattere la crisi climatica», afferma Generali Ceska in una nota. Prosegue così il processo di uscita dal settore del carbone e più in generale da quelle attività che hanno un impatto particolarmente negativo sull'ambiente da parte del gruppo triestino. L'esposizione assicurativa ai combustibili fossili a livello globale del Gruppo Generali è inferiore allo 0,1% dei premi danni, ha spiegato la compagnia di Philippe Donnet. I vertici Generali hanno chiarito nell'ultima assemblea di avere interrotto i rapporti di business con quattro aziende su otto che non avevano presentato piani per una transizione giusta, come riportato nella Relazione Annuale Integrata 2020. Nel periodo 2018-2020 il Leone ha realizzato 6 miliardi di euro di nuovi investimenti green e sostenibili, superando con un anno di anticipo l'obiettivo strategico di 4,5 miliardi di euro entro il 2021.

pcf

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2021

 

 

Il parco pubblico del Rio Ospo si affida a una nuova gestione
Manutenzione e pulizia in capo alla Cooperativa Querciambiente che si avvarrà de L'Altra Italia Ambiente, dell'Hockey Club e della ditta Patrizia Cattaruzza
MUGGIA. Si prospetta un'estate a pieno ritmo e di possibile ulteriore sviluppo per il parco del Rio Ospo, che non è solo la struttura pubblica più estesa della provincia con spazi espressamente dedicati ai cani, ma che è stato pensato appunto anche come un autentico parco pubblico attrezzato affinché la collettività possa usufruire dei diversi servizi presenti e partecipare a eventi, manifestazioni e iniziative organizzabili in loco. Inaugurato nel luglio del 2014, il parco - situato alla foce del corso d'acqua che rappresenta il "limes" con l'Istria - è una maxi area da quasi 18 mila metri quadrati che il Comune di Muggia ha in concessione dall'Autorità portuale fino al 31 dicembre 2022. Area per la quale l'ente rivierasco si era avvalso finora - per l'attività di custodia, pulizia e manutenzione ordinaria - della collaborazione a titolo gratuito dell'Interland Consorzio Cooperativa Sociale, collaborazione autorizzata a propria volta dalla stessa Autorità portuale. Scaduta la convenzione con il precedente gestore dell'area, sarà ora la Cooperativa Querciambiente a occuparsi del parco per quanto concerne la stagione estiva 2021, fino a ottobre di quest'anno, oltre a dare avvio a una fase di co-progettazione finalizzata ad assicurare continuità e stabilità nel tempo proprio nell'ottica di un un'attenta gestione e di un preciso sviluppo dell'area stessa. Allo scopo di rendere tale parco il migliore luogo possibile della zona per lo svago e il relax, tra l'azzurro del mare e il verde della rigogliosa e curata vegetazione dell'area, la manutenzione del verde pubblico e dei manufatti presenti, la periodica svuotatura dei cestini nonché la pulizia dell'intero comprensorio saranno, quindi, in carico alla cooperativa sociale triestina, che ha peraltro la sua sede operativa proprio a Muggia. Per la co-progettazione e il piano di valorizzazione dell'area, inoltre, la Querciambiente sarà accompagnata quest'estate da altri tre soggetti, ossia l'Associazione L'Altra Italia Ambiente, l'Asd Hockey Club Trieste e la ditta Patrizia Cattaruzza che, collettivamente e singolarmente, si occuperanno di programmare attività educative, ricreative, sportive e ludiche nel parco stesso.«Si tratta di un'area - evidenzia l'assessore alla Valorizzazione del patrimonio Stefano Decolle - che in questi anni è stata restituita alla comunità come zona gratuita, ed è stata fatta crescere, nel rispetto della natura, come luogo funzionale, pubblico, libero e per tutti». Un'area che, rimarca Decolle, ora «sarà riqualificata ancor di più grazie alla titolarità che quest'amministrazione ha ottenuto su Molo Balota, così come quella guadagnata sulla Sp 14 sarà funzionale allo sviluppo della nostra costa, dove a breve sarà restituita alla comunità un'altra zona pubblica, gratuita, libera e per tutti, e parlo del parco di Acquario». Su quest'ultimo punto l'assessore apre anche uno spiraglio sulla "questione" senso unico in direzione Lazzaretto: «Personalmente credo che i tempi siano ora maturi anche per una sperimentazione di una nuova viabilità che veda testare per l'appunto il senso unico in direzione Lazzaretto». Il parco del Rio Ospo, negli anni, è stato protagonista di diverse opere di riqualificazione che hanno visto, tra l'altro, la posa a dimora di piante per siepe a cosiddetta "mitigazione ambientale" e di un camminamento con piastre anti-trauma, la realizzazione di due "ring sgambatura" per cani e di box singoli per lo stazionamento degli stessi. Dotato di un'area gioco per bambini e di un campo di beach volley, è munito pure di tavoli e panchine per riposo e pic-nic e di un chiosco risto-bar, fresco di riverniciatura.

Luigi Putignano

 

 

Nuovi binari vicini alla Val Rosandra: 2TDK a San Dorligo - l'audizione
Sarà una seduta del Consiglio comunale di notevole importanza quella in programma stamani alle 9 (con l'opzione online) nell'aula del Municipio di San Dorligo della Valle. Saranno presenti infatti, per rispondere ai quesiti che saranno loro posti dai consiglieri, i membri della Direzione della 2TDK, l'azienda slovena che sta gestendo il discusso cantiere per la costruzione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria- Divaccia, che corre vicino alla Val Rosandra. L'incontro si è reso opportuno, viste le notevoli polemiche esplose negli ultimi mesi, dopo che i Verdi italiani e sloveni hanno sollevato una serie di problematiche di natura ambientale riferite al progetto.

(u.sa.)

 

 

Tana delle nutrie a Rabuiese tappata con reti e sassi
La denuncia dei volontari che si occupano della sterilizzazione: «Senza il nostro intervento sarebbero morte di fame»
Procede il progetto di sterilizzazione delle nutrie del Rio Ospo. In questi giorni, però, proprio durante un tentativo di cattura dei roditori che i volontari effettuano per procedere appunto alla sterilizzazione, è stato scoperto che l'ingresso di un ricovero era stato ostruito da una rete e da dei grossi massi. Con l'obiettivo raccapricciante di causare una morte di stenti delle nutrie all'interno delle proprie tane. A raccontare l'increscioso è stato Christian Bacci, uno dei volontari che ha scoperto la "trappola mortale": «Io e altri due volontari, Marco Debernardi e Lorenza Pisanello, eravamo andati a tentare la cattura di una nutria come ogni mercoledì, per il progetto NutriAmoSperanze. Il progetto mira a contenere il numero delle nutrie tramite sterilizzazione ed è sottoscritto da Comune di Muggia, MujaVeg ed Enpa». Si tratta di un progetto alternativo al piano di eradicazione regionale che prevede l'abbattimento delle nutrie, ed è concordato con Regione e Ispra. «Ieri - prosegue Bacci - siamo arrivati nei pressi del centro commerciale Arcobaleno sul torrente Rabuiese e abbiamo notato che ignoti avevano posizionato una rete in metallo, bloccata con pesanti pietre, proprio all'uscita di un pluviale del parcheggio del supermercato Famila, dove le nutrie notoriamente si ricoverano durante i momenti più caldi della giornata. All'interno del tubo c'era almeno una nutria che cercava di uscire. Se noi, o qualcun altro, non fossimo intervenuti per liberare la tana, sarebbero morte di inedia». Per quanto esista un piano di eradicazione regionale, spiega Bacci, «questo non si applica alle nutrie di Muggia in considerazione del progetto sperimentale in atto». In ogni caso anche nel resto della Regione la soppressione va fatta secondo determinate procedure e da personale autorizzato, sennò si può essere soggetti all'articolo 544 bis del Codice penale. «Sono molte le famiglie che portano i bambini a vedere le nutrie proprio in questo posto», stigmatizza il volontario: «È questo quello che vogliamo trasmettere alle future generazioni?».

lu.pu.

 

 

Dentro l'impianto che non dorme mai dove i rifiuti diventano energia elettrica

Il termovalorizzatore di via Errera brucia ogni ora 8 tonnellate e mezza di immondizia. Tre caldaie e una turbina compiono la trasformazione.

Un grande salvagente rossiccio rimane impigliato nell'impressionante morsa del "ragno" d'acciaio, che continua imperterrito il suo lavoro, affondando la presa in una montagna di circa seimila tonnellate di rifiuti, che finiranno la loro corsa sul pianeta Terra in forni a 900 gradi. Il tutto sotto gli occhi vigili dei gruisti che, da una sala di vetro sospesa che ricorda la cabina di pilotaggio di un aereo, selezionano i rifiuti e li fanno finire tra le "fauci" del ragno, manovrando, con piccoli ma sapienti movimenti, una leva che assomiglia a un joystick. Siamo nel cuore e nell'area più spettacolare del termovalorizzatore di Hestambiente (gruppo Hera), in via Errera, nella zona industriale di Trieste. Un impianto inaugurato nel gennaio del 2000, dove vengono raccolti, inceneriti e trattati i rifiuti urbani non differenziabili della città, ricavandone energia elettrica: una quantità importante, pari ai consumi di circa un quarto delle famiglie triestine. Il colpo d'occhio, dalla sala gruisti, è forte: sotto si estende, nella sua imponenza, la fossa, con una capacità teorica di contenere fino a 10 mila tonnellate di rifiuti, «anche se non si arriva mai a questi numeri - spiega Livio Russo, responsabile dei termovalorizzatori di Trieste e Padova della società - e ci si aggira solitamente attorno al 50% della capienza». Carte e cartoni, bottiglie, scatole, borse di plastica: in via Errera, nell'enorme impianto mangia-rifiuti triestino, si trova un po' di tutto. Qui arrivano circa 170 mila tonnellate di immondizia all'anno prodotte nelle case, che diventano appunto energia, attraverso un procedimento complesso che impiega 45 lavoratori diretti e una ventina di indiretti. Ma come inizia e come termina questo processo? Il primo passaggio si consuma poco dopo l'ingresso principale di via Errera: i camion e i camioncini contenenti i rifiuti (un carico può variare tra le cinque e le 20 tonnellate) entrano e si posizionano su una piastra metallica, una sorta di maxi bilancia sopra l'asfalto. Qui vengono pesati con il loro carico (lo saranno anche all'uscita, per verificare esattamente quanto materiale hanno conferito all'impianto) e, subito dopo, sono sottoposti a un controllo radiometrico, per accertare che non vi sia del materiale radioattivo (che eventualmente andrebbe separato e trattato a parte). Qui, come detto, arrivano solo i rifiuti urbani indifferenziati, oltre ai cosiddetti "sovvalli", ossia gli scarti della raccolta differenziata: una volta passato il controllo del peso e quello radiometrico, i mezzi salgono nell'area chiamata avanfossa, da dove scaricano, attraverso apposite porte, i rifiuti nella fossa. A questo punto entrano in campo i gruisti, che movimentano manualmente, attraverso una piccola leva, l'immondizia accumulata nella fossa per caricare i forni nei quali verrà bruciata. «È qui che si gioca uno dei momenti più importanti di tutto il processo - spiega ancora Livio Russo - perché è frutto di esperienza e attenzione: contano l'occhio e l'abilità degli addetti, che non possono semplicemente prendere dei rifiuti a caso, ma devono selezionarli e mixarli prima di gettarli nei forni. Il motivo è semplice: va inserito materiale che ha più o meno lo stesso potere calorifico, perché la temperatura all'interno dei forni deve mantenersi sempre in equilibrio. I gruisti con il tempo hanno affinato la capacità di capire il potere calorifico dei singoli oggetti a occhio e miscelare il carico in modo corretto». Nei tre forni presenti nell'impianto vengono bruciate 8,5 tonnellate di rifiuti all'ora. Di queste, il 22% circa diventa cenere che viene trattata in modo particolare per essere riutilizzata: trasferita in impianti specializzati, servirà per realizzare ad esempio i new jersey rossi e bianchi che si vedono nei cantieri stradali. Ma per il restante 78% i rifiuti arsi si trasformano in energia elettrica, grazie a tre caldaie che producono vapore che alimenta una turbina che a sua volta genera energia elettrica (i dettagli nell'articolo a destra). L'impianto di via Errera è sempre in funzione, notte e giorno, sette giorni su sette. «Dei rifiuti non si butta via niente - spiega Riccardo Finelli, responsabile comunicazione di AcegasApsAmga -. Va ribadita la necessità e l'importanza di differenziare i rifiuti a casa, perché quello è il primo passo cruciale per garantire la loro corretta gestione. Quello che non viene differenziato finisce al termovalorizzatore - conclude - ma non viene sprecato, anzi, è completamente riutilizzato in modo efficiente».

Elisa Coloni

 

Filtri e "docce" speciali per ripulire i fumi - E i dati sulle emissioni sono subito online
Le procedure che neutralizzano le sostanze inquinanti al centro di un iter votato alla sicurezza e alla trasparenza
Una produzione di energia elettrica pari a circa un quarto dei consumi delle famiglie triestine: sono i numeri del termovalorizzatore di via Errera, che brucia rifiuti, li tratta e li converte in energia che confluisce nella rete nazionale di Terna, arrivando così sotto nuova forma nella case degli italiani, triestini compresi. Tutto nasce dai potenti forni presenti nell'impianto, che inceneriscono le immondizie (non differenziate): i fumi scaldano l'acqua contenuta nelle grandi caldaie, che producono il vapore che poi alimenta la turbina che genera energia elettrica. Il processo di lavorazione e combustione dei rifiuti produce ovviamente delle emissioni: come viene garantito che ciò che esce dal camino dell'impianto, alto 100 metri, non impatti in alcun modo sulla qualità dell'aria che respiriamo? Viene assicurato con uno specifico trattamento dei fumi, per fare in modo, appunto, che non siano pericolosi per la nostra salute e l'ambiente. Dalle caldaie escono delle condotte che portano i fumi al trattamento. Nella prima fase, questi entrano in una torre di reazione all'interno della quale vengono immessi bicarbonato di sodio e carboni attivi, che eliminano le sostanze acide. Poi vengono fatti passare attraverso i filtri a maniche in gore-tex, nei quali depositano le particelle più piccole. Infine, la torre di lavaggio rappresenta l'ultimo passaggio della lavorazione dei fumi: questi vengono sottoposti a una doccia con soda caustica, per eliminare eventuali tracce di polveri sottili residue e altre sostanze acide, per un livello ulteriore di sicurezza. «Ciò che esce dal camino di questo impianto è assolutamente sicuro e non inquinante - sottolinea il responsabile del termovalorizzatore, l'ingegner Livio Russo -. Le emissioni, che sono abbondantemente inferiori ai limiti di legge, sono pubblicate in tempo reale sul sito internet di Hera Ambiente, per permettere a tutti i cittadini di verificare ogni giorno cosa esce da qui ed entra in atmosfera. È una questione di trasparenza cui teniamo molto, a garanzia dell'ambiente e della salute di tutti noi». «Il monitoraggio di tutto il procedimento si effettua nella sala di controllo - spiega Alessandro Freno, ingegnere dei processi -. Qui, attraverso sofisticati macchinari e computer teniamo sotto controllo 24 ore su 24 ogni aspetto, dall'arrivo dei rifiuti nell'impianto al funzionamento dei forni, fino alla produzione di energia elettrica, che si attesta tra i 105 e i 110 gigawattora all'anno. L'energia viene poi immessa nella rete di Terna per ritornare nelle case delle persone di tutto il Paese in un'altra forma».

El. Col.

 

 

Una impresa su cinque è attiva nella filiera dell'idrogeno a Nordest - INDAGINE DI INTESA SAN PAOLO
Trieste. Un'impresa nordestina su cinque è attiva nel settore delle fonti rinnovabili ed è coinvolta nella filiera dell'idrogeno. Il dato emerge da uno studio di Intesa Sanpaolo, secondo cui in queste aziende esiste una «propensione all'innovazione (un'azienda su quattro ha almeno un brevetto) e capacità di crescita superiori alla media del manifatturiero e anche alla media dei settori di appartenenza (principalmente meccanica, elettronica ed elettrotecnica). Il comparto delle energie rinnovabili è cruciale per la tradizione energetica e vede 400 aziende italiane che producono componentistica per impianti, per un fatturato complessivo di 23 miliardi di euro e quasi 60 mila occupati nel 2019. Secondo il rapporto «l'idrogeno rappresenta una nuova opportunità per il tessuto industriale italiano, in grado di generare una filiera competitiva, così come è avvenuto nell'ambito delle tecnologie rinnovabili». Senza considerare i big player, Intesa ha trovato circa 120 imprese della filiera dell'idrogeno per un totale di 7 miliardi di euro di fatturato e oltre 19 mila occupati al 2019: «L'Italia ha già raggiunto buoni risultati negli ultimi anni ma gli obiettivi al 2030 implicano che la capacità totale di produzione di energia rinnovabile venga quasi triplicata in 10 anni».

 

 

Bioest al Parco di San Giovanni. Musica, teatro e prodotti naturali

Domani e domenica si apre la storica fiera con espositori anche da Austria e Slovenia

In parte ridotta nei numeri ma consolidata nei contenuti. Appare così quest'anno la struttura organizzativa di "Bioest", la fiera del biologico e dei prodotti naturali, in programma domani e domenica nel parco di San Giovanni. Edizione numero 27, un progetto a cura dell'Associazione Bioest - Gruppo Ecologista Naturista di Trieste, organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste e con il supporto di Arci Servizio Civile. Un copione che si ripete quello di "Bioest", disegnato dalle cifre del pensiero ambientalista, da scampoli di musica, animazione, mostre, e dal corredo di espositori provenienti non solo dall'Italia ma dalla Slovenia, Austria e Croazia. «Quest'anno si prospetta una edizione ridotta rispetto alle precedenti annate - sottolinea Tiziana Cimolino, anima di "Bioest" - questo in termini di espositori presenti, un numero dimezzato in seguito alle difficoltà sorte durante il periodo della pandemia. Noi restiamo comunque una delle prime fiere del biologico a ripartire in Italia, siamo stati tra i primi a divulgare questi temi». Ad avvolgere il filo della due - giorni ci pensa il tema denominato "Tutti giù per Terra", un richiamo alle priorità del pianeta , tra salvaguardia e cultura da tramandare soprattutto alle nuove generazioni. Il piano della manifestazione si nutre poi di aspetti classici, dai laboratori ai mercatini, passando per le passeggiate e alle vetrine in salsa new age e spiritualità popolare. La ristorazione? Non manca ma pone l'accento, secondo costume, sulle istanze del veganesimo e del pensiero vegetariano. La fiera si espande in cinque delle aree del Parco di San Giovanni: Prato, Chiesa, Villas, Glicine e Rosa. Il taglio ufficiale del nastro è programmato alle 11 di domani, giornata che apre tuttavia i battenti dalle 10 con "Io mangio come voi", incontro con il Gruppo Mamme alla Pari, e che poi regala altri appuntamenti come l'animazione a cura del Teatro degli Sterpi, i laboratori con carta di riciclo o in terra cruda, la visita all'apiario di San Giovanni e la presentazione dei corsi della Associazione Arkai. Nel pomeriggio spazio ad altri laboratori, alla conferenza dell'Arci Servizio Civile e alla musica, quella a tinte Irish di Drunken Sailor e del folk di "Regalo di Ajosa". Domenica altri capitoli della saga socio - ambientalista. Alle 10 e alle 18 si passeggia all'insegna del "ChiWalking", e poi teatro di strada, Yoga dinamico con Paola Pisani, laboratori, animazione per i bimbi e incontri giocati in casa, ovvero sul tema della salute mentale e sui servizi a favore della comunità. Ulteriori informazioni sul sito www.bioest.org o scrivendo a info@bioest.org.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2021

 

 

Piano particolareggiato del centro storico: ok dell'aula di Muggia
Dieci i sì, sei i no. Le opposizioni contestano le disposizioni sugli infissi delle abitazioni e i vincoli della Soprintendenza
Muggia.È passata in Consiglio comunale la variante relativa al piano di recupero, regolamento dei dehors e per l'abbattimento delle barriere architettoniche del centro storico muggesano. Non è stata una gestazione facile. Su 16 consiglieri presenti, 10 hanno votato a favore e 6 hanno espresso voto contrario. Il punto più contestato è stato quello relativo alla tipologia di materiale - solo legno - per gli infissi. Per il capogruppo dem Riccardo Bensi, «la bontà del piano particolareggiato è dimostrata dalla presentazione di sole 11 osservazioni e nessuna opposizione. Tuttavia resta l'amaro in bocca per vari motivi: primo perché la prima parte delle osservazioni non è stata accolta a causa anche del parere espresso dalla Soprintendenza, e mi riferisco a quelle sul tipo d'infissi da usare, in quanto queste decisioni devono essere prese tenendo conto delle realtà del territorio e dei bisogni reali dei cittadini; secondo perché le osservazioni che non potevano essere accolte perché non attinenti al piano particolareggiato erano del tutto strumentali». «Piena soddisfazione per l'approvazione» da parte del capogruppo ex Sel, Antonino Ferraro, anche se «con il rammarico di non aver visto accogliere da parte della Soprintendenza alcune osservazioni avanzate dai nostri concittadini». Dall'opposizione, per il capogruppo FdI Nicola Delconte, che ha sollevato la questione dehors, «il piano presenta gravi lacune a partire dal rapporto con la Soprintendenza che non valuta le ricadute economiche delle assurde scelte che impone, come la riduzione delle concessioni per i tavolini in piazza. Porteremo la questione in Regione». Secondo il consigliere leghista Giulio Ferluga, «alla fine la maggioranza ha approvato una scatola svuotata delle sue parti più utili e interessanti. L'attuale maggioranza ha però preferito approvare il piano particolareggiato subito, senza cercare prima di risolvere con la Soprintendenza». Voto contrario anche dalla civica Roberta Tarlao, che ritorna sugli infissi, perché «nonostante fossimo stati rassicurati su alcune migliorie e agevolazioni come l'utilizzo di materiali simil-legno soprattutto per i piani strada oramai soggetti ad allagamenti, alla fine ne è scaturito un problema di non conformità al piano paesaggistico regionale». Infine per l'ex dem Marco Finocchiaro, «il piano non interagisce con il resto della città consolidata, con la mobilità sostenibile ed il trasporto pubblico locale, e sembra avere una visione quasi medioevale di chiusura all'interno delle vecchie mura».

Luigi Putignano

 

 

Arriva la eco rivoluzione nei trasporti - È la strada per cercare di salvare il mare
Oggi a Genova l'evento targato Green&Blue. Dibattiti e interviste in diretta web dal Blue District del Porto Antico
GENOVA. La stanno ancora cercando, quella petroliera fantasma che ha lavato le cisterne al largo delle coste della Corsica. In mare adesso ci sono due enormi chiazze scure di greggio che si sono ormai estese per 20 miglia e rischiano di rovinare l'ecosistema dell'isola. Non serve andare dall'altra parte del mondo per avvertire la necessità di dover fare in fretta qualcosa se vogliamo salvare i nostri mari e i nostri oceani. Ed è un'esigenza ormai entrata anche nella testa delle aziende, non più soltanto dei gruppi ambientalisti. Per evitare che si ripetano casi come quello recentissimo della petroliera al largo della Corsica, o quello più pesante che ha visto l'affondamento di una portacontainer al largo delle coste dello Sri Lanka e lo sversamento in mare di tonnellate di prodotti nocivi, è la stessa industria del trasporto marittimo che sta provando a darsi delle regole. Il percorso è accidentato: l'Occidente spinge per regole più strette e un taglio netto delle emissioni, ma diversi Paesi asiatici - e non solo - preferirebbero maglie più larghe. Sta di fatto che qualcosa - forse ancora troppo poco - si sta muovendo. E gli armatori e gli azionisti sulla tolda di comando delle mega navi che trasportano passeggeri e merci nel mondo, provano ad attrezzarsi. A volte con l'aiuto dei governi, più spesso con le proprie forze. L'Italia non fa eccezione e sta cercando di svecchiare la flotta dei traghetti che attraversa Tirreno e Adriatico ormai da troppi decenni. La sfida è mettere insieme i protagonisti di questa annunciata eco rivoluzione così da evitare che rimanga ferma nel mezzo della difficile attraversata. E al tempo stesso aumentare la sensibilità individuale, perché poi sono anche i comportamenti singoli a pesare sullo stato di salute dei mari. Lungo questi fili conduttori si dipanerà l'evento "Un Oceano da salvare" di Green & Blue, l'hub del gruppo Gedi dedicato alla sostenibilità. Genova è il teatro di questo appuntamento in diretta dal Blue District del Porto Antico a partire dalle ore 18 e che potrete seguire collegandovi a www.greenandblue.it.Il direttore del Secolo XIX Luca Ubaldeschi condurrà il dibattito sulle strategie da mettere in campo per salvare gli Oceani, cercando anche di approfondire le motivazioni che dovrebbero spingerci naturalmente verso quello scopo. E infatti il sindaco di Genova Marco Bucci, appassionato velista e in prima fila per l'organizzazione della tappa della regata The Ocean Race, farà gli onori di casa. Poi toccherà a Fabio Pozzo, giornalista de La Stampa, che attraverso le parole e i racconti di Alex Bellini e le fotografie di Alessandro Rota, cercherà di far raccontare il mare in tutti i suoi risvolti. Bellini è l'esploratore italiano per antonomasia, capace di attraversare l'Oceano in solitaria. Rota invece narra attraverso le immagini la parte più nascosta del mare: i fondali. Federica Brignone, la vincitrice della Coppa del Mondo di sci alpino, lega la montagna e il mare con il progetto "Traiettorie Liquide", grazie al quale si batte contro l'inquinamento dell'acqua. Laura Castellano è la biologa responsabile Mediterraneo e Acque Fredde dell'Acquario di Genova e con lei si potrà parlare della biodiversità dei mari. Luciano Pirovano, sustainable development director di Bolton Food, approfondirà invece il tema della pesca sostenibile e spiegherà le azioni del progetto "Insieme per gli Oceani" del WWF, rappresentato dal regional manager Alessandro Buzzi. La protezione dell'ambiente marino parte da terra ed è per questo che durante l'evento scopriremo i piani per elettrificare i moli dei porti commerciali del nostro Paese con i progetti di Enel spiegati da Sonia Sandei, head of Electrification del gruppo. Pietro Sibello, ligure di Albenga, randista di Luna Rossa e tra i più famosi marinai d'Italia, chiuderà l'evento che porterà Genova a consolidare il ruolo di capitale del mare.

Simone Gallotti

 

 

SEGNALAZIONI - Beni pubblici - Mobilitiamoci per l'acqua

Gentile direttore,esattamente 10 anni fa abbiamo votato per l'acqua pubblica, per difendere i servizi pubblici e i beni comuni. Per celebrare questo momento come Forum Beni Comuni Fvg abbiamo organizzato un evento via web per parlare di acqua ed energia nucleare. A che punto siamo? Con i relatori Marco Iob, coordinatore referendario per FVG e Dario Predonzan, ambientalista storico, abbiamo definito il quadro odierno per la nostra regione, ma anche quello delle politiche nazionali e internazionali sul tema. Oggi quella vittoria è più che mai sotto attacco. L'attuale versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza risulta in "perfetta" continuità con l'azione dei governi precedenti. Questa è tesa a disconoscere e tentare di cancellare l'esito referendario: un ulteriore incentivo verso la gestione mercantile dei beni comuni, un evidente mancato rispetto d ella volontà popolare. Non abbiamo ancora completato il recesso dal ciclo nucleare risolvendo in modo razionale e partecipato con le comunità locali l'eredità radioattiva di una stagione a nostro parere infausta. Oggi si riprende l'ipotesi di rilancio del nucleare sotto varia forma, sia per la produzione di energia elettrica che della filiera dell'idrogeno. I cittadini dieci anni fa si sono espressi con il referendum: contro il nucleare civile e militare. Un'occasione di dibattito, anche per la nostra città: un modo per rimettere al centro i ragionamenti su servizi e spazi pubblici, sull'idea di città solidale e accogliente che in questo anno e più di pandemia tante realtà hanno continuato a praticare, sui diritti negati che con ostinazione i cittadini intendono riprendersi. Questo anno ci ha compressi e provati tutti in diversi modi, nulla di più lontano da quella stagione referendaria in cui si stava sempre assembrati. Ma quei temi sono ancora attuali e quell'energia senz'altro scorre ancora.

Tiziana Cimolino - Forum acqua pubblica Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2021

 

 

Siderurgia- Laminatoio alle Noghere Cgil: «Subito un confronto»
Muggia. Continua a tenere banco la questione Noghere. Nei giorni scorsi si è tenuta la riunione tra la Cgil di Trieste e il Coordinamento Cgil di Muggia con punto all'ordine del giorno sulla valutazione dei nuovi insediamenti industriali nella Valle delle Noghere. «Crediamo - ha commentato il segretario camerale di Trieste, Michele Piga - che nuove iniziative industriali connesse ai traffici portuali del territorio con la filiera siderurgica del Fvg siano positive per l'economia e l'occupazione, vista l'attuale debolezza economica, come denunciamo da anni, ma comprendiamo che la questione tra lavoro, salute e ambiente necessita di percorsi partecipativi reali. Condividiamo le preoccupazioni espresse dai cittadini rispetto alla clausola di riservatezza contenuta nel protocollo di intesa che ha come capofila il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga». Intanto la Cgil ha già avviato un percorso di confronto con tutti i soggetti firmatari del protocollo di intesa. Il primo, tenutosi assieme a Cisl e Uil, con il Presidente Coselag Zeno D'Agostino unitamente al consiglio di amministrazione dello stesso, ha chiarito i tempi di realizzazione delle infrastrutture e le acquisizioni dei terreni inclusi nei fondi complementari al "Piano nazionale di ripresa e resilienza" e il loro utilizzo. Al fine di portare elementi concreti per la discussione da affrontare pubblicamente con i cittadini, le categorie della Cgil hanno chiesto un incontro con l'azienda direttamente interessata per valutare l'impatto dell'operazione sul territorio, in termini economici, lavorativi, ambientali e di viabilità».

Lu. Pu.

 

 

Cancellati 35 ettari di verde - A Fernetti si leva la protesta
Residenti, operatori e Comune contro il futuro insediamento produttivo appena oltre confine. «Rumori, vibrazioni e nessuna informazione sul progetto»
MONRUPINO.  Un polmone verde di 35 ettari, ricco di alberi secolari e doline, trasformato, in un paio di mesi, in un deserto destinato ad accogliere insediamenti industriali e artigianali, a pochi passi dal confine con l'Italia. Rumori e vibrazioni, provocati dai mezzi che operano nell'area, registrati dai proprietari delle case e delle attività esistenti sul versante italiano. La sindaca di Monrupino, Tanja Kosmina, che lamenta «l'assoluta mancanza di informazioni relative al progetto». Esplode violenta, a Fernetti, la polemica causata dal cantiere avviato in territorio sloveno, a ridosso della linea confinaria con l'Italia. A farsi carico della protesta è un folto gruppo di residenti, formato da chi vive e lavora nel territorio comunale di Monrupino, a ridosso del confine, da italiani che hanno scelto di andare ad abitare a Orlek, frazione del Comune sloveno di Sesana, e da sloveni le cui case sono collocate proprio a ridosso della zona in cui si sta alacremente scavando.«Nel giro di poche settimane - spiega Marco Gregoretti, titolare del pubblico esercizio collocato nel piazzale dell'ex confine di Fernetti e proprietario del terreno che confina con la Slovenia, proprio nel punto in cui stanno operando gli scavatori dell'impresa incaricata dello sbancamento - abbiamo visto scomparire alberi e cespugli, per fare posto a una triste distesa di terra, grande appunto 35 ettari, destinata ad accogliere insediamenti di cui non si conosce la natura». E qui si alza, forte, la voce di Kosmina: «Mi sono rivolta a tutte le autorità competenti - precisa - ma nessuno ha saputo darmi una risposta adeguata. Le forze dell'ordine italiane che operano nella zona mi hanno detto di essere all'oscuro del progetto. Il sindaco di Sesana, David Skabar, con il quale ho sempre avuto proficui contatti, in questo caso tace. Sono molto preoccupata - insiste - perché, quando questo nuovo insediamento sarà operativo, il nostro piccolo Comune sarà stretto fra l'autoporto di Fernetti e i capannoni che sorgeranno nell'area oggi in fase di trasformazione. In sostanza Fernetti sarà in mezzo a una morsa». «Ci troveremo al cospetto di una realtà - riprende Gregoretti - di cui non conosciamo le caratteristiche, con mezzi pesanti che si muoveranno a tutte le ore del giorno e della notte, causando un inevitabile inquinamento atmosferico. Tutto questo - prosegue - senza pensare all'aspetto demografico. Se dovessero arrivare centinaia di lavoratori, con famiglie al seguito, quest'area, in cui c'è sempre stata tranquillità, potrebbe vivere una metamorfosi molto profonda. Auspichiamo - conclude - che i progettisti abbiano pensato a una fascia cuscinetto, in grado di preservare le nostre case». Contattato, anche il console della Slovenia a Trieste, Vojko Volk, dichiara di essere totalmente all'oscuro delle caratteristiche del progetto: «Non le conosco - è la sua risposta -, del resto non è mio compito occuparmi di quanto avviene in Slovenia. Il mio ruolo è ben diverso e consiste nell'occuparmi degli sloveni che vivono e operano a Trieste». «Nemmeno il cartello sistemato all'ingresso del cantiere - è la chiosa di Kosmina - fa capire qualcosa che vada oltre al nome dei progettisti. Restiamo in trepida attesa di saperne di più».

Ugo Salvini

 

 

Alle 19 - Plastica alternativa all'Aperiblu

All'interno del festival "MareDireFare", in corso fino al 20 giugno, sono previsti alcuni momenti di approfondimento. L'Antico Caffè San Marco ospiterà il ciclo Aperiblu, una "degustazione scientifica". Oggi, alle 19, si terrà l'incontro su "Plastica alternativa" con Federica Nasi, Alessandra Giorgetti, Chiara Altobelli (Ogs) e Maurizio Spoto (Amp Miramare). Nell'incontro parleremo di plastica, dei progetti per misurare i rifiuti in mare e dei problemi per gli organismi acquatici, con un menù a base di plastica alternativa.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 15 giugno 2021

 

 

Spiagge e Fondali Puliti 2021 di Legambiente : centinaia di azioni di pulizia dal 14 al 16 maggio in tutta Italia, e anche in Friuli Venezia Giulia.

I volontari hanno raccolto rifuti di ogni genere sulla spiaggia di Canovella de' Zoppoli (Comune di Duino Aurisina).
In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine aprile su 47 spiagge
italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia.
A Canovella sono stati censiti ben 1.046 rifiuti, in gran parte di plastica: soprattutto pezzi di reti
per la coltivazione dei mitili, frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori
di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc.
L’indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science,
ovvero il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e
cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo
scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, a cui ogni anno vengono
trasmessi i dati dell’indagine per completare il quadro a livello europeo.
I rifiuti censiti da Legambiente sono di ogni forma e tipo, per lo più usa e getta, legati principalmente
agli imballaggi, al consumo di cibo e ai rifiuti da fumo: dalle bottiglie ai contenitori e tappi di plastica,
dai mozziconi di sigaretta ai calcinacci e ai frammenti di vetro, per arrivare a dischetti, guanti e
mascherine. La plastica resta il materiale più trovato dei rifiuti spiaggiati. Su circa un terzo delle
spiagge campionate, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati,
mentre sul 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti
riconducibili all’emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state rinvenute sul
68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%.
L’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge resta, insieme all’emergenza climatica, l’altra
grande questione ambientale e mondiale da affrontare con interventi e politiche mirate e quasi la metà
dei rifiuti spiaggiati monitorati sono proprio i prodotti al centro della direttiva europea sulla plastica
monouso, ossia prodotti usa e getta, dalle bottiglie di plastica alle stoviglie, dai mozziconi di sigaretta ai
cotton fioc, solo per citarne alcuni. Per questo Legabiente chiede a gran voce che l’Italia emani
entro il 3 luglio 2021 il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea pensata per
bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso su
tutto il territorio nazionale.
Il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito da quei prodotti usa e getta al
centro della diretta europea, detta anche SUP (Single Use Plastics), che prevede a riguardo misure
specifiche. Per le bottiglie e i contenitori di plastica, inclusi i tappi (e anelli)– ne sono stati trovati
oltre 5000 sulle spiagge monitorate da Legambiente - è stato proposto l’obiettivo di raccolta del 90% al
2025 e si dovrà riciclare almeno il 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029, con un target
intermedio del 77% al 2025.
Per prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta
gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali
puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter e si
attivano per ripulire le spiagge.
Sabato 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno
raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella
de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2021

 

 

Traffico di rifiuti in Friuli - Un arresto e 23 indagati - Chiusi 2 depositi abusivi - indagine della procura di Trieste
Ventitre inquisiti, un arrestato e due depositi abusivi chiusi per traffico di rifiuti. L'operazione, coordinata dal sostituto procuratore Federico Frezza, è stata messa a segno in Friuli dalla Procura di Trieste, competente per materia in regione. Dei 23 indagati, 14 sono ghanesi, 4 camerunensi, 2 ivoriani, 2 nigeriani e 1 italiano. Risiedono tutti in provincia di Udine, tranne due (residenti a Gorizia e Firenze). L'arrestato, scoperto dagli agenti della polizia stradale in flagranza di reato, è un camerunense di 47 anni che vive a Majano. I due depositi abusivi di rifiuti chiusi dall'autorità giudiziaria si trovano a Udine e a Pradamano; contenevano svariate tonnellate di pneumatici da smaltire e centinaia di batterie esauste. L'inchiesta del pm Frezza aveva avuto origine nel 2019, quando gli agenti avevano notato un numero anomalo di furgoni che trasportavano vecchi pneumatici. Insospettiti dai numeri del fenomeno, i poliziotti avevano seguito i mezzi e individuato la destinazione della merce. Decine le persone coinvolte nel recupero e nello stoccaggio di pneumatici. Il materiale veniva poi caricato a bordo di container per raggiungere i porti di Genova, Gioia Tauro e Trieste. Qui venivano collocati su navi cargo dirette verso i porti africani (Camerun e Ghana prevalentemente). Nel corso delle attività di indagine la polizia stradale di Udine è riuscita a fermare e sequestrare presso gli scali di partenza numerosi container che nascondevano decine tonnellate di pneumatici fuori uso per un giro d'affari di straordinaria ampiezza. Complessivamente sono state sequestrate 120 tonnellate di pneumatici e centinaia di batterie esauste.

 

 

Laminatoio, scintille fra Forza Muggia e la sindaca Marzi
MUGGIA. All'indomani della manifestazione di Aquilinia che, stando agli organizzatori, ha portato in piazza oltre 200 manifestanti, arrivano le prime reazioni dal mondo politico rivierasco. Ed era prevedibile che arrivassero, tenuto conto che tra una manciata di mesi ci saranno le elezioni amministrative, e ad oggi la politica locale in maniera trasversale non si è espressa con convinzione sulla questione del laminatoio, anche perché oltre a un opuscolo di 12 pagine, non sono trapelate chissà quante informazioni sul progetto. C'è attendismo quindi. Così il coordinatore di Forza Muggia, Andrea Mariucci: «Sul progetto del laminatoio a caldo nella valle delle Noghere la giunta Marzi questa volta ascolti il parere dei muggesani. Non ripeta gli errori fatti in passato con la raccolta differenziata e altre scelte che sono state calate sul territorio. Questa volta i cittadini devono avere la possibilità di essere informati su ogni dettaglio e di esprimere il proprio parere, di cui un buon sindaco deve sempre prendere atto». Pronta la risposta della prima cittadina Laura Marzi: «Mariucci può solo testimoniare che su questo argomento e su altri io ho sempre voluto informare la popolazione informando chi, come i capigruppo, sono chiamati dal sistema democratico su cui sono costruite le nostre Istituzioni a rappresentare tutti i cittadini, di tutti gli orientamenti politici. E così continuerò a fare fino alla fine del mio mandato». Si prospetta un'estate rovente sulla questione, anche alla luce del trend di crescita del numero di manifestanti tra la prima e la seconda manifestazione.

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2021

 

 

Aquilinia, la protesta dei residenti contro l'acciaio alle Noghere
Partecipata assemblea pubblica indetta da Trieste Verde sul possibile insediamento di Metinvest
MUGGIA Un'assemblea, quella di Trieste Verde, molto partecipata: si è tenuta ieri mattina ad Aquilinia per trattare la questione del possibile insediamento del laminatoio alle Noghere, e ha potuto contare sul supporto del neocostituito Comitato Noghere. In tanti si sono riversati nello spiazzo davanti alla farmacia della frazione per dire no all'arrivo della fabbrica di Metinvest in un'area che nel corso degli anni ha subito numerosi sfregi ambientali, i cui risultati sono ancora sotto gli occhi di tutti, con un'area inquinata tra le più importanti del Paese. Abbiamo sentito la voce di chi ad Aquilinia e alle Noghere vive: «Siamo molto preoccupati - spiega Nicla D'Incecco, tra i manifestanti - sia dal punto di vista ambientale, perché si agirà su terreni già inquinati, e poi perché l'insediamento è previsto a pochi metri dall'abitato e da laboratori artigianali come Ulcigrai, Amigos. È inquietante inoltre il livello di segretezza imposto dagli enti coinvolti». Sul fronte occupazionale, sempre D'Incecco, sostiene che «bisognerebbe sapere quanti muggesani effettivamente lavorino al Montedoro Freetime e da Barilla, insediamenti che al tempo del loro arrivo avrebbero dovuto occupare soprattutto i muggesani». Anche Daniel Giurgevich è preoccupato e arrabbiato per la piega che sta prendendo la situazione: «Ho un figlio di 4 anni e una casa costruita con il sudore della mia famiglia, in una zona di pace e verde, tutta la vita di sacrifici per avere un po' di natura e libertà, e ora pensare di avere rumore e inquinamento mi strazia l'animo. Mi opporrò con tutte le miei forze per bloccare questa costruzione». Per Marina Furlani «è ora di finirla con il solito ricatto lavoro-salute. Mi chiedo se la finiranno mai di tormentare noi e il nostro piccolo territorio, spesso in balia di strane cordate e progetti con il fine magari di prendersi una fetta di recovery per poi lasciare solo macerie desolate e inquinate come si è il sempre verificato qui a Trieste e Muggia. Penso che sarebbe più utile e redditizio il lavoro di bonifica, non possiamo diventare il terzo mondo». Infine per Fulvio Stefani l'insediamento «è una cosa improponibile», ma mestamente ritiene che «se hanno deciso di insediare lo stabilimento lo faranno a tutti i costi». Maurizio Fogar, del circolo Miani e Trieste Verde si è detto soddisfatto di quanto visto ieri mattina: «sono arrivate 220 persone, contate una ad una, da noi e dalla Polizia - con l'incontro che è andato al di la delle più rosee aspettative. Per darvi un'idea del clima che si è respirato - ha sottolineato - il Comitato Noghere è passato da 8 a 54 componenti, con le persone in fila per aderire al gruppo promotore, e ad offrirsi per le attività di pubblicizzazione e distribuzione dei 4000 nuovi volantini informativi per la prossima assemblea che si terrà domenica 27 giugno nel cuore di Muggia, alle ore 11, in piazza della Repubblica. In quell'occasione - ha specificato Fogar - si punterà a informare, sensibilizzare e coinvolgere la popolazione sull'annunciata acciaieria "green ma non troppo" alle Noghere e sui dragaggi sui fondali del Vallone di Muggia che sono formati da metri stratificati di fanghi tossici, con tutti i rischi che ne conseguono».

Lu.Pu.

 

«Trasparenza inesistente» e Fogar va in Procura - l'esposto
Muggia. Lo scorso 3 giugno Maurizio Fogar, a nome di Trieste Verde e Circolo Miani, ha presentato un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Trieste con la quale si chiede, relativamente al protocollo d'intesa siglato tra Regione Fvg, Comune di Muggia, Coselag, Autorità portuale, Metinvest e Danieli, e specificatamente al capitolo ottavo dello stesso protocollo relativo all' "obbligo di riservatezza", se sussista l'ipotesi di reato, perché venuto meno l'obbligo di trasparenza, pubblicità e diritto di accesso agli atti da parte di enti pubblici coinvolti. Fogar ha definito «un tradimento della Costituzione la sottoscrizione del protocollo d'intesa da parte di quattro enti pubblici, due elettivi e due di nomina».

Lu. Pu.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2021

 

 

Magazzini Greensisam destinati alla Regione: il valore totale raddoppia
Una delibera dell'assessore Giorgi modifica il Piano comunale delle alienazioni: l'edificio numero "2" in Porto vecchio passa da 2,7 a 4,4 milioni e il "4" da 2 a 5
Tanto per gradire, "Villaggio Greensisam" in Porto vecchio raddoppia il valore degli edifici destinati alla Regione. Una delibera pirotecnica illumina il cielo dell'immobiliare comunale: tra variazioni di stima e nuovi beni avviati sul mercato, ecco una manovra "aggiornativa" del Piano alienazioni-valorizzazioni che significa, sommando le modifiche in più e in meno, un movimento superiore ai 5,5 milioni. Dalla prossima settimana l'assessore Lorenzo Giorgi dovrà attrezzarsi a un lungo viaggio che toccherà le circoscrizioni, le commissioni competenti, l'aula del Consiglio comunale. Scelte e numeri che è presumibile accenderanno un vivace dibattito. Per ottenere rapidamente quotazioni affidabili, la civica amministrazione si è affidata a professionisti esterni. Le partite più interessanti, in termini di modifica valutativa, riguardano i due magazzini del "villaggio Greensisam" in Porto vecchio pronti a transitare alla Regione Fvg, villa Cosulich, l'ex mensa Crda, l'immobile all'angolo tra via Gatteri e via Giotto.Subito una sorpresa, probabilmente non entusiasmante per la Regione, che ieri l'altro si è messa in contatto con la dirigenza comunale per capire l'evolversi degli eventi: la nuova stima dei magazzini nel "quartiere Maneschi", all'inizio del Punto franco vecchio di fianco al Molo IV, acclara che il "2" sale da 2,7 a 4,4 milioni e il "4" cresce addirittura da 2 a 5 milioni. La qualcosa implica che il valore dei due immobili, in predicato di passare alla Regione desiderosa di trasformarli in uffici, s'impenna di ben 4,7 milioni. La perizia non è frutto di una supposizione razzolata negli anfratti catastali, ma di quanto elaborato dal professor Stefano Stanghellini, uno dei più apprezzati esperti nazionale di estimo. Lievita anche l'ex mensa Crda in via Carli, firmata da Marcello D'Olivo, da 2,6 a 2,8 milioni. Irrilevante la modifica di un locale d'affari in via Biasoletto, cresciuto da 11.000 a 12.600 euro. In compenso la delibera di Giorgi, messa a punto dal dirigente del servizio Luigi Leonardi, riporta alcuni significativi "meno". A cominciare da villa Cosulich in strada del Friuli, più che dimezzata da quasi 2 milioni a un clamoroso 904.000 euro, proseguendo con l'edificio Gatteri-Giotto, dove una volta funzionava un centro civico, che flette da 1,3 a poco più di 1 milione di euro. Passiamo ai «nuovi cespiti da valorizzare», come intitola il paragrafo dedicato a sei proprietà che verranno messe all'asta. La pietanza più prelibata è sicuramente l'ex Duke, lo stabilimento salumiero che il Comune acquistò alcuni anni fa dall'Ezit in liquidazione per 1,2 milioni con l'obiettivo di trasformarlo in mercato ortofrutticolo e di liberare così l'area annonaria di Campo Marzio (quotata sulla carta 26 milioni). Il Municipio intende rivendere l'ex Duke a 1,5 milioni: fonti della civica amministrazione parlano di un possibile compratore, che sarebbe il corriere Gls, attualmente stanziato in via Morpurgo.La cessione della dismessa realtà alimentare sottende un tema avvincente: poiché Dipiazza è fermamente convinto di cedere Campo Marzio che andrebbe riconvertito in albergo-parcheggio-wellness, dove finirebbe allora il mercato ortofrutticolo, che, per quanto non più vivace come una volta, ha pur sempre una quindicina di operatori attivi?Un'ipotesi da non scartare potrebbe essere quella dell'ex Manifattura Tabacchi, periodica candidata ad accogliere verdura e frutta in luogo di articoli da fumo, proprietà di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Se ne era parlato all'epoca cosoliniana, se ne era accennato durante il terzo mandato Dipiazza. Adesso c'è una novità che potrebbe riportare in auge la soluzione vicina al Canale navigabile: Francesco Fracasso, il "rigeneratore urbano" veneziano già all'opera in tre teatri cittadini (corso Saba, ex Conti, ex Maddalena), ha presentato un'offerta a Cdp per acquistare l'ex produttrice di sigarette. Suo alleato è Giovanni Rocelli, che ha comprato Italcementi insieme a Roberto Tassi. Cdp dovrebbe aprire le buste entro la fine di giugno. In febbraio Fracasso non aveva escluso che l'ex Manifattura potesse avere un destino alimentare.

Massimo Greco

 

 

La corsa al parcheggio gratis sulla bretella con lo slalom di ciclisti e runner fra le auto
Molto gettonati gli spazi ai lati del collegamento fra largo Santos e Centrale idrodinamica, anche dai lavoratori pendolari
Ciclisti e runner si fanno largo fra le tante macchine che sfilano avanti e indietro sulla strada di collegamento fra largo Città di Santos e la Centrale idrodinamica. La corsa al vaccino, ma non solo, ha reso questa che inizialmente era una passeggiata alternativa in centro città, un percorso pieno di insidie dovuto alla contemporanea presenza di pedoni e autovetture. Sono i pendolari che cercano qui un parcheggio prima di recarsi a lavoro, finendo con il creare un lungo serpentone di auto che dal vecchio ingresso del porto, nelle ore di maggiore affluenza, arriva fino al magazzino 26. «A regolare l'afflusso delle macchine c'è una segnaletica un po' vecchia risalente ancora alla gestione dell'Autorità portuale - specifica il comandante della Polizia locale, Walter Milocchi -. Ora la strada è di proprietà comunale ed è consentito parcheggiarvi, fatta eccezione per la parte iniziale vicina al Silos». Nel frattempo il tratto in questione si suddivide fra runner, ciclisti e automobilisti, che si ingegnano il meglio possibile fra le "sine" sporgenti della vecchia ferrovia del porto, buche, dossi e una segnaletica poco chiara. «Quando devo venire in centro parcheggio sempre qui - spiega Rudi Vittori - soprattutto da quando il prezzo del parcheggio del Molo Quarto è aumentato. Da quel giorno, come forma di protesta, ho deciso di venire a parcheggiare qui, faccio due passi in più e ci guadagno in salute». Positive le opinioni riscontrate riguardo la futura sistemazione della bretella. «Se si vuole ambire a diventare una città turistica è necessario iniziare da queste piccole cose - ci tiene a sottolineare Lara mentre è in sella alla bicicletta -: nuovi collegamenti, più piste ciclabili, ma soprattutto più spiagge. Senza di quelle non faremo mai il salto di qualità necessario a trasformarci in una vera città europea a vocazione turistica». Anche Mauro Delvecchio è solito tagliare per il Porto vecchio con la sua bici da corsa. «È un tratto di strada sempre più trafficato - racconta -, è sempre di più la gente che lo utilizza per cercare un parcheggio. Se lo rimetteranno a nuovo non potrà che giovarne tutta la città». Passa spesso per questa strada pure Marco, studente di San Donà, che una volta completati gli studi ha deciso di rimanere a Trieste. «Sono sempre più all'ordine del giorno i litigi fra automobilisti che cercano parcheggio - spiega -, i ciclisti e chi fa jogging. Oltre a sistemare la sede stradale, mi auguro che mettano ordine con percorsi specifici dedicati ad automobilisti, pedoni e ciclisti, in modo - conclude - da evitare situazioni spiacevoli in futuro».

Lorenzo Degrassi

 

Corsie pedonali e per le biciclette nei prossimi lavori da 10 milioni
Il tratto vedrà il via al cantiere in inverno. Progetto in fase di validazione - Il sindaco Dipiazza: «Tolto il vincolo dai binari, operazione in dirittura»
Nuove asfaltature, un percorso pedonale e un altro ciclabile, aiuole, sottoservizi. Quella che andrà in scena nei prossimi mesi sulla bretella che collega largo Città di Santos al Magazzino 26 e da lì al nuovo centro congressi è una vera e propria rivoluzione destinata a modificare l'aspetto della zona fra il Porto vecchio e il perimetro esterno della stazione ferroviaria. Si tratta di un progetto da quasi 10 milioni di euro. «A breve partiranno i lavori di quella che sarà l'entrata e l'uscita del Porto vecchio - spiega il sindaco Roberto Dipiazza -. Con un'arteria interna completamente rinnovata collegheremo largo Città di Santos alla Centrale idrodinamica e alla nuova rotatoria di viale Miramare». Non si tratterà di rendere soltanto più agevole il percorso per gli automobilisti. «Dal momento che quella strada è utilizzata sempre di più sia dai ciclisti che dai pedoni - prosegue Dipiazza - da qui la necessità che sul nuovo percorso venga realizzata anche una pista ciclabile che correrà parallela al muro della ferrovia». I lavori, superati i problemi legati soprattutto ai vincoli paesaggistici, dovrebbero partire nel giro di pochi mesi. «Naturalmente abbiamo dovuto fare mille acrobazie a causa del complesso iter burocratico - precisa il sindaco -, ora però siamo entrati nella fase finale dell'operazione e a breve andremo in gara. Attendevamo che fosse tolto il vincolo dai binari che attraversano la strada e che attualmente la rendono oltremodo sconnessa e pericolosa». «È in corso la fase di validazione del progetto - specifica il responsabile di Territorio, economia e ambiente del Comune, Giulio Bernetti -: si tratta di un'operazione da quasi 10 milioni di euro che nel giro di un mese dovrebbe andare in gara e poi, il prossimo inverno, avranno inizio i lavori. Ciò che è importante sottolineare è che non verrà rifatta solo l'asfaltatura della bretella, ma l'intero percorso sarà rimesso completamente a posto con annesso percorso pedonale, verranno impiantati nuovi alberi, realizzate delle aiuole, ricostruita la linea elettrica, il tutto partendo sempre dal varco di largo Città di Santos fino a davanti il magazzino 26». Oltre ai lavori in superficie verranno rifatti i sottoservizi fino al centro congressi. Riguardo al tema della sosta lungo la bretella, «verranno costruiti nuovi parcheggi nell'area - conclude Bernetti - ma solo attorno al magazzino 26, mentre quelli non ufficiali, presenti ora lungo la strada, saranno tolti per lasciare spazio alla pista ciclabile».

L.D.

 

 

La giovane Elisa ribelle solitaria che lotta per la Terra

La singolare testimonianza in piazza Cavana "Temo i cambiamenti climatici: agiamo"

«Quando di notte mi sveglio per l'ansia che mi causa la crisi climatica, mi domando se anche gli altri provino lo stesso. Se ci pensano, non ci pensano oppure cercano di non farlo. Ecco perché sono venuta qui». Elisa è un'attivista del movimento internazionale Extinction Rebellion, che ieri ha portato anche a Trieste l'iniziativa della ribellione individuale: una nota stampa spiega che ciò consiste nel fatto che alcune persone si seggano da sole, in mezzo al traffico oppure in luoghi pubblici come piazze e mercati, reggendo cartelli che esprimono le loro paure per guerre, miseria, fame e altre catastrofi che affliggono l'umanità. Elisa ha raccontato di avere 28 anni, di essere originaria del Friuli, di aver studiato ingegneria navale nell'ateneo giuliano e di lavorare attualmente come meccanico dei grandi motori. Ha portato la sua testimonianza in piazza Cavana, ma azioni analoghe sono già accadute in diverse altre città del mondo, stando a quanto si evince dai canali di comunicazione del movimento. La ragazza ha anche scritto una lettera, stampata in più copie, che ieri sono state distribuite ai passanti interessati. Ecco un estratto del testo: «Sono sicura che anche tu senti il mio terrore. Forse quando fa capolino cerchi di non pensarci ed evitare notizie che riguardano il cambiamento climatico, ma basta niente per svegliarlo. Ti prego, cerca di non soffocarlo. Quel terrore è saggio, è una guida». La sezione del Fvg di Extinction Rebellion vuole una «vera transizione ecologica, attraverso la partecipazione attiva di cittadini e cittadine, dell'amministrazione comunale e di quella regionale. In generale le nazioni del G7 hanno fallito nel rispettare gli impegni climatici».

L.G.

 

 

LO DICO AL PICCOLO - il Comune tuteli l'ex carcere di via Tigor, edificio di pregio

Gentile direttore, il Comune ha dismesso da circa 25 anni il palazzo di via Tigor che fu a lungo sede carceraria. L'ha lasciato andare in rovina. Nel frattempo ha cercato di venderlo. Ma ora il Piano particolareggiato del centro storico permette che venga demolito e ricostruito in stile moderno come autosilo anche di 6-7 piani (3-4 superficiali ed eventualmente 1 seminterrato e 2 interrati), con possibile ampliamento nella corte. Dall'operazione ci guadagnerebbe solo l'investitore privato acquistando il bene per una cifra irrisoria e vendendo i posti auto a residenti locali. Lo stabile sotto minaccia è il gemello sfortunato del corpo di fabbrica di via Madonna del Mare 13. Entrambi hanno quasi 200 anni e presentano elementi architettonici di pregio. Ma il Comune, il proprietario, ha ridotto il primo a rudere mentre ha restaurato il secondo, adibendolo a biblioteca civica, museo e archivio diplomatico. Perché tanta disparità? L'area poi è a rischio archeologico, scoscesa, cedevole e vicina a due scuole. Il suggestivo muro di cinta ottocentesco in conci di arenaria verrebbe bucato per ricavarvi i due fori d'accesso delle auto all'incrocio con le vie Stampa e Marcello. Gli alberi delle corti esterne sarebbero in pericolo. L'amministrazione comunale, rispondendo con imbarazzo alle proteste, ha dichiarato che potrebbe anche decidere di recuperare l'immobile e destinarlo a finalità diverse. Bene. Allora lo metta subito in sicurezza evitando ulteriori crolli, la crescita delle edere, modifichi il Ppcs vietandone l'abbattimento e destinandolo a funzioni bibliotecarie, museali o culturali, lo tolga dal Piano alienazioni e lo restauri come merita.

Paolo Radivo

 

 

Nuova centrale nucleare magiara - A Vienna scatta già l'allarme
Studio commissionato dall'Agenzia governativa: ipotesi faglie sismiche nell'area dell'impianto Paks II
BELGRADO. Una nuova mega-centrale nucleare, da realizzare con un controverso prestito straordinario di Mosca, potrebbe rivelarsi molto pericolosa. Perché costruita in zona sismica. È il timore che si sta facendo largo a proposito dell'impianto ungherese di Paks II, che in un futuro non lontano andrà a sostituire la vecchia Paks, dotata oggi di quattro reattori di produzione sovietica e costruita negli Anni Settanta. La nuova Paks sorgerà più o meno nello stesso luogo della precedente, con il coinvolgimento di Rosatom, grazie a un investimento di oltre 12 miliardi di euro, di cui ben 10 coperti da fondi russi: si tratta di uno dei progetti di punta del governo Orbán. Ma sul futuro impianto cominciano ad addensarsi nuvole nere. Arrivano dalla vicina Austria - già in trincea in passato contro Paks II - attraverso un rapporto commissionato dall'Agenzia governativa per l'ambiente a due tecnici di fama, i geologi Kurt Decker ed Esther Hintersberger, che hanno analizzato a fondo gli studi geologici e di sicurezza utilizzati dall'Ungheria per concedere a Paks II una delle licenze per il sito scelto per l'insediamento del grande nuovo impianto nel sud dell'Ungheria, a ridosso del Danubio, che sarà dotato di due nuovi reattori da 1.200 MW. E hanno scoperto dettagli ritenuti in prospettiva preoccupanti. Nello studio austriaco, infatti, si sostiene che il cosiddetto "Site Safety Report", compilato dal management di Paks II, ometterebbe «dati rilevanti» contenuti invece nel "Geological Site Report", elaborato da altri esperti. Il rapporto sulla sicurezza del sito "sponsorizzato" dalla centrale, sostengono gli studiosi austriaci, assicura che «eventi sismici occorrenti nell'area di ricerca in uno spazio di tempo di centinaia di migliaia di anni» non sarebbero infatti «in grado di spostare significativamente la superficie» del terreno e perciò l'area dovrebbe considerarsi sicura. Non ne sono convinti però Decker ed Hintersberger, che sulla base delle ricerche del "Geological Site Report" hanno segnalato che la zona della centrale vecchia e nuova si troverebbe proprio su faglie sismiche. Ricerche a circa 700 metri dalla centrale, in particolare, hanno evidenziato delle «fratture» che sarebbero riconducibili a «due terremoti» che portarono a dislocazioni permanenti del terreno, molto significative, circa 19-20 mila anni fa. Ma ci sono altre indicazioni tecniche che fanno pensare che la cosiddetta zona di faglia "Dunaszentgyörgy- Harta" sia «attiva e capace» di produrre effetti rilevanti, sempre a quanto si può leggere nello studio. In pratica, è lo j'accuse nemmeno troppo celato tra le righe degli scienziati austriaci, le autorità magiare avrebbero glissato su problemi seri nascosti nell'area sottostante a Paks, dove «non si può escludere scientificamente l'accadere potenziale» di un sisma anche significativo, come richiederebbe anche la legislazione ungherese, terremoto che porti a spaccature del terreno pericolosissime, se nell'area sorge una centrale nucleare. Per questa ragione, «il sito di Paks II dovrebbe essere definito non idoneo», si legge nelle conclusioni dello studio, ribadite nei giorni scorsi da Decker durante una conferenza online. Budapest «deve ritirare i permessi e cercare un altro luogo per Paks II», ha così attaccato, sulle basi delle nuove evidenze, il funzionario governativo austriaco Franz Meister, citato dal portale Euobserver.Preoccupazioni erano già state espresse in analisi dei media magiari, in testa il portale Atlaszlò - che aveva parlato 4 anni fa dei potenziali rischi sismici nell'area di Paks - e che sono state condivise da diversi eurodeputati i quali ad aprile hanno chiesto lumi alla Commissione. Lumi su un progetto che rischia di far passare notti insonni a molti a Budapest, alle capitali a essa vicine - Vienna in testa - e a Bruxelles.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2021

 

 

Parco di villa Necker: l'obiettivo riapertura in un documentario
S'intitola "O mi aprite, o non germoglio più" - Il comitato segue il passaggio al Comune
Un papà e il figlio, interpretati dall'attore Maurizio Zacchigna e dal piccolo René, che s'ingegnano a trovare una soluzione per entrare nel parco di villa Necker. E poi tante interviste, tra cui quella allo scrittore e giornalista Paolo Rumiz, che frequentò il giardino durante la sua infanzia, ripercorrono la storia ma anche le emozioni provate quando l'area verde nel rione di San Vito era fruibile al pubblico. Con "O mi aprite, o non germoglio più", il documentario prodotto grazie a dei contributi regionali dall'associazione giovanile #MaiDireMai - #NikoliReciNikoli (testo teatrale di Zacchigna) e presentato ieri al Circolo della stampa alla presenza pure del presidente Pierluigi Sabatti, il comitato "Ritorno al parco" continua a mantenere i fari accesi sul grande spazio in attesa che avvenga il passaggio del bene dall'Agenzia del Demanio al Comune. Stimolare l'apertura e partecipare alla gestione del parco è infatti il fine del comitato, che ha anche avviato una petizione da quasi 1.200 adesioni - ha sottolineato una dei membri, Chiara Fabbretti -, in attesa di essere consegnata al sindaco. L'intento è di lavorare non in contrapposizione ma «in un'alleanza pratica e ideale con chi vuole perseguire il medesimo obiettivo». Sul futuro utilizzo del sito hanno dato la propria opinione pure i cittadini, attraverso un sondaggio dell'istituto Ixè, perché «è cruciale fare un'analisi della potenziale utenza e ascoltare i bisogni della cittadinanza», ha evidenziato Margherita Sartorio Mengotti per il comitato. Il documentario ha visto al lavoro una decina di ragazzi under 25 e la regia di Alice Pennone, presidente dell'associazione, e Rosa Maria Roccatagliata, local manager di Igers Trieste e regional manager di Igers Italia. --

Benedetta Moro

 

 

I rifiuti ingombranti ritirati a domicilio - la novità a Sgonico
SGONICO Arriva una novità nel servizio di gestione rifiuti ingombranti per gli utenti di Sgonico. Grazie a un accordo fra l'amministrazione e la Isontina Ambiente, dalla prossima settimana sarà a disposizione un servizio per il ritiro degli ingombranti a domicilio. Sarà sufficiente rivolgersi al numero verde 800844344, da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 20 e il sabato dalle 8 alle 13, oppure utilizzare l'app IsApp. Sarà inoltre riorganizzata l'apertura del Centro di raccolta di Sgonico, accanto alla palestra comunale. I cittadini potranno accedere il primo e il terzo sabato di ogni mese, con orario 9-12, consegnando ingombranti, rifiuti ferrosi, legno, verde, batterie di automobili, apparecchiature elettriche ed elettroniche, lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, asciugatrici, tv e monitor.

U.Sa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2021

 

 

Un anno di ritardo per il Parco del mare

Copertura bancaria frenata dagli effetti della pandemia: si cerca una nuova soluzione. Costa e Icop: "il progetto va avanti"

L'onda lunga del Covid colpisce il Parco del mare. In tempi pandemici le banche sono restie a finanziare grandi imprese turistiche e i due proponenti, la friulana Icop e i genovesi di Costa Edutainment, hanno chiesto alla Camera di commercio tempo fino a settembre per definire gli aspetti finanziari del progetto. Un bel ritardo rispetto all'idea originaria di cantierare in autunno, dice il presidente della Cciaa Antonio Paoletti: «Il Covid non è colpa di nessuno, purtroppo così perdiamo un anno».Giovanni Battista Costa è il fondatore e direttore dell'area strategia di Costa Edutainment, la società che ha in gestione, fra gli altri, il grande acquario di Genova. L'esempio, insomma, di quel che il Parco del mare dovrebbe essere per Trieste. L'ultimo anno è stato pesantissimo per il settore, conferma, anche se la riapertura presente getta uno spiraglio di luce: «Ora le cose stanno camminando bene, manca ancora il turismo internazionale ma anche quello arriverà», dice. Certo è che in queste condizioni l'accesso al credito è tutt'altro che immediato. Anche il ritardo nel caso del Parco del mare, spiega Costa, «è legato alla finanza, quando si fanno queste operazioni serve una copertura adeguata». L'imprenditore conferma l'interesse della società: «È sempre forte, perché il progetto è molto bello, e so che anche per la Regione è un'idea di rilancio per il territorio».Nell'autunno dello scorso anno la cordata aveva proposto il progetto alla Cciaa forte del sostegno di Iccrea Bancaimpresa, che aveva accettato di finanziarlo. Nei primi mesi del 2021, però, era emersa l'impossibilità di utilizzare lo strumento del project leasing su un demanio dello Stato, onde la necessità di rivedere il progetto nel suo complesso. È a questo punto che il sostegno accordato in precedenza da Iccrea è venuto meno, e ora il tema delle coperture va rivisto daccapo: «C'è bisogno di una nuova delibera da parte delle banche - dice il patron di Icop Vittorio Petrucco -. In principio avevamo Iccrea, ma nella seconda fase ci han detto che l'interesse c'è ma non in questo momento. Per cui su di noi non ci sono obblighi, possiamo anche trovare qualcun altro. Certo è che Iccrea conosce bene il progetto, e appena ci saranno le condizioni è quella con cui sarà più facile riavviare il ragionamento».I prossimi mesi, quindi, saranno dedicati al vaglio dei possibili finanziatori, nella speranza che il miglioramento delle condizioni comporti anche un allentamento dei freni che il credito si è imposto in tempi di magra. Il presidente della Camera di commercio della Venezia Giulia Paoletti assicura: «Il progetto non è a rischio. La sfortuna è stata che la pandemia è durata a lungo, da ottobre a maggio il mondo del turismo è rimasto bloccato. L'Acquario di Genova così come tutti i parchi tematici. A livello finanziario le aziende si sono dissanguate, in attesa di contributi statali che non sono arrivati. Sicché le società finanziarie hanno messo il settore in stand by». Inevitabili le ripercussioni sulla tabella di marcia: «Ho corso come un matto perché il programma era fare le gare in estate e cantierare in settembre. Ora ci hanno chiesto una proroga dei tempi, e noi ovviamente l'abbiamo concessa. Purtroppo così si perde un anno, otto-nove mesi se va bene».Ciò non significa, aggiunge il presidente, che la Camera si sia fermata: «Abbiamo concluso il Piano di attuazione comunale (Pac) ovvero il piano particolareggiato propedeutico alla realizzazione dell'opera». A breve partirà anche la messa in sicurezza del sito: «Demoliremo le strutture in ferro e prepareremo il terreno al cantiere - dice Paoletti -, in fondo la concessione è nostra e nostra la responsabilità di tenere il posto in ordine».

Giovanni Tomasin

 

 

La qualità dell'aria in miglioramento - Fari puntati sull'ozono
Anche a Trieste dati in progresso rispetto all'anno prima - Sotto esame l'impatto del lockdown sul biossido di azoto
La qualità dell'aria a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia si conferma complessivamente buona. Parola dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) che ha presentato ieri il rapporto 2020. La relazione annuncia anche dei miglioramenti, ma non per tutta la regione, di uno dei tre principali parametri su cui si basano le analisi: l'inquinante dell'ozono. Quest'ultimo, che caratterizza essenzialmente il periodo estivo a causa della forte presenza di radiazione solare, ha infatti avuto valori più bassi rispetto al 2019, nonostante l'apporto di radiazione solare sia stato analogo a quello degli anni precedenti. La spiegazione di questo cambiamento è oggetto ancora di studio. Spiega Fulvio Stel, responsabile della struttura Sos Qualità dell'aria: «Stiamo valutando se la riduzione di emissioni di biossido di azoto, tra i componenti dell'ozono, grazie anche al lockdown che ha permesso una drastica riduzione del traffico, sia all'origine dei numeri relativamente contenuti». Tuttavia, sono stati sforati i livelli giornalieri nella bassa pianura, nel goriziano e anche sulla costa, quindi pure a Trieste, in quanto aree maggiormente soleggiate. Tra gli altri due parametri poi rientrano pure le polveri sottili (Pm10). L'unica criticità si riscontra nel pordenonese. Decisamente meglio la concentrazione media annua della frazione più fine del particolato (Pm2.5), che è stata ovunque inferiore anche al limite di 20µg/m3. In questo caso Trieste e Gorizia sono le prime due città a riscontrare i livelli più bassi. Sotto la lente di Arpa è finito anche il benzo(a)pirene, i cui valori nel 2020 sono stati ovunque molto prossimi alla soglia prevista dalla normativa (1 ng/m3), tuttavia senza mai superarla. Bene, in particolare, Gorizia, che ha visto un calo pari allo 0,4. Elevati livelli di benzo(a)pirene sono tipicamente rilevabili durante la stagione invernale, spiegano gli esperti, a causa dell'utilizzo di legna da ardere e biomasse combustibili nel riscaldamento domestico. Ecco dunque che è necessario seguire qualche accorgimento: una corretta pulizia della canna fumaria ogni biennio circa e l'accensione del fuoco dall'alto. «Bisogna quindi migliorare i processi di combustione domestica della legna», ha sottolineato a questo proposito l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, il quale ha anche ricordato che il rapporto preliminare per l'aggiornamento del Piano di miglioramento della qualità dell'aria è in fase di valutazione da parte di diversi soggetti e recepisce già una parte delle indicazioni contenute nella relazione dell'Arpa. È poi emerso, grazie a un sondaggio a cura di Swg, che il tema della qualità dell'aria «è tra i più seguiti dai corregionali», ha commentato il direttore dell'Arpa Fvg Stelio Vatta: «Per questo il rapporto sarà pubblicato sui canali web in maniera agile e snella».

Benedetta Moro

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2021

 

 

Dopo 160 anni lungo la rotta storica riparte il treno diretto da Vienna a Trieste
Collegamento riattivato a sorpresa dalle Ferrovie austriache. Domani il viaggio inaugurale che verrà accolto con una cerimonia in Stazione
Udine. Un leone di San Marco, scolpito nella pietra, troneggia in uno dei saloni d'ingresso della "Wien Hauptbahnhof", la stazione centrale di Vienna. È l'ultimo segno rimasto della vecchia "Südbahnhof", la stazione della "ferrovia meridionale", che fino a pochi anni fa sorgeva in quell'area ed era il capolinea di tutti i treni in arrivo e in partenza per il sud dell'Austria. Quel leone simboleggiava l'Adriatico, la terra di San Marco, e interpretava plasticamente quel "Drang nach Süden" (l'anelito al sud) che aveva sempre alimentato i sogni, ma anche gli affari, dei viennesi e degli austriaci in genere. Oltre 160 anni fa quell'anelito aveva trovato risposta. Il 27 luglio 1857 era stato finalmente completato un tracciato ferroviario diretto tra Vienna e Trieste. Un'opera di ingegneria straordinaria per l'epoca, che aveva avvicinato di colpo la capitale dell'impero al suo principale porto sul Mediterraneo, sbocco di tutti i traffici commerciali con il Medio e l'Estremo Oriente. Non solo, aveva reso accessibili le spiagge e le coste dell'Adriatico ai turisti del bacino danubiano, a quel tempo esclusivamente esponenti dell'alta borghesia o dell'aristocrazia. Le architetture Jugendstil degli hotel di Abbazia, le ville Bianchi, Zipser, Erica di Grado ci parlano di quell'epoca. Poi verrà anche Gorizia, rinominata dai viennesi la "Nizza dell'Austria". Stiamo parlando di un passato glorioso, di sviluppo e di crescita non soltanto economica. Il porto di Trieste registra un'espansione di traffici impensabile fino a pochi anni prima. Pola, sede del comando della marina militare imperial-regia, può finalmente avere un collegamento rapido con il ministero della Guerra, sulla Ringstrasse, le coste dell'Istria diventano la "riviera austriaca". Le "magnifiche sorti e progressive" sembrano inarrestabili, ma non è così. La prima guerra mondiale pone fine a quell'epoca. Ne prende il posto un'altra, contrassegnata da nazionalismi che disegnano nuove frontiere sulla carta geografica. Trieste non è più il porto di un impero e il cordone ombelicale ferroviario che la univa a Vienna attraversa ora due confini, prima con il neonato regno di Jugoslavia, poi con l'Austria, diventata repubblica, minuscolo residuo di un grande impero. Da allora treni diretti con Vienna non ce ne sono più, almeno lungo il tracciato storico. Si deve per forza passare per Udine e risalire la Pontebbana. Finché, quando meno te lo aspetti, arrivano le Öbb, le ferrovie austriache, che annunciano un "ritorno al passato": da domani giugno si torna a viaggiare tra Vienna e Trieste, senza dover mai cambiare treno, lungo la rotta di un tempo, che dalla capitale austriaca scende a Graz e poi passa per Maribor e Lubiana. È previsto un Eurocity al giorno in andata e ritorno e il viaggio si può già prenotare accedendo al sito web delle ferrovie austriache (www. obb-italia. com/it). Domani ci sarà un solo viaggio in partenza da Vienna alle 7. 58 e arrivo a Trieste alle 16. 52. Dal giorno successivo, sabato 12 giugno, sarà usufruibile anche il servizio inverso, con partenza da Trieste alle 13. 03 e arrivo a Vienna alle 22. 02. Il convoglio sarà formato da tre carrozze delle ferrovie slovene e il resto da carrozze austriache. Al suo arrivo a Trieste, domani, il treno sarà accolto con cerimonia, che inizierà alle 16.30, nell'atrio della Stazione centrale, alla presenza di autorità cittadine e regionali oltre che a rappresentanti istituzionali sloveni e austriaci, e durerà in tutto circa un'ora e mezza. Sarà ripercorsa la storia del collegamento su rotaia e dei legami passati di Trieste con Vienna, fino all'arrivo del convoglio, fissato alle 16.52. A chiudere la piccola cerimonia gli interventi degli ospiti stranieri arrivati in città a bordo del convoglio storico. Il cerimoniale, spiegano dall'assessorato regionale ai Trasporti, è comunque ancora in fase di definizione. «Sicuramente il collegamento rappresenta un'ulteriore opportunità turistica per la città - sottolinea il sindaco Roberto Dipiazza -, e ancor prima rinsalda i legami tra Trieste e Vienna così forti nel passato».ISi tratta di un collegamento di cui si era discusso una prima volta sette anni fa e che è stato riproposto a sorpresa, dopo che sembrava ormai dimenticato nel cassetto. Il suo significato storico è evidente. Consente di ripercorrere una linea che nel "mondo di ieri" aveva segnato una svolta epocale. Basti pensare soltanto ai 14 viadotti che fu necessario costruire per superare le doline carsiche nella zona di Aurisina e prima ancora le difficoltà incontrate nella vasta area acquitrinosa a sud-ovest di Lubiana. Ma l'opera di maggiore impegno ingegneristico fu richiesta per il superamento del Semmering, la dorsale montuosa che fa da barriera tra Vienna e la Stiria. Il problema fu risolto dall'ingegnere veneziano (ma di famiglia albanese) Carlo Ghega, che tra il 1848 e il 1854, vi progettò e realizzò un ardito tracciato ferroviario. Con la costruzione di 14 tunnel, 16 viadotti è più di cento ponti. All'epoca era la più alta ferrovia in Europa a scartamento normale, che raggiungeva i mille metri di quota. Per quel capolavoro di ingegneria ferroviaria Ghega ottenne da Francesco Giuseppe un titolo nobiliare e da allora prese il nome di Karl Ritter von Ghega. Trieste gli dedicò una via del centro. Quei viadotti e quelle gallerie, dal 1998 patrimonio dell'Unesco, sono tuttora percorse dai treni che da Vienna scendono in Italia, per Klagenfurt e il valico di Tarvisio. Da domani uno di quei treni a Bruck an der Mur devierà verso sud, per indirizzarsi verso Graz, Lubiana e raggiungere poi Trieste. Il viaggio Vienna-Trieste richiede 8 ore e 54 minuti; quello da Trieste a Vienna, 8 ore e 59 minuti. Quelli già esistenti per Udine e Villaco durano quasi due ore di meno. E quando, nel 2025, saranno ultimati i tunnel di base del Semmerinh e della Koralm, il viaggio su questo tracciato sarà ancora più rapido.

Marco Di Blas (ha collaborato Micol Brusaferro)

 

Trenitalia arricchisce l'offerta con proposte a misura di vacanza
Attenzione particolare agli spostamenti nei weekend verso le principali attrazioni turistiche del Friuli Venezia Giulia. Invariate le Frecce
Trieste. Si punta sul turismo nel nuovo orario estivo di Trenitalia. Una scelta determinata dall'urgenza di tornare a far decollare il settore dopo i lunghi e difficili mesi della pandemia. Si va dai collegamenti per facilitare l'arrivo nelle spiagge al potenziamento dei servizi per l'utilizzo delle due ruote. I dettagli dell'offerta, che scatterà domenica 13 giugno, sono stati illustrati ieri da Luigi Corradi, amministratore delegato e direttore generale di Trenitalia, presenti anche Sabrina De Filippis e Paolo Attanasio, direttori delle divisioni Passeggeri Regionale e Lunga Percorrenza. «Riscoprire l'Italia viaggiando in treno in totale sicurezza è tra i principali obiettivi dell'orario estivo di Trenitalia», è la sintesi della presentazione di un dossier che per il Friuli Venezia Giulia contiene innanzitutto la conferma del numero dei collegamenti veloci già in circolazione. Le Frecce - che effettueranno fermate aggiuntive nelle stazioni di Latisana e Cervignano, proprio in ottica località balneari - saranno cinque: tre da Trieste (due su Milano e una su Roma) e due da Udine (una su Milano e una su Roma). Rispetto alla pandemia continua dunque a mancare una terza Freccia Trieste-Milano. Nulla cambia nemmeno per quanto riguarda l'offerta dei treni regionali, mentre le novità sono appunto "estive".Molta attenzione, spiega la società, viene dedicata all'agenda del weekend, con collegamenti verso le principali attrazioni turistiche del Fvg. Con l'obiettivo di incoraggiare il cicloturismo, saranno a disposizione quattro nuove carrozze completamente rinnovate e appositamente attrezzate per il trasporto complessivo di 128 bici e dotate degli accessori necessari agli amanti delle due ruote. Per l'utenza anche varchi di accesso maggiorati, rastrelliere, cinghie di sicurezza e prese di corrente per la ricarica delle biciclette elettriche. Una delle vetture attrezzate al trasporto di 64 bici sarà inoltre in servizio tutti i giorni su sei convogli fra Trieste e Venezia, via Portogruaro. E ancora, Alpeadria Line è il nuovo servizio per l'omonima ciclovia. Nei i sabati e nelle domeniche d'estate 16 regionali, attrezzati al trasporto bici, circoleranno fra Trieste/Udine e Tarvisio. Tutti i treni avranno almeno 30 posti bici garantiti. Da domenica 13 verrà attivato anche il nuovo servizio intermodale treno+bus in collaborazione tra Trenitalia e Arriva Udine, che collegherà la stazione di Latisana a Lignano. La soluzione di viaggio sarà acquistabile su tutti i canali di vendita di Trenitalia con l'emissione di un unico titolo di viaggio per treno e bus. Con 50 corse giornaliere sarà operativo fino all'11 settembre.

m.b.

 

«Un capolavoro dell'Ottocento che si studia ancora»
Per l'esperto di rotaie Carollo la ripresa del servizio rappresenta una scelta vincente
Trieste. «La realizzazione del collegamento ferroviario tra Vienna e Trieste rappresenta una delle opere di ingegneria di maggior spessore di metà Ottocento. Quella che viene ricordata storicamente come la "Ferrovia Meridionale" fu un vero capolavoro di tecnica per l'epoca, ancor oggi ammirata e divenuta patrimonio dell'Unesco, dovuta al genio e alla perspicacia di quel grande personaggio che fu il veneziano Carlo Ghega». L'ingegnere ferroviario Roberto Carollo, esperto del settore, ricorda così le origini di quel tracciato ferroviario, un'impresa non semplice, con lo sviluppo di una linea «di 577 km, e come progettista e direttore lavori Ghega dovette superare enormi difficoltà nel suo percorso - ricorda - come la palude di Lubiana, il valico di Postumia e le rocce del Carso. Ma il suo capolavoro fu lo scavalco del massiccio del Semmering, che tutti i tecnici dell'epoca ritenevano impossibile. Smentendo i pareri contrari al suo progetto - spiega Carollo - riuscì a far salire il treno ai quasi 900 metri di quota e farlo ridiscendere verso la Stiria, con 15 gallerie e 16 tra ponti e viadotti solo in quel tratto di 40 km, realizzando così la prima ferrovia di montagna al mondo».Una sorta di antesignano della moderna figura professionale del project manager perché Ghega si preoccupò «anche dell'estetica e dell'impatto ambientale delle sue opere, inserendole più armoniosamente possibile nel territorio. A lui - aggiunge Carollo - si devono anche i "nostri" imponenti viadotti di Barcola e di Aurisina».La decisione presa un po' a sorpresa dalle ferrovie austriache di riattivare il collegamento ferroviario lungo la rotta storica non può quindi che incontrare i favori dell'ingegnere ferroviaria, convinto della bontà dell'iniziativa. «La validità della Trieste-Vienna è dimostrata dall'attualità di una linea ferroviaria ancor oggi pienamente attiva attraverso tre Stati - conclude Carollo - dopo oltre 160 anni dalla sua definitiva inaugurazione nell'ultimo tratto proveniente da Lubiana, quel 27 luglio 1857 proprio a Trieste, alla presenza, per l'occasione, dell'imperatore Francesco Giuseppe».

Micol Brusaferro

 

 

Il camoscio e la lince tra i protagonisti delle conferenze dedicate alla natura
Dall'Isola della Cona tre appuntamenti ogni venerdì sul web con i maggiori esperti
STARANZANO Il camoscio e la lince, sono due super ospiti del ciclo di conferenze online Natura virtuale promosso dall'associazione Co. Na. (Conservazione della Natura) con sede al centro visite della Riserva naturale regionale Isola della Cona di Staranzano. Al momento le attività "in presenza", infatti, continuano a essere sospese per cui sarà possibile seguire solo in rete anche in questa occasione gli eventi utilizzando la piattaforma Zoom. Tutti gli interessati sono invitati a mandare una e-mail a: info@associazionecona.it per ricevere il link di collegamento. Il programma comunicato dal presidente Graziano Benedetti, comprende tre appuntamenti al venerdì e sempre alle 20.30. Si comincerà l'11 giugno con la conferenza di Matteo De Luca, naturalista della Stazione Biologica Isola della Cona, che parlerà sulle Nuove specie osservate nella Riserva naturale foce dell'Isonzo. L'esperto illustrerà le ultime novità rilevate nell'area protetta, diventata negli ultimi anni un museo naturalistico all'aperto. Il 18 giugno, sempre alle 20.30, sarà la volta dello zoologo Franco Perco, già Direttore del Parco nazionale dei monti Sibillini e fratello del compianto Fabio, che tratterà l'argomento Il Camoscio sul Carso, tra realtà e leggende metropolitane. Chiuderà il ciclo Paolo Molinari, coordinatore tecnico-scientifico del Progetto Lince Italia di Tarvisio, che nel settembre dello scorso anno ha guidato un gruppo di appassionati nell'escursione nella Foresta di Tarvisio, che il 25 giugno parlerà su La Lince e il Castoro nella Foresta di Tarvisio. Sulla scorta delle ottime partecipazioni del ciclo di conferenze online Sotto gli occhi della Natura nl'organizzazione invita tutti interessati inviare quanto prima una e-mail all'associazione per ricevere il link di collegamento.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2021

 

 

L'orario estivo dei bus da 260 corse al giorno fra Barcola e centro città

Da domenica 13 giugno fino a metà settembre in vigore il nuovo assetto sancito da Trieste trasporti. La 80 da piazza Tommaseo al Bivio si sommerò a 6 e 36

Da domenica 13 giugno entrerà in vigore il nuovo orario estivo dei bus di Trieste trasporti, che implementerà le corse verso il mare con 260 collegamenti giornalieri per Barcola. Il nuovo orario, in regalo venerdì assieme a Il Piccolo, sarà operativo fino a metà settembre quando si passerà dalle 5.560 corse giornaliere d'estate alle 6 mila invernali. La novità principale sarà la linea 80 che collegherà il centro città, ovvero piazza Tommaseo, con Barcola passando anche per piazza Oberdan, il Porto vecchio e, al ritorno, piazza Goldoni. La 80 andrà anche a sostituire la linea 81 attivata nei mesi scorsi per servire il centro vaccinale alla Centrale idrodinamica. «La 80 - spiega Michele Scozzai, responsabile Relazioni istituzionali di Trieste trasporti - effettuerà una ventina di corse in ciascuna direzione dal lunedì al venerdì e una trentina di corse il sabato e la domenica. Viaggi che si sommeranno a quelli delle linee 6 e 36, assicurando così circa 130 corse al giorno in ciascuna direzione lungo viale Miramare». In caso di necessità, come sempre, Tt è pronta ad aggiungere nuovi autobus in base alla pressione che potrebbe crearsi in determinate condizioni di affluenza alle fermate. Altra meta molto apprezzata dai triestini in estate è quella di Riva Traiana con il bagno Ausonia: qua saranno deviate delle corse della linea 9 da piazzale Gioberti. Riprenderà anche il servizio di collegamento con la baia di Sistiana effettuato dalla linea 70, con 21 corse in ciascuna direzione e un orario differenziato tra sabato e domenica. Contestualmente sono state tolte alcune deviazioni della linea 44 per Sistiana mare, pianificandone i passaggi in modo tale da garantire la coincidenza con la 70 che, rimarca Tt, è un servizio a pagamento. Sarà attiva anche nei giorni festivi la linea 21 tra piazza della Libertà e Borgo San Sergio, «una scelta - spiega Scozzai - che va incontro alle esigenze dei cittadini in quanto riduce i tempi di percorrenza della linea 20 tra Trieste e Muggia e aumenta i posti per chi è diretto a Borgo San Sergio». Alcune corse della 20 in partenza da Muggia tra le 13 e le 14 circa non transiteranno per Farnei, potendo così servire i dipendenti dello stabilimento Barilla in strada delle Saline. Trieste trasporti ha confermato anche la linea 64 sulla quale nei giorni scorsi sui social si erano diffuse ipotesi di sospensione. In estate non saranno operative invece le linee 55, 56 e 57, specificatamente dedicate alle scuole, mentre verrà mantenuta la configurazione attuale della linea 51, che ha 50 partenze su due percorsi: il primo tra piazza della Libertà e Villa Carsia e il secondo circolare per Area Science Park a Padriciano e Basovizza. Novità anche per la linea serale B con un corsa in partenza alle 5 di ogni giorno da piazzale Gioberti verso piazza Goldoni. Infine, le linee 8, 23 e 30 a causa dei lavori al Ponte verde sulle Rive restano deviate per via Roma fino al termine del cantiere.

Andrea Pierini

 

Il presidente di Tt Luccarini: «L'anno scorso persi 4-5 milioni ma il lavoro non si ferma» - «Continuiamo con gli investimenti in tecnologia»
«Il 2020 si è chiuso con una perdita dai 4 ai 5 milioni, questo però non fermerà gli investimenti perché il settore ne richiede di costanti». Pier Giorgio Luccarini è il presidente della Trieste trasporti dal 2016, incarico che svolge a titolo gratuito dopo aver ricoperto il ruolo di direttore dal 2004 al 2014. Il passaggio più importante del recente passato è stato nel 2020 la nascita di Tpl Fvg, la società consortile che racchiude Tt, Apt Gorizia, Atap Pordenone e Arriva Udine che ha vinto il bando europeo della Regione per la gestione del servizio di trasporto pubblico su gomma, un contratto da dieci anni più altri cinque. «Nonostante sia stato il primo anno e ci sia stata la pandemia - spiega Luccarini - è andata bene grazie anche all'abilità dell'amministratore delegato Aniello Semplice, il quale ha saputo gestire le questioni tecniche al meglio. Unire quattro aziende così diverse non era facile, ognuna è riuscita a mantenere le proprie caratteristiche». Per quanto concerne il bilancio, la pandemia e le conseguenti limitazioni hanno ovviamente inciso con costi aggiuntivi per mascherine e sanificazioni: «Il 2020 - prosegue il presidente - è stato un anno tragico con una perdita dai 4 ai 5 milioni. Non sono previsti ristori ma abbiamo deciso di proseguire con gli investimenti, soprattutto tecnologici, cioè paline elettroniche, monitor di bordo e pannelli informativi, perché un anno perso sarebbe stato poi impossibile da recuperare. A settembre, grazie alla campagna vaccinale, confidiamo di poter ripartire almeno all'80% di capienza dei mezzi, ma se tutto dovesse andare al meglio spero già al 100%».

a.p.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2021

 

 

Plastiche, meduse e anidride carbonica - I "nemici" del mare

Per gli esperti sono tanti i pericoli che minacciano l'Adriatico ma i danni prodotti non sono irreparabili. «Diamoci da fare»
Trieste. Come sta il nostro mare? Con quali "nemici" si trova a dover fare i conti? Nella Giornata dedicata agli oceani, che si celebra oggi in tutto il mondo, Trieste è in prima fila con il suo esteso team di scienziati per dare risposte a questi quesiti. Risposte che arriveranno anche dalla prima edizione del Festival "MareDireFare": una serie di appuntamenti che indagano anche lo stato di salute dell'Alto Adriatico, facendo il punto pure sui fenomeni che nei mesi scorsi hanno coinvolto le acqua che bagnano la costa triestina. Si scopre dunque che il golfo triestino sta abbastanza bene, ma non viene risparmiato da problematiche che coinvolgono i mari di tutto il mondo: il cambiamento dello stato trofico e quello climatico, l'inquinamento e le plastiche, e l'aumento dell'acidificazione per dirne alcuni. «Sono diversi i pericoli che minacciano il nostro mare - afferma infatti Cosimo Solidoro, direttore della sezione di Oceanografia dell'Ogs -, per fortuna però al momento non hanno prodotto danni irreparabili. C'è tuttavia la necessità di continuare a monitorarlo e studiarlo in maniera organizzata e sistematica e di condividere monitoraggi e pianificazione della gestione con le nazioni vicine, perché il mare non ha confini». Se fenomeni come mucillagini ed eutrofizzazione (vale a dire l'eccessivo accrescimento degli organismi vegetali provocato dall'immissione nell'ecosistema acquatico di sostanze come fertilizzanti, detersivi e acque reflueriale), sono quasi un ricordo, grazie anche all'approvazione di leggi più rigorose nella tutela dell'ambiente, sono tuttavia subentrate nuove minacce. Ad esempio l'acidificazione marina. «L'altra faccia del riscaldamento globale - spiega Solidoro -: l'acidificazione è aumentata molto, del 50% negli ultimi 30 anni, un dato comunque in linea con il resto del mondo. Il risultato è un eccesso di anidride carbonica che, oltre surriscaldare il mare (la temperatura delle acque del Nord Adriatico è aumentata di circa un grado in 20 anni), crea sofferenza a una serie di organismi, come i crostacei».Ma vi sono ulteriori criticità, come la morìa della Pinna nobilis, il grande mollusco bivalve che risiede nei fondali marini: «Fino a pochi anni fa questo animale moriva in tutto il Mediterraneo tranne che da noi - spiega Solidoro -. Ora invece il protozoo che sembra causarne la morte è arrivato anche qui. È necessario monitorare e capire come intervenire». E non si può non ricordare la recente invasione di noci di mare e di meduse. Un paio di mesi fa le Rhizostoma pulmo hanno letteralmente colonizzato l'intera costa triestina, con una sciamatura che ha visto l'ammassamento di migliaia di individui. Questi organismi sono ancora poco conosciuti e le cause di un incremento così importante sono ancora motivo di studio da parte dei ricercatori. «È indubbio però che nel Mediterraneo e nell'Adriatico si nota un aumento della presenza di meduse - commenta Valentina Tirelli, ricercatrice dell'Ogs -. Le cause possono essere molteplici, tra cui il riscaldamento del mare, che favorisce un periodo riproduttivo più lungo. Bisogna ricordare poi che le meduse resistono meglio dei pesci ad ambienti inquinati e a minore concentrazione di ossigeno. E poi incide l'azione dell'uomo: da una parte la cementificazione delle coste, ad esempio, che favorisce l'attecchimento dei polipi, una fase del ciclo vitale delle meduse, e dall'altra un ambiente marino più stressato a causa della pesca. In quest'ultimo caso più mangiamo pesce, dalle acciughe al tonno, più le meduse troveranno maggiore nutrimento e quindi grazie alla loro capacità di proliferare, aumenteranno sempre di più». Resta per questo utile per gli studi l'AvvistAPP: un'applicazione che permette ai cittadini di segnalare eventuali avvistamenti. Il boom di meduse però potrebbe essere anche la causa della fioritura intensa e duratura del dinoflagellato Noctiluca scintillans, che ha dato origine ad ampie strisce di colore arancione acceso lungo tutta la costiera triestina sempre ad aprile scorso, come ricorda anche la mostra "Microceano" alle Scuderie di Miramare: le meduse infatti si nutrono anche di micro-crostacei, eliminando di fatto uno dei predatori di Noctiluca scintillans, capace peraltro di riprodursi a una velocità 10 volte superiore rispetto a quella dei suoi predatori. Ma per individuarne le cause, ancora una volta, resta sotto osservazione anche la pesca eccessiva, che provoca degli squilibri alla rete alimentare marina.

Benedetta Moro

 

«La parola chiave è sostenibilità - Partiamo da qui»
L'impegno del biologo marino Spoto per sensibilizzare e fare divulgazione
Trieste. «Parlare di sostenibilità di mari e oceani oggi è più importante che mai». Ne è convinto Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare che, insieme all'Ogs, celebra oggi la Giornata mondiale degli oceani con il Festival "MareDireFare".Direttore, qual è il senso della Giornata mondiale degli oceani? «L'evento ha un significato speciale, perché si apre oggi il decennio dedicato alla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile. Dal punto di vista divulgativo verrà proposto un programma particolare mirato all'"alfabetizzazione per il mare" (Ocean literacy): ci si è accorti che dopo anni c'è ancora un gap di conoscenza, soprattutto sui servizi eco-sistemici che sostengono la vita dell'uomo sulla terra». Cosa non si sa ancora?«Per esempio non è noto a tutti che l'ossigeno che respiriamo proviene dalle foreste terrestri ma anche dal mare e dal fitoplancton. Quindi l'obiettivo è far capire come l'uomo impatti in maniera negativa sugli oceani, considerando al contempo che sappiamo poco dell'impatto del mare su di noi». Che cosa può fare l'uomo per salvaguardare mari e oceani?«Obiettivo di questa divulgazione è cambiare i comportamenti dell'individuo anche nei confronti della pesca, perché quando andiamo a comprare il pesce, nelle nostre scelte possiamo modificare i popolamenti marini». Secondo lei è cresciuto il livello di sensibilità dell'uomo nei confronti del mare? «No, l'educazione alla sostenibilità è un processo che deve continuare. C'è comunque qualche miglioramento grazie alla diminuzione di plastica usa e getta: su questo le famiglie e soprattutto i giovani sono sensibili, ma ci sono processi anche di tipo industriale da cambiare. È necessario sensibilizzare, anche perché il mare sta cambiando. Per esempio con l'arrivo delle specie aliene e poi c'è la scomparsa di molti habitat: il golfo di Trieste è poverissimo di una vegetazione algale e di piante sommerse, una variazione registrata negli ultimi 20 anni». Qual è il focus di questa prima edizione del Festival? «Ci siamo dedicati al mondo microscopico: il mare è una specie di brodo biologico, ricco di virus, batteri e fitoplancton. Questa rete invisibile sostiene la produzione di pesci macroscopici e anche quelli commerciali. Un'altra funzione degli oceani è la regolazione del clima: se non avessimo plancton e fitoplancton non potremmo vivere sulla terra». Il Festival continuerà anche nei prossimi anni?«È un'iniziativa vincente, su cui abbiamo iniziato a lavorare a dicembre. Insieme a Ogs collaboriamo con molti enti, tra cui il Comune e il Patto di Trieste per la Lettura. Trieste deve parlare di mare.

b.m.

 

Quasi sparite da anni a Miramare le Pinna nobilis rispuntano in Istria
Nuovi esemplari dei maxi molluschi chiamati anche "nacchere" sono stati avvistati sui fondali nelle vicinanze di Pola e Medolino
Fiume. Un'autentica strage. Dal 2019, anno dell'epidemia provocata da un protozoo, nel golfo di Trieste sono morti nove esemplari su dieci di Pinna nobilis, il più grande bivalve presente nel Mediterraneo. «A Miramare - spiega il ricercatore dell'Area marina protetta di Miramare, Ogs e Università di Trieste -, in un transetto di 600 metri quadri, prima contavamo 500 animali circa e adesso ne troviamo solo uno. In tutti gli esemplari qui esaminati la causa della morte è il parassita, ma altrove si parla anche di un'epidemia multifattoriale». In un quadro simile non può quindi non fare notizia il doppio avvistamento registrato negli ultimi giorni in Istria. Il primo nel braccio di mare che circonda Scoglio dei frati, a poca distanza da Pola, e il secondo sui fondali nelle vicinanze di Medolino. In entrambi i casi la scoperta è stata fatta dai soci del club subacqueo Uljanik, impegnati in attività di rimozione di rifiuti gettati in mare. A decidere come tutelare i rari esemplari di Pinna nobilis in salute sarà ora lo staff dell'Istituto croato per la salvaguardia dell'ambiente, insieme agli esperti del Parco nazionale delle Brioni e dell'Istituto pubblico Natura Histrica e di altre istituzioni. Da Medolino, precisamente dall'associazione Eko more, è stato comunicato che in vista del periodo riproduttivo delle nacchere - tra giugno e agosto - sono in corso i preparativi per posizionare dei collettori larvali. Si tratta di borse ricoperte di corde di nylon mantenute sulla superficie marina da una boa e una cima, contenitori capaci di intercettare le larve del mollusco, offrendo loro un ambiente sicuro, ben protetto e dove poter crescere senza pericoli, fino al trasferimento nell'ambiente naturale. A detta dei biologi, ogni ritrovamento è un'ottima notizia per la conservazione della specie. Notizia importante per l'ambiente marino poichè la nacchera agisce da "spazzino", filtrando grandi quantità d' acqua e fornendo pure un subastrato ideale per la crescita di altri organismi. Giorni fa una colonia di nacchere vive è stata scoperta sui fondali dell'isola dalmata di Lagosta, mentre nei mesi scorsi sono stati rinvenuti alcuni esemplari alla foce del fiume Narenta, sempre in Dalmazia.

Andrea Marsanich (ha collaborato Benedetta Moro)

 

«Ognuno di noi può contribuire al cambiamento»
L'appello di Bruni, timoniere di Luna Rossa: i nostri figli meritano un pianeta in salute
Trieste. Francesco Bruni, palermitano classe 1973, è il volto noto della vela contemporanea. Tre Olimpiadi, un palmares lunghissimo dove brilla la recente conquista della Prada Cup, primo italiano ad averla mai conquistata al timone di Luna Rossa e reduce dalla tappa tarantina del circuito SailGP, anche qui unico azzurro in gara a bordo di Team Japan. Una vita fatta di regate che lo hanno portato a navigare in tutti i mari e oceani, dove ha potuto constatare di persona il deterioramento dell'ambiente marino. Proprio pochi giorni è diventato ambassador di One Ocean Foundation, la realtà che ha come obiettivo la salvaguardia dell'intero pianeta blu accelerando soluzioni ai problemi degli oceani, ispirando leader internazionali, aziende, istituzioni e individui, promuovendo un'economia blu sostenibile e migliorando la conoscenza degli oceani.«La situazione di tutti i mari è allarmante e per testarla ciascuno di noi può partire da esperienze personali - racconta Bruni -. Da parte mia, posso dire che fino alla mia adolescenza quando andavo a pescare insieme ai genitori e ai fratelli se il mulinello cominciava a ruotare era sempre il segnale di un pesce che aveva abboccato; oggi si tratta spesso di un sacchetto che si è incastrato. La plastica è un elemento di distruzione che ormai è pervasivo e ricordiamoci che non cresce nel fondo del mare, ma arriva da terra e dai nostri comportamenti sbagliati».Non è un caso infatti che One Ocean Foundation abbia fatto tappa anche in alta montagna nella sua opera di sensibilizzazione nei confronti della riduzione dell'uso della plastica. «Trascorro grossa parte della mia vita in mare - continua Bruni - ma non è solo a riva che dobbiamo guardare. C'è bisogno di fare in modo che pure chi vede il mare solo per le vacanze sia consapevole dei danni prodotti dalle abitudini errate. È sul quotidiano che è necessario agire, rendendosi conto di quanto il problema sia sottovalutato. Rischiamo di consegnare ai nostri figli un mondo irrimediabilmente compromesso ed è per questo che ho deciso di "metterci la faccia" e supportare attivamente quei circuiti professionistici e quegli eventi che mettono tra le priorità la salvaguardia di mari e oceani».Durante l'ultima edizione dell'America's Cup Francesco Bruni ha fatto parte del Luna Rossa Prada Pirelli Team che ha tra i propri pilastri il concetto della sostenibilità, non sempre in sintonia con i grandi eventi. «La cultura ecologica in Nuova Zelanda è indubbiamente forte e nata prima rispetto all'Italia - prosegue -, ma ciò non significa che nel nostro Paese non possano essere introdotte delle buone abitudini per ridurre il consumo di plastica e idrocarburi. Sono le nostre scelte quotidiane a creare benessere in un ambiente che rischia di giungere al punto di non ritorno».

Francesca Pitacco

 

Specie alloctone - Gli "alieni"
Quali sono, da dove vengono e come possono essere "contenute" le specie alloctone invasive che attentano alla biodiversità dei nostri mari? Una risposta a queste domande arriverà dagli esperti coinvolti nell'appuntamento in programma lunedì 14 giugno alle 17 alle Scuderie di Miramare. Il titolo? Suggestivo e efficace: "Alieni di casa nostra, tra la terra e il mare".

 

dibattito - Il confronto
Tecnici e ricercatori di Arpa, UniTs, Ogs e Amp di Miramare. Saranno loro i protagonisti dell'incontro denominato Obiettivo 14- Una strategia per il Golfo in programma giovedì 17 giugno alle Scuderie di Miramare. Si parlerà delle azioni di conservazione, monitoraggio e ricerca condotte dai tre enti per studiare il golfo. Incontro gratuito ma con prenotazione obbligatoria a info@ampmiramare.it

 

fotografia - La vita in nave
Non poteva mancare il mare visto attraverso gli scatti dei fotografi nel programma del festival. Il Museo delle Lavandere di via San Giacomo in Monte ospiterà da venerdì 18 giugno a domenica 20 la mostra fotografica "Le nostre navi Vele e Vapori", una raccolta di scatti fornita dal Piccolo. In programma anche letture di storie sulla vita a bordo delle grandi navi passeggeri del passato. Ingresso libero.

 

 

L'Altipiano Est boccia il Piano della mobilità - il no del "parlamentino" di Opicina
TRIESTE. È un secco no quello della Circoscrizione Est alle proposte del Pums, il Piano urbano della mobilità sostenibile del Comune, relative a Opicina. «Nel Piano - spiega il presidente della Circoscrizione Marko De Luisa - manca una specifica considerazione dei problemi connessi alla mobilità sul Carso, in particolare delle esigenze degli abitanti, legate alla vivibilità nei borghi, alle attività economiche e ai collegamenti sia tra i borghi sia tra gli stessi e la città. Tra le nuove "zone 30" previste dal Piano non se ne individua alcuna nei paesi dell'Altipiano Est, cioè Banne, Trebiciano, Padriciano, Gropada, Basovizza, né si prevede di realizzarne altre a Opicina. Sarebbe inoltre utile istituirne alcune nei tratti più pericolosi di attraversamento degli abitati carsici, sulle direttrici principali». Scarsa fiducia si nutre poi nel progetto legato all'ovovia e nella costruzione di cerniere di mobilità a Nord di Opicina. «Quelle esistenti a Sud del borgo - conclude De Luisa - sono sufficienti e potrebbero essere ampliate».

U.SA.

 

 

Centri di raccolta differenziata dei rifiuti: un infopoint itinerante per incrementarla
Uno steward girerà nei punti di smaltimento del territorio con tanto di brochure per evitare conferimenti errati e pratiche scorrette
«Stop ai rifiuti abbandonati e ai dubbi sugli smaltimenti»: lo dicono AcegasApsAmga e il Comune di Trieste, annunciando la creazione di un infopoint itinerante nei centri di raccolta cittadini. Da oggi infatti, i triestini potranno ricevere informazioni utili e consigli rispetto alle modalità della raccolta differenziata semplicemente consultando un apposito steward e una brochure. Si tratta di un'iniziativa, inquadrata nel progetto regionale EcoFvg, che intende valorizzare i quattro centri di raccolta e smaltimento dislocati sul territorio, rendendoli un punto di riferimento e d'informazione per i cittadini che vi si recano per conferire i propri rifiuti. «Vogliamo lanciare un messaggio a tutti i cittadini affinché non ci siano gli abbandoni che purtroppo abbiamo troppo spesso in vari punti dell'altipiano carsico e specialmente in alcuni rioni, in particolare nella Settima circoscrizione», ha dichiarato l'assessore comunale all'Ambiente Luisa Polli ieri mattina al centro di smaltimento di via Giulio Cesare. «Un conferimento corretto dei rifiuti - ha aggiunto - contribuisce infatti ad un decremento dei costi per i cittadini perché non impegna i servizi in attività di raccolte extra, come il recupero di rifiuti abbandonati per strada». Grazie a un'indagine promossa dalla Regione nel mese di marzo è infatti emerso che i rifiuti più difficili da gestire da parte dei cittadini siano proprio quelli che non vanno collocati nella raccolta stradale, bensì quelli che andrebbero portati all'interno degli appositi centri (come le vernici, o gli ingombranti) e che invece talvolta vengono abbandonati o inseriti nei contenitori sbagliati. Obiettivo di Acegas sarà proprio quello di incrementare gli accessi a questi centri di smaltimento per raggiungere il 70% di raccolta differenziata entro il 2025: i 140 mila accessi nel 2020 hanno portato a un totale di 10 mila700 tonnellate di rifiuti, circa il 25% del totale della raccolta differenziata che si fa a Trieste. «I centri di raccolta lavorano bene, ma con questo progetto d'informazione intendiamo intercettare anche quelle persone che non ci sono mai andate, oltre a stimolare chi ne fa già uso», ha spiegato l'ingegner Giovanni Piccoli di AcegasApsAmga.

Stefano Cerri

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2021

 

 

Il Comune rilancia le aree verdi gratuite per le associazioni
Giardini e parchi a disposizione come nel 2020: basterà compilare un modulo specificando il tipo di attività ricreativa
Il modulo è semplice: il dichiarante firma che le attività non interferiscono con il regolare passaggio pedonale, che le stesse rispettano le condizioni di sicurezza e di incolumità pubblica, e che rispetteranno il distanziamento sociale e non danneggeranno il verde pubblico. Poi deve segnare dove intenda occupare in via temporanea la parte di area «ricadente» nel giardino, nel parco, nella zona verde amministrata dal Comune. Spieghi inoltre il dichiarante che attività educativa - scolastica - ludica-ricreativa-motoria - culturale - ambientale - sportiva pensi di organizzare. Fissi poi le giornate e gli orari durante i quali vorrebbe svolgere le iniziative. Mandi infine il detto modulo agli uffici del Servizio Strade e Verde pubblico, che, qualora l'esito dell'istanza sia positivo, procederanno con un "nulla osta" trasmesso per posta elettronica. Nonostante il miglioramento del quadro pandemico e l'attenuarsi di molte misure restrittive, il Comune rilancia anche quest'anno l'offerta "verde" già prospettata nel luglio 2020 affinchè associazioni, circoli sportivo-ricreativi, cooperative e comitati, impossibilitati a utilizzare le proprie strutture, possano disporre di spazi "open" dove dedicarsi alle attività a favore di iscritti e aderenti, se non addirittura dei cittadini. Una apposita delibera è stata presentata in giunta dall'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi sulla base di un testo firmato dal dirigente Lea Randazzo, che sostituisce l'infortunato De Walderstein. Sono preferite nella destinazione di queste aree verdi le associazioni "non" a scopo di lucro. Sono inoltre prediletti dal Municipio «percorsi di animazione e di accoglienza» a favore dei propri iscritti e - perchè no - della cittadinanza tutta. Naturalmente il Covid non è sparito, quindi restano in vigore le disposizioni che attengono al distanziamento, alla mascherina, al divieto di assembramenti. Ultima, ma non ultima, è la gratuità dell'autorizzazione.

Massimo Greco

 

 

Trieste Verde punta i fari sui depositi della Siot «Basta con quei miasmi» - la lista civica guarda verso San Dorligo
TRIESTE. «Basta con i miasmi che provengono dai depositi della Siot». Maurizio Fogar, portavoce della lista civica Trieste Verde, nella settimanale conferenza stampa di avvicinamento all'appuntamento elettorale delle prossime amministrative, dopo l'affondo sul futuro laminatoio alle Noghere torna a puntare il proprio obiettivo oltre i confini comunali, stavolta verso il territorio di San Dorligo della Valle: «Ormai da anni, a seconda dei venti, le aree di San Dorligo e Aquilinia da un lato e tutta la fascia costiera di Trieste dall'altro vengono avvolte da una camera a gas di benzenidi dal forte odore maleodorante. Miasmi che penetrano nelle case della popolazione. Mentre i vertici della Siot continuano a decantare il loro operato, in realtà, per non investire parte dei loro immensi ricavi in strumenti utili a ridurre l'emissione di questi gas, finiscono con il trattare Trieste come fosse una città da quarto mondo, con disprezzo verso il disagio causato alla nostra comunità».«Vorremmo sapere - conclude lo stesso Fogar - se tale trattamento la Siot lo riserva anche a Ingolstadt, terminale dell'oleodotto in Baviera».-

Lorenzo Degrassi

 

 

Gabbiani, i colonizzatori alati dei tetti dei nostri centri urbani

«Nidi di gabbiano nel cantiere: scongiurato lo stop a Roiano» così recita il titolo che sintetizza la notizia apparsa su Il Piccolo l'altro ieri. Dopo qualche tensione insomma, la situazione si è risolta: i piccoli volatili sono stati trasferiti al Centro di recupero dell'Enpa di Trieste, permettendo così il proseguimento dei lavori, intrapresi dal Comune, che andranno a convertire il comprensorio dell'ex Polstrada di Roiano in diverse strutture per i cittadini. La sede triestina dell'Ente Protezione Animali si è dimostrata familiare con l'accudimento dei piccoli infatti, come riportato nell'articolo, ogni anno ne accoglie mediamente 250. Riflettendo su questo episodio, sorge una domanda: cosa spinge questi animali selvatici a preferire le zone urbanizzate al loro habitat naturale per la nidificazione? Le possibili risposte sono molteplici e variegate, ma tutte legate alla costante ricerca di soluzioni per poter sopravvivere nel miglior modo possibile. I gabbiani, astuti e opportunisti, negli ultimi decenni si sono rivelati particolarmente abili nello sfruttare le "ricchezze" che può offrire il contesto cittadino. Molte sono le specie di questi uccelli nel mondo, ma diverse sono anche quelle che si sono insediate nelle città: tra tutte queste una delle più facili da incontrare durante una passeggiata sulle Rive, ad esempio, è il gabbiano reale, nome scientifico Larus michahellis. Si tratta di un volatile mediamente grande, dall'apertura alare che varia tra i 110 e i 150 centimetri. E piuttosto longeva visto che, in assenza di malattie e altri fattori di mortalità, un esemplare adulto può vivere più di trent'anni. Colonie molto popolose e in costante crescita si sono osservate soprattutto a Trieste, Roma, Genova e Livorno. Uno dei motivi che gli fa amare i centri urbanizzati è l'opportunità di trovare, tra edifici, terrazzi, aree industriali e tettoie, luoghi ottimali dove nidificare. Clima più mite rispetto alla costa, cibo facilmente reperibile e decisamente pochi predatori nei dintorni. Classicamente i nidi vengono costruiti al suolo su pareti costiere, isole lagunari e marine, ma nei nuovi habitat dell'entroterra può nidificare sui tetti di edifici o su altre strutture artificiali, anche in colonie particolarmente dense. L'intero processo di nidificazione si svolge tra fine marzo, quando depone in media 3 uova, e il mese attuale di giugno, quando i piccoli sono ormai già nati e tra poco abbandonano la loro "casa". La coppia alleva un'unica covata per ogni stagione riproduttiva ma, in caso di fallimento, ci può essere una covata in sostituzione. Oltre a questa abilità nell'adattarsi, sono anche degli ottimi volatori: nel periodo di riproduzione, gli adulti possono alimentarsi anche fino a 40 chilometri di distanza dai nidi. Inoltre sono animali molto territoriali e competitivi: non di rado, infatti, entrano in contrasto con gli altri esseri viventi che convivono con loro, siano questi animali domestici, altri uccelli o umani. Nel momento in cui qualcuno tenta di avvicinarsi al loro sito di nidificazione, per esempio, diventano fortemente aggressivi e cercano di allontanarlo con planate minacciose e stridii intimidatori.

Nicole Cherbancich

 

 

La Giornata degli oceani "triplica" con eventi da oggi fino a mercoledì - Oggi l'apertura alle Scuderie di Miramare
Avrà luogo domani la 13.ma edizione della Giornata mondiale degli oceani, per educare e sensibilizzare alla tutela delle risorse marine. A Trieste però il primo momento di celebrazione, nell'ambito del Festival MareDireFare, è in agenda già oggi alle 17 alle Scuderie del Castello di Miramare con "Trieste, gli Asburgo e la scoperta del mare": un incontro a più voci tra scienza, storia e letteratura per ripercorrere la nascita della biologia marina a Trieste e il rapporto tra gli Asburgo e il mare. Protagonisti Andreina Contessa, direttrice del Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare, Paola Del Negro, direttrice Ogs, ed Edda Vidiz e Diego Manna, autrice ed editore del libro "Trieste 1719. Quando gli Asburgo scoprirono il mare". Prenotazione obbligatoria alla mail info@ampmiramare.it. Domani sarà invece la volta di "Quattro chiacchiere in fondo al mare" (in replica anche mercoledì), dedicato alle scuole in diretta Zoom con i ricercatori dei progetti Tretamara, Ecoss e RocPop, impegnati in un'immersione all'Area marina di Miramare per parlare dei coralli. Il programma per la celebrazione della Giornata mondiale degli oceani prevede inoltre domani alle 20.30 all'Ariston un evento speciale tra scienza, cinema, musica e teatro organizzato da La Cappella Underground, Ogs e Wwf Amp Miramare, in collaborazione con Stazione Zoologica Anton Dohrn e Arpa Fvg. I partecipanti potranno seguire la proiezione in anteprima di "Our sea of waste" ("Notre Mer de Déchets", Francia, 2020, 26''), documentario sull'inquinamento delle plastiche. Saranno abbinate le performance di Domenico D'Alelio della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e di Valeria Di Biagio, ricercatrice Ogs. Interverranno inoltre Del Negro, Maurizio Spoto, direttore Wwf Amp Miramare e Claudia Orlandi dell'Arpa. Biglietti: www.eventbrite.it/e/ biglietti-serata-world-ocean- day- 158118178729.

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2021

 

 

Il dossier Silos si sblocca - Conferenza dei servizi fra enti e Coop Alleanza
Convocata per domani la riunione con al tavolo Comune, Regione e proprietà - Obiettivo: via ai lavori nel primo semestre del 2022. Una partita da 100 milioni
«Il 7 giugno si apre la conferenza dei servizi che dovrebbe chiudere il lunghissimo iter per il recupero del Silos. Grazie al lungo lavoro preparatorio con l'amministrazione comunale siamo fiduciosi che il cammino proceda speditamente e senza intoppi». Così parlò (o meglio scrisse) Coop Alleanza 3.0, proprietaria del grande immobile all'angolo di piazza Libertà con via Flavio Gioia, a pochi metri dalla stazione centrale. Bologna, dopo un'attesa iniziata alla fine dello scorso millennio, preferisce moderare l'entusiasmo: ma la prospettiva, finalmente vicina a concretizzarsi, dice supermercato, albergo "quattro stelle", ristorante, centro congressi con due sale polifunzionali, uffici, 800 parcheggi, terminal pullman. La stima di investimento supera i 100 milioni di euro. La convocazione della conferenza dei servizi è una prima volta da segnare sul calendario. Non sfugge che lunedì 7 giugno cada proprio domani e infatti alle ore 10 si accenderà il collegamento in video-conferenza con la partecipazione del Comune, della Regione Fvg, di Coop Alleanza 3.0. Delegazioni tornite di tecnici, perché al Silos s'intrecciano molte competenze, dall'urbanistica al trasporto pubblico. Coop Alleanza sarà supportata dallo studio Archea di Latisana. Presiede il Municipio con Giulio Bernetti, direttore ormai di mezzo ente, coadiuvato da Beatrice Micovilovich. E Bernetti vuole essere ottimista: «Speriamo di chiudere entro la fine di giugno». Se l'auspicio avrà modo di realizzarsi, perché sono stati raccolti tutti i pareri necessari, verrà firmato un accordo di programma "a tre", che consentirà l'apertura del cantiere nel primo semestre 2022. «Dopo l'ex Maddalena e il Porto vecchio - rifinisce Bernetti - un terzo importante risultato». E per il Comune anche un bell'incasso, non solo politico: la stazione dei bus extra-urbani e due sale, che potranno integrare il Centro congressi Tcc quando si tornerà alla normalità relazionale convegnistica e fieristica. Sembra una bella fiaba, di quelle dal lieto fine dopo tanto scuotimento: uno dei progetti più lenti e tormentati, vissuti durante la seconda repubblica triestina, forse riesce ad andare a dama. Una vicenda che ha compiuto 22 anni, essendo iniziata nel 1999 quando Coop Nordest acquistò l'enorme stabile dal Comune. Il primo progetto vide la luce nel 2003, il primo accordo di programma venne varato nel 2009. Poi il fallimento di Unieco, la società del pianeta cooperativo incaricata di trasformare l'ex magazzino di granaglie, contribuì a rallentare la narrazione. Un'apparente ripresa di iniziativa durante il mandato Cosolini, ancora montagne russe al ritorno di Dipiazza tra illusioni di pronta chiusura e tele continuamente da ritessere: due i punti dolenti, ovvero il rapporto parcheggi/superfici commerciali e l'assetto del terminal pullman. È ragionevole ritenere che i due scogli siano stati affrontati vittoriosamente dal momento che stavolta la conferenza dei servizi decollerà. Il segnale forte, che il peggio era passato, si udì a febbraio, quando per la prima volta il Silos venne iscritto dal Comune nel Piano triennale delle opere 2021-23 per un totale di 17,6 milioni di euro a carico del privato. Rifatta piazza della Libertà, in restauro alcuni palazzi ottocenteschi (Kallister, Panfili), adesso alla riqualificazione dell'ingresso in città da nord manca un capitolo: decidere il destino di sala Tripcovich.

Massimo Greco

 

Nato per stoccare i cereali ospitò 100 mila esuli istriani

La struttura venne costruita a metà dell'Ottocento, in contemporanea con la stazione centrale. Nel 1971 un rogo devastante. Negli anni '80 parziale recupero disegnato da Semerani e Tamaro.

Cosa era il Silos prima di diventare rifugio di migranti che, lungo la "rotta balcanica", approdano a Trieste? Diamo la parola all'«Atlante dei beni culturali. Il patrimonio costruito», edito dal Comune nel 2014, a cura di Andrea Benedetti, Alessandro Giadrossi, Alessandro Zanmarchi. E veniamo così a sapere che il Silos, dalle sobrie linee neo-classiche, fu edificato a metà del XIX secolo in contemporanea con la nuova stazione ferroviaria. «Due corpi di fabbrica di pari volume - si legge nella scheda dedicata allo stabile (pagina 293) - coprono 290 metri di lunghezza con una struttura di 44 arcate in pietra a doppio ordine». «L'impiego, come nei coevi magazzini del Punto franco vecchio, dei primi brevetti per il calcestruzzo armato - conclude la sintetica trattazione - fa dell'immobile un esempio di grande interesse per la storia delle tecniche costruttive».Nato per stoccare merci, in particolare granaglie (come la denominazione suggerisce), al termine della Seconda guerra mondiale fu riconvertito a provvisorio riparo per centomila esuli istriano-dalmati (lo si rileva da lapide commemorativa) che lasciavano l'Adriatico orientale. Nel 1971 il magazzino venne devastato da uno spaventoso incendio, le cui tracce sono tuttora visibilissime nella porzione dell'ottocentesca struttura non recuperata. Nel 1982 il Comune acquistò l'edificio "di testata" in piazza Libertà e le prime campate dei corpi laterali dalle Ferrovie dello Stato, con l'intenzione di realizzarvi un'autorimessa, un terminal pullman sostitutivo di quello disegnato da Baldi & Nordio, un'area commerciale dove sistemare le bancarelle dei jeansinari che avevano furoreggiato in Ponterosso. Sulla base di questo programma venne bandito un appalto-concorso, che a metà anni Ottanta ebbe come vincitore il progetto presentato da Luciano Semerani e Gigetta Tamaro: gli architetti riuscirono a riconvertire circa un quarto della struttura, ma la parte rimanente è rimasta allo stato di rudere. In tale contesto il Comune guidato da Riccardo Illy ricevette a fine anni Novanta la proposta di acquisto dal mondo cooperativo. Dopodiché l'intera area attorno alla Centrale ha subìto un blocco "alla triestina", che si è protratto per una ventina d'anni: basti pensare alla riqualificazione di piazza Libertà, su cui il governo centrale di Silvio Berlusconi e il governo regionale di Riccardo Illy puntarono 4 milioni di euro ancora nel 2004 e solo dopo una quindicina d'anni venne aperto il cantiere. Finalmente piazza Libertà, che rappresentava un imbarazzante punto di ingresso settentrionale della città, ha visto razionalizzate le fermate dei bus, collocate le pensiline, riordinato il traffico, segnalati pedonali e ciclabili. Tre interessanti spunti architettonici ottocenteschi attorno allo spazio urbano - i palazzi Economo, Kallister, Panfili - raccontano di una stagione ascendente della Trieste asburgica. Una piazza, che sembrava avvolta in una triste aura da ordine pubblico più che da urbanistica, ha ritrovato una dignità che il rifacimento del Silos dovrà confermare.

Magr

 

Dal lato di Porto vecchio giacigli e indumenti di chi oggi vi trova riparo - fenomeno ridotto rispetto al recente passato
Il via vai c'è ancora, è decisamente limitato e si è spostato dal lato del Porto vecchio. Il Silos rappresenta sempre un punto di riferimento per i migranti, seppur con numeri ridotti rispetto al passato. L'area è composta da due edifici gemelli che si estendono dal parcheggio Saba fino ad arrivare alle officine in uso ai tecnici delle ferrovie, per una lunghezza di poco più di 250 metri. Nel rudere che confina con la stazione sono state installate nuove protezioni ed è pressoché impossibile accedere. Guardando verso l'interno si possono comunque scorgere dei giacigli di fortuna e degli abiti in buone condizioni, forse abbandonati di recente. Non si vedono persone mentre all'esterno c'è il movimento del personale di Trenitalia. Discorso diverso per l'edificio verso il Porto vecchio, impossibile guardare dentro se non nella parte finale e qua si scorge la presenza di vita umana con un uomo che cammina verso il suo giaciglio. Solamente una piccola parte dell'edificio è visibile dalla strada privata di proprietà di Rfi, Reti ferroviarie italiane. L'accesso dei migranti al Silos avviene, come accennato, dal lato del Porto vecchio dove c'è un mini varco alla fine della strada che conduce all'ingresso dei veicoli nel maxi parcheggio gestito da Saba. Non è possibile comunque stabilire quanti siano oggi i "residenti" del Silos, un lavoratore conferma però un calo importante rispetto al passato: «Quando passo guardo sempre dentro e sinceramente non vedo mai nessuno. Possiamo dire che la situazione è diametralmente opposta rispetto agli scorsi anni».

Andrea Pierini

 

"Grignano presto cambierà il suo volto" - La replica delle istituzioni all'indomani delle critiche di frequentatori della zona e addetti ai lavori

Dipiazza e l'assessore regionale Pizzimenti rilanciano il piano di recupero da 4,5 milioni: "Ora la progettazione, poi i lavori"

Ugo Salvini«Per Grignano esiste un piano di rilancio, per un totale di 4,5 milioni di euro, già finanziati dalla Regione, che prevede sia la riqualificazione del parcheggio, sia la realizzazione di un ascensore che porterà i turisti dalla baia al Castelletto di Miramare». Il sindaco Roberto Dipiazza rilancia così il preannunciato progetto di recupero della baia all'indomani delle ultime notizie di stampa che hanno dato conto di una serie di critiche sullo stato delle manutenzioni e dei servizi venute da chi frequenta la zona e da chi ci lavora. All'indice sono finite in particolare la pavimentazione del parcheggio (reso impraticabile in numerosi punti del piazzale a causa della crescita delle radici degli alberi che, nel corso degli anni, sono emerse in superficie dando vita a vere e proprie cunette), le indecorose scritte che campeggiano nel tunnel pedonale che unisce i due stabilimenti balneari che si susseguono sul litorale, scritte che mai nessuno ha provveduto a cancellare, nonché l'assenza di adeguate segnalazioni turistiche. Problematiche che mal si conciliano con un'area dalla bellezza straordinaria, che potrebbe diventare meta per migliaia di turisti provenienti sia via terra, sia via mare. «Conosco bene la situazione di Grignano sul cui potenziale non ci sono discussioni e che è ben presente fra le priorità dell'amministrazione - precisa Dipiazza - e proprio per questo mi ero rivolto a suo tempo a Debora Seracchiani, all'epoca presidente della Regione, e poi all'attuale governatore Massimiliano Fedriga per ottenere i necessari aiuti finanziari, in quanto l'area è demanio della Regione. Da entrambi ho avuto risposte positive», rammenta in proposito il sindaco: «Dalla prima erano stati promessi tre milioni, dal secondo ulteriori 1,5. Cifre confermate che saranno spese per rinnovare Grignano e migliorarne il potenziale turistico. Tra la baia e il vicino castello di Miramare, con il suo bellissimo parco, abbiamo a disposizione un punto di eccezionale valenza turistica, che va sfruttato a dovere».Le cifre indicate da Dipiazza sono confermate a propria volta dall'assessore regionale Graziano Pizzimenti: «Abbiamo già individuato e incaricato uno studio di Udine, che sta effettuando i sopralluoghi e porterà a termine la progettazione. Subito dopo, ovviamente di concerto con il Comune di Trieste e la Soprintendenza, predisporremo la gara per l'assegnazione dei lavori».Fra le idee sulle quali si sta lavorando in questa fase c'è anche l'ipotesi, lanciata dallo stesso Dipiazza, di creare un nuovo spazio per i pullman all'altezza del simbolo dell'alabarda posta lungo la strada Costiera. Il sindaco e l'assessore regionale ricordano infine che tra le voci che compongono il nuovo Programma triennale delle opere pubbliche, recentemente licenziato dalla giunta Fedriga per un ammontare complessivo di 104 milioni, in parte già stanziati e in parte da finanziare, nell'ambito turistico ci sono proprio i 4,5 milioni per la sistemazione dell'area demaniale marittima del porticciolo di Grignano.

 

 

Opere in ferro, plastica, nylon per raccontare il Microceano - la rassegna
Inaugurata alle Scuderie di Miramare la mostra dedicata agli organismi marini più piccoli proprio nella Giornata mondiale dell'Ambiente. Primo appuntamento del cartellone di "MareDireFare"
Una rete bianca, illuminata. E poi dei piccolissimi elementi. Tutto realizzato con alluminio, ferro, plastica e nylon. Materiale povero, che sembra quasi prezioso. Così l'artista Valérie Cortelazzi ha immaginato il plancton ovvero «tutto ciò che non sa nuotare controcorrente», spesso dimenticato o addirittura poco conosciuto, ma fondamentale per il funzionamento degli ecosistemi marini ed essenziale per la vita dell'uomo. Al mondo marino microscopico è infatti dedicata la mostra "Microceano", che ha aperto ieri i battenti alle Scuderie di Miramare, proprio nella giornata mondiale dedicata all'Ambiente. Un'esposizione che inaugura il festival "MareDireFare", diretto alla divulgazione scientifica e alla conoscenza di questo mondo sottomarino, focalizzandosi su mare e oceani (a cui la giornata dell'8 giugno è dedicata). Fino al 20 giugno tutta la città sarà coinvolta in un programma ideato da Area marina protetta di Miramare e Ogs per celebrare l'avvio del "Decennio degli Oceani", proclamato dalle Nazioni Unite. Il cartellone prevede appuntamenti (www.maredirefare.it) che spaziano tra spettacoli teatrali, letture animate ed itineranti, mostre fotografiche, laboratori creativi e presentazioni di libri che si snoderanno in diversi punti della città, dal Parco di San Giovanni al centro storico, da San Giacomo a Montebello. Alcuni saranno ambientati proprio alle Scuderie, dove si sono messi alla prova i 17 artisti dell'esposizione: Isacco Alberti, Niccolò Argenti, Damiano Avoledo, Cristiano Baggio, Maurizio Corradin, Mattia Cassaro, Manuela Ceresoli, Valérie Cortelazzi, Silvia Patricia Mantoani, Elisabetta Milan, Elena Perco, Sara Segantin, Riccardo Sellan, Massimo Spadari, Giada Tonello, Gretta Vettori, Simone Zoccante. Dopo vari confronti con alcuni ricercatori di Amp Miramare e Ogs, che hanno curato l'esposizione con la collaborazione della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e il Museo storico e Parco del castello di Miramare, hanno immaginato attraverso immagini, tessuti e quadri i microrganismi, virus e batteri. Le opere sono accompagnate da pannelli descrittivi. Tra questi pannelli, anche "Il Piccolissimo", una sorta di giornale con notizie di vera attualità trattate a livello locale e non solo negli ultimi mesi. Ad esempio quella della "marea rossa" ovvero la Noctiluca scintilans che ha invaso le coste triestine per diversi giorni. Oppure le meduse Rhizostoma Pulmo. «Ho ideato un percorso suddiviso in tematiche - spiega Lorenzo Peter Castelletto, 24 anni, curatore assieme a Rino Lombardi, Lisa Peratoner e Maurizio Spoto -: dal fitoplancton alla rete trofica marina alle specie aliene, con l'intento anche di sensibilizzare la popolazione sul fatto che diminuiscono sempre più gli organismi planctonici». L'obiettivo della mostra è "alfabetizzare" su questo mondo microscopico, ha sottolineato Paola Del Negro, direttore generale dell'Ogs, assieme a Maurizio Spoto, direttore Wwf Amp Miramare. Presenti ieri anche la padrona di casa, Andreina Contessa, direttore del Museo storico e Parco del Castello di Miramare, il sindaco Roberto Dipiazza, Vincenzo Vitale, comandante della Capitaneria di porto di Trieste, e Pierpaolo Zanchetta della Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche della Regione. Ma il mare non è l'unico protagonista, perché prendendo spunto dal 15 giugno, Giornata mondiale del Vento, MareDireFare - organizzato da Wwf Area Marina Protetta di Miramare e Ogs, in collaborazione con Patto di Trieste per la Lettura, Editoriale Scienza e Associazione Museo della Bora, con il patrocinio del Comune di Trieste e la collaborazione del Museo storico e Parco del Castello di Miramare e con il contributo della Regione - farà inoltre da cornice all'ormai consueto appuntamento con BoraMata, che riporterà le girandole in piazza Unità e sarà protagonista il 18, 19 e 20 giugno.

Benedetta Moro

 

 

Il lago di Bosc di Sot riconosciuto habitat di rilievo nazionale per anfibi e rettili
Nella zona umida di Cormons censite con certezza 9 specie «L'ex cava è un rifugio anche per uccelli e mammiferi»
Cormons. Un'area di "Rilevanza erpetologica di livello nazionale". È la zona umida di località Bosc di Sot. Ad inserirla nella lista che riguarda il territorio italiano è stata la Societas Herpetologica Italica, associazione nazionale a carattere scientifico che promuove la ricerca e la tutela di anfibi e rettili e dei loro habitat e la divulgazione delle conoscenze su di essi. I laghetti alle porte di Cormons soddisfano tutti i criteri per l'inclusione di un sito nella lista: ospita un elevato numero di specie di anfibi e rettili e, in particolare, ospita comunità di questi animali di interesse scientifico o conservazionistico.I laghetti di Bosc di Sot si sono originati dopo lo stop, ormai diversi anni fa, all'attività estrattiva vicino al torrente Versa, 55 ettari complessivi di cui 11 occupati da acque dolci, attorno ai quali sono state finora rilevate con certezza 9 specie di anfibi. «Tra di esse - riportano gli scienziati dell'Ambiente Davide Roviani, Michele Tofful e Francesca Iordan, i cui studi hanno permesso di poter inserire l'area nella lista di quelle di rilevanza erpetologica nazionale - vale la pena ricordare la rana di Lataste Rana latastei, la rana agile Rana dalmatina, il rospo smeraldino Bufotes viridis e l'ululone dal ventre giallo Bombina variegata, particolarmente protette dalla normativa sia italiana che europea per mezzo della Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat": si tratta di animali tutti presenti nei dintorni dei laghi con diverse centinaia di individui. Le popolazioni nazionali di queste ed altre specie, come l'endemica raganella padana Hyla perrini, sono considerate in declino ed il loro stato di conservazione non adeguato in tutta l'area padana». Gli studiosi proseguono: «Di una certa rilevanza appare la varietà di habitat terrestri e d'acqua dolce presenti tanto all'interno del perimetro dell'ex cava quanto nelle immediate vicinanze, capaci di costituire zone di rifugio e riproduzione non solo per anfibi e rettili ma anche per molte specie di avifauna stanziale e migratrice, mammiferi e non ultimi, di insetti legati alle acque dolci». I tre scienziati evidenziano così «la valenza conservazionistica dell'ex cava e della sua necessità di essere rispettata e tutelata da stravolgimenti ambientali irreversibili» e lanciano un appello: «Indipendentemente da quale soggetto, pubblico o privato, rileverà l'area, l'integrità dell'intero comprensorio potrebbe essere garantita da un regime di tutela che impedisca l'alterazione della sua libera evoluzione verso condizioni di maggiore naturalità ed in questo senso la recente inclusione tra le Aree di Rilevanza Erpetologica Nazionale va a supporto dell'altrettanto recente richiesta ai competenti uffici regionali di avvio dell'iter per l'istituzione di un Biotopo naturale nell'area».

Matteo Femia

 

Un anno e mezzo fa scoperto nell'area pure un raro fossile
L'area umida di Bosc di Sot non è riconosciuta solo per la sua importanza erpetologica legata agli anfibi e ai rettili, ma anche perché non lontano dai laghetti, poco più di un anno e mezzo fa, venne scoperto anche un raro fossile di Paleodycton, che fu già oggetto di studi anche da parte di Leonardo da Vinci.

 

Spuntati vicino a Barbana alcuni esemplari di Ibis sacro - Hanno adottato la laguna
Osservati e immortalati mentre stavano mangiando ai bordi del canale - Lo scorso anno notata solo a fine estate una coppia anche a Fossalon
GRADO. Se i fenicotteri rosa sono ormai di casa a Grado - sia in Valle Cavanata e nella Valle Artalina, che corre accanto alla strada provinciale Grado-Monfalcone, sia in diverse altre parti della laguna, comprese le zone attorno all'isola-santuario di Barbana - ben più raro è osservare che proprio nelle vicinanze di Barbana ci sia la presenza di qualche Ibis sacro. In queste ultime giornate chi si reca a Barbana può aver la fortuna di incontrarli mentre stanno tranquillamente mangiando ai bordi del canale. A riprenderli fotograficamente è stato Mauro Gordini che ha osservato la loro presenza subito dopo che sul retro di Barbana erano arrivati alquanto numerosi i fenicotteri rosa. Non è da escludere che gli Ibis abbiano volato assieme ai fenicotteri, anche se la conformazione e la struttura per volare non sia propriamente identica. Fatto sta che anche l'anno scorso era stata notata, ma solamente verso fine estate, la presenza di una coppia di Ibis in alcune parti della laguna e anche a Fossalon. Quest'anno ce ne sono già quattro. E c'è da ricordare che ancora una decina di anni fa sempre a Fossalon la presenza di Ibis era non solo stata notata ma addirittura venivano nutriti da una donna che li faceva prendere il cibo dalle sue mani. Svariate migliaia sono le presenze di uccelli che annualmente si registrano alla riserva naturalistica della Valle Cavanata; ci sono poi, quindi, centinaia e centinaia di fenicotteri rosa che in piccola parte ormai sono presenti in forma stabile proprio alla Cavanata. E ora in laguna ci sono anche gli Ibis. Ecco perché anche gli appassionati di birdwatching sono sempre più numerosi. Giungono anche da fuori regione e pure dall'Austria. A proposito della Riserva Naturale Regionale della Valle Cavanata, considerate le variazioni in merito alle restrizioni di questi ultimi tempi, c'è da evidenziare che gli osservatori "Pagoda" e "Sabbia" sono nuovamente e liberamente aperti al pubblico. In poche parole, per accedere a questi osservatori non è più necessaria la prenotazione. C'è tuttavia l'invito da parte dei responsabili della cooperativa Rogos che gestisce la riserva per conto del Comune, a continuare a rispettare il distanziamento sociale, utilizzare la mascherina e disinfettare le mani prima di accedere agli osservatori. Nell'occasione viene inoltre ricordato che in Cavanata si può effettuare una passeggiata rilassante scoprendo questo ambito naturalistico. Il centro visite è aperto giornalmente (escluso il giovedì) dalle 10 alle 17.

Antonio Boemo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2021

 

 

Obelisco, un'altra svolta imprevista - Nuovo rilancio sfonda i due milioni
Si riapre a sorpresa, per l'ennesima volta, l'asta per l'ex albergo. Quotazioni raddoppiate in 15 mesi
Quasi che l'esotica malìa delle "Mille e una notte", tradotta 130 anni fa da Francis Richard Burton proprio nell'allora stazione di posta appena fuori da Opicina, avesse avvolto di misteri anche il successivo hotel Obelisco. Un "giallo" che non sembra conoscere l'ultima puntata: a marzo pareva assai probabile l'aggiudicazione definitiva dei 62 mila metri quadrati alla famiglia Andretta, invece, a meno di dieci giorni da quella provvisoria, è giunta la nuova offerta al collegio milanese dei curatori del fallimento Gladstone. La notizia è poi uscita un paio di mesi dopo, quando il rilancio è diventato ufficiale per consentire la prosecuzione di un'asta senza fine: il misterioso sfidante degli Andretta ha accettato di misurarsi con il 10% in più previsto dalla normativa fallimentare. Se gli Andretta avevano gettato sul piatto quasi un milione e 950 mila euro, il misterioso sfidante contrattacca sfiorando i due milioni e 150 mila. Adesso, chi voglia superare l'asticella alzata dal nostro ghost buyer, dovrà appoggiare sul panno verde due milioni e 360 mila euro. Se si pensa che la prima aggiudicazione provvisoria risale al febbraio dello scorso anno con 1,2 milioni di euro, appare di tutta evidenza che nel giro di una quindicina di mesi l'appetibilità commerciale dell'Obelisco è pressoché raddoppiata. È vero che la quotazione resta sensibilmente inferiore alla stima redatta nel 2010 dall'architetto milanese Giuseppe Agresta pari a quattro milioni e 573 mila euro, ma è anche vero che da 11 anni a questa parte molta acqua è fluita sotto i ponti del settore immobiliare nazionale e quest'acqua ha portato raramente pepite auree. Tant'è che alcuni anni dopo la perizia-Agresta i curatori abbassarono la pretesa a 2,6 milioni. L'esito, che probabilmente sarà l'ultimo quindi decisivo, si saprà mercoledì 30 giugno, quando alle ore 11.30 inizierà la vendita con modalità "sincrona mista", che prevede offerte telematiche e tradizionali. Chi scelga la strada tradizionale, può farlo previo bonifico o assegno entro le 13 di martedì 29 corrente mese: cauzione minima il 5% del prezzo offerto, quindi, se riferita ai 2,3 milioni necessari per battere l'ultimo prezzo, occorrono circa 120 mila euro. Qualora si ingaggi battaglia, il rilancio minino è di 25 mila euro. Referente della procedura è la Sivag, che ha sede a Segrate nei pressi di Milano. Il collegio dei curatori è composto dall'avvocato Patrizia de Cesari, dal ragionier Giorgio Canova, dal commercialista Andrea Zonca. Giudice delegato del Tribunale milanese è Vincenza Agnese. E ora immancabile flash-back sull'emozionante iter di questa vendita. L'Obelisco, progettato negli anni Settanta da Gae Aulenti ma prematuramente chiuso già alla prima metà del decennio Ottanta, vanta una superficie complessiva di 62 mila mq, di cui 8.500 dedicati all'ex struttura ricettiva. Poi ci sono gli impianti sportivi, il parcheggio, il parco. Ultimo proprietario la società immobiliare Gladstone, che fallì e i cui beni sono ancora in cerca di subentranti. Dopo otto esperimenti di vendita definiti dai curatori e dalla Sivag, il primo rovesciamento della fortuna avvenne nel febbraio 2020, quando l'Obelisco andò al trio Ritossa-Pedone- Diasparra per un milione e 125 mila euro. Primo colpo di scena: si fece avanti una società triestina, la Matt di Stefano Campestrini, che in settembre sbancò con un'offerta di un milione e 765 mila. Tempo dieci giorni e secondo colpo di scena: la famiglia Andretta rilancia a un milione e 950 mila euro. A marzo, come abbiamo visto, nessuno si fa vivo in asta e si ritiene che gli imprenditori friulani abbiano l'Obelisco in pugno. Terzo colpo di scena: offerta fuori asta a due milioni e 150 mila, che fino al 30 giugno sarà vincente.

Massimo Greco

 

Nidi di gabbiano nel cantiere - Scongiurato lo stop a Roiano
Il trasloco degli esemplari al Centro recupero fauna selvatica evita in extremis il blocco dell'annosa trasformazione dell'ex caserma in asilo, park e bosco urbano
Quando gli uffici gli hanno comunicato la necessità di bloccare il cantiere dell'ex Polstrada di Roiano, al sindaco Roberto Dipiazza stava per venire un mancamento. Questa volta la colpa non era di carte bollate o resti antichi della Trieste che fu. A rischiare di fermare le ruspe erano infatti i nidi di alcuni gabbiani. Un problema non da poco che però, a stretto giro, è stato risolto con un'operazione di trasferimento di tali nidi "a regola d'arte", tale da scongiurare lo stop dei lavori a pochi giorni dal loro inizio.La segnalazione era partita dall'Enpa, che con una lettera datata 27 maggio inviata proprio all'amministrazione recitava così: «Rammentiamo che la legge tutela tutte le specie di uccelli nidificanti vietando l'asportazione, il danneggiamento o il prelievo dei nidi, di piccoli nidiacei o di uova. Ci viene segnalato che sono in pregiudizio vari nidi nel comprensorio dell'ex caserma di Roiano dove il Comune ha aperto un cantiere. Eventuali interventi eccezionali autorizzati dall'autorità forestale devono essere compiuti nella salvaguardia dei piccoli nati che dovranno essere portati al Cras (Centro recupero fauna selvatica) di Trieste». La firma sul documento è quella della presidente Enpa Patrizia Bufo la quale poi rincarava la dose: «I nidi non possono essere spostati. A Roiano in quel cantiere è stata segnalata la presenza di gabbiani, siamo nella stagione dove i piccoli sono già nati e fin da subito sono in grado di camminare. Vanno messi quindi in sicurezza e da quel che risulta non sono stati portati al Cras. Diciamo che sono perplessa e attendo una riposta ufficiale che proverò a sollecitare. Siamo in un momento particolare per la fauna selvatica, non dico che bisogna fermare il cantiere, ma bisogna fare le cose per bene. In questo momento abbiamo 30 piccoli di gabbiano al Cras e arriviamo a 250 ogni anno quindi non ci sono problemi di numeri». Il sindaco, dal canto suo, è stato egualmente schietto: «In Italia - spiega - abbiamo 57 miliardi di opere. Sono interventi che possono creare centinaia di migliaia di posti di lavoro e sono convito che vadano avviati sempre, tutelando gli animali, che a loro volta devono essere rispettati. Quando gli uffici mi hanno girato la segnalazione dell'Enpa mi hanno evidenziato che era necessario bloccare il cantiere. In poco tempo abbiamo però contattato la Forestale, grazie alla cui professionalità abbiamo scongiurato lo stop a tutto mettendo in sicurezza i gabbiani». Si scongiura pertanto l'ennesimo rallentamento per una complessa storia di "rinascita", quella appunto dell'ex comprensorio di Roiano, iniziata nel 2002 con un Accordo di programma firmato allora dal governo di Silvio Berlusconi, dal presidente della Regione Renzo Tondo e da Roberto Dipiazza al suo primo mandato. Lunghissimo fu però l'iter per trovare una collocazione alternativa alla Polstrada, sfociato tra il 2015 e il 2016 nella nuova sede di via Mascagni e nel 2017 nell'abbattimento della caserma di Roiano. Nel settembre 2018, quindi, la gara per la progettazione, vinta dalla F&M di Mirano, che ha dovuto recepire le prescrizioni della Soprintendenza a causa del rinvenimento di una precedente struttura castrense austroungarica. Poi la bonifica degli ordigni bellici e il 26 aprile scorso, finalmente, l'affidamento dei lavori alla modenese Iti, che ha ottenuto l'appalto con un ribasso del 25, 2% su una base d'asta di circa 5,2 milioni con Iva e oneri per la sicurezza. La durata dell'intervento è stimata in 380 giorni: calendario alla mano il taglio del nastro dovrebbe avvenire a metà maggio 2022. In questa fase sono in corso i carotaggi. Poi si procederà con la costruzione di un asilo nido da 60 posti, di un parcheggio seminterrato e di un bosco urbano, con un'area dedicati ai cani, e forse anche ai gabbiani.

Andrea Pierini

 

L'Ufficio zoofilo ai costruttori: «I volatili vanno rispettati»
La comunicazione del Comune alle associazioni di categoria Enpa, Liberi di Volare e Lipu in campo, pronte a fare la loro parte
Risanare gli edifici rispettando i nidi dei piccoli volatili. La richiesta delle associazioni animaliste è stata fatta propria dell'Ufficio zoofilo del Comune di Trieste, che ha inviato ad Ance e Anaci una raccomandazione al fine di tutelare gli uccelli selvatici.La presenza importante di cantieri in ogni angolo della città, generata prevalentemente dai bonus per il rifacimento delle facciate, ha messo a rischio quest'anno la sopravvivenza di molti nidiacei. La sistemazione delle impalcature talvolta ostacola l'accesso e l'uscita dal nido. In alcune situazioni dei nidi sono stati fatti cadere a terra o sono stati gettati via da operai. Per questo l'Ufficio zoofilo chiede fattiva collaborazione «nel considerare la problematica in questo periodo stagionale per edifici in manutenzione in cui sono insediati i nidi, eventualmente prevedendo tutti gli accorgimenti tecnici possibili, fatte salve le disposizioni in materia di sicurezza cantieristica, per consentire ai volatili un agevole transito da e per il nido». «La legge 157 del 1992 vieta di mettere mano ai nidi - premette la presidente dell'Enpa Patrizia Bufo - e se qualche ditta ha delle difficoltà, ci chiami per qualsiasi informazione al 339-1996881. Siamo attrezzati con camera calda e tanta esperienza». A recuperare alcuni esemplari feriti di rondine e rondoni tra detriti dei cantieri è anche l'associazione Liberi di Volare, che ha stimolato l'intervento dell'Ufficio zoofilo: «Le attuali ristrutturazioni stanno creando gravi problemi alla fauna selvatica protetta - spiega la presidente Silvana Di Mauro - ed è un vero dolore per noi assistere impotenti a tanta sofferenza: bastano un po' di attenzione e rispetto per il loro habitat per salvarli». Ilario Zuppani, coordinatore regionale della Lipu, evidenzia come la ristrutturazione degli edifici e anche il taglio degli alberi non autorizzino l'uccisione di animali. «È bene - indica - consultare preventivamente le Stazioni del Corpo forestale regionale che hanno le conoscenze naturalistiche adeguate ma anche le competenze per sanzionare i trasgressori».

Laura Tonero

 

 

«Noghere, pmi innovative al posto della siderurgia» - Terzo polo contro il progetto del laminatoio
MUGGIA. «Il territorio non può essere svenduto a colpi di royalties»: è quanto sta scritto in fondo alla nota congiunta, sull'affaire-siderurgia alle Noghere, del polo civico, il cosiddetto "terzo polo" composto da Meio Muja, M5s e Podemo. «Quando si parla di decisioni in grado di definire il futuro di Muggia per decenni - recita la nota - i cittadini vanno non solo informati ma inclusi nel processo decisionale e consultati in prima persona. In quanto liste civiche, ci rendiamo promotori di quest'approccio anche e soprattutto per quanto riguarda la questione del laminatoio nella valle delle Noghere». Cosa che «un'amministrazione comunale, in proroga oltre al suo mandato, in piena campagna elettorale, non sta facendo». «La questione - prosegue la nota - è che l'impianto, che porterà in dote problematiche ambientali e acustiche, toglierà un'area enorme, di ben 48 ettari, preziosa per lo sviluppo economico di Muggia, che potrebbe ospitare piccole e medie aziende attive nell'innovazione e ad alta professionalizzazione». Tra le proposte alternative dei civici figurano quelle di «espandere in loco la presenza dei poli scientifici di Trieste, attrarre aziende tecnologiche e creare realtà di co- working e incubatori d'impresa, estendendo le peculiarità e i vantaggi, tuttora inapplicati, del Porto di Trieste all'area».

LU.PU.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2021

 

 

Un biglietto d'ingresso per il Giardino Viatori - Arrivano i primi turisti
Ticket di 4 euro che sale a 10 per la novità della visita virtuale - La presidente Demartin: «Un vero gioiello, vale il prezzo»
La riapertura del Giardino Viatori è una delle novità della primavera goriziana. Quello che è uno degli incanti cittadini, si può ammirare esclusivamente su prenotazione, con visite guidate. Ciò perché il periodo suggerisce prudenza, ma anche perché soltanto le parti del giardino già completate, per quanto riguarda gli interventi di risistemazione, sono fruibili in totale sicurezza. È, insomma, un Giardino Viatori rinnovato quello che si può vedere, prenotando online l'ingresso sul suo sito Internet. Le modalità di prenotazione si stanno ancora affinando: sarà introdotta una "infoline".Un'altra novità costituisce poi l'ingresso, non più gratuito: 4 euro, che diventano 10 con l'entrata all'ipertecnologica casa Viatori. Il ticket non è stato digerito bene da tutti, dopo che Lucio Viatori, l'ideatore del giardino, si era limitato per una vita a ricevere qualche offerta, senza obbligo. In ogni caso, in molti hanno deciso di trascorrere qualche ora tra magnolie, azalee e molto altro.«È fondamentale assicurare la sostenibilità di quello che si può definire un vero progetto cultural-botanico - dice la presidente della Fondazione Carigo, Roberta Demartin -. Come tutti i più bei giardini del mondo, anche il Giardino Viatori è opera dell'uomo, un prezioso artificio, dove la natura è "addomesticata": se si lasciasse agire la natura da sola, il giardino scomparirebbe. È quindi essenziale una manutenzione quotidiana e, in linea con i principali patrimoni botanici, naturalistici e artistici in Italia e nel mondo, la modalità di fruizione da parte del pubblico prevede quindi un biglietto di ingresso». E ancora: «Consapevole del peso economico della manutenzione del suo giardino, anche Luciano Viatori ha specificato nel suo lascito testamentario che per rendere più sostenibile la gestione del giardino si optasse per ingressi a pagamento: il fatto di pagare un biglietto per visitarlo, cosa peraltro comune all'estero, deve essere visto soprattutto come riscontro del valore del tesoro botanico e di esperienza di coltivazione, che il giardino contiene. Ritengo quindi che se vogliamo far fare un salto di qualità al nostro territorio, anche in termini di attrattività e proposta turistica sia necessario puntare sulla qualità e sulla coerente valorizzazione dei nostri tesori: insomma, credo che la visita valga il costo di un cono gelato...».

Alex Pessotto

 

 

La Ue: basta plastica - Industria in allarme per la svolta green
Alt agli articoli monouso, a rischio 3 mila addetti in 30 aziende - La friulana Colombino & Polano: impegnati a cercare alternative
UDINE. Solo tutela dell'ambiente o anche apertura di un mercato, che non sparirà, a nuovi competitor con nuove tipologie di prodotto e incognite modalità di produzione? È un altro modo di affrontare un tema di stretta attualità, la nuova direttiva Ue sulla plastica monouso, che impatta su un settore che, nel nostro Paese, vale 1 miliardo di euro di fatturato l'anno realizzato da almeno una trentina di aziende e circa tremila addetti. Una parte del macrosettore della trasformazione dei polimeri plastici, che pesa per 15 miliardi di valore della produzione e occupa circa 120 mila addetti, buona parte dei quali a Nordest. Le disposizioni comunitarie sono note - in parte -, la direttiva infatti è complessa, i decreti attuativi ancora non ci sono, quindi daremo effettivamente l'addio a piatti e bicchieri di plastica, posate di plastica, bastoncini cotonati ecc. dal 1° gennaio 2022. Ma l'impatto sarà «pesante - dichiara Libero Cantarella, direttore di Unionplast nella Federazione Gomma-Plastica di Confindustria -. Il nostro Paese è il principale produttore europeo di stoviglie monouso con un valore della produzione che arriva a un miliardo di euro, per il 40% destinato alle esportazioni. La nuova legge non coglie di sorpresa, ovviamente, ma l'anno e mezzo di pandemia da Covid ha sottratto a molte aziende tempo ed energie per pianificare una riconversione. Non solo, proprio la pandemia ha messo in evidenza l'utilità di queste produzioni, largamente impiegate da ospedali, case di cura, ecc.». L'ambiente va difeso, certo. «E l'Italia ha da decenni normative su gestione, recupero e riciclo dei rifiuti. Il Conai (il consorzio che lavora su recupero e riciclo dei materiali da imballaggio) è nato nel '97 e gli ultimi dati attestano a oltre il 90% la raccolta di rifiuti da imballaggio in plastica immessi a consumo. Al contrario in molti altri Paesi la gestione dei rifiuti è ancora carente - aggiunge Cantarella -, ed è su questo fronte che bisognerebbe continuare a lavorare. Il problema va affrontato a 360 gradi, ricordando soprattutto che la sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica e sociale». Un eccesso di zelo nella lotta all'inquinamento? O c'è dell'altro. «Ciò che sappiamo - ancora il direttore - è che assistiamo alla sostituzione, per taluni articoli in plastica, con manufatti realizzati con altri materiali, presuntamente sostenibili, in particolare provenienti dai Paesi dell'Est». Il problema è la qualità di materia prima e produzione, quando invece i prodotti in plastica per il contatto alimentare godono di una disciplina normativa rigorosissima dal 1973. La via d'uscita, per le imprese, è l'abbandono di alcune tipologie di prodotto in favore di altre. Opzione già imboccata dalla Colombino & Polano, azienda friulana specializzata nel packaging con imballaggi protettivi in cartone, plastica e bio destinati al settore alimentare, che ha ridotto progressivamente, sino all'attuale 8%, la quota di produzione di materiale monouso. «Il nostro impegno è volto a ridurre la quota di plastica, seguendo le indicazioni Ue», spiega Paolo Colombino, con film plastici scesi da 90 a 60 micron. «L'industria alimentare non potrà fare a meno della plastica, noi possiamo aiutarla con la scheda di impatto ambientale che agevola sia l'industria che il consumatore chiamato a smaltire correttamente i rifiuti». Novamont ha scelto il Veneto (Bottrighe) per insediare uno stabilimento unico nel suo genere, con un impianto dedicato alla lavorazione di un monomero per produrre plastiche da fondi rinnovabili, «nello specifico da zuccheri - ricorda Andrea Di Stefano responsabile progetti speciali di Novamont -. Questo monomero, insieme ad altri componenti, dà vita alla bioplastica» che può essere smaltita insieme alla frazione organica. «Quello in corso è un passaggio cruciale per il settore - è la considerazione di Antonio Di Penta, presidente della sezione materie plastiche di Confindustria Venezia-Rovigo - che va affrontato in modo consapevole. È una nuova sfida sul fronte della sostenibilità ed è ineludibile, ma offre anche l'occasione per innovare e nuove opportunità».

Elena Del Giudice

 

 

Paura in Gorski Kotar - Cinque automobilisti aggrediti da un orso
Il plantigrado ha preso a zampate e morsi le carrozzerie - Miracolosamente illesi i conducenti delle vetture
FIUME. Attimi di terrore sulla vecchia strada Fiume-Zagabria, all'altezza dell'abitato di Fuzine, in Gorski kotar, a circa 35 chilometri dal capoluogo quarnerino: un orso si è scagliato con inusitata violenza su cinque auto di passaggio, danneggiandole anche seriamente con zampate e morsi, mentre nessuno dei conducenti e dei passeggeri ha riportato lesioni. Qualche ora dopo l'animale è stato abbattuto dai cacciatori locali. Il drammatico episodio si è verificato nella giornata di mercoledì, con il plantigrado che per ragioni ancora sconosciute - è la prima volta che un episodio del genere avviene in Gorski kotar, regione montana nell'entroterra di Fiume - si è lanciato contro le macchine che stavano attraversando l'area di Kraljev jarak, nei pressi di Fuzine. Testimone suo malgrado è stato Igor Perkovic, residente in Gorski kotar: «Stavo andando a casa a bordo della mia Skoda. Ho notato l'orso che si trovava sulla carreggiata e pareva volesse addentrarsi nel bosco. Per prudenza, ho fermato l'auto, attendendo che l'animale si dileguasse e invece il plantigrado si è improvvisamente diretto verso la mia vettura, è salito sul cofano, cominciando a mordere e a graffiare parti di lamiera e il retrovisore. Non ho mai visto nulla di simile. Spaventato, ho innestato la retromarcia, con il bestione rotolato a terra. Pensavo mi fossi liberato di quest'incubo e invece l'orso ha cominciato ad inseguirmi per almeno una trentina di metri, fino a che non ha desistito. Ho avuto una paura enorme trattandosi di un animale di circa 200 chili».Interpellato dai media, Slaven Reljic del team per gli interventi relativi agli orsi e che agisce in seno alla facoltà zagabrese di Veterinaria, ha rivelato che l'attacco è stato portato da un maschio e non da un'orsa come si credeva in un primo momento: «Si è fatta subito strada l'ipotesi che si trattasse di una femmina con cuccioli in pericolo. Invece è stato un maschio forse colpito da rabbia silvestre. Sarà comunque l'esame autoptico a rivelare le cause dell'incredibile attacco che ha scioccato gli abitanti del Gorski kotar e di tutti coloro che amano raggiungere questo territorio montano della Contea di Fiume. Gli orsi, animali rigorosamente tutelati, scappano non appena sentono la presenza dell'uomo o il rumore di una macchina in avvicinamento. Questo esemplare ha avuto un comportamento del tutto diverso e vedremo di scoprirne il perché. Forse era malato».L'incidente è stato confermato sia dalla Questura di Fiume, il cui portavoce ha dichiarato che è in corso la stima dei danni materiali. È stato il competente ministero croato a inviare in zona un ispettore veterinario dopo aver appurato quanto successo, l'ispettore ha acconsentito l'abbattimento, avvenuto mercoledì alle 14.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2021

 

 

 «Piano della mobilità debole sul consumo del suolo» - IL GIUDIZIO DI RICHETTI, CANDIDATA A SINDACO DEL M5S
La candidata sindaco del Movimento 5 Stelle, Alessandra Richetti, boccia il Piano urbano della mobilità sostenibile della giunta Dipiazza: «Il piano è negativo sotto il profilo del consumo del suolo e della tutela dell'ambiente, lo rileva la stessa Arpa nelle sue osservazioni - dice -. Con questo Pums, inoltre, il Comune dimentica di adottare misure già predisposte in Regione per l'eliminazione di barriere architettoniche». La critica di Richetti nasce dal passaggio del documento al vaglio della V circoscrizione, da lei presieduta. Del lavoro svolto il M5s apprezza le zone 30, dice, ma le criticità non mancano: «Notiamo che l'Arpa rileva assenze di coerenza con il Piano Paesaggistico Regionale, con il Piano Generale del Traffico Urbano e con il Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile». Documenti alla mano, Richetti rileva ancora che Arpa segnala di non ritenere «corretto escludere dalla valutazione degli impatti ambientali il progetto "Ovovia Opicina-Porto Vecchio"»: «Progetto, peraltro, a cui noi siamo fermamente contrari - dice la candidata 5s -. Noi diamo una valutazione negativa sul considerevole e irreversibile consumo di suolo causato da alcune azioni dal piano e rileviamo che non vengono proposte soluzioni alternative». Resta poi il punto debole del Piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche (Peba):«Nonostante le linee guida elaborate da un gruppo di lavoro tra le Università di Udine e di Trieste in collaborazione con il Criba (Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche Fvg) e fatte proprie dalla Regione nel 2020, il Comune di Trieste non le ha ancora recepite limitandosi all'individuazione di solo alcuni percorsi, ad un analisi di piccolo ambito e documentandone solo alcune criticità ma in maniera peraltro sommaria». La Regione, osserva Richetti, chiede invece un lavoro in quattro fasi al termine del quale il piano può essere finanziato: «Emerge chiaramente - conclude la candidata - che l'amministrazione comunale di Trieste non ha manifestato alcun interesse per una effettiva adozione del Peba». La giunta preferisce non commentare.

Giovanni Tomasin

 

 

Muggia. L'archeologa Auriemma sarà curatrice del museo

MUGGIA. Affidata a Rita Auriemma, uno delle massime esperte a livello internazionale nel campo dell'archeologia subacquea, la curatela scientifica e l'organizzazione didattica inerenti le attività culturali e divulgative del Civico Museo Archeologico di Muggia. Il suo incarico terminerà a fine anno. Si occuperà, tra le altre cose, di creare una rete di contatti e collaborazioni con le Università e i musei archeologici che si affacciano sul Mare Adriatico, sia italiani che sloveni e croati, e in particolare con i musei del Fvg che si occupano di archeologia subacquea, come il Museo Archeologico della Laguna di Marano e con il nascituro Museo Nazionale di Archeologia Subacquea di Grado. Tra i suoi compiti vi sono la tutela, lo studio e la valorizzazione dei moli romani sommersi lungo la costiera muggesana, ovvero dei complessi di Punta Ronco, Punta Sottile e San Bartolomeo. Inoltre si occuperà della valorizzazione dei siti archeologici del territorio del Comune di Muggia, dal Monte Castellier di Elleri al parco archeologico di Muggia Vecchia.

L. P.

 

 

SEGNALAZIONI - Pineta di Cattinara Il verde fa gola ai cementificatori

Ho trovato le seguenti belle parole scritte nel 2006 da una mia cara amica che qualche anno fa, a 90 anni, è volata in cielo. Il destino di Cattinara"Povera Cattinara, come ti hanno ridotta. Sei come una bambola con la testa rotta, una bambina la vuol coccolare ma ci rimane molto male. Ora tocca a te, cara Cattinara, con questa "maledetta" superstrada. Prima eri circondata da vigne, prati e campi, con l'orgoglio di noi abitanti. Ora ti hanno privata di tutto, poco ci manca di metterci in lutto. Le case tremano, la gente è stufa e spesso si accende qualche baruffa. Prima l'ospedale, poi il casermone (Melara) ci mancava pure il distributore. Per fortuna, ci resta la "Pineta" vicina all'ospedale". Cara amica Meri (si firmava M.M.) chissà cosa avresti scritto ora dei titani tiranni del cemento armato che la vogliono tagliare quella area verde d'alberi?Manuela Sapla, Comitato spontaneo Pineta

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2021

 

 

Soprintendenza, rimane Bonomi: «Porto vecchio una grande sfida»
È stata confermata per altri tre anni nell'incarico che ricopre dal 2018: «L'antico scalo deve tornare vivibile pur mantenendo la sua memoria»
È in ferie ma lavora, perché le vere ferie arriveranno nel momento in cui andrà in pensione, nel 2023, quando lascerà Trieste. È in questa città infatti, in cui è arrivata nel 2018, che Simonetta Bonomi, a capo della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, concluderà la sua carriera, dopo che ieri le è stato riconfermato l'incarico per altri tre anni. Le prossime sfide?«La sopravvivenza, direi. Non sto scherzando: siamo molto malconci a livello di organico. Al momento ci sono 48 persone invece che 71. Quindi questo aspetto è commisurato a quello che dobbiamo fare. Speriamo nel nuovo bando del ministero della Cultura: arriveranno 10 persone, tuttavia per un contratto di soli sei mesi».Quali sono gli impegni più importanti?«Sono in corso le procedure di conformazione dei piani regolatori comunali al piano paesaggistico regionale».E a Trieste?«C'è il Porto vecchio, che è entrato nel vivo della sua rivitalizzazione. E poi il Piano particolareggiato del centro storico: dobbiamo lavorare sul vincolo paesaggistico imposto durante il Governo militare alleato. Quando avremo terminato, il Piano particolareggiato del centro storico di Trieste dovrà tenerne conto».Tra gli obiettivi più lontani?«Assieme a Regione e Comune la conformazione di tutto il Piano regolatore di Trieste al Piano paesaggistico regionale. Tutte queste operazioni dovranno prevedere anche un aggiornamento della carta del rischio archeologico di Trieste».A che punto è la valutazione della rimozione del vincolo sulla Sala Tripcovich?«Ve lo farò sapere tra poco. L'istruttoria è in mano alla Soprintendenza e non è ancora terminata. Poi il parere ultimo è della Commissione regionale per il Patrimonio culturale».Come giudica lo sviluppo di Porto vecchio?«Ho visto questa specie di trinità (il Consorzio Ursus) e mi pare una buona idea. È un'avventura impegnativa per il Comune e noi, perché l'antico scalo deve diventare un quartiere bello e vivibile, pur mantenendo la sua memoria».Si aspettava la riconferma?«Sì, perché ero l'unica candidata: il Fvg non è uno dei luoghi ambiti nelle graduatorie».

Benedetta Moro

 

Incontro a Villa Necker tra Comune ed Esercito «Siamo al rush finale» - il sopralluogo per riaprire il parco alla città
«Stiamo lavorando da oltre un anno con il comandante del Comando militare Esercito "Friuli Venezia Giulia", Andrea Bertocchi, per rendere il parco villa Necker pubblico e credo che ora siamo alla fase finale. Una bellissima area: è in mezzo alla città e ha due campi da tennis, di cui uno che trasformeremo in campo da padel». Così il sindaco Roberto Dipiazza, che ieri pomeriggio ha effettuato un sopralluogo all'interno del grande giardino nel rione di San Vito, accompagnato dal generale Bertocchi, dal consigliere comunale Vincenzo Rescigno e da alcuni tecnici del Comune, tra cui l'architetto Carmelo Trovato. La pratica per il passaggio del bene, che è di circa tre ettari, al Comune è in corso ed entro un anno verrà portato a termine l'iter. Il prossimo step prevede un protocollo d'intesa elaborato a Roma tra Agenzia del Demanio e ministero della Difesa per la dismissione del bene da parte dello Stato Maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo. Non è ancora nota la modalità che verrà adottata dai soggetti in campo per il trasferimento del bene nelle mani del Comune, ma «probabilmente l'Agenzia del Demanio punterà sulla concessione» , ha sottolineato ieri Bertocchi.Uno dei punti del protocollo riguarda poi la realizzazione, a cura del Comune, di una recinzione che dividerà l'area che passerà sotto l'amministrazione comunale da quella che rimarrà sotto il controllo dell'Esercito, che resterà a capo di villa Necker e villa Italia. La recinzione dovrà ottenere l'avvallo della Soprintendenza, visto che il bene è definito dal 1967 storico-artistico. Per sollecitare le amministrazioni a rendere il parco il prima possibile pubblico, un gruppo di cittadini ha fondato il comitato "Ritorno al parco" , che ha lanciato una petizione. Su questo punto Dipiazza ha puntualizzato ieri: «C'è gente che raccoglie firme in campagna elettorale per il passaggio del bene, ma questa cosa la stiamo già facendo, va solo definita».

be.mo.

 

 

Arvedi investe altri cento milioni e raddoppia sul laminatoio a freddo
Il gruppo annuncia un'ulteriore sezione dell'impianto a Servola: previste trenta assunzioni in più
Trieste. Il primo ordine è partito un mese fa e il prossimo sarà formalizzato a settembre, quando il gruppo Arvedi acquisterà la seconda tranche di macchinari necessari a impiantare una nuova sezione del laminatoio a freddo, dopo aver annunciato la volontà di investire a Trieste 100 milioni in più di quanto previsto dall'Accordo di programma sulla riconversione della Ferriera. La road map è stata dettagliata ieri, durante l'incontro fra società e sindacati, organizzato nella sede della Regione e servito a fare il punto sullo sviluppo del piano industriale. Soddisfatte le parti sociali, anche alla luce di 30 nuovi posti di lavoro promessi grazie all'ulteriore impegno. Il vertice si è concentrato sull'investimento aggiuntivo, che consentirà di installare nell'area a freddo una seconda linea di zincatura in un nuovo capannone da 25 mila metri quadrati, cui verrà affiancato un sistema di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno da energia solare. Il piano industriale di Arvedi allegato all'Adp pesa 227 milioni da spendere fra Trieste e Cremona, con la creazione a Servola di una prima linea di zincatura e una di verniciatura. Ora arrivano altri 100 milioni: 80 per la seconda zincatura e 20 per un impianto che dall'anno prossimo produrrà idrogeno per alimentare i forni di riscaldo necessari alla laminazione. L'investimento è subordinato alla modifica del piano regolatore comunale per la costruzione del capannone e alle procedure autorizzative, ma Arvedi è ottimista e conta di ordinare i macchinari a settembre, con successivi 18 mesi di tempo per consegna e messa in funzione. Le attrezzature saranno fornite dal gruppo Danieli, da cui è già stata comprata la prima parte degli impianti. L'ad Mario Caldonazzo ha sottolineato che la seconda zincatura garantirà 30 assunzioni in più, rispetto alle previsioni del piano industriale basato su chiusura dell'area a caldo e potenziamento del laminatoio. I posti di lavoro aggiuntivi saranno coperti prioritariamente con gli operai a tempo determinato rimasti esclusi dalla riqualificazione. Come evidenziato dall'assessore Alessia Rosolen, gli interinali risultano al momento quasi tutti reimpiegati dalle agenzie da cui dipendono, con l'eccezione di sette persone. Il tavolo ha quindi fatto il punto sulla situazione delle maestranze. Nell'area a freddo lavorano attualmente 191 operai, cui si affiancano 41 unità di staff, 31 dipendenti della società Logistica giuliana che gestisce la banchina, 37 della centrale elettrica e 3 figure di staff sotto l'ombrello dell'altra controllata Siderurgica triestina. Il conto si chiude con 138 dipendenti in cassa integrazione o impegnati nella dismissione dell'area a caldo. Si tratta di 441 persone, dalle 580 che risultavano al lavoro alla firma dell'Adp nel giugno scorso. Mancano all'appello 66 interinali cui non è stato rinnovato il contratto e 73 operai che hanno nel frattempo usufruito del prepensionamento o degli incentivi all'esodo volontario. Calcolando anche le 30 assunzioni in più, l'azienda stima che in futuro lavoreranno a Servola 374 dipendenti dell'area a freddo e 26 di staff, oltre al personale delle controllate che gestiscono banchina e centrale elettrica: il conto supera così di una cinquantina di unità l'obiettivo inizialmente fissato dal piano industriale, fondato su 417 occupati a riconversione conclusa. L'obiettivo, ha ribadito Caldonazzo, è di non superare i due anni di cassa integrazione, aprendo il nuovo laminatoio entro la fine del 2022, ma non si esclude uno slittamento alla primavera dell'anno successivo. L'assessore Rosolen ha precisato che sono 167 i lavoratori finora coinvolti nel percorso di formazione che permetterà loro di acquisire le competenze necessarie a passare dall'area a caldo al laminatoio: la maggioranza sta già lavorando in affiancamento. Un ulteriore corso è previsto a settembre. In una nota congiunta, Cgil Fiom Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb esprimono «giudizio positivo» e auspicano che «il completamento del piano prosegua velocemente fino al riassorbimento di tutte le maestranze dalla Cigs. Sollecitiamo istituzioni ed enti preposti a lavorare velocemente affinché vengano rilasciate le autorizzazioni». La Fiom solleva tuttavia con Thomas Trost «il problema di ricollocare una trentina di impiegati, che l'azienda intende declassare a operai: cosa non prevista dall'Adp. Quanto ai somministrati, risultano occupati ma in realtà passano da un impiego all'altro e in mezzo stanno a casa con 600 euro al mese».

Diego D'Amelio

 

 

Fra centri cittadini senz'auto e plastica da eliminare. Così dopo i tanti danni fatti proviamo a salvare la Terra

In occasione della Giornata dell'ambiente il mensile Green&Blu propone un numero speciale. Obiettivo: capire a che punto siamo.

La giornata dell'ambiente che si celebra il 5 giugno prossimo è l'ennesima occasione per fare un bilancio dei danni che l'uomo ha inflitto al pianeta con i suoi comportamenti e per verificare a che punto sono le promesse di cambiare strada. Green&Blue, con un numero speciale dedicato all'evento, ha fotografato la situazione della terra 20 anni fa e l'ha paragonata a quella attuale. Siamo di più, inquiniamo di più, abbiamo meno ghiacciai e acque del mare più alte. Abbiamo fatto scomparire specie animali e vegetali. Ma abbiamo anche piantato più alberi, fatto più ricerca per eliminare la plastica, sperimentato nuove forme di energia, avviato un dibattito importante sul ruolo delle città e su quello dei piccoli centri rurali come base per le comunità. Sia chiaro non basta, e i numeri descrivono in maniera cruda la situazione di estrema emergenza in cui l'uomo si è avvitato. Ma messaggi di speranza vengono da chi non si rassegna. E così nel mensile raccontiamo anche delle città che aboliscono le auto al proprio interno e di quelle che dicono basta ai distributori di benzina; delle isole che tornano al vecchio originario splendore naturale dopo anni di abbandono e di quegli uomini e donne che da soli si battono per fermare la deforestazione: parliamo delle popolazioni che si mobilitano per fermare faraonici progetti di oleodotti che attraversano zone incontaminate dell'Africa, e di chi ha scelto l'energia pulita facendo con i suoi soli mezzi la transizione energetica di cui tanto si parla. Forse il programma decennale dell'Onu per ripristinare gli ecosistemi perduti, lanciato in occasione della Giornata, trova un po' di terreno fertile. Green&Blue ha anche raccolto firme importanti dalle testate straniere per commentare la deriva ambientale e per suggerire soluzioni ai più gravi problemi. E scende in campo nella partita per il futuro della biodiversità usando anche un linguaggio nuovo, quello dei fumetti, grazie alle strisce di Sio, che debutta con noi sul web e sul mensile. Insieme, possiamo farcela.

fabio bogo

 

"Plastic Catchers": via dalle spiagge 60 mila bottiglie - l'eco-gioco nato a Duino
Sono circa 60 mila le bottigliette di plastica recuperate sulle spiagge italiane, solo nell'ultimo mese, grazie all'iniziativa di Leonardo Marcuzzi e Marco Mallardi, due studenti triestini che hanno inventato "Plastic Catchers". «È un gioco che abbiamo messo su internet - spiega il duinese Leonardo - a partecipazione gratuita». Affascinati fin da bimbi dal golfo di Trieste, Leonardo e Marco - che il pubblico qui ha già imparato a conoscere - sono diventati così strenui difensori del mare e hanno inventato questo gioco proprio per dare impulso all'opera di pulizia delle spiagge. Il gioco da un mese è pubblicato su tutte le piattaforme. Il progetto è totalmente no profit. Info: plasticcatchers .com.

(u.sa.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2021

 

 

Padel, arrampicata e soprattutto vela - Così rinasce il terrapieno del Bovedo
Presentato a Dipiazza il progetto di uno "Sport hub" realizzato da Metroarea per Svbg, Sirena, Surf Team e altre 7 realtà
Uno "Sport hub" con campi di padel, una palestra di arrampicata in riva al mare, altri campi da gioco polifunzionali, spazi di aggregazione e pure un museo a cielo aperto lungo un viale "hall of fame", che racconterà e celebrerà le storie dei grandi campioni dello sport triestino. E al suo interno un "Sailing hub" dedicato al mondo della vela. Sono le attività contenute in un progetto presentato ieri al sindaco Roberto Dipiazza per la trasformazione del terrapieno di Barcola-Bovedo, inagibile da anni. A proporlo le società veliche che occupano parte delle aree in concessione limitrofe al terrapieno stesso, in partnership con la XIII Zona della Federazione italiana vela. «Sarebbe una svolta importante per la vela e lo sport a Trieste. Questo è un progetto dedicato anche al turismo esperienziale per chi arriva da fuori città per fare sport qui», sottolinea Mitja Gialuz, presidente Svbg. Il quale, insieme a Peter Sterni e Riccardo Marchesi, presidenti del Sirena e del Surf Team, aggiunge: «Da decine di anni le nostre società hanno sviluppato attività sportiva sul terrapieno e da tempo ci confrontiamo con quella rete che divide l'area per lo sport da quella incolta, abbandonata e parzialmente inquinata. I lavori dall'amministrazione per il park Bovedo, dedicato in parte al supporto all'attività sportiva e in parte alla cittadinanza, ci hanno indicato la via. Il terrapieno è spazio strategico perché connette Barcola al Porto vecchio e pensiamo che vada valorizzato, anche in chiave turistica». Le tre società hanno affidato la realizzazione delle tavole di concept al team di architetti di Metroarea guidato da Tazio Di Pretoro e Giulio Paladini. L'iniziativa incassa la cauta apertura di Dipiazza. «Il Comune lavora con tutte le società del territorio che cercano spazi per sviluppare le proprie attività», evidenzia il sindaco: «Ringrazio le associazioni e gli architetti. L'idea progettuale è conforme alla destinazione ludico-sportiva individuata nelle diverse aree di destinazione per la riqualificazione del Porto vecchio. Ora passerà alle verifiche tecniche degli uffici, tenendo conto che ci sono già fondi disponibili per le bonifiche». Si tratta di cinque milioni provenienti dall'ex Uti, già disponibili da almeno cinque anni. «Abbiamo fatto una verifica e pare - precisa Dipiazza - che non servirà più tutto questo denaro a tal fine. Quindi potremo sfruttarli anche per la riqualificazione». Per bonifica s'intende «la messa in sicurezza permanente - spiega l'assessore all'Ambiente Luisa Polli - sulla base delle analisi che abbiamo già ricevuto dall'Arpa. Quando si deciderà che cosa fare sul terrapieno si partirà anche con questo intervento». Hanno condiviso inoltre il concept complessivo di questo "Sport hub", arricchendolo a propria volta con le loro idee, altre sette associazioni sportive, che hanno portato il "fronte" sportivo a 10 realtà in rappresentanza di più di cinquemila tesserati. Oltre alle tre proponenti, fanno parte del team XXX Ottobre - Sezione Cai, Sci CaiI XXX ottobre, Padel Fvg, Tennis Team, Gravity Mountain Bike, Skate School Trieste e Wheel Be Fun. Le tre associazioni proponenti hanno previsto nel progetto un'area dedicata allo sviluppo delle attività veliche: il "Sailing hub" avrà il compito, grazie all'impulso della XIII Zona Fiv, di formare giudici e comitati di regata, e connettersi così a quella rete nazionale di centri di formazione Fiv. Gli spazi del "Sailing hub" diventeranno un grande centro di allenamento con spogliatoi, palestre, aree per la formazione a terra e accesso sicuro al mare: previsto anche l'incoming turistico-velico con un grande bacino potenziale da Slovenia, Croazia, Austria e Baviera.

Benedetta Moro

 

Ex Tlustos, addio alle auto - In arrivo una nuova attività - Un supermercato in "pole" - La proprietà: «Diverse opzioni di vendita»
Si fa largo in modo sempre più insistente la voce dell'apertura di un nuovo supermercato a Barcola. La destinazione prescelta è via del Boveto, al civico 2. Lo spazio da circa quattromila metri quadrati resterà occupato ancora per pochi giorni da Sani Auto Trieste. L'attività, che al momento ospita officina, carrozzeria, servizio pneumatici e noleggio a breve e lungo termine, verrà trasferita nelle prossime due settimane a Muggia, in area Noghere. Il proprietario dei muri Giorgio Tlustos, titolare della storica ex officina, ha messo in vendita l'ampio foro già da diverso tempo. A farsi avanti sono state diverse realtà. Gli spazi commerciali infatti, spiega la proprietà, sono adattabili a molteplici opzioni. Quella del supermercato è una di queste, anche se non è l'unica. «Stiamo pensando a diverse opzioni, sia che possiamo proporre noi sia che ci vengono offerte da alcuni soggetti, commerciali, residenziali e di altro tipo», fanno sapere dalla proprietà: «Ci stiamo confrontando con alcune persone, dobbiamo valutare qual è la migliore possibilità, non si tratta solo di questioni economiche ma anche personali-affettive. Al momento non sappiamo ancora che cosa scegliere».L'ipotesi che il grande edificio bianco possa ospitare a breve un supermercato, però, non vengono confermate dalla proprietà. Eppure sono molti i residenti e i negozianti a Barcola che continuano ad affermare che a insediarsi negli ex spazi Tlustos sarà proprio una rivendita all'ingrosso. I ben informati parlano di trattative in corso con una catena di supermercati locale. Quel che è sicuro è che non sarà un'attività collegata ai motori a inserirsi in via del Boveto. Uno scenario, questo, che gli stessi proprietari lasciano intendere: «Questa non è la zona più idonea per gestire un' officina. C'è un motivo infatti se tante di queste attività si trovano nella zona di Noghere».

BE.MO.

 

Nuovo park in via Tigor - La partita resta aperta - il piano del centro storico in commissione
L'area dell'ex carcere di via Tigor potrebbe anche non diventare un parcheggio. È quanto emerso dalla seduta della Sesta commissione consiliare, presieduta da Salvatore Porro di Fratelli d'Italia, che ieri ha licenziato il Piano particolareggiato del centro storico in vista dell'esame decisivo del Consiglio comunale. Rispondendo alle domande pervenute da Elena Danielis (M5s), Sabrina Morena (Open), Laura Famulari (Pd) e Maria Teresa Bassa Poropat (Cittadini), il direttore dell'Urbanistica del Comune Giulio Bernetti ha spiegato che il Piano particolareggiato indica la possibilità di realizzare al posto dell'edificio di via Tigor un autosilo, con nuovi posteggi riservati ai residenti, abbinandolo a un recupero del giardino adiacente. Ma una scelta in questo senso - è stato spiegato nell'occasio ne - dovrà passare per il Piano comunale delle opere, dando alla giunta in essere la facoltà politica di rivedere il progetto.

li.go.

 

Tonzar di Legambiente 'piacevole il "biscotto" non la distesa di cemento' - La richiesta di rendere vivibili gli spazi

«Legittimo per un'amministrazione comunale decidere di intervenire sulle infrastrutture e gli spazi urbani, ma, tolta la sistemazione della pavimentazione di piazza della Repubblica, questo progetto è uno spreco di risorse e basato su una filosofia davvero poco attuale». Va diretto al punto Michele Tonzar, esponente storico di Legambiente e componente della segreteria regionale dell'associazione, che con il suo circolo cittadino a febbraio ha presentato una serie di osservazioni al Comune sul ruolo del verde all'interno delle città, ma anche su quello che un parco giochi ha per la socialità e la vivibilità degli ambiti urbani.«Se questo progetto doveva rappresentare un'occasione avrebbe dovuto essere quella di incrementare la presenza di verde e non di vederlo diminuire - afferma Tonzar - a fronte, soprattutto, di estati che stanno diventando sempre più roventi a causa dei cambiamenti climatici. La piazza diventa invece un'ampia spianata senza un filo d'ombra con l'eliminazione dei lecci sul lato meridionale. Una piazza deve essere un luogo vivibile, e questa soluzione, oltre al danno ambientale rappresentato dall'eliminazione delle piante, la rende ancora più un luogo estraniante». Il verde sarà inoltre «sacrificato a una fontana anonima», come la definisce Tonzar, mentre non gioverà alla socialità e al benessere, secondo Legambiente, l'eliminazione del parco giochi di piazza Unità, «che andrebbe invece risistemato per diventare più gradevole». «In questo contesto non ci appassiona la discussione su "pilo" o "feral"», aggiunge Michele Tonzar lasciando aperta la partita. Legambiente nelle sue osservazioni ha invece definito «piacevole ritrovare il "biscotto" della giovinezza di molti monfalconesi», ricordando come a suo tempo non fosse un elemento estetico, ma una specie di aiuola spartitraffico attorno alla quale ruotavano autoveicoli e autobus che scaricavano i loro gas inquinanti sui pedoni e ciclisti. «Continuiamo a pensare che l'obiettivo di questa operazione - dice - avrebbe dovuto essere quello di rendere più vivibile questo spazio, incrementando il verde e non eliminando l'ombra degli alberi, oltre che incentivando la mobilità sostenibile».

Laura Blasich

 

 

Quindici eventi fino a settembre per rilanciare la Val Rosandra

Scatta l'era della friulana Pavees, nota come la "cooperativa dei laghi" per l'esperienza maturata nella gestione dei bacini idrici naturali
SAN DORLIGO. Riapre domani al pubblico la Riserva della Val Rosandra, sotto la nuova gestione della cooperativa Pavees di Udine, organizzazione nata a Bordano nel 1997 che conta più di una trentina di soci ed è nota come la "cooperativa dei laghi" per l'esperienza e i successi raggiunti nella gestione di riserve naturali contraddistinte da bacini idrici di rara bellezza. Per la Val Rosandra e il suo Centro si tratta di una svolta, caratterizzata da un grande piano di rilancio che partirà subito. La Pavees - determinata a richiamare una folta utenza anche da oltre confine, garantendo sempre la massima attenzione al bilinguismo transfrontaliero, nel rispetto delle peculiarità del territorio - ha infatti predisposto un calendario stagionale con ben 15 eventi tematici gratuiti. Primo appuntamento sabato prossimo con "Benvenuti in Val Rosandra", incontro di presentazione e accoglienza che si svolgerà dalle 10 alle 12. Si proseguirà poi con "Nel canyon della Val Rosandra" sabato 12, le uscite notturne (21-23) di sabato 19, per ascoltare le "Voci della valle", e venerdì 25 con "Footsteps in the night". Per luglio le date sono quelle dei sabati 10 ("Jazere e antichi mestieri", dalle 17.30 alle 19.30), 17 ("4 passi nella storia", dalle 9 alle 11.30), 24 (21-23), con la camminata notturna "Richiami dal bosco", e 31 (17.30-19.30), quando sarà organizzato un "Kids Lab in Valle". Ad agosto quindi domenica 8 (9.30- 11.30) sarà il giorno di "Storia e storie della Val Rosandra", mentre sabato 28 (dalle 9 alle 11) andrà in scena "Geo-storia tra acquedotti e marmitte". A settembre, infine, saranno cinque gli eventi: domenica 5 saranno protagoniste "Le sorgenti del Rosandra", il 12 sarà proposto un nuovo "Kids Lab", il 17 tornerà l'escursione notturna, il 19 se ne terrà una cicloturistica "Tra mare e Carso", mentre il 25 si arriverà "In cima al Carso". «Per noi - così il presidente della cooperativa Luca Sicuro - questo è un importante passo avanti». Il Centro visite, aperto nei fine settimana e nei festivi dalle 9 alle 17, sarà interessato a sua volta da opere di ristrutturazione e modernizzazione.

Ugo Salvini

 

 

Pronto il nuovo appalto di pulizia e vigilanza per l'estate di Acquario
I servizi affidati a un consorzio composto da Italspurghi, Querciambiente e Sorveglianza Diurna e Notturna
MUGGIA. Si vede sempre più la luce in fondo a quel tunnel che il sito Acquario, a Muggia, aveva imboccato tanti anni fa. Ora il traguardo del pieno recupero appare infatti sempre più nitido, anche per quel che riguarda la gestione del sito stesso. Dopo la recente "discesa in campo" della Draw Srl di Trieste, che si è aggiudicata il bando di gara per la concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreativa per la gestione dei tre chioschi-bar dell'area, ora è la volta dell'affidamento in appalto della gestione dei servizi. Ad aggiudicarselo, per un importo a base d'asta di 189.508,20 euro Iva esclusa per due anni, è stato il costituendo raggruppamento temporaneo formato da Italspurghi Ecologia Srl, Querciambiente società cooperativa e Sorveglianza Diurna e Notturna società cooperativa. «Si tratta dell'affidamento del servizio di pulizia, di custodia e sorveglianza, nonché di manutenzione dell'area e di ogni manufatto», chiarisce in proposito l'assessore Stefano Decolle, il quale tiene a sottolineare come «spesso si sottovaluta la complessità di progetti di questa portata» in quanto «vi è una serie di servizi che devono essere attivati di pari passo con la concreta realizzazione in loco del progetto così che, a conclusione dell'opera, ogni cosa sia anche perfettamente operativa. Così è stato per la gestione dei chioschi e così dovrà essere pure per la gestione degli altri servizi di manutenzione dell'area».Ma cosa si intende, in questo caso, per «servizi da garantire»? In primis ci sono i servizi di pulizia, che comprendono per l'appunto la raccolta dei rifiuti all'interno di tutto il perimetro, compresi i parcheggi, la scogliera e gli arenili, e l'immediata rimozione di eventuali deiezioni di animali in modo da assicurare la continua pulizia di tutte le aree, con particolare riguardo alla sabbia dei campi di bocce e beach volley, ma con l'esclusione di quelle in concessione a terzi come, per esempio, quelle dei chioschi. Un altro servizio che sarà a sua volta garantit o riguarda il mantenimento del costante decoro del sito attraverso un presidio costante e strettamente collegato sia allo stesso servizio di pulizia sia al pronto intervento in caso di situazioni di emergenza. E ancora, dovrà essere assicurata la manutenzione ordinaria di docce, scale a mare e servizi igienici pubblici, compresi il "ripascimento" della sabbia dei campi da bocce e da volley e le piccole riparazioni di campi da gioco e cestini dei rifiuti. Infine, dovrà essere garantito un servizio di controllo notturno non armato finalizzato alla sorveglianza dell'area, principalmente per prevenirne eventuali fenomeni di vandalismo.E intanto prosegue l'attività di allestimento delle attrezzature di cui sarà dotato il sito, ormai in dirittura di arrivo e quasi pronto ad affrontare la stagione balneare: dopo la realizzazione dei chioschi, dell'area gioco e di quella con gli attrezzi dell'area fitness, sono state montate infatti le scalette per scendere in mare e le docce e, parallelamente, si sta procedendo con la pavimentazione e la posa delle sedute, e con l'ultimazione di skate park e campo da beach volley.-

Luigi Putignano

 

 

LO DICO AL PICCOLO - I volontari di Progetto per l'Ambiente all'opera a Basovizza

Indumenti di ogni genere, residui di bottiglie, rifiuti in plastica di vario tipo: questo hanno raccolto i volontari del Progetto per l'Ambiente durante una mattinata dedicata alla sensibilizzazione ambientale, con la pulizia delle zone interessate dal percorso di gara della corsa "Kokos Trail" nell'area boschiva di Basovizza, evento sportivo che si svolgerà domani.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2021

 

 

«Perchè si è staccato in Antartide un iceberg grande come il Molise»
Lo spiega il professor Renato Colucci dell'Università di Trieste «Il riscaldamento globale non è la causa principale»
E' il più grande iceberg del mondo, distaccatosi la settimana scorsa dalla piattaforma di ghiaccio Ronne Ice Shelf, in Antartide. Con una superficie di 4320 chilometri quadrati, pari grossomodo alle dimensioni del Molise, il mega iceberg chiamato A-76 sta ora vagando nel mare di Weddell. A catturare le immagini è stato il satellite europeo Sentinel 1, una delle sentinelle della Terra del programma Copernicus gestito da Commissione europea e Agenzia spaziale europea (Esa). Questo distacco record, stando agli esperti, non è necessariamente una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici: si tratta di un processo naturale, che il riscaldamento globale potrebbe aver accelerato. «E' un fenomeno che in glaciologia definiamo "calving", un processo naturale caratteristico dei ghiacciai che terminano in mare o in uno specchio d'acqua e sgretolandosi pezzo dopo pezzo formano gli iceberg. Se ne trovano esempi anche sulle Alpi, come il ghiacciaio di Fellaria, in Lombardia. Nel caso dell'Antartide questo processo porta al distacco di iceberg anche di dimensioni gigantesche, che una volta separati dalla piattaforma di ghiaccio iniziano a vagare nelle acque circostanti», spiega Renato Colucci, docente di glaciologia all'Università di Trieste e ricercatore dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche. Dottor Colucci, a cosa è imputabile questo fenomeno?Si tratta di un processo naturale per le piattaforme di ghiaccio, o ice shelves. Se il calving non intervenisse a tagliare le lingue di ghiaccio, le piattaforme, alimentate dai ghiacciai che scendono verso le coste avanzando al ritmo di 500 m - 1 km all'anno, si espanderebbero all'infinito. Dove accade più frequentemente il calving? Il distacco di grandi porzioni di ice shelves nel mare di Weddel sembra essere correlato anche al riscaldamento globale. Diversi studi hanno evidenziato come ad esempio l'isoterma, la linea che in cartografia unisce le località con la stessa temperatura atmosferica, dei -9 gradi faccia da spartiacque: la linea dei distacchi di piattaforme avvenuti negli ultimi decenni coincide proprio con l'isoterma media annuale dei 9 gradi sotto lo zero. Quindi il riscaldamento globale non è la causa principe del distacco di questo mega iceberg?Non è detto che lo sia a priori, ma è indubbio che possa aver contribuito a velocizzare il fisiologico processo di calving. L'aumento della temperatura dell'aria e delle acque oceaniche è un elemento che accelera il collasso di queste strutture. In ogni caso, il problema non è tanto il fatto che una piattaforma si distacchi, ma piuttosto che non venga più sostituita da nuovo ghiaccio. Questo è il segnale che il clima è mutato. Ora cosa accadrà a questa piattaforma gigantesca?Andrà alla deriva per un po', quindi inizierà a spezzarsi in frazioni più piccole seguendo le correnti, e infine, dopo anni, si dissolverà nell'acqua. Causerà un innalzamento del livello del mare?No, perché si tratta di ghiaccio che già prima era immerso nell'acqua. Quando l'acqua diventa solida il suo volume aumenta del 9%. Gli iceberg galleggianti sono immersi nell'acqua più o meno per il 90% del loro volume. Perciò se anche l'iceberg fondesse completamente l'effetto sul livello del mare sarebbe nullo. A fare la differenza sono invece i ghiacci continentali: se fondessero le calotte in Groenlandia e Antartide o i ghiacciai himalayani il livello degli oceani subirebbe un innalzamento.Il fatto che questo iceberg sia il più grande mai distaccatosi è significativo?Non dovremmo stupirci del fenomeno solo perché si tratta di una piattaforma grande: è come quando il vento abbatte un enorme albero secolare a fronte di tanti piccoli alberelli che restano in piedi.

Giulia Basso

 

Sul fondale marino resteranno i segni per i glaciologi del futuro - oggetto di studio
I segni lasciati sul fondale dai grandi ice streams di ghiaccio, che vi scorrono sopra, sono delle macro-tracce utili ai glaciologi per ricostruire l'espansione delle calotte glaciali nel passato. Le tracce sul fondale marino si sono preservate a distanza di decine di migliaia di anni, dopo l'ultimo massimo glaciale. Quando gli iceberg fondono rilasciano nell'acqua materiale roccioso di dimensione variabile, dai ciottoli ai grandi massi. I geologi li chiamano "Ird", acronimo di Ice Rafted Debris, e possono venire trasportati dagli iceberg anche per distanze di centinaia di chilometri prima che il ghiaccio fonda e li rilasci sul fondale marino. Sono un prezioso indicatore del percorso e dell'estensione dei ghiacciai preistorici. Per la terraferma Louis Agassiz nel 1837 fu il primo a formulare una teoria per spiegare la presenza dei massi erratici nelle pianure del Nord Europa: fu confermato in seguito che nel corso dell'ultima glaciazione, culminata circa 24 mila anni fa, una calotta di ghiaccio ricopriva tutta la Scandinavia.

 

 

Laminatoio alle Noghere Trieste Verde in piazza - PRONTO ANCHE UN ESPOSTO
Muggia. Una trentina i partecipanti, radunatisi, ieri mattina, fuori della galleria di Aquilinia, presenti alla manifestazione organizzata dal Circolo Miani e da Trieste Verde sulla questione del laminatoio alle Noghere. A prendere la parola è stato il presidente del circolo Maurizio Fogar, secondo il quale, «stando alle 12 pagine finora diffuse, si tratterebbe di un'acciaieria "green ma non troppo" che dovrebbe occupare una vasta area del territorio con una ricaduta occupazionale risibile, pari a un lavoratore per 1.067 metri quadrati, e molto appetibile per l'utilizzo delle agevolazioni del porto franco, trasferito in parte dall'Autorità portuale proprio alle Noghere». Fogar ha proseguito nella polemica con il sindaco di Muggia, Laura Marzi, che stando a quanto dichiarato dallo stesso Fogar, «si è limitata a ricevere in municipio i portavoce dei residenti di Noghere-Aquilinia, ma rigorosamente non più di due», a differenza di quanto fatto dalla sua collega di Monfalcone, Anna Maria Cisint, «che sulla questione della riconversione della centrale termoelettrica di A2A, si è recata nel rione Enel della città dei cantieri a parlare con i residenti e ha espresso la sua contrarietà in quanto il metano, combustibile previsto anche per i forni del futuro laminatoio delle Noghere, è inquinante in quanto responsabile dell'emissione in atmosfera di anidride carbonica». Fogar, inoltre, ha annunciato che tra oggi e domani depositerà in Procura una denuncia-esposto sulla clausola all'interno del protocollo d'intesa che prevede l'obbligo di riservatezza, «cosa - per Fogar - non possibile per i quattro enti pubblici coinvolti in quanto soggetti alla trasparenza».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2021

 

 

Legambiente - Pulizia del giardino di via Orlandini

Il circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste ha partecipato all'iniziativa di Legambiente nazionale "Park Litter 2021", che ha lo scopo di monitorare le tipologie di rifiuti presenti nei giardini cittadini. Lo standard è stato di delimitare una superficie di 100 metri quadrati interni a un parco urbano medio-piccolo e lì monitorare la presenza e le tipologie dei rifiuti presenti. Un lavoro che è stato svolto da 4 volontari di Legambiente, che hanno operato nel giardino di via Orlandini adiacente al centro sociale. Non una discarica, ma tanta trascuratezza da parte di chi non ragiona sulle problematiche ambientali, che sono di primaria importanza.

 

CIO' CHE NON VA - A San Giovanni una nuova cementificazione del prezioso verde

Trieste ha perso 20 mila abitanti negli ultimi 20 anni. Settantamila negli ultimi 50. Sul mercato immobiliare ci sono migliaia di proposte, in stragrande maggioranza non evase, comprese centinaia di aste fallimentari. Il Comune stesso ha annunciato ai media, qualche mese fa, che in città vi sono diverse migliaia di appartamenti chiusi e sfitti. Eppure nel pieno del verdissimo rione di San Giovanni, al cospetto del meraviglioso roseto fiorito che l'intera nazione ci invidia, è in atto da settimane un gigantesco sbancamento che sta modificando la geologia della collina. Con tutta probabilità sono in costruzione due grossi condomini. Nonostante i numeri dei residenti, noti a tutti, si continua a distruggere e cementificare il nostro territorio, bello e prezioso. Perché, per chi?Il sindaco o qualche funzionario può per favore rispondere sul perché si continuano a rilasciare concessioni edilizie così devastanti, quando la città è già piena di cantieri e gli appetiti dei costruttori e degli speculatori già (almeno in parte) saziati?

Sergio Serra

 

 

Il giornalista Pasotti: «Ora possiamo ridurre i danni del cambiamento climatico»
Nell'ultimo giorno sarà ospite al Caffè San Marco col suo recente libro sui rapporti tra uomo e ambiente
Giornalista ambientale, scrittore e fotografo, Jacopo Pasotti da anni concentra il suo lavoro nel rapporto tra società umane e ambiente che cambia. L'autore sarà al festival "Scienza e Virgola" oggi, al Caffè San Marco alle ore 18.30, insieme al matematico ed editor Luigi Civalleri, per presentare il suo libro "Cambiamento climatico. Perché avviene, come avviene, cosa fare" (Scienza Express, euro 15), che dà voce a ciò che la scienza prevede per il nostro futuro ambientale Perché è così difficile parlare dei cambiamenti climatici?«I motivi sono principalmente due. Il primo riguarda il tempo con cui il clima sta cambiando. Uno tsunami avviene in poche ore o minuti dall'allarme. Il clima cambia in anni e quindi è difficile da percepire. L'altra difficoltà nasce dalla complessità del fenomeno. Quest'anno ha nevicato a Milano e ciò non accadeva da moltissimi anni: come si inquadra un evento simile in una narrativa sul cambiamento climatico? Purtroppo cerchiamo spiegazioni semplici a problemi complessi, e questo non è di facile comprensione».Quali sono le cause? «Il clima cambia naturalmente. Lo ha sempre fatto. È un argomento molto diffuso tra chi nega il cambiamento climatico. Le variazioni climatiche naturali avvengono su scale temporali di millenni, decine di millenni, il cambiamento che osserviamo oggi, che misuriamo in decenni non è naturale, ma di origine antropica. E maschera i più lenti processi naturali».Quali le soluzioni?«Gli esperti sono chiari: dobbiamo ridurre le emissioni di gas-serra. Bisogna accettare il fatto che produrre energia avrà sempre un impatto sull'ambiente e l'atmosfera. Ma se fino ad ora non abbiamo fatto nulla, spremendo le risorse del pianeta senza alcuna regola, ora ci viene offerta l'opportunità di farlo. Per ridurre le emissioni il primo passo è decidere di ridurre al minimo l'impiego dei combustibili fossili e spostarsi verso le rinnovabili».E lo stile di vita?«Un cambio di stile di vita è la seconda soluzione che si potrebbe proporre. Non c'è nulla da temere, non si chiede un ritorno a tecnologie neanderthaliane. Anzi, si chiede di consumare un po' di meno e dedicarsi di più ad uno stile di vita in armonia con la natura e con gli altri. Lavorare di meno, ma meglio, stare più tempo con la famiglia, o dedicandosi ad attività all'aria aperta».La pandemia ha messo in luce che cosa significhi, per l'ambiente, la cessazione delle attività umane. Secondo lei qual è il possibile equilibrio tra uomo e natura?«Già pensare ad un equilibrio tra uomo e natura è strano. Come se fossero due pesi opposti su una bilancia, invece di uno parte dell'altro. Ma è il risultato di una società sempre più urbanizzata, a proprio agio nel cemento. Portate i bambini nei boschi, fate passeggiate anche se piove, frequentate la natura e non parlerete più in termini di equilibrio, vi sentirete parte di essa».Quale strategia comunicativa sarebbe più efficace?«Io cerco di mostrare soluzioni in cui una azione per migliorare la sostenibilità di una attività, di un oggetto, di un luogo si è rivelata di successo. Per l'ambiente, e per chi ha compiuto questa azione. Nelle città ci sono sempre più possibilità di mobility-sharing, è più piacevole girare in bicicletta invece di rinchiudersi in un'auto».Esiste una nazione modello in tal senso?«Mah, si citano sempre i Paesi nordici in Europa. Loro stanno muovendosi velocemente verso la neutralità energetica, ma trovo che sia facile, quando hai il benessere economico, governi stabili, fiducia nelle istituzioni, fare questi cambiamenti. E quindi non mi sento di dire che ci sia un modello di riferimento. D'altronde l'atmosfera non conosce confini politici e lo sforzo va proprio visto a livello globale».Secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, l'Italia tra il 1980 e il 2013 conta 60 miliardi di euro di danni a causa del cambiamento climatico. In futuro cosa rischia il nostro paese? «Le assicurazioni lo sanno: stanno già aumentando i danni alle infrastrutture legati agli eventi meteorici estremi, che sono in aumento. La probabilità dei rischi legati agli eventi estremi è aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent'anni. Nulla fa pensare che questo sia in diminuzione, anzi il contrario. E quindi ci sono dei costi, reali, che ricadono sulla comunità. Io vorrei che i politici pianificassero il meglio per non aumentare i rischi».

Mary B. Tolusso

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2021

 

 

Porto vecchio, si parte - È nato il Consorzio Ursus con Bernetti presidente
Dipiazza, Fedriga e D'Agostino hanno firmato: costituito il nuovo soggetto unico responsabile del rilancio dell'area. Cda di tecnici, a capo il manager del Comune
A partire da oggi, anzi, da ieri per la precisione, il Porto vecchio ha un'unica testa. Tre braccia, ma un'unica testa. È infatti nato Ursus, il Consorzio incaricato di gestire tutti i passaggi necessari al riutilizzo e al rilancio dell'antico scalo nei prossimi anni. Consorzio che avrà un presidente, designato ieri: Giulio Bernetti, direttore del Dipartimento Territorio, economia, ambiente e mobilità del Comune. Un progetto enorme, sognato e atteso da tempi infiniti e che finalmente ha una base concreta da cui partire. Dopo anni di progetti, parole, carte, delibere, marce e programmi, quello di ieri potrebbe sembrare l'ennesimo piccolo passo teorico in avanti, ma non lo è: non è piccolo e non è nemmeno teorico. È un tassello concreto ed essenziale, un po' come le fondamenta di una casa tutta da costruire, ma perlomeno avviata. A dargli vita, i tre enti coinvolti, il Comune, la Regione e l'Autorità portuale, che brindano alla nascita di questo nuovo soggetto unico a capo dell'operazione Porto vecchio. Il Consorzio Ursus nasce a poco meno di tre mesi dalla firma dell'Accordo di programma sul Porto vecchio tra i tre enti protagonisti, e a meno di un mese dalla pubblicazione del decreto di approvazione da parte della Regione sul Bur, quindi con ampio anticipo rispetto ai tempi previsti (60 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale). La firma è avvenuta ieri mattina nella sede della giunta regionale, davanti al notaio Nicolò Mustacchi. Presenti, il sindaco Roberto Dipiazza, il presidente della Regione Massimiliano Fedriga e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino. È stata anche definita la composizione del consiglio di amministrazione (operativo da subito), la cui presidenza spetta, come da statuto, al Comune di Trieste. Per il Comune è stato designato Giulio Bernetti, che sarà appunto il presidente. Per la Regione Luciano Zanelli e per l'Autorità portuale Sandra Primiceri.«Oggi - ha dichiarato il sindaco Dipiazza - è una giornata davvero molto importante. Abbiamo firmato assieme ai presidenti Fedriga e D'Agostino la costituzione del Consorzio, che rappresenta un altro tassello essenziale di questo mosaico che si sta formando per la riqualificazione del Porto vecchio. Sono veramente molto, molto soddisfatto». Soddisfazione anche da parte del governatore Fvg, Fedriga, che ha spiegato che «con la costituzione formale del Consorzio Ursus il rilancio del Porto vecchio ha tutti gli strumenti operativi per partire. Bene che il consiglio d'amministrazione sia snello e composto da tecnici: l'attesa dei cittadini è grande e c'è tanto lavoro da fare con efficacia, attenzione e rapidità». Secondo Zeno D'Agostino, invece, quella di ieri rappresenta «la chiusura di un percorso e l'apertura della nuova storia del Porto vecchio. Nel senso che chiudiamo un percorso che non è stato semplice, avevamo tutta una serie di amministrazioni che dovevano armonizzare la propria attività e finalmente ci siamo arrivati. Abbiamo messo la firma dei tre rappresentanti e creiamo il Consorzio, che da questo momento in poi diventa il punto di riferimento per tutti». Secondo D'Agostino, dunque, si chiude una fase in cui più interlocutori si occupavano in modo poco chiaro di specifiche questioni, dando di fatto vita a una dispersione di energie: adesso le responsabilità sono in capo a un unico soggetto. Ma di cosa dovrà occuparsi, nel concreto, Ursus (Urban Sustainable System)? Il Consorzio sarà incaricato di gestire le operazioni di alienazione e concessione dei magazzini. Avrà un fondo di dotazione iniziale da 300 mila euro, 160 mila dal Comune e 70 mila rispettivamente da Regione e Autorità portuale. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Consorzio dovrà approvare un "Piano di valorizzazione operativo", che servirà da programma per la dismissione o la concessione delle aree e degli immobili dell'antico scalo per il successivo triennio. Ma l'ente si occuperà di ogni aspetto della riqualificazione dell'area, compresa la sua pubblicizzazione e proposta sui mercati.

Elisa Coloni

 

La tempistica
Il Consorzio Ursus è nato a poco meno di tre mesi dalla firma dell'Accordo di programma sul Porto vecchio firmato dai tre enti protagonisti, e a meno di un mese dalla pubblicazione del decreto di approvazione da parte della Regione sul Bur.

 

La soddisfazione delle istituzioni "Passo concreto"

Forte la soddisfazione di tutti gli enti coinvolti. Per il sindaco Dipiazza, così come per il presidente della Regione Massimiliano Fedriga e per il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, si tratta del vero punto di partenza per dare nuova vita a Porto vecchio.

 

Ancora nessun nome per l'ambassador volto di Trieste all'estero
Resta alta l'attesa per la nomina della figura di prestigio che dovrà rappresentare l'antico scalo e attirare investitori dall'Italia e dall'estero
Se i nomi dei componenti del consiglio di amministrazione di Ursus, presidente compreso, sono stati definiti e resi noti ieri, per il futuro dell'antico scalo triestino manca ancora una pedina fondamentale. Manca il nome di prestigio, quello di rappresentanza: il volto di Porto vecchio nel mondo. Manca cioè l'ambassador, l'ambasciatore, figura sulla quale i tre enti protagonisti - Comune, Regione e Autorità portuale - hanno trovato un accordo, ma solo su profilo, funzioni e missione, non ancora sul nome. La scelta e la nomina spetta al Comune, ente con la quota maggiore nell'operazione che porterà alla rinascita di Porto vecchio, e per ora non sembrano emergere novità a riguardo.Per sapere chi farà da promotore delle potenzialità di Porto vecchio in Italia e all'estero nei prossimi anni, dunque, bisogna ancora attendere. «Troveremo la figura giusta - aveva commentato il sindaco Dipiazza dopo la firma dell'Accordo di programma alla Centrale idrodinamica con il presidente Fedriga e Zeno D'Agostino -. Serve una persona di fiducia, che sia pronta a fare un lavoro pancia a terra, poco di rappresentanza pubblica e molto concreto, direttamente con i potenziali investitori. Insomma qualcuno che non faccia il protagonista, ma che lavori», aveva chiarito il primo cittadino. In realtà, quello dell'ambassador di Ursus, sarà un vero e proprio lavoro di rappresentanza, seppure molto concreto. Nel senso che, si tratti di un accademico, un diplomatico, un manager o un imprenditore, il suo profilo dovrà essere alto e dovrà poter vantare un curriculum di peso, spendibile con una platea internazionale che guarda a Porto vecchio e potenzialmente è disposta a investire sul fronte immobiliare e commerciale. Insomma, il volto della grande operazione di recupero e rilancio dovrà avere prestigio nazionale e internazionale, sapere a quali porte bussare e quali tasti premere per rendere credibile e appetibile il progetto triestino. Nel frattempo si sa, invece, a chi è stata affidata la responsabilità delle linee guida architettoniche per le aree pubbliche di Porto vecchio: all'architetto paesaggista tedesco Andreas Kipar.

El. Col.

 

«Un albo degli interessati per facilitare le intese sull'uso dei magazzini»
Il dirigente fresco di nomina ha già elaborato l'agenda delle priorità - A palazzo ha "bussato" una cinquantina di realtà, l'80% non triestine
Un incontenibile Giulio Bernetti ormai comanda su tutto. Non gli bastava dirigere urbanistica e lavori pubblici comunali, adesso zac! mette in gabbia anche l'Ursus, che dovrà promuovere Porto vecchio e vendere tutto quello che il Comune non intende tenersi a scopo istituzionale (Magazzino 26, Idrodinamica, l'area Barcola-Bovedo, ecc.).Bernetti, al sesto piano di largo Granatieri, si è scritto su un biglietto, conservato nel portafoglio, l'agenda dei prossimi mesi: assemblea dei soci, primo consiglio di amministrazione, in attesa del direttore generale e del cosiddetto ambasciatore. L'Ursus non sarà un plantigrado ingombrante: no assunzioni, poco personale, tutto proveniente dagli azionisti Comune, Regione, Autorità portuale.Dal punto di vista delle priorità operative scandite dal (quasi) quarantanovenne ingegnere, capolista è la stima dei beni, indispensabile per procedere con i bandi di gara per le aste: «Dovremo decidere - puntualizza Bernetti - se affidare l'incarico a un professionista esterno o all'Agenzia del demanio. Ma dovremo individuare anche il criterio di vendita: un magazzino alla volta oppure "a strisce", cioè l'edificio fronte mare accompagnato dallo stabile alle spalle? Questo secondo criterio era stato riassunto da Dipiazza con la plastica espressione "chi prende la carne, prende anche l'osso"».Ad andare sul mercato una ventina di strutture. Inoltre sono cinque quelle abbattibili e ricostruibili. Importante: tra i magazzini da alienare, tutti sotto vincolo della Soprintendenza, ci sono anche quelli compresi nell'ex quartiere Ford, alle spalle del Centro congressi, e quelli che circondano il Bacino 0 (24-25,30): se ne è parlato ampiamente per via della piscina terapeutica. Non è ben chiaro se il villaggio Greensisam (concessione Maneschi) rientri o meno nel fascicolo, dal momento che è già stato nominato uno "stimatore" nella figura del professor Stefano Stanghellini.Uno degli spunti più freschi del Bernetti-pensiero è l'istituzione di una sorta di "albo degli interessati": per ragioni di trasparenza e di comodità organizzativa, chi si fa vivo per comprare o locare un edificio, viene iscritto in un elenco. «I magazzini sono mediamente molto grandi, parliamo di 10.000 metri quadrati - chiarisce il neo-presidente - sovente troppi per un solo operatore. Con l'albo le imprese possono colloquiare e intrecciare le rispettive esigenze».Finora in Comune sono pervenute, a vario titolo, scritte/orali, una cinquantina di manifestazioni d'interesse, l'80% delle quali da fuori Trieste. Ce ne è per tutti i gusti: tecnologie più o meno innovative, albergaggio e ristorazione, destinazione direzionale, residenziale. Vedremo in sede di asta quante le chiacchiere e quanta la concretezza.Bernetti potrà arbitrare il futuro del Porto vecchio - azionisti consenzienti - indossando un doppio abito, quello di presidente consortile e quello di direttore dipartimentale comunale. «Abbiamo sbloccato la parte urbanistica con la variante, ma resta da fare una larga porzione di infrastrutturazione (gas, acqua, luce, fogne, connessioni informatiche) - riprende il manager - il secondo lotto dal "26" al varco del Silos non partirà prima dell'autunno». E ci saranno i 40 milioni del Recovery fund da gestire. -

Massimo Greco

 

 

Villa Necker, il parco restituito alla città tra un anno almeno
Nel frattempo continua la raccolta di firme per accelerare i tempi
Tra non meno di un anno il parco di villa Necker riaprirà alla città. Sono queste le tempistiche che prevedono le amministrazioni statali del tavolo avviato per il passaggio del bene dallo Stato Maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo, al Comune. Nelle scorse settimane infatti il ministero della Difesa e l'Agenzia del Demanio avevano dato parere positivo affinché il grande giardino diventasse pubblico. In quell'occasione, a cui avevano partecipato anche gli uffici del Municipio e la Soprintendenza, era stato definito il primo passaggio per avviare l'iter: la dismissione del bene da parte del ministero della Difesa, che poi lo deve riconsegnare all'Agenzia del Demanio, responsabile della gestione del patrimonio immobiliare dello Stato. Quest'ultimo è in attesa che il dicastero guidato da Lorenzo Guerini invii la bozza di protocollo con i termini della dismissione. Uno dei punti riguarda la realizzazione, a cura del Comune, di una recinzione che dividerà l'area che passerà sotto l'amministrazione comunale da quella che rimarrà sotto il controllo dello Stato Maggiore dell'Esercito. La recinzione dovrà ottenere l'avvallo della Soprintendenza, visto che il bene è definito dal 1967 storico-artistico. L'idea è quella di cedere al Municipio il parco intero così com'è pensato oggi, cioè fino all'area che confine con villa Necker e villa Italia, che invece resteranno all'Esercito. In uso alla cittadinanza saranno poi anche due dei tre campi da tennis e una palazzina con bagni e spogliatoi. Intanto continua la campagna di sensibilizzazione, attraverso una petizione online e in presenza, da parte del comitato di cittadini "Ritorno al parco" verso la cittadinanza e l'amministrazione statale affinché quest'ultima porti a compimento il più velocemente possibile l'iter. Vista la grande partecipazione lo scorso sabato - quando erano state raccolte 162 firme in due ore -, il comitato ha deciso di organizzare nuovamente un banchetto per la raccolta dei consensi, permettere anche a chi non ne ha avuto la possibilità di supportare la causa. L'appuntamento è oggi in piazza Venezia dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. La petizione online su Change.org invece è attiva fino al 10 giugno.

Benedetta Moro

 

SEGNALAZIONI - Villa Necker - Spazio verde per la città

La sede del Comando militare dell'Esercito Friuli Venezia Giulia, a Villa Neker, con parco annesso viene restituita alla città con una decisione presa da Agenzia del Demanio e Ministero della difesa e confermata in via ufficiale. Si tratta del primo passo di un lungo percorso che il Comune di Trieste dovrà affrontare per aprire uno spazio verde che per anni era rimasto chiuso al pubblico e poco curato. Ora però ci sarà un lungo percorso amministrativo da compiere affinché il Parco possa diventare di nuovo accessibile. Bisognerà stabilire le modalità amministrative del passaggio, le condizioni di utilizzo, la modalità d'uso e i costi necessari al ripristino e alla manutenzione dell'area verde. Finora le amministrazioni che si sono succedute hanno fatto molta fatica a mettere in atto questi processi vedi la caserma Rossetti e quella di Roiano che nonostante le disponibilità affermate dal Comune sono ancora nella fase ideativa. È necessario quindi mettere al centro del dibattito politico l'importanza delle aree verdi di città: spazi necessari, soprattutto in quel rione del centro, di svago e di salute per i cittadini e piccole isole di biodiversità. Sono queste le iniziative da finanziare attraverso fondi pubblici e privati con percorsi di partecipazione con le associazioni e i cittadini che hanno promosso la petizione se vogliamo davvero attuare la transizione ecologica e la conseguente progettazione di "Green City" tanto declamata ma non effettivamente perseguita da molti attuali schieramenti politici.

Tiziana Cimolino - Verdi Ts

 

 

Trieste Verde - "Laminatoio alle Noghere: dal Comune idee confuse"

Muggia. «Dal Comune di Muggia, sulla questione del laminatoio a caldo alle Noghere, sinora, sono arrivate poche idee ma ben confuse». Così Maurizio Fogar di Trieste Verde sul recente colloquio con la sindaca Laura Marzi: «Il sindaco - ha proseguito Fogar - afferma che il Comune, con delibera di giunta, ha deciso di partecipare al "tavolo" per la realizzazione del progetto della nuova acciaieria, ma poi, a richiesta di chiarimenti, precisa che esso ancora non esiste, ma che il Comune ha firmato il via libera all'accordo di programma per la realizzazione del progetto in questione. Poi emerge che in realtà il Comune ha firmato un Protocollo d'intesa fra Regione, Coselag, Autorità portuale, Gruppo Metinvest-Danieli». Inoltre, sulle dichiarazioni giunte da Verdi, Sostenibilità Equità e Solidarietà e Impronta Muggia, che hanno annunciato una lista elettorale per fermare l'impianto alle Noghere, Fogar dice: «Uno strano volo di uccelli si leva nel cielo elettorale di Muggia, con sigle per la maggior parte inesistenti da anni che riprendono vita».

L.P.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 28 maggio 2021

 

 

Park Litter 2021: anche a Trieste Legambiente ha svolto il monitoraggio e pulizia dei rifiuti di un'area verde urbana
Il circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste ha partecipato all'iniziativa di Legambiente nazionale "Park Litter 2021", che ha lo scopo di monitorare le tipologie di rifiuti presenti nei giardini cittadini.
Lo standard è stato di delimitare una superficie di 100m² interni a un parco urbano medio-piccolo e lì monitorare la presenza e le tipologie dei rifiuti presenti.
Un lavoro di fino che è stato svolto stamane da 4 volontari di Legambiente, che hanno operato nel giardino di via Orlandini adiacente al Centro sociale.
Come risulta dalle foto dell'azione, non si tratta di una discarica, ma si vede tanta trascuratezza da parte di chi non ragiona sulle problematiche che anche i tappi di bottiglia, i filtri di sigaretta, gli infiniti involucri di plastica sottile possono determinare nell'ambiente naturale. In particolare le sottili plastiche volatili arrivano nel mare producendo danni ormai noti da anni alla fauna marina.
(vedi foto dell'azione di monitoraggio e pulizia Park Litter 2021)
per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
dott. Andrea Wehrenfennig (presidente)
cell. 3887219510

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2021

 

 

"Patto tra enti di più paesi per studiare le meduse" - il focus italo-croato

Si è parlato della sempre più frequente presenza massiva di meduse e cosiddette specie aliene in Alto Adriatico, nel corso del focus tenutosi ieri pomeriggio online, nell'ambito del progetto Argos Interreg Italia-Croazia. Fra gli istituti scientifici che vi hanno preso parte anche l'Area marina di Miramare e l'Ogs. «Dall'incontro virtuale si è sviluppata l'idea che per avere notizie a riguardo e per poterle approfondire è necessario lavorare tutti assieme», ha sottolineato Saul Ciriaco dell'Area Marina di Miramare: «Da un punto di vista metodologico sia i colleghi croati che quelli delle altre regioni italiane hanno evidenziato l'urgenza e la necessità di fare un monitoraggio del mare ad ampio spettro per riuscire a valutare correttamente i motivi per i quali le meduse le vediamo sempre più spesso. C'è la necessità quindi di fare una ricerca strutturata nel tempo con monitoraggi di ampia copertura».-

Lorenzo Degrassi

 

 

Quattro star dei social a Trieste per pulire la spiaggia di Miramare
Tre influencer e un tronista alla tappa locale di un eco-tour nazionale. E la città finisce in vetrina
La campagna "#MissioneSpiaggePulite", avviata da Calzedonia e Wwf Italia, ha fatto tappa ieri a Trieste. A ripulire il tratto davanti alle Scuderie di Miramare sono stati quattro beniamini dei social, quattro "vip" dei giorni nostri da milioni di follower. Guanti e sacchetti d'ordinanza, hanno raccolto infatti i rifiuti le influencer Paola Turani e Giulia Valentina, nonché la coppia di "Uomini e Donne" Marco Fantini e Beatrice Valli, a suo tempo tronista e corteggiatrice (ora pure influencer), a propria volta superstar dei social. Nell'occasione una trentina di volontari li ha accompagnati e aiutati a rimuovere plastica, vetro, lattine e altre immondizie. L'obiettivo di quest'iniziativa, che ha già un centinaio di appuntamenti in calendario, è quello di pulire fino alla fine del 2021 almeno un milione e mezzo di metri quadrati di spiagge italiane. In ogni città scelta, ai partecipanti viene fornito un kit, con t-shirt, zaino, cappellino e guanti. Il progetto accompagnerà per tutta l'estate la campagna GenerAzioneMare del Wwf, che verrà lanciata ufficialmente l'8 giugno, Giornata mondiale degli Oceani. A guidare ieri influencer e volontari sono stati proprio gli esperti del Wwf, che hanno spiegato a tutti le tipologie e i rischi per l'ambiente legati ai rifiuti recuperati. All'intervento di pulizia ha preso parte anche il personale della stessa azienda Calzedonia. Volti famosi "planati" su Trieste per veicolare una buona causa insomma. Tutti hanno approfondito poi il tema della tutela del mare, visitando il "Bioma", alle Scuderie, ed effettuando un giro con un'imbarcazione nella Riserva marina, giro anche in questo caso mirato a un intervento di pulizia dei fondali. Per alcuni dei "vip" è stata anche l'occasione per visitare per la prima volta la città. «Non eravamo mai venuti a Trieste», hanno raccontato Beatrice Valli e Marco Fantini: «È stupenda, una bella scoperta». E così Trieste è entrata nelle gallerie dei vari influencer con foto e video. Giulia Valentina e Paola Turani hanno mostrato, nelle loro storie Instagram, il parco di Miramare e anche diversi scorci del centro. Per Beatrice infine una serie di foto a conclusione della pulizia, pubblicate sempre sui social, oltre a uno scatto al tramonto, sul molo Audace, insieme al compagno.-

Micol Brusaferro

 

Discarica abusiva scoperta e sequestrata alla foce del Rio Ospo - l'operazione della Capitaneria

Muggia. Nel corso dell'operazione di monitoraggio e di tutela dell'ambiente marino e costiero da parte del Nucleo operativo di protezione ambientale della Capitaneria di porto di Trieste, è stata riscontrata nei giorni scorsi la presenza di rifiuti eterogenei speciali, alcuni di natura pericolosa, all'interno di un'area privata in località Rabuiese nel Comune di Muggia. L'area, di circa 2.500 metri quadrati, segnalata alla locale autorità giudiziaria, che ha convalidato il sequestro dell'intera area, recintata con rete metallica e chiusa da un cancello carrabile, è confinante con la sponda del rio Ospo, nei pressi della foce in mare dello stesso corso d'acqua. Come emerso grazie ai controlli, vi erano abbandonati rifiuti provenienti da lavorazioni nel campo dell'edilizia, grandi sacchi neri in plastica contenenti rifiuti vari, alcune bombole del gas di uso domestico e tre veicoli fuori uso.

Luigi Putignano

 

Dagli scarti dei campi nasce l'energia pulita. A San Dorligo si costruisce il futuro

Nella piattaforma a biomasse della friulana A&T 2000 si raccolgono e si convertono le ramaglie di orti e giardini in combustibile green

In un terreno di Bagnoli ci sono un triestino, uno sloveno e un friulano: fosse una barzelletta, la partenza sarebbe già scoppiettante. Ma, in questo caso, una barzelletta non è, anzi, è una questione seria, serissima, visto che in ballo ci sono progetti, investimenti e scommesse sulla gestione integrata dei rifiuti a San Dorligo della Valle e non solo. A mettere insieme le forze, il Comune e la A&T 2000 spa, società per azioni friulana a totale capitale pubblico che già dal 2017 gestisce la raccolta differenziata porta a porta nella zona e che, dal 2018, ha preso in gestione un terreno di mille metri quadrati di proprietà della Comunella (vicino al campo sportivo del Domio e poco distante dalla Wärtsilä) per impiantarci una piattaforma a biomasse, dal nome Pri Kalu. Si tratta del primo caso in tutta la regione di piattaforma dedicata alle biomasse gestita da una società pubblica in house.«Dolina - dicono i dirigenti e i tecnici della società - è il nostro laboratorio di sperimentazione», che, detto in marilenghe, potrebbe passare per oscuro presagio, ma che in realtà sta portando a cambiamenti solo apparentemente piccoli, e in qualche modo rivoluzionari. Lo spiega bene il sindaco Sandy Klun, che si aggira per il terreno come un fiero Cicerone e racconta che, grazie all'impianto, si è riusciti a risolvere uno dei problemi di più lunga data nel suo territorio, ricco di aree verdi: rami e sterpaglie dati alle fiamme qua e là oppure buttati nei corsi d'acqua della zona per assenza di uno spazio con funzione di "discarica green". Ora, grazie alla nuova soluzione, ogni residente o agricoltore di San Dorligo che pota ulivi in campagna o alberi e piante in giardino può telefonare al numero verde della A&T 2000, dove risponde Jasmina, centralinista bilingue italiano-sloveno, e avvisare che passerà a depositare - gratuitamente - le proprie sterpaglie invece che cercare di sbarazzarsene in modi meno opportuni. «Abbiamo risolto un problema non da poco - commenta il sindaco - sia in termini di sicurezza che di impatto ambientale, e i cittadini hanno iniziato a rispondere in modo sempre più deciso». Il servizio è gratuito per i residenti, mentre i non local possano servirsene, ma a pagamento (40 euro a tonnellata). Ovviamente fin qui siamo solo alla prima parte, quella cioè di raccolta del materiale. La seconda riguarda la sua gestione. Sì, perché qui, dopo essere state recuperate, le ramaglie vengono frantumate attraverso un potente biotrituratore. Cosa diventano? Cippato, ossia un materiale che può alimentare stufe e caldaie, con una funzione simile a quella del pellet. Si crea così un perfetto esempio di quell'economia circolare di cui tanto spesso si parla ma che non sempre si vede negli esempi concreti. In questo impianto, di fatto, gli abitanti di San Dorligo portano gli scarti di orti, campi e giardini, che poi diventano fonte pulita di riscaldamento di cui loro stessi possono beneficiare. E non solo loro. «Abbiamo tante idee - spiega Renato Bernes, dirigente della spa -. Sappiamo ad esempio che in provincia di Trieste ci sono comprensori scolastici che utilizzano caldaie a pellet: sarebbe interessante proporre una collaborazione».Per la società friulana (con sede legale a Codroipo e sede operativa a Pasian di Prato), nel campo della gestione integrata del ciclo dei rifiuti dal 1996, lo sbarco in provincia di Trieste è stato un progetto ambizioso, una scommessa. Spiega ancora Bernes: «Il Comune avrebbe potuto optare per altri partner, ma ha scelto noi, accordandoci una fiducia ben oltre le nostre aspettative. Quando siamo arrivati abbiamo trovato una realtà per noi nuova, diversa da tutte le altre, e affatto semplice: differente per tipologia di insediamenti, per caratteristiche del terreno, ma anche per la lingua. Per noi il bilinguismo era più che altro un concetto teorico, ma ci siamo accorti ben presto che ci sbagliavamo, tanto che siamo dovuti andare in 15 a scuola: tutti a lezione di sloveno. È stata ed è una bella esperienza, arricchente per tutti - sottolinea Bernes - e la capacità di dialogo, il clima e la libertà di movimento che abbiamo trovato qui è rara ed eccezionale».E le parole si ritrovano nei fatti, con un'atmosfera condita da percettibile simpatia e genuino entusiasmo per un progetto nuovo per la stessa A&T 2000, che sta sperimentando qui il suo primo impianto a biomasse. Progetto che ha trovato un alleato prezioso nel Comune. Tra i protagonisti dell'operazione Elena Bandi, dipendente del Comune che ha gestito gli aspetti tecnici del progetto. Schiva e silenziosa, ha tentato di sottrarsi all'obiettivo del fotografo. Invano.

Elisa Coloni

 

In arrivo un nuovo impianto per il compost - «Qui la mentalità giusta per sperimentare»
Partito l'iter per la trasformazione a chilometro zero dei rifiuti organici in concime da reimpiegare sul territorio
Un colpo grosso: passare dagli attuali mille metri quadrati a novemila. La procedura non è ancora completata, ma non si dovrebbe andare oltre il 2021. Di fatto, nel giro di qualche mese, la A&T 2000 avrà in gestione un'area ben più ampia rispetto a quella odierna, mettendo così a segno un'espansione grazie alla quale realizzare nuovi progetti. Uno su tutti, anche questo innovativo: avviare la sperimentazione di un impianto di digestione anaerobica di parte dei rifiuti organici raccolti nel comune. In poche parole, come spiega il tecnico della società referente per il sito di Bagnoli, Stefano Franceschetti, questo impianto permetterebbe di trasformare in loco parte dell'organico prodotto dalle utenze (abitanti, agricoltori, bar, ristoranti ecc...) in compost, che poi verrebbe reimpiegato sul territorio, ad esempio per concimare orti e giardini. Un'operazione più che circolare e davvero a chilometro zero, facente parte tra l'altro di un progetto finanziato dall'Ue, realizzato a Lione, poi sbarcato anche a Barcellona e, infine, a Dolina.«A Barcellona ci sono stati dei problemi che ne hanno impedito la realizzazione - spiega ancora Stefano Franceschetti - così siamo subentrati noi all'Università catalana e abbiamo deciso di portare avanti il progetto, realizzandolo qui a San Dorligo. Si tratta di una scommessa importante - prosegue - sulla quale puntiamo molto perché rappresenta un ottimo esempio di economia circolare, e qui abbiamo trovato la mentalità giusta. Ogni territorio ha le sue peculiarità e le soluzioni non devono essere uguali per tutti, anzi, vanno pensate su misura per le singole esigenze».Addentrandosi nel terreno di San Dorligo della Valle si percepisce che c'è aria di lavori in corso e voglia di sperimentare. Tra i propositi da concretizzare anche un quartier generale vero e proprio, che andrà a sostituire l'attuale piccolo ufficio prefabbricato da dove operano gli addetti. Tre sono le persone che oggi lavorano a tempo pieno nella piattaforma, più una quarta part-time, ma in futuro saranno di più. «L'attività aumenta di mese in mese - racconta ancora Franceschetti - . Più le persone ci conoscono e più i volumi crescono. Solo nei primi tre mesi del 2021 abbiamo raccolto 48 tonnellate di biomasse da privati e aziende agricole. Per capire la differenza, nel 2019 erano state 39, nel 2020 23. Relativamente al numero di utenti privati e aziende agricole entrati in piattaforma, nei primi tre mesi di quest'anno sono stati 97, mentre nel 2019 76 e nel 2020 67».

El. Col.

 

 

SEGNALAZIONI - Urbanistica - Il Piano mobilità devasta il verde

Egregio direttore, il Piano urbano della mobilità sostenibile vuole realizzare entro il 2025 in zone verdi o comunque pubbliche opere impattanti, costose, superflue e a volte difformi dal Piano regolatore, come l'ovovia Opicina-Porto Vecchio, le "cerniere di mobilità" di Cattinara, Cava Faccanoni, Ippodromo, Opicina Nord e Sud e via Flavia, il "parcheggio di relazione" piazzale Europa-via Cologna-vicolo dell'Edera e le scale mobili (o ascensori verticali?) Cava Faccanoni-via delle Docce, Longera-Cattinara e piazzale Europa-via Giulia.Entro il 2030 anche la galleria tra largo Mioni a via D'Alviano. E chissà quando il sottopasso di piazza Unità e le scale mobili (o ascensori?) via Teatro Romano-via Capitolina e via Pellico-Capitolina. Eppure basterebbe ottimizzare aree pubbliche asfaltate come quelle di Fernetti, Pesek, Rabuiese, parcheggi pubblici come quelli di Monte Grisa, Area Science Park, piazzale delle Puglie e via Carli o autosilo privati come quelli di Montedoro, via Beirut, del Giulia e delle Torri d'Europa per favorire il passaggio dall'auto a bus, bici o pedonalità, limitando l'afflusso di traffico in zone congestionate. Il Pums esclude poi gran parte del territorio dalle Zone 30. Non prevede nuove Zone pedonali o a traffico limitato e rotatorie. Traccia "corridoi di percorribilità pedonale" solo in alcune vie principali o tratti di queste. Pone nello scenario 2025 solo 3 dei 9 itinerari ciclabili ma ne inserisce alcuni rami in Zone pedonali esistenti. Disegna un "anello circolatorio" con corsie preferenziali in un senso di marcia ma più corsie indifferenziate nell'altro. Potenzia pochissimo i bus, lasciando nel vago la "linea di forza" Muggia-Barcola. Non promuove il trasporto passeggeri sulla ferrovia di circonvallazione, la Campo Marzio-Opicina e la Cantieri-Muggia. Ignora i taxi. E non detta tempi brevi per i nuovi sistemi di distribuzione e consegna merci.

Paolo Radivo

 

 

Un'Altra Città lancia il parco del Carso - la proposta
TRIESTE E se il Carso diventasse un parco? È una delle proposte, dedicate all'altipiano, della rete civica triestina Un'altra città. Se n'è parlato in videoconferenza con il sociologo del territorio Diego Masiello, l'architetto William Starc, il vinicoltore Igor Grgic, il presidente della cooperativa Pascolo sociale Alessandro Zagar, l'ornitologo Paolo Utmar, il geobotanico Andrea Nardini, il presidente della comunella di Contovello Paolo Utmar e l'antropologo Enrico Maria Milic. La rete auspica inoltre che il Comune di Trieste collabori con le altre amministrazioni municipali alla tutela dell'area, fermando il consumo del suolo, attivando progetti europei transfrontalieri, recuperando il patrimonio edilizio dei borghi, trasformando l'ex Campo profughi di Padriciano in un laboratorio ambientale con all'interno un mercato agricolo: un progetto di recupero rurale permanente, insomma, che tenga conto di sviluppo agricolo, salvaguardia faunistica, forestale e paesaggistica.

Li.Go.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2021

 

 

LO DICO AL PICCOLO - Giardino di Guardiella, il Comune incrementi la riqualificazione

Dunque, sembra che la lunga storia del "risanamento del Giardino di Guardiella" sia al capitolo finale. "Sembra" poiché, come spesso succede, il dialogo fra cittadini e amministratori pare non funzionare. O meglio, ognuno la vede a suo modo e il dialogo scarseggia. Per l'amministrazione si deve semplicemente concludere una questione vecchia di 15 anni, già progettata e finanziata. Per Legambiente, che ha coinvolto gli abitanti, si tratta di armonizzare al meglio l'unica area verde planiziale nel rione di San Giovanni. Più di un anno fa abbiamo concordato con la Sesta Circoscrizione di procedere con una "Progettazione partecipata", in parte finanziata dal Comune, dove i cittadini del rione hanno delineato tre livelli di possibile rivalutazione e rimessa in sicurezza del giardino, sempre considerandolo quale elemento centrale di un "insieme verde" ben più articolato. Sono proposte interessanti e complessive, più efficaci e alcune più economiche, da valutare con debita attenzione: a breve saranno presentate con una mostra. Per queste ragioni vorremmo credere che l'intervento avviato dal Comune sia da ritenere non il capitolo finale ma l'inizio di un percorso armonico: un giardino più grande, attraversabile con sicurezza anche da carrozzelle e carrozzine, dove fare sgambare i cani, con lo spazio giochi distante dalle vetture, ben inserito ma protetto nell'importante snodo di Rotonda del Boschetto.

Paolo Angiolini - Legambiente Trieste

 

 

Morto per amianto, 500 mila euro agli eredi
L'operaio deceduto per mesotelioma aveva lavorato negli anni Settanta all'Arsenale Triestino e all'Italsider di Servola
Un risarcimento di oltre mezzo milione di euro alla moglie e alla figlia di un operaio morto per amianto, a soli 59 anni, dopo aver lavorato nell'Arsenale Triestino San Marco e alla Ferriera di Servola (al tempo dei fatti, gli anni Settanta, Italsider). La sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice del lavoro Paola Santangelo, è giunta a 14 anni dal decesso per mesotelioma pleurico del lavoratore, avvenuto il 29 settembre del 2007. Nel dispositivo si indica la responsabilità concorrente di Fincantieri e di Sirti s.p.a. (la società "erede" di Italsider), che vengono condannate a un risarcimento alle due eredi che, nel suo complesso e considerando gli interessi, supera i 500 mila euro. L'operaio, nato nel' 48 e originario di Isola d'Istria, ma da lungo tempo residente a Trieste, aveva lavorato per quattro mesi, dal luglio al novembre del 1970, nell'Arsenale Triestino, alle dipendenze della ditta Isotermofon, con la mansione di isolatore, nel corso dei lavori di ristrutturazione delle navi Fairwind e Fairsea (la ditta effettuava per Fincantieri i lavori di coibentazione a spruzzo). L'uomo aveva il compito di movimentare, aprire e vuotare a mano grandi sacchi contenenti asbesto grezzo, che poi veniva mescolato con l'acqua ottenendo un composto da spruzzare sulle paratie e altre parti della nave. Un sacco di amianto veniva consumato in soli dieci minuti dai due isolatori alle dipendenze della ditta, e questo avrebbe favorito un contatto massiccio con l'amianto, nonostante il periodo di occupazione del lavoratore con tali mansioni sia stato breve. Successivamente, a partire dal novembre del 1970, l'operaio era stato assunto nello stabilimento Italsider a Servola: lavorava nella cokeria, dove si faceva un massiccio uso di amianto in forma di teli e di cordoni, nonché di guarnizioni. In questo secondo caso l'esposizione era stata prolungata nel tempo, ma quantitativamente meno rilevante. Come si evince dalla sentenza, non è possibile individuare in termini probabilistici quanto la prima esperienza lavorativa possa aver inciso sull'insorgenza del mesotelioma rispetto alla seconda, all'interno di un periodo di esposizione durato complessivamente dal 1970 al 1981. Lo spiega l'avvocato di Padova Lucia Rupolo, che, insieme al collega Giancarlo Moro, ha tutelato la moglie e la figlia del lavoratore per conto del Patronato Cgil di Trieste: «Di fatto - afferma Rupolo - l'esposizione è iniziata all'Arsenale Triestino e poi è continuata nello stabilimento di Servola». Nella sentenza si sottolinea che le argomentazioni delle due società resistenti non convincono e che non è condivisibile l'osservazione secondo la quale all'epoca dei fatti non vi erano rimedi efficaci. Secondo il giudice, infatti, già ai tempi esistevano diverse disposizioni legislative sui rischi dell'esposizione all'asbesto e che le due società in questione non hanno adottato alcuna concreta cautela per evitare, o almeno ridurre, l'esposizione dei lavoratori.

Elisa Coloni

 

 

Pirano, prende il via la riqualificazione dell'antico canale che affianca le saline
In rimozione gli ormeggi abusivi, previsto un nuovo pontile - Saranno costruite una pista ciclabile e strutture per lo sport
Pirano. Se ne parla da oltre trent'anni, ma finalmente ora si prospetta in concreto un'azione di salvaguardia del Canale di San Bortolo (o san Bartolomeo). Il canale costeggia le saline di Sicciole, che dal 2001 sono Parco naturale nonché zona ornitologica di maggiore pregio in Slovenia (272 le specie di uccelli censite, di cui una novantina nidificano sul posto). Il canale un tempo era un'importante via di comunicazione in funzione del trasporto del sale, che ora avviene su gomma: le saline sono le più antiche in attività nel Mediterraneo, con una produzione media annua di 2.500 tonnellate di quello che viene definito anche oro bianco.Ci troviamo dunque al cospetto di un prezioso patrimonio che si intreccia fra ecosistema marino, acqua dolce e terraferma. Da qui la necessità di eliminare la "nota stonata" del canale, diventato nel tempo luogo per attracchi abusivi di imbarcazioni abbandonate quando non affondate. Sono una trentina quelle parzialmente o completamente inghiottite dal fango, per il cui recupero occorre l'intervento dei sommozzatori. E sono tanti i pontili in legno e le boe di ormeggio, collocati qua e là senza criterio. In base al decreto municipale che il sindaco Djenio Zadkovic ha firmato con il disco verde dei competenti ministeri, l'azienda municipalizzata Okolje ha avviato la rimozione degli scafi. Il ministero sloveno per l'Ambiente sosterrà le spese per le imbarcazioni senza proprietario, mentre i possessori noti dovranno occuparsi delle rimozioni pagando di tasca propria. Ci sono poi anche 250 imbarcazioni registrate agli uffici comunali - e ormeggiate appunto sin qui abusivamente - per le quali è stato definito il futuro costo dell'ormeggio (346 euro all'anno per unità non superiori ai 4,5 metri, e fino a 2.557 euro in proporzioni crescenti fino a scafi di 14,5 metri) che sarà possibile fino all'avvenuta realizzazione del progetto. Come ha spiegato il direttore della Okolje Gaspar Misic, la collocazione di un pontile partirà in autunno e i costi di realizzazione e di dragaggio del fondale - intorno a 1,5 milioni di euro - saranno in parte attinti dalle casse comunali e in parte da bandi di concorso nazionali ed europei. La passeggiata in legno lunga 1.200 metri - ha detto il sindaco - continuerà il sentiero che da Portorose attraverso Santa Lucia conduce al Parco naturale delle saline. Allo stesso tempo sarà anche un percorso didattico dove osservare specie animali e vegetali protette.Alla Okolje il ministero per l'Ambiente e la Direzione statale per le acque hanno rilasciato una concessione trntennale sul canale. Il riatto del corso d'acqua, che dovrà avvenire entro cinque anni, prevede anche la costruzione di una pista ciclabile, di un marciapiede lungo il percorso e di strutture per lo sport e il tempo libero; in una fase successiva verranno realizzate infrastrutture per la pesca del valore di 2,4 milioni di euro. A lavori ultimati a guadagnarne sarà anche l'immagine turistica di Pirano. Finora diversi governi sloveni avevano tentato di intervenire sulla situazione del canale, scontrandosi però sempre con cavilli burocratici e spese insostenibili. Ora dovrebbe essere la volta buona.

Valmer Cusma

 

 

Installato un cestino mangia-rifiuti al Diporto nautico
Messo in funzione a Sistiana un "seabin" con il contributo di Wärtsilä e Insivela
DUINO AURISINA. Il mare di Sistiana da ieri è più pulito. È entrato in funzione infatti, su iniziativa dell'Associazione Diporto nautico di Sistiana, un "seabin", il dispositivo che rimuove i rifiuti in mare, in particolare la plastica. L'apparecchio è stato acquistato grazie ai contributi di Wärtsilä e Insivela. La gestione giornaliera sarà affidata proprio al Diporto nautico. All'inaugurazione in baia hanno presenziato il presidente e il vice presidente dell'associazione Antonio Regazzo e Fulvio Vecchiet, Patrick Baas (Wärtsilä), Corrado Versolato (Insivela), Valentina Tirelli (Ogs), il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta, gli assessori Lorenzo Pipan e Massimo Romita, la presidente della Commissione Ambiente Chiara Puntar, l'ex sindaco Giorgio Ret e i rappresentanti di Capitaneria e Carabinieri. Tutti soggetti coinvolti nella campagna di sensibilizzazione per la protezione e la pulizia del mare. Il "seabin" elimina efficacemente anche parte dei residui oleosi in superficie, grazie a un sistema di filtraggio costante dell'acqua. Particolarmente adatto a ripulire aree come porti e specchi acquei protetti, andrà ad affiancare altri dispositivi simili attivi in golfo. «Siamo convinti della necessità di occuparci della tutela dell'ambiente - ha detto Vecchiet - e siamo il primo circolo in Italia ad aver nominato al nostro interno un responsabile ecologico». «Il messaggio che lanciamo - ha sottolineato Regazzo - è rivolto a tutti, tutti siamo chiamati a cambiare atteggiamento rispettando l'ambiente sempre di più». «Avremo centrato l'obiettivo - così Pallotta - quando questi cestini saranno inutili, cioè quando la gente si sarà dimostrata più disciplinata». Tirelli ha promesso «un impegno sempre maggiore nell'analisi della qualità del mare».

u.sa.

 

 

Giù i livelli della tossina: i "pedoci" della riviera tornano in commercio - le analisi hanno dato il via libera
MUGGIA. Revocate le ordinanze che impedivano la raccolta e l'immissione sul mercato dei molluschi coltivati in zona "02Ts Muggia". A seguito dei recenti campionamenti sui "pedoci", l'Istituto zooprofilattico delle Venezie ha certificato nuovamente la conformità biologica dell'area rispetto ai parametri relativi all'acido okadaico, una biotossina algale che si accumula in spugne e molluschi e che in caso di ingestione di "pedoci" contaminati può causare disturbi gastrointestinali anche gravi. È un problema ricorrente nelle acque del golfo di Trieste, tanto da interessare periodicamente tutti gli allevamenti della provincia. A comunicare la buona notizia ad allevatori e consumatori la consueta nota firmata dal direttore del Servizio veterinario di igiene degli alimenti di origine animale di Asugi Paolo Demarin.--LU.PU.©

 

 

Quindici giorni di mostre, show e laboratori - MareDireFare, festival dei mondi sommersi
Miramare, Ariston, San Marco e piazza Unità le location principali della kermesse in programma dal 5 al 20 giugno
Mostre, laboratori, spettacoli teatrali, conferenze, eventi gratuiti, presentazioni di libri. È MareDireFare, il festival che si terrà a Trieste dal 5 al 20 giugno, nato per celebrare l'avvio del "Decennio degli Oceani". Il 2021 infatti segna proprio l'anno d'inizio del "Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile", proclamato dalle Nazioni Unite su input dell'Unesco, che punta a mobilitare tutti per il raggiungimento dell'obiettivo 14 dell'Agenda 2030 dell'Onu stessa, con un programma fatto di conoscenza, ricerca e innovazione finalizzato alla tutela e alla conservazione degli oceani, dei mari e delle risorse marine, oltre a un loro utilizzo sostenibile. Il programma prevede tanti appuntamenti in tutta la città, mentre alle Scuderie di Miramare sarà allestita la mostra "Microceano", anche questa gratuita per il pubblico, con approfondimenti sul mondo microscopico marino. Saranno, a conti fatti, due settimane ricche di iniziative, in cui spiccano due date: il 5 giugno, Giornata mondiale dell'Ambiente, sarà inaugurato ufficialmente MareDireFare, con l'apertura della mostra "Microceano" e la presentazione del programma, mentre l'8 giugno si celebrerà la Giornata mondiale degli Oceani con una scaletta ricca di iniziative, che culmineranno alla sera con un evento all'Ariston, in collaborazione con la Cappella Underground, per parlare di mare e scienza attraverso i linguaggi del cinema, della musica e del teatro. Ad arricchire la manifestazione ci saranno anche dibattiti, racconti e giochi sul mare, spettacoli, letture animate, mostre fotografiche e tante altre proposte, come detto, in varie zone di Trieste, mentre l'Antico Caffè San Marco ospiterà un ciclo di AperiBlu, "miscela" di divulgazione e degustazione sostenibile, con l'intervento di esperti e biologi marini. Durante lo svolgimento della kermesse non mancheranno, ancora, gli incontri con i ricercatori delle principali istituzioni scientifiche che in città si occupano di mare, a partire dall'Ogs, ma anche Area Marina Protetta, Arpa, Università e Museo Nazionale dell'Antartide, che offriranno al pubblico momenti di riflessione sull'ambiente e la sua tutela. Dal 18 al 20 giugno, MareDireFare accoglierà inoltre BoraMata, la festa del vento, che riporterà le girandole in piazza Unità e ma anche altre sorprese, che saranno illustrate proprio il 15 giugno, Giornata mondiale del Vento. Il festival è organizzato da Wwf Area Marina Protetta di Miramare e Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs, in collaborazione con Patto di Trieste per la Lettura, Editoriale Scienza e Associazione Museo della Bora e con il patrocinio del Comune. Le attività previste alle Scuderie di Miramare, grazie alla collaborazione con il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare, sono realizzate con il contributo della Regione. Il programma è consultabile su mdf.ampmiramare.it

Micol Brusaferro

 

Focus sullo sviluppo del Carso oltre i confini - l'incontro di Un'Altra Città
"Il Carso" è il titolo dell'incontro organizzato dall'associazione Un'Altra Città, oggi alle 18, e che sarà visibile su Zoom e attraverso i canali social della stessa. È possibile una Trieste in cui il Comune «in collaborazione con tutti i Comuni dell'area carsica, di qua e di là dal confine, sostenga programmi di coprogettazione e cogestione per la tutela e la valorizzazione delle straordinarie potenzialità dell'area»? Durante l'incontro, l'architetto William Starc ne parlerà con Martina Malalan, imprenditrice, Igor Grgic, viticoltore, Alessandro Zagar, presidente della cooperativa Pascolo sociale, Diego Masiello, sociologo del territorio, Paolo Utmar, ornitologo, Andrea Nardini, geobotanico, Stefano Ukmar, presidente della comunella di Contovello, ed Enrico Milic, antropologo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2021

 

 

Filtri, spiaggia pulita dai giovani "Qui per dare l'esempio a tutti"

Petra, Giada, Beatrice e Teresa protagoniste dell'iniziativa ecologica sul campo con i colleghi del Cconsiglio comunale dei ragazzi, che ha chiuso così il mandato.

Muniti di guanti e sacchetti hanno ripulito la spiaggia dei Filtri. Si è chiuso così, nel pomeriggio di ieri, il quarto mandato del Ccrr, il Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi di Trieste. I giovanissimi rappresentanti del "parlamentino", una ventina in tutto, seguiti dagli esperti dell'Arpa e da personale del Comune, hanno partecipato infatti alla campagna "Microplastiche: un mare di problemi", voluta e ideata proprio dal Consiglio per sensibilizzare le scuole e i cittadini sul problema delle microplastiche. L'attività di ieri chiude come detto un lungo percorso per i ragazzi dell'assise giovanile, durato due anni: un impegno che li ha visti progettare «una città più sostenibile».Sulla spiaggia, sotto gli occhi un po' stupiti di diversi bagnanti, intenti a godersi una tintarella dopo giorni di maltempo, tutti hanno dato il loro contributo, raccogliendo le immondizie portate dal mare ma anche quelle presenti sull'arenile. In alcuni casi è stato necessario smuovere i ciottoli per recuperare i materiali di scart finiti sotto i sassi o imbrigliati nei tronchi portati a riva dalle maree. «Sono molto contenta di partecipare - commenta Petra, 11 anni - e mi sto divertendo tanto. Abbiamo trovato tante reti di plastica spezzate, varie etichette di bottiglie, qualche barattolo, pezzi di polistirolo e anche molte cartine di caramelle». «Quando ho saputo della giornata organizzata per ripulire la spiaggia mi sono emozionata - racconta Giada, 13 anni - perché ci fa vedere da vicino i comportamenti sbagliati della gente. Magari qualcuno pensa che buttare una sigaretta sulla spiaggia è normale, ma qui dovrebbero esserci solo cose che fanno parte della natura. Invece abbiamo rimosso un po' di tutto, anche piastrelle abbandonate». La raccolta, a gruppetti, ha portato pure alla rimozione di barattoli, lattine, mozziconi di sigarette, pezzi di plastica di vario tipo e persino una scarpa. Nel biennio di mandato, il Ccrr si è ispirato ai "17 obiettivi di sviluppo sostenibile" definiti dall'Onu e i giovani che ne hanno fatto parte hanno presentato al Comune molte proposte di miglioramento della città, soprattutto per il medio e lungo termine. «Mi dispiace che questa esperienza sia finita», spiega Beatrice, 13 anni: «Abbiamo fatto tanto insieme, anche durante il lockdown, a distanza. È stato molto bello e utile. E molti argomenti affrontati sono stati proprio su ambiente e inquinamento». «E uno dei temi che ci sta più a cuore - aggiunge Teresa, 14 anni - è stato per l'appunto quello delle microplastiche. Per questo è importante la pulizia di questa spiaggia. Non solo per l'eliminazione dei rifiuti, che per fortuna non sono tanti, quanto per il gesto dimostrativo, per sensibilizzare le persone». Anche per Teresa, come per gli altri, si avvicina la fine del mandato. «Un percorso bellissimo - sottolinea - e formativo: mi ha ispirato, perché da grande vorrei dedicarmi proprio alla politica». Dopo aver provato l'esperienza del Comune, Teresa aspira quindi a diventare un consigliere o un assessore? «No», puntualizza lei decisa: «Punto a una carica più importante». A settembre il Ccrr sarà rinnovato, con le elezioni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado di Trieste e l'arrivo così di nuovi studenti, chiamati, come i predecessori, a proporre nuove idee e ulteriori progetti, confrontandosi sempre in gruppo con i coetanei. L'evento di ieri, coordinato dall'assessorato Scuola, Educazione, Università e Ricerca del Comune di Trieste, insieme a Sissa Medialab e Arpa Fvg, è stato supportato anche da AcegasApsAmga e dall'Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale.

Micol Brusaferro

 

Caccia ai rifiuti di plastica al campo "Draghicchio" - Appuntamento sabato 19 giugno con l'Sgt
Sarà caccia alla plastica il prossimo 19 giugno a Campo Cologna. È l'iniziativa promossa dalla Società Ginnastica Triestina presentata ieri assieme all'assessore regionale all'ambiente Fabio Scoccimarro e alla testimonial, campionessa di Judo, Veronica Toniolo. Questa particolare raccolta di rifiuti si terrà sabato 19 giugno sul campo sportivo "Draghicchio" di via Amendola e, come ha spiegato il presidente della Sgt Massimo Varrecchia «si tratterà di una vera e propria caccia alla plastica, aperta a tutti, nelle zone limitrofe all'impianto. L'iniziativa coinvolgerà famiglie e gruppi di atleti con l'obiettivo di rimuovere i rifiuti dalla struttura, sensibilizzando i presenti sul tema attraverso un momento di divertimento che prevede anche un premio per le prime tre squadre». «Ogni sport insegna il rispetto, oltre che per l'avversario, anche per i luoghi di allenamento - ha ricordato Veronica Toniolo - perciò impegnarsi per la pulizia di un impianto sportivo è sempre un segnale positivo».

lo.de.

 

 

«Ciclabile Ospo- Balota obsoleta e costosa» - Fiab, petizione sul web - le firme online
MUGGIA. Le sezioni Fiab di Trieste e Muggia hanno lanciato in rete, su www.change.org/FIABciclabileOspo, una raccolta di firme contro la ciclabile dal Rio Ospo al Molo Balota progettata dal Comune rivierasco. Per i proponenti, infatti, il Comune stesso ha approvato un progetto costoso per la realizzazione di appena 400 metri di pista ciclabile dalle caratteristiche, peraltro, oramai obsolete: «Il progetto per una ciclabile inutile e non sicura costa 360 euro a metro lineare - spiega il presidente Fiab Ulisse Luca Mastropoasqua - mentre la Fiab di Muggia ha una proposta che costerebbe solo 10 euro a metro lineare». In poco tempo, annuncia il referente Fiab Muggia Jacopo Rothenaisler, «le firme hanno superato quota 260, e puntiamo al migliaio. Ci opponiamo al progetto del Comune perché porta con sé l'utilizzo di strade e piazze esclusivamente a fini automobilistici e il confinamento degli altri utenti, a cominciare dai ciclisti, fuori dai percorsi stradali».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2021

 

 

Premio Ince sulla sostenibilità al Petrarca
La 3A del liceo si aggiudica i 5 mila euro della Fondazione CRTrieste, a un team di Latisana-Lignano i 20 mila della Regione
La tutela avanzata degli stagni del Carso e il controllo attraverso droni della salute della Laguna di Marano sono i temi dei due progetti regionali vincitori del concorso internazionale dell'Ince sulla sostenibilità ambientale e sui temi dell'Agenda Onu 2030. A idearli sono stati rispettivamente la 3A del liceo Petrarca di Trieste e un gruppo di classi dell'istituto Mattei di Latisana-Lignano: ai primi è andato il premio da 5 mila euro messo in palio dalla Fondazione CRTrieste per il miglior progetto triestino, ai secondi quello da 20 mila euro approntato dalla Regione Fvg.La prima edizione di "Active young citizen for sustainable development in Cei and Aii areas" è stata indetta e finanziata dall'Iniziativa Centro Europea (Ince) con il ministero degli Affari esteri e l'Iniziativa Adriatico-Ionica. Vi hanno partecipato le scuole superiori dei 19 paesi dell'Ince con 70 progetti, di cui 10 dall'Italia e otto dal Fvg, tra cui l'Isis D'Annunzio-Fabiani di Gorizia, l'lsis Buonarroti di Monfalcone, il liceo scientifico Marinelli di Udine e il liceo Leopardi Majorana di Pordenone. Sono ben tre i progetti presentati dalle scuole di Trieste. Oltre a quello della 3A del Petrarca, dedicato agli stagni del Carso, è nata nel medesimo liceo un'altra idea, dai ragazzi della 3F (coordinati dal professor Damiano Gallo), che si sono focalizzati su un percorso scolastico che coinvolge gli studenti e i loro compagni ricoverati in ospedale, obbligati a seguire un percorso scolastico dal nosocomio. E infine uno realizzato dagli studenti della 4H dell'istituto Carli - de Sandrinelli - Da Vinci (coordinati dalla professoressa Fabiana Giugovaz), che hanno pensato di trasformare la piscina della scuola in una serra autonoma e installare colonnine di ricarica per le auto elettriche nel parcheggio. La cerimonia per l'assegnazione dei due premi collaterali si è tenuta ieri mattina nella sede della Regione Fvg, in piazza Unità, alla presenza di Roberto Antonione, segretario generale dell'Ince, del governatore Massimiliano Fedriga e di Alessia Rosolen, assessore regionale all'Istruzione. Sono intervenuti anche Valerio Valenti, prefetto di Trieste, Francesca De Santis, assessore con delega ai Giovani del Comune di Trieste, Roberta Giani, condirettrice de Il Piccolo (media partner del concorso), Tiziana Benussi, presidente della Fondazione CRTrieste e Peter Cernic dell'Ufficio scolastico regionale. Al progetto ha collaborato anche Cristina Pedicchio, docente di UniTs e membro del cda dell'Ogs, che ha realizzato un video divulgativo girato in Porto vecchio: protagonisti i membri della comunità scientifica e un gruppo di giovani che si sono occupati di progetti di cittadinanza attiva. Il premio regionale da 20 mila euro, dicevamo, è andato all'istituto Mattei per il progetto "Robot in azione per preservare il nostro ecosistema lagunare". L'intento del progetto, coordinato dal professore Luca Bonora, è svolgere una ricognizione dello stato di salute della laguna di Marano attraverso dei droni marini. «È importante parlare dei grandi obiettivi globali, ma lo è altrettanto non dimenticare mai che per cambiare il mondo bisogna iniziare da casa propria - ha sottolineato Fedriga -. I ragazzi che hanno partecipato all'iniziativa hanno colto questo spirito e sviluppato progetti collegati al territorio nel quale vivono». Fedriga ha inoltre espresso l'intenzione di coinvolgere la Conferenza delle Regioni per sensibilizzare i territori su questi temi. Rosolen ha poi evidenziato come «tutti i progetti presentati dalle scuole della nostra regione non sono un volo di fantasia, ma tutti hanno basi concrete». Antonione ha detto che il Fvg è risultato «la prima regione in Italia» al concorso e ha definito «un eccellente risultato» quello delle scuole locali.

Benedetta Moro

 

Censire e ripristinare gli stagni del Carso per salvare l'ecosistema

Il focus innovativo dei ragazzi di Trieste per la tutela dell'altipiano. Ipotizzata l'inclusione nelle attività di alternanza scuola-lavoro

Mettere letteralmente le mani nella materia carsica, traducendo il globale nel locale, attraverso un focus specifico che prevede il ripristino degli stagni carsici. Da questo presupposto i 17 ragazzi della 3A del liceo Petrarca sono partiti per dare vita al progetto "Gli stagni riflettono il cielo", premiato dalla Fondazione CRTrieste con 5 mila euro nell'ambito del concorso lanciato dall'Iniziativa di centro europea (Ince), focalizzato sulla sostenibilità ambientale. L'obiettivo principale del gruppo è stato quello di programmare in futuro un censimento e ripristino del sistema degli stagni carsici, a beneficio dell'ambiente, a tutela della biodiversità e come percorso educativo aperto a tutta la comunità. Uno spunto che, assieme all'intenzione di mettere in pratica in prima persona il contenuto del progetto, coinvolgendo anche le scuole della città, e alla volontà d'inserire questa attività nel progetto alternanza Scuola-Lavoro, è risultato l'ingrediente vincente che ha colpito la giuria. Ma anche la vasta rete di collaborazione coinvolta nel percorso ha destato interesse in coloro che hanno premiato questa idea. Difatti, dopo un periodo di teoria in classe durante le ore di Educazione civica, indirizzate ai temi della sostenibilità e dell'Agenda Nazioni Unite 2030, gli studenti, coordinati dal professor di Storia e Filosofia Guido Pesante, hanno esplorato il Carso grazie all'aiuto di diversi soggetti. Tra questi il direttore del museo di Storia naturale Nicola Bressi, l'architetto Monika Milic, la guardia forestale Vojko Razem, il naturalista Dario Gasparo, la scuola Edilmaster e il Partenariato per l'edilizia carsica in pietra a secco. «Abbiamo scoperto così che quando la scuola si rivolge a territorio, questo risponde con positività», evidenzia il professor Pesante. Tutto è partito da una notizia diffusa dalla Coldiretti, che aveva specificato come l'Italia trattenga solo l'11% delle acque meteoriche contro la media Ue del 30%. «Abbiamo riflettuto su come questo paese sprechi le acque meteoriche - sottolinea Pesante - e quindi abbiamo deciso di fare un lavoro sul territorio. Ci siamo concentrati sugli stagni carsici, ma anche sull'architettura rurale».I ragazzi sono stati quindi divisi in gruppi e sono andati a esplorare i muretti a secco, che hanno anche imparato a costruire con lo stesso Razem. E poi ancora perlustrazioni sugli stagni, sulle vicine ghiacciaie, che servivano a produrre ghiaccio «che arrivava anche fino al Cairo», e le casette un tempo riparo dei pastori e i pastini. Il focus sugli stagni è stato individuato perché, evidenzia Benedetta Bratos, presente ieri alla premiazione con il compagno Emanuele Castelli in rappresentanza della classe, «è un microcosmo assestante con specie particolari e irripetibili, che va preservato». Spiega ancora il professor Pesante: «La particolarità è poi che i laghi sono chiusi in se stessi come ecosistema, mentre gli stagni comunicano sul territorio circostante attraverso le specie volatili o degli anfibi, che non si trovano negli specchi lacustri. Quindi lo stagno diffonde biodiversità che non deve essere alterata da specie alloctone». Secondo Bressi si stima una perdita degli invasi del 70% e l'ultimo censimento è dell'86. Per questo l'azione pensata dagli studenti è importante: gli stagni possono essere utili alla fauna selvatica e anche come riserva a uso antincendio. Con otto azioni e 21 sub-azioni, contenute nel programma che rimarrà in eredità alla scuola che potrà metterlo in atto successivamente, si prevede dunque di censire innanzitutto gli stagni, operazione che richiederà comunque degli anni. Dopo aver individuato quelli di maggiore rilevanza, si potrà passare al loro ripristino. Si riavvia così un'attività di manutenzione costante. Tra le ipotesi contenute nel progetto c'è anche quella di inserire questa attività nei laboratori di alternanza Scuola-Lavoro: questo anche perché sono stati gli stessi ragazzi a richiedere la possibilità di procedere con attività manuali. Ma i giovani si sono detti disponibili anche a ripristinare le casette o i muretti carsici. Questo grazie all'aiuto di Edilmaster e al Partenariato. «Sarebbe bello procedere proprio con questo tipo di attività prossimamente - afferma Castelli -, anche se il progetto, se iniziato, comunque comporta diverso tempo».Grazie a questo concorso gli studenti del Petrarca hanno potuto conoscere anche una parte del Carso che non avevano mai visitato. A questo proposito spiegano Bratos e Castelli: «Conoscevamo alcuni luoghi ma altri no, li abbiamo scoperti anche attraverso gli altri soggetti coinvolti. Avevamo in un gruppo anche un compagno che abitava in Carso, quindi è stato lui che ci ha fatto da guida durante tutto il lavoro». E di questi 5 mila euro che cosa faranno? «Ancora non lo sappiamo - concludono gli studenti -, ci penseremo».

Be.mo.

 

 

«Linea Trieste-Venezia tra le priorità del governo Draghi» - il focus di IV con D'Agostino come ospite
Il potenziamento della linea ferroviaria Trieste Venezia, inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, è «tra le priorità del governo Draghi». Lo ha affermato il vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva Ettore Rosato durante un incontro online dedicato al progetto e organizzato dalla sezione locale del partito di Matteo Renzi. «Il Pnrr è un'occasione non solo di finanziamento ma anche di semplificazione degli appalti e di velocizzazione», ha proseguito Rosato: «Le Regioni Fvg e Veneto collaboreranno con l'esecutivo». Il presidente dell'Authority portuale Zeno D'Agostino ha sottolineato che «questa infrastruttura arriva nei tempi giusti. Ora siamo il primo porto ferroviario italiano e abbiamo tassi da record mondiale di utilizzo della ferrovia: quest'ultima rappresenta un collante». Giuseppe Bortolussi, amministratore delegato Interporto Pordenone, ha affermato quindi la necessità di accelerare l'opera. Sono intervenute inoltre Raffaella Paita, presidente della Commissione Infrastrutture alla Camera, e la deputata Sara Moretto. Alla videoconferenza erano presenti il coordinamento regionale e locale di Italia Viva.

Lilli Goriup

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2021

 

 

Citta' piena di cantieri. Cento permessi al mese dall'inizio dell'anno.

L'escalation certificata dalle pratiche in Comune. Imprese cariche di appalti ma soffrono l'aumento folle dei prezzi dei materiali, dagli isolanti alle impalcature.

Troppa grazia Sant'Antonio. Dopo aver sofferto una crisi quasi decennale che ha falciato moltissime imprese, l'edilizia è ora alle prese con il problema opposto, un problema - diremmo - di crescita. La combinazione tra congiuntura internazionale ed exploit dei bonus fiscali per le riqualificazioni ha generato infatti un vertiginoso aumento dei prezzi relativi ai materiali utilizzati per i "cappotti" e per le altre lavorazioni connesse: metalli, calcestruzzo, bitumi, plastiche derivate dal petrolio e via dicendo. Il fenomeno è macroscopico a Trieste, che sta vivendo un autentico boom di cantieri documentato dalla statistica degli atti comunali. Nei primi quattro mesi del 2021 sono già state rilasciate 400 occupazioni di suolo pubblico relative all'edilizia, di fatto cento al mese, contro una media annua di 800. E sempre nel primo quadrimestre di quest'anno sono state firmate 500 ordinanze riguardanti limitazioni di sosta e transito contro una media annua di mille. Per questo saranno reclutati "a tempo" cinque geometri per agevolare il disbrigo delle richieste. Una vera e propria invasione di cantieri in città, insomma, che porta con sè una serie di conseguenze, anche sul traffico, analizzate nell'articolo a fianco. Le imprese del settore fanno invece i conti con un paradosso: più lavoro, più difficoltà. Marcello Dell'Erba, componente del direttivo Ance e presidente di Cassa edile, e David Calò, esponente di Confartigianato, calcolano, sul fronte dei materiali, aumenti variabili tra il 25 e il 45%. Che non possono scaricarsi sui contratti già firmati e vanno quindi a erodere del 15-20% margini dai quali non colava il grasso. L'aggiornamento del "listino" a cura dei due rappresentanti di categoria è implacabile: i polimeri salgono di quasi il 40%, il tubo del 77%, gli articoli in metallo del 47%, la lamiera del 63%. Il costo del ferro - sottolinea Dell'Erba - è raddoppiato da 450 a 900 euro alla tonnellata. Dramma nel dramma i ponteggi:i prezzi sono lievitati cinque volte in tre mesi. Sulla piazza non si trovano più, ma è difficile noleggiarli anche in Veneto e in Friuli, cosicché si deve ricorrere a Slovenia e Croazia. Lorenzo Gasperini, architetto specializzato nei recuperi di facciata, cita addirittura un recente arrivo dal Montenegro. La questione ponteggi è un ulteriore paradosso: molte imprese li hanno venduti nella fase più buia della crisi, ma adesso non avvertono una forte spinta a ricomprarli, perché - sottolinea Calò - un investimento di 100-150 mila euro, con il rischio di utilizzarlo solo pochi mesi, non è conveniente. Gasperini rimarca la dialettica committente/professionista/imprese: le ditte appaltatrici chiedono materiali analoghi o alternativi a quelli indicati dal progettista, perché non si trovano o costano troppo. Ma anche le alternative non sono di agevole reperibilità e rischiano consegne fino a quattro mesi. Tra gli articoli in rarefazione i pannelli "sandwich" di isolazione, la cui fabbricazione non è di facile intensificazione produttiva date le difficoltà di stoccaggio. Si diceva all'inizio delle cause che hanno determinato l'impennata. Esistono varie scuole di pensiero. Un'interpretazione accredita la "pista" cinese, cioè la forte crescita del settore costruzioni nel subcontinente che avrebbe scosso l'equilibrio dei prezzi. L'Ance è comunque convinta che l'effetto bonus c'entri poco, perché il problema delle materie prime riguarda anche Germania, Francia, Regno Unito, dove non sono in atto facilitazione di natura fiscale. Ma la questione di fondo attiene alla sostenibilità economica dei cantieri, punto sul quale le associazioni imprenditoriali accendono tutti i riflettori possibili.

Massimo Greco

 

L'Ordine degli architetti boccia il Piano del centro storico
Per il gruppo di lavoro dei professionisti è un lavoro «superficiale» - Si accoda il Pd. Replica la giunta: «C'è l'ok della Soprintendenza»
Basato su analisi «superficiali» del contesto urbano, e con un ruolo eccessivo della Commissione edilizia: l'Ordine degli architetti di Trieste bacchetta così il Piano particolareggiato del centro storico che il Comune si appresta a deliberare. La segretaria del Pd Laura Famulari attacca: «Non mi sembra che sia questo il piano che possa tutelare il nostro centro storico». Ribatte l'assessore all'urbanistica Luisa Polli: «Delle osservazioni discuterà l'aula, sottolineo però che lo strumento è stato elaborato assieme alla Soprintendenza».Il documento con le osservazioni degli architetti al Ppcs è lungo 15 pagine, a firma del gruppo di lavoro dell'ordine stesso: un pool di professionisti coordinati da Andrea Benedetti e Francesco Krekic. Quelle che gli architetti definiscono «lacune strutturali» del piano vengono sintetizzate così: al centro del problema ci sarebbe «la superficialità delle analisi che, seppure quantitativamente estese, schivano il confronto con gli ambiti fisici limitrofi, con la pianificazione degli spazi pubblici e della mobilità sostenibile, rilevando e valorizzando unicamente l'anzianità dell'atto costruttivo iniziale». Nell'elenco puntuale delle criticità, gli architetti sono preoccupati per la conservazione degli edifici, la limitatezza del piano colore. Poca attenzione, aggiungono, anche agli aspetti sismici, alle alte maree e ai potenziali effetti dei cambiamenti climatici. Un altro punto dolente è il seguente: «Il Ppcs ammette trasformazioni anche significative, rimettendo però le principali valutazioni nelle mani della Commissione edilizia il cui ruolo appare quindi eccessivo in relazione alle sue attuali caratteristiche (procedure e scelta dei componenti)».Interviene per l'appunto Famulari: «Non mi sembra che questo sia il piano che possa tutelare il nostro centro storico: un piano che non ha individuato tutte le aree di pregio archeologico (mancano gli elaborati relativi alle zone archeologiche e al paesaggio) e le modalità di intervento necessarie, né gli elementi e le modalità per la tutela per le aree di pregio ambientale, né che guardi ad un ruolo internazionale della città». Secondo la consigliera dem al piano «manca una prospettiva per una Trieste salvaguardata, ma contemporanea».L'assessore all'Urbanistica Luisa Polli risponde: «Per legge non si possono commentare le osservazioni prima che vadano in aula, spetterà al Consiglio esprimersi». Ma aggiunge: «Al di là del contenuto delle singole osservazioni, rilevo che il Ppcs deve essere coerente al Piano regolatore. Ricordo che quest'ultimo è stato approvato dalla giunta Cosolini». Precisa ancora Polli: «Su tutto il piano si è espressa la Soprintendenza: il centro storico è soggetto a un "vincolo nudo", ovvero senza quadro normativo. Per questo motivo l'ente ha inteso inserire nel piano una serie di norme, in attesa di definire unitamente al Comune il suddetto quadro normativo, necessità questa inclusa anche nel Ppcs».-

Giovanni Tomasin

 

"I tanti lavori insieme minano la sicurezza di chi va a piedi e in bici. I posteggi? Un miraggio"

L'analisi dei rappresentanti di pedoni e ciclisti urbani sull'attuale situazione in centro, che provoca disagi anche agli automobilisti

I pedoni devono fare uno slalom continuo. I ciclisti sono obbligati a fare ancora più attenzione per non essere investiti. E poi gli automobilisti, che si arrabbiano perché hanno sempre più difficoltà a trovare parcheggio. A testimoniare per primo il disagio derivante dalla grande concentrazione di cantieri in città è Luigi Bianchi, presidente di CamminaTrieste: «C'è una scarsa attenzione a quelle che sono le esigenze del pedone. Questa impostazione dei lavori è sempre improntata a una quasi improvvisazione, senza guardare alla sicurezza».Quale soluzione quindi proporre? «Ci vuole un'organizzazione che al momento è molto lontana dal realizzarsi, perché anche le imprese, per come sono organizzate, non sono in grado di assicurare un'impostazione corretta - prosegue Bianchi -. Tanto per fare un esempio, passavo ieri per strada del Friuli, dove c'è l'abbattimento di una costruzione e quindi un cantiere. C'era un grosso camion che spuntava fuori, fin quasi sul marciapiede e quindi comportava il senso unico alternato. Non c'erano vigili urbani, ma solo due operai che con una paletta regolavano il traffico». Anche il mondo degli amanti del ciclismo trova diverse difficoltà nell'attraversare la città in questo periodo. A sostenerlo è Samuele Maria Semi, appassionato di bici ma anche progettista e costruttore. «Può capitare che alcuni cantieri non siano adeguatamente segnalati - afferma -. Nonostante capisca non sia facile, comunque questo provoca disattenzione da parte degli automobilisti che, di conseguenza, possono distrarsi ancora di più e investire un ciclista. Stessa distrazione che può essere provocata dalle grandi pubblicità di imprese ora molto spesso affisse sulle impalcature. Bisogna anche dire che laddove ci sono piste o corsie ciclabili, se c'è un cantiere, il ciclista non viene contemplato, non si creano corsie sostitutive ad hoc. Tuttavia, i ciclisti sono comunque flessibili agli ostacoli della quotidianità e allo stesso tempo se ci sono tanti cantieri vuol dire che pedaleremo in una città più bella». «La sicurezza dei ciclisti - evidenzia Luca Mastropasqua, presidente Fiab Trieste -, con il restringimento delle carreggiate ad esempio, è minata. Invece in altri paesi, come La Danimarca, in questi casi si provvede a installare delle corsie anche per le bici».Lavori terminati male e poca organizzazione per l'avvio di scavi e il posizionamento delle impalcature risultano poi essere le altre problematiche all'ordine del giorno. «Non abbiamo una posizione organica sul tema, ne parlerò con il resto dell'associazione per valutare la situazione anche da un punto di vista dei dati. Da privato cittadino però - commenta il presidente di Legambiente Andrea Wehrenfennig - posso dire che ho osservato che quando terminano i cantieri, spesso non si provvede a un controllo né a una garanzia sulla corretta conclusione dei lavori. Su questo dovrebbe fare le proprie verifiche il Comune. In modo anche da non dover ritornare sullo stesso sito per operare nuovamente. Se si facessero dei controlli adeguati ci sarebbero meno sprechi e danni». I disagi però non terminano qui, perché proprio per i pedoni e i ciclisti, sottolinea sempre Wehrenfennig, la strada può creare ulteriori problemi: ad esempio le buche. Non ultima l'organizzazione: bisogna evitare di creare lavori multipli nello stesso periodo. Per evitare questo bisogna avere una buona capacità di coordinamento dei cantieri, che al momento non mi pare essere all'ordine del giorno». Cercare poi un parcheggio, ora che le impalcature del bonus facciata imperversano, è diventato un incubo. A dirlo è Francesco, che risiede in largo Barriera: «Ogni sera devo lasciare la macchina in seconda fila con il rischio la mattina di trovarmi una multa».

Benedetta Moro

 

«Azzerare entro dieci anni le vittime della strada»
Il progetto sicurezza proposto dalla lista civica Adesso Trieste e testato in una sorta di "anteprima" nel weekend a San Giovanni
Azzerare in dieci anni le vittime della strada e gli incidenti gravi. È questo uno degli obiettivi del programma elettorale della lista civica "Adesso Trieste" che, sabato scorso, in occasione della Settimana mondiale della sicurezza stradale, ha partecipato a un'iniziativa nata dai genitori del quartiere di San Giovanni, che hanno fruito della parte alta di via San Cilino temporaneamente pedonabile: un tratto "aperto al gioco", come recitava un cartello, e chiuso invece al traffico nel weekend, come accade per altre arterie cittadine grazie a un'ordinanza comunale. «I dati Istat dicono che nel 2019 nella provincia di Trieste ci sono stati 919 incidenti stradali, 1125 feriti e 15 morti - ha affermato Federico Zadnich, coordinatore del tavolo tematico Ecologia di Adesso Trieste -. Vogliamo annullare questi dati, come accade già in alcune città europee, ad esempio Oslo. Ci impegniamo a ripensare gli spazi urbani, puntando sulla sicurezza stradale». Come? Ad esempio dando la precedenza a pedoni e ciclisti e, in alcune aree, abbassando il limite di velocità a 30 chilometri orari. Per riformulare la città Adesso Trieste si avvale anche di lunghi percorsi pedonali dal centro alla periferia, come sottolinea Giulia Massolino. La giornata di sabato ha visto protagonisti in via San Cilino alcune famiglie. «Siamo tornati a riproporre i giochi di strada di una volta - spiega una mamma, Marzia Piron -. Sfruttiamo questa occasione visto che purtroppo non ci sono più posti in cui portare i bambini a giocare in sicurezza».

be.mo.

 

 

Roma libera Chiampore dal traliccio Finmedia
Il Consiglio di Stato conferma le precedenti sentenze: l'impianto va abbattuto e trasferito. Litteri: «Grande vittoria»
Muggia. «La scelta di delocalizzare i sistemi tecnologici radianti al di fuori del centro abitato di Chiampore concentrandoli in tre siti alternativi appositamente dedicati appare correttamente ispirata al principio di precauzione e contempera in modo ragionevole le esigenze di adeguata diffusione del segnale con quelle di ordinata collocazione sul territorio». Questa frase, contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato di Roma sull'ultimo ricorso proposto da Elemedia contro il Comune di Muggia per l'annosa vicenda del traliccio Finmedia installato per l'appunto a Chiampore, secondo l'assessore della giunta Marzi con delega all'Ambiente Laura Litteri «rappresenta il simbolo di una grande vittoria». «Il Consiglio di Stato - spiega l'assessore - ci ha dato pienamente ragione a chiusura di un percorso iniziato ormai otto anni fa, quando il Comune, nel 2013, si dotò di un piano di delocalizzazione delle antenne per le telecomunicazioni, individuando tre zone alternative a Chiampore». Una battaglia che «sembrava impossibile», evidenzia Litteri: «Una sorta di Davide contro Golia. E invece alla fine è stato sancito il pieno diritto di un ente municipale di avvalersi del potere di adottare un regolamento per l'insediamento urbanistico delle infrastrutture di telecomunicazione al fine di ridurre il numero dei tralicci presenti in un'area abitata, in questo caso Chiampore, e di conseguenza l'inquinamento da emissioni radioelettriche nell'ambito, peraltro, di un territorio caratterizzato dalla più alta densità di insediamento di tralicci per telecomunicazioni a livello regionale». Il traliccio eretto da Finmedia andrà dunque abbattuto e lo spostamento degli impianti delle emittenti ospitati sullo stesso traliccio potrà avvenire soltanto nei tre siti alternativi individuati dal Piano regolatore comunale vigente. È stata così riconosciuta, spiegano ancora dal Municipio di Muggia, la piena legittimità della distinzione operata dal regolamento comunale tra antenne per telefonia e la "discriminazione" fra impianti tv che possono rimanere nell'area di Chiampore per questioni tecnologiche legate alla ricezione del segnale e impianti radiofonici che vanno invece spostati nei tre siti individuati. L'ultima sentenza del Consiglio di Stato, per inciso, segue quella pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale lo scorso 22 aprile e quella del 3 febbraio emessa sempre dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Finmedia. Entrambe rigettate.

Luigi Putignano

 

Cestino mangia-rifiuti al Diporto Nautico - l'inaugurazione mercoledì nella baia di Sistiana
DUINO AURISINA. Sarà inaugurato mercoledì, alle 12, con una breve cerimonia nella baia di Sistiana, il nuovo dispositivo per la rimozione dei rifiuti solidi flottanti in mare, in particolare quelli in plastica, denominato "Seabin" e attivato dall'associazione sportiva Diporto Nautico nella propria sede in riva. L'apparecchiatura è stata donata dalla Insivela, promotrice della tradizionale regata Cral Insiel, e dalla Wärtsilä.Il Seabin - letteralmente cestino del mare - elimina efficacemente anche parte dei residui oleosi in superficie, grazie a un sistema di filtraggio costante dell'acqua marina. Particolarmente adatto a ripulire aree come porti e specchi acquei protetti, il Seabin andrà ad affiancare altri dispositivi simili già attivi sulle coste locali.

u. sa.

 

Pronto il nuovo sistema di gestione delle acque alla "Dama Bianca"la chiusura dei lavori a Duino
DUINO AURISINA. Si sono conclusi, a Duino, i lavori di riqualificazione impiantistica della stazione "Dama Bianca". In particolare, è stato portato a termine il potenziamento del sistema di sollevamento nei pressi dell'ex depuratore. Lo comunica l'AcegasApsAmga, precisando che «l'intervento permetterà di eliminare le fuoriuscite delle acque piovane dai tombini causate da fenomeni di pioggia più intensi"».I lavori sono consistiti nel completo rifacimento delle parti interne dell'impianto di sollevamento, con la costruzione di un nuovo e più capiente scarico di emergenza, in grado di ricevere la portata d'acqua in eccedenza. «Il nuovo impianto - conferma la multiutility - sarà in grado di garantire il regolare deflusso delle acque anche in condizioni meteorologiche avverse, evitando situazioni di ruscellamento lungo le strade». L'AcegasApsAmga annuncia inoltre che «si sta avviando alla conclusione la seconda fase dei lavori per la deodorizzazione di due impianti, attraverso un nuovo sistema di aerazione: il primo si trova nell'aiuola spartitraffico posta all'incrocio Sr14 con la discesa verso Villaggio del Pescatore, il secondo, vicino alla chiesa parrocchiale di San Marco». I lavori, che si concluderanno a fine maggio prevedono inoltre l'installazione di due impianti di deodorizzazione, uno a biofiltro presso l'impianto "Dama Bianca", nella zona dell'ex depuratore di Duino, l'altro a carboni attivi, vicino all'impianto "Rilke". «Con AcegasApsAmga c'è un ottimo rapporto - ha commentato Daniela Pallotta, sindaco Daniela Pallotta - che si traduce in interventi risolutivi per le esigenze del nostro territorio».

Ugo Salvini

 

 

Gnl a Veglia - Primo trasbordo su una nave - il terminal
L'azienda che gestisce il nuovo rigassificatore galleggiante di Castelmuschio sull'isola di Veglia, la Lng Hrvatska, ha comunicato l'attuazione del re-loading, il trasbordo di gas naturale liquefatto dal rigassificatore offshore a una nave di minori dimensioni del "gigante" altoadriatico. Una novità assoluta anche per il Mediterraneo - ha asserito in una nota Lng Hrvatska - che fa della Croazia l'apripista per questo genere di servizi. «Finora a Castelmuschio il metano veniva riportato allo stato gassoso e quindi immesso nella rete distributiva nazionale. Stavolta il gas allo stato liquido è stato caricato sulla nave Avvenir Accolade, con capacità di 7 mila metri cubi, partita poi verso un terminal in Sardegna. La Croazia ha ottenuto la possibilità di commercializzare il Gnl anche via mare». È un modello che spiana la strada alla possibilità di accogliere e riempire le metaniere con carburante ecologicamente sostenibile, che riduce di molto i contraccolpi negativi delle navi sull'ambiente.

a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2021

 

 

Parco di Villa Necker: la raccolta firme continua - Il comitato non molla: «Accelerare i tempi»
Continua la raccolta firme per la riapertura al pubblico del giardino di Villa Necker, tra viale Terza Armata, salita al Promontorio e via Belpoggio. Dopo aver lanciato una petizione online, che ha raggiunto oltre 1100 firme in tre mesi, il comitato di cittadini "Ritorno al parco" ieri è sceso in piazza Venezia per permettere anche a chi non ne aveva ancora avuto la possibilità di sostenere la causa. Sono state raccolte 162 firme in due ore. E il prossimo sabato i volontari torneranno nello stesso luogo per attirare ancora consensi. Un'azione, questa, che continua a essere promossa nonostante il ministero della Difesa e l'Agenzia del Demanio abbiano dato parere positivo nei giorni scorsi per il passaggio del bene al Comune. «Siamo felici di questa notizia - spiegano dal comitato - tuttavia sappiamo che la burocrazia potrebbe posticipare il passaggio a chissà quando. Ecco perché continuiamo questa campagna anche per sensibilizzare la cittadinanza sull'importanza di avere uno spazio del genere soprattutto in questo periodo di pandemia». Fin da subito il comitato si è proposto di sostenere e partecipare con il Comune nella futura programmazione e gestione dello spazio verde, anche perché «grazie al volontariato si abbatte il costo che dovrà affrontare l'amministrazione». Ieri sono state diverse le persone che hanno ricordato il periodo in cui il parco era aperto al pubblico. Una signora ad esempio ha raccontato che lo frequentava dal 1949, quando c'era l'oratorio villaggio Sereno. Entro il 15 giugno verrà inoltre presentato un documentario sul parco prodotto dall'Associazione giovanile #MaiDireMai - #NikoliReciNikol.

Benedetta Moro

 

 

Noghere, la giunta aspetta le "royalties" - E gli ambientalisti si mobilitano
La discussione in corso sul destino dell'area e di Muggia con il piano Danieli-Metinvest
Muggia. «L'area delle Noghere costituisce una grande valenza strategica per tutto il territorio, un potenziale che non può che trovare espressione se non in un'azione di sviluppo economico ad ampio respiro». Lo ha detto la sindaca di Muggia, Laura Marzi, intervenendo sulla questione del possibile insediamento siderurgico alla Noghere. Per la prima cittadina rivierasca «non si può di certo negare che il progetto presentato da Danieli e Metinvest rappresenti un'importante opportunità industriale. Ciò non toglie che andrà valutata attentamente e ne saranno verificate le diverse ricadute». Le fa eco il vicesindaco Francesco Bussani: «La costituzione del gruppo di lavoro consentirà supervisione e confronto anche per il Comune. Un capitolo rilevante nella valutazione complessiva sarà quello delle compensazioni: vi porremo grande attenzione». Contrari Verdi, Sostenibilità Equità e Solidarietà e Impronta Muggia, che hanno annunciato una lista elettorale per fermare l'impianto: «Come Verdi - dice Tiziana Cimolino - parteciperemo alle comunali di Muggia raccogliendo l'appello di quanti si sono immediatamente preoccupati e attivati per l'impatto ambientale». «Quanto proposto per la Zona Industriale di Muggia - commenta il presidente SequS, Maurizio Pallante - è la conferma che questa classe dirigente sta tradendo ogni impegno preso nei confronti delle nuove generazioni». «Nel protocollo d'intesa sottoscritto da Regione e Comune - aggiunge Jacopo Rothenaisler di Impronta Muggia - non solo non si fa alcun cenno all'ambiente, ma c'è persino un capitolo intitolato "obblighi di riservatezza", in cui i firmatari si impegnano a mantenere segreta la documentazione e gli altri contenuti derivanti dal protocollo. È una cosa di una gravità inaudita». Infine, ieri al Circolo Miani si è discusso, spiega Maurizio Fogar di Trieste Verde, «dell'uso spropositato di territorio, per manodopera impiegata nel nuovo stabilimento. La domanda che ci poniamo è, oltre ai 55 decibel previsti, non un buon risultato, possono Trieste e Muggia permettersi questo spreco di territorio per simili risultati operativi?». Prossimo appuntamento del Circolo Miani l'assemblea pubblica in via Flavia di Stramare, domenica prossima, con ritrovo alle 10.30 all'uscita della galleria di Aquilinia.

Luigi Putignano

 

 

SEGNALAZIONI - Lavori e potature - Tutelare le nidificazioni

Caro direttore, il taglio degli alberi e la ristrutturazione degli edifici autorizza l'uccisione degli animali? No, le norme europee, nazionali e regionali lo escludono. Tra marzo e agosto, durante le nidificazioni, andrebbero evitati i lavori a rischio per l'avifauna: se proprio devono essere fatti bisogna permettere agli eventuali nidiacei presenti di prendere il volo prima di distruggere i nidi. In tal caso, sulle case potrebbero anche essere installati nidi artificiali per rondini, balestrucci e rondoni, animali abitudinari che l'anno successivo potrebbero riutilizzare lo stesso sito per riprodursi e mangiarsi un bel po' d'insetti. Per evitare uccisioni inutili e incorrere in violazioni penali è bene consultare preventivamente le stazioni del Corpo forestale regionale: hanno le conoscenze naturalistiche adeguate ma anche le competenze per sanzionare i trasgressori. Ovviamente le attività umane che usano il capitale naturale non possono essere bloccate ma devono diventare sostenibili ed evitare la libera distruzione indiscriminata delle forme viventi che garantiscono anche la sopravvivenza e il benessere umani. I cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni devono investire risorse (anche le europee) per migliorare le conoscenze sui danni che stiamo facendo alla natura e individuare le soluzioni per ridurli. Riteniamo che Regione e Comuni debbano subito assumere ulteriore personale con competenze naturalistiche per supportare imprese e cittadini in questo cambio di approccio. La Lipu Fvg è a disposizione per dare il suo contributo alla costruzione di un futuro che garantisca un migliore benessere umano in una natura più protetta.

Ilario Zuppani - coord. reg. Lipu Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2021

 

 

Edilizia agevolata  parte la corsa agli incentivi: +43% di domande
Contributi per acquisto, nuovi cantieri o recuperi: il balzo dopo l'estensione della platea. Ma le risorse non bastano
Trieste. Più l'allargamento della platea che una reazione psicologica da pandemia, osserva Graziano Pizzimenti. Da metà 2019 le regole per l'accesso agli incentivi dell'edilizia agevolata del Friuli Venezia Giulia (nulla a che vedere con le garanzie sui mutui contenute nel decreto Sostegni bis appena varato da Palazzo Chigi) comprendono le voci "solo acquisto" e "di nuova costruzione", che si aggiungono alle già previste "acquisto con contestuale recupero" e "recupero" della prima casa. E dunque per questo, commenta l'assessore al Territorio, «i numeri si sono fisiologicamente alzati». La differenza, a leggere le tabelle rese disponibili dalla Direzione centrale, è netta. Nel 2020, rispetto al 2019, l'incremento della richiesta è stato pari al 43%. Si è passati da 3.074 domande a 4.394, con un conseguente aumento del fabbisogno da 46,5 milioni a 67,6 milioni. Nei primi quattro mesi del 2021 siamo già a 1.482 domande per 22,5 milioni di fabbisogno. La prima impennata si è registrata quando sono entrate in vigore le novità regolamentari. Rispetto al centinaio di domande mensili inoltrate agli sportelli bancari, si è saliti a 424 già a luglio 2019, con picco a dicembre con 601. Nel 2020, dopo il calo di marzo (231) e aprile (170), i mesi del lockdown, si è andati oltre quota 400 a ottobre e novembre e a 685 a dicembre. La domanda dunque è alta. Quello che non c'è invece in abbondanza sono le risorse, ammette Pizzimenti, nella consapevolezza di non poter far fronte a un fabbisogno del 2020 di 67 milioni con lo stanziamento di quasi 35 milioni destinato sempre nel 2020 al settore, e sulla base degli stanziamenti complessivi di quasi 82 milioni della Legge regionale di bilancio 2021-2023 destinati agli investimenti per tutto il settore delle politiche abitative. L'assessore ha aggiornato ulteriormente i numeri in risposta a un'interrogazione della consigliera 5 Stelle Ilaria Dal Zovo: sommando tutte le domande non ancora ammesse a finanziamento e non esaminate, si sale a 7.093, per un fabbisogno di 100 milioni. Numeri che secondo Dal Zovo «confermano che non si riuscirà mai a dare risposta a tutti coloro che hanno fatto o faranno domanda. La soddisfazione di Pizzimenti sull'interesse dei cittadini per la misura cozza con l'esorbitante numero di famiglie che rimarranno senza il contributo o che dovranno attendere chissà quanti anni».Ma l'assessore non ha dubbi sulla strategia. «La fotografia conferma che l'allargamento della platea è stata iniziativa corretta - sottolinea -. L'interesse del cittadino è indiscutibile, così come è soddisfatto il mondo dell'economia che si muove attorno al bene casa. È dunque importante che la Regione non si tiri indietro e venga incontro a queste necessità. Dopo di che, certo, c'è un problema di risorse. L'impegno è a trovarne quante più possibili nelle prossime leggi di bilancio».Al cittadino, concretamente, vengono erogati contributi in conto capitale, trasferiti in un'unica soluzione successivamente alla conclusione delle iniziative finanziabili. L'entità varia dagli 8 mila euro per manutenzione straordinaria e interventi integrati ai 13 mila euro per l'acquisto, la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica, la ristrutturazione edilizia, il restauro e risanamento conservativo, fino a 15 mila euro l'acquisto con contestuale recupero. Le tre cifre salgono a 10.500, 15.500 e 17.500 nel caso in cui le iniziative siano realizzate in comuni interamente montani. Non manca il bonus di 2.500 euro riconosciuto a favore di determinati soggetti: dagli over 65 agli under 35, dai singoli con minori alle persone disabili, dai nuclei familiari monoreddito alle famiglie con almeno tre figli conviventi o con anziani over 65 o con disabili. E pure ai destinatari di sfratto o ordine di rilascio dell'abitazione familiare in sede di separazione o divorzio o scioglimento dell'unione civile. Gli incentivi di edilizia agevolata sono previsti dalla legge regionale 1 del 2016, varata nella precedente legislatura e sono disciplinati da un Regolamento che definisce i paletti per la distribuzione dei fondi. I beneficiari devono essere residenti in regione per almeno cinque anni degli ultimi otto (in forma anche non continuativa); nel caso di domanda presentata in forma associata da due persone, il requisito è richiesto a uno solo dei richiedenti. Necessario inoltre non essere proprietari di altri alloggi, non avere beneficato nei dieci anni precedenti di agevolazioni per la prima casa in proprietà e non superare i 30 mila euro di Isee, con riferimento al nucleo familiare esistente alla data di presentazione della domanda.

Marco Ballico

 

E per gli interventi sugli ascensori coperta fino alla metà della spesa - le altre voci
Si tratta di una misura sempre molto richiesta dal cittadino, tanto più in una popolazione con una quota rilevante di terza età come quella del Friuli Venezia Giulia. L'ultimo bando per la concessione di incentivi a sostegno degli interventi di nuova installazione o adeguamento di ascensori, con disponibilità complessiva di 1 milione di euro per il biennio 2021-22, ha raccolto da fine gennaio a fine febbraio, alla scadenza, 286 domande. L'iniziativa, ricorda l'assessore al Territorio Graziano Pizzimenti, «è stata concepita per dare maggior attenzione e relativi punteggi a soggetti come persone anziane o con disabilità così da garantire loro la possibilità di vivere una vita senza barriere almeno all'interno del proprio condominio».Le domande sono in fase di istruttoria. L'intensità del contributo e l'importo massimo della spesa ammissibile sono variabili a seconda del numero di livelli fuori terra e del tipo di iniziativa (installazione o adeguamento) con un contributo massimo del 50% su una spesa massima ammissibile pari a 100.000 euro per la nuova installazione e con un contributo massimo del 40% su una spesa massima ammissibile di 80.000 per l'adeguamento. I contributi verranno assegnati in base ai punteggi attribuiti, con graduatoria valida per due anni, fino a esaurimento dei fondi. Il bando di inizio 2021 è conseguenza dell'approvazione da parte della giunta, a fine 2020, del Regolamento, come da articolo 23 della Legge regionale 1/2016. In linea generale, si prevedono finanziamenti da un minimo di 20 mila euro a un massimo di 50 mila euro coprendo fino al 50% dei costi complessivi dell'opera. Ammessi a contributo, oltre alla spesa per la cabina e le apparecchiature, anche i costi sostenuti per le opere necessarie all'adeguamento dei vani scale. Come pure le spese per l'eventuale e contestuale installazione di servoscala o piattaforme elevatrici necessarie al raggiungimento e all'utilizzo dell'ascensore - strutture suggerite dal Centro regionale di informazione sulle barriere architettoniche -, e quelle relative a competenze professionali per un importo non superiore ai 4.000 euro. Nel luglio scorso è invece scaduto il bando i fondi a sostegno delle spese relative alla fornitura e alla posa in opera per la sostituzione di serramenti, anche comprensivi di infissi. Si trattava di contributi a fondo perduto nella misura del 30% della spesa sostenuta e ritenuta ammissibile, e comunque il contributo concesso non poteva superare i 10.000 euro per ciascuna domanda. Gli uffici della Regione informano che sono in corso le attività amministrative finalizzate alle erogazioni per le domande già ammesse a finanziamento negli anni passati.

m.b.

 

Bonus nazionali e locali «Così il settore in agonia ha ricevuto la spinta per poter ripartire»
Dai cantieri all'artigianato, la valutazione degli esperti In forte ripresa negli ultimi due anni il mercato immobiliare
Trieste. L'edilizia, così come il mercato immobiliare, da anni non registravano simili risultati e il miracolo del mattone è dovuto prevalentemente alla politica dei contributi e dei bonus, anche regionali. Basti pensare che «il nostro ufficio studi nazionale - indica Stefano Nursi, presidente della sezione triestina della Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) - proprio di recente ha pubblicato il risultato di un'analisi relativa a giovani e abitazione, evidenziando come la richiesta di acquistare casa da parte degli under 30 negli ultimi due anni sia aumentata del 20%: un dato che rispecchia il trend del Friuli Venezia Giulia». Alla base di questa crescita, secondo Nursi, «c'è una ritrovata attenzione nei confronti delle politiche giovanili, in particolare nell'aiuto all'accesso al credito attraverso garanzie statali e regionali e incentivi di vario genere». Da ultimo fra l'altro ci sono le agevolazioni per gli under 36 previste nell'appena varato decreto Sostegni bis. A preoccupare però è il trend demografico in costante calo, additato anche dagli agenti immobiliari. «Le politiche a favore dei giovani, anche con i contributi regionali, cercano di far fronte proprio a questo aspetto - aggiunge il presidente Fiaip - con meccanismi di contribuzione a fondo perduto che sono ben visti dagli operatori immobiliari proprio per recuperare quella fetta di mercato che fino a 15-20 anni fa costituiva un segmento importante del business della agenzie, e che per tutta una serie di fattori che ben conosciamo sono via via andati scomparendo».La tipologia di immobile verso la quale si orientano prevalentemente i giovani del Friuli Venezia Giulia conta dai 50 agli 85 metri quadrati. Per Enrico Manià, titolare dell'agenzia immobiliare Gabbiano di Monfalcone, «c'è sì un certo fermento e un crescente desiderio da parte dei giovani di tagliare il cordone ombelicale con la famiglia, acquistando anche casa, ma questi contributi regionali a loro favore andrebbero più pubblicizzati, magari attraverso canali di comunicazione più vicini agli under 30». A dare una boccata di ossigeno alle aziende regionali sono intanto anche i contributi per l'installazione di ascensori e impianti fotovoltaici. «Il bonus ascensori regionale è una buona iniziativa - sostiene Enrico Eva, direttore di Confartigianato Trieste - che va a sommarsi a tutti i benefici sulla casa che ci sono: spese importanti da sostenere, per un condominio, che in altri casi senza la spinta di questo sostegno della Regione verrebbero nella maggior parte dei casi rimandate». Eva spiega che Trieste «vanta imprese ascensoristiche storiche, considerate top nel settore e che vengono chiamate a fare interventi anche fuori regione. Il mio appello - conclude - è rivolto anche agli amministratori di stabili, perché colgano tutte le opportunità in tal senso e facciano leva sui condomìni per far comprendere quanto certi interventi possano incidere poi sul valore di un immobile».«L'edilizia che agonizzava ora grazie ai bonus ha avuto uno stimolo straordinario, - valuta Giancarlo Carena, presidente di Cna - siamo nel paradosso di non avere braccia per tutti gli interventi». L'esponente Cna guarda a tutti i bonus e contributi sulla casa: «Anche quelli regionali sono contributi intelligenti, - dice - incentivi che mettono in moto il lavoro e l'efficientamento di edifici il più delle volte obsoleti». Per Carena i contributi regionali «sono sufficientemente sfruttati e c'è un'adeguata informazione per accedervi: siamo sulla strada giusta per rianimare il comparto e l'indotto».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2021

 

 

AMBIENTE - Al Lido di Staranzano divieto di balneazione a causa delle piogge

STARANZANO. Dopo il bando deserto per la gestione, il Lido di Staranzano incassa un'altra delusione. L'Arpa regionale ha dichiarato "non balneabile" il tratto di mare davanti al Lido, per lo sforamento di alcuni valori dovuti molto probabilmente all'acqua dell'Isonzo per le abbondanti piogge dei giorni scorsi. Quanto al bando l'assessore all'Urbanistica Manuela Tomadin precisa: «Avevamo in lista cinque possibili operatori poi all'ultimo momento hanno deciso di prendere una pausa di riflessione avendo dubbi di rientrare nelle spese a causa della pandemia. In queste condizioni non possiamo avviare la stagione estiva. A questo punto proporremo un nuovo bando a settembre in modo tale da partire con più sicurezza all'estate del 2022». Le aree attualmente interessate al bando ricadono in due lotti compresi tra i 5 metri della battigia e il limite demaniale interno per garantire una zona di arenile libero al transito di utenti dello stabilimento. Nelle concessioni è previsto anche di poter richiedere un tratto di spiaggia attrezzato per i cani e l'accesso a soggetti diversamente abili.Le tempistiche massime della durata della concessione pari a sei anni, erano state adeguate alla normativa vigente sulle concessioni demaniali. Quanto alla balneabilità nessuna restrizione per Marina Nova e Marina Julia.

Ciro Vitiello /

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2021

 

 

Piano Metinvest-Danieli - Presentato alla Regione il nuovo polo dell'acciaio
In 12 pagine la cordata dei privati illustra nel dettaglio il progetto alle Noghere - Potenziale da 4 milioni di tonnellate all'anno e un fatturato da 2,5 miliardi
 Trieste. Un comprensorio industriale da 48 ettari dotato di una propria banchina galleggiante, investimenti per quasi 700 milioni di euro, 4 milioni di tonnellate di acciaio lavorate ogni anno, 450 assunzioni dirette e almeno 500 posti di lavoro generati dall'indotto. Sono questi i numeri del piano che i gruppi Metinvest e Danieli hanno presentato alla Regione. Cifre e descrizione del nuovo impianto siderurgico ipotizzato alle Noghere sono contenuti in un dossier di dodici pagine. Ne emergono gli aspetti principali del progetto con cui la cordata italo-ucraina conta di avviare a Trieste un ciclo produttivo basato sulla laminazione a caldo di bramme d'acciaio provenienti via mare dall'Ucraina. Il prodotto finito sarà esportato «nel mercato europeo con il supporto di un partner tecnologico locale». Per entrare nel vivo, dopo l'appoggio formale delle istituzioni locali, serve ora il via libera del cda di Metinvest, ma «lo studio di fattibilità è già stato valutato a fondo» e i privati si dicono pronti a «iniziare al più presto le fasi operative». A invogliarli sono la «logistica snella» assicurata dall'area sita nel comune di Muggia e la presenza delle ferrovie, giudicata un plus rispetto alle alternative di Ravenna e della Croazia. La fabbrica avrà una capacità iniziale di 2,5 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, necessarie a produrre altrettanti milioni di coils laminati a caldo, di cui 700 mila decapati e oliati dopo ulteriori lavorazioni. «Una seconda fase prevede l'aumento della produzione a 4 milioni di tonnellate» e processi di laminazione a freddo, zincatura e verniciatura condotti nel laminatoio di Servola del gruppo Arvedi, dove i coils potrebbero essere trasferiti su chiatte. I macchinari saranno forniti da Danieli, che progetterà e realizzerà l'impianto, oltre a partecipare alla società in quota di minoranza. Le ricadute occupazionali si tradurrebbero in «circa 450 nuovi posti di lavoro rivolti a medio-alta professionalità e 500-600 indiretti da attività di terzi». Nulla dice il testo sul fatturato, che i proponenti hanno comunque quantificato in 2,5 miliardi di euro nel corso dei tavoli tecnici di queste settimane. Il documento parla di impiego di «una tecnologia innovativa ma consolidata, in grado di garantire costi di produzione competitivi e prodotti di alta qualità», con «sistemi di gestione e controllo supportati da industria 4.0 e robotica, basso consumo energetico e basso impatto ambientale, grazie a sistemi innovativi capaci di mantenere le emissioni sotto i livelli di soglia». Si assicura anche un impatto paesaggistico ridotto, attraverso «capannoni e uffici in armonia con le aree circostanti». Consci di dover affrontare un non semplice confronto con i ministeri dello Sviluppo economico, della Transizione ecologica e dei Trasporti, Metinvest e Danieli hanno cercato anzitutto l'appoggio delle istituzioni locali, chiedendo a Regione, Coselag e Autorità portuale di sottoscrivere il protocollo d'intesa annunciato nei giorni scorsi, in cui le parti si impegnano a valutare le opere preparatorie e l'iter che dovrà condurre alla firma di un Accordo di programma. Metinvest mette sul piatto la riconversione di un'area inutilizzata e inquinata, oltre al peso specifico di 10,4 miliardi di dollari di fatturato globale. Il progetto presuppone l'acquisto di terreni oggi posseduti da Coop, Teseco e Coselag nella Valle delle Noghere, oltre alla concessione demaniale delle linee costiere. Sul terreno seguiranno le opere di messa in sicurezza ambientale e infrastrutturazione, a cominciare dal collegamento ferroviario col terminal portuale degli ungheresi di Adria Port. Ma sarà anche necessario costruire un sovrappasso che attraversi la strada provinciale 14 Trieste-Muggia, mettendo in collegamento l'impianto con «una nuova banchina galleggiante, essenziale per una logistica ottimizzata con l'area marittima». Il molo dedicato servirebbe ad accogliere i blocchi d'acciaio, poi caricati sul treno e trasportati nell'area di stoccaggio che circonda lo stabilimento. I prodotti finiti ripartiranno su ferro, ma il 30% sarà esportato via mare. Il ciclo produttivo prevede che le bramme siano riscaldate a 1.250 gradi in forni da 340 tonnellate all'ora, alimentati a metano o idrogeno: parte della Co2 prodotta sarà riutilizzata per ridurre le emissioni in atmosfera. I forni possono funzionare a idrogeno: l'ipotesi è di arrivare gradualmente alla «completa decarbonizzazione del processo produttivo». L'acciaio verrà successivamente lavorato a caldo: ne deriverebbero laminati spessi fino a 2 centimetri che verranno avvolti in coils, dopo essere stati raffreddati con acqua «non scaricata all'esterno»: 420 metri cubi per ogni ora di lavorazione, costituiti anche da acque reflue civili. Contaminanti come olii, grassi e acidi saranno separati e «conferiti presso appositi centri di raccolta». Sul piano dell'impatto acustico, il documento assicura emissioni entro i 55 decibel all'esterno della fabbrica.

Diego D'Amelio

 

 

L'allarme della Lipu: «In troppi disturbano il falco pellegrino» - la nidificazione sulle falesie
DUINO AURISINA «Richiamiamo tutti al rispetto delle regole, altrimenti la nidificazione del Falco pellegrino, nell'habitat naturale delle Falesie, sarà a rischio». È questo l'allarme lanciato dalla sezione di Trieste della Lega nazionale protezione uccelli (Lipu). «Siamo preoccupati dalle reiterate violazioni del Regolamento della Riserva - scrive il responsabile locale della Lipu, Igor Maiorano - che si verificano soprattutto nei fine settimana». Il regolamento prevede che le attività ricreative, sportive, escursionistiche e turistiche sono ammesse unicamente lungo i sentieri individuati dal Piano di Conservazione e Sviluppo. «Ciononostante - aggiunge Maiorano - è frequente osservare persone che escono dai sentieri, sporgendosi sul ciglione, mettendo a rischio la propria sicurezza e la tranquillità della fauna e allarmando la coppia di Falco pellegrino, il cui nido è posto pochi metri più in basso. Numerose anche le violazioni compiute da canoisti e da diportisti che entrano nella cosiddetta "fascia A" fino a ridosso della scogliera». In questi giorni per la prima volta, conclude Maiorano, è stata inoltre rilevata la nidificazione della Volpoca, specie da tutelare, il cui nido è situato sopra la linea di marea e quindi sensibile all'interferenza umana».

u. sa.

 

 

Pd «Dedicare a Bartol il parco di Guardiella»

I consiglieri del Pd Valentina Repini e Giovanni Barbo presentano nella seduta del Consiglio comunale di oggi una domanda di attualità sull'intitolazione del giardino di Guardiella alla scrittrice Marica Nadlisek Bartol, che visse e insegnò a San Giovanni e che nel 1897 fondò la prima rivista femminile slovena.

 

«Fondi ArtBonus per rivitalizzare villa Stavropulos» - Babuder di FI
Inserire il recupero e la riqualificazione di Villa Stavropulos tra i progetti d'intervento finanziabili mediante "Art Bonus Fvg". Questa la proposta avanzata dal consigliere Michele Babuder (Fi) in commissione congiunta ieri mattina: la quarta (presideduta proprio da Babuder) si è riunita con la quinta insieme agli assessori Lorenzo Giorgi e Giorgio Rossi, per parlare anche di un possibile utilizzo in chiave culturale della Villa.

 

Il Giardino Viatori si prepara a riaprire tra nuovi percorsi e realtà virtuale
La Fondazione Carigo ha rivisto i sentieri e piantato essenze - Riallestita la casa dell'ideatore per conservarne la memoria
A lungo non ha fatto parlare di sé: le norme anti Covid ne impedivano le visite e la Fondazione Carigo, sua proprietaria, ha profittato per una sua complessa opera di sistemazione. Ora, però, il Giardino Viatori si appresta ad accogliere nuovamente quanti vorranno restare incantati dal suo tripudio di colori. Anche se, al momento, non c'è una data precisa, la sua riapertura è imminente. Di sicuro, i suoi percorsi sono stati aggiornati, quelli che conducono tra rododendri e azalee, collezioni di lillà, ortensie, spiree, viburni, osmanti, peonie, rose rampicanti, pruni e meli da fiore, senza trascurare il centinaio di magnolie caducifolie, l'ultima grande passione di Lucio Viatori, che, dall'acquisto dell'area negli anni '70, passò una vita a creare, con una competenza eccezionale, un autentico incanto. Il lavoro di sistemazione da parte della Fondazione non è ancora finito: consiste in interventi sulle piante con l'ampliamento delle ricchezze botaniche del Giardino, come, appunto, nel rifacimento e nella contestuale messa in sicurezza dei suoi percorsi, che al momento potranno essere visitati solo parzialmente, per venire fruiti in tutta la loro rinnovata bellezza dal 2022.Per il momento, il pubblico potrà ammirare unicamente le parti del Giardino già terminate. Tra le novità che in futuro andranno ad implementare i lavori troverà spazio un ampio sistema di irrigazione: se in passato non sembrava necessario al mantenimento del patrimonio verde, ora i cambiamenti climatici lo impongono. Ancora, la casa di Lucio Viatori ha subito un riassetto e un riallestimento completi. Ora diviene sede del CariGo Green Point, ospitando «postazioni touch, contributi video e un angolo Vr con 4 postazioni in realtà virtuale, mentre anche all'esterno la visita del Giardino e delle piante principali è corredata da un'esperienza interattiva attraverso l'uso del qr de che fornisce informazioni e dettagli sulle singole piante».Quello che riguarda il Giardino Viatori è quindi il suggello del percorso triennale voluto dalla Fondazione: dopo gli interventi già svolti sul Carso (in particolare sul Monte San Michele) e sul Collio (Collio Xr) è questa la volta di Isonzo Xr, che ha curatela scientifica del progettista paesaggista e garden designer Matteo La Civita. «Quella che fu la casa del fondatore Luciano Viatori - afferma Roberta Demartin, presidente della Fondazione Carigo - diventa oggi un luogo dove la sua memoria si coniuga con le nuove tecnologie e coinvolge interattivamente i visitatori e i loro sensi: un luogo dal forte impatto multimediale, di incontro e sintesi degli interventi realizzati dalla Fondazione per valorizzare il territorio in chiave sostenibile, e al contempo uno spazio per approfondire la straordinaria ricchezza botanica e la storia del Giardino e del suo promotore. Abbiamo quindi voluto rendere il giusto riconoscimento all'iniziatore di questo patrimonio immenso: proprio su lui abbiamo voluto puntare una nuova attenzione. Certo, il lungo lavoro non è concluso, ma abbiamo ugualmente voluto renderlo fruibile, anche se in modo contingentato e solo per un periodo limitato, a chi desiderasse vedere in anteprima quello che sarà il giardino con la definitiva riapertura del 2022. La Fondazione ha investito ingenti risorse, umane ed economiche, e soprattutto tanto impegno e lavoro, affinché questo luogo possa continuare ad incantare e sorprendere».

Alex Pessotto

 

I colori e i sapori del Carso - Una nuova guida ne svela i segreti.

In edicola con il Piccolo il volume che propone nuovi itinerari tra storia, natura e cibo

«Trieste senza il Carso sarebbe una città mutilata». A parlare della sua terra è lo scrittore Boris Pahor nell' intervista in apertura della guida "Carso - Itinerari tra storia e natura" edita da Gedi e abbinata in edicola a "Il Piccolo" (10,90 euro più il presso del quotidiano).Il grande autore triestino di lingua slovena, testimone delle tragedie del secolo scorso, considera il Carso il suo luogo dell'anima. «Il Carso mi assomiglia molto. Le pietraie, la brulla terra, le doline e le grotte che sprofondano quasi fino all'inferno ne fanno una terra anarchica e anch'io mi considero in fondo un anarchico». Andare alla scoperta del Carso significa imbattersi in tante storie come quella di Pahor, che si intrecciano con la Storia, tra decine di itinerari in Italia - dai teatri della guerra alle grotte dell'altipiano, dai castelli ai musei - per poi "sconfinare" alla scoperta dei luoghi oltreconfine, in Slovenia - dai colli Brkini alla Val Rosandra. «C'è vita nel cuore della Terra - scrive il direttore delle "Guide" Giuseppe Cerasa nell'introduzione al volume -. La vita può avere il colore rosso fuoco della lava che l'Etna periodicamente erutta, offrendo emozioni infinite, spettacoli mozzafiato e pensieri che trascendono la quotidiana occupazione del vivere. La vita nel cuore della Terra a migliaia di chilometri di distanza dalla Sicilia può avere il colore grigio delle rocce, si può nascondere a centinaia di metri negli abissi del Carso, nelle duemila grotte spesso invisibili, tra gli infiniti eserciti di stalattiti, stalagmiti e colonne che costellano il sottosuolo di questo paradiso della natura che da sempre ha sognato di cancellare le separazioni geografiche con una irripetibile ragnatela di bellezze sotterranee, in un emozionante viaggio che parte dalle radici di Trieste, ci gira intorno e si allunga fino a Postumia». Accanto alle parole di Boris Pahor, in guida tanti altri personaggi illustri raccontano il loro Carso del cuore, condividendo l'amore per il territorio e svelandone gli angoli più autentici. Un vero e proprio viaggio tra i piaceri e i sapori locali che si completa con le sezioni dedicate ai produttori di vino e di prodotti tipici, con le passeggiate in bicicletta e le vacanze attive (tra trekking e golf, speleologia e adventure parke) e con centinaia di consigli sui migliori luoghi dove mangiare, comprare e dormire, per una vacanza indimenticabile in un territorio ricco di fascino, storia e autentiche tradizioni.La guida "Carso - Itinerari tra storia e natura" è in edicola in allegato con il Piccolo (10,90 euro + il prezzo del quotidiano), in libreria (13,90 euro) e online su Amazon e Ibs e su https://ilmioabbonamento.gedi.it/iniziative/guide.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2021

 

 

Il Giardino di Guardiella: un'occasione perduta?

Legambiente invita il Comune a valorizzare le proposte più ampie elaborate grazie alla Circoscrizione e basate sulla progettazione partecipata.
Siamo perplessi: lunedì l'Assessore Elisa Lodi ha presentato ai giornalisti il progetto di risanamento del "giardino di Guardiella", risalente alla Giunta Cosolini, cui l’Amministrazione ha dato avvio la scorsa settimana. In questi anni Legambiente aveva più volte evidenziato alcune criticità di quel
progetto, fino a elaborare una Progettazione partecipata sostenuta dalla Sesta Circoscrizione e in parte finanziata dallo stesso Comune.
Il risultato, che a breve sarà presentato pubblicamente, delinea tre ipotesi di possibile rivalutazione e rimessa in sicurezza del giardino, considerandolo però elemento centrale di un insieme “verde” ben più articolato. Sono giunte infatti dai diretti interessati, che "vivono" quella realtà, proposte ben più
interessanti e complessive, più efficaci, alcune più economiche, che andrebbero valutate con debita attenzione.
La Presidente della Circoscrizione ne aveva già anticipato una sintesi agli uffici comunali; evidentemente, quel che chiedono gli abitanti di San Giovanni e le proposte di chi, come Legambiente, difende con passione e responsabilità il verde cittadino, non sono considerati importanti da chi li dovrebbe rappresentare.
Speriamo almeno che questo intervento sia da ritenere quale inizio di una sistemazione armonica, che vede in quel giardino, coordinato col verde circostante (le aree di Rotonda e Circoscrizione), la naturale base di partenza per le visite al Parco del Farneto.
Sarà comunque nostra cura analizzare i dettagli del progetto per verificarne la coerenza con le normative di difesa e valorizzazione del verde urbano, elemento sempre più importante, se non vitale, del vivere cittadino.
per il Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste

dott. Andrea Wehrenfennig (presidente)

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2021

 

 

Mare inquinato lungo il canale di Rava - Macchie oleose minacciano l'Isola Lunga
Gli abitanti accusano le maricolture presenti nella zona. I responsabili negano ogni addebito: «Standard rispettati»
FIUME. Va sempre peggio. È dall'anno scorso che le acque del canale di Rava, tra l'omonima isola e l'Isola Lunga, nell'arcipelago di Zara, presentano periodicamente chiazze oleose, maleodoranti, di un colore impresentabile, tra il verde e il marrone, con la visibilità delle acque marine che non supera i 5 metri. Ma la situazione è precipitata negli ultimi giorni, con la superficie marina fortemente inquinata e che vede gli isolani scuotere la testa, convinti che attività come turismo e pesca subiranno (e subiscono) botte tremende, da cui sarà difficile, forse impossibile riprendersi. Secondo gli abitanti di Rava (superficie di 3,63 kmq e 117 abitanti, censimento 2011) il responsabile è uno solo: la zaratina Cromaris, azienda leader in Croazia nella produzione e lavorazione di pesci mediterranei, principalmente orate e branzini, ma anche dentici e ricciole. «La presenza delle gabbie dell'allevamento - è quanto riferito dai responsabili della comunità locale di Rava - è indubbiamente la fonte d'inquinamento delle acque, un tempo cristalline, del canale compreso tra Rava e l'Isola Lunga. Siamo riusciti a contare fino a 50 gabbie, qualcosa di esagerato, non sostenibile in una striscia di mare stretta, messa ora sotto pressione dall'attività di Cromaris, deleteria per fauna e flora marine in quest'area».Per gli isolani, il degrado ha colpito specialmente le insenature di Grbacina, Grbavac e Marnjica, dove in alcune zone sono completamente scomparsi i ricci di mare, segno inequivocabile dell'inquinamento. Nella misura del 70 per cento sono sparite le spugne, come anche diverse alghe autoctone, mentre è invece proliferata un'alga mai vista prima su questi fondali, la stessa presente nelle immediate vicinanze di Zara, dove il mare non è proprio sano al 100 per cento. A lamentarsi sono pure i pescatori di Rava, i quali parlano di reti "grasse", appesantite da una sostanza spessa e oleosa. Sostengono che l'unica nota positiva è la fuga, qua e là, dei pesci d'allevamento, orate in primo luogo, che diventano libere quando gli impianti vengono spezzati dalle sciroccate.«La scorsa estate - ha dichiarato ai media locali un isolano che ha voluto restare anonimo - la gente usciva dal mare con una strana e viscida patina addosso, qualcosa di appiccicoso che ti faceva passare la voglia di tornare in acqua. Temo che sarà così anche questa estate. Purtroppo i nostri appelli alla Cromaris non hanno colto nel segno».In effetti il gigante croato dell'acquacoltura ha negato ogni coinvolgimento, diretto e indiretto e lo ha fatto per bocca del suo direttore generale Goran Markulin, rivoltosi ai mezzi d'informazione: «È nell'interesse di Cromaris, la cui produzione rispetta rigorosamente gli standard internazionali, avere impianti immersi in un mare pulito. Il nostro lavoro non è inquinante e lo attestano certificati e analisi scientifiche. Non abbiamo alcuna responsabilità per la situazione lungo il canale di Rava».Interpellato dai giornalisti, Benito Pucar dell'Istituto zaratino per la Salute pubblica, ha sì confermato che è stato compiuto un monitoraggio su quanto avviene nel canale, aggiungendo che le conclusioni sono però coperte da segreto d'ufficio. Dal competente ispettorato all'Ambiente è stato fatto sapere che lo scorso marzo è stato effettuato un controllo, che non ha fatto emergere nulla di negativo.

Andrea Marsanich

 

 

Un impianto per ripulire acqua di sentina e di falda: Crismani investe 2 milioni
L'azienda ecoambientale lo realizzerà alla radice del Canale navigabile - Entrerà in funzione all'inizio del 2023 dopo 8-10 mesi di lavorazione
Interesserà acque di mare e di terra, dalle sentine delle navi alle falde idriche delle aree inserite nel Sito da bonificare. Il progetto è portato avanti da Sea Service, una delle aziende che compongono il gruppo Crismani: si tratta di un impianto di trattamento delle acque, che verrà realizzato in uno spicchio di 5.000 metri quadrati acquistato alla radice del Canale navigabile. Un'idea che l'impresa ha ereditato dal suo fondatore, Paolo Crismani, convinto assertore dell'investimento. Il funzionamento dell'impianto - spiega Alessandro Bullo, amministratore unico della società - è semplice: le acque da ripulire vengono portate nel sito ecologico con le bettoline, nel caso provengano dal mare, o con i camion qualora giungano dalla terraferma, per esempio dalle Noghere e dalle zone industriali da riconvertire. Le acque, una volta trattate, confluiranno in fognatura o in altri corpi recettivi, le particelle di olio saranno recuperate e solo una minima porzione di esse verrà destinata allo smaltimento. A tradurre in pratica questo spunto ha contribuito la collaborazione tra la Crismani e l'Università triestina, con Ingegneria delle materie prime. Dal punto di vista tecnico, Crismani pensa a un impianto pre-allestito con 2-3 scelte modulari. La previsione di spesa è di 2 milioni di euro. Necessiterà di 8-10 mesi per la costruzione, cui si aggiungerà un ulteriore lasso di tempo per ottenere l'omologa della Regione Fvg: Bullo ritiene che il "ripulitore idrico" possa entrare in funzione ai primi del 2023. Se per la piazza triestina sarà una novità sul fronte ecoambientale, per la Crismani - puntualizza Bullo - c'è già qualche esperienza nel curriculum: nel biennio 2011-12 nella regione tunisina del Borma si intervenne su un lago artificiale, effetto indesiderato dei residui causati dall'estrazione petrolifera. Bullo pensa che il futuro impianto possa avere una doppia valenza positiva: basso impatto ambientale, perché riduce i trasporti verso altre destinazioni, e beneficio per l'economia del territorio, sia in termini di servizio alle imprese che di prospettiva occupazionale. Alcuni anni fa a un progetto simile aveva guardato la Re-Oil del veneziano Giovanni Rocelli, che aveva acquistato l'ex area Italcementi all'imbocco del Canale: ma si rimase a uno stadio teorico.

Magr

 

 

Ciclabile sull'Ospo: ora il Comune rilancia il pressing - l'ultima lettera alla Regione - È datata 14 maggio
MUGGIA. Continua la corrispondenza per ora a senso unico, come rileva il Comune di Muggia, con l'assessorato regionale alle Infrastrutture guidato da Graziano Pizzimenti sul nodo dell'attraversamento ciclopedonale sull'Ospo. È del 14 maggio l'ultima missiva in ordine di tempo che il vicesindaco Francesco Bussani ha inviato al Servizio Lavori pubblici, Infrastrutture di trasporto e Comunicazione della Regione. Oggetto della lettera è il sistema integrato di piste ciclopedonali sul territorio rivierasco e, nello specifico, la richiesta di realizzazione di una passerella di attraversamento del percorso ciclopedonale presso la foce del Rio Ospo. Una lettera, quest'ultima, che ha diversi precedenti alle spalle. «Risale al 22 dicembre 2017 - ricorda Bussani - la prima richiesta su questo punto che abbiamo inoltrato alla Regione, senza, però, aver ricevuto alcun riscontro. Da lì non abbiamo mai smesso di insistere affinché questa scelta, in linea con le direttive che prevedono la realizzazione di un'unica "Rete delle ciclovie di interesse regionale" e che ha una valenza fondamentale non solo per la nostra città ma anche per tutto il territorio, non finisse nell'oblio».Intanto al di qua dell'Ospo si procede, pur tra tante criticità e critiche: «A breve - spiega Bussani - saranno realizzati i lavori, finanziati con contributo regionale, riguardanti il percorso ciclabile presso l'area di molo Balota. È una necessità che viene dimostrata non solo da una logica di continuità della rete ciclabile di interesse interregionale, ma anche dagli studi in corso in merito al biciplan comunale e alla zona 30 del centro cittadino, entrambi attualmente in fase di definizione». L'opera in questione sarà il primo tratto di un collegamento che condurrà la mobilità ciclabile verso il centro cittadino sia in direzione dei percorsi già realizzati e di prossima conclusione verso la parte del territorio ad Ovest confinante con la vicina Slovenia, sia nella direzione di Trieste e San Dorligo della Valle.

Luigi Putignano

 

 

Il destino delle Noghere divide la politica locale - i pareri opposti di Progetto FVG e Podemo
MUGGIA. Continua a calamitare l'attenzione della politica rivierasca la questione dell'insediamento industriale alle Noghere. Giorgio Cecco, coordinatore provinciale di Progetto Fvg, parte della coalizione del centrodestra alle prossime amministrative muggesane, valuta positivamente «l'attenzione della giunta Regionale e del nostro assessore Bini sul progetto di uno stabilimento siderurgico a basse emissioni» in quanto «può risultare un'ottima opportunità sia per l'occupazione che per la riqualificazione dell'area. Sicuramente 400 posti di lavoro in più sarebbero una boccata di ossigeno per il comparto economico, in primis per Muggia».Alla luce di quanto emerso finora, invece, Podemo, parte del "terzo polo", si dice contraria a «uno spreco inaccettabile di suolo prezioso». Per Podemo «il progetto di lavorazione dell'acciaio presentato per le Noghere prevede, se i dati a oggi pubblici saranno confermati, un utilizzo di 48 ettari a fronte di soli 400 posti di lavoro. Dei quali possiamo peraltro immaginare che la metà, cioè 200 posti circa, possano essere riservati ai locali». Una contropartita che «dovrebbe risultare irricevibile dall'intera politica locale che, al contrario, ancora una volta pare ergersi compatta verso la costruzione di un futuro mediocre e all'insegna dello spreco dei nostri spazi. Basti pensare, per capire quanto enormi siano i 48 ettari previsti, che l'intero Porto vecchio di Trieste è composto da 66 ettari».

LU.PU.

 

 

Enel-Enea - Alghe pregiate prodotte con l'energia solare
Enel Green Power ed Enea hanno firmato un accordo per la sperimentazione di una tecnologia innovativa che abbina la produzione di energia elettrica da fotovoltaico alla coltura di microalghe. Presso il Centro ricerche Enea di Portici (Napoli), verrà realizzato un impianto pilota. La sperimentazione prevede la coltivazione di microalghe (tra 100 e 200 euro al chilogrammo) con un sistema di coltura integrato con l'impianto fotovoltaico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2021

 

 

Recinzione, luci e giochi: parte la riqualificazione del giardino di Guardiella - L'INTERVENTO PRESENTATO DAL MUNICIPIO
Tempo di nuovo look per i giardini pubblici comunali. Dopo il rifacimento delle aree verdi di via Boccaccio e di Borgo San Sergio, ieri sono stati presentati i lavori che a breve interesseranno il giardino attiguo alla rotonda del Boschetto. L'intervento di riqualificazione riguarderà l'area dedicata ai più piccoli, che verrà attrezzata con giochi a carattere inclusivo, dedicati cioè anche ai portatori di handicap. Il perimetro della nuova area verde sarà recintato e illuminato, nuovi anche il prato, gli accessi e i dissuasori in legno su viale al Cacciatore, verranno inoltre adottati accorgimenti per ridurre l'erosione del terreno causata dalle acque provenienti dallo stesso viale. «La riqualificazione del giardino di Guardiella fa parte di un complessivo percorso di risistemazione di aree verdi e parchi cittadini dall'importo complessivo di 300 mila euro - ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi -. Oltre a Guardiella cerchiamo di intervenire anche in altre zone, a cominciare da vicolo dell'Edera dove è partito il progetto per il nuovo parco, fruibile e recintato, dedicato anche ai possessori di animali a quattro zampe». L'area verde di Guardiella è nota ai residenti per essere frequentata anche da balordi. «Ognuno di noi deve fare la propria parte - ha sottolineato l'assessore Lodi -, al Comune spetta riqualificarla e manutenerla, poi toccherà all'Asugi collaborare su questo fronte». Oltre a Guardiella, il Comune ha in programma la partenza di interventi di riqualificazione anche nel parco di Villa Revoltella, nel giardino di Villa Cosulich, nel "Falcone e Borsellino" di Altura e nell'area fitness di Borgo San Sergio. Un ulteriore intervento, infine, riguarderà il giardino "Marcello Mascherini" di piazza Carlo Alberto, dove verrà restaurato il pergolato e sarà ricostruita la recinzione del campo sportivo. -

Lorenzo Degrassi

 

 

«Capodistria-Divaccia: Di Maio affronta il tema» - la parlamentare dem Serracchiani
TRIESTE Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «che ringrazio per il pronto riscontro, ha confermato che il tema della protezione ambientale dell'Alto Adriatico resta centrale nel dialogo che portiamo avanti con Lubiana». Lo scrive in una nota la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani che nei giorni scorsi ha portato all'attenzione della Farnesina i rischi ambientali connessi al raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia in Slovenia, che interessa direttamente la zona della Val Rosandra, area naturale protetta parte della Rete Natura 2000. La parlamentare ha diffuso la risposta del ministro alla sua lettera: «La questione continuerà a essere oggetto di monitoraggio e sarà affrontata nuovamente nel contesto del dialogo bilaterale con Lubiana in occasione della prossima sessione del Comitato di coordinamento dei Ministri tra Italia e Slovenia che si terrà il 14 giugno». «Ho sollecitato Di Maio - così Serracchiani - anche alla luce del recente incontro trilaterale con gli omologhi Ministri degli Esteri di Slovenia e Croazia, chiedendo di aprire un dossier».

 

 

Primo appuntamento alla scoperta dell'Isola della Cona con l'avvicinamento al branco dei cavalli Camargue - Staranzano slow

È appena varato il progetto turistico "Staranzano Slow" e già questa settimana sono in programma diversi appuntamenti. La Pro loco mercoledì mattina (sarà fisso ogni mercoledì) con le "Camminate in compagnia" alla scoperta dei luoghi naturalistici più belli della Bisiacaria e ritrovo alle 8.30 davanti alla sede in via Dell'Infanzia. La Rogos, che ha in gestione la Riserva naturale regionale della Foce Isonzo, ha preparato per il fine settimana diverse attività per grandi e piccini dedicate alla scoperta e alla conoscenza del patrimonio naturalistico nelle aree in gestione. Alla Cona ci sarà sabato un doppio appuntamento con i cavalli Camargue, la mattina sarà dedicata ai bambini dai 4 ai 13 anni. Il ritrovo è alle 10.30 al centro visite e i bambini partecipanti trascorreranno 2 ore in compagnia del branco di cavalli affiancando il personale nelle operazioni di recupero dal pascolo e di cura di questi splendidi animali. La quota di partecipazione è di 20 euro a bambino, è obbligatoria la presenza di un accompagnatore per bambini dagli 8 anni in giù. Il numero di posti è limitato. L'appuntamento pomeridiano di avvicinamento al branco di cavalli Camargue è dedicato a tutti gli appassionati con o senza esperienza dai 14 anni in su. Il ritrovo è fissato alle ore 14 e prevede una durata di 2 ore e mezza in cui, spiegano gli organizzatori, i partecipanti avranno modo di lavorare da terra con il branco per comprenderne la comunicazione e interagire con i singoli individui per stabilire un rapporto di fiducia e rispetto reciproci, basato sul concetto di benessere ed armonia tra uomo e cavallo. E-mail: info@rogos. it (informazioni e prenotazioni), telefono: +39 333 4056800. Nella Riserva Naturale Valle Cavanata si festeggia invece la Giornata mondiale della biodiversità e al Giardino botanico Carsiana appuntamento domenica 23 maggio alle 15. 30 per parlare di erbari antichi e grandi studiosi del passato. Il numero di posti a tutti gli eventi è limitato, la partecipazione è gratuita grazie al contributo della Regione Friuli Venezia Giulia ma la prenotazione: obbligatoria all'indirizzo info@giardinobotanicocarsiana. it.

Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2021

 

 

I Cinque Stelle contro Cingolani - «È un ministro poco green»
Finisce nel mirino il tecnico sostenuto da Grillo. E Dibba apre il suo blog
ROMA. Il M5S ha più di un problema con Roberto Cingolani. Sì, il ministro della Transizione ecologica al quale Beppe Grillo, fondatore, padre spirituale e garante, ha dato la sua benedizione, definendolo un «grillino» pur di farlo digerire ai riottosi irriducibili parlamentari già costretti a sostenere Mario Draghi. Per lui è stato creato un super ministero, sul modello francese e secondo le indicazioni del comico genovese. Ma a soli tre mesi dall'insediamento dell'esecutivo è il ministro che più fa discutere il Movimento. Ai 5 Stelle non piace del tutto cosa c'è scritto nel capitolo green del Piano nazionale di rinascita e resilienza (Pnrr), non sono piaciute alcune dichiarazioni pubbliche di Cingolani e non sono andate giù le sue resistenze di fronte alle ripetute richieste di fissare un incontro. Sui rapporti assenti e sul mancato coordinamento con il ministro insistono tutte le diverse fonti di governo e parlamentari interpellate. Solo due giorni fa, spiegano, Cingolani ha accettato di incontrare i grillini delle commissioni Ambiente di Camera e Senato. Si vedranno a fine maggio. «Finalmente potremo confrontarci apertamente e dirgli cosa va e che cosa non va, a nostro avviso, nel Pnrr» spiega il deputato Giovanni Vianello, che in quest'occasione fa da portavoce dei malumori dei colleghi. La rivoluzione verde nel Recovery plan vale circa 69 miliardi, dei quali nove provenienti dal fondo complementare. Di questi però ben pochi, secondo il M5S, sono stati destinati alle bonifiche, alle energie rinnovabili, al dissesto idrogeologico, alla tutela dei parchi e dei mari. Nei prossimi anni si definirà l'Italia del futuro, parte di un'Europa che ha fissato al 2050 l'obiettivo emissioni zero e al 2070 la decarbonizzazione totale. «Faccio un esempio per capire i limiti degli investimenti previsti - aggiunge Vianello -. Abbiamo permesso incentivi fino a 10mila euro per le auto elettriche, ma scarseggiano le colonnine. Se non prevediamo una diffusione capillare, sulle strade e sulle autostrade, come convinciamo gli italiani a puntare sull'elettrico?». Tra i punti che rendono più scettici i grillini ci sono anche l'idrogeno, le trivelle, gli inceneritori e l'eccessiva presenza, nel piano, di biogas. Sull'idrogeno pretendono chiarezza: «Per noi l'idrogeno deve essere verde, quello blu andava bene nella fase transitoria, dieci anni fa. Per esempio, anche se non è scritto nel Pnrr noi contestiamo il progetto dell'Eni che al largo di Ravenna vuole creare una piattaforma di cattura e stoccaggio di Co2». Pure sulle trivelle chiederanno a Cingolani una spiegazione. L'11 aprile, dopo aver firmato la Valutazione di impatto ambientale (Via) che ha dato l'ok a undici nuovi pozzi per gli idrocarburi, di cui uno esplorativo, sono insorte le associazioni ambientaliste, Legambiente, Greenpeace, Wwf, il Forum dell'Acqua, con sommo imbarazzo del M5S. Cingolani non poteva non firmare, ha giustificato anche qualche eletto grillino, si trattava di atti amministrativi nati anni fa. Ma non è bastato. Su di lui ora pende l'etichetta di ministro della «Finzione ecologica». E i grillini temono che il Pnrr si riveli una gigantesca operazione di greenwashing, un ecologismo di facciata che in realtà non stravolge il paradigma produttivo ed energetico. La questione verde è la grande sfida che attende anche Giuseppe Conte, da prossimo leader dei 5 Stelle. Nel manifesto europeo pubblicato dall'ex premier una decina di giorni fa non c'è l'ambiente, inghiottito dall'economia. «Non basta dire che siamo green» sono pronti a dirgli i deputati. Non tutti. Perché, come sempre, nel M5S si muovono diverse tendenze. Quella originaria, dell'ambientalismo più puro, che vuole recuperare molte battaglie lasciate in sonno in questi anni di travaglio al governo. E quella più realista che tende a contemperare i modelli ecologici alle logiche produttive di impresa. In base a quale delle due prevarrà si potrà capire qualcosa di più del futuro volto del M5S. Si capirà se una forza che Conte vuole popolare, liberale, moderata potrà interpretare al meglio la sfida del Green New Deal. O se gli elettori si rivolgerann   -o altrove. Ci sarà un ex che fino in fondo, forse, ex non è, come Di Battista, a fare da guardiano delle vecchie istanze. Impegnato nel tour televisivo di presentazione del suo nuovo libro, Di Battista ha aperto un blog (aledibattista.it), mentre i 5S hanno perso il loro. Segno che non vuole tenersi vincolato a Casaleggio e alla piattaforma Rousseau. Dibba torna sulle tracce del blog di Grillo, da cui la sua storia politica fu partorita, e promette di fare da contraltare al M5S. Punto su punto.

Ilario Lombardo

 

 

 

 

TRIESTEPRIMA.it - DOMENICA, 16 maggio 2021

 

 

Boe, reti per i mitili e un "mare" di plastica: Legambiente ripulisce la spiaggia di Canovella   -    vedi articolo
L'operazione è stata condotta assieme ai volontari di Trieste Altruista. A fine aprile sulla stessa spiaggia sono stati censiti ben 1.046 rifiuti. Il problema dell'allevamento di mitili

In seguito al monitoraggio “Beach Litter” svolto da Legambiente a fine aprile su 47 spiagge italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. A Canovella sono stati censiti ben 1.046 rifiuti, in gran parte di plastica: soprattutto pezzi di reti per la coltivazione dei mitili, frammenti di plastica e polistirolo, bottiglie, bicchieri e contenitori di plastica, tappi e coperchi, bastoncini del cotton fioc. Durante la giornata di oggi 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella degli Zoppoli, in comune di Duino Aurisina.
L'indagine di Legambiente
C'era di tutto, boe e reti per l'allevamento dei mitili, cannucce, bottiglie, mascherine, polistirolo, ma soprattutto molta plastica, in pezzetti piccoli e grandi. Rispetto agli anni passati, comunque, i rifiuti non erano molto numerosi e i volontari li hanno recuperati tutti in poco più di due ore. L'indagine di Legambiente è una delle più importanti azioni a livello internazionale di citizen science, cioè il risultato di un monitoraggio eseguito direttamente dai circoli di Legambiente, da volontari e cittadini, che ogni anno setacciano le spiagge italiane contando i rifiuti presenti, secondo un protocollo scientifico comune e riconosciuto anche dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, cui ogni anno sono trasmessi i dati dell'indagine per completare il quadro a livello europeo.
La plastica dappertutto
I rifiuti censiti da Legambiente sono di ogni forma e tipo, per lo più usa e getta, legati principalmente agli imballaggi, al consumo di cibo e ai rifiuti da fumo: dalle bottiglie ai contenitori e tappi di plastica, dai mozziconi di sigaretta ai calcinacci e ai frammenti di vetro, per arrivare a dischetti, guanti e mascherine. La plastica resta il materiale più trovato dei rifiuti spiaggiati. Su circa un terzo delle spiagge campionate, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati, mentre nel 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti riconducibili all'emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state rinvenute sul 68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%.
"Recepire la direttiva europea"
L’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge resta, insieme all’emergenza climatica, l'altra grande questione ambientale e mondiale da affrontare con interventi e politiche mirate e quasi la metà dei rifiuti spiaggiati monitorati sono proprio i prodotti al centro della direttiva europea sulla plastica monouso, ossia prodotti usa e getta, dalle bottiglie di plastica alle stoviglie, dai mozziconi di sigaretta ai cotton fioc, solo per citarne alcuni. Per questo Legambiente chiede a gran voce che l’Italia emani entro il 3 luglio 2021 il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea pensata per bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso su tutto il territorio nazionale.
La campagna Spiagge e fondali puliti
Il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito da quei prodotti usa e getta al centro della diretta europea, detta anche SUP (Single Use Plastics), che prevede a riguardo misure specifiche. Per le bottiglie e i contenitori di plastica, inclusi i tappi (e anelli)– ne sono stati trovati oltre 5000 sulle spiagge monitorate da Legambiente - è stato proposto l’obiettivo di raccolta del 90% al 2025 e si dovrà riciclare almeno il 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029, con un target intermedio del 77% al 2025. Per prevenire, sensibilizzare e informare le amministrazioni e cittadini, incoraggiando una corretta gestione dei rifiuti e una partecipazione attiva, Legambiente organizza la campagna Spiagge e fondali puliti, che coinvolge migliaia di volontari che ogni anno raccolgono dati scientifici sul beach litter e si attivano per ripulire le spiagge.

Sabato 15 maggio i volontari di Legambiente Trieste, con l'aiuto di Trieste Altruista, hanno raccolto numerosi sacchi di rifiuti spiaggiati o abbandonati lungo la spiaggia di Canovella de'Zoppoli, in comune di Duino Aurisina. C'era di tutto, boe e reti per l'allevamento dei mitili, cannucce, bottiglie, mascherine, polistirolo, ma soprattutto molta plastica, in pezzetti piccoli e grandi. Rispetto agli anni passati, comunque, i rifiuti non erano molto numerosi e i volontari li hanno recuperati tutti in poco più di due ore.

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2021

 

 

Rifiuti ingombranti lasciati in strada: da inizio 2021 i numeri sono raddoppiati
Il confronto con i primi quattro mesi del 2020, quando il lockdown aveva influito - Aumentate anche le richieste ad AcegasApsAmga per il ritiro a domicilio: +28%
Frigoriferi lasciati sul ciglio della strada, divani depositati accanto ai bidoni dell'immondizia, materassi e scarti edili gettati nel verde. A Trieste l'abbandono dei rifiuti ingombranti rappresenta un problema ancora evidente, nonostante gli sforzi messi in campo costantemente da AcegasApsAmga, attraverso campagne informative e strumenti gratuiti per i cittadini. Da un confronto tra i primi quattro mesi del 2020 e lo stesso periodo del 2021, emerge che il fenomeno è quasi raddoppiato. A influire sui numeri in parte il lockdown dello scorso anno, che ha fatto segnare un dato più basso di abbandoni, ma l'aumento del 2021 in particolare è legato anche alle tante ristrutturazioni e sistemazioni di abitazioni in corso negli ultimi mesi. Atti di maleducazione che si riscontrano soprattutto al mattino. Il deposito degli oggetti infatti, come accade ormai da anni, avviene quasi esclusivamente in orario notturno. Tra le zone più colpite, segnalate dagli stessi residenti, quelle delle "solite" via del Bosco e via Gambini, ma anche diverse strade del rione di San Giacomo. Guardando nel dettaglio ai dati forniti da AcegasApsAmga, nel primo quadrimestre del 2020 gli ingombranti abbandonati erano stati 6.524, diventati 10.126 nel 2021. Al primo posto figurano i mobili, di tutti i tipi, passati da 2.524 a 5.151: sedie, tavoli, divani e altri arredi, talvolta di intere case, depositati senza troppi pensieri sui marciapiedi o accanto ai contenitori della differenziata. Seguono gli elettrodomestici, da 1.055 a 1.905, e anche qui figurano diverse tipologie, dai frigoriferi alle lavatrici, passando per microonde, aspirapolvere e altre attrezzature casalinghe. Ci sono poi gli scarti ferrosi, dai 1.163 dello scorso anno ai 1.730 di quest'anno. Sempre presenti i materassi, nel 2020 quelli recuperati erano stati 129, più che raddoppiati, 278, nel 2021. E ancora le gomme, da 41 a 61, e le bombole di gas, da 23 a 31. Lieve crescita per i materiali inerti, da 162 a 180. Nella categoria "altro", passata da 1.427 a 1.790, finiscono poi tante altre tipologie di rifiuto, considerate sempre voluminose. Negli ultimi anni, al passaggio dei mezzi per lo svuotamento dei cassonetti, le "brutte" sorprese non sono mancate, dentro e fuori dai contenitori: tra le stranezze segnalate in passato, scooter infilati nei bidoni, come un motore da barca, un maxi scivolo di un parco giochi, passeggini e attrezzature per la prima infanzia e pure una bambola gonfiabile. E sì che i modi per smaltire gli ingombranti in modo corretto ci sono. Gratis. Il servizio a chiamata di AcegasApsAmga, per il ritiro a domicilio, aumentato in termini di richieste del 28% nel primo quadrimestre del 2021, consente la prenotazione per la rimozione del rifiuto, che va posizionato all'esterno del condominio. L'asporto non comporta appunto costi a carico del cittadino, che deve semplicemente fissare un appuntamento attraverso il numero verde 800 955 988 e depositare l'oggetto sul piano stradale, fuori dalla proprietà privata, la sera prima. Le discariche poi, attive sul territorio, consentono ai cittadini di smaltire tutto, secondo le disposizioni in vigore. Ci sono inoltre i Sabati ecologici (che ieri hanno fatto tappa a Prosecco) e altre iniziative per sensibilizzare e informare le persone, come il Rifiutologo, disponibile su app e web, per fornire indicazioni immediate su un'ampia gamma di servizi a disposizione e soprattutto su dove e come conferire qualsiasi tipo di scarto.

Micol Brusaferro

 

 

Microplastiche in mare: primavera periodo nero  - i monitoraggi dell'ARPA

La loro presenza è stata rilevata ovunque: nelle acque della zona costiera popolata, in quelle delle aree più remote, come i mari antartici e artici, fino alle profondità marine. L'abbondanza di microplastiche è un problema reale insomma. L'Oms frena le preoccupazioni per lo meno a livello sanitario: i dati scientifici dicono che le acque potabili risultano essere sicure, in quanto i procedimenti di purificazione sono in grado di allontanare eventuali residui di plastica. Il mare, spiegano dall'Arpa Fvg, costituisce però «un patrimonio prezioso, che deve essere protetto e salvaguardato al fine di mantenere la sua biodiversità». La consapevolezza di tale ricchezza si è notevolmente fortificata negli ultimi anni, tant'è che nel 2008 il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Ue hanno emanato la cosiddetta "Strategia Marina", direttiva che prevede la messa in campo di un programma di azioni comunitarie al fine di raggiungere il "buono stato ambientale" delle acque. Per l'Alto Adriatico la "Strategia" viene attuata proprio dall'Arpa, che si occupa di monitorare, tra le altre cose, la presenza di microplastiche nello strato superficiale del fondale. Ebbene: i monitoraggi hanno rivelato una maggiore quantità di particelle di plastica nel periodo primaverile, quello attuale quindi, e nelle zone più vicine alla costa. Come tentare di porre rimedio a questa "invasione" allora? È necessaria, insistono gli esperti, più consapevolezza del problema e la collaborazione di tutti per risolverlo. Attenzione quindi a non abbandonare rifiuti in spiaggia, ed è fondamentale anche superare il concetto di "usa e getta".--

Nicole Cherbancich

 

 

Bottiglie, pezzi di reti, lattine e anche mascherine: oltre mille rifiuti raccolti sulla spiaggia di Canovella - (vedi articolo)

I volontari di Legambiente e Trieste Altruista in azione su cento metri seguendo gli standard europei. "Da pianificare una pulizia del fondale"

Rifiuti di tutti i tipi, l'immancabile plastica, qualche mascherina e tanti pezzi di reti che arrivano dalle mitilicolture del golfo. Ampio intervento di pulizia ieri della spiaggia di Canovella de' Zoppoli, grazie a una ventina di volontari di Legambiente e Trieste Altruista. Muniti di guanti e sacchetti, per circa due ore hanno setacciato il lungomare, rimuovendo una lunga serie di immondizie. Per il settimo anno consecutivo, dopo il monitoraggio "Beach litter" per il censimento dei rifiuti spiaggiati lo scorso aprile, tutti si sono messi al lavoro ieri mattina, dalle 9.30, per un'iniziativa che rientra nelle attività di "Citizen Science" e che segue i metodi e gli standard già collaudati a livello europeo. Per una lunghezza di cento metri tutto viene recuperato e contato, dividendo lo spazio in aree di 10 metri, separando gli scarti a seconda del materiale, tra plastica, vetro, metallo e altro, e della provenienza, pesca, allevamento, nautica o semplicemente maleducazione di chi getta oggetti di qualsiasi tipo in acqua. A Canovella ieri sono stati censiti ben 1.046 rifiuti. «Come negli anni precedenti, abbondano le reti della mitilicoltura - spiega Ettore Calandra di Legambiente Trieste -: qui abbiamo molti allevamenti di cozze e per l'ambiente è una piaga, perché i pezzi sono ovunque. Alcune, portate dalle onde, arrivano fino agli alberi, tanto che alcuni volontari hanno dovuto scavare nella terra, per liberarle e gettarle via. Credo che per questo andrebbe pianificata una pulizia completa del fondale, temiamo che la concentrazione di reti, lì sotto, sia disastrosa. Sono quasi sempre pezzi piccoli, che naturalmente anche questa volta abbiamo raccolto ed eliminato». Le conseguenze peggiori le subiscono gli animali. «I materiali si spezzano e spesso vengono ingeriti da pesci e anche dalle tartarughe, che muoiono. Succede anche con il polistirolo, che in parte abbiamo trovato, e che in questo caso deriva dal rimessaggio delle barche». Tra le curiosità, rinvenute ieri alcune grandi boe, usate sempre per la mitilicoltura, danneggiate e finite sulla spiaggia, probabilmente, come ipotizzano i volontari di Legambiente, a seguito di mareggiate e maltempo. Tra i mucchi radunati ieri si notano bottiglie e bicchieri di plastica, mascherine, lattine, penne, tappi, coperchi, cannucce, confezioni di cibo, qualche giocattolo e materiali per imballaggio. Tra gli oggetti più strani il contenitore arrugginito di una grande carriola in ferro.In seguito al monitoraggio "Beach litter" svolto da Legambiente a fine aprile, su 47 spiagge italiane, è stata trovata una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. La percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale, mentre nel 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti riconducibili all'emergenza sanitaria Covid-19. In particolare le mascherine sono state recuperate sul 68% delle spiagge controllate, i guanti usa e getta sul 26%. E poi, sempre a livello nazionale, oltre 5 mila bottiglie e contenitori di plastica, tappi inclusi. «L'unica nota positiva - aggiunge Calandra - è che negli ultimi anni la quantità di rifiuti eliminati a Trieste, sulle spiagge, è diminuita, merito anche delle tante operazioni che portiamo avanti e che servono a sensibilizzare la gente. Un'educazione che sta aumentando e che ha dato vita anche a diversi gruppi che promuovono pulizie spontanee, come Sos Carso, persone molto organizzate e che hanno già effettuato tanti interventi. Speriamo - conclude - che la sensibilità ambientale continui a diffondersi sempre più».

Mi.Br.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2021

 

 

Si' da Roma: parco di villa Necker alla città

Via libera formale al passaggio dell'area verde della sede dell'Esercito al Comune. I tempi ora dipendono dalla burocrazia.

Hanno detto sì: l'Agenzia del Demanio e il Ministero della Difesa hanno confermato in via ufficiale la disponibilità a cedere il parco di Villa Necker, la sede del Comando militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia", al Comune e quindi alla città. La svolta durante una sorta di "conferenza dei servizi" organizzata via web che ha riunito i rappresentanti del Comune, dello stesso dicastero della Difesa, del Demanio, dello Stato maggiore dell'Esercito, che occupa l'area a uso governativo, del Comune, e della Soprintendenza, presente per il Ministero della Cultura visto che il bene è definito storico-artistico dal 1967. Si è compiuto insomma il primo passo nell'iter per il passaggio del parco dallo Stato al Comune. Ci saranno nuove riunioni nelle prossime settimane in cui verrà discussa nel dettaglio una serie di questioni che, fanno capire i diretti interessati, non sarà di veloce e semplice risoluzione. Difficile è infatti stabilire - causa la solita burocrazia - quando il parco di Villa Necker sarà nuovamente accessibile al pubblico. Nuovamente perché già in passato, quando era sede dell'oratorio Villaggio Sereno della chiesa Beata Vergine del Soccorso di piazza Hortis, l'area era fruibile dai triestini. Qualche residente ricorda che nel parco l'oratorio aveva avuto sede più o meno tra il 1947 e il 1984. E che all'epoca ci fosse un'agevolazione che riduceva di 9/10 il canone di affitto, successivamente tolta, nonostante le istanze dei parlamentari di allora. Il canone quindi passò da un milione di lire all'anno a 10 milioni, motivo per cui la parrocchia dovette recedere. E proprio la modalità amministrativa del passaggio sarà uno degli aspetti più delicati. Concessione di utilizzo gratuito o reale passaggio in proprietà? Prima di tutto bisognerà attendere che il ministero della Difesa dismetta il bene e lo riconsegni all'Agenzia del Demanio. «Noi poi - spiegano dall'ente del patrimonio dello Stato - siamo assolutamente disponibili a trovare le procedure amministrative necessarie per il passaggio». Ci sarà poi da stabilire quali parti esattamente rimarranno in mano all'Esercito e quali andranno al Comune. L'idea dello Stato è quella di cedere al Municipio due dei tre campi da tennis, una palazzina con bagni e spogliatoi e il parco intero così com'è diviso oggi, cioè fino al confine con l'area pertinente a Villa Necker e Villa Italia, che invece resteranno a uso governativo all'Esercito. E sarà necessario accordarsi anche sui costi necessari al ripristino e alla manutenzione dell'area verde in capo al Comune. Per il restyling si parla, ma è una stima, di una cifra che va dai 500 mila euro in su. A tal fine saranno preparati dal Comune dei progetti in modo da descrivere nel dettaglio come avverrà il recupero del verde urbano seguendo le indicazioni delle "Belle Arti". E bisognerà capire quale potrà essere in proposito la disponibilità finanziaria da parte del Municipio. Spiega a questo proposito l'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi, rappresentato alla riunione dai tecnici comunali: «Non sappiamo quando il parco ci verrà consegnato, quindi non posso dare ora la copertura finanziaria, è un discorso successivo che farà il mio collega ai Lavori pubblici, ad esempio, io adesso devo occuparmi di capire come gestire e prendere la titolarità parco. Il Comune ha dato la sua disponibilità e ha inviato la lettera affinché venisse organizzata questa prima riunione, ora è tutta una questione burocratica e tecnica. Speriamo che gli altri soggetti siano veloci. Per quanto riguarda i campi da tennis, inoltre, pensiamo di proporre delle tariffe minime utili alla manutenzione, non vogliamo lucrarci».

Benedetta Moro

 

La gioia del comitato attivo da mesi «Grande traguardo e un bene per tutti»
I residenti festeggiano per la novità e già pensano a come sfruttare l'area
I rappresentanti del comitato "Ritorno al parco" non potevano che accogliere con entusiasmo la notizia. Il gruppo di cittadini si è dato da fare già da diversi mesi per far riaprire lo spazio alla città. Anche con una petizione, che ora ha raggiunto le 1200 firme. E nelle prossime settimane, per raccogliere ulteriori consensi, verranno organizzati dei banchetti tra piazza Cavana, piazza Hortis e via Torino. Entro metà giugno poi verrà presentato un video. In quell'occasione verranno consegnate le firme al sindaco, a cui si chiederà un incontro, come auspicato dalla mozione del centrosinistra approvata all'unanimità in Consiglio comunale nelle settimane scorse. Ma come s'immaginano i residenti della zona il parco? «Io non ci sono mai entrato, ma ci abito di fronte - afferma l'attore Maurizio Zacchigna, anche membro del comitato -. Credo che chi vi entrerà, potrà godersi un po' di relax, come in una foresta. Perché penso si potrà mantenere una bella parte di parco a bosco, da curare. È importante la riapertura del parco perché, come dice il nostro slogan, che mi è venuto in mente durante il lockdown, "se non mi aprite al pubblico, non germoglio più"». Giuliano Gelci, un altro membro del comitato, si ricorda di quando frequentava il grande giardino cinquant'anni fa, nell'epoca in cui c'era l'oratorio Villaggio Sereno, afferente alla chiesa Beata vergine del Soccorso. «C'era molta aria di libertà - sottolinea - e una forma di autogestione, ho il ricordo della partecipazione attiva per la manutenzione, anche da parte di noi ragazzini». «Questo giardino dovrebbe essere messo a disposizione soprattutto dei bambini, visto che è vicino a tante scuole - sottolinea poi un'insegnante residente nel rione -. Ho letto ai miei studenti "Il Gigante egoista" e proprio loro mi hanno detto che il parco di cui si parla nella storia, potrebbe essere quello villa Necker: chiuso da un gigante che impedisce ai bambini di entrarvi». Residente in via Belpoggio, Maria Teresa Darago andava nel parco già negli anni '60 con la figlia. «Facevano anche il cinema all'aperto - ricorda -. Ci andavamo di pomeriggio, c'erano tanti bambini, nonne e mamme. Si stava meravigliosamente».

B.M.

 

E sotto il giardino c'è il bunker degli anni della Guerra fredda
La rete sotterranea avrebbe dovuto ospitare i soldati in caso di conflitto
È una delle ultime testimonianza della Guerra fredda. Sotto Villa Necker si nasconde una rete di sotterranei che negli anni prima della caduta dell'Unione Sovietica e del crollo del Muro di Berlino costituirono il bunker dove in caso di guerra si sarebbe dovuto rifugiare il Comando dell'Esercito. Accanto a un passaggio che dalle cantine conduce all'esterno della villa, fuori, nel grande parco, un cancello immerso nel verde nasconde l'accesso a una galleria di 160 metri che, collegandosi a un grande rifugio antiaereo, in un percorso a semicerchio porta fino a via Bonaparte, un'uscita attualmente murata. Realizzato durante la seconda guerra mondiale, tra gli anni '50 e '70 il sotterraneo venne in parte usato come bunker dove trasferire il comando militare italiano in caso di conflitto, e come tale è stato a lungo teatro di esercitazioni fino alla dismissione. Oggi il complesso sotterraneo è chiuso. Dieci anni fa la sezione Ricerche e studi sulle cavità artificiali del Club alpinistico triestino (Cat) effettuò un'approfondita esplorazione dei sotterranei, pubblicando uno studio a cura di Maurizio Radacich intitolato "Gli ipogei artificiali del parco e della Villa Necker a Trieste". L'entrata del bunker segreto, nel parco della villa, è chiusa da una porta in ferro che dà accesso a uno stanzone - già rifugio antiaereo dei tedeschi durante l'occupazione di Trieste - dove sono ci sono ancora tracce di impianti e suppellettili in uso ai tempi in cui era stato previsto il trasferimento immediato degli uffici del comando militare sottoterra in caso di guerra. Da qui una galleria porta al più ampio tratto concepito e realizzato nel 1944 dal Comune di Trieste come rifugio antiaereo pubblico, parte di quello che doveva essere un collegamento con le gallerie antiaeree dei cantieri, un sotterraneo che avrebbe dovuto unire via Bonaparte a passeggio Sant'Andrea, ma che non fu mai realizzato. Lo studio del Cat analizza anche i lavori da fare in caso di una possibile apertura al pubblico.-

PIETRO SPIRITO

 

Caserma di via Rossetti: pronta in Municipio l'offerta d'acquisto a Cassa depositi e prestiti
Dipiazza invierà a giorni la richiesta per i 12 ettari dell'ex caserma destinati a essere trasformati in un campus per settemila studenti
Sulle partite che riguardano immobili e lavori pubblici, di regola Roberto Dipiazza non molla la presa. In pratica, fin dall'inizio del suo terzo mandato il sindaco guarda all'ex caserma Vittorio Emanuele III in via Rossetti, perchè vuole trasformare quei 12 ettari in un campus scolastico in grado di ospitare settemila studenti. L'obiettivo, aldilà delle motivazioni didattiche, è svuotare vecchi edifici e rimetterli sul mercato: finora il focus era concentrato sull'istruzione media superiore, poi la linea di attenzione tracciata dal primo cittadino ha coinvolto anche l'Università. Il tempo stringe, fra un quadrimestre sarà stagione di urne, Dipiazza vuole ghermire i tre punti. «La prossima settimana - annuncia - compirò il passo decisivo con Cassa depositi e prestiti (Cdp) sgr, proprietaria dell'ex caserma, e farò una proposta di acquisto sulla quale impostare la trattativa. È un anno che ci sentiamo in video-conferenza con Roma, senza risultati apprezzabili. Adesso è l'ora di chiudere, in un modo o nell'altro».«Con i nostri interlocutori romani - prosegue il sindaco - è giunto il momento della franchezza: cosa pensano di fare di quell'area? Forse del commerciale? Dall'altra parte della strada parte la riconversione dell'ex Fiera: non c'è spazio». «Tra l'altro - incalza il primo cittadino - in questi anni di non-utilizzo l'ex caserma è stata oggetto di frequenti raid teppistici, quindi il suo valore non è certo cresciuto». In poche parole: gentile Cdp, il Comune compratore può essere un buon affare, trovare un'alternativa non sarà agevole. Anche perchè il Municipio ha un atout da 5 milioni: si tratta del finanziamento concesso nel 2018 dalla Regione Fvg, da attivare entro l'anno corrente, per realizzare il campus. Attenzione però: i soldi non servono per l'acquisto immobiliare, ma per la riconversione del compendio castrense. Dipiazza, mercante di vecchia scuola, non scopre le carte della proposta economica che formulerà al vertice di via Versilia. Ma fa capire quale potrebbe essere il gioco: «Cdp ha chiesto 17 milioni, perchè sostiene di aver effettuato interventi manutentivi, e, quando il mercato immobiliare aveva ben altre quotazioni, aveva acquistato l'ex caserma a 12 milioni». Traduzione: non sono disposto a sborsare nè 12 nè tantomeno 17 milioni. Rien ne va plus, vedremo dove attraccherà la pallina.Di soluzioni ne sono sfilate parecchie, perchè la vecchia sede del reggimento-battaglione "San Giusto", vissuto fino al 2008, potesse rivivere in una nuova dimensione: la permuta con palazzo Carciotti fu una delle ipotesi soppesate, ma non si trovò il punto di caduta sulle valutazioni immobiliari (l'ex caserma 17 milioni, Carciotti 15). Poi si prese in considerazione la possibilità di un affitto a 800.000 euro all'anno, ma Dipiazza non ne era convinto. Successivamente si vagheggiava un risiko con la partecipazione dell'ex Manifattura Tabacchi. Quindi, dall'estate dello scorso anno si riprese a parlare di acquisto da parte del Comune. -

Massimo Greco

 

 

Polo dell'acciaio alle Noghere - Arriva il sì degli enti pubblici
Alla firma l'intesa per le verifiche sulla fattibilità: così il cda di Metinvest darà l'ok al piano con Danieli
Trieste. Il progetto di laminatoio a caldo promosso da Metinvest e Danieli incassa l'appoggio formale delle istituzioni. Ieri la giunta regionale ha approvato lo schema del protocollo d'intesa che garantirà ai privati il sostegno degli enti pubblici alla realizzazione dell'impianto alle Noghere. Si tratta di quanto il gruppo ucraino dell'acciaio aveva domandato per dare modo al proprio cda di accendere i motori sull'idea, che prevede investimenti per quasi 700 milioni e una ricaduta occupazionale da 400 posti di lavoro. La stesura del protocollo segue il lavoro dei tavoli tecnici che si sono riuniti nelle ultime settimane per approfondire la questione, a cominciare dagli aspetti ambientali. Il documento sarà firmato da Regione, Coselag, Autorità portuale, Comune di Muggia, Danieli e Metinvest, che si impegneranno a verificare la fattibilità del progetto e l'esistenza dei presupposti per arrivare alla stipula di un Accordo di programma sulla falsa riga di quello sottoscritto per la riconversione della Ferriera di Servola. Secondo l'assessore alle Attività produttive Sergio Bini, il memorandum «apre la strada a una rilevante opportunità industriale per il Friuli Venezia Giulia, sia in termini di nuovi posti di lavoro, sia di potenziamento dei traffici per il porto di Trieste. Il progetto di Danieli e Metinvest si inserisce perfettamente nelle politiche di sviluppo economico dell'amministrazione regionale, che in questi anni ha lavorato affinché si creassero le condizioni per rendere attrattivo il retro porto triestino a nuovi insediamenti ecosostenibili». Bini sottolinea «un impatto economico significativo su altre industrie regionali e sull'indotto». Ora la palla è nel campo degli ucraini che, alla luce delle rassicurazioni ricevute, dovranno approvare la scelta di Trieste rispetto alle alternative di Ravenna e della Croazia. Il gruppo ritiene di poter mettere in funzione entro l'inizio del 2024 un impianto a basso impatto ambientale per la produzione di laminati a partire da bramme d'acciaio provenienti dall'Ucraina. Dallo stabilimento uscirebbero coil laminati a caldo, pronti a essere immessi sul mercato o ulteriormente lavorabili, anche grazie alla collaborazione con il laminatoio a freddo di Arvedi a Servola, dove il percorso di riconversione prevede l'avvio entro fine 2022 delle nuove linee di verniciatura e zincatura, grazie all'impiego di macchinari appena ordinati proprio al gruppo Danieli, che degli ucraini sarà fornitore e socio di minoranza. L'impianto delle Noghere occuperebbe 48 ettari alle spalle dell'area ex Aquila e sfrutterebbe il rifacimento delle connessioni ferroviarie in programma nella zona e la nascita della banchina ungherese di Adria Port, che ha appena affidato a PwC lo sviluppo del piano industriale e la progettazione dello scalo. Per trasformare i piani in realtà servirà la firma di un Accordo di programma simile a quello per la riconversione della Ferriera, con tanto di coinvolgimento dei ministero dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica. Enti pubblici e privati si siederanno al tavolo per discutere il piano industriale, il nodo del risanamento ambientale dei terreni e la definizione del loro valore, il subentro di Metinvest-Danieli alla proprietà di Coop Nordest e il parallelo ingresso nelle aree demaniali, le opere da affidare al pubblico e quelle in capo ai privati, le risorse statali e regionali che potranno essere messe a disposizione, considerando che il "pacchetto Trieste" del Fondo complementare stanzia oltre cento milioni per acquisto e infrastrutturazione del comprensorio da parte del Coselag e per interventi propedeutici alla creazione del molo ungherese. -

Diego D'Amelio

 

 

Pulizia del mare - Fondi regionali ai comuni costieri
Il progetto punta a favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in acqua Scoccimarro: «Noi protagonisti della transizione ecologica»
I comuni costieri potranno contare su 250 mila euro nel prossimo triennio per favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti ripescati in mare. Fabio Scoccimarro, assessore regionale all'Ambiente, ha tracciato il bilancio finale di "aMare Fvg" iniziativa avviata in forma pilota lo scorso anno. «Dal progetto pilota - spiega Scoccimarro - diventa un'iniziativa strutturale in collaborazione con i Comuni costieri e con decine di associazioni e realtà che si battono per la difesa delle nostre acque. Le risorse serviranno per favorire la raccolta e il trattamento dei rifiuti ripescati in mare, ritrovati sui litorali e nei fondali e per portare avanti programmi di educazione ambientale in grado di coinvolgere tutti i nostri giovani: dai bambini della scuola primaria fino agli studenti universitari». Nel corso della mattinata di ieri sono state premiate le associazioni che hanno operato nel 2020 ed è stato sottoscritto il protocollo per quest'anno con i comuni che si divideranno i 100 mila euro relativi al 2021 - 50 mila nel 2022 e 100 mila nel 2023 - sulla base della lunghezza della costa: Trieste e Grado 20 mila euro ciascuno, Monfalcone 17.242 euro, Staranzano 7.930 euro, Marano Lagunare 7.138 euro, Lignano Sabbiadoro 6.877 euro, San Dorligo 53 euro, Duino Aurisina 9.341 euro e Muggia 11.416 euro. I comuni che aderiscono al progetto dovranno, entro il 31 agosto, sottoscrivere un accordo con le associazioni. «La nostra Regione - aggiunge Scoccimarro - vuole continuare a essere protagonista del processo di transizione ecologica attraverso proposte concrete a sostegno delle iniziative che saranno presentate dalle associazioni ambientaliste, da quelle di volontariato, sportive e di immersione, ma anche dalle imprese di pesca e dalle società nautiche».

Andrea Pierini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2021

 

 

Altre 6 strade chiuse al traffico per dare spazi ai tavoli dei locali
Da oggi l'elenco definito dal Comune si allunga: da via Beccaria a via della Geppa - Il Pd propone poi pedane per eventi su aree all'aperto ma l'assessore Rossi frena
Sei ulteriori vie verranno chiuse al traffico questo fine settimana per agevolare i pubblici esercizi che non hanno sufficienti spazi all'aperto e che così potranno disporre tavoli, sedie e ombrelloni su marciapiedi e parcheggi. Lo ha annunciato ieri in una nota il Comune di Trieste, precisando che le autovetture potranno comunque continuare a sostare nei tratti, percorrendoli a passo d'uomo, e che è inoltre assicurata la possibilità per i proprietari di passi carrabili e di posti auto riservati di accedervi e uscirvi. Ecco l'elenco dei nuovi tratti di strada interessati (dal venerdì sera alle 24 di domenica): via Petronio dal numero civico 1 a via Conti, via della Geppa tra corso Cavour e via Trento, via del Ghirlandaio tra via Padovan e via Signorelli, via Zaccaria, via Beccaria e via Broletto. Quest'ultima verrà chiusa nella sua parte alta, tra via San Marco e via Tacco, e quindi non verranno creati intralci alla circolazione dei bus verso il deposito della Trieste Trasporti. Si tratta della terza ordinanza in materia, che fa così salire a una ventina il numero complessivo di strade chiuse, mentre sono quasi cinquecento le dichiarazioni di ampliamento degli esercizi ricevute dal Comune. Le opposizioni riconoscono lo sforzo compiuto sin qui dall'amministrazione ma, attraverso due mozioni che sono state presentate ieri nella seduta congiunta della Terza e della Sesta commissione consiliare, chiedono che si faccia ancora di più. La prima, a firma della consigliera comunale Antonella Grim di Italia Viva, domanda di ampliare la concessione di aree pedonali che possano essere utilizzate dagli esercenti di bar e ristoranti per il posizionamento di dehors e tavolini, con particolare attenzione ai quartieri periferici, anticipando inoltre questa possibilità di fruizione almeno dal pomeriggio di giovedì alla serata di domenica. L'assessore Serena Tonel ha spiegato che attualmente si sta cercando di mantenere un equilibrio tra le esigenze economiche degli esercenti e la mobilità urbana, che però risulterebbe già molto fragile e quindi da non sottoporre a ulteriori modifiche. L'altra mozione del Pd guarda invece all'estate in avvicinamento e propone di collocare delle pedane in alcuni luoghi suggestivi della città per ospitare eventi all'aperto, oltre a un palco dedicato ai teatri cittadini dove organizzare degli spettacoli a pagamento e con possibilità di repliche. Interpellato sul tema, l'assessore alla Cultura, Giorgio Rossi, ha riferito che non è possibile posizionare palchi nei luoghi pubblici come strade, piazze e giardini, poiché non sarebbe facile contingentare il numero di persone presenti. «Ma se qualcuno vuole organizzare eventi - ha aggiunto Rossi - lo può fare in spazi controllati come il museo Sartorio, il Revoltella o il castello di San Giusto».

Simone Modugno

 

 

Centro di ricerche  dedicato all'idrogeno - Confindustria chiede il sì per la centrale
Il presidente Agrusti ribadisce il sostegno al progetto di A2A al sindaco Cisint che preme per fermare il carbone
Confindustria è favorevole alla riconversione della centrale A2A attualmente a carbone e alla realizzazione del nuovo impianto a gas «se tutti gli attori che devono esprimere i diversi pareri autorizzativi si pronunceranno favorevolmente» perché è una transizione green e il metano determina un minor impatto. Non solo, gli Industriali sosterranno, come aveva chiesto all'inizio anche il Comune di Monfalcone, la realizzazione di un Centro competenze e di ricerca per l'idrogeno a Monfalcone. Potrebbe essere una chiave di svolta sul progetto di riconversione in grado di "ammorbidire" la posizione contraria alla centrale del Comune. Un sostegno ribadito ieri dal presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, al sindaco Anna Cisint al termine dell'incontro in Comune in cui, oltre all'«analisi a tutto campo» delle prospettive industriali e dell'occupazione E' stata l'occasione per confrontare le reciproche posizioni sul tema della centrale. Il sindaco infatti ha illustrato le ragioni dell'attuale no del Comune, sottolineando le preoccupazioni per la salute, la riduzione dell'occupazione che ne deriverebbe e il fatto che «non si è in presenza di un investimento industriale, quanto ad un'operazione finanziaria legata al capacity market (un meccanismo con cui Terna si approvvigiona di capacità di energia elettrica mediante contratti a termine aggiudicati attraverso aste competitive), non giustificata da un fabbisogno energetico».E la riunione si è chiusa con il sindaco Cisint che ha rilanciato la proposta di chiudere la centrale a carbone a fine anno e iniziare i lavori di risanamento da gennaio, sulla quale il presidente Agrusti si è riservato un approfondimento. In ogni caso il vertice in municipio è servito anche per avviare una serie di iniziative per la città, che saranno approfondite in specifici tavoli di confronto, per «valorizzare le potenzialità e le risorse del territorio». Sia pre dunque, come sottolinea una nota congiunta una nuova fase di relazioni nei rapporti tra Comune e Confindustria «basata sulla volontà di risolvere nodi in sospeso e puntare a nuove condizioni di sviluppo». Cisint ha illustrato l'azione del Comune nel rilancio e nella riqualificazione della città sia attraverso «un piano di investimenti per infrastrutture e opere pubbliche di oltre 30 milioni di euro, sia sostenendo settori innovativi come quello della nautica e del turismo». Il sindaco ha spiegato di «Aver agito per cambiare un modello produttivo che ha scaricato pesanti contraddizioni sociali sul territorio e puntato attraverso una visione generale dello sviluppo a promuovere le tante opportunità di una città che svolge un ruolo strategico nella dimensione regionale». Sostenibilità, innovazione, lavoro, formazione qualificata: questi i cardini dell'azione secondo il Comune. Fattori, spiega la nota congiunta, condivisi dal presidente di Confindustria Agrusti che ha presentato le progettualità a servizio dell'intera regione che si stanno mettendo in campo in termini di tecnologie digitali e di competenze per le risorse umane che hanno raggiunto una posizione di vertice a livello nazionale e internazionale, come per la "fabbrica modello LEF" che sarà inaugurata in luglio a Pordenone. Proprio su questo ambito si è trovato un terreno di lavoro comune. Toccato infine anche il problema della "filiera corta" delle produzioni navalmeccaniche, cioè la possibilità di sviluppare l'indotto, quello più innovativo, nel territorio e le reti d'impresa nelle forniture e nei servizi.

Giulio Garau

 

 

Rubati i piccoli cigni dal nido - Gli animalisti si mobilitano
A Capodistria per il terzo anno maltrattati gli uccelli giunti per nidificare - Polizia allertata, i volontari chiedono telecamere e recinzioni: appello al Comune
Trieste. Da tre anni ormai i due cigni che nidificano in un'insenatura del parco sportivo di Bonifika a Capodistria sono oggetto di maltrattamenti. Pochi giorni fa a una coppia sono stati rubati i piccoli appena nati. Qualcuno è entrato nel recinto che delimita l'area loro dedicata, e malgrado il maschio abbia tentato di difendere il nido - l'animale ha delle evidenti ferite - è riuscito a strappare alla coppia i piccoli. La cittadinanza è rimasta molto scossa dal triste episodio, e i volontari che si prendono cura di quegli animali non si danno pace: da tempo chiedono maggior protezione per questi uccelli acquatici, senza ricevere risposta dall'amministrazione comunale.«Il fatto anomalo - sostengono i volontari che hanno denunciato alla polizia la sparizione dei piccoli e il maltrattamento agli animali - è che ci stavamo organizzando per fare dei turni di controllo, e proprio nelle ore precedenti l'inizio del nostro turno di vigilanza è avvenuto il furto: non pensiamo sia un caso».Già nel 2019 la coppia di cigni aveva scelto di nidificare in quell'ansa del parco. Uno spettacolo al quale molti cittadini assistevano con interesse, postando foto sui social media, i bambini entusiasti nel vedere quello spettacolo della natura. Ma già allora degli ignoti, nati i piccoli, ne avevano rubato uno e avevano avvelenato l'esemplare maschio. Per questo motivo, lo scorso anno, appena i cigni sono tornati per nidificare - la femmina depone dalle 5 alle 8 uova e poi le cova per circa 35 giorni, mentre il maschio fa da guardia al nido - un gruppo di volontari ha iniziato a prendersene cura cercando di proteggerli e creando un movimento a supporto degli animali che ha coinvolto molti residenti. Eppure, malgrado la sensibilità nei confronti di quelle bestiole fosse cresciuta, è stata messa a segno un'altra incursione, con il tentativo di rubare l'intera nidiata. Due uomini hanno sistemato del cibo in alcuni punti dell'area dove i cigni avevano nidificato, con l'intenzione di distrarre i due esemplari adulti e avere via libera per raggiungere il nido. Il blitz è stato interrotto dall'arrivo delle forze di polizia allertate da una persona che aveva visto la scena e colto le cattive intenzioni. Quest'anno i cigni non sono mancati al loro appuntamento con il parco di Bonifika. La femmina ha nuovamente deposto le uova, nove in totale. «Il primo maggio si sono schiuse le prime tre - racconta Jasmina Cuturic, una rappresentante dei volontari - e sono nati tre piccoli, il giorno successivo altri quattro; due uova invece erano già sparite da giorni, ma non escludiamo siano state sottratte da qualche animale».«Attendiamo la polizia individui chi ha compito un gesto così malvagio, - aggiunge Cuturic - ma chiediamo al Comune di tutelare quelle bestiole, con una recinzione più sicura e telecamere a tutela degli animali, nonché per dare un segnale di civiltà. Perché - aggiunge - la cultura e il progresso di una comunità e di chi la amministra si leggono anche nell'importanza che viene riservata al benessere degli animali. Non possiamo tollerare che nella nostra Capodistria si passi sopra a simili atti di violenza».

Laura Tonero

 

 

SEGNALAZIONI - Molte case vuote - Non occorre cementificare il verde

Caro direttore,da qualche mese è cominciata la nuova costruzione di una palazzina su una via laterale di vicolo delle Rose a Roiano: prevede lo sbanco di pastini centenari sostenuti con muri a secco, sui quali cresceva un bel boschetto di querce, frassini e acacie. Da una decina d'anni questo bel triangolo di terreno è diventato edificabile, gli alberi sono stati tagliati e con le ruspe si sono costruite abitazioni su un terreno impervio e stretto, su due pastini sfalsati, dove hanno iniziato lo sbanco degli antichi muri a secco. Non dico nulla su chi costruisce, lo fa seguendo la normativa, avendo ottenuto tutte le autorizzazioni degli enti preposti. La mia considerazione è un'altra. Trieste è una bellissima città con pochissimo territorio verde alle spalle, visto il confine a ridosso del centro e anche il centro stesso non è che sia proprio tanto verde. La città si sta spopolando sempre di più, esistono palazzi interi chiusi, si stimano più di 10 mila alloggi vuoti. Negli ultimi anni si è persa una consistente quota di residenti: il 1961 dava un dato ufficiale di 272.723 abitanti, nel 2020 ne contiamo 201.613. Abbiamo perso tanti abitanti quanti due volte Gorizia. Allora, vorrei proprio capire perché si continuano a costruire case nuove allargando il centro urbano disboscando, spianando, riempiendo di cemento e bitume tutto il territorio a ridosso della città. Basta passare per via Commerciale per constatarlo: ci sono molti muri puntellati, oltre ai crolli continuano a verificarsi. Nel 2017 una casa rimase sospesa nel vuoto e quattro macchine rimasero schiacciate. E l'elenco è lungo, ultimo quello di strada del Friuli di dicembre. Nella parte alta di Roiano negli ultimi decenni sono state costruite decine e decine di case e palazzine eliminando pezzi di bosco in zone impervie, che necessitato di tanti muri di contenimento per i quali non c'è bisogno di fantasia per capire quali problemi creeranno in futuro. Nei secoli scorsi la popolazione che ci abitava e coltivava le zone verdi ha fatto un lavoro certosino di contenimento dei pendii proprio con la creazione dei pastini e con il contenimento delle acque che scorrono nel sottosuolo, che andavano ad alimentare numerosi pozzi per irrigazione e per l'uso domestico. Questo territorio è fragile, si muove facilmente, ma è anche prezioso, sia per la presenza delle specie botaniche del territorio che per le specie animali dimoranti. Ci lamentiamo che i cinghiali arrivano in città, ma forse ciò è dovuto al fatto che la città ha invaso i territori dei cinghiali. Insomma, forse è arrivato il momento da parte dei nostri amministratori di cambiare passo, di illuminarsi per la creazione di città vivibili. Basta aumentare le zone costruibili a ogni nuovo piano regolatore. Non si deve permettere più la costruzione di case e palazzi in aree verdi, soprattutto quelle su pendii, si deve chiudere i centri storici sempre di più al traffico, creare dei giardini e degli orti urbani, anche nei parchi delle ville storiche di proprietà del Comune desolatamente chiuse. Bisogna incentivare la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, di quei gioielli di case d'epoca che ci sono in città, dando contributi che incentivino questa scelta, in modo da creare anche lavoro nel settore dell'edilizia. Si deve ripensare il tessuto urbano con una nuova concezione, guardiamo a Milano e ai suoi giardini verticali, ricreiamo un centro città a misura di persona, per ripopolarlo in chiave ecologica piantumando alberi invece di tagliare quelli secolari esistenti e, dove si può, creando terrazzi e giardini pensili, aree di gioco per bambini, di passeggio e incontro. Insomma, progettare un ambiente gradevole e bloccare lo scempio del territorio boschivo e naturale. Abbiamo le prove di quanto danno crea la cementificazione del territorio. È importante capire che le città che hanno molto verde abbassano anche di due gradi la temperatura estiva e rischiano meno alluvioni, oltre ad avere meno inquinamento: una vegetazione a strati, ovvero prato, siepe, piante a portamento basso e poi a portamento alto riducono sia l'inquinamento atmosferico che l'acustico, oltre a permettere a molti uccellini di dimorarci e allietarci con il loro canto, aiutandoci nel contempo a contenere insetti fastidiosi come mosche e zanzare.

Linda Vuk

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2021

 

 

Dall'acciaio all'aeroporto - Il Friuli Venezia Giulia alla sfida dell'idrogeno
Siderurgia a basso impatto, autobus non inquinanti e motori marini puliti sono i fronti più vitali di ricerche e progetti sulla transizione energetica in regione
Trieste. Siderurgia pulita, autobus a impatto zero, moli elettrificati e motori marini non inquinanti. Il Friuli Venezia Giulia mette un piede nella rivoluzione dell'idrogeno, che rappresenta uno dei cardini della transizione energetica che ci aspetta. L'annuncio del gruppo Arvedi sulla produzione di idrogeno a Servola è la punta di una serie di progetti che vede soggetti pubblici e privati lavorare a un futuro più sostenibile, anche grazie ai finanziamenti che l'Ue concentrerà sul settore. Arvedi investirà 20 milioni di euro su un impianto che già dall'anno prossimo potrebbe produrre idrogeno per alimentare il laminatoio in via di potenziamento. La cornice è quella della decarbonizzazione del ciclo produttivo che la società siderurgica sta perseguendo fra Trieste e Cremona. A Servola si userà idrogeno green, grazie a un impianto fotovoltaico da 6 megawatt posto sui nuovi edifici. L'energia innescherà l'elettrolisi: l'idrogeno prodotto sostituirà parzialmente il gas naturale destinato ai forni di riscaldo dei laminati e un'altra parte sarà stoccata e utilizzata quando necessario. Il tutto alimenterà una ulteriore linea di zincatura, che Arvedi ha annunciato due giorni fa di voler installare in un nuovo capannone da 25 mila metri quadrati, con una spesa da 80 milioni di euro. Il gruppo lavorerà inoltre con Snam per l'impiego di idrogeno nella produzione di acciaio a basse emissioni a Cremona. Snam avrà un ruolo centrale anche in altri progetti in Fvg, dopo il protocollo siglato nel settembre scorso assieme alla Regione. L'obiettivo del presidente Massimiliano Fedriga è rispondere agli obiettivi del Green deal europeo, raggiungendo entro il 2050 un'economia a emissioni zero. Il piano coinvolge il Trieste Airport, il porto e Confindustria Udine, ma c'è anche l'intenzione di sviluppare un centro di ricerca dedicato. A muoversi sulla scena sono anche i privati, da Wärtsilä a Danieli, passando per A2a e startup dell'Area di ricerca: tutti al lavoro per dare vita a motori a basso impatto, acciaio meno inquinante e centrali termoelettriche più ecologiche. E pure la multiutility Hera comincia a guardare alle possibilità offerte dall'idrogeno green, per ora in Emilia Romagna.Si tratta per ora di studi e progetti, ma per alcuni di essi la trasformazione in realtà potrebbe non essere lontana. È il caso di quanto si sta pianificando al Trieste Airport, che potrebbe diventare in pochi anni distributore di idrogeno per la trazione degli autobus del trasporto pubblico. Antonio Marano presiede lo scalo ed è contemporaneamente membro del cda di Snam: il manager funge da cerniera tra il Friuli Venezia Giulia e la società di infrastrutture energetiche. «In cantiere ci sono molte cose - dice - e la regione può essere una piattaforma importante della transizione energetica, sia nel campo del trasporto merci che in quello delle persone». Per quanto riguarda l'aeroporto, è prevista l'installazione di pannelli fotovoltaici da 3 megawatt: una parte dell'energia andrebbe a soddisfare metà del fabbisogno dello scalo e dei mezzi elettrici che sempre più vi saranno impiegati, mentre il resto azionerebbe elettrolizzatori capaci di produrre idrogeno, che sarebbe stoccato e impiegato come combustibile per gli autobus che collegano l'aeroporto. Il progetto costa 4 milioni, finanziabili in parte dall'Innovation Fund dell'Ue. «La risposta dovrebbe arrivare a settembre - dice il direttore di Ronchi Marco Consalvo - ma non sarà condizione indispensabile per partire. È un'idea che non ha simili in Europa: entro l'inizio del 2022 possiamo concludere la progettazione, mentre la realizzazione richiede un anno e mezzo». Consalvo stima una produzione di 44 tonnellate di idrogeno all'anno, capace di coprire 420 mila chilometri di percorrenza: «Con un solo punto di rifornimento - precisa - possiamo far funzionare tre autobus. Sarebbe ideale avere altri luoghi di rifornimento e produzione, ma tutto deve andare di pari passo con la transizione della flotta del trasporto pubblico: un bus tradizionale costa 250 mila euro contro i 450 mila di uno a idrogeno, ma con programmi di acquisto decennali si possono abbattere le spese».L'idrogeno è anche sul tavolo del presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, che con alcuni grandi player studia la possibilità di impiego in ambito marittimo. «Sono in corso - spiega - studi di fattibilità per valutare come l'idrogeno possa coprire il fabbisogno di energia nei momenti di picco di consumo, senza ulteriormente gravare sulla rete elettrica cittadina». Il campo è quello dell'elettrificazione delle banchine, che verrà sostenuto con le risorse del Recovery Fund e che punta ad alimentare le navi in ormeggio con la rete elettrica: l'idrogeno potrebbe essere un valido alleato da questo punto di vista. Per restare sul mare, c'è poi l'impegno di Wärtsilä. Come spiega il presidente Andrea Bochicchio, «lo stabilimento di Trieste sperimenterà anche combustibili con miscele crescenti di idrogeno. La prima sfida si gioca sulla percentuale di idrogeno presente nel blend di carburanti innovativi. L'altro campo riguarda l'utilizzo di idrogeno per produrre l'energia necessaria a realizzare nuovi carburanti a basso impatto: è un approccio che promette di essere ottimizzato in un periodo più breve».

Diego D'Amelio

 

Tre tecniche in campo ma il nodo da risolvere è sempre quello dello stoccaggio
Le conoscenze attuali consentono di creare e consumare "sul posto" - Ancora difficile procedere all'accumulo: le prospettive all'orizzonte
Idrogeno da produrre e consumare direttamente "sul luogo". Lo stoccaggio? Con le tecnologie attuali molto difficile, pericoloso, se non ancora al limite dell'impossibile. Lo sa bene la Snam che gestisce la rete del gas in Italia, e che ha predisposto un piano in cui sostiene che l'idrogeno sarà l'energia del futuro e avrà un ruolo chiave per raggiungere l'ambizioso obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050. Alcuni grandi risultati potranno essere raggiunti presto, come dimostra il progetto di riconversione della centrale A2A di Monfalcone da carbone a gas entro il 2024: la nuova turbina a gas potrà funzionare anche a idrogeno. Ma non solo idrogeno, impossibile: gas metano miscelato a idrogeno. Snam è già pronta a miscelare il 10% di idrogeno con il gas, arriverà al 20% e già ora il 70% delle tubazioni a gas sono pronte per questa miscela. Una produzione continua di idrogeno che sarà immesso direttamente nella rete appena prodotto, derivante da energie rinnovabili, il cosiddetto idrogeno verde (solare dall'Italia o il Nord Africa, eolico o altro) con la produzione notturna. Ma magari anche dallo stesso gas naturale (idrogeno grigio). Ma niente stoccaggio. Lo sanno bene anche in Austria dove la Voest Alpine vedrà realizzata grazie alla Mitsubishi la più grande acciaieria a idrogeno del mondo: e questo gas sarà utilizzato come combustibile al posto del gas naturale e del carbone. Ma da dove arriverà l'idrogeno? Nel 2019 Voestalpine ha realizzato nel suo stabilimento principale di Linz, grazie alla Siemens, un impianto che produce idrogeno dall'acqua utilizzando fonti di energia rinnovabili, quindi a zero emissioni di gas serra: 1.200 metri cubi di idrogeno verde all'ora. Zero stoccaggio però. Perché attualmente accumulare idrogeno è un'impresa che troverà soluzioni forse solo per il mondo dell'automotive. Tre le tecniche conosciute, e tutte e tre hanno risvolti più o meno negativi. Eccole. Stoccaggio gassoso: è necessario avere bombole capaci di sopportare pressioni dell'ordine dei 700 bar. Per avere un'idea, quelle attuali del metano nelle auto hanno una pressione di 220 bar. Impossibile avere serbatoi sicuri in metallo, si stanno valutando materiali compositi e speciali resine rinforzate con le fibre di carbonio. Stoccaggio liquido: è quello che promette il miglior rendimento, ma incontra i maggiori ostacoli tecnologici. L'idrogeno infatti evapora a -253 gradi centigradi e per mantenerlo nello stato liquido è necessario conservarlo a temperature inferiori: tanto per avere un'idea siamo a 20 gradi sopra lo zero assoluto. E i serbatoi? Tecnologicamente avveniristici, simili a dei thermos: due serbatoi separati da una camera d'aria, rarefatta o sottovuoto. Ma si sta ancora studiando questi serbatoi criogenici. Stoccaggio in materiali solidi: non vale nemmeno la pena di soffermarsi, è il sistema meno sviluppato e meno efficace praticamente. Questo processo utilizza gli idruri metallici, una sorta di sfere speciali, che hanno la capacità di immagazzinare idrogeno e rilasciarlo. Ma attualmente la capacità di stoccaggio non supera il 2% del peso del serbatoio stesso.

Giulio Garau

 

Via il carbone dalla centrale entro il 2022
È quanto emerso ieri dal tavolo di confronto in Regione. Il Comune ha chiesto ad A2A di anticipare di tre anni la dismissione
Ora si gioca d'anticipo. Se la partita per la centrale 2.0 è ancora in piedi, e ieri l'amministrazione Cisint al tavolo in Regione ha ribadito che «continuerà a fare quanto in suo potere per ostacolare la riconversione in un nuovo impianto a gas («con idrogeno, in miscela o senza»), è sulla decarbonizzazione che adesso si chiede ad A2A un «passo in avanti concreto». Così, la quadra trovata è quella di un accordo di programma, verosimilmente da chiudersi entro l'anno, per la dismissione dei gruppi carbonili nel 2022. La normativa italiana ha fissato il phase out del minerale fossile al 2025. In caso di proroghe governative per qualsivoglia motivo, da un punto di vista meramente ipotetico, l'azienda ha facoltà di continuare i processi fino al 2028. Sicché anticipare il pensionamento del carbone sarebbe comunque un punto a favore dell'ente, in termini di obiettivi centrati. La cronaca, dunque. Ieri alle 15.30 si è riunito a Trieste il tavolo di confronto sul progetto di riconversione della centrale del rione Enel. Step successivo alla delibera con cui la giunta Fedriga ha espresso 13 condizioni di natura ambientale al parere collaborativo richiesto alla Regione nell'iter di Via (valutazione di impatto ambientale), di competenza statale, sul progetto di modifica dell'impianto. Il vertice, convocato dall'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, è stato aperto dal vicegovernatore. Riccardo Riccardi ha posto un punto fermo sia sulla centralità del confronto che sulla vigilanza sulla salute pubblica: «Questo tavolo rappresenta un punto di equilibrio istituzionale. L'operazione su cui ci si sta confrontando va gestita in massima trasparenza e rispetto della procedura di cui la Regione è puntuale garante». Che per la vigilanza «sarà presente e attiva in tutte le azioni». D'altra parte il sindaco Anna Cisint ha espresso preoccupazione per l'impatto del progetto di A2A su ambiente e salute, considerando poco rilevanti le ricadute occupazionali (ha esibito un «accordo sindacale, nel quale si parla di 50 addetti») e ha rilanciato con l'illustrazione della sua alternativa di sviluppo. Una proposta illustrata lunedì, redatta da esperti, che punta alla graduale dismissione del sito: in sua vece un polo per la crocieristica, con marina e ristorante panoramico sul cucuzzolo dell'attuale camino, in stile Shangai. Da parte dell'azienda (presente l'ingegner Giuseppe Monteforte), come trasmesso da nota ufficiale, è giunto «un messaggio di apertura che considera i piani di sviluppo del Comune compatibili con gli obiettivi di riconversione della centrale e di mantenimento degli equilibri energetici da fonte rinnovabile richiesti dalle norme nazionali». A2A ha parlato della centrale 2.0 come di un sito "pulito" e in regola. Scoccimarro ha fatto sintesi convenendo sull'«accordo di programma», un bis della riconversione di Servola. «Il tavolo pone le basi per quello che potrà essere il futuro sostenibile dell'area - così l'assessore -. La nostra linea politica, come si è fatto per l'area a caldo della ferriera, non è di scontro, bensì di un accordo con la società. La Regione ha già espresso una posizione chiara con le prescrizioni accluse al parere». La Regione condurrà una «mediazione» che porti in tempi brevi al patto per la transizione ecologica, «punto di equilibrio tra istanze industriali e territoriali».

Tiziana Carpinelli

 

«Un impianto non essenziale che condiziona l'intero sito» - la posizione del sindaco
Non c'era solo il Comune di Monfalcone, al tavolo di ieri. Ma pure le vicine municipalità e mezza giunta Fedriga: oltre al vicegovernatore Riccardo Riccardi (il presidente era a Roma), gli assessori Sergio Emidio Bini (Attività produttive), Alessia Rosolen (Lavoro) e Sebastiano Callari (Demanio). Quindi le amministrazioni di Duino Aurisina, Monrupino, Staranzano, Ronchi, San Pier, San Canzian, Turriaco, Doberdò, Fiumicello Villa Vicentina e Grado. Per A2A Giuseppe Monteforte e altri tre delegati. Il sindaco Anna Cisint ha ribadito concetti ripetuti allo sfinimento negli ultimi mesi. Relativamente alle prospettive dell'impianto termoelettrico, «che peraltro non è una centrale tra quelle essenziali in Italia, e non lo dico io, ma Terna», l'intervento «trova motivazione soprattutto nella possibilità di impiegare il capacity market», in sostanza «un'operazione finanziaria per usufruire di queste risorse». Circa il fabbisogno energetico regionale «la verità è che già l'esistente centrale di Torviscosa lavora al 25% per coprire l'intera esigenza territoriale». Quindi le preoccupazioni della città per le ricadute che un nuovo impianto a gas di 850 MW, «praticamente il triplo dell'attuale», verrebbe ad avere. Un impatto «pesante in termini di produzione di Co2», con «riduzione significativa degli attuali posti di lavoro». Altresì «condizionerebbe, in futuro, la possibilità di uno sviluppo, nell'area, della logistica e dei servizi di carattere innovativo e sostenibile». Diversa la prospettiva dell'alternativa illustrata ieri anche alla Regione, che potrebbe portare lavoro: «Con un traffico pari al 10% dell'attuale movimento crocieristico che ha base a Venezia ci sarebbero 4 mila addetti», ha riferito. A chiudere Cisint ha proposto che il «primo punto dell'accordo sia la chiusura dell'impianto a carbone nel 2022 e il ripristino delle aree: un segnale per la città».

T.C.

 

 

La maggioranza si divide sulla riqualificazione del Giardino San Michele - la mozione di FI sostenuta dai voti delle opposizioni
Il Consiglio comunale chiede alla giunta di ripristinare i servizi igienici del Giardino San Michele e di riqualificare la contigua Androna degli Orti: è il contenuto di una mozione presentata dai forzisti Michele Babuder e Alberto Polacco, approvata a maggioranza con il voto delle opposizioni e l'astensione di FdI e Lega. Sempre sul tema dei bagni pubblici, la capogruppo del M5s Elena Danielis rende noto: «Da oltre un anno quelli del Cimitero ex Militare sono fuori uso. Quando sara completata la ristrutturazione? Stante la vigente normativa, la struttura può considerarsi agibile?». Il civico consesso ha anche discusso in maniera accesa alcune mozioni latenti, tra cui quella che stigmatizzava il gesto del vicesindaco Paolo Polidori del 2018 (la coperta del mendicante), rivendicata dal centrosinistra e infine respinta dall'aula. Roberto Cason (Lista Dipiazza) chiarisce di non aver votato per problemi tecnici: si sarebbe comunque espresso a sostegno del vicesindaco. «Non per nostra volontà - è il commento della capogruppo Pd Fabiana Martini - ci ritroviamo a discutere adesso mozioni di quasi tre anni fa, pur ritenendole tuttora politicamente valide: idem per quelle su Giorno del Ricordo e pietre d'inciampo. All'epoca non ottennero l'urgenza». Durante il question time, rispondendo a una domanda di Marco Gabrielli (Cambiamo) sulla Polizia locale, Polidori ha fornito dati sulle confische di autovetture: dal 1° gennaio all'8 maggio 2021 eseguiti 209 sequestri finalizzati alla confisca, 51 fermi amministrativi, 7 confische amministrative, 4 conferimenti a custodia acquirente, 8 rimozioni coattive, un invito alla consegna del veicolo.

Lili Goriup

 

 

Il sondaggio online: «No ai supermercati al Mercato coperto»
Gli esiti del questionario di Adesso Trieste compilato da 850 persone: «Filiera locale»
«Netta contrarietà alla grande distribuzione nel Mercato coperto», è quanto emerso dai dati raccolti nel questionario di Adesso Trieste sul futuro del sito, compilato da più di 850 persone e presentato in videoconferenza: «Al contempo, c'è volontà di renderlo un centro di supporto all'economia, all'offerta del territorio, in un rapporto più stretto con il rione - spiega la civica -. Quest'ultimo punto è particolarmente caldeggiato sia dagli operatori attualmente presenti che potenziali. Altre idee? Incentivi al consumo locale, come buoni spesa per prodotti km0, fermata del tram nei dintorni e percorsi ciclabili con stalli per bici nella struttura». Tra gli altri hanno partecipato il poeta Luigi Nacci e Luca Garibaldo dell'agenzia di ricerca Dynamoscopio, che ha gestito la progettazione della nuova vita del Mercato di Lorenteggio a Milano. Si è trattato di un'anticipazione dell'assemblea pubblica di sabato, dalle 10.30 in campo San Giacomo: alle 13.30 sarà illustrata la partecipazione partecipata sul sito di via Carducci. Prima saranno annunciati il candidato sindaco (al momento in pectore) Riccardo Laterza, e il programma elettorale: ecologia, economia, sociale, cultura, partecipazione i punti chiave, da arricchire successivamente con le proposte dei cittadini. «Frutto del lavoro di un centinaio di persone durato cinque mesi, il nostro programma è una visione per Trieste da qui al 2031 - si legge in una nota -. Si ispira all'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il piano d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità».

Lilli Goriup

 

Rimessa a nuovo la scalinata fra Barcola e il Faro della Vittoria
La ristrutturazione è stata finanziata con 55 mila euro dal Municipio
È stata ristrutturata e rimessa in sicurezza, dopo un'attesa che si protraeva da anni, l'antica scalinata in pietra che da via San Bortolo porta a via del Perarolo, nel rione di Barcola. È stato il Comune, con una spesa di 55 mila euro, a realizzare l'intervento. «Si tratta di un'opera che potrebbe apparire secondaria - spiega l'assessore per i Lavori pubblici, Elisa Lodi - ma in realtà non è così, perché la scala rientra in uno degli itinerari pedonali che i turisti percorrono per salire al Faro della Vittoria o per raggiungere la riviera barcolana dopo averlo visitato». A piedi infatti il tragitto più breve che collega il Faro alla pineta di Barcola comprende proprio quella scala, costruita in pietra più di un secolo fa, come gran parte delle costruzioni che la circondano. Da parecchi anni poi, essa è utilizzata dagli allenatori delle varie canottiere che hanno sede a poche centinaia di metri, lungo viale Miramare, e che portano i loro atleti a faticare su e giù per quei gradini, per raggiungere la migliore forma atletica. Nell'occasione, Lodi ha ricordato che il Comune, recentemente, ha provveduto a sistemare numerose scalinate, in Ratto dei Mandrieri, nelle vie Umago, Ciamician e Molino a vento, in piazza del Sansovino, largo San Luigi, viale D'Annunzio e le scale denominate "Dublino" e "Borgo San Sergio". Ridiventata percorribile senza rischi, ora la scala di Barcola attende di ricevere una denominazione. Nei decenni infatti nessuno ha mai pensato di intitolarla a qualche personaggio; ora che non si presenta più come un manufatto abbandonato, l'ipotesi può diventare attuale. «È molto presto per assumere una decisione in tal senso - dice l'assessore competente, Michele Lobianco - e attualmente non abbiamo intenzione di battezzare quella scala». Bisognerà avere pazienza dunque, ma i residenti di Barcola vedrebbero di buon occhio un'intitolazione della storica scala.

Ugo Salvini

 

 

Area Marina di Miramare: status al top confermato - Superato l'esame della commissione
Esame superato, con i complimenti della commissione: per la terza volta nella sua storia l'Area Marina Protetta di Miramare ha passato il vaglio del Comitato tecnico internazionale di valutazione e ha ottenuto il riconoscimento di Aspim - Area specialmente protetta di importanza mediterranea. Miramare conserva così un titolo che ha ottenuto nel 2008 e che viene sottoposto a verifica ogni 6 anni. Ad essere premiata è la gestione dell'Area, affidata fin dalla sua istituzione nel 1986 al Wwf Italia. Per ottenere e mantenere questo prestigioso e importante status non è infatti sufficiente (anche se necessario) avere un elevato grado di biodiversità, habitat di particolare rilevanza naturalistica e specie rare, minacciate o endemiche: bisogna assicurare una capacità di gestione tale da garantirne la salvaguardia, promuovendo costantemente iniziative di studio che permettano di monitorare annualmente lo stato di salute, verificare il mantenimento di un elevato grado di biodiversità, nonché ottimizzare il funzionamento della struttura tecnica e di sorveglianza. Tutti obiettivi che Miramare ha raggiunto. Il riconoscimento è arrivato al termine di una video-riunione, cui hanno partecipato il direttore dell'Amp Maurizio Spoto con i colleghi Carlo Franzosini e Saul Ciriaco, e il Comitato tecnico.

 

 

Bonifica bellica al via sulla costa di Muggia
Necessario anche un intervento con macchinari ad hoc per rimuovere materiali pesanti trovati sul fondale marino
Muggia. Prosegue la riqualificazione del tratto costiero muggesano, quello che da Porto San Rocco arriva fino alla fine del terrapieno di Acquario, zona, quest'ultima, dove i lavori, come afferma il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Francesco Bussani, «proseguono a ritmo sostenuto». Al milione 230 mila euro utilizzati per il primo stralcio funzionale di riqualificazione costiera, quello già concluso, si aggiungono il milione 316 mila euro previsti per la riqualificazione del tratto costiero da Porto San Rocco a Punta Olmi. Un progetto per il quale si è proseguito l'iter di verifiche conseguente alle necessarie istruttorie. È stata infatti, in questo periodo, effettuata la perizia bellica affidata all'impresa Ediltecnica di Carrara, in Toscana: sono stati eseguiti sondaggio, analisi, mappatura e individuazione di eventuali reperti bellici subacquei risalenti al primo e al secondo conflitto mondiale. Attraverso un magnetonomo, infatti, sono state concretizzate delle verifiche che hanno fatto emergere la presenza di vari elementi sul fondale marino. Permangono masse magnetiche che per le dimensioni sono risultate inamovibili manualmente dagli operatori subacquei impiegati. Per consentire la chiusura delle attività di bonifica bellica, si è reso, quindi, necessario asportare tutto il materiale riscontrato che interferisce con la bonifica del fondale marino, affiancando all'operatore subacqueo un mezzo nautico dotato di escavatore o apparecchio di sollevamento. L'esecuzione delle operazioni richieste per l'asportazione di corpi morti, zavorre e altri materiali nell'area a mare antistante il pontile per la balneazione in strada per Lazzaretto, nel terrapieno Ronchi est/Punta Olmi, è stata affidata alla ditta Kdm Sub Service di Trieste, a fronte di una spesa di 29 mila 890 euro. «Quest'area costiera - spiega Bussani - poteva presentare dei potenziali rischi derivanti dalla presenza di residui bellici, considerato anche il recente rinvenimento di altri ordigni inesplosi in prossimità del cosiddetto Molo a T». Motivo per il quale si è provveduto all'effettuazione della bonifica bellica sistematica in un'area che sarà, a seguire, interessata dai controlli archeologici e da azioni comunque propedeutiche alla successiva realizzazione dell'intervento di riqualificazione del tratto. «I lavori di ricognizione, finalizzati alla valutazione del rischio bellico, sono un atto necessario volto a escludere problematiche che potrebbero altrimenti presentarsi in fase di realizzazione dell'opera», ha spiegato Bussani. «Il prossimo passo - ha concluso il vicesindaco e assessore - sarà l'analisi del sito dal punto di vista archeologico per verificare la presenza di eventuali reperti assieme alla Soprintendenza». -

Luigi Putignano

 

 

Dall'aula di Duino Aurisina il «no» al raddoppio della Capodistria-Divaccia - Le opposizioni tra non voto e astensioni
DUINO AURISINA. Quattro componenti dell'opposizione di centrosinistra che non partecipano al voto sulla mozione presentata dalla maggioranza. Altri due che si astengono. I consiglieri di centrodestra che votano invece compatti il "sì" al testo, ribadendo ancora una volta la loro netta contrarietà al progetto. Ha tenuto banco anche ieri, nel Consiglio comunale di Duino Aurisina, la discussione sul piano che prevede la costruzione del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia, lambendo la Val Rosandra e il Carso triestino. «Il Comune di Duino Aurisina - si legge nel testo della mozione - conferma la propria contrarietà al progetto e chiede il sostegno alla Regione, chiamata a intervenire, e alle competenti autorità la massima attenzione sullo sviluppo dei cantieri. Ritiene inoltre necessario tenere alta l'attenzione sul tema, oltre che vigilare anche sulle progettualità del tratto Ronchi - Trieste». È quest'ultima considerazione a evidenziare la motivazione che sta spingendo l'esecutivo Pallotta a prendere una ferma posizione sull'argomento. «Mai - ha detto Chiara Puntar, capogruppo di Alleanza per Duino Aurisina e relatrice della mozione - vorremmo trovarci davanti a una situazione come quella che sta attanagliando il Comune di San Dorligo della Valle, un territorio in cui il progetto ha suscitato la contrarietà degli ecologisti sloveni e italiani e della cittadinanza». Igor Gabrovec (Insieme) ha replicato, ricordando che «il progetto ha superato il vaglio dell'Unione europea, che lo ha pure finanziato con 200 milioni di euro, ritenendolo strategico. Sbaglia chi vede nel raddoppio della linea un'infrastruttura contraria agli interessi del porto di Trieste, perché ci sono i presupposti per una collaborazione fra i due scali». Più secca Elena Legisa (Rifondazione): «Non partecipo al voto perché questa mozione è uno spot politico». Assenti al voto anche i due esponenti del Pd: Marisa Skerk e Massimo Veronese. Astenuti Lorenzo Celic (M5s) e Stefano Sacher (Lista per il Golfo). Puntar ha poi ricordato che «nel 2013 la Regione aveva bocciato il progetto e il ministero dell'Ambiente italiano aveva inviato alla Slovenia una nota che sollevava perplessità sull'impatto ambientale dell'opera».

Ugo Salvini

 

Binari al servizio del porto - Sì in Sesta commissione - Il passaggio sul potenziamento ferroviario

Un altro passo in avanti per il potenziamento delle reti ferroviarie del Porto di Trieste e della stazione di Campo Marzio. Sono stati deliberati con esito favorevole, ieri in Sesta commissione consiliare, l'adeguamento tecnico-funzionale del Piano regolatore portuale e la variante di quello generale per la rifunzionalizzazione dello scalo di Campo Marzio. Si è trattato di un semplice passaggio burocratico, poiché Autorità di sistema portuale e Rete ferroviaria italiana hanno podestà autonoma in materia di pianificazione, quindi il Comune si è limitato a riconoscere un atto dovuto. Nel concreto, si potrà ora procedere con l'allargamento di alcuni ormeggi della riva Traiana e del Molo V, l'avanzamento a mare della riva sud del Molo VII, la realizzazione di un attracco Ro-Ro nello Scalo Legnami e il dragaggio del canale di accesso alla Piattaforma Logistica. Inoltre, verrà demolito il magazzino merci sulla riva Traiana per realizzare ulteriori quattro binari previsti nel progetto definitivo di ampliamento della stazione di Campo Marzio.«Sono contenta di questi passi in avanti perché più potenziamo la rotaia e più sarà facile togliere dalle strade i camion: con il tempo i mezzi verranno sempre più caricati sui treni fino al paese di destinazione», ha commentato l'assessore comunale all'Urbanistica, Luisa Polli.

Simone Modugno

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2021

 

 

Arvedi punta altri 100 milioni su Servola

Nella Ferriera un nuovo capannone e un sistema per produzione di idrogeno alimentato a energia solare: piano da 30 posti
TRIESTE. Il gruppo Arvedi è interessato a investire altri 100 milioni di euro sulla Ferriera di Servola per realizzare un nuovo capannone per la zincatura e un sistema per la produzione di idrogeno alimentato a energia solare. È quanto comunicato ieri dall'azienda durante un incontro tecnico del comitato esecutivo per l'Accordo di programma sullo stabilimento industriale. Il nuovo investimento, se confermato, dovrebbe portare a 30 posti di lavoro. Così il gruppo siderurgico cremonese sintetizza i termini della proposta presentata al tavolo del Mise: «Arvedi è disponibile ad investire a Trieste ulteriori 100 milioni per realizzare un nuovo capannone all'interno del qual installare una nuova linea di zincatura per produrre un rivestimento di zinco e leghe speciali». L'investimento, spiega, «si completerebbe con l'installazione di due elettrolizzatori per la produzione di idrogeno destinato ai forni di riscaldo in parziale sostituzione del gas naturale. È previsto che gli elettrolizzatori siano alimentati a energia solare». L'azienda elenca però una serie di condizioni a cui è «subordinato» l'intervento: un Contratto di sviluppo (lo strumento di finanziamento del Mise), una modifica al piano regolatore per consentire la costruzione del capannone, il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie, il completamento del processo di sdemanializzazione delle aree. Il gruppo Arvedi assicura che con questo ulteriore investimento assumerà «almeno 30 persone»: «Priorità verrà data ai lavoratori a tempo determinato che, al momento della chiusura dell'area a caldo, cessarono l'attività presso l'unità produttiva di Trieste di Acciaieria Arvedi». Nel corso dell'incontro l'azienda ha rilevato il rispetto degli adempimenti contenuti nell'Accordo di programma: «Nei tempi previsti dall'AdP e dall'accordo sindacale - afferma l'azienda -, Arvedi avvierà i nuovi impianti e impiegherà il numero di addetti previsti. L'obiettivo è limitare a soli due anni la cassa integrazione». L'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro accoglie con soddisfazione l'ipotesi del sistema per la produzione di idrogeno: «Vedo con favore il vero elemento di novità, la produzione di idrogeno tramite pannelli solari, perché si sposa con la nostra idea di sviluppo sostenibile». Questa idea, prosegue l'esponente dell'amministrazione, «è alla base della richiesta di due anni fa, con la quale abbiamo avviato la riconversione dell'area a caldo. Ora attendiamo i dati tecnici per le opportune valutazioni con gli uffici della Regione che dovrà rilasciare le autorizzazioni del caso». Sempre ieri l'azienda ha diffuso un comunicato sulla nube di polveri sollevatasi dallo stabilimento nello scorso fine settimana. La causa del fenomeno, dice la proprietà, è da ricercarsi nel maltempo «eccezionale»: «Gli eventi meteorici intensi come quello di venerdì possono dar luogo ad eventi visibili a causa della polvere che si solleva dalle aree dove ancora non è terminata l'attività di smantellamento». In ogni caso, prosegue il gruppo Arvedi, «sono eventi estremamente diversi dagli spolveramenti osservati negli scorsi anni quando le polveri venivano risollevate da materiali in stoccaggio nel parco fossili e nel parco minerali». Queste aree saranno messe in sicurezza, dice il Gruppo, «come da progetti presentati a settembre 2020 e ancora in corso di approvazione presso il ministero dell'Ambiente».

Giovanni Tomasin

 

Arvedi rassicura: «La nube scura? Solo forte pioggia» - il gruppo: «nessuna criticità a Servola»
Il gruppo Arvedi informa che nell'area della Ferriera di Servola sono in corso le operazioni di dismissione e smantellamento ai sensi dell'accordo di programma sottoscritto in data 26 giugno. «Gli eventi meteorici intensi come quello registrato nella giornata di venerdì 7 - spiega una nota - possono dar luogo ad eventi visibili a causa della polvere che si solleva dalle aree dove ancora non è terminata l'attività di smantellamento e ripristino soprattutto in concomitanza con l'eccezionalità dell'evento come quello di venerdì». «Tali eventi visibili possono verificarsi anche in questa fase di dismissione ma sono eventi estremamente diversi - puntualizza l'azienda cremonese - dagli spolveramenti osservati negli scorsi anni quando le polveri venivano risollevate da materiali in stoccaggio nel parco fossili e nel parco minerali. Tali parchi come altre aree dello stabilimento saranno oggetto di attività di messa in sicurezza permanente come da progetti presentati a settembre 2020 e ancora in corso di approvazione al ministero dell'Ambiente». «L'azienda sta operando nel rispetto delle procedure che sono state comunicate agli enti nel luglio 2020 - conclude il comunicato - mettendo in campo tutte le attività di contenimento necessarie per effettuare lo smantellamento dell'impianto. Dalle risultanze sulla qualità dell'aria non vi è comunque evidenza di alcuna criticità ambientale».Sull'episodio era intervenuto anche l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro. «Mi sono immediatamente confrontato con l'Arpa e la mia direzione Ambiente, è già stata chiesta - aveva spiegato - anche una relazione alle due società Icop e Acciaierie Arvedi su quanto accaduto. Qualche disagio ancora potrebbe esserci, come avevamo già anticipato, poiché si sta demolendo una struttura di oltre cento anni e ci sono molte aree non ancora pavimentate». L'assessore aveva sottolineato che «l'aver avviato la riconversione dell'area nell'ottica dello sviluppo sostenibile non ci fa abbassare la guardia e, come per la questione dei possibili odori, valuteremo eventuali prescrizioni».

 

 

La Sottostazione elettrica sede dell'Unione mondiale dei fisici
Regione, Comune, Fit e gli enti di ricerca: «Altro riconoscimento per la città» - Fantoni: «Verso un polo tecnoscientifico capace di dialogare con le imprese»
Trieste diventa un punto di riferimento per la comunità internazionale dei fisici. Non che prima non lo fosse, basti pensare all'Ictp, ma ieri è stato annunciato il trasferimento nel capoluogo giuliano della segreteria della Iupap (International Union of Pure and Applied Physics), che prenderà sede nel quartiere generale della Fondazione internazionale Trieste, alla Sottostazione elettrica. Ovvero all'interno del Porto vecchio. Anche per questo la novità è stata data in gran pompa nel palazzo della Regione dall'assessore regionale all'Istruzione Alessia Rosolen, dal sindaco Roberto Dipiazza, dal presidente della Fit Stefano Fantoni, dal presidente della Iupap Michel Spiro (da remoto), dal direttore della ricerca di Ictp Sandro Scandolo, dal direttore della Sissa Stefano Ruffo e dal professor Giovanni Comelli del dipartimento di Fisica di Units. La Iupap è un'associazione nata nel 1922 a Bruxelles, dove ora ha sede. Entro il 2021 Trieste diventerà la sede amministrativa del sodalizio, che riunisce i fisici di tutte le nazioni e funge da camera di coordinamento per le ricerche a livello globale. La Iupap organizza convegni e momenti di incontro per la comunità scientifica in tutto il mondo, oltre a assegnare premi prestigiosi come la medaglia Boltzmann per gli studi di meccanica statistica. Sempre a cura della Iupap è la definizione delle unità di misura. Per l'assessore Rosolen «l'arrivo alla Fit è un riconoscimento per la città e per la comunità triestina dei fisici»: «Aiuterà a portare altra attenzione sulla città - ha detto -. È quel che la Regione fa con Fit e gli altri enti scientifici cittadini. In questo senso si colloca la richiesta nel Pnnr di istituire a Trieste l'istituto di ricerca per le tecnologie quantistiche, da insediare in Porto vecchio». Il sindaco ha ringraziato Fantoni per il risultato ottenuto: «Il Porto vecchio continua a riscuotere interesse incredibile. Io penso che in 7-8 anni potremo vedere dei risultati molto interessanti, nonostante la burocrazia di questo Paese». Nel suo discorso il professor Fantoni ha annunciato che l'anno prossimo si terrà il centenario della Iupap, appuntamento che in parte verrà festeggiato anche a Trieste. Il presidente della Fit coglie l'arrivo dell'unione dei fisici come uno sprone alla comunità scientifica e alle istituzioni triestine a fare massa critica: «Qui c'è una concentrazione di ricerca scientifica e attenzione all'innovazione molto più alta che in altre zone d'Italia e d'Europa». Questo potenziale, ha proseguito, può esser impiegato nel risveglio del Porto vecchio: «Penso sia importante andare verso un polo tecnoscientifico che, nel riconoscere il dialogo fra scienza e imprenditoria, non dimentica che i risvolti della ricerca sono importanti di per sé. Trieste può farlo meglio di molti altri». Il presidente della Iupap Spiro è intervenuto in videoconferenza: «Speriamo che Trieste ospiti il segretariato centrale dell'Unione per molto tempo. La città è stata selezionata fra tante candidate in ogni parte del mondo, siamo lieti e onorati che l'abbia fatto anche la Fit. Darà una spinta in più alla Iupap, che entra nel suo secondo secolo di storia». Scandolo ha tessuto le lodi delle attività della Iupap: «Una grande rete che speriamo di riuscire a portare qui». Ruffo ha sottolineato il ruolo della Iupap anche su temi che esulano dalla ricerca, come quello dei diritti civili per gli scienziati. Comelli ha ricordato che l'anno prossimo è il centenario di Iupap: «Nel 2023, invece, ricorrono i cent'anni dall'ingresso dell'Italia nell'Unione, mentre nel 2024 compie un secolo Units. Una serie di occasioni che potranno servirci a guardare al passato, al presente e al futuro». A margine dell'incontro, Fantoni è tornato sul tema del polo tecnoscientifico: «La speranza è che, come avviene negli Usa, Trieste diventi un luogo in cui le imprese vengono perché sanno che lì possono dialogare con gli scienziati. Stiamo creando le condizioni perché ciò avvenga». Elenca Fantoni: «Prima Esof, ora l'arrivo di Iupap, la possibilità della Summer School, l'Ogs al Magazzino 26 sono elementi di un modello interessante, che ancora non c'è ma potrebbe realizzarsi».

Giovanni Tomasin

 

La "terapeutica" in Porto vecchio: Dipiazza apre all'iberica Supera

Il sindaco, stanco di aspettare Terme Fvg e Icop, ha ricevuto ieri la delegazione spagnola che punta sugli spazi del Magazzino 30
Roberto Dipiazza apre il secondo fronte. Non aveva gradito le lungaggini del trio Terme Fvg-Icop-Myrtha Pools nel preparare il progetto della nuova piscina terapeutica in Porto vecchio, così ieri pomeriggio ha ricevuto una delegazione di Supera, un gruppo spagnolo che aveva già presentato un anno fa le proprie credenziali. Presenziava anche il direttore dei Lavori pubblici, Enrico Conte. Al termine dell'incontro il sindaco era soddisfatto, perché l'interlocutore iberico, che gestisce 24 centri "acquatici" tra Spagna e Portogallo, si è impegnato a presentare un progetto nel giro di un paio di settimane. Ma non sarà l'ex quartiere Ford dietro al Centro congressi il sito prescelto, bensì il Magazzino 30 davanti al Bacino 0.Il Comune deve aver rivisto le opinioni al riguardo, perché in precedenza aveva storto il naso sul "30", un'area assai più piccola rispetto alle vetuste strutture del "32" e del "133". Ma il "30" presenta un vantaggio non dappoco: è libero da vincoli della Soprintendenza, per cui può essere abbattuto e sulle sue ceneri rinascerebbe qualcosa di radicalmente nuovo. Si rammenta che il "30" aveva avuto alcuni anni fa il suo momento di notorietà, quando il Comune aveva monitorato il mercato alla ricerca di investitori desiderosi di trasformare quella baracca color rosa in un nuovo mercato ittico, accompagnato da un ristorante panoramico con musica jazz. A un certo punto sembrava che Eataly fosse interessata all'operazione, ma l'interesse tramontò ben presto. Dipiazza ha aggiunto che Supera avrebbe espresso l'intenzione di provvedere anche alla "vecchia" terapeutica, quella parzialmente crollata nell'estate 2019. Comunque il sindaco non ha chiuso la porta in faccia al terzetto Terme-Icop-Myrtha: la sua volontà è quella di mettere a confronto i progetti e verificarne la migliore adattabilità tecnico-finanziaria.

Massimo Greco

 

 

Bluenergy punta sul superbonus - Lavori per 20 milioni su 32 case
I cantieri edili interesseranno complessivamente 950 famiglie, da piazzale De Gasperi a Roiano
Quota 32: Bluenergy Group, importante utility specializzata nella fornitura di luce-gas-servizi, annuncia con un comunicato la partenza di 18 nuovi cantieri Superbonus 110% a Trieste, ai quali se ne aggiungeranno quattordici entro la fine di maggio. Interesseranno 950 famiglie e implicano un investimento di circa 20 milioni di euro. Tra i cantieri già avviati a Trieste il complesso residenziale De Gasperi 3- Lamarmora 11-Brigata Sassari 24 in piazzale De Gasperi, il condominio "Pagliaricci 26" in via dei Pagliaricci a San Giovanni, il condominio "Giusti" di via Giuseppe Giusti a Roiano, il condominio "Commerciale" in via Commerciale 158-158/1, che era già partito a dicembre. Bluenergy ha coordinato il progetto di riqualificazione energetica degli edifici, configurandosi - spiega il comunicato aziendale - come riferimento per la conduzione dei diversi attori impegnati nell'opera e come realizzatore diretto di tutte le opere impiantistiche condominiali. Il progetto ha visto la cooperazione tra diverse imprese del territorio (Cos Drenica, Goni Srl, Schiavone Costruzioni Srl, Ad Gulf, Ilse Costruzioni, Costruzioni Generali Trieste, Sp Group, Cp Costruzioni Srl, Omnia Costruzioni Srl). A esso hanno collaborato lo studio Marangon Maiorano, lo studio Celli, lo studio Gasperini, Diego Piazzolla dello studio System Mind.«L'avvio di questi numerosi cantieri a Trieste è motivo di grande orgoglio per Bluenergy - è il commento di Alberta Gervasio, amministratore delegato di Bluenergy Group - crediamo che la riqualificazione energetica del parco immobiliare di una città come Trieste sia fondamentale per favorire e supportare una quotidianità sempre più sostenibile, un impegno concreto anche verso le generazioni future».«In questo senso il Superbonus 110% rappresenta un'occasione unica sia per il territorio ma anche per i cittadini - insiste la Gervasio -, per questo riteniamo che sia indispensabile affidarsi a un partner specializzato che possa seguire tutti gli step dei lavori dalla progettazione alle pratiche amministrative, vista la complessa articolazione dell'iter per poter accedere ai benefici fiscali, garantendo la qualità dell'esecuzione dei lavori sia sotto il profilo tecnico che finanziario».L'obiettivo di Bluenergy - argomenta ancora il manager - è realizzare interventi capaci di rendere il più efficiente possibile i consumi quotidiani, quindi di consumare di meno e di produrre meno CO2 per scaldare o rinfrescare case, uffici, aziende. In quest'ottica, la scelta Bluenergy - conclude la nota - è fornire esclusivamente energia proveniente da fonti rinnovabili e gas compensato grazie alla collaborazione con Carbonsink, società italiana che si occupa di mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso il meccanismo dell'annullamento dei crediti carbonio prodotti dalle emissioni di CO2. Inoltre, fungendo da hub di riferimento per la conduzione dei diversi attori impegnati nelle opere di riqualificazione energetica, si punta a favorire la collaborazione tra le maestranze locali.

 

 

Discarica a cielo aperto scoperta a Rabuiese
Un'area di 3.000 metri quadrati vicina al confine piena di rifiuti posta sotto sequestro. Si indaga per risalire ai responsabili
Muggia. Frigoriferi, sacchi neri e secchi, colmi di materiale inerte, e diverse apparecchiature elettriche. Ecco che cosa hanno trovato gli uomini del Nucleo Operativo di Protezione ambientale della Capitaneria di porto di Trieste al confine di Rabuiese, in un'area di tremila metri quadrati ora posta sotto sequestro: una discarica a cielo aperto in una zona di passaggio, che si affaccia sulla strada principale verso il valico, vicina al torrente Rabuiese, affluente del Rio Ospo. «Abbiamo ravvisato l'urgenza di intervenire con il sequestro preventivo dell'area e l'immediata comunicazione alla competente Autorità giudiziaria - precisa il capitano di vascello Fabio Poletto alla guida del Centro di coordinamento ambientale marino della Direzione marittima del Fvg - anche per impedire che l'inquinamento del suolo, dovuto alla giacenza dei rifiuti abbandonati di varia natura, a seguito del dilavamento delle piogge, potesse riversarsi nel rio adiacente e di lì nel mare». Il reato contestato è abbandono incontrollato di rifiuti, riconducibile a un'attività imprenditoriale. Su queste basi sono state avviate delle indagini dalla Procura a cui contestualmente sono stati segnalati dai militari alcuni presunti responsabili. Da una prima verifica, sono diversi i soggetti che s'ipotizza possano avere dei legami con lo scarico dei materiali. A partire dalla ditta di impianti elettrici che ha depositato delle impalcature nell'area sotto sequestro, di proprietà demaniale. Nella lista rientrano anche i soggetti che hanno partecipato a un bando indetto dall'Agenzia per l'assegnazione in locazione dello stesso terreno e pure un soggetto che aveva un'attività in loco, ora in fallimento. Sotto sequestro è finito anche lo spazio retrostante un discount, riconducibile a un privato. Il Nucleo operativo di Protezione ambientale sta procedendo, insieme alla Procura, alla ricostruzione dei fatti per trovare il reale autore dell'abbandono incontrollato di rifiuti, individuati in modo fortuito dal Nucleo ispettori pesca durante dei controlli al confine. Tuttavia questa operazione rientra in una più complessa attività di tutela dell'ambiente marino e costiero, condotta anche dagli altri nuclei regionali, coordinati dalla Direzione marittima del capoluogo giuliano. In Fvg sono state quindi portate a termine diverse altre operazioni - oltre, che a Trieste, anche a Grado, Aquileia, Fiumicello e Lignano Sabbiadoro - con il supporto inoltre dell'elicottero della base di Sarzana (La Spezia) e incentrate in particolare sul controllo del ciclo rifiuti: fanno parte di due programmi nazionali, denominati "30 days at sea 3.0" e "Onda Blu", con il coinvolgimento nel primo caso pure del ministero dell'Interno, poiché l'attività coinvolgeva, per il tramite dell'Interpol, ben 67 Stati in tutto il mondo.

Benedetta Moro

 

SEGNALAZIONI - Rifiuti - Cassonetti male utilizzati

Caro direttore, devo constatare che in via Bonomea come in svariate altre parti della città, Carso compreso, c'è l'abitudine di versare nel cassonetto dell'indifferenziata di tutto: contenitori di cartone, metallici, umido. Dato l'ingombro, spesso il coperchio rimane aperto fino al prossimo svuotamento, con "gioia" dei visitatori notturni a quattro zampe. Pare che l'educazione a usare correttamente la serie dei cassonetti presenti sia andata perduta? Felicemente no, perché ho notato che la causa sono le piccole rotonde aperture dei contenitori della plastica e del vetro e che alcuni cassonetti non hanno la leva a pedale per aprire il coperchio. Bisogna usare le mani e in tempi normali forse si poteva sopportare questo infelice disguido ma in tempi di Covid-19 ritengo proprio di no. Ma la cosa che mi dà da pensare sono quei disgraziatissimi contenitori che hanno degli oblò rotondi dal diametro infelicemente stretto. Non tutti hanno le aperture rettangolari che permettono una veloce e sicura discarica sia di sacchetti di plastica sia di scatoloni. Per scaricare l'immondizia si deve prelevarla dai nostri contenitori con le mani e  lentamente, cercando di evitare le inevitabili dispersioni di materiale, sia carta sia plastica o vetro con conseguente impiastricciamento delle mani, vedi yogurt, liquidi vari, contenitori di plastica dei salumi che rimane grassa, eccetera. Di questi tempi poi dove l'igiene è raccomandata a tutti e sempre, l'uso di questi manufatti è veramente detestabile e insicuro. C'è da domandarsi chi li ha comperati, questi odiosi affari e chi è preposto all'arredo urbano cosa faceva quando quel qualcuno li voleva comperare? A mio parere sono assolutamente da eliminare e da sostituirli con altri aventi le aperture rettangolari e la leva a pedale, ma che sia funzionante! Ho constatato che questa tipologia di contenitori, che contribuisce a creare disservizi, è presente in varie parti della città e anche sul Carso.

Sergio Lorenzutti

 

 

L'isoletta di Pomo dove non si pesca più e con la benedizione dei pescatori
L'area protetta istituita con un accordo fra Italia e Croazia nel 2017 ha portato a un massiccio incremento della fauna ittica
Spalato. Nel mezzo dell'Adriatico, tra le coste della Dalmazia e quelle delle Marche, si trova una minuscola isola vulcanica, quasi uno scoglio di grandi dimensioni: Jabuka, Pomo in italiano. Quest'isoletta solitaria dà il suo nome a una vicina fossa, profonda fino a 250 metri, importantissima per la riproduzione della fauna ittica, in particolare naselli e scampi. Dal 2017 un accordo tra Italia e Croazia vieta la pesca in quest'area. E i risultati raggiunti sono sorprendenti, tanto che Jabuka sta diventando un modello per tutto il Mediterraneo.«Oggi quest'isoletta è una celebrità in materia di pesca sostenibile e di protezione degli stock ittici», scherza Igor Isajlovic, ricercatore all'Istituto di oceanografia e pesca di Spalato. «Appena qualche anno fa, però, la situazione era molto diversa: la fossa di Pomo, ricchissima di pesci per via delle sue caratteristiche che ne fanno un luogo di riproduzione privilegiato, era l'obiettivo principale dei pescatori croati e italiani», spiega Isajlovic. Un trend pericoloso - I battelli che praticano la pesca a strascico percorrevano quest'area in lungo e in largo, catturando pesci sempre più piccoli e sempre meno numerosi. «I trend negativi negli ultimi vent'anni erano evidenti, soprattutto se confrontati con i dati raccolti all'indomani della Seconda guerra mondiale, quando la pesca era molto meno sviluppata in Adriatico», ricorda il ricercatore. Partendo da queste constatazioni, gli scienziati di entrambe le sponde hanno cominciato a fare pressione sui rispettivi governi e sul settore della pesca. E fra Roma e Zagabria si è arrivati a un accordo che inizialmente sembrava impossibile. Nell'estate 2017 un'area di restrizione della pesca di circa 2.700 chilometri quadrati è stata istituita in Adriatico, comprendendo anche due "buffer zone", zone cuscinetto in cui la pesca è consentita ma a condizioni molto rigide e solo in determinate occasioni. Il ritorno dei predatori - Il ritorno delle razze e di alcune specie di squali - quei predatori che solitamente scompaiono per primi quando cala la biodiversità in mare - indicano oggi che l'esperimento di Jabuka sta funzionando alla grande. Ed è una buona notizia anche per i pescatori. «I pesci migrano, si muovono, non rispettano i limiti della zona di interdizione di pesca - aggiunge Isajlovic - per questo i pescherecci che lavorano al limite della zona proibita catturano naselli e scampi più grandi rispetto a qualche anno fa e guadagnano di più». I pescatori soddisfatti - A 50 miglia nautiche da Spalato, Darko Kos, il capitano del peschereccio Peter Pan, ha l'aria soddisfatta. «Certo che è meglio di prima. Preferisco catturare 10 chilogrammi di scampi di prima classe, grandi, piuttosto che 50 di scampi piccoli. Lavoro meno e guadagno di più», esclama Kos, mentre osserva i suoi dipendenti separare il pescato. Ogni giorno, un peschereccio come il Peter Pan cattura nelle profondità dell'Adriatico tra i 400 e i 500 chilogrammi di pesce, attraverso una rete lunga circa un chilometro trascinata per cinque ore sul fondale. Assieme alla "no-take zone" - com'è detta in gergo la Fossa di Pomo il cui accesso è proibito ai pescherecci - sono arrivati anche tanti strumenti di controllo. Ma anche questi non sembrano preoccupare Darko Kos. «Vent'anni fa, subito dopo la guerra, tutti pescavano, era una necessità. All'epoca c'erano meno controlli ma tutto era più complicato, i documenti, gli incontri in mare con gli ispettori, la comunicazione...», ricorda il capitano. Nella sua cabina di pilotaggio, diversi schermi touch-screen permettono oggi di inviare in tempo reale la posizione del Peter Pan alle autorità croate: è il sistema Vms (Vessel Monitoring System), obbligatorio su ogni peschereccio. Grazie a questo tipo di apparecchiature satellitari, gli ispettori ricevono ogni 15 minuti la posizione di ogni nave da pesca e possono verificare che nessuno entri nell'area proibita. «Non ci sono molte violazioni», assicura l'ispettore Mario Skorjanec, sbarcato sulla Peter Pan per un controllo di routine. «Oltre alla posizione della nave e alle autorizzazioni di pesca, verifichiamo le dimensioni delle aperture nelle maglie e misuriamo il pescato, obbligando a ributtare in mare i pesci troppo piccoli», prosegue Skorjanec, che assicura «c'è meno pesca illegale di un tempo perché i pescatori sanno di essere seguiti» tanto da parte italiana quanto croata. Il monitoraggio a Zagabria - Al centro di monitoraggio del ministero dell'Agricoltura e della Pesca di Zagabria, due grandi schermi mostrano in tempo reale l'attività in tutto l'Adriatico. Nel centro, un puntino blu indica l'isola di Jabuka, a nord della quale si estende l'area protetta. I pescherecci, rappresentati da delle freccine luminose, seguono diligentemente il confine della no-take zone senza entrarvi. «Jabuka è un esempio di buona collaborazione tra Italia e Croazia che sta producendo altri accordi. Oggi, assieme ai colleghi italiani, ragioniamo assieme alle misure di tutela dell'Adriatico e attuiamo a volte dei controlli congiunti anche gli sloveni», afferma Ante Misura, direttore a Zagabria del Dipartimento della pesca. Un modello di successo - Il segreto del successo dell'operazione Jabuka, secondo Misura, è stato l'aver coinvolto fin dall'inizio nella discussione i pescatori di entrambe le sponde. «La decisione di vietare la pesca in quell'area non è stata imposta dall'alto, ma presa assieme dopo che anche chi vive delle risorse ittiche ha capito che si trattava di un passo necessario», spiega Misura. Oggi, per diverse organizzazioni di protezione dell'ambiente come il Wwf, Jabuka è un modello per tutto il Mediterraneo, un mare dove si stima che oltre il 90% delle specie acquatiche sia vittima di overfishing, ovvero di pesca eccessiva. Proteggere i luoghi in cui i pesci si riproducono potrebbe permettere di ripopolare il Mediterraneo e ricostruire la biodiversità distrutta da decenni di attività umana. Per riuscirci, sostiene il Wwf, bisogna proteggere entro il 2030 il 30% di tutti i mari.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2021

 

 

Dal Mascherini fino al Guardiella: giardini pubblici pronti al restyling

Il Comune investe 300 mila euro per interventi in estate anche in villa Revoltella, villa Cosulich e a Borgo San Sergio

I giardini comunali si vestono di nuovi colori. Per la verità nell'edizione originale di Lucio Battisti i giardini sono ambientati in marzo, ma la delibera dell'assessore Elisa Lodi è passata all'esame della giunta una decina di giorni fa ed è presumibile che la riqualificazione delle aree verdi vada in scena la prossima estate. Il Comune scommette sull'operazione "green" 300.000 euro scavati dall'avanzo vincolato e dalla vendita del Broletto a Trieste Trasporti. Serviranno 343 giornate lavorative per far rifulgere il verde municipale di Guardiella al principio della salita al Cacciatore, di villa Revoltella, del "Mascherini" in piazza Carlo Alberto, di villa Cosulich in strada del Friuli, del "Fumaneri" a borgo San Sergio. A progettare l'intervento riqualificativo i civici architetti Carmelo Trovato e Laura Visintin. Il clou del programma - come si evince dalla loro relazione - riguarda i giardini di Guardiella. L'area, da cui è possibile osservare il Boschetto, si estende per 950 metri quadrati all'incrocio di strade urbane ritenute «piuttosto trafficate»: è attraversata da percorsi in terra battuta, c'erano giochi parzialmente demoliti, una recinzione in legno, alcuni dissuasori nella parte alta. Dalla zona a monte scende acqua. Insomma, c'è bisogno di urgente manutenzione. L'idea è di realizzare una rete di vialetti in pavimentazione in conglomerato ecologico drenante, di collocare una nuova area gioco dotata di attrezzature ludiche poste su una superficie anti-trauma, corredata da panchine. Sarà inoltre spostato l'attraversamento pedonale all'incrocio con salita al Cacciatore. Il giardino sarà reso accessibile alle persone con ridotte capacità motorie. La pavimentazione "drenante" non influirà sull'attuale assetto idrogeologico. Il programma coinvolge nuovamente villa Revoltella, già al centro del recupero finanziato dal governo per redimere le periferie. Nel parco inventato dal barone Pasquale si lavorerà sulla scalinata centrale verso il parco giochi, sulla messa in sicurezza dell'ex voliera fino a un'altezza di 3 metri, sul restauro della grande giostra storica metallica che, pur non funzionando, rimarrà elemento decorativo. Si provvederà a rimettere in sesto il vialetto in cubetti che scende dalla serra verso lo chalet. Il giardino dedicato allo scultore Marcello Mascherini in piazza Carlo Alberto richiede l'asporto della recinzione esistente, che sarà rimpiazzata da una nuova in polietilene verde. Poi due puntate in periferia e semi-periferia. Nel giardino di villa Cosulich in strada del Friuli l'obiettivo è di sostituire le vecchie panchine ammalorate. Più o meno analogo trattamento verrà dedicato al "Fumaneri" in Borgo San Sergio: manutenzione delle panchine e dei manufatti in ferro, il ripristino di gradini e di rivestimenti in pietra. In parallelo a questo quintetto di verdi recuperi, si porrà mano all'area giochi nel giardino che rimembra il podestà Muzio de Tommasini. Proprio de Tommasini decise di creare tra il 1854 e il 1864 un parco sui terreni acquistati dalle monache benedettine, anche se il progetto originario prevedeva la costruzione di una chiesa e di alcuni edifici. Lì c'era un vecchio aereo di legno, che sarà sostituito da riferimenti ludici più freschi: sarà comunque necessario passare prima in commissione paesaggistica e in Soprintendenza. Insomma, è in atto una verde "offensiva" comunale tesa a rendere più vivibili gli scorci ombreggiati dove ossigenarsi e giocare: qualche giorno fa la giunta aveva "licenziato" un intervento da 200.000 euro nel giardino tra vicolo dell'Edera e Pendice Scoglietto.

Massimo Greco

 

Corsi per le emergenze in mare nella casetta dello Skabar - a Barcola, organizzati dagli "amici del bunker"
Un anno di lavori per partire a pieno regime nel 2022. L'associazione dilettantistica "Amici del bunker", sodalizio che può contare su 250 soci, ha preso possesso della casetta di legno nel giardino Skabar. «L'obiettivo - spiega il presidente Alfonso Lattanzio - è di attivare corsi per il settore giovanile incentrati sulle basi della marineria e su come affrontare le emergenze in mare. Altre attività saranno dedicate all'apnea e alla subacquea, discipline nelle quali abbiamo una tradizione importante. Durante quest'anno abbiamo già 15 adesioni, contiamo dal 2022 di arrivare a pieno regime con maggiori disponibilità». La casetta del giardino, la cui concessione gratuita durerà 9 anni, verrà sottoposta a interventi di adeguamento: «Saranno a nostro carico - aggiunge Lattanzio -, speriamo di completarli entro un anno. Cerchiamo sempre di fare tutto in proprio, l'interno è in condizioni buone, il problema è la parte sotto dove alcune persone hanno vissuto in maniera abusiva. Qualcuno addirittura convinto di avere un contratto di subaffitto». «Quando sarà completato l'intervento, Covid permettendo - riprende il presidente -, vorremmo fare una grande festa anche per ringraziare il Comune che ha concesso la struttura». Lattanzio, che ha ricordato l'impegno del presidente della IV commissione consiliare, il forzista Michele Babuder, sottolinea anche: «A giugno avvieremo la pulizia della scogliera, mentre a settembre provvederemo al porticciolo di Barcola, un appuntamento a cui prendono parte sempre tante persone». La casetta nel giardino si aggiunge alle altre due mini sedi degli "Amici del bunker", la prima è quella visibile sul molo di Barcola e la seconda è uno dei locali situati nell'edificio tra il giardino e il porticciolo.

Andrea Pierini

 

«Più manutenzione e vigilanza» Le richieste di mamme e papà per gli spazi dedicati ai bambini
Da via Giulia a San Vito e ancora a via del Veltro e Strada di Fiume: i genitori reclamano un aumento delle attrezzature e attenzione contro i comportamenti scorretti dei più grandi
Più giochi a disposizione dei bambini. E, soprattutto, una manutenzione più attenta, oltre che un controllo più puntuale per evitare vandalismi e danneggiamenti, come peraltro già capitato più volte e in differenti quartieri. È quanto reclamano le tante famiglie che frequentano i parchi cittadini. Ieri pomeriggio il giardino "de Tommasini" di via Giulia era pieno di bimbi, genitori e nonni, tra file davanti alle altalene, sentieri invasi da "baby ciclisti", mamme e neonati sulle panchine. «Serve sicuramente qualche gioco in più», spiega un papà, Sheriff Bekijri: «L'aeroplano è stato tolto già un anno fa, seguito da uno scivolo per i bimbi con una casetta vicino. Spesso si fa la coda per le altalene. Questo giardino è molto frequentato, e gli spazi certamente non mancano, si potrebbero però aggiungere delle attrezzature, e sistemare quelle esistenti, perché qua e là c'è qualche pezzo rotto». Segnalazioni simili anche da tre mamme, Nicole Perhauz, Anja Popovic e Alice Cavagneri Gestro. «Veniamo qui molto spesso. È comodo e anche bello, però si potrebbe fare di più. Le panchine andrebbero messe a posto, soprattutto quelle più vicine al parco giochi, così come alcuni pezzi delle altalene. Eppoi andrebbe controllata meglio tutta la zona, talvolta i ragazzi più grandi rischiano di fare danni tenendo dei comportamenti poco corretti».Anche nel giardino di piazza Carlo Alberto alcuni genitori chiedono di migliorare gli spazi attrezzati. «Non ce ne sono tanti e alcuni di quelli che ci sono, peraltro, sono imbrattati con lo spray», indica una mamma: «Qui nella zona abitano molte famiglie e questo parco è una valvola si sfogo importante. E poi serve una manutenzione più costante. Alcune transenne sono da mesi nell'erba, cadute a terra, i bambini possono farsi male. La fontana inoltre è chiusa ed è diventata una sorta di stagno verde maleodorante. La paura è che tra poco, con il caldo, arriveranno tante zanzare». Per i ragazzini che si sfidano ogni giorno nei campetti sportivi presenti, serve rimettere in sesto soprattutto lo spazio per il calcio. «Quello per il basket va bene, ma qui la recinzione - mostrano i diretti interessati - è mal messa e anche la pavimentazione in alcuni punti andrebbe rifatta». E giochi nuovi vengono auspicati dai genitori anche per Villa Revoltella, lasciando sì quelli storici ma affiancandoci qualche novità, pensata magari per i più piccoli. Tra i giardini comunali per i quali le famiglie chiedono più attenzione ormai da anni c'è poi pure quello incastonato tra via del Veltro e Strada di Fiume: un'ampia area verde su tre livelli collegati da una serie di rampe di scale per una superficie complessiva di ben 1.800 metri quadrati, in parte occupati da giochi, spesso meta di vandali e ragazzi che bivaccano fino a tarda ora.

Micol Brusaferro

 

 

Sbarca al Mercato coperto una nuova pescheria - commissione trasparenza
Dal 2013 ad oggi gli operatori all'interno del Mercato coperto si sono dimezzati, e il Comune deve definire quanto prima il futuro della struttura. Intanto a breve farà ingresso sui banchi di via Carducci una pescheria. È quanto è emerso dalla Commissione Trasparenza convocata ieri per far luce su alcuni aspetti che riguardano quella realtà. «In totale il Mercato coperto - ha illustrato il vicecomandante della Polizia locale Paolo Jerman - dispone di 164 stalli: nel 2013 gli operatori erano 53 oggi se ne contano 27, qualcuno occupa più di un banco». Oltre a venditori di frutta e verdura e alcuni stalli dedicati all'abbigliamento e alle calzature, attualmente c'è un banco gestito da un macellaio, uno da un calzolaio, una sarta, un'estetista, una rivendita di oggettistica, un'edicola e un bar. «Il regolamento che detta le linee delle attività che possono insediarsi all'interno di quella struttura - ha spiegato il comandante della Polizia locale Walter Milocchi - risale al 1982 e prevede commercio su area pubblica oltre alla possibilità di un unico pubblico esercizio. Se si intende ampliare l'offerta o creare un'area dedicata ai coltivatori diretti, servirà aggiornarlo». Fin qui la parte tecnica, ora spetta invece alla politica decidere che direzione prendere. «Serve dare delle linee guida da seguire, - ha spiegato il vicesindaco Paolo Polidori - affinché anche un privato che vuole presentare delle proposte sappia entro quale perimetro muoversi». I tempi medi per il rilascio di una concessione sono di 7 giorni. Nelle ultime settimane le richieste per accedere sono state diverse, e la realtà che ha già completato l'iter di ingresso presentando tutta la documentazione necessaria, farà ingresso a breve: una ditta allestirà una pescheria. «Sono lieta che l'attenzione che abbiamo fatto riemergere sull'attuale situazione del Mercato coperto abbia portato alla decisione che, prima di "affidarsi "ai progetti del privato, sia il Comune a dover scegliere definitivamente come rilanciare il mercato coperto», ha spiegato la presidente della Commissione Trasparenza, Antonella Grim. «È il Comune - ha aggiunto - che deve scegliere, e spero ci si incammini verso la definizione di un quadro di regole che possano rilanciare l'area in una chiave attuale, in primis promozione delle produzioni tipiche e locali».

Laura Tonero

 

 

«Le istituzioni italiane dicano no alla nuova Capodistria-Divaccia»
Tappa a Bagnoli dei portavoce del comitato sloveno contro il progetto «Qui per difendere la Val Rosandra, rischia di restare compromessa»
SAN DORLIGO«Contiamo sulla collaborazione dei rappresentanti degli enti locali italiani confinanti con la Slovenia, per cercare di bloccare un progetto che rischia di compromettere l'equilibrio naturale di queste terre». È questo il forte appello lanciato ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Bagnoli della Rosandra, da Vili Kovacic e Tomas Stebe, portavoce del movimento popolare spontaneo sorto in Slovenia per contrastare la partenza del progetto che prevede la realizzazione del secondo binario della linea Capodistria - Divaccia. «Un piano - hanno spiegato - che palesa a nostro avviso gravi irregolarità sia sul piano giuridico sia su quello economico finanziario. Per questo abbiamo presentato la stessa documentazione alla Corte costituzionale e alla Corte dei conti di Lubiana. Ma bisogna che si arrivi davanti alle massime autorità dell'Unione europea per ottenere un risultato concreto. Per questo siamo venuti a San Dorligo, a pochi passi da quella Val Rosandra che è un gioiello di questa zona e che rischia una grave compromissione se si procederà nella direzione prevista dalla 2Tdk, la società di proprietà dello Stato sloveno nata per l'opera. Vogliamo sensibilizzare la Regione e i comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo perché gli scavi che dovrebbero essere effettuati, i tunnel da costruire, gli impianti al servizio della linea potrebbero originare conseguenze inimmaginabili sul territorio». Una prima presa di posizione c'è già stata da parte dell'assessore regionale Fabio Scoccimarro, mentre pochi giorni fa il Consiglio comunale di Duino Aurisina ha approvato a maggioranza un documento che chiede «la massima attenzione sul progetto, che rischia di provocare seri danni all'ambiente». Ad accogliere gli ospiti sloveni è stato Alen Kermac, consigliere comunale dei Verdi a San Dorligo, che ha garantito una volta di più «massima collaborazione su questo fronte agli amici sloveni», ricordando che «i cittadini italiani che voglio sostenere la protesta possono sottoscrivere un'apposita petizione». Presente anche il capogruppo della Lega, Roberto Massi.-

Ugo Salvini

 

 

Confermate le Bandiere blu ai litorali di Grado e Lignano Portopiccolo tra le new entry - il riconoscimento a spiagge e approdi
Grado. Per il 33° anno (di cui 32 consecutivi) Grado ottiene la Bandiera Blu, record nazionale condiviso con il comune ligure di Moneglia. Un riconoscimento che premia tre spiagge dell'Isola: la principale, Costa Azzurra e Pineta. E a festeggiare è anche Lignano Sabbiadoro che, grazie alla qualità dei servizi offerti al Lido, ottiene la Bandiera Blu per la sezione spiagge per la 32.a volta. Una conferma preziosa per le due località balneari più importanti del Friuli Venezia Giulia, specie se si pensa che ottenere questo "certificato di qualità" diventa sempre più difficile vista la necessità di dover superare anno dopo anno qualche nuovo parametro. Iter procedurale e selezione sono stati fatti seguendo le regole della norma UNI-EN ISO 9001 2015, e hanno portato alla fine le giurie (internazionale e nazionale) ad assegnare complessivamente quest'anno le Bandiere blu a 201 località rivierasche di tutto il Paese. Quindici sono i nuovi ingressi ma, rispetto al 2020, ci sono località che non hanno ottenuto la riconferma. Non solo spiagge tra l'altro. Oltre alle località di mare a issare il vessillo in Italia saranno anche 81 approdi. Categoria che ha riservato una sorpresa al Friuli Venezia Giulia. Tra le new entry del 2021, infatti, compare Portopiccolo ad Aurisina.Alla luce dell'emergenza Covid, quest'anno la Fee - Foundation for Environmental Education, associazione che promuove l'iniziativa, ha tenuto in particolare considerazione, oltre alla qualità delle acque, anche la sicurezza e l'accessibilità nelle spiagge. In totale però sono ben 32 i criteri di valutazione alla base della classifica tra cui figurano anche la presenza di aree pedonali e piste ciclabili, la qualità dell'offerta alberghiera, e la diffusione della raccolta differenziata. «La trentatreesima Bandiera Blu ci gratifica enormemente -commenta il sindaco di Grado Dario Raugna -. Questo riconoscimento rappresenta per noi l'opportunità di progredire ulteriormente rispetto alla strada che stiamo già perseguendo, ponendoci come una località all'avanguardia per quanto concerne il rispetto e la tutela dell'ambiente inteso non soltanto come qualità delle acque marine». «È una bellissima notizia - dice il presidente del Consorzio Grado Turismo, Thomas Soyer -. Per un turista l'assegnazione della Bandiera blu per 33 anni è garanzia di vacanza di qualità, cura verso l'ospite e tutela dell'ambiente».Quanto agli approdi, il numero complessivo di quelli premiati in regione sale a 12. A Trieste, oltre alla new entry Portopiccolo, compare anche il porticciolo della Lega Navale. In provincia di Gorizia riconfermati Porto San Vito a Grado e Hannibal di Monfalcone. Infine nella provincia di Udine le Bandiere blu sono andate a Marina Sant'Andrea di San Giorgio di Nogaro; Marina Punta Faro, Darsena Porto Vecchio, Porto Turistico Marina Uno e Marina Punta Verde di Lignano ed ancora Marina Puta Gabbiani, Darsena Aprilia Marittima e Marina Capo Nord di Aprilia Marittima.

Antonio Boemo

 

 

Chiusa dopo 40 anni la discarica di Cherso. L'isola ora è più verde - Usati i fondi garantiti dall'Unione europea

FIUME. Dieci milioni e 800 mila kune spesi bene. Si tratta di 1 milione e 435 mila euro, mezzi con cui è stata risanata e chiusa la pluridecennale discarica di Przici, sull'isola di Cherso, area un tempo da evitare e ora trasformata in un colle, che in breve tempo verrà ricoperto da erba, altra vegetazione bassa e alberi. L'immondezzaio di Przici, uno dei maggiori a Cherso, era attivo da ormai 40 anni, con le spese di risanamento sostenute nella misura dell'85% (a fondo perduto) dall'Unione europea, il 10% dal Fondo croato per la Tutela dell'ambiente e l'efficienza energetica e il resto dalla municipalità chersina.Stando a quanto comunicato da palazzo comunale, i rifiuti presenti nella discarica sono stati concentrati in una zona di minori dimensioni e quindi ricoperti da decine di metri cubi di terra, su cui è stata seminata l'erba. «Siamo riusciti a risanare una discarica che rappresentava un rischio per l'ambiente, per la salute degli isolani e dei turisti - si legge in un comunicato diffuso dall'amministrazione cittadina - grazie a biofiltri speciali, le emissioni di metano dai rifiuti è stata ridotta ai minimi termini, presente solo in tracce». L'area recuperata si estende su una superficie di 2,17 ettari e dal 1975 al 2017 ha raccolto migliaia di tonnellate di spazzatura. Quattro anni fa a Cherso è entrata in funzione una moderna discarica e da allora i rifiuti urbani misti vengono trasportati nell'impianto di Mariscina, poco alle spalle di Fiume. In quest'isola i risultati nel campo dello smaltimento delle immondizie sono stati e sono significativi. La raccolta differenziata, attuata grazie ad un investimento di 12 milioni di kune (1 milione e 600 mila euro), ha visto Cherso piazzarsi nel 2019 al sesto posto nella classifica nazionale. È stato stabilito che il 40% dei rifiuti viene raccolto in modo differenziato e negli ultimi due anni, sostengono a palazzo municipale, tale percentuale è ulteriormente aumentata. Nel frattempo è stato approntato un centro di riciclaggio, investimento coperto nella misura dell'85% dall'Europa comunitaria. «Sono orgoglioso che Cherso sia ai vertici della Croazia nel settore della gestione dei rifiuti - è quanto affermato dal sindaco chersino, Kristijan Jurjako - del resto non potevamo agire diversamente, avendo una natura ancora intatta e una vocazione turistica importante».

Andrea Marsanich

 

 

Un raro esemplare di avvoltoio monaco avvistato dagli esperti - proviene dalla Bulgaria ed è dotato di gps

Un gruppo di esperti del Centro di recupero dei grifoni con sede a Caisole (Beli in croato), nella parte settentrionale dell'isola di Cherso, è riuscito a fotografare un avvoltoio monaco e proprio mentre se ne stava beato in compagnia con i consimili dalla testa bianca di casa sull'isola. Immortalare l'esponente di una specie che da decenni non si fa più vedere da queste parti non è stato certo casuale: la struttura di Caisole è stata contattata a metà aprile da colleghi della Bulgaria, i quali hanno precisato che in base alle informazioni trasmesse dal Gps del volatile, quest'ultimo si dovrebbe trovare nelle vicinanze del lago di Vrana, l'unica fonte di acqua potabile dell'arcipelago di Cherso e Lussino. Si tratta di un'area dove non è raro ammirare i grifoni, che amano volteggiare nel cielo sovrastante Vrana per individuare una qualche carogna, trattandosi di uccelli saprofagi. L'avvoltoio monaco, a cui è stato dato il nome di Kutelka, era stato introdotto in Bulgaria dalla regione spagnola dell'Estremadura, allo scopo di ridare vita ad una specie scomparsa da tempo. Dato che questi avvoltoi, sulla falsariga dei cugini grifoni, amano bighellonare in età giovane, coprendo ampi spazi, anche Kutelka ha deciso di avventurarsi verso ovest, volando fino all'isola di Cherso. Dal centro isolano hanno precisato che la prima uscita in natura nel tentativo di avvistare l'avvoltoio monaco non ha avuto successo, mentre la seconda ha centrato l'obiettivo, con Kutelka fotografata più volte. Delle quattro specie europee di avvoltoi, un tempo in Croazia vivevano e nidificavano i grifoni, i monaci e l'avvoltoio capovaccaio (Neophron percnopterus). Ora è rimasto il solo avvoltoio dal capo bianco, la cui colonia delle isole quarnerine di Cherso, Veglia, Plauno (Plavnik) e Pervicchio (Prvic) è anche l'unica rimasta nel Paese. Le altre tre specie si sono estinte in Croazia perché avvelenate dall'uomo. Le esche avvelenate non erano destinate a questi volatili così importanti per l'equilibrio dell'ecosistema. Purtroppo cibandosi delle carcasse di animali avvelenati, monaci e capovaccai hanno fatto la stessa fine. Secondo una stima degli esperti, nel Quarnero sono presenti circa 200 esemplari adulti di grifone.

A.M.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2021

 

 

Consorzio di bonifica nuovo, Venezia Giulia tutta coperta
L'ente di Ronchi dei Legionari oltre all'Isontino si occuperà di irrigazioni dei campi e cura dei canali nei comuni di Trieste con una competenza di oltre 58 mila ettari
A 32 anni dalla sua fondazione o, meglio, dall'accorpamento di più enti con la "mission" comune il Consorzio di Bonifica Pianura Isontina di Ronchi dei Legionari cambia nome. Diventa Consorzio di Bonifica della Venezia Giulia e, poi, abbraccia le sue competenze oltreché su 24 Comuni dell'isontino, anche su 6 dell'ex provincia di Trieste e sul Comune di Prepotto, in quella di Udine. Una competenza che, in termini di estensione territoriale, significa una competenza su 58.535,17 ettari, contro i 22.550 del 1989.«Un po' come quando si è verificata la fusione tra la Camera di Commercio di Gorizia e quella di Trieste, dando vita alla Camera di Commercio della Venezia Giulia - spiega il presidente, Enzo Lorenzon - così anche noi, quando abbiamo progressivamente allargato il nostro comprensorio allargando il servizio irriguo al territorio triestino, abbiamo deciso di cambiare nome, scegliendone uno maggiormente rappresentativo delle realtà coinvolte».Il Consorzio, attraverso scelte tecniche e mezzi, gestisce il tutto con l'attuale personale, vale a dire 21 persone, di cui 9 impiegati. Irrigazione, gestione delle prese d'acqua, servizio antibrina e, per alcuni enti, anche gestione del verde, oltre allo sfalcio dell'erba nelle aree di competenza. Ecco le diverse attività del Consorzio ronchese che si allarga. Il servizio è nella sua normale operatività e non implica costi aggiuntivi per gli utenti. Esso, poi, sta seguendo anche le direttive ministeriali per creare delle riserve d'acqua, affiancato dalla Camera di commercio e dalla Regione che, come sottolinea Lorenzon, sono sempre sensibili al mondo agricolo. Quella della bonifica è una storia antica per l'Isontino. Si rifà al Consorzio dell'Agro monfalconese, denominazione diffusa in letteratura agraria dalla seconda metà del XIX secolo. L'irrigazione prende corpo nel periodo tra il 1846 e il 1865, quando viene anche costituito il Consorzio del Brancolo. Con le opere per la realizzazione dell'opera di presa di Sagrado, la "Rosta", nel 1905, appare subito inscindibile il legame con i territori del gradiscano e del cormonese. Di qui la nascita dell'Agro Cormonese-Gradiscano. Si creano i consorzi sulla base dello sviluppo delle opere nei diversi punti del territorio, man mano che la rete di distribuzione irrigua aggiunge nuove aree a servizio. Negli anni Ottanta, complici anche le nuove tecnologie, i moderni macchinari e una diversa organizzazione del lavoro, comincia la spinta all'aggregazione dei consorzi. Punto di arrivo il 31 luglio del 1989 con la costituzione formale del Consorzio di Bonifica Pianura Isontina. Il Consorzio opera su un comprensorio di bonifica ricadente parte nella provincia di Gorizia e parte in quelle di Trieste e di Udine, delimitato dall'amministrazione regionale, il cui perimetro si sviluppa dalla località Podclanz in Comune di Prepotto, segue il confine di Stato lungo il fiume Judrio fino alla località Albana, da qui prosegue sempre lungo il confine di Stato passando per i valichi confinari con la Slovenia di San Floriano, Sant'Andrea, San Pelagio, Fernetti e Pese fino al valico confinario di San Bartolomeo sulla provinciale 14 in Comune di Muggia. Segue quindi la linea di costa fino alla foce dell'Isonzo, il fiume Isonzo, il limite della provincia di Gorizia fino all'intersezione con il Comune di Prepotto, per chiudere in località Podclanz. A ottobre, va ricordato, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del consiglio e del presidente.

Luca Perrino

 

 

Creato a Lussinpiccolo  un mini pronto soccorso per le tartarughe marine
Nei primi tre mesi dell'anno 25 esemplari sono morti nelle acque croate. I nemici? Reti da pesca, ami e plastica
FIUME. Assieme a quello di Pola è l'unico centro di recupero delle tartarughe marine in Croazia. A Lussinpiccolo, nell'ambito del pregevole istituto Plavi svijet (Mondo blu), è attiva una struttura che da anni si adopera a favore di questi meravigliosi rettili, sottoposti negli ultimi decenni ad un'esistenza non certo facile, complicata dalla presenza in mare di tantissima plastica, reti di pescatori, immondizie di vario genere, imbarcazioni. Il centro lussignano, nato nel 2013, ha finora curato 33 esemplari, di cui ben 11 nei primi quattro mesi del 2021 e anche questa è la prova che le tartarughe marine devono affrontare situazioni sempre più difficili, pericolose, stressanti. «Purtroppo nel periodo gennaio-aprile siamo stati informati della morte di 25 tartarughe nelle acque croate dell'Adriatico, numero molto alto e indice di un quadro che preoccupa gli esperti e non solo - è quanto dichiarato dalla responsabile di questo ospedale per rettili marini, la fiumana Mateja Zekan, da tempo trapiantata a Lussinpiccolo - i maggiori pericoli derivano dalle attività di pesca, con le tartarughe che spesso finiscono nelle reti delle strascicanti, nelle reti da posta, in quelle lasciate a marcire sui fondali. Abbiamo anche avuto due casi in cui gli animali hanno inghiottito gli ami rispettivamente di un palamito e di una canna per la pesca al tonno». Il centro, supportato dal progetto intitolato Life Euroturtles, si trova in Val di Sole, tra gli alberghi Aurora e Vespera della lussignana Jadranka. È composto da tre vasche di dimensioni maggiori e da due più piccole, con la Zekan che in questa opera di assistenza lavora al fianco di Tina Belaj, giovane veterinaria di Lussingrande.Entrambe - non appena arriva una tartaruga marina - la controllano dettagliatamente per capirne le condizioni di salute, accertando eventuali lesioni oppure se sia esausta, disidratata o colpita da assideramento. Se necessario, ne curano le ferite e in alcuni casi ricorrono all'infusione. «Negli ultimi tempi abbiamo avviato ua campagna di educazione dei pescatori professionisti e posso dire che la categoria sta sempre più comprendendo i problemi che attanagliano le tartarughe - ha dichiarato la Zekan - non si comportano più come prima, quando gettavano subito in mare gli esemplari pescati casualmente e destinati così a morte certa o quasi. Ora le lasciano in coperta, consentendo agli animali di uscire dallo stato comatoso e di respirare a pieni polmoni. Purtroppo c'è anche tanta plastica in giro, con le tartarughe che scambiano i sacchetti di nylon con le meduse, di cui sono ghiotte. Le conseguenze possono essere fatali».A Lussinpiccolo gli animali convalescenti vengono nutriti bene, con sardelle e calamari, fino a quando giunge il momento di tornare nell'ambiente marino. La Zekan ha poi precisato che cinque esemplari, il cui carapace è più lungo di 45 centimetri, sono stati dotati di Gps, che trasmettono alla struttura isolana dati preziosi sui percorsi compiuti e sulle aree dove amano maggiormente soggiornare.

Andrea Marsanich

 

Clima e pesticidi, a rischio le api. Senza di loro poca frutta e verdura

Un futuro senza api? Molto cupo. Non significherebbe solo rinunciare al miele, ma anche ridurre il consumo di molteplici varietà di frutta e verdura. «Delle 100 colture che costituiscono il 90% della produzione mondiale di cibo, ben 71 sono legate alle api» afferma la rivista di scienza e sociologia "Focus". Il sistema alimentare ne uscirebbe compromesso ma non solo: ne risentirebbe anche quello economico. Senza contare i danni all'ecosistema. L'operoso insetto è così prezioso per l'uomo e la Natura grazie al suo servizio di impollinazione, processo fondamentale nel ciclo vitale di una pianta. Secondo l'Ispra, Istituto superiore per la Protezione e ricerca ambientale, più del 75% delle principali colture trae beneficio da decine di migliaia di specie animali, tra cui almeno 16 mila insetti. Inoltre il 90% delle piante selvatiche da fiore necessita della collaborazione degli impollinatori (come api, vespe, farfalle, coccinelle, ragni, uccelli) per la propria moltiplicazione. In primavera ed estate, l'ape si nutre di nettare e polline, due sostanze prodotte dai fiori e in funzione di questa caratteristica è munita di un apparato boccale specializzato nel succhiare il nettare. Possiede anche zampe in grado di raccogliere e trasportare i granuli di polline. Dopo essersi "rifornita" in un fiore, vola verso un altro e porta con sé, intrappolati nella sua peluria, residui di polline: è nel secondo fiore che i granelli trasportati si staccano e vanno a posarsi sullo stigma. Ne seguirà la produzione di frutti e semi. A partire dagli Anni '90, molti apicoltori hanno assistito a un rilevante calo nelle popolazioni di api, soprattutto in Europa e Nord America.Una specie su dieci di api e farfalle europee è a rischio estinzione e una su tre è in declino. Il fenomeno è riconducibile a diversi fattori, capaci di agire singolarmente oppure in combinazione tra loro: distruzione dell'habitat, avvelenamento da pesticidi utilizzati nell'agricoltura, inquinamento, cambiamenti climatici e così via. L'eliminazione delle sostanze chimiche contenute nei pesticidi è il passo più immediato per tutelarle: nel maggio del 2018 l'Unione europea ha approvato il bando di tre insetticidi particolarmente letali per loro.Al di là di questo avvenimento, maggio è proprio il mese delle api: il 20 si festeggia la loro Giornata mondiale, indetta dall'Onu per sensibilizzare l'opinione pubblica e ricordare a tutti la frase che si attribuisce al fisico Einstein: «Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita». Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo tentare di aiutarle: piantiamo nei nostri giardini e balconi piante che producano molto polline e nettare, così da risultare una buona fonte di nutrimento per gli impollinatori. Può capitare inoltre che un alveare venga costruito in un luogo non adatto, come terrazzi e davanzali: visto che le api sono protette, a maggior ragione non si possono uccidere con procedure di disinfestazione. Bisogna affidarsi a un apicoltore che catturerà lo sciame e sposterà il suo "magazzino" di provviste per l'inverno in una zona più consona. Qualora l'alveare si trovasse in posti difficilmente accessibili, si possono interpellare anche i Vigili del fuoco.

Nicole Cherbancich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2021

 

 

Mercato coperto: all'orizzonte un hub per giovani e 10 nuovi ingressi
Polidori: anche un incubatore per ristoratori alle prime armi - Al Comune intanto richieste di spazi e di indicazioni sull'iter
Il dibattito che da settimane ruota intorno al futuro del Mercato coperto, le idee che ne stanno scaturendo hanno riacceso i riflettori sulla struttura, tanto da far pervenire al Comune delle richieste da parte di nuovi commercianti per occupare degli spazi all'interno. Intanto il vicesindaco Paolo Polidori, che in giunta ha la delega sui mercati, lancia una nuova proposta: quella di trasformare alcuni spazi del sito in un incubatore per giovani imprenditori nel settore della ristorazione. NUOVI INGRESSI Frutta, verdura, olio, formaggi sono alcuni dei prodotti che le cinque aziende che hanno scritto di recente all'amministrazione intendono proporre all'interno del Mercato di via Carducci. Queste hanno presentato domanda formale per aggiudicarsi un banco, ma parallelamente altrettante hanno chiesto informazioni sull'iter da seguire, e potrebbero presentare domanda a breve. «Inoltre - aggiunge Polidori - personalmente ho ricevuto manifestazioni di interesse da parte di ristoratori e pasticceri per un coinvolgimento nel più ampio progetto di rilancio della struttura». "IL BIC DELLA CUCINA" L'idea di Polidori è quella di utilizzare spazi del Mercato coperto per incentivare l'imprenditoria giovanile, che gode anche di fondi specifici, «creando una sorta di hub per l'attività dei ragazzi che escono dalle scuole alberghiere - illustra il vicesindaco -, che vogliono fare un po' di "palestra" nel settore e sviluppare una propria attività, farsi conoscere, prima di fare il salto nel mercato più duro della ristorazione». Insomma, un incubatore per cuochi, baristi, pasticceri. «Penso che oltre alla valorizzazione della storica attività delle bancarelle - spiega Polidori -, serva una rivisitazione dell'immagine del Mercato coperto, con l'obiettivo di promuovere i prodotti del territorio e di tutta la Mitteleuropa, per rendere la proposta più interessante anche in chiave turistica». IL MERCATO DI FIRENZE Nelle prossime settimane, non appena la situazione pandemica consentirà la completa ripresa dell'attività, il sindaco Roberto Dipiazza e il vicesindaco hanno in previsione di organizzare una giornata alla scoperta del Mercato centrale di Firenze, una realtà diventata una vera attrazione turistica. All'interno c'è sì la vendita di generi alimentari, ma anche una suggestiva area dedicata alla ristorazione. UN UNICO PROGETTO DA UN PRIVATO Ad oggi in Comune è pervenuto un solo progetto da parte di un privato che intende investire sulla riqualificazione e sul rilancio del Mercato coperto. È quello firmato dall'impresa Monticolo, che all'interno di quell'immobile prevede, tra le varie cose, anche la realizzazione di un piccolo supermercato. «Un progetto che va rivisto - valuta Polidori - tenendo conto delle indicazioni che verranno date dal Comune, e di quelle che abbiamo raccolto ascoltando le associazioni di categoria, la Camera di commercio, il Gal Carso o la Coldiretti con la quale intendo confrontarmi». I PASSAGGI Quali i soggetti che dovrebbero avere un ruolo nel progetto che andrà a ridisegnare l'attività del mercato? «Il Comune, il proprietario dell'immobile - illustra Polidori -, che traccia il perimetro entro il quale dovrà muoversi il progetto e che può anche pensare di investire; il soggetto privato (un consorzio, un'ati) che investe e gestisce, e che propone il progetto». A questo proposito il vicesindaco spiega che una volta trovata la quadra con il proponente su quello che il progetto deve prevedere, il Comune indice una gara tenendo conto di quelle caratteristiche, «e la società proponente - fa presente - ha la prelazione». Ci saranno poi le singole aziende che vogliono lavorare in quel contesto, «e poi, a mio parere - conclude Polidori -, il gestore dovrebbe dotarsi di una figura manageriale, una sorta di "direttore d'orchestra" che coordini tutte le attività, promuovendo anche la struttura».

Laura Tonero

 

Il cibo metafora del territorio, nel MuMeG il museo del gusto

E' la proposta dell'associazione che riunisce le donne ingegneri e architetti di Trieste

«Il Mercato coperto è un soggetto forte: può affrontare una nuova sfida». Ne è convinta l'architetto Lucia Krasovec, presidente di Aidia Trieste, l'Associazione italiana donne ingegneri e architetti che ha aderito all'iniziativa delle Settimane del Patrimonio Culturale promossa da Italia Nostra, inserendo tra i musei coinvolti a livello nazionale proprio il Mercato coperto di via Carducci. «Serve riabilitare il termine museo - ha sottolineato la presidente di Italia Nostra Antonella Caroli -. Deve diventare un luogo dove ci sia un'anima partecipativa, dove persone, animali, piante riescano a comunicare tra di loro. Abbiamo spesso pensato al museo come un luogo dove vengono sistemati degli oggetti, accatastate delle cose - ha aggiunto Caroli - questo invece deve diventare il Museo del Gusto, dove al primo posto ci sarà l'essere umano». Nel promuovere le Settimane del Patrimonio culturale (dal 1 al 16 maggio 2021), Italia Nostra concorda con Icom sul fatto che i musei debbano sostenere un nuovo sviluppo umano, che non sia più esclusivamente quello finanziario, industriale e cementizio ma nemmeno solo spettacolare e turistico. In questo contesto si muove il progetto che sta elaborando Aidia Trieste, e che mira, dopo aver sottoscritto una convenzione con il Comune, a trasformare la struttura di via Carducci in un Museo urbano del territorio, MuMeG - Museo Mercato del Gusto. «Il Mercato Coperto deve diventare un importante tassello del macrocosmo del quartiere Barriera, e non solo per l'architettura e la funzione strategica, ma anche come uno dei principali attivatori di una rigenerazione urbana che deve essere anche umana», ha spiegato Krasovec. E ancora: «Il progetto di trasformare il Mercato in un Museo del Gusto e del Territorio sottende la riappacificazione degli esseri umani con la natura, per orientare quelle azioni positive necessarie affinché il nostro cibo non sia solo buono da mangiare, ma anche buono da pensare». Aidia Trieste, a questo scopo, propone la creazione di un Comitato costituente «che dovrà orientare e facilitare scelte - hanno spiegato - che effettivamente rappresentino il territorio, attraverso la metafora del cibo, e la sua gente affinché non si perda il contatto con la memoria collettiva e non vengano dissipate le risorse intese come bene comune da tramandare alle generazioni future».Nel corso dell'estate al Mercato coperto verrà allestita la mostra didattica "61 Tex" che ha coinvolto gli studenti di Architettura dell'Università di Udine, «che si sono esercitati - ha spiegato l'architetto Cristiana Eusepi - in progetti di "riciclo" dell'area dell'ex jutificio di Trieste».

LA. TO.

 

 

Nube scura dall'area della Ferriera a Servola Verifica della Regione - CHIESTA UNA RELAZIONE A ICOP E ARVEDI
Durante l'ondata di maltempo che si è abbattuta sabato su Trieste, con pioggia e vento, molte persone hanno segnalato una nube scura. La polvere si è sollevata dall'area della Ferriera di Servola e ha destato preoccupazione tra chi ha assistito alla scena. Sull'episodio è intervenuto ieri l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro. «Mi sono immediatamente confrontato con l'Arpa e la mia direzione Ambiente, è già stata chiesta - spiega - anche una relazione alle due società Icop e Acciaierie Arvedi su quanto accaduto. Qualche disagio - avverte - ancora potrebbe esserci, come avevamo già anticipato, poiché si sta demolendo una struttura di oltre 100 anni e ci sono molte aree non ancora pavimentate».L'assessore sottolinea che «l'aver avviato la riconversione dell'area nell'ottica dello sviluppo sostenibile non ci fa abbassare la guardia e, come per la questione dei possibili odori molesti, valuteremo eventuali prescrizioni per quanto riguarda la gestione del cantiere nei prossimi mesi. Chiederemo infine conto - aggiunge - delle tempistiche relative alla vendita o allo smaltimento dei cumuli di carbone ancora invenduti».

MI.B.

 

 

A Muggia - Ciclabili, FIAB: "Si facciano anche fuori dal centro"

Prosegue la polemica sulle corsie ciclabili in via delle Saline, bocciate a Muggia dal Consiglio comunale. A parere di Fiab Muggia Ulisse «la querelle sulla ciclabilità o meno di via delle Saline non è una questione marginale». Su questo aspetto, dice Jacopo Rothenaisler, referente Fiab per Muggia, «questo consenso si basa sull'utilità, per i singoli cittadini, dei propri luoghi, siano essi aree, piazze, strade, marciapiedi. In questa visione un'area utile è un'area edificata, una strada utile è una strada veloce, una piazza o un marciapiede utili sono luoghi dove parcheggiare. Una città utile non è - prosegue - però una città vivibile. Fiab si batte per un'idea diversa di città, che non elimina ovviamente l'automobile, ma che organizza i propri spazi per renderli fruibili e sicuri per tutti». Per il presidente Luca Mastropasqua, «questo modo di concepire lo spazio non può essere relegato, come sta avvenendo a Muggia, all'interno del centro storico, mentre all'esterno c'è solo traffico, parcheggio diffuso e l'insicurezza di tutte le categorie deboli, come bambini e anziani».

Lu. Pu.

 

 

Centrale, resta un solo indagato - L'ipotesi è disastro ambientale
Notifica della Procura a Roberto Scottoni, ex direttore dello stabilimento di A2A e all'azienda proprietaria dell'impianto termoelettrico, quale responsabile civile
Avviso di conclusione delle indagini per il procedimento relativo alla centrale di Monfalcone. La Procura di Gorizia lo ha notificato all'azienda A2A Energiefuture, ai fini della responsabilità civile (ex d.lgs 231/01), e a uno dei dipendenti, all'epoca direttore di stabilimento, Roberto Scottoni, che aveva iscritto nel registro degli indagati dal 2017. Agli altri dipendenti allora indagati non risulta ad oggi alcuna notificazione. L'ipotesi di accusa è quella di "disastro ambientale", in base all'articolo 452 quater, comma 1 n. 2) e comma 2 del Codice penale. L'avviso di conclusione delle indagini presuppone dunque che il pubblico ministero, il sostituto procuratore Valentina Bossi che ha coordinato il procedimento, abbia ritenuto che non vi siano gli estremi per richiedere l'archiviazione, né per svolgere ulteriori indagini, ma sarà il giudice delle indagini preliminari ad assumere le decisioni conseguenti. La vicenda, molto complessa e delicata, era scaturita a seguito di alcune segnalazioni circa presunti casi di inquinamento ricondotti alla centrale, in particolare nel periodo tra il 2011 ed il 2013. Tra le segnalazioni rientrava anche l'esposto che l'11 novembre 2013 aveva presentato Anna Maria Cisint, all'epoca consigliere comunale di opposizione. Un esposto contro ignoti, oltre mille pagine di documentazione, attraverso il quale era stato chiesto di verificare l'attività dell'impianto termoelettrico, in ordine alle emissioni e alle relative ricadute. Era stato richiesto, inoltre, l'accertamento del cosiddetto "nesso di causalità" ai fini del rapporto tra evento dannoso e responsabilità soggettiva. Cisint era stata successivamente iscritta quale parte offesa nel procedimento, in virtù della quale, una volta diventata sindaco di Monfalcone, l'amministrazione comunale, attraverso una delibera di giunta, aveva fatto proprio l'esposto del 2013, affidando al primo cittadino il mandato di costituirsi parte offesa a nome e per conto del Comune di Monfalcone. Un'indagine che affonda le radici nel 2014, quando era stato aperto un fascicolo al fine di verificare lo stato delle emissioni della centrale. La Procura aveva affidato l'incarico a un perito, il dottor Stefano Scarselli, già incaricato nell'ambito delle indagini condotte sulla centrale di Vado Ligure, per eseguire i rilevamenti, un accurato controllo sul suolo e sul fondo marino, nell'ambito di un ampio raggio di "circospezione" attorno all'impianto termoelettrico cittadino. Lo stesso sostituto procuratore Bossi s'era recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che avevano lavorato sulla centrale di Vado Ligure, pur distinguendo i due casi, trattandosi di ipotesi di reato diverse. Un percorso inquirente lungo e articolato, mettendo in campo innumerevoli e approfonditi accertamenti, avvalendosi anche dei tecnici dell'Arpa Friuli Venezia Giulia e del Veneto, nonché il Noe dei carabinieri di Udine, i carabinieri della Polizia giudiziaria ed il Nucleo operativo della compagnia NOR dei carabinieri di Monfalcone per le riprese. L'azienda A2A, da parte sua, ha sempre dichiarato la propria disponibilità a collaborare rispetto alle richieste di tutte le autorità competenti, ribadendo la propria politica di attenzione per l'ambiente e la massima sostenibilità possibile delle proprie attività industriali, evidenziando la piena ottemperanza alle leggi, ai regolamenti e alle prescrizioni vigenti, impegnandosi ad adeguare anche la centrale di Monfalcone alle migliori tecnologie disponibili e di accertare l'assenza di significativi impatti sull'ambiente circostante. L'azienda, proprietaria dell'impianto, alla luce dell'avviso di conclusione delle indagini, ha quindi osservato che «confermando la piena fiducia nell'operato della magistratura, fornirà ogni collaborazione utile alla rapida conclusione del procedimento, certa della correttezza delle proprie attività e di quelle dei suoi dipendenti». A distanza di anni, si è giunti ad un punto comunque significativo. Non resta che attendere gli ulteriori sviluppi e i passi che la Procura di Gorizia riterrà di avanzare.

Laura Borsani

 

 

C'è il Gruccione alla Cona - Allestiti i nuovi capanni per le foto e l'osservazione
Il volatile multicolore di origini africane e di piccole dimensioni da pochi anni si riproduce nella Riserva naturale di Staranzano
STARANZANO. È una bella opportunità per gli appassionati di birdwatching. Sono arrivati all'Isola della Cona i Gruccioni e il capanno fotografico per l'osservazione è già ufficialmente attivo. Intanto la Riserva naturale è diventata lo sfondo scelto dalla cantante monfalconese Elisa, che appare sulla copertina del settimanale "Grazia". Nelle immagini ci sono gli angoli più belli e caratteristici dell'area protetta e sullo sfondo i cavalli bianchi Camargue orgoglio della Cona, il fiume Isonzo, l'area del ripristino con i cigni. Insomma, uno spot anche la Cona. E ora è arrivato alla Cona il gruccione comune europeo (nome scientifico Merops apiaster, foto di Simon Kovacic), che ha trovato l'ambiente ideale per il suo insediamento. Si tratta di un bellissimo uccello di origini africane di piccole dimensioni, che solo da pochi anni si riproduce anche nella Riserva Foce Isonzo. È un predatore di insetti, ha colori sgargianti, petto azzurro, gola gialla, dorso bronzo-rossastro e maschera facciale nera che si estende dal becco fino agli occhi. Sulle ali sono presenti diverse sfumature che spaziano tra l'arancione, il verde, l'ocra e il blu scuro. Il becco, ricurvo verso il basso, inoltre, è di color nero mentre l'iride è rossa purpurea.Il capanno fotografico è operativo anche per l'ascolto e il riconoscimento degli uccelli, dei loro canti, messo a norma e perfettamente adeguato al rispetto delle regole emanate come misure per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Oltre alle aperture sulla parete frontale, alle finestre mimetizzate per guardare all'esterno, la struttura è dotata di pannelli a separé e tendaggi sostenuti da canne palustri che aumentano la sicurezza degli utenti soprattutto per quanto riguarda il distanziamento sociale richiesto per evitare il passaggio del virus. Il noleggio della struttura organizzato in quattro postazioni, è possibile per la giornata intera al costo di venti euro a persona. Per informazioni e prenotazioni ci si potrà rivolgere al personale del Centro visite o scrivere via mail all'indirizzo info@rogos.it. Sempre nel rispetto delle regole anti-Covid, la Cona offre in questo periodo la possibilità di usufruire delle strutture e dei servizi come gli osservatori, i musei, mentre l'accesso ai sentieri è stato regolamentato nel seguire strettamente i percorsi indicati, in modo da non incrociare altri visitatori in entrata. È sempre in funzione, inoltre, la "sanificazione" delle aree aperte al pubblico, cioè i musei, il bar, il parco giochi per bambini e i servizi igienici.

Vitiello

 

 

"L'umanità ferisce l'ambiente ogni giorno ma non è troppo tardi, lo si può ancora curare"

Parla Kajfez Bogataj del consiglio intergovernativo Onu sul clima "Il turismo di massa non è più sostenibile: serve un cambio di rotta"

LUBIANA. L'ambiente resta centrale anche nella società dei chip e della globalizzazione. Gli uomini lo stanno ferendo di continuo, ma non è ancora troppo tardi per invertire la rotta. Lo sostiene Lucka Kajfez Bogataj, esponente dell'Ippc, il consiglio intergovernativo dell'Onu sulla crisi climatica. Nel 2007 ottenne il Nobel per la Pace, insieme all'ex vice presidente americano, Al Gore. Martedì sarà a Isola a un summit dell'Iniziativa adriatico-ionica.Oggi tutti i ministri e politici parlano di ambiente. Solo una moda o una fede sincera?«L'ambiente, almeno nell'Unione europea, ha davvero una grande importanza. Più vi è impegnata la giovane generazione, i futuri elettori, e la società civile, più si devono impegnare, almeno a parole, anche i politici».Ma si crede sinceramente in questo impegno?«La situazione è molto differente. In tanti Paesi l'economia ha riconosciuto che il rispetto dell'ambiente a lungo termine conviene anche da un punto di vista finanziario. Lì politiche verdi hanno già trasformato questa visione in prassi. In altre realtà invece si guarda ancora alla tutela dell'ambiente come a un incremento di spesa e si pensa allo sviluppo solo attraverso il prisma dei 4 anni di mandato (parlamentare ndr.). Qui la politica parla e promette più che decidere. Che cosa bisogna fare perché si sentano come reali i problemi dell'ambiente?«In Europa percepiamo con più difficoltà i problemi dell'ambiente come reali rispetto ai Paesi in via di sviluppo. L'Europa ha abbastanza a buon prezzo l'acqua potabile, un'aria relativamente pulita e gli ecosistemi conservati. Chi ha viaggiato nei Paesi poveri e nell'Europa orientale ha potuto di persona constatare la fragilità dell'ambiente. Ma i problemi reali li comprendiamo solo quando guardiamo ai trend globali».Che cosa ci dicono questi trend?«Che il 40% della natura è irrimediabilmente compromesso, che il clima è drasticamente cambiato e aumentano i fenomeni atmosferici estremi e che la biodiversità diminuisce mille volte più velocemente di quello che è lo sviluppo evolutivo».Come dobbiamo comportarci allora nella vita di ogni giorno?«Gli stili di vita anche nella stessa famiglia possono già essere molto diversi per cui è difficile fornire una "ricetta verde"».Ma ci sono dei comportamenti più virtuosi di altri?«Certo, a iniziare dall'uso dell'automobile: meno la prendiamo, preferendo andare a piedi o in bicicletta, meno gas di scarico immettiamo nell'aria. Se mangiamo più verdura e meno carne è un bene per l'ambiente perché consumiamo meno acqua, superficie ed energia. E poi i vegetali sono meno cari e molto, ma molto più sani».Come valuta lo spreco di cibo?«Il cibo gettato nei rifiuti è un crimine contro la natura».Come dobbiamo comportarci allora negli acquisti?«Compriamo solo ciò di cui abbiamo bisogno, lasciamo stare invece le cose che vogliamo semplicemente possedere. Far capire la differenza tra ciò che si vuole e ciò che serve davvero è importante soprattutto nell'educazione dei i bambini».Il tema del forum di Isola è il rapporto tra l'ambiente e lo sviluppo del turismo. Possono progredire assieme?«Ma certo. Lo scopo del turismo una volta era proprio quello di conoscere nuovi ambienti e innamorarsi nella natura incontaminata».Oggi però non siamo più nell'era dei viaggiatori romantici alla Byron o Shelley. Come fare?«Il turismo di massa non è più adeguato al XXI secolo visto che in pratica sega il ramo su cui sta appollaiato. Danneggia ambiente e popolazione. Bisogna puntare, e qualcuno ha già iniziato, al turismo duraturo che però non dà nel breve termine lo stesso volume di guadagni di quello di massa. Servono poi nuovi investimenti e ospiti che la pensano in modo diverso. I giganti del turismo vogliono invece guadagnare subito».Dunque tutte quelle "cattedrali" alberghiere rischiano di diventare obsolete? «Certo e poi già oggi per gran parte dell'anno sono vuote. Dovremmo pensare a trasformarle in ospedali e case di riposo.

Mauro Manzin

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2021

 

 

Violento temporale - E al Molo VII una nave rompe gli ormeggi - l'improvviso episodio di maltempo
Un temporale improvviso, e impressionante per la sua violenza, con forti raffiche di vento, arrivate a toccare i 40 nodi e a superare i 70 chilometri orari, si è abbattuto ieri intorno alle 17.30 su Trieste. Una quindicina gli interventi dei Vigili del fuoco per allagamenti e alberi pericolanti. Al Molo VII la Msc Genova, un colosso da 366 metri, ha rotto gli ormeggi: due rimorchiatori della Tripmare, il Centurion e l'Altair, sono prontamente intervenuti mettendo in sicurezza la nave con i motori spenti e diretta verso la Piattaforma logistica.«I rimorchiatori - spiega Alberto Cattaruzza, ad Tripmare - hanno fatto un grande lavoro visto il rischio elevato per le vite umane e per l'ambiente». Sul posto la Capitaneria, i Piloti del Porto - che avevano segnalato l'emergenza - e i Vigili del fuoco. Dall'area della Ferriera si è invece alzata una nuvola di polveri nere che ha investito parte della città.

an.pi.

 

 

Torna il treno Frecciarossa da Trieste fino a Torino - da martedì
Trieste. Non basterà di certo a uscire dallo storico isolamento di Trieste, ma almeno semplificherà la vita a molti passeggeri in partenza, o arrivo, dal capoluogo regionale. Dalla settimana prossima verrà ripristinato uno dei collegamenti veloci via rotaia cancellato nei mesi scorsi da Trenitalia. Si tratta del treno Frecciarossa per Torino. Il collegamento sarà riattivato a partire da martedì prossimo. Partenza da Trieste alle 6 e arrivo a Porta Nuova cinque ore dopo, precisamente alle 10.58. Al ritorno il treno lascerà la stazione piemontese alle 18.40 per arrivare a Trieste alle 23.40.La notizia della riattivazione da parte di Trenitalia del Frecciarossa per Torino arriva a distanza di un paio di settimane da un altro gradito "regalo" per il popolo dei pendolari o comunque dei frequentatori abituali delle stazioni ferroviarie: il debutto su Trieste dei treni di Italo. A partire dal 27 maggio, infatti, verrà attivato il primo collegamento della compagnia Nuovo Trasporto Viaggiatori, fondata e presieduta da Luca Cordero di Montezemolo, tra il capoluogo regionale, Roma e Napoli. La società privata, dopo essere sbarcata in regione a Udine e Pordenone dall'ottobre 2019, si espande a Nordest con due collegamenti sette giorni su sette e fermate in quattro nuove stazioni: oltre a Trieste, anche Monfalcone, Latisana e Portogruaro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2021

 

 

La nuova proprietà nel palazzo ex Fs: «Non solo albergo, spazi aperti a tutti»
Il duo viennese Holler-Mitterdorfer pensa a hotel, residenze, negozi e anche a una piscina con area relax all'ultimo piano
Da nuovi proprietari Ivan Holler e Michael Mitterdorfer - i due imprenditori viennesi amministratori delegati della neonata Pvv Investments srl con sede a Mestre (Pvv sta per Piazza Vittorio Veneto) - ieri hanno fatto ingresso nell'imponente palazzo che fu delle Ferrovie dello Stato e che domina sul Borgo Teresiano. Il 5 maggio appena trascorso, infatti, sono scaduti i 60 giorni da riservare per legge, a fronte di un bene vincolato, al ministero della Cultura per esercitare l'eventuale interesse a rilevare il bene al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione. La prelazione non è stata esercitata, e così in queste ore Holler e Mitterdorfer entreranno in possesso di tutte le chiavi di accesso all'immobile e, con i professionisti che li affiancheranno in questo importante intervento di recupero, inizieranno ad analizzare nei dettagli il progetto che nei prossimi anni consentirà di trasformare quel palazzo in chiave alberghiera più residenze e, al piano terra, negozi ed esercizi pubblici. Ma non solo. «Vogliamo che, oltre ai turisti o a chi vivrà in questi spazi, tutta la città riviva questo immobile - così i due imprenditori - creando aree polifunzionali, con piacevoli spazi all'esterno e con l'idea di un collegamento diretto con l'ultimo piano dove realizzare una piscina e un'area relax». L'obiettivo è certamente quello di un intervento che, di fatto, rappresenti anche una rigenerazione urbana per quella zona e per la piazza, vittima di una riqualificazione non tra le più fortunate. Ieri mattina, alla presenza di Mauro Nicoletti, dirigente per la zona Nord Est di Ferservizi, la spa che gestisce e valorizza il patrimonio immobiliare di Ferrovie dello Stato, è stato firmato il verbale di constatazione, il documento che attesta come gli acquirenti abbiano preso atto dello stato di fatto dell'immobile prima che venga loro consegnato. Il palazzo è stato occupato dalle Ferrovie dello Stato fino al 2016. La Polfer, che operava negli uffici al piano terra, ha abbandonato quegli spazi nel 2018. Salendo i cinque piani dell'edificio, si notano ancora le indicazioni degli uffici di Trenitalia, con le stanze riservate alla Direzione risorse umane, quelle delle Relazioni Industriali o dei Processi amministrativi del personale del presidio di Trieste. E poi gli ambulatori, dove tanti triestini si sono sottoposti alle visite mediche per il rinnovo della patente di guida, o gli ampi spazi al piano terra dove l'associazione del Dopolavoro ferroviario per anni ha gestito una frequentata mensa che aveva servito anche molti studenti della Scuola Interpreti. All'ultimo piano, impolverati, si intravvedono i dettagli di quelli che furono gli uffici dirigenziali, con le porte rifinite in pelle, i parquet più ricercati per quel periodo e l'affaccio su piazza Vittorio Veneto. Al piano terra, nella parte posteriore che dà su via Filzi, è conservato ancora quello che in epoca fascista fu il Teatro del Dopolavoro ferroviario, diventato poi Cinema Vittorio Veneto nel 1949. Le pareti con le rifiniture in tessuto verde, le gallerie dove si sistemava parte degli spettatori, la parete riservata al grande schermo. L'idea, in futuro, è di declinare quello spazio in un'area eventi per la città. I due investitori viennesi sono entusiasti: ieri girovagando nell'immenso palazzo da 19.500 metri quadrati realizzato nel 1895 dall'architetto Giacomo Sagors, guardavano con orgoglio a quelle ampie stanze, alla veduta suggestiva su piazza Vittorio Veneto e sui fregi del palazzo di Poste Italiane. Holler e Mitterdorfer sono innamorati di Trieste e della sua evoluzione. Non nascondono neppure di leggersi Il Piccolo ogni mattina per sapere cosa succede in città, per capire di più delle dinamiche che la guidano, dei suoi sviluppi, e guardano con interesse anche ad altri investimenti immobiliari in centro. Con la società Jp Immobilien, in particolare, investono sul mercato immobiliare viennese da oltre 25 anni con circa 450 progetti sviluppati anche all'estero. Holler, austro-ungherese, è molto attivo in questi anni a Venezia dove con la società Mtk ha realizzato quattro alberghi e avviato il cantiere per una quinta struttura. Michael Mitterdorfer, ex membro del consiglio di amministrazione della più grande fondazione immobiliare austriaca, è responsabile del coordinamento delle attività del gruppo di investitori a livello locale, ed ha un'ampia esperienza su progetti residenziali. Per la progettazione del recupero del palazzo triestino delle Ferrovie, è stato coinvolto l'architetto veneziano Luciano Parenti, con cui il gruppo collabora da anni, e che ieri con lo staff di collaboratori del suo studio ha preso anch'egli visione del palazzo. A occuparsi della commercializzazione e a fare da base di appoggio alla Pvv srl sarà la Gabetti Property Solutions, anche attraverso la sua agenzia di Trieste in via Carducci. Già nel pomeriggio di ieri si è iniziato, planimetrie alla mano, a valutare il progetto di ristrutturazione. I nuovi proprietari mettono sul piatto circa 40 milioni di euro per il recupero dell'immobile. Allo studio ci sono diverse possibilità: certamente in quei cinque piani più sottotetto verrà realizzato un grande albergo, mentre è al vaglio che porzione riservare al residenziale. Al piano terra verranno ospitati degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi.

Laura Tonero

 

 

Il falco pellegrino sta nidificando: proibito arrampicare sulle Falesie - Esteso temporaneamente il divieto a tutta l'area fino al 30 giugno

DUINO AURISINA. Scatta il divieto di arrampicata su tutte le Falesie di Duino. Lo ha deciso il Comune di Duino Aurisina, in qualità di gestore della Riserva naturale che comprende le rocce che caratterizzano in quel tratto il litorale duinese. Il divieto sarà in vigore, salvo diversa indicazione, fino al 30 di giugno. «Si tratta di un provvedimento che adottiamo ogni anno in questo periodo - spiega il sindaco Daniela Pallotta - in quanto sulle Falesie è in corso la nidificazione di alcune specie faunistiche, in particolare del falco pellegrino. Per tutelare questi animali - precisa - estendiamo il divieto, normalmente in vigore su gran parte delle Falesie, anche su quelle parti delle pareti rocciose nelle quali solitamente permettiamo agli appassionati di arrampicata di alcune società, come la XXX Ottobre e l'Alpina delle Giulie, di effettuare le loro ascese. Ci riserviamo comunque di modificare i dettagli del divieto - continua Pallotta - se dovessimo riscontrare novità nel corso dei prossimi monitoraggi».La gestione della Riserva naturale delle Falesie fu demandata al Comune di Duino Aurisina in base alla legge regionale 42 del 1996, mentre nel novembre del 2019 è stato approvato il nuovo Regolamento che ne disciplina appunto l'utilizzo. Nel testo si stabilisce che l'organo gestore dispone il divieto di accesso e le limitazioni all'arrampicata a inizio anno, estendendo o revocando la relativa ordinanza in base ai controlli avifaunistici periodicamente effettuati. Di regola, il divieto vige sull'intera area, con alcune eccezioni, delle quali beneficiano proprio XXX Ottobre e Alpina delle Giulie. Al fine della tutela dell'habitat e di specie di particolare pregio, l'amministrazione può estendere dunque il divieto a tutte le Falesie, in modo da permettere al falco pellegrino e alle altre specie di nidificare in tranquillità. «È importante assicurare la riproduzione di queste specie - conclude Pallotta - pur nel contesto di una nostra visione delle Falesie che vogliamo possano essere vissute da chi le apprezza»

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2021

 

 

Il rebus dei fondi per l'antico scalo complica la partita dei magazzini 2 e 4
Serve rivedere l'accordo Regione-Comune - Il sindaco: «Faremo». M5s e Pd all'attacco
Al Comune la scelta: accettare i 40 milioni del Ministero della cultura o i 26 della Regione per il Porto vecchio? Il dubbio si porrà all'arrivo dei fondi ministeriali: entrambi, infatti, sono destinati all'urbanizzazione dell'area, e l'ente locale può accettarne uno solo. Un problema tutto sommato secondario per il Comune ma problematico per la Regione, che grazie al prestito dei 26 milioni a palazzo Cheba aveva costruito l'accordo per ottenere i magazzini 2 e 4. Edifici che il Comune sta facendo valutare, fa sapere il sindaco Roberto Dipiazza, fiducioso in una facile soluzione del nodo. M5S e Pd, però, vedono nel caso un ulteriore motivo di dubbio verso l'idea della Regione di "traslocare" nell'antico scalo. «Non è nulla di tragico», dice il primo cittadino: «Il rapporto con la Regione è ottimo, e oggigiorno il problema non è ottenere i fondi, ma spenderli». Sul futuro dei due magazzini, Dipiazza dice: «Stiamo rivedendo il valore degli immobili, una volta fatto ciò vedremo come procedere». La segretaria provinciale del Pd Laura Famulari commenta: «Non abbiamo ancora cominciato e già ci sono ombre sulla riqualificazione di Porto vecchio. Va fatta presto chiarezza sulla destinazione delle risorse ministeriali e sgombrato ogni dubbio su una possibile sovrapposizione con i 26 milioni che la Regione dovrebbe dare in prestito al Comune di Trieste». Famulari si interroga poi sull'origine dell'inghippo: «Se, come appare, sono state fatte due domande per la stessa infrastrutturazione, temo che abbiamo un problema in più. Qui nessuno pianifica niente, ogni giorno ne sentiamo una diversa. La Tripcovich che ricompare nel cilindro di Dipiazza è solo l'ultima conferma». Per il consigliere pentastellato Paolo Menis «sono venuti al pettine alcuni nodi che avevo già evidenziato mesi fa. L'emendamento regionale con il quale si assegnavano i 26 milioni stava in piedi e aveva la sua logica di fondo ma è stato scritto in modo incomprensibile, creando non pochi problemi di interpretazione amministrativa». Prosegue l'esponente M5s: «Per fortuna ora è arrivato il contributo ministeriale e mi auguro due cose: che si riformuli la partita dei 26 milioni e che vengano concessi a fondo perduto al Comune per altri interventi da effettuare nell'area; che la Regione rinunci a spostare i suoi uffici nell'antico scalo, operazione del tutto inutile. È necessario inoltre fare in modo che il consorzio abbia personale proprio».

Giovanni Tomasin

 

 

Richetti: «Sui rifiuti servono altre azioni» - LA CANDIDATA SINDACO Dei cinquestelle
«Trieste non solo è la "maglia nera" della raccolta differenziata, ma non ha neppure una visione del futuro, neanche di quello prossimo», è questo il commento di Alessandra Richetti, candidata sindaco del Movimento 5 Stelle alle elezioni comunali di Trieste, sui dati forniti recentemente da Arpa sulla gestione dei rifiuti in Friuli Venezia Giulia. «Oltre a promuovere la raccolta differenziata - continua Richetti -, bisogna pensare a ridurre i rifiuti favorendo per esempio il criterio del riuso. È poi necessario incrementare il conferimento dell'umido. Altro tema forte su cui insistere è la raccolta degli oli vegetali usati in cucina. Per questo è urgente predisporre appositi contenitori. Un'altra soluzione applicabile è l'utilizzo di eco compattatori. Ma, in linea generale, è necessario rivedere tutto il Regolamento comunale».

 

 

Missione Ue "mare pulito" - L'Ogs si prepara alla sfida - "Starfish 2030", incontro online introduttivo
«È una missione che prende il nome di "Starfish", in italiano "Stella di mare", e vi racconto il perché: volevamo che fosse una mascotte conosciuta da tutti, a partire dai bambini, e che creasse emozione, perché se ami qualcosa sei più disponibile a proteggerla». E proprio la stella marina, «che recenti studi stanno dimostrando sia una vera sentinella dei nostri mari», con le sue cinque punte rappresenta le altrettante priorità individuate dalla missione, lanciata dall'Ue, per la scoperta e la rigenerazione degli ecosistemi marini e di acqua dolce entro il 2030. Un ambizioso progetto di cui ha parlato ieri anche Maria Cristina Pedicchio, ex presidente Ogs, in questo caso membro del comitato della missione, in una tavola rotonda online tra diversi rappresentanti dei mondi della ricerca, anche con il relativo ministero e il Cnr, delle imprese e dell'associazionismo. Questo primo incontro online, "Starfish Mission 2030: per una prospettiva italiana del mare", aveva come obiettivo la possibilità di preparare il campo al Paese per poter partecipare con le sue diramazioni - a partire dall'Ogs, che ha collaborato con il dicastero all'organizzazione dell'evento - ai bandi europei sul tema facendo sistema. Con un approccio che si basa sull'economia circolare, le cinque punte corrispondono a conoscenza degli oceani, decarbonizzazione delle acque, rigenerazione degli ecosistemi, riduzione a zero delle emissioni inquinanti e rinnovamento della governance, con l'auspicio di creare un'agenzia europea per le acque di mari e oceani. Per sensibilizzare il cittadino europeo «stiamo creando un percorso educativo- emozionale con una figura creata dall'artista Nicoletta Costa, e con una mostra pure con l'Area marina protetta di Miramare». Nicola Casagli, presidente Ogs, ha moderato poi la parte del panel in cui hanno dato il loro contributo Federlogistica e Federpesca e, per la parte delle imprese, Davide Cucino, a capo dell'ufficio di Bruxelles di Fincantieri, che ha ricordato come l'azienda abbia messo a punto un piano di sostenibilità «per integrare diversi processi delle navi».-

Benedetta Moro

 

 

Ciclabili in zona Coselag - Il Pd contro Finocchiaro «Istanze strumentali» - le ragioni del no coinvolgono pure FDI e Lega
Muggia. Dopo la bocciatura, nell'ultimo Consiglio comunale, delle corsie ciclabili in area Coselag proposte dal consigliere ex dem Marco Finocchiaro, arrivano le motivazioni post-voto. Al vetriolo le dichiarazioni di Riccardo Bensi, capogruppo Pd, che sottolinea di non volersi nascondere dietro a motivazioni tecniche: «Sono contrario a questa mozione e sarò contrario a tutte le mozioni di questo tipo fatte dal consigliere Finocchiaro perché non tutelano i cittadini, sono strumentali, politiche e hanno una diversa visione di Muggia rispetto alla maggioranza politica che rappresento». Poi l'attacco: «Finalmente Finocchiaro ha tirato giù la maschera quando ha detto pubblicamente che secondo il suo modo di vedere noi non rappresentiamo un governo di centrosinistra lungimirante e progressista. Accuse che io rimando al mittente, ricordandogli che la politica non vuol dire fanatismo e difesa estrema di una lobby, ma significa mediazione e rispetto delle altre sensibilità». Dall'opposizione quindi Nicola Delconte di Fdi crede che non sia sicuro fare ciclabili in sede stradale «in zona industriale con camion e traffico intenso sulla stessa carreggiata. Meglio sarebbe affrontare il "raddoppio" sull'Ospo, punto troppo pericoloso, dedicando un nuovo ponte solo alle bici. Ok alle ciclabili ma personalmente non mi piace la promiscuità col traffico, troppo pericolosa». Infine il leghista Giulio Ferluga spiega di aver «rigettato totalmente lo spirito di fondo della mozione», che ritiene «estremista e ostile nei confronti degli automobilisti. Troppo spesso ho sentito criminalizzare questi ultimi in aula».

lu.pu.

 

 

Più treni storici e turismo sulla ferrovia Transalpina
Ricadute positive in città dai 16 milioni per completare il Museo di Campo Marzio - Il coordinatore Puhali del Comitato trasporti del Gect: «Ora si colga l'occasione»
I 16 milioni di euro stanziati con il "Piano strategico grandi attrattori culturali" a favore della Fondazione Fs per il completamento del restauro del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio e per la valorizzazione dell'omonima stazione non potranno non avere riflessi positivi su Gorizia.«Si sta infatti concretizzando la possibilità di un rilancio della ferrovia che collega Jesenice con Sesana, ma di cui è ancora agibile la tratta storica con Trieste. Ciò permetterebbe anche formidabili prospettive per una sinergia operativa fra Trieste, il Carso, la conca di Gorizia, la Valle dell'Isonzo, il territorio dei laghi di Bohinj e di Bled, la Carinzia. Si tratta quindi di una opportunità che Nova Gorica e Gorizia, Capitale europea della cultura 2025, devono necessariamente cogliere».Ad affermarlo è Alessandro Puhali, coordinatore del comitato trasporti del Gect nonché presidente dell'associazione Museo-stazione Trieste Campo Marzio, nata nel 2017 e convenzionata con la Fondazione Fs per la fornitura di un supporto tecnico, scientifico e didattico alle attività dello stesso museo. «Il Gect ha già condiviso con l'Agenzia di Sviluppo della Valle dell'Isonzo (avente sede a Tolmino) l'obiettivo di rilanciare lo storico percorso della Transalpina come moderna ferrovia regionale e di spiccata valenza turistica a beneficio delle relazioni transfrontaliere e dello sviluppo dei territori collegati ed attraversati dalla stessa linea - prosegue Puhali -. In particolare, l'Agenzia, nell'ambito del progetto europeo Crossmoby ha quindi commissionato uno studio di fattibilità proprio per la valorizzazione della Transalpina, di cui è previsto il rilascio nei prossimi mesi. Un polo culturale e turistico come quello che diventerà la stazione di Trieste Campo Marzio, già capolinea meridionale della Transalpina, con il suo Museo non potrà allora non avere positive ricadute per il Goriziano storico. Si tratta infatti di un polo con la potenzialità di eccellere a livello europeo e quindi in grado di generare un movimento sulla Transalpina e un interesse a livello internazionale con positive ricadute economiche per il territorio transfrontaliero, attraverso l'impiego di treni ordinari e straordinari, tra cui quelli storici».Proprio il fenomeno dei treni storici, sviluppatosi ormai da quasi mezzo secolo, ha costituito una opportunità di rilancio del trasporto ferroviario e della conservazione di antichi percorsi su rotaia che non ha mancato di coinvolgere la Transalpina. Ma di quanto è l'interesse che i treni storici hanno saputo sollevare in questi ultimi anni? «Possiamo stimare un totale di circa 115 treni tra il 2015 e il 2019 (quindi, mediamente 20-25 treni a stagione) a coinvolgere oltre 24 mila persone, mentre l'anno scorso, per la pandemia, non c'è stata attività in proposito. Proprio l'impiego dei treni storici è una componente molto rilevante per il rilancio della Transalpina che non appare esagerato definire, per più ragioni, una linea ferroviaria unica a livello europeo, idonea ad accompagnare i viaggiatori con racconti culturali e storici ricchi di emozioni», conclude Alessandro Puhali.

Alex Pessotto

 

SEGNALAZIONI - Divaccia-Capodistria - Potenziali pericoli per la Val Rosandra

Dopo l'uscita della notizia sui media si sente parlare poco a livello locale delle implicazioni derivanti dai lavori per la realizzazione del secondo binario tra Divaccia e Capodistria in territorio sloveno. Si tratta di un problema molto serio dal punto di vista ambientale: il tracciato passa a poca distanza dalle sorgenti del Rosandra, con rischio elevato che i lavori possano causare una deviazione sotterranea del corso delle acque con danno enorme e irreversibile per la Valle, riconosciuta come geosito d'importanza internazionale. Inoltre sussiste la possibilità che in fase di esercizio si verfichino gravi inquinamenti del terreno e del corpo idrico per sversamenti accidentali (a esempio un carro cisterna in transito che perda qualche ettolitro di liquidi pericolosi). Capisco che a livello governativo non si sappia neanche dell'esistenza della Val Rosandra e che abbiano altre cose cui pensare ma ritengo che dalla città dovrebbe arrivare almeno un campanello d'allarme sull'argomento.

Mario Ravalico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2021

 

 

Arvedi in accelerazione su Servola - Laminatoio pronto a fine 2022
Partito l'ordine dei macchinari che verranno realizzati dalla Danieli di Buttrio: previsti sei mesi per la consegna
Trieste. Il gruppo Arvedi rompe gli indugi e ordina i macchinari necessari al potenziamento del laminatoio di Servola. La società avrebbe preferito attendere le carte relative alle demolizioni delle palazzine del comprensorio e allo scambio dei terreni che porterà Hhla Plt Italy a rilevare la superficie dell'ex area a caldo. Ma i permessi continuano a tardare e si è deciso di non aspettare oltre, per essere certi di avviare entro la fine del 2022 le nuove linee che assorbiranno la manodopera della Ferriera in cassa integrazione. La conferma arriva direttamente da Arvedi: «L'investimento, in piena coerenza e aderenza al Piano industriale presentato e parte integrante dell'Accordo di programma, prevede una linea di zincatura e una linea di verniciatura, che completeranno l'attuale ciclo produttivo consentendo un aumento di produzione e un ampliamento del mix prodotto a Trieste». A realizzare i macchinari per Arvedi, il cui ad è Mario Caldonazzo, sarà la Danieli di Buttrio, che dovrebbe impiegare sei mesi per la consegna. Per installazione e messa in funzione del laminatoio potenziato ne serviranno altri 12. La spesa per Arvedi vale 86 milioni, su un piano industriale da 227 milioni, di cui 142 per Servola e 85 per il sito di Cremona, con una copertura del Mise da 55 milioni. Dopo le rivelazioni sul progetto di nuovo stabilimento siderurgico alle Noghere da parte della cordata Metinvest-Danieli, è interessante notare che il gruppo friulano potrebbe diventare non solo fornitore dei macchinari di Arvedi ma anche futuro partner industriale. L'idea di Metinvest è di realizzare una filiera corta integrata in cui l'acciaio arrivato grezzo dall'Ucraina riceva una prima laminazione a caldo alle Noghere e venga poi trasferito su chiatte a Servola per ultimarne la lavorazione. Trieste ospiterebbe un ciclo produttivo dell'acciaio di livello europeo, i cui prodotti finiti sarebbero poi esportati in Europa centrale via treno e in area mediterranea via nave. Proprio la possibilità del ciclo integrato e i collegamenti fanno di Trieste la scelta preferita per Metinvest, che già possiede impianti di laminazione a San Giorgio di Nogaro e in provincia di Verona.L'ipotesi subordinata degli ucraini è Ravenna, dov'è situato un laminatoio a freddo controllato da Marcegaglia, che non gode delle stesse infrastrutture ferroviarie. Perché il progetto complessivo si realizzi andranno attesi gli sviluppi del confronto fra Metinvest, Danieli e Regione sull'iter ambientale relativo alle Noghere.Interrogativi suscita in questa fase pure la partita di Servola, con ben quattro nodi burocratici che continuano a non essere sciolti. Fa almeno ben sperare che il ministero dell'Ambiente abbia nei giorni scorsi dato trenta giorni agli enti pubblici per esprimere osservazioni sulle demolizioni in programma: un passo necessario per convocare la conferenza dei servizi che da mesi Icop (per conto di Hhla Plt) attende per avere il via libera alla messa in sicurezza dei terreni, cioè alla realizzazione dei nuovi piazzali che sorgeranno sopra l'area inquinata. Il permesso a demolire le palazzine invece esiste già, ma il decreto che ha chiuso la relativa conferenza dei servizi deve ancora essere firmato dai ministeri della Transizione ecologica e dello Sviluppo economico: «Non capiamo perché non si riesca a perfezionare la pratica - commenta il presidente di Icop Vittorio Petrucco - e la cosa non può che preoccuparci». E preoccupano pure il ritardo sulla permuta dei terreni (in mano al Demanio) e la questione del barrieramento a mare, che da anni giace sulla scrivania del ministero dell'ambiente e di Invitalia, senza che i 41 milioni stanziati si trasformino nell'opera necessaria ad arginare per sempre gli inquinanti dei terreni che le piogge riversano in mare.

Diego D'Amelio

 

 

Nodo ferroviario di Opicina - Il rinnovo parte da sette binari - fasci riattivati
Trieste. Comincia dalla riattivazione di sette binari il rinnovo del nodo ferroviario di Villa Opicina. Rete ferroviaria italiana ha comunicato ieri di aver ultimato la rimessa in funzione dei fasci di rotaie denominati "Arsenale" e "Pmc". Ci sono voluti sette mesi e un impegno economico da 1,5 milioni, che rappresentano il primo step delle opere per potenziare la stazione da cui passa il 20% dei traffici del porto e in particolare i treni diretti in Ungheria. L'intervento è stato finanziato nell'ambito del progetto di Rfi "Ultimo miglio". I binari ripristinati saranno dedicati alla sosta delle locomotive, che potranno accedervi in modo autonomo: non serviranno più movimenti di manovra aggiuntivi per la precedente necessità di agganciare locomotori diesel per trainare i mezzi in stazione, grazie alla creazione di una nuova linea aerea per la trazione elettrica, che ora serve quattro dei sette binari. Come spiega la nota di Rfi, «verranno così liberati alcuni binari di stazione e aumentata di conseguenza la capacità ricettiva dello scalo», nell'ambito del programma di raddoppio dei volumi di traffico del sistema ferroviario a servizio del porto di Trieste denominato TriHub. Nel corso del 2021 Rfi avvierà la seconda parte dei lavori previsti a Villa Opicina, con l'intenzione di installare un nuovo apparato centrale che gestirà digitalmente traffico e scambi. Una serie di modifiche al piano regolatore generale permetterà inoltre di attivare il modulo da 750 metri che costituisce lo standard europeo per la lunghezza dei treni merci di ultima generazione. Il passaggio è fondamentale per consentire alla stazione di operare pienamente quale snodo del corridoio ferroviario Ten-T Mediterraneo, di cui Villa Opicina rappresenta un punto importante per la sua natura di scalo transfrontaliero fra Italia e Slovenia. Rfi sottolinea che «grazie a questo insieme di interventi si punta a efficientare i servizi necessari per il transito transfrontaliero. Minimizzare i costi significa accrescere la competitività del trasporto su ferro e contribuire alla transizione ecologica. La volontà di coniugare ambiente e sviluppo dei trasporti rientra fra le missioni di Rete ferroviaria italiana. Tutte le opere che si stanno realizzando nell'area del Friuli Venezia Giulia sono il segno di questa strategia. Il rispetto dei tempi programmati e la qualità delle realizzazioni confermano l'obiettivo di porre il territorio giuliano tra i principali riferimenti logistici europei». Connesso all'operazione c'è il rifacimento della Transalpina, ormai realizzato grazie a un investimento da 5,5 milioni di euro. La linea da 15 chilometri collega Villa Opicina e l'Interporto di Fernetti alla stazione di Campo Marzio. L'impiego della Transalpina costituirà un'alternativa, soprattutto in discesa, al percorso abituale da 34 chilometri che porta i treni ad arrivare a Campo Marzio da Opicina, passando per il bivio di Aurisina e percorrendo poi la linea costiera e la galleria di cintura.

D.D.A.

 

 

Porto vecchio, 60 giorni per il consorzio
La Regione pubblica il decreto di approvazione: entro due mesi il rogito. Dipiazza aspetta Kipar per la spallata alla Tripcovich
Procede non senza sorprese lo sblocco del Porto vecchio. A due mesi dalla firma dell'Accordo di programma la Regione pubblica il decreto di approvazione, aprendo così altri 60 giorni per la costituzione del Consorzio Ursus. Nel frattempo l'annuncio dei 40 milioni del Recovery per le aree pubbliche dello scalo potrebbe portare il Comune a rivedere l'accordo per il prestito di 26 milioni concesso dalla Regione nel dicembre scorso. Il sindaco Roberto Dipiazza, infine, accarezza l'idea che le linee guida per lo sviluppo dell'area gli consentano di togliere una storica spina nel fianco: la sala Tripcovich. Andiamo con ordine. Verrà pubblicato oggi sul Bollettino ufficiale della Regione il decreto di approvazione dell'Accordo di programma sul Porto vecchio: il primo passo per la fondazione del Consorzio arriva a due mesi dalla cerimonia della firma, il 4 marzo scorso alla Centrale idrodinamica, con cui il presidente regionale Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza e il presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino hanno siglato il plico di documenti per lo sviluppo dell'antico scalo. Ciò significa che ora Comune, Regione e Adsp hanno altri 60 giorni di tempo per presentarsi davanti a un notaio e dare vita effettiva a Ursus, il Consorzio incaricato di gestire tutti i passaggi nodali per il rilancio dell'area nei prossimi decenni. L'obiettivo dei tre enti resta chiudere la partita prima della data ultima, così da poter avviare i lavori quanto prima. Restano aperti diversi nodi, non ultimo quello delle nomine: negli ultimi due mesi sono arrivate diverse proposte al Comune per figure compatibili con quella dell'ambassador del Consorzio, ma una decisione in merito non è ancora stata presa. Così come restano aperte le ipotesi sul resto degli organi dell'ente, non ultimo il direttore generale, che avrà in mano il timone amministrativo di Ursus. Ma anche altri aspetti della partita, dicevamo, devono ancora giungere a maturazione: l'annuncio del Ministero della cultura dei 40 milioni destinati a Trieste per le aree pubbliche dello scalo non si è ancora tradotto in stanziamenti effettivi, ma potrebbe porre il Comune di fronte a un bivio. Nel dicembre scorso la Regione ha comunicato la sua scelta di dare 26 milioni in prestito al Comune per consentire l'infrastrutturazione dell'area. Da quella cifra andrebbe poi scorporato il valore dei magazzini 2 e 4, che secondo l'accordo dovrebbero andare all'ente regionale per la realizzazione di una nuova sede centrale. I fondi del ministero, però, hanno il medesimo scopo, ovvero l'infrastrutturazione: non trattandosi di un prestito, è probabile che il Comune scelga di usufruire di questi ultimi, ma questo potrebbe portare alla necessità di rivedere i termini con il vicino di piazza Unità. Infine c'è il capitolo della sala Tripcovich. Le linee guida architettoniche per le aree pubbliche del Porto sono state affidate all'architetto paesaggista Andreas Kipar: punto focale di tutto il disegno sarà il viale di accesso che da piazza Libertà arriverà fino al magazzino 26. È nell'ambito di questo ripensamento della struttura cittadina che il sindaco Dipiazza confida di poter presto annunciare una svolta: «Stiamo studiando un ingresso diverso per il Porto vecchio - spiega -, un'operazione che interesserà per forza piazza Libertà, perché da lì si accede all'area. Potrebbe darsi che in tutto questo la sala Tripcovich balli un poco il tango».-

Giovanni Tomasin

 

La "profezia" mancata del progetto Polis e la chance del presente
Generali è un fattore dinamico all'interno della storia di Trieste - Allora l'idea innovativa non fu compresa. Ma oggi arrivano i Big Data
Le aziende che hanno un secolo o più sulle spalle, come tutte le istituzioni umane, acquisiscono una capacità strategica di lungo periodo. Anche per questo, forse, una realtà fondata nel 1831 come Assicurazioni Generali aveva scommesso sul possibile rilancio del Porto vecchio già trent'anni fa. Oggi, mentre si sbrogliano le procedure per la fondazione del Consorzio Ursus (vedi articolo in alto), arrivano segnali incoraggianti come l'annuncio della compagnia di voler investire in un centro di ricerca su Big data e intelligenze artificiali assieme agli enti accademici regionali. Un centro che potrebbe trovare nel Porto vecchio la sua sede. Da queste coincidenze significative trae una lezione la senatrice e scrittrice Tatjana Rojc, che ha lavorato assieme ad Ezio Martone alla stesura del libro "Il lungo viaggio del Leone di Trieste". Nel libro, ne abbiamo scritto su queste pagine, si dimostra come lo sbarco di Generali nell'antico scalo, con il progetto Polis, venne meno per divergenze tra i soci, più che per resistenze politiche triestine, come finora s'era raccontato. Ma la storia del Leone, lì raccontata, è interessante perché nella compagnia c'è sempre stato un motore di innovazione per tutta la città, spiega Rojc: «Il ruolo di Generali a Trieste è importantissimo, non solo come capitale economico, ma perché i dirigenti della compagnia hanno sempre colto in anticipo le tendenze future».L'autrice cita l'esempio di Umberto Della Casa, modenese che lavorava per Ibm a Torino prima di arrivare a Trieste, nel 1969, dopo aver ricevuto una proposta dalle Assicurazioni. Lo stesso avviene negli anni Settanta per Benito Rocco, anche lui proveniente dai ranghi dell'azienda informatica statunitense. Furono loro i nomi, assieme ai dirigenti Emilio Dusi e Fabio Padoa, di quelli che decisero di portare avanti l'automatizzazione necessaria a elaborare e gestire un bilancio di gruppo, una scelta all'avanguardia per i tempi. Ma le radici di questo saper stare al passo con i tempi si possono cercare anche più a fondo nel passato. Nate in un tempo in cui Venezia era ancora parte del Lombardo-veneto a dominazione asburgica, le Generali seppero attraversare dapprima una fase in cui la testa triestina e quella veneziana poggiavano su un impero e un regno spesso in rapporti ostili. Poi superarono la caduta di quell'impero, adattandosi al caotico scenario successivo alla Grande guerra, e infine trovarono nuovi mercati di riferimento quando la Cortina di ferro calò davanti all'antico retroterra centroeuropeo.Tornando alla senatrice Rojc, il rapporto fra Generali e Porto vecchio si svolge secondo simili logiche: «Con il progetto Polis le Assicurazioni Generali videro troppo lontane per essere comprese. Mostrarono quel che poteva succedere in Porto vecchio e che forse oggi succederà, ovvero che non sia solo un rione, ma che ci sia qualcosa di importante nella città». L'annuncio del nuovo centro sui Big data, conclude, lascia ben sperare: «Sapevo che Generali non avrebbe perso tempo. D'altra parte non l'ha fatto in passato con progetti come Citylife o iniziative come Banca Generali. Per avere una visione serve grande preparazione».

G.Tom.

 

 

L'emergenza clima rilancia i movimenti - Così cambiano le politiche per l'ambiente
Domani gratis con il nostro giornale "Green&Blue", il mensile del Gruppo Gedi dedicato ad ambiente e sviluppo
I temi legati all'ambiente dettano l'agenda della nuova politica europea, ispirano le strategie dei governi, muovono le posizioni di partiti e movimenti, danno forma e spessore a una spinta propulsiva che, contrariamente a quanto accaduto in passato, sembra avere la forza per non esaurirsi. Ormai tutti nel vecchio Continente, sollecitati dallo schieramento e dalla partecipazione di centinaia di migliaia di giovani, hanno compreso l'importanza di intestarsi battaglie che hanno un solo principio ispiratore: la salvaguardia e la tutela dell'ambiente. Una linea dettata dalla necessità di affrontare con gli strumenti adeguati i rischi che derivano dall'emergenza climatica. Così le formazioni politiche ambientaliste tornano alla ribalta, senza però accontentarsi di posizioni marginali: stavolta vogliono stare dalla parte di chi decide. Al ritorno dei Verdi in Europa è dedicato il servizio di copertina di Green&Blue, il mensile che sarà in edicola in abbinamento gratuito domani, giovedì 6 maggio, con questo giornale e con tutti i quotidiani del gruppo Gedi. La cover story analizza le ragioni e le prospettive di questo ritorno (anche se l'Italia è un'anomalia: l'offerta non piace al mercato elettorale...) e spiega attraverso approfondimenti come Spagna, Francia, Belgio, Germania e Grecia si preparano ad affrontare la nuova onda verde.G&B si occuperà - tra l'altro - di mobilità elettrica, raccontando gli sforzi dell'Europa per diventare leader nella produzione di batterie, con lo scopo di conquistare la leadership globale e ridurre la dipendenza da Pechino. Sono già stati lanciati circa 70 progetti industriali attraverso un massiccio volume di investimenti: nel 2019 hanno toccato quota 60 miliardi, il triplo di quelli registrati in Cina.Ci sarà poi un'analisi su come il Web incide sulle emissioni di CO2. Ebbene, streaming, mail e server inquinano come una grande nazione, piazzandosi al quarto posto dopo Cina, Usa e India. Entro il 2030, spiegano gli esperti, computer ed elettronica di consumo arriveranno ad assorbire il 20 per cento dell'energia prodotta, con tutto ciò che ne consegue in fatto di emissioni di gas serra. Green&Blue racconterà anche uno straordinario progetto naturalistico - realizzato da Legambiente sull'isola di Pantelleria - che ha lo scopo di far conoscere i "giardini panteschi", dove gli agrumi crescono, senz'acqua, solo grazie a un microclima artificiale e a migliaia di pietre spostate a mano. Non mancheranno i personaggi (lo chef Pietro Leeman del Joia di Milano e Brian Eno, il musicista che attraverso la sua arte si impegna per la difesa della terra) e le rubriche: per conoscere e rispettare l'ambiente.

Giuseppe Casciaro

 

 

OGS - Esperti a confronto sulla pulizia del mare

Ogs insieme a Apre è tra i soggetti che collaborano con il ministero dell'Università e della Ricerca all'organizzazione dell'evento online "Starfish Mission 2030: per una prospettiva italiana del mare", che si svolgerà oggi 5 maggio a partire dalle 15 (bit.ly/ 33fxvpg)per approfondire lo "Starfish 2030: Restore Our Ocean and Waters", progetto di Horizon Europe, che mira alla scoperta e alla rigenerazione degli ecosistemi marini e d'acqua dolce europei entro il 2030 tramite la pulizia delle acque.

 

Banchi di delfini a pesca di branzini avvistati alla Cona
Gli operatori della riserva della foce dell'Isonzo li hanno immortalati proprio nel momento della "caccia"
STARANZANO. Una gruppetto di tre delfini dà spettacolo con evoluzioni davanti alla riserva naturale della Cona. L'avvistamento è avvenuto nella mattinata del primo maggio, ma sono stati notati anche nei giorni successivi dagli operatori della riserva, Matteo De Luca e Silvano Candotto durante il controllo quotidiano della fauna selvatica, in particolare di uccelli che in questo periodo affollano l'area protetta e arrivano da tutta l'Europa, Siberia compresa.«Si tratta di un gruppetto di Tursiopi, detti anche cetacei dentati, comunemente chiamati denticeti poiché si differenziano da altri tipi dal possedere denti veri e propri - afferma De Luca - . Una specie osservata in questi giorni in differenti località del golfo che nei mesi primaverili sono soliti frequentare anche le acque della riserva per alimentarsi. Sono cacciatori attivi e si nutrono di pesci che trovano lungo il loro cammino. In una foto, infatti, si vede molto bene la predazione di un branzino. L'osservazione dei delfini è stata possibile durante i consueti giri di monitoraggio dei volatili alla foce del fiume e di sorveglianza del rispetto delle norme attualmente in vigore. Sull'isola alla foce è, infatti, interdetto l'accesso delle imbarcazioni e di qualsiasi natante poiché in questo momento - continua la guida naturalistica - sono in atto nidificazioni di specie di elevato interesse conservazionistico come il fratino e il fraticello. Comunque se i visitatori hanno la pazienza di scrutare il mare con il binocolo, è probabile che riescano individuare delfini che sembrano danzare fra le onde».È vero che l'avvistamento non è un incontro raro, ma è stato emozionante per le guide della riserva naturale che hanno potuto osservare per una decina di minuti i cetacei nella loro classica andatura e volteggi, quasi volessero giocare tra loro facendo le caratteristiche evoluzioni sulla superficie del mare. La presenza dei delfini è giustificata anche dalla pandemia in atto che ha causato restrizioni pure alla nautica in movimento, un terreno ulteriormente fertile per i banchi di delfini noti per avere una folta colonia attorno all'isola di Lussino, alle coste slovene e croate e molto spesso si spingono verso il golfo di Trieste e dintorni.

Ciro Vitiello

 

 

 

Alle 18 - "L'Istria vista dal mare" al Circolo della Stampa.

Oggi, alle 18, al Circolo della stampa di Trieste, si terrà la presentazione del libro "L'Istria vista dal mare", a cura di Livio Dorigo, ultimo lavoro edito dal Circolo Istria di Trieste. Tre punti di osservazione dell'Istria vista dal mare con Rita Auriemma, Stefano Furlani e Rosanna Turcinovich. Modera l'incontro il giornalista Luciano Santin vicepresidente del Circolo della Stampa. Gli autori e gli organizzatori saranno in presenza al Circolo della Stampa di Trieste. Tutti gli altri possono partecipare in remoto cliccando su link: https://join.skype.com/OyUXLJh2RaEJ

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 maggio 2021

 

 

Raccolta differenziata verso il 70% - Ma Trieste è ancora maglia nera - la situazione del 2019
Arpa: Fvg fra le prime 5 regioni. Verde e vetro, impennata nel capoluogo giuliano durante il lockdown
Trieste. La lunga coda della pandemia ha toccato anche il settore della raccolta differenziata triestina. È quanto emerge dal secondo rapporto di rifiuti urbani, redatto dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) e presentato ieri in conferenza stampa, secondo cui fra l'altro il lockdown ha modificato l'acquisto delle merci. E, inevitabilmente, la creazione di rifiuti. Nel capoluogo giuliano, durante i primi otto mesi del 2020, si è infatti registrata una riduzione del 4% della produzione di immondizia (-4% di organico, -2% di plastica, - 5% di carta, - 4% di ingombranti). Un calo che non ha tuttavia interessato tutte le tipologie di rifiuti: rappresentano un'eccezione il verde e il vetro che, al contrario, hanno visto un aumento, (rispettivamente del +13% e +3%).Il modo in cui l'emergenza sanitaria ha ridisegnato i nostri consumi - e il nostro modo di liberarcene - è solo uno dei tanti aspetti su cui si è focalizzato il report, in cui vengono ripercorsi 22 anni di storia nel settore dei rifiuti, con un ampio spazio dedicato alla battaglia a favore della raccolta differenziata. Un percorso di miglioramento in cui il territorio di Trieste indossa la maglia nera, con una percentuale che nel 2019 si è attestata intorno al 44%. Il dato è in controtendenza rispetto al resto della Regione, dove 150 amministrazioni (sulle 215 totali), sono riuscite a eccellere, toccando soglie tra il 70 e l'80% di raccolta. Gli ottimi risultati, tuttavia, sono legati al fatto che si tratti, nella maggior parte dei casi, di comuni con meno di 5 mila abitanti, con una gestione semplificata di raccolta. Nelle grandi realtà abitative come Trieste, invece, la complessità del tessuto urbano e il maggior flusso di cittadini rendono più difficile perseguire risultati simili. «Sulla raccolta differenziata il Friuli Venezia Giulia parte, a livello nazionale, da una posizione di podio, conseguita grazie soprattutto ai risultati raggiunti dai piccoli comuni - ha detto l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro, nel corso della presentazione -. Se poco più di 20 anni fa la raccolta differenziata nella nostra regione raggiungeva solo il 12%, oggi riusciamo a differenziare i 2/3 dei rifiuti che produciamo. Al fine di crescere ulteriormente lavoreremo per migliorare le performance dei centri urbani più grandi». Il Friuli Venezia Giulia si posiziona dopo Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna. Nel report si spiega tuttavia come il trend positivo che ha caratterizzato la regione nei primi anni di raccolta si sia fermato nel 2013. Anno in cui, dopo aver toccato la soglia del 60%, alcuni comuni hanno interrotto l'andamento. Quanto al 2019, il risultato regionale è del 68,7%. E anche se non sono ancora disponibili i dati del 2020, Cristina Sgubin di Arpa ha specificato che «le percentuali dovrebbero essere molto simili a quelle del 2019, probabilmente con un aumento minimo». Rispetto al nuovo scenario imposto dal Covid, Sgubin ha inoltre aggiunto che «nella raccolta dei materiali spiaggiati iniziamo a rilevare la presenza di guanti e mascherine. Tuttavia, siccome questi rifiuti vengono gettati nel secco ma hanno un peso molto esiguo, non stanno particolarmente incidendo sulla percentuale di indifferenziata». Nonostante il generale ottimismo sui risultati che si possono ottenere, il direttore generale di Arpa Stellio Vatta ha spiegato che «c'è ancora da lavorare. Bisogna fare molti passi avanti, soprattutto per sensibilizzare e informare il cittadino-consumatore. È quest'ultimo che, con i suoi comportamenti, influenzerà i risultati futuri».

Linda Caglioni

 

 

Progetto centrale a gas di A2A: dalla Regione 13 prescrizioni - delibera della giunta Fedriga

Compatibilità ambientale condizionata a precise indicazioni a carico dell'azienda. Decisa l'istituzione di un tavolo con Comune e proprietà sulle prospettive del sito.

Tredici indicazioni in relazione al progetto proposto da A2A EnergieFuture relative alla realizzazione della centrale a gas a ciclo combinato. C'è anche un atto di indirizzo con il quale si è decisa l'istituzione, a breve, di un tavolo tra la Regione - nello specifico con le Direzioni Attività produttive e Ambiente -, Comune e proprietà al fine di analizzare le prospettive di sviluppo dell'area. Sono questi gli elementi essenziali contenuti nella comunicazione inviata dalla Regione al Ministero, secondo i termini fissati. La Regione ha preso atto che la parte tecnica potrà riconoscere la compatibilità ambientale alla centrale termoelettrica di Monfalcone solo se verranno accolte dunque specifiche tredici indicazioni, tra le quali figurano il recupero ambientale/produttivo delle aree oggetto degli impianti che andranno dismessi, lo sviluppo di una rete di teleriscaldamento e il monitoraggio ambientale e sanitario, a carico del proponente, che andrà condiviso con i soggetti competenti. Ieri dunque la Giunta del Friuli Venezia Giulia ha approvato - su proposta dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro - la delibera riguardante un parere collaborativo della Regione in merito alla procedura di Via in cui si sono valutati gli impatti relativi alla modifica dell'impianto proposta da A2A. Secondo le valutazioni compiute dalle diverse Direzioni regionali competenti, si evince nella nota della Regione, è emerso che le emissioni in atmosfera andranno verosimilmente a migliorare rispetto alla situazione attuale e, di conseguenza, la situazione sanitaria, particolarmente delicata nella popolazione monfalconese, dovrebbe anch'essa migliorare. L'Istituto Superiore di Sanità, l'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) e la Direzione centrale Salute della Regione si sono espressi evidenziando la necessità di monitoraggi ambientali e sanitari per tenere sotto controllo l'impatto determinato dalla centrale. Oltre a ciò la Regione ha chiesto al ministero che venga tenuto in debita considerazione il parere espresso sullo stesso tema dal Comune di Monfalcone. Quest'ultimo, in qualità di Amministrazione ed ente territoriale interessato dal provvedimento, ha inviato a fine aprile al ministero della Transizione ecologica la propria valutazione sul progetto; riportando i dati già messi a disposizione dal proponente ed effettuati dei confronti tra emissioni di inquinanti tra lo scenario futuro e quello di progetto, il Comune ha chiesto che venga approfondita l'analisi di incidenza di tumori nel periodo 2010-2019.

 

 

Oltre 200mila euro per rifare il giardino di vicolo dell'Edera - il sopralluogo nell'angolo verde inagibile da anni

C'è un angolo verde tra vicolo dell'Edera e Pendice Scoglietto che merita di essere recuperato. Anche perchè non sono mancate proteste e segnalazioni da parte della cittadinanza. Questo luogo si trova a breve distanza dall'asilo nido "Zucchero filato" ed è raggiungibile a piedi da via Cologna. Ieri mattina il sindaco Roberto Dipiazza e l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi vi hanno dedicato un sopralluogo. Il giardino, che si estende per una superficie di 2.700 metri quadrati, è proprietà comunale ma da alcuni anni è chiuso, inagibile. La vegetazione è cresciuta lussureggiante e il sito avrebbe comunque occorrenza di una drastica pulizia. Date queste premesse, il servizio strade & verde della Municipalità tergestina ha ritenuto di inserire l'opera nelle prossime iniziative di refitting ambientale, inducendo l'assessore Lodi a presentare una delibera che stanzia alla bisogna poco più di 200 mila euro. In particolare, l'intervento viene finanziato per 150 mila euro con avanzo vincolato e per 50 mila euro ricorrendo all'introito da alienazioni. Il progetto è stato affidato a un professionista esterno, l'architetto Rita Ressmann, per un costo di 13.300 euro. La verde riqualificazione prevede un cronoprogramma di 120 giorni, che verrà auspicabilmente svolto, una volta sbrigato l'affidamento, a partire da inizio estate. La relazione, che accompagna la delibera dell'avvocato Lodi, descrive le civiche intenzioni, mirate a ridisegnare radicalmente l'attuale scorcio. Ecco l'elenco: pulizia complessiva del verde, rimozione delle recinzioni danneggiate e degli arredi presenti, creazione di un nuovo accesso, sistemazione dei percorsi pedonali preesistenti, manutenzione delle due scale esterne in arenaria, realizzazioni di superfici a prato, creazione di una nuova linea d'acqua in maniera tale da attivare due fontane con acqua potabile. Questi lavori di manutenzione straordinaria vengono integrati da una nuova area giochi con pavimentazione anti-trauma, da un'area dedicata ai cani (con apposite recinzioni e cancelli metallici), da nuovi cancelli. Arredo tutto fresco dotato di panchine e cestini d'acciaio. L'area sarà accessibile ai mezzi meccanici. Non si dovrebbe trattare di un cantiere difficile dal punto di vista della sicurezza, se si eccettuano le pendenze esistenti e la vicinanza a una via di medio traffico in considerazione delle scuole presenti e della densità abitativa. L'inquadramento urbanistico - informa ancora la relazione che correda con alcune foto lo stato d'incuria in cui versa il giardino - consente inoltre la realizzazione di un servizio igienico di 15 metri quadrati e un chiosco "food & beverage" di analoga superficie. Da non perdere le immagini relative all'interno dell'area verde, soprattutto per quel che riguarda i punti prossimi alla scala interna a scendere e all'area giochi dismessa.

Massimo Greco

 

Punta Sottile, sostituiti due pini - E per un terzo arriva il sostegno - il recupero del verde dopo i danni delle due ondate di maltempo
MUGGIA. Punta Sottile ritorna a popolarsi di pini d'Aleppo. Di recente sono state piantumate infatti due nuove alberature, in sostituzione delle due irrimediabilmente danneggiate dalla furia del maltempo, dapprima il 10 agosto della scorsa estate e poi l'8 dicembre. I due alberi sostituiti, in particolare, si erano sovrapposti nella prima occasione a causa di un violento temporale estivo: una combinazione di vento e pioggia aveva letteralmente divelto il cosiddetto "pino storto", facendolo accasciare in parte sul terreno e in parte su un altro pino accanto. La situazione era ulteriormente peggiorata a fine anno tanto da richiedere una consulenza specializzata. Così la perizia di Paolo Parmegiani, agronomo forestale: «La chioma della seconda pianta, asimmetrica, presenta una grossa branca spezzata dalla prima pianta, con scosciatura profonda e relativa chioma in disseccamento. La pianta, completamente sbilanciata, presenta pochissime fronde ancora verdi sul lato mare a notevole distanza dal punto di inserzione nel terreno». Superstite, sopravvissuto alla furia del maltempo, poco distante ecco un altro pino, evidentemente molto inclinato, tanto che nei primi due metri assume una pendenza di 45 gradi. Dalla perizia è emersa la necessità di un intervento che risolvesse le gravi problematiche di tipo statico che, in qualsiasi momento, avrebbero potuto far schiantare quel caratteristico pino: «La soluzione ottimale da un punto di vista statico - sempre secondo Parmegiani - è quella di provvedere alla realizzazione di un sostegno da posizionare a tre metri di distanza dalla base, proprio sotto il punto d'impalco delle branche principali, al fine di sorreggere la chioma e l'intera pianta». È stato così realizzato - ed è stato posizionato in questi giorni - un sostegno proprio nel punto indicato da Parmegiani lo scorso marzo».

Luigi Putignano

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 maggio 2021

 

 

Muggia - Bocciata la segnaletica per le piste ciclabili di Strada delle Saline
Muggia. Cassata in Consiglio comunale la risoluzione che presentata dal consigliere del gruppo misto ed ex dem Marco Finocchiaro sull'adeguamento della segnaletica stradale viabilità Coselag su Strada delle Saline e Via Caduti sul lavoro, che aveva l'obiettivo di migliorare la sicurezza stradale e favorire la mobilità sostenibile sui percorsi casa-lavoro. Si è trattato di una bocciatura netta. A favore hanno votato solo il pentastellato Emanuele Romano e la civica Roberta Tarlao. Deluso Finocchiaro: «Quello che chiedevo in sintesi era di dare la possibilità a chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro di farlo in sicurezza. Nel caso specifico proponevo la realizzazione delle corsie ciclabili recentemente introdotte nel codice della strada al posto della banchina pavimentata di 1,5 che dovrebbe avere una strada di quelle caratteristiche geometriche. Si è negata la possibilità a chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro di farlo in sicurezza. Nulla si è fatto nemmeno per mettere in sicurezza i veicoli a motore che percorrono quella strada su corsie di marcia di 5 metri fuori norma in quanto la larghezza massima consentita è di 3,75 metri». Per Finocchiaro coloro che hanno cassato una soluzione fattibile «l'hanno fatto nascondendosi dietro un parere tecnico degli uffici, fuorviante e per nulla esaustivo». Il consigliere ex dem ha riferito anche di essere «stato accusato di essere un lobbista che si erge a paladino delle categorie deboli, al pari degli altri due consiglieri che hanno sostenuto la risoluzione a scopi elettoralistici. Intanto si è negato il diritto costituzionale di arrivare sani al lavoro e di tornare a casa integri». Anche Fiab Ulisse ha commentato quanto deciso durante la massima assise rivierasca: «Brutte notizie per Muggia: la giunta Marzi a ampia parte dell'opposizione ha bocciato la richiesta di realizzare nell'amplissima Strada delle Saline due corsie ciclabili per rendere più sicuri gli spostamenti casa-lavoro in bici».

Luigi Putignano

 

 

Più neve sulle Alpi Giulie causa il riscaldamento artico
Il ricercatore Renato Colucci dell'Istituto di Scienze polari: «La causa degli accumuli nevosi in alta quota legata agli eventi indotti dal riscaldamenti globale»
Di primo acchito sembrerebbero gli highlander del cambiamento climatico, un'anomalia in un panorama che prevede la scomparsa dei ghiacciai alpini al di sotto dei 3500 metri di altitudine in una trentina d'anni. Sono i piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie a bassa quota, che da circa 15 anni sono resilienti e stabili. E che anche quest'inverno hanno potuto contare su abbondanti nevicate che però, dicono gli esperti, non sono indicative di inverni più freddi, né di un'inversione di rotta del riscaldamento globale. Anzi. Una ricerca pubblicata su Atmosphere, che spiega la resilienza dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie con l'aumento delle precipitazioni nevose nel settore alpino orientale, individua due possibili cause del fenomeno, entrambe legate ai cambiamenti climatici: il maggiore riscaldamento dell'Artico e l'aumento della temperatura della superficie dell'Adriatico. «Anche quest'anno sulle Alpi Giulie si sono verificate nevicate molto intense e frequenti, che hanno portato la somma degli accumuli nevosi a toccare i 10 metri a 1800 m di quota», spiega Renato Colucci, ricercatore dell'Istituto di scienze polari del Cnr, che ha coordinato questa ricerca internazionale cui hanno partecipato anche l'Ictp e le Università di Trieste e Udine. Di annate con accumuli eccezionali di neve ne sono state registrate molte a partire dal 2000, ma tanta neve non significa più freddo: tendenzialmente gli inverni sono sempre più miti e le estati più calde e lunghe. «L'ingente strato nevoso depositatosi al suolo nelle Alpi Giulie, dove già piogge e nevicate sono tra le più elevate di tutta Europa, è in grado di bilanciare l'aumentata fusione estiva», spiega Colucci. Misurando i bilanci di massa dei piccoli corpi glaciali di questo settore alpino dal 2006 al 2018, i ricercatori ne hanno constatato il leggero incremento, in completa controtendenza con ciò che avviene nel resto dei ghiaccia alpini, che invece si riducono sempre più. «La causa più rilevante di quest'anomalia sembra essere legata agli eventi estremi indotti dal riscaldamento globale», evidenzia il ricercatore. «Nell'Artico il riscaldamento sta procedendo a un ritmo molto più serrato rispetto alle nostre latitudini, con la drastica riduzione del ghiaccio marino, che contribuisce agli effetti di amplificazione del riscaldamento». La "amplificazione artica" sta modificando la traiettoria della circolazione globale dell'emisfero settentrionale (onde di Rossby). I flussi atmosferici, simili a onde che si muovono da ovest verso est, si propagano più lentamente, facilitando così situazioni che portano il tempo meteorologico a "bloccarsi". Perciò si possono verificare eventi estremi, come piogge vigorose e prolungate o lunghe fasi di caldo estivo eccezionale. A ciò va a sommarsi l'aumento della temperatura superficiale del mare Adriatico, che porta ancora maggiore energia verso le montagne sotto forma di precipitazioni più intense. Per quanto la pioggia tenda a sostituirsi alla neve a quote sempre più elevate, la scomparsa nel prossimo futuro dei ghiacciai minori delle Alpi Giulie non pare più così scontata.

g.b.

 

 

Check-up ai rifiuti sul lido per cambiare i comportamenti
STARANZANO. Il termine "Beach Litter" si traduce come "immondizia della spiaggia". Legambiente lo ha trasformato nell'iniziativa di "Citizen Scienze" in un monitoraggio di rifiuti prodotti dalle attività umane. La conclusione della ricerca effettuata sul litorale di Staranzano è stata annunciata dal Circolo Legambiente "Ignazio Zanutto" di Monfalcone, portato a termine nel pomeriggio di sabato da una decina di giovani volontari di Legambiente e dell'associazione NOPlanetB. Nel vasto campionario dei rifiuti ci sono materiali plastici, metallici, cartacei, tessuti vari, oggetti in vetro o in legno e olii. Il legname trasportato in mare dai fiumi e poi in parte riversato sulle spiagge costituisce un substrato per la crescita di molti organismi decompositori. «La raccolta di dati sui rifiuti in spiaggia - dichiara Margherita Bertossi del direttivo di Legambiente - consente di acquisire informazioni su quantità, trend e fonti di quella quota di marine litter immediatamente visibile a tutti noi, in relazione con la Direttiva Europea sulla Strategia Marina (2008/56/CE). Capire cosa deturpa le nostre spiagge - continua - serve anche ad agire sulle nostre abitudini di consumo e sui nostri comportamenti, perché la soluzione parte da qui. Il protocollo da noi utilizzato coincide con quello dell'European Environmental Agency nel programma Marine Litter Watch ed è usato da altre associazioni e istituti di ricerca».Per il monitoraggio, i volontari hanno delimitato un'area di indagine standard, lunga 100 metri e ampia dalla battigia alla fine della spiaggia, hanno raccolto tutti i rifiuti poi registrati su apposite schede seguendo le categorie di campionamento indicate. La raccolta ha preso in esame rifiuti a partire da 2,5 cm di lunghezza, per essere sicuri di includere tappi, coperchi e mozziconi di sigarette. Sono stati riempiti 4 sacchi di materiale indifferenziato, contenitori di plastica, lattine e una ventina di bottiglie di vetro, tutto avviato a riciclo. Moltissime le "calze" di plastica utilizzate in mitilicoltura e un'infinità di frammenti di plastica e polistirolo. Non sono mancate alcune mascherine, testimoni del periodo pandemico in corso.

Ciro Vitiello /

 

Turismo e ambiente - A Isola il Forum Eusair - regione adriatico-ionica
LUBIANA. Si terrà i prossimi 11 e 12 maggio a Isola, in Slovenia, il sesto Forum annuale della Strategia europea per la regione adriatico-ionica (Eusair). Eusair, dopo una fase di costruzione della sua governance, è oggi impegnata in particolare sul fronte dell'embedding process, ossia la ricerca di fondi, da budget Ue e finanziamenti pre-adesione per Balcani, per sostenere le attività comuni dei suoi quattro pilastri: attività marittime, connettività (trasporti ed energia), qualità ambientale e turismo sostenibile. A Isola, uno dei focus sarà l'impostazione di una strategia comune in questo senso. Attenzione sarà pure dedicata al tema dei trasporti e a quello dell'ambiente e del climate change. Tra gli ospiti di rilievo del Forum la climatologa slovena Lucka Kajfez Bogataj, esponente dell'Ippc, il consiglio intergovernativo dell'Onu sulla crisi climatica. Nel 2007 Lucka Kajfez Bogataj ottenne il Nobel per la Pace, insieme all'ex vice presidente americano, Al Gore. La strategia, lanciata dalla Commissione Ue nel 2014 vede come Paesi partecipanti alcune nazioni membri della Ue, tra cui Italia, Grecia, Slovenia e Croazia, ma anche Stati in corsa per l'adesione, come Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Albania.

 

 

Fotovoltaico e bonus - Scossa risparmio
Siamo in una fase da lavori in corso sull'evoluzione del superbonus, all'incrocio tra il binomio durata-stanziamenti e lo snellimento atteso da qui a pochi giorni delle procedure per sfruttare il maxi incentivo. Ma, parlando di opere comunque realizzabili con strade diverse tra le varie agevolazioni, il fotovoltaico rappresenta di sicuro uno dei capitoli al quale si guarda con un occhio di particolare attenzione, a maggior ragione se il percorso per l'utilizzo delle risorse con il bonus al 110% si farà meno impervio rispetto a quanto accade con le regole attuali. Produrre energia elettrica direttamente dal giardino di casa o dal terrazzo, con impianti sempre più adattabili a spazi condominiali limitati, ha conquistato negli anni consensi crescenti, capace com'è di mettere insieme l'aspetto della salvaguardia dell'ambiente e quello della convenienza economica. Le cifre - In Italia il numero di coloro che hanno adottato il sistema veleggia ormai verso il milione, con una potenza complessiva superiore ai 21 Gigawatt. Da gennaio a marzo, il comparto ha garantito il 6,1% dell'intera domanda di energia elettrica del Paese. E non sorprende gli addetti ai lavori il fatto che nemmeno la crisi provocata dal Covid abbia frenato il settore: nel primo semestre del 2020 (quindi inclusi i mesi del lockdown più duro) le nuove installazioni sono aumentate del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019, salite poi nei primi 10 mesi - secondo l'Osservatorio FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) di Anie Rinnovabili - del 25%. Tra presente e futuro - Nel biennio 2020-2021 - spiega il report "Renewables 2020" dell'Agenzia internazionale dell'energia - il fotovoltaico guiderà la crescita di tutte le energie rinnovabili anche grazie agli incentivi fiscali, a cominciare dalla doppia opportunità con il 110%. Doppia, perché gli impianti di questo tipo possono sfruttare sia la chance degli interventi trainati, sia quella del sismabonus. E non sembra preoccupare più di tanto la flessione dei primi due mesi del 2021 a livello di produzione nazionale: a marzo il dato era già in ripresa, +19,5% sullo stesso periodo del 2020. Tra gli incentivi attuali e quelli annunciati per il futuro, le occasioni per accelerare non mancano davvero.

Massimo Righi

 

Fotovoltaico e 110% - le mosse necessarie per abbattere i costi della bolletta - Il superbonus
Ottenere energia gratuita dal sole, con l'impianto fotovoltaico completamente pagato dalla Stato, è possibile con i benefici del superbonus al 110%. Presupposto è che il fotovoltaico sia eseguito congiuntamente o con il miglioramento sismico dell'edificio, il cosiddetto sismabonus, o con il superbonus che contempli almeno una delle opere cosiddette "trainanti". Si tratta, in sostanza, dell'isolamento delle coperture, delle facciate e dei fondi che deve interessare almeno il 25 per cento della superficie disperdente del palazzo, insieme o separatamente con l'efficientamento dell'impianto di riscaldamento. La condizione di partenza che dà il via libera al maxi sconto è che si realizzi il miglioramento di due classi energetiche del fabbisogno termico dell'edificio, sia che si tratti di condominio, sia che si parli di una palazzina composta da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate e in possesso di un ingresso indipendente. Per ottenere lo sconto fiscale, tra i vari requisiti necessari, ci sono uno studio preliminare, un progetto esecutivo e i passi chiave per il finanziamento dei lavori, le asseverazioni e i collaudi. Si tratta di una mole di documenti importante e che richiede tempo. Per cui, prima di decidere se lanciarsi in questa direzione, è consigliabile rivolgersi a persone qualificate che conoscono il settore e sappiano muoversi tra i diversi paletti imposti dalla normativa. La proroga - I lavori sono ingenti, il processo è complesso e il tempo è poco. Per il superbonus la proroga al 2023 è al momento solo una promessa. Anche quella del 2022 è "sub judice" perché deve essere ancora confermata dal Consiglio d'Europa. Occorre quindi individuare tra gli interventi possibili quelli che garantiscono subito il salto delle due classi energetiche. Al rifacimento della facciata in chiave di un maggior risparmio energetico (il cosiddetto cappotto termico), è consigliabile aggiungere gli impianti fotovoltaici e il solare termico che sfruttano fonti rinnovabili e hanno il vantaggio di essere di più rapida esecuzione. La realizzazione - I pannelli da installare sono composti di silicio mono o policristallino e sono più efficienti tanto è più elevato il kilowatt di picco (kWp). I pannelli vanno collocati sul tetto dell'edificio o su un'area adiacente, ad esempio una pergola o una tettoia di un terrazzo, per una superficie tale da produrre l'energia elettrica necessaria ad evitare di prelevare corrente dalla rete. In molti casi, è prevista la possibilità di installare accumulatori: in pratica delle batterie che permettano di stoccare l'energia prodotta in eccesso ed eventualmente sincronizzare la produzione con il prelievo. La superficie necessaria per produrre un kilowatt di energia elettrica è di sei/sette metri quadrati. Tre kilowatt è il fabbisogno medio per un appartamento: per produrlo occorrono 18 metri quadrati di pannelli e possibilmente una batteria di accumulo. I costi fissi dell'installazione sono tutti compensati dal contributo sui pannelli solo se la potenza dell'impianto raggiunge i sei kilowatt con circa 30 metri quadrati di installazione. I limiti fiscali - La spesa massima per singola unità immobiliare è di 48 mila euro. Il limite raddoppia se si installa anche l'accumulatore per conservare l'energia in eccesso. Per kW di potenza nominale, il limite di detrazione è di 2.400 euro, mentre per il sistema di accumulo integrato è di 1.000 euro per ogni kWh. L'energia non autoconsumata, oppure non condivisa per autoconsumo, va ceduta gratuitamente al Gestore dei servizi energetici. Per evitarlo, oltre all'accumulo, c'è ora la possibilità di scambiare l'energia e sono possibili le comunità energetiche tra utenti che hanno nel condominio un luogo ottimale di sviluppo. Un bene per tutti - Il vantaggio di base del condominio è la condivisione. Ma questo è anche il suo limite, se per collocare i pannelli occorre spazio che può mancare. È in ragione della sua disponibilità che si può progettare l'installazione, occupando, ad esempio, tutto il tetto di copertura. Tenendo ovviamente bene a mente i tempi di realizzazione dei lavori nei quali va compreso ogni adempimento previsto dalla legge, compresi i passaggi in assemblea condominiale. L'energia prodotta, però, potrà essere utilizzata per alimentare sia le unità immobiliari individuali, sia i servizi comuni. L'isolamento dell'involucro dell'edificio diminuisce di molto la quantità di energia necessaria al riscaldamento, tanto che un impianto a pompa di calore ad alta efficienza può essere quasi completamente alimentato dal fotovoltaico. Il limite della massima potenza installabile è stato innalzato per i condomìni e le comunità energetiche da 20 kW a 200 kW. E, in modo del tutto analogo, possono essere alimentati l'illuminazione delle scale o il funzionamento dell'ascensore.

Glauco Bisso - Carlo Gravina

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 maggio 2021

 

 

Sedici milioni in arrivo dal Recovery Plan per il Museo ferroviario

Il sito storico nel "Piano nazionale di ripresa e resilienza": si rilancia un recupero rallentato finora da Covid, burocrazia e assenze di certezze sui finanziamenti

Trieste ricompare nell'agenda del cosiddetto "Piano nazionale di ripresa e resilienza". Dopo il Porto vecchio, a beneficiarne è il Museo ferroviario di Campo Marzio con i 16 milioni necessari al completamento del grande restauro, che richiede in tutto un investimento da 18 milioni e mezzo. I fondi rientrano nei 435 milioni di euro messi a disposizione per la valorizzazione dei treni storici e la manutenzione delle linee ferroviarie attraverso il "Piano strategico Grandi Attrattori Culturali" da 1,460 miliardi. Denaro che viene finanziato con i 30 miliardi del Fondo complementare, un importo ricavato dallo scostamento di bilancio e quindi aggiuntivo rispetto a quello dello stesso Recovery Fund europeo. Oltre alla Cabina Ace di Roma Termini, importante opera architettonica del razionalismo italiano, e al Museo nazionale di Pietrarsa, sede di uno dei piu importanti siti ferroviari storici di tutta Europa, è dunque l'antico Museo ferroviario triestino di Campo Marzio ad attrarre i capitali utili al completamento di un articolato progetto di riqualificazione, che fu presentato tre anni fa al fine di rendere questo contenitore un nuovo polo della cultura ferroviaria italiana ed europea e che doveva scontare ora fisiologici ritardi tra Covid, burocrazia e, soprattutto, fondi ancora da reperire con assolute garanzie. Con i due milioni e mezzo messi dalla Fondazione Fs sono già stati restaurati la facciata di via Giulio Cesare e due locomotive. E, ora, entro il 2023 è previsto che con quattro milioni, coperti dalle risorse in arrivo, si realizzino i nuovi interni del Museo ferroviario con tanto di esposizione permanente. Si potrà così riscoprire il fascino di diorami, plastici, vestiti, strumentazioni e reperti vari che racconteranno ogni aspetto della vita lungo la ferrovia asburgica che fu. All'esterno, lungo i quattro binari tronchi, si trovano anche dei rotabili storici unici nel loro genere: si tratta in molti casi di locomotive e carrozze austroungariche e tedesche ottenute come "conto riparazione danni di guerra". La fase numero tre riguarderà invece la parte più consistente del piano di recupero, che nel progetto di fattibilità del 2016 prevedeva anche un hotel a tema ferroviario. Rispetto a quest'idea iniziale però verranno analizzate anche altre ipotesi, che per ora non circostanziate. Rientra in tale fase anche il ripristino della volta che sormontava il "fascio binari", smantellata nel '42 per esigenze belliche, per creare un vasto cortile coperto per eventi e manifestazioni culturali. L'intera operazione, assicurano dalla stessa Fondazione Fs, sarà chiusa prima del 2026. Maggiori dettagli sulla tabella di marcia saranno comunicate in ogni caso in occasione di una conferenza ad hoc che probabilmente verrà organizzata in estate. «Espressioni di gratitudine vanno rivolte alla Fondazione Fs», afferma a tale proposito Alessandro Puhali, l'attuale presidente dell'"Associazione Museo Stazione Trieste Campo Marzio": «Va evidenziato anche il ruolo fondamentale dei volontari che dagli anni Settanta hanno raccolto rotabili, cimeli e hanno salvaguardato la stessa stazione. Il restauro del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio e la valorizzazione dell'omonima stazione, che è previsto venga riaperta per arrivi e partenze di treni storici e turistici con collegamenti verso il resto d'Italia e d'Europa, rappresentano eventi di enorme rilevanza per lo sviluppo culturale e turistico di Trieste e dell'intera Regione, per non parlare poi delle relazioni transfrontaliere con Slovenia e Austria e delle formidabili sinergie che potrebbero realizzarsi, attraverso la Transalpina, con Nova Gorica e Gorizia, designate Capitale europea della Cultura 2025».

Benedetta Moro

 

 

L'Ogs chiude il cerchio - Stop agli insediamenti dentro il Magazzino 26
Sopralluogo delle commissioni IV e V alla struttura del Porto vecchio - Rossi: «Abbiamo occupato tutto». E prende forma il Museo dell'Irci
Cos'è, alla fin fine, il Magazzino 26? Due commissioni comunali, la IV e la V, hanno compiuto ieri mattina un sopralluogo nell'edificio simbolo del Porto vecchio, al fine di inquadrare il piano della giunta per il palazzo, anche alla luce delle ultime novità. Facciamo subito il punto: fra qualche anno, se la linea data da questa giunta verrà mantenuta, l'edificio ospiterà un museo scientifico nato dalla fusione del Museo del Mare e di quello di Scienze naturali (progetto Consuegra), l'infopoint turistico con "convention visitors boureau", il nuovo Museo Irci con le masserizie degli esuli, la Sala Luttazzi per eventi culturali, l'Immaginario scientifico e la Sezione di oceanografia dell'Ogs - Gli assessori Elisa Lodi (Lavori pubblici) e Giorgio Rossi (Cultura) hanno accolto la comitiva di commissari capitanata dai presidenti di commissione Michele Babuder (Fi) e Manuela Declich (Lega). I due assessori hanno descritto il piano del Comune, armati di cartina. La capogruppo pentastellata Elena Danielis si è informata sul destino della sede attuale del Museo di Storia naturale, e Rossi ha risposto che sarà destinato ad ampliamento del Museo della Guerra per la Pace. La consigliera Pd Laura Famulari ha chiesto quali saranno i costi dell'infopoint mentre Giovanni Barbo ha fatto altrettanto per la sala Luttazzi: l'infopoint è costato circa un milione e 150 mila euro, mentre la sala 600 mila euro. Una stima per il trasloco del Museo di Scienze naturali, invece, non è ancora stata fatta. Paolo Menis del M5s ha chiesto si organizzi una commissione apposita sul Museo del Mare. I consiglieri sono stati accompagnati dai tecnici e collaboratori del Comune nella Sala Luttazzi, 130 posti a sedere al terzo piano, ormai completata: entro il mese dovrebbe tenersi la serata di apertura. Scesi al secondo piano, il direttore dell'Irci Piero Delbello ha illustrato la futura configurazione del nuovo Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata, comprensivo di masserizie: «Abbiamo disposto i mobili in lunghi corridoi in modo che possano essere attraversati dai visitatori - ha spiegato - che potranno così constatare che su ogni mobile c'è scritto un nome, dietro cui c'è una storia». Nel dialogo con i consiglieri, Delbello ha affermato: «Il 99% dei visitatori del nostro museo vuole andare a vedere le masserizie, che a loro volta andavano salvate. Questa razionalizzazione dà loro un senso». Infine la mostra del Lloyd, che confluirà un domani nel Museo del Mare. Ad accompagnare i commissari la responsabile dei musei comunali Laura Carlini Fanfogna. Visitando la mostra, Antonella Grim di Italia Viva ha commentato: «È necessario riprendere in mano i cimeli del Lloyd facendosi avanti con Italia marittima, che pare averne molti nei suoi depositi». Il leghista Radames Razza ha ravvisato invece che «la visita ha colpito positivamente anche i consiglieri di opposizione» e rimanda «al mittente le critiche» del Pd. Al di là delle schermaglie, è nell'area ove ora sorge la mostra del Lloyd, ha spiegato Rossi, che approderà l'Ogs, secondo quanto stabilito dall'istituto e dal Comune. «E con questo avremo occupato gli spazi del 26», ha chiosato l'assessore.

Giovanni Tomasin

 

 

Piano del centro storico - Entro la fine del mese l'approdo in Consiglio
La giunta ha deliberato, adesso tocca alla Commissione VI - Vagliate 50 osservazioni, tra cui quella della Soprintendenza
Passano gli anni ma 41 sono lunghi, quasi come per il ragazzo della via Gluck: Luisa Polli, assessore comunale a Territorio, urbanistica, ambiente, è fiduciosa che entro maggio sarà definitivamente varato il nuovo Piano particolareggiato del centro storico. A 41 anni di distanza dall'ormai mitico "piano Semerani", risalente al 1980: era un altro centro in un'altra Trieste. Il nuovo strumento urbanistico ha avuto una gestazione piuttosto lenta, perché di esso si parla da oltre venti anni, dall'ultimo periodo dell'era Illy. Giovedì scorso lo starter giuntale ha sparato l'iter della "seconda lettura" del Piano, dopo la prima approvazione avvenuta nel novembre 2020. La Polli ha ottenuto il consenso dell'esecutivo Dipiazza, per cui tra una decina di giorni l'ampia documentazione andrà in Commissione VI e, a seguire, verrà esaminata dall'aula. Il dibattito nelle due sedi si terrà "da remoto" cosicché l'assessore si premura di far preparare un apparato di slides tale da consentire una migliore comprensione dei contenuti da vagliare. La delibera, che accompagna la slavina di allegati, ricorda che, dopo il primo sì autunnale, sono pervenute in Largo Granatieri 50 osservazioni, molte delle quali autentiche matrioske, a loro volta contenenti una selva di questioni-quesiti-opposizioni, per cui di fatto gli uffici ne hanno filtrate 570. La Soprintendenza ha inviato le sue considerazioni in merito all'adeguamento del nuovo Piano del centro storico al Piano paesaggistico regionale. La stessa delibera puntualizza che alcune osservazioni sono state recepite fatto salvo «il rispetto delle linee di indirizzo impartite dall'amministrazione».La stessa Luisa Polli sottolinea come l'impostazione del nuovo Piano esca inalterata dal "giro" delle osservazioni. La civica amministrazione ci tiene a far sì che le nuove disposizioni entrino in vigore il prima possibile, affinché riescano ad accompagnare i bonus fiscali sulle riqualificazioni edili-impiantistiche. L'ottica del Piano è quella di "rifunzionalizzare" lo stabile, ovvero agire da stimolo per l'investitore privato: sottotetti, tetti piani, ascensori, corpi scala, balconi a vasca sono alcuni degli argomenti "forti" presenti nel Piano. Gli uffici, coordinati da Beatrice Micovilovich, hanno "schedato" 1621 edifici nell'ambito di uno spazio urbano che coinvolge la "città murata", i tre borghi (Teresiano, Giuseppino, Franceschino), via Udine, l'asse tra viale XX Settembre e via della Pietà. Di questi 1621 stabili il 5% va rispettato dentro-fuori, il 45% va restaurato all'esterno ma è ristrutturabile all'interno, il 30% deve essere salvaguardato all'esterno ma è sventrabile all'interno, il 20% può essere demolito e sostituito da nuove costruzioni. Si dice che molti operatori (anche alberghieri) stiano aspettando queste opportunità per mettere mano al portafoglio: coraggio, fine maggio è ormai vicina.

Massimo Greco

 

«Parco di villa Necker: il ministero accelera» - lettera di Guerini alla senatrice dem Rojc
«Il ministro Guerini ha dato personale assicurazione che saranno promosse quanto prima le necessarie interlocuzioni istituzionali per la dismissione del Parco monumentale di Villa Necker dal Demanio militare al Comune di Trieste. È un segnale di attenzione molto apprezzabile, a partire dal quale lavorare con gli altri soggetti istituzionali coinvolti». Lo afferma la senatrice Tatjana Rojc del Pd, rendendo noto il contenuto di una lettera del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha risposto alla missiva con cui la parlamentare gli aveva sottoposto la questione del passaggio al Comune dello storico parco che circonda Villa Necker, attualmente sede del Comando Militare dell'Esercito "Friuli Venezia Giulia". «Il ministro ha auspicato che il progetto possa essere realizzato quanto prima - riferisce Rojc - e ha chiarito che il percorso coinvolge Ministero della Cultura, Comune di Trieste e Agenzia del Demanio. Continuerò l'opera di sensibilizzazione con le Autorità centrali dello Stato».

 

 

«Navi bianche ferme: stop alle emissioni» - L'INTERVENTO DI FOGAR (TRIESTE VERDE)
«È necessario fermare l'emissione continua di Co2 da parte delle navi bianche parcheggiate da mesi sulle banchine - segnala Maurizio Fogar, portavoce della lista Trieste Verde -, predisponendo dei "punti luce" su moli e banchine attraverso i quali le navi all'ormeggio possano alimentare tutto ciò che oggi viene sostenuto dai motori accesi. Serve poi intervenire per far cessare le emissioni di "benzina marcia" in uscita da anni dalla Siot e che ammorbano i paesi di San Dorligo e Aquilinia. Il Terminal crociere in Porto vecchio consentirebbe di liberare le Rive dal traffico automobilistico in occasione di partenze e arrivi. Infine è necessario intervenire per bonificare l'area della Ferriera dalla presenza di inquinanti cancerogeni».

l.d.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 aprile 2021

 

 

Parte dal golfo di Trieste la caccia alla plastica dei cestini mangiarifiuti

Al via dalla baia di Sistiana il tour per mare nazionale di Coop Italia che consentirà la posa di 34 nuovi seabin e che si concluderà proprio  in acque giuliane a ottobre

Parte da Trieste, dalle acque della baia di Sistiana, la caccia alla plastica lanciata da Coop Italia che, per il secondo anno consecutivo, ha deciso di portare avanti, rafforzandolo, il progetto "Un mare di idee per le nostre acque". La campagna, che si chiuderà di nuovo a Trieste in occasione della Barcolana, ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini sul tema dell'inquinamento dei nostri mari, laghi e fiumi, zeppi di rifiuti di ogni genere. E lo fa non solo a parole e slogan, ma attraverso la posa di 34 seabin, i cosiddetti cestini "mangiarifiuti", in diverse località italiane. L'obiettivo è intercettare e raccogliere, in un anno, ben 23 tonnellate di plastica, superando il risultato del 2020, quando i seabin posizioni furono 12, con otto tonnellate di plastica rimaste intrappolate nei filtri. Di fatto quella di Coop e del suo partner scientifico, LifeGate, sarà una vera e propria traversata ecologica attraverso l'Italia, anche grazie alla barca a vela nostrana Anywave, ormeggiata a Portopiccolo e di cui Coop è sponsor. Si tratta della prima imbarcazione ad aver istituito la figura del Responsabile ecologico, e porterà in giro per l'Italia il suo esempio, durante le regate alle quali parteciperà. Ma cosa sono i seabin? Sono dei cestini per i rifiuti che galleggiano in superficie. Sul fondo hanno una pompa che filtra 25 mila litri di acqua marina all'ora e può catturare fino a 1,5 chilogrammi di detriti al giorno, oltre 500 chili all'anno. Numeri che sembrano impossibili? Assolutamente no. Bastava trovarsi ieri a Portopiccolo, dove è stato posizionato il primo di questi 34 nuovi seabin, per rendersene conto: messo in acqua la sera precedente, aveva già catturato pattume di vario genere. Dovrà essere svuotato ogni due giorni, e di questo si occuperanno gli addetti del marina di Portopiccolo.La posa del cestino "mangiarifiuti" e la visita sulla barca sostenibile Anywave con mininavigazione nel golfo sono stati due dei momenti portanti della mattinata di ieri nella baia di Sistiana, preceduti da un incontro durante il quale i protagonisti del progetto hanno spiegato l'importanza di investire sulla lotta alla plastica, in particolare alle microplastiche, quelle invisibili ma non per questo meno dannose, visto che finiscono nello stomaco dei pesci e, di conseguenza, pure nel nostro, quando li mangiamo. «Il problema della plastica in mare è enorme e siamo vicini a un punto di non ritorno - ha evidenziato Maura Latini, amministratore delegato di Coop Italia -. Abbiamo deciso di partire da Trieste anche per la sua grande tradizione marinaresca e per la collaborazione con Anywave». Hanno partecipato anche Enrico Quarello, direttore Politiche sociali di Coop Alleanza 3.0, che ha sottolineato che «verranno coinvolti tutti i soci presenti in regione», l'esploratore e divulgatore ambientale Alex Bellini, e il navigatore Ambrogio Beccaria. Presenti in sala anche il sindaco di Duino Aurisina Daniela Pallotta e l'assessore regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che ha ricordato il progetto Mare Fvg e l'impegno della Regione per concretizzare la «rivoluzione verde necessaria al nostro pianeta, nella quale siamo e dobbiamo essere tutti attori».

Elisa Coloni

 

Molteni: «L'ecosistema soffre - Alghe e meduse? Segnali forti» - il direttore scientifico di Lifegate
Un piccolo oggetto che possiamo usare anche solo per venti secondi, come una cannuccia con la quale sorseggiare una bibita fresca, non muore mai: «Venti secondi contro la vita eterna, perché la plastica ha vita eterna». Lo spiega bene uno degli intervenuti ieri a Sistiana, Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, partner di Coop nel progetto ambientale, che dà battaglia all'inquinamento dei mari partendo da un concetto da incubo: se non cambieremo rotta, nel 2050 avremo più plastica che pesci. Dottor Molteni, quali rischi rappresenta la plastica?È un materiale non biodegradabile, non sparisce da solo con il passare del tempo, quindi più ne arriva in acqua e più se ne accumula. Come si risolve il problema? Con LifeGate lavoriamo su più fronti. A monte c'è la sensibilizzazione sul tema e la formazione nelle aziende, per renderle plastic free. Poi vengono messi in campo strumenti concreti come i seabin, efficaci ma poco costosi e con zero impatto ambientale. Quali sono i loro vantaggi? Un seabin può catturare fino a 500 chili di spazzatura in un anno. Per capirci, corrispondono a 100 mila sacchetti di plastica usati per fare la spesa. È efficace anche con le microplastiche? Soprattutto con le microplastiche. Quelle cioè sotto i 5 millimetri, che riescono a entrare nei nostri tessuti. Sono dannosissime. Ciò che mi colpisce dei seabin è che funzionano anche da spenti. In che senso? Lo spiego con un esempio. Abbiamo collocato alcuni di essi a Milano in Darsena, zona di aperitivi e movida che ogni weekend purtroppo porta con sé tanta immondizia in acqua. Ebbene, ci siamo resi conto che, da quando li abbiamo installati, la raccolta è gradualmente diminuita, a dimostrazione del fatto che hanno un effetto deterrente: vederli è come una spia che si accende e ci responsabilizza. Mettono a rischio la vita dei pesci? No, i pesci non possono rimanere incastrati nei filtri, sono fatti in modo tale che ciò non accada. Di recente abbiamo visto il golfo di Trieste invaso in modo anomalo da alghe e meduse: sono fenomeni collegabili all'inquinamento marino?Certo, sono segnali di un mare che sta male, che soffre, per varie ragioni, dal processo di acidificazione al riscaldamento globale fino all'inquinamento, che danneggiano l'ecosistema marino e provocano gravi reazioni a catena tra le specie.

El.Col.

 

A bordo acqua potabile dal rubinetto, contenitori da raccolta differenziata e il controllore ecologico

Anywave fa già scuola: alla prossima Barcolana tutte le imbarcazioni iscritte dovranno avere un responsabile delle buone pratiche "green"

La cambusa è rigorosamente plastic free. A bordo non si beve da bottigliette usa e getta, bensì da borracce riempite attraverso un rubinetto alimentato da un sistema di acqua potabile autonomo. I rifiuti non si gettano nel solito cestino, ma si differenziano, grazie a contenitori ingegnosamente infilati in ogni pertugio disponibile negli spazi stretti di un cabina. Alberto e Gino si muovono veloci ed esperti sul loro scafo, e mostrano con orgoglio tutte le soluzioni pensate per renderlo davvero "verde".Anywave, infatti, dall'esterno potrebbe sembrare un'imbarcazione come molte altre, ma sottocoperta svela ciò che la rende speciale e le aggiudica un primato a livello nazionale: è la prima barca a vela sostenibile a 360 gradi, dove tutto ciò che si fa e si butta segue ferree regole di rispetto del mare. Tanto che a bordo è stata istituita per la prima volta la figura del "Reco", il Responsabile ecologico, ed è stato definito un decalogo di comportamenti da seguire rigorosamente sia in navigazione che nelle fasi di attracco nei porti. Custode di questa vera e propria "tavola della legge" green che i 16 componenti dell'equipaggio devono osservare, è Gino Becevello, il "Reco" di Anywave, oltre che uno degli armatori. Ex bancario con la passione per la vela, ora dedica molto del suo tempo anche a questo impegno, con la consapevolezza che la pulizia del mare dipende anche e soprattutto da noi e dai nostri comportamenti. Per questo motivo la Anywave, timonata dallo skipper triestino, e co-armatore, Alberto Leghissa, quest'anno è diventata tassello fondamentale del progetto "Un mare di idee per le nostre acque" di Coop e LifeGate, partito ieri da Portopiccolo. «Volevamo dare il nostro contributo a una causa giusta -, ha spiegato Leghissa dalla barca durante una mininavigazione nel golfo seguita all'evento di presentazione dell'iniziativa nazionale e alla posa di uno dei 34 seabin della campagna nelle acque del marina -. Ci chiedevamo da tempo perché non si potesse replicare anche a bordo ciò che facciamo tutti noi a casa, adottando piccoli ma utili accorgimenti, a partire dalla raccolta differenziata dei rifiuti. Certo, gli spazi sono ristretti, quindi non è semplice, ma si può fare, bastano la volontà e un pizzico di ingegno nell'organizzazione». Un modello e un esempio, questo scafo in carbonio da 9,5 tonnellate, 19 metri di lunghezza, 27 di albero e 4 di pescaggio, che fa già scuola in tema di sostenibilità ambientale, tanto che la Svbg, società organizzatrice della Barcolana, ha deciso di rendere obbligatoria la figura del responsabile ecologico a bordo di tutte le imbarcazioni iscritte alla prossima Coppa d'Autunno. La regata triestina sarà, tra l'altro, anche il punto d'arrivo della campagna di Coop a bordo di Anywave: la barca salperà infatti lunedì alla volta di Napoli e poi prenderà parte a una serie di regate in Italia che toccheranno ad esempio Livorno e Genova, e poi farà rientro a Trieste. Un successo, per questo scafo amico del mare, forse già scritto nel suo destino, visto che lui stesso è, in qualche modo, "riciclato". Costruito nel 2001 e utilizzato solo per pochi anni, è poi rimasto per lungo tempo abbandonato nel marina di Porto San Rocco a causa dei problemi finanziari dell'ex armatore. Fino a quando, nel 2015, un gruppo di sei appassionati - oltre a Leghissa e Becevello, anche Fulvio Vecchiet, Sergio D'Amato, Ugo Guarnieri e Marino Farosich - ha deciso di acquistarlo, investirci 150 mila euro e dargli una seconda vita. Con diverse finalità: sportive, ma anche sociali. Vale infatti la pena ricordare un altro progetto portato avanti dal team triestino: persino le vele non più utilizzate di questa barca vengono riciclate. Diventano materiale per borse sportive a sostegno della Upwind di Trento, un'associazione che si occupa di donne vittime di maltrattamenti.

El.Col.

 

 

Polo dell'acciaio alle Noghere - Ipotesi partenza a inizio 2024
Tra un mese la decisione finale di Metinvest e Danieli. Fedriga: «Massimo impegno per snellire l'iter»
Trieste. Un mese o poco più. È il tempo che i gruppi Metinvest e Danieli si sono dati per decidere se realizzare il proprio progetto industriale a Trieste. Le imprese chiedono alle istituzioni tempi certi sugli iter di autorizzazione, dopo aver confermato l'interesse in occasione dell'evento "Top 500", organizzato dall'hub Nordest Economia del gruppo Gedi. Solo per cambiare destinazione d'uso all'area delle Noghere, il Comune di Muggia potrebbe impiegare un anno, ma la cordata ucraino-friulana ha messo nel mirino l'inizio del 2024 per cominciare la produzione nel nuovo laminatoio a caldo. Trieste è la soluzione preferita, ma la joint venture sta valutando siti alternativi in Italia e Croazia. Il presidente Massimiliano Fedriga assicura che «l'amministrazione regionale sta facendo e farà tutto il possibile per mostrare come la pubblica amministrazione può essere efficiente e rapida. Ovviamente per quanto riguarda le nostre competenze». Sono proprio le responsabilità in capo ai vari enti l'argomento dei tavoli tecnici che la giunta ha attivato su richiesta di Metinvest, che ha voluto accanto Danieli per la fornitura degli impianti e la capacità di dialogo con le istituzioni italiane. Il confronto tra funzionari della Regione e ingegneri della parte privata è cominciato da un paio di settimane per mettere a fuoco i percorsi da seguire e le tempistiche ipotizzabili. La benedizione del pubblico c'è, ma c'è anche il tema complesso del risanamento ambientale e del coinvolgimento del ministero. I tavoli stanno fotografando la situazione, ma a voler dire la propria è anche il Comune di Muggia, che ha in mano il pallino del gioco. La parte delle Noghere in questione è infatti area commerciale secondo il Piano regolatore municipale: «La proprietà è di Coop Nordest - spiega la sindaca Laura Marzi - e dovrà essere acquisita dal Coselag (con i fondi del Recovery plan, ndr). Serve una variante del Piano regolatore per farne una zona industriale: fra progetti, periodo di osservazione, pareri e intese servirà un anno, ma prima dobbiamo capire di che progetto si tratti e qual è l'impatto ambientale sul nostro territorio e su Aquilinia». Marzi sottolinea che «è interesse di tutti coinvolgere al tavolo regionale il Comune di Muggia. Non vogliamo osteggiare la cosa e cercheremo di accelerare, ma costruttori e Regione devono rassicurarci su emissioni e progetto di viabilità». Quella della variante urbanistica è una delle molte questioni su cui gli investitori vogliono chiarezza, prima di movimentare una cifra fra 600 e 700 milioni, di cui una sessantina coperti dal Pnrr per l'acquisto e l'infrastrutturazione delle aree. Anche il passaggio del "pacchetto Trieste" al cosiddetto Fondo complementare sarà frutto di approfondimento per capire se le risorse sono davvero blindate. Solo con un quadro certo, il cda di Metinvest darà il via all'operazione a giugno, deliberando la realizzazione di un laminatoio a caldo di ultima generazione, capace di generare fino a 2,5 miliardi di euro di fatturato annuo e dare occupazione a 450 persone, in buona parte con alti livelli di specializzazione. Il tempo è poco e gli ucraini stanno considerando alternative in Croazia e Italia. Si parla di Ravenna, dove sorge il laminatoio a freddo della Marcegaglia. L'idea è operare vicino a un impianto simile, che completi un ciclo produttivo fatto di acciaio proveniente dall'Ucraina, laminazione a caldo e rifinitura a freddo. Il piano è dunque marciare di concerto col rafforzamento del laminatoio che l'ad di Arvedi Mario Caldonazzo ha annunciato di voler ultimare in 18 mesi. Il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti sottolinea che «a Trieste possiamo dare un esempio virtuoso di filiera corta in un campo industriale fondamentale per lo sviluppo di altre imprese metalmeccaniche: la collaborazione fra imprenditori è possibile e indispensabile». Trieste e Udine collaborano: «Sono caduti confini anacronistici. Ora si faccia in fretta o diventerà problematico perfino usare i fondi europei per la parte infrastrutturale». L'operazione piace al segretario della Cgil Fvg Villiam Pezzetta: «Trieste ha vissuto una contrazione fortissima nel settore industriale e va rilanciata, facendo industria in aree dismesse». Pezzetta dice però di «non aver visto ancora un piano industriale che permetta di esprimersi, ma è un bene investire su settori strategici, che creano occupazione stabile e di qualità. Non dimentichiamo però le traversie della Ferriera: come si svilupperà il nodo ambientale?».

Diego D'Amelio

 

 

Si amplia il fronte dei contrari alla nuova centrale a gas di A2A
Rione Enel, associazioni Rosmann, Cona, gruppo San Valentino preoccupati per le emissioni. Dubbi sulla sicurezza dell'idrogeno
Il fronte del "no" al nuovo impianto a gas proposto da A2Asi amplia e si compatta. Le associazioni ambientaliste Rosmann e Cona e il Gruppo San Valentino cittadini per la salute di Monfalcone hanno presentato osservazioni puntuali alle integrazioni della società al progetto, confermando il proprio giudizio negativo. Si sono mobilitati, oltre al Comune di Duino Aurisina e Fiumicello Villa Vicentina, anche il coordinamento di cittadini comitati e associazioni per l'ambiente e la qualità della vita Fvg, Legambiente Fvg e l'associazione Rione Enel, che «dice ancora una volta no a un mega impianto produttore di energia elettrica a gas, anacronistico, vicino all'abitato e che qui rimarrà, se va bene, fino al 2050». La presidente dell'associazione Antonella Paoletti rileva come, da quanto dice la società, le polveri sottili rimarranno invariate, la CO2 continuerà a essere prodotta in quantità notevole e il rumore non sparirà. «Un dato che non abbiamo trovato nella documentazione è la distanza tra il confine del rione - prosegue Paoletti - e il luogo dove dovrebbe sorgere la nuova centrale». Parlando di idrogeno, il rione esprime i propri dubbi su una «certa pericolosità per la presenza di zone Atex, a rischio di esplosione, previste nel progetto». Paoletti ricorda come il rione non abbia mai chiesto la chiusura dell'impianto, proprio perché il tema occupazionale è sempre stato tenuto dai residenti «in forte considerazione. Abbiamo sempre chiesto invece dei cambiamenti negli impianti in modo da migliorare la vivibilità di questa zona, aspetto per troppo tempo trascurato. La chiusura della centrale a carbone, quindi, ci faceva sperare in un cambio di passo nella qualità di vita del rione e di tutta la città, cosa che con questo progetto, se attuato, vediamo svanire». Per l'associazione ambientalista Eugenio Rosmann, le criticità che l'hanno portata a bocciare il progetto «rimangono tutte senza risposta». Per la Rosmann non è solo la CO2 a preoccupare, ma anche il gas metano incombusto che si disperde in atmosfera durante il tragitto nel metanodotto e l'ammoniaca, le cui emissioni saranno più che raddoppiate, «anche considerato che oltre ai danni diretti sulla salute delle persone l'ammoniaca in atmosfera forma particolato, quindi polveri sottili». Gli ossidi di azoto poi "saranno ridotti ma comunque presenti". Un dato poco confortante per l'associazione tenendo conto dell'inquinamento pregresso subito dal territorio. Troppo poco il ritorno occupazionale per la Rosmann a compensare il fatto che «la presenza di una grande centrale termoelettrica deprime altri settori economici, in primis quello termale, ma anche la nautica, la diportistica e il turismo». Il sedime dell'attuale centrale potrebbe poi «trovare altre destinazioni, per attività portuali e retroportuali, con un impatto occupazionale potenzialmente superiore». Restano i dubbi sulla dismissione dei vecchi impianti, del camino, dell'elettrodotto da 220 Kv, sul transito del metanodotto in aree protette carsiche e di canneto nell'area della Moschenizza (biotopo del grilletto palustre), sulla tecnologia a idrogeno.

Laura Blasich

 

 

La Cona riapre ai visitatori - Regole anti-Covid tassative
Dagli accessi ai sentieri e agli osservatori fino all'utilizzo dei capanni fotografici sono state poste precise indicazioni di sicurezza
STARANZANO. Dopo quasi due mesi di "purgatorio" riapre al pubblico la Riserva naturale Foce dell'Isonzo - Isola della Cona, specie nei fine settimana. In questo periodo lo spettacolo è unico, con un migliaio di cigni che formano un enorme tappeto bianco e centinaia di oche presenti provenienti dal nord Europa, persino dalla Siberia. Ma come ammonisce la Rogos, cooperativa che ha in gestione l'area protetta, non si tratta di un "liberi tutti e tutto" poiché per usufruire con cautela di questa importante opportunità nell'osservare le bellezze naturalistiche, bisogna rispettare un decalogo di norme per la sicurezza personale e quella di chi ci lavora. Ci sono, infatti, altre regole oltre a quelle basilari. Tra le più significative, ad esempio, l'accesso "regolamentato" ai sentieri seguendo rigorosamente le indicazioni esposte per non incrociare altri visitatori in entrata, ma anche non oltrepassare i punti dove sono stati posizionati divieti. Si può entrare, poi, nell'Osservatorio della Marinetta, il più frequentato dai visitatori, solo per spostarsi dal piano inferiore a quello superiore e non è consentita la sosta. L'ingresso inoltre è possibile fino a un massimo di 3 persone contemporaneamente per piano. Si può entrare nel Museo della Papera soltanto percorrendo l'anello indicato dalle frecce. In questo caso l'accesso è consentito fino ad un massimo di 6 persone. Rimane al momento chiuso l'Osservatorio del Cioss, che si trova verso la foce del fiume. E ancora, per accedere ai capanni fotografici dell'Usignolo, della Garzetta, del Chiurlo e al capanno dei Gruccioni i birdwatchers devono prenotare in anticipo solo via mail all'indirizzo info@rogos.it. L'accesso è consentito a un massimo di una persona per capanno. Riguardo l'accesso al Punto Ristoro, occorre osservare la distanza minima di un metro tra le persone e comunque si suggerisce di utilizzare i tavoli esterni rispettando il distanziamento che potrà essere ridotto solo per gruppi familiari e conviventi. Il servizio al tavolo comunque è sospeso e la consumazione al banco non è consentita. La biglietteria sarà aperta ogni giorno tranne il giovedì dalle 9 alle 19.

Ciro Vitiello

 

 

Sul Carso e al Lisert fioriscono orchidee di specie autoctone
Costretta tra industria e portualità, grandi infrastrutture di trasporto e insediamento urbano, la natura a Monfalcone continua, se non a prendersi le sue rivincite, quanto meno a ricavarsi degli spazi con una presenza che in alcuni casi andrebbe tutelata. È il caso delle due specie di orchidee autoctone, la Ophris apifera e la Cephalantera longifolia, che impreziosiscono non solo le colline carsiche, anche a non molta distanza dal centro, oltre che a ridosso del Centro visite di Pietrarossa, ma anche l'area portuale-industriale del Lisert. L'associazione ambientalista Eugenio Rosmann in questi giorni ha quindi chiesto all'amministrazione comunale e alla Protezione civile locale di rinviare gli sfalci nelle aree in cui crescono le due specie o di segnalare ai privati la stessa esigenza. «Gli sfalci andrebbero posticipati almeno a luglio - spiega il presidente dell'associazione, Claudio Siniscalchi -, per evitare di compromettere queste pregiate fioriture, che costituiscono elementi di grande pregio per il nostro territorio». L'associazione dal canto suo si mette a disposizione del Comune per collaborare alla valorizzazione dei siti, nel periodo di fioritura, organizzando visite e incontri con le scuole e la popolazione. «Riteniamo che lo sfalcio tardivo nel mese di luglio sia utile alla permanenza di queste specie, che costituiscono una conferma delle valenze ambientali del nostro territorio - aggiunge Siniscalchi -, in particolare delle aree del Lisert e del Carso, che la nostra associazione ha sempre particolarmente a cuore». Il sindaco Anna Cisint, cui la Rosmann si è rivolta, ha ringraziato l'associazione per l'attenta segnalazione, subito girata agli uffici competenti per una valutazione. Nonostante la massiccia industrializzazione, l'area del Lisert è l'habitat della Zeuneriana marmorata, a rischio di estinzione e presente, in Italia, solo a Monfalcone, mentre il cosiddetto stagno dell'Enel si è rinaturato, diventando meta di specie rare, come la Moretta tabaccata.

LA.BL.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 aprile 2021

 

 

Scuole, strade, verde: il piano "Periferia Est" al 70% degli obiettivi
Completati o almeno in moto villa Revoltella e gli assi viari - Istituto Masih di via Forlanini e Casa Bartoli progetti da aprire
Il programma "Periferia Est" sta completando i due terzi degli obiettivi, che erano stati fissati per ridare smalto a un'area di un chilometro quadrato estesa tra la valle di Rozzol, il parco di Villa Revoltella, l'ospedale di Cattinara, i nuclei storici di Longera e Cattinara, l'abitato perimetrato dalle assi stradali di via Forlanini e Marchesetti. Si tratta di 28 progetti integrati tra loro, di cui 26 tecnicamente definiti "attivi", cioè completati o in cantiere: un bilancio che l'assessore ai Lavori pubblici, Elisa Lodi, reputa «soddisfacente perchè questa zona ne aveva bisogno in termini di sicurezza e di qualità ambientale e perchè gli uffici hanno corso forte per fare questo in meno di tre anni». E le piace ricordare che a fine novembre 2018 questo programma triestino ottenne il premio "Urbanpromo".Un piano inter-forze che alla fine, sommando gli interventi del Comune e dell'Ater, "cuberà" 20 milioni di euro, tre quarti dei quali di provenienza governativa nel quadro del programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie a suo tempo varato dal governo Renzi. Le opere di pertinenza municipale sono co-gestite dai dipartimenti dei Lavori pubblici e del Territorio-ambiente-mobilità, che afferiscono rispettivamente agli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli. Il clou dell'azione Ater (vedi articolo sotto) riguarda il quadrilatero di Melara. L'operazione ha coinvolto anche AcegasApsAmga.La competenza comunale abbraccia lavori per 6,7 milioni di euro ripartiti su 13 progetti: otto sono conclusi, due in cantiere, tre in progettazione. I dossier ancora "progettandi" riguardano Casa Bartoli, il compendio scolastico Iqbal Masih in via Forlanini, la futura emeroteca (2023) all'interno di spazi riqualificati del quadrilatero. Sono interventi che richiedono comunque una bella fetta di finanziamenti: 2,5 milioni andranno in gara unificata per la riqualificazione strutturale-ambientale del complesso scolastico dove peraltro si è già provveduto alla nuova copertura. Mentre 400 mila euro miglioreranno il verde "terapeutico" di Casa Bartoli. Ogni sei mesi una relazione monitora l'andamento degli investimenti: la prossima, in onda a fine giugno, determinerà - come già accennato - che il 70% dei lavori (non dei finanziamenti) è completato. Il rallentamento avvenuto un anno fa causa-Covid è stato riassorbito dalla buona reattività registrata alla riapertura dei cantieri. Il risultato "scenografico" di maggiore rilievo riguarda fruibilità e decoro urbano di Villa Revoltella, sui quali il Comune ha scommesso un milione di euro articolato su due lotti. Buona parte dell'area verde donata dal barone Pasquale è stata rimessa a nuovo, ma il compendio abbisogna ancora di cure: le serre, ammalorate in diversi punti causa infiltrazioni di acqua, la residenza estiva del sindaco da anni inagibile, gli esterni della casa del custode e l'intera abitazione abitata dal guardiacaccia del munifico uomo d'affari veneziano. Dopo l'edilizia scolastica e il parco baronale, il terzo ingente ambito di intervento verte sulla viabilità. Il nuovo look di via Marchesetti e di via Forlanini ha richiesto un investimento complessivo di circa 1,5 milioni: asfalto, manutenzione straordinaria delle carreggiate, pavimentazione dei marciapiedi, attraversamenti pedonali protetti, chiusini e potenziamento delle caditoie. Senza dimenticare il pedonale Cattinara-Longera."Periferia Est" è passata nelle mani di tre dirigenti: ha iniziato e impostato Marina Cassin, è subentrato Enrico Cortese, ora tocca a Luigi Fantini. Il monitoraggio spetta a Beatrice Micovilovich. Perchè nel 2016 si scelse il restyling di quest'area? Perchè la sua posizione marginale - spiega la relazione dello scorso gennaio - necessitava di varie "ricuciture" in buona parte riconnesse o ricollegabili al "quadrilatero", dove vivono 1.200 persone sui 5.650 residenti nell'intero ambito interessato dalla riqualificazione. Mentre altre 2.500 persone beneficiano indirettamente delle migliorie apportate/apportande.

Massimo Greco

 

Cantiere sulla spiaggia libera - La Capitaneria indaga in baia
L'autorità marittima ha chiesto alla Regione i documenti sui lavori nel tratto fra Castelreggio e Portopiccolo per accertarne la regolarità
DUINO AURISINA. La Capitaneria di porto di Trieste è pronta per una serie di controlli sulla regolarità di determinati lavori recentemente eseguiti in baia a Sistiana, e precisamente sul tratto di litorale compreso fra il comprensorio di Castelreggio e l'ingresso di Portopiccolo. Ne ha dato notizia l'assessore con delega all'Ambiente dell'amministrazione Fedriga Fabio Scoccimarro in risposta a un'interrogazione presentata dal consigliere regionale dell'Unione slovena Igor Gabrovec. Quest'ultimo aveva sollevato dubbi sulla reale opportunità dell'intervento mentre erano in corso i lavori, parlando di «sottrazione di spazi alla libera e gratuita balneazione che nella zona è sempre stata garantita», e precisando allo stesso tempo che «al posto di piccoli scogli e sassi che permettevano la sosta dei bagnanti sono comparsi enormi scogli ammassati a mo' di muraglia, provocando una profonda modifica alla morfologia di quel tratto costiero». Gabrovec aveva anche fatto riferimento alle «forti preoccupazioni espresse da cittadini e associazioni del territorio in vista dell'imminente inizio della stagione balneare». In realtà, qualche giorno dopo questa prima critica espressa da Gabrovec, l'amministrazione comunale di Duino Aurisina, pur non essendo direttamente coinvolta nell'intervento, in quanto la competenza sullo stesso è in capo alla Regione, aveva diffuso un comunicato, con tanto di fotografie allegate, dalle quali si evidenziava che sopra i grossi massi era stata gettata pure della ghiaia fine. In ogni caso Gabrovec ha proseguito nella sua azione, presentando appunto un'interrogazione a Scoccimarro, nella quale chiedeva di sapere «quali siano gli intendimenti e le azioni della Regione volti a garantire la fruibilità pubblica e gratuita dell'area e il rispetto delle peculiarità paesaggistiche che la contraddistinguono».Nella sua risposta, l'assessore regionale ha evidenziato che «la Capitaneria di porto di Trieste ha chiesto all'amministrazione regionale l'acquisizione della documentazione afferente i lavori sul pubblico demanio marittimo nella zona oggetto dell'interrogazione», indicando come direzioni regionali interessate quella della Difesa dell'Ambiente, energia e sviluppo sostenibile - Servizio Gestione risorse idriche e quella del Patrimonio, demanio, servizi generali e sistemi informativi - Servizio Demanio. «La prima - ha sottolineato Scoccimarro - ha inviato alla Capitaneria i documenti presentati dalla società Baia di Sistiana resort srl (la concessionaria dell'area), la seconda ha specificato che, agli atti del Servizio Demanio, non vi sono autorizzazioni demaniali relative all'intervento di ripascimento e di ripristino della scogliera, realizzato secondo le procedure individuate dalla relativa deliberazione della giunta regionale 1921/ 2020. L'area - ha osservato l'assessore - è quindi oggetto di monitoraggio da parte della competente autorità marittima, deputata a valutare il rispetto della normativa vigente in ambito demaniale». Scoccimarro ha comunque evidenziato che «il tratto di costa interessato dall'interrogazione risulta compreso in una zona dove sono previsti interventi di manutenzione di aree deputate alla balneazione e alla libera fruizione. I massi di cui si parla nell'interrogazione - ha concluso lo stesso assessore regionale - si trovano temporaneamente sulla spiaggia nell'ambito della gestione del cantiere ma, a opere concluse, la situazione dovrebbe risultare inalterata rispetto a prima».

Ugo Salvini

 

SEGNALAZIONI - Stabilimento Ausonia - Pontile da rifare

Quali Gruppo Verdi Trieste ci uniamo alla richiesta, rivolta principalmente alla Regione, ma anche all'Autorità portuale al Comune di Trieste, di intervenire in maniera solerte per il ripristino del pontile dello Stabilimento Ausonia. Crollato nell'agosto 2019, non vorremmo si crei una situazione di stallo come per la vicina Piscina Acquamarina. Riteniamo che essendo il sito uno "stabilimento balneare storico della città", vada riportato al suo antico splendore. Pertanto bisogna riservare regionali per coprire la spesa necessaria alla sistemazione dello stabilimento al più presto. Sollecitiamo in merito l'Autorità portuale, sempre molto sensibile e disponibile, ad intervenire in tal senso.

Tiziana Cimolino, Roberto Viscovich

 

 

Rifiuti, raccolta regolare sull'altipiano triestino - il caso della discarica di Pecol dei Lupi
DUINO AURISINA. Nessuna interruzione, almeno per il momento, del servizio di asporto rifiuti sul Carso. Isontina ambiente, la srl oggetto delle recenti iniziative intraprese dalla Procura di Gorizia, in relazione alla vicenda della discarica di Pecol dei Lupi, e che opera nei territori dei Comuni di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, ha assicurato la continuità delle prestazioni alle amministrazioni interessate. Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, dopo aver avuto un confronto telefonico con l'amministratore unico di Isontina Ambiente, Giulio Tavella, per sincerarsi della situazione dell'azienda, ha diffuso un comunicato. «La srl - scrive Pallotta - sta interloquendo con la Procura su questa vicenda. In ogni caso - precisa - il problema non coinvolge Duino Aurisina, perché il nostro ingresso nella compagine sociale fu successivo ai fatti oggetto di indagine. Quello che è importante ora per il nostro territorio - aggiunge - è che l'amministratore unico ha potuto garantirmi che il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti potrà proseguire regolarmente. Non ci saranno quindi disservizi per i nostri cittadini e per le nostre attività produttive. Continueremo a seguire con attenzione l'evolversi della situazione - aggiunge - dato che Isontina Ambiente rappresenta non solo un'importante fonte di servizi essenziali ma anche un asset del Comune, che ne possiede parte del capitale sociale, anche se in piccola quota». Dello stesso tenore anche le dichiarazioni di Monica Hrovatin e Tanja Kosmina, rispettivamente sindache di Sgonico e Monrupino, che hanno parlato di «servizio che prosegue regolare».

u. sa.

 

 

Uno sguardo all'Europa della crisi climatica - alle 18.30 al collegio Fonda

"La crisi climatica fra riserva di scienza e tutela dei diritti: uno sguardo sull'Europa" è il tema del seminario che terrà oggi, alle 18.30, Serena Baldin, docente del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste. La conferenza è organizzata dal Collegio universitario Luciano Fonda di Trieste. L'evento si svolgerà online, sulla piattaforma zoom. Da qualche anno le associazioni ambientaliste di tutto il mondo hanno intensificato gli sforzi per imporre agli Stati la riduzione delle emissioni di gas serra. Tramite la "climate litigation strategy" esse chiedono il rispetto alle convenzioni internazionali sul clima sollevando ricorsi davanti alle corti statali e internazionali. Fino a che punto l'Unione europea e gli Stati membri stanno ottemperando ai loro obblighi?Gli interessati possono richiedere via e-mail, l'invito Zoom con i dati per connettersi a: ingrid.pellis@collegiofonda.it.

 

Alle 18 - La forma dell'acqua in Porto vecchio

Oggi, alle 18, la Consulta femminile di Trieste organizza un incontro su Porto Vecchio con l'architetto Lucia Krasovec, presidente dell'Aidia. L'incontro si intitola "la forma dell'acqua". Introduce Anna Maria Mozzi. L'indirizzo per zoom è questo:

https://us04web.zoom.us/j/6904507404?pwd=Vk0rWjJUeHkrK080NkFQR202am9Xdz09

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 aprile 2021

 

 

«Prodotti locali, e-bike e cultura alimentare nel Mercato coperto» È questa la proposta congiunta di Gal Carso, Slow Food e Wwf
Le tre realtà parlano di percorso partecipato che coinvolga cittadini e associazioni di categoria per rilanciare il sito
Trasformare il Mercato coperto di via Carducci in un centro "green" polifunzionale, con rinnovati spazi per gli agricoltori e gli artigiani locali, al cui interno ricavare anche un'area educativa, realizzata con il contributo dei ristoratori locali, su come mangiare bene e nel rispetto dell'ambiente e della propria salute, e un punto di mobilità verde, dotato di uno spazio per le e-bike, con un servizio di noleggio, assistenza e magazzino per le bici di residenti e turisti. È questa la proposta congiunta di Gal Carso, Slow Food e Wwf, per «continuare a scrivere la storia di questa struttura legata alla tradizione cittadina». «Il Gal Carso - spiega il presidente, David Pizziga - si rende disponibile ad agevolare un percorso di partecipazione e progettazione dal basso, che veda coinvolte sia le organizzazioni pertinenti dei cittadini, sia quelle agricole, dei commercianti, degli artigiani, degli esercenti e dei ristoratori, sia i gruppi di aziende e le singole aziende che hanno progetti per il mercato». «Come Slow Food - osserva Sergio Gobet, fiduciario per la Condotta - possiamo portare il tesoro della nostra filosofia, quale movimento internazionale del cibo, e della nostra esperienza nel campo della tutela e promozione delle piccole produzioni e dell'educazione alimentare». «Il Mercato coperto - sottolinea Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf di Trieste - potrà rappresentare il luogo di diffusione di pratiche di consumo sostenibile. Ciò significa sensibilizzare tutti sul rapporto causa effetto delle proprie scelte alimentari e stimolare la conoscenza dei benefici di produzioni agricole in una natura in buono stato ecologico». Le tre organizzazioni hanno anche individuato gli strumenti pubblici che possono aiutare la filiera corta e che sono il "Fund raising", specifiche misure per sostenere le reti di impresa, "Io Sono Fvg" di Agri Food Fvg, strumento utile a identificare le eccellenze agricole, Strade del Vino e dei Sapori e altri strumenti di PromoTurismoFvg, interventi della Regione, i contributi della Fondazione CRTrieste, i fondi Interreg e altri fondi europei. Il Gal Carso ha poi creato, negli ultimi 12 mesi, una serie di strumenti digitali intitolati Trieste.Green per tutti i residenti e i turisti interessati al territorio rurale e alla sua offerta in campo enogastronomico e turistico.

Ugo Salvini

 

 

Turismo, cabina di regia in Porto vecchio
Il Trieste Convention & Visitors Bureau al piano terra del Magazzino 26 costruirà e promuoverà pacchetti, congressi, eventi
Punterà sul rilancio dei settori turistico, congressuale e del wedding il Trieste Convention & Visitors Bureau, lo spazio al piano terra del Magazzino 26, in Porto vecchio, inaugurato ieri. La struttura, nata a fine 2019 come Infopoint del Comune di Trieste, oggi vede la partecipazione anche di Regione Fvg con PromoTurismoFvg e del Tavolo dell'Imposta di soggiorno, quale punto di coordinamento tra i diversi protagonisti della sezione accoglienza per portare Trieste a diventare motore di sviluppo territoriale ed economico, coinvolgendo tutta la regione. Al suo vertice sarà presente Gabriella Ghigi di Meeeting Consultants, responsabile del servizio nella sua fase d'avvio. Dopo un 2019 con 9 milioni di presenze turistiche per la prima volta in Fvg, di cui più di un milione a Trieste, l'obiettivo del nuovo sito - è stato spiegato - è quello di costruire e promo-commercializzare i prodotti turistici, congressuali e di wedding, con un occhio di riguardo anche al tema della sostenibilità e delle eccellenze locali, fornendo agli organizzatori di eventi e congressi tutte le informazioni e il supporto necessari alle diverse fasi di gestione. Gli occhi sono puntati soprattutto sul Trieste Convention Center di Porto vecchio, il più grande auditorium a Nord Est, ma il progetto prevede un coordinamento anche delle altre sale alberghiere, istituzionali (vedi la Stazione Marittima) e delle dimore, il tutto in sinergia con i gestori degli attrattori turistici (tour operator, agenzie di viaggio, e così via), anche di destinazioni limitrofe. Proseguirà, inoltre, l'attività di accoglienza e informazione turistica a cura dell'Infopoint dell'antico scalo. Il Cvb è finanziato dai proventi derivanti dall'imposta di soggiorno, a seguito dell'intesa raggiunta tra i componenti del Tavolo tecnico del Turismo ovvero Comune di Trieste, PromoTurismoFvg e associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha sottolineato l'obiettivo «di allungare la permanenza in città dei turisti», convinto che «grazie a tutti i progetti in corso Trieste farà un grosso balzo in avanti rispetto alle altre città». L'assessore regionale alle Attività produttive Sergio Emidio Bini, definendo il Cvb «hub per il settore congressuale e turistico dell'intero Fvg», ha specificato che «la Regione continuerà a investire con entusiasmo e convinzione nel settore turismo». L'assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi ha evidenziato come la struttura turistica in Porto vecchio sia «frutto della forte volontà di rendere questo luogo il vero centro di gravità permanente della rinascita culturale e turistica di Trieste» mentre il presidente di Federalberghi Guerrino Lanci ha parlato di un progetto triennale nell'ambito dell'accoglienza. Per PromoTurismoFvg erano presenti il direttore generale Lucio Gomiero e il direttore marketing Bruno Bertero, che hanno specificato come l'ente abbia lavorato, prendendo spunto anche da altre città italiane e internazionali, per creare un abito su misura, anche in ambito congressuale, per Trieste e la regione.

Benedetta Moro

 

"Villaggio Greensisam" da quotare - L'incarico affidato a Stanghellini
Fisserà i valori dei cinque magazzini all'inizio dell'antico scalo per la vendita e la locazione
Il Comune non vuole sbagliare e si affida a un bomber dell'estimo per stimare, attraverso l'affidamento a uno studio esterno, i 5 magazzini che formano il cosiddetto "villaggio Greensisam" all'inizio di Porto vecchio, a poche decine di metri dal Molo IV. Doppio l'obiettivo: fissare il prezzo per l'asta di vendita, avere una cifra di riferimento per ricalibrare la locazione. L'Immobiliare comunale li ha iscritti nell'albo dei beni alienandi a 7,4 milioni, assai meno rispetto ai 16 milioni quotati sedici anni addietro. A battezzare il valore delle vecchie strutture viene ora chiamato Stefano Stanghellini, toscano, tra una decina di giorni 72enne, docente allo Iuav veneziano, architetto basato a Bologna, numerose pagine di curriculum tra consulenze e pubblicazioni. La determina è firmata da Luigi Leonardi, direttore dell'Immobiliare. Stanghellini è un buon conoscitore di Trieste: nell'ultimo quarto di secolo ha lavorato a più riprese per il Municipio, sia sul tema di Porto vecchio e del Waterfront che su Cittavecchia. Ha poi operato su incarico dell'Azienda sanitaria riguardo le importanti partite immobiliari degli ex ospedali Santorio e Maddalena. Tra i committenti un robusto elenco di pubbliche amministrazioni e di grandi realtà come Banca d'Italia e Ferrovie. Stanghellini si è preso tre mesi per effettuare la stima che comprenderà i magazzini 1-3 a bordo mare, 2-4 in seconda fila, 2A in terza. Riceverà un compenso onnicomprensivo (Iva, previdenza) di 44.185,96 euro. La vicenda del "villaggio Greensisam", battistrada dell'approdo privato in Porto vecchio, appartiene alla classica letteratura triestina dedicata alle incompiute. Pierluigi Maneschi, terminalista e uomo di shipping, negoziò una concessione novantennale, definita nel 2005, per collocarvi la sede europea del gigante taiwanese Evergreen. L'esito non fu fausto, Maneschi cercò altri sbocchi progettuali ma le trattative non conobbero la parola closing. Alla sua scomparsa, il figlio Antonio dichiarò la sincera volontà di affrancarsi da un'operazione immobiliare costosa e infeconda, per la quale bisogna armare 513.000 euro all'anno. Quando ancora viveva Pierluigi, si era già aperto un semi-contenzioso con il Comune, in seguito al passaggio del "villaggio Greensisam" nelle disponibilità di piazza Unità: chi avrebbe pagato i costi di urbanizzazione collegati ai 5 magazzini? Più di 10 milioni, non arachidi. Poi il bagliore della soluzione: la Regione opziona i magazzini in seconda fila per trasferirvi i suoi uffici (valore 4,7 milioni), a Maneschi resterebbero i due edifici vista-mare (valore 2,4 milioni). Il magazzino in terza fila, più vicino al varco entrata/uscita di largo città di Santos, piace a Trieste terminal passeggeri. Ma, perché tutto ciò divenga realtà, servono stime su cui costruire aste e affitti. Parola a Stanghellini.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 aprile 2021

 

 

Asilo nido, parking e bosco urbano: via ai lavori a Roiano - Dureranno un anno
Consegnate alla modenese Iti, vincitrice dell'appalto, le chiavi del cantiere all'ex Polstrada: si parte a metà maggio
Ormai il destino dell'ex Polstrada a Roiano pareva essersi trasformato in un witz. Un witz lungo quasi vent'anni. L'accordo di programma Stato-Regione-Comune venne firmato nel maggio 2002: ma tutto in quella zona, a principiare dalla riqualificazione della Stock, ha avuto un percorso difficile, accidentato. Prima si è dovuto trovare una nuova sede per la Polizia Stradale, in seguito si è provveduto a radere al suolo la caserma, poi la pratica si era ancora arenata. I residenti sorridevano amaramente davanti a quell'immenso spiazzo deserto. Ma lo scorso autunno ecco il colpo d'acceleratore: bando di gara premiato da 18 offerte e a febbraio il nome della vincitrice, la modenese Iti che ha sbancato i concorrenti indigeni - seconda classificata la cordata Cp, Rosso, Tiepolo - con un ribasso del 25,2% rispetto a una base d'asta di circa 5,2 milioni (Iva & sicurezza comprese). Una lizza di sapore nazionale: sei imprese regionali, 3 emiliano-romagnole, 3 campane, una siciliana, 1 altoatesina, 1 pugliese. Triestine, in particolare, erano la Innocente & Stipanovich, la Ennio Riccesi, la Pertot. Roberto Dipiazza si è così preso la terza soddisfazione del suo terzo mandato. I tre "cadaveri", come con macabro affetto vengono denominati dagli uffici i progetti di infinita durata, sono risorti: prima rifatta piazza Libertà, venerdì il cantiere della galleria Montebello-Foraggi affidato ai campani Stabile-Alfieri, ultima puntata la consegna dei lavori roianesi all'Iti. Alle 10 di ieri alla "cerimonia" hanno partecipato, oltre al primo cittadino, una soddisfatta assessore Elisa Lodi e Lucia Iammarino, la dirigente che segue il dossier. Per l'appaltatore modenese le chiavi sono state prese in consegna dal responsabile della commessa, Luca Gasparotto. Anche a Roiano è partito il count-down: 380 giorni, con esito a metà maggio 2022. Adesso avanti con l'organizzazione del cantiere, attorno al quale saranno sistemati pannelli illustrativi dell'operazione riqualificativa. Primi atti dedicati a completare la verifica bellica - ovvero se non vi siano ordigni celati nel sottosuolo - e quella archeologica, perché sotto la caserma Polstrada furono ritrovate tracce di una precedente struttura castrense austro-ungarica. Poi finalmente si partirà con i lavori veri e propri finalizzati a costruire su una superficie di 7700 metri quadrati un asilo-nido da 60 posti al servizio della parte settentrionale della città, un parking semi-interrato, un "bosco urbano" dove anche i cani avranno un loro spazio. Saranno rimessati i marciapiedi attorno all'area di cantiere. L'obiettivo del recupero - insiste Elisa Lodi - va oltre il pur importante fattore edile, perché si tratta di dare respiro e vivibilità a un rione fortemente cementificato. Il progetto era stato elaborato dalla F&M di Mirano. Iti compie quest'anno il quarantesimo genetliaco aziendale, essendo nata nel 1981. Fatturato attorno ai 70 milioni di euro, lavoro per circa 200 persone. Tra le commesse portate a termine si rammenta il restauro della casa natale di Enzo Ferrari, divenuta il fulcro di un polo museale dedicato al Drake non lontano dalla stazione di Modena Centrale. Un paio di settimane orsono è stato consegnato all'Università di Pisa il cosiddetto Polo Heliopolis, una realizzazione da oltre 6 milioni di euro. Nel settembre 2020, ancora a Modena, aperto il cantiere delle ex Fonderie.

Massimo Greco

 

 

Porto vecchio e Recovery Fund - Roma ufficializza i 40 milioni
Fondi per i progetti del Comune fra cui il grande viale verde e il parco archeologico nell'elenco del ministro Franceschini. Dipiazza: «Premiato il lavoro degli uffici»
Il Piano del governo per l'impiego del Recovery Fund conferma i 40 milioni di euro destinati al Porto vecchio di Trieste, inserito nell'elenco dei Grandi attrattori culturali. Il Piano presentato dal presidente del consiglio Mario Draghi al Parlamento destina alla cultura, in tutto, 6,675 miliardi di euro. Precisa il ministro Dario Franceschini: «Si mira - dice - ad incrementare il livello di attrattività del sistema culturale e turistico del Paese attraverso la modernizzazione delle infrastrutture, materiali e immateriali». In particolare si tratta di 4,275 miliardi di euro a cui si sommano nel Fondo Complementare gli investimenti del Piano Strategico Grandi attrattori culturali, per 1,460 miliardi per 14 interventi. E proprio dal Fondo Complementare derivano i 40 milioni destinati alla voce "Il Porto Vecchio di Trieste: il nuovo rinascimento della città". Il finanziamento servirà a realizzare i progetti che il Comune ha inviato a Roma, a titolo di proposta, nell'autunno scorso. Tra questi il grande viale verde che attraverserà l'antico scalo e il parco lineare-archeologico che correrà sulle rive. Le richieste di palazzo Cheba avevano già trovato l'assenso dei decisori romani nei mesi scorsi, ma la conferma al momento dell'ufficializzazione del piano governativo mette al sicuro il finanziamento triestino. Assieme ad altri interventi di rilievo a Genova, Milano e in altre grandi aree di recupero italiane, il Porto vecchio va a far parte dello scheletro dei grandi interventi urbanistico-culturali dei prossimi anni in Italia.Presentando l'elenco di progetti per l'accesso al fondo, e ottenendo il via libera, il Comune si è assicurato che il governo investa sulla parte di progetto che senz'altro spetterebbe alle pubbliche istituzioni realizzare: quella degli spazi pubblici, per la quale l'amministrazione ha deciso di affidare le linee guida all'architetto tedesco Andreas Kipar, reduce da una recente visita alla città e al vecchio porto austriaco. Così il sindaco Roberto Dipiazza: «Sono molto contento per la città, molto soddisfatto. È la prova del fatto che avevamo presentato un bel progetto: noi avevamo chiesto 70 milioni, ma averne avuti 40 è un grande risultato. Devo ringraziare gli uffici, hanno dimostrato che se le cose si fanno bene poi si ottengono i risultati». Commenta la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani: «Con i 40 milioni di euro che vanno a incrementare i 50 milioni già assegnati nel 2016, il ministro Franceschini dimostra di avere compreso fino in fondo le potenzialità del Porto vecchio come grande attrattore culturale e continua a sostenere la riqualificazione dell'area. È il risultato di un'interlocuzione con il ministro che negli anni ho sempre tenuto aperta e che ora nuovamente rendiamo concreta, a conferma di un impegno che continua per Trieste».

Giovanni Tomasin

 

 

Migliora lo stato di salute di mari, torrenti e laghi. Il 98% ha acque eccellenti

ARPA promuove le zone balneabili e annuncia una stagione estiva promettente. I voti più bassi alla Dama Bianca e Duino. Sotto la media anche Marina Julia.

Trieste. Al mare, in laguna, nei fiumi e nei laghi: l'avvio della stagione balneare in Friuli Venezia Giulia, che inizia ufficialmente il primo maggio e si conclude il 30 settembre, si annuncia promettente. Parola di Arpa Fvg. Tanta sicurezza deriva dai dati dell'ultimo monitoraggio sulla qualità delle acque balneabili, relativo al periodo 2017-2020 e presentato ieri in conferenza stampa sul molo Audace a Trieste, sulla base dei quali sono state fatte anche le proiezioni per la prossima stagione. Proiezioni che, attraverso un algoritmo, ci dicono che il 98% delle zone balneabili in regione può fregiarsi del bollino "eccellente".Su 66 punti infatti, dall'area del Terrazza Mare di Lignano Sabbiadoro al lago di Sauris, solo uno è risultato di qualità sufficiente ed è la zona antistante la Dama Bianca di Duino. Altre quattro località sono invece state classificate come "buone", tre delle quali sempre in provincia di Trieste: l'area marina della Diga vecchia nord e della Diga vecchia sud, Duino scogliera e Marina Julia a Monfalcone. E c'è da dire che rispetto all'anno scorso si è registrato un leggero miglioramento: da "sufficiente" a "buono" per le aree della Diga vecchia nord e sud e da "buono" ad eccellente per l'area tra l'Autorità portuale e il Ferroviario. Nessuna criticità, per ora, è stata invece rilevata nell'area del villaggio di pescatori di Punta Sdobba, all'interno della Riserva Naturale della Foce dell'Isonzo, a Grado. Non rientra tra i 66 punti, ma Claudia Orlandi, responsabile della Qualità delle acque marine e di transizione, spiega che «episodi d'inquinamento microbiologico in questo luogo non sono la normalità, forse possono essere legati a fenomeni particolari delle piene dell'Isonzo, ma al momento non sono zone critiche da segnalare». La fotografia scattata dall'Arpa contiene anche i risultati di alcuni sondaggi effettuati quest'anno, che hanno registrato episodi di inquinamento di breve durata, vale a dire di durata massima di 72 ore. I controlli con esito negativo si sono riscontrati durante il primo ciclo di prelievi in mare tra il 19 e 20 aprile nelle località di Marina Julia e Lido di Staranzano. In queste due località Arpa ha effettuato giovedì 22 aprile un secondo campionamento degli indicatori di contaminazione fecale che ha dato esito favorevole: si è trattato quindi di un inquinamento di breve durata causato presumibilmente dalle piogge del giorno precedente che hanno favorito l'accumulo di inquinanti nelle zone costiere. Ma su quali basi si muove Arpa? Sono due principalmente i parametri all'origine delle analisi degli operatori, il cui monitoraggio per la stagione balneare inizia ad aprile e finisce in settembre. In ogni punto di controllo rilevano i parametri ambientali, effettuano le osservazioni visive e prelevano campioni d'acqua per l'analisi microbiologica. I due parametri sono indicatori di contaminazione di origine fecale: quelli dei batteri chiamati Escherichia coli ed Enterococchi intestinali. La loro presenza è determinata da più fattori: dagli scarichi delle fognature a quelli delle barche fino alle piogge. Ma campionamenti vengono effettuati per valutare anche la presenza della microalga Ostreopsis Ovata, che può essere tossica e provocare problemi alle vie respiratorie. Fino a oggi, dall'inizio del monitoraggio iniziato nel 2005, però non si sono rilevati problemi di questo genere in Fvg, ha specificato il tecnico biologo Oriana Blasutto. L'unico luogo in cui è stata rilevata una sua fioritura è in particolare tra agosto e settembre, senza però appunto riportare conseguenze gravi, nell'area di Canovella de' Zoppoli e di Barcola.Tutti i dati vengono registrati in tempo reale sul sito web di Arpa, come ha sottolineato l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente Fabio Scoccimarro, presente ieri assieme al direttore generale di Arpa Stellio Vatta, il contrammiraglio Vincenzo Vitale, direttore marittimo del Fvg, Manlio Palei e Gabriella Trani della Direzione centrale salute Regione Fvg. «Il lavoro di monitoraggio quotidiano portato avanti negli anni da Arpa è importantissimo - ha ricordato Scoccimarro - e spazia dalle onde 5G allo stato di salute dell'aria e delle acque e più in generale del nostro territorio».

Benedetta Moro

 

Via ai sondaggi da inizio maggio a fine settembre
Sono 66 in tutta la regione le stazioni monitorate dall'Arpa nell'ambito dei rilievi sulla qualità delle acque balneabili. Dall'alto in senso orario Marina Julia, la scogliera davanti al porticciolo di Duino, lo specchio acqueo davanti alla Dama bianca sempre a Duino, rilievi dell'Arpa, uno spicchio di mare visto dalla Costiera e un'uscita in laguna. Per quanto riguarda il 2021 Il periodo di monitoraggio, come definito da delibera regionale, è compreso tra il 1 maggio e il 30 settembre ad eccezione delle zone di balneazione del lago di Sauris, in cui la stagione va dal 29 giugno al 23 agosto.

 

Sette incontri sul molo per spiegare ai cittadini tutti i segreti dei fondali
Dalle specie aliene alle microplastiche fino alla pesca sostenibile - Tanti i temi al centro degli appuntamenti in collaborazione con il Porto
Trieste. "A misura di mare: in viaggio per la sostenibilità". Così si intitola il ciclo di sette incontri aperti al pubblico, organizzato da Arpa Fvg in collaborazione con l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, che ha preso il via ieri sul molo Audace e terminerà a fine settembre. La location sarà la stessa anche per i futuri appuntamenti, a partire dal prossimo, che si terrà il 24 giugno e sarà dedicato alla Strategia Marina, un programma nazionale di monitoraggio diretto dal ministero dell'Ambiente, basato su una direttiva europea e applicato anche dall'ente regionale. In particolare si parlerà di rifiuti spiaggiati, microplastiche e rumore subacqueo. Seguirà poi il 26 luglio "Pesca nelle acque del golfo di Trieste", in cui si spazierà dalla pesca all'acquacoltura alla molluschicoltura al ripopolamento della vongola nell'area costiera di Grado e Lignano. Il 26 agosto oggetto della conversazione saranno le specie aliene in mare e in laguna mentre il 27 settembre, ultima data, sarà la volta dei progetti europei per la sostenibilità in mare presenti in Alto Adriatico. In ogni occasione poi verranno enunciati i dati dei monitoraggi mensili della balneazione. Restano ancora de definire le date per gli eventi sulla sostenibilità dell'ambiente marino e la sicurezza in mare. "A misura di mare", come ha spiegato ieri il direttore generale di Arpa Fvg Stellio Vatta durante il primo rendez-vous dedicato al ciclo di controlli nelle aree balneabili (media partner Radio Punto Zero, moderatrice Barbara Pernar), si propone di porre l'attenzione sulla sostenibilità dell'ambiente marino approfondendo argomenti di grande attualità dedicati al pubblico. «Con ciascun ospite - ha sottolineato Vatta - affronteremo tanti argomenti con l'intento di sensibilizzare la cittadinanza. Non a caso lo slogan di Arpa è "assieme per l'ambiente" e in questo senso vogliamo essere assieme al cittadino". Saranno presenti anche un gazebo e una delle quattro imbarcazioni a disposizione di Arpa Fvg (ieri era attraccata al molo l'ammiraglia), usate in base alla tipologia di uscita: da quelle nei bassi fondali della laguna alle altre in mare aperto per il monitoraggio della balneazione durante l'estate. A bordo, oltre al comandante, ieri rappresentato da Maurizio Querini e da Eddio Marini, ci sono anche alcuni tecnici e altri operatori.

b.m.

 

«Clima "pazzo" e ciclo vitale finito: per questo sono calate le meduse»
L'analisi del biologo Bettoso secondo cui a favorire le recente invasioni è anche l'aumento di temperatura nel punto più profondo del golfo
Trieste. I cambiamenti climatici e la fine del ciclo vitale degli organismi sono alcuni dei fattori che hanno portato negli ultimi giorni alla diminuzione del numero di meduse Rhizostoma pulmo, che nella prima metà di aprile avevano invaso le Rive di Trieste. In pratica le "bote marine", così come vengono abitualmente chiamate, in parte avranno preso il largo e in parte si saranno depositate sul fondale marino rientrando così a far parte della catena alimentare. La spiegazione arriva da Nicola Bettoso, biologo marino dell'Arpa Fvg, che si occupa anche di meduse. «Il grande ammassamento dei giorni scorsi è dipeso probabilmente dal fatto che la Rhizostoma pulmo era già abbondante lungo le coste dell'Istria a gennaio, come ho saputo da una collega che opera a Parenzo. Lì già tre mesi fa i pescatori si lamentavano della difficoltà nel gettare le reti. Parallelamente anche noi durante lo stesso mese, nel corso dei monitoraggi del programma Strategia marina, soprattutto nella zona di Trieste, avevamo contato diversi individui, alcuni dei quali di dimensioni piccole. Hanno influito anche fenomeni meteomarini: si era registrato infatti un evento di Bora, con un ulteriore ingresso di meduse dalla parte istriana, e attraverso un gioco di correnti si era riscontrato quindi un numero importante lungo le Rive». Anche sul perché stiano aumentando questi organismi ci sono varie ipotesi. Tra queste, di nuovo il cambiamento del clima e poi l'incremento medio della temperatura di 0,1 gradi all'anno nel punto più profondo del golfo che misura di 25 metri. «Una delle tesi più accreditate inoltre riguarda l'eccessivo prelevamento di risorse ittiche - continua -, che comporta una quantità eccessiva di zooplancton, tra i cibi tipici della medusa». Di questa specie autoctona presente da una ventina d'anni in golfo, dunque, si sa abbastanza. Ma sui fenomeni in corso, afferma Bettoso, «non ci sono dati precisi né si può modellizzare perché ci sono troppi fattori concomitanti e d'altronde è un fenomeno naturale». Sicuramente un quadro più preciso di questo aprile si avrà a fine anno, alla luce dei monitoraggi previsti nel programma nazionale "Strategia Marina", diretto dal ministero dell'Ambiente.

b.m.

 

 

Legambiente chiede di inserire le associazioni nell'Assemblea
La realtà ambientalista ricorda che i rappresentanti della società civile sono assenti nei tavoli permanenti dell'organismo transfrontaliero
Una rappresentanza della società civile all'interno del Gect Go. È ciò che chiede di veder realizzato il comitato goriziano di Legambiente che, in una nota in cui affronta anche il tema decisamente "caldo" del futuro condiviso di Gorizia e Nova Gorica, vede proprio in questo una delle grosse lacune attuali del gruppo europeo di cooperazione territoriale. «Manca una visione comune del nostro territorio, delle linee di indirizzo in grado di garantirne uno sviluppo sostenibile, e servirebbero dei tavoli di lavoro permanenti in grado di far dialogare le persone, le istituzioni e tutti i portatori di interesse - il punto di vista di Legambiente -. Nel Gect ad esempio non c'è una rappresentanza della società civile. Nessuna presenza di associazioni culturali o ambientali, o comitati. Prefigurare il futuro di una comunità allargata senza coinvolgere direttamente i cittadini è un'eresia». Gli ambientalisti vedono tra i grandi problemi su cui le due Gorizie devono lavorare congiuntamente quello dell'inquinamento dell'aria o dell'Isonzo, ma anche l'inquinamento elettromagnetico o la convivenza con la fauna e secondo loro oggi la grande questione di fondo è proprio la mancanza di rappresentanza e quindi di partecipazione, come dimostra, ad esempio, il caso del progetto di riqualificazione - «o devastazione?», si chiede Legambiente - di piazza Transalpina. «Un'opera da 7 milioni di euro che leggendo non solo gli ampi commenti negativi dei cittadini sloveni e italiani, ma anche i pareri degli architetti, dovrebbe farci interrogare su quale sia il futuro che vogliamo per questa terra - prosegue la nota del sodalizio -. Non è una questione secondaria. Attraverso la consultazione e la costruzione di consenso, le autorità locali potrebbero imparare dalla comunità e acquisire le informazioni necessarie per la formulazione delle migliori strategie». I cittadini dei tre Comuni del Gect Go, Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba, in altre parole, per Legambiente hanno tutto il diritto «di scegliere, e non vedere delegate decisioni così importanti solo alle tre amministrazioni». Di qui la necessità di rispolverare quella proposta che proprio l'associazione ambientalista aveva lanciato già nel 2015, relativa all'attivazione di un forum transfrontaliero permanente di Agenda 21 e alla raccolta e uniformazione di dati su acqua, aria, rifiuti, aree verdi o piste ciclabili. Passi in avanti fondamentali, secondo Legambiente, per far si che quelle che oggi sono tre cellule indipendenti, per quanto in simbiosi, diventino davvero un unico organismo multicellulare.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 aprile 2021

 

 

 Ferrovia slovena: l'aula di San Dorligo verso lo scontro - la Capodistria-Divaccia
Opposizione sul piede di guerra a San Dorligo della Valle sul progetto per la seconda linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. In vista del Consiglio comunale di venerdì in cui si discuterà anche di questo argomento tre consiglieri - Roberto Drozina (Territorio e ambiente), Alen Kermnac (Verdi) e Roberto Massi (Lega) - hanno presentato un'interpellanza a tale riguardo in cui ricordano che «la mozione sulla salvaguardia del territorio, presentata nel luglio 2019 da Kermac, non ha avuto risposta» e precisano allo stesso tempo di «non essere stati avvisati dell'incontro che ci dovrebbe essere in Municipio con la 2Tdk, l'impresa che sta realizzando l'opera».

(u.sa.)

 

 

La marea arancione non è sparita: è al largo di Barcola e punta su Muggia

Il fenomeno dovuto alla proliferazione della "Noctiluca Scintillans" si sposta al centro del golfo. E' non è l'unica anomalia del mare

Il mare diventa arancione scuro a due miglia da Barcola. Improvvisamente navighiamo in una specie di serpentone vermiglio che si allunga a perdita d'occhio verso Muggia avvolgendo le sue spire attorno alle grandi navi alla fonda. Pensavamo che se ne fosse andata, che avesse lasciato il Golfo di Trieste per sparire chissà dove seguendo correnti o repentini mutamenti dell'ecosistema. E invece la marea rosso/arancione, è ancora qui. Allineata lungo un fronte che da Trieste si espande verso il Golfo di Panzano, la fioritura rossastra ha solo compiuto una ritirata strategica, pronta ad avanzare di nuovo compatta verso la costa. A bordo del gommone rigido dell'Area Marina Protetta di Miramare, il ricercatore Saul Ciriaco osserva con lo stupore trattenuto dello scienziato il fenomeno colorato in cui stiamo flottando. Come altre decine di colleghi ricercatori, tecnici, biologi e oceanografi dell'Ogs, dell'Arpa, dell'Università di Trieste, insomma di tutti quegli enti impegnati ogni giorno a studiare, monitorare, curare e interrogare questo spicchio di mare in cima all'Adriatico, anche Saul Ciriaco non si allarma ma nemmeno si acquieta di fronte allo spettacolo stupefacente che danno le immense colonie di Noctiluca scintillans. Questo prodigioso esserino, che di giorno colora il mare di rosso, e di notte lo rende scintillante di luce bluastra, al microscopio appare come un'inoffensiva pallina con la coda. Ma è tutt'altro che innocua. Si tratta di una dinoflagellata eterotrofica, vale a dire una specie di alga che non è un'alga, e quindi non si nutre di luce solare bensì di altri minuscoli esseri come diatomee, ciliati e uova di pesce impoverendo di fatto il mare. Da quando è comparsa nel nostro golfo, una decina di giorni fa, assieme ai branchi di Rhizostoma pulmo, le bianche meduse che da anni si danno convegno in queste acque a ogni inizio stagione, la Scintillans, come ormai la chiamano affettuosamente i ricercatori, ha fatto scattare l'ennesimo campanello d'allarme sulla salute del golfo. Quando siamo partiti, qualche minuto fa, dal porticciolo di Grignano a bordo della barca dell'Area protetta di Miramare, per fare un giro di ricognizione intorno al golfo, il mare aveva l'aspetto pacioso di un'assolata domenica di primavera. Un po' di meduse qua e là da sole o in gruppi pigramente assemblati, una leccia che saluta saltando davanti alla prua, un galleggiante di miticoltura alla deriva (recuperato), un po' di ramaglie portate dai fiumi ingrossati dal disgelo. La minaccia rossa sembrava definitivamente sparita. Come succedeva con le immacolate nuvole di mucillagini, quei polimeri che nei mesi estivi di alcune stagioni fa hanno afflitto le nostre coste per poi svanire così com'erano apparsi. E invece no, le compagini di Scintillans sono solo poco più a largo, dense, compatte, avvolgenti e dal vago odore di sentina, pronte a sferrare l'attacco finale alle balneabili coste della nostra regione. O, forse, a sparire. Di certo non scompare, però, il sintomo di un mare malato. Così come sulle terre emerse il Covid-19 colora e condiziona la nostra vita in un arco policromo che va dal bianco al rosso scuro, così in mare l'arancione denso è il segno di una Natura in affanno che si difende mandando all'attacco le sue speciali truppe invisibili. «La massiva fioritura di Scintillans - spiega Saul Ciriaco - è solo l'ultimo segnale di una serie di squilibri dell'ecosistema causati sia dai cambiamenti climatici sia dall'azione diretta dell'uomo». La lista è lunga. A cominciare dal rischio d'estinzione della Pinna nobilis, la popolare Stura, insidiata da un protozoo parassita che la sta facendo morire per inedia in tutto il Mediterraneo. Specie protetta, la Stura è stata attaccata dal nemico invisibile qualche anno fa nelle isole greche, e oggi rischia di estinguersi nonostante gli sforzi, compiuti anche nel nostro golfo dall'Amp Miramare e altri enti (è stata mobilitata persino una task force di sommozzatori della Guardia Costiera), per salvaguardare le sparute oasi dove ancora sopravvive. Poi ci sono la scomparsa delle fanerogame, piante marine come Cimodocea e Posidonia, una perdita drammatica secondo i biologi. Ancora, dobbiamo fare i conti con la desertificazione delle foreste marine di alghe brune, e con la comparsa di specie aliene come Mnemiopsis leidyi, la noce di mare, piccola gelatina tanto simpatica con le sue lucine natalizie intermittenti quanto feroce nel divorare le larve di pesce azzurro. E che dire della - per ora - fugace apparizione di Drymonema dalmanitum, la medusa più grande del Mediterraneo, vista un anno fa mentre si pappava ben due polmoni di mare alla volta?«Il punto è che da almeno una decina d'anni stiamo squilibrando sempre più il rapporto fra specie marine erbivore e carnivore, che altera l'intero ecosistema del golfo», commenta Saul Ciriaco mentre passiamo a venti nodi davanti alla costa fra Santa Croce e Aurisina. Proprio dove, fra pastini e boscosi pendii, fanno capolino i cantieri di nuove case e villette. Segni di un ulteriore impatto antropico, dicono gli esperti, che di certo al mare bene non fa.

Pietro Spirito

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 aprile 2021

 

 

"Meduse e microalghe, l'ecosistema si ribella" - il direttore generale dell'OGS Del Negro

L'invasione di meduse e microalghe che ha interessato nelle ultime ore il golfo di Trieste dimostra quanto sia necessario affrontare al più presto lo stato di salute delle acque marittime. E sarà proprio questo uno dei temi principali di cui si discuterà nel corso del Sea Summit programmato per settembre, iniziativa che vedrà l'intervento di esperti ed esponenti del mondo scientifico. «Gli ultimi eventi a cui abbiamo assistito rappresentano risposte anomale con cui l'ecosistema reagisce ad alterazioni causate dall'azione dell'uomo e su cui si possono innestare anche cambiamenti climatici», afferma Paola Del Negro, direttore generale dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). «Per questo concentrare l'attenzione sul ruolo che ha il mare per la salute generale del sistema terra è fondamentale». Ma i problemi di cui soffre il mare non restano circoscritti alla sfera dell'ambiente. Piuttosto, hanno ripercussioni importanti anche su quella economica. «Gli organismi che negli ultimi giorni hanno invaso le nostre acque rappresentano dei predatori pericolosi, che si nutrono di plancton ma anche di uova e larve di pesci. Sono dei competitori importanti per i molluschi che vengono coltivati», chiarisce Del Negro. «Se non si fa qualcosa per affrontare questi problemi, le ripercussioni sul settore economico potrebbero essere rilevanti, soprattutto nell'ambito della pesca e della molluschicoltura, che nella nostra regione hanno un peso così rilevante. Il vantaggio di eventi anomali come quelli a cui stiamo assistendo è quello di costringerci a focalizzare maggiormente l'attenzione sulla salute del mare».

Li.

 

 

Trieste Verde denuncia: «Inquinanti in acqua» - l'affondo sull'area davanti all'ex area a caldo
«Non c'è centimetro delle acque antistanti l'area della Ferriera di Servola che non sia impestato da livelli di inquinanti cancerogeni che sforano di 2 o 3 mila volte i livelli consentiti dalla legge». A denunciarlo è la lista Trieste Verde, nel corso del consueto incontro pubblico settimanale. «L'inquinamento riguarda sia la zona oggi in smantellamento che quella delle acque contigue di superficie e di profondità, falde acquifere comprese», ha detto Maurizio Fogar. Un tema, quindi, a detta di Trieste Verde, che non si può dire concluso. «Quanto esce da quell'area, per effetto dei venti e delle correnti marine, tocca tutti - denuncia Maurizio Fogar, portavoce del movimento - tanto che la città si trova in eredità una vera e propria bomba tossica a orologeria».

lo.de.

 

 

Richetti: «Uno sportello su energia e risparmio» - la proposta del M5S
I Cinque Stelle vogliono stimolare la nascita di comunità energetiche sul territorio cittadino. A tal fine l'impegno di Alessandra Richetti, candidata sindaco del M5s, è quello di aprire uno sportello municipale, dove i cittadini possano reperire le informazioni necessarie per realizzare gli impianti e accedere alle agevolazioni: «Con il decreto legge 162 del 30 dicembre 2019, il governo ha autorizzato la condivisione tra più cittadini dell'energia elettrica prodotta da impianti rinnovabili. E allo scopo i Comuni possono promuovere politiche sociali attive». «Così si ridurrebbero le emissioni inquinanti - aggiunge Elena Danielis, capogruppo in Consiglio comunale - ma anche i costi in bolletta, contribuendo a combattere la povertà energetica. Vasto è inoltre il patrimonio edilizio comunale».

l.g.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 aprile 2021

 

 

Accordo con il Comune: l'Ogs al Magazzino 26 e laboratori fronte mare
L'ente di ricerca concentrerà la Sezione di Oceanografia dentro il Porto vecchio - Previsti spazi anche all'altezza del molo Zero. Dipiazza: «Una scelta coerente»
L'Ogs trasloca la sua sezione di Oceanografia al Magazzino 26, andando così a mettere un tassello ulteriore al mosaico di enti scientifici e culturali che popoleranno il Porto vecchio. La proposta, la cui realizzazione è data per sicura, è giunta ieri mattina nel corso di un incontro tra il Comune e i vertici dell'Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale. All'incontro hanno partecipato il sindaco Roberto Dipiazza, l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, il presidente di Ogs Nicola Casagli e il direttore generale dell'ente Paola Del Negro. L'amministrazione comunale ha offerto all'Istituto di occupare con la sua sezione di Oceanografia gli spazi attualmente impiegati dalla mostra del Lloyd (che confluirà nel Museo del Mare), pari a circa 3.700 metri quadrati, cui andranno ad aggiungersi spazi ulteriori in corrispondenza del molo Zero, per dei laboratori fronte mare. I vertici di Ogs, fa sapere l'ente, «si sono immediatamente mostrati riconoscenti e soddisfatti della proposta, che consente sia di dare più spazi alle attività di ricerca della Sezione, sia di mantenerne la vicinanza al mare». La necessità impellente di Ogs era dotare la sezione di Oceanografia di aree più ampie e maggiormente fruibili, dato che, per svolgere tutte le attività, i ricercatori e i loro laboratori sono suddivisi nella sede a mare in località Santa Croce, dove sono ubicati i laboratori di biochimica e biologia (che necessitano di lavori di ammodernamento), negli uffici di via Beirut, dove trovano spazio le attività di alcuni gruppi di lavoro della Sezione, e in un'intera palazzina nella sede principale di Borgo Grotta Gigante a Sgonico. Gli spazi che verranno a liberarsi a Borgo Grotta consentiranno alle altre Sezioni di ricerca dell'ente (Geofisica, Centro ricerche sismologiche e Centro di ricerca tecnologica Gestione di infrastrutture navali) di riorganizzare e espandere i propri uffici e laboratori. Dipiazza commenta così la decisione: «Dare una collocazione all'Ogs e in particolare alla sua Sezione di Oceanografia al Magazzino 26 è una scelta coerente con la vocazione individuata per quella porzione del Porto vecchio: attività scientifiche, culturali e museali che trovano nell'elemento Mare un denominatore comune. Come amministrazione - prosegue il primo cittadino - siamo fieri di poter contribuire a dare una soluzione a un ente nato a Trieste e le cui attività portano alto il nome della città in Italia e nel mondo, ad esempio attraverso la loro nave da ricerca Laura Bassi, che troverebbe nel Porto vecchio un posto ideale in cui attraccare nei periodi in cui non è in missione». Aggiunge ancora il sindaco: «Ci interessa molto portare realtà come Ogs all'interno del Porto vecchio, così come ci interessa la Summer School di Stefano Fantoni. Nella fattispecie l'accordo con l'Ogs avrebbe anche il pregio di liberare il castelletto di Santa Croce, che ormai è completamente di proprietà comunale, e che potrebbe quindi venire destinato ad attività di altro genere. Inutile dire che si tratta di una situazione in cui tutti hanno da guadagnare». Afferma il presidente di Ogs Casagli: «Siamo riconoscenti all'amministrazione tutta e in particolare al sindaco Dipiazza per aver colto l'urgenza della nostra istanza. Ogs è un ente che cresce e che necessita di spazi ampi e vicini al mare. L'idea che la Sezione di Oceanografia possa finalmente trovare una casa unica, in un luogo come il Magazzino 26 che ospita già altre attività di ricerca, come l'Immaginario scientifico, e dove troveranno collocazione realtà legate alla divulgazione della scienza e della cultura del mare, è un ulteriore plus che ci permetterà di ipotizzare nuove forme per dare concretezza alla cosiddetta Terza Missione». Nelle prossime settimane proseguiranno gli approfondimenti tra gli uffici tecnici di Ogs e il Comune per dare seguito all'iniziativa in tempi che le parti auspicano possano essere definiti a breve. Il trasloco della Sezione oceanografica darebbe corpo ulteriore all'idea di un polo scientifico all'interno dell'antico scalo.

Giovanni Tomasin

 

 

Sparita la "marea arancione" di alghe - Dopo le numerose strisce comparse in questi giorni

Ma gli esperti avvertono: potrebbe esserci ancora, in profondità. Se torneranno dipenderà anche dalle condizioni meteo

Sono sparite, almeno in superficie e a occhio nudo, le grandi strisce arancioni di Noctiluca scintillans, la microalga apparsa nei giorni scorsi in grande quantità nel golfo. Si era palesata nel pieno della sua fioritura - secondo le osservazioni dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) erano 30 mila circa per litro le cellule presenti - avvistata fino a Punta Grossa e in Crozia, ma anche nelle acque che bagnano l'Emilia-Romagna e le Marche. Tuttavia, avverte Marina Cabrini, prima ricercatrice dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), non vuol dire che sia del tutto scomparsa. «Io ho raccolto in modo molto rapido un campione d'acqua davanti alla sede dell'Ogs, a Santa Croce, ma non su tutta la colonna d'acqua - afferma -: so bene che se le cellule fossero state abbondanti, nella camera di sedimentazione che si utilizza per l'analisi, le avrei viste. Potrebbero essere però in profondità ad esempio. Questa specie è spesso presente nella comunità fitoplanctonica del golfo di Trieste, ma in densità più limitate. Quando invece è molto abbondante, cioè quando l'acqua è arancione, vuol dire che Noctiluca scintillans si riproduce su tutte le altre microalghe». Sul perché non sia più visibile a occhio nudo attraverso le grandi macchie arancioni, chiamate "maree rosse", che hanno invaso anche il porticciolo di Grignano e di Miramare, i fattori sono diversi. «La fioritura è dovuta anche al fatto che questa microalga - spiega il direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare Maurizio Spoto - si mangia le alghe piccole e, una volta terminati i nutrienti, si riduce». Nutrienti che possono essere presenti in quantità maggiore in ragione delle piogge e quindi dei fiumi. La sua concentrazione - che si è aggiunta nei giorni scorsi alla fioritura delle meduse Rhizostoma pulmo, ancora evidente - poi può diminuire anche perché viene predata dai consumatori, continua Cabrini, che aggiunge: «Bisogna capire che cosa è cambiato. Possono aver influito anche repentini sbalzi di temperatura. Con i colleghi chimici metteremo assieme i dati per capire che cosa è successo. Tuttavia devo precisare una cosa: quando il plancton è abbondante significa alimento per mitili e pesci. Noctiluca scintillans rappresenta un rischio solo se riducendo molto la concentrazione di ossigeno provoca ipossie e in casi più gravi anossie sul fondo». A studiare questo fenomeno è scesa in campo pure l'Arpa, deputata anche all'osservazione e alla valutazione delle acque. «Abbiamo effettuato dei campioni d'acqua - spiega Claudia Orlandi, responsabile della Qualità delle acque marine e di transizione - anche al largo. La Noctiluca scintillans era un po' distribuita in tutto il golfo. Seguiremo l'evolversi della situazione. Se la fioritura tornerà a comparire? Dipende anche dalle condizioni meteo. Tuttavia le maree rosse non sono una cosa nuova per il nostro golfo». Quanto invece all'Escherichia Coli, il batterio che fa dannare in particolare gli allevatori di mitilicoltura, dalle analisi microbiologiche rilevate dall'Arpa «non abbiamo rilevato la sua presenza nell'acqua - osserva Orlandi -. Bisogna però capire gli esiti delle analisi dell'Azienda sanitaria, che invece le effettua sugli allevamenti di mitilicoltura».

Benedetta Moro

 

Le meduse a tavola? Proibite. Ma in città gli chef le studiano per insalate fresche e golose e finger food stile Hong Kong

Ceviche, un'insalata di origini peruviane, con Rhizostoma pulmo, la medusa che da settimane invade il nostro golfo. Perché questo organismo può avere una seconda vita anche nel piatto. Lo sa bene Matija Antolovic, lo chef del Caffè San Marco, che ha preparato una ricetta ad hoc per una serata dell'Ogs, ma a puro scopo scientifico (è bene sottolinearlo, visto che in Italia e in Europa in generale non è ancora consentito mangiare medusa, a differenza del Sud Est asiatico). Ispirandosi dunque al suo sapore di mare, Antolovic ha così creato un piatto. «Per eliminare le tossine l'ho bollita per mezzo minuto in acqua bollente salata al 4 per cento e poi di nuovo in acqua ghiacciata - spiega -. Poi l'ho tagliata a cubetti piccoli e l'ho mischiata con cipolla, peperone, peperoncino, coriandolo e cetriolo. Pochissimo succo di lime e limone. Né sale né olio. Ha un sapore fresco di mare e così l'ho fatta: fresca e acidina». «Era un esperimento nell'ambito de "Il mare nel piatto" in collaborazione con l'Ogs - prosegue il titolare del locale, Alexandros Delithanassis -. Mi era piaciuto. Se è vero come dicono i ricercatori che alcune specie sono commestibili, ben venga se sono introdotte nei piatti». Ma c'è anche lo chef stellato Matteo Metullio che da tempo è coinvolto in un progetto che vede protagonista anche la medusa. E intanto in cucina la pensa così: «Nel mio immaginario la vedo alla griglia - spiega -, con un'insalata o un pesto di alghe, salsa di soia o teriyaki, cipollotto e olio di sesamo. Ma sono solo idee perché non l'ho mai provata, non so quale sapore possa avere. Mi dà l'idea di un sapore comunque fresco, perché penso sia come avere la sensazione della seppia sotto i denti. Dopo la cottura è da capire cosa resti». Il progetto a cui si dedica da tempo è un'idea della Società velica Barcola-Grignano e del suo presidente Mitja Gialuz. «È da un anno e mezzo che stiamo parlando con un pool di biologi ed esperti per capire quali specie siano commestibili - spiega lo chef -. Penso sia il cibo del futuro, visto che le meduse sono tante». Nel Sud Italia c'è invece anche chi di recente ha scritto un libro di ricette. S'intitola "European Jellyfish - Prime ricette a base di meduse in stile occidentale" e fa parte di un progetto europeo a cura anche dell'Istituto di Scienze delle produzioni alimentari del Cnr di Lecce, una realtà che studia da tempo la Rhizostoma pulmo. «Siamo un po' invidiosi di ciò che sta accedendo nel golfo di Trieste - dice sorridendo Antonella Leone, ricercatrice dell'Istituto -, perché le campioniamo da dieci anni nel golfo di Taranto, invece dall'anno scorso non se ne vede nemmeno una. Ci piacerebbe avere i fondi per capire il fenomeno. Intanto stiamo lavorando a un progetto per l'uso alimentare della medusa nell'uomo e uno dei risultati è la divulgazione e il trasferimento delle conoscenze. Abbiamo collaborato con gli chef stellati Gennaro Esposito, Pasquale Palamaro, Fabiano Viva e Giovanni Ingletti, assieme a una chef di Hong Kong che ha lavorato con noi, portando anche le meduse di quell'area che vengono seccate e servono come finger food e insalate». Così è nato ad esempio, tra i vari piatti, il Carpaccio di medusa con marinatura sale e zucchero «che ricordava l'ostrica».«Altri gruppi del progetto hanno pensato invece - conclude Leone - a utilizzare la medusa in agricoltura come fertilizzante e mangime in acquacoltura ma anche in cosmetica, perché ha molto collagene».

B.M.

 

 

 

 

 

 

Caso discarica di Pecol - Sequestrati i conti di Isontina ambiente
Bloccata l'operatività della società che gestisce la raccolta dei rifiuti anche a Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico
Gorizia. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gorizia, Flavia Mangiante, ha disposto il sequestro preventivo delle liquidità di Isontina Ambiente depositate nei conti correnti intestati alla società in diversi istituti bancari. Il provvedimento riguarda la discarica di Pecol dei Lupi a Cormons, dal 2010 non più attiva per il conferimento dei rifiuti, posta sotto sequestro nel 2019 dalla Procura di Gorizia e, recentemente, affidata dalla stessa al commissario giudiziario Luigi Palumbo. È un provvedimento che di fatto "blocca" Isambiente (operativa anche nei comuni di Duino Aurisina, Monrupino e Sgonico), già al lavoro con i propri avvocati per presentare un'istanza di dissequestro dei propri conti in banca, comportando non solo l'impossibilità del pagamento degli stipendi di aprile per gli oltre 100 dipendenti e il saldo delle fatture dei fornitori, ma rischia anche di paralizzare un servizio pubblico essenziale come quello della raccolta dei rifiuti. In questo momento la società, che ad esempio effettua anche bonifici di 2 milioni alla Sangalli, non è in grado di effettuare alcun tipo di pagamento. Ma come si è arrivati a questo provvedimento? L'ultimo atto della complessa vicenda della discarica di Pecol dei Lupi è l'inchiesta per la "gestione illecita di rifiuti liquidi". In attesa che la situazione venga chiarita, perché l'inchiesta è ancora in corso, i Carabinieri dei Noe di Udine hanno dato, all'inizio del mese, esecuzione al decreto di sequestro dell'impianto di bonifica emesso dal gip del Tribunale di Gorizia «al fine di evitare il protrarsi di tali condotte illecite». Da qui la nomina come amministratore giudiziario di Palumbo, a cui è stata affidata «sia la custodia che la gestione della fase post-operativa della discarica con il precipuo compito, tra gli altri, di vigilare sul corretto funzionamento degli impianti e portare a compimento il procedimento di bonifica per arrivare alla chiusura definitiva del sito». L'ordinanza successiva sul blocco della liquidità del gip Mangiante in particolare «dispone il sequestro preventivo delle somme accantonate da Isontina Ambiente srl per la gestione ordinaria dal 31 dicembre 2010, limitatamente alla fase di chiusura, e per la gestione post operativa della discarica di Pecol dei Lupi». Questi accantonamenti non ci sono stati? Gli accantonamenti nella società dipendono dai versamenti effettuati dai Comuni e la liquidità è quindi variabile. Da qui il sequestro dei conti correnti bancari. «Informati tempestivamente i Comuni soci e dopo aver illustrato gli avvenimenti di queste ultime 24 ore, la società si è attivata con i propri legali per garantire nei tempi più brevi possibili il ripristino del normale funzionamento dei conti bancari. Al contempo l'azienda - si legge in una nota di Isontina Ambiente - sta adottando tutti i provvedimenti necessari ad assicurare l'usuale liquidità per l'operatività corrente. La società garantisce il massimo impegno per il regolare funzionamento del servizio».

Pietro Comelli

 

 

I pescatori di frodo e il mercato nero minacciano lo storione che vive nel Danubio
È una delle specie più antiche viventi sul nostro pianeta - Merce pregiata e ricercata dai ristoranti della regione
BELGRADO. Sono fra le specie più antiche ancora viventi sul nostro pianeta. Nei secoli e millenni passati erano fra i pesci più diffusi e pregiati del grande fiume, forse persino onorati come una divinità dalle popolazioni preistoriche della regione, nell'area di Lepenski Vir. Negli ultimi decenni sbarramenti, chiuse, dighe, pesca intensiva e trasporto fluviale ne hanno quasi cancellato le tracce. Gli storioni, malgrado tutto, popolano ancora ampie parti del Danubio inferiore, in particolare tra Serbia, Romania e Bulgaria e il Mar Nero. Ma anche quell'area non è un'oasi sicura. E i grandi pesci anadromi d'acqua dolce continuano a essere obiettivo di pescatori di frodo e merce pregiata del mercato nero della carne e del caviale. È la denuncia che arriva dal World Wildlife Fund (Wwf), organizzazione che negli ultimi anni ha sguinzagliato nel cuore dei Balcani esperti e ricercatori per comprendere lo stato di salute delle varie specie di storione presenti in particolare nel Danubio, area di riproduzione dei pesci, e nel Mar Nero, ma anche per monitorare il mercato nero e quello legale della carne di storione e del caviale nella regione, assai florido e pressoché sconosciuto. Il risultato delle ricerche è stato presentato nei giorni scorsi. E allarma. Il Wwf ha infatti confermato l'esistenza di un «lucrativo business» illegale tra Serbia, Romania, Bulgaria e Ucraina, incentrato proprio su prodotti della lavorazione dello storione e condotto su «ampia scala», ha specificato l'organizzazione. Come pianificare un'indagine così complessa, la «prima del genere»? Il Wwf ha scelto una strada inedita, combinando per quattro anni «dati ufficiali sulla pesca illegale dalle autorità competenti» e soprattutto avviando una capillare «inchiesta sui luoghi di vendita», prelevando centinaia di campioni di carne di storione e caviale in mercati, come quello belgradese di Zemun, dove sono stati trovati esposti storioni selvaggi; e in ristoranti, negozi e persino seguendo le tracce degli acquisti online. Poi sono arrivate le «indagini forensi» e del Dna, per verificare se avessero origine in allevamenti legali o in fiumi della regione, dove «la  pesca e il commercio di storione» selvaggio sono da anni «vietati». Gli esiti sono inquietanti e parliamo comunque «solo della punta dell'iceberg che dimostra tuttavia quanto è grave l'impatto» della pesca di frodo «degli ultimi storioni selvaggi», ha specificato la manager del progetto, Jutta Jahrl.Quasi il 20% dei campioni è infatti risultato provenire da esemplari di fiume, mentre fino al 30% del caviale esaminato era quantomeno sospetto, probabilmente frutto di «importazioni illegali», venduto senza rispettare gli standard di certificazione. Non solo. Il Wwf ha verificato una «forte domanda» da parte dei consumatori della regione di prodotti ricavati dallo storione selvaggio, una richiesta sostenuta che spinge un altro mercato irregolare, quello di pesci gatto e pesce persico del Nilo spacciati come storione. Non è finita. L'organizzazione per la difesa di flora e fauna ha individuato anche 214 casi di «incidenti», in gran parte in Romania e Bulgaria, che segnalano l'estensione del fenomeno della pesca illegale, con sequestri di caviale illegale - 40 vasetti di 20 kg in totale possono valere fino a 50 mila euro, come verificato in Romania nel 2020 - «confische di attrezzi di pesca illegali», di storioni già finiti nelle reti e di caviale e tranci di storione selvaggio. Gli ultimi episodi a marzo di quest'anno, in Romania, con storioni di oltre due metri scovati nelle reti di pescatori di frodo. E dal 2016 la 2020 gli episodi del genere sono triplicati. Storioni che non sono semplici pesci, ma «l'eredità naturale» e storica del Danubio, ultimo grande fiume europeo dove gli storioni migratori continuano a riprodursi in maniera naturale. E sono a rischio ovunque in Europa, continente dove tutte le varie specie tranne una sono ormai in via di estinzione. «Lo storione è già il gruppo di specie più a rischio di estinzione sulla Terra», ha così spiegato Beate Striebel, del Wwf, parlando di rapporto «allarmante». E chiedendo mano durissima per fermare il bracconaggio, nel fiume-simbolo dei Balcani.

Stefano Giantin

 

La mozione del Pd«Si affronti il problema delle processionarie»

«La giunta Dipiazza faccia tutto il necessario per contrastare la diffusione della processionaria e proteggere i cittadini. Occorre prevenire la formazione di una nuova generazione di insetti dannosissimi per i nostri pini e altre piante, E poi si deve informare la popolazione della presenza di questi insetti anche per l'uomo e gli animali, e delle misure sanitarie da adottare in caso di contatto». Lo chiedono i consiglieri Pd della Sesta circoscrizione Luca Salvati e Gentian Metani, con una mozione rivolta alla giunta comunale, a seguito di «diverse segnalazioni riguardo la presenza di processionarie in particolare al Bosco Farneto».

 

 

Meduse, alghe e batteri il mondo della pesca sempre più in affanno
Reti strappate e meno pesci in giro: «Uscite ridotte per risparmiare la nafta» Tra "Noctiluca" ed "Escherichia" problemi seri anche per chi alleva le cozze
«Vado in mare da cinquant'anni e non ho mai visto una cosa del genere. Una quantità impressionante di meduse che non ci permette di lavorare come vorremmo e dovremmo». Fabio Vascon, pescatore muggesano, si sfoga: la concentrazione di Rhizostoma pulmo nel golfo di Trieste impedisce alla categoria di lavorare con continuità. Un "flagello" al quale si aggiungono, adesso, la proliferazione delle microalghe e quella dei batteri Escherichia coli che insidiano innanzitutto la mitilicoltura. «Speravamo che, dopo l'invasione di Pasqua, la situazione migliorasse nel giro di qualche giorno ma purtroppo non è così - racconta Vascon - . Ieri, quando sono uscito con la barca, mi sono trovato circondato da banchi di meduse lunghi decine e decine di metri». Una situazione insostenibile che ha indotto diversi pescatori a decidere di lavorare a ritmo ridotto. «In mare abbiamo di fronte autentici "tappeti" che sono estesi decine di metri quadrati e di fatto non ci permettono di pescare. Le meduse si incastrano nelle reti e, con il loro peso, finiscono per strapparle. Zavorrano le barche, impediscono la saccaleva, senza considerare che la loro presenza sottocosta allontana il pesce dalla riva. Io, ad esempio, mi sono rassegnato ad uscire a giorni alterni per risparmiare la nafta. Così, almeno, riduco le perdite» conclude Vascon. Un grido d'allarme, quello del pescatore muggesano, sottoscritto e rilanciato anche da chi rappresenta la categoria. «Il nostro settore ha già un sacco di problemi - sottolinea Guido Doz, esponente della Federazione italiana maricoltori - e ora non ci mancava che l'invasione delle meduse... Spiace constatare che, secondo gli esperti, qualsiasi cosa accade in mare è sempre colpa di noi pescatori, che già facciamo fatica a lavorare a causa delle molte limitazioni imposteci dalla legge». Doz avanza una proposta operativa alla politica: quella di accelerare l'inserimento delle meduse nella lista dei "novel food", i cibi del futuro. «Oggi le meduse non sono ancora autorizzate per l'uso alimentare né in Italia né in Europa» ricorda Doz proprio nei giorni in cui una ricerca dell'Ispa, l'Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Cnr, conferma che le meduse sono una potenziale risorsa nutrizionale. «La cosa potrebbe farci sorridere, lo so, ma - continua Doz - ricordiamoci che sono un piatto tradizionale in vari paesi del Sud-est asiatico. Penso ad esempio ai cinesi: abbiamo ricevuto richieste in quantità negli anni scorsi ma non abbiamo potuto assecondarle a causa della nostra legge che vieta la commercializzazione delle meduse in quanto prodotto non commestibile». Anche Nicola Bressi, direttore del Museo civico di Storia naturale, è sulla stessa linea: «Una soluzione all'invasione delle meduse potrebbe essere proprio quella di renderle commestibili, anche se non dobbiamo dimenticare che la forte presenza di questi giorni è dovuta a una concatenazione di fattori difficilmente ripetibili, alla quale si aggiunge il fatto che in questa parte finale dell'Adriatico le correnti sono meno forti». Nel frattempo, però, la situazione nel Golfo non migliora. Ieri, fra Miramare e Muggia, c'era ancora una presenza massiccia di Rhizostoma pulmo. Né si sono diradate, anzi, le macchie arancioni provocate dalla "Noctiluca scintillans", l'alga microscopica solitamente presente in mare aperto, che negli ultimi giorni si è accumulata nei porticcioli della costiera. «Ieri sono andato da Sistiana a Muggia per fare il rifornimento alla barca - conferma il pescatore Paolo De Carli - e la scia era presente da Grignano fino a Punta Grossa tanto da farmi ricordare gli anni delle mucillagini. Spero davvero che non ritornino quei tempi...». Ma c'è un altro problema che incide soprattutto sul lavoro dei miticoltori. «A causa dell'elevata concentrazione di Escherichia coli trovata nei mesi scorsi nelle cozze - spiega Davide Roncelli - il nostro settore sta attraversando un periodo di grande difficoltà. In tale contesto ora si inserisce questa microalga e noi non sappiamo ancora bene quali possano essere i suoi effetti sulle cozze».

Lorenzo Degrassi

 

 

Così Biden compatta il mondo sul clima - Draghi: «G20 per la transizione ecologica»
Il presidente americano: «È il decennio decisivo, dobbiamo agire». Al meeting online partecipano anche Cina e Russia
NEW YORK. Per qualche ora almeno, il clima è riuscito a mettere i leader del mondo sempre più diviso intorno ad un tavolo. Digitale, ma comunque occasione di dialogo. E questo è già un successo, vista la retorica infuocata degli ultimi mesi tra il presidente americano Biden, il rivale cinese Xi, e quello russo Putin. Poi staremo a vedere quante promesse fatte ieri per contrastare i cambiamenti climatici verranno mantenute, ma tra il nuovo impegno degli Usa a dimezzare le emissioni, quello della Cina ad abbandonare il carbone, e quello del premier italiano Draghi ad usare il G20 per avanzare i finanziamenti della transizione ecologica, qualche novità concreta è emersa. Il padrone di casa ha aperto il Leaders Summit on Climate avvertendo che questo «è il decennio decisivo, dobbiamo agire». Combattere i cambiamenti climatici «è un imperativo morale», perché «i segnali sono inconfondibili, la scienza è innegabile, e i costi dell'inazione crescono». Swiss Re ha calcolato che toglierebbe 23 trilioni all'economia mondiale nel 2050. Quindi Biden ha ammonito: «Incontrarsi ora va oltre l'obiettivo di preservare il pianeta, significa anche offrire un futuro migliore a tutti noi». Lui vede gli investimenti nella transizione ecologica come un'opportunità per rilanciare l'economia e creare posti di lavoro, e questo è un segnale di politica interna per convincere gli americani e piegare le resistenze degli avversari. Il primo scopo del Summit però era riaffermare la leadership Usa nella lotta al riscaldamento globale, dopo la parentesi Trump, e il presidente lo ha perseguito raddoppiando gli impegni presi da Obama con l'accordo di Parigi. Ora Washington punta a ridurre le sue emissioni di gas tra il 50 e il 52% entro il 2030. Gli Stati Uniti però vogliono aiutare i paesi più poveri a contribuire, perché pur essendo il secondo inquinatore mondiale dopo la Cina, anche se annullassero il loro 15% di emissioni globali non basterebbero a salvare il pianeta. Perciò Biden ha lanciato un piano per «finanziare la risposta globale in maniera coordinata». La direttrice dell'Fmi Georgieva ha aggiunto che il G20 deve accordarsi su un carbon price, superiore ai livelli attuali di 75 dollari per tonnellata entro il 2030. Xi ha lanciato un segnale di apertura anche solo intervenendo, ed evitando di citare gli altri punti di attrito aperti nella sfida geopolitica epocale con Washington. Invece ha detto che «vogliamo lavorare con la comunità internazionale, inclusi gli Usa». Ha ribadito l'impegno di zero emissioni entro il 2060, e ha aggiunto che vuole «limitare strettamente l'aumento del consumo di carbone» nei prossimi cinque anni, ed eliminarlo nei cinque successivi. E' importante, perché a settembre aveva promesso che Pechino avrebbe toccato il picco nel 2030, senza però spiegare come ci sarebbe arrivato e come sarebbe sceso. Anche Putin ha evitato lo scontro, dopo che Biden lo aveva definito un killer, annunciando impegni anche più stringenti della Cina. Persino Bolsonaro ha promesso di fermare la deforestazione in Brasile, pure se in cambi aveva chiesto un miliardo di dollari a Biden. Draghi, oltre ad affermare che «insieme vinceremo questa sfida», ha assicurato che userà la presidenza del G20 per la questione dei finanziamenti. E' un punto chiave, perché nel briefing preparatorio con i giornalisti, una fonte della Casa Bianca aveva risposto così alla domanda della Stampa su cosa vorrebbero nell'agenda del vertice di Roma: «Sarà cruciale avere una discussione più approfondita riguardo la finanza del clima, le ambizioni dei partner, il ruolo dell'energia pulita e l'adattamento». A quantificare ci ha pensato il segretario generale dell'Onu Guterres: «I leader mantengano la promessa fatta oltre un decennio fa, di 100 miliardi di dollari in sostegno dell'azione sul clima nei paesi in via di sviluppo». Greta Thunberg già dice che non basta. Vedremo ora se il mondo saprà davvero riunirsi, su questa emergenza che riguarda tutti.

Paolo Mastrolilli

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 aprile 2021

 

Invasioni di meduse e pesci a rischio. La richiesta di aiuto del nostro mare

Mai registrati finora nel golfo di Trieste fenomeni così estesi- Allo studio il peso di cambiamenti climatici e attività umane

Trieste. Mentre tutto il mondo si prepara a celebrare oggi la Giornata della Terra, Trieste e la Venezia Giulia si interrogano sulla salute del loro mare, invaso in queste ore da banchi record di meduse e microalghe. La prima certezza è che fenomeni così estesi non si erano mai visti nel golfo. La seconda è che, se le invasioni dovessero protrarsi, la pesca sarebbe a rischio e in pericolo potrebbero finire prodotti simbolo come i "sardoni". La terza è che la pesca è allo stesso tempo vittima e causa dell'incremento di questi organismi, che hanno sempre meno predatori a limitarne lo sviluppo. Nel braccio di mare fra Trieste e Grado, assicurano i ricercatori, non stanno accadendo però cose sconosciute, perché la Rhizostoma pulmo e la Noctiluca scintillans (rispettivamente meduse e alghe) sono presenze secolari, ma l'entità delle fioriture non può che colpire. Un tempo erano le mucillagini, oggi lontano ricordo. Adesso tocca alle grandi meduse biancastre e alla microalga arancione, che in realtà è un protozoo che non fa la fotosintesi ma si nutre di altri organismi. E qui sta il problema: Rhizostoma e Noctiluca mangiano molto e, se rimarranno a questi livelli, diventeranno pericolosi concorrenti della fauna che siamo abituati a mangiare. Pesci che anzi peschiamo troppo, tanto che potrebbe essere la loro diminuzione ad aver permesso l'esplosione che stiamo vedendo da una decina di giorni. L'Istituto di oceanografia e la Riserva naturale marina di Miramare hanno messola questione sotto la lente. La ricercatrice dell'Ogs Valentina Tirelli spiega che la medusa barile «è tipica del golfo ed è stata avvistata per la prima volta a fine '800. I grandi aggregati non sono rari, ma non ne abbiamo mai visti di queste proporzioni e con permanenza sotto costa così lunga. Al momento siamo alle ipotesi: potrebbe darsi che siano stati bora e correnti a permetterci di vedere quello che di solito succede più a largo e in profondità. In un golfo poco profondo come il nostro basta poco per rimescolare le acque». Ma ci sono anche processi di medio periodo: «Queste meduse - dice Tirelli - sono grandi ed è probabile che siano sopravvissute tutto l'inverno. Ci saranno ricadute sull'ecosistema: gli animali per sopravvivere devono mangiare, le meduse mangiano plancton e diventano competitor di pesci come sarde e acciughe. Se la concentrazione sotto costa si rivelasse quella dell'intero golfo, sarebbe critico, ma spero che il fenomeno sia transitorio. E nel frattempo dobbiamo capire gli effetti dell'arrivo della noce di mare dal 2016: in Croazia i colleghi già ipotizzano che questo crei un calo dell'acciuga, che va a cercare cibo altrove». Un'altra studiosa dell'Ogs, Fedrica Cerino, si occupa del la Noctiluca: «L'ultima grande fioritura è avvenuta nel 2003. È un organismo che non fa fotosintesi, ma cattura fitoplancton e zooplancton». Il problema è la competizione alimentare con gli altri pesci, ma anche il fatto che «questa specie produce grandi quantità di ammoniaca, che colpisce gli altri organismi. Dipenderà da quanto durerà il fenomeno: in altre aree, queste grandi abbondanze di Noctiluca hanno portato alla moria di pesci e invertebrati. Una spia sul piano ecologico? Non possiamo dirlo, il fenomeno va studiato». Il consulente ambientale della Riserva di Miramare Saul Ciriaco sottolinea che «non ci sono ancora evidenze fra cambiamento climatico e presenza della medusa, ma dal 2000 la temperatura del mare comincia a crescere e dallo stesso periodo aumentano frequenza degli avvistamenti, dimensione delle fioriture e mesi dell'anno di presenza, tanto che ormai vediamo la medusa per tutto l'anno». Ciriaco nota inoltre che «le catene alimentari si stanno squilibrando. Privilegiamo mangiare pesci che sono carnivori e mangiano anche le piccole meduse, che hanno maggiore facilità a crescere». Rispetto alla microalga, Ciriaco dice invece che «è stata vista da una settimana e bisogna capire se ci seguirà anche in estate: potrebbe aver pesato una stagione invernale poco rigida». Inevitabile domandarsi che ne sarà dei bagni estivi. Tirelli tranquillizza: «Il muco delle meduse può dar fastidio alla pelle e creare problemi agli occhi, ma il fenomeno in questa proporzione durerà poco e non sarà questa la situazione dei nostri primi bagni nella tarda primavera». Se i bagnanti possono rasserenarsi, i pescatori sono in ambasce: dall'Ogs, Diego Borme evidenzia che «sciamature di meduse in questa proporzione sono insolite e intralciano la pesca, perché nelle reti si impiglieranno chili e chili di meduse. Sarà un problema per le lampare che stanno per uscire alla ricerca di sardoni e sardelle». I pescatori stanno lavorano a ritmo ridotto: «È un'invasione - dice il muggesano Fabio Vascon - ed è difficilissimo lavorare con questi esemplari che zavorrano le reti e allontanano il pesce dalla riva. Ci saranno 50 meduse ogni metro quadrato di mare».

Diego D'Amelio

 

«Non ripetiamo sott'acqua gli errori fatti in terraferma»
L'appello dello scienziato Cosimo Solidoro: «Dalla tutela degli oceani dipende il benessere degli organismi del pianeta, uomini compresi»
Mari e oceani ricoprono il pianeta terra per più del 70% e contribuiscono in modo rilevantissimo al corretto funzionamento degli ecosistemi del pianeta stesso e al benessere degli organismi che lo abitano, esseri umani inclusi. L'oceano è un unico grande sistema, tridimensionale e in perenne movimento, animato da correnti che, prodotte dal riscaldamento differenziale del sole e della rotazione terreste, connettono fra loro le diverse parti del pianeta e trasportano le sostanze nutritive dal fondo buio allo strato superiore, dove miliardi di organismi microscopici usano l'energia solare per creare sostanza organica, sostenere la vita marina e produrre metà dell'ossigeno del pianeta. Gli oceani e gli ecosistemi marini regolano il clima del pianeta, sottraendo all'atmosfera ingenti quantità di calore e di anidride carbonica che - se non assorbite- causerebbero un aumento della temperatura dell'aria molto rilevante; alimentano attraverso l'evaporazione del mare il ciclo idrologico planetario, e con esso la maggior parte dell'acqua che piove sulla terra. L'oceano primordiale è stata la culla in cui si sono sviluppate le prime forme di vita, e ancora oggi ospita una varietà straordinaria di habitat e organismi. Fornisce cibo, risorse, medicinali, energia, occasioni di lavoro e scambio sociale e culturale. Gli oceani però, pur così importanti, sono sottoposti a una serie continua di minacce e alterazioni, che rischiano di aumentare nei prossimi anni a fronte della crescita delle attività legate all'economia del mare. Si pensi ai rischi connessi all'inquinamento, alla pesca eccessiva, alle attività estrattive sui fondali, ai cambiamenti climatici e al rumore marino. Per questo è importante prendersi cura degli oceani, non ripetere in mare gli errori che abbiamo fatto sulla terraferma rincorrendo il mito della crescita economica illimitata. Le azioni individuali e le scelte collettive restano determinanti per preservare la vita come la conosciamo: il pianeta è uno e tutto è connesso in un unico sistema di cui siamo parte e da cui dipendiamo anche noi.

Cosimo Solidoro

 

«Ognuno faccia la sua parte - Rassegnarsi è sbagliato»

Da anni lo skipper Pelaschier percorre il Paese denunciando i rischi legati all'inquinamento provocato da plastiche e idrocarburi
Non sono uno studioso, ma un testimone diretto dei cambiamenti che hanno interessato il nostro mare da 60 anni a questa parte. Il mare è parte di me e la sua tutela mi sta particolarmente a cuore. Per questo, su iniziativa della One Ocean Foundation, creata dalla principessa Zahra Aga Khan e dallo Yacht Club Costa Smeralda, ho fatto il giro d'Italia "slow" con Crivizza, una splendida barca in legno del 1958, per far conoscere il Charta Smeralda, un semplice decalogo per la salvaguardia dei nostri mari dall'invasione omicida della plastica. E ho partecipato a tante lezioni nelle scuole insieme ad un biologo, per sensibilizzare le nuove generazioni. La causa dell'inquinamento delle nostre acque è il comportamento di ciascuno di noi nella sua quotidianità. Molti non sono in grado di modificare le proprie abitudini e stili di vita. Credo che il cambiamento arriverà solo quando a governare saranno i nostri figli o nipoti, molto più sensibili al problema. Certo ci possiamo allarmare quando vediamo troppe meduse o fenomeni di alghe rosse, ma ci chiediamo quanta plastica, idrocarburi o metalli pesanti stanno anche nel mare più cristallino? Ricordo una regata nel Mar Piccolo di Taranto nel 1963. C'era un'invasione di meduse come quella di questi giorni in golfo: non si riusciva ad andare avanti con il Dinghy. In quel caso gli scarichi industriali avevano scaldato così tanto l'acqua da aver attirato le meduse. Oggi succede qualcosa di simile su ampia scala. Con le nostre attività stiamo scaldando il clima, innalzando di conseguenza anche la temperatura dei mari così tanto da ottenere una riproduzione anomala di alghe e meduse. Non dobbiamo rassegnarci, perché ricordo a tutti che l'oceano produce il 70% dell'ossigeno che respiriamo. È necessario agire nel nostro piccolo per raggiungere un grande obiettivo. Amare, conoscere, rispettare sono tre grandi imperativi per il futuro di tutti.

Mauro Pelaschier

 

Pronto il prato in fondo al mare - ora arrivano 30 boe ecologiche
Perfettamente riuscito il progetto Saspas con la piantumazione delle fanerogame. Presto anche i gavitelli a disposizione dei diportisti
Stanno per fiorire le fanerogame, è la seconda piantumazione, nel golfo di Panzano. Tempo poche settimane e la crescita sarà rigogliosa e spiccheranno con il loro verde intenso dal fondale. È perfettamente riuscito il progetto europeo Saspas di cui è capofila il Comune di Monfalcone che vede proprio il golfo di Panzano protagonista assieme alle Incoronate in Croazia e il parco delle Dune in Puglia. Ieri mattina il sopralluogo dei tecnici della Saspas con una delegazione del Comune ha confermato che sta andando tutto bene e che le pianticelle sul fondale grazie alla loro estesa rete eviteranno l'erosione di fondale trattenendo i sedimenti. Una vera "nursery" ecologica per tutti i piccoli pesci che trovano nascondiglio e nutrienti per crescere. Ed è anche tutto pronto per l'arrivo delle circa 30 boe ecologiche, gavitelli speciali a disposizione dei diportisti che eviteranno così di calare l'ancora sul fondo che danneggia i fondali e estirpa le fanerogame così preziose per mantenere l'equilibrio dell'ecosistema marino.Un blitz con i gommoni dalla base del Marina Hannibal (a guidarli il direttore dell' yacht Club Loris Plet) prima nell'area della "piantagione" in mare delle fanerogame. Poi a meno di un miglio di distanza dove saranno sistemate le boe ecologiche. Una zona dove l'acqua è profonda tre metri, ma è così trasparente da far scorgere il fondale. Proprio di fronte all'Isola dei Bagni, poco distante dei caregoni. Il sito del turismo "slow" dei monfalconesi che vivono il mare e le bellezze naturali.

G.G.

 

Fondali marini protagonisti di "The Rocky Oceans Show" - alle 17.30 il terzo webinar di "Siamo in onda"
Quando il mare dà spettacolo. Tra emissioni gassose, piccoli "vulcani" e giardini di roccia sommersi. Saranno i fondali marini gli assoluti protagonisti, oggi alle 17.30, di "The Rocky Oceans Show", incontro su piattaforma Zoom organizzato da Wwf Area marina protetta di Miramare e Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale in occasione della Giornata mondiale della Terra. Moderato da Saul Ciriaco dell'Amp intende far scoprire cosa accade sott'acqua. L'incontro, aperto a tutti, può essere seguito in diretta sulle pagine facebook di Amp e Ogs. «Il ciclo di webinar "Siamo in onda" - spiega Paola Del Negro, direttore generale di Ogs - ha dato ufficialmente il via a un programma congiunto con Amp Miramare lanciato in occasione dell'avvio del Decennio del mare delle Nazioni unite per promuovere la conoscenza e la sensibilizzazione sul mare e gli oceani». «Festeggiamo la Giornata - anticipa il direttore dell'Amp, Maurizio Spoto - con interventi che parleranno di mare, in quanto il 70% della Terra è occupata dall'elemento blu. I relatori illustreranno le caratteristiche di un ambiente peculiare del Golfo di Trieste, quello di marea, abitato da animali abituati a vivere sia in ambiente aereo che acquatico. Nell'occasione verranno descritte le mappature svolte a Miramare da Stefano Furlani dell'ateneo giuliano». La ricercatrice Federica Donda dell'Ogs descriverà quindi uno dei fenomeni geologici marini più interessanti dell'Alto Adriatico: le emissioni di gas metano dai fondali che danno origine a gorgogliamenti nella colonna d'acqua e affioramenti rocciosi noti come "Trezze". Di questi "giardini di roccia sommersi" parlerà Diego Borme, ricercatore di Ogs che studia le formazioni rocciose al largo delle coste regionali: rappresentano veri e propri paradisi di biodiversità, caratterizzati dalla presenza di organismi di rara bellezza».

Gianfranco Terzoli

 

 

Il nostro pianeta ha lanciato l'ultimo appello sarà la rigenerazione oppure l'estinzione
Il fondatore di Slow Food: la pandemia è una sorta di risposta biologica con cui la natura ha tentato di aprirci gli occhi
Ogni anno in questo giorno di primavera si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Una ricorrenza che ci ricorda di avere cura e attenzione per il pianeta che ci ospita, e che quest'anno mi piacerebbe fosse accompagnata anche da un sentimento di rigenerazione. Mi trovo infatti d'accordo con quella componente sempre più ampia del mondo scientifico, che sostiene che lo scatenarsi della pandemia, sia stata una sorta di risposta biologica con cui la nostra Terra Madre ha tentato di aprirci gli occhi sulle conseguenze del nostro sistema consumista, sulla profonda interconnessione del tutto e sulla comunione di destino a cui nessuno può sottrarsi. Ecco quindi che il fiorire della natura circostante, dovrebbe andare di pari passo con lo sbocciare nelle menti di nuovi valori e comportamenti che accolgano l'appello del pianeta e affrontino le problematiche che ci attendono. Risponderemo al cambiamento climatico con coerenza e rapidità? Realizzeremo un modello di sviluppo rigenerativo? Dismetteremo l'attuale sistema agricolo dipendente da input chimici e ad alto consumo di energie per praticare invece un'agricoltura attenta alle risorse, alla biodiversità e agli ecosistemi? Adotteremo stili alimentari consapevoli, che ad esempio scelgono la carne con meno frequenza e con più attenzione? Creeremo una società più giusta? Possediamo le conoscenze per agire in questo senso, ora dobbiamo avere anche la volontà di tramutarle in azioni. La storia e i fatti che stiamo vivendo ci dimostrano in modo chiaro che il vecchio paradigma basato su competitività e profitto è obsoleto. La prosperità infatti è vera solo se inclusiva. Ecco quindi che d'ora in avanti la strada per un futuro non solo felice, ma anche possibile, è quella in cui cooperazione, dialogo e beni comuni sono le direttrici da seguire. Solo così potremo davvero porre al centro la dignità umana e la salute del pianeta. Lasciatemi ora fare alcuni esempi affinché le mie non sembrino parole al vento, ma istanze concrete che dovranno diventare sempre più numerose. Negli ultimi anni sono aumentati i mercati contadini, i gruppi di acquisto e altre forme di distribuzione alternative a quella organizzata, che hanno favorito la creazione di relazioni e momenti di dialogo tra produttori e consumatori, con un maggior guadagno per i primi e un costo pressoché invariato per i secondi, ma con una merce più fresca, di stagione che non ha percorso innumerevoli chilometri. Cooperazione, trasparenza e solidarietà sono bisogni che cittadini via via più responsabili e informati, chiederanno a gran voce, anche alla grande distribuzione e al comparto online, che registra tassi di crescita impressionanti. In questo caso è la singola azienda a dover farsi garante di pratiche rispettose dell'ambiente e dei lavoratori, mettendo così il maggior potere di cui gode sul mercato al servizio della filiera. In un sistema interconnesso infatti, nessun attore è più importante dell'altro e il valore quindi, è vero solo se risorse, strumenti e conoscenze sono condivisi equamente tra tutti. Scuole, carceri, terreni confiscati alle mafie e periferie delle città sono poi altri luoghi dove, attraverso l'agricoltura sociale, si sta manifestando questo cambio di passo. Qui il cibo si fa bene comune, promuove la convivialità e diventa strumento di emancipazione per le fasce più deboli della popolazione. Quelle elencate sono trasformazioni dal basso, quando però sono supportate dalla politica (europea in questo caso), e diventano parte del green new deal, della strategia per la biodiversità o di quella per l'alimentazione, beh, allora forse la strada è proprio quella giusta. Ho parlato di cibo, ma la trasformazione sarà tale se questo pensiero ecologico e di umana cooperazione contaminerà ogni ambito della nostra vita acquisendo una valenza sociale, etica e politica. Solo così potremo dire di aver appreso la lezione che Terra Madre ci ha tragicamente impartito con la pandemia. Solo così salveremo l'umanità e le altre specie viventi dall'estinzione.

Carlo Petrini

 

Cambio climatico, Usa e Cina voltano pagina - E dall'Europa benefici per inquinare di meno
La visita a Shanghai dell'inviato di Washington, John Kerry, sblocca la cooperazione - Alla vigilia del vertice, il presidente Biden ribadisce la priorità della riduzione di emissioni
Venti milioni di persone il 22 aprile del 1970, accogliendo l'appello del senatore democratico Gaylord Nelson, invasero le strade delle città degli Stati Uniti per manifestare sul rispetto della Terra. Così nacque l'Earth Day, un evento che ad oggi rimane la più grande manifestazione civica della storia umana, come ricorda con orgoglio Kathleen Rogers, presidentessa della giornata internazionale che da allora si celebra ogni 22 aprile. Al centro del dibattito che ricorre sul tema c'è il cambiamento climatico, che ha visto affievolirsi le luci dei riflettori a causa dell'emergenza Covid19, ma che continua a correre. Anche perché nel 2021 le emissioni relative alla produzione di energia - la cui domanda globale è aumentata proprio per effetto della pandemia e del cambio delle nostre abitudini - dovrebbero aumentare di 1, 5 miliardi di tonnellate, stando alle previsioni dell'Agenzia Internazionale dell'Energia. Con questa doverosa premessa, assume più rilevanza la recente notizia su USA e Cina che si impegnano a cooperare sulla pressante questione del climate change. Una cooperazione annunciata dopo la visita a Shanghai dell'inviato speciale statunitense per il clima John Kerry, assegnato al ruolo dal presidente americano Joe Biden, desideroso più che mai di riportare il suo Paese sulla giusta carreggiata, dopo il periodo negazionista del suo predecessore Donald Trump. È stato lo stesso Kerry, assieme al suo pari cinese Xie Zhenhua, ad annunciare che States e Dragone sono impegnati a cooperare tra loro e con altri paesi per affrontare la crisi climatica «con la serietà e l'urgenza che richiede». Parole importanti, che arrivano alla vigilia del vertice sul cambiamento climatico, fortemente voluto proprio da Biden, per dare una decisiva spinta alla riduzione delle emissioni. Quaranta leader, tra cui il presidente cinese Xi Jinping, si incontreranno in videoconferenza due giorni, simbolicamente proprio dal 22 aprile. Quasi un anticipo di Cop26, la Conferenza ONU sul clima in programma a Glasgow a novembre, sotto la presidenza del Regno Unito. E proprio il premier britannico Boris Johnson, anche per non perdere terreno con gli altri due «giganti», ha annunciato che la Gran Bretagna vuole fare la sua parte, tagliando il 78% delle emissioni entro il 2035. In attesa dell'esito del vertice, dunque, le potenze si muovono. Tornando agli USA, è importante sottolineare che dai primi giorni dopo il suo insediamento, Biden ha reso il clima una priorità assoluta, riportando gli Stati Uniti dentro l'Accordo di Parigi 2015. Ha promesso che gli USA passeranno a un settore energetico privo di emissioni entro 14 anni, e che avranno un'economia priva di emissioni entro il 2050. Xi Jinping invece già lo scorso anno annunciò che la Cina sarebbe stata a impatto zero entro il 2060, con un importante obiettivo intermedio di taglio delle emissioni